UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FIRENZE SCUOLA DI ARCHITETTURA con il contributo di CORSO DI LAUREA DI PIANIFICAZIONE E PROGETTAZIONE DELLA CITTÀ E DEL TERRITORIO. IMMAGINE COME STRUMENTO DI ANALISI DEL TERRITORIO FIRENZE 2018
La foto di copertina è di Davide Virdis www.davidevirdis.it
CAMILLA CASPRINI e CLAUDIA CIABATTINI | GAIA MARSILI e VALENTINA MATTEUCCI | MICHELA CARDIA e FEDERICO NANNINI | BIANCA ERCOLINI, SARA FERRETTI e JACOPO LORENZINI | CORINNA MALUCCHI, CAROLINA MEONI e VITTORIA ROSSOLINI | ROBERTO MERCURI | OANA CARARE | LUCIE GILORMINI e IOANA NECULA | GIULIA GIANNETTI e VIRGINIA MARINI | CAROLA PALLAVICINO e MARCO TEDESCO | GIUDITTA ASPESI e DANIELE BUFALO | ALICE GIORDANO, FEDERICA MARANGHI e SILVIA MARCHESINI | FRANCESCA LANZA E SHANSHAN YU | DARIO ALBAMONTE, LEONARDO CECCARELLI e LORENZO DI MARCO | ALESSIO ADESINI, JASMINE AMAYOU e GIULIA BANDINI | ILEKTRA ANICHINI, MARTINA GERMANO e CHIARA LATRONICO | GIULIA FIORENTINI, FRANCESCA GOLIA e ELISA IANNOTTA | FABIO CARLI e BARBARA ESPOSTO | VERONICA FONTANINI e ENI NURIHANA | LAURA FORTUNA e ALESSIO SODINI | SILVIA PRINCI | FRANCESCO ROMAGNOLI | GIULIA FRANCESCONI e BEATRICE GRASSETTI | CLAUDIA ALBERICO , DANNY DECAROLIS e ELISA DIAMANTI
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icone serve a costruire una base, definita «necessaria», per ogni interpretazione ed interpretare i cambiamenti della città e del territorio è esattamente l’intento del nostro seminario tematico che per la seconda volta ha utilizzato la fotografia per i suoi scopi, appunto, analitici. Ecco dunque che usare le immagini (fotografiche in questo caso, ma il tema potrebbe essere esteso) come strumento di indagine è quasi scontato e che il tema delle icone urbane appare subito come un’utile palestra per decodificare sia i cambiamenti della città contemporanea, che la retorica che su di essa si sviluppa, alla ricerca di una interpretazione plurale, certamente non razional-comprensiva, ma proprio per questo non meno utile e “vera”.
«L’iconografia urbana è parte del più vasto settore dell’iconografia, termine usato sia estensivamente per indicare l’insieme delle rappresentazioni figurative di un determinato soggetto, sia, all’interno della storia dell’arte, per indicare lo studio della descrizione dei temi raffigurati nelle opere figurative. L’iconologia ha invece lo scopo di interpretare gli stessi temi. Secondo Erwin Panofsky l’iconografia mira “a decifrare il soggetto sia in modo diretto che indiretto di una figurazione” ed è quindi “di incalcolabile aiuto per fissare, date stabilire provenienze,eventualmente assicurare l’autenticità delle opere: e naturalmente fornisce la base necessaria per ogni interpretazione successiva”1» A volte è utile partire dalla definizione di un dizionario o di un’enciclopedia per comprendere il significato di uno studio e non fa eccezione il tema che quest’anno il seminario di fotografia «immagini come strumento di analisi del territorio» ha scelto come centro della sua osservazione sulla città: ICONE URBANE. L’icona, nel campo delle scienze sociali, ci indica l’idea di un modello da emulare, un’esemplificazione di un fenomeno, comportamento, modo di agire universalmente riconosciuto come valido. Mentre nel campo dell’arte è una rappresentazione sacra, ovvero nuovamente, se ci astraiamo dal suo aspetto materiale, un’immagine che fa da guida verso un certo modo di agire e di leggere la realtà. Contemporaneamente la nostra percezione del significato del termine e quella degli studenti di una scuola di architettura che per formazione sono vicini al campo della storia dell’arte, ha molto a che vedere con un immagine che immediatamente esprime un concetto, letteralmente con una “raffigurazione”. Secondo la frase di Panofsky ragionare sulle
Cinquantatre studenti, venticinque lavori e altrettante visioni del tema. Sempre un punto di vista meditato, diagonale ai luoghi, per inquadrarne aspetti che non emergono nelle più classiche indagini che spesso tutti noi, a vario titolo impegnati in studi urbani, mettiamo in atto. Casprini e Ciabattini leggono un elemento classico dell’architettura urbana trasformato nel suo senso dalle stagioni; Marsili e Matteucci usano l’inversione del punto di vista come strategia per decostruire il concetto di icona; Cardia e Nannini ci guidano nella profondità storica dei luoghi iconici della città usando il tempo all’interno di immagini per definizione statiche come le fotografie; Ercolini, Ferretti e Lorenzini mostrano le connessioni come centro dell’urbano, attraverso gli oggetti architettonici che più di tutti le identificano; Malucchi, Meoni e Rossolini spostano il punto di vista dell’iconografia urbana dal costruito di pietra e calce al costruito vegetale; Mercuri ci narra il valore sempre vivo di un oggetto connotato da forte identità ancorché ormai in disfacimento; Oana e Ciabatti conside-
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rano l’accezione critica e di negazione che un oggetto, ormai divenuto icona, può rivelarci; Gilormini e Necula ci parlano di un banale che a volte diviene paesaggio urbano ancorché quasi invisibile ai più; Giannetti e Marini ci ricordano che esiste un catalogo di oggetti che non hanno dialogo architettonico con l’intorno e che proprio per questo acquistano un loro significato; Pallavicino e Tedesco nuovamente ci parlano di connessioni, ma con uno sguardo opposto al precedente, intimista e a volte schivo, quasi timoroso; Aspesi e Bufalo guardano al traffico come moderna icona e comunque perenne presenza nello spazio urbano che ne modifica il significato; Giordano, Maranghi e Marchesini costruiscono un gioco di rimandi fra gli elementi della città e gli elementi della rappresentazione (pittorica, ma anche cartografica) che normalmente usiamo per comprenderla e modificarla; Lanza e Yu usano un elemento classico dell’iconografia urbana italiana, ma evidentemente non solo, per un divertente parallelo; Albamonte, Ceccarelli e Di Marco sfruttano il concetto di misura come strumento di definizione del valore iconico degli oggetti architettonici; Adesini, Amayou e Bandini usano una storia comune per raccontarci l’opposizione luogo e nonluogo; Anichini, Germano e Latronico ci portano in un mondo in cui è la materia che fa la città, anche quando le forme ci raccontano il vuoto che la città crea come suo negativo; Fiorentini, Golia e Iannotta parlano di un insediamento che si identifica con una icona industriale e che ne segue, nel bene e nel male, le sorti; Carli ed Esposito usano la stagionalità di una funzione e, per conseguenza, di uno spazio urbano per mostrarci la natura di quest’ultimo; Fontanini ed Eni parlano di una città attraverso il lavoro principale che la caratterizza e che ne trasforma lo spazio collettivo; Fortuna e Sodini riprendono la metafora
del corpo come segno guida per la costruzione della città; Princi propone uno sguardo archeologico per catalogare oggetti che di un luogo formano l’immagine dominante; Romagnoli ci riporta al concetto di nonluogo come elemento caratterizzate la città contemporanea e per questo iconico; Francesconi e Grassetti mettono in parallelo unicità dell’architettura e sua iconicità; Alberico, Decarolis e Diamanti ci dicono che se la città ha un dentro ed un fuori il luogo che ci permette di varcare questa soglia è ur-
bano per eccellenza.
Per finire, o meglio per iniziare, la copertina di Davide Virdis ci ricorda che di icone non possiamo fare a meno, magari criticandone l’uso, piegandole ai nostri scopi interpretativi, ma inevitabilmente (e necessariamente) facendone oggetto di uno sguardo interpretativo, ma con ironia.1
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https://it.wikipedia.org/wiki/Iconografia_urbana
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CAMBIO DI STAGIONE: LE LOGGE DI FIRENZE La loggia è da sempre un’icona urbana delle città toscane, in particolar modo di Firenze. Inizialmente, avevano funzione di ospitare al coperto le assemblee pubbliche popolari e le cerimonie ufficiali come ad esempio la Loggia dei Lanzi. Altre, invece, come la Loggia del Pesce, erano adibite al mercato. Oggi questi manufatti hanno assunto la funzione di monumento, perdendo la loro originale natura. Tuttavia, è con il cambio di stagione che questa percezione viene meno. Infatti, durante il periodo primaverile-estivo sia le logge che le piazze antistanti si popolano di persone che fanno variare la percezione dell’architettura stessa.
CAMILLA CASPRINI | CLAUDIA CIABATTINI
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Loggia del Pesce
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Loggia dei Lanzi
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Spedale degli Innocenti
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Loggia dei Servi di Maria
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CONTRO-ICONE Un punto di vista è un modo distintivo di guardare le cose, accezione di soggettività che si perde nel momento in cui questo diviene una prospettiva imposta; lo si denota dal fatto che ciò che rende un’icona urbana riconoscibile è la sua riproduzione tramite un’inquadratura standardizzata. Le foto proposte hanno l’intenzione di dimostrare la possibilità di invertire le prospettive canoniche nei confronti di un’icona, senza andare ad intaccarne la sua connotazione di simbolo. Da questa riflessione deriva la necessità di realizzare scatti che mostrino una testimonianza di ciò che si trova di fronte a un’icona, collocandosi con l’obiettivo in direzione opposta ad essa o in scorcio, mai frontalmente. L’esperimento è creare una personificazione dell’icona ponendoci dal suo punto di vista come testimonianza di un nuovo panorama fatto di edifici, ampie piazze e movimenti di persone. Il risultato è notare che ogni luogo risulta facilmente riconoscibile nonostante questa rottura con le immagini classiche, e che è quindi possibile mantenere intatta la connotazione di un luogo spostandosi da una prospettiva tradizionale, valorizzando ciò che rende un’ icona tale: le persone.
GAIA MARSILI | VALENTINA MATTEUCCI
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NON TI SCORDAR DI ME La realtà è una battaglia contro l’idea che tutto è destinato a scomparire. Condizionati nel vedere una certa forma di realtà, non si può tuttavia fare affidamento su i nostri occhi se la memoria è fuori fuoco: spesso, come in un racconto, realtà e ricordi si fondono in trasparenza. Ciò che nella storia è avvenuto una sola volta, può essere riprodotto all’infinito da un’unica fotografia, nella convinzione che il tempo possa far sparire tutto tranne quello che è impresso in uno scatto. Questo lavoro si propone come un flashback, una finestra che si affaccia sulla storia di Firenze nei suoi momenti più importanti, con il fine di raccontare la città attraverso attimi che ne hanno plasmato l’essenza. Il chiasso dei mercati, l’avvento dell’automobile, la grande alluvione e la ricostruzione sono qui riproposte come un filtro sul presente, perché non ha senso guardare avanti se non si ha chiaro da dove si è partiti.
MICHELA CARDIA | FEDERICO NANNINI
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MATERIA SOSPESA L’icona urbana, come elemento che ha trasformato l’assetto della città sia dal punto di vista storico che da quello urbano. Ponti che, nel passato, erano mezzi di attraversamento e distribuzione, oggi meta di turisti e luoghi di interesse. Innovazione che muta e mostra la città in una vecchia e nuova prospettiva. Due entità in rapporto continuo e in stretto contatto tra di loro.
BIANCA ERCOLINI | SARA FERRETTI | JACOPO LORENZINI
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OLTRE LA CITTA’ MURATA Il nostro racconto vuole esaltare l’importanza e il valore della vegetazione all’interno della città. Oltre la città murata è una provocazione di come è solitamente definita e percepita la città di Firenze, in cui gli isolati, le strade, le piazze e i monumenti si identificano nell’architettura, nella pietra, nel colore dei materiali, ecc. Così abbiamo provato a fare lo stesso lavoro di identificazione e distinzione dello spazio nella città verde del capoluogo toscano: il Giardino di Boboli. I fiorentini sentono un forte senso di appartenenza per questo luogo, che durante gli anni ha subito un processo evolutivo di notevole importanza all’interno della città di Firenze, andandosi così a modificare e consolidare nel tempo proprio come una città. In sostanza abbiamo voluto ricreare un rappresentazione che cerca di riprendere i concetti e le forme della città, proponendo l’idea di icona urbana in chiave verde.
CORINNA MALUCCHI | CAROLINA MEONI | VITTORIA ROSSOLINI
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CONNESSIONE. COSTRUZIONE. CONGESTIONE Protagonista di questa sessione fotografica è Sant’Orsola, un edificio che comprende un intero isolato all’interno del cuore della città culla del Rinascimento. Un oggetto architettonico ad oggi abbandonato a se stesso ma che nel corso della sua storia è stato attraversato da diverse realtà: da convento claustrale a manifattura tabacchi, da struttura ricettiva postbellica fino all’invasivo e forse distruttivo tentativo di trasformarla in caserma della finanza per ridursi in quello che vediamo oggi, un rudere. Un rudere che tuttavia non ha mai perso il suo fascino sia all’occhio del cittadino che all’occhio del turista. Con la sua monolitica immagine di un oggetto ormai debole ma che non vuole arrendersi al tempo, restituisce alla città una relazione che può riassumersi in tre punti: - Connessione. Nella sua grandezza sembra volersi imporre come luogo senza materia e senza tempo, e nella sua altezza sembra voler dominare, con la sua ombra, l’intero paesaggio urbano circostante. Tuttavia come un milite ferito protende la sua mano alla ricerca di una connessione con quella città che ormai l’ha abbandonata è segregata nel buio delle sue finestre murate. - Costruzione. Seppur inevitabile che l’attenzione del passante ricada su Sant’Orsola, questa ormai ha perso la sua natura di costruzione; priva di un tetto che la difende dal passaggio dei giorni, priva dell’affresco che adornava i suoi chiostri e naufraga di quell’acqua che ora annega le fondamenta e la lascia galleggiare tra tempo e spazio. - Congestione. Vittima di un passato senza gloria e costretta ad una burocrazia che non la riconosce né monumento ne oggetto di memoria, la sua manipolazione attraversa tutta l’evoluzione edilizia, avvolgendola in un congestionante conflitto di arte e tecnica, mattoni e cemento, legno e acciaio, affresco e bitume.
ROBERTO MERCURI
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Via Guelfa: l’oggetto Sant’Orsola perde la sua realtà di Costruzione per essere solo un nome
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Via Taddea: aperture murate e ferri sporgenti. Una prigionia costretta, alla ricerca di una Connessione con la cittĂ .
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Interno: ripetuti affacci verso la città che l’ha chiusa nel suo silenzio, verso cui reclama il suo diritto di appartenere
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Interno: come cornice di quadri abbandonati, Sant’Orsola cattura scorci di Firenze alla ricerca di un volto
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Chiostro del tabacco: nella congestione della sua “carne”, Sant’Orsola guarda il Duomo con la sua storia già raccontata
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Chiostro dell’orologio: solo una campana resta della sua nascita, persa tra i mattoni, l’acciaio e il cemento
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DI QUA E DI LA’ DAL MURO Questo muro per i cittadini di Aulla è il segno, quasi uno sfregio, inciso nel volto della città e nei loro cuori dall’esondazione del fiume Magra del 2011. Dal punto di vista strutturale, il muro protegge dalla natura e dalla sua volontà di riprendersi i suoi spazi. Ma passeggiando per le strade della città, ci si accorge che prima di essere una difesa è un limite, in quanto barriera alzata all’improvviso che esclude allo sguardo il fiume stesso, i boschi e le colline, che nega il contatto con un paesaggio abituale che non c’è più. E dal punto di vista simbolico il muro diventa una rottura, non solo nell’ambiente, ma anche nell’uomo stesso. Queste immagini vogliono essere uno stimolo di riflessione sulla natura contraddittoria di questo oggetto che oggi viene forse troppo frequentemente costruito e troppo sbrigativamente etichettato.
OANA GABI CARARE
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LE ICONE INVISIBILI La ricerca delle singolarità attraverso la stratificazione delle forme edilizie, della storia della città, del suo paesaggio, conduce a trovare quadri urbani inaspettati. La loro dimensione onirica appare nell’occhio di colui che li guarda. Per citare Italo Calvino, che costituirà il filo conduttore di questa narrazione, legando i diversi quadri urbani: «ci sono frammenti di città felici che continuamente prendono forma e svaniscono, nascoste nelle città infelici»* Allora il nostro compito è di «cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio». Insomma, cercare, fra il banale e il mediocre, ciò che può diventare un quadro, se non essere il bello.
*I. Calvino, Le città invisibili, 1972.
LUCIE GILORMINI | IOANA NECULA
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Le città e la memoria « Ma la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d’una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle grigle delle finestre, negli scorrimano delle scale, nelle antenne dei parafulmini »
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Le città e il nome « La città per chi passa senza entrarci è una, e un’altra per chi ne è preso e non ne esce ; una è la città in cui s’arriva la prima volta, un’altra quella che si lascia per non tornare »
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Le città e gli occhi « Non puoi dire che un aspetto della città sia più vero dell’altro, però della Zemrude d’in su senti parlare soprattutto da chi se la ricorda affondando nella Zemrude d’in giù »
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Le città e il cielo « Che senso ha il vostro costruire ? domanda. Qual è la fine d’una città in costruzione se non una città ? Dov’è il piano che seguite, il progetto ? »
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Le città sottili « C’è un precipizio in mezzo a due montagne scoscese : la città è sul vuoto, legata alle due creste con funi e catene e passerelle »
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Le città e gli scambi « Allora tutta la cittadinanza decide di spostarsi nella città vicina che è lì ad aspettarli, vuota e come nuova, dove ognuno prenderà un altro mestiere, un’altra moglie, vedrà un altro paesaggio aprendo la finestra »
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ICONE DIMENTICATE Durante gli anni del regime fascista lo scenario architettonico e urbanistico fiorentino ha visto la realizzazione di numerose opere pubbliche, per guadagnare il consenso della collettività ed imporsi tramite icone urbane nel contesto. Queste architetture, inserite su alcuni assi di maggior flusso del traffico di Firenze, si trovano isolate rispetto al caratteristico stile fiorentino, come volumi puri e massicci che si inseriscono nel luogo senza però essere accettati da quest’ultimo. Con il passare degli anni l’intorno si è evoluto, cambiando faccia e colori, mentre questi edifici manifestano un’atemporalità che non può essere ripetuta, monumenti di un periodo storico ben determinato che ha segnato un’intera epoca.
GIULIA GIANNETTI | VIRGINIA MARINI
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SOTTOPASSO ll termine icona sta ad indicare un’immagine, l’immagine rappresentativa che ciascuno di noi ha di una determinata realtà, che in questo caso è quella della propria città. Se venisse chiesto ad un qualunque visitatore di Firenze quale sia l’immagine più rappresentativa della città, probabilmente verrebbe descritto il romanticismo dei lungarni, la vista mozzafiato di Piazzale Michelangelo o la peculiarità di Santa Croce durante le manifestazioni tipiche. Se invece la stessa domanda venisse posta ad un abitante di Firenze, che vive e lavora in città, probabilmente verrebbe alla luce una visione molto differente dalle precedenti, meno idilliaca e più concreta, che riguarda i luoghi vissuti dal singolo tutti i giorni: dalla vista della propria camera da letto alle vie percorse per andare al lavoro. Nel caso di Firenze esistono interi quartieri tagliati fuori dal resto della città a causa della ferrovia, che li ha inizialmente isolati e resi quasi degli organismi autosufficienti. Per gli abitanti di queste realtà che si spostano a piedi o in bicicletta esistono dei passaggi obbligati per relazionarsi con il resto della città, che quotidianamente fanno parte dell’immaginario urbano collettivo: i sottopassi. Questi sono i luoghi di passaggio per antonomasia, male illuminati, a volte del tutto bui, tappezzati di graffiti, che inevitabilmente suscitano emotività nel passante aumentando così la sua consapevolezza di non riuscire a vedere il cielo, la paura di essere sottoterra durante il passaggio di un rumoroso treno sopra alla propria testa. Questi luoghi risultano dovunque affascinanti poiché rappresentano il cuore pulsante della città reale, poiché mancano di caratteri connotativi, infatti potrebbe risultare difficile distinguerne uno di New York da uno di Nuova Delhi, poiché di notte si popolano di personaggi reietti e ai margini della società, poiché ospitano l’arte di strada e sono gli unici luoghi in cui essa è accettata.
CAROLA PALLAVICINO | MARCO TEDESCO
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TRAFFICO FIRENZE IN MOVIMENTO Nel corso degli anni il traffico è diventato protagonista nell’immagine di ogni città, così come di Firenze. La percezione di elementi fondamentali come piazze e monumenti è profondamente influenzata dal passaggio costante di auto, moto, autobus, ecc. Descrivendo il traffico e il rapporto che si viene a creare tra questo e l’ambiente circostante, si rappresenta anche il movimento continuo caratteristico della città. Il traffico e il caos cittadino si ritrovano in ogni momento della giornata, sono elementi che integrano il panorama urbano, lo mutano sia in modo negativo sia positivo. Si può dire infatti che ormai sono diventati icone urbane della città di Firenze.
GIUDITTA ASPESI | DANIELE BUFALO
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PUNTO.LINEA.SUPERFICIE La città scomposta nei suoi luoghi simbolo; la città come sovrapposizione di concetti; la città come teatro, allo stesso tempo palcoscenico e platea; attrice principale e pubblico; spettacolo e applausi. Due facce della stessa medaglia, la città-vetrina e l’altra città: quella costituita dai cittadini, dalle loro vite e dai loro luoghi. L’icona urbana intesa come tipologia del vivere, quotidianità percepita di vita vissuta e passi e parole e sguardi e sentimenti già fatti, già detti, già visti, già provati.
ALICE GIORDANO | FEDERICA MARANGHI | SILVIA MARCHESINI
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I PANNI STESI PUBBLICO E PRIVATO, LO SPAZIO COME OPPORTUNITA’ ABITUDINI COMUNI AL MONDO ORIENTALE E OCCIDENTALE Lo spazio come opportunità e le abitudini comuni, sono gli elementi cardine dello studio. La selezione dei fotogrammi ci permette di comprendere come attraverso pratiche comuni al mondo orientale e occidentale, si possono osservare le abitudini della società che abita il luogo. L’attenzione viene rivolta al soggetto che attraverso le abitudini quotidiane costruisce il suo spazio. In questo caso, l’icona urbana, è rappresentata dai panni stesi attraverso questo elemento cogliamo le diverse caratteristiche della società, le manifestazioni della cultura, l’età, la classe sociale d’appartenenza.
FRANCESCA LANZA | SHANSHAN YU
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Nanchino
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Shanghai
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Nanchino
Empoli
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FUORISCALA Le architetture iconiche che si inseriscono nella città di origine medievale, modificandola nel corso del tempo, hanno proporzioni notevolmente diverse rispetto al tessuto che le circonda. Gli scatti, localizzati nel centro storico di Firenze, che ben si presta a questa indagine, cercano di catturare il colpo d’occhio che esse generano con l’edificato circostante mettendone in evidenza la sproporzione.
DARIO ALBAMONTE | LEONARDO CECCARELLI | LORENZO DI MARCO
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COSA E’ UN LUOGO Domanda difficile, immaginiamo prima cosa non lo è: Il non-luogo “è uno spazio privo delle espressioni simboliche di identità, relazioni e storia. Esempi di ‘non luoghi’ sono gli aeroporti, le autostrade, le anonime stanze d’albergo […]”*, sono dunque quegli spazi non identitari dove non è possibile riconoscere un senso di appartenenza. Il luogo è uno spazio in cui le relazioni sono protagoniste e ne sono la struttura portante, infatti le persone che indirettamente lo definiscono vedono tra le caratteristiche basilari di un luogo il senso di appartenenza e questo è dovuto al fatto che i soggetti condividono una storia comune.
*Z. Bauman, Modernità liquida, 2002, p. 113
ALESSIO ADESINI | JASMINE AMAYOU | GIULIA BANDINI
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Mercato del pesce - Livorno
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Mercato centrale - Livorno
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Mercato centrale - Livorno
Terrazza Mascagni - Livorno
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IL MARMO : ICONA DI CARRARA Da secoli la storia della città di Carrara si è plasmata sull’estrazione, la lavorazione e l’esportazione di una delle risorse più preziose che le Alpi Apuane hanno saputo “offrirle”: il marmo. Così, l’uomo ha da sempre sfruttato e, spesso abusato deturpando il caratteristico paesaggio, questa tipologia di roccia universalmente riconosciuta come una tra le più pregiate, facendo di essa il simbolo del potere economico ed estetico della città. Il percorso fotografico che segue ha infatti lo scopo di guidare l’osservatore tra i più suggestivi approcci che un qualsiasi cittadino, o forestiero, può avere con il marmo vivendo per qualche ora la città. Dalle cave alla pavimentazione, dai numerosi laboratori agli altrettanto cospicui impieghi per il rivestimento di facciate, per la costruzione di monumenti o fontane, ci si renderà facilmente conto di quanto l’impiego del marmo pervada Carrara nel suo complesso, esaltandone la sua notorietà nel mondo.
ILEKTRA ANICHINI | MARTINA GERMANO | CHIARA LATRONICO
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La Cava Lorano da cui è estratto il pregiato marmo “Bianco Carrara”
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L’uomo ha contribuito alla creazione dell’iconico aspetto della cava, tramite l’estrazione
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L’insidioso passato dei cavatori: i primi rudimentali strumenti e il monumento ai caduti sul lavoro
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La primaria attivitĂ di trasformazione del marmo avviene nei numerosi laboratori cittadini
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Sono peculiari di Carrara i rivestimenti marmorei delle pavimentazioni presenti nel centro storico
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Il seme che ha permesso la nascita della città attorno a sÊ è il Duomo completamente rivestito in marmo
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METAMORFOSI URBANE LE OFFICINE PIAGGIO Le Officine Piaggio, simbolo italiano della Vespa, rappresentano un pezzo di storia nazionale incisivo, che ci ricorda gli anni del grande boom industriale e della trasformazione produttiva. Icona urbana identificativa, le officine Piaggio sono entrate nel nostro obiettivo come oggetto e soggetto capace di raccontare un percorso di trasformazione che, ad oggi, lascia il contesto industriale per la creazione di nuovi spazi reinventati, rigenerati, ma mantenenti sempre la loro struttura originaria. Accanto alle Officine tradizionali ad utilizzo produttivo, sorgono oggi un museo, una biblioteca, sedi universitarie ed alcuni parcheggi. Una trasformazione dunque che innova sempre mantenendo uno occhio al passato.
GIULIA FIORENTINI | FRANCESCA GOLIA | ELISA IANNOTTA
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VIAREGGIO D’INVERNO FRAMMENTI Viareggio rappresenta nell’immaginario collettivo il luogo della vacanza, del relax e del divertimento. Questa immagine iconica è legata al volto che la città assume d’estate, quando piazze, passeggiata, palazzine liberty, spiaggia e mare diventano lo scenario di una rappresentazione dove la vera protagonista è la folla frenetica dei villeggianti. Spente le luci e i colori dell’estate, la città ritorna ai residenti e i suoi luoghi iconici svelano una dimensione diversa, come dilatata dal vuoto lasciato dalla folla estiva ormai partita. Vivere questi spazi ritorna a essere un’esperienza intima e soggettiva, perlomeno fino all’estate prossima.
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SCULTURE URBANE Il Parco Internazionale della Scultura Contemporanea è il mezzo attraverso il quale raccontiamo gli spazi pubblici del centro consolidato di Pietrasanta e la loro evoluzione. Le circa settanta opere artistiche presenti sul territorio in simbiosi con il tessuto urbano incarnano le tradizioni locali nel campo della scultura marmorea e bronzea. Pietrasanta, testimoniando il legame che intercorre tra città e arte, si guadagna l’appellativo di “Piccola Atene” e le opere appaiono come vere e proprie icone che si elevano di fronte a quinte urbane che si sono formate nel tempo.
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CORPO URBANO CHANDIGARH: LA CITTÀ COME ICONA UMANA Rivoluzionario architetto, urbanista e designer, Le Corbusier progetta nel 1951 la nuova capitale del Punjab, Chandigarh, realizzando la sua utopia urbanistica. Conforme alla sua idea della città come fenomeno biologico e rifacendosi alle utopie rinascimentali, riprende nella pianta la forma del corpo umano. Gli edifici governativi e amministrativi ne costituiscono la testa rappresentata dal Capitol, dove si trova il simbolico monumento della città, la grande mano dell’uomo del Modulor tesa verso il cielo, «una mano aperta per ricevere e donare». Le strutture produttive e industriali rappresentano invece le viscere e i quartieri residenziali la periferia del tronco, il quale, nel complesso, appare come una scacchiera a maglia ortogonale di circa cinquanta isolati o settori, numerati a scendere dalla testa. All’interno di questa griglia urbana, i polmoni sono i parchi verdi che forniscono ossigeno e le vene e le arterie sono l’ordinato sistema di grandi viali che garantiscono il fluire della circolazione secondo un razionale schema viario reticolare gerarchico nel quale i percorsi automobilistici e quelli pedonali sono separati. Intorno, e incastonata all’interno con i rari antichi villaggi inglobati nel piano, c’è l’India della confusione, della miseria, degli slums, delle vacche sacre, del caos delle automobili e dei clacson impazziti, ma c’è anche l’India della fantasia, delle tradizioni millenarie, dei colori, del silenzio assordante dei luoghi sacri e degli eventi quotidiani che mutano in celebrazioni rutilanti e festose.
LAURA FORTUNA | ALESSIO SODINI
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Complesso del Capitol: testa
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Strutture produttive e commericiali: viscere
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Edifici residenziali: periferia del tronco
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Aree verdi: polmoni
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FOTOGRAFANDO VICOPISANO UN’INDAGINE ARCHEOLOGICA A CIELO APERTO Il percorso fotografico svolto riguarda l’indagine storica dell’edilizia di Vicopisano, dalla più recente alla più antica, e dello spazio urbano. Il paese è stato fotografato come se fosse un’area archeologica a cielo aperto. Alcuni scatti sono stati usati come strumento scientifico sono stati fatti in bianco e nero con contrasti di luce e ombra per marcare i volumi, i pieni e i vuoti, una mappatura. La presenza di fortificazioni, così come è evidenziata nell’indagine, conferisce al paesaggio e ci trasmette un senso di chiusura, di raduno, di stabilità e di orientamento attraverso la delimitazione dello spazio urbano. Le torri rappresentano il “fulcro” del paese e “il dominio umano” sul paesaggio. Le immagini vogliono sottolineare questi aspetti, in modo sintetico, senza troppi dettagli. Esse descrivono il luogo, in modo diretto, senza filtri, senza commenti personali, in una sorta di catalogazione e analisi realistica. Gli scatti fotografici che riguardano la presenza delle domus, intendono suscitarci commozione, rispetto e ricordarci il passato e l’attuale. Le immagini evidenziano la disposizione delle torri come “limite” sia geografico che storico del paese. Osservando le strutture dall‘esterno ho avuto la sensazione: “di protendere” verso l’alto, di inclusione e di uno “spazio dentro lo spazio naturale”. La percezione dei rapporti topologici è evidente, perché osservando le foto, la contrapposizione tra luce e ombra, la prospettiva e il punto di vista dal basso, comprendiamo i volumi costruiti, cosa si colloca in alto e cosa in basso e come individuare le case torri rispetto al resto del paese e del paesaggio. Esse “descrivono” l’ambiente artificiale e costruito, contrapposto al paesaggio naturale e la scala dei livelli ambientali (collina, fiume).
SILVIA PRINCI
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NON LUOGO “UNO SPAZIO CHE NON PUÒ DEFINIRSI NÉ IDENTITARIO NÉ RELAZIONALE NÉ STORICO“* In questa epoca globalizzata le nostre città si somigliano sempre più tra loro, si sono affollate di ambienti sfocati: i nonluoghi. Spazi, si simili tra loro, eppure paradossalmente diversi. Quante volte ci sarà capitato di scendere dall’automobile e di ritrovarci in una distesa di asfalto, quasi quotidianamente, e altrettante volte non ci saremo resi conto delle qualità di questo ambiente. E’ solo un passaggio. Lasciamo il nostro mezzo per raggiungere un’altra meta. Poi dobbiamo tornare indietro e iniziamo a renderci conto di cosa ci circonda, cerchiamo un lampione, un albero, un cartello, qualcosa di familiare che ci dica che la nostra automobile è là. Solo allora ci rendiamo conto dell’unicità dei nonluoghi.
*M. Augè, Nonluoghi: Introduzione a una antropologia della surmodernità, Eleuthera, Milano, 1993, p.71
FRANCESCO ROMAGNOLI
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CHIESE La storia fiorentina è tipica di una città nella quale le chiese non mancano. Questi monumenti sono così imponenti che rappresentano dei punti di riferimento fondamentali. Sono caratterizzati da singoli elementi che catturano l’attenzione. Così il rosone del Duomo di Santa Maria Del Fiore, come le volute della chiesa di Santa Maria Novella, diventano delle icone che permettono di identificare l’edificio rendendolo unico.
GIULIA FRANCESCONI | BEATRICE GRASSETTI
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PORTA DELLA CITTA’ L’icona urbana che rappresenta la stazione non è altro che la porta; una porta che collega la città con ciò che è fuori da essa rivelando immagini, identità, luoghi che sono altrove o sono destinati ad esserlo. Quando si giunge a questa soglia, infatti, può accadere di scontrarsi con due opposti: restare o muoversi.
CLAUDIA ALBERICO | DANNY DECAROLIS | ELISA DIAMANTI
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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FIRENZE SCUOLA DI ARCHITETTURA con il contributo di CORSO DI LAUREA DI PIANIFICAZIONE E PROGETTAZIONE DELLA CITTÀ E DEL TERRITORIO. IMMAGINE COME STRUMENTO DI ANALISI DEL TERRITORIO FIRENZE 2018