LA VOCAZIONE DEL VUOTO
Studio e progetto degli spazi interclusi nel comune di Perugia
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FIRENZE SCUOLA DI ARCHITETTURA
Laura magistrale a ciclo unico quinquennale A.A 2015/2016 Relatore: Prof. Iacopo Zetti Correlatori: Prof. Fabrizio Arrigoni Prof. Maddalena Rossi Studentessa: Paola Ines Diaz Montalvo
A mia sorella
INDICE
Introduzione p.17
Oggetto di studio p.17 Ipotesi p.17 Metodologia p.18 Struttura p.18
I PARTE: Analisi p.21 1. La città p.23
1.1 Cos’è la città oggi? p.23 1.1.1 Spazio p.24 1.1.2 Tempo p.26 1.1.3 Società p.26 1.1.4 Relazioni p.28 1.1.5 Conclusioni p.30 1.2 Da cosa viene influenzata p.31 1.2.1 Condizioni di vita p.32 1.2.2 Tecnologia p.33 1.2.3 Produzione p.33
1.3
1.2.4 Economia e mercato p.34 1.2.5 Politica p.36 1.2.6 Ambiente p.36 Conclusioni p.38
2. Le aree “Assenti” p.41
2.1 Principi e Termini p.42 2.1.1 Spazi non previsti p.43 2.1.2 Spazi previsti p.44 2.1.3 Spazi previsti ma dimenticati p.45 2.2 Assenza p.45 2.2.1 Vuoto e Assenza p.46 2.2.2 Sviluppo e gestione p.47 2.3 Più discipline p.49 2.3.1 Pittura p.51 2.3.2 Fotografia p.53 2.3.3 Cinema p.55 2.4 Conclusioni p.55
3. Le strategie p.59 3.1 Il metodo p.60
3.1 Strategie oltre le aree ‘Assenti’ p.61 3.1.1. Insediamenti p.62 3.1.2. Sistema del verde p.63 3.1.3. Sistema della mobilità p.65
II PARTE: Operativa p.67
4. Il caso studio: Perugia p.71
4.1 Storia ed inquadramento p.71 4.1.1 Storia p.71 4.1.2 Inquadramento p.81 4.1.3 Clima p.81 4.1.4 Sviluppo Urbano p.83 4.2 I motivi della scelta p.92 4.2.1 Tempo p.92 4.2.2 Territorio p.93 4.2.3 Società p.95 4.3 Mappe di Analisi p.96 4.3.1 Preparazione p.96 4.3.2 Periodizzazione p.97 4.3.3 Popolazione p.101 4.3.4 Pendolarismo p.103 4.3.5 Collegamenti p.105 4.3.6 Centralità p.106 4.3.7 Uso del Suolo p.109 4.4 Le Assenze di Perugia p.112 4.4.1 Individuazione delle ‘Assenze’ p.112 4.4.2 Studio e criteri di scelta delle aree p.115 4.4.3 La Matrice delle relazioni p.123 4.4.4 Le Quattordici aree Assenti p.125
5. Strategie progettuali p.131
5.1 Oltre l’area p.131 5.1.1 S. Sisto e Ponte S. Giovanni p.132 5.1.2 Schede p.134
5.1.3 Strategie p.159 5.2 Le aree p.165
6. Ex Pastificio p.167
6.1 Riferimenti progettuali p.171 6.1.1 Hiroshige Museum of Art p.171 6.1.2 Parrish Art Museum p.173 6.1.3 Flinders Street Station and Market p.173 6.2 Il progetto p.175 6.1.1 Accessi p.175 6.1.2 Il mercato p.177 6.1.3 Il parco p.179 6.1.4 Gli orti p.179 6.1.5 La casa di espansione p.181
Conclusioni p.183 Bibliografia p.187 Allegati Ringraziamenti
ABSTRACT LA VOCAZIONE DEL VUOTO Studio e progetto degli spazi interclusi nel comune di Perugia Sono sempre stata affascinata dai contrasti della natura, nella quale una cosa non era mai solo una cosa, ma in realtà più cose insieme. Mi affascinava il cambiamento e la non definizione assoluta, ma soprattutto vedere come ciò che potrebbe essere difficile da congiungere poteva esistere. Da questo sono partite idee sull’architettura e in particolare le basi di questa trattazione. L’architettura non dovrebbe concentrarsi mai solo su un aspetto da raggiungere, architettura non dovrebbe essere mai solo uno spazio da riempire. Mi sono guardata intorno, ogni volta che potevo non solo passivamente, ed ho provato a sviluppare un pensiero e solo in seguito allo studio di teorici sono potuta giungere a delle conclusioni. Sono partita dal più “piccolo” e poi sono andata indietro. Ho osservato singoli edifici cercando di distinguere quelli che apportavano migliorie e quelli che invece non lo facevano, ho provato a capirne il motivo. In seguito ho cercato di comprenderne le relazioni e da queste sono diventata curiosa. Oltre un’area esiste di più, un’area più grande e tutto questo si riproduce a oltranza. Si parla molto spesso di città, se ne danno molte definizioni e se ne danno altrettante per definire gli spazi che la compongono. Si parla di come essa sia cambiata e non possa più essere considerata tale. Nello stesso tempo, in cui si avanzano definizioni, si hanno anche diversi fronti, il più delle volte contrapposti. Tutto ciò in una realtà che è cambiata considerevolmente nel corso degli anni, nella quale le pianificazioni a volte hanno funzionato e a volte no. Una realtà complessa, una realtà non unica, una realtà in divenire. Nella quale, le persone che l’abitano sono cambiate più velocemente di quanto la città stessa abbia fatto.
Parlando in termini matematici, gli abitanti si sono evoluti in modo esponenziale mentre invece la città lo ha fatto in modo lineare. Fatte queste premesse, la volontà è stata quella di giungere a delle risposte concrete per domande, quali: Come si può oggi intervenire all’interno del territorio? Dove e in quali misure nella sua complessità? Esistono aree nelle città, aree vuote, di risulta, abbandonate, aree che chiameremo ‘Assenti’, volendole intendere come assenti di uno scopo, ancora. Questo tipo di aree sono state studiate, particolarmente nell’ultimo decennio e alcune sono state sfruttate per continuare l’urbanizzazione del territorio. Tali aree racchiudono al loro interno possibilità e pertanto si dimostrerà come possano essere un punto di partenza e non solo il fine della progettazione urbana. La tesi si compone di due parti, le quali sono in relazione e dipendono l’una dall’altra perché sono la base della metodologia che si è voluta sviluppare, la prima è quella di analisi e la seconda quella operativa. In quella di analisi si definiscono la città, le sue parti e il modo in cui si opera, in particolare si danno delle strategie di progettazione oltre le aree ‘Assenti’. In quella operativa si prende in considerazione un caso studio, un comune con un tipo di assetto pressoché consolidato così come ne esistono tanti, viene studiato e si individuano ‘Assenze’, per provare a mettere in pratica le strategie fissate nella prima parte si definirà un intorno più ampio nel quale intervenire. Si ottiene così un progetto oltre l’area, del quale si ne analizzano i risultati e i limiti. Dopodiché si procede partendo dal medesimo progetto in modo da ottenerne di specifici, incrementando in questo modo il coinvolgimento delle parti della città e migliorando il rapporto con l’esistente. Ciò che si aspetta di trovare, soprattutto di dimostrare, è che la complessità delle parti che formano il territorio possono essere un’unica cosa, non nel senso dell’immutabile perché la progettazione deve essere rigenerativa e dare possibilità di modifica, ma nel senso che ogni parte dialoga con l’altra in modo armonico e lavora insieme per ottenere risultati.
ABSTRACT
THE VOCATION OF EMPTINESS Study and project of Perugia’s in-between spaces. I have always been fascinated by the contrasts of nature, in which one thing was never just one thing, but actually more things together. I was fascinated by the change and no absolute definition, but above all see how things that might be difficult to be joined could exist. From this, come ideas on architecture and in particular the foundation of this paper. Architecture should never focus on just one aspect to achieve, architecture should never be just a space to be filled. I looked around, every time that I could not only passively, and tried to develop a thought and only after the study of theoretical I have been able to draw conclusions. I started from the “smallest” and then I went back. I have observed individual buildings trying to distinguish the ones that brought improvements and those that did not, I tried to understand the reason. Later I tried to understand the relationships between them and from these I became curious. In addition of an area there is more, a larger area, and all of this is reproduced to the bitter end. We often talk about the city, we give many definitions and we give the same number to define the spaces that make it up. Wet talk about how it has changed and can no longer be considered as such. At the same time, in which we’re advancing definitions, we also have several fronts, most of the times opposing one another. All this in a reality that has changed considerably over the years, in which schedules have sometimes worked and sometimes not.
A complex reality, not a unique reality, a reality in the making. In which, the people who live there, have changed faster than the city itself did. Speaking in mathematical terms, the inhabitants have evolved exponentially while the city has done so in a linear way. Having said this, the desire was to arrive at concrete answers to questions such as: How can we act today within the territory? Where and in what measures in its complexity? There are areas in cities, empty areas, been left, abandoned, areas which we call ‘Absent’, meaning them as absent of a purpose, yet. Such areas have been studied, particularly in the last decade and some have been exploited to continue the urbanization of the territory. These areas contain, within them, opportunities and therefore it will be demonstrated how they can be a starting point and not just the end of the urban design. The thesis is composed of two parts, which are related and depend on each other because they are the basis of the methodology that was desired to develop, the first is that of analysis and the second is the operational one. In the part of analysis we will define the city, its parts and the way we will operate, in particular, we give the design strategies for absent areas but especially beyond these. In the operational part we take in observation a case study, a municipality with a type of almost consolidated structure as well as there are many, it is studied and identify ‘Absences’, on some of these we will try to put into practice the set strategies in the first part. This way we achieve the project area and to analyze the results and limits, after that we proceed further, starting from the project itself, in order to obtain a wider one, which also includes the around, increasing in this way the involvement of cities parts and improving the relationship with the existing. What we expect to find out, especially to prove, is that the complexity of the parts that make up the territory can be one only thing, not in the sense of the unchangeable, because the design must be regenerative and give the possibility of change, but in the sense that each part interacts with each other harmoniously and works together to get results.
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INTRODUZIONE
–– Oggetto di studio Questo studio si propone di individuare, mostrare ed usare le potenzialità di quegli spazi lasciati senza scopo, collocati sia nelle periferie che nei centri città, prodotti dallo sviluppo urbano degli ultimi decenni. Si va quindi alla ricerca della vocazione del vuoto. Tali aree intercluse, durante il testo, non saranno chiamate ‘vuoti’ ma per comodità ‘assenze’. Volendo intendere così l’assenza di scopo, di dinamiche urbane, di funzionalità e di legami. Infatti pur essendo in mezzo al continuo sviluppo del territorio, agli elementi naturali ed ai prodotti della zonizzazione, sono lasciate indietro. Eppure, nonostante il fenomeno dell’espansione urbana avvenuto in modo discontinuo abbia generato ‘involontariamente’ questi spazi e contribuito sia alla frammentazione che alla rottura fra le parti della città, questi scarti possiedono caratteristiche tali da giocare un ruolo fondamentale nella definizione della città contemporanea che, abbandona il paradigma della città tradizionale. –– Ipotesi E’ possibile in una realtà urbana ormai satura riprogettare la città? L’obiettivo principale, infatti, non è solo esplorare, scoprire e conoscere questi spazi ma stabilire un modo per ricucire la città attraverso di essi. Si vuole, quindi, dimostrare la loro importanza e il contributo che possono apportare all’interno di un sistema che, spesse volte, lascia poche possibilità di modifica. Si vuole, attraverso una riprogettazione di questi spazi, cambiare i pesi della città.
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–– Metodologia Allo scopo di porre adeguate basi per verificare la tesi, è indispensabile una ricognizione teorica sia dell’attuale significato di Città che di spazi interclusi. Infatti, per operare all’interno della realtà urbana è necessario prima conoscerla. Per la città si riconoscono le varie parti mentre per gli spazi interclusi si opera anche una classificazione delle diverse tipologie. Ad una successiva individuazione degli spazi interclusi, la precedente classificazione sarà utilizzata ed integrata all’interno di una serie di schedature, atte alla loro singola comprensione. Solo in seguito, sarà possibile stabilire delle strategie generali per la trasformazione del territorio. Questo punto diventa fondamentale per un corretto approccio. Infatti, fra i vari motivi della formazione degli spazi oggetto di studio, si ha una progettazione per singole aree, dove il legame e le relazioni sono trascurate a favore di una rapida crescita superficiale. Per questo, è indispensabile stabilire un intorno al quale poter applicare una rete di strategie oltre le aree che, sia in grado di collegare le ‘Assenze’, seguendo uno scopo comune. Come caso studio di verifica sarà usato il comune di Perugia. Quindi non solo il centro e non solo la periferia, ma l’intero territorio comunale nella sua intrinseca diversità. Si analizzeranno e classificheranno le aree ‘Assenti’, fino a stabilire attraverso l’uso di matrici di analisi un intorno nel quale intervenire ed applicare le strategie oltre le aree e solo in seguito le strategie nelle singole aree. –– Struttura della Tesi La tesi è divisa in due parti secondo la metodologia stabilità: la prima di analisi e la seconda operativa. I primi tre capitoli: Città, Spazi ‘Assenti’ e Strategie, sono di analisi, in quanto pongono le basi al successivo sviluppo da fare che, ha appunto luogo nella seconda parte. Capitolo 1: Città; viene spiegato sia il significato della parola che studiate le componenti fondamentali che la definiscono, quali: Società, Territorio e Tempo. Capitolo 2: Le aree ‘Assenti’; attraverso lo studio di teorici della materia viene fatta una distinzione delle tipologie. Si spiega, inoltre, il motivo della scelta della parola ‘Assenza’ e si stabilisce una classificazione in base all’attuale gestione.
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Capitolo 3: Strategie; è il capitolo cerniera, importante perché primo passo alla verifica dell’ipotesi. I successivi tre capitoli: Perugia, Strategie progettuali ed Ex Pastificio, sono applicazione della prima parte. Capitolo 4: Perugia; viene descritta sia la sua storia che le caratteristiche geomorfologiche. Seguono una serie di un’analisi e l’individuazione di tutte le aree ‘Assenti’. Si determinano, anche, le matrici di società, territorio e tempo, riprendendo così gli studi del capitolo 1. Capitolo 5: Strategie progettuali; punto principale della tesi, vede applicarsi quanto descritto nel capitolo 3 ed attuare strategie di dettaglio per ogni singolare area dell’intorno stabilito. Capitolo 6: Ex Pastificio; esempio di progettazione di una delle aree intercluse. Conclusioni; si osserva in che modo l’intorno stabilito è cambiato in seguito all’uso delle aree intercluse.
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I PARTE: Analisi
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1. LA CITTÀ
1.1. Che cos’è la citta’ OGGI? “...La vera Berenice è una successione nel tempo di città diverse, alternativamente giuste e ingiuste. Ma la vera cosa di cui volevo avvertirti è un’altra, che tutte le Berenici future sono già presenti in questo istante, avvolte l’una dentro l’altra, strette pigiate indistricabili..”
Italo Calvino, Le città invisibili Una città non è fatta di strade, una città non è fatta da edifici, una città non è lo spazio fra edifici e strade, non è spazio pubblico o privato. Una città è tutto e niente, è la risultante di connessioni delle quali facciamo parte. Nel corso degli anni sono state date innumerevoli definizioni di ciò che la città è e di cosa era prima, persone con più esperienza della mia ne hanno parlato, la mia intenzione non è quella di darne un’ulteriore ma soltanto quella di sintetizzare ed interpretare le parole in modo da poterne ricavare una che si adatti allo studio che si intende fare. La notevole corsa dell’urbanizzazione ha portato ad avere una formazione di territorio nella quale non è facile distinguere e separare gli spazi, perciò molto spesso non è possibile dire dove inizi e dove finisca una città, cosa ne possa fare parte ed invece cosa si debba escludere.
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Nella maggior parte delle città europee, negli anni dopo la seconda guerra mondiale, si ebbe l’incremento della richiesta di alloggi e di conseguenza il bisogno di costruire. I fattori che influirono sono diversi e numerosi. Prima ancora abbiamo gli effetti delle rivoluzioni industriali, i quali si moltiplicarono negli anni, ma oltre gli effetti e le domande derivanti da essa, questa introdusse anche delle risposte. Le città iniziarono ad espandersi, oltre ai centri storici, dilatandosi sempre di più, si formarono dei poli industriali, quindi sembrava legittimo dire che la città è dove l’area è maggiormente densa, poi ci sono le aree non urbanizzate e quelle industriali. Ora invece che tutto si è mescolato, cos’è la città? Numerosi sono i dibattiti riguardo questa domanda. Spesso si dice che non esiste più una città, altre volte si cerca di delimitare e distinguerne dei contorni. Cosa può essere considerata Città? Cercare di dare una definizione unica e precisa è piuttosto complicato, a causa della complessità che nella realtà di oggi questa investe. Ciò, però, su cui si ha certezza è che tale termine è entrato in crisi. Quanto descritto di seguito partirà, quindi, da una negazione piuttosto che da una affermazione, perché non potendo dire cos’è, sarà fatto l’opposto. A causa della difficoltà di trattare tutte le dinamiche che (non) la definiscono, ma volendo procedere su questo percorso, saranno fatte delle considerazioni su tre macro-temi, i quali poi si ripeteranno anche nei capitoli a seguire: 1.1.1. La città non è definita, Spazio. Non è un costituita da un insieme di elementi con caratteristiche, quantità e confini stabiliti, limitati ed invariabili. Fino al secolo scorso, la città poteva essere considerata costituita dall’aggregato urbano più compatto, nel quale era possibile includere ed escludere, quindi distinguere, ciò che ne faceva parte oppure no. In seguito la popolazione aumentò, quasi raddoppiando i suoi numeri e al tempo stesso anche la superficie urbanizzata è aumentata e con essa la rete stradale.
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Non da tutte le parti del mondo lo sviluppo è stato lo stesso. Infatti le dinamiche variano nei diversi continenti a causa del tessuto urbano ereditato. La richiesta di nuove strutture ha avuto come conseguenza l’espansione della città e quindi la frantumazione dei confini, i quali sono diventati sempre più permeabili. Non è più possibile trovare la ‘città ideale’, sono superate le idee di Platone, dell’età rinascimentale con la città di Sforzinda, dove “chi ne ha conosciuta una, le ha conosciute tutte, tanto esse si rassomigliano, tranne lì dove la situazione crea qualche differenza” (Moro, 1516, p. 58) . Perciò esse restano soltanto delle utopie alle quali un tempo si è cercato di aspira-
re. Lo stesso destino è quello che subirà la città moderna, poiché soffre di unificazione e omogeneizzazione dovuta al fatto che è stata costruita pensando ad un destinatario tipo: la famiglia nucleare delle società urbano-industriali, una coppia di genitori e due, al massimo tre, figli. La questione delle abitazioni nell’esperienza moderna, è stata infatti percepita e immaginata come una questione aggregata e unificante, questa e la maggior parte delle destinazioni d’uso, compiute apparentemente con logiche eterne entrano presto in crisi. Durante questi anni, la città si è espansa, come detto sopra, andando oltre i propri confini, generando spazi diversi da quelli precedenti, come: le aree sub-urbane, le periferie. Fisicamente è, infatti, possibile osservare una costante frammentazione e dispersione della maglia urbana, tipica di quella che oggi viene chiamata città contemporanea. Le utopiche città però non sono abbandonate, esse si trasformano in un modello spaziale fisico, fisso, progettato e controllato totalmente dall’utopia mega strutturale dell’idea di città-struttura. E’ naturale, intrinseco nell’umanità, cercare di definire e dettare regole, affinché possa essere più semplice e agevole la gestione di ciò che spesso è difficile comprendere. Ma come il corso della storia ha ampiamente insegnato, il cambiamento è alla base dello sviluppo. Bisogna, quindi, prima di tutto riconoscere l’imprevedibilità degli elementi che formano la città, la loro variazione ed interazione.
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Fig. 1 Spazio_ Milano, il sole 24 ore
Fig. 2 Tempo_ Beetham Tower, Manchester and the Roman Fort at Castlefield
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Le regole, pertanto, devono essere fatte per una migliore gestione, ma non dovrebbero essere fisse e limitanti, bensì flessibili e favorevoli alla trasformazione. 1.1.2. La città non è unidimensionale. Tempo. Non si vuole intendere che la città rifiuti il suo passato, questo sarebbe impossibile, perché esso segna e definisce ciò che la città è e sarà nel futuro, come un marchio indelebile che non può e nemmeno deve essere cancellato. Le varie città sono presenti, una all’interno dell’altra. (Calvino, 1993) Non sovrapposte ma mescolate, nonostante si possano riconoscere nei loro, più grandi e significativi, periodi. Nessun elemento urbano è stato privo di interventi successivi, siano essi naturali oppure umani. Prendendo come esempio l’Europa, le città medievali, rinascimentali, barocche, moderne o contemporanee non possono essere pensate soltanto come l’una che viene sommata all’altra. Non soltanto un’aggiunta ma una trasformazione, la prima modifica le sue caratteristiche legandosi alla seconda, si presentano rotture, cesure, innesti, nuove realtà più complesse rispetto ad una semplice addizione e aggiunta di costruito. Passato e presente sono legati da flussi reciproci, non soltanto riguardanti le condizioni fisiche della struttura urbana, ma in modo più intrinseco e più profondo, nella memoria, nell’eredità, nell’influenza nei confronti di chi la abita ma anche di chi la visita, di coloro che sono parte della città e con essa subiscono e determinano i cambiamenti. La città, quindi, non può restare ancorata al passato cercando di limitarne le modifiche, non si può credere che sia sufficiente preservare quello che è stato perché è ciò che si vive nel presente, altrimenti si otterrà l’effetto opposto, una sorta di effetto ‘boomerang’. Bisogna fare in modo di creare opportunità e non ostacoli. Soltanto attraverso una regolare azione di trasformazione si possono conservare i centri e la loro storia, così che attraverso nuove funzioni diventino più attrattivi e accessibili. 1.1.3. La città non è solo una comunità. Società. La città esiste perché è vissuta, in caso
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Fig.3 Società_ Public Swimming Pool in bucarest
Fig.4 Società_ Two old men, studio patch
Fig.5 Società_ London traffic
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contrario resterebbe un’opera da osservare. (Bonomi, Abruzzese, 2004) Invece è fatta per essere pubblica, per le persone. Dentro essa, si cammina, si lavora, si comunica con altri, si mangia, si cresce, si cambia. Quando le vie di comunicazione erano limitate e gli spostamenti richiedevano più tempo e risorse, ogni città aveva un carattere proprio e coloro che lo abitavano erano profondamente legati ad esso, tanto che ogni spazio era caratteristico di chi lo abitava, esisteva un’identità della città. E’ proprio, infatti, il significato di tale termine ad entrare ora in crisi, portando a volte una sensazione di dis-identità e quindi una critica costante ad una società che sembra persa. Si sostiene che la perdita sia causata ‘da un eccesso, da una sovrapproduzione di maschere, di persone, di pseudo identità’. Come succede per la città, lo smarrimento, è prodotto dall’indefinitezza e non univocità dell’identità che, si costruisce e si modifica durante tutta l’esistenza. Il movimento delle persone, che nell’ultimo secolo ha avuto un boom, ha contribuito al mescolarsi della cultura, al cambiamento della società e alla trasformazione del significato d’identità, dovuto principalmente alla conoscenza che tali flussi portavano. Oltre al semplice incontro tra le persone, infatti, vi è stato uno scambio di informazioni, nuovi metodi, nuovi approcci, nuovi materiali, nuove forme, ecc. Tutto ciò ha, indubbiamente, contribuito a modificare la città e la società, quindi non soltanto dal punto di vista della forma ma anche del pensiero, producendo costantemente nuovi modelli di conoscenza. Una singola azione, il movimento, ha avuto come conseguenza lo scaturire di innumerevoli fenomeni, si è prodotto un effetto domino nel tempo che non può essere fermato. Ma al contrario dell’effetto domino che è lineare, ciò che succede quando si interviene sulle persone, diventa spaziale. La comunità non è più locale ma globale, tanto da contenere anche ciò che era in precedenza (Calvino, 1993) La formazione di gruppi, frammenti della società, per motivi economici, culturali, politici, religiosi, di età e di sesso, ecc ha generato richieste diverse e complesse nello spazio
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pubblico che vanno oltre alle pratiche quotidiane che normalmente si svolgono. Ogni persona, cercando di semplificare, ogni comunità, ha una propria immagine di come la città è e di come dovrebbe essere. Non sono, però, solo le diverse comunità e i rapporti interpersonali a definire uno spazio ma anche le loro differenze e le loro interazioni, le quali delle volte producono disordini ma favoriscono il rinnovo. Dunque, quanto più la città sarà aperta ad accogliere e sostenere le diversità, tanto più esprimerà la democrazia sociale, indispensabile poiché i cittadini devono essere soggetti attivi e da considerarsi eguali nelle possibilità che lo spazio urbano offre. I residenti, però, non sono gli unici ad abitare e vivere una città. Il fenomeno di migrazione è andato ad aumentare negli ultimi decenni con frequenze, tempi di rimanenza e motivazioni diverse. Si pensi che, dati CESTIM aggiornati al 2015, si hanno 243,6 milioni di immigrati internazionali, pari 3,3% della popolazione mondiale. E nel solo continente europeo risiedono 76,1 milioni di immigrati, il 31,2% degli immigrati mondiali. Per quanto riguarda, invece, il turismo sono 1.134 milioni, il 15.36 % della popolazione mondiale. Molto spesso, però, questi continui flussi di persone che attraversano, trasformano e usano la città, a volte senza stabilire legami, non fanno altro che indebolirla. Ciò a dimostrazione di come, il nuovo modo di vivere generi la necessità, di un’adeguata risposta, da parte della città. 1.1.4. Le Relazioni. Finora si è parlato in modo generale di tre macro-temi, cercando di sintetizzare un argomento molto discusso negli studi urbani e che, quindi, ha a seguito molte trattazioni. Per spiegare cosa la città non è più, si sono descritti tre fenomeni: Spazialità, Tempo, Società, utili a comprendere quanto essa sia vasta e multiforme. Eppure queste non sono tutte le variabili esistenti. “La cosa meravigliosa è che la città contemporanea può essere compresa in tutti questi modi, eppure non è riconducibile a nessuno di essi” (Amin, Thrift, 2002, p.76) Non si può, quindi,
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teorizzare la città solo come un complesso di elementi ma devono essere prese in considerazione anche le relazioni che si creano quando essi interagiscono, poiché da queste dipende il manifestarsi di nuove variabili e perché esse stesse diventano una variabile. Le relazioni sono spesso imprevedibili e con ritmi per i quali non esistono metodi chiari di analisi, ciò però non significa che siano completamente ingovernabili. Quando si interviene nelle città attraverso una azione, non si ha mai una sola reazione quanto una complessità. Infatti, sono state identificate, cambiate e trasformate in primo luogo seguendo delle regole e come conseguenza di queste, attualmente si hanno scenari, spesso, difficilmente leggibili e comprensibili. Si prende, quindi, coscienza che ci sia qualcosa che sfugge agli strumenti che finora hanno permesso di descrivere e agire sulle realtà urbane e per tanto, che non sono solo le regole della pianificazione ad intervenire nel cambiamento delle città. Le trasformazioni sociali e culturali degli ultimi decenni sono, infatti, difficilmente inquadrabili dagli strumenti pianificatori tradizionali eppure fanno parte dell’oggetto nel quale essi agiscono. La forma che la città acquisisce è sempre meno legata a fattori fisici. Nuovi sviluppi condizionano il suo uso e i suoi bisogni ed è in questo contesto che emerge forte l’esigenza di trovare un nuovo orientamento concettuale che sia capace di superare quelle divisioni disciplinari, teoriche, specialistiche, tecniche, e sia in grado di cogliere ciò che tiene insieme le diverse parti della realtà, le loro relazioni. 1.1.5. Le divergenze. Argomento molto spesso discusso, è se considerare la città ancora esistente oppure intendere superato tale termine dinanzi ad altre tipologie di definizioni, le quali possono essere più adatte ed utili a definire e classificare la complessità nella quale si vive. Spesso, purtroppo, ad una classificazione si introduce una gerarchia delle parti e ciò significa dare più importanza e priorità a determinate cose rispetto ad altre. Con questo non si intende dire che non sia un modo corretto di procedere ed intervenire, ma si vuole concludere che una cosa non deve arrivare ad escluderne un’altra.
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Le varie zone di espansione, le zone periferiche, le zone di sviluppo, tutte le zone che non sono reputate parte della città, ne possiedono gran parte delle caratteristiche e degli elementi. Dunque perché ‘anche se con conformazione e tipologia diversa non possono essere città?’ Probabilmente il concetto di città si deve ampliare, deve essere modificato per adeguarsi ad una prospettiva che non guarda all’oggi ma al domani. Sapere che tutto ciò che si ritiene certo viene messo in discussione porta come conseguenza, un’incessante ricerca del controllo, che sfuggente altera la forma di guardare l’esistente. Quando, durante il tentativo di controllare il territorio, si manifesta una qualche difficoltà si diffonde l’illusione di possedere e padroneggiare comunque ciò che viene rincorso, portando alla negazione dei fatti, mentre invece basterebbe accettare i fenomeni. 1.1.6. Le conclusioni. Come ben si sa, il cambiamento è alla base dello sviluppo. Chiarita l’attuale difficoltà nello spiegare il significato di Città, a causa delle modifiche avvenute negli anni, partendo da una critica alla stessa, si sono introdotte le componenti, le relazioni che di essa sono parte ed infine le attuali divergenze. Nonostante quanto detto finora non dia una definizione, è utile, per capire come essa agisca e per comprenderla meglio. Si è parlato finora di componenti e di relazioni, di forme e limiti, di cambiamento e accettazione. Infatti, se l’essenza della città è cambiata, perché non può cambiare anche il significato di una parola? E’ impossibile restare ancorati ad un vecchio significato, perché la Città che si conosceva non esiste più. Guardando le mappe o le immagini e passeggiando per le strade, non si può vedere quanto si vedeva un tempo e solo provare a cercare ‘Quella città’ è un’utopia, perché è già passato. Eppure, come spiegato prima, è presente e sarà futuro. Dunque, confermando che ‘Quella città’ fisicamente non esiste più, o il termine decade o si amplia. La città era ed è tuttora, un insieme di parti, frammenti legati da un passato, che influ-
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iscono le une sulle altre. L’unica differenza, è che sono aumentate le componenti, sono maggiori le connessioni e questo processo nel tempo si intensificherà. Città come forma Città come densità Città come società Città come tempo Città come passato Città come comunicazione Città come spazio pubblico Città come spazio privato Città come relazioni Città come architettura Città come paesaggio Città come movimento Città come divenire Città come centro Città come periferia Città come confini Città come potenziale La Città, si può sostenere, è reale e il suo comportamento è effettivamente quello di un sistema, di un insieme di esistenze, dove uno, in modo diretto oppure no, ha un rapporto di interdipendenza con il tutto.
1.2. Cosa influenza la città “La nostra civiltà attuale è come una gigantesca automobile che viaggia su una strada a senso unico a velocità sempre maggiore. Purtroppo come viene costruita adesso, l’auto manca di sterzo
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e di freni, e la sola forma di controllo esercitata dal guidatore consiste nel farla andare più in fretta ma, affascinato dalla macchina e impegnato a raggiungere la massima velocità possibile, egli ha totalmente dimenticato la destinazione del suo viaggio.”
L. Mumford Nel paragrafo precedente si è cercato di comprendere il significato della parola città, non attraverso una definizione esatta ma con una serie di considerazioni su ciò che questa non è. A questo scopo si sono introdotti tre macro-temi; territorio, tempo e società, i quali sono parte, ma da soli non possono essere definiti città. Come spiegato, poi, più ampiamente nella parte conclusiva, i tre macro-temi e i loro sotto-temi insieme alle loro relazioni, sono città. Nessuna esclude l’altra e senza una, nessuna esiste. Chiarita, quindi, l’importanza di ogni parte, in questo paragrafo si elencheranno alcuni processi che la condizionano: 1.2.1. Condizioni di vita. Le esigenze di vita dell’uomo sono in continuo mutamento, negli anni si sono visti cambiare i bisogni e quindi anche la domanda dei servizi. Le nuove tecnologie, l’informazione, la comunicazione, la possibilità di più rapidi spostamenti hanno portato ad avere un nuovo modello di vita, dove l’organizzazione del lavoro, l’istruzione, la struttura del nucleo familiare hanno subito il medesimo cambiamento. Questa nuova domanda diventa forza motrice e motivo della localizzazione dell’offerta di servizi e della riorganizzazione della realtà sociale. Nel primo caso, non solo il raggiungimento della convenienza economica influenza la scelta di una locazione piuttosto che un’altra, ma anche la comodità di poterla raggiungere da parte di più utenti. Proprio per questo si sceglie spesso di inserire più servizi concentrati in uno stesso polo. Questi nuovi spazi, complessi funzionali, divengono luoghi collettivi dove si instaurano le relazioni sociali. Aumenta così l’importanza del modo in cui si vive la realtà sociale circostante e si prende atto della necessità di riorganizzare gli spazi pubblici.
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1.2.2. Tecnologia. La rivoluzione tecnologica è punto di discussione ma anche causa principe delle trasformazioni avvenute, nelle ultimi decenni, nella Città. Tecnologia come possibilità di ‘connessione’. Non esiste tempo, non esiste spazio. Tutti sono connessi con tutti ed ogni possibilità è servita. Infatti, il tempo sembra quasi accelerare e le distanze sono accorciate. In questa situazione, il modo in cui gli individui si relazionano e interagiscono fra loro, vivono e percepiscono lo spazio, non può che cambiare ogni volta che avanza lo sviluppo tecnologico. Tecnologia come sviluppo ‘fisico’. Grazie alle nuove scoperte scientifiche e la continua ricerca si aprono nuove possibilità di intervento urbano ed architettonico. La tecnologia condiziona l’uso dei materiali, la scelta di uno piuttosto di un altro a seconda delle caratteristiche, e delle forme, negli ultimi anni è vista l’introduzione di elementi in grado di salvaguardare le condizioni statiche. La tecnologia, inoltre, ha permesso e reso possibile la delocalizzazione della produzione e la conseguente formazione di aree direzionali, provocando un disegno urbano delle città lontano da quello che era tradizionalmente. 1.2.3. La produzione. La crescita, a volte smisurata ed incontrollata, dell’industria nel territorio urbano, è uno dei principali elementi di crisi. Alla quale le città hanno dovuto rispondere riorganizzandosi in modo diverso. Un’organizzazione produttiva fondata su media e grande impresa, si basa sullo sviluppo della produzione che per crescere ha bisogno di fortificare ed estendere la propria rete di relazioni, sia con componenti che contribuiscono alla realizzazione delle merci, sia con una serie di servizi che, talvolta non si possono produrre al suo interno. Questo fenomeno sottolinea sempre più come l’impresa non sia più un mondo a sé, limitata negli spazi nei quali si produce, ma è un entità che ha bisogno di interdipendenze ed è sempre più congiunta alle relazioni che riesce ad avviare in tutte le fasi del suo stesso processo produttivo.
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La ricerca di tali relazioni deve essere favorita dalla gestione dello ‘Spazio Industria’. Si prediligono luoghi dove i costi sugli spostamenti sono minori. Per tanto, la vicinanza o la raggiungibilità della rete di relazioni, avrà un peso maggiore sulla scelta della località in cui un’industria si collocherà. O di contro, sarà il motivo, di un’eventuale spostamento e quindi dell’abbandono di essa, con le conseguenze che in una città ben si conoscono. 1.2.4. Economia. Causa e motivo principale di crescita o diminuzione degli interventi di trasformazione. La prosperità della città è, infatti, legata alla prosperità dell’economia e viceversa. Per chiarire questo punto è, innanzitutto, indispensabile sottolineare che, le modifiche avvenute nel tempo, hanno portato le città ad essere, non solo luoghi nei quali si svolgono le pratiche economiche ma, loro stesse variabili all’interno del mercato. Le città, si trovano di conseguenza, a dover favorire la logica del profitto, lavorando contemporaneamente in due ambiti simili ma diversi. Devono essere, infatti, in grado, di adeguarsi spazialmente a flussi economici sempre maggiori e allo stesso tempo di promuovere il proprio valore intrinseco. La distribuzione delle attività di servizio e di servizi nel territorio, non è legata solo alle necessità dei residenti ma anche a ragioni di crescita e di attrattività. Zone con minori costi e maggiori guadagni, come succede anche nella produzione, sono spesso preferiti ad altri. Allo stesso tempo però, un luogo economico non è sinonimo di guadagno se per l’individuo non è allo stesso tempo attrattivo. E’, quindi, evidente come l’economia prenda in mano i fili della città condizionandola a tal punto da intervenire fisicamente in una ridistribuzione degli spazi, come la trasformazione di suolo agricolo in edilizio, che però deve essere correttamente calibrata. Dall’altra parte si ha, invece, il peso che la città assume all’esterno. L’economia, infatti, non gioca più solo all’interno dei propri confini. Ed in questo caso, la cura e la valorizzazione dei propri beni è indispensabile per poter attrarre più visitatori, così come la promozione e la qualità dei prodotti locali serve ad avere una maggiore richiesta.
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Il tutto, per continuare a far girare la ruota dell’economia che in un continuo scambio dare-avere, è senza dubbio necessaria e indispensabile per la gestione. 1.2.5. Politica. La gestione, l’organizzazione, il governo e la trasformazione dello spazio urbano e non urbano delle città, è affidata alla Politica. A lei, spettano le decisioni sull’immagine pubblica, attuate attraverso l’approvazione o la bocciatura di un piano, la sua modifica e varianti. Composta da un pensiero dell’individuo, condiviso da più parti, ha bisogno di consensi per continuare su un determinato percorso. Vede sorgere costanti ed imprevedibili cambiamenti. Si pensi solo come, da un’iniziale idea di politica urbana di spazio ‘per tutti’ si sia passati a favorire gli aspetti commerciali degli stessi spazi (Cantalini S. Mondaini, 2006). Sorgono ovunque, grandi centri commerciali, si potrebbe dire che sono gli unici interventi a compiersi rispettando i tempi se non addirittura accelerandoli. Mentre altri non incontrano tale fortuna, o non partono o non si concludono mai. Il ruolo della Politica, in questi anni, è cambiato, entrando quasi in crisi. Si modifica il rapporto tra pubblico e privato e ciò si rispecchia nello spazio pubblico che viene, spesso, eroso a favore del secondo. 1.2.6. Ambiente. Se i precedenti fenomeni che influenzano la città, sono indispensabili, al progresso e miglioramento, il loro eccesso, invece, costituisce, spesso e volentieri, un danno all’ambiente urbano e non solo. Le condizioni dell’ambiente sono, infatti, condizionate dalle pratiche che si compiono all’interno di essa. Le città sono causa dei cambiamenti climatici, dal momento che le attività svolte, sono la principale fonte di: emissioni di gas-serra, aumento del calore, produzione di rifiuti, di inquinamento luminoso, idrico e acustico. Per affrontare i cambiamenti climatici, è necessario prendere consapevolezza che questi eventi, non possono non essere considerati nella gestione del territorio. (Lanzani, 2015)
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Non solo per evitare peggioramenti ed eventi estremi ma, perché così come la città influenza l’ambiente, esso influenza la città. (Da notare, come il binomio dare-ricevere, condizione di interdipendenza, già più volte descritto, sia presente anche qui.) Ad esempio, una delle condizioni climatiche più ‘innocue’ ma ricorrenti e spesso causa di disagi, sono le precipitazioni. Nelle città contemporanee, principalmente composte da materiali impermeabili, come il calcestruzzo, l’acciaio e il vetro, non si ha possibilità di un corretto assorbimento e deflusso dell’acqua. Non sono rari i casi di allagamento e impercorribilità delle strade, dovuti ad una superficiale progettazione sia a livello urbano che tecnico. La progettazione del manto e dei sistemi di trattamento delle acque, non sono trascurabili, ma sono di secondo piano rispetto alla necessità di una disegno più ampio, il quale deve prevedere a priori delle soluzioni a questo tipo di problematiche. La collocazione dell’elemento di drenaggio è, infatti, una soluzione tampone. Dove, come e perché, viene fatto ciò che si fa, sono le domande alla quali si dovrebbe cercare di rispondere. Il problema delle acque, però, non si limita solo alle precipitazioni, esso si estende fino ai corsi di acqua naturali, al loro straripamento. La città di cemento che interviene e stravolge la natura si trova, poi, sopraffatta da quest’ultima, che solo vuole riprendersi gli equilibri di cui è venuta a meno. Inoltre, un’adeguata progettazione urbana delle acque e dei torrenti, oltre contribuire alla riduzione di disagi causati dalle piogge può dare un significativo apporto per gli usi privati, pubblici e agricoli. E non per ultimo essere favorevole all’aspetto della città. Un altro disagio, causato dalle città, che affligge le stesse, è l’inquinamento di gas provenienti dalla combustione delle macchine. La città industrializzata, nella quale lo spostamento è condizione indispensabile, ha reso sempre più frequente ed intenso questo problema. Secondo uno studio condotto da Navigant nel 2015, nel mondo sarebbero presenti circa un miliardo e duecento milioni di autoveicoli, sia pubblici che privati. Tralasciando, in questo caso, l’inadeguata risposta di contenimento delle città a questi
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numeri destinato a crescere, ogni automobile viene usata almeno una volta al giorno producendo una quantità inimmaginabile di anidride carbonica, che varia per durata del viaggio, per combustibile usato e per dimensione della vettura. Ogni anno, si continuano a produrre autoveicoli e la soluzione che le case automobilistiche danno a questo problema, è la produzione di auto ibride o elettriche. Queste, non possono e tantomeno devono però essere le uniche soluzioni. Anche queste di tampone e di secondo piano. Per intervenire, infatti, si dovrebbe avere una strategia urbana efficace ed efficiente in grado di dare alternative e possibilità al un trasporto su gomma. Non solo la predilezione del mezzo pubblico anziché di quello privato, ma l’incentivo ad un tipo di trasporto leggero. Gli individui hanno ormai l’abitudine di spostarsi anche per pochi chilometri con l’automobile, sì per abitudine, ma anche perché mancano marciapiedi adeguati e piste ciclabili che permettano una percorrenza. Non è da dimenticare, un altro modo per ridurre l’anidride carbonica nelle città di cemento, e cioè l’apporto di elementi naturali che non solo assorbono il gas inquinante e dannoso ma diventano parte dell’arredo urbano. I problemi ambiente-città, non si limitano come detto prima, solo a questi due tipi. Sono, bensì, più complessi e numerosi. Ma non mancano gli studi in tutti i settori e sicuramente attraverso un impegno maggiore, nemmeno le soluzioni adatte. Certo è che non si può aspettare ancora a lungo e continuare a trascurare l’influenza che hanno. Si è visto in questi due casi, come esistano sia soluzioni temporanee che soluzioni a lunga durata e come, queste, forniscano un apporto di miglioria polivalente e non solo relativo al problema esaminato.
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1.3 Conclusioni Le considerazioni fin qui fatte non hanno, volutamente, dato un’univoca definizione di città, non era questo lo scopo. Non si è escluso o prediletto qualcosa, perché così come si è ripetuto più volte, nonostante nella divergenza e contrapposizione, il tutto non smetta di essere città. Si è accennato, infatti, alla sua complessità e alla molteplicità delle sue componenti, senza però ridurla ad essere solo un insieme di parti. Lo svolgersi di pratiche, la richiesta di bisogni, gli spazi, le relazioni che intrattengono, non sono solo pezzi separati di un puzzle da completare. Questi mescolandosi e contaminandosi, si legano e diventano molto più di semplici ingranaggi in una ‘città macchina’. Gli individui mentre si relazionano con la famiglia, gli amici, i colleghi, scelgono più di uno spazio nel quale svolgere le proprie attività. Luoghi, non destinati semplicemente, al lavoro o alla socializzazione. Nessuno potrebbe vivere facendo casa-lavoro-supermercato, supermercato-lavoro-casa. Dunque, operazioni di intervento volte ad una considerazione per parti, risultano essere limitative e non adeguate, addirittura spesso più dannose che utili, fino a diventare pericolose. Il modo in cui viene percepita cambia, quindi, a seconda di quello che si cerca e si sceglie di guardare. Probabilmente è questa la causa principale delle difficoltà di interpretazione, dalle quali nascono difficoltà di azione ed intervento. Ma non è forse nella avversità che si hanno le soluzioni più originali? Ed è, appunto, la capacità dell’uomo di immaginare qualcosa al di là della realtà, di liberare la conoscenza verso ambiti diversi ad aver creato ‘questa città’ ed è forse la stessa nella quale va ricercata, nella varietà che offre, la potenzialità non di una sola risposta.
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2. LE AREE ‘ASSENTI’
L’oggetto di studio di questa Tesi, viene qui descritto e definito. Prima attraverso il richiamo di nozioni e di un’analisi di approfondimento delle cause della loro formazione, in seguito attraverso un concetto di sintesi. Si tratteranno tutte quelle aree risultanti dall’espansione urbana, da una progettazione stratificata, dalla frammentazione degli spazi, da un’evoluzione senza precedenti e dalla convenienza. Alcune volte sono spazi voluti, derivanti da un disegno strategico, altre volte il resto di un prodotto. In ogni caso, derivanti da una risposta limitata. Particolarmente studiati nell’ultimo trentennio, sono i risultati della trasformazione del suolo, avvenuta fin dal primo riparo costruito dall’uomo. Non solo prodotto di quest’ultimi anni, sono conseguenza dell’instancabile crescita di un ambiente ormai saturo. Tali aree, pur collocandosi ‘in mezzo’ alle dinamiche di trasformazione sono spesso trascurate perché, apparentemente, non sono funzionali. Sono ritenuti spazi estranei ed infruttuosi nonostante siano ampiamente condizionati da quanto presente in una città, come infrastrutture, costruito, elementi naturali, ecc. E così restano fermi nello spazio e nel tempo, latenti, in attesa. Sono aree collocate dappertutto, in piena vista, non solo ai limiti e ai margini delle città, ma proprio dentro ad esse. Eppure, nascoste dall’occhio umano, invisibili. Ogni giorno, nello svolgimento delle pratiche quotidiane, si passa davanti ad almeno una. Ma si è così abituati a quelle scene o distratti dal continuare il proprio percorso, che non si fa
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più caso a quanto si ha davanti. Solo quando si intuisce la loro presenza, ci si ritrova improvvisamente affascinati e turbati da una mancata presenza.
2.1 Principi e Termini Le aree sopra citate, possono essere raccolte nella grande categoria degli spazi interclusi, il termine stesso indica il loro significato, sono chiusi internamente dalle dinamiche di trasformazione. Fra di esse, però, si possono distinguere differenti categorie in base alla provenienza, lo stato attuale, la dimensione, l’utilizzo e le possibilità. La descrizione, che qui viene fatta, si affida al contributo di concetti stabiliti da esperti della materia. Questo sotto paragrafo si sviluppa, infatti, come raccolta dei punti salienti. Anche se sintetico, nonostante il tema potrebbe essere affrontato in modo più dettagliato grazie alla presenza di un vasto materiale, si cercherà di non tralasciare parti essenziali alla comprensione. Si ha così, una prima distinzione, fatta sulla base della loro formazione: • Spazi non previsti. Di risulta, scarti, frammenti, il residuo della progettazione e del disegno urbano. Collocati all’interno del territorio, circondati da esso, restano inermi, vuoti e trascurati. • Spazi previsti, progettati con una destinazione e per uno scopo. La loro principale funzione è quella di raccoglitori di individui, di spazi di passaggio. Si limitano ad essere usati, ma non vissuti. Spesso non hanno relazioni con l’intorno, spesso non hanno alcuna relazione. • Spazi previsti ma dimenticati. Disegnati, a volte realizzati, sono ormai superati a favore di altri spazi con le medesime caratteristiche e funzioni, spesso destinati al
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degrado. Di essi, resta principalmente, il ricordo e la nostalgia. Ogni punto, però, non vuole limitarsi ad essere un elenco di più concetti. Vengono, infatti, analizzati ed approfonditi per spiegare la criticità del sistema nel quale si inseriscono e per comprendere la possibilità di un’eventuale recupero, non solo dell’area in questione ma soprattutto di quanto presente ‘oltre l’area’. 2.1.1 Spazi non previsti. Formatisi ‘casualmente’ dopo un processo che non li vedeva coinvolti. Di casuale però non hanno niente. Sono, infatti, volutamente stati lasciati senza uno scopo perché non rientravano nel processo di progettazione o di pianificazione. Chiamati vuoti, di risulta, scarti, residui, aree di margine, o in altri modi, li vedremo qui di seguito: _Terzo paesaggio “Se si smette di guardare il paesaggio come l’oggetto di un’attività umana subito si scopre una quantità di spazi indecisi, privi di funzione ai quali è difficile dare un nome. Quest’insieme non appartiene né al territorio dell’ombra né a quello della luce. Si situa ai margini. Dove i boschi si sfrangiano, lungo le strade e i fiumi, nei recessi dimenticati dalle coltivazioni, là dove le macchine non passano. (…) Tra questi frammenti di paesaggio nessuna somiglianza di forma. Un solo punto in comune: tutti costituiscono un territorio di rifugio per la diversità. Ovunque, altrove, questa è scacciata. Questo rende giustificabile raccoglierli sotto un unico termine. Propongo Terzo paesaggio, terzo termine di un’analisi che ha raggruppato i principali dati osservabili sotto l’ombra da un lato, la luce dall’altro.” (Clément G. 2005, p.10)
_Terrain Vague “Empty, abandoned space (...) Such urban space, wich I will denote by the french expression terrain vague, assumes the status of fascination, the most solvent sign with wich to indicate
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Fig. 5 Terzo Paesaggio_ Vegetazione spontanea
Fig. 6 Terrain Vague_ Risulta
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what cities are and what our experience of them is. (...) It is impossible to capture in a single english word or phrase the meaning of terrain vague. The french term terrain connotes a more urban quality then the english word land; thus terrain is an extension of the precisely limited ground fit for construction, for the city. (...) The french word also refers to greater and perhaps less precisely defined territories, connected with the physical idea pf a portion of land in its potentially exploitable state but alredy possessing some definition to which we are external. ........”
(De Solà-Morales I. 1995, pp.119-120) 2.1.2. Spazi previsti. Prodotti della società moderna, collocati in posizioni limitate e circoscritte. Sono opere inermi senza rapporto con l’intorno, caratterizzati da una grande struttura e da un altrettanto grande pavimentazione in calcestruzzo. Si possono vedere le stesse sagome da Milano a Palermo facendo il giro per Barcellona e Berlino. Molto spesso contengono al loro interno varie attività. Richiamando una grande affluenza di individui, non si limitano soltanto a stravolgere l’economia e l’urbanistica, ma anche le relazioni sociali. Sono infatti, al giorno d’oggi, i nuovi spazi di incontro, dove però nessuno entra veramente in relazione. Altre volte sono spazi costruiti e realizzati con un ‘sociale’ ma solitari ed isolati. Per ultimo invece, esistono spazi caratterizzati dalla precarietà del transito, anche questi accolgono frequentatori ma solo di passaggio. Sono abitati solo da oggetti inanimati e nemmeno completamente. _Nonluoghi “Se un luogo può definirsi come identitario, relazionale, storico, uno spazio che non può definirsi né identitario né relazionale né storico, definirà un nonluogo. L’ipotesi che qui sosteniamo è che la surmodernità è produttrice di nonluoghi antropologici e che, contrariamente alla modernità baudeleriana, non integra in sé i luoghi antichi: questi, repertoriati, classificati e promossi ‘luoghi della memoria’, vi occupano un posto circoscritto e specifico. Un mondo in cui si nasce in clinica e si muore in ospedale, in cui si moltiplicano, con modalità lussuose o inumane, i punti di transi-
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Fig. 7 Nonluoghi_ Sala d’attesa
Fig. 8 Junkspace_ Detritti
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to e le occupazioni provvisorie (le catene alberghiere e le occupazioni abusive, i club di vacanze, i campi profughi, le bidonville destinate al crollo o ad una perennità putrefatta), in cui si sviluppa una fitta rete di mezzi di trasporto che sono anche spazi abitati, in cui grandi magazzini, distributori automatici e carte di credito riannodano i gesti di un commercio ‘muto’, un mondo promesso alla individualità solitaria, al passaggio, al provvisorio e all’effimero, propone all’antropologo (ma anche a tutti gli altri) un oggetto nuovo del quale conviene misurare le dimensioni inedite prima di chiedersi di quale sguardo sia passibile.” (Augèé M. 2009, p.77)
2.1.3. Spazi previsti ma dimenticati. Tutto ciò che è diventato ormai passato. Sono segni e tracce di spazi pensati, voluti e usati. Sono i resti e le impronte dell’evoluzione della città di cui si è parlato nel primo capitolo. I vari fattori di influenza, la modifica delle necessità, la tecnologia, l’economia e la politica, hanno portato ad avere un ‘rifiuto’. Ormai sono trascurati e abbandonati, o riappropriati dall’ambiente nei termini e nelle condizioni che solo la natura stabilisce od occupati abusivamente. In ogni caso lasciati a sé stessi. - “Se lo space-junk (spazzatura spaziale) sono i detriti umani che ingombrano l’universo, il junkspace (spazio spazzatura) è il residuo che l’umanità lascia sul pianeta. Il prodotto costruito (ci torneremo) della modernizzazione non è l’architettura moderna ma il Junkspace. Il Junkspace è ciò che resta dopo che la modernizzazione ha fatto il suo corso o, più precisamente, ciò che si coagula mentre la modernizzazione è in corso, le sue ricadute.” (Koolhaas R. 1995, p.63)
2.2 Assenza Si è visto, come queste aree siano di diversi tipi e come ognuna abbia un proprio significato. E’, quindi, evidente come non sia possibile usare soltanto il termine ‘intercluso’
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per parlarne. Una caratteristica che accomuna tutte queste aree è l’essere “Assenti”, in quanto interagiscono per la loro esistenza all’interno del sistema città ma in modo passivo, senza avere uno scopo preciso, perché l’hanno perso, perché non l’hanno mai avuto o perché nonostante lo abbiano non si relazionano in modo adeguato con ciò che le circonda. 2.2.1. Vuoto e Assenza. Per comprendere meglio la scelta di tale termine è necessario, innanzitutto, chiarire la differenza tra vuoto e assenza, perché spesso scambiati come sinonimi o usati per spiegare l’uno e l’altro. Il primo in fisica si identifica come la non-esistenza di materia, uno spazio in cui non ci sono particelle materiali. Questo termine è, dunque, innegabilmente assoluto, tanto da essere una delle più grandi riflessioni scientifiche e filosofiche di sempre. Ancora oggi, alla domanda cosa è il vuoto? Non si ha risposta concorde. È possibile che da qualche parte esista uno spazio con assenza di materia? Anche l’aria, dopotutto, possiede molecole, seppur piccole. Quindi, riprendendo tali concetti e quesiti nello studio urbano del territorio si può affermare che uno ‘spazio vuoto’ oltre ad essere, come quotidianamente inteso, un’area nella quale vi è il nulla, sarebbe fisicamente incapace di modificarsi e diventare qualcos’altro. L’assenza, dall’altra parte, è la presenza non manifestata. Qualcosa che esiste e potrebbe essere presente. Ed è proprio sul binomio presenza-assenza che si sono poste le basi per la scelta di tale termine. Esso, infatti, non solo conferisce alle aree un’intrinseca possibilità di cambiamento ma è ritenuto più adeguato da usare perché in grado di riassumere la loro essenza. L’area ‘assente’, pertanto, diventa la costante tra il progetto e il risultato, dunque tra l’agire e il fare, ed esiste, ma è assente di scopo, di collegamento, di forma, di continuità. E’ la logica di una o più azioni a mancare. Ma al tempo stesso è forte dinamica e opportunità, non impassibile e nemmeno immutabile.
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La sistemazione di quegli spazi, però, deve andare oltre all’azione o al volere dell’azione, oltre l’individuo per la liberazione della singolarità dell’area, così che possa essere parte in un insieme più ampio e non solo uno spazio da riempire. Si comprende, quindi, che ‘Assenza’ non è solo condizione di espansione ma anche relazione. 2.2.2. Sviluppo e gestione. Per una più agevole comprensione delle sfaccettature che le ‘Assenze’ possiedono, dopo aver identificato un loro stato, segue un’articolazione più complessa, che riprende lo sviluppo e la gestione di questi spazi e, che parte da una critica agli stessi. In particolare possono essere distinti nelle seguenti tipologie, riprendendo, in parte, quanto già descritto da M. Carmona in Contemporary Public Space: –– Residuo. Comprende sia gli spazi minimi che le frange urbane e periurbane. Sono, infatti, parte di questa categoria lo scarto del disegno infrastrutturale ma anche spazi a destinazione agricola ,residuali dei fenomeni di trasformazione territoriale. Possono, in sintesi, essere di differenti tipi e dimensioni. –– Abbandono. Non più utilizzati e spesso deteriorati. I più conosciuti ed in vista sono i siti industriali dismessi. Alcune volte, però, sono anche residenze abbandonate o nel peggiore dei casi, spazi pubblici. Sono, anche questi, un tipo scarto della società moderna che nel progredire li ha dimenticati. –– Sospensione. Scheletri strutturali legati all’incontrollabile avanzare dell’economia, colpevole insieme ad una politica carente di tutele, gestione e permissiva, del precoce arresto dei lavori. Sono fra le cause principali del degrado estetico cittadino. –– Movimento. Sono, purtroppo, spazi sempre più in crescita e richiesti. L’utilizzo dell’automobile nella società contemporanea li rende necessari. Nati per provvedere a questa richiesta in tempi veloci e con costi bassi, sono facilmente riconoscibili, perché sono lastre di cemento usate come parcheggi. Collocati sia all’interno dei centri urbani che in luoghi più isolati, sono di varie dimensioni. –– Progetto. Anche questi come i precedenti sono in crescita. Sono, principalmente, i
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Fig. 9 Residuo_ Grande raccordo stradale
Fig. 10 Progetto e Movimento_ Ikea
Fig. 11 Resistenza_ Campo Rom
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nuovi attrattori della società. Non hanno caratteristiche uniche né legami con l’intorno. Sono, infatti, grandi scatole spesso ripetibili. –– Resistenza. La loro peculiarità è l’occupazione, spesso, abusiva e la riappropriazione indebita o di spazi abbandonati o sospesi. Sono indice di una disfunzionalità nell’organizzazione urbana e per tanto generatrici di un forte impatto sull’ambiente. –– Controllo. Limitano la libertà di un determinato gruppo di persone. La loro forma è dovuta al bisogno di controllare la sicurezza. Le prigioni sono l’esempio calzante ma non sono da escludere spazi ad alto livello di paura e di rischio, lasciate alla gestione di determinati gruppi sociali. Questo tipo di distinzione, quindi, permette di osservare le ‘Assenze’ dal punto di vista della loro offerta e della loro reciproca relazione perché legate da una costruzione consecutiva dell’ambiente.
2.3 ‘Assenza’ in altre discipline Le aree ‘Assenti’ fin qui spiegate in ambito urbano non sono una recente scoperta nemmeno per altre discipline. Prendendo in considerazione la loro essenza poetica, sono perfetto mezzo di comunicazione della trasformazione della società contemporanea, in quanto tracce di un passato prossimo degno di essere raccontato. Cariche di una pervasa nostalgia e di tensione ricoprono ruoli da protagoniste in alcuni casi, mentre in altri pur restando ‘nel coro’ sono in grado di catturare l’attenzione. I tre più noti settori nei quali sono solito prendere parte sono: La pittura, la fotografia e il cinema.
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Fig. 12 La esplanada _ Alejandro Quincoces
Fig. 13 Destruccion _ Alejandro Quincoces
Fig. 14 Tempelhof_ Anselm Kiefer
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2.3.1 Pittura. Senza fermarsi su tecnicismi e analisi elaborate, si elencano due artisti diversi ma vicini per la sensazione che sono in grado di procurare attraverso una rappresentazione della realtà a volte tenebrosa ma anche necessaria per capire la necessità di prendere un respiro, una pausa, dalla frenesia. –– Alejandro Quincoces; I soggetti dei suoi dipinti sono le scene di vita quotidiana, anche negli aspetti più duri. Paesaggi urbani, vedute e scorci sono devastati dai segni della natura che travolge ogni cosa, sono avvolti dalla nebbia, dall’inquinamento. Il wall street International, a proposito delle sue opere, scrive: “Gli elementi... Sembrano avere un carattere lirico espresso dal transito frenetico di veicoli, dalla vitalità di luci e bagliori, ma anche dall’inquietudine del lato oscuro che emerge dalle zone d’ombra di sottopassaggi e ponti... Lo scenario e la natura sono re e regina dei dipinti, dove l’uomo non è presente ma nemmeno assente.” Invece, in un’intervista a Quincoces del 2013, lui afferma: “Dipingo situazioni nelle quali ogni persona possa rispecchiarsi, nelle quali il dramma parte da principi comuni ed incerti.” Non si ha, quindi, solo una visione asettica, discrezionale e fredda della città, ma una rievocazione di stati d’animo provocata dall’intensità della tecnica dell’incisione usata. –– Ansel Kiefer; Seppure, Quincoces, che riprende la nostalgia di Kiefer, si indirizzi verso una rappresentazione della realtà urbana, non mancano nemmeno in quest’ultimo temi come le rovine dell’occidente, legati a: le riflessioni sulla religione, la seconda guerra mondiale e la memoria. In un’intervista in occasione di Le torri e la qabbalah, sostiene: “Ho lavorato spesso in luoghi industriali. Li trovo particolarmente interessanti, perché qui c’è un accumulo di lavoro che si percepisce fisicamente. Decine di migliaia di persone ci hanno lavorato e hanno lasciato una parte della loro vita... Di questi, rimangono solo frammenti straziati. Luoghi storici, brandelli di paesaggi e nature. Rovine”
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Fig. 15 Valencia_Basilico, 1998
Fig. 16 Domingo_Xavier Ribas, 1994
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2.3.2 Fotografia. Il racconto della ‘Assenze’ è diventato uno dei temi preferiti dell’osservazione della realtà attraverso il filtro della lente fotografica. Mezzo di comunicazione più recente e, a volte, più immediato della pittura. Sono numerosi i fotografi che guardando alla città raffigurano paesaggi desolati e abbandonati, insiti di un’atmosfera, in parte, apocalittica. Alcuni di questi sono: –– Gabriele Basilico. La sua ricerca supera i confini della fotografia documentaria per approdare verso una riflessione sulla trasformazione del paesaggio e un’indagine sociale. Ha lavorato su diverse città, sia italiane che non, come Valencia, Beirut, Milano, Bolzano, San Francisco, Montecarlo, Iran, Shangai. Nonostante l’intento della fotografia di Basilico sia quello di raccontare i segni del paesaggio prodotti dalla componente umana, questa quasi non è mai rappresentata. “Tendo ad aspettare che non ci sia nessuno, perché la presenza di una sola persona enfatizza il vuoto e fa diventare un luogo ancora piu’ vuoto. Mentre se lo fai vuoto e basta, allora diventa spazio metafisico.” –– Thomas Struth. I suoi primi lavori riguardavano i paesaggi urbani, come sfondo della vita delle persone però, come Basilico, evitando di mostrarle. “L’architettura non deve essere fine a sé stessa, deve permettere lo sviluppo della vita delle persone che lo abitano”. –– John Davies. Conosciuto per l’esplorazione e la documentazione di siti industriali contrapposti a paesaggi rurali. Rappresenta la forza che caratterizza i luoghi di lavoro, le ferrovie, le ciminiere. Ossia quegli elementi che si slanciano verso il cielo e permettono la definizione dei contrasti. –– Xavier Ribas. Va alla ricerca del fenomeno dell’intrattenimento, in particolare di cosa le persone facciano nel loro tempo libero. Inquadrando il tutto all’interno delle attivi-
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Fig. 17 Fotogramma di una scena del film ‘Nostalghia’
Fig. 18 Fotogramma di una scena del film ‘Nostalghia’
Fig. 19 Fotogramma di una scena del film ‘Il cielo sopra Berlino’
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tà svolte in scenari come gli spazi residuali della città. E’, infatti, possibile osservare come spontaneamente le persone riciclino quegli spazi privi di gestione. 2.3.3 Cinema. Le pellicole colpiscono per la varietà delle immagini, la grandiosità delle sequenze e del montaggio. Il binomio cinema-architettura si propone, forse, nella sua attualità come la più stimolante fra le arti e, allo stesso tempo, come la più complessa. Rilegata, quasi sempre, a sfondo, il paesaggio urbano non è mai protagonista ma complemento necessario ed indispensabile al progredire della storia. –– Nostalghia di Andrei Tarkovsky. Il film ripercorre la ricerca spirituale di un poeta, lontano dalla sua patria, attraverso il suo viaggio. Sono poche le scene di spazi interni ed è infatti possibile apprezzare la similitudine dei luoghi visitati con la personale visione del protagonista. I luoghi cupi, desolati, abbandonati sono tracce di storia e avvolti da un ambiente saturo esprimono una sensazione di soffocamento causati dai lontani ricordi. –– Il Cielo sopra Berlino di Wim Wenders. Il cinema di Wenders può essere visto come una riflessione sul paesaggio urbano, non solo coglie i contrasti degli spazi urbani ma in essi cerca il carattere intrinseco di realtà. In questa ottica è importante la figura degli angeli che, permettono di guardare Berlino da nuove prospettive. L’importanza di questo non si limita a motivi di inquadrature ma esordisce nel più profondo rapporto tra società e città, entrambe caotiche.
2.4. Conclusioni: Qual’é il loro futuro? Gli spazi ‘Assenti’ sono stati descritti, prevalentemente, attraverso una critica. Prima, verso ciò che le ha prodotte ed in seguito verso sé stesse e come vengono vissute.
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La critica, però, non dovrebbe mai fermarsi ad uno stato di osservazione passiva, ma dovrebbe essere interpretata come una provocazione. Ed è proprio questo punto che si ritiene necessario sottolineare e sul quale si intende proseguire. Si è visto come, la descrizione e classificazione delle ‘Assenze’ fatta da esperti della materia urbana mescolata a come esse sono viste e rappresentate ‘esternamente’ portino una accezione negativa. E quanto si vorrebbe fare è riuscire a superare questa condizione. Come introdotto a piccole dosi durante il racconto, queste ‘Assenze’ (mancate presenze) possiedono il carattere della probabilità, ma anche una storia ed un’identità non statica. Inoltre, sono collocate all’interno di forti dinamiche urbane, quindi senza dubbio rappresentano un’opportunità, sia per ambienti ormai saturi che per quelli in evoluzione. Non è, infatti, possibile continuare ad ignorarli e tanto meno crearne di nuovi. Deve essere presa in considerazione una adeguata sistemazione degli spazi prima di decidere di abbandonare uno stabilimento, costruire nuovi edifici o demolirne degli altri. Ma soprattutto, deve essere fatto per mezzo di relazioni sia fra gli spazi stessi che con le persone. Inoltre, come spiegato nel primo capitolo, la percentuale annua di suolo urbanizzato è sempre più in aumento e proseguire in questo modo provocherebbe un’alterazione degli equilibri naturali che si vivono. Non si tratta solo di un principio ambientale ma anche di una necessità umana delle condizioni in cui si stabiliscono.
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3. LE STRATEGIE
Dove, in che modo, con quale peso e con quali misure si può intervenire nella città? In uno spazio urbano complesso, spesso statico e già definito? Si parte da queste domande per definire delle strategie, nelle quali, le aree ‘assenti’ ricoprono un ruolo fondamentale. Sono stati individuati come risposta a questo scopo, grazie alla loro potenzialità e alle possibilità che offrono, gli spazi ‘Assenti’; già descritti e definiti nel precedente capitolo. Per tali ragioni, questo diventa punto focale dello studio fatto. Qui saranno, infatti, individuate le modalità attraverso le quali intervenire, nella realtà oggi odierna. Ovviamente, come ripetuto in precedenza, gli argomenti trattati, ossia la Città e gli spazi ‘Assenti’, possiedono un’ampia argomentazione. Di conseguenza, le strategie di seguito individuate si limitano a quanto studiato. Senza precludere, però, in alcun modo la possibilità di un loro ampliamento od eventuali modifiche future, soprattutto perché una delle caratteristiche che si vuole promuovere, e che in seguito sarà sviluppata nel dettaglio, è la flessibilità degli spazi. Prima di proseguire a spiegare le strategie individuate, che in linea di massima possono essere usate in varie casistiche, è necessario definire la metodologia che verrà utilizzata. Solo dopo si spiegherà la linea generale, ma anche quella di dettaglio, da seguire per avere una trasformazione del territorio sia efficace, sia efficiente.
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3.1 Il metodo Dopo aver studiato la Città e aver compreso alcune delle sue dinamiche, oltre che alcune delle sue attuali problematiche, si può affermare che in essa sono presenti, progetti e progetti fatti per sé. I primi sono progetti che oltre alla qualità della creatività tengono conto di uno studio fatto a monte e dunque sono più completi, purtroppo sono anche i più rari. I secondi, invece, i più frequenti, sono progetti che potrebbero stare ovunque eppure da nessuna parte, perché sono stati fatti senza pensare alla complessità di temi che un progetto deve avere. Il concetto, la forma, il design, il materiale e quasi la poetica non sono sufficienti, perché un progetto per poter inserirsi, in modo adeguato, nelle relazioni esponenziali che la Città possiede, deve rispondere ad altre domande. Spesso viste come secondarie e, quindi, trascurabili. Questo è, appunto, il caso di un tipo di progettazione settoriale. Per la quale si decide di intervenire per singole aree o per singoli comparti, limitandosi solo a quelli. E’, sempre, questo processo ad aver provocato, le successive problematiche, sulle quali si fondano domande come quelle a cui si prova a dare risposta qui. Ed è sempre, lo stesso processo, ad aver generato nel tempo gli spazi ‘Assenti’, esclusi, lasciati al margine, scartati, dimenticati. Il tutto, in un continuo ciclo causa-effetto, nel quale una pianificazione ‘incapace’, non ha potuto far altro che proseguire una progettazione su strati. Sotto il profilo descritto, il metodo attraverso il quale si sceglie di procedere è indirizzato verso il senso opposto. Non si basa, quindi, su una riprogettazione, riuso, rigenerazione, di singole aree, poiché quello a cui si vuole giungere è intervenire nella Città per mezzo delle aree ‘Assenti’ ma andando Oltre queste. Il metodo, quindi, segue il seguente ordine: ––
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Individuazione delle ‘Assenze’ di una Città per mezzo di analisi fotointerpretativa e successivi sopralluoghi sia di verifica dei criteri usati sia per conoscere, la forma, l’accessibilità, le attività, il richiamo sociale e la gestione.
Poiché, le aree individuate possono essere numerose da gestire si rende necessario categorizzarle e scegliere una rosa di ‘Assenze’. ––
Individuazione di uno o più intorni nei quali si collocano le aree della rosa, quindi costruzione di meta-casi di studio. Essi possono essere quartieri della città analizzata.
––
Rete di strategie: Oltre le aree ‘Assenti’. La scelta di un intorno più ampio favorisce la trasformazione, che non si limita a rispondere a singole esigenze puntuali, bensì si relaziona con più ambiti, rispondendo a maggiori necessità.
––
Trasformazione delle singole aree, attraverso strategie di dettaglio per le aree ‘Assenti’ rispetto alle precedenti.
Nonostante le strategie siano distinte in due tipologie, non si vuole suggerire che si possa intervenire separatamente. La linea da seguire è infatti una comune, la loro interdipendenza è doverosa quanto necessaria. Inoltre, si vuole specificare che si parla di trasformazione e non di progettazione perché, alcune volte, i cambiamenti da eseguire sono leggeri e limitati.
3.2 Le strategie oltre le aree ‘Assenti’ Costruire una rete di strategie significa scegliere una linea comune in grado di legare gli spazi assenti con il resto del territorio. Il tema può variare a seconda della collocazione e delle richieste. Ma, in generale, si fa riferimento ad elementi propri della città. L’uomo è sempre più urbano, tende cioè a vivere sempre più in città. I fabbisogni primari che chiede siano soddisfatti sono quelli di potersi spostare spesso e in tempi brevi, di risiedere in modo confortevole e di poter utilizzare il proprio tempo libero, per: l’apprendimento, la cura del pensiero, il moto fisico, il divertimento, il lavoro, ecc.
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Tutte queste tre cose devono essere soddisfatte contemporaneamente in modo efficiente ed efficace, rispondendo anche alle emergenze che si creano con il passare del tempo. Questa società non si domanda più centralismo ma centralità, cioè interazione e riequilibrio delle funzioni di città e di parti di città fra loro. Dunque, gli elementi nei quali si deve intervenire sono: ––
Insediamenti
––
Sistema verde
––
Sistema della mobilità
3.2.1. Insediamenti. Si intendono per insediamenti, tutte le strutture costruite o da costruire, siano esse a destinazione residenziale, commerciale, direzionale, pubblica, sociale. Prima di procedere alla realizzazione di un progetto in una qualunque area bisognerebbe rispondere a delle domande: ––
E’ possibile evitare di costruire e riutilizzare un altro spazio?
––
La destinazione che intendo dare all’edificio ‘nuovo’ o ‘riusato’ corrisponde alle reali esigenze di chi abita quell’intorno?
––
Il disegno prodotto, risponde alla fisicità dell’area e alle sue forme o lascia spazi ‘Assenti?’
––
Il progetto è un rischio dell’investimento, una scelta capitalistica dell’ideologia consumistica?
Non si preclude a priori la costruzione di nuovi edifici, ma per andare avanti, la risposta a tutte le domande dovrebbe essere positiva. In caso contrario si deve fare un passo indietro ed osservare. Secondo quanto detto si stilano una serie di ‘regole’ di buon comportamento, alcune, forse scontate, ma necessarie da ricordare: •
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Completamento di edifici sospesi. Molto spesso si permette a società private di realizzare nuovi edifici, nonostante esistano scheletri non finiti. La responsabilità
di questi vieni ignorata e puntualmente, la stessa situazione si verifica. Le scuse, solitamente, sono che: il capitale non è sufficiente, lo stabile è stato sequestrato, il progetto non era corretto. Esistono, però, soluzioni alternative, dove il guadagno dei terzi può essere minore ma che garantirebbero la loro conclusione. Inoltre nel caso l’edificio non sia ad uno stato avanzato questo può essere fonte di modifiche estetiche. •
Spazi esterni di pertinenza vivibili. Non luoghi chiusi fra edifici eccessivamente alti con colori freddi della sola pavimentazione. Lo svolgimento di varie attività di socializzazione devono essere garantito e salvaguardato per le minoranze. Una maggiore privacy è richiesta tra abitazioni confinanti, mentre nei confronti dell’esterno poter vedere significa anche poter controllare e sentirsi sicuri. Altrimenti si produrranno spazi abbandonati, non frequentati e dove la crescente criminalità, sarà difficile da estirpare, tanto che, successivi interventi di recupero non saranno efficaci.
•
Assicurare la attraversabilità. Sopratutto in quegli edifici eccessivamente lunghi ed eccessivamente alti. E’ bene evitare la realizzazione di muri impenetrabili che rischiano di diventare luoghi isolati e valorizzare, invece, la diversità delle forme.
•
Nella scelta della destinazione di un edificio, è necessario considerare diversi punti: distanze, percorsi, qualità dell’ambiente interno ed esterno sono infatti importanti quanto la dimensione.
3.2.2. Sistema Verde. Il paesaggio contemporaneo è sempre più formato da spazi urbanizzati che si inseriscono, o peggio, si sostituiscono al verde. Il grave danno che questo produce non si riferisce solo all’alterazione dell’ecosistema o la riduzione di un’agricoltura non intensiva, anche se purtroppo bisognerebbe parlarne di più, ma anche ai danni sociali che producono verso gli abitanti di una città. I benefici che un sistema verde adeguato produce sono innumerevoli e vanno dalla
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salute delle persone, dall’intrinseco soddisfacimento che provoca in un ambiente, fino alla gradevolezza estetica. Per questo, a livello urbano, un sistema del verde dovrebbe essere usato seguendo queste linee guida: • Incentivare il collegamento verde, dei luoghi di incontro e socialità con quelli del lavoro e dell’abitazione. Numerose pratiche sociali, richiedono un continuo movimento. L’importanza di questi spostamenti, rende palese la necessità di un forte scenario in grado di mantenere la relazione fra gli spazi. • Trasformabilità, flessibilità e reversibilità per un uso multifunzionale. Oggi le pratiche dell’incontro utilizzano una quantità e varietà di luoghi più ampia ed articolata del passato. Un carattere rilevante degli individui è dato appunto dalla capacità di appropriarsi e reinventare numerosi luoghi. Chi frequenta questi spazi deve sentirsi, quindi, libero di manifestare la propria persona attraverso l’uso che ritiene più adeguato, sempre nel rispetto del bene comune e di chi lo circonda. • Per limitare il suolo urbanizzato. Come sottolineato nel paragrafo precedente, se non vi è necessità e se attraverso le risorse presenti è possibile soddisfare determinate richieste non vi è motivo di continuare la corsa alla costruzione. Inoltre, un maggior controllo nel consumo di suolo oltre che diminuire i costi pubblici delle infrastrutture e dei servizi potrebbe spingere l’amministrazione verso nuovi obbiettivi. Lasciare uno spazio verde immutato, quindi, non deve essere visto come un problema. • Risposta a problematiche ambientali. I manifestati problemi e una nuova sensibilità ambientale, generano in questi anni una più intensa tutela delle emergenze paesaggistiche. Alcune volte, queste sono vissute come parti lontane dal centro cittadino e, purtroppo, ovvie problematiche vengono ignorate anche se potrebbero essere risolti attraverso piccoli gesti, i quali potrebbero creare nuove dinamiche ecologiche di pregio.
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3.2.3. Sistema della mobilità. Per mobilità si intende sia quella lenta, pedonale e ciclabile, che quella veloce con veicoli. Le strade, sono ovviamente, parte della quotidianità e l’utilità di infrastrutture che si possano percorrere è innegabile. Ciò, però, non significa che debbano essere i punti decisionali della progettazione. Spesso, si concentrano gli sforzi nella promozione o risistemazione di percorsi stradali, dimenticando che questi non fanno una città. Il vero cambiamento non può avvenire immediatamente, con la soluzione più semplice, in tal caso sarebbe solo un meglio di facciata che nasconde problemi. Quanto si propone di fare è: • Nel caso di nuove strade carrabili, studiare attraverso un trend l’aumento percentuale degli utenti, in modo da poter applicare il principio di flessibilità anche in questo caso, permettendo eventuali crescite. • Limitare l’uso dei veicoli privati, promuovendo gli spostamenti tramite i mezzi pubblici, treni, autobus, ecc. E gli spostamenti pedonali per brevi distanze, per perseguire anche i principi di sostenibilità e ridurre oltre al traffico anche gli agenti inquinanti. • Collegamenti pedonali e ciclabili, questi devono procedere di pari passo con i collegamenti verdi e consentire il raggiungimento dei luoghi di incontro e socialità. I percorsi pedonali sono spesso dimenticati, non curati, non adeguati al passaggio delle persone, scarsamente illuminati, o nel peggiore dei casi non esistenti, tanto che ormai anche per brevi distanze si preferisce l’uso delle automobili. Proprio per questi motivi si deve procedere ad una sistemazione e un aumento del suolo pedonale, in modo che l’attraversamento e la penetrabilità siano garantiti. • Promuovere la socializzazione. Ormai, i percorsi, quando sono usati, sono solo mezzi di collegamento che conducono le persone da un posto ad un altro; si trascura che anche essi sono spazi urbani.
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II PARTE: Operativa
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Partendo dai fondamenti teorici della prima parte, con il fine di raggiungere gli obiettivi prefissati, in questa seconda parte operativa si seguiranno delle fasi, come indicato nell’indice, parti di un più grande procedimento. Finora si sono definiti i concetti di città e spazi assenti in seguito allo studio di diversi riferimenti, nei limiti del possibile a causa della vastita che il tema investe. Sono state riprese informazioni sugli oggetti in questione da libri, articoli in riviste specializzate, dottorati di ricerca. Nei capitoli a seguire verrà studiata la città di Perugia, nello specifico l’intero comune. Innanzitutto si partirà dalla ricerca di informazioni dal punto di vista storico, fisico, demografico e urbano ed in seguito sarà formulato il metodo attraverso il quale le ipotesi iniziali e le strategie specifiche saranno verificate. Parte iniziale del procedimento sarà l’elaborazione di cartografie di analisi, atte ad individuare ed interpretare gli spazi ‘assenti’. Tali carte partono dalla realtà e sono utili per comprendere la struttura esistente. Ognuna di esse è costruita in modo da soddisfare uno specifico proposito. Ad esempio, l’evoluzione urbana consentirà un’analisi più precisa delle cause dello stato attuale. Ogni rappresentazione, è dunque unica e personale, perché non ripresa da lavori altrui ma realizzata per questo specifico studio. Lavoro non doveroso quanto necessario, perché come elemento grafico le cartografie consentono una migliore comunicazione e la possibilità di riconoscere ed ordinare le presenze e le assenze. Conclusa questa prima fase seguirà la definizione di strategie specifiche il caso studio, attraverso le quali con l’aiuto delle strategie generali della prima parte, saranno realizzati i progetti degli spazi ‘assenti’. Entrambi i tipi di strategia hanno lo stesso fine, ossia quello di consentire che i progetti rispondano agli obiettivi prefissati e quindi che le ipotesi iniziali siano confermate. I progetti, appunto l’uso del plurale lo suggerisce, saranno più di uno perché nella multi
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diversità della realtà si pongono diversi tipi di spazi interclusi ed ogni tipologia merita di avere una risposta alle proprie problematiche, anche se in questo caso minime perché la quantità di spazi per ogni tipologia è superiore all’unità. Ma si spera comunque che alla fine di questa ultima parte, i risultati ottenuti possano essere almeno un punto di partenza ed uno stimolo alla prosecuzione di questo tema che se pur importante molto spesso viene trascurato a favore di un lavoro urbano, il quale oltre a non risolvere le assenze esistenti inciderà generandone di nuove.
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4. IL CASO STUDIO: PERUGIA
Come caso studio viene proposto il comune di Perugia, soggetto di analisì dell’evoluzione degli spazi ‘Assenti’. Tale fenomeno sempre più conosciuto negli ultimi anni, non è presente soltanto in questa città. Per tanto, lo scopo sarà quello di usare Perugia come esempio di quanto, detti spazi, pur conseguenza della crescita dispersa influiscano anche nella città compatta.
4.1. Storia ed inquadramento “...A Perugia, celebratissima città, per havere ella i suoi borghi sparsi su per i colli, non altrimenti che la dita di una mano, che si sporgono in fuori...”
Leon Battista Alberti, lettere del ‘400
4.1.1. Storia. Le origini di Perugia non sono ben note, ma sono di certo antiche, una leggenda vede tra i suoi fondatori il greco Ulisse. Le prime certe notizie risalgono, invece, alla fondazione umbra avvenuta ad opera degli Umbri Sarsinati. Umru è il nome più antico, probabilmente derivante da un popolo che viveva all’ombra delle caverne. Popolo dedito alla pastorizia, agricoltura e successivamente al commercio. Scelgono il colle, che poi sarà chiamato, del sole probabilmente perché più ricco d’acqua e perché consente
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Fig. 20 Pianta di Perugia, di G. Agretti. Tratto da Le città nelle storia d’Italia: Perugia, 1985, p.27
Fig. 21 Perugia. Pianta planimetrica della città. Di Pietro Bertelli, Padova, 1629.
Fig. 22 Perugia. Prospetto della piazza Rivarola e fortezza di Perugia. Di G. Monotti, 1820. Tratto da Le città nelle storia d’Italia: Perugia, 1985, p.97
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avvistamenti a 360° per un territorio vasto. Si hanno le prime notizie degli Etruschi nel X sec. a.c. Questi aggregano i popoli esistenti ed iniziano la loro espansione. Nel territorio Perugino giungono intorno al VI sec. a.c e stabiliscono il Tevere come loro confine, lasciando l’area oltre, agli umbri. Perugia diventa una delle dodici città della confederazione etrusca. Essi si attivano prima di tutto per migliorare l’approvvigionamento idrico. Popolo agricolo giunto dall’oriente, sviluppa l’artigianato e il commercio. I primi insediamenti corrispondenti a villaggi si hanno ai piedi dei pendii e in seguito a salire verso la sommità collinare. Ma già nel IV secolo a.c è una città con tutte le funzioni interne e relazioni esterne. Gli abitanti sentono quindi la necessità di proteggerla e organizzare un sistema difensivo. Progettano le mura, a tale scopo, stabilendo che dovranno stare il più possibile in piano insieme alle porte, vengono realizzate con grossi blocchi di pietra di varie dimensioni, raggiunge la lunghezza di 3140 m e altezza massima, in alcuni punti, di 12 m, mentre le porte arrivavano anche a 18m. Le porte sono sei per i cinque itinerari che si aprono da queste: La porta Pulcra, la porta Marzia, la porta Trasimena, la porta Borgna, la porta Cornea e la porta del Sole. Della Perugia etrusca sono rimaste poche tracce, ma significativo è l’impianto urbano caratteristico delle città etrusche costruite sul crinale di due colli. La città, contrastò a lungo l’espansione di Roma, alla quale dovette piegarsi dopo la battaglia di Sentino sotto Augusto. Mantiene una certa autonomia come l’uso della lingua e la territorialità. Dopo un primo periodo di calo demografico segue un ampliamento del territorio, soprattutto verso il lago Trasimeno per l’enorme importanza di carattere economico. Manifesta la propria fedeltà e il proprio appoggio in molteplici eventi, si schierò infatti con Antonio nella lotta contro Ottaviano. Dopo che la città fu devastata, egli, la ricostruì una volta diventato imperatore ed è proprio in suo onore che la città prese il nome di Augusta Perusia e divenne la VII regione. L’età romana però non lascia in Perugia tracce evidenti, infatti il succedersi di eventi
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Fig. 23 Perusia Augusta, di P. Mortier. Tratto da Le città nelle storia d’Italia: Perugia, 1985, p.60
Fig. 24 Perugia, di F. B. Werner. Tratto da Le città nelle storia d’Italia: Perugia, 1985, p.60
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storici avversi e la sua posizione geografica disagiata, non ne permisero la creazione di monumenti di rilievo che ne esaltassero la grandezza e per questo motivo Perugia rimase una colonia latina che andava incontro a un periodo di declino e di invasioni barbariche. Nell’alto Medioevo fu a lungo sotto il dominio dei Bizantini, interrotto solo dalla breve occupazione dei Goti e da quella dei Longobardi. Nella non città sorgono soltanto edifici religiosi, ubicati lungo le principali direttrici, in seguito diverranno strutture coagulanti di aggregati umani. Nell’area compresa tra questi poli religiosi e l’antica città murata si andranno gradualmente a formare i borghi. Costituitasi in libero comune agli inizi del XI secolo con l’attestazione di un Governo dei Consoli esercitò una politica espansionistica a spese delle città vicine. Una prima indicazione del comune è reperibile nel 1256, soli quattro anni dopo il territorio perugino appare, già, notevolmente ampliato a causa dell’incremento della popolazione. Gli agglomerati edilizi crescono in modo compatto all’interno delle mura etrusche, a tal punto che distano fra di loro pochi centimetri e si addossano all’antica cinta muraria, la quale perde la sua funzione di difesa. L’aumento della popolazione determina, inoltre, l’esigenza dell’incremento della produzione e della produttività delle terre. E’ proprio a partire da quest’età che il paesaggio contadino va assumendo quelle connotazioni che lo hanno contraddistinto per secoli. L’affermarsi dello spazio contadino favorisce la fortuna della crescente borghesia mercantile, tantoché in seguito ad un’ulteriore espansione territoriale e un imponente sviluppo urbano nel XIII secolo Perugia sarà amministrata da un governo di carattere mercantile, rappresentato dai Priori, eletti fra gli iscritti alle arti. Il carattere mercantile della città è evidenziato dalla costruzione di opere quali il Palazzo dei Priori, il Collegio del Cambio e il Collegio della Mercanzia. Tutto ciò porta al manifestarsi, nel 1308, dello sviluppo culturale con la nascita dell’Università, ed il diffondersi della lingua in volgare. La città, però, è al tempo stesso lacerata da aspre lotte interne, sono continue le ribellioni rurali contro l’oppressione feudale, che vedono opporsi le due fazioni dei guelfi e dei
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Fig. 25 Perugia. Pianta della cittĂ di Perugia e i suoi dintorni, di C. Magrini. Edita dal Vallardi nel 1875
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ghibellini, tali conflitti durarono ininterrottamente fino al 1393, quando Biordo Michelotti instaurò il regime signorile. Passata nel 1414 sotto il dominio di Braccio da Montone, alla morte di questi la città visse il cruento conflitto ricordato come “secolo del sangue” tra la famiglia degli Oddi e quella dei Baglioni. Questi continui conflitti portarono come conseguenza l’abbandono delle compagne e la diminuzione del rapporto tra produzione-produttività e carico demografico, dando luogo a continue carestie, a sotto nutrizione e all’incremento della morbilità e mortalità. Sulla popolazione sotto nutrita e debilitata si abbattono la peste del 1348 e altre cinque ondate successive. Perugia riesce comunque ad assicurarsi una supremazia regionale, da ottenere la sommissione di feudatari e di comuni minori. Tale supremazia è connessa alla supremazia del mercato, grazie alla favorevole posizione geografica che la colloca come crocevia tra Nord e Sud e tra Oriente e area mediterranea. Manterrà tale posizione fino al XVI secolo, con la definitiva caduta nel 1540 delle libertà comunali e l’inserimento dello stato della Chiesa, per opera di papa Paolo III, il quale sottomise la città limitandone l’autonomia. Infatti l’inserimento di Perugia e dell’Umbria nello stato pontificio implicano una chiusura verso l’esterno e una decadenza economica. Nonostante la decadenza delle produzioni e del mercato perugino, Perugia e il suo territorio, continuano a svolgere una funzione di crocevia, in quanto viaggiatori e merci preferiscono gli itinerari via terra, piuttosto che quelli via mare. Questa importanza delle vie di terra è avvertita dalla politica pontificia, che tende alla salvaguardia delle strade, per assicurare un minimo di floridezza al commercio. Paolo III, fece costruire la rocca che da lui prese il nome, la rocca Paolina, dove si insedio una guarnigione pontificia. La costruzione e la distruzione di essa rappresentano due momenti importanti nella storia urbana della città ma anche nella storia civile. Numerosi edifici vengono abbattuti, l’antica viabilità interna ed i collegamenti con lo spazio esterno
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Fig. 26 The Piazza. Di G. Moore, litografia della metĂ del secolo XIX
Fig. 27 Perugia. L’orto botanico di San Pietro nel 1900.
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scompaiono o vengono condizionati dalla struttura della fortezza, ma nonostante questo le modifiche urbane, a parte sporadici interventi, si concentrano solo su quest’area senza che ve ne siano nei rimanenti settori della città. Per ciò che concerne il seicento ed il settecento, più che di veri interventi si può parlare di ristrutturazioni del volto della città e di abbellimenti. Il primo intervento demolitore sulla fortezza si ha nel 1798, in seguito al fervore del governo repubblicano. Infatti il 1800 vede sanguinose vicende, le “stragi di Perugia” perpetrare dai reggimenti svizzeri inviati da Pio IX contro coloro che si ribellarono allo stato della chiesa. Un’opera di distruzione più sistematica viene portata avanti dal 1848, tranne per un breve periodo, poiché con il ritorno dello stato pontificio si ha anche la volontà di risistemare la rocca. Con l’avanzata delle truppe piemontesi che conquistarono la città sconfiggendo le guarnigioni svizzere si pongono le basi per l’annessione dell’Umbria al nascente Regno d’Italia ufficializzata con il plebiscito del 4 novembre 1860. Il consiglio comunale autorizza, nei mesi successivi, la prosecuzione della demolizione della fortezza del modo più rapido possibile, in questo modo riuscivano nell’intento di unire l’intera cittadinanza e di offrire lavoro ai ceti più indigenti. Con l’Unità d’Italia Perugia è privilegiata come città capoluogo di una vastissima provincia ma nonostante questo l’economia si presenta ancora chiusa, fondata principalmente sull’autoconsumo locale, nonostante la nascita del sistema ferroviario. Soltanto qualche decennio dopo, negli anni venti del XX secolo, si possono percepire i sintomi di una rottura degli assetti tradizionali anche se non a grande scala, infatti l’unificazione e la formazione del mercato nazionale determinano un peggioramento della situazione economica a vantaggio dello sviluppo del Nord, Questo tipo di gestione incide profondamente sulle caratteristiche e le dimensioni dello sviluppo urbano della regione Umbria, della quale Perugia fa parte, al punto da assumere una caratteristica di territorio dipendente. Solo negli anni 50’ la crisi porta all’espulsione di forza lavoro dalle campagne, favorendo un notevole incremento dell’attrazione di Perugia, in questo modo si determina il sorgere 85
Fig. 28 Perugia. Umbria. Italia.
Fig. 29 Perugia. Orografia.
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di nuove aree insediate ai margini della città, ponendo in evidenza il problema dei rapporti sociali e della programmazione della crescita urbana (Grohmann, 1981). 4.1.2. Inquadramento. Perugia è un comune italiano, capoluogo di Provincia e capoluogo della regione Umbria. Ha un’area di 449,51 kmq ed è uno dei comuni più estesi in Italia, collocandosi infatti al’11esimo posto per superficie (Dati Istat). Attraversato nella parte orientale dal fiume Tevere, il suo territorio è un insieme di colline e conche pianeggianti ma è presente, nella parte nord del territorio comunale, anche un rilievo montuoso. Tutto ciò contribuisce ad avere un paesaggio armonioso, non monotono, bensì mutevole, che configura contesti con una specifica identità. Nel complesso il territorio comunale è circa per il 45% di natura collinare con cime inferiori agli 800 m s.l.m, la parte pianeggiante raggiunge altimetrie comprese tra 100 e 300 m s.l.m per un 50%, infine restante 5% è occupato dai rilievi montani, i quali hanno quote comprese tra i 900 ed i 1000 m s.l.m. Il gruppo montuoso è collocato a nord di Perugia e divide il perugino da Umbertide. L’orografia del territorio mostra una forte asimmetria tra il settore settentrionale, prevalentemente collinare e quello centrale e meridionale in buona parte pianeggiante. Queste differenze orografiche sono connesse alle caratteristiche geologiche ed alla storia tettonica della Regione. Anche se non appartenente al comune di Perugia, la vicinanza del lago Trasimeno, ne influenza l’andamento e l’altimetria (Galmacci, 2007). 4.1.3. Clima. Il clima perugino è influenzato, oltreché dalla posizione centrale rispetto alla regione e di conseguenza rispetto alla penisola Italiana, anche dalle sue peculiari caratteristiche orografiche. Le modeste e discontinue dorsali collinari permettono una profonda infiltrazione degli influssi climatici mediterranei, soprattutto lungo la valle del Tevere nonché in vicinanza del lago. Il comune è classificato come zona climatica E per un valore di gradi giorno pari a 2.289,
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Fig. 30 Perugia. Il piano di ampliamento della cittĂ adottato nel 1933. Tratto da Urbanistica, n. 30, 1960, p. 66
Fig. 31 Perugia. Il complesso universitario di via pascoli. Tratto da Mezzo secolo di urbanistica, storia e societĂ della Perugia contemporanea, 1993, p.36
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indica il fabbisogno termico per il riscaldamento. Il mese più freddo è gennaio con una temperatura media di 4,9°C e quello più caldo è luglio con 22,7°C. (Rapporto ambientale annuale dell’Arpat, 2012) 4.1.4. Sviluppo urbano. ( Antinoro, Ceccarelli, Di Nucci, 1993) Il primo passo verso un’organizzazione e controllo del territorio si ebbe con il concorso per il PRG del 1931, piano che nonostante un vincitore non si attuò. Gli impegni più urgenti del periodo riguardano alcuni punti essenziali, come risolvere i bisogni del dopoguerra, le cui risposte dovevano essere immediate. Riuscire, però, a combinare insieme, esigenze così diverse non era facile. Questa costante difficoltà provocò un sostanziale immobilismo, facendo conoscere Perugia come luogo fermo, custode di stereotipi. Non restò altro che procedere per atti concreti su necessità di base, realizzando per lo più interventi di piccola scala, distribuiti principalmente nel centro città e nell’area compatta, subordinando l’attenzione alle aree più lontane e più deboli strutturalmente. Si tratta di una scelta discutibile, ma in qualche modo obbligata. Nei primi anni ‘50, al centro delle richieste a lungo attese della popolazione vi erano: l’allacciamento dell’acquedotto, l’asfaltatura delle strade, la realizzazione di nuove scuole sia nel centro che nelle aree rurali. Si trattava di problemi elementari ma con un grande peso, perché portano indirettamente a dover affrontare una serie di cambiamenti significativi. Con il piano del 1956, affidato a Bruno Zevi e Mario Coppa, si cercò di migliorare le condizioni, nelle campagne e nei centri rurali. Si avanzò con cautela, preservando uno spirito conservatore, in continuità con alcune impostazioni del passato. Vengono, inoltre, riprese parti del piano del ‘31 e rielaborate per adattarle. Sono questi gli anni in cui i progettisti devono affrontare una situazione nuova, il cui contesto non è ancora ben conosciuto, soprattutto per quanto riguarda le dinamiche so-
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Fig. 32 Perugia. Il piano regolatore generale del 1956. Tratto da Mezzo secolo di urbanistica, storia e societĂ della Perugia contemporanea, 1993, p.109
Fig. 33 Perugia. Pianta planimetrica della cittĂ . Di Pietro Bertelli, Padova, 1629. Stampato dal figlio Francesco
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ciali ed economiche. Infatti, in tutta Europa, l’assetto territoriale tradizionale subisce forti trasformazioni, i centri minori e le campagne si svuotano, mentre i capoluoghi crescono a causa dei flussi di mobilità. In questa situazione il piano di Zevi e Coppa, segui tre linee principali: –– Primo, lo sviluppo era prevalentemente concentrato all’interno, o nell’immediata adiacenza al nucleo urbano esistente, cercando di salvaguardare le aree verdi non ancora aggregate all’edilizia. –– Secondo, alcune funzioni amministrative saranno decentrate. –– Terzo, ulteriori sviluppi residenziali saranno collocati al di fuori del centro storico. Ci sono, inoltre, due variabili che avranno un ruolo cardine nell’attuazione del piano: il ruolo privilegiato attribuito all’industria e l’integrità che si vuole riservare al centro storico. Come conseguenze all’attuazione del PRG si avrebbe avuto: un forte aumento della densità nelle aree del centro e la localizzazione per sviluppi residenziali futuri in due nuovi insediamenti autosufficienti. Il ruolo conservatore, però, non avrebbe permesso di cogliere le dinamiche e relazioni che si sarebbero formate, tra le vecchie strutture urbanistiche collinari ed i processi di espansione nella valle del Tevere. Contribuendo, in questo modo, al sorgere di problemi, causati da un’organizzazione basata sul vecchio modello centro-quartieri. Nello stesso anno, il piano venne inviato a Roma per l’approvazione da parte del ministero, ma quando vi ritornò, ben quattro anni dopo, era completamente stravolto e cambiato. Oltretutto anche Perugia non era più la stessa. Il ministero straccia, praticamente, tutto il nuovo sistema direzionale basato sul decentramento di alcune funzioni. La maggiore novità, che si delinea, è il ruolo che la località di Ponte San Giovanni avrebbe assolto, come nodo di raccordo con la grande viabilità umbra. La necessità di adeguamento degli strumenti urbanistici, porta alla comparsa della cosiddetta “Grande variante”. Pensata, inizialmente, solo come risposta alle modifiche
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introdotte dai LL.PP, diventa molto più di questo. Il suo tentativo, riuscito o meno, era quello di rispondere ai nuovi e profondi orientamenti socio-economico-culturali assunti, intervenendo su quello che diventerà negli anni successivi, un punto critico: la viabilità. Perugia, entrando negli anni ‘60, non è più la città statica ed incerta sulle sue prospettive, ha scoperto di essere parte di un grande meccanismo. La crescita industriale, trainata da Buitoni e Spagnoli, e la trasformazione di artigianato e commercio la pongono in un ruolo di contatto con le altre città. L’Umbria è nel cuore dell’Italia, a contatto tra nord e sud, unica città di una certa dimensione e sviluppo tra Roma e Firenze, in un territorio con ancora tutte le carte da scoprire. E’ con la variante che, dopo il fallito tentativo di far passare l’autostrada del sole per Perugia, vengono messi a punto i nuovi tracciati, concordati con l’ANAS, per le statali 75 e 75bis a quattro corsie, con l’obiettivo di collegare Perugia e l’Umbria con all’A1. I punti di contatto con la città sarebbero stati quattro (attualmente otto). Il trasporto ferroviario, verrà anche esso trasformato seguendo, principalmente, la stessa direzione della E75, con la linea Terontola-Foligno. Questo nuovo aspetto infrastrutturale è considerata la parte più importante del piano. Ma ad un passo avanti se ne fanno due indietro. Il nuovo sistema della mobilità, proposto dal piano, avrebbe consentito di allargare l’area da urbanizzare; si progetta, per la prima volta, di spingere la città aldilà della barriera ferroviaria, portando ad un problema di sfondo: La preoccupazione che le campagne si spopolino eccessivamente. Per attenuare tale tendenza, l’indice di edificabilità viene posto di 5.000 mc/ha, mentre solitamente nei centri minori era di 15.000. Ciò pone le basi ad una urbanizzazione disordinata e polverizzata su tutto il territorio comunale, con la conseguente perdita di controllo negli anni successivi, come d’altronde è possibile vedere oggi. Un’ulteriore problematica è quella della collocazione delle industrie, in seguito al loro sviluppo, molte aziende non trovano più aree disponibili, per evitare un conseguente trasferimento fuori dal territorio, il comune decide di apportare ulteriori varianti in favore dei nuovi insediamenti, esprimendo in questo modo il senso di grande incertezza di que92
sto periodo. Questa stessa incertezza si ripresenta con la “variante generale”, le continue richieste da parte dell’università, portano ad un ridisegno complessivo dell’antico nucleo urbano. Viene ribadita la localizzazione delle funzioni direzionali e trasferite alcune attrezzature di particolar interesse. L’area di Fontivegge, rimane libera e designata “zona di ristrutturazione”, viene vista come un polo di attività, capace di costituire il punto di riferimento e di raccordo con le “due Perugie”, quella storica e quella che comincia a delinearsi. Ma la cerniera tra vecchie e nuovo, è una striscia compressa tra ferrovia e collina, è più una strozzatura che un punto di apertura. Questo disegno di una grande Perugia, da un lato tende a sopravvalutare la durata di alcune tendenze, dall’altro lato sottovaluta alcune difficoltà dei programmi di questo tipo. La metà degli anni sessanta. sono anni di rapida espansione, durante la quale l’attuale assetto del territorio perugino si configura e comincia a consolidarsi. Ma è la fine degli anni sessanta che porta all’aggravarsi della situazione, con l’approvazione del governo della “legge ponte”. In un solo anno vengono rilasciate licenze per 83.810 mc, di cui ben 77.942 sono residenziali. Molte aree sono saturate con standard intensivi: via Pellini, via dei Filosofi, via della Pescara. Monteluce ed Elce polarizzano un’aggregazione spontanea e disordinata. In tutta esplosione di cemento, le espansioni universitarie prendono una fetta sostanziosa del verde, che per anni, era rimasto interno alle mura. Si finisce, in un primo momento, progettando a spezzoni, e successivamente saturando il suolo e riducendo le risorse ambientali. La pressione edilizia si è fatta molto forte, i primi anni settanta, sono caratterizzati dall’abbandono di molte attività del centro storico. Sono in crisi, ospedale, università, struttura viaria, sistema dei parcheggi, delle scuole, quello del verde e delle attrezzature sportive. Ma il problema principale che si delinea all’orizzonte, è quello dell’edilizia economica-popolare, perché gran parte dei quartieri sono fermi. Il problema delle residenze ed il modo in cui è stato affrontato, investe negli anni più amministrazioni. Si devono affrontare le richieste di una società che chiede standard più elevati e tipologie abitative
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Fig. 34 Perugia. Il raccordo autostradale Perugia-Bettole nel tratto Piscille-Prepo. Tratto da Mezzo secolo di urbanistica, storia e societĂ della Perugia contemporanea, 1993, p.65
Fig. 35 Perugia. San Sisto. Tratto da Mezzo secolo di urbanistica, storia e societĂ della Perugia contemporanea, 1993, p.63
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meno dense, il contrario di quello che si è proposto di fare nei passati venti anni. Gli effetti di queste soluzioni sono stati contraddittori. La risposta della società ad una politica insediativa così permissiva non può che essere positiva. Questo creerà, in seguito, non pochi problemi di resistenza ad ogni tentativo di razionalizzazione e di freno ad uno sviluppo caotico. Si matura molto rapidamente la consapevolezza che quella che sembrava una posizione di vantaggio di fronte ad una situazione di rapido mutamento, non è stata in grado di essere flessibile, generando un processo contraddittorio e negativo. Negli anni successivi, si cerca di eliminare la divisione del comune in due comparti e di ridurre, quasi bloccando, l’edificazione. Ma alle parole non corrispondono i fatti e si estende, oltre alle aree agricole, anche l’urbanizzazione, pur vincolando l’edificabilità a 300 mc/ha. Una nuova consapevolezza urbana, prende piede, si cerca di ricomporre la città, fermando l’urbanizzazione selvaggia, purtroppo la collettività ha preso l’abitudine della permissività e questo nuovo approccio creerà malcontento. Negli anni ‘70, la regione Umbria cambia, le istituzioni regionali e il decentramento dei poteri, permettono di definire autonomamente la propria pianificazioni. Esiste ora il contesto per cambiare, si ampia la strumentazione regionale, e Perugia può assumere la funzione di capoluogo. Ancora una volta però l’incertezza prende il sopravvento e con esso numerosi progetti verranno accantonati. Come era già successo precedentemente, si passa da grandi visioni a questioni più specifiche ed immediate. Il 1975 vedrà l’ennesima variante, la linea di fondo espressa dalla legge regionale è distribuire capillarmente su tutto il territorio servizi sociali, verde attrezzato, impianti sportivi di base. Si tratta di un indirizzo politico ambizioso ma che permette di tracciare strategie di grande respiro, soprattutto in conseguenza dell’introduzione del cambiamento sociale che contraddistingue gli anni settanta e ottanta, ossia il tempo libero. Vengono realizzati
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Fig. 36 Perugia. Edilizia popolare, via della pescara. Foto di Lorenzo D’Amore, Niches du logement
Fig. 37 Perugia. Edilizia popolare, via settevalli. Foto di Giuseppe Rossi.
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22 CVA, nei quali si potranno assolvere anche funzioni sportive e ricreative, si intensifica il verde attrezzato, l’area di pian di Massiano dovrebbe diventare la grande zona sportiva della città e si vanno ad integrare a questa, il parco sant’Anna, quello di Lacugnano e lo stadio attrezzato di atletica di Santa Giuliana. Un’ulteriore attrezzatura che si rende necessaria in quegli anni, è lo stadio per la Perugia calcio che si avvicina alla serie A. Anche la politica dei trasporti, subisce nuove richieste, ed il controllo e la pianificazione del traffico appaiono necessari. Si intensificano i parcheggi, riprendendo alcune idee del secondo dopoguerra, prende dettaglio il sistema delle scale mobili e delle gallerie con ascensori. Il punto dolente resta però Fontivegge. La città non era cambiata come previsto, dunque il progetto per quest’area pare sovradimensionato. Il nuovo progetto si baserà sullo scambio intermodale pubblico, ferrovia statale, strada ad ampio scorrimento e parcheggio sotterraneo svolgono il ruolo cardine, ma allo stesso tempo tale strategia è vista come piena di punti deboli. Fontivegge resta ancora punto di crisi. Gli anni anni ‘90 ed il successivo decennio fino ad arrivare ad oggi, presenteranno una notevole battuta d’arresto. La pianificazione si limita ad interventi sporadici ed ogni tentativo di avanzare viene frenato dall’incertezza su quale strada intraprendere. La Perugia di oggi, vede una struttura a chiazze, dove la sua espansione maggiore, con le note positive e negative del caso, l’ha avuta a cavallo fra gli anni sessanta e settanta. Sembra quasi che la crescita della città sia lasciata a sè stessa, quasi a seguire un corso “naturale”; talvolta viene visto addirittura come un valore positivo, come se lo sparpagliamento senza controllo consentisse l’integrazione sociale e l’andamento economico. Le uniche opere avviate si limitano a complessi di edifici a destinazione popolare, progettati in favore del profitto, che però si sono prolungati negli anni senza mai essere ultimati, a causa della speculazione edilizia. Oppure, un’altra tipologia di opere, che però sono portate a conclusione, sono quelle dei grandi centri commerciali, attirano una grande affluenza di persone e provocano lo spostamento di molteplici attività, causando lo svuotamento e l’abbandono della loro precedente collocazione.
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4.2 I Motivi della scelta Quando si parla di Perugia l’interlocutore, sia esso un residente o un visitatore, molto spesso intende il centro storico della città e l’area compatta subito adiacente ad essa, senza considerare che la superficie dell’intero comune supera i 450 kmq ed è composta da molti altri centri minori, sia piccoli e grandi, con un considerevole numero di abitanti ed ormai con una realtà praticamente a sé stante. La peculiarità di Perugia è che il centro città e gli altri centri minori sono collegati soltanto attraverso le strade di comunicazione. Mancano di qualcosa che la renda un’unica realtà. Come succede in molti altri comuni ‘secondari’, negli ultimi anni, Perugia non ha subito significative evoluzioni tanto che sembra essere stata lasciata sospesa ed immobile nel tempo. Siamo nell’anno 2016 e la città ha caratteristiche e comportamenti degli anni ‘70. Colpa di una cattiva amministrazione o no, è un argomento che verrà toccato relativamente, perché allo studio che da qui parte, non interessa trovare responsabili ma bensì soluzioni, anche se piccole rispetto alla varietà di problemi presenti. Di seguito, saranno elencate le ragioni per cui la scelta del caso studio è ricaduta su Perugia: 4.2.1. Tempo. La storia del comune, già descritta nel capitolo precedente, ha radici molto lunghe. Non è un comune centro di recente formazione, intendendo per recente l’epoca moderna o quella contemporanea. E’ anche quello, ma molto altro prima ancora. Tutto nel suo tempo si è mescolato e allora, questi frammenti di storia, recenti e meno, sparsi nel territorio meritano attenzione e risposte a quella dinamica che, esistente, genera domande, nuove forme e nuovi spazi. Dunque più che di storia, parliamo del fattore temporale che non solo ha bisogno di essere preservato ma soprattutto rafforzato. Fondamentale è la distinzione fra questi due termini, che pur simili, possono avere interpretazioni distinte. La memoria, di ciò che c’è
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stato, non va cancellata, bensì riconosciuta e riplasmata per affermarne, ancora di più, il valore. E’ il Tempo, che trascorrendo interagisce con molti fattori, a modificare la città, quindi è questo il motivo principe per partire e ragione per continuare. Di Perugia sarà ripreso il potenziale che offre, perché nonostante i difficili anni per lo sviluppo urbano, questi dovranno diventare spunto e possibilità, in quanto città carica di mancate intenzioni e forte di opportunità. 4.2.2. Territorio. Oltre all’importanza naturale, è la diversità morfologica presente nel comune, fatta di piane e alzate, ad essere interessante perché essenziale alla conformazione del tessuto urbano. Esso non è concentrato, come accade solitamente, in pianura, quanto lungo il normale movimento del terreno. E’ possibile osservare quell’artificiosa armonia nella quale costruito e natura si alternano senza rinnegarsi ma continuando verso l’essenza già consolidata anni addietro, ossia l’idea di difesa, diventata intrinsecamente il modo in cui la città si vede e per tanto come deve essere agli occhi di chi la abita. Inoltre come accennato prima, la vastità del comune è tale da avere piccoli e grandi agglomerati, differenti non solo per la loro densità abitativa o edilizia, ma anche per la forma e la struttura come sono state realizzate. Non esiste quartiere, frazione o parte tanto simile all’altra che permetta uno studio separato per similitudine. Ciò dunque rende chiaro, perché lo studio venga fatto su tutto il comune. Una parte non può essere studiata se non si conosce e non si lavora anche su quanto gli sta intorno, poiché da questo viene influenzato ed è dipendente, tanto quanto esso influenza il resto. Così vasto per un comune ‘secondario’, con picchi di altezza non altissimi ma con differenze di quota significative, con una forma data dai confini tutt’altro che regolare. Perugia misto indissolubile di contraddizioni, così diversa, a volte così chiusa, con così tante variabili è l’esempio calzante di quanto costantemente ripetuto: Lo stretto, continuo e reciproco rapporto di dipendenza, legame, influenza, del tutto e per il tutto.
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Fig. 38 Perugia. Madonna alta e minimetrò
Fig. 39 Perugia. Pian di Massiano, Palazzetto dello sport
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4.2.3. Società. Nonostante in questi ultimi anni la variazione percentuale dei residenti sia stata fra le più basse, è pur sempre vero che è comunque in aumento. Lasciando, però, da parte i numeri momentaneamente, è bene soffermarsi a parlare della società di Perugia dal punto di vista delle relazioni materiali ed immateriali che in essa hanno luogo. Il mai cessato spostamento degli individui, seppur attenuato, dalle campagne alle realtà urbane complesse, per la realizzazione della propria persona, rende necessario porsi alcune domande. Innanzitutto cosa spinge a scegliere l’una o l’altra? e come si può facilitare l’uso della città?. Dalla vastità delle persone che abitano Perugia, diversa per età, per abitudini, per luogo di origine, per aspirazioni, deriva la richiesta di spazi in grado di contenere il disagio sociale e legare le crescenti differenze. Dopotutto, a chi è destinato uno spazio, una città ed in questo caso Perugia, se non alle persone che devono viverla? Sono per loro e da loro dipendono, altrimenti resterebbero delle opere da osservare e forse nemmeno quello. Alla dinamica sociale, finora, non è corrisposta un’adeguata dinamica urbana, perché se la città si è sviluppata addizionalmente, la società l’ha fatto esponenzialmente. Questa dunque è andata oltre. Si è cerca di rispondere ai bisogni immediati, i più urgenti, però questa logica ha portato soltanto ad uno stato di stantio, dove la quotidianità di chi vive la città è organizzata secondo un’esasperata concezione tradizionale. In conclusione, Perugia è stata scelta perché nonostante le sue peculiarità e unicità, non è diversa nelle situazioni da molti altri comuni. Esistono molte altre Perugia, molti inizi da cui partire, molti diversi ma simili. Difficoltà da sfruttare ponendole come opportunità. Ma soprattutto nuove variabili da scoprire caso per caso.
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4.3. Mappe di Analisi In questo paragrafo sarà spiegato nel dettaglio il procedimento utilizzato per lo studio delle aree Assenti nel comune di Perugia. Prima di partire con l’individuazione di esse è, però, necessario fare ulteriori considerazioni circa il comune che è stato studiato, in quanto indispensabili ad una migliore analisi di dette aree. Innanzitutto preme sottolineare alcune difficoltà incontrate nella reperibilità e, a volte, nella concessione di carte di base, carte tematiche e carte tecniche. Poiché, alcune carte erano indispensabili sono state personalmente realizzate, così da avere una base di appoggio allo studio sufficientemente adeguata. Di seguito sarà spiegato come lo studio delle assenze si è sviluppato. 4.3.1. Preparazione. Per la realizzazione delle carte è stato utilizzato il software Quantum Gis, programma di gestione di dati geografici, anche in diversi formati, per l’analisi territoriale. Purtroppo, i file cartografici digitalizzati, forniti dalla Regione Umbria, non erano disponibili in shapefile, provocando un susseguirsi di complicanze. Per prima cosa, la CTR (carta tecnica regionale) è divisa per quadri di unione, quelli del solo comune di Perugia in scala 1:10 000 sono in totale 24. Ma, la forma non regolare del comune in esame e, come sottolineato nel paragrafo precedente, l’importanza dell’influenza del intorno, hanno reso necessario prendere in considerazione un’area regolare più ampia, nella quale il comune è iscritto, per un numero pari a 35 quadri. I file di tipo cad, a volte dwg a volte dxf, per tutti i 35 quadri in questa scala, non erano presenti e dovevano essere derivati previo sfoltimento e mosaicatura dai quadri in scala 1:5 000. Erano sette i quadri non disponibili e poiché ogni quadro al 10 000 ne contiene quattro al 5 000, il numero finale di quadri necessari è stato di 58. Tra l’altro, i file cad, oltre a non essere subito compatibili, sono anche pesanti da leggere per qgis e non potevano essere impiegati in quanto i dati contenuti in essi erano privi 102
di attributi. Quindi si è dovuto procedere alla separazione dei nove layer presenti in ogni quadro utilizzando autocad e solo dopo è stato possibile trasformarli da dxf in shapefile con qgis. Una volta trasformati, i 58 shapefile per ogni layer, sono stati uniti, ottenendone così soltanto nove, più leggeri e facilmente impiegabili e completi. Solo alla fine di tutto questo è stato possibile proseguire con la realizzazione delle carte. 4.3.2. Periodizzazione. Per comprendere gli spazi assenti e come questi sono il prodotto delle trasformazioni è necessario studiare l’evoluzione urbana. In questo caso, l’arco temporale preso in considerazione è quello che va dal 1954 fino ad oggi. All’interno di questo periodo vengono fissate, ulteriori due date, 1977 e 1997. Questa carta era una di quelle non disponibili dalle istituzioni governative del territorio. Ma è stato possibile produrla grazie alle ortofotocarte delle quattro date fornite dalla Regione Umbria. Per il 1954 ed il 1997 la risorsa era digitale e consultabile attraverso il portale di visualizzazione umbriageo, invece la carta del 1977 è stata fornita in cartaceo. Sinteticamente, si procederà a spiegare le operazioni compiute. Per il ‘54 e il ‘97 è stato usato il servizio di visualizzazione WMS in qgis, invece, dopo una scansione delle carte del ‘77, l’inserimento dell’immagine raster nello stesso programma. Viene sovrapposta la CTR unita del solo edificato e distinto per ogni singolo edificio il periodo a cui fanno riferimento. Come risultato si hanno, quindi, quattro periodi di evoluzione edilizia: • Prima del 1954 • Tra 1954 e 1977 • Tra 1977 e 1997 • Dopo 1997 Grazie a questa carta della periodizzazione è ora possibile comprendere le dinamiche di crescita urbana di Perugia ma anche la formazione degli spazi assenti. Si può notare che prima del 1954 (Fig. 32), l’agglomerato principale era quello del centro storico e nelle immediate vicinanze, a parte la presenza di piccole densità sparse lungo
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Fig. 40 Carta della periodizzazione al 1954.
Fig. 41 Carta della periodizzazione al 1977.
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il territorio. Già tra il 1954 e 1977 (Fig. 33) si osserva una maggior crescita oltre il centro e ad una prima vista della carta, apparentemente in modo non controllato. Aggiungendo però, alla stessa, il modello del rilievo e le strade di comunicazione si intuisce il motivo di tale sviluppo. Perugia si è diffusa utilizzando l’assetto viario dell’antica campagna, ma questa è risultata spesso inadeguata. La mancanza di una previsione ha portato al diffondersi di piccoli centri in modo non regolare ed uniforme. E’ nel intervallo 1977 e 1997 (Fig. 34) che si ha lo sviluppo maggiore. se in quello prima si formano piccoli centri, qui essi assumono una densità tale da non poter essere più definiti ‘piccoli’. Sono pari per concentrazione al centro di Perugia. Ovviamente con il passaggio da piccoli centri a centri, si ha la formazione di ulteriori realtà minori. Tale processo si andrà a completare nell’intervallo successivo, dal 1997 giungendo fino ai giorni nostri. Ciò che offre la carta della periodizzazione, è la possibilità di esaminare in modo diretto la forma del tessuto urbano, soffermandosi in particolari dettagli, questa diventa semplice da osservare. Vi è un distacco fra il costruito, gli elementi naturali e le infrastrutture, eppure sono tutte chiaramente intuibili. A conferma di quanto la grafica della carta suggerisce, seguono i valori numerici forniti dal rapporto dell’uso del suolo al 2015 dell’ISPRA. Perugia ha 5.036,2 ettari di suolo consumato, pari al 11,21 % della superficie dell’intero comune ed il restante 88,79% è suolo non consumato. Il valore LCPI, indicatore della compattezza, per il quale ad alti valori corrispondono centri urbani di elevate dimensioni e bassi valori aree con maggior grado di diffusione, è di 19,738. Invece indice di dispersione urbana, di 0.866. Dunque, possiamo concludere che Perugia, rispetto all’estensione territoriale che possiede, non ha elevati livelli di consumo del suolo e non è un cresciuto mantenendosi compatto a ridosso del nucleo antico, piuttosto si è espanso a macchia di leopardo.
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Fig. 42 Carta della periodizzazione al 1997.
Fig. 43 Carta della periodizzazione al 2016.
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Di seguito, sono stati presi per un confronto quattro comuni compresi in un intervallo di superficie simile a quello Perugino, si ricorda infatti che questo è di 449,51 Kmq, i comuni presi in considerazione invece sono compresi fra 406,23 e 509,26. Comune Superficie
(kmq)
Suolo consumato
(ha)
% Suolo % Suolo non consumato consumato
Indice di dispersione
LCPI
Viterbo
406,23
2371,07
5,84
94,16
46,534
0,871
Ragusa
444,67
4795,49
10,84
89,16
33,732
0,723
Grosseto
473,55
3158,91
6,67
93,33
41,005
0,834
Foggia
509,26
3882,64
7,67
92,32
51,902
0,826
Attraverso questo confronto si rende evidente come nonostante la vicinanza di superficie, Perugia sia il comune con maggior suolo consumato ma minor compattezza. 4.3.3. Popolazione. Come spiegato nel paragrafo prima, la complessità e diversità sociale sono indispensabili allo sviluppo urbano. Per avere dei risultati efficienti si deve operare in modo concreto, per tale motivo si consultano le analisi sulla popolazione. La densità di popolazione è di 370 ab/kmq, una densità nella media considerando che quella italiana è di 201, la più alta è di 12.223 e la più bassa di 0,75. Ma ad oggi, il numero di residenti di Perugia è di 166.134, il massimo valore raggiunto negli anni, come possibile vedere nella tabella sotto. 1861
1871
1881
1901
1911
1921
1931
1936
1951
1961
1971
1981
1991
2001
2011
2016
42.515
49.507
50.718
60.822
66.277
72.404
77.352
82.407
95.310
112.511
129.921
142.348
144.732
149.125
162.449
166.134
Non può certo confrontarsi con i grandi comuni come, Milano e Roma, ma è pur sempre tra i 25 comuni con maggior numero di abitanti e con un trend sempre in salita, nonostante il rallentamento dell’ultimo decennio. In 150 anni la popolazione perugina è quasi quadruplicata. Contribuiscono a questo aumento i flussi di immigrazione cominciati nei primi anni ‘90. Nel 1995 i residenti stranieri erano 5.302, oggi invece sono 20.643, occu-
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Popolazione
Fig. 44 Carta della densità della popolazione residente.
A Perugia Da Perugia
Fig. 45 Carta del pendolarismo ‘a’ e ‘da’ Perugia (Italia).
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pando una considerevole percentuale sul totale. Dunque, chiarita la crescita della popolazione e l’indubbia incidenza che questa ha nel comune, si deve studiare come essa sia distribuita, in modo tale da poter decidere in seguito il tipo azione di rinnovo. Per la costruzione della mappa di densità di popolazione sono stati indispensabili i dati ISTAT del censimento anno 2011. Il comune di Perugia è diviso in 841 sezioni censuarie e per ogni sezione sono ripresi il numero di abitanti, questi vengono trasformati in punti per ogni persona. Già da questa rappresentazione si può osservare la maggior o minor presenza dei 166.134 residenti nel territorio, ma per una miglior comprensione sulla dinamica viene elaborata una mappa di densità, come nel paragrafo precedente. E’ evidente, la grande presenza di popolazione concentrata nella parte centrale ma anche in quelli che abbiamo definito centri minori, una notevole presenza periferica. Veri e propri centri cittadini a sé stanti, Ponte S. Giovanni, Madonna Alta, S. Sisto, S, Marco, Ponte Valleceppi e Ponte Felcino, ruotano quasi come satelliti intorno a Perugia. Mentre fuori dal comune, troviamo presenze significative soltanto a Bastia e a Corciano. 4.3.4. Pendolarismo. Proseguendo con le considerazioni sulla popolazione, si è studiato anche il flusso di pendolarismo intra ed extra Perugia. Quante di queste 166.134 persone restano in ‘città’ e quante vanno fuori? Quante altre ne arrivano? 86.873 persone si spostano per motivi di lavoro o di studio. 57.616 per lavoro, di cui 10.946 verso altri comuni e 29.257 per studio, di cui 1.170 fuori Perugia. Arrivano, 31.882 persone, 21.121 per lavoro e 10.761 per studio. Gli spostamenti più significativi sono quelli all’interno della propria regione, in particolar modo dai comuni confinanti, arrivano da Corciano 5.980 persone, da Marsciano 2.420 e da Bastia 1968. Non mancano però arrivi anche da più lontano, come da Verona in provincia di Verona o Stornara in provincia di Foggia. Attraverso questi dati forniti dall’ISTAT, sono stati realizzati due grafici. Uno generale di
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A Perugia Da Perugia Fig. 46 Carta del pendolarismo ‘a’ e ‘da’ Perugia (Umbria).
Ferrovia Raccordo autostradale Strada Provinciale
Fig. 47 Carta delle infrastrutture.
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tutta la penisola ed uno di dettaglio regionale. In entrambi vengono segnati gli spostamenti da e per Perugia. Nella matrice di pendolarismo dell’Istat sono presenti gli spostamenti di tutti i comuni italiani, quindi si sono isolati i numeri relativi al comune di Perugia e create due matrici a base tabellare distinte da e per. Per ogni comune si è trovato il centro ed estratte le coordinate geografiche, e trasformato ogni coordinata tabellare in un vettore. 4.3.5. Collegamenti. Secondo il rapporto annuale Euromobility, che mette a confronto le 50 principali città italiane, tra cui Perugia, si ha che: • Mobilità privata, è una delle più motorizzare d’Italia con 70,3 auto ogni 100 abitanti, mentre la media italiana è di 60 e quella europea di 46, raggiungendo infatti 116.720 automobili. Quindi, nonostante la densità di veicoli sia solo di 259,38 automobili/ kmq, è la quinta città per autoveicoli e la seconda più inquinante in Italia. • Mobilità pubblica, Nella classifica, per l’offerta del trasporto pubblico Perugia ha una posizione intermedia: 40 vettori x Km/abitante, tuttavia il numero di viaggi compiuti dai perugini in un anno è piuttosto basso, solo 149/ab. Nonostante sia fra le cinque città a maggior densità di strade, rimane particolarmente gravoso il problema del traffico veicolare. Gli autobus girano semivuoti, anche perché il costo del biglietto è tra i più alti d’Italia, il mezzo pubblico sarebbe comunque concorrenziale rispetto all’auto, ma probabilmente non lo è in quanto ad efficacia. Le corse rarefatte e i tempi di attesa lunghi scoraggiano i cittadini dal farne uso. Così la rete di mobilità pubblica è usata solo da chi non ha la patente o un veicolo. Le azioni compiute, atte a risolvere i sempre più costanti ingorghi, sembrano però essere mirate a far scorrere le auto più velocemente anziché offrire una reale alternativa al trasporto privato. Sorgono così, un po’ ovunque, rotonde, bretelle, svincoli, in gran parte senza marciapiedi. Non si nega la loro utilità. Ma è solo questa la soluzione? Questa tesi però si limita a studiare i
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collegamenti ed i flussi veicolari per comprendere meglio le dinamiche e i luoghi di attrazione del territorio, ma non si pone come obiettivo quello di trovarne soluzioni dirette, semmai di favorirne eventuali. Comunque, è bene considerare, che all’ormai insanabile traffico cittadino, si aggiunge un consistente flusso si auto di provenienza extra comunale. Non solo però, automobili che arrivano a Perugia, ma anche che la attraversano. Si veda, infatti, la carta dei collegamenti, dove è evidenziato, come il comune di studio, sia punto di passaggio e nodo di interscambio negli assi Perugia-Foligno, Perugia–Marsciano, Perugia–Città di Castello, Perugia–zona Trasimeno, rispettivamente la SS3, SS3bis ed il raccordo autostradale Perugia-Bettole. Nodo di interscambio anche per la rete ferroviaria, non la stazione principale Fontivegge ma quella di Ponte S. Giovanni. Dove convergono le linee provenienti e dirette da Firenze, Roma, Foligno, Umbertide. Infine, anche se poco utilizzate, si mostrano le linee degli autobus con la loro frequenza. Piccola nota, per quanto riguarda gli spostamenti pedonali e ciclo-pedonali, sono da ritenersi quasi inesistenti perché le piste sono di 0.05 millimetri/abitante, mentre i marciapiedi 9 centimetri. 4.3.6. Centralità. Altro fenomeno utile per comprendere il rapporto fra le articolate parti che compongono la città è quello dei poli di attrazione. Quali sono? Dove sono? Perché sono sorti lì? Quanti cittadini attirano?. Sono centralità, poli di attrazione, quei luoghi pubblici, semi pubblici, dove spesso si riunisce una considerevole quantità di persone. Non sempre così, perché possono essere semplicemente di particolare interesse socio-culturale pur con numeri inferiori rispetto ad altri. Sono quei luoghi, non legati necessariamente al lavoro o allo studio che intervengono nelle dinamiche e degli spostamenti cittadini Come poli di attrazione sono stati individuati, in base alle personali conoscenze e a
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quelli che sono tipici ‘luoghi comuni’, sia spazi pubblici che semi pubblici. A piazze, parchi, stazioni, si aggiungono quegli spazi che pur essendo aperti a tutti, sono dotati di cancelli, camere di sicurezza e, fondamentale, è possibile frequentare in determinati orari stabiliti. Possiedono questa ambivalenza, perché nonostante siano privati raccolgono varie funzioni di interesse pubblico. Hanno avuto una notevole diffusione nell’ultimo ventennio e sorgono principalmente in zone non lontane ma nemmeno vicine e spesso isolate dai centri abitati, per essere raggiunte vi è bisogno di un trasporto su gomma. In questo studio, dopo essere stati identificati e verificate le capacità attrattive delle centralità dagli enti o aziende di gestione, esse vengono divise in due categorie, principali e secondari, a seconda dei flussi di visitatori che richiamano. Quelli principali raccolgono visitatori in un intervallo fra 12.000 ai 15.000 al giorno, invece quelli secondari dai 8.000 al 10.000. • Poli di attrazione principali. –– Centro storico –– Stazione fs ‘Fontivegge’ –– Ospedale ‘Silvestrini’ –– Università ‘La Conca’ –– Parco comunale ‘Percorso verde’ –– Centro commerciale ‘Collestrada’ –– Centro commerciale ‘Quasar’ • Poli di attrazione secondari –– Poliambulatorio ‘Europa’ –– Stazione di Ponte S. Giovanni
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Centralità principale Centralità secondaria
Fig. 48 Carta delle centralità per numero medio di utenti.
Centralità principale Centralità secondaria
Fig. 49 Carta delle centralità per mobilità pedonale.
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–– Regione Umbria –– Università di ingegneria –– Questura di Perugia –– Centro commerciale e di intrattenimento ‘Gherlinda’ –– Centro commerciale e di intrattenimento ‘Borgonovo’ –– Centro commerciale ‘Emisfero’ –– Centro storico di Corciano –– Centro storico di Bastia Per la rappresentazione, si usa una approssimazione, infatti la dimensione dei raggi, con centro i poli di attrazione, è tale da circoscrivere all’incirca la quantità di visitatori. Non però i veri visitatori perché essendo un artificio numerico, sono usati i numero di abitanti, per tale motivo i raggi sono variabili. Ad esempio, il centro storico di Perugia ed il centro commerciale Collestrada, hanno una media di visitatori giornalieri pressoché uguale ma i loro raggi sono differenti, perché nelle vicinanze del centro storico ci sono più abitanti, questo ovviamente non significa che le sole persone che frequentano il centro storico siano quelle vicine. Una seconda rappresentazione sarà invece fatta sulla distanza, cioè sull’accessibilità a piedi delle varie centralità comunali. Nella carta è segnato la massima distanza raggiungibile da ogni punto, senza che vengano a meno il comfort e le possibilità garantite dall’ambiente urbano nel suo complesso. Da entrambi i grafici si comprende quali siano le aree maggiormente servite da poli di attrazione, ci sono infatti parti del comune che hanno a disposizione più centralità a distanza più o meno vicina ed altre parti che invece non ne hanno nessuna. 4.3.7. Uso del suolo. Sono ripresi i dati dell’uso del suolo raccolti a livello europeo dal progetto Corinne Land Cover 2012, CLC, in scala 1:25.000, che definisce attraverso la
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Fig. 50 Carta del uso del suolo. Elaborazione propria
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fotointerpretazione satellitare le destinazioni di uso del territorio europeo. Utile per il rilevamento, l’analisi territoriale e il coordinamento delle caratteristiche dell’ambiente. La Legenda del CLC si articola su 3 livelli di base, dove ciascuna categoria è definita da una combinazione di tre cifre, una per ogni livello cui appartiene. La prima cifra si riferisce al primo livello che comprende 5 classi, corrisponde alle principali tipologie di copertura del territorio; la seconda cifra si riferisce al secondo livello, più di dettaglio, che comprende in tutto 15 voci; La terza cifra, infine è relativa al terzo livello che è composto da 44 voci ancora più dettagliate. La stessa carta è ripresa dal Comune di Perugia e dalla Regione Umbria come base della propria, per cui in mancanza di concessione di un file editabile si è preferito utilizzare CLC, aggiungendo il quarto livello di lettura identificato dal Comune di Perugia, il quale, ripresi i lavori passati, li ha adeguati agli standard europei. La carta dell’uso del suolo del comune di Perugia è, infatti, composta da sole 33 categorie, ottenute in seguito alle riduzioni sulla CLC. Le possibilità di una mappatura in formato digitale sono maggiori. Si rende possibile definire e valutare in maniera quantitativa la distribuzione spaziale delle categorie, le variazioni e le percentuali di copertura. Il sistema Gis, permette infatti un aggiornamento continuo ed un modo di verifica delle scelte urbanistiche.
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4.4 Le Assenze di Perugia Costruite le mappe e fatte per ognuna delle considerazioni, si procede in primo luogo all’individuazione ed in seguito allo studio delle aree ‘Assenti’ per mezzo dei dati raccolti precedentemente. L’ultimo punto di questo paragrafo si concentrerà: sull’identificazione, attraverso i criteri che si vedranno di seguito, delle aree oggetto della fase di progettazione; Della loro descrizione, evoluzione, stato urbano e di conseguenza delle loro prospettive future. 4.4.1. Individuazione delle Assenze. Questo processo è stato effettuato in due fasi: Una prima di ricognizione generale, attraverso il servizio di visualizzazione satellitare reso disponibile da Google Maps e dalle ortofotocarte della regione Umbria aggiornate all’anno 2015. L’utilizzo di riprese dall’alto è stato fondamentale per la possibilità di osservare il comune nella sua realtà. Si sono potute così individuare gran parte delle aree ‘Assenti’ presenti nel territorio, anche se non tutte, per le quali si è proceduto con la seguente fase. La seconda fase, infatti, è stata di verifica, sia per mezzo delle cartografie tecniche regionali che di sopralluoghi, a volte necessari a confermare lo stato degli spazi, a volte utili per individuare nuove aree. Quindi, si scende di scala e si passa da un’identificazione a livello urbano ad una verifica a livello fisico. Il ruolo già rilevante del contatto diretto diventa così ancora maggiore in quanto permette l’elaborazione di ulteriori informazioni. I sensi, infatti, mettendosi in contatto con tali spazi favoriscono la formazione di una nuova immagine della quotidianità sociale nell’ambiente urbano. Mentre si cammina e si osservano tali aree, a volte solo all’esterno, a volte all’interno, si ha una diversa impressione dello stato, dello sviluppo dell’estensione e dell’intorno, che non si possono avere con la ricognizione digitale. Solo così, si possono comprendere le relazioni fra le persone e le parti del territorio e fra le parti stesse, producendo fotografie
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che raccontino gli spazi ‘Assenti’. Questa raccolta fotografica di più di 1.000 immagini, costituisce una base indispensabile di continua consulta. E’ da fare presente che da questo tesi sono state escluse le aree derivanti dal residuo agricolo ed il residuo della formazione degli svincoli stradali, le aree private a destinazione privata, preferendo ad esse uno studio riferito a casi, a destinazione pubblica, più ripetuti e frequenti. Dopo aver individuato le 634 nell’area che circoscrive il comune, di cui 302 ‘Assenze’ nella sola Perugia, esse sono divise per tipologie. Si studiano le caratteristiche e si osserva la loro ripetizione, riprendendo studi già effettuati, come indicato nel capitolo 2. In base a questi, si hanno le seguenti sette categorie e le aree numericamente così divise: • Residuo 148 • Abbandono 55 • Movimento 43 • Progetto 33 • Sospensione 13 • Resistenza 9 • Controllo 1 Nella rappresentazione cartografica, viene dato un colore differente per ogni tipologia, come poi indicato in legenda. Successivamente attraverso foto aeree e carte tecniche, si disegnano i perimetri di ogni area per comprenderne l’estensione e l’uso del suolo. Ordinate in modo decrescente, è evidente come le Assenze maggiormente presenti siano quelle del Residuo, contrapponendosi in modo netto al Controllo. Ciò sembra abbastanza normale, dal momento che l’unico Controllo è quello del Carcere. E’ interessante, invece, notare che il numero degli abbandoni non è indifferente, così come quelli della sospensione, che pur essendo poco superiore alla decina, in un comune medio-grande come Perugia sono indice di qualche problematica a livello di gestione. Tutte le categorie
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Residuo Abbandono Movimento Sospensione Progetto Resistenza Controllo
Fig. 51 Carta delle ‘Assenze’.
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presentano delle singolarità, da qui la necessità di ulteriori distinzioni. 4.4.2. Studio e criteri di scelta. La scelta delle aree sulle quali intervenire segue un’analisi preliminare, necessaria a stabilire un criterio adatto alla scelta da fare. Ciò vuol dire utilizzare ed incrociare i dati raccolti finora con le aree ’Assenti’, in modo da comprendere dove si sono formate e come si sono distribuite nel territorio, in quali situazioni, per quali situazioni. Le mappe costruite, sono sintetizzate attraverso tre schemi, le matrici, nelle quali è veloce la loro individuazione e grazie alle quali si ha un quadro d’insieme del fenomeno, ma soprattutto essendo tre i parametri secondo cui Perugia è analizzata, si avrà una visione più complessa e significativa, nonché una differenziazione maggiore fra le aree Assenti della stessa tipologia. Si hanno così, le matrici di: Struttura urbana, Densità abitativa e Poli di attrazione. Sono matrici 7x3, sette sono appunto le tipologie e tre i livelli successivamente individuati attraverso le relative mappe. A queste ultime si sovrappone la carta delle aree Assenti. Non è caso che quanto detto sulle città nel primo capitolo, sugli spazi ‘Assenti’, nel secondo e su Perugia in questo, venga ancora ripreso a questo punto. A Territorio, Società e Tempo si riferiscono le matrici. Perché “Ogni individuo si appropria nel corso del tempo dello spazio con cui intrattiene queste relazioni” ( C. Raffestin) Territorio - Struttura Urbana Società - Densità abitativa Tempo - Poli di attrazione Ovviamente Struttura Urbana, Densità abitativa e Poli di attrazione non sono le uniche variabili utilizzabili ma sono quelle quantitativamente più adatte al campionamento delle aree. • (S) Struttura urbana. Il comune viene diviso in tre settori a seconda, appunto, della
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Fig. 52 Carta relativa alla struttura urbana.
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struttura urbana alla quale sono assimilabili. In questo caso i tre livelli sono: –– C entro, in colore nero, dove si ha una struttura più compatta, formata dal centro storico e l’edificato, oltre le mura, subito adiacente ad esso. Sintomo di una prima espansione degli anni ‘50; –– Espansione, in colore grigio scuro, costituito da agglomerati edilizi formatisi, in modo più o meno compatto, ma non facenti parte del centro e con una forma non definita. Seguono la logica dell’edificazione a grande scala. –– Interland, in colore grigio chiaro, L’edificato è costituito perlopiù da case coloniche, singole unità e qualche fabbricato collocati nel territorio in modo sparso. Dalla mappa, si può notare come il settore con la maggiore estensione è quello dell’Inteland, mentre il Centro è quello con la minore. Allo stesso tempo, però, l’Interland ha un’occupazione del suolo minore rispetto agli altri due, infatti seguono in modo crescente il Centro e infine l’Espansione.
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Fig. 53 Carta relativa alla densitĂ abitativa
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• (P) Densità abitativa. Anche in questa matrice Perugia è divisa in tre settori, per la loro individuazione si usa una mappa di concentrazione, nelle modalità descritte nel sotto paragrafo 5.3.3. A differenza della mappa della precedente matrice, i settori non hanno una crescita semi concentrica. Non esistono dei veri settori a cui far riferimento poiché non hanno una forma distinta. I tre livelli, sono: –– Alta densità, in colore rosso scuro –– Media densità, in colore arancione –– Bassa densità, in colore rosa Anche in questo caso, il settore con maggiore estensione è quello a livello inferiore, seguono l’alta densità ed infine la media densità. Quest’ultima ha un’estensione così bassa, da far notare come in alcuni punti manchi una graduale riduzione di popolazione. Essa, infatti, passa prevalentemente da numeri alti a bassi senza una fase intermedia di collegamento. Essendo, però, questo un artificio grafico non segna in modo definitivo la reale presenza della popolazione, ma è sufficiente al tipo di studio che viene fatto.
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Fig. 54 Carta relativa ai poli di attrazione.
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• (C) Poli di attrazione. Per questa matrice si riprende quanto detto nel paragrafo precedente ed anche la stessa mappa. Per la definizione dei livelli viene attribuito un valore alle due tipologie di centralità (Principale e secondaria), al loro incrocio ed anche alla non presenza di centralità. Nello specifico si ha: –– Debole: Nessuna 1 –– Forte: Secondaria 2 Principale 3 Secondaria + Secondaria 2+2 4 –– Incrocio Secondaria + Principale 2+3 5 Principale + Principale 3+3 6
Secondaria + Secondaria + Principale
2+2+3
7
La divisione avviene in questo modo, per assimilare la matrice alle altre due, quindi per rendere più semplice la sua lettura. Infine, si nota come la maggior parte delle Assenze non sia localizzata nelle vicinanze delle centralità. Per cui, anche se possono essere raggiunte tramite i mezzi di trasporto sono deboli sotto questo aspetto.
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I Debole
9 26 18
26 51
27 47
Forte
4
2
14 2
12 9
1 9
Molto forte
11 7 11 15 1
24 P
47
2 49 51
20
E
52 57 Fig. 55 Matrice delle Relazioni.
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4.4.3. La Matrice delle Relazioni. Analizzato il comune di Perugia, individuate le aree Assenti, definite le matrici, distinte le Assenze in base ai livelli corrispondenti, era necessario trovare un modo per incrociare queste nuove informazioni. Le matrici, per definizione da vocabolario, sono ‘ciò che costituisce l’origine’, invece il loro significato matematico è quello di tabella ordinata di elementi. Da queste due definizioni si deduce che è necessario ricavare una Matrice generale, in grado di inglobare in sé le tre matrici EPC. Poiché ognuna di esse è schematizzata secondo due parametri, quindi secondo un sistema di riferimenti a due assi si conclude che, essi sono piani in un sistema bidimensionale. La Matrice delle relazioni EPC, invece non può essere rappresentata in modo bidimensionale, perché i parametri totali, dai quali deve essere costituita, sono quattro. La tipologia, però, essendo una costante delle tre matrici può essere trascurata. In questo modo è possibile utilizzare un sistema tridimensionale, passare dal piano allo spazio, da due assi a tre. La rappresentazione tridimensionale è fatta a ‘strati’ nel ordine dello schema a fianco. L’ordine potrebbe cambiare ma il risultato di quanto si mostra no. Le aree, infatti, sono in totale 302 e la loro ridistribuzione nello spazio non cambia la loro somma. Su ogni asse sono segnati i rispettivi livelli e su ogni quadrato il numero delle aree Assenti ridistribuite secondo l’incrocio di tali. La Matrice delle relazioni, si dimostra, semplice, intuitiva, risolutiva, efficace e concisa. Per rispondere, ad esempio, alla domanda ‘Quante Assenze sono presenti in condizioni di alta densità, in un’area di espansione e nelle vicinanze di centralità forte?’ E’ sufficiente guardare lo schema e si ha la risposta, cioè 14. Si possono, così, identificare le aree di interesse progettuale con le caratteristiche stabilite. Per lo studio che qui viene fatto, le aree di interessate, sono appunto le suddette 14. Il motivo di tale scelta è spiegato qui di seguito:
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• La struttura urbana di espansione, perché: –– E ’ la parte della città di domani. Possiede una margine maggiore di modifiche possibili rispetto al Centro saturo ed è più corretto intervenire in un luogo già urbanizzato piuttosto che nell’Interland. –– Rappresenta una scommessa. Si dovrebbe cercare di migliorarla e sistemare i suoi spazi, perché carichi di desiderio di ribalta. –– Pur non possedendo un carattere definito ed una storia paragonabile a quella del Centro, il loro fascino deriva da un’armonia a volte nascosta nella funzionalità e da un diverso tipo di espressione. –– La maggior parte della popolazione vive in zone marginali. Di conseguenza sono coloro ad aver maggior bisogno di spazi da vivere. • L’Alta densità di Popolazione, perché: –– A ppunto perché alta. Si può intervenire dove vi è una maggiore domanda di modifiche e quindi dare risposta a bisogni. –– Esistono relazioni complesse, non solo fra gli individui stessi ma su come questi si rapportano con gli spazi. • La centralità Forte, perché: –– L e aree Assenti rappresentano opportunità di rinnovo per ampie parti di territorio. I settori coperti da centralità Molto forti hanno maggiori ‘attrattori’ rispetto a quelli con centralità Forti. D’altra parte, l’ideale sarebbe intervenire dove la presenza di centralità è debole ma ciò richiederebbe uno studio d’insieme più ampio. Si vuole concludere sottolineando che, tutte le Assenze della città meriterebbero di essere studiate ed approfondite. Meriterebbero di avere uno scopo e di smettere, appunto, di essere Assenti per poter essere Presenti. Questi, infatti, sono tutti spazi latenti di possibilità e pieni di energia inespressa ed in una visione ampia nessuna dovrebbe essere meno importante dell’altra. Con questa preselezione non si intende ‘preferire’ delle aree, quanto viene fatto vuole essere, solo, un primo passo verso un’analisi più approfondita 130
del territorio che si augura possa avere una continuo in un futuro non lontano. Per questo primo approccio, quindi, si sono compiute delle scelte seguendo i suddetti criteri, con l’obiettivo principale di coprire le aree Assenti più significative e delle volte più ricorrenti, alle quali le rimanenti si possano assimilare, tenendo comunque in considerazione la loro unicità, pur garantendo la correttezza e l’esemplificazione metodologica. 4.4.4. Le Quattordici aree Assenti. Per queste aree, individuate attraverso l’uso della Matrice delle relazioni e la sovrapposizione delle mappe, le tipologie non sono più sette (Residuo, Abbandono, Sospensione, ecc) bensì cinque. L’incrocio tridimensionale, infatti, poneva questo parametro come costante e lo trascurava. Proprio per questo le tipologie si riducono e per le categorie di matrice stabilite, non si hanno ‘Assenze’ di progetto e nemmeno di controllo. Le aree sono, qui di seguito, riassunte in una tabella utile per poter intuire la causa dell’Assenza’. In base alla loro tipologia si descrivono l’inquadramento evidenziandone i limiti e gli aspetti più caratteristici come le variabili, l’uso del suolo e la superficie. Saranno, invece, studiate più nel dettaglio nel capitolo successivo, in preparazione alla fase di progetto.
Casi studio
Olmo Via del Basalto
Residuo
Confini
Uso del suolo
Caratt.
• Edificato • Verde
• Tessuto urbano Spazio discontinuo incolto • Aree industriali e commerciali
Sup (ha) 1,265
131
Confini
Uso del suolo
Caratt.
Sup (ha)
• Infrastruttura
• Tessuto urbano Verde di 0,298 discontinuo separazione stradale
• Edificato
• Tessuto urbano Verde di discontinuo collegamento di diverse strutture
• Edificato • Infrastruttura
• Aree industriali e Tra l’area 1,911 commerciali industriale • Tessuto urbano e la zona discontinuo residenziale
• Edificato • Infrastruttura
• Tessuto urbano Area di 0,076 discontinuo passaggio • Aree industriali e commerciali
• Infrastruttura • Verde
• Tessuto urbano Frangia discontinuo di risulta • Aree industriali e con due commerciali panchine
Ponte S. Giovanni Via Catanelli
Ponte S. Giovanni Via R. Grieco
Case nuove Via A. Monteneri
San sisto Via di S. Sisto
San sisto Via Morzat
Casi studio
132
0,222
0,138
Casi studio
Ponte Valleceppi Ex Tabacchificio
Ponte S. Giovanni Via A. Manzoni
Ponte S. Giovanni Ex Pastificio
Abbandono
Uso del suolo
Caratt.
• Edificato • Fiume
• Tessuto urbano Edifici discontinuo demoliti
• Infrastrut- • Tessuto urbano Edificio tura discontinuo intero ma • Verde in logoro
Sup (ha) 3,782
0,065
• Infrastruttura • Edificato • Verde
• Tessuto urbano Edificio discontinuo parzialmente demolito
• Infrastruttura • Verde
• Tessuto urbano Parcheggio 0,155 discontinuo ‘improvvisato’ dalla necessità
• Infrastruttura • verde
• Tessuto urbano Insieme discontinuo di più parcheggi separati ma vicini
0,567
San Sisto Piazza Martinelli
San sisto Via Mozart
Movimento
Confini
0,622
133
Casi studio
Uso del suolo
• Infrastruttura
• Tessuto urbano Edificio 0,373 discontinuo parzialmente completato e utilizzato
• Infrastruttura
• Tessuto urbano Edificio 0,691 discontinuo non completato, fermo sa 5 anni
Ponte S. Giovanni Ex de Megni
San sisto Str. di lacugnano
Sospensione
Confini
Ponte S. Giovanni Centro sociale
Resistenza
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Infrastruttura • Aree industriali e commerciali Fiume • Tessuto urbano Verde discontinuo
Caratt.
Ex mattatoio abbandonato
Sup (ha)
0,251
5. STRATEGIE PROGETTUALI
Questo capitolo rappresenta il punto di arrivo e risposta alla Tesi. Dopo l’individuazione di un intorno adeguato ed una sintetica ma intesa analisi delle aree oggetto di progetto, si introdurrà la strategia di trasformazione in grado di inglobare tali aree per passare, infine, alla progettazione delle singole. La tesi, infatti, pur concentrandosi sul tema delle aree Assenti e volendo dare ad esse una risposta e uno scopo, non si limita alla sola progettazione di queste. Ma tenendo conto di quanto sostenuto nella sua prima parte, trova necessario e doveroso andare ‘Oltre l’area’ e partire da una progettazione a più ampio raggio. A questo scopo, si seguono i punti introdotti nel capitolo 3.
5.1 Oltre le aree Le 14 aree individuate attraverso la sovrapposizione delle matrici, sono osservate all’interno di una cartografia. Conoscere la loro posizione è utile per decidere quale sia l’intorno corretto da prendere come meta-caso studio. Si può così vedere che si ha una concentrazione di ‘Assenze’ in due quartieri. Cinque in 135
quello di S. Sisto e sei in quello di Ponte S. Giovanni, invece, le restanti tre sono separate. Sembra, quindi, giusto decidere di procedere su uno dei due quartieri. 5.1.1. S. Sisto e Ponte S. Giovanni. Entrambi periferici rispetto al centro di Perugia, si sono sviluppati lungo assi di comunicazione, prima come quartieri industriali ed in un secondo momento come residenziali. Il primo, però, nasce nella seconda metà nel 900, Ponte S. Giovanni, invece, mostra i primi insediamenti già dall’800. A livello morfologico, S. Sisto ha quote più alte e un terreno con maggiori variazioni di pendenza rispetto all’altro che, sicuramente, deve la sua formazione pianeggiante anche alla vicinanza con il fiume Tevere, dal quale è delimitato. Mentre questo possiede dei confini distinti e definiti come, il fiume, la ferrovia e l’autostrada, S. Sisto conclude la sua estensione in modo più libero avvicinandosi alle zone agricole. E’ importante conoscere anche la popolazione residente perché, fermo restando che, sono tutti e due grandi quartieri, esiste comunque una differenza importante. S. Sisto si assesta sui 14.000 ab circa, ma è superato da ben 6.000 ab da Ponte S. Giovanni, il quale ogni anno ha numeri sempre in crescita. Questo, può dipendere da vari fattori: dalla vicinanza con i mezzi di spostamento, dalla richiesta economico residenziale, dagli attrattori offerti. Ognuno con le proprie differenze e caratteri, è interessante da studiare e potrebbe procurare un importante cambiamento nel territorio comunale. Pertanto, la scelta è fatta in relazione alle ‘Assenze’ e alla maggiore possibilità di risoluzione, tenendo in considerazione che scegliere un intorno più ampio significa includere tutte ‘le Assenze’ presenti e non fermarsi a quelle prima individuate. L’emergenza di Ponte S. Giovanni è, quindi, maggiore con un totale di 12 ‘Assenze’, perché S. Sisto ne ha metà. Inoltre fra di esse, sono presenti cinque delle sette tipologie: Residuo, Abbandono, Sospensione, Mobilità e Resistenza. Quindi, intervenire su PSG, significa lavorare su uno spettro di più ampie variabili.
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Stabilito il meta-caso, si procede ad una analisi delle 12 ‘Assenze’ in esso presenti, secondo le modalità delle schede qui di seguito: Ed un’analisi dei tre elementi indispensabili in una città: Mobilità, Servizi, Sistema del verde. (Allegato 3) Per stabilire le necessità degli abitanti e, quindi, le primarie richieste da soddisfare si procede al calcolo percentuale di ogni elemento in relazione al numero di popolazione. –– La mobilità carrabile si presenta adeguata in relazione agli abitanti, mentre invece quella pedonale, nonostante superi la media nazionale, è insufficiente. –– I servizi, sia commerciali, attrattivi che di interesse pubblico riescono numericamente a soddisfare il fabbisogno. –– Il sistema del verde per quanto complessivamente, sia metratura elevata, quando si analizza non è in grado di mantenere un equilibrio multi-settoriale. Molti spazi essendo lasciati a sé stessi, senza una gestione e destinazione, o non vengono usati o sono riappropriati casualmente.
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SCHEDA N°1 Ex pastificio - Ponte S. Giovanni
SCHEDA N°1 Ex pastificio - Ponte S. Giovanni
Inquadramento
Storia
L’area è collocata nel quartiere di Ponte S. Giovanni, zona periferica del Comune di Perugia. Prevalentemente pianeggiante a causa della vicinanza con il fiume Tevere. Segna anche la divisione fra l’area residenziale di espansione e la zona industriale.
Ponte S. Giovanni, nato principalmente come zona agricola ed industriale, a causa della vicinanza del Tevere, si è in seguito evoluto fino a diventare un proprio centro minore confrontabile a Perugia. Nell’area oggetto di studio, fin dal’800, sorge un mulino, poi diventato un imponente complesso industriale. La modifica delle condizioni di vita, dell’economia, dell’industria, della tecnologia e del territorio, hanno dato luogo prima alla chiusura e poi all’abbattimento della struttura nel 2004, fino ad arrivare al suo attuale stato di abbandono.
Perugia centro
Struttura Urbana
Area compatta
138
Espansione
Densità abitativa
Interland
Alta
Media
Ponte S.Giovanni
Centralità comunale
Bassa
Molto Forte
Forte
Debole
SCHEDA N°1 Ex pastificio - Ponte S. Giovanni
SCHEDA N°1 Ex pastificio - Ponte S. Giovanni
Evoluzione Come si può osservare dalle foto aree, in 50 anni il territorio è cambiato considerevolmente, non solo l’area in sé ma soprattutto quanto la circonda. Dagli anni 50’ ed in particolare con il PRG del 62’ l’iniziativa privata propone e realizza la crescita residenziale. Dal 1974, dopo la variante, si intensifica il ruolo di industria senza fermare la realizzazione di residenza intensiva e di completamento, arrivando fino a saturare il quartiere. Negli anni 80’ si decide di rendere PSG un ‘centro-città’ proponendo di integrare opere pubbliche e di servizio comunale. Per tutti gli anni 90’ fino ad oggi, non si hanno cambiamenti rilevanti.
+ Res. Priv + Res. Pubbl + Raccordo autostradale
1954 1977
+ Res Int + Opere Pubbl. + Ponte vecchio + Abbattimento Ex Pastificio
1997 2016
Previsioni del Piano • La superficie utile complessiva 21.634 mq • Le destinazioni di uso - mix funzionale: –– residenziale –– produttivo-direzionale –– interesse pubblico-urbano • Percorso ciclabile, collegato con il percorso pedonale ‘oltre ponte’ • Parco pubblico • Parcheggio.
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SCHEDA N°2 Ex de’ Megni - Ponte S. Giovanni
SCHEDA N°2 Ex de’ Megni - Ponte S. Giovanni
Inquadramento
Storia
L’area è collocata nel quartiere di Ponte S. Giovanni, zona periferica del Comune di Perugia. Prevalentemente pianeggiante a causa della vicinanza con il fiume Tevere. Segna anche la divisione fra l’area residenziale di espansione e la zona industriale.
Ponte S. Giovanni, nato principalmente come zona agricola ed industriale, a causa della vicinanza del Tevere, si è in seguito evoluto fino a diventare un proprio centro minore confrontabile a Perugia. L’Ex area industriale, ospitava in un primo momento la distilleria De Megni, successivamente l’industria del legname. Attualmente in sospensione di lavori da 4 anni, a causa del fallimento della ditta.
Struttura Urbana
Area compatta
140
Espansione
Densità abitativa
Interland
Alta
Media
Centralità comunale
Bassa
Molto Forte
Forte
Debole
SCHEDA N°2 Ex de’ Megni - Ponte S. Giovanni
SCHEDA N°2 Ex de’ Megni - Ponte S. Giovanni
Evoluzione Come si può osservare dalle foto aree, in 50 anni il territorio è cambiato considerevolmente, non solo l’area in sé ma soprattutto quanto la circonda. Dagli anni 50’ ed in particolare con il PRG del 62’ l’iniziativa privata propone e realizza la crescita residenziale. Dal 1974, dopo la variante, si intensifica il ruolo di industria senza fermare la realizzazione di residenza intensiva e di completamento, arrivando fino a saturare il quartiere. Negli anni 80’ si decide di rendere PSG un ‘centro-città’ proponendo di integrare opere pubbliche e di servizio comunale. Per tutti gli anni 90’ fino ad oggi, non si hanno cambiamenti rilevanti.
+ Res. Priv + Res. Pubbl + Raccordo autostradale + Res Int + Opere Pubbl. + Demolizione Ex de’ Megni + Divisione are in due
1954 1977 1997 2016
Previsioni del Piano •
141
SCHEDA N°3 Ex Mattatoio - Ponte S. Giovanni
SCHEDA N°3 Ex Mattatoio - Ponte S. Giovanni
Inquadramento
Storia
L’area è collocata nel quartiere di Ponte S. Giovanni, zona periferica del Comune di Perugia. Prevalentemente pianeggiante a causa della vicinanza con il fiume Tevere. Segna anche la divisione fra l’area residenziale di espansione e la zona industriale.
Ponte S. Giovanni, nato principalmente come zona agricola ed industriale, a causa della vicinanza del Tevere, si è in seguito evoluto fino a diventare un proprio centro minore confrontabile a Perugia.
Struttura Urbana
Area compatta
142
Espansione
Densità abitativa
Interland
Alta
Media
Centralità comunale
Bassa
Molto Forte
Forte
Debole
SCHEDA N°3 Ex Mattatoio - Ponte S. Giovanni
SCHEDA N°3 Ex Mattatoio - Ponte S. Giovanni
Evoluzione Come si può osservare dalle foto aree, in 50 anni il territorio è cambiato considerevolmente, non solo l’area in sé ma soprattutto quanto la circonda. Dagli anni 50’ ed in particolare con il PRG del 62’ l’iniziativa privata propone e realizza la crescita residenziale. Dal 1974, dopo la variante, si intensifica il ruolo di industria senza fermare la realizzazione di residenza intensiva e di completamento, arrivando fino a saturare il quartiere. Negli anni 80’ si decide di rendere PSG un ‘centro-città’ proponendo di integrare opere pubbliche e di servizio comunale. Per tutti gli anni 90’ fino ad oggi, non si hanno cambiamenti rilevanti.
+ Res. Priv + Res. Pubbl + Raccordo autostradale + Res Int + Opere Pubbl.
1954 1977 1997
+ Ponte vecchio
2016
Previsioni del Piano
143
SCHEDA N°4 Ex Margaritelli - Ponte S. Giovanni
SCHEDA N°4 Ex Margaritelli - Ponte S. Giovanni
Inquadramento
Storia
L’area è collocata nel quartiere di Ponte S. Giovanni, zona periferica del Comune di Perugia. Prevalentemente pianeggiante a causa della vicinanza con il fiume Tevere. Segna anche la divisione fra l’area residenziale di espansione e la zona industriale.
Ponte S. Giovanni, nato principalmente come zona agricola ed industriale, a causa della vicinanza del Tevere, si è in seguito evoluto fino a diventare un proprio centro minore confrontabile a Perugia.
Struttura Urbana
Area compatta
144
Espansione
Densità abitativa
Interland
Alta
Media
Centralità comunale
Bassa
Molto Forte
Forte
Debole
SCHEDA N°4 Ex Margaritelli - Ponte S. Giovanni
SCHEDA N°4 Ex Margaritelli - Ponte S. Giovanni
Evoluzione Come si può osservare dalle foto aree, in 50 anni il territorio è cambiato considerevolmente, non solo l’area in sé ma soprattutto quanto la circonda. Dagli anni 50’ ed in particolare con il PRG del 62’ l’iniziativa privata propone e realizza la crescita residenziale. Dal 1974, dopo la variante, si intensifica il ruolo di industria senza fermare la realizzazione di residenza intensiva e di completamento, arrivando fino a saturare il quartiere. Negli anni 80’ si decide di rendere PSG un ‘centro-città’ proponendo di integrare opere pubbliche e di servizio comunale. Per tutti gli anni 90’ fino ad oggi, non si hanno cambiamenti rilevanti.
+ Res. Priv + Res. Pubbl + Raccordo autostradale + Res Int + Opere Pubbl.
1954 1977 1997
+ Ponte vecchio
2016
Previsioni del Piano
145
SCHEDA N°5 Via Monacchia - Ponte S. Giovanni
SCHEDA N°5 Via Monacchia - Ponte S. Giovanni
Inquadramento
Storia
L’area è collocata nel quartiere di Ponte S. Giovanni, zona periferica del Comune di Perugia. Prevalentemente pianeggiante a causa della vicinanza con il fiume Tevere. Segna anche la divisione fra l’area residenziale di espansione e la zona industriale.
Ponte S. Giovanni, nato principalmente come zona agricola ed industriale, a causa della vicinanza del Tevere, si è in seguito evoluto fino a diventare un proprio centro minore confrontabile a Perugia.
Struttura Urbana
Area compatta
146
Espansione
Densità abitativa
Interland
Alta
Media
Centralità comunale
Bassa
Molto Forte
Forte
Debole
SCHEDA N°5 Via Monacchia - Ponte S. Giovanni
SCHEDA N°5 Via Monacchia - Ponte S. Giovanni
Evoluzione Come si può osservare dalle foto aree, in 50 anni il territorio è cambiato considerevolmente, non solo l’area in sé ma soprattutto quanto la circonda. Dagli anni 50’ ed in particolare con il PRG del 62’ l’iniziativa privata propone e realizza la crescita residenziale. Dal 1974, dopo la variante, si intensifica il ruolo di industria senza fermare la realizzazione di residenza intensiva e di completamento, arrivando fino a saturare il quartiere. Negli anni 80’ si decide di rendere PSG un ‘centro-città’ proponendo di integrare opere pubbliche e di servizio comunale. Per tutti gli anni 90’ fino ad oggi, non si hanno cambiamenti rilevanti.
+ Res. Priv + Res. Pubbl + Raccordo autostradale + Res Int + Opere Pubbl.
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+ Ponte vecchio
2016
Previsioni del Piano
147
SCHEDA N°6 Strada dei Loggi - Ponte S. Giovanni
SCHEDA N°6 Strada dei Loggi - Ponte S. Giovanni
Inquadramento
Storia
L’area è collocata nel quartiere di Ponte S. Giovanni, zona periferica del Comune di Perugia. Prevalentemente pianeggiante a causa della vicinanza con il fiume Tevere. Segna anche la divisione fra l’area residenziale di espansione e la zona industriale.
Ponte S. Giovanni, nato principalmente come zona agricola ed industriale, a causa della vicinanza del Tevere, si è in seguito evoluto fino a diventare un proprio centro minore confrontabile a Perugia.
Struttura Urbana
Area compatta
148
Espansione
Densità abitativa
Interland
Alta
Media
Centralità comunale
Bassa
Molto Forte
Forte
Debole
SCHEDA N°6 Strada dei Loggi - Ponte S. Giovanni
SCHEDA N°6 Strada dei Loggi - Ponte S. Giovanni
Evoluzione Come si può osservare dalle foto aree, in 50 anni il territorio è cambiato considerevolmente, non solo l’area in sé ma soprattutto quanto la circonda. Dagli anni 50’ ed in particolare con il PRG del 62’ l’iniziativa privata propone e realizza la crescita residenziale. Dal 1974, dopo la variante, si intensifica il ruolo di industria senza fermare la realizzazione di residenza intensiva e di completamento, arrivando fino a saturare il quartiere. Negli anni 80’ si decide di rendere PSG un ‘centro-città’ proponendo di integrare opere pubbliche e di servizio comunale. Per tutti gli anni 90’ fino ad oggi, non si hanno cambiamenti rilevanti.
+ Res. Priv + Res. Pubbl + Raccordo autostradale + Res Int + Opere Pubbl.
1954 1977 1997
+ Ponte vecchio
2016
Previsioni del Piano
149
SCHEDA N°7 Via Grieco - Ponte S. Giovanni
SCHEDA N°7 Via Grieco - Ponte S. Giovanni
Inquadramento
Storia
L’area è collocata nel quartiere di Ponte S. Giovanni, zona periferica del Comune di Perugia. Prevalentemente pianeggiante a causa della vicinanza con il fiume Tevere. Segna anche la divisione fra l’area residenziale di espansione e la zona industriale.
Ponte S. Giovanni, nato principalmente come zona agricola ed industriale, a causa della vicinanza del Tevere, si è in seguito evoluto fino a diventare un proprio centro minore confrontabile a Perugia.
Struttura Urbana
Area compatta
150
Espansione
Densità abitativa
Interland
Alta
Media
Centralità comunale
Bassa
Molto Forte
Forte
Debole
SCHEDA N°7 Via Grieco - Ponte S. Giovanni
SCHEDA N°7 Via Grieco - Ponte S. Giovanni
Evoluzione Come si può osservare dalle foto aree, in 50 anni il territorio è cambiato considerevolmente, non solo l’area in sé ma soprattutto quanto la circonda. Dagli anni 50’ ed in particolare con il PRG del 62’ l’iniziativa privata propone e realizza la crescita residenziale. Dal 1974, dopo la variante, si intensifica il ruolo di industria senza fermare la realizzazione di residenza intensiva e di completamento, arrivando fino a saturare il quartiere. Negli anni 80’ si decide di rendere PSG un ‘centro-città’ proponendo di integrare opere pubbliche e di servizio comunale. Per tutti gli anni 90’ fino ad oggi, non si hanno cambiamenti rilevanti.
+ Res. Priv + Res. Pubbl + Raccordo autostradale + Res Int + Opere Pubbl.
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+ Ponte vecchio
2016
Previsioni del Piano
151
SCHEDA N°8 Via della Scuola - Ponte S. Giovanni
SCHEDA N°8 Via della Scuola - Ponte S. Giovanni
Inquadramento
Storia
L’area è collocata nel quartiere di Ponte S. Giovanni, zona periferica del Comune di Perugia. Prevalentemente pianeggiante a causa della vicinanza con il fiume Tevere. Segna anche la divisione fra l’area residenziale di espansione e la zona industriale.
Ponte S. Giovanni, nato principalmente come zona agricola ed industriale, a causa della vicinanza del Tevere, si è in seguito evoluto fino a diventare un proprio centro minore confrontabile a Perugia.
Struttura Urbana
Area compatta
152
Espansione
Densità abitativa
Interland
Alta
Media
Centralità comunale
Bassa
Molto Forte
Forte
Debole
SCHEDA N°8 Via della Scuola - Ponte S. Giovanni
SCHEDA N°8 Via della Scuola - Ponte S. Giovanni
Evoluzione Come si può osservare dalle foto aree, in 50 anni il territorio è cambiato considerevolmente, non solo l’area in sé ma soprattutto quanto la circonda. Dagli anni 50’ ed in particolare con il PRG del 62’ l’iniziativa privata propone e realizza la crescita residenziale. Dal 1974, dopo la variante, si intensifica il ruolo di industria senza fermare la realizzazione di residenza intensiva e di completamento, arrivando fino a saturare il quartiere. Negli anni 80’ si decide di rendere PSG un ‘centro-città’ proponendo di integrare opere pubbliche e di servizio comunale. Per tutti gli anni 90’ fino ad oggi, non si hanno cambiamenti rilevanti.
+ Res. Priv + Res. Pubbl + Raccordo autostradale + Res Int + Opere Pubbl.
1954 1977 1997
+ Ponte vecchio
2016
Previsioni del Piano
153
SCHEDA N°9 Via Cestellini - Ponte S. Giovanni
SCHEDA N°9 Via Cestellini - Ponte S. Giovanni
Inquadramento
Storia
L’area è collocata nel quartiere di Ponte S. Giovanni, zona periferica del Comune di Perugia. Prevalentemente pianeggiante a causa della vicinanza con il fiume Tevere. Segna anche la divisione fra l’area residenziale di espansione e la zona industriale.
Ponte S. Giovanni, nato principalmente come zona agricola ed industriale, a causa della vicinanza del Tevere, si è in seguito evoluto fino a diventare un proprio centro minore confrontabile a Perugia.
Struttura Urbana
Area compatta
154
Espansione
Densità abitativa
Interland
Alta
Media
Centralità comunale
Bassa
Molto Forte
Forte
Debole
SCHEDA N°9 Via Cestellini - Ponte S. Giovanni
SCHEDA N°9 Via Cestellini - Ponte S. Giovanni
Evoluzione Come si può osservare dalle foto aree, in 50 anni il territorio è cambiato considerevolmente, non solo l’area in sé ma soprattutto quanto la circonda. Dagli anni 50’ ed in particolare con il PRG del 62’ l’iniziativa privata propone e realizza la crescita residenziale. Dal 1974, dopo la variante, si intensifica il ruolo di industria senza fermare la realizzazione di residenza intensiva e di completamento, arrivando fino a saturare il quartiere. Negli anni 80’ si decide di rendere PSG un ‘centro-città’ proponendo di integrare opere pubbliche e di servizio comunale. Per tutti gli anni 90’ fino ad oggi, non si hanno cambiamenti rilevanti.
+ Res. Priv + Res. Pubbl + Raccordo autostradale + Res Int + Opere Pubbl.
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+ Ponte vecchio
2016
Previsioni del Piano
155
SCHEDA N°10 Via della Valtiera - Ponte S. Giovanni
SCHEDA N°10 Via della Valtiera - Ponte S. Giovanni
Inquadramento
Storia
L’area è collocata nel quartiere di Ponte S. Giovanni, zona periferica del Comune di Perugia. Prevalentemente pianeggiante a causa della vicinanza con il fiume Tevere. Segna anche la divisione fra l’area residenziale di espansione e la zona industriale.
Ponte S. Giovanni, nato principalmente come zona agricola ed industriale, a causa della vicinanza del Tevere, si è in seguito evoluto fino a diventare un proprio centro minore confrontabile a Perugia.
Struttura Urbana
Area compatta
156
Espansione
Densità abitativa
Interland
Alta
Media
Centralità comunale
Bassa
Molto Forte
Forte
Debole
SCHEDA N°10 Via della Valtiera - Ponte S. Giovanni
SCHEDA N°10 Via della Valtiera - Ponte S. Giovanni
Evoluzione Come si può osservare dalle foto aree, in 50 anni il territorio è cambiato considerevolmente, non solo l’area in sé ma soprattutto quanto la circonda. Dagli anni 50’ ed in particolare con il PRG del 62’ l’iniziativa privata propone e realizza la crescita residenziale. Dal 1974, dopo la variante, si intensifica il ruolo di industria senza fermare la realizzazione di residenza intensiva e di completamento, arrivando fino a saturare il quartiere. Negli anni 80’ si decide di rendere PSG un ‘centro-città’ proponendo di integrare opere pubbliche e di servizio comunale. Per tutti gli anni 90’ fino ad oggi, non si hanno cambiamenti rilevanti.
+ Res. Priv + Res. Pubbl + Raccordo autostradale + Res Int + Opere Pubbl.
1954 1977 1997
+ Ponte vecchio
2016
Previsioni del Piano
157
SCHEDA N°11 Via Grieco - Ponte S. Giovanni
SCHEDA N°11 Via Grieco - Ponte S. Giovanni
Inquadramento
Storia
L’area è collocata nel quartiere di Ponte S. Giovanni, zona periferica del Comune di Perugia. Prevalentemente pianeggiante a causa della vicinanza con il fiume Tevere. Segna anche la divisione fra l’area residenziale di espansione e la zona industriale.
Ponte S. Giovanni, nato principalmente come zona agricola ed industriale, a causa della vicinanza del Tevere, si è in seguito evoluto fino a diventare un proprio centro minore confrontabile a Perugia.
Struttura Urbana
Area compatta
158
Espansione
Densità abitativa
Interland
Alta
Media
Centralità comunale
Bassa
Molto Forte
Forte
Debole
SCHEDA N°11 Via Grieco - Ponte S. Giovanni
SCHEDA N°11 Via Grieco - Ponte S. Giovanni
Evoluzione Come si può osservare dalle foto aree, in 50 anni il territorio è cambiato considerevolmente, non solo l’area in sé ma soprattutto quanto la circonda. Dagli anni 50’ ed in particolare con il PRG del 62’ l’iniziativa privata propone e realizza la crescita residenziale. Dal 1974, dopo la variante, si intensifica il ruolo di industria senza fermare la realizzazione di residenza intensiva e di completamento, arrivando fino a saturare il quartiere. Negli anni 80’ si decide di rendere PSG un ‘centro-città’ proponendo di integrare opere pubbliche e di servizio comunale. Per tutti gli anni 90’ fino ad oggi, non si hanno cambiamenti rilevanti.
+ Res. Priv + Res. Pubbl + Raccordo autostradale + Res Int + Opere Pubbl.
1954 1977 1997
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Previsioni del Piano
159
SCHEDA N°12 Via A. Manzoni - Ponte S. Giovanni
SCHEDA N°12 Via A. Manzoni - Ponte S. Giovanni
Inquadramento
Storia
L’area è collocata nel quartiere di Ponte S. Giovanni, zona periferica del Comune di Perugia. Prevalentemente pianeggiante a causa della vicinanza con il fiume Tevere. Segna anche la divisione fra l’area residenziale di espansione e la zona industriale.
Ponte S. Giovanni, nato principalmente come zona agricola ed industriale, a causa della vicinanza del Tevere, si è in seguito evoluto fino a diventare un proprio centro minore confrontabile a Perugia.
Struttura Urbana
Area compatta
160
Espansione
Densità abitativa
Interland
Alta
Media
Centralità comunale
Bassa
Molto Forte
Forte
Debole
SCHEDA N°12 Via A. Manzoni - Ponte S. Giovanni
SCHEDA N°12 Via A. Manzoni - Ponte S. Giovanni
Evoluzione Come si può osservare dalle foto aree, in 50 anni il territorio è cambiato considerevolmente, non solo l’area in sé ma soprattutto quanto la circonda. Dagli anni 50’ ed in particolare con il PRG del 62’ l’iniziativa privata propone e realizza la crescita residenziale. Dal 1974, dopo la variante, si intensifica il ruolo di industria senza fermare la realizzazione di residenza intensiva e di completamento, arrivando fino a saturare il quartiere. Negli anni 80’ si decide di rendere PSG un ‘centro-città’ proponendo di integrare opere pubbliche e di servizio comunale. Per tutti gli anni 90’ fino ad oggi, non si hanno cambiamenti rilevanti.
+ Res. Priv + Res. Pubbl + Raccordo autostradale + Res Int + Opere Pubbl.
1954 1977 1997
+ Ponte vecchio
2016
Previsioni del Piano
161
162
5.1.3 Strategie. La linea da seguire parte da due parziali mancanze per stabilire una connessione che, renda le parti dello spazio quartiere unitarie attraverso delle relazioni. Si sintetizza quanto scritto nel capitolo3 cercando, comunque, di preservarne alcuni principi già discussi e introdotti nel testo, come: la flessibilità, limitare l’uso del suolo ed intervenire in modo leggero. ––
Intensificazione del sistema verde: • Per il riordino e collegamento non solo degli spazi verdi ma anche dei servizi, delle abitazioni, delle strade. Coloro che vivono uno spazio devono avere la possibilità di avanzare senza trovare ostacoli, senza deviare il loro percorso. • Per un uso Multifunzionale, non inteso senza gestione o destinazione. Ma chi frequenta questi spazi, deve poter percepire la presenza, sia propria che di quanto lo circonda. E attraverso la presenza poter instaurare un contatto, affinché la singolarità possa esprimersi. • Per limitare il suolo urbanizzato. Non tutte le aree devono contenere materiali, questo non significa che tutte le aree devano essere parchi o giardini. Se non vi è necessità e se attraverso le risorse presenti è possibile soddisfare determinate richieste non vi è motivo di continuare la corsa alla costruzione. • Come risposta a problematiche ambientali. Appunto, non tutte le aree verdi, devono essere parchi o giardini, quindi spazi con una determinata forma e che accolgono le persone. Alcune aree è bene siano restituite agli equilibri naturali e si allontanino da caratteri artificiali.
–– Intensificazione della pedonalità • Per limitare l’uso dell’automobile. L’utilità dell’automobile è innegabile ma fa parte di quelle soluzioni consumistiche e veloci. Oltre ai gravi problemi ambientali, alla perdita di alcune azioni quotidiane, essa ha radicalmente modificato lo 163
Fig. 56 Proposte progettuali
164
spazio. Si preferiscono strade a marciapiedi. • Per promuovere la socializzazione. Ormai, troppo spesso, le persone scelgono di fare anche piccoli spostamenti attraverso i mezzi privati. Continuando quello stile di vita portato all’eccessivo isolamento. Ciò che si propone di fare è di intensificare i percorsi in modo da facilitare il collegamento fra i vari punti di attrazione e di raccolta. • Per una maggiore penetrabilità. Se le persone non camminano più o non si spostano tramite le biciclette è perché non possono farlo, alcune volte è pericoloso. I percorsi non sono adeguati, l’illuminazione è scarsa e sempre più spazi non frequentabili sono dimenticati. A questi due punti, di carattere generale se ne introducono altri specifici che si integrano e, volutamente, si sovrappongono. Nelle seguenti strategie, N sta per nuovo; M per modificato e I per invariato. (Allegato 4) –– Mobilità Pedonale • (N) Realizzazione di nuovi percorsi pedonali e ciclabili laddove non presenti. Ogni percorso pedonale deve permettere il passaggio di due persone contemporaneamente. Nei rari casi dove questo non è possibile, si limita la larghezza minima ad 1m. Inoltre, ogni percorso pedonale e ciclopedonale deve avere un filtro verde di accompagnamento. Si interviene prima con la sistemazione dei marciapiedi e solo quando è possibile anche dei percorsi ciclabili. Questo nuova sistemazione comporta, ovviamente, una totale riorganizzazione. • (N) Nuovo percorso ciclopedonale lungo il fiume • (M) Risistemazione dei percorsi esistenti e adeguamento ad una linea comune con quelli di nuova realizzazione. • (I) Solo dove lo spazio non era sufficiente per nuove realizzazioni e la mobilità carrabile era lenta non si sono fatte modifiche. 165
–– Mobilità Carrabile. Le infrastrutture sono presenti adeguatamente, infatti consentono uno spostamento rapido e fluido. Per questo, si preferisce soffermarsi nei punti di stazionamento. I grandi parcheggi presenti che, purtroppo, provocano una interruzione grave. • (N) Dei sei parcheggi presenti, tre hanno la necessità di essere rivisti. Collocati in posizioni strategiche, dovrebbero essere maggiormente sfruttati. A questo scopo, si sceglie di intervenire attraverso un cambio di cromia del materiale asfalto e l’inserimento puntuale di elementi di verde. • (N) Una nuova strada viene realizzata per il collegamento fra il quartiere e l’area ex Pastificio. • (M) Due parcheggi, sono circondati ed intervallati dal verde, ma lasciati a sè stessi poiché in posizione periferica. Si sistemeranno integrandosi ai nuovi spazi che si vedranno nei punti successivi. • (I) Solo un parcheggio, utilizza un materiale diverso dal cemento ed inoltre ha alberi con un’età da salvaguardare. –– Insediamenti. Proseguendo sul principio di limitazione di nuove costruzioni, si ha: • (N) L’unica area nella quale si realizzerà una nuova opera è quella della scheda N°1. Il quartiere ha sufficienti residenze, uffici e servizi commerciali a disposizione, proprio per questo si progetterà in seguito un mercato in mancanza di uno stabile. Questo permetterà inoltre, di sostituire quello che viene adibito settimanalmente in un parcheggio. • (M) Gli edifici sospesi dovranno essere conclusi e risistemati gli spazi di servizio secondo quando descritto nel punto del verde. • (M) Gli edifici abbandonati, saranno risistemati, restaurati o messi in sicurezza e, gli sarà cambiata la destinazione d’uso con una che possa consentire integrazione con la rete costruita. 166
• (I) All’edificio occupato sarà riconosciuta sua attuale destinazione e per superare la sua condizione di isolamento, sarà favorito dal percorso verde lungo fiume. –– Verde. • (N) Nell’analisi del verde è stato possibile vedere come i parchi e i giardini siano limitati al centro del quartiere mentre invece sono mancanti agli ingressi. Si progettano due giardini, i quali si integreranno alle residenze da ultimare (vedi sopra) ed un parco nelle vicinanze del nuovo mercato. • (N) Si procede a ricucire e mettere in relazione i vari servizi, quelli nuovi, sistemati ed invariati dei punti precedenti, integrando ai percorsi pedonali un filtro verde di separazione dalla strada carrabile. • (N) Quel poco di verde agricolo è soltanto privato. Si prevede, quindi, un disegno di orti sociali in grado di completare l’equilibrio e rispondere alle più diverse esigenze. • (N) Sistema di filtraggio dell’acqua piovana. Spesso una parte delle strade viene allagata per un disegno poco largo di previsione • (N) Per rispondere alle inondazioni del fiume. Una parte dell’area, posta nelle sue vicinanze, sarà arricchita di alberi ad alto fusto ed attraverso una casa di espansione, si controllerà l’eccesivo innalzamento del livello dell’acqua. • (M) Ad alcuni spazi verdi di risulta, senza alcuna destinazione, usati a seconda nelle necessità dagli abitanti, saranno integrati elementi di arredo urbano. • (M) Le aree verdi definite dai raccordi stradali, invece, saranno lasciate al tempo, in modo che vivano senza l’intervento umano, allontanandosi dalla gestione e sfruttamento dell’uomo. Si sceglie di proseguire questa strada secondo l’idea del Terzo Paesaggio di Gilles Clément.
167
Ex Megni
Parco e parcheggio via adriatica
Ex Margaritelli
Fig. 57 Ex Megni ed Ex Margaritelli
Fig. 58 Parcheggio Via Cestellini
168
5.2 Le aree Le 12 ‘Assenze’, alle quali si aggiungono i percorsi e le sezioni stradali, dovranno seguire quanto disposto e specificato dalle strategie oltre le aree. Ed in base a queste ed alle proprie singolarità, si produrrà un ulteriore livello di dettaglio dopo il quale si ha il progetto. L’unico esempio di progetto sarà fatto per la sola ‘Assenza’ della scheda N°1, come si vedrà nel capitolo successivo, nonché quello finale, e nei rispettivi allegati. Qui di seguito, invece, si indicano le idee di disegno per le 12 aree: –– Ex Margaritelli. Complesso di edifici non finiti, seppure in uno stato strutturalmente avanzato. Come stabilito dai precedenti punti, dovranno essere completati. Inoltre, come si può vedere dallo schema in fig.: • Data la loro vicinanza e posizione, quasi, isolata dal resto quartiere, si sceglie di realizzare delle piazze, alle quali si alterneranno degli spazi verdi. Questa soluzione consente di favorire la socialità ma anche di ampliare visivamente spazi angusti. • Nella parte a nord si ha un parco lineare verde. La ferrovia è oscurata da una successione di alberature, che limita anche il propagarsi delle onde sonore. • Nella parte a sud si collocano i parcheggi ed il percorso pedonale e ciclabile, che continua fino a collegarsi all’area verde ed al parcheggio di via Adriatica. –– Parco e parcheggio Via Adriatica. Non sono presenti nelle schede perché non sono aree intercluse, ma servono a completare una rete complessiva di spazi e collegamenti. • L’area verde, un’isola di traffico, usata come spazio pubblicitario, viene unita al
169
piccolo centro commerciale, così da diventare un prolungamento dello spazio pubblico. • Il parcheggio è sistemato per adeguarsi alla nuova circolazione. Sono presenti dei piccoli elementi puntuali di verde che necessitano di essere aumentati. –– Ex Megni. Altro edificio da concludere. • Si decide di sfruttare, parzialmente, lo scavo non concluso. E di inserire un raccoglitore di acqua piovana, utile ad evitare l’allagamento delle strade, attraverso un sistema di filtraggio naturale. Si ridisegna così il fronte stradale. • Viene realizzato un piccolo parco, come un’unica area verde di quel lato di quartiere. In esso i percorsi sono realizzati in modo da ripristinare l’attraversamento e la permeabilità. • Si aggiunge a quanto finora detto, un piazza di collegamento fra l’edificio e il centro commerciale. Questa è immaginata come uno spazio libero, dove la pavimentazione diventa elemento definitore dei percorsi. –– Parcheggio stazione • Si realizza un percorso pedonale subito adiacente al parcheggio, senza l’area verde di schermo per mancanza di spazio. • Il parcheggio a due piani, oltre il cambiamento di cromia dell’asfalto, si arricchisce della presenza di alberi che dal piano sotterraneo salgono fino al primo, attraverso un taglio della pavimentazione. –– Parcheggio Via Cestellini, L’alternanza di elementi verdi non è possibile. Si procede ad una scansione del ritmo attraverso disegni a terra prodotti dal cambio di colore.
170
–– Via Grieco. Parte del parco comunale, è una di quelle aree verdi lasciata ad usi occasionalmente diversi. Per mantenere la sua adattabilità ma allo stesso tempo integrarla al sistema del quale è parte, si collocano elementi di arredo derivanti dal riciclo. Gli utenti, potranno liberamente posizionarli per creare situazioni soggettive che si discostano da una rigida impostazione. –– Ex Mattatoio e Via della Valtiera. • Il primo viene adeguato alla sua nuova destinazione. Si abbatte la cancellata di confine e si rifà l’ingresso. • Il secondo dei due edifici abbandonati, ormai in stato di rudere, sarà soltanto messo in sicurezza e lasciato al tempo, così da diventare un edificio/monumento, simbolo dell’Assenza. • Nello spazio fra questi due si prevede un parco di pertinenza del centro sociale. Utile come pausa di relazione dei percorsi ciclopedonali. –– Via della Valtiera 2, Questo edificio abbandonato, tra i più antichi del quartiere, ha resistito all’esplosione del ponte posto nelle sue vicinanze, si prevede il restauro e l’uso come luogo per le mostre e gli eventi che si svolgono ogni anno per ricordare la caduta del ponte. –– Percorso lungo fiume, parte dal parco del centro sociale, supera il raccordo autostradale, attraversa l’area ex pastificio e si ricollega al ponte vecchio e all’edificio per eventi. E’ un percorso in movimento di terreno ed ha due momenti distinti.
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6. EX PASTIFICIO
Fra le ‘Assenze’, l’area Ex Pastifico è quella che mostra maggiori contrasti. Lasciata, letteralmente, al margine della città, nonostante la sua notevole estensione, passa inosservata. Ma, complessa e articolata, è l’esempio calzante di ‘Assenza’, nonché quella con maggiori potenzialità di trasformazione. Infatti, posta in prossimità degli assi stradali, lontana da forti attrattori, visibilmente raccolta tra fiume, campagna e collina, ha il vantaggio di poter accogliere diverse destinazioni e cambiare, per diventare Presenza. Lo scopo fin dal principio è stato quello di andare Oltre l’area, di poter integrare le aree ‘Assenti’ con il restante tessuto, di farle dialogare e stringere relazione affinché gli utenti possano esprimersi in esse. Per tale motivo, il progetto in questa area non vuole essere fine a sé stesso ma parte di un più ampio disegno, non statico e limitato, non escludente, non generatore di nuove ‘Assenze’. Si superano parzialmente le direttive stabilite dal PRG del Comune di Perugia e seguendo le linee di progetto per il quartiere, si decide di: –– Limitare l’edilizia –– Rendere l’area permeabile ed attraversabile –– Stabilire un contatto con il sistema del verde –– Intervenire in modo leggero
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FIg. 59 Area Ex Pastificio
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Proseguendo su questa scia, si decide di destinare parte dell’area ad un mercato ortofrutticolo, ad orti sociali e ad un parco. Queste funzioni sono scelte per svariati motivi, come la posizione di vicinanza al verde agricolo, perché era un ex pastificio e sembra naturale riprendere, in certo modo, uno dei lavori fondanti della zona; infine perché in questo modo si può sostituire all’attuale ‘sede’ nel parcheggio di Via Cestellini che è inadeguata e, con la sua presenza rende difficoltoso il passaggio e gli spostamenti.
6.1 Riferimenti progettuali 6.1.1. Nakagawa-machi Bato Hiroshige Museum of Art_Kengo Kuma Kengo Kuma ha progettato il Museo a Nasu Tochigi in Giappone, in gran parte ispirandosi al dipinto “Le persone su un ponte Sorpreso dalla pioggia” di Ando Hiroshige. L’architetto notato come l’artista ha usato le linee sottili per rappresentare la pioggia porta questa tecnica nel corso nel suo progetto, inoltre nella volontà di allontanarsi dai contrasti e di generare un contatto con il paesaggio Kengo riprende i caratteri dell’architettura locale. Il museo è un lungo edificio ad un solo piano con struttura in acciaio e tetto spiovente. L’intera struttura è avvolta in tre strati di schermi lignei di cedro locale. I listelli di legno densamente spaziati creano slittamenti percettivi. Quando ci si avvicina e si passeggia intorno all’edificio questo, da opaco e piatto, diventa trasparente e profondo. Il museo ha spazi espositivi con vista lungo il corridoio esterno. Questo permette attraverso le pareti vetrate di abbracciare la scena andando al di fuori. Tutti gli spazi sono moderatamente dimensionati e scalati in relazione alle piccole forme
175
FIg. 60 Nakagawa-machi Bato Hiroshige Museum
FIg. 61 Parrish Art Museum
FIg. 62 Flinders Street Station and Market
176
d’arte. Ogni spazio ospita le stampe, sempre alla ricerca piacevole di arte e natura. 6.1.2. Parrish Art Museum_Herzog & de Meuron Herzog & de Meuron hanno tratto ispirazione dalla forma tradizionale della casa per creare le due strutture a spioventi che compongono l’edificio.
“Quello che ci piace di questa tipologia è che è aperta a molte funzioni diverse, luoghi e culture. Ogni volta questo semplice, quasi banale, modulo è in grado di reinventarsi e diventare qualcosa di molto specifico, preciso e fresco.” (Jacques Herzog) La pianta di questa estrusione è una traduzione diretta del layout funzionale ideale. Un gruppo di dieci gallerie definisce il cuore del museo. Esse sono disposte in due file parallele separate da un lungo corridoio. La dimensione e la proporzione di queste gallerie possono essere facilmente adattate per riorganizzare pareti divisorie all’interno della griglia strutturale. Ad est delle gallerie si trovano gli spazi destinati alle funzioni di amministrazione, workshop, magazzini e servizi. A ovest delle gallerie sono ospitate le aree per gli eventi pubblici, il negozio e una caffetteria. Per ultimo, all’estremità occidentale è collocato uno spazio educativo polivalente e flessibile. 6.1.3. Flinders Street Station and Market_Herzog & de Meuron Flinders Street Station è collocata nel centro di Melbourne, tra il centro del business e l’area per le imbarcazioni del fiume Yarra. La sua forma lineare è determinata dall’originale tracciato. Si sceglie di rispettare la naturale linearità e sfruttarla come elemento chiave di risposta urbana. L’edificio separa, infatti, la città dalla ferrovia e dal fiume e permette un adeguato ingresso del pubblico per la fruizione di tutti gli spazi. Offrendo, non per ultimo, diversi collegamenti in tutto il sito.
177
Fig. 63 Planivolumetrico
Fig. 64 Ingresso sulla piazza
178
Una parte importante del progetto originale era un generoso tetto ad arco. Questo tetto non fu mai realizzato, e quindi, la ‘gloria’ della stazione non si è mai completamente materializzata. Tracciando gli archi e le volte in forma e dimensioni diverse si definisce l’ingrediente principale per l’espressione architettonica del nuovo tetto. Piuttosto che creare un gesto monumentale, si sceglie una proporzione delle singole volte in rapporto con il viaggio di ogni passeggero.
6.2 Il Progetto 6.2.1. L’accesso. Attualmente l’ingresso all’area è consentito attraverso un unico accesso. La strada in questione è usata soltanto dai residenti di una piccola palazzina perché, nonostante non sia privata, è di servizio all’area. Per il resto non ha altri accessi, a ovest lungo la strada principale è chiuso da una serie di edifici, a est da un vecchio muro che circonda l’area. Per consentire la circolazione ed il passaggio degli utenti, si immaginano quattro accessi totali: –– Il più importante, che cerca di cambiare completamente l’aspetto dell’area, è quello posto in corrispondenza di Via Manzoni, la via principale di PSG. Si abbattono due piccole palazzine oggi dismesse e un distributore anch’esso abbandonato. Nel nuovo ingresso si inserisce una piazza, la cui pavimentazione si estende oltre l’area, coinvolgendo Via Manzoni, manifestando definitivamente la sua Presenza. –– Il secondo accesso, quello attuale, è di servizio e carrabile ad un solo senso, costeggiato da un percorso ciclopedonale ampio delimitato da alberature. Attraverso questa strada sarà possibile usare il parcheggio per gli utenti. Ci sono due diverse uscite,
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Fig. 65 Pianta del mercato
180
quella a sinistra, per gli utenti, dalla quale si arriverà in Via Ponte Vecchio, quella a destra per il carico e scarico dei prodotti del mercato, che si userà solo nei giorni e negli orari di apertura del mercato, e passa su un lato della piazza. –– Il terzo accesso è quello ciclopedonale lungo fiume. La notevole differenza di quota di 4 m circa, genera per chi arriva dal cavalcavia due scelte, o scendere e fermarsi nel lungo fiume dal quale si può salire da una scala o un percorso in salita dal quale si arriva al mercato, gli orti e il parco, e da quest’ultimo proseguire. Si ha un graduale passaggio materico dalla terra battuta e la pavimentazione della piazza ‘belvedere’. –– Il quarto ingresso ad est è, anche questo, pedonale. Collega l’area con il ponte vecchio e proseguendo verso i campi sportivi. Come per il precedente accesso, si ha un cambio di materiale a terra, in questo caso in due diversi tipi di pavimentazione. I quattro accessi, così come si voleva, permettono la attraversabilità. Sono collegate attraverso percorsi. Si può decidere di entrare da una ed uscire da un’altra. L’area può essere vista e possibilmente vissuta. 6.2.2. Il mercato. Rappresenta il punto di forza dell’area ma anche una novità nel paesaggio urbano. Nel suo disegno si è cercata una relazione con la campagna attorno alla città ma anche con gli stessi elementi presenti nel quartiere. Così si è deciso di operare una scelta semplice e attraverso una pianta rettangolare sviluppare un alzato ‘conosciuto’ ma importante: Un’unica campata a timpano asimmetrica continua per 100m. Tale scelta è stata fatta in seguito allo studio tipologico di mercati ai quali si sono mischiati i caratteri dell’architettura agricola. E’ posizionato in corrispondenza della piazza ‘nuova’, infatti uno dei lati minori si affaccia su di esso e l’altro invece sulla piazza ‘belvedere’, la quale si estende oltre i confini del lotto e rimane parzialmente sospesa in aria. Il mercato lavora sia come separatore
181
che come punto di contatto tra il parco e gli orti sociali, posti rispettivamente ad est e a sud di esso. Mentre invece a nord, si hanno i parcheggi per il carico/scarico delle merci e la strada di servizio che separa il mercato da edifici privati, si prevede per questi una schermatura tramite alberature. Fondamentale per la conformazione del terreno è stato il dislivello di 2.5m fra Via Manzoni ed il lotto. Nonostante l’iniziale difficoltà, la scelta definitiva è stata quella di mantenere il livello della strada in tutto il mercato e raggiungere la quota dell’area attraverso una serie di rampe verso gli orti, i quali si sviluppano come terrazzamenti, ed una scala verso il parco dal mercato ed una rampa dalla piazza. Inoltre, tale scelta è avvenuta riprendendo gli esempi delle case galleggianti come risposta ad agli eventuali allagamenti provocati dalla vicinanza del fiume. Quest’area, infatti, è in zona R2 ed R3, con rischio di allagamento ogni 50 e 200 anni. La pianta libera è divisa in due blocchi separati da uno spazio aperto ma coperto. Tale scelta è stata fatta per evitare un effetto da ‘Corridoio’ e favorire l’uso degli spazi. Il mercato è pensato chiuso, da vetrate, per mantenere una caratteristica multifunzionale. Infatti, quando non è attivo può essere usato come sala congressi, spazio creativo per manifestazioni e quanto altro possa accogliere. Ovviamente, è possibile aprire gli elementi di chiusura, consentendo di avere uno spazio fresco e aerato nelle stagioni più calde e viceversa di mantenere un’agevole temperatura in quelle più fredde. E’ presente una serie di blocchi di piccoli esercizi commerciali, servizi igenici e locali per attrezzature di manutenzione. Questi blocchi, collocati a sud si affacciano negli orti, sono rientranti rispetto alla vetrata di chiusura ed hanno un’altezza, di 4 m, inferiore rispetto a quella massima del mercato che, invece, è di 12. Il grande alzato e la grande luce libera di 15 m, sono strutturalmente possibili grazie all’uso dell’acciaio. In particolare grazie agli elementi di sostegno, i pilastri e le travi (dimensionati tramite un calcolo di massima), che diventano essi stessi parte di un disegno doppiamente asimmetrico e che non trascurabile, assolvono alle proprie funzioni strutturali in una zona sismica 2. 182
A completamento del progetto del mercato, per mantenere una linea coerente, per esprimere l’essenza dei materiali, si sceglie un rivestimento in lamiera di piombo sia per la copertura che per i blocchi di servizi. 6.2.3. Il parco. Di pari passo con il mercato è venuta la risistemazione della zona esterna. Tale spazio corrisponde all’edificio demolito, attualmente è presente una pavimentazione in calcestruzzo. Per questo si è pensa di farla rivivere attraverso una ri- naturalizzazione, che non si limita a prati ed alberature, ma che intende riprendere elementi di naturale movimento del terreno. Questo, infatti, non solo crea uno spazio armonico nel quale si passa gradualmente da un disegno più lineare ad uno più naturale ma aiuta anche al ritorno delle acque di esondazione verso il fiume. Il parco è formato da tre momenti scanditi dai percorsi. Il primo, subito nei pressi del mercato, ne riprende l’impostazione geometrica ed alterna ai suoi spazi verdi, sedute, essenze agricole, fiori, alberature. La parte centrale con vista privilegiata sul fiume, invece, corrisponde al secondo momento, in questo si riprendono soltanto le sedute di quello precedente ed, inoltre, si usa un espediente già visto, cioè quello degli elementi di arredo riciclati che possono essere spostati liberamente. Nel terzo momento, nonché quello finale, più ad est, si completa la trasformazione. Attraverso solo due segni, in questo caso i due percorsi, si simula l’andamento che il terreno faceva ai primordi. L’unico ‘arredo’, in questo caso, restano le alberature fitte e continue. 6.2.4. Gli orti. Collocati a sud del mercato, sono confinanti ad ovest da edifici commerciali e residenziali. Una parte di terreno sarà destinata ad alberi ad alto fusto come separatori dai fumi provenienti dalle strade. Gli orti sono immaginati secondo una serie di tre terrazzamenti collegati da rampe a bassa pendenza. All’interno di questi, gli spazi sono divisi fra orticoltura ed arboricoltura. Ogni utente avrà a disposizione un solo appezzamento di terra recintato di 6x10 m
183
Fig. 66 Struttura (Travi e pilastri)
Cassa di espansione
Fig. 67 Cassa di espansione
184
ed un ripostiglio tecnico. Si dovrà rispettare una linea estetica comune ed un’alternanza annuale della produzione per mantenere fertile il terreno. 6.2.5. La cassa di espansione. Più a sud degli orti si ha una discreta area ricoperta da alberi ad alto fusto, che funzionerà come cassa di espansione, quindi come primo raccoglitore dell’acqua da esondazione, per evitare l’allagamento del parco. Nell’eventualità di riversamento del fiume, si avranno tre momenti, a seconda della quantità: _ L’acqua viene contenuta dai muri del percorso lungo fiume. _ L’acqua raggiunge e riempe la cassa di espansione. _ L’acqua supera i limiti della cassa di espansione e si riversa sul parco. Lo scavo e la modellazione della cassa di espansione, così come del parco, sono immaginati in modo da favorire il successivo ritiro del fiume.
185
186
CONCLUSIONI
Quando è cominciata la redazione di questa tesi, il fine e gli obiettivi erano chiari. Arrivare ad una soluzione dell’ambiente urbano che nelle sue varie parti si completasse, che fosse “... qualcosa di più di una sagoma, qualcosa di più di una configurazione statica di componenti di tutto...” (Fritjof Capra, 1997, p. 28), nella quale ci fosse sviluppo ed evoluzione. Sono stati individuati come mezzi, attraverso i quali questo potesse avvenire, gli spazi ‘Assenti’ e la loro potenzialità inespressa. Giunti alla conclusione, dopo aver seguito studi, sviluppato e rafforzato nel percorso un’idea ed un pensiero che, nel caso studio di Perugia, ha permesso l’evoluzione di un progetto oltre gli stretti confini dell’area su cui insiste e l’elaborazione di progetti preliminari, che potrebbero assumere il valore di schemi guida, si può affermare che l’ipotesi inizialmente formula è stata verificata. Nel quartiere di Ponte San Giovanni, la riprogettazione a volte leggera a volte più forte delle aree presse in studio porta ad un cambiamento dei pesi, degli attrattori, dei modi di vivere ogni spazio e di spostarsi, pur mantenendo la flessibilità più volte richiamata. Si veda infatti in fig. 69, come i nuovi attrattori si integrano a quelli esistenti, consentendo la raggiungibilità pedonale da più parti del quartiere sempre a due o più polarità. Il metodo sistemico usato, cioè contestuale, per la progettazione oltre le aree, è quindi utile e necessario ad una progettazione che cerchi di ricucire una struttura fratturata ma
187
Fig.68 Punti d’interesse a scala comunale
Tempo di percorrenza 5 min-300m
Fig. 69 Nuovi punti d’interesse
188
soprattutto che voglia evitare il sorgere di nuove ‘Assenze’. Gli spazi ‘Assenti’ sono pertanto l’indispensabile opportunità per il futuro dello sviluppo urbano ed architettonico, purché inseriti in uno studio complessivo. Nell’esempio fatto, si è partiti da una scala grande, per individuare un intorno e poi lavorare nelle singole aree fino a giungere ai problemi architettonici, strutturali, materiali. Esistono, sicuramente, varie possibilità, forse migliori, più sensate ed articolate per arrivare a questo stesso fine. Ma quella individuata ha permesso di vedere, come scala urbana-architettonica- di dettaglio possano essere messe in relazione, come il loro legame sia essenziale per un corretto vivere gli spazi, come ognuno di essi sia indispensabile e non trascurabile per arrivare ad avere una città.
189
190
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SITOGRAFIA
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194
Allegati
Fasi Raccolta materiale cartografico CTR Perugia: Divisione in livelli, conversione da dxf a shp, unione dei quadri di unione CTR altri comuni: Div. in livelli, conv. da dxf a shp, unione dei quadri di unione Richiesta e acquisto ortofotocarta 1977 Raccolta dati Istat e pendolarismo Raccolta dati uso del suolo e dtm Raccolta dati punti d’interesse e Anas Carta della periodizzazione Perugia: Selezione edifici prima del 1954 Carta della periodizzazione Perugia: Selezione edifici prima del 1977 Carta della periodizzazione Perugia: Selezione edifici prima 1997 Carta della periodizzazione Perugia: Selezione edifici dopo il 1997 Carta della periodizzazione altri comuni: Selezione edifici prima del 1954 Carta della periodizzazione altri comuni: Selezione edifici prima 1977 Carta della periodizzazione altri comuni: Selezione edifici prima del 1997 Carta della periodizzazione altri comuni: Selezione edifici dopo il 1997 Carta della periodizzazione totale Costruzione tabella dati Istat popolazione Carta densità popolazione Costruzione tabella dati Istat pendolarismo Carte pendolarismo Carta Punti di interesse Carta uso del suolo Carta collegamenti Individuazione Spazi interclusi Perugia Classificazione e perimetro spazi intercludi Individuazione Spazi interclusi altri comuni Definizione matrice e individuazione intorno oltre l’area Schede aree Strategie progettuali Progetto Mercato
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Gennaio
Febbraio
Marzo
Periodizzazione dell’edificato del comune di Perugia
tavola 1 Perugia
Località Perugia
progetto Paola Ines Diaz Montalvo
Prof. Iacopo Zetti Prof. Fabrizio Arrigoni Prof. Maddalena Rossi
Laurea Magistrale a ciclo unico in Architettura Anno accademico 2015-2016
Università degli studi di Firenze DIDA | Scuola di Architettura
Studio e progetto degli spazi interclusi nel comune di Perugia
la vocazione del vuoto
Infrastrutture
Strada regionale
Pendolarismo residenti nell’intero Paese
Arrivi a Perugia
Partenze da Perugia
Popolazione residente
Edificato tra il 1977 e il 1997
Edificato prima del 1954
Popolazione residenti
Popolazione Perugia Raccordo autostradale
Pendolarismo residenti nella Regione
Arrivi a Perugia
Partenze da Perugia
Edificato dopo il 1997
Edificato tra il 1954 e il 1977
tavola 2 Le aree ‘Assenti’
Località Perugia
progetto Paola Ines Diaz Montalvo
Prof. Iacopo Zetti Prof. Fabrizio Arrigoni Prof. Maddalena Rossi
Laurea Magistrale a ciclo unico in Architettura Anno accademico 2015-2016
Università degli studi di Firenze DIDA | Scuola di Architettura
51
2
15
Molto forte
Matrice delle relazioni
P
2
Studio e progetto degli spazi interclusi nel comune di Perugia
9
Forte
la vocazione del vuoto
27
Debole
I
57
49
24
1
11
11
9
12
4
47
26
9
52
47
7
1
14
51
26
20
2
18
E
Spazi ‘Assenti’
Negli altri comuni
Controllo
Resistenza
Progetto
Sospensione
Movimento
Abbandono
Residuo
Matrice punti d’interesse
Matrice densità abitativa
Matrice struttura urbana
tavola 3 Analisi
Località Perugia
progetto Paola Ines Diaz Montalvo
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la vocazione del vuoto
Ponte S. Giovanni
Perugia
Inquadramento
Piccolo commercio
Poliambulatorio
Supermercati
Agricolo
Attrezzato per lo sport
Giardino
Parco
Sistema del verde
Sociale
Scuole
Uffici al pubblico
Servizi Pubblici
Servizi
Collegamento spontaneo
Percorso Pedonale
Percorso Ciclopedonale
Ferrovia
Mobilità Lenta
Parcheggi
Viabilità secondaria
Viabilità principale
Raccordo Autostradale
Ferrovia
Mobilità Carrabile
Collegamenti
Nuovo _ Nuovi percorsi per la mobilità lenta ad integrazione di quelli esistenti; _ Percorsi pedonali di attraversamento tra le strade principali ed i nuovi lotti; _ Nuovo percorso ciclopedonale lungo fiume; _ Per il deflusso del traffico, in previsione della realizzazione del mercato, si ipotizza l’apertura di due varchi stradali; M1_ Parcheggi a raso a servizio degli edifici da completare e del mercato.
Nuovo _ Filare di alberi lungo i percorsi pedonali; V1.1_ Orti sociali in vicinanza del mercato e del fiume con un disegno regolare; V1.2_ Parco pubblico, a nord del mercato, con un disegno che riprende il naturale movimento del terreno; V1.3_ Piccola area ‘boschiva’ utile per il filtraggio e contenimento delle acqua di esondazione; V2_ Parco lineare, come filtro e separazione tra la ferrovia ed il complesso di residenze da completare; V3_ Per riqualificare e migliorare lo spazio fra i fabbricati si realizzano piccole piazze con presenza di verde alternato ad arredi; V4_ Piccola area verde su cui realizzare un giardino che colleghi la struttura commerciale al parcheggio. Lo scavo di sbancamento presente, ma incompiuto, viene sfruttato per la raccolta dell’acqua piovana al fine di evitare allagamenti stradali.
•
•
Mobilità Per migliorare il collegamento di vari servizi si opereranno piccoli accorgimenti: _ Previsione di un, eventuale, riutilizzo delle aree di sosta; _ Cambiamento delle caratteristiche estetico-percettive; _ Intensificazione della pedonalità per il collegamento di vari servizi e Per promuovere la socializzazione.
Verde _ Intensificare il sistema verde come mezzo di riordino e collegamento; _ Realizzare aree verdi a completamento ed incremento della multifunzionalità; _ Sfruttare il sistema di verde come soluzione a problematiche ambientali; _ Tenere in considerazione le attuali condizioni, della qualità, dei pregi delle essenze di Verde; _ Favorire la crescita naturale di essenze locali affinché diventino un pregio a sé stante.
Nuovo I1_ Nuovo mercato, sostituisce quello che occasionalmente sorge nel parcheggio M2, il disegno semplice favorisce la separazione fra le aree verdi in direzione nord-sud ed il collegamento fra la strada ed il fiume in direzione est-ovest.
•
V5
1
Insediamento _ Per evitare un’eccessiva saturazione del suolo, si limita la realizzazione di nuove opere all’essenziale; _ Puntare al riuso dell’esistente mediante la rigenerazione degli elementi disponibili; _ Garantire la flessibilità sia degli elementi nuovi che di quelli modificati per eventuali cambiamenti futuri.
V1.3
V1.1
V1.2
I3
M4 V7
strategie di dettaglio
I1
M5
1
strategie generali
scala 1:10 000
alberature esistenti integrate nel nuovo progetto
Nuove alberature
Parcheggi
Area da riconvertire e ottimizzare
Nuovo edificio
Verde esistente
Verde da trasformare
Nuovi percorsi di attraversamento
Percorsi esistenti
Nuovi percorsi
tavola 3 Strategie Oltre l’area
Località Perugia
progetto Paola Ines Diaz Montalvo
Prof. Iacopo Zetti Prof. Fabrizio Arrigoni Prof. Maddalena Rossi
Laurea Magistrale a ciclo unico in Architettura Anno accademico 2015-2016
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Studio e progetto degli spazi interclusi nel comune di Perugia
la vocazione del vuoto
I2
2
M4
V10
I2
V4
1 V8
M7
1
2
1
M1
•
V9_ Piccolo parco e giardino all’inizio del percorso ciclopedonale lungo fiume, rappresenta l’unica presenza di verde nella zona industriale.
V8_ Area di verde che costeggia il raccordo autostradale, viene parzialmente riconvertita in un giardino per accompagnare il nuovo percorso ciclopedonale.
V7_ Isola di traffico, diventa una piccola area verde di pertinenza degli esercizi commerciali.
V6_ Aggiunta di elementi di arredo urbano riciclati, quali tavoli e sedie, che possono essere spostati dall’utente, all’attuale prato il cui uso spontaneo rimane invariato;
V5_ Nei raccordi stradali, nelle isole di traffico si segue l’idea dell’incolto, quindi lasciando che esso viva senza alcun intervento umano ( “terzo paesaggio”, G. Clement);
Modificato
M5_ Risistemazione del parcheggio in prossimità del mercato e sostituzione delle strutture metalliche ombreggianti per favore una crescita naturale attraverso piante rampicanti.
M4_ Uso di diversi inerti nel calcestruzzo, cambio del senso di marcia, intensificazione delle alberature;
M3_ Uso di diversi inerti nel calcestruzzo ed inserimento di essenze arbore che dal piano interrato risalgono fino all’esterno;
M2_ Uso di diversi inerti nel calcestruzzo per ottenere un cambio di cromia;
Modificato
M1
V7
M8
1
1
1
•
V3
V6
M2
Modificato I2,I3_ Completamento degli edifici sospesi I4_ Ristrutturazione vecchio casolare con cambio destinazione per ospitare piccoli eventi e festività che ogni anno hanno luogo nel ponte vecchio I5_ Il centro sociale viene mantenuto, ma si attuano interventi manutentivi, si eliminano le recinzioni affinché possa dialogare con il nuovo parco I6_ Vecchio edificio oggi allo stato di rudere, viene soltanto messo in sicurezza e lasciato nelle sue condizioni diventa memoria e traccia dell’abbandono nel tempo.
V3
I3
V2
V11
1
2
•
2 2 3
1
M3
1
•
•
I1
M5
I5
I6
2V9
1
2
I4
M2
1
V9, V10_ Aree verdi lasciate nelle loro attuali condizioni, a prato, per un eventuale sviluppo futuro.
Inalterato
M6, M7, M8_ Aree di sosta con presenza di verde adeguata e sufficiente.
Inalterato
V5
V1
1
2
M6
Arbusti
Alberi
Bellis perennis
Lythrum salicaria
Rosmarinus officinalis
Lavandula angustifolia
Phyllirea angustifolia
Populus nigra
Acer saccharinum
Populus alba bolleana
Acer palmatum
Quercius ilex
Gli interventi
Masterplan Scala 1:5000
tavola 4 Masterplan
Località Perugia
progetto Paola Ines Diaz Montalvo
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Studio e progetto degli spazi interclusi nel comune di Perugia
la vocazione del vuoto
il parco lineare
il riuso e il completamento
il percorso lungo fiume
i giardini in ‘movimento’
il prato riciclato
la sezione stradale e raccolta acqua piovana
il nuovo complesso
il prato riciclato
il parcheggio
il nuovo Mercato
il giardino in ‘movimento’
gli orti sociali
il Parco pubblico
Pianta 1:500
Planivolumetrico 1:1000
tavola 5 Progetto Mercato
LocalitĂ Perugia
progetto Paola Ines Diaz Montalvo
Prof. Iacopo Zetti Prof. Fabrizio Arrigoni Prof. Maddalena Rossi
Laurea Magistrale a ciclo unico in Architettura Anno accademico 2015-2016
UniversitĂ degli studi di Firenze DIDA | Scuola di Architettura
Studio e progetto degli spazi interclusi nel comune di Perugia
la vocazione del vuoto
Sezione 1:500
Prospetto Ovest 1:500
Prospetto Sud 1:500
Prospetto Nord 1:500
tavola 6 Vista sul porticato
LocalitĂ Perugia
progetto Paola Ines Diaz Montalvo
Prof. Iacopo Zetti Prof. Fabrizio Arrigoni Prof. Maddalena Rossi
Laurea Magistrale a ciclo unico in Architettura Anno accademico 2015-2016
UniversitĂ degli studi di Firenze DIDA | Scuola di Architettura
Studio e progetto degli spazi interclusi nel comune di Perugia
la vocazione del vuoto
tavola 7 Vista interna
LocalitĂ Perugia
progetto Paola Ines Diaz Montalvo
Prof. Iacopo Zetti Prof. Fabrizio Arrigoni Prof. Maddalena Rossi
Laurea Magistrale a ciclo unico in Architettura Anno accademico 2015-2016
UniversitĂ degli studi di Firenze DIDA | Scuola di Architettura
Studio e progetto degli spazi interclusi nel comune di Perugia
la vocazione del vuoto
Scala 1:2000
Fiume in esondazione, cassa di espansione Fiume completamente in esondazione
Fiume in piena
Fiume nel periodo di magra
Normale argine del fiume
Fiume in esondazione
Movimenti del fiume in piena
Direzione della corrente
tavola 9 Sistema dell’acqua
Località Perugia
progetto Paola Ines Diaz Montalvo
Prof. Iacopo Zetti Prof. Fabrizio Arrigoni Prof. Maddalena Rossi
Laurea Magistrale a ciclo unico in Architettura Anno accademico 2015-2016
Università degli studi di Firenze DIDA | Scuola di Architettura
Studio e progetto degli spazi interclusi nel comune di Perugia
la vocazione del vuoto
Cassa di espansione
Nuovi punti d’interesse
Tempo di percorrenza 5 min-300m
Punti d’interesse comunali
Centralità secondaria
Centralità principale
RINGRAZIAMENTI
Alla mia famiglia, la mia forza, per la loro costante presenza e mai mancano supporto: A mia sorella e amica, per la sua compagnia e perché mi ha regalato il sorriso; A mia madre, per avermi mostrato la bontà e la perseveranza; A mio padre, per le sue parole e per avermi sempre spronata a pensare; Al prof. Iacopo Zetti, per la sua pazienza e per avermi mostrato un nuovo ‘mondo’; Al prof. Fabrizio Arrigoni, per la disponibilità e la passione; Alla prof.ssa Maddalena Rossi, per gli utili consigli; Alle compagne universitarie ma soprattutto amiche, per ogni ricordo condiviso: A Sara Delle Macchie, per ogni abbraccio e per aver capito non solo le mie parole ma anche i miei silenzi; A Laura Consiglio, per tutti questi anni e per la familiarità che ritrovo in te; A tutti i miei amici, vicini e lontani, presenti o meno; A tutti coloro che anche solo con una parola hanno contribuito a formare il mio pensiero.