Corriere luglio-agosto 2017

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CORRIERE ORTOFRUTTICOLO

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PROTAGONISTI ERNESTO FORNARI Per lui il bio è diventato l’avventura di una vita PAG.21 L’EVENTO • PAG. 25 THE ROME TABLE Dal 7 all’8 novembre a Roma la prima edizione di un grande B2B internazionale per l’ortofrutta

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ANNO XXXI

NUOVA SERIE

LUGLIO-AGOSTO 2017

DRUPACEE • PAG. 17 L’ESTATE NERA La crisi di pesche e nettarine è ormai strutturale. La ricetta per uscirne viene dalla Spagna

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Ecco i Trump di casa nostra ✍ Lorenzo

Siano benedetti lo Ius Soli o anche le polemiche sui vitalizi, le eterne lotte fratricide “a sinistra del Pd” o le immagini di siccità e incendi. Cioè tutti quegli argomenti che verso la fine di luglio hanno tolto spazio e audience all’incredibile (e surreale) polemica sul CETA, il trattato di libero scambio col Canada sottoscritto dalla UE e che deve essere ratificato dai vari Parlamenti nazionali. Invece di essere contenti che la UE abbia finalmente battuto un colpo sul fronte degli accordi internazionali, rendendo più agevole l’export su un grande mercato come quello canadese, un gruppo di sigle è sceso in piazza proprio per contestare l’accordo. Prendete nota. Si tratta di Coldiretti, Cgil, Arci, Adusbef, Acli Terra, Fair Watch, Movimento Consumatori, Legambiente, Greenpeace, Slow Food International, Federconsumatori. E’ chiaro che l’operazione è nata in casa Coldiretti e Cgil, gli altri sono andati a ruota. L’accusa è di non tutelare abbastanza il made in Italy nonostante questo accordo sia stato unanimemente giudicato un esempio di quello che dovrebbero essere questi trattati: equilibrati, in grado di tutelare reciprocamente le parti, più protettivi verso le nostre eccellenze DOP e IGP, in grado di offrire nuove opportunità alle imprese: in sostanza i vantaggi dei mercati aperti, anziché dei mercati chiusi. Ecco il punto è questo. Non è stata “l’alleanza trasversale per difendere il made in Italy”, come ha detto dal palco il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, ma la scesa in campo degli anti-global di casa nostra, la rappresentazione plastica del neoprotezionismo in salsa italiana. Che su questa barca ci siano Cgil, Greenpeace e varie sigle dell’associazionismo dei sedicenti consumatori, notoriamente non troppo sensibili agli interessi delle imprese, passi. Ma che a guidare la variopinta schiera degli anti-global ci sia la Coldiretti, ossia il primo sindacato dell’agricoltura italiana, la dice lunga sullo stato confusionale del nostro settore primario. L’episodio ha sancito l’ennesima frattura con la restante parte del nostro mondo agricolo. E non a caso Agrinsieme, cioè Alleanza cooperative agroalimentari, Confagricoltura, Copagri (2/3 delle aziende agricole del Paese, il 60% del valore della produzione agricola e più del 30% del valore dell’agroalimentare italiano), per bocca del presidente Giorgio Mercuri ha subito preso le distanze dall’iniziativa di Coldiretti-Cgil. “Il CETA – ha detto Mercuri - spalanca reali e interessanti opportunità commerciali alle aziende italiane che operano nell’agroalimentare e consente a migliaia di produttori di latte, vino, ortofrutta, olio ed altre eccellenze di riuscire, attraverso cooperative e strutture aggregate, a creare un importante valore aggiunto alFrassoldati

Luglio-agosto 2017

le loro produzioni proprio grazie alle vendite sul mercato canadese”. Ora se Trump dice ‘America first’ e lancia proclami neo-protezionistici tutti a scandalizzarsi, con i sedicenti liberali di casa nostra che fanno finta di indignarsi. Se invece i no-global di casa nostra scendono in piazza urlando ‘Italia first’, la cosa appare normale. Quello che i nemici del libero mercato non dicono fino in fondo è che loro sono orfani dell’Europa delle quote produttive e delle sovvenzioni, dei prezzi garantiti, delle eccedenze smaltite a carico dei contribuenti. Dell’Europa che garantiva sostegno a tutti (con la PAC che valeva il 70% del bilancio comunitario), con dazi all’entrata e sovvenzioni all’export. Dell’agricoltura assistita che, in quanto tale, non era stimolata ad organizzarsi, a confrontarsi col resto del mondo. Adesso che il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare. E noi ci rifugiamo dietro un comodo alibi: ‘Italia first’. Intendiamoci, con questo non voglio dire che non si deve tutelare e difendere fino in fondo il made in Italy, che lo si deve svendere e abbandonare all’agropirateria internazionale. Però il CETA introduce protezioni alle denominazioni geografiche e garanzie laddove non ce n’erano. Persino il timido ministro Martina ha osato smarcarsi dalla Coldiretti ricordando che il CETA è “un buon punto di partenza”. Io non so dire adesso se il CETA è un accordo buono o cattivo. Fra un anno potremo valutare i suoi effetti con l’aumento o meno delle esportazioni dei nostri prodotti. Ma dichiarare guerra per partito preso significa solo fare facile populismo. Con l’aria di battaglia elettorale che circola, forse il percorso della ratifica del CETA da parte dell’Italia sarà accidentato. C’è da temere l’ennesima battaglia a colpi di slogan populisti in Parlamento, sulle piazze e nei talk show televisivi. Trump ha fatto scuola: lui ha affossato il TTIP, noi forse affosseremo il CETA. I noglobal, i no-liberal forse l’avranno vinta, tanto qui chi ragiona più? La difesa del made in Italy agitata come una bandiera diventa un alibi per coprire le nostre inefficienze, la nostra incapacità di organizzarci, il nostro eterno frazionismo, la nostra perdurante mancanza di competitività. Abbasso il CETA allora… e benvenute le catene tedesche e francesi che si insediano nel nostro Paese. Ci penseranno loro valorizzare il made in Italy. Ci spiegheranno loro come si fa. E i noglobal di casa nostra staranno buoni e tranquilli.

EDITORIALE

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PUNTASPILLI COCCOBELLO “Cocco bello, ananas”, strilla l’uomo in spiaggia proponendo frutta di incerta provenienza a 5 euro al pezzo. Chissà se per lui valgono gli studi di settore? *

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THE FIRST ITALIAN MONTHLY ON FRUIT AND VEGETABLE MARKET |ANNO XXXI Nuova serie Luglio-agosto 2017

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Direttore responsabile: Lorenzo Frassoldati Redazione: Emanuele Zanini Hanno collaborato: Chiara Brandi, Duccio Caccioni, Mariangela Latella Sede operativa via Fiordiligi, 6 37135 Verona Tel. 045.8352317-Fax 045.8307646 e-mail: redazione@corriereortofrutticolo.it Editore Gemma Editco Srl Coordinatore editoriale Antonio Felice Comitato di indirizzo Lucio Bussi, Antonio Felice, Lorenzo Frassoldati, Corrado Giacomini, Claudio Scalise (coordinatore), Luciano Trentini Sede legale e amministrativa: via Fiordiligi, 6 37135 Verona E-mail: redazione@corriereortofrutticolo.it P.IVA 01963490238 Fotocomposizione e stampa: Eurostampa Srl - via Einstein, 9/C 37100 Verona Autorizzazione Tribunale di Verona n. 176 del 12-1-1965 Spedizione in abb. postale comma 26, art. 2, legge 549/95 La rivista viene distribuita in abbonamento postale c/c n. 11905379 Abbonamento annuo: 70 euro per due anni: 100 euro abbonamenti@corriereortofrutticolo.it Chiusura in redazione il 02.08.2017

Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

Profilo: Corriere Ortofrutticolo si è affermato come rivista “di filiera” del settore ortofrutticolo italiano. La rivista collega chi produce, chi commercializza e chi vende al pubblico, oltre ai settori connessi (dai macchinari ai trasporti). La diffusione è capillare in Italia, dove si è allargata alla grande distribuzione alimentare e al dettaglio.

Diffusione: 6.000 copie. Ripartizione del mailing: Dettaglianti 23%, Produttori 22%, Grossisti 19%, Distributori 12%, Import-export 6,5%, Servizi 5%, Tecnologie e Trasformati 2,5%, Altri 10%

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A Roma in novembre il B2B internazionale dell’ortofrutta

RUBRICHE EDITORIALE Ecco i Trump di casa nostra

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NOTIZIARIO

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Copertina - Protagonisti ERNESTO FORNARI Fuori dalla riserva indiana

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The Rome Table. L’evento che mancava

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DISTRIBUZIONE I francesi che fanno paura

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Sono Orsero al 100% Galandi e Hermanos Fernandez Lopez

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Crisi Dico TuoDì, difficile intravvedere una via d’uscita

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Nel Ragusano è fuga dalle serre di pomodoro

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In Germania il settore cresce con Aldi e Lidl

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Essere specialisti del discount non è una cosa semplice

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Eataly frena aspettando FICO ma intanto cresce all’estero

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LOGISTICA Torna la Via della Seta

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La volontà cinese di rilanciare la Silk Road coinvolge il Mediterraneo e l’Italia

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I porti fanno sistema C’è la Conferenza

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ATTUALITÀ Primo Piano L’estate nera delle drupacee La ricetta che non c’è

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Primo Piano L’estate nera delle drupacee L’appello del Tavolo romagnolo suona come una marcia funebre per il settore pesche

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ESTERO Asia Fruit Logistica. Ressa a Hong Kong

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Mondo flash

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SCHEDE PRODOTTO

PATATA

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MELA

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Cala l’export nel 1° quadrimestre ed è eguagliato dall'import Fruitimprese ha aggiornato a metà luglio i dati sull’import-export ortofrutticolo italiano nei primi 4 mesi del 2017. E’ di circa 339 milioni di euro il saldo positivo registrato a fine aprile, con un incremento del 29% rispetto al primo quadrimestre dello scorso anno. Andamento diametralmente opposto tra export ed import. Per quanto riguarda le esportazioni si registra un calo dei volumi del 9,3% ed un incremento in valore del 2,5%; viceversa crescono i volumi importati del 5,1% ma cala il loro valore (-2,7%). In termini assoluti nel periodo in esame l’Italia ha esportato circa 1,31 milioni di tonnellate di prodotti per un valore di 1,63 miliardi di euro. In calo i flussi di ortaggi (14%), agrumi (-22,2%) e frutta fresca (-4%) mentre per la frutta secca vi è stato un leggero aumento (0,8%). In valore segno positivo per ortaggi (7,4%) e frutta fresca (4,8%) e segno negativo per agrumi (-13,7%) e frutta secca (14,7%). Nel periodo gennaioaprile l’Italia ha importato circa 1,31 milioni di tonnellate di prodotti per un valore di 1,29 miliardi di euro. Tra i singoli comparti incremento in volume degli agrumi (63,9%), della frutta fresca (0,3%), frutta secca (1,8%) e frutta tropicale (2,9%); in calo gli ortaggi (-2,9%). In valore segno negativo per frutta tropicale (-

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24,5%) e frutta secca (-19,5); positivo per frutta fresca (8,2%), ortaggi (16,6%) ed agrumi (52,8%). Il calo dei volumi dell’export cui corrisponde un rialzo delle quotazioni è il tipico risultato di un andamento climatico sfavorevole. Ma Fruitimprese non ha fornito un’interpretazione dei dati.

mentare di Milano rappresenta da oltre 20 anni tema di dibattiti e proposte mai approdate a una soluzione definitiva. La stipula dei due protocolli di intesa è un segnale importante per il concreto avvio di un progetto di riqualificazione. Fausto Vasta, presidente di AGO,

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SogeMi-grossisti: accordo sul nuovo Ortomercato di Milano SogeMi, Società di Gestione del Mercato Agroalimentare di Milano e AGO, Associazione Grossisti Ortofrutticoli, hanno firmato il 25 luglio un protocollo di intesa per la realizzazione del nuovo Mercato Ortofrutticolo di Milano. Nello stesso giorno SogeMi ha firmato un protocollo dello stesso contenuto con ACMO, l’Associazione Commercianti del Mercato Ortofrutticolo di Milano. SogeMi e AGO e separatamente SogeMi e ACMO hanno condiviso i risultati dello studio di fattibilità e i contenuti di una proposta congiunta che verrà sottoposta all’Amministrazione Comunale in tempi brevi. “Si tratta di un accordo molto importante – dichiarano Stefano Zani, direttore generale e Cesare Ferrero, presidente di SogeMi – che evidenzia la condivisa volontà di garantire solide prospettive di crescita al Mercato Agroalimentare di Milano e la comunione di intenti tra ente gestore e grossisti”. Lo sviluppo del Mercato Agroali-

commenta: "Il protocollo del 25 luglio è un passo concreto per rinnovare una struttura ormai obsoleta e incapace di soddisfare le esigenze degli operatori. Siamo convinti che con una nuova infrastruttura moderna, pur con costi certamente superiori, e con una collaborazione costruttiva con SogeMi sarà possibile rilanciare l’Ortomercato, dare un futuro alle aziende e a tutto il comparto agroalimentare. Dobbiamo rispettare il crono-programma concordato, perché la struttura di via Lombroso oramai non regge più". Lucio Rebuffini, presidente di ACMO, la nuova Associazione commercianti del Mercato Ortofrutticolo, commenta da parte sua: "Questo consentirà agli operatori di contare su una struttura moderna e tecnologicamente avanzata, capace di offrire prodotti migliori e servizi innovativi

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alla città di Milano". Quanto avvenuto a Milano era una tappa attesa da numerose realtà, di diverse regioni, del settore ortofrutticolo italiano.

che oggi è a Roma con l’incarico di amministratore delegato di EUR SpA. Corrado Peraboni dovrebbe invece restare in Fiera Milano con altro incarico.

Fabrizio Curci amministratore delegato di Fiera Milano

Bompard succede a Passat ai vertici di Carrefour

Dall’1 settembre prossimo Fabrizio Curci (nella foto) sarà il nuovo amministratore delegato e direttore generale di Fiera Milano. La nomina, nell’aria da giugno, è stata ufficializzata dall’assemblea degli azionisti. Curci viene a occupare il posto lasciato libero lo scorso gennaio da Corrado Peraboni, decaduto dall’incarico dopo le dimissioni di massa del prece-

Alexandre Bompard (nella foto), già direttore generale, è stato nominato presidente del consiglio di amministrazione e Ceo di Carrefour. Il cambio ai vertici del colosso della distribuzione francese è legato alle dimissioni, presentate a metà luglio, da Georges Plassat, che ha deciso di lasciare per raggiunti limiti di età. Il Cda di Carrefour, nel corso del passaggio

dente Cda della Fiera in seguito al parziale commissariamento della società. Dal 2007 Curci era in FCA (Fiat Chrysler Automobiles) in qualità di responsabile del brand Alfa Romeo per l’area Europa, Medio Oriente e Africa. Dal 2015 è il secondo cambio di ad in Fiera Milano. In quell’anno l’amministratore era Enrico Pazzali,

delle consegne, ha ringraziato Passat per il lavoro svolto nel corso degli ultimi cinque anni alla guida del gruppo. Lo stesso Plassat ha formulato i suoi migliori auguri di successo di Alexandre Bompard nel suo nuovo ruolo. Carrefour sta adottando misure di rilancio dei reparti ortofrutta in particolare in Italia.

Distretto Agrumi di Sicilia: è tempo di valorizzare il trasformato

N NOTIZIARIO

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La prossima campagna agrumicola è alle porte. Il Distretto Agrumi di Sicilia ritiene urgenti interventi legislativi di valorizzazione del prodotto trasformato prima dell’avvio della campagna. Federica Argentati, presidente del Distretto Agrumi di Sicilia, sottolinea: “Dobbiamo occuparci della trasformazione industriale non come semplice canale di sbocco delle produzioni in eccesso, ma quale veicolo di commercializzazione di una quota di prodotto di qualità. Uno specifico servizio di trasformazione può, in un mercato globale, dare al consumatore la possibilità di trovare sul mercato prodotto siciliano in succhi e spremute fresche con una chiara origine di provenienza, con indubbio vantaggio per la produzione e per i consumatori stessi”. Il Distretto Agrumi di Sicilia pone la questione (non nuova) in piena estate per non arrivare ‘scoperti’ all’avvio della campagna agrumicola. Se, infatti, il territorio siciliano non riesce a dare valore aggiunto, attraverso la chiara identificazione delle proprie produzioni agrumicole sia fresche sia trasformate con una strategia di valorizzazione territoriale e di in-

« la qualità duratura » Installazione flessibile di

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Flessibilità Freschezza e sicurezza Conservazione strategica

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Calabria: serve un nuovo sistema irriguo per le clementine novazione scientifica ed organizzativa “sarà praticamente impossibile competere sui mercati internazionali se non con una politica di prezzi che può essere, date le attuali condizioni di costi sulla filiera e l’elevata competizione globale, solo al ribasso. Quindi perdente”, afferma Argentati. Le proposte del Distretto sono le seguenti: 1) Monitorare la produzione siciliana con dati certi, relativi a specie e varietà, anche sulle quantità destinate alla trasformazione; 2) Incentivare e sostenere accordi di filiera tra produzione e trasformazione che possano fare riferimento ad un ‘accordo quadro di strategia complessiva’ approvato a livello regionale; 3) Prevedere l’indicazione in etichetta del Paese di coltivazione degli agrumi e del Paese di trasformazione o rilavorazione degli stessi; 4) Valorizzare la produzione e diffondere corretti comportamenti alimentari da parte della Regione e dello Stato, incentivare il consumo dei prodotti trasformati creando un importante canale alternativo di sbocco con palesi effetti positivi per l’economia del comparto agrumicolo e, va da sé, per la salute di chi quotidianamente frequenta strutture pubbliche, massimamente idonee a incentivare il trend salutista in atto nell’alimentazione mondiale.

Da Oranfrizer la spremuta di arancia rossa in monodose Per Oranfrizer Juice, spinn-off del Gruppo Oranfrizer specializzata nel settore delle spremute

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fresche 100% naturali (e non da concentrato), è cominciata una nuova avventura: con la stagione estiva 2017 sono arrivate in GDO le spremute in bottiglia. Si tratta di confezioni di spremuta monodose disponibili direttamente nei frigo del reparto ortofrutta. I succhi naturali e la frutta fresca convivono nello stesso spazio perché - assicurano a Oranfrizer - bere le spremute di Oranfrizer Juice equivale al consumo di frutta, allo stato puro, al 100%. Con questa linea Oranfrizer Juice è la prima volta che confeziona il succo puro dell’Arancia Rossa di Sicilia IGP in un formato monodose. L’innovazione sta nel fatto che la spremuta diventa portatile e facile da consumare. "In questa nuova linea di spremute in bottiglia abbiamo scelto di inserire in formato monodose il succo dei nostri migliori frutti, come le arance rosse raccolte nelle zone di produzione ad Identificazione Geografica Protetta. Non spremiamo frutta qualsiasi, non trasformiamo scarti, ma frutta di altissima qualità - spiega Nello Alba, amministratore unico di Oranfrizer Juice -. Scegliamo le migliori zone di coltivazione IGP, conosciamo e dichiariamo l’origine di tutti i frutti che spremiamo, tutti italiani, li raccogliamo a mano e li valorizziamo, uno per uno. Entriamo nei punti vendita e invitiamo i consumatori a bere frutta vera. E’ una risorsa per la loro alimentazione quotidiana e per quella dei loro figli. Gli consigliamo di leggere l’etichetta per riconoscere il valore di ogni prodotto. Sulle nostre spremute troveranno in evidenza la naturalità, la provenienza e le proprietà nutrizionali".

Mentre la Regione Calabria ha avviato l’iter per chiedere al governo la dichiarazione dello stato di calamità naturale per danni dovuti alla siccità – circa 300 milioni di euro – il Consorzio delle Clementine IGP di Calabria sottolinea un aspetto che va oltre l’emergenza di questi giorni: “I danni della straordinaria siccità di quest’anno si ripercuoteranno non solo sulle produzioni 2017-18 ma anche su quelle delle annate successive. Emerge oggi quanto siano indispensabili per l’agricoltura calabrese e per noi in particolare opere di ammodernamento del sistema irriguo”. Secondo lo Standardized Precipitation Index (SPI) – l’indice climatologico internazionale comunemente usato per la quantificazione delle precipitazioni – la siccità colpisce principalmente le aree maggiormente vocate alla coltivazione dell’eccellenza agrumicola calabrese rappresentata dalle clementine. Un indice SPI con valori inferiori a -2, cioè di estrema siccità, riguarda infatti a 3, 6 e 12 mesi buona parte del Cosentino e del versante Tirrenico reggino. “La carenza di acqua – spiega Giorgio Salimbeni, presidente del Consorzio di Tutela delle Clementine IGP di Calabria – oltre ai problemi sulla produzione in corso, che avrebbe bisogno di una quota costante di pioggia di circa 5 millimetri per ettaro, provoca anche uno stress sulla pianta che si rifletterà inevitabilmente sulle campagne e sulle fioriture successive. Se il clima non migliora, i danni potrebbero essere ingenti in considerazione soprattutto del fatto che adesso le piante sono nella fase di maturazione del frutto, maggiormente legata all’apporto di acqua”. Luglio-agosto 2017


Il cambio climatico ha determinato un incremento del fabbisogno idrico. Oggi le Clementine di Calabria vengono irrigate in un lasso di tempo più esteso (da luglio fino all’autunno) rispetto a quanto si faceva fino a circa 15 anni fa quando si irrigava nei soli mesi di luglio e agosto colpiti dalla canicola estiva mentre per i periodi successivi intervenivano le tradizionali piogge estive ed autunnali. Ad aggravare la situazione c’è il fatto che, di fronte all’incremento di fabbisogno idrico, le fonti naturali stanno subendo un progressivo depauperamento con bacini al di sotto del 70% della loro capacità (circa 898 milioni di metri cubi d’acqua) secondo i dati della Regione. Sono in forte sofferenza tutti i 25 bacini idrici della Calabria la cui gestione è ripartita tra Consorzi di bonifica, Enel e Sorical. Registrano livelli preoccupanti i grandi laghi silani di Ampollino e Cecina oltre che, sul fronte Cosentino, anche l’invaso dell’argine destro del Crati, il principale fiume calabrese. “Le scarse precipitazioni invernali – sottolinea Salimbeni – hanno impoverito le risorse idriche normalmente trattenute dal terreno che fa da serbatoio naturale. Sono più poveri anche i pozzi. Non sono pochi gli imprenditori che hanno iniziato a mettere mano ai propri pozzi per scavarli più in profondità. Se oggi venisse di-

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chiarato lo stato di calamità le misure previste non permetterebbero di ripagare i produttori delle perdite subìte ma solo di avere agevolazioni come ad esempio lo slittamento del pagamento dei contributi. Qui servono, invece, importanti opere strutturali sul fronte idro-geologico che portino all’ammodernamento dell’intero sistema irriguo”. Le opere irrigue tradizionali si basano su sistemi di irrigazione a scorrimento o per aspersione. Tecniche che hanno dimostrato un’efficienza del 50% circa mentre quelli più moderni, cosiddetti a micro-portata, che fino ad ora vengono utilizzati solo su iniziativa privata, hanno dimostrato di essere efficaci contro gli sprechi dal 95 al 100%.

di organizzare la produzione e concentrare l’offerta, grazie al sostegno della CIA di Avellino e della cooperativa Tonda di Giffoni. Nel corso dell’incontro di Avellino sono stati messi a punto alcuni interventi - a partire dall’ottenimento del marchio europeo per la nocciola irpina - per il rilancio della produzione, la sua valorizzazione, l’aumento del reddito dei produttori. All’incontro erano presenti autorità provinciali e regionali. Il presidente della nuova cooperativa è Carlo Mazza.

Intesa ad Avellino per il rilancio della nocciola in Irpinia

Il nuovo assessore al commercio di Genova, Paola Bordilli, ha visitato a fine luglio il Centro logistico-alimentare di Genova-Bolzaneto per fare il punto con i vertici di Società Gestione Mercato (SGM) sui progetti di sviluppo per le imprese che operano nella struttura. “Oggi abbiamo un Centro agroalimentare logistico in grado di competere sui mercati nazionali e internazionali – le ha spiegato il presidente di SGM, Stefano Franciolini -. E’ fondamentale l’azione di supporto da parte delle istituzioni per poter sostenere questa attività che coinvolge i settori tradizionali dell’ortofrutta ma punta oggi anche sul-

Summit ad Avellino sulle linee guida per lo sviluppo della nocciola dopo la costituzione di una cooperativa per la promozione e la tutela della Nocciola Irpina. E’ un dato molto significativo per il rilancio di questo prodotto che fa parte della tradizione di una zona estremamente vocata per questa produzione. La cooperativa si chiama proprio Nocciola Irpina ed è nata, con il preciso compito

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Comune di Genova vuole promuovere lo sviluppo del Mercato

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Il Pepero one Dolcce Italiano o

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VALOR A RE NEL PDV FEDEL TÀ PROMOZIONI


Produzione Apofruit a 329 milioni di valore, attivo di 245 milioni, 280 mila tons conferite Numeri in crescita per Apofruit. L’annata 2016, il cui resoconto è stato presentato all’assemblea dei soci che ha proceduto anche al rinnovo delle cariche sociali, si chiude infatti con un attivo totale pari a 245 milioni di euro, un patrimonio netto di oltre 100 milioni di euro, un valore della produzione che si attesta sui 329 milioni di euro e un risultato netto pari ad 1 milione 231 mila euro. Ma ciò che rende significativa la crescita del gruppo cesenate è che rispetto al 2015, il prodotto conferito dagli oltre 3.200 soci produttori sparsi nelle zone ortofrutticole più vocate d’Italia, ha segnato un balzo in avanti del 37%. Una crescita che porta il totale del volume conferito ad oltre 280 mila tonnellate. Ciò ha significato anche un aumento del 56% del valore economico della liquidazione ai soci, che si attesta così su 129 milioni di euro. “Queste cifre – conferma il presidente Mirco Zanotti – sono anche il prodotto della politica di aggregazione iniziata qualche

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tempo fa unitamente ai processi di miglioramento dell’efficienza, che ha portato la percentuale del fatturato liquidata ai soci dal 52 al 61%. La cooperativa inoltre è passata dalle 3 storiche società consolidate, ossia Canova, Mediterraneo Group e Vivi Toscano, a 6, essendosi aggiunte, con acquisizione e controllo che supera l’80%, Canova France, Canova Spagna e Viviromano creata ex novo nel 2016. Tutte le società hanno come obiettivo primario la vendita, la promozione e la valorizzazione delle produzioni dei soci e sono consolidate nel bilancio della cooperativa anche da un punto di vista finanziario”. Elemento di importanza centrale per il positivo andamento 2016

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sono state anche le azioni volte al contenimento dei costi fissi al chilogrammo di prodotto lavorato che sono passati dai 6,2 centesimi registrati nel 2015 ai 5,5 del 2016. Ai dati positivi vanno aggiunte le performance dei prodotti a marchio: Solarelli con fatturato di 14,7 milioni di euro, in crescita del 5% sul 2015, e Almaverde Bio con 30 milioni di euro di fatturato, ossia un +19% rispetto all’anno precedente. “Una conferma delle attuali esigenze dei consumatori”, ha detto il direttore generale Ilenio Bastoni. Positivo l’andamento dei primi sei mesi del 2017, trainato dal trend del biologico. Il rinnovo delle cariche ha confermato ai vertici Mirco Zanotti, rieletto presidente, e Gianluca Balzani, confermato alla vicepresidenza. Nel nuovo Consiglio sono entrati 10 nuovi consiglieri su 35, con una diminuzione dell’età media e il raddoppio delle quote rosa, passate da due a quattro. (nella foto, Mirco Zanotti con Ilenio Bastoni)

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Calabria, eldorado europeo per la coltivazione del goji La Calabria, grazie alle coltivazioni della Piana di Sibari, con le sue 150 mila piante distribuite su 38 ettari, è la prima regione produttrice in Italia del ‘frutto dell’eterna giovinezza’: le bacche di Goji. La coltivazione è partita 5 anni fa a livello sperimentale e i risultati sono stati fin dall’inizio positivi. La varietà coltivata è della specie Lycium Barbarum, le cui piante madri sono state ottenute tramite un lungo processo di selezione naturale (partendo da 800 piante diverse) durante il quale sono state considerate tre caratteristiche fondamentali per il mercato: grandezza del frutto, assenza di semi e gradi brix. Successivamente le piante madri sono state replicate in laboratorio in modo da non perdere le caratteristiche ottenute. Le bacche calabresi sono di sapore dolce, di colore rosso e di buona pezzatura. La maggior parte della produzione calabrese viene venduta nel Nord Italia come prodotto fresco, riscontrando un notevole interesse da parte del consumatore finale, al punto che oggi si è ben lontani dal soddisfare la domanda della GDO. Cominciano ad arrivare richieste anche dai mercati svizzero, tedesco, francese e britannico. Anche le prime prove di trasformazione (marmellata, canditi, creme di bellezza) stanno dando risultati incoraggianti. La certificazione di prodotto biologico è incentivante: le quotazioni possono salire del 50% La produzione di bacche viene commercializzata – spiega uno dei produttori della Piana, Gabriella Martilotti – per il 60 % sul mercato del fresco, in vaschette da 80 grammi, mentre per il 40% circa va sul mercato del trasformato ossia viene utilizzata per marmellate, pasta fre-

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sca e secca, liofilizzati, olii essenziali, sughi, composte e canditi, gelati e prodotti artigianali, o viene utilizzato dagli chef per la ristorazione. Ma del goji non si butta via niente. Un ulteriore interesse è dato infatti dalle foglie e dai germogli della pianta che possono essere anch’essi impiegati oltre che per l’alimentazione (the e tisane) come prodotti per la nutraceutica. Due università italiane stanno già lavorando sulle caratteristiche nutrizionali e farmaceutiche delle foglie e dei germogli. Ma è nella stessa Calabria che si è concentrata la ricerca a stretto contatto con i produttori-pionieri. Uno spin-off dell’Università della Calabria, la società Macrofarm srl, ha dedicato infatti particolare attenzione alla ricerca sul goji, evidenziandone caratteristiche e proprietà. La pianta inizia ad essere produttiva dal terzo anno e la coltivazione può durare moltissimi anni, essendo una perenne. Il Lycium Barbarum fiorisce tra giugno e agosto. Una pianta di media grandezza, con apparato radicale consolidato, è in grado di produrre diversi chili di frutti. Produttività e qualità delle bacche sono molto variabili a seconda dell’ambiente di coltivazione. La raccolta è manuale. I benefici per il consumatore di goji sono piuttosto straordinari. Il frutto riduce la pressione arteriosa in soggetti ipertesi, riduce i livelli di colesterolo, ha effetti antiossidanti grazie alla presenza di sostanze polifenoliche e vitamina C, interviene quindi nella prevenzione di malattie infiammatorie e del diabete. Macrofarm ha esaminato il contenuto di polifenoli, flavonoidi, acido ascorbico e resveratrolo, e ha verificato l’eccezionale attività anti-ossidante delle bacche.

le ultime innovazioni della logistica, a vantaggio degli stessi operatori. Abbiamo bilanci in ordine e opportunità di investire in nuove iniziative per implementare intorno al Mercato di Genova occasioni di sviluppo e occupazione”. “E’ una struttura che rappresenta un tassello fondamentale per l’economia della città - ha confermato l’assessore -. Dobbiamo mettere a sistema le eccellenze economiche di Genova in modo strutturale: il Mercato è una di queste. Ho scoperto un luogo dove c’è lavoro e cultura e dove possiamo sviluppare anche progetti di educazione al consumo”. L’assessore Bordilli ha annunciato di ritornare a settembre con il sindaco di Genova, Marco Bucci.

Con Marlene “Una spesa che cambia la vita" Chi sceglie la qualità altoatesina potrà fare un’esperienza appagante. Non solo per il palato. Insieme a tanti prodotti di qualità dell’Alto Adige, anche le mele Marlene danno la possibilità di partecipare al concorso “Una spesa che cambia la vita”, che mette in palio una vacanza di una settimana all’anno per 4 persone da vivere per ben 10 anni presso i Vinum Hotels Alto Adige. Fra i premi immediati confezioni di prodotti locali di alta qualità e 1.500 libri di cucina altoatesina della collana “Classici delle Dolomiti”. Partecipare è facile: all’interno delle confezioni di mele Marlene® si trova il depliant del concorso con un codice da giocare. Basta andare sul sito www.unaspesachecambialavita.it e inserire il codice assegnato: verrà comunicata subito l’eventuale vincita di uno dei premi immediati e si partecipa all’estrazione del superpremio finale. Il concorso è partito il primo agosto e proseguirà fino al 31 dicembre. L’estrazione avverrà il 31 gennaio del 2018. Luglio-agosto 2017


Cresce al sole e all’aria pura. Verdura dell’Alto Adige/Südtirol.

La verdura dell’Alto Adige cresce in montagna, al sole e all’aria pura. Si raccoglie da giugno a ottobre e arriva fresca al punto vendita. Per questo è molto amata e richiesta dai consumatori. www.verduraaltoadige.com



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La ricetta che non c’è Chiara Brandi Il prodotto c’è; la qualità è buona; il caldo - che dovrebbe spingere la domanda - è anche troppo; eppure dai campi suona un campanello di allarme, che questa volta sembra tristemente unanime: da nord a sud i produttori lamentano un’ennesima stagione drammatica per la frutta estiva, caratterizzata da prezzi ben al di sotto dei costi di produzione. Infatti se il caldo ha esaltato le caratteristiche qualitative della frutta conferendole un elevato grado zuccherino e sostanze antiossidanti, le difficoltà tecniche - oltre ad incider sui volumi - hanno contribuito in maniera sostanziale all’incremento dei costi; un aumento tuttavia per nulla riconosciuto dal mercato. E se in generale lo scenario è grave; per pesche e nettarine si inizia a parlare di crisi strutturale. In Romagna, territorio di eccellenza per la produzione di questa tipologia di prodotto, verso la metà del mese di luglio l’andamento negativo del mercato ha indotto un gruppo di produttori a intraprendere una campagna di sensibilizzazione al consumo su radio e tv. Purtroppo però, a giudicare da

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UN’ALTRA CAMPAGNA NO. Prezzi sotto i costi di produzione

Esperti e imprenditori si interrogano su come fare uscire da una crisi diventata strutturale il settore delle pesche e delle nettarine. La risposta è complessa e la soluzione non si vede

Gli imprenditori Luigi Mazzoni e Giancarlo Minguzzi, due degli intervistati

quanto dichiarato da alcuni operatori, finora l’iniziativa sembra aver sortito pochi risultati. "Al momento non si può certo riferire di una campagna felice ma siamo fiduciosi che possa esserci una ripresa", dichiara al Corriere Ortofrutticolo Giancarlo Minguzzi, presidente di FruitImprese Emilia-Romagna e dell’omonima OP ravennate. "Le prospettive sono buone ma non prima che finisca la stagione al Sud e in Catalogna; se ne riparla dunque dal 10 di agosto in avanti. Anche se, a ben

guardare, a quel punto si dovrà fare i conti con altre tipologie di frutta, come pere e mele, che potrebbero sostituire le drupacee nel carrello della spesa. Il problema infatti – sostiene Minguzzi – è che il consumo di pesche e nettarine è stato via via sostituito da altri prodotti, in primis da susine e albicocche, che negli ultimi anni hanno saputo rinnovarsi e migliorarsi. Per fortuna anche nel comparto delle pesche e nettarine c’è al momento un certo dinamismo sotto il profilo della ricerca varie-

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L’appello del Tavolo romagnolo suona come una marcia funebre per il settore pesche di Lorenzo Frassoldati Paradossi di mezza estate. Il 14 luglio Coldiretti annuncia: "Il caldo record spinge i consumi di frutta verdura al massimo del nuovo millennio con un balzo record del 9,6% nel 2017 ma nei campi è crisi con quotazioni che in molti casi non coprono i costi di produzione delle aziende a causa di distorsioni di filiera e speculazioni". Il 17 luglio Italiafruit rilancia: "Meloni e pesche italiane, nei Mercati tutto è fermo". La calma piatta nei consumi - nonostante il caldo - viene confermata da tempo anche da autorevoli esponenti della GDO. Insomma, la solita tarantella… Intanto l’appello del Tavolo ortofrutticolo romagnolo (CSO, Agrintesa, Apofruit, EurO.P.fruit, La Buona Frutta, Il Frutteto, Granfrutta Zani, Minguzzi, Naturitalia e Orogel Fresco) per salvare la campagna di pesche e nettarine 2017 suona come una marcia funebre per il settore. Lo slogan (“Mangiate almeno una pesca o una nettarina della Romagna al giorno, ci aiuterete a difendere il nostro lavoro e territorio e ne gioverà la salute”) che gira su radio Rai, Quotidiano Nazionale e vari canali social è la controprova che tale e questo ci fa ben sperare”. "Nel prossimo futuro – conclude il presidente di FruitImprese ER – sono sicuro che si avrà un graduale assestamento delle quantità e un deciso miglioramento della qualità. Per ora l’unica cosa che possiamo fare è non smettere di essere positivi: in Emilia-Romagna il clima è ottimale per questo tipo di produzione e i terreni sono buoni, inoltre la volontà e le capacità dei nostri produttori sono indiscutibili; non ci manca nulla dobbiamo solo continuare a cre-

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il comparto ha l’acqua alla gola, che tutte le ricette provate finora sono state fallimentari, che sono mancati energia, progetti e risorse per invertire la rotta. Il Titanic va verso il suo destino, a bordo risuonano gli ultimi appelli. Chiarisco: il CSO ha fatto benissimo a fare quello che ha fatto, i gruppi privati e cooperativi ad aderire e giocare quest’ultima carta. Il senso è: non ci possiamo rassegnare ad un’altra stagione disastrosa per un comparto che però ha già perduto gran parte dei mercati europei, almeno quelli che contano e che pagano bene. In passato, in circostanze analoghe, un ministro di cui è meglio non ricordare il nome sponsorizzò la distribuzione gratuita di pesche sulle spiagge. Il messaggio: questa frutta è gratis (quindi non vale niente). Alla fine il ministero fece sapere che l’operazione aveva avuto successo con la distribuzione di quasi un milione di frutti. Un altro ministro – oggi presidente di Regione – si inventò lo sciopero dell’ananas: in pratica un titolo sui giornali e nulla più. Avete capito che razza di ministri abbiamo avuto in Italia? Comunque un anno c’è la Spagna, l’anno dopo la Grecia, il terzo troppa produzione, il quarto

poca, il quinto calendari sovrapposti, il sesto troppo caldo o troppo freddo. Il risultato è che anche se c’è caldo (e i consumi forse salgono) i prezzi in campagna non remunerano il prodotto. 40-45 centesimi al produttore, 2,50-3 euro al dettaglio per il consumatore. Anche quest’anno è andata così. La GDO fa i comodi suoi, margina sui prezzi bassi all’origine e se qualcuno obietta dice: "Dovete fare più qualità e programmare meglio". Stop, fine della recita, giù il sipario. Come se ne esce? Non lo so, forse non se ne esce. Continueremo così, perdendo produzione e superfici, finché il settore non si ridimensionerà definitivamente. Servirebbe un colpo d’ala, un grande progetto di riconversione (le varietà col pelo non vanno più), un piano frutta con le pesche malato grave da guarire, una programmazione forte fra le Regioni e le aree produttive. E ovviamente un bel po’ di soldi. Qualcuno ci crede? Io no. Qui non abbiamo neppure disponibili i catasti produttivi , dove vogliamo andare? In giugno ero in giro per diversi giorni fra ristoranti nelle Marche, stellati e no. Non uno che avesse frutta al posto del dessert o ‘nel’ dessert. Alla faccia dei 5 colori del benessere…

derci e rinnovarci”. Al momento in Romagna si è al giro di boa: finita la raccolta della varietà Big Top, tra le più popolari in questo territorio, è iniziata quella delle varietà medio-tardive; e mentre al Sud e in Spagna si è ancora nel pieno la produzione la campagna peschicola è partita anche al Nord. Secondo Davide Vernocchi, presidente del consorzio Apo Conerpo, l’agguerrita concorrenza spagnola è una delle cause più importanti che concorrono a determinare

l’attuale situazione: "La preoccupazione è grande – ammette – in una stagione come questa, caratterizzata da un prodotto in campo di buona qualità e temperature elevate che ne incoraggiano il consumo, non si dovrebbe essere arrivati a questo punto. Il dumping iberico sta diventando insostenibile. Ne è dimostrazione lo stesso tasso di abbandono della coltura che sta affliggendo la Romagna: in 10 anni oltre il 50% di impianti a pesche e nettarine è stato riconvertito a albicocche e Luglio-agosto 2017


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La ricetta degli spagnoli: qualità e forte organizzazione Per italiani e francesi non sembra esserci dubbio: tra le principali cause che corrono a determinare una situazione critica per il comparto della frutta a nocciolo è l’agguerritissima concorrenza spagnola. Ma cosa pensano gli operatori iberici? Come procede la stagione estiva in Spagna? Per i produttori ed esportatori di Gruventa, società leader del comparto, "l’attuale campagna delle drupacee è molto difficile e complicata", tuttavia - e qui si palesa la questione vista dall’altra faccia della medaglia - "la grande forza del settore è nelle sua importanza a livello internazionale”. Gli spagnoli constatano comunque "una grande pressio-

ne sui mercati esteri” (Italia compresa). Gli obiettivi principali sono e saranno proprio rivolti oltre confine. "Perseguire un percorso di internazionalizzazione, consolidarci nei mercati in cui siamo già presenti ed entrare in nuovi, stabilendo protocolli fitosanitari adeguati, è per noi vitale”, afferma il management di Gruventa, aggiungendo: “La nostra frutta ha un’immagine di prestigio e possiamo già vantare una clientela fidelizzata e di livello, ma è necessario lavorare insieme per creare un brand ESPAÑA, riconoscibile e identificativo del prodotto iberico sui mercati". (c.b.)

settore, che impedisce ad esempio la realizzazione di significative campagne di comunicazione rivolte al consumatore o la gestione di un'offerta completa ed organizzata, chiudono un quadro di per se già complicato". In linea con il pensiero di Luigi

Mazzoni, il direttore commerciale di OP Armonia, Marco Eleuteri: "Non ho una ricetta per risolvere la crisi strutturale del comparto; ciò che mi sento di consigliare, e che suggerisco per tutte le tipologie di frutta, è cercare di valorizzare al massimo quello che faccia-

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susine, oppure a kiwi o ad altre produzioni invernali, con tutte le conseguenze del caso, talvolta ancora non del tutto chiare nemmeno agli stessi addetti ai lavori". Il dito di Vernocchi è dunque puntato all’Europa, incapace a suo dire di porre reale rimedio a tale situazione, e alla nostra politica, sorda di fronte al grido d’aiuto dei produttori. "I costi di produzione iberici sono decisamente inferiori ai nostri, tanto che le loro pesche possono essere immesse sul mercato a 10/15 centesimi al chilo in meno rispetto a quelle italiane o francesi. Il prezzo finale tuttavia è uguale per tutti; quindi va da sé che qualcuno guadagna e qualcuno perde. Se non si interviene con misure adeguate a livello europeo e se la politica non si accorge di questi aspetti perderemo dei pezzi importanti del nostro sistema ortofrutticolo. E allora sarà troppo tardi. A queste condizioni non è più pensabile continuare ad andare avanti”. "La grande distribuzione non ha nessuna colpa - conclude il coordinatore settore Ortofrutta Alleanza Cooperative -, è il sistema che deve essere ripensato". Per Luigi Mazzoni, ai vertici del ferrarese Mazzoni Group, “le aziende italiane possono competere solo puntando a offrire prodotti di qualità gustativa superiore percepibile dal consumatore”. La situazione descritta dal manager non è rassicurante: "L’abbondanza di prodotto di calibro medio piccolo a discapito delle pezzature maggiori nonostante una stagione quantitativamente regolare in tutti gli areali produttivi (Piana di Sibari e Romagna), la concorrenza spagnola e le condizioni meteo non favorevoli nel Centro-Nord Europa penalizzano i consumi anche in questa fase di mercato, comportando risultati economici inferiori ai costi di produzione". E conclude: "Lo scarso rinnovo varietale e la poca segmentazione di prodotto (pasta gialla/bianca/piatte/etc.) uniti all'endemica disaggregazione del

Pesca e nettarina di Romagna Arriva il Consorzio di Tutela Il Consorzio della pesca e nettarina di Romagna IGP riceverà a breve dal ministero il riconoscimento di Consorzio di Tutela. E’ un passo avanti del Consorzio che opera sul fronte della valorizzazione delle pesche e nettarine di Romagna dal 2002 e che ha ritenuto importante, in un’ottica di salvaguardia di un prodotto che rappresenta la storia della frutticoltura italiana, richiedere la tutela e divenire quindi organismo di controllo delle attività. Il Consorzio - informa una nota del CSO - avrà il compito di svolgere attività di tutela, promozione, valorizzazione, informazione del consumatore e di cura generale degli interessi relativi all’IGP, collaborando all’attività di vigilanza con l’Ispettorato centrale per la tutela della qualità e repressioni frodi dei prodotti agroalimentari. "Il riconoscimento di tutela - dichiara il presidente del Consorzio Paolo Pari - è un passo avanti per la valorizzazione dei prodotti a marchio d’origine certificata che dà l’autorità al Consorzio per intraprendere nuovi percorsi di valorizzazione".

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mo coltivando varietà pregiate, adottando adeguate tecniche agronomiche e comunicandolo sapientemente al mercato. Oggi il consumatore è alla costante ricerca di emozioni; dobbiamo puntare su questo, proponendo il nostro prodotto come ‘lusso accessibile’. Evitare la banalizzazione della pesche e nettarine, che purtroppo sembra essere la direzione verso la quale si sta andando, è l’unica strada per uscire dal tunnel". Parlando della concorrenza spagnola, Eleuteri sostiene l’assoluta necessità di fare ricerca varietale e rinnovare. "La Spagna è molto avanti e finché ricorreremo a varietà spagnole o francesi arriveremo sempre dopo. Sebbene anche i produttori iberici non sempre ottengano risultati eccellenti, riescono ad affrontare meglio le fluttuazioni del mercato grazie ad una struttura di costi più snella. Negli ultimi anni mentre in Italia c’è stata una bassissima propensione ad investire nell’innovazione, in Spagna non è stato così. Una struttura di costi inferiori ha liberato risorse che sono state impiegate con l’obiettivo di rinnovare la gamma varietale. Oggi la loro offerta è nettamente più interessante della nostra e i risultati che stanno ottenendo lo confermano”. Portando poi il discorso sulla pesca piatta, Eleuteri afferma: "Molti nostri soci non vogliono più sentir parlare di produzione di pesche; l’unica eccezione è per la Saturnia, la cui domanda è in costante crescita. I risultati che si stanno ottenendo per questa varietà sono stati raggiunti esattamente nel modo che ho descritto, ovvero con produzione di altissima gamma e grandi sforzi di comunicazione volti a suggerire diverse funzioni d’uso e gourmetizzazione del consumo. Una politica di qualità e promozione che sta dando i suoi frutti. Il mercato non ammette più prodotti banali, non li paga; dobbiamo saperli raccontare, emozionare il consumatore www.corriereortofrutticolo.it

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distogliendolo dal prezzo e aggiungendo valore a ciò che facciamo". La concorrenza spagnola è presente anche in questo segmento ma la pesca Platycarpa (paraguayo) non è un prodotto che si adatta a logiche industriali; abbisogna di una cura più artigianale in fase di produzione, raccolta e stoccaggio. L’approccio spagnolo, indirizzato alla quantità più che alla qualità, è dunque un limite ancora maggiore in questo caso. "In generale le pesche nel nostro mercato - puntualizza Eleuteri sono prevalentemente di origine spagnola; oltre ad esserci una ragione quantitativa (le superfici dedicate a tale produzione hanno

un rapporto 1 a 20) le varietà spagnole sono anche più nuove e attrattive. Il loro approccio è tuttavia di tipo industriale e questo rappresenta anche la loro debolezza: dal punto di vista gustativo noi possiamo fare la differenza. Nel segmento di altissima gamma c’è spazio di crescita. Non possiamo vincere sulle quantità (la sola Catalogna ad oggi esporta più pesche del nostro Paese), dobbiamo fare la differenza con la qualità". Una diretta conferma a quanto sostiene il manager di OP Armonia arriva dai mercati: nonostante perduri una situazione pesante, il differenziale di prezzo tra i prodotti di pezzatura superiore e quelli di calibro B e C sono nell’ordine dei 50/60 centesimi al chilogrammo. Nonostante la situazione, restano delle speranze di rinascita del comparto. Un’aspettativa alimentata dalle parole di Stefano Francia, vice presidente della CIA di

Ravenna e componente del Comitato pesche e nettarine nell’Interprofessione, presidente del GIE nazionale oltre che componente del gruppo di esperti della DG Agri sul tavolo pesche, nettarine e drupacee. Puntando su semplificazione, trasparenza, miglioramento delle produzioni e del gusto, comunicazione ai consumatori, programmazione dell’offerta, ricerca e aggregazione, Francia sottolinea come l’Interprofessionale abbia deciso di segmentare l’offerta differenziando pesche e nettarine di stagione dal gusto tradizionale, succose e acidule, da quelle che si caratterizzano per un sapore ‘smart’, amabili e dolci. Un’altra parte del lavoro dell’Interprofessione si è poi concentrata sulla programmazione della produzione. In tal senso, l’importanza del catasto è fondamentale. "Siamo a conoscenza solo del 30% del catasto - afferma Francia -, occorre avere un quadro completo suddiviso per varietà, quantità, superficie e fascia temporale per fare programmazione. Inoltre “il passo da fare è la richiesta di aiuto all’Europa per l’apertura di nuovi mercati, per i ritiri dal mercato col mantenimento del plafond anche nel 2018, per far fronte all’embargo russo". E ancora due grandi temi ricorrenti: aggregazione e innovazione: "Organizzati meglio potremmo bilanciare il potere che la GDO è andata assumendo. La ricerca varietale va fatta mirata alle varie zone del nostro Paese e in base al clima e ai suoi cambiamenti. Infine un controllo maggiore nei porti e negli aeroporti è importante per cercare di evitare l'arrivo di alieni come la cimice asiatica". Coldiretti la mette giù dura: "Negli ultimi quindici anni il frutteto italiano si è ridotto di un terzo, con la scomparsa di oltre 140 mila ettari di piante. A determinare tale situazione è stato il crollo dei prezzi pagati agli agricoltori che non riescono più a coprire i costi di produzione per effetto di un’invasione di frutta straniera". Luglio-agosto 2017


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ERNESTO FORNARI. Una vita in Canova e Almaverde Bio

Fuori dalla riserva indiana Lorenzo Frassoldati Ortofrutta fiore all’occhiello del biologico italiano. Canova fiore all’occhiello dell’ortofrutta bio italiana. Ernesto Fornari è il direttore di Canova, società del gruppo Apofruit, una realtà che sta crescendo a doppia cifra negli ultimi anni. E nei primi sei mesi del 2017 mentre il fatturato di gruppo cresce intorno al 10%, il biologico traina la corsa con uno spunto del 20%. "Canova è la storia del biologico italiano - sbotta Fornari -. Abbiamo cominciato con l'idea che fosse indispensabile ‘specializzarsi' per crescere e abbiamo avuto ragione. La nostra storia è costellata di successi soprattutto grazie ad un approccio molto vicino alle esigenze dei consumatori e nello stesso tempo vicino ai clienti. Siamo fornitori di tutta la GDO italiana ed anche all’estero siamo cresciuti a ritmi molto sostenuti".

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Ernesto Fornari è tra i pionieri del biologico italiano, quelli che hanno fatto uscire il bio da una nicchia per pochi intimi e lo hanno trasformato in uno dei fenomeni commerciali più alla moda in grande misura alla marca Almaverde Bio che ci ha dato visibilità nazionale".

Vent’anni in cui è cambiato tutto… “Sì, sono passati ormai vent’anni da quando, durante un pranzo al ristorante, insieme a Renzo Piraccini e Ilenio Bastoni, scaturì l’idea di realizzare ciò che sarebbe diventato il primo network del biologico in Italia. Adesso c’è una grande attenzione sul biologico in generale e sull’ortofrutta in particolare, vent’anni fa il bio era una riserva indiana. La nostra affermazione da quegli anni è dovuta

Oggi Canova è tra i leader italiani del biologico, con un fatturato di 75 milioni di euro, 40 mila tonnellate di ortofrutta prodotte direttamente dagli oltre 800 produttori, tre stabilimenti dedicati di Apofruit, due piattaforme specializzate. E una crescita nel 2016 del 17,5% sull’anno precedente. Un network di aziende dislocate su tutto il territorio nazionale che negli anni si è sempre più specializzato andando a coprire tutti i segmenti del biologico fresco dalla prima alla quinta gamma puntando sempre su tre punti cardine: innovazione, qua-

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CHI è ERNESTO FORNARI Nasce nel 1959 a Cesenatico, perito agrario. Inizia a lavorare in COF a Cesena nel 1979 come commerciale per il mercato nazionale. Nel 1981 approda alla cooperativa COBAR di Longiano come responsabile di magazzino. Con la fusione delle 3 coop COF-COFA-COBAR nel 1990 s’inizia l’avventura in Apofruit. Con dirigenti come Piraccini, Bucella, Battistini, Turroni, si occupa di tutta l’attività fuori zona e del trade. Si crea l’Apo Trade di cui Fornari diventa direttore. Questa attività si sviluppa sia con i prodotti di lotta integrata di Apofruit, sia con l’inserimento di altre referenze del Sud come clementine arance e limoni. Nel 1996-97 si crea la MOC Mediterraneo con i fondi UE per creare con le strutture del Sud le macro-organizzazioni commerciali. Una esperienza coinvolgente. Fornari entra in contatto con Coop Sole di Parete e con Apofruit si dà origine a due nuove coop: La Metapontina a Scanzano e La Valle Etnea a Ramacca (CT), la cui gestione viene affidata a Fornari. Nel 1997 si costituisce anche Canova per dare inizio alla commercializzazione del prodotto bio di Apofruit. Fornari ne diventa il direttore generale e qui viene assunto un giovane che farà strada, Ilenio Bastoni, che si occupa di tutta l’attività di commercializzazione. Lo staff di Canova crescerà molti giovani e questo processo sta continuando tuttora, assumendo continuamente ragazzi laureati soprat-

tutto in Scienze e tecnologie alimentari. Nel 2000 con Renzo Piraccini s’inizia anche l’avventura della creazione del marchio Almaverde Bio. Nel 2001 si costituisce Almaverde Bio Consorzio, per vendere meglio e diffondere il marchio e affrontare il grande salto nella pubblicità tv nazionale. Nel 2010 si inizia a costruire anche il primo tassello del network bio, con l’apertura a Murcia di Canova Spagna, di cui Fornari è presidente. Nel 2009, per poter rafforzare il lavoro sul territorio Italiano, si procede all’acquisizione di Vivi Toscano nel Mercato di Firenze per lavorare e vendere su quel territorio alla GDO e alla DO toscana, che esige e pretende fornitori e partner toscani. Nel 2010 con il gruppo Orsero nasce Canova France con sede a Cavallion, per affrontare la distribuzione sul territorio francese.

lità e servizi. Il segreto di questa irresistibile ascesa? "Siamo produttori e nel nostro network ci sono aziende meravigliose, su tutto il territorio nazionale che credono nel biologico e si affidano ad un progetto che na-

sce anche e soprattutto per restituire valore alla produzione. Questo è un grande punto di forza che fa la differenza come fa la differenza la nostra capacità di innovazione, puntando su prodotti sempre nuovi con un eleva-

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Le Isole di Almaverde Bio: un rapporto diretto tra produttore e consumatore

Infine nel 2016 viene costituita in partnership con COBOR, ViviRomano, all’interno del CAR di Roma.

CANOVA La società fa parte del Gruppo Apofruit ed è specializzata nella produzione di ortofrutta biologica. Il network di Canova è così composto: Canova Espana con sede a Murcia all’interno del mercato ortofrutticolo nata nel 2006 fatturato 3, 5 milioni di euro; Canova France con sede a Cavaillon nata nel 2010 con un fatturato di 4 milioni di euro; ViviToscano con sede in Firenze all’interno del mercato ortofrutticolo fatturato di 10,2 milioni di euro, nata nel 2009; ViviRomano con sede a Guidonia Monetecelio all’interno del CAR (Centro Agroalimentare Roma) con un fatturato di 8milioni di euro, nata nel 2016. to contenuto di servizio. Siamo stati in grado di cogliere le esigenze del consumatore anticipando un trend che oggi è sotto gli occhi di tutti: la voglia di naturalità, di benessere, di salutismo in generale". Luglio-agosto 2017


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Canova propone una gamma di prodotti molto ampia, dalla prima gamma di verdura e di frutta - per il retail e il food service - fino ai germogli, che saranno oggetto di una nuova e intensa attività di comunicazione al consumatore, passando per la prima gamma evoluta e le proposte di legumi secchi, cereali e zuppe.. "Quarta e quinta gamma, innovazione e forti contenuti di servizio sono i driver di crescita di Canova. La linea 'Le Artigianali', una nuova gamma di prodotti che offre il servizio tipico della quarta e quinta gamma unito ad un livello unico di artigianalità. Insalate tagliate e preparate a mano, in grado di garantire una migliore conservabilità del prodotto e una maggiore personalizzazione della ricetta, proprio perché non industriale. Faranno parte di questa nuova linea 4 diversi tipi di insalate, 2 diverse proposte di Pronti da Cuocere e 3 declinazioni differenti di burger vegetali. Ma non solo, saranno presto in scaffale 10 nuove tipologie di zuppe pronte, oltre a 5 nuovi prodotti lanciati sul mercato per il periodo primavera-estate, e una nuova linea di erbe aromatiche disponibili tutto l’anno (prezzemolo, basilico, salvia, menta e rosmarino). Infine saranno introdotte sul mercato anche due novità nei secchi, ovvero semi di chia e quinoa in confezioni da 200 grammi”. Una storia di successo che continua…

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Il biologico è stato l’impegno e l’avventura della mia vita di Ernesto Fornari Lo sviluppo del bio è stata una scommessa che mi ha coinvolto a 360 gradi. Ho dovuto fare ricorso a tutto quello che avevo appreso in lunghi anni, sia nella gestione di magazzino sia nelle funzioni commerciale e organizzativa. Il bio poi ha mille altri aspetti che ti impegnano: le certificazioni, l’attenzione massima ai residui, alle analisi, ai controlli degli enti di certificazione. Occorre avere una macchina organizzativa molto complessa, che deve funzionare all’unisono. Lavorare il bio vuol dire ragionare di packaging in tutte le sue forme con tutti i materiali immaginabili. Lavorare il bio vuol dire lavorare con il triplo dei clienti per muovere volumi interessanti, lavorare bio vuol dire avere la tracciabilità sempre sotto controllo. Lavorare bio vuole dire anche lavorare con tutta la gamma dell’ortofrutta. Già 20 anni ho dovuto apprendere anche la gestione delle banane, le zone di origine e le varietà, i transiti, navi, porti e altro. Nel bio a differenza del conven"Nei nostri progetti saremo sempre più impegnati sul fronte dell’innovazione di prodotto e sullo sviluppo di format per la vendita di ortofrutta biologica nei reparti

Oggi Canova è tra i leader italiani del biologico con un fatturato di 75 milioni di euro e 40 mila tonnellate di ortofrutta prodotte direttamente da oltre 800 coltivatori. Un network che si estende a Spagna e Francia

zionale, dove Apofruit lavora e commercializza il prodotto dei soci, occorre avere anche il prodotto in controstagione, quindi rapportarsi con il Cile per kiwi che importiamo direttamente, con l’Argentina per le pere William e Abate, senza considerare le introduzioni di nuove referenze che ricoprono ruoli importanti come zenzero o curcuma o la distribuzione di mango, avocado e ananas. Grazie alla collaborazione sinergica con Apofruit, ora nel bio possiamo avere in esclusiva tutte le varietà a club di ortofrutta, importantissime per dare un reddito maggiore ai nostri produttori: uve senza semi, mele come la PinkLady e Modì, varietà innovative di albicocche pesche e nettarine, caco rosso brillante e melograno, kiwi giallo. Altro traguardo che Canova ha compiuto è stato quello di essere competitiva in ogni zona di produzione nazionale, facendo perno sui magazzini di Scanzano in Basilicata e Donnalucata in Sicilia. Lavorare nel bio è un’avventura. Lo sforzo è grande e non ti accorgi degli anni che passano.

PROTAGONISTI

L’esperienza delle Isole Almaverde Bio ha fatto la differenza nelle catene della distribuzione? "Con queste Isole a gestione diretta abbiamo un contatto attivo con i nostri clienti finali e riusciamo a modulare l’offerta in funzione delle richieste. Nelle Isole arriviamo ad un assortimento di ortofrutta di 120 referenze per punto vendita, una profondità di gamma unica e assolutamente vincente per la soddisfazione dei consumatori e dei distributori".

della GDO italiana. Fare biologico è difficile, costa tanta fatica e molte volte si rischia di perdere tutto ma la soddisfazione è grande quando si pensa a quanto sia importante il ruolo della produzione biologica per l’ambiente e per i consumatori. Senza i nostri meravigliosi produttori non saremmo qui a raccontarla questa storia. Voglio ringraziare tutti coloro che fanno parte del nostro network. E tra i ringraziamenti voglio ricordare due figure di riferimento di questo percorso: Enzo Treossi e Renzo Piraccini rispettivamente ex presidente ed ex direttore di Apofruit Italia".

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Insieme lavoriamo ogni giorno per consolidare la vostra presenza sui mercati esteri, attraverso un’ampia rete di contatti selezionati in tutto il mondo. I nostri punti di forza sono: la conoscenza delle dinamiche commerciali internazionali; la passione per la comunicazione specializzata; la competenza nel controllo della catena del freddo. Al servizio di chi ama la terra.

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ATTUALITÀ

THE ROME TABLE. B2B internazionale il 7 e 8 novembre a Roma

L’evento che mancava Si svolgerà martedì 7 e mercoledì 8 novembre a Roma un evento che fino ad oggi mancava nel panorama delle iniziative che si rivolgono al settore ortofrutticolo italiano: non un congresso (c’è già tanto bla-bla-bla), tanto meno una fiera, ma un grande B2B internazionale, comodo da raggiungere, agile nella formula, in grado di offrire, a costi limitati, l’opportunità di contatti qualificati a tutte le aziende ortofrutticole desiderose di allargare le proprie vendite all’estero. ’The Rome Table’ si svolgerà - per l’organizzazione di Omnibus, società del nostro gruppo editoriale specializzata in servizi per l’internazionalizzazione di settore – all’hotel Parco dei Principi, una delle location più belle di Roma, in due ampie sale allestite, una destinata agli incontri business, in cui ogni buyer avrà il suo tavolo, l’altra, connessa alla prima, destinata ai servizi di supporto. Da una parte 40 buyer provenienti da 20 Paesi, dall’altra 100 aziende italiane della produzione

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Tutto il sistema ortofrutticolo italiano, da Fruitimprese ad Alleanza delle Cooperative, da Italia Ortofrutta a Italmercati e CSO Italy ha aderito all’iniziativa lanciata da Omnibus

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I PARTNER

Ecco i partner: Marco Salvi, presidente Fruitimprese, Davide Vernocchi, presidente Alleanza Cooperative Ortofrutta, Gennaro Velardo, presidente Italia Ortofrutta, Paolo Bruni, presidente CSO Italy e Fabio Massimo Pallottini, presidente Italmercati

e del commercio dell’ortofrutta. Ogni incontro, programmato in anticipo, dura 20 minuti. Gli incontri si susseguono per un giorno e mezzo. Ogni azienda italiana può avere da 12 fino a 20 incontri programmati, ma potrà incontrare tutti gli altri buyer nei momenti comuni. Il programma prevede per martedì 7 novembre una prima sessione di incontri business dalle 10 alle 13, un pranzo leggero sempre al Parco dei Principi, la seconda sessione di incontri dalle 14,30 alle 18,10. Mercoledì 8 un’ultima sessione di incontri dalle 9,30 alle 13,30. I Paesi europei di provenienza dei buyer sono: Austria, Croazia, Danimarca, Francia, Germania, Polonia, Rep. Ceca, Spagna, Svezia, UK e Ungheria. I Paesi extra-UE che saranno rappresentati a Roma sono: Australia, Brasile, Canada, India, Indonesia, Kazakistan, Kenya, Senegal e Ucraina. Saranno presenti tutte e tre le principali tipologie di buyer: category manager di catene della distribuzione organizzata, importatori con magazzino, agenzie di import-export. Sono in fase avanzata i contatti per raggiungere la selezione ritenuta ottimale: 15 category manager di catene della GDO, 20 importatori con magazzino, 5 agenzie di import-export collegate a distributori. A un campione di buyer è stato

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chiesto preliminarmente che tipo di aziende italiane vorrebbe incontrare. Questo il risultato del sondaggio: 60% di interesse manifestato per produttori medi e grandi del Centro Sud Italia e della Sicilia e insieme per piccoli produttori del Centro-Sud e della Sicilia specializzati in prodotti di nicchia e territoriali a marchio registrato; 25% di interesse per aziende che rappresentano produttori del Nord Italia; 15% di interesse per aziende grossiste specializzate nell’esportazione di carichi misti. A fine luglio si è conclusa la formalizzazione delle partnership istituzionali a ’The Rome Table’. Hanno aderito le principali organizzazioni del settore ortofrutticolo italiano: FruitImprese, che

LA LOCATION

raccoglie le grandi e medie imprese private, presieduta da Marco Salvi, Alleanza delle Cooperative Ortofrutticole ACI, presieduta da Davide Vernocchi, l’Unione Nazionale Italia Ortofrutta, principale rappresentanza della produzione aggregata, presieduta da Gennaro Velardo, CSO Italy presieduto da Paolo Bruni e Italmercati Rete d’Imprese, che collega i 10 principali Mercati all’ingrosso italiani, presieduta da Fabio Massimo Pallottini. Il pannello dei partner rappresenta in modo molto significativo il sistema ortofrutticolo italiano e ciò sta spronando gli organizzatori a dare il meglio alla riuscita di ‘The Rome Table’ al fine di farne un appuntamento importante per il settore soprattutto a livello in-

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La hall dell’hotel Parco dei Principi, sede del B2B internazionale The Rome Table. È una delle location tra le più comode e prestigiose della capitale

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ternazionale, in una location come Roma, facilmente raggiungibile dall’Italia e dal mondo. I partner sin dalla fine di luglio hanno promosso presso i loro associati l’adesione all’evento, che è a numero chiuso (100 è il numero massimo delle aziende italiane partecipanti, e questo per permettere una gestione il più possibile efficiente). In questa prima edizione è previsto un numero totale di 1.280 incontri, mirati ad incrementare le quote export delle aziende italiane presenti e a far scoprire loro nuovi clienti e nuovi mercati. La lingua ufficiale è l’inglese. Alle aziende che lo necessitano viene garantito, gratuitamente, supporto linguistico durante gli incontri. L’adesione all’evento delle aziende italiane ha un costo di euro 800+Iva, che scende a 600 se l’azienda è iscritta a una delle organizzazioni partner. Su richiesta,

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le aziende possono richiedere di presentare, in un apposito espositore standard collocato lungo le

Attesi 40 buyer da 20 Paesi e 100 aziende italiane della produzione e del commercio. Ogni incontro business durerà 20 minuti. Un’opportunità studiata per esportare di più

pareti della sala di servizio, i propri prodotti. L’esposizione ha un costo di euro 400+Iva. Le adesioni delle aziende italiane si sono aperte il 10 luglio e chiudono il 2 ottobre 2017 sempre che il numero massimo di 100 adesioni non sia raggiunto prima. Ai buyer che ne faranno richiesta per tempo verrà data la possibilità di prolungare il soggiorno per visitare le aziende italiane di loro interesse, sempre che questo interesse sia reciproco. Ai buyer verrà consegnato un rapporto sull’ortofrutta italiana in lingua inglese, dal titolo ‘Italian Fresh Trends’, realizzato in collaborazione con CSO Italy. Media partner di ‘The Rome Table’ non è solo il Corriere Ortofrutticolo ma anche il sito freshplaza.it. Contatti: therometable@omnibuscomunicazione.net

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Sono Orsero al 100% Galandi e Hermanos Fernandez Lopez Orsero SpA conferma nei fatti il programma di sviluppo annunciato a Milano il 13 aprile davanti agli investitori. La società a fine luglio ha comunicato infatti di aver sottoscritto con Grupo Fernández S.A. un accordo quadro finalizzato all’acquisizione della società spagnola Hermanos Fernández López S.A., di cui già detiene il 50%. Orsero informa inoltre di aver perfezionato nel mese di luglio l’acquisizione dalla Famiglia Maestrelli del 50% di Fruttital Firenze S.p.A. e Galandi SpA, delle quali era già proprietaria della metà del capitale. Hermanos Fernández López, con sede principale a Barcellona, è il secondo operatore spagnolo per fatturato e quote di mercato nel settore della distribuzione di prodotti ortofrutticoli freschi. La società commercializza ogni anno circa 180 mila tonnellate di frutta e verdura attraverso tre principali piattaforme distributive (Madrid, Barcellona e Alicante), e la presenza in 7 mercati all’ingrosso con 33 stand di vendita. Il fatturato 2016 è stato di circa 181 milioni di euro. Presente sul mercato dagli anni ’60, l’azienda è guidata dalla famiglia Fernández che, a fronte di tale integrazione, diventa il secondo maggior socio di Orsero (dopo FIF Holding SpA), testimoniando la fiducia riposta nel progetto di crescita del Gruppo che nel febbraio 2017 ha realizzato la quotazione sul mercato AIM Italia. La famiglia Fernández rimarrà coinvolta nella gestione operativa della società anche successivamente al perfezionamento della acquisizione ed avrà un posto nel consiglio di amministrazione di Orsero. Fruttital Firenze e Galandi, con sede a Firenze, sono invece storiche aziende del settore guidate dalla famiglia Maestrelli e sono

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Confermato il programma di sviluppo in Italia e all’estero annunciato lo scorso aprile a Milano. Rumors di operazioni nel Mezzogiorno. Obiettivo 2018: “Fatturato a 1 miliardo di euro”

Il marchio di Hermanos Fernandez Lopez, società di Barcellona in cui Orsero è passato dal 50 al 100% della proprietà. Sotto, Paolo Prudenziati e Raffaella Orsero

unità operative strategiche per la distribuzione di prodotti ortofrutticoli freschi nell’Italia centrale. Le due società distribuiscono ogni anno 49 mila tonnellate di frutta e verdura, attraverso una piattaforma in Toscana, per un fatturato complessivo di circa 70 milioni di euro nel 2016. Galandi – società attiva da 70 anni sul mercato toscano – è principalmente vocata al mercato tradizionale e alla commercializzazione di verdure fresche. Fruttital Firenze, invece, è maggiormente specializzata nella distribuzione

attraverso il canale GDO e concentra i suoi volumi su frutta fresca di prima e IV gamma. Per quest’ultima, in particolare, la realtà toscana è un’eccellenza grazie al suo laboratorio che ‘produce fresh cut’ con metodo artigianale per esaltare la qualità e il gusto della materia prima, e che negli anni ha riscontrato una significativa crescita di valore e di volumi. Anche nel caso delle società toscane la Famiglia Maestrelli garantirà la continuità del management ad acquisizione avvenuta.

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Buoni per natura e l’aria pura Fragole, lamponi e ciliegie dell’Alto Adige

In Alto Adige le fragole maturano da giugno a fine settembre, i lamponi da giugno a ottobre e le ciliegie da fine giugno a fine agosto. Crescono in montagna e all’aria pura. Per questo hanno un sapore più intenso, sono profumati, genuini e ricchi di vitamine. www.fragolealtoadige.com, www.ciliegiealtoadige.com


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Entrambe le acquisizioni si inseriscono nel quadro della strategia del Gruppo Orsero, volto al rafforzamento della distribuzione di frutta e verdura fresca nel Sud Europa, e all’ampliamento delle attività delle società acquisite. Per Fruttital Firenze il primo passo si concretizzerà a breve, con un primo importante investimento in termini di rivalutazione e trasformazione del laboratorio dedicato alla realizzazione del ‘fresh cut’, che verrà ampliato e perfezionato al fine di poter realizzare nuove tipologie di confezionamento. Per la Spagna, mercato in cui i prodotti a brand hanno un alto valore percepito sia per gli operatori del settore che per i consumatori, Orsero continuerà ad investire sul marchio di proprietà ‘F.lli Orsero’, sinonimo di frutta di qualità Extra Premium, al fine di consolidare gli ottimi ritorni in termini di awareness e di vendite riscontrati fino a oggi. “Queste acquisizioni rinforzano la nostra leadership all’interno del mercato del Sud Europa”, commenta il vice-presidente e CEO di Orsero SpA, Raffaella Orsero. “Crediamo fermamente nella continuità della gestione manageriale di entrambe le realtà che ha reso queste società negli anni solide e strategiche per i rispettivi mercati di appartenenza. Queste società per noi continueranno ad essere non solo un valido supporto commerciale ma anche un reale valore aggiunto alla crescita”. Crescono intanto i rumors circa possibili operazioni di Orsero anche nel Sud Italia con l’intento di creare una o più aggregazioni produttive di aziende specializzate in produzioni tipiche del nostro Mezzogiorno. Secondo notizie diffuse sempre a fine luglio da operatori finanziari, e in particolare dalla SIM Corporate Family Office, "la società potrebbe raggiungere il miliardo di fatturato nel 2018 grazie ad ulteriori acquisizioni”. (a.f.)

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Macfrut ospita Rewe e si allea con Cibus Due buoni punti a favore di Macfrut nel mese di luglio. Rewe, colosso della distribuzione tedesca, sarà a Rimini nel 2018. Dopo la positiva esperienza del 2016, Rewe-Eurogroup ritornerà dunque a Macfrut con uno spazio espositivo e con una convention, nella quale presenterà ai propri fornitori le strategie e le linee di sviluppo del gruppo. La convention avrà per Macfrut un ritorno di presenze pari a 280 imprese di produzione e trading ortofrutticolo da tutto il bacino del Mediterraneo. Saranno presenti all’evento i vertici del gruppo: Eugenio Guidoccio, CEO Rewe Buying Ultrafresh, Stephan Weist, category management e marketing Rewe Group, Ulrich Spieckermann, CEO Eurogroup SA e Campina Verde, Annabella Donnarumma, amministratore delegato di Eurogroup Italia. Inoltre, il responsabile dei prodotti tropicali e di importazione di Eurogroup, Ricardo Vazquez, prenderà parte, come relatore, al Tropical Fruit Congress, il forum dedicato a mango e avocado, evento che coinvolgerà buyer, produttori ed esperti di questi prodotti. Il secondo punto a favore di Macfrut è l'alleanza con Cibus in vista del 2018. Macfrut (Rimini dal 9 all’11 maggio 2018) e Cibus (Parma dal 7 al 10 maggio 2018) hanno siglato un accordo per favorire le visite congiunte degli operatori e l’incoming di buyer esteri alle due fiere. L’accordo prevede una serie di facilitazioni per gli operatori che vorranno visitare entrambe le fiere nelle giornate concomitanti (9 e 10 maggio) riguardanti bus navette, treni e condizioni di acquisto del biglietto d’ingresso. Inoltre è stato delineato un programma di incoming che, con la collabora-

Renzo Piraccini

zione di ICE-Agenzia, porterà "centinaia di buyer” - come riferisce una nota di Macfrut - a Cibus e a Macfrut. Oltre all’ospitalità i buyer esteri avranno percorsi dedicati nelle due fiere, visite aziendali, market check nei punti vendita della grande distribuzione. E c’è anche di più, Macfrut ha sottoscritto un protocollo d’intesa con Fedagromercati, la Federazione Nazionale dei grossisti ortofrutticoli all’interno dei Centri Agroalimentari. La partnership stabilisce che Fedagromercati rappresenta per Macfrut, l’interlocutore privilegiato e il punto di riferimento dei grossisti dei Centri Agroalimentari. Nel contempo Macfrut costituisce per Fedagromercati l’appuntamento nazionale di riferimento del settore su cui convergere le attività e valorizzare lo sviluppo competitivo in senso internazionale delle proprie aziende associate. Entrando nel merito dell’accordo, tre i punti cardine dell’intesa: la partecipazione di Fedagromercati ai road show internazionali di Macfrut, in programma per l’edizione 2018 sui mercati esteri; l’organizzazione a Macfrut di eventi e workshop per promuovere l’attività di operatori e grossisti; la partecipazione sempre in Fiera delle aziende associate agli incontri commerciali bilaterali con gli operatori esteri.

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Nel Ragusano in corso la fuga dalle serre di pomodoro Mariangela Latella Pomodorini di Ragusa adios. Anni di campagne in perdita con remunerazioni al produttore in caduta libera fino ad arrivare anche a punte negative di 15 centesimi al produttore (contro i 70 centesimi dei costi di coltivazione) stanno spingendo molti produttori della zona di Ragusa, a riconvertire le serre, in tutto o in parte, ad altre produzioni più redditizie. "Da due tre anni - spiega Gianfranco Cunsolo, presidente di Coldiretti Ragusa e titolare dell’omonima azienda agricola - ho riconvertito tutta la produzione di pomodoro convenzionale in serra che avevo, circa 0,7 ettari, alla coltivazione di berries in particolare lamponi e more che garantiscono il 50% in più del rendimento rispetto al pomodoro. Mentre ho mantenuto le coltivazioni di pomodoro Bio, circa altri 4 ettari di serre. Siamo ancora in fase di test ma la prossima sarà già la terza campagna e potremo iniziare a fare un bilancio concreto". La riconversione delle serre è un processo che è stato intercettato da Sant’Orsola, storica azienda di piccoli frutti italiana, pioniera in questo settore, che nel Ragusano avrebbe già consociato circa 30 ettari di ex-produttori di pomodoro. Ma oltre che ai piccoli frutti, i produttori guardano anche all’uva e qualcuno avrebbe già iniziato a testare la papaya. "La Sant’Orsola ci dà le varietà precisa Giacomo Guarino, produttore ragusano -, assistenza tecnica nella coltivazione poi viene a ritirare il prodotto. In un anno, hanno aderito già 40 produttori. Con i berries abbiamo una stagionalità che attualmente va da marzo a maggio mentre negli

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La crisi del comparto spinge molti produttori a investire in colture diverse a partire dai piccoli frutti, molto più remunerativi. Sant’Orsola dal Trentino alla Sicilia per entrare nel business

La coltura del pomodoro in serra cerca soluzioni per uscire dalle difficoltà

altri mesi continuiamo a coltivare pomodoro. Ma, vista la migliore redditività di queste colture, stiamo cercando di introdurre varietà precoci che ci permettano di allungare la campagna e iniziare a raccogliere già da dicembre”. La scelta dei berries per la riconversione è legata anche al fatto che non comportano investimenti sull’impiantistica dal momento che le serre di pomodoro tradizionali, in metallo, non devono essere riadattate. La spesa è legata solo al trapianto. Tra le varietà introdotte fino ad ora, ci sono Lagorai Plus e Vajolet per i lamponi, Lochness per le more e Ventura per i mirtilli. La terza campagna dei berries ragusani, quest’anno, si è appena conclusa con una stima del 30% di remunerazione in meno rispetto all’anno scorso quando avevano registrato un +50% sul-

la resa dei pomodori. Ma, in termini di valore aggiunto per il produttore, si parla sempre di 23 euro di rendimento al metro quadro contro lo zero del pomodoro. Le quotazioni, in pratica, arrivano anche all’euro al chilo per il produttore a parità di costi (0,70 cent al chilo) mentre il pomodoro, negli ultimi anni, non ha raggiunto remunerazioni superiori ai 60 centesimi al chilo spingendo gli agricoltori verso disastrosi bilanci in rosso. “Il processo di riconversione precisa Aurelio Iapichella, la cui azienda agricola è una delle principali del Ragusano e che già da 15 anni ha riconvertito la propria produzione di pomodorini in Uva - non è ancora molto diffuso. Si tratta di sperimentazioni che alcuni produttori stanno tentando per trovare soluzioni redditizie ma che non arrivano, al momento, al 4% del totale delle aziende". Luglio-agosto 2017


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CATENE STRANIERE IN ITALIA. Arriva anche Grand Frais

I francesi che fanno paura Sta per arrivare in Italia, e aprirà presto in Piemonte, la catena francese Grand Frais specializzata in ortofrutta, carne e gastronomia. Entro agosto Gran Frais dovrebbe insediarsi a Beinasco (Torino), dove il retailer francese ha da tempo raggiunto un accordo con il Comune, per il recupero di un’area degradata che diventerà il suo primo insediamento nazio-

Francesco Pugliese, ad di Conad, è preoccupato per lo ‘sbarco’ in Piemonte dei supermercati transalpini che hanno creato il format del mercato coperto nuova versione

Francesco Pugliese: “Se staremo a guardare, saremo morti”. Alta qualità dei prodotti freschi e in particolare dell’ortofrutta

nale. Nello stesso hinterland torinese, tra Nichelino e Beinasco, dovrebbe aprire un secondo punto vendita, già a settembre, all’interno del parco commerciale Mondo Juve.

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Il gruppo a fine 2016 contava su 184 punti vendita, concentrati in Francia, con alcune presenze in Belgio e lungo i confini spagnolo e italiano. A Nizza Grand Frais conta su 3 punti vendita. Il for-

mat di Grand Frais è quello di un mercato coperto in nuova versione, una formula originale e che incontra parecchio successo in Francia. La catena gestisce direttamente l’ortofrutta, il pesce e la

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gastronomia mentre il reparto

Di Grand Frais colpisce il format ma anche l’assortimento e la qualità

di Duccio Caccioni Napoleone diceva che gli inglesi sono un popolo di bottegai. Per la solita nemesi oggi vediamo che sono invece i francesi a primeggiare nel mondo con le loro catene di distribuzione al dettaglio. Catene che, proprio come Napoleone, vedono l’Italia come uno dei primi obiettivi per una ‘invasione’. E’ notizia recente la prima apertura di Grand Frais in Italia. Grand Frais è una catena specializzata in prodotti freschi di alta qualità, con un format che ricorda i tradizionali mercati coperti. Per me Grand Frais è una tappa obbligata tutte le volte che passo dalla Francia da quando diversi anni fa me la indicò il grande Daniele Tirelli, uno che di punti vendita se ne intende. Il format dei negozi è sicuramente accattivante, ma la cosa che colpisce di più è l’assortimento e la qualità dei prodotti. Qui siamo a livelli stellari, devo dire difficilmente ritrovabili in Italia. Certo macelleria e il lattiero caseario sono di solito gestiti da terzi. Fondata a Givors (vicino a Lione) nel 1992 da Denis Dumont, l’impresa è controllata dalla holding Prosol, che, a marzo 2017 è stata acquistata, per la maggioranza del capitale, da Ardian, colosso fran-

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che la cultura gourmand ha le sue radici proprio in Francia, anche se nel nostro Paese non mancano i casi di negozi che puntano tutto sulla qualità – si pensi all’arci famosa (e in forte espansione internazionale) Eataly oppure alla troppo poco replicata esperienza dello straordinario Eat’s a Conegliano. Grand Frais è riuscito però a organizzare su grande scala l’alta gamma dei freschissimi, a partire dall’ortofrutta. Non è un’idea nuova: i pionieri sono come al solito negli USA. Si pensi al famoso WholeFood e a catene come per esempio The Fresh Market o Garden of Eden. Tutte insegne che andrebbero studiate con grande attenzione dai distributori italiani. Il mercato si sta infatti divaricando sempre di più anche in Italia: da una parte l’alta qualità, dall’altra i prezzi bassi. Grand Frais è in espansione. E c’è da scommettere che i Napoleonidi – come, ahimè, in tanti altri settori – si impegneranno non poco nello Stivale.

Entro settembre due punti vendita nell’hinterland di Torino. La catena francese conta su 184 supermercati

co-americano della finanza che amministra attivi per un valore di 62 miliardi di dollari e ha in portafoglio 130 aziende non quotate. I Paesi europei chiave, per il fondo, sono, appunto, Francia, Italia e Germania. Prosol comunque registra da sempre crescite forti e regolari che lo hanno portato a ricavi superiori al miliardo di euro. Grand Frais ha i propri punti di forza nel vasto assortimento, nei prezzi competitivi, nella capillarità della rete e in punti vendita delle giuste dimensioni – 1.000 mq medi – dunque non tanto grandi da essere dispersivi e non tanto piccoli da deludere. L’annuncio dello sbarco in Italia di Gran Frais ha suscitato le prime, importanti e preoccupate reazioni. Francesco Pugliese, amministratore delegato di Conad, ha dichiarato a 'Il Sole-24 Ore’: "Se staremo a guardare rimanendo ancora una volta passivi, non solo saremo prede ma saremo morti”. Pugliese ritiene Grand Frais un ‘predatore’ che ricostruisce l’ambiente dei mercati rionali coperti, per aumentare il proprio appeal.

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Crisi Dico TuoDì, difficile intravvedere una via d’uscita L’insegna discount Dico TuoDì è in vendita. La crisi commerciale della catena appare inarrestabile, a tal punto che gli azionisti del gruppo hanno dato mandato a Rothschild e all’avvocato Roberto Cappelli di cercare un acquirente per tutta l’azienda o per parte di essa. Secondo indiscrezioni, ci sarebbero potenziali operatori del settore interessati all’acquisto. Tra i possibili compratori del discount si fa il nome di Aldi, come noto molto attivo in Italia negli ultimi mesi con la creazione della sede centrale a Verona e la prossima apertura di diversi punti vendita in Nord Italia. A darne notizia è stato il Sole-24Ore. La crisi del retailer, che conta 400 punti vendita, si è aggravata a partire dal 2015, quando ha accusato una perdita di 40 milioni di euro, appesantendo sempre più la situazione debitoria. Per i 4.000 dipendenti l’allarme occupazione nel mese di luglio è stato ai massimi livelli. A fine luglio le parti si sono incontrate al ministero dello Sviluppo economico. L’impegno, sulla base di una prima bozza del piano concordatario affidato a professionisti, è quello di riattivare le forniture nei punti vendita rimasti aperti e poi procedere rimettendo in attività anche i 123 supermercati momentaneamente chiusi. Per i dipendenti sarà attivata la cassa integrazione straordinaria a rotazione. Sempre al MISE, per il prossimo 19 settembre è stata convocata la prossima riunione presenti i sindacati e i rappresentanti della proprietà. Nell’attuale situazione, trovare un acquirente non sarà facile. Le manifestazioni di interesse restano sulla carta in attesa di sviluppi. Aspettare potrebbe permettere di ‘portare a casa’ Dico TuoDì a condizioni ancor più vantaggiose.

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Essere specialisti di discount non è un mestiere per tutti Forti movimenti tellurici in vista nel settore discount in Italia. Mentre Aldi sta completando le operazioni di sbarco nel nostro Paese con la costruzione del suo Centro Logistico nei dintorni di Verona, Dico-Tuodi conferisce il mandato di vendita della catena (400 negozi – 600 milioni di euro di fatturato) con grande preoccupazione dei 4.000 dipendenti e dei fornitori. Gestire i discount è in effetti roba da specialisti, lo sanno bene i tedeschi che con Aldi e Lidl stanno colonizzando mezzo mondo. Per esempio nel mercato inglese Aldi sta scalando la classifica dei distributori al dettaglio ed è oramai entrata fra le “Big Five” polverizzando la catena Morrison, che passa al sesto posto. In cantiere, da qui a un anno, Aldi prevede peraltro un numero esorbitante di aperture. Lidl sta invece per entrare nel mercato statunitense, con 80 aperture a breve in Noth Carolina, North Dakota e Virginia.

Specialisti non si nasce ma si diventa: lo dimostra – deo gratias, finalmente una buona notizia – una catena italiana: Eurospin. La catena veronese è divenuta la prima catena discount del Bel Paese con 1.100 negozi ed ha già (caso raro nel panorama italiano) una esperienza estera nella pur vicina Slovenia. Ora pare che anche Eurospin accarezzi l’idea di entrare nel promettente mercato americano. Sarebbe una bellissima cosa non solo per la distribuzione italiana, storicamente pigra e neghittosa a muoversi internazionalmente, ma anche e soprattutto per il nostro sistema produttivo. Sarebbe bello che anche i consumatori statunitensi meno spendaccioni possano rifornirsi (Trump permettendo) dei meravigliosi prodotti tricolori senza aprire un mutuo. Le catene distributive sono il principale ambasciatore della produzione del Paese di origine, lo dimostrano i fatti. Noi allora facciamo il tifo. (d.c.)

In Germania il settore cresce con Aldi che batte Lidl Cresce il ruolo dei discount nella grande distribuzione tedesca, dopo la frenata che era stata registrata negli ultimi anni. Uno studio della società di analisi di mercato GfK riporta che nei primi tre mesi di quest’anno la crescita delle vendite dei discount è stata in Germania circa quattro volte quella dei supermercati classici. Mentre i supermercati hanno raggiunto un aumento del fatturato dell’1,1%, i discount sono aumentati del 3,9%. Il leader di mercato Aldi ha registrato un aumento del 5,6%, confermando la sua supremazia su Lidl. Viene premiata – secondo gli analisti – la politica dei discounter tedeschi: messaggi efficaci al consumatore, promozioni azzeccate, prodotti premium.

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Eataly frena aspettando FICO ma intanto cresce all’estero Eataly ha chiuso il 2016 in rosso in Italia, con una perdita netta di 11 milioni di euro. Sino calati i ricavi, che si attestano a 178,8 milioni di euro, rispetto ai 211,7 milioni dell’esercizio precedente. Lo ha riportato il Sole-24Ore riferendosi alla relazione di bilancio. Significativo questo passaggio della relazione: “ll risultato è in controtendenza rispetto alle performance degli anni precedenti. L’andamento è determinato dalla riduzione del fatturato conseguente all’evento di Expo 2015 e al forte incremento della pressione competitiva di nuovi player con una proposta commerciale di qualità”. Eataly conta su 38 punti vendita, di cui 16 all’estero. Gli store più in difficoltà sarebbero quelli più piccoli, mentre quelli di medie dimensioni andrebbero meglio. “A breve apriremo a Los Angeles e Stoccolma. In agenda abbiamo da tre a cinque inaugurazioni all’anno”, ha comunicato l’azienda, che quest’anno punta a passare da 380 a 500 milioni di euro di fatturato globale (Italia +estero) e che quindi, nonostante il 2016 negativo in Italia, guarda al futuro con fiducia. Proprio in Italia partirà in autunno il progetto bolognese di FICO (Fabbrica Italiana Contadina), che vede Eataly come partner di primissimo piano. Sarà in grado Fico di migliorare il dato italiano di Eataly? Il dato 2016 parla chiaro: Eataly fattura più all’estero che in Italia (201 milioni contro 179) e le prossime aperture confermano che è sull’estero che l’azienda punta per lo sviluppo. Del resto, lo stesso nome è studiato per i mercati internazionali dove Eataly continua ad attestarsi come un testimonial non secondario del made in Italy, quello vero. L’andamento di Eataly è uno

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Il bilancio 2016 è negativo in Italia ma è in ottima salute nella maggior parte dei Paesi in cui la catena è presente. Il fatturato ha raggiunto oltreconfine i 201 milioni contro i 179 in patria

specchio dei tempi: il mondo è in ripresa economica, l’Italia fatica. Fare funzionare un'iniziativa in Svezia, in Cina o in America è una cosa, farla funzionare in Italia è

più faticoso. Nonostante ciò, Eataly non molla la presa, come testimonia la partecipazione all’avventura di FICO.

A Monaco di Baviera solo frutta italiana con Ortobra Il 19 luglio la Ortobra Gourmet di Alba ha festeggiato un anno di presenza all’interno dello store di Eataly di Monaco di Baviera, situato nel Viktualienmarkt. La scelta di Ortobra di vendere a Monaco solo frutta e verdura italiana, di stagione e di pezzatura “italiana” (quindi niente pesche piccole, niente albicocche piccole, niente mele piccole) si è dimostrata un successo per l’azienda cuneese che vanta un lungo e positivo rapporto di lavoro con Eataly e che è gestita dai fratelli Fessia. Il primo anno di attività nella ca-

pitale della Baviera chiude con un fatturato di poco inferiore al milione di euro. Per festeggiare questo suo primo compleanno bavarese, Ortobra Gourmet farà ha regalato a tutti i clienti di Eataly Monaco una buona anguria italiana. I promotori di Ortobra Gourmet ritengono che quello di Monaco sia l’unico reparto ortofrutta di un certo rilievo all’estero che tratta realmente solo frutta e verdura italiana di stagione, scelta che ha portato ad un’immagine di gusto, salubrità e stagionalità inaspettata.

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ARANCIA ROSARIA. PERFETTO EQUILIBRIO TRA GUSTO E BENESSERE. Ricca di vitamine A, B, PP e C, ideale come coadiuvante della cura degli stati influenzali

Ricca di antiossidanti contro l’invecchiamento

Una sferzata di energia, ideale per chi pratica sport

Effetti benefici sulla microcircolazione

Oggi Rosaria è anche una spremuta 100% di arance rosse, sempre fresca e disponibile tutto l’anno.


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OPPORTUNITÀ PER VENEZIA. Il porto attira nuove attenzioni

Torna la Via della Seta CMA CGM, compagnia francese di navigazione, quarto gruppo al mondo nel trasporto marittimo dei container (alle spalle di MC, Maersk e Cosco) vuole crescere nel porto di Venezia, ma chiede alle autorità portuali dell’Adriatico la possibilità di attraccare con navi di maggiore portata e di avere a disposizione un servizio ferroviario con più treni. Rispondendo a queste esigenze, Venezia potrà diventare “il capolinea occidentale della Nuova Via della Seta”. Lo scalo lagunare è stato infatti scelto, il 20 luglio scorso, per la presentazione del nuovo servizio di linea diretto della Ocean Alliance tra Estremo Oriente e Alto Adriatico (Rijeka, Koper, Trieste e Venezia) con navi di portata fino a 6000 TEU. Il responsabile del trade AsiaEuropa per la compagnia di navigazione francese, Stephane Courquin, ha presentato al presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale, Pino Musolino, le

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La compagnia francese CMA CGM decisa a puntare sul porto lagunare per i traffici con l’Oriente. Chiede però di attraccare con navi di portata maggiore e un servizio di treni più forte

Nelle foto, il porto commerciale di Venezia e una portacontainer CMA CGM

esigenze di CMA CGM. "Per noi è fondamentale - ha detto Courquin - la possibilità di sfruttare maggiormente l’intermodalità ferroviaria per penetrare ancora

di più nell’hinterland italiano e nel Centro Europa. Da parte nostra abbiamo assicurato che c’è spazio per consolidare e incrementare la partnership con il

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La volontà cinese di rilanciare la Silk Road coinvolge il Mediterraneo e l’Italia L’Italia, insieme a Grecia, Olanda, Israele, Turchia, è tra i Paesi interessati alla Belt & Road Initiative promossa dalla Cina per i collegamenti con il Mediterraneo e con l’Europa al fine di potenziare l’interscambio con le due aree. Della ‘nuova Via della Seta’ si è parlato a Bologna per iniziativa di Intesa San Paolo, in collaborazione con SRM (Studi Ricerche Mezzogiorno). Il grande progetto si basa sulla disponibilità della BRI (la Banca dei Regolamenti Internazionali) ad attivare tra i mille e i 1.400 miliardi di dollari di investimenti infrastrutturali per realizzare e rafforzare opere marittime, stradali, aeroportuali e ferroviarie. Per il momento sono stati individuati progetti portuali e aeroportuali sulla costa Sud ed Est del Mediterraneo per 27 miliardi di dollari. La Cina ha investito per ora 4 miliardi di euro in sei porti del Mediterraneo e del Nord Europa. Cosco, il gigante dello shipping cinese, di proprietà pubblica, ha deciso da tempo investimenti nel porto di Pireo per un miliardo e mezzo di euro. Che prospettive in questo megaprogetto ha l’Italia? Che ruolo può giocare? Secondo SRM, per la sua posizione geografica e la sua dotazione logistica e portuale l’Italia può rivestire un ruolo di primo piano. I porti italiani ospitano già rotte che coinvolgono Medio e Estremo Oriente. E la Cina, con un interscambio di oltre 27 miliardi di euro nel 2016, è uno dei nostri maggiori partner in termini di import-export marittimo. "Il grande programma di investimenti Belt & Road Initiative, che prevede una via marittima ed un’altra via stradale-ferroviaria, permetteranno alla Cina di incrementare le relazioni com-

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Il presidente cinese Xi Jinping, secondo da sinistra, con Vladimir Putin e i leader dei Paesi dell’Asia centrale in un vertice economico in cui si è parlato di Silk Road

merciali con l’Eurasia ed in particolare con i Paesi del Mediterraneo – ha dichiarato a Bologna Tito Nocentini, direttore di Intesa Sanpaolo per l’Emilia Romagna -. Riteniamo che i tutti porti italiani possano giocare un ruolo importante in quest’ambito poiché l’Italia ha già ottime relazioni economiche con questo Paese e perché il mezzo principale con cui la Cina stessa interloquisce con il Mediterraneo è proprio quello navale. Il Governo italiano ha più volte incontrato rappresentanti della Cina a livello imprenditoriale ed istituzionale ed ha sempre menzionato i porti adriatici come via strategica per accogliere le navi che via Suez proverranno dall’Estremo Oriente. Ma sarà importante mettere a disposizione di un così imponente sistema commerciale una serie di porti efficienti per poter offrire alternative di sbarco valide per cui anche i porti adriatici dovranno farsi trovare pronti. Per non dimenticare i porti del Sud che possono essere il punto di approdo per le merci destinate al Centro-Centro nord. Bisogna lavorare dunque per migliorare le infrastrutture pensando che nel Mediterraneo esistono porti nostri competitor che non stanno certo a guardare e che su aspetti fondamentali, come dragaggio per le mega-navi, procedure doganali, aspetti amministrativi ed

intermodalità, sono assai competitivi". "Il recente raddoppio del canale di Suez e gli investimenti cinesi aprono prospettive di ulteriore rafforzamento del ruolo del Mediterraneo ed in particolare dei suoi porti", ha commentato Massimo Deandreis, direttore generale di SRM. "Dal rilancio della grande rotta verso Suez, Golfo e Asia tutti i porti italiani possono trarre vantaggi, compreso quelli dell’Adriatico, e l’Italia ed il Mezzogiorno possono davvero candidarsi a svolgere il ruolo di piattaforma logistica. Chiaramente i porti del Nord Italia hanno la funzione di gate di accesso ai mercati del Centro Europa e sono in diretta competizione con quelli del Nord Europa. Trieste, grazie all’elevata vocazione intermodale, alla sua efficiente rete di collegamenti e alla zona franca offre una via privilegiata verso l’Est e i mercati centroeuropei, ma tutto l’arco marittimo, adriatico-ionico-tirrenico, rappresenta la naturale porta di accesso che può servire tutto il sistema industriale italiano da Sud fino alla pianura padana. Tuttavia, per poter far fronte a questo fenomeno gli scali dovranno mettere in campo nuovi modelli di sviluppo che possano offrire non solo i classici servizi portuali”.

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porto di Venezia anche portando navi di portata maggiore". Ma se per la dimensione delle navi ci sono dei limiti di pescaggio e di lunghezza, sul fronte dell’intermodalità Musolino a margine dell’evento ha detto di essere già al lavoro "per migliorare l’infrastruttura ferroviaria a porto Marghera non solo per i terminal container ma anche per il capolinea delle autostrade del mare a Fusina" e nel piano di sviluppo che il presidente ha in mente c’è anche un possibile collegamento alla linea ad Alta Velocità che da Venezia corre verso ovest e verso sud. Paolo Lo Bianco, general manager di CMA CGM Italy, ha sottolineato le grandi speranze che la compagnia ripone sul porto (dove opera nel terminal Vecon) ricordando che nel 2016 i container reefer imbarcati e destinati all’esportazione hanno conosciuto un aumento del 65%. Da parte sua Musolino ha precisato che “in attesa del futuro nuovo terminal container che sorgerà sulle aree ex-Montesyndial, gli sforzi sono orientati a migliorare i collegamenti con i retroporti del Nord-Est, in particolare Verona e Padova, così come a migliorare l’accessibilità stradale al porto”. Fra gli operatori più interessati all’attivazione del nuovo servizio diretto con l’Asia operato dai partner della Ocean Alliance (oltre a CMA CGM, la OOCL, la Evergreen e la stessa Cosco) c’è l’importatore di ortofrutta Sama, che da giugno ha avviato un servizio di importazione di ananas raccolti in Indonesia e destinati all’Italia e al Centro Europa. Un nuovo traffico che con i servizi di linea in transhipment non era possibile portare a Venezia. Si parla nello specifico di un traffico che sfrutta la presenza del Venice Green Terminal a terra e che, secondo quanto spiegato dal general manager di Sama, Giorgio Masiero, “dovrebbe portare a breve 1500 container all’anno

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Il gigante cinese COSCO acquista la Orient Overseas Il gigante asiatico dello shipping ha rimesso i conti in ordine. Il gruppo armatoriale cinese Cosco Shipping Holdings ha chiuso il primo semestre 2017 con un utile netto di circa 1,85 miliardi di yuan (272 milioni di dollari) rispetto ad una perdita netta di 7,21 miliardi di yuan registrata nel primo semestre dell’anno scorso. E’ l’effetto del lieve recupero del mercato del trasporto marittimo di container e delle sinergie messe in atto dalla compagnia cinese. I noli hanno segnato un rialzo e i volumi di carico containerizzato trasportati dalla flotta del gruppo sono aumentati del 34,72% rispetto alla prima metà del 2016, periodo

nel quale le navi della COSCO Shipping avevano trasportato oltre 7,4 milioni di container TEU. La vitalità di Cosco è confermata dall’acquisto – annunciato il 9 luglio – per 6,3 miliardi di dollari, battendo la concorrenza di altri gruppi, della Orient Overseas International di Hong Kong. Dopo questa acquisizione Cosco sale al terzo posto nella classifica mondiale del trasporto marittimo di container in termini di capacità di stiva, superando CMA CGM, e ponendosi alle spalle di MC e Maersk. Nell’ambito dei trasporti nell’Asia Pacifico, la nuova realtà conquista invece la prima posizione.

stando al nostro business plan 2018-2020. In una seconda fase prevediamo di aggiungerne altri

mille all’anno per la commercializzazione verso i Paesi esteri confinanti, inclusa la Germania meridionale”. Nella piattaforma logistica del Venice Green Terminal, c’è la possibilità di stoccare oltre 5.000 euro pallet grazie a 5 celle specifiche a temperatura controllata e a un’attrezzatura per il ciclo del freddo tecnologicamente avanzata. In proposito il presidente Musolino ha precisato che Venezia, attraverso il Green Terminal, è in grado di offrire servizi interessanti alle aziende che si occupano di import-export di ortofrutta.

Già operativa una importazione di ananas su Venezia dall’Indonesia per conto della società Sama che da sola punta a movimentare in un anno un traffico di 1.500 container

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Genova cresce nei container Il porto di Genova è al 71.mo posto al mondo per il traffico dei container. In un anno ha scalato due posizioni di questa particolare classifica mondiale. Genova è l’unico porto italiano presente nei top 100 assieme a Gioia Tauro, che è il 64.mo della lista. Sul porto calabrese pesa però la quasi totalità di traffico fatto in transhipment, non a caso il porto di Genova è il primo scalo nazionale a comparire nella top 100 fra quelli di destinazione finale. Lo studio, “Top 100 Container Ports 2016”, è stato realizzato dagli analisti di Lloyd’s List ed è riferito al traffico 2015. Rispetto alla precedente edizione del rapporto, Genova fa un doppio passo in avanti grazie ai 2.242.902 TEU movimentati, contro i 2.172.944 del 2014 (+3,2%). Meno positive le indicazioni per Gioia Tauro, che perde in 12 mesi 15 posizioni a poco più di due milioni e mezzo di TEU (14,2%). Al vertice della classifica mondiale restano gli scali asiatici con Shanghai (35 milioni di TEU), Singapore (31 milioni) e Shenzhen (24 milioni) sui primi tre gradini del podio. Per trovare il primo porto europeo si deve arrivare all’undicesima posizione, con Rotterdam stabile rispetto all’anno precedente. Il porto di Anversa è 14esimo e guadagna due posizioni, mentre Amburgo, in risalita, si piazza 18esimo. Per il capoluogo ligure le prime venti posizioni a livello mondiale restano un miraggio, ma nella graduatoria Genova è riuscita a mettersi alle spalle uno scalo da sempre concorrente nel Mediterraneo come Barcellona (79.mo posto).

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I porti fanno sistema C’è la Conferenza Si è insediato a Roma l’Organismo di coordinamento delle Autorità portuali a cui spetteranno le scelte strategiche in tema di infrastrutture, programmi e promozione Il 20 luglio a Roma, nella sede del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, sotto la presidenza del ministro Graziano Delrio (nella foto), si è insediata la Conferenza Nazionale di Coordinamento delle Autorità di Sistema Portuale, il nuovo organismo istituito dalla riforma della governance della portualità a cui sono demandate le scelte strategiche di indirizzo per la portualità nazionale in tema di infrastrutture, programmazione, promozione internazionale e innovazione tecnologica, nonché la definizione di un Piano Regolatore Portuale nazionale. "La Conferenza – ha ricordato Delrio aprendo i lavori – è il luogo in cui si concretizza un principio cardine della riforma: far lavorare le autorità portuali come un unico sistema portuale nazionale, in un’ottica di cooperazione e non di competizione, per valorizzare la Risorsa Mare”. Nel corso dell’incontro il ministro ha fatto il punto sullo stato di attuazione della riforma e sul-

l’impatto dei tanti provvedimenti adottati in questi ultimi due anni in tema di dragaggi, semplificazioni dei controlli, digitalizzazione della catena logistica, pianificazione delle opere, riforma della governance, sostegno all’intermodalità. Delrio, che ha delegato lvano Russo a coordinare i lavori della Conferenza, ha ribadito il ruolo di Assoporti quale struttura tecnica di supporto, mentre sarà la RAM Spa (Rete Autostrade Mediterranee), società del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che nei giorni scorsi è stata posta sotto la guida dell’amministratore unico Ennio Cascetta, ad affiancare la Conferenza su tutti i principali dossier di studio, analisi dei traffici, pianificazione strategica delle opere.

Al porto di Civitavecchia più traffico di ortofrutta ll presidente Francesco Maria di Majo ha reso noto che il porto di Civitavecchia ha archiviato una prima parte del 2017 con dati positivi, in particolare nel settore agroalimentare. "Abbiamo avviato – ha detto – numerosi incontri con il CAR di Roma, alcuni Consorzi agrari e aziende che spero porteranno il porto di Civitavecchia ad essere il punto di riferimento, sia per il Lazio che per il resto d’Italia, della logistica dell’approvvigionamento alle navi da crociera, incrementando questo importante settore. In forte aumento il traffico della frutta che vedrà sbarcare a Civitavecchia oltre 1,2 milioni di tonnellate all’anno”.

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MONDO

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ASIA FRUIT LOGISTICA 2017. Crescono espositori e visitatori

Ressa a Hong Kong I visitatori di Asia Fruit Logistica 2017 potranno contare su una ricca gamma di offerte da tutto il mondo, quando la fiera aprirà le porte dal 6 all'8 settembre prossimi ad Hong Kong. Sono oltre 730 gli espositori da oltre 40 Paesi diversi che si sono iscritti per esporre i loro prodotti e servizi durante la principale fiera commerciale per la frutta e verdura dell'Asia, che si terrà presso il centro espositivo AsiaWorld-Expo. Cinque sono i Paesi che esporranno per la prima volta ad Asia Fruit Logistica: Costa Rica, Finlandia, Giordania, Ucraina e Uzbekistan. Anche importanti società dalla produzione, dei servizi e del commercio internazionale faranno il loro debutto come espositori: tra questi Chiquita, Hutchison Port e l’operatore pechinese online MissFresh. Asia Fruit Logistica 2017 avrà 23 padiglioni nazionali. Tra i Paesi espositori più dinamici questanno, il Sudafrica, con una prenotazione dello spazio espositivo maggiore del 150% rispetto all'anno scorso. Il Paese ha ampliato il proprio padiglione nazionale

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E a Varsavia torna il B2B Fresh Market Fresh Market 2017, il più grande evento polacco dedicato ai fornitori e ai distributori di ortofrutta terrà la sua decima edizione poco fuori Varsavia, al Mazurkas Conference Centre di Ożarów Mazowiecki, nelle vicinanze del più grande Mercato all’ingrosso della Polonia e in una zona in cui sono attive importanti piattaforme logistiche di importatori e distributori, il 21 settembre prossimo. Fresh Market è un’opportunità unica per gli esportatori e produttori stranieri per incontrare i distributori polacchi. Gli organizzatori garantiscono la presenza di 23 catene della GDO polacca e internazionale (presente in Polonia): Aldi, Avita, ATB (Ucraina), Biedronka, Bielmakret (Bielorussia), Brnenka (Republica Ceca), Carrefour, Chata Polska, Chorten, Dino Market, Frac, Freshmarket, Intermarche,

Mila, Minuta 8, Piotr & Paweł, Prim, Stokrotka, Tesco, TopMarket, Zielony Market, Żabka and Viktoria (enclave russa di Kalinigrad, tra Polonia e Lituania). La formula di Fresh Market è mista: incontri d’affari (che sono centrali nell’evento), esposizione, conferenza. La Fresh Market Conference sarà focalizzata sull’analisi del mercato polacco dell’ortofrutta nel contesto del mercato europeo con una previsione dei cambiamenti possibili soprattutto per quanto riguarderà i prezzi nella prossima stagione. Furono 300 i partecipanti dell’edizione 2016 provenienti da Polonia, Italia, Spagna, Francia, Ucraina, Regno Unito, Danimarca, Olanda, Repubblica Ceca, Germania e Svezia. Tra gli italiani presenti nel 2016 la delegazione organizzata da Omnibus. A settembre parteciperà Macfrut.

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MONDO

di circa il 200%. Anche la Corea si è data da fare, con prenotazioni dello spazio espositivo maggiori del 70%, mentre Germania, Giappone, Taiwan e Cile hanno tutti registrato incrementi di oltre il 50%. I visitatori di Asia Fruit Logistica troveranno molte novità tra prodotti e servizi. Tokita Seeds esporrà la sua varietà di zucca super dolce Shogun Sweet; Polskie Jagody, il gruppo polacco produttore di bacche, lancerà una linea premium di mirtilli jumbo (oltre 1,8 mm) con il suo marchio Berry Good; mentre il produttore ed esportatore di meloni dell'Australia occidentale, Capogreco Farms, presenterà due nuove varietà di meloni. In esposizione ci saranno molti prodotti con valore aggiunto, come il durian di IV gamma, che utilizza la tecnologia di imballaggio che permette al frutto di essere raccolto e trasformato ma-

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turo e spedito con una shelf life fino a 15 giorni. Per quanto riguarda la tecnologia, FGE Korea esporrà ciò che descrive come 'il migliore sistema di sterilizzazione' per il settore degli alimenti freschi. La società neozelandese Compac, che esporrà per la prima volta insieme ai suoi nuovi proprietari Tomra, mostrerà il macchinario Spectrim, con una funzionalità maggiore nell'individuazione dei primi stadi di muffe e marciumi. Maersk promuoverà il lancio

Nutrita presenza italiana a quella che si sta imponendo come la più importante fiera cinese dell’ortofrutta. Ma crescono le presenze da tutto il mondo. Debutto anche per Chiquita

commerciale del suo sistema di gestione remota dei container (RCM), che permette di tracciare un container refrigerato e di rilevare le condizioni atmosferiche interne durante tutto il tragitto. Si prevede che parteciperanno a Asia Fruit Logistica oltre 11mila acquirenti e professionisti commerciali di alto livello, provenienti da oltre 70 Paesi. Significativa la presenza italiana con espositori come Alegra, Agrilepidio, CSO Italy, Apofruit, Kingfruit, Morando trade, B&B Fruit, Infia, Compagnia italiana della frutta, Rk Growers, Isolcell, Naturitalia, Melinda, Nava, Ilip, Bruno Elio, Origine Group, Cermac, Gullino, Sorma, Spreafico, Salvi Unacoa, VOG, VIP, FROM, CIV, Oranfrizer, Mazzoni, Unitec, Turoni, Turatti, Jingold. Per la prima volta sarà presente il Corriere Ortofrutticolo con un proprio inviato.

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SPAGNA

La produzione di agrumi cresce in Andalusia La produzione di agrumi dell’Andalusia ha toccato, nella stagione 2016-17, i 2 milioni 94 mila tonnellate, segnando un +12,3% rispetto alla precedente campagna. Il dato è stato diffuso dal Consiglio dell’Agricoltura, della Pesca e dello Sviluppo Rurale. L’Andalusia produce il 31% circa dei volumi totali di agrumi della Spagna (6,7 milioni di tonnellate), al secondo posto dopo Valentia (3,8 milioni di tonnellate). La produzione andalusa più importante si concentra a Siviglia, seguono nell’ordine Huelva, Cordoba e Almeria. L’aumento produttivo più consistente l’ha fatto registrare la provincia di Cordoba (+18,8%). Il 75% della produzione di agrumi andalusa è costituita da arance dolci con oltre 1,5 milioni di tonnellate, il 19% in più rispetto alla campagna 2015-2016. I mandarini (357 mila tonnellate) sono diminuiti del 7,7%. L’Andalusia produce anche limoni (quasi 115 mila tonnellate) e in quantitativi più bassi pompelmi, arance amare e lime.

TURCHIA

Prime ciliegie verso il mercato cinese Nove aziende turche sono state autorizzate a esportare le proprie ciliegie in Cina. Il risultato ha richiesto due anni di trattative. Un rappresentante del gruppo Alanar, che è tra i 9 autorizzati all’export, ha dichiarato che già quest’anno sarà fatto un test importante, puntando in particolare sulle varietà Ziraat 900, Regina e Royal King. La Turchia, come noto, occupa un posto importante nella produzione mondiale di ciliegie. Con una produzione annua di circa 400

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mila tonnellate, pari a un quinto di quella mondiale, condivide con gli Stati Uniti la prima piazza tra i Paesi produttori ed è anche, in molte annate, il primo esportatore mondiale. Verso i Paesi europei e la Russia, la Turchia invia 70 mila tonnellate di ciliegie. Ora le aspettative si concentrano sulla Cina: mercato non facile, ma molto grande. La possibilità di esportare è considerata dalle aziende turche una grande vittoria. Obiettivo della stagione in corso è esportare in Cina da 15 a 20 tonnellate per farne apprezzare la qualità ai consumatori cinesi. Attualmente la maggior parte delle esportazioni di ciliegie verso la Cina arriva da Stati Uniti e Cile. Il mercato cinese assorbe circa 100 mila tonnellate di ciliegie estere all’anno.

NUOVA ZELANDA

Zespri più vicino al lancio del kiwi rosso Quando nel 2010 la PSA si diffuse in Nuova Zelanda, provocando la moria di intere piantagioni di kiwi, Zespri stava mettendo a punto una varietà rossa. Purtroppo il patrimonio genetico della cultivar si rivelò altamente sensibile al batterio e l’80% delle piante – allora ancora in fase di test – venne distrutto, con un impatto devastante sull’intero programma di breeding. Fortunatamente lo studio del restante 20% di materiale vegetale sfuggito al flagello ha permesso ai tecnici del colosso neozelandese di ottenere nuove cultivar migliorative della precedente. Ad oggi, grazie al lavoro congiunto tra Zespri e Plant&Food New Zeland e l’investimento di quasi 19 milioni di dollari, sono state selezionate 50 varietà cosiddette ‘promettenti’ da mettere a dimora e valutare, anche con l’aiuto di 40 produttori in tutto il Paese. La speranza è arrivare entro pochi

anni alla fase di commercializzazione e, soprattutto, replicare il successo riscosso dalla varietà SunGold per i kiwi gialli. Il nuovo frutto – ha recentemente spiegato Bryan Parkes, responsabile Zespri per il lancio di nuove varietà – non vuole differenziarsi dagli altri già in commercio solo per il colore della polpa ma deve avere caratteristiche uniche: oltre a mostrare un’elevatissima resistenza alla PSA, deve avere un sapore eccezionale. Le cultivar attualmente selezionate hanno caratteristiche organolettiche molto differenti l’una dall’altra, con una vasta gamma di sapori che spazia dal lampone al melone fino al tamarillo; la scelta finale terrà conto di diversi aspetti, tra questi un peso importante sarà dato dalle preferenze dei consumatori. (c.b.)

CILE

L’export di uva verso l’UE cresce del 15% Si è conclusa a metà luglio la stagione commerciale 2016-17 dell’uva da tavola cilena. Continua il trend positivo del comparto: secondo i dati rilasciati dall’Associazione degli esportatori di ortofrutta (ASOEX), nel corso della campagna sono state vendute oltre confine 730.264 tonnellate di prodotto, con un incremento del 4% rispetto all’anno precedente. Con una quota del 37% dell’export complessivo, le varietà più popolari sono state le rosse apirene, seguite da quelle rosse con semi, che hanno rappresentato il 30% dei volumi totali; quantitativamente si parla rispettivamente di 271.428 e 221.555 tonnellate. Al terzo posto tra le varietà più esportate quelle bianche senza

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semi con 196.770 tons, mentre chiudono la classifica le uve nere apirene che hanno fatto registrare lo storico record di 32.924 tonnellate vendute, in crescita del 15% rispetto alla stagione 2015/16. Le restanti varietà rappresentano appena l’1% dell’uva destinata a Paesi terzi, per un totale di 7.587 tonnellate. Tra i principali mercati di destinazione quello europeo ha registrato l’aumento più importante dei volumi in entrata: +15% anno su anno per un totale di 127.695 tonnellate. Il Nord America, con una crescita dell11%, si conferma la prima destinazione dell’uva da tavola cilena, seguito dall’Estremo Oriente – con 170.085 tonnellate ricevute –, nonostante il crollo del 27% degli acquisti di Cina e Hong Kong. Da segnalare, infine, l’impennata delle importazioni dell’Indonesia, che hanno raggiunto le 8.251 tonnellate grazie ad un aumento del 92% delle forniture.

Perù dedica circa 3.800 ettari, esporta negli Stati Uniti e in Europa e si sta aprendo al mercato cinese dopo i primi test nel 2016. Delle 40 mila tonnellate di mirtillo peruviano non ne rimane una nel Paese: il prodotto viene esportato praticamente al 100%. Il Perù oggi è il quinto esportatore mondiale di mirtilli. Un ruolo positivo svolge il coordinamento nazionale dell’agenzia Pro Arandanos Perú che è supportata dal settore pubblico e raccoglie i principali produttori del Paese.

PERÙ

ARGENTINA

Impressionante la crescita dei mirtilli

Calo di almeno il 25% dei limoni

Raggiungerà le 40 mila tonnellate quest’anno la produzione di mirtilli del Perù, seguendo una linea di crescita impressionante. Da due anni a questa parte, infatti, la produzione raddoppia ogni anno: nel 2015 era stata inferiore alle 10 mila tonnellate. Una caratteristica attuale dell’ortofrutta peruviana è la sua capacità di rispondere rapidamente alle richieste del mercato internazionale, investendo nei prodotti e nelle varietà per le quali la domanda è forte, senza preoccuparsi troppo della concorrenza estera (a partire da quella del vicino Cile), nella consapevolezza di poter fare qualità. Solo 10 anni fa il mirtillo in Perù era una produzione sconosciuta e fino a cinque anni fa il Perù non aveva ancora esportato un mirtillo. Oggi al mirtillo il

Tre nuovi mercati danno ossigeno alla nuova stagione dei limoni argentini. Stati Uniti, Brasile e Messico hanno aperto le porte alla produzione del Paese numero uno al mondo per l’export di questo frutto. Ne dà notizia José Carbonell, presidente di Federcitrus, in alcune dichiarazioni rilasciate al sito sudamericano Portalfruticola.com sulla campagna di commercializzazione cominciata da due settimane con i primi imbarchi di piccole quantità, campagna caratterizzata da produzioni minori rispetto a un anno fa per ragioni climatiche. Nel migliore dei casi, la produzione argentina, concentrata nella regione di Tucumán, dovrebbe raggiungere un milione 200 mila tonnellate, di cui 250 mila tonnellate destinate all’export. Il calo produttivo do-

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vrebbe essere dell’ordine del 2530%. I primi prezzi in Europa non sono entusiasmanti per la presenza di limoni spagnoli – commenta José Carbonell – mentre il Sudafrica dirige le sue attenzioni verso Russia e Oriente. Le aspettative più interessanti per il limone argentino riguardano gli Stati Uniti e il prossimo inverno il Brasile mentre è un’incognita il mercato messicano, dove sono presenti anche limoni italiani.

IRAN

A fine agosto fiera della frutta a Teheran Teheran ospiterà una fiera internazionale sul settore frutticolo ad agosto, dal 22 al 25, presso l’Olympic Hotel. Ne ha dato notizia il direttore esecutivo dell’evento, Majid Haj-Mohammadi, in un’intervista al quotidiano Financial Tribune. All’esposizione – ha sottolineato Majid Haj-Mohammadi – parteciperanno i produttori iraniani, oltre ai rappresentanti di Germania, Paesi Bassi, Russia, Turchia e Qatar. In concomitanza con l’evento si terranno anche quattro workshop sul ruolo di banche, finanza e assicurazioni nel settore frutticolo, industrie affiliate e confezionamento, gestione dei rifiuti e trasporto, prezzi e costituzione di catene di produzione. L’Iran è uno dei maggiori produttori di frutta del Medio Oriente. Il Paese produce ed esporta noci, meloni, mandarini, agrumi, datteri, ciliegie, melagrane, pesche, arance e uvetta. E’ il primo esportatore al mondo di pistacchio, produzione per la quale sono attivi i rapporti con l’Italia soprattutto per l’azione della Besana. Si stanno facendo largo in Europa anche altre produzioni iraniane, come quella delle melagrane. Il Paese sarebbe un mercato estremamente interessante se il quadro politico dell’area fosse più stabile. Luglio-agosto 2017


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L’Organizzazione di Produttori che riunisce i pataticoltori dell’Emilia Romagna e delle regioni limitrofe, ASSOPA, ha espresso il 17 luglio, in un comunicato firmato dal presidente Michele Filippini, il proprio rammarico per l’impossibilità di definire un prezzo delle patate in scavatura da parte del tavolo paritetico della Borsa patate gestito dal CEPA nell’ambito del contratto quadro 2017/2020. “A seguito di una situazione di mercato molto complessa e di una ancora prematura valutazione delle scavature dell’areale emiliano-romagnolo nella seduta di Borsa Patate del 14 luglio non è infatti stato possibile – si legge nella nota – definire un prezzo per la vendita in campagna delle patate”. ASSOPA ha operato per verificare le previsioni fatte nella Borsa Patate nazionale svoltasi proprio a Bologna il 22 giugno scorso, secondo cui “anche per le raccolte di metà luglio dell’Emilia Romagna, del Lazio e dell’Abruzzo andrà verificata la resa del raccolto in considerazione, principalmente, delle temperature torride e della mancanza di piogge che hanno afflitto queste zone nei mesi di aprile, maggio e giugno” . ASSOPA ha rilevato a metà luglio alcuni elementi di riflessione. La presenza sul mercato di grosse partite di prodotto proveniente dalle regioni meridionali che, a causa della sovrapproduzione rilevata, dalla poca diffusione di adeguate strutture di frigo conservazione, della scarsa qualità in alcuni casi del prodotto offerto, sono state scambiate a prezzi ben al di sotto dei costi di produzione. Una situazione non dissimile si è rilevata nell’areale veneto, dove però la qualità più elevata del raccolto ha consigliato i produttori a mantenere alto il livello dei valori Luglio-agosto 2017

PATATA

Tutti uniti in Emilia Romagna contro il rischio speculazioni Nella prima metà di luglio il settore ha assistito a una caduta dei prezzi sotto i costi di produzione. Immediata la reazione di ASSOPA e UNAPA a tutela dei produttori. Prospettive normali

di cessione, mentre invece si è assistito ad una progressiva riduzione dei prezzi di riferimento. Le scavature già eseguite a metà luglio in Emilia Romagna (circa il 20% del totale) non permettevano di avere ancora un quadro di andamento esatto della campagna 2017/2018, pur consigliando di rinnovare le raccomandazioni ai produttori, già ampiamente diffuse in relazione alle operazioni di scavatura al fine di evitare i danni da caldo e siccità. La produzione dell’Emilia Romagna si caratterizza sempre più per la presenza di patate certificate Global Gap Grasp, grazie anche alle incentivazioni stabilite dal Contratto Quadro, ed è destinata in buona parte a prodotti a marchio Selenella e DOP Bologna, con un alto valore aggiunto confermato dai prezzi di listino del confezionato non lontani da quelli del 2016. Lo scambio di patate in scavatura è pressoché nullo, visto che i produttori si stanno orien-

tando sul conto deposito, il cui prezzo andrà verificato e fissato entro il 15 settembre, quando le bolle speculative sul prodotto che hanno invaso il mercato nazionale si saranno sgonfiate e il riferimento sarà invece il livello produttivo del Nord Europa. ASSOPA – scrive il presidente Filippini – è ben cosciente che l’attività speculativa innalza il rischio di fraudolenta immissione di patate non emiliano romagnole nel mercato tutelato delle produzioni regionali, a danno innanzitutto delle imprese di commercializzazione firmatarie del Contratto Quadro e di conseguenza dei produttori aderenti ad ASSOPA e per questo metterà a disposizione del sistema, come previsto dallo stesso Contratto Quadro, il proprio strumento di rintracciabilità dell’origine del prodotto, a tutela dell’intera filiera, dal campo al piatto. In conclusione, relativamente alle prospettive di mercato, si prevede un riequilibrio tra domanda ed offerta, con prospettive incoraggianti per gli operatori del settore, in linea con l’annata appena trascorsa. "Nella consapevolezza che l’areale emiliano romagnolo, per ragioni storiche e produttive, da sempre costituisce un riferimento per il sistema praticolo nazionale - si legge infine nella nota - ASSOPA intende porsi, in accordo con UNAPA, in continua ed assidua relazione con le altre zone produttive nella consapevolezza che occorre unire i produttori per avere maggiori garanzie sul mercato”. www.corriereortofrutticolo.it

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Per le novelle di Selenella ancora una campagna positiva Il 14 luglio si è conclusa la campagna delle patate Novelle Selenella 2017. Una campagna soddisfacente sul piano commerciale e produttivo, con la conferma dell’elevata qualità delle Selenella raggiunta quest’anno anche nelle produzioni precoci. Spiega Giuliano Mengoli, direttore del Consorzio Patata Italiana di Qualità: "Le Novelle Selenella sono coltivate prevalentemente negli areali vocati di Sicilia, Puglia, Lazio ed Emilia Romagna attraverso un’articolata programmazione delle produzioni per garantire la continuità di commercializzazione per tutto l’anno di un prodotto dagli alti standard qualitativi. Sul piano produttivo la campagna è stata caratterizzata da fattori climatici come un inverno freddo e piovoso al Sud e una primavera calda e siccitosa al Nord che hanno influenzato i tempi di raccolta e la disponibilità di prodotto; le am-

pie superfici gestite dal Consorzio e il radicato rapporto con il mondo produttivo hanno però consentito di garantire la continua disponibilità di prodotto e l’elevata qualità. Sul piano commerciale la costante crescita che sta registrando Selenella sul mercato è stata confermata anche dalla campagna Novelle 2017: +11% il trend di vendita a volume rispetto a quella del 2016 e ulteriore progresso della solida leadership di Selenella. Nielsen certifica che nel mese di giugno Selenella raggiunge il 20% di quota di mercato a valore, corrispondente a un 19,7% su base annua. Valore per tutta la filiera grazie al posizionamento premium di Selenella che contribuisce ad elevare la redditività del comparto; un posizionamento rispondente alle prerogative di qualità riconosciute alla marca e apprezzate da una sempre più ampia platea di consumatori".

Anche UNAPA (l’Unione nazionale tra le associazioni dei produttori di patate) a metà luglio ha posto particolare attenzione ai trend che caratterizzano il mercato nazionale. Il mercato delle patate novelle, per quanto concerne la Sicilia, è ormai terminato, mentre in Puglia vi sono delle piccole rimanenze di prodotto conservato in celle frigorifere disponibili per essere commercializzate sia sul mercato nazionale che su quello estero. La vendita del prodotto pugliese, in questa fase finale, è risultato essere abbastanza regolare, con prezzi in leggero aumento. Nella zona di Napoli, infine, sono sostanzialmente cessate le vendite delle patate. Le ultime partite di prodotto di questa regione – di qualità non eccelsa per problemi climatici – sono state esitate anche a 0,6-0,7 cent/kg.

Dalle verifiche effettuate da UNAPA nei diversi areali produttivi italiani, si conferma come i raccolti delle patate da consumo nel Centro-Nord Italia siano caratterizzati da rese inferiori alla media. Le alte temperature diurne (sovente oltre i 35°) e notturne (non inferiori ai 22°) hanno bloccato l’attività fisiologica delle piante determinando la formazione di tuberi di pezzatura generalmente medio-piccola. Spostando l’attenzione sullo scenario europeo, UNAPA registra che sono terminate le patate del vecchio raccolto francese. Proprio in Francia, al fine di disimpegnare i magazzini, una parte consistente delle rimanenze di tale prodotto sono state destinate all’alimentazione animale. Pertanto con la fine dell’offerta delle patate novelle e del prodotto

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estero, le minori rese previste per la patata da consumo in Italia e in concomitanza di una prima, leggera, ripresa dei consumi, le prospettive commerciali future per il nostro Paese potrebbero essere caratterizzate da un cauto ottimismo, in linea con i trend registrati nella scorsa campagna, con quotazioni che dovrebbero attestarsi, al netto di eventuali effetti speculativi, sui 0,24-0,25 cent/kg alla produzione. Sulla difficile situazione che si è venuta a creare nella prima metà di luglio rispetto ai prezzi di vendita delle patate, è intervenuta anche l’ACI (Alleanza delle Cooperative Agroalimentari) affermando che “bisogna agire al più presto per tutelare il prodotto coltivato dai nostri soci e garantire le loro legittime aspettative di remunerazione e di reddito". “Si sono sommati - ha spiegato Luciano Torreggiani - una serie di fattori concomitanti, quali la sovrapposizione tra i prodotti precoci del Sud e quelli del Nord, l’immissione di patate provenienti da diversi areali produttivi e l’afflusso di prodotti importati da altri Paesi europei: ciò ha causato un eccesso momentaneo di prodotto sul mercato, che ha finito per provocare un inevitabile deprezzamento. Ma non possiamo continuare a svendere un prodotto nazionale d’eccellenza come le patate. Noi rappresentiamo la produzione organizzata e come tale le nostre cooperative, da Nord a Sud, dispongono di strutture di frigo conservazione che possono consentirci di stoccare il prodotto per immetterlo sul mercato tra qualche mese, evitando di continuare a subire azioni speculative in atto da più parti". L’Osservatorio nazionale della patata stima che quest’anno la produzione nazionale di patate potrebbe attestarsi su livelli inferiori alla media, a causa delle temperature elevate. L’Italia produce in media 14 milioni di patate all’anno e ne consuma circa 1820 milioni. Luglio-agosto 2017


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E’ praticamente finita la stagione melicola 2016-2017. Per il Consorzio VOG di Terlano, primo produttore italiano ed europeo, è stata all’insegna di un ritrovato ottimismo. A livello europeo, la stagione ha avuto un inizio complesso, con una produzione per la terza volta consecutiva di oltre 12 milioni di tonnellate, e con le stesse criticità degli anni precedenti: l’export delle mele polacche strozzato dall’embargo russo, l’instabilità politica e finanziaria dei Paesi nordafricani. Ad inizio primavera, dopo alcuni mesi con un buon ritmo di destoccaggio, il mercato ha ripreso fiato e le quotazioni hanno registrato un’impennata, supportata dalle notizie sempre più concrete sugli ingenti danni subìti dagli agricoltori in molti bacini di produzione, a causa dalle gelate primaverili nel pieno della fioritura. Prime stime del prossimo raccolto europeo 2017 parlano di una produzione intorno ai 9 milioni di tonnellate, inferiore del 25% rispetto al 2016, con alcune primarie aree a vocazione melicola che accusano perdite anche dal 50 al 70% sul raccolto normale. Mentre la prossima stagione si prefigura difficilissima per i produttori nelle aree colpite dal gelo, il mercato e i prezzi sicuramente reagiranno alla mancanza di offerta. "I prezzi delle mele ritorneranno in autunno a livelli remunerativi, ma quello che dobbiamo assolutamente evitare sono punte speculative - afferma Gerhard Dichgans, direttore del VOG -. È più a livello di singole varietà che vedremo grossi squilibri nella regione del Trentino Alto Adige: questo vale in primis per le Golden, in netto deficit, mentre per le Gala il raccolto sarà su livelli normali, visto che il fondovalle ha potuLuglio-agosto 2017

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Kanzi regina dell’estate Timori per la prossima stagione Le gelate primaverili hanno colpito soprattutto le coltivazioni in quota. Forse i danni maggiori per Melinda e per la varietà Golden. La riflessione di Dichgans sulla campagna 2016/17

Gerhard Dichgans direttore del VOG

to difendersi dal gelo con gli impianti antibrina". "La stagione 2016-17 ha ricalcato un po’ la stagione precedente. Anche se i prezzi si sono ripresi – commenta Dichgans -, la domanda troppo debole che arriva dai mercati nordafricani ha penalizzato le due varietà principali richieste dal bacino mediterraneo: le Golden e le Red Delicious. Al contrario, le nuove mele Club ancora una volta hanno dimostrato

la loro resilienza alla crisi, con ottime performance di vendite e di remunerazione per i produttori, e questo vale anche per il comparto delle mele biologiche che hanno chiuso un’ottima campagna commerciale: e la domanda è destinata a crescere ancora". "Nel segmento premium del mercato, la soddisfazione maggiore forse viene dalle Kanzi®: un aumento del 50% del raccolto, frutto dei nuovi impianti messi a dimora, ci ha dato la possibilità di prolungare per la prima volta la stagione fino a luglio, e vedere quanto il consumatore abbia gradito questa mela fresca e saporosa proprio nelle settimane più calde di questa estate”, precisa il direttore di VOG, che conclude: “Dopo due stagioni di magra, il 2016/2017 si chiude con un ottimismo ritrovato". Tra i produttori colpiti dalle gelate primaverili ci sono quelli della Val di Non e quando si parla di www.corriereortofrutticolo.it

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Previsioni in Polonia: calo del 30% Il presidente della Società per la promozione dei piccoli frutteti Eberhard Makosz ha rilasciato al sito di economia e finanza biznes.onet una dichiarazione in cui afferma che in Polonia il raccolto di mele di quest’anno potrebbe ammontare a 2,85 milioni di tonnellate, il 30% in meno rispetto all’anno scorso, mentre il raccolto di pere potrebbe essere inferiore del 40% rispetto al 2016, fermandosi a 40 mila tonnellate. Makosz precisa che questa è una prima previsione per la produzione 2017 di pere e mele, basata sulle informazioni fornite da 52 produttori di pomacee e 10

esperti e consulenti agricoli. Una stima accurata è ancora difficile da fare, dato che l’entità delle perdite causate dalle gelate primaverili varia molto a seconda del frutteto. Il professore ritiene che, se alla fine di settembre si registreranno condizioni climatiche favorevoli per la coltivazione delle mele, il raccolto con tutta probabilità avrà un recupero. La Polonia l’anno scorso aveva fatto registrare un raccolto di mele record: 3 milioni 604 mila tonnellate. E il raccolto di pere era stato pari a 81.500 tonnellate.

Previsioni in Francia: calo dell’8% Secondo stime aggiornate a inizio luglio, la produzione francese di mele sarà in calo dell’8% rispetto alla campagna 2016-17 e del 10% rispetto alla media 2012-16. La fonte è la pubblicazione Agreste. Il motivo della contrazione produttiva è lo stesso che provocherà il calo (più forte) della produzione di mele in Italia: l’ondata di gelo arrivata

ad aprile. A differenza dell’Italia, tuttavia, le perdite non sono concentrate in alcune zone alpine ma sono più generalizzate, variando molto a seconda delle regioni e della posizione dei frutteti. La produzione francese si attesterebbe pertanto su un milione 376 mila tonnellate contro il milione 500 mila tonnellate della campagna 2016-17.

Val di Non si parla di Melinda. La produzione di Melinda, stando alle previsioni fatte poco prima del 20 luglio dallo stesso Consorzio, subirà un calo del 35%, con un danno anche superiore per la varietà-regina della Val di Non: la Golden. Danneggiata gravemente anche la varietà Renetta mentre altre varietà, a partire da Gala e Fuji, avrebbero riportato danni inferiori alla media. Nei mesi scorsi, subito dopo le gelate, si era parlato di danni ancora più gravi e tutto il settore melicolo italiano stava pensando a come reagire a una situazione così particolare e inaspettata, visto che Melinda è leader di mercato in Italia e avrebbe lasciato ai concorrenti spazi commerciali imprevedibili, assolutamente fuori dalla norma. Melinda corre ai ripari allungando finché possibile la stagione commerciale della produzione 2016 e posticipando la stagione commerciale 2017. Si prevede comunque una campagna commerciale melicola molto particolare a livello generale in Italia così come in Europa, come anticipato da Dichgans. La penuria di prodotto agevolerà le zone di produzione che non hanno subìto le gelate o hanno riportato i danni più lievi. Il vantaggio per questi produttori sarà duplice: avranno il prodotto e spunteranno prezzi elevati.

Secondo le previsioni dello stesso Consorzio il danno delle gelate inciderà su Melinda per un calo del 35% destinato a salire per la Golden e la varietà Renetta. Danni inferiori alla media per Gala e Fuji. Prevista in generale penuria di mele che agevolerà chi non ha subito danni

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Emanuele Zanini In Alto Adige esiste un mondo parallelo al sistema cooperativo delle mele. È quello delle aste. Nel territorio altoatesino sono presenti tre aste, coordinate da Asta Frutta Alto Adige. Fondata nel 1960 da pionieri del sistema olandese a “orologio”, Asta Frutta Alto Adige assiste e informa gli operatori sull'attività dei centri dove si tengono le aste che si trovano nella zona di raccolta a Vilpiano, Castelfirmiano e Ora. Negli anni il sistema commerciale ispirato da quello dei Paesi Bassi è cresciuto fino a raggiungere le 56 mila tonnellate di prodotto venduto, trattando ogni giorno un migliaio di tons di mele, di pezzature e varietà diverse. A Vilpiano, attraverso Egma Asta Frutta srl, è presente l'asta più importante che può contare su circa 400 produttori altoatesini, non legati direttamente a cooperative, che conferiscono il loro prodotto da metà agosto con le prime Gala fino alla varietà più tardive come Fuji a fine ottobre e Pink Lady a novembre. Sono invece circa 300 i compratori, che operano come mandatari e agenti dei grossisti e supermercati, che si recano fisicamente nella sala acquisti dell'asta. Ma come viene organizzata un'asta? Ogni singolo produttore si impegna a raccogliere e selezionare secondo varietà e pezzatura le proprie mele e a portarle in cassette o bins al centro dove si terrà a vendita. Gli addetti all'asta al momento dell'arrivo della merce controllano che corrisponda alle caratteristiche qualitative dichiarate. Alcuni campioni delle varie partite di mele vengono esposte in un grande salone in cui possono essere visionate dai potenziali acquirenti. Se le mele corrisponLuglio-agosto 2017

MELA

Per Asta Frutta Alto Adige la situazione sarà vantaggiosa Se ne parla poco, ma il sistema parallelo a quello cooperativo e che prende a modello le aste olandesi, sta funzionando e si prepara a riaprire i battenti. La parola al direttore Markus Tscholl

Markus Tscholl, direttore di Egma Asta Frutta di Vilpiano

dono ad alti standard qualitativi vengono etichettate con il marchio “Select”, brand esclusivo dell'Asta Frutta Alto Adige, che garantisce mele di qualità premium con calibro da 75 millimetri in su, e modalità produttive particolarmente attente al rispetto dell'ambiente. Le operazioni partono alla mattina verso le 7 con la supervisione della merce da parte dei compratori. Poi inizia l'asta, che tratta solo frutta appena raccolta e si tiene ogni giorno alle 10 del mattino, esclusa la domenica, per tutto il periodo del raccolto, comprendendo tutta la vasta gamma di prodotti provenienti da montagna, collina e pianura. L'arbitro dell'asta è l'orologio elettronico, come nel sistema olandese. Nella sala asta prendono posto i compratori o i loro delegati. Ognuno di loro nella propria postazione ha a disposizione un tasto collegato elettronicamente con l'orologio. Viene ban-

dita la partita di mele in vendita con determinate caratteristiche e fissato il prezzo di partenza. Il contatore si muove dall'alto in basso con il valore delle mele che inizia a scendere. Il primo che preme il pulsante si aggiudica la partita di frutta. L'organizzazione provvede ad effettuare i conteggi per effettuare il saldo della merce che poi viene depositata o direttamente nei camion per essere portata a destinazione, che è la soluzione maggiormente praticata, oppure viene stoccata in celle frigo in atmosfera controllata per i clienti che desiderano conservarle per un determinato periodo di tempo in loco. "Il vantaggio rispetto alle cooperative - spiega Markus Tscholl, direttore di Egma Asta Frutta di Vilpiano - è che chi compra può giudicare le diverse partite di mele visionandole direttamente scegliendo ciò di cui ha realmente bisogno. Anche per questo è vivo l'interesse della grande distribuwww.corriereortofrutticolo.it

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La sala delle contrattazioni di Vilpiano in una foto della passata stagione. L’asta si prepara a riaprire i battenti

zione per questo sistema di vendita. Nei periodi di raccolta si vedono anche 30 tir carichi di mele destinati alle piattaforme logistiche della gdo che in un secondo momento smista il prodotto nei vari punti vendita”. Asta Frutta di Vilpiano può contare su 5 centri di raccolta (in Val Venosta, a Foiana, Bressanone, Postal e Renon) in cui i produttori portano i loro raccolti che in un secondo momento vengono conferiti a Vilpiano. “Il produttore paga una percentuale sulle mele vendute. Più le mele sono di alta qualità maggiore è il guadagno per i produttori”. A fianco di Egma Asta Frutta di Vilpiano è presente anche uno stabilimento dedicato ai frutti destinati all'industria che prepara annualmente circa 40 mila tonnellate di prodotto e l'azienda Fructus, specializzata nell'esportazione delle mele, acquistate direttamente all'asta, e inviate poi all'estero. Il sistema delle aste determina spesso i prezzi anche sugli altri mercati. E proprio sulle quotazioni quest'anno potrebbe essere un anno particolarmente interessante per il comparto, che pure dovrà considerare la notevole diminuzione di prodotto prevista. A confermarlo è lo stesso Tscholl. "Sarà una stagione con prezzi alti

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per le mele, su tutte le varietà spiega il direttore di Asta Frutta di Vilpiano, realtà che può contare clienti in diversi Paesi tra cui, oltre all'Italia, Germania, Spagna, Austria, Belgio, Grecia, Slovacchia -. Le gelate primaverili hanno causato danni alle produzioni in tutta Europa. Mancherà prodotto e quindi prevedo un'impen-

nata delle quotazioni. Ma il settore si avvia ad attraversare un periodo difficile. In Europa si va verso una sovrapproduzione che porterà ad un'inevitabile diminuzione dei prezzi”. Come difendersi? “Offrendo sempre più qualità nel prodotto, nei servizi e aprendosi a nuovi mercati".

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