Corriere febbraio 2018

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CORRIERE ORTOFRUTTICOLO

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FEBBRAIO 2018

EVENTI • PAG. 23 SUCCESSO A CASERTA Protagonisti dell’Ortofrutta tra contenuti e glamour. Secondulfo Oscar 2018

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Cenerentola a Berlino ✍ Lorenzo

In televisione vanno di moda le interviste in diretta con operai o impiegati che vanno al lavoro. Un modo per far parlare “l’uomo della strada”, per far emergere problemi, paure, arrabbiature… di agricoltura/agroalimentare non si parla mai. E’ più facile che venga intervistato un cuoco mentre spadella che un agricoltore che va al lavoro. La materia prima agricola è interessante – viene da pensare – solo quando viene cucinata; le nostre ‘eccellenze’ fanno notizia solo attraverso la mediazione degli chef. L’ortofrutta, cioè la seconda voce del nostro export agroalimentare (la prima, se consideriamo anche il trasformato), è veramente la cenerentola dell’economia agroalimentare. Fa notizia solo in relazione alle crisi, in particolare quelle estive, quando dobbiamo ricorrere ai ritiri per salvare (in parte) i bilanci delle aziende. Febbraio è il mese di Fruit Logistica a Berlino, questo è il numero del Corriere che sarà distribuito a Berlino, dove gli italiani saranno come sempre i primi espositori per numero, i primi contribuenti ai bilanci della fiera berlinese. Nonostante questo primato, l’immagine dell’Italia sarà come al solito molto frazionata, frantumata, senza un chiaro segnale di sistema Paese. Non ci sarà il ministro, ma a questo siamo abituati. Forse non ci sarà neppure il viceministro Olivero, impegnato in campagna elettorale. Ci saranno tanti assessori regionali, tra cui l’emiliana Simona Caselli anche in veste di presidente di AREFLH, l’associazione delle regioni ortofrutticole europee, che nell’agosto scorso è stata decisiva per salvare il salvabile della stagione di pesche/nettarine. AREFLH è un momento di coordinamento importante a livello europeo, una sede di rappresentanza che può avere un peso nei confronti dei decisori comunitari, come è stato dimostrato. Eppure l’Italia, che pure ha la presidenza, è sotto-rappresentata in AREFLH: mancano quasi tutte le regioni del Sud, ovvero quelle dove si concentra la produzione ortofrutticola. Sappiamo di contare poco in Europa, ma la colpa è anche nostra, del nostro individualismo, del nostro scetticismo verso istituzioni che funzionano se ci si impegna, se ci si crede. Altrimenti sono statue di cera. Anche a Berlino sarebbe importante esserci come sistema Paese. La Germania resta pur sempre il nostro primo mercato con oltre 1,1 miliardi di valore dell’export nel 2016; un mercato importante e strategico per prodotti come mele, uva da tavola, kiwi, melone, pere. Lo era anche per pesche/nettarine prima che gli spagnoli ce le suonassero (da 148 milioni di valore del 2012 il nostro export è sceso a 91 nel 2016). Guardiamo ai mercati lontani, ma non dobbiamo trascurare quelli vicini. In Germania ci sono posizioni da recupeFrassoldati

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rare, situazioni da consolidare, insomma si può fare di più. Per questo una presenza forte come sistema Paese sarebbe non solo importante ma doverosa. Invece avremo - come sempre - tante belle imprese in vetrina, tanti esempi di innovazione, tante macchine e tecnologie all’avanguardia, tanti incontri b2b ma scarso protagonismo come sistema Italia (fatta eccezione per lo spazio Italy, organizzato da CSO, ICE e FruitImprese). Leggevo nei giorni scorsi alcune dichiarazioni dei numeri 1 delle associazioni del vino italiano che chiedono per il 2018 “un regista unico che coordini finalmente le diverse realtà vitivinicole del Paese e abbia la forza e la credibilità per interloquire in modo proficuo con le istituzioni, da un lato, e per rappresentare in modo immediato e chiaro l’Italia sui mercati internazionali, dall’altro”. Ora, se il ‘regista unico’ lo chiedono quelli del vino, che sono stati coccolati, adulati, colmati di attenzioni, soldi e provvedimenti legislativi favorevoli, cosa dovrebbero chiedere le rappresentanze dell’ortofrutta che sono, come detto sopra, le cenerentole dell’agroalimentare? Se si lamentano del ministro e del ministero quelli del vino, che hanno avuto tanto, cosa dovrebbero dire le rappresentanze dell’ortofrutta, che non hanno avuto niente? Servirebbe un po’ più di schiena diritta nei confronti del potere. Abbiamo finalmente il Tavolo nazionale dell’ortofrutta, è vero. Ha battuto un colpo sotto Natale per aggiornarsi a quando? A quando avremo il nuovo governo e il nuovo ministro, sembra di capire. Ma i problemi messi sul tavolo dalle imprese non aspettano i tempi della politica. Si potrebbe andare avanti con un tavolo tecnico coi dirigenti del Ministero… è follia ipotizzarlo? Il male oscuro del comparto è la competitività latitante, la volatilità dei prezzi, la mala-burocrazia, il fisco opprimente, la poca organizzazione commerciale, la perdita di valore del prodotto fresco nella filiera. A Caserta , al nostro evento dei Protagonisti, le relazioni del prof. Corrado Giacomini e di Claudio Scalise hanno fatto perno proprio sul tema del recupero del valore, perché senza ‘valore’ parliamo di niente. Invito tutti i nostri lettori a leggersi le loro relazioni sul

EDITORIALE

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segue a pag. 9

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PROMESSE Diceva Andreotti: “ci sono due specie di matti, quelli che si credono Napoleone, e quelli che credono di risanare le Ferrovie dello Stato”. E quelli, aggiungiamo noi, che promettono un ministero agricolo efficiente. *

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ANNO XXXII Nuova serie Febbraio 2018

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Direttore responsabile: Lorenzo Frassoldati Redazione: Emanuele Zanini Hanno collaborato: Chiara Brandi, Duccio Caccioni, Mariangela Latella Sede operativa via Fiordiligi, 6 37135 Verona Tel. 045.8352317-Fax 045.8307646 e-mail: redazione@corriereortofrutticolo.it Editore Gemma Editco Srl Coordinatore editoriale Antonio Felice Comitato di indirizzo Duccio Caccioni, Antonio Felice, Lorenzo Frassoldati, Corrado Giacomini, Claudio Scalise (coordinatore) Sede legale e amministrativa: via Fiordiligi, 6 37135 Verona E-mail: redazione@corriereortofrutticolo.it P.IVA 01963490238 Fotocomposizione e stampa: Eurostampa Srl - via Einstein, 9/C 37100 Verona Autorizzazione Tribunale di Verona n. 176 del 12-1-1965 Spedizione in abb. postale comma 26, art. 2, legge 549/95 La rivista viene distribuita in abbonamento postale c/c n. 11905379 Abbonamento annuo: 70 euro per due anni: 100 euro abbonamenti@corriereortofrutticolo.it Chiusura in redazione il 01.02.2018

Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

Profilo: Corriere Ortofrutticolo si è affermato come rivista “di filiera” del settore ortofrutticolo italiano. La rivista collega chi produce, chi commercializza e chi vende al pubblico, oltre ai settori connessi (dai macchinari ai trasporti). La diffusione è capillare in Italia, dove si è allargata alla grande distribuzione alimentare e al dettaglio.

Diffusione: 6.000 copie. Ripartizione del mailing: Dettaglianti 23%, Produttori 22%, Grossisti 19%, Distributori 12%, Import-export 6,5%, Servizi 5%, Tecnologie e Trasformati 2,5%, Altri 10%

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La Germania si conferma il primo mercato di sbocco

RUBRICHE EDITORIALE Cenerentola a Berlino NOTIZIARIO

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ATTUALITÀ Primo Piano - Protagonisti Caserta porta bene

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Primo Piano - Protagonisti The winner is… Salvatore Secondulfo

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Primo Piano - Protagonisti La premiazione dei protagonisti

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Primo Piano - Protagonisti La proposta: migliorare i fattori della catena del valore

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Primo Piano - Protagonisti Fari puntati su nocciole, fragole, ortaggi e sulla mela Annurca

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Copertina - Protagonisti ALESSANDRO ANNIBALI Il “regista” delle noci

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FOCUS GERMANIA. Un mercato che rimane strategico

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SCHEDA PRODOTTO

Primo Piano - Protagonisti Il significato di un evento che mette in primo piano la produzione e il commercio italiani 27 Primo Piano - Protagonisti Una festa dell’ortofrutta

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segue editoriale

nostro sito www.corriereortofrutticolo.it o a chiederle alla nostra redazione (redazione@corriereortofrutticolo.it ). Senza formule astruse o fuochi d’artificio hanno delineato un futuro possibile per il comparto: più servizio, più qualità (frutta buona), più marca, più ready to eat (Giacomini). Prodotti innovativi, sani, gustosi, in linea con la richiesta di naturalità

BIOLOGICO

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e benessere dei consumatori, con forti contenuti di servizio, con gli ortaggi al centro di una nuova ‘rivoluzione vegetale’ (Scalise). Anche la Gdo sta spingendo in questa direzione. La scommessa da vincere è semplice: “Mettere al centro il consumatore e pensare di produrre i prodotti di cui ha bisogno”, ha detto Scalise. Sembra facile, aggiungo io. Ma vale la pena di provarci, anche perché alternative non ce ne sono. www.corriereortofrutticolo.it

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Agrinsieme: tradizione italiana che guarda al futuro Sono ormai trascorsi diversi secoli da quando poeti e viaggiatori, anche provenienti da nobili casate europee venivano in Italia per poi imprimere sui propri diari la magnificenza dei territori, l’arte e la cultura. Tra loro uno dei più illustri fu senza ombra di dubbio il poeta e scrittore tedesco Johann Wolfgang von Goethe il quale scrisse Viaggio in Italia (in tedesco Italienische Reise). O.P. Agrinsieme attraverso l’aggregazione ripercorre ogni giorno lo stesso viaggio, salvaguardando e proteggendo le nostre produzioni. L’arte per la biodiversità ha dato vita a un vero e proprio processo di Contro-globalizzazione. Costituita nel 2005 per volontà di un gruppo d’imprenditori, può contare oggi su circa 180 soci distribuiti su tutto il territorio nazionale, in particolare: Roma, Latina, L’Aquila, Ragusa, Caltanisetta, Catanzaro, Cosenza, Siracusa, Viterbo, Catania, Crotone e Trento, con le presenze più significative nel Lazio (Viterbo, Latina, Roma), in Calabria (Catanzaro) e in Sicilia (Ragusa). Attraverso un sistema di commercializzazione centralizzato, O.P. Agrinsieme assicura un flusso produttivo che asseconda la domanda, garantendo sempre la massima efficienza in termini di qualità e quantità. Un altro punto di forza è il mastodontico sistema logistico, in grado di raggiungere ogni punto della nostra penisola in 12 ore, e in 24/48 l’Europa. “Unirsi è la via maestra che conduce al successo, solo aggregandosi i singoli agricoltori possono far fronte alle insidie di un settore come il nostro. La robustezza del nostro gruppo garantisce al produttore la tranquillità necessaria affinché possa concentrarsi sulla produzione di un prodotto eccellente. Febbraio 2018

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NOTIZIARIO

Ecco perché l’unione fa la bontà, una bontà destinata a durare nel tempo, anche attraverso la ricerca e l’innovazione nel campo agronomico.” Queste le parole del presidente di OP Agrinsieme, Aurelio Pallavicino, tradizione unita a una chiara visione del futuro. Un futuro che come spiega il direttore di OP Agrinsieme, Sonia Ricci, è già arrivato. “La nostra OP intende investire in ricerca e innovazione nel settore dell’impiantistica serricola, ma anche nell’ applicazione di nuove e avanzate tecniche di coltura, e nel biologico. Questi sono i 3 punti focali delle nostre politiche future”. Produrre qualità nel rispetto del gusto, della tradizione, ma anche in termini d’impatto ambientale è la meta del viaggio di Agrinsieme. Aggregarsi per offrire agli associati un sistema ormai consolidato, che consente a ogni singolo aderente all’OP di far fronte a

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tutte le sfide, sentendosi parte di un sistema robusto e solidale, che lo rende in grado di percorrere le impervie strade del mercato globale. Il viaggio continua.

Lavorato cresce nella GDO con clementine e arance Navel L’azienda calabrese Lavorato ha concluso l’anno con circa 5000 tonnellate di clementine, da ottobre al 15 gennaio, e 2.000 tonnellate di arance Navel. Quantitativi distribuiti per 80% in Italia e per il 20% all’estero. Il 60% del prodotto venduto nel Belpaese è stato commercializzato attraverso la GDO. Al riguardo Francesco Lavorato, il titolare, sottolinea il rapporto particolarmente positivo con Coop Italia. “Con questa

catena distributiva – precisa l’imprenditore calabrese – ormai non si tratta più di un classico rapporto cliente-fornitore ma di un rapporto consolidato nel tempo che da parte nostra ci piace considerare di collaborazione. Si sono create condizioni che ci permettono di dare soddisfazioni ai produttori, a tutti i nostri collaboratori e a tutto l’indotto. Inoltre ci è stato consentito di lanciare una nuova confezione con il nostro prodotto premium che ha avuto ottimi risultati”, aggiunge Lavorato. Nel corso di questa stagione è stato rilanciato il marchio aziendale tramite attività di pubblicità sulle riviste specializzate, ridisegnando le confezioni. “Stiamo lavorando molto per essere sempre più presenti e protagonisti nel mondo ortofrutticolo conclude Lavorato -. Tra l’altro a novembre abbiamo organizzato una degustazione del nostro pro-

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Il bergamotto non piace solo a Dior e Chanel. Fresco è buono Mentre va avanti all’Unesco la domanda per l’inserimento del bergamotto, il tipico agrume della provincia di Reggio Calabria, tra i Patrimoni dell’Umanità anche grazie alla “benedizione” del New York Times che l’ha definito “un frutto unico al mondo“, il relativo Consorzio di tutela rilancia il mercato del consumo da tavola con una sfida che punta alla svolta da qui a cinque anni. “Se ogni italiano consumasse anche solo un frutto all’anno - spiega l’avvo-

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cato Ezio Pizzi, presidente del Consorzio di tutela, nel suo intervento nel corso dell’incontro “Le proprietà salutistiche del bergamotto e le ricadute socio-economiche ed occupazionali sul territorio” tenutosi sa metà gennaio nella sede della Provincia di Reggio Calabria - la domanda di fatto raddoppierebbe. Dobbiamo continuare a credere in questo prodotto”. Con i suoi 180 milioni di euro di fatturato all’estero, l’export della provincia di Reggio Calabria, in crescita del 16% rispetto al 2016, rappresenta l’1% del totale delle esportazioni nazionali. “L’80% di questo giro d’affari – spiega Ninni Tramontana, presidente della Camera di Commercio provinciale – è realizzato dall’industria locale”. La nuova éra del bergamotto inizia nel 2000 con la legge regionale cosiddetta Aloi (numero 39), con cui la Calabria ha creato degli strumenti per

lo sviluppo dell’inedito canale del fresco su larga scala. “Dei finanziamenti messi a disposizione dalla legge regionale - precisa Pizzi - una parte sono andati perduti, ma con le somme comunque arrivate, io e un piccolo gruppo di volenterosi, siamo riusciti a orientare l’attenzione del mercato su questo nostro agrume non più solo per la sua essenza ma anche per le proprietà salutistiche ottenute dal consumo alimentare, come ad esempio, la sua capacità di contrastare colesterolo e diabete. Grazie a questo canale la richiesta è aumentata e quest’anno, a metà campagna, abbiamo già venduto 700 tonnellate di prodotto contro le 500 del 2016 e le 350 della campagna precedente. Continua anche l’attività di estrazione dell’essenza. Cinque grandi griffe hanno preso contatto con l’OP Unionberg, tra queste Dior, Chanel e Louis Vuitton”.

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Mele 1/ La Envy entra nella GDO con il gradimento dei consumatori Si conferma il gradimento di grossisti e GDO per la mela Envy, entrata in commercio nella scorsa stagione, e che nel 2017/2018 raggiunge il volume di 1.500 tonnellate, tutte provenienti dall’Alto Adige. La mela del segmento ‘supersweet' ha superato la metà della campagna con una richiesta alta e un’ottima continuità. Soddisfazione è stata espressa dai Consorzi VOG e VI.P, che gestiscono la commercializzazione per l’Italia e la Spagna. I grossisti rappresentano il principale bacino di riferimento per la nuova mela; da questa stagione tuttavia è aumentato con continuità anche il canale della GDO, che si è sviluppato con vigore e per il quale VOG e VI.P hanno specificamente riservato alcuni volumi. “Da fine novembre ad oggi la Envy ha dimostrato di reggere molto bene la sfida dei mercati. La qualità del raccolto di quest’anno è stata molto buona e i clienti hanno dimostrato di apprezzare questa mela dolce e croccante”, commenta Gerhard Dichgans, direttore generale del VOG . “Le performance della Envy si sono rivelate all’altezza delle aspettative, con commenti spesso entusiastici sia dei distributori che dei clienti finali”, aggiunge Fabio Zanesco, direttore commerciale di VI.P.

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Il marchio envy™, di proprietà della neozelandese T&G Global, identifica le mele della varietà Scilate. La commercializzazione delle Envy coltivate in Alto Adige da VOG e VI.P proseguirà con regolarità fino alla fine di marzo. L’Italia resta il principale mercato di destinazione, anche se la Spagna è in fase di progressivo sviluppo.

Mele 2/ Il debutto di Yello è positivo. VOG e Vi.P: scelta lungimirante Supera la prova dell’assaggio e convince per la shelf life: sono estremamente positivi i primi riscontri del mercato sulla mela Yello. Dopo l’esordio di dicembre con i primi volumi commerciazzati, lo sviluppo della nuova gialla prosegue con un apprezzamento crescente nei diversi canali distributivi. A fine 2017 VOG ha condotto diversi test nei mercati all’ingrosso, a Milano, Verona, Treviso, Bologna e Pagani (Salerno), riscontrando un alto gradimento. VI.P ha a sua volta iniziato il posi-

zionamento in GDO con una catena nel centro Italia, con feedback anche in questo caso molto positivi. Entrambi i canali di vendita hanno dimostrato che Yello funziona: piacciono al cliente sia il gusto dolce dal sentore lievemente esotico che la consistenza della mela. “I volumi sono chiaramente ancora contenuti, ma yello® già dimostra di essere una scelta lungimirante - afferma Gerhard Dichgans, direttore di VOG -. Abbiamo creduto e investito in questa varietà premium a buccia gialla”. Originaria del Giappone, oggi yello® è prodotta in Alto Adige e distribuita in esclusiva europea dai Consorzi VOG e VI.P. La varietà registrata con il marchio yello® in 60 Paesi è la Shinano Gold, nata dall’incrocio fra Golden Delicious e Senshu. La nuova gialla ha debuttato a livello mondiale nel novembre 2016. Oltre ai test in Italia, sono state effettuate valutazioni anche in Olanda, Belgio, Spagna e Germania. I Consorzi VOG e VI.P hanno inviato inoltre campioni a vari clienti a livello europeo ed extraeuropeo, riscontrando ovunque una positiva reazione nei

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confronti di Yello. “Piace il sapore e conquista l’ottima shelf life”, commenta Fabio Zanesco, direttore commerciale del VI.P.

Mele 3/ Sorpresa Red Moon: raggiungerà presto i 100 ettari La Red Moon Srl si è presentata per la prima volta a Fruit Logistica con un proprio stand per il marchio Red Moon®, un nuovo marchio per una gamma di mele a polpa rossa. Obiettivo è stato presentare la diversità del prodotto sia per il consumo fresco, che per il trasformato. Red Moon® risulta adatta per un consumo piacevole, e - per il colore rosso e la struttura della polpa - è ottima anche per succhi, mousse, chips e altri prodotti trasformati. La mela ha un effetto sorpresa sui consumatori, impressionati dal gusto e dal colore; ha un alto contenuto di vitamina C e antocianina. La Red Moon Srl ritiene che la varietà abbia il potenziale per diventare un nuovo superfood. Nel 2018, la coltivazione di Red Moon® in Italia ammonta a 35 ettari. In Francia, 23 ettari sono già coltivati da specialisti nella produzione di succhi, tendenza in aumento. A fronte dell’elevata soddisfazione dei consumatori per il consumo fresco e i prodotti trasformati, l’obiettivo a breve termine della società Red Moon è di raggiungere i 100 ettari. Red Moon Srl sta trovando partner in Italia, Francia e Olanda.

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Mele 4/ Modì sbarca in India grazie all’intesa Civ - IG International Il presidente del CIV (Consorzio Italiano Vivaisti), Pier Filippo Tagliani e il direttore di IG International, Tarun Arora, hanno raggiunto e ratificato un accordo di partnership commerciale con l’obiettivo di sviluppare il Modìciv® brand sul territorio indiano. Come già preannunciato al salone Fresh Produce India di Mumbai lo scorso 27 e 28 aprile, si conferma con questo accordo siglato a metà gennaio l’obiettivo strategico del CIV di implementare, per alcune delle varietà potenzialmente adatte al consumo locale, un organico e strutturato approccio del mercato indiano e del Far East attraverso una propria rete di licenziatari internazionali. Il Mercato dell’Estremo Oriente è ritenuto particolarmente strategico quale potenziale futuro mercato di sbocco per le nuove varietà di mele made in Italy pur tenendo conto delle attuali difficoltà oggettive legate alla situazione logistica, climatica, al mantenimento della catena del freddo e al feedback dei consumatori locali, ad oggi prevalentemente focalizzati su prodotti made in China (Fuji), USA (Red Delicious e Gala) e solo in minima parte made in Europa (Red Delicious, Gala e Granny Smith). Il progetto internazionale mela Civg198*/Modi® registra ad oggi numerosi licenziatari (produzione e commercializzazione) nell’Emisfero Nord e in quello Sud con un obiettivo di una produzione globale entro i prossimi anni di circa 1.000 ettari con interessanti prospettive di sviluppo atteso nel mercato del Far East ed in quello indiano in particolare. “Principale obiettivo di sviluppo del Modìciv® brand in India nel prossimo triennio consiste nella valutazione e definizione da parte

del CIV di partnership di carattere commerciale con alcuni tra i principali importatori/distributori locali per poter valutare in un secondo momento eventuali opportunità di test di produzione locale", sottolinea Tagliani.

NOTIZIARIO

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Mele 5/ Ambrosia verso il ‘sold out’. Piace anche a Hong Kong Nonostante una stagione con volumi ridotti del 20% a causa degli eventi climatici della primavera 2017, la commercializzazione della mela Ambrosi è proceduta regolarmente dall’autunno fino a gennaio 2018, ed è ormai in corso la programmazione delle ultime calibrazioni per un finale di stagione naturalmente anticipato rispetto agli ultimi anni. “Il nostro prodotto è ormai sostanzialmente piazzato - afferma Marco Rivoira, dell’omonimo Gruppo piemontese - e prevediamo di concludere le forniture ad inizio febbraio, a seconda dei calibri programmati per i diversi mercati. Sia Ambrosia che Gold Rosé hanno goduto di una richiesta costante in Italia, Spagna, Germania e Medio Oriente portandoci quindi ad anticipare la conclusione delle vendite grazie ad un mercato molto dinamico”. Il manager piemontese esprime particolare soddisfazione per la forte richiesta dei partner mediorientali e ancor più per la riuscita dell’introduzione della mela Ambrosia in vassoio in Germania, con volumi che hanno superato le aspettative. “Per quanto ci riguarda - afferma da parte sua Fabio Zanesco, direttore commerciale di VI.P Val Venosta – dalla metà di ottobre fino ad oggi abbiamo lavorato con continuità, puntando ad una rotazione continua del prodotto anche a causa della produzione ridotta, e focalizzando il nostro lavoro con Ambrosia in Italia e Gerwww.corriereortofrutticolo.it

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NOTIZIARIO

mania, che hanno rappresentato la maggior parte delle vendite. Abbiamo programmi di fornitura per i nostri clienti fino alla fine di febbraio, e stiamo programmando quindi la lavorazione del prodotto per le prossime settimane. Da segnalare anche la richiesta dal mercato di Hong Kong, dove abbiamo potuto fornire i primi volumi ad un distributore locale, pur non riuscendo a soddisfare l’intera richiesta.”

Pizzoli chiude il 2017 a 82 milioni Concept store aperto a FICO Viaggia con il vento in poppa Pizzoli, azienda tra i leader di mercato delle patate fresche e surgelate. Nel 2017 il fatturato ha toccato quota 82 milioni di euro, segnan-

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do un +3% sull’anno precedente. L’impresa di Budrio (Bologna) può contare su due stabilimenti industriali e una piattaforma logistica a elevata automazione nel Bolognese e opera attraverso un’ampia rete commerciale nel mercato italiano. L’impresa di Budrio, come ricorda un articolo del Resto del Carlino, nacque dall’intuizione di due fratelli, Ennio e Irnerio, autentici pionieri del settore con l’utilizzo di macchinari innovativi e con nuovi metodi di produzione. Oggi alla guida dell’azienda, che ha scalato le vette del settore, c’è sempre un componente della famiglia: l’amministratore delegato Nicola Pizzoli. “Investiamo e cerchiamo di lavorare in molteplici direzioni - spiega l’amministratore delegato per trovare le soluzioni efficaci nel valorizzare la categoria e la nostra offerta”. Un esempio fra

tutti, secondo l’amministratore delegato, è la presenza di Pizzoli a FICO Eataly World con il ‘Bistrot della patata’: “Un concept store esperienziale - spiega - dove vivere e assaporare tutta la versatilità gastronomica della patata italiana”. La caratteristica principale dell’impresa di Budrio è sapersi adattare al mercato sempre in evoluzione: “I consumi indicano una novità - fa sapere l’impresa bolognese -, i piccoli ristoratori, a volte, per praticità, preferiscono acquistare il prodotto nei supermercati. Per questo motivo abbiamo lanciato il 2,5 chili ‘selezione oro’, un formato dedicato a questa nuova frontiera che, proprio per il fenomeno appena descritto, Pizzoli ha deciso di produrre perché prevede elevati standard qualitativi. Caratteristica che i piccoli ristoratori richiedono”.

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PRIMO PIANO PROTAGONISTI

PROTAGONISTI DELL’ORTOFRUTTA ITALIANA. Sesta edizione

La Reggia porta bene La sesta edizione di Protagonisti dell’Ortofrutta Italiana, l’evento promosso dalla nostra redazione che si svolto il 19 gennaio alla Reggia di Caserta e al Grand Hotel Vanvitelli, è stata per alcuni aspetti la migliore di sempre: oltre 200 iscritti, relazioni e seminari di qualità, premiazioni molto partecipate, una sede prestigiosa come poche, presenza dei vertici delle organizzazioni di settore. Salvatore Secondulfo è stato nominato Oscar dell’Ortofrutta Italiana 2018, un riconoscimento che diventa ogni anno sempre più prestigioso, attribuito da una giuria formata dai presidenti di FruitImprese, di Italia Ortofrutta Unione Nazionale, di CSO Italy, dal direttore e dall’editore della nostra rivista. Secondulfo è stato scelto tra undici imprenditori e manager del settore ortofrutticolo nazionale provenienti da Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Campania, Puglia, Lazio, Trentino e Umbria, selezionati dalla no-

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L’evento del Corriere Ortofrutticolo, in partnership con Fruitimprese, CSO Italy e Italia Ortofrutta è cresciuto ancora. Contenuti e glamour: una formula che piace

Delegati soddisfatti della location al loro ingresso nella sala Romanelli della Reggia di Caserta. Sopra, l’intervento di apertura del professor Giacomini

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L’ingresso di sala Romanelli alla Reggia di Caserta, sede di Protagonisti 2018

stra rivista come Protagonisti nel corso del 2017. Il riconoscimento è stato conferito nel corso della cena di gala, presenti oltre 150 imprenditori e altri ospiti, che ha concluso la giornata dei Protagonisti. Nel corso del pomeriggio erano stati attribuiti altrettanti riconoscimenti a undici campioni del settore: Giancarlo Boscolo di Cultiva, Claudio Coli del Melograno, Isabella Dalla Ragione della Fondazione di Archeologia Arborea, Carlo De Riso di Costieragrumi, Ernesto Fornari di Canova, Paolo Gerevini di Melinda, Carola e Giovanni Gullino di Gullino Group, Enzo e Lino Lapietra dell’azienda Lapietra, Aurelio Pallavicino di Agrinsieme, Simone Zerbinati della Zerbinati e lo stesso Salvatore Secondulfo. Non è stato facile per la giuria scegliere tra costoro il vincitore dell’Oscar. Nella votazione sette candidati su undici hanno ricevuto preferenze; tra questi è emersa una terna composta dal veneto Giancarlo Boscolo, esempio vincente di internazionalizzazione nel settore degli ortaggi (da Chioggia, da dove è partito, ha creato filiali e aziende di produzione in Europa e in America), il piemontese Simone Zerbinati, giovane protagonista del successo italiano della IV gamma, e appunto Salvatore Secondulfo, campano, un professionista della qualità nelle produzioni di frutta del nostro Mezzo-

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giorno, con unità produttive in Puglia (Trani) per l’uva da tavola, a Battipaglia con fragole, kiwi, nettarine e pesche, e a Somma Vesuviana con le albicocche che si è imposto nel difficile mercato nazionale come fornitore di frutta fresca di alta gamma della grande distribuzione. Subito sotto la terna Ernesto Fornari di Canova, i fratelli Gullino di Gullino Group e Paolo Gerevini di Melinda. Marco Salvi, presidente di FruitImprese, Gennaro Velardo, presidente di Italia Ortofrutta, e Paolo Bruni, presidente di CSO Italy, grande regista delle premiazioni, si sono complimentati con Salvatore Secondulfo insieme a Simona Caselli, presidente dell’Associazione delle Regioni Ortofrutticole d’Europa (AREFLH) nonché assessore all’Agricoltura della Regione Emilia Romagna, e al direttore Frassoldati. La pergamena dell’Oscar è stata consegnata a Secondulfo da Ilenio Bastoni, direttore generale di Apofruit, Oscar dell’Ortofrutta Italiana 2017, premiato l’anno scorso a Siracusa. L’Oscar dell’Ortofrutta Italiana ha il significato di evidenziare un esempio di professionalità in un settore che dovrebbe godere, per la sua importanza economica e ambientale, di più ampia visibilità. Finalmente i grandi mezzi di comunicazione stanno scoprendo le caratteristiche nutrizionali e salutistiche dell’ortofrutta, sta

emergendo il fenomeno della ‘rivoluzione vegetale’ nella dieta, ma dietro ci sono tante storie imprenditoriali e aziendali da raccontare, da mettere in evidenza per quanto imprenditori e manager stanno facendo a favore di una delle ‘materie prime’ più tipiche del nostro Paese: l’ortofrutta appunto. Speriamo che il sistema politico ed economico del Paese riscopri e valorizzi al più presto un settore così vitale. Noi del Corriere Ortofrutticolo, in questa direzione siamo impegnati a fare la nostra parte e intendiamo farla sempre di più. La giornata dei Protagonisti, oltre ad avere approfondito temi importanti con esperti come l’economista Corrado Giacomini, Luca Lanini per la logistica, Claudio Scalise per il marketing, Maurizio Marchesini per il credito, Duccio Caccioni coordinatore dei seminari sui prodotti di tendenza, è stata una grande festa dell’ortofrutta italiana. L’iniziativa, che ha avuto il patrocinio della Regione Campania, di Confagricoltura e della Camera di Commercio di Caserta, è stata possibile grazie al contributo di Sermac, BPER Banca, Besana, Apofruit, Grimaldi Lines, Fiera Milano con il marchio Fruit&Veg Innovation, Melannurca Campania e Organizzazione di Produttori AOA. I partner storici: FruitImprese, CSO Italy e Italia Ortofrutta Unione Nazionale, hanno aderito ancora una volta all’evento con entusiasmo e portando un sostegno concreto. Significativa la presenza di Protagonisti delle precedenti edizioni: Nello Alba, Ilenio Bastoni, Ettore Cagna, Pino Calcagni, Giuliano Canella, Pietro Paolo Ciardiello, Marco Eleuteri, Tom Fusato, Claudio Gamberini, Franco Mattozzi, Giulio Romagnoli, Marco Salvi, Stefano Soli. Il prossimo appuntamento con i Protagonisti dell’Ortofrutta Italiana e l’elezione dell’Oscar di settore è già fissato per il 18 gennaio 2019 a Venezia.

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PRIMO PIANO PROTAGONISTI

L’OSCAR DELL’ORTOFRUTTA ITALIANA

THE WINNER IS… SALVATORE SECONDULFO La serata dei Protagonisti dell’Ortofrutta Italiana al Grand Hotel Vanvitelli di Caserta è culminata con la premiazione dell’Oscar dell’Ortofrutta assegnato per il 2018 all’imprenditore campano Salvatore Secondulfo, uscito vincitore da una terna comprendente anche il veneto Gianfranco Boscolo e il piemontese Simone Zerbinati. Nelle foto, la premiazione di Secondufo e i festeggiamenti. Sopra, il premiato è con Ilenio Bastoni, Oscar 2017, in un ideale passaggio del testimone: l’ambita pergamena dell’Oscar.

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PROTAGONISTI

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LA PREMIAZIONE DEI PROTAGONISTI

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PROTAGONISTI

LA PREMIAZIONE DEI PROTAGONISTI

In queste due pagine la premiazione dei Protagonisti dell’Ortofrutta Italiana il 19 gennaio alla Reggia di Caserta. Nell’ordine, da sinistra in alto di pagina 26, Giafranco Boscolo di Cultiva, Vincenzo Falconi di Italia Ortofrutta che ritira il premio per l’assente Claudio Coli di Il Melograno, Isabella Dalla Ragione della Fondazione di Archeologia Arborea, Carlo De Riso di Costieragrumi, Ernesto Fornari di Canova, Paolo Gerevini di Melinda, Carola Gullino del Gruppo Gullino, i fratelli Lino e Enzo Lapietra dell’azienda agricola Lapietra, Aurelio Pallavicino di Agrinsieme, Salvatore Secondulfo della OP Secondulfo e Simone Zerbinati della Zerbinati. Sono stati presentati da Paolo Bruni e premiati da Marco Salvi, Gennaro Velardo, Giacomo Suglia e Lorenzo Frassoldati

Il significato di un evento che mette in primo piano la produzione e il commercio italiani di Antonio Felice Il significato di Protagonisti dell’Ortofrutta Italiana è semplice: mettere in evidenza le professionalità - imprenditori e manager che possono essere portate ad esempio per stimolare la crescita del settore. Su come scegliere queste professionalità abbiamo trovato una convergenza con alcune delle rappresentanze più significative a livello nazionale che, sin dalla prima edizione, sono nostre partner nell’iniziativa: Fruitimprese, Italia Ortofrutta Unione Nazionale, CSO Italy. I partner indicano alcuni nomi nel corso dell’anno, la redazione del Corriere Ortofrutticolo ne indica degli altri e alla fine la redazione – a partire dal direttore – di me-

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se in mese decide. C’è un criterio di base, abbiamo fatto una scelta di campo: stare dalla parte della produzione. I nove decimi dei Protagonisti sono produttori. E la ragione è semplice: senza produzione finisce tutto, senza una produzione che faccia reddito il sistema scricchiola e lascia spazio e business alle importazioni, a competitori internazionali sempre più agguerriti. “L’ortofrutticoltura italiana - sono parole che rubiamo a un manager che stimiamo - è uno dei settori produttivi nazionali a più elevato potenziale inespresso ma si fatica non poco a veder emergere tale potenziale”. Le crisi di singole produzioni sono sempre dietro l’angolo e allora è più facile importare agrumi dalla Spagna che farne un grande business na-

zionale, meglio lavorare per i neozelandesi, dalle mele al kiwi, che lanciare un grande marchio made in Italy, più facile spendere belle parole che sostenere davvero la produzione italiana da parte dei distributori e - perché no - dei politici. Il risultato di tutto ciò è che la superficie coltivata delle specie ortofrutticole più presenti in Italia (mele, agrumi, pesche, nettarine, pere e presto potrebbe essere lo stesso per il kiwi) continua a diminuire inesorabilmente anno dopo anno e di giovani imprenditori ortofrutticoli in giro se ne vedono pochi. La nostra celebrazione si scontra con questa realtà. Tuttavia, una parte significativa del settore ha ritrovato una sua competitività. Su questo bisogna lavorare. Non è una ‘mission impossible’.

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PROTAGONISTI

UNA FESTA DELL'ORTOFRUTTA

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UNA FESTA DELL'ORTOFRUTTA

UNA CENA CHE È UN MOMENTO PRIVILEGIATO DI RELAZIONI La giornata dei Protagonisti dell’Ortofrutta Italiana ha avuto al Grand Hotel Vanvitelli di Caserta il suo momento di relax ma anche di relazioni privilegiate in un ambiente confortevole ed esclusivo. A tavola non pochi dei più bei nomi del settore ortofrutticolo italiano, con protagonisti di oggi e di ieri.

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Più attenzione alle esigenze del consumatore, miglioramento delle varietà anche in funzione dei nuovi stili di vita e spinta verso il segmento ready to eat. Sono punti essenziali per lo sviluppo del sistema ortofrutticolo italiano che non possono prescindere dalla riorganizzazione del comparto produttivo che attualmente rivela delle grandi disomogeneità con una grande concentrazione delle superfici coltivabili al Sud e, per contro, una maggiore organizzazione quindi, produzione di valore, al Nord. Questi gli elementi chiave del rinnovamento dell’industria ortofrutticola italiana che Corrado Giacomini, ordinario di Economia agroalimentare all’Università di Parma nonché coordinatore dell’Osservatorio della Cooperazione agricola ha messo a fuoco nel suo intervento inaugurale dell’edizione 2018 dei Protagonisti dell’Ortofrutta italiana alla Reggia di Caserta, intervento che ha aperto il convegno sulla ‘Catena del valore’, analizzata con successivi interventi dal punto di vista della logistica, del credito e del marketing. “Le OP in Italia - ha precisato Giacomini - sono l’essenza del sistema perché realizzano il pro-

A Caserta quattro interventi significativi sull’organizzazione del settore e l’approccio al mercato (Giacomini), sulla logistica (Lanini), sul marketing (Scalise) e sul credito (Marchesini) dotto ma anche sviluppano delle relazioni tra operatori. Il sistema organizzato genera, complessivamente, il 50% della produzione ortofrutticola nazionale (escluse le patate), il 48% in termini di valore ed il 33% delle superfici. Tuttavia emerge un grosso problema legato al forte squilibrio a livello territoriale dal momento che il 50% delle aree produttive è al Sud mentre il 25% si trova al Nord”. L’Emilia Romagna è la prima regione italiana per volumi prodotti da OP (29%), seguita da Alto Adige (11%) e dalla Lombardia (10%). Campania e Sicilia sono tra le regioni italiane con più superfici dedicate all’ortofrutta ma arrivano a malapena all’8% ciascuna della produzione nazionale sviluppata da Organizzazioni di produttori. “Questo squilibrio - ha affermato Giacomini - fa si che il 70% del fondi di esercizio vengano registrati al Nord e solo 20% al Sud. In pratica assistiamo alla concentrazione di fortissime risorse al Settentrione e poche nel Mezzo-

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La proposta: migliorare i fattori della catena del valore

giorno”. La situazione è confermata anche analizzando la strategia 20082011 dei Programmi Operativi, prevalentemente utilizzati per investimenti fissi come le macchine, che quindi non incidono sull’indispensabile attività di marketing e di rapporto con il consumatore per fare il passo avanti richiesto. Secondo i dati ISMEA, infatti, tra Nord-Ovest (38,5 milioni di euro) e Nord-Est (238,4 milioni di euro), si assorbono la quasi totalità delle risorse nazionali che ammontano a complessivi 381,2 milioni di euro. “Sono valutazioni fondamentali per potere affrontare i cambiamenti richiesti dal mercato anche per via dei nuovi stili di vita dei consumatori”, ha aggiunto Giacomini. “Oggi molti italiani pranzano fuori casa ma si opta per panini, pizze o primi piatti e pochissima ortofrutta, soprattutto fra i giovani. Ed è qui che bisogna intervenire anche grazie agli spiragli di speranza offerta dalle analisi del Rapporto COOP 2017”.

È spettato al prof. Giacomini aprire il convegno principale alla Reggia di Caserta sulla catena del valore nell’ortofrutta

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Secondo quanto emerso da questa ricerca, la frutta non è più considerata solo un dessert ma cresce il suo ruolo di snack diffuso come spuntino mattutino o merenda pomeridiana. “I driver principali di questa rimonta - ha chiosato Giacomuni - sono i prodotti ready to eat come ad esempio i piatti pronti che crescono del 7,3%, i piatti unici (+3,8%), le porzioni, sempre più piccole, a quantità fissa di ortofrutta (+8% in valore e +5% in quantità). Tra le possibili risposte dell’ortofrutta a questi trend c’è una maggiore attenzione al sell-out ossia il rapporto con il consumatore, il miglioramento della percezione anche attraverso i brand e la diffusione di informazioni salutistiche nonché i miglioramenti varietali”.

LOGISTICA

Trasporto e intermodalità, catena del freddo ma soprattutto e-commerce, digitalizzazione, connettività nelle supply chain e sviluppo delle reti fisiche (corridoi logistici, piattaforme) e informatiche. Sono alcuni dei temi e delle parole chiave nel comparto della logistica inserita nella catena ortofrutticola. A sottolinearlo è stato Luca Lanini, professore di logistica agro-alimentare e supply chain management dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, nel proprio intervento seguito a quello del prof. Giacomini. Secondo Lanini è indiscutibile la

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crescita e il consolidamento della spesa on line anche se ancora troppo centrato sul ‘falso mito' dei tempi di consegna, spesso a discapito della qualità del servizio. E proprio il servizio, sia commerciale che logistico e distributivo, secondo Lanini, “sarà sempre di più il vero valore aggiunto sia nel rapporto con i consumatori ma anche nelle relazioni commerciali lungo la supply chain”. Lanini ha insistito su questo aspetto riportando un recente commento di un imprenditore friulano: “Io probabilmente non ho il prodotto più buono, né il più economico, né la confezione più bella. Ma il mio servizio al cliente è ottimo ed è sul servizio che voglio continuare a migliorare”. L’e-commerce, ha sottolineato il professore di logistica, sta cambiando lo scenario globale e porterà ad una completa revisione delle piattaforme logistiche in prossimità delle città. In questo contesto i mercati agroalimentari avranno un ruolo sempre più strategico, candidandosi ad ospitare, gestire e governare la logistica dell’ultimo miglio. “L’Italia rispetto ad altri Paesi è ancora indietro. La sfida nel mondo dell’e-commerce comunque si giocherà non tanto sul tempo, o non solo, sulla rapidità ma, soprattutto, sul servizio”. Sul tema della tecnologia collegata al comparto, ha aggiunto Lanini, “l’evoluzione digitale del mer-

cato si ottiene con una crescita integrata tra automazione dei processi, organizzazione commerciale e logistica, gestione dei dati e delle informazioni”. In un mondo sempre più globalizzato il trend porterà a ragionare per supply chain appunto globali, tenendo conto soprattuto dei Paesi emergenti. Questo dovendo considerare che oggi gli scambi di servizi e beni tra mercati emergenti costituiscono un quarto dei flussi totali mondiali. In Cina (primo esportatore mondiale e secondo importatore al mondo), Sudamerica, Medio Oriente, Africa, India e Sud Est asiatico i volumi di scambio sono aumentati fra il 500% e 1800% negli ultimi dieci anni, ha precisato Lanini. E la grande sfida si gioca, al momento, lungo la via del mare. Per questo, secondo il prof. Lanini, la crescita dell’export italiano dovrà seguire per forza di cose le vie intermodali. Basti pensare che secondo le previsioni Drewry il commercio mondiale di prodotti deperibili aumenterà del 3,1% annuo, da 185 milioni di tonnellate del 2013 a 216 milioni di tons del 2018. Il traffico marittimo di prodotti deperibili ha un tasso di crescita annuale del 3,2% da 15 anni ed oggi ha raggiunto una quota di 100 milioni di tonnellate trasportate. In questo scenario un ruolo chiave è giocato oggi - ma ancora di più in futuro - dalla Cina. Per questo la cosiddetta Nuova Via

Il prof. Luca Lanini, un intervento il suo tra e-commerce, peso del trasporto marittimo e ferroviario e ruolo della Cina

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MARKETING

“L’era della rivoluzione vegetale è iniziata e coinvolge il 37% degli italiani tra vegetariani (l’8%) e flexitariani (29%) ossia coloro

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PROTAGONISTI

della Seta rappresenta una nuova sfida per raggiungere in maniera efficace ed efficiente e con tempi relativamente ristretti il Paese della Grande Muraglia. Nel 2013 il presidente della Cina Xi Jinping ha avviato la BRI, ‘Belt and Road Initiative', un sistema che prevede la realizzazione di canali di comunicazione attraverso l’Asia centrale, occidentale e meridionale, così come attraverso il Medio Oriente e l’Africa settentrionale ed orientale. La BRI si divide in due percorsi separati, la Silk Road Economic Belt e la Maritime Silk Road. Ma soprattutto, quel che conta, ha ricordato Lanini, è che la Cina ha intenzione di creare una grande zona di libero scambio che porterebbe enormi nuove possibilità commerciali nel Paese dell’Estremo Oriente. Secondo il World Economic Forum “la riduzione del 50% delle barriere doganali aumenterebbe il commercio mondiale del 15% e il PIL globale del 5%”. Ad approfittare delle potenzialità della Cina è stata per il momento e in linea con la sua grande tradizione commerciale l’Olanda. Basti pensare che il porto di Rotterdam intercetta un terzo delle merci cinesi dirette in Europa e che gli olandesi hanno realizzato collegamenti diretti alla BRI. Il futuro logistico passerà comunque dalla rotaia. Durante la relazione di Lanini, è intervenuto Marcello Donnarumma di Grimaldi Lines che ha presentato i progetti avviati e quelli in via di attuazione della compagnia navale, che da anni sta sviluppando le cosiddette autostrade del mare, sfruttando navi cargo per trasportare via mare merci diverse, tra cui ortofrutta, collegando diverse aree del Mediterraneo, soprattutto Spagna, Italia e Grecia, ma non solo.

Sopra, Claudio Scalise, direttore di SG Marketing e, sotto, Maurizio Marchesini, responsabile credito agrario del Gruppo BPER Banca

che riducono progressivamente il consumo di carne”. A segnalarlo è stato Claudio Scalise, direttore di SG Marketing, nella sua analisi di mercato preparata in esclusiva per l’edizione 2018 de I Protagonisti dell’Ortofrutta, presentata nell’intervento dal titolo “La rivoluzione vegetale nei consumi e le opportunità di successo per l’ortofrutta che cambia”. Estratti, centrifugati, insalate, zuppe pronte, succhi e spremute freschi al 100% hanno conquistato il posto di piatto principale della giornata per quasi il 38% degli italiani, circa 23 milioni di persone. Un terzo di questo target (11%) è rappresentato dai millennials, consumatori di età compresa tra i 18 e i 35 anni, che guidano questa rivoluzione che determina grandi

cambiamenti anche sul fronte della distribuzione e della gestione dei reparti F&V. “In risposta ai crescenti trend di consumo ortofrutticolo - ha spiegato Scalise - che si sono verificati proprio durante la più grande crisi economica del nostro Paese, sta cambiando anche l’approccio dei retailer. Un passaggio inevitabile se si considera che il 56% del bilancio dei punti vendita della GDO è dato proprio dai prodotti freschi. Non solo ortofrutta, che rappresenta il 13% di questa fetta, ma anche macelleria, gastronomia, ecc. L’attenzione a questo aspetto è un fattore determinante del successo economico del supermercato”. Si assiste pertanto, nei punti vendita, ad una nuova segmentazio-

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una cattiva alimentazione. Questa diventa una premessa importante per costruire un’efficace marketing dell’ortofrutta.

CREDITO

“Il gruppo BPER sta seguendo con grande interesse il settore primario e vuole soprattutto mostrare quale debba essere il giusto approccio per dare risposte concrete alle aziende”. Lo ha sottolineato a Caserta Maurizio Marchesini, responsabile Credito Agrario del Gruppo BPER Banca, che ha creduto nell’iniziativa come momento di crescita consapevole del settore. “Occorre innanzitutto capire le diverse richieste che ci vengono avanzate”, ha precisato Marchesini. “Abbiamo aziende più strutturate che sono particolarmente attente alle occasioni dei mercati internazionali e chiedono un modello di banca che sappia affiancare l’azienda ma anche, se richiesto, indirizzarla. Ma abbiamo soprattutto aziende di dimensioni ridotte le quali, in forma associata, rappresentano l’ossatura della nostra capacità di produrre con altissima qualità ma che non possono offrire elementi tradizionali per una valutazione finanziaria. Esistono vari

strumenti che hanno l’obiettivo di fotografare la realtà aziendale in modo scientifico ma non possono essere efficaci con aziende agricole di piccole dimensioni. È per questo che abbiamo creato una struttura di specialisti che debbono tradurre la capacità aziendale di produrre reddito in un linguaggio fruibile dalle banche. L’anomala contabilità, la particolare fiscalità, la difficile gestione di una liquidità con flussi irregolari debbono trovare una banca che sappia integrarli con una reale valutazione patrimoniale, con una consapevole valutazione dei flussi attesi, con una conoscenza del mercato e dei margini attesi derivanti dalle diverse produzioni”. “L’Italia - ha riconosciuto - produce centinaia di eccellenze, fregiate dai marchi DOP, IGP e SGT; nel campo ortofrutticolo sono oltre cento e creano formidabili occasioni di vendita interna ed estera”. “Le banche - ha concluso devono riuscire a facilitare l’azione delle aziende agricole singole o associate, con competenza specifica e reale capacità di valutazione aziendale. In questo ci stiamo impegnando convinti che questo settore possa competere con successo in tutti i mercati”.

PROTAGONISTI

ne dell’offerta determinata dalla necessità di recuperare marginalità incrociando da un lato le esigenze del consumatore e dall’altro cercando di riposizionarsi offrendo prodotti ad alto contenuto di servizio ossia bio, premium, prima gamma evoluta, IV gamma di frutta, V gamma F&V. “L’80% delle catene della GDO italiana ha continuato Scalise - ha dichiarato di volere aumentare le confezioni F&V di IV e V gamma confermando il ruolo della private label quale driver della crescita dei consumi ortofrutticoli. Inoltre, le prime venti catene italiane stanno provando a riposizionare il reparto ortofrutta su nuovi parametri quali l’innovazione di prodotto, la stagionalità, la territorialità, l’italianità e le linee premium in risposta ad una crescente attenzione dei consumatori alle proprietà salutistiche di quello che mangiano, elemento che ha raggiunto la stessa importanza del gusto”. Il 60% degli italiani considera il mangiare un vero piacere ma cresce la quota dei consumatori (58%) che pensa all’aspetto salutistico nella convinzione ormai assodata che la maggior parte delle malattie siano causate da

La parola all’Associazione Donne dell’Ortofrutta Raggruppa manager, ricercatrici e giornaliste “L’Associazione Nazionale Le Donne dell’Ortofrutta, nata grazie all’impegno e alla volontà di una trentina di socie fondatrici, si propone di promuovere una nuova immagine del settore, che riduca il divario tra mondo produttivo e consumatore finale, tramite un approccio più empatico”. Sono le parole di Serena Pittella (nella foto, con a fianco il direttore del Corriere Ortofrutticolo Lorenzo Frassoldati), vicepresidente dell’Associazione nata lo scorso 6 dicembre a Bologna e responsabile marketing dell’AOP Luce, intervenuta a Protagonisti dell’Ortofrutta Italiana. “Il nostro obiettivo - ha sottolineato Pittella - è uscire dalle singole realtà aziendali e creare un network di professioniste, in grado di condividere idee e proposte, affrontando in modo concreto e innovativo diverse tematiche”.

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Molto l’interesse da parte della platea, che ha riconosciuto nell’organizzazione costituita da produttrici, manager, consulenti, giornaliste, comunicatrici e ricercatrici una vera opportunità per il settore, poco avvezzo alla presenza femminile, ma in grado di comprenderne le enormi potenzialità.

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“Abbiamo bisogno di produttori di frutta secca e specialmente di nocciole“. È l’appello che Giuseppe Calcagni, presidente del Gruppo Besana, ha lanciato dal palco di Protagonisti dell’Ortofrutta Italiana a Caserta, nel corso dell’incontro dal titolo ‘Il rilancio della nocciola’ moderato da Duccio Caccioni, direttore scientifico di FICO e coordinatore degli interventi del pomerggio. Calcagni ha aperto la serie di 4 seminari, affidati a imprenditori, su altrettanti prodotti di tendenza o tipici.

Analizzati da imprenditori del settore alcuni prodotti di tendenza o da rilanciare per lo sviluppo del settore nel nostro Meridione. Interventi di Calcagni, Giaccio, Ciardiello e Di Massa investimento medio di circa 34mila dollari/ettaro, si ha una redditività media di 5.500 euro netti per ettaro”.

LA MELA ANNURCA

LE NOCCIOLE

Secondo l’analisi effettuata da Calcagni, che ha presentato in anteprima a Caserta una relazione destinata al comparto produttivo kazako al quale ha rivolto lo stesso appello una settimana dopo, il problema è che mentre la crescita della domanda mondiale si è assestata, tra il 2016 e il 2017 a +15%, la produzione mondiale cresce più lentamente (+9%), creando un differenziale insostenibile per l’industria della frutta a guscio anche per l’elevata richiesta di prodotti dolciari che la impiegano. “Trentacinque miliardi di dollari di fatturazione mondiale per i produttori di nocciole - ha precisato Calcagni - equivalgono oggi ad un giro d’affari globale di 500 miliardi di dollari di prodotto finito. Ciò in considerazione dell’elevata quantità di materia prima richiesta per le preparazioni dolciarie più comuni. Per un cioccolatino Gianduia, ad esempio, se ne usa il 45%, per un prodotto dolciario di buona qualità, la quantità minima è il 24%. La Nutella, che è la crema di nocciole più diffusa al mondo, ne usa il 13%”. Le previsioni del settore sono di un’ulteriore significativa crescita

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PROTAGONISTI

Fari puntati su nocciole, fragole, ortaggi e sulla mela Annurca

Duccio Caccioni, coordinatore dei seminari tematici a Protagonisti

nei prossimi anni e l’Italia può giocare un ruolo di primo piano per le sue favorevoli condizioni pedo-climatiche che di fatto raddoppiano la produttività degli impianti rispetto, ad esempio, a quelli in Oregon negli Stati Uniti: 4mila chili per ettaro contro 2.300. Non è un caso dunque che Ferrero abbia recentemente acquisito il ramo d’azienda Nestlé dedicato ai prodotti dolciari e chiesto all’Italia la creazione di 10mila nuovi ettari di impianti. “In Italia - ha concluso l’intramontabile Pino Calcagni - abbiamo le migliori varietà ma il problema che è difficile arrivare a trovare appezzamenti così grandi da garantire la dimensione ottimale per un investimento (circa 250 ettari). Bisogna lavorare sulla creazione di massa critica considerando che i miglioramenti varietali a cui siamo arrivati permettono di andare in produzione già dal terzo-quarto anno con la possibilità di avere 750 piante per ettaro. In pratica, a fronte di un

È in itinere la modifica al disciplinare per la produzione di Melannurca per l’introduzione del diradamento chimico nel processo produttivo, mentre il Casertano, cuore pulsante per la coltivazione di questo prodotto tipico campano, spinge in avanti la filiera puntando al raddoppio degli areali puntando a quota 1.400 ettari in cinque anni su un totale regionale che oggi si assesta intorno ai 2000 ettari. Lo ha detto Giuseppe Giaccio, presidente del Consorzio Melannurca Campana IGP nonché titolare dell’OP Giaccio Frutta di Bellona in provincia di Caserta, specializzata nella produzione della mela certificata. Per le sue proprietà organolettiche oltre che per le caratteristiche colturali che vengono tramandate da generazioni e che si basano tutt’oggi ancora molto sulla lavorazione a mano, la Melannurca rappresenta una delle eccellenze campane che soltanto da poco più di un decennio ha varcato i confini della distribuzione campana e laziale collocandosi nel segmento premium dei principali canali nazionali (70% mercati generali e 30% GDO). L’Annurca è una mela del tutto eccezionale. Da settembre scorso, per esempio, sono sul mercato i nuovi farmaci Applemets Colesterolo e Applemets Hair che contrastano, rispettivamente, colesterolo e caduta dei capelli: entrambi

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PROTAGONISTI

PRIMO PIANO

sono a base di Melannurca e sono il frutto di progetti di ricerca, avviati dal 2012 con l’Università Federico II e il Policlinico di Napoli. Ma in generale si assiste ad un’impennata del mercato sia sui canali del fresco, del settore della IV gamma e dei trasformati. Un fenomeno che ha dato il via all’espansione degli areali.

LE FRAGOLE

Il futuro della fragola italiana passa da innovazione, ricerca varietale, differenziazione di prodotto, packaging. In una parola: qualità. Ne è convinto Pietro Paolo Ciardiello, direttore di Coop Sole di Parete (Caserta), intervenuto ai seminari tematici di Caserta nell’ambito di Protagonisti. Secondo Ciardiello la fragolicoltura nazionale ha bisogno di caratterizzarsi. E per farlo è necessario lavorare proprio sulla qualità a 360 gradi, che significa non solo garantire un prodotto buono dal punto di vista gustativo ma anche lavorare sull’efficienza in termini di logistica, confezione, comunicazione. “Attraverso l’innovazione – ha insistito il direttore di Coop Sole – il prodotto italiano può distinguersi da quello estero, spagnolo in primis. Se vo-

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gliamo combattere la battaglia sul prezzo, perdiamo in partenza - ha sottolineato Ciardiello -. L’Italia deve puntare sulla qualità e sulla ricerca per far emergere varietà italiane”. “Perché - ha aggiunto la fragola italiana all’estero piace. Per esempio in Germania le confezioni con prodotto italiano sono particolarmente ricercate”. I margini per migliorare ci sono tutti, sia nel mercato interno che all’estero. Ciardiello ha fornito anche alcuni dati del comparto fragola, sottolineando come negli ultimi anni la produzione nazionale che si estende tra i 3.500 e i 4.000 ettari - si sia spostata progressivamente da Nord a Sud. Nel Mezzogiorno viene prodotto il 60% del totale con Basilicata (dove regna Candonga) e Campania a dominare la scena con quasi la metà della produzione nazionale. Ciardiello ha aggiunto come la campagna della fragola si sia estesa grazie all’organizzazione delle aziende e alle varietà. “Ora serve lavorare sull’organizzazione per essere più competitivi all’estero”.

ORTAGGI DI TENDENZA

Sono tanti. Non a caso si parla di

‘rivoluzione vegetale’. A Caserta è stata presentata una realtà che rientra in questa macro-tendenza. Vincenzo Di Massa, presidente dell’OP AOA, ha presentato alla platea un’importante realtà del Meridione, nata nel 1980 a Salerno e ad oggi presente in molte altre regioni (Puglia, Toscana, Umbria, Lazio, Marche, Abruzzo, Molise, Basilicata e Calabria). Dapprima dedicata alla produzione di soli prodotti destinati alla trasformazione, l’OP AOA nel tempo ha saputo crescere e svilupparsi, ampliando le proprie attività anche al fresco. Oggi l’offerta è davvero variegata e comprende ciliegie, mele, fragole, nocciole, ravanelli, pomodori, cachi, castagne, insalate, meloni, cavolfiori, asparagi, rucola, cavolo rapa e friariello. Per il futuro la strategia messa in evidenza dal presidente è rafforzare ulteriormente l’offerta inserendo prodotti tipici e a marchio DOP. “Un ritorno alle origini, o meglio al proprio territorio, che vuole privilegiare produzioni locali di eccellenza come il cipollato dell’Agro Nocerino Sarnese DOP, il friariello e il pomodorino del Piennolo del Vesuvio DOP".

Riconoscimento a Simona Caselli, presidente delle Regioni Ortofrutticole d’Europa I progetti di ricerca europei, i finanziamenti dei programmi 2017 e le opportunità di ricerca messe a disposizione dalla Commissione Europea per il 201820 sono stati al centro dell’incontro che si è tenuto il 23 gennaio a Bruxelles. Presiedeva i lavori Simona Caselli, in qualità di presidente di AREFLH, la Rete europea delle principali Regioni e organizzazioni di produttori europei orto-floro-frutticoli, in rappresentanza del 35% del fatturato complessivo di un settore che vale 50 miliardi di euro e riunisce 3,4 milioni di aziende, quasi un quarto di tutte quelle della UE. Simona Caselli è stata un’interlocutrice privilegiata dell’incontro di Caserta, è intervenuta per presentare AREFLH in conclusione ai lavori della mattina e ha ricevuto nella serata dell’Oscar un riconoscimento dalle mani di Paolo Bruni, presi-

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dente CSO Italy, e del nostro direttore Lorenzo Frassoldati. Caselli ha ribadito la necessità di “investire in ricerca e innovazione per garantire la competitività” e ha esortato le Regioni del Sud ad aderire all’associazione europea che presiede.

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ALESSANDRO ANNIBALI. Ha rilanciato New Factor e la S. Martino

Il “regista” delle noci Chiara Brandi La mission è chiara: offrire l’eccellenza grazie a qualità e innovazione. Ciò che differenzia la realtà imprenditoriale di Alessandro Annibali, da anni tra le figure di spicco nel comparto della frutta secca e disidratata, è il modo in cui tale obiettivo viene perseguito. L’imprenditore riminese ha saputo implementare un’integrazione verticale tra due realtà parallele e complementari: la New Factor, leader nella lavorazione e commercializzazione di snack naturali a base di frutta secca e disidratata, e la San Martino, azienda agricola del forlivese specializzata nella produzione di noci. “Quando verso la metà degli anni Novanta mi ritrovai tra le mani un piccolo frutteto ereditato dai nonni materni capii subito che poteva essere valorizzato se messo al servizio dell’attività avviata

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Le produce, le trasforma e si è fatto promotore di una vasta aggregazione per il rilancio della noce italiana che coinvolge Emilia Romagna, Marche e Veneto

Tecnologie avanzate per la selezione delle noci nel centro di lavorazione di New Factor. La società di trasformazione lavora per tutti i produttori associati

da mio padre alla New Factor. Scartai la possibilità di piantare mandorli e noccioli; la presenza

di un paesino della zona chiamato San Lorenzo in Noceto mi convinse che l’unica alternativa vali-

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CHI è

ALESSANDRO ANNIBALI

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Riminese, classe 1957, è presidente di New Factor e dell’Azienda Agricola San Martino, capofila della storica iniziativa di filiera ‘Noci di Romagna’, recentemente mutata nel progetto ‘In-Noce’. Laureato in Economia e Commercio all’Università di Bologna con 110 e lode, ha lavorato per anni tra Roma e la California. Dopo una parentesi come direttore del Gran Hotel di Rimini (il 5 stelle amato da Federico Fellini), di cui il padre Iliano e lo zio Luigi erano azionisti di maggioranza, nel 1990 intraprende l’avventura alla New Factor, divenendone amministratore delegato nel 1992. Da allora un’escalation di successi che hanno portato l’azienda di Cerasolo Ausa ai vertici nel comparto della frutta secca e disidratata. Curioso ed appassionato di storia, ammette di aver sempre sognato di fare l’antropologo; un desiderio non del tutto accantonato e in qualche modo soddisfatto: “Con il mio lavoro - spiega - riesco a conoscere sempre nuove culture e nuove civiltà; in un certo senso faccio anche l’antropologo”. Tra i momenti più difficili della sua vita un tragico incidente aereo nel 1979 a Città del Messico, che lo ha visto tra i tredici superstiti e che gli ha lasciato una profonda cicatrice. Tra i ricordi più esaltanti “la foto su Time Magazine di Zhirinovsky, leader della destra russa dell’era post Gorbaciov in costume da bagno a bordo piscina, con in mano una busta di pistacchi ‘Mister Nut’, a dimostrazione della popolarità del marchio in Russia in quegli anni”. Fondatore di Nucis Italia - rappresentanza italiana di I.N.C. (International Nut and Dried Fruit Council Foundation) -, dal 2001 al 2010 è stato presidente della Commissione di categoria all’interno dell’associazione sindacale ANEIOA (oggi Fruitimprese). Secondo Annibali “per fare impresa occorre bilanciare perfettamente tre elementi: idee, capitali e uomini. I capitali sono ampiamente disponibili, basta avere le giuste idee, condizione imprescindibile di ogni imprenditore. Il vero valore aggiunto, dunque, sono gli uomini, ovvero la squadra. Fondamentale per ottenere buoni risultati è la scelta dei collaboratori, la loro formazione e il senso di appartenenza ad un progetto comune”. (c.b.)

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da fosse il noce”. Una caratteristica unica nel comparto della frutta secca, in grado di aumentare la qualità percepita dagli interlocutori, che in Annibali riconoscono la duplice anima di imprenditore e produttore agricolo. Alessandro, sebbene la New Factor tratti tutte le varietà di frutta secca e disidrata, lei è noto come ‘l’uomo delle noci’ per l’attività dell’Agricola San Martino e il suo impegno per la filiera. Quali sono i punti di forza di questa coltura che tanto l’attrae e quali le cose da migliorare? “L’Italia è un Paese storicamente vocato alla produzione di noci; fino a qualche decennio fa era uno dei primi produttori al mondo. Oggi non è così ma mi piacerebbe che le cose cambiassero; le opportunità di crescita e il ritrovato interesse nel comparto mi fanno ben sperare. È vero che nel mondo si sta investendo molto in noceti ma è un dato di fatto che la domanda è in aumento, e continuerà ad esserlo. Gli spazi ci sono: ogni anno in Italia si consumano tra le 50 e le 55 mila tonnellate di noci e se ne producono circa 18 mila; in Europa la domanda si attesta sulle 500 mila tonnellate annue; in Cina la percentuale relativa ai consumatori potenziali è pari al 20% ed entro il 2022 è prevista al 50%, con un aumento del mercato di 450 milioni di persone. Per non parlare dell’India. Insomma, prima di arrivare al problema della saturazione della domanda credo debbano essere affrontate altre questioni. Nell’ultimo trimestre del 2017, per la prima volta dopo tanti anni, il consumo delle noci (in guscio) in Italia ha subìto una leggera flessione. Nulla di preoccupante; come membro della commissione frutta secca di Fruitimprese ritengo che tale tendenza sia dovuta ad un cambiamento delle preferenze dei consumatori, che prediligono un prodotto a maggior contenuto di servizio Febbraio 2018


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CHI è

NEW FACTOR E AGRICOLA SAN MARTINO

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Rilevata nel 1981 da Iliano Annibali, già titolare di Italsementi e padre di Alessandro, nella sua ‘precedente vita’ la Factor - divenuta New Factor durante ‘l’era Annibali’ - era un’azienda di San Clemente che produceva spilloni di frutta secca per i bar della Riviera. Trasferita la sede a Cerasolo Ausa, in provincia di Rimini, da piccola impresa diviene un’importante realtà nella lavorazione e commercializzazione di snack naturali a base di frutta secca e disidratata. Il 2017 si è chiuso con un fatturato intorno ai 45 milioni di euro, in crescita dell’8% rispetto all’anno precedente quando si realizzarono 42 milioni di euro (+12,07% sul 2015). Qualità e innovazione sono i fattori critici del successo dell’azienda riminese, tangibili in ogni proposta inserita in catalogo. Tante le linee di prodotto, ognuna dedicata ad un segmento specifico dell’ampio target dei ‘consumatori Mister Nut’: Mister Nut Snack Time, Mister Nut Family Time, Mister Nut Wellness, Mister Nut 0.99, Mister Nut Noci, Mister Nut Gourmet (per il canale Ho.Re.Ca), Mister Nut Leggeri con Gusto, Mister Nut Happy Hour. La produzione New Factor si avvale di strutture e apparecchiature all’avanguardia: l’impianto di cernita, salatura e tostatura con forno ha una capacità produttiva di 3.000 kg/ora mentre quello di tostatura e salatura in olio Florigo arriva fino a 2.500 chili di prodotto lavorato ogni ora; gli impianti di selezionatura materie prime sono dotati di tecnologia ottica - risonanza - laser. Il processo di confezionamento si sviluppa lungo 13 linee per una produzione annua di circa 18 milioni di confezioni (120 mila pezzi per turno lavorativo) in svariate tipologie di packaging e formati. Perfettamente integrata verticalmente è l’Agricola San Martino di San Martino di Forlì. L’azienda, con un fatturato annuo intorno ai 2 milioni di euro, è detentrice del know how produttivo derivante da oltre 20 anni di attività specializzata nella produzione di noci. Come una sorta di spin off aziendale, nel 1997 è stato avviato il progetto ‘Noci di Romagna’, per la commercializzazione sotto un unico marchio del raccolto di diverse realtà del territorio. Il successo ottenuto dall’iniziativa, unito alla voglia di Alessandro Annibali di implementarne le potenzialità hanno portato lo scorso autunno ad un importante upgrade. La sostituzione del brand commerciale da ‘Noci di Romagna’ a ‘Noci di San Martino’ riflette l’evoluzione in un nuovo programma, ‘In-Noce’, aggregativo di undici aziende tra Emilia Romagna, Marche e Veneto che intende coinvolgere sempre più operatori lungo l’intero Stivale. Dinamica e innovativa, New Factor e San Martino sono al contempo molto attente alle tradizioni: “Tra le nostre ambizioni - afferma Annibali - c’è far riscoprire il gusto di sapori antichi, ancestrali, come quello della frutta secca, portata in dono a Re Salomone dal profeta Zaccaria”. (c.b.)

(sgusciato) fruibile in ogni momento della giornata. Per questo l’atto di acquisto si è spostato nei bar, in palestra, nelle ending machine, frazionando di fatto la domanda su più canali. Circa la lieve contrazione dei prezzi rilevata lo scorso anno, il ragionamento deve essere allargato all’intero

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comparto, tipicamente molto sensibile alle oscillazioni della produzione: l’eccezionale stagione in termini di volumi ottenuti in tutti i Paesi produttori ha calmierato i prezzi. Ma non solo; purtroppo il boom della domanda di frutta secca ha attirato operatori non specializzati, che si sono

‘buttati’ nell’import di questa tipologia di prodotto proponendo talvolta qualità scadente che di conseguenza parzialmente ha defezionato all’acquisto”. Proprio con l’idea di valorizzare la noce locale, sta portando avanti un progetto di filiera. Ce ne parla? “Dal 1997 l’Azienda Agricola San Martino è la capofila del progetto ‘In Noce’ (in origine ‘ Noci di Romagna’ poi modificato per abbracciare provenienze regionali diverse), che garantisce un prodotto sano e di alta qualità, grazie al percorso controllato lungo tutta la filiera. Recentemente, con l’ampliarsi della portata dell’iniziativa, è stato pianificato un investimento di 2 milioni di euro per la realizzazione di un nuovo centro di prima lavorazione dove andrà a confluire il raccolto proveniente dalle undici aziende produttrici coinvolte tra Emilia Romagna, Marche e Veneto, prima di essere portato al centro di lavorazione di New Factor, che si è impegnata ad acquistare l’intera produzione. L’investimento potrebbe essere in parte finanziato dai fondi del PSR; ancora non c’è certezza ma siamo abbastanza ottimisti perché sembra ci siano le coperture sufficienti per tutte le domande pervenute in Regione. Intanto il progetto va avanti, con o senza sovvenzioni: a fine gennaio è stato firmato il contratto d’appalto per la costruzione dell’impianto, dotato di tecnologia 4.0, estremamente sofisticata e veloce (fino a 60 noci al secondo). Si tratta di una macchina di selezione ottica che permetterà di intercettare le noci difettose all’esterno, attraverso un controllo a 360 gradi del guscio, e quelle non sviluppate correttamente all’interno, grazie ad una valutazione del peso associato al calibro. Ciò ci permetterà di avere un prodotto davvero di qualità eccellente. Oltre alla tecnologia per le diverse fasi della selezione, sarà installata una nuova macchina per la Febbraio 2018


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Cosa c’è nel futuro della New Factor? "Ho.Re.Ca. e ci stiamo organizzando internamente per l’e-commerce B2B. Al contrario, l’unica alternativa valutata per le vendite online B2C è Amazon, ma è ancora tutto da decidere. Inoltre, è previsto l’aumento degli impianti di lavorazione e stoccaggio: è in costruzione un nuovo stabilimento refrigerato di 3 mila metri quadrati per la conservazione delle materie prime che andrà a sommarsi ai due siti già esistenti per un totale di 15 mila mq di impianti. Sono inoltre previste alcune novità di prodotto con l’entrata in una nuova area di business: il consumo legato all’attività sportiva. L’idea è creare una linea di snack salutistici per sportivi a base di frutta secca (nello specifico, integratori e barrette), che sarà presentata al pubblico durante il Venditalia, la fiera del vending che celebrerà la sua undicesima edizione in primavera a Milano. E ancora, sebbene il nostro impegno sia costantemente rivolto ad aumentare la presenza nella grande distribuzione, siamo comunque attenti anche ad altri canali, di nicchia, in cui è possibile crescere con il marchio ‘Mister Nut’. Lo abbiamo fatto con il vending, segmento nel quale siamo leader in Italia con 12 milioni di buste nel 2017. Infine, il mio personale obiettivo è completare il progetto di riorganizzazione aziendale in atto, volto a ridefini-

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re la squadra interna arricchendola di figure professionali di eccellenza”. Cosa si augura per il futuro del comparto? “La mia speranza è che l’Italia torni ad essere leader mondiale nella produzione di frutta secca. Finalmente, in forza del cambiamento culturale delle nuove generazioni di produttori, dall’approccio più imprenditoriale, e grazie al contributo di player di primo piano (come Ferrero) che lavorano in ottica di filiera, le cose sembra si stiamo muovendo nella giusta direzione. La mia preoccupazione è tuttavia legata ai rapporti con il retail. Purtroppo sta prendendo piede la tremenda moda delle aste al ribasso organizzate dalle insegne discount per commissionare la produzione a marchio commerciale. Una prassi contraria ad ogni logica della frutta secca, un prodotto prezioso che va valorizzato e non svenduto e banalizzato. Credo che su questo il legislatore dovrebbe intervenire; l’articolo 62 ha regolamentato i tempi di pagamento ma lascia un grande vuoto in merito alle tipologie di contratto utilizzate. Noi importatori siamo come ‘il vaso di coccio tra due vasi d’acciaio’, dove questi ultimi sono rappresentati da esportatori e retailer: da una parte subiamo i prezzi imposti alla vendita e dall’altra scontiamo la mancanza di una maggior tutela contrattuale nei nostri confronti”. La frutta secca ha vissuto un ve-

ro e proprio ‘svecchiamento’ d’immagine, acquisendo negli anni una posizione di prestigio nella mente del consumatore. Gli operatori del comparto sono stati parte attiva di tale ‘rivoluzione’; ad oggi cosa continuano a fare per sostenere il posizionamento raggiunto? “L’aspetto più interessante nel mio lavoro è l’impressionante velocità di cambiamento degli scenari, in un continuo divenire di opportunità, nuovi mercati, tipologie di consumatori, di canali etc. Si deve sempre stare attenti a ciò che succede intorno senza tuttavia anticipare troppo i tempi. Bisogna ‘pensare fuori dalla scatola’. Durante la mia carica di presidente di Nucis Italia, rappresentanza nazionale dell’I.N.C., sono riuscito a convincere i miei colleghi (tra loro concorrenti) a condividere un budget di 80 mila euro da investire in comunicazione. Lo scopo era divulgare i contenuti salutistici e i valori nutraceutici e nutrizionali del nostro prodotto e, anche grazie al prezioso aiuto del professor Scalise di SG Marketing, siamo riusciti a farlo. Ad oggi non c’è over 50 in Italia che non conosca l’importanza del consumo della frutta secca per ridurre il rischio di patologie cardiovascolari o che non sappia del loro potere nel contrastare il colesterolo cattivo grazie alla massiccia presenza di grassi insaturi benefici. Ma non ci siamo fermati. Le nostre attività di comunicazione proseguono: l’ultimo budget approvato nei giorni scorsi prevede un investimento di 350 mila euro. L’intenzione è estendere ulteriormente il progetto coinvolgendo eventuali influencer, come personal trainer e allenatori di squadre sportive. Finora le nostre iniziative si erano limitate al comunicare i benefici sulla salute attraverso la testimonianza di medici e ricercatori; ora vorremmo trasmettere l’importanza del consumo di frutta secca come ‘integratore’ per chi pratica sport e attività fisica”.

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sgusciatura, unica in Italia, proprio per intercettare al meglio quella parte crescente di domanda interessata al prodotto sgusciato. Al momento sono soddisfatto del progetto; spero tuttavia si allarghi sempre di più, coinvolgendo il maggior numero di produttori possibile. Sono convinto che l’unico modo affinché il lavoro in campo venga remunerato equamente sia un’azione di filiera; se questo non accade il rischio è fare la fine delle pesche e nettarine”.

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Focus Germania. Un mercato che rimane strategico Emanuele Zanini Imprescindibile e ancora strategico. Il mercato tedesco rappresenta per l’ortofrutta italiana di gran lunga la prima destinazione estera. Secondo i dati elaborati da Fruitimprese, nel 2016 il Belpaese ha inviato in Germania 1 milione e 144.246 tonnellate di ortofrutta, di cui oltre 823 mila tons di frutta e poco più di 321 mila tons di ortaggi, per un valore complessivo di un miliardo e 265,7 milioni di euro (quasi 851 milioni euro per la frutta e 415 milioni di euro per le verdure) sui quasi cinque miliardi di euro complessivi del nostro export nazionale. Numeri stabili ma in leggera crescita rispetto agli anni precedenti. I dati a disposizione sul periodo gennaio-ottobre 2017, dicono che l’export ha superato in dieci mesi di poco il milione di tonnellate a volume per un valore di oltre 1 miliardo e 255 milioni di euro, cioè quasi come l’intero anno 2016. Per quanto riguarda la frutta, l'80% del venduto, a valore, è concentrato su cinque prodotti: mele e uva da tavola in primis che da sole, rappresentano oltre la metà del business con quasi 440 milioni di euro - seguite da pesche e nettarine, pere e kiwi. Tra gli ortaggi in testa ci sono in-

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Prima destinazione estera dell’ortofrutta italiana, la Germania assorbe quasi un milione e mezzo di tonnellate, per lo più di frutta. Un Paese esigente e che richiede qualità e organizzazione salate e pomodori. Ragionando su questi numeri, il presidente di Fruitimprese Marco Salvi osserva come sulla frutta l’Italia rimanga leader sulle prime cinque categorie di prodotto, anche se non si può non notare il crollo a valore delle pesche e nettarine, passate dai 122 milioni di euro del 2012 e 127 milioni di euro del 2013 ai poco meno di 85 milioni del 2016. Una perdita di 40 milioni di euro. Le mele, invece, sono il prodotto più esportato con quasi 257 mila tons nel 2016 per un valore di 228,6 milioni di euro. In linea generale ad incidere sull'evoluzione delle esportazioni è anche un fattore emerso negli ultimi anni sul mercato tedesco: la produzioni locale. “Le catene distributive tedesche – spiega Salvi – stanno spingendo molto sui prodotti interni regionali. A partire proprio dalle mele, di cui noi italiani inviamo soprattutto tipologie di marca e di livello premium. Ma lo stesso i tedeschi fanno su asparagi, susine e diversi ortaggi. Quindi per l'Italia la fine-

stra commerciale tende a restringersi”. Ma secondo il presidente di Fruitimprese bisogna considerare anche un altro aspetto commerciale emerso con forza nelle ultime stagioni: “Con sempre maggior frequenza i prodotti nelle catene tedesche si vendono in promozione. Il mercato tedesco è fortemente concentrato, con la GDO che rappresenta tra l'85 e il 90% del mercato complessivo. I supermercati forzano le attività promozionali cercando di vivacizzare i consumi, perché con le vendite tradizionali ormai si va in perdita”. Salvi afferma inoltre che “sui comparti riguardanti le referenze più significative si lavora in maniera soddisfacente. Per mantenere o incrementare le vendite anche di altri prodotti servirebbe investire maggiormente su innovazione e qualità dell'ortofrutta. Anche perché i consumi, pure in Germania, si stanno sempre più spostando su un acquisto giornaliero, rispetto a quelli meno frequenti ma più significativi in termini di spesa effettiva che si regi-

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stravano negli anni passati. Oggi si cerca più la qualità, in termini soprattutto di calibro e di gusto. Se le imprese italiane si impegneranno a lavorare su questo fronte le possibilità per ottenere ancora buoni risultati ci sono, anche perché il prodotto italiano rimane apprezzato. Serve valorizzarlo”. Interpellando i rappresentanti di alcune delle realtà produttive italiane più importanti emerge un quadro eterogeneo e complesso che mantiene un denominatore comune: la Germania rimane il punto di riferimento per tutti. E per questo serve partire proprio da questo mercato per aggiornarsi, organizzarsi, innovare per rimanere competitivi. ALEGRA. Per il gruppo Alegra il mercato tedesco continua a rappresentare la principale destinazione estera dell’ortofrutta commercializzata. Sul totale venduto l'export della business unit di Apo Conerpo rappresenta il 60% a volume e il 53% a valore. Quasi un terzo delle esportazioni ortofrutticole (il 28%) sono inviate proprio in Germania: dalle nettarine ai kiwi, alle susine fino ai cachi. “Lo scorso anno - precisa Mauro Laghi, generale manager di Alegra abbiamo notato in particolare una forte crescita delle albicocche, con numeri quasi inaspettati. Tuttavia su alcune referenze l'Italia deve scontare la concorrenza di altri Paesi. Sulle pesche si sconta una crisi generale del comparto. Le platicarpe spagnole stanno sostituendo il prodotto tradizionale, il cui consumo si sta riducendo. Sulle nettarine, invece c'è ancora spazio di manovra, a patto di puntare sulle varietà giuste con qualità alta. Anche la stagione 2017 è stata complessa ma alla fine siamo riusciti ad ottenere un risultato soddisfacente”. Sul kiwi l'Italia non può dormire sonni troppo tranquilli. “L'aggressività della Grecia si è fatta particolarmente sentire. Il Paese ellenico ha dominato le forniture in Germania con prezzi molto competitivi. Risulta perciò indispen-

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sabile puntare sulla consegna di un prodotto al giusto grado di maturazione, che arrivi sullo scaffale pronto per essere mangiato”, osserva il manager di Alegra. “Si deve puntare su una consegna rapida ed efficiente, sfruttando la vicinanza geografica rispetto ad altri Paesi con transit time più lungo, e in generale su un servizio più elevato rispetto ai concorrenti”. APOFRUIT. Circa la metà (tra il 45 e il 50%) dei prodotti ortofrutticoli freschi commercializzati dal Gruppo Apofruit viene inviato all’estero. Anche per l'impresa cesenate la Germania rappresenta il primo mercato internazionale coprendo il 35-40% della quota export. “Negli ultimi anni si sono sviluppate in particolare le vendite del biologico (attraverso la società Canova con prodotti a marchio Almaverde Bio) e di prodotti premium, come quelli a marchio Solarelli o referenze particolari come le mele a club e in generale prodotti ad alto contenuto di servizio”, spiega Mirco Zanelli, direttore commerciale di Apofruit. A confermarlo è il fatto che ormai circa un quarto dell'export di Apofruit in Germania è realizzato proprio dal segmento premium, raddoppiato negli ultimi cinque anni. “Da questi dati si evince come la Germania rimanga per il nostro gruppo un punto di riferimento”, aggiunge il direttore generale Ilenio Bastoni. “Negli ultimi anni però l'evoluzione di mercato è cambiata così come il paniere dei prodotti proposti. Da una parte le

La parola a Marco Salvi, Mauro Laghi, Ilenio Bastoni, Mirco Zanelli, Gabriele Ferri, Gerhard Dichgans, Fabio Zanesco, Pietro Paolo Ciardiello e Marco Eleuteri. Il minimo comun denominatore: la Germania resta il punto di riferimento per tutti gli esportatori

pesche e nettarine sono stabili anche se varia il modo in cui vengono offerte, con meno cestini e più prodotti con calibri superiori. Da segnalare - aggiunge Bastoni - le grandi performances delle albicocche, destinate a crescere ulteriormente, così come le uve senza semi. Un fattore comune rimane senza dubbio l'alta qualità e distintività. Ma non basta. Per ottenere risultati in Germania, mercato esigente ed attento, è necessario essere strutturati e dimostrarsi fornitori affidabili. In questo modo le catene distributive ti premiano, così come i consumatori”. NATURITALIA. Per Gabriele Ferri, direttore generale di Naturitalia, nonostante l’importanza della Germania, “il mercato tedesco spesso non viene affrontato direttamente dalla aziende ma attraverso organizzazioni di intermediazione. Un fattore storico che mette in luce le carenze aggregative del nostro Paese”. “Purtroppo ancora troppo spesso siamo incapaci di programmare le attività di promozione e di effettuare investimenti, anche a causa di una mancanza di massa critica di prodotto. Per soddisfare le esigenze delle poche ma grandi catene tedesche, in grado di movimentare altissimi volumi di prodotto, serve grande organizzazione e numeri importanti”. Secondo Ferri quindi la via per essere ancora competitivi è una sola e si racchiude sempre in una unica parola: aggregazione. Le chances dell’Italia si giocano poi sulle produzioni. “Possiamo contare su produzioni interessanti che vengono apprezzate dai consumatori e che possono giocare un ruolo significativo anche in futuro. Bisogna lavorare soprattutto sull'innovazione di prodotto”, sottolinea Ferri. VOG. Per il Consorzio VOG di Terlano, la principale realtà italiana ed europea nella produzione e commercializzazione di mele, il mercato tedesco vale tra il 20 e il 25% del totale commercializzato che in termini di volume significano

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ogni anno ben oltre 100 mila tonnellate di mele. Le due varietà principali esportate nel Paese teutonico sono Gala e Braeburn, seguite da Pink Lady, Golden Delicious e Granny Smith. “Sulle nuove varietà - afferma il direttore generale Gerhard Dichgans - sta coprendo un ruolo di primo piano Kanzi, i cui volumi destinati alla Germania quest’anno sono raddoppiati, dato dovuto anche al calo della produzione locale. In questa stagione, finora, abbiamo aumentato le vendite in Germania del 20%, con picchi del 50% per le Gala”. Buoni risultati stanno dando anche Jazz e la produzione biologica. “Prevediamo di rimanere su questi trend positivo delle vendite anche se sarà uno sforzo enorme rifornire la nostra clientela tedesca con questo ritmo. Vista la mancanza di prodotto e uno stock complessivo di mele nettamente minore anche nel nostro Consorzio, riusciremo a gestire il lavoro attraverso organizzazione e programmazione in collaborazione con le catene distributive”. La Germania, pur importando mele dall’Alto Adige, che rimane il principale fornitore estero, e dall’Emisfero Sud nella seconda parte di stagione (flusso in calo), cresce costantemente nella produzione di mele locali che ha la sua incidenza sul mercato, dal momento che viene privilegiata dai consumatori. “L'auto-approvvigionamento tedesco supera ormai il 50%, a parte anni particolari come quello in corso. È un fattore importante da tenere in considerazione. Da parte nostra conclude Dichgans - possiamo contare su qualità e origine del nostro prodotto (in Germania l'Alto Adige come “riconoscibilità” tra i consumatori è al top) diversificando l'offerta anche con nuove varietà e con il bio”. VIP. La Germania per ViP Val Venosta rappresenta attorno al 18-20% del totale esportato sul convenzionale. Sul biologico invece il trend è in forte crescita, come spiega Fabio Zanesco, direttore

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commerciale del gruppo altoatesino, “con una quota del mercato tedesco sul nostro totale di mele bio prodotte pari a circa il 2530%”. Per Vip si tratta di un mercato “complessivamente stabile essendo molto concentrato, con un numero ristretto di grandi distributori, anche se le dinamiche sono diverse a livello varietale. Al progressivo calo dei volumi e dell’interesse per alcune varietà tradizionali (Golden Delicious, Red Delicious) risponde invece una richiesta costante su altre (Gala) e su mele bicolori invece tipiche del consumo tedesco (Braeburn, Jonagold)”. Anche Zanesco segnala l'avanzata della produzione locale, “che negli ultimi anni ha progressivamente chiuso spazi commerciali prima presenti, lasciando spesso margini solo nell’ultima fase della stagione”. “Uno sviluppo molto interessante è poi quello delle varietà club, che riscuotono successo crescente, quali da qualche anno Kanzi® e da questa stagione anche Ambrosia™, il che ci rende ottimisti per il futuro”. Sulle strategie messe in campo per rimanere competitivi, ViP, in termini di metodi di produzione, sta lavorando molto su una produzione integrata progressivamente più sostenibile, e su un forte sviluppo del biologico, con molte novità all’orizzonte. “Nello stesso tempo - spiega Zanesco stiamo provvedendo ad una strategia di breve-medio termine per il rinnovo varietale, che già oggi ci permette di presentare nuovi prodotti”. COOP SOLE. Per Coop Sole di Parete (Caserta) il peso della Germania nelle proprie esportazioni è in crescita. Sul totale commercializzato Berlino rappresenta tra il 15 e il 20%. L’anno scorso sono state inviate in terra germanica circa 800 tonnellate di fragole mentre il 70% degli ortaggi invernali vengono inviati proprio nel Paese teutonico. La cooperativa campana lavora anche sul melone retato, su piccoli frutti, pesche, oltre che su altre orticole di quarta

gamma e prima gamma evoluta. “Il prodotto italiano in Germania viene apprezzato e spesso si percepisce la differenza qualitativa rispetto alle produzioni concorrenti - afferma il direttore Pietro Paolo Ciardiello -. Gli spazi di crescita quindi ci sono ma bisogna lavorare molto sulla qualità e sulla capacità di differenziarci dagli altri, in primis dalla Spagna. Perché all’alta qualità certificata dell'ortofrutta, viene riconosciuto anche il prezzo. La nostra parte la facciamo e la continueremo a fare in futuro. Puntiamo infatti a crescere ulteriormente su questo mercato”. OP ARMONIA. Sulla Germania l’OP Armonia di Battipaglia sta puntando molto, soprattutto con le verdure biologiche, sia adulte che baby leaf. Il 70% dei quasi 5 milioni di euro sviluppati proprio sul bio proviene dal mercato tedesco. “Abbiamo iniziato da alcuni anni inserendo nelle esportazioni dedicate al bio cavoli rapa, poi insalate adulte e solo da quest'anno abbiamo inserito una linea di prima gamma di baby leaf che sta funzionando meglio del previsto”, afferma Marco Eleuteri, responsabile commerciale dell'OP campana. “Per questo stiamo ampliando la superficie di coltura protetta che entro il 2018 raggiungerà i 50 ettari. Abbiamo ottenuto la certificazione Naturland e siamo in corso di certificazione con la Demeter, proprio per il focus che stiamo dedicando a Germania e Austria. Stiamo crescendo anche con il kiwi bio. Il prossimo anno raddoppieremo la produzione bio che diventerà quasi la totalità. La Germania rappresenta il 40% sull'actinidia, percentuale destinata ad aumentare, nonostante sia solo due anni che esportiamo in quel Paese kiwi bio. L’obiettivo è aumentare ulteriormente le quote export verso la Germania anche con altri prodotti, abbandonando le linee convenzionali, puntando sul biologico e segmentando il mercato. Quindi continueremo ad investire”. Febbraio 2018


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Un’imponente affermazione del bio italiano nel 2017 Un settore, quello del biologico, sempre più dinamico e trainante dell’economia italiana. Impennata di vendite nel mercato domestico con un giro d’affari che sfiora i 3,5 miliardi di euro (+ 15% rispetto al 2016 e + 153% rispetto al 2008). Cresce anche l’export, che vale quasi 2 miliardi e pesa per un 5% sull’export totale dell’agroalimentare italiano. Sempre più italiani acquistano bio: una scelta determinata da valori (fiducia, qualità e sicurezza) e da un’accessibilità sempre maggiore (sale il numero di referenze e diminuiscono i prezzi). Le vendite complessive del bio italiano (domestiche + export) hanno superato i 5 miliardi (+ 9% rispetto al 2016 e + 218% rispetto al 2008). Questa ‘fotografia’ del settore è stata presentata a Bologna nell’ambito di Marca, il Salone della marca del distributore svoltasi il 17 e 18 gennaio. Il 2017 si è dunque confermato l’anno del biologico. I dati di scenario presentati da Silvia Zucconi, responsabile Market Intelligence di Nomisma nell’ambito del convegno ‘Il treno del biologico è partito (e nessuno lo ferma più)’, promosso da AssoBio, Nomisma e FederBio Servizi, non lasciano alcun dubbio: il trend è in continua espansione. Febbraio 2018

Giro d’affari di 3,5 miliardi di euro per l’intero comparto bio a cui si aggiungono quasi due miliardi di esportazioni. Il settore pesa per il 5% sul totale dell’export agroalimentare

“Abbiamo lavorato molto in questi anni e il risultato è davvero entusiasmante, ma abbiamo ancora molto altro da fare", ha sottolineato il presidente nazionale di Assobio osservando i risultati della ricerca di Nomisma. “Oggi c’è un ampio ritorno dei giovani all’agricoltura e la scelta di questi ultimi è sostanzialmente biologica: solo dal 2013 al 2016 il numero di aziende agricole biologiche è aumentato del 40%, mentre nell’agricoltura tradizionale in vent’anni l’ISTAT ha registrato un crollo del 46%". Il 2017 è stato soprattutto l’anno del boom dei prodotti biologici nella GDO (+16,6%, giro d’affari di 1 miliardo e 451 milioni, dati Nielsen) con un +14% di vendite negli ipermercati e un +18% nei

supermercati. Balzo importante soprattutto se letto a confronto con la crescita assai più limitata dell’intera categoria food & beverage (+ 2,8%) - nonostante una pressione promozionale inferiore del bio (media 21%) rispetto all’alimentare convenzionale (media 31%). La crescita emerge anche dal ruolo del bio sul carrello della spesa: nel 2017 la spesa bio incide per il 3,4% sugli acquisti alimentari, quota più che quadrupla rispetto al peso registrato nel 2000 (0,7%). Dal 2001 al 2016 le catene con referenze bio in assortimento sono cresciute del 144% con un corrispondente decisivo ampliamento dell’offerta di prodotti in assortimento (+330%), ma non solo: l’Italia conta anche su oltre un migliaio di negozi specializzati nel biologico. Cresce anche il ruolo della Marca del Distributore Bio: secondo le analisi di Nomisma-Nielsen, il biologico MDD vale il 41% del mercato complessivo del biologico nei supermercati e negli ipermercati. “I numeri parlano di una progreswww.corriereortofrutticolo.it

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Con un’avanzata da 400 mila ettari l’anno e con un incremento di superfici dedicate all’agricoltura bio del 18,7%, il settore più dinamico dell’agricoltura europea è quello biologico. I dati rilevati da Eurostat fotografano un settore che, dal 2012 al 2016, è in costante crescita con risultati da record relativi all’incremento delle superifici coltivate e al sempre più consistente numero di produttori che decidono di lasciare l’agricoltura tradizionale per abbracciare il metodo biologico. Nell’UE, infatti, 11,9 milioni di ettari certificati bio o in via conversione (il 6,7% della superficie agricola totale utilizzata) sono gestiti da 295.600 produttori biologici registrati, che operano in un solido mercato comunitario dal valore di 27 miliardi di euro: il 125% in più rispetto a 10 anni fa. Secondo un report della banca olandese Rabobank, in Europa e negli Stati Uniti, il mercato dei

prodotti biologici fino al 2025 è previsto in crescita a un tasso annuo composto variabile tra il 6,7% e il 7,6%: una percentuale che corrisponde a circa il triplo del ritmo di crescita previsto in generale per i consumi alimentari. La crescente attenzione dei consumatori verso tematiche ambientali, del benessere animale, della salute e della sicurezza alimentare hanno spinto le vendite dei prodotti biologici negli ultimi anni con ritmi di incremento anche a due cifre: un trend previsto in costante e regolare aumento, soprattutto nei mercati più avanzati e maturi, dove il concetto di qualità va oltre le caratteristiche compositive e nutrizionali, per rivolgersi al metodo con cui gli alimenti sono ottenuti lungo la filiera produttiva. A livello di consumi, Germania e Francia guidano la classifica europea, rispettivamente con 7,9 miliardi (un terzo delle vendite

bio nel complesso) e 4,8 miliardi. La Francia registra un tasso di crescita annuo del 10 per cento e consuma molto più biologico di quanto ne produce. Un settore florido che ha trovato nell’Italia uno dei Paesi più ricettivi. Ci posizioniamo ai primi posti della classifica europea per le maggiori estensioni coltivate, il maggior numero di produttori e per la quota più elevata di aree a biologico sul totale delle superfici coltivate. Anche i dati del SINAB evidenziano una crescita senza precedenti. Essi riportano che dal 2015 al 2016 le superfici e gli operatori bio sono aumentati del 20% arrivando a coprire 1,8 milioni di ettari e circa il 14,5% della superficie agricola utilizzata, mentre si registrano oltre 70mila aziende bio, vale a dire il 4,4% del totale nazionale. Una crescita che trova la sua giustificazione negli straodinari risultati di mercato descritti nell’articolo di apertura.

siva e imponente affermazione e il bio - ha precisato Zanoni - è destinato a crescere nelle mense, nei mercatini, on line, nei negozi specializzati, nella grande distribuzione, in sostanza in tutti i canali d’acquisto. È importante far presente che nel nostro settore non è sufficiente lavorare bene ma è necessario assicurarsi che anche gli altri facciano lo stesso. Ora il nostro compito è rispondere con estrema coerenza alle aspettative del consumatore e continuare a tenere in sicurezza l’intera filiera. Dobbiamo comportarci tutti in maniera corretta: per vincere e mantenere la fiducia del consumatore non vanno commessi errori”. Il presidente di AssoBio ha ricordato che non si possono nemmeno creare disagi a chi produce:

"Dobbiamo pagare gli agricoltori in modo corretto. Non possiamo permetterci che il bio retroceda perché non c’è rispetto degli standard. I contadini devono poter continuare a vivere del loro lavoro, non possiamo indurre qualcuno a sgarrare per far quadrare il bilancio. Abbiamo lavorato molto sulla nuova proposta di legge sull’agricoltura biologica che è passata alla Camera con consensi bipartisan, purtroppo per motivi tecnici il Senato non l’ha approvata prima della fine della legislatura. Ma con la prossima partiamo in vantaggio: abbiamo una base consolidata e siamo ottimisti. Come si vede dalla ricerca di Nomisma, il consenso è ormai diffuso e trasversale e a promuovere il bio sono interlocutori autorevoli e super partes tra cui nu-

trizionisti e in particolare medici pediatri. E il disegno di legge passato alla Camera sottoscrive che l’agricoltura biologica rappresenta un’attività di interesse nazionale con funzione sociale, in quanto attività economica basata sulla qualità dei prodotti, sulla sicurezza alimentare, sul benessere degli animali e sulla riduzione delle emissioni inquinanti”. ‘“Questo è un mercato - ha aggiunto Paolo Carnemolla, presidente di FederBio e di FederBio Servizi - che non cresce con gli investimenti pubblicitari ma con la fiducia dei consumatori in relazione ai nuovi stili di vita. E siccome non dobbiamo tradire questa fiducia abbiamo un carnet di progetti in corso proprio sulla sicurezza e sulla coerenza sia a livello nazionale che europeo”.

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Crescita record in tutta Europa In un solo anno +19% delle aree dedicate

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Nuova immagine e nuova comunicazione per le mele Bio Sudtirol Werner Castiglioni (nella foto), responsabile commerciale di Bio Sudtirol, la divisione del Consorzio VOG dedicata alla produzione di mele biologiche, conferma che anche per il prodotto bio, la mela è deficitaria, nella corrente campagna commerciale, di circa il 30% rispetto alla produzione media degli ultimi anni. Prima le gelate, poi la grandine hanno reso la vita dura ai produttori altoatesini nel corso del 2017. Manca prodotto, mancano all’appello non poche varietà, la campagna commerciale terminerà tra marzo e aprile per esaurimento delle scorte, con un anticipo di almeno tre mesi sulle annate normali; i commerciali questo non lo dice Castigioni, lo scriviamo noi - sono in imbarazzo perché alcuni clienti, inevita-

bilmente, non possono essere accontentati. Già, perché la richiesta di mele biologiche resta forte, è persino in crescita, e l’Alto Adige è il bacino di produzione più importante d’Europa. “Il gap tra l’offerta e la domanda è grande - afferma Castiglioni -. Per il consumo fresco possiamo mettere sul mercato in questa campagna non più di 7 mila ton-

nellate di mele biologiche. E su 25 varietà bio coltivate nei nostri areali ne abbiamo a disposizione solo 12. Non che gli altri stiano meglio, quest’anno va così anche a livello globale. Tra due tre mesi trovare sul mercato europeo mele bio non sarà facile. La qualità peraltro è buona e i prezzi che si spuntano sono elevati”. Bio Sudtirol sta comunque preparando grosse novità per il 2018, in vista della prossima campagna produttiva e commerciale, che tutti si augurano avrà quantitativi maggiori. Al Biofach di Norimberga (14-17 febbraio) Bio Sudtirol si presenterà per la prima volta con il nuovo logo a cui si accompagna tutta una linea di comunicazione di taglio innovativo a partire dai concetti di fondo che la guidano.

Bio Val Venosta chiude la stagione in anticipo A Berlino e Norimberga con Bonita Bonita, un incrocio tra la Topaz e la Cripps Pink, è la mela biologica che Bio Val Venosta, del Gruppo Vi.P, lancia a Berlino per Fruit Logistica e a Norimberga per Biofach. Una mela dal gusto acidulo, di un bel colore rosato, destinata soprattutto al mercato internazionale a partire dalla prossima compagna. “Alle fiere internazionali di febbraio - spiega Gerhard Eberhöfer (nella foto), responsabile di Bio Val Venosta la facciamo solo vedere e assaggiare. L’azione commerciale sarà avviata dopo l’estate, quando daranno i primi frutti i circa 150 ettari messi a produzione”. Anche la campagna del Consorzio Vi.P risente ovviamente dell’andamento generale, con quantitativi non sufficienti a colmare la domanda di clienti che nelle

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mele bio di questa vallata hanno scoperto un ottimo prodotto, cosa del resto nota in tutta Europa e in alcuni mercati d’oltremare. Il problema tuttavia non è stato solo quello di scorte che si riducono troppo in fretta e nei confronti delle quali c’è “una pressione fortissima” da parte dei distributori; la grandine, dopo le

gelate, ha fatto il resto. Le tante mele grandinate, quando non sono da scarto e quindi destinate alla trasformazione, sono immesse sul mercato come prodotto fresco di seconda qualità. In questi mesi le mele di questo tipo hanno coperto percentuali ben superiori alla media e tuttavia trovano un mercato come mai prima, perché sono mele comunque ottime da mangiare e poi sono biologiche e questo aiuta. Ad aprile, le scorte di Bio Val Venosta saranno del tutto esaurite. Eberhöfer la prende con filosofia, Vi.P si rifarà nella prossima campagna. Sul piano del marketing, Bio Val Venostra ha fatto un restyling del logo già da qualche anno ma dal 2017 ha avviato un linea di comunicazione con una grafica fresca e di tagli nuovo.

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E’ come un fiume in piena Ernesto Fornari (nella foto), direttore generale di Canova, divisione bio del Gruppo Apofruit e licenziataria del marchio Almaverde Bio per l’ortofrutta, oltre ad essere un fornitore per importanti marche del distributore. Le cose se non girano a mille, poco ci manca. I distributori non si fanno cercare, vengono loro a cercare chi fa biologico controllato, offrendo servizio e una ricca segmentazione dell’offerta, tale da soddisfare le più svariate esigenze di consumo. Canova è tutto questo. “Dopo essere cresciuti a due cifre nel 2016 - spiega Fornari - nel 2017 abbiamo portato il fatturato, al netto degli scambi intra-gruppo, da 82 a 94 milioni di euro con bel +15%. La novità è che questa crescita, nel nostro caso, è legata in particolare all’espansione dei nostri prodotti all’estero, dove infatti la crescita è stata del 27%. Il 2017 ha inoltre segnato un ampio arricchimento della gamma, con varietà in esclusiva, varietà a club, puntando sulle novità rivolte soprattuto a una clientela giovane e dinamica ma pronte a coprire tutte le esigenze del mercato del biologico. E’ stato anche l’anno in cui siamo entrati nel biodinamico, affiancandolo al bio: è un altro canale in crescita con cui Canova si sta cimentando. Ci dà poi ragione il nostro impegno e coinvolgimento diretto, attraverso le Isole Bio di Almaverde, nell’aumentare nei punti vendita la presenza del prodotto sfuso. Supportiamo la GDO in questo. Gestire giorno per giorno direttamente le Isole Bio dà soddisfazione a noi, al distributore e al consumatore. E in effetti i consumi di questo tipo aumentano. Dall’altra parte, non trascuriamo di lavorare nella quarta gamma. L’accordo su questo fronte con Ortoromi è Febbraio 2018

Le esportazioni dell’azienda del Gruppo Apofruit sono aumentate nel 2017 del 27%, con un notevole successo soprattutto in Francia. Nuove varietà, nuove referenze. “Specializzazione ed energia”

una cosa importante. Sei nuove referenze di estratti, zuppe e minestroni sono in lancio a Berlino. Stiamo facendo molta innovazione in questa direzione e anche nei preparati per i ristoranti, per esempio zucche tagliate a cubetto, perché oggi si mangia molto fuori casa”. Insomma è “un bell’andare, an-

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Canova, straordinaria crescita della gamma e dei mercati

che solo rispetto a qualche anno fa”. Soprattutto, per chi, come Canova, si pone nei confronti del mercato come un grande specialista del bio. La crescita in Francia nel 2017 è stata quasi strepitosa: “galoppiamo”. La specializzazione ha portato a fare operazioni molto difficili se non impossibili per altri: sviluppare per esempio la Pink Lady Bio, una mela che il consumatore conosceva per il suo grande successo come mela convenzionale, il kiwi bio a marchio Zespri, le uve seed-less a club per mercati come quello francese. “Serve specializzazione, certamente - afferma Ernesto Fornari - ma anche energia, sperimentazione e poi convinzione in quello che stiamo facendo. Per questo nel 2017 abbiamo inserito in azienda otto giovani laureati in www.corriereortofrutticolo.it

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Brio sotto la pressione della forte domanda cerca nuovi soci produttori "Il mercato italiano nel corso del 2017 ha avuto un grande sviluppo. Lo abbiamo avuto anche noi”. Così Tom Fusato (nella foto), responsabile commerciale di Brio, la società veronese che vende ortofrutta a marchio Alce Nero e a marchio del distributore, ortofrutta biologica prodotta principalmente dal Gruppo Alegra-Apo Conerpo e dai soci produttori della cooperativa La Primavera, Gruppo e cooperativa che sono nella compagine proprietaria. “Una realtà la nostra - precisa Fusato - in forte evoluzione, con tanti progetti sia in ambito produttivo che commerciale. Siamo molto impegnati ad aggregare nuovi soci produttori biologici e abbiamo messo a punto azioni di Gruppo per incentivare nuovi investimenti nei frutteti e nelle serre. La domanda è tale che dobbiamo aumentare gli ettari a prodotto bio in modo significativo nell’arco di 5 anni”. Il mercato estero di Brio - ad eccezione della Francia - non è stato così vivace come quello interno nel corso del 2017. Poco male, perché le produzioni di ortaggi del Sud, parte significativa dei volumi commercializzati da Brio, hanno incontrato grandi difficoltà a causa delle gelate. E l’annata è stata solo di poco migliore, in termini quantitativi, per le mele, che Brio raccoglie in Veneto, Emilia, Friuli e Piemonte. Bene invece le quantità di kiwi, in

crescita soprattutto per l’ingresso nel Gruppo di nuove aziende di produzione. “Il settore bio - afferma Tom Fusato - in Italia è cresciuto del 16% nel 2017, noi di più; abbiamo perforato molto bene”. Tra i progetti avviati, di grande importanza quello sulla quarta gamma, partito nell’ottobre 2017 e nato dalla collaborazione con Alce Nero e La Linea Verde a marchio Alce Nero Fresco. “Alcuni prodotti - conclude Fusato sono partiti molto bene, per esempio la linea delle zuppe bio. Siamo molto contenti. E contiamo nel giro di due tre anni di raggiungere risultati di riguar-

tecnologie alimentari. Investiamo sui giovani, avremo un supplemento di energia”. Un altro aspetto che ha caratterizzato l’attività recente di Canova sono stati gli investimenti in tecnologie per la preparazione dei prodotti. Una scelta strategica. Tecnologie sempre più dedicate, che cambiano il modo di lavorare

e che alla fine - è una nostra considerazione - cambiano il mondo dell’ortofrutta, che è sempre e soprattutto agricoltura (che offre la materia prima che deve avere qualità come pre-requisito) ma è anche e sempre di più agro-industria, controllo su mezzi di produzione vicini a quelli del settore alimentare. (a.f.)

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do”. La produzione si avvale delle competenze e degli impianti di La Linea Verde mentre Brio cura la parte commerciale: una bella sfida, nel grande filone di prodotti che danno servizio al consumatore e sono in linea con le sue esigenze.

I nuovi investimenti in tecnologie permettono la preparazione di prodotti adatti ai più diversi segmenti del mercato. Primi risultati dell’intesa con Ortoromi per la IV gamma

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