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CORRIERE ORTOFRUTTICOLO
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o r t o f r u t t i c o l o THE FIRST ITALIAN MONTHLY ON FRUIT AND VEGETABLE MARKET |
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No-global, no-trattati. Contenti? ✍ Lorenzo
Saranno contenti i no-global, i semiglobal, Greenpeace, i no-Tav, i grillini, i cuochi che parlano e straparlano in tv, i sedicenti critici enogastronomici che parlano di cose che non capiscono, gli invasati del km zero anche se mangiano a “km diecimila”, quelli che “il made in Italy non si tocca” anche se non sanno bene cos’è made in Italy e cosa no, i politici che blaterano di tutto e di niente. Insomma la variopinta schiera di quanti da un anno a questa parte hanno alimentato una opposizione prima strisciante poi aperta al negoziato di libero scambio tra UE e USA, il cosiddetto Ttip. Il trattato di libero scambio tra le due sponde dell’Atlantico è in alto mare, sempre più in bilico. Se ne parlerà dopo le elezioni USA. E intanto traballa anche l’accordo di libero scambio con il Canada, il cosiddetto Ceta, che pure era portato ad esempio di buon accordo. E sono in stallo anche le trattative UEGiappone. Intanto gli US hanno fatto l’accordo con l’area del Pacifico, cioè quella a più alta crescita mondiale, e se la vecchia e rissosa Europa a 27 (dopo Brexit) ha la puzza al naso appena sente parlare di mercati globali, pazienza. Insomma il libero scambio fa paura. Tutti si stracciano le vesti in difesa degli ‘elevati standard di qualità del nostro agroalimentare’ e si fermano lì. Non dicono che l’Europa e l’Italia in particolare avrebbero interessi ‘offensivi’ in USA, cioè avremmo tutto l’interesse ad allargare il mercato per i nostri prodotti, per quelli ‘veri’ non per quelli taroccati. Per questo bisogna trattare, non far saltare il banco. La tutela delle nostre Indicazioni geografiche (IG) è al centro della trattativa. Noi chiediamo il riconoscimento e la tutela delle IG europee sul mercato USA, giustamente. E che venga vietato negli USA l'Italian Sounding per i prodotti che non siano di origine italiana, a tutela dei nostri diritti di proprietà intellettuale e per proteggere i consumatori americani da una pubblicità ingannevole. Questo è quello che chiediamo noi, poi c’è la posizione americana che ovviamente ci contesta, e poi c’è la sintesi da trovare. Ma se continuiamo ad agitare gli spettri del cibo-Frankestein, della carne clonata agli ormoni, del pollo alla varechina, del vino fatto con le polverine, non andiamo da nessuna parte. Poi c’è un clima generale che rema contro. “Rischia di saltare anche l’accordo con il Canada perché c’è una mancanza di fiducia verso tutto ciò che è internazionalizzazione”, ammonisce il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda. “Noi siamo il sistema con i dazi più bassi al mondo, quindi se stiamo fermi è peggio per noi”, aggiunge il saggio ministro. La politica commerciale dell’UE è alle soglie dell’eutanasia, ci facciamo del male da soli… però andatelo a spiegare a quelli che in televisione blaterano Frassoldati
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di qualità ed eccellenze e non spiegano che tutta la nostra qualità dobbiamo esportarla, altrimenti non sappiamo che farcene. La pietra tombale su questi accordi internazionali poi l’ha messa la stessa UE estendendo ai parlamenti nazionali dei 27 la ratifica (allora che ci sta a fare l’Europarlamento?). A livello nazionale il dibattito finirebbe inquinato da interessi di bottega e strumentalizzazioni di ogni tipo e se Malta, Cipro o la Slovenia dicono no, tutto torna in alto mare. Vi pare possibile? L’ennesimo naufragio di questa Europa senza capo né coda. Senza trattati internazionali all’orizzonte, la palla torna in casa di ogni singolo Paese alle prese coi suoi problemi di sempre. Noi nel Belpaese abbiamo un export che va come il Pil: un passo avanti e due indietro. Il Pil doveva fare uno scatto dell’1,5% nel 2016; ma adesso le stime dicono che siamo già scesi all’1%, e forse anche sotto. L’export agroalimentare doveva – obiettivi del Governo – fare 50 miliardi nel 2020. Ma le stime di Agrifood Monitor, nuova piattaforma lanciata da Nomisma e CRIF, è assai meno ottimista. “Se vogliamo arrivare al traguardo dei 50 miliardi di export agroalimentare entro il 2020 dobbiamo affrettare il passo, investendo maggiormente su mercati a più alto tasso di crescita economica come quelli asiatici: le nostre stime ci dicono infatti che, con lo scenario economico attuale, rischiamo di raggiungere l’obiettivo solo nel 2024”, afferma Andrea Goldstein, managing director di Nomisma. Bisogna investire di più sui mercati extra-europei, dove oggi il nostro export alimentare pesa per meno della metà di quello francese. Insomma la crescita del nostro export sta rallentando, la concorrenza estera è sempre più agguerrita/organizzata e sta erodendo quote sui mercati globali alle nostre imprese, che scontano i soliti limiti strutturali e organizzativi: la microdimensione e strategie di internazionalizzazione spesso frammentate. Poi c’è un problema, come dire, di clima complessivo: se si alimenta la sfiducia verso l’economia di mercato, se crescono le spinte protezioniste e isolazioniste, se il sentiment delle pubbliche opinioni viene indirizzato verso il rinnovato intervento dello Stato come strumento principe per far ripartire crescita e occupazione, mi dite voi come si può pensare di incentivare l’export, di creare un clima favorevole alla conquista di nuovi mercati? L’export è sulle spalle delle imprese, ma la politica ascolta le imprese?
EDITORIALE
CORRIERE ORTOFRUTTICOLO
PUNTASPILLI
PANINI La catena di delikatessen Eataly entrerà negli autogrill sulle autostrade. Prima conseguenza: il panino da 5 euro ne costerà 15. *
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THE FIRST ITALIAN MONTHLY ON FRUIT AND VEGETABLE MARKET | ANNO XXX Nuova serie Luglio/Agosto 2016
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Direttore responsabile: Lorenzo Frassoldati Redazione: Emanuele Zanini Hanno collaborato: Chiara Brandi Luciano Trentini Sede operativa via Fiordiligi, 6 37135 Verona Tel. 045.8352317-Fax 045.8307646 e-mail: redazione@corriereortofrutticolo.it Editore Gemma Editco Srl Coordinatore editoriale Antonio Felice Comitato di indirizzo Lucio Bussi, Antonio Felice, Lorenzo Frassoldati, Corrado Giacomini, Claudio Scalise (coordinatore), Luciano Trentini Sede legale e amministrativa: via Fiordiligi, 6 37135 Verona E-mail: redazione@corriereortofrutticolo.it P.IVA 01963490238 Fotocomposizione e stampa: Eurostampa Srl - via Einstein, 9/C 37100 Verona Autorizzazione Tribunale di Verona n. 176 del 12-1-1965 Spedizione in abb. postale comma 26, art. 2, legge 549/95 La rivista viene distribuita in abbonamento postale c/c n. 11905379 Abbonamento annuo: 70 euro per due anni: 100 euro abbonamenti@corriereortofrutticolo.it Chiusura in redazione il 01.08.2016
Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana
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mato come rivista “di filiera” del settore ortofrutticolo italiano. La rivista collega chi produce, chi commercializza e chi vende al pubblico, oltre ai settori connessi (dai macchinari ai trasporti). La diffusione è capillare in Italia, dove si è allargata alla grande distribuzione alimentare e al dettaglio.
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IL PUNTO SULLA GDO. Così cambia il reparto ortofrutta
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RUBRICHE
MONDO
EDITORIALE No-global, no-trattati. Contenti?
Obiettivo Cina per i Paesi grandi produttori di ortofrutta
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GENTE&FATTI Con la scomparsa di Maurizio Pisani l’ortofrutta ha perso un talento 6
Fresh Produce China: il consumatore cinese cerca nella frutta importata qualità e salubrità 43
Melinda trova il direttore è Paolo Gerevini
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Spagna: si salvano gli agrumi Attese meno pere e più mele
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NOTIZIARIO
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Mondo flash
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ATTUALITÀ
SCHEDA PRODOTTO
Primo Piano Il reparto della Gdo Fresca, tipica, conveniente
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Copertina - Protagonisti SIMONE BERNARDI Lagnasco crede nel mirtillo
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Malgrado il mercato difficile Opera oltre 209 mila tonnellate
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Asia e Medio Oriente supportano i prodotti a marchio Origine
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EcorNaturaSì entra in Polonia acquisendo 40 punti vendita
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Apo Conerpo migliora i risultati
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Areflh cambia governance, l’Emilia Romagna alla guida
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Crescita a doppia cifra per Végé con oltre 3 miliardi di fatturato
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Approvata la riforma dei porti: più efficienza, meno burocrazia
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UVA
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PESCA E NETTARINA
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GENTE &
FATTI
CORRIERE ORTOFRUTTICOLO
Con la scomparsa di Maurizio Pisani l’ortofrutta ha perso un talento La morte di Maurizio Pisani (nella foto) nell’incidente ferroviario del 12 luglio in Puglia ha profondamente colpito anche la redazione del Corriere Ortofrutticolo, che riconosceva in lui non solo una persona garbata e gentile come poche, ma anche uno dei più significativi e influenti esperti e consulenti di marketing per il settore ortofrutticolo in Italia. Con Roberto Della Casa e Claudio Scalise, Maurizio Pisani era uno dei rari personaggi in grado di dare al marketing strategico di un’azienda ortofrutticola un’impronta importante, a volte determinandone una svolta nell’approccio al mercato e quindi nella crescita. Inoltre, tra i personaggi citati, era forse il solo ad avere un back-ground internazionale. Per questi motivi, la morte di Pisani è una perdita grave. Prima di mettersi in proprio, aveva lavorato vent’anni per alcune delle marche più importanti del mercato food & beverage, tra cui Coca-Cola, Chiquita, dove si è impegnato per 16 anni di cui 6 alla direzione marketing, e Del Monte, dove ha ricoperto il ruolo di direttore commerciale nel 2011. Nel 2013 aveva fondato la sua società, la Pisani Food Marketing, avviando collaborazioni con diverse ed importanti imprese del settore ortofrutticolo, e con pubblicazioni a noi vicine, dando sempre un contributo caratterizzato da un distinto stile professionale e umano. Nel 2015 aveva pubblicato per Franco Angeli il libro “Questa non è una banana”, una guida al marketing per le piccole e medie imprese del food, convinto che “il marketing può salvarle a patto che capiscano che non è un’arte, ma una scienza”. Da buon divulgatore che non può trascurare i mass-media, quest’anno era stato, in qualità di esperto di food marketing, tra i giurati del pro-
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gramma televisivo di Canale 5 “La ricetta perfetta”. Come professionista aveva, come si suol dire, il vento in poppa. Per questo la sua scomparsa prematura e improvvisa, all’interno di un tragico fatale evento, ci lascia ancora più costernati e tristi. Claudio Scalise, che coordina il Comitato d’Indirizzo di questa rivista, lo aveva così ricordato sul nostro sito: "Maurizio l’avevo conosciuto diversi anni fa quando avevamo collaborato insieme ad un progetto per le banane Chiquita. Mi aveva subito colpito per il suo essere una persona gentile e di grande correttezza nei confronti dei suoi interlocutori. Ci siamo subito ritrovati nell’idea che la correttezza ed il rispetto dovessero essere la cifra nella gestione delle relazioni professionali. Maurizio l’ho conosciuto prima come cliente, poi come collega:
l’ho sempre vissuto come un gentiluomo. Una dote rara e quasi d’altri tempi, ma in lui decisamente vera”. Maurizio Pisani aveva 49 anni, ne avrebbe compiuti 50 il 26 agosto, ed era nato a Pavia dove si era laureato in Economia e commercio. Aveva poi conseguito un master all’Università Bocconi. Suo padre, Mario Pisani, era stato docente universitario di proceduta penale. Era sposato e aveva un bambina di pochi anni, Vittoria, che adorava: l’aveva appena salutata per rientrare al lavoro a Milano. Uno schianto tremendo lo ha strappato prematuramente dalla vita. Alla famiglia e ai tanti che lo hanno conosciuto e apprezzato e hanno sofferto per la sua scomparsa vanno le più sentite condoglianze della direzione e della redazione del Corriere Ortofrutticolo. (a.f.)
Più felicità con frutta e verdura Mangiare più frutta e verdura aumenta i livelli di felicità delle persone. Lo suggerisce una ricerca pubblicata dall’American Journal of Public Health, che indica come un consumo fino ad otto porzioni al giorno contribuisca, in modo proporzionale, a migliorare l’umore. Condotto da ricercatori dell’Università inglese di Warwick, in collaborazione con l’Università di Queensland, in Australia, lo studio è uno dei primi tentativi scientifici di esplorare le conseguenze sul benessere psicologico che frutta e verdura possono avere, al di là dei noti benefici di salute.
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SGM: Ratto confermato amministratore È stato nominato a inizio luglio il nuovo Consiglio di amministrazione di Società Gestione Mercato (SGM), la società che gestisce il Mercato Ortofrutticolo di Genova. Queste le diverse cariche. Presidente: Stefano Franciolini. Amministratore delegato: Giambattista Ratto (nella foto). Consiglieri: Aldo Bruzzo-
ne, Antonio Ferrarini, Marina Saulle. Il Collegio sindacale è composto da: Gian Alberto Mangiante (presidente), Corrado Giuseppe Toscano (sindaco effettivo), Gianluca Busseti (sindaco effettivo). Il nuovo Consiglio di amministrazione guiderà per i prossimi tre anni SGM che da quest’anno vede l’azionariato suddiviso tra COMAG, il Consorzio che riunisce gli operatori grossisti del mercato (40% del capitale), Camera di Commercio di Genova (25%), Spim Genova, società che gestisce il patrimonio pubblico del Comune di Genova (35% del capitale). Gianni Ratto è già stato a lungo amministratore di SGM in rappresentanza dei grossisti ortofrutticoli del Mercato genovese.
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Melinda trova il direttore è Paolo Gerevini Paolo Gerevini (nella foto) è dal 18 luglio ufficialmente il nuovo direttore generale di Melinda. L’annuncio è arrivato dal Consorzio di Cles, che finalmente ha trovato, a oltre un anno dall’uscita di Luca Granata, il successore del manager rodigino andato in Emilia ad affrontare la sfida di Opera. Cremonese, 58 anni, Paolo Gerevini proviene da importanti esperienze professionali nell’ambito del settore agroalimentare dove ha operato in aziende del calibro di Barilla e Conserve Italia e negli ultimi tre anni in Pizzoli come direttore generale. Laureato all’Università Cattolica del Sacro Cuore, sposato con due figlie, Paolo Gerevini svolgerà ufficialmente l’incarico a partire dai primi di settembre. La nomina è avvenuta in Consiglio nella sede di Melinda, alla presenza del presidente Michele Odorizzi, il vicepresidente Ennio Magnani e tutti i membri del CdA. “Non posso che essere felice di poter far parte di un’azienda come Melinda - ha dichiarato il neo eletto. - La sfida sarà quella di rendere ancor più sostenibili le produzioni di Melinda, una sostenibilità che premi il lavoro dei soci frutticoltori dal punto di vista economico e che contemporaneamente consideri sempre più rilevanti gli aspetti ambientali e sociali delle produzioni". "Colgo l’occasione - ha continuato - per ringraziare la Pizzoli nella persona dei suoi amministratori, Ennio e Irnerio Pizzoli, e la azienda tutta per la fiducia accordatami in questi tre ultimi intensi e bellissimi anni e per i risultati conseguiti insieme”. “Abbiamo individuato in Paolo Gerevini la figura professionale che cercavamo da tempo - ha aggiunto Michele Odorizzi, presidente di Melinda -. Oggi una realtà cooperativa come la nostra,
GENTE
FATTI &
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che cresce e muta di anno in anno, ha bisogno di un team direttivo esperto e costantemente in contatto con i movimenti del comparto melicolo nazionale ed internazionale. In questo ultimo anno, senza una figura direttiva, abbiamo potuto contare sul lavoro del nostro staff di direzione interno, che ringrazio ufficialmente. Sono certo che una nuova mano esperta possa contribuire al miglioramento organizzativo e strategico generale e sono sicuro che questa nuova presenza saprà inoltre contribuire in termini di performance commerciali, a vantaggio di tutti i soci produttori e di tutto il nostro territorio”.
Frutta tunisina made in Sicily Un imprenditore agrigentino è stato denunciato a fine luglio per aver acquistato frutta e verdura in Tunisia ed averla poi rivenduta come merce prodotta in Sicilia. La Guardia di Finanza ha sequestrato 10 mila euro al titolare dell’impresa, che ha sede a Licata, due terreni e due camion frigo. Il titolare dell’impresa è stato, inoltre, denunciato alla Procura della Repubblica di Agrigento per i reati di frode in commercio, omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali ed occultamento delle scritture contabili obbligatorie. La frode fiscale ammonterebbe a 1 milione di euro. Il caso non è isolato in Sicilia.
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NOTIZIARIO
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All’Eataly di Monaco l’ortofrutta Solarelli Eataly ha scelto Solarelli per rappresentare l’ortofrutta italiana. Il debutto in Europa è avvenuto a luglio nel punto vendita Eataly di Monaco di Baviera (nella foto a lato). “Le particolarità dei prodotti ortofrutticoli Solarelli – ha affermato nell’occasione Sergio Fessia, responsabile acquisti ortofrutta fresca di Eataly – sono perfettamente funzionali al nostro progetto Europa, ossia la valorizzazione dei migliori prodotti regionali declinata in base alla stagionalità. Noi peraltro vendiamo un territorio, non solo le sue produzioni. E quelle contraddistinte dal marchio Solarelli ci garantiscono una continuità di gamma al massimo della qualità per tutto l’arco dell’anno. Il marchio Solarelli è già presente sui mercati e nel gradimento dei consumatori e abbiamo avuto la dimostrazione che la qualità che garantisce è costante. Eataly – aggiunge Fessia – ha in progetto nuove aperture in Europa (Copenaghen, Parigi, Londra e Mosca) e Solarelli rappresenta un partner ideale per l’alta qualità che vogliamo offrire ai nostri consumatori.”. “L’esperienza con Eataly è molto positiva – ha commentato da parte sua Mirco Zanelli, direttore commerciale di Apofruit – e per noi rappresenta un importante riconoscimento”.
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A Verona la firma dell’accordo tra Italmercati e WMAP Ucraina Il Comitato di gestione di Italmercati ha approvato il protocollo d’intesa tra la Rete d’imprese presieduta da Fabio Massimo Pallottini e l’Unione dei Mercati dell’Ucraina WMAP, guidata da Roman Fedyshyn. Il testo è stato inviato alla sede di WMAP per l’approvazione definitiva. Si tratta di un accordo quadro dentro il quale si prevede sia affidato a Veronamercato, società partner di Italmercati, un ruolo operativo per lo sviluppo degli aspetti commerciali. Per questo motivo la firma ufficiale dell’accordo è previsto avvenga a Verona, il prossimo 13 settembre, presenti sia Pallottini che Fedyshyn. L’Unione dei Mercati dell’Ucraina WMAP intende favorire e sviluppare i rapporti commerciali con l’Italia nel settore fresh food, in particolare con l’ortofrutta. L’accordo stabili-
sce innanzitutto che Italmercati Rete d’Imprese e l’Unione dei Mercati dell’Ucraina WMAP si impegnino a individuare gli specifici campi in cui sviluppare la collaborazione reciproca, a scambiarsi a cadenza mensile un’analisi dei prezzi dell’ortofrutta nei rispettivi Mercati aderenti e altre informazioni di reciproco interesse, a favorire i contatti e gli scambi commerciali tra le imprese operanti nei Mercati aderenti dei due Paesi, anche attraverso l’organizzazione di eventi che stimolino la rispettiva conoscenza, a organizzare una delegazione italiana in Ucraina e ucraina in Italia, e successivamente a promuovere sessioni business nei due Paesi, riservate agli operatori dei Mercati aderenti. Italmercati delega Veronamercato, quale Mercato aderente alla Rete, ad approfondire la possibilità di offrire all’Unione dei Mercati dell’Ucraina una superficie attrezzata per lo svolgimento di attività commerciali di interesse degli operatori ucraini attivi nei Mercati dell’Unione e in partico-
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Buoni per natura e l’aria pura Fragole, lamponi e ciliegie dell’Alto Adige
In Alto Adige le fragole maturano da giugno a fine settembre, i lamponi da giugno a ottobre e le ciliegie da fine giugno a fine agosto. Crescono in montagna e all’aria pura. Per questo hanno un sapore più intenso, sono profumati, genuini e ricchi di vitamine. www.fragolealtoadige.com, www.ciliegiealtoadige.com
lare di attività di promozione e vendita di prodotti ucraini destinati al mercato italiano. La stessa superficie attrezzata potrà essere utilizzata per organizzare l’export di prodotti italiani verso l’Ucraina. Nello stesso tempo, WMAP delega il Mercato di Lviv, quale Mercato principale dell’Unione, ad approfondire la possibilità di offrire agli operatori di Italmercati Rete d’Imprese una superficie attrezzata per lo svolgimento di attività commerciali di interesse degli operatori italiani attivi nei Mercati aderenti alla Rete e in particolare di attività di promozione e vendita di prodotti italiani destinati al mercato ucraino. Gli accordi Verona-Lviv saranno oggetto di un allegato all’accordo generale.
cato d’Oltralpe con una gamma di prodotti che verrà via via implementata in base alla stagionalità e agli accordi presi con i produttori del nostro Paese. Per il momento sono in assortimento uva da tavola e cocomero ma per le prossime settimane è previsto l’inserimento di pere Abate, kiwi e arance. Per quanto riguarda le verdure, le negoziazioni coi partner italiani sono ancora in corso di definizione ma si sta trattando per l’acquisto di finocchi, cipolle, radicchio e fagiolini. Il gruppo Idyl ha sede in Provenza, nel sud-est della Francia; è una società solida e conosciuta, con infrastrutture efficienti e in grado di garantire le migliori condizioni di imballaggio e lavoro personalizzato. È dotata di una buona rete logistica mentre la sua ottima conoscenza del mercato, dovuta alla lunga esperienza sul campo, le permette di garantire la commercializzazione di frutta e verdura italiana in tutti i canali di
grappoli cresciuti sotto il sole della nostra Penisola sono particolarmente apprezzati; questo vale soprattutto per le varietà bianche come Vittoria e Italia. (c.b.)
distribuzione. Si tratta dunque di una buona occasione per l’uva pugliese e siciliana in particolare, già leader sul mercato europeo con oltre il 60% della produzione. In Francia i
biologiche più richieste dai consumatori per le garanzie offerte da una coltivazione senza uso di sostanze chimiche di sintesi. Le fragole di montagna Almaverde Bio sono messe in vendita in con-
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Fragole bio di Almaverde dalla Sila per tutta l’estate Almaverde Bio propone una novità nella sua ampia gamma di offerta di prodotti freschi: le fragole biologiche a produzione estiva. Coltivate nell’Altopiano della Sila, le fragole biologiche Almaverde Bio sono disponibili per tutta l’estate, garantendo ai consumatori un prodotto certificato biologico di produzione nazionale. L’ampliamento del calendario di produzione è stato messo a punto da Canova, la società del Gruppo Apofruit esclusivista del fresco a marchio Almaverde Bio. Le fragole sono tra le referenze
IDYL lancia in Francia la nuova linea “Italie" Idyl, azienda francese di primo piano nella produzione e commercializzazione di ortofrutta, scommette sul made in Italy. Una nuova linea dal nome evocativo, “Italie”, è stata lanciata sul mer-
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fezioni da 300 grammi e distribuite nei punti vendita della Grande distribuzione e nelle Isole Almaverde Bio.
Certificazione EPD per la patata Selenella Il Consorzio Patata Italiana di Qualità ha chiesto e ottenuto la certificazione EPD (Environmental Product Declaration) per la Patata Classica Selenella, prima prodotto ad ottenere questo tipo di certificazione in campo pataticolo e ortofrutticolo. “Si tratta di uno schema di certificazione volontaria con valenza internazionale - ha dichiarato il direttore del Consorzio, Giuliano Mengoli realizzato attraverso la metodologia LCA (Analisi del Ciclo di Vita)
secondo le norme ISO 14040:2006 e 14044:2006- Un ente terzo ed indipendente ha valutato con precisione gli impatti ambientali della Patata Classica Selenella in ogni singola fase dell’intero ciclo produttivo, in termini di energia spesa, materiali utilizzati e rifiuti rilasciati nell’ambiente.” Selenella in termini di potenziale impatto ambientale realizza performance eccellenti. Attraverso metodologie di produzione integrata, Il Consorzio limita al massimo l’utilizzo di fertilizzanti e antiparassitari, concimi e prodotti chimici, garantendo bassissime quantità di residui: la coltivazione della Patata Selenella Classica, che si realizza nei terreni fertili e argillosi del territorio bolognese, favorisce l’impiego di concimi organici a tutela della biodiversità. Anche il consumo di
acqua è particolarmente limitato, grazie alle tecniche di irrigazione a basso consumo e all’utilizzo di impianti ad alta efficienza. In generale, in rapporto alla quantità di consumo consigliato per settimana (2 porzioni da 200 gr. ciascuna), per la produzione della Patata Selenella occorrono pochissime risorse naturali come acqua e suolo.
NOTIZIARIO
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In arrivo il marchio IGP per l’anguria reggiana In arrivo il marchio IGP per l’Anguria Reggiana. Sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea è stato infatti pubblicata la relativa domanda di registrazione con il cosiddetto “documento unico”, cioè il disciplinare produttivo che
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NOTIZIARIO contiene la descrizione delle caratteristiche organolettiche del tipico frutto estivo e delimita con precisione l’area di coltivazione. A questo punto le regole comunitarie prevedono che decorso il periodo di tre mesi per le eventuali obiezioni, l’iter della domanda proseguirà il suo corso per arrivare infine all’iscrizione ufficiale nell’apposito elenco comunitario subito dopo l’estate. Per l’Emilia-Romagna si tratta del 44esimo prodotto ad essere inserito nel Gotha delle eccellenze agroalimentari europee. “Siamo la Regione con il più alto numero di prodotti a marchio Dop ed Igp sia in Italia, sia in Europa – sottolinea con soddisfazione l’assessore regionale all’Agricoltura, Simona Caselli -. Questo ci dà delle responsabilità anche nella difesa delle nostre eccellenze nel quadro dei negoziati sui trattati commerciali internazionali”. La caratteristica che contraddistingue l’Anguria Reggiana, prodotta nelle tipologie “tonda” “ovale” e “allungata”, è il sapore particolarmente dolce della polpa, che deriva dall’elevato tenore zuccherino. Una caratteristica legata all’abilità dei produttori e alla tecnica colturale adottata, che si manifesta in particolare al momento della raccolta, o “stacco”. Per esaltare la qualità ogni anguria viene valutata singolarmente, battuta e selezionata prima della raccolta e staccata solo se dall’esame visivo e uditivo l’operatore ritiene che abbia raggiuto il giusto grado di maturazione. La zona di produzione comprende l’intero territorio dei comuni di Bagnolo in Piano, Cadelbosco di Sopra, Campagnola, Castelnovo Sotto, Correggio, Fabbrico, Novellara, Poviglio, Rio Saliceto, S. Martino in Rio e parte della superficie dei comuni di Boretto, Brescello, Campegine, Gattatico, Guastalla, Reggio Emilia, Reggiolo, Rolo e Rubiera.
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Olimpiadi di Rio: nella dieta degli Azzurri c’è anche Pomì Si è tenuta il 19 luglio a Roma, Palazzo Rospigliosi, sede della Coldiretti, la conferenza stampa di presentazione dell’accordo che ha come obiettivo quello di portare alle Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016 i primati dell’agroalimentare italiano, in particolare con un menu per gli atleti azzurri e gli ospiti di “Casa Italia” che promuova le caratteristiche distintive della produzione agroalimentare nazionale. Tra i protagonisti dell’iniziativa c’è Pomì, marchio 100% italiano, dal 2007 di proprietà del Consorzio Casalasco del Pomodoro, la cui forza risiede nella qualità del prodotto e nell’italianità. “Gli atleti azzurri sono i migliori ambasciatori dell’italianità nel mondo”, ha detto Paolo Voltini, presidente del Consorzio Casalasco del Pomodoro. "Contribuire alla loro corretta alimentazione per tutta la durata delle gare olimpiche ci riempie di orgoglio".
Crescono in tutta Europa le importazioni di ortofrutta Cresce a livello europeo l’import di frutta e verdura proveniente da Paesi terzi. È quanto emerso dai dati rilevati dall’Ufficio statistico dell’Unione Europea, Eurostat, elaborati dall’associazione di produttori ed esportatori di ortofrutta spagnoli FEPEX. Nei primi 4 mesi dell’anno, in particolare, per gli ortaggi si è registrato un incremento dei volumi del 14% anno su anno, per un totale di 706.966 tonnellate, corrispondente a un +12% a valore, ovvero 867,5 milioni di euro. Per la frutta tale crescita si è fermata a +7%
in termini di volume e di valore, per un totale di 2,9 milioni di tonnellate e 3,039 miliardi di euro. Analizzando le importazioni di ortaggi emerge che i prodotti maggiormente acquistati sono pomodori e patate. Nel caso dei pomodori, per l’80% di origine marocchina, i volumi acquistati da gennaio a aprile sono stati pari a 225.254 tonnellate (+18% anno su anno), per un valore di 222,1 milioni di euro (+14%). I carichi provenienti dal Marocco sono aumentati del 14% mentre quelli dalla Turchia, secondo principale fornitore europeo, hanno registrato una crescita del 57%. Tra i Paesi esportatori di pomodori in Europa anche il Senegal con 6.480 tonnellate (+30%) e Israele, con 938 tonnellate (70%). Per le patate i volumi acquistati sono stati pari a 111.496 tonnellate (+20%), per un valore di 47,9 milioni di euro (+42%). L’Egitto con 72.549 tonnellate e 31,4 milioni di euro è il fornitore più importante, seguito da Israele con 31.185 tonnellate (+31%) per un valore di 10,7 milioni di euro. Il terzo prodotto nella classifica degli ortaggi maggiormente acquistati dai paesi della Comunità europea sono i fagiolini, con 79.000 tonnellate (+11%) per un valore di 185,8 milioni di euro (+10%). In generale il Marocco si conferma il primo partner commerciale europeo con una crescita del 20% a volume e del 14% a valore, corrispondenti a 309.388 tonnellate e 362,4 milioni di euro. Oltre all’aumento delle vendite di pomodoro, si evidenzia un incremento dei volumi anche per la voce tariffaria 0709, ovvero melanzane, peperoni e zucchine, che ha raggiunto le 68.613 tonnellate (+30%) per un valore di 69,3 milioni di euro (+13%). Osservando il commercio di frutta, i principali aumenti sono da ricondursi a banane, ananas, avoLuglio-Agosto 2016
cado e mango, e agrumi. Le importazioni di banane sono state di 1,4 milioni di tonnellate, il 6% in più rispetto allo stesso periodo del 2015, pari a 901,6 milioni di euro (+4%); gli acquisti di agrumi si sono attestati a 440.770 tonnellate (+16%) per un valore di 330,7 milioni di euro (+10%) mentre per ananas, avocado e mango le importazioni sono state complessivamente pari a 398.134 tonnellate (+15%) per un valore di 554,8 milioni di euro (+27%). Tra i Paesi, Costa Rica, Colombia ed Ecuador si confermano i principali fornitori di frutta dell’UE. Le importazioni di prodotti provenienti dal Costa Rica sono state pari a 472.597 tonnellate (+10%), dalla Colombia pari a 399.326 tonnellate (+12%) mentre si è verificato un calo del 4% del prodotto proveniente dall’Ecuador (397.968 tonnellate). (c.b.)
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In recupero l’export italiano di agrumi Secondo i dati forniti da FruitImprese nel primo quadrimestre del 2016 è di circa 363 milioni di euro il saldo positivo della bilancia commerciale ortofrutticola, in calo del 2,2% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Il trend ricalca quello dei mesi precedenti con un aumento delle esportazioni sia in quantità (4,7%) che in valore (3,8%) e delle importazioni (0,3% in volume e 5,7% in valore). In termini assoluti nel periodo in esame l’Italia ha esportato circa 1 milione e 451 mila tonnellate di prodotti per un valore di 1 miliardo e 593 milioni di euro. In aumento i flussi di ortaggi (12,7%),
agrumi (19,9%) e frutta secca (8,9%); mentre per la frutta fresca vi è stato un calo del 3,6%. Anche in valore segno positivo per ortaggi (2,4%), agrumi (30,6%) e frutta secca (19%) ed in leggero calo la frutta fresca (-2,2%). Per quanto riguarda le importazioni l’Italia ha importato circa 1 milione e 222 mila tonnellate di prodotti per un valore di 1 miliardo e 230 milioni di euro. Tra i singoli comparti incremento in volume della frutta fresca (3,3%), ortaggi (3,7%) e frutta tropicale (13,6%); in calo gli agrumi (33,7%) e la frutta secca (15,1%). Anche in valore segno negativo per agrumi e frutta secca; positivo per frutta fresca, frutta tropicale e ortaggi.
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ARANCIA ROSARIA. PERFETTO EQUILIBRIO TRA GUSTO E BENESSERE. Ricca di vitamine A, B, PP e C, ideale come coadiuvante della cura degli stati influenzali
Ricca di antiossidanti contro l’invecchiamento
Una sferzata di energia, ideale per chi pratica sport
Effetti benefici sulla microcircolazione
Oggi Rosaria è anche una spremuta 100% di arance rosse, sempre fresca e disponibile tutto l’anno.
Pomodoro di Pachino: come battere la crisi? Valorizzare e vendere la differenza per battere la crisi: questa la ricetta che Leo Bertozzi, segretario AICIG ed ex direttore del Consorzio di Tutela Parmigiano Reggiano, ha proposto il 18 luglio come buon auspicio per uscire dalla crisi dell’agricoltura ai partecipanti della conferenza stampa per la presentazione dell’ottava edizione della Festa del Pomodoro di Pachino Igp che si è tenuta a Marzamemi dal 2 al 7 agosto. “Ogni territorio ha le sue eccellenze, ma anche le sue difficoltà - ha affermato Bertozzi- per questo dobbiamo riuscire a fare un punto di forza della diversità, valorizzando le caratteristiche di ogni prodotto attraverso il marchio territoriale, che diventa valore aggiunto per tutta la comunità”. Una posizione rafforzata anche dal Presidente del Consorzio, Sebastiano Fortunato: ”Nonostante l’anno molto negativo per l’agricoltura della nostra zona, il Pomodoro di Pachino Igp continua a essere scelto da Enti prestigiosi, come l’Accademia Barilla, e a portare avanti iniziative importanti anche a livello nazionale, come il contest con l’Associazione Nazionale dei Food Blogger, appena concluso. Occorre però dare l’adeguato spazio anche sui mercati. Consapevoli che l’offerta ha superato la domanda, puntiamo con forza ad aumentare la quota di programmazione del prodotto di filiera sia con i gruppi nazionali che esteri. Solo così possiamo riportare reddito alle piccole e medie aziende del territorio”. A margine dell’incontro il Direttore Salvatore Chiaramida ha voluto ricordare la figura di Maurizio Pisani, esperto di marketing agroalimentare scomparso prematuramente all’età di 49 anni Luglio-Agosto 2016
nella strage dei treni in Puglia. “Con lui – ha dichiarato Chiaramida – perdiamo oltre che un amico, un grande professionista e una bella persona. Ci mancherà molto.”
Al via il Consorzio del fungo italiano certificato L’obiettivo primario è quello di educare i consumatori al fungo coltivato. Il Consorzio Fungo Italiano, che unisce circa il 70% della produzione italiana, si è costituito con l’intento di contribuire alla conoscenza e all’informazione su un prodotto che presenta doti nutrizionali da valorizzare: alto contenuto proteico, basso contenuto calorico e zero grassi. Partendo da un prodotto virtuoso per natura, il Consorzio Fungo Italiano ha avviato un lavoro di qualificazione e valorizzazione del prodotto nazionale, per offrire al consumatore maggiori garanzie di sicurezza alimentare. I produttori consorziati si sono dotati di un disciplinare tecnico che garantisce, attraverso un ente terzo di certificazione, l’origine italiana delle materie prime e dell’intero ciclo produttivo. Per un fungo fresco 100% made in Italy. ‘L’Italia ha una lunga storia come Paese produttore di funghi coltivati. Nonostante questo si tratta di un prodotto per molti versi ancora poco conosciuto – afferma Mario Mattozzi, presidente del Fungo Italiano Certificato – basti pensare che in Italia il consumo medio di funghi è solo di 1 kg per persona. C’è quindi molto da fare per far conoscere le virtù di questo concentrato di proteine light, che risponde ai moderni trend di consumo”. Tra i valori principali sostenuti dal Fungo Italiano Certificato c’è la massima attenzione nei confronti del consumatore, che si
esplica auto-riducendo del 50% i limiti di tollerabilità ammessi dalla legislazione italiana, che è la più severa e avanzata in Europa, incentivando sistemi fisici e biologici per la difesa dai parassiti e dagli infestanti. "Il fungo coltivato è l’unico prodotto ortofrutticolo che cresce su un terreno totalmente controllato”, prosegue Mattozzi. “Con il Fungo Italiano Certificato facciamo un ulteriore passo avanti, certificando la provenienza del terreno, delle materia prime e l’intero ciclo produttivo. Conosciamo infatti persino la terra in cui è nato”. Si tratta di un processo che richiede un ambiente protetto e materie prime selezionate con attenzione, per ottenere la crescita del fungo nel pieno rispetto dei suoi ritmi biologici. Ogni step della filiera produttiva del Fungo
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Italiano Certificato è costantemente monitorato per garantire un prodotto di qualità in termini sia visivi che organolettici. Inoltre solo in Italia il fungo coltivato viene raccolto mantenendo intere le radici e con un residuo di terriccio, per mantenerne la freschezza più a lungo. Il pack del Fungo Italiano Certificato uscirà sul mercato con una confezione coordinata dal punto di vista grafico, che pone in evidenza il logo unico ma lascia spazio anche all’identità aziendale delle singole OP. Sei le varietà commercializzate: prataiolo bianco o champignon, prataiolo crema, portobello, pioppino, pleurotus o gelone e cornucopia. Il Fungo Italiano Certificato sarà distribuito a partire dalla metà di setwww.corriereortofrutticolo.it
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NOTIZIARIO tembre nella GDO e nei principali mercati ortofrutticoli. Il lancio del prodotto sarà supportato da una vasta attività di promozione digital e da una campagna di pubbliche relazioni. In particolare il Consorzio comunicherà con i consumatori attraverso un sito internet (www.fungoitaliano.it ) all’interno del quale saranno presenti tutte le informazioni relative alle molte qualità dei funghi coltivati, alle iniziative promosse ed un costante aggiornamento fatto di ricette e consigli d’uso. Il dialogo con il consumatore proseguirà anche grazie ad un profilo Facebook (www.facebook.com/FungoItalianoCertificato) sul quale il Consorzio proporrà approfondimenti che risponderà alle domande di quanti vorranno sapere di più”.
Esselunga primo brand online della GDO Cambio al vertice nella classifica dei migliori brand online della grande distribuzione nel mese di luglio. Esselunga scalza dalla prima posizione Ipermercati Iper che scala in seconda piazza. E’ quanto emerge dalla classifica di BEM Research che ha analizzato l’andamento su Internet di 19 marchi del settore con siti web in lingua italiana. Esselunga ottiene il punteggio massimo per trend di ricerca, velocità e usabilità; Ipermercati Iper fa meglio per visibilità, ma è indietro con i trend di ricerca. Al terzo posto si conferma Coop. A giugno condivideva la posizione con Decathlon, ma in trenta giorni la società francese scende al quarto posto. Chiude la top-five Bricocenter, azienda italiana specializzata in bricolage. “Nella grande distribuzione i marchi made in Italy continuano a rappresentare un’eccellenza. Nella top-five ci sono quattro
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brand italiani, con Decathlon unica presenza straniera – spiega Mariachiara Marsella, Web marketing manager di BEM Research -. E’ un settore che ha saputo innovarsi e che continua a farlo. Chi vende prodotti agroalimentari riesce a raggiungere un pubblico sempre più ampio e aumenta la base dei propri clienti grazie all'e-commerce. La GDO può contare, inoltre, su un pubblico fedele disposto a cercare online il proprio distributore preferito”, conclude Marsella.
Vendite online: NaturaSì si allea ad Amazon Anche NaturaSì sale sul carro di Amazon per le vendite online. A Milano e in alcuni comuni dell’hinterland gli utenti del servizio 'Prime Now' di Amazon, destinato agli abbonati di prima fascia e che garantisce la consegna anche di alimenti freschi in un’ora, potranno acquistare online i prodotti del supermercato U2 di Unes e di NaturaSì. Gli scaffali del colosso di Seattle passano quindi da 20 mila a 26 mila prodotti, con una selezione di quanto presente su quelli dei nuovi partner. È bene e interessante specificare come il contesto co-
mune sia solo il portale. Amazon non terrà alcunché di nuovo nel magazzino di Affori. In sostanza si occupa della logistica delle consegne di U2 e NaturaSì. Mariangela Marseglia, EU director Prime Now, ha dichiarato al ‘Corriere della Sera' l’intenzione di stringere accordi simili con altri distributori. Marseglia non è entrata nel merito delle intese commerciali stipulate con i partner. 'L’accordo con Unes e NaturaSì rappresenta un importante passo avanti nello sviluppo del servizio Prime Now, consentendoci di ampliare ulteriormente la gamma di prodotti offerti e allo stesso tempo di estendere anche ai clienti dei brand, U2 e NaturaSì, la possibilità di beneficiare del servizio di consegna in un’ora - ha precisato Marseglia -. Puntiamo a estendere Prime Now, attualmente disponibile a Milano e hinterland, anche in altre città, stringendo accordi simili con altri distributori a livello locale’. I clienti sono chiamati a creare liste di spesa separate in relazione al negozio di riferimento: Amazon, U2 o NaturaSì. Per completare l’acquisto è richiesto un ordine minimo di 19 euro per negozio. Si può optare per la consegna in un’ora al costo di 6,90 euro, oppure per quella gratuita in una finestra di 2 ore a scelta. I prodotti di Amazon e U2 vengono recapitati dalle ore 8 alle 24 tutti i giorni della settimana, quelli di NaturaSì dal lunedì al sabato dalle 10 alle 20.
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IL REPARTO DELLA GDO
DISTRIBUZIONE. Modalità e strategie di gestione dell’ortofrutta
Fresca, tipica, conveniente Salvo Garipoli e Raffaello Bernardi* L’analisi dei dati da Panel Consumer Ismea-Nielsen denota nell’A.T. Marzo 2016 una flessione degli acquisti domestici a volume di ortofrutta, -1,3%, che conferma un trend in riduzione già rilevato durante i due anni precedenti (1,1% sull’A.T. Marzo 2014). Di segno opposto è l’andamento misurato a valore, forte di una crescita di 4,2 punti percentuali, trainata da un aumento dei prezzi medi al consumo (+5,5%). Andando ad esaminare in dettaglio le dinamiche relative ai macro-segmenti, emerge un quadro parzialmente differenziato: sostanziale tenuta per la frutta, che nell’A.T. Marzo 2016 vede diminuire le quantità acquistate dagli italiani di un lieve 0,1%; contrazione pesante nel segmento ortaggi, -2,7%. Per contro si registra
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Frutta e verdura si presentano con un assortimento sempre più ampio. Confronto fra tre protagonisti: Giovanni D’Alessandro, Luigi La Montagna e Tonino Polsinelli una convergenza sui trend espressi in termini monetari, caratterizzati da importanti rialzi dovuti al contesto di mercato trasversalmente inflattivo: +5,3% per i prodotti frutticoli; +2,8% per le orticole. L’analisi puntuale per area geografica restituisce una fotografia degli andamenti d’acquisto, nel recente periodo, disomogenea: aumentano i volumi di ortofrutta nel Nord-Ovest (+0,4%) e al Centro (+1,1%); diminuiscono nel Nord-Est (-0,4%) e, soprattutto, al Sud (-5,2%). Spostando la prospettiva di osservazione sui canali commerciali, è possibile rilevare note positive solo per ipermercati e di-
scount: mentre i primi, nell’A.T. Marzo 2016, incrementano le quantità di frutta e verdura esitate dell’1,4%, i secondi evidenziano una crescita record del 7,7%. In sofferenza, invece, tutte le restanti formule distributive moderne e tradizionali: -2,7% i supermercati; -4,1% il libero servizio; -3,8% l’ambulantato-mercato rionale; -5,2% i fruttivendoli. Un approfondimento puntuale sugli indicatori d’acquisto registrati dal Panel Consumer IsmeaNielsen mette in chiara luce la causa della flessione misurata nell’ultimo anno: trattasi della diminuzione dell’acquisto medio
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rimento ma, più in generale, a tutti i concorrenti". Polsinelli: "Sui prodotti stagionali ci posizioniamo con un prezzo inferiore del 10% rispetto a quello praticato dai concorrenti di riferimento".
Il Comportamento d’acquisto dei clienti
per atto (-1,2% per la frutta e -3% per gli ortaggi), solo parzialmente compensata da un aumento della penetrazione e, nel caso dei prodotti frutticoli, del numero medio di atti. Alla crescente richiesta di freschezza e benessere si aggiunge quindi la volontà da parte delle famiglie di ridurre al minimo lo spreco sulla spesa ortofrutticola. A partire dallo scenario delineato, abbiamo voluto approfondire le strategie e le modalità di gestione del reparto ortofrutta con cui le catene distributive si trovano attualmente ad affrontare il mercato, dando voce a tre protagonisti: Giovanni D’Alessandro, Direttore Vendite, Marketing, Comunicazione Supermercati Basko; Luigi La Montagna, Responsabile Nazionale Acquisti Ortofrutta MD SpA; Tonino Polsinelli, Direttore Acquisti Food Fresco Aspiag.
Il posizionamento distintivo
Rispetto ai Vostri competitor di riferimento, quali leve avete recentemente attivato o state attivando all’interno del reparto ortofrutta per posizionarVi in maniera distintiva? D’Alessandro: "La proposta commerciale del reparto ortofrutta dei Supermercati Basko prevede un’ampia selezione di prodotti, con grande attenzione alla segmentazione di alta qualità. Le caratteristiche qualitative vengono giornalmente monitorate dal
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controllo di qualità Basko, con un’attenta verifica organolettica del prodotto a cui si affianca un panel test che si pone come obiettivo la soddisfazione del cliente finale. Già da diverso tempo abbiamo inserito nel nostro assortimento la speciale linea Freschi di Zona, prodotti tipici locali, provenienti da coltivatori selezionati da Basko secondo rigorosi criteri di qualità. Dall’inizio del 2016 Basko propone, inoltre, l’esclusiva linea Via Verde Bio Primia, con prodotti biologici certificati. Tutto questo accanto ad una proposta sempre più ampia di prodotti salutistici". La Montagna: "Le leve, come dimostra il nostro nuovo format presentato nel punto vendita di Grumello del Monte, sono la profondità dell’assortimento, la qualità della merce con un controllo su tutta la filiera, il posizionamento prezzi e la spinta promozionale molto più ampia non solo rispetto ai competitor di rife-
I consumatori acquistano con maggiore frequenza ma quantità più piccole per evitare gli sprechi. Resta preminente la richiesta di freschezza e benessere
Quali modalità/strumenti utilizzate per monitorare il comportamento d’acquisto di frutta e verdura dei Vostri clienti? Sulla base delle Vostre più recenti evidenze, quali sono stati i cambiamenti più significativi registrati nel corso degli ultimi anni? D’Alessandro: "Al fine di monitorare il comportamento d’acquisto dei nostri clienti è ovviamente fondamentale l’analisi delle vendite dei comparti e delle singole referenze, nonché il calcolo dei volumi effettuati e del tasso inflattivo e deflattivo. La carta fedeltà e le strategie di marketing ad essa collegate sono sicuramente uno strumento importante per capire la penetrazione del cliente nei singoli settori dell’ortofrutta. L’evidenza della crescita dei comparti della IV e V gamma e una forbice sempre più ampia tra il primo prezzo e l’alta segmentazione sono gli elementi che ci fanno capire come nel cliente di oggi nasca l’esigenza di avere a disposizione un assortimento che garantistica un’ampia scelta anche per prodotti specifici e di nicchia. Negli ultimi anni, con una sempre maggiore attenzione al comparto salutistico, c’è stato un esponenziale sviluppo anche di prodotti come la frutta confezionata, sia secca che disidratata, sostitutivi di snack dolci e salati". La Montagna: "Gli strumenti informatici ci permettono di conoscere anche per singolo punto vendita e per singolo prodotto il comportamento d’acquisto dei nostri clienti. L’ortofrutta nella sua totalità è considerata oggi un alimento ad alto contenuto salutistico, ma anLuglio-Agosto 2016
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che all’interno del nostro settore si evidenziano scelte di acquisto che fino a poco tempo fa erano quasi totalmente assenti dalle nostre tavole (zenzero, curcuma, quinoa, ecc..)". Polsinelli: "Periodicamente l’azienda organizza delle interviste ai clienti per capire le loro esigenze e impressioni. Negli anni abbiamo visto una maggiore ricerca di prodotti italiani e di eccellenze alimentari DOP-IGP, così come di referenze salutistiche, biologiche e solidali; sono apprezzate anche maggiori informazioni sui prodotti".
Le logiche di gestione delle categorie ortofrutticole in reparto
Sulla base di quali criteri organizzate l’assortimento di frutta e verdura nei differenti format di vendita con cui operate? Avete recentemente sviluppato progetti/piani di category management? Se sì, per quali famiglie merceologiche e con quali risultati? D’Alessandro: "I parametri sulla base dei quali viene organizzato l’assortimento del reparto ortofrutta seguono alcune linee guida che poi vengono adattate ai differenti format, secondo criteri di localizzazione geografica, analisi dell’area socio-economica, spazio espositivo e tipologia di clientela con l’analisi dello scontrino medio.
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L’assortimento Basko di frutta e verdura segue alcune macro comparti: le “referenze basiche di consumo quotidiano”, le referenze cosiddette di “nicchia”, (ovvero per la frutta quelle top quality, esotiche, di altissima qualità, per la verdura la linea Freschi di Zona con prodotti di qualità di coltivatori locali selezionati), quarta e quinta gamma (in cui è in atto una completa rivisitazione assortimentale con l’incremento della stessa), piante e fiori, ed infine il comparto di frutta secca, cereali e legumi, ovvero quello più legato al mondo salutistico. Di recente la rivisitazione di tutta proposta assortimentale del reparto ortofrutta è stata “lanciata” nel nuovo format legato all’Iperfresco Basko di Albenga, un punto vendita all’avanguardia, completamente ristrutturato in cui il reparto ortofrutta si presenta rinnovato sia in termini di esposizione che di assortimento". La Montagna: "Precisiamo fin da subito che in ortofrutta la no-
stra scelta è quella di uniformare il format dei punti vendita, lasciando comunque spazio ad articoli prettamente regionali. I piani di category management sono attualmente concentrati in particolare sulla IV-V gamma, sul biologico e sul segmento salutisticobenessere. Sviluppiamo analisi di categoria confrontandoci con gli assortimenti dei nostri diretti competitor e con competitor di formati diversi (supermercati, ipermercati), per cercare di trovare la giusta sintesi per la nostra tipologia di vendita. Per quanto riguarda le categorie già implementate i risultati, benché incoraggianti, non son significativi, perché il lasso di tempo trascorso dalla messa a regime è ancora troppo breve". Polsinelli: "Realizziamo progetti di category su tutto il comparto ortofrutta; in base alle dimensioni del punto vendita aumenta la proposta assortimentale".
I supermercati attenti al territorio e alle capacità di acquisto della clientela. E studiano il mix più corretto tra prodotti di base e di nicchia
Tenendo conto della Vostra esperienza e delle risultanze emergenti dalle ricerche condotte, quali considerate essere i contenuti informativi più efficaci da veicolare fuori e dentro il punto vendita per sostenere gli acquisti di frutta e verdura? Ci potete illustrare un Vostro caso di successo? D’Alessandro: "Il reparto orto-
IL REPARTO DELLA GDO
Giovanni D’Alessandro dei supermercati Basko, Luigi La Montagna di MD Spa e Tonino Polsinelli di Aspiag
La comunicazione efficace
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IL REPARTO DELLA GDO
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frutta si presta sicuramente a forti e impattanti campagne di comunicazione legate alla convenienza. Un nostro esempio può essere legato al successo dell’attività di primo prezzo “0,99 € su tantissimi prodotti”, sostenuta da un’importante campagna di comunicazione tramite tradizionali spazi espositivi limitrofi al punto vendita, ma anche media e social. Al tempo stesso, però, l’attenzione di Basko non è solo rivolta alle campagne di cosiddetta convenienza e primo prezzo. Ogni due settimane Basko evidenzia il proprio assortimento e la qualità delle referenze, proponendo una proposta commerciale con una plancia dedicata ai prodotti freschissimi, con massima valorizzazione degli stessi e, in particolare, del reparto ortofrutta. All’interno della plancia, accanto all’offerta commerciale, sono sempre presenti focus tematici legati al prodotto, al fine di elevare la conoscenza dei nostri clienti sul nostro assortimento di qualità. In quest’ottica rientra anche l’importante campagna di comunicazione in-store “I colori del benessere”, che abbiamo messo in atto di recente in collaborazione con l’Università degli Studi di Parma; si tratta di una campagna legata alla conoscenza dei principali prodotti del reparto ortofrutta, mettendone in evidenza le caratteristiche nutrizionali e benefiche per l’organismo". La Montagna: "La nostra politica commerciale in ortofrutta viene veicolata attraverso i volantini e i media; i volantini sono costruiti per far capire al consumatore che oltre al prezzo disponiamo di una varietà di assortimento e di una qualità che hanno poco da invidiare anche a superfici più ampie delle nostre. All’interno del punto vendita cerchiamo di fornire, attraverso un’esposizione molto lineare, la visione del nostro mondo ortofrutta, con tutte le informazioni previste per garantire ai nostri clienti un acquisto consapevole". www.corriereortofrutticolo.it
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zione alla clientela". La Montagna: "Non seguiamo percorsi particolari; la condivisione del patrimonio di conoscenze avviene ogni giorno attraverso uno stretto contatto tra le varie componenti della filiera ortofrutta (Acquisti, Vendite, Tecnici Ortofrutta che formano gli addetti vendita, Controllo Qualità), a cui si aggiungono specifici corsi di formazione". Polsinelli: "La condivisione del patrimonio di conoscenze su prodotti e clienti fra centrale e periferia è legata ad un continuo scambio di informazioni con i colleghi della vendita". Polsinelli: "All’interno dei nostri punti vendita evidenziamo i prodotti DOP e IGP con apposita cartellonistica. Un caso di successo legato alla diffusione di contenuti informativi in-store attiene all’uva apirena; evidenziando sul grappolo che si trattava di prodotto senza semi, le vendite sono aumentate del 400%. Grazie a questa maggior chiarezza sulle caratteristiche dell’offerta, attualmente il segmento seedless incide in stagione per il 20% sul totale sell-out espresso dalla famiglia uva".
La condivisione del know-how dalla centrale al punto vendita
Quali percorsi avete attivato per ottimizzare la condivisione del patrimonio di conoscenze su prodotti e clienti fra centrale e periferia, al fine di valorizzare al meglio la Vostra proposta commerciale? D’Alessandro: "Abbiamo un percorso e un ciclo definito, nel quale ogni figura ha il compito di trasmettere le proprie conoscenze. Esiste un passaggio di consegne e di informazioni consolidato, attraverso tutte le figure operative del settore, dal produttore, al centro distributivo, al caposettore e infine al punto vendita, dove la valorizzazione del prodotto avviene attraverso la comunica-
Le relazioni di filiera
Su quali basi ritenete strategico fondare oggi il rapporto con i Vostri partner commerciali al fine di sostenere il valore generato lungo tutta la filiera ortofrutticola? D’Alessandro: "L’obiettivo è quello di proseguire su una base solida e consolidata, garantendo continuità ai nostri partner, nonché il rispetto e l’eventuale rivisitazione di tutto il capitolato della filiera ortofrutticola, in base anche e soprattutto al cambiamento dei consumi. Tutto questo sempre condiviso, gestito e sostenuto dall’intero Gruppo Agorà, di cui Basko fa parte." La Montagna: "I prodotti ortofrutticoli sono altamente deperibili, quindi con i nostri partner cerchiamo di avere un rapporto quotidiano, al fine di trovare tutte le soluzioni utili a generare valore. L’unico modo per non incorrere in errori è quello di confrontarsi spesso e, soprattutto, con chiarezza, ognuno nel rispetto del proprio ruolo". Polsinelli: "Le aziende con cui collaboriamo sono aziende sane che tutelano le economie del territorio dove operano e che fanno qualità sia sul prodotto, sia sul lavoro in campagna". *SGMARKETING Luglio-Agosto 2016
Legnago, Verona Paolo, agricoltore
Buono, biologico, fresco! Alce Nero, il marchio del biologico dal 1978, è anche frutta e verdura fresca. Una linea buona e sana: prodotti biologici che nutrono in modo corretto, frutto di un’agricoltura che rispetta la terra e la sua fertilità . Prodotti che conservano tutto il gusto, e i sapori, del cibo vero.
Alce Nero. Agricoltori biologici dal 1978
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PROTAGONISTI
SIMONE BERNARDI. Il Piemonte che crede nell’aggregazione
Lagnasco punta sul mirtillo Lorenzo Frassoldati Presidente Bernardi, il Piemonte sta riscoprendo la sua vocazione di regione ortofrutticola. Con quale ruolo e prospettive nel sistema italiano dell’ortofrutta? “Con la crisi strutturale di alcuni mercati e l’attacco aggressivo di alcune fitopatie, il Piemonte ha visibilmente cambiato faccia a livello produttivo. Il melo continua ad avere un ruolo predominante con un aumento di superfice esponenziale mentre il mirtillo, grazie alla sua facilità di conduzione, ha sostituito molti impianti di kiwi. Importante sottolineare l’evoluzione di quelle che, fino a qualche anno fa, erano coltivazioni marginali, come il nocciolo, e che ora grazie ai sempre maggiori risultati economici, riscuotono un
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Pioniere della coltura in Piemonte, il Consorzio è impegnato nell’innovazione, che non significa solo piccoli frutti ma biologico e nuove varietà
Sopra, Simone Bernardi, presidente di Lagnasco Group
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PROTAGONISTI
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CHI è
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LAGNASCO GROUP
E' un consorzio di tre cooperative con sede a Lagnasco, in provincia di Cuneo. Fondata il 27 dicembre 1996 dalla pre-esistente Associazione Produttori Ortofrutticoli Associati, Lagnasco Group lavora al servizio delle sue cooperative associate ponendosi costantemente come obiettivo la difesa del reddito dei soci che ne fanno parte. Il costante impegno ha permesso al Consorzio di consolidare, negli anni, ottimi rapporti con la GDO nazionale e di collaborare attivamente con aziende leader nel canale horeca, facendosi conoscere e apprezzare per alcune delle più importanti produzioni ortofrutticole. Particolarmente attento all’innovazione, Lagnasco Group si è dotato, negli anni, di impianti tecnologicamente avanzati per la lavorazione e il condizionamento del prodotto fresco e trasformato. L’innovazione ha permesso al Consorzio di consolidare la propria presenza presso le maggiori catene italiane ed europee oltre che presso importatori del Nord Africa, del Medio ed Estremo Oriente, del Nord e Sud America. Nel 2016 Lagnasco Group ha lanciato con successo il progetto Eplì, una mela Story® Inored, libera da diritti, studiata dall’INRA francese e licenziata da NOVADI. Questa mela, un frutto regolare dalla forma allungata, matura 15 giorni dopo la Golden Delicious e viene raccolta ad ottobre nella stessa area di produzione della Mela Rossa IGP. Il progetto Eplì è nato con la consapevolezza che oggi più che mai, il prodotto in sé non è più sufficiente. Per attrarre i consumatori e la grande distribuzione bisogna creare un valore aggiunto, capace di garantire con un prezzo equo e giusto il lavoro di chi produce, di chi vende e rispettare il consumatore garantendo una mela ecologica, buona ed equa. Le cooperative associate sono Lagnasco Frutta, Blu di Valle, società cooperativa agricola rl, che produce mirtilli ed in parte ramassin, una particolare varietà di susina damaschina, e la Coop. Agricola Il Frutto Permesso srl che tratta sia prodotti ortofrutticoli freschi che trasformati. Lagnasco Group ha lavorato nel 2015 ortofrutta per 24 milioni di euro e 37 mila tonnellate tra mele, kiwi (8.300 tonnellate), pesche (7.000 tonn.), prugne, mirtilli (340 tonnellate), quest’ultima produzione in forte crescita. I magazzini di lavorazione si trovano a Lagnasco, Saluzzo e Campiglione Fenile. Contatti: Lagnasco Group, via Santa Maria 2, 12030 Lagnasco (CN). Tel.: +39.0175.282117 - email: info@lagnascogroup.it
notevole successo tra i piccoli proprietari terrieri. Nel prossimo futuro il Piemonte sarà sicuramente un elemento trainante dell’export ortofrutticolo made in Italy” Lagnasco Group: una case history di successo. Su cosa ha puntato Lagnasco per crescere? “Organizzazione, programmazione, serietà e cura nelle relazioni. Questi i quattro elementi base per una sana crescita strutturale dell’organizzazione. Per quanto ri-
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guarda la gestione del prodotto l’azienda ha rivoluzionato la propria struttura con un investimento in tecnologia nel 2010. L’investimento ha riguardato la calibratrice per la selezione di pesche e mele con un gruppo ottico di nuova generazione e l’introduzione di soluzioni che hanno permesso l’abbattimento del costo della manodopera nell’ area calibratura del 70%. La costruzione di celle per la frigoconservazione di nuova generazione con metodo ILOS ha portato ad una notevole
riduzione dello scarto da frigoconservazione portandolo a valori irrilevanti. La grossa novità, anche motivo di orgoglio perché siamo stati i primi in Piemonte, è stata la costruzione del frigo automatizzato che gestisce lo stoccaggio dei bins con metodologia FIFO. La maggiore versatilità del reparto confezionamento e di conseguenza dell’ufficio commerciale è stata evidente fin da subito. A breve inizieranno i lavori per la costruzione di celle per l’abbattimento di temperatura dedicate al mirtillo e celle per la maturazione del kiwi per rispondere alle nuove esigenze dei nostri clienti. Il connubio tra ottimizzazione organizzativa e investimenti in tecnologia è la strada che Lagnasco Group intende portare avanti come politica anche in futuro” Obiettivi raggiunti e linee di sviluppo... “Obiettivi raggiunti: stabilità e consolidamento del bilancio e fi-
“Il Piemonte sta cambiando faccia a livello produttivo. Cambiano i mercati di riferimento. Noi esportiamo per il 75% e stiamo studiando lo sbarco negli US” delizzazione dei clienti. Obiettivi a medio termine: apertura verso nuovi mercati che permettano a Lagnasco Group il riposizionamento rapido del prodotto in caso di chiusura di mercati acquisiti”. Prodotti vincenti nella gamma Lagnasco e novità da testare “Un prodotto vincente sicuramente è il mirtillo che la nostra azienda commercializza da alcuni anni - siamo stati i primi a crederci in zona - e tutta la linea biologica sia da fresco che da induLuglio-Agosto 2016
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SIMONE BERNARDI
Una carriera partita da lontano. Classe 1980, sposato con due figli., Simone Bernardi è infatti diplomato in trasporto aereo. Le prime esperienze lavorative in campo aeronautico lo vedono impegnato come manutentore di elicotteri fino al 2002 quando viene nominato responsabile tecnico della base del soccorso aereo regionale del 118 di Borgosesia (Vercelli) nella quale oltre alle attività di manutenzione svolge anche la funzione di tecnico di volo. Questa attività sarà fondamentale per la formazione personale nell’affrontare le emergenze e i problemi in modo razionale. Nello stesso periodo, spinto dalla necessità di una formazione continua, viene coinvolto in progetti internazionali con le maggiori case costruttrici di elicotteri, in particolare con l’europea Eurocopter per la quale collabora con il reparto “flight test”. Per motivi personali, decide di dedicarsi all’ortofrutta nell’azienda di famiglia produttrice di mele, pesche e kiwi nella zona pedemontana di Cuneo assumendone la guida nel 2012. Fin da subito viene coinvolto nelle attività della Cooperativa dove, da sempre, la propria famiglia conferisce il prodotto e dopo un periodo, da puro osservatore, capisce che le esperienze lavorative pregresse potrebbero dare un contributo interessante alla gestione di Lagnasco Group. Ed è cosi che nel 2013, spinto da alcuni soci, decide di mettersi in gioco e nonostante non abbia mai svolto l’incarico di consigliere, il CDA decide di affidargli la rappresentanza e lo nomina presidente. Il grande interesse personale per il dialogo e il confronto con altre realtà lo hanno spinto a raccogliere gli incarichi nelle associazioni alle quali Lagnasco Group aveva deciso di aderire in passato. Attualmente ricopre le cariche di consigliere in Italia Ortofrutta, CSO, Assomela e Confcooperative.
stria. Tra le novità da testare in primo piano abbiamo Eplì, la nuova mela ‘eco’ che resiste per natura ai parassiti ed il kiwi della Zespri g14, mentre è in fase di sperimentazione una nuova varietà di susina”. Macfrut a settembre, poi Madrid e Berlino: il vostro approccio alle fiere di settore… “Negli ultimi anni grazie alle nuove tecnologie, abbiamo sempre meno l’esigenza di partecipare alle Fiere con lo scopo di acquisire nuovi clienti. La nostra partecipazione è piuttosto un ottimo strumento per coltivare relazioni e consolidare vecchi e nuovi rapporti. Nonostante la nostra azienda abbia deciso di continuare a partecipare alla grande classica di Berlino, Fruit Logistica, una presenza che si può definire storica, riteniamo sempre più at-
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traente e con una formula vincente (periodo, acceso logistico alla fiera, tipologia di visitatori e mer-
cati di riferimento) l’appuntamento madrileno di Fruit Attraction al quale parteciperemo come associata di Italia Ortofrutta. Per quanto riguarda le fiere Italiane nel 2017 condividiamo la presa di posizione di Assomela, quindi la nostra partecipazione sarà marginale”
PROTAGONISTI
CHI è
Quali sono i mercati di riferimento passati e futuri per la Lagnasco Group? “Negli ultimi 10 anni nel nostro settore, c’è stata una rivoluzione nei mercati di riferimento. Lagnasco Group serviva prevalentemente il mercato interno con una quota che si avvicinava all'85% e il restante finiva nel mercato estero. Oggi Lagnasco Group vede il suo prodotto commercializzato per il 75% in export con mercati di riferimento quali il Medio Oriente, il Nord Africa e l’Europa. Negli ultimi anni, per l’esigenza di sopperire alla chiusura di alcuni mercati importanti, Lagnasco Group ha lavorato in nuove direzioni. Abbiamo deciso di certificare il prodotto mele per l’accesso agli Stati Uniti e si stanno avviando le vendite con Paesi quali India e Iran. Lo studio di fattibilità per l’accesso a nuovi mercati ci vede costantemente impegnati”.
Eplì, la nuova mela ‘eco’ che resiste ai parassiti, prodotta e commercializzata da Lagnasco Group, selezionata dai francesi dell’INRA
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LEADER EUROPEO DELL’ORTOFRUTTA Nata più di 40 anni fa con l’obiettivo di valorizzare la produzione di migliaia di aziende agricole, Apo Conerpo è la principale Organizzazione di produttori ortofrutticoli europea con 45 cooperative, 7.000 produttori delle regioni più vocate d'Italia, una produzione di 1.100.000 tonnellate e un fatturato di 685 milioni di euro. Apo Conerpo offre alla propria clientela una gamma completa di ortofrutta di qualità, naturale e dalle ottime caratteristiche organolettiche. L’offerta di Apo Conerpo viene commercializzata allo stato fresco, ma anche indirizzata alla trasformazione per produzioni “firmate” da marchi storici come Valfrutta, Yoga, Derby, Jolly Colombani e Cirio. L’attività di Apo Conerpo si sviluppa lungo l’intera filiera, ma nasce in campagna, dove i tecnici forniscono precise indicazioni su scelte varietali, programmi di coltivazione e disciplinari di produzione, tenendo conto della vocazionalità da un lato e dell’evoluzione del mercato dall’altro. A livello commerciale, Apo Conerpo si avvale del supporto di cinque società (Alegra, Naturitalia, Valfrutta Fresco, Opera per le pere e Brio per il biologico) in grado di garantire risposte rapide e flessibili alle richieste del consumatore. La mission di Apo Conerpo si traduce in un impegno costante di valorizzazione del prodotto dei soci, ispirandosi ai principi di mutualità e agli ideali che contraddistinguono da sempre la cooperazione.
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Malgrado il mercato difficile Opera oltre 209 mila tonnellate L’Assemblea generale ordinaria dei soci di Opera ha approvato all’unanimità il bilancio consuntivo relativo all’esercizio 2015-2016 chiuso al 30 luglio. Opera ha svolto il suo 1° anno di attività in un contesto di mercato che presentava diversi aspetti non favorevoli tra i quali: una produzione europea e italiana in linea con la media del triennio precedente, ma con pezzatura dei frutti molto modesta; l’embargo russo e crescenti tensioni politiche ed economiche in Nordafrica; forte concorrenza da parte di Belgio ed Olanda, trend negativo dei consumi. In tale contesto Opera e i suoi soci hanno gestito 209.255 tonnellate di pere delle principali varietà (contro le 85 mila di Origine), servendo oltre mille clienti in 48 nazioni, con un incremento delle esportazioni di oltre il 25% rispetto alla campagna precedente e realizzando un fatturato di 151,4 milioni di euro. Ma soprattutto - scrive il general manager Luca Granata - Opera durante l’esercizio 2015-2016 ha avviato due importanti processi evolutivi: lo sviluppo organizzativo, che progressivamente porterà i soci ad affrontare il mercato in qualsiasi area geografica come un’azienda realmente unica; la progettazione della propria futura politica di marca. I risultati ottenuti nel corso dell’esercizio appena concluso - anche se sostanzialmente allineati con le previsioni iniziali di massima (fatturato previsto sopra i 150 milioni di euro) - "certamente - si legge nel testo diffuso dall’azienda - non sono ancora sufficienti per generare le indispensabili condizioni di diffusa sostenibilità economica della coltivazione del pero in Italia". Ed è proprio per questo che al
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Il management punta decisamente su una maggiore aggregazione della base produttiva per migliorare le economie di scala e remunerare i coltivatori
Luca Granata, general manager di Opera, da subito leader mondiale di prodotto
termine di questo primo anno di attività - molto impegnativo, pieno di imprevisti e difficoltà, ma straordinariamente coinvolgente - l’assemblea dei soci ha ribadito l’assoluta convinzione che la strada imboccata non abbia alternative. I soci sono infatti sempre più convinti che solo dall’aggregazione di un’offerta di pere la più ampia possibile, dal miglioramento continuo dell’efficienza e dell’effi-
cacia dell’organizzazione dell’azienda, dal miglioramento continuo del profilo organolettico della frutta e del servizio ai clienti, dall’ introduzione e dal sostegno nel tempo di una coerente politica di marca e dalla conseguente migliore valorizzazione della produzione possa potenzialmente conseguire il raggiungimento del risultato della reale sostenibilità economica per un elevato nume-
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ATTUALITÀ
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Asia e Medio Oriente supportano i prodotti a marchio Origine Sigla un risultato oltre gli obiettivi il bilancio del primo anno di attività di Origine Group, organismo consortile nato dall’alleanza strategica tra 9 key player del settore: Afe, Apofruit, FruttaC2, Granfrutta Zani, Kiwi Uno, OP Kiwi Sole, Pempacorer, SalviUnacoa, Spreafico. Creato per individuare nuovi mercati, per aggregare elementi di distintività attraverso politiche di qualità, comunicazione e marca, e per espandere il paniere delle nuove varietà, Origine Group ha focalizzato il suo interesse su due prodotti d’eccellenza del paniere ortofrutticolo italiano: pere e kiwi. “Su questi due prodotti - afferma Ilenio Bastoni, presidente di Origine Group - nel primo anno di attività del Consorzio abbiamo gestito un volume di 2 milioni e 200 mila quintali di prodotto. Per le pere le quantità hanno toccato gli 850 mila quintali, e per il kiwi i 1.350.000 quintali. Un volume che è andato oltre le aspettative e che motiva la soddisfazione dei soci del Consorzio che nell’aggregazione hanno potuto cogliere l’efficacia di alcune azioni la cui segue da pag. 29
ro di aziende agricole impegnate nella coltivazione del pero. In conclusione dei lavori assembleari, il presidente di Opera Adriano Aldrovandi ha ringraziato vivamente i soci, sia quelli promotori - cui deve essere riconosciuto il merito di aver avuto il coraggio di sfidare un insoddisfacente status quo organizzativo perdurante da troppi anni sia quelli che si sono progressivamente uniti ai promotori per consentire ad Opera di diventare in pochi mesi la più grande
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Primo bilancio per il Consorzio di 9 grandi aziende
Alberto Garbuglia, consigliere delegato di Origine Group
finalità è la salvaguardia del reddito degli agricoltori”. “Un risultato - spiega Alberto Garbuglia, consigliere delegato di Origine Group - ottenuto grazie alla partecipazione congiunta in importanti fiere di settore, alla promozione su alcuni mercati inazienda di commercializzazione di pere del mondo. Tutti i soci di Opera sono stati di vitale importanza perché hanno contribuito fattivamente ad ogni attività dell’azienda e l’hanno sostenuta in tutti i sensi, con tenacia e convinzione. Un ulteriore ringraziamento è stato diretto anche alle donne ed agli uomini che hanno svolto attività lavorativa per Opera e che sono stati impegnati nel complesso start-up dell’azienda e nello svolgimento di attività che in molti casi hanno dovuto essere pensate e realizzate ex-novo.
ternazionali e all’innovazione varietale, con specifico riguardo al kiwi rosso. In questo successo ha giocato un ruolo centrale sia l’attività del comitato commerciale che quella del comitato tecnico che hanno innescato un assiduo confronto per garantire la qualità dal campo al mercato”. In merito allo sviluppo di nuovi mercati le attività principali sono state messe a segno sui mercati asiatici e su quelli mediorientali, mentre già dalla prossima campagna è previsto un importante progetto di promozione delle pere IGP sul mercato francese (uno dei Paesi col maggior numero di IGP in Europa e quindi maggiormente sensibile e ricettivo verso i prodotti di origine protetta), e una linea di kiwi di qualità su quello spagnolo. “Per quanto riguarda i kiwi - aggiunge Alberto Garbuglia - è nei nostri obiettivi la crescita importante del prodotto a marchio, almeno 100 container di vendita, sui mercati asiatici”. “Origine - sintetizza Ilenio Bastoni - è un modello aggregativo trasparente, efficiente e flessibile in cui si sono identificate le imprese che guardano alla dimensione mondiale valorizzando la produzione locale. Un aspetto tutt’altro che secondario dell’attività del gruppo è che le azioni condotte in Consorzio hanno registrato costi molto ridotti, ossia circa un millesimo di euro di incidenza al kg. Dunque ha generato valore a fronte di un costo minimo”. Origine Group - si legge in una nota del Consorzio - è aperto a confronti, collaborazioni e nuovi partner che ne condividano i principi fondanti e i metodi operativi nonché gli obiettivi ambiziosi di valorizzazione delle produzioni agricole italiane e la salvaguardia del reddito degli agricoltori. Luglio-Agsoto 2016
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EcorNaturaSì entra in Polonia acquisendo 40 punti vendita Quello che non riesce alla GDO italiana riesce alla più significativa catena nazionale di negozi specializzati nella vendita di prodotti biologici. Ci riferiamo all’espansione delle distribuzione italiana all’estero, praticamente pari a zero, mentre il biologico made in Italy mette a segno un altro risultato che testimonia del suo stato di salute: buono, tendente all’ottimo. EcorNaturaSì entra in Polonia, acquistando la maggioranza di Organic Farma Zdrowia, società per azioni che vanta una rete di 40 punti vendita e sta crescendo nelle vendite online. Il presidente di Organic Farma, Slawomir Chlon, ha giudicato l’accordo come la base per la creazione di uno dei maggiori players del settore biologico a livello europeo, con una grande capacità di attrazione su fornitori e clienti, oltre che come una possibilità di ampliamento dei mercati per le esportazioni polacche. Ma lo stesso potrebbe dirsi in termini di opportunità di business per il biologico italiano in Polonia oggi e altrove in un domani forse prossimo. Per EcorNaturaSì la Polonia è il secondo Paese estero di espansione dopo la Spagna. La società opera attraverso i marchi
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Operazione senza precedenti per la distribuzione italiana all’estero, a conferma dell’ottimo stato di salute del settore biologico nazionale. Oltre 400 i negozi in Italia
Roberto Zanoni, direttore generale di EcorNaturaSì
Cuorebio e Naturasì, con una rete di negozi e supermercati bio sia a gestione diretta che in franchising che conta, attualmente, oltre 400 punti vendita in Italia e 2 in Spagna. L’investimento in Polonia è considerato in EcorNaturaSì con grande inte-
resse e accende prospettive internazionali nuove rispetto alla timida presenza in Spagna. La Polonia, con 38 milioni di abitanti, è il mercato principale dell’Europa dell'Est. L’adesione all’UE nel 2004 ha dato inizio a una fase importante di sviluppo economico. Nel 2009 la Polonia è stato l’unico Stato nell’UE a non essere trascinato nella recessione, e negli anni 2008-2013 il prodotto interno lordo è cresciuto di oltre il 20%: si tratta del miglior risultato in tutta l’Unione. E’ dal 2005, dalla scambio azionario tra NaturaSì ed Ecor, che il gruppo continua a crescere, riuscendo a coinvolgere, oltre a pionieri del biologico italiano e della distribuzione bio, imprenditori di primissimo piano come i lombardi Parravicini Crespi e il veneto Renzo Rosso, il ‘mago’ di Diesel. Con questi ‘motori’ alle spalle EcorNaturasì può considerare l’acquisizione polacca solo come una tappa della sua arrembante crescita. Luglio-Agsoto 2016
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Apo Conerpo migliora i risultati Il fatturato a 703 milioni di euro, utile netto a 115 mila euro, ritorno ai soci di 435 mila euro. Nelle difficoltà del mercato è già un passo avanti Il consolidamento del patrimonio netto, ottenuto con l’aumento a titolo gratuito del capitale sociale dello scorso anno, è stato fondamentale per reperire le risorse necessarie ad affrontare investimenti volti alla crescita di Apo Conerpo e al miglioramento tecnico qualitativo dell’offerta. Investimenti strutturali, perseguimento di nuove forme aggregative e azioni di contenimento dei costi generali oltre ai buoni risultati ottenuti 'in campo' hanno
permesso di raggiungere un risultato economico positivo, con un ritorno ai soci di 435 mila euro (+30% rispetto all’anno precedente) e un utile netto di 115 mila euro. Lo hanno ricordato il 7 luglio il presidente Davide Vernocchi e il vice Roberto Cera. In uno scenario internazionale complicato, “i risultati ottenuti sono in controtendenza rispetto al contesto generale”, ha sottolineato Vernocchi. Nel 2015 il fatturato del più
grande Gruppo europeo dell’ortofrutta fresca ha realizzato la cifra record di 703 milioni di euro, in aumento del 4,3%, grazie soprattutto alla crescita generata dalla Grande Distribuzione Italiana (+18,74% per un valore superiore ai 138 milioni di euro) e dall’export (124 milioni di euro, +7,29%). Analizzando l’aspetto produttivo, i volumi realizzati lo scorso anno si sono attestati sui livelli del precedente (-0,86% per circa 1 milione di tonnellate). In particolare per la frutta si è registrato un aumento dell’1,94% dei volumi conferiti dai soci, superando le 403.000 tonnellate, con indice tuttavia negativo per albicocche, ciliegie, nettarine e susine a fronte di incrementi per kiwi, pere, cachi, castagne e marroni. Circa il pomodoro da industria, la produzione ha sfiorato le 450.000 tonnellate con un +6,3% rispetto all’anno precedente. Per
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Buona per chi la compra, buono per chi la vende Verdura dell’Alto Adige
La Verdura dell’Alto Adige cresce in montagna, al sole e all’aria pura. Si raccoglie da giugno a ottobre e arriva fresca al punto vendita. Per questo è molto amata e richiesta dai consumatori. www.verduraaltoadige.com
Verdura
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Areflh cambia governance, l’Emilia Romagna alla guida Luciano Trentini* Da una grande regione ortofrutticola come l’Emilia-Romagna alla guida delle regioni ortofrutticole europee. L’assessore all’agricoltura Simona Caselli è dal 22 giugno anche presidente di Areflh, l’associazione con sede a Bordeaux in Francia, che dal 2008 riunisce 20 regioni, in rappresentanza di Italia, Spagna, Francia, Portogallo, Belgio e Grecia, e una ventina fra Organizzazioni dei Produttori (OP) e loro associazioni (AOP). L’associazione si compone di un Collegio delle regioni quale organo politico e di un Collegio dei produttori portavoce dei fabbisogni del settore. Alla guida di quest’ultimo è stato chiamato Jean Louis Moulon della regione Pays de Loire (che mi sostituisce dopo che per 12 anni ne sono stato al vertice prima come presidente poi come vice). All’indomani della nomina, abbiamo rivolto alcune domande alla neo-presidente Caselli. Avete subito introdotto delle innovazioni. Quali? “In particolare vorrei segnalare come la mia prima assemblea ha subito ridefinito il ruolo del Collegio dei Produttori che ora ha la segue da pag. 33
gli ortaggi, in generale, i volumi conferiti si sono attestati sulle 596.600 tonnellate (-1,50% rispetto al 2014), con indice negativo per fagiolini, zucche e, soprattutto, fagioli e piselli, condizionati dalla scarsa allegagione nei mesi primaverili e dalla forte siccità estiva. In diminuzione anche la produzione di patate (13,57%), intorno alle 48.600 tonnellate. In aumento infine le
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I programmi di Simona Caselli, l’assessore all’Agricoltura emiliano-romagnola salita al vertice dell’Associazione delle Regioni ortofrutticole europee
Simona Caselli, assessore all’Agricoltura Emilia Romagna e presidente Areflh
possibilità di votare le decisioni prese insieme al Collegio delle Regioni. Questo non fa altro che rafforzare il ruolo delle OP e AOP. In secondo luogo i membri soci hanno deciso di dare facoltà al consiglio di amministrazione di potersi avvalere di esperti qualificati affinché possano dare il loro contributo e partecipare alle decisioni tecniche che l’associazione intende intraprendere. In ogni caso è sempre il Collegio delle Regioni l’organo che esprime la maggioranza dei voti” superfici coltivate a frutta, che hanno nuovamente superato i 17 mila ettari, interrompendo così il trend negativo degli ultimi 10 anni. Considerando anche le specie orticole, nel 2015 l’area coltivata dai soci Apo Conerpo è stata quasi di 31 mila ettari. Le filiali commerciali del Gruppo sono Alegra, Brio, Naturitalia, Valfrutta Fresco e dal 2015 la nuova filiale, costituitasi in forma cooperativa: Opera. (c.b.)
Dunque quali sono le funzioni del Collegio delle Regioni e del Collegio dei Produttori? “Il Collegio delle Regioni è lo strumento di concertazione delle Regioni europee aderenti. E’ incaricato di studiare proporre e trasmettere proposte legislative e regolamentari a nome proprio o su proposta del Collegio dei Produttori, orientando e promuovendo le collaborazioni e le sinergie fra le Regioni, le istituzioni nazionali e comunitarie. Il Collegio dei Produttori invece è l’organo di concertazione delle OP europee del settore. Una sinergia che in questi anni ha consentito di ottenere importanti risultati sia in merito alla modifica del 543/2011 sia per quanto riguarda la gestione delle crisi che, seppur da molti considerato uno strumento poco efficace, ha permesso comunque di risolvere diverse situazioni di ordine congiunturale. Purtroppo per le crisi considerate strutturali questo strumento si è dimostrato insufficiente ed inefficace soprattutto perché riguarda solo i soci delle OP”.
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E per quanto riguarda le AOP? “La pressione esercitata da Areflh ha consentito di ridare un ruolo alle AOP che oggi a mio avviso possono essere il vero strumento innovativo che può riorganizzare il settore ortofrutticolo, a condizione che queste possano agire per creare quella reale concentrazione dell’offerta che oggi non sempre esiste. Le AOP possono inoltre fare compiere a questo regolamento un salto di qualità relativamente alla internazionalizzazione delle imprese per la costituzione di AOP transnazionali. All’interno di Areflh le più importanti AOP dei principali Paesi produttori hanno deciso di collaborare fattivamente per raggiungere questo obiettivo”. Un altro capitolo dell’agenda Areflh è rapresentato da ricerca e innovazione. “Areflh è stato strumento propul-
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sore per lo sviluppo della ricerca e innovazione nel settore ortofrutticolo. Insieme a Freshfel ed a Eufrin è nata la piattaforma Eufruit che studia, analizza, propone e mette a punto le priorità per il settore ortofrutticolo, affinché le esigenze del settore siano tramutate in progetti da realizzare con i fondi messi a disposizione da Horizon 2020 ed i cui risultati siano fruibili da parte dei produttori”. I prossimi appuntamenti? “Certamente uno dei punti cardine che dovranno essere affrontati per il futuro è legato alla discussione degli atti delegati legati alla modifica del reg. CE 543/2011. Vi sono alcuni aspetti da chiarire come l’ammissibilità delle spese, l’esternalizzazione ecc. che meritano attenzione. Poi nel 2017 vi sarà la revisione di medio termine dalla quale verranno estrapo-
lati elementi utili circa la funzione dell’OCM oltre il 2020. Un’altra partita importante resta lo sviluppo del progetto 'Frutta nelle scuole' che porta all’Italia un budget di oltre 16 milioni di euro annui. Da ultimo citerei la valorizzazione delle produzioni, soprattutto se ricordiamo che l’Emilia-Romagna vanta nel settore dei prodotti di qualità (DOP, IGP, ecc) il maggior numero di riconoscimenti in Europa, attraverso i quali fare conoscere il valore dell’ortofrutta del territorio garantendo nel contempo la territorialità delle produzioni. A questi aspetti è necessario aggiungere il tema delle barriere fitosanitarie che rischiano di diventare una vera e propria limitazione alla circolazione delle merci. Un problema che si aggiunge a quello dell’embargo russo”. *membro del Comitato d’Indirizzo del Corriere Ortofrutticolo
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Crescita a doppia cifra per Végé con oltre 3 miliardi di fatturato L’assemblea dei soci di Gruppo VéGé, riunitasi il 14 luglio a Milano, ha approvato il bilancio di esercizio 2015, registrando il secondo anno consecutivo di crescita a doppia cifra. Il primo gruppo della Grande Distribuzione nato in Italia, infatti, ha chiuso l’esercizio 2015 facendo segnare un incremento del 14,3% nel fatturato di gruppo in termini correnti, passando da 2 miliardi 900 milioni di euro del 2014 a 3 miliardi 313 milioni. La stima 2016 è di superare i 5 miliardi 500 milioni di euro, grazie anche all’ulteriore processo d’espansione del Gruppo nei primi mesi di quest’anno, con l’ingresso nell’universo VéGé di Supermercati Tosano Cerea Srl, Bava Srl, Asta Spa, F.lli Arena Srl, Multicedi Srl, Dolcitalia-Svive Spa e Convì-Geda Srl. Il raddoppio della quota di mercato trova conferma nelle rilevazioni Nielsen, secondo cui, nell’arco degli ultimi 12 mesi, la quota detenuta da Gruppo VéGé è passata da 1,6% (GNLC febbraio 2015) a 3,4% (GNLC febbraio 2016). I brillanti risultati ottenuti acquistano maggior rilievo se si considera che il Gruppo cresce più del mercato. Il 2015 ha visto, infatti, le vendite nella grande distribuzione crescere di appena uno 0,5% (Nielsen). Si è confermata efficace la politica di investimenti in innovazione e la sempre più stretta interazione con il cliente finale portata avanti da Gruppo VéGé che ha visto, ad esempio, il rapido ampliamento della rete dei punti vendita dotati di tecnologia Beacon, a riprova di un progetto che per tempistica e dimensioni si colloca all’avanguardia non solo in Italia. Il Gruppo è stato protagonista nello sviluppo di nuove forme di relazione con la clientela e di customer engagement con il coin-
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L’obiettivo 2016 è di superare i 5 miliardi e mezzo. Continua il processo di aggregazione. In sei mesi sono entrate sette nuove aziende
Nicola Mastromartino
volgimento degli utenti dei social media nella scelta del nuovo logo per il Gruppo e per la marca del distributore VéGé che ha registrato un incremento del 20% sul giro d’affari ampliando l’offerta
con le linee benessere, bio e premium. “Parlare di semplice soddisfazione dinanzi ai risultati di bilancio è riduttivo perché abbiamo superato un esame impegnativo: confermarci tra le organizzazioni italiane a maggiore tasso di crescita”, commenta Nicola Mastromartino, presidente di Gruppo VéGé. “Sapevamo di aver gettato solide fondamenta per sostenere una costante espansione ma, come sempre, la differenza è stata fatta dalla qualità e dalla competenza degli imprenditori e manager che lavorano con noi. Continueremo in questo percorso di crescita e innovazione per rafforzare la relazione con i nostri clienti”.
Del Prete presidente di Sigma È Francesco Del Prete (nella foto), amministratore delegato di Cedi Sigma Campania, il nuovo presidente di Sigma, retailer tra i protagonisti della scena distributiva italiana con una rete multicanale costituita da oltre 1.700 punti di vendita - tra superstore, supermercati, superette, negozi di vicinato, cash&carry e discount -, una market share a inizio anno pari al 2,7% e un fatturato che a fine 2016 si stima raggiungerà i 3,7 miliardi di euro. La nomina è stata ufficializzata lo scorso 23 giugno, in occasione dell’assemblea e consiglio di amministrazione dell’impresa distributiva, che ha eletto vice presidente Oreste Santini, presidente di Consorzio Europa.
Francesco Del Prete sostituisce Raniera Sopranzetti, giunta a fine mandato dopo l’elezione dello scorso luglio 2015, che lascia così il timone della società al suo vice presidente, mantenendo l’incarico di consigliere. Il neo presidente, 47 anni, è un brillante imprenditore di Frattamaggiore (Napoli), sin dal 1995 socio Sigma con l’azienda di famiglia dapprima aderente a Codes (Cooperativa Dettaglianti Sigma) e quindi confluita in Cedi Sigma Campania, una delle più importanti realtà del Gruppo.
Luglio-Agosto 2016
ATTUALITÀ
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Approvata la riforma dei porti: più efficienza, meno burocrazia Il Consiglio dei ministri ha approvato a fine luglio la riforma dei porti. Il decreto - si legge in una nota ufficiale del governo - punta sulla competitività dei porti e sostiene il ruolo dell’Italia, attraversata da quattro corridoi ferroviari Ten-t e con 8 mila chilometri di coste, come hub europeo nel Mediterraneo. La semplificazione delle procedure per facilitare il transito di merci e passeggeri, la promozione di centri decisionali strategici rispetto all’attività di porti in aree omogenee, la riorganizzazione amministrativa, il coordinamento centrale del ministero sono i principi centrali. Rispetto agli attuali 113 procedimenti amministrativi, svolti da 23 soggetti, il decreto prevede l’istituzione di due sportelli che abbasseranno i tempi di attesa, lo Sportello Unico Doganale per il Controllo sulle merci e lo Sportello Unico Amministrativo per tutti gli altri procedimenti e per le altre attività produttive in porto non esclusivamente commerciali. Inoltre semplificazioni sulle modalità di imbarco e sbarco passeggeri e misure di snellimento delle procedure e innovazione amministrativa per l’ adozione dei Piani Regolatori Portuali.
Sono 57 i porti di rilevanza nazionale che vengono riorganizzati nelle nuove 15 Autorità di Sistema Portuale, centri decisionali strategici con sedi nelle realtà maggiori, ovvero nei porti definiti ‘core’ dalla Comunità Europea. Le Autorità di sistema portuale sono relative agli ambiti: Mar Ligure Occidentale, Mar Ligure Orientale, Mar Tirreno Settentrionale, Mar Tirreno Centrale, Mar Tirreno Meridionale Jonio e dello Stretto, Mare di Sardegna, Mare di Sicilia Occidentale, Mare di Sicilia Orientale, Mare Adriatico Meridionale, Mar Jonio, Mare Adriatico Centrale, Mar Adriatico Centro Settentrionale, Mare Adriatico Settentrionale, Mare Adriatico Orientale. Alle 15 Autorità di Sistema Portuale viene affidato un ruolo strategico di indirizzo, programmazione e coordi-
Pesatura container: è caos C’è ancora confusione a un mese dall’introduzione dell’obbligo della pesatura certificata (Vgm, Verified gross massa) per i container destinati all’export prima dell’imbarco nei porti italiani, una norma prevista dalla convenzione Solas nata per evitare sbilanciamenti nel carico delle navi che potrebbero portare a incidenti. I rappresentanti di spedizionieri, agenti marittimi,
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autotrasportatori e terminalisti hanno fatto il punto a fine luglio a Genova con Capitaneria e Autorità portuale: oggi solo il 35% dei container in esportazione arriva nel porto del capoluogo ligure già pesato e con i documenti corretti inviati elettronicamente. Per chiarire le modalità operative una volta per tutte, l’Autorità portuale emanerà un’ordinanza.
namento del sistema dei porti della propria area. Avrà funzioni di attrazione degli investimenti sui diversi scali e di raccordo delle amministrazioni pubbliche. Le Regioni possono chiedere l’inserimento nelle Autorità di Sistema di ulteriori porti di rilevanza regionale. L’Autorità di Sistema Portuale sarà guidata da un board snello, 3-5 persone, il “Comitato di gestione” con il ruolo di decisore pubblico istituzionale. Il Comitato di gestione è guidato da un presidente manager. Viene scelto dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti d’intesa con la Regione o le Regioni interessate dall’Autorità di sistema. Rispetto ai precedenti Comitati Portuali, con limitata capacità decisionale, si passa da circa 336 membri a livello nazionale a circa 70 persone. I rappresentanti degli operatori e delle imprese faranno parte, invece, degli “Organismi di partenariato della Risorsa Mare" con funzioni consultive: potranno partecipare al processo decisionale, non potranno più votare atti amministrativi. Per garantire la coerenza con la strategia nazionale verrà istituita una “Conferenza nazionale di coordinamento delle Autorità di Sistema Portuale”, istituzionalizzata e presieduta dal ministro; vi sarà una programmazione nazionale delle scelte strategiche e infrastrutturali, fino a definire un Piano regolatore portuale nazionale. Il Piano strategico della portualità e della logistica fissa dieci obiettivi: misure per semplificazione e snellimento, competitività e concorrenza, accessibilità, integrazione del sistema logistico, potenziamento delle infrastrutture, innovazione, sostenibilità, certezza delle risorse, coordinamento nazionale, nuova governance. Luglio-Agosto 2016
MONDO
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Obiettivo Cina per i Paesi grandi produttori di frutta È ormai diventato il primo mercato target dei principali Paesi produttori di ortofrutta. Soprattutto dopo il blocco di Mosca a tutte le importazioni dall’Occidente, la Cina ha acquisito un “appeal” commerciale sempre maggiore in forza alle ottime possibilità rappresentate dall’enorme bacino di consumatori potenziali e dalla crescita economica a doppia cifra, seppur in fase di rallentamento, che sta vivendo da anni. Delegazioni e diplomazie di tutto il mondo sono costantemente al lavoro per portare avanti negoziati con l’obiettivo di aprire le frontiere cinesi ai prodotti della terra che rappresentano. Dopo il via libera concesso al kiwi made in Italy nell’ormai lontano 2009, nel gennaio di quest’anno anche gli agrumi del Bel Paese hanno ottenuto il lasciapassare. E mentre sono in fase di re-definizione gli accordi con il Cile per l’ingresso di nettarine, avocado e prugne secche, si sono moltiplicate le intese commerciali andate a buon fine. È il caso delle drupacee spagnole o delle susine, ciliegie e arance elleniche. Già pronti, invece, per i primi invii – in essere già dalla prossima campagna – i mirtilli coltivati in Uruguay e l’uva da tavola di origine egiziana. Proprio l’Egitto raggiunge un altro importante obiettivo su questo mercato dopo che lo scorso anno aveva ottenuto il via libe-
L’Ecuador con le sue banane chiede spazio nel ‘pianeta giallo’
L’Italia ha via libera per kiwi e agrumi. Attese per l’uva da tavola
Nonostante la sentenza del tribunale internazionale dell’Aja, le tensioni tra Cina e Filippine non sono ancora finite. Lo scorso 12 luglio la Corte Permanente di Arbitrato ha espresso il suo verdetto rispetto alle controversie tra i due Paesi in merito ai diritti di sfruttamento delle acque del Mar Cinese Meridionale. La decisione è stata completamente favorevole alle Filippine e segna un primo elemento legalmente vincolante nei rapporti di forza nel Pacifico. Ma la Cina non sembra darsi per vinta e ha dichiarato di non voler rispettare la decisione dell’Aja. Si tratta di una situazione tutt’altro che semplice, giocata su più fronti. Già nel 2012, agli albori della questione dopo l’incidente di Scarborough Shoal, la Cina aveva imposto blocchi commerciali alle banane di Manila. La ragione ufficiale era riconducibile al rinvenimento della cocciniglia bianca (neobrevipes Dysmicoccus), lo stesso insetto che aveva determinato un secondo blocco delle importazioni nel mese di marzo di quest’anno. Ed è notizia di luglio la distruzione voluta dai funzionari di Pechino di 21 tonnellate di frutta di origine filippina, per un valore di 21.683 dollari, per il medesimo motivo. Nel 2015 le Filippine hanno inviato 686.904 tonnellate di banane verso la Cina, il 64% del to-
ra anche per le sue arance. i consumatori cinesi sono molto più sensibili rispetto ai temi della salubrità e dell’alimentazione. Ciò ha stimolato la domanda di
frutta importata. “I consumatori ora mettono la qualità al primo posto - ha affermato un esperto cinese durante un recente convegno internazionale -. La frutta
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tale delle importazioni del Paese. Il secondo fornitore, a debita distanza, è stato l’Ecuador con 283.006 tonnellate, seguito dal Myanmar (55.683 tons), Thailandia (26.115 tonnellate) e Vietnam (10.133 tons). Proprio l’Ecuador potrebbe però giovare delle tensioni nel Pacifico e riuscire ad esportare sempre più prodotto in Cina nonostante i prezzi applicabili, decisamente più elevati per i costi del trasporto, rispetto ai concorrenti filippini. “Quest’anno le spedizioni di banane verso la potenza orientale sono meno della metà dello scorso anno, soprattutto perché i prezzi filippini sono molto più bassi per la minor distanza”, ha dichiarato a metà luglio Eduardo Ledesma, dell’Associazione degli esportatori di banane dell’Ecuador (AEBE). “Da parte nostra però abbiamo tanti problemi da risolvere: dobbiamo essere più agili, snellire le procedure e le formalità che rendono il sistema tanto farraginoso”. E chissà che tra i due litiganti il terzo non goda. (c.b.) deve essere di categoria superiore. Le loro preoccupazioni principali sono, quindi, la sicurezza alimentare, la salute e l’alimentazione”. (c.b.)
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Fresh Produce China: il consumatore cinese cerca nella frutta importata qualità e salubrità Successo del Fresh Produce Forum China, nuovo evento di Asiafruit e Asiafruit Logistica svoltosi a Chengdu (14 milioni di abitanti) nel sud-ovest del Paese (a 30 ore per di camion dai porti di Shangai e Guangzhou) dal 31 maggio al 2 giugno con oltre 200 delegati da 14 Paesi. Una ricerca di Fresh Intelligence Consulting, presentata durante l’evento, ha evidenziato che nell'ultimo decennio le importazioni cinesi di frutta fresca sono aumentate del 400% raggiungendo 3,8 milioni di tonnellate nel 2015. Più del 70% del volume proviene da Paesi del sud-est asiatico fornitori di frutta tropicale (Filippine, Thailandia e Vietnam), come le banane, il dragon fruit e il durian, frutti che sono diventati molto popolari nel sud-ovest cinese. Gli operatori locali prevedono per i prossimi anni un'ulteriore crescita delle importazioni con particolare riferimento ai kiwi neozelandesi e italiani, all'uva da tavola indiana, alle pesche spagnole, agli ananas costaricani e agli avocado peruviani. In futuro crescerà anche l'ecommerce. Il gruppo online Fruitday ha da poco sviluppato
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un business per i brand d'alta gamma di frutta estera, ma anche marchi per valorizzare specifiche produzioni locali (esempio: arance "Mr Orange"). "I cinesi stanno perseguendo una migliore qualità della vita e ciò si riflette nel modo in cui acquistano – ha rimarcato Liu Youcai, manager di Benlai, azienda che opera nel commercio online – In passato i consumatori erano molto cauti e preferivano mettere da parte i loro soldi. Oggi, invece, i più giovani li spendono molto più liberamente". La multinazionale Driscoll’s crede nello sviluppo dei piccoli frutti in Cina e sta investendo in loco per produrli e distribuirli: "Riteniamo che la Cina sia la più grande possibilità di mercato al mondo dei piccoli frutti - ha affermato Jae Chun, vice presidente di Driscoll's per l'Asia Pacifica -. Se saremo in grado di ottenere la giusta qualità, saremo premiati dai consumatori cinesi”. Sorpresa ha destato la notizia che solo il 5% della vendita di ortofrutta passa per i supermercati. Anche se nelle aree urbane della Cina le catene di supermercati detengono una quota del
30% delle vendite di generi alimentari, tale percentuale scende infatti solo al 5% quando si tratta di frutta e verdura. Per questo un relatore cinese ha esortato gli esportatori stranieri a non sottovalutare l'importanza dei mercati tradizionali in Cina; tanto più che moltissimi cinesi hanno l'abitudine di fare la spesa tutti i giorni, mettendo insieme gli ingredienti che occorrono a cucinare un pasto o due. La sfida per il futuro sarà come importare frutta in Cina in maniera più diretta che non passando attraverso i canali tradizionali, rappresentati da Hong Kong e Taiwan. Inoltre è stato fatto notare quanto contino le relazioni interpersonali in Cina, che si fondano su reciproco rispetto, senso della gerarchia, riconoscenza, buona immagine, investimento di tempo in visite personali ai propri partners. "Sul mercato cinese non ci sono gare da fare, soprattutto nell’avvio di un commercio. La pazienza è invece la dote più importante", ha commentato un manager cinese. La manifestazione di Chengdu è stata coordinata da Chris White. Tra gli italiani presenti il presidente del CSO Paolo Bruni.
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Spagna: si salvano gli agrumi Attese meno pere e più mele Chiara Brandi In Spagna, il Comitato di gestione degli agrumi (Comité de Gestión de Cítricos, CGC) ha fatto il punto sulla stagione 2015/16. Le stime, basate su una proiezione di dati ufficiali rilasciati in maggio dall’ICEX, confermano una campagna complessa ma non del tutto negativa. Il pesante calo produttivo registrato a causa di un andamento climatico anomalo in fase di fioritura delle piante non si è fortunatamente tradotto in una contrazione delle esportazioni. Il commercio estero di mandarini, arance, limoni e pompelmi spagnoli dovrebbe infatti attestarsi sul finire della campagna nel mese di agosto a 3,64 milioni di tonnellate. Un quantitativo lontano dallo storico record ottenuto lo scorso anno, pari a 4,15 milioni di tonnellate, ma che inaspettatamente eguaglia i risultati raggiunti nel 2010/11, la quinta migliore campagna di sempre. Una buona performance dovuta alla significativa riduzione dei volumi destinati alla trasformazione industriale e del miglior approvvigionamento del mercato del fresco, frutto di una gestione ottimale della logistica. Il buon andamento dei mercati e l’eccellente qualità degli agrumi hanno portato ad una diminuzione delle vendite estere, stimate dal CGC a -12,4%, inferiore a quanto prevedibile in seguito alla flessione dei raccolti in campo. La produzione era stata inizialmente valutata a 19,3% ma è successivamente stata rivista a -17,5%, per un totale di 6,02 milioni di tonnellate. In termini di fatturato, nonostante il calo delle spedizioni, i risultati dovrebbero essere pari a quelli della scorsa campagna. Se per gli agrumi è tempo di bilanci, per mele e pere è tempo di
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Mentre si tirano le somme della campagna agrumicola iberica, è tempo di previsioni per due prodotti guida del settore frutticolo. Oltre il 50% delle mele è Golden previsioni. L’appuntamento annuale con Prognosfruit, il principale evento europeo per i produttori di mele e pere, è in corso mentre scriviamo (Amburgo, 2-5 Agosto 2016) ma dai principali Paesi produttori trapelano le anticipazioni circa l’andamento della stagione 2016. In Spagna, gli ultimi dati elaborati dall’organizzazione di produttori Cooperativas Agro-Alimentarias parlano di un raccolto in calo del 12% per le
AholdDelhaize, via alla fusione Ahold Delhaize ha annunciato nella seconda metà di luglio l finalizzazione del processo di fusione, durato oltre un anno. Nasce così uno dei maggiori gruppi della grande distribuzione mondiale, che vanta 22 marchi locali con 6.500 punti vendita in 11 Paesi, oltre 50 milioni di clienti e 375mila impiegati. L’olandese Royal Ahold (cui fanno riferimento i marchi Albert Heijin, Gall&Gall e Etos) e il belga Delhaize (3.410 punti vendita in 7 Paesi di tre continenti), insegne europee ma con forti interessi nel mercato USA (dove realizzano il 60% delle vendite), hanno dato vita alla quinta insegna della grande distribuzione in USA con vendite da 54 miliardi di euro, e in Europa al quarto retailer.
pere e in crescita del 5,8% per le mele. Le condizioni meteo insolite verificatesi nei primi mesi dell’anno oltre alle pesanti grandinate nei mesi di giugno e luglio hanno determinato una significativa contrazione dei volumi di pere che interesserà tutte le principali varietà coltivate: -30,4% se si considera la media delle ultime dieci stagioni, per un totale pari a 302.701 tonnellate raccolte. Per la varietà Conference, la più prodotta nel Paese con il 49% del totale nazionale, si stimano volumi pari a 147.297 tonnellate, in calo dell’8,5% rispetto al 2015. Per la Blanquilla (che rappresenta il 12% del totale prodotto) e la Coscia-Ercolini (11%) la contrazione prevista è rispettivamente del 14,8% e 17,9%, per un totale di 37.264 e 32.633 tonnellate. Al contrario la produzione di mele, dopo la contrazione dello scorso anno, è prevista di nuovo in crescita. Secondo le stime si raggiungerà un +2,3% rispetto alla media degli ultimi dieci anni, per un totale di 509.455 tonnellate. In particolare, per la varietà Golden, che rappresenta più della metà della produzione nazionale, è previsto un aumento del 5,1%, per 265.459 tonnellate finali (meno rispetto alla media degli ultimi dieci anni). Per la Gala, invece, si stima un aumento dell’11% (80.192 tons) mentre per la Fuji del 15% (36.147 tonnellate). L’unica varietà prevista in flessione è la Renetta, pari al 7% del raccolto nazionale, che potrebbe registrare una contrazione del 2,5% anno su anno per un totale di 39 mila tonnellate. Luglio-Agosto 2016
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GERMANIA
Monsanto rifiuta la nuova offerta di Bayer Le nozze tra Bayer e Monsanto non s’hanno da fare, ancora una volta. “L’offerta rivista di Bayer è finanziariamente inadeguata”. Così Monsanto, sottolineando di restare aperta a trattative con Bayer, ha respinto per la seconda volta le avances del colosso tedesco della chimica e farmaceutica, che mira a unirsi in nozze con la multinazionale americana per la leadership nel mondo dei semi e della chimica per l’agricoltura. Monsanto ha diffuso un comunicato in cui si legge che il suo “consiglio di amministrazione all’unanimità considera inadeguata la proposta”; lo è “finanziariamente” ed è “insufficiente nel garantire una certezza dell’operazione”. Il gruppo aggiunge che “non c’è garanzia che una transazione possa essere iniziata o portata a termine, né con quali termini”. A metà luglio Bayer aveva alzato la sua offerta per Monsanto da 122 a 125 dollari per azione. Il 24 maggio scorso Monsanto aveva giudicato “incompleta e finanziariamente inadeguata” l’offerta ferma a 122 dollari per azione; in quell’occasione si disse però “aperto a continuare discussioni costruttive per capire se una transazione che sia nel migliore interesse dei soci di Monsanto possa essere raggiunta”. Nella trimestrale deludente pubblicata il 29 giugno poi, aveva spiegato di avere discussioni con Bayer e con altri per valutare “alternative strategiche”. A inizio luglio era girato anche il nome di un’altra azienda tedesca per il futuro dell’azienda americana, che avrebbe studiato varie transazioni inclusa una potenziale acquisizione della divisione di Basf dedicata alle soluzioni agricole. Se mai l’acquisizione da parte di Bayer dovesse andare in porto, sarebbe il più grande takeover
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dell’anno del 2016. Sarebbe anche il più grande realizzato da un gruppo tedesco da cui nascerebbe un colosso mondiale dell’agrochimica, un settore protagonista di un consolidamento. A febbraio la cinese ChemChina – che controlla l’italiana Pirelli – ha annunciato l’accordo per rilevare la svizzera Syngenta per circa 43 miliardi di dollari; nel dicembre del 2015 le americane Dupont e Dow Chemical raggiunsero un’intesa per un valore di circa 130 miliardi di dollari.
REGNO UNITO
Frutta gratis per i bambini da Tesco Frutta gratis ai bambini. L’idea è del retailer inglese Tesco che ha lanciato l’iniziativa in 800 punti vendita nel Regno Unito per incentivare il consumo di ortofrutta tra i più piccoli. Mentre i genitori fanno la spesa i bambini potranno scegliere di mangiare mele, clementine o banane. L’idea è nata da un suggerimento partito da una dipendente della catena inglese, Maria Simpson, per cercare di sostituire l’acquisto di caramelle con quello della frutta. Partita in un negozio del Lincolnshire, l’idea è stata subito un successo ed è stata diffusa in altri supermercati. Tesco non è nuova a progetti del genere: quest’anno ha lanciato la linea “Perfectly Imperfect”, “perfettamente imperfetto”, per stimolare l’acquisto di ortofrutta non bellissima esteticamente ma comunque buona. Nel 2014 aveva eliminato dalle avancasse dolciumi e cioccolatini, mentre lo scor-
so hanno aveva lanciato “Eat Happy”, che prevedeva la visita dei bambini in fattorie, aziende agricole e negozi della catena per comprendere e imparare da dove provengono gli alimenti e come mangiare sano, introducendo inoltre succhi e bibite senza zuccheri aggiunti per i formati da cestino per la merenda scolastica.
STATI UNITI
Walmart offre anche ortofrutta ‘imperfetta’ Mettere in vendita la frutta e la verdura imperfetta per ridurre gli sprechi alimentari. Walmart ha deciso di seguire l’esempio della Francia e del Canada a partire dalle mele, uno dei frutti più acquistati dalla popolazione. In 300 supermercati Walmart della Florida arriva “I’m Perfect”, la mela imperfetta che naturalmente conserva gli stessi valori nutrizionali delle mele senza difetti dal punto di vista estetico. La frutta imperfetta rischia di rimanere nei campi o di finire direttamente in discarica dato che i grossisti non la acquistano perché sanno che i supermercati non sono interessati a prodotti con difetti estetici. La abitudini dei consumatori, però, stanno cambiando, in linea con una maggiore attenzione all’ambiente e alla riduzione degli sprechi. Ecco che allora mettere in vendita la frutta e la verdura imperfetta può risultare conveniente sia per i negozianti che per gli acquirenti. Per i supermercati, in particolare, si tratta di una mossa che giova all’immagine green che vorrebbero dare di sé. Il problema degli sprechi alimentari è diffuso in tutto il mondo e il fatto di scartare la frutta e la verdura imperfetta non fa altro che aggravarlo. Nel corso degli anni ha preso piede un sistema secondo cui frutta e verdura nutriente e commestibile è destinata a finire in discarica perché non rispec-
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chia determinati canoni estetici. Walmart ha stretto un accordo con i fornitori di mele di Washington per mettere in vendita mele imperfette delle varietà Granny Smith e Red Delicious nei propri supermercati. La campagna contribuirà a ridurre gli sprechi alimentari e supporterà i coltivatori di mele che altrimenti sarebbero costretti a perdere i guadagni corrispondenti alla frutta gettata via. Infine Walmart ha proposto di sfruttare le mele imperfette per usi alternativi, ad esempio per preparare succhi di frutta e marmellate o per inviare le mele più piccole alle mense scolastiche frequentate dai bambini.
SPAGNA
Cresce il traffico del porto di Barcellona Nei primi sei mesi del 2016 il Porto di Barcellona ha superato il milione di Teu di traffici, con un aumento del 13% rispetto allo stesso periodo del 2015, e una crescita del 4% del traffico totale. I dati sono stati resi noti dall’autorità dello scalo catalano: “Il processo di recupero iniziato nel 2013 - ha detto ala stampa iberica il presidente dell’autorità portuale Sixte Cambra (nella foto) - ha subìto un’accelerazione, specialmente dal 2015”. Bene anche le esportazioni, che sono cresciute del 4% mentre le importazioni passate dallo scalo iberico sono aumentate dell’11%, segnali della crescita del consumo interno spagnolo. Tra le merci estere che transitano per il porto di Barcellona la parte preponderante è della Cina, con il
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23,5%, davanti agli Usa (+8%) ma la crescita più forte è quella delle merci provenienti dagli Emirati Arabi Uniti, cresciute del 28% nel primo semestre 2016. Bene anche il movimento turistico con un milione e mezzo di viaggiatori movimentati sulle crociere e sui traghetti turistici.
ROMANIA
Carrefour numero uno nei supermercati Carrefour Romania ha raggiunto un accordo con l’Autorità della concorrenza locale per l’acquisizione di 86 supermercati Billa. Si tratta di una rete dislocata in tutto il territorio nazionale che assumerà l’insegna Market negli oltre 83 mila metri quadrati di superficie di vendita. Con l’operazione, il gruppo francese diventa il primo operatore rumeno dei supermercati.
ANGOLA
Investimenti in ortaggi e patate Gli investimenti effettuati nel settore agricolo e industriale in Angola, dal gruppo imprenditoriale Jardins da Yoba, negli ultimi cinque anni, nel distretto della Chibia, 42 chilometri a sud di Lubango, provincia della Huila, hanno raggiunto i 10 milioni di dollari, come informa il direttore di produzione, João Saraiva (nella foto). Gli investimenti sono serviti per creare due aziende agricole, una nella regione Chaungo e un’altra nella Chimukua, che oc-
cupano circa 300 ettari di terreno coltivabile ciascuna, dove sono prodotti, su larga scala, cereali, tuberi e ortaggi per rifornire il mercato interno. Il gruppo ha investito anche nella costruzione di un impianto di lavorazione delle patate, una catena del freddo per la conservazione dei prodotti, la produzione di polli e uova, l’allevamento di animali di media e grande taglia, nonché la produzione di seme di patata.
PANAMA
Il pedaggio più costoso della storia Il nuovo canale di Panama, che ha aperto i battenti il 26 giugno scorso, ha battuto un nuovo record, quello del pedaggio più costoso della storia: 829.468 dollari per far transitare la Mol Benefactor, portacontainer da 10mila teu gestita dalla Mitsui OSK Lines. Prima del 26 giugno non sarebbe potuta passare per il canale centramericano visto che il limite massimo era di circa 5mila teu. Il transito è avvenuto il primo luglio e l'Autorità del canale panamense ha confermato l'importo. Il record precedente era di 575.545 dollari pagato da Cosco Shipping Panama, la nave che ha effettuato il primo transito ufficiale dopo i test di Baroque. Oggi siamo arrivati vicino al milione. Il pedaggio a Panama è stabilito sulla base delle dimensioni. Considerando che possono transitarvi fino a navi da 15mila teu, è probabile che a breve anche il record di un milione di dollari per il pedaggio di un canale sarà raggiunto.
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SCHEDA PRODOTTO S
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Emanuele Zanini A parte qualche incertezza iniziale si profila una nuova promettente annata per l'uva da tavola italiana. Dopo una partenza un po' in salita a causa del maltempo primaverile, la stagione a fine luglio è entrata nel vivo dando risposte piuttosto incoraggianti ai produttori, sia in termini di prezzo che, soprattutto, di qualità del prodotto. Tuttavia, per mantenere competitivo il settore, la parola chiave per la stragrande maggioranza degli operatori intervistati dal Corriere Ortofrutticolo è innovazione. È da qui che parte il futuro destino dell'Italia nel sempre più agguerrito comparto dell'uva da tavola. L'altro fattore, sempre più determinante è la continua ed inarrestabile cavalcata delle uve apirene, che stanno progressivamente erodendo terreno, in tutti i sensi, al prodotto con seme. Nicola Giuliano, a capo della Giuliano Puglia Fruit di Turi (Bari) analizza nel dettaglio la situazione del mercato. Per l'imprenditore pugliese l'inizio della campagna ha accusato un po' il colpo a causa di una primavera instabile e piovosa che ha penalizzato le uve precoci, caratterizzate all'inizio del raccolto da pezzature scarse, che hanno inciso negativamente sui prezzi. A fine luglio la situazione, però, è cambiata, e decisamente in meglio. “La partenza non è stata esaltante ma nella seconda parte di luglio la qualità della varietà Vittoria, che aveva tradito le aspettative nei primi quindici giorni di raccolta, è aumentata nettamente”, conferma Giuliano. “Le aspettative sono incoraggianti, soprattutto per la varietà Italia che è bellissima, con una qualità ottima”. Per quanto riguarda il capitolo riLuglio-Agosto 2016
UVA
Spopolano le uve apirene Innovazione è la parola chiave Si profila un’annata promettente, entrata nel vivo a luglio con risposte incoraggianti alla produzione. Attenzione alla concorrenza sul prodotto senza semi
guardante l'uva seedless l'imprenditore barese, pur riscontrando un mercato vivace, non nasconde una certa preoccupazione per il futuro: “Sulla senza semi la concorrenza è sempre più agguerrita. La Grecia ha un buon prodotto e una grande produzione, la Spagna cresce nei volumi e nella qualità. Anche Turchia e Nord Africa si stanno sempre più specializzando. Il predominio italiano nell'uva con semi, su cui rimaniamo un'eccellenza, ormai è tramontato e la “battaglia” sulle apirene sarà più dura in quanto temo che le differenze qualitative tra le produzioni dei diversi Paesi produttori saranno sempre minori. A incidere sono senza dubbio anche i minori costi di produzione dei nostri competitors”. Ad ogni modo il trend di crescita delle uve senza semi prosegue senza sosta a tal punto che Giuliano azzarda anche una previsione a me-
dio termine: “Se il ritmo di crescita delle seedless proseguirà a questi livelli, entro cinque anni – afferma – in Italia avremo il 60% di apirene e solo il 40% di tradizionale con seme, capovolgendo quindi la percentuale attuale. D’altra parte la ricerca e i breeders internazionali spingono a mille sulle senza semi, su cui ormai ci sono centinaia di tipologie”. Secondo Giuliano tuttavia, i produttori italiani stanno comprendendo il cambio di rotta e si stanno adeguando con l'innovazione: “Attraverso la preziosa collaborazione con tre istituti di ricerca varietale e un progetto da tre milioni di euro si stanno investendo e sperimentando un centinaio di cultivar di cui almeno un quarto sono davvero interessanti”. Perché la convinzione, oltre che la speranza, di Giuliano è che “l'Italia sappia creare delle proprie cultivar di varietà senza semi www.corriereortofrutticolo.it
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Didonna oltre il rinnovamento varietale: si punta sulla sostenibilità e sulla biodiversità Dalla specializzazione nelle varietà di uva senza semi, all’impegno nel campo della sostenibilità ambientale fino alla certificazione in materia di tutela della biodiversità: uno dei tratti distintivi dei DiDonna è rappresentato dall’innovazione. Un approccio che parte da lontano, dato che l’azienda di Rutigliano (Bari) è stata tra le prime in Italia a credere alle uve seedless, e che guarda avanti, anticipando ancora le tendenze dei mercati più evoluti. “L’innovazione varietale si sta concentrando tutta sulle apirene, su cui si è lavorato molto anche per migliorare ulteriormente il gusto e alcuni aspetti produttivi – conferma Raffaella DiDonna (nella foto) –. E i riscontri di mercato danno ragione agli sforzi della ricerca: con consumi stabili sulle varietà bianche, in aumento sulle varietà rosse, con una tendenza di richiesta in aumento per le nere. “Pur concentrati sulle varietà più strategiche non abbandoniamo le più tradizionali varietà con semi tipiche delle nostre zone produttive, tenendo sempre elevato il livello qualitativo, unica via per assicurare loro un futuro commerciale positivo. Nel lavoro di ricerca varietale e di attenzione agronomica, risulta strategico il calendario di produzione – aggiunge Raffaella DiDonna – e all’Italia serve presidiare più puntualmente il periodo medio-tardivo” Di pari passo con la produzione di varietà all’avanguardia, l’azienda DiDonna ha negli anni adottato un approccio di salvaguardia paesaggistica e ambientale: un lungo percorso che ha portato l’anno scorso alla certificazione Biodiversity Friend della Onlus World Biodiversity Asso-
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ciation, la prima certificazione che garantisce la tutela della biodiversità in agricoltura. Tra le misure a tutela dell’ambiente, sui terreni di proprietà sono stati creati veri e propri “corridoi ecologici” che consentono di tutelare la flora e la fauna presenti, oltre alla presenza dei tradizionali muretti a secco che favoriscono il mantenimento di un habitat in sintonia con il paesaggio mediterraneo. E questo impegno in ambito ambientale non ha mancato di attirare l’attenzione di quelle insegne della moderna distribuzione estera che sono più sensibili a questi temi. In primis il retailer britannico Waitrose che ha attribuito a DiDonna lo status di ‘Demonstration Farm’, inserendola in una ristretta selezione di fornitori che si sono distinti nelle pratiche di salvaguardia ambientale. Una direzione che vede l’azienda sempre più convinta, con l’avvio di un percorso di conversione al biologico: “Il passo successivo di questa filosofia è l’avvio della produzione biologica, e l’anno prossimo – annuncia Raffaella DiDonna – partiremo con le produzioni bio, con l’obiettivo di una graduale e progressiva conversione delle nostre coltivazioni. Si tratta di una scelta prima di tutto etica e coerente con la responsabilità che abbiamo sempre sentito nei confronti dell’ambiente e dei consumatori – sottolinea l’imprenditrice pugliese – e ci fa
molto piacere che il mercato stia sempre di più prendendo questa direzione, come dimostrano le crescenti richieste e l’interesse generale della grande distribuzione organizzata”. Per quando riguarda la stagione in corso l’imprenditrice barese si dimostra piuttosto soddisfatta dell’andamento produttivo e commerciale. “La qualità delle uve senza semi precoci è buona se non ottima, questo clima sta facendo maturare bene e velocemente le uve. Ciò ha favorito i consumi, che si stanno attestando su buoni livelli, anche grazie alle difficoltà riscontrate dalla Spagna che sta avendo problemi di qualità e quantità. Il grado brix in media è superiore rispetto allo scorso anno. Il clima in primavera non ha influenzato le produzioni che nel periodo estivo hanno proseguito la maturazione con regolarità consentendo di effettuare una raccolta regolare, semmai in anticipo di 5-6 giorni”. DiDonna nel 2015 ha commercializzato 10 mila tonnellate di uva da tavola, con vendite in continuo aumento per le produzioni senza semi, soprattutto grazie al Nord Europa che viaggia a doppia cifra, a differenza di paesi come Spagna, Francia e Italia dove l’incremento dei consumi è più timido, ma aumenta di anno in anno. L’Italia, in particolare, sta tornando a guadagnare terreno grazie ad un aumento dell’interesse, in crescita in particolare per le uve apirene. Allo storico lavoro sull’uva si è affiancato negli ultimi anni un focus su agrumi e albicocche, grazie soprattutto all’accordo di partnership con il Gruppo Battaglio che ha permesso una crescita commerciale sul mercato interno. A oggi l’Italia vale il 40% del volume d’affari. (e.z.)
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Viviana: 350 imprese nel progetto Prosegue positivamente il “viaggio” del marchio “Viviana”, il progetto di valorizzazione dell’uva da tavola 100% made in Italy promosso dall’Unione nazionale Italia Ortofrutta che punta a stimolare la sinergia tra operatori del settore per accrescere la competitività e la qualità dei prodotti immessi nel mercato. Sono 12 le organizzazioni di produttori che hanno deciso di aderire al progetto con oltre 350 imprese coinvolte tra Puglia, Sicilia e Basilicata e oltre 120 mila tonnellate di produzione. Soddisfatto dell’andamento del progetto il direttore di Italia Ortofrutta Vincenzo Falconi, che sottolinea come “stiamo portando avanti un’intensa campagna di comunicazione e promozione per far conoscere il più possibile questo progetto”. A “Viviana” credono anche gli operatori coinvolti, a partire dall’op lucana Assofruit. “Si tratta di un progetto valido in cui continuiamo a credere – afferma Andrea Badursi, direttore di Assofruit – e che ha l’ambizione e il merito di far emergere l’uva italiana dall’anonimato. È vero che non è ancora conosciutissima ma ha buone potenzialità di sviluppo. L’ambizione è renderlo un prodotto di altà qualità attraverso un marchio riconoscibile con cui potersi identificare”. (e.z.)
Problemi per Red Globe che non riesce a superare gli effetti negativi dell’embargo russo
Grazie anche ad un'aumentata produttività i volumi raccolti dall'azienda di Rutigliano dovrebbero aumentare del 20-25% per il prodotto seedless e del 10-15% per quello con seme. “Le richieste stanno crescendo, sia in Europa che in Arabia e Oltreoceano, da Colombia al Brasile”, aggiunge Giuliano. “Stiamo entrando inoltre in nuovi Paesi come Cina e Sud Africa, molto esigenti dal punto di vista della qualità e abituati al prodotto cileno o peruviano. Ma ci proviamo comunque. Le possibilità per fare bene ci sono”. Sul futuro del comparto l'imprenditore barese è chiaro: “Per rimanere altamente competitivi l'unica via possibile è l'aggregazione. Questo settore è troppo frammentato. Servono idee e progetti nuovi. Per contrastare i colossi bisogna andare uniti. Serve un cambio di mentalità”. Secondo l'analisi di Giacomo Suglia, vice presidente di FruitImprese, presidente dell'Apeo, associazione produttori esportatori ortofrutticoli pugliesi, e amministratore dell'azienda Ermes, il raccolto dell'uva Vittoria è calato fino al 15%, a causa soprattutto di vecchi impianti dismessi e non sostituiti. “Si punta sempre più sull'apirene a discapito delle uve tradizionali”, ammette l'operatore pugliese intervistato a metà luglio. “L'Italia in generale ha perso il 15% delle aree coltivate negli ultimi 15 anni a causa dell'aumento dei costi non compensato dai ritorni economici, sempre più risicati”. Una nota positiva arriva però dai nuovi mercati: “l'area dell'Arabia e di tutto Golfo Persico si sta dimostrando piuttosto ricettiva, anche grazie al cambio euro – dollaro, migliorato e che dà maggiori possibilità all'export”. Campagna regolare per Agricoper, l'azienda barese fondata da Giuseppe Liturri, portata avanti dal figlio Gianni e ora gestita dalla terza generazione della famiglia formata dai fratelli Dowww.corriereortofrutticolo.it
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a cui dare un'identità propria, italiana, ma accessibile a tutti, anche ai piccoli produttori. Solo così potremmo davvero dire la nostra”. Sui mercati esteri l'unico neo forse rimane la Red Globe, l'uva rossa di cui il principale consumatore rimane la Russia (qui veniva inviato quasi il 50% dei volumi di questa tipologia), destinazione che come risaputo è sotto embargo da due anni e lo rimarrà fino alla fine dell’anno prossimo, salvo cambiamenti in corsa. “Il 30% delle produzioni attuali è in eccesso – ammette Giuliano – con inevitabili crolli dei prezzi. Speriamo in una riapertura”. Nel complesso comunque il manager barese guarda con fiducia alla seconda parte della campagna, forte anche dell'organizzazione del gruppo, tra i principali nel comparto: 30 mila tonnellate di uva (il 50% seedless), di cui il 60% esportate (con le apirene che rappresentano ormai il 70%), la domanda in crescita in diversi Paesi, dai quelli arabi a quelli del Nord Africa con interessanti aperture pure in India e Brasile. Nicola Giuliano di Orchidea Frutta di Rutigliano (Bari), non si discosta di molto dall'analisi del collega omonimo. Per la Vittoria si conferma un andamento a due velocità, con una partenza a rallentatore compensata da una seconda fase brillante. La qualità non eccelsa del primissimo prodotto raccolto ha penalizzato le quotazioni, risalite nella seconda fase commerciale. “Per l'uva Italia invece ci sono ottime prospettive fin dal suo esordio. Ci saranno più volumi e qualità eccellente. I primi stacchi saranno attorno al 23 agosto”, afferma Giuliano. Buone indicazioni anche dall'apirene, la cui escalation, anche per l'imprenditore di Orchidea Frutta, prosegue senza rallentamenti. “Ma la concorrenza estera è sempre più accesa: Spagna, Grecia, Turchia, sono sempre più competitive grazie anche a costi di produzione inferiori”.
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In Canada è semaforo verde per l’uva italiana Ripartono le esportazioni bloccate dal 2010 Semaforo verde per l’uva italiana in Canada. Il ministero delle Politiche agricole ha annunciato che si è conclusa positivamente la trattativa per riavviare le esportazioni di uva da tavola made in Italy nel Paese americano, che erano bloccate dal 2010. L’accordo fa seguito al risultato positivo delle valutazioni condotte dagli esperti fitosanitari inviati dal governo canadese a ottobre 2015 nelle aree produttive di uva da tavola in Basilicata, Puglia e Sicilia, A breve dunque, i primi produttori interessati a esportare il proprio prodotto in Canada potranno avviare le operazioni necessarie. “Si tratta di un risultato importante per tutto il settore dell’uva da tavola italiana – fanno sapere dal ministero – frutto del lavoro del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali in stretta sinergia con le Associazioni dei produttori e le Istituzioni regionali interessate”. L’operazione è stata coordinata da Apeo, l’associazione pugliese degli esportatori ortofrutticoli, e dalle aziende che hanno creduto nella riapertura di questo impor-
tante mercato d’Oltreoceano. Al progetto, oltre ad Apeo, hanno aderito l’Organizzazione di produttori della Basilicata Assofruit Italia, le pugliesi Agricoper, Agrigal, Coniglio dr. Nicola, Di Donna Trade, Azienda Dino Lamanna, Di Palma Donato e figli, Ermes di Giacomo Suglia e f.lli, Frutta Italia di Vito Montalbò, Giuliano, Nava, Peviani, Pignataro dr. Franco e le siciliane Azienda Novello Salvatore e Consorzio di tutela uva da tavola di Mazzarrone. Il piano è costato circa 25 mila euro, investiti direttamente dalle imprese coinvolte che hanno deciso di autotassarsi. Soddisfatto dell’accordo il presidente di Apeo Giacomo Suglia: “Un bel traguardo che si potrà concretizzare già a partire da questa stagione con i primi invii di prodotto da parte dei gruppi aderenti. Ora speriamo di riuscire a sbloccare la Russia, anche se sarò molto complesso (l’embargo è stato esteso fino alla fine del 2017, ndr). Confidiamo nel costante appoggio del Mipaaf e delle istituzioni, fondamentale in questi casi”. Grande soddisfazione anche in Assofruit, che confi-
da di trovare sbocchi interessanti nel Paese nordamericano. Per Raffaella Di Donna dell’omonima azienda pugliese, “la riapertura delle frontiere da parte del Canada all’uva italiana soddisfa la necessità di trovare sbocchi alternativi e validi, considerato che i rapporti commerciali con la Russia non riprenderanno a breve”. “Abbiamo bisogno di tutti i mercati – premette Domenico Liturri di Agricoper. Quindi ben venga l’apertura del Canada, un mercato interessante, ricco con buone capacità di spesa. Ma dobbiamo andare oltre ed entrare anche in Cina, così come ritornare in Russia, un mercato su cui, una volta riaperto, ahimé, dovremo ripartire da zero. Serve abbattere le barriere politiche e fitosanitarie ancora esistenti. Il nostro mercato è il mondo”. Per Nicola Giuliano della Giuliano Puglia Fruit “è un’opportunità in più. In passato in Canada si mandavano 30-40 container di uva con seme. Ora si riapre il mercato con le seedless. Puntiamo ad inviare prodotto già quest’anno in tempo per le vacanze di Natale”. (e.z.)
menico, Vito e Giuseppe Liturri. Vittoria e Black Magic hanno inaugurato come di consueto la stagione per proseguire con le apirene (Sugraone, Cotton Candy, Sweet Celebration, Sweet Sapphire, Sugar Crisp, per citare alcune delle varietà maggiormente commercializzate). Ad oggi il 60% delle aree coltivate è ancora terreno delle uve tradizionali, “ma quest'anno credo arriveremo al 50%: metà con seme e metà seedless”, annuncia Domenico “Nico” Liturri. Eccellenti le performances attese da uva Italia, Sweet Celebration e Cotton
Nicola Giuliano: “Questo settore resta troppo frammentato. Per rimanere altamente competitivi l’unica via possibile è l’aggregazione. Servono idee e progetti nuovi per contrastare i colossi di livello internazionale”
Candy, mentre Sugraone ha riservato qualche grattacapo. Sweet Sapphire invece è un “giocattolo” con grande appeal, un'uva nera che sta ottenendo riscontri lusinghieri specialmente nel Nord Europa, e da quest'anno pure in Italia, attraverso i mercati ortofrutticoli di Padova, Verona e Milano, oltre a una manciata di catene distributive che hanno scommesso su questa varietà particolare e attraente. Quest'anno Agricoper prevede di commercializzare 11 mila tonnellate di uva, un migliaio di tons in più rispetto al 2015. Quasi il
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commerciali”. Ora l’attesa è (quasi) tutta per l’uva Italia. “Anche qui la qualità è ottima, per non dire eccelsa. A fine agosto, inizio settembre vedremo come proseguirà la stagione agronomica. Il gran caldo di quest’estate e la mancanza di precipitazioni alla
Salvatore Novello di Mazzarrone
lunga potrebbe creare qualche problema. Per avere un giusto equilibrio servirebbero un po’ di piogge per evitare che il prodotto si stanchi prima della chiusura della campagna”. Novello punta in particolare sulle uve tradizionali, “ma fatte bene, con cura, puntando sempre su un alto livello qualitativo”, precisa l’imprenditore siciliano. “Gli ottimi riscontri sul mercato ci danno ragione. È pur vero che la competizione è sempre più agguerrita, partendo dalla Spagna ma anche Portogallo, Tunisia, Marocco. Tutti Paesi, che come risaputo, hanno costi di produzione nettamente inferiori ai nostri. La Sicilia poi è ulteriormente penalizzata dal punto di vista logistico – aggiunge Novello-. Basti pensare che mediamente la Spagna spende mille euro in meno per inviare
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100% della produzione viene spedita all'estero. “Tuttavia l'Italia ha enormi margini di interesse. Stiamo avviando un progetto per penetrare maggiormente in questo mercato stimolando la conoscenza di nuove varietà, a partire dalle senza semi che anche nel nostro Paese sta riscontrando un aumento nei consumi”. Stagione piuttosto regolare anche per Assofruit di Scanzano Jonico (Matera): l'op lucana nel 2015 ha commercializzato 36 mila tonnellate di uva su 1.200 ettari fatturando 35 milioni di euro, il 65% con prodotto con seme, e il 35% senza. Sulle apirene tuttavia sono i nuovi impianti sono in crescita e quindi questa percentuale è destinata ad aumentare. Per Francesco Nicodemo, presidente di Assofruit, dopo un inizio positivo, nel prosieguo della stagione sull’andamento dei consumi incideranno le ferie degli acquirenti, anche se nella seconda parte di agosto è atteso un recupero. Spostandosi in Sicilia per diversi operatori la stagione è partita con una decina di giorni di anticipo rispetto alla scorsa annata, grazie ad un inverno e una primavera asciutti e miti. All’azienda Novello di Mazzarrone (Catania) la raccolta delle uve precoci è iniziata a fine maggio. Si proseguirà fino a novembre. “I primi raccolti sono stati spediti e con qualità buona. Il mercato si è presentato pulito, senza la presenza del prodotto dell’emisfero sud (Cile e Sud Africa in primis)”, spiega Salvatore Novello, amministratore dell’omonima azienda catanese che ha esordito con l’uva Vittoria e Black Magic in serra. “I volumi sono stati interessanti, meglio dell’anno scorso. La qualità del prodotto sotto serra è davvero ottima peccato non ci sia stata la risposta adeguata del mercato, con richieste e consumi al di sotto delle aspettative a causa anche del clima avverso nell’Europa continentale che non ha stimolato gli acquisti. Peccato perché il prodotto meritava maggiori soddisfazioni
Il Perù sale al quinto posto tra i Paesi esportatori Nel 2015, l’esportazione di uva da tavola peruviana ha superato le 310 mila tonnellate, per un valore di più di 700 milioni di dollari, trasformandosi nel primo prodotto di esportazione non tradizionale dal 2012 al 2015 e superando per la prima volta asparagi e fili di rame raffinato, grazie ad una offerta qualitativamente rilevante e con una presentazione accattivante. Il volume dell’esportazione di uva è aumentato del 9,4% rispetto al 2014 e del 58,5% rispetto al 2013. I dati di marzo 2016 confermano l’andamento positivo, registrando un volume di vendita di oltre 97 mila tonnellate, pari a circa 190 milioni di dollari. La modernizzazione del settore comporta non solo un aumento nella domanda di importazione di macchinari per l’imballaggio e il confezionamento, ma anche una
modernizzazione deisistemi di raccolta e conservazione, per permettere la consegna ottimale del prodotto al mercato mondiale. Nel 2015, il Perù si è posizionato al quinto posto nella classifica dei Paesi esportatori di uva da tavola, dopo Cile, USA, Cina e Italia. Carlos Zamorano, rappresentante di Provid, l’Associazione dei produttori di uva peruviana, ritiene che nella prossima stagione, che comincerà da metà agosto, si verificherà un incremento dei volumi disponibili. "Dovrebbe andare meglio rispetto all'anno scorso - dichiara - dal momento che la scorsa produzione è stata influenzata dalle temperature elevate causate dalla perturbazione El Niño. In ogni caso, continueremo a lavorare insieme come Paese per consolidare la nostra posizione come fornitori affidabili di uve di alta qualità".
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un camion carico di frutta all’estero rispetto alla Sicilia. Fattore che sommato ad altri incide parecchio”. Per quanto riguarda l’aspetto commerciale, secondo Novello fino a fine luglio il mercato italiano si è dimostrato piuttosto calmo e sottotono, “sia per la situazione economica ancora instabile, sia per il clima. Bene l’estero, che rappresenta il 90% del business dell’azienda di Mazzarrone, in particolare Germania, Svizzera, Belgio, oltre a Francia e Svizzera,
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così come l’Est Europa. Si sta apprezzando il prodotto con seme, a patto di presentare un prodotto di eccellenza. L’altro fattore positivo è che i pagamenti sono regolari, anche in Paesi che storicamente tendevano ad essere in ritardo”. Novello quest’anno punta ad arrivare a 10 mila tonnellate di prodotto commercializzato, grazie ad una previsione di un +20% sul 2015, anno piuttosto scarico, e un +5-10% sulla media degli ultimi cinque anni. L’impresa sicula cre-
de molto inoltre sul proprio marchio “Autentica”, dedicato in particolare - ma non solo - all’uva Italia, “legata al territorio e alla tradizione, con il suo caratteristico profumo di moscato”. Lanciato nel 2015, quest’anno il brand è al suo primo vero anno sperimentale completo. “I primi riscontri sono positivi. Le uve tradizionali, se fatte bene e valorizzate da un marchio, hanno ancora spazio sui mercati, a prescindere dalla presenza di nuove varietà senza semi”.
Calano la produzione e l’export del Sudafrica Europa primo mercato con il 75% delle esportazioni Secondo il Dipartimento americano dell'agricoltura (USDA), la produzione di uva da tavola sudafricana ha subìto una flessione di circa il 2,7% fermandosi a 283.700 tonnellate nella stagione commerciale 2015/16 (291.442 tonnellate nella campagna 2014/15) a causa delle condizioni climatiche secche che hanno fatto sviluppare calibri più piccoli. In Sudafrica, le principali aree di produzione per l'uva sono Berg River e Hex River nella provincia del Capo occidentale e Olifants River e Orange River nella provincia del Capo settentrionale. Generalmente, il prodotto viene raccolto da ottobre a maggio. Hex River è la zona più tardiva. A livello varietale, le più importanti uve da tavola sudafricane sono Crimson Seedless, Thomson Seedless, Prime e Flame. Negli ultimi anni le cultivar con semi hanno lasciato il posto a quelle senza semi, in quanto i consumatori prediligono queste ultime per gli acini di calibro più grande, la forma allungata o ovale e la consistenza (sono più croccanti). Inoltre sono in aumento le varietà nere e rosse.
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Per la stagione 2015/16 l'areale investito a uve da tavola è cresciuto del 3% raggiungendo i 18.700 ettari (vs 18.212 nel 2014/15). Ciò è stato possibile per un ampliamento delle aree di produzione e il rimpiazzo da parte degli agricoltori di vecchie cultivar con nuove di resa più elevata. Se si guarda ai consumi di uve da tavola, questi rimarranno stabili a 33.500 ton a causa della produzione disponibile e delle scarse prospettive di crescita economica. In Sudafrica i consumi interni dipendono dal mercato di esportazione: le uve che non sono vendute all'estero e quelle che non rispondono agli standard di esportazione sono dirottate sul mercato domestico. E parlando di export, questo risulta direttamente proporzionale alla produzione: per la campagna 2015/16 si è registrato il 3% in meno per un totale di 255.800 tonnellate. L'Unione europea è il mercato di esportazione storico e predominante per le uve sudafricane, contando per il 75% delle esportazioni di questo prodotto.
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Emanuele Zanini I dati di giugno del CSO, Centro servizi ortofrutticoli, sembrano essere confermati con un calo produttivo di pesche e nettarine in tutta Europa, tuttavia senza un particolare deficit di offerta. Sulle pesche da consumo fresco, i quantitativi previsti per l’Italia si collocano leggermente al di sotto di 1,4 milioni di tonnellate. La Spagna presenta un’offerta simile allo scorso anno (grazie all’incremento delle pesche piatte che compensano il calo di quelle tonde), cresce la produzione in Grecia ma con volumi comunque inferiori rispetto alla media del precedente quadriennio e cala la produzione in Francia. I quantitativi delle percoche potrebbero scendere lievemente rispetto al 2015 con andamenti opposti tra i maggiori produttori europei: al recupero produttivo atteso quest’anno in Grecia, si contrappone una diminuzione in Spagna. Sulle nettarine si prevede un calo di produzione in Europa del 6% con un totale di offerta di poco superiore a 1,4 milioni di tonnellate. Le diminuzioni di produzione riguardano tutti gli areali europei ad eccezione della Grecia che registra una lievissima ascesa. Secondo Elisa Macchi, direttore del Cso “a fronte di un calo produttivo previsto in Europa per il 2016, si registra una previsione di calendario di entrata del prodotto molto scalare e distribuita meglio nell’arco della intera stagione. Non avremo sovrapposizioni tra nord e sud come era accaduto gli anni scorsi e, se le condizioni climatiche saranno favorevoli, non avremo i picchi di entrate elevati che hanno caratterizzato le campagne 2014 e 2015”. L’Italia evidenzierà nel 2016 un Luglio-Agosto 2016
La campagna commerciale si sta gettando alle spalle i risultati disastrosi del 2014 e del 2015 con un deciso +15% di media nelle contrattazioni
calo produttivo che riguarderà tutte le specie. Per le pesche si rileva un calo produttivo consistente al sud, in particolare in Campania che è la prima regione di produzione in Italia. Anche le percoche denotano una tendenza al calo al Mezzogiorno così come le nettarine di cui si registra un decremento anche nelle zone produttive del Nord. “Siamo di fronte ad una annata con minore produzione in Italia con prodotto in entrata inferiore sia al 2015 che al 2014”, conferma Gianni Amidei, coordinatore della sezione Pesche e Nettarine per il Cso e presidente del Tavolo Ortofrutticolo dell’Emilia Romagna. “I calendari produttivi prevedono ingressi molto scalari senza le sovrapposizioni degli anni scorsi che hanno determinato surplus sui mercati. Grazie anche al clima torrido in tutta Europa, ci sono stati scambi vivaci e una
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Calo produttivo in tutta Europa Qualità e prezzi in miglioramento
buona risposta del mercato. Il clima è il miglior alleato dei consumi di frutta, ed in particolare di pesche e nettarine che sono i frutti più acquistati insieme a meloni e cocomeri. Dal punto di vista produttivo le raccolte procedono con regolarità e non ci sono depositi in magazzino. I frutti, grazie alla stagione estiva, si presentano con requisiti qualitativi ottimali”. Le previsioni del Cso vengono confermate anche da Gabriele Ferri, coordinatore del Comitato Pesche e Nettarine dell’OI, Organizzazione Interprofessionale e direttore di Naturitalia. “La qualità è buona. Dopo aver superato gli iniziali problemi di cracking dei noccioli delle pesche precoci, il livello qualitativo si è innalzato. I prezzi sono decisamente migliori rispetto a quelli disastrosi del 2014 e 2015, con un +15% di media. Siamo in anticipo produttivo di circa una settimana su un’anwww.corriereortofrutticolo.it
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Gabriele Ferri coordinatore dell’OI Pesche e Nettarine, Marco Eleuteri di AOP Armonia e Giuseppe Giaccio
nata normale. Ci sono buone prospettive anche per la seconda parte della stagione. Altro fattore positivo è l’assenza di giacenze, fenomeno quasi inedito. La riduzione di volumi in tutte le aree produttive ha favorito una minore pressione commerciale sia su merce italiana sia su quella spagnola – afferma Ferri - dovuta anche al sensibile calo produttivo (ancor più consistente che in Italia) avuto anche nel Paese iberico. Ciò ha favorito un buon andamento anche dell’export Ci attendiamo pertanto un bel finale di stagione, grazie a stabilimenti vuoti e prezzi sempre sostenuti”. Secondo Ferri tuttavia è ancora da valutare se il calo produttivo è da attribuire alle consistenti riduzioni degli impianti o ad un calo della produttività: “i dati dei nuovi catasti saranno fondamentali”. Ma per il manager emiliano-romagnolo per il futuro del settore “sarà fondamentale creare una maggiore fidelizzazione verso i consumatori con varietà buone da mangiare. Soprattutto servirà segmentare l’offerta, creando dei gruppi di prodotti con caratteristiche omogenee. Non si possono disattendere le aspettative di gusto e di sapore del consumatore. Ogni tipologia di pesca, assieme alle sue caratteristiche peculiari, deve essere ben riconoscibile e individuabile”. A tal proposito Ferri ha annunciato che in autunno l’OI intende organizzare un in-
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contro con la filiera per discutere delle strategie comuni da applicare per risollevare il settore. “È indispensabile sfruttare l’andamento positivo del 2016 per migliorare l’offerta. Serve lo sforzo di tutti per migliorare il comparto e far aumentare i consumi”. Più critico il giudizio di Marco Eleuteri, direttore commerciale dell’Aop Armonia di Battipaglia (Salerno). Per l’associazione di organizzazioni di produttori campana la campagna drupacee 2016 sta per volgere al termine. “Entro metà agosto concluderemo la campagna con la pesca Saturnia, mentre, anche se con bassi quantitativi, arriveremo ai primi di settembre con pesche e nettarine sferiche”, annuncia. “Ad oggi (1 agosto, ndr) oltre l'85% del raccolto è stato già commercializzato. Quindi si può effettuare un primo bilancio ed è chiaro, almeno per noi, che le maggiori quotazioni registrate sul mercato non hanno bilanciato la minor produzione registrata da molti dei nostri produttori. Questo vuoi per il minor carico medio di frutti riscontrato soprattutto su quelle varietà che hanno sofferto maggiormente la mancanza di freddo durante l'inverno, vuoi per le conseguenze fitopatologiche negative delle copiose piogge di maggio e giugno (monilia in primis) o per gli ingenti danni causati dalle violente grandinate che in quegli stessi due mesi hanno colpito
estese zone del nostro Paese, rendendo molte partite non idonee alla commercializzazione. Insomma, economicamente, le migliori quotazioni di quest'anno hanno alleviato il dolore, ma non curato la malattia”, afferma Eleuteri che rimarca come “in Italia la strutturale debolezza di questo comparto produttivo è ogni anno sempre più evidente. Del resto per la prima volta quest'anno, come illustratoci da Ignaci Iglesias al recente convegno del 23 luglio scorso al Crea di Roma, la Spagna supererà l'Italia per le quantità di pesche e nettarine (sferiche più piatte), grazie soprattutto proprio alle platicarpa, che in Spagna hanno raggiunto i 15 mila ettari, mentre in Italia non arrivano a 500 ettari”. La ricetta di Eleuteri per invertire la rotta è “riuscire ad avviare in tempi brevi una serie coordinata di azioni che partano da maggiori investimenti (sarà cruciale in tal senso il ruolo delle Op a sostegno degli agricoltori associati, attraverso formule finanziarie moderne e sostenibili per tutti), in primis nella ricerca diretta soprattutto all'innovazione varietale (senza ricerca non c’è futuro). Poi – aggiunge il manager marchigiano dell’aop campana - i nostri appezzamenti andrebbero protetti di più e meglio almeno per limitare gli effetti negativi del clima che cambia. Penso ad esempio alle reti anti-grandine: non ricordo in Luglio-Agosto 2016
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La storia e l’evoluzione del mercato della pesca piatta è stata al centro di un partecipato e importante congresso tenutosi al Crea di Roma a cui hanno partecipato alcuni dei massimi esperti del settore, tra cui Ignasi Iglesias Castellarnau dell’istituto di ricerca IRTA (Catalogna – Spagna), Marco Eleuteri, dell’omonima azienda agricola marchigiana socia dell’Aop Armonia di cui è direttore commerciale, Davide Neri e Ignazio Verde, rispettivamente direttore e ricercatore de Crea, Centro di ricerca per la frutticoltura. Nel corso della giornata sono stati presentati i dati produttivi e l’evoluzione del comparto delle pesche platicarpa. Colpisce in particolare il boom dei volumi raggiunti dalla Spagna, primo produttore mondiale. Il Paese iberico nel 2002 produceva 4.500 tonnellate di pesca platicarpa su una superficie di 450 ettari. Dal 2010 in poi è iniziato il vero e proprio balzo in avanti: quest’anno sono state investiti 15.160 ettari con una produzione di oltre 270.600 tonnellate. Questo trend sta creando già alcuni problemi in Spagna, specie nella zona di Lerida, maggiore regione produttiva: qui, dopo il boom iniziale, la media di liquidazione sta scendendo notevolmente negli ultimi anni: dal picco di 1,6 euro al chilo nel 2007 si sono toccati i 46 centesimi nel 2015 (39 quelli nel 2014), con molti produttori che accusano
già il colpo e remunerazioni già sotto al costo di produzione. In Italia, invece, nonostante il comparto di nicchia si stia sviluppando, si stimano meno di 500 ettari di produzione a platicarpa: oltre la metà sono coltivati tra Marche, Campania, Calabria e Sicilia. In questo contesto l’Aop Armonia, con circa 70 ettari coltivati tra Marche e Campania, rappresenta il 15% della superficie stimata in Italia e l’azienda agricola Eleuteri è titolare dei diritti di moltiplicazione per l’Italia della varietà più diffusa nel Belpaese, la Ufo 4. Dal 2015 l’Azienda Eleuteri ha ottenuto la protezione comunitaria anche per la varietà mediotardiva Strike. Nell’incontro lo stesso Iglesias ha citato l’azienda marchigiana come esempio virtuoso di produzione, coltivazione e commercializzazione della pesca piatta. Eleuteri nel suo intervento ha spiegato le caratteristiche delle pesche piatte sottolineando come il consumo delle platicarpa sia in crescita ogni anno grazie anche alla loro dolcezza e facilità di consumo grazie alla loro forma schiacciata. La delicatezza del frutto impone una gestione “artigianale” del prodotto in tutte le fasi della filiera, dalla coltivazione alla raccolta fino al confezionamento. Il manager marchigiano ha inoltre precisato come in Spagna invece regni un approccio “industriale” della Paraguayos (il nome iberico della pla-
ticarpa) “nonostante non sia il più consono a questo tipo di frutto”. In Italia, invece, dovremmo adottare un approccio appunto più “artigianale” che dia maggiore qualità”, ha sottolineato Eleuteri. “Per farlo dobbiamo insistere sulla ricerca che deve privilegiare il gusto piuttosto che la produttività. Eleuteri ha sottolineato anche come la gestione produttiva delle pesche piatte sia complessa e che ciò comparti quindi una maggiorazione dei costi di produzione di almeno il 50%, “che per forza di cose devono riflettersi sulle quotazioni di mercati. Se ciò non dovesse accadere la produzione di qualità della platicarpa diverrebbe insostenibile”. In questo contesto l’azienda Eleuteri, che nei prossimi due anni conta di aumentare di circa 30 ettari la produzione di pesche piatte nella Marche e di 20 (di più precoce) in Campania e Calabria, sta portando avanti un programma di miglioramento varietale della pesca Saturania, anche attraverso un accordo con il Crea per rilanciare il ruolo dell’Italia sulla platicarpa a livello internazionale. “La ricerca – precisa Eleuteri – è finalizzata ad individuare nuove varietà di pesca piatte dall’elevato profilo gustativo. È infatti su questo piano che vorremmo distinguerci dagli spagnoli: con nuove varietà, forse meno produttive, ma sicuramente superiori dal punto di vista organolettico”. (e.z.)
tempi recenti grandinate così diffuse come quelle che quest'anno hanno falcidiato migliaia di ettari”. “Infine – conclude Eleuteri - dovremmo commercializzare sempre di più il nostro prodotto prendendo ad esempio le logiche di
marketing utilizzate per altri prodotti agroalimentari considerati più "cool", come vini o formaggi, per rendere in questo modo più attrattivi i nostri prodotti ed aumentarne il valore aggiunto, a vantaggio del primo anello della catena, l'agricoltore, che non deve
più subire la filiera, ma deve iniziare a governarla attivamente”. Come esempio calzante Eleuteri cita proprio la pesca platicarpa, “su cui ci stiamo muovendo proprio in questo modo. La nostra azienda agricola di famiglia (la Eleuteridi Civitanova Marche,
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PESCA E NETTARINA
Al CREA di Roma il punto sulla pesca piatta Boom in Spagna, nicchia in crescita in Italia
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Elisa Macchi, direttore e Gianni Amidei, coordinatore pesche e nettarine del CSO
ndr), associata alla Aop Armonia, azienda esclusivamente dedicata alla coltivazione di pesche piatte che noi chiamiamo Saturnia® sta già seguendo questo percorso. In tal senso, assieme al Crea di Roma, da quest'anno abbiamo avviato un programma di miglioramento genetico della pesca Saturnia, con l'obiettivo di scoprire nei prossimi anni nuove varietà che migliorino ulteriormente le caratteristiche organolettiche della pesca Saturnia. In termini di adeguamento delle strutture, copriremo oltre 30 ettari con reti anti grandine per limitare almeno gli effetti devastanti delle sempre più diffuse grandinate. L'intera azienda (40 ettari) sarà così protetta”. L’impresa inoltre attraverso un piano di comunicazione e promozione intensificherà le attività di supporto alle vendite, “in collaborazione con i nostri distributori (show cooking, degusta-
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zioni, concorsi, presenza in volantini qualificati), ma anche gli investimenti in una comunicazione sempre più rivolta al consumatore finale della nostra frutta (blog, social networks, serate di degustazione aperte al pubblico) stabilendo in questo modo un filo diretto produttore-consumatore, molto apprezzato da un pubblico sempre più esigente e curioso di ricevere informazioni su ciò che mangia”. Prezzi più sostenuti, qualità più che soddisfacente, richieste effervescenti. Per l’op campana Giaccio Frutta la stagione delle pesche e nettarine sta proseguendo in maniera regolare e positiva. Dai primi raccolti di aprile fino alla fine di luglio (la campagna proseguirà fino a ottobre), in cui si è riscontrato un anticipo di circa una settimana, le vendite della merce hanno dato buone soddisfazioni all’organizzazione di produttori,
una delle principali realtà del Mezzogiorno. “Lo dimostra anche il fatto che non ci sono giacenze prolungate”, chiarisce Giuseppe Giaccio dell’omonima op. “Il prodotto dopo la raccolta viene venduto praticamente subito. Le quotazioni sono piuttosto buone, con circa dieci centesimi in più sul 2015. Le vendite nella grande distribuzione sono regolari e su buoni livelli. Sorprende positivamente la risposta dai mercati generali in cui stiamo ottenendo quotazioni molto buone”. Le prospettive per la seconda parte dell’annata sono incoraggianti: “il caldo estivo sta stimolando i consumi. Inoltre la pressione della Spagna è inferiore rispetto alle scorse annate. Si dice che questo fattore sia causato dal fatto che nel Paese iberico manchi un 2030% del prodotto. Ad ogni modo la situazione ci agevola”. L’op sta allargando i propri orizzonti, anche grazie all’ingresso di cinque nuovi soci con nuovi 25 ettari a pesco e 15 ad albicocche che ha portato l’organizzazione dei produttori ad avere 1.500 ettari in produzione tra pesche, nettarine, susine, albicocche e melannurca. L’80% delle vendite è concentrata sul mercato interno, mentre il restante 20% è esportato, principalmente in Scandinavia ed Europa centrale. “All’estero stiamo notando una “fame” di pesche e nettarine – afferma Giaccio. Noi siamo pronti a soddisfare questa domanda”.
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