Corriere ortofrutticolo febbraio 2017

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CORRIERE ORTOFRUTTICOLO

M E N S I L E D I E C O N O M I A E AT T U A L I T À D I S E T T O R E

corriereortofrutticolo THE FIRST ITALIAN MONTHLY ON FRUIT AND VEGETABLE MARKET | ANNO XXXI Nuova serie Febbraio 2017 Euro 6,00

daily news: www.corriereortofrutticolo.it

PROTAGONISTI PAOLO GEREVINI I piani di mister Golden PAG.47

SIRACUSA • PAG. 17 I PROTAGONISTI A Ilenio Bastoni l’Oscar dell’Ortofrutta 2017

NOSTRA INCHIESTA • PAG. 41 VIAGGIO NELL’E-COMMERCE Il commercio elettronico dell’ortofrutta è ai primi passi ma ha un potenziale enorme 25

FEBBRAIO 2017

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FRUIT LOGISTICA 2017

BERLIN 8 9 10 FEBRUAR ARY COme and visit us

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ANNO XXXI

NUOVA SERIE

ORGANIZZAZIONE PRODUTTORI

www.giacciofrutta.it GEMMA EDITCO SRL - VIA FIORDILIGI, 6 - 37125 VERONA - I - TEL. 0458352317 /e-mail:redazione@corriereortofrutticolo.it / Poste Italiane Spa Sped. abb. post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/04 n.46) Art. 1, comma 1, DCB VR




onosciuta dal Minis tero delle ITTALIA ITALIA A ORTOTOFRUTTA ORTOTOFRUTTA - Unione Unione Nazional Nazionalee è ric riconosciuta Ministero WWŽůŝƟĐŚĞ ŐƌŝĐŽůĞ͕ ůŝŵĞŶƚĂƌŝ Ğ &ŽƌĞƐƚĂůŝ͘ ŽůŝƟĐŚĞ ŐƌŝĐŽůĞ͕ ůŝŵĞŶƚĂƌŝ Ğ &ŽƌĞƐƚĂůŝ͘ ƐƐŽĐŝĂ ϭϰϬ KƌŐĂŶŝnjnjĂnjŝŽŶŝ Ěŝ WƌŽĚƵƩŽƌŝ ŽƌƚŽĨƌƵƫĐŽůŝ ƉƌĞƐĞŶƟ ŝŶ ƚƵƩĂ /ƚĂůŝĂ ƐƐŽĐŝĂ ϭϰϬ KƌŐĂŶŝnjnjĂnjŝŽŶŝ Ěŝ WƌŽĚƵƩŽƌŝ ŽƌƚŽĨƌƵƫĐŽůŝ ƉƌĞƐĞŶƟ ŝŶ ƚƵƩĂ /ƚĂůŝĂ ƉƉĞƌ ƵŶ ĨĂƩƵƌĂƚŽ Ěŝ ŽůƚƌĞ ϭ͕ϳ ŵŝůŝĂƌĚŝ Ěŝ Φ͘ Ğƌ ƵŶ ĨĂƩƵƌĂƚŽ Ěŝ ŽůƚƌĞ ϭ͕ϳ ŵŝůŝĂƌĚŝ Ěŝ Φ͘ //ƚĂůŝĂ KƌƚŽĨƌƵƩĂ ğ ůŽ ƐƚƌƵŵĞŶƚŽ ĞƐƐĞŶnjŝĂůĞ ƉĞƌ ůĂ promozione ĚĞŝ ƉƌŽĐĞƐƐŝ Ěŝ ƚĂůŝĂ KƌƚŽĨƌƵƩĂ ğ ůŽ ƐƚƌƵŵĞŶƚŽ ĞƐƐĞŶnjŝĂůĞ ƉĞƌ ůĂ promozione ĚĞŝ ƉƌŽĐĞƐƐŝ Ěŝ ag gregazione ŝŝŶ ƵŶĂ ůŽŐŝĐĂ Ěŝ ƐŝƐƚĞŵĂ Ă ƐŽƐƚĞŐŶŽ ĚĞůů KƌŐĂŶŝnjnjĂnjŝŽŶŝ ĚĞŝ Ŷ ƵŶĂ ůŽŐŝĐĂ Ěŝ ƐŝƐƚĞŵĂ Ă ƐŽƐƚĞŐŶŽ ĚĞůů KƌŐĂŶŝnjnjĂnjŝŽŶŝ ĚĞŝ aggregazione WWƌŽĚƵƚŽƌŝ ĂĚĞƌĞŶƟ Ğ ĐŽŶƚƌŝďƵŝƐĐĞ ĐŽŶ ŝů ƉƌŽƉƌŝŽ ŽƉĞƌĂƚŽ Ăů ƌŝůĂŶĐŝŽ ĞĚ ĂůůĂ ƌŽĚƵƚŽƌŝ ĂĚĞƌĞŶƟ Ğ ĐŽŶƚƌŝďƵŝƐĐĞ ĐŽŶ ŝů ƉƌŽƉƌŝŽ ŽƉĞƌĂƚŽ Ăů ƌŝůĂŶĐŝŽ ĞĚ ĂůůĂ ĐĐƌĞƐĐŝƚĂ ĚĞůů͛ŝŶƚĞƌŽ ĐŽŵƉĂƌƚŽ ŽƌƚŽĨƌƵƫĐŽůŽ ŶĂnjŝŽŶĂůĞ͘ ƌĞƐĐŝƚĂ ĚĞůů͛ŝŶƚĞƌŽ ĐŽŵƉĂƌƚŽ ŽƌƚŽĨƌƵƫĐŽůŽ ŶĂnjŝŽŶĂůĞ͘

L’UNIONE CHE FA LA FORZA

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Se tornano i confini ✍ Lorenzo

Sperare nel “comunismo di mercato” incarnato dal premier cinese Xi che fa passerella a Davos come alfiere della globalizzazione, lui che rappresenta un Paese (anzi un continente) dove l’economia è diretta dallo Stato-partito, e che ha invaso il mondo con le sue merci ostacolando l’entrata delle nostre? Sperare che Trump non vada fino in fondo col suo protezionismo commerciale e che alla fine venga a più miti consigli? Sperare nella Russia dell’autocrate Putin, uno che non fa mistero di voler egemonizzare mezza Europa e mezza Asia e che soprattutto punta solo ed esclusivamente a fare il suo interesse? Sperare in questa Europa, divisa tra Nord e Sud, tra Est e Ovest, che perde i pezzi, e che – almeno in attesa delle elezioni francesi, tedesche e olandesi - visibilmente non sa dove andare? Ormai siamo entrati nella fase post-globalizzazione (leggere il brillante editoriale del prof. Giacomini a pag. 9) e siamo entrati in una nuova ’guerra fredda’ non più politica ma commerciale, fatta non di due ma di tanti blocchi contrapposti, ognuno che rivendica con orgoglio la propria autosufficienza e la volontà di ‘fare per sé’. Ma questo serve per prendere voti, per agitare populismi di ogni genere, non per favorire crescita e occupazione. Il ‘muro contro muro’ globale lascerà sul campo solo vittime: le economie più deboli saranno le prime a cadere. L’Europa doveva servire proprio a questo: mettere assieme grandi e piccoli, forti e deboli, in uno spazio comune di mercato tale da favorire una crescita equilibrata e omogenea. E chi dice che l’Europa non serve a niente, non sa quello che dice. Basta guardare le condizioni di Paesi come la Polonia, la Repubblica Ceca, l’Ungheria prima e dopo l’ingresso nell’UE per rendersi conto che la ‘cura europea’ è servita, eccome. Comunque oggi l’Europa assomiglia sempre più ad una espressione geografica, dove ognuno va per conto suo, guidato unicamente dai propri interessi. Intanto il bulldozer Trump negli USA non si ferma. America first, buy American. Le parole d’ordine della campagna elettorale di The Donald si sono trasformate ben presto nel primo provvedimento concreto: l’uscita degli Stati Uniti dal TTP, il Trattato transpacifico di libero scambio con 11 Paesi emergenti dell’area del Pacifico come Cile, Nuova Zelanda, Singapore, Australia, Canada, Giappone, Malaysia, Messico, Perú, Vietnam, Brunei. L’intento del neopresidente americano è difendere l’occupazione negli States evitando che imprese statunitensi delocalizzino impianti e lavorazioni all’estero, dove il lavoro costa meno. Il TTP è il primo trattato che cade sotto la scure di Trump; la prossima testa che cadrà è il NAFTA, l’acFrassoldati

Febbraio 2017

cordo con Canada e Messico che la nuova amministrazione americana intende rinegoziare al più presto. Di questo passo è chiaro che è segnata anche la sorte del TTIP , il trattato di partenariato transatlantico tra Europa e Stati Uniti che già arrancava di suo tra mille problemi e resistenze in Europa, e che adesso può considerarsi definitivamente morto. Fine dei grandi accordi commerciali che avevano segnato l’era della globalizzazione e ritorno agli accordi bilaterali tra Paesi? Sembra di sì. Tant’è vero che alcuni Paesi ‘orfani’ del TTP come Australia, Nuova Zelanda e Giappone stanno già lavorando ad un accordo tra le loro macroaree commerciali. Si annuncia un ritorno al bilateralismo dopo l’era del multilateralismo, con tutte le conseguenze del caso. Intanto il congresso USA studia la cosiddetta ‘border tax’. Un balzello che penalizza gli importatori e premia (come una sorta di maxi incentivo) gli esportatori. Venti di guerra commerciale, che domani potranno colpire anche il nostro export negli USA (food, vino, ortofrutta) . Da questo clima l’ortofrutta ha solo da perdere. La via degli accordi bilaterali ci vede non molto allenati e spesso perdenti (vedi la Polonia che in dodici mesi è riuscita a portare le sue mele in Cina, mentre noi ne parliamo da anni…). Sull’apertura di nuovi mercati l’Europa gioca in difesa non all’attacco, quindi dobbiamo arrangiarci da soli. Puntare sul mercato interno, dove bisogna tentare di dare una scossa ai consumi con azioni promozionali vere ed efficaci e non col solito ritornello che “frutta e ortaggi fanno bene alla salute”, finora del tutto inefficace. Dare la sveglia al mondo politico/istituzionale perché faccia quello che promette, dando segnali concreti al sistema ortofrutta includendolo nei programmi/progetti di internazionalizzazione al pari del vino e degli altri campioni del made in Italy. Sperare che il nuovo feeling TrumpPutin induca il Cremlino a togliere l’embargo. Lavorare sulla Cina, anche se è non è facile, perché ne vale sempre la pena, viste le dimensioni potenziali di quel mercato. Questa è l’agenda che si deve dare la rappresentanza dell’ortofrutta italiana. Più che mai servirebbe una ‘cabina di regia’, perché con l’era

EDITORIALE

CORRIERE ORTOFRUTTICOLO

segue a pag. 5

PUNTASPILLI ARIA FRITTA Causa inverno siccitoso adesso scopriamo che stiamo soffocando per lo smog nelle grandi città, che causa 50mila morti all’anno. Veleni veri, non i ridicoli allarmi sugli Ogm o sull’olio di palma. Dall’aria killer all’aria fritta il passo è breve. *

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L’alta qualità delle arance, genuine e rigorosamente siciliane.

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THE FIRST ITALIAN MONTHLY ON FRUIT AND VEGETABLE MARKET |

ANNO XXXI Nuova serie Febbraio 2017

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GEMMA EDITCO SRL - VIA FIORDILIGI, 6 - 37125 VERONA - I - TEL. 0458352317 /e-mail:redazione@corriereortofrutticolo.it / Poste Italiane Spa Sped. abb. post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/04 n.46) Art. 1, comma 1, DCB VR

Direttore responsabile: Lorenzo Frassoldati Redazione: Emanuele Zanini Hanno collaborato: Chiara Brandi Mariangela Latella Sede operativa via Fiordiligi, 6 37135 Verona Tel. 045.8352317-Fax 045.8307646 e-mail: redazione@corriereortofrutticolo.it Editore Gemma Editco Srl Coordinatore editoriale Antonio Felice Comitato di indirizzo Lucio Bussi, Antonio Felice, Lorenzo Frassoldati, Corrado Giacomini, Claudio Scalise (coordinatore), Luciano Trentini Sede legale e amministrativa: via Fiordiligi, 6 37135 Verona E-mail: redazione@corriereortofrutticolo.it P.IVA 01963490238 Fotocomposizione e stampa: Eurostampa Srl - via Einstein, 9/C 37100 Verona Autorizzazione Tribunale di Verona n. 176 del 12-1-1965 Spedizione in abb. postale comma 26, art. 2, legge 549/95 La rivista viene distribuita in abbonamento postale c/c n. 11905379 Abbonamento annuo: 70 euro per due anni: 100 euro abbonamenti@corriereortofrutticolo.it Chiusura in redazione il 02.02.2017

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Profilo: Corriere Ortofrutticolo si è affermato come rivista “di filiera” del settore ortofrutticolo italiano. La rivista collega chi produce, chi commercializza e chi vende al pubblico, oltre ai settori connessi (dai macchinari ai trasporti). La diffusione è capillare in Italia, dove si è allargata alla grande distribuzione alimentare e al dettaglio.

Diffusione: 6.000 copie. Ripartizione del mailing: Dettaglianti 23%, Produttori 22%, Grossisti 19%, Distributori 12%, Import-export 6,5%, Servizi 5%, Tecnologie e Trasformati 2,5%, Altri 10%

Gennaio 2017

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Viaggio dentro l’e-commerce. Un fenomeno agli albori

RUBRICHE

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meglio se tagliata e sbucciata

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EDITORIALE Se tornano i confini

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VIAGGIO DENTRO L’E-COMMERCE/1 Aspettando la Coop 41

CONTROEDITORIALE Globalizzazione, sì, no, forse…

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Cresce la forza aggregante dell’Unione Italia Ortofrutta

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OCM e Strategia nazionale sono le priorità per rafforzare il ruolo delle OP

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Copertina - Protagonisti PAOLO GEREVINI I piani di mister Golden

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NOTIZIARIO

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ATTUALITÀ Primo Piano - Protagonisti A Bastoni l’Oscar 2017 Primo Piano - Protagonisti Le premiazioni Primo Piano - Protagonisti Seminario sulla Logistica Puntare su Gioia Tauro

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SCHEDA PRODOTTO 27

Primo Piano - Protagonisti Seminario sulle sfide della Sicilia L’isola delle novità 31 Milano capitale del Food 2017 con il fuorisalone di maggio

Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

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Sylvia Caprotti non vuole vendere Esselunga dopo un 2016 dai risultati molto positivi 35 Voglia di frutta al ristorante

segue editoriale

Trump tutto diventa più difficile. Ma se non ce l’abbiamo, pazienza. Andiamo avanti così col nostro esasperato individualismo.

ORTOFRUTTA BIO

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Finora ha funzionato. Vedremo l’aria che tira a Berlino. E magari facciamo un pensiero all’Africa, la nuova frontiera, affamata di scambi con l’Europa. www.corriereortofrutticolo.it

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ARANCIA ROSARIA. PERFETTO EQUILIBRIO TRA GUSTO E BENESSERE. Ricca di vitamine A, B, PP e C, ideale come coadiuvante della cura degli stati influenzali

Ricca di antiossidanti contro l’invecchiamento

Una sferzata di energia, ideale per chi pratica sport

Effetti benefici sulla microcircolazione

Oggi Rosaria è anche una spremuta 100% di arance rosse, sempre fresca e disponibile tutto l’anno.


Globalizzazione, sì, no, forse… ✍ Corrado

Cosa sta succedendo? Il mondo, almeno quello dove siamo vissuti, sta cambiando ad una velocità pazzesca, conseguenza non solo delle applicazioni dell’elettronica in ogni dove e di internet nelle comunicazioni e nei media, rendendo il mondo più piccolo e coperto da una rete di relazioni quasi infinita, ma anche del fatto che le conquiste degli ultimi trent’anni nella politica, nel sociale, nella relazione tra gli Stati e persino nei principi che li governano sono messi in discussione dai popoli e dagli stessi Governi che ne dovrebbero essere gli attori. Non vi preoccupate, non voglio aggiungermi ai tuttologi dei numerosi talk show che ci perseguitano su radio e televisione, ma resterò nel campo dell’agricoltura, che non può chiamarsi fuori da quanto sta succedendo. Credo che in questi anni la conquista che ha maggiormente coinvolto il nostro settore - e la cui messa in discussione potrà ripercuotersi fortemente su di esso - è la globalizzazione. Tutti abbiamo considerato, e non possiamo negarlo, la globalizzazione, cioè l’apertura dei mercati e lo sviluppo del commercio internazionale, una grande conquista degli anni 2000. Purtroppo non siamo riusciti a governarla; anche l’istituzione che era stata creata per farlo, l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) è rimasta impantanata, per cui si è tornati al vecchio bilateralismo tra gli Stati, vale a dire agli accordi tra Stato e Stato, che il WTO, appunto, doveva superare. Per di più, sul mercato mondiale si sono presentate potenze, come la Cina, che in un crescendo continuo hanno travolto le ultime difese commerciali. L’attuale situazione è incredibile: di qua, Trump, il nuovo presidente degli USA, che alza, e alzerà, nuove barriere e di là Xi Jnping, il presidente della Cina, diventato il difensore della globalizzazione. Ma la vittoria di Trump, piena di contraddizioni data la storia dell’uomo, è l’espressione dell’animo di molti popoli perché, a causa della grave e lunga crisi dell’economia, non credono più ai benefici della globalizzazione, cercano di difendere le risorse rimaste entro i confini dove vivono e credono ai messaggi di coloro che, alle volte solo gridando, assicurano di difendere i confini della patria. In questo quadro, non ci mancava che lo scoppio del fenomeno dell’emigrazione, anche questa senza controllo, per far alzare barriere in ogni dove. La politica agricola comune (PAC) dopo la rivoluzione del 2003 ha sposato del tutto la globalizzazione e ha continuato a farlo accrescendo continuamente l’apertura dei suoi confini e riducendo le sue difese Giacomini

Febbraio 2017

come se nulla stesse succedendo attorno, anche nei due Pilastri della PAC per il periodo 2014/2020. Qualcuno ha osservato che nell’OCM Unica, il Reg. 1308/2013, che ha assorbito le precedenti organizzazioni comuni di mercato, viene usata una sola volta la parola “crisi” mentre si parla in più articoli di “perturbazioni” e di “squilibri di mercato”, che vengono affrontati con interventi pubblici di breve periodo perché è al mercato che la PAC lascia il compito di correggere queste temporanee - così vengono intese - cadute di reddito. In pratica, la PAC non interviene più per anticipare le cause di crisi – protezione alle frontiere, prezzi di intervento correlati all’andamento dei costi di produzione, conseguenti ritiri dal mercato e aiuti all’esportazione – ma i prezzi di intervento, dove previsti, sono fissati a livelli tali da non richiedere protezione alle frontiere e nel caso di evidenti situazioni di “perturbazioni” o “squilibri di mercato” le cadute di reddito sono corrette con interventi spot della Commissione che ne ha ampia delega. La PAC ha rinunciato ad intervenire creando, come faceva prima, un marcato amministrato della produzione agricola per lasciare ora agli stessi agricoltori di affrontare la competizione del mercato globale integrando il reddito da essi prodotto (quando c’è !) con aiuti diretti giustificati dal loro impegno ambientale e incentivandoli a usare strumenti che dovrebbero migliorarne la competitività attraverso le misure del II° Pilastro. La prova più significativa di questa visione neoliberista dell’economia sono gli articoli da 36 a 39 del II° Pilastro dove la PAC prevede che le crisi vengano affrontate dagli stessi agricoltori con assicurazioni e la creazione di fondi mutualistici. Tra le assicurazioni è prevista anche l’attivazione di coperture per la caduta del reddito oltre certi limiti. In questi giorni si sta svolgendo la consultazione pubblica della Commissione sul futuro della PAC in preparazione della revisione a medio termine della tranche in corso. Come ho detto più volte, sono tuttora un sostenitore della globalizzazione e della UE, altro nervo scoperto, tuttavia bisogna che il Consiglio dei Capi di Stato e di Governo e la Commissione si rendano conto di quanto sta avvenendo e siano capaci di reagire. Soltanto una UE forte potrà diventare un attore vincente della globalizzazione, imponendo delle regole capaci di dare fiducia ai Paesi membri, altrimenti è inevitabile che barriere e nuove “exit” si ripetano. Non me lo auguro, ma mai come ora potrebbe diventare possibile una revisione della PAC in chiave protezionistica. *Economista, membro del Comitato di indirizzo del Corriere Ortofrutticolo www.corriereortofrutticolo.it

CONTROEDITORIALE

CORRIERE ORTOFRUTTICOLO

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NOTIZIARIO OrtoRomi in crescita costante: il 2016 chiuso a 86 milioni (+13%)

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OrtoRomi chiude l’anno 2016 con un fatturato di 86 milioni di euro, confermando una costante crescita che, negli ultimi anni, si mantiene a doppia cifra (+13% rispetto al 2015). Il 2017 si prospetta un anno di sfide che l’azienda vuole affrontare seguendo linee definite a 360°: strategie commerciali, di innovazione e di comunicazione. OrtoRomi intende affermare il ruolo di co-packer consolidato nel corso degli anni e soprattutto puntare sul valore aggiunto del brand Insal’Arte, che ha raggiunto nel 2016 risultati soddisfacenti, in particolare con i prodotti fiore all’occhiello dell’azienda: le ciotole Pausa Pranzo e i Radicchi IGP. Le prime importanti novità del 2017 sono presentate in anteprima a Fruit Logistica.

Germania, Francia, Spagna, Svizzera, Polonia, Serbia, Repubblica Ceca, Belgio). “L’export ci sta dando grandi soddisfazioni. Grazie al nostro expertise nella IV gamma, nella logistica e nella indiscussa qualità dei nostri prodotti in grado di arrivare molto lontano, siamo entrati in catene distributive europee di primaria importanza - commenta il presidente Giuseppe Battagliola -. Per il 2017 il nostro obiettivo è incrementare sempre più il nostro business di IV gamma e dei piatti pronti freschi, oltre che in Italia, anche sul mercato internazionale, soprattutto in paesi come Uk, Francia, Germania, Polonia, Benelux, Croazia e Serbia, Paese quest’ultimo dove, alla fine del 2016, abbiamo inaugurato una nuova filiale commerciale. Stiamo facendo importanti investimenti su più fronti per essere sempre un passo avanti e poter rispondere alle mutevoli esigenze del mercato”.

La Linea Verde con il vento in poppa: l’export spinge il fatturato

Eataly si quoterà in borsa nel 2018 e apre a Londra, Parigi e Catania

La Linea Verde, ai vertici nel mercato italiano di IV gamma e dei piatti pronti freschi, è ormai uno dei player di riferimento sul palco di Fruitlogistica. L’impresa bresciana, che opera come co-packer per la GDO (sono più di 50 le marche private gestite) e attraverso il proprio brand DimmidiSì sia in Italia sia all’estero, ha chiuso il 2016 con un giro d’affari complessivo di 225 milioni di euro, registrando una crescita superiore al 6% rispetto al 2015. Un traguardo molto importante al quale hanno contribuito anche i risultati ottenuti all’estero, mercato che nel 2016 ha raggiunto la quota del 35% grazie alle performance di Vegetales Línea Verde Navarra e dei flussi export verso quasi tutta l’Europa (Austria,

In una recente intervista rilasciata al Corriere della Sera, il patron di Eataly Oscar Farinetti ha annunciato nuove aperture in vista per la sua “creatura”. Oltre a quelle già previste di Los Angeles, Las Vegas e Mosca, il grande food market tutto made in Italy aprirà i battenti anche a Londra e a Parigi nel 2018. Dopo aver rimandato l’apertura da Selfridges che era prevista per il 2016, nella capitale inglese Eataly prenderà posto al Covent Garden, mentre a Parigi punterà sul quartiere di Marais. Inoltre, il fondatore ha assicurato l’impegno per la prima apertura in Sicilia, a Catania. Novità anche a livello finanziario per l’azienda nata a Torino che quest’anno festeggia il primo decennale: secondo quanto riportato da Affari

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e Finanza, il piano di Andrea Guerra, CEO di Eataly, prevede l’ingresso in Borsa per il 2018, quando la società partecipata da Tamburi Investment Partner dovrebbe raggiungere i 700 milioni di ricavi. Tutti gli Eataly, fatta eccezione per Bari, sono in attivo e il giro d’affari stimato a fine 2016 è in aumento dell’8% nonostante il risultato di Roma, che dovrebbe aver perso uno o due punti percentuali rispetto al 2015. A trainare gli incassi sono state le nuove aperture di New York (secondo store), Boston e Copenaghen. Nel mondo ci sono 37 Eataly, di cui 22 in Italia, con 157 ristoranti. I visitatori sono 25 milioni l’anno, in dieci anni sono state assunte 5500 persone. Gli obiettivi sono ambiziosi: “Stiamo tessendo la tela – spiega Farinetti – per andare in Cina, in India e nel Far East. L’obiettivo è essere presenti in tutte le 194 nazioni del mondo”.

Kiwi Zespri italiani in evidenza: per Sungold volumi triplicati I kiwi Zespri® di provenienza italiana stanno ottenendo egregi risultati sia in termini di vendita che di apprezzamento da parte del consumatore finale. Per quanto riguarda i kiwi Zespri® Green, in questa stagione i frutti si sono caratterizzati per una qualità più che buona e una pezzatura sostenuta. Particolarmente apprezzata è, nella grande distribuzione organizzata, la confezione da 500 grammi. La campagna dei kiwi Zespri® SunGold, conclusasi a fine gennaio, è stata caratterizzata da un crescente interesse anche da parte delle realtà distributive di dimensione medio-piccola ottenendo ottimi risultati sia termini di distribuzione che vendita, triplicando i volumi dello scorso anno. Nota di rilievo, la qualità garantita da Zespri® è tale per cui la SunGold, con la sua polpa Febbraio 2017



NOTIZIARIO

dorata ed il suo succo dolce e delicato, viene considerata dai consumatori la migliore varietà di kiwi giallo a disposizione per l’acquisto. Zespri® è come sempre impegnata, anche in questi mesi, in una capillare attività promozionale che coinvolge i diversi canali di vendita, dai mercati ortofrutticoli, alla grande distribuzione e alla distribuzione organizzata. Grazie a questo impegno, il mercato viene presidiato direttamente e il brand Zespri® è sempre più visibile e riconosciuto.

Focus Germania del CSO: cresce l’export italiano anche in valore Un dossier pubblicato da CSO Italy analizza in maniera dettagliata il rapporto tra l’Italia e Berlino nella commercializzazione

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dell’ortofrutta, con diversi dati interessanti. La Germania rimane il principale mercato di destinazione della nostra frutta e verdura. Nel 2015 è stato inviato sul mercato tedesco il 29% dei quantitativi totali di ortofrutta, come l’anno precedente. La percentuale tuttavia è nettamente inferiore rispetto al 40% dei primi anni 2000, ridimensionato al 32-33% già nel triennio 2007-2010, per poi scendere al 29% dal 2012. I volumi di ortofrutta fresca indirizzate sulle tavole tedesche si attesta nel 2015 su quasi 1,1 milioni di tonnellate, in aumento del 3% rispetto al 2014. Andamento positivo per il periodo gennaio-ottobre 2016 per il quale si evidenziano quantitativi maggiori del 4% rispetto al 2015, a fronte di un aumento del 6% nel complesso. Il valore dell’export verso la Germania, pari a 1,2 miliardi di euro, dopo il calo registrato nel 2014,

ritorna nel 2015 sui buoni livelli del 2013, segnando un +13% sul 2014. Nei primi 10 mesi del 2016 si conferma la tendenza all’aumento. L’analisi del CSO evidenzia come i volumi di frutta fresca siano appena inferiori allo stesso periodo del 2015, ripagati però da un lievissimo aumento in termini di valore (+1%). Positivo il posizionamento degli agrumi con quantitativi che, dopo lo scarso 2015, sembrano ritornare su buoni livelli, ottenendo un +30% a volume a cui è corrisposto un +45% a valore. Le esportazioni di ortaggi del periodo gennaio-ottobre 2016, dopo i volumi contenuti del 2015 ritornano su quantitativi nella norma, con un +17%. Più contenuto invece l’aumento a valore, con un +4%. Mele, uva da tavola, pesche e nettarine, cocomeri e pere sono le prime cinque referenze frutticole

Febbraio 2017


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Venite V enite a ttrovarci rovarci a FRUIT LOGISTICA FRUIT L OGISTICA dal 2017 dal 8 al al 10 10 febbraio febbraio 2 017 padiglione 4.2 B-11 p adiglione 4 .2 B -11

I COLORI DEL

NOSTRO RACCOL RACCOLTO CCOL LTO T Tante sfumature, sapor i e aromi. Le mele dell’Alto Adige/Süd tirol si dis tinguono per il vas to assor timento var iet ale, perché qui abbiamo PE QIPE KMYW X E TIV SKRM KYW XS (EPPE GSPXMZE ^MSRI EPPE V EGGSPX E ½RS EP GSRJI^MSREQIRXS I EPPE GSRWIKRE M V MKSVSWM GSRXVSPPM IWIKYMXM HEP :3+ gar antiscono la massima qualit à delle mele dell’Alto Adige.

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esportate in Germania: da sole rappresentano l’85% di tutta la frutta fresca inviata nel Paese teutonico, che diventa il 90% se si aggiunge il kiwi.

Il porto di Trieste cresce e stringe una partnership con Vienna “Uno sviluppo di MSC e del mondo dei container e un rafforzamento delle relazioni con gli spedizionieri austriaci, molto capaci”. Sono le aspettative di Zeno D’Agostino, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale, Porto di Trieste, in merito alla presentazione dello scalo tergesteo agli operatori austriaci, tenutosi all’Ambasciata d’Italia a Vienna. Non un incontro qualunque tra

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due città, Trieste e Vienna, tra le quali c’è da secoli un “legame storico-culturale, e che è da rilanciare e rafforzare soprattutto dal punto di vista economico”. “Abbiamo il mondo dei ro-ro che bypassa l’Austria, dunque vorrei che si incrementasse l’ambito dei container con Vienna”, ha proseguito D’Agostino, ricordando che “sono già state rafforzate le connessioni dirette con l’Austria”. L’incontro, patrocinato dalla Regione Friuli Venezia Giulia e organizzato con la Camera di Commercio Italo-Tedesca, ha riscosso l’attenzione degli operatori: si sono iscritte oltre 240 persone, ben più dei cento che ci si attendevano. Significa che “il bisogno di dialogare tra Trieste e Vienna è reciproco”, spiega ancora il presidente dell’Authority. D’altronde, il 35 per cento dei treni che partono dallo scalo triestino è realizzato con partner austriaci, a testi-

monianza di “una integrazione ferroviaria con l’Austria già forte”. Per il capoluogo giuliano dunque, “non esiste solo la Baviera; l’Austria è un mercato importantissimo”.

N NOTIZIARIO

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Boris Fort nuovo direttore generale della Pizzoli Boris Fort è il nuovo direttore generale di Pizzoli. Classe 1964, Fort ha maturato una lunga esperienza sia in Italia che all’estero con ruoli crescenti all’interno di importanti realtà quali Nestlé. Per il manager si tratta di una nuova sfida professionale in un momento molto importante per l’azienda che si avvia ad investire 50 milioni in uno dei più moderni stabilimenti di produzione di patate fresche e surgelate.

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PRIMO PIANO

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REPORT PROTAGONISTI

PROTAGONISTI DELL’ORTOFRUTTA ITALIANA. Quinta edizione

A Bastoni l’Oscar 2017 Ilenio Bastoni è il vincitore dell'Oscar dell'Ortofrutta Italiana 2017, il riconoscimento nazionale riservato ai manager e agli imprenditori del settore, conferito in occasione dell'evento Protagonisti dell’Ortofrutta Italiana, che ha tenuto la sua quinta edizione venerdì 20 gennaio nella suggestiva cornice di Siracusa. 42 anni, romagnolo, Bastoni dal luglio 2014 è direttore generale di Apofruit, una delle principali centrali cooperative ortofrutticole d’Italia e d’Europa. Apofruit nel 2016 ha registrato una crescita impressionante: fatturato a 300 milioni di euro, il 20% in più rispetto al 2015, aumento del 150% delle esportazioni Oltremare, primato italiano nelle esportazioni di ortofrutta via aerea, incremento delle produzioni biologiche del 20%. Ilenio Bastoni ha avuto un ruolo importante in questi risultati e la sua vittoria sugli altri partecipanti all’Oscar dell’Ortofrutta Italia-

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In alto, i Protagonisti dell’Ortofrutta Italiana insieme a Siracusa lo scorso 20 gennaio. Qui sopra, Ilenio Bastoni, a destra, con Gennaro Velardo di Italia Ortofrutta

na è stata netta. Partecipavano alla nomina gli undici tra imprenditori e manager insigniti del riconoscimento di Protagonisti dell’Ortofrutta Italiana nel corso di una cerimonia nel pomeriggio del 20 gennaio nella Sala Borsellino

di Palazzo Vermexio, sede del Comune di Siracusa: oltre a Bastoni, Salvatore Bua (Sicilia), Simone Bernardi (Piemonte), Giuseppe Calabrese (Sicilia), Antonio Giaccio (Campania), Salvatore Giardina (Sicilia), Guido Grimaldi

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PRIMO PIANO REPORT PROTAGONISTI

CORRIERE ORTOFRUTTICOLO

(Campania), Riccardo Martini (Emilia Romagna), Salvatore Novello (Sicilia), Fabio Massimo Pallottini (Lazio), Giulio Romagnoli (Emilia Romagna). La proclamazione dell’Oscar - dopo l’individuazione di una terna di cui facevano parte, insieme a Bastoni, Salvatore Giardina e Fabio Massimo Pallottini - è avvenuta invece in serata, nella splendida cornice di Palazzo Beneventano, uno dei più noti palazzi barocchi di Siracusa e della Sicilia. Non secondario, nella nomina di Bastoni, l’impegno del Gruppo Apofruit in Sicilia, terza regione italiana per numero di soci conferitori. Apofruit è tra le prime realtà ortofrutticole dell'isola per numero di produttori aderenti, con uno stabilimento a Donna Lucata (Ragusa). Nell'area tra Ragusa e Siracusa l'impresa di Cesena punta soprattuto sugli ortaggi e dal 2016 sta portando avanti un nuovo progetto sulle fragole con nuove varietà. Procede a vele spiegate anche la coltivazione del lampone. Nel Trapanese invece il gruppo cooperativo romagnolo coltiva una settantina di ettari a melograno. Nell'areale di Catania e Siracusa prosegue il lavoro sul settore agrumi, mentre cresce l'importanza del lavoro che il colosso cesenate sta facendo in Sicilia sul biologico. L’ortofrutta può e deve ripartire dal Sud. E così, per il secondo anno consecutivo Protagonisti del-

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l’Ortofrutta Italiana è approdato nel Mezzogiorno d’Italia. Dopo Matera nel 2016, quest’anno la manifestazione è scesa in Sicilia, un tributo doveroso alla prima regione per produzione ortofrutticola in Italia. L'intensa e partecipata giornata siracusana dell’ortofrutta, organizzata dalla nostra rivista, è servita ad approfondire alcuni temi come la logistica nel Sud e le nuove sfide della Sicilia ortofrutticola. Personaggi di primo piano del settore tra i quali Marco Salvi, presidente di Fruitimprese, Paolo Bruni, presidente di Cso Italy, Gennaro Velardo, presidente di Italia Ortofrutta Unione Nazionale (main sponsor), hanno contribuito al successo della manifestazione, che si è avvalsa del sostegno di aziende come Unitec, Oranfrizer, Fiera Milano, Ilip, Valfrutta, Gali Group Trasporti e Spedizioni. In diversi momenti della giornata è stato sottolineato come il Sud possa rivestire un ruolo strategico e di rilancio del comparto. Uno dei più convinti in tal senso è stato il bolognese Giulio Romagnoli, a capo dell’omonima azienda specializzata nelle patate: “Dalla Sicilia - ha detto nel corso delle premiazioni - l’ortofrutta saprà ripartire più forte di prima. Siamo di fronte ad una terra di valori, qui non manca la volontà e il coraggio per produrre l’eccellenza. Sono convinto che da qui partirà

qualcosa di grande”. Salvatore Giardina, imprenditore ortofrutticolo di lungo corso, unico siracusano tra i premiati, ha sottolineato tuttavia che “per rimanere competitivi servono processi di innovazione di prodotto e investimenti". “Per evitare il progressivo depauperamento delle aziende - ha aggiunto - bisogna uscire dalla logica del centesimo in più o in meno e tornare a creare valore sull’ortofrutta”. Nel corso del seminario incentrato sul ruolo della logistica nel comparto ortofrutticolo, che ha aperto la Giornata dei Protagonisti a Siracusa, sono intervenuti Andrea Bardi di ITL (Institute for Transport and Logistics), Alessandro Bisanti del Gruppo Grimaldi e Riccardo Martini di Tramaco. La successiva tavola rotonda sullo stesso argomento, gestita da Luca Lanini, professore di logistica agroalimentare, ha visto gli interventi di Marco Salvi, presidente di Fruitimprese, Fabio Massimo Pallottini, presidente di Italmercati e amministratore delegato del CAR di Roma, Gennaro Velardo, presidente di Italia Ortofrutta e Ilenio Bastoni, direttore di Apofruit. Nel pomeriggio, prima delle premiazioni, Claudio Scalise, direttore della SG Marketing di Bologna, ha coordinato il seminario sulle nuove sfide alla Sicilia ortofrutticola, con interventi di Salvo Laudani sulle esperienze di Oranfrizer nella coltura del melograno, di Sara Bua della OP La Deliziosa sul lancio del fico d’India a marchio ‘Sicilio’, di Alberto Continella sulla esperienza di Sicilia Avocado, di Marco Verzelli di Valfrutta sul peperone Cornelio e di Elena Albertini, presidente di Biopartners, sul marchio 'Accussì Buona’ lanciato da Italia Ortofrutta. Si sta già lavorando all’edizione 2018. Gemma Editco, la società editrice del Corriere Ortofrutticolo, coinvolgerà i partners sulla scelta di una location di grande prestigio, ancora una volta al Sud: la Reggia di Caserta. La data indicata: 19 gennaio 2018. Febbraio 2017


PRIMO PIANO

CORRIERE ORTOFRUTTICOLO

ILENIO BASTONI

norama ortofrutticolo europeo. Bastoni ha assorbito l’eredità importante del suo predecessore, Renzo Piraccini (Protagonista dell’Ortofrutta Italiana 2012), e ha guidato con una gestione attenta, indirizzata all’espansione delle attività attraverso acquisizioni ed alleanze, lo straordinario sviluppo del Gruppo nel 2016.

premiato da Paolo Bruni

SIMONE BERNARDI

Emilia Romagna

LA MOTIVAZIONE Romagnolo di Sala di Cesenatico, Ilenio Bastoni è direttore generale di Apofruit Italia dal luglio 2014. Il suo curriculum testimonia di una crescita professionale avvenuta tutta all’interno del Gruppo cooperativo che associa (dati di fine 2015) 3.300 soci produttori che operano in diverse regioni, per un conferimento di 256 mila tonnellate ed un fatturato consolidato di 228 milioni di euro. Dodici gli stabilimenti di lavorazione in Italia: otto in Emilia Romagna, uno nel Lazio, due in Basilicata, uno in Sicilia. Nel 2016 Apofruit, sotto la sua gestione, ha registrato un ulteriore sviluppo. Figlio di un produttore romagnolo storico socio della cooperativa, si può dire che Ilenio Bastoni sia nato in Apofruit, con impegni che sono andati dalla produzione nei campi fino ai vertici. Il suo primo impegno - come per molti figli dei soci Apofruit - si è svolto nel podere di famiglia. Terminati gli studi, è entrato a far parte della struttura organizzativa, come tecnico di campagna. Nel 1994 è stato inserito nello staff della Apofruit di Martorano e tre anni più tardi, nel 1997, nell’ufficio commerciale di Apotrade, società di commercializzazione che l'anno dopo è diventata Canova, specializzata nel biologico. A gennaio 2013 è stato promosso a direttore commerciale. Un percorso di formazione, dunque, a 360 gradi, a garanzia di una solidità professionale quanto mai necessaria per la gestione di un gruppo che per dimensioni e complessità ha pochi altri esempi nel pa-

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Piemonte

pegno e alla cura per l’innovazione dei prodotti e dei processi, Lagnasco Group ha consolidato ottimi rapporti con la GDO nazionale e con aziende leader nel canale horeca, inserendosi anche in alcune catene europee e conquistando la fiducia di importatori del Nord Africa, del Medio ed Estremo Oriente, del Nord e Sud America. Nel 2016 Lagnasco Group ha lanciato con successo il progetto Eplì, una mela Story® Inored, libera da diritti, studiata dall’INRA francese e licenziata da NOVADI. Lagnasco Group ha lavorato nel 2015 ortofrutta per 24 milioni di euro e 37 mila tonnellate tra mele, kiwi, pesche, prugne, mirtilli, questi ultimi in forte crescita.

REPORT PROTAGONISTI

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Le premiazioni

SALVATORE BUA Sicilia Ritira il premio Vincenzo Falconi da Lorenzo Frassoldati

LA MOTIVAZIONE Una carriera cominciata altrove. Simone Bernardi è diplomato in trasporto aereo. Le prime esperienze lavorative in campo aeronautico lo vedono responsabile tecnico della base del soccorso aereo regionale del 118 di Borgosesia (Vercelli). Viene coinvolto in progetti internazionali con le maggiori case costruttrici di elicotteri, ma decide di dedicarsi all’ortofrutta nell’azienda di famiglia produttrice di mele, pesche e kiwi nella zona pedemontana di Cuneo assumendone la guida nel 2012. Viene subito coinvolto nelle attività di Lagnasco Group - un Consorzio di tre cooperative con sede a Lagnasco dove la sua famiglia conferisce il prodotto. Nel 2013, spinto da alcuni soci, decide di mettersi in gioco e nonostante non abbia mai svolto l’incarico di consigliere, il CdA decide di affidargli la rappresentanza e lo nomina presidente. Dati i buoni risultati conseguiti, nel 2016 viene confermato nella carica. E’ consigliere in Italia Ortofrutta Unione Nazionale, CSO Italy, Assomela e Confcooperative. Grazie anche al suo costante im-

premiato da Gennaro Velardo

LA MOTIVAZIONE Direttore commerciale di OP La Deliziosa di Biancavilla, Salvatore Bua opera con i fratelli Giovanni e Nino. Il primo è il presidente della OP mentre Nino si occupa della produzione in campagna. La vocazione dei fratelli Bua per le produzioni ortofrutticole tipiche delle pendici dell'Etna è nata dal padre Pietro, che ha avviato l’attività con una prima azienda agricola. Il fico d’India è nel DNA di questa famiglia fin dalle sue origini contadine ma la differenza, rispetto ad altri agricoltori della zona, è che i Bua sono passati dalla tradizione alla sfida della commercializzazione su larga scala di un prodotto così di nicchia e particolare, riuscendo a concentrare l’offerta, cosa non facile in terra di Sicilia e in Italia. Puntare sul fico d’India ha avuto per

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PRIMO PIANO

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i Bua anche il significato di valorizzare il territorio e la sua economia. Salvatore, in tutto questo, ha avuto un ruolo di promotore fino ad arrivare a mettere insieme tutti gli elementi necessari a concretizzare il progetto Sicilio, una start-up per la valorizzazione del fico d’India dell’Etna che testimonia della vitalità del settore ortofrutticolo siciliano. OP La Deliziosa è nata come cooperativa nel febbraio 1988 per poi trasformarsi in Organizzazione di Produttori. L’azienda ha puntato fin dall’inizio a produrre e valorizzare al massimo le produzioni tipiche siciliane portandole a standard qualitativi elevati. I soci della OP sono 112 per una superficie coltivata di circa 1.600 ettari di cui oltre 800 ad agrumi, 400 a fico d’India e i rimanenti suddivisi tra altre produzioni come il pomodoro di Pachino. L’area di produzione comprende il Catanese (agrumi e fichi d’India), il Ragusano e il Siracusano (ortaggi), la provincia di Caltanissetta e Canicattì (frutta).

GIUSEPPE CALABRESE Sicilia

premiato da Marco Salvi

LA MOTIVAZIONE Nel territorio di Ispica, i Calabrese sono una dinastia di produttori di ortaggi. A loro si deve, già nell’immediato dopoguerra, una serie di iniziative che hanno portato lavoro e innovazione nel territorio e tra queste spicca la coltura della carota di cui Ispica è diventata un’area di eccellenza come testimonia il riconoscimento dell’IGP per la carota novella. Nella dynasty dei Calabresi, tra imprenditori e manager divisi in due grandi rami famigliari, spicca la figu-

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ra di Giuseppe. Nato ad Ispica nel 1937, Giuseppe manifesta presto doti imprenditoriali che danno risposte alle necessità di ripresa economica del territorio. Affianca il padre Carmelo nel lavoro agricolo e avvia un’attività di mediatore. Gli agricoltori locali gli affidano i raccolti, chiedendogli di trovare sbocchi di mercato. Giuseppe non delude le attese e l’attività di mediazione e quella produttiva evolvono velocemente. Sono storia del territorio ispicese i mercati all’ingrosso di frutta e verdura che Giuseppe gestisce per anni insieme al padre e ai fratelli. Nel 1974 viene costituita l’Associazione Colle D’Oro di cui Giuseppe è co-fondatore insieme ai fratelli Pietro e Antonino. L’azienda, specializzata nelle carote novelle, diventa presto azienda leader del territorio. Le carote novelle di Ispica diventano cifra identitaria dell’azienda e di un ampio comprensorio del Sud-Est della Sicilia. Amministratore unico di Colledoro fino al 1992, Giuseppe Calabrese lascia spazio ai fratelli per avviare un'attività insieme ai figli. Nel 1993 nasce Fonte Verde Aziende Agricole Associate, che presto si afferma sul mercato e diventa realtà aggregante come Consorzio, riconosciuto OP, di cui Giuseppe è presidente. Fonteverde esporta il 40% della produzione, che si aggira sulle 19 mila tonnellate.

REPORT PROTAGONISTI

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Le premiazioni

ANTONIO GIACCIO Campania

premiato da Elisa Macchi

LA MOTIVAZIONE Giuseppe Giaccio, napoletano, produceva ortofrutta, tra cui mele annurca, nell’immediata periferia di Napoli. Con l’espansione edilizia, una vasta area venne inglobata nella città e Giuseppe, come altri agricoltori, non rinuncia a coltivare e sposta l’attività nel Casertano. Nel 1954 era nato Antonio e nel 1956 Gennaro, i figli di Giuseppe, che rappresentano i pilastri di quella che nell’anno Duemila è diventata la OP Giaccio Frutta. Da allora la mente dell’OP è considerato il presidente Antonio Giaccio. La caparbietà, la testardaggine e al tempo stesso un animo umile rappresentano parte della sua forte personalità. Dopo un’iniziale attività famigliare di distribuzione di frutta fresca nei mercati ortofrutticoli di Roma e Milano, Antonio si è ben pre-

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REPORT PROTAGONISTI

PRIMO PIANO

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Le premiazioni sto fatto convinto che la strada da percorrere fosse l’associazionismo, l'aggregazione, la forza collettiva per arrivare a una concentrazione dell’offerta che permettesse di avere un maggior peso contrattuale con i distributori e i rivenditori finali. Il fratello Gennaro è diventato negli anni il riferimento operativo dei soci della OP per le sue conoscenze in campo e la determinazione a puntare alla massima qualità raggiungibile. Da sempre uno di fianco all’altro, Antonio e Gennaro, da un lato lo spirito imprenditoriale e dall'altro lo spirito tecnico, hanno costruito negli anni il successo dell’OP. i figli dei due fratelli sono tutti impegnati in azienda. La Giaccio Frutta non è solo tra i pionieri della valorizzazione della mela annurca a livello nazionale (produce il 60% dell’IGP) ma è una tra le più grandi organizzazioni di produttori del Mezzogiorno.

SALVATORE GIARDINA Sicilia

premiato da Marco Salvi

LA MOTIVAZIONE Siracusano, classe 1946, Salvatore Giardina a 23 anni si è laureato in Economia alla Bocconi di Milano ma, fin da ragazzo, sapeva molto di

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ortofrutta perché il padre, Sebastiano, esportatore, lo spediva in Germania d’estate, per un mese e mezzo, a seguire la campagna commerciale del pomodoro. Da Siracusa partivano vagoni e vagoni di pomodoro ogni giorno. Erano gli anni Cinquanta e Sessanta. Salvatore era uno studentello. La scelta di restare in azienda finiti gli studi, con il desiderio di farla crescere, è stata così naturale. Anche uno dei fratelli, Silvio, dopo la laurea in Agraria, ha fatto il suo ingresso nella ditta paterna, la Sebastiano Giardina. Con Silvio, Salvatore ha pensato che all’attività commerciale del padre, basata soprattutto su agrumi e pomodoro, andasse affiancata un’attività produttiva al fine di avviare forniture su misura per il nascente sistema della GDO italiana. Fu un’intuizione felice, che ha permesso una crescita notevole. Nel 1989 la ditta Sebastiano Giardina assume la denominazione attuale: Azienda Agricola F.lli Giardina. Salvatore dà una spinta decisiva all’attività prima nel campo delle esportazioni, poi nei rapporti con la GDO italiana; il fratello diversifica la produzione per rispondere alla domanda di mercato. La preparazione professionale permette a Salvatore di rivestire cariche importanti a livello regionale e nazionale. Per 20 anni è membro del consiglio direttivo di ANEIOA (oggi FruitImprese). Per 12 anni fa parte della Giunta esecutiva di Confagricoltura di cui per 8 anni è vicepresidente nazionale. Acquisisce anche per questo una visione ampia dei temi e dei problemi del settore ortofrutticolo meridionale e siciliano,

senza smettere di essere un attento osservatore delle evoluzioni del mercato.

GUIDO GRIMALDI Campania

Ritira il premio Alessandro Bisanti da Paolo Bruni

LA MOTIVAZIONE Guido Grimaldi è nato a Londra nel 1983 ed all’età di 22 anni si è laureato in Economia all’Università Federico II di Napoli. Ha arricchito gli studi con il Master MBA in Automotiv Logistics presso l’ECG Academy di Bruxelles. Dopo essere stato dal 2008 commercial manager, ricopre dal 2012 il ruolo Direttore commerciale delle linee Short Sea del Gruppo Grimaldi nel Mediterraneo e nel Nord Europa. Grazie anche al suo impegno, si è assistito ad un progressivo aumento delle linee marittime e ad una generale espansione dei servizi di trasporto marittimi offerti dalla Grimaldi che oggi collegano Italia (incluse Sardegna e Sicilia), Spagna, Grecia, Malta, Tunisia, Marocco, Montenegro per il trasporto di merci e passeggeri. Complessivamente, i collegamenti marittimi operati dal Gruppo servono oltre 120 porti in 47 Paesi del Mediterraneo, Nord Euro-

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pa, Africa Occidentale, Nord e Sud America. Il personale di terra e l'equipaggio conta circa 10 mila persone. Il Gruppo comprende sette compagnie marittime. Il trasporto navale di ortofrutta vale dal 16 al 18% del volume d’affari totale. La linea più interessata a questo traffico nel Mediterraneo è la Barcellona-Civitavecchia. Importanza per l’ortofrutta ha anche il porto di Catania soprattutto come destinazione dalla Spagna. Consapevole che il trasporto marittimo è solo un anello della ben più complessa e articolata catena logistica, negli ultimi anni il Gruppo Grimaldi ha dato vita ad un piano d’espansione mirato ad integrare verticalmente i servizi logistici offerti e ha investito nello sviluppo delle Autostrade del Mare con l’introduzione di nuove e moderne navi ro/ro e paxferry. Attualmente la rete di Autostrade del Mare del Gruppo collega regolarmente l’Italia a Spagna, Grecia, Malta, Montenegro, Tunisia, Libia e Marocco.

RICCARDO MARTINI Emilia Romagna

glio direttivo di Fedespedi, l’Associazione nazionale delle imprese di spedizioni. Per dieci anni è stato inoltre membro della Giunta direttiva di Confetra, la Confederazione nazionale delle Associazioni della Logistica e del Trasporto. Da cinque anni fa parte del Comitato Portuale dell’Autorità Portuale di Ravenna ed è l'attuale presidente dell’Unione Utenti ed Operatori del Porto di Ravenna. Queste attività e queste cariche, che sono andate di pari passo con l’attività imprenditoriale, gli hanno permesso di acquisire una vasta conoscenza del mondo delle spedizioni, in particolare marittime, e di essere un esperto soprattutto per quanto riguarda il bacino del Mediterraneo. I collegamenti e i rapporti di Tramaco, grazie a lui, al socio Paolo Triossi, vicepresidente di Tramaco, e a uno staff di validi collaboratori, sono cresciuti facendone un global player conosciuto a livello internazionale per serietà e competenza nella movimentazione dei prodotti ortofrutticoli. Un punto di forza di Tramaco è la specializzazione sia nelle attività legate all’import che in quelle legate all’export, che pesano ciascuna per il 50% dell’attività complessiva.

SALVATORE NOVELLO Sicilia

premiato da Elisa Macchi

LA MOTIVAZIONE Ha iniziato a lavorare al porto di Ravenna nel 1980. Fino all’anno di fondazione di Tramaco, il 1992, Riccardo Martini cresce professionalmente in una impresa di spedizioni di cui è dipendente, apprendendo nozioni e ispirandosi a un manager che per lui è stato un importante riferimento, Mimmo Caccavo, titolare a Bologna delle attività della SIEF del Gruppo Atlanta di Monaco di Baviera. Per nove anni è stato presidente dell’Associazione Spedizionieri del Porto di Ravenna. Per 13 membro del Consi-

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famiglia, il padre decise di avviare la commercializzazione in proprio, dicendogli: “La commercializzazione ha tanti difetti, proviamo a toglierne qualcuno”. La cosa ha funzionato. I Novello sono passati presto dalla vendita del proprio prodotto a vendere anche per altri e a concentrare l’offerta. Il processo di crescita è stato rapido e continuo. Salvatore ha aperto la strada dei mercati esteri, l'azienda si è progressivamente dotata di magazzini adeguati e di tecnologie per la lavorazione e l’imballaggio, ha affinato le conoscenze nella logistica, si è dotata di un ufficio marketing dando infine alla Novello una forte identità legata al territorio. Pur non essendo la più grande azienda del distretto dell’uva da tavola di Mazzarrone, la Novello si può considerare un modello. Ha puntato sul riscatto della tradizione, offrendo qualità ‘autentica' (non a caso questo aggettivo è il marchio su cui la Novello punta). Salvatore si è impegnato anche a superare uno dei punti critici dello sviluppo: dare omogeneità alle produzioni di tutti i coltivatori partner mettendo in circuito idee e conoscenze e a valore l’eredità tecnica lasciata da papà Vincenzo. Al marchio IGP, sulle confezioni si aggiungono il marchio Novello, affermato in mercati esteri esigenti come Francia, Belgio e Svizzera, e il marchio Autentica creato più recentemente per valorizzare le particolarità dell’uva da tavola legate al territorio. Quest’ultima iniziativa contiene forti elementi di originalità. Il 90% della produzione va all’estero.

REPORT PROTAGONISTI

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Le premiazioni

FABIO MASSIMO PALLOTTINI premiato da Lorenzo Frassoldati

Lazio

LA MOTIVAZIONE E' nell’uva da tavola da sempre. Il papà Vincenzo e prima di lui il nonno erano agricoltori di Mazzarrone, tra i tanti in un distretto a fortissima vocazione per l'uva. A metà degli Anni Novanta, quando Salvatore lavorava ormai da tempo nell’azienda di

premiato da Paolo Bruni

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REPORT PROTAGONISTI

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Le premiazioni LA MOTIVAZIONE Laureato in giurisprudenza con indirizzo economico all’Università La Sapienza, Fabio Massimo Pallottini ha sviluppato una consistente esperienza amministrativa e manageriale. Dal 2014 è managing director di CAR Scpa, società proprietaria e titolare della gestione del Centro Agroalimentare di Roma, prima struttura italiana del settore. E' responsabile della struttura e ne garantisce i risultati produttivi ed economici. Da marzo 2015 è presidente di Italmercati Rete di Imprese, a cui fanno capo i principali Centri Agroalimentari italiani, prima esperienza italiana di sviluppo del sistema dei grandi mercati agroalimentari. Dal 2015 è membro del board del WUWM (World Union of Wholesale Markets). Dal 2016 è consigliere di amministrazione di CSO Italy. Dal 2002 al 2014 aveva svolto il ruolo di amministratore delegato di Cargest Srl, società titolare della gestione del Centro Agroalimentare di Roma (oggi incorporata in CAR Scpa), curando il trasferimento delle attività e delle aziende commerciali e di produzione operative nei vecchi mercati all’ingrosso, l’apertura e il lancio commerciale della nuova struttura, nonché lo start-up della società. Il contributo di Pallottini alla costituzione di Italmercati Rete d’Imprese è stato determinante e la sua gestione

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della Rete, come presidente della medesima, ha portato al suo rapido sviluppo con il passaggio dei Mercati aderenti da 6 a 9. Oggi si può affermare che in Italmercati si riconosce il sistema dei grandi Mercati italiani, da Roma a Milano, da Torino a Verona, da Genova, a Bologna, a Firenze, a Napoli, a Cagliari. La Rete ha dato risultati nella ricerca di economie di scala e nella promozione dei Mercati in Italia e all’estero, muovendosi anche nell’interesse degli operatori.

GIULIO ROMAGNOLI Emilia Romagna

premiato da Gennaro Velardo

LA MOTIVAZIONE Da oltre 20 guida, assieme alla sorella Grazia e alla madre Rosanna, l’impresa di famiglia fondata nel 1928 dal nonno Angelo Natale, primo ad introdurre la coltivazione di sementi di patata certificate nell’Appennino bolognese. La grande passione per questa attività portano Giulio Romagnoli fin da adolescente a frequenta-

re l’azienda. Al termine della scuola, le idee sono chiarissime: studi in Giurisprudenza di notte e patate di giorno. Nel 1988, l’ingresso in azienda, all’epoca guidata da Giorgio Zocca dopo la morte del padre Giuseppe nel 1971. Arriva alla direzione nel 1994, dopo aver sperimentato tutte le funzioni. Ricopre cariche in diverse società, consorzi e associazioni di categoria tra cui Fruitimprese nel cui ambito è coordinatore del settore patate e di Europatat di cui, dopo alcuni mandati alla vicepresidenza, è presidente di commissione tecnica. La Romagnoli Fratelli SpA è fortemente specializzata nel settore delle patate e delle cipolle. Grazie al profondo legame col mondo della produzione e col territorio, oltre che a una continua ed intensa attività di ricerca e sviluppo, l’offerta delle patate e cipolle Romagnoli è tra le più complete e innovative oggi in Europa. L’azienda è leader nazionale nelle attività di sperimentazione e ricerca varietale e nella distribuzione di patate da seme. Ad essa si deve l’introduzione delle principali varietà coltivate oggi in Italia. Può contare su oltre 50 referenze disponibili, anche nel settore della patate trasformate di IV e V gamma e nel settore delle patate americane. La Romagnoli è tra i soci fondatori del Consorzio Patata Italiana di Qualità (Selenella) e del Consorzio Patata di Bologna DOP.

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REPORT PROTAGONISTI

IL SEMINARIO SULLA LOGISTICA. La proposta di Riccardo Martini

Puntare su Gioia Tauro Il Mezzogiorno ha delle carte da giocare per rilanciarsi sui mercati. Dal punto di vista della logistica, può sfruttare la sua posizione al centro del Mediterraneo. Nel corso del seminario incentrato sul ruolo della logistica nel comparto ortofrutticolo, che ha aperto la Giornata dei Protagonisti a Siracusa, Andrea Bardi di ITL, Institute For Transport And Logistics, Alessandro Bisanti del Gruppo Grimaldi e Riccardo Martini di Tramaco hanno analizzato il ruolo sempre più strategico della logistica nel commercio dei prodotti freschi. Luca Lanini, professore di logistica agroalimentare ed esperto del settore, ha moderato la seconda parte della mattinata in cui sono intervenuti Marco Salvi, presidente di Fruitimprese, Fabio Massimo Pallottini, presidente di Italmercati e amministratore delegato del Car di Roma, Gennaro Velardo, presidente di Italia Ortofrutta, e Ilenio Bastoni, direttore di Apofruit. Se Bardi ha fornito i numeri della logistica e il ruolo che in questo contesto ha e può avere il Mediterraneo,

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Può diventare la Rotterdam del Mediterraneo. Ha il vantaggio sul porto olandese di avere transit time molto più corti con Cina, India e Sud Africa. Servono investimenti per il progetto

Riccardo Martini di DCS Tramaco, relatore al seminario sulla logistica

Martini, ha analizzato la situazione dei porti del Sud penalizzati dalla distanza chilometrica dai mercati europei (da 600 a 1.000 chilometri in più rispetto ai porti del Nord Italia) che

non consentono consegne rapide come invece pretendono prodotti ad alta deperibilità. Ma c’è un esempio da seguire ed una posizione da sfruttare. L’esempio è quello dell’Olanda, grande importatore e riesportatore di ortofrutta, sfruttando il raffronto tra i porti di Gioia Tauro e Rotterdam. Anche se i numeri sono oggi tutti dalla parte del porto olandese, il transit time delle merci in arrivo da varie parti del mondo è quasi sempre a favore dello scalo calabrese. Le possibilità quindi per un rilancio di un progetto che metta al centro il Mezzogiorno ci sono. Vediamo un po’ più da vicino la sfida suggestiva che Martini ha lanciato a Siracusa puntando a sfruttare le potenzialità di Gioia Tauro. Da una parte, il porto calabrese non può vincere il raffronto della distanza con i mercati europei rispetto a Genova e Ra-

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REPORT PROTAGONISTI

venna: basti pensare che Vienna dista 1.836 km da Gioia Tauro contro soli 967 da Genova, Colonia 2.057 contro 962, Parigi-Rungis 2.054 contro 900. Questo handicap, che si traduce in più ore di camion, è però ampiamente compensato dal vantaggio sul transit time da alcune delle più importanti origini d’Oltremare rispetto al principale porto nordeuropeo, quello di Rotterdam. Da Cape Town (Sudafrica) il transit time a Gioia Tauro è di 17 giorni contro i 20 giorni a Rotterdam (con tre giorni di risparmio), dall’India il vantaggio di Gioia Tauro su Rotterdam varia da 8 a 9 giorni, dalla Cina da 7 (Shanghai) addirittura a 18 giorni (Guangzhou). Sono transit time calati nella realtà di un Mediterraneo i cui traffici sono cresciuti del 123% negli ultimi 15 anni arrivando a concentrare il 19% del traffico marittimo mondiale grazie anche al raddoppio del canale di Suez. Per sfruttare la posizione e le potenzialità di Gioia Tauro serve però un grande progetto che prenda a modello quanto successo in Olanda attorno al porto di Rotterdam, con la sua organizzazione logistica e la concentrazione di servizi da parte di operatori commerciali coinvolti nel traffico internazionale dell’ortofrutta. Grazie a Rotterdam l’Olanda è per esempio il seconda Paese europeo importatore di agrumi dalla Cina, il primo Paese importatore al mondo di uva indiana, il

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Luca Lanini e Andrea Bardi, direttore generale di ITL, i due esperti di logistica intervenuti a Siracusa. Sopra e nella pagina seguente, alcune fasi del dibattito

primo Paese importatore di frutta fresca dal Sud Africa e si potrebbe continuare. Sta di fatto che solo un settimo delle importazioni olandesi di ortofrutta resta in Olanda, il resto è riesportato da aziende olandesi di export che riforniscono molti Paesi anche di prodotto olandese, come gli ortaggi. Si può proporre un modello olandese attorno a Gioia Tauro, al servizio delle grandi regioni produttive del Sud a partire da Sicilia, Puglia, Campania, Basilicata e Calabria? La sfida è stata lanciata. Passa dalla capacità di organizzare attività d’importazione e, nello stesso tempo, di concentrare l’offerta del nostro Sud integrandola con il prodotto d’importazione per servire il mercato europeo

in modo davvero importante, da protagonisti. Sarebbe un’operazione importante anche in termini di posti di lavoro. Riccardo Martini l’ha detto semplicemente: fare sistema fra operatori logistici e produttori del Sud per cogliere questa opportunità nel settore ortofrutticolo. Sembra una sfida da marziani. Ma se questa idea, dati alla mano, venisse letta da un grande player cinese o indiano, essa potrebbe diventare realtà in tempi non lontani. I vantaggi di operare a Gioia Tauro rispetto a Rotterdam sono infatti evidenti: viaggi più brevi, noli inferiori, prodotto più fresco, scarto inferiore, costo della mano d’opera più basso, prodotto sul mercato finale più fresco e conveniente.

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Ma la mattina del 20 gennaio a Siracusa non si è parlato solo di logistica in senso stretto ma anche di cosa può e deve fare il sistema Italia per competere in maniera efficiente sui mercati internazionali. Marco Salvi ha ribadito come solo attraverso l’aggregazione si possa arrivare in maniera incisiva sui mercati più lontani, fuori dall’Europa, quelli in cui si potranno avere maggiori sbocchi nei prossimi anni. Ha portato l’esempio della Cina dove altri competitors come Belgio e Olanda sono già penetrati attraverso

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accordi bilaterali che invece l’Italia fatica a stringere. Per il presidente di Fruitimprese è fondamentale inserire le imprese nella cabina di regia per l’internazionalizzazione per far ritornare l’Italia a giocare un ruolo da protagonista sullo scenario internazionale. Per farlo serve aprire le porte a pochi mercati ma importanti in termini di potenziali consumatori. E in questo serve l’aiuto della politica. Un esempio lungimirante è quello di Apofruit, i cui numeri in costante crescita sono stati illustrati dal direttore

Ilenio Bastoni. Un gruppo che proprio sull’extra UE sta ottenendo i riscontri maggiori: solo sull’Oltremare in particolare nel 2016 il fatturato ha raggiunto i 10,5 milioni di euro (+150%) con forte crescita nel trasporto aereo. Per Apofruit fondamentali sono anche i mercati più vicini, a partire da quello italiano, servito anche attraverso efficienti piattaforme logistiche. Come l’ultima inaugurata, quella di Vivi Romano, nel Centro Agroalimentare di Roma dove ad oggi Apofruit riesce a confezionare ogni giorno oltre 200 referenze con consegne indirizzate principalmente nell’area del Centro Sud Italia. Sul ruolo dei Mercati ha parlato Fabio Massimo Pallottini, che ha sottolineato come i Centri agroalimentari siano diventati delle grandi piattaforme logistiche. Ma per rendere il sistema efficiente - ha sintetizzato il presidente di Italmercati - servono pochi Centri, molto strutturati e organizzati. (e.z. a.f.)

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IL SEMINARIO SULLE SFIDE DELLA SICILIA. I prodotti emergenti

L’isola delle novità Gli italiani sono consumatori molto attenti ai valori salutistici della propria alimentazione ma sono anche molto propensi a sperimentare nuovi prodotti. L’analisi degli ultimi trend di consumo presentata da Claudio Scalise, managing director di SG Marketing, nel corso del convegno ‘Le nuove frontiere della Sicilia Ortofrutticola’ è stato il leit motiv delle riflessioni emerse sul tavolo di lavoro al quale erano seduti i principali produttori della Regione in occasione dell’evento Protagonisti dell’Ortofrutta italiana. Elaborando ed analizzando le risultanze di diverse banche dati, come ad esempio il Rapporto Coop 2016 oppure il Nielsen Global Survey o il Consumer Survey Agrifood Monitor, Scalise ha evidenziato alcune tendenze del consumatore italiano che aprono nuove prospettive sul mercato domestico, e riguardano non solo il lato produttivo ma anche quello commerciale. “Il 34% dei consumatori del Belpaese – ha spiegato – sono molto attenti al-

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Claudio Scalise, di SG Marketing, ha coordinato la presentazione delle nuove proposte dell’ortofrutta siciliana. Nei consumatori c’è voglia di nuovo. E la Sicilia prova a rispondere l’aspetto salutistico del cibo, per il 29% è importante l’aspetto convenience mentre il 28% del campione Nielsen, è attento anche al contenuto etico ed ecologico”. Facendo una comparazione con i principali Paesi europei, gli italiani sono quelli che maggiormente ricercano attivamente prodotti con ingredienti salutistici. Si tratta di una percentuale che arriva al 65%, contro il 53% dei consumatori francesi, il 52% dei tedeschi, il 51% dei britannici ed il 50% degli spagnoli”. Sarà per questo che i superfood e in genere, le varietà ortofrutticole caratterizzate da grandi proprietà nutrizionali hanno registrato un vero e proprio boom negli ultimi anni, primi fra tutti l’avocado, la barbabietola, il cavolo riccio ma anche Goji, frutta secca e berries.

“Un altro aspetto che caratterizza il mercato domestico – ha continuato Scalise – è la grande propensione degli italiani a sperimentare prodotti nuovi. Il 48% ha dichiarato di provare spesso nuovi brand perché apprezza la varietà o perché si annoia con le solite cose contro il 46% degli spagnoli, il 41% dei francesi e il 39% dei tedeschi. Il 39% dei consumatori italiani si è dichiarato tra i primi a provare le novità sugli scaffali contro il 33% dei francesi, il 32% degli spagnoli ed il 29% dei tedeschi”. Dall’analisi di SG Marketing emerge che, mentre i consumatori di Centro e Sud Italia (38% del campione) sono maggiormente legati alle tradizioni alimentari, quelli residenti al Nord sono più orientati ad un consumo consapevole (35%) ma anche al risparmio (15%) sulla base della con-

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REPORT PROTAGONISTI

vinzione che “less is more”, ossia meno pago più compro. “Il Nord Est – ha precisato Scalise – ha una maggiore propensione verso i prodotti luxury. Stiamo parlando del 12% del totale del campione che abbraccia persone tra i 18 e i 44 anni, prevalentemente single e con un reddito compreso tra i 1.800 e i 3.500 euro”. È questo segmento che fa da driver alla crescita, nei carrelli della spesa, di prodotti non solo luxury ma anche etnici e pronti da consumare. Prodotti per i quali, l’elemento più importante per il 26% degli intervistati, rimane comunque, l’origine italiana. In barba al fatto che le abitudini di consumo del Sud Italia sono ancorate alle tradizioni e alle abitudini alimentari cristallizzate su prodotti di fiducia e dieta tipica, il fronte produttivo ortofrutticolo si sta comunque attrezzando per una vera e propria rivoluzione caratterizzata da importanti investimenti in innovazione colturale e varietale con la promessa di importanti aggiornamenti nel panorama dei prodotti tipici locali. È quanto è emerso dagli interventi seguiti alla relazione di Scalise. Melograno, frutti tropicali, fico d’india e peperoni di Sicilia sono le varietà che offrono al momento maggiori prospettive, anche in relazione alle particolari condizioni pedoclimatiche della regione e in particolare della valle dell’Etna. Molto però ha ancora da dire l’agrumicoltura che è sempre più orientata verso la brandizzazione di prodotti ormai entrati nell’immaginario collettivo grazie anche a campagne di comunicazione importanti come quella dell’arancia Rosaria, che ha appena festeggiato il decennale del marchio, o di ‘Accussì Buona’. “Il marchio Accussì Buona è nato nel 2014 – ha spiegato Elena Albertini, presidente di Biopartners che ha la commercializzazione in esclusiva del brand – e riprende un’esclamazione spontanea che è propria di chi degusta per la prima volta un’arancia siciliana. In tre anni siamo riusciti ad affermarlo anche grazie ad importanti azioni di marketing e di web marketing, alle campagne di advertising on e off line, ad un sito tematico, ai social

Sara Bua di La Deliziosa illustra a Siracusa il nuovo brand Sicilio che marchierà una buona parte dei fichi d’India commercializzati dalla OP nel 2017

e alla distribuzione di un magazine cartaceo interamente dedicato a questo prodotto”. In tempi incerti come questi, però, in cui il vero nodo dell’intero settore primario è la (quasi assente) redditività del produttore, diversificare è un must anche per i grandi agrumicoltori della Sicilia. Come Oranfrizer, ad esempio, un vero e proprio leader, che sta investendo nella riconversione parziale dei propri agrumeti in nuove colture. “Stiamo puntando molto sulla melagrana da affiancare all’arancia rossa – ha spiegato Salvo Laudani, direttore marketing dell’azienda – in particolare sulle varietà Ako, israeliana, e Wonderful, statunitense. Ad oggi abbiamo già piantato 50 ettari di cui venti già in produzione". Punta su una delle produzioni tipiche delle pendici dell’Etna, la OP La Deliziosa che ha lanciato nel 2016 il marchio Sicilio per i suoi fichi d’India che produce in 500 ettari (su un totale di 900) e che destina, per il 40% ai mercati esteri con una campagna di circa 4 mesi che parte da fine luglio e arriva fino alla prima decade di novembre. "Quest’anno – ha spiegato Sara Bua di La Deliziosa – circa il 50% della produzione sarà marchiata Sicilio e la sfida che ci siamo prefissati è quella di ampliare l’offerta introducendo trasformati e composte 100% sostenibili nell’ottica di riutilizzare gli scarti, ma anche di spingere sull’export e fare conoscere questo prodotto ai Paesi del Nord Europa”. Ma mentre la melagrana o il fico d’india sono prodotti che comunque ap-

partengono al panel delle cultivar mediterranee, nuove realtà produttive stanno investendo in varietà ormai dimenticate, come nel caso del peperone Cornelio di Valfrutta Fresco, oppure sconosciute in queste zone. “È il caso dell’avocado – ha spiegato Claudio Scalise – un prodotto che negli ultimi sei anni è cresciuto più di tutti tra le preferenze dei consumatori in linea con le tendenze salutistiche, che sono condivise dal 65% dei consumatori italiani, e con la crescente attenzione ai superfood”. Punta proprio su questo prodotto tropicale il brand bio ‘Sicilia Avocado’. “Abbiamo deciso di investire in questo prodotto – ha spiegato Alberto Continella – che spopola in particolare in Francia, Centro e Nord America, soprattutto per un fattore di sicurezza alimentare dal momento che la produzione siciliana, grazie alla sua maggiore vicinanza ai mercati, implica minori costi e si presta alla distribuzione a ‘km zero’. In 24 ore siamo in grado di raggiungere tutte le piazze italiane e alcuni destinazioni internazionali”. La digeribilità è il principale punto di forza del peperone Cornelio di Valfrutta Fresco che ha recentemente siglato un accordo con la OP siciliana Pianostella, per implementarne la produzione che è già disponibile tutto l’anno. “Da qualche mese – ha spiegato Marco Verzelli di Valfrutta – siamo presenti anche all’estero ossia in Svizzera, Germania e Slovenia con una confezione dall’etichetta multilingue”. (m.l.)

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Milano capitale del Food 2017 con il fuorisalone di maggio Chiara Brandi Fare di Milano la capitale del food oltre che della moda e del design. È questa l’idea alla base di “Milano Food City”, il nuovo progetto legato al mondo dell’agroalimentare, presentato il 25 gennaio a Palazzo Marino, che si propone di prendere in eredità l’importante lascito dell’Expo e renderlo sempre più grande. Un logo, una piattaforma web (it.fieraincitta.com) e un unico calendario degli eventi per una settimana di incontri, show cooking, degustazioni e appuntamenti durante i quali scoprire la cultura del gusto e della corretta alimentazione. Grazie ad una buona convergenza di intenti tra amministrazione, Confcommercio e Fiera Milano nascerà infatti in concomitanza con Tut-

I locali e le vie della capitale lombarda si animeranno di un ricco palinsesto di eventi per un’intera settimana. L’ortofrutta protagonista in fiera e nel progetto FoodFriends

Sylvia Caprotti non vuole vendere Esselunga dopo un 2016 dai risultati molto positivi Nel proprio testamento il patron di Esselunga, Bernando Caprotti, aveva espresso la volontà di vendere la catena a player stranieri. Mai alle Coop, sì a candidati come il retailer olandese Ahold. Erano le indicazioni per gli eredi. Stando a quanto reso noto da Repubblica, la figlia Marina Sylvia Caprotti (nella foto), che insieme alla madre Giuliana Albera detiene il controllo azionario dell’azienda con una quota del 70% (diretta controllante Supermarkets Italiani), non sarebbe intenzionata a seguire la strada delineata dal padre. Niente cessione, ma un prosieguo dell’attività a livello familiare con il marito. Una presa di posizione cui fanno da eco i buoni risultati di Esselunga nel 2016, che dovrebbe chiudersi con fatturato e utili da record. I primi sei mesi dell’anno confermano le aspettative, con vendite pari a 3.760,5 milioni di euro, in crescita del 4,1% rispetto allo stesso periodo del 2015. Non solo. Il risultato operativo è stato di 270 milioni di euro (252 milioni nel 2015) mentre l’utile netto è passato da 169 mi-

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lioni di euro del 2015 a 182 milioni. I retailer che si erano messi in fila per la trattativa o che avevano comunque mostrato interesse concreto (da Carrefour a Walmart), pare che almeno per ora resteranno a bocca asciutta. In gioco nella partita per il futuro di Esselunga, del resto, ci sono già diversi attori e visioni sul fronte interno. La vedova Giuliana, tanto per cominciare, non sembra della stessa idea della figlia, ma guarderebbe a una valorizzazione per affidarsi successivamente ad un altro big del comparto. Ci sono poi i figli di primo letto Giuseppe e Violetta, che con il loro 30% rappresentano un blocco significativo e non poco rilevante in caso di contrasti nella gestione.

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toFood (8-11 maggio 2017) un autentico Fuorisalone battezzato Week&Food, che animerà i locali e le vie di Milano con un ricco palinsesto diffuso di eventi dal 4 all’11 maggio. “L’intenzione – ha spiegato il presidente di Fiera Milano Roberto Rettani – è di non parlare più di Fiera di Milano ma piuttosto di Fiera in Milano. Si tratta infatti di portare la fiera in città e viceversa la città in fiera. Fiera Milano si sta muovendo parallelamente su due diversi canali: l’uno volto a dare il proprio contributo nel fare grande il made in Italy, l’altro è ricercare l’eccellenza promuovendo eventi di portata mondiale. L’agroalimentare rientra perfettamente entrambi”. Un contesto dinamico e propositivo, all’interno del quale debutta il nuovo appuntamento dedicato al mondo dell’ortofrutta, Fruit&Veg Innovation, in collaborazione con Veronafiere e con il patrocinio di Confagricoltura. “Milano è sempre più attrattiva, perché qui i visitatori stranieri cercano il saper vivere italiano, che poi spesso vanno a scoprire nel territorio. E questa è da sempre proprio la filosofia di TuttoFood: fare incontrare le eccellenze e le specificità locali con il grande business internazionale”, ha concluso il presidente di Fiera Milano. L’ortofrutta sarà tra le protagoniste anche nell’ambito di FoodFriends, il progetto di Confcommercio Milano Lodi Monza e Brianza pensato per la Week&Food milanese. Un’iniziativa che si concretizzerà in 4 declinazioni – FoodFriends Day, FoodFriends Night, FoodFriends Weekend e FoodFriends Charity – tutte legate da alcune caratteristiche come la qualità e la tracciabilità del prodotto, la professionalità degli attori coinvolti, l’educazione alimentare, la filosofia del non-spreco. “Milano può e deve caratterizzarsi come città in cui il tema del Food è davvero importante”, suggerisce il sindaco Giuseppe Sala.

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Voglia di frutta al ristorante meglio se tagliata e sbucciata Scelgono più volentieri ristoranti che propongono un menù con una scelta ampia di frutta fresca, sarebbero maggiormente invogliati a ordinare frutta se fosse già tagliata/sbucciata, vorrebbero conoscere le proprietà nutritive di frutta e verdura che ordinano e considerano del tutto insufficienti le proposte di verdure cotte e crude offerte nei ristoranti. E' questo il profilo dei consumatori emerso dal sondaggio “Frutta e verdura al ristorante: soddisfatto dell’offerta?” lanciato dall’Unione Nazionale Consumatori sul sito www.consumatori.it e sui suoi canali social e i cui risultati sono stati presentati il 26 gennaio nella conferenza stampa della campagna di informazione e promozione “Nutritevi dei colori della vita” (http://www.nutritevideicoloridellavita.com/), promossa da UNAPROA e cofinanziata da Unione Europea e Stato italiano. “La survey - spiega Massimiliano Dona, presidente dell’UNC - fotografa il sentiment dei consumatori e, seppur senza finalità statistiche, ha avuto un importante riscontro, tanto che abbiamo ricevuto oltre 800 risposte. Questo ampio coinvolgimento non ci sorprende considerando che l’alimentazione è un tema di grande interesse per i consumatori che scrivono ai nostri sportelli per chiederci informazioni, chiarimenti e aiuto in caso di necessità. Del resto, la nostra Associazione è da sempre impegnata in importanti campagne educative a favore di uno stile sano e corrette abitudini alimentari: proprio per questo abbiamo voluto aderire alla campagna ‘Nutritevi dei colori della vita’ realizzando in collaborazione un’indagine che potesse far emergere qual è la percezione delle persone quando si parla di frutta e verdura”.

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Un sondaggio dell’Unione Nazionale Consumatori svela una tendenza che potrebbe diventare prorompente. Maggioranza schiacciante di chi vuole il ritorno di mele & C. Nel dettaglio, lo studio ha evidenziato che il 71% delle persone sceglierebbe più volentieri un ristorante che propone un menù con una più ampia scelta di frutta fresca, mentre 18 rispondenti su 100 pensano che una maggiore offerta sul menù è preferibile ma non indispensabile e 11 su 100 non la considerano una discriminante fondamentale. E ancora: il 47% degli utenti ha dichiarato di inserire sempre frutta e verdura nella propria alimentazione e vorrebbe sapere in anticipo quali ristoranti ne offrono una selezione più ampia così da preferirli ad altri, il 40% ha risposto che probabilmente gli piacerebbe disporre preventivamente di queste informazioni, mentre per 13 consumatori su 100 non si tratta di un’informazione rilevante ai fini della scelta. Circa la preferenza dei consumatori sulla frutta italiana rispetto a quella esotica, più della metà dei rispondenti al sondaggio ha manifestato la sua preferenza per la sola frutta italiana, il 43% ritiene sia indifferente e che “va bene trovare di tutto un po’” e il 2% ha affermato di preferire la frutta esotica. E c’è qualcosa che invoglierebbe le persone a ordinare maggiori quantità di frutta al ristorante? Sembrerebbe proprio di sì, considerando che se 27 consumatori su 100 hanno risposto di essere soddisfatti dell’offerta dei ristoranti così com’è, il 61% dei rispondenti sarebbe più stimolato a ordinare frutta se i ristoranti la proponessero già sbucciata/tagliata e il 12% pensa che forse sarebbe attratto dall’idea perché a

volte non ordina frutta proprio perché è da sbucciare/tagliare. Focalizzando poi l’attenzione sulle proprietà nutritive di questi alimenti, più della metà delle persone vorrebbe conoscerle, per il 36% degli utenti potrebbe essere un valore aggiunto, 9 su 100 non sono interessati a questo tipo di informazioni. Infine, è stato chiesto come viene giudicata l’offerta nei ristoranti di verdure cotte e crude: se per il 10% dei partecipanti al sondaggio va bene così com’è e il 22% considera preferibile (ma non indispensabile) una maggiore offerta, è interessante scoprire che per il 68% è del tutto insufficiente. “In conclusione - dichiara Massimiliano Dona - dai risultati emersi appare evidente come i consumatori mostrino uno slancio verso il consumo di frutta e verdura, un dato senz’altro positivo, trattandosi di due alimenti base di una sana alimentazione, che dovrebbero far parte della nostra dieta quotidiana, anche quando mangiamo al ristorante. Restano però troppo spesso delusi dall’offerta ed è per questo che riteniamo che una maggiore attenzione dei ristoratori alle loro richieste potrebbe essere un ottimo punto di partenza per condividere e diffondere, non solo tra gli adulti ma anche tra i bambini, delle più sane abitudini alimentari. Non mi viene difficile pensare - conclude Dona - che avere la possibilità di ordinare frutta tagliata e/o sbucciata, invoglierebbe i genitori a scegliere questi alimenti senz’altro per loro ma anche per i propri figli”

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VIAGGIO DENTRO L’E­COMMERCE/1. Gli albori di un fenomeno

Aspettando Coop Italia Mariangela Latella Con lo 0,35% di quota di mercato, l’Italia non può certo definirsi un ‘paradiso dell’e-commerce’. Tuttavia il 2017 promette di essere l’anno della svolta. Non solo per la spinta sull’acceleratore data da Amazon, che ha da poco chiuso accordi con Unes e NaturaSì e sta costruendo un nuovo hub logistico a Fara, in Sabina (20 chilometri da Roma), ma soprattutto perché il big retailer italiano Coop Italia si prepara a lanciare il suo nuovo servizio e-commerce. A dare il là a Coop Italia è stata una piccola start-up logistica milanese che si chiama Milkman, fondata da Antonio Perini che ne è anche l’amministratore delegato. Milkman ha sviluppato un software che è stato già adottato con successo da Eataly per i servizi di e-commerce attualmente sviluppati nello store Smeraldo Milano.

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Una piccola start-up milanese, la Milkman, sta dietro l’ingresso nell’e-commerce di Eataly. Il suo software piace anche al big retailer italiano, atteso con un suo servizio online entro aprile

Antonio Perini di Milkman e Andrea Casalini di Eataly.net

"Abbiamo uno store online da più di tre anni – conferma Andrea Casalini, ceo di Eataly.net, società del gruppo Eataly che si occupa di e-commerce e di asset digitali ol-

tre che della gestione dei siti del gruppo e della sua presenza sui social –, ma l’e-commerce dei freschi lo abbiamo attivato solo dalla metà del 2016, con il servizio

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Eataly today. Anche se per ora è attivo su Milano, il nostro obiettivo è arrivare a coprire tutti gli store in Italia a cominciare da quelli di Roma e Torino. A differenza di quanto facciamo negli USA, dove abbiamo una partnership con Amazon, in Italia stiamo lavorando per conto nostro grazie all’accordo, non in esclusiva, con Milkman". La start-up logistica milanese ha da poco sviluppato questo software che permette di ottimizzare tempi e costi della consegna della merce superando così uno dei nodi cruciali che rallenta lo sviluppo dei servizi di e-commerce nella GDO italiana. Il software della Milkman ha catturato l’attenzione di Coop Italia che avrebbe chiesto alla start-up di sviluppare per lei un servizio di logistica esclusivamente dedicato che potrebbe partire già da marzo o aprile di quest’anno.

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"In occasione del lancio di Cortilia – ci spiega Antonio Perini, che rimane abbottonatissimo sull’accordo con Coop Italia – mi resi conto che mancava un software per la logistica dei freschi. Il problema era come riuscire a fare ecommerce sul fresco con consegne su fasce orarie flessibili a scelta dell’utente, senza che però questa flessibilità producesse inefficienze. Così ho fondato la

start-up Milkman ed ho sviluppato un software per questo tipo di esigenza che è sempre in evoluzione e continua a sperimentare soluzioni". Sulla piattaforma offerta da Milkman, l’utente ha la possibilità di scegliere la fascia oraria della consegna a differenza di altri big retailer, come Esselunga o Cortilia, che hanno optato per fasce orarie fisse al fine di gestire al meglio i costi della logistica oppure di altri come Carrefour o Auchan, che invece optano per il ritiro della merce in negozio per azzerarli del tutto. "Se l’utente, che va considerato parte della supply-chain, si accontenta di una fascia oraria più larga – chiarisce Perini – beneficerà di una serie di scontistiche sul prezzo della consegna, viceversa se chiede un orario preciso il prezzo della consegna sale". Il settore e-commerce è un mer-

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Riccardo Mangiaracina, direttore dell’Osservatorio eCommerce B2c, Francesco Semeraro, senior vendor manager Amazon Prime Now per l’Italia, e Giuseppe Zuliani, marketing director di Conad

cato che rivela grandi potenzialità di crescita anche per via di una domanda sempre in aumento che però non trova, al momento, alcun riscontro nell’offerta di servizi. Attualmente, secondo i dati dell’Osservatorio eCommerce B2c attivo dal 1999, i servizi ecommerce in Italia hanno una penetrazione dello 0,35% con un valore che nel 2016 è stato di 519 milioni di euro. Di questi il 90% circa riguarda il food di cui il 31% è imputabile ai prodotti freschi. In valore assoluto, pertanto, l’ecommerce dei freschi vale intorno ai 145 milioni di euro. "Il motivo sostanziale per cui la penetrazione sull’alimentare è così bassa – sostiene Riccardo Mangiaracina, direttore dell’Osservatorio –, è che non ci sono operatori che offrono servizi in maniera diffusa sul territorio. Sono già attive da anni catene come Esselunga, Carrefour, Auchan, Iperal o Tigros, ma coprono solo alcune città e quasi tutti lavorano con il servizio di ordine online e prelievo del cliente in punto vendita. Questo modello, rispetto alla consegna a casa, viene considerato il più premiante perché non comporta investimenti. Alla lunga, però, è quello meno sostenibile perché implica dedicare un addetto alla raccolta dei singoli ordini e dover gestire con il cliente il ‘picking’, l’eventuale mancanza di prodotto sugli scaffali, preparare il pacco, ecc. Tutte attività che

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possono far lievitare il costo della spesa fino a 20 euro. Il modello più sostenibile alla lunga, invece, è quello basato su un black store, ossia su un magazzino specificamente dedicato agli ordini online che però comporta un investimento iniziale". I due tipi di servizi (consegna a casa oppure ritiro in negozio dopo l’ordine online) sono l’oggetto di un test che Conad sta facendo su due regioni, Toscana e Lazio, già dallo scorso settembre. "Entrambi i test – precisa Giuseppe Zuliani, marketing director di Conad – si basano sul nostro sistema distributivo. Stiamo valutando se i costi per l’estensione di questo servizio nel punto vendita possano garantire un ritorno eco-

Amazon ha aperto la strada spiazzando chi era entrato nel mercato della vendita online con sistemi oggi considerati superati. Mancano ancora operatori in grado di offrire un servizio capillare sul territorio. La stessa Eataly è attiva solo su Milano e coprirà nei prossimi mesi Roma e Torino

nomico". Diversa, invece, la strategia di Amazon, che con il servizio Prime Now, operativo, al momento solo su Milano, si occupa della consegna in giornata di prodotti freschi. "Se il cliente opta per una fascia oraria precisa – spiega Francesco Semeraro, senior vendor manager Amazon Prime Now in Italia - la consegna costa 6 euro, oppure se opta per una fascia oraria più larga, una finestra di due ore, la consegna è gratuita. La nostra strategia al momento è quella di fidelizzare il maggior numero di clienti. Oggi la partita si gioca qui". Amazon però può permettersi di mantenere i prezzi bassi, nonostante la logistica possa arrivare a valere anche il 10% in più del prezzo a scaffale, perché può contare sul supporto finanziario di una delle aziende del gruppo, ossia Amazon Web Services (AWS) che è molto redditizia e reinveste gli utili in questo servizio con l’intento di sussidiare il costo della logistica. Questa però, non è una soluzione praticabile per tutti. Anche per questo in Italia stanno nascendo moltissime start-up che puntano a sopperire con la tecnologia, alle necessità degli operatori. Il discorso non finisce qui. Arrivederci al prossimo numero del Corriere Ortofrutticolo per questo nostro viaggio dentro i primi vagiti dell’e-commerce dei freschi nel nostro Paese.

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Cresce la forza aggregante dell’Unione Italia Ortofrutta Sono oltre 140 le OP riconosciute ai sensi della normativa comunitaria che fanno parte di Italia Ortofrutta Unione Nazionale e a loro volta associano oltre 17 mila produttori con un livello di fatturato annuo in costante crescita ed oggi superiore ad 1,7 miliardi di euro. Il 2016, in particolare, è stato un anno di grandi risultati per Italia Ortofrutta, che ha visto una crescita consistente della base associativa, distribuita su tutto il territorio nazionale, con l’ingresso di 19 nuove OP, che esprimono un fatturato di oltre 125 milioni di euro. “Sono risultati – afferma il presidente Gennaro Velardo – che vanno a premiare l’impegno profuso in questi mesi dall’Unione per superare la logica dell’individualismo nella convinzione che avvicinare le imprese e fare sistema sia la carta vincente per intraprendere percorsi di valorizzazione della produzione e di crescita sui mercati, in linea con le finalità indicate dalla Comunità Europea che nel dettare le linee di indirizzo delle politiche di sostegno per il settore ortofrutticolo ha focalizzato proprio sulle OP le risorse dedicate allo sviluppo del comparto”. Un impegno, quello di Italia Ortofrutta, a 360 gradi, che ha portato ancora di più l’Unione ad essere un punto di riferimento imprescindibile per le OP del settore ortofrutticolo. Esse possono contare, infatti, su un partner qualificato a cui affidarsi per orientare le proprie scelte aziendali in un contesto – si sottolinea in via Alessandria a Roma, sede dell’Unione – come quello attuale, sempre più complesso, ed in cui le evoluzioni del quadro normativo e delle modalità di funzionamento della OCM impongono una sempre maggiore professionalità

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Nel 2016 si sono aggiunte 19 nuove OP alla già lunga lista delle Associazioni e delle Organizzazioni di Produttori aderenti dal Piemonte fino alla Sicilia. Velardo: “Superare l’individualismo”

Gennaro Velardo, presidente di Italia Ortofrutta Unione Nazionale

nella gestione dei programmi operativi che rappresentano lo strumento di accesso alle risorse che annualmente, nella misura di oltre 220 milioni di euro, la Comunità Europea eroga alle OP italiane per potenziare e sostenere investimenti ed attività mirate ad accrescere la qualità delle produzioni, migliorare le condizioni di commercializzazione e la promozione sui mercati nazionali ed esteri. Italia Ortofrutta è impegnata nell’assistenza costante e qualificata sui tanti e molteplici aspetti che incidono sul corretto funzionamento delle OP, la gestione dei programmi, la progettazione integrata, la rappresentanza e tutela esercitata presso le istituzioni comunitarie, nazionali e regionali per orientare le politiche di indirizzo per il settore, la formazione professionale, il supporto all’internazionalizzazione per contribuire in modo sostanziale alla

crescita delle imprese e del settore ortofrutticolo italiano. “Il 2017 – sottolinea Vincenzo Falconi, direttore di Italia Ortofrutta – si apre con uno scenario di forti e sostanziali cambiamenti a livello della OCM di settore, in un contesto macroeconomico tuttora difficile, sempre più frequentemente investito da cicliche crisi di mercato ed in cui la coesione tra le imprese rimane la carta vincente per affrontare con la dovuta determinazione e consapevolezza le tante sfide che attendono il nostro settore. Più ‘Unione’ quindi per essere davvero protagonisti sui mercati e valorizzare al meglio le nostre produzioni con lo slancio ed il dinamismo che soltanto l’aggregazione può dare”. Sono 15 le regioni in cui Italia Ortofrutta opera a sostegno delle OP associate e vanno dal Piemonte e dal Trentino giù fino alla Sicilia. E’ proprio quest’ultima, con 30 OP, la regione più rappresentata,

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ATTUALITÀ

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OCM e Strategia nazionale sono le priorità per rafforzare il ruolo delle OP Un avvio d’anno intenso di impegni e appuntamenti quello di Italia Ortofrutta Unione Nazionale. "Il 2017 - confermano nel quartier generale dell’Unione a Roma - si apre con uno scenario di forti e sostanziali cambiamenti a livello della OCM di settore, in un contesto macroeconomico tuttora difficile, sempre più frequentemente investito da cicliche crisi di mercato ed in cui la coesione tra le imprese rimane la carta vincente per affrontare con la dovuta determinazione e consapevolezza le sfide che attendono il settore". Si attende per la metà dell’anno l’approvazione definitiva degli atti delegati e di implementazione per l’applicazione dell’OCM Ortofrutta. Ma intanto si lavora alla definizione della nuova strategia nazionale, che rappresenterà l’elemento di indirizzo strategico per i programmi operativi e per le OP del sistema organizzato, e alla definizione della nuova strategia ambientale. "Si ravvisa la necessità - si sottolinea a Italia Ortofrutta - di avviare e definire al più presto la Strategia nazionale per il comparto ortofrutticolo. Senza una idonea strategia la competitività

per le imprese si riduce sensibilmente. La necessità è relativa sia alla definizione di una Strategia nazionale in materia di gestione dell’OCM ortofrutta sia alla necessità di un approccio strategico alle criticità del settore che vanno oltre la politica di sostegno europea. E’ necessario che la prossima Strategia nazionale definisca delle priorità negli obiettivi da perseguire, al fine di articolare una logica di intervento dell’OCM finalizzata allo sviluppo del settore. Oggi, come emerge anche dai documenti di valutazione dell’OCM, non c’è stata un’articolazione delle priorità. Tutti gli obiettivi del regolamento sono stati attivati senza definire dei traguardi specifici". All’Unione si ritiene che la nuova Strategia nazionale debba perseguire il raggiungimento di due obiettivi generali: il rafforzamento economico e commerciale delle OP finalizzato ad un maggiore orientamento verso il mercato; una maggiore qualificazione della spesa dei programmi operativi ovvero definire le tipologie di spesa che possono essere attivate da diverse tipologie di soci, incrementando progressivamente le spese che generano sviluppo

Vincenzo Falconi, direttore di Italia Ortofrutta Unione Nazionale

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commerciale e di fatturato. E’ necessario puntare sul capitale umano e sull’introduzione di nuove professionalità all’interno delle OP - si sottolinea - e prevedere delle priorità di natura territoriale, ad esempio la riconversione degli agrumeti per la Regione Sicilia. All’Unione si hanno le idee chiare sui tanti argomenti per i quali si avverte la necessità di un approccio strategico: il dossier per l’apertura di nuovi mercati; un piano nazionale per l’internazionalizzazione del comparto ortofrutticolo; il riordino della materia fitosanitaria attraverso l’istituzione di un tavolo interministeriale permanente. L’Unione ritiene ci debba essere un maggiore ruolo dell’amministrazione centrale nella governace dell’OCM perché - sottolinea il direttore Vincenzo Falconi - una maggiore centralità d’indirizzo e coordinamento da parte del Ministero consentirebbe di ridurre le interpretazioni normative a tutto vantaggio della semplificazione e della competitività delle imprese che si troverebbero ad operare in un quadro giuridico maggiorente definito ed uniforme sul territorio nazionale. seguita da Lazio, Campania, Emilia Romagna e Puglia. L’Unione è particolarmente impegnata nel favorire l’aggregazione nel Sud come testimonia anche il sostegno all’evento ‘Protagonisti dell’Ortofrutta Italiana’ che, dopo l’edizione 2016 a Matera, si è svolto il 20 gennaio scorso a Siracusa e all’interno del quale si sviluppa il progetto ‘L’ortofrutta riparte dal Sud' che ha approfondito lo scorso anno il tema dell’aggregazione e che quest’anno ha dedicato la sua attenzione al tema della logistica nel Mezzogiorno. Febbraio 2017


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PAOLO GEREVINI. Intervista al nuovo direttore generale di Melinda

I piani di mister Golden Antonio Felice Manager ‘robusto’, esperto e determinato, Paolo Gerevini sta tranquillamente nella 'top 10' nazionale dei manager di settore. Ha raccolto l’eredità del suo predecessore alla guida di Melinda, Luca Granata, senza imbarazzo, con pragmatismo, cercando di mettere a fuoco il nuovo ambiente di lavoro, dopo tre anni positivi alla direzione generale del Gruppo Pizzoli di Budrio. Che differenze ha trovato tra Melinda e le sue precedenti esperienze? “Melinda è una bellissima azienda, con un marchio forte, un ottimo livello professionale interno e uno strettissimo rapporto con la base dei soci produttori. Mi ha stupito l’attaccamento all'azienda, il coinvolgimento di tutti, che

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Nuovo mix varietale, attenzione all’ambiente, individuazione di nuovi mercati target, valorizzazione del marchio sono gli obiettivi del leader del Consorzio di Cles

va ben oltre un normale e corretto rapporto di lavoro. Tutti sono molto partecipi alla vita e alla gestione del Consorzio”. Quali novità ha cercato di apportare? “Le aspettative a cui rispondere sono diverse. Abbiamo messo in campo lo sviluppo di un nuovo mix varietale. Stiamo dando ulteriore concretezza al tema della sostenibilità ambientale. Dobbiamo focalizzare con attenzione nuovi mercati target all’estero e, nello stesso tempo, impegnarci in iniziative importanti che tengano alto l’apprezzamento del marchio Melinda in Italia”.

Melinda si identifica per la sua Golden con la faccetta rossa, quella è la Melinda per eccellenza. Che cosa state preparando di nuovo? “Ampliare la gamma varietale significa cogliere le diverse opportunità che il mercato ci suggerisce, è rispondere in modo più completo alle richieste del consumatore. E non significa perdere punti sulla Golden, anzi ci stiamo impegnando nel suo miglioramento qualitativo sia in campagna che nei magazzini di lavorazione. La nostra Golden Delicious è stata oggetto di un ricerca tesa ad una sua sempre maggiore qualificazione. Sulle nuove varietà

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CHI è

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MELINDA È un caso più unico che raro quello dell’azienda Melinda, il Consorzio cui aderiscono 16 cooperative di oltre 4.000 famiglie di frutticoltori che coltivano circa 6.700 ettari di meleti nella Val di Non e nella Val di Sole in Trentino. Fin dalla sua fondazione nel 1989, Melinda è cresciuta con continuità e costanza fino a diventare oggi una delle principali realtà italiane ed europee del settore ortofrutticolo. Di pari passo all’azienda è nato, cresciuto e si è rafforzato il marchio Melinda che consente ai consumatori di individuare facilmente mele di qualità oggettivamente superiore, un brand che oggi può vantare il 99% di awareness fra le famiglie dei consumatori italiani. Più del 50% delle mele Golden consumate in Italia hanno sulla propria buccia l’inconfondibile bollino blu Melinda. La strategia di Melinda è fatta di investimenti oculati e ben ripartiti in produzione, distribuzione, comunicazione, marketing e promozione che hanno portato il brand ad essere riconoscibile tra tanti e identificabile come prodotto di qualità. La sua differenziazione e riconoscibilità rappresentano un’eccellente strategia di vendita con un posizionamento senza pari nel mercato ortofrutticolo italiano. Il consumatore sceglie le mele Melinda non soltanto perché sono di qualità oggettivamente superiore, ma anche perché sono prodotte da una azienda da sempre impegnata in un virtuoso percorso di sostenibilità con un’attenzione costante per l’innovazione e la tecnica così da raggiungere per prima un traguardo unico al mondo: le celle ipogee per la frigo-conservazione delle mele. Un grande impianto scavato nelle grotte sotterranee della Val di Non per conservare le mele Melinda preservando il prezioso ed amato territorio trentino. Un esempio di sostenibilità produttiva a 360 gradi, in sintonia con tutti coloro che scelgono prodotti certificati, sicuri e coltivati da aziende vicine alle persone e rispettose del pianeta. In Italia l’azienda trentina copre il 15% della produzione media annua di mele. Conosciute da tutti sono le varietà Golden Delicious (70% della produzione totale), Red Delicious (10%), Renetta Canada (9%), - le uniche in Italia a Denominazione di Origine Protetta – Gala (5%), Fuji (6%) ed Evelina (2%). Completano la produzione 2.000 tonnellateanno circa di mele ottenute dall’applicazione del disciplinare di produzione biologica. Dalla stagione 2014-2015 il Consorzio ha immesso inoltre per la prima volta sul mercato ciliegie, fragole e frutti di bosco (ribes, lamponi, mirtilli e more). La produzione media annua di mele Melinda è di circa 400 mila tonnellate, destinate principalmente al mercato italiano ed esportate in oltre 50 paesi nel mondo. Come da bilancio presentato lo scorso novembre, il totale del fatturato relativo al comparto melicolo di Melinda ammonta a 255 milioni di euro, a cui si aggiungono ulteriori 4 milioni 200 mila euro per la produzione di ciliegie e piccoli frutti. Attualmente sul territorio delle Valli del Noce sono presenti 16 stabilimenti, a cui si aggiunge la sede amministrativa di Cles ed il nuovo spazio con celle Ipogee a Tuenetto di Predaia. I dipendenti oggi sono 1300 di cui l’80% donne. Per ulteriori info: www.melinda.it

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c’era comunque necessità di accelerare. A partire dal 2018 inseriremo in campagna varietà rosse e bicolori e avremo le prime produzioni nel 2019. Mentre le zone migliori della Vallata sono dedicate all’ottimizzazione della nostra produzione più tipica e importante, la Golden appunto, in altre zone stiamo pianificando la produzione di varietà richieste dal mercato, varietà rosse e bicolori, di gusto dolce, testate per il loro adattamento ottimale al nostro territorio. Un’opportunità che stiamo cogliendo con questo indirizzo è anche l’inserimento di varietà, innanzitutto buone ma resistenti alle fitopatie. Esse saranno impiantate nelle aree più vicine agli abitati con benefici sul-

Evelina, la varietà top di gamma di Melinda

l’impatto ambientale. Abbiamo stretto accordi con alcuni Club varietali e siamo pronti a inserire una bicolore molto buona, la Sweet Tango, una varietà resistente alla ticchiolatura come la Galant, varietà adatte ad altitudini diverse come Gradisca e Kizuri. In questo ampliamento della gamma non può mancare un potenziamento delle produzioni biologiche che oggi non arrivano a coprire il 2% della nostra produzione totale. Svilupperemo il biologico progressivamente”. L’inserimento di varietà resistenti rientra nell'impegno per la sostenibilità ambientale. Ci sono Febbraio 2017


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altre iniziative in merito? “L’argomento è stato affrontato recentemente in un convegno a Trento. L’impegno sulla sostenibilità ambientale non è nuovo e deve coinvolgere tutti, non solo Melinda. Ci sono attività sviluppate e altre che svilupperemo. In Trentino il fenomeno va comunque delineato in modo corretto. Non bisogna dimenticare che se da una parte abbiamo zone a produzione intensiva, come richiesto da una melicoltura competitiva ed economicamente e socialmente sostenibile, dall’altra va sottolineato che ben il 65% del territorio provinciale è a bosco. Stiamo sostenendo iniziative concrete, che incidono sul territorio attraverso interventi mirati sulle diverse zone. Inoltre, dobbiamo sottolineare quanto sia straordinaria, soprattutto dal punto di vista dell’impatto ambientale, l’esperienza dell’utilizzo delle grotte ipogee in sostituzione di nuovi magazzini di stoccaggio. Si consuma meno energia, si inquina di meno, non si aggiungono strutture nel paesaggio. Le pareti di roccia dolomia permettono di evitare l’utilizzo di pannelli coibentati che dovrebbero essere periodicamente smaltiti”.

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PAOLO GEREVINI Nel luglio 2016 Melinda ha nominato il suo nuovo direttore generale. Si tratta di Paolo Gerevini, che è succeduto a Luca Granata, che aveva lasciato il Consorzio nel marzo 2015, dopo tredici anni di collaborazione. Cremonese, 58 anni, Paolo Gerevini proviene da importanti esperienze professionali nell’ambito del settore agroalimentare dove ha operato in aziende quali Barilla, Conserve Italia e Pizzoli. Di quest’ultima, prima del passaggio in Melinda, è stato per tre anni il direttore generale. Laureato all’Università Cattolica del Sacro Cuore, sposato con due figlie, Paolo Gerevini ha preso ufficialmente il suo posto in Melinda dai primi di settembre 2016. E si è tuffato nel lavoro a testa bassa. Ha scoperto, con sorpresa, qualcosa che non si aspettava: una realtà molto coesa, molto partecipata, vissuta tutti i giorni intensamente dal primo dei dirigenti all’ultimo dei collaboratori in un rapporto costante e continuo con i produttori associati. Ha cercato da subito di mettere a fuoco alcuni punti prioritari da sviluppare. Li ha individuati nella sostenibilità, nella diversificazione varietale, nell’individuazione di nuovi mercati. “Non posso che essere felice di poter far parte di un’azienda come Melinda”, aveva dichiarato subito dopo la nomina. "La sfida sarà quella di rendere ancor più sostenibili le produzioni di Melinda, una sostenibilità che premi il lavoro dei soci frutticoltori dal punto di vista economico e che contemporaneamente consideri sempre più rilevanti gli aspetti ambientali e sociali delle produzioni”. E’ stato accolto in Melinda con entusiasmo. "Abbiamo individuato in Paolo Gerevini la figura professionale che cercavamo da tempo”, aveva detto a luglio di un anno fa il presidente Michele Odorizzi. E le attese su di lui sono state da subito importanti: miglioramento organizzativo e strategico generale, contributo alle performance commerciali. Attese ripagate da Paolo Gerevini nella quotidianità dell’impegno e nella messa a punto di idee innovative.

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La Golden in primo piano ma, subito dietro le altre varietà su cui punta il Consorzio Melinda. E se ne aggiungeranno altre

Melinda è entrata in ritardo, rispetto ad altri, in particolare rispetto ai Consorzi del vicino Alto Adige, sui mercati esteri. Perché e quali obiettivi avete sul fronte internazionale? “Il dato di partenza è che Melinda ha incontrato negli anni un grande successo, un successo senza pari, nel mercato italiano dove è stata riconosciuta come la mela per antonomasia, per eccellenza. Per questo la prima necessità del Consorzio è stata ed è quella di soddisfare correttamente questa domanda, di ottimizzarla e di metterla a valore al massimo. L’estero è stato tuttavia curato negli ultimi anni con crescente attenzione. Oggi possiamo avere sui mercati esteri una quota tra il 20 e il 25 per cento della produzione Melinda, con particolare attenzione alla Spagna e a mercati interessanti come quelli Scandinavi ed altri. Stiamo analizzando le opportunità offerte da nuovi mercati dopo la chiusura della Russia e il forte rallentamento dei flussi verso il Nord Africa a causa dell’instabilità politica e sociale di quei Paesi. La nostra Golden piace in Spagna perché agli spagnoli, come a noi italiani, piace mangiare bene, mettono attenzione alla

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scelta del cibo, prediligono la qualità. Abbiamo incontrato il favore per la Golden anche in molti consumatori in Nord Africa. Siamo così chiamati a reagire al rallentamento su quei mercati, identificando nuovi sbocchi. E’ un impegno sul tappeto”. Ci sono iniziative sul mercato italiano? “Proprio con la metà di febbraio abbiamo in atto un’importante campagna nazionale con spot pubblicitari e telepromozioni sul-

“Melinda mi ha stupito. Qui il coinvolgimento di tutti va ben oltre un normale rapporto di lavoro”. “Lasciamo alla Golden le zone migliori ma ci stiamo aprendo a varietà rosse particolarmente adatte al nostro territorio”. “Grazie ad Assomela siamo in un sistema di concorrenti che si rispettano”

le più importanti reti televisive italiane in fasce orarie di grande ascolto e in programmi mirati. Gli spot da una parte sono istituzionali, dall’altra promuovono il nostro top di gamma, la varietà Evelina, di cui produciamo 7 mila tonnellate oggi e produrremo il doppio nel giro breve. E’ una varietà emergente, che ha incontrato un grande apprezzamento da parte del consumatore. Successivamente abbiamo programmato attività promozionali nei Mercati a sostegno dei grossisti e dei loro clienti. Le posso dare un’anteprima: a marzo avremo una campagna a sostegno delle popolazioni terremotate. Vogliamo fare qualcosa di significativo a favore di chi ha particolarmente sofferto per questi fenomeni naturali estremi che hanno colpito il centro del nostro Paese”. Come si colloca Melinda all’interno del sistema italiano delle mele? “Siamo in Assomela e abbiamo occasione di avere regolari e onesti confronti con gli altri attori del nostro comparto sugli andamenti del mercato e sulle politiche di settore. Siamo dentro un sistema di concorrenti che si rispettano”. Febbraio 2017



Legnago, Verona Paolo, agricoltore

Buono, biologico, fresco! Alce Nero, il marchio del biologico dal 1978, è anche frutta e verdura fresca. Una linea buona e sana: prodotti biologici che nutrono in modo corretto, frutto di un’agricoltura che rispetta la terra e la sua fertilità. Prodotti che conservano tutto il gusto, e i sapori, del cibo vero. Per informazioni commerciali e forniture: Brio SpA 045-8951777 – brio@briospa.com briospa.com

Alce Nero. Agricoltori biologici dal 1978


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Emanuele Zanini Il biologico continua a correre su tutti i fronti: nei consumi, nel numero di imprese che operano nel settore, nelle esportazioni. Lo testimoniano i dati dell'Osservatorio Sana-Ice 2016 che riporta come in Italia oltre sette famiglie su dieci (sono circa 18 milioni i nuclei familiari) hanno acquistato almeno una volta un prodotto bio. Di segno positivo anche i numeri legati alle superfici coltivate (in aumento del 7,5% sul 2014), agli operatori (+8,2%), alle vendite (+15%). Nel paniere della spesa i prodotti biologici rappresentano ormai il 3,1% del totale degli acquisti alimentari (tre anni fa erano l'1,9%). Chi prova il biologico, inoltre, ne rimane colpito e soddisfatto, almeno leggendo i dati che fanno emergere come il 90% dei consumatori che ha iniziato ad acquistare questi prodotti non ne fa più a meno e che il 25% ne consuma con regolarità (ogni giorno o quasi) o almeno una volta alla settimana (43%). Un altro dato confortante per il settore è che nella top ten dei prodotti biologici comperati l'ortofrutta è al primo posto: il 74% delle famiglie ha acquistato almeno una volta frutta e verdura biologica. Seguono olio extravergine d'oliva (62%), uova (53%), miele (45%), confetture e marmellate (45%), formaggi freschi (44%), yogurt/burro (41%), riso e pasta (41%). Secondo Assobio nel 2015 il campione di 18 imprese associate e monitorate ogni tre mesi ha fatturato (a prezzi all’ingrosso) 594 milioni di euro di prodotti biologici, contro i 485 milioni di euro del 2014, con una crescita del 22,4%. Nei primi tre trimestri del 2016, il fatturato del campione dei soci Febbraio 2017

L’ortofrutta non segue il trend di crescita del settore in generale: nel 2016 ha segnato un +10% rispetto al 20 del food. I colossi Canova e Brio puntano a rafforzare la base produttiva

Assobio ha già raggiunto quota 493 milioni, superando in soli nove mesi le vendite dell’intero 2014. Il bio continua a “tirare” anche nella grande distribuzione, alla quale nei primi 9 mesi del 2016 il campione di aziende Assobio ha fornito 104 milioni di euro in prodotti biologici, contro i 115 dell’intero 2015. Rimanendo nella GDO il bio va forte anche nelle vendite Mdd, Marca del distributore, dove la spinta del biologico è sotto gli occhi di tutti : nel 2016 la crescita del fatturato di questo segmento, che nei primi 11 mesi del 2016 ha toccato 1,35 miliardi di euro, è stata spinta in particolare dai prodotti biologici (+16,1% a valore e +14,4% a volume). Tutti numeri che confermano la crescita ma anche le grandi potenzialità di sviluppo di un comparto in piena salute, in grado di fare ancora di più con ulteriori margini di crescita.

ORTOFRUTTA BIO

Un successo da consolidare con un bio fedele a se stesso

Lo dicono anche i numeri delle principali aziende che operano nel settore. Canova, licenziataria del marchio Almaverde Bio, ha chiuso il 2016 raggiungendo i 75 milioni di fatturato, segnando quasi un +18% sull'anno prima. È soddisfatto dei risultati raggiunti Paolo Pari, direttore di Almaverde: “Abbiamo riscontrato una crescita costante tutto l'anno, che conferma il trend positivo del settore”. Il canale commerciale principale rimane la grande distribuzione che per l'ortofrutta rappresenta l'80% delle vendite. Oltre il 50% dei prodotti ortofrutticoli venduti da Almaverde vengono esportati. “Il 2016 è stato un anno particolarmente favorevole con un ampliamento degli spazi e della gamma che ci ha consentito di ottenere una maggiore penetrazione nella grande distribuzione organizzata. Per quanto riguarda l'ortofrutta abbiamo ottenuto risultawww.corriereortofrutticolo.it

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ORTOFRUTTA BIO

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Nuovi consumi con le Isole di Almaverde Bio L'azienda Canova, licenziataria del marchio Almaverde Bio, ha chiuso il 2016 con un fatturato di 75 milioni di euro, segnando un +17,5% sul 2015. L'incremento è dovuto per buona parte al successo delle Isole Almaverde Bio. La proposta del prodotto sfuso sta incontrando la piena soddisfazione dei consumatori che sono sempre più attenti nel ridurre sprechi e rifiuti, registrando un ritorno positivo sul rapporto qualità-prezzo e sul servizio. La gamma Almaverde si sta nel frattempo ampliando. Dalla partnership con due aziende specializzate, Viva e Melazzurro, l’offerta di Canova si arricchisce di prodotti nuovi, innovativi e dall’alto contenuto di servizio: nuova gamma di minestroni e zuppe composta da dieci nuove referenze, vegan ed alcune senza glutine, realizzate con ingredienti ricercati ma al contempo semplici. Per esempio “Le artigianali”, verdure di IV gamma interamente realizzate a mano, si compongono di quattro insalate pronte (insalata ciliegino-carota, insalata cipolla-noci, insalata foglie-frutta, insalata mais-carota) e due misti vegetali da cuocere (minestrone e misto da cuocere). Tre burger vegetali: arancio a base di carote e peperoni rossi; verde a base di verza e spinaci; viola a base di crauto rosso e radicchio rosso. Prodotti freschi di soli sette ingredienti, non precotti. Tutte di provenienza italiana, vanno a completare la gamma le erbe aromatiche: basilico, rosmarino, prezzemolo, salvia e menta. Prodotti non lavati e confezionati in vassoi di 20 e 25 grammi. Tutte le referenze sono vegan e senza glutine. Per quanto riguarda la stagione le clementine registrano un anticipo di circa una settimana con

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Paolo Pari, direttore Almaverde Bio

frutti con grado brix mediamente maggiore, a causa degli sbalzi termici di settembre e ottobre. Un momento di difficoltà per il caldo, registrato verso la metà di novembre e gli inizi di dicembre, che non ha impedito di ottenere una buona penetrazione nel mercato interno e soprattutto estero con Francia, Germania e Svezia in testa. Diversificare è la parola d’ordine. L’inserimento di nuove varietà ha consentito di allungare il periodo di commercializzazione delle clementine, iniziando i primi di ottobre con Clemenrubi, in gennaio con Hernandina e Nour, in febbraio con la nuova varietà Tango, clementina di buona pezzatura e di qualità. Le molteplici tipologie di confezionamento hanno permesso di lavorare anche sull’affogliato. L’andamento meteorologico anomalo, che al Sud non si verificava da circa cinquant’anni, ha danneggiato brassicaceae, finocchi e lattughe con ritardi di produzione sugli ortaggi sotto serra della Sicilia.

ti importanti sui prodotti ad alto contenuto di servizio, di IV e V gamma, dove è stato apprezzato il valore aggiunto che può dare un prodotto di alta qualità e biologico”, spiega Pari. “I prodotti innovativi danno soddisfazione: penso alle insalate pronte, alle carotine baby, alle zuppe, alle erbe aromatiche . La risposta su questi ma anche su altri prodotti è stata positiva, anche perché il consumatore è sempre più alla ricerca di prodotti salutistici, di qualità ma che siano allo stesso tempo comodi al consumo. In questo il biologico – che si sta progressivamente indirizzando verso l'innovazione di prodotto – sta dando delle risposte interessanti”. Biologico però significa soprattutto ancora prodotto sfuso e in questo contesto il format delle “Isole” di Almaverde ha avuto riscontri più che lusinghieri, “grazie alla profondità di gamma che possiamo offrire (sfuso ma anche IV e V gamma) con la quale il consumatore ha più scelta. Un servizio aggiuntivo che sta ottenendo numerosi apprezzamenti”. “Il consumatore italiano – osserva Pari – è sempre più attento, informato, critico ed esigente, specialmente tra le generazioni più giovani che ricercano prodotti biologici, aspettandosi di trovare prodotti più salutistici oltre che più buoni. Il tutto in un'ottica nuova: consumare meno ma meglio. Il nostro compito è non tradire la loro fiducia”. Il manager di Canova-Almaverde sottolinea inoltre come “dal momento che non c'è la disponibilità dei volumi del convenzionale il biologico deve sfruttare al meglio l'innovazione varietale comunicando che si possono mangiare prodotti trasformati ad alto contenuto salutistico e biologici”. Per Almaverde questo passaggio si è tradotto anche in nuove confezioni e formati: “Abbiamo messo a punto una variegata offerta di gamma tra cui piatti pronti e freschi tra cui una innovativa linea di insalate di IV gamma artigianali, Febbraio 2017


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Prosegue a pieno ritmo la crescita di Brio di Campagnola di Zevio (Verona), azienda di spicco nella produzione di ortofrutta biologica e nella commercializzazione dei prodotti alimentari bio. Nonostante il difficile contesto economico generale, infatti, nel 2016 la società veronese ha collocato sul mercato oltre 37 mila tonnellate di prodotti (+10% rispetto all’anno precedente), raggiungendo un fatturato complessivo di poco inferiore ai 70 milioni di euro (+12% sul 2015). Un andamento in linea con il trend positivo registrato dal biologico nel nostro Paese, dove gli operatori sono quasi 60 mila, di cui oltre 45 mila produttori, e la superficie totale coltivata con tecniche bio sfiora quota 1.500.000 ettari (29.500 gli ettari dedicati agli ortaggi e poco meno di 24.000 quelli investiti a frutteto). “Questi risultati positivi ottenuti da Brio – dichiara il presidente, Gianni Amidei – dimostrano la validità del processo di aggregazione effettuato nel 2014 con l’entrata di Agrintesa, Apo Conerpo e Alegra nella compagine societaria della azienda veronese. Un’operazione strategica realizzata con l’obiettivo di conquistare la leadership nella produzione e commercializzazione dell’ortofrutta coltivata con metodi naturali e certificati e di raggiungere un volume d’affari di 100 milioni di euro nel 2019”. realizzate a mano, in cui ingredienti variano continuamente a seconda della stagionalità dei prodotti. Bene anche i burger preparati con verdure fresche, oltre ai prodotti più classici che continuano ad avere buoni riscontri sul mercato”. A preoccupare semmai Pari sono Febbraio 2017

Tom Fusato, direttore commerciale

– prosegue Bertoldi – la collaborazione avviata con Alce Nero, di cui Brio è socia dal 2011, che ha portato alla nascita di una linea di prodotti di gamma top caratterizzati dall’elevato livello qualitativo e dall’ottimo sapore e ottenuti nel rispetto della terra e della biodiversità”. Questo progetto ha consentito di aumentare l’incidenza della produzione bio nel reparto ortofrutta di supermercati ed ipermercati e ha permesso di fidelizzare ulteriormente i consumatori. Tutto ciò anche grazie al continuo aumento dell’offerta di frutta e verdura fresca a marchio Alce Nero (da 30 anni espressione dell’agricoltura bio italiana), che nel 2016 si è arricchita di interessanti prodotti, originali e gustosi, quali le zucchine Gemelle, il kiwi Dorello, i pomodori Rustici e le Carote Arlecchine. Sempre nel 2016, infine, è entrata nella fase di piena operatività la moderna piattaforma logistica di Pomezia, specializzata nel confezionamento delle produzioni ortofrutticole del gruppo Brio. “Una struttura – afferma il direttore commerciale Tom Fusato – che ci consente di offrire un servizio ancora migliore ai nostri clienti della Grande Distribuzione presenti nell’Italia centro meridionale, dalle Marche alla Sicilia, riducendo sensibilmente i tempi di consegna e garantendo una freschezza ancora maggiore dei prodotti”.

gli effetti del maltempo delle ultime settimane, “che sta avendo un'incidenza negativa sui volumi piuttosto importante, a partire dagli ortaggi in serra in Sicilia di cui c'è un'offerta piuttosto limitata. La domanda tuttavia rimane sostenuta, quindi oggi il problema è garantire l'offerta adeguata. Si

vive un po' alla giornata. Se su kiwi e agrumi la situazione è sotto controllo, più complesso è il discorso per esempio per cavoli e cavolfiori, che hanno subìto perdite significative a causa delle piogge, del gelo e della neve”. Un'altra importante realtà nel panorama nazionale del biologico è

“In questi anni – sottolinea il direttore generale, Andrea Bertoldi – il nostro Gruppo ha dedicato grande impegno al rafforzamento della propria struttura produttiva che oggi raggruppa 443 aziende agricole con una produzione di ortofrutta bio che si estende su una superficie di 1.690 ettari di frutteti e coltivazioni orticole su un totale di 4.950 coltivati con tecniche biologiche. Ma il nostro impegno continua nella ricerca di altre aziende agricole da convertire o iniziare al biologico per far fronte alla domanda del mercato, in netto e costante aumento”. “Particolarmente interessante, sempre in ambito ortofrutticolo,

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Brio cresce con la logistica grazie alla nuova piattaforma di Pomezia

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Brio, che cresce con numeri importanti: volumi in aumento (370 mila quintali, +10%), giro d’affari in costante crescita (70 milioni di euro, +12%). Risultati incoraggianti da cui Tom Fusato, direttore commerciale del gruppo con sede a Campagnola di Zevio (Verona) prende spunto per analizzare l’attuale situazione di mercato del comparto, senza nascondere alcune incognite che gravano sul settore. “Il bio nel suo complesso è cresciuto in Italia molto bene anche nel 2016, per una quota di poco inferiore al 20%. Per l’ortofrutta la crescita è stata di certo più ridotta: non ci sono ancora dati ufficiali ma nel settore della grande distribuzione italiana si stima intorno al 10%, anche dopo confronti con alcuni dei nostri maggiori clienti”, spiega Fusato, che entra più nel dettaglio sui risultati raggiunti dall’impresa scaligera. “Stiamo avendo dei buoni risultati soprattutto per effetto dei prodotti dei nostri soci, che sono principalmente pere, mele, kiwi, tutti gli agrumi delle aziende socie del Sud Italia, i pomodori e le insalate. Nel 2016 hanno invece sofferto tutte le drupacee, per avverse condizioni nei nostri areali produttivi: ma già per quest’anno prevediamo un notevole incremento, anche per effetto di parecchi nuovi ingressi di associati. Buoni risultati anche su carote e patate, soprattutto a partire da fine estate: dovremo prevedere sicuramente un incremento delle superfici”. Sull’attività commerciale il manager di Brio sottolinea come sia andata bene con tutta la frutta di importazione in controstagione, ed anche con le banane, grazie soprattutto al centro di maturazione dedicato esclusivamente al bio, situato a Raldon (Verona), vicino alla sede dell’azienda. “Qualche preoccupazione ce la dà in questo senso solo il cambio con il dollaro, che negli ultimi mesi si è un po’ rafforzato ponendo qualche leggera incognita sul futuro. Ad ogni www.corriereortofrutticolo.it

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modo la ragione della nostra maggior soddisfazione è l’aumento delle superfici dedicate al bio presso le aziende nostre socie, per effetto sia delle conversioni al biologico che di nuovi impianti in aziende preesistenti, oltre al grande risultato dei 370 mila quintali di ortofrutta biologica movimentata”. Brio nella scorsa primavera ha avviato il servizio dedicato alla GDO del Centro e Sud Italia inaugurando lo stabilimento di Pomezia (Roma), in grado di servire l’area che dalla Toscana arriva alla Sicilia, con prodotti confezionati in giornata. “Crediamo molto nello sviluppo del Sud per quanto riguarda il biologico: ad una produzione bio già molto consistente si può associare anche un consumo importante”, osserva Fusato. “Ci stiamo concentrando sul rafforzamento della base produttiva e sull’ottimizzazione dei risultati economici per le aziende agricole socie. Da questo punto di vista, a parte qualche prodotto minore che ha un po’ sofferto per situazioni contingenti, i risultati delle liquidazioni sono stati considerati buoni ed in qualche caso molto buoni dalle assemblee degli associati a cui sono stati recentemente presentati i prezzi degli ultimi 6 mesi”. Meno positiva l’analisi del settore ortofrutticolo in generale in questo inizio d’anno, contrassegnato da gelo e neve, specialmente al Meridione: “Il 2017 per l’ortofrutta è cominciato veramente male, a causa della disastrosa situazione produttiva al Sud. Prodotti come zucchine, pomodori, peperoni,

Il maltempo nel Centro Sud non ha risparmiato le produzioni biologiche. Gravi danni a cavoli, cavolfiori, finocchi e lattughe e ritardi nelle produzioni in serra siciliane

melanzane, broccoli, finocchi, indivie, insalate mancano quasi completamente, ed i riflessi sui volumi movimentati sono quindi molto pesanti. Peraltro una situazione analoga la sta vivendo anche la Spagna, ed il prodotto manca perciò su praticamente tutti i mercati”, commenta il direttore commerciale di Brio che, infine, analizza i due principali pericoli, che, a suo modo di vedere, rischiano di influenzare negativamente il comparto del biologico. “Primo: il mantenimento della fiducia nel bio da parte del consumatore. Il boom di vendite del biologico sta ovviamente attraendo tutta una serie di aziende che vedono nel bio solo una opportunità di business, e non una maniera diversa di intendere l’agricoltura, l’alimentazione, il rapporto con l’ambiente che ci circonda e gli animali. Non c’è dubbio che questo porta ad un aumento dei rischi per il consumatore e per tutta la filiera. Speriamo che sia gli enti preposti al controllo sia tutti gli operatori seri non si facciano abbagliare da facili incrementi dell’attività a scapito della sicurezza. Sono nel bio da più di 30 anni: il biologico serio non si improvvisa, si costruisce con tempi agricoli e con tanta, tanta professionalità”, osserva Fusato. L’altro timore del manager veneto è che il biologico “segua le stesse orme, drammatiche, dell’agricoltura convenzionale. Se anche per il bio si dovesse pensare che i prezzi dei prodotti debbano essere legati più a logiche di marketing che agli effettivi costi di produzione sostenuti da agricoltori seri, sicuri, professionali, ben organizzati e motivati, si commetterebbe un grande errore”, sottolinea Fusato. “Per avere un’alimentazione sana ed un ambiente sano dobbiamo permettere a chi lavora in questa maniera una sostenibilità della propria attività. Altrimenti ci ritroveremmo fra poco a piangere sull’ennesima occasione sprecata dall’agricoltura del Paese”. Febbraio 2017



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