M E N S I L E D I E C O N O M I A E AT T U A L I T À D I S E T T O R E
corriereortofrutticolo THE FIRST ITALIAN MONTHLY ON FRUIT AND VEGETABLE MARKET | ANNO XXXII Nuova serie Maggio 2018 Euro 6,00
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PROTAGONISTI FABIO PALO Finagricola,dal lancio del datterino al brand ‘CosĂŹ Com’è’ PAG.35
L’ASSEMBLEA • PAG. 23 FRUITIMPRESE Marco Salvi al terzo mandato. La nuova sfida si chiama Cina
FIERE • PAG. 33 MACFRUT Un grande sforzo per l’internazionalizzazione. Ăˆ l’edizione della conferma
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L’economia L’ec conomia cir circolare ci colare di CPR S System: ystem: modello valore alore nel rispetto rispetto dell’ambiente dell’ambiente un model llo di v La cassetta CPR System nasce ne ello stabiliment ilim o di Gallo dove, una volta stampata, viene movimentat tata per traspo trasportare l’orrtofrutta nei diversi punti vendita dei supermercati. Da qui, verrà poi ritiirata e trasf ra as erita nei magazzini e centri di lavaggio, cassette. ema virtuoso di CPR R System Sys st É questo il sitem p odottii
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Il ‘sorpasso’ spagnolo ✍ Lorenzo
Mentre l’Italia politica non sa più dove andare a parare (e si riparla di elezioni a breve), l’Italia economica e produttiva continua a tirare la carretta. L’indecente balletto politicoistituzionale che dura da oltre due mesi senza tirare un ragno fuori dal buco ci fa meditare sul fatto che l’Italia potrebbe andare avanti senza politica, senza governo, con un esecutivo in carica solo per gli affari correnti. Il ministro dell’Agricoltura si chiama Paolo Gentiloni? Splendido, è come non ci fosse, quasi meglio che le nullità (o semi-nullità) che si sono alternate negli ultimi anni. Almeno non fa danni… Ironie a parte, ovvio che un Governo prima o poi ci vuole, ma che sappia dove andare e cosa fare. Segnalo che sul piano economico la Spagna (come PIL pro-capite) “ci sta sorpassando e nel giro di qualche anno ci potrà addirittura distanziare di diversi punti”, scrive sul Corriere della Sera Dario di Vico. I cugini iberici crescono il doppio di noi (+3,1% nel 2017) e nel 2018 faranno ancora meglio. Pare che quello che sono riusciti a fare nell’agricoltura (nell’ortofrutta in particolare) gli spagnoli siano in grado di replicarlo anche negli altri settori dell’economia, pur senza avere una grande manifattura, un costruttore di auto nazionale, nessuna particolare ‘eccellenza’ nella moda, nel design, nel food. E allora come si spiega il miracolo dell’economia iberica che corre? Forse dall’organizzazione, dal sapere fare squadra, da un uso saggio delle risorse comunitarie, da una politica che non ammazza le imprese con un fisco e una burocrazia opprimenti. Coldiretti (è stata l’unica nel mondo agricolo) ha commentato il ‘sorpasso’ spagnolo ai nostri danni ricordando che comunque “l’Italia vince la corrida con la Spagna a tavola nella qualità, dai prodotti Doc al biologico fino alle scelta di non coltivare organismi geneticamente modificati (OGM) ma gli iberici superano l’Italia nelle quantità, dall’olio all’ortofrutta, anche se il tricolore sventola sul primato mondiale del vino”. Insomma noi facciamo qualità, loro quantità, sembra dire Coldiretti. Però nell’ortofrutta ‘qualità’ significa anche organizzazione, sapiente utilizzo dei fondi europei, aggregare massa critica, muoversi come sistema Paese. Così si spiegano i quasi 15 miliardi di export di ortofrutta degli spagnoli (tre volte noi) e - udite, udite - i quasi 50 miliardi di export agroalimentare complessivo della Spagna contro i nostri 41. Evidentemente le ‘eccellenze’ spagnole funzionano meglio sui mercati internazionali delle nostre. Anche qui, chiediamoci come mai… Alla recente assemblea di Fruitimprese (dove Marco Frassoldati
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Salvi è stato riconfermato per la terza volta alla presidenza) questi scenari aleggiavano nella sala e nella brillante relazione di Salvi oltre che negli interventi degli ospiti. Il nostro ex ministro Paolo de Castro ha invitato a credere di più nell’Europa, a farsi parte attiva a Bruxelles. Ulrich Spieckermann di Rewe ha detto che la globalizzazione deve rappresentare un’opportunità per il settore, che non ci si deve fermare davanti alle barriere del neo-protezionismo e che bisogna avere il coraggio di affrontare i mercati più lontani dove il futuro è sicuramente interessante. L’Europa, la globalizzazione…temi oggi in primo piano mentre emergono spinte anti-Europa e anti-globalizzazione proprio dalle forze politiche che hanno vinto le elezioni. Qualcuno si è accorto che a Bruxelles si sta discutendo della Pac post 2020, della nuova Ocm ortofrutta, delle risorse che mancano causa Brexit e come reperirle? Si annuncia un taglio del 5% del bilancio agricolo: significa togliere più di 20 miliardi di euro alla Pac in sette anni… In questo momento le imprese (e le loro rappresentanze) sono più che mai sole davanti alle incognite del futuro. Una grande responsabilità, ma anche una spinta a darsi da fare, a non cercare alibi, a tenere la schiena diritta davanti a una politica inefficiente, tutta bla-bla, incapace di fare quello per cui è pagata: risolvere i problemi. Tira aria di protezionismo. Trump parte da acciaio e alluminio e se la prende in prima battuta con la Cina poi si rivolge all’Europa. Germania, Francia e Gran Bretagna reagiscono e annunciano ritorsioni. Sembra il prologo di una guerra commerciale di cui nessuno sente il bisogno. Che coinvolgerebbe inevitabilmente anche l’agroalimentare. Chi semina il vento del protezionismo raccoglie la tempesta della guerra commerciale. E’ inevitabile. Chiediamoci. A chi giova questo clima? Non certamente alle imprese che esportano e ai settori – come l’ortofrutta – che di esportare hanno bisogno come dell’aria che respirano. Infine, due note positive in un quadro davvero grigio. La crescita di Macfrut in termini quantitativi e qualitativi come evento nazionale di filiera fortemente vocato all’internazionalizzazione. E la presenza all’as-
EDITORIALE
CORRIERE ORTOFRUTTICOLO
segue a pag. 7
PUNTASPILLI
INCONTENTABILI Alla Coldiretti non andava bene il TTIP (UE-USA), poi neppure il CETA (UE-Canada), poi neppure l’accordo UE-Giappone. Ultimamente bocciati anche gli accordi UE-Messico e UE-Mercosur. Delle due l’una: o l’UE sbaglia tutto, oppure mandiamo la Coldiretti a trattare per l’UE. *
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Direttore responsabile: Lorenzo Frassoldati Redazione: Emanuele Zanini Hanno collaborato: Chiara Brandi, Mariangela Latella Sede operativa via Fiordiligi, 6 37135 Verona Tel. 045.8352317-Fax 045.8307646 e-mail: redazione@corriereortofrutticolo.it Editore Gemma Editco Srl Coordinatore editoriale Antonio Felice Comitato di indirizzo Duccio Caccioni, Antonio Felice, Lorenzo Frassoldati, Corrado Giacomini, Claudio Scalise (coordinatore) Sede legale e amministrativa: via Fiordiligi, 6 37135 Verona E-mail: redazione@corriereortofrutticolo.it P.IVA 01963490238 Fotocomposizione e stampa: Eurostampa Srl - via Einstein, 9/C 37100 Verona Autorizzazione Tribunale di Verona n. 176 del 12-1-1965 Spedizione in abb. postale comma 26, art. 2, legge 549/95 La rivista viene distribuita in abbonamento postale c/c n. 11905379 Abbonamento annuo: 70 euro per due anni: 100 euro abbonamenti@corriereortofrutticolo.it Chiusura in redazione il 04.05.2018
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Assemblea Fruitimprese: terzo incarico per Marco Salvi
RUBRICHE EDITORIALE Il ‘sorpasso’ spagnolo
Fruitimprese, confermato Salvi. La nuova sfida si chiama Cina 23 3
CONTROEDITORIALE Globalizzazione e protezionismo, fattori cruciali
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NOTIZIARIO
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FOCUS CILIEGIE Le nuove varietà allungano la stagione produttiva
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Previsioni. Produzioni in calo per le pesche e le albicocche
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Meloni: la stagione parte in ritardo 30 WUWM. Passa a Barcellona la proposta di Italmercati
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Fiere. Macfrut, l’ora della conferma Un impegno mai visto prima 33 43
Copertina - Protagonisti FABIO PALO Il brand per competere
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LOGISTICA Il polo di Orbassano coinvolto nel rilancio della ferrovia
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AZIENDE INFORMANO
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MONDO Report da Medfel: la Francia punta le sue carte sul bio
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L’intervista. Chantal Passat: “Il Medfel cerca nuovi partner e guarda a Spagna e Italia”
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Cultiva in Floria con nuove serre
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DISTRIBUZIONE Crai, numeri record nel 2017 E il 2018 apre con l’e-commerce ATTUALITÀ Primo Piano.
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Profilo: Corriere Ortofrutticolo si è affermato come rivista “di filiera” del settore ortofrutticolo italiano. La rivista collega chi produce, chi commercializza e chi vende al pubblico, oltre ai settori connessi (dai macchinari ai trasporti). La diffusione è capillare in Italia, dove si è allargata alla grande distribuzione alimentare e al dettaglio.
Diffusione: 6.000 copie. Ripartizione del mailing: Dettaglianti 23%, Produttori 22%, Grossisti 19%, Distributori 12%, Import-export 6,5%, Servizi 5%, Tecnologie e Trasformati 2,5%, Altri 10%
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segue editoriale
semblea di Fruitimprese di tutto il sistema ortofrutta Italia, dall’Alleanza cooperative al Cso, dalle Unioni nazionali delle Op alla rete dei Mercati generali (Italmercati) e dei grossisti (Fedagromercati), dalle Professionali agricole allo stesso Macfrut. In quella sala romana era riunito un ‘siste-
ma’ di imprese che vive più nei fatti, nella pratica quotidiana, nella condivisione dei problemi e nella obiettiva convergenza di interessi che non nella rappresentanza ‘politica’ di un comparto che – nella latitanza delle istituzioni nazionali – deve pensare di più a fare lobby, a muoversi in squadra, a curare insieme business e comunicazione.
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CONTROEDITORIALE
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Globalizzazione e protezionismo, fattori cruciali di Corrado Giacomini* In un articolo sul Corriere della Sera del 12 aprile Papa Francesco scrive che, se guardiamo ai mercati globali, mai come in questi anni l’economia ha consentito a miliardi di persone di affacciarsi “al benessere, ai diritti, a una migliore salute e a molto altro”. Nel contempo, scrive che l’economia e i mercati hanno avuto un ruolo nello sfruttamento eccessivo delle risorse comuni, nell’aumento delle disuguaglianze e nel deterioramento del Pianeta. Secondo il Papa, lo sviluppo tecnologico e della finanza hanno amplificato le potenzialità del bene e del male, per cui oggi in certe parti del pianeta si “annega nell’opulenza e in altre non si ha il minimo per sopravvivere”. Continua, sottolineando, che le istituzioni finanziarie e le imprese multinazionali hanno raggiunto dimensioni tali da condizionare le economie locali e la mancanza di regolamentazione e controlli adeguati ha favorito la crescita del capitale speculativo, che non si interessa degli investimenti produttivi, ma cerca il lucro immediato. Questa analisi di Papa Francesco è assolutamente condivisibile. La teoria economica e l’analisi empirica hanno dimostrato come lo sviluppo del commercio internazionale abbia favorito la crescita sia dei Paesi sviluppati che delle economie marginali. Assieme alla crescita economica avanzano, ma più lentamente, anche quella sociale e la coscienza politica dei popoli sempre più informati e meno oppressi dalla necessità di trovare mezzi di sopravvivenza. E’ vero però, che l’apertura delle frontiere favorisce la crescita di imprese multinazionali e la formazione di capitale speculativo, mentre diventa difficile per gli Stati avere la forza e trovare i responsabili da sottoporre a norme destinate a regolarne i comportamenti e a garantire una equa distribuzione della ricchezza. L’informazione e il bisogno spinge, poi, le popolazioni più povere e minacciate da conflitti locali ad alimentare flussi migratori verso i Paesi più ricchi, creando tensioni tra gruppi sociali e tra gli Stati. Sulla base dell’analisi di Papa Francesco, non credo che si possa concludere che la globalizzazione è fallita. E’necessario tuttavia che gli Stati, meglio la Comunità internazionale, intervengano per impedire che l’economia di mercato senza confini, base del sistema capitalistico internazionale, travolga lo Stato sociale che ha permesso finora di conciliare crescita economica e benessere sociale dei popoli, almeno di quelli che sono riusciti a superare i limiti della povertà. Questa lunga premessa per introdurre l’intervista di Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti, su ‘Terra e Vita' del 21 marzo dal titolo, “Le distorsioni di un commercio libero ma non equo”, che al-
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l’inizio riconosce a Donald Trump il merito di avere aperto con il rialzo dei dazi un faro su “….natura, conseguenze e responsabilità di chi ha guidato finora il processo di globalizzazione…”. E’ la posizione protezionistica da sempre sostenuta da Coldiretti che, in presenza del progressivo abbattimento delle barriere tariffarie da parte della UE, dopo la rivoluzione PAC introdotta dalla riforma Fischler del 2003, sostiene l’introduzione di barriere non tariffarie con l’obbligo delle produzioni importate a sottostare a standard produttivi più restrittivi di quelli richiesti dalla stessa UE, sostenendo la superiorità delle produzioni nazionali, da cui l’obbligo dell’etichettatura di origine. Pare quasi che la lista delle possibili richieste USA a Bruxelles di eliminazione di restrizioni non tariffarie all’export di prodotti agroalimentari, in cambio dell’esenzione definitiva dalle tariffe su acciaio e alluminio, contenuta nel ‘National Trade Estimate Report on Foreign Trade Barriers 2018' (Il Sole24Ore, 12.04.18) sia quasi una risposta immediata alle richieste del presidente Moncalvo. Tra queste, gli USA denunciano il carattere distorsivo sul piano competitivo delle etichette di origine, si oppongono alla registrazione di “nomi collettivi di prodotto” come i marchi di origine (DOP, IGP e STG), sostengono che limitazioni a tutela della sicurezza alimentare e della salute delle persone, come il divieto dell’impiego di ormoni, cloni e OGM, non è basato “…su principi scientifici e sostenuto da prove scientifiche….”. Perfino le norme poste dall’Europa a tutela dell’ambiente e della salute dal regolamento ‘Registration, Evaluation, Authorisation and Restriction of Chemicals’ contro i rischi delle sostanze chimiche, viene considerato dagli USA solo una strumento per imporre "oneri più pesanti o semplicemente inutili ai produttori extra-UE". Ovviamente, queste richieste provenienti dagli USA sembrano farneticanti e sono inaccettabili, ma con la presidenza di Donald Trump tutto può succedere. Quando ci si mette nella strada del protezionismo, si sa come si comincia ma non si sa come si va a finire e con l’aria che tira negli USA, che rappresentano circa il 10% delle nostre esportazioni agroalimentari, dopo Germania e Francia, potrebbe finire proprio male, in particolare per il nostro vino che rappresenta circa un terzo delle nostre esportazioni agroalimentari verso gli Stati Uniti. Al momento, l’export di ortofrutta fresca e trasformata verso gli USA rappresenta una quota ancora abbastanza contenuta (quasi 300 milioni di euro), ma non credo che farebbe bene all’economia del settore un freno anche a queste esportazioni. *economista agrario
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Riforma del bio: l’Europarlamento gioca al ribasso. Italia penalizzata Il Parlamento europeo ha approvato il 20 aprile con 466 voti a favore le nuove regole sull’agricoltura biologica. Le norme prevedono controlli e limiti meno rigidi rispetto a quelli già previsti nel nostro Paese. Per questo motivo gli europarlamentari italiani hanno votato compatti contro il provvedimento, frutto di un compromesso tra le istituzioni europee raggiunto nell’estate 2017. Il regolamento entrerà in vigore nel 2021. La delegazione italiana chiedeva norme più restrittive di quelle adottate, in particolare sulla soglia di contaminazione accidentale da pesticidi non autorizzati e sulle deroghe concesse all’importazione di prodotti bio da Paesi terzi. "L’esito dei negoziati per dare nuove regole alla produzione biologica in Europa rappresenta un'occasione persa. Per noi, tuttavia, la sfida di replicare o avvicinare il più possibile il sistema europeo al modello biologico di alta qualità e sostenibilità italiano resta aperta”. E’ stato il commento di Paolo De Castro, vicepresidente della Commissione agricoltura del Parlamento europeo, a conclusione del voto. “Il punto cruciale negativo - ha precisato De Castro - è aver abbassato le soglie per i residui di fitofarmaci”. L’europarlamentare, già due volte ministro dell’Agricoltura in Italia,
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aveva chiesto nel suo intervento in aula di seguire la legislazione più stringente in vigore in Italia al fine “di garantire una concorrenza leale per i produttori e gli operatori del settore, di prevenire le frodi e migliorare la fiducia dei consumatori". L’accordo finale rappresenta dunque un compromesso al ribasso. La palla sarà nel campo della prossima Commissione europea che ha la possibilità di proporre standard di produzione più elevati prima dell’entrata in applicazione del nuovo regolamento UE nel 2021. L’Italia è prima tra i 28 Paesi in termini di produzione biologica e seconda per superficie coltivata: 1,8 milioni di ettari contro i due milioni della Spagna. E la produzione biologica è destinata a crescere. Il nuovo regolamento ha fatto registrare la forte contrarietà degli agricoltori italiani. Per questo, secondo le associazioni italiane di settore, è necessario accelerare sul marchio del bio nazionale per consentire scelte di acquisto più consapevoli da parte dei consumatori. Sei italiani su dieci nel 2017 hanno acquistato almeno qualche volta prodotti biologici.
Ilenio Bastoni succede a Renzo Piraccini in Almaverde Bio Ilenio Bastoni (nella foto), direttore generale di Apofruit, è stato eletto il 23 aprile presidente di Almaverde Bio. L’elezione è avve-
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nuta all’assemblea dei soci della società consortile, una delle realtà più importanti d’Europa nel settore dei prodotti biologici. Bastoni succede a Renzo Piraccini, ideatore e fondatore del Consorzio. “È stata una bellissima esperienza sia umana che professionale ha detto Renzo Piraccini nel commiato -, una delle più coinvolgenti ed entusiasmanti della mia lunga carriera. Voglio ringraziare tutti i miei colleghi di Apofruit, in particolare Paolo Pari ed Ernesto Fornari che hanno lavorato operativamente su questo progetto fin dal primo giorno. Ringrazio tutti i soci del Consorzio che mi hanno dato il privilegio di incontrare imprenditori straordinari che mi hanno insegnato tanto. Faccio i miei auguri al nuovo presidente e sono certo che Almaverde Bio raggiungerà altri prestigiosi traguardi”. Almaverde Bio è nato nel 2000 con l’obiettivo di realizzare una politica di valorizzazione della marca che rappresentasse, al suo interno, la più ampia gamma possibile di alimenti biologici, dall’ortofrutta fresca alle carni ai trasformati, ai prodotti ambient. Og-
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NOTIZIARIO
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La posizione logistica punto di forza di Veronamercato. Chiuso un 2017 di segno positivo Chiude in utile (il netto è pari a 332.745 euro) il bilancio d’esercizio 2017 di Veronamercato, la società di gestione del Centro Agroalimentare di Verona. Riguardo ai dati patrimoniali, Veronamercato registra un attivo di 44 milioni di euro, passività per circa 9,1 milioni e un patrimonio netto di 34,9 milioni. Nel Centro Agroalimentare di Verona sono movimentate 430 mila tonnellate di prodotti ortofrutticoli l’anno, di cui circa il 50% con destinazione estera. Punto di forza è la posizione logistica, essendo il Mercato posizionato nell’Interporto Quadrante Europa, all’incrocio dei corridoi europei 1 (Palermo-Berlino) e 5 (Lisbona-Kiev), con la possibilità di sfruttare tutte le modalità di trasporto. Il Mercato è costruito completamente in banchina con 364 rampe di carico di cui oltre un terzo motorizzate. La movimentazione risulta così veloce ed economica, al punto da rendere il Centro estremamente competitivo nei confronti di tutte le strutture concorrenti. All’interno del Mercato Ortofrutticolo operano 57 ditte concessionarie per la vendita di prodotti ortofrutticoli, mille imprese acquirenti tra cui le cinque insegne principali della moderna distribuzione locale. Il volume d’affari complessivo sviluppato
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dalle aziende assegnatarie di spazi nel Centro supera i 450 milioni di euro l’anno. Nel Centro veronese sono inoltre presenti due imprese di logistica e, nell’ambito del settore Generi misti, sono insediate una società specializzata nel commercio e distribuzione di prodotti ittici (circa 4.700 tonnellate/anno) oltre ad una ditta che commercializza fiori recisi (circa due milioni di steli l’anno) e aziende attive nella distribuzione di prodotti biologici, prodotti agroalimentari ed accessori e attività di catering. Nell’edificio direzionale hanno la loro sede le principali organizzazioni di categoria del settore agricolo e commerciale, associazioni, consorzi, cooperative, spedizionieri, l’ordine professionale degli agronomi, la filiale Italia di un gruppo olandese, secondo in Europa per la commercializzazione di prodotti ortofrutticoli, una agenzia di import-export esclusivista nella commercializzazione dell’ortofrutta per il canale discount di un primario gruppo tedesco, la Borsa Merci di Verona e un’agenzia di brokeraggio di prodotti ittici. Risultano significativi i risparmi energetici ottenuti grazie all’impiego di moderne tecnologie ed è da segnalare, in particolare, che la produzione di energia realizzata attraverso l’impianto fotovol-
taico posto sul tetto del Mercato Ortofrutticolo, se utilizzata in pieno, è in grado di garantire l’autosufficienza per quanto riguarda i consumi societari. “La società - fa presente con soddisfazione il direttore Paolo Merci - ha adottato un sistema di gestione integrato: qualità, ambiente e sicurezza ed ottenuto il prestigioso riconoscimento della certificazione secondo le norme rispettivamente En Iso 9001:2015, En Iso 14001:2015 e Bs Ohsas 18001:2007. La società si è poi dotata di tutti i regolamenti in materia di acquisizione di beni e servizi e assegnazione di lavori, nonché di reclutamento del personale. Ha inoltre individuato una figura interna responsabile della trasparenza e della prevenzione della corruzione e ha attivato quanto previsto dalla Legge 231/01 con la nomina dell’Organismo di vigilanza (monocratico)”. “Veronamercato - sottolinea il presidente Andrea Sardelli - rappresenta un esempio virtuoso in tema ambientale-sociale grazie al primato nazionale sulla raccolta differenziata (80%) e all’erogazione di circa 800 tonnellate all’anno di prodotti ortofrutticoli invenduti, alle Onlus accreditate, attraverso il progetto Rebus in collaborazione con le Acli di Verona”.Il presidente Sardelli evidenzia infine l’importanza del Progetto Scuole, attivato da più di un decennio e recentemente rivisitato con un percorso formativo rivolto alle scuole elementari della città e provincia di Verona, attraverso visite guidate del Centro Agroalimentare, con l’obiettivo di sensibilizzare i giovani verso il consumo di frutta e ortaggi freschi, per una sana e corretta alimentazione, valorizzando i prodotti di qualità di Verona.
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gi il brand vanta una gamma di oltre 400 referenze ed una notorietà di primo piano. Rappresenta una scommessa fatta 18 anni fa, quando il biologico era considerato una nicchia di mercato riservata a pochi estimatori; una scommessa vinta. Il bio è infatti il segmento più performante del settore food anche in Italia e moltissime aziende stanno convertendo la propria offerta in questa direzione. Si sta assistendo ad una vera e propria trasformazione dei consumatori, oggi, sempre più consapevoli ed esigenti. Almaverde Bio si consolida e cresce in questo contesto. “Siamo stati tra i pionieri del biologico - ha dichiarato il neo-presidente Ilenio Bastoni - ed è grazie alla visione di Renzo Piraccini che oggi viviamo una realtà di successo, con prospettive di crescita ulteriori. Ho iniziato la mia attività professionale proprio in Canova, la società specializzata del Gruppo Apofruit in ortofrutta fresca biologica, numero uno in Italia. Sono orgoglioso di far parte di questa grande realtà e ringrazio i soci di Almaverde Bio per la fiducia accordatami”. “Dovremo confrontarci - ha concluso il Bastoni - con un mercato del biologico in profonda evoluzione e per questo Almaverde Bio dovrà evolvere e crescere come strumento sempre più efficace per affrontare i cambiamenti e mantenere il primato conquistato negli anni”. Lo scorso 21 aprile a
Selenella cresce in Sicilia dove è presente da dieci anni Siracusa, il Consorzio Patata Italiana di Qualità ha celebrato il decennale della produzione di patate novelle Selenella in Sicilia. Una conferenza per suggellare l’intesa produttiva fra il Consorzio e le aziende agricole siciliane, che in questo decennio è stata in grado
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di raggiungere traguardi importanti in termini produttivi e commerciali. Il convegno ha visto l’apertura dell’assessore all’Agricoltura della Regione Sicilia, Edgardo Bandiera, con un intervento sulla pataticoltura del territorio e il ruolo interpretato da Selenella. A seguire, i contributi di Giuliano Mengoli, direttore del Consorzio Patata Italiana di Qualità e di Giacomo Accinelli, responsabile agronomico del Consorzio, che sono entrati nel dettaglio del contesto consortile e della produzione siciliana per Selenella, fra traguardi raggiunti, prospettive future e aspetti agronomico-produttivi. All’entomologo Massimo Bariselli è stata affidata una relazione sulla produzione integrata e sul contrasto ad una particolare avversità, la tignola della patata. Infine la chiusura dei lavori è stata a cura di Massimo Cristiani, presidente del Consorzio Patata Italiana di Qualità. Quello fra Selenella e le aziende agricole siciliane è un sodalizio vincente. Le favorevoli condizioni climatiche e i terreni particolarmente vocati rendono il territorio siciliano il luogo ideale nel quale coltivare la patata Novella Selenella: una primizia che matura con anticipo rispetto alla patata classica, offrendo in anteprima la qualità e l’unicità di patate controllate e certificate come Selenella. L’incremento delle superfici e del numero di aziende agricole siciliane aderenti, le oculate scelte consortili e la qualità della produzione, hanno fatto sì che nel corso di questi dieci anni le novelle Selenella, forti della leadership detenuta dalla marca grazie ai consistenti investimenti in ricerca e comunicazione, abbiano registrato una crescente presenza sul mercato, segno di una qualità riconosciuta e apprezzata da una sempre più ampia platea di consumatori. Il caso Selenella è la conferma degli esempi virtuosi di collaborazione nel settore ortofrutta tra Nord e Sud del nostro Paese.
Da Pomèl succo di melagrana, linea bio e due nuove varietà Pomèl, l’azienda siciliana specializzata nella coltivazione e commercializzazione di melagrane rigorosamente made in Italy, lancia a Macfrut la sua nuova linea di trasformati. Da maggio l’offerta di melagrane fresche viene affiancata da ‘evViva’, la linea di trasformati 100% naturali e 100% a base di melagrana, a partire da un succo ottenuto da spremitura a freddo di soli afilli di melagrane italiane, trattato col metodo HPP per una conservazione ottimale senza intaccare né il sapore né il contenuto nutritivo della spremuta appena fatta. Si tratta dell’unico ‘cold presse’ in circolazione di sola melagrana senza altri ingredienti aggiunti. Marco Pozzi, amministratore di Pomèl, dichiara: “Rappresentiamo una delle prime realtà nazionali per la produzione specializzata di melograno, contando su oltre 50 produttori aggregati e 120 ettari impiantati (di cui il 40% in produzione) per un raccolto che nel 2017 ha sfiorato le mille tonnellate. Pioniere nell’introduzione della coltivazione specializzata negli areali più vocati del Paese (Sicilia, Puglia, Calabria e Lazio) e attento all’evoluzione del mercato, Pomèl già da qualche anno ha iniziato a diversificare e segmentare l’offerta per rispondere ai bisogni della domanda e differenziarsi in un contesto di mercato sempre più competitivo”. “Dalla prossima campagna - precisa Pozzi - per il fresco avremo due novità finalmente con quantitativi significativi: la linea bio e
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Il Distretto Agrumi di Sicilia attende risposte dalla Regione “La Regione dica cosa vuole fare con i Distretti produttivi. Se li ritiene una risorsa per lo sviluppo di questa terra o se ha deciso di mollarli. Non è pensabile continuare ad operare in una sorta di limbo, attenendo il riconoscimento ormai da otto mesi”. È il segnale lanciato dal consiglio d’amministrazione del Distretto Agrumi di Sicilia, al quale siedono i presidenti dei Consorzi di Tutela delle produzioni DOP e IGP e gli esponenti di alcune delle più importanti imprese della filiera agrumicola e delle associazioni di categoria, che rappresentano la maggior parte del comparto agrumicolo siciliano. “Al presidente Nello Musumeci abbiamo chiesto da tempo un in-
contro, perché sui distretti si faccia chiarezza una volta per tutte”, precisa Federica Argentati, presidente del Distretto. "Il Distretto Agrumi di Sicilia, che comunque non ha mai interrotto le proprie attività, ha presentato istanza per il rinnovo del riconoscimento nel giugno 2017 e ancora non ha ricevuto risposta. E nella stessa situazione si trovano gli altri Distretti produttivi. Finalmente abbiamo ricevuto una convocazione per le vie brevi per incontrare il presidente Musumeci in maggio, aspettiamo l’invito ufficiale e ci auguriamo che in questa occasione la Regione possa finalmente darci delle certezze. Soprattutto alla luce delle sue ultime dichiarazioni sulla necessità di fare squadra. Chi può fare squadra più delle imprese che da anni si sono spese nella direzione dei distretti produttivi?”.
Frutta meno bella ma che richiede meno acqua: scelta necessaria L’agricoltura di precisione a servizio della sostenibilità: sensori, app e dispositivi tecnologici per estrarre dati che forniscono indicazioni su quanta acqua e quanti nutrienti somministrare alle colture evitando sprechi. Il 20 aprile, nella sala meeting di Asso Fruit Italia a Scanzano Jonico,
Università della Basilicata, aziende, tecnici italiani e greci, monitor e ispettori dell’Unione Europea hanno fatto il punto sul Progetto Life AgroClimaWater che ha come obiettivo quello di promuovere l’efficienza idrica e supportare il passaggio ad un’agricoltura in grado di far fronte ai cambiamenti climatici nei Paesi del Mediterraneo attraverso lo sviluppo di strategie di gestione delle risorse idriche. “Dopo l’incontro, ampio spazio alle visite in campo, quindi si è toccato con mano l’avanzamento dell’ambizioso progetto che vede fra i protagonisti accreditati la nostra Organizzazione di Produttori con sette aziende coinvolte per un totale di dieci ettari”, ha spiegato Andrea Badursi, direttore generale di Asso Fruit Italia. Per l’Università della Basilicata, il professor Bartolomeo Dichio ha messo in evidenza le potenzialità del progetto Life: “Produttori e ricercatori insieme per un modo di produrre innovativo e sostenibile. Grazie alle tecnologie riusciamo ad abbattere sensibilmente i consumi di acqua e con dei semplici test fatti sul campo riusciamo ad ottenere informazioni utilissime che danno ai produttori la possibilità di dosare i nutrienti necessari. Misuriamo la quantità di azoto rilasciato dal compost e sappiamo se è necessario o meno intervenire. Con impianti del genere apportiamo mediamente, ogni anno dai 10 ai 15 chilogrammi di
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azoto. Senza questa tecnica l’agricoltore potrebbe arrivare anche a 100 chilogrammi di azoto con evidenti conseguenze che potrebbero danneggiare l’eco-sistema”. Joelle Noirfalisse, executive dell’Agency for Small and Mediumsized Enterprises (EASME), ha detto: “Il progetto è molto interessante e darà risultati molto utili per informare le politiche agricole in Europa e in Italia. Inoltre qui è molto positivo l’approccio dei produttori rispetto alle novità introdotte”. Joelle Noirfalisse ha poi posto l’attenzione sul nuovo rapporto che deve instaurarsi fra produttori e consumatori: “Deve cambiare la percezione dei consumatori rispetto alla forma e all’aspetto estetico in generale dei prodotti che sono il risultato di tecniche sostenibili. Sarà determinante che apprezzino frutta che potrebbe apparire meno attrattiva ma che ha le stesse virtù nutrizionali di quella esteticamente più bella ottenuta con sistemi dispendiosi anche in termini di consumi di acqua e nutrienti”. Salvatore Pecchia, agronomo dell’Ufficio tecnico di Asso Fruit Italia ha precisato: “La desertificazione è purtroppo in atto anche nei Paesi europei del Mediterraneo, pertanto è doveroso per i produttori cambiare approccio. Applicare tecniche innovative e sostenibili, come dimostrano i risultati del progetto Life, comunque consentirà di produrre bene e con risultati di tutto rispetto. Ci saranno step successivi e la nostra intenzione è quella di creare un vero e proprio marchio per accrescere ancora di più il valore delle nostre produzioni”.
Tour europeo per promuovere gli International Asparagus Days International Asparagus Days si terrà a Cesena Fiera dal 16 al 18 ottobre prossimi. L’iniziativa è tra
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le novità presentate al Macfrut di Rimini. L’evento si comporrà di quattro parti. Una componente fieristica nei rinnovati padiglioni cesenati, con espositori da tutto il mondo. In secondo luogo, un ricco programma convegnistico nelle tre sale, dedicato agli aspetti agronomici, commerciali, strategici e tecnici. Una speciale attenzione verrà dedicata al panorama varietale e alle tecniche a basso impatto ambientale come microrganismi antagonisti per le coltivazioni tradizionali e biologiche. Infine, un’area dinamica con le prove dimostrative, ospitate in uno spazio adiacente Cesena Fiera, per vedere all’opera le più moderne tecnologie in campo. Queste prime tre parti si svolgeranno martedì 16 e mercoledì 17 ottobre, mentre le visite tecniche ad alcune aziende di produzione in Emilia Romagna e Veneto, si svolgeranno nella giornata di giovedì 18 ottobre. International Asparagus Days nasce dalla partnership tra Cesena Fiera, organizzatrice di Macfrut, insieme a uno dei massimi esperti mondiali dell’asparago, il francese Christian Befve, con la collaborazione di Luciano Trentini. L’evento iper-specializzato, raccoglie il testimone di una fiera promossa da Befve cinque anni fa a Bordeaux. L’evento viene promosso in un tour europeo che partirà da Macfrut e toccherà Francia e Germania in specifici eventi promozionali.
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Russia verso l’autosufficienza almeno nelle mele La Russia sta piantando decine di milioni di alberi da frutto, soprattutto di mele. Nessuno sa quanti con esattezza ma è certo che l’investimento è enorme. A saperne qualcosa sono i vivaisti italiani, che con gli investitori russi stanno facendo buoni affari (e non da oggi). Silvia Salvi, alla guida di Salvi Vivai, afferma: “La Russia di questo passo potrebbe raggiungere l’autosufficienza produttiva in quattro-otto anni, in particolare per le mele. Sta acquistando dai principali vivaisti europei, non solo da noi italiani ma anche da francesi, spagnoli e tedeschi per la creazione di grandi impianti produttivi nell’area di Krasnodar, in Crimea e nei Paesi limitrofi dell’Asia centrale”. Luigi Mazzoni, dell’omonimo Gruppo presente in forze nel vivaismo, aggiunge: "A seguito dell’embargo l’incremento della vendita di piante verso la Russia è aumentato in maniera inversamente proporzionale al calo delle esportazioni. Per quanto riguarda la nostra azienda, se prima dell’embargo la vendita di piante al mercato russo era pari a zero adesso, in quattro anni, è arrivata ad occupare il 15% del nostro fatturato. Tuttavia gli ordini non sono costanti. Ci sono
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anni che arrivano richieste massicce, fino a 300mila piante, e anni in cui non vendiamo nulla”. Secondo fonti attendibili, la Russia sarebbe in grado in pochi anni di lanciare sul mercato la sua prima varietà di mela a club. Intanto, a garantire l’approvvigionamento ortofrutticolo russo non sono solo le grandi (e nuove) piantagioni che si affacciano sul Mar Nero ma anche quelle di alcuni Paesi limitrofi come Kazakhstan, Azerbaijan e Uzbekistan dove pure si registra un incremento di acquisti di piante e dove, per via dei grandi giacimenti di gas e petrolio, non mancano certo i capitali per sostenere gli ingenti investimenti agricoli e infrastrutturali necessari per la costruzione praticamente da zero delle filiere che oggi pagano lo scotto di un settore primario molto arretrato. Giancarlo Minguzzi, a capo dell’omonima azienda di Alfonsine (Ravenna): “Se usciamo dal comparto mele, i nostri nuovi competitor sono la Romania, la Bulgaria e Moldavia, grandi produttori di susine; negli ultimi tre anni hanno aumentato la capacità produttiva di almeno il 20%. A questi Paesi si aggiunga, in caso di fine dell’embargo russo, la Grecia”. (m.l.)
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Fruitimprese, confermato Salvi La nuova sfida si chiama Cina Marco Salvi è stato confermato per acclamazione alla presidenza di Fruitimprese nel corso dell’assemblea romana della più importante associazione del settore ortofrutticolo italiano (300 aziende associate per un giro d’affari di 7 miliardi di euro), che ha avuto il 19 aprile la sua parte pubblica e si è conclusa il 20 mattina con l’assemblea privata. A proporre la candidatura di Salvi è stato il past-president Giuseppe Calcagni. Salvi è al terzo mandato triennale. Era stato eletto per la prima volta alla presidenza di Fruitimprese nel 2012, succedendo a Luigi Peviani. Con il terzo mandato Salvi raggiunge un traguardo eguagliato solo dai più illustri tra i suoi predecessori e lo fa sull’onda di un impegno importante, ma mai esibito, a favore degli associati. Una presidenza all’insegna della concretezza ma anche di una visione globale dei problemi del settore che solo un imprenditore impegnato in una grande impresa, con una grande esperienza dei mercati internazionali, può Maggio 2018
L’Assemblea annuale ha decretato il terzo incarico triennale al presidente uscente. Internazionalizzazione e innovazione le parole chiave per l’ulteriore crescita del settore
Marco Salvi durante il suo intervento all’Assemblea Fruitimprese del 19 aprile scorso. Sopra il titolo, Salvi al centro, al termine dell’assemblea privata che ha confermato la sua permanenza al vertice
avere. Il tema dell’assemblea pubblica è stato “Innovazione e competitività nel mercato internazionale”, argomento stringente per imprese chiamate a competere in un contesto mondiale sempre più complesso. L’evento, promosso in collaborazione con International Paper, Unitec e Euler Hermes, moderato dal giornalista Rai Franco Di Mare, si è posto l’obiettivo di analizzare i nuovi scenari geopolitici internazionali, le nuove opportunità offerte all’ortofrutta italiana soprattutto dai mercati asiatici, grazie al nuovo collegamento ferroviario tra Europa e Cina, e il loro impatto in termini di innovazione e gestione sull’attività e le strategie delle aziende. Per comprendere lo stato di salute del comparto ortofrutticolo ita-
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liano sui mercati internazionali, basta dare un’occhiata ai dati diffusi da Fruitimprese, secondo i quali nel 2017 l’export di ortofrutta italiana è salito al valore record di 4,9 miliardi di euro (+3% sull’anno precedente). Una performance che colloca l’ortofrutta al secondo posto, dopo il vino, nel ranking dei settori dell’agroalimentare made in Italy più esportati. In particolare, la frutta ha sviluppato un giro d’affari di 3,6 miliardi di euro, mentre gli ortaggi hanno raggiunto quota 1,3 miliardi. La Germania assorbe quasi la metà dell’export (42%, +5,8%) e la Francia il 14% (+9,5%), mentre verso Spagna, storico competitor, l’export è cresciuto a doppia cifra (12,8%). Se l’Europa si conferma il core business per gli esportatori di ortofrutta tricolore, molti segnali portano gli operatori a guardare con crescente attenzione a Oriente. Nel suo intervento, il presidente Salvi ha tratteggiato il quadro d’insieme nel quale si trovano ad operare le imprese associate: uno scenario economica che esce da un decennio di crisi e deve affrontare nuove problematiche, ma anche interessanti opportunità. Per farlo efficacemente, secondo Salvi è fondamentale investire innanzitutto in innovazione. Un ruolo centrale per il settore ortofrutticolo è senza dubbio rappresentato dalle politiche comunitarie della nuova PAC (Politica Agricola Comune) 2020/2027 e quindi dalle OCM (Organizzazioni Comuni dei Mercati agricoli), tra cui quella ortofrutticola. In sede comunitaria si sta lavorando a ritmi serrati, sulla scia dell’approvazione della parte agricola del Regolamento Omnibus, che revisiona nel medio termine la politica europea 2014/2020. Sul fronte export, il settore ortofrutticolo sta centrando ottimi risultati: basti pensare al saldo attivo di oltre un miliardo della bilancia commerciale. Anche se, per far crescere l’economia, Fruitimprese auspica interventi più decisi da parte del
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Sopra, Alessia Amighini, ricercatrice dell’Osservatorio Asia ASPI. Sotto, l’on. Paolo De Castro
governo sul costo del lavoro, la pressione fiscale e l’efficienza della pubblica amministrazione. In chiave di sviluppo, l’innovazione è la chiave di volta, a patto che riguardi tutti i segmenti della filiera, dalla produzione alla promozione. Questo significa lavorare sulle varietà e sulla qualità per distinguersi sui mercati internazionali, sulla valorizzazione di alcune specie, ma anche sul settore logistico e commerciale e concentrarsi, in particolare, su quei consumatori disposti a remunerare adeguatamente i prodotti e quindi tutte le componenti della filiera. I rapporti di interscambio con la Cina, che si può ormai definire un Paese target, sono migliorati e questo lascia ben sperare per il futuro. Per affrontare al meglio quel grande mercato, occorrono
in ogni caso quantità e capacità di servizio adeguate, che nessuno può garantire da solo. E servono piattaforme di distribuzione in loco, oltre a opportune campagne di comunicazione. Questi concetti, con alcune precisazioni, sono stati sottolineati nel suo intervento anche da Alessia Amighini, co-direttore dell’Osservatorio Asia ASPI e docente all’Università Orientale del Piemonte, che ha svolto la relazione di apertura dell’assemblea concentrandosi sulle potenzialità del settore. Un comparto decisamente dinamico. Tra i trend più significativi, Amighini ha rilevato uno spostamento dei consumi verso la frutta con un’immagine più naturale e fresca, compresa quella congelata (la cui domanda nell’ultimo decennio è cresciuta del 5% all’anno). Grazie all’aumentare di consumatori guidati da scelte alimentari consapevoli, il segmento bio si conferma in forte sviluppo, così come quello dei superfood. Se guardiamo i flussi internazionali, emerge il ruolo della Cina che, oltre ad essere il primo produttore al mondo, ha rapidamente ampliato le importazioni e le esportazioni di frutta fresca e trasformata. Merito di un migliore accesso al mercato, delle preferenze mutevoli dei consumatori, che vedono tra l’altro crescere il loro potere d’acquisto, e di una logistica più efficiente, con impianti di stoccaggio e catene del freddo sempre più performanti. L’export agroalimentare italiano verso la Cina è cresciuto del 15%: l’Italia è il primo Paese europeo esportatore di frutta verso quel grande mercato, con il kiwi in vetta ai prodotti più richiesti, anche se i cinesi amano e consumano soprattutto le mele. Indubbiamente però, l’Italia può fare molto di più in quell’enorme Paese. Quanto al prossimo futuro, in prospettiva emergono almeno due fattori che potrebbero giocare un ruolo importante nel favorire gli esportatori italiani. Da un lato, la lotta sui dazi commerciali Maggio 2018
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ASSEMBLEA FRUITIMPRESE Tavola rotonda a conclusione dell’Assemblea 2018 di Fruitimprese. Da sinistra, Marco Rivoira dell’omonimo Gruppo, Angelo Benedetti di Unitec, Luca Molari di Internationa Paper, Alessandro Annibali di New Factor e Ulrich Spieckermann di Rewe
tra Pechino e Washington, dall’altro le nuove rotte ferroviarie: in particolare, il nuovo collegamento tra Mortara (Pavia) e Chengdu (Sichuan), che renderà la Cina raggiungibile in 16-18 giorni (contro i circa 45 di navigazione) e toccherà Paesi a elevato potenziale di crescita. Come per il vino anche per la frutta la Cina è un grande, enorme mercato ancora in gran parte da scoprire. Tra i fornitori di ortofrutta della Cina rappresentiamo solo siamo lo 0,5% ma stiamo crescendo. Significativo l’intervento in assemblea di Paolo De Castro. Credere nell’Europa, sfruttarne le opportunità, aggregarsi e farsi parte attiva perché l’Unione stia dalla parte del settore. Questo è astato il messaggio del vicepresidente della Commissione Agricol-
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tura del Parlamento Europeo. Applaudito e riconosciuto come profondo conoscitore della politica agricola comunitaria, vicino al settore ortofrutticolo, De Castro ha tracciato lo scenario della politica internazionale con il quale il commercio internazionale dell’ortofrutta deve fare i conti, dichiarandosi tra l’altro certo che con la Brexit il Regno Unito abbia fatto un clamoroso auto-gol. Il suo intervento ha avuto un seguito ideale nelle parole di Ulrich Spieckermann di Rewe che ha detto, nel corso della tavola rotonda che ha concluso la parte pubblica dell’assemblea, che la globalizzazione deve rappresentare un’opportunità per il settore, che non ci si deve fermare davanti alle barriere del neo-protezionismo e che bisogna avere il coraggio, organizzati in modo appro-
priato, di affrontare i mercati più lontani dove il futuro è sicuramente interessante. Spieckermann ha poi parlato della qualità percepita dal consumatore come del fatto cruciale della vendita: se si delude il consumatore è difficile riprendersi. Alla tavola rotonda sono intervenuti anche Angelo Benedetti di Unitec e Luca Molari di International Paper, che hanno parlato del ruolo della tecnologia e dell’imballaggio nel successo commerciale del prodotto ortofrutticolo, oltre ad Alessandro Annibali di New Factor e Marco Rivoira dell’omonimo Gruppo, che hanno parlato di innovazione come l’aspetto cruciale per la crescita dei consumi della frutta secca e delle mele (Rivoira ha parlato della mela Ambrosia come caso di successo).
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Produzioni in calo in Europa per le pesche e le albicocche Mariangela Latella Per il secondo anno consecutivo Italia, Spagna e Grecia non sono riuscite a presentare le previsioni di raccolta per la campagna pesche 2018 a causa della difficoltà di raccogliere i dati con l’anticipo richiesto dall’appuntamento al Medfel che da dieci anni ospita Europeche. Le uniche previsioni divulgate sono state quelle del comparto francese che, dopo la pessima annata 2017 (in cui peraltro, su tutto il territorio europeo si è registrato un eccesso di prodotto), quest’anno prevede un calo dei volumi che si attesta complessivamente intorno al 1014% rispetto alla media 2012-16. “Abbiamo deciso di mantenere il nostro impegno sulle previsioni spiega Bruno Darnaud, presidente dell’AOP Pêches et Apricots de France che raggruppa i produttori francesi di pesche - perché la filiera francese ha bisogno di questi dati e posticiparne la diffusione potrebbe penalizzare l’andamento della campagna e gli scambi commerciali come è accaduto nella disastrosa campagna dell’anno scorso”. Tutte le regioni francesi vocate alla coltivazione di drupacee sono interessate, secondo le previsioni, dalla riduzione dei volumi. Languedoc-Roussillon con complessive 84 mila tonnellate previste, avrà un calo produttivo dell’8,3%; Rhône-Alpes, -9,8% con 32.200 tonnellate; Provenza/Alpi/Costa Azzurra -10% con 61.599 tonnellate; nelle altre regioni, complessivamente -13,8% con 17.393 tonnellate. La flessione dei volumi riguarda soprattutto le pesche (11,4% su scala nazionale, con quasi 103 mila tonnellate attese nella campagna 2018), seguite dalle percoche (-8,6% pari a quasi 5mila tonnellate) e dalle netta-
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Da Perpignan le previsioni ufficiali solo per le albicocche (-18% sul 2017) mentre per le pesche reso noto solo il dato francese in attesa di Italia e Spagna al Macfrut. Si discute il futuro di Europeche
La tavola rotonda di Perpignan sulle previsioni europee per le albicocche
rine che con 92.219 tonnellate dovrebbero registrare un calo del 7,4%. “Le cause di questo trend - commenta Eric Hostalnou che coordina Europeche e che fa parte della Camera di Agricoltura della Regione dei Pirenei Orientali - dipendono da un lato dall’alternanza produttiva che vede susseguirsi anni di sovrapproduzione ad anni di minore carico. D’altro canto ad aggravare la situazione sono state le condizioni climatiche di febbraio e marzo caratterizzate da un susseguirsi di ondate di freddo, gelate, eventi piovosi che hanno influenzato i volumi e ritardato i primi raccolti. Si prevede che il calo dei volumi caratterizzerà l’andamento di tutta la campagna anche se gli imprevisti climatici legati al meteo di maggio e giugno potrebbero ancora invertire la tendenza”. “Europeche - riprende Darnaud esiste da trent’anni ma nonostante tutto questo tempo di lavoro, siamo ancora a metà del cammi-
no e abbiamo ancora molti passi da fare. Di fatto, oggi, non riusciamo a pianificare bene la produzione a livello di organizzazione di produttori e ancora meno a livello di AOP nei singoli Paesi e ancor di più su scala europea. Nel 2017 abbiamo pagato a caro prezzo questa cattiva gestione a causa delle condizioni sfavorevoli legate agli alti livelli di produzione generalizzate, ad un mercato poco ricettivo e all’eccezionale volatilità dei prezzi. Senza uno strumento di gestione delle crisi, il disastro è andato oltre gli scenari peggiori! Tuttavia non penso che abbiamo perso tempo in tutti questi anni di scambi e collaborazioni internazionali. Gli incidenti di confine sono praticamente scomparsi, abbiamo una visione chiara e condivisa del mercato e le amministrazioni, europee e nazionali, hanno fiducia in noi. In effetti, abbiamo tutti gli strumenti per avere successo, ma non sappiamo ancora come usarli”. In ogni caso, Europeche lascia il
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ATTUALITÀ
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Bizze di stagione: rincari del 20% per la frutta estiva? Campagna in ritardo di almeno due settimane per tutta la frutta estiva e prezzi attesi superiori anche del 20% per mancanza generalizzata di prodotto (pesche, nettarine, albicocche, meloni e angurie registrano volumi in calo) e per una domanda, per contro, sempre più vivace anche per la voglia dei consumatori di buttarsi alle spalle con i sapori della bella stagione, il lungo e freddo inverno di quest’anno. Questo è il quadro emerso dall’incontro con gli operatori che al Medfel di Perpignan, concluso il 26 aprile, hanno ‘scaldato i motori’ alla vigilia della stagione. “Il freddo che si è registrato, negli scorsi mesi, in tutte le regioni produttive - ci ha spiegato Claude Poveda, responsabile commerciale dell’azienda occitana Royal, con base dentro l’hub di Saint Charles -, non solo europee ma anche nord-africane, sta facendo iniziare la campagna delle pesche, e di tutta la frutta estiva, con un certo ritardo. Per le pesche spagnole ad esempio, il ritardo è stimato mediamente di dieci giorni. A Murcia, dove normalmente nella terza decade di aprile si inizia a raccogliere, se tutto va bene il ritardo è di 15 giorni, a Siviglia è stato di otto”. Slittamento in avanti anche per le produzioni estive del Marocco che nei mesi passati è stato colpi-
to da significativi eventi piovosi che hanno determinato anche un calo dei volumi, con la conseguenza che la stagione magrebina delle pesche va ad accavallarsi con quella spagnola. Lo stesso dicasi per la campagna dei meloni e delle angurie che a causa delle piogge di fine gennaio nel Sud dell’Europa e nel Nordafrica, è partita in ritardo con i primi meloni marocchini e di Almeria arrivati intorno al 20 aprile invece che a marzo. “La carenza di pesche - ritiene Christelle Sanchez, responsabile del mercato italiano per l’esportatore francese Marquillanes che proprio quest’anno ha inaugurato una sezione dedicata all’export verso il nostro Paese - è acclarata anche se è ancora presto parlare di volumi. Questo ci fa ben sperare per l’andamento dei prezzi che secondo le nostre stime, potrebbero salire anche del 20% rispetto all’anno scorso. Da alcuni contatti con compratori italiani del CAAT di Torino, di Udine e di Cesena, percepisco che il mercato sta iniziando a vivacizzarsi a fronte di una carenza importante di prodotto nazionale. C’è voglia di sapori estivi sulle tavole per cui i buyer stanno cercando prodotto all’estero. Il discrimine, per quanto riguarda l’Italia, lo fanno i calibri che devono essere grandi”. (m.l.)
Medfel, almeno in parte. L’edizione 2018 è stata l’ultima ad ospitare il tradizionale convegno previsionale sulle pesche. “Nella riunione del 25 aprile a Perpignan dichiara in esclusiva per il Corriere Ortofrutticolo Eric Hostalnou, che coordina il comitato di Europeche - in cui si sono incontrati i rappresentanti dei quattro Paesi europei produttori di pesche, abbiamo optato per una soluzione di compromesso. Le previsioni sulle albicocche e sull’altra frutta estiva come ad esempio i meloni, saranno ancora legate al Medfel mentre le previsioni sulle pesche diventeranno un evento itinerante che si terrà ogni anno in uno dei quattro Paesi del Comitato e non sarà necessariamente legato ad un evento fieristico”. La data individuata al tavolo del Comitato, per potere avere delle previsioni di mercato sufficientemente sicure è tra il 15 ed il 20 maggio anche se, come suggerisce Hostalnou “per quel periodo la campagna è già iniziata e quasi tutti i contratti sono già stati chiusi per cui la funzione delle previsioni verrebbe in un certo senso parzialmente svuotata come ruolo di guida per gli operatori del mercato”. Tuttavia la decisione è stata approvata da tutti i membri di Europeche. “I dati previsionali completi di Spagna e Italia - afferma da parte sua Elisa Macchi, direttrice di CSO Italy, anche lei reduce dalla riunione del Comitato di Europeche a Perpignan - saranno diffusi durante il Macfrut di Rimini in un convegno che l’organizzazione della fiera sta costruendo intorno a questo frutto e che potrebbe sfociare, in futuro, in una sorta di giornata internazionale della pe-
Nel 2018 Europeche certamente lascerà, dopo 10 anni, Medfel per diventare itinerante. Ma è forte la candidatura di Macfrut
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sca come quella che debutterà quest’anno per l’asparago o come già stato fatto, in passato, per le pere con Futurpera”. Punti fermi invece, a Perpignan, sulle albicocche. Cala la produzione in Europa. Dal vertice dei rappresentanti della produzione europea di albicocche è emerso un quadro sostanzialmente diverso dal 2017. Dopo gli elevati quantitativi dello scorso anno, pari a 680 mila tonnellate, le stime 2018 riportano una situazione di normalità registrando un -18%, con circa 558 mila tonnellate a livello europeo. Determinano il calo l’Italia che, dopo il record produttivo del 2017, sembra evidenziare una flessione di oltre il 30% con una previsione di 201.138 tonnellate nel 2018, la Francia che con circa 134 mila tonnellate flette del 14% e la Grecia in diminuzione del 12% con un’offerta stimata sulle 80 mila tonnellate. Unico Paese in controtendenza la Spagna che con poco meno di 143 mila tonnellate segna un nuovo record produttivo registrando un +9% sul 2017. Laddove le produzioni sono stimate in calo la causa è da ricercare nell’alternanza fisiologica della produzione e nelle gelate che hanno danneggiato diverse aree europee. L’espansione della Spagna è dettata in parte da un andamento favorevole alla coltivazione, nonostante alcuni problemi sul precoce, ma soprattutto dall’aumento degli investimenti ad albicocche in particolare nella regione Murcia. “Nonostante la situazione in Italia e negli altri Paesi non sia ancora molto chiara, a causa di una forte variabilità produttiva, quest’anno l’offerta non risulterà sicuramente eccedente in particolare nel periodo precoce e questo renderà più fluido il mercato”, conferma Elisa Macchi. "Le minori produzioni italiane accompagnate da un apprezzato rinnovamento varietale ci auguriamo possano ricollocare il mercato su buoni livelli dopo la disastrosa annata 2017. Per il futuro dovre-
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Meloni: la stagione parte in ritardo La Spagna per la prima volta perde il primato dell’export a favore del Guatemala. Il clima non ha favorito i consumi in Europa fino a tutto aprile. Il prodotto italiano è alle porte
L’Emisfero Nord si sta preparando alla campagna dei meloni. Nell’Europa mediterranea la stagione è all’inizio mentre negli Stati Uniti il primo raccolto precoce è stato ritardato a causa dell’arrivo di un fronte di freddo. Sul piano globale c’è da registrare che il Guatemala ha preso il posto della Spagna come principale esportatore di meloni al mondo. Un dato piuttosto clamoroso. Il Paese dell’America centrale (dati Comtrade ripresi da FreshPlaza) ha esportato 455.340 tonnellate contro le 444.370 delle Spagna. Negli anni scorsi i ruoli erano invertiti. La domanda italiana di meloni e angurie è ancora bassa o molto bassa. Sono presenti sul mercato meloni dell’America Centrale e del Nordafrica (Marocco), mentre la campagna produttiva nazionale è alle porte. Ci vorranno alcune settimane prima che siano disponibili grandi volumi di meloni italiani. In Spagna Murcia è il maggiore produttore. Nel 2016 questa regione ha esportato 228.560 tonnellate di meloni. Con tale cifra la
Melone Charentais, il più apprezzato
regione si piazza al secondo posto a livello globale, dietro solo al Guatemala e davanti al Brasile, che esporta 224.790 tonnellate di meloni. Solitamente la Spagna domina il mercato europeo. L’85% dell’export viene commercializzato in Europa.Tuttavia, l’enorme volume di produzione rende difficile ottenere buoni prezzi. In Francia la stagione è davvero in ritardo, con un clima che frena anche il consumo del prodotto di importazione. I meloni Charentais sono i più apprezzati in Francia. In Germania la stagione dei meloni d’oltremare si sta gradualmente concludendo e si sta aprendo la stagione dei meloni dall’Europa meridionale. Attualmente l'Honduras viene indicata come una zona di coltivazione molto importante, come lo sono anche la Costa Rica e il Brasile. Gli importatori tedeschi si lamentano dei ritardi nelle consegne dall’America Latina, eppure non è una perdita importante, dal momento che le società commerciali più grandi non considerano i meloni come una delle principali fonti di reddito. I prezzi sono stati relativamente stabili in Germania perché persino durante le settimane di freddo a febbraio e marzo, il consumo si è mantenuto piuttosto buono e così fino a Pasqua. Una tendenza degna di nota in diversi Paesi dell’Europa centrale e settentrionale è la graduale perdita di popolarità dei meloni Cantalupo. Negli ultimi anni la domanda è passata sempre di più ai meloni Charentais e Galia. Maggio 2018
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Passa al WUWM di Barcellona la proposta di Italmercati L’Italia dei Mercati si è presentata alla Conferenza WUWM di Barcellona, conclusasi giovedì 19 aprile, come mai prima. Non solo in termini quantitativi, con presenze di vertice dei Mercati di Roma, Verona, Firenze, Padova, Bologna, Genova, Udine (presenti per delega anche Torino e Catania), ma anche qualitativi, per le proposte e i progetti portati avanti con successo dalla delegazione nazionale e in particolare da Italmercati e dal suo presidente Fabio Massimo Pallottini, primo proponente dell’Associazione dei Mercati all’Ingrosso Europei, che proprio a Barcellona è stata recepita positivamente dall’Unione dei Mercati Mondiali, con una ‘position paper’ - un documento uscito da Italmercati, che ha ricevuto unanime adesione. “Si tratta di un passo avanti fondamentale per permettere ai nostri Mercati di essere più forti, di essere rappresentati in Europa, di svolgere un ruolo nei confronti delle istituzioni comunitarie e questo - sottolinea Pallottini - è importante avvenga nell’ambito più ampio del WUWM”. Lo stesso presidente di Italmercati precisa che l’Associazione “nasce dentro il WUWM ma avrà una sua precisa identità che le permetterà autonomia di movimento nei confronti delle istituzioni dell’Unione”. E’ previsto che i rappresentanti dei Mercati europei aderenti al WUWM si riuniscano ogni tre mesi per stabilire di comune accordo la linea da seguire e quindi le proposte da lanciare a Bruxelles. L’iniziativa, che indubbiamente rappresenta un cambio di passo nella rappresentanza dei Mercati (che oggi a Bruxelles contano da poco a nulla), era stata avanzata a Roma l’anno scorso, una fuga in avanti – l’aveva considerata qual-
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Approvata dall’Unione mondiale la nascita della Associazione Europea che avrà il compito di fare lobby a Bruxelles per vedere riconosciuto il ruolo economico e sociale dei Mercati
Sopra, Fabio Massimo Pallottini. Sotto Zengjun Ma, nuovo presidente del WUWM
cuno -, ma a Barcellona ha trovato la sua consacrazione. Ora il documento approvato in Spagna sarà sottoposto alle istituzioni europee e, al termine di questo passaggio, l’Associazione diventerà operativa (si prevede già entro la fine di quest’anno). I Mercati non avevano finora fatto lobby a Bruxelles, la debbono fare a tutela delle importanti quote di produzione agricola che in essi viene commercializzata e per valorizzare correttamente il proprio ruolo economico e sociale. “Abbiamo avuto il deciso appoggio di Francia e Spagna nel portare avanti questo progetto - commenta Pallottini - ed è stata una bella soddisfazione vedere che un’iniziativa italiana abbia incon-
trato alla fine un’accoglienza convinta da parte di tutti i rappresentanti del WUWM”. A Barcellona l’Unione Mondiale dei Mercati ha rinnovato i suoi vertici. In particolare è salito alla presidenza il cinese Zengjun Ma mentre alla vicepresidenza è salito il presidente di Parigi-Rungis Stephane Layani. L’Italia, che resta rappresentata ai vertici del WUWM da Fabio Massimo Pallottini (in scadenza nel 2019) ha concorso attivamente al rinnovo dei vertici. “I rapporti cordiali avviati da tempo con il presidente Ma - afferma infine il presidente di Italmercati - ci daranno l’opportunità di avvicinare il mercato cinese e di aprire ai nostri operatori le sue enormi potenzialità”.
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Macfrut, l’ora della conferma Un impegno mai visto prima Quello che Macfrut può fare, fin dove può arrivare: questa edizione 2018 è un po’ il termometro, il misuratore del Salone di Rimini come fiera nazionale, come fiera della filiera e delle tecnologie, come fiera internazionale in grado di ospitare grandi eventi come il primo Tropical Fruit Congress, la vera grande novità di quest’anno. Le aziende italiane ci hanno investito come non mai, dall’estero arrivano 1.500 visitatori professionali. Sulle ali dell’impegno e dell’entusiasmo, Macfrut sembra superare anche la localizzazione non completamente ottimale di Rimini, che è l’unico elemento un po’ critico rimasto. Intendiamoci, Rimini è una città bella, accogliente e ha il mare. Non è tuttavia il massimo per un buyer internazionale che venga da lontano perché non ha collegamenti diretti con il mondo. Tra le autorità in arrivo il ministro dell’Agricoltura della Colombia, Juan Guillermo Zuluaga Cardona, Paese partner della kermesse. Tante le novità sul fronte dei Paesi presenti. Numerose le new entry dall’Africa, continente sempre più strategico - ne è convinto il presidente Renzo Piraccini - per l’ortofrutta italiana. Le new entry sono Tanzania, Zambia e Mozambico, a cui fanno seguito le conferme di Sudan, Etiopia, Uganda, Tunisia ed Egitto, quest’ultimo presente in fiera con una maxi area e una decina di aziende. E ancora, nuovi ingressi dall’Uzbekistan con una decina di operatori, Honduras, El Salvador e Grecia con imprese del Mercato di Atene, di produzione e packaging. Sempre sul fronte delle conferme, diverse da Sud e Centro America (Repubblica Dominicana, Costarica, Perù e la Colombia con una ventina di aziende tra cui i leader dell’export.) e dalla Cina
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L’organizzazione ha prodotto uno sforzo enorme per rafforzare in maniera decisiva la dimensione internazionale della fiera. Il Tropical Fruit Congress principale novità di quest’anno
Renzo Piraccini presidente di Macfrut e di Cesena Fiera
presente con una ventina di aziende. A questi si affianca la presenza di numerosi singoli espositori esteri, a Macfrut in spazi individuali. Di rilievo in particolare la presenza di alcune delle principali catene distributive non solo europee: dal gruppo tedesco Rewe a Edeka, dagli austriaci di Spar ai portoghesi di Jeronimo Martins, ai polacchi di Biedronka, da Carrefour Romania a Lulu supermarket dagli Emirati Arabi e altri. La dimensione internazionale quindi c’è, è stata costruita con un enorme e costante impegno organizzativo da parte dello staff e del presidente stesso. Gli espositori possono dialogare e programmare l’incontro con i buyer attraverso la piattaforma b2b messa loro a disposizione. Compratori, opinion leader e decision maker arrivano in particolare dalla Cina, Europa dell’Est, India
e Russia. Non solo: grazie al primo summit europeo del Tropical Fruit Congress, a Macfrut saranno presenti anche i maggiori importatori di frutta tropicali da Belgio, Olanda, Germania e Regno Unito e i manager delle principali catene di distribuzione italiane. “Fondamentale nel percorso di internazionalizzazione - afferma il presidente Piraccini - il sostegno dell’ICE-Agenzia e della Regione Emilia Romagna, quest’ultimo finalizzato in particolare all’incoming di buyer cinesi. Partner di Macfrut in questo cammino il gruppo bancario UniCredit, main sponsor e business partner, e Coface, uno dei leader mondiali nell’assicurazione dei crediti”. Insomma le premesse sono buone. Ci siamo. Buon Macfrut! (Nel prossimo numero ampi report da Rimini)
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Buoni per natura e l’aria pura Fragole, lamponi e ciliegie dell’Alto Adige/Südtirol
In Alto Adige le fragole maturano da giugno a fine settembre, i lamponi da giugno a ottobre e le ciliegie da fine giugno a fine agosto. Crescono in montagna e all’aria pura. Per questo hanno un sapore più intenso, sono profumati, genuini e ricchi di vitamine. www.fragolealtoadige.com, www.ciliegiealtoadige.com
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FABIO PALO. Nuovi prodotti e nuovi mercati per Finagricola
Il brand per competere Antonio Felice Una presenza discreta ma costante in tutte le fiere che contano, in tutto il mondo, sviluppando concretamente nuovi mercati: è all’estero che l’abbiamo incontrato. Un contributo sempre più determinante alla crescita, soprattutto qualitativa, di una realtà aziendale leader in Campania e tra le più rilevanti, nel campo degli ortaggi e dei pomodori in particolare, a livello italiano e internazionale. Fabio Palo, da manager, ha assunto un ruolo nevralgico nell’affermazione di Finagricola, azienda di Battipaglia attiva da 25 anni che cavalca in modo vincente innovazione e internazionalizzazione rimanendo fedele al territorio della Piana del Sele. Un esempio per il Sud, area di elezione dell’ortofrutta italiana. Lo abbiamo intervistato, ecco domande e risposte.
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Dal successo del datterino che ha segnato una prima grande svolta per Finagricola sui mercati esteri all’impegno in ‘Così Com’è’, il marchio di qualità per i pomodorini freschi e trasformati
Il magazzino di lavorazione di Battipaglia di Finagricola. Sopra, Fabio Palo
Qual è l’origine dell’azienda e quali sono state le tappe più significative della sua crescita? “Finagricola nasce nel 1986 da
un’idea di Gerardo Palo, perito agrario e all’epoca distributore di prodotti fitosanari. Forte della sua esperienza nel settore, matu-
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FINAGRICOLA E’ una cooperativa di nove soci che si sviluppa su una base produttiva di 24 aziende agricole tutte situate nella Piana del Sele, in provincia di Salerno, e può contare su 300 ettari coltivati a ortaggi, controllati direttamente. Ha sede centrale a Battipaglia. Da due generazioni Finagricola è impegnata in un’accurata selezione di varietà, basata principalmente sul recupero e la valorizzazione di prodotti locali, e in 25 anni di attività è diventata una delle maggiori realtà del settore ortofrutticolo non solo in Campania, ma a livello nazionale e internazionale, grazie soprattutto ad una costante attenzione alla qualità lungo tutta la filiera produttiva, a partire dai semi e dal vivaio aziendale, ma anche al lavoro del laboratorio aziendale di analisi e ricerca, certificato Accredia e QS. Finagricola coltiva secondo tecniche a basso impatto ambientale, quali la lotta integrata, che consente di ottenere prodotti a basso residuo o anche senza residui di fitofarmaci. L’utilizzo di tunnel consente di proteggere le coltivazioni da condizioni climatiche avverse e dagli insetti nocivi in modo da rendere più efficiente l’utilizzo delle risorse idriche e minimizzare l'impiego di fitofarmaci. Le tecniche di coltivazione sono calibrate su ogni ortaggio in modo da garantire un prodotto ottimale per forma, colore e soprattutto gusto. I prodotti hanno tutte le certificazioni richieste dalla GDO internazionale. Ciascuna coltivazione richiede
un grosso impiego di manodopera, in quanto tutte le operazioni colturali (legatura, cimatura e diradamento), comprese le attività di raccolta, avvengono in maniera manuale. All’interno dello stabilimento di Battipaglia continua in maniera attenta il processo di selezione degli ortaggi attraverso l’utilizzo anche di macchine a selezione ottica e per diverse tipologie di confezionamento: flow pack, vassoio filmato, resinatura eccetera. Nei 30 siti produttivi sono prodotte e raccolte ogni anno 40 mila tonnellate di ortaggi freschi. Il 48% della produzione complessiva è rappresentato dai pomodori. Il 40% della produzione è destinata ai mercati esteri, in particolare Germania, Austria e Svizzera. Dall’esperienza di Finagricola è nato il marchio Così Com’è, dedicato ad una altissima qualità di pomodorini freschi. Tutte le varietà offerte sono esclusivamente quelle a vocazione territoriale. Tra queste, una speciale attenzione viene dedicata ai pomodori Datterini, contraddistinti da un grado di dolcezza e di gusto così intensi da poter essere consumati anche completamente a crudo, senza aggiunta di condimenti e con grande piacere del palato. Così Com’è è una linea di pomodori di alta qualità, raccolti a mano e conservati in vetro, realizzata solo con le migliori varietà di pomodoro piccolo: Datterino giallo, Datterino rosso e Pizzutello. Nasce dalla volontà di preservare intatto il profumo e il gusto di un
pomodoro eccellente, come appena colto, superando le barriere della stagionalità e offrendo il vantaggio di averlo tutto l’anno, pronto all’impiego in ogni ricetta, proprio come se fosse fresco. Le piante di pomodoro sono allevate esclusivamente nei vivai aziendali. La coltivazione è organizzata per appezzamenti omogenei e di piccole dimensioni. Ogni singolo lotto non supera i 5 ettari e ciò consente un controllo costante e preciso di tutte le fasi di crescita della pianta e di maturazione dei frutti. La resa di ogni appezzamento è assai contenuta, perché vengono effettuate continue operazioni di diradamento, rigorosamente a mano. Anche l’irrigazione è rigorosamente controllata. La lavorazione dei pomodori ‘Così Com’è’ avviene entro pochissime ore dalla raccolta, secondo un metodo delicato, che non prevede lunghe cotture, vista la qualità superiore della materia prima. Così Com’è offre infatti una gamma di conserve di pomodoro in vetro, integre e genuine come appena preparate.
rata nel corso degli anni, mio padre decide di creare l’azienda insieme ad altre due famiglie. Da subito Finagricola ha percepito la necessità di dotarsi di una struttura in grado di gestire in un’ottica industriale un comparto quale
quello agricolo, in genere vittima di grandi incertezze. La costruzione di strutture sericole ed il controllo delle attività di fertirrigazione era la chiave in grado fornire un prodotto costante nel tempo per quantità, qualità e sicurez-
za alimentare. Poi la crescita improvvisa della GDO e la sua ricerca di partner affidabili ha visto in Finagricola l’azienda giusta con cui costruire progetti solidi nel tempo. Negli anni sono stati realizzati 350 ettari di serre, costrui-
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to un vivaio interno ed un laboratorio di analisi certificato. Ed è stata proprio quest’ultima scelta ad aprire le strade all’export e a mercati sempre più attenti alla qualità dei prodotti come Svizzera, Inghilterra e Germania. Aggiungo che l’innovazione è sicuramente l’anima della nostra azienda che vanta l’introduzione di tante referenze sul mercato e primo fra tutti il famoso pomodoro datterino”. Il vostro prodotto di punta sono appunto i pomodorini e il vostro marchio di punta è Così Com’è. Siete impegnati sia sul fronte della specializzazione che su quello dell’innovazione di prodotto. Ci può spiegare questo percorso e i risultati ai quali esso ha portato? “Il prodotto pomodoro ha alle spalle una lunga storia, fatta di antiche tradizioni che come tali si tramandano e sono ancorate al nostro stile di vita. Il pomodoro appartiene al DNA di Finagricola e su di esso l’azienda ha investito ed innovato sia come assortimento varietale, sia come tipologie di confezionamento. Il più grande successo è stata l’introduzione nel 2001 sul mercato tedesco di una nuova varietà di pomodoro che per grado di dolcezza e forma as-
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somigliava ad un dattero, da cui il nome datterino. Fin da subito, si è dimostrato un grande successo anche se l’Italia ha impiegato qualche anno prima di rendersi conto che esisteva qualcosa di diverso dal classico ciliegio. “Quando il mercato nel 2010 sembrava essere maturo, abbiamo capito che bisognava creare una diversificazione di mercato in grado di sfruttare le eccedenze, ma era necessario investire e creare un brand. E’ nato per questo ‘Così Com’è’. Se un’azienda decide quindi di entrare nel settore delle conserve, è opportuno che si presenti con una novità o che comunque dia un tocco di originalità ad un prodotto che è nelle cucine di tutti gli italiani e ormai non solo degli italiani. Proprio per questo, con Così Com’è, abbiamo scelto di dedicarci a tre prodotti in particolare: i datterini rossi e gialli ed il pizzutello. Il perché di questo è semplice: le nuove famiglie vogliono mantenere vive le tradizioni di preparare i piatti della loro storia ma non hanno tutto questo tempo per farlo. Per i classici della tradizione, abbiamo scelto il pomodoro Pizzutello, che si presta bene alle cotture medie ed è ottimo per il sugo della domenica, ed anche per la base di una bella margheri-
ta. Per le cotture veloci, ma da un sapore senza eguali, arrivano i datterini che sono pronti in 7 minuti e sono squisiti”. Quali sono i mercati e i canali di vendita di Così Com’è? "Così Com’è si trova nella grande distribuzione, sia fresco che nella linea di conserve, quanto in negozi specializzati. Ma oggi è anche l’ingrediente principale di importanti chef stellati e di note pizzerie. Il prodotto è oggi presente, oltre all’Italia, in tantissimi mercati ma cresce soprattutto là dove la cultura del pomodoro è più diffusa: Stati Uniti, Giappone, Canada ed Europa in generale”. Il 52% della vostra produzione è rappresentata da ortaggi diversi dai pomodori. Di che cosa si tratta in termini di varietà e quantità? E dove sono venduti? "Finagricola suddivide i prodotti in base alla stagionalità. Abbiamo quindi la coltivazione invernale, caratterizzata principalmente da prodotti a foglia verde come insalate di vario tipo, rucola ed indivie. La produzione estiva invece è dedicata ai pomodori di vario genere, poi ci sono le melanzane, i peperoni e i meloni. La maggior parte della produzione invernale viene esportata nelle catene GDO
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FABIO PALO Ha 42 anni ed è direttore commerciale nonché membro del CDA di Finagricola. Laureato alla Luiss in Economia con il massimo dei voti, dal 1999 entra nell’azienda di famiglia insieme al fratello Massimiliano, ingegnere. Insieme cercano sin da Fabio, direttore conmerciale e Massimiliano subito di dare una luce Palo, direttore degli acquisti e del laboratorio ancora più forte a Finagricola, proseguendo lo straordinario lavoro del padre nonché fondatore, Gerardo Palo, ma con uno sguardo sempre più attento al futuro e soprattutto al rispetto dell’ambiente e dalla natura, “senza le quali Finagricola non esisterebbe". Fabio Palo è anche membro del consiglio di amministrazione di CPR System, la nota realtà specializzata nello stampaggio di casse, nella loro movimentazione, lavaggio e recupero, con una posizione di leadership in Italia. L’attenzione alla qualità, all’innovazione e alla ricerca, sono i fattori di traino della guida aziendale di Fabio Palo. Egli sviluppa comunque un ruolo sempre attivo in tutte le fasi: dalla ricerca di varietà in grado di soddisfare sempre meglio il consumatore finale alla soluzione di tutte le tematiche riguardanti i distributori e la GDO. Fabio Palo si è dedicato negli ultimi anni anche allo sviluppo di nuovi mercati, anche fuori d’Europa, dagli Stati Uniti al Giappone, dove l’azienda ha già iniziato ad esportare. di Germania ed Austria. La coltivazione estiva resta in gran parte in Italia, mentre una parte crescente viene oggi trasformata”. Qual è la maggiore sfida aziendale oggi? “La mia più grande sfida è fare in modo che Così Com’è diventi un brand riconosciuto del pomodoro di alta qualità, che il consumatore lo percepisca come affidabile e sicuro". Come vede il ruolo e il futuro di Battipaglia e della Piana del Sele nell’ambito del settore ortofrutticolo italiano? "Battipaglia e la Piana del Sele oggi si sono ritagliate un ruolo importante nello scenario internazionale della IV Gamma. In
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dieci anni sono sorte circa tremila aziende con un’occupazione di novemila persone circa, che, secondo le stime di Confagricoltura, realizzano un fatturato annuo di 2,5 miliardi (in crescita costante del 15% annuo), per il 30% all’estero. Il rischio per il futuro, in assenza di un coordinamento territoriale, è una crescita incontrollata che potrà portare a un fenomeno di cannibalizzazione del mercato con una progressiva riduzione della marginalità. Oggi la IV gamma è un processo industrializzato per il quale non esistono grandi barriere all’ingresso, per cui è diventato il rifugio di tanti piccoli agricoltori che rischiano di saturare il mercato”. Come vede il ruolo e il futuro di
Battipaglia e della Piana del Sele nella competizione internazionale, in particolare nei confronti della concorrenza spagnola sul mercato interno e sui mercati esteri? "Sicuramente la specializzazione territoriale in IV Gamma per oggi è un vantaggio competitivo rispetto ad altri Paesi, ma sappiamo anche che se la Spagna decide di investire sul comparto è in grado di farlo in maniera organica e strutturata, rappresentando sicuramente un problema. Sarebbe necessario che le aziende del territorio unissero le proprie forze per un’attività di ricerca perché solo attraverso l’innovazione sarà possibile rimanere sul mercato”. In generale come vede il futuro? “Il mercato cambia sempre più rapidamente e i grandi investimenti tecnologici in energia, stanno superando i limiti produttivi di alcuni Paesi che da sempre erano solo importatori. Se osserviamo il mercato del pomodoro, in passato l’Italia godeva di tre importanti vantaggi: il sole, il clima ed il terreno. Oggi tutti questi vantaggi sono stati superati, per esempio dall’Olanda, con strutture tecnologiche in grado di controllare l’ambiente, la quantità di luce con l’introduzione di lampade a LED ed il terreno è stato sostituito da supporti inerti come cocco o lana di roccia. Tutto ciò significa che il futuro agricolo dipenderà dalle innovazioni tecnologiche, dalle politiche energetiche e dai governi e su questo terreno sicuramente l’Italia oggi è perdente. Non credo che il made in Italy nel settore agricolo primario abbia un vantaggio competitivo, basti considerare che ormai siamo già abituati a consumare prodotti spagnoli ed il 90% del pomodoro a grappolo è olandese. L’Italia, credo, riuscirà tuttavia ancora ad avere un ruolo importante nell’agroalimentare come trasformazione perché esiste una cultura culinaria che è difficilmente riscontrabile in altri Paesi”. Maggio 2018
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Le nuove varietà allungano la stagione produttiva Emanuele Zanini Partenza ritardata ma positiva per le ciliegie italiane. Le temperature rigide della parte finale dell'inverno non hanno influenzato eccessivamente le produzioni, che nonostante abbiano subìto un rallentamento nella maturazione, si sono comunque riprese alla fine di aprile con l'innalzamento delle temperature. La Puglia, come da tradizione, è stato uno dei primi areali ad esordire sul mercato. A inizio campagna le richieste sono state sostenute. Lo stesso dicasi per i prezzi, che sono subito schizzati in alto grazie alla poca merce disponibile e all'alta qualità media della frutta, con calibri che hanno sfondato anche la quota dei 30 millimetri. Nella seconda metà di aprile le prime quotazioni in certi casi hanno superato abbondantemente i 20 euro al chilo, in alcune circostanze toccando anche i 30 euro. Dopo il boom dell’esordio commerciale, i valori verso la fine di aprile si sono ridimensionati, pur rimanendo su buoni livelli. Nicola Giuliano, a capo dell’omonima azienda barese, traccia una dettagliata analisi della situazioMaggio 2018
Nicola Giuliano ritiene che in un prossimo futuro la campagna delle ciliegie possa durare almeno tre mesi. L’azienda barese ha investito anche in tecnologie. Il punto sulle diverse aree vocate
ne: “L’inizio di questa campagna è abbastanza lento. Alla partenza abbiamo avuto poco prodotto dovuto alle gelate di primavera che hanno compromesso le varietà più precoci e soprattutto quelle che maturavano nei primi dieci giorni di maggio. Si inizia quindi con quantitativi inferiori rispetto al normale, tuttavia i prezzi sono assolutamente buoni grazie alla scarsità di prodotto e all’alta qualità e all'ottimo livello gustativo grazie al clima che è stato molto buono in questi ultimi giorni. Per tutta la seconda metà di aprile abbiamo sempre avuto tempo soleggiato, caldo e asciutto e ciò ha favorito la maturazione e anche l’accrescimento dei frutti che sono sopravvissuti alle gelate”. Per quanto riguarda il calendario, secondo Giuliano, come date di inizio campagna la stagione è in linea con un’annata normale, “anche se abbiamo cominciato qualche giorno dopo rispetto all’anno scorso. Quella tuttavia fu
un’annata davvero eccezionale come anticipo su tutte le colture primaverili”. Giuliano ritiene che dal 10 di maggio la campagna si dovrebbe normalizzare, quando i quantitativi saranno già buoni. “Si comincerà già a lavorare a pieno ritmo chiaramente fino a metà maggio ancora con la varietà precoce Bigarreaux o qualche altra varietà secondaria per questa zona. Nel Barese per tradizione la campagna delle ciliegie è dominata nella prima parte dalla varietà Bigarreaux, nella seconda da Giorgia, nella parte centrale fino alla fine della campagna dalla varietà Ferrovia che è la tipologia più bella della nostra zona, il nostro cavallo di battaglia”. “Da quest’anno - informa Giuliano - cominceremo ad aggiungere anche altre varietà, successive a Ferrovia, come Lapins, Sweet Heart e qualche primo stacco della varietà Staccato di cui vogliamo ribadire la esclusività nella pro-
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Nicola Giuliano dell’omonia azienda barese, Walter Monari del Consorzio di Vignola e Stefano Pezzo di Cherry Passion
duzione e nella commercializzazione anche se purtroppo, come accade anche per altre colture, siamo già a conoscenza di impianti abusivi purtroppo già esistenti con cui dovremo cercare di trovare una soluzione”. Giuliano quest’anno ha ulteriormente implementato l’impianto automatico delle ciliegie con una serie di svuotatori e immergitori in acqua che completano ormai al 100% tutto il ciclo produttivo delle ciliegie consentendo uno svuotamento in acqua già fredda, delicato e senza urti per i frutti che andranno a migliorare ulteriormente un processo altamente tecnologico e specializzato nella lavorazione post-raccolta dei frutti. “Attraverso questa strumentazione - precisa l’imprenditore - riusciamo a completare tutto il ciclo in maniera automatica dallo svuotamento in acqua, dal riempimento alla chiusura ed etichettatura di ogni formato di cestino o di confezione pronta per la vendita al cliente, tutto chiaramente garantito da un percorso in acqua sterile depurata”. Per quanto riguarda le novità aziendali, dopo l'accordo in esclusiva sulla varietà Staccato per la produzione in Italia, “adesso stiamo per sottoscrivere un altro contratto per una varietà che addirittura matura dopo la Staccato. In futuro quindi vediamo una campagna di ciliegie che durerà almeno tre mesi, con prodotto raccolto fresco dalle piante. Attraverso la tecnologia cercheremo di allungare ancora di qualche altro giorno”, spiega Giuliano. L’imprenditore barese insiste sul-
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l'importanza del comparto cerasicolo, a fianco di quello dell'uva da tavola: “È un settore fondamentale. Siamo in contatto con le autorità regionali affinché si spinga ad indirizzare gli aiuti comunitari ai produttori che siano così in grado di realizzare impianti più moderni e soprattutto protetti dalla grandine e dalla pioggia che come sappiamo è il nemico numero uno per le ciliegie un po' in tutto il mondo. Tutto il mondo si sta attrezzando con le coperture. È ora che anche qui in Puglia ci attiviamo in tal senso. La ciliegia è un prodotto redditizio, che crea valore, ma va tutelato, in tutti i sensi”. Rimaniamo in Puglia. La varietà precoce Early Lory, coltivata dall’azienda Naturaviva di Bisceglie, socia dell'OP Agritalia, ha registrato prezzi molto buoni in avvio di campagna, grazie alla qualità e al fatto che è riuscita a precedere la produzione spagnola. Positivi anche i primi stacchi delle varietà più classiche, avvenuti all'inizio di maggio. Passiamo al Nord. Anche qui si è avvertito un ritardo sul calendario produttivo e di raccolta. A Vignola (Modena) i primi volumi disponibili dovrebbero arrivare attorno al 18-20 maggio. “Siamo in ritardo di una settimana circa afferma Walter Monari, direttore del Consorzio di tutela della ciliegia di Vignola IGP - ma a seconda delle condizioni meteo dei prossimi giorni, il ritardo potrebbe diminuire o crescere”. Secondo Monari i volumi sono in netto calo rispetto al 2017, annata comunque piuttosto carica. “Sull'anno scor-
so, quando avevamo realizzato quasi il pieno produttivo, stimiamo di avere un -20, -30%. Le ciliegie di Vignola si presentano comunque di qualità medio-alta e con calibri importanti che variano dal 26 per arrivare al 30 e in alcuni casi superarlo”. Ma nonostante le buone caratteristiche previste dal prodotto emiliano, a preoccupare sono le prospettive del mercato a livello internazionale. Il rischio accavallamenti produttivi infatti è dietro l'angolo. “Dalle informazioni che abbiamo la Spagna è piuttosto carica ma in ritardo sulla tabella di marcia, dal momento che sta raccogliendo solo in questi giorni (3 maggio, ndr), dieci, dodici giorni dopo rispetto alla media”, afferma Monari. “In certe zone come Saragozza e la Valle dell'Ebro il rischio è anche di livelli non eccelsi in termini di qualità. Anche la Francia ha quantità interessanti che inizierà a vendere verso metà maggio”. Dalla seconda metà di maggio in poi probabilmente verranno immessi quindi alti quantitativi di prodotto “a cui si aggiungerà il concreto rischio di accavallamenti tra le produzioni dei diversi areali europei e non”. “Potrebbe quindi esserci - avverte Monari una certa pesantezza dei mercati. Il vero salto si avrà all'inizio di giugno quando inizieranno le produzioni importanti. A quel punto avremo più chiaro il contesto”. Secondo il direttore del Consorzio modenese, a Vignola sul fronte qualitativo non dovrebbero esserci problemi grazie soprattutto, Maggio 2018
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tornerà il caldo in questi primi giorni di maggio, le ciliegie potrebbero recuperare il leggero ritardo, ma direi che quest’anno alla fine saremo nella norma, almeno rispetto alla scorsa annata quando, invece, si era anticipato molto”. Pezzo ricorda come nel Veronese le prime varietà arrivano sul mercato nella seconda metà di maggio, mentre tipologie come i ‘duroni’, così come le ‘more’, hanno il loro apice dall’inizio di giugno per proseguire la campagna per circa cinque settimane. “Le premesse sono comunque buone. I volumi non sono elevati e i prezzi dovrebbero essere adeguati. Non vedo rischi di crolli di quotazioni. Per effettuare una valutazione sulla qualità complessiva è ancora presto (3 maggio, ndr), ma i duroni e le more potranno contare anche quest'anno sulle loro peculiari caratteristiche: alto grado brix e croccantezza”.
Parigi blocca le ‘americane’ La guerra commerciale USAEuropa ha qualche riflesso anche sul mercato delle ciliegie. La Francia ha infatti confermato la chiusura alle ciliegie degli Stati Uniti per l’utilizzo dell’agente chimico dimetoato, utilizzato per combattere il parassita Drosophila Suzukii, proibito in molti Paesi europei. Il bando si ripete per il terzo anno consecutivo. Se ne è occupato lo stesso Eliseo. Un quinto delle ciliegie consumate in Francia sono di importazione. Spagna e Germania sono i fornitori principali. Prima del bando, gli Stati Uniti vendevano ciliegie in Francia per un milione di dollari l’anno. Il bando danneggia gli importatori ma il governo francese è disposto a concedere sovvenzioni piuttosto che fare marcia indietro.
Anche per Pezzo rimane il rischio sovrapposizione produttiva tra i diversi Paesi, “anche con la Grecia, sebbene il prodotto non sia paragonabile, e sul finale con la Turchia, che inizia il grosso della produzione a inizio giugno. Poi c'è la Spagna, che ha creduto nelle colture intensive, sebbene all'estero, rispetto all'Italia, continuino a giocare a favore i costi di produzione. Gli accordi con i clienti sono stati realizzati, non solo in Italia, ma anche all'estero, compreso il Nord Europa. Vediamo ora la risposta delle vendite”. Cherry Passion utilizza il nuovo marchio ‘Romeo&Juliet’ per i propri prodotti e il brand ‘Cuori Rossi’ in particolare per i pomodori. In futuro questo marchio “potrebbe essere esteso anche alle ciliegie”, riferisce Stefano Pezzo. Dando uno sguardo all’estero, la Spagna è partita con un sensibile ritardo sulla tabella di marcia, attorno alle due settimane (ma anche fino a venti giorni), come annunciato da FEPEX, l’associazione dei produttori ed esportatori ortofrutticoli spagnoli. I numeri sviluppati nel Paese Iberico sono in crescita: nel 2017 la Spagna ha esportato oltre 29 mila tonnellate di ciliegie, il 22% in più rispetto al 2016, per un valore vicino ai 74,5 milioni di euro, segnando un +9% rispetto all’annata precedente. Le esportazioni si concentrano tra maggio e giugno, con quest'ultimo mese che lo scorso anno ha rappresentato praticamente la metà della merce totale inviata. Sull'export la Spagna sta guardando sempre di più a Oriente, puntando su Paesi come Cina, Corea del Sud, Taiwan, Vietnam e Thailandia. Ma, per l’Italia, non mancano altri competitors agguerriti, che promettono di dare battaglia. Buone aspettative riguardano Grecia e Turchia, che fanno dell'esportazione il proprio cavallo di battaglia. A giugno si potranno tirare le somme sulla sfida commerciale delle ciliegie in Europa.
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CILIEGIE
come detto, a calibri medio-grandi. Quest'anno il prodotto certificato con l'IGP, che viene garantito dai 450 soci del Consorzio, sarà in aumento. Il prodotto di Vignola marchiato IGP lo scorso anno aveva toccato il 65% del totale, una percentuale che dovrebbe aumentare nel corso del 2018. Invece buona parte della produzione non certificata, perché non rientra negli areali definiti dall’IGP, ma che comunque mantiene ottimi livelli qualitativi, viene commercializzata con il marchio ‘Tentatrice’, che sta ottenendo un buon riscontro. L’obiettivo, nella zona, è comunque lavorare per far crescere l’IGP. Il direttore del Consorzio della ciliegia di Vignola lancia un allarme sui ricarichi lungo la filiera: “Il divario dei prezzi dalla produzione allo scaffale è troppo elevata, nonostante i passaggi siano molto limitati: dal campo il prodotto passa in cooperativa e da lì alla grande distribuzione organizzata. Tuttavia i divari sono enormi. Capita sempre più spesso di vedere alcune importanti catene distributive inserire nell’assortimento la ciliegia di Vignola per dieci giorni e poi toglierla dagli scaffali. Questo è dovuto per lo più a mancate vendite, non tanto per la qualità del prodotto, che è sempre di livello medio-alto, ma per i prezzi proposti. E ciò vale non solo per il prodotto di Vignola”. "Per esempio nel 2017 - continua Monari - ho personalmente visto del prodotto pugliese partire in produzione a quotazioni vicine a 2,5 euro al chilo e arrivare sui banchi della GDO a qualcosa come 7,80 euro. Un divario eccessivo, ma soprattutto un prezzo finale che scoraggia il consumatore”. Ci spostiamo in Veneto. Secondo Stefano Pezzo, titolare dell’azienda Cherry Passion di San Martino Buon Albergo (Verona) nonché presidente di Fruitimprese Veneto, bisognerà vedere se il tempo non favorevole dei mesi scorsi influenzerà davvero il mercato: “Se
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LOGISTICA
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Il polo di Orbassano coinvolto nel rilancio della ferrovia Mariangela Latella I treni europei dell’ortofrutta, questi sconosciuti. Al debutto, entro l’anno, due nuove connessioni refrigerate dell’autostrada ferroviaria di Viia, azienda spagnola specializzata nel trasporto su rotaia di semirimorchi. Collegheranno rispettivamente Orbassano (nel Torinese) a Calais (nella Francia settentrionale) e Le Boulou (in Occitania) a Mâcon (Borgogna). Obiettivo: sostenere il flusso import-export da e verso l’Inghilterra. Contemporaneamente, con il lancio di un programma europeo dedicato, l’hub di Saint Charles a Perpignan ha messo insieme, dall’inizio dell’anno, partner logistici della piattaforma francese e della cosiddetta zona franca di Barcellona che comprende, fra gli altri, il porto della metropoli catalana e il Mercabarna. “Il nostro obiettivo - spiega François Trouquet, direttore aggiunto del sindacato misto Pirenei-Mediterraneo MP2 - è di sviluppare nei prossimi due anni collegamenti ferroviari lungo l’asse nord-sud del Mediterraneo per garantire connessioni frequenti e stabili (al momento assenti) che passando dalla Francia arrivino in Germania e da lì si colleghino alla nuova via della seta verso la Cina. Inoltre intendiamo sviluppare nuove tecnologie finalizzate a trovare la soluzione al principale problema del trasporto deperibili su treno, ossia l’autonomia su lunga distanza dei vagoni nell’approvvigionamento energetico delle celle refrigerate”. Le iniziative di Viia e Saint Charles sono collegate alla necessità di sviluppare soluzioni sostenibili per il trasporto sulle lunghe distanze che siano una valida alternativa al trasporto su gomma che attualmente è il più diffuso ma
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Un’iniziativa spagnola collegherà la piattaforma torinese e il Sud della Francia con il porto di Calais per servire le esportazioni verso il Regno Unito. Novità anche per i trasporti via mare anche il più dannoso per l’ambiente. Basti pensare che ogni giorno, la frontiera franco-spagnola sulla rotta Barcellona-Perpignan è attraversata da qualcosa come tremila camion. Solo da Murcia, una delle regioni ortofrutticole più vocate, partono ogni giorno duemila camion. Luca Lanini, docente di logistica agroalimentare e supply chain management dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, così commenta: “Queste iniziative ci dimostrano che finalmente qualcosa si sta muovendo nella direzione del trasporto refrigerato su rotaia ma i passi da compiere sono ancora tanti”. Ma Miguel De Sanjuan, responsabile del Business development iberico per Viia, precisa: “Stiamo lavorando affinché la ferrovia diventi un’alternativa sempre più efficiente per gli esportatori ortofrutticoli. Attualmente il trasporto refrigerato riguarda il 20% della nostra attività ma è un settore in continua crescita, specie sulle rotte strategiche, come ad esempio quelle verso l’Inghilterra”. I semirimorchi refrigerati, una volta caricati sul treno, si alimentano con un proprio generatore che garantisce autonomia fino a cinque giorni. Una soluzione alternativa e sostenibile al trasporto su strada a parità di transit time: 12 ore dall’Occitania alla Borgogna (peraltro oggetto di grandi svendite di terreni) e 24 da Orbassano a Calais. Tempistiche che rimettono in gioco anche le connessioni intermodali tra trasporto marittimo e ferroviario e che rendono la partnership tra l’ar-
matore italiano Grimaldi e Viia sul flusso Civitavecchia-Barcellona, particolarmente importanti per gli esportatori italiani, soprattutto della Piana del Sele, cuore pulsante della produzione italiana di insalata per la IV gamma. Per avere un’idea del flusso di merci deperibili che transita da Barcellona, basti pensare che su un giro d’affari annuo di 17 milioni di euro su tutti i porti spagnoli, solo 900 mila riguardano il flusso di lattughe, cetrioli e cavolfiori, nel solo porto catalano, destinate, per il 93% al mercato nordeuropeo. “Il trasporto refrigerato sia ro-ro che ro-pax - spiega Sebastiano Cirnigliaro, del dipartimento commerciale Short Sea di Grimaldi Logistica Spagna - sta crescendo mediamente del 5% ogni anno da almeno cinque anni. Su 165 camion che imbarchiamo ogni giorno, circa 50 sono reefer. A tal fine stiamo investendo moltissimo sull’automatizzazione dei sistemi”. È stata lanciata un anno fa la nuova piattaforma online sviluppata dall’armatore napoletano per i propri clienti e basata su un sistema cosiddetto GRG che permette agli operatori di realizzare il booking in totale autonomia e di avere una tracciabilità al 100% dei propri carichi. Il porto di Barcellona che intercetta le rotte dell’ortofrutta da e per il Sudamerica, è oggetto di un progetto relativo al corridoio ferroviario ovest-est del Mediterraneo presentato alle autorità catalane lo scorso 2 ottobre da una cordata italiana guidata dall’Autorità portuale di Civitavecchia.
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Aziende informano
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Il reparto della frutta esotica cambia marcia con èSquisita! Spreafico lancia èSquisita!, la nuova marca di frutta esotica che è accompagnata da un innovativo progetto di Category Management pensato per valorizzare il reparto della frutta esotica. èSquisita! promette al consumatore un nuovo piacere del palato e tanta nuova conoscenza grazie ad un articolato sistema di etichette e cartellonistiche presenti sulla frutta e sul punto vendita dalle quali è possibile apprendere informazioni sulla frutta esotica in maniera semplice e divertente. IL CATEGORY MANAGEMENT: èSquisita! è accompagnata da un progetto completo di Category Management grazie a soluzioni espositive pensate per ogni punto vendita, dai più piccoli Negozi Tradizionali ai più grandi Supermercati e Ipermercati. Le isole di frutta èSquisita! presentano infatti una dimensione variabile che va dai 120cm di lineare capace di contenere 9 referenze, fino ai 240cm di lineare che ospita 13 referenze per un totale di massimo 18 colli. I punti vendita più piccoli, quelli tradizionali, possono invece contare su soluzioni espositive denominate Stand Alone che permettono di valorizzare anche meno di 4 colli di frutta. Ciascun collo di frutta è accompagnato da un sistema di cartellonistiche che comunicano più per immagini che col testo, ricche di informazioni rilevanti per il consumatore finale e pensate per guidarlo verso una scelta di acquisto consapevole. In queste cartellonistiche è possibile ad esempio vedere un’immagine del frutto aperto e chiuso, scoprire come riconoscere il giusto grado di maturazione di ogni frutto, imparare una ricetta veloce o apprendere come tagliare e conservare la frutta esotica. Non
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Il progetto di Category Management della frutta esotica èSquisita! trova la sua massima espressione nell’isola espositiva da 240cm contenente 13 referenze di frutta per un massimo di 18 colli
Per favorire la conoscenza della frutta esotica, ogni cassetta di èSquisita! è accompagnata da una cartellonistica che fornisce al cliente tante informazioni utili sulle modalità di taglio, conservazione, grado di maturazione ecc…
mancano neppure informazioni legate ai valori nutrizionali di ciascun frutto o a quei claim salutistici che sono necessari per legge. LA FRUTTA: La gamma di frutta esotica èSquisita! è costituita da 13 referenze sfuse e confezionate per ogni stagione dell’anno: il Mango (Premium e Classico), l’Avocado (Verde e Hass), la Papaya (Golden e Formosa), il Passion Fruit, il Lime, il Cocco, il Pomelo, il Banani-
to, l’Alchechengi e la Melagrana. A queste, durante le festività natalizie, si aggiungono altre 3 referenze stagionali: i Lichi, la Pitaya Rossa e la Granadilla. Ciascun frutto è venduto a pezzo, presenta un cod. EAN e non necessita quindi di essere pesato per semplificare il più possibile il processo di acquisto. Ad ogni frutto è inoltre applicata un’etichetta che riporta il nome del frutto stesso, un payoff quale valida ragione per acquistare il prodotto e una combinazione di colori che costituiscono una sorta di legenda a disposizione del consumatore per comprendere il corretto colore della polpa matura. LE PERFORMANCE “Dopo aver testato per un anno il progetto di Category Management di èSquisita! all’interno dei punti vendita della Grande Distribuzione, abbiamo potuto riscontrare delle performance eccezionali che hanno fatto registrare vendite triplicate (sell-out a valore) e volumi raddoppiati” spiega Luca Dal Toso, Marketing & Trade Marketing manager. www.esquisita.it info@esquisita.it Maggio 2018
DISTRIBUZIONE
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Crai, numeri record nel 2017 E il 2018 apre con l’e-commerce Un 2017 da record per il Gruppo Crai. L’azienda ha infatti registrato un incremento del 5% del proprio fatturato che ha superato quota 6,2 miliardi di euro (5,9 miliardi nel 2016). I dati positivi non finiscono certo qui dato che lo scorso anno Crai ha aperto i 272 nuovi negozi nel canale food e altri 93 nel canale drug (igiene per la casa e la persona), portando così il numero totale dei suoi punti vendita a oltre 3.400 con più di 1.000 imprenditori coinvolti. Addirittura nel settore drug Crai ha una quota di mercato del 10,1%, superiore a quella di Esselunga (8,4%) e a un passo da Coop Italia e Conad (10,4%). Numeri che seguono un trend di crescita che dura ormai da 10 anni, nonostante la crisi economica e la contrazione nei volumi dei consumi. Se il 2017 va in archivio con numeri “importanti”, il 2018 potrà invece essere ricordato come l’anno dello sbarco di Crai nel settore dell’e-commerce di prossimità o a chilometro zero grazie al progetto Craispesaonline, portato avanti in collaborazione con il Politecnico di Milano. Questo nuovo servizio, come ha spiegato l’amministratore delegato di Crai Marco Bordoli, intervenendo nel corso della conferenza stampa di presentazione del progetto, “sarà solo una versione più tecnologica rivolta ai nostri clienti, vecchi e nuovi”. Il progetto e-commerce è stato concepito nel 2017 e dopo una prima fase di creazione della struttura e messa a punto dei sistemi è poi ufficialmente partito dal gennaio 2018. I punti vendita che già offrono quest’innovativa esperienza di consumo sono 41 distribuiti tra Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Sardegna e Veneto e l’obiettivo di Crai è di arrivare, entro la fine dell’anno, a quota 250. I primi dati raccolti
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Fatturato oltre i 6,2 miliardi di euro per più di 3.400 punti vendita
Marco Bordoli, ad del Gruppo Crai
mostrano che sono soprattutto le donne a utilizzare il servizio di ecommerce, il 37% dei clienti lo utilizza da mobile e lo scontrino medio si attesta sui 46 euro. In particolare Crai punta a sviluppare l’e-commerce nel settore food and grocery, un settore che nel 2015 in Italia valeva solo 440 milioni di euro, saliti a 849 milioni di euro nel 2017 con una quota di penetrazione totale dello 0,5%. Una quota molto bassa quella del mercato italiano se si pensa che nel Regno Unito gli acquisti on line dei consumatori nel settore food and grocery rappresentano l’8% del totale, in Francia il 6% e negli USA il 2%.
Sainsbury’s e Asda: incontro tra colossi nel Regno Unito Due fra le catene distributive più note del Regno Unito, Sainsbury’s e Asda (controllata del gruppo americano Walmart), sono prossimi a siglare un accordo di fusione del valore di 12 miliardi di sterline, che controllerà il 31% del mercato britannico del settore alimentare con oltre 2.000 negozi in tutto il Paese, a cui se ne aggiungono 800 a marchio Argos (attualmente in totale 360 mila dipendenti). Con la fusione, si creerebbe un polo della grande distribuzione con ricavi per circa 51 miliardi di sterline, guardando i bilanci 2017, e basato oltre che su 2.800 punti vendita anche su siti internet di vendita al dettaglio con circa 47 milioni di transazioni a settimana. La fusione - precisa ITA London dovrebbe consentire di superare il colosso Tesco che proprio pochi mesi fa ha acquisito l’importante gruppo Booker per 4 mi-
liardi di sterline. In genere Sainsbury’s si rivolge a un pubblico di acquirenti di fascia medio alta, mentre Asda a compratori con minori disponibilità economiche. Le vendite combinate ad oggi di Sainsbury’s e Asda ammontano a 51 miliardi di sterline, circa il medesimo ammontare di Tesco. L’accordo deve ricevere il via libera dell’anti trust britannico (The Competition and Markets Authority). Sainsbury’s, il cui maggior azionista è la Qatar Investment Authority, è supportato nell’operazione da UBS e Morgan Stanley, mentre Walmart, che controlla Asda dal 1999, è supportata da Rotschild.
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MONDO
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Report da Medfel: la Francia punta le sue carte sul bio Mariangela Latella Bio, bio e ancora bio, taglio dei costi della logistica (innanzitutto a livello nazionale), innovazione e, vero must 2018, riorganizzazione dei modelli produttivi e distributivi nazionali senza dimenticare però che una quota importante di prodotto, specie bio, continua ad arrivare dall’estero. Queste le linee guida alla base della nuova strategia francese per il settore ortofrutticolo che sono emerse nel corso della prima giornata del Medfel, la fiera ortofrutticola che si tiene ormai da dieci anni nel capoluogo occitano di Perpignan e che si è chiusa giovedì 26 aprile. Si tratta di progetti ambiziosi per i quali il comparto francese chiede sempre più a gran voce il supporto del governo (mai avuto finora per il settore primario che rappresenta una piccola percentuale del PIL nazionale) e - più timidamente - del sistema distributivo francese che siede insieme a tutti gli altri attori nel tavolo interprofessionale più antico e consolidato d’Europa. Progetti che puntano in alto l’asticella degli standard bio proprio in tempi in cui l’Europa, per contro e non senza aspre polemiche, l’ha livellata al ribasso con l’ultimo regolamento in materia. Nuovi risvolti di mercato che forse, dati gli alti trend di consumo francese di prodotti certificati, apre nuove opportunità per gli attori italiani, proprio in quella finestra di mercato rappresentata dall’impossibilità delle produzioni francesi (soprattutto bio) di soddisfare la domanda interna. "Oggi circa il 70% dei francesi è un acquirente di prodotti biologici almeno una volta a mese - ha spiegato Bruno De Moura Fernandes, economista del centro di
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A livello strategico il tavolo interprofessionale più antico e consolidato d’Europa vuole portare ad una stretta alleanza la produzione, la distribuzione e le istituzioni politiche
ricerca Coface – esattamente il doppio rispetto al 2003. Di questi, la metà li consuma quotidianamente o settimanalmente rispettivamente nella proporzione del 16 e nel 34% dei casi mentre nel 2012 chi consumava quotidianamente o settimanalmente Bio superava di poco il 20% del campione”. I dati rivelano un segmento di mercato in forte crescita specie negli ultimi cinque anni anche in funzione del differenziale di prezzo su ortofrutta convenzionale che, dal 2009 al 2017, si è praticamente eroso passando dal +30% del 2009 al +5% del 2017. Se da un lato questo aiuta a far crescere la domanda di prodotti salutari e sostenibili da parte delle famiglie, d’altro canto spinge le aziende a riorganizzare i propri modelli produttivi per renderli sostenibili anche economicamente. “Oggi è impensabile continuare a ragionare per singole unità produttive - sottolinea De Moura Fernandes -. La redditività arriva aumentando in modo significativo la media poderale delle aziende agricole anche attraverso processi aggregativi”. La tendenza messa in luce dai dati Coface, evidenzia un costante incremento delle superfici coltivate a bio. Dal 2001 al 2017 si è
passati da poco più di 200 ettari a oltre 1.200 (+500%) con circa altri secicento in conversione che porteranno da qui a due anni un totale di duemila ettari certificati. La contropartita sarebbe l’aumento dell’esposizione al rischio di fitopatologie e, a tal proposito, Dominique Senecal di Biotopo, sottolinea l’importanza dell’innovazione anche in funzione di “prevenire l’insorgere delle malattie e intervenire adeguatamente". "Oltre a nuovi modelli produttivi - precisa Senecal - servono nuovi schemi distributivi nazionali per consentire l’approvvigionamento dei retailer alle esigenze di questa tipologia di prodotti. Il discorso vale soprattutto per i supermercati che stanno facendo i conti con l’espansione di altri canali di vendita come, ad esempio, i discount stranieri, come quelli tedeschi, che stanno attaccando al cuore il sistema distributivo francese. Occorre lavorare sulla redditività dei produttori senza intaccare il potere di acquisto delle famiglie, in questo senso si può dire che l’industria bio dipende dai finanziamenti statali e, in genere pubblici, ma vanno coinvolti anche gli attori della distribuzione per studiare nuovi schemi”. In questo senso tra le novità premiate quest’anno nella sezione Fel’Innov, che promuove l’innovazione del settore, ce n’è stata anche una legata alla distribuzione e riguarda la piattaforma di 5AM market (www.5ammarket.com) lanciata ufficialmente nel corso di quest’edizione del Medfel, che raggruppa tutti gli
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MONDO
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L’intervista. Chantal Passat: “Il Medfel cerca nuovi partner e guarda a Spagna e Italia”
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Il decimo anniversario della fiera di Medfel, che si è svolta a Perpignan dal 24 al 26 aprile, ha visto il settore ortofrutticolo francese fare massa critica intorno all’evento più importante del comparto ortofrutticolo francese. Chantal Passat (nella foto) che guida la fiera dalle sue origini, entra nel dettaglio in un’intervista concessa in esclusiva per il Corriere Ortofrutticolo. Quest’anno Medfel celebra il 10 anniversario. In questo periodo come si è caratterizzato il ruolo e la funzione di questa fiera? “Possiamo dire che, pur essendo una fiera piccola, siamo specializzati negli incontri B2B considerato che ogni anno si generano circa 5mila incontri diretti tra gli operatori. Quest’anno sono presenti oltre 150 buyer provenienti da 50 Paesi. Questo ci caratterizza come una fiera internazionale. Il decimo anno è un anniversario importante, ringraziamo i nostri partner per la loro fedeltà”. Ci può dare qualche dato numerico sulle partecipazioni? “In termini di espositori stiamo parlando di 250 aziende ma se guardiamo alle superfici che a queste sono collegate, parliamo dei più importanti operatori francesi da Blue Whale a Saveol, per citarne alcuni, a Perle du
Nord. L’obiettivo di quest’anno è stato quello di fare massa critica per attirare l’attenzione del governo su questo settore che ha bisogno di un sostegno attraverso finanziamenti statali per continuare con i suoi obiettivi di crescita”. A conclusione degli stati generali dell’agricoltura, fine 2017, il presidente Macron ha espresso la sua massima disponibilità a sostenere il settore agricolo. Quale seguito ha avuto questo endorsement ufficiale? “Fino ad ora nulla. Vedremo cosa accadrà nel futuro. Una cosa è certa, il settore chiede a gran voce il sostegno pubblico e la massa critica fatta dalle grandi aziende francesi in questa fiera serve anche per mostrarci compatti davanti alla politica”. L’Occitania, la regione in cui si celebra il Medfel, rappresenta uno dei cuori nevralgici della
produzione agricola francese con più di 82 mila aziende agricole, quasi duemila aziende del settore agroalimentare incluse 400 cooperative ed un giro d’affari di circa 22 milioni di euro che genera il 14% dei posti di lavoro della regione. In che modo l’Occitania contribuisce al sostegno del settore e della fiera? “La Regione è proprietaria della fiera, che organizza insieme all’agenzia regionale per lo sviluppo economico e la finanzia per il 50%. Da tre anni il finanziamento è stabile”. La Francia è tra i primi acquirenti bio d’Europa, Quali nuove prospettive per la fiera offre la nuova partnership tra Occitania, l’hub logistico di Saint Charles e le realtà catalane del Mercabarna e del porto di Barcellona? “Ipotizziamo un aumento del flusso di merci anche in funzione del fatto che pensiamo a Medfel come ad una fiera del Mediterraneo a cominciare dalla logistica. In questo senso stiamo cominciando a guardare a nuovi partner per l’evento anche al di fuori dei confini francesi”. Per esempio a chi? “Guardiamo agli altri Paesi produttori del Mediterraneo come la Spagna o l’Italia”. (m.l.)
attori della filiera con progetti comunicativi e vetrine su misura, al fine di semplificare il loro approccio quotidiano al mercato. Offre sia servizi gratuiti come il catalogo e la pagina web dell’azienda, che a pagamento (a prezzi modici) offrono consulenza e servizi di comunicazione altamente professionali. La strategia francese va, in un certo senso, in direzione opposta da un lato a quella delle altre ‘potenze’ produttrici europee e, in
particolare, del Mediterraneo (come Spagna, Italia, Grecia e Portogallo) che spingono per l’apertura di nuovi mercati extraUE. D’altro canto inverte la rotta della Commissione mantenendo i propri standard bio più stringenti rispetto a quelli richiesti dalla nuova regolamentazione UE. Si tratta di obiettivi che richiedono un maggiore sforzo sui controlli, alla luce della diversa velocità europea e della sempre più elevata presenza nei mercati comunita-
ri dei Paesi del Nordafrica, come il Marocco e la Tunisia, presenti anche in fiera, che, pur lavorando con flussi importanti di frutta e verdura verso il nord del Mediterraneo, devono ancora fare molto per innovare le loro filiere. A tal proposito, ha chiarito Dominique Senecal, “i fornitori stranieri di prodotti bio ai quali ci rivolgiamo per completare la nostra offerta, dovranno soddisfare comunque i nostri standard che controlliamo con scrupolosità".
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Maggio 2018
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MONDO
Partenza 2018 con lo sprint per Del Monte Buon inizio d’anno per Fresh Del Monte. Nel primo trimestre del 2018 il colosso americano ha sviluppato un fatturato di 1,1 miliardi di dollari contro 1,03 miliardi dello stesso periodo dell’anno scorso. Un risultato dovuto alle buone vendite di frutta fresca e banane. Nei primi 90 giorni dell’anno Del Monte ha venduto banane per 453,2 milioni di dollari, otto milioni in più rispetto ai 445,1 milioni dello scorso anno. Nonostante i volumi siano calati dell’8%, il prezzo di vendita è cresciuto dell’11% a livello mondiale, ciò ha portato l’utile lordo in questo segmento a 52,1 milioni di dollari rispetto ai 35 milioni dell’annata precedente. L’altra frutta fresca ha generato a valore 573,9 milioni di dollari, quasi 70 milioni in più rispetto ai 506,2 milioni del 2017. L’aumento è dovuto alle maggiori vendite in quasi tutto il segmento. L’utile lordo è sceso a 46,7 milioni di dollari (2017: 48,4 milioni). Analizzando nello specifico gli altri prodotti, il fatturato degli ananas Golden è salito dell’8% a 120,1 milioni di dollari, il volume è aumentato del 16% con un prezzo inferiore del 6%. Gli avocado sono cresciuti del 35% in volume ma con prezzi inferiori del 12%, con un fatturato di 84 milioni di dollari (+19%). I prodotti non tropicali hanno visto un calo delle vendite del 15% per 66,1 milioni di dollari. Il volume è diminuito del 27% mentre le quotazioni sono aumentate del 17%. Le vendite di ortaggi sono salite a 18,9 milioni di dollari, quasi il triplo rispetto all’anno precedente.
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Cultiva in Florida con nuove serre L’alleanza con Taylor Farms ha permesso all’azienda veneta, già presente in California, di creare il più grande impianto degli Stati Uniti per la produzione di insalatine Nuova partnership strategica per Cultiva negli Stati Uniti. Attraverso la filiale americana Cultiva Farms USA, l’azienda dei Boscolo ha siglato un accordo con Taylor Farms, il più grande produttore americano di frutta e verdura fresh-cut. L’annuncio pubblico è stato dato in occasione del taglio del nastro delle prime 800 serre di produzione di baby leaf e del nuovo impianto di conservazione a freddo di Jennings (nella Contea di Hamilton in Florida), parte di un progetto da 10 milioni di dollari che consente di raffreddare, conservare e spedire il prodotto migliorandone la qualità e abbattendo i costi di trasporto, ottimizzando le tempistiche. L’obiettivo della joint venture è di creare una produzione significativa di baby leaf nella East Coast attraverso l’importazione delle tecniche di coltivazione italiane di Cultiva nel mercato statunitense. Questa collaborazione - sottolinea il management di Cultiva possiede un forte ‘Italian touch’ nella scelta di avvalersi di expertise, risorse, partner, software e strutture serricole italiane. A completamenti degli impianti, a Jennings esisterà il più grande sistema di serre di baby leaf degli Stati Uniti. Presenti alla manifestazione, oltre ai soci rappresentanti delle due aziende, alti esponenti governativi dello stato della Florida, personalità accademiche della Florida University, nonché gli enti governativi della Contea. Tra questi, la Hamilton County Development Authority (HCDA), che ha supportato l’azienda con una
Giancarlo Boscolo, leader di Cultiva
sovvenzione per sostenerne la crescita. Il presidente di Cultiva Farms, Federico Boscolo, dichiara: “La nostra volontà era di andare a coprire un bisogno, offrendo un’alternativa più locale alle produzioni della East Coast. Questo evento è stato importante sotto diversi punti di vista. Innanzitutto, ha permesso di annunciare ufficialmente la partnership, che ci rende orgogliosi. Inoltre, costituisce un virtuoso caso di collaborazione tra azienda privata ed ente pubblico e, infine, cosa di cui siamo fieri, ha un forte impatto sulla comunità locale”. Anche il Segretario al Commercio della Florida Peter Antonacci, che ha partecipato al taglio del nastro a nome del governatore Scott, ha mostrato il suo supporto, dando il benvenuto all’azienda nella comunità. Cultiva nasce dalla visione di Giancarlo Boscolo, il primo imprenditore a portare il radicchio negli States, rendendolo un prestigioso simbolo italiano. L’azienda ha base in Veneto, a Taglio di Po (Rovigo), con produzioni che si estendono su tutto il territorio Italiano - dalla Lombardia alla Sicilia - e sedi in USA e Regno Unito. Maggio 2018
MONDOFLASH
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SVIZZERA
Biologico da record Obiettivo: il 15% del mercato food La produzione bio in Svizzera avanza e il settore fa registrare cifre senza precedenti. Lo rivelano i dati diffusi a Basilea da Bio Suisse. La superficie agricola gestita in regime biologico ha raggiunto il 14,4%, una percentuale da primato. Nel contempo, il fatturato del bio ha superato i 2,7 miliardi di franchi, stabilendo un nuovo record. A fine 2017 le aziende che lavorano seguendo le direttive di Bio Suisse in Svizzera e nel Liechtenstein erano 6.423, 279 in più rispetto al 2016. Un numero crescente di persone reputa importante un’alimentazione responsabile, afferma il direttore di Bio Suisse Daniel Bärtschi. Gli svizzeri hanno speso 320
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franchi pro capite nel 2017 in prodotti bio, contro i 299 di dodici mesi prima. Le quote di mercato sono sensibilmente cresciute in tutti i Cantoni del Paese. In Romandia l’incremento è stato il più elevato. Nella Svizzera francese la percentuale di mercato del bio è ora pari all’8,8%, quasi al livello della Svizzera tedesca (9,1%). Anche nella Svizzera italiana (7,8%) l’evoluzione è stata positiva. Per quel che concerne le categorie di prodotti, le uova hanno la quota di mercato più alta, quasi il 27%. Al secondo posto vi sono gli ortaggi (23%), tallonati dal pane fresco (22%). Le principali fonti di fatturato del mercato bio rimangono i latticini e il formaggio, davanti a ortaggi, insalata e patate, mentre completano il podio carne e pesce. Bärtschi precisa che, nel quadro della strategia di Bio Suisse, entro il 2025 l’obiettivo è di raggiunge-
re nella Confederazione una quota del 25% della superficie agricola e del 15% del mercato di generi alimentari. ‘Diventeremo più sostenibili, più rilevanti e più incisivi’, ha proseguito, ma “la crescita non deve andare a scapito della qualità".
NUOVA ZELANDA
Accordi e nuove prospettive trade per Zespri in Cina Da anni la Cina è nel mirino di Zespri. Rispondere alle richieste sempre più esigenti di questo appetibile mercato è diventato tra principali obiettivi del colosso neozelandese. La strategia adottata si adatta pienamente all’evoluzione della domanda, sempre più attenta alla qualità e alla salubrità dei frutti oltre che al livello del servizio offerto. “Nel tempo
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MONDOFLASH
abbiamo costruito forti partnership con i nostri distributori, fornitori di servizi logistici e retailer nel Paese. Poiché ad oggi il mercato cinese richiede maggior sicurezza alimentare, l’intenzione è collaborare con i nostri partner per fornire kiwi Zespri sicuri, sani e di qualità superiore”, ha dichiarato durante la conferenza stampa di avvio campagna Holly Brown (nella foto), general manager Zespri in Cina. La produzione locale è un altro aspetto del piano di Zespri nella Terra del Dragone. Per il terzo anno consecutivo si sta lavorando con i produttori di actinidia a Shaanxi e Henan per produrre, confezionare e distribuire kiwi local. “Quest’anno Zespri acquisterà varietà autoctone, verdi e rosse, dalle province di Shaanxi e Henan, con l’intenzione di espandersi in altre zone”, ha spiegato Nick Kirton, external relations manager Zespri. “Questa stagione - afferma Kierton - sarà per noi fondamentale nel determinare se siamo in grado di produrre effettivamente in Cina nel rispetto dei nostri standard qualitativi”. Ma non finisce qui; anche l’online ha un ruolo da protagonista: per la campagna commerciale 2018 è già stata stabilita una fornitura di 330 mila vassoi di kiwi Zespri ai negozi Hema Fresh, il triplo rispetto ai 110 mila vassoi dello scorso anno. Hema Fresh è una delle sussidiarie per il fresco della società di ecommerce Alibaba, i cui negozi svolgono la funzione di magazzini di distribuzione. Il personale Hema Fresh gestisce direttamente gli ordini online confezionando i prodotti entro tre minuti dalla prenotazione per poi consegnarli ai clienti (in un raggio di tre chilometri) in un massimo di trenta
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minuti. Nell’ultimo anno Hema Fresh ha aperto 5 nuovi store per un totale di 38 negozi in tutta la Cina, la maggior parte a Shanghai. I piani per il futuro sono ambiziosi e promettenti: “Nei prossimi 5 anni si prevede di arrivare a 2.000 pdv”, ha recentemente dichiarato Sheng Cong, chief financial officer della catena. (c.b.)
SUDAFRICA /1
Gli agrumi del Capo tornano più forti sul mercato europeo Mentre il settore degli agrumi del Sudafrica si prepara per la nuova stagione, la Citrus Growers’Association (CGA) rende noto che le esportazioni verso la UE si sono riprese. Per la CGA, i volumi esportati in Europa nel 2016 sono stati pari a 710 mila tonnellate, salendo a 721 mila nel 2017. Da rilevare che il 90% di questi volumi in esportazione riguardano cinque Paesi tra cui i Paesi Bassi, che rappresentano oltre la metà degli invii, il Regno Unito (20%), il Portogallo e l’Italia (circa il 10%).
SUDAFRICA /2
Previsto un export record di avocado. L’UE nel mirino Il Sudafrica prevede per questa stagione un forte aumento delle esportazioni di avocado, che raggiungeranno livelli record di 66 mila tonnellate, rispetto alle 43.700 tons dell’anno scorso. Derek Donkin, del gruppo Subtrop, attribuisce l’aumento a migliori condizioni di crescita e all’entrata in produzione di nuovi impianti. “Il raccolto dello scorso anno è stato modesto a causa della siccità che abbiamo subito nelle zone di produzione”, afferma. Le due principali regioni di produzione del Paese sono le province nord-orientali del Limpopo e
del Mpumalanga. Vi è inoltre una buona produzione nel KwaZuluNatal e nei Capi orientali e occidentali. Donkin ritiene che quello di quest’anno sarà il raccolto più importante in termini di esportazioni. La produzione totale del Sudafrica è prevista per quest’anno a 125 mila tonnellate contro le 110 mila tons dell’anno scorso. La tendenza alla crescita dovrebbe continuare nei prossimi anni. Circa il 95% dei volumi viene spedito in Europa, con esportazioni anche verso il Medio Oriente e altri Paesi dell’Africa meridionale. Intanto vanno avanti i negoziati per l’apertura dei mercati cinese e statunitense.
REGNO UNITO
Nuovi trend: piace il frutto del baobab Contiene tre volte più vitamina C di un’arancia e ha incredibili livelli di antiossidanti, è ricco di ferro e magnesio ed aiuta a regolare gli zuccheri nel sangue: è il frutto del baobab. Conosciuto fin dall’antichità nel Continente africano per i suoi effetti benefici, oggi - anche grazie al suo sapore goloso che ricorda un mix tra ananas e melone - questo straordinario frutto sembra avere tutte le carte in regola per entrare da protagonista tra i superfood. E sta letteralmente conquistando il mercato britannico, importato dal marchio Bio Aduna con diversi prodotti in vendita nella catena di supermercati Yeo Valley. Secondo la rivista di settore ‘The Grocer’, dall’inizio dell’anno le vendite settimanali di prodotti a base di frutto di baobab sono aumentate del 27%. (c.b.)
Maggio 2018
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