Corriere Ortofrutticolo - giugno 2018

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MENSILE DI

ECONOMIA

E AT T U A L I T À

DI

SETTORE

corriereortofrutticolo THE FIRST ITALIAN MONTHLY ON FRUIT AND VEGETABLE MARKET |

ANNO XXXII Nuova serie Giugno 2018 Euro 6,00

daily news: www.corriereortofrutticolo.it

PROTAGONISTI ANNABELLA DONNARUMMA La signora di Eurogroup: “L’Italia recupera in Germania” PAG.39 FOCUS • PAG. 19 FRUTTA ESTIVA Giocare d’anticipo fa male alla qualità, al mercato e alle aziende

REPORT• PAG. 49 PICCOLI FRUTTI Da Huelva la conferma che l’Italia non cavalca il successo della categoria

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II Edizione 6-7 NOVEMBRE 2018 ROMA, Parco dei Principi


Le sfide di Centinaio E’ iniziata la navigazione del ministro Centinaio nel mare europeo dell’agricoltura. Al primo Consiglio europeo dei Ministri dell’Agricoltura in Lussemburgo il neoministro dell’Agricoltura e del Turismo ha affrontato i temi legati alla proposta della Commissione sul pacchetto di riforma della PAC post 2020. Come noto le risorse previste sono calanti e anche i tagli ai fondi di coesione vanno a colpire pesantemente le zone rurali. Senza contare che si riducono drasticamente i fondi a sostegno dello sviluppo rurale (cioè dei PSR) e quindi si colpisce direttamente il ruolo delle Regioni e delle politiche di sostegno delle imprese. Centinaio ha fatto il suo dovere: ha contestato i tagli, ha chiesto che l’agricoltura torni al centro delle politiche europee e nazionali. Ha chiesto più flessibilità, più semplificazione, più sussidiarietà. Ha esaltato la bontà del modello agricolo e alimentare “mettendo i cittadini nelle condizioni di conoscere in maniera chiara e inequivocabile la provenienza dei prodotti che finiscono a tavola e le materie prime utilizzate”. Poi “le norme più restrittive che il nostro sistema agricolo ha in materia ambientale, sanitaria e di benessere animale non devono tradursi in vincoli e più spese”. E “basta penalizzare le nostre imprese che si devono confrontare con competitor internazionali che hanno meno obblighi da rispettare e meno costi da affrontare. Vogliamo un mercato più giusto”. Insomma Centinaio ha fatto il suo dovere. Ma la strada è lunga , siamo solo alle prime schermaglie. Lo spazio negoziale c’è, fino all’autunno. Serve una presenza forte in Europa per portare a casa qualche risultato. Alzare la voce, mostrare i muscoli non serve a niente. Servono condivisione e alleanze coi partner in sintonia con noi, serve un fronte mediterraneo coeso. Serve gioco di squadra, altrimenti si finisce isolati e si torna a casa con le pive nel sacco. Il ministro avrà le sue gatte da pelare anche in Italia, a partire da un ministero da rimettere in carreggiata. Sarà un ministro dell’Agri-Turismo. Funzionerà? Sulla carta sì, se per agricoltura si intende solo food&wine. Ma l’agricoltura è il settore economico primario, ha un hardware tecnico strutturale che non si identifica solo con le eccellenze e le bellezze storico-artistiche-ambientali del Belpaese. Poi l’agricoltura nazionale deve fare i conti da un lato con Bruxelles e l’Europa, e dall’altro con le Regioni, che detengono quasi tutte le competenze in materia non solo agricola ma anche turistica. Quindi Centinaio si muove su un sentiero stretto, molto stretto. Tutti dicono che serve una politica agraria nazionale. Vero, verissimo. Però bisogna avere personalità e capacità di media-

✍ Lorenzo Frassoldati

Giugno 2018

zione. Vediamo di cosa sarà capace il ministro pavese. In una intervista al Messaggero Centinaio ha assicurato eguale attenzione a tutti i comparti “al vino - che è di moda - ma anche all’ortofrutta e alla pesca”. Grazie signor ministro, ci viene da dire, anche qui la attendiamo alla prova. Anche con le organizzazioni professionali il ministro dice di “volere un rapporto di collaborazione alla pari” con tutti, quindi senza privilegiare nessuno. Anche qui attendiamo i fatti. Sempre al Messaggero il ministro ha affidato alcune linee guida. Export: “i 41 miliardi non ci soddisfano”. Semplificazione burocratica? “La nostra priorità”. Trattati internazionali? “Dobbiamo difendere le nostre produzioni, sapendo che il mondo cerca e chiede cibo italiano e quindi dobbiamo continuare a lavorare per stipulare accordi mirati”. Caporalato? “La legge non è sufficiente, la cronaca di questi giorni dimostra che il problema non è risolto”. Questo il succo delle prime dichiarazioni di Centinaio ministro dell’Agri-Turismo. Siamo, come potete vedere, nella zona neutra e vaga del buonsenso. Vale per lui come per il resto del governo giallo-verde la formula: facciamoli lavorare, li giudicheremo dai fatti. Se questo è il governo del cambiamento, come ripetono alla noia, allora in agricoltura bisogna davvero cambiare. Basta con le chiacchiere sulle eccellenze, sui primati “che tutto il mondo ci invidia”. La realtà, che tutti gli addetti ai lavori conoscono, è un’altra. “Ci vuole una politica agraria nazionale che stimoli la crescita del settore, che sfrutti la grande reputazione del made in Italy, con la logica dello sviluppo (fatturato e occupazione), non del trionfalismo, del difensivismo e dell’imbalsamatura”, scrive su Terra e Vita (n.18/2018) Angelo Frascarelli. Parole sacrosante. E bisogna partire con una doverosa attenzione ai settori export-oriented come l’ortofrutta e dai bisogni delle imprese che producono ed esportano. Riassumibili in una parola: più competitività, più sostegno e servizi a chi tutti i giorni lavora per portare il made in Italy nel mondo. Solo un esempio: da quanto tempo non si apre un nuovo mercato importante per le nostre esportazioni di frutta? Da almeno 3 anni. L’ortofrutta reclama attenzione e ha posto alcune priorità al Tavolo nazionale convocato a fine 2017. Le rappre-

EDITORIALE

CORRIERE ORTOFRUTTICOLO

segue a pag. 5

PUNTASPILLI

CENTINAIO MON AMOUR Si è aperta la gara dei complimenti al ministro Centinaio. Tutti gli dicono bravo!, tutti lo adulano. Ma lui è il più furbo di tutti: a giorni alterni dà ragione a tutti. *

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Agnese, agricoltrice Villafontana, Verona

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Direttore responsabile: Lorenzo Frassoldati Redazione: Emanuele Zanini Hanno collaborato: Chiara Brandi, Duccio Caccioni, Mariangela Latella Sede operativa via Fiordiligi, 6 37135 Verona Tel. 045.8352317-Fax 045.8307646 e-mail: redazione@corriereortofrutticolo.it Editore Gemma Editco Srl Coordinatore editoriale Antonio Felice Comitato di indirizzo Duccio Caccioni, Antonio Felice, Lorenzo Frassoldati, Corrado Giacomini, Claudio Scalise (coordinatore) Sede legale e amministrativa: via Fiordiligi, 6 37135 Verona E-mail: redazione@corriereortofrutticolo.it P.IVA 01963490238 Fotocomposizione e stampa: Eurostampa Srl - via Einstein, 9/C 37100 Verona Autorizzazione Tribunale di Verona n. 176 del 12-1-1965 Spedizione in abb. postale comma 26, art. 2, legge 549/95 La rivista viene distribuita in abbonamento postale c/c n. 11905379 Abbonamento annuo: 70 euro per due anni: 100 euro abbonamenti@corriereortofrutticolo.it Chiusura in redazione il 26.06.2018

Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

Profilo: Corriere Ortofrutticolo si è affer-

mato come rivista “di filiera” del settore ortofrutticolo italiano. La rivista collega chi produce, chi commercializza e chi vende al pubblico, oltre ai settori connessi (dai macchinari ai trasporti). La diffusione è capillare in Italia, dove si è allargata alla grande distribuzione alimentare e al dettaglio.

Diffusione: 6.000 copie. Ripartizione del mailing: Dettaglianti 23%, Produttori 22%, Grossisti 19%, Distributori 12%, Import-export 6,5%, Servizi 5%, Tecnologie e Trasformati 2,5%, Altri 10% Giugno 2018

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Report da Helva. L’Italia non cavalca il successo internazionale dei berries PAG.49 le adesioni alla seconda edizione

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VIP. Tra cavolfiori e fragole le sosprese della Val Venosta

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CONTROEDITORIALE Caro ministro, l’agricoltura vale più del turismo

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Copertina - Protagonisti ANNABELLA DONNARUMMA L’Italia può farcela

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NOTIZIARIO

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RUBRICHE EDITORIALE Le sfide di Centinaio

PRIMO PIANO ALBICOCCHE E FRUTTA ESTIVA Giocare d’anticipo fa male al mercato e alle aziende 19 FOCUS FRUTTA ESOTICA Tropical Fruit Congress: serve un piano per mango e avocado

MERCATI&DISTRIBUZIONE Conad sale a 13 miliardi e diventa leader in sei regioni 43 Scontro tra discount Sbarca anche Leader Price

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VéGé: le insegne totalizzano 6,2 mld 46 Il Manifesto dei Grossisti Europei firmato a Rimini

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ATTUALITÀ MACFRUT. Prossimo focus: Africa 31

MONDO BERRIES. L’Italia è indietro

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APOFRUIT. Vola il biologico, crescono l’export e l’online

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INDIA. Boom delle mele italiane Chances per la frutta estiva

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NOCE ITALIANA. Accordo New Factor-Agrintesa

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UN CASO, UNA STORIA L’invenduto di ortofrutta diventa imballaggio e torna alla terra

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GENOVA. Piattaforma logistica e tante altre iniziative

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ASIA. Rivoira, RK Growers e Vi.P patto a tre sui mercati lontani 35 THE ROME TABLE. Aperte segue editoriale

sentanze del settore attendono la formalizzazione del Tavolo e di essere riconvocate per entrare nel merito dei problemi e delle soluzioni. Centinaio deve dimo-

strare che con l’ortofrutta fa sul serio, che quella convocazione sotto l’albero di Natale 2017 non era solo ‘ammuina’. l.frassoldati@alice.it www.corriereortofrutticolo.it

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Caro ministro, l’agricoltura vale più del turismo di Corrado Giacomini Il ministro Gianmarco Centinaio è stato intervistato su vari giornali, ma mi ha molto colpito la lunga intervista sul ‘ orriere della Sera' di lunedi 11 giugno tutta dedicata al turismo, delega che gli è stata trasferita dal ministero dei Beni Culturali, dove era stata originariamente allocata. Il ministro si vanta di aver chiesto e ricevuto questa delega, giustificata dal fatto, e qui concordo, che l’agroalimentare italiano “…è il più cercato nel mondo”. All’obiezione del giornalista che anche i beni culturali italiani “…sono i più importanti del mondo”, il ministro ha replicato che nel Ministero dei beni culturali “ .nessuno si è mai filato le organizzazioni del turismo”. Forse avrà ragione, perché certamente i governi precedenti non hanno mai dimostrato grosso impegno per il turismo come invece meriterebbe, ma non mi risulta che nel MIPAAF ci siano delle competenze adeguate, salvo quella del ministro, che ha una esperienza professionale nel settore. Non mi va per niente però, che il nuovo ministro delle Politiche agricole, agroalimentari e forestali nelle sue prime uscite pubbliche parli della delega aggiunta, il turismo, e non di quello che è il settore al quale dovrebbe dedicare il suo impegno principale. Lasciamo da parte il confronto tra il peso che l’agroalimentare e il turismo hanno nella formazione del PIL nel nostro Paese, che vede in ogni caso il primo settore vincente (14% vs 10%), ma dobbiamo considerare soprattutto, che l’agricoltura e le foreste occupano circa il 70% del territorio nazionale, un territorio sempre più massacrato dall’incuria e dall’intensificazione della presenza dell’uomo, per cui se si vuole salvare agricoltura e turismo assieme è sulla prima che si deve porre ogni attenzione. Inoltre, l’agricoltura è un settore che dipende in gran parte dalle politiche comunitarie, che concorrono per circa il 30% alla formazione del suo valore aggiunto, per cui mi pare grave che il ministro nella sua prima uscita pubblica non

Giugno 2018

affronti un tema urgente quale è il taglio previsto dei fondi del budget UE e la nuova riforma della politica agricola comune, di cui sono le proposte di regolamento. Capisco che il ministro abbia preferito affrontare nei primi contatti con la stampa i temi che gli sono più familiari, ma è bene che al più presto dimostri che la sua attenzione per il turismo non andrà a scapito delle sfide che dovrà affrontare per l’agricoltura, l’agroalimentare e le foreste italiane. Nell’intervista sul ‘Messaggero’, riportata dal Corriere Ortofrutticolo on line di lunedì 11 giugno, il ministro ha affermato, tra l’altro, che la legge sul caporalato “….non è sufficiente, la cronaca di questi giorni dimostra che il problema non è risolto”. Per un ministro, il cui capo partito se ne è uscito con la mitica frase “…la pacchia è finita”, rivolgendosi agli emigrati che ingrossano anche le file di quelli che vivono in condizioni sub-umane nelle baraccopoli che la televisione continua a mostrarci ormai da molto, troppo tempo, mi sembra un po’ pochino. Ma non meravigliamoci, perché di fronte ad alcuni recenti fatti di sangue non si sono mossi né le organizzazioni professionali, che rappresentano le imprese che assoldano quei disgraziati, e nemmeno i grandi sindacati dei lavoratori. Quei poveri disgraziati sono migliaia e non si può chiudere gli occhi per non vedere che caporali e salari da fame sono diventati la condizione normale per consentire alle imprese agricole di fare bilancio, a tutte e non solo a quelle che sono in mano a imprenditori legati alla malavita. Questi sono i problemi che deve affrontare un ministro dell’Agricoltura, perché di fronte a uno sfruttamento, che sembra non aver fine né limiti, diventiamo tutti responsabili: le istituzioni, le imprese agricole, le catene della grande distribuzione e anche noi consumatori, che non vogliamo sapere che quello che c’è sul nostro piatto viene da quei campi. E non mi si venga a dire che questa situazione di sfruttamento è dovuta alla competizione sleale delle produzioni ortofrutticole importate !!!

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CONTROEDITERIALE

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Incontro a Lerida sulle mele: l’Italia cerca nuovi sbocchi La campagna mele 2017/2018, segnata dalle gelate della primavera 2017 che hanno provocato un forte calo produttivo in tutta Europa, con l’Italia a -25% rispetto alla stagione precedente, si è di fatto già conclusa, con ottime quotazioni durante tutto il periodo. Tutte le varietà, anche le tradizionali, hanno beneficiato di una situazione di mercato carente sul fronte dell’offerta. Queste tendenze emerse a inizio giugno a Lerida, all’incontro del gruppo di contatto della mela tra Italia, Francia e Spagna. Sebbene sia prematuro parlare di previsioni di produzione per la stagione entrante, è stato anticipato che in Italia la fioritura e l’allegazione sono state molto buone. La primavera finora è stata piuttosto piovosa, ma la situazione fitosanitaria è tranquilla e non ci sono stati eventi climatici particolari che possano impattare su quantità e qualità del prodotto. Uno dei temi principali per i produttori di mele italiani rimane quello dell’export. Quest’anno la mancanza di mercati fondamentali, prima fra tutti quelli nordafricani, non è stata particolarmente percepita a causa della bassa produzione in Italia ed in Europa. La stagione entrante, al contrario, potrebbe essere condizionata negativamente dalla minore disponibilità di sbocchi per

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Bruxelles: Salvo Laudani vicepresidente di Freshfel All’assemblea annuale di Freshfel, l’associazione che rappresenta il sistema europeo dell’ortofrutta fresca, svoltasi l8 giugno ad Amburgo, sono state rinnovate le cariche. Alla presidenza è stato chiamato per la prima volta un esponente del mondo retail: il tedesco Stephan Weist, category manager ortofrutta della catena tedesca Rewe. Alla vicepresidenza è stato chiamato un esponente del mondo produttivo del Sud Europa, Salvo Laudani (nella foto), 59 anni, presidente di Fruitimprese Sicilia e direttore marketing del Gruppo Oranfrizer di Catania. “Sono onorato di questa nomina - ha commentato Salvo - non solo per la mia persona ma come riconoscimento per il lavoro che Fruitimprese svolge a favore del sistema ortofrutta Italia. E ancor più mi onora stare ai vertici di una associazione dove ha brillato la personalità di un grande imprenditore dell’orto-

frutta italiana come Pino Calcagni. Al neopresidente Weist assicuro tutta la mia collaborazione nella difesa degli interessi delle imprese del settore e per quanto mi riguarda lavorerò avendo un solo obiettivo: generare più valore per le nostre produzioni ortofrutticole, in sinergia col mondo del retail, e coinvolgendo il consumatore finale nella valorizzazione di prodotti che tutelano la salute dei nostri concittadini e sono volani di crescita economica e sociale per le grandi regioni del Sud Europa”.

l’esportazione in Nord Africa, a cui si aggiunge il permanere del blocco per l’accesso dell’ortofrutta in Russia. La lentezza e complessità dei negoziati sia a livello comunitario che nazionale non ha consentito l’apertura di alcuno sbocco dall’inizio dell’embargo russo. Se è certamente necessario accelerare i negoziati bilaterali dell’Italia con Paesi ad alto potenziale, sot-

tolinea Assomela, è necessario altresì che l’Europa, agendo come ‘single entity', rafforzi la propria azione negoziale e garantisca ai propri membri uguale condizioni di accesso nei Paesi terzi. Nell’incontro spagnolo si è citato anche il tema della concorrenza, su cui, dopo l’evoluzione positiva definita con il reg. UE 2393/2017 (Omnibus), si rende utile una maggiore chiarezza riguardo alle

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Cresce al sole e all’aria pura. Verdura dell’Alto Adige/Südtirol.

La verdura dell’Alto Adige cresce in montagna, al sole e all’aria pura. Si raccoglie da giugno a ottobre e arriva fresca al punto vendita. Per questo è molto amata e richiesta dai consumatori. www.verduraaltoadige.com


condizioni di applicazione nel contesto europeo. Il gruppo preparerà una posizione congiunta da presentare al prossimo gruppo misto in cui si chiederà di definire meglio i confini entro cui si muove la nuova norma.

Sì al trattamento a freddo del kiwi in partenza verso la Cina Dalla prossima campagna l’Italia potrà fare il trattamento a freddo del kiwi prima della partenza verso il mercato cinese. Importante per ottenere questo risultato è stato il ruolo svolto dall’ICE. Le autorità competenti cinesi hanno pubblicato la lista degli magazzini italiani abilitati ad effettuare il trattamento a freddo sui kiwi in magazzino prima della partenza e per fortuna si tratta di un elenco nutrito che comprende molte delle aziende che esportano in Cina. “In considerazione della fiducia che abbiamo guadagnato in questi dieci anni di esportazione del kiwi in Cina - commenta Simona Rubbi, responsabile Rapporti internazionali e apertura nuovi mercati di CSO Italy - è fondamentale la massima attenzione delle imprese esportatrici al rispetto dei requisiti richiesti per il trattamento a freddo come ad esempio il numero di sonde necessarie, il posizionamento delle stesse, le registrazioni richieste, in modo da riuscire a confermare e consolidare la fiducia delle autorità cinesi”. La possibilità di fare il trattamento a freddo sul kiwi prima della partenza, può favorire le spedizioni anche via aerea o con il treno sfruttando le grandi potenzialità dell’apertura della linea ferroviaria che ripercorre la Via della Seta. L’export di kiwi italiano in Cina ha superato le 13 mila tonnellate annuali e la tendenza prevista è di una ulteriore crescita. I positivi risultati sul kiwi sono un successo del lavoro coordinato tra Giugno 2018

ICE, ministero dello Sviluppo Economico, CSO Italy, Servizi Fitosanitari regionali. Il prossimo step riguarderà la pubblicazione della lista dei magazzini autorizzati per gli agrumi. Le autorità cinesi hanno fatto sapere in proposito che ci vorrà ancora un po’ di tempo, in considerazione del fatto che, da parte dell’Italia, sono state richieste modifiche al protocollo (richiesta di trasporto aereo) che sono in fase di valutazione. Il via anche per gli agrumi non dovrebbe comunque essere lontano.

In Inghilterra Oranfrizer sfonda con il Tarocco e lancia le spremute Grazie alle nuove varietà messe a dimora in Sicilia, la stagione agrumaria di Oranfrizer è arrivata quest’anno a giugno, con il mantenimento di buoni standard qualitativi. In particolare si è allungata come mai prima la stagione dell’export, in particolare verso l’Inghilterra dove il volume di vendite di Oranfrizer, nella stagione 2017/18, si è incrementato del 55%. “Il clima favorevole e l’alta qualità del raccolto di arance rosse Tarocco ci ha consentito di avere maggiori volumi di agrumi con sapore e colore eccellenti, top quality insomma, sia da un punto di vista organolettico che da un punto di vista estetico” commenta Nello Alba, amministratore unico dell’azienda. “All’aumento delle vendite in Inghilterra - afferma l’export manager Sara Grasso - vanno aggiunti i riconoscimenti ottenuti come il premio assegnato proprio quest’anno da Mark&Spencer ad Oranfrizer in qualità di fornitore

innovativo dell’anno. Ci hanno premiato per aver proposto sul mercato nuove tipologie di agrumi, unici e speciali, e in particolare per la qualità del nostro Tarocco”. Sul mercato inglese Oranfrizer ha presentato a inizio giugno le nuove spremute in formato monodose, frutta semplicemente spremuta e confezionata in bottiglie da 200 ml. La nuova linea On The Go è già venduta in Italia e sarà inserita in nuovi mercati e canali di distribuzione esteri.

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Alibaba si propone per vendere arancia rossa di Sicilia in Cina Portare le arance rosse di Sicilia in Cina per il prossimo febbraio attraverso il marketplace di Alibaba, il gigante cinese dell’e-commerce, è l’obiettivo lanciato da Federica Argentati, presidente del Distretto Agrumi di Sicilia, durante il seminario ‘E-commerce per l’ortofrutta di qualità’ che si è svolto il 25 giugno al MAAS di Catania, presenti autorità siciliane e imprenditori. “L’e-commerce è un tema attualissimo e l’export verso la Cina è all’ordine del giorno fra gli impegni dell’assessorato - ha detto Edy Bandiera, assessore regionale all’Agricoltura -. Ci siamo impegnati ad aprire al trasporto aereo il protocollo e ritengo che la nostra agricoltura possa raggiungere livelli straordinari se tuteliamo i nostri prodotti accrescendo i controlli su quelli che provengono da fuori, valorizzandoli con una adeguata politica dei marchi, mettendo in campo risorse come i 7,5 milioni che finanziano il bando 5.2 del PSR di imminente uscita, destinati a combatterà il virus Tristeza”. Ad entrare nel vivo dell’opportunità di export verso la Cina è stato Manfredi Minutelli, senior business development manager di Alibaba Italia: “Ad Alibaba piacewww.corriereortofrutticolo.it

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NOTIZIARIO

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Dall’11 luglio Fresh Cut News, il settimanale online sulla IV Gamma con il patrocinio di AIIPA Il comparto della IV Gamma è il più innovativo e dinamico dell’intero settore dell’ortofrutta; negli ultimi dieci anni l’unico in controtendenza rispetto ad un andamento generalmente negativo dei consumi. Una propensione in costante crescita, che si riflette nell’attenzione dei canali distributivi rispetto a questa categoria di prodotto, GDO in primis: nei supermercati la penetrazione a scaffale raggiunge infatti il 90% mentre l’87% dei metri lineari in GDO è occupato da IV Gamma a marchio del distributore. Il trend si è confermato anche nel 2018 grazie ad un fatturato di 859,3 milioni di euro (dati Nielsen, mese terminante marzo). I dati essenziali che definiscono le dimensioni del comparto sono stati presentati alla Fondazione FICO di Bologna il 15 giugno dalla responsabile Marketing Intelligence di Nomisma Silvia Zucconi all’incontro di presentazione della newsletter settimanale online dedicata al comparto della IV Gamma: Fresh Cut News, che sarà prodotta da Gemma Editco, la nostra casa editrice, a partire dall’11 luglio. “Se al fatturato dei canali tradizionali, GDO e dettaglio, sommiamo quello generato dall’Horeca e dalle vendite all’estero di prodotti grezzi, oltre al valore generato dal comparto dei macchinari, scopriamo che il settore della IV Gamma ha un peso davvero importante, superiore a qualsiasi altro nell’ortofrutta", ha aggiunto Duccio Caccioni, coordinatore scientifico della Fondazione FICO e responsabile editoriale della newsletter. “È questo il motivo - ha precisato Caccioni - per cui credo che la IV Gamma meriti una pubblicazione ad hoc, che dia voce all’intera filiera. La collaborazione con No-

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Gianfranco D’Amico, presidente AIIPA IV Gamma e Silvia Zucconi di Nomisma

misma ci offrirà un eccellente osservatorio sul mercato italiano e la stessa cosa vorremmo farla per l’estero. L’intenzione infatti è avviare presto qualche partnership oltre confine. Ma non ci dedicheremo solo al mercato, l’informazione sarà a 360 gradi, riguarderà dal comparto sementiero a quello legato alle nuove tecniche post-harvest, spazierà dalla sicurezza alimentare fino alle innovazioni in fatto di impianti e macchinari. Insomma l’intenzione è concentrare tutte le ultime notizie del settore ‘portandole al di fuori’, soprattutto ai buyer della GDO”. “Trovo l’iniziativa estremamente interessante per dar voce ad un settore orgoglio del made in Italy”, ha affermato Gianfranco D’Amico, presidente del Gruppo AIIPA IV Gamma che patrocina l’iniziativa. “Il nostro Paese - ha spiegato - è stato il primo in Europa ad autoregolamentarsi introducendo una normativa di settore, seria e consapevole, tanto che gli standard di sicurezza imposti sono addirittura di riferimento negli Stati Uniti. Risultati importanti, che ci rendono

orgogliosi come operatori e che si riflettono nelle performance del mercato. Penso tuttavia che le riflessioni da fare siano ancora tante e in questo senso Fresh Cut News può offrire un vero servizio al settore”. L’incontro alla Fondazione FICO è stato moderato da Lorenzo Frassoldati, direttore del Corriere Ortofrutticolo, e si è concluso con l’intervento dell’assessore all’Agricoltura della Regione Emilia-Romagna e presidente di Arefhl (l’Associazione delle Regioni Ortofrutticole d’Europa) Simona Caselli. Il sostegno al nuovo magazine da parte di Tuttofood di Fiera Milano è stato testimoniato da Giustina Li Gobbi, exhibition manager della manifestazione, presente all’evento. La newsletter uscirà ogni mercoledì e raggiungerà tutta la filiera e i suoi stakeholder con notizie e approfondimenti esclusivi. Al progetto lavora una redazione di professionisti, parte dello staff della nostra storica rivista di settore. Interesse per l’iniziativa è stato manifestato da Cibus Tec e dalle principali realtà aziendali.

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rebbe lanciare l’arancia rossa di Sicilia sul mercato cinese in corrispondenza del capodanno cinese, a febbraio. Per cominciare si può avviare l’export di qualche container, in modo da presentare il prodotto in Cina su Mr Fresh, una delle nostre piattaforme on line che contano 552 milioni di consumatori attivi, e in modo integrato anche nelle nostre catene di supermercati Hema, posizionandolo in una fascia di mercato premium, di alta qualità. Alibaba ha un alto interesse verso un prodotto che oggi in Cina non c’è e che può arrivare solo dalla Sicilia. Naturalmente, bisogna creare un packaging e un logo accattivanti, una campagna di comunicazione che racconti l’italianità e la sicilianità per catturare il consumatore cinese. E’ ovvio, però, che prima bisogna superare tutte le difficoltà burocratiche previste dal protocollo siglato tra Italia e Cina

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sull’export degli agrumi, prima fra tutte l’autorizzazione al trasporto aereo e cominciare a lavorare con le aziende per avviare il progetto per tempo”.

CLI cede alla Zerbinati l’unità produttiva di Casteggio Centrale del Latte d’Italia SpA, terzo player italiano del mercato del latte fresco e a lunga durata, con posizioni di leadership in Piemonte, Liguria, Toscana e Veneto, e Zerbinati Srl, azienda di riferimento nella produzione di insalate e verdure pronte al consumo, convenzionali e biologiche e di piatti pronti freschi, hanno siglato una partnership industriale e commerciale nel settore delle insalate di IV gamma e di altri pro-

dotti vegetali. L’operazione, resa nota il 18 giugno, prevede la cessione da parte di Centrale del Latte d’Italia SpA a Zerbinati della business unit ‘Salads & Fruits’, localizzata a Casteggio (Pavia) e preposta alla produzione delle insalate di IV gamma. Parallelamente, l’accordo permetterà a Centrale del Latte d’Italia SpA, attraverso i propri canali di vendita, di commercializzare sui territori presidiati dal Gruppo le insalate e gli altri prodotti dell’ampia gamma Zerbinati (zuppe, vellutate, contorni, burger glutenfree e flan vegetali). L’accordo, approvato dal consiglio di amministrazione della Centrale del Latte d’Italia riunitosi a Torino sotto la presidenza di Luigi Luzzati, garantirà la continuità produttiva e l’impiego dei 26 addetti ad oggi presenti a Casteggio. “L’accordo raggiunto con Centrale del Latte d’Italia, grazie anche

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Buoni per natura e l’aria pura Fragole, lamponi e ciliegie dell’Alto Adige/Südtirol

In Alto Adige le fragole maturano da giugno a fine settembre, i lamponi da giugno a ottobre e le ciliegie da fine giugno a fine agosto. Crescono in montagna e all’aria pura. Per questo hanno un sapore più intenso, sono profumati, genuini e ricchi di vitamine. www.fragolealtoadige.com, www.ciliegiealtoadige.com


agli ottimi rapporti che intercorrono fra i vertici delle due società, rappresenta per la nostra azienda un passo importante per confermarci come player di assoluto rilievo nel settore della IV gamma”, ha commentato Simone Zerbinati, direttore generale di Zerbinati Srl. “Inoltre, attraverso questa partnership commerciale raggiungiamo anche l’obiettivo di una distribuzione sempre più ampia e capillare dei nostri prodotti, che oltre al canale consueto della Grande Distribuzione potranno essere acquistati dai consumatori anche nei loro negozi preferiti di zona”. Grande soddisfazione anche da parte di Giorgio Zerbinati, titolare dell’azienda, certo che questa sarà la continuazione di un nuovo sviluppo per la Zerbinati Srl. Con questa operazione, Zerbinati supererà i 50 milioni di euro di fatturato, contando più di 170 re-

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ferenze con l’utilizzo di materie prime fresche selezionate prodotte grazie all’impegno di più di 200 addetti sui 3 stabilimenti di Casteggio (Pavia), Casale Monferrato e Borgo San Martino (Alessandria).

Besana cerca partner per produrre in Asia ed Europa Centrale Incrementare le produzioni di frutta secca di qualità, favorendo lo sviluppo di un’economia agricola di filiera. Besana, azienda leader a livello mondiale nella lavorazione e commercializzazione di frutta secca ed essiccata, ha presentato a Macfrut 2018 un modello innovativo di internazionalizzazione. L’obiettivo è quello di valorizzare le coltivazioni di noci, nocciole e mandorle, crean-

do un progetto di filiera con i produttori di Europa Centrale e Centro Asia, aree in cui le caratteristiche pedo-climatiche permettono alle coltivazioni di performare al meglio. Il progetto prevede un investimento di due milioni di euro ed è stato avviato già da tre anni, grazie alla conoscenza delle caratteristiche varietali delle cultivar individuate dal Gruppo Besana in quasi 100 anni di attività e, in prima persona, dal presidente Giuseppe Calcagni (nella foto) nella sua lunga esperienza sul campo. Il progetto ha anche risvolti sociali importanti, quali la crescita di areali poco sviluppati.

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23-25 OTTOBRE 2018 INTERNATIONAL TRADE SHOW FOR THE FRUIT AND VEGETABLE INDUSTRY

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Emanuele Zanini Ci risiamo. Per la frutta estiva si profila un’altra annata difficile, figlia di una crisi strutturale da cui sembra al momento non esserci una via d'uscita praticabile. I prezzi decisamente bassi riscontrati fino alla metà di giugno non sono stati giustificati dai volumi, in generale calo, anche a causa del maltempo che ha in parte compromesso la produzione con gelate al Nord e grandine al Sud. Tra le drupacee riescono a rimanere a galla, seppur a fatica, le albicocche, che nella prima parte di giugno hanno scontato comunque un andamento di mercato piuttosto altalenante. L'inizio della campagna non è stato per niente facile. A partire dalla qualità delle produzioni e, di conseguenza, dai consumi, con prezzi mediocri. Per Mirco Zanelli, direttore commerciale del Gruppo Apofruit - che può contare su zone produttive sia al Nord che nel Mezzogiorno - la partenza della stagione (a fine maggio, ndr) non è stata soddisfacente, con risultati al di sotto delle aspettative: “Le Giugno 2018

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Giocare d’anticipo fa male al mercato e alle aziende Ancora una campagna di delusioni per le varietà precoci di albicocche e di altra frutta con nocciolo vendute alla GDO nonostante mancassero la necessaria qualità e maturazione quotazioni, seppur più alte rispetto al 2017, non sono state positive”. Negativo il commento anche di Giancarlo Minguzzi, titolare dell'omonima azienda di Alfonsine (Ravenna) e presidente di Fruitimprese Emilia Romagna che a inizio giugno ha confermato al Corriere Ortofrutticolo la partenza tribolata per le albicocche, a causa del poco prodotto e della scarsa qualità, almeno nella prima metà di maggio. “Il prodotto non è stato all’altezza dal punto di vista qualitativo. La frutta semplicemente non ha tenuto e non tutte le catene distributive hanno iniziato le vendite credendo in questo prodotto”, spiega Minguzzi. “Le prime varietà non sono state buone. È un problema cronico, che si trascina da anni. Le varietà migliori arrivano solo a giugno”. Minguzzi nonostante rimanesse fiducioso sul proseguimento della campagna che si pro-

trarrà almeno fino ad inizio settembre, ha dovuto ricredersi nelle settimane centrali di giugno, in cui si è assistito ad un livellamento generale verso il basso della produzione. “Andremo verso un miglioramento e la mancanza di merce dovrebbe mantenere su buoni livelli i prezzi. Ma c’è da lavorare ancora molto sul livello qualitativo delle varietà più precoci e sulla produttività”. Marco Eleuteri, direttore commerciale della OP Armonia di Battipaglia (Salerno) conferma quanto accaduto all’inizio della stagione: “Tutti si ostinano ad inviare alle catene distributive albicocche già nella prima metà di maggio. Le varietà precoci le vogliono tutti ma non sono buone. Non c'è nulla da fare. Le imprese che vogliono puntare alla qualità non dovrebbero programmare la campagna albicocche prima della seconda parte di maggio e puntare su www.corriereortofrutticolo.it

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Il solito drammone delle pesche: il prodotto non adatto all’export ingolfa il mercato italiano Dall’inizio di giugno in generale per la frutta estiva sono stati più dolori che sorrisi. Tanto prodotto e soprattutto qualità non sempre in linea con le aspettative. Per l’imprenditore campano Salvatore Secondulfo, a partire dall’8-10 giugno l’offerta di prodotto è aumentata in maniera consistente: "Molta merce non di grande qualità, a causa anche delle grandinate subìte. Molto prodotto non può essere esportato perché non raggiunge gli standard richiesti, ed è rimasto in Italia ingolfando il mercato interno”. “Si tratta di una crisi strutturale, di consumi e di prezzi, - conferma Secondulfo - con l’offerta superiore alla domanda a causa anche di accavallamenti produttivi causati dall’andamento climatico. Uno dei problemi è l’aspetto commerciale. Si sta assistendo ad una guerra dei prezzi fuori da ogni regola che rischia di far perdere tutti affossando il valore della frutta. Fino a fine maggio le quotazioni delle drupacee erano state migliori rispet-

to agli anni precedenti. Ma dall’8-10 giugno si è generata una crisi dei consumi che ha fatto crollare le vendite del 3040%”. Le difficoltà riguardano le albicocche ma anche e soprattutto le pesche e nettarine. Su quest’ultime due produzioni, la partenza era stata anche buona con previsioni che parlavano a fine maggio, primi di giugno, di prezzi superiori anche del 20% per mancanza di prodotto e domanda più elevata. Poi il crollo dei prezzi. Per Giancarlo Minguzzi, a capo dell’omonima OP ravennate, si conferma basso l’interesse per le pesche “per effetto anche di un problema strutturale. Esistono zone poco vocate che produrranno sempre cattiva qualità, con frutta non buona da mangiare e senza tenuta. Il punto è che ci sono zone vocate e altre no, dove però si continua a produrre. La smania poi di vendere subito il prodotto prima della reale partenza della stagione genera un crollo dei prezzi, che non fa altro

che danneggiare tutto il comparto. Bisogna alzare i parametri della qualità, con un minimo grado brix e shelf life. Altrimenti il settore non si potrà risollevare”. Per Mirco Zanelli, direttore commerciale di Apofruit, c'è stato un avvio discreto di pesche e nettarine alla fine di maggio, con buone richieste, con la presenza spagnola meno pressante rispetto ad altre annate. Da giugno però il mercato si è complicato. Sulle ciliegie, la campagna è partita in ritardo, con volumi scarsi sul precoce. A fine maggio le quotazioni erano in linea con le aspettative con raccolto in calo. Per quanto riguarda le susine, Zanelli anticipa come la stagione sia in ritardo, con volumi inferiori rispetto ad un’annata normale. Sul bilancio relativo alle fragole Zanelli parla di una produzione inferiore del 15-20% al Sud, in particolare in Basilicata. I prezzi sono stati più alti per mancanza di prodotto. Volumi in calo anche in Campania. (e.z.)

Calo produttivo generalizzato in Europa con l’eccezione della Grecia per le percoche Le stime produttive di pesche e nettarine in Europa, aggiornate al 24 maggio, confermano il calo produttivo preventivato già ad inizio maggio. A confermarlo è CSO Italy. In Europa sono previste a livello complessivo 3.670.000 tonnellate, -8% sul 2017. Se escludiamo le percoche, prevalentemente destinate all’industria, il calo produttivo arriva al 11% sul 2017. Solo la Grecia evidenzia produzioni in crescita, mediamente un +20%, incremento che però influenza a livel-

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lo europeo in particolare la produzione di percoche, perché maggiormente presenti in questo Paese. In calo la produzione in Spagna, che con poco oltre 1.500.000 tonnellate, segna un 11% sul 2017 a livello complessivo di specie. La diminuzione rispetto allo scorso anno è più consistente nelle zone medio/tardive di Catalogna e Aragona, dove le pesche sono previste inferiori del 15% e le nettarine del 18% sul 2017. Nelle regioni più precoci, Murcia, Estremadura, Andalusia

le diminuzioni si attestano al 7% per le pesche e al 13% per le nettarine. In base alle stime del CSO, è in diminuzione anche l’offerta italiana: -16% sul 2017 con le aree più precoci del Sud che dovrebbero scendere di oltre il 20% e il Nord è previsto in calo del 13% sul 2017. Infine la Francia con circa 200 mila tonnellate dovrebbe flettere del 10% sul 2017. I cali, secondo le indicazioni ancora più aggiornate di giugno, potrebbero essere ancora più consistenti.

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Sopra, gli imprenditori Giancarlo Minguzzi e Salvatore Secondulfo Sotto, i manager Mirco Zanelli di Apofruit e Marco Eleuteri di AOP Armonia

frutta estiva, albicocche comprese, sono confermate da Salvatore Secondulfo dell'omonima OP campana. Sulle albicocche, secondo l'imprenditore napoletano (il commento risale a metà giugno, ndr), la campagna ha fatto registrare un calo produttivo del 25-30%, a causa del maltempo con gelate importanti in momenti topici per la maturazione del frutto. “Tutto questo ha influito sul prodotto minando il suo gusto ed il giusto grado di maturazione. La GDO ha mantenuto costante comunque la sua richiesta, sicuramente non eccedente soprattutto nel periodo precoce. Il rinnovamento varietale, che da sempre sostengo, ci consentirà di garantire il rapporto e la qualità che da sempre ci contraddistingue.

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giugno. Purtroppo ogni anno si registra la corsa ad arrivare per primi sul mercato. Ma questo porta ad effetti negativi, per tutto il comparto, non solo per le albicocche. Bisogna rinunciare alla tentazione di proporre il prodotto troppo presto. Sta alla sensibilità di ogni azienda rinunciare a partire con troppo anticipo. Diciamocelo, le albicocche a inizio maggio sono immangiabili. E i consumatori che le acquistano ne rimangono inevitabilmente scottati e si disamorano del prodotto e non lo acquistano più. In questo modo ci facciamo autogol. Serve che qualcuno ci bacchetti. Perché il comparto della produzione è troppo frammentato per auto-regolamentarsi. Ad intervenire potrebbe essere la grande distribuzione, che dovrebbe pretendere solo prodotto di qualità”. Eleuteri lamenta poi la mancanza di omogeneità di gusto: “Da fine maggio, inizio giugno le varietà di buona qualità iniziano ad essere pronte. Il problema è che ce ne sono almeno una decina. Sono troppe. Tutte buone ma con gusti molto diversi tra loro. Sugli scaffali ce ne dovrebbero essere al massimo tre. Serve studiare una comunicazione efficace e trasmetterla al consumatore, che, altrimenti, con troppe tipologie, ognuna con un proprio gusto, rimane disorientato. Serve, diciamo, una razionalizzazione del gusto”. E un esempio in tal senso, per Eleuteri, è rappresentato dalla ‘sua' pesca Saturnia, “con gusto uniforme e base genetica ristretta. Questo genera fiducia crescente nel consumatore”. OP Armonia quest’anno rimarrà in linea con i volumi di albicocche dello scorso anno, attorno ai 5-6 mila quintali, lavorati tutti a mano: “Stiamo cercando - conclude Eleuteri - di individuare una nostra specifica linea varietale, almeno per il brand Dolce Albicocca, con l’obiettivo di definire caratteristiche organolettiche e di gusto uniformi”. Le difficoltà commerciali sulla

La nostra OP, grazie alla aggregazione tra piccoli e grandi produttori, ci consente di sopperire alle carenze del prodotto e far fronte alle richieste della GDO, mantenendo costante anche i prezzi del mercato”. Le stime europee parlano di cali consistenti in quasi tutte le aree produttive (ad Europeche si prevedeva un -18% sul 2017, percentuale che probabilmente alla fine verrà ulteriormente ampliata), ad eccezione della Spagna, dove si prevede un incremento tra il 5 e il 10%. In generale, come si è ben capito dalle testimonianze raccolte, si tratta di una campagna deludente per le varietà precoci, con moderato ottimismo per le tipologie medio-tardive.

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Calabria California italiana. Investimenti da altre regioni e prodotti di qualità superiore È boom di nuovi impianti di drupacee in Calabria. Non sono solo i grandi gruppi ad essersi accorti del potenziale produttivo di questa regione ma anche le aziende del territorio che stanno progressivamente riconvertendo i vecchi impianti di agrumi, specie gli aranceti, sempre meno redditizi, alla produzione di pesche, nettarine e albicocche. Obiettivo: arrivare a realizzare dei prodotti di qualità, anche grazie alle condizioni pedo-climatiche ottimali, con elevate rese produttive in grado di competere sui mercati internazionali anche per la propria identità territoriale. Per il vicepresidente nazionale di Confagricoltura, Nicola Cilento, una delle chiavi di volta per questo settore ormai in crisi strutturale dichiarata, sarà la creazione di un marchio ombrello nazionale che accolga nel paniere del made in Italy anche le drupacee. Massiccia e veloce, l’espansione del gruppo emiliano-romagnola Apofruit che sta spingendo molto sulla creazione di nuovi impianti di drupacee calabresi insieme alle grandi aziende del Nord come, ad esempio, Mazzoni. “Il nostro obiettivo - ha spiegato al Corriere Ortofrutticolo il direttore di Apofruit Ilenio Bastoni, nostro Protagonista e vincitore tra l’altro dell’Oscar della Frutta 2017 - è quello di incrementare significativamente la nostra presenza in questa regione e ogni anno stiamo raddoppiando i volumi di drupacee conferiti dalla Calabria. Uno dei fattori di appeal, poi è l’alta percentuale di prodotto biologico perché questa è una delle regioni più vocale al bio d’Italia. Su tutta la produzione locale conferita ad Apofruit, la percentuale bio oscilla tra il 40 ed il 50%, ne va da sé che la Calabria per noi è de-

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Ilenio Bastoni, direttore generale di Apofruit e Nicola Cilento, presidente della OP COAB e vicepresidente nazionale di Confagricoltura

stinata a diventare una colonna portante del settore organic di Apofruit. Già nel 2017 su 322 milioni di fatturato, 100 milioni sono derivati dalla produzione biologica pari al 20% dei volumi. Mentre nei primi mesi di quest’anno abbiamo registrato una crescita mensile del 15-20%”. Lo sviluppo della peschicoltura nel Sud Italia, che già è la principale area ortofrutticola italiana per volumi e superfici (anche se meno organizzata rispetto ai territori del Nord: è questa una delle sfide principali), è una naturale conseguenza da un lato dell’esaurimento di suolo nelle regioni tradizionalmente vocate e dall’altro dalla massiccia riconversione dei vecchi pescheti in altre colture. A questo si aggiunga anche la piaga della Sharka, uno dei virus più letali per le drupacee, che colpisce sistematicamente al Nord le produzioni da circa un decennio. “Le varietà che impiantiamo in Calabria - sottolinea Bastoni sono prevalentemente mediotardive anche se stiamo testando nuove varietà nella zona di Scanzano, che è la nostra seconda zona produttiva del Sud-Italia, con seimila tonnellate di pesche l’anno, dopo la Puglia con 10mila. Lavoriamo specialmente sulle Stone Yard perché sono più croc-

canti e hanno una shelf life più lunga, prestandosi così anche alla IV gamma”. La riconversione a drupacee sta interessando sempre di più anche le OP locali, tradizionalmente vocate alla produzione di agrumi che, da circa un decennio, hanno iniziato a impiantare pesche, nettarine e albicocche. “Da cinque anni a questa parte - afferma al Corriere Ortofrutticolo Nicola Cilento, che è anche presidente dell’OP COAB che associa 80 produttori della piana di Sibari - abbiamo riconvertito alla produzione di drupacee circa 200 ettari di terreno dei quali l’80% è già in produzione e il restante 20% andrà a regime dall’anno prossimo. Contiamo di arrivare a 300 ettari complessivi nel giro di tre campagne che si aggiungeranno agli attuali 600 di agrumeti. Tra i punti principali da cui potrà partire il riscatto della nostra peschicoltura c’è innanzitutto la qualità del prodotto ma anche un marchio ombrello nazionale, ad esempio ‘pesche italiane’ che accolga nel paniere e nell’immaginario del made in Italy anche le drupacee e l’ortofrutta in generale, perché le vere sfide oggi sono sul mercato internazionale dove questo marchio gode innegabilmente di un appeal che va sfruttato”. (m.l.)

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È partita il 21 giugno la campagna 2018 della Pesca e Nettarina di Romagna IGP, la prima dopo il raggiungimento della tutela da parte del Consorzio. A fronte di una annata che vede la produzione vescicola emiliano romagnola in calo del 15% rispetto allo scorso anno, in linea con il calo generalizzato riscontrato, secondo le previsioni di CSO Italy, su tutto il territorio nazionale, pari ad un -16%, il prodotto a origine certificata continua a rappresentare una piccola nicchia di offerta per estimatori. "Le Pesche e Nettarine di Romagna IGP - dichiara il presidente del Consorzio Paolo Pari (nella foto) - sono un fiore all’occhiello della produzione a origine certificata della nostra Regione che vanta il maggior numero di riconoscimenti in Italia. L’offerta di prodotto IGP continua a rappresentare per i soci del Consorzio un elemento di qualificazione e differenziazione che trova particolare interesse nel canale tradizionale e nella piccola distribuzione. Abbiamo ottenuto in poco tempo la tutela della Pesca e Nettarina di Roma-

gna IGP e oggi è il Consorzio ad esercitare il ruolo di indirizzo per l’attività di valorizzazione svolgendo anche un ruolo di controllo delle inadempienze. Auspico che i produttori romagnoli credano sempre di più a questa opportunità di valorizzazione”. L’attività del Consorzio Pesca e Nettarina di Romagna IGP fa sinergia con le attività realizzate sull’Asparago di Altedo IGP, la Patata di Bologna DOP e la Pera dell’Emilia Romagna IGP. La campagna Pesca e Nettarina di Romagna IGP prosegue fino alla prima settimana di settembre e vede in campo numerose iniziative di carattere promozionale sia sulle spiagge della Riviera Romagnola con il ‘Beach For Eat’ sia sui punti vendita della GDO con iniziative collegate al progetto ‘Gusta la Differenza’.

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Ma l’Emilia Romagna crede nelle sue pesche IGP Campagna di promozione fino a settembre

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Tropical Fruit Congress: serve un piano per mango e avocado Mariangela Latella Boom di consumi di avocado e mango in Europa, ma il trend non sarà infinito. Secondo i dati sul mercato mondiale diffusi al primo Tropical Fruit Congress tenutosi il 10 e 11 maggio alla 35.ma edizione di Macfrut, dal 2007 al 2016 si è assistito ad un’impennata rispettivamente del 146% e del 56% di questi due prodotti. Ma in Germania, che è il principale acquirente del vecchio continente, comincia ad aleggiare il fantasma della saturazione di mercato. Per questo, con riferimento all’avocado, che tra i due è il prodotto che cresce di più nel mercato UE28, Emiliano Escobedo, amministratore delegato dell’Hass Avocado Board della California, ha annunciato a Rimini, il lancio della prima edizione del World Avocado Congress che si terrà in Colombia dal 23 al 27 settembre 2019 proprio per dare una programmazione alla produzione dei principali Paesi fornitori. “La Colombia - ha precisato Escobedo durante il congresso - si affaccia sul mercato con un grande potenziale di crescita. Abbiamo iniziato con i produttori locali un dialogo affinché nel nostro board sia rappresentato anche questo Paese. Contiamo di completare l’adesione entro l’anno per potere Giugno 2018

Il boom dei consumi degli ultimi 10 anni non durerà ancora per molto. In Germania il mercato della frutta esotica è già vicino alla saturazione. Dati e prospettive nel congresso di Rimini

Rappresentante di un Paese africano al Macfrut 2018

poi dare seguito al primo congresso mondiale dell’avocado a Bogotà nel 2019”. Nel 2016 il consumo europeo di avocado è mango si è assestato rispettivamente a 393 mila e 316 mila tonnellate. La crescita più forte riguarda l’avocado che in dieci anni ha visto quasi triplicare il consumo UE e che nel confronto tra il 2015 e 2016 è cresciuto del 30% contro un +9% del mango. Una crescita che, secondo Urlich Spieckermann, amministra-

tore delegato di Eurogroup, filiale italiana del gruppo tedesco Rewe, porta con sé il rischio di saturazione del mercato, per lo meno in Germania. Per contro, margini di crescita importanti si intravvedono nell’Est Europa dove i prodotti esotici sono ancora poco diffusi e dove, fino ad ora, arrivano soltanto tramite alcuni distributori dell’Europa Occidentale, in particolare olandesi e spagnoli. Il rischio saturazione del mercato UE dell’avocado, in assenza di un’awww.corriereortofrutticolo.it

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FRUTTA ESOTICA

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I trend di crescita nell’analisi di CSO Italy In Europa nel 2016 il consumo di frutta tropicale si è concentrato per il 62% tra Regno Unito (20%), Germania (18%), Italia (11%), Francia (9%) e Olanda (5%). Per quel che riguarda le tipologie, a farla da padrone sono ancora banane e ananas rispettivamente con il 73 e l’11% degli acquisti, seguite da avocado e mango con il 5 e il 4%. Nonostante la quota ancora limitata di questi due prodotti, il trend mostra un tasso di crescita dal 2007 al 2016 davvero notevole con un incremento del 146% per gli avo-

cado e del 56% per il mango. Restringendo l’analisi per singolo Paese si notano delle differenze significative: in Italia nel periodo in esame si è registrato un +261% delle vendite di avocado e un +98% per quelle del mango; in Germania le percentuali sono state rispettivamente del 175 e del 56%; in Francia del 42 e del 76%. Questi alcuni dati presentati lo scorso maggio al Tropical Fruit Congress di Rimini da CSO Italy durante l’intervento del direttore Elisa Macchi.

Mc Garlet, il super-specialista punta sull’innovazione Se i grandi gruppi commerciali dell’ortofrutta italiana, a livello di importazione, stanno certamente cavalcando da anni il fenomeno crescente dei consumi di frutta esotica, c’è uno specialista italiano che ha fatto fin dalla sua nascita della frutta esotica il suo business esclusivo. Parliamo dell’azienda bergamasca Mc Garlet Srl, un vero super-specialista del settore, che sta accelerando sull’innovazione della sua offerta. Afferma Luca Garletti, ceo dell’azienda: “Mc Garlet nasce come importatore e distributore di frutta esotica e contro stagione, questo è il nostro core business. Abbiamo voluto però ascoltare le esigenze dei consumatori che sono sempre più alla ricerca di prodotti naturali pronti da mangiare. Per questo abbiamo aperto un laboratorio di IV gamma dove dallo scorso luglio produciamo macedonie pronte ed a breve avvieremo la produzione degli estratti di frutta, utilizzan-

do sempre materie prime legate al nostro core business, la frutta esotica.” La nuova linea di estratti di frutta esotica Mc Garlet si chiama Puro. Si tratta di estratti di frutta a freddo, totalmente naturali, molto energetici, e con una shelf life garantita di 45 giorni grazie ad una speciale tecnica che non modifica minimamente la qualità intrinseca del prodotto. Saranno proposti in 5 varietà in bottigliette da 150 ml. Dal luglio 2017 è invece in produzione, e con successo, la linea di macedonie di frutta esotica Enjoy, proposte in vaschette con sigillo di garanzia e forchettina, da 150, 250 e 500 grammi, con mix di ananas, cocco, mango, papaia e molograno. Il canale distributivo per eccellenza è la grande distribuzione (con una quota dell’80%) ma Mc Garlet sta entrando con successo nell’horeca. Mc Garlet si rifornisce da almeno 30 Paesi sparsi in tutto il mondo.

deguata politica globale di programmazione, è confermato dalle previsioni di espansione delle superfici dei principali produttori che, secondo l’AMAP, l’Avocado Marketing and Promotion Working Group, sono di quasi tremila ettari in più per il Messico, duemila per il Perù, 1.800 per la Colombia, mille per il Sudafrica, 800 per Israele, 400 per il Kenya, 200 per il Brasile, 100 per il Cile e 90 per la Spagna. Di fronte a questo scenario, importatori e distributori si stanno preparando ad adeguate campagne di promozione e differenziazione del prodotto. Come quella di Spreafico che, in Italia, ha da poco lanciato la linea di frutta esotica con il brand èSquisita. Il 2017 ha segnato il record peruviano dell’export di mango con cifre mai raggiunte prima dal Paese: 83mila tonnellate solo quelle esportate in Europa. Il record è destinato a essere superato nel 2018 in Europa e anche nel mercato statunitense dove nei soli mesi di gennaio e febbraio 2018 il Perù ha già esportato 35 mila tonnellate superando il tradizionale fornitore americano, ossia il Messico, che è invece sempre più focalizzato sull’Europa dove è decisamente intenzionato a cavalcare la crescita e conquistarsi una posizione di leadership. Se Perù (con 155 mila tonnellate), Cile (98 mila tons) e Israele (62 mila tons) sono i primi tre esportatori di avocado in Europa, per il mango il ranking vede il Brasile al primo posto (104 mila tonnellate), seguito dal Perù (83 mila tons) e Costa d’Avorio (30 mila tonnellate). “Uno dei punti fondamentali su cui in National Mango Board sta lavorando - ha spiegato Carlos Crisosto, ricercatore dell’Università della California con base a Davis - è mantenere un’adeguata attenzione alle temperature di stoccaggio durante tutta la supply-chain. Le temperature di conservazione del mango variano da varietà a varietà. Ad esempio l’A-


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FRUTTA ESOTICA

taulfo ed il Kent, più delicate, non dovrebbero mai stare sotto i 12° per non subire danni da raffreddamento, mentre per il Tommy Atkin ed il Keitt il limite è di 10°. Con l’avocado, per contro, si possono raggiungere temperature più basse senza avere problemi. Per garantire le migliori tecniche di conservazione, i nostri laboratori stanno sviluppando nuove tecniche di controllo delle atmosfere per le fasi di preparazione al trasporto dell’avocado mentre abbiamo già individuato delle tabelle di temperatura per spedizioni che abbiano una durata inferiore ai sette giorni”. La crescente attenzione del consumatore europeo alla qualità di questi prodotti sta facendo da volano per lo sviluppo di filiere locali, specie in Spagna (circa 10 mila ettari di avocado e 5 mila di mango) e, in misura molto minore in Italia (circa 300 ettari di avocado e 100 di mango), dove si coltivano esclusivamente e con ottimi risultati qualitativi sulla costa occidentale, tirrenica e ionica, della Sicilia con una stagionalità che, per l’avocado, va da ottobre a dicembre con la varietà Bacon, e da dicembre a luglio con l’Hass. Cresce, inoltre, a ritmo molto sostenuto, anche la produzione marocchina. Se nei mercati spagnoli e portoghesi la cultivar di mango più diffusa è la Palmer, in Francia si preferisce Kent, in UK e Germania spopolano Kent e Keitt mentre in

Fase di dibattito al Tropical Fruit Congress del 10-11 maggio a Rimini

Russia, Polonia e Italia è ancora molto diffuso Tommy Atkins. Volumi di mango in calo nel 2018 per il Sudafrica (-30%), per una questione di rotazione colturale mentre, per contro, la Spagna cresce al ritmo del +10% l’anno con l’obiettivo di arrivare a produrre 60 mila tonnellate entro il 2021, soprattutto nella zona di Malaga dove si coltiva per l’80% la varietà Osteen sempre più apprezzata dai consumatori occidentali. Mentre il mango deve fare i conti principalmente con le difficoltà legate al trasporto, il problema dell’avocado è quello della siccità che pone un limite oggettivo, anche se poco comunicato, al poten-

ziale produttivo di tutti i Paesi interessati. Per ovviare a questo problema in Cile si stanno sviluppando nuove coltivazioni in serra per ottimizzare l’uso della risorsa idrica in collaborazione con i tecnici dell’Istituto Nazionale di Agricoltura. Sempre a causa della siccità, in Sudafrica nel 2017 si è avuta una perdita di quasi 45mila tonnellate di avocado che si spera di recuperare nel 2018 anche per via della costante crescita di nuovi impianti (circa 1.000 ettari in più all’anno) che fanno sì che questo Paese produttore accresca sempre più la sua quota di mercato sia in UE, dove adesso ha il 9,7% che in USA e Cina.

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Abbattere le barriere fitosanitarie, una sfida cruciale da vincere con il coinvolgimento dell’Unione Europea di Renzo Piraccini* Aprendo alcuni eventi a Macfrut 2018, ho espresso il mio parere su un tema particolarmente rilevante per il settore ortofrutticolo, quello delle barriere fitosanitarie, che qui brevemente intendo riprendere. Quando con il Trattato di Roma si gettarono le basi dell’Unione Europea fu deciso che questa avrebbe dovuto occuparsi di importazioni ma non di export, la cui titolarità, almeno in una prima fase, sarebbe rimasta agli Stati membri. Le motivazioni di questa decisione sono comprensibili: alcuni grandi Paesi come la Germania ritenevano che il loro export – fatto di pochi ma settori molto forti – avrebbe avuto migliori prospettive seguendolo direttamente rispetto alla delega ad una nuova entità che avrebbe dovuto tenere conto di tanti interessi. Il problema è che quella fase transitoria è ancora in vigore e la competenza dell’export è rimasta agli Stati membri. In fondo non sono molte le competenze che sono state affidate alla UE e l’agricoltura è una di queste. Gli Stati membri hanno mantenuto l’autorità su gran parte delle altre attività: dagli affari esteri alla difesa, dall’economia alle politiche fiscali. Ciò fa sì che si realizzi il paradosso che un Paese negozia con l’Unione Europea le proprie esportazioni, compreso il tema dei residui, mentre ogni nazione dell’UE è costretta a negoziare con le autorità del Paese importatore i protocolli per ogni prodotto. Prendiamo il caso della Cina e delle mele Fuij importate in Europa. Una volta che le loro caratteristiche sono in linea con le procedure concordate tra UE e Cina, le mele Fuij cinesi vengono importate in tutti i Paesi europei. Ma non vale il contrario: in Cina possono entrare dall’Europa solo mele francesi e polacche, gli unici due Paesi che hanno un protocollo sottoscritto con la Cina. Lo stesso succede per le pere, solo Belgio ed Olanda le possono esportare, o per le drupacee che sono autorizzate solo quelle spagnole, o per il kiwi ammesso solo quello da Italia, Spagna, Grecia e Francia o per gli agrumi, provenienti solo dall’Italia. Il risultato di questa situazione è che l’Europa importa dalla Cina molta più ortofrutta rispetto a quella che esporta. Un vero paradosso! Ma la domanda d’obbligo è: il problema è della Cina o dell’Europa? Personalmente ritengo che il problema sia tutto nostro e delle regole che ci siamo dati che oggi penalizzano fortemente il nostro export. Nel commercio internazionale occorre governare sia la leva dell’export che quella dell’import e tenere conto del contesto in cui si sta negoziando. Della se-

rie, io ti do se tu mi dai! Dovrebbero esserci rapporti equilibrati governati dal principio del do ut des. Questa situazione è un vero collo di bottiglia per il settore ortofrutticolo e in generale per l’agroalimentare perché le barriere fitosanitarie rappresentano vere e proprie misure di protezionismo, spesso non troppo mascherate. La soluzione è una sola: l’Unione Europea deve farsi carico del problema delle barriere fitosanitarie facendo valere il principio della reciprocità. Noi dovremmo chiedere loro di sottoporsi alle stesse regole che impongono a noi, considerato che nessun ispettore europeo va nei Paesi terzi a verificare le condizioni fitosanitarie prima di autorizzare le importazioni. È sufficiente che siano conformi alla normativa europea di import. Ad esempio, prendendo sempre il caso Cina, per le mele e le pere, considerato che esistono già protocolli con Francia, Polonia, Belgio ed Olanda, questi protocolli dovrebbero essere estesi e far sì che anche gli altri Stati europei, come ad esempio l’Italia, possano esportare in Cina. Lo stesso dovrebbe valere per tutti i Paesi e per tutti i prodotti. Già Cso Italy, nel suo ruolo tecnico, sta portando avanti questa richiesta a livello comunitario, chiedendo, insieme ad altri Stati membri, che l’Europa sia considerata come ‘single entity' da parte dei Paesi terzi con i quali deve negoziare e che sia applicato il principio di reciprocità. Per alcuni aspetti, il principio sta iniziando a passare, ma occorre un forte intervento e sostegno politico. Pertanto, questa è senza dubbio una delle priorità che il nuovo governo dovrebbe affrontare con l’Unione Europea, consapevoli che il superamento di questa situazione potrebbe portare ad un consistente sviluppo del nostro export ortofrutticolo. Tanto più che questa misura, per essere applicata, non necessita di risorse economiche ma di pragmatismo e di buon senso, virtù che negli ultimi tempi sembrano scarseggiare. *presidente di Macfrut e Cesena Fiera


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MACFRUT. Più visitatori nella più importante edizione di sempre

Prossimo focus: l’Africa Alla fiera di Rimini si è chiusa l’11 maggio la 35.ma edizione di Macfrut, la quarta consecutiva in terra riminese, registrando, secondo i dati forniti dagli organizzatori, la presenza di 43 mila visitatori, 4 mila in più del 2017, il 25% stranieri. Particolarmente positivo è stato il bilancio del Tropical Fruit Congress che ha raccolto il gotha mondiale delle filiere di mango e avocado, con la presenza di 300 operatori, l’80% dei quali esteri. “Abbiamo toccato con mano la grande opportunità di avere una fiera nazionale, generatrice di business non solo nei tre giorni dell’evento. Ringrazio tutti gli attori della filiera: il grande risultato di quest’anno è frutto di un gioco di squadra tra tutte le organizzazioni di settore”, ha affermato a fine fiera il presidente Renzo Piraccini. I commenti degli espositori e degli operatori, pur con qualche distinguo, sono largamente positivi. Un lavoro importante da fare riguarda il recupero di una quota ancora maggiore di buyer dall’estero.

Ritmi sostenuti per l’organizzazione della fiera di Rimini che, a poche settimane dalla 35.ma edizione, ha già lanciato il programma del 2019. Entro maggio oltre 30 missioni all’estero

Renzo Piraccini, presidente e protagonista del Macfrut di Rimini

L’edizione 2019 si terrà dall’8 al 10 maggio ed è stata presentata, in anteprima, il 28 giugno al Ministero degli Affari Esteri alle Ambasciate dei Paesi africani. La scelta del luogo e degli interlocutori non è stata casuale. Partner

dell’edizione 2019 sarà l’Africa Sub-Sahariana, a conferma del carattere sempre più internazionale della manifestazione, e di un Macfrut che volge lo sguardo a 360 gradi in ambito mondiale: lo scorso anno era stata la Colombia


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Per il Veneto è stata una fiera straordinaria Per la Regione Veneto, partner regionale 2018, e per OPO Veneto in particolare, è stato un Macfrut straordinario sotto tutti i profili: per la presenza di operatori nello stand, per le relazioni intrecciate, per i risultati, per il coinvolgimento di dirigenti e tecnici veneti in meeting professionali ed incontri tecnici, dove sono stati affrontati i grandi temi sui quali è incentrato il dibattito sull’ortofrutta di oggi e domani. Per il presidente di OPO Veneto Adriano Daminato e il direttore generale Francesco Arrigoni Macfrut si è confermato un appuntamento di primissimo piano per il mondo dell’ortofrutta. In grande evidenza i prodotti del Veneto, in particolare i radicchi, trainati dal rosso tardivo IGP di Treviso, che è stato l’icona del Macfrut 2018. La sua immagine ha dominato la cartellonistica. E i radicchi veneti sono l’ortaggio di punta di OPO Veneto che li ha esposti nel suo centralissimo stand con altri prodotti tipici del territorio regionale. L’“ortoveneto” non poteva essere rappresentato in maniera più efficace, e per questo si sono complimentati autorità ed operatori, a partire dall’assessore regionale Giuseppe Pan che si è intrattenuto con il presidente Adriano Daminato, con il direttore Francesco Arrigoni, con il consigliere delegato Cesare Bellò e con altri partner di filiera e coespositori dello spazio ‘ eneto'. Uno stand esemplare che ha offerto un’immagine persuasiva ed avvincente di quanto di sano, di bello e di tipico si produce nel territorio veneto, argomento questo che è stato affrontato specificatamente nel meeting “L’ortofrut(Sud America), prima ancora la Cina (Asia). Perché questa scelta? L’Africa ha spiegato a Roma Renzo Piraccini - è un’area strategica per tante ragioni, a partire dalla gran parte delle riserve minerali mondiali in suo possesso. Poi per la forte pressione demografica. Si calcola che nel 2050 la popolazione terrestre raggiungerà i 9,1 miliardi di persone, il 34% in più rispetto ad oggi. Oltre il 50% di questo aumento sarà concentrato in nove Paesi, ben cinque del Continente Africano: Nigeria, Repubblica democratica del Congo, Etiopia, Tanzania e Uganda. Dunque, se dovesse persistere l’attuale situazione di sottosviluppo in numerosi Stati, la pressione migratoria di massa sarà ancora più difficile da gestire.

ta veneta da comodità a speciality, il ruolo strategico della ricerca”. Ne hanno curato l’organizzazione l’AOP Veneto Ortofrutta e la Coltivatori Diretti del Veneto, il cui direttore Pietro Piccioni ha coordinato i lavori. Un’impressionante partecipazione a conferma dell’attualità del tema. Sono intervenuti con una seguitissima relazione Cesare Bellò e Nicola Tormen della WBA (World Biodiversity Association) che hanno presentato esperienze di “produzioni di qualità in territori di qualità”, dove è presente OPO Veneto con le sue aziende socie, la quale ha adottato da anni la strategia della sostenibilità e della biodiversità come scenario vincente per frutta e ortaggi. Il terreno coltivato in Veneto è di 46 mila ettari, il 48% è frutticolo per una produzione che, a valore, rappresenta l’8% del totale nazionale. Le mele fanno un fatturato di 105 milioni annui, le fragole 62 milioni, le pere 60 milioni, il kiwi 35 milioni, i meloni 25 milioni, le pesche nettarine 22 milioni, le ciliegie 16 milioni e mezzo, i frutti di bosco 40 milioni di euro con 200 ettari di terreno coltivato, la frutta in guscio 17 milioni di euro, il cocomero 3 milioni e mezzo, susine 3 milioni mentre le albicocche superano di poco i 2 milioni e 600 mila euro. Per quanto riguarda gli ortaggi, le insalate valgono 158 milioni di euro, i funghi, di cui il Veneto ha il primato in Italia, fatturano 61 milioni di euro annui, i radicchi 41 milioni, aglio, cipolle e porri 34 milioni, i pomodori 29 milioni, zucchine e zucca 29 milioni, asparagi 15 milioni, melanzane, fagiolini e peperoni 11 milioni.

Nel favorire lo sviluppo dei Paesi in questione - ritiene Piraccini un ruolo da protagonista lo può svolgere il settore ortofrutticolo. Secondo la FAO infatti il fabbisogno alimentare mondiale di ortofrutta sarà di 900 milioni di tonnellate in più rispetto ad oggi. L’Africa è quindi un continente pieno di opportunità per l’ortofrutta italiana. Non solo nell’ambito delle tecnologie e delle sementi, ma anche nella vendita dei prodotti italiani ambìti da un ceto medio-alto in crescita, soprattutto nei grandi agglomerati urbani. Aiutare l’Africa, quindi, significa anche aiutare le imprese italiane ed europee a crescere e svilupparsi. L’ortofrutta africana potrà svolgere un ruolo strategico nello sviluppo solo se riuscirà a modernizzare tutte le fasi della filiera. E

infatti il focus Africa di Macfrut si concentrerà su quattro macro-temi di attualità: la gestione efficiente dell’acqua, le nuove frontiere dell’orticoltura, le tecnologie per le aziende agricole e i piccoli impianti per la trasformazione industriale. Si terrà la seconda edizione del Tropical Fruit Congress dedicato ai trend di mercato della frutta tropicale in Europa, con una giornata sui prodotti emergenti lime, papaya e passion fruit, e un’altra interamente dedicata all’ananas: The Pinepple Day. Per promuovere la manifestazione è stato messo a punto un piano di oltre 30 missioni internazionali con tappe nei quattro continenti. La regione italiana partner di Macfrut 2019 sarà il Piemonte, il cui prodotto simbolo è la mela rossa.


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Vola il biologico di Apofruit, crescono l’export e l’online A metà giugno sono stati resi noti i dati di bilancio del Gruppo Apofruit, che anche per il 2017 segna un’annata positiva e sigla il raggiungimento degli obiettivi previsti. La grande cooperativa ortofrutticola con sede centrale a Cesena, presente nelle regioni italiane maggiormente vocate alla produzione ortofrutticola (12 stabilimenti di lavorazione e 15 centri di ritiro), ha presentato all’assemblea dei soci numeri in crescita e progetti di sviluppo. Il fatturato è cresciuto di 31 milioni di euro, passando dai 291 milioni del 2016 ai 322 milioni del 2017 (+10%). Il totale del volume conferito si è confermato a 270 mila tonnellate. Il patrimonio netto del gruppo supera i 101 milioni di euro. “La positività dell’annata commenta il direttore generale Bastoni - emerge anche dal fatto che sono rimasti inalterati i volumi ma è cresciuto il fatturato. Una crescita perseguita con ogni mezzo a nostra disposizione con l’obiettivo di rendere l’azienda più competitiva ed efficiente.” Complessivamente i soci sono cresciuti di 55 unità (saldo attivo tra 209 recessi di piccole aziende senza ricambio generazionale e non più remunerative, e 304 nuove ammissioni) diventando 3.287. “Ma ciò che conta veramente - afferma da parte su il presidente Mirco Zanotti - è l’ulteriore aggregazione con altre aziende i cui i produttori sono diventati parte del nostro patrimonio sociale. Sono diverse le realtà ben strutturate che stanno apprezzando il nostro sistema e hanno chiesto di entrare nella nostra cooperativa, ciò ha portato ad un aumento della dimensione media delle imprese agricole socie”. Complessivamente le liquidazioni ai soci nel 2017 hanno raggiunto i Giugno 2018

Le nuove varietà e i marchi Solarelli e Chicche di Natura hanno sostenuto il forte aumento delle vendite e sono stati anche apprezzati all’estero grazie al trasporto via aerea

Mirco Zanottti, presidente e Ilenio Bastoni, direttore generale di Apofruit. I risultati soddisfacenti del 2017 saranno la base per una crescita ulteriore

131,6 milioni di euro, con un aumento di 2,9 milioni di euro sul 2016. In particolare i prezzi medi di liquidazione della campagna invernale sono stati superiori del 20% rispetto al 2016. Un ruolo molto importante nei dati di bilancio l’hanno giocato i prodotti biologici. Un mercato che per Apofruit ha significato 100 milioni di euro di fatturato con la prospettiva di una ulteriore crescita. Ottimi risultati hanno dato anche la coltivazione e la commercializzazione del kiwi giallo e di alcune varietà di mele a club come Pink Lady®. Quest’ultime saranno affiancate a breve da nuovi progetti come la mela Joya® e Regal You®. Numeri interessanti sta registrando anche il progetto dedicato ai piccoli frutti, commercializzati con il marchio ‘Chicche di natura’ (lamponi, mirtilli, more, ribes,) che ha superato le 100 tonnellate e si appresta a raddoppiare le superfici

dedicate. “Un progetto - ha evidenziato Ilenio Bastoni – che ci ha permesso di sviluppare più di 1,5 milioni di euro di fatturato con risultati positivi per i soci”. L’esportazione, soprattutto per via aerea, che ha visto nel 2017 un incremento del fatturato del 57% sul 2016, continuando a rappresentare un elemento strategico nella costante crescita di Apofruit che indirizza all’estero - soprattutto in Medio Oriente - parte della propria produzione. Valori positivi anche per le società del Gruppo: la Apofruit Italia, Canova (che commercializza i prodotti biologici ed è licenziataria del marchio Almaverde Bio) e Mediterraneo Group, società nata per la valorizzazione delle produzioni dei partner di Apofruit Italia. Nel 2017 Apofruit ha acquisito una partecipazione in Fruttaweb per la commercializzazione on line, che sarà potenziata. www.corriereortofrutticolo.it

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A Patfrut gli ortaggi di Cesac Cesac cede a Patfrut il ramo orticolo e di quarta gamma. Nei primi mesi dell’anno si era conclamata per la ravennate Cesac una pesante crisi finanziaria. “La situazione critica ha minato tutto un sistema di equilibri che gravitano intorno alla cooperativa che conta oltre mille soci - ha sottolineato a metà giugno il neo nominato procuratore speciale Sauro Bettoli -. Questo grido di allarme, seppur giunto molto tardivamente all’organizzazione di riferimento, ha fatto sì che Confcooperative, attraverso il mutuo soccorso tipico del nostro mondo, abbia avviato con celerità un processo di ristrutturazione teso a riportare l’attività di Cesac in positivo e ad assolvere agli impegni assunti dalla cooperativa nei confronti dei soci. È stata studiata una grossa operazione di sostegno che prevede in primis la cessione, e quindi l’acquisizione da parte di altro soggetto, del ramo orticolo e di quarta gamma. L’azienda disponibile all’acquisizione è Patfrut, cooperativa leader nel trattamento di prodotti orticoli che così rafforza il proprio progetto industriale su patate e cipolle in questo territorio. Questo primo intervento mette Cesac in condizione di mantenere gli impegni assunti con i propri soci sui conferimenti del 2017 e quelli che la cooperativa assumerà relativamente ai cereali e uva della campagna 2018. Dopo questo primo passo, seguiranno ulteriori operazioni per cercare di stabilizzare le attività della cooperativa di Conselice”.

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Accordo sulla noce New Factor-Agrintesa L’accordo rientra nel progetto di fielera presentato al PSR della Regione Emilia Romagna e rappresenta una grande opportunità per incentivare la produzione di noci italiane Accordo per la creazione di un grande polo italiano della noce di qualità: lo hanno firmato il presidente di New Factor Alessandro Annibali, uno dei Protagonisti del Corriere Ortofrutticolo 2018, e il presidente di Agrintesa Raffaele Drei. L’intesa segue la presentazione del progetto di filiera - con a capo New Factor insieme ad Agrintesa e ad undici aziende agricole - proposto al PSR della Regione Emilia-Romagna. L’accordo prevede che le imprese, con le aziende agricole che vi fanno capo, sviluppino insieme la coltivazione del noce da frutto, soprattutto in Emilia-Romagna, assicurando alle imprese agricole aderenti al progetto l’assistenza tecnica e il ritiro del prodotto, rispondendo a stringenti standard qualitativi. Altro elemento fondante dell’intesa è lo sviluppo congiunto del marketing e della vendita, di cui si farà carico New Factor, azienda specializzata nella trasformazione e commercializzazione di frutta secca da più di 30 anni, presente su tutti i canali distributivi nazionali con il proprio marchio Mister Nut, ponen-

dosi come interlocutore unico per la GDO nazionale che richiede noci italiane di alta qualità. Il polo che si viene così a creare può già contare su 260 ettari impiantati con le varietà Chandler, Howard e Lara, anche se circa la metà di questi andranno in produzione nei prossimi anni, con l’obiettivo di raggiungere 500 ettari impiantati entro il 2021. Le noci verdi verranno smallate, essiccate, calibrate e cernite presso il nuovo stabilimento realizzato a Forlì da New Factor, avvalendosi delle più avanzate tecnologie 4.0 per la creazione di un modernissimo centro di prima lavorazione presso cui confluiranno tutte le noci del progetto 'Innoce’. L’esperienza ormai ventennale di New Factor nella produzione nocicola, attraverso la propria azienda agricola San Martino, e la forza produttiva di Agrintesa, tra le più grandi cooperative di produttori italiane e non solo, grazie a questo accordo si uniscono per creare uno dei più importanti centri europei di produzione di noci e realizzare il Grande Polo Italiano della Noce di Qualità.

Alessandro Annibali, presidente di New Factor

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Giugno 2018


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Rivoira, RK Growers e Vi.P: patto a tre sui mercati asiatici Dopo un intenso lavoro congiunto negli ultimi mesi, i gruppi Rivoira, Rk Growers e Vi.P Val Venosta hanno firmato il 22 giugno a Milano un accordo di joint venture per la gestione esclusiva e congiunta dei mercati asiatici (Hong Kong, Singapore, Malesia, Indonesia, Cina, Vietnam, Taiwan, Tailandia, Corea e Giappone). La collaborazione tra le tre aziende, in primis focalizzata sullo sviluppo della varietà Ambrosia™, si arricchisce quindi di un ulteriore tassello, con lo scopo di ampliare il mercato delle pomacee nei citati Paesi del continente asiatico e indirizzare insieme l’espansione commerciale, dato il forte interesse per le nuove varietà che già oggi si rileva in quest’area. La nuova realtà comincerà ad operare con la stagione 2018/19 e sarà formalmente presentata agli operatori in occasione della prossima edizione di Asia Fruit Logistica (Hong Kong, 5-7 settembre 2018), quando sarà anche svelato il nome ed i rappresentanti della joint venture che forniranno ulteriori dettagli su gamma e prodotti disponibili. Questa joint venture crea un nuovo player nel mercato asiatico e permette di coordinare i piani commerciali delle aziende partner, appoggiandosi da un lato alla produzione melicola dei soci (Rivoira e VI.P Val Venosta) e dall’altro alla capacità di sourcing e alla presenza commerciale di RK Growers. Una realtà che parte quindi dalle mele ma non si limita ad esse, con l’obiettivo di fornire una gamma completa di ortofrutticoli freschi. Il primo ufficio di riferimento della joint venture sarà ad Hong Kong, attraverso RKG Asia Ltd, diretta da Kevin Au Yeung, il quale si occuperà di seguire i princiGiugno 2018

La collaborazione fra le tre aziende è focalizzata in partenza sullo sviluppo commerciale internazionale della mela Ambrosia. Primo ufficio a Hong Kong. Più forti per andare più lontano

Da sinistra, Fabio Zanesco (Vi.P), Paolo Carissimo (RK Growers), Josef Wielander (Vi.P), Marco Rivoira (Rivoira) e Giacomo Nocentino (RK Growers)

pali clienti attraverso un contatto diretto in loco, coordinando le loro necessità con le campagne commerciali dei partner, che riforniranno i mercati target esclusivamente tramite la joint venture, con strategie condivise tra le società fondatrici. “Si tratta di un’evoluzione necessaria - ha dichiarato Marco Rivoira, executive manager dell’omonimo Gruppo -. Questo tipo di aggregazione ci consente di arrivare più lontano e con maggiore forza,

con una intera gamma di prodotti interessanti per importatori e catene della distribuzione”. Paolo Carissimo, presidente di RK Growers, ha spiegato: “Abbiamo puntato da sempre allo sviluppo internazionale aprendo il primo ufficio in Asia, ed oggi ci attendiamo forti sviluppi anche grazie alla progressiva apertura di nuovi mercati.” Josef Wielander, direttore di VI.P Val Venosta, da parte sua ha sottolineato che “lo sviluppo di nuove varietà sta allargando rapidamente la nostra gamma e ci permette di fornire progressivamente nuovi clienti; con questa partnership facciamo un passo importante verso un impegno più strategico, che si affianca all’attività già svolta con i partner di FROM nell’area del subcontinente indiano e siamo sicuri assicurerà i risultati attesi dai nostri soci.” www.corriereortofrutticolo.it

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Secondo mandato per Velardo a Italia Ortofrutta Gennaro Velardo (nella foto), 61 anni, campano, è stato confermato per il prossimo triennio alla presidenza dell’Unione nazionale Italia Ortofrutta. L’assemblea dell’Unione, svoltasi il 31 maggio a Roma, ha provveduto ad eleggere il consiglio di amministrazione che guiderà l’Unione per il prossi-

mo triennio e che risulta così composto: Giovanni Battista Petrocchi, vicepresidente onorario, Carmelo Vazzana, vicepresidente vicario, Andrea Badursi, vicepresidente, Pietro Fabbri, vicepresidente. Seguono i consiglieri: Carmelo Firrincieli. Remo Paternò, Antonio Fricano, Francesca Nadalini, Luciano Petrini, Francesco Barbieri, Simone Bernardi, Gianni Brusatassi, Luciano Caruso, Giuseppe Di Silvestro, Matteo Falcucci, Emilio Ferrara, Simone Dalla Valle, Angelo Garofano, Michele La Porta, Romeo Maestri, Ibrahim Saadeh. L’assemblea è stata preceduta da un interessante convegno sul ruolo delle OP e la nuova OCM ortofrutta.

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Aperte le adesioni a The Rome Table 2 La nuova edizione del B2B internazionale esclusivamente dedicato al business dell’ortofrutta è organizzato dall’agenzia Omnibus. Confermata la sede presso il Parco dei Principi Buon interesse, in apertura di adesioni, per la seconda edizione di ‘The Rome Table – Fresh World B2B Meetings’, il B2B internazionale a numero chiuso riservato alle aziende ortofrutticole di produzione e commerciali, unico in Italia, che si svolgerà il 6 e 7 novembre al Parco dei Principi di Roma per l’organizzazione dell’agenzia specializzata Omnibus. In due giorni le aziende partecipanti avranno l’opportunità di conoscere 40 buyer esteri attentamente selezionati in base al loro interesse per le produzioni italiane e per alcuni prodotti in particolare e di incontrarne fino a 20 in incontri d’affari individuali pre-ordinati secondo un preciso calendario fissato con largo anticipo: un’opportunità unica nel nostro Paese in una location comoda, sia per chi venga da Sud che per chi venga da Nord, come il centro di Roma. Il 16 maggio, proprio dal Centro Agro-Alimentare di Roma CAR, è cominciata la road-map di promozione dell’evento e la partecipazione da parte delle aziende romane è stata significativa e interessata. Aperte il 14 maggio scorso, le iscrizioni chiuderanno il 5 ottobre. Le aziende che si iscrivono entro l’estate hanno il vantaggio di ottenere il calendario d’incontri più adatto a loro. L’evento è a numero chiuso: se il numero massimo di 120 aziende italiane dovesse essere raggiunto in anticipo le iscrizioni saranno chiuse prima del 5 ottobre. Dunque ‘The Rome Table’ non è un congresso, tanto meno una fiera ma è un grande meeting d’affari, agile nella formula, in

grado di offrire, a costi limitati, in una location comoda da raggiungere, l’opportunità di contatti qualificati a tutte le aziende ortofrutticole desiderose di allargare le proprie vendite all’estero. E’ prevista la presenza di 40 buyer provenienti da 20 Paesi europei ed extra-europei. Paesi focus europei: Austria, Belgio, Croazia, Francia, Germania, Polonia, Rep. Ceca, Romania, Spagna, Svezia, UK. Paesi focus extra-UE: Arabia Saudita ed Emirati, Brasile, Canada, Cina, India, Kazakistan, Kenya, Nigeria, Senegal. Saranno presenti le tre principali tipologie di buyer: category manager di catene della distribuzione organizzata, importatori con magazzino, agenzie di import-export. Sono invitati: 15 category manager di catene della GDO, 20 importatori con magazzino, 5 agenzie di import-export collegate a distributori. Gli incontri business – programmati per tempo secondo un preciso calendario predisposto dall’organizzazione – inizieranno alle 10 del mattino del 6 novembre e proseguiranno fino alle 18. Riprenderanno alle 10 del 7 novembre per concludersi entro le ore 18:10. Sono adibite all’evento due ampie sale allestite: una destinata agli incontri business, in cui ogni buyer ha il suo tavolo, con totem identificativo; l’altra, connessa alla prima, destinata a tutti i servizi di supporto. Nella sala di servizio viene allestita una coffee station permanente. Alle 13 di martedì 6 e di mercoledì 7 è offerto agli iscritti nella stessa sala un light lunch. Media partner Freshplaza.it. Giugno 2018


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Le sorprese della Val Venosta tra cavolfiori e fragole Le sorprese dell’estate in Val Venosta. Oltre alle mele, la vallata alto-atesina è rinomata infatti anche per la sua produzione orticola di stagione. Condizioni atmosferiche ed un particolare microclima costituiscono il segreto dell’alta qualità non solo delle mele più glamour, ma anche di altri prodotti come le verdure di montagna, tra cui il cavolfiore che rappresenta una eccellenza produttiva che ricopre circa il 95% della produzione orticola venostana. “Il nostro cavolfiore piace ogni anno sempre di più non solo ai clienti, ma anche ai nostri contadini - commenta Reinhard Ladurner, responsabile vendite verdure VI.P -. Quest’anno infatti abbiamo deciso di ampliare i nostri areali produttivi destinando circa il 15% in più di superficie rispetto lo scorso anno, con una previsione di raccolta complessiva di cavolfiore di circa 3.700 tonnellate. La scelta di questo ampliamento è nata in primo luogo per soddisfare le esigenze dei nostri clienti ai quali oggi, con i quantitativi in previsione, possiamo garantire una continuità di prodotto fino a settembre. Ma possiamo ritenerci soddisfatti anche dal lato dei nostri produttori perché in questi anni con il cavolfiore hanno ottenuto buone remunerazioni, incentivandone la coltivazione.” “La ricerca di una qualità superiore è frutto di un percorso di crescita - precisa Ladurner - che stiamo portando avanti già da alcuni anni insieme al Centro di Sperimentazione Laimburg con il quale studiamo e testiamo nuove varietà, elaboriamo e perfezioniamo metodi di formazione e di controllo qualitativo sempre più innovativi.” Il clima favorevole avuto fino ad Giugno 2018

Le produzioni estive orticole vengono a colmare la stagione libera dalla produzione delle mele. Le caratteristiche dei prodotti della vallata sono però le stesse: un territorio che garantisce la qualità

Confezione di fragole di montagna della Val Martello, la famosa valle laterale della Val Venosta. Sotto, la confezione dei cavolfiori

oggi ha contribuito ad una maturazione ottimale del cavolfiore che si presenta di buona qualità, croccante, dal profumo gradevole e dal sapore genuino. Nel cuore della Val Venosta, c’è poi una piccola valle dove crescono frutti di lunga e appassionata tradizione. Qui, in Val Martello, grazie ad una più lenta e preziosa maturazione, le fragole acquistano un sapore unico ed inconfondibile. “Le temperature fredde della primavera 2018 hanno portato ad un ritardo nell’inizio della commercializzazione delle fragole - spiega Gerhard Eberhöfer, re-

sponsabile vendite fragole e piccoli frutti VI.P -. La vendita quest’anno è iniziata nella terza settimana di giugno e le previsioni dei quantitativi sono in leggero aumento rispetto allo scorso anno: ci aspettiamo una raccolta di circa 400-450 tonnellate. Questa crescita è determinata dal fatto che le piante quest’inverno non hanno subito danni da freddo né da gelo: circa il 40% delle nostre coltivazioni è ‘sotto tetto’, al riparo da eventi atmosferici, mentre il 60% è all’aperto, e le temperature calde delle settimane prima della raccolta, ci permettono di offrire un prodotto senza imperfezioni. Siamo ottimisti: la qualità delle fragole è buona, il sapore è delizioso e la disponibilità verrà garantita”. Le fragole delle Val Martello saranno presenti fino ad agosto e verranno commercializzate presso la DO e la GDO italiana e nei maggiori mercati ortofrutticoli del Nord e Centro Italia. www.corriereortofrutticolo.it

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ANNABELLA DONNARUMMA. Incontro con l’ad di Eurogroup Italia

L’Italia può farcela Antonio Felice Determinazione teutonica e dolcezza napoletana, una ‘fusion’ che convive miracolosamente bene in Annabella Donnarumma, amministratore delegato di Eurogroup Italia, che abbiamo incontrato negli uffici del quartier generale della società in via Tolomeo, nel cuore pulsante di Verona Sud, all’indomani della convention italiana di Rimini del Gruppo Rewe. La forte attività a favore dell’ortofrutta italiana nel determinante mercato tedesco, pone questa manager tra i sicuri protagonisti del trade ortofrutticolo, non solo in forza del suo ruolo ma anche per la grande esperienza acquisita dal 1992 ad oggi. Ecco domande e risposte nell’intervista che ha concesso al Corriere Ortofrutticolo. Giugno 2018

La signora al vertice del Centro acquisti italiano del Gruppo Rewe è ottimista sul recupero della competitività dell’ortofrutta italiana in Germania nonostante la dura concorrenza degli spagnoli

Reparto ortofrutta di uno dei 15 mila punti vendita del Gruppo Rewe

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CHI è

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ANNABELLA DONNARUMMA

Annabella Donnarumma è nata a Castellammare di Stabia da una famiglia di commercianti di ortofrutta con magazzino a Scafati. Si è laureata in Lingue e letterature straniere seguendo corsi di tedesco (prima lingua), inglese e svedese. Quando parla della sua carriera come manager nel settore dell’ortofrutta a livello europeo, cita tre momenti significativi e, nel primo caso, curiosi: il regalo di battesimo fattole dalla madrina Annamaria, un binocolo d’orto “per guardare lontano”; l’apprendimento della lingua tedesca; l’incontro con un imprenditore geniale, Giovanni (Nino) Bocchi. Viene assunta alla Eurogroup di Scafati, ufficio commerciale, all’inizio del 1992 e viene subito spedita per alcuni mesi in Germania, a Colonia, sede centrale di Rewe, per conoscere quelli che sarebbero diventati i suoi principali interlocutori e apprendere il loro modo di lavorare. Questo primo periodo ad Eurogroup, che durerà 15 anni e mezzo, fino al settembre del 2007, le permette di conoscere in modo approfondito i meccanismi del commercio ortofrutticolo in Europa e di fare conoscenze fondamentali per il futuro della sua carriera. Una di queste conoscenze è con un imprenditore che definisce “un grandissimo uomo”: Nino Bocchi, nato in Germania da una famiglia di immigrati veneti, titolare dell’agenzia Bocchi Trade con uffici centrali a Verona e filiali a Valencia, in Olanda, in Germania (dove lavora con tutte le grandi catene

tedesche a partire da Rewe) e in Argentina (dove si rifornisce principalmente di pere e mele di contro-stagione). Il 31 agosto del 2007 Annabella Donnarumma, su presentazione di un collega tedesco, incontra Nino Bocchi a Verona insieme all’amministratore delegato Roldano Calzolari. Rimane colpita dalla mentalità internazionale e visionaria dell’imprenditore, ma qualcosa scatta anche dall’altra parte perché Annabella Donnarumma prende servizio a Verona nel novembre 2007 nell’ufficio commerciale per occuparsi di Germania. Ad assumerla è però la società belga Univeg della famiglia Deprez, alla quale Bocchi aveva ceduto la proprietà delle sue attività proprio in quell’anno dopo avere scoperto di avere una grave malattia. Annabella è l’unica donna dell’ufficio commerciale ma in poco tempo

prende in mano in pieno l’aspetto cruciale dell’attività di trading: il grande lavoro con la Germania, che era stato sempre il punto di forza dell’attività di Bocchi. L’imprenditore si vede sempre più raramente negli uffici veronesi di Ca’ di Cozzi, morirà a 62 anni nel 2008. In quell’anno l’attività si trasferisce in provincia di Verona, a Trevenzuolo, dove la società ha una piattaforma di carico-scarico. Il ruolo di Annabella cresce, grazie ai risultati del suo lavoro con la Germania e in particolare con Rewe, e nel 2012 viene promossa a direttore commerciale export, una struttura di 23-24 persone. Mantiene questo ruolo fino al 2017 quando Univeg diventa Greenyard e assume le dimensioni di una multinazionale ancora più grande con attività in circa 27 Paesi. Annabella Donnarumma esce da Greenyard nel marzo 2017 e il 1° aprile rieccola a Eurogroup con l’incarico di amministratore delegato di Eurogroup Italia e sede di lavoro sempre a Verona, che è ormai la sua città di adozione. Dice semplicemente della sua attuale attività: “Ho tante cose da fare qui. Ci sono 70 persone da gestire che parlano almeno 7-8 lingue, molte sono donne e sono bravissime. Tengo i rapporti con le varie società che compongono Rewe Group e ogni volta che c’è bisogno torno al mio vecchio lavoro, dando una mano all’ufficio commerciale”. Il 10 maggio scorso Annabella Donnarumma è diventata socia onoraria dell’associazione italiana Donne dell’Ortofrutta.

Come sta andando l’attività di Eurogroup Italia e di quale considerazione gode l’ortofrutta italiana nel Gruppo Rewe? "Gli affari vanno bene. Rewe in

Germania cresce da anni, crescono le attività di Penny e noi cresciamo insieme a loro. Entrando nel nostro specifico, posso sicuramente affermare che stiamo dan-

do un po’ di lustro all’ortofrutta italiana. Sembrava ci dovesse essere solo la Spagna con i suoi grossi quantitativi. Il prodotto italiano era un po’ caro e poi le

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Giugno 2018


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PROTAGONISTI Le mele sono il secondo prodotto italiano presente nei punti vendita Rewe mentre l’uva da tavola è salita al primo posto

aziende mandavano in Germania di tutto. Già in campagna l’Italia è più cara della Spagna. Però qualcosa è successo. Da qualche anno a questa parte si sta dando molto valore all’ortofrutta italiana. La Rewe cerca in Italia la qualità e quando la trova dà molta importanza all’ortofrutta italiana. Nella misura in cui i produttori italiani fanno sul serio e rispondono alle esigenze del mercato hanno fortissime potenzialità adesso che le proprietà organolettiche di un prodotto, la sua qualità intrinseca sono state messe al centro dal consumatore e di conseguenza anche dai retailer. Bisogna riconoscere che stanno diventando più bravi, con imprese, anche nel Sud, che sono alla terza generazione, spesso rappresentata da giovani laureati che hanno scelto di continuare a fare il mestiere dei nonni e dei genitori. Il Sud si sta muovendo grazie a loro perché sanno di dover fare innovazione e la fanno”. Che rapporti avete con i produttori italiani? “Abbiamo cominciato a lavorare anche con aziende medio-piccole offrendo loro possibilità di sviGiugno 2018

luppo alla condizione, non sempre facile da accettare da parte loro, di lasciarsi un po’ guidare da chi ha il polso del mercato. La partnership con i produttori per la Rewe va ben oltre le chiacchiere, è una cosa seria. Rewe ci tiene molto alla collaborazione fattiva con la produzione. Come ho ricordato alla nostra convention nazionale di Rimini, lo scorso maggio, in occasione di Macfrut, i nostri partner sono scelti in base alle prestazioni, alla disponibilità

“Oggi i produttori italiani, anche nel Sud, fanno innovazione. Recuperare su pomodori, melanzane, peperoni e zucchine è l’impresa più difficile ma per gli altri prodotti c’è spazio. Costruiamo insieme il futuro”

e anche all’instaurazione di un rapporto di fidelizzazione reciproca. Quando si riesce a stabilire una programmazione stagionale, i produttori possono sapere con largo anticipo quali articoli seminare e in quali periodi organizzare le attività promozionali. Un punto fondamentale della nostra strategia è il rafforzamento dei controlli di qualità in campo. Proprio grazie a queste azioni, siamo riusciti non solo ad aumentare il fatturato, ma anche ad abbassare significativamente le quote di contestazione per i prodotti italiani di punta”. Quali sono oggi, dal vostro punto di vista, i prodotti italiani più competitivi in Germania? “Il cavallo di battaglia della frutta italiana, almeno per noi, oggi è l’uva da tavola, una categoria in cui i produttori italiani hanno saputo rinnovarsi negli ultimi anni investendo anche nelle varietà seedless. Poi indubbiamente vengono le mele dell’Alto Adige, quindi la frutta estiva - che è in recupero grazie varietà saporite e con una buona colorazione messe a dimora anche in Emilia Romagna - e il kiwi. Per gli ortaggi è più www.corriereortofrutticolo.it

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CHI è EUROGROUP ITALIA

Eurogroup è da tre anni l’ufficio acquisti italiano del gruppo tedesco Rewe a cui appartiene al 100%. In origine era stata la centrale d’acquisto italiana di cinque catene di supermercati di 5 diversi Paesi europei, ognuna delle quali, Rewe compresa, aveva la proprietà del 20%. Eurogroup era stata fondata nel 1989 da Mario Marchi a Scafati, in provincia di Salerno, a poco più di 30 km da Napoli, uno snodo ferroviario importante per la Campania e i collegamenti con il Nord, in particolare per l’ortofrutta. Nel novembre 2008 Eurogroup si trasferisce a Verona, un crocevia logistico fondamentale per i traffici con la Germania; nel frattempo la sua proprietà era stata divisa a metà tra Rewe e Coop Svizzera. Nel 2015 Rewe ha poi preso il controllo totale della proprietà. Oggi Eurogroup opera all’interno di Rewe con tre società: Eurogroup Italia, Eurogroup Valen-

difficile perché la concorrenza spagnola qui si fa sentire di più. Recuperare sulla Spagna per prodotti come i pomodori, le melanzane, i peperoni, le zucchine, in cui la Sicilia aveva molto da dire, ora è difficile, forse è tardi. Noi su questi quattro prodotti riusciamo a fare poco o nulla. Diverso è il di-

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:- ) cia ed Eurogroup Germania, alle quali si aggiungono altre tre società specializzate nel biologico che operano con il marchio Campina Verde, tra le quali appunto Campina Verde Italia, attiva dal settembre 2016. Le sei società hanno un coordinatore nella persona di Ulrich Spiekerman e un riferimento apicale in Germania in Eugenio Guidoccio (un italiano che fin dall’infanzia vive in Germania), il manager che gestisce Rewe Buying Ultrafresh. Il Gruppo Rewe è un colosso da 345 mila dipendenti, presente in 21 Paesi europei, con 15 mila punti vendita e un fatturato 2017 di 58 miliardi di euro, impegnato anche nel settore turistico. Al Gruppo appartengono sia Penny Market (catena discount ben radicata anche in Italia, dove conta 350 punti vendita, oltre che nell’Est Europa) che Billa (insegna di supermercati di origine austriaca).

scorso per i cavolfiori, i broccoli, le insalate (lattughe, scarole, valeriana, rucola) e per tutto l’inverno e fino ad aprile-maggio anche per le carote, i ravanelli. Qui l’Italia è competitiva e riusciamo a fare un buon lavoro”. E per quanto riguarda le fragole?

“Negli ultimi 3-4 anni ci stiamo riprendendo quello che gli spagnoli ci avevano tolto per quanto riguarda le fragole. Gli spagnoli ci sono con le fragole da gennaio ad aprile, poi attaccava la produzione tedesca; l’Italia rischiava sempre di essere saltata. Ora - ciò va-

“La nostra partnership con i produttori è una cosa seria. Scegliamo i fornitori in base alle prestazioni, alla disponibilità e a un rapporto di fidelizzazione reciproca. Con largo anticipo possiamo programmare le produzioni” le almeno per noi - c’è una rivalutazione dell’Italia, per diversi motivi e quindi non solo per la migliorata qualità, se di questo si poteva trattare, ma anche per il vantaggio logistico. L’Italia è più vicina alla Germania della Spagna e la logistica incide fortemente non tanto sul valore del prodotto quanto sulla qualità della fragola che, come noto. è un prodotto altamente deperibile”. Come vede il futuro? “Il futuro si presenta con le sue sfide, con la continua necessità di innovare. Rewe ha lanciato la linea Rewe to Go con prodotti di quarta e quinta gamma, ready-toeat, con mix di frutta tagliata freschissima e tanto altro. Qui bisogna essere attrezzati a fornire prodotti maturi al punto giusto, penso al kiwi, e prima gamma evoluta di ortaggi in cui i produttori italiani sono già molto forti. Quello che conta è che l’ortofrutta ci sarà nel futuro, non potrà che essere elemento importante della dieta e l’Italia potrà avere le carte in regola per giocare un ruolo da protagonista se i suoi produttori continueranno ciò che hanno cominciato a fare molto bene. Eurogroup e Rewe ci saranno a costruire il futuro con loro”. Giugno 2018


MERCATI&

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L’assemblea dei soci Conad ha approvato il bilancio 2017, chiuso con un fatturato della rete di vendita di 13 miliardi di euro, 600 milioni in più rispetto all’esercizio precedente (+4,9%). La quota di mercato si attesta all’12,5%, in ulteriore progressione rispetto all’11,9% del 2016. Conad cresce nei supermercati, al 21,5% (0,8 punti percentuali sopra il valore del 2016), e nel libero servizio, al 14,6%, 0,4 punti percentuali al di sopra del precedente valore. Conad è leader in Abruzzo, Calabria, Lazio, Molise, Sardegna, Umbria ed è seconda in Campania, Emilia-Romagna, Sicilia e Valle d’Aosta. Il patrimonio netto aggregato ha raggiunto i 2,44 miliardi di euro (+5,4%). Nel 2017 Conad ha beneficiato dei primi generali effetti della ripresa, anche se distribuiti in modo non uniforme. Modesta la crescita delle vendite al dettaglio (+0,2%), più corposa quella della grande distribuzione (1,4%) mentre le vendite delle imprese operanti su piccole superfici sono diminuite dello 0,8%. I discount hanno registrato un vero e proprio boom con un aumento del 3,2% . Nel primo quadrimestre del 2018 le vendite di Conad registrano un incremento del 3,8% rispetto allo stesso periodo del 2017, in un mercato in flessione del 2,3%. Performano meglio gli store Sapori&Dintorni (+8,8%) e i superstore (+6%), seguiti dai supermercati (3,1%) e dai City (+1,2%); stabile invece il fatturato degli ipermercati (+0,1%) e leggermente in calo quello dei Margherita (-0,3%). “La crescita registita nel 2017 è frutto del nostro modello imprenditoriale, fatto di imprenditori dettaglianti indipendenti associati in grado di fare la differenza in un mercato estremamente comGiugno 2018

DISTRIBUZIONE

Conad sale a 13 miliardi e diventa leader in sei regioni Soddisfatto del 2017 l’ad Pugliese: “Abbiamo registrato i primi segnali di ripresa”. La crescita viene confermata dai dati del primo quadrimestre 2018. Sale il ruolo della marca di proprietà

Francesco Pugliese, amministratore delegato del Gruppo Conad

petitivo”, commenta l’amministratore delegato Francesco Pugliese. “I nostri soci, però, sanno bene che se non c’è redistribuzione della ricchezza non ci sono nemmeno prospettive di sviluppo per le loro imprese associate. Ecco perché la soddisfazione per la crescita della rete - ancora una volta significativa e trainata dai successi della nostra marca - non può prescindere dall’impegno per la crescita e il sostegno del territorio e delle comunità locali”. Conad è l’unica catena della moderna distribuzione ad aver articolato la propria offerta in tutti i canali distributivi, dove è presente con più formati: dal negozio di prossimità allo specializzato, dal superstore all’ipermercato, dal discount al cash and carry. Sono 3.149 i punti di vendita (erano 3.169 nel 2016), per una superficie complessiva di 1.943.670 mq,

distintivi per funzione, vocazione e dimensioni, accomunati da una missione di sistema: offrire la migliore risposta alle esigenze dei clienti, in termini di qualità dell’offerta e convenienza nella spesa. Vale per ognuno dei 26 ipermercati, 211 superstore, 1.098 supermercati, 970 City, 434 Margherita, per i 19 Sapori&Dintorni e i 233 discount a insegna Todis (oltre ad altri 158 punti di vendita con diverse insegne). Forte la focalizzazione sulla marca del distributore, sui prodotti freschi e sulla relazione con le persone attraverso una vasta gamma di servizi offerti dai concept nazionali: 38 distributori di carburanti, 122 parafarmacie, 17 ottico, 9 cremerie Sapori&Dintorni e 20 petstore, l’ultimo nato in casa Conad. I soci sono 2.664 (49 in meno rispetto al 2016) e l’organico ha www.corriereortofrutticolo.it

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DISTRIBUZIONE&

MERCATI

CONAD ADRIATICO Aumenta la quota di mercato. 408 i negozi

CONAD TIRRENO Il giro d’affari sfiora i due miliardi e mezzo

Conad Adriatico ha presentato ai propri 261 soci i risultati conseguiti nel 2017, chiuso ancora una volta con il segno più: fatturato a 1.080 milioni di euro (+7 per cento rispetto al 2016), patrimonio netto consolidato a 162,2 milioni di euro (+11,6 milioni), utile a 12,5 milioni di euro. La cooperativa rafforza la propria quota di mercato, ora al 13,52 per cento, in progressione di 0,8 punti percentuali sull’anno precedente ed è leader in Abruzzo (26,3%) e in Molise (23%). “Abbiamo ottenuto risultati di cui andare giustamente fieri, frutto del nostro modello imprenditoriale, della professionalità dei nostri soci imprenditori e della loro sensibilità nel rendere solida la relazione con le comunità in cui operano, avendo attenzione per i bisogni delle persone e la valorizzazione del territorio”, sottolinea il direttore generale di Conad Adriatico Antonio Di Ferdinando (nella foto). “Continueremo a dare risposte alle comunità e alle mutate esigenze dei clienti, rendendo disponibili prodotti e servizi convenienti, di qualità e sostenendo produzioni e iniziative mirate sul territorio. E’ il nostro modo di restituire alla comunità parte di ciò che riceviamo quotidianamente in termini economici, di fiducia, di buona reputazione”. Conad Adriatico chiude il 2017 con 408 punti di vendita, per una superficie complessiva di 251.541 mq. In cantiere 36 nuove aperture.

Conad del Tirreno ha presentato alla base sociale (213 soci, di cui 122 in Toscana e provincia di La Spezia, 38 nel Lazio e 53 in Sardegna) i risultati dell’esercizio 2017, chiuso con un giro d’affari complessivo di 2,49 miliardi di euro (+4% rispetto al 2016) e un utile netto di 25,2 milioni di euro. La solidità della cooperativa è testimoniata dal patrimonio netto di 345 milioni di euro, base del piano triennale di sviluppo 2018-2020 che vede investimenti per 246,5 milioni di euro finalizzati ad accrescere le quote di mercato e l’efficienza complessiva del gruppo distributivo. Le nuove aperture produrranno inoltre positive ricadute sulle economie locali, in linea con la visione d’impresa della cooperativa. Conad del Tirreno si conferma il primo gruppo distributivo in Sardegna (con una quota di mercato di oltre il 18%) e nel Lazio (23,5%, assieme all’altra cooperativa Conad che opera in regione), e rafforza la propria presenza in Toscana, con una quota di mercato che supera il 15% . “Abbiamo chiuso il 2017 con risultati più che positivi, ben oltre l’andamento del mercato e dei consumi. Abbiamo lavorato in modo speciale per rafforzare il rapporto con il cliente e il territorio, con un’offerta attenta a fornire risposte adeguate al ritmo dei cambiamenti in corso”, sottolinea l’amministratore delegato di Conad del Tirreno Ugo Baldi (nella foto).

raggiunto le 52.762 unità, con un incremento di 5.380 posti di lavoro negli ultimi quattro anni. Conad ha aumentato le occasioni di convenienza per i clienti. L’operazione nazionale Bassi&Fissi ha ampliato sia il numero delle referenze - dalle 379 del 2016 alle 425 del 2017 - sia le categorie interessate. Un’iniziativa che Conad ha avviato negli anni della crisi, per poi protrarla fino ad oggi, ribassando in maniera significativa i prezzi di un ampio paniere di prodotti a marchio di prima

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necessità e di uso quotidiano. Obiettivo: garantire con continuità un risparmio importante al-

Leggero calo dei punti vendita dovuto soprattutto alle superfici più piccole. Bene i supermercati, stabili gli ipermercati. Le performance migliori vengono registrate dagli store Sapori&Dintorni

le famiglie di ogni area del Paese. La quota di mercato della marca Conad ha raggiunto il 28,4%, guadagnando 1,3 punti percentuali rispetto al 2016; valore ben oltre quello medio del settore, attestato al 19,4%. La marca interna si è confermata uno degli asset strategici del gruppo distributivo, dietro a cui ci sono accordi sottoscritti con migliaia di fornitori, e che ha il gradimento di 8,5 milioni di famiglie - una su tre - che fanno la spesa in Conad ogni settimana. Giugno 2018


MERCATI&

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Una crescita continua e costante per diffondere il marchio in modo sempre più capillare, creando valore sul territorio in termini di nuove assunzioni e indotto, grazie ad una quota crescente di fornitori locali. Questa la strategia di Penny Market per il biennio 20182019. L’impegno di Penny Market per l’anno in corso e per il prossimo si concretizza in una crescita degli investimenti per una cifra pari a 167 milioni di euro. Nel dettaglio, la voce più rilevante è costituita dai nuovi negozi (oltre 80,2 milioni); seguono i remodelling (27,9 milioni) per rendere l’esperienza di acquisto sempre più attuale; gli investimenti generali sugli store pre-esistenti (20,9 milioni), nuovi magazzini (Toscana e, soprattutto, Sicilia: l’hub di Catania sarà uno dei più innovativi della Penisola) e gli investimenti per la nuova sede di Cernusco sul Naviglio, ad alto tasso di tecnologia e di rispetto dell’ambiente (1,8 milioni). “Gli investimenti previsti tra 2018 e 2019 manifestano la volontà di Penny Market di rafforzare la presenza in Italia, contribuendo anche allo sviluppo dei territori nei quali abbiamo deciso di operare”, spiega Roberto Fagnani, CFO di Penny Market. “Proprio la crescente integrazione con il tessuto socio-economico locale ci consente di rendere sempre più concreti i principi fondamentali del nostro lavoro: anticipare le esigenze dei clienti, collaborare con i produttori locali e valorizzare il nostro capitale umano”. Nell’anno in corso sono previste 20 aperture.

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Scontro tra discount Sbarca Leader Price

DISTRIBUZIONE

Crescita costante per Penny Market

Mentre Aldi sta realizzando la sua seconda piattaforma logistica italiana e preoccupa Lidl, è partita l’avventura nel Belpaese dell’insegna francese che in patria conta su 1.100 punti vendita Mentre si fa sempre più baldanzosa la presenza di Aldi, che sta mettendo in allarme l’arcipelago Lidl, il mondo dei discount si affolla di un nuovo player in Italia. L’ultimo arrivo nel Belpaese è Leader Price (che in Francia conta 1.100 punti vendita nel canale discount), frutto della partnership tra il gruppo francese Geimex/Casino e Crai. Il 23 maggio è stato inaugurato il primo punto vendita a Como, alla presenza di Giangiacomo Ibba e Mario Maiocchi, rispettivamente presidente e amministratore delegato di Leader Price Italia, e Marco Bordoli, amministratore delegato CRAI Seco. Leader Price ha obiettivi ambiziosi fin dall’inizio: aprire 20 punti vendita tra Piemonte e Lombardia entro il 2018. I primi in ordine di tempo, dopo Como, sono stati quelli di Voghera (Pavia) e Borgo Satollo (Brescia), inaugurati una settimana dopo. I piani prevedono di arrivare in 5 anni a superare i 200 store dislocati in varie zone d’Italia e diventare uno dei punti di riferimento nel comparto discount. Previsti tre format con dimensioni diverse: da 300, 600 e oltre 800 metri quadrati, come il primo aperto a Como. Oltre a Leader Price che sarà il brand per identificare i prodotti della marca del distributore, ci sarà anche Leader Price Bio, per le oltre 150 referenze biologiche e SOOA, per il centinaio di prodotti dedicati all’igiene e alla cura della persona. Centrale il ruolo dell’ortofrutta nei punti vendita Leader Price, con particolare attenzione ai prodotti locali e co-

munque made in Italy. Nello store di Como sono oltre 200 le referenze ortofrutticole presenti, puntando sul fresco e freschissimo. Nel frattempo, Aldi prosegue il suo piano di crescita sul territorio italiano annunciando la costruzione della sua seconda direzione regionale a Landriano (Pavia). La realizzazione della struttura, che raggiungerà una dimensione di 52.000 metri quadrati, è iniziata lo scorso 26 marzo e porterà alla creazione di circa 200 nuovi posti di lavoro. La costruzione di un secondo centro logistico dopo quello a sud di Verona, a distanza di due mesi dalle aperture dei primi negozi, la dice lunga sulle ambizioni di Aldi. Il discounter tedesco conta oggi già 28 punti vendita operativi e ha in programma un fitto calendario di nuove aperture. La sede di Landriano, nella provincia pavese, poco distante dal capoluogo lombardo, fungerà da centro di direzione e distribuzione regionale per il Nord Ovest. Su una superficie di quasi 102.000 metri quadri, la nuova piattaforma logistica consterà di 52.000 metri quadri di deposito merci e circa 3.700 metri quadri suddivisi tra uffici e un centro di formazione, l’Aldi Accademia. Una volta completato, lo stabilimento permetterà di rifornire più da vicino i punti vendita delle regioni del Nord Ovest e di formare i nuovi collaboratori all’interno di Aldi Accademia. Entro l’anno in corso Aldi intende contare su una rete italiana di 45 negozi. L’offerta di Aldi è costituita per l’85% da linee a marchio proprio. www.corriereortofrutticolo.it

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DISTRIBUZIONE&

MERCATI

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VéGé: le insegne totalizzano 6,2 mld Il piano di sviluppo di gruppo ha permesso la crescita del 28% della rete di vendita. Rinnovato il consiglio di amministrazione con la conferma di Nicola Mastromartino alla presidenza L’assemblea dei soci del gruppo VéGé, riunitasi a Sciacca (Agrigento), nel corso dell’annuale convention del gruppo, ha approvato il bilancio di esercizio 2017, registrando per il quarto anno consecutivo una forte crescita. Il primo gruppo della distribuzione italiana nato in Italia ha chiuso il 2017 con un fatturato di 6,2 miliardi di euro facendo segnare un incremento del 3,4% a parità di rete e un +6,9% in termini cor-

renti. La crescita è visibile anche nella quota di mercato detenuta dal gruppo, che raggiunge a fine 2017, il 4,2% a livello nazionale. I risultati raggiunti sono anche il frutto del piano di sviluppo attuato dal gruppo, che ha portato la rete vendita ad una crescita a doppia cifra di oltre il 28%, passando dai 2.380 punti vendita del 2016 agli attuali 3.034, con una superficie commerciale complessiva di 1.336.706 mq.

Per garantire la rappresentatività della compagine sociale, è stato rinnovato il consiglio di amministrazione che ha eletto, confermando, Nicola Mastromartino come presidente e Giorgio Santambrogio come amministratore delegato. Giuseppe Maiello affianca Valter Mion come vice presidente. Gli altri consiglieri confermati sono Antonino Capone, Camilla Caramico, Michel Elias, Attilio Gambardella, Andrea Tosano. Entrano infine nel nuovo consiglio, Giovanni Arena (in rappresentanza della F.lli Arena Spa) e Claudio Messina (in rappresentanza della Multicedi Srl). Il dinamismo e le capacità aggregative di gruppo VéGé hanno favorito, a inizio 2018, la conclusione dell’accordo di ampio respiro internazionale con Grupo Ifa, per la creazione di un polo retail in Sud Europa.

Alleanza Carrefour-Google per fare concorrenza ad Amazon sulle vendite online Si accende sempre di più la sfida nell’e-commerce da parte della grande distribuzione organizzata. Soprattutto dopo la controffensiva di Carrefour, che ha siglato un accordo commerciale con Google, per contrastare nella spesa on line Amazon. L’intesa parte dalla sperimentazione di nuove tecnologie, a partire dall’intelligenza artificiale. L’esperimento partirà dalla Francia con strumenti quali Google Shopping e Google Assistant. Carrefour ha intenzione di rivoluzionare l’esperienza d’acquisto dei clienti transalpini, con l’intento di digitalizzare i servizi e renderli ancor più fruibili anche da casa. I nuovi servizi on line saranno disponibili nel comparto alimentare e anche non food, e sarà possibile pure attraverso gli speaker Google Home. In questa direzione va anche la prossima creazione di un centro di innovazione a Pari-

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Alexandre Bompard, direttore generale del gruppo Carrefour

gi, che studierà le connessioni tra il commercio digitale e le esigenze del comparto alimentare. Entusiasta il direttore generale di Carrefour Alexandre Bompard: “Questa alleanza è una tappa importante nella nuova storia di Carrefour dopo l’annuncio del piano per il 2022. È la prima volta che Google si impegna con un distributore per sviluppare una forma di e-commerce alimentare

su scala europea”, mentre negli Stati Uniti aveva già stretto una partnership simile con la catena Walmart. L’obiettivo di Carrefour è ricavare dall’e-commerce alimentare 5 miliardi di euro l’anno. Non si hanno date sulla partenza del nuovo servizio on line nella rete Carrefour in Italia, che conta ben 1.074 punti vendita suddivisi nei diversi format distributivi.

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MERCATI&

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In Germania l’89 per cento dell’ortofrutta viene venduta dalla grande distribuzione e solo l’11% transita dai Mercati all’Ingrosso. Nel Regno Unito lo stesso rapporto è 85 a 15%, in Olanda è 80 a 20%, in Spagna è 72 a 28%, in Francia 69 a 31%, in Italia 61 a 39%. Nel 2007 in Italia dai Mercati all’Ingrosso transitava invece il 50% dell’ortofrutta. Dati che quando il tema è “la sfida dei Mercati” parlano da soli. I Centri Agro-Alimentari debbono cambiare marcia, a partire dai grossisti. Hanno la necessità “di riposizionarsi, di rilanciarsi”. Ma dalla relazione di Claudio Scalise, managing partner di SG Marketing, al convegno di Fedagromercati sui nuovi scenari della distribuzione europea, svoltosi a Macfrut il 10 maggio, c’è anche molto altro da riportare. La materia prima che trattano i Mercati, l’ortofrutta, è considerata dalla distribuzione organizzata un prodotto prezioso da cui la DO e la GDO ricavano il 13% dei loro introiti dentro un 56% di introiti derivanti dal fresco. Chiaro che di conseguenza la distribuzione organizzata abbia aumentato la propria efficienza nel trattare e nel vendere l’ortofrutta cercando accordi direttamente con i produttori e sviluppando una segmentazione dell’offerta sempre più efficace nei confronti dei consumatori. Cosa possono fare a questo punto i grossisti dei Mercati? Sfruttare forme di collaborazione e recuperare posizioni con quella parte della GDO, in particolare le catene regionali, che considerano i Mercati fonte di approvvigionamento, puntando su alcuni punti che così ha identificato Scalise: la vicinanza dei Mercati ai centri urbani, la professionalità, il servizio, la crescita delle relazioni internazionali. “Oggi c’è più valore Giugno 2018

DISTRIBUZIONE

Il Manifesto dei Grossisti Europei firmato a Rimini Portata a termine l’iniziativa di Fedagromercati. Interessamento di Paolo De Castro. Ma la categoria deve darsi una mossa per rilanciare il suo ruolo mentre la GDO si rafforza in Europa

Francia, Spagna e Italia firmano il Manifesto dei Grossisti Europei. Terzo da sinistra il rappresentante italiano Di Pisa. Sotto, l’analista Claudio Scalise

nel servizio che nel prodotto”, ha sottolineato Claudio Scalise. “E’ necessario far propri, da parte delle ditte grossiste, spezzoni di servizi, come il confezionamento, la logistica legata a una distribuzione capillare, garantire la catena del freddo, essere pronti a rifornire sempre di più e meglio l’horeca, entrare nella filiera della IV gamma”. Ma le aziende grossiste possono crescere anche intercettando nuovi flussi internazionali e, ancora prima, emancipandosi da rapporti tradizionali che non danno futuro cercando di posizionare il loro orario di lavoro

sulla base delle esigenze dei propri clienti fino ad arrivare, se e quando possibile, ad un servizio H24, molto attuale in tempi di internet e di e-commerce, un fenomeno di fronte al quale è pure urgente reagire con iniziative dedicate. Nella stessa occasione, per iniziativa della stessa Fedagromercati, tre organizzazioni nazionali degli imprenditori dei Mercati all’ingrosso hanno firmato il Manifesto dei Grossisti Europei. Si tratta, oltre a Fedagromercati, di COEMFE(Confederazione dei grossisti spagnoli) e UNCGF (Unione dei grossisti francesi). Nel manifesto si trovano una serie di temi chiave, illustrati dal presidente nazionale di Fedagromercati Valentino Di Pisa: “Rinnovamento dei Mercati, nuovi orari di lavoro passando dal notturno al diurno, sviluppo della logistica urbana, internazionalizzazione, sviluppo di un marchio di qualità a livello europeo, nuovi www.corriereortofrutticolo.it

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MERCATI

rapporti con gli altri attori della filiera e collaborazioni di settore per la presentazione di progetti europei”. “Sottoporremo questi argomenti alle istituzioni, nazionali ed europee - ha sottolineato Di Pisa - per valorizzare il ruolo della categoria dei grossisti all’interno della filiera, ma dobbiamo crescere come categoria, dobbiamo crescere come imprenditori”. Il Manifesto è stato firmato per la Spagna dal presidente di COEMFE Andrés Suárez, per la Francia dall’amministratore di UNCGFL Yves Mustel, per l’Italia dallo stesso Di Pisa. L’accordo ha ricevuto il plauso del vicepresidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento europeo Paolo De Castro, collegato in videoconferenza. Alla firma del Manifesto ha presenziato l’amministratore del Mercato di Atene, Ioannis Triantafyllis.

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Fedagromercati: Guala presidente onorario

Su proposta e designazione del presidente Valentino Di Pisa, nel corso dell’assemblea della Federazione svoltasi nel pomeriggio del 10 maggio nell’ambito di Macfrut, Ottavio Guala (secondo da sinistra nella foto) è stato nominato ufficialmente presidente

onorario di Fedagromercati, l’organizzazione nazionale, aderente a Confcommercio, dei grossisti che operano all’interno dei Mercati all’Ingrosso. Guala, piemontese, è stato per quasi trent’anni alla presidenza della Federazione nazionale.

Ortomercato di Milano, prove di rilancio Il 29 maggio SOGEMI, la società di gestione del Mercato di Milano, ha organizzato un incontro sul ruolo e le prospettive di sviluppo dell’importante piattaforma mercatale milanese, in vista della partenza del progetto di ristrutturazione previsto. Le aziende presenti all’interno del Mercato milanese sono state così classificate da un’analisi commissionata da SOGEMI: il 6% si possono definire ‘ipergrossisti’, il 19% logistici, il 31% grossisti multi-canale, il 34% grossisti tradizionali (a loro volta divisi in generalisti e specialisti), il 10% produttori. Quali categorie hanno più futuro? Per un esperto come Carlo Morgavi i multi-canale (e qui è l’Horeca a fare la differenza) e i logistici (che gestiscono un servizio fondamentale per il ruolo inter-provinciale, interregionale e internazionale di Milano). Interessanti anche i flussi di ortofrutta in uscita dal Mercato di Milano: l’export pesa solo per il 17% (cosa che non pone certo Milano come Mercato leader, se pensiamo a Verona e Padova), l’Horeca solo per il 5% (eppure è la forza di Mercati come Barcellona e Parigi), la media distribuzione conta il 10%, i flussi diretti fuori provincia contano il 16% mentre la parte del leone la fa il dettaglio tradizionale, con il 26% destinato ai negozi e il 26% destinato agli ambulanti. La situazione che queste percentuali svelano è quella di

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un Mercato piuttosto statico nelle sue proposte commerciali. Per fortuna, i negozi tradizionali a Milano tengono, anzi sono in recupero nonostante la GDO si stia organizzando con punti vendita di vicinato. Le prospettive di sviluppo proposte da Morgavi sono: crescita dei rapporti con la ristorazione anche tramite l’on-line delivery, potenziamento dell’export, vendita diretta di prodotti particolari, come i prodotti bio, che hanno necessità di un’area dedicata. All’incontro, abbastanza affollato da grossisti, sia quelli aderenti ad AGO, che quelli che fanno capo ad Acmo, entrambe rappresentate anche dai vertici associativi, erano tra gli altri presenti Cesare Ferrero, presidente di SOGEMI, Stefano Zani, direttore generale di SOGEMI, Fabio Massimo Pallottini, presidente di Italmercati. Maria Maltese di Cerved ha svolto alcune riflessioni sui trend emergenti nei Mercati italiani, con riflessioni interessanti sul commercio on-line (pesa solo l’1% ma ha un grande futuro: Amazon mette paura un po’ a tutti, a partire dalla GDO), sulla crescita dei consumi fuori casa (riecco l’importanza dell’Horeca) e del bio. Milano dovrà riempire la rinnovata struttura di contenuti e servizi nuovi. “Non abbiamo alternative, dobbiamo tornare centrali” ha sottolineato Ferrero.

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REPORT ESCLUSIVO. Le indicazioni del Congresso di Huelva

Berries, l’Italia è indietro Mariangela Latella Ricco di spunti, anche per l’Italia, il IV Congresso Internazionale dei frutti rossi (berries), che si è svolto il 20 e 21 maggio a Huelva in Spagna e che ci ha visti presenti e in primo piano tra la stampa di settore internazionale. Purtroppo i frutti rossi made in Italy ancora stentano sul mercato globale. Nel ranking mondiale, l’Italia si colloca solo al nono posto dei Paesi esportatori con una significativa tendenza al ribasso dei volumi diretti all’estero (-9%), negli ultimi quattro anni. Il rallentamento italiano è sorprendente perché coincide con una congiuntura economica piuttosto favorevole per il settore dei berries, che registra una crescita costante della domanda in quasi tutti i principali mercati importatori a cominciare dal Regno Unito che è il primo consumatore europeo con un giro d’affari da 1,3 miliardi di sterline l’anno, +51% neGiugno 2018

Non riusciamo ancora a cavalcare l’onda del successo internazionale dei piccoli frutti i cui consumi crescono in maniera esponenziale dagli Stati Uniti al Nord Europa, alla Svizzera

Alberto Garrocho, presidente di Freshuelva. Al Congresso internazionale svoltosi in Andalusia anche il Corriere Ortofrutticolo tra i protagonisti

gli ultimi 5 anni, con 190 mila tonnellate di prodotto consumato, +32% in cinque anni. Grandi consumatori di berries in Europa sono anche Germania, Svizzera,

Francia e Norvegia dove nel 2017 si sono registrate performance sorprendenti per l’import di fragole con un +716% in valore e + 476% in volume. Se restano gli www.corriereortofrutticolo.it

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Zou Quidong, vicepresidente dei supermercati Pagoda. A destra, Sabina Wyant, berry manager della catena inglese Tesco. Cresce la domanda di bio-berries

USA i primi consumatori al mondo, stanno crescendo anche nel Mediterraneo i consumi, persino in Marocco ed Egitto. Non è stato un caso che il congresso si sia svolto a Huelva. La Spagna è infatti di gran lunga il primo produttore europeo, anche se ha vissuto una stagione particolarmente atipica per il clima, che ha determinato un calo dei volumi di fragole tra il 15 e il 17% e di poco meno per le altre varietà di berries coltivate in particolare nelle serre di Huelva. Temi portanti del congresso sono stati la priorità dell’implementazione tecnologica del settore da una parte e lo sviluppo del mercato internazionale dall’altra. “Non ha senso continuare a creare nuovi impianti - ha affermato Alberto Garrocho, presidente di Freshuelva, principale organizzatore dell’evento - se non strutturiamo una strategia commerciale congiunta e se non apriamo nuovi sbocchi commerciali. Il rischio è la rovina di tanti produttori. Tra i nuovi mercati di maggiore interesse c’è quello asiatico e in particolare quello cinese. Attualmente abbiamo iniziato a fare i primi test mandando qualche carico via aerea ma l’obiettivo è arrivare, da qui a tre o quattro anni, ad esportare verso questo Paese fino al 15% della nostra produzione”. Sul fronte della redditività, la campagna spagnola di quest’an-

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no ha viaggiato su quotazioni di circa 1,10 euro al produttore e di circa 3,50 al consumatore finale. Tuttavia, secondo quanto è emerso dall’intervento di José Maria O’Kean, professore ordinario di economia all’Università Pablo de Olavide di Siviglia, “si può ancora lavorare sul valore puntando sulla tecnologia che è oggi il modo di competere sul mercato globale e facendo in modo che tutta la filiera lavori in funzione del front-office ossia della presentazione al consumatore. Parlare di tecnologia oggi significa introdurre l’uso di sensori e droni in agricoltura ma anche digitalizzare la fase commerciale. Quello che conta ha precisato O’Kean - è il sentire del consumatore e corrispondere a quello che si aspetta dai frutti rossi ossia qualità, sostenibilità ambientale, salubrità, esoticità. Se tardiamo ad intervenire su innovazione e strategia commerciale, rischiamo di perdere la partita con i nostri competitor, specie con l’Olanda che è molto agguerrita”. Spazio ha trovato a Huelva anche il tema della coltivazione biologica e a residuo zero, considerati dei ‘must’ per il prossimo futuro. Il congresso ha definitivamente sdoganato il concetto di bio-berries. E il motivo è presto detto: gli Stati Uniti, che indubbiamente fanno tendenza nel mercato globale, pongono i bio-berries al se-

condo posto della top ten delle categorie del fresco (il primo va alle insalate in busta) con un giro d’affari di centinaia di milioni di dollari e un trend in crescita del 23% nel 2017 rispetto al 2016. Le cose non vanno diversamente nel Nord Europa e in Svizzera. Coop Swisse è il primo venditore europeo per la categoria dei mirtilli biologici. Dunque i produttori di Huelva, fortemente orientati all’export, stanno spingendo sulla produzione certificata bio. Molto seguiti al congresso gli interventi dei retailer. “Stiamo cercando nuovi Paesi fornitori - ha spiegato Martin Jorge Aguirre, direttore commerciale del settore frutta e verdura per la catena di prodotti premium Spinney di Dubai, nel corso del suo intervento . Il nostro obiettivo è quello di riuscire ad abbattere i costi del trasporto che sono molto alti anche perché attualmente avviene tramite aereo dal momento che gli USA sono il nostro principale fornitore di berries premium. Per le forniture di seconda e terza categoria ci rivolgiamo, per contro, a Olanda, Spagna, Cile, Marocco, Inghilterra e Argentina. Tra le sfide che abbiamo davanti c’è quella di implementare la catena del freddo ma anche di guardare a Paesi produttori più vicini come ad esempio l’Egitto e la Giordania per potere sviluppare anche il trasporto via mare che è meno costoso. Guardiamo inoltre alla Spagna per implementare l’import di prodotti premium”. “Le more sono la bacca con maggiori potenzialità di crescita”, ha spiegato Hans Widmann, direttore generale della tedesca Herbert Widmann Gmbh specializzata nella commercializzazione di frutti rossi che sta per inaugurare un hub logistico da 3mila metri quadrati nel centro della Germania. “Fino ad oggi la Spagna è stato il nostro principale fornitore di berries ma quello che sta succedendo nel Sud del mondo sta disturbando il mercato europeo. Il Giugno 2018


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Cile, in cui abbiamo impianti di proprietà, Marocco e Portogallo sono diventati molto competitivi. La vera sfida per la Spagna oggi è quella di riuscire a produrre un prodotto di buona qualità pur mantenendo un costo moderato. Un’altra delle ultime tendenze, infine, è la costante riduzione dei formati delle confezioni con uso sempre minore della plastica”. Nel ranking dei berries più venduti da Herbert Widmann Gmbh, al primo posto ci sono i mirtilli con 12mila tonnellate l’anno, seguono lamponi e fragole (entrambe 6mila tonnellate), more (2mila) e uva spina (mille). La stessa tendenza si registra anche nel Regno Unito. "Tra il 2014 e il 2017 - ha spiegato Sabina Wyant, berry manager di Tesco – i mirtilli sono cresciuti del 78% in valore, passando da un fatturato annuo di 184 milioni a 328 milioni di sterline. Le fragole sono il primo frutto rosso commercializzato ma la crescita in valore è stata più contenuta, +20%. Interessanti anche le performance di lampioni, +69% in valore pari a 254 milioni di sterline e le more, +57% con 37 milioni di vendite nel 2017. Complessivamente si registra un calo della penetrazione di mercato dello 0,8% che ha comportato una riduzione del fatturato di 9,4 milioni di sterline”. I principali driver di acquisto in Inghilterra sono il sapore e la consistenza ma vengono tenuti in considerazione anche le proprietà salutistiche e il fatto che sono naturalmente dolci. Ancora tutto da costruire, secondo quanto emerso al congresso di Huelva, il mercato cinese dove i berries non sono ancora entrati nel paniere dei prodotti di consumo abituale. “L’attenzione dei consumatori è ancora bassa – ha precisato Zou Quidong, vicepresidente della catena Pagoda – e il mercato non è maturo. Quello che si rischia è la guerra dei prezzi”. Secondo i dati diffusi da Quidong, la percentuale di vendite di berries in Cina è piuttosto bassa. Giugno 2018

India, boom delle mele italiane Chances per la frutta estiva Chiara Brandi L’Italia è uno dei principali partner commerciali dell’India per il trade ortofrutticolo. Secondo i dati rilasciati da ICE Agenzia, seppur ancora non definitivi, nel 2017 le importazioni di frutta e verdura del subcontinente asiatico provenienti dal nostro Paese hanno rappresentato il 36% del totale. Una quota importante, che evidenzia il trend positivo per le spedizioni di frutta, arrivate nel 2017 a 27 milioni di euro (+36% rispetto al 2016), avvantaggiate dalla contro-stagionalità della produzione nostrana e trainate dal forte sviluppo degli invii di mele. Nonostante la tassazione totale del 62,75%, l’export melicolo dall’Italia all’India è aumentato del 77% raggiungendo un totale di 20 milioni di euro. In crescita anche albicocche, ciliegie, pesche e prugne che insieme hanno totalizzato 400 mila euro (+23% rispetto al 2016). In contrazione, al contrario, le spedizioni di ortaggi scese a 372 mila euro (-10,7%) per due cause principali che si sommano agli alti dazi imposti dal Paese: l’elevata concorrenza e una buona produzione interna. “Le pecche in termini infrastrutturali nella catena del freddo e nella distribuzione, oltre alle elevate tassazioni sui prodotti im-

portati, rendono ostici i rapporti commerciali con l’India”, ha commentato Francesco Pensabene (nella foto), direttore ICE New Delhi, durante un seminario sul tema tenutosi lo scorso maggio al Macfrut. “Negli ultimi anni, tuttavia, alcune riforme governative come quelle legate alla demonetizzazione, alla liberalizzazione degli investimenti stranieri (FDI) e all’armonizzazione del sistema fiscale (GST) hanno dato - ha sottolineato Pensabene - nuovo impulso allo sviluppo economico rendendo le opportunità nel Paese superiori ai rischi. Certamente, nell’approcciare tale mercato, non bisogna sottovalutare le forti tradizioni che talvolta condizionano le abitudini culinarie e dunque la domanda, così come le peculiarità della catena di distribuzione e dunque mettere in campo una strategia ad hoc”.

Nel 2017 ha riguardato lo 0,22% del totale dei freschi per lamponi e more; l’1,41% per i mirtilli. “Tuttavia - ha chiarito Quidong - la tendenza è al rialzo per questo alcune province cinesi come Guizhou e Yunnan stanno impiantando massicciamente frutti rossi ma le difficoltà a cui si va incontro sono molte a cominciare dall’arretratezza del settore primario, alla mancanza e all’ineffi-

cienza della catena del freddo e al fatto che molte varietà non attecchiscono bene. La principale chiave di accesso al mercato cinese è quella della brandizzazione che serve ad attirare l’attenzione del consumatore e a diversificare le referenze nel “mare magnum” dei prodotti in vendita. La seconda è scegliere il canale di distribuzione più appropriato che possa dare il massimo risalto al brand”. www.corriereortofrutticolo.it

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Le Donne dell’Ortofrutta: sei mesi di vita e tanti progetti L’Associazione pensa già in prospettiva europea di Alessandra Ravaioli* Dal 6 dicembre 2017, giorno di nascita ufficiale dell’Associazione Nazionale Le Donne dell’Ortofrutta, siamo cresciute di numero e in consapevolezza passando dalle 30 fondatrici alle attuali 60 associate. La nostra Associazione nasce dall’esigenza di dare un contributo femminile al settore dell’ortofrutta. Un contributo di idee e progetti con uno sguardo attento ad alcuni aspetti che non sempre sono messi in evidenza. Le donne hanno avuto storicamente un ruolo fondamentale in agricoltura, procacciatrici di cibo, raccoglitrici, seminatrici e, oggi, spesso addette a ruoli che hanno a che fare con la qualità dei prodotti. Dalle addette alla cernita e selezione in magazzino, che sono una categoria professionale definita, alle responsabili della qualità, alle addette alla vendita o al marketing e alla comunicazione. Tutti ruoli che, appunto, hanno a che fare con la qualità dei prodotti. Ed è evidente l’approccio diverso delle donne alla qualità. E’ un approccio ematico, attento al dettaglio e soprattutto all’interlocutore finale, cioè il consumatore. L’approccio ematico credo sia uno dei più grandi punti di forza della professionalità femminile. Empatia significa pensare e sentire con la stessa sensibilità di chi ti è vicino, quindi interpretare al meglio le esigenze dei consumatori. Con l’Associazione vogliamo fare emergere queste peculiarità e mettere a punto progetti finalizzati proprio a questi obiettivi: dare un contributo concreto di conoscenza ed esperienza per migliorare l’appeal dell’ortofrutta. Abbiamo standardizzato alcune modalità operative che riteniamo prioritarie: 1) la rete condivisa tra di noi, che diventa uno straordinario strumento di crescita per tutte. Comunichiamo con i sistemi più attuali e diretti e ci confrontiamo sempre. 2) l’individuazione di socie onorarie che ci fanno appunto l’onore di essere nostre testimonial e sono uno straordinario driver per la crescita dell’Associazione. Oggi le socie onorarie sono Simona Caselli, assessore all’Agricoltura della Regione Emilia Romagna che ci ha tenute a battesimo; Maura Latini, direttore generale di Coop Italia; Annabella Donnarumma, Ceo di Eurogroup per Rewe e Giuseppina Muzzarelli, professore ordinario di Storia Medievale all’Università di Bologna. 3) la costituzione di gruppi di lavoro dedicati allo sviluppo dei progetti e delle attività. Gruppi che mescolano le competenze e le disponibilità su base vo-

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lontaria. Abbiamo organizzato due importanti convegni e preso parte, in qualità di relatrici, a lezioni universitarie e ad altre iniziative sul territorio nazionale. Abbiamo comunicato ampiamente chi siamo mettendo in evidenza le nostre storie personali, il vissuto di addette ai lavori con esperienze in altri settori o legate a doppio filo all’ortofrutta per passione e tradizione famigliare. Abbiamo pensato ad una rete allargata all’Europa e al mondo attivando la collaborazione con Areflh per l’Europa e stringendo un patto di scambio con la Zambian Women Association. Ora le fondamenta dell’Associazione ci sono e siamo pronte ad affrontare le prossime sfide di questa bellissima esperienza. Abbiamo in agenda l’organizzazione, ad ottobre, di un incontro a Ferrara che coinvolgerà le nostre associate di quell’area. Una occasione di incontro tra noi ma anche una occasione pubblica per presentarci e raccontarci. Ad Interpoma saremo coinvolte ancora in un importante convegno dedicato a temi legati all’export del made in Italy. E infine a dicembre il 7 e 8 organizzeremo l’assemblea generale in Sicilia, cogliendo l’occasione di visitare e toccare con mano le realtà produttive delle nostre associate siciliane. Stiamo poi mettendo in cantiere altre importanti iniziative che si svolgeranno nel 2019 e di cui presto daremo informazioni più dettagliate. La nostra è una rete orizzontale che trae la sua forza dall’energia e dall’entusiasmo delle associate. Dalle socie arrivano gli input e le proposte ed è possibile organizzarsi anche per gruppi e territori diversi rispettando le regole dello Statuto. Non abbiamo fini di lucro e siamo apolitiche e apartitiche ma possiamo ricevere donazioni a sostegno delle nostre iniziative. Molti si chiederanno come facciamo a organizzare tutte queste attività in aggiunta ai nostri lavori ordinari. E’ semplice, le donne sono multi-tasking ed è un’altra caratteristica che affonda le radici nella storia. Da sempre ci siamo abituate al regime multi-tasking, pensando al lavoro, alla famiglia, ai rifornimenti alimentari, alla cura della casa, all’organizzazione delle giornate. Quindi non sottraiamo a nessuno aggiungendo il nostro impegno nell’Associazione, spesso concentrato nelle prime ore del mattino o a tarda serata, anche nei giorni festivi, se serve. L’importante è credere, orgogliosamente, che il nostro contributo possa servire al settore e che vengano riconosciute le nostre competenze e professionalità. *presidente Associazione Nazionale Le Donne dell’Ortofrutta

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UN CASO, UNA STORIA

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Antonio Felice Genova è l’esempio più evidente in Italia di come l’innovazione possa passare da un Mercato all’Ingrosso. Prosegue piuttosto speditamente infatti, il progetto sulle bioplastiche lanciato lo scorso febbraio alla Fruit Logistica di Berlino. Si tratta di un’iniziativa, nata dalla collaborazione con l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), che mette in pratica il concetto - attualissimo - di economia circolare, permettendo di convertire l’ortofrutta invenduta in plastica 100% biodegradabile utilizzabile per realizzare imballaggi eco-sostenibili per la stessa frutta e verdura (ma non solo). Da Genova l’attività potrà estendersi ad altri Mercati e trovare anche sviluppi esterni ai Mercati stessi. Il progetto è di tale portata che sta sollevando interesse anche a livello internazionale, ma è nel sistema dei Mercati italiani che esso potrà trovare principalmente il proprio bacino di crescita. La fase di ricerca e della messa a punto del processo produttivo è ad un ottimo punto, può considerarsi praticamente conclusa, tanto che è stato sviluppato un brevetto e i campioni di imballaggio con il nuovo materiale sono già stati presentati in più occasioni. Lo hanno spiegato i vertici di SGM al Corriere Ortofrutticolo, che, dopo un incontro al Mercato, ha potuto visitare l’avveniristica struttura genovese dell’Istituto Italiano di Tecnologia, attiva dal 2006, dove operano 900 ricercatori per il 50% stranieri provenienti dai 5 continenti, suddivisi in gruppi di lavoro che si occupano principalmente di robotica, di intelligenza artificiale e di nuovi materiali intelligenti, gli ‘smart materials’. Davanti a noi si è aperto uno squarcio sul futuro, la Giugno 2018

Il progetto, già presentato a Fruit Logistica lo scorso febbraio, è entrato nella fase due. Entro fine anno sarà operativo il forno dove gli scarti diventeranno materia prima per la bioplastica

In alto, il presidente di SGM Stefano Franciolini. Qui sopra, alcuni oggetti-prototipi ottenuti dall’ortofrutta di scarto del Mercato di Genova

visione di una attività sconosciuta ai più, connessa con i centri di ricerca tecnologica più avanzati al mondo, dalla quale dipende davvero non poco del nostro futuro. All’IIT si può toccare con mano l’ingresso - in tempi non più lontani ma che nei laboratori sono attualità - dei robot in mansioni oggi svolte dagli uomini, persino in agricoltura, e l’utilizzo di materiali che finiranno per cambiare la vita di tutti i giorni in casa, negli spostamenti, nel lavoro. L’attività di sperimentazione all’IIT è continua e il team sui ‘materiali intelligenti’, guidato da Athanassia Athanassiou, costantemente alla ricerca di nuove soluzioni, si è applicato con impegno sulle bioplastiche da scarti vegetali e in questa collaborazione con il Mer-

IL MERCATO DI GENOVA E IL PROGETTO BIOPLASTICHE

L’invenduto di ortofrutta diventa imballaggio e torna alla terra

cato. Un ‘incontro fatale’, si potrebbe definire, tra due strutture fisicamente molto vicine e che insegna come il rapporto tra un Mercato e il suo territorio debba essere aperto per portare a sinergie da cui nascono prospettive di straordinario interesse. Il progetto bioplastiche, a cui partecipa anche Ascom Confcommercio, sta ora entrando nella fase due. Operatori grossisti e loro clienti sono sensibilizzati. Entro la fine dell’anno l’invenduto sarà convogliato al Mercato in un’area apposita e sarà costruito un forno in cui l’ortofrutta di scarto sarà essiccata per fornire la materia prima da cui sarà ricavato il pellet, il materiale granulare che a sua volta darà vita agli imballaggi e ad altri oggetti in bioplastica. I www.corriereortofrutticolo.it

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IL MERCATO DI GENOVA E IL PROGETTO BIOPLASTICHE

UN CASO, UNA STORIA

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CORRIERE ORTOFRUTTICOLO

Il dirigente di SGM Nino Testini nei laboratori dell’Istituto Italiano di Tecnologia

vertici di SGM hanno individuato in un’azienda lombarda, della provincia di Lecco, il partner in-

dustriale in grado di realizzare la fase finale mentre sono al vaglio alcune opzioni circa coloro che

potranno essere i primi utilizzatori degli oggetti prodotti. “Siamo orgogliosi di questo progetto - afferma il presidente di SGM Stefano Franciolini - che rappresenta una svolta sul tema degli scarti, che da problema possono così diventare opportunità. Esso sta entrando nella sua fase applicativa, una nuova sfida che richiede il nostro impegno ma anche adeguate sinergie. E’ evidente che la collaborazione con gli altri Mercati all’ingrosso italiani, in particolare quelli della Rete Italmercati, avrà la sua importanza per dare al progetto un respiro nazionale e al ciclo produttivo una dimensione in grado di offrire più ampie prospettive di mercato”.

All’IIT tra robot e materiali intelligenti L’economista Francesco Giavazzi così scriveva nel 2003 sul Corriere della Sera: “L’Istituto Italiano di Tecnologia è uno strumento per far compiere un salto al Paese, perché introdurrà la competizione nel mondo dell’università e della ricerca e romperà lobby e baronie”. Finanziato dallo Stato italiano (100 milioni all’anno secondo quanto stabilito dalla legge) l’IIT è nato con lo scopo di diventare un centro di riferimento per la ricerca scientifica ad alto contenuto tecnologico, oltre all’auspicio di fornire una piattaforma per il rientro dei cosiddetti ‘cervelli in fuga' italiani emigrati all'estero. Sebbene l’IIT sia un istituto completamente statale (di proprietà del ministero dello Sviluppo Economico), è governato da una fondazione che segue le regole del diritto privato, a differenza di altre istituzioni quali università pubbliche italiane e CNR, che invece seguo-

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no regole di diritto pubblico. Questa scelta fu dettata dalla necessità dell’istituto di poter operare attraverso una struttura più simile a quella aziendale, come avviene per il Max Planck Institut in Germania. La struttura di ricerca, presso la sede genovese, è articolata in dipartimenti e laboratori tra i quali: robotica avanzata, neuroscienze e tecnologie del cervello, “Neuroscience and Brain Technologies”, nanostrutture, nanofisica, materiali intelligenti, microscopia ottica. Nella foto, il nostro direttore editoriale all’IIT di Genova con un robot di nuova generazione.

Giugno 2018


UN CASO, UNA STORIA

CORRIERE ORTOFRUTTICOLO

La copertura fotovoltaica del tetto permetterà di abbattere di un terzo i costi dell’energia. Il servizio di consegna della merce a domicilio, con mezzi elettrici, ha incrementato gli affari Al Mercato di Genova operano 28 grossisti e una società di logistica interna. Il Mercato sta vivendo un cambiamento grazie ai servizi logistici di cui si è dotato e di cui i grossisti possono usufruire. Alcune aziende grossiste hanno infatti avviato un’attività door-to-door recuperando clientela che ha presso contatto con il Mercato perché la merce gli viene consegnata. L’attività dell’ingrosso è comunque sostenuta dalla buona tenuta a Genova del dettaglio tradizionale, con molti extra-comunitari, in particolare asiatici, che presidiano le zone abbandonate commercialmente dai genovesi e dai primi immigrati tunisini. La Giugno 2018

gestione dei punti vendita non è più quella di prima ma dal punto di vista numerico è in ripresa. I dati della Camera di Commercio testimoniano di un numero di negozi di ortofrutta in crescita. E’ praticamente cessata, perché migrata altrove, un’attività che in passato caratterizzava il Mercato grazie alla vicinanza con il più grande porto italiano: le forniture di bordo. Negli anni le dinamiche di questa attività sono completamente cambiate. Il Mercato continua ad essere un mercato notturno anche se appare sempre più chiaro che l’attività tradizionale potrebbe avere un futuro problematico. Non si parla

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IL MERCATO DI GENOVA E IL PROGETTO BIOPLASTICHE

Piattaforma logistica e tante altre iniziative

per ora di spostare l’attività di giorno, si discute semmai di aprire alle 4 invece che alle 3. A Genova si ritiene che sugli orari il pallino ce l’abbia in mano Fedagro, quindi che il problema debba essere affrontato a livello nazionale. Ma le novità a Genova sono tante. L’evoluzione principale all’interno del Mercato è indubbiamente legata alle nuove attività logistiche sulle quali l’ortofrutta pesa per il 20% circa. Tali attività, parallele a quelle mercatali, hanno portato vantaggi ai grossisti che hanno potuto godere di un abbassamento dei canoni. I grossisti a Genova hanno un peso importante nella proprietà. La società di gestione SGM è infatti partecipata per il 40% proprio dai grossisti, che sono rappresentati a livello gestionale esprimendo l’amministratore delegato, per il 35% dalla SPIM, l’azienda che gestisce tutti gli immobili di proprietà del Comune di Genova, la quale ha espresso il presidente Stefano Franciolini (presidente della stessa SPIM oltre che di SGM) e per il 25% dalla Camera di Commercio.

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IL MERCATO DI GENOVA E IL PROGETTO BIOPLASTICHE

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CORRIERE ORTOFRUTTICOLO

L’interno del Mercato di Genova-Bolzaneto dove operano 28 grossisti a partire dalle 3 del mattino. La discussione sull’orario diurno procede con grande prudenza. Sotto, il servizio di pesatura dei container: nuova fonte di reddito per SGM

La gestione, grazie anche a una direzione efficente, è tra le migliori dei Mercati italiani. Genova è partner della rete Italmercati con la quale intende sviluppare in particolare attività internazionali. Le novità non si fermano alla piattaforma logistica parallela alla struttura mercatale e alla sua rinnovata gestione. Ci sono servizi nuovi che funzionano e metto-

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La piattaforma logistica lavora solo per il 20% con l’ortofrutta ma la sua attività permette una riduzione dei canoni ai grossisti per i quali rappresenta un’opportunità da sfruttare di più

no la struttura in collegamento con il porto, come la pesatura certificata dei container destinati all’esportazione, che muove un notevole traffico giornaliero. E ci sono iniziative che stanno facendo di Genova un Mercato Green. Nel 2019 partiranno i lavori per la copertura fotovoltaica del tetto. Il Mercato ha costi elettrici per 500 mila euro l’anno per l’80% dovuti ai consumi degli operatori; i costi saranno abbattuti di un terzo. Parallelamente alla raccolta dell’invenduto per il grande progetto delle bioplastiche sarà attivito un efficiente sistema di raccolta differenziata. E poi non bisogna dimenticare che il servizio di consegna dell’ortofrutta ai dettaglianti genovesi da parte della società di logistica operante all’interno del Mercato avviene completamente con mezzi elettrici. Genova è così un testimonial significativo di come un Mercato, anche se non di grandi dimensioni, possa adattarsi ai tempi e svilupparsi rispondendo alle nuove esigenze e sensibilità. Spetta ora anche ai grossisti raccogliere la sfida del futuro. (a.f.)

Giugno 2018



Dalla nostra Valle, non solo ottime mele.

Ma anche fragole, di un irresistibile rosso acceso: le più dolci, succose e ricche di gusto grazie all’inconfondibile aria frizzante d’alta quota e agli oltre 300 giorni di sole all’anno. Meraviglie della natura maturate al sole, nel cuore della Val Venosta. Perché quando la natura è ospitale, si raccolgono i frutti migliori. Fragole di montagna Val Venosta. Siamo innamorati di naturalità e bontà.


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