Corriere Ortofrutticolo Giugno 2019

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MENSILE DI

ECONOMIA

E AT T U A L I T À

DI

SETTORE

corriereortofrutticolo THE FIRST ITALIAN MONTHLY ON FRUIT AND VEGETABLE MARKET | ANNO XXXIII Nuova serie GIUGNO 2019 Euro 6,00

daily news: www.corriereortofrutticolo.it

PROTAGONISTI

Gianmarco Guernelli, Chiediamo un Paese che rispetti le regole e una produzione che sappia programmare OPERA • PAG. 15 AGGREGAZIONE DIFFICILE Terremoto nelle pere. I privati lasciano il Consorzio diretto da Granata

CONAD-AUCHAN • PAG. 41 ACQUISIZIONE DELL’ANNO L’accordo che porta alla formazione del primo gruppo della GDO italiana

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BELLA LA VITA CON FFrutta r e verd verdura rddura ra coltivata ta esclusivament esclusivamente te in Italia ta a nelle aree arree produttive ro più vocate vocate per sp specie pecie e st stagionalità. agionalitàà. Da p produzione roduzione integrata ro e rata per assicura as assicurare rare qu qualità, ualità, à, benessere re del cons consumatore nsumaatore tore e sostenibili sostenibilità ità dell’ambiente dell’ambiente. te. Una gam te gamma mma completa t di pprodotti rodotti in un pack ro packaging aging ng pra pratico raticoo ma elegante elegan te che sottolinea t innovazione innovaz azione e stretto strre retto to legame le egame con il te territorio territorio. to .

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Oggi Rosaria è anche una spremuta 100% di arance rosse, sempre fresca e disponibile tutto l’anno.

Ma anche fragole, di un irresistibile rosso acceso: le più dolci, succose e ricche di gusto grazie all’inconfondibile aria frizzante d’alta quota e agli oltre 300 giorni di sole all’anno. Meraviglie della natura maturate al sole, nel cuore della Val Venosta. Perché quando la natura è ospitale, si raccolgono i frutti migliori. Fragole di montagna Val Venosta. Siamo innamorati di naturalità e bontà.


Cresce al sole e all’aria pura. Verdura dell’Alto Adige/Südtirol.

La verdura dell’Alto Adige cresce in montagna, al sole e all’aria pura. Si raccoglie da giugno a ottobre e arriva fresca al punto vendita. Per questo è molto amata e richiesta dai consumatori. www.verduraaltoadige.com


Basta con le ipocrisie Si può competere con chi paga la Frassoldati manodopera 1 euro all’ora (Marocco)? Ovviamente no. Si può competere con chi la paga a 6,8 euro/ora (Spagna) mentre noi la paghiamo 11,1 euro? Quasi impossibile, infatti il gap tra il nostro export e quello spagnolo si è allargato a dismisura e la forbice continua a crescere. Si aggiunga poi che un addetto in Spagna costa 4000 euro in meno all’anno di oneri fiscali e previdenziali. E si aggiunga che non solo Spagna ma anche Paesi come Germania e Olanda ci fanno concorrenza in dumping in campo fiscale, previdenziale e ambientale. In pratica ci facciamo del male tra noi europei. Penso da sempre che l’allargamento dell’Europa ai Paesi dell’Est e Sud (Malta e Cipro) fatto così per decreto, senza una fase transitoria, un periodo di graduale adattamento, abbia contribuito a fare dell’Europa quel grande caos istituzionale con cui ci troviamo a fare i conti. Questi nuovi Paesi drenano risorse europee alla grande, come la Polonia che è il primo beneficiario dei fondi strutturali europei, con 86 miliardi di euro stanziati nella programmazione 20142020. In pratica siamo noi – che diamo a Bruxelles molto più di quello che riceviamo – a finanziare i nostri competitor. Si aggiunga poi che questi Paesi non solo ricevono fiumi di aiuti da Bruxelles, hanno molta meno burocrazia della nostra e costi produttivi infinitamente minori dei nostri. Quanto alle condizioni di lavoro… beh, meglio sorvolare. La nostra Rete del Lavoro Agricolo di Qualità è stata un mezzo fallimento. Sarebbe però curioso vedere come una misura del genere funzionerebbe in Romania, Bulgaria o in Polonia…ne vedremmo delle belle.In sostanza il costo del lavoro è uno dei principali fattori che sta mettendo fuori strada il sistema ortofrutta Italia, proprio perché è un sistema, come si dice, ‘labour intensive’ ad altissimo assorbimento di manodopera, mezzo milione di addetti, in pratica poco meno della metà degli addetti di tutto il comparto primario italiano. A questo tema Italia Ortofrutta Unione Nazionale ha dedicato con felice intuizione la sua assemblea del 31 maggio a Bologna. Sono emersi dati finalmente nuovi – anche grazie all’analisi di Nomisma – sia nella relazione del direttore Vincenzo Falconi sia nel dibattito che è seguito tra addetti ai lavori (Coldiretti, Confagricoltura, e Conad, unica sigla della Grande distribuzione presente) e la sottosegretaria Alessandra Pesce. Quest’ultima, che pure ha dimostrato grande attivismo nel suo ruolo (era presente a Berlino, ma è mancata a Rimini al Macfrut), ha affrontato il tema costo del lavoro solo sotto l’aspetto della lotta al caporalato sorvolando sul tema più ampio della perdita di competitività delle imprese italiane, quella perdita

✍ Lorenzo

Giugno 2019

che si è tradotta nel 2018 in 400 mila tonnellate di frutta perse sul fronte export e nell’import che ha superato (di poco) l’export (e il 2019 non è partito bene). Si parla di caporalato, e giustamente, perché è una pratica infame che va combattuta in un Paese civile. Però l’ipocrisia dominante evita di dire che dietro i caporali ci sono le aziende agricole, e dietro le aziende agricole ci sono le catene del retail che strozzano le aziende con prezzi umilianti, pratiche sleali come le aste a doppio ribasso, ecc. Il presidente di Italia Ortofrutta Gennaro Velardo ha fatto la sintesi: “Un prodotto buono, etico, non può costare poco. E’ necessario far aumentare la percezione che produrre in un certo modo e ad un certo livello come facciamo in Italia ha un costo”. Ma questo costo evidentemente nessuno è disposto a pagarlo, e quindi si scarica sull’anello più debole della filiera – la produzione – che già si deve far carico di tutti i costi legati a qualità, sostenibilità, certificazione, tracciabilità ecc. A chi vorrebbe tenere l’ortofrutta relegata nell’ambito delle commodities indistinte (nessuno lo dirà mai, ma molti lavorano proprio per questo) il settore sta reagendo elevando i suoi standard in termini di servizio al cliente, di prodotti innovativi, di sostenibilità a 360 gradi, di certificazioni di ogni tipo, di corsa al biologico mentre l’agricoltura integrata è già quasi uno standard. Sento anche parlare di frutta gourmet, anche se mi sembra che questa sia una vera fuga in avanti per un comparto che a malapena riesce a coprire i costi di produzione (poi, scusate, prima bisognerebbe far trovare la frutta nei ristoranti italiani, dove rimane la grande desaparecida). Si sta aprendo una campagna estiva piena di incognite che rischia di trasformarsi nell’ennesima guerra tra poveri che si sfidano sul mercato per pochi centesimi… Orami il tempo è scaduto. Da anni stiamo girando attorno al nocciolo delle questione: come ridare valore al prodotto in tempi di competizione globale. Escludendo che lo si possa fare per decreto governativo, bisogna stare sul mercato. E qui servono organizzazione e programmazione, due qualità in cui gli spagnoli eccellono (col supporto delle ‘loro’ istituzioni).

EDITORIALE

CORRIERE ORTOFRUTTICOLO

segue a pag. 5

PUNTASPILLI

CHE GUSTO! “Abbiamo bella frutta che sa di patata. Stiamo perdendo il gusto”, denuncia (con qualche ragione) Francesco Pugliese, n.1 di Conad-Auchan. Mettiamola così: i produttori si impegnano a produrre frutta che non sa di patata; la GDO si impegna a non pagare prezzi da patata. *

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THE FIRST ITALIAN MONTHLY ON FRUIT AND VEGETABLE MARKET |

ANNO XXXIII Nuova serie Giugno 2019

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Direttore responsabile: Lorenzo Frassoldati Redazione: Emanuele Zanini Hanno collaborato: Chiara Brandi, Mariangela Latella, Maurizio Nasato Sede operativa via Fiordiligi, 6 37135 Verona Tel. 045.8352317-Fax 045.8307646 e-mail: redazione@corriereortofrutticolo.it Editore Gemma Editco Srl Coordinatore editoriale Antonio Felice Comitato di indirizzo Duccio Caccioni, Antonio Felice, Lorenzo Frassoldati, Corrado Giacomini, Claudio Scalise (coordinatore) Sede legale e amministrativa: via Fiordiligi, 6 37135 Verona E-mail: redazione@corriereortofrutticolo.it P.IVA 01963490238 Fotocomposizione e stampa: Eurostampa Srl - via Einstein, 9/C 37100 Verona Autorizzazione Tribunale di Verona n. 176 del 12-1-1965 Spedizione in abb. postale comma 26, art. 2, legge 549/95 La rivista viene distribuita in abbonamento postale c/c n. 11905379 Abbonamento annuo: 70 euro per due anni: 100 euro abbonamenti@corriereortofrutticolo.it Chiusura in redazione il 22.07.2019

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Profilo: Corriere Ortofrutticolo si è affermato come rivista “di filiera” del settore ortofrutticolo italiano. La rivista collega chi produce, chi commercializza e chi vende al pubblico, oltre ai settori connessi (dai macchinari ai trasporti). La diffusione è capillare in Italia, dove si è allargata alla grande distribuzione alimentare e al dettaglio.

Diffusione: 6.000 copie. Ripartizione del mailing: Dettaglianti 23%, Produttori 22%, Grossisti 19%, Distributori 12%, Import-export 6,5%, Servizi 5%, Tecnologie e Trasformati 2,5%, Altri 10% Giugno 2019

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OPERA. L’aggregazione difficile. Sono usciti i privati

RUBRICHE EDITORIALE Basta con le ipocrisie

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CONTROEDITORIALE Più attenzione alla produzione nazionale: l’operazione Conad-Auchan è una buona notizia 7 NOTIZIARIO

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DISTRIBUZIONE&MERCATI CONAD-AUCHAN. Si chiude in tempi brevi 41 Selex sfiora una crescita del 5%

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ATTUALITÀ OPERA. L’aggregazione difficile

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segue editoriale

Ma organizzazione e programmazione richiedono una forte aggregazione: anche il 60% non basta, se gli altri hanno l’80 per cento. Aggregazioni sulla carta forti, ma non ‘abbastanza grandi’, come dimostra la vicenda di Opera, rischiano di non funzionare. Poi bisognerà anche pensare a misure serie per rilanciare i consumi interni perché non si può campare solo di export. Il caporalato è un tema importante, ma non è ‘il tema’. Il costo del lavoro va affrontato con misure realistiche magari con un

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COSTO DEL LAVORO. La forbice troppo stretta

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FRUTTA ESTIVA. Sfiorato un tracollo

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Apo Conerpo, export negativo ma è buono il bilancio 2018

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Arrembaggio dei piccoli frutti ma serve più programmazione

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In Val Venosta ottima la qualità di fragole e cavolfiori d’alta quota

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Copertina - Protagonisti GIANMARCO GUERNELLI - CONAD All’ortofrutta servono regole, programmi e aggregazione 33

contratto ad hoc per gli stagionali, con decreti flussi che non arrivino in ritardo, riformando i voucher oggi inapplicabili. Serve realismo, buon senso, una dose massiccia di riformismo, affrontare il tema di fondo: la perdita di competitività del sistema ortofrutta Italia. Se la politica “parla d’altro” spetta alle rappresentanze del settore (e la sede deve essere il Tavolo nazionale) indicare le priorità. Altrimenti continueremo a fare convegni, a lanciare allarmi, bla bla bla… l.frassoldati@alice.it

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AGGREGAZIONE AGGREGAZIONE

1969 1969 6 AAumentare umentare il vvalore alore di frutta e sostenendo vverdura erdura made in IItaly, taly, sost enendo la competitività competitività delle OPP e la crescita crescita dell’intero dell’intero comparto comparto ortofrutticolo ortofrutticolo nazionale, nazionale, è il nostro questo nostro obiettivo. obiettivo. PPer er quest lavoriamo lavoriamo ogni ogni giorno giorno mettendo mettendo in campo competenze, competenze, aattività ttività e servizi servizi qualificati. qualificati. ti

FFavoriamo avoriamo i processi processi di aggregazione aggregazione O.P. delle O .PP.

ORIENTAMENTO OR IENTTAMENTO

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2019

ISTITUZIONI

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CRESCITA CRESCIT ESCITTA

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Più attenzione alla produzione nazionale: l’operazione Conad­Auchan è una buona notizia per l’ortofrutta italiana di Claudio Scalise * Si è parlato e scritto diffusamente dell’acquisizione di Auchan da parte di Conad. Forse però non si sono approfondite le motivazioni ed il contesto di mercato sottesi all’operazione e le ricadute sui fornitori italiani dell’ortofrutta. Il dato da cui partire che è il trend dei diversi formati di vendita al dettaglio dell’ortofrutta italiana. La dinamica riflette sostanzialmente quella del food nel complesso, perciò si presta a ragionamenti anche generali. La prima considerazione – prendendo a riferimento le statistiche elaborate da CSO Italy su dati GFK Italia nell’arco temporale 2010-2018 – riguarda il fatto che la quota degli ipermercati lentamente si riduce, ma non ha mai superato il 12% di vendite al dettaglio in Italia. Questo, come già sottolineato da più parti, significa che il format iper nel nostro Paese non ha mai sfondato. Dopo una prima fase di interesse dettata dall’ampiezza degli assortimenti anche del non food e delle gallerie commerciali, il format ha progressivamente perso di appeal. È tramontata l’idea del Centro commerciale come luogo di passeggio del sabato pomeriggio che si era diffusa soprattutto negli anni ’90 e primi Duemila. D’altro canto vediamo che, dal 2013 al 2018, la quota dei negozi specializzati è cresciuta del 41%, passando dal 17 al 24%. Al contrario, si riduce la quota dell’ambulantato, che passa dal 21 al 13% nello stesso periodo. Il canale discount più che raddoppia la sua quota, passando da un 7 al 17% del totale; al contrario i supermercati perdono, a partire dal 2015, 4 punti percentuali, scendendo dal 35 al 31%. Se analizziamo in modo aggregato alcune voci, possiamo dire che la distribuzione di vicinato/prossimità qualificata rappresenta il 55%, sommando specializzati + supermercato. Se ad essi aggiungiamo il discount, si raggiunge il 72% del commercio al dettaglio. Dunque per il consumatore italiano il modello di acquisto si basa su negozi di vicinato medio-piccoli, molto integrati con il territorio. Nei quali si fanno acquisti frequenti perché la dieta delle famiglie italiane si basa prevalentemente sui prodotti freschissimi, con ridotte possibilità di stoccaggio in casa. Per il food, quindi, la prossimità diventa la via maestra per le vendite al dettaglio. Per il retail moderno i due format che risultano vincenti sono il discount ed il supermercato, mentre ritorna in auge il normal trade profondamente rinnovato, in cui il livello di servizio è ancora più alto della GDO. Il discount si propone come la massima espressione della convenienza a tutto campo: low price, ma anche prodotti premium, bio, piatti pronti e freschissi-

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mi in genere. Il supermercato di fascia alta e lo specialista sono il luogo della relazione, della personalizzazione del rapporto con il cliente, caratterizzati dalla capacità di adattare la propria offerta alle esigenze del territorio. La catena nazionale che in questi anni ha perseguito meglio questo posizionamento è Conad. Trattandosi di una cooperativa di dettaglianti, il radicamento sul territorio, l’attenzione e l’umanizzazione della relazione con la clientela, l’aderenza degli assortimenti ai consumi ed alle modalità di consumo dei vari territori sono plus che avvicinano l’insegna al negozio specializzato. Dunque Conad, in questa fascia di mercato, come altre insegne soprattutto regionali, incrocia l’atteggiamento del consumatore italiano circa la scelta del punto di acquisto. La stessa modalità organizzativa dell’inserimento dei punti vendita Auchan nella rete Conad, non snatura questo posizionamento. Questi, infatti, saranno suddivisi tra le cooperative presenti nelle varie aree del Paese, così andranno ad incrementare la rete di vendita Conad sui territori di pertinenza, entrandone a fare parte a tutto tondo. Tra l’altro, forse non è un caso che i punti vendita Auchan e Simply acquistati siano quelli posizionati nel Centro Nord Italia, contribuendo ad aumentare la penetrazione di Conad su aree in cui non è ancora sufficientemente radicata. Al contrario, a quel che si legge, i punti vendita della Sicilia, ad esempio, dove Conad è già leader, non sono coinvolti nell’acquisizione, così come non rientrano nell’acquisizione gli affiliati Auchan che nel Centrosud principalmente hanno operato a insegna Simply o Sma. Anche da questo emerge come l’operazione sia stata costruita in modo strategico per creare la massima sinergia e la massima compenetrazione dei nuovi punti vendita nel mondo Conad. Rimane un punto critico nell’operazione il fatto che nella rete Auchan sono presenti 46 iper che costituiscono il 12,5% della rete italiana. Anche in questo caso però, Conad sta sviluppando un poprio approccio al canale, sia con gli ex Leclerc che con i punti vendita Iper La Grande I che già sta gestendo. Dunque Conad si rafforza e diventa la prima insegna distributiva italiana. Un risultato in cui le “persone” (imprenditori associati) hanno vinto sulle “cose” (i modelli di business internazionali standardizzati). È una buona notizia per l’ortofrutta italiana? Ritengo di sì, proprio perché l’attenzione alla salubrità, ai prodotti del territorio, alla selezione di prodotti di qualità, alle proposte di innovazione che ha caratterizzato Conad in questi ultimi anni, dovrebbe favorire la produzione italiana. * SG Marketing

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CONTROEDITERIALE

CORRIERE ORTOFRUTTICOLO

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Continua il braccio di ferro con Mosca: export bloccato fino a tutto il 2020

Ulteriore perdita nelle esportazioni: primo trimestre con prezzi in calo

Il braccio di ferro tra Unione Europea e Russia continua, così come il botta e risposta a suon di blocchi commerciali. In risposta al prolungamento di altri sei mesi delle sanzioni antirusse da parte dell’UE, il presidente Vladimir Putin ha esteso l’embargo alimentare fino al 31 dicembre 2020. Il relativo decreto è pubblicato sulla gazzetta ufficiale russa. Come indicato nel documento, il governo russo dovrà garantire l’attuazione delle misure necessarie per attuare il provvedimento. Inoltre, l’esecutivo è incaricato, se necessario, di presentare proposte per modificare il termine per le singole misure economiche speciali previste. Il blocco è attivo da cinque anni, dall’agosto 2014. Da allora l’ortofrutta europea (oltre a carne, pesce, formaggi e altri prodotti alimentari), così come alimenti provenienti da Stati Uniti, Canada, Norvegia ed Australia, non entra più in Russia. Secondo ISMEA, il danno per l’ortofrutta italiana derivante dal blocco è pari a 130 milioni di euro, una stima che riteniamo troppo bassa. Purtroppo, ancora una volta, il settore è stato merce di scambio nelle trattative internazionali senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico e occupazionale.

Si appesantisce la bilancia commerciale con l’estero dell’ortofrutta italiana nel primo trimestre 2019. Nei primi tre mesi dell’anno infatti - secondo l’elaborazione Fruitimprese su dati ISTAT - si registra un’ulteriore flessione del fatturato export che perde il 3,3% in valore rispetto al 2018. I volumi invece (+0,2%) rimangono sostanzialmente stabili, il che significa che vi è stata una evidente contrazione dei prezzi. Le importazioni viceversa restano pressoché stabili in volume (-0,1%) ma crescono in valore (+8,9%). Il saldo attivo di conseguenza diminuisce e si attesta a 251 milioni di euro (-32,1% rispetto allo stesso periodo del 2018). Complessivamente, nel primo trimestre di quest’anno, l’Italia ha esportato 945 mila tonnellate di prodotti per un valore di 1 miliardo e 207 milioni di euro. In volume segno negativo per gli ortaggi (-11,5%) e gli agrumi (-12,3%) mentre sono cresciuti la frutta fresca (16,1%) e la frutta secca (28,1%). In valore andamento positivo per gli ortaggi (0,4%) e la frutta secca (16,2%) e segno meno per la frutta fresca (-8%) e gli agrumi (-6%). Per quanto riguarda le importazioni l’Italia ha acquistato dall’estero circa 906 mila tonnellate di ortofrutticoli per un valore di 956 milioni di euro. Tra i singoli com-

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parti diminuisce in volume la quota degli agrumi (-1,2%) e della frutta tropicale (-8,8%) e aumenta quella della frutta fresca (0,2%), della frutta secca (9,6%) e degli ortaggi (4,4%); lo stesso andamento si registra in valore con calo per agrumi e frutta fresca e segno positivo per frutta fresca, ortaggi e frutta secca.

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La Camera dice no alle aste al doppio ribasso: si aspetta il voto del Senato Divieto delle aste a doppio ribasso per l’acquisto di prodotti agricoli e agroalimentari e norme più severe per la vendita sottocosto dei prodotti alimentari. La Camera ha approvato la proposta di legge “Tutela vendita prodotti agricoli” il cui testo approdato il 27 giugno in Aula è frutto di un lavoro congiunto tra PD e M5S svolto nei mesi passati in Commissione Agricoltura a Montecitorio. Le norme approvate, che per diventare legge attendono ora il vaglio del Senato, mirano a proteggere gli anelli più deboli della catena agroalimentare, piccoli produttori agricoltori soprattutto. La testo approvato dalla Camera stabilisce il divieto dell’utilizzo delle aste elettroniche a doppio ribasso per l’acquisto di prodotti agricoli e agroalimentari e prevede sanzioni (fra i 2 e i 50 mila euro) per chi non lo rispetta. Inoltre viene posto un limite all’uso indiscriminato del sottocosto, per garantire il giusto prezzo

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NOTIZIARIO

al produttore e tutelare i lavoratori del settore. Il sottocosto sarà consentito solo per i prodotti freschi e deperibili in caso di invenduto o di operazioni programmate e concordate con il fornitore. L’asta al doppio ribasso è finalizzata ad assegnare il contratto di fornitura all’azienda che offre il prezzo inferiore dopo due gare, in cui la base d’asta della seconda è il prezzo minore raggiunto durante la prima. Nella filiera del pomodoro il sistema penalizza fortemente la parte agricola.

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Casarotti. Si tratta di figure con competenze ed esperienze in diversi ambiti del biologico che affiancheranno il lavoro della nuova presidenza nello sviluppo dei diversi temi su cui la federazione è impegnata. Entrano inoltre nel consiglio direttivo della Federazione il presidente di Bioland Italia Toni Riegel e il presidente di AIAB Emilia Romagna Antonio Lofiego. In questo modo nel gruppo dirigente di FederBio si rafforza la componente femminile e quella dei produttori agricoli, oltre che vedere rafforzata la rappresentatività della Federazione quale casa comune del biologico e biodinamico italiano. Toscana, amministratore unico della società Nuova Agricoltura che gestisce un’azienda vitivinicola e olivicola a conduzione biologica, dal 2015 Maria Grazia Mammuccini faceva parte dell’ufficio di presidenza di FederBio. È l’at-

M. G. Mammuccini una toscana dalle idee chiare presiede FederBio A seguito dell’assemblea dei soci, tenutasi a Bologna il 27 giugno, è stato definito il nuovo assetto organizzativo di Federbio, la Federazione Italiana dell’Agricoltura Biologica e Biodinamica per il prossimo triennio. Maria Grazia Mammuccini (nella foto) è stata acclamata presidente mentre Paolo Carnemolla, past president, assume la carica di segretario generale. Durante la stessa assemblea è stata accolta all’unanimità la domanda di Anagribios, l’Associazione di produttori biologici di Coldiretti, di diventare socia della federazione. Sono stati confermati i vicepresidenti Matteo Bartolini, Andrea Bertoldi e Carlo Triarico. Nell’ufficio di presidenza assieme a Maria Grazia Mammuccini sono stati eletti Rossella Bartolozzi, Claudia Bastia, Michele Monetta e Enrico

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tuale portavoce della Coalizione Italiana StopGlifosato alla quale aderiscono 52 Associazioni ambientaliste, dell’agricoltura biologica e biodinamica e dei consumatori e coordinatrice della Campagna “Cambia la Terra-No ai pesticidi Si al biologico”. È socio corrispondente dell’Accademia dei Georgofili, dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino e dell’Accademia Italiana di Scienze Forestali. Per cinque anni, dal 2011 al 2016 è stata vicepresidente di Navdanya International, associazione onlus per la difesa dei semi locali, della biodiversità e dei piccoli agricoltori presieduta dalla scienziata ambientalista indiana Vandana Shiva. Ecco le sei priorità evidenziate da Mammuccini al momento del suo insediamento: l’approvazione al Senato del progetto di legge sul-

l’agricoltura biologica che consentirà tra le altre cose il riconoscimento di un organismo interprofessionale per il settore e di lavorare su un logo nazionale di prodotto bio; il sostegno e il rafforzamento delle filiere attraverso la promozione dell’aggregazione delle aziende in progetti comuni; il riconoscimento e sostegno alla diffusione dei biodistretti; il rafforzamento in termini strategici delle politiche e degli investimenti per la ricerca e l’innovazione, la formazione ed i servizi tecnici per il biologico e biodinamico; il miglioramento costante del sistema dei controlli attraverso gli OdC, la vigilanza, e gli operatori, che devono essere chiamati ad assumersi in modo netto le loro responsabilità; lo sviluppo delle piattaforme informatiche per la tracciabilità e la trasparenza delle transazioni. Ecco la sua prima dichiarazione da presidente di FederBio: "Siamo in una fase decisiva per il biologico e la priorità fondamentale che abbiamo di fronte è dare più forza ai produttori agricoli per far crescere la produzione nazionale e costruire solide filiere di made in Italy bio. Dobbiamo lavorare per affermare il principio del giusto prezzo per i prodotti agricoli e per costruire la Casa comune del biologico e biodinamico italiano con una governance di donne e uomini capaci di misurarsi con i tanti aspetti che il biologico deve affrontare, quello ambientale, climatico, della salute oltre a quello economico e sociale".

Montagna nuovo ad di Bonduelle Italia e presidente di IV Gamma UIF Andrea Montagna (nella foto) è dall’1 luglio l’amministratore delegato di Bonduelle Italia. Montagna succede a Gianfranco D’amico, che è stato nominato general manager di Bonduelle Fresh EuGiugno 2019


rope. Il nuovo AD, in Bonduelle da gennaio 2017 come direttore commerciale Bonduelle Fresh Italia, vanta 20 anni di esperienza nel settore dei beni di largo consumo e food e ha ricoperto incarichi di crescente responsabilità, maturando tra l’altro una comprovata esperienza nel mondo delle vendite. In passato ha lavorato in Henkel e nel Gruppo Bolton. Prima dell’ingresso in Bonduelle a inizio 2017, il suo ultimo incarico è stato quello di general manager di Uhu Bostik. Nel suo nuovo ruolo di amministratore delegato avrà la responsabilità di tutte le attività italiane di Bonduelle, che è presente nel Paese con una filiale che include 2 stabilimenti a San Paolo d’Argon (Bergamo) e a Battipaglia (Salerno). Montagna dovrà anche assicurare a Bonduelle Italia una crescita profittevole del proprio business all’interno di un contesto di attenzione al benessere e alla corretta alimentazione, che vede la riscoperta dell’importanza delle verdure alla base della dieta mediterranea. Montagna dovrà anche sviluppare sempre più il mercato del ready-to-go che mostra dinamiche interessanti in Italia. Leader mondiale nelle verdure, in

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Italia Bonduelle vanta un fatturato di oltre 200 milioni di euro. Montagna è, quasi contemporaneamente alla nomina in Bonduelle, salito anche alla presidenza di Unione Italiana Food IV Gamma, la nuova Associazione nata dall’unione di due delle più rappresentative associazioni di categoria dell’alimentare italiano, AIDEPI e AIIPA. Il Gruppo IV Gamma rappresenta le imprese che operano nel settore e producono frutta e verdura fresche, lavate, confezionate e pronte al consumo. Anche qui Montagna rileva il testimone da Gianfranco D’Amico, che aveva ricoperto la carica ai vertici del Gruppo IV Gamma negli ultimi cinque anni.

Brio: Laghi sostituisce Fusato alla direzione commerciale Cambio ai vertici di Brio. Mauro Laghi (nella foto) è il nuovo direttore commerciale dell’azienda di Campagnola di Zevio (Verona), specializzata nella produzione e commercializzazione di ortofrutta biologica italiana, che ha chiuso il 2018 con un fatturato consolidato di oltre 75 milioni di euro (+8,5% sull’anno precedente). Faentino, 47 anni, laureato in agraria con un percorso professionale svolto interamente all’interno della cooperativa Agrintesa

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CORRIERE ORTOFRUTTICOLO

ricoprendo ruoli di crescente responsabilità, dal 2017 Laghi è anche direttore generale di Alegra, la business unit del Gruppo Apo Conerpo. La notizia, diffusa il 6 giugno, è arrivata a pochi giorni dall’addio di Tom Fusato , direttore commerciale uscente, che ha lasciato dopo trent’anni l’azienda che lui stesso aveva contribuito a fondare nel 1993. Il gruppo ha espresso a Fusato "un sentito ringraziamento per il lavoro svolto e i risultati ottenuti in questi anni". "La nomina di Laghi alla direzione commerciale e la sua funzione in Alegra - ha affermato Gianni Amidei, presidente di Brio - consentono di raggiungere importanti sinergie all’interno del gruppo che si presenta così ancora più forte ed efficiente per rispondere al meglio alle esigenze del mercato globale grazie all’alta specializzazione dei differenti business complementari delle aziende Brio, Alegra e Valfrutta. Il percorso avviato anni fa prevede una maggiore integrazione tra le funzioni chiave delle società nell’esigenza di modernizzare l’assetto organizzativo per sviluppare un’azione sempre più strategica e di maggior servizio nei confronti della clientela, nazionale ed este-

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ra, che oggi cerca partner solidi e ben dimensionati, in grado di offrire una gamma completa, dall’alta qualità del prodotto convenzionale al biologico".

Scarpellini lascia la presidenza del Mercato di Cesena Domenico Scarpellini (nella foto) ha lasciato a inizio luglio la guida del Mercato Ortofrutticolo di Cesena. Era stato il sindaco Giordano Conti, nel 2006, a nominarlo per dare una scossa alla struttura mercatale. Poi era stato confermato in entrambi i due mandati di Paolo Lucchi. Ora, con una lettera al sindaco Enzo Lattuca, Scarpellini, che tra l’altro è stato fino al 2014 il presidente di Cesena Fiere e patron del Macfrut oggi guidato da Renzo Piraccini, ha rassegnato le proprie dimissioni. Nella lettera si legge tra l'altro: "Dopo 13 anni, lascio la presidenza di Filiera Ortofrutticola Romagnola Spa, società che gestisce il Mercato Ortofrutticolo di Cesena. Ho la presunzione di ritenere di aver fatto il mio dovere al servizio della mia città e del comprensorio nei quali ho creduto e credo. Spero che il mio lavoro sia servito, in qualche modo, a far crescere l’economia attraverso le strutture e gli uomini, lasciandola nelle condizioni di poter continuare ad essere punto di riferimento, e strumento per la loro promozione. Rimangono sicuramente da completare progetti quali l’apertura della società ai privati, la revisione dell’orario, la climatizzazione: obiettivi che si devono raggiungere per il bene dell’attività del Mercato".

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Arancia di Ribera, la DOP sostiene la produzione e le vendite

Aperte le adesioni al Consorzio Arancia Rossa di Sicilia IGP

Annata record, quella ormai conclusa, per la commercializzazione dell’Arancia di Ribera a denominazione di origine protetta DOP. Nella campagna 2018/2019 l’ente di certificazione IZS per la Sicilia ha certificato quasi 10 mila tonnellate di Arancia di Ribera DOP commercializzata nelle tre varietà Navelina, Brasiliano e Washington Navel. È il record da quando l’Arancia di Ribera DOP è in commercio, ovvero dall’annata agrumicola 2009/2010, con una crescita rilevatasi costante, considerata la variabilità delle annate imposta dalle condizioni meteorologiche. La crescita dei livelli produttivi e di commercializzazione dell’Arancia di Ribera DOP è significativa in relazione ad un mercato e ad un pubblico che si avvicina sempre più ad un prodotto di qualità certificata ed in modo sempre più consapevole. Le produzioni di qualità dell’Arancia di Ribera DOP sono riconoscibili dal marchio comunitario a DOP in etichetta come tra le più importanti eccellenze agroalimentari italiane e dal marchio di garanzia del Consorzio di Tutela Riberella. “Non possiamo che ringraziare tutti i nostri produttori e confezionatori, le aziende di trasformazione e di confezionamento, ma soprattutto i consumatori che hanno scelto l’Arancia di Ribera DOP, portando sulle loro tavole un pezzo di Sicilia e sostenendo l’economia del territorio”, affermano dal Consorzio presieduto da Giuseppe Pasciuta. Il Consorzio di tutela dell’Arancia di Ribera DOP con 292 aziende singole, 6 strutture associate iscritte nel sistema DOP ed oltre 1000 ettari di superficie coltivata, rappresenta una realtà produttiva agricola in continua espansione.

È aperta fino a 31 luglio la campagna di adesione al Consorzio di Tutela Arancia Rossa di Sicilia IGP per la campagna agrumaria 2019/2020. La campagna è rivolta ai produttori di arance rosse di Sicilia (Tarocco, Moro e Sanguinello) dei territori compresi nelle zone di produzione. Per coloro che aderiscono per la prima volta al Consorzio il termine è fissato al 30 settembre. Per informazioni consultare il sito http://www.tutelaaranciarossa.it/.

Spacciato per bio succo prodotto in Serbia da mele deteriorate La Guardia di Finanza ha scoperto una maxi frode nel settore del commercio di prodotti biologici. Con l’operazione Bad Juice sono stati eseguiti a fine giugno 9 arresti (otto in Italia) tra le province di Pisa e Salerno, e in Serbia, sequestrati beni (sei società, beni mobili e immobili) per oltre 6,5 milioni di euro e prodotti adulterati per un valore di 4,8 milioni (1.411 tonnellate di prodotto adulterato e falsamente designato biologico tra succhi, confetture e conserve alimentari). Le indagini hanno permesso di sgominare un gruppo criminale dedito alla produzione illecita e alla commercializzazione di succo concentrato di mela, sofisticato con acqua e sostanze zuccherine e falsamente dichiarato biologico di origine europea. Il prodotto era ottenuto da aziende formalmente localizzate in Serbia e Croazia, ma di fatto gestite direttamente dall’Italia da due fratelli pisani. Grazie all’interposizione fittizia di aziende croate venivano prodotti innumeGiugno 2019


Addio a Cessari, riferimento per i manager dei Mercati

revoli documentali falsi finalizzati a legittimare la falsa natura e l’origine dichiarata del prodotto. Il lavoro degli investigatori ha permesso di dimostrare che i succhi di mela ottenuti in Serbia erano prodotti partendo da frutti non idonei all’alimentazione umana in quanto deteriorati o in avanzato stato di decomposizione, con elevata presenza di micotossine (alla faccia del biologico).

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Il prodotto veniva sofisticato aggiungendo - al succo base - acqua e zuccheri di diversa qualità, conferendo così al prodotto finito un profilo chimico il più possibile simile a quello della mela, con il fine di depistare eventuali controlli ufficiali. Il prodotto veniva però rivenduto ad inconsapevoli aziende leader nel settore alimentare italiano come succo di mela biologico.

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È morto il 4 giugno Armando Cessari, per molti anni direttore del Mercato ortofrutticolo di Bologna e a lungo presidente dell’ANDMI (l’Associazione dei Direttori dei Mercati all’ingrosso Italiani). Aveva 82 anni. Era stato chiamato alla direzione del Mercato ortofrutticolo di Bologna nei primi anni ’70. Cessari si impegnò subito nella realizzazione di un nuovo concetto di mercato: il Centro Agroalimentare. Prese contatti con le direzione di Barcellona e Parigi Rungis, preparando il primo convegno sui Centri alimentari nel 1974, con presentazione di un progetto che sarebbe stato aggiornato negli anni.

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I PRIVATI FUORI DA OPERA. Terremoto di fine maggio nelle pere

L’aggregazione difficile Terremoto di fine maggio a Opera. Il Consorzio, diretto da Luca Granata, attivo da quattro anni con la mission di concentrare la produzione italiana di pere, ha perso nella stessa giornata la sua componente privata costituita dal Gruppo Mazzoni e dalle aziende La Diamantina e IAFFA, passando da una rappresentatività nella produzione di pere in Italia del 26,5% al 22,5% circa, quattro punti percentuali in meno. L’ufficializzazione è avvenuta nel consiglio di amministrazione del 29 maggio: "il CdA ha preso atto della decisione assunta da alcuni soci di non proseguire insieme il percorso intrapreso”. Una doccia fredda, in una stagione produttiva e commerciale non facile, anzi, difficile. Un duro colpo per Granata, il manager del miracolo Melinda passato con la consueta proverbiale determinazione a questo ambizioso progetto sulla pera italiana. Giugno 2019

Il Consorzio diretto da Luca Granata ha perso in una sola giornata il Gruppo Mazzoni, La Diamantina e IAFFA. Nessun commento dei fuoriusciti. Ma si impone una riflessione

Davide Vernocchi, presidente di Apo Conerpo e Luca Granata, dg di Opera

Un lungo documento, comunicato dopo il consiglio, ha fatto il punto della situazione. Vediamo cosa vi si legge. Durante i primi 4 anni di attività di Opera, il livello di aggregazione dell’offerta che i produttori di pe-

re italiane sono stati in grado di raggiungere attraverso il Consorzio è ritenuto "di gran lunga inferiore a quello necessario per poter incidere sulle dinamiche di mercato” e tuttavia "la liquidazione media erogata ai pericoltori www.corriereortofrutticolo.it

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Gardini: “È stata un’operazione rischiosa ma ci sono i presupposti per andare avanti” Mariangela Latella "Opera? Un’operazione importante e rischiosa che però ha dimostrato di non essere ancora matura e di non essere riuscita a consolidare il gruppo”. Così Maurizio Gardini (nella foto), numero uno di Confcooperative, presidente dell’Alleanza delle Cooperative Italiane, presidente di Conserve Italia nonché componente del board di Agrintesa, commenta la recente spaccatura del Consorzio pericolo italiano dopo l’uscita dei gruppi Mazzoni, La Diamantina e IAFFA. Presidente, come interpreta la situazione? “Ripeto, è stata un’operazione rischiosa. Si è creato un gruppo composito, un gruppo forse diverso perché l’esperienza delle cooperative e quella privata hanno fatto fatica a trovare un minimo comun denominatore. Forse perché la prima guarda più al lavoro consolidato nel tempo mentre la seconda si preoccupa maggiormente di monetizzare nel aderenti al Consorzio è aumentata di oltre 2.000 euro per ettaro/anno rispetto a quella media dei 4 anni precedenti alla costituzione di Opera". Poiché durante gli ultimi 4 anni nel settore del pero non si sono verificati fatti favorevoli rilevanti, ma anzi "sono progressivamente aumentate le difficoltà sia nella fase di coltivazione che in quella di condizionamento delle pere”, il CdA ritiene che l’incremento di liquidazione media per ettaro rispetto agli anni precedenti sia correlabile esclusivamente all’azione svolta da Opera. Il CdA ritiene inoltre che l’attività di Opera abbia determinato, "come era

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breve periodo. Certo è un peccato che si sia rotta una collaborazione ma il gruppo cooperativo è fortemente determinato a serrare le fila e continuare nel progetto. Abbiamo i produttori, abbiamo tante pere, siamo un gruppo importante, abbiamo gli impianti e quindi andiamo avanti da soli”. Pensa che il progetto di Opera possa virare verso un piano B? Magari aggiustando il tiro sulla propria mission o, magari, creare le basi per un accordo con Origine Group? “Opera ha un proprio consiglio prevedibile che fosse", una nuova situazione del mercato delle pere tale per cui il beneficio in termini di liquidazione generato per i propri soci si sia sostanzialmente esteso anche a tutti i produttori di pere che hanno deciso di non aderire al Consorzio, i quali quindi hanno probabilmente benefi-

Il documento del CdA: “Nei quattro anni di attività abbiamo conseguito risultati importanti e messo in cantiere progetti mirati a una maggiore efficienza”

di amministrazione che decide. Io faccio parte del Cda di Agrintesa che è una delle principali cooperative che lo compone. Se dicessi che mi chiamo fuori dal progetto direi una cosa che non corrisponde al vero. Dovremo fare un’analisi e dovremo ripensare anche alla storia del progetto. Certamente rimane l’amarezza perché ci abbiamo provato. Del resto compete sempre agli operatori più grandi tentare di aggregare tutta la massa produttiva. Non è un bel risultato di fronte ad una grande distribuzione che è sempre più aggregata. I compratori diminuiscono. Se ciato di un analogo miglioramento dei propri risultati economici. Il documento afferma: "Dal momento che in Italia si coltivano oltre 28.000 ettari di pero, sembra quindi ragionevole stimare che l’attività di Opera abbia prodotto un beneficio economico di diverse decine di milioni di euro/anno per il settore della pericoltura italiana, nonostante tutte le difficoltà esterne ed interne che hanno interessato, e continuano ad interessare il settore”. E tuttavia si aggiunge: "Il CdA di Opera è perfettamente consapevole che i risultati di cui sopra sono ancora largamente insufficienti per poter dare sostenibilità economica alle Giugno 2019


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non si riesce a fare massa critica poi diventa difficile dare sempre la colpa alla GDO brutta e cattiva che sfrutta la parte agricola”. Siglata la partnership Brio-Alegra-Agrintesa, quali sviluppi si attendono? “Agrintesa è la più grande cooperativa italiana del settore. Ha una grande base sociale e un grande bacino produttivo e sta guardando a tutti i possibili processi di innovazione. Il bio è uno di questi. È una realtà su cui abbiamo da sempre investito ma adesso c’è un cambio di passo”. Quale? “C’è la voglia di intestarsi in prima persona questo progetto e non più partecipare ad una semplice collaborazione. Certo, è un comparto difficile dove ci sono tanti rischi. Da un lato con le difficoltà produttive, dall’altro, non nascondiamoci il fatto che c’è tanto biologico che, ahimè, non è tale. Questo ci preoccupa. Ma noi continuiamo a fare le cose seriamente perché ci crediamo, anche perché è diventata una nicchia di mercato importante”. Il bio che percentuale rappresenta sul vostro fatturato comaziende frutticole che coltivano pero ed è proprio per questo che ha da tempo avviato importanti progetti finalizzati a testare nuove varietà di pero ed a migliorare le performance produttive degli impianti esistenti; individuare soluzioni ad alcuni emergenti problemi fito-sanitari e nuove tecniche di conservazione allo scopo di migliorare le caratteristiche estetiche ed organolettiche dei frutti; sostenere i consumi di pere attraverso una visibile attività di comunicazione B2C; migliorare la produttività di tutte le fasi del ciclo produttivo". "Di particolare rilievo - si sottolinea inoltre - la definizione di un Giugno 2019

plessivo? “Siamo ancora sotto il 10 per cento, ma poiché Agrintesa ha un giro d’affari di circa 250 milioni di euro, si parla comunque di volumi importanti”. Un commento generale sulla situazione di mercato. Verso dove sta andando il mondo cooperativo italiano e che ruolo può avere per fare ritornare la produzione ortofrutticola italiana leader sul mercato globale? “Il mercato sta diventando sempre più complesso e difficile. La competizione è sempre più esasperata, sui prezzi, sui costi. Noi come Italia abbiamo, purtroppo, delle nostre caratteristiche”. In che senso? “Siamo un Paese, ad esempio, ad alto costo di manodopera rispetto ai nostri principali competitor. Talvolta siamo anche un Paese con difficoltà di reperimento di manodopera. In questo quadro il mondo cooperativo ha scelto di garantire il consumatore e, a monte, il distributore; di accompagnare processi e percorsi produttivi con tutte le certificazioni, riducendo ad esempio, l’uso della chimica; introducendo nuove tecnologie per ottimizzare la ge-

progetto di rete tra due dei più importanti soci di Opera (le Cooperative Patfrut e Perarte) allo scopo di gestire il primo Centro di Confezionamento Opera che, già dall’ estate 2019, vedrà la centralizzazione della selezione e del confezionamento di oltre 30 mila tonnellate di pere in uno dei primissimi impianti ad alta tecnologia installati in Europa”. Il Centro di Confezionamento Opera, situato in provincia di

stione dell’acqua”. Ma… “Ma le sfide sono tante, a cominciare da quelle sul campo come la cimice asiatica che avanza. Se guardiamo alla storia del mondo cooperativo siamo stati i primi a integrare le filiere quando nessuno ancora parlava di filiere. È stata la generazione precedente ad essere lungimirante e a creare l’ossatura del mondo agroalimentare italiano con la nascita di Conserve Italia, Caviro, Apo Conerpo. Adesso a noi tocca l’upgrading. Anche noi facciamo errori ma la responsabilità di essere grandi è quella di indicare un percorso”. Che intende? “Mi dispiace che non ci sia la possibilità di riunire le forze agricole attorno ad un tavolo”. Come il Tavolo ortofrutticolo nazionale? “Non solo ortofrutticolo ma anche saccarifero, vitivinicolo, tutti. Quello che diciamo da tempo è: al di là delle polemiche, mettiamoci a sedere per vedere cosa è rimasto delle nostre filiere e creare delle politiche adeguate per il nostro sistema”. Ferrara, grazie alle dotazioni elettroniche, consentirà al tempo stesso sia di migliorare gli standard di selezione dei frutti, fornendo così un servizio migliore ai clienti, sia di ridurre i costi di gestione, consentendo un miglioramento del ritorno economico ai frutticoltori. Il Centro potrà essere utilizzato da tutti i frutticoltori associati. Il documento, a questo punto, non può fare a meno di sottolineare il fatto clamoroso dell’uscita dei soci privati. “Dispiace constatare come di fronte alla ricerca di maggiore efficienza attraverso la concentrazione delle attività che è in atto in molti i settori (per www.corriereortofrutticolo.it

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esempio in quello dell’automobile o dell’industria agro-alimentare, e soprattutto in quello della Grande Distribuzione Organizzata con i casi Conad-Auchan, MDGruppo Abate, Sainsbury’s – ASDA etc), parte del mondo frutticolo ritenga che il modo migliore per reagire non sia quello di fare altrettanto, aumentando il già scarso livello di aggregazione esistente, ma addirittura quello di smontare parte dell’aggregazione che è stata finora realizzata. Il CdA di Opera ritiene invece che gli interessi di lungo termine degli agricoltori non si perseguano riducendo il livello di aggregazione, ma al contrario aumentandolo, ricercando senza tregua ogni possibile ambito di miglioramento della produttività e continuando a garantire a tutti i frutticoltori consorziati pari dignità e massima trasparenza sui reali risultati economici”. Si può ritenere che il documento esprima largamente il pensiero del direttore generale Granata che, sul piano personale, non ha fatto dichiarazioni. Le hanno fatto invece altri, come si evince da queste pagine. Qui di seguito il pensiero del presidente di Apo Conerpo Davide Vernocchi: "Quando è nato il Consorzio, ci eravamo posti come obiettivo di raggiungere e superare il 50% della rappresentatività dell’intera produzione; ad oggi siamo ben lontani da quel risultato ma continuiamo a sostenere la bontà di questo proposito e i valori attorno ai quali è nato e cresciuto il progetto. Tra gli elementi cardine c’è la fatturazione centralizzata; è ovvio che questo penalizza in parte il singolo produttore ma va a vantaggio della valorizzazione del sistema. Su questo punto non si può scendere a compromessi. Chi non è disposto a collaborare senza prescindere da trasparenza ed equità tra i soci può abbandonare il progetto. Nonostante quanto è successo, sono convinto che Opera stia facendo bene e i dati parlano a suo favore".

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BOTTA&RISPOSTA LE AGGREGAZIONI CHE VINCONO E QUELLE CHE PERDONO Lorenzo Frassoldati

Ha sollevato clamore la vicenda di Opera, il polo cooperativoprivato della pera italiana che ha recentemente perso per strada la sua componente privata (il gruppo Mazzoni e altri, leggi news). Il clamore è aumentato dopo l’intervista esclusiva al nostro sito corriereortofrutticolo.it del n.1 di Confcooperative, Maurizio Gardini, che ha dato la linea: l’operazione Opera è stata coraggiosa ma anche “rischiosa” , forse “non matura”, ma “andiamo avanti comunque, siamo grandi e ci assumiamo le nostre responsabilità” (leggi news). Intanto l’ex mondo bianco investe sul bio e spinge sul progetto Brio-Alegra-Agrintesa, vero guanto di sfida al polo CanovaApofruit-Almaverde. Che il progetto Opera vada avanti viene confermato pochi giorni dopo dall’annuncio della rete di imprese tra due soci fondatori di Opera – Patfrut e Perarte – finalizzata alla co-gestione dell’impianto Opera di Monestirolo (leggi news). Luca Granata, n.1 di Opera, non ha mai commentato i fatti di casa propria, però ha risposto con l’operazione Patfrut-Perarte, cioè con fatti concreti, investimenti, nuovi modelli organizzativi, com’è nel suo stile. Poche parole, molti fatti. Anche qui una conferma che il progetto Opera (Gardini dixit)

va avanti. Fin qui i fatti. Sullo sfondo il tema generale: le aggregazioni funzionano in ortofrutta? Sì e no, funzionano solo se sono grandi… e se sono efficienti, aggiungo io, cioè se servono a ridurre i costi, a fare cose improponibili per i singoli soci, a fare innovazione migliorando qualità del prodotto e approccio al mercato, a lavorare in reale collaborazione e trasparenza su obiettivi comuni. Se invece ci si guarda in cagnesco, se si lavora solo su obiettivi di brevissimo periodo, se si vive in uno stato di tregua armata tra concorrenti, sicuramente non funziona. Anche perché i risultati quasi sempre non sono immediati e gli investimenti (strutturali, promozione, marketing) prima costano e gli effetti arrivano con calma. E poi perché ogni prodotto è diverso dall’altro e ha una sua storia, e le pere dell’Emilia Romagna sono diverse dalle mele della Val di Non. In sintesi: siamo tutti d’accordo che è l’aggregazione che serve, ma serve una aggregazione che funzioni, altrimenti non serve, e scusate il gioco di parole. Andiamo oltre. Se comunque serve più aggregazione per aumentare la redditività delle produzioni ortofrutticole – e qui siamo tutti d’accordo – a chi spetta l’iniziativa? Agli attori sul mercato, alle loro rappresentanze, alla politica nazionale e regionale. Una volta si diceva che la produzione italiana era ‘disaggregata’, ed era vero. Ma a colpi di Ocm siamo arrivati al 60% di produzione organizzata. Funziona? In alcuni casi sì (si pensi al Sud dove si partiva quasi da zero) ma complessivamente i risultati sono largamente inferiori

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alle attese. Le crisi cicliche di prezzi, di mercato e di mancata programmazione sono lì a dimostrarlo. Anche perchè nel frattempo la controparte (Gdo) ha corso i 100 metri in fatto di concentrazione, rendendo il mercato sempre più competitivo. E anche la flessione del nostro export è un ulteriore segnale negativo. Non a caso gli spagnoli hanno l’80% di produzione organizzata e fanno tre volte il nostro export (anche se non sono immuni da crisi di mercato pure loro perché ci sono fattori imponderabili come il clima, le tensioni geopolitiche, le sanzioni ecc). Quindi anche il 60% non basta. Si può, si deve fare di più. Ci sono troppe Op, molte vivono quasi solo sulla carta. Bisognerebbe fare pulizia, andare oltre, ma come? Alzando l’asticella dei requisiti, con una legislazione più premiante per chi si aggrega davvero, ottimizzando i contributi Ocm. A chi spetta la prima mossa: al Ministero, alle Regioni? Il Ministero è debole, le Regioni sono divise, poi ci sono gli interessi elettorali, clientelari, le divisioni nel mondo agricolo… Le Op sono rappresentate da Unioni nazionali: manco loro si sono aggregate quando c’è stata l’occasione. Italia Ortofrutta si era detta disponibile a fondersi (o qualcosa del genere) con Unaproa, ma quest’ultima ha preferito farsi ‘salvare’ da Coldiretti. Quindi, di cosa parliamo? La sintesi può essere: le aggregazioni sono vincenti solo se sono grandi ed efficienti e se ci sono manager capaci al comando. E se c’è una politica che capisce i problemi e ‘aiuta’. Tutto il resto è bla-bla buono per l’ennesimo convegno. E poi ricordiamoci cosa diceva Montanelli: “Un italiano? Un bel tipo. Due italiani: un litigio. Tre italiani: tre partiti politici”.

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AGGREGAZIONI? TORMENTATE MA SENZA ALTERNATIVA Corrado Giacomini

Con riferimento al caso Opera, che ha visto l’uscita dalla compagine sociale di Mazzoni, La Diamantina e IAFFA (Grupo Conerpo), il direttore del Corriere Ortofrutticolo Lorenzo Frassoldati si pone la domanda se “le aggregazioni funzionano in ortofrutta” e si dà anche la risposta “funzionano solo se sono grandi e se sono efficienti” (leggi news). La risposta, mi perdoni Frassoldati, è un po’ ovvia e poi prosegue elencando gli aspetti negativi del livello di aggregazione raggiunto: troppe OP, anche se arrivano ad aggregare fino al 60% del prodotto, molte troppo piccole e incapaci di fare sistema, perché spesso in competizione tra loro. Parliamoci chiaro, molte delle OP (315 sono oggi iscritte nell’elenco del Ministero) sono nate solo per ottenere i contributi previsti dai Piani Operativi, alcune sono state perfino costituite come grimaldello da parte di industrie di lavorazione del fresco (IV gamma e altro) per vincolare i produttori conferenti e sfruttare i contributi dei Piani Operativi. Alcune associazioni di organizzazioni di produttori (AOP) sono state costituite non per aumentare il livello di aggregazione, ma solo per semplificare la redazione del Piano Operativo e la gestione del Fondo di Esercizio. Infine, una volta raggiunto l’obiettivo di ottenere il contributo del Piano

operativo, molte rimangono OP solo sulla carta, perché i produttori e le cooperative aderenti operano, di fatto, autonomamente e prive di un vero spirito di aggregazione. Molte volte mi sono soffermato sulle ragioni storiche del fallimento dell’esperienza delle OP nel nostro paese. Le sintetizzo, almeno come la vedo io: l’opposizione fin dalla loro origine (Reg. n. 159/1966) da parte delle organizzazioni professionali agricole che le consideravano dei competitor; il controllo esercitato dalla Federconsorzi che ha dato vita alla prima forma di unione nazionale (UNAPOA); il ritardo (L. 24/04/1998,n. 128) con cui è stato imposto alle OP di adottare una forma giuridica societaria (società di capitali, società cooperative, società consortili) superando la natura di associazione non riconosciuta ex art, 14 del C.C. che ne frenava la operatività; il ritardo con cui il mondo cooperativo si è reso conto che le OP, costituite per circa l’80% come società cooperative, non sono un soggetto giuridico diverso ma sono, di fatto, delle cooperative con delle funzioni in più riconosciute dalla legge. Questa mancanza di comprensione da parte delle organizzazioni cooperative ha consentito la nascita di più unioni nazionali: UNAPOA e UNAPRO diventate poi UNAPROA; UIAPOA e UNACOA diventate poi Italia Ortofrutta. La funzione puramente strumentale della nascita di più Unioni Nazionali non è legata ad obiettivi di aggregazione per il mercato, ma a legami partitici come avveniva in quegli anni (UNAPOA e UNAPRO, le unioni bianche; UIAPOA, l’unione rossa). UNACOA era altra cosa, essendo stata promossa da un grande commerciante emiliano, il Gruppo Salvi, anche questo certamente una anomalia. Insomma, questo breve excursus della storia delle nostre OP e AOP mette chiaramen-

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Frutta secca, le tendenze del prossimo futuro Meno guscio ma consumi complessivamente più alti Raffaello Bernardi*

In occasione di Tuttofood, SG Marketing ha organizzato e coordinato il 6 maggio a Milano la prima edizione dell’International Nut Forum, convegno-evento di respiro internazionale in cui il settore della frutta secca e disidratata si è confrontato sulle direttrici di futuro sviluppo del suo mercato. Coerentemente con la formula dell’SG Marketing Lab, è stata presentata un’analisi multiprospettica trade e consumer che ha evidenziato interessanti insight sullo scenario evolutivo di medio periodo della categoria in Italia e sulle possibili chiavi di qualificazione dell’offerta a scaffale. In particolare sono emersi i seguenti elementi. Aumenterà, in un orizzonte a tre anni, sia la pe-

te in evidenza come l’aggregazione per il mercato non sia stato il vero obiettivo che ne ha alimentato lo sviluppo e non è certamente facile chiedere ora ai produttori ortofrutticoli di crederci. L’aggregazione può avvenire anche riunendosi in forma cooperativa. Ma le cooperative sono delle imprese la cui possibilità di successo sul mercato dipende, come dici tu, dalla dimensione e dall’efficienza di gestione. Le stesse cooperative difficilmente riescono a far sistema tra loro, perché è più facile che si pongano in una posizione competitiva. Per questo è importante che “Opera” unisca la larga maggio-

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netrazione che la quota di consumo dei prodotti di frutta disidratata, dei mix e delle barrette di frutta secca e disidratata a fronte di un arretramento dell’incidenza delle referenze di frutta secca, soprattutto nel segmento “con guscio”. Il saldo complessivo determinerà una crescita delle vendite retail per la categoria, trainata dall’aumento della frequenza media di consumo. La dinamica di mercato sarà spinta da una maggiore attitudine di consumo di frutta secca e disidratata a colazione, negli spuntini extra-domestici, in occasione di attività sportive, ma anche durante i pasti principali. Rispetto ai formati di vendita, emerge una propensione prospettica nei confronti dell’acquisto di prodotto sfuso e, nel caso della frutta disidratata, all’incremento delle grandi e mediograndi grammature, seppur ancora ridotte in quota. Un dato coerente con la proiezione evolu-

ranza dei produttori di pere e che gestisca con efficienza la strategia di brand che ispira la sua azione. Cosa hanno le OP in più di una cooperativa ? Le OP costituite in forma di società di capitali, di cooperativa o di società consortile assumono, con il riconoscimento, funzioni di tipo parapubblico, perché possono estendere anche ai non associati, previa approvazione del Ministero, le norme da esse adottate per concentrare e organizzare l’offerta. Ovviamente questa funzione può avere successo se la dimensione dell’OP è importante rispetto al mercato di riferimento

tiva dei momenti di consumo, che vede nel primo pasto della giornata, a casa, la principale area di crescita attesa. Si registrerà un rilevante incremento della propensione all’acquisto di prodotto biologico, dettato da un’espansione della quota di user e dell’acquisto medio annuo. Ne conseguirà un aumento degli atti di spesa nel format degli specializzati bio. La comunicazione di prodotto rappresenta una formidabile opportunità di qualificazione dell’offerta per l’industria di marca e per i retailer, non ancora adeguatamente sfruttata. Al di là dei benefici salutistici, gli shopper richiedono maggiori informazioni sui temi dell’origine, dei metodi di coltivazione, della storia e delle possibili ricettazioni, così come sui target di consumo più adatti per le diverse referenze disponibili a scaffale. *senior consultant SG Marketing

sul quale agisce, quelle “circoscrizioni economiche” richieste dai regolamenti comunitari, che il nostro Ministero non ha ancora delimitato. L’analisi che precede non è certamente incoraggiante, tuttavia l’aggregazione è l’unica soluzione che può permettere ai produttori agricoli di confrontarsi con le imprese della trasformazione e della distribuzione, che diventano sempre più grandi. Perfino la Coldiretti cerca di proporre una propria soluzione con “Filiera Italia”, anche questa è una esperienza nuova che non so se Gardini giudicherebbe “forse non ancora matura”, ma intanto va avanti.

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ASSEMBLEA DI ITALIA ORTOFRUTTA. Costo del lavoro tema cruciale

La forbice troppo stretta L’ortofrutta italiana, con le sole attività di coltivazione in campagna, coinvolge intorno alle 500 mila unità lavorative. Si tratta di un settore che, pur tra le difficoltà, è riuscito a fornire risposte lavorative anche in aree del Paese in cui non sono presenti altre opportunità di lavoro. A fronte di ciò, non corrisponde una marginalità adeguata alle aziende di produzione. Tutt’altro. Il limitato differenziale tra i costi di produzione ed i prezzi di mercato pone problemi a volte persino drammatici e impone una riflessione sulla competitività sia presente che futura affinché si possa inaugurare una nuova stagione, con l’aiuto indispensabile delle istituzioni, che ridia valore al prodotto ortofrutticolo italiano, a partire dal mercato interno e dalla consapevolezza del consumatore nazionale. È uno dei messaggi forti partiti dall’assemblea annuale di Italia Giugno 2019

Tra costi e ricavi i margini sono esigui e a volte negativi per le aziende di produzione di ortofrutta. La manodopera costa il doppio che in Spagna e 10 volte più che in Marocco

Vincenzo Falconi e Gennaro Velardo, direttore e presidente di Italia Ortofrutta Unione Nazionale. Azzeccata la scelta di dedicare l’assemblea al costo del lavoro

Ortofrutta Unione Nazionale, svoltasi a FICO Eataly World di Bologna venerdì 31 maggio, ac-

compagnata da un convegno sul “Fattore lavoro come elemento di competitività del settore” con il www.corriereortofrutticolo.it

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La proiezione del raffronto del costo del lavoro tra Italia, Spagna e Marocco durante la relazione di Nomisma. Sotto, un parterre molto qualificato

sottotitolo “Prezzo equo per l’agricoltore, valore etico per il consumatore”. Il convegno, dopo il saluto del presidente dell’Unione, Gennaro Velardo, ha visto gli interventi di Vincenzo Falconi, direttore di Italia Ortofrutta, e di Ersilia Di Tullio, senior project manager di Nomisma. Sono state presentate due case history: quella dell’OP Terre della Luce, con l’intervento di Alberto De Vincenzis, e quella di Jingold, con il presidente Patrizio Neri. E’ intervenuta a questo punto Alessandra Pesce, sottosegretario alle Politiche Agricole, che ha puntualizzato la posizione del Mi-

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nistero su quella vasta ‘area grigia’ che è border line tra il caporalato ‘criminale’ e le aziende agricole virtuose. Il Ministero metterà a punto un piano triennale per incentivare il maggior numero di aziende a recuperare un rapporto corretto con i lavoratori, anche attraverso una semplificazione delle procedure burocratiche. La Pesce, infine, ha sottolineato l’importanza della formazione della manodopera, "premessa per un settore più competitivo". È seguita una tavola rotonda con la partecipazione di Massimiliano Giansanti, presidente di Confa-

gricoltura, Gianluca Lelli, capoarea economia di Coldiretti, Cristiano Fini, presidente CIA Emilia Romagna, e Gianmarco Guernelli, responsabile acquisti ortofrutta di Conad. Le conclusioni sono state tratte da Simona Caselli, assessore all’Agricoltura dell’Emilia Romagna che, tra l’altro, ha ricordato le buone pratiche in atto nella sua regione a partire dalla crescita della Rete del lavoro agricolo di qualità. “Abbiamo affrontato un tema scottante - sottolinea Gennaro Velardo, presidente di Italia Ortofrutta - perché quello del fattore lavoro è oggi uno dei principali problemi con cui le imprese ortofrutticole quotidianamente sono chiamate a confrontarsi, un problema che ha mille sfaccettature, non solo economiche e che non si presta certo a soluzioni facili. Abbiamo dei costi impliciti ed espliciti in crescendo ed anche superiori rispetto a quelli che in altri Paesi nostri competitor le imprese ortofrutticole sostengono per il reclutamento dei lavoratori ma questo è soltanto uno dei problemi e probabilmente neppure il principale: ciò a cui assistiamo, soprattutto nelle aree ad elevato livello di specializzazione ortofrutticola, è la crescente difficoltà di reperimento di manodopera anche extracomunitaria nei momenti dei picchi di lavoro stagionale, una difficoltà non soltanto quantitativa ma anche qualitativa, vale a dire di una manodopera qualificata e formata”. “Alle istituzioni - precisa Gennaro Velardo - chiediamo di prendere piena coscienza di questo problema che attanaglia le nostre imprese e di mettere in atto una reale semplificazione, uno sgravio burocratico nella gestione della manodopera e di quella stagionale in particolare, favorendo i percorsi di reclutamento e di formazione. Alle istituzioni chiediamo inoltre una norma che consenta di dare visibilità alla produzione. Oggi sui punti vendita non appare il nome del produttore o il noGiugno 2019


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me della Organizzazione dei Produttori: siamo invisibili. E allora, come facciamo a valorizzare qualcosa che non si vede?” “Da una analisi metodologicamente corretta - spiega da parte sua il direttore di Italia Ortofrutta Vincenzo Falconi – facilmente rileviamo che i prezzi di mercato non coprono i costi di produzione. Il settore ortofrutticolo è confinato in una forbice troppo stretta formata dai costi di produzione, certi e in aumento - molti dei quali incomprimibili come il lavoro -, ed il prezzo di mercato. L’apprezzamento commerciale che ottengono le nostre produzioni al netto dei costi non solo non è in grado di remunerare il costo del lavoro, ma ostacola gli investimenti in ricerca, sviluppo ed innovazione che sono alla base della competitività futura. È necessario quindi impostare scelte strategiche che intervengano per restituire valore e competitività. Dobbiamo trasmettere ai consumatori il valore del prodotto e far comprendere che il benchmark dell’ortofrutta italiana non può essere il costo di produzione di un Paese extra europeo perché ci sarà sempre un Sud del mondo che riesce a produrre a costi inferiori”. Dall’analisi di Nomisma è uscita la conferma di un settore ‘labour intensive’, con un valore della produzione 2018 superiore ai 13 miliardi e mezzo di euro, con una incidenza del 26% sul totale dell’agricoltura italiana, con oltre 230 mila aziende produttrici di frutta e poco più di 110 mila aziende orticole, su un’estensione totale di 893 mila ettari pari al 7% della SAU nazionale. Il costo del personale è l’elemento che maggiormente incide sul valore aggiunto delle aziende ortofrutticole italiane. Nel triennio 2015-17 ha calcolato Nomisma - il costo del personale ha inciso per il 59% sul valore aggiunto dell’attività contro un’incidenza del 50% nel settore vinicolo. Nello stesso triennio il costo del personale ha Giugno 2019

Il sottosegretario Alessandra Pesce: serve un piano per portare fuori dall’ ”area grigia” le aziende di produzione in difficoltà senza farle cadere nel caporalato

registrato una crescita più forte del trend di crescita dei ricavi e del trend dello stesso valore aggiunto. Ciò pone serissime difficoltà, anche nei confronti della concorrenza internazionale: con la Spagna, primo competitor europeo e primo Paese esportatore di ortofrutta verso l’Italia, che paga un salario medio orario a chi lavora in campagna pari a circa la metà del salario pagato in Italia mentre lo stesso valore in Marocco è inferiore di dieci volte a quello italiano. Date queste premesse, appare ancora più chiaro come gestire le regole in modo virtuoso e poi accettare le politiche del ‘sottocosto’ imposte periodicamente dal mercato ponga le aziende di settore in serissime difficoltà. Anche per questo, porre il tema del lavoro al

I dati di Nomisma: l’ortofrutta pesa per il 26% sul totale dell’agricoltura italiana, conta su oltre 230 mila aziende che producono frutta e più di 110 mila che producono ortaggi. Il lavoro in campagna incide di più che nel settore vinicolo e cresce più in fretta dei ricavi

centro dell’attenzione della filiera ortofrutticola e di tutti i suoi interlocutori, a partire da quelli istituzionali, è stato quanto mai appropriato da parte di Italia Ortofrutta. All’Unione, riconosciuta dal MIPAAFT ai sensi della legge 674/78 sull’associazionismo agricolo e del decreto legislativo102/2005 sulla regolazione dei mercati, attualmente aderiscono 132 Organizzazioni di Produttori ortofrutticoli (OP), strutture societarie ed imprenditoriali che aggregano produttori ortofrutticoli in possesso di requisiti fissati dalla normativa comunitaria e nazionale, alle quali le Regioni hanno concesso il riconoscimento ai sensi del Regolamento UE 1308/2013. Le OP associate a Italia Ortofrutta sono dislocate sull’intero territorio nazionale, sono dedite alla produzione e commercializzazione di tutte le eccellenze ortofrutticole del made in Italy con un volume annuo di circa 4 milioni di tonnellate di produzione che sviluppa un valore superiore a 1,9 milardi di euro; rappresentano circa il 20% della produzione ortofrutticola nazionale e il 43% del totale delle OP riconosciute in Italia. Questo “sistema” coinvolge 15.773 produttori associati che coltivano a ortofrutta poco meno di 100 mila ettari. www.corriereortofrutticolo.it

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Vittorio, agricoltore Cesena

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Alce Nero. Agricoltori biologici dal 1978


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FRUTTA ESTIVA. Dalla preoccupazione a un minimo di sollievo

Sfiorato un tracollo Un maggio da dimenticare, con piogge intense e persino neve, un giugno incerto, un inizio luglio con temperature africane. Si diceva nelle campagne del Veneto: “Tempo e siori, i fa quel che i vol lori”. Proprio così, il tempo fa quello che vuole, ma soprattutto è cambiato qualcosa: i fenomeni meteo sono più estremi che in passato quasi non fossimo più nella fascia a clima temperato. Di temperato, nel Sud Europa, non c’è più niente. L’ortofrutta primaverile ed estiva quest’anno nel nostro Paese, da Sud a Nord, ha sofferto maledettamente. Una buona metà della campagna delle ciliegie è stata compromessa, male le albicocche, male le pesche, colpite le pere. Qualità scadente, calibri piccoli, prezzi vergognosi, concorrenza spagnola. Per fortuna lo scoppio del caldo, dalla metà di giugno, ha dato una mano ai consumi. Nel bilancio di fine estate, comunque, la prima parte della stagione peserà certaGiugno 2019

Tra maggio e l’inizio di giugno il fattore meteo ha creato danni enormi alle produzioni primaverili ed estive. Dalla fine di giugno il caldo ha fatto maturare la frutta e aumentare i consumi

Giancarlo Minguzzi, presidente di Fruitimprese Emilia Romagna

mente e in modo pesante. Davide Vernocchi a fine maggio: "Iniziato con insolite nevicate sugli Appennini, un brusco calo delle temperature e piogge intense in pianura, il mese di maggio è pro-

seguito con ulteriori temporali, grandinate e bombe d’acqua che hanno causato le esondazioni dei fiumi e gli allagamenti, fino alle frane degli ultimi giorni. I danni all’ortofrutta sono ingenti, ci sono raccolti già compromessi e programmi che sono stati completamente stravolti. Prevediamo un importante calo delle produzioni per le colture più colpite. Oltre il 50% delle prime ciliegie in raccolta è andato distrutto, speriamo si possano salvare le prossime produzioni altrimenti sarebbe un vero disastro per questo comparto. Stiamo registrando gravi danni anche per le fragole, mentre a seguito delle ripetute ondate di maltempo si moltiplicano i casi di cascola, la caduta precoce di frutti dalle piante”. www.corriereortofrutticolo.it

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La campagna delle ciliegie salvata in zona Cesarini

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Non tutto è perduto per il comparto delle ciliegie. Dopo un maggio a dir poco negativo a causa principalmente del maltempo, con frutti acquosi e con grado brix non molto elevato che non potevano essere premiati dai consumatori, l’inizio di giugno ha in parte risollevato una stagione a dir poco complessa. “A giugno - conferma Stefano

Pezzo, titolare di Cherry Passion, azienda di San Martino Buon Albergo (Verona), nonché presidente di Fruitimprese Veneto - la qualità della produzione è nettamente migliorata. Il sole e il caldo hanno contribuito ad innalzare il livello qualitativo e di dolcezza dei frutti. Ora speriamo per le ciliegie più tardive”.

Lo stesso presidente di APO Conerpo a inizio luglio: "Ci auguriamo che con il perdurare del caldo in tutta Europa la terribile situazione di inizio estate possa subire una decisa inversione di tendenza. Al momento i consumi sono in ripresa ma le quotazioni sono ancora ben lontane dal raggiungere livelli soddisfacenti, con criticità soprattutto per pesche, nettarine escluse, e susine”. Giancarlo Minguzzi, presidente di Fruitimprese Emilia-Romagna e della OP Minguzzi Spa di Alfonsine (Ravenna), a fine giugno: "Le produzioni spagnole hanno imperversato in tutta Europa con qualità comunque mediocri e non tali da invogliare i consumi. Causa avversità atmosferiche la produzione italiana non è iniziata con la solita buona qualità. Le

produzioni italiane in raccolta fino ad oggi di pesche e nettarine, causa sempre il maltempo di maggio, sono state contraddistinte da calibri scarsi e qualità organolettica mediocre, valori che comunque miglioreranno con le prossime varietà. I prezzi alla produzione sono stati finora sotto i costi di produzione causa anche la scarsa qualità e i consumi deboli. Già con le prossime raccolte sia di albicocche che di pesche e nettarine la situazione cambierà, quindi non bisogna scoraggiarsi poiché con una qualità migliore sapremo vincere la sfida con le produzioni spagnole. A favore dell’ottimismo ci sono le previsioni dei meteorologi che prevedono una estate particolarmente calda con una media di un grado in più rispetto alle temperature degli ul-

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timi cinque anni. Poiché incontriamo difficoltà all’estero, dobbiamo tornare a focalizzarci con particolare attenzione sul mercato interno nazionale per rilanciare i consumi. È un mercato molto esigente ma anche premiante e con ampi margini di recupero e crescita. È giunta l’ora di pensare ad un Piano frutticolo nazionale per tutelare un comparto che è la seconda voce del nostro export agroalimentare e che rappresenta un volano straordinario di occupazione, economia e tenuta sociale per vaste zone del Paese”. Albano Bergami, presidente della Federazione nazionale frutta di Confagricoltura, a inizio luglio: “Registriamo una crisi pesantissima per la frutta estiva. L’andamento climatico anomalo ha comportato un crollo dei prezzi pagati agli agricoltori, che non riescono a coprire nemmeno i costi di produzione. Per dare l’idea delle enormi difficoltà del settore, uno smartphone top vale quanto il consumo annuale di frutta di 18 italiani, 3.000 chilogrammi. Sono oltre 100 mila le persone che lavorano nel settore, senza considerare l’indotto. Oggi sono a rischio almeno 10 milioni di giornate di lavoro”. Sempre a inizio luglio Italia Ortofrutta e UNAPROA hanno deciso di chiedere con urgenza al ministero delle Politiche agricole la convocazione di un tavolo di crisi ad hoc per pesche e nettarine. Nella missiva le due Unioni Nazionali sottolineano la perdurante situazione di crisi del comparto, "attestata anche dalla distribuzione gratuita del prodotto da parte di agricoltori esasperati da prezzi di vendita ai minimi storici, nell’ordine anche di 15-20 centesimi al chilo, insufficienti a coprire anche i soli costi della raccolta”. Per UNAPROA e Italia Ortofrutta serve una “strategia di medio lungo periodo che possa accompagnare il comparto verso una ristrutturazione profonda”. Il ministro Centinaio, almeno in tempi brevi, non ha risposto. Giugno 2019


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Apo Conerpo, export negativo ma è buono il bilancio 2018 Apo Conerpo costituisce per molti prodotti il gruppo di riferimento a livello italiano, esprimendo quasi il 22% dell’intera superficie nazionale investita a piselli, il 19% di quella coltivata a pere, il 14% per i kaki, l’11% per i kiwi, il 9% per le nettarine, l’8% per le susine, quasi il 7% per i pomodori, solo per citare i prodotti più rappresentativi. Questi dati sono stati tema di riflessione all’assemblea annuale del Consorzio presieduto da Davide Vernocchi. Insieme ad Alegra, Brio, Naturitalia, Opera e Valfrutta Fresco, Apo Conerpo nel 2018 ha collocato sul mercato un milione 66 mila tonnellate di ortofrutta fresca, raggiungendo un volume d’affari di 717 milioni di euro. "Per quanto riguarda i diversi canali - ha precisato Vernocchi - quasi 106.000 tonnellate (13,91%) sono state indirizzate all’esportazione per un valore vicino ai 115 milioni di euro (-6,78%). È salito a 155 milioni di euro (+4,72%) il fatturato verso la grande distribuzione italiana, a 90 milioni di euro (+1,34%) quello nel mercato tradizionale e a 82 milioni di euro quello verso l’industria di trasformazione. Il plusvalore del trasformato ha superato i 270 milioni". "La forte contrazione delle esportazioni che nel 2018 ha caratterizzato l’intero settore ortofrutticolo italiano (-14,9% sul 2017 in quantità e -9,3% a valore secondo i dati ISTAT del commercio estero) e, seppur in misura inferiore, anche Apo Conerpo - ha sottolineato da parte sua il direttore generale Gabriele Chiesa - è stata affiancata nel nostro Gruppo da un aumento delle vendite nella GDO. Tutto ciò ha consentito di confermare il fatturato del prodotto destinato al mercato del fresco (+0,4%) nonostante la diminuzione di oltre il Giugno 2019

Un’attenta gestione e l’aumento delle vendite nella GDO nazionale hanno fatto tornare i conti di un Gruppo di riferimento dell’ortofrutta italiana. Innovazione varietale

I vertici di Apo Conerpo esaminano l’andamento 2018 del Gruppo

5% delle quantità disponibili, grazie all’efficace lavoro svolto dalle filiali del Gruppo nel ricercare gli sbocchi a maggior valore aggiunto". Oltre alle ormai consolidate attività di commercializzazione e valorizzazione della produzione dei soci, anche nel 2018 il Gruppo ha perseguito gli obiettivi previsti dall’Unione Europea attraverso l’applicazione di uno specifico Programma Operativo pluriennale. In linea con gli obiettivi del Programma Operativo, per innalzare sempre più il livello qualitativo delle produzioni, è stata ulteriormente rafforzata la diffusione dell’assistenza tecnica in campagna ed è stato aumentato il numero dei controlli lungo la filiera. A tale proposito, 89 tecnici delle cooperative associate hanno verificato e controllato i disciplinari per la produzione integrata e bio-

logica ed hanno fornito assistenza tecnica ai produttori soci, con riflessi positivi sulla gestione del magazzino, delle stazioni di condizionamento, della commercializzazione. Un’altra attività considerata fondamentale da Apo Conerpo è quella di ricerca, sperimentazione e innovazione e in quest’ottica l’organizzazione si è impegnata direttamente nelle risposte produttive e qualitative sulle nuove varietà frutticole, le tecniche impiantistiche e di gestione agronomica dei frutteti, la difesa, la valutazione qualitativa in post raccolta, la verifica di nuovi formulati, gli studi di sostenibilità ambientale e l’attività volta all’apertura di nuovi mercati. New Plant, società costituita nel 2004 per sviluppare il miglioramento genetico ed incentivare il rinnovamento varietale, nel 2018 ha definito il 'test agreement' e l’ewww.corriereortofrutticolo.it

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ventuale sfruttamento commerciale esclusivo a livello europeo di una nuova serie di pere ibride. Tornando al bilancio 2018 di Apo Conerpo, i risultati sono positivi. "In un contesto particolarmente complesso - ha spiegato il direttore generale Chiesa - va rilevata la concretezza della strategia aziendale. Grazie al continuo contenimento dei costi, alla massima prudenza nella valutazione dei rischi ed alla loro gestione finalizzata alla protezione e tutela dei soci, all’aumento della produttività, alla diversificazione dei ricavi con una gamma sempre più ampia di prodotti e servizi, è stato possibile liberare risorse per sostenere gli investimenti in ricerca, sperimentazione ed innovazione. Tutto ciò ha generato anche per il 2018 un avanzo della gestione e l’erogazione di un ristorno ai soci, pari a 400 mila euro (in aumento del 30% sul 2017),

equivalente ad oltre il 19% dei servizi addebitati ai soci. L’erogazione del ristorno non ha impedito di chiudere l’esercizio con un utile netto pari a 171 mila euro (+42% sul 2017), che rafforza ulteriormente il patrimonio aziendale che supera così i 27 milioni di euro. Il patrimonio insieme ai fondi interni specifici ha così coperto interamente gli investimenti strutturali del Gruppo”. Ma c’è da restare vigili. Questa la valutazione di Vernocchi: “Al di là dei risultati positivi del bilancio, rimane grande preoccupazione per la redditività delle aziende agricole, che non è ancora sufficiente ed è minacciata da numerosi fenomeni quali i profondi cambiamenti climatici, con fenomeni estremi sempre più frequenti e più intensi in cui periodi caldissimi e siccitosi si alternano a precipitazioni abbondanti e grandinate devastanti, le emer-

genze fitosanitarie (Cimice, Alternariosi, Batteriosi, solo per citare le principali), che provocano una diminuzione delle rese e della PLV degli agricoltori. A tutto ciò si aggiungono poi i consumi stagnanti e le problematiche legate alle incertezze della Brexit, al prolungarsi dell’embargo russo, alle barriere all’importazione di prodotti ortofrutticoli erette da molti Paesi extra UE, i contrasti commerciali tra Paesi che stanno accentuando una politica di dazi. Desta inoltre preoccupazione anche la revisione del quadro normativo, sia sul piano economico con i temuti tagli della PAC post 2020, sia sul piano operativo, con la revisione del Piano d’azione nazionale (PAN) che dovrebbe essere approvato in autunno e che non può prescindere da una valutazione sinergica di una sostenibilità ambientale con quella economica e sociale".

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Arrembaggio dei piccoli frutti ma serve più programmazione I consumi mondiali di piccoli frutti in dieci anni sono raddoppiati con un valore che è passato da 600 milioni di euro nel 2005 a 1,3 miliardi nel 2015. Un trend che vede in l’Europa, il Regno Unito e la Germania ai vertici. Entro il 2020 è previsto un ulteriore raddoppio dei consumi rispetto al 2004. Per esempio le esportazioni spagnole verso l’Inghilterra nel 2010 ammontavano a circa 100 milioni di euro, nel 2015 ad oltre 250 milioni. Per quanto riguarda la produzione, dati aggiornati al 2017, la Cina è il Paese con i maggiori volumi, a 3,8 milioni di tonnellate, mentre l’Italia è al 14esimo posto. Per quanto riguarda più nello specifico le varie tipologie di berries la Russia è al primo posto per il lampone (150 mila tons), l’Italia è al 22esimo posto. Per il mirtillo i maggiori produttori sono gli Stati Uniti (240 mila tons), l’Italia è al 14esimo posto. I Paesi europei maggiori esportatori di frutti di bosco sono la Spagna, la Grecia e la Turchia, con questi ultimi due orientati principalmente verso il mercato russo. Sono questi alcuni dei dati forniti in occasione del primo convegno nazionale sui piccoli frutti organizzato da Sant’Orsola al Villaggio dei Piccoli Frutti nella sede di Pergine Valsugana (Trento), in cui è stata analizzata la situazione della produzione e del consumo nazionale ed internazionale del settore, in costante e tumultuosa crescita, nonché l’evoluzione del mercato. L’identikit della società Sant’Orsola è stato tracciato da Gianluca Savini, agronomo specializzato, responsabile della consulenza tecnica dell’azienda. Oggi la Cooperativa produce piccoli frutti mediante i propri associati o in partnership in sette delle dieci reGiugno 2019

La cooperativa Sant’Orsola, leader della categoria in Italia, è un esempio virtuoso. Nel rank internazionale l’Italia tuttavia resta indietro e all’estero non c’è

I vertici di Sant’Orsola. Da sinistra: Matteo Bortolini, il presidente Silvio Bertoldi e Fabio Rizzoli

gioni italiane dove si coltivano e detiene la leadership nazionale del settore. Può contare su circa 830 soci che forniscono l’intera gamma ovvero lampone, mirtillo, fragola, fragolina di bosco, mora e ribes rosso, cui si aggiungono kiwi arguta e ciliegia. La produzione riesce a coprire l’arco dei 12 mesi. La società controlla l’intera filiera: lavora per il miglioramento genetico in campo sperimentale, cura vivai e fornitura delle piante, organizza corsi di formazione e di aggiornamento, fornisce assistenza tecnica in campagna con uno staff di 14 agronomi e possiede e controlla i centri di conferimento della frutta. Garantisce per intero il metodo della produzione integrata e le migliori condizioni degli impianti mediante coperture mirate. Obiettivo: garantire qualità e salubrità della frutta, dai campi ai consumatori. Sant’Orsola è diventata anche un caso di studio in Italia da quando

ha introdotto una sostanziale innovazione per l’uso micronizzato e computerizzato dell’acqua nel settore fragole. È riuscita a tagliare del 25 per cento l’uso dell’acqua d’irrigazione negli impianti e ad aumentare contestualmente del 18 per cento la produzione rispetto ai sistemi tradizionali. È in grado di risparmiare circa 60 mila metri cubi di acqua all’anno pari al consumo medio di 300 famiglie. L’attività continua mirata al miglioramento genetico le consente di produrre il 90 per cento di lamponi mediante proprie selezioni. Dal professore Bruno Mezzetti (Dipartimento di Scienze agrarie, alimentari ed ambientali dell’Università Politecnica delle Marche), è stato fatto durante il convegno il punto sulla ricerca, l’innovazione e la coltivazione dei piccoli frutti a livello nazionale ed internazionale. La coltivazione dei piccoli frutti è in costante crescita ovunque grazie alle novità www.corriereortofrutticolo.it

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Zespri ha aperto a Bologna il quartier generale europeo È stata inaugurata il 20 maggio, in via del Faggiolo a Bologna, la più importante sede Zespri in Europa per il coordinamento produttivo nel continente. La location, ubicata alla periferia ovest del capoluogo emiliano, è stata scelta in omaggio al ruolo svolto dall’Italia, soprattutto per la produzione della varietà di kiwi SunGold offerta in contro stagione che è arrivata a 2.600 ettari in tutto il Paese e che punta ai 3.500 nei prossimi anni. Una delegazione di Maori, arrivati dalla Nuova Zelanda, ha officiato la cerimonia inaugurale alla quale erano presenti anche i rappresentanti dei principali gruppi italiani che producono SunGold per Zespri come Salvi, Apofruit, Spreafico e Agrintesa. Preghiere, canti e la benedizione di un bassorilievo maori in legno, affisso all’ingresso della sede, hanno suggellato la partnership con i produttori italiani che hanno ricambiato l’originale cerimonia di opening intonando tutti in coro, Volare di Domenico Modugno. "Abbiamo scelto Bologna come sede principale per il coordinamento produttivo in Europa - ha detto Flavia Succi (nella foto), new development manager di Zespri Europe - perché nonostante il grosso della produzione italiana avvenga nel territorio di Latina, la lavorazione e confezionamento di SunGold oltre che i test delle nuove varietà attualmente in corso, avvengono nel nord e in particolare in EmiliaRomagna. In questo senso, Bologna rappresenta un polo relativamente comodo sia per seguire la produzione, che la supply chain che la parte del controllo qualità. Al momento non sono previsti investimenti logistici e andiamo avanti con alcune colla-

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borazioni che abbiamo avviato da qualche anno”. Se Italia è Francia sono i principali partner di Zespri nell’Unione, sono appena iniziati i test produttivi anche in Grecia con l’obiettivo di aumentare i volumi della produzione in contro-stagione. Contemporaneamente il colosso neozelandese del kiwi ha appena siglato contratti di prova anche con 5 produttori USA, in particolare in California e Oregon ed ha creato i primi impianti produttivi anche in Giappone e Corea del Sud in funzione di creare un cuneo commerciale per la penetrazione di quei mercati. "L’Italia - ci ha detto Ilenio Bastoni, direttore generale di Apofruit, nell'occasione - diversamente dalla Nuova Zelanda, è caratterizzata da sempre più frequenti gelate e piogge primaverili, durante la fioritura, e da estati sempre più calde. Per limitare gli effetti di questo andamento climatico avverso, stiamo studiando diversi tipi di coperture, che vanno oltre la rete, per gli impianti di SunGold, che oggi è coltivato al 100% sotto rete. Abbiamo bisogno di stabilizzare il clima durante la fioritura e contenere le escursioni climatiche estive". Intanto il piano di espansione produttiva in Italia di Zespri sta entrando nella fase tre. "L’obiettivo - spiega Mauro Marchetti, responsabile della filiera Kiwi di Agrintesa - è arrivare, nei prossimi tre anni a 3.500 ettari”. (m.l.)

varietali introdotte, derivate, ad esempio, da selezioni, dall’uso della biotecnologia, dagli studi sulla fisiologia delle piante ed dallo sviluppo dei sistemi di coltivazione. Fondamentale ovunque oggi è la collaborazione tra ricerca privata e pubblica. La frontiera sta ora nella continua espansione dei terreni dove si piantano nuove cultivar ad alta adattabilità per climi differenti e nello sviluppo di sistemi a basso impatto ambientale a garanzia di sempre maggiore e crescente sicurezza alimentare e qualità a beneficio dei consumatori. L’euforia dei mercati per il trend sempre crescente dei consumi di piccoli frutti rivela però degli squilibri rischiosi. Dunque il mondo dei piccoli frutti deve costruire una visione su tutta la filiera, come Sant’Orsola ha realizzato. Il trend di crescita mondiale è a rischio se il settore non si dà delle regole. Ad esempio, l’eccesso di produzione del mirtillo in Spagna ha visto il dimezzarsi nel giro di pochi anni degli ettari coltivati, passati da 12 mila a seimila. I picchi di produzione incontrollata fanno precipitare i prezzi, la diversificazione e gli investimenti per sfuggire alla stagionalità possono essere i rimedi. Grazie anche alla crescita esponenziale dei consumi, anche il settore vivaistico è in forte espansione: in Italia, Germania, Olanda e soprattutto Spagna. Considerando la pressoché incontrollata crescita della produzione di piccoli frutti, il professore Bruno Mezzetti ha indicato alcuni settori di intervento come prioritari: coltivazione integrata ovunque come obiettivo minimo, interventi nel rinnovamento genetico anche per lampone e mirtillo, meccanizzazione della raccolta ove è possibile, puntare a varietà che garantiscano qualità, salubrità e valori nutrizionali alti, tenendo conto che esistono ormai soluzioni per la difesa della pianta a basso impatto ambientale.

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In Val Venosta ottima la qualità di fragole e cavolfiori d’alta quota La Val Venosta non è solo la terra delle mele, ma anche della fragola e del cavolfiore di montagna, due vere eccellenze. Sono proprio le attenzioni dei contadini venusiani e una sapienza tramandata da generazioni a garantire ai consumatori la bontà di questi due protagonisti. Ma c’è anche un altro decisivo aspetto a rendere speciali questi prodotti e a farli preferire: la fortunatissima posizione ovvero la coltivazione tra i 900 e i 1.800 metri di altitudine. In questo modo la maturazione è lenta e costante e si prende tutto il tempo necessario per restituire un sapore più intenso e speciale. Una qualità unica, che non si inventa, ma che è frutto di un’attenta gestione delle risorse naturali per la conservazione e la trasmissione nel tempo delle caratteristiche che rendono speciali fragole e cavolfiori di montagna, due prodotti particolari anche perché tardivi nella loro maturazione e commercializzazione. Fragole. “Siamo partiti quest’anno in ritardo, vista la primavera piuttosto fredda - afferma Rudi Gluderer, responsabile vendite fragole e piccoli frutti di VI.P -. Le nostre sono fragole per intenditori, curate nel dettaglio e possiamo differenziarci con un prodotto di nicchia puntando su due elementi: la qualità e la naturalità, fatti di servizio e saperi condivisi. Per questo i nostri clienti ci scelgono. Siamo presenti nei circuiti della GD e DO italiana e nei maggiori mercati ortofrutticoli del Nord e Centro Italia fino a settembre con 400 tonnellate di prodotto, una produzione praticamente estiva, quando ormai pochi possono produrre a queste altitudini. In Val Venosta le fragole si raccolgono 7 giorni su 7, a garanzia di una consegna di prodotto fresco entro poche ore dal conferimento in cooGiugno 2019

Eccellenze estive in una valle che non si caratterizza solo per le mele. Nuove tecniche e lunga tradizione costituiscono un mix che porta a risultati fuori dall’ordinario. Quantitativi in crescita

perativa. Due le categorie disponibili in padelle confezionate in vaschette da 250gr, entrambe premium a testimonianza dell’alto livello qualitativo: EXTRA, con il calibro di almeno 30 millimetri e la Prima Categoria". Cavolfiore. Se il cavolfiore più è bianco, più è fresco quindi buono, questa verdura della Val Venosta, che vale il 95% della produzione orticola della valle, è candida e generosa nell’aspetto, equilibrata nel profumo e con un gusto particolarmente delicato. Lo conferma Reinhard Ladurner, responsabile vendite verdure VI.P: "Il nostro cavolfiore viene apprezzato ogni anno sempre più in tutta Italia perché qualità e servizio ci contraddistinguono. Siamo in pochi a riuscire a produrre a queste altitudini ed una attenta pianificazione degli areali ci consente di rifornire in maniera continuativa i nostri clienti fino ad ottobre. Quest’anno si stima che la produ-

zione si assesti sui quantitativi dello scorso anno, circa 3.700 tonnellate con una qualità superiore. Il cavolfiore della Val Venosta viene infatti giornalmente distribuito fresco entro poche ore dalla raccolta, in tutta Italia sia nei mercati ortofrutticoli principali che nella DO e GDO attraverso una rete di vendita capillare". “La qualità superiore è frutto di un percorso di crescita - precisa Ladurner -. Il nostro cavolfiore estivo vanta una tradizione orticola ormai cinquantennale, ma aggiornata costantemente secondo criteri di sostenibilità e curata da agricoltori sempre al passo con i tempi. Da alcuni anni poi, insieme al Centro di Sperimentazione Laimburg, studiamo e testiamo nuove varietà, elaboriamo e perfezioniamo metodi di produzione e di controllo qualitativo sempre più innovativi”. Negli ultimi 5 anni la produzione è aumentata di oltre il 50%. www.corriereortofrutticolo.it

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Il Pepero one Dolcce Italiano o

PIÙ PI Ù

VA ALORRE NEL PDV FEDELTÀ PROMOZIONI


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GIANMARCO GUERNELLI. La parola al responsabile acquisti di Conad

“L’ortofrutta è al bivio” Antonio Felice Gianmarco Guernelli, responsabile acquisti ortofrutta di Conad, guarda al settore da una posizione che, grazie anche alla sua lunga esperienza, gli consente valutazioni significative in una fase particolarmente delicata per la produzione e la commercializzazione dell’ortofrutta italiana. Il settore è a un bivio e dipenderà dalle scelte che si fanno oggi il suo futuro in un contesto globalizzato sempre più competitivo. Abbiamo alle spalle un avvio della campagna primaverile-estiva particolarmente difficile. Parte da qui la nostra intervista a Guernelli che poi si sviluppa lungo molti dei temi di attualità del settore e della distribuzione. Ecco domande e risposte. Giugno 2019

Più programmazione della produzione, aggregazione, sostegno statale all’agricoltura e all’export, incentivi ai virtuosi che rispettano le regole. Altrimenti, dice Guernelli, il declino sarà inevitabile

In alto, Gianmarco Guernelli, responsabile acquisti ortofrutta di Conad

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CHI è

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CONAD, Consorzio Nazionale Dettaglianti, è la più ampia organizzazione in Italia di imprenditori indipendenti del commercio al dettaglio, leader nel canale dei supermercati. Il sistema Conad ha sviluppato nel 2018 un fatturato di 13,5 miliardi di euro, +3,5 rispetto al 2017. Il patrimonio netto aggregato è pari a 2,5 miliardi di euro, +6,8 rispetto al 2017. I soci sono 2.300, gli addetti oltre 56 mila, più di 3.200 rispetto al 2017. I punti vendita, al netto dell’operazione in corso su Auchan Italia, sono 3.174 per una superficie di vendita di poco inferiore ai 2 milioni di metriquadri. Sono 48 i centri logistici tra i quali 19 piattaforme dedicate all’ortofrutta. Al netto dell’operazione Auchan, la quota di mercato sul totale nazionale della GDO era a fine 2018 del 12,9%, quota che sale al 22,4% se ci si riferisce ai supermercati. Conad è presente in 110 Comuni con i suoi quattro canali di vendita.

se aree del Paese supportando gli imprenditori associati e coordinando l’attività commerciale a livello territoriale, con servizi amministrativi, commerciali, logistici e finanziari; il Consorzio nazionale, che agisce da centrale di acquisto e servizi, con la responsabilità della pianificazione strategica, dell’attività di marketing e comunicazione per tutto il sistema, nonché della produzione, promozione e sviluppo della marca del distributore. Per quanto riguarda l’ortofrutta, al Consorzio fanno capo la negoziazione dei listini prezzi nazionali, lo sviluppo della MDD e la scelta dei fornitori nazionali, in una azione di costante collaborazione tra gli uffici acquisti delle singole cooperative, sviluppando una logica comune che privilegia le aziende nazionali e i fornitori specializzati. Il settore ortofrutta è da anni in una fase di costante sviluppo. Tornando al sistema Conad in generale, Il Consorzio

Sotto il profilo societario, Conad è un consorzio che aggrega 7 grandi cooperative territoriali, le quali associano i dettaglianti, dando vita a un originale modello distributivo fondato sulla figura del commerciante cooperatore (ovvero dell’imprenditore del commercio associato in cooperativa), protagonista di un sistema che vede nel Consorzio lo strumento di orientamento e sintesi. Le cooperative territoriali sono: Commercianti Indipendenti Associati, Conad Adriatico, Conad Centro Nord, Conad del Tirreno, Conad Sicilia, Nordiconad e PAC 2000A. Conad del Tirreno e Nordiconad si stanno fondendo in un’unica nuova cooperativa che sarà operativa dal prossimo 1° ottobre, battezzata Conad Nord Ovest. Sul piano operativo, l’organizzazione si struttura su tre livelli: i soci titolari dei punti vendita, associati in cooperativa; le cooperative, che operano nelle diver-

è tra i promotori di AgeCore, alleanza strategica internazionale che unisce le insegne già partner di Core e di Alidis (Alliance internationale de distributeurs). Il Consorzio Conad aderisce a: ANCD, Associazione Nazionale Cooperative Dettaglianti (articolazione settoriale di Legacoop) e ADM, Associazione della distribuzione moderna, che ha la missione di rappresentare il settore nei confronti della produzione industriale e agricola. La storia di Conad inizia nei primi anni Sessanta, grazie ad un gruppo di piccoli dettaglianti che fondarono i primi gruppi cooperativi di acquisto. Decennio dopo decennio il sistema cooperativo si è ingrandito, ma i valori sono rimasti sempre quelli della condivisione per crescere meglio e insieme: soci, clienti e territorio.

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- Dunque questo è il problema, manca programmazione. "Abbiamo situazioni diverse sul territorio nazionale. Non ci sono regole. Prendiamo un prodotto come il kiwi giallo. Ha avuto un crescente successo e troppi ci si sono buttati. Presto, salvo fenomeni agronomici avversi, avremo sovrapproduzione. Ciò accade puntualmente per i prodotti e le Giugno 2019

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- Un’altra estate non facile. Andando avanti così dove andremo a finire? "L’ortofrutta si trova ripetutamente ad affrontare situazioni complesse. Lo scorso maggio, per non andare troppo lontano, il mercato ha vissuto momenti particolarmente difficili. E’ un errore considerarle situazioni figlie dell’oggi, sono invece la conseguenza di scelte fatte negli anni e di un approccio alla produzione dalla vista corta, privo di una programmazione attenta alle prospettive di mercato. Prendiamo le albicocche. Una decina di anni fa sono arrivate sul mercato nuove varietà, con caratteristiche di colore, sapore, pezzatura, resistenza, resa, di sicuro interesse. Erano state testate con successo in Francia e in Spagna. Arrivate in Italia queste varietà hanno avuto in breve un boom di nuovi impianti fuori controllo, dal Nord al Sud. Oggi possiamo dire che in tutto il bacino del Mediterraneo abbiamo una sovrapproduzione di albicocche. In generale, il mancato coordinamento della produzione in Italia provoca fenomeni negativi che si aggravano ulteriormente quando si creano contingenze particolarmente sfavorevoli come è successo a giugno. Fuori da regole e programmi si può solo sperare che per un motivo o per l’altro ci siano cali produttivi che agevolano un recupero dei prezzi. Con l’improvviso grande caldo di inizio estate si è verificato però l’opposto: una concentrazione enorme di prodotto che ha creato grandi difficoltà”.

Nei punti di vendita Conad la gestione del reparto ortofrutta è scrupolosa

varietà per i quali c’è interesse di mercato. La mancanza di regolamentazione produttiva è un boomerang. E poi abbiamo un altro problema: la produzione in Italia è troppo frammentata". - Dalla produzione al mercato, con le sue distorsioni. "Già. Esistono nel mercato situazioni fuori controllo che mettono in difficoltà chi rispetta le regole. Ci sono tante realtà positive ma se i buoni stanno zitti i cattivi emergono. Mi riferisco a situazioni di concorrenza sleale con le aste al doppio ribasso che affliggono la produzione, alle nuove forme di contrabbando che fanno passare per italiano prodotto che italiano non è, alla creazione da parte di alcuni intermediari di un vero e proprio mercato parallelo. Non è un grande mistero che arrivino dalla Grecia e della Spagna

“Una decina di anni fa sono arrivate sul mercato le nuove varietà di albicocche. In Italia hanno avuto in breve una produzione fuori controllo. Lo stesso è successo nel Mediterraneo. Lo scorso maggio abbiamo pagato le conseguenze di questa situazione”

pesche e nettarine che vengono fatte passare per italiane. Mancano presidi e controlli da parte delle istituzioni. Ci sono situazioni che vanno bonificate. La latitanza dellle istituzioni costringe chi rispetta le regole a fare i conti con qualsiasi tipo di concorrenza". - Ma nel commercio si compera come e dove conviene. Conad non lo fa? "Se si escludono i prodotti esotici, oltre il 90% dell’ortofrutta che vendiamo è di origine nazionale. Il socio che è sul territorio valorizza la produzione del territorio. E’ nel nostro DNA. A partire dalla selezione dei fornitori, il nostro impegno costante è di agire sempre nelle regole". - A proposito di regole, il caporalato è una piaga nazionale. Qual’è la posizione di Conad? "Il caporalato è una pratica illegale, chi la utilizza commette un illecito, non rispetta una legge dello Stato. Per contrastare il fenomeno del caporalato in ambito agricolo, Conad ha introdotto nel 2007 una sezione particolare all’interno dei capitolati di fornitura riguardante i requisiti etici e da allora effettua dei controlli sistematici per garantirne il rispetto. Chi non sta alle regole viene immediatamente escluso dalle www.corriereortofrutticolo.it

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forniture. In 12 anni di controlli fatti a campione però non abbiamo mai avuto riscontri negativi. Sono stati fatti audit per controllare l'esistenza di lavoratori senza il contratto di lavoro, sono state fatte interviste ai dipendenti per verificare l'entità delle paghe rispetto ai minimi sindacali, abbiamo chiesto se la lunghezza del turno fosse eccessiva e se venivano fatte le pause fra i diversi turni e tanto altro. Il fine di questi controlli è stato di responsabilizzare i fornitori. Spetta alle istituzioni debellare questa piaga, chiediamo un presidio istituzionale più presente sul territorio che attraverso l’utilizzo di nuovi strumenti e di nuove modalità operative riconduca la gestione dei lavoratori alla legalità". - Restiamo alle regole. Qual’è la vostra posizione sulla pratica delle aste al doppio ribasso? "Non le facciamo e siamo contrari al loro utilizzo. E’ una pratica sleale che penalizza i produttori e anche i distributori che non la utilizzano. Cinque anni fa Il nostro amministratore delegato Francesco Pugliese a Parma, in tempi dunque non sospetti, si è pubblicamente dichiarato contrario all’utilizzo di queste aste. Non più tardi di un mese fa a Salerno, in un’altra occasione pubblica, Pugliese ha ribadito di essere contrario all’utilizzo di questa pratica negoziale e ha chiesto di denunciare pubblicamente chi ne fa uso. Tengo a sottolineare che se i fornitori non partecipano alle aste chi le bandisce è costretto ad aumentare il prezzo. Siamo vicini alla battaglia dell’on. Paolo De Castro per l’abolizione di tutte le aste e per la legge che ne vieta l’utilizzo". - Quanto pesa l’ortofrutta nel fatturato generale CONAD? Giugno 2019

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tarsi di strutture tecniche adeguate e organizzando a valle, nelle nostre centrali di acquisto, un efficiente centro di controllo”. “Il passaggio nel 2000 al settore commerciale - ricorda Guernelli -, come category manager, ha comportato sfide altrettanto interessanti come lo sviluppo dei prodotti a marchio, l’avvio del progetto Sapori e Dintorni, ma soprattutto la responsabilità di acquistare prodotti diversi e importanti, prima gli ortaggi, poi la frutta, con una specializzazione dal 2010 al 2014 sulla frutta estiva, le mele, le pere, meloni e cocomeri, kiwi, cachi, castagne e altro ancora”. Con questo bagaglio alle spalle, Gianmarco Guernelli si può oggi ritenere, per l’ortofrutta, uno dei più completi e preparati manager italiani del settore distributivo. Il suo impegno continua. Le sfide non terminano mai, a partire da quella appena cominciata: l’integrazione della nuova rete di vendita.

"L’incidenza dell’ortofrutta in Conad varia a seconda dell’area di competenza delle singole cooperative aderenti. La media nazionale di Conad è 10,7% ed è il risultato di una situazione che varia dal 8% di alcune aree del Sud Italia al 13,4% di alcune

aree del Nord. Abbiamo alcuni punti vendita dove l’incidenza dell’ortofrutta supera il 15%. Nel 2018 il fatturato della vendita di ortofrutta è stato superiore a 1,4 miliardi di euro".

Gianmarco Guernelli, bolognese, 51 anni, è il responsabile acquisti ortofrutta di Conad dal 1° luglio 2015, ma è in Conad da una vita, esattamente dal 1989 quando, ancora studente universitario, fu assunto come junior buyer. Dal 1992 al 2000 si è occupato di controllo qualità nel settore dei vegetali e, dal 2000 a oggi, ha seguito gli acquisti ortofrutta prima come category manager e poi come buyer. L’attività di ispettore incaricato di controllare la qualità delle produzioni anche dei fornitori esteri di Conad, gli ha permesso negli Anni Novanta, di toccare con mano il settore ortofrutticolo a livello internazionale, con missioni in America Latina (Argentina, Cile, Colombia, Perù, Costa Rica), in Africa (Ghana, Costa d’Avorio, Marocco, Tunisia), Medio Oriente (Turchia, Israele), oltre che nei Paesi europei, dalla Grecia alla Spagna, così come in Olanda e Belgio. Un arricchimento professionale notevole, utile anche a capire meglio la situazione italiana avendo dei termini di paragone internazionali. Dice: “Conad ha investito su di me molto facendomi fare numerosi corsi di formazione, e per questo, insieme al mio gruppo di lavoro, ho potuto avviare iniziative innovative. Sui controlli di qualità, ad esempio, siamo partiti dai disciplinari regionali dell’Emilia Romagna e abbiamo impostato un sistema che ha fatto scuola nella distribuzione, convincendo i fornitori a do-

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CHI è

- Come vede Guernelli il futuro www.corriereortofrutticolo.it

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Diamo valore al tuo domani, insieme. Soluzioni per coltivare i tuoi progetti. Vogliamo essere ancora piÚ attenti al territorio. Per questo abbiamo pensato a un pacchetto di prodotti e servizi che affiancano l’imprenditore agricolo nella propria attività .


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dell’ortofrutta italiana? "Abbiamo tutti i presupposti per produrre eccellenze, lavorando sul sapore e sugli aspetti della qualità intrinseca, ma siamo i numeri uno nel farci del male soprattutto per mancanza di coerenza. L’Italia è a un bivio. O il sistema si riorganizza e riparte puntando appunto sulle sue eccellenze oppure sarà declino. Abbiamo perso e stiamo perdendo mercati esteri perché Spagna, Grecia, Polonia e i Paesi emergenti a cui abbiamo ceduto i nostri know-how sono più competitivi. Non abbiamo sempre esportato il meglio. Ma gli operatori, le imprese non hanno avuto dallo Stato ciò di cui hanno bisogno. Dobbiamo dircelo: lo Stato non incentiva la produzione e non incentiva l’export; i costi della produzione sono troppo elevati, il 40% sono tasse. Essere competitivi in un contesto così è difficile. Ce la possiamo fare solo se si

premia chi rispetta le regole e ci diamo un coordinamento nazionale delle produzioni, ma anche se lo Stato agevola la produzione intervenendo sui costi fissi. Abbiamo la fortuna di essere nel Mediterraneo, un’area tra le più vocate al mondo per l’ortofrutta, ma i nostri vicini greci hanno

contributi comunitari che sfruttano nel migliore dei modi. Sostenere il prodotto è prioritario così come conta migliorare il contesto, superando per esempio le disfunzioni nella logistica. Dovremmo fare tutti un passo indietro e decidere cosa vogliamo fare. Prima che sia tardi".

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SECOND EDITION

Technologies, the way to grow


MERCATI&

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DISTRIBUZIONE

L’ACQUISIZIONE DELL’ANNO. Conad e l’acquisto di Auchan Italia

Si chiude in tempi brevi Si è svolto il 20 giugno al ministero dello Sviluppo Economico l’incontro tra Auchan, Conad e le parti sociali per la prosecuzione del confronto in merito all’operazione di acquisizione della rete Auchan da parte di Conad. I rappresentanti di Conad hanno presentato il modello organizzativo della più ampia organizzazione di imprenditori indipendenti del commercio al dettaglio d’Italia. Hanno poi illustrato il percorso di integrazione previsto e le motivazioni che hanno portato Conad a valutare un accordo con Auchan, per lo sviluppo delle proprie attività e per il superamento delle difficoltà di Auchan. Secondo dichiarazioni dell’ad Francesco Pugliese al Sole-24 Ore il percorso dovrebbe durare 36 mesi e concludersi nel 2021. Il closing per l’acquisto della rete Auchan avverrà però entro fine luglio, poi inizierà la fase operativa. “I market Auchan con Ebitda positivo entro la fine del 2019 verranno trasferiti ai soci imprenditoriali locali Conad”, ha dichiarato Pugliese. Più complicati Giugno 2019

Dopo l’accordo di metà maggio e in attesa del via libera dell’Antitrust, le parti hanno condiviso il percorso di integrazione. Pugliese: “È nata una grande azienda italiana. Ci servono 36 mesi”

Le insegne di Conad e Auchan. Con l’acquisizione Conad diventa il numero uno della GDO italiana sorpassando Coop. Nella foto in alto, l’ad Francesco Pugliese

gli interventi sulle grandi superfici: “Stiamo già intervenendo iper per iper, in modo da verificare quali sono le superfici ottimali in termini di spazi di vendita per rendere economicamente profit-

tevoli anche questi punti vendita. Entro gli 8mila metri quadri si riesce a lavorare bene con l’alimentare e i freschi”. Nella partita degli iper (in particolare per l’aspetto immobiliare) www.corriereortofrutticolo.it

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DISTRIBUZIONE& 42

MERCATI

CORRIERE ORTOFRUTTICOLO

Conad del Tirreno e Nordiconad insieme in Conad Nord Ovest Razionalizzare il sistema Conad per affrontare il mercato, sempre più complesso e competitivo, forti di nuove scelte strategiche capaci di portare efficienza al modello imprenditoriale. E’ la filosofia alla base del processo di concentrazione delle sette cooperative Conad. La prima fusione, quella tra Conad del Tirreno e Nordiconad, votata dalle rispettive assemblee dei soci, porta alla nascita di Conad Nord Ovest. La nuova cooperativa vale circa 4 miliardi di euro di giro d’affari e può contare su un patrimonio netto di 628 milioni di euro, una fonte di finanziamento interna che testimonia le alte potenzialità di sviluppo della struttura. Conad del Tirreno e Nordiconad hanno radici profonde nelle comunità dove operano. Negli anni sono state promotrici di operazioni di concentrazione, generando le condizioni per la progressiva crescita di competitività nel mercato della grande distribuzione, valorizzando le specificità del modello cooperativo tra imprenditori indipendenti associati. La nuova cooperativa sarà operativa dal prossimo 1 ottobre e potrà contare su due poli d’eccellenza: la sede sociale a Pistoia e la sede secondaria di Modena. I territori in cui opererà con 381

soci e oltre 16 mila addetti sono Piemonte e Valle d’Aosta, Liguria, Emilia (province di Modena, Bologna e Ferrara), Toscana, Lazio (province di Roma, Viterbo), Lombardia (provincia di Mantova) e Sardegna. "Una fusione partecipata, tra due realtà culturalmente vicine, con cui rafforzeremo il nostro modello imprenditoriale", sottolinea l’amministratore delegato di Conad del Tirreno Ugo Baldi. "Crescita è una parola chiave di Conad Nord Ovest e dei suoi soci uniti da profonde affinità valoriali e commerciali. Una grande cooperativa per affrontare al meglio le sfide future attraverso il rafforzamento competitivo, nuove sinergie e investimenti. Una realtà ancora più vicina a persone e territori, attiva e protagonista nel valorizzare e sostenere il benessere della comunità, un arcipelago per continuare a crescere insieme". "Conad Nord Ovest affronterà le sfide imposte dal mercato con una strategia distintiva orientata alla competitività, all’impresa familiare associata, al dipendente di oggi che potrà essere il socio di domani", dice il dg di Nordiconad Alessandro Beretta. "Conad Nord Ovest è la prima di 4 fusioni nel nostro sistema", annota l’ad Francesco Pugliese.

entra in campo BDC, la newco creata da Conad con Raffaele Mincione: “Con loro faremo i frazionamenti ragionando con i proprietari delle gallerie per individuare le tipologie migliori di negozi da introdurre per rendere più attraente anche il supermarket”. Minori criticità, invece, si prevedono per i 1.600 punti vendita Auchan e Sma che operano in franchising. Entro il 2019 si prevede ci sarà un piano detta-

gliato sugli esuberi, punto vendita per punto vendita. Pugliese ha sottolineato che l’operazione avrà “il minor impatto possibile sulle persone”. L’accordo per l’acquisizione della maggioranza dei 1.600 punti vendita italiani di Auchan da parte di Conad, per il perfezionamento della quale si attende a breve il via libera dell’Antitrust, era stato annunciato tra il 12 e il 13 maggio. E Pugliese aveva commentato:

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"Oggi nasce una grande impresa italiana, che porterà valore alle aziende e ai consumatori”. Non sono compresi nell’accordo, si legge in una nota di Auchan, 33 supermercati gestiti da Auchan Retail in Sicilia e 50 drugstore Lillapois. L’intesa prevede anche che i centri commerciali in cui sono situati i punti vendita di Auchan Retail Italia continueranno ad essere gestiti dalla società Ceetrus. “Desideriamo migliorare l’attuale difficile situazione delle attività di Auchan Retail in Italia e permettere a Conad di continuare, attraverso questa acquisizione, il suo ambizioso piano di sviluppo nel Paese”, ha dichiarato il presidente di Auchan Retail Edgard Bonte. Conad, nella stesura dell’accordo, è stata assistita da WRM Group, società specializzata nel real estate commerciale, e dagli advisor di Pwc. L’investment banking di Credit Agricole ha agito in qualità di solo advisor finanziario di Auchan. Con l’acquisizione delle attività italiane di Auchan, Conad diventerà il gruppo leader in Italia nella grande distribuzione, scalzando Coop, con una quota di mercato che salirà dal 13 al 19% e un fatturato aggregato che, su base pro-forma e facendo riferimento ai dati 2018, si attesta a 17,1 miliardi di euro. E’ quanto si apprende da fonti vicine all’operazione che porterà alla fusione del secondo e quinto gruppo nella GDO in Italia. La decisione dei francesi di cedere è stata dettata dalle difficoltà di rilanciare le loro attività nel nostro Paese: nel 2018 Auchan Italia è stata svalutata per 440 milioni contribuendo alla perdita di quasi un miliardo di euro del gruppo. Giugno 2019


MERCATI&

CORRIERE ORTOFRUTTICOLO

Conad ha presentato a inizio luglio alla comunità finanziaria i risultati del bilancio di esercizio chiuso al 31 dicembre 2018 e approvato dall’assemblea dei soci e il piano di sviluppo per il triennio 2019-2021. Erano presenti 150 rappresentanti del mondo finanziario nazionale, interessati all’andamento del gruppo anche alla luce dell’acquisizione delle attività di Auchan Retail Italia comunicata lo scorso 14 maggio. Il fatturato 2018 si è attestato a 13,5 miliardi di euro (+3,5% rispetto al 2017), in costante crescita da dieci anni, dai 9,3 miliardi di euro del 2009 agli attuali 13,5 miliardi. L’Ebitda del conto economico aggregato dei bilanci consolidati del Consorzio e delle sette cooperative associate (Commercianti Indipendenti Associati, Conad Adriatico, Conad Centro Nord, Conad del Tirreno, Conad Sicilia, Nordiconad e PAC 2000A) è cresciuto del 2,1%, a 420,9 milioni di euro rispetto ai 412,1 milioni del 2017. A tale dato va aggiunto quello dei singoli soci imprenditori per un valore stimato nell’ordine del 2,1%. L’Ebit si è attestato a 239,7 milioni di euro (227,2 milioni nel 2017). In crescita anche l’utile di esercizio, a 164,5 milioni di euro dai 148,5 milioni del 2017 (+3,1%). Il patrimonio netto aggregato ha

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raggiuto i 2,5 miliardi di euro (+6,8% rispetto al 2017) e consente di affrontare con la necessaria solidità economica un piano di investimenti 2019-2021 di 1,3 miliardi di euro - di cui 530 milioni nel corso del 2019 - finalizzati al rinnovamento della rete di vendita, a investimenti ordinari e al miglioramento dell’efficienza logistica. Il piano non comprende gli investimenti in operazioni come quella con Auchan Retail Italia. I risultati ottenuti da Conad sono frutto di una governance più incisiva rispetto ad altre, in un contesto sociale che il Censis sottolinea essere di grande incertezza, rancoroso, dominato dal progressivo impoverimento dell’immaginario collettivo, che dovrebbe invece essere ricco e vitale, positivo e propulsivo per supportare lo sviluppo del Paese. "I risultati conseguiti nel 2018

sono riconducibili ai continui investimenti economici, al nostro modello imprenditoriale cooperativo, che ci ha consentito di affrontare la crisi economica limitandone gli effetti e, soprattutto, di creare occupazione (sono oltre tremila i nuovi occupati solo nel 2018), e alla marca del distributore”, sottolinea l’amministratore delegato di Conad Francesco Pugliese. “Investiamo costantemente notevoli risorse economiche nella crescita e nello sviluppo del nostro sistema, nella formazione di nuova imprenditoria, in particolar modo giovanile, preferendo ciò ad altre operazioni di speculazione immobiliari e finanziarie. La finanza è necessaria per la crescita delle imprese e la ripresa del Paese; quando si trasforma in un’attività speculativa, i risultati creano effetti traumatici sull’economia reale che sono sotto gli occhi di tutti”. Il trend positivo di Conad nel 2018 è proseguito nei primi quattro mesi del 2019 in un mercato in crescita dello 0,6% (fonte: Nielsen, a parità di negozi), attestandosi al 4,5% rispetto allo stesso periodo del 2018. Performano bene gli ipermercati (15,1%), gli store Sapori&Dintorni (9%) e i discount Todis (7,4%). Incremento a due cifre per i servizi Conad.

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DISTRIBUZIONE

Trend positivo nel 2018 e nel primo quadrimestre 2019: Conad trainata dalla marca del distributore

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Buoni per natura e l’aria pura Fragole, lamponi e ciliegie dell’Alto Adige/Südtirol

In Alto Adige le fragole maturano da giugno a fine settembre, i lamponi da giugno a ottobre e le ciliegie da fine giugno a fine agosto. Crescono in montagna e all’aria pura. Per questo hanno un sapore più intenso, sono profumati, genuini e ricchi di vitamine. www.fragolealtoadige.com, www.ciliegiealtoadige.com


MERCATI&

CORRIERE ORTOFRUTTICOLO

L’assemblea dei Soci del Gruppo Selex, tenutasi a Varsavia a fine giugno, con l’approvazione del bilancio 2018 ha chiuso ufficialmente un anno molto positivo. I dati dell’attuale compagine Selex certificano un fatturato alla vendita di 10,95 miliardi, con un +4.3% sul 2017. In rapporto ad un mercato che ha fatto il +1,7% il dato è maggiormente significativo per il Gruppo che si conferma essere la terza realtà della distribuzione moderna in Italia, con una quota di mercato del 10,3% (fonte IRI gennaio 2019 / canali: Iper+Super+Superettes+Discount+Drug). Nel corso dell’assembla i soci hanno condiviso anche l’andamento dei primi 5 mesi del 2019, che si dimostra di nuovo vincente rispetto al mercato. Le insegne nazionali e regionali del Gruppo registrano infatti, a parità di rete di vendita, un +1,2%, con un mercato che scende allo -0,1%, e anche il fatturato complessivo è positivo: +5,5%, con il mercato a +1,3% (dati Nielsen). Commentando i risultati il presidente Alessandro Revello ha ricordato: "Siamo nati in un periodo nel quale era importante conoscere le peculiarità del territorio per svilupparl. Negli anni abbiamo saputo bilanciare le competenze e lo spirito imprenditoriale individuale con lo stare insieme per crescere in un’ottica nazionale. Pensando al futuro sarà importante allargare ancora di più il perimetro di condivisione, dobbiamo far si che le eccellenze di uno diventino bagaglio esperienziale dell’altro. E’ la nostra forza, un vantaggio importante per migliorarci e per innovare". Il processo di sviluppo prevede investimenti dichiarati pari a 320 milioni di euro per l’anno in Giugno 2019

DISTRIBUZIONE

Selex sfiora una crescita del 5% e si conferma terza nella GDO L’andamento positivo del 2018 esce confermato anche dai primi cinque mesi del 2019. Investimenti per 320 milioni di euro. Ripagata la forte attenzione alle vendite online

Maniele Tasca, direttore generale di Selex. I risultati sono impressi nel suo viso

corso, fra nuove aperture e ristrutturazioni, con l’obiettivo di raggiungere un fatturato alla vendita del +4.1%. Così Maniele Tasca, direttore generale di Selex: "Investire e innovare è fondamentale per crescere. Dobbiamo offrire servizi che vadano incontro alle esigenze del cliente sia in termini di nuove abitudini, penso per esempio ai consumi fuori casa, che di differenti modalità di fare la spesa". A due anni dal lancio di CosìComodo.it, la piattaforma di vendita online a cui oggi aderiscono le principali insegne del Gruppo, Selex sta mettendo a punto un progetto di ‘omnicanalità' sinergico e distintivo, che includerà App, totem e sito. Sono sei le insegne aderenti al portale e-commerce che può essere utilizzato scegliendo tra uno dei 33 punti vendita con Clic-

ca&Ritira (diventeranno 48 entro fine anno) o la consegna a casa, sempre più apprezzata, e ad oggi già attivo anche nell’area di Bari, Torino e altri importanti bacini serviti nei prossimi mesi. Anche nella scelta della spesa online, come sul punto vendita, i clienti sembrano apprezzare la qualità della marca del distributore, che presso alcune insegne del Gruppo ha raggiunto picchi del 30% d’incidenza. Con un obiettivo di fatturato 2019 di 940 milioni (+4,7% sul 2018), il Gruppo è impegnato nel garantire una qualità sempre più tracciabile. La filiera deve essere trasparente, sicura e l’ambiente deve essere rispettato. Uno dei progetti, che vedrà la luce nel prossimo autunno, è la creazione di un sito dedicato all’educazione alimentare e ai comportamenti sostenibili. www.corriereortofrutticolo.it

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DISTRIBUZIONE&

MERCATI

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LA DISTRIBUZIONE DA VICINO

Incidono sul prezzo di vendita anche gli scarti provocati dai danni di chi compera

di Maurizio Nasato Una polemica che periodicamente torna di attualità è come sia possibile che frutta e verdura pagate al coltivatore pochi centesimi, vengano poi vendute a due euro al chilo. E diventa l’occasione per mettere il dettagliante (Grande Distribuzione in primis) alla gogna, accusandolo di eccessivi ricarichi. Si parla sempre, in questi casi, del primo anello della catena (il coltivatore) e dell’ultimo (fruttivendolo o GD), omettendo due importanti passaggi: il primo è il conferimento al centro di lavorazione (ove avviene la selezione ed una parte del raccolto diventa scarto) e il successivo trasposto al magazzino del venditore (cooperativa, OP, ecc); il secondo passaggio è la fase dell’imballo (con ulteriore selezione) con successivo trasporto al Mercato Ortofrutticolo o alla piattaforma del distributore (GD o DO). Da quest’ultima fase, normalmente frutta & verdura proseguono su due destini diversi; nel primo caso vendute da un fruttivendolo, ambulante o bancherella del mercato rionale, nel secondo dai banchi di un Iper, Super o Discount. Nel primo caso sarà il dettagliante (fruttivendolo, ambulante, ecc) a selezionare e pesare il prodotto al cliente; nel secondo sarà il cliente a scegliere quanto di proprio gradimento, sovente dopo aver mondato la verdura delle foglie esterne meno pregiate; il cliente avrà dunque la possibilità di acquistare “cuori di finocchio” o “cuori di lattuga”. Al danno poi derivante dall’aumento dello scarto, si aggiunge la beffa per il supermercato della pessima immagine, per le sfogliature rimaste nel fondo della cassetta. Consideriamo ad esempio tre cassette esposte con 40 zucchine ciascuna; immaginiamo che 26 siano perfette, 8 imperfette e 6 fuori standard; il cliente sceglierà le prime 26 e forse nella fretta qualcuna tra le imperfette, lasciando sulle cassette una decina di pezzi ciascuna (che rimestandole verranno danneggiate ulteriormente); le 30 zucchine (10 scartate x 3 cassette), verranno gettate via alla chiusura serale (25% di scarto) e nelle ultime ore dell’apertura daranno alla vista dei clienti una pessima percezione di bassa qualità. Scaturisce da quanto accade nei punti vendita la richiesta “ossessiva” del buyer al coltivatore di consegnare solo pezzi perfetti! Nella mia esperienza in GD ho avuto modo di assistere ad un acquisto di funghi porcini (freschi e sfusi), ove il cliente scartò tutti i gambi, per pesare e comprare le sole teste! Nella stima dello scarto c’è da aggiungere che da

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molti anni le grandi superfici lasciano frutta & verdura a temperatura ambiente, accentuando appassimento e disidratazione, con apprezzabili eccezioni, come Esselunga, che non mai ha rinunciato ad esporre nel banco refrigerato verdura e agrumi. Attenzione va poi dedicata ai furti, che sono diversi tuttavia dall’immagine che abbiamo del taccheggio tradizionale, ove si occultano nella borsa le lamette, il Cd o la crema. In ortofrutta l’approccio è meno rischioso: basta etichettare i Kiwi Zesprì al prezzo dei comuni, le Pink Lady per mele mercantili o anche riempire il sacchetto, solo dopo aver già fatto la pesata. In sintesi, selezionare frutta & verdura con il “mestiere” di un fruttivendolo, riduce drasticamente gli scarti ed i maltrattamenti a cui tali prodotti vengono sottoposti nella vendita a self-service. La GD, attenta al risparmio dei costi del personale e dunque lasciando i banchi privi di servizio e assistenza, non considera l’ammontare della differenza tra quanto immesso nei negozi e quanto effettivamente venduto. Tale fenomeno è estremamente diversificato ed è esiguo ove frutta & verdura siano confezionate, ma aumenta considerevolmente quando le stesse vengano vendute sfuse, alla mercé del cliente. Un esempio? Le ciliegie sfuse registrano un’invenduto (scarto) del 30%, per le stesse in vaschetta trasparente lo scarto scende all’8%. Per un frutto venduto oltre i sei euro al Kg, la differenza è cospicua! Quanto sia diverso “l’invenduto” da un prodotto all’altro, giungendo talora a scarti superiori al 40%, potendo così stimare la perdita complessiva per il distributore della GD e della DO, sarà il tema di una prossima riflessione.

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MERCATI&

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Passo avanti in due tempi tra Fedagromercati e Italmercati. Prima a Rimini, poi a Roma è stata ribadita la volontà del sindacato nazionale dei grossisti e della rete dei Grandi Mercati Italiani di intraprendere una strada comune. Durante il Macfrut di Rimini, Fedagromercati ed Italmercati si sono incontrate per confermare la collaborazione fra le due organizzazioni ed individuare una strategia condivisa per un obiettivo comune: valorizzare le realtà dei Mercati all’ingrosso e le loro potenzialità. I rappresentanti presenti all’incontro, per Fedagromercati Ottavio Guala, Aurelio Baccini e Valentino Di Pisa, per Italmercati Fabio Massimo Pallottini con Stefano Franciolini e Francesco Cera, hanno espresso in modo unanime la volontà di lavorare insieme e perseguire una maggiore integrazione. "Condividere un’idea comune del futuro dei Mercati che sia espressa con iniziative comuni, rafforzare il continuo dialogo fra Italmercati e Fedagromercati attraverso una cabina di regia che affronti le diverse problematiche del settore, avere un’unica voce ai tavoli istituzionali, mantenendo sempre la propria individualità ma con un peso complessivo nei confronti degli altri attori dell’agroalimentare italiano ed internazionale - hanno affermato in una dichiarazione congiunta Valentino di Pisa, presidente nazionale di Fedagromercati, e Massimo Pallottini, presidente di Italmercati - sono i punti fermi del Tavolo comune per accelerare la competitività del nostro mondo e condividere un’unica visione”. In un periodo di "totale stravolgimento" dei Mercati, Italmercati e Fedagromercati hanno sottolineato dunque a Rimini la volontà di lavorare insieme per poter geGiugno 2019

DISTRIBUZIONE

Prima Rimini poi Roma: più vicine Italmercati e Fedagromercati La rete dei grandi Mercati e il sindacato degli operatori decisi a condividere un’idea di futuro rafforzando da subito il dialogo e presentandosi uniti nei tavoli istituzionali in Italia e all’estero

Fabio Massimo Pallottini, presidente di Italmercati e Valentino Di Pisa, presidente del sindacato nazionale dei grossisti Fedagromercati

stire il cambiamento e condividere le responsabilità, investendo sulla logistica, migliorando i rapporti con la produzione ed aprendo alle nuove tendenze del comparto. Fedagromercati ed Italmercati si impegnano ad individuare un modello condiviso per i Mercati che hanno bisogno di un continuo dialogo fra gli operatori e gli enti gestori per svolgere il ruolo che gli compete nei confronti del sistema agroalimentare e dei consumatori. Il secondo atto di questa convergenza si è svolto sabato 8 giugno a Roma in occasione dell’assemblea di Fedagromercati a cui ha partecipato un ampio numero dei presidenti delle associazioni territoriali dei Mercati più rappresentativi. Il momento centrale della riunione, a cui ha preso parte in veste ufficiale il presidente di Italmercati Fabio Massimo Pallottini, è stata proprio l’importanza della collaborazione fra operatori ed enti gestori, rappre-

sentata dalla rinnovata cooperazione fra Fedagromercati ed Italmercati. Il presidente di Fedagro Valentino Di Pisa ha così commentato: "Sono molto soddisfatto della riunione di oggi e della presenza del presidente Pallottini che esprime pienamente l’obiettivo delle nostre organizzazioni e cioè la collaborazione fra enti gestori ed operatori, ognuno nel rispetto dei propri ruoli di rappresentanza, per il bene del comparto a livello nazionale, da rilanciare anche a livello locale ed europeo. Oggi ripartiamo da qui per lavorare insieme e condividere il più possibile ogni passo per valorizzare le funzioni dei Mercati italiani e gli operatori, i quali rappresentano attori fondamentali per l’agroalimentare". “Questo incontro - ha dichiarato da parte sua Fabio Massimo Pallottini, presidente Italmercati - è stato sicuramente interessante e positivo. L’obiettivo che ci siamo prefissi è quello di portare avanti www.corriereortofrutticolo.it

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DISTRIBUZIONE&

MERCATI

Sogemi: confermato Cesare Ferrero

2018: il CAR si conferma primo Mercato

Cesare Ferrero (nella foto), 54 anni, è stato confermato per il prossimo triennio alla guida di SOGEMI, la società di gestione del Mercato di Milano, in qualità di presidente. Gli azionisti hanno nominato Elena Cioccio e Alessandro Cremona membri del consiglio di amministrazione che collaboreranno con Ferrero nella gestione dell’azienda partecipata dal Comune di Milano. "I prossimi 3 anni - ha di-

Aumenta il margine operativo lordo (4,2 milioni pari al +15%) tra i ricavi ed i costi, che tocca il 25% (dal 22% nel 2017) nel rapporto con il valore della produzione (+1%); cresce di 1,3 milioni di euro (+25%) il risultato ante imposte che arriva al +18% dopo gli adempimenti fiscali; scende l’indebitamento (4.5%) fatto quasi soltanto di impegni a medio termine, si riducono i crediti (-10%) verso i clienti, sfiora i 54 milioni di euro il patrimonio netto. Scandito da questi riscontri contabili, il bilancio consuntivo 2018 conferma Il Centro Agroalimentare di Roma ai vertici tra i centri all’ingrosso italiani con risultati che il direttore generale, Fabio Massimo Pallottini, nell’assemblea dei soci di fine maggio ha definito “straordinari dato l’andamento non brillante dei contesti economici di riferimento”. Tutti e tre gli indici economici di sintesi – il Ros (il rapporto tra il risultato operativo e i ricavi netti), il Roi (l’indice di redditività dei capitali investiti), il Roe (la profittabilità di un’azienda) – tra il 2017 ed il 2018 segnano infatti miglioramenti più o meno forti, ma comunque rilevanti, anzitutto perché passati in coerenza tra di loro rispettivamente dal 10,3% al 13,1%, dal 2,3% al 2,9%, dall’1,1% all’1,2%. "La leadership nazionale del CAR - ha osservato Pallottini –, consolidata malgrado la perdurante e allarmante stagnazione dei consumi e ancora frenata a livello europeo dalla preponderante concorrenza degli agromercati di Parigi, Barcellona e Madrid, è una situazione costruita anno per anno e giorno per giorno”.

chiarato Ferrero - saranno dedicati a realizzare il progetto avviato nel precedente mandato: dare concretezza al Piano di riqualificazione dei Mercati all’ingrosso della Città di Milano che, come si sa, consiste nella realizzazione in particolare del nuovo Padiglione Ortofrutta e nella modernizzazione delle piattaforme logistiche per un valore di oltre 100 milioni di euro di investimenti su una superficie di 647mila metri quadrati. Entro fine 2019, inizio 2020 è previsto l’avvio dei lavori che saranno completati entro il 2021”. “Il nostro impegno - ha detto il presidente - è di dare nuova vita a questa importante realtà, trasformando l’intera struttura in un Hub Agroalimentare adeguato alle esigenze di una città profondamente cambiata come è la Milano di questi anni e il suo hinterland. In questa ottica abbiamo adottato come icona il marchio Foody”.

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un progetto comune, sia pure nelle diverse competenze, quello di dare ai Mercati un futuro. Alcune azioni concrete le abbiamo già fatte. Appuntamenti come quelli di oggi occorrono a condividere i passaggi che ci attendono. Italmercati e Fedagromercati hanno individuato tre macro-azioni su cui intervenire insieme: condividere il più possibile ogni passo e strategia sui tavoli istituzioni per fare fronte comune ai problemi che riteniamo utili affrontare in un sano equilibrio dei ruoli; tradurre in qualcosa di concreto questo lavoro; puntare ad essere competitivi sui mercati nazionali ed internazionali. I Mercati vivono in una situazione di difficoltà in cui concorrono spinte molto divergenti. Oggi è un nuovo inizio. L’unità sarà la nostra forza e riuscirà a fare la differenza e a darci soddisfazione”. Anche il presidente onorario di Fedagromercati, Ottavio Guala, ha espresso la sua soddisfazione sulla giornata: “Auspicavo da sempre questa collaborazione fra le due organizzazioni ed oggi ci siamo riusciti grazie al lavoro di tutti ma soprattutto dei presidenti Di Pisa e Pallottini: Valentino infatti ha saputo rafforzare la Federazione ed ampliare la base associativa, cosa difficilissima oggi, lavorando sempre con impegno e professionalità in tutte le sedi della Federazione; allo stesso modo Massimo in questi anni ha svolto un ottimo lavoro mostrando una reale consapevolezza dell’importanza di avvicinare gli enti gestori agli operatori. Ritengo che i due, insieme ai rispettivi consigli, hanno molto da fare oggi su due campi d’azione principali: il primo risolvere i problemi dei Mercati e degli operatori rappresentando in modo unitario il settore, seppur nelle loro autonomie, nei momenti istituzionali italiani e di tutto il mondo; il secondo è quello di istituire un gruppo di lavoro per progettare il futuro dei Mercati e degli operatori, o meglio dei Mercati del futuro”. Giugno 2019


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Ecco le aziende laboratorio della frutta esotica italiana Mariangela Latella Il settore delle colture subtropicali made in Italy si affaccia sul mercato interno e internazionale con la potenzialità per diventare l’Eldorado dell’agricoltura del Mezzogiorno. Non più solo mango, avocado e papaya ma anche frutti un tempo inimmaginabili come banane, passion fruit e, da un anno, persino caffè. Tutte varietà che stanno dimostrando di essere un tesoretto di mercato per i pionieri che hanno creduto in quest’avventura e hanno iniziato a produrre ormai da più di dieci anni. Gli areali in produzione superano di poco i 400 ettari tra Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna. Il business ha raggiunto i 12 milioni di euro ma potrebbe più che decuplicare se si considera che gli Giugno 2019

La Sicilia tra le regioni del Sud sta diventando un luogo di elezione per le produzioni tropicali. Grandi sviluppi negli ultimi dieci anni Per alcune aziende l’esotico è stato una valida alternativa agli agrumi

Andrea Passanisi di Sicilia Avocado. Sopra, Rosolino Palazzolo di L’Orto di Nonno Nino. Due pionieri dell’esotico in Sicilia

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Consumi in crescita in Italia e in tutta Europa Dal 2009 consumato il 25% in più di esotico A che punto è il consumo di ortofrutta tropicale? Se ne è parlato l’8 maggio a Rimini in occasione della seconda edizione del Tropical Fruit Congress organizzato a Macfrut. A fare il punto sui consumi di ortofrutta tropicale nell’Unione Europea è stata Daria Lodi di CSO Italy. Dal 2013 al 2017 il consumo di ananas, lime, papaya e passion fruit è cresciuto di 7 milioni di tonnellate mentre solo nel 2018 si è registrata una crescita del 16% che ha permesso di oltrepassare gli 8 milioni di tonnellate. Dal 2009 al 2018 i Paesi che hanno maggiormente acquistato frutta esotica sono stati Regno Unito (+27% rispetto 2009), Germania (+19% vs 2009) e Italia (+25% vs 2009); seguiti da Francia (+73% vs. 2009) e Polonia

(+53% vs. 2009). Secondo i consumi del 2018, sul podio dei frutti esotici troviamo la banana (71%), seguita da ananas (11%), avocado (6%), mango (4%) e platano (3%). In Italia nel 2018 il consumo domestico di frutta tropicale è stato pari al 12% su tutta la frutta consumata: per la maggior parte gli italiani hanno preferito acquistare banane (77%), oltre a ananas (16%), mango (1%) e altri frutti (6%). Se messe insieme queste specie, spesso dal basso impatto sul mercato se considerate singolarmente, non possono essere sottovalutate: la popolazione è infatti curiosa di provarle e l’appeal sul consumatore rimane elevato. Nella stessa occasione, un focus sulla papaya è stato proposto

dalla ditta brasiliana Caliman Agricola. "Da oltre 40 anni esportiamo papaya negli Stati Uniti e in Europa nelle varietà Sunrise Solo, Golden Solo e Formosa, ma ricordiamo che su 1.400.000 tonnellate di frutti prodotti, solo il 3% viene esportato perché il Brasile ha un fortissimo mercato interno. Nonostante questi numeri, le esportazioni crescono ogni anno di circa il 10%: nel 2018 abbiamo esportato 42 mila tonnellate di papaya per un totale di 58 milioni di dollari. Dobbiamo specializzare la nostra produzione. In quest’ottica, abbiamo progettato due sementi di papaya ibrida, Calimosa e Vitória, per ottenere un frutto meno sensibile alle malattie e dalla shelf-life più lunga”.

areali potenziali nella Penisola arrivano a circa 10 mila ettari. Il segreto di questo primo successo e delle prospettive di crescita è innanzitutto la qualità del prodotto che si può raccogliere al giusto grado di maturazione e non arrivare sugli scaffali dopo la maturazione in cella dopo i circa 40 giorni di transit time dai Paesi tropicali. In seconda battuta sul mercato si registra una domanda elevata al punto che mango e avocado sono già entrati nel paniere ISTAT. Per avere una misura del rapporto domanda e offerta, basti pensare che - nel caso degli avocado – si parla di prezzi che arrivano anche a 1,50 a frutto (150/170 grammi) per il solo posizionamento da discount. Si parla, inoltre, di 2,50 euro al chilo per le banane (fino ad oggi la cenerentola delle varietà esotiche) e fino a 10 euro per la papaya. Insomma, rese non inferiori ai 30 mila euro per ettaro. “Quello che servirebbe è una

mappa delle zone vocate - afferma Claudio Monfalcone, dirigente del Servizi assistenza tecnica in Agricoltura della Regione Sicilia . Da noi, esse sono concentrate sulla fascia costiera soprattutto tirrenica e ionica. Sarebbe utile anche ai fini dell’ottimizzazione della gestione dei bandi PSR evitando, ad esempio, di sostenere produzioni che si trasformano in flop. Non ha senso investire in impianti di subtropicali dove si sa che, per le condizioni pedoclimatiche, non potranno rendere”. Allo zoccolo duro dei pionieri si-

ciliani (Andrea Passanisi nel Catanese, ad esempio, i fratelli Palazzolo nel Palermitano o, ancora, Pietro Cuccio nel Messinese) che hanno iniziato con i primi test oltre 10 anni fa, si vanno aggiungendo nuovi produttori a caccia di colture alternative a quelle tradizionali per recuperare la redditività persa con la crisi degli agrumi o con il problema della Xylella per gli uliveti pugliesi. Così l’azienda agricola Cairo Doutcher di Uzi Cairov ha iniziato a produrre avocado nel Salento e altri prodotti esotici in zone diverse. "Abbiamo messo a dimora - spiega il proprietario Uzi Cairo - circa 200 ettari di mango, avocado, litchi e goji, tra Puglia, Sicilia e a Rosarno, in Calabria. Andranno in produzione entro un anno per fruttare a regime cento tonnellate a stagione. Siamo già pieni di richieste senza ancora avere attivato nessuna attività di marketing al punto che già vendiamo il prodotto a 3,50 euro al chilo. Naturalmente

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Per il mercato europeo l’esotico italiano offre l’opportunità di utilizzare prodotti decisamente più freschi di quelli d’Oltremare. La concorrenza viene dal Sud della Spagna

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l’obiettivo è arrivare a registrare un marchio e, perché no, richiedere anche una certificazione di origine”. In Sicilia, è appena partito un progetto europeo da tre milioni di euro finanziato nel quadro dei gruppi operativi guidato dall’azienda Collura che conta su 15 ettari di subtropicali nel Messinese. Tra gli obiettivi una certificazione di orgine sul mango e, dopo l’iter per il riconoscimento, la costituzione del primo consorzio di tutela. Allo stesso obiettivo sta lavorando Andrea Passaninisi, di Sicilia Avocado. “Quest’anno abbiamo registrato il marchio ombrello Dal Tropico, che è anche legato al nostro canale di e-commerce. Pensiamo di chiedere a breve la certificazione di origine per gli avocado e costituire quindi un consorzio di tutela che possa capitalizzare l’esperienza di commercializzazione ultradecennale del consorzio Sicilia Avocado”. Sul mercato si sono affacciati i primi brand. Oltre Sicilia Avocado anche Etna Mango e, ancora, Papaya di Sicilia. Da due anni si è anche costituita la prima associazione regionale, che si chiama ‘Frutta tropicale siciliana’ che raccoglie una trentina di aziende. “Al momento - spiega il vicepresidente Luigi Speciale, dell’azienda Papaya di Sicilia - è un’associazione culturale dove ci si associa a titolo personale, ma l’obiettivo sarebbe quello di considerarla un punto di partenza per arrivare ad una sorta di aggregazione produttiva e richiedere delle certificazioni di origine. Questo è l’obiettivo ma bisogna superare diversi ostacoli, primo fra tutti, la diffidenza dei produttori e il loro orientamento consolidato a lavorare da soli”. Fino ad oggi la GDO italiana sembra guardare allo sviluppo di quesa nuova filiera dalla finestra anche se le grandi organizzazioni o i brand ad essa collegati (come il Gruppo Spreafico, Orsero e McGarlet), sono già entrati nella

La produzione di Sicilia Avocado, in provincia di Catania, è partita a titolo sperimentale già dal 2013 ed oggi è conosciuta in tutta Europa e viene esportata perfino ad Hong Kong

L’avocado siciliano dall0 scorso anno prende la strada dei ristoranti e degli alberghi di Hong Kong, preferito a quello delle origini più vicine, come l’avocado della Thailandia

partita con le prime produzioni nell’isola. Quello che i coltivatori nostrani di frutta esotica vogliono scongiurare è il rischio di cadere nelle logiche dei big retailer che di fatto potrebbero tradursi in svalutazione forzata dei prezzi per la sproporzione tra aggregazione distributiva e atomizzazione produttiva. Adesso si lavora sostanwww.corriereortofrutticolo.it

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zialmente per creare awarness tra i consumatori e consacrare i brand che sono un’alternativa concreta allo strapotere contrattuale dei colossi distributivi. “Vendiamo prevalentemente attraverso i canali di vendita diretta - afferma Rosolino Palazzolo dell’azienda L’Orto di Nonno Nino di Terrasini, a Palermo - mentre attraverso l’e-commerce realizziamo il 35% del fatturato con vendite in tutt’Italia e anche all’estero”. “Recentemente - precisa Palazzolo - abbiamo fatto un ulteriore passo avanti nella ‘tropicalizzazione’ delle nostre colture e abbiamo iniziato a piantare anche il caffè. Credo che siamo i primi, e gli unici al momento, in Italia a produrlo”. Il progetto di Palazzolo, nato quasi per caso, si sta specializzando verso tecniche colturali, praticamente inedite in Italia (basate sull’agromeopatia, l’omeopatia delle piante, e la fitoterapia, in sostanza, decotti per le piante), che gli permettono di ottenere una resa interessante su coltivazioni

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L’israeliano Uzi Cairo, a destra, e due suoi collaboratori nell’azienda di avocado che ha impiantato nel Salento

100% bio anche per le banane (circa 1.000/1.500 caschi l’anno da 125 euro ciascuno), prodotte in serra. Ha messo a dimora 2.600 mq di serre con la coltivazione di piante di caffè nell’interfila tra i bananeti. “Abbiamo iniziato a piantare banane da quattro anni e da due anni stanno arrivando i primi raccolti. La richiesta anche per il caffè made in Italy è così alta che ho già prenotazioni per i prossimi anni quando le piante andranno a regime. Entro tre anni potrei anche pensare di investire in una torrefazione”. Le richieste di materiale vegetale si stanno moltiplicando esponenzialmente ed oggi, nella sola Sicilia, sono coltivate/testate 200 tipologie diverse di frutta esotica. "Uno dei punti critici - spiega Vittorio Farina, professore associato di Coltivazioni arboree all’Università di Palermo, nonché docente di frutticoltura tropicale e subtropicale - è la mancanza di materiale vegetale nei vivai. La vivaistica per queste colture non è

Anche McGarlet si tuffa nel business in Sicilia Ha già un partner ma ne cerca molti altri McGarlet gioca la partita della frutta esotica made in Italy ed investe in Sicilia, nella zona di Caronia (Messina) dove sta cercando di creare una rete di produttori locali. Obiettivo: sfruttare la finestra di mercato in cui non c’è prodotto ossia quella precedente e successiva alla stagione spagnola che inizia a settembre (con l’export derivante da circa 15 mila ettari di produzione, soprattutto di mango Osteen). Una finestra in cui peraltro, manca anche il prodotto proveniente da Sudamerica e Thailandia. Il progetto ‘tropici’ nella zona di Caronia è iniziato con la partnership, nata a luglio 2017, tra McGarlet e l’ex agrumicoltore Be

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Fruit Srl che, nella Sicilia nordorientale, ha deciso di riconvertire i suoi agrumeti, poco redditizi, alla coltivazione delle varietà esotiche piantando i primi 50 ettari con l’obiettivo di arrivare a 100 in cinque anni. "Il 70% delle superfici sarà dedicata al mango di varietà Glenn - spiega Giuseppe Lembo, agronomo di Be Fruit -, il 20% agli avocado e 10 ai litchi. Produrremo circa 750 tonnellate di mango per stagione". Sono circa 25 gli agrumicoltori della zona che stanno studiano l’esperienza di Be Fruit, e che potrebbero entrare nel progetto ‘Frutta esotica made in Italy’ di McGarlet. Stanno facendo test di campo sulle varietà esotiche an-

cora poco conosciute. Per questo Be Fruit ha realizzato un piccolo vivaio per fornire alle aziende interessate piante e consulenza in campo. "Il nostro vantaggio - precisa Lembo - è quello di potere offrire un prodotto raccolto al grado di maturazione giusta a differenza delle produzioni sudamericane che, dovendo affrontare 30 giorni di navigazione, devono essere raccolte quando hanno ancora un grado brix piuttosto basso. Stiamo sviluppando anche un sistema di packaging per la vendita online di frutti esotici made in Italy, raccolti e consegnati direttamente a consumatore europeo”. (m.l.)

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FRUTTA ESOTICA L’azienda agricola Collura conta su 40 ettari di colture tropicali biologiche tra Messina e Palermo. Sta gestendo un progetto da tre milioni di euro. Sotto, l’imprenditore Alfonso Collura

ancora abbastanza sviluppata e l’offerta è molto limitata rispetto alle richieste degli agricoltori. Per questo come Università di Palermo abbiamo messo in campo un progetto di espansione del settore vivaistico con la gestione delle piante madri. Puntiamo a creare dei campi di piante madri nelle zone vocate, come Milazzo e Palermo, dove prelevare il materiale di partenza con una attenzione anche alla propagazione dei portinnesti. Per la papaya, per esempio, il problema principale è che non abbiamo varietà selezionate e tutta la propagazione si fa da seme con conseguente aumento della variabilità del comportamento delle piante e del prodotto finale. Anche su questo stiamo lavorando in collaborazione con l’ICIA, il Centro di ricerca sulle tropicali di Tenerife, nelle Canarie". Alcune aziende, per contro, stanno iniziando ad organizzarsi da sole e, per sopperire al gap vivaistico, hanno iniziato a costituire Giugno 2019

Le prospettive della produzione tropicale italiana sono legate anche alle decisioni che prenderanno i grandi distributori in particolare la GDO nazionale. Il business oggi è pari a 12 milioni di euro

vivai aziendali. Come nel caso della Cairo Doutcher che ha già destinato 5 ettari di serre alla propagazione di materiale vegetale. Paradosso dei paradossi. Mentre le colture tradizionali italiane, come gli agrumi, patiscono i colpi della crisi globale e così spesso soccombono sotto i colpi della concorrenza, la strada dei frutti tropicali offre interessanti opportunità per l’export anche nelle stesse aree produttive originarie. “Dallo scorso ottobre - annuncia Andrea Passanisi, presidente di Sicilia Avocado - abbiamo iniziato ad esportare ad Hong Kong, inviando 5 pedane settimanali. I feedback sono ottimi anche perché abbiamo un canale horeca che ci permette di saltare tutta la filiera. Il fatto che un mercato già attento a questi prodotti, apprezzi il made in Italy, dimostra che non solo possiamo fare frutta esotica grazie al clima, ma che la possiamo fare anche meglio degli altri”. www.corriereortofrutticolo.it

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Emanuele Zanini Frutta esotica sempre più sugli scudi. Il comparto, secondo le principali imprese del settore, sta vivendo un buon momento, con un trend in aumento. Se banane e ananas difendono quantomeno le posizioni, per altri prodotti, dall'avocado al mango, che sono ormai una realtà del mercato, i risultati sono molto positivi e fanno ben sperare per tutto l'anno in corso. Un vero e proprio boom, poi, sta segnando il segmento della IV Gamma, con la frutta esotica ready-to-eat sempre più gettonata tra i consumatori. Per il Gruppo Orsero in tutto il Sud Europa il trend è in crescita. "Per il mercato italiano e spagno-

Le strategie del Gruppo Orsero, di Spreafico, Dole Italia e Chiquita lo il protagonista assoluto nel 2018 è stato l’avocado, mentre per quello francese, dove questa referenza ha da tempo già consolidato i volumi commercializzati, abbiamo registrato un’ottima performance del mango", fanno sapere dagli uffici liguri di Orsero. Nel 2018 il Gruppo ha commercializzato oltre 700 mila tonnellate di prodotti ortofrutticoli freschi, di cui oltre il 50% è stato frutta esotica, mentre il 2019 si prospetta come "un anno promettente in cui il progetto cardi-

ne è il fresh cut, con un piano, in gran parte già realizzato, che prevede non solo un nuovo packaging a marchio F.lli Orsero e un catalogo di referenze completo, ma soprattutto i nuovi stabilimenti, tra Veneto, Puglia e Sardegna, che affiancano la struttura di Firenze, attiva dal 2014, per un totale di 3.500 metri quadri di spazi lavorativi dedicati alla produzione di IV Gamma”. Nel 2018, secondo i dati GfK Consumer Panel YTD, si è registrato un forte incremento a volume delle referenze di mango (+9,2%) e tropical fruits (+ 9,9%) trainate principalmente da un aumento della ripetizione di acquisto (rispettivamente +15% e +16,8%). “Dal punto di vista delle superfici

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I grandi player sono soddisfatti E sempre più attenti alla qualità

Nel Metapontino si piantano mango, passion fruit e papaya. Produzione a regime in pochi anni "Abbiamo deciso di puntare sulla frutta esotica investendo una superficie significativa e nel farlo abbiamo pensato e sviluppato impianti innovativi che assicurano la protezione della pianta al fine di garantirne lo sviluppo negli areali del Metapontino. Ampio spazio è stato poi dato all’aspetto ecosostenibile dell’investimento: l’acqua è un bene preziosissimo e gli impianti di cui ci siamo dotati ci consentono di somministrarla in maniera razionale evitando sprechi". A dichiararlo è Rocco Zuccarella (nella foto), ceo della Zuccarella Fattorie Ortofrutticole, azienda selezionata dagli organizzatori e dai partner del IX International Symposium on Irrigation of Horticultural Crops, tre giorni dedicati alla divulgazione, al confronto, alle visite nelle aziende inte-

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ressate e allo studio delle tecniche innovative di irrigazione orientate al rispetto dell’ambiente e alla razionalizzazione. All’evento, organizzato dall’International Society for Horticultural Science (ISHS) e dal dipartimento DiCEM Università degli Studi Basilicata, erano presenti all’incirca 250 ricercatori universitari provenienti da diverse parti del mondo e aziende. A Pisticci la Fattorie Ortofrutticole - storica realtà produttrice

di fragole, drupacee, agrumi e ortaggi - ha deciso di ampliare l’offerta produttiva con mango, passion fruit e papaya. A luglio è partita una piccola produzione di passiflora che poi andrà a regime e sarà commercializzata con quantitativi significativi a partire da settembre. Poi la produzione sarà scalare e distribuita in diversi periodi dell’anno. Quanto al mango ci sarà invece da aspettare un paio di anni circa prima che le piante diano frutti a Pisticci, tuttavia l’azienda ha già avviato nel 2018 la commercializzazione dello stesso in collaborazione con produttori siciliani. A settembre invece ci saranno i trapianti di avocado che andrà in produzione in futuro. La produzione sarà sotto serra con sistemi innovativi di protezione della pianta.

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Produzione più sostenibile per le banane. Chiquita punta sul risparmio idrico

- spiega Cristina Bambini, responsabile marketing di Dole Italia - è interessante evidenziare la performance eccellente mostrata dai discount, con un aumento a volume del 52,2% del mango e del 31,2% dei Tropical Fruits. Non solo dunque di ananas (+23,1%) e banane (+11,3%). Si è verificata una crescita rilevante dei buyer. Ciò a conferma di quanto oramai alcuni frutti esotici, fino a qualche anno fa del tutto sconosciuti alla stragrande maggioranza dei consumatori o presenti sui punti vendita solo come nicchia di offerta in occasione delle festività, siano invece entrati nel quotidiano dell’alimentazione italiana”. Secondo Bambini all’inizio si è trattata di una vera e propria moda generata dal crescente interesse mostrato dai media e dai trendsetter. “Ma dalla prima curiosità si è passati ad una base consolidata di consumi (alimentata a sua volta dalla bontà, semplicità di consumo e versatilità in cucina di questi prodotti) che ha generato un ampliamento degli spazi di offerta e della profondità a scaffale da parte dei punti vendita, con alcune insegne che si sono spinte addirittura nel proporre isole promozionali fuori banco”. "Si tratta senz’altro di un bel passo avanti - commenta Bambini ma a mio avviso ciò che manca ancora sono informazioni più puntuali a supporto ed orientamento del cliente nella scelta del

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prodotto più adatto alle sue esigenze". Anche per Spreafico il 2018 è stato un buon anno per la frutta esotica. "Abbiamo visto nel mercato internazionale un aumento significativo dell'offerta di numerose referenze, con picchi di produzione che hanno inciso significativamente sui prezzi, abbassandoli in alcuni casi ai minimi storici, tra cui avocado Hass, mango Tommy e lime", afferma Claudio Scandella, category manager per l'esotico di Spreafico. ”Si è verificato un evidente cambiamento nel consumo di frutta esotica. Abbiamo un consumatore più consapevole ed esigente, che conosce sempre meglio il prodotto" osserva ancora Scandella. "Vediamo ad esempio, un aumento significativo delle vendite della nostra linea readyto-eat èSquisita e la linea di IV Gamma Vitamia, insieme ad un aumento delle vendite di prodotti che sono riconosciuti come pronti da mangiare, come il mango via aerea e l’avocado Hass”. Sul 2019 l'azienda lombarda si dice ottimista: "Puntiamo a rafforzare le nostre partnership commerciali con produttori e clienti e di impegnarci maggiormente con i consumatori. Riteniamo che la ricerca di alimenti sani, gustosi e facili da mangiare rimanga una tendenza e cerchiamo di adattarci a quello che i nostri clienti e consumatori stanno cercando”. Chiquita, dal canto suo, osserva

l'evoluzione negli anni della produzione di banane, con 5,6 milioni di ettari coltivati a banano nel mondo (3,6 milioni nel 1993, 4,6 nel 2000, fonte FAOSTAT). La resa media per ettaro è passata da circa 14 tonnellate nel 1993 a 20 tons nel 2017. “Questo anche grazie anche a una crescente consapevolezza dell’importanza di una dieta sana e equilibrata nei mercati occidentali, aspetto che ha contribuito all'aumento della domanda, insieme al consumo di banane, diventate sempre più popolari tra i consumatori europei e nordamericani”, sostiene Costabile Romano, direttore commerciale di Chiquita Italia. Per quanto riguarda più in generale il settore dell'esotico Romano ribadisce come non si tratti più di un settore di nicchia. "Nel giro di 10 anni il mercato è praticamente raddoppiato grazie a molteplici fattori: sono cambiate le abitudini dei consumatori, sempre più attenti, preparati ed esigenti, ma anche sempre più multietnici. Il consumo non è più occasionale. In generale comunque, uno stile di vita sano e un’alimentazione genuina rappresentano oggi la principale preoccupazione dei consumatori, che di conseguenza considerano il reparto fresco come il fattore dominante nella scelta del punto vendita; in questo contesto il comparto frutta e verdura è destinato a crescere”. Sulle banane il manager di Chiquita osserva come “siano entrate di fatto nelle comuni abitudini di consumo alimentare, al punto da non essere più considerate propriamente un frutto esotico. Si tratta del frutto più riconoscibile della terra e il più popolare al mondo, tanto che ogni anno infatti ne vengono consumate a livello globale 100 miliardi. L’Italia è una piazza particolarmente attenta alla qualità. Il nostro obiettivo è quello di supportare e affiancare i nostri partner offrendo loro soluzioni che li aiutino a garantire prodotti di qualità, sempre, attraverso un presidio diretto nel punto vendita". Giugno 2019


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