Corriere ortofrutticolo 09 2017 web

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MENSILE DI

ECONOMIA

E AT T U A L I T À

DI

SETTORE

corriereortofrutticolo THE FIRST ITALIAN MONTHLY ON FRUIT AND VEGETABLE MARKET | ANNO XXXI Nuova serie Settembre 2017 Euro 6,00

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PROTAGONISTI CLAUDIO COLI Dal bio alla nuova frontiera bio-veg PAG.21 PIANETA ASIA • PAG. 17 CRESCITA SENZA LIMITI Asia Fruit Logistica ha confermato un impressionante trend di mercato

BIOLOGICO • PAG. 25 UN’ITALIA DA RECORD Le aziende che producono bio hanno superato le 72 mila unità. Primato mondiale nell’export

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GEMMA EDITCO SRL - VIA FIORDILIGI, 6 - 37125 VERONA - I - TEL. 0458352317 /e-mail:redazione@corriereortofrutticolo.it / Poste Italiane Spa Sped. abb. post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/04 n.46) Art. 1, comma 1, DCB VR


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L’ortofrutta farà coccodé? Al capezzale dell’ortofrutta si affollano tanti medici, alcuni anonimi, altri illustri. Fra questi ultimi c’è Oscar Farinetti, reso celebre dal successo planetario di Eataly e dalle sue capacità affabulatorie. Sua la massima sulla gallina che facendo coccodè promuove e fa scegliere le sue uova a scapito di quelle di altri pennuti. Mah, sarà anche un genio, il nostro Oscar, a me sembra soprattutto un grande mercante, amico della gente che piace, amico dell’ex premier Renzi, bravissimo a vendersi e a vendere i suoi prodotti, valorizzandoli al massimo. Certo, in una Italia che non sa ‘raccontare’ la propria ortofrutta, ben venga Farinetti. Siamo tutti curiosi di sentire la sua ricetta, confidando in un coup de theatre che, visto il personaggio, tutti ci aspettiamo. Comunque in questo settembre ISMEA (finalmente una fonte ufficiale!) ci porta una buona notizia. Dopo cinque anni di segno negativo nel primo semestre 2017 i consumi alimentari degli italiani hanno invertito la rotta. La spesa per l’acquisto di beni alimentari è cresciuta del 2,5%, sostenuta sia dai prodotti confezionati (+3,2%), sia dai freschi (+1,1%). Tra i freschi riparte la spesa per la frutta fresca (+5,8%) e gli ortaggi freschi (+5,5%), mettendo così fine a un lunghissimo trend negativo. Il fatto che ripartano i consumi è condizione necessaria ma non sufficiente perché riparta il settore, uscito afflitto e bastonato da un’estate di prezzi bassi, con il comparto pesche/nettarine ormai con l’acqua alla gola nonostante il caldo torrido. Si spera nella campagna d’autunno, in mele, pere e kiwi. Il tema, come sempre, è il valore del prodotto, umiliato da quotazioni miserabili all’origine da cui però il consumatore non trae beneficio, perché i prezzi che paga sono più o meno sempre gli stessi, quasi sempre ritoccati al rialzo. Coldiretti ancora una volta denuncia che “i prezzi della frutta aumentano di 3-4 volte dal campo alla tavola con i centesimi pagati agli agricoltori che diventano euro per i consumatori”. La colpa di chi è? Delle “pratiche commerciali sleali lungo la filiera”. Quindi occorre “estendere al più presto l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza della frutta trasformata in conserve e succhi… e aumentare i controlli sull’ortofrutta fresca di importazione, spesso etichettata e venduta per nazionale”. La denuncia delle “pratiche sleali” ci sembra troppo generica. Evoca il solito spettro polemico della filiera lunga, con tanti intermediari che speculano, ricaricando il prezzo dei prodotti. Ma qui ormai la filiera è quasi sempre corta, perché i produttori vanno direttamente sul mercato attraverso coop o Op o in altre forme (aste, mer-

✍ Lorenzo Frassoldati

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cati generali…). Poi sull’etichetta di origine benissimo mettere il bollino su tutto, l’Italia lo sta già facendo per pasta, riso, pomodoro e suoi derivati, latte/formaggi, premendo così su Bruxelles per superare l’ostilità dei Paesi del Nord. Ripeto: benissimo questa azione di pressing. Però come non ricordare che per frutta/verdura fresche l’obbligo di etichetta esiste già e non ha messo certo il settore al riparo dalle crisi di mercato che, in particolare per l’estivo, si ripetono con drammatica puntualità. Alziamo per un attimo lo sguardo oltre i nostri confini. La crisi dei consumi non riguarda solo l’Italia. Anche i francesi mangiano sempre meno frutta e verdura e solo uno su quattro segue la raccomandazione di mangiarne cinque porzioni al giorno, come consigliato dai nutrizionisti. Oggi, le generazioni francesi più giovani consumano quattro volte meno frutta e verdura rispetto ai loro nonni. E anche in Francia sono finiti sotto accusa i margini della GDO su frutta e verdura (nel caso del bio più cari quasi dell’80% rispetto ai prodotto convenzionali). Come dire, tutto il mondo è paese. In Francia hanno convocato gli Stati generali dell’alimentazione per mettere ciascuno di fronte alle proprie responsabilità. In Italia attendiamo la convocazione del tavolo dell’ortofrutta al ministero per capire dove vogliamo andare. Era annunciato per settembre. Finora mi sembra solo un annuncio. Non dubitiamo comunque che si partirà. Sarà interessante capire se al tavolo siederà anche la GDO: sarebbe una bella occasione per un dibattito franco e aperto tra mondo produttivo e i suoi principali clienti senza stucchevoli convenevoli, mettendo sul tavolo i problemi veri. A Firenze, ai Georgofili, per iniziativa di UNAPROA, si è ancora parlato di Strategia nazionale per il settore ortofrutticolo. Al momento non sappiamo dove sia, sarà scritta in documenti ministeriali. Tante belle intenzioni. Il problema è attuarla. L’aggregazione non basta. E’ vero che se fossimo più aggregati prenderemmo più contributi dall’Europa (UNAPROA calcola almeno 250 milioni/anno, quasi tutti al Sud) ma il tema è: aldilà dei soldi, aggregarsi per fare cosa? per andare dove? Per rendere più competitivo il sistema, segue a pag. 7

EDITORIALE

CORRIERE ORTOFRUTTICOLO

PUNTASPILLI

COCCOBELLO/2 Nell’ultimo Puntaspilli avevamo ironizzato sugli abusivi che vendono cocco e ananas in spiaggia a 5 euro al pezzo. Adesso leggo che a fine agosto oltre 500 chili di cocco, e altra frutta pronta per la vendita in spiaggia sono stati sequestrati dalla polizia municipale di Ravenna e Cervia. Il Corriere Ortofrutticolo ringrazia. *

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Il Pepero one Dolcce Italiano o

PIÙ PI Ù

VA ALORRE NEL PDV FEDELTÀ PROMOZIONI


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ANNO XXXI Nuova serie Settembre 2017

9 GEMMA EDITCO SRL - VIA FIORDILIGI, 6 - 37125 VERONA - I - TEL. 0458352317 /e-mail:redazione@corriereortofrutticolo.it / Poste Italiane Spa Sped. abb. post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/04 n.46) Art. 1, comma 1, DCB VR

Direttore responsabile: Lorenzo Frassoldati Redazione: Emanuele Zanini Hanno collaborato: Chiara Brandi, Duccio Caccioni, Mariangela Latella Sede operativa via Fiordiligi, 6 37135 Verona Tel. 045.8352317-Fax 045.8307646 e-mail: redazione@corriereortofrutticolo.it Editore Gemma Editco Srl Coordinatore editoriale Antonio Felice Comitato di indirizzo Lucio Bussi, Antonio Felice, Lorenzo Frassoldati, Corrado Giacomini, Claudio Scalise (coordinatore), Luciano Trentini Sede legale e amministrativa: via Fiordiligi, 6 37135 Verona E-mail: redazione@corriereortofrutticolo.it P.IVA 01963490238 Fotocomposizione e stampa: Eurostampa Srl - via Einstein, 9/C 37100 Verona Autorizzazione Tribunale di Verona n. 176 del 12-1-1965 Spedizione in abb. postale comma 26, art. 2, legge 549/95 La rivista viene distribuita in abbonamento postale c/c n. 11905379 Abbonamento annuo: 70 euro per due anni: 100 euro abbonamenti@corriereortofrutticolo.it Chiusura in redazione il 29.09.2017

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Profilo: Corriere Ortofrutticolo si è affer-

mato come rivista “di filiera” del settore ortofrutticolo italiano. La rivista collega chi produce, chi commercializza e chi vende al pubblico, oltre ai settori connessi (dai macchinari ai trasporti). La diffusione è capillare in Italia, dove si è allargata alla grande distribuzione alimentare e al dettaglio.

Diffusione: 6.000 copie. Ripartizione del mailing: Dettaglianti 23%, Produttori 22%, Grossisti 19%, Distributori 12%, Import-export 6,5%, Servizi 5%, Tecnologie e Trasformati 2,5%, Altri 10% Settembre 2017

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Asia Fruit Logistica conferma la crescita del continente

RUBRICHE

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Integrazione commerciale tra Melinda e la Trentina

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EDITORIALE L’ortofrutta farà coccodè?

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Al VI.P nuovo organigramma

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BOTTA&RISPOSTA

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NOTIZIARIO

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Maxi operazione nel pomodoro Casalasco acquista De Rica

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DISTRIBUZIONE Analisi di Altroconsumo Lidl ed Eurospin i più convenienti I prodotti firmati in Esselunga 45 Congiuntura Vendite nella GDO in crescita il Centro batte Nord e Sud

Crescono gli investimenti di Zespri in Europa

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ESTERO 45

ATTUALITÀ Primo Piano - Pianeta Asia Crescita senza limiti

Annata scarica per i kiwi: produzione sotto le 400 mila tons 41

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Incontro-scontro tra colossi per la partita dell’e-commerce

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SCHEDE PRODOTTO

Primo Piano - Pianeta Asia Accordo di Origine Group con Del Curto per commercializzare kiwi 12 mesi all’anno 18 Primo Piano - Pianeta Asia Unitec global player. Da tutto il mondo in Cina grazie alle sue tecnologie

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Copertina - Protagonisti CLAUDIO COLI Il pioniere che si rinnova

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Biologico. Un’Italia da primato

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The Rome Table: interesse alle produzioni tipiche del Sud

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Semestre d’oro per i consumi Frutta a +5,8%, ortaggi a +5,5

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PERA

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UVA DA TAVOLA

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Claudio Scalise*

Un piccolo pensiero di fine estate. Quasi lapidario. Il biologico ha registrato l’ennesimo exploit di vendite. La IV gamma ha registrato un primo semestre molto positivo; succhi, zuppe e piatti pronti freschi continuano a registrare incrementi significativi. I prodotti premium e le specialità territoriali del settore, comprese le tanto bistrattate IGP E DOP, trovano nuove opportunità di crescita sul mercato. La frutta secca e i prodotti esotici continuano a crescere a due cifre. Legumi e semi registrano performance di tutto rispetto sui banchi di vendita. Si sperimentano nuovi prodotti: burger e spaghetti vegetali. La rivoluzione vegetale avanza. C’è un mondo di produttori che la interpreta e che va avanti con il vento in poppa. Contemporaneamente, nonostante abbiamo avuto una delle estati più calde e lunghe degli ultimi decenni, le pesche e nettarine sono in crisi, i prezzi alla produzione assolutaEDITORIALE segue da pag. 3

mente indecenti e assolutamente lontani dal coprire i costi di produzione. Da un lato parliamo di rivoluzione vegetale, dall’altro ricorriamo ai “ritiri” per cercare di tamponare la crisi del mercato delle pesche. Cosa sta succedendo? Quello che emerge in modo chiaro è che ormai si è consolidata la frattura tra le diverse tipologie di offerta. Ciò che appare evidente è che non si possono accostare prodotti e mercati che ormai sono troppo distanti. Solo così possiamo spiegarci come i consumi dei prodotti a valore aggiunto crescano, nonostante il prezzo di vendita sia decisamente più alto dei prodotti convenzionali, e questi ultimi non riescano ad essere collocati sul mercato. Sta accadendo ciò che da tempo tutti gli operatori politico-istituzionali, i tecnici, gli operatori economici hanno prefigurato per dare un futuro al sistema ortofrutticolo italiano: bisogna sviluppare la qualità, uscire dalla logica della commodity, dare valore aggiunto alle produzioni per poter competere. Oggi è arrivato il tempo in cui il consumatore sta premiando quei prodotti ai quali riconosce questo valore aggiunto, mentre dimostra di non essere interessato ad acquistare prodotti in cui non trova motivazioni utili al proprio stile di vita. Non sarebbe il caso di cominciare a guardare con questa logica ai prodotti maturi come pesche e nettarine (e non solo), ovvero motivare il consumo dei prodotti, costruire soluzioni per farli entrare nei segmenti / mercati in linea

per fare innovazione, per uscire finalmente (e davvero) dalla logica della commodity: questa sarebbe una buona volta l’aggregazione giusta. Non prendi i soldi e scappa, ma “prendi i soldi e diventa più competitivo”. Serviranno le ricette innovative di Farinetti per rilanciare la nostra ortofrutta ma su questo numero il nostro Scalise la mette giù (a pag. 7) con grande

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con le esigenze del consumatore? Forse potremmo pensare di salvare ancora una parte della produzione delle drupacee, anziché assistere passivamente all’agonia del settore. * SG Marketing

RISPOSTA

LA RIVOLUZIONE VEGETALE INDICA UNA STRADA PER LE DRUPACEE

PROGRAMMARE LA PRODUZIONE NON BASTA, SERVE INNOVAZIONE Corrado Giacomini*

A distanza di pochi giorni ho letto gli editoriali di Sansavini su Terra e Vita e di Scalise sul Corriere Ortofrutticolo, che propongono ambedue una riflessione sulla crisi di pesche e nettarine. Su questa crisi, che si ripete da anni, salvo che la natura non provveda da sola a regolare l’offerta, si sono lette le solite cose, per fortuna questa volta c’era la novità delle sanzioni della Russia che ha permesso di trovare qualche altro responsabile. Ma torniamo ai due editoriali. Il prof. Sansavini non ha bisogno di presentazioni, ma devo dire la verità che ho letto le solite cose, quelle che avrei scritto anch’io, che imputo sempre alla mancanza di organizzazione e programmazione dell’offerta molte delle crisi

semplicità e chiarezza: c’è in corso una rivoluzione vegetale, il bio corre, la IV gamma tira, crescono frutta secca ed esotico, avanzano nuovi prodotti veg, ad essere in crisi sono i prodotti commodity. Quindi? Non solo serve più qualità, primo requisito, ma la qualità va declinata e messa in linea con i nuovi stili di vita, con il sentiment e le attese dei consumatori. Senza una svolta ‘di sistema’ non andiamo da nessuna parte.

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di mercato che colpiscono la nostra ortofrutta. Lasciamo da parte, le solite denuncie delle organizzazioni professionali agricole che individuano nella cattiva GDO e nelle importazioni senza controllo le cause dei vili prezzi pagati ai nostri agricoltori. Denunciare l’enorme scarto tra i prezzi pagati alla produzione e quelli al punto vendita può certamente 'épater les bourgeois’ (piacere ai benpensanti) come direbbero i francesi, ma in realtà è un confronto poco serio se non è sostenuto da una corretta documentazione tra prezzi e costi lungo la filiera come fanno, appunto, i francesi nel periodico rapporto al Parlamento dell’Observatoire de la Formation des Prix et des Marges des Produits Alimentaires. Non dimentichiamo, inoltre, che siamo sul mercato, per di più aperto tra i Paesi della UE, per cui i prezzi non sono imposti, ma si formano su di esso. Mi convince di più il “piccolo pensiero” di Scalise che si sofferma sull’evoluzione dei modelli di consumo alimentare dove la qualità, la salubrità, il servizio vincono persino sui prezzi e sul livello di reddito del consumatore, per cui nella rivoluzione vegetale in atto

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vincono coloro che hanno saputo cogliere queste sensibilità. Scalise sostiene che si è creata una vera frattura tra le diverse tipologie di offerta: da una parte quella orientata a rispondere a queste tendenze della domanda, dall’altra quella che, una volta, si definitiva product oriented, vale a dire rivolta ad attribuire alla fase della produzione, alla sua fatica, tutto il valore del bene, pretendendo che questo venga riconosciuto dal mercato. Non è così, perché se le pesche o le nettarine offerte al punto vendita sono dure come il marmo e non si distinguono per qualche innovazione, sono poco attraenti per il consumatore. Interessante è l’osservazione di Sansavini sulla penetrazione delle pesche spagnole di qualità e, in particole, di quelle piatte. Credo che valga la pena di leggere il capitolo sui consumi alimentari dell’ultimo Rapporto COOP dal titolo “Cambia la tavola degli italiani”. Proprio nell’introduzione si sottolinea la centralità che nell’alimentazione ha assunto il consumo di frutta e verdura. Inoltre, secondo alcune indagini qualitative si sono diffuse nuove modalità di consumo: la frutta è passata, ad esempio, da dessert di fine pasto a

ingrediente ideale per lo spuntino di metà mattina o la merenda del pomeriggio, mentre la verdura è diventata, in molti casi, un piatto unico per pranzo o cena in luogo di semplice contorno. Sempre in base ai dati del Rapporto, nel primo semestre del 2017 sarebbe continuata la ripresa dei consumi alimentari con vendite che hanno segnato un incremento del 8,5% per la frutta fresca, del 10,4% per la frutta secca, del 8,0% per la verdura, con un recupero sui prezzi del fresco ortofrutticolo rispetto al semestre precedente del 10,4%. Non sono certamente questi dati che possono confortare i produttori di pesche e nettarine, ma fanno riflettere, perché mettono in evidenza un tendenziale (molto??) positivo della domanda di ortofrutta che merita di essere affrontato, senza dubbio attraverso una migliore programmazione della produzione, ma anche con innovazioni di prodotto, forse proprio quelle indicate nell’editoriale di Scalise, che possono cogliere i nuovi modelli di consumo. Molto significativo è il titolo di una slide del Rapporto: “Bio, integrale, pronto e di lusso: Ecco il cibo che piace agli italiani”. *economista agrario

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Primo semestre: volumi dell’export in calo ma cresce il valore Nel primo semestre 2017, secondo l’elaborazione di Fruitimprese su dati ISTAT, risultano in calo i volumi di ortofrutta esportati dall'Italia (-6,8%) ma cresce il loro valore (3,1% ). Il saldo positivo è di circa 357 milioni di euro (8,2% rispetto allo stesso periodo del 2016). Fra le principali variazioni positive: la frutta fresca (+6,6%), legumi e ortaggi (+4,3%). In calo agrumi (-15%) e frutta secca (-8%). Sul fronte import si registra una crescita sia in volume (9,1%) che in valore (5,5%). In forte crescita in valore l’import di agrumi (+43,2%); mentre legumi e ortaggi, frutta secca e frutta tropicale registrano una variazione positiva attorno al 10%. Tra i singoli comparti dell’import incremento in volume per gli agrumi (62,8%), la frutta fresca (12,8%), la frutta secca (6,6%) e la frutta tropicale (9,5%); segno negativo per ortaggi (-3,3%). In termini assoluti nei primi sei mesi dell’anno l’Italia ha esportato circa 2 milioni di tonnellate di prodotti per un valore di 2,3 miliardi di euro. Per quanto riguarda le importazioni l’Italia ha importato circa 2 milioni di tonnellate di prodotti per un valore di 1,9 miliardi di euro. Giacomo Suglia, vicepresidente di Fruitimprese, commenta: “I numeri del primo semestre del-

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l’anno in corso confermano la grande professionalità del sistema ortofrutta Italia e delle sue imprese. Pur avendo ridotto le quantità esportate di 141.000 tonnellate abbiamo aumentato il valore di 70 milioni di euro. Le imprese produttive e commerciali del comparto - nonostante le difficoltà legate all’embargo russo e alla turbolenza di molti mercati come quelli del Nord Africa - dimostrano ancora una volta il loro dinamismo nella sfida della globalizzazione. Siamo convinti che ci sia un grande spazio di crescita per la nostra ortofrutta sui mercati mondiali. Siamo pronti a cogliere tutte le opportunità grazie alla qualità dei nostri prodotti. Serve il supporto indispensabile del governo nell’apertura di nuove relazioni internazionali e nel superamento delle barriere doganali che ancora ostacolano il nostro export su molti importanti mercati”.

Orsero: passa in assemblea l’operazione HFL con gli spagnoli Aumento di capitale e nuovi ingressi nel CdA di Orsero SpA. A deciderlo è stata l’assemblea degli azionisti di settembre, che ha approvato l’aumento di capitale per rendere operativa l’espansione del gruppo in Spagna: è stato così deliberato l’incremento 'a pagamento riservato a Grupo Fernández Sa' per un totale di 13 milioni di euro con l’emissione di un mi-

lione di nuove azioni ordinarie ad un prezzo unitario di 13 euro, da ‘liberarsi' entro il 30 settembre mediante il conferimento di 2.948 azioni ordinarie di Hermanos Fernández López Sa, pari al 32,21% del capitale sociale, detenute da Grupo Fernández. Nello stesso incontro è stato deciso l’aumento del numero di membri del consiglio di amministrazione, che passano da 7 a 9: le new entry sono Carlos Fernandez Ruiz e Alessandro Piccardo. Con queste delibere si sono verificate le condizioni per l’esecuzione dell’accordo sottoscritto tra Orsero, Grupo Fernández e il socio di controllo di quest’ultima, Luis Fernández López, per l’acquisizione da parte di Orsero del 50% del capitale sociale di HFL, società leader nella distribuzione di frutta e verdura fresca in Spagna, detenuta da Grupo Fernández, da realizzarsi attraverso l’aumento riservato e l’acquisto da parte della controllata GF Distribuzione Srl del 15,79% del capitale sociale di HFL Il restante 50%. è ad oggi già detenuto da GF Distribuzione Srl. A seguito della sottoscrizione dell’aumento riservato, Grupo Fernández detiene una partecipazione del 5,66% del capitale sociale di Orsero, soggetta a vincolo ai sensi dell’accordo quadro; il capitale sociale di Orsero ammonta a 69,1 milioni di euro e viene rappresentato da 17.682.500 azioni ordinarie. L’acquisto del 50% del capitale sociale di HFL costituisce il passaggio conclusivo della più ampia operazione di piena integrazione

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delle joint venture del gruppo iniziata con l’acquisizione delle partecipazioni detenute dai partner locali in Fruttital Firenze SpA e Galandi SpA. Orsero in un anno importa e commercializza oltre 550mila tonnellate di prodotto ortofrutticolo fresco in tutto il Sud Europa, con un fatturato consolidato superiore a 680 milioni di euro. Le azioni ordinarie dal 13 febbraio sono negoziate su AIM, Mercato Alternativo di Borsa Italiana. Nel primo semestre i ricavi hanno raggiunto i 473,44 milioni di euro, segnando un +40,3% rispetto allo stesso periodo del 2016.

Mercato di Torino: Marco Lazzarino eletto nuovo presidente Nuovo consiglio di amministrazione del CAAT, il Centro Agro Alimentare di Torino. Le nomine sono avvenute nell’assemblea dei soci di inizio settembre. Marco Lazzarino è stato eletto presidente in rappresentanza della Città di Torino, socia al 92,96%. I consiglieri sono Patrizia Ferrarini (Città di Torino), Roberta Baima Poma (Confesercenti), Paolo Odetti (Camera di Commercio di Torino) ed Edoardo Ramondo (APGO - Associazione Piemontese Grossisti Ortofrutticoli). Massimo Busi è stato confermato direttore generale. Il nuovo collegio sindacale è formato dal presidente Roberto Bianco e dai sindaci Marco Giuseppe Bigoni e Gabriella Nardelli.

Andrea Sardelli presidente di Veronamercato, grossisti esclusi Cambio al vertice di Veronamercato. Nell’assemblea del 30 agosto sono stati ufficializzati i nomi

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del nuovo consiglio di amministrazione. Il nuovo presidente di Veronamercato è Andrea Sardelli (nella foto), già consigliere comunale e provinciale a Verona. Il suo vice sarà Diego Begalli, altra figura politica veronese. Queste due nomine sono espressione del Comune di Verona, che detiene il 75% delle quote della società di gestione del Centro agroalimentare veronese, e che ha inserito nel CdA anche Elisabetta Molon. A completare il direttivo il presidente uscente di Veronamercato Gianni Dalla Bernardina, su indicazione della Camera di Commercio, e Adele Biondani, presidente di Banco Alimentare Veneto. I consiglieri passano quindi da nove a cinque, seguendo le indicazioni della riforma Madia. I grossisti hanno chiesto di avere un proprio rappresentante in consiglio, come nelle passate gestioni. Cambio della guardia il 22 set-

Luca Brusadelli presidente dei grossisti di Padova tembre nel segno del rinnovamento al vertice del Gruppo Grossisti del Mercato di Padova. Luca Brusadelli (nella foto) è il nuovo presidente. Brusadelli succede a Giancarlo Daniele, presidente storico dei grossisti, che lascia la guida del gruppo dopo quasi 30 anni. Brusadelli, 36 anni, è stato eletto all’unanimità dai 9 consiglieri del Gruppo. Figlio d’arte, è titolare con il padre Luciano della storica Ditta Gabrieli, fondata dal nonno Livio, specia-

lizzata nella commercializzazione di patate e cipolle. Il neo presidente dei grossisti padovani siede nel consiglio di amministrazione del MAAP da oltre tre anni. Laureato in ingegneria informatica, con il piglio asciutto e diretto che lo caratterizza, Brusadelli ha subito dichiarato che il suo stile di guida dei grossisti sarà basato sul confronto e la condivisione delle scelte con i colleghi, in primis con il neo vice presidente Angelo Savio, 45 anni, anche lui grossista figlio d’arte, conduttore con il fratello gemello della ditta Savio. "Accetto onorato questa sfida che mi vedrà guidare i grossisti del Mercato di Padova, consapevole della mia giovane età, ma anche della voglia di dare slancio, forza e rinnovamento, con l’aiuto e il supporto dei colleghi consiglieri e del direttore del Gruppo, Alberto Filippino, al comparto e ad un Mercato che oggi é leader nazionale nell'export, ma ha certamente ancora margini di crescita se sapremo analizzare bene il settore ed investire, di conseguenza, in risorse umane ed infrastrutture”, ha dichiarato Brusadelli dopo la nomina. Con lui e Angelo Savio sono stati eletti consiglieri Roberto Andreella (SAP), Roberto Boscolo (GBR Ortofrutticola), Flavio Campagnaro (NEW SOM), il presidente uscente Giancarlo Daniele (F.lli Daniele), Andrea Michelon (L’Ortofrutticola Scuderi), Modestino Russo (Saia & Russo), Francesco Timperi (Gamma Frutta). Il Gruppo Grossisti, grazie a un’operazione della presidenza Daniele, è socio 'di peso' del Mercato Agroalimentare di Padova con il 48,5% delle quote. Settembre 2017


Gullino sempre più biologico con il progetto Mela Qui Ancora più biologico nel presente e nel futuro della Gullino Import Export Srl di Saluzzo, gestita dai fratelli Giovanni e Carola Gullino. Dopo aver lavorato per anni sul kiwi biologico - dalle colline del Piemonte e dal Lazio esportato dalla Gullino in tutto il mondo -, l’azienda piemontese ha lanciato il progetto ‘Mela Qui’ e si prepara a distribuire, soprattutto sul territorio nazionale, mele biologiche e a residuo zero di origine Piemonte. Il battesimo del nuovo marchio sta per avvenire in alcune catene della GDO. Inoltre, Gullino ha in programma di ampliare ulteriormente la gamma bio, includendo pesche, susine e a breve anche mirtilli. "Il nostro obiettivo – afferma Carola Gullino – è quello di aumentare la percentuale di prodotto biologico per ogni coltura". In generale, la campagna di produzione delle mele in Italia e in Europa vede una forte riduzione dei quantitativi a causa delle gelate della scorsa primavera. In Piemonte il calo è contenuto tra il 15 e il 20%. Il progetto Mela Qui aggrega alla Gullino altri produttori piemontesi perché nasce dall’idea di valorizzare un intero territorio particolarmente vocato alla colti-

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vazione della mela. "Stiamo mettendo impegno ed energia in questo progetto – afferma Carola Gullino – e faremo tutto il possibile per diffondere Mela Qui sul territorio e in GDO. E’ un prodotto di elevata salubrità, particolarmente adatto ai bambini".

In Val Venosta mele VIP bio raccolte sotto la luna piena Ha avuto un avvio singolare la raccolta delle mele biologiche della varietà Gala in Val Venosta. Nel frutteto di Christian Pohl – non solo uno dei 130 coltivatori bio di VI.P Val Venosta ma innanzitutto uno dei più originali sostenitori e pionieri di un’agricoltura naturale nella vallata e in tutto l’Alto Adige – la raccolta delle Gala bio quest’anno è avvenuta nella notte di luna piena tra il 6 e il 7 settembre. Un evento non nuovo, perché il coltivatore Christian Pohl crede da sempre all’influsso della luna sulla qualità del raccolto e ha anche altre abitudini colturali straordinarie come quella di far ascoltare a queste sue mele, a partire dalla fioritura, buona musica attraverso appositi altoparlanti nel frutteto. VI.P ha deciso, per la prima volta, di sottolineare la singolarità dell’evento, decidendo di organizzare una distribuzione e una vendi-

ta ad hoc di queste mele, a titolo sperimentale e in un comprensorio circoscritto. Martedì 19 settembre le mele raccolte nella notte del 6 settembre sotto i raggi della luna sono state esposte in quattro punti vendita dell’insegna Pur Südtirol (a Bolzano, Merano, Brunico e Lana). Nello stesso tempo VI.P ha voluto esserci nella notte del 6, con il suo reparto marketing, insieme anche ad alcuni rappresentanti della cooperativa MIVOR della quale Christian Pohl è socio, per partecipare alla raccolta e festeggiare, a fine raccolta, con la famiglia Pohl e un ristretto numero di ospiti. Sulla raccolta sotto la luna piena Christian Pohl dice semplicemente: “La luna trasmette la sua forza alla terra e dalla terra questa forza è trasmessa ai frutti. Con il plenilunio questa forza è al suo massimo ed è l’ideale per raccogliere mele succose e ricche di sostanze”. Non sono pochi gli studiosi che, in sintonia con antiche usanze e tradizioni contadine, attribuiscono alle fasi lunari un influsso sulla circolazione delle linfe (dal terreno al frutto) e sul fotoperiodismo (che è la durata del

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Filiera sinergica proposta da Bayer V. Seeds Creare valore per tutta la filiera grazie a importanti e innovative collaborazioni. Questo il motto della divisione Vegetable Seeds di Bayer, specializzata nella ricerca e commercializzazione di sementi da orto con il marchio Nunhems con una forte presenza in tutti gli angoli del mondo: produzione di sementi in 23 Paesi, 1200 varietà in 24 colture vegetali diverse, 2100 dipendenti in 45 Paesi e un fatturato in crescita anche nel 2016. Un evento di successo reso possibile grazie alla giornata di confronto e scambio di idee tra gli attori della filiera ortofrutticola, i produttori e le più importanti insegne della grande distribuzione organizzata che lo scorso 6 settembre a Roma si sono confrontati con l’azienda sul futuro del settore ortofrutticolo nel Business Event for Experts: Vegetable Seeds di Bayer ha dato il benvenuto a oltre 150 ospiti rappresentanti delle più importanti aziende del settore ortofrutticolo Italiano assieme ad un gruppo di dirigenti di altissimo livello della GDO. Questa iniziativa fa parte di una visione aziendale che ha l’obiettivo di trasformare il rapporto tra cliente e fornitore in una vera e propria partnership; azioni e progetti concreti che contribuiscono allo sviluppo e al business dei propri clienti, come spiega Stefano Carducci, country sales manager Italy di Bayer per la divisione Vegetable Seeds È stata un’occasione importante di confronto tra i massimi esperti del settore sulla nuove opportunità di business che una filiera dell’ortofrutta sinergica, collaborativa e innovativa può cogliere. Per arrivare all'obiettivo comune – creare valore per tutti i player della filiera - è infatti necessaria una visione di insieme che parte dal seme e arriva allo scaffale del supermercato: "Ogni passaggio della filiera conperiodo di illuminazione giornaliera che aumenta con il chiaro di luna). Usanze e tradizioni tornate di attualità con la nuova agricoltura che recupera un rapporto armonico con la natura per il bene di tutti.

Selvaggi presidente del Consorzio Arancia Rossa di Sicilia Il consiglio di amministrazione del Consorzio di Tutela Arancia Rossa di Sicilia IGP il 7 settembre Settembre 2017

tribuisce alla qualità del prodotto, ecco perché la collaborazione è la strada del successo" ha detto Carin Stroeken, produce chain manager di Vegetable Seeds, nell'illustrare alcuni casi di successo in cui l'azienda ha sviluppato nuovi prodotti: il pomodoro Intense, i cetrioli snack Minigustos, le carote snack multicolori, la lattuga tre colori, il melone cantalupo Sweet Spark. Esempi di progetti di filiera che Bayer intende rafforzare in Italia coinvolgendo tutti i suoi attori. Un valore, la collaborazione, ampiamente riconosciuto anche dagli operatori della gdo intervenuti alla tavola rotonda “Come evolve la distribuzione nel nuovo mercato ortofrutticolo”, condotta da Roberto Della Casa, managing director di Agroter e a cui hanno partecipato Giuseppe Capaldo, responsabile della filiera ortofrutta di Coop Consorzio Nord Ovest – Coop Italia, Michele Capoccia, responsabile ortofrutta di Cedof-PAC 2000A Conad, Giampiero Gasparro responsabile vendite e acquisti Nordiconad – Conad) e Maurizio Nasato caposettore acquisti ortofrutta – PAM Panorama. Gli operatori hanno spiegato quali sono le caratteristiche più importanti che la gdo chiede ai fornitori: rispetto dei tempi di consegna e rapida decisionalità sono fattori imprescindibili ma ciò che fa la differenza è la specializzazione in alcune referenze cercando alti livelli di qualità e innovazione. La mission di Bayer è proprio quella di rispondere a questa richiesta: le attività di ricerca e sviluppo per alcune varietà richiedono diversi anni, per questo motivo diventa fondamentale conoscere gli scenari globali del consumo di ortofrutta e i futuri cambiamenti attraverso la stretta collaborazione con i distributori.

ha eletto fra i suoi componenti il nuovo presidente. Si tratta di Giovanni Selvaggi, imprenditore agricolo specializzato nel campo agrumicolo e olivicolo. Classe ’77, sposato e padre di una bimba, proviene da una famiglia di noti professionisti nel campo medico e giuridico e ha iniziato da giovanissimo l’attività di imprenditore agricolo nel territorio di Vizzini e Francofonte, rispettivamente in provincia di Catania e Siracusa. "Ringrazio il consiglio per la fiducia accordatami, lavorerò da subito per la tutela e lo sviluppo dell’arancia rossa, punta di diamante di un comparto di primaria impor-

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tanza per l’agricoltura siciliana", ha dichiarato il neo presidente. Il nuovo consiglio ha individuato in Elena Eloisa Albertini, agronoma e produttrice agrumicola e in Luca Bonomo, noto imprenditore agricolo, i due vice presidenti. Il nuovo CdA del Consorzio di Tutela Arancia Rossa di Sicilia IGP sarà in carica per il triennio 2017/2020 e tutti i componenti hanno l’obiettivo di lavorare in sinergia al fine di promuovere al meglio il frutto simbolo dell’Isola, e di trovare intese tra la produzione, la distribuzione e l’industria, fondamentali per il comparto produttivo così strategico per www.corriereortofrutticolo.it

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NOTIZIARIO

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Frutta tropicale nuova frontiera per la Sicilia e il Sud di Duccio Caccioni Mettiamoci il cuore in pace: il cambiamento climatico c’è. E interessa ovviamente anche l’agricoltura e soprattutto l’ortofrutticoltura. Le evidenze sono tante. Tanto per fare un esempio: in Europa la linea di coltivazione del melo si sposta sempre più a Nord – basta poi dare un’occhiata alle statistiche di produzione (frutticola e anche orticola) di Germania e Polonia per rendersi conto che qualcosa sta succedendo. Anche a Sud il profilo produttivo si sta modificando: in Sicilia oggi si producono dei mango a mio parere fra i migliori del mondo – la frutticoltura (una volta chiamata) tropicale potrebbe essere la nuova frontiera per il nostro meridione (a patto, ovviamente, di risolvere il problema l’ortofrutta siciliana. Il Consorzio Arancia Rossa di Sicilia IGP ha la sua sede a Catania e ha l’obiettivo di tutelare, promuovere e valorizzare il Tarocco, il Moro e il Sanguinello, che, con varie cultivar, sono le varietà di arancia rossa previste dal disciplinare di produzione. Il Consorzio conta oggi oltre 600 soci fra produttori e confezionatori per 6500 ettari di coltivazione certificata ed è riconosciuto dal ministero delle Politiche Agricole. L’Arancia Rossa - ricorda una nota del Consorzio - si distingue per la sua ricchezza di vitamina C, selenio, magnesio, potassio e antociani che, oltre il gusto e colore, sono importanti antiossidanti naturali che presi con costanza riescono a combattere i radicali liberi, causa dell’invecchiamento, e aiutano a prevenire l’insorgenza dei tumori, tanto che il consumo di arancia rossa è consigliato

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dell’acqua). In vitivinicoltura – un settore molto più veloce nei cambiamenti e dove si muovono maggiori capitali rispetto all’ortofrutta – sono già al lavoro. In Inghilterra gli ettari coltivati a vite sono oggi 2.000, le cantine sono 133. In Francia alcune agenzie specializzate nel Real Estate stanno valorizzando terreni che per effetto del cambiamento climatico dovrebbero (dicono) divenire vocati per la coltivazione della vite e si stanno già muovendo milioni a palate. Il cambiamento – diceva qualcuno – è un fenomeno inesorabile.

spesso nelle campagne d’informazione medica. Il frutto fresco è commercializzato da metà dicembre e metà giugno e viene prodotto esclusivamente nella zona della Piana di Catania, ai piedi dell’Etna, nelle province di Catania e Siracusa e alcuni territori della provincia di Enna, territori che con il particolare clima e le notevoli escursioni termiche favoriscono il gusto e il colore rosso. Oggi l’arancia rossa di Sicilia viene utilizzata anche nei prodotti trasformati, composti ed elaborati, e sono sempre più numerose le aziende che richiedono l’autorizzazione all’uso della denominazione al Consorzio. Avere sul mercato dei prodotti a base di Arancia Rossa di Sicilia, come spremute, marmellate, caramelle, frollini, amaro, latte di mandorle, eccetera, consente di destagionalizzare il prodotto permettendo un consumo per tutto l’anno.

In seria difficoltà la coltivazione di carote nel Ferrarese “La carota rappresenta il prodotto tipico per eccellenza del territorio ferrarese". Lo ricorda Confagricoltura Ferrara, che sottolinea come, su un totale di 2.062 ettari di carote coltivate in Emilia Romagna nel 2017, il 98%, pari a 2.022 ettari, siano stati coltivati in provincia di Ferrara, in particolare nei Comuni di Mesola e Codigoro. Il Basso ferrarese infatti, con le particolari caratteristiche del terreno sabbioso e soffice, risulta particolarmente adatto a questa coltivazione. Tuttavia, questa importante orticola sta attraversando una grave crisi, aggravatasi ulteriormente quest’anno nonostante i produttori sperassero in un mercato in crescita e premiante, a fronte di un 2016 pesante e negativo. I costi di produzione sono superiori ai 4000 euro per ettaro, esclusa la manodopera e gli eventuali affitti del terreno, ma da ormai due anni consecutivi subisce performance negative, con una PLV in segno meno del 30-35% a causa della diminuzione del 44% del prezzo unitario. Molteplici le motivazioni delle minori esportazioni: il mancato freddo di quest’inverno ha fatto sì che i Paesi del Nord Europa riuscissero a effettuare un ciclo continuo della produzione (poi frigo conservata) coprendo il mercato interno; inoltre, siccità e calore eccessivo di questa estate hanno ridotto la produzione. Per quanto riguarda la produzione estiva, la domanda interna non è stata sufficiente ad assorbire l’offerta: I produttori stanno valutando se dedicare meno ettari a questa orticola; a oggi si registra un calo del 25 per cento sulle semine estive per la produzione invernale. Settembre 2017


In Lombardia forte aumento della produzione di zucche Negli ultimi dieci anni la Lombardia ha più che raddoppiato le coltivazioni di zucche passando da meno di 260 ettari nel 2006 a più di 700 ettari nel 2017 su un totale di 2.000 a livello nazionale. La classifica delle province lombarde più vocate alla coltivazione della zucca è guidata da Mantova con quasi 396 ettari e Pavia con 136 ettari e Cremona con 92. A seguire Brescia con 40, Lodi con 16, Milano con 15, Varese con quasi 3, Bergamo e Como con 2 ettari a testa. Il boom più forte degli ultimi dieci anni lo ha registrato Cremona, che ha triplicato i terreni, mentre Mantova e Pavia li hanno più che raddoppiati.

Settembre 2017

La missione Omnibus in Kenya si terrà dal 14 al 18 novembre Le elezioni politiche dell’8 agosto scorso e gli scontri dei giorni successivi che hanno provocato oltre 100 vittime, avevano consigliato il rinvio, per motivi di sicurezza, della missione business di Omnibus in Kenya riservata agli esportatori di ortofrutta prevista dal 29 agosto al 3 settembre. La situazione a Nairobi e nelle altre città del Kenya oggi è tornata alla normalità. Le date della missione sono state così aggiornate: 14-18 novembre. Come già anticipato nell’annuncio dello scorso giugno, le precedenti esperienze di Omnibus in Africa Orientale hanno portato a decidere di concentrare la missione nella città-snodo dell’area, Nai-

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robi, con una breve sosta iniziale nel polo logistico di Mombasa, principale porto dell’Africa Orientale, attrezzato a gestire i container reefer e a garantire il mantenimento della catena del freddo. Il Kenya offre oggi all’export ortofrutticolo italiano nuove opportunità, grazie alla crescita che hanno avuto nel Paese africano alcune società commerciali e allo sviluppo del sistema distributivo, con supermercati e centri commerciali con standard organizzativi di livello internazionale. Il programma prevede incontri con società di produzione e di importazione. Per informazioni: info@omnibuscomunicazione.net

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ARANCIA ROSARIA. PERFETTO EQUILIBRIO TRA GUSTO E BENESSERE. Ricca di vitamine A, B, PP e C, ideale come coadiuvante della cura degli stati influenzali

Ricca di antiossidanti contro l’invecchiamento

Una sferzata di energia, ideale per chi pratica sport Effetti benefici sulla microcircolazione

Oggi Rosaria è anche una spremuta 100% di arance rosse, sempre fresca e disponibile tutto l’anno.


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ASIA FRUIT LOGISTICA 2017. Un successo confermato

Crescita senza limiti Mariangela Latella Con 43 Paesi espositori (contro i 37 della passata edizione) e la partecipazione di circa 11mila visitatori provenienti da tutto il mondo, l’undicesima edizione di Asia Fruit Logistica ha confermato la sua posizione di leadership nel settore dei trade show ortofrutticoli nel continente asiatico. "Con l’edizione di quest’anno – ci spiega il direttore commerciale della Fiera Wilfried Wollbold – abbiamo registrato una crescita del 30% rispetto all’anno scorso e del 46% negli ultimi due anni”. Una crescita che ha registrato una vera e propria impennata da quando, circa due anni e mezzo fa, la direzione della fiera è stata affidata alla Joint Venture Company GP Event, partecipata a maggioranza da Messe Berlin e proprietaria del brand Fruit Logistica. "Si tratta di una crescita naturale – continua Wollbold – dovuta alle grandi potenzialità e al veloce sviluppo del mercato ortofrutticolo nel continente asiatico. Settembre 2017

Il mercato asiatico continua ad assorbire quantitativi sempre maggiori di ortofrutta proveniente dagli altri continenti. L’Italia frenata dalla mancanza di accordi bilaterali

Sopra, il padiglione italiano ad Hong Kong. Forte la richiesta di kiwi in Cina

La crescita di questa piattaforma rappresenta lo specchio di quello che si può fare qui ad Hong Kong e in Cina dove si assiste ad una continua crescita". "Puntiamo ad assecondare - aggiunge Wollbold - la crescita an-

che con l’ingresso di nuovi espositori tra i Paesi interessati al mercato asiatico anche per opportunità che si aprono in Corea, Giappone e in generale in tutto il Sud-est asiatico. Attualmente utilizziamo il 16% degli spazi esposiwww.corriereortofrutticolo.it

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Accordo di Origine Group con Del Curto per commercializzare kiwi 12 mesi all’anno Il gruppo cileno David Del Curto, leader nella produzione di kiwi in Sudamerica, è entrato nella compagine sociale di Origine Group portando così la fornitura del kiwi a marchio Sweeki a 12 mesi l’anno ed innalzando a 130 mila tonnellate la quota di kiwi commercializzato. L’accordo è particolarmente importante per aumentare la ‘potenza di fuoco’ di Origine Group in Cina e più in generale in Asia, e non è quindi un caso che sia stato presentato a Hong Kong durante la recente edizione di Asia Fruit Logistica. Ce ne ha parlato Alberto Garbuglia, consigliere delegato di Origine Group che abbiamo incontrato ad Asia Frut Logistica, dove ha lanciato ufficialmente l’accordo con Del Curto, insieme al direttore commerciale dell’azienda cilena, Marcos Echenique Walker. "Grazie alla partnership con uno dei produttori più importanti e storici del Cile - ha sottolineato Garbuglia - i volumi di kiwi Sweeki arriveranno a circa 130 mila tons con il principale vantaggio che il nostro brand potrà essere sul mercato per 12 mesi all’anno e non più solo nella finestra di export verso l’Asia che va da marzo ai primi di maggio. L’accordo coinvolge una delle aziende agricole di proprietà di

Del Curto che dispone di 250 ettari di prodotto altamente selezionato". Il Consorzio Origine Group - nato nel 2015 dall’alleanza fra 9 aziende leader in Italia nella produzione e commercializzazione di ortofrutta fresca: Afe, Apofruit, Frutta C2, Gran Frutta Zani, Kiwi Uno, Op Kiwi Sole, Pempa-Corer, Salvi-Unacoa, Spreafico - dispone dei marchi Sweeki per il kiwi e PeraItalia per le pere. Il Cile è oggi il primo esportatore di frutta e verdura verso la Cina grazie a un accordo di libero scambio in vigore già da dieci anni. Questa leadership cilena è stata ribadita ad Asia Fruit Logistica da Eduardo Frei Ruiz-Tagle, ex presidente della Repubblica cilena (fino all'anno 2000) e attuale senatore. "È vero - ha detto al Corriere Ortofrutticolo Eduardo Frei - siamo un Paese piccolo per cui nel ranking mondiale non avremo mail il primo posto fra gli esportatori, ma in Cina siamo il primo fornitore di ortofrutta. Esportiamo in particolare ciliegie, manghi, avocado, uva da tavola, susine e mirtilli nonostante, al momento, siamo presenti solo in 17 città. Il nostro obiettivo è arrivare a posizionarci in 30 città nei prossimi anni. Per facilitare questo processo di

espansione e di conoscenza dei nostri prodotti, siamo partiti con una campagna massiva di marketing e stiamo lavorando anche per incrementare la produzione e migliorare la logistica. Il nostro obiettivo è arrivare a mandare milioni e milioni di container in questo Paese. Vogliamo quantomeno raddoppiare la nostra presenza". Notiamo che il Cile impiega uno dei suoi personaggi politici più rappresentativi per promuovere la propria ortofrutta all’estero, cosa che non si può dire dell’Italia. L’accordo di libero scambio tra Cina e Cile è una garanzia per la nuova partnership cilena di Origine Group. "È vero che sul kiwi l’Italia ha già siglato un accordo bilaterale con la Cina - chiarisce Garbuglia - ma il fatto che il Cile abbia le porte aperte su molti mercati ci offre delle opportunità in più, come ad esempio la possibilità di fare entrare in mercati asiatici non accessibili un prodotto premium a marchio italiano. Mi auguro che il fatto che Sweeki possa andare dove l’Italia non riesce ad arrivare, possa essere uno stimolo per i nostri politici che lavorano sui protocolli di intesa, alcuni dei quali vanno a rilento, come nel caso del dossier indonesiano”. (m.l.)

tivi disponibili nel centro fieristico di Asia World Expo, sicché abbiamo la possibilità di crescere insieme a questo mercato dove la domanda di ortofrutta fresca di prima qualità e a prezzi convenienti è in continua crescita”. Il lancio, sempre da parte di Fruit Logistica, di una fiera a Shanghai nel 2018 (14-16 maggio) non preoccupa Wollbold: "Con China Fruit Logistica il progetto è diverso. Puntiamo a creare un evento nazionale cinese, rivolto princi-

palmente ai produttori ed al mercato cinese. Naturalmente le porte sono aperte anche alle aziende che operano nel settore delle interconnessioni globali e a quegli operatori ammessi a commercializzare ortofrutta sul mercato cinese. Ma sostanzialmente è un evento nazionale mentre qui a Hong Kong l’evento è internazionale. A Shanghai sono rappresentate 33 province della Cina, diverse municipalità e regioni, ognuna delle quali ha una densità demo-

grafica media paragonabile ad un qualsiasi Paese europeo. La Cina può essere considerata un continente essa stessa. Posizionare un evento fieristico per la Cina a Shanghai, ha la stessa potenzialità del creare una fiera continentale come Asia Fruit Logistica ad Hong Kong. Sono due location molto convenienti e facilmente accessibili". Un tema molto avvertito durante la fiera di Hong Kong è stato il cambiamento che sta avvenendo

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ti Arabi. Nei primi cinque mesi del 2017 l’export di kiwi italiano verso l’Asia ha toccato quota 18.000 tonnellate. Per quanto riguarda gli altri prodotti frutticoli esportati in Asia si rilevano buone performance per l’uva da tavola, con un totale di 9.500 tonnellate esportate per lo più verso Emirati, Arabia Saudita e Giordania. Le susine rappresentano il terzo prodotto italiano più esportato in Asia, con 6.800 tonnellate e tre Paesi leader d’importazione che sono Emirati, Arabia Saudita e Giordania. Per le arance è ancora impossibile valutare l’impatto della recente apertura del mercato cinese, ma il potenziale di crescita c’è. Simona Rubbi, responsabile apertura nuovi mercati e Bianca Bonifacio, responsabile Fiere e Internazionalizzazione di CSO Italy, confermano l’interesse degli operatori asiatici per tutti i principali prodotti italiani a partire dal kiwi, naturalmente, ma anche per pere, mele, uva, arance e questa attenzione "conferma la necessità di continuare a lavorare per aprire il mercato cinese e gli altri mercati asiatici alle nostre produzioni". "Il mercato asiatico – ci spiega Alessio Orlandi, general manager di Origine Group - è molto esigente sul kiwi. Richiede un prodotto di qualità e pezzature superiori. Su questo mercato ha funzionato la creazione del brand Sweeki accompagnato ad un’adeguata campagna promozionale,

un’attività con cui puntiamo, quantomeno, a duplicare il nostro volume d’affari grazie anche ai nuovi contatti di quest’anno". Presente in fiera per promuovere il kiwi anche Gullino che, con le parole del sales manager, Armando Peirone precisa: "Questo non è il nostro mercato principale anche perché è molto distante e richiede una selezione molto attenta del prodotto. Mediamente inviamo in quest’area una quarantina di container ma per la prossima campagna vedremo come si svilupperà il mercato europeo per capire se è il caso di spingere di più sull’export verso il Far East". Esistono due modi per entrare nel mercato asiatico: rivolgersi ad un importatore locale (e la scelta va fatta accuratamente) oppure trattare direttamente con la grande distribuzione come ha fatto Apofruit che ad Hong Kong è già presente con i kiwi 'O Sole Mio' grazie alla partnership diretta con la catena Welcome che possiede fra le altre l’insegna più diffusa, Park & Shop. Tutti gli esportatori presenti a Hong Kong hanno espresso il desiderio di accelerare da parte delle autorità italiane i tempi per la chiusura dei protocolli bilaterali con la Cina, soprattutto per le mele, che al momento sono vendute in buone quantità in India. Forte anche la presenza delle tecnologie italiane per l’ortofrutta e in particolare dei rappresentanti della Packaging Valley romagnola.

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nella distribuzione. Ci ha detto Chris White, managing director di Fruitnet Media International e chairman della giornata di lavori congressuali di Asia Fruit Logistica: "Quello che notiamo qui in Asia, è la diversificazione dei retailer. Ci sono operatori che continuano a fare operazioni in store e operatori, cosiddetti multichannel, in aumento, che stanno sviluppando operazioni sia in store che online. È un fenomeno molto diffuso in Asia ma meno in Europa e Nord America. Ma se guardiamo agli ultimi sviluppi del mercato occidentale, è facile intuire che la strada non può essere che questa. Basti pensare al recente accordo tra Amazon e Whole foods per dirne una, che di fatto abbina un online-retailer ad un retailer offline”. Si è vista ad Asia Fruit Logistica un’Italia in evidenza. Quindici le aziende presenti negli spazi organizzati da CSO Italy: Alegra, Apofruit, Compagnia Italiana della Frutta, Kingfruit, Mazzoni, Oranfrizer, Origine Group, Salvi, Spreafico, Civ, Conor, Fru-Italy, Gullino, Infia e RK Growers, a riprova del crescente interesse a esportare verso i mercati asiatici, in particolare il kiwi, le mele ma anche uva da tavola, susine, arance. Secondo i dati elaborati da CSO Italy il kiwi esportato in Asia ha raggiunto nel 2016 le 46 mila tonnellate, di cui ben 11.000 in Cina, 7.500 in Arabia Saudita, 6.500 verso Taiwan e sempre 6.500 tonnellate verso gli Emira-

A Hong Kong siamo primi nell’export dall’Europa L’Italia è il primo Paese europeo esportatore di frutta a Hong Kong, seguito dalla Spagna e il 12° fornitore nel ranking globale. Il primato si deve all’export di kiwi. Si parla di un giro d’affari di 7 milioni di dollari nel 2016, quasi tutto realizzato dal kiwi, che pone il Belpaese al terzo posto fra gli importatori mondiali di questo prodotto dopo Nuova Zelanda e Cile. "In generale - spiega il Console Generale d’Italia ad Hong Kong, Antonello De Riu, impegnato nella pro-

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mozione delle produzioni italiane in quest’area - sul mercato di Hong Kong la fanno da padroni i Paesi dell’area del Pacifico. Dopo la Cina anche il Giappone, l’Australia, la Thailandia, gli Usa e il Cile. Tuttavia l’Italia, grazie ad alcune specifiche produzioni molto richieste, come il kiwi e le mele, ha registrato una costante e significativa crescita arrivando, nel 2016, a diventare il primo Paese europeo esportatore di frutta, raddoppiando il fatturato in 3 anni".

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Unitec global player. Da tutto il mondo ortofrutta in Cina grazie alle sue tecnologie Il Gruppo Unitec, realtà internazionale specializzata nella progettazione e realizzazione di tecnologie per la lavorazione, calibratura, selezione della qualità e confezionamento di oltre 35 tipologie di frutta e ortaggi freschi, ha preso parte alla prima giornata di Asiafruit Business Forum con un intervento di Luca Montanari, vicepresidente del Gruppo. "A riempire d’orgoglio il nostro team per il lavoro svolto al fianco dei nostri clienti ci sono due casi emblematici, che abbiamo con-

stica e marketing. Fu così che nel 2006 Garcés decise di introdurre nei suoi magazzini di lavorazione cileni Cherry Vision Unitec Technology. Il resto è attualità. Dal 2007 la San Francisco Lo Garcés è leader del mercato cileno, con un volume di esportazioni di ciliegie che quest’anno ha toccato le 13.210 tonnellate. Già questo basterebbe per avere la riprova che il percorso che stiamo tracciando come Gruppo è funzionale al successo di un’intera filiera, ma apprendere dalla testata cile-

diviso in occasione dell’appuntamento di Asiafruit Business Forum” ci ha detto a Hong Kong Luca Montanari. "La prima collaborazione vede come protagonisti la ciliegia, il mercato cinese ed un imprenditore con una capacità di visione straordinaria, Hernán Garcés, presidente dell’azienda cilena San Francisco Lo Garcés. In Cina l’apprezzamento per le ciliegie è qualcosa che va oltre la logica del prezzo legata alla qualità, perché entra in gioco anche un terzo elemento, quello legato all’esclusività del consumo. Spinto dalla forte determinazione ad esportare le sue ciliegie in questo mercato, Garcés intuì che, in un contesto in cui la competizione era altissima, la chiave di volta per il successo era riuscire ad offrire il prodotto migliore, combinando sapientemente un mix di tecnologia, logi-

na El Mercurio che nella lista dei primi 5 esportatori di cileni di ciliegie compaiono 5 clienti Unitec è davvero gratificante: San Francisco Lo Garcés, Frusan, Copefrut, Prize e Rio King. Queste sono tutte realtà imprenditoriali che hanno creduto in noi e nelle tecnologie Unitec, che hanno potuto avere accesso a mercati internazionali facendo il loro ingresso con la garanzia di essere fornitori affidabili, proprio perché tecnologicamente allineati alle richieste di qualità del mercato". L’azienda Frusan, allo stesso modo, rappresenta un secondo caso eccellente, legato anch’esso ad un frutto molto delicato e sempre più apprezzato e richiesto dal mercato cinese per le sue proprietà nutrizionali: il mirtillo. Grazie alle tecnologie di selezione e classificazione della qualità

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Unitec, i mirtilli non solo vengono processati in base alle caratteristiche qualitative richieste dal mercato di destinazione, ma vengono anche classificati in modo tale da rispondere perfettamente alle esigenze di logistica e spedizione, così da raggiungere il consumatore finale nelle condizioni di consumo ideali. Manuel Kaulen, Direttore Generale di Frusan commenta così l’introduzione nei processi di lavorazione delle tecnologie Unitec: "Per i mirtilli è forse ancora più difficile rispetto alle ciliegie individuare i difetti dell’aspetto esteriore o le ammaccature. Blueberry Vision di Unitec è in grado di rilevare con estrema accuratezza le piccole ammaccature che possono presentare i mirtilli. L’utilizzo di questa tecnologia permette anche un minor impiego di manodopera nel processo di confezionamento.” Allo stesso tempo i market manager cinesi, riportano come i consumatori, grazie alla qualità coerente dei mirtilli Frusan, apprezzino molto questo marchio e la qualità da esso garantita. Eccellenti risultati, dunque, quelli ottenuti da Frusan e, più in generale, da tutte le altre centrali ortofrutticole che hanno scelto Blueberry Vision di Unitec per la selezione e classificazione dei loro mirtilli. "Le tecnologie Unitec – conclude Luca Montanari – nascono dalla interazione preziosa, di scambio e confronto continuo, tra le reali esigenze dei clienti ed il lavoro quotidiano del nostro reparto Ricerca & Sviluppo. Ringraziamo quindi ognuno dei nostri clienti per gli stimoli che ci hanno dato in questi anni per sviluppare soluzioni tecnologiche altamente innovative e che hanno generato importanti risultati".

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COPERTINA

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PROTAGONISTI

CLAUDIO COLI. Dalle insalatine alla quarta gamma evoluta

Il pioniere che si rinnova Chiara Brandi Dopo un primo semestre 2016 di sofferenza, il comparto della quarta gamma ha ripreso la crescita; un trend confermato anche quest’anno, con vendite tra gennaio e giugno in rialzo del 5,2% a volume e del 4,4% a valore anno su anno e un parco acquirenti arrivato a 19,3 milioni di famiglie italiane (fonte AIIPA su dati Nielsen). Numeri importanti, risultato dell’impegno dei molti operatori della filiera, capaci di affrontare e superare al meglio le sfide, come i non facili rapporti con la GDO (anche dopo l’introduzione dell’articolo 62), i problemi legati alla conservabilità, l’elevata competitività dei player, l’alto tasso di innovazione di prodotto e una domanda sempre più informata, attenta ed esigente. Senza contare i cosiddetti ‘detrattori delle insalate in busta’ con cui il settore deve Settembre 2017

Dal biologico alla nuova frontiera bio-veg. “È fondamentale intercettare le tendenze e anticipare i bisogni. Stiamo andando verso la sesta gamma” afferma il fondatore de Il Melograno

Sopra, i fratelli Manuela e Claudio Coli. Qui, alcune delle loro confezioni

fare ciclicamente i conti. E allora qual è il segreto? La propensione all’acquisto di prodotti ad alto contenuto di servizio non basta a giustificare tali ecceziona-

li performance. La risposta è da ricercare tra i protagonisti del comparto, coloro che rendono possibile tutto ciò. Il Corriere Ortofrutticolo ha inwww.corriereortofrutticolo.it

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PROTAGONISTI

COPERTINA

CHI è IL MELOGRANO

Nata come piccola realtà familiare per la produzione di erbe aromatiche destinate a ristoranti della Romagna, nel tempo Il Melograno, con sede a Sant’Arcangelo, si è affermata come player di primo piano nel comparto della quarta gamma, con un fatturato di circa 27 milioni di euro e 250 dipendenti all’attivo. I primi rapporti commerciali con la GDO risalgono al 1990 mentre al 1995 l’azienda ha fatto i primi passi nel mondo dell’ortofrutta bio. Nel 2005 viene avviato un progetto di ampliamento grazie all’acquisizione di un’area industriale dismessa da cui nel 2006 nasce la nuova struttura per la lavorazione e trasformazione di ortofrutta bio e di quarta gamma. Il resto è storia nota; ad oggi si lavora al raddoppio dello stabilimento che, una volta finito, supererà i 20 mila mq. La capacità di innovazione e di ascolto del mercato, insieme

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:- ) agli investimenti tecnologici fanno de Il Melograno un valido competitor, con un assortimento completo: dalle confezioni in busta, ai vassoi filmati e in flowpack, fino alle ciotole. Le materie prime sono prodotte da colture integrate o biologiche (certificate CCPB), provenienti da aziende agricole di proprietà o socie dell’OP Il Melograno, a sua volta aderente all’Unione Nazionale Italia Ortofrutta. Cinque i siti di maggior produzione: Pontecagnano Faiano (Campania); Regione Marche; Avezzano (Abruzzo); le province di Bari e Adria; e la zona di Rimini. L’obiettivo strategico è soddisfare una clientela sempre più attenta ed esigente; per farlo è nata la linea Bio&Veg, che ha ricevuto il Brand Award 2017 (riconoscimento di Gdoweek e Mark Up per celebrare le migliori marche di beni di largo consumo) nella categoria New Entry, aggiudicata ai Succhi Biologici il Melograno.

contrato Claudio Coli, amministratore delegato e co-fondatore de Il Melograno, società pioniera nella quarta gamma, dal 1987 fedele alla sua immagine di realtà all’avanguardia, leader nell’innovazione di prodotto e di processo. Claudio, prima una brusca frenata della domanda poi la ripresa. Come se lo spiega? “Il mercato della quarta gamma è per certi versi maturo, almeno per quel che riguarda i prodotti basici (insalate in busta monoprodotto), dove abbiamo raggiunto gli stessi livelli di consumo degli Stati Uniti. Ora si palesa la necessità di andare a colpire ed incrementare le vendite in quei segmenti ancora in fase di sviluppo, caratterizzati da un elevatissimo tasso di innovazione, di ricer-

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catezza e qualità. A Il Melograno da sempre cerchiamo di farlo: siamo stati tra i primi in Italia a lanciare gli spaghetti di verdura, i primi ad inserire la rapa rossa cruda nei mix di insalate e tra i soli a proporre il pinzimonio di verdure già tagliate e lavate. Siamo molto attenti a ciò che ci richiede il mercato e ci impegniamo per assecondarlo. In generale credo che la quarta gamma sia riuscita a creare una ‘moda di consumo’ rendendone l’acquisto

‘cool’. Questa potrebbe essere una strategia vincente anche per stimolare le vendite di tutta l’ortofrutta; in alternativa all’introduzione di un giorno vegetariano a settimana (il cosiddetto Veggie Day), come accade in Francia. Tuttavia bisogna ammettere che ad oggi c’è troppa confusione sul mercato a causa delle tantissime informazioni e delle infinite proposte; il rischio è di generare un effetto boomerang, almeno in termini di penetrazione di alcune fasce di consumatori meno sensibili a certi temi. Forse basterebbe comunicare meglio poche e importanti verità nutrizionali, inducendo una sorta di ‘buonsenso alimentare’. Una volta fatto, si tratterebbe solo di incoraggiare l’acquisto con un’offerta ampia, innovativa e di qualità”. Innovazione da sempre principale driver di crescita per Il Melograno. È l’unico? “Non è il solo. Sicuramente è fondamentale intercettare le tendenze e anticipare i bisogni. Vado spesso negli Stati Uniti proprio per osservare e capire la direzione verso cui si sta muovendo la domanda; ma l’attenzione all’ambiente, la capacità di fare squadra e il mantenere standard qualitativi elevatissimi sono per noi altrettanto importanti. In termini ambientali sono tante le sfide; crediamo che le aziende debbano inserirsi in un territorio senza deturparlo e cerchiamo di farlo. Abbiamo un sistema di riciclo delle acque interno e stiamo lavorando alacremente per ridurre la plastica utilizzata nei nostri pack, mantenendo inalterata la qualità e la conservabilità del prodotto all’interno. Già 15 anni fa avevamo sviluppato una pellicola in fibra di mais ma abbiamo dovuto abbandonare il progetto perché il mercato non era ancora pronto; sono sicuro che a breve potrà essere ripreso e accettato con entusiasmo dai consumatori”. Si parlava di Stati Uniti. Il merSettembre 2017


COPERTINA

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PROTAGONISTI

CHI è

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CLAUDIO COLI

Romagnolo verace, gentile e ospitale ma riservato nonostante non gli manchi la verve, Claudio Coli è dal 1987 amministratore delegato de Il Melograno. Al fianco della sorella Manuela, all’apparenza più pacata ma non per questo meno espansiva, ha fondato e guida l’azienda con passione. Lui uomo di mondo, su e giù per fiere da un continente all’altro, lei stabile al quartier generale di Sant’Arcangelo di Romagna è a capo del team di Ricerca & Sviluppo ed è punto di riferimento dell’Università di Bologna con cui Il Melograno collabora ormai da tempo. Lui ‘inventa’ i prodotti - grazie a un mix perfetto di intuito, genio e un pizzico di follia -, lei li realizza mettendo a punto una ricetta 'perfetta' per gusto ed equilibrio. Entrambi innamorati e orgogliosi della loro attività, non amano parlare di se stessi; lasciano che i prodotti lo facciano per loro.

cato a stelle e strisce è da sempre precursore nella quarta gamma; lei lo sa e lo monitora da vicino. Da osservatore speciale può dirci quali sono le prossime tendenze? “Ad oggi non percepisco più quella differenza tangibile fino a pochi anni fa; l’Italia ha fatto enormi passi avanti ed ora è davvero all’avanguardia nella quarta gamma. La tendenza bio-vegana è sicuramente un trend al momento molto forte là e qua; è per questo che stiamo lavorando per inserire in portafoglio una nuova linea di mix di insalate ready to eat bioveg”. Dunque il futuro è una proposta bio-vegana? “Ritengo sia un comparto dal futuro in ascesa, che dovrebbe essere valorizzato e distinto da altri Settembre 2017

sul mercato. È per questo che stiamo ragionando con Nielsen per creare una nuova categoria: la sesta gamma, ovvero prodotti ad alto contenuto di servizio, innovativi, biologici e veg”. E Il Melograno cavalca l’onda? Quali sono le novità per l’autunno? “Nell’ultimo anno siamo entrati con soddisfazione in questo mondo con la nostra linea di prodotti ‘Bio&Veg’. Il mercato sta rispondendo molto bene, ciò che proponiamo è unico e di qualità, frutto di tanto lavoro e molta passione, insieme alle tecnologie evolute di cui disponiamo e su cui abbiamo fortemente investito. Dai succhi alle composte, dalle bevande alla soia ai tè freddi, fino alle acque aromatizzate. In assortimento anche il food: piatti pronti (linea ‘Bio&Veg Piatti d’autore’ alla quinoa, orzo, cous cous e farro), burger (‘Bio&Veg Burger d’Autore’ di lenticchie, melanzane, rapa rossa, carote, e spinaci), verdure al va-

Succhi, piatti pronti, burger vegetali, verdure al vapore, creme vegane, conserve di frutta bio intera ed altro. Nell’azienda Il Melograno la capacità di innovare sembra senza fine

pore (fagiolini, carote, bietola, peperoni, zucca, rape rosse, piselli, patate, broccoli), tramezzini, creme spalmabili vegane e pura frutta (conserve bio con frutta intera, senza zuccheri aggiunti, né additivi e conservanti). Si tratta di un’offerta ampissima e di qualità; il numero delle referenze supererà le 200 entro il 2018. A breve è prevista l’entrata in scaffale di un’intera gamma di ciotole di insalate bio-veg con tofu e di una linea di ortaggi bio di prima gamma evoluta. Inoltre, certi che comunicare al meglio il valore dei nostri prodotti sia fondamentale, presto sarà on air un canale web dedicato, ‘Bio&Veg Tv’, accessibile facilmente da smartphone, con tanti contenuti interessanti e ricette di grandi chef. Ma non è la sola direzione su cui si sta lavorando e il successo riscosso dalla nuova insalata pronta con pollo lo dimostra. In realtà abbiamo tantissimi progetti di cui però non posso rivelare molto. Ci sono ampi margini di crescita entrando in quei segmenti di mercato della quarta gamma ancora poco presidiati, come nel caso delle proposte rivolte ai più piccoli con merende sane, gustose e pratiche; e ce ne sono altri puntando su referenze dalla spiccata connotazione territoriale, ovvero con limoni di Sorrento IGP, pistacchi di Bronte DOP, nocciole del Piemonte e pomodoro campano”. www.corriereortofrutticolo.it

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IL BOOM DEL BIOLOGICO. Protagonisti a livello internazionale

Un’Italia da primato Antonio Felice L’Italia dei prodotti biologici è un mondo intero. Il settore in pochi anni ha visto crescere superfici coltivate, aziende, prodotti, esportazioni ad un ritmo sorprendente, soprattutto se si considera che negli stessi anni l’Italia ha continuato a subire le conseguenze della crisi economica scoppiata nel quarto trimestre del 2008. Il biologico è stato uno dei settori più vivaci e competitivi dell’agricoltura e dell’economia italiana del secondo decennio degli Anni Duemila. Nel 2016 gli ettari coltivati con il metodo biologico hanno raggiunto in Italia quota 1.795.650, rispetto agli 1,5 milioni del 2015, raggiungendo il 14% della superficie agricola nazionale. Il numero delle aziende agricole biologiche, stando alle statiche ufficiali, ha raggiunto nel 2016 le 72.154 unità. Le colture bio che hanno registrato il maggiore incremento nel 2016 sono gli ortaggi (+48,9%), i cereali (+32,6%), la vite (+23,8%) e gli ulivi (+23,7%). Sicilia, Puglia e Calabria sono le tre regioni con la maggiore estensione di superfiSettembre 2017

Record mondiale negli ortaggi biologici e nell’export. Sicilia, Puglia e Calabria sono le regioni con la maggiore estensione di superfici dedicate. Le aziende agricole bio hanno superato le 72 mila unità

ci biologiche, a conferma che è sempre più il Sud il polmone dell’agricoltura italiana e della produzione agricola biologica in particolare. Il 2017 sta confermando un andamento di crescita significativo, sia per numero di operatori che di superfici agricole e allevamenti convertiti al bio. Le più recenti stime relative alle vendite (raffronto giugno 2016 giugno 2017) evidenziano un tasso di crescita di 3,5 punti percentuali nei negozi specializzati, e un eloquente +16% di vendite all’interno della grande distribuzione

organizzata. Il bio rappresenta il 3% di tutte le vendite alimentari in Italia, cinque volte l’incidenza sul totale del 2000. Nel 2016 il numero di famiglie che hanno consumato prodotti bio è cresciuto di 1 milione 200 mila unità. La ristorazione scolastica vale tra i 200 e i 250 milioni di euro e interessa circa un migliaio di Comuni che ogni giorno forniscono a 1 milione di bambini pasti con prodotti biologici. In aumento i ristoranti che propongono opzioni biologiche: sono ormai quasi 500, in particolare nel centro Italia e nelle grandi città. Ma il potenziale del mercato interno è ben più grande e i consumi sono ancora lontani dai livelli dei Paesi maggiori consumatori di bio. L'agricoltura italiana è diventata la più 'green’ d’Europa: ha il maggior numero di imprese che coltivano biologico, ha la leadership nelle certificazioni alimentari in Europa per prodotti a denominazione di origine DOP e IGP, ha la www.corriereortofrutticolo.it

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Spaccatura in FederBio. I certificatori fondano una propria associazione indipendente Le valutazioni diverse sui controlli nel settore biologico italiano, dopo la presentazione a giugno del decreto di riforma nazionale, hanno provocato una clamorosa spaccatura all’interno di FederBio, in particolare tra i vertici di FederBio e alcuni organismi di controllo e certificazione all’interno della Federazione. Anche alcune grandi aziende di settore hanno manifestato il proprio disagio. L’8 agosto si è avuta la misura della serietà del problema, con l’annuncio dell’uscita del Consorzio Il Biologico da FederBio. La decisione è rimasta riservata per alcuni giorni ma è poi trapelata da alcuni dei numerosi associati al Consorzio, in particolare a seguito della lettera inviata dal presidente del Consorzio Lino Nori, tra i padri fondatori di FederBio, agli associati. In un passaggio della lettera si legge: 'Il Consiglio di Amministrazione del nostro Consorzio, nel valutare gli sviluppi di questa situazione ha ritenuto inevitabile procedere alla rescissione del rapporto associativo con Federbio in quanto la Federazione si è ormai allontanata in modo troppo profondo dai suoi obiettivi originari ed anche perché, nell'immediato, dobbiamo rimarcare che un appoggio così totale al Decreto in discussione non è compatibile con una nostra ulteriore permanenza nella compagine associativa’. L’uscita del Consorzio il Biologico da FederBio, è sfociata, dopo un intervento del presidente di FederBio Paolo Carnemolla, in una polemica aspra oltre ogni aspettativa e che ha fatto presagire come la frattura fosse insanabile. Sta di fatto che il 9 settembre il SANA di Bologna ha tenuto a battesimo Assocertbio, la nuova associazione degli organi-

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Paolo Carnemolla, presidente di FederBio, contestato dagli enti di certificazione

smi di controllo e certificazione del biologico. Gli otto organismi associati hanno ritenuto di avere una rappresentanza nazionale autonoma per essere interlocutori diretti della politica nazionale ed europea e sono decisi ad attuare servizi comuni per rendere il sistema della certificazione del biologico ancora più efficiente e ancora più orientato alle necessità delle aziende. Ad Assocertbio hanno aderito: Bioagricert, Bios, CCPB, Ecogruppo, ICEA, Sidel, Suolo e Salute ed Abcert. Tutti insieme rappresentano più del 97% delle certificazioni che interessano il biologico italiano, hanno 1.100 dipendenti e contano su 57 uffici sparsi sul territorio. Non si esclude che l’associazione arrivi a coprire molto presto il 100% del mercato. Assocertbio ha sede a Bologna. Ha un consiglio direttivo agile, formato dal presidente Riccardo Cozzo di Bioagricert, e da due consiglieri: Fabrizio Piva di CCPB e Alessandro Delia di Suolo e Salute. La costituzione della nuova aggregazione ha segnato una svolta nell’organizzazione del biologico italiano. Assocertbio - ha detto il presidente Cozzo durante l’incontro di presentazione al SANA sarà equidistante da AIAB, FederBio, IFOAM Italia e collaborerà con tutti, tenendo stretti collega-

menti anche con EOCC e ovviamente con Accredia. Letta in altro modo questa dichiarazione significa che Assocertbio è fuori dall’ombrello di FederBio con la quale tuttavia è decisa a collaborare. "Tra i primi obiettivi di Assocertbio - si legge in una nota ufficiale della nuova associazione - ci sarà offrire piena collaborazione, come consultazione e approfondimento al Decreto sui Controlli del Biologico, in fase di discussione tra Governo e Parlamento. Ci spinge la volontà di mettere a disposizione la nostra esperienza e professionalità, con pieno spirito di collaborazione per il miglioramento continuo del comparto del biologico nazionale’. Cozzo è stato deciso su un punto: "Vogliamo essere un elemento di chiarezza nel sistema. Con gli organismi di vigilanza vogliamo avere un rapporto di collaborazione fattivo, concreto e soprattutto diretto” (quindi senza il filtro di FederBio). L’associazione avvierà servizi comuni tra gli organismi associati, a partire dalla formazione tecnica degli ispettori, la gestione di banca dati, l’armonizzazione delle procedure e svolgerà attività in sede europea per dare un contributo alla soluzione "di alcune importanti criticità del biologico italiano che trovano a Bruxelles la loro soluzione".

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minor incidenza di prodotti agroalimentari con residui chimici fuori norma e ha deciso di non coltivare organismi geneticamente modificati. Nel panorama mondiale, la classifica delle coltivazioni biologiche è guidata dall’Australia con 12 milioni di ettari, mentre l’Italia occupa l’ottavo posto (dopo Argentina, Cina, Stati Uniti, Brasile, Spagna e India) e il secondo a livello europeo, in un testa a testa con la Spagna (che la supera solo per la maggior superficie a pascoli e boschi: per quanto riguarda le superfici destinate a coltivazioni, il primato rimane all’Italia), davanti a Germania, Gran Bretagna e Francia. In Italia il settore bio si caratterizza non solo per la sua qualità (basti pensare ai livelli qualitativi raggiunti dai vini biologici italiani) ma anche per dati assolutamente originali, se confrontati con la situazione generale dell’agricoltura: altissima la percentuale di donne imprenditrici (25%), di giovani (il 50% degli imprenditori ha meno di 50 anni), di scolarizzazione elevata (il 50% dei produttori bio ha il diploma, il 17% la laurea) e la propensione alle nuove tecnologie (il 52% utilizza internet). L'Italia è il primo produttore al mondo di ortaggi biologici (con una superficie otto volte superiore a quella spagnola), cereali, agrumi, uva (con oltre 38 mila ettari, il doppio della Francia), olive e si colloca al secondo posto al mondo per il riso bio. Sul territorio nazionale vengono coltivati numerosi altri prodotti biologici, vere e proprie eccellenze agroalimentari uniche al mondo: nel corso degli anni numerose aziende italiane hanno vinto premi prestigiosi nei concorsi internazionali dedicati a prodotti come vino, olio, formaggi. Tra i primati mondiali dell’Italia biologica, uno è veramente speciale: nella categoria confetture e marmellate l’Italia batte tutti (basti pensare a un’azienda: la Rigoni di Settembre 2017

Asiago, che ha una filiale negli Stati Uniti). Con una parte significativa della produzione bio indirizzata all’estero, l’Italia è anche - insieme agli USA - tra i due maggiori esportatori mondiali di prodotti biologici (che raggiungono gli scaffali di tutta Europa, Stati Uniti e Giappone) per un valore di oltre 1 miliardo di euro. E’ il caso ora di dare uno sguardo alla situazione mondiale e ai mercati di riferimento. La più recente analisi sul biologico nel mondo è stata presentata al Biofach di Norimberga del febbraio 2017, con il titolo 'The World of Organic Agriculture’, da FiBL (istituto di ricerca tedesco) e da IFOAM (l’organismo mondiale che raggruppa le associazioni del biologico). La tendenza di fondo resta quella di una crescita costante e diffusa di consumi, superfici e aziende che propongono prodotti bio certificati. I consumi hanno raggiunto a fine 2015 gli 81,6 miliardi di dol-

Germania primo mercato di riferimento, buon posizionamento in Francia ma le opportunità maggiori sono negli Stati Uniti e saranno prossimamente in Cina

lari contro i 60 miliardi di dollari del 2010; le aree coltivate sono pari a 43,7 milioni di ettari segnando un più 7,2% rispetto al 2014; gli operatori del bio hanno raggiunto la cifra di 2,4 milioni, più 14,7% rispetto al 2014. Gli Stati Uniti coprono il 47% del mercato globale del settore, sono quindi nettamente in testa ai Paesi consumatori di bio rappresentando quasi la metà del totale mondiale, seguono la Germania con l’11%, la Francia con il 7%, la Cina con il 6, Regno Unito e Canada con il 4, Italia (quindi siamo al 7° posto nel mondo) e Svizzera al 3%. Nell’Unione Europea altri Paesi hanno quote più basse ma contribuiscono anche loro a fare dell’UE il secondo mercato mondiale dopo gli USA, con una quota ragguardevole del 36%. Se si raffrontano gli abitanti di UE e Cina appare evidente che una Cina che ha solo il 6% del mercato globale ha ampissimi margini di crescita, soprattutto nelle megalopoli cinesi dove si concentra il più alto potere di acquisto. Se si considerano i produttori bio, la più alta concentrazione è in Asia (35%), soprattutto grazie all’India, segue l’Africa con il 30% (grazie soprattutto a Etiopia e Tanzania), quindi l'America Latina con il 19%, l’Europa con il 14%, il Nordamerica e l’Oceania con l’1%. Se ne deduce un dato molto www.corriereortofrutticolo.it

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Buona edizione del SANA Forte adesione della GDO

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920 aziende (+10%) su 22 mila mq di superficie espositiva netta (+ 13%) e una presenza di visite in linea con l’edizione 2016. E’ il bilancio di SANA 2017, la fiera di Bologna dedicata al biologico che ha chiuso i battenti l'11 settembre. In vista dell’importante anniversario del 2018 (trent'anni dalla prima edizione), SANA registra un nuovo risultato positivo confermandosi punto di riferimento italiano nel mondo del biologico per aziende, operatori, enti, associazioni, buyer e un pubblico di consumatori, informato e motivato, che cresce di anno in anno. I sei padiglioni di SANA 2017, con i tre settori merceologici –

alimentazione biologica, cura del corpo naturale e bio e green lifestyle – hanno proposto il meglio della produzione biologica e naturale nazionale alle migliaia di visitatori presenti. Riscontri positivi sono arrivati dagli operatori. Fitti gli incontri b2b - oltre 2.500 - nell’ambito del programma di appuntamenti realizzato grazie all’International Buyer Program, il programma di incoming organizzato in collaborazione con ICE e FederBio. I buyer internazionali sono giunti da 30 Paesi (+11%). Rafforzata anche la presenza della GDO, che dedica sempre più spazio alle diverse linee di prodotto biologiche e naturali.

importante: il grande mercato degli US, per quanto le aziende produttrici americane possano essere grandi, dipende in larghissima parte dalle importazioni. Un’indicazione importante per un forte esportatore come l’Italia. E non a caso, i principali player dell’export italiano si stanno attivando. Alce Nero, marchio leader del biologico in Italia, che ha chiuso il 2016 con 74 milioni di euro di fatturato, vuole conquistarsi un posto al sole negli States, come hanno accennato presidente e direttore generale all’assemblea della primavera 2017. Orogel, il colosso dei surgelati, guarda pure agli Stati Uniti dove

il trend di crescita dei consumi di prodotti biologici surgelati è impressionante. Ma è la Germania ad essere per ora il grande mercato di riferimento del bio italiano. E’ un mercato da 9,5 miliardi di euro per il bio e di 1 miliardo di euro per la sola ortofrutta bio. Le vendite presso negozi di prodotti naturali hanno rappresentato nel 2016 il 30% del fatturato dell'intero segmento (con un incremento del 5%), mentre il fatturato derivante dalla vendita di prodotti alimentari biologici per corrispondenza oppure presso panifici, macellerie, fruttivendoli e mercati settimanali rappresentava una quota

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sul giro d'affari complessivo del settore del 12% (1,1 miliardi di euro). In Francia, da quando è stata creata, nel 2015, l’Agence Bio, col compito di sviluppare e promuovere l’agricoltura biologica, il settore ha subìto una vera e propria esplosione. Dal 2015 al 2016 il settore è passato da 5,7 miliardi di euro di fatturato a oltre 7 miliardi. Il numero degli agricoltori che hanno operato la scelta bio nella produzione è giunto a 33.300 ed è pure in continua crescita, ma tuttavia è meno della metà del numero delle imprese agricole bio italiane. Per l’Italia la Francia è un buon mercato di sbocco, non a caso, un buon marchio italiano come Brio ha una propria filiale, molto attiva, in Francia. Tra i trend più interessanti sui mercati esteri c’è quello del vino bio italiano, che è al primo posto tra i vini importati anche in mercati esigenti come quello britannico. Occupa posizioni rilevanti anche l’export di frutta biologica, a partire dalle mele. Si concentra infatti nell’Alto Adige, tra la Valle dell’Adige e la Val Venosta, la principale produzione di mele biologiche d’Europa con i marchi Bio Südtirol e Bio Val Venosta, mele che sotto l’aspetto della qualità hanno pochi eguali nel mondo. Anche il kiwi biologico sta crescendo in Italia e si prepara a diventare un protagonista del mercato mondiale. Gullino è stato tra i pionieri del kiwi biologico, oggi lo producono in molti: quest’anno, per esempio, è entrata in produzione nel Lazio il kiwi bio di Frutti Felici, si prepara al debutto a Battipaglia la Secondulfo. In conclusione, nel panorama internazionale, a cui qui abbiamo appena accennato, riferendo di alcuni trend significativi, l’Italia occupa una posizione estremamente interessante grazie alla creatività e dinamicità delle sue aziende e alla tipicità e qualità riconosciuta dei suoi prodotti biologici certificati. Settembre 2017




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The Rome Table: interesse alle produzioni tipiche del Sud C’è fame di made in Italy ortofrutticolo nel mondo ma, una volta tanto, non saranno le aziende made in Italy a fare migliaia di chilometri, magari a vuoto, per cercare di scoprire dove questa domanda è forte ma saranno i buyer, già convinti che il made in Italy gli interessa, a venire per questo in Italia. E’ la scommessa di 'The Rome Table', il B2B internazionale che terrà a Roma, al Parco dei Principi, la sua prima edizione il 7 e l'8 novembre prossimi. Le iscrizioni da parte delle aziende ortofrutticole italiane interessate a prendere parte agli incontri d’affari sono ancora mentre è in una fase avanzata l’adesione delle aziende straniere, che hanno trovato l’iniziativa - organizzata da Omnibus Comunicazione con l’adesione di FruitImprese, Alleanza delle Cooperative Ortofrutticole, Italia Ortofrutta, CSO e Italmercati - molto interessante. La scelta di Roma per lo svolgimento della ‘due giorni’ del business ortofrutticolo è stata trovata azzeccata, per la sua comodità ma anche per il suo fascino, dalle aziende italiane ma anche dai bayer europei e da quelli che si metteranno in viaggio da molto lontano: dal Canada, dall’Australia, dal Brasile, dal Kazakistan, dalla Cina. Sono una ventina i Paesi di provenienza dei buyer e i loro interessi sono i più vari: c’è chi verrà a Roma mosso da un interesse molto specializzato, chi è interessato a una vasta gamma di ortaggi tipici del nostro Sud, chi è interessato a tutto. L’elenco dei buyer che già hanno aderito è a disposizione delle aziende italiane che si sono iscritte e di quelle che, interessate a partecipare, ne fanno richiesta. Un grosso lavoro era ancora in corso a fine settembre sull’Europa, dalla Germania alla Francia Settembre 2017

Il 7 e 8 novembre prossimi sono attesi a Roma buyer provenienti da Francia, Spagna, Regno Unito, Danimarca, Svezia, Est Europa, Australia, Brasile, Canada. Presenti supermercati e importatori

alla Spagna, mentre le adesioni da parte di aziende extra europee era già a un ottimo livello così come a un ottimo livello era l’adesione da parte di buyer dell’Est europeo e del Regno Unito. Si sono iscritti a 'The Rome Table' tre catene di supermercati polacchi, due catene dell’Ucraina, una catena croata, il principale gruppo di-

stributivo del Kazakistan, i principali player del commercio ortofrutticolo di Ungheria e di Repubblica Ceca, così come il principale operatore commerciale della Danimarca che muove già importazioni dall’Italia per 500 mila euro al mese ma è in cerca di nuovi fornitori. Anche da Londra le adesioni sono significative. Le iscrizioni estere si chiudono a metà ottobre; quelle degli italiani subito dopo. Nella quarta settimana di ottobre, le aziende italiane iscritte riceveranno il calendario dei loro incontri B2B sulla base delle loro scelte operate sull’elenco buyer. "The Rome Table - affermano gli organizzatori di Omnibus - sta emergendo come qualcosa che www.corriereortofrutticolo.it

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mancava nel panorama italiano degli eventi dedicati all’ortofrutta e che si potrà imporre per sua efficace organizzazione e la sua economicità". "Mancava, nello scenario degli eventi italiani riservati all’ortofrutta, un incontro d’affari internazionale dalla formula leggera, essenziale, dai costi contenuti e che va dritto allo scopo di promuovere l’internazionalizzazione delle nostre imprese, evitando faticose trasferte, in una location comoda e vicina come Roma. Per questo troviamo sia una valida opportunità, anche per la qualità dei buyer che giungeranno dai cinque continenti, la due giorni 'The Rome Table’ che si svolgerà al Parco dei Principi il 7 e 8 novembre prossimi con serrati incontri b2b secondo un calendario prefissato sulla base delle esigenze dei partecipanti. In poche parole, si tratta di una buona occasione per allargare i rapporti con l’estero delle nostre imprese”. Così ha commentato Gennaro Velardo, presidente di Italia Ortofrutta Unione Nazionale, una delle cinque organizzazioni partner di The Rome Table. “Ho appreso con interesse - ha dichiarato il presidente di Italia Ortofrutta che da parte delle aziende estere che saranno presenti a Roma c’è un particolare interesse per le produzioni tipiche del nostro Centro-Sud e per contatti diretti con la produzione. Tra gli associati all’Unione le presenze di pro-

I PARTNER

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Una delle sale dell’hotel Parco dei Principi destinate al B2B The Rome Table

duttori meridionali ben strutturati e organizzati è significativa. Ritengo che costoro potranno sfruttare l’opportunità rappresentata da questo b2b romano, di cui abbiamo accettato volentieri di essere partner data la sperimentata serietà degli organizzatori che hanno una buona conoscenza del settore anche a livello internazionale”. Oltre a Italia Ortofrutta, sono appunto partner dell’evento anche FruitImprese, Alleanza delle Cooperative Ortofrutticole, CSO e Italmercati. Tutti i partner stanno collaborando fattivamente. Alle 14,30 di martedì 7 novembre, in un breve incontro che spezzerà per una mezz’ora la sequenza degli incontri business, sarà presentato ‘Italian Fresh Trends’, un rapporto aggiornato sulle tendenze della produzione ortofrutticola italiana, in lingua inglese, curato da CSO Italy. I buyer accreditati sino alla fine di settembre (quando l’elenco non

era ancora definitivo) sono provenienti da Australia, Brasile, Canada, Kazakistan, Senegal, Ucraina e, per quanto riguarda l’Unione Europea, da Francia, Spagna, Regno Unito, Danimarca, Svezia, Polonia, Croazia, Ungheria. Erano in corso di definizione adesioni da Germania, Austria, Repubblica Ceca, Cina. Si tratta di buyer di supermercati, di importatori con magazzino, di agenzie commerciali. In un caso, è rappresentato anche il commercio elettronico. Sarà infatti presente al B2B romano anche un’agenzia australiana che opera con successo nel commercio elettronico, non solo in Australia ma anche in Cina e nel Sud-Est Asiatico. La società Omnibus, del gruppo Gemma Editco - Corriere Ortofrutticolo, incaricata dell’organizzazione, risponde a ogni richiesta di informazione. Contatti: +39.3938845090 g.pizzato@omnibuscomunicazione.net

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Ecco i partner: Marco Salvi, presidente Fruitimprese, Davide Vernocchi, presidente Alleanza Cooperative Ortofrutta, Gennaro Velardo, presidente Italia Ortofrutta, Paolo Bruni, presidente CSO Italy e Fabio Massimo Pallottini, presidente Italmercati

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Semestre d’oro per i consumi Frutta a +5,8%, ortaggi a +5,5 Dopo cinque anni di segno negativo, nel primo semestre 2017, la spesa degli italiani per l’acquisto di beni alimentari è cresciuta del 2,5%, sostenuta sia dai prodotti confezionati (+3,2%), sia dai freschi (+1,1%). Il segno positivo, come spiega il report di Ismea e Nielsen, testimonia un processo in atto di uscita dalla crisi che ha portato gli italiani, nel corso di questi anni, a rivedere e riorganizzare il proprio carrello della spesa, non solo alimentare. Rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, la spesa è stata superiore mediamente per tutte le categorie merceologiche. Da segnalare, per quanto ci riguarda, il cambio di rotta della frutta fresca che registra un +5,8% e degli ortaggi con +5,5%. Un dato quest’ultimo che, come sottolinea Ismea, mette fine al lungo trend di contrazione dei consumi di frutta e verdura che ha caratterizzato il mercato italiano negli ultimi anni. La frutta è stato uno dei comparti che hanno fatto registrare crescite più rilevanti, nonostante i problemi climatici che hanno influenzato offerta e domanda. Nella prima fase dell’anno, quando le gelate hanno ridotto l’offerta, i prezzi hanno reagito con incrementi rilevanti; nel corso dell’estate, invece, il caldo eccessivo ha provocato, sul fronte dell’offerta, una concentrazione produttiva per le principali drupacee (pesche, nettarine, albicocche), mentre sul fronte della domanda ha spinto in alto i consumi. Il risultato di questi fenomeni è stata una grande fluttuazione dei prezzi. In aumento anche la spesa per gli ortaggi, che per le gelate nei mesi invernali sono risultati contenuti nei volumi, favorendo così l’aumento dei prezzi. In particolare il maggior aumento di spesa si riSettembre 2017

Dopo anni di segno negativo la spesa per l’ortofrutta ha ripreso a correre. Gli ortaggi sono al quarto posto nella spesa alimentare e la frutta al sesto. Consumatori curiosi ed esigenti, dice la Nielsen

trova per gli ortaggi trasformati, proprio per essere stati prodotti sostitutivi, nei periodi di quasi totale assenza di prodotti freschi. Nella spesa alimentare del primo semestre 2017 gli ortaggi occupano il quarto posto con l’11,1% preceduti da derivati dei cereali (14,4%), latte e derivati (14,1%), altri prodotti alimentari (13,3%). La frutta con il 9,1% guadagna il sesto posto preceduta dalla carne (10,1%). Nielsen ha effettuato una ricerca ad hoc per individuare quali siano i “desiderata” in fatto di alimentazione e quali siano i criteri di scelta di un prodotto. È stata confermata l’immagine di un consumatore curioso ed esigente, che legge le etichette ed è attento agli ingredienti, che apprezza le aziende eco-sostenibili (71% degli intervistati) e con modalità di produzione a basso impatto ambientale. Il 67% dei consumatori intervistati si dichiarano attenti agli ingredienti dei prodotti che

acquistano, e curiosi e ben disposti a provare nuovi prodotti che potrebbero avere effetti benefici sulla salute. Ne sono una prova le vendite di prodotti arricchiti: ad esempio, quelli con bacche di goji crescono a doppia cifra (+64%) così come quelli che comunicano di contenere semi di lino (+34%). Anche il free-from (senza grassi, senza zuccheri aggiunti, senza lattosio, eccetera) si conferma un trend in crescita, a totale dimostrazione che eliminando o non inserendo alcuni ingredienti si può aumentare il valore del prodotto. Altro fenomeno rilevato è legato all’interesse per il comparto biologico, che negli ultimi anni è cresciuto esponenzialmente e che sta estendendo la propria dimensione trasversalmente alle diverse categorie. Infine, emerge come le etichette stiano diventando un medium sempre più importante attraverso cui rinforzare l’immagine aziendale. www.corriereortofrutticolo.it

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Integrazione commerciale tra Melinda e la Trentina Emanuele Zanini Accordo strategico tra Melinda e la Trentina, i due grandi consorzi delle mele trentine. Il 28 agosto, nella sede della Federazione Trentina della Cooperazione, Michele Odorizzi e Rodolfo Brochetti, rispettivamente presidenti di Melinda e la Trentina, hanno firmato l’intesa che da più fronti è già stata definita come 'storica’. Nella riunione è stato precisato che si tratta di un’alleanza commerciale strategica, non legata alle disastrose premesse di quest’annata melicola caratterizzata da una consistente perdita del raccolto (anche oltre il 60%) a causa delle gelate primaverili e delle grandinate estive. “L’obiettivo - ha precisato Brochetti - è costituire una società che gestisca la base commerciale per entrambe le organizzazioni di produttori: in primis le mele, ma anche susine, kiwi, ciliegie e piccoli frutti". L’accordo è diventato subito operativo. Nello specifico, fino alla fine del 2017 ci sarà una parte ‘transitoria', in cui Melinda acquisterà i prodotti de la Trentina e li venderà sempre con il marchio la Trentina. Già con la fine del 2017 e poi con piena operatività nel 2018 si dovrebbe costituire una società ad hoc. La nuova società avrà una struttura societaria dove le due OP saranno socie mantenendo ognuna il proprio brand. La neo società venderà la frutta dei due consorzi ortofrutticoli trentini che in questo modo rispetteranno le regole comunitarie stabilite per le organizzazioni di produttori europee. I due marchi che contraddistinguono le due OP rimangono inalterati, almeno per il momento. "Questo è il primo passo di un percorso avviato da tempo", ha Settembre 2017

L’accordo è operativo da fine agosto. Entro l’inizio del 2018 i due Consorzi delle mele trentine costituiranno una nuova società in comune. Il Consorzio della Val di Non a caccia di prodotto

Michele Odorizzi, presidente di Melinda e Rodolfo Brochetti, presidente la Trentina

Mele: la SFT associata APOT E' stato formalizzato a inizio settembre l’ingresso della Frutticoltori Trento (SFT), associata Apofruit, in APOT. L'accordo è frutto di un’attenta valutazione condivisa con la Provincia autonoma di Trento e la Regione Emilia Romagna, nel considerare le implicazioni in relazione alla organizzazione comune di mercato ed alla regolamentazione europea e nazionale. Tutti i progetti con riguardo alla ricerca, innovazione e consulenza tecnica saranno oggetto delle competenze specifiche di APOT, mentre tutto quanto attiene alla gestione dei programmi operativi realizzati nell’ambito della regolamentazione europea - OCM Ortofrutta resterà esclusivamente in carico alla OP Apofruit. SFT è stata la prima cooperativa trentina ad investire con decisione nel settore della produzione biologica.

sottolineato Odorizzi. "L’obiettivo è aggregare il prodotto ed essere ancora più competitivi sui mercati. In Europa gli areali su cui vengono prodotte mele aumentano. Si prevedono 4 milioni di tonnellate di eccedenze. Anche per questo i mercati entreranno sempre più in competizione per vendere i propri prodotti, facendo leva anche sul prezzo. Per questo dobbiamo essere pronti a questa fase", ha aggiunto Odorizzi, auspicando che il progetto si arricchisca di collaborazioni con altre realtà produttive. Il riferimento pare non escluda partnership anche con le mele dell’Alto Adige. Per Ennio Magnani, presidente dell’APOT, "abbiamo dato il là ad un nuovo e importante sviluppo nel mondo della mela e non solo". A inizio settembre Melinda e la Trentina hanno partecipato insieme e per la prima volta, ad Asia Fruit Logistica. L’interesse per il mercato asiatico è collegato ai programmi di rinnovamento varietale da parte in particolare di Melinda. Infatti Melinda, nell’ultimo periodo, ha siglato importanti accordi per l’introduzione di nuove varietà che potranno dare www.corriereortofrutticolo.it

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interessanti sbocchi di mercato in Asia come SweeTango®, varietà bicolore rossa, ideale per la coltivazione di montagna, con caratteristiche estetiche e organolettiche ottimali anche per la distribuzione verso l’estero. All’offerta di Melinda si è inoltre aggiunta da poco Kizuri, un’altra varietà rossa, che si unisce a Gradisca e Galant, oltre che a Evelina, Gala e Red prodotte da tempo da Melinda. "Il nostro Consorzio sta investendo in maniera importante in un rinnovo varietale che ci possa rendere ancora più competitivi sui mercati già presidiati e possa agevolare l’entrata in alcuni nuo-

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vi che dimostrano di avere interessanti prospettive di sviluppo, proprio come quello asiatico”, commenta il direttore generale di Melinda Paolo Gerevini. Sta di fatto che nella contingenza del forte calo quantitativo, nel breve termine, Melinda sta cercando di correre ai ripari, acquistando mele in vari Paesi dell’Unione europea per colmare il deficit di produzione della stagione in corso che si profila pari a 9.900 vagoni. Inferiore quindi ai 10.000 vagoni previsti ai primi di agosto e ai 40-42 mila prodotti mediamente negli anni scorsi. Non ne fa mistero il presidente Michele

Odorizzi che quantifica in almeno 2.000 vagoni le mele che Melinda dovrebbe acquistare all’esterno in questo periodo. Alla domanda se l’acquisto fuori della Val di Non potrà danneggiare l’immagine del Consorzio, il presidente ha risposto a giornalisti trentini che lo hanno intervistato che l’acquisto si rende necessario per tre motivi o necessità irrinunciabili: servire con continuità il mercato, dare lavoro ai dipendenti, non far perdere soldi ai frutticoltori. A inizio settembre Odorizzi ha fatto parte di una delegazione che si è recata in Spagna per visionare partite di mele scendi pianta. Quanto al rischio di calo di immagine, la risposta del presidente di Melinda Odorizzi è stata precisa: venderemo le mele acquistate fuori dalla Val di Non con marchi di fantasia o con i marchi delle catene di supermercato che le acquisteranno.

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Let’s eat.

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Al VI.P nuovo organigramma Zanesco direttore commerciale, Laimer responsabile marketing. Il direttore generale Wielander: “Cambia il mercato, ci siamo attrezzati per dare risposte adeguate ai nostri clienti” "Il nostro mondo cambia rapidamente - afferma Josef Wielander, direttore generale di VI.P Val Venosta - e dobbiamo affrontare queste sfide agendo su tutte le leve a nostra disposizione, a partire dal lavoro quotidiano dei nostri soci seguendo tutta la catena fino al lavoro svolto nei punti vendita dai nostri clienti con il nostro supporto”. In quest’ottica, dopo una approfondita analisi, VI.P ha approvato a metà settembre una serie

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di cambiamenti organizzativi finalizzati ad affrontare il mercato con maggiore incisività, rapidità e capacità di reazione. "Negli ultimi anni tutte le nostre cooperative hanno fatto forti investimenti in tecnologia, che ci hanno permesso di rappresentare lo stato dell’arte nel settore - continua Wielander -. A questo si aggiunge la forte crescita delle coltivazioni biologiche, che raggiungeranno gli 800 ettari nel 2019; contemporaneamente abbiamo lavorato

nell’acquisizione dei diritti per nuove varietà che i nostri soci si stanno impegnando con noi a sviluppare, quali Kanzi®, Ambrosia™, Envy™, yello® e altre che arriveranno dalle prossime stagioni. Ora è giunto il momento di riorganizzare la nostra struttura interna per fornire ai nostri clienti la progettualità necessaria ad affrontare questo momento di svolta nel mercato delle mele, in cui coesistono le varietà tradizionali e quelle nuove, e molti nuovi Paesi si propongono progressivamente sia come competitors che come acquirenti". Wielander quindi precisa: "Pensiamo che la chiave di volta per i prossimi anni sia accompagnare i nostri clienti nella ridefinizione dello scaffale e dell’offerta di mele, che oggi si amplia rapidamente e può arrivare a confondere il consumatore. Per fare ciò abbiamo deciso di abbinare i nostri re-

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Fabio Zanesco, direttore commerciale e Benjamin Laimer responsabile marketing

parti di vendita e marketing e porli sotto ad un’unica direzione commerciale, affidata da ora in poi a Fabio Zanesco, che nell’ultimo decennio si occupava in VI.P del coordinamento delle vendite e

della gestione del mercato iberico. Affronteremo quindi il moltiplicarsi delle referenze, delle varietà e delle richieste specifiche di ogni mercato con una visione chiara ed unitaria, definita con-

All’insegna dell’ottimismo la campagna di Fuji MelaPiù Un raccolto complessivo di circa 17mila tonnellate, leggermente inferiore a quello dello scorso anno: questa la stima per la campagna 2017-18 della mela Fuji MelaPiù, il marchio dell’omonimo Consorzio che riunisce sei tra le principali realtà produttive dell’Emilia-Romagna: Afe, Apo Conerpo, Cico, Minguzzi, Patfrut, Pempacorer. "La campagna è partita bene”, afferma Gianmauro Bergamini, presidente del Consorzio MelaPiù. "I dati ad oggi disponibili e le risposte del mercato ci confermano che per il 2017 e 2018 le Fuji del Consorzio MelaPiù raggiungeranno capillarmente il territorio nazionale per poter essere presenti sulle tavole di tutti i consumatori, nei ristoranti, negli alberghi e nelle strutture horeca. Dal 29 settembre le prime partite di prodotto, che si presentano di elevata qualità, senza difetti di buccia e dal gusto e dalla succosità ottimali, stanno raggiungendo i distributori MelaPiù

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in tutta Italia". Quest’anno la raccolta delle Fuji MelaPiù è iniziata con una settimana in anticipo, in linea con l’anticipata fioritura della scorsa primavera. Gli oltre 500 ettari impiantati in pianura, dislocati in Emilia Romagna e in particolare nelle province di Ferrara, Ravenna, Forlì-Cesena e Bologna, offrono una quantità in linea con le precedenti annate, di qualità elevata. "Le alte temperature estive e l’assenza di piogge hanno contribuito ad avere mele di elevata qualità, zuccherine e sane. La raccolta della varietà Fuji è partita con una settimana di anticipo rispetto agli anni passati e andrà avanti per altre due settimane con minimo due stacchi - precisa Michele Mariani, agronomo e consulente di campagna di MelaPiù -. Le temperature notturne in ribasso di questi ultimi giorni, con un’escursione termica di 10-12 gradi, sono ottimali per la colorazione dei frutti, che risulta già molto buona".

giuntamente dalla nostra forza commerciale e marketing". "Si tratta ovviamente di una sfida molto stimolante - afferma da parte sua Fabio Zanesco - e sono convinto che siamo sulla strada giusta per modernizzare il nostro approccio al mercato. Abbiamo ragionato al nostro interno con la massima apertura mentale, ora dobbiamo rimboccarci le maniche e tenere lo sguardo fisso agli obiettivi che ci siamo prefissati. L’instaurazione di questo stretto legame tra i reparti vendita e marketing ha ovviamente richiesto la ridefinizione di alcuni ruoli e posizioni, quindi il mio collega Benjamin Laimer è il nostro referente marketing, occupandosi della parte operativa e della piena realizzazione dei nostri programmi sia trade che consumer". Per quanto riguarda l’aspetto più direttamente commerciale, il team di VI.P rimane invariato per gli storici mercati di Italia e Germania, seguiti quotidianamente con la massima attenzione e professionalità – sia nel canale moderno che in quello tradizionale – dai direttori delle sei cooperative socie. Sono state invece riviste le responsabilità per alcuni strategici mercati di esportazione. Nella gestione dello sviluppo commerciale nella penisola Iberica è stata inserita come area manager Christiane Gfrei, che da alcuni anni assisteva Zanesco nel lavoro quotidiano e che potrà quindi assicurare la necessaria continuità. I mercati africani e dell’Est europeo sono passati nelle mani dell’area manager Mathias Lang, che si affianca all’area manager Sepp Zöschg, responsabile per Scandinavia e Medio Oriente, completando la squadra che si dedica alle vendite al di fuori del mercato nazionale. VI.P ha nuovi progetti giunti a uno stadio avanzato. “Con questa riorganizzazione - conclude Wielander - disponiamo ora delle risorse chiave necessarie a garantirne un’efficace attuazione a beneficio dei nostri clienti”. Settembre 2017


Cresce al sole e all’aria pura. Verdura dell’Alto Adige/Südtirol.

La verdura dell’Alto Adige cresce in montagna, al sole e all’aria pura. Si raccoglie da giugno a ottobre e arriva fresca al punto vendita. Per questo è molto amata e richiesta dai consumatori. www.verduraaltoadige.com


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Maxi operazione nel pomodoro Casalasco acquista De Rica Il Consorzio Casalasco del Pomodoro, leader in Italia nella coltivazione, produzione e trasformazione del pomodoro, ha acquistato a inizio settembre il marchio De Rica da Generale Conserve SpA, azienda italiana specializzata in conserve alimentari. De Rica, storico marchio italiano, grazie anche al rilancio avviato a fine 2013 da parte di Generale Conserve, gode di grande notorietà e copertura distributiva in Italia come in vari Paesi esteri, collocandosi nel segmento premium del mercato delle conserve vegetali. Grazie all’accordo tra le due aziende, l’acquisizione garantisce che De Rica resti in Italia. L’operazione riporta il rinomato brand nella sua zona originaria di produzione e decreta il passaggio di un altro importante marchio italiano direttamente in mano al mondo agricolo cooperativo, espressione di una filiera tutta italiana con un forte legame col proprio territorio d’origine. Paolo Voltini, presidente del Consorzio Casalasco, ha commentato così l’operazione: “Con questa acquisizione la Cooperativa valorizzerà ulteriormente il prodotto dei propri soci, dimostrando ancora una volta una visione lungimirante. Un bell’esempio di come il mondo agricolo italiano investe per crescere e rafforzare la propria filiera, a tutela delle proprie aziende e dei consumatori”. "De Rica - aggiunge Costantino Vaia, direttore generale del Consorzio Casalasco - è un marchio storico italiano che si identifica perfettamente in quelli che sono i nostri valori aziendali. Tradizione, origine, legame con il territorio e alta qualità dei prodotti saranno gli elementi distintivi su cui punteremo per rafforzare ulteriormente la nostra presenza

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Si rafforza la filiera italiana di uno dei prodotti più affermati dell’alimentare made in Italy nel mondo. Casalasco raccoglie 550 mila tonnellate di pomodoro e lo trasforma in 3 stabilimenti

nella fascia alta del mercato dei derivati del pomodoro già presidiata col marchio Pomì". La cooperativa agricola Consorzio Casalasco del Pomodoro è la prima filiera italiana nella coltivazione e trasformazione di derivati del pomodoro, con un fatturato di 230 milioni di euro. Conta 370 aziende agricole associate che coltivano 7.000 ettari di terreno dislocati nella pianura Padana tra le province di Cremona (dove ha sede a Rivarolo del Re), Parma, Piacenza e Mantova. Una terra che oggi permette alle 550.000 tonnellate di pomodoro fresco raccolto di essere trasformato nei tre stabilimenti di proprietà della cooperativa in prodotti esportati in 60 Paesi nel

mondo. Il Consorzio Casalasco del Pomodoro si è presentato in forze alla prima fiera dell’alimentazione al mondo, l’ANUGA di Colonia, dopo essere stato protagonista dall’inizio dell’anno in più di dieci eventi nazionali e internazionali. Con il marchio Pomito (declinazione della gamma Pomì per Austria e Germania), è già uno dei principali attori del mercato tedesco con le oltre 5.000 tonnellate di polpe, passate e sughi pronti per una crescita che nel 2016 è stata a doppia cifra. Grazie a una distribuzione capillare in tutte le maggiori catene tedesche, Pomito è riconosciuto dai consumatori come pomodoro 100% italiano, di alta qualità.

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Annata scarica per il kiwi: produzione sotto 400 mila tons Sarà un’annata scarica per il kiwi italiano. Nonostante le superfici siano in crescita del 2% a 24.700 ettari in produzione, i volumi che verranno immessi sul mercato caleranno del 14% in volume non superando le 390 mila tonnellate contro le 451 mila dello scorso anno. L’analisi dettagliata del comparto kiwi è stata presentata dal direttore del CSO Italy Elisa Macchi il 26 settembre alla Camera di Commercio di Verona. I cali produttivi in Italia sono stati influenzati principalmente dai crolli produttivi di tre regioni ai vertici del segmento: Piemonte, Veneto e Lazio, tutte più o meno colpite dal gelo primaverile e da altri fattori (specialmente malattie) che hanno influenzato le coltivazioni. Il Piemonte segna un 26% (76.500 tonnellate) a causa di gelate, cimice asiatica, batteriosi e moria. In Veneto stesso discorso: volumi (e rese) quasi dimezzati, passati in un anno da 40 mila a 26 mila tons. Proprio Verona paga dazio in particolare dove lo scorso anno sono andate perduti oltre 850 ettari piantati a causa dell’asfissia radicale, con altri 300 ettari parzialmente colpiti e che quest’anno sono andati in parte persi. Anche il Lazio, prima area produttiva nazionale, ha subito i danni del gelo, segnando un -32% e andando sotto quota 100 mila tons, fermandosi a 95 mila tonnellate. Si difende invece l’Emilia Romagna, che non ha subito particolari gelate e che registra 78 mila tons (+2%). Diverso il quadro nel Mezzogiorno con la Calabria a farla da padrone che ha scavalcato il Veneto come superfici coltivate, seguita dalla Campania. In calo le esportazioni nel 20162017 (-18%), a fronte di minor prodotto disponibile, con un aumento del peso dei Paesi extraeuSettembre 2017

Il punto sulla coltura in Italia presentato dal CSO. Cresce la concorrenza internazionale dalla Grecia al Portogallo. La situazione nell’Emisfero Nord e nell’Emisfero Sud

Crescono gli investimenti di Zespri in Europa Mariangela Latella È partita la raccolta di kiwi Zespri in Italia e da fine settembre è entrata nel pieno. Le aspettative del colosso neozelandese per questa campagna, sono di un aumento del 25% dei volumi europei di SunGold con la vendita di 5 milioni di cassette grazie all’entrata in produzione di molti impianti nuovi. Ma l’obiettivo di Zespri è quello di raddoppiare la produzione europea nei prossimi cinque anni per assecondare la forte domanda di prodotto in tutto il mondo. “Adesso abbiamo circa 1.100 ettari di produzione di Sungold in Italia – spiega Simon Limmer, chief operating officer – ma vogliamo arrivare a 2.900 nei prossimi cinque anni che si aggiungeranno ai 4.900 in produzione in Nuova Zelanda con l’obiettivo di raddoppiare anche lì e arrivare sul mercato con 90 milioni di cassette all’interno di una strategia che punta a coprire la fornitura mondiale per 12 mesi l’anno. Solo in questa stagione sono stati investiti 150 milioni di dollari nel marketing per consolidare la posizione di produttore leader con i propri clienti”. Sono ormai 17 anni che Zespri collabora con i produttori di tutto il mondo per assicurarsi significativi volumi in contro-stagio-

ne destinati ai mercati dell’emisfero settentrionale (in particolare Italia, Francia, Corea e Giappone) dove le produzioni neozelandesi sono praticamente assenti. Ma l’espansione in Europa continua e il consiglio di amministrazione di Zespri ha annunciato, all’inizio di quest’anno, l’assegnazione di licenze Sungold ad altri 1.800 ettari in tutt’Europa, di questi, 1.200 solo in Italia (dove si arriverà, quindi a 2.300 ettari). Nella terza decade di settembre 20 uomini di Zespri erano a Latina per sostenere il progetto di espansione degli areali. I nuovi terreni in Europa si andranno ad aggiungere agli attuali 1.100 di produzione di SunGold in Italia, 130 in Francia e 14 tra Portogallo e Spagna.

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ropei con in evidenza Nord America ed Estremo Oriente. Scattando una fotografia della situazione nell’Emisfero Nord, da segnalare l’ulteriore scatto in avanti della Grecia con un +16% di volumi a 185 mila tons. Il Paese ellenico si dimostra così un sempre più pericoloso e aggressivo competitor, “in grado di rimanere sul mercato con il prodotto tutta la campagna”, sottolinea Macchi, “mentre solo fino a pochi anni fa aveva una finestra commerciale solo di alcuni mesi”. Crescono anche il Portogallo (+19%) e la Spagna )+15%). Segno “meno” invece per la Francia (-8%). Per quanto riguarda le varietà da segnalare, in generale, l’incremento del 25% delle superfici dedicate al kiwi giallo. Stazionario il Soreli. L'incontro IKO (International Kiwifruit Organization), conferenza giunta quest'anno alla

36esima edizione, alla quale CSO Italy ha partecipato accompagnando una nutrita delegazione italiana composta dai rappresentanti di importanti aziende, quali Jingold, Apoconerpo, Naturitalia, Agrintesa e Spreafico è stata l'occasione per fare il punto sullo stato della coltivazione nei diversi Paesi. Ai lavori hanno preso parte anche le delegazioni di altri importanti Paesi produttori come Nuova Zelanda, Cile, Francia, Spagna, Portogallo, Stati Uniti e Grecia. Vediamo più in dettaglio la situazione dei principali Paesi esteri produttori. In Francia la superficie in produzione ammonta a circa 3.800 ettari e sostanzialmente conferma l'entità dell'anno precedente. Per il 2017/18 la stima indica un quantitativo atteso di 58.000 tonnellate tra kiwi verde e giallo, in flessione rispetto alla stagione precedente, per proble-

mi climatici che hanno caratterizzato una primavera fredda. Il volume di prodotto francese destinato al mercato estero ammonta come di consueto a un terzo dell'offerta disponibile (circa 20.000 tonnellate) destinate prevalentemente a Belgio, Spagna, Taiwan e Germania. Segnalato in progressivo incremento il consumo interno di prodotto nell'ultimo quinquennio. E' significativa la presenza di prodotto italiano, che nel 2016 ha rappresentato il 33% dell'import totale, segnando un aumento del 10% sull'anno precedente. La produzione portoghese lo scorso anno aveva risentito di basse rese per la mancanza di ore di freddo durante l'inverno. Per la stagione 2017 ci si attende un aumento nonostante una maggiore presenza di batterio PSA (comunque sotto controllo) anche in relazione all'entrata in produzione

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Agrintesa ha inaugurato il più grande centro di lavorazione per il kiwi in Europa Chiara Brandi È stata inaugurata il 30 settembre a Castel Bolognese, in provincia di Ravenna, la nuova struttura per la lavorazione, il confezionamento e lo stoccaggio di actinidia, dopo la ristrutturazione dello storico stabilimento di Agrintesa. Dapprima magazzino Paf, poi Intesa ed infine Agrintesa, nei sui trent’anni di attività l’impianto si è affermato come realtà all’avanguardia, divenendo oggi – nel decimo anniversario dalla nascita della cooperativa faentina – il primo in Europa nella gestione di kiwi, di cui Agrintesa è il primo produttore in Italia. Le attività si concentreranno nella lavorazione del kiwi a polpa gialla G3 (varietà esclusiva Zespri che viene prodotta grazie ad un importante accordo produttivo e commerciale) e del kiwi a polpa verde (soprattutto Hayward); in estate, per garantire l’utilizzo costante degli impianti e la piena attività del magazzino per 365 giorni all’anno, si tratteranno susine ed albicocche. Il progetto di ristrutturazione e ammodernamento è un’ulteriore tappa del percorso di crescita di Agrintesa, in un’ottica di valorizzazione del prodotto, del lavoro dei soci e del territorio. Si tratta di un investimento di 5 milioni di euro, in parte finanziato con i fondi del PSR della Regione Emilia Romagna, e che in futuro, come sottolineato dal presidente Raffaele Drei, “potrebbe godere di ulteriori risorse pubbliche grazie ad un piano di filiera che si sta portando avanti”. L’ampliamento della struttura segue le previsioni di crescita produttiva. Ad oggi la specie viene coltivata su una superficie di 1.900 ettari per il kiwi verde e di 550 ettari circa per quello giallo (in aumento fino a 750 ha entro il 2019). Complessivamente, la produzione si attesta su livelli importanti: “Le nostre stime per la stagione in corso si aggirano attorno alle 36 mila tonnellate per le varietà a polpa verde e sulle 5/6 mila tonnellate per quelle a polpa gialla”, conferma il direttore Cristian Moretti al Corriere Ortofrutticolo, sottolineando la grande soddisfazione per “un calo dei volumi complessivamente inferiore a quello stimato a livello nazionale, che – confessa – temo possa essere più elevato di quanto predetto dal CSO. Nei prossimi anni – continua – le quantità aumenteranno significativamente e raggiungeranno le 45 mila tonnellate di verde e le 25 mila di giallo. Tale incremento tuttavia non ci spaventa poiché sappiamo che potrà essere assorbito facilmente dalla domanda, sempre più orientata verso le varietà gold, di cui è previsto il maggior aumento”.

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Da sinistra: Gianni Amidei, Raffaele Drei, Cristian Moretti, Maurizio Gardini, Pier Giorgio Lenzarini e Gabriele Chiesa

L’impianto, dal nome evocativo quanto altisonante di Excalibur, è stato realizzato in maniera personalizzata dalla cesenate Sermac, azienda specializzata nella realizzazione di macchinari per la lavorazione dell’ortofrutta. È composto da due calibratrici, ciascuna dotata di 8 linee con una capacità oraria di 40 tonnellate. La fase di confezionamento consta di due linee ed ha una potenzialità di 18-20 tonnellate l’ora. Il sistema qualità della macchina procede alla rilevazione dei difetti esterni e della qualità interna del singolo frutto – vero aspetto rivoluzionario dell’impianto -, ed è quindi in grado di identificare le anomalie della polpa come parti morbide, ammaccature, danni da insetto, marcescenze e sovra-maturazione. Interamente automatizzati anche i processi di etichettatura e tracciabilità che permetteranno un controllo costante e preciso dei singoli frutti sino al cliente finale. L’inserimento di 2 nuovi tunnel di raffreddamento rapido per la gestione del prodotto destinato all’export oltremare, di 1.200 posti pallet di stoccaggio e di 44 celle di conservazione completano una struttura fortemente innovativa e all’avanguardia, il cui fiore all’occhiello è il laboratorio di monitoraggio dei kiwi pre e post raccolta, intitolato alla memoria di Luciano Matteucci, storico collaboratore della cooperativa scomparso qualche mese fa. L’evento si è concluso con l’intervento di Maurizio Gardini, presidente nazionale di Confcooperative, che ha ricordato come l’inaugurazione di uno stabilimento rappresenti sempre un atto di fiducia nei confronti del futuro. “Questo progetto – ha spiegato – costituisce la risposta migliore alle difficoltà delle aziende agricole e, attraverso l’innovazione, accompagna i soci ad essere protagonisti del mercato che cambia”.

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delle nuove aree produttive. Per la stagione 2017/18 previsto un aumento di circa 20 punti percentuali sul 2016/17. Le esportazioni hanno evidenziato una diminuzione tra il 2015 e 2016 posizionandosi a meno di 13.000 tonnellate complessive (la principale destinazione rimane la Spagna). Appare in ascesa la coltivazione di kiwi in Spagna attualmente sopra i 1.100 ettari. Nei prossimi anni sono attesi investimenti per ulteriori 150 ettari, anche nelle regioni che si affacciano sul Mediterraneo (Valencia e Catalogna). Le previsioni 2017 stimano una produzione commercializzabile di circa 15.000 tonnellate, +15% rispetto all'offerta del 2016. La quasi totalità dell'offerta prodotta è destinata al mercato interno e solo quote marginali vengono esportate. La Spagna continua ad essere il principale Paese importatore a livello europeo e nel corso del 2016 il volume in entrata è ulteriormente incrementato, portandosi sopra le 160.000 tonnellate. La coltivazione di kiwi in Grecia prosegue ad espandersi anche se, a partire dal 2016, il ritmo di impianto sembra essere calato. Attualmente sono stimati impianti per quasi 9.000 ettari complessivi. Le previsioni 2017 presentate dalla delegazione greca indicano un livello produttivo quantificato in circa 185.000 tonnellate, oltre il 15% in più rispetto alla scorsa stagione. Una quota molto rilevante della produzione greca continua ad essere destinata all'ex-

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port anche in relazione ad un mercato interno che continua a rimanere molto contenuto, si stima un volume pari a non oltre le 15.000 tonnellate annue. Nel giro di pochi anni, la Grecia ha completamente capovolto le destinazioni raggiunte dalle proprie spedizioni. Si è così velocemente passati da una prevalenza di Paesi extra-UE (prima dell'embargo circa 40% trovava collocamento in Russia ora servita da prodotto turco ed iraniano) a Paesi UE28, in particolare sul mercato tedesco e in Spagna. Tra i nuovi mercati l'interesse è rivolto alla Cina ed all'India. La gran parte della produzione in

Crescita delle superfici coltivate in Nuova Zelanda mentre in Cile l’areale dedicato continua a ridursi California è di cultivar Hayward, ma è in incremento la quota degli impianti a polpa gialla. Per la stagione 2017/18 le stime vedono una produzione in lieve calo, per un totale di circa 27.700 tonnellate complessive, il 3% in meno rispetto all'anno precedente. Oltre l'80% del prodotto viene venduto sul mercato nazionale. L'export è rivolto prevalentemente verso il Messico, mentre quantitativi inferiori raggiungono Canada, Giappone e Taiwan. Per il 2017/18 nei Paesi dell'Emisfero Nord è attesa una produzio-

ne commercializzabile pari a poco più di 701.000 tonnellate, il -5% rispetto all'anno precedente. A fronte di incrementi attesi in Portogallo, Spagna e Grecia pesa maggiormente la contrazione attesa nel complesso di California, Francia e soprattutto Italia. Situazione eterogenea tra i due grandi Paesi produttori dell'Emisfero Sud. In Nuova Zelanda la superficie a kiwi continua la ripresa a livello generale portandosi ad un totale di quasi 12.800 ettari già nel 2016. Hayward sembra lievemente scendere mentre è in rapida l'ascesa del prodotto a polpa gialla (ormai quasi tutto SunGold) salito già a 4.500 ettari. La produzione 2017 è stata di circa 420.000 tonnellate contro le 520.000 tonnellate dell'anno precedente (-20%) ma, sulla base del potenziale presente sono possibili per la stagione 2018 circa 540.000 tonnellate composte quasi in egual misura di kiwi verde e giallo. In Cile, al contrario l'areale dedicato alla coltura kiwi continua a ridursi passando da 10.400 ettari totali del 2015 a 9.500 ettari totali nel 2016. Continua l'erosione delle superfici a causa del mancato rinnovo, della presenza della PSA e non ultimo fattore, l'orientamento dei produttori verso altre frutticole (ciliegie e piccoli frutti). L'export 2017, secondo le proiezioni riportate, potrebbe arrivare ad essere leggermente inferiore rispetto al volume del 2016 (-3% , pari a circa 173-175.000 tonnellate).

Settembre 2017


DISTRIBUZIONE

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Lidl ed Eurospin più convenienti Prodotti firmati in Esselunga Come ogni anno, Altroconsumo ha pubblicato la sua indagine sulla spesa degli italiani. L’analisi ha riguardato 1.186.000 prezzi rilevati in 1.017 tra supermercati, iper e hard discount di 67 città italiane. La rivista ha preso in considerazione un paniere che comprende sia gli alimenti, freschi e confezionati sia i prodotti per l’igiene personale e la casa. In questo modo è stato possibile definire una mappa delle Regioni in cui si spende meno e individuare anche i punti vendita più convenienti all’interno delle varie città. Secondo i dati ISTAT, una famiglia (di 3 persone), in un anno, spende per fare la spesa circa 6.300 euro (il 20% dell’intero budget). La classifica finale indica le insegne Lidl ed Eurospin come le più convenienti, da consigliare ai chi sceglie l’hard discount come luogo dove fare la spesa. Esselunga, presente quasi solamente nelle regioni del Nord-Italia, è la migliore se si acquistano solo prodotti firmati dalle grandi marche. In seconda posizione troviamo Alì Supermercati, presente però solo in Veneto. Per chi preferisce riempire il carrello con i prodotti della marca del supermercato le catene da preferire sono Auchan e U2. La spesa più realistica però è un’intersezione di queste tre categorie e comprende prodotti di fascia alta (quelli di marca), di fascia media (a marchio commerciale) e di fascia bassa (i più economici). Per chi si riconosce in questa tipologia i supermercati ideali sono Auchan e Ipercoop. Analizzando la disposizione geografica dei punti vendita, l’area del Nord-est, con il Veneto in testa, si conferma la più conveniente, con un risparmio di circa 1.000 euro sulla spesa media anSettembre 2017

Annuale analisi di Altroconsumo sui supermercati italiani. Nei prodotti della marca del supermercato le catene che offrono di più sono Auchan e U2 nua di una famiglia italiana, secondo i dati Istat (di prodotti di marca). Le tre città che quest’anno si aggiudicano le prime posizioni nella classifica della convenienza sono: Vicenza, Pordenone e Treviso, mentre le più care risultano: Messina, Aosta e Salerno. Altroconsumo per capire meglio la situazione propone tre esempi. Un anziano che vive da solo spende in media 4.035 euro l’anno, ma potrebbe scendere a 2.519 euro acquistando prodotti della marca commerciale del super-

mercato e dimezzare la cifra recandosi solo negli hard discount. Una coppia con un budget annuale di 6.500 euro ridurrebbe l’importo di oltre 2.400 euro con i prodotti a marchio commerciale e ne spenderebbe solo 3.119 euro recandosi al discount. Una famiglia di quattro persone che deve sborsare 8.300 euro ne risparmierebbe oltre 3.400 euro se si orientasse sulle marche del supermercato, mentre al discount ridurrebbe le uscite di 4.300 euro.

Vendite nella GDO in crescita soprattutto nel Centro Salgono a tre le letture positive di settembre che si candida così a essere un ottimo mese per le vendite della distribuzione moderna. È comunque da Ferragosto che la GDO non compie un passo falso, mostrando un trend chiaramente rialzista con cinque progressi consecutivi. Secondo i dati raccolti da Nielsen, nella settimana dall’11 al 17 settembre il fatturato dei supermercati è salito dell’1,84% rispetto allo stesso periodo del 2016, portando il bilancio del mese a +1,26% e quello del 2017 a +0,54%. Il Centro si è ancora una volta confermato la macro-area più in forma con un balzo del 2,58%; è stata però una settimana molto positiva anche per il Sud (+2,33%). Il Nord-ovest si è riscattato dalla debolezza della lettura precedente, salendo

dell’1,54%, mentre il Nord-est è stato il fanalino di coda con una crescita dell’1,13%. Toscana, Marche, Umbria, Lazio e Sardegna guidano con grande distacco la classifica da inizio anno con un aumento delle vendite dell’1,22%; la seconda posizione è occupata da Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria e Lombardia che si devono accontentare di un risicato +0,37%. Ancora inferiore il rialzo di Emilia Romagna, Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia (+0,25%), mentre Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Campania, Calabria e Sicilia sono ancora pericolosamente vicini ai valori dell’anno scorso (+0,18%). A macchia di leopardo, l’Italia sembra aver iniziato faticosamente il cammino per una parziale uscita dalla crisi.

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MONDO

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Incontro-scontro tra colossi per la partita dell’e-commerce Incontro-scontro tra giganti. Amazon, leader dell’e-commerce, vuole acquistare Carrefour, tra i primi retailer europei; Google, colosso della rete, e Wal Mart, primo retailer mondiale, fanno un’alleanza strategica, per contrastare Amazon sul suo terreno. Negli ultimi giorni di settembre le azioni di Carrefour in Francia erano in risalita. Merito, secondo l’agenzia Reuters, delle voci su un possibile interesse di Amazon verso la grande catena di distribuzione d’Oltralpe. Il titolo di Carrefour, infatti, che era in contrazione di oltre il 16% dal 31 agosto, è aumentato del 3,45%, a 17,09 euro. Questo perchè alcuni trader starebbero riferendo di voci che dalla fine dell’estate si rincorrono dando per molto probabile un acquisto della catena francese da parte del gigante americano. Voci riportate anche da diverse testate internazionali, con particolare insistenza da parte della stampa francese. Un portavoce di Carrefour ha dichiarato che l’insegna non intende commentare queste speculazioni sui mercati. Carrefour è la maggiore catena di supermercati e ipermercati francesi, fondata ad Annecy nel 1959. E’ il settimo gruppo di commercio al dettaglio al mondo e il secondo in Europa dopo la tedesca Swarze. In Italia è il sesto distributore nazionale. In Italia conta su 57 ipermercati ad insegna Carrefour, 416 supermercati ad insegna Carrefour Market, 585 negozi di prossimità ad insegna Carrefour Express, 3 discount ad insegna Supeco e 13 cash & carry con le insegne Docks Market e Gross Iper. Contemporaneamente alle voci di Carrefour, il mondo dell'ecommerce si è arricchito di una nuova sfida con un'alleanza straSettembre 2017

Amazon interessata all’acquisto di Carrefour mentre Wal Mart si allea a Google per guadagnare terreno nelle vendite attravereso la rete: il loro patto è già operativo

tegica tra il colosso dei supermercati Walmart e il gigante internet Google, che intendono lanciare la sfida proprio ad un altro colosso, Amazon, con il sistema di assistenza vocale per gli ordini Mountain View. Un'alleanza che è appena partita anche per una prima fase di operatività, con il gigante dei supermercati che fa da fornitore, e quello internet che si occupa della gestione online delle vendite. Sta per nascere dunque un nuovo colosso, fondato su premesse molto solide, visti i soggetti in campo, per un settore sempre in crescita, e

che non ha ancora terminato l'occupazione dei mercati. A parlarne, in una nota nel suo blog, è stato proprio il presidente dell'azienda leader nel settore del commercio, Marc Lore, che vuole così partecipare al retail online, grazie agli ordini vocali forniti da Google Assistant. Già da fine di settembre sono centinaia di migliaia i prodotti disponibili per gli ordini vocali, ma il presidente Lore si spinge addirittura a promettere "la più grande offerta di distribuzione disponibile sulla piattaforma", grazie anche all'integrazione con Google Express.

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Emanuele Zanini Partenza regolare e abbastanza positiva per il comparto delle pere. In Italia, secondo i dati diffusi dall’OI Pera ed elaborati da CSO Italy i volumi sono in crescita sul 2016 (+5%) a 719 mila tonnellate come previsione, nella media del triennio 2014-2016. Il sostanziale equilibrio viene confermato da Gianni Amidei, presidente dell'Organismo Interprofessionale della Pera, che parla di una buona partenza per l'Italia, in linea con le previsioni, e buone prospettive per i prossimi mesi. Il numero uno dell'OI Pera non nasconde un cauto ottimismo sulla campagna, grazie anche ad un avvio di stagione regolare delle varietà estive. “Positivo il mercato sia per Carmen che per Santa Maria con buoni riscontri commerciali - commenta Amidei. "A causa del caldo in agosto il mercato è andato un po’ a rilento, mentre a settembre con l’abbassamento delle temperature i consumi sono cresciuti". Per quanto riguarda le varietà autunnali la partenza dell’Abate è giudicata soddisfacente “con la sensazione che ci sia leggermente più prodotto rispetto al previsto”, ma comunque più o meno in linea con le previsioni. Discrete le performance della William, “anche se un po’ sottotono come volumi. In generale comunque ci sono buone prospettive”. Il raccolto complessivo delle pere italiane per il 2017 si prospetta in linea con le previsioni anche per il Consorzio Opera, specializzato esclusivamente sulla pera e costituito da 18 aziende associate che rappresentano un migliaio di pericoltori e oltre 7.000 ettari di pereti dai quali si raccolgono in media oltre 200 mila tonnellate/anno di pere (circa il 28% della proSettembre 2017

PERA

Segni di ripresa nel 2017 ma serve più aggregazione Perentorio il direttore generale di Opera Luca Granata: “Esistono ulteriori margini di crescita per le aziende coltivatrici”. Ma, aggiunge, si dovrebbe disporre di una maggiore massa produttiva

duzione nazionale), il 40% delle quali viene esportata in 54 Paesi servendo 2.500 clienti. Le vendite delle prime varietà estive (Coscia, Morettini Guyot e Carmen) si è conclusa per Opera con buoni risultati in termini di euro per ettaro, analoghi o leggermente migliori di quelli del 20162017. "Le vendite di Santa Maria, Williams, Max Red Bartlett e Abate sono in pieno svolgimento (metà ottobre, ndr) – sottolinea il direttore generale di Opera Luca Granata - e la commercializzazione per il momento procede regolarmente sia in termini di volumi che di quotazioni medie. In generale, per quanto riguarda le varietà autunnali, qualità e volumi del raccolto 2017 sono rimaste analoghe a quelle del raccolto 2016". Tracciando il bilancio della scorsa stagione (esercizio 2016/2017), "i risultati medi in termini di produzione lorda vendibile in euro per

ettaro per i nostri soci frutticoltori sono stati migliori di quelli del precedente esercizio 2015/2016", precisa Luca Granata, “anche se a nostro avviso restano ancora ben al di sotto dei risultati che è indispensabile raggiungere per generare una sufficiente sostenibilità economica di lungo termine per la media delle aziende frutticole che coltivano il pero". “Nel corso dell’esercizio 20172018 - aggiunge Granata - ed anche durante quelli successivi continueremo nell’esecuzione dei progetti già avviati negli anni scorsi e di alcuni altri già definiti per provare a migliorare ulteriormente le nostre performance in termini di qualità e quantità del raccolto, gestione della conservazione e qualità organolettica dei frutti, test e sviluppo di nuove tecnologie per la selezione e confezionamento del prodotto, efficacia della commercializzazione e dell’attività promo-pubblicitaria www.corriereortofrutticolo.it

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Gianni Amidei, presidente della OI Pera, Luca Granata, direttore generale di Opera e Alessio Orlandi di Origine Group

eseguita a supporto della domanda di pere Opera, innovazione di prodotto e di servizio”. Da settembre di quest'anno, inoltre, Opera ha lanciato nuove referenze come Le MINIS abbinate a

'Un’Opera buona per ABIO' (ndr: per sostenere la fondazione Abio, Associazione per il bambino in ospedale, che opera nei reparti di pediatria di oltre 200 nosocomi italiani a sostegno dei piccoli ri-

Italia e Portogallo a segno + Spagna, Olanda e Belgio in calo Con circa 2.148.000 tonnellate a livello complessivo, l’offerta 2017 di pere della UE a 28 segna un calo dell'1% rispetto ai volumi contenuti prodotti nel 2016, posizionandosi al di sotto dell’8% alla media del triennio 20142016. Lo riporta CSO Italy, analizzando le previsioni di stagione. Tra i principali Paesi produttori solo Italia e Portogallo segnano variazioni positive, dovute in parte anche alla scarsità delle produzioni dello scorso anno. L’Italia, con circa 719 mila tonnellate, segna un +5% sul 2016, rimanendo comunque prossima ai valori medi del periodo 20142016. Il Portogallo con un’offerta prevista di 186 mila tonnellate, cresce del 65% sul 2016, ma in questo caso è necessario sottolineare l’annata fortemente negativa dello scorso anno. Il quantitativo preventivato, sottolinea il CSO, non rappresenta comunque il potenziale massimo di questo Paese in grado di superare le 200 mila tonnellate. Tutti gli altri importanti Paesi

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produttori vedono stime in calo rispetto alla precedente stagione. Il Belgio con circa 300 mila tonnellate, scende del 7% e si mantiene sotto il 15% rispetto alla media del triennio; l’Olanda con 307.000 tonnellate, scende del 18% sul 2016 e del 14% sulla media degli anni più recenti. Stabile, invece, la Spagna rispetto allo scorso anno con circa 312.000 tonnellate, che rappresentano insieme ai volumi del 2016, il livello più basso degli ultimi anni. Sul piano varietale, Conference vede scendere il proprio livello produttivo (-7% sul 2016), William è attesa sul -5% sul 2016, mentre Abate Fetel è stimata in crescita del 12% rispetto ai bassi quantitativi dello scorso anno. Alle spalle dell’Italia, che è di gran lunga il primo produttore di pere d’Europa, si attestano quindi tre Paesi con quantitativi simili, oscillanti tra le 300 e le 312 mila tonnellate, che sono appunto Spagna, Olanda e Belgio, mentre il Portogallo segue in quinta posizione.

coverati), il panettone alla pera Opera (in co-marketing con l’azienda pasticciera Scarpato di Verona) mentre sono in cantiere alcune iniziative che saranno annunciate più avanti nel corso della stagione. “Per quanto riguarda in particolare Le MINIS - sottolinea Granata -, si tratta di frutti 'a misura di merenda', disponibili per tutte le varietà principali, molto comode da consumare, con un profilo nutrizionale interessantissimo ed un packaging pratico e d'effetto. E’ una linea di prodotto che punta soprattutto a conquistare i giovani, i giovanissimi e le loro mamme, sempre alla ricerca di un’alternativa sana per lo spuntino dei loro figli. Ogni confezione di Le MINIS contiene tre frutti ed un mini tatuaggio ad acqua in dieci soggetti da collezionare”. Sulla situazione del comparto e i suoi punti deboli, infine, Luca Granata fa sapere che "il Consiglio di amministrazione del Consorzio Opera ritiene che il livello di aggregazione della produzione italiana di pere - e di conseguenza anche quello della concentrazione dell’offerta di questo frutto sia ancora largamente inferiore rispetto a quello considerato indispensabile per consentire al settore della coltivazione del pero di raggiungere un livello di efficienza e di efficacia tali da garantire la sostenibilità economica di lungo termine per la maggior parte delle aziende frutticole interessate". Ciò implica che su questo aspetto fondamentale c’è ancora moltissiSettembre 2017


per buonissimissime ragioni

Il Territorio italiano più vocato per il pero: è qui che coltiviamo, raccogliamo e selezioniamo ad una ad una le nostre pere. 7500 ettari di pereti e l’impegno di 1000 esperti frutticoltori. Così nasce la qualità delle pere Opera, in tante varietà, tutte buonissime. Coltivate e confezionate rispettando i più severi standard internazionali. Tante novità nelle confezioni, nella comunicazione e nelle opportunità di consumo, per aiutarti a vendere meglio e di più.


PERA

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Politica e tecnica di settore in novembre a Futurpera Si avvicina l'appuntamento con Futurpera, il salone internazionale delle pera in programma a Ferrara dal 16 al 18 novembre. Nel corso della tre giorni della kermesse, giunta alla seconda edizione e organizzato da OI, Organizzazione Interprofessionale Pera, e da Ferrara Fiere e Congressi, si potranno conoscere le novità nel campo del vivaismo e scoprire le ultime tendenze in fatto di innovazione varietale, grazie alla presenza delle principali aziende del settore. Uno degli obiettivi di FuturPera è proprio sviluppare l’intera filiera, a partire dalla ricerca varietale. Ricca e di sicuro interesse anche la proposta espositiva legata al miglioramento dei processi produttivi. Qualificanti, in questo senso, le adesioni di aziende che presenteranno in Fiera le nuove frontiere in fatto di fertilizzanti, biostimolanti, agrofarmaci e sementi. Aziende storiche del settore che, soprattutto negli ultimi anni, sono sempre più orientate verso l’immissione nel mercato di prodotti a basso impatto ambientale, in linea con un altro degli obiettivi di FuturPera: promuovere una pericoltura di qualità e sostenibile. I padiglioni espositivi di Ferrara Fiere ospiteranno anche un’ampia scelta di macchinari per la gestione del frutteto, della raccolta e post-raccolta, in grado di semplificare e ottimizzare il lavoro degli operatori. All'interno del salone non poteva mancare il settore chiave della lavorazione post-raccolta, in cui verranno presentate nuove soluzioni in grado di aprire nuove strade per la selezione e lavorazione del prodotto. La seconda edizione del Salone sarà anche un importante punto

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d’incontro di buyer provenienti dai principali Paesi importatori e punterà a favorire l’internazionalizzazione del prodotto. Per questo saranno presenti le principali aggregazioni di produttori e le più importanti aziende del comparto. Di livello anche il programma dei convegni tra cui uno dedicato a innovazione tecnica e tendenze di mercato organizzati in collaborazione con CSO Italy e una serie di incontri tecnici - uno dei quali organizzato da Condifesa Bologna e Ferrara - e workshop, che toccheranno gli argomenti ‘caldi' del settore: dalla lotta alla cimice asiatica ai metodi di concimazione, fino alle prospettive per il consumo delle pere a livello internazionale. I convegni seguiranno principalmente due filoni: politico e tecnico. Il primo si propone di analizzare gli attuali punti di forza e di debolezza del comparto, le possibili minacce ed opportunità e le proiezioni di ipotetici scenari futuri. “Rispetto a due anni fa la situazione geopolitica è profondamente cambiata”, spiega il presidente di Futurpera Stefano Calderoni. “La Brexit e la chiusura di Trump ci pongono davanti a due nuove sfide: la possibile perdita del 3° mercato di destinazione per le pere italiane e l’inibizione di un bacino potenzialmente molto vasto come gli States. Senza dimenticare il proseguire dell’embargo russo. Un panorama complesso che rischia di disorientare i produttori. Futurpera si propone dunque come un’occasione ‘di sintesi’, in grado di fornire spunti di riflessione, mostrando strumenti di analisi e suggerendo alternative di sviluppo possibile. Stiamo cercando di creare le condizioni affinché le parti dialoghino: il nostro obiettivo è essere un ponte”.

mo da fare. “È però evidente – conclude il direttore di Opera che se non saranno la maggior parte degli stessi pericoltori e le loro aziende di riferimento a decidere che il settore si aggreghi a livello sufficientemente elevato, molto probabilmente ciò non avverrà mai, a prescindere dagli sforzi prodigati da alcuni di loro”. Per quanto riguarda la campagna in corso, è sulla stessa lunghezza d'onda il commento di Alessio Orlandi, general manager di Origine Group, che parla di un andamento in linea con il discreto 2016-2017, con “un agosto ed un inizio settembre a rilento per il permanere del caldo, una successiva netta ripresa con l’abbassamento delle temperature, che hanno cambiato l’assortimento dei punti vendita da frutta estiva a frutta autunnale”. Sulle varietà autunnali Orlandi aggiunge come la campagna sia iniziata in anticipo, “ma grazie alle piogge settembrine si è allungata ed ha permesso di recuperare pezzatura nelle autunnali. Il quantitativo sembra essere leggermente superiore allo scorso anno, ma comunque nella media del triennio”. Facendo un passo indietro, la scorsa stagione per Origine Group è stata la prima vera annata piena, “chiusasi positivamente con l’utilizzo del marchio Pera Italia in alcune catene della GDO - chiarisce Orlandi. Il 2017-2018 si profila positivo grazie all’apertura di mercati in export sia Oltremare che europei. Si sta predisponendo anche una campagna nazionale con azioni di marketing nelle catene distributive che si professeranno interessate e nei mercati all’ingrosso”. Origine la scorsa stagione ha commercializzato oltre 90 mila tonnellate di pere a marchio Pera Italia. Le pere a marchio sono state vendute soprattutto all’estero. Origine Group ha in programma di tentare di sviluppare ulteriormente il marchio in Italia ed Europa. Settembre 2017


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Mariangela Latella L'Italia rimane uno dei punti di riferimento a livello europeo nel mercato dell'uva da tavola, di cui detiene ancora il primato nel Vecchio Continente. Ma il Belpaese deve fare attenzione. I consumi ristagnano, le produzioni calano. E se da una parte i consumi mondiali invece crescono, dall'altra i competitors internazionali sono più agguerriti che mai e avanzano. Una panoramica sul comparto è stata effettuata all'ottavo simposio internazionale sull'uva da tavola che si è tenuto dall'1 al 7 ottobre tra Puglia e Sicilia. In poco meno di dieci anni, dal 2007 al 2016, la produzione italiana di uva da tavola si è ridotta di un terzo: vuoi per la riduzione delle rese degli impianti produttivi che soprattutto in Puglia, sono ormai vetusti, vuoi per la riduzione degli areali nel quadro di un contesto di riconversione produttiva (in Sicilia, ad esempio a favore di albicocche, pesche, limoni e melograno) che sta riguardando tutto il comparto produttivo nazionale a caccia di produzioni più remunerative. Secondo i dati di CSO Italy, presentati da Federico Passarelli nel convegno “L’uva da tavola e i prodotti deperibili di fronte alla sfida dell’internazionalizzazione” che si è tenuto a Bari nel corso del simposio, l’importante calo produttivo (-28%, da 1,4 milioni di tonnellate a 970mila tons) non ha toccato la posizione di leadership dell’Italia che rimane comunque il principale produttore europeo con una quota del 58% contro il 18% della Grecia e il 16% della Spagna. “Il contesto odierno – precisa Passarelli – è caratterizzato da un consumo domestico in calo che ha determinato una lenta ma proSettembre 2017

L’Italia si conferma primo produttore europeo di uva da tavola anche se negli ultimi 10 anni la produzione si è ridotta di un terzo. Il punto all’ottavo Simposio internazionale tra Puglia e Sicilia

UVA DA TAVOLA

Cresce la concorrenza estera Serve allargare l’innovazione

La campagna in corso presenta qualità, con volumi scarsi Ottima qualità ma volumi scarsi e ritorni economici insoddisfacenti. È questa la fotografia scattata da Giacomo Suglia, vice presidente di FruitImprese, sulla prima parte della stagione dell’uva da tavola in Puglia. Per il presidente di APEO grazie anche al clima favorevole, aspetto e gusto dei prodotti sono di alto livello. “In generale però manca il 25% della produzione – afferma Suglia -. I prezzi alla produzione sono più alti ma a causa anche dei volumi inferiori commercializzati i ricavi generati dalle aziende non sono soddisfacenti. Ad incidere è stato anche l’aumento dei costi di produzione, a partire dagli imballaggi”. La stagione è partita attorno al 20 giugno con due settimane di

anticipo, con la varietà Black Magic, a cui sono seguite le altre. “Contiamo di arrivare anche quest’anno con la stagione commerciale fino a Natale”, afferma il vice presidente di FruitImprese. In continua ascesa la produzione di uva senza semi. “La marcia delle apirene prosegue senza sosta - conferma Suglia - con un aumento dei volumi importante. Anche i nuovi impianti vanno verso questa tipologia di uva. L’importante però – osserva Suglia – è non trascurare il prodotto con seme che conserva proprie importanti peculiarità”. Sui mercati il prodotto ha ottenuto un discreto riscontro, “anche se ci aspettavamo di più in termini di prezzi, sia in Italia che all’estero”, precisa Suglia. (e.z.)

gressiva flessione del settore aggravata anche dall’embargo russo. Questi due elementi rendono prioritaria l’apertura di nuovi sbocchi di mercato ma il processo non è agevole anche a causa dell’esistenza di barriere di tipo fitosanitario che ci precludono l’ingresso nei principali Paesi consumatori come, ad esempio la Cina, il Messico o l’Indonesia. In quest’ultimo Paese, in particolare, l’export è letteralmente precipitato a partire dal 2011 quando vendevamo quasi 60mila tonnellate per arrivare a poco più di 37mila nel 2012, proprio a causa dell’in-

troduzione di nuove barriere non tariffarie”. Guardando alle altre mete extra europee, secondo il dati forniti dal CSO, se negli Stati Uniti e in Canada l’export è rimasto sostanzialmente stabile, si registra una vera e proprio impennata, negli ultimi anni, negli Emirati Arabi Uniti (+174% passando dalle 18.366 tonnellate del 2004 alle oltre 50mila del 2013) e in Giordania, mercato appena aperto, dove tra il 2013 e il 2016 l’export è cresciuto di quasi il 2000% (da 50 tonnellate a oltre mille). “L’uva da tavola – chiarisce Paswww.corriereortofrutticolo.it

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UVA DA TAVOLA

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Arabia Saudita, mercato sempre più interessante Con una finestra di mercato ottimale che va da ottobre a dicembre ed un target di potenziali consumatori che attinge ad una popolazione di oltre 30 milioni di abitanti con un reddito medio procapite da 25mila dollari l’anno, l’Arabia Saudita, candidata a diventare il primo polo turistico mondiale entro il 2022, si rivela un’ottima piazza (e soprattutto non così lontana) per l’export dell’uva da tavola italiana anche perché garantisce quotazioni a scaffale che arrivano fino a sei euro al chilo. “Semaforo verde per Red Globe e uve apirene con acini grandi” spiega Giuseppe Lamacchia, direttore dell’ICE di Riyadh intervenuto, in conference call, all’appuntamento barese dell’ottavo Simposio internazionale dell’uva da tavola, nel quadro del convegno dedicato alla internazionalizzazione del comparto. "L’Arabia Saudita è un Paese giovane dal momento che i consumatori con capacità di scelta (15-64 anni), rappresentano il 46% della popolazione ed è un target in continua crescita visto che l’incremento demografico viaggia a ritmi di 600mila abitanti in più all’anno. Un investimento su questo mercato è senza dubbio a lungo termine e può generare un indotto importante per l'industria italiana vista anche la necessità di implementare la cold chain e in generale tutte le tecnologie della refrigerazione”. L’approccio logistico è garantito dai servizi diretti sui porti di Gedda nel Mar Rosso (raggiungibile in sei giorni), e Amman in Giordania, sul Mediterraneo, 18 giorni con interscambio modale su gomma o su rotaia. Da un punto di vista fiscale il governo saudita ha annunciato di intro-

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durre per la prima volta l’IVA al 5% a partire dal gennaio 2018. “Da un anno a questa parte continua Lamacchia - si registra un giro di boa nelle politiche governative. Il quarto Paese produttore di petrolio nel ranking mondiale infatti, sta lavorando con il programma Vision 2030, per diversificare i settori economici. L’agroalimentare è uno di quelli su cui si punta maggiormente. In questo contesto, i mercati all’ingrosso locali, fino ad oggi gestiti da aziende municipalizzate, si aprono ai capitali e ai prodotti stranieri con l’obiettivo di portare nel Paese knowhow, tecnologia e qualità”. Attualmente l’Italia è il quinto Paese fornitore di uva da tavola con una quota del 9% e un fatturato complessivo di 6,4 milioni di dollari ma i margini di crescita sono importanti. Al primo posto l’India (17% di quota e un volume d’affari di circa 12 milioni di dollari); il Cile (15% con 10 milioni di dollari); l’Egitto (14%, 9,8 milioni) e la Turchia (12%, 8,5 milioni). "Gli operatori dell’Arabia Saudita - chiosa Lamacchia - chiedono forniture annuali e non stagionali. Per questo sarebbe meglio costruire un’offerta aggregata che possa andare oltre i tre mesi dell’uva con la proposta di altri prodotti come, ad esempio, carciofi, finocchi e broccoletti, molto richiesti.” “Un aspetto fondamentale è la cura costante dei rapporti con gli operatori locali siano essi importatori che catene della GDO, anche attraverso visite periodiche durante l’anno o la partecipazione alle fiere di settore del Paese.” (m.l.)

sarelli – è una referenza strategica per il nostro Paese. Mettendola in comparazione con le principali referenze ortofrutticole, è il secondo prodotto esportato tra il 2007 e il 2016 dopo le mele, rispetto alle quali ha un distacco significativo. Mentre in confronto al kiwi, altra grande produzione italiana, ha dei volumi di export nettamente superiori”. La principale destinazione della nostra uva da tavola rimane l’Europa e in particolare la Francia dove tra il 2013 e il 2016 si è registrato un incremento dell’export anche in funzione della crescente remuneratività di questo mercato che ha determinato un incremento del fatturato del 29% passando da circa 162 milioni di euro a quasi 210 milioni. Un trend di crescita che è praticamente doppio rispetto a quello dei volumi: +15%. Interessanti performance si registrano anche in Romania e Ungheria dove, a fronte di un aumento dei volumi esportati, rispettivamente del 12 e 61%, il fatturato è praticamene raddoppiato (94,7% e 89%). I consumi di uva continuano a salire nel mondo ma l’Italia, che pure è il primo produttore europeo, perde quote (-13% su scala mondiale, fonte ICE su dati GTI) a vantaggio dei competitor vecchi e nuovi. Il rallentamento non dipende tanto da una riduzione dell’export, che negli ultimi cinque anni è rimasto sostanzialmente stabile, quanto piuttosto dall’aumento e dal rafforzamento dei produttori globali primo fra tutti il vicino e galoppante Egitto e la Turchia, per restare nell’area mediterranea, ma anche il Sud Africa, l’India (dove le nuove colture di uva stanno letteralmente esplodendo), la Cina oltre che i grandi produttori sudamericani come Cile, Perù e Messico. Logistica, tecnologie per la catena del freddo, innovazione varietale, burocrazia, abbattimento delle barriere fitosanitarie e, di pari passo, promozione sui nuovi mercati, sono le sfide che il comSettembre 2017


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Con l’obiettivo di arrivare a 500 ettari piantati di uva seedless rigorosamente made in Puglia, il progetto 'Grape&Grape’ di Grape&Grape Group srl, costituita nel 2016 da sette aziende pugliesi, rappresenta una delle principali spinte al rinnovamento dei vigneti anche per il suo core business di ricerca e miglioramento varietale che in poco più di due anni di attività ha già messo sul campo tre cultivar apirene (Apulia Rose, Luisa e Fiammetta) e ne sta testando almeno altre cinque di cui una già in fase di registrazione. "L’obiettivo - spiega Massimiliano Del Core dell’azienda agricola Pignataro, una delle sette riunite nel progetto insieme a OP Secondulfo, Frudis, Sop, Fra. Va., F.lli La Porta e un’azienda di consulenza agronomica - è quello di realizzare incroci che offrano ai produttori pugliesi, colture che hanno una buona resa produttiva, una certa resistenza in cella, dei colori riconoscibili oltre a precise caratteristiche organolettiche come un buon gusto ed un grado brix superiore a 18". Più di 200 gli ettari già in produzione tra Puglia e Sicilia. La varietà più diffusa è l’Apulia (140 ettari), varietà rossa medio tardiva, maggiormente vocata all’export (viene venduta in Germania e Austria) che, pur essendo stata sviluppata dagli anni ’90, è entrata massivamente nel mercato da un paio di anni grazie all’acquisizione dei diritti da parte di Grape&Grape Group. Tra le sue caratteristiche l’elevata resistenza (fino a 30 giorni in cella) e la massiva produttività che arriva a 40 tonnellate per ettaro parto nazionale dovrà affrontare per cavalcare l’onda dei consumi. Intorno a questi temi si è svolta la tavola rotonda “L’uva da tavola e i prodotti deperibili di fronte alla sfida dell’internazionalizzazione”, diretta da Luca Lanini, professore di supply-chain management dell’Università Cattolica di Piacenza e Cremona. Il meeting ha concluso il calendario pugliese del simposio, che si è poi trasferito in Sicilia. “Il traffico marittimo dell’uva e dei prodotti deperibili – ha precisato Lanini – acquista una crescente importanza. Sono 2,4 milioni le tonnellate di uva da tavola che viaggiano via mare in tutto il mondo. Di queste quasi la metà Settembre 2017

contro le 25 di media. Sessanta ettari sono destinati alla varietà Luisa che è bianca, molto dolce e precoce e una dozzina di ettari sono infine dedicati alla cultivar Fiammetta, caratterizzata da un colore rosso intenso. "L’obiettivo minimo – continua Del Core – è quello di raddoppiare la produzione nel medio periodo ed i margini di crescita sono concreti anche perché si stima che il 75% dei vigneti pugliesi, più di 2mila ettari, stiano per arrivare a scadenza perché le piante sono vecchie (più di 15 anni) e che i produttori si orienteranno sicuramente sulle varietà apirene più richieste dal mercato. Attualmente solo il 25% degli impianti è stato riconvertito (piante con meno di 10 anni) con orientamento netto verso le seedless. In questo contesto le produzioni Grape&Grape Group rappresentano il 20% delle nuove colture ed il 2% del totale delle superfici pugliesi destinate all’uva da tavola". La ricerca non si ferma e, nei due campi sperimentali di Polignano e nei pressi di Mola di Bari, il gruppo pugliese continua a testare nuove varietà. Tra queste, ha già avviato l’iter di registrazione la cultivar GGGN01A sulla quale sono stati fatti dei panel test lo scorso agosto. “Tra tutti i nuovi incroci - conclude Del Core - c’è solo una varietà con semi, molto dolce, che si inserisce tra la varietà precoce Vittoria e quella Italia e che, per questo potrebbe funzionare in Puglia”. (m.l.)

in container refeer (46% contro il 20% dell’export italiano di uva). L’uso di questi container è in continua crescita e registra un trend di crescita del 3% l’anno”. Accorciare i tempi doganali diventa strategico. Anche per questo nei porti italiani si sta spingendo sullo sdoganamento in mare ed il pre-clearing ossia la possibilità di spedire i documenti di trasporto in anticipo rispetto ai tempi di arrivo della merce. “Abbiamo molto affinato la tecnologia per verificare la qualità del carico – ha spiegato Marco Adomi, business developer per il Medioriente del gruppo Savino del Bene – e l’aggiornamento è in continua evoluzione. Uno dei

UVA DA TAVOLA

Innovazione varietale made in Italy, partito in Puglia il progetto Grape&Grape con 7 aziende

punti salienti per controllare la qualità delle merci, è la tracciabilità delle tempistiche di magazzino. Il pre-cooling diventa strategico per una corretta gestione di questo aspetto ma rappresenta ancora uno dei punti critici della movimentazione delle merci”. Maggiore attenzione viene data al packaging che, come ha spiegato Barbara Giusti di Sealed Air “oggi impiega film sempre più sottili e microperforati per ottimizzare la respirazione dell’uva con un allungamento della shelf-life fino a sette giorni se il primo trattamento post raccolta è fatto in maniera adeguata”. Il futuro degli imballaggi per l’uva da tavola sono i packaging attivi. www.corriereortofrutticolo.it

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Canicattì e Mazzarrone, secondo polo produttivo dopo la Puglia, in cerca di rilancio Con circa 10mila ettari distribuiti tra Canicattì (circa 6mila) e Mazzarrone, la Sicilia è il secondo polo produttivo italiano di uva da tavola che apre la stagione, con le varietà precoci, sin da fine maggio e la continua fino a dicembre. A differenza di quello pugliese, il comparto siciliano si dimostra ancora legato alle varietà tradizionali con semi, in particolare uva Italia e Red Globe, orientato verso nicchie di mercato ma anche meno organizzato commercialmente dal momento che sono circa 7 le aziende commerciali del territorio. Questa situazione è determinata soprattutto dalla forte atomizzazione e disaggregazione del tessuto produttivo caratterizzato prevalentemente da piccole aziende. Il Consorzio IGP Uva Italia di Canicattì (che aggrega 51 produttori e 11 confezionatori per complessivi circa 350 et-

tari, con altre 20 richieste di adesione arrivate quest’anno) sta dando un’importante spinta propulsiva a tutto il comparto, con il forte sostegno dei Comuni dell’hinterland che registra un incremento degli areali in un rinnovato trend di crescita (+10% l’anno). L’intento è quello di ridare all’uva di Canicattì il ruolo di primo piano che ha avuto tra gli anni Settanta e la fine degli anni Ottanta quando si è avuto un vero e proprio apogeo che ha determinato la ricchezza del territorio che oggi forse vive ancora di rendita ma che, in controtendenza con i dati sul lavoro nel Meridione, non accusa grossi gap occupazionali o migrazioni giovanili di massa. Anche per rilanciare la vocazione produttiva di uva da tavola, il Comune di Canicattì ha ridato vita all’Uva Fest. (m.l.)

L’innovazione in Sicilia è a 360 gradi trainata dalle aziende maggiori La campagna 2017 dell’uva da tavola siciliana segna l’anno della svolta e del rilancio sul mercato ma anche per l’avvio dei primi processi di innovazione che, però, fino ad ora, stanno riguardando solo le aziende più grandi, quelle che possono permettersi di investire in tecnologia. Uva in sacchetto. La ditta Golden Grapes della Famiglia Brucculeri, ad esempio, pioniera, venti anni fa, in Italia per la coltivazione di uva in sacchetto interamente biologica e biodinamica, ha appena avviato uno studio di un nuovo sacchetto trasparente e biodegradabile che oltre che per la coltivazione sarà usato anche come confezione per la vendita e che dovrebbe arrivare sul mercato nel 2019. Sempre quest’anno Golden Grapes ha iniziato a testare sul mercato la coltura in serra (un ettaro) con la prima campagna di due primizie senza semi (per metà coltivate in sacchetto e per metà senza), ossia la Centennial e la Pink Muscat mentre l’obiettivo per la fine dell’anno è di mettere a dimora altri 5 ettari che andranno ad aggiungersi ai 40 attuali. Tra le varietà in fase di impianto anche una vecchia cultivar siciliana tardiva a bacca bianca, esente da royalties e conosciuta con il nome di uva d’inverno che permetterebbe all’azienda di estendere la stagionalità fino a dicembre. Nuovi mercati. Porte aperte all’India per l’azienda agricola Geva, nota per produrre uva fuori suolo e che per la prima volta, da questa campagna, è riu-

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scita a mandare verso l’Oceano Indiano i primi quattro vagoni di Red Globe. “L’obiettivo – ci spiega Carmelo Vita, titolare dell’azienda a conduzione familiare – è quello di continuare a crescere su questo mercato e, in previsione, espandere anche i nostri areali per potere soddisfare la crescente domanda di questo prodotto”. La tecnica di coltivazione usata da Geva (circa 16mila piante in vaso con un sesto di 40 centimetri in grado di produrre 480 quintali per ettaro contro i 300 di media) permette da un lato di controllare meglio la qualità del prodotto e dall’altro di ridurre l’impatto ambientale non solo per la minore vulnerabilità delle piante agli attacchi di funghi e insetti, e quindi per il minore bisogno di trattamenti ma anche, ad esempio, per la possibilità di riciclare l’acqua irrigua. Risparmio idrico. Sarà installato alla fine di questa campagna, da gennaio, il primo impianto di subirrigazione dalla ditta GB Italia che, sempre da quest’anno, ha iniziato a commercializzare un nuovo marchio a Km0, denominato “Vicino” per i supermercati siciliani Penny. “Puntiamo ad ottimizzare spiega Marcello Lo Sardo dell’azienda di famiglia che esporta i tre quarti della produzione in Francia - l’utilizzo di acqua con un risparmio atteso del 30% a fronte di un investimento sui costi del 10% in più. I tubi verranno interrati alla fine di questa campagna su un primo appezzamento di 50 ettari coltivati a Uva Italia”.

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