Corriere Ortofrutticolo Settembre 2018

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MENSILE DI

ECONOMIA

E AT T U A L I T À

DI

SETTORE

corriereortofrutticolo THE FIRST ITALIAN MONTHLY ON FRUIT AND VEGETABLE MARKET |ANNO XXXII Nuova serie Settembre 2018 Euro 6,00

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PROTAGONISTI CARMELO CAPPELLO Lo specialista del datterino che ha dato al peperone Cornelio un plus di qualità PAG.19

PRIMO PIANO • PAG. 25 CAMPAGNA PERE La cimice asiatica ha taglieggiato il raccolto del prodotto di qualità

L’EVENTO• PAG. 37 THE ROME TABLE Un’occasione unica e comoda per far crescere l’export delle aziende italiane

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Chiacchiere e distintivo Partiamo dal video, diventato (come si dice) virale su Facebook. Si vede l’imprenditore piemontese Carlo Lingua che ad Asia Fruit Logistica sbotta contro il ministero: “Non riusciamo a vendere le nostre mele in Cina perché non abbiamo i protocolli in quanto tutti coloro che governano e hanno governato non se ne sono occupati in modo serio. Polonia e Francia hanno i protocolli per le mele, sull’uva la Spagna ha il protocollo e noi no. Basta con le scuse, mettetevi a lavorare. E’ gravissimo: vi prego di condividere questo messaggio”. E in migliaia l’hanno condiviso. Lingua ha detto in maniera diretta ed efficace quello che tutti pensano. Abbiamo un ministero che non è al servizio delle imprese. I ministri vanno e vengono, alcuni impresentabili altri solo decenti, ma il palazzone di via XX Settembre serve soprattutto ad alimentare un giro di poltrone e di burocrati utili soprattutto a se stessi e alle loro carriere: uno stipendificio in piena regola (pensate all’AGEA che dopo mille tentativi, mille annunci di riforma, valanghe di soldi pubblici spesi, ancora non funziona…).

✍ Lorenzo Frassoldati

La notizia di fine settembre è che, come l’araba fenice, è risorto il Tavolo nazionale dell’ortofrutta. Il ministero ha cambiato nome: era MIPAAF, oggi è MIPAAFT, con una ‘t’ in più perché è anche ministero del Turismo (auguri al nostro turismo!). Non c’è più il ministro Martina, che aveva sempre manifestato sommo disinteresse per il mondo dell’ortofrutta. Oggi è finito (ahi, le ambizioni…) nel tritacarne del Partito Democratico ed è sempre più un segretario-ombra (non si sa di chi). Al suo posto in via XX Settembre c’è il leghista Gian Marco Centinaio che pare animato da intenzioni bellicose: a fine agosto ha annunciato di volere cambiare volto al ministero, rendendolo efficiente, la casa dell’agricoltura: “perchè se non funziona quella , non possiamo pensare di migliorare il resto. Vanno riviste le funzioni e i compiti ma anche snellita la burocrazia per garantire alle imprese tempi certi ed efficienza”. Parole da tenere a mente. Ironie a parte, crediamo che il buon Centinaio si sia già reso conto di che gatta ha da pelare. In questo poco tempo ci risulta che abbia sbloccato l’OCM Vino e rimesso in moto i pagamenti (49 milioni di euro) a favore degli agricoltori che hanno sottoscritto polizze assicurative agevolate. E’ già qualcosa, anche se si tratta solo di rimedi a ritardi scandalosi. La delega dell’ortofrutta è stata affidata al sottosegretario Alessandra Pesce, un curriculum nel mondo agricolo, quindi conosce l’argomento. E’ stata lei a presiedere il Tavolo del 27 settembre, nove mesi dopo il primo incontro del dicembre 2017. Due ‘numeri zero’ , una

Settembre 2018

platea di attori sterminata per cui non bastavano i posti a sedere (efficace rappresentazione della ‘biodiversità’ del mondo agricolo: ognuno, per quanto piccolo e scarsamente rappresentativo, vuole fare per sé, si tiene ben stretta la poltroncina).

EDITORIALE

CORRIERE ORTOFRUTTICOLO

Ovvio che la lettura delle criticità trovi tutti d’accordo: sono gli stessi problemi che ballano da almeno 15 anni. Con la novità che adesso si sono aggravati. I temi forti sono: la richiesta di un Catasto nazionale, che fornisca dati attendibili sulle superfici di frutta e ortaggi aggiornate; un piano di sostegno per l’export e l’internazionalizzazione delle imprese sui mercati extra-UE; maggiore coordinamento nella promozione del made in Italy tra ICE, Regioni, Enti fieristici e Ministeri vari; più controlli sui prodotti di importazione a fini sanitari; più spinta all’aggregazione di prodotto per fare massa critica sia sul fronte export sia come filiera nei rapporti con la GDO. Il sottosegretario Pesce ha concluso che “il Ministero c’è e vuole inaugurare una nuova stagione di concertazione, consapevole che solo con il contributo di tutti si possa vincere la sfida della competitività". Entro due mesi il Tavolo sarà riconvocato con la messa all’ordine del giorno di uno-due punti da aggredire subito. Se il tavolo deve lavorare ed essere operativo, dovrà anche essere snellito perché con quella carovana di gente non si va da nessuna parte. La concertazione va bene (Martina manco quella faceva…) però serve darsi delle priorità, con impegni programmatici precisi e risorse certe disponibili. E’ il governo del cambiamento, no? Ci deve essere anche una svolta sul fronte dell’agribusiness. Basta “chiacchiere e distintivo” , affrontiamo il tema di fondo: che è quello del valore, della redditività, della continua e progressiva perdita di competitività delle nostre imprese. Costi troppo alti (lavoro, energia, logistica…) rispetto ai competitor europei e non. Una miscela esplosiva se coniugata con la perdita progressiva di posizioni del nostro export sui principali mercati europei e sulla mancanza di strategia per aprire nuovi mercati. La politica deve aiutare in questo: sostenere lo sforzo delle imprese con una adeguata pressione diplomatico-istituzionale. Come si è fatto per il vino, con il misegue a pag. 5

PUNTASPILLI

SIGLA! Non so voi. Ma a me quando leggo la nuova sigla del ministero - MIPAAFT, ministero dell’Agricoltura e del Turismo - scappa un po’ da ridere. *

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ANNO XXXII Nuova serie Settembre 2018

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mato come rivista “di filiera” del settore ortofrutticolo italiano. La rivista collega chi produce, chi commercializza e chi vende al pubblico, oltre ai settori connessi (dai macchinari ai trasporti). La diffusione è capillare in Italia, dove si è allargata alla grande distribuzione alimentare e al dettaglio.

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DISTRIBUZIONE. La migrazione verso l’online è un processo irreversibile PAG.45

RUBRICHE EDITORIALE Chiacchiere e distintivo

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BOTTA&RISPOSTA Caporalato, aste online e accordi sul pomodoro da industria Un “chiarimento sostanziale” “Chi deve agire è il legislatore” La replica

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NOTIZIARIO

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Attese 435 mila tonnellate

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Primo piano BIOLOGICO Crescita pirotecnica: in 10 anni il settore è aumentato del 153%

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Il successo fa crescere le truffe Finte mele bio per i bambini

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MERCATI&DISTRIBUZIONE Retail, la migrazione verso l’online è un processo irreversibile 45

ATTUALITÀ Copertina - Protagonisti CARMELO CAPPELLO Ecco chi c’è dietro a Cornelio

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Primo piano PERE Cimice aisiatica, la maledetta che ha taglieggiato la campagna

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Fruit Attraction del decennale Italia ancora più numerosa

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ASIA FRUIT LOGISTICA Hong Kong fa business

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Obiettivo Polonia: mercato più concentrato e selettivo

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Il Tavolo Ortofrutta conferma le priorità del settore

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FRESH CUT Social network formidabile leva di marketing per la IV Gamma

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Prima gamma e logistica nel mirino dell’Isalata dell’Orto

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THE ROME TABLE. Dove l’export cresce

Accordo Roma-Parigi: nasce l’asse forte dei Mercati europei

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Stagione di ripresa per il kiwi segue editoriale

nistro che va in giro per il mondo a promuovere il made in Italy. Senza export il settore non cresce, si rischia di dover ridurre le superfici coltivate. Perché il mer-

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MONDO Sparirà la banana Cavendish? C’è chi propone: facciamola OGM 49

cato interno è quello che è, arranca. E nella battaglia dei prezzi innescata dalla continua avanzata delle catene dei discount, non vedo un futuro glorioso per il valore della nostra ortofrutta. www.corriereortofrutticolo.it

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BOTTA&RISPOSTA

CAPORALATO, ASTE ONLINE E ACCORDI SUL POMODORO DA INDUSTRIA Corrado Giacomini

Il colpevole delle tristi vicende che hanno insanguinato (non è esagerato) le campagne del Sud durante la scorsa caldissima estate è stato scoperto. Sono alcune catene della GDO che sfruttano grazie al sistema delle aste a doppio ribasso i trasformatori di pomodoro costringendoli a pagare prezzi da fame ai poveri agricoltori. Anche il “Corriere Ortofrutticolo” del 31 agosto ha denunciato tale pratica che, come scrive, tiene in ostaggio la filiera del pomodoro, malgrado il codice etico firmato da importanti rappresentanti della GDO impegnasse la distribuzione moderna a rinunciarvi. Mi pare di ricordare però, che nel mese di febbraio di quest’anno era stata firmata l’intesa tra organizzazioni dei produttori (OP) del pomodoro e l’industria di trasformazione per il bacino del Nord con la quale era stato concordato un prezzo di riferimento di 79,75 euro a tonnellata e introdotti importanti parametri sulla qualità. Nel mese di maggio era stato firmato anche l’accordo per il bacino del Centro-Sud con un prezzo di riferimento medio di 87 euro/tons per il pomodoro tondo e 97 euro/tons per il lungo, prezzi ritenuti non soddisfacenti dalle organizzazioni professionali agricole e cooperative, ma che ANICAV, l’organizzazione che riunisce le industrie di conserve alimentari vegetali del Sud, e anche i rappresentanti della costituenda, da molto tempo e non si sa se

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CORRIERE ORTOFRUTTICOLO

mai nascerà, organizzazione interprofessionale (OI) del pomodoro da industria del Centro-Sud hanno salutato come un traguardo importante. Purtroppo, sugli articoli apparsi nei giorni ‘caldi’ per denunciare i fenomeni di caporalato nella raccolta del pomodoro nelle regioni meridionali, non si è fatto mai accenno a questo “traguardo”. Persino l’ANICAV lamenta le conseguenze negative delle aste online, come a giustificare i casi di mancato rispetto dell’accordo. Ma esiste anche l’OI “Ortofrutta Italia”, a dimensione nazionale, e l’anno scorso è stata riconosciuta pure l’OI “ Pomodoro da industria Nord-Italia”, che gode della lunga esperienza del “Distretto del pomodoro da industria Nord-Italia”, e nessuna delle due ha fatto sentire la sua voce per denunciare il mancato rispetto dei prezzi di riferimento. È vero, le OI non possono intervenire sulla formazione del prezzo, ma è anche vero che gli stessi soggetti che hanno concordato il prezzo di riferimento sia per il pomodoro da industria del Nord-Italia sia per quello del Centro-Sud aderiscono alle due OI citate, in particolare a “Ortofrutta Italia”. Chi mi legge, sa che sostengo fortemente il ruolo di OP e OI, ma questa volta mi cadono proprio le braccia, perché quando queste due forme organizzative, la prima che permette agli agricoltori di concentrare l’offerta e, la seconda, di regolare i rapporti di filiera, avrebbero potuto far sentire la loro voce, sono state invece, ancora una volta, zitte. Per fortuna, che sono state sostituite (sic!) dalle forti reazioni di Coldiretti e CIA. Certamente, l’assenza di una OI del pomodoro da industria del Centro-Sud, l’insufficiente adesione nelle regioni meridionali delle imprese agricole ad OP, peraltro spesso piccole e scarsamente strutturate, la presenza nel Sud di una organizzazione dell’industria delle conserve alimentari (ANICAV) con imprese più picco-

le e più numerose di quelle che aderiscono all’associazione (AIIPA) delle industrie alimentari del Nord, determina per i derivati del pomodoro, dato che nel Sud è concentrato circa il 50% delle produzione nazionale, una situazione concorrenziale difficilmente controllabile, che si ripercuote negativamente sull’andamento dei prezzi di un prodotto tuttora trattato sul mercato come una commodity. Penso, persino, che il riconoscimento del “Distretto del pomodoro da industria del NordItalia” in OI sia stata una decisione ministeriale che, contraddicendo il criterio normativo che prevede il riconoscimento di una sola OI per prodotto a livello nazionale, non sia stata molto opportuna. Il riconoscimento per circoscrizione economica, ad esempio con riferimento alle regioni del Nord, come consentirebbe il D.Lgs. n. 51 del 2015, avrebbe senso se il prodotto interessato dall’OI ha nella circoscrizione il proprio mercato di riferimento; è il caso, ad esempio, di un prodotto tipico o con denominazione di origine. Per una commodity, come è il caso di quasi tutti i derivati del pomodoro, creare una OI delle imprese collocate nelle regioni settentrionali, lascia completamente sguarnito il lato delle regioni meridionali con una offerta fortemente competitiva per quantità e qualità, soprattutto per i prodotti con minor livello di elaborazione. L’unico argomento a sostegno del riconoscimento della nuova OI del pomodoro da industria del Nord-Italia, oltre la lunga esperienza maturata come “Distretto del pomodoro del NordItalia”, base dello sviluppo della coltura in queste regioni, potrebbe essere la totale assenza di “Ortofrutta Italia”, la prima OI riconosciuta, anche storicamente, dal MIPAAF nel settore ortofrutticolo. Infine, non serve collocare il responsabile del fenomeno del caporalato alla fine della filiera, se gli agricoltori non sanno da soli trovare la risposta. Settembre 2018


BOTTA &

CORRIERE ORTOFRUTTICOLO

Nazario Battelli* Non è nel mio stile (e anche per un po’ di deformazione professionale, dato il mio attuale ruolo di Presidente dell’Organizzazione Interprofessionale) seguire con uno spirito eccessivamente critico le varie prese di posizione che i rappresentanti del nostro variegato mondo quotidianamente riportano nei vari portali che si occupano di ortofrutta. Eppure l’articolo del 4 settembre, che ha aperto la quotidiana pubblicazione on line del Corriere Ortofrutticolo.it (“Caporalato e aste online: quando gli accordi sui prezzi del pomodoro sono carta straccia” a firma di Corrado Giacomini) mi obbliga ad un chiarimento sostanziale, se non altro per l’altissimo apprezzamento che nutro per la pubblicazione, il suo Direttore e i redattori tutti. La colpevole disattenzione del Professor Corrado Giacomini rispetto alle prerogative che competono ad Ortofrutta Italia in tema di pomodoro da industria è l’ennesimo sintomo della situazione complessiva dell’ortofrutta in Italia. Lo stimato economista non si è soffermato su quanto prescrive il Decreto ministeriale 29 novembre 2016 – “Riconoscimento dell’associazione «Ortofrutta Italia», in Roma, quale organizzazione interprofessionale a livello nazionale del settore ortofrutticolo” – pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana il 19 gennaio 2017 relativamente alla esclusione su tutto il territorio nazionale dell’operatività sul prodotto pomodoro da industria e accusa, come è di moda adesso con le cosiddette fake news, Ortofrutta Italia di “totale assenza”. La scivolata di uno storico assertore del ruolo delle OI fa presumere, purtroppo, che il Professore non abbia però seguito con la dovuta attenzione tutto il percorSettembre 2018

so che ha portato al Riconoscimento dell’OI Pomodoro da Industria del Nord Italia, le posizioni dell’Amministrazione ministeriale di allora, quelle della Regione Emilia-Romagna, il dibattito in Conferenza Stato-Regioni e, prima, in sede parlamentare al momento della conversione nella Legge 91/2015 del Decreto Lgs 51 del 5 maggio 2015. L’esclusione su tutto il territorio nazionale dell’operatività sul prodotto pomodoro da industria che il Decreto di Riconoscimento ha imposto ad Ortofrutta Italia, ha anche indotto il recesso unilaterale delle due rappresentanze della trasformazione industriale (AIIPA e ANICAV) dalla base sociale dell’O.I., non rendendo possibile, di fatto, nessuna politica comune su tutti gli altri prodotti ortofrutticoli trasformati. Se l’obiettivo dei diversi decisori politici era quello di stimolare il bacino produttivo e di trasformazione del Cento Sud a seguire l’esempio del Nord Italia per poi, magari con uno step successivo, creare una qualche forma di coordinamento nazionale (che comunque la parte industriale sta già coprendo), occorreva sostenere con forza ed “accompagnare” questo percorso, come occorreva stimolare e sostenere concretamente l’affermarsi di quella “cultura interprofessionale” nel nostro Paese che potrebbe più di ogni provvedimento legislativo, tutelando l’intera filiera, difenderne la parte più debole, e di cui, con grande accademia, il Professor Giacomini era una dei principali precursori. *presidente Ortofrutta Italia

“CHI DEVE AGIRE È IL LEGISLATORE” Tiberio Rabboni* Caro professore, il suo editoriale sulle aste al ribasso confonde le cause con gli effetti. L’Organizza-

zione Interprofessionale non ha nessuna potestà sull’argomento. Il campo d’azione che la caratterizza riguarda esclusivamente la cessione di materia prima dalle OP alle imprese di prima trasformazione. L’OI del pomodoro non è partecipata dalla distribuzione. D’altra parte il 60% dei derivati sono destinati ai mercati extranazionali. A che titolo dovrebbe agire e come? Chi invece deve agire e bloccare il fenomeno degenerativo è il legislatore. Perché non lo scrive? In Francia le aste al doppio ribasso sono vietate. In Italia sono consentite. La differenza la fanno le leggi, non le OI. Ciò nonostante, l’Interprofessione del pomodoro da industria del Nord Italia ha promosso un incontro, il 18 giugno scorso, con l’onorevole Paolo De Castro, relatore al Parlamento europeo della proposta di Direttiva contro “le pratiche commerciali sleali” per esprimergli pieno e incondizionato sostegno. Chi vuole cancellare le aste al ribasso ha un’occasione irripetibile per farlo: questa. Bisogna dichiararsi, schierarsi, fare in modo che l’Italia economica e politica risulti tutta quanta a fianco di De Castro e della sua proposta; e l’OI del Nord Italia lo ha fatto ancora prima dell’uscita del caso sulla stampa. Invece c’è ancora purtroppo molta timidezza, cautela e silenzio. Quanto al prezzo di riferimento e ai parametri di qualità 2018 del pomodoro del Nord Italia, concordati tra Op e industrie nel febbraio di quest’anno, che a suo dire non sarebbero stati rispettati per effetto delle aste, devo seccamente smentirla. Si tratta di una fake news. I prezzi di riferimento e i parametri qualitativi contrattati dalle parti nel nord Italia sono stati rispettati e sono rigorosamente monitorati dall’OI. Da ultimo mi corre l’obbligo di rammentarle le due ragioni per le quali esiste una Organizzazione Interprofessionale del pomodoro da industria del Nord Italia riconosciuta dal Ministero delle poliwww.corriereortofrutticolo.it

RISPOSTA

UN “CHIARIMENTO SOSTANZIALE”

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tiche agricole: innanzitutto perché il 99% della materia prima del Nord viene venduta alle imprese di trasformazione della stessa area; in secondo luogo perché le OP, i relativi agricoltori associati, e le imprese di trasformazione tutte hanno autonomamente deciso di realizzare qualcosa di cui avvertivano la necessità e che fino a quel momento non esisteva, vale a dire un servizio di supporto ai loro rapporti di filiera, paritetico, reale, concreto, fatto su misura, diretto dai soci e costantemente verificabile. Che, guarda caso, funziona da ormai diversi anni sotto la guida diretta e la partecipazione attiva degli interessati. *presidente dell’OI pomodoro da industria del Nord Italia

LA REPLICA Rispondo prima a Nazario Battelli, presidente praticamente da sempre di Ortofrutta Italia, che conosco e stimo. Se questa volta le aste a doppio ribasso interessano i derivati del pomodoro, non è detto che questa pratica commerciale riprovevole non possa essere applicata anche ai derivati di altre produzioni vegetali e mi pare che almeno i firmatari di fronte all’ex ministro Martina di quel codice etico che impegnava la distribuzione moderna a rinunciarvi, facciano ancora parte dei soci di Ortofrutta Italia: Federdistribuzione e Ancd-Conad. Anche Ortofrutta Italia avrebbe, quindi, potuto unirsi a tutte le organizzazioni che hanno deprecato tale pratica, tanto più che pure Ancc-Coop è tra i soci. Faccio notare a Battelli che nella parte finale del mio articolo osservo che forse il Ministero non ha preso una decisione molto opportuna riconoscendo la natura di OI all’associazione del “Distretto del pomodoro da industria del Nord-Italia”. Ne sono più convinto ora dopo che Battelli mi ha ricordato che il Ministero, nel riconoscere nel 2016 al-

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l’associazione Ortofrutta Italia la natura di OI, ne ha escluso la competenza per il pomodoro da industria su tutto il territorio nazionale. Forse il Ministero era convinto che anche nelle regioni del Sud e del Centro si sarebbe costituita in tempi brevi una nuova OI per il pomodoro da industria. Purtroppo ancora questo non è avvenuto, lasciando totalmente priva di protezione la produzione e la trasformazione del pomodoro da industria prodotto nelle regioni meridionali, creando le condizioni per una concorrenza non sempre corretta tra le due metà della produzione di pomodoro da industria a livello nazionale. Non mi piace questa continua ricerca dei responsabili del caporalato, fenomeno vergognoso per il nostro Paese. C’è il rischio che, essendo un po’ tutti responsabili produttori, trasformatori, distributori e anche i consumatori nessuno sia più responsabile. Attendevo la replica del presidente Rabboni e devo subito precisargli che non mi pare di aver confuso le cause con gli effetti. Mi permetto di ricordare che sono sempre stato un grande sostenitore del Distretto del pomodoro da industria del Nord-Italia in articoli su riviste nazionali e straniere, presentandolo come l’unica esperienza interprofessionale che aveva avuto successo nel nostro Paese. L’amico Presidente Ferrari me ne aveva dato atto con una mail che ancora conservo. Che le OI non possano intervenire sul prezzo l’ho anticipato nel mio articolo. Quello che evidenziavo era che nessuno aveva ricordato che nei primi mesi di

quest’anno erano stati fissati dei prezzi di riferimento tra OP e industria di trasformazione sia per il pomodoro da industria del Nord che per quello prodotto nelle regioni del Centro e del Sud. Oggi piace tanto attribuire quello che non va a fake news. Nel mio articolo non viene mai detto che quei prezzi non sono stati rispettati, forse lo lascia intendere il titolo costretto alla sintesi, ma se i prezzi sono stati rispettati per il prodotto ottenuto nelle regioni del Nord, e io Le credo, e fossero stati rispettati anche nelle regioni del Sud, da cui finora non ho avuto nessun segnale, allora forse il problema delle aste a doppio ribasso potrebbe restringersi a pochi casi e non può diventare responsabile, perfino, del vergognoso fenomeno del caporalato. Sono d’accordo con lui, che non basta un codice etico per impegnare la distribuzione moderna a rinunciare alle aste a doppio ribasso. Pezzi di carta di questo genere ne abbiamo visti tanti. Occorre un intervento legislativo e mi congratulo con l’OI del Nord Italia che si è schierata a sostegno di Paolo de Castro, relatore al Parlamento Europeo della proposta di regolamento contro “ le pratiche commerciali sleali”. Infine, non deve illustrare a me i meriti dell’esperienza del Distretto del pomodoro da industria del Nord-Italia, che giustamente la Regione Emilia aveva riconosciuto, anche dopo un intervento della Commissione Europea, come OI a norma della sua legge n. 24/2000. Ma spero, data la sua lunga esperienza politica e amministrativa, voglia riconoscere che la decisione del Ministero di dare il riconoscimento di OI all’Associazione del pomodoro da industria del Nord Italia, togliendo totalmente la competenza alla OI nazionale Ortofrutta Italia, in assenza di una OI che raccogliesse la produzione e la trasformazione delle regioni meridionali, sia stata, almeno, una imprudenza. Corrado Giacomini Settembre 2018


E’ nata La Grande Bellezza Italiana: nel settore la prima rete d’imprese La Grande Bellezza Italiana. Associare questa espressione a una gamma di prodotti ortofrutticoli è certamente possibile ma ci vuole del coraggio, è un’impresa ardita. Proprio il coraggio, tuttavia, è uno dei tre elementi del successo, anche nel settore ortofrutticolo, come ha detto pubblicamente Renzo Piraccini, presidente di Macfrut, durante la presentazione della Rete d’Imprese e del marchio che portano un nome così altisonante, che richiama i grandi dell’arte, il Rinascimento, le città storiche, le bellezze naturali di uno dei Paesi certamente più belli del mondo. Piraccini ha parlato la sera del 5 ottobre in Valpolicella, a Corte Borghetti di Marano, nell’evento di lancio dell’iniziativa, insieme ad Antonio Cipriani, presidente della Rete d’Imprese, Bruno Giordano, vicepresidente di Confindustria Verona, Stefano Pezzo e Giancarlo Minguzzi, presidenti il primo Fruitimprese Veneto e il secondo di Fruitimprese Emilia Romagna. Visione, coraggio, fortuna. Visione e coraggio ci sono in questa Grande Bellezza Italiana ortofrutticola, per la fortuna bisognerà attendere, come ha accennato Giacarlo Minguzzi, pur facendo, come tutti i numerosi presenti, i migliori auguri a questa impresa coraggiosa. Intanto, il modello di business è

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nuovo. Siamo davanti alla prima Rete d’Imprese tra aziende ortofrutticole italiane. Il packaging e la grafica del logo sono convincenti, i prodotti che abbiamo potuto assaggiare (un’uva bianca seedless e susine Angeleno) esprimevano bellezza e qualità. Tuttavia il mercato italiano lo conosciamo: farsi spazio non è facile, tutt’altro, player forti e organizzati occupano già le posizioni più importanti, servirà a questi coraggiosi determinazione e una capacità commerciale all’altezza delle ambizioni. Alla Rete d’Imprese hanno aderito le seguenti aziende: OP Joinfruit (Cuneo), Odorizzi srl (Verona), Perusi (Verona), Cooperativa Coofrutta (Verona), Geofur (Verona), Bergonzoni (Ferrara), dunque sei realtà che hanno deciso “di mettere a fattor comune esperienza e know-how, unendo la loro struttura societaria per formare una grande società di scopo: una forma di partnership imprenditoriale piuttosto diffusa nel mondo della consulenza e dei servizi, ma certo inedita nel settore dell’ortofrutta”. “Intendiamo offrire - ha fatto sapere il presidente della Rete Antonio Cipriani - il meglio delle specializzazioni territoriali, riunendo diverse tipicità dislocate su tutto il territorio nazionale. Un’expertise che nasce dalla consapevolezza che l’Italia racchiude un territorio naturalmente vocato per la produzione di eccellenze anche in campo ortofrutticolo. Abbiamo coinvolto alcuni tra i migliori produttori, da Nord a Sud, selezionati sulla base dei pe-

N NOTIZIARIO

CORRIERE ORTOFRUTTICOLO

culiari calendari di produzione e delle rispettive specifiche caratteristiche pedoclimatiche per garantire i più elevati standard qualitativi ai mercati più esigenti”. La Rete al momento opera sul mercato italiano, ma le aziende che ne fanno parte hanno forte vocazione internazionale per cui ci sono “le caratteristiche per superare anche i confini nazionali, puntando sulla spinta del valore di quell’italianità riconosciuta e premiata nel mondo”. La gamma di prodotti per il momento comprende susine (Angeleno), pere (Abate, William, Kaiser), mele rosse IGP dell’areale di Cuneo (Red Delicious, Stark 5 punte, Gala, Fuji), pesche, nettarine da Veneto, Piemonte e Puglia (San Ferdinando), uva da tavola IGP di Puglia, Arancia a polpa rossa di Sicilia e Radicchio IGP di Verona. (a.f.)

Clementine al top nella Piana di Sibari. A Lametia danni al raccolto Stagione al top della qualità per le clementine di Calabria coltivate nella Piana di Sibari. La raccolta è

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iniziata l’8 ottobre e già evidenzia prodotti con un grado Brix compreso tra 11,5 e 14 punti. Meno bene per le produzioni dell’area del Lametino (Lametia Terme) che invece sono state colpite dall’alluvione di inizio ottobre e che si sono misurate con i conseguenti stress climatici e i danni indiretti derivati dalla persistente mancanza di luce, che ha reso impossibile l’irrigazione nelle giornate di caldo che sono seguite. “Qui nella Piana di Sibari - spiega Giorgio Salimbeni, presidente del Consorzio Clementine IGP di Calabria - non abbiamo risentito dei danni climatici e anzi le favorevoli condizioni di quest’anno, ci stanno portando a iniziare a raccogliere prodotto di qualità eccezionale. Non si era mai sentito, soprattutto per le varietà precoci di questo periodo, di clementine con un grado Brix così elevato, fino a 14. Normalmente ci assestiamo su una media di 11”. Ancora troppo presto per fare previsioni sull’andamento della campagna anche perché, come ogni anno i produttori dovranno misurarsi con i competitor internazionali, come quelli del Nordafrica che arrivano sul mercato in ma-

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niera sempre più aggressiva. “Quello che fa rabbia - sottolinea Salimbeni - è che questo mercato è imperfetto perché permette la compresenza di operatori che lavorano in condizioni diametralmente opposte a cominciare dal costo del lavoro che in Italia è di 8 euro l’ora contro i 10 euro al giorno dei Paesi nordafricani. La situazione non cambia se guardiamo agli adempimenti in materia di sostenibilità ambientale ed etica del lavoro che le aziende nordafricane non applicano. È ovvio che la competizione non si potrà mai fare sul prezzo ma sulla qualità”. Intanto nel Lametino, in particolare nella fascia che va da Vibo Valentia a Lametia Terme, nonostante il ritorno del bel tempo dopo le bombe d’acqua, i produttori hanno fatto i conti con le conseguenze del maltempo. “Non si tratta solo dei danni diretti causati dall’alluvione - spiega Franco Belmonte, direttore di CIA Calabria - ma anche di quelli indiretti come la persistenza della mancanza di luce che non ha permesso di irrigare dopo che è tornato il sole, con ulteriore stress per le piante, e l’isolamento da Internet che ha impedito le normali attività commerciali”. Oltre alle colture di agrumi si sono registrati forti danni ai vivaisti del territorio, e alle produzioni locali di orticole per un ammontare di danni, tra diretti e indiretti, che CIA quantifica in 500 milioni di euro. (m.l.)

E’ Il mese del Miyagawa, l’agrume cinese made in Sicily

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Il primo di una serie di agrumi che in Sicilia hanno trovato il loro habitat naturale per maturare in modo eccellente è dai primi giorni di ottobre sui banchi dell’ortofrutta. Si tratta del più precoce degli agrumi siciliani raccolti da Oranfrizer, il mandarino Miyagawa. Il presidente Nello Alba spiega: “Il Miyagawa è un insolito mandarino verde con nome e origini cinesi. Lo abbiamo introdotto nel variegato ventaglio dei nostri agrumi negli anni ’90; il frutto è diventato più presente nei reparti e sulle tavole, i volumi sono cresciuti progressivamente perché i consumatori sono sempre più curiosi e vanno alla ricerca di frutti particolari come questo. Non lo trattiamo. Il Miyagawa arriva nei reparti così come lo raccogliamo, non deverdizzato. Viene molto apprezzato proprio perché mantiene tutti i pregi della sua naturalezza, dal colore al profumo e al sapore”. Il Miyagawa è un agrume schiacciato ai poli, la polpa ha una tessitura tenera, non ha semi, si raccoglie quando la buccia è ancora di colore verde intenso. Dopo la raccolta il Miyagawa cambia gradualmente colore ed esternamente tende a diventare di colore gial-

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lo-arancione. Quando ha ancora la buccia verde dona al palato una nota vivace e piacevolmente aspra, man mano che la buccia vira verso il giallo gli spicchi diventano più dolci. Sbucciando il Miyagawa all’olfatto è immediata la percezione inebriante di un profumo agrumato emanato dall’esplosione degli oli essenziali. Può essere degustato solo per poche settimane, viene raccolto dalla fine del mese di settembre fino alla fine del mese di ottobre.

Anche il carciofo ha la sua Rete e un marchio nazionale: Violì Una rete di imprese e un marchio per valorizzare e garantire l’eccellenza del carciofo italiano, portando sul mercato standard qualitativi più elevati e uniformi, tracciabilità completa e promozione verso il consumatore. Sono queste le caratteristiche del progetto Violì, siglato il 19 settembre da tre aziende leader del settore ortofrutticolo: Apofruit Italia, Cericola e La Mongolfiera del gruppo Fratelli Giardina, con il supporto di Nunhems, leader nel settore delle varietà ibride di carciofo. L’obiettivo è quello di qualificare il carciofo italiano come eccellenza, oltre a promuovere le sue caratteristiche salutistiche, l’italianità e la tracciabilità della produzione. Per raggiungere questi traguardi, le tre aziende si sono dotate di uno specifico disciplinare di produzione, supportato da un piano di controlli affidato a un’a-

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zienda di consulenza esterna, che verificherà che solo i carciofi qualitativamente superiori ottengano il marchio Violì. La gamma comprenderà le principali tipologie di carciofo: violetto, morello e romanesco, selezionate tra l’assortimento delle varietà ibride firmate Nunhems, che consentiranno una calendarizzazione più ampia e la presenza di prodotto italiano per tutta la stagione commerciale. “Il carciofo è uno degli ortaggi più coltivati in Italia e certamente la nostra nazione è la prima esportatrice e consumatrice di questo prodotto - spiega Claudio Bartolini, consigliere delegato Apofruit Italia e presidente della Rete di Imprese -. Violì è un esempio di aggregazione virtuoso e grazie a questo progetto riusciremo a raggiungere gli standard qualitativi che ci si attende da un’eccellenza simile e a trasferire questi valori al consumatore”. “Il carciofo è un ortaggio italiano, buono e ricco di sostanze nutritive importanti per la salute - commenta Vito Cifarelli, sales & marketing director di Cericola -. Con Violì porteremo in primo piano queste caratteristiche di salubrità nella promozione al consumatore, offrendo al contempo un prodotto che rispetti le più elevate aspettative in termini di gusto, aspetto e sicurezza”. “Le varietà utilizzate e i disciplinari di produzione sviluppati grazie all’esperienza delle nostre tre aziende porteranno a una migliore programmazione delle coltivazioni - ha dichiarato Silvio Giardina, responsabile tecnico della O.P. La Mongolfiera e contitolare di F.lli Giardina -. Garantiremo così la disponibilità di prodotto italiano per tutta la stagione commerciale con standard qualitativi eccellenti”. “Siamo felici di aver offerto il nostro supporto a questo progetto ambizioso e che la filiera del carciofo italiano meritava da tempo conclude Stefano Carducci, country sales manager Italia di

Nunhems -. Siamo convinti che questo progetto innovativo darà risposta alle esigenze dei produttori come del mercato”. Le referenze a marchio Violì saranno destinate ai più qualificati mercati tradizionali e ai punti vendita della grande distribuzione organizzata, sia con prodotti di prima gamma, che di prima gamma evoluta. La vendita sarà enfatizzata dal brand e da diversi supporti di comunicazione per guidare il consumatore nell’esperienza di spesa, dal punto vendita alla cucina, inizialmente attraverso video dimostrativi su come preparare i carciofi e successivamente con ulteriori attività. I carciofi Violì sono prodotti in tutte gli areali più vocati del territorio italiano per garantire tracciabilità, provenienza 100% italiana e continuità di fornitura oltre che prolungamento della stagionalità.

Filiera noci di Romagna: 500 ettari entro il 2025 La superficie coltivata sfiorerà i 500 ettari nel 2025, con una produzione annua di 2.500 tonnellate e la creazione di circa 600 nuovi posti di lavoro escluso l’indotto: sono i numeri della filiera delle Noci di Romagna che abbraccia parte dell’Emilia (in particolare Ferrara e Bologna), oltre alla Romagna, ma è destinata a guardare oltre i confini regionali. “C’è un frutteto che sta crescendo bene in regione: è quello delle noci di Romagna, di qualità ed elevato valore nutrizionale” ha detto soddisfatta la presidente di ConfagriSettembre 2018



Cresce al sole e all’aria pura. Verdura dell’Alto Adige/Südtirol.

La verdura dell’Alto Adige cresce in montagna, al sole e all’aria pura. Si raccoglie da giugno a ottobre e arriva fresca al punto vendita. Per questo è molto amata e richiesta dai consumatori. www.verduraaltoadige.com


coltura Emilia Romagna, Eugenia Bergamaschi a Forlì, all’inaugurazione del nuovo stabilimento di New Factor per la lavorazione della noce di Romagna, presso l’azienda agricola San Martino di Forlì, dove vengono smallate, essiccate, calibrate e selezionate le noci verdi prodotte dalla filiera In-Noce, un progetto ideato dalla capofila New Factor insieme ad Agrintesa e a nove aziende agricole, e che è stato finanziato dalla Regione Emilia-Romagna nell’ambito del Piano di Sviluppo Rurale. Lo sviluppo dei noceti è soprattutto il risultato di un lavoro di 20 anni scaturito dall’idea lungimirante del promotore di In-Noce, Alessandro Annibali, ad di New Factor e dell’Azienda agricola San Martino. “La filiera delle Noci di Romagna è un bell’esempio di frutticoltura moderna e innovativa, che risponde ad una crescente doman-

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da interna e riduce le importazioni; un modello di investimento pubblico-privato, che si staglia nel tessuto imprenditoriale locale creando sinergie con agricoltori e imprese cooperative. Questa produzione dagli alti standard qualitativi è in grado di garantire reddito ai produttori e si sviluppa in stretta connessione con le potenzialità del territorio, stimolando investimenti strutturali anche importanti”, ha precisato Eugenia Bergamaschi.

B&B Frutta costituirà una OP per rilanciare la mela veronese Al via il progetto di valorizzazione della mela veronese. L’azienda B&B Frutta di Bussolengo (Verona), specializzata nella trasforma-

zione e nella commercializzazione di prodotti ortofrutticoli, sta per concludere un progetto aggregativo per la realizzazione di una OP incentrata sulle mele, la certificazione IGP per i produttori di mela veronese che vi convergono e un marchio di qualità sulla falsariga di quelli già esistenti per le mele del Trentino. “Tre anni fa - spiega Chiara Brentegani, responsabile Innovazione di B&B Frutta Srl, azienda di famiglia diretta dal padre Loredano, che l’ha fondata nel 1982, che esporta mele in 60 Paesi con i marchi storici ‘Rossella’ e ‘Appeal’, e di cui fa parte anche il fratello di Chiara, Fabio, sales manager - abbiamo iniziato questo processo aggregativo costituendo la cooperativa Garda Apple che è già arrivata ad un fatturato aggregato di 2,5 milioni di euro. Ne mancano ancora 500 mila per raggiungere la soglia richiesta dalla legge per costi-

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Bolzano torna in novembre la capitale mondiale della mela

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25 mila metri quadri di esposizione, 25 relatori di fama internazionale, nove tour guidati per scoprire i segreti del settore melicolo in Alto Adige: sono questi alcuni dei numeri dell’undicesima edizione di Interpoma, che anche quest’anno ha tutte le premesse per riconfermarsi l’appuntamento per eccellenza a livello internazionale dedicato al settore della mela. Dal 15 al 17 novembre prossimi Bolzano tornerà infatti a essere la capitale della mela, riunendo in città oltre 20 mila operatori professionali provenienti da tutto il mondo interessati a conoscere le ultime novità del settore. Sono oltre 460 le aziende espositrici che hanno confermato la propria presenza a Interpoma, provenienti da 20 Paesi: Austria, Belgio, Croazia, Francia, Germania, Giappone, Inghilterra, Italia, Olanda, Polonia, Repubblica Ceca, Russia, Spagna, Svizzera, Ungheria, Irlanda, Corea, Slovenia, Serbia e Stati Uniti. Si potranno trovare a Interpoma tutte le ultime novità della filiera melicola: dalle tecniche per la coltivazione all’immagazzinamento, alla selezione, imballaggio e commercia-

lizzazione. Il tradizionale congresso internazionale “La Mela nel Mondo” si concentrerà nei primi due giorni, giovedì 15 e venerdì 16 novembre. Saranno circa 25 i relatori che si alterneranno nel corso delle due giornate, suddivise a loro volta in due parti ciascuna: il giovedì sarà dedicato ai “Trend nell’Europa dell’Est e Asia” e alle “Tendenze internazionali nell’innovazione varietale, il genoma del melo e le foreste del melo selvatico nel Kazakistan”, mentre i focus del venerdì saranno “La melicoltura sostenibile nella produzione bio e nella produzione integrata” e “HighTech nella frutticoltura di domani”. I relatori, tutti esperti di fama internazionale, provengono da Austria, Francia, Italia, Germania, Paesi Bassi, Polonia, Cina, India, Nuova Zelanda.

tuire un’OP. Dopo di che daremo il via al piano industriale”. In funzione di quest’ultimo, B&B Frutta ha inaugurato un anno fa a Zevio, nel Veronese, un impianto di 8mila metri quadrati per la conservazione delle mele che, con le sue 28 celle frigorifere, è in grado di movimentare 15.500 tonnellate l’anno di prodotto. “A processo aggregativo ultimato - precisa Chiara Brentegani - ingrandiremo l’impianto aggiungendo almeno altri 8 mila mq adiacenti per installare delle linee di confezionamento e calibratura, avvieremo il procedimento per la ri-

chiesta di IGP e lavoreremo su un marchio di mercato di qualità che differenzi sul mercato la mela veronese”. Il progetto della famiglia Brentegani, punta a risollevare il comparto melicolo locale che produce ogni anno più di 200 mila tonnellate di prodotto, prevalentemente Granny Smith ma anche Golden e Gala. Con l’embargo russo il principale mercato di sbocco di questo prodotto è stato chiuso lasciando le aziende agricole praticamente alla deriva e costrette a svendere le proprie mele per la trasformazione industriale. (m.l.)

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Orsero fa spesa a Siviglia acquistando la Sevimpor Orsero acquisisce Sevimpor. Il gruppo ligure, quotato in borsa, ha raggiunto un’intesa attraverso la controllata spagnola HFL (Hermanos Fernandez Lopez) per acquistare l’intero capitale dell’impresa spagnola Sevimpor Distribuidora De Frutas De Importacion per 1,65 milioni di euro (il tutto sarà finalizzato nel gennaio 2019). Il corrispettivo della transazione, oltre a quanto già versato al momento della firma dell’accordo, verrà pagato in tre rate annuali a partire da gennaio 2019 fino a gennaio 2021. L’acquisizione rientra nel piano che punta al completamento della presenza geografica di HFL, nello specifico nell’area di Siviglia, di particolare interesse poiché vicina al porto di Algeciras, scalo strategico per le merci di importazione sul mercato spagnolo. Paolo Prudenziati, presidente di Orsero, sottolinea come si tratti “di una operazione di dimensione contenuta ma con grande valore strategico per il rafforzamento delle attività del gruppo in Spagna, andando a coprire direttamente un’area geografica attualmente servita indirettamente. L’acquisizione è pertanto in sintonia con le linee guida strategiche di Orsero che prevedono l’ulteriore rafforzamento della business unit dedicata alla distribuzione”. Luis Fernández, amministratore di HFL, ha aggiunto: “Questa integrazione ci consente di crescere con il nostro prodotto principale, la banana delle isole Canarie. Il team di gestione di Sevimpor, con una vasta esperienza nel settore, continuerà a guidare la filiale per implementare la commercializzazione dell’intera gamma di prodotti Fernandez nel sud della Spagna. Inoltre, sarà in grado di Settembre 2018


coordinare la ridistribuzione di tutta la frutta che entra attraverso i porti di Algeciras e Siviglia alle sedi del Gruppo”.

Così il coordinamento di Agrinsieme, che riunisce CIA-Agricoltori Italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari. “Alla vigilia dell’anniversario dell’entrata in vigore in via provvisoria dell’accordo di libero scambio tra l’Unione Europea e il Canada, i dati della Commissione UE, realizzati sulla base delle ultime statistiche disponibili relative al periodo ottobre 2017-giugno 2018, indicano per il settore agricolo un aumento delle esportazioni del 29% per la frutta e la frutta secca, del 34% per il cioccolato e dell’11% per i vini frizzanti; per non parlare dei formaggi, che nel primo semestre del 2018 sono cresciuti del 19%, con Parmigiano Reggiano e Grana Padano che segnano un +7%”, evidenzia il coordinamento, ricordando che il CETA tutela ben 41 denominazioni italiane, pari a oltre il 90% del fatturato dell’ex-

Il CETA in regime provvisorio aiuta l’export di frutta verso il Canada “I dati sulle esportazioni agroalimentari comunitarie verso il Canada diffusi dalla Commissione Europea, che per l’Italia certificano un aumento del 7,4%, indicano con assoluta chiarezza che per l’agricoltura nazionale i risultati sono positivi e che gli allarmismi lanciati nei mesi scorsi sono ingiustificati e azzardati, dal momento che tali previsioni sono state categoricamente smentite dalle statistiche dell’esecutivo comunitario”.

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port nazionale a denominazione d’origine nel mondo, ed elimina le tariffe doganali per il 98% dei prodotti che la UE esporta verso il Canada. “Il CETA non è ovviamente privo di aspetti critici, sui quali occorre continuare a lavorare”, afferma il coordinatore di Agrinsieme Franco Verrascina, ricordando che “per la ratifica non ci sono tuttavia scadenze e tempistiche precise e che quindi l’applicazione provvisoria può continuare a lungo”. Nel frattempo, la Commissione UE lavora su ‘particolari questioni d’interesse’ dell’accordo, in parte affrontate il 26 settembre a Montreal.

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CARMELO CAPPELLO. Un pioniere dell’innovazione varietale

Chi c’è dietro a Cornelio Antonio Felice Dietro al successo di quello che non pochi definiscono il miglior peperone d’Italia, Cornelio di Valfrutta Fresco, c’è il lavoro, l’abilità e la voglia di sperimentare di una famiglia della Sicilia meridionale: i Cappello; e un’area di particolare pregio naturalistico e botanico che poggia su dune preistoriche (pleistoceniche): Piano Stella, un altipiano di terra rossa a 120 metri sul livello del mare, a tre chilometri dalla costa meridionale del Golfo di Gela, a un chilometro dal confine tra le province di Ragusa e Caltanissetta. Carmelo Cappello, 49 anni, formatosi alla Cattolica di Piacenza, grande viaggiatore e pioniere del trasferimento in Sicilia di orticole dallo sviluppo straordinario, senSettembre 2018

Piano Stella, azienda gestita dalla famiglia Cappello, sorge su un altipiano di dune preistoriche che guarda il mare. Un sito dove, oltre al peperone più famoso, crescono datterini e ortaggi esotici

Una serra di Piano Stella, l’azienda siciliana che produce il peperone Cornelio. Sopra, Carmelo Cappello, 49 anni, ha trapiantato in Sicilia semi esclusivi ed esotici

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Carmelo Cappello con il padre Giombattista e la sorella Evelina. Sotto, Carmelo con Stefano Soli nel magazzino di Piano Stella durante la lavorazione di Cornelio

di abbandono, con tutto quello che comporta a livello antropico e agronomico. Mio padre avviò una coltivazione di patate di terra rossa e patate novelle per la Germania. Quando avevo 16 anni andai in gita scolastica al CAAB di Bologna e Roberto Piazza ci tenne una lezione sulla commercializzazione di cui riferii a mio padre. Le nostre patate erano di per se eccezionali, io mi inventai un simbolo, una Coccinella con la scritta Piano Stella, da inserire nelle nostre ceste intrecciate che partivano dalla stazione ferroviaria di Vittoria dirette al Mercato di Monaco di Baviera dove arrivavano in quattro giorni. Sono entrato in azienda a 27 anni, nel 1995. Quattro anni dopo, la gelata del 1999 segnò la fine delle nostre patate, il termometro andò a -3 e distrusse tutto”. Gli Anni Novanta per Carmelo Cappello segnano anche una stagione di viaggi all’estero. In Olanda scopre le serre in coltivazione idroponica. E il passo è abbastanza breve: a Piano Stella nasce una prima serra con sistema NGS (New Growing System) di 5.000

È diventata nel 2005 l’azienda leader in Italia nella produzione del datterino, coltivando varietà che hanno avuto successo in tutta Europa sibile alla difesa dell’ambiente è il nostro Protagonista del mese. E’ un esempio concreto, insieme a tutta la sua famiglia, di una Sicilia che stupisce. Non è singolare che dedichi la premessa di questo suo lungo racconto proprio all’ambiente: “Siamo in un’oasi di biodiversità di quasi 170 ettari che va rispettata, cominciando dal mantenerla pulita”. E dunque l’azienda non solo coltiva ma anche pulisce, con senso civico, con quella umiltà che è la prima delle virtù. Ecco la storia dal suo inizio. Carmelo racconta: “Mio padre Giom-

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battista (nome tipico di Vittoria), classe 1942, lavorava nell’edilizia ma fu spinto ad acquistare dei terreni a Piano Stella per il fascino del luogo, che aveva scoperto già da ragazzo, e poi, negli anni, ad assemblare piccoli poderi, che erano stati abbandonati per la scarsità di acqua, per costituire questa nostra azienda agricola. Siamo in Comune di Gela ma i proprietari erano tutti vittoriesi come mio padre. La nostra storia qui è cominciata negli Anni Ottanta su 16 ettari. Vi erano alcuni uliveti, c’erano stati dei vigneti, ma, soprattutto, c’erano 40 anni

metri. Nello stesso periodo si avvicina ai Cappello un italo-inglese che collaborava con Sainsbury’s proponendogli di produrre pomodoro per il mercato inglese con metodi allora sconosciuti e che comportano un cambio di mentalità: programmi, specifiche di tempo da rispettare, quantità e qualità garantite, serre pulite che dovevano funzionare come un orologio. Dopo un anno di comprensibili difficoltà, la produzione per Sainsbury’s (è un pomodoro a grappolo da cinque frutti) decolla e il cambio favorevole con la sterlina aiuta l’azienda a togliersi Settembre 2018


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Sopra, il kafir lemon, portato dalla Tailandia e coltivato a Piano Stella. Sotto, il lemon grass di Piano Stella, parente orientale della citronella

scente. “Sembrava di avere in mano una Ferrari, dovevamo produrre a più non posso”, ricorda Carmelo Cappello. I produttori avevano battezzato questo datterino “l’Americano”. Nel 2005, grazie soprattutto all’Americano, Piano Stella si può considerare l’azienda leader in Italia nella produzione di datterino. Delle 3.000 tonnellate il 70% viene esportato. I Cappello sono riconosciuti anche all’estero come gli specialisti italiani del prodotto. Nel 2006 l’azienda diventa il fornitore esclusivo di datterino del gruppo belga della distribu-

zione Delhaize. Nel 2008 l’azienda agricola Piano Stella diventa Cooperativa Agricola Piano Stella con il coinvolgimento di produttori di Marsala, di Augusta, di Scordia. Nello stesso anno comincia, per il tramite dell’importatore svizzero Bonvicini, la fornitura a una delle più grandi catene della GDO elvetica con imballaggi dedicati. Il rapporto con la Svizzera cresce in fretta, al punto che viene studiato per loro un pomodoro che si differenzi da tutti gli altri: la scelta cade su un “mini San Marzano” con packaging specifico che viene venduto come prodotto nella linea Premium a marchio del distributore. Se ne fanno volumi importanti, destinati all’export per il 100%. Ma Piano Stella convince la catena elvetica a fare di più: non offrire per 12 mesi all’anno la stessa varietà ma alternare due-tre varietà puntando sempre, come parametro, al top di qualità e sapore, perché le performaces delle diverse varietà cambiano nel corso dell’anno, non esiste varietà che sia al massimo della qualità sia d’estate che d’inverno. Avere diverse varietà sotto lo stesso marchio ha dato un risultato che ha convinto il distributore: +300% delle vendite. In un’ottica di segmentazione dell’offerta, Piano Stella rifornisce gli svizzeri anche di altri pomodori come il datterino snack in bicchiere. Questa storia, tutta orientata all’innovazione e all’attenzione al mondo, pur già ricca, non è finita, anzi, offre altre sorprese, prima di approdare al successo del peperone Cornelio. Nel 2014, con lo svizzero Bonvicini, Carmelo torna in Oriente per cercare prodotti asiatici che possano essere trasferiti in Sicilia per il mercato europeo. Va a Taiwan, torna in Tailandia. Rientra in Italia con prodotti che in parte, in Europa e in Svizzera in particolare, hanno già un mercato perché vengono importati dalla Tailandia. Perché non produrre Kafir Lemon, Lemon Grass (la citronella), Chilli (peperonciwww.corriereortofrutticolo.it

PROTAGONISTI

dai problemi della crisi delle patate. Nel 2000 l’inglese chiede di sperimentare a Piano Stella la prima varietà di datterino selezionata a Taiwan e ne invia i semi; una varietà che i Cappello giudicano subito eccezionale per il sapore. Le piante crescono in serra in vasi di pietra lavica. Un esperimento simile avviato nello stesso anno a Sibari non dà gli stessi risultati per motivi climatici. Risultato: a Piano Stella crescono i primi datterini coltivati in Italia e con essi si accresce l’esperienza agronomica dell’azienda nella coltura del pomodoro in serra. E arrivano risultati economici positivi che attirano nuove attenzioni e nuovi clienti. La Peviani SpA di Milano chiede a Piano Stella datterini già confezionati per una fornitura di 12 mesi all’anno. I Cappello cavalcano l’onda, entrano in contatto anche con Bocchi a Verona e si può dire che nel 2003 il datterino siciliano entra con successo nel mercato europeo. Vengono anche superate le difficoltà di produrlo d’estate. Nel frattempo Piano Stella riceve non solo visite a scopo commerciale ma anche da parte di genetisti del pomodoro. Così si cominciano a sperimentare nuove varietà e vengono dedicati degli spazi a queste prove. Si adottano particolari accorgimenti su varietà di datterino, come il Pepolino, piantate in collaborazione con Enza Zaden. La voglia di sperimentare di Carmelo Cappello e dei suoi famigliari non si ferma qui. L’azienda prova anche, tra il 2002 e il 2003, alcune varietà asiatiche di datterino, a seguito di un viaggio di Carmelo in Tailandia di anni prima. Nel 2004 quattro ettari sotto rete vengono destinati a un datterino della famiglia del Santa che riscuote un grande successo all’estero, in Germania e Regno Unito. Questa varietà più antica del Santa, dai frutti lucidi e croccanti, viene fatta produrre anche da aziende collegate a Piano Stella per rispondere alla domanda cre-

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PROTAGONISTI Lavorazione del peperone Cornelio a Piano Stella. La produzione di peperoni è recente, è partita nel 2015 dopo che i test dell’anno prima avevano confermato che il terreno e le tecniche agronomiche erano ideali per garantire una qualità superiore

no asiatico), melanzane tailandesi in Sicilia, perché non produrli e certificarli offrendo al consumatore europeo un prodotto garantito e che ha risparmiato molte migliaia di chilometri rispetto a quello importato dall’Asia? Sull’altipiano che guarda il mare si sperimenta ancora una volta qualcosa di nuovo. Tanto per cominciare, vengono dedicati agli esotici 500 metriquadri. E i risultati ci sono. L’ambiente mediterraneo aiuta, rende i profumi più ricchi. Così la qualità, almeno in alcuni casi, è superiore. Nasce così nel maggio 2017 una società dedicata a questo progetto. Il cantiere è aperto, l’iniziativa si sta sviluppando. Ma il 2014 è importante anche - e forse di più - per un altro motivo: il progetto Cornelio approda a Piano Stella con la collaborazione di Enza Zaden. Da Valfrutta Fresco arrivano Stefano Soli e Marco Verzelli, per proporre a Carmelo Cappello di misurarsi con questo peperone in cui credono molto. Stanno cercando in Sicilia l’azienda ideale per sviluppare la produzione. E neanche a farlo apposta a Piano Stella la trovano. “Cominciamo a produrre Cornelio sotto rete e in serra e capiamo che è un prodotto che si può fare”, racconSettembre 2018

ta semplicemente Carmelo. “Nel 2015 ci viene affidata la produzione. La floppatrice che avevamo acquistato nel 2006 da allora comincia a lavorare e non si ferma più. Mettiamo a punto la produzione come si deve. Oggi possiamo dire che Cornelio è davvero un prodotto che vale, è davvero il peperone dolce italiano”. Tanto per confermare che a Piano Stella i progetti non si fermano mai, i Cappello nel 2017 convertono 15 ettari al biologico: vuole essere l’inizio di una conversione ben più massiccia. Nello stesso anno infatti, dopo l’adesione all’OP Apo Conerpo, nasce in collaborazione con Brio del Gruppo Alegra la Bio Stella Srl con il compito di implementare questa attività che potrà avere sviluppi importanti legati ai rapporti internazionali di Piano Stella. Si potrebbe arrivare alla conversione al bio di tutto Piano Stella - che ha una superficie totale di 170 ettari -, una prospettiva che si spo-

Nel 2017 è stata creata una società specializzata negli ortaggi esotici: crescono meglio a Piano Stella che nei Paesi d’origine

sa molto bene con quella dell’Oasi Naturalistica Piano Stella (progetto di cui si parla in Sicilia e in vista del quale sono stati fatti anche degli studi scientifici che confermano l’esistenza nell’area di “ultimi lembi di vegetazione naturale” meritevoli di salvaguardia). Il futuro? Razionalizzare l’irrigazione per arginare il problema della carenza di acqua, strutturare l’azienda per rispondere alle crescenti esigenze di gestione sia tecnica che delle risorse umane e consolidare i rapporti commerciali, a partire da quelli con Valfrutta Fresco e il Gruppo Alegra. Quanto tempo è passato dalla crisi delle patate? Meglio: quante cose sono state fatte? Carmelo apre le braccia: “Abbiamo sempre innovato. Dimenticavo che stiamo sperimentando anche lo zenzero. Qui le prospettive di sviluppo vengono da se”. Alla visita del Corriere Ortofrutticolo a Piano Stella sono stati presenti, oltre a Carmelo Cappello, suo padre Giombattista, la sorella Evelina (laureata in economia a Catania, che si occupa di amministrazione), Stefano Soli, dg di Valfrutta, assente Domenico Cappello, che si occupa di produzione e che era occupato in campagna. www.corriereortofrutticolo.it

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ARANCIA ROSARIA. PERFETTO EQUILIBRIO TRA GUSTO E BENESSERE. Ricca di vitamine A, B, PP e C, ideale come coadiuvante della cura degli stati influenzali

Ricca di antiossidanti contro l’invecchiamento

Una sferzata di energia, ideale per chi pratica sport Effetti benefici sulla microcircolazione

Oggi Rosaria è anche una spremuta 100% di arance rosse, sempre fresca e disponibile tutto l’anno.


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Cimice asiatica, la maledetta che ha taglieggiato la campagna Emanuele Zanini Volumi in linea con lo scorso anno, ma in calo per il fresco. Mercato timido, almeno in avvio della stagione autunnale. L'annata delle pere è ancora difficile da decifrare. La partenza non è stata al top anche se per il prosieguo della stagione c’è moderato ottimismo per un pieno recupero. Per quanto riguarda le quantità, le ultime stime parlano di una certa stabilità ma, come detto, un calo, in certi casi piuttosto sensibile, del fresco. A delinearlo è il Comitato di coordinamento dell’OI Pera che ha potuto effettuare, a conferimenti ultimati, una prima valutazione sui quantitativi di pere effettivamente disponibili da immettere sul mercato per la stagione 2018/2019. Dai dati raccolti le previsioni di produzione effettuate a metà luglio dall’OI pera vengono confermate, con una produzione totale simile a quella dell’anno precedente. Nettamente diversa però appare la situazione se si restringe l’osservazione alla produzione commercializzaSettembre 2018

Il prodotto di qualità è inferiore di almeno il 10% rispetto alle aspettative a causa di problemi fitosanitari e legati al clima. Ma Granata insiste: “Il problema numero uno è l’aggregazione”

Luca Granata, direttore generale di Opera

bile e quindi destinata al mercato del fresco. Le frequenti grandinate e varie problematiche di origine agronomica degli ultimi mesi hanno infatti ridotto notevolmente la merce di prima qualità che nel com-

plesso si può stimare inferiore di oltre il 10% a quella del 2017. Cali consistenti sono registrati per tutte le più importanti varietà: Abate Fetel vede il prodotto di qualità diminuire del 16% sul 2017. Per William B.C. e Max Red Bartlett il calo previsto è stimato sul 7%. Per le altre cultivar si prevede per Santa Maria, -16%, Conference -12%, Decana -20%, Kaiser -13%. “A fronte di una produzione totale che già a metà luglio si prospettava in linea con quella dell’anno precedente e quindi su livelli abbastanza contenuti – dichiara Gianni Amidei, presidente dell’OI Pera – a conferimenti ultimati ci troviamo con un quantitativo di prima qualità nettamente inferiore all’anno precedente. Lo scorso anno la prima qualità rappresentava circa il 60% della produzione totale mentre le stime di quewww.corriereortofrutticolo.it

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Federico Barbi da Melinda a Opera come direttore operativo Federico Barbi (nella foto) è il nuovo direttore operativo (vendite e logistica) di Opera. La nomina è avvenuta nell’ambito del programma di consolidamento e sviluppo del Consorzio. Il manager trentino, 45 anni, ha lasciato la direzione commerciale di Melinda per assumere il nuovo incarico all’interno del colosso cooperativo dedicato esclusivamente alla pera e che rappresenta 18 importanti aziende del settore ortofrutticolo, più di 1.000 frutticoltori italiani che coltivano oltre 6.500 ettari di pero con una produzione di 27 varietà diverse pari a 200 mila tonnellate. Barbi, che così torna ad affiancare Luca Granata, direttore generale di Opera ed ex direttore generale di Melinda, assume progressivamente i ruoli che erano stati finora ricoperti in Opera dal Francesco Bassi di Agrintesa (coordinamento della logistica) e Gabriele Ferri di Naturitalia

(coordinamento commerciale), i quali continueranno comunque a rappresentare le rispettive aziende di appartenenza nell’ambito del Sales & Logistic Team di Opera. Il neo direttore commerciale di Opera lavorerà con il principale obiettivo di sviluppare ulteriormente l’attività di Opera attraverso il miglioramento continuo del servizio offerto dal Consorzio a tutti i propri clienti e dell’efficienza dell’attività di condizionamento del prodotto, ma sarà anche direttamente responsabile del rapporto con un limitato numero di clienti. “Il presidente, il consiglio di amministrazione e il direttore generale - si legge in una nota di Opera - ritengono che l’inserimento di Barbi nell’organigramma rappresenti un passaggio importante per il presente e il futuro del Consorzio”.

st’anno indicano una percentuale pari al 50%. Siamo quindi di fronte ad un’offerta destinata al fresco al di sotto dei valori normali, che richiede il massimo sforzo nella valorizzazione di questo prodotto”. Andando ad analizzare la situazione per i principali gruppi italiani che producono e commercializzano pere, per quanto riguarda il consorzio cooperativo

Opera – che può contare su oltre mille frutticoltori associati – la raccolta 2018 è terminata e la produzione è stata sostanzialmente uguale a quella del 2017, attorno alle 200 mila tons, con un trend perfettamente in linea con il dato di previsione di produzione totale 2018 di pere italiane (la previsione era di replicare i volumi del 2017) presentato in agosto di quest’anno in occasione del

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meeting annuale Prognosfruit organizzato da WAPA a Varsavia. “Tuttavia - conferma Luca Granata, direttore generale di Opera - la produzione 2018 di Opera di pere destinabili al consumo fresco è stata di circa il 10% inferiore rispetto a quella dell’anno scorso, a causa di una maggiore incidenza dei frutti che dovranno essere destinati a trasformazione industriale di vario tipo. Tale incremento della produzione da destinare all’industria - precisa - è dovuto alla maggiore intensità di alcune problematiche fitosanitarie specifiche (come per esempio la cimice asiatica e l'alternaria) che hanno interessato con diversa intensità numerosi areali dell’intera superficie nazionale coltivata a pero”. Il top manager del gruppo con sede a Villanova di Castenaso (Bologna) sottolinea inoltre come per quanto riguarda il rapporto tra le diverse pezzature ci sono ovviamente differenze tra una varietà e l’altra. “Però, in generale, nel raccolto 2018 è stato riscontrato un incremento di qualche punto percentuale dell’incidenza delle pezzature più piccole a scapito di quelle più grosse. Ma nel complesso non si osservano comunque variazioni di pezzatura sostanziali rispetto a quella del 2017”. Per quanto riguarda le quotazioni delle pere Opera i prezzi di cessione nel corso delle prime settimane di vendita della stagione '18/19 sono stati variabili in relazione alle varietà, alle diverse referenze ed ai diversi Mercati di destinazione. “In generale per diverse referenze si osserva una modesta flessione rispetto alle quotazioni dello stesso periodo del 2017, però alcune referenze specifiche sono state finora in contro-tendenza, evidenziando quotazioni migliori a quelle di 12 mesi fa”. Granata sottolinea ad ogni modo che la stagione commerciale per Opera è appena cominciata (alla fine della settimana 38 risultava Settembre 2018


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Circa l’89% delle famiglie italiane ha acquistato pere almeno una volta nel periodo intercorso fra luglio 2017 e giugno 2018; ogni nucleo lo ha fatto mediamente per una quantità di 17,5 kg ed una spesa complessiva di poco superiore ai 30 euro. Lo si legge in un’analisi del CSO presentata in anteprima su FreshPlaza Italia. I mesi più rilevanti per gli acquisti sono sempre quelli autunnali o invernali, confermando la stagionalità del prodotto, ma è in crescita anche il ‘fuori stagione’ dove predomina la merce d’importazione. Sul mercato italiano arrivano infatti mediamente poco meno di 100 mila tonnellate annue di pere estere. Le importazioni durante il 2017 sono scese di nove punti collocato solamente circa il 10% delle pere destinate al consumo fresco, perfettamente in linea con il trend di de-stoccaggio periodico medio delle tre campagne commerciali precedenti). “Per Opera infatti la campagna commerciale ovviamente non si risolve con le trattative di pre-raccolta, il cui andamento talvolta non trova riscontro nel successivo lungo sviluppo della stagione di vendita”. Luca Granata torna quindi a parlare dell’Abate. A tal proposito per quanto riguarda le superfici coltivate della ‘regina' delle pere italiane, “i dati relativi alla superficie 2018 mostrano per la prima volta dopo molti anni una modestissima flessione. Tuttavia si deve ricordare come la superficie coltivata ad Abate fosse stata precedentemente oggetto di un considerevole incremento, pari circa al 50%, nel periodo tra il 2000 ed il 2017”. Ma a preoccupare il direttore generale di Opera è semmai un altro Settembre 2018

percentuali rispetto ai volumi dell’anno precedente, risultando i quantitativi più contenuti delle ultime cinque annate, con poco più di 80 mila tonnellate. Tutti i principali Paesi di origine mostrano quantitativi in calo, ad eccezione del Cile e dei Paesi Bassi. Le flessioni più significative sono a carico di Argentina, Belgio e più limitatamente Spagna e Sudafrica. Al contrario, i quantitativi di pere italiane esportati nel 2017/18 - con un volume di oltre 160 mila tonnellate - sono stati maggiori del 21% rispetto ai volumi, piuttosto contenuti, della stagione precedente, a fronte di un’offerta in crescita di soli 8 punti percentuali rispetto alla precedente campagna. Tutte le principali destinazioni sono au-

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Export di 160 mila tonnellate, import di 100 mila Crescita in Germania e Svizzera, calo in UK mentate. La Germania si conferma principale mercato di sbocco, con una crescita del 33%. In calo Regno Unito, Ungheria, Croazia e Grecia. Incremento in Svizzera, più lieve in Libia e Brasile. Per quanto riguarda i competitor, l’Olanda nel 2017/18 ha superato le 370 mila tonnellate di export, con +20% rispetto alla stagione precedente. Solo in Germania gli olandesi hanno collocato 80 mila tonnellate (+11% sul 2016/17) risultando i primi fornitori. Secondi esportatori di pere in Europa i belgi con 300 mila tonnellate complessive. Terzi, a distanza, gli esportatori italiani mentre seguono al quarto posto gli spagnoli con quasi 130 mila tonnellate e un balzo del 27% sul 2016/17.

Alessandro Zampagna, direttore, Reen Nordin, commerciale e Alberto Garbuglia, consigliere delegato di Origine Group

fattore. “A nostro avviso - precisa - appare molto più grave del dato contingente relativo ad Abate, la costante riduzione, anno dopo anno, della superficie italiana coltivata a pero, scesa di oltre il 40% nel corso degli ultimi 15 anni prevalentemente a causa dell’insufficiente remunerazione della frutta raccolta”. Granata osserva come “Opera ritiene che tale trend - che a nostro

avviso dovrebbe indurre a profonde riflessioni tutti gli addetti ai lavori a tutti i livelli - trovi la sua principale causa in un livello dell’aggregazione dell’offerta di pere largamente inferiore a quello che sarebbe necessario per poter realmente incidere in modo strutturale e sistematico sulla situazione di Mercato. Continuiamo quindi ad impegnarci al meglio delle nostre possibilità per www.corriereortofrutticolo.it

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Solarelli, grandi cure per mantenere le promesse Solarelli® è il marchio dei produttori del Gruppo Apofruit dedicato all’ortofrutta prodotta nei territori più vocati. Nel ‘cesto’ di Solarelli non mancano le pere Abate Fetel. Franco Girotti tecnico Apofruit dell’area Emilia afferma: “Siamo di fronte a un’ottima annata per le pere Abate Solarelli, con una produzione che si avvicina, per il Gruppo Apofruit, alle 8 mila tonnellate. Una produzione che però, quest’anno, è stata toccata dagli attacchi della cimice asiatica, colpo di fuoco e maculatura bruna e che ha pertanto visto abbassare le quantità disponibili per la top quality. Ciò non toglie che siamo particolarmente orgogliosi del sistema qualità che Apofruit ha messo a punto per il

marchio Solarelli, soprattutto perché, grazie all’assistenza tecnica capillare ai produttori, che sono 270 nella zona vocata alla pera Abate, concordiamo tutte le operazioni colturali necessarie ad ottenere la massima qualità, compresa la raccolta”. La scelta del momento giusto per la raccolta della Pera Abate è fondamentale per avere la qualità che il marchio Solarelli vuole esprimere. Assistenza tecnica e produttore insieme decidono il momento ideale di raccolta valutando la durezza dei frutti attraverso un apposito strumento di misurazione e valutando il grado zuccherino raggiunto. I produttori vengono assistiti ad uno ad uno.

provare a migliorare tale situazione, anche se ovviamente per poterlo fare in modo significativo sarebbe indispensabile la condivisione e la collaborazione da parte di molte altre aziende che operano a vario titolo nella filiera del pero in Italia”. Sulle prospettive per i prossimi mesi, lo stesso Granata e il suo staff sono convinti che "l’offerta di pere per il consumo fresco nel corso della stagione 2018/19 sarà in generale leggermente inferiore a quella del 2017 e, nel caso specifico dell’Abate Fetel - che rappresenta circa il 50% della nostra produzione – inferiore di circa il 10%”. È dunque ragionevole attendersi che nel corso dell’intero periodo di vendita ci sarà un buon rapporto tra domanda e offerta di pere in generale e di pere Abate in particolare, a tutto favore di un probabile aumento tendenziale delle quotazioni nel corso della campagna di vendita 2018/19. Per quanto riguarda progetti e

piani di sviluppo di Opera, “anche durante l’esercizio in corso proseguiremo con immutata convinzione ed intensità nel percorso di comunicazione a supporto delle vendite di pere Opera dei nostri clienti che, iniziato solo due anni fa, ha già fatto di Opera in Italia la marca specifica di pere con il livello di notorietà spontanea ‘top of mind' di gran lunga più elevato. Il nostro primo flight di comunicazione di questo esercizio si sviluppa sulle principali reti tv e radio nazionali dal 28 ottobre al 28 novembre e potrà contare su un nuovo spot che crediamo sarà ancora più coinvolgente e memorabile di quello finora utilizzato”. “Allo stesso modo - prosegue Granata - continueremo nello sviluppo e nell’introduzione, in tutte le oltre 40 nazioni in cui commercializziamo pere Opera, di confezioni ad elevato contenuto di servizio e di prodotti nuovi ed innovativi a base di pera Opera, realizzati in collaborazione con aziende leader dei rispettivi settori”.

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Conferma, almeno a sensazione, una partenza un po' a rilento anche Alessandro Zampagna, direttore di Origine Group, il Consorzio nato nel 2015 come alleanza strategica tra un gruppo di aziende (Afe, Apofruit, Frutta C2, Gran Frutta Zani, Kiwi Uno, Op Kiwi Sole, Pempa-Corer, Salvi-Unacoa, Spreafico), rafforzato ulteriormente dall'ingresso del gruppo cileno Del Curto e dall'acquisizione di Compagnia Italiana della Frutta (Made in Blu e Fruitaly). Tuttavia “certi allarmismi lanciati a settembre mi sembrano avventati. Siamo appena all'inizio della stagione, è troppo presto per esprimere giudizi. È sbagliato lanciare proclami sulle vendite. È vero che ci sono stati alcuni problemi sulla qualità su alcune varietà” ammette. “I volumi sembrano essere in linea con quelli del 2017, con calibri leggermente superiori. Ma la qualità per il prodotto di prima categoria sembra di buon livello, seppur le quantità di questa tipologia sembrano essere in calo. Ci sarà probabilmente più prodotto destinato all'industria. Ma per fare ulteriori valutazioni è ancora troppo presto. Bisogna aspettare ancora un po’, quando la domanda partirà davvero”. Zampagna non nasconde come il settore delle pere si sia un po' fermato sugli investimenti, “come testimoniano le statistiche. Lavorare per una riconversione varietale non è semplice. Il settore si deve interrogare se e come operare nello studio e introduzione di nuove varietà”. Per quanto riguarda Origine Group, “sarà un’annata di consolidamento - afferma Zampagna -. Effettueremo alcuni test sperimentali su alcuni progetti, destinati in particolare su nuovi mercati, in particolare in Estremo Oriente. Ma per ampliarli sarà fondamentale chiudere i tanto sospirati accordi bilaterali con Paesi strategici e l’abbattimento delle barriere fitosanitarie ancora presenti su troppe destinazioni”. Settembre 2018


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L’ITALIA AD ASIA FRUIT LOGISTICA. Aperte nuove opportunità

Hong Kong fa business Mariangela Latella Le pere italiane di Origine Group cominciano ad affacciarsi sul mercato del Sudest asiatico e si aggiungono al paniere ortofrutticolo dei brand made in Italy già commercializzati nell’area relativi a kiwi, mele e, purtroppo ancora pochi, agrumi. L’inedita collaborazione tra CSO Italy e ICE di Hong Kong (che, l’anno scorso, per la prima volta ha aperto al Corriere Ortofrutticolo la sua banca dati relativa al’import-exoprt F&V da e per quel mercato), ha contribuito a spingere in avanti il nostro export offrendo alle aziende italiane un programma di incontri con i buyer provenienti da Cina, Taiwan, Malesia, India, Indonesia e Singapore. Settembre 2018

Ha funzionato la collaborazione tra CSO Italy e l’Ufficio ICE della metropoli asiatica, che hanno organizzato incontri con Taiwan, Singapore e Indonesia. Nuovi contatti per il kiwi in Cina

Simona Rubbi, responsabile delle relazioni internazionali di CSO Italy, con il presidente di Fruitimprese Marco Salvi

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L’area organizzata da Assomela ad Asia Fruit Logistica 2018. A destra, Luigi Mazzoni, ad di un gruppo che da anni lavora con la Cina

Un momento d’oro per i nostri marchi e i prodotti di qualità anche in considerazione del crescente fabbisogno alimentare di quest’area che non riesce ad essere soddisfatto (in base a quanto è emerso durante l’Asia Fruit Congress) dalle rotte di prossimità Sud (Oceania)-Nord e che sposta a carico dei Paesi più lontani, primi fra tutti Sudamerica e Sudafrica, le forniture alimentari (altrimenti carenti) della regione. “Questa partnership - ha spiegato Simona Rubbi, responsabile relazioni internazionali e apertura nuovi mercati di CSO Italy - ha creato nuovi contatti anche in Paesi dove non siamo ancora presenti. Abbiamo registrato molte richieste per i nostri prodotti ma spesso, e con amarezza diffusa, le abbiamo dovute declinare per la mancanza di accordi bilaterali. Sul fronte del flusso di presenze in fiera, abbiamo registrato un’anomalia. Un grande afflusso il mercoledì ed il venerdì ed una Settembre 2018

giornata intermedia morta, il giovedì”. Se la Cina è ormai aperta per i nostri kiwi e agrumi (che, in quest’ultimo caso, stanno ancora lavorando per aprirsi una valida strada logistica) rimane ancora chiusa per mele, pere e uva da tavola i cui accordi bilaterali sono ancora in alto mare. Stessa cosa dicasi per le trattative con Vietnam e Taiwan, specie per le mele dove, per contro, la Francia storicamente presente in quei territori, sta andando avanti in fuori gioco rispetto ai competitor europei. “Quest’anno anzi - continua Rubbi - c’è stato un rallentamento dei negoziati perché, a seguito del congresso plenario del partito comunista cinese, l’amministrazione statale è stata oggetto di riorganizzazione con conseguente stallo burocratico. Pare comunque che ultimamente le trattative per le mele siano state riprese”. “Noi da anni - chiarisce Luigi Mazzoni amministratore delega-

to dell’omonimo gruppo - lavoriamo in Cina con i kiwi e quest’anno effettivamente abbiamo avuto nuovi contatti ma li dobbiamo ancora valutare. Veniamo dall’anno scorso in cui per motivi di scarsa offerta abbiamo fatto poco sui mercati lontani. Quest’anno i volumi ci sono ma prevediamo problemi con i calibri e con le forme con il rischio di innalzare l’asta delle perdite nelle produzioni di Latina, Verona e Calabria”. Il flusso di volumi in export di quest’anno è previsto in ascesa sia per kiwi e specie per mele su cui è stata particolarmente concentrata l’attenzione dei buyer inwww.corriereortofrutticolo.it

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Chris White, al centro, il giornalista dedicato al settore ortofrutticolo forse più famoso al mondo, che ha lanciato Asia Fruit Logistica ad Hong Kong

diani. “Partecipiamo a questa fiera spiega Giulia Montanaro di Assomela - per consolidare e rafforzare la nostra presenza sul mercato indiano e in genere in tutti i Paesi della regione in cui possiamo esportare. Il rientro alla normalità dei volumi, dopo il picco del 25% dell’anno scorso, ci permette di guardare con ottimismo alla stagione che si affaccia”. Eccetto che per le varietà gialle, vendute sostanzialmente a marchio Zespri, e quelle brandizzate e riconoscibili come Sweekie del gruppo Origine, il tradizionale kiwi verde italiano sta subendo pesantemente la concorrenza della Grecia che rosicchia progressivamente quote di mercato al made in Italy. “Già l’anno scorso - spiega Renzo Balestri responsabile export Oltremare per Apofruit - abbiamo registrato una flessione dell’export del 20%. Una cifra importante se si considera che la Grecia

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è entrata in questo mercato due anni fa. Loro però non producono kiwi giallo che qui è molto richiesto e che viene prevalentemente commercializzato a marchio Zespri. Per questo in Italia si stanno sperimentando delle varietà autoctone da proporre in concorrenza. Si tratta comunque di cultivar con una stagionalità ed una shelf life più corta”. In compenso Apofruit, grazie all’alleanza strategica con la SFT di Trento, sta iniziando a mandare volumi sempre più importanti di mele in risposta anche alla forte domanda di prodotto made in Italy. “Anche se l’accordo ha ormai tre anni - precisa Balestri - il vero banco di prova è quest’anno dal momento che l’anno scorso mancavano le quantità. Sulle mele dobbiamo costruire tutto e non ci precludiamo nessuna delle destinazioni possibili. Quest’anno testeremo per la prima volta le piazze di Hong Kong, Singapore, India, Malesia e Indonesia verso

cui prevediamo di mandare non meno di 50-100 container complessivi”. Stagione di debutto anche con le pere per Origine Group che l’anno scorso ha lanciato ad Asia Fruit Logistica, il proprio marchio di kiwi Sweekie e che quest’anno ha raddoppiato il proprio spazio espositivo nello stand Italy organizzato dal CSO presentandosi con tutti i marchi, ossia, oltre a Sweekie anche Compagnia italiana, Made in Blue, Fruititaly e Pere Italia. “Abbiamo incrementato i contatti - precisa Alessandro Zampagna, responsabile export del Gruppo Origine - del 30% rispetto all’anno scorso. Per la prima volta abbiamo presentato le nostre Williams e le Abate Fetel. Queste ultime non sono molto conosciute e la sfida è comunicare efficientemente le loro qualità. Siamo ancora in una fase iniziale in cui non si può parlare di grandi volumi ma abbiamo registrato molto interesse dagli operatori di Hong Kong, Singapore, Malesia, Indonesia e Taiwan”. Infine, il moltiplicarsi delle iniziative fieristiche in Estremo Oriente sta creando non poco sconcerto tra gli operatori che devono decidere su quali eventi puntare, anche in considerazione degli elevati costi che comporta parteciparvi. Come è noto infatti, dopo Asia Fruit Logistica di Hong Kong, l’offerta fieristica è cresciuta con China Fruit Logistica e Mac Fruit Attraction China, entrambe a Shanghai.

Settembre 2018


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Il Tavolo Ortofrutta conferma le priorità per il settore Emanuele Zanini Il 27 settembre è arrivata la prima, attesa convocazione del Tavolo Ortofrutta da parte del nuovo governo, rappresentato per l’occasione dal sottosegretario all’Agricoltura, con delega all’ortofrutta, Alessandra Pesce. C’erano un po’ tutti, per qualcuno anche troppi rappresentanti della filiera ortofrutticola, dalla produzione all’ingrosso, dalle associazioni di categoria fino al mondo della distribuzione. L’incontro ha avuto un aspetto sicuramente positivo: è entrato nel dettaglio delle principali questioni aperte, concentrandosi in particolare sui temi dell’abbattimento delle barriere fitosanitarie, dei controlli delle merce importata e sull’introduzione di un catasto delle produzioni. Sulle barriere fitosanitarie è stato ribadito e sottolineato come sia necessario stringere, data l’assoluta importanza delle esportazioni per il settore, accordi bilaterali con Paesi chiave per l’export, e così abbattere i troppi vincoli che impediscono alle aziende di esportare in certi mercati. L’altro tema chiave trattato è stata la definizione di un catasto delle produzioni che consenta una precisa programmazione delle quantità di ortofrutta da produrre e commercializzare. Dopo aver ascoltato le osservazioni dei presenti, il sottosegretario Pesce ha preso alcuni impegni con i rappresentanti del mondo ortofrutticolo. Il ministero farà una sintesi di ciò che è emerso e realizzerà un documento in cui verranno messe nero su bianco le principali richieste. Inoltre Alessandra Pesce si è impegnata a riconvocare il Tavolo entro due mesi per entrare più nel concreto e nello specifico dei temi presi in Settembre 2018

Accelerare sugli accordi bilaterali con i Paesi-chiave per l’export, monitorare le importazioni, introdurre il catasto delle produzioni. Il sottosegretario Pesce: “Aggregazione e competitività”

Il sottosegretario all’Agricoltura Alessandra Pesce

IL DIRE E IL FARE I punti discussi alla prima convocazione del Tavolo Ortofrutticolo da parte del nuovo governo sono ed erano noti, più volte emersi in svariate occasioni tra gli operatori e le loro rappresentanze. E’ indubbiamente importante e anzi nevralgico averli focalizzati e averne discusso anche in una sede istituzionale come il ministero. E’ evidente che discuterne è necessario e che il Tavolo è utile. Ma forse è importante capire, dopo questa

prima riunione, se il Tavolo, oltre a discutere, avrà facoltà di proporre chi farà le cose. Chi metterà a punto e gestirà, per esempio, il Catasto Ortofrutticolo, un esempio non proprio casuale. Chi gestirà altre necessarie iniziative di filiera che sono da mettere in cantiere. Il settore auspica che questa facoltà di proposta ci sia, che oltre a dire si possa anche proporre e fare. (a.f.)

esame, fornendo dati e informazioni più precisi e dettagliati e creando un metodo di lavoro. L’obiettivo insomma sembra davvero quello di creare un punto di riferimento permanente per le politiche di settore, cosa che - va

detto - non è mai esistita (esiste eccome in Spagna, e i risultati si vedono). “Quello di oggi è un passo importante - ha dichiarato il Sottosegretario - che conferma il nostro impegno verso i territori e l’ascolwww.corriereortofrutticolo.it

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Il Pepero one Dolcce Italiano o

PIÙ PI Ù

VA ALORRE NEL PDV FEDELTÀ PROMOZIONI


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Reazioni positive dalle categorie di settore

Marco Salvi, presidente Fruitimprese, Davide Vernocchi, presidente Alleanza delle Cooperative ortofrutticole, Paolo Bruni, presidente CSO Italy e, sotto, Fabio Massimo Pallottini, presidente di Italmercati

to delle esigenze degli operatori. È necessario agire per rafforzare un comparto che vale 11,6 miliardi di euro e a cui è dedicata una specifica Organizzazione comune di mercato. Dobbiamo lavorare per aumentare il livello di aggregazione dell’offerta, per soddisfare un mercato in continuo cambiamento e aumentare la nostra propensione all’export. Per raggiungere questi obiettivi è necessario il contributo di tutti gli operatori, con una visione d’insieme per rendere coesa la filiera e con un approccio strategico alla pianificazione. Il Ministero c’è e vuole inaugurare una nuova stagione di concertazione, consapevole che solo con il contributo di tutti si possa vincere la sfida della competitività”. Queste intenzioni sono piaciute ai rappresentanti della filiera che hanno espresso la loro soddisfazione. Per Marco Salvi, presidente di FruitImprese, “le premesse sono buone. Il Tavolo può diventare strategico per il settore e fargli fare un salto di qualità. Ora servono azioni concrete e far convergere tutta la filiera verso un unico obiettivo. Possiamo guardare avanti con una certa fiducia ma dobbiamo rimbocchiamoci le maniche”. Anche Paolo Bruni, presidente di CSO Italy, ha avuto “una buona impressione dall’incontro e dalle Settembre 2018

intenzioni della sottosegretaria Pesce, che ha gestito il Tavolo in maniera pragmatica. Ora alle parole devono seguire i fatti. Ma le premesse per fare bene ci sono tutte”. Soddisfatto anche Fabio Massimo Pallottini, presidente di Italmercati. “La sottosegretaria Pesce ha avuto il merito di far ripartire un Tavolo fermo da troppo tempo (la prima e unica riunione risaliva al

Salvi: “Dobbiamo convergere su un unico obiettivo”. Vernocchi: “I presupposti per lavorare con concretezza ci sono”. Pallottini: “I Mercati non devono essere trascurati”

dicembre dell’anno scorso, ndr). Ora serve una semplificazione del Tavolo e redigere un’agenda con obiettivi da definire e raggiungere. Per quanto riguarda nello specifico i Mercati, pur essendo nella parte finale della filiera, non devono essere trascurati. Serve non solo lavorare per la produzione, comunque fondamentale, ma anche sui consumi, sulla distribuzione dei prodotti e sulla logistica”. Tema quest’ultimo su cui gli ha fatto eco Valentino Di Pisa, presidente di FedagroMercati: “È una grande opportunità questo Tavolo. Un’occasione anche per discutere non solo dell’export, che rimane comunque imprescindibile, ma anche dei consumi interni del fresco e delle soluzioni per rilanciarli”. Impressione positiva anche per Davide Vernocchi, coordinatore ortofrutticolo dell’Alleanza Cooperative Agroalimentari: “I presupposti per lavorare con concretezza ci sono. Non chiediamo la luna ma interventi mirati su punti imprescinibili come barriere fitosanitarie, controlli e catasto”. Tra le richieste emerse anche la necessità di snellire le presenze, che sono state oltre una trentina, un numero forse non ottimale per rendere davvero operative le riunioni. Ma su questo punto Alessandra Pesce non si è pronunciata. www.corriereortofrutticolo.it

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EFFICIENZA, CELERITÀ, FLESSIBILITÀ

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ATTUALITÀ

CORRIERE ORTOFRUTTICOLO

L’EVENTO. The Rome Table torna il 6 e 7 novembre

Dove l’export cresce Due tra i più grandi gruppi della distribuzione europea (uno tedesco ed uno francese), l’importatore esclusivo di Coop Svezia, la più autorevole agenzia di importazione svizzera, tre tra i più accreditati importatori arabi (due da Gedda e uno da Dubai). Sono solo alcune delle importanti presenze straniere a The Rome Table 2018, il B2B intenzionale dedicato all’ortofrutta in programma a Roma, al Parco dei Principi, il 6 e 7 novembre prossimi, presenti oltre 30 buyer da vari Paesi del mondo (inclusi Brasile, Canada, Egitto, India, Stati Uniti, oltre a Austria, Croazia, Francia, Polonia, Regno Unito, Spagna) e oltre 60 aziende di produzione e commercializzazione di ortofrutta italiane. Una seconda edizione, dopo quella del novembre 2017, che segna una crescita significativa, grazie anche all’attiva collaborazione dei partner Italia Ortofrutta Unione Nazionale, Fruitimprese, Italmercati e Confagricoltura, che stanno affiancando Omnibus, l’agenzia incaricata dell’organizzazione di Settembre 2018

Un’opportunità straordinaria e comoda per far crescere i contatti internazionali delle aziende ortofrutticole italiane. Certificazione Euler Hermes per i buyer esteri partecipanti

Il Parco dei Principi, sede anche della seconda edizione di The Rome Table

questo evento unico per la crescita delle esportazioni italiane nel mondo e per un approccio diretto dei produttori con alcune delle catene straniere presenti in Italia. L’evento è inoltre sostenuto da

Euler Hermes, dal CAR (Centro Agro-alimentare Roma), da Fedagromercati-Confcommercio e dall’Agenzia regionale del Lazio ARSIAL. Gli incontri d’affari si succederanwww.corriereortofrutticolo.it

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ATTUALITÀ

no, al ritmo di 20 minuti ciascuno, dalle 10 del mattino del 6 novembre alle 18 con una pausa pranzo dalle 13 alle 14,30, e poi il giorno successivo, 7 novembre, con gli stessi orari; in pratica ci saranno quattro sessioni di incontri, due mattutine e due pomeridiane. I due light-lunch che spezzano le sessioni di lavoro sono organizzati da Omnibus nello stesso Parco dei Principi e saranno anch’essi importanti momenti di reciproca conoscenza per la comunità degli affari presente all’evento, così come le due cene previste in due diverse e caratteristiche location della capitale, la prima riservata di nuovo all’incontro tra le aziende italiane e gli ospiti stranieri e della grande distribuzione estera presente in Italia. Ogni azienda italiana iscritta riceverà a fine ottobre il calendario degli incontri con i buyer da essa stessa prescelti negli orari assegnati. Il B2B romano - assicura la società di servizi Omnibus, che fa parte del nostro gruppo editoriale - offre opportunità di business a condizioni vantaggiose e in una

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location comoda come Roma, garantendo contatti che richiederebbero viaggi spesso di migliaia di chilometri e dispendiose presenze a fiere internazionali. Euler Hermes, parte del gruppo Allianz, presente in oltre 52 Paesi, leader nell’assicurazione del credito a livello mondiale, non è un semplice sostenitore ma un vero e proprio partner di The Rome Table. Grazie all’accordo con Omnibus, Euler Hermes ha infatti valutato le aziende estere che saranno presenti a Roma per verificarne l’affidabilità e la solvibilità finanziaria. Tutti i buyer esteri confermati rispondono alle caratteristiche economiche e di solvibilità finanziaria indispensabili per partecipare all’evento romano, che si prefigura, per il settore ortofrutticolo, come una piattaforma di bu-

Forte presenza del Sud e di specialisti di prodotti di nicchia di qualità. E debutta la GDO estera presente in Italia

siness senza eguali in Italia. Concretamente, alcune aziende sono state escluse dall’evento a seguito della valutazione sulla loro affidabilità economica. Tra le aziende italiane che si sono iscritte a The Rome Table è preponderante il Sud, con un’offerta davvero completa delle specialità ortofrutticole del Mezzogiorno. Non mancano infatti i grandi produttori di agrumi a fianco di alcuni specialisti di nicchie particolari come quella del bergamotto calabrese. Sono presenti produttori di verdure e ortaggi dalla Campania all’Agro Pontino e Romano, anche qui con nicchie curiose (un’azienda che produce solo ravanelli, ad esempio), produttori di uva da tavola pugliesi e siciliani. Ma sarà anche rappresentato il radicchio veneto con aziende di riferimento, il kiwi dell’Emilia Romagna e del Piemonte, la mela dell’Alto Adige. Il compratore straniero avrà in uno spazio racchiuso, quindi a portata di mano, un concentrato straordinario della produzione italiana. Un significato ha anche la presenza di alcune aziende ed agenzie commerciali italiane, data la richiesta straniera di carichi misti da patte di specialisti. Due giorni, dunque, intensi, senza convegni e seminari, con un taglio assolutamente operativo e business-oriented: una formula in cui Omnibus crede tantissimo senza togliere ruolo alle fiere di settore, che tuttavia sono un’altra cosa. La sede poi è ideale, per due motivi: Roma è baricentrica ma soprattutto vicina al Sud da dove provengono la maggioranza delle aziende nazionali; Roma è comodissima e attrattiva per i buyer internazionali. Su un terzo motivo c’è lavoro da favore: dare a Roma la consapevolezza che può diventare, con The Rome Table e le potenzialità future del progetto, un centro nevralgico del commercio ortofrutticolo mondiale a vantaggio di alcune infrastrutture che a Roma ci sono, in particolare nel campo della logistica di settore. (a.f.) Settembre 2018


ATTUALITÀ

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Stagione di ripresa per il kiwi Attese 435 mila tonnellate Migliorano le prospettive per il kiwi italiano, che mostra segni di ripresa quantitativa rispetto allo scorso anno. Dopo una campagna particolarmente negativa nel 2017, secondo le stime dell’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari quest’anno la produzione è in aumento di circa il 18%, supportata dall’incremento delle varietà di kiwi a polpa gialla e dai picchi di crescita registrati in questi mesi nelle zone del Lazio e del Veneto. Si andrà verso una produzione totale di 435 mila tonnellate, che resta tuttavia al di sotto delle medie produttive del nostro Paese: -11% rispetto al quadriennio 2013-2017. A pesare, oltre ai problemi fitosanitari come la batteriosi, la moria e la cimice asiatica, anche l’andamento climatico dei mesi scorsi e i fenomeni avversi che hanno colpito pesantemente le coltivazioni. Il miglioramento produttivo di quest’anno dovrebbe riflettersi anche sul fronte del commercio con l’estero: dopo il calo delle esportazioni di kiwi nel 2017, sono in crescita le prospettive per la campagna a venire considerando l’aumento dei volumi. In tema di scambi commerciali “seguiamo tuttavia con attenzione - spiega il coordinatore ortofrutticolo dell’Alleanza Cooperative Agroalimentari, Davide Vernocchi - il forte incremento di importazioni di kiwi provenienti dalla Grecia sul mercato europeo. Solo in Italia sono aumentate del 39% negli ultimi 4 anni, passando dalle 1.780 tonnellate del 2013 alle 26.468 tonnellate del 2017”. Sul fronte interno, secondo Vernocchi “è quanto mai auspicabile continuare a lavorare sulla qualificazione dell’offerta italiana e sull’apertura di nuovi canali di sbocco sui mercati esteri, come ad esempio si sta cercando di fare Settembre 2018

Prioritario valorizzare il prodotto nazionale sul mercato interno ed estero per arginare la concorrenza dei nuovi competitor. Crescono in Italia gli investimenti di Zespri sulla varietà gialla

con il Giappone. Una sfida che bisogna cogliere per tempo per tutelare e valorizzare un prodotto di cui l’Italia è primo produttore in Europa e secondo al mondo, dopo la Cina”. Nel frattempo è iniziata la raccolta dei kiwi Zespri coltivati in Italia. Continua la crescita inarrestabile della produzione italiana del kiwi SunGold, che quest’anno registra un aumento del 70% a volume rispetto al 2017, per un totale di 30 mila tonnellate di kiwi SunGold, quasi il doppio rispetto alle

In Italia più ettari dedicati alla produzione del SunGold Zespri

18 mila tonnellate raccolte lo scorso anno. Un vero e proprio boom produttivo, frutto del grande investimento strategico che Zespri ha fatto nel febbraio 2017, decidendo di ampliare la produzione con l’acquisto di nuovi ettari di terreno. Ai 1.650 ettari già assegnati per la coltivazione di kiwi SunGold in Italia, l’anno scorso Zespri ha stanziato ulteriori 1.200 ettari nelle campagne italiane, per un totale di 2.850 ettari. Dopo un primo anno dedicato all’avvio dell’attività, ora i nuovi ettari sono entrati in piena produzione e hanno quasi raddoppiato i volumi dell’anno precedente, rispettando pienamente le previsioni di crescita, che mirano a raggiungere 70 mila tonnellate di SunGold nei prossimi cinque anni. L’investimento strategico di Zespri ha l’obiettivo di soddisfare la crescente domanda di kiwi SunGold da parte dei consumatori, ormai sempre più appassionati di questa varietà di kiwi. www.corriereortofrutticolo.it

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BIOLOGICO

Crescita pirotecnica: in 10 anni il settore è aumentato del 153% Il biologico non si ferma più. La corsa del bio è testimoniata dai dati record diffusi da Nomisma attraverso l’Osservatorio SANA, in occasione del Salone dedicato al comparto, svoltosi a Bologna dal 7 al 10 settembre. I consumi di prodotti biologici, in primis quelli alimentari, valgono 3,5 miliardi di euro, segnando così un +15% sul 2016 e un pirotecnico +153% rispetto a dieci anni fa, nel 2008. L’export vale 2,1 miliardi, anche qui con crescite importanti: +16% sul 2015 e addirittura +408% sul 2008. Così tutto il comparto (bio alimentare e cosmetico-salute) vale 5 miliardi di euro. Ogni settimana 6,5 milioni di famiglie scelgono prodotti bio, cioè 26 nuclei familiari su cento. Il trend è confermato anche nella prima parte del 2018: nei primi cinque mesi dell’anno le vendite bio sono salite del 10,5%, mentre nell’alimentare convenzionale del 2,8%. Il 2017 ha visto l’exploit della grande distribuzione, dove i fatturati legati al biologico sono schizzati a 1,45 miliardi di euro, segnando un +16,6%. Molto bene Settembre 2018

Al SANA di Bologna i dati del successo del biologico italiano che impiega 280 mila persone e interessa 1,8 milioni di ettari ovvero quasi il 15% della superficie agricola del nostro Paese

gli ipermercati con +14%, benissimo i supermercati con +18%. Dal punto di vista geografico il Centro Nord la fa sempre da padrone: qui si concentra il 60% della distribuzione del biologico (il 23% al Centro e il restante 17% al Sud).nIl settore può contare su 80 mila imprese produttrici, impiegando 280 mila persone e in-

teressando oltre 1,8 milioni di ettari di terreno, che pesano per il 14,5% della superficie agricola italiana. In grande spolvero l’ortofrutta dove il dettaglio specializzato gioca ancora un ruolo determinante nella scelta dei consumatori. Relativamente alle categorie più acquistate dunque, il podio spetta www.corriereortofrutticolo.it

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Trent’anni di SANA: evento centrale per il bio in Italia Il SANA ha festeggiato a settembre la sua trentesima edizione: 52mila mq di superficie espositiva su sette padiglioni, più di 950 prodotti novità e circa 2.000 incontri B2B con buyer in arrivo da 30 Paesi, decine di convegni, un +27% per gli appuntamenti dedicati alla formazione di SANA Academy e più di 100 iniziative parallele a Bologna. Suddivisi nelle tre aree Alimentazione biologica, Cura del corpo naturale e bio, Green lifestyle, i sette padiglioni di SANA 2018 hanno proposto alle migliaia di visitato-

ri presenti il meglio della produzione biologica e naturale nazionale e uno spezzone di quella internazionale. Significativo incremento della GDO, che contribuisce a rendere accessibile il prodotto biologico aumentando profondità ed estensione del proprio assortimento. A Bologna, in occasione del SANA, anche il mondo delle associazioni e delle federazioni di categoria, i rappresentanti delle istituzioni locali e nazionali a conferma della centralità dell’evento per il biologico italiano.

in ordine a frutta, ortaggi e derivati dai cereali (pasta, riso, farine), che rappresentano oltre la metà degli acquisti in valore e hanno registrato nel primo semestre del 2018 un trend positivo rispettivamente del 2,5%, 0,4 % e 9,3%. Da evidenziare in particolare l’andamento in controtendenza del segmento ortofrutticolo bio, rispetto allo sfuso convenzionale, che sempre nel primo semestre del 2018, ha subìto un taglio del 7,8%, di riflesso all’introdu-

zione dei sacchetti biodegradibili. Avanzano anche gli acquisti di latte e derivati (+6,2%), mentre uova e vini fanno entrambi un balzo in avanti del 21,6%, sebbene questi ultimi, in corrispondenza di quote di mercato ancora molto esigue. Si conferma a due cifre l’incremento per oli e i grassi vegetali (+16,5%), carni fresche (+16,5%) e prodotti ittici (+16,7%). I salumi, al contrario, sono l’unica categoria che subisce una battuta d’arresto (-2%).

In relazione ai canali di vendita, permane la leadership della GDO in un contesto fortemente dinamico per i discount (+42% l’incremento del fatturato). Cede il 3% l’aggregato ‘altri canali' in cui converge commercio tradizionale, cash&carry, grossisti, porta a porta ed e-commerce. Il mercato dell’ortofrutta coltivata con tecniche biologiche vale in Italia oltre 400 milioni di euro. La classifica dei prodotti ortofrutticoli biologici più venduti negli ultimi 12 mesi nella distribuzione moderna, considerando i prodotti venduti a peso imposto e a peso variabile, è composta da: banane, limoni, pomodori, carote, zucchine, mele, aglio, kiwi, patate e finocchi. Secondo Davide Vernocchi, coordinatore del settore ortofrutticolo di Alleanza delle Cooperative agroalimentari, “è importante non solo eliminare tutti gli ostacoli che impediscono la crescita del segmento biologico, ma continuare ad accompagnare i consumi biologici con un’importante spinta di comunicazione, perché è proprio puntando sull’informazione ai consumatori che si rafforza e consolida la domanda di prodotti bio e si riesce ad aprire anche nuovi spazi di mercato alla parte produttiva".

Il sottosegretario all’Agricoltura con delega al biologico Alessandra Pesce al convegno inaugurale di SANA 2018

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BIOLOGICO

A novembre torna Biolife a Bolzano La 15esima edizione di Biolife si svolgerà nuovamente nell’arco di quattro giorni, da venerdì 23 a lunedì 26 novembre. La novità principale dell’edizione 2018 è il convegno “Organic 2030”, dedicato ai trend dell’agricoltura biologica in Italia, Germania e Austria. Herbert Dorfmann, deputato del Parlamento Europeo, membro della Commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale presenterà la panoramica generale e lo status quo in Europa. Per la Germa-

nia interverrà Jan Plagge, presidente Bioland e del gruppo europeo IFOAM, per l’Italia Matteo Bartolini, vicepresidente FederBio e per l’Austria, Sylvia Maria Schindecker della Camera dell’Agricoltura. Seguiranno due interventi di best practice altoatesine con Michael Theiner, brand communication manager Biosüdtirol, e Gerhard Eberhöfer di Bio Val Venosta.

Il successo fa crescere le truffe Finte mele bio per i bambini Mele spacciate per biologiche e utilizzate per le marmellate destinate ai bambini. Un presunto business delle finte mele bio su cui ha indagato il PM Maria Beatrice Zanotti che, come riporta il giornale L’Arena di Verona nell’edizione del 28 settembre, ha ottenuto il rinvio a giudizio di dieci imputati accusati di aver organizzato il raggiro. Si va dalla truffa aggravata per il conseguimento di fondi pubblici, all’associazione a delinquere contro il patrimonio e il commercio, dalla frode concretizzata con la coltivazione delle mele in Romania su un terreno con falsi certificati di conformità Settembre 2018

ecologica fino al falso. Sul banco degli imputati sono finiti vertici, amministratori, tecnici e dipendenti della Cooperativa Ortofrutticola Padana e del Consorzio Ortofrutticolo Padano con sede a San Giovanni Lupatoto (Verona) al quale sono associate 11 cooperative per un totale di 1.100 aziende sparse tra le province di Verona, Padova, Rovigo e Mantova. In tribunale il prossimo 20 dicembre dovranno comparire Gabriele Tibaldo, direttore del Consorzio Ortofrutticolo Padano e suo figlio Andrea responsabile dello stoccaggio; il presidente dello stesso Consorzio Fausto

Bertaiola e il suo vice Alberto Chinaglia, l’amministratore della società romena Agripod Giuliano Giovannini, il consigliere del Consorzio Michele De Berti e il suo responsabile amministrativo Leonardo Sordo, il consigliere della Cooperativa Ortofrutticola Padana Paolo Miotto, il tecnico del Consorzio Devis Liboni con il collega Stefano Mantoan. Le indagini, come si legge sempre su L’Arena, partite da verifiche contabili eseguite dall’autorità giudiziaria romena dove falsi certificati di conformità di un terreno dichiarato ecologico avrebbero permesso alla romena Agripod www.corriereortofrutticolo.it

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di ottenere 210 mila euro di contributi pubblici, sono arrivate a Verona dove gli imputati, recita il capo d’accusa, ‘si sono associati al fine di compiere una serie indeterminata di truffe aggravate per ottenere erogazioni pubbliche e frodi in commercio importando dalla Romania mele convenzionali per poi rivenderle spacciandole per biologiche’ oppure ‘offrendo sul mercato mele certificate col marchio QV- Qualità Verificata’, che in realtà non lo erano, dunque ‘immettendo in commercio prodotti difformi da quelli dichiarati e contenenti residui chimici in quantità superiori a quelle consentite’. La truffa, stando alla Procura, avrebbe reso al Consorzio milioni e milioni: “Il gruppo criminale ha venduto sul mercato italiano diverse partite di mele spacciate come biologiche per un totale di 2.324 tonnellate apparentemente acquistate dalla romena Agripod”. In più, 'ha consegnato a Ve.Ba cooperativa 14 carichi di prodotto risultato convenzionale per altre 313 tonnellate”. La Ve.Ba, con sede a Ferrara, s’è costituita parte lesa insieme alla Zuegg Spa. Da parte sua la Zuegg in una nota precisa: "Ogni fornitura destinata a Zuegg per la produzione di prodotti finiti o semilavorati subisce approfonditi e stringenti controlli di laboratorio volti a verificare la qualità e conformità delle materie prime rispetto ai parametri indicati dal fornitore. L’azienda ribadisce, infine, che per Zuegg garantire la qualità e genuinità delle forniture e dei prodotti è una priorità che non prevede deroghe o compromessi. Un patto di fiducia con tutti i clienti e consumatori che, quotidianamente, gustano i prodotti di un Gruppo Italiano che, dal 1890, porta sulle tavole di milioni di persone il risultato del lavoro, serietà e passione dei dipendenti e collaboratori Zuegg”. Sul caso non è mancata la reazione della stesso Consorzio Ortowww.corriereortofrutticolo.it

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frutticolo Padano: “Confidando nell’operato della Magistratura e certi che verrà dimostrata l’estraneità degli indagati alle ipotesi contestate”, si legge in una nota dell’azienda. E ancora: “Il Consorzio Ortofrutticolo Padano e la Cooperativa Ortofrutticola Padana ritengono però doveroso salvaguardare la qualità, la correttezza ed il valore del lavoro da sempre svolto, per conto di tutte le società - oltre 1.100 aziende agricole - del Consorzio Ortofrutticolo Padano, che hanno sempre operato nel pieno rispetto delle normative vigenti costruendosi una credibilità ed onorabilità evidenziata dalla sua storia e dallo sviluppo, creati in oltre vent’anni di serio e trasparente operato movimentando oltre 70 mila tonnellate di prodotto all’anno”. Entrando più nello specifico, il gruppo scaligero spiega tra l’altro che "i presunti fatti sono stati imputati ad una soltanto delle 1.100 società agricole socie. La società agricola estera (rumena) ha potuto associarsi solo dopo aver ottemperato e certificato le procedure per produrre biologico. Il trasferimento del prodotto è stato reale e certificato, con tutta la relativa documentazione della tracciabilità della merce. Non sono stati trasmessi certificati non coerenti con i prodotti conferiti e/o venduti. Mai sono stati conferiti e venduti prodotti non coerenti con la loro definizione e certificazione. Nel corso di tutta l’indagine non è mai stato eseguito presso il Consorzio Ortofrutticolo Padano e la Cooperativa Ortofrutticola Padana, ovvero presso gli stabilimenti dei loro clienti, alcun sequestro di mele o di altri prodotti

L’ultima clamorosa truffa nel Veneto. Sul banco degli imputati i vertici del Consorzio Ortofrutticolo Padano. Che però replica e si difende

alimentari che potessero essere sospettati come non conformi alle specifiche comunitarie, né tantomeno di prodotti anche solo potenzialmente dannosi per la salute dei consumatori. Le aziende che hanno acquistato prodotti dal Consorzio Ortofrutticolo Padano non hanno mai rilevato la presenza di sostanze che potessero creare un danno per la salute dei consumatori o contestato la sussistenza di prodotti chimici superiori a quanto previsto per legge. Per tale ragione infatti dette aziende non hanno ritenuto necessario costituirsi parte civile”. Nella nota aziendale si legge inoltre: ‘I prodotti biologici e Q.V. richiedono la tracciabilità del prodotto e idonee certificazioni, in quanto legati alla territorialità. I prodotti QV non sono però biologici, definizione che richiede protocolli diversi sia per la coltivazione che il conferimento, con certificazioni differenti. Il residuo zero o baby fruit non è una versione del prodotto biologico né del prodotto convenzionale, è una produzione con residui al di sotto di quanto prevede la normativa per un prodotto convenzionale, soggetto ad un regime assolutamente specifico e differenziato di controllo e nel caso in oggetto è quanto meno azzardato presupporre che anche questo prodotto sia coinvolto”. "Non è nemmeno ipotizzabile l’eventualità di fornire prodotti non conformi - concludono al Consorzio - in quanto ad ogni passaggio di merce corrisponde una analisi chimica sul prodotto che rileva qualsiasi anomalia, che comporterebbe la non utilizzazione dello stesso nel processo produttivo. Questo anche in ragione del fatto che la gran parte dei prodotti finiti vengono venduti all’estero dove insiste una particolare ancor maggiore attenzione e sensibilità nei confronti del prodotto biologico”. La giustizia farà il suo corso. Staremo a vedere. Settembre 2018


MERCATI&

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I cambiamenti dei modelli di consumo e le sfide cui gli operatori devono far fronte in ottica di innovazione e crescita, analizzando i format vincenti e i nuovi fattori competitivi: sono questi i temi su cui si è concentrata la 12.ma edizione del Consumer & Retail Summit, organizzato a Milano da 24ORE Eventi in collaborazione con Il Sole 24 Ore, Markup e Gdoweek. Il primo tema su cui si sono concentrati i lavori è stato quello di come retail e GDO possono governare i cambiamenti conseguenti alla trasformazione digitale. In particolare Alessio Agostinelli, partner and mana-

DISTRIBUZIONE

Retail, la migrazione verso l’online è un processo irreversibile Al summit sulla distribuzione organizzato da Il Sole 24 Ore il presidente di Federdistribuzione Claudio Gradara ha detto: “Non sarà un’ecatombe ma un grande rimescolamento”

Gasbarrino: “L’e-commerce è l’innovazione più dirompente anche nella distribuzione food” L’esplosione dell’e-commerce anche nel settore alimentare è solo questione di tempo, è una prospettiva inevitabile. Se lo sviluppo delle vendite on-line del food non è in Italia ancora molto accelerato è solo perché l’offerta non è ancora in grado di soddisfare la domanda, che sarebbe già fortissima. Lo ha affermato l’11 ottobre al Centro Congressi FICO di Bologna il presidente e AD di UNES Mario Gasbarrino, intervenendo al convegno organizzato da Verallia (terzo produttore mondiale di bottiglie e vasi in vetro per il food e il beverage) dal titolo suggestivo: “Innovazioni dirompenti nel food and beverage”. Gasbarrino non ha dubbi: l’innovazione più dirompente è l’ecommerce. “E’ in atto – ha sottolineato il presidente di UNES – una trasformazione radicale indotta dallo sviluppo delle tecnologie informatiche. Si è ribaltato

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un paradigma che sopravvive da oltre 2.000 anni ovvero che sia necessario recarsi in un luogo fisico per fare un acquisto. Oggi tutto ti arriva a casa. Ma attenzione. C’è più di un e-commerce, nel senso che il mezzo risponde ad esigenze diverse, quella di avere un prodotto, per esempio un cibo subito, per rispondere ad esigenze del breve e brevissimo periodo, quindi anche un cibo deperibile; quella di avere un prodotto particolare, per esempio facendo arrivare in Italia dagli Stati Uniti o dal Giappone un prodotto di nuova tecnologia non reperibile in un luogo fisico della propria città o del proprio Paese”. Con un chairman che guarda così lontano, non è dunque un caso che UNES sia stata la prima catena italiana a stringere un accordo con Amazon. Maria Cristina Alfieri, direttore di Food, ha chiesto a Gasbarrino se l’accordo

funziona e se abbia insegnato qualcosa al presidente di UNES. Risposta: “Ci sono stati tre motivi per cui abbiamo stretto questo accordo. Il primo è che non si può combattere con il futuro perché il futuro vince sempre. Il secondo è perché bisogna aver la capacità di saltare nel futuro, anticipando i tempi, come noi abbiamo fatto più volte anticipando le tendenze di consumo, come dimostra anche il successo della nostra marcha privata premium ‘Il Viaggiator Goloso’. Il terzo è perché ho pensato che se non lo facevo io questo accordo lo avrebbe fatto qualcun altro”. Gasbarrino ritiene che tuttavia i negozi fisici non moriranno, o meglio sopravviveranno nella misura in cui terranno conto dell’e-commerce. Il presidente di UNES ritiene che saranno avvantaggiati i negozi mono-marca. (a.f.)

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ging director di The Boston Consulting Group, che ha aperto il 12° Consumer and Retail Summit, ha sottolineato come la migrazione verso l’online nel commercio sia un processo irreversibile: la percentuale di vendite online sulle vendite totali è stimata passare dal 15% del 2017 al 48% nel 2022 nel settori giocattoli, dal 10 al 20% nell’elettronica di consumo, dal 6% al 16% nell’abbigliamento, dall’8% al 14% nelle attrezzature sportive e dal 4% al 12% nelle calzature. Il canale fisico è sempre più in difficoltà, con un calo del traffico annuale dell’1,3%. Il retail fisico però “non scomparirà mai, ma deve interpretare un altro ruolo” ha detto Agostinelli. Il negozio fisico infatti cattura ancora più o meno 8 clienti su 10, con un 25% che magari cerca online ma poi finalizza l’acquisto in negozio. Per attirare i consumatori bisogna quindi integrare il digitale con l’esperienza in negozio, espandere la propria

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marca e sviluppare nuovi formati di negozi. Anche il presidente di Federdistribuzione Claudio Gradara ha affrontato il tema del digitale, sottolineando che la digitalizzazione non porterà una “ecatombe” nella occupazione del commercio, ma “un grande rimescolamento con la necessità di grandi investimenti. Noi stiamo facendo una analisi degli strumenti legislativi e contrattuali per capire come vanno usati ma indubbiamente è un processo che va affrontato”. “Abbiamo in corso un processo di digitalizzazione sul

Sull’ipotesi di chiusura domenicale di supermercati e centri commerciali i vertici del settore sono scettici: la misura non aiuterà i consumi e penalizzerà l’occupazione

punto vendita che inevitabilmente tende a ridurre i dipendenti su alcuni ambiti, come per i pagamenti, - ha aggiunto Gradara nel corso del Consumer & Retail Summit - ma apre una serie di opportunità” perché le aziende “si devono dotare di queste competenze” per gestire le nuove tecnologie. Bisognerà quindi “investire sulla formazione delle persone e i giovani da questo punto di vista hanno la fortuna di entrare in un mondo che conoscono meglio, visto che certe conoscenze digitali sono più patrimonio loro che degli anziani”. Il focus del Consumer & Retail Summit si è quindi spostato sul rilancio dei consumi. A questo proposito il presidente di Federdistribuzione Claudio Gradara ha sottolineato che l’andamento futuro della GDO dipende molto “dall’impatto che avranno le misure contenute nella Manovra. Siamo al palo con le vendite al dettaglio, i consumi sono in calo e

Le ambizioni di Pam Panorama: raddoppiare in due anni i pdv e svilupparsi all’estero Tradizione e crescita del digitale: è la via italiana della grande distribuzione per Pam Panorama, che durante i festeggiamenti per i suoi 60 anni ha presentato i piani di sviluppo strategico per il futuro. “Sono contento di celebrare insieme a tutti i clienti il nostro sessantesimo anniversario - ha dichiarato nell’occasione Gianpietro Corbari (nella foto), amministratore delegato di Pam Panorama - perché racconta la storia di un gruppo italiano che ha saputo coniugare tradizione e innovazione, rendendoli due asset fondamentali per lo sviluppo futuro”. Un esempio su tutti, quello del settore alimentare, che è migliorato costantemente negli ultimi 5 anni. Se, infatti, nel 2013 il food rappresentava il 90% del fatturato, nel 2017 ha raggiunto il 94% e, secondo le ultime previsioni, nel 2018 crescerà ancora di due punti percentuali, assestandosi al 96%. E in agenda è previsto un appuntamento importante, e cioè il debutto all'estero entro il 2020. "Stiamo lavorando per sviluppare il business al di fuori del nostro Paese e non solo in Europa - commenta Corbari - dove potremmo valorizzare al meglio il nostro DNA italiano facendo leva sui prodotti Made in Italy. All'in-

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terno dei confini nazionali saranno soprattutto i Pam local, il nostro format dalle superfici più piccole e orientate al vicinato e alla spesa di tutti i giorni, a crescere maggiormente. Prevediamo di raddoppiarne il numero, attualmente vicino ai 100 punti vendita, nel prossimo biennio. Il 50% degli investimenti nel 2019 e 2020, che toccheranno i 120 milioni di euro, saranno dedicati proprio allo sviluppo del business e alle nuove aperture. Abbiamo grandi progetti per il futuro e per vivere altri 60 anni spesi al meglio".

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Obiettivo di Carrefour: bio al 30% del fatturato Carrefour Italia punta sempre più sul biologico. L’obiettivo della catena francese è farlo crescere affinché rappresenti il 30% del fatturato totale entro il 2022. Il piano rientra nella strategia ‘Transizione Alimentare’ presentata dall’ad Stéphane Coum. Una strategia che ha anche l’obiettivo di aumentare la consapevolezza verso un consumo sostenibile e di valorizzare la filiera per una maggiore sicurezza e trasparenza. Dal 29 settembre infatti è sugli scaffali il primo prodotto ‘mappato’ grazie alla tecnologia blockchain: il pollo Filiera Qualità Carrefour. Inquadrando un Qr code l’acquirente può verificare la storia del prodotto, dall’origine all’arrivo nel punto vendita. Carrefour Italia vuole così rispondere alla richiesta di maggior sostenibilità e salubrità dei prodotti in maniera concreta, da un lato ampliando la gamma dei prodotti biologici (con un minimo di 600 referenze), con l’obiettivo di favorire un corretto stile alimentare con ripercussioni positive anche per l’ambiente; dall’altro rendendo questo segmento ancora più accessibile ai consumatori, riducendo i prezzi e democratizzando i consumi.

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quindi stiamo mettendo in discussione quella piccola ripresa che si è vista negli ultimi due anni”. Parlando a margine del 12.esimo Consumer&Retail Summit, Gradara ha attribuito l’andamento dei consumi “a un forte grado di incertezza per le famiglie” che hanno così “aumentato la propensione al risparmio” e “aspettano di avere un quadro di riferimento più preciso”. Gradara è quindi intervenuto sul tema delle aperture domenicali: “Le posizioni sono molto articolate. Credo stia maturando la consapevolezza che siamo davanti ad un tema delicato per le ricadute che possono esserci e spero che riesca a definirsi una soluzione che non crei problemi ad un settore che ne ha già di forti”. “E’ in corso l’approfondimento a livello parlamentare e sono in corso le audizioni con tutti i soggetti che possono dare un contributo - ha precisato Gradara -, la nostra posizione è nota e il momento storico rende questa iniziativa da prendere con le pinze: è chiaro che noi avremo un calo del fatturato ma con un giorno in meno ci saranno ricadute sull’occupazione”. “Speriamo che ci siano le giuste soluzioni per rilanciare lo sviluppo dell’Italia”. Sull’ipotesi di chiusure domenicali nel commercio si è espresso in modo netto anche Stephane Coum, operation director di Carrefour Italia: “Se questa è la volontà dei cittadini italiani sta a loro decidere, ma penso che sia un errore”. Dello stesso avviso Maura Latini, direttore generale di Coop Italia, che, dopo aver ricordato che Coop Italia non è mai stata fautrice di “aperture indiscriminate e continue” ha detto di ritenere “che serva un equilibrio con le necessità di acquisto”. Luca Boselli, ad finanza di Lidl Italia ha detto che se dovesse cambiare la norma sulle aperture domenicali “noi ci adegueremo, ma per assurdo a parità di ore lavorate è oggettivo che ci sarà un calo delle retribuzioni”.

MERCATI&

Otto nuovi punti vendita Leader Price entro dicembre L’annuncio arriva dopo mesi sotto traccia: Leader Price Italia aprirà otto nuovi punti vendita entro fine anno, portando quindi a 11 il numero degli store italiani. Lo ha detto Mario Maiocchi, ad dell’insegna soft-discount sbarcata quest’anno nella Penisola. Al momento non è dato sapere quando e dove amplierà la propria presenza nel Paese (Lombardia e Piemonte le ipotesi più probabili), ma è indubbio che la mossa rilancia le quotazioni del retailer dopo l’inaugurazione dei primi tre supermercati a Como, Voghera (Pavia) e Borgosatollo (Brescia) a fine maggio. Leader Price Italia, frutto dell’accordo tra l’omonima insegna francese (gruppo Geimex-Casino) e Crai punta sull’ortofrutta.

Aldi apre anche a Mirandola e raggiunge quota 40 Aldi porta la sua nuova idea di spesa a Mirandola (Modena) dove ha inaugurato giovedì 4 ottobre un nuovo punto vendita. Già presente in Emilia-Romagna con 3 negozi, il brand prosegue il suo piano di espansione con un nuovo store dal concept moderno, realizzato appositamente per l’Italia, e con l’assunzione di 13 collaboratori. Il reparto ortofrutta, ispirato ai mercati rionali, è il primo ampio spazio a cui ogni cliente accede entrando nel negozio ed è già visibile dall’esterno grazie alle grandi vetrate. Il “Banco dei Sapori”, riservato alla gastronomia, rappresenta l’inizio di un importante progetto dedicato alle tipicità regionali. L’apertura del punto vendita di Mirandola rientra nel più ampio piano di sviluppo di Aldi per l’Italia che prevede l’apertura di più di 45 negozi nel Nord Italia e mira a chiudere il 2018 con circa 1.500 collaboratori. Con questa nuova apertura, Aldi raggiunge quota 40 punti vendita totali.

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DISTRIBUZIONE&

MERCATI

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Accordo Roma-Parigi: nasce l’asse forte dei Mercati europei Il Centro Agroalimentare Roma (CAR) ed il Mercato Internazionale di Parigi-Rungis (gestito dalla società Semmaris) hanno siglato l’11 settembre in Campidoglio un accordo di gemellaggio per promuovere l’eccellenza agrolimentare e le buone pratiche nelle politiche distributive italiane e francesi. Un evento che rinsalda il legame speciale tra le due capitali attraverso un accordo di collaborazione tra il CAR, che rappresenta il primo Mercato all’ingrosso di nuova generazione in Italia e quello di Rungis a Parigi, che è il più grande del mondo. Il gemellaggio è stato siglato da Valter Giammaria e Fabio Massimo Pallottini, rispettivamente presidente e direttore generale di CAR e da Stéphane Layani, amministratore delegato di Semmaris. Al di là della dimensione simbolica e di una migliore comprensione reciproca, questo gemellaggio deve soddisfare - secondo la visione esplicitata nelle fasi preliminari da Fabio Massimo Pallottini, che è stato il promotore dell’iniziativa - diversi obiettivi nell’interesse di entrambi i Mercati all’ingrosso. I numerosi incontri che si sono tenuti fra le due organizzazioni e le visite tecniche

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compiute nelle due infrastrutture durante gli ultimi anni, l’attuale collaborazione nell’ambito della WUWM (World Union of Wholesale Markets) e dell’European Working Group (la Federazione che riunisce sotto un’unica egida i più grandi Mercati europei) hanno determinato la forte volontà di rafforzare la collaborazione con un accordo ufficiale. Il gemellaggio prevede la creazione di linee di collaborazione concrete a partire da scambi professionali e culturali stabili, da fattive azioni per migliorare le opportunità commerciali per entrambi i Mercati ed anche per rafforzare la collaborazione nella rete del Market Place. A sostegno dell’attuazione dell’accordo di gemellaggio, è istituito un gruppo di lavoro composto dai rappresentanti di CAR e di Semmaris. Il gruppo di lavoro si riunirà almeno una volta l’anno per trattare programmi, attività, performance ed altri aspetti relativi e necessari. L’accordo di gemellaggio va dunque ben oltre le formalità e traccia obiettivi comuni che sono una novità assoluta tra i Mercati europei. Stéphane Layani, amministratore delegato di Semmaris, ha detto: “Roma e Parigi possono es-

CAR e Rungis hanno firmato in Campidoglio un documento che fissa un percorso comune sere il pilastro del nuovo rapporto tra agricoltura e consumatori svilppando aspetti fondamentali per il futuro dei mercati all’ingrosso”. fabio Massimo Pallottini ha mostrato ottimismo sugli sviluppi nemmeno troppo futuri: “Questo gemellaggio è il frutto di mesi di lavoro gomito a gomito con i colleghi francesi e sono convinto che porterà ottimi risultati soprattutto per la promozione delle nostre aziende”. Dopo i passi decisivi compiuti sulla strada di una alleanza dei Mercati europei come strumento di pressione nei confronti delle decisioni di Bruxelles, che ignorano o snobbano i Mercati e puntano tutto sulla produzione agricola (ecco una ragione in più per la decisione da parte di Roma e Parigi di concretizzare una fattiva collaborazione con i produttori), questa alleanza Roma-Parigi è un fatto decisamente nuovo e potrebbe costituire l’asse forte per una politica europea in materia di Mercati all’Ingrosso. Settembre 2018


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Sparirà la banana Cavendish? C’è chi propone: facciamola OGM Ci sono più di mille varietà di banana nel mondo. Quella brasiliana assomiglia a una mela, è piccola e la sua polpa è dura; la malese è dolcissima; l’hawaiana ha la consistenza di un cetriolo. Nessuna di queste banane è reperibile nei nostri supermercati, la sola ad arrivarci è la Cavendish (dal nome del gentiluomo inglese che per primo la coltivò in Europa), l’unica che è riuscita a conquistare il gusto degli occidentali. Anche se, fino agli anni ’50, la Cavendish era una banana di serie B. La più pregiata si chiamava Gros Michel, la cui spessa buccia era più adatta ai viaggi transatlantici. Il motivo per cui la Cavendish sostituì la Gros Michel è perché quest’ultima cessò di esistere, sterminata da un fungo chiamato TR1. E la storia sta per ripetersi. La banana Cavendish, che da sola costituisce il 47 per cento della produzione mondiale e il 99 percento del mercato di export, sarebbe a rischio estinzione. Anch’essa minacciata da un fungo: il temibile TR4, scoperto dal fitopatologo Randy Ploetz nel 1989, letale perché priva la pianta di acqua e nutrienti, portandola al collasso in appena un paio di mesi. Nonostante non pochi scienziati ci lavorino da oltre un decennio, non è ancora stato trovato un modo per sconfiggere il fungo assassino. Il TR4, trovato per la prima volta a Taiwan, nel 2013 è approdato anche in Mozambico, per poi arrivare, qualche anno dopo, nel Sudest asiatico, in Libano, Israele, India, Giordania, Oman, Pakistan e Australia. Ultima tappa del tour è il Myanmar, dove il virus è arrivato pochi mesi fa. L’unica parte del mondo ancora immune è l’America Latina, ma i ricercatori non hanno dubbi, TR4 arriverà anche lì. Dovremo dunque dire addio alle banane così Settembre 2018

Un fungo chiamato TR4 sta attaccando la varietà in molte aree di produzione. Se dovesse essere contagiata anche l’America Latina per la più popolare banana al mondo sarebbe la fine

come le conosciamo oggi? Forse. A meno che non decidiamo di mangiare OGM. Secondo indiscrezioni che però non sono mai state confermate, un gruppo internazionale avrebbe finanziato una ricerca il cui risultato è una Cavendish geneticamente modificata per resistere al fungo. L’esperimento starebbe andando bene, ma la World Heatlh Organization si è fermamente opposta all’idea di una banana OGM. Attualmente, dieci Paesi dominano le esportazioni mondiali delle banane, con l’81% dei volumi commercializzati. L'India è il maggiore produttore mondiale: qui si produce quasi una banana su 5 di tutte quelle prodotte al mondo. Tuttavia, il Paese non compare nella lista dei maggiori esportatori mondiali perché quasi tutte le banane prodotte in India sono de-

stinate al mercato locale. Il secondo maggiore produttore sono le Filippine, che producono il 7% del volume mondiale. Alcuni dei maggiori produttori di banane sono anche grandi esportatori, come Colombia, Ecuador e appunto le Filippine. Nell’ordine Ecuador, Costa Rica, Colombia, Guatemala e Repubblica Dominicana sono i principali esportatori dell’America Latina. Il Belgio è il primo importatore mondiale perché a sua volta grande esportatore di un quota rilevantissima del suo import. L'export delle banane ha dominato la storia dell'America Centrale, insieme a quello del caffè. Alcuni Paesi come Honduras, Costa Rica e Panama, pur non essendo i maggiori esportatori dell’area, sono definiti anche Repubbliche delle Banane poiché le loro economie dipendono largamente dall’export di questo frutto. www.corriereortofrutticolo.it

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Fruit Attraction del decennale Italia ancora più numerosa Vigilia di Fruit Attraction. La decima edizione dell’atteso appuntamento madrileno si svolge da martedì 23 a giovedì 25 ottobre con 1.600 aziende espositrici e 70 mila visitatori professionali attesi da 120 Paesi. Lo spazio espositivo è cresciuto del 16% rispetto al 2017. I padiglioni 3, 5, 6, 7, 8, 9 e 10 di IFEMA festeggiano questa edizione speciale con lo slogan ‘Where Fresh Produce & Innovation Meet’, tradendo le ambizioni globali degli organizzatori spagnoli (oltre alla società fieristica IFEMA c’è anche la Federazione degli esportatori FEPEX) in concorrenza con il ‘sistema’ Fruit Logistica. Il Comitato organizzatore ha confermato un incremento di presenze internazionali dai Paesi UE come Italia (all’edizione 2017 avevano partecipato 113 imprese), Paesi Bassi, Portogallo, Polonia e Grecia, una crescita particolarmente forte della Francia, nonché dai Paesi extra-UE come Cile, Brasile, Perù, Costa Rica, Colombia, Argentina e Sud Africa, tanto che all’emisfero australe è stata assegnata l’area espositiva nel padiglione 10. I Paesi ospiti sono quest’anno Canada e Arabia Saudita, due scelte ben ponderate e nell’interesse, in questa fase, dell’export spagnolo ed europeo. L’obiettivo è quello di incoraggiare le relazioni commerciali tra questi due Paesi e l’Unione Europea grazie a un programma completo di tavole rotonde (World Fresh Forum), visite guidate e sessioni B2B. Ma IFEMA e FEPEX hanno investito negli inviti a un migliaio di buyer provenienti anche da molti altri Paesi. Inoltre, sono state potenziate le aree tematiche che hanno tutte una particolare attenzione all’innovazione: Smart Agro, Organic Hub, Programa Acelera, Nuts Attraction e Pasarela Innova. A que-

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Aumentate le aree espositive e quelle di business. Paesi ospiti Canada e Arabia Saudita ste si aggiungono le aree destinate agli incontri e alle informazioni commerciali: Meet&Scan, B2B, Punto de Encuentro Profesionales e FruitAttractionNews.

Andalusia: partito il piano per rinnovare le serre Via libera al piano di rinnovamento delle serre in Andalusia, che permetterà al Sud della Spagna di ammodernare il cosiddetto ‘Mar de plastico’, un immenso parco di colture protette. Ciò grazie ai finanziamenti della PAC 2014-2020 che ha stanziato complessivamente 100 milioni di euro spalmati su cinque anni. Il bando per i primi 30 milioni (anticipo PAC) è stato lanciato a fine settembre dalla Giunta andalusa. Un provvedimento che assegna la priorità alle serre più vecchie (il modello cosiddetto ‘Parral’ o ‘Plano’) con quelle di tecnologia più avanzata che abbiano anche un sistema di produzione di energia rinnovabile. Gli agricoltori hanno tempo fino al 28 dicembre per richiedere questi incentivi che possono arrivare a coprire il 50% della spesa prevista con un massimo di finanziamento per progetto di 200 mila euro. L’impegno che dovranno dare, in cambio, è quello di conformarsi, nei cinque anni successivi all’erogazione del contributi, ai requisiti giuridici di gestione richiesti dalla normativa europea con particolare riferimento alla materia fiscale e di

previdenza sociale oltre che di sostenibilità ambientale. “Le colture intensive in serra precisa la presidente della giunta andalusa, Susana Díaz - sono quelle che assicurano ai nostri agricoltori maggiore reddito oltre che elevati livelli occupazionali per tutto il territorio. Da un punto di vista economico-produttivo, inoltre, rappresentano un punto di riferimento nazionale per l’agricoltura spagnola”. Grazie alla spinta di alcuni gruppi politici locali (come Podemos Andalusia) e alle ricerche effettuate dall’università di Almeria, infine, uno degli elementi innovativi su cui si sta puntando è l’uso nelle serre andaluse di pannelli fotovoltaici per ridurre il costo dell’energia impiegata, ad esempio, nel sistema di raffreddamento o per l’illuminazione nelle giornate invernali, poco usati nelle vecchie serre perché troppo costosi. “Anche solo coprendo l’1% della superficie in serra con pannelli fotovoltaici spiega Ángel Carreño, docente dell’Università di Almeria - si potranno ridurre sensibilmente le emissioni di C02 di 6 milioni di tonnellate l’anno”. (m.l.)

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Obiettivo Polonia: mercato più concentrato e più selettivo Il mercato dell’ortofrutta in Polonia sta evolvendo rapidamente, da una parte sulla spinta del rafforzamento della GDO e dei discount in particolare e, d’altra parte, sulla spinta di uno sviluppo produttivo persino sorprendente sia nelle colture in pieno campo che in quelle in serra. Rispetto a pochi anni fa, le prospettive dell’export italiano in quel mercato sono di conseguenza cambiate. Da un certo punto di vista, fotografando la situazione del momento, il mercato appare più difficile e chiuso, nello stesso tempo però si nota un trend interessante nel medio-termine per cui chi ha seminato oggi, e terrà i contatti, potrà ottenere risultati domani. Da una parte il mercato polacco della distribuzione ortofrutticola si è maggiormente concentrato nelle mani dei discount (del colosso Biedronka in particolare), mettendo in difficoltà il dettaglio tradizionale (e il grande mercato all’ingrosso di Bronisze) e insieme alcune catene straniere che in quel mercato avevano creduto e Settembre 2018

La missione Omnibus del 26 e 27 settembre ha messo in luce le più recenti evoluzioni della distribuzione ortofrutticola polacca. Biedronka pigliatutto. Ma cresce la nicchia Premium

Sopra, l’ingresso di un punto vendita Carrefour a Varsavia. Qui, una parte della delegazione Omnibus in un punto vendita di Piotr i Pavel

investito (Tesco per esempio, che è in difficoltà, Auchan, che è in una situazione di stasi). Dall’altra parte, con la crescita del potere di

acquisto della popolazione, il mercato si sta diversificando nel senso che la nicchia dei prodotti Premium è in crescita e si prevede www.corriereortofrutticolo.it

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si svilupperà maggiormente nei prossimi anni. Lo si nota nei reparti ortofrutta di catene come Carrefour e Piotr i Pavel (quest’ultima comperata dai portoghesi di Biedronka per cui vedremo che sviluppi avrà) ma anche nei nuovi punti vendita specializzati nei prodotti bio così come nelle vendite crescenti dei prodotti di IV e V Gamma. Si coglie chiaramente che il consumatore polacco comincia ad essere sensibile alle nicchie Premium che sfuggono alla semplice logica del prezzo. Sono queste le osservazioni condivise dai partecipanti alla missione Omnibus del 26 e 27 settembre scorsi, svoltasi in occasione dell’evento Fresh Market, alla quale hanno partecipato rappresentanti delle aziende VOG, Francescon, Lopolito, Love It, Frigenti Group e CONVI. Entrando nel dettaglio di alcuni prodotti, si è rilevato per esempio che le mele a Club prodotte in Italia potranno trovare occasioni di mercato più interessanti nonostante la Polonia sia il primo pro-

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duttore melicolo europeo e sarà in grado quest’anno di raddoppiare se non di triplicare le esportazioni. Per l’uva da tavola il mercato c’è ma è difficile spuntare prezzi interessanti: in particolare va sottolineato che nel mercato polacco possono continuare a trovare sbocco le uve italiane tradizionali con seme. Non facile la situazione per i kiwi verdi, per la concorrenza sul prezzo della Grecia, ma spazio per la nicchia dei kiwi gialli, con un trend simile a quello delle mele a Club. Il mondo degli agrumi è dominato dagli spagnoli ma, combattendo sul prezzo, qualcosa si riesce a spuntare per le arance rosse, che il consumatore polacco ha incominciato ad apprezzare. In generale, la Polonia assorbe più verdura che frutta provenienti dal nostro Paese. Infatti, nella classifica più aggiornata sull’export italiano di ortofrutta, la Polonia occupa addirittura la terza posizione per le verdure (subito alle spalle di Germania e Francia) mentre è decisamente fuori dalla

’top ten’ per la frutta, superata non solo dai grandi mercati europei, ma anche da piccoli Paesi come Austria e Svizzera, dai Paesi dell’Est come Repubblica Ceca e Romania e dai più importanti mercati arabi. L’interesse per le verdure, per esempio per i cavolfiori, è risultato evidente anche nel corso della missione Omnibus, come ha potuto rilevare Giovanni Frigenti dell’omonimo Gruppo campano. La GDO presente agli incontri B2B in programma il 27 settembre a Varsavia ha annoverato Tesco Poland, Auchan Poland, Carrefour Poland, Spar Poland, Eurocash, Dino Market, Intermarché Poland, Makro, Polo Marke, Stokrotka, Żabka&Freshmarket. Erano inoltre presenti agli incontri le catene ucraine ATB e Varus; la catena serba Aman; la catena ceca Brnenka e la lituana Maxima. La delegazione ha inoltre incontrato, nell’area del Mercato di Bronisze, gli importatori Targban e Fresh World International. (a.f.)

La super-produzione polacca mette in difficoltà i produttori di mele. Servono sbocchi export In termini di volumi nessun produttore e commerciante di mele al mondo può competere in questa stagione con i polacchi. Le previsioni produttive di oltre 4 milioni di tonnellate potrebbero persino essere superate a fine stagione. Poco dopo la partenza del raccolto, come era inevitabile davanti a tanto prodotto, i prezzi registrati sono stati molto bassi sia da parte dell’industria di trasformazione, da sempre vicina alla mela polacca, sia da parte del mercato del fresco. Ciò è la molla per una politica più aggressiva verso l’export, anche verso i mercati più lontani, alla ricerca di prezzi più remunerativi. Se l'export polacco

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non raddoppierà almeno i produttori si troveranno presto in gravi difficoltà per l’impossibilità, in non pochi casi, di stoccare in ambienti adeguati il prodotto,

con perdita di qualità e valore. Ottobre è il mese cruciale per capire quale sarà l’andamento delle mela polacca nella stagione corrente.

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Mariangela Latella Social network + convenience food è un binomio di marketing vincente. Il mondo interattivo del web ha dimostrato di essere, nel settore della IV Gamma, uno strumento capace di incrementare il fatturato su singole referenze, fino al 30%, oltre che una modalità innovativa per le aziende di comunicare direttamente con il loro target di riferimento: persone orientate alle novità, abituali utilizzatori di pc, lavoratori a corto di tempo o anche giovani che vanno sui social per informarsi. Su questa china, non stupisce il recente lancio da parte di Bonduelle Italia - che spende il 20% del budget Adv nella comunicazione digitale - della nuova pagina Instagram (@bonduelle_it), dedicata alla comunicazione con i più giovani dal momento che questo social imperversa tra gli under 30. Né può stupire la costante caccia ai follower da parte di tutti i player del Fresh Cut. Un recente comunicato de La Linea Verde annunciava trionfante il superamento della soglia di 100mila like sulla pagina Facebook del brand DimmidiSì. Un modo innovativo per proporre un prodotto tecnico non solo ai buyer della distribuzione, ma direttamente ai consumatori. “Con i social - spiega Massimiliano Ceccarini, development manager di SIPO - facciamo sia comunicazione B2B che rivolta ai consumatori anche attraverso forum interattivi. E i risultati si vedono anche sul fronte delle vendite. Per fare un esempio, la campagna su una referenza di funghi lanciata tra febbraio e marzo su Facebook in abbinata ad un concorso a premi, ci ha permesso di incrementare le vendite per quel prodotto, Settembre 2018

Tutte le principali aziende di lavorazione con marchi propri stanno puntando ai social sia nei rapporti B2B sia in quelli diretti con il consumatore. La Linea Verde a 100 mila like su Facebook

senza tagli sui prezzi, del 28%”. Il social network più usato da SIPO è Facebook dove ha una pagina con 2.500 like ma l’obiettivo è arrivare a 10mila in tre anni. “Oltre a questo – continua Ceccarini – sulla nostra pagina web abbiamo un forum interattivo dove le mamme ed in genere i nostri clienti, possono interfacciarsi con una nutrizionista ed una vegan chef sui prodotti, ricette, valori nutrizionali, ecc.”. Secondo uno studio condotto da Bonduelle su scala internazionale e uscito un paio di settimane fa, si registra ancora una sorta di sot-

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Social network formidabile leva di marketing per la IV Gamma

toutilizzo (solo il 20%), da parte delle aziende, dei dati condivisi dai consumatori sulle pagine social delle aziende. Il restante 80% di informazioni di solito viene sprecata o persa. “I dati giusti - ha spiegato Davide Llanes, responsabile del settore Business Intelligence, Crisis Management e Communication di Bonduelle - sono il fondamento su cui costruire un brand. Attraverso le piattaforme social si può, infatti, personalizzare l’esperienza di acquisto, ad esempio, segmentare e targetizzare i consumatori per gruppi, conquistare nuovi consumatori, sviluppare prodotti, ecc. Tweet di consenso, oppure commenti negativi su facebook tutto può servire per ottenere informazioni cruciali per il processo decisionale dell’azienda”. Più orientato alla comunicazione istituzionale B2B il Gruppo Rago che realizza la gran parte del suo www.corriereortofrutticolo.it

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Le novità di Enza Zaden. Shelf life più lunga e resistenza all’ossidazione per le insalatine Con un giro d’affari nel 2017 intorno ai 35 milioni di euro, negli ultimi anni il comparto delle sementi per la IV Gamma è cresciuto a ritmi compresi tra il 5 e il 10%, trainato da una domanda B2B sempre più specializzata ed esigente, poiché a sua volta operante in un mercato maturo ad elevatissimo tasso di competitività. Uno scenario a dir poco stimolante per i player di questo anello iniziale della filiera, che alzano l’asticella proponendo prodotti non solo ‘tecnicamente’ ineccepibili ma sempre più performanti anche dal punto di vista organolettico. È il caso di Enza Zaden, società di selezione varietale leader a livello globale. La sede centrale si trova ad Enkhuizen, in Olanda; tra le 43 filiali dislocate in ben 25 Paesi al mondo c’è anche quella di Tarquinia (Viterbo). Per approfondire meglio questo affascinate segmento della filiera, Fresh Cut News ha intervistato Gianluca Cocci, Sales Manager Italia per la IV Gamma. Dal vostro osservatorio quali sono le tendenze emergenti nel settore della IV Gamma? “Dalla nostra esperienza notiamo una piccola flessione in termini di quantità delle varietà adulte come la Riccia, la Scarola e il Pan di zucchero. Non credo

che tale trend sia influenzato da una flessione dei consumi; penso invece che sia dovuto ad un aumento delle rese in campo derivato da un buon progresso della ricerca di Enza Zaden, sempre più concentrata su varietà resistenti alle malattie, e alla crescente specializzazione dei produttori. D’altra parte stiamo osservando un aumento dei consumi di ‘insalatine’ (baby leaf, rucola, etc.); in questo caso riconducibile all’aumento dei consumi”. Tali tendenze come si riflettono in termini di domanda? “Le richieste che ci arrivano dal mercato sono sostanzialmente di due differenti tipologie: quelle dei produttori, per lo più tecniche, che prediligono una migliore resistenza alle malattie, un maggior peso alla raccolta oltre ad una germinabilità ottimale, e quelle dei packer che invece cercano varietà dalla buona shelf life e con una forte resistenza post confezionamento. Sicuramente, in entrambi i casi è richiesto un prodotto privo di fitopatie, quali-

tativamente ineccepibile” . Quali sono i prodotti in assortimento su cui state puntando? “Come sales manager del Fresh Cut posso affermare con sicurezza che in questo comparto la sensibilità alla shelf life è molto forte, trattandosi di ‘insalatine’ più soggette a deterioramento dopo il confezionamento. Per questo motivo stiamo proponendo prodotti che garantiscano una conservabilità ottimale: di recente abbiamo inserito una nuova valeriana estiva, Bonvita, che si distingue proprio per l’eccezionale shelf life rispetto alle altre e Batdark, un lattughino verde che si è rivelato di altissima qualità per le esportazioni grazie alla resistenza alle ossidazioni. Inoltre, per la rucola stiamo lavorando sul fusarium, riguardo agli spinaci stiamo aspettando materiale adatto al mercato italiano, mentre per il basilico abbiamo inserito Eleonoracon un’ottima tolleranza alla peronospora che ha avuto sorprendenti risultati nella zona di Albenga. L’obiettivo è quello di dare massimo valore aggiunto alle nostre sementi in termini di resistenza, germinabilità e shelf life, ma la nostra ricerca non vuole fermarsi qui: stiamo approfondendo standard per valutare il gusto delle varietà che immettiamo sul mercato.” (c.b.)

fatturato attraverso il canale della private label e registra una crescente espansione sull’export. “Dal 2019 – ci anticipa Francesco Padovano, social media manager del gruppo salernitano – investiremo maggiormente sui nostri brand ed i social saranno uno strumento determinante a supporto delle campagne adv che inizieranno sul territorio per poi proseguire in tutto il Paese”.

Spinge molto sulla comunicazione social anche Fresco Senso, il brand del Consorzio Agribologna dedicato a F&V di IV Gamma. “Siamo presenti su Facebook dal 2013 – fa sapere l’azienda – e di recente abbiamo esteso la nostra attività social anche a Instagram, YouTube e LinkedIn, dove abbiamo una pagina vetrina di Agribologna. La scelta di investire maggiormente sui social è stata detta-

ta dalla possibilità di intercettare meglio e miratamente il nostro target senza dovere sostenere i costi dell’adv tradizionale. Secondo le nostre statistiche, Instagram è il social più in linea con questo obiettivo anche se, dal 2013 al 2016, l’incremento della visibilità del marchio Fresco Senso del 30%, è riconducibile alle campagne di comunicazione intraprese su Facebook”.

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Chiara Brandi La gamma di prodotti de L’Insalata dell’Orto, a marchio aziendale o per conto terzi, è vastissima: l’assortimento va dalle insalate adulte in diverse grammature (sfalciati e ortaggi) da consumare crude o da cuocere in più di cento ricette, alle referenze ready-to-eat (in buste maxi o monoporzione, vassoi filmati, vassoi in flow-pack, ciotole termosaldate, cassette in polipropilene o in polistirolo). Storica azienda veneta del comparto con siti produttivi lungo tutto lo Stivale, 313 ettari dalla Lombardia alla Piana del Sele (di cui 198 bio), L’insalata dell’Orto può definirsi una realtà exportoriented, con il 75% del fatturato generato dalle vendite in 22 Paesi al mondo. Il 95% delle esportazioni è rappresentato da baby leaf; nella maggior parte dei casi commercializzate come Prima Gamma evoluta. “In generale, quando il trasporto supera le 12 ore sconsigliamo la IV Gamma, per un discorso di conservabilità del prodotto”, ha spiegato la responsabile marketing Sara Menin a Fresh Cut News. “Prima Gamma evoluta significa che il prodotto deve perlopiù essere solo sciacquato prima del consumo; si tratta di uno sforzo minimo da parte del cliente finale a fronte di un grande vantaggio in termini di shelf life e qualità finale”, aggiunge Menin. “Ma non solo”, continua la manager. “Nel Nord Europa stiamo notando una forte propensione ad un consumo maggiormente ecosostenibile. In tal senso, in alcuni segmenti di mercato la Prima Gamma evoluta viene percepita come ‘industrialmente più pura’ e quindi da preferire ad un prodotto di IV Gamma. Penso sia un’ulSettembre 2018

L’azienda veneta, fortemente orientata all’export, pone al centro delle sue attenzioni la durata del prodotto in termini di qualità. La IV Gamma sconsigliata quando il trasporto supera le 12 ore

teriore evoluzione nella curva di esperienza di alcune nicchie di consumatori più ‘bio & green’ e penso possa essere un fenomeno che troverà spazio anche in Italia”. Indipendentemente dai trend di mercato, la commercializzazione di Prima Gamma evoluta è una scelta quasi obbligata, dovuta ad un sistema di logistica nazionale fortemente improntato al trasporto su gomma. Al momento gli unici invii aerei de L’Insalata dell’Orto sono quelli destinati agli Emirati Arabi e alle Seychelles: “Il trasporto aereo – ha spiegato Menin – ha costi troppo elevati; considerando la tipologia e il peso del prodotto che trattiamo il surplus di prezzo imputabile al trasporto raggiunge 1,5 euro a confezione. È

ovvio che non può essere una soluzione applicabile a tutti i mercati; lo potrebbe essere se avessimo la stessa forza commerciale e l’organizzazione degli olandesi, che hanno un sistema tale per cui riescono a fare massa critica anche con altre categorie merceologiche dell’agroalimentare e noleggiare interi aerei cargo, abbattendo i costi totali e spalmando più equamente quelli unitari”. Per ora le barriere all’entrata in mercati lontani dei prodotti di IV Gamma sono davvero altissime. Oltre ai tempi(fino a 3 giorni di strada per arrivare in Paesi quali Lituania, Lettonia ed Estonia) e agli enormi costi da affrontare per mezzi alternativi ai camion, oggi le ‘falle’ nella logistica aerea sono ancora grossolane e rischiano di

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Prima gamma e logistica nel mirino dell’Insalata dell’Orto

Confezioni di prima gamma: vanno solo sciacquate prima del consumo

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CORRIERE ORTOFRUTTICOLO

Rijk Zwaan, con la varietà Knox due giorni di vita in più Tra le prime 5 società sementiere a livello globale, Rijk Zwaan da anni è entrata nell’affascinante mondo della IV Gamma puntando sull’esperienza e la ricerca continua di soluzioni sempre più all’avanguardia. Fresh Cut News ha intervistato Alessandro Silvestrelli, managing director della sussidiaria italiana, per capire meglio il lavoro quotidiano dell’importate società di breeding. Dal vostro osservatorio, quali sono le tendenze che si stanno facendo largo nel settore della IV Gamma? Quali le richieste dei produttori? “Facendo un’analisi generale possiamo confermare lo stato di salute del comparto della IV Gamma anche dal nostro ‘osservatorio speciale’ di player interno alla filiera. Nonostante il frazionamento sia ancora molto forte, soprattutto in fase di produzione e trasformazione, è evidente un tentativo di riorganizzazione e di armonizzazione delle collaborazioni tra i diversi anelli della catena. L’Italia si sta sempre più affermando come fornitore di materia prima per la IV Gamma a livello europeo; questo ne determina, e ne determinerà, l’incremento delle superfici dedicate e la ricerca di nuove strutture produttive a svantaggio delle produzioni di Prima Gamma. La competizione sul prezzo finale, inoltre, è sempre più accesa e questo provoca il bisogno di innovare ed estendere la gamma prodotto. Circa i trend, la domanda di referenze dal forte appeal salutistico cresce insieme alla richiesta di prodotti bio e a residuo zero. L’innovazione come valore aggiunto alla produzione, tuttavia, è ricercata ma ancora poco proposta e ancor meno utilizzata come opportunità per accrescere la

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distintività della marca nonché del prodotto nello specifico sul mercato finale”. Su quali progetti lavorate? “Al momento ci stiamo concentrando sull’offerta di prodotti all’avanguardia in termini di resistenza in modo da poter far fronte ad un mercato attento alla salute del consumatore, così come stiamo incrementando la nostra proposta per le colture biologiche. Lo sviluppo di nuove proposte viene sempre portato avanti mantenendo come obiettivo la ricerca di una buona conservabililtà, poiché è una caratteristica che impatta totalmente sull’intera filiera della IV Gamma. Seguendo tali criteri abbiamo recentemente introdotto Knox™, una delle nostre ultime innovazioni di maggior successo. Possiede un carattere che ritarda i tempi di ossidazione della lattuga dopo il taglio, prolungandone la conservabilità per almeno due giorni. Grazie a questo, Rijk Zwaan offre con Knox™ la soluzione ad uno dei problemi più importanti per le aziende della IV Gmma e per chi vende o distribuisce lattuga in busta”. “In definitiva - conclude il manager - i nostri prodotti dedicati alla IV Gamma sono davvero numerosi. Siamo leader nello spinacio, continuiamo ad offrire varietà di alta fascia ai nostri clienti, ma nei prossimi anni saranno lanciati altri prodotti innovativi che rappresenteranno davvero importanti opportunità”. (c.b.)

mettere a repentaglio la qualità del prodotto all’arrivo. “Se consideriamo la tratta Venezia-Dubai, che abitualmente utilizziamo per il commercio verso il Medio Oriente, è evidente un’altra criticità relativa la catena del freddo. La merce prelevata dal nostro magazzino di Mira viene portata all’aeroporto e imbarcata nella stiva di voli di linea. Una volta giunta a destinazione viene sbarcata e caricata su camion. Proprio in questa fase il rischio di alterazione del prodotto è elevatissimo poiché è reale la possibilità che sosti in piazzali assolati per mezz’ora e più. Nonostante la nostra cura nell’imballaggio non possiamo garantire sulla qualità all’arrivo in scaffale dopo circa 8 ore di viaggio”, conclude Menin.

Problemi dunque – quelli della logistica – che pongono l’intero settore della IV Gamma davanti ad un impasse che – questa azienda ha il coraggio di dire – per ora sembra insormontabile. Ad oggi l’Italia mantiene salda la leadership nella produzione di insalatine baby leaf, ma per le insalate adulte si stanno attrezzando anche altri Paesi, entrando in concorrenza con i produttori del Bel Paese sui loro mercati locali. Fortunatamente, il segmento delle baby leaf è più ostico da approcciare: esperienza, tecnica e tecnologie produttive, oltre ad un clima eccezionalmente favorevole sono tutti vantaggi competitivi che difficilmente potranno essere superati. Il sistema Italia è tuttavia avvertito:migliorare la logistica è quanto mai prioritario per un settore in cui la partita si gioca moltissimo sui tempi di consegna dal campo al supermercato. Settembre 2018



ROMA, R OMA, 6-7 NOVEMBRE NOVEMBRE 2018

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