Corriere ortofrutticolo gennaio 2016

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CORRIERE ORTOFRUTTICOLO

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o r t o f r u t t i c o l o THE FIRST ITALIAN MONTHLY ON FRUIT AND VEGETABLE MARKET |

ANNO XXX Nuova serie Gennaio 2016 Euro 6,00

daily news: www.corriereortofrutticolo.it PROTAGONISTI Giulio Romagnoli L’innovatore della patata italiana EVENTI• PAG.9 PAG.23 I PROTAGONISTI

Successo annunciato a Matera. Parte il progetto sul Sud

Radicchi di qualità in territori di qualità*

FIERE • PAG.35 FRUIT LOGISTICA Attrazione fatale. A Berlino verso un nuovo en plein MONDO • PAG.39 SANZIONI A MOSCA L’Italia spinge per una mediazione che salvi il business

I radicchi, valore di un territorio L’Italia ha un invidiabile record in Europa: è il territorio con la biodiversità più elevata. Questo privilegio si riflette nelle diverse produzioni agricole di pregio, tra queste la gamma dei radicchi IGP.

I radicchi, promossi sul campo*

I radicchi, mantengono le promesse

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Un nuovo Sud è possibile Anno nuovo, si riparte. Gran parte di questo numero del giornale è dedicato all’evento dei Protagonisti dell’ortofrutta che si svolge a Matera, in Basilicata, per la prima volta al Sud, prima tappa di un progetto triennale che abbiamo voluto chiamare ‘L’ortofrutta riparte dal Sud‘. In quale contesto ci muoviamo? Cosa è lecito attendersi dal 2016? Sarebbe bello poter sperare su un anno di vera ripresa dell’economia e dei consumi , di cui il comparto ortofrutta non potrebbe che avvantaggiarsi. Nonostante il coriaceo e granitico ottimismo del nostro presidente del Consiglio, non vediamo grandi segnali positivi all’orizzonte. L’export di settore si chiude più o meno sugli stessi livelli del 2014, forse qualcosa di meno. Nuovi mercati faticano ad aprirsi. E’ vero che per alcuni prodotti (pere, mele, kiwi) ci sono importanti segnali di aggregazione con nuove realtà associative che affrontano la competizione globale, però tutto resta sempre affidato all’iniziativa dei singoli senza veri progetti di sistema e con il ministero sullo sfondo, con un dubbio di fondo sul suo ruolo: è una risorsa o un problema? Il ministero cambierà nome, ecco la novità. Si chiamerà ministero dell’Agroalimentare. E’ chiaro che il nome non basta. Per non fare solo operazioni di facciata bisogna cambiare in profondità la struttura ministeriale, per trasformarla in un volano di sviluppo al servizio delle imprese, per farne una vera “casa delle imprese”, come nei paesi europei più evoluti. In questi ultimi anni l’Agricoltura è stato uno dei ministeri più tartassati e umiliati dalla politica (4 ministri in 2 anni). Con Martina le cose sono un po’ cambiate: almeno è finito il frenetico valzer degli inquilini degli uffici che furono di Cavour. Però Martina (che ha gestito la delega dell’Expo) è stato un ministro double face: alcune cose le ha fatte, molte le ha annunciate, è stato molto presente su alcuni comparti (vino, latte-carne) e meno su altri (ortofrutta), con una attenzione eccessiva ad una sola componente del mondo professionale agricolo. Poi il nuovo ministero dovrà assorbire nuove competenze dallo Sviluppo economico, cercare di tagliare drasticamente la burocrazia, favorire processi aggregativi, coordinare progetti ed enti di ricerca e soprattutto mettere in campo una vera politica agricola nazionale d’intesa con la variegata galassia delle Regioni. Coordinamento, collaborazione sono le parole d’ordine, che è come dire: fare rete, fare squadra. Se il food è il nuovo settore su cui punta il Paese per un nuovo ‘miracolo italiano’, la nostra nascente Silicon valley del cibo, non ci possiamo più permettere politiche scoordinate, dove ogni Regione va per conto suo. Se sul ministero restano tanti punti interrogati-

✍ Lorenzo Frassoldati

Gennaio 2016

vi non è che con le Regioni siamo messi molto meglio. Quante amministrazioni regionali funzionano e quante invece fanno danni, umiliando le imprese, replicando i guai del vecchio centralismo: clientele, sprechi, inefficienze, mala-burocrazia? Non tutti sono uguali, c’è chi funziona, chi no e chi fa disastri. Occorre un punto centrale, autorevole, in grado di dare equilibrio al sistema, ma anche di indirizzarlo e in qualche modo governarlo. Altrimenti parliamo di niente e gli spettacoli desolanti dell’Italia ‘in ordine sparso’ ai più importanti appuntamenti fieristici internazionali continueranno ad andare in scena. Per le imprese agricole si apre un anno all’insegna di sgravi fiscali ma serve ben altro per far tornare la voglia di investire. La crisi delle banche ha stracciato un velo: il ‘piccolo è bello’, la territorialità sono un valore solo se ben gestiti e senza l’inquinamento della politica. Altrimenti sono una minaccia proprio per i valori territoriali che esprimono e che dovrebbero difendere. L’agricoltura del ‘piccolo è bello’, che spesso viene identificata a torto col made in Italy, funziona solo se ben organizzata, strutturata, resa efficiente dalla mentalità dei privati, con la politica in veste di intelligente supporto e non di sanguisuga. A furia di restare piccoli, si finisce in un loculo. Se vogliamo esportare di più, i ‘piccoli’ vanno coordinati e organizzati, aggregati in contenitori più ampi. Un po’ come sta facendo Eataly, che ormai è un gigante del food made in Italy anche all’estero, ma che si propone come ‘vetrina’ di tanti piccoli. Torniamo all’ortofrutta e al Sud. Nella Finanziaria per il Sud c’è poco, un po’ di credito d’imposta e investimenti annunciati in opere pubbliche . Al Sud non servono nuove cattedrali nel deserto, ma progetti intelligenti e funzionali legati all’agricoltura e all’agroindustria. L’ortofrutta può giocare un ruolo centrale in questa sfida. Già adesso il 60% della Plv ortofrutticola nazionale viene dal Sud; questa percentuale può crescere. C’è poca aggregazione, è vero; tanti svantaggi tecnico logistici ma anche tanti buoni esempi, tante imprese disposte a scommettere su se stesse. Da Matera parte il nostro contributo per dare visibilità a questo nuovo Sud che è possibile. Senza retorica, senza luoghi comuni, ma col linguaggio della verità. Dipenderà, come sempre, dalla tenacia e dalla capacità degli uomini. La politica, come l’intendenza, seguirà.

EDITORIALE

CORRIERE ORTOFRUTTICOLO

PUNTASPILLI

PERCENTUALI Il 95% degli italiani ritiene l'agricoltura “'molto/abbastanza importante” per il nostro futuro. Peccato che a decidere le politiche agricole sia il rimanente 5 per cento. *

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CONTOEDITORIALE

CORRIERE ORTOFRUTTICOLO

Perché sono deboli i marchi DOP e IGP dell’ortofrutta di Corrado Giacomini Nel numero 11 del Corriere Ortofrutticolo ho letto il Controeditoriale di Tiberio Rabboni, già assessore all’Agricoltura dell’Emilia Romagna, su “Come si potrebbero rilanciare in concreto le nostre DOP e IGP ortofrutticole”, che mi trova d’accordo sulla necessità di una maggiore e più convinta azione delle forme aggregate degli operatori ortofrutticoli (OP, AOP e Consorzi di tutela). Bisogna dare atto che l’amministrazione dell’assessore Rabboni si è distinta in questo campo per un impegno e un’originalità d’azione del tutto particolari; credo, tuttavia, che sia necessario aggiungere alcune osservazioni. Per prima cosa, bisogna essere d’accordo su cosa vuol dire DOP e IGP. Con il riconoscimento di queste denominazioni, come dice la regolamentazione comunitaria e nazionale, si vuole proteggere un bene collettivo connotato dalla sua origine geografica che lo definisce in relazione alle caratteristiche naturali e umane dello stesso territorio. Con DOP e IGP si mira, quindi, a fissare e rendere pubbliche le caratteristiche qualitative di un prodotto ottenuto grazie alla storia comune di un territorio, perché possano essere un fattore competitivo nell’interesse della collettività che lo ha creato e del consumatore. I problemi delle DOP e IGP nel settore ortofrutticolo, a mio avviso, sono due: il primo, è dovuto al fatto che è più forte la componente dell’origine geografica e meno quella umana, che i francesi chiamano “savoir faire”. Mi viene in mente un solo prodotto dove il “savoir faire” è molto alto, è il “Radicchio di Treviso IGP Tardivo”, dove assieme all’origine e alla varietà di cicoria coltivata sono determinanti per la qua-

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lità del prodotto: la tecnica di imbianchimento, la pulitura esterna del cespo e il taglio della radice. Certamente ci sono altri prodotti così, ma è difficile fare di una varietà ortofrutticola, salvo per l’origine, un prodotto che si distingue nettamente per l’apporto di “savoir faire”, che costituisce la componente fondamentale di un bene collettivo, perché espressione della tradizione e della cultura di una comunità. L’altro aspetto che rende debole le DOP e le IGP ortofrutticole, soprattutto nel canale della GDO, è la loro naturale stagionalità. Non è facile presentare nel reparto ortofrutta di un punto vendita affiancate le Abate Fetel IGP dell’Emilia Romagna e quelle provenienti da altre regioni o dall’estero con prezzi diversi, quando le caratteristiche anche visive del prodotto non sono molto distinguibili, sapendo per di più che la loro offerta avrà una durata abbastanza breve e poi dovrà continuare con la stessa varietà o con altre varietà provenienti da altre zone. E non ho nominato le altre varietà - Cascade, Conference, Decana del Comizio, Kaiser, Max Red Bartlett, Passa Crassana, Williams - pure queste con la denominazione IGP dell’Emilia Romagna. Vorrei scommettere quanti consumatori, meglio chi va a fare la spesa, sanno che la loro origine è sempre la terra del Parmigiano Reggiano. Temo, pochi. Per dimostrare che ho torto, è facile portare l’esempio di successo della mela DOP della Val di Non, Golden Delicious, Red Delicious e Renetta del Canadà, riconosciuta nel 2003 dalla Comunità Europea. Credo che nessuno possa sostenere che il successo delle mele della Val di Non dipende dal riconoscimento della DOP, perché sappiamo tutti che deriva dal successo della marca MELINDA (non del marchio!!), affermatasi ancora prima del riconosci-

mento della DOP, e da una gestione accentrata in un Consorzio che fin dall’inizio ha imposto una gestione coordinata e accettata di tutta la produzione della valle da una campagna all’altra. Se vogliamo dirla tutta, malgrado i numerosi tentativi del Consorzio di ampliare la gamma dell’offerta, il vero successo è rappresentato dalla mela Golden (quella gialla con la fiammata sulla buccia e fragrante tutto l’anno!) percepita dal consumatore come 'la vera MELINDA!!!!’. L’ex-assessore Rabboni, fa riferimento al regolamento 1151/2012, il cosiddetto Pacchetto Qualità, che affida ai “gruppi di produttori o trasformatori” la gestione delle DOP e IGP che in Italia sono stati identificati, un po’ affrettatamente, nei Consorzi di tutela. Ha ragione Rabboni: in realtà i “gruppi” possono essere anche le OP e le AOP e persino le Organizzazioni interprofessionali. In realtà nel nostro Paese abbiamo fatto un bel casino, siamo arrivati al punto di riconoscere nel settore del vino ai Consorzi di tutela, se rappresentano delle maggioranze qualificate, la natura di Organizzazione interprofessionale, non preoccupandoci di come è formata la compagine sociale e dimenticando che il primo requisito è il controllo fisico della produzione da parte di chi partecipa all’interprofessione, cosa che il Consorzio di tutela non ha e non può avere. In Francia si preferisce un approccio diverso, si tende a riconoscere ai “Comitè Interprofessionnel” la natura di Consorzio di tutela, definiti “Organismes de Defense et de Gestion (ODG)”, perché sommare in un unico organismo il compito di regolare l’offerta e la responsabilità della tutela dà, ovviamente, maggiore forza alle Organizzazioni interprofessionali o alle Organizzazioni di produttori.

Gennaio 2016

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Direttore responsabile: Lorenzo Frassoldati Redazione: Emanuele Zanini Hanno collaborato: Chiara Brandi, Corrado Giacomini Sede operativa via Fiordiligi, 6 37135 Verona Tel. 045.8352317-Fax 045.8307646 e-mail: redazione@corriereortofrutticolo.it Editore Gemma Editco Srl Coordinatore editoriale Antonio Felice Comitato di indirizzo Lucio Bussi, Antonio Felice, Lorenzo Frassoldati, Corrado Giacomini, Claudio Scalise (coordinatore), Luciano Trentini Sede legale e amministrativa: via Fiordiligi, 6 37135 Verona E-mail: redazione@corriereortofrutticolo.it P.IVA 01963490238 Fotocomposizione e stampa: Eurostampa Srl - via Einstein, 9/C 37100 Verona Autorizzazione Tribunale di Verona n. 176 del 12-1-1965 Spedizione in abb. postale comma 26, art. 2, legge 549/95 La rivista viene distribuita in abbonamento postale c/c n. 11905379 Abbonamento annuo: 70 euro per due anni: 100 euro abbonamenti@corriereortofrutticolo.it Chiusura in redazione il 14.01.2016

Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

Profilo: Corriere Ortofrutticolo si è affer-

mato come rivista “di filiera” del settore ortofrutticolo italiano. La rivista collega chi produce, chi commercializza e chi vende al pubblico, oltre ai settori connessi (dai macchinari ai trasporti). La diffusione è capillare in Italia, dove si è allargata alla grande distribuzione alimentare e al dettaglio.

Diffusione: 6.000 copie. Ripartizione del

mailing: Dettaglianti 23%, Produttori 22%, Grossisti 19%, Distributori 12%, Import-export 6,5%, Servizi 5%, Tecnologie e Trasformati 2,5%, Altri 10%

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A Matera il 22 gennaio il Sud protagonista con i Protagonisti Mele: il mercato assorbe l’offerta elevata della stagione

RUBRICHE EDITORIALE Un nuovo Sud è possibile CONTROEDITORIALE Perché sono deboli i marchi DOP e IGP dell’ortofrutta BAROMETRO TImida ripresa dei consumi a consuntivo del 2015 NOTIZIARIO

PAG.9

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ATTUALITÀ

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MONDO Berlino attrazione fatale

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Sanzioni UE contro la Russia L’Italia: basta muro contro muro

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Spagna: difficoltà per fragole e ortaggi a causa del clima

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Mondo flash

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SCHEDA PRODOTTO

Primo Piano - Protagonisti Il Sud protagonista

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Primo Piano - Protagonisti La tavola rotonda e i 5 seminari

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Primo Piano - Protagonisti Chi sono

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Copertina - Protagonisti GIULIO ROMAGNOLI L’innovazione nelle patate

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Novità: il ministero dell’Agroalimentare

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Agricoltura più attrattiva per i giovani

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Agrumicoltura italiana in recupero

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New factor: frutta secca è boom

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Balzo in avanti di Conad e delle sue marche private

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RADICCHIO

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FUNGHI

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BAROMETRO

Timida ripresa dei consumi a consuntivo del 2015 con un incremento record per il biologico: +20% I prezzi al consumo dei prodotti alimentari nel 2015 sono cresciuti in Italia undici volte la media dell’inflazione. Il valore di quest'ultima, del resto, è stato bassissimo, pari allo 0,1% annuo, il più basso dal 1959. E’ quanto emerge dai dati ISTAT di novembre 2015, che evidenziano anche come l’aumento dei prezzi non si sia trasferito alle imprese agricole con un’adeguata remunerazione dei prodotti che, in alcuni casi, si sono trovati "al di sotto dei costi di produzione”. La spesa delle famiglie italiane in alimenti e bevande ha invertito la rotta nel 2015 ed è tornata ad aumentare dopo sette anni di riduzioni consecutive con una stima dello 0,3 per cento di crescita cumulata nei dodici mesi, secondo il dato elaborato da Ismea-Nielsen. L’andamento positivo sembra destinato a consolidarsi nel 2016. La spesa alimentare è uno speciale indicatore dello stato dell’economia nazionale poiché si tratta della principale voce del budget delle famiglie dopo l’abitazione, con un importo complessivo di 215 miliardi. Nei primi tre trimestri (gennaio - settembre) dello scorso anno gli acquisti di frutta sono saliti del 4%, mentre per gli ortaggi la spesa è salita dell’1%. Non numeri da capogiro, ma comunque un netto cambio di passo rispetto agli anni della crisi dove si era registrato un drastico crollo. Si tratta di una inversione di tendenza dopo anni di tagli progressivi che avevano portato i consumi dei prodotti base della dieta mediterranea su valori da minimo storico. E’ il caso della frutta i cui consumi per persona erano scesi a più di 130 chili all’anno che equivalgono a non più di 360 grammi al giorno rispetto ai 400 grammi consigliati dall’organizzazione mondiale della Sanità per una buona salute. Nel 2015 invece la spesa degli italiani per gli acquisti di frutta e verdura è tornata a risalire e rappresenta ora il 23 per cento del totale del budget destinato dalle famiglie all’alimentazione per un importo di 99,5 euro per famiglia al mese. Su questo andamento non poteva mancare il puntuale commento di Coldiretti che definisce i dati “importanti poiché l’ortofrutta, con pane, pasta, olio extravergine e il tradizionale bicchiere di vino costituiscono la dieta

mediterranea e, consumati a tavola in pasti regolari, hanno consentito agli italiani di conquistare fino ad ora record nella longevità: nell’Unione Europea l’Italia si colloca infatti al primo posto con 80,3 anni per gli uomini e al terzo per le donne con 85,2”. In Italia - in effetti - il ritorno della dieta mediterranea si accompagna ad una vera svolta green nel carrello, dal biologico al chilometro zero fino alle denominazioni di origine. Se gli acquisti di prodotti biologici confezionati fanno registrare un incremento record del 20 per cento degli acquisti, sono state circa 15 milioni le persone che hanno scelto nel 2015 prodotti locali a chilometri zero, ovvero che non devono percorrere lunghe distanze con mezzi di trasporto inquinanti, mentre ad acquistare regolarmente prodotti tipici sarebbero ben due italiani su tre secondo un’indagine Doxa realizzata per Coop. Per quanto ci sia un timido ottimismo sul 2016, è presto per sbilanciarsi. Dall’estero, infatti, i segnali sono contrastanti e il rallentamento dei mercati asiatici è un segnale tutt’altro che positivo così come non fanno presagire niente di buono le incomprensioni interne all’Unione Europea in campo economico e sociale davanti a fenomeni epocali come quelli dell'immigrazione e del terrorismo arabo. Sul fronte interno, la ripresa non può essere che timida finché la tassazione nazionale rimane così alta.

ilvostrosito è online corriere ORTOFRUTTICOLO . i t Iscriviti alla newsletter quotidiana: newsletter@corriereortofrutticolo.it Gennaio 2016

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PROTAGONISTI

PROTAGONISTI DELL’ORTOFRUTTA ITALIANA. Matera 22 gennaio

Il Sud protagonista Antonio Felice Lo spostamento al Sud di ‘Protagonisti dell’Ortofrutta Italiana', dopo tre anni di Nord, ha dato nuovi stimoli e ha creato nuove e crescenti attese nei confronti dell’evento voluto e promosso dalla redazione del Corriere Ortofrutticolo che, lungo il suo cammino, ha aggregato le più significative realtà del comparto, dal CSO a Fruit Imprese, per approdare al sostegno convinto dell’Unione Nazionale Italia Ortofrutta. Quella che due anni fa, a Dozza di Bologna, era stata battezzata da alcuni giornali come ‘la notte degli Oscar dell’ortofrutta italiana’, oggi riceve definizioni altrettanto prestigiose come ‘la Cernobbio dell’ortofrutta italiana’. Tra questi due concetti, in effetti, c’è lo spirito della nostra iniziativa, a metà tra momento esclusivo di contatti e di riconoscimento per il settore e pausa di riflessione e ap-

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Momento esclusivo di contatti e di riflessione, l’evento di quest’anno conferma il successo della formula della nostra iniziativa: en plein di presenze qualificate

La tavola rotonda e i 5 seminari I contenuti sono entrati con forza nel programma dei Protagonisti dell’Ortofrutta Italiana. Ben 5 seminari brevi pomeridiani e una tavola rotonda serale il 22 gennaio prima della serata dei Premi e della cena ufficiale. Il tutto inserito in un progetto ambizioso di medio-termine (tre anni) chiamato ‘L’ortofrutta riparte dal Sud’ che ha ricevuto da subito il sostegno convinto dell’Unione Nazionale Italia Ortofrutta e sta aggregando diverse realtà del mondo ortofrutticolo italiano allo scopo di dare risposte alle necessità del grande bacino di pro-

duzione del Mezzogiorno, vero baricentro del sistema ortofrutticolo nazionale. Al progetto è dedicata la tavola rotonda di Matera, con inizio alle 18 in Casa Cava. Questi i temi dei 5 seminari del pomeriggio: Le produzioni della Basilicata, presente e futuro, a cura di Asso Fruit Italia; Mercati di sbocco: opzioni per il 2016, a cura di Omnibus; L’integrazione diventa protagonista del mercato, a cura di Italia Ortofrutta; Nuove tecnologie per il Sud, con il contributo di Sermac; Il Centro Servizi Ortofrutticoli CSO e l’impegno per il Sud.

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PROTAGONISTI

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CHI sono NELLO ALBA

Classe 1962, nato e residente a Scordia (Catania), sposato con due figlie, è amministratore unico di Oranfrizer srl. La nascita del gruppo risale proprio al 1962, l'anno di nascita di Alba, quando il padre, Giuseppe, scelse di puntare sulla produzione agrumicola dell’isola costruendo le solide basi di un investimento cresciuto - in 50 anni - con i figli Sebastiano (Nello appunto) ed Alessandro. Dall’iniziale distribuzione della frutta fresca nei mercati ortofrutticoli nazionali si sono sviluppati i canali della gdo, accompagnati da un progressivo processo di diversificazione. Alla produzione e distribuzione degli agrumi, si sono aggiunte nuove referenze ortofrutticole. L’evoluzione ha raggiunto poi la sua massima espressione con la trasformazione dei prodotti in spremute fresche. La mission che Sebastiano Alba porta avanti oggi, con il valido sostegno del marketing manager Salvo Laudani (punto di riferimento in Sicilia per FruitImprese e CSO) mira all’internazionalizzazione dell'impresa già presente in diversi mercati esteri, in Europa e Oltremare. Significativi i risultati raggiunti con il prodotto fresco nel 2015 nella GDO britannica e scandinava grazie al progressivo apprezzamento dell’arancia rossa in quei mercati. Oranfrizer è diventata un punto di riferimento nel mercato agrumicolo in Italia, è un’azienda solida che ha fatto dei prodotti di Sicilia il proprio elemento distintivo. Sebastiano Alba è anche amministratore unico dell’azienda agricola Carmito, estesa su oltre 160 ettari, una delle migliori fonti di approvvigionamento della materia prima relativamente alle coltivazioni agrumicole siciliane. L’imprenditore ha notevolmente ampliato i confini della grande proprietà terriera, ne cura la produttività con dedizione e pianifica ciclicamente delle sperimentazioni su alcuni campi per innovare e inserire nel mercato agrumicolo nuove varietà, avvalendosi del supporto di esperti e professionisti. Negli ultimi dieci anni è stata compiuta un'azione di forte riqualificazione varietale, con la messa a dimora di nuove selezioni di Tarocco ed ibridi di mandarino, oltre che di impianti di melograno, realizzati con tecniche colturali nuove, delle quali Oranfrizer è precursore in Sicilia. Alba è pure amministratore unico della OP “Terre e Sole di Sicilia”, l’organizzazione dei produttori nata con l’obiettivo di incrementare il valore degli agrumi siciliani all’interno del mercato. L’imprenditore, che occupa una posizione centrale nel settore, promuove l’OP diffondendo valori di condivisione, invitando i piccoli e medi produttori ad aderire per realiz-

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zare azioni sinergiche che possano migliorare le condizioni economiche per tutti coloro che hanno deciso di investire sugli agrumi siciliani. Il numero uno di Oranfrizer è anche membro del consiglio di amministrazione di CPR System.

I FRATELLI BASILE

I fratelli Basile, Francesesco e Domenico, figli del fondatore Alessio Basile, sono i principali punti di riferimento della OP Napitina. La mente della OP nell’ultimo quarto di secolo è considerato il vicepresidente, Francesco Basile. Nato a Reggio Calabria il 12 novembre del 1963, è entrato attivamente a far parte dell’OP subito dopo aver concluso gli studi universitari alla facoltà di Scienze Agrarie dell’Ateneo di Bologna. Grazie alla sua professionalità, figlio d’arte, con un’innata predisposizione tecnico-economica, è diventato da subito il fulcro ed il riferimento dei soci. Francesco ha cercato costantemente di migliorare la qualità dei prodotti portando in campo le conoscenze acquisite durante gli studi, i viaggi e la costante formazione sulle tematiche agrumicole. Ha condotto l’azienda innovando e curando personalmente tutti gli aspetti della produzione. Francesco è costantemente coadiuvato dal fratello Domenico, pure dottore in agraria, dal cugino Piero Mannacio Soderini , dal nipote Giuseppe Russo e da uno staff di giovani tecnici laureati in scienze agrarie, da lui plasmati. Nel corso del 2015, gradualmente, la gestione è passata nelle mani di Domenico Basile, in stretta sinergia con un intero staff-protagonista. L’ organizzazione, composta di 12 aziende, commercializza agrumi prodotti su una superficie di circa 200 ettari: clementine 65%, mandarino comune 5%, tangelo 5%, navelina 15%, tarocco nucellare 5% e moro nucellare 5%. Particolare attenzione è rivolta al mantenimento degli equilibri ambientali e alla biodiversità per ottenere una qualità globale.

I CALABRESE

Fondata come azienda agricola nel 1974 dalla famiglia Calabrese e oggi Organizzazione di produttori, da oltre 40 anni Colle D'Oro è una delle più importanti realtà del settore orticolo siciliano. L'azienda, dotata di un moderno impianto di lavorazione e confezionamento a Ispica (RG), è specializzata nella produzione di ortaggi in serra e in pieno campo su una superficie di oltre 1.000 ettari gestiti da 6 aziende socie, con un calendario produttivo che va da settembre a Gennaio 2016


PRIMO PIANO

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giugno ed utilizza fino a 450 dipendenti. Il management aziendale di Colle d'Oro è formato dal fondatore e presidente della organizzazione, Pietro Calabrese, classe 1939, affiancato dalla figlia Loredana che cura gli affari generali e gli interessi legali, dal figlio Carmelo che si occupa dell’attività commerciale e marketing, dal figlio Salvatore che cura la produzione e dal genero Tony che si occupa del reparto magazzino lavorazione e assicurazione qualità. L’organizzazione è dunque a gestione familiare ma conta su tanti collaboratori professionisti capaci, competenti, motivati e in sintonia, che riconoscono e condividono gli obiettivi e i valori aziendali. I Calabrese sono legati alla storia dell'orticoltura nella zona di Ispica e ne hanno promosso lo sviluppo. Pietro è stato tra l'altro socio promotore e fondatore del Consorzio IGP Pomodoro di Pachino. Oggi i fratelli Calabrese, cui il padre Pietro ha affidato la gestione operativa ormai da alcuni anni, rimanendo non solo presidente ma il prezioso consigliere di tutti, sono fautori della nuova agricoltura siciliana, che guarda alla qualità dei prodotti, al rispetto dell'ambiente e alle produzioni biologiche, in una parola a un nuovo modello di sviluppo che poggia su questo motto aziendale: "La qualità non si inventa, si produce".

GIULIANO CANELLA

Nato a Padova, sposato con tre figli, negli anni Novanta Giulio Canella entra nell’azienda di famiglia: la catena Alì Supermercati. Fin da subito si innamora del lavoro e si indirizza verso il settore dell’ortofrutta, gestito allora dal padre, Settimo Canella, che per lui diventa - per sua stessa dichiarazione - "maestro fondamentale, al quale sarò sempre riconoscente e grato". Negli anni successivi diventa il responsabile acquisti-vendite attuando strategie commerciali e di marketing che elevano il livello già buono del reparto ortofrutta della catena, divenuto nel tempo prioritario e distintivo per tutta l’azienda. Partecipa allo sviluppo del gruppo che, dalla metà degli anni 2000, raddoppia il numero di punti vendita fino a superare quota 100. Tra il 2011 e il 2012 frequenta corsi avanzati in Italia e all’estero per rafforzare le sue competenze professionali e tecniche. Nel 2013 presso la sede del "Sole 24 Ore" a Milano viene premiato dal presidente della Federdistribuzione Giovanni Cobolli Gigli per aver diffuso con merito il marchio collettivo dell’ortofrutta italiana “i 5 colori del benessere” e nel 2014 viene premiato dall’assessore delle Politiche agricole e forestali del Veneto, Franco Manzato, per l’impegno nella valorizzazione di alcuni prodotti agroalimen-

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tari del territorio Veneto. Dal 2014 si è occupato in azienda anche della gestione degli altri reparti del fresco ed è entrato a far parte del Comitato operativo di Gruppo, la cui rete di vendita è divisa in due canali: Alì Supermercati, con negozi di quartiere e superfici fino a 1.500 metri quadri, e Aliper, con punti vendita tra i 2.000 e 5.000 metri quadri, spesso inseriti in centri commerciali.

PROTAGONISTI

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CHI sono

BRUNO FRANCESCON

Classe 1975, Bruno Francescon è sposato e ha tre figli. Dopo il diploma in agraria, l'imprenditore mantovano ha iniziato a lavorare nell'azienda agricola di famiglia con il padre, lo zio e il nonno. A metà degli anni Novanta, l'impresa di Rodigo aveva 15 collaboratori, molti dei quali pensionati o studenti che facevano piccoli lavori durante il periodo estivo, che aiutavano nella coltivazione su circa 20 ettari: meloni ma anche altre orticole come verze, cavolfiori, finocchio e angurie. Negli anni successivi l’azienda ha proseguito nel suo piccolo trend di crescita che aveva già da anni. Nell'azienda agricola entrano nuovi giovani come il fratello di Bruno, Daniele, e i cugini Mauro e Andrea e si aprono nuovi orizzonti, grazie al loro entusiasmo e voglia di crescere. Quindi si iniziano a definire i ruoli in maniera più precisa con Bruno che incomincia a seguire principalmente le vendite con sempre crescente attenzione verso la GDO italiana. Nei dieci anni successivi sono stati allacciati rapporti con le principali catene nazionali e numerosi retailer del Nord Europa. Nel febbraio del 2005 un gruppo di otto aziende agricole legate alla famiglia Francescon dal punto di vista commerciale, tutte specializzate nella coltivazione di melone, fondano la Organizzazione Produttori Francescon. Nel 2006, primo anno di lavoro della neonata OP, vengono commercializzate circa 4.500 tonnellate di meloni con un fatturato di poco più di 4 milioni di euro. Da allora la strada percorsa è molta: nel 2014 infatti il giro d'affari ha raggiunto i 31 milioni di euro, con soci conferitori dislocati tra Mantova, Piacenza e la Sicilia. L'OP controlla circa 1.200 ettari a melone sul territorio nazionale. In provincia di Mantova il 50% del melone prodotto è dei soci della OP Francescon. Oggi l'organizzazione di produttori mantovana ha 250 collaboratori diretti che si occupano delle lavorazioni del prodotto a magazzino, del vivaio, della coltivazione e raccolta in campagna nelle aziende agricole del Mantovano, in modo da impegnare il personale già nei primi mesi dell’anno e non solo nei mesi estivi. Nel 2015 sono state superate le 35 mila tonnellate di melone, 12 mila destinate all'export. Il Gruppo ha

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PROTAGONISTI

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CHI sono aperto con successo, grazie proprio all’impegno di Bruno, un’azienda in Senegal riuscendo a produrre in Africa meloni di qualità, allargando così l’arco temporale di commercializzazione.

TOM FUSATO

Direttore commerciale di Brio Spa, Tom Fusato è da oltre trent’anni impegnato nel biologico ed è uno degli artefici della sua crescita in Italia. Nato nel 1964, diploma di perito agrario all’ITAS Bentegodi di Buttapietra (VR), frequenta la facoltà di agraria all’Università di Bologna ma fin dal 1983, stabilendosi con la famiglia in campagna, inizia a coltivare con le tecniche dell’agricoltura biologica i cinque ettari lasciati dal nonno. Dal 1985 partecipa alle attività del Coordinamento Veneto Terranuova, associazione di agricoltori e consumatori biologici che in quegli anni si occupava dello sviluppo e della promozione dell’agricoltura biologica in Veneto. Dal 1986, su incarico del Coordinamento Veneto Terranuova si occupa come tecnico del controllo e della certificazione delle prime aziende agricole biologiche del Veneto, in base alle norme di produzione private di cui lo stesso Coordinamento si è dotato. Alla facoltà di agraria dell’Università di Bologna organizza il corso di formazione: “Un’agricoltura verde?” invitando a parlare di biologico i pionieri italiani del settore (tecnici, docenti universitari, produttori). Nel 1987, insieme ad Andrea Bertoldi, attuale amministratore delegato di Brio Spa e compagno "di università e di scacchi", fonda l’Associazione La Siepe, coinvolgendo nel progetto tutte le persone (consumatori, produttori, tecnici) interessate allo sviluppo dell’agricoltura biologica in provincia di Verona e limitrofe. Nel 1988 partecipa a Torino alla fondazione di AIAB, Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica, dopo un lavoro di coordinamento fra più associazioni regionali attive nello stesso ambito. Contemporaneamente partecipa alla stesura delle prime Norme AIAB per l’Agricoltura Biologica in Italia. All’epoca il regolamento comunitario non era ancora stato elaborato: arriverà infatti solo nel 1992. Dall’esperienza dell’Associazione La Siepe nasce, nell’ottobre del 1989, La PrimaVera Coop: una cooperativa di 15 produttori agricoli biologici veronesi (fra cui Tom Fusato, produttore di ortaggi, vino e cereali bio) che scelgono di mettersi insieme per gestire in maniera comune acquisti di mezzi tecnici, magazzino di lavorazione e stoccaggio ed ovviamente la vendita. Fusato ne assume la dire-

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zione commerciale. Nel 1993 La PrimaVera Coop decide, insieme ad altre quattro cooperative attive nel settore dell’agricoltura biologica del Veneto, di costituire Brio, con lo scopo di concentrare l’attività commerciale per approcciare uniti il mercato. Da subito Fusato entra nel CdA ed assume la direzione delle vendite all’estero. Nel 1998 diventa direttore commerciale di Brio Spa. Nel 2006 viene fondata Brio France SAS, di cui Tom Fusato assume prima il ruolo di gerente e successivamente quello di presidente, che conserva ancora oggi. Nel 2014 entrano in Brio Spa Agrintesa, Alegra ed Apo Conerpo: Tom Fusato viene confermato alla direzione commerciale.

NICOLA GIULIANO

Nicola Giuliano, 51 anni, sposato, padre di due figli, ha iniziato il proprio percorso professionale come tecnico commerciale seguendo poi la facoltà di ingegneria a Bari. L’imprenditore pugliese ha poi seguito diversi corsi di specializzazione che, assieme alla grande esperienza sul campo accumulata negli anni, lo hanno portato a diventare uno dei manager più quotati del settore. Ha seguito tra l’altro piani di project management, corsi legati all’internazionalizzazione delle imprese, all’innovazione, allo sviluppo e alla gestione di reti energetiche, energie rinnovabili, ambiente e tutela del territorio, green economy. Mette a frutto la preparazione pratica e teorica puntando sull'innovazione e avendo chiaro il quadro di riferimento in cui si muove l'azienda e il comparto nel suo complesso. La Giuliano srl di Turi (Bari) oggi è leader nella produzione di uva da tavola nella regione più vocata per questo prodotto, che è una delle voci più importanti dell’export ortofrutticolo nazionale. L’azienda commercializza mediamente ogni anno oltre 50 mila tonnellate di ortofrutta. Di questa circa il 70% è rappresentata dall’uva da tavola. E’ stata avviata la produzione biologica. Il 40% delle vendite si sviluppano nel mercato interno, mentre il restante 60% viene realizzato all’estero.

FRANCO MATTOZZI

Un vulcano chiamato Franco Mattozzi. La sua storia professionale è un’avventura legata a doppia mandata ai funghi coltivati. Ha avviato l’attività nel settore nel 1966. Infatti nel maggio 2016bsarà festeggiato il cinquantenario della prima azienda, la Funghitex. “Eravamo tre ragazzi, di 24, 25 e 27 anni, e avevaGennaio 2016


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mo sentito parlare di un nuovo business - racconta Mattozzi -: coltivare funghi e pieni di entusiasmo, con l’incoscienza dell’età e l’opportunità offerta dalla Cassa per il Mezzogiorno progettammo e realizzammo una fra le prime fungaie in muratura in Italia. In Olanda erano già una realtà diffusa. Dopo pochi anni, e rimasti in soli due soci, siamo passati da coltivatori di funghi a preparatori di compost per conto terzi. Il mercato si andava specializzando e bisognava cogliere l’occasione”. Dopo cinque anni, Mattozzi si mette in proprio e fonda la Magnifung, esclusivamente dedicata alla produzione di compost. Ma non passa molto e, insieme a un nuovo socio, costruisce una fungaia. La società che gestisce questa attività si chiama Mac. La piccola fungaia, in origine di supporto alla Magnifung, cresce progressivamente fino a raggiungere una capacità produttiva di 35 tonnellate a settimana per 52 settimane. Nel frattempo, poco lontano dalla Magnifung, era in vendita una struttura nata per essere una fungaia, ma senza grossa fortuna. Anche questa volta Franco Mattozzi decide di investire. Altre 40 tonnellate di funghi a settimana, saliti, con un ampliamento importante del 2009 a 70 tonnellate a settimana per 52 settimane, Nel 1992 Mattozzi rileva il 70% della Funghitex diventandone l’amministratore. Per completare la filiera: produzione di compost, produzione di funghi, mancava l’anello di completamento: la funzione commerciale. Ed è per questo che, raggruppando altre fungaie minori del Lazio, nel 2008, sempre da un’idea di Mattozzi, nasce Funghidea srl, con la mission di commercializzare le produzioni interne e non solo, creando valore aggiunto al fungo. C’è un’ulteriore tappa in fase di costituzione: un consorzio nel quale far confluire le più importanti realtà fungicole italiane per valorizzare e diffondere sempre più un alimento che Mattozzi non esita a considerare 'del futuro’ perché è salutare e può essere coltivato a qualunque clima, in qualunque periodo dell’anno e non è vincolato al terreno per la sua produzione.

GIANCARLO MINGUZZI

Giancarlo Minguzzi nasce ad Alfonsine (Ravenna) il 22 ottobre 1954. Laureato in Economia e Commercio presso l'Università di Bologna, sposato, con cinque figli, nel 1980 inizia a lavorare con il padre Egisto, prima seguendo le produzioni frutticole, poi dal 1985 assumendo la guida dell'azienda Minguzzi Spa. Ha svolto e svolge diversi incarichi fra i quali dal 2002 al 2010 consigliere della Banca d'Italia, presidio di Ravenna, quale esperto nel settore agroalimenta-

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:- ) re. Dal 2007 é presidente della Cooperativa esportatori ortofrutticoli (Ceor) di Lugo (Ravenna). Dal 2011 è presidente di Fruitimprese Emilia Romagna. Dal 2004 l'azienda é cresciuta diventando Organizzazione di Produttori con una produzione complessiva di 25 mila tonnellate e con oltre 100 soci. I mercati di riferimento della Minguzzi spa consortile sono oltre al mercato italiano ed europeo anche diversi Paesi di Asia, Africa e America. Ad Alfonsine ci sono due stabilimenti di stoccaggio. Gli stabilimenti come le aziende agricole sono certificate con Brc Standard, Global Gap, Biologico e anche altre certificazioni richieste dai clienti. Le certificazioni attestano l'impegno dell'azienda a perseguire le esigenze di trasparenza e salubrità, richiesti dai clienti e dai produttori. I prodotti e le quantità che la OP Minguzzi lavora sono: 12 mila tonnellate di pesche e nettarine, 2.500 tonnellate di susine e albicocche, 2.500 tonnellate di pere, 6 mila tonnellate di mele e 2 mila di kiwi. Tutti i prodotti che i soci della OP Minguzzi producono vengono esportati per il 70% prevalentemente in Europa, ma il kiwi ad esempio prende la via d'oltreoceano per oltre il 50% soprattutto Nord America e Paesi Arabi. Mele, pere e susine in misura minore e cioè per il 10% vengono esportate nel Nord e Sud America, in Nord Africa e Asia.

PROTAGONISTI

CHI sono

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AUGUSTO GIUSEPPE PIANESANI

Augusto Giuseppe Pianesani è nato a Vignola il 21 luglio 1939. Ha iniziato a lavorare alla fine degli anni Cinquanta allo stand di uno zio, grossista di ortofrutta al Mercato di Vignola. Affiancando lo zio nel lavoro, si rende conto molto presto di una necessità primaria della frutta commercializzata: un imballaggio che valorizzi il prodotto e gli permetta di raggiungere nelle migliori condizioni possibili il consumatore. In breve, si mise alacremente al lavoro per dare una risposta a questa necessità. Tra il 1961 e il 1962, mise su un magazzino di 200 metriquadri con una macchina che poteva produrre vaschette in polistirolo in grado di contenere un chilo di frutta. Fu, da subito, un successo superiore alle aspettative. Il giovane Pianesani fu così entusiasta che l’imballaggio per l’ortofrutta (e non solo) divenne lo scopo della sua vita. Non era che l’inizio, perché le macchine aumentarono di numero tanto che oggi il fondatore di ILIP non le conta più. Ognuna può produrre da 500 a 700 mila vaschette per l’ortofrutta al giorno, destinate in tutto il mondo, il corrispettivo di 25-30 camion di ortofrutta da 20 tonnellate l’uno. Nel 1962, anno di fondazione di ILIP, Pianesani non l’avrebbe potuto immaginare.

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PROTAGONISTI

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CHI sono Questo sviluppo ha una parola chiave: lavoro ma anche grande attenzione alla qualità e al cliente. A questo, negli ultimi anni, si è aggiunto un altro concetto-chiave: sostenibilità, materiali meno impattanti sull’ambiente, riciclo degli stessi. La materia prima lavorata da ILIP dal polistirolo è passata al polipropilene (il materiale inventato dal premio Nobel italiano Giulio Natta), a cui si è aggiunto successivamente il PET, trasparente e più facilmente riciclabile. Dal piccolo stabilimento di Vignola l’attività è passata gradualmente ai due stabilimenti di Bazzano, nel Bolognese, uno di 25 mila, l’altro di 45 mila metriquadri. Dal primo modello di vaschetta ILIP è passata, in rapida evoluzione, grazie anche alla creatività del suo fondatore, a tantissimi tipi di vaschette e alveoli, sia in polipropilene sia in PET a seconda della domanda. A 76 anni, va ancora in azienda tutti i giorni. E’ sposato dal 1970 e ha in figlio, Riccardo, laureato in Economia, che lo affianca nel lavoro da alcuni anni.

CHRISTIAN POHL

E' nato in un angolo magico della Val Venosta il 17 ottobre del 1951, è sposato dal 1976, ha tre figli maschi e una figlia. ll suo maso si chiama Pohlhof e si trova a Tarsch (Tarres in italiano), su un cono detritico del Monte Tramontana, in territorio di Laces. In passato il Pohlhof conteneva un allevamento e aveva una produzione di albicocche, le famose al-

profondimento, alla vigilia di un anno nuovo di sfide e di impegni, a pochi giorni dal cruciale appuntamento internazionale della Fruit Logistica di Berlino. La battuta ‘ci vediamo a Fruit Logistica’, che con semplicità esprime l’importanza di Berlino per gli imprenditori italiani che tanto spesso vanno fino a Berlino per parlare tra loro (e incontrare fornitori e clienti internazionali), oggi può essere in parte sostituita da ‘ci vediamo ai Protagonisti’, a Matera e l’anno prossimo a Taormina e l’anno dopo ancora in qualche altra location italiana tra le più suggestive e legate a quello straordinario patrimonio di risorse e di imprenditorialità che è l’ortofrutta italiana. Quindi Matera non so-

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bicocche venostane, oggi vi si coltivano esclusivamente mele biologiche. Christian lavora con la moglie Annelies e con uno dei quattro figli, il terzogenito Tobias. Sui campi del maso dei Pohl maturano le mele Golden Delicious, Pinova, Red Delicious e Gala, alle quali in un prossimo futuro si aggiungeranno altre varietà rosse. Christian è stato il primo agricoltore di Tarres a convertire la produzione al biologico, a partire dal 1997. Ha frequentato la scuola professionale per la frutticoltura di Laimburg. Le sostanze sintetiche non gli sono mai piaciute mentre non ha mai disdegnato la presenza di erbacce nei suoi campi. “Dobbiamo trattare bene i nostri terreni - dice - per rispetto delle generazioni future”. I suoi frutteti sono molto particolari, disseminati di sculture da lui realizzate in materiali naturali e di recupero, molte delle quali assolutamente suggestive. Una sorta di antenna provvede “a una migliore ricezione del bene dall’alto” e sul suo "albero ancestrale" ha collocato una corona. Definisce le sue mele “raggi di luna piena” perché traggono energia extra dal fatto di essere raccolte nelle notti di luna piena oppure “figlie della musica” perché cresciute ascoltando Bach, Mozart e valzer viennesi. E’ un personaggio assolutamente singolare, autentico, ospitale: un testimonial della nuova agricoltura che recupera un rapporto armonico con la natura per il bene di tutti. Non a caso Bio Val Venosta - forte di 130 produttori, ai primi posti in Italia e in Europa nelle mele biologiche - ne ha fatto un ambasciatore della produzione biologica della vallata.

lo come contributo celebrativo ma come momento aggregante alla vigilia di Berlino. Nel 2015 ancora una volta la scelta dei Protagonisti - tesa più che in passato a scoprire e valorizzare alcune eccellenza del Sud ma anche alcune grandi tendenze come il biologico - è stata affascinante e, alla vigilia di Matera, come non mai è stata combattuta e avvincente la scelta tra loro del protagonista tra i protagonisti al quale la notte del 22 gennaio viene attribuito il premio Ortofrutta d’Italia - L’Oscar della frutta 2016. Tra gli 11 protagonisti che ricordiamo sono Nello Alba (Oranfrizer, Sicilia), Domenico Basile (Napitina, Calabria), Pietro Calabrese (Colledoro, Sicilia), Giulia-

no Canella (Supermercati Alì, Veneto), Bruno Francescon (OP Francescon, Lombardia), Tom Fusato (Brio, Veneto), Nicola Giuliano (Giuliano Srl, Puglia), Franco Mattozzi (Funghidea, Lazio), Giancarlo Minguzzi (Minguzzi SpA, Emilia Romagna), Augusto Giuseppe Pianesani (IlpaIlip, Emilia Romagna) e Christian Pohl (Bio Valvenosta, Alto Adige) la giuria ha fatto alcune nomination che sono state in piedi fino all’ultimo. Per chi conosce il settore e i suoi personaggi non sarà difficile capire quanto imbarazzante e difficile sia stato lasciare fuori prima dalla terna e poi dal premio imprenditori di primissimo piano a livello nazionale e personaggi magari un po’ minori Gennaio 2016


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L’ALBO D’ORO Protagonisti 2012 Dino Abbascià Pietro Paolo Ciardiello Cesare Bellò Claudio Gamberini Renato Iseppi Giovanni Olivieri Aurelio Pannitteri Renzo Piraccini Marco Salvi Raffaella Orsero Andrea Segré

Protagonisti 2014 Monica Artosi Luca Battaglio Ettore Cagna Raffaella Di Donna Luciano Di Pastina Marco Eleuteri Luca Granata Ottavio Guala Stefano Soli Raffaele Spreafico Josef Wielander

Premio Ortofrutta d'Italia Oscar della Frutta 2013 Pietro Paolo Ciardiello

Premio Ortofrutta d'Italia Oscar della Frutta 2015 Il sistema delle mele del Trentino e dell’Alto Adige

PROTAGONISTI

ma che hanno dato un contributo significativo e innovativo nell’ambito della loro area di impegno. Accanto a ciò abbiamo sentita forte come non mai l’esigenza di dare al settore un momento di riflessione vera. Un impegno che non si esaurisce a Matera ma che nasce e parte da Matera. Parliamoci chiaro. Quando si affrontano i temi dell’Italia ortofrutticola e si vuole uscire dalla banalità o, peggio, dall’inganno, si devono innanzitutto affrontare i nodi del Sud perché è lì che si concentra il grosso della produzione ed è lì che l’Italia ha perso terreno, nei decenni passati, sui mercati internazionali ed europei in particolare a partire dalla Germania. E’ per le difficoltà del Sud che il nostro Paese pur producendo quanto e magari più della Spagna esporta tre volte di meno ed importa dalla stessa Spagna una valanga di prodotti mediterranei tipici del nostro Mezzogiorno sui quali il nostro Mezzogiorno non riesce a organizzare la produzione, la logistica, la distribuzione. Cambiare questa situazione, per noi, è la vera sfida. Andare a Berlino per il nostro Sud ha un significato ma avrebbe un significato maggiore e sarebbe decisamente più remunerativo se prima di andare a Berlino si mettessero in ordine le cose a casa propria. Questa è la sfida: dare concretezza a un modello di sviluppo che porti il Mezzogiorno a diventare la California dell’Italia e magari dell’Europa. Alcuni imprenditori del Sud sono già e da tempo su questa strada, come il primo dei vincitori dell’Oscar della Frutta, Pietro Paolo Ciardiello, come Giuseppe Calcagni, che come Ciardiello sarà a Matera e segue dall’inizio con attenzione questa nostra iniziativa, come tanti imprenditori di prim’ordine in lizza negli anni passati e quest'anno. Noi li premiamo per creare spirito di emulazione. E da quest’anno vorremmo offrire loro strumenti di valutazione precisi e seri con il progetto ‘L’Italia riparte dal Sud’.

Protagonisti 2013 Protagonisti 2015 Angelo Benedetti Pino Calcagni Gerhard Dichgans Luigi Mazzoni Luigi Mion Francesca Nadalini Francesco Nicodemo Michelangelo Rivoira Luciano Torreggiani Nicola Zanotelli Premio Ortofrutta d'Italia Oscar della Frutta 2014 Angelo Benedetti

Nello Alba Domenico Basile Pietro Calabrese Giuliano Canella Bruno Francescon Tom Fusato Nicola Giuliano Franco Mattozzi Giancarlo Minguzzi Augusto Giuseppe Pianesani Christian Pohl

I partners e gli sponsor L’edizione 2016 dei Protagonisti ha come partner strategici il CSO di Ferrara, storico partner dell’evento, e l’Unione Nazionale Italia Ortofrutta di Roma, con la quale è stato avviato il progetto ‘L’ortofrutta riparte dal Sud’, e si avvale del sostegno dell’Associazione nazionale degli

esportatori ed importatori FruitImprese. Partner territoriale è Asso Fruit Italia di Scanzano Ionico. Sponsor sono le aziende Sermac (tecnologie) e Ilip (imballaggi), la società di certificazione CSQA e Ipack Ima del gruppo Fiera Milano con il marchio Fruit Innovation Tuttofood.

Un particolare grazie, da parte della direzione e della redazione del Corriere Ortofrutticolo, per il contributo dato all'organizzazione dell’evento di Matera e alla riflessione che l’ha preceduto, andrebbe a molte persone ma vo-

gliamo qui ricordare almeno Vincenzo Falconi, direttore di Italia Ortofrutta, e il partner territoriale Asso Fruit Italia. Senza l’impegno di quest’ultimo ritrovarci a Matera non sarebbe stato possibile.

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Basilicata prima regione produttiva per le fragole Ad appena due anni dalla costituzione, il Club Candonga® può parlare di traguardi raggiunti: nel 2016 per la prima volta nella storia della fragolicoltura italiana la Basilicata si attesta al primo posto per produzione di fragole in Italia togliendo il primato alla Campania e al Veneto. Protagonista di questa escalation è proprio la Candonga Fragola Top Quality® che rappresenta oggi il 50% della produzione lucana della pregiata cultivar Sabrosa che a sua volta occupa il 90% degli 850 ettari totali adibiti alla produzione di fragole. (Dati ricavati dalle stime dei vivaisti autorizzati dalla Planasa s.a. alla riproduzione della cultivar Sabrosa). Introdotta in Italia circa dieci anni fa dalla Planasa s.a. che ne detiene il brevetto, Sabrosa è una cultivar che “esprime il meglio di sé proprio nella piana del Metapontino in Basilicata grazie alla combinazione vincente fra le eccellenti condizioni pedoclimatiche e il know how di spessore detenuto dai fragolicoltori di quest’area”, sostiene Carmela Suriano, Ceo del Club Candonga®. Il Club ha rappresentato la vera spinta propulsiva di questo fenomeno con una politica della qualità e del rapporto corretto con gli stakeholder che ha generato un duplice risultato: da una parte la certezza del consumatore di acquistare un prodotto etico e di qualità, dell’originalità della varietà e della provenienza e, dall’altra, maggiori

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benefici per i produttori soci del Club in termini di reddito e di nuovi e più qualificati mercati. “All’impegno del Club Candonga® di puntare a sistemi di produzione sostenibili, rispettosi del territorio, attenti alla qualità del lavoro e all’occupazione”, afferma Carmela Suriano, “abbiamo affiancato importanti operazioni di marketing e comunicazione volte a promuovere un’efficace identità di marca. Un modo di operare imprescindibile per valorizzare al meglio Candonga Fragola Top Quality® non solo come gustoso prodotto del Made in Italy ma anche in termini di design e innovazione. Solo così è stato possibile avviare un processo irreversibile che ha rivoluzionato il settore e ha dato la possibilità alla Candonga Fragola Top Quality® di distinguersi finalmente da tutte le altre fragole”. “Ci impegneremo con forza per i prossimi anni - conclude Suriano a mantenere ed accrescere gli importanti primati lucani raggiunti finora”.

Distretto Agrumi di Sicilia: Patto di Sviluppo per crescere Verso un nuovo Patto di Sviluppo per l’agrumicoltura e riconoscimento del Distretto Agrumi di Sicilia da parte della Regione Siciliana. Sono gli obiettivi a breve e medio termine fissati dal Distretto Agrumi di Sicilia durante l'assemblea dei sottoscrittori. Un importante momento di confronto tra le imprese e gli enti della filiera sul percorso intrapreso e sulle prospettive future. Al termine della relazione della presidente, Federica Argentati - alla quale è stata rinnovata all'unanimità la fiducia per l'impegno e i risultati raggiunti dal comparto in campo nazionale e internazionale e chiesto di proseguire in questo importante lavoro di accompagnamento della filiera agrumicola siciliana - sono state evidenziate le cri-

ticità: alcune legate a fattori esterni (scarsa azione dell'amministrazione regionale) altre riconducibili agli stessi sottoscrittori, che non sempre hanno maturato la consapevolezza della necessità di fare sistema con azioni concrete. "E' necessaria – ha detto la Argentati, agronomo ed esperto in cooperazione e programmazione territoriale – per poter andare avanti una ancora maggiore presa di coscienza delle imprese e degli enti che vogliono continuare questo percorso che, per essere davvero efficace, necessita anche di una organizzazione più adeguata. Non sarà più sufficiente sottoscrivere un Patto delegandone la realizzazione a pochi. Comincia adesso un lavoro strategico sul territorio che porterà a un'ulteriore assemblea finalizzata all'approvazione del Patto di Sviluppo distrettuale al quale devono direttamente collaborare le imprese e le loro rappresentanze. Un patto in cui la base dovrà esprimere i principali obiettivi da raggiungere nel prossimo triennio e le rinnovate ed assolutamente necessarie modalità operative, fra cui una maggiore sinergia con altri strumenti di riferimento del comparto". Tra gli obiettivi indicati figurano: maggiore rappresentatività con istituzioni e mercato; interventi per il virus Tristeza; la riduzione dei costi di filiera, inammissibili nella competizione globale; innovazione di prodotto, di processo e di sistema attraverso programmi di ricerca condivisi; sostegno agli accordi di filiera su fresco e trasformato; iniziative per internazionalizzazione e valorizzazione delle produzioni agrumicole di qualità e bio che rispettano ambiente e consumatore. Erano presenti all’assemblea, che si è svolta poco prima di Natale: Consorzio Arancia Ribera DOP, Arancia Rossa di Sicilia IGP, Tardivo di Ciaculli, Associazione Limone dell'Etna, OP Agrinova Bio, OP Bella Rossa, OP Rossa di Sicilia, OP Agrisicilia, OP Rosaria, Coop La Normanna, Coop La Deliziosa, Coop Calabretta, A&Co, Az Agr. Di Bella, Az. Agr. Mangano, Az. Agr. Russo, www.corriereortofrutticolo.it

NOTIZIARIO

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NOTIZIARIO

Pannitteri, Oranfrizer, DiFruit. S.r.l., Ortogel, Cia Sicilia, FruitImprese, l'Associazione Gusto di Campagna, Gal Kalat, Agenzia per il Mediterraneo, CREA, Agri-Cultura e Turismo sas, Comune di Francofonte ed alcune figure tecniche.

Arancia Rossa di Sicilia IGP: sono iniziate le vendite Con il nuovo anno sono partite le vendite dell'Arancia Rossa di Sicilia IGP. Ha preso il via la campagna di commercializzazione del frutto pigmentato come stabilito dal consiglio di amministrazione del Consorzio di Tutela nel corso della riunione del 14 dicembre scorso. Il Moro è stato messo in vendita dal 4 gennaio, mentre il Tarocco lo è stato dal giorno 10. Per il Sanguinello invece l’inizio della campagna è previsto tra fine gennaio e inizi febbraio. La decisione del consiglio di amministrazione segue il criterio di maturazione del frutto così come prevede il disciplinare di produzione.

La patata del Fucino ha ottenuto il marchio IGP La patata del Fucino ha ottenuto il marchio IGP (Indicazione geografica protetta). Dopo tre anni di lavoro è arrivato il riconoscimento europeo che premia le peculiarità del prodotto. Oltre un milione e mezzo di quintali di patate ogni anno vengono raccolte nella piana dell’ex lago e distribuite in tutta Italia. Dal 2012, Mario Nucci, referente per il Ministero, e Battista Bianchi, agronomo, hanno lavorato intensamente per portare la patata del Fucino

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in Europa. "Abbiamo avuto il riconoscimento su tutte le varietà di patate.", ha commentato Nucci, referente per il ministero delle Politiche agricole. “Le patate del Fucino hanno delle caratteristiche particolari che le rendono uniche. Per questo è stato riconosciuto il marchio IGP. Sicuramente ci saranno delle ripercussioni sul mercato e i soci dell’Associazione marsicana produttori di patate potranno inoltre usufruire dei nuovi finanziamenti per il PSR. Ora è importante unirsi e fare squadra. I battitori liberi non andranno da nessuna parte". Soddisfatti il presidente dell’Associazione marsicana produttori patate, Rodolfo Di Pasquale, e il direttore, Sante Del Corvo, che il 6 gennaio hanno saputo della registrazione della IGP Patata del Fucino sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea. "Si tratta di un importante riconoscimento - ha sottolineato l’assessore regionale alle Politiche agricole, Dino Pepe - strategico per l’economia agricola fucense e più in generale per l’intero territorio regionale. L’Indicazione geografica protetta indica quei prodotti agricoli e alimentari per i quali una determinata qualità, la reputazione o un’altra caratteristica dipende dall’origine e la cui produzione, trasformazione e elaborazione, avviene in un’area geografica determinata, nel caso specifico il Fucino che con i suoi 13.500 ettari contribuisce a generare oltre il 30 per cento del Pil agricolo regionale".

Rapporto inglese denuncia: nel Sud lavoro nero nel pomodoro Il 18 dicembre, in occasione della Giornata dei migranti, l’Ethical Trading Initiative (ETI) - un’al-

leanza britannica formata da imprese, sindacati e ONG, impegnata per il rispetto dei diritti dei lavoratori nel mondo - ha invitato i rivenditori inglesi di generi alimentari a controllare la filiera produttiva. La raccomandazione è contenuta in un rapporto che denuncia il massiccio sfruttamento degli immigrati nell’industria del pomodoro nelle regioni meridionali d’Italia e alcune infiltrazioni di tipo malavitoso. I pomodori italiani rappresentano il 60% del prodotto venduto in Gran Bretagna (il 16% circa delle nostre esportazioni) e l’ETI sottolinea come più del 25% dei beni confiscati alla malavita organizzata siano aziende agricole e imprese legate al settore agroalimentare. L’ETI afferma che le aziende italiane trasformatrici di pomodori devono controllare con maggiore attenzione la filiera di approvvigionamento. Secondo l’associazione il governo dovrebbe colmare alcune lacune legislative, i caporali che gestiscono il lavoro nero dovrebbero essere perseguiti ed è necessario intensificare le ispezioni e verificare il rispetto dei contratti collettivi di lavoro. Secondo i dati Istat, nel 2014 i lavoratori stranieri nell’agricoltura italiana erano 116 mila. Secondo il rapporto, nell’agricoltura italiana la forza lavoro irregolare è cresciuta negli ultimi anni, sino a raggiungere un terzo del totale, e le previsioni indicano un ulteriore aumento delle irregolarità. Per l’Istat, nel 2014 i lavoratori stranieri erano 116 mila, pari al 16% del totale. Il rapporto dell’ETI osserva che le stime non comprendono gli immigrati irregolari e questa è una realtà importantissima tanto che l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione indica come cifra realistica quasi mezzo milione di persone, tra immigrati regolari e irregolari. L’ETI invita i rivenditori britannici, e in generale quelli europei, ad agire per modificare i comportamenti scorretti. La denuncia va presa con le pinze, ma nello stesso tempo deve fare riflettere. Gennaio 2016


Caso SFT: chiusa la OP Consorzio Valli Trentine Dopo appena due anni di vita, l’organizzazione di produttori Consorzio Valli Trentine non esiste più. La ha stabilito la Giunta della Provincia di Trento che ha revocato il riconoscimento all’OP trentina. La decisione è legata a filo diretto con le indagini della Guardia di Finanza sull’attività della cooperativa SFT di Aldeno, socia del Consorzio. Dai verbali della Fiamme Gialle risulta che numerosi soci della SFT, qualificati come conferitori, in realtà erano veri e propri fornitori, e che tali approvvigionamenti di frutta avevano permesso alla cooperativa di aumentare il proprio volume della produzione commercializzata con l’obiettivo di percepire maggiori contributi comunitari. Secondo le

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indagini, il volume della produzione commercializzata, aumentato con la frutta acquisita dalla cooperativa SFT dai soci fittizi, ha consentito al Consorzio Valli Trentine di ottenere il riconoscimento, in Provincia di Trento, di Organizzazione di Produttori superando la soglia minima di volume della produzione commercializzata per essere riconosciuta come OP, fissata a 20 milioni di euro. Secondo la Giunta provinciale di Trento, le controdeduzioni degli avvocati che seguono il Consorzio Valli Trentine sono state “insufficienti a chiarire sia le risultanze dell’attività tecnica di intercettazione, sia la documentazione acquisita in sede di indagine dalla Guardia di Finanza, la quale evidenzia che parte del prodotto ortofrutticolo veniva venduto, e non conferito, tramite mediatore commerciale alla Cooperativa SFT sca”. Per questo, secondo la Provincia trentina, “la ri-

chiesta di archiviazione del procedimento di revoca avviato non può essere accettata, in quanto non sufficiente a dimostrare la corretta applicazione della normativa comunitaria del settore OCM (Organizzazione Comune di Mercato)”. Quindi revoca della OP e annullamento anche dei piani operativi 2014-2015. L’OP guidata dal presidente Mauro Coser e dal direttore Armando Pao-

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li, era nata nel novembre del 2013 quando la cooperativa SFT si era separata dal consorzio La Trentina, formando il cosiddetto “terzo polo” delle mele trentine, dopo Melinda e appunto La Trentina. L’inchiesta giudiziaria della Guardia di Finanza ha portato quindi alla richiesta di rinvio a giudizio di Paoli, dimessosi successivamente dall’incarico,

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L’Italia investe (finalmente) nel biotech, ma in quello ‘buono’ di Lorenzo Frassoldati L’Italia investe (finalmente) nelle biotecnologie ‘buone’, cioè no-Ogm. L’annuncio dello stanziamento in Legge di stabilità da parte del Ministero di 21 milioni di euro (nel triennio) per il finanziamento del miglioramento genetico attraverso biotecnologie sostenibili, affidato in gestione al Crea (leggi news), è davvero una svolta per tutta l’agricoltura italiana e in particolare per l’ortofrutta. “Anche in Europa va condotta una discussione definitiva perché queste biotecnologie vengano pienamente riconosciute, anche sotto il profilo giuridico, diversamente dagli Ogm transgenici”, dice il ministro Martina. Il riferimento è alle tecniche di cisgenesi e di genoma editing che non essendo realizzati con “inserimenti” estranei a quelli propri della specie, sono del tutto simili a prodotti ottenuti per incrocio tradizionale. Ancora Martina: “Il miglioramento genetico vegetale rappresenta uno dei settori attraverso il quale è possibile aumentare competitività, efficienza produttiva e sostenibilità del sistema agricolo, favorendo l’adattamento ai cambiamenti climatici, e contribuendo alla qualità delle produzioni, potenziando proprietà e di Coser, che a quanto si apprende dalla stampa locale, dovrebbe lasciare la guida di SFT il prossimo marzo dopo l’annuncio delle dimissioni il novembre scorso.

Tra Ravenna e Bologna debutta il Fast Corridor Ha preso il via il primo corridoio controllato doganale stradale, un 'Fast Corridor' da Ravenna a Bolo-

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salutistiche e nutraceutiche, e diminuendo la necessità di ricorrere all’uso dei fitofarmaci”. Le colture più coinvolte sono: vite, olivo, pomodoro, pesco, albicocco, agrumi, frumento, melanzana, melo, ciliegio, pioppo. Il pioniere della ricerca cisgenetica in Italia è stato il prof. Silviero Sansavini, oggi professore emerito dell’Università di Bologna e per 30 anni direttore del Dipartimento Colture arboree dello stesso Ateneo. Negli anni 90 Sansavini, primo al mondo, trasferì i geni di una mela selvatica che non si ammalava di ticchiolatura nel genoma di una mela Gala rendendola resistente alla ticchiolatura. “Gli Ogm sono ormai obsoleti e superati anche per noi che vi abbiamo operato. Tutto ora lascia sperare che l'Italia riprenderà la corsa al futuro, da cui finora siamo stati esclusi e cacciati per quindici anni- dice Sansavini -. Spero che i 21 milioni stanziati dal ministero possano servire per un unico, grande progetto nazionale”. Ci sono tutte le premesse perché possa ripartire in Italia la ricerca biotech con un know-how tutto italiano, dopo un blocco che dura dai primi anni Duemila. Una svolta importante per la competitività (e la sostenibilità, per usare un termine oggi fin troppo abusato) dell’intero comparto ortofrutticolo nazionale. gna per semplificare le procedure e velocizzare il trasferimento delle merci dal porto di Ravenna all'Interporto di Bologna. "Dopo circa un anno di lavoro - ricorda il presidente dell'Autorità Portuale di Ravenna, Galliano Di Marco - è stata avviata la sperimentazione per le merci su gomma (ma si spera presto di poter far viaggiare lungo questo corridoio anche quelle su ferrovia) e dal 29 dicembre scorso il Fast Corridor a Ravenna è realtà". L'avvio del corridoio fa parte del progetto 'Port of Ravenna Fast Corridor' co-finanziato al 50% dalla

Commissione Europea e inserito nel programma Ten-T per sostenere il potenziamento delle infrastrutture di trasporto europee. Oltre a velocizzare procedure e operazioni, il corridoio mira a garantire anche, attraverso la completa tracciabilità delle merci, l’aumento dei livelli di sicurezza.

Gruppo VéGé più grande: tornano Arena e Multicedi Il Gruppo VéGé ha inaugurato il 2016 nel segno della crescita, ufficializzando l’accordo di collaborazione con due realtà fiore all’occhiello del retail italiano: F.lli Arena in Sicilia e Multicedi in Campania, che vanno a rafforzare ulteriormente il presidio territoriale del Gruppo nel Centro-Sud. Il Gruppo Arena, fondato nel 1976 dai fratelli Gioachino e Cristofero Arena, è un’impresa commerciale all’avanguardia, presente sia in Sicilia sia in Calabria con oltre 100 punti vendita e più di 1100 collaboratori e si appresta quindi nel 2016 a festeggiare i 40 anni di storia. Una delle realtà più dinamiche e di maggior spicco della distribuzione siciliana, dove è leader nelle province di Enna, Caltanisetta e Catania, e in forte crescita anche in Calabria, il Gruppo Arena ha una previsione di fatturato 2016 di oltre 440 milioni di euro, con ulteriori ambiziosi e importanti piani di sviluppo attraverso sia aperture di pdv diretti sia attraverso lo sviluppo in franchising. La seconda nuova impresa che ritorna in VéGé è la campana Multicedi Srl, azienda nata nel 1993 a Pastorano (CE) per iniziativa di un gruppo di imprenditori campani e oggi realtà di punta della distribuzione organizzata in Sud Italia e principalmente in Campania, dove detiene una quota di mercato che supera il 14%. Multicedi Srl dispone di una rete di oltre 420 punti vendita tra Cash & Carry, ipermerGennaio 2016


cati, supermercati e negozi specializzati e, con una superficie commerciale complessiva di 150 mila mq, garantendo l’occupazione a più di 6.000 dipendenti, ha chiuso il 2015 con un fatturato di oltre 760 milioni di euro. Per la propria espansione e per costruire una realtà sempre più forte, l'azienda campana ha da sempre puntato sul networking, sulla valorizzazione delle peculiarità locali e sulla collaborazione, valori che l’hanno portata a espandere le proprie attività anche nelle regioni vicine al territorio campano come Lazio, Puglia, Abruzzo, Molise e Basilicata. Dal 2014, inoltre, Multicedi ha avviato una partnership proprio con F.lli Arena riguardante lo sviluppo congiunto del brand Decò. “Multicedi e Arena in Gruppo VéGé, partecipando al Piano Promozionale Nazionale con l’apporto di oltre 500 punti di vendita al dettaglio, faranno diventare il gruppo milanese il più grande network italiano nelle attività di convenience, con complessivamente 1450 punti di vendita coinvolti”, commenta Giorgio Santambrogio, amministratore delegato di Gruppo VéGé, che è il primo gruppo della grande distribuzione nato in Italia nel 1959, riunisce 31 imprese, accomunate da una strategia coerente con il modello dell'impresa familiare e il solido presidio dei bacini territoriali in cui ciascuna impresa opera. Con oltre 2.400 punti di vendita (ipermercati, superstore, supermercati, superette, discount, specializzati e cash & carry) dislocati in modo capillare su tutto il territorio nazionale, Gruppo VéGé si configura come uno dei più importanti network di vendita del nostro Paese.

Unicredit e Coface partner di Macfrut sull'estero Macfrut si vuole affermare sempre più vetrina internazionale dell’ortofrutta. Sette i padiglioni (uno in più Gennaio 2016

dello scorso anno) di Rimini Fiera che ospiteranno dal 14 al 16 settembre 2016 la kermesse, che anche in questa edizione potrà contare su due partner di caratura internazionale a conferma del prestigio dell’appuntamento. Si tratta del gruppo bancario UniCredit, main sponsor e business partner, e Coface, uno dei leader mondiali nell’assicurazione dei crediti. Entrambi affiancheranno Macfrut in tutte le sue iniziative, in particolare quelle rivolte ai mercati internazionali che qualificano l’evento promosso da Cesena Fiera. Il focus internazionale prevede 4 appuntamenti con il coinvolgimento diretto degli espositori, il primo dei quali nella metà di marzo in Messico, all’inizio di aprile in Polonia, nella metà dello stesso mese in Perù, sino ad arrivare al grande appuntamento di inizio maggio al Cairo con Mac Fruit Attraction insieme alla Fiera di Madrid. Non solo: sono previste anche una decina di presentazioni di Macfrut in altrettanti contesti internazionali con tre aree al centro dell’attenzione: Europa dell’Est, Mediterraneo e Centro e Sud America. “Malgrado l’edizione del 2015 sia stata la migliore della sua storia, quest’anno vogliamo incrementare espositori e presenze soprattutto a livello internazionale - spiega Renzo Piraccini (nella foto), presidente di Cesena Fiera -. La nostra attenzione è rivolta verso i Paesi produttori emergenti e i nuovi mercati di consumo, con tre aree di riferimento come l’Europa dell’Est, il bacino del Mediterraneo e il Sud America. Macfrut vuole essere volano per le imprese che fanno di innovazione e internazionalizzazione i loro punti focali”.

Zanelli nuovo direttore commerciale di Apofruit

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Mirco Zanelli (nella foto a sinistra insieme al dg Bastoni), 40 anni, di Cesena, figlio di produttori storici associati ad Apofruit e profondo conoscitore dei vari livelli produttivi e commerciali dell’azienda all’interno della quale ha svolto la sua composita esperienza professionale, è il nuovo direttore commerciale di Apofruit Italia. Zanelli è stato responsabile di diversi stabilimenti del Gruppo in Emilia-Romagna, Sicilia, Puglia,

dal 2013 anche responsabile acquisti dei materiali di confezionamento e da novembre 2014 responsabile vendite di Apofruit . “Ringrazio la presidenza e la direzione del Gruppo - ha detto subito dopo la nomina - per la responsabilità che mi è stata data e per la fiducia accordatami. Gli obiettivi nei quali mi sento immediatamente impegnato saranno innanzitutto la prosecuzione della strada segnata dai miei predecessori”. “La scelta di Mirco Zanelli per un ruolo così nevralgico come la direzione commerciale del Gruppo - commenta il direttore generale Ilenio Bastoni non è disgiunta dalla sua profonda conoscenza della nostra azienda. Peraltro, da oltre un anno, Zanelli si è occupato del coordinamento dell’ufficio commerciale in modo pressoché esclusivo. Anche la sua competenza in ordine alle strutture di Apofruit e alla sua profonda conoscenza del prodotto sono elementi di garanzia della qualità del suo impegno. Sono certo che il suo lavoro sarà proficuo”. www.corriereortofrutticolo.it

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Italia Ortofrutta - Unione Nazionale è riconosciuta dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Associa oltre 120 Organizzazioni di Produttori ortofrutticoli. Rappresenta uno strumento essenziale per la promozione dei processi di aggregazione, ponendosi in una logica di sistema a sostegno delle OP aderenti per contribuire con il proprio operato al rilancio ed alla crescita dell’intero comparto ortofrutticolo nazionale.

L’UNIONE CHE FA LA FORZA

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e

ROMAGNOLI. Un percorso di crescita partito dalla tradizione

PROTAGONISTI

si e OP cita

L’innovazione nelle patate Lorenzo Frassoldati Le patate come tradizione di famiglia. Poi come business, infine come passione, coraggio di innovare, di cambiare l’immagine, il ‘vissuto’ di uno dei prodotti più consumati dagli italiani. Per ridare valore a tutta la filiera, dal campo al supermercato, valorizzare territori e antiche varietà, soddisfare nuovi bisogni, individuare nuove funzioni d’uso anche in versione gourmet, in collaborazione con chef famosi. Insomma rilanciare la vecchia, cara patata, tentando un upgrade da generica commodity a speciality. Per remunerare di più il produttore, oggi troppo esposto alla volatilità del mercato e dei prezzi, ma anche per fare territorio, qualità, ambiente, sicurezza alimentare, in una parola made in Italy. Perché l’ortofrutta è una grande risorsa strategica del Belpaese, ma… “Ma – risponde Giulio Romagnoli, amministratore delegato di Ro-

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Giulio, 48 anni, da oltre venti guida con successo la Romagnoli F.lli Spa, affiancato dalla sorella e dalla madre. L’azienda è stata fondata dal nonno Angelo

Giulio Romagnoli, un impegno imprenditoriale coraggioso per un prodotto tra i più consumati in Italia

magnoli F.lli Spa – serve più coraggio di investire, di innovare e, abbandonando le demagogie che vanno di gran moda, di mettere in sinergia tutte quelle competenze che, al di là di logiche politiche o speculative, ci stanno eroicamente ancora credendo. Restituiamo, attraverso la conoscenza e la divulgazione al consumatore (che preferisco chiamare cittadino), la facoltà di scegliere per un futuro migliore. Il settore ortofrutticolo è una straordinaria ricchezza del nostro Paese, non solo in termini alimentari e di tutela ambientale, ma in chiave occupazionale e sociale: unica fonte di sostentamento in molte aree del Paese per una Italia che guarda con preoccupazione al costante aumento della disoccupazione giovanile e, anco-

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PROTAGONISTI

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CHI è

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GIULIO ROMAGNOLI

48 anni, da oltre 20 guida con successo assieme alla sorella gemella Grazia e alla mamma Rosanna l’impresa di famiglia fondata nel 1928 dal nonno Angelo Natale (primo ad introdurre la coltivazione di sementi di patata certificate nell’Appennino bolognese). La grande passione per questa attività e per il settore agricolo lo portano fin da adolescente a frequentare l’azienda e il mondo agricolo in ogni momento libero. Al termine degli studi superiori e del servizio militare le idee sono chiarissime: studi in Giurisprudenza di notte e patate di giorno. Nel 1988, appena ventenne, l’ingresso ufficiale in azienda (all’epoca guidata da Giorgio Zocca sin dalla morte del padre Giuseppe prematuramente scomparso nel 1971) dove svolge una vera “gavetta” passando dal facchinaggio alla direzione nel 1994, dopo aver sperimentato tutte le funzioni. Nonostante i crescenti impegni ancora oggi la sua soddisfazione più grande è scavare patate personalmente e a mani nude per verificarne le caratteristiche e seguire personalmente tutte le attività di ricerca. Oltre al ruolo di amministratore delegato dell’impresa di famiglia, Giulio Romagnoli ricopre cariche in diverse Società, Consorzi e Associazioni di categoria tra cui Fruitimprese nel cui ambito è coordinatore del settore patate e di Europatat di cui, dopo alcuni mandati alla vicepresidenza, è presidente di commissione tecnica.

ra peggio, al tasso di inattività. È giusto quindi difendere e sostenere un comparto che, nelle forme organizzate, ha fatto grande la storia economica italiana nel passato e che può tornare a farlo in futuro se solo gli si consentisse lo sviluppo che merita…” Veniamo alle patate, il business aziendale di famiglia. Come si fa a trasformare un prodotto povero, in tempi passati addirittura sinonimo di carestia, in qualcosa di appetibile per il consumatore, per cui magari è disposto a spendere qualcosa di più? “Parlando di patate, come nel caso di molti altri prodotti ortofrutticoli, parliamo di un prodotto generalmente vissuto come una commodity indifferenziata. Questo è un problema culturale per il consumatore, spesso causato da una eccessiva banalizzazione dell’ortofrutta da parte dei responsabili acquisti: a livello di filiera, infatti, non si è riuscito a fare lo stesso ottimo lavoro realizzato in passato con le mele. Bisogna valorizzare il prodotto e le sue caratteristiche tipiche, a partire dal gusto, dalle varietà e dai territori dove è coltivato. Tutto questo deve

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essere comunicato al consumatore che deve arrivare a percepire il reale valore della filiera: la patata è uno dei prodotti più convenienti come prezzo, un chilo costa meno di un pacchetto di caramelle. Spesso nella forbice di 20 centesimi c’è la differenza tra la qualità migliore e la peggiore. E dentro questa marginalità si gioca il futuro della filiera: la possibilità di investire o il rischio di morire” Dopo il produttore singolo, c’è la filiera, poi la Gdo…parliamone. “La filiera deve fare più sistema, è chiaro. Ogni singolo attore deve collaborare con gli altri e porsi come obiettivo quello di dare valore al prodotto finale e assicurare il benessere e la sopravvivenza dell’intera filiera in ogni suo passaggio, senza pensare esclusivamente al proprio tornaconto. E quando dico ogni attore, intendo proprio tutti, dal produttore di sementi, all’agricoltore, dalla rete commerciale alla Gdo, che ha il difficilissimo compito di fare da tramite tra il mondo produttivo e il consumatore. Spetta a lei quindi la comunicazione del valore all’utente finale”.

E invece cosa succede? “La Gdo deve rendersi conto che il suo ruolo è fondamentale per tutta la filiera e quindi assumersi la responsabilità di farsi trascinatrice, intervenendo in maniera più consapevole e responsabile in ogni fase del processo, contribuendo al suo orientamento e al trasferimento di conoscenza al consumatore. Deve essere, insomma, un attore più attivo e non il semplice intermediario finale che impone prezzi e promozioni dall’alto senza investire in maggiore efficienza” Cosa chiedere alla Gdo? “Di ripensare al proprio rapporto con gli altri attori, studiando un nuovo modello di relazione più equilibrata che permetta di collaborare stabilmente con le filiere organizzate in un percorso che riporti al centro il valore, e non il prezzo delle produzioni agricole, e ne stabilizzi mercato. Cominciamo a riconoscere e a valorizzare le attività virtuose prima che vengano travolte dalla banalizzazione e dall’opportunismo commerciale. Dalle parole ai fatti!” Infine il consumatore… “E’ quello che decide, quello che paga, quello che non va preso in giro. E’ sempre più curioso e attento, modifica comportamenti e atteggiamenti con l’andare del tempo. È ovvio che un produttore, per rimanere in sintonia col mercato, deve saper interpretare e anticipare questi cambiamenti, investendo in innovazione, per garantire offerte sempre in linea con le aspettative dei cittadini e secondo gli standard più elevati: qualità, sicurezza alimentare e sostenibilità sia ambientale che sociale non possono più essere considerati opzionali”. La politica? “Può e deve fare di più. Confronto con la Gdo, protezione del valore, maggiore efficienza a tutti i livelli della filiera, parametri ben definiti per le importazioni che Gennaio 2016


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PROTAGONISTI

dovrebbero rispettare gli stessi valori obbligatori per i produttori italiani, sono tutti argomenti che il Governo dovrebbe affrontare e il cui rispetto dovrebbe pretendere. Al settore non servono misure di sussistenza ma organizzazione, competitività, regole chiare e uguali per tutti e, soprattutto, una politica agricola nazionale incisiva di cui si sente la mancanza da troppo tempo. E confronto aperto, con pari dignità, per tutti gli attori della filiera”.

Coltivazioni sperimentali di patate nei campi dell’azienda Romagnoli

CHI è ROMAGNOLI SPA

Azienda familiare dal 1928 con sede principale a Bologna, è una delle principali realtà nazionali nel settore ortofrutticolo. In particolare la Romagnoli è fortemente specializzata nel settore delle patate e delle cipolle dove, grazie alla sua organizzazione attiva su tutto il territorio nazionale, detiene un ruolo primario nella organizzazione della produzione, della lavorazione e commercializzazione di questi prodotti destinati in larghissima parte alle principali insegne della DO e GDO italiane ed estere. Grazie al profondo legame col mondo della produzione e col territorio, oltre che a una continua ed intensissima attività di ricerca e sviluppo, l’offerta delle patate e cipolle Romagnoli è tra le più complete e innovative oggi in Europa. La Romagnoli, che dispone di oltre 50 campi prova su tutto il territorio italiano, è anche il leader nazionale nelle attività di sperimentazione e ricerca varietale e nella distribuzione di patate da seme. Ad essa si deve l’introduzione delle principali varietà coltivate oggi in Italia. L’azienda è attiva con oltre cinquanta referenze disponibili anche nel settore delle patate trasformate di IV e V gamma e nel settore delle patate americane dove si è recentemente impegnata con successo nella valorizzazione della Patata americana di Anguillara Veneta DE.CO. La Romagnoli è tra i soci fondatori del Consorzio Patata Italiana di Qualità (Selenella) e del Consorzio Patata di Bologna DOP, siede tra i membri della Commissione di Borsa Patate ed è tra i promotori e firmatari dell’Accordo quadro della Regione Emilia Romagna. L’azienda ha recentemente inaugurato a Molinella un nuovo impianto di 12.000 m2 che si colloca al vertice degli standard europei e che, grazie alle soluzioni adottate, consente di produrre circa il 44% dell’energia consumata e di riutilizzare per oltre il 95% le acque di processo. L’estrema qualità del progetto, la assoluta garanzia circa la

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:- ) sicurezza dei prodotti lavorati e la loro completa tracciabilità assieme al completo controllo dei processi produttivi è valsa a Romagnoli la certificazione IFS a pieni voti (la più importante garanzia in ambito di produzione alimentare). Un riconoscimento tangibile, questo, che conferma la volontà di Romagnoli Fratelli SpA di basare la propria attività sul costante miglioramento dell’efficienza dell’intera filiera, in un’ottica di sicurezza alimentare e del lavoro, qualità e sostenibilità ambientale e sociale. Nel ciclo colturale, Romagnoli promuove e gestisce da tempo filiere controllate a basso impatto ambientale con appositi disciplinari. Da qui è nato l'accordo di collaborazione con Legambiente che con la campagna “Legambiente per l’Agricoltura Italiana di Qualità” (LAIQ) promuove le filiere agroalimentari che adottano metodi e pratiche produttive compatibili con l’ambiente. In seno a questa partnership è stato avviato il progetto “La Patata di Campo”, basato sulla sperimentazione in pieno campo dei sistemi di irrigazione a bassa pressione e alta efficienza. Oltre a rispettare i disciplinari di Lotta Integrata della Regione Emilia Romagna, sono stati ridotti di circa il 25% i consumi idrici necessari alla coltivazione, portando il fabbisogno da 4.000 a meno di 3.000 metri cubi, mantenendo allo stesso tempo inalterate la qualità organolettiche e migliorando la resa produttiva. Le tecnologie irrigue utilizzate, inoltre permettono di risparmiare l’80% dei consumi di gasolio. Questi e altri progetti, che si riverberano su tutta la gestione dell’intero processo produttivo, hanno convinto la Regione a conferire a Romagnoli Fratelli SpA una menzione speciale nell’ambito del Premio RSI 2015 per la Responsabilità Sociale d’Impresa nel settore Agroalimentare per lo sviluppo dell’eccellenza del processo, a ulteriore riconoscimento della sua attenzione verso la sostenibilità, il territorio e la qualità.

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Novità: il ministero dell’Agroalimentare

Il ministero delle Politiche Agricole cambia nome e diventa “ministero dell’Agroalimentare”. L’annuncio, a sorpresa, è stato dato il 13 gennaio direttamente dal presidente del Consiglio Matteo Renzi in occasione della presentazione sull'accordo da 6 miliardi di euro siglato tra governo e Intesa San Paolo per finanziare il settore agroalimentare. Nel dare la notizia il premier ha lanciato anche una sfida: "Prendiamo un impegno ambizioso: l'export nell'agroalimentare è a 36 miliardi, è il record per l'Italia ma - anche se il ministro Martina mi odierà - è ancora poco. Dobbiamo arrivare a 50 miliardi. Non è possibile che l'Italia con i numeri che ha non arrivi a quei livelli. Ci arriviamo, ci metteremo qualche anno ma ci arriviamo”. "Il messaggio simbolico - ha sottolineato Renzi - è che in Italia l'agricoltura e l'agroalimentare non sono il passato del Paese ma la pagina più bella che scriveremo. In questi anni abbiamo perduto la sfida della filiera del valore del prezzo, perché non è stato fatto abbastanza. Dobbiamo far tornare di moda tutto ciò che è agricoltura ed agroalimentare”. Un po’ uno spot, ma anche un orizzonte affascinante, secondo lo stile di un premier che è un forte comunicatore. Dietro, però, la sostanza ci può essere solo se tra agricoltura e

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trasformazione alimentare si faranno discorsi e accordi seri di filiera, perché è la filiera delle singole produzioni che costituisce l’aggancio tra due mondi che sono vicini ma nello stesso lontani e dove la parte economicamente debole, almeno fino ad oggi, è stata rappresentata proprio dall’agricoltura. Per l’ortofrutta la prospettiva è calzante, nel senso che va nella direzione di quella evoluzione di frutta e verdura che da prodotto agricolo diventano prodotto alimentare. Nel settore non sono mancate alcune reazioni, come quella del presidente di Fedagro Mercati Valentino Di Pisa: "Con questa decisione - ha detto - il Mipaaf diventa chiaramente il punto di riferimento di tutti gli attori della filiera agroalimentare, fatto che la nostra federazione aspettava da tempo. Anche il ruolo degli operatori grossisti si rafforza, diventando di fatto un anello obbligato per la filiera nel fornire un servizio per i produttori e nel rappresentare un’opportunità per i consumatori. Mi trovo inoltre pienamente d’accordo con l’obiettivo prefissato dal protocollo di intesa di generare processi di internazionalizzazione, di favorire il ricambio generazionale e di investire nella ricerca per valorizzare il prodotto made in Italy e l’operato delle nostre aziende".

Agricoltura più attrattiva per i giovani Un’interessante ricerca dal titolo "Il mondo dei giovani e l'agricoltura", che la società di ricerche SWG ha svolto per conto di Pink Lady® Europe (società che aggrega in Italia, nel comparto mele, importanti aziende di produzione), fa una radiografia del primario nel nostro Paese. Nel 2014 le aziende agricole italiane erano circa 1,5 milioni; occupavano quasi un milione di unità di lavoro. La produzione si è attestata sui 53 miliardi di euro, per un valore aggiunto di 29 miliardi di euro. È in forte aumento (+48,4%) il numero di aziende le multifunzionali, impegnate in attività connesse all’agricoltura. Forte l'interesse per il bio: nel triennio 2011/2013 la superficie biologica investita è passata dal 6,1% al 7,7% del totale di quella agricola utilizzata. In Italia, il 5% delle aziende agricole - rileva ancora la ricerca - è guidato da giovani imprenditori. Gli occupati under 35 in agricoltura sono aumentati del 9%. Crescono le iscrizioni alle facoltà di scienze agrarie, forestali e alimentari (+2,9% sul 2011/2012) e agli istituti tecnici in agraria, agroalimentare e agroindustria (+25% nell'ultimo triennio). L'agricoltore di domani è prevalentemente di sesso maschile, proveniente dalle grandi città e con una prevalenza del Centro-Sud e Isole rispetto al Nord; dalla scolarità elevata; vive in coppia senza figli. In merito alla fascia d'età, quella dei 25-30enni prevale su quella dei 19-24enni. L'indagine è stata condotta nella prima metà di novembre 2015 mediante interviste.

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New Factor: frutta secca è boom

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Agrumicoltura italiana in recupero Chiara Brandi

Da cenerentola del settore ad autentica rivelazione. Per Alessandro Annibali (nella foto), presidente di New Factor di Rimini, il comparto della frutta secca, "pur valendo ancora relativamente poco - 550 milioni di fatturato circa – ha fatto centro". "Abbiamo acquisito una nostra identità precisa. La frutta secca ormai non è più considerata solo come prodotto natalizio ma adatto in ogni periodo dell’anno. Grazie ad una comunicazione efficace è finalmente passato un concetto: cioè che la frutta secca fa bene. Sono prodotti salutistici. E anche questa immagine positiva ha permesso di far crescere il settore”. Analizzando l’andamento del comparto nel 2015, Annibali spiega che, se da una parte referenze come le noci abbiamo visto un rallentamento delle vendite - quasi fisiologico dopo crescite a doppia cifra nelle ultime stagioni - altre, come la frutta disidratata, siano in netto aumento. “Il canale è cresciuto anche per la sua varietà di utilizzo. Per esempio come completamento di condimento delle insalate (dal goji ai berries, oltre a semi di girasole etc) che hanno contribuito ad innalzare i consumi”. Ma non solo. Per esempio se nel Nord Europa nelle colazioni degli hotel da molti anni ormai è abitudine trovare frutta secca, “in Italia il fenomeno è nuovo ma si sta diffondendo con numeri interessanti. Insomma si stanno creando nuove occasioni di consumo”, sottolinea Annibali.

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Nella prima decade di gennaio sono stati resi noti i dati USDA (il Dipartimento governativo statunitense per l'agricoltura), elaborati verso la metà di dicembre, circa l’andamento della stagione agrumicola italiana. Dal report emerge una previsione positiva dell’evolversi dell’anno commerciale in corso (novembre 2015-ottobre 2016) sia in termini di produzione sia di collocamento sul mercato. “L'introduzione di nuove varietà oltre a portinnesti di grande qualità e resistenti al virus della Tristeza - si legge nel rapporto - ha permesso all'Italia di estendere il proprio calendario di produzione. Nella stagione 2014/15 la produzione italiana di arance era scesa del 24,4% rispetto al 2013/14 a causa della mancanza di piogge e del Citrus Tristeza Virus (CTV) che aveva compromesso circa 32 mila ettari di aranceti nelle province di Catania e Siracusa. Per l'anno in corso, invece, la situazione dovrebbe decisamente migliorare”. Ottima annata anche in termini di qualità, grazie ad una produzione definita “eccellente”. Tra le principali varietà coltivate vengono ricordate Tarocco, Moro, Sanguinello, Navelina e Valencia mentre Ippolito e Meli sono menzionate quali cultivar emergenti in grado di acquisire sempre maggior popolarità. In termini commerciali, secondo l'USDA, le importazioni nostrane nella stagione 2014/15 si sono attestate attorno alle 220.000 tonnellate, in crescita rispetto alla campagna precedente quando si registrò un forte calo dovuto ai ridotti volumi provenienti dalla Spagna (-33%), il nostro principale fornitore di arance con una copertura del 62% dell'import to-

Dati confortanti elaborati per la stagione in corso dall’USDA tale. Parlando di export, invece, nel 2014/15 sono state spedite complessivamente 120.300 tonnellate di prodotto, soprattutto verso Germania, Svizzera, Austria e Francia. Dall’analisi della stagione dei mandarini si stima un generale calo della produzione del 12%, riconducibile alle pesanti grandinate che hanno colpito la Sicilia nei mesi di maggio, giugno e agosto. In particolare, nel caso delle clementine si valuta una flessione del 10,8% (per un totale di 660.000 tonnellate raccolte), mentre per i mandarini del 20,6% (100.000 tonnellate). Nello scorso anno commerciale le importazioni di mandarini del Bel Paese hanno raggiunto le 97.000 tonnellate mentre le spedizioni oltre frontiera si sono fermate ad appena 87.000 tons. Infine, circa la produzione di limoni il dipartimento americano prevede volumi in leggera flessione rispetto all’anno precedente (2%) a fronte di una maggior qualità del prodotto, grazie alle abbondanti piogge, che hanno reso i limoni “più succosi”, e alla scarsa presenza di insetti dannosi.

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ATTUALITÀ

CORRIERE ORTOFRUTTICOLO

Balzo in avanti di Conad e delle sue marche private La marca Conad si conferma un elemento capace non solo di fidelizzare un numero crescente di clienti, ma anche di fornire un posizionamento distinto per le insegne del gruppo. In Conad la marca del distributore si conferma un valore determinante per lo sviluppo: se il mercato nei primi undici mesi del 2015 è cresciuto dell’1,3 per cento, in Conad l’incremento è stato superiore, pari all'11,1 per cento (fonte: IRI), fornendo un contributo molto positivo alla crescita dell'insegna. La quota della marca Conad è cresciuta al 27 per cento rispetto al 2014 (+0,6 punti percentuali – stima di chiusura su dati IRI), contro il 19 per cento del mercato italiano (stima di chiusura 2015 su dati IRI) e il giro di affari si è attestato a 2,8 miliardi di euro (+10 per cento rispetto all’anno precedente, stima di chiusura 2015) confermandosi componente fondamentale del giro d’affari del gruppo, che nel 2015 si è attestato a 12,2 miliardi di euro. Sono stati rivisitati circa 800 dei 2.949 prodotti, ripartiti tra Conad (2.101), Conad Percorso Qualità (500), Sapori&Dintorni Conad (245), Conad il Biologico (53) e i 50 di Creazioni d’Italia, brand riservato ai mercati esteri. Cresce il valore del fresco, con un corretto rapporto tra qualità e convenienza, leva fondamentale per orientare le scelte dei clienti. Cresce anche il livello di leadership all’interno delle categorie merceologiche: i brand Conad sono leader nel 45 per cento delle categorie in cui competono, percentuale che sale al 75 per cento se vengono prese in considerazioni anche le seconde posizioni. Incontrano il favore dei clienti il “tradizionale” Conad logo rosso (+9 per cento), Sapori&Dintorni (+12 per cento), Conad Percorso

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I dati più interessanti riguardano gli acquisti di biologico (+20%), legumi secchi (+13%) e frutta secca (+11%). Arretra l’offerta dei prodotti di primo prezzo

Il direttore commerciale di Conad Francesco Avanzini

Qualità (+8 per cento) e Conad il Biologico (+30 per cento), ma è buono anche l’andamento delle linee di prodotti più recenti, Conad Kids, Conad Piacersi, Conad AC e della gamma Creazioni d’Italia, destinata in esclusiva ai mercati esteri. Con un connotato comune: la forte componente nazionale. Sono italiani il 95 per cento dell’ortofrutta, le filiere del latte e derivati, quella del pomodoro e di altri vegetali in scatola, nonché tutti i 245 prodotti Sapori&Dintorni Conad. Crescite significative della marca Conad si registrano in diversi comparti merceologici, a testimonianza di uno sviluppo che è strutturale e non legato a trend di

Avanzini: “La nostra marca è sinonimo di innovazione”

mercato: drogheria alimentare (+9,1 per cento), bevande (+8,2 per cento), fresco (+10,4 per cento), surgelati (+18,3 per cento), cura della casa (+9,9 per cento), cura della persona (+13,7 per cento), ortofrutta a peso imposto (+19 per cento) (Fonte IRI - progressivo a novembre 2015). "Con i nostri brand offriamo al cliente qualità e convenienza rafforzando, al contempo, un rapporto solido con tanti piccoli e medi produttori locali”, annota il direttore commerciale di Conad Francesco Avanzini. “La nostra marca è anche sinonimo di innovazione: nel corso dell’anno daremo vita a una nuova linea di prodotti con un marchio ombrello dedicato a segmenti distintivi e di valore, quali il biologico, il vegetariano/vegano, l’ecologico e l’equosolidale. Il focus è il cliente con i suoi bisogni, che vogliamo soddisfare nell’esperienza di acquisto nella nostra rete. Un’esperienza che ci sforziamo di rendere sempre più appagante e conveniente per far conoscere, apprezzare e valorizzare produzioni che hanno nella cultura del saper fare e della tradizione le armi vincenti, soprattutto nel comparto dei freschissimi”. Per il 2016 l’obiettivo è rafforzare la marca Conad, continuando a crescere e consolidando le valutazioni dei clienti, già oggi superio-

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ATTUALITÀ

CORRIERE ORTOFRUTTICOLO

Mele: il mercato assorbe l’offerta elevata della stagione Il Comitato marketing di Assomela ha analizzato la situazione del mercato, che si conferma interessante e ragionevolmente ben orientato per il comparto. Dalla partenza della stagione commerciale sono state vendute complessivamente 695.216 tonnellate di mele da tavola. Si tratta del secondo decumulo più alto di sempre, dopo quello eccezionale dello scorso anno. Per il gruppo Gala, da inizio stagione, si registra una vendita giudicata più che soddisfacente di 214.318 ton., che porta le giacenze di gennaio ad un livello addirittura più basso di quello dello stesso mese della scorsa stagione commerciale, quando le vendite erano pure procedute molto velocemente. Volumi di vendita molto positivi si trovano anche per Braeburn e Cripps Pink con giacenze tra le più basse degli ultimi anni. Buoni risultati anche per la Granny Smith la cui giacenza al 1 gennaio è di 93.606 tonnellate contro le 102.875 alla stessa data dello scorso anno. Nel pieno rispetto dei piani di decumulo delle OP proseguono le vendite per le varietà “tradizionali”, tra cui Red Delicious, Fuji e Golden Delicious. In generale, il buon ritmo di vendita porta la giacenza totale di “mele da tavola” alla data del 1° gennaio 2016 a 1.313.931 ton, inferiore del 6% rispetto alla stessa data dell’anno precedente. La situazione di mercato ad inizio 2016 risulta sicuramente fluida e continua, pur condizionata da una offerta ancora una volta elevata derivante dal secondo raccolto più alto di sempre. I trends di vendita si sono confermati molto buoni; l’export rimane uno strumento fondamentale di fronte ad un mercato italiano

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Il direttore di Assomela Alessandro Dalpiaz

piuttosto pigro a livello di consumi. Il livello dei prezzi è migliore rispetto allo scorso anno, ma si rilevano margini per ulteriori leggeri miglioramenti per garantire la giusta remunerazione ai produttori. La buona qualità dei frutti a disposizione ed il buon ritmo di vendita tenuto fino ad ora sono elementi che fanno ben sperare per l’entrata nel cuore della stagione commerciale. Meritano di essere segnalati problemi per l’esportazione verso alcuni importanti mercati, in particolare del Nord Africa, derivanti spesso, ma non solo, dalla situazione geopolitica locale. Questo evidenzia la necessità di un supporto forte da parte delle autorità competenti, sia per favorire l’accesso a nuovi mercati, sia per sostenere il settore nei momenti di difficoltà dovuti a fattori e decisioni discriminanti verso i prodotti od i produttori italiani nei mercati più maturi.

Problemi con l’export nei Paesi colpiti dalle crisi politiche

ri alla media di mercato: una marca “seria e rigorosa, trasparente, vicina alle esigenze del consumatore, innovativa e capace di mantenere ciò che promette” (fonte: Brand Image ’15 - Cfi Group). Cosa non di poco conto in un mercato segnato ancora dalla debole ripresa dei consumi alimentari (+0,2 per cento) –-ma ancora in calo al Sud - e dalla crescente attenzione ai contenuti nutrizionali. Il biologico segna +20 per cento, +13 per cento i legumi secchi, +11 per cento la frutta secca, +32 per cento il senza glutine, +23 per cento le bevande a base di soia e di riso, +14 per cento gli integrali, +11 per cento gli integratori e i vitaminici, +10 per cento il latte alta digeribilità (fonte: Nielsen – Osserva Italia Repubblica.it). Un mercato in cui la marca del distributore cresce soprattutto nel segmento premium, mentre arretra l’offerta di prodotti di primo prezzo. A svolgere un ruolo trainante sono l’italianità delle produzioni (il 65 per cento degli italiani preferisce Igp, Doc e Dop, il 56 per cento cerca di mangiare solo cibi italiani), i prodotti bio (scelti dal 20 per cento degli italiani) e a km 0, mentre la provenienza è un attestato ormai irrinunciabile per il 52 per cento di chi fa acquisti (fonte: Survey su Panel consumer Nielsen). In Conad - afferma una nota aziendale - è costante l’attenzione all’italianità dei prodotti e, al contempo, il sostegno a quel tessuto imprenditoriale fatto di piccoli e medi produttori locali che rappresentano l’eccellenza tipica regionale e una componente fondamentale dell’economia nazionale. Ne traggono beneficio la produttività, tra le più alte del mercato, e la fidelizzazione: sono 7,8 milioni gli acquirenti non occasionali (il 31,7 per cento delle famiglie italiane) che quasi ogni settimana fanno la spesa nei punti di vendita di Conad staccando oltre 45 scontrini all’anno.

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CORRIERE ORTOFRUTTICOLO

FRUIT LOGISTICA 2016. Verso una nuova edizione record

Berlino attrazione fatale Il commercio ortofrutticolo mondiale è complesso ed ha continui aggiustamenti, ma come sta veramente evolvendo? Questo è quanto l’Associazione Tedesca del Commercio Ortofrutticolo (DFHV) ha voluto scoprire avviando uno studio presso l'Università di Göttingen. Sotto la guida del prof. Ludwig Theuvsen del Dipartimento di Economia Agraria, è stato esaminato se e come il flusso mondiale delle merci ortofrutticole sia cambiato. Il risultato: l'Europa rimane un importante mercato di sbocco, ma sta perdendo sempre di più il suo peso a livello globale. Il mercato asiatico, invece, mostra trend decisamente più interessanti. Per alcuni prodotti, in particolare nella gamma premium, si potrebbe anche assistere, nel lungo periodo, ad un sorpasso di forniture rispetto al mercato europeo. Da questo studio, quali conclusioni si possono trarre per il settore ortofrutticolo internaziona-

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Si prevedono 65 mila visitatori professionali. La presenza italiana caratterizzata da uno Stand Italy con CSO, FruitImprese e Italia Ortofrutta più grande di sempre

Wilfried Wollbold, da settembre 2015 global brand manager di Fruit Logistica (foto Teresa Rothwangl)

le? Come si affronta la sfida? Queste e altre domande dovrebbero trovare risposta a Fruit Logistica 2016. Wilfried Wollbold, da settembre 2015 global brand manager di Fruit Logistica, sottolinea l'importanza della fiera: "Mai come ora, è fondamentale nel processo di cambiamento del commercio non solo l’osservare, ma anche l’essere pro-attivi. In questo Fruit Logistica rappresenta la piattaforma ideale a livello mondiale”. Le previsioni parlano di oltre 65 mila visitatori professionali presenti a Berlino dal 3 al 5 febbraio prossimi, provenienti da 135 Paesi. Per l’Italia dell’ortofrutta Berlino continua a rappresentare un’attrazione fatale. Con ogni probabilità sarà confermato se

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non superato il dato record 2015 di espositori e visitatori professionali dal nostro Paese. I visitatori italiani possono acquistare il biglietto in anticipo online oppure - ancor più comodamente ed a prezzi ancor più competitivi presso la Delegazione in Italia della Fiera di Berlino (email: messeberlin@pg-mktg.it), in questo modo si riceve il biglietto per via elettronica e si accede direttamente al salone evitando ogni coda di registrazione. Sotto l'ombrello del marchio Italy, il CSO, Fruitimprese e Italia Ortofrutta si presentano quest'anno a Fruit Logistica di Berlino con lo stand più grande di sempre. Con un'area che supera i 1.000 metri quadrati nel Padiglione 2.2 Stand A04, il consueto spazio comune che identifica più di ogni altro l'ortofrutta italiana si amplia ulteriormente per dare ospitalità alle tante richieste di partecipazione e si presenta con un layout rinnovato e di grande impatto visivo con una forte attenzione alle tante e differenti realtà produttive presenti. Lo spazio Italy a Berlino può essere considerato una delle più importanti e riuscite esperienze di sinergia tra aziende concorrenti del settore ortofrutta ed è un progetto realizzato insieme, da tre realtà aggregative come CSO, Fruitimprese e Italia Ortofrutta con il contributo di ICE a cui è dedicato uno spazio eventi e cooking show e l'area Fruit& Veg Experience. Lo stand Italy è un percorso nella variegata offerta di ortofrutta italiana con una maggiore attenzione alle diversità, alle nuove aggregazioni, alle tipicità, al biologico e alle produzioni di eccellenza locali; un viaggio nella italianità con spazi personalizzati e differenziati a seconda delle esigenze delle aziende. Saranno rappresentate - annuncia il CSO - tutte le regioni italiane e tutti i prodotti di qualità dell'offerta nazionale. Numerosi gli eventi previsti nella grande area espositiva tra cui: la

Il Corriere Ortofrutticolo a Berlino promuove l’Italia Il Corriere Ortofrutticolo sarà presente alla Fruit Logistica di Berlino dal 3 al 5 febbraio prossimi con il numero di febbraio che ospiterà un’approfondita presentazione della manifestazione fieristica con particolare attenzione alla presenza delle aziende italiane. La rivista sarà distribuita a Berlino in mille copie gratuite. Lo speciale Fruit Logistica 2016 conterrà sommari in inglese dei principali articoli. Le imprese che partecipano alla

manifestazione come espositori possono contattare la redazione per la pubblicazione di un articolo dedicato alla loro presenza a Berlino. Il contatto: redazione@corriereortofrutticolo.it, telefono 045.8352317, cellulare 393.8845090. Per quanti fossero interessati a specifiche soluzioni pubblicitarie il contatto è Giorgia Pizzato agli stessi numeri di telefono. Il servizio redazionale e il servizio commerciale sono a disposizione fino a lunedì 25 gennaio.

conferenza stampa di inaugurazione del Fruit & Veg Experience mercoledì 3 febbraio ore 15.30 a cura di ICE; la presentazione alla stampa del Progetto Europeo Freshness From Europe mercoledì 3 febbraio ore 16 a cura di CSO; la conferenza stampa di Origine; la presentazione del Progetto Frutta nelle Scuole 2016 il 4 febbraio ore 10:30. Ed ecco le imprese presenti nello stand Italy: Agribologna, Agro T18 Italia, Alegra, Almaverde Bio, Aop Luce, Apofruit, Aposcaligera, Besana, Bestack, Brio, Centro Lazio, Ceor, Civ, Cpr System, Cultiva, D’Avino, De Lucia, Del Gaudio, Eurocompany, Fogliati, FruitImprese, Granfrutta Zani, Graziani, Italia Ortofrutta, Jingold,

Kingfruit, Mazzoni, Naturitalia, Opera, OPO Veneto, OP San Lidano, Oranfrizer, Origine, Orogel Fresco, Pempacorer, Peviani, Ruggiero, Salvi, Secondulfo, Valfrutta. Altri punti di attrazione della presenza italiana a Berlino saranno gli stand di alcune regioni forti produttrici, in particolare le Regioni del Sud, dalla Sicilia alla Puglia, delle mele del Trentino e dell’Alto Adige e gli stand dei Mercati, con la novità, tra questi, della nuova aggregazione Italmercati, che si presenterà alla stampa e al pubblico internazionale con un incontro la mattina del 4 febbraio. Il Consorzio Mela Alto Adige è nel padiglione 4.2 stand B10. Qui, in particolare, il Consorzio VOG presenterà ai visitatori la sua ultimissima novità: ENVY®, una varietà in grado di scombinare nel tempo, per le sue caratteristiche attrattive (colore, gusto, sapore) il mercato delle mele. Per tutti i dettagli sulla presenza italiana a Berlino rinviamo comunque al prossimo numero della nostra rivista, quello di febbraio 2016, che sarà in diffusione gratuita a Fruit Logistica sia negli stand dedicati alla stampa internazionale sia all’interno dello stand Italy.

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Sanzioni UE contro la Russia L’Italia: basta muro contro muro L'Unione europea ha prorogato di sei mesi le sanzioni economiche contro la Russia. La decisione ha avuto effetto dal 24 dicembre 2015, con la pubblicazione del provvedimento sulla Gazzetta Ufficiale UE. Le sanzioni erano state adottate la prima volta per il ruolo di Mosca nel conflitto ucraino il 31 luglio 2014 per un anno, poi confermate per sei mesi lo scorso 22 giugno. Bruxelles chiede alla Russia maggiori sforzi per implementare gli impegni presi nell'ambito degli accordi di Minsk. "Il 21 dicembre 2015, il Consiglio europeo ha esteso le sanzioni economiche verso la Russia sino al 31 luglio 2016", si legge in un comunicato emesso il 22 dicembre scorso. L'annuncio della decisioni era atteso dopo che i 28 ambasciatori presso l'UE avevano dato il loro assenso a questa misura. "Visto che gli accordi di Minsk non saranno integralmente applicati entro il 31 dicembre 2015, la durata delle sanzioni è stata prolungata, mentre il Consiglio europeo continua a esaminare i progressi della loro realizzazione", si precisa nella nota. L'Italia aveva manifestamente chiesto lo stop alle sanzioni contro la Russia e il premier Renzi aveva detto di aver trovato "di dubbio gusto confermare le sanzioni senza aprire prima una discussione". "Non abbiamo mai nascosto la nostra posizione: per combattere l'estremismo abbiamo bisogno anche della Russia al tavolo" e la storia "dimostra che quel tipo di visione si è avverata con un concesso internazionale che riporta Mosca al tavolo" ha detto affermato il premier a Bruxelles auspicando un superamento del sistema delle sanzioni, "che sono reciproche" e quindi danneggiano tanto l'economia

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Le contrapposizioni politiche sulla questione ucraina continuano ad arrecare gravi danni all’economia sia europea che russa e al settore ortofrutticolo italiano

russa quanto quella europea. Sulla questione il ministero degli Esteri russo ha affermato: "L'UE sbaglia a legare le sanzioni contro la Russia alla soluzione del conflitto nel sud-est ucraino perché si tratta di una guerra iniziata non dalla Russia, ma dalle attuali autorità ucraine, che hanno cercato di sopprimere con la forza il malcontento nel Donbass per il colpo di Stato a Kiev nel febbraio 2014”. L’ 8 gennaio scorso, al Palazzo del ministero dell’Agricoltura a Roma il ministro Maurizio Martina ha incontrato il vice primo ministro della Federazione Russa Arkady Vladimirovich Dvorkovich. L’incontro ha permesso di fare il punto sui rapporti bilaterali tra i due Paesi in merito agli interscambi commerciali e agli investimenti legati al settore agroalimentare e sull'embargo in corso. Per quanto riguarda le esportazioni dei prodotti agricoli e ali-

mentari non sottoposti a restrizioni, si è evidenziata la necessità di superare i problemi relativi alle barriere tariffarie e non tariffarie, anche attraverso un maggiore coordinamento dei controlli fitosanitari. Partendo dall’esperienza maturata in Expo Milano 2015, il vice primo ministro russo ha sottolineato quanto sia fondamentale rafforzare ulteriormente la cooperazione nel settore. Un focus particolare, infine, è stato dedicato al sostegno all’export delle piccole e medie imprese di qualità, e alla partecipazione italiana alla fiera Prodexpo che si svolgerà dall'8 al 12 febbraio a Mosca. L’ortofrutta resta comunque tagliata fuori da ogni possibilità di export permanendo il blocco. La posizione del settore e dei suoi principali imprenditori e allineata con la posizione del governo di aprire un tavolo di discussione superando la logica del muro contro muro.

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MONDO

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Spagna: difficoltà per fragole e ortaggi a causa del clima Chiara Brandi Quello appena concluso è stato un anno decisamente “anomalo” per molti aspetti, in particolare dal punto di vista climatico. Gli addetti al settore purtroppo lo sanno bene. L’esempio più recente è dato dalle colture invernali, che in molte aree di produzione in Italia e non - hanno sofferto delle temperature eccessivamente miti registrate in autunno. In Spagna sono tante le preoccupazioni legate a colture tipiche di questo periodo come broccoli e lattuga, ma a destare maggior timori è l’andamento della stagione delle fragole di Huelva. Iniziata meno di un mese fa - in deciso anticipo rispetto alla norma proprio a causa del clima temperato di novembre e dicembre - la campagna sembra già incontrare non poche difficoltà. Sfortunatamente, infatti, l’entusiasmo del presidente dell'Associazione dei produttori ed esportatori di fragole di Huelva (Freshuelva) Alberto Garrocho (nella foto), che puntava sull’elevata competitività di un prodotto di qualità e gusto ottimale disponibile sul mercato prima delle tradizionali festività, è stato infranto dall’andamento dei prezzi registrato nell’ultima settimana del 2015. Per le varietà precoci ad oggi in commercio, negli ultimi sette giorni dello scorso anno, i prezzi hanno subìto una contrazione del 50% rispetto a quanto corrisposto fino alla metà di dicembre. Secondo quanto dichiarato al sito Agrodiariohuelva.es da Christopher Picon, presidente della Cooperativa Costa de Huelva e vice presidente di Freshuelva, a fronte di un prezzo all’origine mediamente compreso tra i 3 e i 4 euro al chilo di quattro settimane prima, nella settimana 52 del

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L’inverno troppo caldo ha creato forti problemi di mercato. In calo le aree produttive nella zona di Huelva. Coltivazioni in diminuzione anche per i limoni di Alicante

2015 tale importo è stato dimezzato. Tale circostanza preoccupa il settore: “Confrontando il livello di produzione attuale con quello delle campagne precedenti – spiega Picon - i quantitativi registrati sono quelli tipici di fine gennaio, mentre in realtà in questo momento si dovrebbe essere nelle fasi iniziali della stagione”. Inoltre, la produzione delle varietà precoci è molto buona ma presto potrebbero arrivare sul mercato anche altre varietà più tardive compromettendo definitivamente l’andamento dell'intera campagna. Nonostante tutto il vice presidente di Freshuelva getta acqua sul fuoco dichiarando che è ancora troppo presto per dare giudizi definitivi. L'arrivo del freddo infatti dovrebbe riportare il ritmo della raccolta sui livelli delle campagne precedenti, con gli stessi quantitativi di fragole delle varietà precoci invariabili da dicembre fino alla metà di febbraio. Per la stagione 2015-16 delle fragole di Huelva gli ettari dedicati sono pari a 5.860, l’8,73% in meno rispetto alla campagna prece-

dente. Al contrario, le superfici coltivate ad altri piccoli frutti - come lamponi, more e mirtilli hanno registrato un incremento del 25%. Negli ultimi anni l’intero comparto sta infatti mostrando una spiccata tendenza alla diversificazione produttiva nell’intento di garantire una maggiore redditività ai produttori locali. Non sono solo le fragole a registrare in Spagna un calo delle aeree produttive. Drastico calo delle aree coltivate anche per i limoni nella provincia spagnola di Alicante. Nella zona da 15 anni le superfici coltivate a limoni sono scese del 34%. La Unió de Llauradors - Federazione dei produttori - ha reso noto che dal 2000 la regione ha perso 4.790 ettari di terreni coltivati a limoni. Nel solo 2014 la perdita è stata di 976 ettari, più del 3% della superficie totale (30.074 ettari). La diminuzione delle superfici ha causato un calo della produzione, ma anche un aumento dei prezzi. Questo aumento ora rischia di incoraggiare alcuni agricoltori a riprendere la produzione, il che potrebbe portare ancora una volta a un eccesso di produzione. Gennaio 2016


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OLANDA

AUSTRIA

Record per l’import Calano export e consumi

La catena Unimarkt cresce anche con l’e-commerce

Il valore delle importazioni di prodotti ortofrutticoli dei Paesi Bassi è aumentato, nel 2015, del 7% ed ha raggiunto 5,1 miliardi di euro. Il 2015 è stato un anno record anche per la produzione nazionale, il cui valore totale ha raggiunto 3,4 miliardi di euro, corrispondente ad un aumento del 13%. Solo il volume delle esportazioni è diminuito (-3%), così come il consumo interno, che ha fatto registrare, una diminuzione dello 0,5% per la frutta e del 3% per le verdure. Da rilevare che, a seguito dell’embargo nei confonti della Russia, le destinazioni delle esportazioni sono leggermente cambiate, con sbocchi più importanti nei Paesi europei soprattutto per le pere, ed in Italia e Spagna per le verdure. Per quanto riguarda questi ultimi Paesi, il clima è stato un fattore decisivo, visto che le produzioni nazionali sono giunte sul mercato in ritardo a causa del caldo. I principali Paesi di destinazione delle esportazioni olandesi di ortofrutticoli sono tuttora la Germania (37%), seguita dal Regno Unito (12%), dal Belgio (6%) e dalla Francia (5%). L’Italia occupa il nono posto nella classifica, con un valore di 230 milioni di euro (3% delle esportazioni totali).

Nonostante il collasso della catena di supermercati Zielpunkt, l’azienda affilata del gruppo Pfeiffer, Unimarkt, ha registrato durante l’anno commerciale 2014/2015 risultati positivi. Il fatturato netto - senza contare il franchising - è aumentato da 210,34 a 214,96 milioni di euro. Lo sviluppo positivo sarebbe da addurre al miglioramento della strategia regionale del gruppo, che nelle zone rurali di Alta e Bassa Austria detiene la propria roccaforte, e ad un approccio sistematico orientato a rispondere in maniere più attenta alle esigenze del consumatore, anche attraverso l’e-commerce, con servizi di consegna a domicilio e la costruzione di speciali punti di raccolta,

SPAGNA

Ortaggi ko a Mursia: piani di ritiro L’allarme si alza dalla maggioranza dei rappresentati dell’agricoltura iberica: il caldo anomalo registrato durante l’autunno e la prima parte dell’inverno sta provocando problemi. Il segretario generale COAG, Miguel Blanco (nella foto), ha definito gli effetti dovuti alla mancanza di precipi-

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tazioni e alle temperature a dir poco elevate “un problema molto serio”, con inevitabili conseguenze sulla qualità e quantità delle produzioni, immediatamente riscontrabili sui livelli di prezzo. Secondo Blanco, “i volumi di prodotto raccolti in campo alla metà di gennaio erano già stati raggiunti all’inizio del mese”. Forte preoccupazione inoltre è stata espressa per la mancanza di risorse idriche nei serbatoi; inoltre, “tutto questo - ha concluso - non è un problema esclusivo delle produzioni invernali ma anche di molte specie estive. Lo sviluppo delle drupacee, per esempio, richiede un’escursione termica decisamente più elevata di quella attuale”. Nella regione di Murcia, in particolare, la sovrapproduzione di broccoli, cavolfiori e lattuga “ha già provocato la saturazione dei mercati”, ha avvertito il Ministro dell'Agricoltura locale, Adela Martinez-Cache. La Direzione Generale per la produzione e i mercati è già in contatto da settimane con i produttori, dopo che questi ultimi hanno chiesto di poter usufruire di meccanismi PAC volti a equilibrare l’offerta sul mercato. A seguito di tale richiesta - secondo quanto pubblicato dal quotidiano La Verdad - circa una ventina di aziende potrà beneficiare di un piano di ritiro di oltre 7.000 tonnellate di ortaggi, di cui 220 tonnellate saranno destinate al Banco Alimentare, 800 all'alimentazione animale mentre il restante (6.000 tons circa) non verrà ritirato ma utilizzato, almeno in parte, come fertilizzante.

dove potrà essere ritirata la spesa ordinata su internet. Nel corso del 2013, Unimarkt aveva rilevato 13 filiali della catena Zielpunkt ed aperto due nuovi supermercati, investendo nel progetto 15 milioni di euro e aumentando il numero dei propri punti vendita a 125 (un terzo dei quali gestito attraverso franchising). L’azienda austriaca, che impiega 1335 dipendenti, registra un fatturato totale - compreso il franchising - pari a 280 milioni di euro.

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ALGERIA

una flessione delle vendite del 5% nel terzo trimestre del 2015, precisa che non ci sono legami tra la performance poco brillante, attribuita a "problemi stagionali e di disponibilità di merce" e la decisione di Bolland di andare in pensione, che pare programmata da tempo. Rowe - che milita nel gruppo da oltre 25 anni e che guadagnerà circa 750mila euro all'anno - vanta il fatto di essere alla guida anche del settore food di M&S, in crescita da tempo e che nell’ultimo trimestre ha dato ottime soddisfazioni di vendita, archiviando il "miglior Natale di sempre".

le fornitore latino-americano nel Messico. Nel 2015 SENASA ha ottenuto importanti risultati, finalizzando l'entrata di papaia, pepe, agrumi e manghi negli US. Barrenechea afferma che il Perù ricava un buon reddito dall’ingresso di agrumi e uva in Giappone, mentre in Cina il prodotto che ha la priorità è il mirtillo. "Ma non solo ci concentriamo su queste grandi economie, ci sono anche piste di accesso con Cile, Colombia, Brasile, Bolivia, Ecuador e alcuni paesi dell'America centrale”, aggiunge. Il responsabile del Servizio Nazionale di Sanità Agraria del Perù ricorda inoltre che durante il 2015, un totale di 21 prodotti agricoli peruviani hanno trovato accesso a nuovi mercati internazionali. In particolare l’avocado della varietà Hass è entrato in Cina e Giappone, mentre il mango in Corea del Sud.

PERÙ

STATI UNITI

Esporterà presto pomodori verso l’Europa Da anni il Marocco è una vera spina nel fianco dei produttori di pomodori europei, il principale concorrente, in grado di coprire fino all’81% delle importazioni comunitarie provenienti da Paesi extra Ue nonostante il calo del 7% registrato anno su anno nei primi sei mesi del 2015. Negli ultimi tempi, tuttavia, per il mercato nostrano si sta profilando un’ulteriore minaccia: la produzione algerina, che sta vivendo un momento a dir poco florido. Secondo i professionisti del settore locale presto lo Stato nordafricano riuscirà a soddisfare l’intero fabbisogno nazionale, mentre nel 2017 sarà addirittura in grado di esportare discreti quantitativi di pomodori verso l’Europa e altri paesi. Tornando al Marocco, le stime per la campagna 2015-16 parlano di circa 804 mila tonnellate di pomodori prodotti; in flessione del 2% rispetto alla stagione precedente. La produzione sarà prevalentemente composta da pomodori tondi, per il 68%, mentre il ciliegino ricoprirà appena il 26% dei volumi totali. Gli addetti ai lavori spiegano gli scarsi volumi stimati per le varietà di pomodoro ciliegino con il deciso aumento dei costi di produzione previsti per la campagna in corso.

REGNO UNITO

Cambio al vertice del retailer Marks&Spencer Il retailer britannico Marks&Spencer ha annunciato che Marc Bolland si dimetterà entro la fine dell’anno fiscale, il 2 aprile 2016. Il ceo, in carica da sei anni, sarà sostituito da Steve Rowe (nella foto), attualmente executive director of general merchandise del gruppo. Il colosso inglese, che aveva comunicato

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Da aprile fichi e melograni negli States

Scorte scarse ed export in calo per l’uva da tavola

Il capo del Servizio Nazionale di Sanità Agraria del Perù (SENASA), Jorge Barrenechea, ha riferito che nel mese di aprile 2016 i fichi e i melograni freschi saranno i nuovi prodotti peruviani disponibili sul mercato degli Stati Uniti. "Vogliamo concretizzare in un periodo massimo di sei mesi, anche se ci auguriamo in aprile, l'accesso negli Stati Uniti di fichi e melograni”, ha annunciato. Barrenechea ha inoltre dichiarato che il Perù sta mettendo a punto l'entrata negli US di altri prodotti a partire dal pomodoro e cerca nel frattempo di migliorare le condizioni di accesso dell'asparago e del mirtillo. Gli Stati Uniti sono particolarmente esigenti sotto il profilo dei controlli fito-sanitari ed è per questo che SENASA è in prima fila per ottimizzare le condizioni di accesso a quell’importante mercato che ha finora il suo principa-

Le scorte di uve da tavola in California a inizio 2016 sono le più basse registrate dal 2009, con un calo su base annua del 61%. Secondo un rapporto del Dipartimento dell'Agricoltura (USDA) nel 2015 sono stati confezionati 1,36 milioni di box di uva, contro i 3,4 milioni del 2014 e i 6,1 milioni del 2013. Solo nel 2009 le scorte nello stesso periodo erano pari a 1,11 milioni di box. Sono le varietà tardive a rappresentare le riserve di uva californiane, in particolare Red Globe e Crimson Seedless, di cui sono disponibili rispettivamente 103.121 e 524.336 box, ovvero il 63% e il 68% in meno rispetto allo scorso anno. L'Autumn King, varietà bianca tardiva che ha raggiunto una solida posizione nel mercato degli Stati Uniti, rispetto al 15 dicembre 2013, quando si raggiunsero gli 800.000 box in deposito, a inizio 2016 ammonta a 291.214 box. Gennaio 2016


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Emanuele Zanini Volumi abbondanti, fin troppo, e prezzi non sempre in linea con le aspettative. Dopo le feste natalizie l’inizio d’anno per i radicchi è partito con alcune incognite dovute ad una generale sovrapproduzione che sta creando tra gli operatori non poche preoccupazioni. I mercati sono ingolfati di prodotto. L’offerta supera la richiesta e le quotazioni scendono, in certi casi in maniera molto preoccupante. Per i produttori è un’occasione persa specialmente perché quest’anno la qualità della merce è generalmente elevata. Ma nonostante l’alta qualità le vendite non premiano fino in fondo. C’è chi però vede il bicchiere mezzo pieno e, guarda avanti, pensando già al futuro. Cesare Bellò, consigliere delegato di Opo Veneto di Zero Branco (Treviso), pur ammettendo la presenza di un eccesso di volumi, è orientato già alla prossima campagna. “Dopo le feste natalizie un rallentamento è fisiologico. È vero che il mercato è un po’ intasato, ma noi ci stiamo già concentrando sulla ricerca di nuovi mercati e su nuovi investimenti per la nuova stagione”. Il manager veneto ha un pallino: “Il nostro obiettivo ora è di “italianizzare” il radicchio di Treviso e Castelfranco. Mi spiego: i consumi dei due prodotti sono ancora relativamente circoscritti. Vogliamo consolidare le vendite ed espanderle anche nelle aree lontane dal Veneto. Le possibilità ci sono. Alcune catene – e penso per esempio a Coop – lo sta facendo, scommettendo sul nostro prodotto. Lo stesso avviene con i nostri radicchi della linea Solarelli che attraverso il lavoro di Mediterraneo Group sta ottenendo risultati molto buoni con crescite a Gennaio 2016

Cesare Bellò di OPO Veneto: “È vero che il mercato è un po’ intasato ma noi ci stiamo già concentrando sulla ricerca di nuovi mercati e sugli investimenti per il futuro”

due cifre”, afferma Bellò che insiste: “Sia nella grande distribuzione che nei mercati all’ingrosso i margini di espansione del radicchio di Treviso ci sono. Bisogna saperli individuare e coglierli”. E lo stesso vale per l’estero su cui continua l’attività di promozione specialmente attraverso l’horeca, con un numero crescente di ristoranti del Nord Europa che chiede di avere sui propri tavoli il radicchio veneto. “Stiamo anche mettendo a punto un primo esperimento per entrare in una catena danese – annuncia il dirigente di Opo Veneto. Un primo approccio che speriamo dia buoni frutti e su cui puntiamo molto”. Tornando al tema dei volumi, la conferma dell’alta offerta di quantitativi di radicchio, in particolare Treviso e Variegato di Castelfranco, arriva da Paolo Manzan, presidente del relativo consorzio di tutela. Incrementi (vedi anche box) a cui, secondo l’imprenditore trevigiano, si unisce una buona qualità. “Il prodotto è “pieno”, ci sono cioè più quintali per ettaro. Un +20%. Per il Tardivo si è passati da 80-90 quintali

RADICCHIO

Volumi abbondanti. Prezzi giù Calo fisiologico dopo le feste

per ettaro a 110”. Di contro, però, ci sono i prezzi, non entusiasmanti. “Abbiamo registrato un calo dei valori dopo Natale, tra il 10& e il -15%, anche se abbastanza fisiologico, visto che sotto le feste avevamo un +50% di prodotto con quotazioni comprese tra 2,50 e 3,50 euro al chilo a seconda della tipologia e della categoria”, precisa Manzan. Tuttavia il calo della prima settimana di gennaio è stata compensata con una lieve ripresa già dall’11 gennaio. “Ora la domanda è ripresa”, conferma il presidente del consorzio veneto. Un recupero che comunque probabilmente confermerà uno stato di salute sostanzialmente buono per il radicchio di Treviso e Variegato, il cui comparto vede aumentare i fatturati anche del 20%. Anche per Manzan la ricerca di nuovi mercati rimane fondamentale come strategia per incrementare le vendite e “diffondere il verbo” del radicchio di Treviso. “La regola è che quando c’è tanta offerta è il momento giusto per aprirsi nuovi canali, sperimentare nuovi mercati. Ed è quello che www.corriereortofrutticolo.it

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RADICCHIO

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stiamo facendo”, conferma Manzan. “Stiamo vivendo una stagione che ci ha permesso di allargare la rete e farci conoscere di più, comunicando anche il concetto che il radicchio di Treviso può essere consumato non solo fresco ma anche trasformato. Un anno costruttivo, in cui abbiamo stiamo provando a inserirci in mercati come quello della Scandinavia”. Tra gennaio e febbraio per il Treviso partono inoltre alcune iniziative promozionali in alcune catene distributive con prodotto in volantino con l’obiettivo di allargare ulteriormente la fetta di consumatori. Non è detto, inoltre, che qualche sorpresa non venga fuori anche dalla parte finale della stagione, clima permettendo. “Se arriva il freddo potremmo proseguire fino ad aprile, di certo fino a Pasqua (27 marzo, ndr)”. Sul versante veronese, però, Cristiana Furiani, direttore commerciale dell’azienda Geofur di Legnago (Verona) e presidente del Consorzio di tutela del radicchio di Verona Igp (a cui aderiscono 20 aziende, tra cui quattro confezionatori e due trasformatori), analizzando la situazione attuale non può fare salti di gioia. “È innegabile che la sovrapproduzione di quest’anno sia pesando, e non poco, sul settore. Il mercato è in seria difficoltà”, ammette l’imprenditrice scaligera. Come ci aveva dichiarato prima di Natale, Furiani insiste sulle principali cause di questo periodo così critico, che si protrae da anni. “Il problema non è di certo il prodotto o l’aumento dei volumi in sé. Il vero dilemma – sottolinea – è che alla base manca una serie ed efficace programmazione da parte delle aziende. Non c’è una rete, filiera. E soprattutto non c’è programmazione. Senza questi elementi basilari non si può andare da nessuna parte”, rimarca con forza Furiani. “La nostra azienda è strutturata da anni, crea una programmazione di partenza che le permette di controllare la situazione e gestire le vendite”. Inwww.corriereortofrutticolo.it

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Zero Branco crede nell’IGP Paolo Manzan (nella foto), presidente del Consorzio di tutela del radicchio rosso Igp di Treviso ha sorpreso tutti con il dato inedito sulla produzione Igp: nella stagione 2015-2016 è raddoppiata. E si punta decisamente sui 10 mila quintali, un traguardo che fino a poco fa era ritenuto una ottimistica illusione e che adesso si considera possibile. Più prodotto Igp, più aziende convinte della validità e dell’importanza “strategica” del Consorzio di tutela, maggiori possibilità e risorse per la valorizzazione del prodotto. Questa è stata la notizia che ha animato la 23' Mostra del radicchio di Zero Branco, in provincia di Treviso, una luminosa vetrina degli ortaggi del territorio, tra i quali spiccano i radicchi tardivi di Treviso e variegati di Castelfranco Igp: anche questi ultimi stanno registrando un analogo andamento positivo. Fatto molto importante, hanno puntualizzato Francesco Arrigoni, direttore di OPO Veneto, e Sergio Tronchin, re-

sponsabile commerciale, è che i radicchi Igp sono sempre più richiesti sia dalla Grande Distribuzione, che li esibisce come modello di filiera di qualità negli ortaggi, che all'estero. La qualità certificata e la professionalità dei coltivatori stanno pagando. La Mostra di Zero Branco è stato una conferma dell'andamento stagionale dell'ortaggio: una qualità ottima, una produzione abbondante, ma quotazioni non delle migliori. Da Zero Branco, dove si è distinto lo stand di OPO Veneto, allestito con la regia di Paolo Zanibellato, è arrivato comunque un messaggio positivo sulle potenzialità dei radicchi Igp di Treviso e variegato di Castelfranco, prodotti importanti per l'economia agricola di un ampio territorio dei fiumi Sile e Dese tra le province di Treviso, Padova e di Venezia. Lo hanno bene messo in evidenza, come ricorda il sito di Opo Veneto, Ortoveneto, anche il sindaco di Giorgio Feston e il presidente della Provincia di Treviso Leonardo Muraro.

somma per la manager veneta chi non programma rischia di essere con l’acqua alla gola. “Poi noi puntiamo con decisione all’igp. E le risposte arrivano. La grande distribuzione sta apprezzando e preferisce il prodotto certificato al radicchio semilungo tradizionale. Rammarica invece che la

gdo locale, non investa sul radicchio di Verona igp, puntando invece più a sfruttare a proprio vantaggio la sovrapproduzione generale e contrattando sui prezzi di acquisto. Le catene locali invece dovrebbero essere le prime a valorizzare il radicchio di Verona igp. Speriamo capiscano che i riGennaio 2016


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RADICCHIO

scontri alla fine ci sono, eccome, e che da qui ci sia un’inversione di tendenza”. Furiani parla in questo modo anche per esperienza diretta: “Con Geofur stiamo avendo ottimi risultati con l’igp. Le vendite sono raddoppiate. Di contro gli altri produttori, quelli “tradizionali”, puntano solo al radicchio semilungo convenzionale, non tenendo in considerazione il prodotto certificato e vendendo la merce a prezzi bassissimi. Noi comunque continueremo a valorizzare l’igp con l’obiettivo di far decollare e veder riconosciuto definitivamente il radicchio di Verona Igp. Credo che entro due anni questo salto si possa fare”. E per il radicchio di Chioggia? Va male, malissimo. “Nessuna ripresa. Il trend rimane molto negativo. Siamo ai limiti del paradossale”. Nelle parole del presidente del Consorzio di tutela del radic-

Cesare Bellò di OPO Veneto e Cristiana Furiani di Geofur

chio di Chioggia Igp il pessimismo dei mesi scorsi è confermato. “Nel nostro territorio non ci sono stati poi così grossi volumi. La produzione non è così abbondante come in altre aree. La qualità è buona. Le rese per ettaro costanti. I prezzi bassi e le vendite pure. Nonostante gli sforzi fatti negli ultimi tre anni dal consorzio, i cui soci sono aumentati in numero considerevole, il radicchio di Chioggia Igp stenta a decollare. Il

lavoro effettuato non è stato ripagato. Non siamo riusciti ancora a veicolare il reale valore del prodotto certificato. Aumenteremo gli sforzi per farlo, ma dall’altra parte è necessario che tutti gli attori della filiera credano di più nell’Igp. Serve più coordinamento, una governante che creare un tavolo per la promozione e la commercializzazione del radicchio di Chioggia Igp. Serve un cambio di passo”.

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Emanuele Zanini Il settore dei funghi coltivati in Italia, che ha una lunga tradizione, ormai centenaria, sta vivendo un periodo di stasi. La domanda è stabile ma il comparto fa fatica a crescere. Nel Belpaese si producono ogni anno circa 60 mila tonnellate di prodotto, che vale il quinto posto in Europa dietro a Polonia, Olanda, Francia e Spagna. Le principali regioni di produzione sono il Veneto, il Lazio e l’Emilia Romagna. Dal punto di vista varietale a farla da padrone è il diffusissimo champignon bianco, seguito dal pleurotus, dal pioppino, cornucopia, carboncello e shiitake. Tra le principali realtà italiane che operano nel settore c’è l’organizzazione di produttori Funghi di Treviso, costituita da 13 aziende agricole situate nelle province di Treviso, Padova e Belluno. L’op conta su 300 addetti, 70 mila metri quadrati di aree coltivate e 15 mila tonnellate prodotte ogni anno, commercializzate grazie anche a 1.600 metri quadrati di celle frigorifere e 2.700 metri quadrati di aree di trasformazione e logistica. Numeri che inseriscono l’op tra i principali poli produttivi di funghi in Italia. Rimanendo in Veneto un’altra realtà di primo piano è Fungamico, cooperativa che riunisce 11 aziende e che commercializza annualmente circa 6.500 tonnellate di prodotto. L’andamento produttivo e commerciale è stabile e il 2016 si appresta a diventare un anno di transizione in attesa di tempi migliori. Giovanni Boschi, presidente di Fungamico, traccia un quadro generale del settore, che sta vivendo un momento complesso, tra alti e bassi. “Le aziende nel periodo compreso tra il 2014 e il 2015

La concorrenza estera offerta a prezzi particolarmente bassi si è fatta sentire nel 2015 in modo più pesante rispetto al passato. Inizio del 2016 “altalenante”

hanno dovuto affrontare un periodo estivo molto difficile, in quanto le produzioni erano buone ma i consumi interni nazionali bassissimi a causa del grosso caldo e dell’arrivo in Italia di prodotto estero ad un prezzo molto basso. Il periodo autunnale ha visto una buona ripresa della commercializzazione interna, ma non sufficiente a coprire gli ammanchi del periodo estivo”, sottolinea Boschi. Passando alla stagione 2015-2016 l’imprenditore veneto spiega come le produzioni siano buone, “in quanto non si registrano difficoltà sotto l’aspetto produttivo. Per quanto riguarda gli andamenti dei mercati – aggiunge questi sono molto altalenanti: vedono un fine 2015 e un inizio 2016 peggiore rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, in quanto il prezzo medio di vendita si è abbassato”. Nonostante non manchino le dif-

ficoltà, secondo Boschi le possibilità non mancano: “Il punto forte della produzione italiana è data dalla caparbietà dei produttori italiani e da aziende tecnologicamente avanzate. Il punto critico – precisa però - è dato dai costi di gestione troppo alti e riconoscimenti troppo bassi rispetto ai concorrenti esteri”. La concorrenza insomma è spietata e gioca molto sul fattore prezzo. Anche per questo l’esportazione si sta dimostrando come una mission impossibile. “L’export è praticamente impossibile per le aziende italiane – ammette Boschi - in quanto i nostri primi competitors - i produttori polacchi in primis - hanno costi notevolmente più bassi e finanziamenti europei molto più alti e, non avendo l’euro, hanno un cambio favorevole”. Spostandoci nel Lazio, un’impresa di riferimento è senza dubbio Funghidea, op che sviluppa un

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FUNGHI

Un’estate troppo pesante con l’autunno in recupero

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FUNGHI

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fatturato di 11 milioni di euro, commercializzando il 60% del prodotto nei canali della gdo, il 30% verso i Mercati all’ingrosso e il 10% all’industria. Franco Mattozzi, amministratore di Funghidea, fa il punto della stagione: “I volumi sono più o meno stabili. A mancare sono i consumi, che sono in calo, anche per la competizione interna con gli altri ortaggi. Questo nonostante le tecniche di produzione siano migliorate, così come la qualità del prodotto. Il vero problema è che i funghi – sottolinea Mattozzi – sono conosciuti pochissimo dai consumatori. Non c’è una reale percezione del prodotto. Ecco perché diventa fondamentale puntare ed investire sul marketing e sulla comunicazione per diffondere la conoscenza del fungo e delle sue numerose proprietà”. Anche perché sulla carta le potenzialità dei funghi sono moltissime. “Lo reputo il prodotto del futuro – annuncia Mattozzi. “Ha molte proteine, non ha grassi, ha un terreno di coltura controllato al 100 per cento e si può coltivare ovunque. Non segue stagioni particolari. Si coltiva 12 mesi. Ma nonostante tutto i consumi latitano. Serve una svolta”. Ed è quello che ha intenzione di effettuare il neo consorzio per la valorizzazione del fungo italiano certificato, che sta cercando di muovere i primi passi con l’obiettivo di diffondere e far conoscere la coltura e la cultura del fungo coltivato, di alta qualità. A questa nuova iniziativa sono state coinvolte le principali realtà italiane del settore, che superano abbondantemente nel complesso il 50% della produzione nazionale. Un’altra importante area di produzione è in Romagna dove opera l’op Funghi Terre di Romagna, organizzazione di produttori che produce il 75% dei volumi sviluppati in Emilia Romagna. I vertici dell’op tracciano una panoramica sul comparto, il cui andamento rimane piuttosto stabile: “In quewww.corriereortofrutticolo.it

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Franco Mattozzi

sta stagione non ci sono state grosse differenze con quelle passate. I consumi sono concentrati nei periodi autunno invernali, essendo ancora radicata l'abitudine di consumare i funghi solamente in preparazioni culinarie che ne prevedono la cottura, mentre nelle stagioni più calde sarà nostro intento far conoscere i valori organolettici dei funghi champignon usati a crudo in insalata o in

abbinamento a piatti freddi con bresaola e insaccati. Sull’annata 2015-2016 in Romagna “il finale del 2015 ha registrato buone produzioni e di buona qualità, ma ci aspettiamo un inizio di primavera più difficile in quanto le rese produttive sono in calo e la disponibilità di substrato è diminuita. Quindi prevediamo qualche difficoltà a servire i nostri clienti”, spiegano dall’organizzazione di produttori romagnola. Puntando lo sguardo sul territorio italiano per capire quali siano i punti di forza e debolezza del settore dall’op spiegano come “le aziende agricole che coltivano funghi in Italia sono mediamente molto meccanizzate rispetto alla media di altri paesi d'Europa. La maggior parte delle imprese sono certificate e rispettano standard di produzione molto elevati. Di contro però sono penalizzate dai costi energetici e di manodopera più elevati che in molti paesi europei”, che di fatto annullano anche le possibilità di esportare il prodotto.

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