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Pro.vi.di.: testimone della vitivinicoltura siciliana

melissa sinibaldi

CONSORZIO Pro.vi.di.

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Il Consorzio Pro. Vi.Di. - Sicilia è stato costituito il 22 febbraio 2010 con sede in Palermo come associazione senza fini di lucro fra produttori di vini e distillati di Sicilia, prefiggendosi di valorizzare al massimo il territorio e i prodotti vitivinicoli siciliani con la mission di migliorare la competitività nazionale e internazionale in tutte le fasi della filiera: produzione, trasformazione e imbottigliamento.

TESTIMONE DELLA MILLENARIA VITIVINICOLTURA SICILIANA

Presieduto dall’avvocato Leonardo Agueci, oggi raggruppa circa 90 aziende rappresentative dell’intera isola. Pro.vi.di. evidenzia il valore dell’attività dei propri associati, sinonimo della consolidata e millenaria tradizione dell’enologia siciliana, oltre a esser partner ideale per il transfer del contenuto storico di ogni cantina verso il futuro. Gli obiettivi dell’associazione sono molteplici, fra i quali la diffusione dei principi e delle buone pratiche di sostenibilità sociale del mondo del vino, attraverso l’adozione di sistemi e modelli che non possono prescindere dalla vocazione dei territori, dalla salvaguardia del patrimonio genetico autoctono e dalla sostenibilità ambientale delle pratiche di coltivazione, elementi che divengono oggi

Le vigne alle pendici dell’Etna indispensabili per mitigare gli effetti dei importanti cambiamenti climatici in atto. Altro aspetto fondamentale è incentivare e facilitare la partecipazione e organizzazione di mostre, fiere, eventi o qualsivoglia iniziativa volta a favorire l’incontro fra l’offerta e la domanda, professionale e non. Senza scordarsi della valorizzazione dei rapporti tra vigna e cantina, tra prodotto e produttore, riaffermando i tratti tradizionali della professione e del ruolo del vignaiolo siciliano, ma anche valorizzandone la capacità innovativa e il suo legame col terroir, oltre alla capacità di scambio e collaborazione/ competizione con le realtà di tutto il mondo. Infine attuare strategie e azioni di marketing intelligente, promozione e comunicazione finalizzate alla conoscenza della reali potenzialità e opportunità dei mercati regionali, nazionali e internazionali in grado di veicolare il vino e i distillati d’uva, di vino e di vinacce come una componente dell’eccellenza del “Made in Italy” e per lo sviluppo competitivo del mercato dei vini siciliani nel mondo. La Sicilia enologica è oggi considerata un vero e proprio continente viticolo di gran vocazione, grazie alla sua variabilità pedoclimatica e alla ricca biodiversità. Si trova al centro del Mediterraneo e della cosiddetta “fascia del sole” settentrionale, dove si riscontrano le migliori condizioni di luminosità e temperatura per la coltivazione della vite. Le uve si coltivano dalle zone costiere dove il clima, spesso torrido, viene mitigato dalle brezze marine, alle zone montane, oltre i 1.100 metri d’altezza, per esempio sull’Etna dove il clima si caratterizza per consistenti sbalzi termici. I terreni, inoltre, rappresentano un’altra variabile di fondamentale importanza. È a tutti noto che

il suolo e il sottosuolo determinano l’originalità e la tipicità del vino, tant’è vero che i vini più famosi del mondo hanno origine pedologica ben definita, infatti la vite è l’unica pianta che, col suo frutto, sa esprimere il vero sapore della terra. Sono riscontrabili diverse associazioni di suoli che caratterizzano e tipicizzano le diverse aree di produzione, come i suoli d’origine vulcanica, i suoli rossi mediterranei, i suoli calcarei. La produzione vinicola siciliana è rivolta alla creazione di vini di qualità provenienti in particolare dai grandi vitigni autoctoni, come Nero d’Avola, Frappato, Nerello Mascalese, Inzolia, Grillo, Grecanico. Quest’approccio si esprime anche nella maggior attenzione alle tecniche di coltura e al mantenimento dell’equilibrio vegeto-produttivo della pianta, cruciale per garantire la qualità di un vino. Ma un contributo al successo e alla modernizzazione della produzione vinicola è stato apportato anche dalla reintroduzione in Sicilia di alcuni vitigni d’importanza internazionale, presenti già dalla fine del Settecento, come Cabernet, Merlot, Syrah, Chardonnay, Pinot. La valorizzazione delle produzioni fortemente legate al luogo d’origine, come i vitigni autoctoni, è testimoniata sopratutto dalla crescita sia delle produzioni a igt che doc. Il panorama varietale in Sicilia infatti è oggi rappresentato per l’80% da cultivars autoctone e per il 20% da varietà internazionali. Le varietà coltivate sono per il 64% bianche e per il 36% rosse. Quattro sono le macro-aree della vitivinicoltura siciliana. Nell’area centro-occidentale è allocata l’85% della produzione e comprende le province di Trapani, Palermo, Agrigento e in parte Caltanissetta. In questa macroarea la vite si coltiva dalle zone costiere fino ai a 700 metri d’altitudine nelle zone più interne e vi si riscontrano quasi tutte le tipologie di suoli dell’isola. I vitigni più diffusi sono: Nero d’Avola, Nerello mascalese, Perricone, Nerello cappuccio, Merlot, Syrah, Cabernet sauvignon, Catarratto, Inzolia, Grecanico, Grillo, Chardonnay. L’area nord-orientale, comprendente la provincia di Messina e la parte settentrionale della provincia di Catania, caratterizzata dalla viticoltura etnea, per le sue peculiarità può essere definita un’isola nell’isola. La composizione dei suoli vulcanici infatti conferisce ai vini una particolare e gradevole sensazione di mineralità, contribuendo, specialmente nei bianchi, a migliorarne la longevità. I vitigni autoctoni più diffusi sono il Nerello mascalese e il Carricante, fra gli internazionali si coltivano il Merlot e il Syrah. L’area sudorientale comprende la parte meridionale delle province di Caltanissetta e Catania e per intero le province di Ragusa e Siracusa. Si rinvengono diverse associazioni di suoli, ma si caratterizza per la prevalenza delle terre rosse mediterranee, soprattutto nella zona di produzione della docg Cerasuolo di Vittoria, e per i suoli bianchi a prevalente matrice calcarea nell’area delle doc Eloro, di Noto e del Moscato. L’area delle isole minori, Pantelleria e Isole Eolie, è caratterizzata da una pedogenesi vulcanica. Pantelleria è la “patria” dello Zibibbo e i vigneti sono ubicati dal livello del mare fino a oltre 500 metri d’altitudine. Nell’arcipelago eoliano la vite è coltivata soprattutto nelle isole di Salina, Lipari e Vulcano. Fra le varietà coltivate la più diffusa è la Malvasia di Lipari, allevata tradizionalmente a pergola bassa, che oggi viene sempre più spesso sostituita dal sistema a controspalliera. Tutto ciò a testimoniare che il vino e la vite accompagnano la storia della Sicilia sin dai suoi albori. Ma la strategia che in questa fase muove Providi è di andare addirittura oltre il vino perché se è vero che

Vigna ad alberello a Pantelleria

le cantine iscritte all’associazione producono addirittura oltre un terzo dell’uva da vinificare nell’isola, c’è anche voglia d’addentrarsi nell’universo delle altre eccellenze del gusto. Se infatti Providi è nota per aver raggruppato le cantine, insegnando a fare sistema nel campo della promozione e i risultati non mancano, dal Vinitaly, dove da anni occupa oltre mille metri quadrati di spazi espositivi, ora forte è la voglia d’andare oltre: “Vorremmo promuovere il nostro vino insieme a tutti gli altri prodotti della gastronomia, alle tradizioni, alla storia, alla cultura che nell’immaginario collettivo la Sicilia sollecita. Per questo vorremmo creare una struttura promozionale – affermano Antonino Li Volsi, esperto di finanza agevolata e internazionalizzazione, nonché direttore del Consorzio - che offra, oltre al vino, il meglio della pasticceria e dell’industria conserviera siciliana, insomma aprirci al mondo dell’alimentare per creare una filiera allargata. Un progetto che prevede anche l’apertura di uffici di rappresentanza che fungerebbero da ba-

A sinistra, grappoli di Nero d’Avola; a destra Il presidente Leonardo Agueci con il maestro Giacomo Tachis si nei Paesi nei quali andare a promuovere e vendere il ‘pacchetto’ gastronomico d’eccellenze siciliane, esigenza che si potrebbe condividere con altre filiere italiane interessate a programmi di promozione del made in Italy”. E in Providi c’è anche la volontà di uscire dallo schema tradizionale delle iniziative di promozione istituzionali: “Vorremmo approntare – continua Antonino Li Volsi - eventi e manifestazioni un po’ diverse dal tradizionale, per esempio ci piacerebbe portare esperti e appassionati del mondo del vino in Sicilia non solo per assaggiare i prodotti in un unico momento, ma in periodi diversi, per vedere come nasce e si evolve un vino e gli altri prodotti del made in Sicily. E poi, vista l’antica conoscenza e amicizia fra il nostro presidente, l’avvocato Agueci e il principe degli enologi italiani, il maestro Giacomo Tachis, scomparso nel 2016, che negli anni Novanta del Novecento tanto ha fatto per la rinascita dell’enologia Siciliana, abbiamo in programma di realizzare un grande evento che ripercorra le esperienze e i desiderata del grande enologo nell’ambito della vitivinicoltura del Mediterraneo, il ‘mare nostrum’ di latina memoria, veicolo di scambi di cultura, viti e vino, mare considerato culla della civiltà occidentale, luogo d’incontro e interconnessione fra tutti i popoli che da sempre vivono affacciati sulle sue coste”. Presidente Agueci, come sta il brand Sicilia, vede delle criticità nell’attuale panorama enologico? “O si danno delle regole più strette alla doc Sicilia – fa notare – o si rischia di danneggiare l’immagine del vino. Inoltre credo che bisogna lavorare ancora sul versante della qualità. Penso agli aromi primari e secondari, su cui siamo bravi. Meno sui terziari, che sono quelli che danno complessità e profondità a un vino e che fanno la grandezza di un territorio vitivinicolo. Poi serve un’opera di riqualificazione sui prodotti base, altrimenti perdiamo posizioni. Pensiamo al Nero d’Avola e alle sue opportunità sprecate...”. Eppure per Agueci ci sono anche delle vie d’uscita. E quindi punti di forza. “Focalizzandosi sulle caratteristiche che rendono unici i nostri vini e distillati, il brand Sicilia ha ancora una capacità di richiamo che altre regioni non hanno e tante opportunità da sfruttare. Si pensi per un attimo all’Etna, che è diventato patrimonio dell’Umanità e che ha vini unici per aromi, ma che possono diventare ancor più grandi”.

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