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Nuova cantina per Antonelli

“L’appetito vien mangiando oppure, meglio ancora, la sete vien bevendo!”. Filippo Antonelli, quarta generazione della famiglia che si occupa di vitivinicoltura fin dal 1881, con la sua proverbiale ironia ha usato questo simpatico modo di dire per presentare l’ultimo importante investimento che ha visto protagonista la storica cantina di San Marco a Montefalco.

andrea cappelli

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foto bruno bruchi

Lo scorso 15 settembre infatti c’è stato il taglio del nastro della nuova cantina, frutto di anni di lavoro che armonizzano e collegano il nuovo corpo all’edificio storico, dopo vent’anni dall’ultimo ampliamento strutturale datato 2001. Un appuntamento significativo non solo per questa realtà, eccellenza indiscussa del territorio, ma anche per tutto il mondo del vino umbro. Cuore dell’ampliamento i locali d’affinamento su 2 livelli sotterranei con la barriccaia, che ospita circa 70 tonneaux da 500 litri che corre lungo un balcone pensile che si affaccia, an-

cor più in basso, su un’ampia bottaia che ospita 45 botti grandi sia da 50 ettolitri su un’unica fila che da 25 ettolitri in 2 file sovrapposte. Al piano terra insiste invece una grande salone a vetri in continuità esterno-interno affacciato sui vigneti che sarà adibito per 2 mesi, tra il 15 ottobre e il 15 dicembre, all’appassimento delle uve per il Sagrantino passito – è infatti dotato di un sistema di bilance elettroniche che pesano le cassette per misurarne la perdita di peso, NUOVA CANTINA PER Antonelli SAN MARCO A MONTEFALCO

quindi avere un riscontro diretto sul grado d’appassimento – ma poi, per il resto dell’anno, dedicato all’enoturismo per eventi, incontri, degustazioni, matrimoni, cene, magari con una bella tavolata all’aperto nella capezzagna della vigna. “L’affaccio è intrigante perché esposto sul versante ovest della denominazione verso il tramonto – commenta il padrone di casa Filippo Antonelli – con una vista, oltre che sul nostro anfiteatro di vigne, che spazia dai monti Martani con alle pendici Giano dell’Umbria e Bastardo fino a Gualdo Cattaneo”. A collegare le 2 strutture, la nuova e quella storica, c’è un lungo e largo tunnel sotterraneo di raccordo dove, essendo la Antonelli San Marco una delle aziende più longeve della denominazione, saranno posizionate in scaffalature di ferro le bottiglie delle vecchie annate di Sagrantino, che torneranno in vendita dopo un certo di numero di anni: “Ma nel soppalco della barricaia vi sarà anche una nicchia per le annate più vecchie, le intoccabili, quelle che consideriamo la riserva di famiglia”, chiosa Filippo Antonelli. In ordine all’ampiezza, il piano terra è circa di 250

metri quadrati come la bottaia, qualcosa meno il soppalco dedicato al legno piccolo, oltre a circa 200 metri quadrati del tunnel di collegamento, senza scordare che tutti i piani sono dotati di controllo di umidità e temperatura: “Lo studio che ha progettato la nuova cantina è quello dell’architetto Cristiano Baldinotti di Foligno, che ha favorito il mio appetito, nel senso di spunti e idee, ma alla fine siamo anche esteticamente molto contenti del risultato raggiunto, pure per la bella sistemazione degli spazi verdi esterni”. L’evento si è aperto nel pomeriggio con una doppia verticale riservata alla stampa enoica in cui sono state direttamente le bottiglie ha raccontare la storia di quest’azienda composta da ben 190 ettari in un corpus unico al centro della denominazione, che dal 2009 ha effettuato la conversione integrale all’agricoltura biologica certificata per tutte le produzioni. Una cantina il cui parco vigneti insite in località San Marco, considerata una sorta di “grand cru”, certamente uno degli areali più vocati di Montefalco. Guidate dal critico enogastronomico Antonio Boco col supporto del winemaker Paolo Salvi e dell’enologo residente Massimiliano Caburazzi, le 2 degustazioni hanno visto protagonisti il Montefalco Sagrantino e il Trebbiano Spoletino, davanti a un parterre di giornalisti specializzati provenienti da tutta Italia. “Sono poche le aziende che a Montefalco possono permettersi verticali di questo tipo, ed Antonelli è una di queste” ha commentato Boco. Col riconoscimento della doc nel 1979 e della docg nel 1992, si capisce come le aziende che possano permettersi delle verticali di una buona profondità si possono contare sulle dita di una mano. Antonelli – San Marco, tra le aziende storiche della denominazione - il primo imbottigliamento è con la vendemmia 1979 - non solo può permetterselo, ma si impone riferimento indiscusso del territorio. Filippo Antonelli è tra i primi a credere nel recupero del vitigno autoctono Trebbiano Spoletino, le cui radici storiche sono ben supportate dalla letteratura che lo vedevano, tradizionalmente, maritato all’olmo o all’acero. La verticale del “Trebium” che, allevato a guyot e raccolto fra fine settembre e fine ottobre, è sottoposto in parte a breve macerazione sulle bucce, parziale fermentazione in botti grandi di rovere austriaco con sosta sui lieviti per circa 6 mesi, ha visto protagoniste le annate 2021, 2019, 2016, 2013, 2010, 2007, prima vendemmia prodotta. Un vitigno dinamico che, anche grazie alla sua natura tardiva che lo avvantaggia nel cambiamento climatico, garantisce complessità, freschezza, mineralità e quella ricchezza gustativa che si pone centrale in un profilo ben definito da acidità decisa e scia sapida, rendendo il sorso sempre più intrigante col trascorrere del tempo. Infatti l’interessante verticale ha dimostrato che questo bianco non smette d’evolvere nel calice e regala ottime soddisfazioni negli anni. A seguire la verticale di Sagrantino annata – la prima etichetta aziendale data al 1981 - la cui macerazione va dai 25 ai 40 giorni, la maturazione è prevalentemente in botti grandi per almeno 18 mesi e poi bottiglia dopo una sosta in cemento, con le vendemmie 1988, 1996, 1999, 2001, 2008, 2016. Quello del grande artigiano del vino Filippo Antonelli per il Sagrantino, un vino figlio del sole del Mediterraneo del sud, è un approccio molto territoriale, alla continua ricerca dell’equilibrio con una spiccata aromaticità. A seguire una grande festa, che ha visto Filippo anfitrione della serata, a cui hanno partecipato molte personalità come il vicepresidente della giunta regionale nonché assessore all’agricoltura Roberto Morroni, il sindaco di Montefalco Luigi Titta, il presidente nazionale dell’Ais Sandro Camilli. I palati sono stati deliziati con le focacce di Meunier Pizza&Champagne di Corciano, grazie alle pluripremiate pizze di Pietro Marchi farcite con i salumi artigianali di casa Antonelli, accompagnate col nuovo metodo classico Antonelli di Trebbiano spoletino. A seguire la cena, curata dallo chef Giulio Gigli del ristorante Une di Capodacqua di Foligno, cucina in crescita costante anche nel panorama nazionale, che ha proposto come antipasto “porro confit al sumac, hollan-

daise al biber, nocciole e melograno”, come primo piatto “grattoni di antichi grani, topinanbur al cartoccio e anguilla del Trasimeno”, come secondo piatto “costata di manzo maturata 99 giorni, porcini, emulsione al miso, portulaca e lime” per fine con dessert “brioche di Pietro Marchi, gelato di Amandola al nostro Sagrantino e Vermouth”, il tutto annaffiato sia con le annate correnti di tutta la gamma aziendale che con alcune affascinanti vecchie annate. “Lo spazio della precedente cantina ci stava ormai un po’ stretto – ha affermato durante la serata Filippo Antonelli – e ci siamo quindi ampliati anche per necessità, facendo vini da lungo affinamento e ora anche per la novità, che ruba tanto spazio, del metodo classico di Trebbiano Spoletino per il quale usciamo oggi con un ‘anno zero’ e solo mille bottiglie della vendemmia 2019, che ha maturato 2 anni sui lieviti. Dal primo risultato sono evidenti sul bicchiere tutti i caratteri del Trebbiano Spoletino, che credo si presti molto bene alla spumantizzazione. Comunque da ora in avanti l’intenzione è di crescere solo ed esclusivamente dal punto di vista qualitativo e non quantitativo”. Ma avete anche operato un riassetto degli spazi della vecchia cantina... “Nel segno di una miglior logistica delle lavorazioni, vi rimarrà tutto il settore vinificazione, mentre verrà ampliato il reparto dedicato allo stoccaggio in cestoni del vino imbottigliato ma non confezionato e un locale sarà dedicato alla nuova generazione delle vasche di cemento, di cui ne abbiamo già 6 da 45 ettolitri”. Accanto alla cantina c’è anche un impianto di fitodepurazione con un boschetto di pioppi... “E’ un impianto sperimentale di fitodepurazione confinata, cioè mentre normalmente ci sono piante che filtrano ma poi esce dell’acqua, in questo caso non esce nulla, tutta l’acqua viene consumata per evapotraspirazione dalle foglie di questi pioppi particolari che hanno radici che vivono in simbiosi con dei batteri che gli danno la capacità di resistere alle acque reflue della cantina, così si accende un’irrigazione a goccia sotterranea che fornisce l’acqua a queste radici”. Anche il parco vigneti è completo? “Oggi siamo a circa 55 ettari, anche se una parte devono entrare ancora in produzione, ma vorrei arrivare a breve a 60 ettari che considero il termine del mio progetto enologico per una produzione complessiva di circa 4/500mila bottiglie. Personalmente credo che se si rincorrono i numeri non si finisce mai di crescere, alla fine a discapito magari della qualità perché oltre un certo livello non si riesce a seguire tutte vigne alla perfezione. Quindi ci vorremmo concentrare per i prossimi anni solo a fare vini sempre più buoni!”

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