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Il Museo della Civiltà Contadina a Rocca di Montemassi

Rocca di Montemassi, è una realtà agricola maremmana che si protende verso le colline metallifere

Il Museo da un lato e verso il mare dall’altro, racchiudendo le molte anime di quest’angolo di Maremma Toscana. della Civiltà Contadina

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della Tenuta Rocca di Montemassi

UN LUOGO PENSATO PER RACCONTARE L’ANTICA CULTURA CONTADINA, I SUOI MESTIERI E LE SUE TRADIZIONI

La fattoria insiste nella parte finale della valle sotto il centro storico di Roccastrada, tutta contornata nelle alture di suggestivi paesini medievali ed è proprietà della famiglia Zonin, che in poco più quattro lustri è divenuta protagonista della sua storia moderna. La tenuta, che si trova in località Pian del Bichi dalle parti di Ribolla, si estende per complessivi 430 ettari, di cui 170 dedicati al parco vigneti che, disteso su poggi e dolci declivi, accoglie vitigni autoctoni e internazionali da cui nascono vini importanti, pieni di forza e carattere, 12 di oliveti con decine d’olivi secolari per la produzione di un ottimo olio extravergine d’oliva e circa 200 ettari di seminativi. I proprietari, fin dall’acquisizione nel lontano 1999, hanno sempre mantenuto un approccio estremamente coerente con la tradizione della selvaggia terra dei butteri e dei briganti, a partire dalla ristrutturazione conservativa degli edifici, un intervento che è stato quanto più rispettoso possibile delle strutture pre-esistenti e architettonicamente conforme alle costruzioni del contesto rurale maremmano. Così l’imponente casa padronale, circondata da vasti giardini con uno splendido laghetto, è stata riportata all’antico splendore, lasciandone intatto lo stile originario. Contemporaneamente sono stati realizzati il wine shop, il centro di rappresentanza e naturalmente la cantina, progettata per offrire supporti tecnologici d’avanguardia al fine di produrre vini d’alta qualità, senza trascurare la sostenibilità eco-ambientale, tema sempre più centrale per l’azienda. Così all’interno di questa cornice diventa essenziale l’incoming enoturistico, coi tour che permettono di descrivere e raccontare le variegate attività della tenuta, consentendo agli ospiti d’entrare in contatto sia con la realtà produttiva che con la magia dei sognanti paesaggi maremmani. E da qualche anno è partita anche l’attività d’agriturismo con la realizzazione di 6 camere nella struttura adiacente al centro direzionale, il cui numero limitato assicura agli ospiti assoluta pace e tranquillità, ma vengono proposti pure percorsi d’esperienza enogastronomica in abbinamento con i vini. La foresteria, una contemporanea enoteca con cucina, è aperta per pranzo e su prenotazione anche a cena, con possibilità di mettere a tavola anche gruppi, offrendo piatti di cucina regionale basati sulla stagionalità sapientemente preparati da cuoche del luogo, le cui verdure provengono direttamente dall’orto aziendale, di cui simbolo è il famoso carciofo autoctono maremmano. Ma Rocca di Montemassi si presta benissimo anche come spettacolare location per matrimoni ed eventi, avendo

questi ampi spazi tipici delle campagne maremmane, oggi quanto mai ambiti, come il prato davanti al lago. Ma Rocca di Montemassi, per precisa volontà della proprietà, si configura come una vera e propria fattoria toscana, infatti accanto alle importanti produzioni vitivinicole – si parla complessivamente di ben 500mila bottiglie - l’attenzione è stata posta sulla cerealicoltura e dal 2017 sull’allevamento totalmente allo stato brado della vacca maremmana col toro e circa 20 fattrici e di 60 suini di razza Cinta Senese - pregiate carni che gli ospiti possono degustare presso la foresteria - oltre alla cura e ampliamento dell’oliveto per finire con un orto sperimentale, alberi da frutta e la messa a dimora di centinaia di pini marittimi, oleandri, sughere, ginestre e corbezzoli per esaltare, attraverso le tipiche piante ed essenze mediterranee, il paesaggio e l’identità maremmana. Ma, oltre a tutto ciò, la tenuta nasconde un piccolo gioiello inatteso, il “Museo della Civiltà Rurale”, inaugurato il 26 maggio 2007: “A testimonianza delle più antiche e genuine tradizioni della cultura e della civiltà contadina in Toscana affinché le giovani generazioni continuino a coltivare nei loro cuori la passione per la terra e il rispetto per i suoi valori”, come si legge nella targa di marmo posta all’ingresso. Un unicum che, ospitato in un’apposita ala della struttura padronale, racconta gli ultimi secoli di storia dell’agricoltura toscana, catturando l’anima di questa terra, a testimonianza di un mondo ormai scomparso, quello contadino d’una volta con la sua cultura, le sue usanze, i suoi tempi, i suoi strumenti di lavoro. Il museo è una ricca collezione, che immediatamente incanta e trasporta in un mondo lontano, fatto di piccoli oggetti, utensili e macchinari, attori di storie concrete di lavoro e fatica, risultato di una gran ricerca d’oggetti e strumenti legati al mondo contadino e alle sue tradizioni. Il progetto è stato curato dal professor Mauro Zocchetta, docente presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia ed esperto di scenografia teatrale e allestimento museale. La raccolta si compone di oltre 3.000 pezzi dal Settecento alla Seconda Guerra Mondiale che narrano lo stile di vita contadino precedente al processo di moderna industrializzazione che ha caratterizzato l’Italia nel secondo Dopoguerra. Il viaggio si sviluppa in un percorso che descrive i diversi lavori agricoli in differenti ambiti produttivi, durante il quale il visitatore può percepire quanto il lavoro e lo stile di vita fossero uniti e indistinguibili, quanto attraverso il rispetto e la valorizzazione di quel passato familiare e lavorativo si possa mantenere memoria di un territorio. La visita ha inizio con la ricostruzione di una cantina con tutte le attrezzature per la produzione del vino, mantenendo così una continuità naturale col contesto della Tenuta. Tra i vari strumenti, di particolare interesse una pressa, un colino

per filtrare il vino, una vera e propria macchina per l’imbottigliamento, che attraverso un meccanismo semplice e quasi rudimentale consentiva di velocizzare il lavoro e renderlo più agevole. Procedendo lungo il percorso si rivivono le diverse attività: la lavorazione dei campi e le semine, la cui descrizione è fornita non solo dal grande aratro e dai tanti strumenti, ma da una grande riproduzione fotografica che in maniera immediata e diretta racconta lo strenuo lavoro richiesto nei campi. Altre fasi del lavoro sono illustrate in dettaglio e con una gran varietà d’oggetti, quali pompe a spalla, macchine seminatrici, cesoie, forconi e tagliafieno. Segue una sezione dedicata al trasporto con un bell’esemplare di carro toscano, gioghi e corde che portano al centro del racconto la vacca maremmana, animale possente e forte capace di gestire il lavoro in un ambiente difficile e duro come la Maremma; si passa alla mietitura, coi falcetti, le pale per battere il grano sull’aia e i vagli per pulire i chicchi dalla lolla, come anche alla raccolta delle olive e della frutta con rastrelli, ceste per la raccolta e la conservazione. La parte del Museo dedicata alle attività produttive si chiude con oggetti che raccontano il taglio del bosco, attività anche questa fondamentale anche per la dimensione domestica delle famiglie perché con la legna si scaldavano le case, si attizzavano i fuochi delle cucine, si costruivano gli utensili da lavoro. Il visitatore durante tutto il percorso è trasportato dal profumo del legno, dalle immagini alle pareti e dalla luce che entra dalle grandi finestre degli ambienti, dando così la sensazione che non ci sia più distinzione tra dentro e fuori. Si arriva così alla parte dedicata all’economia domestica, estremamente ricca e dettagliata, in cui viene valorizzato il lavoro femminile all’interno della famiglia con compiti che non si esaurivano nei lavori domestici ma comprendevano anche tessere e intrecciare tessuti o vimini, riparare utensili e sostituire lo stagnino nelle pentole, contribuendo in maniera attiva alla vita economica familiare. Ampio risalto è dato poi ad attività come il calzolaio, il carpentiere e il fabbro così come al lavoro degli artigiani e degli ambulanti, il più famoso dei quali è l’arrotino. Il percorso termina con una piccola sezione legata ai giochi: giochi oggi dimenticati come la trottola, le bocce o il cerchio che lasciano intravedere bambini sorridenti giocare all’aperto nell’aia del podere. Quando si esce dal Museo al termine della visita si ha davvero l’impressione di non aver semplicemente osservato oggetti disposti in delle stanze, ma di aver respirato attraverso quegli oggetti una cultura, delle usanze, un intero mondo d’esperienze e di vita. Il Museo della Civiltà contadina, con la sua narrazione, è insieme esperienza dei luoghi, conoscenza degli uomini e percezione della storia. Aperto al pubblico su prenotazione e inserito dal

2018 nella Rete Museale della Provincia di Grosseto - Musei di Maremma (museidimaremma.it), è davvero interessante e merita sicuramente una visita, consigliabile anche a docenti e alunni delle scuole e più in generale alle famiglie. Ma andiamo ad approfondire questa intrigante realtà con Laura Mari, memoria storica della tenuta... “L’idea del museo, che è un percorso di ricostruzione del modello economico-sociale poderale, quindi la fotografia del modello di lavoro e di vita della società mezzadrile, origina dalla forte attenzione e grande passione della famiglia per le vere, secolari tradizioni culturali rurali. E quale miglior posto dove realizzarlo se non in Maremma, l’areale della Toscana da sempre e ancor oggi più intrinsecamente legato all’agricoltura? E pensate che sono stati proprio i signori Gianni e Silvana a reperire personalmente i tanti pezzi che sono andati poi a comporre l’esposizione, si può dire una collezione lunga una vita. Il museo rappresenta una passeggiata nel nostro passato contadino, della cui realizzazione si è occupata una società specializzata in scenografie teatrali, infatti la grande differenza la fa proprio la modalità in cui sono stati disposti gli oggetti, che crea un indubbio impatto emotivo”. A dirigere la struttura con impegno e determinazione il giovane e dinamico piemontese Alessandro Gallo con una passione viscerale per la Toscana e il mondo del vino: “Dal 2004 sono direttore della Tenuta Castello di Albola in Chianti Classico e dal 2016 ho assunto anche la direzione di Rocca di Montemassi, per la quale tengo molto a rafforzare l’immagine di azienda agricola radicata nella tradizione rurale della Maremma con l’obiettivo di diventare una ‘farm’ proiettata verso un’economia circolare. Vorrei che Rocca di Montemassi fosse un’azienda aperta e ospitale, affinché si crei un proficuo sistema di relazioni e connessioni col mondo esterno. Senza scordare che tutta la superficie produttiva è certificata biologica, cosa non scontata vista l’enorme estensione territoriale della tenuta. Da quando abbiamo intrapreso la via dell’organico, abbiamo notato un aumento notevole della biodiversità, la terra è più viva!”. Come vivi la realtà del museo? “Svela la nostra anima profondamente agricola, che ogni tanto ci fa fermare per guardarsi indietro, da dove si è partiti, magari solo per un minuto e poi proiettarsi sempre avanti”. Così, a distanza di poco più di vent’anni dall’avvio di questo progetto d’ampio respiro, oggi Rocca di Montemassi è pronta a diventare un punto di riferimento per l’intero territorio della Maremma non solo come nome di prestigio nel panorama agricolo ed enologico, ma anche per l’ospitalità agrituristica ed enogastronomica, culla della cultura e della memoria, nel segno della massima integrazione con il territorio sia a livello di contesto ambientale che sociale.

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