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Usiglian del Vescovo, il genus loci dei “vini di sabbia”
DALLE DUNE DEL “MARE” DI PISA, Usiglian del Vescovo IL GENUS LOCI DEI “VINI DI SABBIA”
giada sanchini Situata su un terroir unico, caratterizzato dall’alternarsi dei dolci rilievi e delle rilevanti pendenze della Valdera, all’interno del comune di Palaia in provincia di Pisa, a una decina di chilometri in linea d’aria a sud-est di San Miniato, dalla tenuta Usiglian del Vescovo si possono intravedere addirittura alcuni scorci del Mar Tirreno.
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Una location strategica fin dall’Alto Medioevo, infatti il primo atto che ne attesta l’esistenza risale al 1078, quando la grancontessa Matilde di Canossa, potente feudataria che arrivò a dominare tutti i territori italici a nord dello Stato Pontifico e ardente sostenitrice del papato nella lotta per le investiture, per risolvere una contesa che vide come protagonisti il Vescovo di Pisa e quello di Lucca, donò a quest’ultimo il feudo di “Usigliano di Palaia”, nel tempo meglio conosciuto come “Usiglian del Vescovo” che allora constava di circa duemila ettari di terreni e al vescovo di Pisa il possesso di Palaia. A tale epoca risale la costruzione del castello, dove la prima produzione di vino risale al 1083, quando il Vescovo di Lucca ordinò di piantare viti nella Corte del feudo di Usigliano, destinando il vino ai sacerdoti per officiar messa. Nel corso dei secoli successivi Usiglian del Vescovo attraversò innumerevoli vicissitudini storiche, divenendo oggetto di continue rivendicazioni da parte della Repubblica di Pisa per poi passare sotto al controllo di Firenze nel 1406, fino a quando nel 1495, col decisivo contributo degli abitanti della zona, i pisani occuparono il fortilizio, mettendo in fuga la guarnigione fiorentina. Ma Firenze, per riconquistare la proprietà, inviò un esercito guidato da Rinuccio De’ Baschi di Marciana e, una volta ripreso possesso del castello nel 1509, lo saccheggiò e lo devastò, mentre la fattoria fu dimezzata e poi ulteriormente ridotta per la cessione di alcuni poderi. Tornato sotto il dominio fiorentino in Epoca Rinascimentale, per i 3 secoli consecutivi Usigliano visse un lungo periodo di stabilità politica. Così la fattoria di Usigliano – il toponimo sembra derivare da un antico tempio dedicato a Giano e pare voglia dire “ad auxilium Janus”, in aiuto di Giano – da presidio militare si trasformò in elegante villa fattoria e accanto all’edificio principale trovarono luogo anche gli edifici necessari per la lavorazione e conservazione dei prodotti della terra. Nel corso dei secoli Usigliano ha mantenuto fino ai nostri giorni la sua identità di piccolo e operoso borgo agricolo. La proprietà subentrata nel 2001, che fa capo alla signora Luisa Angelini, tra progetti innovativi e nuovi impulsi, ha portato una brezza di rinnovamento, puntando sulla valorizzazione di una produzione agricola d’alta qualità, sull’agricoltura sostenibile e sulla tutela del terroir. Oggi Usiglian del Vescovo si estende su 160 ettari complessivi, dei quali 17 di vigneti (che a breve arriveranno a 20), 15 ettari di oliveti e il restante boschi. Al centro della tenuta si colloca la villa, che ancora conserva tracce delle fondamenta dell’antico maniero, residenza padronale e anticamente centro agricolo della fattoria, alla quale facevano riferimento per il conferimento di tutte le produzioni mezzadrili i poderi
Francesco Lomi
disseminati nella proprietà: Casabianca, Fanuccio, i Pini, Fomace, Vico, Casina, Usigliano, il Poggio e Val di Strame. I nostri terreni sono costituiti dalle sabbie del mediterraneo spinte lungo le vallate dei fiumi. Alla fine della crisi del Messiniano (circa 5 milioni di anni fa) e depositate con tutte le conchiglie e il fitoplancton del fondale marino e rimaste sui pianori delle nostre colline. La loro composizione è ricca di minerali. Il clima è particolarmente favorevole alla viticoltura, caratterizzato da una regolare piovosità, da una ventilazione costante e estati calde e aride mitigate da importanti escursioni termiche notturne. Le viti sono allevate a cordone speronato con una densità di 5.000 piante a ettaro e il parco vigneti, tra i più alti della provincia di Pisa, è caratterizzato da oltre 20 piccole vigne coltivate con vitigni a bacca rossa come Sangiovese, Merlot, Syrah, e a bacca bianca, come Chardonnay e Viognier, le cui uve sono vinificate separatamente per esaltarne le caratteristiche peculiarità. Le diverse esposizioni delle vigne creano differenti microclimi con conseguente eterogeneità di maturazioni e caratteristiche organolettiche, pur all’interno della stessa tipologia di vitigno. La raccolta in vigna è gestita da mani esperte in grado di selezionare le uve e in cantina la cernita visiva acino per acino è un passaggio fondamentale per l’alta qualità dei vini che caratterizza tutta la produzione che si attesta sulle 100mila bottiglie, andando dal Chianti Superiore docg agli Igt Toscana (dai rossi Il MilleEottantatre, Il Grullaio e Mora del Roveto al rosato Il Sangiosé, al bianco Il Ginestraio), dal doc Terre di Pisa Il Barbiglione al bianco Il MilleEsettantotto Costa Toscana igt, dallo Spumante Metodo Classico
Brut Rosé Il Bruvé al Vin Santo del Chianti Occhio di Pernice. Così i vini, che fanno dell’armonia e dell’eleganza la loro caratteristica principale, si presentano leggeri e aromatici. Ma l’azienda, con le sue 3.000 piante d’olivo appartenenti in prevalenza alle classiche cultivar toscane Frantoio, Leccino e Moraiolo, oltre all’autoctona Razza, produce anche un ottimo olio extravergine d’oliva. La nuova cantina, completata nel 2004 e armonicamente inserita nel verde di uno degli oliveti, è articolata su 2 livelli, permettendo il carico e lo scarico dei tini di fermentazione per gravità. Il reparto vinificazione utilizza vasche d’acciaio inox termoregolate. Oltre al reparto di vinificazione e stoccaggio, la nuova struttura ospita i locali per l’affinamento in bottiglia a temperatura controllata e la linea d’imbottigliamento, etichettatura e confezionamento. Mix accurato tra moderne tecnologie e sapere antico, in cantina la lavorazione tradizionale è affiancata da avanzate macchine enologiche che permettono di far esprimere al meglio le potenzialità di ogni vitigno. Così l’acino d’uva si trasforma nella sua nuova veste e i vini evolvono in serbatoi di svariate forme e materiali come cemento, acciaio, legno e cocciopesto. La vicinanza al mar Tirreno, che dista solo 30 chilometri in linea d’aria – davanti vi è Marina di Pisa e nelle belle giornate di tramontana si vedono anche le isole dell’Arcipelago Toscanao - da una parte e dall’altra il Monte Pisano con tutto il corollario delle Alpi Apuane, rendono l’ambiente ottimale per una viticoltura d’alta qualità, conferendo ai vini personalità unica ed eccezionali doti di sapidità e freschezza. La cantina d’invecchiamento e la sala di rappresentanza, destinata alle degustazioni, sono stati ricavati in alcuni locali medievali sottostanti della villa, che da sempre hanno ospitato il frantoio e la cantina, trasmettendo immediatamente un’aura di storicità e autenticità. Nel 2003 questi ambienti sono stati completamente ristrutturati e sono in grado d’ospitare i fusti di legno di piccola e grande capacità, assicurando la temperatura e l’umidità ideali. Dall’antica barriccaia si accede poi a un suggestivo tunnel sotterraneo scavato sotto il giardino della villa che dalle cantine sbuca nella valle limitrofa, servendo anticamente come via di fuga in caso d’assedio. La conduzione dell’azienda è affidata dal 2009 a Francesco Lomi, responsabile della parte agronomica e
della produzione, mentre Federico Ricci è, anch’egli dal 2009, il consulente per quanto riguarda la parte enologica, lavorando con una precisa concezione di prospettiva futura nell’ottica di produrre vini da lungo invecchiamento. “Con l’arrivo della nuova proprietà, dal 2001 fino al 2007 è stato operato un importante intervento di riqualificazione vitivinicola dei terreni e dei sistemi di produzione. Da allora la filosofia di produzione si incentra intorno a 3 pilastri – spiega il direttore Francesco Lomi - è convintamente biologica, sicuramente etica e fortemente sostenibile. Il connubio tra natura incontaminata, memoria storica e moderne tecniche fornite dalla ricerca scientifica in campo agronomico hanno consentito d’orientarsi verso un’agricoltura di tipo sostenibile che tuteli il territorio e sia in grado di puntare a un prodotto d’alta qualità, che abbia impresso tutto il carattere e l’energia del luogo in cui nasce. La nostra concezione d’agricoltura bio – siamo certificati dal 2017 – è basata su un profondo rispetto della terra su cui lavoriamo, significa che ci sforziamo di preservare la fertilità dei suoli non solo per i nostri vini, ma anche per le generazioni future che vivranno e lavoreranno su questa terra. Così crediamo fortemente che proprio nella biodiversità si nasconda il segreto per produzioni buone, sane e giuste. Infatti l’ambiente dove si vive, se impariamo ad ascoltarlo e rispettarlo, ci guida nella giusta direzione per esaltare le percezioni aromatiche e gustative dei frutti della terra, come le nostre uve e le nostre olive. Ci prendiamo cura dei vigneti in maniera esclusivamente manuale per rispettarne gli equilibri, garantire i livelli occupazionali e tenere sempre alta l’asticella della qualità, affidandoci ai metodi della tradizione,
ma tenendo anche ben presente l’innovazione, perché i frutti possano esprimere tutta la loro potenzialità in un ecosistema che preserviamo incontaminato. Questo nostro approccio si riflette in ogni scelta: dalle pratiche come il sovescio e gli sfalci selettivi che apportano concimazione organica e fertilità vitale al terreno sabbioso, alle produzioni per ettaro molto basse, alla potatura differenziata di ogni nostra vite mirata a raggiungere la miglior armonia sensoriale. Usiamo l’acqua recuperata dai tetti in inverno per tutti gli usi agricoli per ottimizzare il consumo di questa risorsa e non sottrarre acqua potabile all’umanità. Il nostro impegno è mirato a creare una fertilità di lunga durata per rafforzare la complessità vitale delle radici e delle foglie delle nostre piante, rendendole capaci d’estrarre nutrimento dai granelli di sabbia ricchissimi di composti fondamentali per la vita, che poi saranno trasferiti all’interno dell’acino e infine nel vino. Ma oltre ai vigneti, curiamo anche i vini e la nostra immagine facendo ricorso a materiali il più possibile riciclati, riciclabili e sostenibili. Oggi ci sentiamo custodi di questo territorio meraviglioso ma per sua natura fragile e questo per noi è un autentico privilegio. Senza scordare che siamo una cantina aperta, cioè siamo ben felici d’accogliere i nostri ospiti per visite e degustazioni”. Punto di forza dell’appassionato progetto di Usiglian del Vescono sono le persone che lo compongono, un gruppo coeso e dotato d’alte competenze che, assecondando le caratteristiche di quest’antico terroir, cerca di realizzare le migliori produzioni possibili dal punto di vista qualitativo all’interno di una cornice paesaggistica incantevole, dove convivono natura, storia e avanguardia.