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Hanami: la vie en rosè di Cantine Fina

Hanami melissa sinibaldi

Bruno Fina iniziò a lavorare nel mondo del vino nei primi anni Ottanta, anche se la svolta per la sua carriera arrivò nel 1993 quando, entrato come enologo presso l’Istituto Regionale della Vite e del Vino di Palermo, cominciò a collaborare col grande enologo

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Giacomo Tachis che in quegli anni, come consulente esterno, stava svolgendo uno studio sperimentale sul territorio siciliano che in poco tempo cambierà il corso dell’enologia isolana, proclamando la Sicilia

“continente enoico”.

LA VIE EN ROSÈ DI CANTINE FINA, DALL’ ETNA AL SOL LEVANTE

Per le condizioni climatiche, le temperature miti, le terre collinari, la leggera brezza marina e il sole, questa regione di millenaria vocazione alla viticoltura, che affonda le proprie radici già ai tempi della civiltà greca, presenta un ambiente perfetto per la coltivazione della vite e la produzione di vino. “Da subito con quest’uomo di gran rigore morale e sicura onestà intellettuale – racconta Bruno, allora giovane enologo responsabile delle microvinificazioni della cantina sperimentale di Virzì - nacquero un’amicizia e un’ammirazione intense, avendo l’incredibile opportunità di vinificare tantissime varietà, sia autoctone che alloctone, che erano coltivate in tutto il territorio regionale nei vari campi sperimentali. Ho avuto il privilegio di passare molto tempo con lui, circa 10 anni, ascoltando i suoi preziosi indirizzi – le direttive le trasmetteva sempre scritte rigorosamente a mano, tramite fax - che sono stati di fondamentale importanza nel proseguo della mia vita professionale”. Fina deve infatti al suo compianto maestro, scomparso nel 2016, l’idea di mettersi in gioco e creare assieme ai figli Marco, Sergio e Federica una propria azienda vitivinicola: era il momento giusto per questo gran passo, essendo un periodo ricco d’opportunità per la Sicilia, che stava iniziando a sviluppare ciò che la sperimentazione andava dimostrando, cioè che l’isola poteva produrre vini d’altissimo pregio. Bruno Fina inizia

così ad acquistare e trasformare con criteri seri e innovativi uve internazionali di pregio, Cabernet Sauvignon e Merlot in primis per quanto riguarda i rossi e Chardonnay per il bianco, varietà allora poco conosciute in Sicilia. Al principio dell’attività vendeva sfuso il suo vino, seppur ottenuto da uve d’alta qualità con criteri di vinificazione moderni e innovativi poi con la vendemmia 2002 la prima etichetta del “Caro Maestro”, dedicato a colui che in famiglia chiamavano “zio Giacomo”, complesso blend bordolese “alla Tachis”: se il Cabernet Sauvignon (60%) contribuisce con la sua forza d’erba matura, il Merlot (30%) è vellutato e ricorda un po’ un buon sigaro, mentre il Petit verdot è speziato come il pepe nero, quello che spicca è sicuramente il caldo “terroir Sicilia” con tutto il suo sole. Ma è nel 2005 che si concretizza il sogno più grande di Bruno ovvero la costruzione della propria cantina, la cui forma e il color bianco sahariano la fanno somigliare a un antico baglio, donando un tocco d’esotismo a queste colline del trapanese. L’edificio, riprendendo una suggestiva architettura orientaleggiante, vuol sottolineare l’influenza che la cultura araba ha avuto su questa parte di Sicilia Occidentale, dove tante dominazioni si sono incontrate e fuse nel corso dei secoli. Bruno vuol mostrare prima ai siciliani e poi al mondo tutto il valore delle potenzialità enoiche ancora inespresse dell’isola, non facendo vini alla moda, ma ricercando solo qualità ed eleganza. A pochi passi da Marsala - la più occidentale delle città siciliane, dove un vento mediterraneo carico di sale accarezza le uve, mentre il sole cocente le fa maturare perfettamente - le “Cantine Fina” in contrada Bausa sono una finestra privilegiata sulla “Riserva Naturale delle Isole dello Stagnone”, creata nel 1984 e caratterizzata da acque molto basse: qui il clima particolarmente mite e ricco di storia, natura incontaminata, saline ancora in attività e una vasta rappresentanza di fauna volatile e piante alofite (cioè in grado d’inserirsi e prosperare su terreni con elevata concentrazione salina), fanno di questo territorio un luogo davvero magico. E proprio in quest’area la viticoltura ha trovato il suo spazio in equilibrio con la natura, visto che la coltivazione della vite risale addirittura all’epoca dei Fenici. L’azienda è sita su un promontorio da cui si gode di una vista mozzafiato: guardando verso occidente si ammira la misteriosa e in-

cantanta isola di Mothia, più lontano Favignana e le isole Egadi (Levanzo e Marettimo), volgendo lo sguardo verso nord si intravede in lontananza il monte di Erice, che si riconosce dalla nuvola sempre presente e in fondo s’intravede San Vito Lo Capo. Un terroir soleggiato e carezzato dai venti, dove il mare rende sapida la terra e tutto ciò che ne nasce porta dentro un sapore deciso e un forte carattere. La zona è infatti influenzata particolarmente dalla vicinanza dello Stretto di Sicilia, che dona sapidità e da un terreno a medio impasto argilloso nell’interno e più sabbioso nei suoli costieri. La cantina di Bruno, che fa convivere senza problemi i vini da vitigni internazionali con quelli autoctoni, sottolineando che a vincere è sempre il terroir, è una struttura efficiente, di moderna concezione e tecnologicamente avanzata, nella quale il fondatore ha trasmesso tutta la sua passione per la razionalità dell’organizzazione di spazi e processi, al fine d’ottenere una resa ottimale delle uve: “Bisogna conoscere il terroir siciliano per personalizzare i vitigni internazionali – commenta Bruno - anche se non trascuriamo affatto, seguendo la visione del mio maestro, la valorizzazione dei vitigni autoctoni siciliani. Perciò quando si parla di Sicilia continente enoico non si ‘babbìa’ (non si scherza, ndr)!”. Fiore all’occhiello sono senz’altro il reparto vinificazione, che oggi permette una lavorazione nel massimo rispetto dell’integrità del frutto e la barricaia, dalla capacità totale, fra barriques e botti grandi, di circa 50mila litri. Le vigne delle Cantina Fina, circa 10 ettari – il resto delle uve provengono tutte da fornitori storici con cui vi è un rapporto d’amicizia e stretta collaborazione - si estendono principalmente lungo il declivio della collina dove sorge la cantina e ospitano vitigni autoctoni come il Grillo, il Nero d’Avola e il Perricone per i quali Bruno continua la ricerca di cloni originali per ridare carattere antico e “originale” ai propri vini. Anche nelle bellissime etichette la volontà è quella d’esprimere tanta sicilianità, riprendendo i motivi presenti nei mosaici della Cappella Palatina del Palazzo dei Normanni di Palermo, dal 2015 Patrimonio Mondiale dell’Umanità Unesco. Si sente che i vini di Bruno Fina - tutta la produzione, che conta ben 17 etichette, di circa 800mila bottiglie, è certificata biologica - grazie alla gran dedizione per il lavoro in vigna sono il frutto di una terra amata, trasmettendo il carattere ereditato dal territorio, il calore familiare, un team affiatato e l’esperienza di chi il vino lo ha sempre fatto col rispetto e la consapevolezza che produrre in questo contesto ambientale è una respon-

sabilità, oltre che motivo d’orgoglio. Ultima fresca novità di Cantine Fina, fervente realtà enoica, è il Terre Siciliane IGT Hanami Rosato IGP 2021 Merlot 100% bio, la cui interpretazione di un vino rosè prende spunto dalla tradizione internazionale, in particolare da quella francese che considera proprio le uve Merlot fra le più vocate per la produzione di questa tipologia di vino. In Italia il Merlot, introdotto nella metà dell’Ottocento, ha trovato condizioni ambientali ideali in molte regioni del Nord e in Sicilia è giunto intorno agli anni Ottanta del secolo scorso, dando prova d’adattamento davvero sorprendente. Le vigne di Merlot di Fina, che si trovano nella parte più alta dell’azienda a una quota di ben 850 metri slm, cosa che garantisce una buona freschezza al vino, sono allevate a controspalliera con potatura a guyot. In ordine alla vinificazione, la fermentazione avviene a temperatura controllata (16°) per 8 giorni poi il mosto viene travasato in tini d’acciaio colmati d’azoto a una temperatura da 0 a 1 grado per circa 15 giorni a contatto con la polpa in sospensione (stabulazione), infine l’affinamento è in acciaio con sosta sui lieviti per 3 mesi. Unico rosato che produce l’azienda, Hanami è un vino franco che si lascia scoprire facilmente e soprattutto si fa bere, potendo contare su una strepitosa armonia. Alla visiva si presenta color rosato tenue, al naso emergono intriganti note di fiori bianchi e di rosa, gelsomino, zagara, salvia, accenni d’origano, citronella e vegetali di bosso, in bocca ha una grande acidità che gli dona carattere, buona personalità e struttura con sensazioni fruttate d’amarena, lampone, fragola, pesca tabacchiera, melograno, frutta esotica, agrumi, soprattutto l’arancia, mirtilli neri e ancora frutti esotici, quali litchi e pompelmo. Da servire a una temperatura di 8/10°, si sposa ottimamente ad antipasti di pesce e crostacei, affumicati, piatti di cucina marinara, pesce, molluschi e crostacei, ma suggeriamo anche un abbinamento “moderno” con sushi e sashimi. Perchè in Hanami la “palma”, simbolo della Sicilia e logo dell’azienda, “sposa” la tradizione millenaria giapponese d’ammirare la fioritura dei ciliegi, una delle espressioni più meravigliose della natura: “Il nostro rosè è un omaggio al nostro primo cliente all’estero – dice Federica Fina – quando abbiamo deciso, 7 anni fa, d’esportare i nostri vini. Un rosato che porta il sorriso già al naso e vuol essere un richiamo alla bellezza e amenità della fioritura dei ciliegi nel Paese del Sol Levante”. La cantina della famiglia Fina, aperta tutto l’anno ai wine lovers e da cui si può godere uno dei più romantici tramonti al mondo, è stata costruita anche per dar ampio spazio all’ospitalità, rivolta sia ai turisti che ai siciliani, cercando di trasmettere emozioni vere attraverso l’enoturismo ed eventi incentrati sulla cultura del vino.

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