BISOGNO DI TRASPARENZA
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Il suo acronimo è PMMA. È il “polimetilmetacrilato”, un particolare materiale termoplastico, sviluppato in Germania negli anni trenta e noto anche con altri nomi commerciali: Plexiglas, Perspex, Lucite, Trespex. È molto usato perché, oltre ad essere versatile e malleabile, è trasparente. E allora ci si chiede, cos’è la trasparenza? Di sicuro è quella proprietà, opposta all’opacità, che consente alla luce di passare attraverso un materiale, almeno nel campo dell’ottica. E proprio per questa sua caratteristica del lasciar intravedere cosa c’è oltre, la trasparenza ha da sempre affascinato il mondo dell’edilizia e dell’arte. Essendo associata all’acqua e all’aria, è divenuta nel tempo simbolo di purezza. Non è un caso che con riferimento alla vita pubblica trasparenza significa assenza di segretezza. In un regime economico di libera concorrenza rappresenta la possibilità di conoscere i termini delle contrattazioni. E anche in campo alimentare è importante perché dà al consumatore la possibilità di acquistare con consapevolezza. Il mondo ha sempre più bisogno di trasparenza. E questa precipua peculiarità da sempre riconosciuta al vetro è oggi, grazie alla chimica, una dote di altri materiali come il polimetilmetacrilato, un prodotto che in trasparenza è giunto a superare lo stesso vetro soprattutto se pigmentato. Ma una defiance il polimetilmetacrilato purtoppo ce l’ha, si graffia. Condizione a cui è possibile porre rimedio se il danno non è eccessivamente profondo. Wind, LuceSolida. Scaffale a scala disegnato da Danilo Fedeli. Realizzato in plexiglas con quattro utili ripiani ed elementi in ottone cromato. Il design raffinato e semplice allo stesso tempo lo caratterizza sia come elemento decorativo che come pratico portaoggetti.
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Ghost, NSD factory. Libreria in plexiglas colato, composta da tre lastre dello spessore di 15 mm tagliate a laser e da elementi cilindrici in alluminio tornito e spazzolato. I bordi tagliati a laser sono carteggiati a mano per ottenere una superficie opaca che, in contrasto con la trasparenza, ne conferisce una maggiore tridimensionalità . La libreria è completamente personalizzabile nelle dimensioni, forme e colori.
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Resort, LuceSolida. Tavolino basso da salotto in plexiglas dai tratti neoclassici con particolare in ottone cromato. Disegnato da Danilo Fedeli, è il risultato dell’innovazione e di una costante ricerca di perfezione estetica e tecnica. Si assembla rapidamente in pochi semplici passaggi. Disponibile anche nella variante cromatica fumé trasparente.
Nerina Neri, Plexiglass by Scrambled Design. Sedia appartenente alla famiglia Neri, formata da un piano chiamato “seduta” in plexiglas nero, da quattro gambe di sostenimento in acciaio verniciato e da uno schienale sempre in plexiglas nero.
Ambrogione, Plexiglass by Scrambled Design. Tavolino pliant con vassoio in plexiglas trasparente, tagliato a laser e rifinito a mano. Pratico ed elegante, Ambrogione si adatta a ogni stile e dà un tocco di originalità a ogni ambiente.
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Coffee Table Sushi, SeĂ Design. Forma quadrata per questo tavolo tridimensionale con cilindri contenitori multifunzione: porta riviste, glacette, lampada, vaso, powerbank (in plexiglas trasparente, nero e opalino).
Bon Bon, Marco Pettinari. Un tavolino molto particolare: su dei moduli in plexiglas trasparente viene incollata una lastra di materiale colorato. I moduli sono poi assemblati tra loro per costruire una forma. Ăˆ un pezzo unico (misure: cm116x82, H44).
Terry, NSD factory. Poltrona realizzata con fianchi in plexiglas trasparente, spessore 20mm tagliati al laser e carteggiati sui bordi a mano, travi in alluminio tornito e spazzolato e rondelle per il fissaggio tornite in alluminio. Il tutto fissato con viti in inox M10. I cuscini (non presenti nella foto) sono realizzati in poliuretano ad alta densitĂ e rivestiti in tessuti vari.
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Line-Up, Seà Design. Lampade a sospensione (sorrette da aste che si intersecano) e da tavolo (con base d’appoggio e illuminazione centrale) a forma quadrata, circolare e triangolare, in plexiglas trasparente e nero. Fanno parte della linea EOA (Elementary Oriental Atmosphere).
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Pixel, Marco Pettinari. Consolle in plexiglas realizzata attraverso una maniacale sequenza di incollaggi, tra materiale trasparente e lastrine colorate. Una sorta di mosaico del 21esimo secolo.
Red Olive Lamp, Marco Pettinari. Lampada in plexiglas di diametro cm 18 e altezza cm 50. Realizzata da un blocco tornito e poi lavorato a mano. Sul fondo è incollato un pezzo di plexiglas rosso fluorescente per poter giocare con i riflessi interni del materiale. Il tutto montato su una base in ottone.
Vinilio e Imac, Designtrasparente. Sinuoso, Vinilio è un contenitore elegante e minimalista, realizzato in plexiglas trasparente. Ha due pratiche maniglie per essere spostato e quattro tasselli in plexiglas posti sotto perché non si graffi a contatto con il pavimento. Imac è una consolle salvaspazio da parete realizzata con un foglio termopiegato in plexiglas dello spessore di un centimetro.
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MATERIALE FLESSIBILE
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indicarlo come un surrogato del vetro è molto riduttivo. Il plexiglas ha oggi una dignità espressiva a se stante. Viene utilizzato in tantissimi settori, in particolare in quello delle costruzioni e nell’illuminotecnica e, come spiega carlo santulli, potrebbe ancora avere potenzialità inespresse
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ome, quando e dove è nato il plexiglas?
Il plexiglas, ovvero il polimetilmetacrilato (PMMA), è nato in Germania alla fine degli anni ’20, infatti il nome è di origine tedesca e, come indica il nome stesso, si tratta di una plastica che è chiamata a essere un surrogato del vetro, cosa ottenuta in effetti nel giro di qualche anno dopo la prima sintesi. In altri paesi il plexiglas prende, però, nomi differenti, evidenziando sempre la questione della trasparenza, per esempio nel Regno Unito viene definita come Perspex, nome che in ogni modo dà sempre una forte enfasi sulla sua caratteristica di sostanziale trasparenza alla luce, come lo dà un altro termine usato per un prodotto simile, Lucite. Come si è evoluto negli anni?
Carlo Santulli È professore di Scienza e Tecnologia dei Materiali presso l’Università di Camerino. Si è laureato in ingegneria chimica e in lettere e ha un dottorato di ricerca in Materials science and engineering conseguito all’università di Liverpool. È esperto di materiali sostenibili, biomimetica e controlli non distruttivi. Le sue ricerche si sono concentrate in particolare sui composti polimerici
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Con gli anni, cosa che è comune all’evoluzione delle termoplastiche dagli anni ’30 in poi, il plexiglas ha perso le caratteristiche di “surrogato” di un materiale più costoso, assumendo invece una propria dignità espressiva a se stante. Per esempio si è acquisita la possibilità di farne lastre colorate non necessariamente trasparenti, mi riferisco in particolare al bicolore ottenuto per colata diretta, che ha trovato vaste applicazioni nell’ambito del design, in particolare qui in Italia ad opera di Guzzini. Di conseguenza, si è discostato fortemente da quel che era all’inizio, cioè un succedaneo del vetro, ma di minor peso e anche minor fragilità in certe situazioni particolari. Ancora più di recente ha acquisito particolari caratteristiche di modularità, non necessariamente legate alla curvatura, come nel caso dell’alveolare. Quali sono le caratteristiche principali del plexiglas?
Prima di tutto il plexiglas ha un’alta trasmissione della luce, che permette di essere termoformato senza perdita di trasparenza. Va anche notato che la prolungata esposizione all’umidità o anche l’immersione in acqua per tempi significativi non produce effetti notevoli, e inoltre ormai è di norma stabilizzato rispetto ai raggi ultravioletti e all’esposizione alla luce solare, sicché rispetto ad altre plastiche è consigliato anche per applicazione in esterni. Rispetto a quest’applicazione può essere facilmente lavato con l’utilizzo di soluzioni diluite di
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Paralume Liviano di Evonik Performance Materials GmbH: offre un efficace gioco di linee che cambia in base alla prospettiva dell’osservatore, è fatto interamente in plexiglas
acidi o basi. Qualche problema lo mostra soltanto nel caso dell’utilizzo con composti clorati, benzenici, esteri o acetone. Può essere efficacemente lavorato con l’uso di sega, trapano, molato, inciso e anche rifinito con utensili, come possono esserlo anche le superfici tagliate. Sopporta con facilità di essere curvato o termoformato anche a bassa temperatura e diverse parti hanno la possibilità di essere giuntate in modo resistente e praticamente invisibile. È colorabile in una varietà di tinte, oltre che essere trasparente, può essere estruso oppure stampato in fogli, barre o in forma tubolare, ma anche con profili adattabili secondo le esigenze. Come viene utilizzato nei settori del design e dell’edilizia?
L’edilizia continua a prediligere l’utilizzo del plexiglas come sostituto del vetro, tuttavia ci sono applicazioni particolari, come per esempio Kolonihavehus, una particolare struttura per esterni che è costruita da barre di ferro saldate ad angolo e un gran numero di scarti di plexiglas riutilizzato. Il riuso è un’applicazione interessante in questo caso, considerando le alte temperature richieste per la depoli-
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A destra: cabine in plexiglas realizzate per gli artisti al Festival dei Nibelunghi: offrono uno sguardo all’interno e sono al tempo stesso molto resistenti (Evonik Performance Materials GmbH). Sotto: un rubinetto in plexiglas
merizzazione. Nel design c’è invece da decenni una molto maggiore flessibilità, considerando le molte applicazioni in ambito di sedute, tavoli e complementi d’arredo per esempio, che giocano anche sulla possibilità di praticare tagli rifiniti ed eventualmente incastri reversibili senza elementi di giunzione. Un esempio paradigmatico a questo proposito era già il Playplax di Patrick Rylands, che proponeva già nel 1966 l’incastro a puzzle di pareti diversamente colorate di plexiglas come complemento d’arredo, tra tavolino e séparé. Qual è il settore in cui viene maggiormente utilizzato?
In realtà i settori sono i più vari, anche se c’è senza dubbio una particolare enfasi sul settore delle costruzioni e dell’illuminotecnica, in particolare nell’ambito del commercio per vetrine o allestimenti, attrezzature per illuminazione, come paralumi, lucernai o tubi di illuminazione mobili, segnaletica per esterno, ma addirittura sculture, dove la capacità di mobilità apparente e di flessibilità espressiva può essere ben sfruttata.
In qualche maniera può essere considerato un materiale sostenibile?
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Il plexiglas è un materiale di vita lunga, in definitiva non molto soggetto a degradazione ambientale, quindi in questo senso ha uno scenario piuttosto favorevole, rispetto ad altre termoplastiche, anche per la possibilità di creare con esso strutture resistenti. Inoltre, ha ormai una lunga tradizione di utilizzo anche in determinati ambiti legati al design, che oltre a garantire una certa varietà di utilizzo, assicurano un possibile alto gradimento da parte del pubblico, che è esso stesso in certo senso sostenibilità.
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È un materiale riciclabile?
Con processi a letto fluidizzato è altamente riciclabile in termini di quantità di materiale, fino a recuperare oltre il 95% di monomero. Tuttavia la qualità del monomero ottenuto è inferiore, specialmente per quanto riguarda la velocità di ripolimerizzazione e l’abbassamento della temperatura di transizione vetrosa, per cui non è ipotizzabile l’esatta riproduzione della situazione di utilizzo precedente. Il plexiglas ha ancora potenzialità inespresse?
Probabilmente sì, come materiale piuttosto performante anche in situazioni nelle quali per esempio le bioplastiche incontrano difficoltà, come nel caso della resistenza al taglio, oppure le altre termoplastiche, come le poli-olefiniche, non hanno sempre la possibilità di venir formate in lastra o di venir modellate con spessori anche notevoli. È pensabile che tale superiorità del plexiglas permetta di procedere con una nuova e anche più vivace stagione di utilizzo, specie pensando a una modularità o al conseguimento di effetti del tipo “vedo-non vedo”, che risultano particolarmente graditi negli ultimi anni, e per i quali poche plastiche tradizionali si prestano.
In Italia viene utilizzato quanto all’estero?
L’utilizzo del plexiglas in Italia è probabilmente più volto a piccoli oggetti di design o anche a un uso in interni, rispetto alla tendenza che c’è in altri paesi, anche con condizioni climatiche più estreme, dove si fa apprezzare molto di più per la sua resilienza all’impiego in esterni e nell’arredo urbano. Forse in Italia l’uso è in termini di volumi di affari più ridotto, ma in termini di qualità progettuale direi che è senz’altro superiore.
20.000 differenti cristalli Swarovski rendono questa scala in plexiglas un vero gioiello: è realizzata da Evonik Performance Materials GmbH (un segmento di Evonik, creativo gruppo industriale tedesco) che si occupa di sviluppo e produzione di materiali polimerici e di prodotti intermedi, destinati soprattutto all’industria della gomma e della plastica
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PAROLA D’ORDINE: RICICLO
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Un designer con una storia atipica alle spalle e con la passione per il plexiglas, con cui realizza soprattutto lampade di diverse dimensioni. Sauro Marchesini racconta la purezza e la leggerezza di questo materiale
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all’essere un bancario a diventare un designer il passo non sembrerebbe breve per niente. È stato brevissimo, però, per Sauro Marchesini, bolognese, che dopo 33 anni di lavoro in banca si dedica oggi, a tempo pieno, all’arte e al design, che sono state da sempre le sue grandi passioni e che adesso sono diventate qualcosa di più. «Ho cominciato a concretizzare delle idee e con l’apprendimento di un po’ di tecnica ho potuto realizzare i primi oggetti: brutti, sproporzionati, ma vivi e migliorabili», si legge sul suo sito. Marchesini lavora con tantissimi materiali diversi, il suo pallino è quello di “resuscitare” i materiali, recuperando scarti di vetro, carta, cartone, plexiglas raccolti in discarica od ovunque si riescano a trovare. Il plexiglas, in particolare, è uno dei suo materiali preferiti: «è un materiale meraviglioso, - racconta - quando l’ho scoperto stavo lavorando con il vetro e ho notato come il plexiglas fosse un materiale molto più affascinante, malleabile e moderno».
Cosa la affascina del plexiglas?
Ho scoperto e amato il plexiglas per la sua estetica, la sua purezza e la sua leggerezza. Bucarlo, smerigliarlo, tagliarlo, e intravedere attraverso i suoi mille usi una capacità versatile e moderna. Amo l’emozione che comunica, dopo avere spazzolato la sua perfetta trasparenza, con segni scomposti, graffiati, incisi, e scoprire che, attraverso la luce di una banale lampadina, ti appare nella sua totalità, una luce morbida e d’atmosfera, che ti fa pensare all’alabastro. Materiale naturale d’eccellenza di cui il plexiglas, nonostante la sua derivazione artificiale, riflette gli stessi effetti luminosi, imitandoli e, a mio parere, da un punto di vista artistico, superandoli. Come non amarlo. Quale percorso l’ha portata a dedicarsi al plexiglas?
Solo la curiosità di capire come avrei potuto utilizzare questo materiale che scoprivo accatastato in un contenitore industriale pronto allo smaltimento. Ritagli di scarti di lavorazione di ogni forma, e la percezione che, da tanti pezzi piccoli assemblati, potevo farne di più grandi. Un patchwork unito con viti e dadi d’acciaio. Si rapporta al plexiglas come a qualsiasi altro materiale o in maniera diversa?
A me piace lavorare molti materiali, e anche per il plexiglas, come per gli altri, quello che amo è l’aspetto dinamico dell’assemblaggio: quando devo unire tante piccole forme nella ricerca di crearne una più grande, e cercare di combinare al meglio gli aspetti scenici ed estetici.
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Quali sono gli aspetti positivi di lavorare con il plexiglas e quali quelli negativi?
È gratificante, nel mio caso, utilizzare questo materiale che altrimenti sarebbe destinato alla discarica. Riabilitarlo a matrice di un oggetto d’uso, che ne assumerà il carattere e l’originalità primitive. L’aspetto “antipatico” sta nella spazzolatura che produce una polverina fastidiosa.
Quando vede un materiale di recupero, come una lastra di plexiglas appunto, e decide di prenderlo, sa già cosa diventerà?
Ho una percezione dell’utilizzo molto lenta. Spesso l’interrogativo si ripresenta più volte, una specie di enigma che si dissolve nel tempo, con una incognita sempre presente, che si ripete su forme che non riesco a integrare all’istante, e vengono accantonate, disponibili per una prossima idea a venire...(forse). Il plexiglas secondo lei è un materiale troppo poco sfruttato nell’ambito del design?
No, è un materiale molto importante, e sempre più usato dai designer. È moderno, pratico, glamour, e secondo me è in continua evoluzione, anche grazie alla ricerca industriale, che “sforna” continuamente prodotti nuovi, con colori e materialità sempre diversi. Qual è il progetto in plexiglas a cui è più legato e perché?
Una parete retroilluminata, di notevoli dimensioni, che ha certamente dato un’atmosfera molto surreale, morbida e positiva a una reception un po' buia e anonima. È un intervento che, dopo tanti dubbi e timori, mi ha soddisfatto per l’aspetto funzionale come punto luce, ma soprattutto dal punto di vista ludico e scenico. Su cosa si concentrano i designer oggi?
Il design nella sua massima espansione, dopo aver riproposto in maniera quasi totale gli oggetti storici dei grandi maestri, penso si stia riappropriando di una nuova ricerca estetica e tecnologica, dovuta alle nuove leve. Ho notato un notevole interesse agli utensili come trapani, seghetti, smerigliatrici: ricerche ergonomiche e studi di colore sempre più importanti ne perfezionano l’estetica e la funzionalità, e hanno reso questi oggetti di uso comune, belli ed eleganti, tanto da far sembrare certe ferramenta che li espongono come boutique del bricolage.
Sauro Marchesini, dopo 33 anni di lavoro in banca oggi si dedica a tempo pieno alle sue vere passioni: l’arte e il design. Il suo sito è www.sauromarchesinisfd.it: sfd è l’abbreviazione di “senza fissa dimora”, che indica la sua voglia di essere il più possibile libero di usare e fare qualsiasi cosa gli piaccia