he di c a n o r c
01105
Molte sono le cose terribili, ma nulla è più terribile dell’uomo
Sòfocle
9 771827 881004
di Ferdinando Adornato
QUOTIDIANO • VENERDÌ 5 NOVEMBRE 2010
DIRETTORE DA WASHINGTON: MICHAEL NOVAK
Il Cavaliere alla direzione del Pdl parla anche degli scandali: «È solo una vendetta della malavita, il fango non ci fermerà»
Berlusconi fa catenaccio
Un inedito premier sulla difensiva: ora chiede a Fini di non rompere perché ne ha bisogno. Ma lui: «È stato un discorso deludente e tardivo». E Silvio: «Per archiviarmi bisogna votare» di Errico Novi
L’ALIBI DEL PRESIDENTE
Basta parole, ora serve un governo che governi
ROMA. L’unico vero omaggio reso dalla nomenclatura berlusconiana al vecchio capo è un filmato consolatorio. Al Cavaliere viene concesso di essere preceduto, nell’intervento alla direzione del Pdl, da una mitragliata di filmati trionfali: le conclusioni dei suoi più importanti comizi, i boati della folla, intervallati dall’inno rituale «Meno male che Silvio c’è». Poi però nella grande sala dell’adunata della direzione Pdl si celebra la sofferta resa di Berlusconi. segue a pagina 3 a pagina 2
di Giancristiano Desiderio l governo del fare cammin facendo si è trasformato nel governo del parlare. Il presidente del Consiglio ieri ha ripetuto parole che già aveva pronunciato un mese fa e che già un mese fa risultavano vecchie di settimane e mesi giacché per tutta l’estate la maggioranza non ha fatto altro che ripetere come un mantra che «a settembre ci saranno il chiarimento e un nuovo patto». Le stesse parole di ieri: il capo del governo ha ancora ribadito la necessità di un “patto di legislatura” con Fini. Ormai il cosiddetto governo del fare fa una sola cosa: dice che cosa si accinge a fare e regolarmente non lo fa.
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a pagina 2
Braccio di ferro in Commissione
La roadmap del Pdl
E sulla finanziaria nasce una nuova maggioranza
Election day con le amministrative: ecco il vero piano
In Commissione Udc, Mpa, Pd e Fli votano insieme contro la linea Tremonti sulla Legge di Stabilità. E sul federalismo è caos
Nel partito, d’accordo con Bossi, è iniziato il conto alla rovescia: incassato il legittimo impedimento, sarà crisi e voto anticipato
Francesco Pacifico • pagina 3
Riccardo Paradisi • pagina 5
I 600 miliardi di dollari investiti dalla Fed non sciolgono i dubbi sulla crisi
Allarme Fmi: la ripresa è lenta E Trichet: «Sull’Euro pesa il rischio debito pubblico» di Alessandro D’Amato
Il vero nodo è la guerra delle monete
ROMA. La (virtuosa) reazione a catena sperata dalla Fed non c’è stata. La decisione di investire 600 miliardi di dollari in titoli pubblici presa ieri da Bernanke non ha fugato i dubbi sulla crisi internazionale. «Non basta», ha commentato il Fondo monetario internazionale che ha rivisto al ribasso le stime di crescita mondiale per il 2010 e il 2011. Da Trichet, intanto, è arrivtao un altro allarme: «Il debito pubblico dei Paesi pesa troppo sull’Euro».
Ma Bernanke sbaglia ancora la strategia di Carlo Lottieri i fronte alla decisione di Ben Bernanke, governatore della Fed, di acquistare titoli di Stato americani per 600 milioni di dollari (più di quanti erano pronosticati da Wall Street), la prima considerazione è che il voto dell’altro giorno è stata una buona notizia, ma nella migliore delle ipotesi si tratta solo di un inizio. a pagina 14
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a pagina 14 seg1,00 ue a p(10,00 agina 9CON EURO
I QUADERNI)
• ANNO XV •
NUMERO
215 •
WWW.LIBERAL.IT
• CHIUSO
Il successo di un movimento che recupera i grandi valori dell’identità americana
Vi spiego perché il futuro è il Tea party, non più il Gop
In nome della libertà e contro il «modello europeo», le elezioni di Midterm sono state vinte da un «non partito» che riscopre i principi dei padri fondatori di Michael Novak on credo proprio che quello che martedì si è verificato negli Stati Uniti sia mai successo in Europa. A dirla tutta, è un fatto assolutamente straordinario anche per l’America. Solo dopo due anni di mandato, nessun Presidente nella storia statunitense era mai stato screditato dai suoi Ormai elettori in modo così clamoroso come quanto successo a l’obiettivo Barack Obama. Quando, nel di milioni 1994, il partito dell’allora pre- di elettori sidente Clinton perdette 52 è mandare seggi alla Camera, sembrò un via Obama dato sorprendentemente alto. E invece solo due giorni fa i Democrats hanno lasciato sul terreno qualcosa come 70 poltrone alla House of Representative (il braccio del nostro sistema parlamentare più vicino al popolo Usa) e almeno 6 al Senato.
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a pagina 8 IN REDAZIONE ALLE ORE
19.30