AVANTGARDEN
Il Paesaggio dei Community Gardens Daniela Monaco
La città e l’altra città
Collana diretta da Pasquale Persico e Maria Cristina Treu
Avant Garden
Il Paesaggio dei Community Gardens Daniela Monaco
“Mentre passeggiavo nel mio quartiere, il Lower East Side di Manhattan, ho avuto una sorta di visione. Ho visto giardini ovunque. Ogni lotto vacante era un piccolo giardino. La maggior parte delle terrazze erano piene di fiori e piante e addobbate con ornamenti, dando così ad ogni lotto l’aspetto barocco tropicale dei giardini pensili di una sorta di Babilonia sull’Hudson, o sull’East River (persino le banche dell’East River sono diventate in qualche maniera dei parchi). [….]. Ho avuto l’impressione che il nostro “barrio” fosse famoso per i prodotti freschi degli orti, per l’aria pura, per il canto degli uccelli, ma non mi sembrava di vedere turisti. Tutti sembravano rilassati. Dov’erano i turisti europei? Hai colto l’idea: era una visione di New York “dopo la rivoluzione”. (Peter Lamborn Wilson) Da “Avant Gardening, Ecological Struggle in the City and the World”, 1999.
Palazzo Bonaretti Editore srl Novellara (RE) Giugno 2014 Stampa e legatura DIGITALPRINTSERVICE via Torricelli, 9 200090 Segrate (MI)
Il libro è il frutto di due diversi momenti di ricerca. Il primo, iniziato nel 2003 e concluso nel 2006, è stato svolto nell’ambito del Dottorato di Ricerca in Architettura dei Parchi e dei Giardini ed Assetto del Territorio presso il Dipartimento Oasi dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria con il Prof. Franco Zagari. In tale fase è stato affrontato il tema dei Community Gardens di New York in un periodo in cui in Italia era un argomento poco dibattuto. In secondo momento ho approfondito quanto è stato scritto e ho affrontato una prima analisi del fenomeno dei Community Gardens nel nostro Paese. L’idea è nata a seguito della mia collaborazione con la Prof.ssa Maria Cristina Treu, nel Corso Fare Paesaggio presso il Politecnico di Milano, Polo Territoriale di Mantova. La riqualificazione urbana che trae origine dall’azione diretta da parte della popolazione, l’integrazione sociale e interculturale, sempre più necessaria nel nostro paese, sono temi ricorrenti all’interno del corso. Da qui è nata la curiosità di verificare prima lo stato dei giardini comunitari visitati durante il Dottorato di Ricerca e di individuare poi alcune esperienze italiane.
Ringrazio la Professoressa Maria Cristina Treu per la generosità e gli insegnamenti: senza di lei questa pubblicazione non esisterebbe. Grazie al Professore Pasquale Persico per la passione che trasmette attraverso il suo lavoro. Un grazie speciale va ad Adelmina Dall’Acqua che mi ha supportata ed incoraggiata a portare avanti questo progetto. Grazie all’occhio attento di Stefano Sarzi Amadè. Grazie alla mia famiglia e a mio marito.
A mio padre.
Indice
Prefazione Liberare il paesaggio urbano di Maria Cristina Treu
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Introduzione 19 Stati Uniti - New York
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Schede giardini Downtown-Lower Manhattan 81 Midtown Manhattan 121 Uptown Manhattan 129 Fuori Manhattan: Queens e Brooklyn 139 Appendice New York oltre i Community Gardens
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Per una ricerca sul territorio italiano 175 Postfazione Che meravigliosa sfida! di Pasquale Persico 205
Prefazione
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Cartello posto all’ingresso di uno dei Community Garden di New York City.
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Liberare il paesaggio urbano Maria Cristina Treu
1. Il giardino nella storia Il giardino, nelle sue diverse interpretazioni del rapporto tra uomo e natura, si è costituito da sempre come la rappresentazione di un microcosmo che doveva colpire l’immaginazione, suscitando l’ammirazione di quanti potevano accedervi e apprezzarne l’armonia delle soluzioni adottate. Il giardino, voluto da re e principi e progettato da grandi giardinieri e da grandi architetti, doveva esprimere una visione del mondo, un costrutto della realtà, in cui tutti avrebbero potuto rispecchiarsi. Due sono i modelli che, in epoca moderna, possiamo ricordare come espressioni significative: il giardino all’inglese dove l’uomo cerca di mascherare il massimo dell’artificio con un’apparente casualità e il giardino all’italiana dove la centralità dell’uomo si invera in una natura tutta modellata in una sequenza di geometrie spaziali. Per il primo, possiamo ricordare il suo inventore Lancelot “Capability” Brown, il giardiniere che, nel settecento, fu capo giardiniere di re Giorgio III e l’architetto di grandi tenute nobiliari inglesi con soluzioni che ancora oggi possiamo ammirare e ricordare anche grazie a una recente pubblicazione1; per il secondo, possia-
mo ricordare la tradizione italiana dei giardini disegnati per i grandi palazzi signorili e che assumono il ruolo di un compimento naturale delle ville urbane ed extraurbane come ci ricordano, per esempio, le forme e l’iconografia del paesaggio delle ville Toscane e delle ville Venete. Con la crescita delle città nei secoli successivi, questi modelli influiscono sulle interpretazioni e sulle molte versioni del giardino urbano, da quelle che ispireranno i grandi parchi urbani delle capitali europee ed extraeuropee, a quelle del verde urbano degli standard urbanistici, a quelle del giardino privato dell’abitazione monofamiliare, a quelle più recenti dei programmi di riqualificazione urbana con invenzioni e attrezzature raffinate e con le soluzioni dei più recenti approcci paesaggistici che propongono spazi aperti disegnati secondo una naturalità spontanea che si modifica con il susseguirsi delle stagioni. Questi ultimi approcci sono la ricerca di riportare l’attenzione ai tempi della natura, che ci dicono che un parco e un giardino non possono essere realizzati in un breve intervallo temporale. È la riproposizione del giardino come un
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progetto che ci impone una visione da costruttori di futuro con un avvio di percorso che richiede una attenzione e una gestione continua degli ineluttabili adattamenti e varianti che ogni realizzazione non può non avere. È un’osservazione che ci rammenta che in qualche parte del mondo c’è forse sempre un uomo che pianta alberi come nel racconto “L’uomo che piantava alberi”. È la storia di Elzèard Bouffier, un uomo che cominciò a piantare piccole ghiande, selezionate e risvegliate immergendole nell’acqua, negli altopiani brulli della Provenza, avviando una reazione a catena che, nel tempo, produsse una estesa foresta e fece riaffiorare l’acqua dal sottosuolo2. Il giardino rinvia a un progetto multi segnico che, come ogni paesaggio che ci suscita ammirazione, ci fa intravedere e ci fa sperare in un futuro migliore. Alla multi segnicità del giardino, si riferiscono anche le esperienze dei community gardens che, con motivazioni e soluzioni diverse, assumono forme e significati propri rispetto ai contesti in cui si sviluppano e alla cultura delle comunità che li promuovono. Sottolineando che garden significa anche orto, il giardino può diventare una piccola area
coltivata per soddisfare bisogni primari nei tempi di guerra come nei periodi di forte immigrazione e di crisi dell’economia urbana; allo stesso modo il giardino diventa un luogo di incontro e di socializzazione dove si coniugano i segni religiosi delle tradizioni di origine con quelli del bisogno di solidarietà, di accoglienza e di educazione intergenerazionale che non interessa solo i nuovi immigrati. Per altri versi, il giardino ci ricorda un luogo di pacificazione dell’uomo con la natura e ci riporta a tempi più lontani quando le comunità locali si davano regole comuni di gestione delle risorse: sono le regole d’uso di beni comuni che in alcuni contesti sono arrivati fino a noi. Anche questo può essere il significato positivo dell’appropriazione e della cura dei molti spazi incolti extraurbani e degli spazi urbani abbandonati e sempre in attesa di più redditizi interventi edilizi: sono le occupazioni di aree che con la realizzazione di tanti piccoli giardini si oppongono allo spreco dominante di risorse e alla perdita della capacità della città di fare comunità. L’uso di questi spazi riqualificano le stesse aree abbandonate e il loro intorno, indicando soprattutto nuove possibilità di utilizzo
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e nuovi valori d’uso. Con queste esperienze le interpretazioni del giardino si moltiplicano, anche se appaiono frammentate perché incerte nelle loro possibilità di essere riconosciute e di durare nel tempo. Tuttavia, tutte ci parlano di un unico grande messaggio, di un ritorno alla terra e di un futuro felice. Parafrasando Candide di Voltaire3 possiamo ben dire che di fronte a situazioni di grande trasformazione e di grande incertezza ci può tornare utile coltivare il nostro giardino. In altri termini bisogna liberare il paesaggio urbano sostenendo ogni possibilità di espressione e moltiplicando le possibilità di realizzare le visioni dei singoli cittadini che partecipano alla progettazione del giardino, alla sua realizzazione, alla sua cura e gestione. Il lavoro e le riflessioni sulle esperienze dei Community Gardens di Daniela Monaco sono l’esito di un suo soggiorno di ricerca a New York e delle analisi condotte su alcuni casi di alcune città italiane. La sua ricerca è il tentativo di portare il contributo di un’indagine diretta sulle esperienze del giardino agli studi su un fenomeno di estremo interesse che con i comportamenti della popolazione che vi risiede e che vi
gravita attorno ci segnala un bisogno di ambiente troppo spesso inevaso. Inoltre, i contenuti del lavoro ci fanno riflettere sul significato che i community gardens assumono nelle loro diverse declinazioni formali e funzionali e sul messaggio che ci trasmettono nei confronti dell’utilizzo della risorsa suolo anche con riferimento al modello di regole d’uso dei beni comuni di un tempo passato. 2. I Community gardens nelle città di oggi Da tempo, molti studi evidenziano come sia in atto un fenomeno di urbanizzazione del mondo che sta influendo su una rilevante concentrazione della popolazione in poche grandi megalopoli. Sono le grandi aree urbanizzate che, come anticipato negli anni ‘60 dagli studi di Jean Gottmann, si presentano come agglomerati insediativi di dimensioni regionali e interregionali a cui non corrisponde quella crescita economica che nell’800 aveva influenzato la formazione delle grandi capitali europee ed extraeuropee. Particolarmente significativo è il fenomeno della crescita delle grandi città nei paesi di più recente sviluppo, che oggi occupano i ver-
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tici dell’ordinamento delle dimensioni delle città mondiali, anche se secondo altri criteri ritroviamo ai primi posti le città di matrice occidentale: quelle dove risiedono i grandi centri terziari e di governo delle risorse finanziarie. Gli studi su questo più recente fenomeno di urbanizzazione si possono distinguere rispetto a due grandi interpretazioni: la prima, ottimista, è quella orientata a confermare la città come luogo dell’innovazione in forza della sua capacità di attrarre talenti, di promuovere la tolleranza e di sviluppare nuove tecnologie; la seconda, pessimista, è quella che sottolinea, come già ricordato, la perdita da parte di queste città della capacità di fare comunità4. In entrambi i casi, la geomorfologia di queste grandi agglomerazioni urbane si presenta come una sequenza di luoghi molto diversi tra loro per storia, densità e qualità insediativa, intervallati da situazioni di degrado fisico e sociale, da insediamenti dismessi e sottoutilizzati, da spazi inquinati e abbandonati: in sintesi, un contesto territoriale caratterizzato da quello che in altri tempi si sarebbe definito uno spreco edilizio e che oggi si conferma come un grande spreco di risorse naturali e umane. In queste aree
vivono segmenti e gruppi sociali molto differenti per censo, per cultura e tradizioni, per etnia e religione, con agli estremi coloro che vivono ai piani alti di più città e quelli che possono vivere in un solo luogo, quello dove risiedono e da dove traggono ogni loro risorsa. È questo il contesto dove per iniziativa sia di artisti che di residenti del quartiere si è avviato e ha preso consistenza il fenomeno dei community gardens. La prima considerazione che la rassegna presentata nel testo ci suggerisce è la diffusione del fenomeno. Ci troviamo di fronte a pratiche presenti in molti paesi, anche se si tratta di iniziative che assumono denominazioni diverse perché fanno riferimento sia a differenti tradizioni culturali e di rapporto con la natura che a diverse strutture istituzionali e pratiche amministrative di governo della città. Il fenomeno, anticipato dalle iniziative avviate da alcuni artisti nella città di New York, è oggi presente sia nelle città dei paesi del mondo occidentale che in quelle dei paesi emergenti. È una risposta alla crescita insediativa che coincide con un crescente spreco di suolo, con un eccesso di costruzioni e con una carenza di spazi da poter usare liberamente e dove potersi incontrare
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anche casualmente. Le statistiche sulla disponibilità di verde urbano pro capite ci segnalano ordinamenti diversi in funzione di come viene conteggiato lo spazio a disposizione per i diversi usi urbani che vanno dallo sport al gioco e in funzione della presenza di grandi parchi urbani ed extraurbani. Tuttavia, quello che più manca è uno spazio libero sotto casa, quello più direttamente accessibile e che permette la socializzazione tra le persone che vivono in uno stesso luogo, in uno stesso quartiere, e che può essere allestito e curato da loro stesse. È il bisogno di liberare, tra i condomini, un pezzetto di terra cui dare la forma di un luogo riconoscibile come un proprio paesaggio. La seconda considerazione che il testo ci suggerisce è la differenziazione del fenomeno. Gli esempi riportati nel testo con-fermano, al di là delle diverse denominazioni, la ricerca di un proprio modo di esprimersi, l’orgoglio di essere riusciti in una realizzazione che viene vissuta come propria. Non importa se il giardino è quello proposto da artisti con intenzioni estetiche e con l’obiettivo di incidere anche politicamente, se è uno
spazio piccolo o grande, se è un parco destinato ai giochi dei più piccoli oppure se è fortemente caratterizzato da una etnia specifica e con porzioni destinate ad orti. I casi raccontati e fotografati da Daniela Monaco ci restituiscono comunque una rassegna di esperienze di ricerca di una propria identità. Il primo esempio è il progetto di Liz Christy che con il suo gruppo trasforma in giardino un’area urbana centrale abbandonata dove erano stati trovati morti due barboni. Le immagini che ne documentano il degrado sono portate in televisione così come le intenzioni del recupero. L’operazione riuscì e ottenne il riconoscimento da parte di un programma dell’amministrazione pubblica che stabilì di finanziare al 50% altre iniziative con le stesse finalità. Di seguito, un secondo programma fissò per i giardinieri l’obbligo a lasciare libera l’area trasformata in giardino in 30 giorni nel caso venisse avviato il previsto programma di costruzione edilizia. Con l’iniziativa di Liz Christy fu avviata l’operazione Pollice Verde che permise la realizzazione di più giardini, alcuni destinati ai giochi, altri a corsi per giardinaggio, a picnic e a riunioni delle famiglie di quartiere con soluzioni e oggetti di casa
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e votivi che ci parlano della estrazione sociale e delle tradizioni culturali e religiose di chi li ha realizzati. Tuttavia, le iniziative dei giardini producono l’effetto di riqualificare l’area e il suo contesto, fatto che costrinse l’amministrazione pubblica di fronte all’aumento dei prezzi delle aree, a procedere in alcuni casi ad azioni di esproprio. Molto diversi per finalità e consistenza sono i casi riportati che riguardano le città italiane. Quelli di Palermo sono avviati da organizzazioni di volontari e con una certa difficoltà nel coinvolgere gli abitanti di quartiere, quello più recente di Napoli è realizzato da un gruppo di cittadini in uno storico quartiere di marginalità sociale su una porzione di verde degradato e quello di Milano, più organizzato anche professionalmente, è promosso sulle aree di un ex ospedale psichiatrico. Tutti sono casi che interessano aree marginali e spazi di proprietà sempre pubblica. Tuttavia, il fatto importante è che tutte le iniziative hanno coinvolto più persone e che molti cittadini si siano sentiti utili e soggetti attivi di una comunità solidale. Inoltre, al di là del loro riconoscimento da parte dell’Amministra-
zione Pubblica, i casi testimoniano due diverse costanti: da un lato, la spontaneità, l’occasionalità e la differenziazione delle iniziative dal punto di vista delle soluzioni di progetto, delle dimensioni, della localizzazione, dei soggetti coinvolti e dei rapporti con la proprietà e con le autorità pubbliche; dall’altro lato, la volontà di praticare iniziative con una valenza politica e di interloquire con le autorità amministrative unitamente alla ricerca di soluzioni con esiti anche di qualità paesaggistica. 3. Il ritorno dei beni comuni Più in generale, c’è un terzo ordine di considerazioni che interessa la questione dei beni comuni che può fare riferimento all’origine del grande parco di New York e che ha consolidate tradizioni in più paesi europei ed extraeuropei. Inoltre di recente è il tema che è stato riproposto da molti studi e movimenti con finalità ambientali. Anche in questo caso ci sono più posizioni. C’è chi, pur affermando l’interesse nei confronti dei beni comuni, ne ha sottolineato in tempi non sospetti le difficoltà di sopravvivenza e di autogestione nei confronti delle dure regole di mercato e chi, viceversa, ne evidenzia l’importanza in
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opposizione all’eccesso di individualismo, destinato a incidere negativamente sullo stesso processo di accumulazione del modello di produzione fondato sul libero mercato. Contestualmente c’è chi vede nelle città di maggior successo del nostro tempo la conferma di un’influenza positiva dei fattori di prossimità, di densità e di vicinanza in quanto consentono di lavorare insieme e di innovare di più con la forza del confronto tra le idee e portando come prova il declino delle città meno densamente abitate e dei villaggi rurali5. Per converso, c’è da sottolineare che il modello di sviluppo di una urbanizzazione selettiva del mondo avviene a costo di un progressivo accentramento dei poteri e di una conflittualità crescente per sostenere un’economia che si fonda su uno spreco crescente di risorse ambientali e umane, di cui il prezzo più alto lo pagano le popolazioni dei territori più ricchi delle stesse risorse più ambite, soprattutto quelle energetiche e minerarie. L’ipotesi di diffondere le esperienze di community gardens, pur nei loro limiti evidenti soprattutto in alcuni casi, e di collegarle con la tradizione antica dei beni comuni intende sottolineare i rischi che gli eccessi di densità degli
agglomerati urbani possono indurre in assenza del riconoscimento di bisogni non negoziabili come quello della ricerca di un maggiore un equilibrio ambientale che coinvolga anche le zone meno abitate dei territori delle regioni più urbanizzate. Gli spazi che diventano orti sono fattori di sopravvivenza nei periodi postbellici e lo sono, oggi, nelle città in crisi; gli spazi urbani che diventano giardini influiscono positivamente sullo stato di benessere dei cittadini in quanto permettono di allentare lo stress apprezzando un paesaggio urbano liberato dal cemento; gli spazi aperti lontani dalle città, soprattutto se difficilmente raggiungibili, sono gli archivi della storia dell’uomo e dei suoi rapporti con la natura. In questi luoghi i cittadini, oltre a cercare momenti di evasione, possono riscoprire le tracce della storia dell’umanità e le stesse grandi multinazionali possono trovare le sementi originali per rivitalizzare quelle trattate geneticamente. Allora, la questione aperta non è tra città dense e meno dense e tra produrre sempre di più o di meno, quanto piuttosto come costruire e produrre meglio sprecando meno suolo e rispettando la natura con uno sviluppo urbano più
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equilibrato che richiede di riconoscere oltre ai tempi della natura il valore del paesaggio. La strada è lunga e l’obiettivo, come sottolineano alcuni economisti ambientali, è quello di passare da una economia da far west a una economia da navicella spaziale6. La documentazione, la diffusione e il sostegno di queste esperienze, al di là delle posizioni che ritengono siano incapaci di spostare significativamente i comportamenti dei cittadini, possono essere di estremo interesse per riflettere sulle politiche di governo delle città e sugli strumenti amministrativi di gestione urbana che si possono mettere in atto. Innanzitutto, perché possono incidere sui modelli di interazione sociale per limitare gli eccessi di ogni forma di individualismo e fare in modo che ogni cittadino non si senta solo di fronte alle difficoltà e agli imprevisti che possono intervenire nelle diverse fasi della sua vita e che di solito colpiscono i più deboli in termini di reddito, di cultura e di età. Il giardino promuove le attività di relazione, fa riscoprire la solidarietà tra le persone senza limiti di età, di lingua e di etnia, fa riflettere sulla propria storia, sulle proprie origini e sulla cultura degli avi
e può far bene anche dal punto di vista della salute fisica. D’altro canto, ognuna di queste esperienze ha permesso di scoprire, anticipandole, opportunità d’uso del suolo e del suo contesto più innovative e più efficaci di quanto non lo siano le tradizionali destinazioni funzionali dei progetti di trasformazione urbana; inoltre ha contribuito a innovare le pratiche di negoziazione con i privati sostenendo l’importanza della presenza, anche temporanea, di spazi liberi verdi e una progettazione non necessariamente affidata a professionisti. A questo proposito alcune recenti iniziative di progettazione urbanistica si sono poste l’obiettivo di sperimentare l’anticipazione, in attesa che il progetto di trasformazione edilizia possa realizzarsi, della realizzazione del parco o di un’area verde già prevista dallo stesso programma insediativo; in altri casi, si sono indicate altre opportunità come per esempio un utilizzo a vivaio dell’intera area interessata dalla trasformazione. Lo scopo è quello di evitare, a fronte dei tempi lunghi di apertura degli stessi cantieri a cui molti interventi vanno incontro, che le aree diventino oggetto di utilizzi non virtuosi sostenendo piuttosto, in attesa di po-
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ter utilizzare l’area per le destinazioni previste, la realizzazione di giardini. Così, quando il Liz Christy Garden, dopo un periodo di grande incertezza e di resistenza, fu dichiarato Parco Pubblico, il messaggio dell’iniziativa confermò che il paesaggio urbano poteva essere liberato dalle pressioni del mercato edilizio e che le città potevano rivivere riscoprendo la qualità formale e la varietà della vegetazione anche con un solo giardino. D’altra parte se è difficile esprimere un pensiero unico sul governo della città ed è altrettanto impossibile far cadere ogni prova su un unico strumento di programmazione urbanistica, si chiami piano strategico oppure piano di governo del territorio, queste esperienze si confermano come pratiche capaci di coinvolgere ogni segmento sociale molto di più di ogni ideologia e di ogni concezione elitaria di piano e di paesaggio. Soprattutto, sono esperienze che, anche quando si presentano come esercizi temporanei, suggeriscono nuove soluzioni che possono colpire l’immaginazione e innovare le stesse proposte degli strumenti e dei progetti di molte star e di molti professionisti.
Note Per una piccola bibliografia di riferimento 1. cfr., Masolino d’Amico, Il giardiniere inglese, Skira, 2013, anche presentato di recente e commentato da Giuseppe Marcenaro, Il re dei giardini, in Il Foglio Quotidiano, sabato 10 agosto 2013 2. cfr., Jean Giono, L’uomo che piantava alberi, Salani ed., collana Istrici, 2008, racconto allegorico pubblicato nel 1953 in lingua originale con il titolo “L’homme qui plantait des arbres 3. cfr., Voltaire, pseudonimo di François - Marie Arouet, scrive Candide ou l’optimisme nel 1759. Alla fine di lunghe traversie, e alla fine del testo, Candide con i suoi amici si ritrovano tutti a Costantinopoli dove, convertiti all’Islam, si insediano per vivere insieme in una piccola fattoria e per dedicarsi a coltivare il proprio giardino. Se vuoi vivere felice tutta la vita fatti un giardino lo diceva ai suoi allievi anche Carlo Scarpa come unica possibilità rispetto ad altre alternative come ben ricorda Paolo Conti in, Coltiva un giardino starai meglio, Corriere della Sera, La lettura domenica 18 agosto 2013. 4. Dopo gli studi sulle megalopoli americane di Jean Gottmann avviati negli anni ’60 sull’area di Boston e di Washington e introdotti in Italia da Lucio Gambi negli anni 70, gli studi sulle città tendono confermare il ruolo trainante dei centri urbani, sottolineando tuttavia, anche quello degli interventi di riqualificazione e di rigenerazione urbana e degli stessi territori regionali. Tra questi studi si segnalano quelli avviati, nel 1991, da Saxia Sassen, con La città globale, New York, Londra, Tokyo. Princeton University; le ricerche di Richard Floridia sulle città creative (sulle tre
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T, talento, tecnologia e tolleranza) e, in Italia, nel 2003 da L. Fusco Girard e Nicholas Yukon, Città attrattori di speranza. Dalle buone pratiche alle buone politiche, Franco Angeli e ancora Jacques Vèron, L’urbanizzazione del mondo, Il Mulino, 2008 (ed. francese nel 2006) e Edward Glaeser, Il trionfo della città, Bompiani, 2013. 5. cfr., Garret J. Hardin, che nel 1968, scrisse The tragedy of commons, dove afferma che la debolezza dell’idea di bene comune sta proprio nel rischio di un suo sovra sfruttamento, ovvero nella tragedia del conflitto tra interessi individuali e collettivi con il prevalere dei primi sui secondi; il tema fu ripreso dal premio Nobel per l’economia Elinor Ostrom con il testo Governing the Commons. The evolution of Institutions for Colective Action , Cambridge University Press, Cambridge 1990 (versione italiana, Governare i beni comuni, Marsilio, 2006). Elinor Ostrom, distingue i Commons in risorse materiali e immateriali che tendono ad essere non esclusive, non rivali (l’uso da parte di un soggetto non deve impedire l’uso da parte di altri) e fruite da una comunità. Per altri aspetti sui limiti posti allo sviluppo dalle rendite, nella sua forma di RFU, e sull’eccesso di individualismo si vedano Pasquale Persico, Morire di rendita, Il punteruolo rosso: nell’odissea dello sviluppo la rendita fondiaria è un naufragio, in Regione Emilia-Romagna. Informazioni sulla riqualificazione Urbana e Territoriale, INFORUM, n.40/41 Aprile-Settembre 2012 e la tesi anticipata da James O’Connor con il testo, Individualismo e crisi dell’accumulazione, pubblicato in Italia da Laterza nel 1984 6. cfr., Alan H. Cottrell, Ambiente e economia delle risorse, Il Mulino, 1984, pag. 19
Biografia dell’autore Maria Cristina Treu Urbanista, Professore ordinario di Progettazione Urbanistica, è responsabile da tempo del Laboratorio di Pianificazione Ambientale e svolge attività didattica e di ricerca presso il Politecnico di Milano. Si occupa di pianificazione a scala comunale e sovra comunale, di valutazione dei grandi progetti di intervento territoriale, di sistemi di bilancio economico-sociale ed ambientale e di metodi di analisi e rappresentazione cartografica dei fenomeni territoriali.
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Introduzione
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Introduzione
I Community Gardens • Costruire comunità 23 • New York City 25 • Casi studio 27
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Poster pubblicitario - Seconda Guerra Mondiale
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I Community Gardens
Costruire Comunità Le testimonianze dei “kleingärten” in Austria, Svizzera e Germania, gli “ogròdek dzialkòwy” in Polonia, i “rodinnà zahradka” nella Repubblica Ceca, i “kiskertek” in Ungheria, i “volkstuin” in Olanda e Belgio, i “jardins ouvriers” o “jardins familiaux” in Francia e Belgio, i “kolonihave” in Danimarca, i “kolonihage” in Norvegia, i “kolonitraetgard” in Svezia, i “siirtolapuutarhat” in Finlandia, gli “shimin noen” in Giappone, i “community gardens” e gli “allotment gardens” nei paesi anglosassoni, gli “orti urbani” o gli “orti sociali” in Italia, ci fanno comprendere come la coltivazione di appezzamenti di terreno in ambito urbano sia un fenomeno molto diffuso in tutto il mondo. Le condizioni economiche precarie di famiglie che a partire dalla Rivoluzione Industriale si spostarono dalle campagne alle città per trovare occupazione nelle fabbriche rappresentano una delle motivazioni che in origine spinsero a realizzarli. Erano le amministrazione locali che decidevano di dare in uso alle famiglie più povere ed emarginate piccoli appezzamenti di terreno di proprietà pubblica da coltivare ad orto per cercare di alleviare i problemi legati prevalentemente
alla malnutrizione (Migrant Gardens inglesi, i Jardins Ouvriers francesi). La loro diffusione divenne molto importante durante la prima metà del XX secolo poiché, soprattutto negli anni che seguirono e interessarono il periodo delle due guerre mondiali, rappresentarono l’unico modo per affrontare la drammatica situazione alimentare causata dalle condizioni in cui versavano le grandi città (Orti di Guerra, Victory Gardens). I Community Gardens realizzati nella Città di New York durante gli anni ’70 sono l’evoluzione dell’orto urbano coltivato per la produzione di derrate alimentari. Pierre Grimal1 nel suo “L’Arte dei Giardini. Una breve storia” (1974), definisce il giardino come “mondo chiuso, indefinitamente malleabile [...] dà corpo al vecchio sogno del microcosmo. Lo si struttura, consciamente, come l’immagine, a scala umana, del Cosmo misurato, che proprio per la sua immensità è sottratto all’azione diretta degli uomini. In un giardino tutto diventa possibile. Vi si può modellare a proprio modo la creazione, giocare con le stagioni, le luci, le prospettive, le chiome.” Nei Community Gardens i presupposti sono i medesimi, ma, a differenza dei giardi-
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ni raccontati da Grimal, essi sono realizzati dalla comunità per costruire le comunità. Ma cos’è la Comunità? La Comunità, come spiega Ferdinand Tonnies2 nel testo del 1887 dal titolo “Comunità e Società”, è una “organizzazione sociale fondata sul sentimento di appartenenza e sulla partecipazione spontanea che si contrappone al concetto di società”; “la teoria della società riguarda una costruzione artificiale, un aggregato di esseri umani che solo superficialmente assomiglia alla comunità, nella misura in cui anche in essa gli individui vivono pacificamente gli uni accanto agli altri. Però, mentre nella comunità gli esseri umani restano essenzialmente uniti nonostante i fattori che li separano, nella società restano separati nonostante i fattori che li uniscono.” I Community Gardens sono un fenomeno culturale che affronta con metodo induttivo le problematiche legate al disegno del giardino o gli aspetti botanici legati ad esso. Come fenomeno sociologico è avvalorato dalla portata della sua manifestazione, dall’essere composto da una fitta rete di spazi pubblici spontanei creati per far fronte ad una criticità. A dispetto
del fatto che i giardini comunitari siano spazi pensati e realizzati direttamente dai cittadini, senza l’apporto di architetti del paesaggio o urbanisti essi risultano essere spazi vissuti, di reale aggregazione, dove si difendono identità e nei quali si costruiscono comunità. Il progettista del paesaggio e l’urbanista sono tenuti a guardare tali fenomeni per comprendere le dinamiche sociali in grado di creare spazi pubblici vitali. Il progetto di paesaggio, d’altro canto, per essere tale, deve contenere in sé una serie di stratificazioni culturali. Già la Convenzione Europea del Paesaggio3, chiarisce il concetto di paesaggio definendolo come “zona o territorio, quale viene percepito dagli abitanti del luogo o dai visitatori, il cui aspetto o carattere derivano dalle azioni di fattori naturali e/o culturali (antropici)”. A tal proposito risulta molto interessante leggere le teorie risalenti ormai al 1958 a firma di una delle più influenti personalità sui modelli di sviluppo delle città moderne, l’antropologa statunitense Jane Jacobs4. Nel testo intitolato “La città è della gente” (1958), con cui anticipa il famoso libro “La vita e la morte delle grandi città” del 1961, critica aspramente
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la standardizzazione dei progetti di riqualificazione urbana dell’epoca ed esorta i progettisti a guardare come la gente usa lo spazio pubblico, soprattutto la strada, invitandoli a cercarne i punti di forza per sfruttarli e consolidarli. Secondo la Jacobs architetti ed urbanisti possono dare un contributo essenziale, ma il contributo vitale è quello dato dai cittadini, i quali non possono limitarsi ad accettare progetti imposti dall’alto, mentre hanno il dovere di mettersi in gioco in prima persona. Spesso per poterlo fare hanno bisogno di nuove leggi: “in realtà”, dice la Jacobs, “tutti i cittadini in tutte le città in cui si prevedono grandi trasformazioni hanno dovuto esercitare pressioni per ottenere leggi speciali”. Anche nel caso dei Community Gardens di New York, grazie alla mobilitazione popolare spontanea, sono state promulgate leggi e regolamenti specifici estesi poi anche a livello nazionale. New York City La strada, per la Jacobs, è il sistema nervoso della città, luogo in cui scorrono gli umori, le sensazioni, gli sguardi. È il principale nodo di scambio e di comunicazione. La gente
ha bisogno della strada per costruire la propria comunità. A New York il fenomeno dei Community Gardens nacque alla fine degli anni ‘70 con la finalità di riappropriarsi proprio della strada, di renderla più sicura e vivibile attraverso la condivisione di luoghi curati collettivamente. Ciò avvenne soprattutto in aree urbane dismesse, in ambienti urbani degradati dal punto di vista sia urbanistico che sociale. Quegli anni rappresentarono per la città di New York l’apice di un processo distruttivo del tessuto urbano legato alla forte crisi economica. La crescente disoccupazione mise in fuga la classe media residente a New York determinando l’abbandono di interi quartieri che vennero in seguito occupati da bande criminali. Le aree più colpite, Bronx, Harlem, Alphabet City (Lower East Side Avenue A-B-C-D), avvolte dalle fiamme degli incendi dolosi, sprofondavano sotto le loro macerie. Era uno scenario postbellico. Il mercato immobiliare si arrestò in attesa della ripresa economica: in quegli anni a New York i lotti abbandonati erano circa 25.000. Fu in questo contesto che si formarono spontaneamente comunità di cittadini intenzionati ad agire in prima persona
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Fig. 1: Mappa dei Community Gardens presenti nella CittĂ di New York, a cura di Urban Design Lab, 2011
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per recuperare il loro quartiere. Avevano bisogno di un avamposto, di un luogo fisico sulla strada in cui riunirsi, accendere le luci, far giocare i bambini, organizzare feste: un luogo positivo dal quale fosse possibile difendere la loro città. Nei lotti abbandonati, coperti da detriti e rifiuti, vere e proprie ferite aperte nel tessuto urbano, vennero realizzati i primi Community Gardens. Il primo gruppo di attivisti verdi armati di bombe di semi, cesoie e badili fu quello dei Green Guerillas capitanati dall’artista visionaria Liz Christy; il loro primo giardino fu realizzato all’angolo tra Bowery e Houston Streets nel Lower East Side. Il fenomeno ebbe una portata talmente rilevante che in pochi anni a New York furono realizzati più di 800 giardini comunitari. Di fatto, dopo una fase ascendente avvenuta in maniera esponenziale soprattutto durante gli anni settanta, il loro proliferarsi subì una pausa di arresto in concomitanza della ripresa del mercato immobiliare e molti di essi vennero riconvertiti in terreno edificabile. I più pregevoli ma anche i più rappresentativi invece, grazie a leggi speciali comunali, organizzazioni no-profit, istituti di credito specializzati, associazioni di
tecnici e progettisti volontari e soprattutto, grazie all’impegno dei cittadini, sono oggi parchi pubblici a tutti gli effetti. Rudolph Giuliani, sindaco di New York dal 1994 al 2001, contrario al mantenimento dei giardini comunitari perché più favorevole al reinserimento dei terreni nel mercato immobiliare, operazione molto più redditizia in termini di tasse, disse: “se vivi in un mondo irreale allora sarai in grado di dire che qualsiasi cosa può essere un Community Garden”. In effetti, come disse la Jacobs, lasciar spazio ai cittadini per dar forma alla propria città “significa lasciar spazio all’incongruo, allo stravagante, al volgare,” ma tutto ciò “fa parte della sfida, non certo del problema.” Casi studio I Community Gardens, per la qua-si totalità, non avrebbero modo di rientrare in un manuale di Arte dei Giardini. Si tratta piuttosto di operazioni da inserire nel campo dei casi studio utili per la progettazione degli spazi pubblici, soprattutto in situazioni critiche. Liz Christy con le sue “Note introduttive per la progettazione dei futuri Community
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Fig. 2: Distribuzione del reddito medio nella CittĂ di New York nel 2010
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Gardens” (vedi pag. 57) ne ha descritto le linee guida. Per meglio comprendere da un punto di vista etnografico la realtà dei contesti in cui il fenomeno dei giardini comunitari è stato più massiccio, ritengo sia molto utile il libro di Philippe Bourgois5 pubblicato nel 1995 dal titolo “In Search of Respect, Selling crack in El Barrio”. L’antropologo statunitense che ha scelto di svolgere le ricerche nel quartiere di East Harlem, racconta come, seguendo il metodo classico degli studi antropologici, si sia calato nelle dinamiche della vita del quartiere approfondendo l’epifenomeno della droga che coinvolge soprattutto le etnie emarginate e i poveri e che conferma come, nei quartieri di New York, dove emarginazione, povertà, uso di droghe e criminalità si intrecciano vi sia una grande concentrazione di giardini comunitari. Il fenomeno, che ha avuto origine nel Lower East Side, molto presto ha interessato i quartieri di Brooklyn, Bronx ed Harlem. Oggi il quartiere di East New York è quello con la più alta concentrazione di bande criminali legate allo spaccio di stupefacenti, ed è quello in cui il Comune, attraverso l’Operazione Green Thumb, promuove la costruzione di nuovi giar-
dini comunitari. D’altro canto, se si osserva la mappa dei Community Gardens presenti sul territorio comunale (Fig. 1), se ne evidenzia una maggiore concentrazione laddove il reddito medio per abitante risulta inferiore (Fig. 2) e dove, di conseguenza, è maggiore il rischio di degrado socio/economico. Nel testo, dopo una prima parte interpretativa, vi è una sezione dedicata alla presentazione di una scheda per ogni giardino comunitario approfondito con sopralluoghi diretti. Per la presentazione di ciascun caso ho scelto di suddividere la città per macro zone: Downtown, Midtown e Uptown per l’isola di Manhattan ed una sezione dedicata ai giardini visitati fuori Manhattan, più precisamente a Brooklyn e nel Queens. Il Lower East Side che ha visto nascere ed esplodere il fenomeno dei Community Gardens durante gli anni ’70 e che ne contiene il maggior numero passati poi sotto la tutela del Dipartimento Parchi della Città di New York è il quartiere più rappresentato. Le aree ancora oggi abbastanza problematiche, Harlem e Bronx, o critiche come l’East New York, pur contando un gran numero di giardini comunitari realizzati o in programma di realizzazione, non
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sono state analizzate in quanto non ho avuto l’opportunità di potervi accedere direttamente in sicurezza. Sono aree che oggi richiederebbero un’indagine altrettanto ampia accompagnata da una verifica di quanto è successo nelle zone già indagate. Penso a dei sopralluoghi che arricchiscano e verifichino ciò che è già possibile reperire sul web. L’appendice al testo intitolata “New York oltre i Community Gardens” consta di una prima parte in cui si cerca di comprendere quale sia stata l’evoluzione dei giardini comunitari. L’esempio selezionato è il celebre progetto della Highline, il parco lineare sopraelevato realizzato grazie alla tenacia dei cittadini di New York; il secondo esempio è una proposta dell’architetto Micheal Sorkin per una possibile trasformazione dei marciapiedi in spazi comunitari dal titolo “Sidewalks of New York”. La seconda parte dell’appendice è un breve sguardo ai Private Owned Public Spaces ossia spazi pubblici realizzati dai privati. Sono luoghi disciplinati dal regolamento edilizio denominato Zoning Resolution, ossia la zonizzazione incentivata che concede un bonus volumetrico in cambio della realizzazione di spazi pubblici.
Sul tema dei Community Gardens rimangono aperti molti percorsi di ricerca, non solo dove il fenomeno ha avuto origine, ma anche in alcune città europee e tra queste molte città italiane. A questo proposito chiude il testo la parte intitolata “Per una ricerca sul territorio italiano”, che delinea alcune esperienze di giardini comunitari individuati in tre città italiane: Napoli, Palermo e Milano. Si tratta di esperimenti che, specialmente nel caso di Scampia a Napoli, stanno ottenendo risultati significativi in contesti estremamente complessi.
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Note 1.Pierre Grimal (Parigi, 21 novembre 1912 – Parigi, 11 ottobre 1996) è stato uno storico e latinista francese. Ha insegnato sino al 1982 alla Sorbona. Oltre al testo citato “L’Arte dei Giardini. Una breve storia”, Parigi 1974, tra i suoi numerosi studi sulla cultura latina, molti dei quali tradotti in italiano, si ricordano “Cicerone”, Milano 1987, “I giardini di Roma antica”, Milano 1990, “L’anima Romana”, Roma 1998. 2.Ferdinand Tönnies (Oldenswort, 26 luglio 1855 – Kiel, 9 aprile 1936) è stato un sociologo tedesco. Professore presso l’Università di Kiel, destituito nel 1934 per la sua opposizione al nazionalsocialismo, è stato uno dei fondatori e primo presidente della Società Tedesca di Sociologia (1909). 3. La Convenzione Europea del Paesaggio è un documento adottato dal Comitato dei Ministri della Cultura e dell’Ambiente del Consiglio d’Europa il 19 luglio 2000, ufficialmente sottoscritto nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze il 20 ottobre 2000. È stata firmata dai ventisette Stati della Comunità Europea e ratificata da dieci, tra cui l’Italia nel 2006. Oltre a dare una definizione univoca e condivisa di paesaggio, la convenzione dispone i provvedimenti in tema di riconoscimento e tutela, che gli stati membri si impegnano ad applicare. Vengono definite le politiche, gli obiettivi, la salvaguardia e la gestione relativi al patrimonio paesaggistico, riconosciuta la sua importanza culturale, ambientale, sociale, storica quale componente del patrimonio europeo ed elemento fondamentale a garantire la qualità della
vita delle popolazioni. Emerge la sua natura antropica, ovvero l’importanza ricoperta dal ruolo dell’azione umana. Il paesaggio è descritto come l’aspetto formale, estetico e percettivo dell’ambiente e del territorio. La Convenzione prevede la salvaguardia di tutti i paesaggi, indipendentemente da prestabiliti canoni di bellezza o originalità, ed include espressamente: « ...paesaggi terrestri, le acque interne e marine. Concerne sia i paesaggi che possono essere considerati eccezionali, sia i paesaggi della vita quotidiana sia i paesaggi degradati.” » 4. Jane Jacobs (Scranton, 4 maggio 1916 – Toronto, 25 aprile 2006) è stata un’antropologa e attivista statunitense naturalizzata canadese. Le sue teorie hanno influito profondamente sui modelli di sviluppo urbano delle città nordamericane. Autrice del rivoluzionario Vita e morte delle grandi città, saggio sulle metropoli americane edito nel 1961, criticò fermamente il modello di sviluppo delle città moderne e fu accesa sostenitrice del recupero a misura d’uomo dei nuclei urbani, enfatizzando il ruolo della strada, del distretto, dell’isolato, della vicinanza e della densità, della eterogeneità degli edifici. 5. Philippe Bourgois (nato nel 1956) ha una cattedra in Antropologia presso l’ Università della Pennsylvania. È stato docente e fondatore del Dipartimento di Antropologia, Storia e Medicina Sociale presso l’ Università della California, San Francisco dal 1998 al 2003. Studente di Eric Lupo e influenzato dal lavoro dei teorici sociali francesi Pierre Bourdieu e Michel Foucault , egli è considerato un importante sostenitore delle teorie neo-marxiste e dell’antropologia medica critica.
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Stati Unity - New York
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Stati Uniti - New york
Costruire Community Gardens • Trust for Public Land • American Community Gardening Association (ACGA)
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New York City • Alcuni cenni storici 47 • I parchi 48 • Robert Moses 49 • Gli anni settanta 50 • Liz Christy e i Green Guerillas 50 • Operazione Green Thumb 52 • I Community Gardens latino-americani a New York 52 Note Antologiche • Note introduttive per la progettazione dei futuri community gardens. Di Liz Christy • L’impatto dei Community Gardens. Di Enterpise Foundation • Breve storia dei Community Gardens • Radicati nella comunità
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Ingresso della sede di un Community Center nel quartiere Lower East Side di Manhattan.
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Costruire Community Gardens
Negli Stati Uniti lo sviluppo della città è legato alle variazioni della rendita fondiaria urbana. In fase recessiva il mercato immobiliare si arresta in attesa che i terreni edificabili riacquistino valore. Durante la fase acuta della recessione avvenuta tra il 1960 e il 1975 si verificò un complesso di cause che portarono ad una profonda crisi della città americana, soprattutto della Città di New York. A seguito della crisi economica vennero dapprincipio interrotte le realizzazioni dei grandi progetti di “Urban Renewal”1 (Riqualificazione Urbana) poste in essere da Robert Moses tra il 1930 e il 1970. Contemporaneamente avvenne l’esodo dalla città ed il conseguente abbandono edilizio da parte della classe media. A tutto ciò si aggiunse il taglio dei servizi municipali. Ne conseguì un tremendo scenario di criminalità, incendi dolosi, incuria e abbandono. I primi servizi municipali a subirne le conseguenze furono gli spazi pubblici e i parchi di quartiere a causa dei drastici tagli ai finanziamenti riguardanti la manutenzione, la sorveglianza, il personale, ecc. Proprio i quartieri con un numero molto elevato di lotti abbandonati erano quelli i cui parchi risultavano maggiormente degradati.
In un sistema di sviluppo urbano così organizzato, la riqualificazione delle aree degradate ha luogo quando il valore del terreno edificabile cresce. Ciò ha fatto sì che per un periodo lungo circa trenta anni questi lotti restassero vuoti ed abbandonati abbassando notevolmente la qualità dell’intero quartiere sia dal punto di vista sociale che economico. A partire dalla seconda metà degli anni ‘70, in contrapposizione al quadro sopra descritto, nacquero negli Stati Uniti numerose iniziative di base volte alla progettazione, realizzazione e gestione di spazi pubblici urbani condivisi. Si tratta di luoghi che includono i Community Gardens o Community Open Space, fortemente caratterizzati da un approccio par-tecipativo, da una pianificazione bottom-up. Di solito funziona così: le associazioni, i movimenti di cittadini o gli enti preposti, scelgono il sito su cui operare e lo ripuliscono da rifiuti e macerie, coadiuvati generalmente dal Comune o da imprese che si offrono volontarie; a questo punto si redige un programma/progetto, spesso grazie all’ausilio di tecnici pro-bono o studi di progettazione specializzati no-profit; segue la realizzazione del
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giardino comunitario direttamente da parte dei cittadini; in ultimo il sito può essere acquistato attraverso società finanziare specializzate a sostenere economicamente progetti capaci di rafforzare la comunità. Aspetti fondamentali dell’intero processo sono la gestione e la manutenzione dirette da parte dei cittadini. Numerose ricerche hanno analizzato la qualità di queste esperienze in rapporto al sistema ufficiale di parchi municipali. Di seguito sono elencati i più importanti benefici riscontrati in applicazione a questo tipo di approccio: 1) I luoghi progettati e sviluppati dalla comunità aumentano l’orgoglio locale generando una netta diminuzione di criminalità e vandalismo; 2) Il controllo esercitato dalla comunità accentua il senso di appartenenza che limita traslochi, abbandoni edilizi, ecc; 3) Si riscontra un maggiore utilizzo dei luoghi progettati, sviluppati e gestiti dagli abitanti, rispetto a quelli realizzati in maniera convenzionale; 4) C’è un oggettivo risparmio economico da parte della pubblica amministrazione trasferendo i costi di gestione e manutenzione dall’ente pubblico alle associazioni o consorzi di quartiere.
A) Progettazione partecipata. Se una comunità sente l’esigenza di avviare un percorso alternativo alla pianificazione o alla progettazione del paesaggio ufficiali, sono da ricercare le motivazioni. Alcune di esse potrebbero essere ad esempio: • La necessità di inserire all’interno delle attuali procedure amministrative elementi come la negoziazione, ovvero lo scambio di informazioni tra i cittadini – destinatari dei progetti – e le amministrazioni locali; • La necessità di eliminare tutti gli elementi della “neutralità progettuale” che nella definizione dei processi di piano non sono una garanzia sufficiente al fine di ottenere scelte equilibrate e rispettose delle radici culturali locali; • La necessità di eliminare tutti quei processi di esclusione di larghe fasce della popolazione attraverso processi di sburocratizzazione e di trasparenza, di agire contro la mancanza di rispetto degli interessi ambientali e sociali e le disuguaglianze. Sono iniziative che vengono intraprese dove vi è stretta collaborazione tra professionisti volontari (architetti, paesaggisti, urbanisti - e dipartimenti universitari) e cittadini. Negli Stati Uniti la progettazione par-
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tecipata nasce in risposta ai grandi progetti di Urban Renewal imposti dal governo federale alle amministrazioni locali. Sono state create moltissime strutture specializzate in Progettazione Partecipata ed Advocacy Planning2 (la pianificazione di parte) denominati Design Centers spesso all’interno delle Facoltà di Architettura: Pratt Insitute, North Carolina, NJ School of Architecture, University of Colorado etc.; oppure presso studi professionali: Carr, Lynch, Community Development by design, Hatch Associates etc. Molti Community Gardens hanno visto la partecipazione dei Design Centers non solo durante la fase progettuale ma anche per la stima dei costi e per la ricerca dei finanziamenti. Una delle esperienze più riuscite, ancora vitali ed operanti è il programma permanente Green Thumb in seno al Comune di New York City che si occupa del supporto tecnico amministrativo, ma anche di veicolare la scelta del sito su cui far nascere il giardino, prediligendo le aree maggiormente problematiche e degradate per le quali non sono in programma opere pubbliche di riqualificazione urbana (come ad esempio oggi è il quartiere East New York).
B) Costruzione partecipata. Un altro aspetto importante dal punto di vista sociale ed economico è la costruzione partecipata. Spesso è supportata da programmi federali o municipali (come ad esempio i programmi estivi degli studenti di architettura, cooperative di operai edili o di giardinaggio, stage formativi di job-training ), a volte si basa unicamente sul lavoro dei volontari. Di solito il lavoro di movimento terra, che necessita di mezzi adeguati, viene eseguito dal Comune in collaborazione con ditte private disponibili a svolgere lavori di “impegno sociale”, cioè a costo zero o a prezzi simbolici. Lo stesso avviene per la realizzazione degli impianti idrici ed elettrici. C) Gestione partecipata. La filosofia dei Community Gardens si completa con la gestione diretta. La manutenzione degli impianti di solito viene eseguita dall’ente locale avvalendosi dei propri tecnici specializzati; spesso è la stessa comunità che paga i lavori con il ricavato delle attività svolte, con donazioni da parte di privati o attraverso programmi di finanziamento. I risultati di questo tipo di gestione sono particolarmente apprezzabili se paragonati ai costi di gestione degli spazi pubblici
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da parte delle amministrazioni locali, senza contare che in questo modo si riscontra una percentuale minore di atti di vandalismo. D) Acquisto o affitto dei terreni. In un primo momento erano previste soltanto forme di affitto dei terreni comunali a prezzi simbolici e per un periodo di tempo compreso tra i 20 e i 99 anni. Negli ultimi anni, a seguito delle proteste da parte dei cittadini, si è scelto di inserire alcuni dei Community Gardens più significativi nel sistema parchi cittadino. In altri casi è stato concesso ai cittadini di acquistare le aree attraverso organizzazioni che lavorano a sostegno delle comunità come il Trust for Pubblic Land. Trust for Public Land Il Trust for Public Land (TPL), svolse, e continua a svolgere, un ruolo fondamentale per i Community Gardens. Si tratta di una organizzazione nazionale senza scopo di lucro che si occupa principalmente di sostenere le comunità “verdi” dal punto di vista economico, legale ed organizzativo, operando come intermediario nelle trattative pubbliche e fungendo da garante nell’acquisto dei terreni. Nacque nel 1972 con l’obiettivo
di acquisire e preservare terreni da rendere accessibili a tutti. Uno dei progetti più importanti curati dal TPL è quello denominato “Parks for People” (Parchi per la Gente), avviato a New York con l’obiettivo di restituire spazio pubblico ai cittadini. Il TPL divenne famoso negli Stati Uniti per il suo impegno a favore della salvaguardia dei giardini comunitari alla fine degli anni ’70. Dal 1978 al 1982 a New York il TPL aiutò decine di associazioni ad ottenere legalmente i terreni su cui realizzare i propri giardini comunitari facendo in modo da garantire loro una permanenza a lungo termine. L’organizzazione si occupò inoltre di sensibilizzare la politica locale affinché desse in concessione ai gruppi di cittadini il terreno pubblico non utilizzato. Il TPL in realtà divenne uno dei protagonisti del movimento per la salvaguardia dei giardini comunitari nel 1983 con l’accordo innovativo formulato in difesa del Clinton Community Garden, situato nel quartiere di Hell’s Kitchen a Manhattan. Il Comune mise in vendita il terreno partendo da una base d’asta di 900.000 dollari. Per ostacolarne la vendita, il TPL si unì ai Green Guerillas, gli attivisti verdi capitanati da Liz Chri-
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sty, al gruppo degli Housing Conservation Coordinators ed a comuni cittadini, con l’idea di mettere in palio piccole porzioni di terreno a cinque dollari l’una per poi, con la somma raccolta, acquistarlo all’asta. Sebbene riuscirono a raccogliere soltanto 125.000 dollari, l’azione intrapresa mise la storia sotto i riflettori convincendo l’amministrazione comunale a preservare il giardino e trasferirlo definitivamente sotto la tutela del Dipartimento Parchi. Il TPL istituì una fondazione che denominò Clinton Community Garden, Inc. che sottoscrisse un accordo a lungo termine con il Dipartimento Parchi. I 125.000 dollari andarono nelle casse della fondazione a copertura delle spese future. Questa operazione gettò le basi per un maggiore impegno del TPL nella salvaguardia dei Community Gardens. A partire dal 1990, il TPL ha investito più di 200 milioni di dollari nell’acquisto dei terreni e nella progettazione, costruzione e gestione di spazi verdi. Possiede 64 giardini comunitari nella Città di New York acquistati all’asta. Il TPL si occupa dell’aspetto organizzativo della comunità, della formazione di capacità autogestionali dei giardinieri locali, contribuendo a collegarli con
altre istituzioni locali (scuole, chiese), ad ampliare l’uso pubblico degli spazi e instaurare nuovi rapporti di collaborazione. Assiste gli aspetti gestionali della proprietà, affrontando questioni come la manutenzione straordinaria, le vio-lazioni della proprietà, le azioni legali, le assicurazioni e l’ampliamento della proprietà attraverso ad esempio l’acquisto di lotti confinanti. Organizza con le scuole viaggi di istruzione e campeggi, corsi d’arte e di musica per coinvolgere i bambini in attività collegate alla comunità della quale fanno parte. Nel 2004 il TPL ha istituito tre nuove organizzazioni no-profit che si occupano di gestione di giardini comunitari: il Manhattan, il Bronx, e il Brooklyn-Queens Land Trusts. Le tre organizzazioni messe assieme rappresentano la più grande fondazione nata a protezione dei Community Gardens degli Stati Uniti. Il ruolo che ha svolto il TPL all’interno del movimento dei giardini comunitari di New York è stato molto importante in quanto è stata l’unica organizzazione che ha lavorato fin dall’inizio nell’ottica della loro salvaguardia a lungo termine. Nel dinamico e complesso mercato fondiario di New York era difficile imma-
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ginare che in poco più di un decennio, i quartieri in cui vi erano terreni che nessuno aveva intenzione di comprare, avrebbero potuto attirare investimenti immobiliari tali da aumentare il valore stesso dei terreni. Inoltre la realizzazione dei giardini ha avuto un effetto spinoff che ha portato ad un aumento del valore immobiliare, rinnovando l’interesse sia degli investitori privati che pubblici. Un rapporto rileva che i giardini comunitari aumentano del 9,4% il valore fondiario entro cinque anni dalla loro realizzazione3. Col passare del tempo nacquero altre organizzazioni a supporto dei giardini comunitari. Oltre ai più importanti Green Thumb, Green Guerillas, CENYC, e il Citizens Committee for NYC, ci sono tra gli altri, Neighborhood Open Space Coalition, The Horticultural Society of New York, Brooklyn Botanic Garden/ Brooklyn GreenBridge, New York Botanical Garden/Bronx Green-Up, More Gardens!, New York Botanical Garden, New York Horticultural Society and Trees New York, ecc. American Community Gardening Association (ACGA) Tra il 1978 ed 1979 il Dipartimento per
i Servizi Umani del Comune di Chicago organizzò due conferenza nazionali sul tema dei Community Gardens. Allora Chicago era la Città più all’avanguardia degli Stati Uniti per quanto riguardava i programmi di giardinaggio comunitario. Negli anni ‘70 furono istituiti numerosi programmi specializzati a fornire terreni e risorse economiche ad associazioni che avessero l’intenzione di realizzare un giardino comunitario. Furono sviluppati anche programmi per la sponsorizzazione di servizi comunali, parchi, cooperative per la divulgazione dei servizi locali, organizzazioni no-profit, chiese, scuole, agenzie dei servizi sociali, associazioni di quartiere, ecc. La maggior parte di queste iniziative era sovvenzionata interamente attraverso contributi pubblici o gestite grazie a programmi federali per l’occupazione. Durante gli anni ’80 i fondi vennero drasticamente tagliati. Per questo motivo nel 1980 a St. Louis, nel Missouri, venne organizzata una task force nazionale, un comitato di emergenza a supporto dei Community Gardens. Oltre 35 sponsor di rilievo provenienti da tutto il Paese parteciparono a questo incontro ed insieme ai coordinatori dei Commuity Gardens delle varie
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città, deliberarono di fondare la American Community Gardening Association (ACGA). La loro missione era ed è molto ambiziosa: costruire comunità. Secondo l’ACGA una comunità si costruisce attraverso l’implementazione dei Community Gardens ed in generale degli spazi verdi. Ciò dovrebbe avvenire attraverso l’aiuto di volontari, professionisti e sostenitori delle comunità ecologiche sia nelle comunità urbane che in quelle rurali. L’associazione riconosce che i Community Gardens arricchiscono la qualità di vita delle persone fungendo da catalizzatori per il miglioramento dei rapporti con il vicinato, stimolando l’interazione sociale, abbellendo i quartieri, incentivando la produzione di cibo sano, riducendo il bilancio della spesa alimentare delle famiglie, aumentando le possibilità di svago, esercizio fisico ed educazione. L’ACGA ed i suoi membri oggi lavorano per promuovere e sostenere tutti gli aspetti della comunità: dal cibo prodotto al giardinaggio ornamentale, dalla silvicoltura urbana alla conservazione e gestione dello spazio aperto, fino alla pianificazione e gestione integrata delle terre in via di sviluppo in aree urbane o rurali. Continua ad operare a sostegno
del giardinaggio comunitario facilitando la formazione e l’espansione delle reti statali e regionali, incoraggiando lo sviluppo di risorse a sostegno dei Community Gardens, promuovendo la ricerca e la conduzione di programmi educativi. Ciò che colpisce maggiormente dei Community Gardens è la loro ete-rogeneità. Si può definire Communty Garden un qualsiasi pezzo di terra curato da un gruppo di persone. L’ACGA ne fornisce una definizione ampia: può essere urbano, suburbano o rurale; può coltivare fiori, ortaggi o intere comunità; può definire una trama all’interno del tessuto urbano o essere costituito da un singolo appezzamento; può essere all’interno di una scuola, di un ospedale o di un quartiere; può anche essere all’interno di edifici dedicati all’agricoltura urbana dove vengono coltivati i prodotti da vendere al mercato ortofrutticolo. È interessante leggere quali e quanti siano i vantaggi che l’ACGA individua nella realizzazione di un Community Garden: • Migliora la qualità della vita delle persone; • Funge da catalizzatore per lo sviluppo dei rapporti con il vicinato e tra l’intera
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DOT 1%
HRA 1%
PRI 7%
Sconosciuti 1% HPD 3%
Altri 2%
NYRP 10%
TPL 14%
DPR 61%
Department of Parks & Recreation (DPR) 299 Trust for Public Land (TPL) 69 New York Restoration Project (NYRP) 49 Private (PRI) 36 Housing Preservation and Development (HPD) 14 Department of Transportation (DOT) 7 Human Resources Administration (HRA) 3 Sconosciuti 3 Altri 10 TOTALE: 490
Diagramma delle competenze giurisdizionali dei terreni su cui sorgono i Comunity Gardens di New York. Dati 2009/2010.
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comunità; • Stimola l’interazione sociale; • Aumenta l’autostima dei soci; • Abbellisce i quartieri; • Produce cibo sano; • Riduce le spese alimentari delle famiglie; • Preserva le risorse; • Crea opportunità per la ricreazione, l’esercizio fisico, la terapia e l’educazione; • Riduce la criminalità; • Preserva le aree verdi; • Crea opportunità di reddito e sviluppo economico; • Riduce il calore della città, delle strade e dei parcheggi; • Offre opportunità per le connessioni intergenerazionali e transculturali.
Note 1. Urban Renewal (Rinnovamento urbano) è un programma di riqualificazione paesaggistica di aree urbane a media ed alta densità abitativa. È un programma che ha avuto successi e fallimenti. La sua concretizzazione moderna è cominciata alla fine del 19° secolo in nazioni sviluppate e ha sperimentato la sua fase più intensa alla fine del 1940, durante la ricostruzione postbellica. Il processo ha avuto un forte impatto su molti paesaggi urbani e ha giocato un ruolo importante nella storia e nella crescita demografica della città in tutto il mondo. 2. L’Advocacy Planning è uno dei tentativi più organici di promuovere una partecipazione effettiva del cittadino, di dare spazio decisionale alle comunità locali. Il termine venne coniato da Paul Davidoff in un articolo del 1995 (P. Davidoff, Advocacy and Pluralism in Planning, Journal of the American Institute of Planners, 1965, n. 4; vedi anche P. Davidoff, T. A. Reiner, A Choice: Theory and Pratice, in Journal of the American Institute of Planners, maggio 1962. 3. Il dato è stato estratto da: Been and Voicu, “The Effect of Community Gardens on Neighboring Property Values”.
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Mappa di Lower Manhattan del 1847
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New York
Alcuni cenni storici Manhattan fu scoperta dal navigatore Verrazzano nel 1524 ma divenne territorio conosciuto nel 1609, dopo il viaggio dell’esploratore olandese Hernry Hudson. Nel 1623 trenta famiglie salparono dall’Olanda alla volta di Manhattan per fondare una colonia. Portarono con sé le conoscenze in loro possesso per realizzare una città che potesse essere un’estensione della loro madre patria. Nel 1664, dopo un periodo caratterizzato da terribili scontri, da una cattiva gestione finanziaria e da una feroce corruzione, la colonia divenne di proprietà degli inglesi i quali possedevano già molte terre nel nord est degli Stati Uniti. New Amsterdam divenne New York quando il re d’Inghilterra affidò l’isola al fratello, il duca di York. Da allora la crescita economica è in continua ascesa. Già nel 1792 anno dell’apertura del primo Stock Exchange, New York diventa il primo centro finanziario degli Stati Uniti. Nel 1807 Simeon DeWitt, Gouverneur Morris e Jhon Rutherford ricevettero l’incarico di progettare un modello che regolasse in maniera “conclusiva e decisiva” l’isola di Manhattan. Dopo quattro anni di lavoro proposero un pia-
no in cui veniva prima di tutto demarcata l’area conosciuta da quella sconosciuta. L’area conosciuta, a sua volta, veniva suddivisa in 12 Avenue e 155 Street, tra loro ortogonali, per un totale di 2028 isolati. Mantennero l’assetto iniziale soltanto dell’area costiera del Greenwich Village che possedeva l’inclinazione dettata dai pontili dell’area portuale. Deliberarono inoltre che “ le abitazioni con i lati regolari” sarebbero state “più redditizie” e questa ragione puramente economica risultò cruciale. I due progettisti spiegarono: “potrebbe risultare sorprendente che sia stato lasciato un numero così basso di spazi aperti (e questi ultimi talmente ristretti) a favore dei benefici dell’aria fresca, fondamentale per la prevenzione dalle malattie.” Giustificarono la loro scelta dichiarando che: “considerando il fatto che la città è circondata dal mare, per assicurare un panorama salutare e piacevole, un numero maggiore di spazi aperti non si rende necessario”, [...] “d’altronde, visto l’eccezionale prezzo della terra, era loro dovere tenere prima di tutto presente il lato economico”. I parchi A Manhattan, il Central Park, era prima
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conosciuto come Jones Woods e Sheep Meadow. Si trattava di un grande spazio aperto, preservato dallo Stato di New York nel 1851, per realizzare un “common” — ossia un’area verde pubblica — da destinare a pascolo. Nel 1856 fu inaugurato il Central Park progettato da Frederick Law Olmsted e Calvert Vaux. Nel 1870 nacque il Dipartimento dei Parchi Pubblici per controllare e gestire i parchi e le aree pubbliche al di sopra di Canal Street. Un emendamento dello statuto comunale mise tutti i parchi e gli spazi pubblici a Sud di Canal St. sotto la giurisdizione del nuovo Dipartimento che fu anche autorizzato a stimare i costi per la riqualificazione di tutti i parchi e gli spazi pubblici, comprese le strade e i viali, per un totale di 4049,821 ettari soltanto a Manhattan. Nonostante la crescita costante della popolazione, durante la seconda metà del XIX sec., alcuni spazi aperti aggiuntivi furono destinati a spazi pubblici. Le riforme sociali furono condizionate dalla scarsità degli spazi pubblici destinati ai residenti. Nel 1932 soltanto il 7,28% della Città era riservata a spazi ricreativi: era una percentuale inferiore rispetto a qualsiasi altra città degli
Stati Uniti dell’epoca. In più c’era un solo parco giochi per i 14.000 bambini al di sotto di 12 anni. La lottizzazione dei giardini del tardo XIX secolo fu la diretta risposta agli atroci bisogni della crescente popolazione appartenente alla classe più povera. Fu riscoperto il tradizionale common. Lotti di proprietà di importanti industrie vennero ceduti a favore di scuole, orfanotrofi e parchi pubblici. Il Brooklyn Botanic Garden inaugurò il giardino dei bambini nel 1908: era anche un orto urbano. C’erano parecchie ragioni per stimolare la realizzazione dei giardini comunitari: cibo fresco, esercizi all’aria aperta, educazione. Dewitt Clinton Park, Thomas Jefferson Park, Coorlears Hook Park e numerose fattorie-scuola trovarono nell’esperienza del giardino a scopo educativo un modo per controllare e istruire i giovani. Puntando anche sulla propaganda, l’epoca della I Guerra Mondiale vide la loro espansione e divenne patriottico coltivare gli orti. Coloro i quali non fossero andati a combattere al fronte, avrebbero potuto dare il loro contributo coltivando la terra ed allevando bestiame. Erano i “Liberty Gardens”, in seguito chiamati “giardini del conforto”
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(relief gardens), realizzati per incontrare i bisogni dei poveri della Grande Depressione. Nel 1937 il Works Projects Administration1 (WPA) cancellò il progetto dei giardini del conforto, in quanto il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (United States Departments of Agriculture, USDA), iniziò un programma umanitario che distribuiva con la tessera il cibo prodotto in eccedenza delle fattorie. Sebbene molte famiglie di immigrati continuassero a sfamarsi grazie ai piccoli orti domestici, la causa dei giardini comunitari rimase dormiente fino alla Seconda Guerra Mondiale quando il Sindaco di New York annunciò che tutti i terreni disponibili di proprietà del Comune sarebbero stati coltivati per realizzare orti urbani chiamati “Victory Gardens”. Nonostante il successo dell’iniziativa, i giardini vennero abbandonati al termine della guerra, con la fine del razionamento del cibo e quando le aziende di cibi congelati soffocarono gli agricoltori urbani. Robert Moses2 Intorno al 1933-34 si assistette allo sconvolgimento politico di New York City: era stato eletto il sindaco Fiorello La Guardia che, tra le altre cose, aveva
nominato Commissario dei Parchi, una delle cariche più importanti del gabinetto, Robert Moses. Moses diede subito il via alla ricostruzione della rete infrastrutturale e ben presto diventò il personaggio politico più influente e discusso tra gli anni trenta e gli anni sessanta. Il suo lavoro si fondava sulla convinzione che “non sono gli ingegneri o gli architetti a dar vita ad un piano regolatore, più o meno ben disegnato: le provvidenze amministrative e le combinazioni finanziarie ne rappresentano il vero elemento dinamico”. A capo del TBA (Triborough Bridge Autority, ente che sovrintende a ponti, strade e alla gestione delle infrastrutture pubbliche, istituito nel 1933), Moses era il responsabile della costruzione delle arterie panoramiche nord-sud che costeggiano Manhattan, del potenziamento della rete stradale, dell’aggiunta di un secondo livello al Washington Bridge e del finanziamento di un ampio programma di riqualificazione utilizzando i proventi ricavati dal pedaggio del Triborough Bridge. Nei primi anni del suo mandato realizzò 255 nuovi parchi. La maggior parte di essi andarono a favore delle classi medio alte. Secondo la biografia di Robert
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Progetto di Robert Moses per un’arteria stradale sopraelevata a Manhattan
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Moses scritta da Robert Caro nel 1974, “The Power Broker, Robert Moses and the Fall of New York”3, oltre 200.000 minori appartenenti alle classi meno abbienti venivano lasciati a giocare tra i detriti. Durante la depressione, quando la disponibilità di denaro era davvero esigua, Moses trovò 338.395 dollari nei fondi mai utilizzati per la costruzione del War Memorial Arch da impiegare per la realizzazione di nuovi spazi pubblici. I progetti scelti e voluti da Moses includevano parchi gioco caratterizzati dalla pavimentazione in asfalto, pochi alberi da ombra, panchine e cancelli di ferro. I costi di gestione furono disastrosamente elevati. Gli anni Settanta Per New York gli anni ‘70 rappre-sentarono un periodo di profonda crisi economica che ebbe gravi conseguenze sulla situazione sociale. La città in grandissima difficoltà, non riuscì a raccogliere attraverso le tasse i fondi necessari per il suo normale funzionamento. Mentre il Governo degli Stati Uniti rifiutava la richiesta di aiuto da parte della Città, le “Fortune Five Hundred”4, la lista delle più importanti imprese societarie con sede a New York, decisero di trasferirsi,
provocando un grave crollo dell’occupazione. Come già detto in precedenza, la crisi determinò disordini e contrasti soprattutto in alcuni dei quartieri più pericolosi e degradati della Città: Bronx, Harlem, Alphabet City (Lower East Side Avenue A - B - C – D). Migliaia di edifici furono abbandonati, caddero in degrado e molte aree si ritrovarono ricoperte da macerie. Ben presto diventarono luoghi d’attrazione per drogati, prostitute, vandali e criminali. Per far fronte alla situazione, l’unico provvedimento preso dall’amministrazione comunale fu quello di recintare gli spazi abbandonati e renderli inaccessibili. Liz Christy e i Green Guerillas In contrasto con la passività del Governo, nel 1973, un’appassionata artista, Liz Christy e la sua banda di seguaci attivisti visionari, i Green Guerillas, pensarono di occupare alcu-ni dei lotti abbandonati nel quartiere Lower East Side di Manhattan. Armati di cesoie e picconi, erano convinti di essere stati prescelti per salvare il paesaggio disastrato intorno a loro. Realizzarono il loro primo giardino all’angolo tra Houston Street e Bowery, dove pochi mesi prima una coppia di barboni era
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morta assiderata dentro una scatola di cartone. Agli occhi dell’amministrazione comunale si trattava comunque di un’azione illegale. I Green Guerillas furono accusati di violazione di proprietà e fu intimato loro di sgomberare l’area immediatamente. Per tutta risposta i Guerillas organizzarono un blitz con i media grazie al quale riuscirono a mostrare in televisione come fossero riusciti a realizzare un giardino fiorito dal niente. L’amministrazione comunale capì e concesse loro di rimanere. Era il 1974. Il giardino di Liz Christy e i Green Guerillas diede il via al vasto movimento di giardini auto costruiti. I Guerillas si misero a disposizione di chiunque volesse realizzare un Community Garden. “Fu – dicono i cronisti dell’epoca - una vera e propria forma di disobbedienza civile ”. A partire dal 1976 i loro sforzi vinsero sulle reticenze dei rappresentanti dell’amministrazione pubblica, primo tra tutti il congressista di Brooklyn Fred Richmond, il quale spinse per ottenere un programma federale a sostegno del verde urbano auto costruito. A Brooklyn il primo progetto dimostrativo fu supportato dal Cornel University’s Cooperative Service. Si trattò di un’operazione talmente riu-
scita da ottenere un programma nazionale da 3 milioni di dollari e si estese ad altre 15 città. Jimmy Carter, Presidente degli Stati Uniti d’America dal 1977 al 1981, impressionato dallo stato di devastazione constatato personalmente durante la storica passeggiata nel quartiere Bronx del 1977, stanziò 500.000 dollari a favore della realizzazione di nuovi parchi e aree ricreative. Propose inoltre l’utilizzo di 1,2 milioni di dollari, tra fondi federali e fondi appartenenti alla Città di New York, a favore di giardini comunitari e parchi da realizzare nel South Bronx. Ogni giardino poteva essere sovvenzionato al 50%. Si fece la stima delle ore di lavoro, dei materiali edili e vegetali occorrenti per la loro realizzazione. Si tenne anche conto dei materiali recuperati all’interno dei lotti che potevano essere riciclati o venduti, compreso il concime prodotto una volta realizzato il giardino; ogni intervento, secondo il computo, prevedeva l’impegno di circa 300.000 dollari. Il Comune si fece carico della realizzazione dei marciapiedi e dell’acquisto degli alberi e degli arredi, per una cifra totale pari a 900.000 dollari.
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Operazione Green Thumb I giardini comunitari divennero l’elemento catalizzatore per lo sviluppo dei quartieri degradati. Nasceva un numero talmente elevato di giardini sui terreni pubblici che nel 1978 il Comune di New York istituì il programma “Green Thumb” (Pollice Verde) con il compito di affidare i lotti vacanti alle associazioni che ne facessero richiesta in cambio della cifra simbolica di un dollaro l’anno. Divenne più semplice così per l’amministrazione comunale sia la regolamentazione che il controllarlo di questi spazi. Giardinieri e sostenitori del verde si sentivano invogliati ad aderire al programma perché legittimava i loro sforzi. Fin dall’inizio fu chiaro che questa forma di concessione sarebbe stata temporanea. Per entrare nel programma Green Thumb i giardinieri erano tenuti a firmare un contratto in cui dichiaravano che avrebbero svuotato il lotto affidato entro trenta giorni se l’Amministrazione avesse deciso di destinare l’area ad usi diversi. Con l’aumento del valore dei terreni, l’amministrazione pubblica tendeva a favorire il mercato immobiliare in maniera tale da riscuotere, attraverso le tasse, cifre decisamente più consistenti. Tale decisio-
ne produsse tutta una serie di manifestazioni di protesta da parte dei cittadini in difesa dei giardini comunitari. Circa un decimo degli 800 giardini comunitari di New York, i più interessanti, sono attribuiti al Dipartimento Parchi e sono quindi permanenti, molti altri invece sono stati demoliti. I Community Gardens latino-americani a New York I Community Gardens realizzati dai gruppi etnici provenienti dal Centro America (Puerto Rico, Messico, Hounduras, ecc.) rappresentano una risorsa importante in termini di numero, originalità e per l’interesse che suscitano dal punto di vista antropologico. Si tratta di interventi atti a trasferire la cultura dei paesi d’origine degli attivisti, connotata da una forte componente religiosa e dalla propensione alla condivisione e alla socializzazione, alla terra che li ha accolti, nel tentativo di renderla meno estranea. La volontà è quella di utilizzare lo spazio a disposizione reinterpretando la vita dei campi sud americani. Per determinare il ruolo che i Community Gardens latino americani giocano a favore dello sviluppo di tali comunità, la ricercatrice messicana
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Laura Saldivar Tanaka e l’americana Marianne E. Kransny del Dipartimento di Scienze Naturale della Cornell University di Ithaca, New York, hanno condotto un’indagine avvalendosi di 32 attivisti di origine sudamericana provenienti da 20 giardini comunitari sparsi sul territorio di New York. La struttura dei giardini - hanno accertato le studiose - riflette i paesi di origine degli intervistati e della maggior parte dei frequentatori del giardino. In tutti i giardini in esame sono state inserite le Casitas, piccole casette di legno che, generalmente, possono contenere non più di 10 persone alla volta. A Puerto Rico gli edifici dei contadini nei campi, molto simili alle Casitas, vengono realizzati per proteggersi dal sole e dalla pioggia, per socializzare e per le celebrazioni religiose più antiche. A New York tali strutture sono usate di solito per mostre temporanee, per riporre gli strumenti musicali e, soprattutto, come luogo di incontro, relax e socializzazione. La Casita è l’elemento che rende riconoscibili i giardini realizzati dalle comunità latino americane rispetto ai giardini realizzati da altri gruppi etnici. Le zone prive di vegetazione che circondano le Casitas vengono chiamate
Baytes e sono utilizzate per le riunioni all’aperto e come aia. Le Casitas si può dire che rappresentino per i portoricani il legame con l’ancestrale tradizione indigena dei Taino (gli indigeni di Porto Rico). La Casita è un’espressione del Bohio, o casa comunale, che si trova nei Conucos Taino ossia i ricoveri comunali di Puerto Rico. Un’altra delle particolarità dei giardini latino americani è il raccolto. La maggior parte dei giardinieri usano coltivare piante tradizionali ed etniche. Peperoncino verde (piccante per i messicani), aglio, cilantro, pomodori e cipolle sono spesso piantati nella stessa aiuola: questi ortaggi vengono usati per cucinare il tradizionale condimento chiamato soffrito. I fagioli (frijoles negros, frijoles pintos, gandules, habichuleas, e frijol enredadera) sono spesso piantati a piccoli filari attorno al mais, per creare nell’aiuola un gioco di colori. I giardinieri di origine messicana provenienti dallo Stato di Puebla usano coltivare Pipicha, (Porophillum tagetoides), Alache (Porophillum s.p), erbe come il Papalo (Porophillum ruderale), il Chipile (Fabacea spp.), l’Epazote (Chenopodium ambrosiodes), ma anche grosse quantità di Chempazutchitl (calendula
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messicana), usata per decorare gli altari allestiti per il Dia de Los Muertos (il giorno dedicato ai defunti). Note 1. La Works Progress Administration (ribattezzata nel corso del 1939, Work Projects Administration; WPA) è stata la più grande agenzia del New Deal che diede lavoro a milioni di persone nella costruzione di opere pubbliche come edifici e strade, nella realizzazione di grandi progetti d’arte, teatro, media e nell’alfabetizzazione. Sfamò bambini e distribuì alimenti, vestiti e alloggi. Quasi ogni comunità negli Stati Uniti ha un parco, un ponte o una scuola costruiti dalla WPA, soprattutto negli Stati occidentali e tra le popolazioni rurali. Per questi aiuti tra il 1936 e il 1939 l’agenzia spese circa 7 miliardi di dollari. 2. Robert Moses (18 dicembre 1888 – 29 luglio 1981) fu una delle figure più affascinanti e contraddittorie della storia dell’urbanistica degli Stati Uniti. Favorì la costruzione di autostrade, contribuì a creare i quartieri moderni di Long Island e influenzò generazione di ingegneri, architetti e urbanisti i quali diffusero la sua filosofia in tutta la nazione. Uno dei suoi più importanti contributi all’urbanistica è stata la realizzazione della grande rete di parkway di New York. Sebbene non venne mai eletto per una qualsiasi carica pubblica, è stato responsabile della realizzazione e della guida di numerosi enti pubblici. 3. The Power Broker, Robert Moses and the Fall of New York, è la biografia di Robert Moses, il “New York City’s Master Builder”, con cui Robert
Caro vinse il premio Pulitzer nel 1974. Durante gli anni dalla sua pubblicazione e soprattutto dopo la morte di Moses, nel 1981, è stato un testo centrale nel dibattito su Moses e sulla storia del XX secolo della Città di New York. 4. Fortune 500 è una lista annuale compilata e pubblicata dalla rivista Fortune che classifica le 500 maggiori imprese societarie statunitensi misurate sulla base del loro fatturato.
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Sopra: I Green Guerillas con Liz Chrysty Al centro: Liz Chrysty Sotto: Planimetria del Bowery-Houston Community Garden
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Note antologiche
Note introduttive per la progettazione dei futuri community gardens. Di Liz Christy. I progetti per gli spazi pubblici sponsorizzati dalle comunità rispondono principalmente a due richieste: “cosa vogliamo” e “di cosa abbiamo bisogno”. Coloro che vivono il quartiere hanno la capacità e le conoscenze necessarie per comprendere cosa potrebbe funzionare e cosa funziona con certezza. I loro sogni e le loro visioni spesso si limitano a parchi giochi, panchine o semplicemente ad uno spazio aperto. Pensare ad un progetto permanente, ad uno spazio pubblico stabile e durevole è quasi irrealistico. Esiste qualcosa di realmente immutabile? Bisogna partire da queste considerazioni per fare una lista delle necessità e dei desideri di coloro i quali hanno l’interesse a realizzare il progetto. Il secondo passo è quello di individuare e stimolare le opinioni, le idee e i sogni della collettività. Se non si registrano i sentimenti degli abitanti del quartiere, se non si tengono in considerazione le opinioni di tutti, un progetto è destinato a non essere recepito, a risultare debole. I principi generali sono qui di seguito descritti: 1. Delimitare il sito, creare uno spazio
di transizione colorato e gioioso per incoraggiare la gente ad entrare per poi scivolare in una zona più intima e rilassante. A questo proposito Robert Lee Frost1 disse “buone recinzioni fanno buoni vicini. Un recinto, necessario per garantire i necessari requisiti di sicurezza, non deve essere per forza inanimato”. 2. Comunicare le attività che si svolgono all’interno del giardino. La strategia da seguire potrebbe essere quella di usare un linguaggio comune tra i residenti del quartiere per riuscire a coinvolgere altre persone, per fissare appuntamenti e luoghi di incontro, per rendere noti i numeri di telefono degli organizzatori, per organizzare le raccolte fondi e progetti di lavoro che hanno bisogno del supporto della comunità. Un segnale permanente ed efficace potrebbe essere quello di fornire una mappa del sito, una data per le valutazioni, un elenco di lavori da fare. 3. Per decidere dove collocare gli spazi utili al giardino è molto importante stimare i giorni e le ore in cui le persone possono utilizzarlo nell’arco di un intero anno. Quanti sono i parchi giochi che i bambini non possono frequentare perché il sito è troppo soleggiato, o non
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c’è ombra, o non ha panchine sufficienti, o ancora peggio perché l’area è inaccessibile ai genitori con un passeggino o da chi usa una carrozzella? Il giardino non può essere colpito dal sole tra le 15.00 e le 18.00, dopo l’uscita da scuola dei bambini. I materiali scelti non devono essere troppo metallici, pericolosi, scivolosi, freddi, caldi, in base alle stagioni. Si ritiene che l’area attrezzata possa funzionare come spazio ricreativo anche in inverno? L’attrezzatura scelta e posizionata in una determinata maniera può consentire di usare il giardino, ad esempio, come campo di basket? E se si, in quali periodi della giornata? Anche il posizionamento di un elemento di arredo estremamente semplice come un sedile può diventare complesso se si considera la sicurezza, il comfort e l’accessibilità dei fruitori. Ciò che accomuna gruppi di età ed interessi differenti sono la necessità di privacy e la sicurezza. 4. La sensazione di non sentirsi al sicuro; panchine posizionate in maniera tale da dare poco o per niente la possibilità di godere della privacy o che non sono adatte alla conversazione; rumore, inquinamento, puzza di spazzatura o
di industrie; il suono dei clacson degli autobus e delle auto: sono tutti fattori che devono essere tenuti in considerazione. I ragazzi dai 12 ai 18 anni hanno esigenze diverse rispetto ai trentenni o agli anziani, ma tutti hanno necessità di privacy e sicurezza. Non si deve perciò optare, per esempio, per una recinzione talmente impenetrabile da far diventare insicuro lo spazio realizzato. Gli spazi pubblici debbono soddisfare i bisogni semplici dell’espressione individuale come la comunicazione e la confidenza, attraverso l’apprendimento e l’esperienza: idee che vanno tradotte in attività socializzanti come il ballo, il canto, l’ascolto della musica, la conversazione. Per difendere le aree destinate alla natura è particolarmente importante creare un percorso che agevoli l’ingresso e l’uscita dei visitatori. Questo significa definire una rotta che faciliterà le vie di fuga in caso di emergenza. Una logica deve essere usata anche nella sistemazione delle piante. È importante garantire armonia cromatica e formale in maniera tale che il giardino risulti attrattivo sia per le persone che per gli uccelli. Un progetto fatto bene deve poter tenere alto l’interesse nei confronti del
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giardino anche nella stagione invernale, in modo che non risulti deprimente, umido, piatto. Nella fase progettuale bisogna pensare al modo in cui la gente possa essere partecipe della magia della natura. Evitare cartelli del tipo: “non calpestare il prato” ecc. 5. Il rumore della città deve essere schermato per mettere in evidenza il canto degli uccelli, il gorgoglio dell’acqua, il rumore delle foglie al vento: suoni in contrasto con quelli della città meccanizzata. L’impatto dei Community Gardens. Di Enterprise Foundation2 Nel 1982 il visionario immobiliarista Jim Rouse e sua moglie Patty fondarono la Enterprise Community Partners, Inc. (poi chiamata The Enterprise Foundation) con l’obiettivo ambizioso di assicurare a tutti una casa dignitosa. Oggi la Enterprise Foundation è leader nel settore delle residenze economiche destinate alle comunità più svantaggiate in tutti gli Stati Uniti. Di seguito viene riportato integralmente un brano scritto da Jim Rouse sul ruolo svolto dai Community Gardens in aree degradate. “I Community Gardens favoriscono lo sviluppo di un quartiere, ne aumentano
la sensazione di sicurezza ed il valore fondiario. William Miller, direttore esecutivo della Morrisania Revitalization Corporation3 (MRC), puntualizza: “siamo stati capaci di utilizzare il giardino come punto di forza della comunità, una fonte di orgoglio”. Migliorando l’aspetto generale del quartiere e aumentando la piacevolezza dello spazio pubblico, un Community Garden può anche far crescere il valore fondiario degli edifici che lo circondano. La trasformazione di un isolato nel Lower Washington Heights illustra bene il tipo di impatto. Per anni, l’isolato West 158th Street restò pieno di detriti e spazzatura; era adiacente ad edifici diroccati che frequentemente venivano ulteriormente invasi da vandali in cerca di un posto dove passare la notte. Grazie all’associazione Community League si iniziò a lavorare per ripulire il lotto di terreno e realizzare un Community Garden. Solo dopo, gli edifici attigui vennero restaurati e messi in vendita. Molti Community Gardens si trovano in quartieri controllati dalla criminalità. Gli isolati vuoti ed abbandonati diventano un’attrazione per le attività illecite: spaccio di droga, vandalismo, prostituzione, ecc. Recuperando questi
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lotti e creando al loro posto uno spazio condiviso dalla comunità aumenta la sensazione di sicurezza. Il sito viene utilizzato per attività positive ed usi leciti. A queste condizioni l’isolato e persino il quartiere, possono trasformarsi in un luogo in cui la comunità riesce a ritrovare l’interesse per ciò che accade per strada.” Breve storia dei Community Gardens di New York 1965 – 1970. Disordini razziali (Race Riots) scoppiano a Los Angeles, Detroit, Newark, New York e in dozzine di altre città povere e sovrappopolate. Istituzioni benefiche, commissioni di controllo e vari enti (alcuni in maniera ufficiale, altri in segreto), studiano “il problema” e sviluppano alcune idee su come affrontare le cause. 1970 – 1972. Il governo di New York City inizia il cosiddetto “Decentramento Spaziale” (Spatial Deconcentration) dei quartieri sovrappopolati agendo con “utile trascuratezza”: chiudevano le stazioni di polizia e dei vigili del fuoco; non si scoraggiavano o perseguivano le banche e le compagnie di assicurazioni che non pagavano i cittadini più poveri o i proprietari di edifici che incendiavano
le loro case per ottenere il denaro delle polizze e che erano costretti quindi ad abbandonare le case in rovina, ecc.: si lasciava insomma che i quartieri diventassero ricettacolo di attività criminali. 1973. Vengono realizzati i primi Community Gardens nel Lower East Side (LES): The Garden of Eden di Adam Purple ed il Liz Christy’s Bowery-Houston Community Farm and Garden. Nascono i “Green Guerillas”. 1974. Il 23 di Aprile, l’HPD cioè il New York City Department of Housing Preservation & Development (Dipartimento per la Conservazione e lo Sviluppo degli Immobili) accetta ufficialmente l’esistenza del Bowery – Houston Community Farm and Garden su un lotto di terreno di proprietà comunale. 1975. Il 21 Marzo apre ufficialmente il Garden of Eden ma non ottiene l’approvazione da parte del New York City Department of Housing Preservation and Development (HPD). 1976. Chino Garcia (di Charas al Bohio), Stimma Williams e Liz Christy iniziano a costruire La Plaza Cultural. 1977. Il neo presidente Jimmy Carter visita il quartiere degradato del South
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Bronx. 1978. Quattro nuovi giardini vengono realizzati: Jardin de la Esperanza di Alicia Torres, All People’s Garden di Olean For, 9th & C Garden, Clinton Community Garden. 1978. Per tenere sotto controllo il fiorente movimento dei Community Gardens, l’amministrazione comunale di New York avvia l’operazione “Green Thumb”. Nel documento programmatico si deliberò che i giardini comunitari avessero il diritto di essere realizzati. Le aree comunali potevano essere concesse alle associazioni attraverso la stipula di un contratto di affitto annuale. Le associazioni concessionarie avevano l’obbligo di dichiarare di essere a conoscenza che l’area concessa non fosse di loro proprietà ma di proprietà del New York City Department of Housing Preservation and Development il quale avrebbe mantenuto i poteri di sfratto a seguito di un preavviso di 30 giorni. Le associazioni si impegnavano inoltre a pagare alla Città un affitto simbolico di un dollaro l’anno. 1979. Viene realizzato il 9th St. Community Garden & Park. 1980. A giugno la Città di New York inizia la campagna per rientrare nel
pieno possesso degli spazi concessi attraverso il programma Green Thumb. 1981. Viene realizzato il Green Oasis Garden, sulla East 8th St. 1982. Viene realizzato il Tu Pueblo Batay, sulla East 4th St. 1983. Il Green Thumb inizia a rilasciare contratti di affitto di 5 e 10 anni ad associazioni disposte a prendersi cura di lotti piccoli, di valore inferiore ai 20.000 dollari. Nasce 6B Garden, sulla East 6th St. e Ave. B. 1984. Il 6B Garden ottiene il contratto di un anno da parte del Green Thumb. Carmen Pabon inizia a costruire Bello Amanecer Boroncano, al 117/121 di Avenue C. Il 16 Novembre Clinton Community Garden diventa il primo Community Garden ad essere trasferito dall’HPD al Dipartimento Parchi e a diventare permanente. Garden of Eden viene recensito e fotografato dal National Geographic e da Der Spiegel. 1985. Il 24 settembre Garden of Eden viene parzialmente distrutto per realizzare un edificio. Il Neighborhood Open Space Coalition pubblica “Struggle for Space: the Greening of New York City 1970 – 1984”. 1986. L’8 gennaio, viene distrutto ciò che rimane del Garden of Eden.
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1990. Un regolamento comunale impone che ogni quartiere di New York City debba avere almeno un ettaro di spazio pubblico ogni 1000 abitanti. Le stime del numero dei Community Gardens soltanto nel quartiere di Lower East Side sale da 40 a 80. 1994. Il neo eletto Sindaco Rudolph Giuliani ordina all’HPD di identificare i “lotti abbandonati” (cioè Community Gardens) allo scopo di venderli all’asta e aiutare così la città a pagare gli ingenti debiti. A novembre, i giardinieri dei Community Gardens istituiscono il “Garden Preservation Coalition”. 1995. La Plaza Cultural riceve il contratto di affitto dal Green Thumb. A distanza di 5 anni dall’iniziativa del Sindaco Giuliani, due terzi dei quartieri di New York City hanno meno di un ettaro di spazio aperto ogni 1000 abitanti; nel Lower East Side solamente 0,2 ettari ogni 1000 abitanti. 1996. Il 17 gennaio, l’ABC Garden sulla East 8th Street, inaugurato nel 1990, viene sgomberato. Grazie all’azione del Trust for Pubblic Land, il 6B Garden viene trasferito al Dipartimento Parchi. 1997. Il 31 dicembre, una serie di giardini nel Lower East Side, il più notevole il Chico Mendez Mural
Garden, viene demolita. 1998. Il primo gennaio, durante la cerimonia per la sua rielezione, il Sindaco Giuliani viene interrotto dai contestatori. Il 5 gennaio i contestatori bloccano il traffico di fronte al suo ufficio. Il 24 aprile, l’amministrazione Giuliani trasferisce 741 giardini del Green Thumb all’HPD, che li registra come “lotti vacanti” e li vende all’asta. Secondo i registri delle proprietà comunali ci sono più di 11.000 lotti liberi che potrebbero essere edificati. Il 20 luglio altri quattro giardini e due Community Centers (uno di essi era il Charas El Bohio Community Center sulla E 9th Street) vengono venduti all’asta, malgrado i lunghissimi ritardi causati dalle azioni dei contestatori che arrivarono a liberare migliaia di grilli dentro la sala d’asta del One Police Plaza. A Novembre il Children’s Garden of Love ad Harlem viene sgomberato. 1999. Il 10 gennaio, l’HPD annuncia la vendita all’asta di 112 Community Gardens. Rudolph Giuliani, durante un programma radiofonico dichiara a proposito della sua decisione di eliminare i Community Gardens: “Questa è l’economia del libero mercato. L’era del comunismo è finita.” Il 24 febbra-
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io trentuno persone vengono arrestate mentre protestano di fronte al Municipio contro l’eliminazione dei Community Gardens. L’11 aprile la protesta “Reclaim the Street”, blocca il traffico per ore sulla Avenue A. Il 5 maggio sessantadue persone vengono arrestate per disobbedienza civile. L’11 maggio, il giorno prima che alcune aree venissero vendute, due organizzazioni formatesi per preservare i giardini (il Trust for Pubblic Land e il Bette Midler’s New York Restoration Project4) arrivarono ad un accordo con il Sindaco Giuliani: comprarono i terreni per 4 milioni di dollari. A giugno il Procuratore Generale dello Stato di New York, Eliot Spitzer, fa causa allo città di New York per evitare altre aste. 2000. Il 15 febbraio, El jardin de la Esperanza sulla East 7th Street fu raso al suolo e trentuno contestatori vennero arrestati. 2001. Il 30 novembre, i NOT BORED!5 propongono di realizzare un nuovo Garden of Eden sulle rovine del World Trade Center. 2002. Il 17 settembre, Spitezer annuncia il verdetto della causa contro New York City, e trasferisce moltissimi giardini del Green Thumb al Dipartimento
Parchi della Città di New York. 2006. Viene ultimato il primo tratto del progetto di spazio pubblico Highline, promosso dall’associazione Friends of Highline. 2012. The Creative Little Garden riceve il premio come miglior giardino comunitario della Città di New York. 2012. Viene consegnato il secondo ed ultimo tratto del parco lineare sopraelevato Highline, progettato dallo Studio Diller Scofidio + Renfro.
Note 1. Robert Lee Frost (San Fancisco 1874Boston 1963) Poeta statunitense. 2. Nel 1972, tre membri della Chiesa del Salvatore, Terry Flood, Barbara Moore e Carolyn Banker espressero il desiderio di realizzare alloggi a basso costo nel quartiere degradato Adams Morgan a Washington DC. I tre non possedevano però alcuna esperienza nel campo delle costruzioni o e nel campo finanziario, tuttavia misero a disposizione un fondo per l’acquisto di due immobili: il Ritz e il Mozart. Il loro impegno conquistò Jim Rouse, Amministratore Delegato della Società Rouse, il quale li aiutò garantendo la copertura economica per il restauro degli immobili. Jubilee Housing fu completato nel 1973 e diede la spinta a Jim e Patty Rouse per avviare la Fondazione Enterprise nel 1982. Nel
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2005, fu rinominato Enterprise Community Partners. Oggi, Enterprise continua a lavorare per sostenere gli standard fissati da Jim e Patty, cercando di dare a tutti la possibilità di vivere in una casa a prezzi accessibili. Per maggiori informazioni: http://www.enterprisecommunity.com/ about/ourstory. 3. Il Morrisania Revitalization Corporation (MRC) è una organizzazione no-profit che si occupa principalmente di sviluppo abitativo. Fin dalla sua costituzione nel 1981, il MRC è stato finanziato dalla Division of Housing and Community Renewal (DHCR) per operare come Neighborhood Preservation Company (NPC). Il MRC ha fornito servizi di ricollocazione abitativa, di assistenza legale ed è servito da catalizzatore per le associazioni oltre a fornire supporto per attività di sviluppo economico. 4. Bette Midler, famosa artista statunitense è la fondatrice di una delle principali organizzazioni no-profit verdi di New York City. Bette creò la New York Restoration Project (NYRP) nel 1995 quando, trasferitasi di nuovo a New York, trovò le strade sporche e gli spazi verdi trascurati. 5. Not Bored! Rivista low-budget, autonoma, di ispirazione situazionista, pubblicata irregolarmente.
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Radicati nella Comunità In un rapporto per il Senato dello Stato di New York intitolato Rooted in Community (Radicati nella Comunità), Carole Nemore, scrivendo per conto del Senatore John Sampson, sollecita la conservazione dei Community Gardens di New York City in conformità alle indicazioni inserite nel Piano dello Spazio Pubblico dello Stato di New York. Il rapporto scaturiva da un lavoro di ricerca che partiva da un test demoscopico fatto pervenire alla maggior parte dei giardini afferenti al Green Thumb. Attraverso le informazioni fornite dalle associazioni di attivisti verdi, il report metteva in luce il forte carattere multiculturale dei Community Gardens e il
vasto numero di attività non legate prettamente al giardinaggio. Questionario Nel settembre 1997, un test demoscopico fu spedito a 738 Community Gardens della Città di New York. L’elenco degli indirizzi includeva tutti i Community Gardens che avevano stipulato un regolare contratto di affitto con la Città entro il 20 agosto 1997. La tabella seguente descrive il numero di questionari che furono distribuiti ed il numero e le percentuali delle risposte. L’esito fu analizzato per ognuno dei cinque quartieri e sommati per ottenere una visione globale della situazione di New York City.
QUESTIONARI Spediti
Restituiti
Percentuale
Bronx
154
37
24%
Brooklyn
358
98
27%
Manhattan
189
77
41%
Queens
33
15
45%
Staten Island
4
2
50%
738
229
31%
Totale
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Domanda n° 1: “Da quanto tempo esiste il suo giardino?” Motivo della domanda Si era interessati a stabilire da quanto tempo il giardino facesse realmente parte del quartiere. L’informazione doveva essere utile a determinare se il giardino fosse diventato un elemento fisso caratterizzante la comunità. Risultati • Nel Bronx i giardini avevano un’età media di 8,5 anni; alcuni superavano i 20 anni; • A Brooklyn l’età media dei giardini era di 9,2 anni con un giardino esistente da 26 anni; • A Manhattan la media dell’età dei giardini era di 8,5 anni; alcuni arrivano a 20 anni; • Nel Queens i giardini avevano un’età media di 8,5 anni; alcuni superavano i 20 anni; • I Community Gardens di Staten Island avevano un’età media di 5 anni; • In tutta la Città di New York i Community Gardens avevano in media 9 anni e la maggior parte dei quartieri possedevano giardini esistenti da almeno 20 anni.
Implicazioni Non era raro riscontrare Community Gardens esistenti da più di 20 anni. Era perciò ragionevole considerare i giardini ormai parte integrante dell’identità dei loro quartieri. Domanda n°2: “Cosa c’è nel Tuo Giardino?” Motivo della domanda La domanda n°2 era finalizzata a comprendere quali fossero le caratteristiche naturali e quali quelle artificiali. Implicazioni La maggior parte dei Community Gardens possedeva comfort che tradizionalmente non si trovano nei comuni giardini di casa. Fiori, piante, e sedili furono riscontrati in almeno il 75% dei Community Gardens dei cinque quartieri della città. Molti elementi furono inseriti nella voce “altro” per descrivere meglio i vari Community Gardens. Questi elementi rivelarono quanto i giardini fossero eterogenei ed originali e dessero la possibilità di ampliare le opportunità per scambi culturali ed eventi sociali.
67
BRONX Graduatoria Elementi piĂš comuni rilevati nei giardini
Percentuale
1
piante, fiori
92%
2
alberi
78%
3
sedute
76%
4
farfalle, uccelli
57%
5
fontane
16%
6
parchi giochi
13.5%
altro
gazebi, stagni, fontanelle, barbecue e tavoli da picnic.
BROOKLYN Graduatoria Elementi piĂš comuni rilevati nei giardini
Percentuale
1
fiori
96%
2
piante
91%
3
alberi
87%
4
sedute
85%
5
uccelli/farfalle
54%
6
parchi giochi
19%
7
fontane
13%
altro
moli, stagni, gabbie, tavoli e panche, sale espositive, classi all’aperto, compost, mostre, gazebo, murales, patii, anfiteatri, centri di insegnamento per i bambini, monumenti ai caduti delle guerre in Corea e Vietnam.
68
MANHATTAN Graduatoria Elementi più comuni rilevati nei giardini
Percentuale
1
fiori
97%
2
alberi
90%
3
sedute
87%
4
piante
84%
5
uccelli/farfalle
66%
6
parchi giochi
25%
7
fontane (stagni, cascatelle)
21%
altro
barbecue, compost, alberi da frutto, palchi, patii, piante, capanne, sculture, community center, tavoli da picnic, anfiteatri, altalene, moli, gabbie, alveari, piante native americane, erbario.
QUEENS Graduatoria Elementi più comuni rilevati nei giardini
Percentuale
1
fiori
100%
2
alberi
80%
3
piante, sedute
73%
4
uccelli/farfalle
53%
5
parchi giochi
13%
6
fontane
6.5%
altro
community center, giardino di erbe e di rocce, padiglioni, tavoli da picnic e panchine.
STATEN ISLAND Graduatoria Elementi più comuni rilevati nei giardini
Percentuale
1
fiori, alberi, sedute, uccelli/farfalle
100%
2
giochi d’acqua
50%
altro
gazebi, colonie di Martin pescatori, nidi per rondini
69
NEW YORK CITY Graduatoria
1
Elementi più comuni rilevati Percentuale nei giardini fiori 95%
2
piante
87%
3
alberi
85%
4
sedute
82.5%
5
uccelli/farfalle
58%
6
parchi giochi
20%
7
fontane
16%
Domanda n° 3: “Quali attività vengono svolte all’interno del giardino?” Motivo della domanda. Mentre i giardini dovrebbero essere spazi realizzati principalmente per la coltivazione di piante ed ortaggi, riteniamo che molte altre attività si svolgano all’interno di questi luoghi speciali. Sono state fornite opzioni multiple di risposta agli intervistati ed anche uno spazio per le risposte aperte. Sono state elencate le seguenti attività per verificarne la presenza: luogo di incontro, riunioni di quartiere, giochi di società, educazione ambientale, riciclo/ compostaggio, parco giochi, cura dei bambini, spazio per spettacoli, corsi d’arte, feste, matrimoni, sport/fitness/ yoga, attività religiose. Le risposte sono state elencate in ordine di classifica,
mentre le risposte fornite nella categoria “altro” sono state semplicemente riportate. È stata inserita anche la percentuale di giardini per ciascun quartiere in cui è stata riscontrata un’attività similare. Implicazioni Sebbene ortaggi e fiori siano gli elementi più comuni all’interno dei giardini comunitari, la socializzazione, l’educazione, l’intrattenimento e il sano divertimento all’aria aperta sono elementi imprescindibili. I Community Gardens sono spazi in cui la socializzazione è molto importante: la maggior parte dei giardini sono indicati principalmente come luoghi di incontro e in cui organizzare riunioni di quartiere. Come tali essi ospitano ambienti in cui gli individui possano riunirsi e identificarsi quali residenti di un quartiere.
70
BRONX Graduatoria
Attività comuni più diffuse
Percentuale
1
Luoghi di incontro
81%
2
Riunioni di quartiere
78%
3
Corsi di scienze naturali
57%
4
Riciclaggio/compostaggio
43%
5
Feste
38%
6
Giochi da tavolo
27%
7
Parchi giochi
24%
8
Attività religiose
16%
9
Matrimoni, spettacoli
13.5%
10
Educazione artistica
11%
11
Sport/fitness/yoga
5%
altro
spazio antistress, luogo di riposo per gli anziani, festival annuale per il raccolto, servizi comunitari a favore della gioventù, giardini botanici per le scuole, spettacoli teatrali.
BROOKLYN Graduatoria Attività comuni più diffuse 1 Luoghi di incontro
Percentuale 74.5%
2
Riunioni di quartiere
63%
3
Riciclaggio/compostaggio
55%
4
Corsi di scienze naturali
52%
5 6
Feste Giochi da tavolo, palcoscenici
34% 18%
7
Educazione artistica, Parchi giochi
17%
8
Attività religiose
11%
altro
cura dei bambini, sport/yoga, matrimoni, eventi culturali, aree picnic ,gare di scacchi, attività della community, insegnamento, laboratori di giardinaggio, psicoterapia di gruppo, programmi estivi giovanili, catechismo, riunioni di quartiere, raccolta fondi.
71
MANHATTAN Graduatoria
Attività comuni più diffuse
Percentuale
1
Luoghi di incontro
83%
2
Riunioni di quartiere
71%
3
Corsi di scienze naturali
61%
4
Riciclaggio/compostaggio
58%
5
Palcoscenici
34%
6
Attività religiose
31%
7
Educazione artistica
32%
8
Giochi da tavolo
27%
9
Parchi gioco
26%
10
Cura dei bambini
25%
11
Matrimoni
21%
12
Sport/Fiteness/Yoga
19%
altro
corsa dei cani, laboratori, gite, programma di orticultura, scambio di libri e vestiti, benessere, santuario, campi estivi, sagre, murales, memorial, tour guidati del giardino, corsi di arte, incontri di associazioni.
QUEENS Graduatoria Attività comuni più diffuse
Percentuale
1
73%
Riunioni di quartiere
2
Luoghi di incontro
67%
3
Corsi di scienze naturali
60%
4
Riciclaggio/compostaggio
53%
5
Parchi giochi, Feste
27%
6
Educazione artistica
20%
7
Giochi da tavolo
13%
8
Matrimoni/ Attività religiose
6.7%
altro
corsi giovanili, laboratori, concerti, distribuzione di cibo, matrimoni, dipinti.
72
STATEN ISLAND Graduatoria Attività comuni più diffuse
Percentuale
1
Luogo di incontro, corsi di scienze naturali
2
Raccolte di quartiere, spettacoli, feste, classi educazione artistica, riciclaggio/compostaggio
100% di 50%
NEW YORK CITY Graduatoria Attività comuni più diffuse
Percentuale
1
Luoghi di incontro
78%
2
Riunioni di quartiere
69%
3
Corsi di scienze naturali
57%
4
Riciclaggio/compostaggio
54%
5
Feste
42%
6
Giochi da tavolo
23%
7
Classi di educazione artistica, parchi giochi, spettacoli
22%
8
Matrimoni
13%
9
Cura dei bambini
12%
10
Sport/Fiteness/Yoga
10%
Così si crea il senso di comunità. Il gran numero di feste, giochi da tavolo, corsi d’arte, spazi per spettacoli e parchi giochi indicano anche che i giardini comunitari sono luoghi in cui si può godere della compagnia dei familiari, di amici e vicini di casa. I giardini comunitari aiutano le persone a relazionarsi con l’ambiente naturale. In più della metà dei giardini che hanno risposto al questionario, l’educazione ambientale e il riciclo/compostaggio rappresentano attività particolarmente
importanti. Questi risultati indicano che un giardino non è semplicemente un luogo in cui coltivare ortaggi e fiori, ma anche un luogo in cui è possibile conoscere il mondo naturale e il modo in cui gli esseri umani possono trattare i loro rifiuti in maniera ecologicamente responsabile. Le scuole spesso organizzano lezioni all’aperto utili per il curriculum degli studenti in quanto è ritenuto un luogo adatto per imparare a conoscere il mondo naturale. I giardini comunitari elevano la qualità della
73
vita dei propri membri e dell’intero quartiere. Gli intervistati hanno rivelato una ricchezza di attività organizzate all’interno dei giardini comunitari che di gran lunga ha superato le nostre aspettative. Domanda n° 4 “Il giardino si vede dalla strada?” e Domanda n° 5 “Il giardino aggiunge valore scenico al quartiere?” Motivo della domanda La funzione che svolge un Community Garden nella costruzione dell’identità di un quartiere si amplia se esso può essere percepito dalla strada. I passanti possono godere della visione amena di uno spazio verde strappato all’asfalto e al cemento. Risultato Su un totale di 126 giardini che hanno risposto alla domanda n° 4, tutti, ad eclusione di tre (2 nel Queens 1 a Manhattan), si vedono dalla strada. Tutti gli intervistati rispondendo alla domanda hanno affermato che il loro Community Garden arricchisce il quartiere. Implicazioni I Community Gardens forniscono un elemento di bellezza al quartiere: i pianificatori dovrebbero perciò considerarli
come un elemento di benessere percettivo del paesaggio urbano. Domanda n° 6 “Quanti sono i membri del vostro giardino?” Motivo della domanda Si cerca di determinare quanti lavorano regolarmente nel giardino e quanti invece partecipano soltanto alle attività ricreative. Implicazioni La domanda è stata ovviamente interpretata in modi differenti come a significare il numero effettivo di giardinieri, nonché il numero di persone che possono trarre beneficio da una delle attività organizzate nel giardino. Alcuni hanno risposto con il numero di persone che effettivamente coltivano il giardino o che sono nel consiglio di amministrazione, mentre alcuni hanno risposto con il numero di persone che frequentano il giardino per qualsiasi tipo di attività anche non strettamente correlata al giardinaggio. Gli indicatori più precisi per quanto riguarda il numero abituale di soci che frequentano il giardino può essere il valore frequente e il valore intermedio. Essi dimostrano che il numero varia generalmente da 10 a
74
Risultato .
Bronx
Brooklyn
Manhattan
Queens
Staten I.
Intervallo
2-600
1-1000
2-1200
4-30
.
Valore frequente
10
10
12 e 25
12
6*
valore intermedio
15
20
27
12
.
Media
53
19
68
19
.
* Soltanto un giardino di Staten Island ha risposto al questionario indicando un numero di 6 membri. 20 con un numero di associati maggiore a Manhattan e minore nel Queens. Domanda n°7 “Dove vivono i soci del giardino”. Motivo della domanda Agli intervistati è stato chiesto di indicare se i membri dell’associazione vivono all’interno o all’esterno del quartiere, con la definizione e la ampiezza del quartiere lasciato indefinito. Eravamo interessati a determinare se gli orti attraggono persone al di là delle immediate vicinanze. Se fosse così il motivo potrebbe essere la mancanza di giardini disponibili. Risultato Non tutti i questionari hanno avuto risposta a questa domanda. Tuttavia, è stato indicato all’unanimità che i membri del giardino vivono nel
quartiere. La percentuale di risposta dei giardini con soci residenti al di fuori del quartiere sono: Bronx
17%
Brooklyn
27%
Manhattan
26%
Queens
31%
Staten Island
50%
Implicazioni Una buona percentuale dei membri del giardino vive al di fuori della comunità. I community gardens non solo portano vivacità al quartiere, ma possono anche servire da veicolo per mettere in relazione residenti di diversi quartieri. Domanda n°8. “Ci sono altre persone oltre gli utenti abituali che utilizzano il giardino?”
75
Motivo della domanda Lo scopo di questa domanda è stato quello di determinare se vi fossero persone diverse dai membri abituali del giardino che usufruissero delle dotazioni disponibili nei giardini. Risultato Non tutti gli intervistati hanno risposto a questa domanda. Le percentuali si basano sul numero che ha risposto. La percentuale di giardini che indicano che anche altre persone usano il giardino sono: Bronx
82%
Brooklyn
53%
Manhattan
85%
Queens
80%
Staten Island
50%
Implicazioni L’alta percentuale di giardini che attraggono gente diversa dai fruitori abituali del giardino è coerente con il gran numero di attività di ogni genere che si svolgono nei giardini comunitari. Risulta evidente che i Community Gardens non sono semplicemente luoghi in cui si coltivano gli ortaggi.
Domanda n° 9. Qual è l’età media delle persone che usano il giardino? Domanda n° 10 “Quali sono etnie utilizzano il community garden?” Motivo della domanda Abbiamo ritenuto importante sapere se i giardini comunitari fungono da ponte di comunicazione tra gruppi di età, razze ed etnie diverse, tra individui che altrimenti non avrebbero modo di interagire tra loro. Abbiamo cercato di scoprire se i giardini possono essere promotori di armonia tra giovani e anziani e persone di razza ed etnia diverse partecipando ad attività ed eventi organizzati nei Community Gardens. Se fosse così, tali interazioni possono solo migliorare la qualità della vita della comunità per tutti gli abitanti e per la città di New York in generale. Risultato per gruppi di età Agli intervistati sono state date tre categorie da spuntare, come segue: i bambini di età inferiore ai 13, adolescenti, adulti e anziani. Risultato per le etnie La risposta è stata lasciata aperta viste le differenze riscontrate nel significato stesso del concetto di etnia. Ad esempio, latino e latino americano può o non può includere più sottogruppi o più na-
76
zionalità. Abbiamo contato il numero totale di etnie che sono state elencate per quartiere. Gruppi etnici identificati Bronx. Ispanici, latino americani, latini, di lingua spagnola, portoricani, messicani, equadoregni, dominicani, cubani, afro americani, neri, africani, europei, irlandesi, spagnoli, italiani, russi, ebrei, polacchi, asiatici, isole del Pacifico, cinesi, bianchi, nativi americani.
Brooklyn. Bianchi, caucasici, anglo americani, cattolici, protestanti, agnostici, afroamericani, di colore, ispanici, spagnoli, latini, sudamericani, portoricani, messicani, europei, inglesi, italiani, polacchi, irlandesi, tedeschi, russi, est europei, ebrei, greci, musulmani, pakistani, indiani, africani, guyanesi, nigeriani, egiziani, asiatici, orientali, cinesi, caraibici, haitiani, giamaicani, indie occidentali, dominicani, Trinitad, St. Lucian.
Percentuale di giardini con l’indicazione dell’età degli utenti Età
Bronx
Brooklyn
Manhattan
Queens
Staten I.
Meno di 13
67.5%
61%
82%
10%
100%
Adolescenti
81%
57%
69%
20%
100%
Adulti
92%
90%
92%
100%
100%
Anziani
81%
85%
91%
93%
100%
Tutte le età
67.5%
57%
69%
53%
100%
Percentuale delle etnie. Quartieri
Totale dei gruppi etnici identificati
Percentuale dei giardini con più di una etnia
Bronx
25
90%
Brooklyn
44
73%
Manhattan
39
93%
Queens
18
92%
Staten Island
5
50%
77
Manhattan. Bianchi, caucasici, afro americani, di colore, haitiani, caraibici, Barbados, panamensi, nativi americani, ebrei, canadesi, asiatici, cinesi, indiani, Bangladesh, isole del Pacifico, coreani, bengalesi, ispanici, latini, di lingua spagnola, cubani, dominicani, messicani, equadoregni, brasiliani, europei, tedeschi, italiani, irlandesi, francesi, spagnoli, est europei, nord europei, rumeni, ex Unione Sovietica, mediorientali, turchi. Queens. Afro americani, di colore, caucasici, europei, greci, irlandesi, asiatici, indiani, cinesi, giapponesi, indi, sud asiatici, pakistani, coreani, portoricani, ispanici, latini. Staten Island. Italiani, bianchi, neri, ispanici, coreani. Età ed implicazioni etniche Fatta eccezione per un giardino nel Queens, tutti i gruppi di età sono rappresentati in più del 50% dei Community Gardens. I risultati che riguardano i gruppi etnici indicano chiaramente che i Community Gardens sono un vero e proprio melting-pot; e per questo, sono essenziali per mantenere l’armonia nel quartiere e nella città. Il numero dei gruppi etnici contati è di 24 nel Bronx,
44 a Brooklyn, 37 a Manhattan, 18 nel Queens e 5 a Staten Island. Domandan° 11 “Quanti sono gli isolati che considerate facenti parte del vostro quartiere?” Domanda n°12 “Quali altri spazi pubblici sono disponibili nel vostro quartiere?” Motivo della domanda. Le domande n°11 e n°12 erano collegate perché si cercava di scoprire in che modo un Community Gardens può essere considerato di quartiere e quali alternative possano esistere nel quartiere per altri tipi di esperienze di spazio aperto. Risultato Per l’eterogeneità delle risposte la Domanda n°11 è stata cancellata. Per quanto riguarda la Domanda n° 12 il risultato è stato il seguente: Implicazioni Più del 38% degli intervistati del Bronx ha indicato che non c’erano spazi alternativi disponibili nei loro quartieri. La decisione di demolire uno o più Community Gardens nel Bronx dovrebbe tenere conto di questo dato. Altri quartieri hanno avuto un risultato migliore in termini di alternative ai community
78
termini di alternative ai community gardens. Tuttavia, spazi indicati quali “lotti liberi” e “giardini privati” non possono rappresentare reali alternative alle esperienze che si svolgono nei giardini comunitari accessibili al pubblico. Si è scoperto che esistono community gardens alternativi in molti quartieri, ma bisogna considerare che i giardini comunitari realizzati su terreni affittati dal Comune di New York possono essere venduti. Questo dato è relativo al 1997. La disponibilità di un altro giardino comunitario potrebbe non esserci in futuro dal momento che i terreni vengono venduti per far posto all’edilizia abitativa o di sviluppo commerciale.
Domanda n° 13 “Il vostro giardino è stato scelto per essere demolito?” Domanda n°14 “Ci sono stati sforzi compiuti dalla vostra comunità per salvarlo?” Motivo della domanda L’interesse è quello di determinare la percentuale di intervistati che stavano affrontando la demolizione del loro giardino per capire quali iniziative fossero state messe in atto da parte dei soci per cercare di salvarlo, e quali giardini invece non fossero stati indicati per la demolizione. Risultato Nel Bronx il 14% dei giardini che hanno partecipato al sondaggio è stato indicato
.
Bronx
Brooklyn
Manhattan
Queens
Staten I.
Nessuno
38%
14%
5,5%
7%
50%
Parchi gioco
54%
54%
57%
53%
50%
Parchi
57%
47%
71%
53%
50%
Lotti vacanti
43%
66%
56%
47%
50%
32% 44% Altri C.G.* 24% 35% Giardini privati 5% 5,5% Altro * Altri Community Gardens
61%
27%
0%
21%
20%
0%
12%
0%
0%
79
per essere demolito e il 62% dei giardini dovrà essere interessato da tentativi di salvataggio da parte della comunità. A Brooklyn l’11,5% dei giardini è suscettibile di demolizione, mentre il 67,6% dovrà essere interessato da tentativi di salvataggio da parte della comunità. A Manhattan il 17% è suscettibile di demolizione e il 77% dovrà essere interessato da tentativi di di salvataggio da parte della comunità. Nessuno dei giardini del Queens è stato indicato per la demolizione e c’è un unico giardino comunitario che dovrà essere salvato. A Staten Island i due giardini che hanno partecipato al sondaggio non erano in programma di demolizione e una delle loro associazioni è coinvolta nel tentativo di salvare altri giardini comunitari dallo sgombero. Implicazioni. La percentuale di Community Gardens i cui soci sono impegnati per la loro salvaguardia supera di gran lunga il numero di quelli realmente minacciati. Si può considerare un vero e proprio movimento popolare che genera il coinvolgimento anche da parte di coloro i quali si occupano di giardini che al momento non sono direttamente coinvolti. Questi risultati sono coerenti con le aspetta-
tive, dal momento che quasi tutti i giardini sono suscettibili di demolizione. Conclusioni La ricerca rivela come i Comunity Gardens possiedano aspetti unici che riflettono le individualità dei membri della comunità stessa. La ricchezza delle attività e degli eventi che hanno luogo al loro interno rivestono un’enorme importanza per fare in modo che si inneschi il senso della comunità nei residenti del quartiere. I Community Gardens riescono ad unire persone diogni età ed etnia. La loro ricchezza e la loro originalità non può essere facilmente sostituita da uno spazio aperto alternativo come ad esempio un parco gioco o un semplice parco. Sono luoghi accoglienti e vivaci che riflettono il carattere di coloro i quali investono il proprio tempo e le proprie risorse per trasformare il luogo in cui abitano in un esempio di bellezza. Lo spirito della comunità si ritrova nel grande impegno che i cittadini mettono nella salvaguardia del propro giardino.
80
81
Downtown - Lower Manhattan
82
Downtown - Lower Manhattan
83
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18.
Dyas Y Flores Garden El Sol Brillante Sr La Plaza Cultural 9th St. Community Garden Park Firemen’s Memorial Garden Green Oasis and Gilbert’s Sculpture Garden The Creative Little Garden Sixth Street and Ave B Community Garden 6BC Botanical Garden Kenkeleba House Garden Miracle Garden Generation X Cultural Garden Brisas Del Caribe All People’s Garden Liz Christy Bowery-Houston Garden Jefferson Market Garden Whashington Market Park Lower East Side Garden
84
85
1. Dyas Y Flores Garden 520-522 East 13th Street
Il lotto di terreno sul quale sorge il giardino Dias y Flores (dal titolo di una canzone di Silvio Rodriguez) fino al 1970 era occupato da un edificio che già da parecchi anni si trovava in completo stato di abbandono. Il Comune di New York, per ragioni di ordine pubblico, decise di demolirlo nel 1976, non rimuovendone però le macerie. L’area si trasformò ben presto in una discarica a cielo aperto. Nel 1978 nacque l’Associazione “13th Street” con l’obbiettivo di ripulire il terreno, realizzare un giardino comunitario e rendere così il quartiere più sicuro. La maggior parte degli alberi e degli arbusti vennero messi a dimora nel 1981 grazie ai fondi messi a disposizione dal Comune di New York attraverso l’Operazione Green Thumb. Oggi il giardino è un ambiente educativo e punto di incontro per i residenti: vi aderiscono più di 40 famiglie, una scuola elementare ed una clinica di quartiere.
86
87
2. El Sol Brillante Sr 522-528 East 12th Street
Nel Community Garden El Sol Brillante, riveste grande importanza progettuale la recinzione in ferro battuto raffigurante una serie di animali stilizzati realizzata dall’artista Julie Dermansky. Il giardino fu realizzato circa trent’anni fa su un terreno acquistato in seguito grazie al Land Trust, una organizzazione privata senza scopo di lucro che si occupa di preservare i terreni o acquisirne la proprietà. El Sol Brillante sorge su una serie di lotti rimasti liberi a seguito degli incendi che hanno distrutto gli edifici che vi erano costruiti. L’alta densità di Community Gardens a Downtown e Lower Manhattan fornisce le dimensioni del fenomeno legato agli incendi dolosi e alla criminalità esploso negli anni ‘70 a New York City. Il giardino presenta un gran numero di alberi da frutta tra i quali fichi, pesche e kiwi e di fiori tra cui ortensie e rose, ma anche ortaggi ed erbe aromatiche. El Sol Brillante è stato progettato con l’idea di ospitare una vasta area comune dedicata al relax, al silenzio e alla lettura, ed una zona dedicata alla cura dell’orto, con aiuole realizzate, coltivate e gestite dai soci.
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89
3. La Plaza Cultural East 9th Street and Avenue C
Il Community Garden La Plaza Cultural fu fondato nel 1976 grazie all’iniziativa di un’associazione di quartiere supportata da un gruppo di attivisti “verdi”. Occuparono un lotto abbandonato con l’obiettivo di recuperare il loro quartiere caduto in una spirale di degrado e criminalità. I soci, assieme al celebre architetto Buckminster Fuller, realizzarono una cupola geodetica da adibire ad eventi culturali. L’artista Gordon Matta-Clark contribuì a costruire l’anfiteatro riutilizzando traversine ferroviarie e materiali recuperati da edifici abbandonati. Liz Christy insieme ai Green Guerillas seminarono il prato attraverso l’uso delle “bombe di semi”. In un secondo momento i residenti realizzarono l’orto e il frutteto nella parte ovest del giardino. Negli anni ‘80, in pieno boom economico, il lotto sul quale sorge La Plaza Cultural venne venduto a scopo edificatorio. I residenti nel 2002, dopo una lunga battaglia legale, ottennero il mantenimento del loro giardino, gettando le basi per la salvaguardia di decine di altri giardini comunitari sparsi su tutto il territorio comunale.
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4. 9th Street Community Garden Park East 9th Street and Avenue C
Il 9th Street and Avenue C Community Garden, uno dei giardini comunitari più grandi ed importanti di Lower Manhattan, nacque su iniziativa dei residenti del quartiere, al posto di un lotto di terreno degradato ma ricco di potenzialità: la posizione favorevole, il soleggiamento e la facilità di accesso all’acqua. Dal 1978, anno della sua fondazione, il giardino fu ulteriormente ampliato a seguito della demolizione di alcuni edifici adiacenti. L’assetto del giardino è rimasto quello progettato originariamente. Troviamo un enorme Salix babylonica circondato da mosaici recuperati per strada; due gelsi (Morus L.) posti vicino al sentiero; uno stagno con i pesci rossi ed una grande varietà di fiori e piante. È molto interessante come oggi il giardino si apra verso l’esterno attraverso la cura condivisa, tra i soci e i venditori ambulanti della Avenue C, dei rampicanti piantati lungo recinzione (viti, caprifogli, ecc.). Per i soci, l’espandersi del giardino oltre i confini della recinzione rappresenta una possibilità in più per il raggiungimento dell’obiettivo prefissato, ossia la cura, la salvaguardia e lo sviluppo del loro quartiere.
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5. Firemen Memorial Garden 358-364 East 8th Street
Lower Manhattan negli anni ‘70 era uno dei quartieri più pericolosi di New York: numerosissimi erano gli edifici abbandonati presi di mira da bande criminali e dati alle fiamme. Il Fireman Memorial Garden nacque in memoria di un vigile del fuoco, Martin R. Celic (1952-1977), morto in servizio mentre cercava di spegnere un incendio appiccato al quinto piano del palazzo che sorgeva su questo lotto di terreno. Al Vigile del Fuoco della 18° Ladder Company, nel 1979, venne intitolata la piazza che si trova di fronte alla Caserma a cui apparteneva ed i residenti del quartiere si batterono a lungo affinché al posto dell’edificio distrutto dall’incendio sorgesse un giardino in sua memoria. Oggi il giardino rappresenta un luogo di incontro per i residenti: qui si organizzano le feste del 4 Luglio, il Memorial Day e la Festa dei Lavoratori, ma anche la commemorazione dei Vigili del Fuoco morti in servizio a seguito dell’attacco aereo alle torri gemelle dell’11 settembre 2001.
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6. Green Oasis and Gilbert’s Sculpture Garden 376-382 East 8th Street
A causa del gran numero di incendi e distruzioni avvenuti durante gli anni ‘60 e ‘70, molti quartieri di New York, tra cui l’East Village, vennero paragonati a Dresda dopo la seconda guerra mondiale. Era uno spettacolo apocalittico. Una delle zone più pericolose era il quartiere che si trova ad est di Avenue B dove oggi sorge il Green Oasis and Gilbert’s Sculpture Garden. Nel 1981 un ex Marine, Normand Valle, decise di realizzare un giardino al posto del cumulo di macerie abbandonato sotto le finestre del proprio appartamento. Insieme ad un amico, Reynaldo Arenas, cominciò a sgomberare i detriti dal lotto di terreno. Il giardino fu costruito su un’area abbastanza grande, resasi disponibile a seguito dell’abbandono di cinque diversi lotti di terreno. I due fondatori furono aiutati anche dai bambini e dalle mamme del quartiere, con la speranza di dare ai giovani un’alternativa alla strada. Reynaldo Arenas, appassionato di teatro e musica, cominciò ad organizzare eventi culturali, spettacoli teatrali e musicali per coinvolgere attivamente i ragazzi del quartiere. All’interno del giardino troviamo alberi da frutto ed un vigneto, un teatro all’aperto, l’angolo per il barbecue,
un’area picnic, un parco giochi, lo stagno con i pesci rossi, una voliera, le aiuole coltivate ad orto, percorsi adatti ai disabili, un gazebo da poco restaurato e le arnie per la produzione del miele.
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7. The Creative Little Garden 530 East 6th Street between Avenues A and B
Negli anni ‘70 il palazzo sito al 530 East della 6th Street, dove oggi troviamo The Creative Little Garden, venne prima abbandonato e poi dato alle fiamme. Sul lotto fu realizzato dapprima un orto comunitario, poi, nel 1982, grazie a Francoise Cachelin - una donna illuminata di origini francesi - venne costruito il Creative Little Garden, un giardino comunitario inserito nel programma Green Thumb e in seguito trasferito al Dipartimento Parchi della Città di New York. Questo luogo è un’oasi di tranquillità immersa nell’East Village. Anche dopo la morte della sua fondatrice, nel 2003, il giardino è gestito con il medesimo entusiasmo dai volontari. Gli artisti locali hanno la possibilità di esporre al suo interno i propri pezzi d’arte. Un sinuoso sentiero di ghiaia attraversa il boschetto di viburnum, azalee, rododendri, felci, ed arriva alla piccola piazza sulla quale fa ombra un grande salice. Il giardino è stato progettato seguendo lo schema ideato da Liz Christy. Dal 2011 è stato inserito nel National Wildlife Federation Habitat (Federazione Nazionale dell’Habitat della Fauna Selvatica), in quanto luogo adatto a fornire cibo, acqua e rifugio alla fauna selvatica autoctona. Nel 2012
è stato premiato come migliore giardino comunitario della città di New York.
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8. 6th & B Garden 78 - 92 East 6th Street between Avenues B and C
Da 1890 al 1960 il Lower East Side passò da quartiere dormitorio per immigrati a case per studenti e famiglie a basso reddito, perlopiù latino americane. Tra la fine degli anni ‘70 e i primi anni ‘80 la crisi energetica costrinse le famiglie ad abbandonare la città causando il degradarsi di aree anche molto vaste. Nel 1982 l’associazione 6th Street AB Block si rivolse al programma comunale Green Thumb per richiedere il lotto abbandonato ad angolo tra la 6th Street e la Avenue B: volevano donare un angolo di bellezza al loro quartiere. Come prima cosa l’associazione dovette sgomberare una superficie di oltre 1500 mq da detriti e macerie, dopodiché si occupò per quasi un anno della progettazione del giardino. Sono presenti percorsi che conducono ad un luogo intimo e silenzioso, aiuole da coltivare ad ortaggi, zone destinate ad eventi, spettacoli e giochi per bambini, ma soprattutto un’importante recinzione che rende ben visibile il giardino dall’esterno. I soci hanno piantato alberi da frutto e piante ornamentali con il supporto dei Green Guerillas. Il Trust for Public Land ha consentito al Community Garden di raccogliere i fondi per acquistare arredi e attrezza-
ture da giardinaggio. Nel 1996 il Trust for Public Land ottenne dal Comune di New York il trasferimento del 6th & B Garden al Dipartimento Parchi. Fin da subito il giardino si contraddistinse per le numerose attività organizzate al suo interno. Meta di artisti che hanno donato nel tempo i loro lavori, nel 1984 l’artista locale Edward Burros, usando come base l’aiuola assegnatagli, cominciò a costruire una scultura utilizzando unicamente materiale di risulta. Oggi la scultura è alta più di 20 m e costituisce un landmark per l’intero quartiere.
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9. 6BC Botanical Garden 624 - 628 East 6th Street between Avenues B And C
Il 6BC Botanical Garden è un orto botanico gestito come un Community Garden: nei primi anni ‘80 gli abitanti dell’East Village iniziarono a costruirlo su un lotto di terreno abbandonato. Dopo anni di lotta per strappare il lotto di terreno alla frenetica attività edificatoria degli anni ’80 e ’90, il 6BC è diventato un giardino permanente afferente al Dipartimento Parchi della Città di New York, gestito grazie al lavoro dei volontari con il supporto del programma Green Thumb. Il 6BC Botanical Garden, tra i più eleganti dei giardini dell’ East Village, presenta una serie di piccoli eventi: un laghetto, un giardino roccioso, un boschetto, aiuole sempreverdi, alberi da frutto, ed una zona dedicata ad alcuni esemplari di vegetazione autoctona. Un lungo filare di viti forma il pergolato sormontato dai pannelli solari che forniscono l’energia necessaria al funzionamento del giardino; una tipica Casita di ispirazione latino americana viene utilizzata per le riunioni; in fondo al giardino è stato realizzato un piccolo angolo per la meditazione di ispirazione orientale.
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10. Kenkeleba House Garden 212 East 3rd Street
Il Kenkeleba House Garden è nato come progetto artistico. Prende il nome da una pianta africana dalle proprietà taumaturgiche. Si arriva al giardino, che risulta visibile solo dalla 3th Strada, attraversando una fitta foresta metropolitana. Si tratta di uno spazio diverso dai Community Gardens fin qui analizzati: Joe Overstreet e sua moglie Corinne Jennings ripulirono ed occuparono il lotto abbandonato con l’obiettivo di esporre la loro collezione d’arte contemporanea legata alla cultura afroamericana, asiatico americana e all’arte del riciclo. Alcune di queste opere, eseguite unicamente da artisti locali, provengono dall’ormai demolito Rivington Street Sculpture Garden che nel quartiere aveva due sedi, poi sostituite da edifici residenziali. Il sogno dei fondatori è quello di realizzare un vero e proprio museo en plain air accanto alla loro galleria d’arte, la Kenkeleba House. Il Kenkeleba House Garden sponsorizza da sei a dieci mostre l’anno della durata di quattro/cinque settimane, oltre a programmi educativi, incontri con artisti, dimostrazioni, spettacoli e conferenze.
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11. Miracle Garden 194 -196 East 3rd Street
Il Miracle Garden fu costruito a partire dal 1983. L’impianto ricalca perfettamente le indicazioni fornite da Liz Christy: un percorso sinuoso immerso in una grande varietà di specie vegetali conduce i visitatori verso un’area più intima dove sono state sistemate le sedute. Ci si ritrova in un luogo di incontro lontano dai rumori della strada. Nella parte posteriore troviamo un gazebo che si trasforma in palco in occasione degli spettacoli teatrali organizzati durante il periodo estivo, una piccola costruzione per il ricovero degli attrezzi, un sistema di raccolta dell’acqua piovana e molti posti a sedere.
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12. Generation X Cultural Garden 270 East 4th Street
Realizzato nel 1971, il Generation X Cultural Garden è uno spazio molto amato dagli abitanti del Lower East Side. È un luogo aperto a tutti, fruibile anche dai portatori di handicap. Grazie alle donazioni della Roy Disney Family Foundation, associazione filantropica appartenente alla nota famiglia Disney operante nella Città di New York, è stato possibile organizzare al suo interno diversi spettacoli di carattere culturale. Si organizzano inoltre eventi in collaborazione con gli agricoltori del Greenmarket (organizzazione che mette in rete i piccoli produttori locali per la vendita di prodotti freschi a kilometro zero), con i Taino Arts and Crafts (un gruppo di artisti appartenenti alla comunità dei Taino, provenienti dalle regioni portoricane Jatibonicù di Aibonito, Orocovis, Barranquitas e Morovis). I bambini delle scuole del quartiere collaborano nell’organizzazione di degustazioni di cibi internazionali mentre squadre di volontari dalla Pace University and Pfizer aiutano i soci ed i volontari della Roy Disney Family Foundation nella cura del giardino.
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13. Brisas Del Caribe 237 East 3rd Street
Nel 1986 questo lotto di terreno di quasi 2000 mq situato al 237 East 3th Street, nel Lower East Side, si trovava in uno stato di completo abbandono, ricoperto da macerie e detriti. Il giardino nacque grazie agli sforzi compiuti da una coppia di origine latino americana, Maria e Angel Aponte, determinati ad allontanare lo spaccio di droga, la prostituzione e la criminalità dal loro quartiere. Il Brizas del Caribe è un angolo di America Latina nel cuore di Manhattan. I soci, anch’essi in prevalenza appartenenti alla comunità latino americana, hanno investito molto tempo nella realizzazione di un luogo che ricreasse i colori, i profumi e l’atmosfera propri dei loro paesi di origine. Il giardino contiene alberi da frutto, ortaggi, fiori, ma soprattutto un gran numero di statue, edicole votive ed altari legati alla religione cattolica. Angel Aponte si occupò di costruire una Casita in legno per gli incontri durante le giornate più fredde. Oggi il giardino è il cuore della vita sociale per i soci dell’associazione e per il quartiere. A parte i bambini delle scuole, che qui svolgono lezioni di botanica all’aria aperta, si riunisce la Nuyorican Poets Cafe, un’organizzazione no-profit nata nel 1976 e che oggi
rappresenta uno dei punti di riferimento più importanti degli Stati Uniti per quanto riguarda la poesia, la musica hip hop, le arti visive, il cabaret ed il teatro.
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14. All People’s Garden 293 - 295 East 3rd Street
All People’s Garden fu realizzato nel 1980 grazie all’aiuto economico fornito dal Comune di New York e al lavoro svolto da privati cittadini. Olean For, primo tra tutti, nel 1978 si mise al lavoro per ripulire il lotto di terreno dalle macerie di due palazzi abbandonati e poi distrutti. Nel 1999, dopo anni di battaglie legali, grazie ad un accordo tra il Comune di New York ed il Trust for Public Land, il giardino venne salvato dalle ruspe. Nel 2003 riaprì i battenti del tutto rinnovato, grazie al contributo economico da parte di privati cittadini ed alla collaborazione con GROWnyc, una organizzazione che opera in difesa dell’ambiente. Nel 2004 All People’s Garden, insieme ad altri tredici giardini ed in collaborazione con il Trust for Public Land (TPL), contribuì a fondare il Manhattan Trust Land, una fondazione appartenente ad una rete di giardini comunitari con sede a Manhattan. All People’s Garden possiede un contratto di locazione perpetuo rilasciato dal Comune di New York al Manhattan Trust Land.
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15. Liz Christy Bowery-Houston Garden 110 East Houston Street At Bowery
Il Liz Christy Community Garden ha dato inizio al movimento dei Green Guerillas. Agli inizi degli anni ’70 l’artista Liz Christy ed altri attivisti verdi cominciarono la loro protesta pacifica esponendo vasi da fiori alle finestre del loro quartiere. Ben presto decisero di scendere in strada ed occupare il lotto di terreno abbandonato all’angolo tra Bowery e Houston Streets, nel quartiere di Lower Manhattan. Lo chiamarono Bowery-Houston Farm and Garden e fu il primo Community Garden ad opera dei Green Guerillas. Pulirono l’area dai rifiuti e posero in opera il terreno vegetale. Dapprima fu pensato solo come orto urbano, ma ben presto misero a dimora alberi, arbusti e piante di ogni tipo: oggi si contano quasi 1000 essenze differenti. Nel 1986 il giardino diventò il Liz Christy Bowery-Houston Garden in memoria della sua fondatrice. Come molti altri Community Garden, rischiò di essere demolito, ma dal 2001 il Dipartimento per la Conservazione e lo Sviluppo degli Immobili della Città di New York (HDP) decise di preservarlo. Oggi il Liz Christy Community Garden è un punto di riferimento per i residenti del quartiere.
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16. Jefferson Market Garden 6th Avenue and West 10th Street
Il Jefferson Garden Market è un’oasi lussureggiante nel cuore di Greenwich Village, uno dei quartieri storici di Manhattan. Durante il XIX secolo questa zona era famosa per il mercato alimentare. L’adiacente edificio in stile vittoriano era originariamente un palazzo di giustizia, mentre il lotto di terreno dove ora troviamo il giardino era un carcere femminile. Il Jefferson Garden Market esiste grazie agli sforzi degli attivisti che hanno lottato a lungo per evitare che venisse sostituito da un edificio. Oggi è un luogo molto visitato, noto nella zona soprattutto per i matrimoni che spesso vengono celebrati al suo interno.
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17. Whashington Market Park 310 Greenwich Street at Chambers Street
Washington Market Community Park è un parco istituito nel 1978 grazie all’impegno dei residenti del quartiere di Lower Manhattan. Nel 1962 gran parte della zona occidentale del quartiere Tribeca fu riqualificata grazie al progetto denominato Urban Renewal Plan Washington. Dai primi anni ‘70 il sito in cui si trova oggi il parco era destinato ad area a verde pubblico attrezzato, ma gli attivisti decisero di realizzare un vero e proprio parco. Attraverso lo sforzo della comunità fu realizzato un parco temporaneo, molto simile a quello che si può visitare oggi, compresi i campi da tennis, da basket, l’area occupata dalla rampa di accesso alla Borough of Manhattan Community College e la base del Tribeca Bridge. Nel 1999 il Dipartimento Parchi della Città di New York assunse il controllo del Washington Market Community Park trasformandolo in parco permanente.
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18. Lower East Side Garden East 11th Street between First Avenue and Avenue A
Sebbene a prima vista il Lower East Side Garden possa sembrare un semplice giardino, si tratta in realtà di un’aula scolastica all’aperto gestita dalla Open Road di New York, un’organizzazione che si occupa di programmi di educazione per la protezione dell’ambiente. In passato l’area era occupata da un’autorimessa. Quando venne demolita, la scuola media adiacente chiese aiuto alla Open Road per realizzare un progetto di spazio verde da condividere con i residenti. Questi ultimi, interrogati dagli ispettori comunali, mostrarono la volontà di realizzare su una parte dell’area un giardino e sull’altra un parco giochi. Nel 1993 il Green Thumb, dopo aver avuto i risultati della verifica da parte del Dipartimento della Sanità sul grado di contaminazione del suolo, concesse il terreno. La Open Road organizzò insegnanti, genitori, studenti e residenti in squadre di lavoro. I volontari sistemarono il terreno e progettarono gli elementi di arredo da inserire in quello che sarebbe diventato un vero e proprio laboratorio di scienze naturali all’aria aperta.
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1. Clinton Community Garden 2. Gramercy Park
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1. Clinton Community Garden 436 West 48th Street
Il Clinton Communitiy Garden fu costruito nel 1977 da un gruppo di residenti della 48th Strada stanchi di vedere un cumulo di macerie abbandonato da quando, 28 anni prima, furono demoliti due edifici residenziali ormai fatiscenti. Quel luogo era diventato ricettacolo di ogni tipo di attività illegale, in un quartiere piegato anch’esso, anche se in misura minore rispetto ad altri, da criminalità e miseria. Il quartiere Clinton si trova accanto a Hell’s Kitchen, reso famoso dal Musical West Side Story. In quegli anni cresceva in maniera esponenziale il numero dei Community Gardens in risposta al degrado dilagante. Anche i residenti del quartiere della 48th Strada si unirono in associazione per realizzare il loro presidio di legalità. Il terreno, di proprietà del Comune, venne concesso in affitto attraverso Green Thumb nel 1979. Il giardino fu teatro delle prime battaglie dei movimenti in difesa dei Community Gardens. Quando il Comune di New York decise di demolirlo, residenti e commercianti si unirono per preservare il giardino. La questione andò avanti fino al 1984 quando il Sindaco di allora lanciò una campagna di raccolta fondi denominata Square-Inch Campain.
L’iniziativa prevedeva che i cittadini potessero acquistare per cinque dollari un pollice quadrato di giardino. Nel 1984 il Clinton Community Garden diventò parco permanente. L’area è divisa in due settori: da una parte il giardino destinato ad un uso pubblico, dall’altra l’orto curato dai soci. Nella parte antistante, quella verso la strada, trovano dimora varie specie di piante e fiori, una pergola ed un angolo dove vengono coltivate vari tipi di essenze autoctone.
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2. Gramercy Park Historic District Between East 20th East 21th Street and Park Third Avenue
Il Gramercy Park Historic District rappresenta uno dei primi esempi di urbanistica creativa. Samuel B. Ruggles ricevette in eredità l’intera Gramercy Farm, pari a 66 isolati nel cuore di Midtown Manhattan, adiacente a Union Square. Nel 1831 decise di realizzare un quartiere residenziale attorno ad un parco privato. La zona infatti non prevedeva la realizzazione di un parco pubblico da parte del Comune. Ruggles fece la proposta al Comune il quale accettò, consapevole del fatto che la presenza di un parco avrebbe accresciuto il valore dell’intero quartiere. Nel 1834, sebbene il lotto fosse ancora vuoto, fece costruire la recinzione. Lo stesso anno istituì il Gramercy Park Trust con lo scopo di realizzare e poi gestire il parco ornamentale ad uso esclusivo dei residenti del quartiere e dei membri della fondazione.
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1. The 91st Street Garden 2. The Lotus Garden 3. West Side Community Garden
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1. The 91st Street Garden 90th e 91th Street , Middle Level, Riverside Park
Il 91st Street Garden si trova tra la 90th e la 91th Strada, all’interno del Riverside Park. L’associazione che lo gestisce, la West 97-98 Streets Block, nacque nel 1977 per occuparsi di un giardino comunitario costruito all’interno di un lotto abbandonato tra Broadway e la 96th Strada, dove adesso si trova il Columbia Condominium, un edificio residenziale. Quando il terreno nel 1981 venne sgomberato, l’associazione ottenne dal Dipartimento Parchi della Città di New York il permesso di realizzare un nuovo giardino comunitario all’interno del Riverside Park. Dal 1984 è gestito assieme al Garden of People, Inc., una organizzazione senza scopo di lucro che opera nello Stato di New York. Il giardino si trova al di sotto della collina posta di fronte all’ingresso sulla 91th Strada. L’area è stata suddivisa in due sezioni: una di forma rettangolare che conta 26 aiuole curate da altrettanti soci, ed un’altra di forma ottagonale curata collettivamente.
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2. The Lotus Garden West 97th Street
Il Lotus Garden si trova nel ricco ed elegante quartiere Upper West Side, dove si conta un numero esiguo di Community Gardens. Essendo stato costruito sul tetto di un’officina, non è facile accorgersi della sua presenza attraversando la 97th Strada, dalla quale si notano soltanto le chiome degli alberi. Una volta varcato il cancello di ingresso e percorsa la scalinata laterale, il visitatore si trova in uno spazio completamente isolato dai rumori della Brodway. Si tratta di un luogo che ha più le caratteristiche di una terrazza privata che di un giardino comunitario. Tra il 1960 e il 1970, durante la fase di stallo del mercato immobiliare, alcuni residenti occuparono il lotto abbandonato ad angolo con la 96th Strada e realizzarono il Brodway Garden. Quando al suo posto fu prevista la costruzione di un edificio residenziale, gli attivisti, con l’aiuto del Trust for Public Land, ottennero dall’impresa edile di proprietà di William Zeckerndorf Jr., che al suo interno venisse realizzato un nuovo giardino comunitario. Zeckerndorf si appassionò al progetto e lo supportò anche economicamente.
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3. West Side Community Garden West 89th Street
Il West Side Community Garden fu realizzato nel 1976 su un terreno di circa 8.000 mq a suo tempo inserito in un progetto di Riqualificazione Urbana (Urban Renewal). Nel 1982 il direttivo dell’associazione che gestiva il giardino comunitario, i tecnici del progetto di Urban Renewal e la Commissione dell’Ufficio di Pianificazione della Città di New York (New York City Planning) approvarono il progetto per un giardino permanente. I lavori iniziarono nel 1987, mentre la proprietà del terreno fu ceduta all’associazione West Side Community Garden, Inc. nel 1989. L’interessante sistema di sedute ed aiuole a forma di anfiteatro, realizzato con assi di legno riciclato, rappresenta l’idea che ha originato l’intero progetto e che si è potuto concretizzare, tra il 1987 e il 1988, grazie all’aiuto offerto dall’architetto del paesaggio Terry Schnadelbach. Il giardino e Terry Schnadelbach vinsero il premio Philip N. Winslow per il miglior progetto di paesaggio nel 1989.
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Fuori Manhattan: Queens e Brooklyn
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Fuori Manhattan: Queens e Brooklyn
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Isamu Noguchi Garden Museum Socrates Sculpture Garden Hispanos Unidos de Greenpoint Green Dome Garden Brooklyn Heights Promenade Brooklyn Bears Rockwell Place Brooklyn Bears Garden
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1. Isamu Noguchi Garden Museum 9-01 33rd Road (at Vernon Boulevard) Long Island City
Nel 1985 Isamu Noguchi (1904-1988), artista nippo americano di fama internazionale, inaugurò l’Isamu Noguchi Garden Museum, uno spazio da egli stesso progettato, situato all’interno di un ex edificio industriale, collegato ad un altro edificio e ad un giardino, nel quartiere di Long Island City, nel Queens. L’idea di Noguchi era di guidare la metamorfosi di Long Island City, dove viveva dal 1960, da zona marginale e degradata, al quartiere artistico che è oggi, sede del Socrates Sculpture Park, dello Sculpture Center, del MoMA PS1 e del Museum of the Moving Image. Il giardino fu messo fin dall’inizio a disposizione del pubblico, regalando un angolo di bellezza a tutto il quartiere. Nei suoi primi venti anni di vita il giardino ed il Museo furono gestiti dalla Fondazione Noguchi la quale, dal 2005, è stata assorbita dalla Città di New York e trasformata in ente benefico. Oggi The Isamu Noguchi Foundation and Garden Museum gestisce la più ampia collezione di opere di Noguchi, tra sculture, modelli architettonici, scenografie, disegni, mobili, lampade, oltre l’archivio completo.
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2. Socrates Sculpture Park 32-01 Vernon Boulevard at Broadway Long Island City
Il Socrates Sculpture Park era una discarica illegale con vista sull’East River fino a quando, nel 1986, un gruppo di artisti e residenti, capitanato dall’artista Mark di Suvero, decise di realizzare uno spazio destinato a museo en plain air e a parco pubblico. L’idea era quella di dare la possibilità agli artisti di esporre sculture ed installazioni multimediali di grandi dimensioni con l’obiettivo di incoraggiare l’interazione tra artisti, opere d’arte e pubblico. La filosofia di questo parco si basa sulla convinzione che il recupero, la rivitalizzazione e l’espressione creativa siano elementi essenziali per la sopravvivenza e lo sviluppo della città. Dal 1986 ad oggi il progetto ha raggiunto fama internazionale. È al tempo stesso residenza gratuita per artisti, museo di arte contemporanea en plain air ed un parco molto frequentato a Long Island.
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3. Hispanos Unidos de Greenpoint Greenpoint, Brooklyn
Per quanto riguarda questo spazio non si può realmente parlare di un giardino comunitario. Si tratta piuttosto di un marciapiede abbellito. Questo gruppo di residenti nel quartiere Greenpoint di Brooklyn, appartenenti all’associazione Hispanos Unidos de Greenpoint, durante la giornata dedicata ai Community Gardens, scende in strada, in prossimità delle proprie abitazioni, per pulire, rendere più gradevoli i marciapiedi con fiori e graffiti ed organizzare festosi barbecue. Hispanos Unidos de Greenpoint è un’associazione fondata nel 1984 con lo scopo di rafforzare il contributo della comunità ispanica nei confronti della Città di New York. Si occupa di organizzare iniziative pubbliche contro la criminalità e l’uso di droghe e per promuovere la prevenzione sanitaria attraverso attività sportive e ricreative per i giovani. L’associazione si è battuta inoltre per la riqualificazione del Greenpoint Park, trovando il sostegno di organizzazioni pubbliche e private.
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4. Green Dome Garden North 12th between Driggs and Union Avenues Brooklyn
Il Green Dome Community Garden si trova all’interno del McCarren Park, nel quartiere Williamsburg, a Brooklyn. Il giardino presenta una grande varietà di essenze vegetali pregiate, pur occupando uno spazio relativamente piccolo, circa 230 mq. Si nota immediatamente un uso creativo della topografia e della progettazione del verde ed è inoltre popolato da parecchie specie di uccelli e insetti. Il Green Dome è stato realizzato nel 1997 su iniziativa di una associazione di residenti coadiuvata da Project for Pubblic Spaces (PPS), un’organizzazione no-profit che si occupa di progettazione urbana, design e didattica. Nata nel 1975, la PPS ha l’obiettivo di mettere in pratica l’opera di William Whyte, autore del libro intitolato “The Social life of Small Urban Spaces”. Da allora ha fornito le proprie competenze per la progettazione di oltre 3000 spazi pubblici sparsi in tutti gli Stati Uniti. I visitatori assidui del Green Dome Community Garden sono principalmente di origine polacca, latino americana, ed europea, riflettendo perfettamente la composizione della comunità residente nel quartiere di Williamsburg. Il giardino, punto di incontro e di relax,
è utilizzato anche per educare i bambini al valore della vita animale e vegetale e a far comprendere loro il ruolo dell’uomo nella salvaguardia dell’ambiente.
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5. Brooklyn Heights Promenade BQE Between Joralemon and Grace St., Brooklyn
Il Brooklyn Heights Promenade è uno dei luoghi più famosi di Brooklyn. Offre una delle viste più suggestive della Statua della Libertà, del Ponte di Brooklyn e dello Skyline di Manhattan.Più che un giardino, si tratta di una passeggiata pedonale con al centro aiuole, alberi, panchine e giochi per bambini, delimitata da grandi case e palazzi. Questo luogo fa parte del primo Historic Preservation District di Brooklyn. La storia di Brooklyn Heights è molto importante sia per la città di New York che per gli Stati Uniti. George Washington da Brooklyn Heights osservò la sconfitta del giovane esercito coloniale durante la battaglia di Brooklyn. Nel XVIII secolo molti mercanti si trasferirono qui e costruirono i palazzi che dominano l’isola di Manhattan. Brooklyn divenne una città nel 1833, e per gran parte del 1800 fu la terza città più popolosa d’America. A metà degli anni ‘40 Robert Moses decise di costruire una nuova superstrada che avrebbe dovuto attraversare Brooklyn Heights, ma venne bloccato dalla protesta della Brooklyn Heights Association. La superstrada fu costruita due livelli sopra il lungomare. La passeggiata pedonale con al centro un bellissimo giardino lineare curato
dai residenti del quartiere, venne realizzata principalmente per isolare il quartiere dal rumore della Brooklyn Queens Expressway. La Brooklyn Heights Promenade è aperta al pubblico dall’ottobre 1950.
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Foto 1
Foto 2
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6 - 7. Brooklyn Bears Community Garden Rockwell Bears Community Garden: 65-73 Flatbush Avenue Pacific Bears Community Garden: Pacific Street Brooklyn L’associazione Brooklyn Bears Community Gardens gestisce tre giardini comunitari: il Pacific Bear (foto 1 e 3), il Carlton Bear e il Rockwell Bear (foto 2 e 4). La loro storia incominciò nel 1982. In quel periodo alcuni cittadini residenti sulla Pacific Street, stanchi del degrado in cui versava il quartiere, entrarono in possesso di un’area destinata a parcheggio, concessa dal Comune di New York alla Brooklyn Academy of Music (BAM), e iniziarono a ripulirla. Nel 1988, dopo un periodo di pausa, decisero di riprendere i lavori e, ispirati dal ritrovamento di un orsacchiotto di peluches tra i rifiuti, decisero di chiamarsi Brooklyn Bears. Nel frattempo l’area era stata destinata ad un nuovo progetto di riqualificazione urbana e agli attivisti fu offerto un altro lotto di terreno, quello che poi diventò il Carlton Bear. Il progetto di riqualificazione urbana sulla Pacific Street, a causa di una nuova crisi economica, non venne mai realizzato e l’associazione ottenne entrambi i lotti di terreno. Dopo qualche tempo, l’organizzazione Green Thumb affidò ai Brooklyn Bears anche il giardino comunitario sito tra Flatbush Street e Lafayette Street. Dopo tante battaglie, i tre giardini oggi sono permanenti: Carl-
ton e Rockwell sono stati attribuiti al Dipartimento Parchi della Città di New York, mentre il Pacific è gestito attraverso la nuova organizzazione Brooklyn Alliance of Neighborhood Gardens (BANG) Land Trust.
Foto 3
Foto 4
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Appendice New York oltre i Community Gardens
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Appendice New York oltre i Community Gardens
Che meravigliosa sfida! 159 • The Highline 161 • Micheal Sorkin: The Sidewalks of New York 163 Privately Owned Public Spaces 167
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Mappa della High Line
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Che meravigliosa sfida!
L’esperienza dei Community Garden non è un fenomeno concluso o relegato agli anni ‘70 e ‘80, vale a dire al periodo in cui essi raggiunsero la loro massima diffusione. Jane Jacobs considerava “una meravigliosa sfida” quella compiuta dai cittadini che colgono l’occasione di ridare forma alla propria città. Una sfida indubbiamente colta dai newyorchesi i quali a partire dai primi anni ‘70 cominciarono ad intervenire direttamente sulle sorti della città. Il dibattito relativo allo sviluppo urbano fu costretto a considerare le istanze dei cittadini, coinvolgendo, in varie forme, istituzioni, università, studi professionali. A tal proposito ho ritenuto utile inserire due esempi recenti di sviluppo urbano: il primo da due anni aperto al pubblico, il secondo più di carattere teorico. Il primo è il progetto di riqualificazione/ riciclo/riuso della High Line di New York, ultimato nel 2012. Si tratta di un progetto esemplificativo di come il ruolo di una cittadinanza attiva possa riuscire a cambiare il volto della città, regalandole uno dei progetti di spazio pubblico più famosi al mondo, non solo per il risultato raggiunto ma anche e soprattutto per le modalità che hanno
portato alla sua realizzazione. Il secondo esempio è il manifesto di Micheal Sorkin1 intitolato “Sidewalks of New York” (Marciapiedi di New York) pubblicato nel 2012. L’architetto, urbanista e docente newyorkese, voce critica molto seguita negli Stati Uniti, propone una idea di trasformazione dei marciapiedi di New York che trae spunto, a mio parere, dal funzionamento dei Community Gardens. Sorkin suggerisce di pedonalizzare quasi interamente il centro della città, ampliando i marciapiedi e trasformandoli in un giardino comunitario lineare continuo, gestito dai residenti dei relativi isolati. Anche qui risuona l’eco delle parole della Jacobs, citata spesso da Sorkin, la quale dedicava tre capitoli di “La vita e la morte delle grandi città” ai marciapiedi
Fila di volontari dell’associazione “Friends of High Line”
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The High Line
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di New York. Per la Jacobs una città è sicura quando le sue strade sono sicure. E le strade sono sicure se si stabilisce una intricata, quasi inconscia, rete di controlli esercitata involontariamente dalla gente. Se le strade sono fruite, la città tende ad essere sicura. Affinché le strade siano fruite e controllate anche da chi vive all’interno degli edifici prospicienti, la strada deve essere vitale, attirare la curiosità, deve avere un buon numero di esercizi commerciali, deve essere un luogo in cui potersi anche divertire. Sorkin propone con il suo manifesto, che assomiglia nella forma ad un regolamento comunale dell’uso dei marciapiedi, una possibile concretizzazione degli studi della famosa antropologa statunitense. The High Line High Line è uno dei progetti più importanti di spazio pubblico costruiti di recente a New York. Si tratta di un parco pubblico lineare di 1,5 km realizzato su un binario sopraelevato in disuso, che si estende dal Distretto Meatpacking al Hudson Rail Yards di Manhattan. Il progetto è frutto dell’evoluzione del concetto di Community Gardens. Come fu per i giardini comunitari, infatti, questo
progetto di spazio pubblico scaturisce da una forma di protesta collettiva poi supportata dall’amministrazione pubblica. Anche in questo caso la volontà della cittadinanza era orientata alla realizzazione di uno spazio pubblico volto alla condivisione, alla costruzione di una comunità. La High Line fu realizzata nel 1930 come parte di un imponente progetto infrastrutturale pubblico/privato denominato West Side Improvement. L’obiettivo era quello di sollevare il traffico merci a nove metri di altezza, in maniera tale da decongestionare quello che allora era il distretto industriale di Manhattan. Il binario scorreva dalla 34th Street a St. John Park Terminal, sulla Spring Street, collegando direttamente fabbriche e magazzini. I treni merci transitarono sulla High Line fino al 1980, quando la crescita del trasporto merci interstatale portò ad un calo del traffico ferroviario a livello nazionale, e quindi anche sulla High Line. Coloro i quali nel frattempo avevano acquistato il terreno al di sotto della High Line, a prezzi molto bassi, operavano affinché il Comune demolisse la linea ferrata. Fu per primo Peter Oblets, residente nel Chelsea ed appassionato della High
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Line, a contestarne la demolizione in tribunale. Il suo obiettivo era ristabilire il servizio di trasporto. Nel 1999 nacque l’associazione Friends of High Line fondata da David e Robert Hammond a sostegno della conservazione della linea ferrata con l’idea di un suo riutilizzo come spazio pubblico.
Volontari impegnati nel recupero del materiali da riciclare. Nel 2002, dopo aver promosso ricerche e studi di fattibilità per il progetto di recupero della High Line, l’associazione trovò il sostegno della Città di New York. Nel 2003 venne indetto un concorso di idee dal titolo “Designing the High Line”, al quale parteciparono 720 gruppi provenienti da 36 paesi diversi. Le centinaia di idee progettuali vennero proiettate alla Grand Central
Station. Quello stesso anno il Sindaco Bloomberg annunciò il finanziamento comunale per la realizzazione del progetto vincitore. Il team selezionato era composto da James Corner Field Operations, uno studio di architettura del paesaggio, in collaborazione con Diller Scofidio + Renfro2, uno studio di architettura specializzato in orticoltura, ingegneria, sicurezza, manutenzione e arte pubblica. Il gruppo progettò e realizzò il parco sotto la guida della comunità di sostenitori della High Line. La costruzione del parco ebbe inizio nel 2006. Il primo tratto che collega Gansevoort Street a West 20th Street fu inaugurato il 9 Giugno 2009. Il secondo tratto, da West 20th a West 30th Streets, è stato aperto al pubblico l’8 giugno 2011.
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Micheal Sorkin: The Sidewalks of New York. Tra i possibili sviluppi dello spazio pubblico di New York il punto di vista di Micheal Sorkin è uno dei più radicali. Di seguito è riportato un suo intervento sul tema dello spazio pubblico pubblicato sul blog di Lebbeus Woods nel dicembre 2011, poi inserito nel libro “Beyond Zuccotti Park: Freedom of assembly and the occupation of public space” del 2012 . Si tratta di un manifesto scritto sotto forma di un eventuale regolamento comunale. 1. Le strade appartengono al popolo! 2. Allo stesso modo i Marciapiedi. 3. Almeno il 50% delle strade di New York dovrebbe essere sottratto al “regno” della locomozione ad alta velocità ed assegnato allo status di Marciapiede. 4. La percentuale minima si applica sul modulo base rappresentato dall’Isolato. 5. La totalità di una Strada può essere trasferita allo status di Marciapiede se vi è il consenso del 75% dei membri del Comitato di Isolato. 6. Il Comitato di Isolato deve essere composto da tutti coloro i quali, raggiunta la maggiore età, vivono o lavorano nell’Isolato.
7. Tutti i Marciapiedi di New York, compresi quelli qui aggiunti, devono ritornare ad essere di proprietà della Città di New York, la quale si assume la responsabilità della loro manutenzione. Nonostante tale obbligo, il diritto di controllare le disposizioni d’uso su ogni Isolato deve essere condiviso tra il Comitato di Isolato e la Città di New York, fatti salvi i diritti generali di passaggio e di assemblea. 8. Un Isolato deve essere inteso come lo spazio compreso tra angolo ed angolo definito da una sola strada, non la superficie di un isolato, ed include i Marciapiedi di entrambi i lati della strada. La superficie di un intero Isolato deve essere inteso come comprensivo di porzioni di quattro Isolati differenti. 9. Gli angoli degli Isolati, ovvero i punti di congiunzione, devono essere assegnati ad uno solo degli Isolati, in maniera tale che ognuno di esso debba controllare due dei quattro Angoli al suo interno. 10. Tale assegnazione deve essere casuale. 11. L’accorpamento di elementi che eccedono lo spazio di pertinenza degli Isolati, deve essere consentito a condizione che riguardi Isolati contigui.
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Micheal Sorkin, Sidewalks of New York.
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12. In nessun caso l’accorpamento può essere concesso se si superano quattro Isolati contigui. 13. Tutte le attività svolte nel Marciapiede devono essere pubbliche o accessibili al pubblico. 14. Né il diritto di passaggio, né il diritto di assemblea all’interno dell’Isolato devono essere violati ed ostacolati. 15. Nessuna Attività Pubblica Assegnata (Assigned Public Use: APU) può impedire ai fruitori di camminare o sostare all’interno dell’area designata come Minimo Territorio di Passaggio (Minimum Territory Of Passage: TOP). 16. L’uso dei Marciapiedi, diverso da passaggio o assemblea, tra cui il vagabondaggio o la sosta, è deciso dai Comitati di Isolato che possono assegnare regole diverse per il loro utilizzo. Tali regole sussidiarie devono essere assegnate a rotazione. 17. In nessun caso più del 5% della superficie di ogni Isolato può essere occupato da attività che richiedono il pagamento diretto da parte del pubblico per accedervi. 18. Le tariffe derivanti dalla cessione dei diritti pubblici devono andare a beneficio dell’Isolato competente, ad eccezione degli Isolati ad alto reddito.
19. Per Isolato ad alto reddito si intende quello le cui entrate derivanti dalla tassazione superano di oltre il 50% la media di tutti gli Isolati della Città. 20. Il 25% dei ricavi provenienti dagli Isolati ad alto reddito devono essere versati nella Banca di Isolato. 21. La Banca di Isolato, i cui dirigenti devono essere rappresentanti del Comitato di Isolato, finanzia i lavori di riqualificazione degli Isolati non ad alto reddito. 22. Gli usi consentiti devono comprendere la seduta, il gioco ed altre attività ricreative, giardinaggio ed attività agricole, il parcheggio delle biciclette, la captazione dell’acqua piovana, la cura dei bambini, la gestione dei rifiuti, la messa a dimora degli alberi, bagni pubblici, la vendita di giornali, libri e cibo da strada. 23. L’area necessaria per accedere al sistema di transito della Città di New York, includendo sia il livello stradale sia le operazioni sotterranee, deve essere rappresentata da un corpus separatum e la sua manutenzione è di competenza dell’Autorità di transito. 24. Le attività dei Marciapiedi devono essere accessibili ad anziani e portatori di handicap anche nelle ore serali.
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25. Le attività per gli anziani devono essere permanenti. Le attività serali sono soggette a revisioni annuali da parte dei Comitati degli Isolati. 26. Le attività per gli anziani includono la Misura Minima per il Passaggio e le alberature stradali. 27. Il passaggio minimo deve essere uno spazio laterale di tre metri e mezzo. La larghezza del marciapiede allargato deve essere armonizzato con la dimensione del marciapiede adiacente. Queste dimensioni devono essere stabilite dal Dipartimento di Pianificazione Urbana con il parere ed il consenso del Comitato di Isolato. 28. Le alberature stradali devono essere messe a dimora in maniera tale che, entro cinque anni, provvedano adeguatamente a fornire ombra durante i mesi estivi. 29. La posizione e le essenze arboree sono stabilite dal Dipartimento di Pianificazione Urbana con il parere ed il consenso del Comitato di Isolato. 30. Dormire sui marciapiedi può essere consentito a seguito di autorizzazione da parte del Comitato di Isolato al quale si deve presentare richiesta almeno un giorno prima.
Note 1. Micheal Sorkin (nato nel 1948, Washington, D.C.) è un architetto statunitense ed attualmente è professore di architettura e direttore del programma di progettazione urbana. Si è laureato al The City University of New York (CUNY). Il Michael Sorkin Studio a New York si dedica sia a progetti teorici che pratici con un particolare interesse per la città. È stato un critico dell’architettura per il The Village Voice per 10 anni. Attualmente è redattore per Architectural Record, I.D. e Metropolis. Ha scritto: ‘Variations on A Theme Park’, ‘Exquisite Corpse’, ‘Local Code’, ‘Giving Ground’ (pubblicato con Joan Copjec) e ‘Twenty minutes in Manhattan’. Sorkin è un sostenitore franco di molte cause politicamente di sinistra. 2. Diller Scofidio + Renfro è uno studio di progettazione interdisciplinare che integra architettura, arti visive e spettacolo. Lo studio Diller Scofidio + Renfro ha sede a New York City, è diretto da tre soci, Elizabeth Diller, Ricardo Scofidio e Charles Renfro, e lavorano con uno staff di architetti ed artisti.
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Privately Owned Public Spaces
Tutti gli esempi di sviluppo urbano partecipato trattati fin qui riguardano operazioni di iniziativa popolare eseguite su terreni di proprietà pubblica con il supporto sia delle Istituzioni pubbliche che di organizzazioni private. La crescente domanda di spazi pubblici da parte della popolazione ha fatto sì che contemporaneamente al fenomeno dei Community Gardens nascessero delle iniziative da parte della pubblica amministrazione. Una di queste è la realizzazione dei Privately Owned Public Spaces.
Cartello posto all’ingresso dei Privately Owned Public Spaces I Privately Owned Public Spaces o POPS (Spazi Pubblici di Proprietà Privata) di New York City sono spazi aperti attrezzati realizzati da privati da destinare ad uso pubblico in cambio di
volumi edificabili aggiuntivi. I POPS, per essere approvati, devono contenere dotazioni funzionali e d’arredo quali sedute, tavoli, alberi, ecc., tali da garantire un uso ottimale degli spazi da parte del pubblico. Sono spazi concessi principalmente nelle aree ad alta densità commerciale e residenziale con l’obiettivo di fornire luce, aria fresca, spazi verdi, luoghi di socializzazione e di svago in grado di rendere vivibili le zone maggiormente concentrate della Città. Dal 1961 la Zoning Resolution1, lo strumento che regola i POPS, ha concesso diverse tipologie di spazi pubblici di proprietà privata, incluse piazze, portici, piazze urbane, piazze residenziali, ampliamenti di marciapiedi, spazi coperti pedonali, attraversamenti interni agli isolati, piazze sotterranee, ecc. Sono aree acquistate prevalentemente attraverso la Zonizzazione Incentivata1, anche se alcune di esse vengono realizzate come parte di varianti o permessi speciali approvati dalla City Planning Commission (l’ufficio urbanistico comunale) o dalla Board of Standards and Appeals (Commisione Norme e Ricorsi). La tipologia di incentivazione più co-
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Paley Park
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nosciuta e più popolare è quella delle piazze, conosciuta anche come “bonus piazze”. Le norme che consentono la realizzazione di questi spazi pubblici si sono evolute enormemente dal 1961 ad oggi; nel corso dei decenni i requisiti richiesti hanno raggiunto degli standards molto più elevati, sia in termini di progettazione dello spazio che come qualità dell’arredo. Nel 2007 il Consiglio Comunale di New York ha adottato un nuovo regolamento per la realizzazione dei Privately Owned Public Spaces, che rappresenta un aggiornamento ed un consolidamento di tutte le normative precedenti. Innanzi tutto unifica le tipologie racchiudendole tutte sotto il nome di “Public Plazas”. Inoltre, il testo del 2007 si pone l’obiettivo di facilitare la progettazione e la realizzazione di spazi pubblici belli, vitali e realmente pubblici. Attraverso questo sistema, nella città di New York, sono stati realizzati e poi gestiti da società private 525 spazi pubblici. Principi di progettazione delle Public Plazas 1. Aperture ed inviti sui marciapiedi • Devono essere percepiti come luoghi
aperti al pubblico; • Devono trasmettere la sensazione di apertura attraverso elementi bassi e ampi percorsi che guidano il visitatore verso la piazza; 2. Accessibilità • Devono essere visivamente interessanti e contenere sedute accessibili; • Devono migliorare la circolazione pedonale; • Devono essere a livello del marciapiede; 3. Sicurezza e protezione • Devono prevedere percorsi facilmente accessibili per ingresso e uscita; • Devono essere orientati e visibilmente collegati alla strada: • Devono essere illuminati; 4. Sedute • Devono ospitare una varietà di posti a sedere ben progettati sia per piccoli gruppi che per singoli individui. Paley Park 10 East 53rd Street, HarperCollins Il Paley Park, completato nel 1967, è uno dei più piccoli e raffinati parchi urbani della Città di New York ed è il primo esempio di Spazio Pubblico di Proprietà Privata o POPS (Privately Owned Public Space). Il progetto, che occupa
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745 Seventh Avenue, Barclays Capital
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un’area di 4200 mq, fu realizzato dallo studio di progettazione Zion e Breene Associates per la William S. Paley Foundation. Leggermente rialzato rispetto al livello stradale, il marciapiede si fonde con il parco consentendo un facile accesso. Una grande cascata, alta sei metri, posta a chiusura del parco, crea un contrasto sonoro che cancella i rumori provenienti dalla città. Le pareti del giardino sono ricoperte da una fitta edera, mentre 17 Gleditsia triacanthos o Albero di Giuda, formano un sottile baldacchino a copertura dell’intero spazio. La presenza di sedie e tavoli lo rendono uno spazio molto frequentato durante l’ora di pranzo.
Cartello posto all’interno dei Privately Owned Public Spaces 745 Seventh Avenue Barclays Capital Situato tra la 49° e la 50° Strada, si tratta
di un elegante spazio pubblico ultimato nel 2001 e progettato dallo studio Kohn Pedersen Fox Associates. La Public Plaza, realizzata come Spazio Pubblico di Propretà Privata (POPS), fa parte di un più ampio intervento commissionato da Morgan Stanley Dean Witter, (l’edificio dal 2008 è di proprietà di Barclays Capital), che comprende un grattacielo per uffici, un auditorium, l’ingresso alla metropolitana ed il collegamento pedonale all’attigua Rockfeller Center Plaza. Lincoln Plaza Towers 44 West 62nd Street Il Lincoln Plaza Tower è un Private Owned Pubblic Space annesso alla Lincoln Tower, realizzato dall’architetto Horace Ginsbern nel 1973. Si trova in una delle aree culturalmente più vivaci del mondo, oltre che di Manhattan: nelle immediate vicinanze si trova, il Lincoln Center for the Permorming Art, il Lincoln Plaza Cinemas, il Metropolitan Opera, Vivian Beaumont Theater, Clark Studio, Film Society of Lincoln Ceter, ecc. Dopo aver superato i portici del prospetto principale dell’edificio, che ospitano numerose attività commerciali e
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Lincoln Plaza Towers
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continuando attraverso la selva di colonne della piazza coperta, il visitatore viene a trovarsi in un sorprendente spazio aperto. Uno spazio pubblico che assomiglia ad una fortificazione di mattoni rossi si erge ad un livello più alto rispetto al livello del marciapiede, dove sono sistemati elementi d’arredo sia fissi che mobili. L’inaccessibilità fisica della maggior parte dello spazio pubblico solleva molti interrogativi, anche se, la sensazione di parco urbano che regala, come se una porzione di Central Park avesse superato alcuni edifici per raggiungere questo giardino, lo rende molto coinvolgente e apprezzato dal pubblico.
Note 1.Zoning Resolution. A partire dalla metà del secolo scorso, molti dei principi inclusi all’interno del primo Regolamento Edilizio Comunale della Città di New York emanato nel 1916, che fissava alcune regole urbanistiche base per lo sviluppo della Città, centro economico del Paese, in continua crescita demografica, non si dimostrarono più sufficienti. Nuove teorie stavano catturando l’immaginazione degli urbanisti. Il modello “tower-in-the-park” (torre nel parco) di Le Corbusier influenzò i progettisti dell’epoca e il concetto di pianificazione incentivata – che concedeva volumetria addizionale in cambio di spazi pubblici – divenne lo strumento per metterlo in pratica. Dopo un lungo studio da parte di tecnici e politici ed un intenso dibattito pubblico, la Zoning Resolution fu emanata ed entrò in vigore nel 1961, introducendo la Zonizzazione Incentivata che concedeva un bonus di volume supplementare in cambio di spazi pubblici. Oggi questo tipo di pianificazione, analizzando la qualità degli spazi pubblici che ha prodotto, è considerata superata per due motivi principali: perché non in grado di realizzare strade urbane vivaci e sicure tendendo ad allontanare e quindi isolare gli edifici dalla strada; e perché ha contribuito ad allontanare gli edifici residenziali verso zone più periferiche (Gentrification).
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Per una ricerca sul territorio italiano
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Per una ricerca sul territorio italiano
Per una ricerca sul territorio italiano 179 Scampia , Napoli 181 I Giardinieri di Santa Rosalia a Palermo 193 Il Giardino degli Aromi a Milano 201
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Vista del Parco Corto Maltese a Scampia, Napoli
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Per una ricerca sul territorio italiano
Negli ultimi dieci anni in molte città italiane sono sorte un numero sempre maggiore di associazioni di volontariato che si occupano di sottrarre terreno al degrado e all’abbandono per trasformarlo in giardini comunitari e orti urbani. Tale pratica, oltre a dare la percezione di un’economia più etica, crea le condizioni perché si formino comunità più coese, soprattutto in luoghi che hanno bisogno di trovare una nuova identità. Lo spazio pubblico, essenziale per la vita di una comunità, per primo risente della mancanza di fondi durante i periodi di crisi economica, rischiando in fretta di cadere nell’abbandono e nel degrado. Nell’esperienza statunitense ciò ha rappresentato la spinta iniziale perché i cittadini sentissero l’esigenza di curare le aree verdi e coltivare orti urbani. Per le amministrazioni comunali è uno degli strumenti capaci di incrementare le aree verdi, migliorare la qualità dell’ambiente, ridurre l’inquinamento, riqualificare le zone degradate, frena-re il consumo di suolo, sottrarre il terreno all’abusivismo edilizio e alla speculazione, sensibilizzare i più giovani al rispetto per l’ambiente ed il paesaggio. I comuni italiani impegnati a favorire la nascita di progetti legati agli
orti urbani sono sempre più numerosi: ci sono esperienze alquanto longeve e significative a Roma, Torino, Genova e Milano ma anche nei centri più piccoli. Roma vanta una grande estensione di orti urbani e periurbani, famoso è quello della Garbatella, e sta per destinare altri 170 ettari di terreno pubblico con l’obiettivo di attrezzare uno spazio aperto dedicato alla didattica e alla ricerca nel campo dell’ecologia e del paesaggio. A Torino l’amministrazione comunale ha già destinato 50.000 mq di terreno pubblico (con l’obiettivo di arrivare a 2 milioni di mq) a orti urbani e periurbani a favore di quei residenti che intendono impegnarsi nella coltivazione di frutta e ortaggi e nell’attività didattica del settore. Genova punta a realizzare 300.000 mq di spazi destinati all’agricoltura urbana. A Padova si è passato dagli iniziali 4.000 mq nella zona delle Mandrie a 18.000 mq distribuiti su tutta la città, suddivisi in orti da 30/40 mq ciascuno curati sia da singoli cittadini che da associazioni. A Milano il dibattito legato agli orti urbani e periurbani rientra nel tema dell’Expo 2015. In questo primo approccio ad una ricerca sui giardini comunitari presenti in Italia
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si è scelto di trattare tre esperienze in tre diverse città. La scelta era orientata su tre città metropolitane, dove sono più evidenti le problematiche legate al degrado delle periferie, all’integrazione socio/culturale ed allo sviluppo urbano e che al contempo fossero rappresentative del centro, del nord ed del sud Italia. Per quanto riguarda il centro Italia la scelta più immediata sarebbe stata Roma, ma andando avanti con le ricerche ho ritenuto che ci fossero molte più analogie, legate al tema trattato, tra la città di New York degli anni ‘70 e quella di Napoli dei giorni d’oggi. Si tratta di una città che per vari motivi, alcuni di essi qui di seguito trattati, attraversa, ormai da diversi decenni, problemi legati al metodo di sviluppo delle periferie, al degrado socio-economico, alla criminalità, ma che, allo stesso tempo, vede la presenza di una cittadinanza impegnata sul territorio. In particolare poi, come nel caso del quartiere Lower East Side di New York, ho scelto di approfondire il caso del quartiere di Scampia a Napoli dove si stanno muovendo con grande coraggio alcuni gruppi di cittadini. Gli esempi di Palermo e di Milano sono serviti a comprendere meglio il tema dei
giardini comunitari, o meglio quando e se essi rappresentino realmente il frutto di uno sforzo compiuto da una comunità per migliorare la qualità del proprio spazio pubblico e renderlo vitale e sicuro. Si tratta sicuramente di sforzi pregevoli: il primo caso è quello compiuto da studenti, artisti, intellettuali per migliorare lo stato in cui versano alcune zone del centro storico di Palermo; nel secondo caso, quello di Milano, è stata scelta un’associazione impegnata a mettere in relazione il mondo del lavoro, nel caso specifico quello legato all’agricoltura, con alcune categorie disagiate. Gli esempi di Milano e di Palermo sono serviti a dimostrare, come quelli di New York e di Napoli, siano accomunati dalla forza propulsiva delle comunità di residenti che lavorano e lottano per cambiare la propria città attraverso lo sviluppo dello spazio pubblico. E dimostrano come, nel compiere tale sforzo, si riescano a costruire comunità.
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Scampia, Napoli
Scampia è forse il più noto e il più problematico quartiere dormitorio di Napoli. È un luogo in cui i numerosi spazi pubblici versano in uno stato di completo abbandono e degrado. Il lavoro che i cittadini volontari stanno svolgendo sul territorio avvalendosi della collaborazione di una fitta rete di associazioni, è l’esempio italiano più vicino al fenomeno esploso a Manhattan negli anni ‘70. Scampia ha una storia legata a scelte politiche e urbanistiche ben precise. Non è il frutto di stratificazioni di popoli, lingue, culture che si sono succedute nei secoli: è nata mettendo assieme una composizione sociale fortemente articolata. Scampia, come Manhattan, è nata da un pensiero politico e urbanistico fondato su idee di città dipendenti, ognuna a suo modo, dalla rendita fondiaria. L’utopia urbanistica di Scampia ha mostrato quasi da subito numerose crepe. Dagli anni in cui è stata concepita e realizzata - sulla scia del neorazionalismo e della città ideale di Le Corbusier - ad oggi, Scampia è diventata un laboratorio urbanistico permanente. Il Piano per l’Edilizia Economica e Sovvenzionata in ap-plicazione della legge 167/62 è
stato elaborato nel 1965 e già nel 1989, il Comune di Napoli individuava Scampia come zona di recupero ai sensi della Legge 457/78. Malgrado ciò, nonostante gli sforzi messi in campo da istituzioni, studiosi, ricercatori, intellettuali, religiosi, associazioni e semplici cittadini, al posto di un processo di riqualificazione urbanistico e sociale, assistiamo alla “labellizzazione” del degrado di Scampia: un effetto moltiplicatore che si estende ormai alle aree limitrofe. Un altro aspetto che lega l’esperienza di New York con il quartiere Scampia è il ruolo dei media. Fu grazie alla televisione che Liz Christy insieme ai Green Guerillas riuscì a realizzare il primo giardino tra la Bowery e Houston nel 1974. Oggi, ciò che succede a Scampia, terra di Gomorra1, ha un immediato contraccolpo mediatico. Se si parla di Scampia non si può non tenere presente la cronaca nera, lo spaccio di droga, la guerra dei clan camorristici, la dispersione scolastica, la difficile situazione dei campi Rom. Chi abita a Scampia si ribella al fatto che i media ne parlino quasi esclusivamente in termini negativi. Questo è un fenomeno frequente, che altri luoghi tristemente noti hanno
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affrontato e spesso saputo utilizzare a proprio vantaggio. Utopia-Scapia Scampia nacque su un’area agreste a Nord di Napoli nel 1965, a seguito dell’elaborazione di un piano di edilizia economica sovvenzionata in applicazione delle legge 167/1962. La legge 167 prevedeva la realizzazione di un “Piano di zona da destinare a costruzioni di alloggi a carattere economico e popolare, nonché a opere e servizi complementari, urbani e sociali, ivi comprese le aree a verde pubblico”, da destinarsi a capoluoghi di provincia ed aree urbane superiori a 50.000 abitanti. Il progetto legislativo, parte integrante delle dichiarazioni programmatiche del Secondo Governo Moro del 1963, era “volto a creare plusvalenze ai fini di orientare un regime pubblicistico nel mercato delle aree fabbricabili per evitare meccanismi di formazione di rendite fondiarie”. La legge 167 inquadrava l’edilizia economica e popolare nell’ambito di piani inseriti e coordinati in uno strumento comunale di pianificazione urbanistica (piano regolatore o programma di fabbricazione). In realtà la zona ex L.167/62 fu pensa-
ta per porre rimedio ai mancati risultati di un quartiere costruito con i fondi ex legge Ina Casa nel 1957: l’Ina Casa prevedeva la realizzazione di abitazioni per lavoratori attraverso i fondi prelevati dai contributi statali uniti a quelli dei lavoratori e dei datori di lavoro. L’insediamento abitativo venne realizzato in assenza di una pianificazione urbana, come primo rimedio ad uno stato emergenziale, con l’obiettivo di trovare alloggio ai lavoratori e, al tempo stesso, decongestionare il centro storico di Napoli. Seguì poi l’azione del rione Gescal, realizzato per i baraccati di Via Marina in occasione della riqualificazione del lungomare per i Giochi Olimpici del Mediterraneo. L’area 167 di Scampia interessò il piano di sviluppo dell’Area Nord di Napoli, a confine tra Piscinola, Chiaiano, Miano e Secondigliano. L’area nacque con il nome di “167 di Secondigliano”, poi detta Scampia dal nome delle colline a Nord di Napoli. Il piano di zona della 167, trova il suo nucleo originario nel progetto denominato le “Vele di Scampia”. Il progetto, ad opera dell’architetto Franz Di Salvo, venne elaborato negli anni ’72-’74, su incarico della Cassa per il Mezzogior-
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no. L’architetto trasse ispirazione dalle Vele di Villeneuve Loubet in Francia e dai principi delle unités d’habitation di Le Corbusier. L’idea era quella di costruire delle “macchine per abitare” autosufficienti, con giardini pensili, negozi e luoghi di aggregazione, che potessero ricreare il modello abitativo dei vicoli di Napoli, circondate da vaste aree a verde e strade a scorrimento veloce. Lo spazio pubblico e le infrastrutture sarebbero dovute essere finanziate utilizzando il modello del plus valore delle aree fabbricabili. I fondi però furono deviati sulla Cassa del Mezzogiorno ed utilizzati per altri scopi. Il risultato finale di questo complesso esperimento urbanistico può essere sintetizzato nei primi 6 minuti e 25 secondi del film di Salvatore Piscitelli del 1981 “Le occasioni di Rosa” (immagine nella pagina): la protagonista cammina su una strada enorme e desolata; sullo sfondo gli enormi palazzi appena costruiti; il regista in pochi minuti riesce a comunicare il fallimento del progetto ed il profondo scollamento tra i luoghi realizzati e gli abitanti di Scampia. Le proteste da parte dei destinatari degli alloggi delle Vele non tardarono ad arrivare: ben presto nacque il Comitato
Vele e, già nel 1989, le istituzioni centrali riconobbero l’area come zona da recuperare. Nel primi anni ’90 si iniziarono ad abbattere le prime Vele. Ma a Scampia non ci sono soltanto le Vele.
Un fotogramma del film “Le occasioni di Rosa” regia S. Piscitelli, 1981 La destinazione di Scampia a quartiere dormitorio venne consolidata dopo il terremoto del 1980 quando venne disposta, a seguito della legge speciale 219/81, la realizzazione di oltre 20.000 alloggi. La complessità è data soprattutto dalla diversità delle tipologie abitative e dal titolo di godimento che hanno generato una articolazione sociale difficile da gestire: vi sono gli assegnatari di alloggi pubblici che corrispondono al numero maggiore dei residenti; i proprietari de-
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gli alloggi delle Cooperative; gli abusivi che occupano gli alloggi costruiti per i terremotati del 1980, gli abitanti dei “Palazzoni”, dei “Falansteri” e degli “Alveari”; la popolazione Rom che vive all’interno del campo autorizzato, oltre ai campi Rom abusivi. Oggi Scampia è una città dormitorio che conta quasi 110.000 abitanti (a fronte dei 60.000 previsti), divisa in 21 lotti identificati da lettere dell’alfabeto (settore Bakù – U, W, Q, T, e settore Labriola – lotti H, I, K, L, M), intrecciati da un’imponente rete stradale a scorrimento veloce, che ruota attorno ad un nucleo centrale. L’infrastruttura viaria così organizzata è causa della divisione del quartiere in due blocchi abitativi distinti che sono privi dei più elementari ed essenziali servizi. A trent’anni dalla costruzione delle Vele, che sarebbero dovute essere il simbolo dell’utopia urbanistica e del riscatto sociale, esse si presentano come luogo di abbandono e degrado sociale ed economico, sede di spaccio di droga, microdelinquenza ed emarginazione. Se adattiamo il modello teorizzato da Kevin Lynch nel libro “L’immagine della Città” a Scampia riusciamo ad individuare una serie di districts chiusi in
loro stessi e privi di elementi architettonici tali da renderli sicuri e fruibili. Questi “distretti” formano una triste geografia di zone occupate dalla criminalità: prima di tutto le Vele, seguono gli edifici della “Cianfa di Cavallo”, poi “le Torri”, e per finire i “Sette Palazzi” e le “Case Celesti”. In mezzo vi è una impressionante quantità di spazio inutilizzato, i cosiddetti “vuoti d’aria”, i “luoghi di pericolo” considerati a rischio criminalità organizzata, le isole di spaccio di droga oltre le vaste zone a difesa e arroccamento dei gruppi criminali. A Scampia, inoltre, si contano circa sette cooperative abitative private: i Parchi. I Parchi sono complessi residenziali composti da edifici dotati di vasti spazi aperti anche attrezzati spesso aperti al pubblico. Chi abita nei Parchi vive sicuramente in un ambiente diverso, più sicuro e protetto. In alcuni di essi l’incolumità di chi abita all’interno dei Parchi è affidata ad un servizio di sicurezza privato. I Pollici Verdi Nel quartiere di Scampia il verde pubblico per abitante è di 7,27 mq, contro i 6,7 mq di media a Napoli. La media nazionale è di 30,3 mq/abitante,
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Parco Corto Maltese
Le Vele
La Villa
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secondo l’ultimo rapporto dell’Istat relativo ai dati del 2011.
grande spazio verde, realizzato assieme agli edifici alla fine degli anni ‘70, non è mai stato gestito e mantenuto. Circa due anni fa un gruppo di residenti ha deciso di riunirsi in associazione e cominciare a ripulirlo. L’area versava nel più completo abbandono, ed era praticamente inaccessibile.
Gli attivisti de “I Pollici Verdi” con il Sindaco di Napoli La dimensione della sola “Villa” di Scampia (il parco pubblico attiguo alle Vele) misura circa 2 Kmq: Central Park misura 3,4 Kmq. È uno spazio molto esteso se si considera che Manhattan conta 1.600.000 abitanti su una superficie di 87,5 kmq, mentre Scampia conta tra gli 80.000 e i 110.000 abitanti su una superficie di 4,23 kmq. Parco Corto Maltese è una delle cooperative abitative di Scampia, si trova a nord, a confine con il Comune di Melito di Napoli. Il vasto spazio pubblico attorno ai grandi palazzi di 11 piani conta aree verdi e attrezzature sportive: un campo da tennis, uno di basket, due campi di calcetto, uno di bocce e una campo da calcio regolamentare. Questo
Parco Corto Maltese Il grande spazio verde era frequentato soltanto da chi possedeva un cane e ne era in qualche modo costretto. Sono stati proprio questi ultimi e dare la spinta iniziale, stanchi di dover passeggiare tra i rifiuti. L’associazione Pollici Verdi al momento è composta da 21 persone tutte residenti nei palazzi della Coope-
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Murales realizzati con l’aiuto dei bambini del quartiere
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rativa Corto Maltese. Tradotto in inglese Pollici Verdi è “Green Thumb”: una coincidenza, dal momento che, dall’intervista fatta con il presidente Marianna De Caro ed alcuni soci, è emerso che nessuno di loro avesse mai sentito parlare dell’esperienza statunitense. In due anni l’area è stata completamente ripulita. Il giardino adesso è curato: una dei soci, una Ricercatrice di Scienze Agrarie presso l’Università di Napoli, si occupa degli aspetti botanici; le pareti degli edifici sono state ricoperte da murales colorati, grazie anche all’aiuto dei bambini; sono state realizzate aiuole fiorite ed elementi di arredo; i campetti, messi in funzione, sono adesso pienamente utilizzati. Vengono organizzate feste, rappresentazioni teatrali e corsi di educazione ambientale con gli insegnanti e gli alunni dell’attigua scuola elementare.
Note 1. Gomorra. Viaggio nell’impero economico e nel sogno di dominio della camorra è il primo romanzo non-fiction di Roberto Saviano, pubblicato nel 2006 dalla casa editrice Mondadori.
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Sopra: vista del Parco Corto Maltese Sotto: festa organizzata per il primo anniversario dell’associazione I Pollici Verdi
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Sopra: fioriera realizzata con materiali di riciclo Sotto: edicola votiva
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Zisa 1. Aiuola di Via barbieri; 2. Il Giardino dei Gatti; 3. Aiuole di Via Mongitore; 4. Raccolta delle Arance 5. Giardino dei Cantieri Culturali della Zisa.
Albergheria
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I Giardinieri di Santa Rosalia a Palermo
Il gruppo dei “Giardinieri di Santa Rosalia” nacque a Palermo nella primavera del 2010 ed è composto soprattutto da studenti, artisti e professionisti di diversa età e provenienza. Non si può contare un numero esatto di iscritti in quanto il gruppo non si è costituito in associazione. Le azioni dei giardinieri si sono concentrate soprattutto nei quartieri Albergheria e Zisa. Nel luglio 2012 ho intervistato uno dei giardinieri attivisti, l’arch. Carmela Dacchille. D. Qual è il grado di coinvolgimento degli abitanti del quartiere? R. Gli abitanti del quartiere interagiscono in maniera differente, c’è chi interviene in maniera attiva partecipando anche alle riunioni organizzative (pochi), chi partecipa solo alle azioni e chi guarda e non interviene, ma ci aiuta fornendoci l’elettricità, l’acqua per le piante o portandoci qualcosa da mangiare; i bambini sono sempre i più entusiasti nel darci una mano. D. Avete avuto sostegno da parte delle istituzioni? R. Il rapporto con le istituzioni inizialmente era nullo: non era uno dei nostri obiettivi quello di cercare un dialogo con l’amministrazione comu-
nale. In un secondo momento però abbiamo deciso di chiedere aiuto all’ente preposto alla nettezza urbana per riuscire a sgomberare le aree dai rifiuti. La scorsa amministrazione comunale, visto il nostro impegno, ha deciso di donarci le essenze da piantumare. L’attuale amministrazione si è messa in contatto con noi per affrontare il problema degli spazi verdi in città. D. Qual è il vostro approccio progettuale? R. Durante le nostre azioni cerchiamo di interagire con lo spazio pubblico in forma ludica e creativa, sperimentando sempre nuove forme: dal laboratorio di autocostruzione di panchine e aiuole con materiale di riciclo, al laboratorio di giardinaggio con i bambini; dalla raccolta delle arance, alla bonifica di uno spazio invaso da rifiuti ingombranti alla proiezione cinematografica all’aperto. Come si legge anche sul loro sito web “L’obiettivo è quello di stimolare negli abitanti e nelle persone coinvolte una riflessione sulle mille possibilità di utilizzo degli spazi pubblici e sul fatto che non c’è bisogno di grossi “interventi dall’alto ” per migliorare i luoghi che abitiamo quotidianamente:
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Aiuola di Via Barbieri
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ma che unendoci possiamo realizzarne di altrettanto belli e vivibili.” Aiuola di Via Barbieri L’aiuola di Via Barbieri è stata il primo luogo in cui sono intervenuti i Giardinieri di Santa Rosalia. Si tratta di una striscia di terra lunga e stretta, i cui alberi, piantati in precedenza dal Comune di Palermo, sono stati abbattuti da vandali, trasformando l’aiuola in parcheggio. I Giardinieri hanno ripulito l’area e messo a dimora alberi e piante. Per ricostruire il cordolo dell’aiuola sono stati riutilizzati i blocchi di tufo provenienti da un vecchio edificio crollato. Aiuole di Via Mongitore Le aiuole di Via Mongitore si trovano su un lato della piazza Cesare Baronio alla fine di via Mongitore. La piazza, usata principalmente come parcheggio per le auto, risulta molto trascurata. A fianco dell’aiuola più grande all’epoca dell’intervento dei Giardinieri vi era una enorme quantità di rifiuti anche ingombranti. Dopo l’intervento dei Giardinieri, l’azienda municipalizzata per la raccolta dei rifiuti, sollecitata da numerose segnalazioni, è intervenuta
per rimuoverli. Nella giornata in cui Giardinieri hanno realizzato l’aiuola, è stata organizzata una sorta di processione per la collocazione di una statua di Santa Rosalia. Il Giardino dei Gatti Il Giardino dei Gatti si trova in prossimità dell’aiuola di Via Barbieri. É situato all’interno di ciò che rimane di un antico santuario. Il Comune di Palermo restaurò le mura perimetrali del Santuario e vi realizzò all’interno un giardino che però non fu mai aperto al pubblico e che ben presto fu abbandonato. I Giardinieri di Santa Rosalia insieme all’associazione Handala di Palermo, sono riusciti a ripulirlo e ad aprirlo al pubblico nel Dicembre 2011. Attualmente l’associazione Handala organizza attività da svolgere all’interno del giardino con l’intento di coinvolgere soprattutto i bambini del quartiere. Giardino dei Cantieri Culturali alla Zisa e raccolta delle arance A Gennaio del 2012 i Giardinieri di Santa Rosalia in collaborazione con gli appartenenti al movimento i “Cantieri che vogliamo”, hanno recuperato uno
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Aiuola di Via Mongitore
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spazio verde all’interno dei Cantieri Culturali della Zisa, una ex zona industriale per anni abbandonata ed ora recuperata. Oltre alla realizzazione del giardino, hanno anche organizzato una raccolta di arance dagli alberi dei viali dei Cantieri per confezionare la marmellata di arance amare.
Raccolta delle arance
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Giardino dei Gatti
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Cantieri Culturali della Zisa
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Area Ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini
Libero Orto
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Il Giardino degli Aromi a Milano
Il Giardino degli Aromi è una associazione senza scopo di lucro di utilità sociale (Onlus) nata nel 2003 dall’iniziativa di un gruppo di donne esperte nella coltivazione e raccolta di piante aromatiche. L’associazione gestisce “Libero orto”, un orto comunitario che si trova all’interno dell’area dell’ex ospedale psichiatrico Paolo Pini, ad Affori, nella zona Nord di Milano, tra Bovisa, Quarto Oggiaro e Bruzzano. L’orto si inserisce in un progetto più ampio la cui idea iniziale era quella di utilizzare la grande superficie di quasi 300.000 mq, resa disponibile dopo la chiusura dell’ospedale nel 1999, per realizzare progetti multi settoriali volti all’inclusione sociale e allo sviluppo locale. Nello specifico la combinazione di progetti culturali, partecipativi, riabilitativi e aggregativi (l’orto, la pittura, il teatro, lo sport, spettacoli per bambini) con progetti di impresa sociale orientati all’implementazione di esercizi pubblici (bar, ristorante, catering, ostello, teatro, festival), rappresenta un fattore molto importante di rigenerazione urbana. L’Associazione “Il Giardino degli Aromi Onlus” ha realizzato l’orto comunitario con l’obiettivo di promuo-
vere l’integrazione sociale anche tra persone con problematiche fisiche e psichiche. L’associazione si occupa di educazione ambientale per le scuole e di tecniche biologiche solidali. Oltre all’orto, il cui obiettivo principale è quello di generare possibilità di lavoro a favore delle categorie più svantaggiate, è presente il frutteto degli antichi frutti, dove si svolgono sperimentazioni nel campo delle biodiversità.
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Sopra: i volontari del “Libero Orto” Sotto: uno dei volontari impegnato nella cura dell’orto
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Sopra: istallazione Sotto: vista del Giardino degli aromi
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Postfazione
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Particolare della recinzione del Community Garden “La Plaza Cultural�
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Che meravigliosa sfida! di Pasquale Persico
Avant Garden come titolo esplicita in maniera chiara il tentativo culturale di stabilire una separazione tra l’idea dell’utopia di Garden Cities of Tomorrow che ha ispirato tante idee di pianificazione urbana e la visione concettuale dell’adesso presente nel paesaggio dei Community Gardens. L’inquadramento teorico della ricerca supportato dalla bella presentazione di Maria Cristina Treu mette in chiaro il perché il volume trova accoglienza piena nella collana di ricerca e documentazione “La città e l’altra città”. Il paesaggio come teatro questa volta racconta il passaggio esperienziale delle comunità di una città di New York che è stata sempre nella storia contemporanea una città moderna. Il tema dell’inclusione sempre presente nei temi della riqualificazione urbana questa volta viene raccontata come storia capovolta cioè come storia del trade-off tra degrado sociale e formazione spontanea di nuova urbanità sociale, senza ipotesi predefinite ex ante. La storia della nascita e dell’inserimento programmatico nella pianificazione possibile viene ben raccontata come nascita dell’indesiderato,
come nascita di un nuovo tipo di giardino che mette in campo la richiesta di cittadinanza per una nuova città delle persone. Ecco allora emergere con chiarezza il significato dell’appropriazione spontanea e della successiva cura, anche autorizzata e riconosciuta ex post, dei molti spazi che la metamorfosi urbana non ha tempo di curare o di evidenziare insieme al loro valore d’uso o estetico. La ricerca non vuole dare una risposta definitiva alle motivazioni di base (eccessiva povertà delle persone che partecipano al movimento del riuso, voglia di soggettività politica dei movimenti come il Green Guerillas promosso da Liz Christy, esigenza spirituale di riconnettersi ai temi della Terra Madre) ma mettere in risalto come la spontaneità, la differenziazione delle motivazioni e dei risultati, l’occasionalità, abbiano prodotto un vero e proprio lemmario del nuovo spazio comune creato e gestito da comunità in transizione sociale. Ecco allora che le diverse comunalità realizzate finiscono per differenziarsi più che assomigliarsi sebbene siano riscontrabili commons condivisi, come
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gli elementi condivisi nei giardini e le attività comuni più diffuse. E così le differenze tra Bronx, Brooklyn, State Island, Manhattan, Queens, finiscono per raccontare di una antropologia sociale differenziata e ricca di informazione per reinterpretare e spesso reinventare i temi della rigenerazione urbana, oggi troppo legata alle aspettative di rendita urbana come modello base di riferimento. La ricerca illumina, invece, la possibilità che un allontanamento temporaneo dalla visione troppo legata alle ragioni dell’economia, allarghi la possibile visione strategica poggiata sul potenziale delle persone. Le esperienze si intrecciano ed il racconto dei casi allarga l’approccio progettuale; il recupero degli spazi e il fund raising raccontano storie di straordinaria creatività delle comunità della città sempre in mutazione legate alla internazionalizzazione delle attività ed alla molteplicità dei flussi di persone e merci. Design ed antidesign intrecciano i linguaggi fino a fornire un nuovo repertorio di materiali e di forme per valori d’uso spesso impensabili (vedi El Sol Brillante o La Plaza Cultural). Gli stimoli si moltiplicano (The Cre-
ative Little Garden, The Botanic Garden e All People’s Garden) fino a rendere ricco il confronto tra le esperienze progettuali realizzate nella città di New York e quelle con significato assimilabile delle tre città italiane. Ma la ricerca chiarisce con forza che il movimento culturale generato dall’esperienza dei Community Garden non è un fenomeno da raccontare come storia conclusa, vi sono significativi segni di una storia che continua su altre specificazioni del riuso dei luoghi e degli spazi (High Line in New York e Sidewalks di N.Y.) fino a ispirare nuove forme di pianificazione partecipata ed inclusiva di stakeholders non specificati dai vecchi modelli in uso nelle pratiche pubbliche. Per una ricerca sul territorio italiano diventa pretesto per riconsiderare l’importanza delle esperienze raccontate perché apre scenari verso l’altra città. L’altra città diventa essa stessa generatrice di nuove forme di urbanità inusitate che producono architetture inattese e dense di stimoli per ridare alla città quei caratteri di Città che ha perso: stratificazione di storie significative di stanzialità e creatività, e attrattività per il nuovo modo di vivere
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l’urbano senza perdere memoria della naturalità necessaria, senza nostalgia: Che Meravigliosa sfida!
Biografia dell’autore _______________________________ Pasquale Persico Economista, direttore della Scuola di Dottorato “A. Genovesi” dell’Università degli Studi di Salerno; premio SaintVincent per l’Economia, Research Scholar presso la London School of Economics, Consultant OECD-Parigi. E’ autore di libri ed articoli di econometria, economia industriale, economia dello sviluppo e politica economica delle città. Aggiunge, con questa nuova collana La Città e l’altra città, un percorso di ricerca che già annovera tra i suoi titoli: Perchè Napoli; L’ Identità e Sviluppo; La Valle delle Orchidee; Plektos; La Città Moltiplicata; Ferrara, le città, come gli scienziati, gli artisti ed i poeti non possono morire.
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Enti ed organizzazioni no-profit che si occupano di Community Gardens a New York City Acronimi
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Enti ed organizzazioni no-profit legati ai Community Gardens a New York City
Green Thumb: www.greenthumbnyc.com Green Thumb è un programma del Department of Parks and Recreation della Città di New York City che amministra i giardini comunitari sparsi su tutto il territorio comunale. Si occupa di fornire supporto logistico, materiali, piante e laboratori ai Community Gardens di New York City afferenti. Chiunque può partecipare ai loro laboratori e tutti i Community Gardens di New York City possono aderire al programma Green Thumb. Ogni primavera Green Thumb organizza un incontro, il GrowTogether, in cui i giardinieri si scambiano informazioni utili per i loro giardini. Green Guerillas: www.greenguerillas.org Green Guerillas è un’organizzazione no-profit nata con un gruppo di attivisti verdi che negli anni ’70 organizzavano delle rappresaglie riempiendo le buche delle strade con gli alberi o gettando palloncini gonfiabili e palle di Natale pieni di semi, acqua e fertilizzante all’interno dei lotti di terreno abbandonati e recintati. Partendo dal loro quartier generale, il Bowery Houston Community Farm and Garden, oggi Liz Christy Bowery Houston Community Garden, sono diventati un’organizzazione operante su tutto il territorio comunale che supporta altri attivisti nella realizzazione di Community Gardens. Forniscono supporto legale a quei giardini minacciati di demolizione, aiutano i giardinieri nella coltivazione degli orti, raccolgono il cibo per la distribuzione ai bisognosi e realizzano programmi per il coinvolgimento dei giovani. Council on the Environment of NYC: www.grownyc.org Il Council on the Environment of NYC è una organizzazione no-profit finanziata da privati che opera all’interno del gabinetto del Sindaco di New York City. Si formò durante il primo Earth Day, nel 1970, con l’obiettivo di promuovere la consapevolezza ambientale. Uno dei progetti organizzati in tal senso è il Greenmarket, che opera con successo nel settore dei mercati ortofrutticoli in tutto il territorio comunale. Il Council on the Environment of NYC supporta i Community Gardens attraverso il programma Open Space Greening in cui è
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inserito il progetto Rainwater Harvesting che aiuta gli orticoltori a raccogliere l’acqua piovana da utilizzare per l’irrigazione dei giardini. NYC Parks Department: www.nycgovparks.org La maggior parte dei giardini comunitari di New York City fa parte del NYC Parks Department, alcuni sono classificati come veri e propri parchi, mentre la maggior sono censiti come semplice spazio aperto. Trust for Public Land: www.tpl.org Trust for Public Land è un’organizzazione nazionale no-profit che lavora per preservare lo spazio aperto da destinare ad uso pubblico. Ha cominciato a sostenere gli orti comunitari fin dal 1978 quando ha inaugurato il primo ufficio di New York. Trust for Public Land ha acquistato 62 dei 115 giardini comunitari che erano stati messi all’asta dal Comune di New York nel maggio 1999. Da allora ha lavorato a fianco delle comunità nella gestione dei giardini. Il progetto nel tempo è stato ampliato e sono stati fondati il Manhattan Trust, il Bronx Land Trust e il Brooklyn/Queens Land Trust. Manhattan Land Trust: www.manhattanlandtrust.org Bronx Land Trust: www.bronxlandtrust.org Brooklyn/Queens Land Trust: www.brooklynqueenslandtrust.org Sono tre organizzazioni fondate dal Trust for Public Land per acquisire i terreni dal Comune di New York con l’obiettivo di realizzare e amministrare i Community Gardens e preservarli nel tempo come tali. New York Restoration Project: www.nyrp.org New York Restoration Project fu fondato da Bette Midler per ripristinare e realizzare parchi nelle aree più povere della città di New York. Ha acquistato 52 dei giardini comunitari che la città aveva messo all’asta nel maggio del 1999. Il loro obiettivo è fornire supporto logistico ai giardinieri e incoraggiare i gruppi di quartiere ad utilizzare i Community Gardens attraverso la programmazione
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di eventi. Un buon numero di giardini del New York Restoration Project è stato ristrutturato e progettato da architetti paesaggisti e landscape designers. Just Food: www.justfood.org Just Food è un’organizzazione senza scopo di lucro che opera con aziende familiari regionali e con i giardini comunitari per sviluppare nuove opportunità di marketing e promuovere la produzione di cibo sostenibile e a prezzi equi per le comunità di New York. Treebranch: www.treebranch.com Treebranch è il nome del sito web del Neighborhood Open Space Coalition (NOSC). Neighborhood Open Space Coalition si dedica al miglioramento della vita di New York City ampliandone e migliorandone le infrastrutture a favore della salute pubblica, ossia parchi, waterfront, orti comunitari e spazi aperti. Attraverso la tutela, la ricerca, l’istruzione e la pianificazione degli spazi pubblici Neighborhood Open Space Coalition si adopera da lungo tempo per sostenere i giardini comunitari. East Village Parks Conservancy : www.evpcnyc.org East Village Parks Conservancy (EVPC) è una organizzazione senza scopo di lucro che si adopera nella comunità per la manutenzione, il restauro, la valorizzazione e l’ampliamento dei parchi pubblici e dei giardini comunitari nell’East Village. Brooklyn Greenbridge : www.bbg.org/greenbridge/ Greenbridge è il programma comunitario di orticoltura del Brooklyn Botanic Garden. (www.bbg.org). Lavorando con le associazioni di quartiere, orti comunitari, centri comunitari e altri gruppi, Greenbridge promuove la costruzione di comunità attraverso attività di giardinaggio.
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Bronx Green-Up: www.nybg.org/green_up Bronx Green-Up è il programma di sensibilizzazione della comunità del New York Botanical Garden (www.nybg.org). Fornisce consulenze nel campo dell’orticoltura, l’assistenza tecnica e la formazione di giardini comunitari, gruppi scolastici e le altre organizzazioni interessate a riqualificare i quartieri urbani del Bronx attraverso progetti ecosostenibili. Horticultural Society di New York: www.hsny.org La Horticultural Society di New York offre laboratori ed assistenza ai gestori di orti urbani. Possiede anche una ricca biblioteca con migliaia di libri su giardini e giardinaggio. American Community Garden Association : www.communitygarden.org American Community Garden Association è una organizzazione senza scopo di lucro formata da professionisti, volontari e sostenitori dei Community Gardens delle varie comunità urbane e rurali. City Farmer: www.cityfarmer.info o il vecchio sito www.cityfarmer.org Si tratta di un sito dedicato al giardinaggio urbano della Città di Vancouver in Canada. Possiede un archivio di articoli sul giardinaggio urbano di tutto il mondo compresi quelli pubblicati durante il periodo della lotta per la loro conservazione, dal 1998 al 2002. Nel sito è possibile consultare anche il rapporto per il Senato degli Stati Uniti del 1998 sugli orti comunitari di New York City a cura di Carole Nemore. More Gardens!: www.moregardens.org More Gardens! è una coalizione di Community Gardens, ma anche di singoli giardinieri e attivisti, che opera per la giustizia ambientale e sociale e per promuovere lo sviluppo e la conservazione dei giardini comunitari. Inoltre si occupa della coltivazione delle terre incolte nella città di New York.
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New York City Community Garden Coalition : www.nyccgc.org Il New York Community Garden Coalition è un’associazione di membri appartenenti ai vari Community Gardens che lavora per risolvere i problemi riguardanti i giardini comunitari e per realizzarne di nuovi in collaborazione con i funzionari del governo. La Familia Verde : www.lafamiliaverde.org La Familia Verde è una associazione di giardini comunitari del Bronx realizzati nei quartieri Crotone, East Tremont e West Farms. È nata nel 1998 per sostenere l’ambiente e la cultura del quartiere attraverso l’educazione, i servizi alla comunità e l’orticoltura. Earth Celebrations: www.earthcelebrations.com Earth Celebrations è un’organizzazione no-profit che si dedica alla promozione della coscienza ecologica attraverso le arti. Si occupa di organizzare eventi artistici e ecologici, spettacoli e workshops. Per molti anni Earth Celebrations ha organizzato uno spettacolo dedicato alla primavera, Rites of Spring, nel Lower East Side, con l’obiettivo di mettere al centro dell’attenzione la situazione dei Community Gardens quando erano in pericolo di essere venduti all’asta dal Comune di New York. New York Cares: www.nycares.org L’associazione New York Cares è stata fondata da un gruppo di amici che sentivano l’esigenza di agire in difesa della Città di New York quando, alla fine degli anni ’80, versava in gravi condizioni sociali. New York Cares organizza gruppi di volontari in aiuto delle numerosissime organizzazioni no-profit, scuole pubbliche e altre associazioni, tra cui parchi e giardini comunitari. Citizens Committe for NYC: www.citizensnyc.org L’associazione è nata negli anni settanta ad opera di Diana Blackwell per aiutare i newyorkesi, specialmente quelli residenti nelle aree a basso reddito, ad unirsi
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e a migliorare la qualità della vita nei loro quartieri. L’associazione sostiene che organizzando un mercato contadino, dipingendo murales, producendo compost dagli scarti delle mense e organizzando corsi di danza, si riesca a dare un contributo per migliorare la realtà. New York Botanical Garden: www.nybg.org Il New York Botanical Garden è una organizzazione che ha come missione la difesa del regno vegetale. Il New York Botanical Garden persegue la sua missione realizzando un museo vivente delle piante e organizzando giardini e paesaggi con il National Historic Landmark. Inoltre il New York Botanical Garden organizza programmi di educazione nel campo dell’orticoltura e della botanica e programmi di ricerca ad ampio raggio con l’International Plant Science Center.
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Acronimi
ACGA: American Community Garden Association B/QLT: Brooklyn/Queens Land Trust BANG: Brooklyn Alliance of Neighborhood Gardens Land Trust BLT: Bronx Land Trust CENYC: Council on the Environment of New York City DHCR: Division of Housing and CommunĂŹty Renewal DOT: Department of Transportation DPR: Department of Parks & Recreation EPVC: East Village Parks Conservancy HPD: Housing Preservation and Development HRA: Human Resources Administration LES: Lower East Side MLT: Manhattan Land Trust MRC: Morrisania Revitalization Corporation NOSC: Neighborhood Open Space Coalition NPC: Neighborhood Preservation Company NYBG: New York Botanical Garden NYCCGC: New York City Community Gardens Coalition NYRP: New York Restoration Project POPS: Private Owned Public Spaces TBA: Triborough Bridge Authority TPL: Trust for Public Land USDA: United States Department of Agriculture WPA: Work Project Administration
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Riferimenti bibliografici Fonti delle immagini
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