Fortezze e vie d'acqua

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Fortezze e vie d’acqua

Esperienze di recupero in Italia e in Europa

Fortification architecture and waterways Experiences of renovation on Italy and on Europe



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La città e l’altra città Collana diretta da Pasquale Persico e Maria Cristina Treu

Fortezze e vie d’acqua Esperienze di recupero in Italia e in Europa

Fortification architecture and waterways Esperiences of renovation on Italy and on Europe


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A cura di: Maria Cristina Treu e Fiorenzo Meneghelli

Immagine di copertina: Il Forte Ardietti e il Fiume Mincio. Fonte: Parco del Mincio.

Nota: Le immagini, quando “non specificato�, sono proposte o messe a disposizione dagli autori dei testi.


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Si ringraziano i docenti, i collaboratori e gli studenti per i contributi e gli elaborati presentati in occasione del Workshop Fortezze e Vie d’Acqua, tenutosi nell’AA. 2013-2014 presso il Polo di Mantova del Politecnico di Milano e, qui, rivisti per la pubblicazione. Un ringraziamento particolare va al Prorettore del Polo di Mantova, prof. Federico Bucci e all’Ordine degli Architetti di Mantova per il patrocinio dell’iniziativa rivolta ai professionisti. Si ringraziano altresì per i contributi al lavoro di editing gli architetti Silvia Marmiroli, Loris Mirandola e Stefano Sarzi Amadè.


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Indice

Prefazione Fortezze e vie d’acqua Fortification architecture and waterways Federico Bucci Introduzione Fortezze e vie d’acqua Un workshop internazionale a Mantova Fortress and waterways An International Workshop in Mantua Maria Cristina Treu Parte 1 Un patrimonio di sentinelle di pietra Heritage of stone’ sentinels Maria Cristina Treu

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Acquisizioni del Patrimonio militare costiero da parte degli enti locali: il caso di Venezia. Aspetti giuridici e legislativi 47 Acquisition of coastal military property by local government bodies: Venice, a case in point. Juridical and legislative aspects 58 Andrea Grigoletto Paesaggi di guerra Warfare landscapes Joao Nunes, con Fiorenzo Meneghelli Nieuwe Hollandse Waterline. Un progetto di valorizzazione territoriale

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Nieuwe Hollandse Waterline. A territorial valorisation project Peter Ross, con Andrea Meneghelli

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Piano direttore delle fortezze transfrontaliere della Valle del Miño/Basso Miño 91 The Masterplan of the crossborder fortresses of the Minho Valley 96 Paolo Marcolin Fortification architecture in Croatia: protection, redevelopment, management Zofia Mavar and Melita Lubina Verso un piano strategico del Campo Trincerato di Roma Towards a strategic plan of the Rome entrenched camp: studies and practices of Progetto Forti Simone Ferretti Il sistema difensivo della Lessinia: architettura e paesaggio Lessinia’s forts recovery program: architecture and landscape Fiorenzo Meneghelli Recupero del forte di Fortezza The renovation of the fort “Fortezza” Marckus Scherer

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Restauro del forte “Tre Sassi” per il “Museo della Grande Guerra delle Dolomiti” 145 Restoration of the fort “Tre Sassi “ for the realization of “Museum of the Great War in the Dolomites” 152 Francesco Da Rin Corazzate sepolte in cima al monte Warships buried at the top of the mountain Francesco Collotti Recupero della Ridotta Carlo Alberto del Forte di Fenestrelle The renovation of Ridotta Carlo Alberto of the Fortetress of Fenestrelle Fiorenzo Meneghelli Parte 2 Le Fortezze del Mincio The Fortress of Mincio’s River Fiorenzo Meneghelli

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Da struttura fortificata a infrastruttura verde: il Ponte Visconteo di Valeggio 185 From a fortified structure to a green infrastructure. The Visconti’s bridge in Valeggio 188 Carolina Donati, Alessia Gazzini, Cristina Lonardi, Marco Mangiamele Fortezza di Peschiera: proposte di nuova accessibilità alle mura

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Fortress of Peschiera: proposals for a new access to the walls 194 Laura Debortoli, Franesco Grillo, Gemma Lonardi, Riccardo Mosconi, Paolo Zerman Fossamana, Sparafucile, Lunetta Fossamana, Sparafucile, Lunetta Silvia Marmiroli

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Monte Mamaor Mount Mamaor Silvia Marmiroli

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Il campo trincerato di Peschiera The fortified field of Peschiera Stefano Sarzi Amadè

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Borgoforte e il Fiume Po Borgoforte and the River Po Stefano Sarzi Amadè

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Postfazione L’importanza di saper osservare Know to observe Mauro Bianconi Appendice Profili degli autori

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Fig. 1. Detailbeschreibung von Peschiera. Servizio Stato Maggiore esercito asburgico: stampate nel 1880 si riferiscono all’anno 1866. Ed. Technisches u.administratives Militar - Comitiè.


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Prefazione

Fortezze e vie d’acqua

Federico Bucci

La storia del paesaggio europeo è una storia fatta di continue stratificazioni. Per gli architetti, gli ingegneri e gli urbanisti che progettano le trasformazioni fisiche del territorio per offrire nuovi spazi e nuove infrastrutture al servizio della vita sociale, le tracce del passato sono da considerare preziosi e resistenti materiali da costruzione. Il lavoro del gruppo di ricerca coordinato da Maria Cristina Treu e Fiorenzo Meneghelli, presso il Polo territoriale di Mantova del Politecnico di Milano, ha studiato il sistema delle antiche infrastrutture militari presenti lungo il fiume Mincio e, attraverso un confronto con alcune rilevanti esperienze nazionali e internazionali, ha segnalato una serie di interventi in grado di valorizzare il nostro patrimonio storico. Al di là degli esiti, come sempre affidati all’implacabile giudizio del tempo, ciò che mi preme sottolineare – in quanto responsabile della sede di un Ateneo dedicato agli studi politecnici – è il grande valore formativo espresso da un lavoro di questo tipo, che mette in evidenza il “senso della storia”,

anche quella scritta da anonimi costruttori, e lo proietta in una dimensione culturale nella quale il nostro Paese – per qualità e quantità di presenze – può assumere senz’altro un ruolo guida a livello internazionale. Se la missione dell’Università è la trasmissione e l’avanzamento della conoscenza, uno dei compiti del Polo mantovano del Politecnico, nella terra dove hanno lavorato Alberto Pitentino, Leon Battista Alberti, Giulio Romano, Paolo Pozzo e tanti altri architetti e ingegneri – è quello di essere una palestra dove praticare l’esercizio del rispetto della storia, che diventa utile alla società solo quando i suoi lasciti sono interpretati e vissuti nel presente e non certo quando affidiamo la responsabilità del loro racconto esclusivamente ai labirinti della nostra memoria. L’augurio è che le istituzioni operanti per lo sviluppo del territorio mantovano sappiano cogliere le opportunità della ricerca universitaria, sempre meno accademica e sempre più legata alla concretezza di una realtà bisognosa di rinnovamento.


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Fortification architecture and waterways Federico Bucci The history of European Landscape is built by many and continuos stratifications. The architects, the engineers and the urban planning design the trasformation of the city to provide new areas and new infrastructural services for social life. The heritage of the past is precious and hardy materials to build the city. The research group directed by M.C. Treu and F. Meneghelli, at Polytechnic of Milan, Mantua Campus, has been studyed the infrastructures of history along Mincio River. The comparison of the National and Internationl experiences show the development with the renovation of Italian and European heritage. If the time will be the judge of the results of the experiences, now (as Vice Rector of Mantua Campus) my interesting is to underline the great educational value of each one research that shows the history’s meaning, written by anonymous architects. The history’s meaning is important because it shows the cultural thought of Italian Country that - as quality and amount of heritage can to be an International conductor. The university mission is turns knowledge. The Mantua Campus in a city, where lived and worked Alberto Pitentino, Leon Battista Alberti, Giulio Romano, Paolo Pozzo and more other, is like a gymnasium where is important practice the respect of the history. The respect of history is useful for the society when its legacies were known, understood and lived in the present. Its legacies isn’t to leave only on the labyrinths of the our memory. I hope that the urban planning’s institutions must take the opportunities of university research: a research less academic and more connected with the issues of urban renovation’s topics.


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Fig. 2. Pianta della città e dei dintorni. Acquaforte, mm. 233x341. H. Van Loon (incisore). Parigi, N. de Fer, 1702. In basso, a sinista, entro tabella, titolo: «MANTOUE. / Ville Considerable d’Italie Capitale d’un Du = / ché...». Mantova, Coll. G. Arcari. Bibl.: Marani, 1977 p. 469; Pagliari, 1980, vol. II pp. 318-319, 424-425.


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Fig. 3. Carta antropomorfa, stampata a Basilea da intaglio in legno, su carta mm 258x162, (1588, Sebastian Munster), in cui il continente assume le sembianze di una regina. La carta trova fonte nelle carte manoscritte di Opicino Canistris (1330-1350) e nei disegni di John Bucius (1537) ed è inserita nelle edizioni di Cosmographia Universale, di H.Petrum (prima edizione nel 1544) dal 1588 in poi.


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Introduzione

Fortezze e vie d’acqua Un Workshop internazionale a Mantova Maria Cristina Treu

Il Workshop internazionale, tenutosi nel 2014 presso la Facoltà di Architettura del Politenico di Mantova, ha origine dagli studi condotti nel Corso Opzionale Fare il paesaggio sul territorio del Fiume Mincio (1) ed è stato coordinato da Fiorenzo Meneghelli che come studioso dell’architettura fortificata ha portato al Laboratorio alcune esperienze di recupero e valorizzazione in ambito europeo in qualità di membro di ICOMOS/ICOFORT (International Committe on Fortifications and Military Heritage). Il tema ha avuto anche l’avvallo da parte del prof. Federico Bucci (2) per l’importanza storica e per le soluzioni tecnologiche, di cui questi manufatti sono una significativa testimonianza. Il workshop, offerto ai professionisti iscritti agli ordini di Mantova e agli studenti del corso di laurea in Scienze dell’Architettura, si è proposto di far conoscere alcune esperienze europee

di riqualificazione e rigenerazione di complessi difensivi europei e di approfondire le ipotesi di tutela e riuso dei manufatti difensivi che ancora oggi segnano il territorio che va dal Po fino al lago di Garda costeggiando il fiume Mincio e poi il corso dell’Adige fino ai confini con il Trentino. Nel corso del Workshop sono stati affrontati più aspetti: quelli dell’origine storica dei manufatti collegata a fattori istituzionali di presidio e di difesa dei confini tra stati; quelli connessi alle scelte geografiche e tecnologiche della costruzione dei diversi corpi di fabbrica che, nel corso del tempo, entrano a far parte del Compendio Fortezza, quelli derivati dal profondo rimodellamento geomorfologico del luogo dove ogni fortezza fu costruita con esiti, oggi ritenuti di grande interesse anche paesaggistico. Questi manufatti appartengono a un patrimonio demaniale che, in Italia, rientra nel programma di valorizzazione


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di beni storici e culturali a cui possono partecipare soggetti privati e pubblici presentando un progetto di riqualificazione territoriale e urbana e di restauro. Il progetto, nel rispetto dei diversi vincoli di tutela, deve garantire anche una quota di vantaggi per lo stato (3) che ne fissa i contenuti e le scadenze della convenzione d’uso. In questo senso, è stata dedicata molta attenzione alle esperienze che sono state concluse in Italia e in altri paesi europei e alla sequenza delle fasi di elaborazione che devono accompagnare ogni nuovo progetto. Le analisi di contesto e di ogni specifico manufatto sono orientate, sin dall’inizio, a ricostruire la storia del luogo, lo stato dell’arte dei manufatti, le previsioni dei piani sovraordinati e locali, le relazioni con i tessuti insediativi limitrofi e gli elementi significativi a cui riferirsi per il progetto. La dimensione e la consistenza materica delle strutture da riattivare richiede di capire le relazioni con l’intorno e il sistema dell’accessibilità per scegliere le funzioni che possono essere insediate evitando e/o integrando le soluzioni del museo e del centro commerciale con o senza la ristorazione. Generalmente, le fortezze sono localizzate in luoghi di grande qualità

paesaggistica, l’accesso ai manufatti è impedito da fossati e corsi d acqua, da versanti scoscesi e da avamposti di protezione: i manufatti costruiti per impedire e bloccare il passaggio lungo i confini tra stati in guerra e per resistere ogni tentativo di espugnazioni. Oggi esse si prestano a essere reinterpretate come opportunità per ospitare un’ampia gamma di usi che richiede la declinazione delle tutela di un bene storico e paesaggistico con le scelte che derivano dall’ integrazione con il contesto e da più diversificati sistemi di accessibilità e di servizi interni e esterni. L’attenzione del Workshop ha approfondito, come si evince dai contributi teorici e progettuali, i progetti di riqualificazione di molte fortezze europee costruite lungo i confini tra più stati contrassegnati anche dalla presenza di vie d’acqua, come quelle più emblematiche del sistema difensivo di Venezia e quelle di altri luoghi coinvolti nelle guerre lontane e più recenti tra stati europei. L’attenzione delle elaborazioni di progetto dei partecipanti al workshop si è focalizzata sul patrimonio presente lungo il fiume Mincio, a partire dal campo trincerato di Peschiera fino al forte, posto sulla riva destra del Po e


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ancora ben visibile da cui il nome di Borgoforte, il comune che dopo l’unificazione con quello di Virgilio ha preso il nome di Borgo Virgilio. La prima parte del testo restituisce i contributi progettuali che riguardano più casi europei interessati dalle grandi guerre del secolo breve, come, oltre all’Italia, l’Olanda, il Portogallo e il Belgio e, la Croazia, entrata in Europa dopo la recente guerra dei Balcani. Questi scritti alternano ogni testo con le immagini del contesto geografico a scala più ampia, la documentazione sullo stato dei manufatti prima e dopo il progetto e alcune soluzioni di dettaglio che descrivono le soluzioni adottate per migliorare gli accessi e i percorsi e per valorizzare le viste panoramiche e paesaggistiche. La seconda parte riporta le proposte progettuali elaborate da due gruppi di lavoro che hanno frequentato il workshop. Nel primo caso, il progetto approfondisce l’accessibilità al Castello di Valeggio attraverso la pedonalizzazione e la riqualificazione del ponte Visconteo; nel secondo caso, il progetto propone per l’accessibilità alla fortezza di Peschiera un sistema di risalita da un piccolo approccio già esistente lungo

il fossato d’acqua che circonda l’alto muro della Rocca e che può integrare l’accessibilità esistente del tessuto insediativo civile del comune di Peschiera. Due proposte di intervento che interessano due comuni che insistono sul fiume Mincio e la cui storia fa parte, da un lato, delle vicende di Verona Viscontea opposta a Mantova Gonzaghesca e, dall’altro, delle vicende che precedono l’unità d’Italia e che ricordano il Campo Trincerato voluto dagli Austriaci. Di seguito, sono restituite alcune proposte progettuali la cui documentazione è presentata dai cultori della materia che hanno partecipato agli incontri con i professionisti e con gli studenti iscritti al Workshop e, prima ancora, ai seminari con i gruppi di lavoro del Corso del Laboratorio Fare Paesaggio. Questa documentazione ripropone il caso di Peschiera con una proposta progettuale per il Piazzale della Rocca e per i manufatti che vi si affacciano. Inoltre, sono presentate le elaborazioni per i forti di Fossamana e di Lunetta, presenti lungo la sponda sinistra del Mincio all’altezza di Mantova e quello di Borgoforte, situato un tempo lungo il Po a segnare il confine tra stati preunitari. La documentazione è arricchita


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dalle proposte per la tutela e la valorizzazione del Monte Mamaor, un proprietà militare posta lunga la riva sinistra del Mincio tra Valeggio e il comune di Goito che oggi si presenta come un’oasi naturalistica interessata da ipotesi di investimenti immobiliari che rischiano di alterarne l’equilibrio ecologico. Note: 1) A.A.di riferimento, 2013-2014, prof.ssa titolare del corso opzionale Fare Paesaggio Treu Maria Cristina. 2) Prorettore protempore del Polo del Politecnico di Mantova, 2012-2016. 3) Questa ipotesi vale per lo stato italiano, cui appartengono i patrimoni dei demani pubblici centrali e decentrati come quelli militari delle diversi forze armate e dei Ministeri piuttosto che quelli che appartengono alle Regioni e alle singole province e comuni. Lo sfruttamento di questi demani deve rispondere a un programma di interventi autorizzati dalle competenti sovraintendenze e dal rispettivo comune e garantire una sostenibilità economica per i soggetti pubblici oltre che per gli investitori privati.


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Fig. 4. Le fortezze del Mincio: le piazzeforti di Peschiera e Mantova con i loro campi tricerati; i forti di Borgoforte; i borghi fortificati e i castelli lungo il Mincio.


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Fortress and waterways An International Workshop in Mantua Maria Cristina Treu The International Workshop held in 2014 at the Faculty of Architecture of Politecnico in Mantua, arise from the studies conducted in the Optional Course “Fare Paesaggio” in the River Mincio area (1) and it was coordinated by Fiorenzo Meneghelli who, as researcher scientist on fortified architecture, led to laboratory his European experiences of recovery and development, being a member of ICOMOS/ ICOFORT (International Committee on Fortifications and Military Heritage). The topic had the endorsement by Prof. Federico Bucci (2) for historical insights and technological architecture, of which these buildings are a significant demonstration. The workshop, for professional’s member of the Chambers of Mantua, students of Science of Architecture, aims to disclose some European experiences in redevelopment and regeneration of defensive systems and to investigate the hypothesis of protection and reuse of defensive buildings that still mark the territory, from the Po to Garda Lake, along the River Mincio and then the River Adige to Trentino border. During the workshop were treated many issues: those about historical origin of buildings linked to institutional factors of presidium and defense of borders between states; those related to geographical and technological choices to construct several buildings which, over the time, become part of the Compendio Fortezza; those arising from the geomorphological remodeling of the place where every fortress was built with outcomes today considered to be of great landscape interest. These artifacts belong to a State property

that, in Italy, is part of the program of enhancement of historical and cultural assets which can be attended by private and public organizations, submitting a project of territorial and urban redevelopment and restoration. This project, while respecting the different constraints of protection, should ensure some benefits for the State (3), specifying contents and timing of the agreement of use. For this reason, it has been paid much attention to Italian and European countries experiences and the processing phases for each new project. The context analysis of each artifact is oriented, from the beginning, to reconstruct the history of the place, the conditions of the artifacts, the estimates of plans, relations with surrounding settlement and significant elements for the project. Dimension and consistency of the structures that must be reactivated, requires to understand the relationship with what’s around and the accessibility system, to choose functions that can be settled, avoiding and/or integrating solutions such as the museum and the shopping mall with or without restaurant. Generally, the fortresses are located in great landscape quality areas, the entry into buildings is prevented by ditches and streams, with steep inclines and outposts protection; the structures, built to prevent and block the passage along the borders between States during a war and to resist any attempted assaults. Today they can be interpreted as an opportunity to host a wide range of uses that requires the protection of historical buildings and landscape through choices deriving by integration with the context, by more diversified systems of accessibility and by internal and external services. The Workshop focus has deepened, as shown


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by theoretical and practical contributions, the redevelopment projects of many European forts, built along the borders between States marked by the presence of waterways, as the emblematic Venetian defense system, and other places involved in recent distant wars among European States. The projects of the workshop participants focused on the shareholders along the river Mincio, from the fortified camp of Peschiera to the fort, on the right bank of the Po and still visible, hence the name Borgoforte, the town that, after unification with Virgilio, took the name of Borgo Virgilio. The first part of the text gives the theoretical and design contributions, covering several European cases affected by the great wars of the short century, as well as Italy, the Netherlands, Portugal, Belgium and Croatia, which is part of the European Union since the end of the recent Balkan war. These writings alternate every text with images of the geographical context on a larger scale, documentation on the status of items before and after the project and some interesting details describing solutions adopted to improve access and paths and enhance the panoramic and landscape views. The second half shows the project proposals prepared by two working groups that attended the workshop. In the first case, the project explores the accessibility to the Castle of Valeggio through the pedestrianization and redevelopment of the Visconti bridge; in the second case, the project proposes, to access the fortress of Peschiera, a lift along the moat surrounding the high wall of the fortress and that can integrate the existing accessibility to Peschiera. Two proposals affecting two municipalities insisting on the river Mincio and whose story is inserted, on one side, between Verona of Visconti events in opposition with Mantua of Gonzaga

and, on the other side, events leading up to Italian unification and that remember the Campo Trincerato wanted by the Austrians. Below, there are some project proposals whose documentation is presented by experts who participated in the meetings with professionals and students enrolled in the workshop, and before that, in the seminars with workgroups of the course “Fare Paesaggio”. This document proposes the case of Peschiera with a project proposal for the Piazzale della Rocca and artifacts surrounding it. Moreover, there are projects for the Forts of Fossamana and Lunetta, located along the left bank of Mincio River, near Mantua and Borgoforte, once located along the Po River to mark the boundary between pre-unification states. The documentation is enriched by proposals for protection and enhancement of Mount Mamaor, a military property placed along the left bank of Mincio River, between Valeggio and Goito, that actually looks like a green oasis affected by assumptions of real estate investments that are likely to alter the ecological balance. Notes 1) Academic Year 2013-2014, Professor of optional course “Fare Paesaggio” Treu Maria Cristina. 2) Pro-Rector pro-tempore of Politecnico of Mantua, 2012-2016. 3) This hypothesis applies to Italy, which owns the assets of the central and decentralized public domains as military ones of different armed forces and of the Ministries rather than those that belong the Regions and to the individual provinces and municipalities.



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Parte 1


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Un patrimonio di sentinelle di pietra Heritage of stone’ sentinels Maria Cristina Treu

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Acquisizioni del Patrimonio militare costiero da parte degli enti locali: il caso di Venezia. Aspetti giuridici e legislativi 47 Acquisition of coastal military property by local government bodies: Venice, a case in point. Juridical and legislative aspects 58 Andrea Grigoletto Paesaggi di guerra Warfare landscapes Joao Nunes, con Fiorenzo Meneghelli Nieuwe Hollandse Waterline. Un progetto di valorizzazione territoriale Nieuwe Hollandse Waterline. A territorial valorisation project Peter Ross, con Andrea Meneghelli

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Piano direttore delle fortezze transfrontaliere della Valle del MiĂąo/Basso MiĂąo 91 The Masterplan of the crossborder fortresses of the Minho Valley 96 Paolo Marcolin Fortification architecture in Croatia: protection, redevelopment, management Zofia Mavar and Melita Lubina

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Parte 1

Verso un piano strategico del Campo Trincerato di Roma Towards a strategic plan of the Rome entrenched camp: studies and practices of Progetto Forti Simone Ferretti Il sistema difensivo della Lessinia: architettura e paesaggio Lessinia’s forts recovery program: architecture and landscape Fiorenzo Meneghelli Recupero del forte di Fortezza The renovation of the fort “Fortezza” Marckus Scherer

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Restauro del forte “Tre Sassi” per il “Museo della Grande Guerra delle Dolomiti” 145 Restoration of the fort “Tre Sassi “ for the realization of “Museum of the Great War in the Dolomites” 152 Francesco Da Rin Corazzate sepolte in cima al monte Warships buried at the top of the mountain Francesco Collotti Recupero della Ridotta Carlo Alberto del Forte di Fenestrelle The renovation of Ridotta Carlo Alberto of the Fortetress of Fenestrelle Fiorenzo Meneghelli

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Fig. 1. Castel d’Appiano e la vallata. Fonte: commons.wikimedia.org. Foto di: Stefan Lew.


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Un patrimonio di sentinelle di pietra Maria Cristina Treu

1. Un patrimonio ereditato Nel corso dei secoli di storia che precedono l’unità di Italia, il nostro territorio è stato interessato da più dominazioni che si sono misurate con la necessità di dotarsi di opere di controllo e di difesa del proprio territorio adeguandole alle innovazioni nel settore degli armamenti, potendo disporre di ingenti investimenti e dell’ingegno di valenti progettisti e costruttori. L’esito è un territorio costellato da mura e da fortificazioni realizzate per difendere le città, per controllare il passaggio di merci e di uomini, per contrassegnare e difendere i confini tra stati; alcune di queste opere sono costruite su terra ferma sfruttando in alcuni casi un fronte d’acqua o un tratto di fiume, altre in posizione isolata sull’altura di un promontorio che traguarda una valle, altre ancora sul limite dell’area di un porto o su un più ampio territorio, il campo trincerato, per difendersi rispetto a più fronti di attacco. Queste opere sono una parte del grande patrimonio di beni storici e culturali dell’Italia, cioè una parte di quella eredità di un passato che ha richiesto importanti investimenti pubblici e il contributo dei cittadini di un tempo, a cui non sono estranei quelli di oggi e di cui si dovrà rendere conto a

quelli futuri. Si tratta di un patrimonio consistente, oggetto come gli altri beni della riforma del Titolo V della Costituzione che affida la tutela allo stato e la valorizzazione alle regioni anche se la valorizzazione è sottoposta al parere degli organi statali decentrati delle Sovraintendenze e, in alcuni casi, al ruolo di promotore e di gestore della Agenzia del Demanio. I manufatti del demanio militare sono stati costruiti sulla base di uno studio specifico del luogo e del contesto dove costruire la fortificazione e le opere di raccordo che, ancora oggi, si possono riconoscere individuando i camminamenti e le aperture per gli avvistamenti e la posizione degli armamenti e i riporti di terreno per rafforzare la capacità di resistenza delle strutture e garantire il controllo della viabilità di accesso. L’insieme delle opere che compongono questi manufatti, in alcuni casi completamente abbandonate e in altri in uno stato di discreta e/o di parziale conservazione, costituisce, come per gli altri beni storici e culturali di cui è ricca l’Italia, un enorme patrimonio ereditato, il cui riutilizzo richiede prima di ogni scelta di nuova destinazione d’uso, sia gli approfondimenti di natura storica, geomorfologica, statica e materica sul


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bene in se, sia la riscoperta della permanenza delle tracce di relazione con il contesto di un tempo e sulle nuove connessioni indotte dalle trasformazioni più recenti e di quelle attese per gli scenari adombrati dalla pianificazione e dalla programmazione territoriale. Nella realtà di oggi , le attenzioni su queste opere sono la manifestazione di interessi molto diversi che vanno dalla curiosità dei cercatori di cimeli a quella degli storici alla ricerca di preesistenze cui poter attribuire il valore di prova di fatti accaduti, dall’escursionismo di un turismo di élite alla ricerca di luoghi che vengono vissuti come incontaminati alle finalità dei movimenti che rivendicano la tutela di luoghi con valore storico e culturale e la salvaguardia di situazioni con forti valenze paesaggistiche. D’altro canto, ogni opera ci ricorda il contributo di molti uomini che, con il loro ingegno e con il loro lavoro hanno contribuito alla costruzione di opere imponenti, non prive di rischi anche mortali; la sequenza dei combattimenti tra i soldati di parti avverse, di quelli che hanno subito ferite, mutilazioni e in molti casi la morte e, ancora, gli accordi di pace che vengono dopo ogni guerra con la ripartizione dei vantaggi tra i vincitori e tra i sostenito-

ri, spesso meno noti, che hanno voluto la guerra e convinto l’opinione pubblica della sua necessità. Non è possibile, pertanto, confinare ciò che rimane di queste mura e di queste fortificazioni entro la sola destinazione a museo con attività di ospitalità con o senza ristorazione dove la decisione viene presa sulla base di una contabilità che mette a bilancio, da un lato, i costi del restauro del manufatto e, dall’altro lato, una attesa economica ravvicinata nel tempo. Un bilancio che spesso trascura la riqualificazione dell’intorno e le indicazioni che dalle sue trasformazioni ne potrebbero derivare soprattutto nell’immaginare un più ampio ventaglio di destinazioni d’uso e di modelli di intervento, dettati da una rinnovata attenzione geomorfologica e da criteri di restauro anche del paesaggio. L’ipotesi, di chi scrive, è di riconoscere a questi manufatti la natura di beni non commerciabili, cioè liberi dal predominio del presente e degli interessi economici, e di assegnare ad essi il doppio ruolo di sentinella di pietra, quello di un documento della nostra storia con il valore di segno identitario di natura culturale e quello di un bene compatibile con più opportunità d’uso capaci di confrontarsi con i cri-


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teri di tutela e di valorizzazione anche dell’intorno e ricorrendo a più modelli di intervento e per alcuni aspetti con una redditività anche differita. Queste considerazioni ci riportano all’articolo 9 della nostra Costituzione e, in particolare, a quanto ci possono ancora dire le vicende che hanno accompagnato la sua stesura e il suo inserimento tra i principi fondamentali della Costituzione. L’articolo 9 nasce voluto da alcuni padri costituenti; per altri le norme sulla tutela dei beni storici e culturali erano già in vigore; per altri, ancora, erano state appena deliberate deleghe in materia a due regioni a statuto speciale (1) e inoltre il tema non era visto come congruente con l’obiettivo della Commissione Costituente. L’articolo, sostenuto fermamente anche dalla mobilitazione di personalità esterne alla stessa Commissione, fu poi inserito, nella sua ultima versione tra i principi fondamentali che dovevano dare un volto alla repubblica (2). Le questioni centrali del confronto di allora furono: il riconoscimento di una risorsa, come il patrimonio di bellezze materiali e immateriali ereditate dalla storia, che fa dell’Italia un paese unico al mondo; la necessità di centralizzare la salvaguardia di tali bellezze per preser-

vare e rafforzare l’unicità dell’identità paese sottraendola alle pressioni localistiche; l’attribuzione al termine di tutela del significato di prevenzione e di cura costante dei beni storici e culturali per ridurre le emergenze e tramandare una così importante risorsa alle generazioni future (3). Questioni, oggi, ancora tutte centrali. 2. Il progetto”Valore Paese” Da tempo, il patrimonio pubblico della Repubblica è interessato da iniziative legislative: da quelle di vendita del patrimonio residenziale pubblico e delle fasce costiere, a quelle più recenti di valorizzazione del patrimonio dei demani dello stato e degli Enti locali. Il Progetto “Valore Paese” (4) prevede la messa a reddito di tutti i beni non strumentali all’esercizio delle funzioni degli Enti pubblici compatibilmente con l’equilibrio economico tra costi e redditività degli investimenti. Gli obiettivi di questo progetto sono di ridurre il debito pubblico valorizzando un patrimonio, inutilizzato o sottoutilizzato, con iniziative immobiliari da parte di soggetti pubblici e privati i cui benefici dovranno ricadere anche sullo sviluppo dei rispettivi sistemi urbani e territoria-


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li in cui sono localizzati (5). Il Progetto “Valore Paese” prevede che le iniziative possano essere gestite interamente dall’Agenzia del Demanio oppure con il coinvolgimento dell’ANCI e di INVITALIA, cioè con la promozione del progetto da parte di soggetti pubblici e privati o da parte di soli soggetti privati. Il progetto si avvale di due strumenti introdotti dalla legge finanziaria del 2007: la concessione di valorizzazione per cui un bene può essere dato in affitto per un certo numero di anni e i Programmi Unitari di Valorizzazione per riqualificare beni pubblici localizzati in uno stesso contesto territoriale. Il progetto si avvale anche delle maggiori competenze affidate, con la stessa finanziaria del 2007, all’Agenzia del Demanio che ha avviato la cessione di beni del Ministero della Difesa e di immobili di alto pregio e di grande valore storico-artistico e di beni a rete (come fari, caselli idraulici, ferroviari e daziari) a altri Enti e/o a altri soggetti pubblici e privati. Ad oggi, l’agenzia del Demanio ha prodotto lunghi elenchi che interessano beni molto differenziati, spesso inseriti nel tessuto dei centri storici e in luoghi collegati tra loro da reti naturali e da reti infrastrutturali di grande interesse pae-

saggistico come quelli delle dimore storiche che sembrano incontrare maggiori interessi soprattutto da parte dei privati (6). Per la procedura di acquisizione di un bene demaniale il riferimento è il D.L. del 28 maggio 2010 n.85. Per tale acquisizione l’ente pubblico deve elaborare un programma di valorizzazione secondo le direttive del MIBAC e un progetto per la tutela e per il cambio di destinazione d’uso che deve acquisire l’approvazione della Sovraintendenza mentre per il piano economico è necessario che ottenga quella dall’Agenzia del Demanio. L’acquisizione totale o parziale di questi beni può avvenire anche da parte di privati, con specifiche modalità e tempistiche come, per esempio, sulla base della stima del costo d’acquisto in rapporto a quello dei lavori di riqualificazione. Nell’ottica della razionalizzazione e della valorizzazione del patrimonio pubblico la durata della concessione è modulata in funzione dell’equilibrio economico finanziario tra il costo degli investimenti e i costi di gestione di ciascun bene. La possibile durata dell’affitto sino a 50 anni, per esempio, ha lo scopo di attirare investitori realmente interessati che potranno ammortizzare le spese in un arco di


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tempo maggiore o minore per garantire il ritorno degli investimenti e i costi di gestione di ogni iniziativa (7) . Il patrimonio pubblico su cui il progetto “Valore Paese” può richiamare l’interesse di soggetti pubblici e privati è molto consistente con attese di trasformazioni e impatti positivi rilevanti. Tuttavia le iniziative si stanno avviando tra molte difficoltà e forse per questo sono stati introdotti ulteriori adeguamenti nei soggetti interessati e negli strumenti da adottare sia da parte del Ministero di Economia e Finanze sia a integrazione delle competenze dell’Agenzia del Demanio, sia con l’istituzione di macro fondi a sostegno degli enti locali per lo sblocco dei beni del Ministero della difesa (8). Tra le difficoltà è d’obbligo ricordare la già richiamata ripartizione di competenze tra stato e regione che, in contraddizione con lo spirito dell’art.9 della Costituzione, permette che ogni Regione possa avere una propria strategia nei confronti dei beni pubblici. Anche se la ricchezza e la diversità dei beni che costituiscono il nostro patrimonio storico e culturale richiedono che per assicurare le sue migliori condizioni di utilizzazione e di fruizione sia necessario poter adottare più modelli

di intervento. Ma nel senso che questi modelli rispondano a criteri finalizzati a garantire che i beni di cui disponiamo siano effettivamente a disposizione di tutti, oggi e domani e per le generazioni future e che, pertanto, siano oggetto di una programmazione di tutela e di valorizzazione nel rispetto della tipologia di ogni bene, della sua dimensione e del suo stato di conservazione. Il censimento dei beni già attivato dal Ministero dell’Economia e Finanza e dall’Agenzia del demanio è di estremo interesse, ma non può essere un elenco da cui estrarre altri elenchi, bensì un mezzo per valutare e riflettere sui singoli casi a partire da quelli già interessati da azioni di tutela e di valorizzazione. Inoltre, il censimento può essere utile per distinguere i beni che richiedono un coordinamento di più livelli istituzionali e una programmazione di lungo periodo da quelli che possono essere affrontati come singoli casi esemplari; i manufatti che richiedono una progettazione che si misuri con più competenze e con più modelli di gestione dai beni che possono essere affrontati con limitati interventi di recupero o di messa in sicurezza; le situazioni che richiedono investimenti rilevanti e tempi di concessione e di gestione prolungati


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Fig. 2. Forte Gomagoi: foto storica. Fonte: commons.wikimedia.org.

da quelle che possono essere affrontate coinvolgendo le comunità locali e con l’anticipazione di utilizzi anche temporanei. In questa prospettiva, la presenza di un soggetto come l’Agenzia del Demanio con il suo ruolo di cerniera tra i diversi attori può diventare fondamentale per poter garantire l’interlocuzione con i grandi investitori per aprire uno spazio alle scelte della comunità locale e, soprattutto, per poter sperimentare diversi modelli di intervento nella promozione delle iniziative di valorizzazione tramite l’affitto o la concessione, unitamente alla verifica di fattibilità dei

progetti e dei rispettivi impatti sul territorio. 3. Il perché del workshop internazionale Lo stato ha programmato di mettere il proprio patrimonio a reddito come un padrone che dotato di grandi ricchezze se ne prende cura quando, entrato in crisi, pensa di ricavare degli utili dai beni che possiede con la promozione di operazioni immobiliari che attirino investitori privati da ogni parte del mondo. Questa iniziativa è accompagnata da una grande condivisione sulla opportunità di liberare lo stato da beni


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“non strumentali” alle proprie funzioni, mettendo sul mercato l’offerta di un patrimonio che possa attrarre investimenti e tradursi in entrate per ridurre il debito dello stato. Tale condivisione deriva soprattutto dalle esperienze di cattiva gestione pubblica dei nostri beni storici e culturali: esemplari a questo proposito sono il caso di Pompei e quello del patrimonio della biblioteca di Napoli unitamente all’indifferenza nei confronti dell’abbandono di tanti altri beni materiali e immateriali di pregio. Anche se ci sono esperienze positive generalmente meno pubblicizzate. Tuttavia, nonostante il peana che accompagna ogni dichiarazione a favore della vendita del patrimonio pubblico, le perplessità nei confronti del Progetto “Valore Paese” ci sono e riguardano più aspetti. Per quanto riguarda il criterio che guida la scelta dei beni non strumentali su cui avviare le procedure di acquisizione di interesse dovrebbe essere chiarita la differenza tra beni commerciabili e beni non commerciabili e la scelta dei progetti e dei soggetti da coinvolgere dovrebbe richiedere una maggiore attenzione nei confronti della dimensione del bene e delle sue relazioni con il contesto. Ci sono beni che appartengono alla identità

del nostro paese e che in nessun caso dovrebbero essere considerati come beni commerciabili e ci sono beni il cui riutilizzo richiede un piano programma di area vasta che non può essere affrontato da un singolo ente locale (9). Inoltre, ci sono le difficoltà che i progetti incontrano nell’affidamento di valore agli edifici di pregio e ai beni che rientrano nei Programmi Unitari di Valorizzazione in quanto sono da verificare, da un lato, le compatibilità delle modifiche delle destinazioni d’uso rispetto alla pianificazione territoriale e urbanistica vigente e, dall’altro, la redditività dell’intervento per garantire una resa di mercato in cui sia prevista anche una quota lo stato. Di conseguenza molti progetti privilegiano l’intervento su manufatti singoli sul modello dell’ospitalità di lusso con piscina, golf, fitness che possono interessare le dimore storiche di pregio più che i complessi con più fortificazioni che richiedono una programmazione di opere più impegnativa. La valorizzazione di molti di questi beni richiederebbe opere di messa in sicurezza anche del territorio, nuove infrastrutture e la compresenza di più funzioni, in sintesi una programmazione attuativa e un bilancio tra la stima dei costi e la resa economica a scala va-


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sta e nel lungo periodo. In questo senso, potrebbe essere di grande utilità poter sperimentare, nel corso di questo tipo di interventi, anche l’individuazione diretta di alcuni soggetti a cui assegnare, temporaneamente, la gestione di una porzione di un manufatto e la promozione di eventi culturali e sociali. Questa possibilità, dove è già stata sperimentata, ha permesso, la mobilitazione delle comunità locali che, con il riconoscimento della propria storia e del valore di beni da troppo tempo trascurati, hanno potuto sperimentare anche soluzioni innovative, Questi casi sono stati sostenuti da una cultura amministrativa dotata di una maggiore capacità di orientare gli investimenti privati e di sperimentare più modelli di intervento nella direzione di un federalismo più responsabilizzato a livello locale che permetta di valutare i progetti sui contenuti e sui risultati oltre che sul rispetto formale delle procedure fissate a livello centrale. D’altra parte, il testo della Commissione Europea sul Paesaggio sottolinea che la cura dei beni materiali e immateriali deve essere radicata nel coinvolgimento della comunità locale limitando gli interventi di emergenza e evitando ogni valorizzazione che tende a riproporre una sequenza di

stereotipi progettuali più attenti alla resa economica che alla conoscenza della storia e dell’identità di ogni territorio. Si ricordi quanto ha detto Carlo Azeglio Ciampi in occasione di una sua esegesi dell’art.9, ” la doverosa economicità della gestione dei beni culturali e la sua efficienza, non sono l’obiettivo della promozione della cultura, ma un mezzo utile per la loro conservazione e diffusione” (10). Si ricordi il testo dell’articolo 6, del Codice dei beni culturali ex L. n 42/2004 e s.m.i. : “La valorizzazione consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio al fine di promuovere lo sviluppo della cultura”. Questi sono i temi che, il workshop internazionale “Fortezze e vie d’acqua” promosso nella sede del Polo di Mantova del Politecnico di Milano, ha voluto affrontare per aprire una valutazione su alcuni casi di progetto mettendo a confronto più esperienze di valorizzazione di strutture difensive che documentano la costruzione di alcuni stati che oggi compongono l’Europa allargata. Sono i patrimoni di sentinelle di pietra che ci


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ricordano un passato di conflitti da non dimenticare e un futuro nel quale gli stessi luoghi possono far rivivere nuovi paesaggi e nuove relazioni tra diverse tradizioni e culture. I progetti presentati riguardano singoli manufatti del demanio militare e complessi insediativi di manufatti costruiti su ampie aree di confine tra gli stati di un tempo e posizionati, ancora oggi, in territori che interessano più regioni di una stessa o di diverse nazioni. In alcuni casi, sono progetti che approfondiscono gli aspetti costruttivi tecnologici e materici del manufatto con soluzioni di ridisegno degli spazi interni e di quelli esterni, in altri sono progetti che inseriscono la valorizzazione delle singole opere e delle scelte dei rispettivi riutilizzi funzionali in una visione di area vasta che comprende nuove reti di accessibilità e una grande attenzione per la tutela paesaggistica degli spazi aperti. Il testo è integrato dalla descrizione delle elaborazioni progettuali di alcuni studenti iscritti al Workshop e di altre maturate nei laboratori di Urbanistica e di Fare paesaggio, da tempo impegnati su progetti di riqualificazione dei sistemi urbani e territoriali con interventi di tutela e di valorizzazione di manufatti già esistenti. Oggi, il tema del workshop

assume un significato centrale anche dal punto di vista del valore da assegnare all’impegno nella formazione delle future generazioni laddove può contribuire a contrastare il rischio che il predominio dell’interesse economico possa portarci ancora una volta a una grande guerra. Mentre, parafrasando Plutarco, è solo nella conoscenza e in una solidarietà più estesa che possiamo scorgere, l’essenza del benessere e di una utilità che valga non solo per una famiglia, una città, un popolo ma per tutto il genere umano (11). Note 1) La prima regione che ottenne la delega per la tutela dei beni culturali fu la Sicilia, poi nel secondo dopo guerra la regione della Valle d’Aosta. 2) Nella sua versione finale l’articolo 9 recita “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Per approfondire il dibattito che ha portato all’approvazione dell’articolo si confronti il testo di più autori “Costituzione Incompiuta”, Einaudi editore, 2013 e, in particolare, il contributo di Alice Leone e di Tomaso Montanari. 3) Con la tutela dei beni della Nazione si intende sottolineare che tali beni, ripartiti per competenza tra gli enti statali e locali secondo i quali è organizzata la nostra Repubblica, appartengono a tutti i cittadini


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italiani. Inoltre, si ricorda che il termine di valorizzazione viene proposto con la scoperta dei giacimenti culturali, “il petrolio d’Italia” come essi furono definiti negli anni ’90. Da allora, con la ricerca di valorizzare il nostro patrimonio, il concetto di tutela è stato interpretato come un eccesso di conservazione a fronte della opportunità di un loro messa sul mercato e di disporre di più risorse. Questa interpretazione venne formalizzata con la modifica del Titolo V della Costituzione che assegna la tutela allo stato e la valorizzazione alle Regioni, estesa, nel 2008, anche ai singoli Comuni con una modifica apportata al Codice dei Beni Culturali. 4) Il progetto “Valore Paese” è un grande contenitore di iniziative, da quelle territoriali, a quelle delle dimore storiche, in cui ricadono la dismissione di immobili ex militari, di singoli manufatti di alto valore storico e culturale, avviate direttamente dall’Agenzia del Demanio, promosse dagli enti locali e da altri soggetti. Di grande interesse sarà riuscire a condurre un censimento di queste iniziative che metta a confronto elenchi e esiti di operazioni avviate e concluse anche in relazioni ad altri programmi di investimento promossi dallo stato (cfr., la successiva nota 3). 5) L’obiettivo che queste iniziative di riqualificazione del patrimonio pubblico possano influire sullo sviluppo del territorio imporrebbe anche la loro congruenza con quelle del piano/programma al 2020 degli investimenti per lo sviluppo del turismo e con quelle del Piano Città, la cui prima scadenza di presentazione fu stabilita nel 2013.

6) L’Agenzia del Demanio, come soggetto responsabile della gestione e della valorizzazione del patrimonio immobiliare dello stato, viene istituita nel 1999. Essa è una delle quattro agenzie Fiscali volute dal Ministero dell’economia e viene trasformata in Ente Pubblico economico nel 2003; nel 2006, l’Agenzia realizza il portale www. demaniore.com, che permette di accedere direttamente all’offerta dei beni dello stato. Nel biennio 2007-2008, l’Agenzia del Demanio ha messo a disposizione di iniziative di recupero e di valorizzazione beni non più utili ai fini militari (beni non strumentali) per un valore complessivo di circa quattro miliardi di euro, localizzati nei centri urbani e in luoghi di grande qualità paesaggistica. Tra le prime iniziative avviate vi sono le Dimore Storiche, come la concessione di valorizzazione per Villa Tolomei, una dimora rinascimentale di Firenze costituita da 7 edifici collocati in un’area a parco di circa 17 ettari con enormi potenzialità turistiche e ricreative e alcuni beni a rete, come il complesso di 9 casali, originariamente case di guardia idrauliche, collocati lungo le sponde del fiume Reno nelle province di Ferrara e Ravenna in un contesto a forte identità rurale e di grande pregio paesaggistico. I casi citati sono esempi di un numero ben più ampio di beni (circa 400) per i quali l’Agenzia del Demanio ha avviato la ricerca di soggetti pubblici e privati interessati a promuoverne la riqualificazione. 7) La durata della concessione di una locazione ordinaria è regolata dal DPR 296 del 2005 e può andare da sei a un massimo di 19 anni, laddove il concessionario si


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impegni a eseguire ristrutturazioni rilevanti. Il prolungamento della durata della concessione intende garantire gli investitori privati e una gestione efficiente con ritorni sullo sviluppo locale. Si veda al proposito la legge 133/2008 recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria. Questa è la legge che ha esteso le procedure di cui alla finanziaria del 2007 e del D.L. 112 al patrimonio immobiliare di Regioni, Comuni ed altri Enti Locali con riferimento ai beni non strumentali e all’esercizio delle rispettive funzioni istituzionali. 8) Il DEF (il Documento di Economia e Finanze) del 2013 avvia presso il MEF (il Ministero di Economia e Finanze) un suo Dipartimento per il censimento e la verifica delle operazioni avviate; assegna alla Agenzia del Demanio il ruolo di fabbrica di progetti per tutti i soggetti pubblici per promuovere operazioni di sviluppo immobiliare; istituisce due società di gestione del risparmio (le SGR), la INVIMIT (la società di Investimenti Immobiliari Italiani , sempre presso il MEF) come società cerniera tra i soggetti pubblici proprietari e il mercato per la gestione degli investimenti diretti e indiretti e la CDPI (la società di Investimenti della Cassa Depositi e Prestiti con altre banche e casse di Risparmio ) per selezione le operazioni e investire risorse anche in iniziative a breve termine. Questi adeguamenti sono preceduti dall’istituzione, con il D.L. 98/2011, di tre macro fondi: il Fondo dei Fondi per partecipare in fondi di investimento immobiliare promossi

o partecipati dagli Enti territoriali locali e da altri Enti Pubblici; il Fondo per lo Sviluppo di Immobili Pubblici cui trasferire o conferire in uno o più fondi gli immobili dello Stato e degli Enti Territoriali e di società da essi partecipate e non utilizzati per finalità istituzionali; Il fondo dei beni ex Ministero della Difesa cui trasferire o conferire, in uno o più fondi, immobili non utilizzati dallo stesso Ministero e per i quali l’Agenzia del Demanio possa avviare le procedure di valorizzazione. 9) I beni che per dimensione e per valore dei manufatti, come molte fortificazioni, dovrebbero rientrare tra i beni che costituiscono l’identità della nazione e l’interessamento di soggetti di livello almeno nazionale; d’altra parte è necessario evitare che si possano avviare iniziative non virtuose per beni apparentemente di minore importanza ma non per questo di minore valore come alcune aree naturali salvate dalle pressioni immobiliari grazie al vincolo militare. 10) Si confronti al proposito nel testo citato il contributo di Tomaso Montanari a pag. 36. 11) cfr., Plutarco di Cheronea in, La musica (con testo greco a fronte), Rizzoli, 2015, pag.15. Nel testo l’autore si chiede di cosa bisogna farsi belli, delle astuzie militari o degli ornamenti personali, quanto piuttosto che dell’impegno dei maestri nella trasmissione della cultura e della diffusione della conoscenza.


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Heritage of stone’ sentinels Maria Cristina Treu 1. An inherited heritage These artefacts, sometimes abandoned and some other in a discrete and/or partial state of preservation, are as for all the historical and cultural goods, of which Italy is rich, an enormous inherited patrimony. the use of which requires, before every choice, a new function, historical, geological and/ or geomorphological, static and material insights about the good, traces of relationship with the ancient context, new connections caused by recent transformations and the outcomes of territorial planning. Today there are very different interests on these artefacts ranging from heirlooms finders, to historians looking for existing structures to which attribute the evidence of historical facts; from the hiking by an elite tourism that seeks uncontaminated places, to the associations claiming the protection of sites with historical and cultural value and the safeguarding of places with strong landscape values. On the other hand, each piece reminds us the contribution of many men who, with their talent and their work have contributed to the construction of impressive works, not free of even fatal risks; the sequence of fighting between soldiers of opposing parties who have suffered injury, mutilation and sometimes death and, the peace agreements after any war, the sharing of benefits with winners and supporters, often less famous, who wanted the war and persuaded the public to their needs. Therefore, restrict what remains of these walls and these fortifications only as museum complete of hospitality and catering, it is impossible, if the decision is taken on the basis of accounting which

considers, on the one hand, the costs of the artefact restoration and, on the other hand, a rapid gain. A budget that often neglects the redevelopment of surroundings and the positions arising from its transformations, especially imagining a wider range of functions and intervention models dictated by renewed focus on geomorphology and on restoration criteria also of the landscape. The writer’s hypothesis is to make these artefacts non-tradable goods, that is, free from the domain of economic interests, and to assign them the dual role of stone’s sentinel, as a document of our history having identity value of a cultural nature and as a good that is compatible with more opportunities of use, dealing with the protection and enhancement criteria using multiple models of intervention with an even deferred profitability. These considerations drive us to the Article 9 of our Constitution and, especially, to what the events that accompanied it when drafting and its inclusion among the fundamental principles of the Constitution, can still communicate. Article 9 was wanted by some founding fathers; for others the rules on the protection of historical and cultural assets were already in force and others thought that had just been approved proxies to two regions with special status (1) and therefore the issue wasn’t congruent with the Constituent Commission’s goal. The article, strongly supported by an external personality’s mobilization, it was then included, in its latest version, among the basic principles identifying the Italian Republic (2). The core issues of the were: the recognition of a resource, such as the material and immaterial heritage of beauty inherited from history, that makes Italy a unique country in the world; the need to centralize the protection of these beauties


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to preserve and strengthen the country’s unique identity subtracting it to the local pressures; give to the word “protect” the meaning of prevention and constant care of the historical and cultural heritage to reduce emergencies and transmit such important resource to future generations (3). Issues still fundamental today albeit too often underestimated. 2. The “Valore Paese” project By far, public property of the Republic is affected by legislative initiatives: from the sale of public housing and coastal areas, to the recent enhancement of the heritage of the State Property and Local Authorities. The project “Valore Paese” (4) has the development of property income that are not useful to perform the duties of Public Bodies compatibly with the economic balance between cost and profit. The goals of this project are to reduce the public debt valuing an unused or underused Heritage, with real estate ventures by public and private entities whose benefits will be on the development of urban and territorial systems where they are located (5). The project “Valore Paese” provides that initiatives can be fully managed by the State Property or by involvement of ANCI and INVITALIA, i.e. promoting the project by public and private entities or by private parties only. The project uses two instruments introduced by the 2007Finance Act: the granting of enhancement so that an asset can be leased for a number of years and the Unitarians Programs of Enhancement that redevelop public assets located in the same territorial context. State Property Agency has launched the transfer of goods belonging to the Ministry of Defence like great historical artistic value goods and infrastructures (like lighthouses,

pumping stations, rail and duties) to other organizations and / or other parties public and private. Until now the State Property Agency has produced long lists of diverse goods, often placed in town centres and into sites connected each other by natural networks and by infrastructure networks of great scenic interest like historical residences that seem to meet increased interest especially by private entities (6). The acquisition reference for a stateowned asset is the D.L. May 28, 2010 # 85. The public entity must develop an improvement program according to the directives of MIBAC; it must develop a project for the protection and for the change of use destination and it must develop a project for the protection and for the change of use destination. It must gain the Superintendent’s approval, while the economic plan must get the approval of the State Property Agency. Private entities can acquire totally or partially these goods, with specific procedures and timelines as, for example, according to the estimated acquisition cost, relative to that of the redevelopment works. The duration shall be modulated according to the economic and financial balance between the cost of investment and operating costs of each good for a rationalization and enhancement of public assets. The possible duration of the rent, until 50 years, for example, has the aim to attract really interested investors. They’ll amortize the costs in a time frame that guarantees the return of investments and operating costs of any initiative (7). Public ownership on which the “Valore Paese” project can attract the interest of public and private entities is very sizeable and it has the expectations of


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Fig. 3. Castel Firmiano. Fonte: commons.wikimedia.org. Foto di: Richard Huber.


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transformations and significant positive impacts. However, initiatives were adopted with many difficulties and perhaps for this reason, further adjustments have been introduced for stakeholders and instruments to be adopted by the Ministry of Economy and Finance, and to complement the skills of the State Property, and with the institution of funds supporting local authorities for the release of goods by the Ministry of Defence (8). Among difficulties, it should be recalled the already mentioned distribution of powers between state and region that, in contradiction with the spirit of Article 9 of the Constitution, allows each region to have its own strategy for public goods. Although the richness and diversity of goods constituting our historical and cultural heritage requires that to ensure its best conditions of use and fruition it is still necessary to adopt models of intervention. Each model should ensure the goods to be available to everyone, today and tomorrow and for future generations. They are object of protection and enhancement respecting each type of good, its dimension and its condition. The census of properties carried out by the Ministry of Economy and Finance and by the State Property Agency is extremely interesting, but it can’t be a list to extract other lists, but a tool to assess and reflect on single cases starting from those already concerned by protection and enhancement actions. Moreover, the census can be useful to distinguish goods requiring several institutional levels coordination and a long-term scheduling from individual case studies; artefacts needing a planning by multiple expertise and multiple management models, artefacts which can be addressed with limited recovery or securing interventions; situations requiring

big investments and extended concession and management periods; situations that can be addressed through the involvement the local communities putting forward also a temporary use. In this perspective, the presence of the State Property Agency with its hinge role between different stakeholders can become crucial to ensure the dialogue with the major investors and to open a space for local community choices and, above all, to experiment with different models of intervention, promoting valorisation initiatives through the rent or grant, together with the projects feasibility study and their impacts on the territory. 3. Why an international workshop The State has planned to get profit from its assets as a teacher who, owning great riches, cares for them, when, during the crisis, he thought to draw earnings from his assets by promoting real estate transactions that could attract private investors from all over the world. The initiative is accompanied by sharing the opportunities for the State to divest goods “not related” to the function, putting on the market a heritage that can attract investment and make profit to reduce the State debt. Such sharing drift primarily from bad public management experiences of our historic and cultural heritage: in this regard, Pompeii and the heritage of the Naples library represent an example, but mostly indifference to the abandonment of many other, tangible and intangible, valuable assets. Even if there are positive experiences generally less promoted. However, despite the paean that accompanies each statement in favour of the sale of public assets, the doubts regarding the project “Valore Paese”, exist and concern more aspects. As regards the selection criteria of noncapital goods to be divested, the difference


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between tradable goods and non-tradable goods should be clarified. The choice of projects and subjects to get involved should require more attention on the dimension of the asset and its relations with the context. There are assets belonging to the identity of our Country and under no circumstances should be considered as commercial goods; there are goods whose reuse requires a large area plan that cannot be tackled by a single local authority (9). Projects often have difficulty assigning a value to prestigious buildings and assets that are within the unitary redevelopment program. Difficulties depend on the changes of existing destinations of use and by the expectation of intervention profitability. Usually, projects favour the intervention of individual asset for luxury housing with swimming pool, golf, fitness. The intended use is suitable for historical value dwellings and not for fortifications. The exploitation of many of these goods would require interventions for the safety of manufactured goods and the territory, new infrastructure and multiple functions: in short a program with a balance between the cost estimate and economic performance. It might be useful to experience the identification of subjects to be assigned, temporarily, the management of a portion of an artefact and the promotion of cultural and social events. This possibility, where it has already been tested, has allowed local communities mobilization that, with the recognition of its history and value of assets, for too long neglected, has also been able to experience innovative solutions. These cases were supported by an administrative culture able to drive private investment, and experience intervention models towards a responsible federalism able to evaluate the projects

on contents and results not only about formal observance of procedures centrally established. Moreover, the European Commission text about landscape shows that the care of tangible and intangible assets must be rooted in the local community limiting emergency action and avoiding actions tending to reproduce stereotypes design, more careful to economic performance rather than the knowledge of the history and identity of the territory. Carlo Azeglio Ciampi says inside his exegesis of article 9: “the dutiful cost of cultural heritage management and its efficiency, are not the goal of the promotion of culture, but a useful tool for their preservation and dissemination” (10). And the Article 6 of the Code of Cultural Heritage, Law no. 42/2004: “The valorisation consists of the exercise of functions and the regulation of activities to promote awareness of cultural heritage and to ensure best conditions of use and public enjoyment of the heritage in order to promote the cultural development. “ The international workshop “Fortresses and water transport”, organized at the Mantova Campus, Polytechnic of Milan, addressed these issues to open projects evaluation by comparing experiences of enhancement of defensive structures documenting the constitution of some States today composing enlarged Europe. They are the “stone sentinels” heritage, who remind us a past of conflicts we shouldn’t forget and a future in which the same sites can give new life to landscapes and new relationships between different traditions and cultures. Projects concern individual military artefacts located in urban and environmental interest areas, and settlements of a defensive system built on


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broad border areas between states, located, even today, on territories involving several regions of the same or different countries. In some cases, these are projects that deepen technological and materials aspects to build an artefact, offering solutions to redesign interior and exterior spaces; in others, these are projects that insert the enhancement of the single artefact and the choices of functional reuse in a large area including new accessibility networks and close attention to the protection of open spaces. The book is supplemented by the description of the design processing of some students attending the Workshop, the laboratory of Urbanism or the course Fare Paesaggio, long engaged on redevelopment projects of urban and regional systems, and interventions for the protection and enhancement of existing artefacts. Today, the workshop topic is meaningful for the future generations education where it helps to rebuild community relations and to counter the dominance of economic interests which may bring us once again toward a big war. While, paraphrasing Plutarch, it is only trough knowledge and a broader solidarity we can see the wellbeing essence, useful not only for a family, a city, a people, but for all mankind. Notes 1) The first Region that obtained the mandate for the protection of cultural heritage was Sicily, then Valle d’Aosta. 2) In its final version, Article 9 says: “The Republic promotes the development of culture and scientific and technical research. It protects landscape and the historical and artistic heritage of the Nation “. To deepen the debate that led to the approval of the article, it is helpful the book “Unfinished Constitution”, Einaudi, 2013

especially the contribution of Alice Leone and Tomaso Montanari. 3) The protection of the nation’s goods wishes to underline that such goods, of each jurisdiction between state and local authorities according to which organized our Republic, belong to all Italian citizens. Furthermore, the word enhancement is proposed with the discovery of the cultural reservoirs, “the oil of Italy” as they were defined in the 90’s. Since then, to enhance our heritage, the idea of protection has been interpreted as an excess of conservation against the revenue opportunities and have more resources. 4) The “Valore Paese” project is a large container of initiatives, ranging from local, to those of the historical houses, with the divestment of former military property, great historical and cultural value single artefacts, undertaken by the Agency of State Property, promoted by local authorities and other parties. It will be interesting to be able to conduct a census of these initiatives that compares lists and results of operations started and completed in relations to other investment programs promoted by the State (see., footnote 3). 5) The goal that the redevelopment of public property can affect the development of the territory would impose their congruence with the plan / program 2020, with the investments for the development of tourism and with the City Plan, which first submission deadline was established in 2013. 6) The State Property Agency, as responsible for the management and enhancement of real estate assets of the State, was established in 1999. It is one of the four tax agencies of the Ministry of Economy. It was transformed into economic Public Authority in 2003; in 2006, the Agency produced the website www.demanio.com, which allows to access directly to the offer of state assets. In 2007-2008, the State Property Agency made available goods no longer useful to military purpose for recovery and enhancement initiatives


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(no operating assets) worth a total of about four billion Euros, located in town centres and in high landscape quality sites. 7) The granting period of an ordinary lease is regulated by the 2005 Presidential Decree #296 and it can last from six to a maximum of 19 years, if the dealer undertakes to execute major renovation. The extension of the concession term guarantees private investors and an efficient administration for local development. See the Law no. 133/2008 containing urgent measures for economic development, simplification, competitiveness, stabilization of public finance and tax equalization. 8) The 2013 DEF (the Economy and Finance Document) establishes within the MEF (Ministry of Economy and Finance) the Department for the census and the undertaken actions review; it assigns to the State Property Agency the role of project factory for all public bodies to promote the real estate development actions; it constitutes two asset management companies (SGR), INVIMIT (the Italian Real Estate Investments company, within the MEF) as hinge companies, including public entities owners and the market for the management of direct and indirect investments and CDPI (the investment company Cassa Depositi e Prestiti with other banks) to select transactions, and invest resources also in short-term initiatives. These adjustments are preceded by the institution of three macro funds, Decree Law 98/2011. 9) The assets that, by size and by value, like many fortifications, should be included among the assets which constitute the identity of the nation and the interest of at least national level subjects; moreover, it is necessary to avoid any non-virtuous actions for seemingly minor artefacts, but not of lesser value, as some natural areas saved from the real estate pressures thanks to military constraints. 10) Compare with the Tomaso Montanari text, page. 36.


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Fig. 4. Fortezza: Forte Alto. Fonte: commons.wikimedia.org. Foto di: Luca Lorenzi (Llorenzi).


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Fig. 1. Veduta aerea dell’isola di Pellestrina.


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Acquisizioni del Patrimonio militare costiero da parte degli enti locali: il caso di Venezia. Aspetti giuridici e legislativi Andrea Grigoletto 1. Premessa: una laguna inviolabile e inviolata Venezia e le acque sono una metafora planetaria (1) , nel senso che la città apparentemente meno difesa al mondo, in realtà ha avuto un sistema di protezione di fatto mai violato (2), basato sulla segretezza della navigazione lagunare e su un dominio pressoché incontrastato del mare Adriatico, tale da farlo denominare “Golfo di Venezia”. A partire dalla fine del XIV secolo tale sistema venne consolidato con l’edificazione, a più riprese, di cinque imponenti fortificazioni alla bocche di porto (i forti San Felice, San Nicolò, Sant’Andrea, Alberoni e San Pietro) a presidio degli accessi dal mare alla laguna, e con la costruzione di altre opere di minori dimensioni (gli ottagoni) a guardia del nuovo accesso all’area marciana dalla bocca di porto di Malamocco. Questo dispositivo rimase pressoché inalterato fino al 1797, anno di caduta della Repubblica, stante appunto l’assoluto controllo del mare Adriatico, che arrivò fino a farvi transitare i convogli mercantili privi di scorta e di spostare il Comando Navale Militare della Serenissima a Corfù. Fu soprattutto la seconda dominazione

austriaca (1814-1866) che sentì l’esigenza di ammodernare questo insieme di architetture militari con l’edificazione di tutta una serie di forti lungo i litorali che, aggiornati dagli italiani agli inizi del XX secolo con la costruzione al loro interno di batterie da difesa costiera in calcestruzzo (3) (straordinari strumenti di deterrenza durante la Grande Guerra), sono giunti fino a noi e sono l’oggetto di questo studio. 2. Varie tipologie di dismissioni dei beni del Ministero della difesa Queste strutture durante gli anni Venti e Trenta del ‘900 rimasero con guarnigioni ridotte e alcune furono addirittura disarmate (4). Nel secondo dopoguerra gran parte delle batterie costiere italiane dovette essere smantellata, in osservanza delle disposizioni del Trattato di Pace (5). Sorse allora il problema della sdemanializzazione di questi immobili, che formalmente appartenevano ancora al demanio militare (in gran parte in gestione alla Marina). Pochi di essi transitarono spontaneamente al patrimonio disponibile (6): la parte più consistente attese l’avvio da parte del legislatore di un’organica opera di sdemanializzazione e dismissione che arriverà solo nel


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nuovo millennio attraverso l’impiego di due distinti “binari normativi”: il trasferimento all’Agenzia del demanio e le dismissioni dirette da parte del Ministero della difesa. I commi da 13 a 13-sexies dell’art. 27 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e ampiamente modificato da successivi interventi legislativi, prevedono sostanzialmente il trasferimento della gestione degli immobili militari dal Ministero della difesa all’Agenzia del demanio senza il versamento di alcun corrispettivo in denaro (7) e il passaggio degli stessi dal demanio militare al patrimonio disponibile con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, come stabilito dall’art. 829 c.c., del decreto di sclassifica. E’ anche disciplinata un’autonoma procedura di verifica dell’interesse culturale, sostanzialmente analoga a quella prevista dall’art. 12 del Codice dei beni culturali e del paesaggio. In attuazione di tali disposizioni il decreto del Direttore generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa, d’intesa con il Direttore dell’Agenzia del demanio, del 27 febbraio 2007 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.

155 del 6 luglio 2007) ha provveduto ad individuare 201 immobili che sono stati consegnati all’Agenzia del demanio, tra cui, nei litorali di Lido e Pellestrina, il Forte Caroman (Batteria Agostino Barbarigo), la Batteria Casabianca (Batteria Angelo Emo), la Batteria Rocchetta, la Caserma G. Pepe o “Quartier Grande dei soldati” (uno dei primi edifici pubblici europei ad aver avuto fin dall’inizio questa destinazione) e l’isola Ottagono Caroman. Il secondo dei “binari normativi” di sdemanializzazione è rappresentato dalle dismissioni dirette da parte del Ministero della difesa previste dall’art. 14-bis del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (8), convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, a sua volta di derivazione dall’art. 3, comma 112, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, recante “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica” (9). Tale normativa ha lo scopo di affiancare ai programmi di razionalizzazione delle infrastrutture della Difesa legati al ridimensionamento quantitativo delle Forze Armate, l’obiettivo strategico di reperire risorse finanziarie aggiuntive rispetto ai trasferimenti di bilancio (da destinare alle esigenze di ammoderna-


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mento e miglior funzionamento della Difesa e al mantenimento degli “standard operativi e di efficienza che le consentono di partecipare alle missioni internazionali anche in un periodo di crisi e di scarsità di fondi a disposizione”) (10). Nello specifico il Ministero della difesa provvede direttamente all’alienazione, permuta, valorizzazione e gestione economica dei propri beni in deroga alla legge 24 dicembre 1908, n. 783, al R.D. 17 giugno 1909, n. 454, e alla normativa di contabilità (fermi restando i principi generali dell’ordinamento giuridico- contabile), anche attraverso l’utilizzo delle concessioni e delle locazioni di valorizzazione; a tale scopo il Ministero può avvalersi del supporto tecnico- operativo di una società pubblica o a partecipazione pubblica con particolare qualificazione professionale ed esperienza commerciale nel settore immobiliare. Anche tale normativa prevede un’autonoma procedura di verifica dell’interesse culturale, esplicitamente regolamentando anche la successiva richiesta di autorizzazione all’alienazione, qualora la verifica abbia avuto esito positivo (11). Originariamente l’Amministrazione

della Difesa poteva trattenere per sé tutti i proventi ottenuti dall’alienazione dei propri beni. Successivamente l’art. 3, comma 12, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, recante “Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo” (c.d. Manovra finanziaria bis), convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, ha disposto che i proventi monetari derivanti da queste operazioni immobiliari siano destinati per una quota parte al fondo di ammortamento dei titoli di Stato (55%), per una quota parte agli enti territoriali interessati dal procedimento di valorizzazione (12) (10%) e il rimanente al Ministero della difesa, esclusivamente per spese di investimento (35%). Quest’ultima modifica della disciplina fa capire come le Autorità Militari, pur ancora molto interessate agli strumenti di dismissione diretta, tuttavia si stiano orientando verso permute o altre operazioni immobiliari che evitino di pagare un “aggio” al Ministero dell’economia, come sta avvenendo per il Forte San Felice a Chioggia, che, assieme all’Idroscalo di Sant’Andrea e alla Caserma Matter a Mestre, sono gli unici immobili della laguna di Venezia


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interessati dalla prima applicazione di questa normativa (13). 3. I trasferimenti agli enti locali e il federalismo demaniale culturale Passati in rassegna gli strumenti a disposizione per far “uscire” questi immobili dal patrimonio del Ministero della difesa, analizziamo ora le procedure per farli “entrare” in quello degli enti locali. Stante l’indubbio interesse culturale dei forti costieri della laguna di Venezia (14), la procedura che si presta meglio allo scopo è quella prevista dall’art. 5, comma 5, del D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85, recante “Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, in attuazione dell’articolo 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42” (c.d. federalismo demaniale culturale). Gran parte delle disposizioni del D.Lgs.n. 85/2010 non hanno avuto attuazione (quelle relative al trasferimento agli enti territoriali del demanio marittimo, del demanio idrico, del demanio aeroportuale e del demanio minerario). Le disposizioni relative ai beni patrimoniali dello Stato di cui all’art. 5, comma 1, lett. e), del D.Lgs. n. 85/2010 hanno trovato una prima

applicazione grazie all’art. 56-bis del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, recante “Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia” (c.d. Decreto del fare). La vera disposizione del D.Lgs. n. 85/2010 di immediata applicazione, e già impiegata in molti casi (15) è l’art. 5, comma 5, che prevede che “nell’ambito di specifici accordi di valorizzazione e dei conseguenti programmi e piani strategici di sviluppo culturale, definiti ai sensi e con i contenuti di cui all’art. 112, comma 4, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, lo Stato provvede, entro un anno dalla data di presentazione della domanda di trasferimento, al trasferimento alle Regioni e agli altri enti territoriali, ai sensi dell’art. 54, comma 3, del citato codice, dei beni e delle cose indicati nei suddetti accordi di valorizzazione” (il c.d. federalismo demaniale culturale). Centrali in questo tipo di procedure sono gli accordi di valorizzazione fra enti previsti dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, la cui versione attuale si deve al D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 156, (recante “Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo


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22 gennaio 2004, n. 42, in relazione ai beni culturali”, c.d. riforma Buttiglione) e a cui i contratti di trasferimento fra Agenzia del demanio e ente locale sono “ancillari”. Vi sono poi i programmi di valorizzazione che dovranno identificare il bene e indicare la destinazione d’uso attuale e gli obiettivi, le strategie, le modalità di attuazione, la sostenibilità economica e i tempi di realizzazione della valorizzazione (16). Il concetto di valorizzazione, intensa non solo in senso architettonico o economico, ma anche come indicata dall’art. 6 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, merita alcune considerazioni (17) . Non pare condivisibile l’opinione di chi ritiene che vi sia attività di valorizzazione solo in presenza di risorse finanziarie pubbliche o private impegnate. Troppo spesso si dimentica che “valorizzare un bene” vuol dire anche solo adibirlo ad usi diversi da quelli consueti (si pensi al cambiamento di destinazione d’uso dell’Arena di Verona nel 1913 da foro boario a teatro dell’opera). Pare più opportuno ripartire l’attività di valorizzazione in “gradazioni e intensità” in base alla tipologia di intervento e ai risultati che si vogliono ottenere. A mero titolo di

esempio possono aversi (in relazione al patrimonio fortificato): 1) semplice pulizia del verde dei siti e apertura al pubblico con visite guidate durante un arco temporale prestabilito (es.: 5 anni); 2) avvio di attività culturali, artistiche, ambientali ed economiche con garanzia del progressivo reinvestimento degli utili nelle strutture; 3) manutenzione straordinaria con l’impiego di risorse finanziarie messe a disposizione dall’ente locale, provenienti dai fondi europei, frutto di accordi di Partenariato Pubblico/ Privato, ecc. Altro elemento rilevante della procedura sono i piani strategici di sviluppo culturale (che nella formulazione dell’art. 112 del Codice dei beni culturali e del paesaggio addirittura precedono e precorrono i programmi). Per i sistemi territoriali complessi, come appunto sono i forti costieri della laguna veneta, a loro volta inseriti nel sistema difensivo di area vasta della città di Venezia (Piazza Forte Militare Marittima di Venezia), la valorizzazione di ogni singola struttura non può prescindere dalle relazioni con il territorio di riferimento, con le vie di comunicazione, con le realtà produttive


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circostanti e soprattutto con gli altri siti fortificati, come quelli già di proprietà del Comune di Venezia in base alla legge n. 662/1996. Il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, a proposito dei sistemi difensivi storici, in una nota della Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Lazio del 9 luglio 2014, riguardante il Campo Trincerato di Roma, esplicitamente ribadisce “quanto già condiviso in una riunione tenutasi presso l’Assessorato alla Trasformazione Urbana di Roma Capitale, alla presenza anche del Demanio sia Direzione Generale centrale che filiale Lazio, nella quale si condivise che la valorizzazione dei Forti di Roma non poteva prescindere da una progettazione integrata che ne valorizzasse l’originario sistema stellare posto oggigiorno ai limiti della città consolidata”. Tale strumento di progettazione integrata sono appunto i piani strategici di sviluppo culturale che, per i beni ancora di proprietà statale, avranno lo scopo di raccordare i vari programmi di valorizzazione per addivenire ad un trasferimento patrimoniale unitario, mentre per le strutture già di proprietà degli enti locali potranno portare alla stipula di atti

concessori “evoluti” (18) con i soggetti gestori ai sensi dell’art. 106 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, con l’eventuale costituzione di un’authority per la gestione e la valorizzazione unitaria del sistema. E’ appena il caso di ricordare che la pianificazione strategica costituisce funzione strategica fondamentale della città metropolitana ai sensi dell’art. 1, comma 44, della legge 7 aprile 2014, n. 56 (c.d. legge Delrio). Una disciplina così evoluta (il federalismo demaniale), dove sono messi insieme trasferimenti patrimoniali, valorizzazione culturale e pianificazione di area vasta, che tuttavia non è applicabile, ai sensi dell’art. 5, comma 4, del D.Lgs. n. 85/2010, ai beni “oggetto delle procedure di cui all’articolo14bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133”, cioè ai beni di dismissione diretta da parte del Ministero della difesa, ma solo agli immobili di cui sia già avvenuto il trasferimento all’Agenzia del demanio. I beni ancora militari saranno liberamente trasferibili agli enti territoriali sulla base di specifici accordi con il Ministero della difesa.


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4. I forti costieri del litorale del Cavallino Un’analisi a parte meritano i forti costieri del litorale del Cavallino. Questi, contrariamente ai forti dei litorali di Lido e Pellestrina, non sono stati edificati su precedenti opere difensive austriache, ma sono stati costruiti all’inizio del XX secolo direttamente sul sistema dunale marino e il loro destino patrimoniale risente di questa genesi particolare. Una volta dismessi dall’uso militare (19) questo insieme di fortificazioni sono state in parte alienate a privati (20) e in parte trasferite al demanio marittimo (21), proprio per la loro prospicienza alla spiaggia e al lido del mare. Se non che, a causa della costruzione della diga foranea nord della bocca di porto di Lido, il litorale del Cavallino è oggetto da fine ‘800 di costante e progressivo interramento e, ora, queste fortificazioni sono venute a trovarsi in piena campagna, senza più alcuna relazione fisica con la linea di costa. Rimane, tuttavia, il legame giuridico con il demanio marittimo, a cui va posto fine se vogliamo anche per esse applicare la normativa sul federalismo demaniale che, lo ricordiamo, per la parte

riguardante i beni demaniali marittimi non ha trovato ancora applicazione. Una soluzione potrebbe consistere nella prodromica applicazione dell’art. 35 cod. nav., che prevede che i terreni abbandonati dal mare, con decreto del ministro dei trasporti e della navigazione (22) di concerto con quello delle finanze, vengano esclusi dal demanio marittimo qualora siano ritenuti dal capo del compartimento marittimo non più utilizzabili per gli usi pubblici del mare. Successivamente sui beni sdemanializzati dal punto di vista marittimo, la demanialità culturale potrà espandersi liberamente, se gli immobili sono già titolari di vincolo storico-artistico, o radicarsi ex novo se la verifica dell’interesse culturale dovesse essere effettuata successivamente, consentendo così l’applicazione dell’art. 5, comma 5, del D.Lgs. n. 85/2010. L’atto di sdemanializzazione potrà persino essere contestuale alla stipula dell’accordo di valorizzazione e al rogito di trasferimento fra Agenzia del demanio ed ente locale, qualora il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sia parte di tale accordo, sia invitato ai Tavoli Tecnici Operativi regionali e approvi contestualmente l’atto di sdemanializzazione.


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5. Conclusioni Riassumendo. I forti costieri di possibile trasferimento senza esborso di denaro al Comune di Venezia ai sensi dell’art. 5, comma 5, del D.Lgs. n. 85/2010 possono essere: 1) sul litorale di Pellestrina il Forte Caroman (Batteria Agostino Barbarigo), l’Ottagono Caroman, il Forte S. Stefano (Batteria Daniele Manin), il Forte San Pietro in Volta (Batteria Marco Polo); 2) sul litorale di Lido la Batteria Rocchetta, la Batteria San Leonardo (Batteria Francesco Morosini), la Batteria Casabianca (Batteria Angelo Emo) e la Caserma G. Pepe o “Quartier Grande dei soldati”. I forti costieri di possibile trasferimento senza esborso di denaro al Comune di Cavallino-Treporti ai sensi dell’art. 5, comma 5, del D.Lgs. n. 85/2010, previa risoluzione delle problematiche di demanio marittimo, possono essere: la Batteria Amalfi e la Batteria Vettor Pisani sul litorale di Cavallino. Il Forte San Felice a Chioggia può essere oggetto di trasferimento al Comune di Chioggia previo accordo con le Autorità Militari.

Note: 1) Cfr. P. Bevilacqua, Venezia e le acque – Una metafora planetaria, Roma, 1995. 2) A parte le bordate esplose dal Forte di Sant’Andrea il 20 aprile 1797 contro la tartana francese dall’eufemistico nome di “Libérateur d’Italie”, che aveva tentato di violare il blocco navale imposto dai veneziani alla flotta napoleonica. 3) Il cui nome è riportato fra parentesi. 4) Una delle più imponenti (il Forte Quattro Fontane) venne addirittura trasferita al Comune di Venezia e i corpi di fabbrica utilizzati per costruirvi in elevazione il Casinò Municipale. 5) Sul punto si veda F. Lazzarini – C.A. Clerici, Gli artigli del leon, Parma, 1997. 6) Come i forti San Pietro in Volta (Batteria Marco Polo) e S. Stefano (Batteria Daniele Manin) nel litorale di Pellestrina, quest’ultimo poi dato in locazione ad un’officina meccanica, o la Batteria San Leonardo (Batteria Francesco Morosini) agli Alberoni, usata come colonia marina del Comune di Venezia. 7) Le varie modifiche introdotte al testo normativo hanno inserito in un secondo momento la previsione che la consegna all’Agenzia del demanio non possa avvenire se a monte non vi sia un programma di razionalizzazione, accorpamento, riduzione e ammodernamento delle infrastrutture militari che abbia lo scopo di favorirne il trasferimento in aree maggiormente funzionali ai servizi svolti. Oggi si vedano i commi da 2 a 6 dell’art. 307 del Codice dell’ordinamento militare (D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66) che hanno sostituito, ricalcandone letteralmente la disciplina, i commi da 13 a 13-sexies


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dell’art. 27 del D.L. n. 269/2003. 8) Ora art. 307, comma 10, del Codice dell’ordinamento militare. 9) In base a tale normativa si è provveduto a dare avvio alla dismissione del Forte Alberoni nel litorale di Lido e si è proceduto a trasferire la proprietà al Comune di Venezia dei forti Marghera, Carpenedo, Gazzera, Tron, Rossarol, Mezzacapo e Pepe in terraferma. 10) Cfr. Comunicato Stampa del Ministero della difesa emesso il 10 marzo 2009 in occasione del Salone Mondiale MIPIM di Cannes. 11) I beni del “demanio militare”, divenuti del “demanio culturale”, sono quindi alienabili nel rispetto delle disposizioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio. 12) A tal fine il Ministero della difesa è autorizzato a promuovere con tali enti apposite conferenze di servizi o accordi di programma, le cui determinazioni finali, qualora approvate entro trenta giorni dal consiglio comunale, costituiscono variante agli strumenti urbanistici. 13) Cfr. decreto del Direttore generale dei lavori e del demanio 5 marzo 2010 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 149 del 29 giugno 2010). 14) Ormai le soprintendenze si stanno orientando verso l’accertamento dell’interesse storico-artistico in tutte le opere di difesa risalenti alla Grande Guerra e anteriori, perciò possono aversi beni sdemanializzati come “non culturali” a cui sia apposto il vincolo in un momento successivo. 15) Al 29 gennaio 2016 le richieste di trasferimento ai sensi dell’art. 5, comma 5, del D.Lgs. n. 85/2010 riguardano 648 immobi-

li, di cui 436 accolte. A tale data sono attivi 233 Tavoli Tecnici fra Comuni, Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e Agenzia del demanio. Su un totale di 144 programmi di valorizzazione presentati dagli enti locali, è arrivata l’approvazione di 98 programmi e l’iter di trasferimento si è definitivamente concluso per 67 immobili, che sono stati devoluti definitivamente ai Comuni. 16) Cfr. anche il Protocollo d’Intesa fra Ministero per i beni e le attività culturali e Agenzia del demanio del 9 febbraio 2011 che definisce le procedure operative a cui gli organi periferici dovranno attenersi nell’attuazione delle previsioni in materia di trasferimento agli Enti territoriali di beni immobili appartenenti al patrimonio culturale dello Stato. Nel Protocollo è, tra l’altro, prevista la costituzione di Tavoli Tecnici Operativi regionali con lo scopo di assicurare la conoscenza completa ed aggiornata delle caratteristiche fisiche, storico-artistiche e giuridiche dei beni di cui sia stato chiesto il trasferimento in proprietà, al fine di verificarne la suscettività a rientrare negli accordi di valorizzazione. Fra i compiti dei Tavoli vi è poi la verifica, sulla base dei criteri di territorialità, sussidiarietà, adeguatezza, semplificazione, capacità finanziaria, correlazione con competenze e funzioni e di valorizzazione ambientale, fissati dalla legge n. 42/2009 e dal D.Lgs. n. 85/2010, delle condizioni per il trasferimento dei beni individuati dall’Ente territoriale richiedente, tenuto altresì conto delle esigenze statali connesse alla predisposizione di idonei piani di razionalizza-


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zione degli usi governativi. Da ultimo i Tavoli definiscono gli specifici contenuti dell’accordo di valorizzazione, con indicazione delle strategie e degli obiettivi comuni di valorizzazione e dei conseguenti programmi e piani di sviluppo culturale che garantiscano la massima valorizzazione culturale, tenendo conto delle caratteristiche fisiche, morfologiche, ambientali, paesaggistiche, culturali e sociali dei beni individuati e dei vincoli posti a tutela degli stessi ai sensi del D.Lgs. n. 42/2004 e promuovendone l’integrazione con le infrastrutture e i settori produttivi collegati. 17) “La valorizzazione consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, anche da parte delle persone diversamente abili, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura” (art. 6 Codice dei beni culturali e del paesaggio). 18) I singoli programmi di valorizzazione redatti per le strutture già di proprietà comunale, costituiranno “allegati tecnici” ai singoli atti concessori in cui sia prevista la possibilità di: 1. effettuare attività di somministrazione alimenti e bevande in conformità con le normative vigenti; 2. fornire servizi ambientali (quali, a titolo esemplificativo, escursioni, visite guidate nel circondario aventi come punto di partenza e arrivo i forti, laboratori di educazione ambientale e storica, ecc.); 3. effettuare vendita al minuto di prodotti del territorio (quali, a titolo esemplificativo,

prodotti biologici, biodinamici o a kilometro zero, artigianato locale, pubblicazioni di carattere storico-architettonico, ecc.); 4. realizzare laboratori artigianali di restauro permanente; 5. ricercare sponsorizzazioni passive; 6. ecc. 19) Che ha visto una di queste strutture avere un ruolo determinante durante la Grande Guerra, unica fra le opere di difesa della Piazza Forte Militare Marittima di Venezia. Nel giugno del 1918, infatti, è stato invertito l’ordine di tiro della Batteria Amalfi e, con i suoi pezzi da 381/40, ha fatto fuoco di sbarramento sul fronte Sile-Piave Vecchia. 20) La batteria da difesa costiera San Marco fa parte del Camping Mediterraneo e la batteria da difesa costiera Radaelli è ora integrata nel Villaggio Turistico San Paolo. 21) Le batterie da difesa costiera Amalfi e Vettor Pisani. 22) Ora ministro delle infrastrutture e dei trasporti.


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Fig. 2. Nella mappa le fortificazioni di appartenenza statale nel territorio dei Comuni di Venezia, Cavallino-Treporti e Chioggia. I manufatti indicati sono solo quelli di cui si occupa lo scritto, a fronte di un sistema difensivo veneziano ben piĂš ampio. Illustrazione di Andrea Maggiolo; rielaborazione grafica di Alessia Boscolo Nata.


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Acquisition of coastal military property by local government bodies: Venice, a case in point. Juridical and legislative aspects. Andrea Grigoletto 1. Premise: a lagoon inviolate and inviolable Venice and its waters constitute a planetary metaphor (1), in the sense that the world’s seemingly least defended city actually possessed a system of protection resistant to any attack (2). The system depended on the secrecy of lagoon navigation and on the city’s nearly undisputed dominion over the Adriatic sea which, for this reason, came to be considered the “Gulf of Venice”. From the end of the fourteenth century on, this system was strengthened thanks to the building, in subsequent phases, of five imposing fortifications at lagoon inlets— forts San Felice, San Nicolò, Sant’Andrea, Alberoni and San Pietro—set up to defend access from the sea to the lagoon, and of other, smaller constructions—the Octagons—defending the new access to the area near St. Mark’s from the port at Malamocco. Until the Republic toppled in 1779, the situation remained essentially stable, thanks to Venice’s dominion over the Adriatic Sea. Her dominion, indeed, was so secure that she could allow merchant ships to navigate without military escort, and it was so far-reaching that the Serenissima’s navy headquarters were transferred to Corfù. The second Austrian domination (18141866) convinced Venice that she needed to modernize her system of coastal military defense. She consolidated that series of coastline forts which the Italians improved during the beginning of the twentieth century, building concrete batteries within their walls (3). The forts thus functioned

as extraordinary instruments of deterrence during the First World War. Having survived until today, they are the object of our study. 2. Modalities of property divestment by the Ministry of Defense During the 1920s and 1930s, these structures housed only small garrisons; some of them were even disarmed completely (4). Following World War II, most of the Italian coastal batteries had to be dismantled, in compliance with the Peace Treaty (5). Therefore the issue of divestment emerged concerning such forts (6). Formally, they still belonged to the Military (and were managed mostly by the Navy). Few of them spontaneously came to be considered disposable property. Most of them lay waiting for the legislature to define an organic system of detraction and divestment from government ownership. Only in the new millennium did this system see the light. It foresees the use of two distinct “normative tracks”: transfer to the Government property agency, or Agenzia del Demanio, and direct divestment by the Ministry of Defense. Substantially, paragraphs 13-13 sexies of art. 27, D.L. 30 September 2003, n. 269, modified and converted into law 24 November 2003, n. 326, and amply modified by later legislative initiatives, foresee the transferring of military properties’ management from the Ministry of Defense to the Agenzia del Demanio, without payment of any monetary sum (7), and the passage of such properties from military ownership to the list of disposable patrimony following notification in the Gazzetta Ufficiale, as stipulated by art. 829, c.c., of the decree concerning declassification of property. Legislation also provides for an autonomous procedure of verification concerning cultural interest,


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basically analogous to the one defined in art. 12 of the Cultural heritage and landscape code. In implementing these provisions, the General Director of works and government property of the Defense Ministry, in accord with the Director of the Agenzia del demanio, drew up a decree on 27 February 2007 (published in the Gazzetta Ufficiale, n. 155, 6 July 2007) which named 201 constructions consigned to the Agenzia del demanio. They include fortifications along the Lido and Pellestrina coast, such as Fort Caroman (Agostino Barbarigo Battery), the Casabianca Battery (Angelo Emo Battery), the Rocchetta Battery, the G. Pepe Barracks or “Soldiers’ headquarters” (one of the first European public edifices enjoying such a destination from early on), and Ottagono Caroman island. The second “normative track” for the divestment of government property regards divestments directed by the Defense Ministry as stipulated in art. 14-bis of D.L. 25 June 2008, n. 112 (8), modified and converted into law n. 133, 6 August 2008, which it self originates from art. 3, paragraph 112 of law n. 662,23 December 1996, , specifying “Measures for rationalizing public finance” (9). These provisions would expand rationalization programs for Defense infrastructures— programs targeting the quantitative reduction of the Armed Forces—by assigning them a further strategic goal: that of gaining additional financial resources with respect to budget transfers. Such resources would not only address Defense’s need for modernization and greater efficiency, but also maintain operative and functional standards allowing the armed forces to participate in international missions, even during periods of crisis and in the scarcity of available funding (10). Specifically, the Defense Ministry directly

oversees the transfer, exchange, evaluation and economic management of its property in derogation of law n. 783, 24 December 1908, of the Royal Decree; law n. 454, 17 June 1909; and of the accountancy regulations (while the general principles of the juridical accounting norms remain intact). In doing so, it may also make use of value-enhancing concessions and locations. To this end, the Ministry may call on the technical and operative support of a public or part-public company which is highly qualified and experienced in the commercial real estate sector. The regulations concerning this aspect require an autonomous procedure for verifying cultural interest, and explicitly apply, as well, to the successive request for authorizing the property transfer, once the verification has resulted in a positive judgment (11). According to the original ruling, the Defense Administration was entitled to keep any profit gained by the transfer of its property. The situation changed after art. 3, paragraph 12 of D.Lgs. n. 138, 13 August 2011, setting out “Further urgent measures of financial stabilization and development” (so-called Manovra finanziaria bis), was modified and converted into law n. 148, 14 September 2011.This new law requires that any monetary profit deriving from such real estate dealings be thus distributed: 55% assigned to the amortization fund for government bonds; 10% assigned to territorial bodies affected by the valorization process (12); and the remaining 35% assigned to the Defense Ministry, to be used only for investment expenses. This latest legislative modification shows that the Military Authorities, though still actively interested in the instruments for direct divestment, are nonetheless oriented toward property exchanges or other real estate operations that do not entail


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payment of a “premium” to the Ministry of Economy. Such payment fell due, instead, in the case of Fort San Felice at Chioggia which, together with Sant’Andrea Idroscalo and the Matter Barracks at Mestre, is the only real estate property in the Venetian lagoon affected by the earliest application of the recent legislation (13). 3. Transfers to local bodies and the cultural federalism of state ownership Having examined the available instruments for “removing” such real estate properties from ownership by the Defense Ministry, let us now analyze the procedures allowing them to “enter” the realm of ownership by local bodies. In light of the clear cultural importance of coastal forts in the Venetian lagoon (14), the most efficient procedure is the one set out in art. 5, paragraph 5 of Legislative Decree (D.Lgs.) n. 85, 28 May 2010, entitled “Attribution of property to municipalities, provinces, metropolitan areas and regions, through implementation of art. 19, law n. 42, 5 May 2009” (socalled cultural federalism of government ownership). Most of the provisions contained in D.Lgs. n. 85/2010 have failed to find application: i.e., those regarding transfers to the territorial bodies of government property in the maritime, hydrological, airport or mineralogical realm. The provisions regarding State properties which are contained in art. 5, paragraph 1, letter e), and in D.Lgs. n. 85/2010, have found initial application thanks to art. 56-bis of D.Lgs. n. 69, 21 June 2013, entitled “Urgent provisions for relaunching the economy” (the so-called “practical law” or Decreto del fare). The central provision of D.Lgs. n. 85/2010, which is immediately applicable and already used in many cases (15), is art. 5, paragraph 5, stipulating that “in the

area of specific agreements for enhancing value, and the consequent programming of strategic plans for cultural development” as defined by the specifications and content of art. 112, paragraph 4 in the Code of cultural heritage and landscape, relative to D.Lgs. n. 42, 22 January 2004, with successive modifications”,within a year after the date of application for the transfer, the State shall transfer the goods and objects indicated in the agreement for property value enhancement to the Regions and other territorial bodies. This shall occur according to art. 54, paragraph 3 of the above-mentioned code, in realization of the so-called “cultural federalism of state ownership”. In this type of procedure, fundamental agreements between bodies for property value enhancement are foreseen by the Cultural heritage and landscape code. The code’s present version was produced by D.Lgs. n. 156, 24 March 2006, entitled “Provisions correcting and completing D.Lgs. n. 42, 22 January 2004, concerning the cultural heritage”: the so-called Buttiglione reform. Contracts for property transfers between the Agenzia del demanio and the local body are considered “ancillary” to the code. We also find property value enhancement programs which must identify the good and indicate its present usage, along with the goals, strategies, implementation methods, economic sustainability and scheduling for the achievement of value enhancement (16). We should now examine the concept of value enhancement, understoon not only in an architectural or economic sense, but also as indicated by art. 6 in the Cultural heritage and landscape code (17). We do not share the opinion of those who say there exists and activity of value enhancement only in the presence of public or private funding. All too often we forget that “enhancing


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the value” of a good may simply entail adapting it to a different use (consider the change in usage of the Verona Arena: once a cattle market, it has now become an opera theater). It is more opportune to classify the enhancement activity according to “gradation and intensity”, based on the type of intervention and the results we hope to obtain. For example, as regards the fortification heritage, we may find: 1) simple grooming of green areas at sites, and public admission with guided tours for a pre-established period (e.g., five years); 2) launching cultural, artistic, environmental and economic activities, guaranteeing the progressive reinvestment of profits in site structures; 3) special maintenance using financial resources made available by the local body, originating from European funds, resulting from public/private partnerships, etc. Another important element in the procedure lies in the strategic planning of cultural development: in the formulation of art. 112 of the Cultural heritage and landscape code, such planning even precedes the programs themselves. In the case of complex territorial systems such the coastal fortification of the Venetian lagoon, belonging as it does to the wide-ranging defensive system for the city of Venice (Venice’s Piazza Forte Militare Marittima), the value enhancement of each single structure cannot help but relate to the surrounding territory, to roads, to the nearby productive systems, and above all, to the other fortified sites, such as those already owned by the Municipality of Venice according to law n. 662/1996. On 9 July 2014, the Ministry of cultural activities and tourism considers our historical defensive systems in response to a note from the Regional office of Lazio’s cultural and landscape heritage,

regarding Rome’s Campo Trincerato. The Ministry explicitly recalls “opinions already expressed in a meeting held at the Assessorato for urban transformation of Roma Capitale, in the presence of both the central headquarters and the Lazio branch of the Government property department. At the meeting, participants agreed that the value enhancement of Rome’s forts could not be undertaken without a comprehensive scheme appreciating the original stellar system, located today on the margin of the consolidated city. In order to achieve such comprehensive planning we shall rely, above all, on strategic plans for cultural development. As regards property still owned by the government, such plans will strive to coordinate various value enhancement programs in order to achieve a unified transfer of ownership. Instead, as regards structures already owned by local bodies, the strategies may lead to stipulation of “evolved” (18) concessionary acts, foreseeing management figures according to art. 106 of the Cultural heritage and landscape code. In such cases a specific management authority may be nominated to manage and coordinate value enhancement of the system as a whole. Obviously, strategic planning constitutes the fundamentale strategic function of the urban city area, according to art. 2, paragraph 44 of law n. 56, 7 April 2014 (the so-called Delrio law). Federalism in government ownership is a highly developed discipline embracing property tranfers, cultural enhancement and planning over vast areas. However, according to art. 5, paragraph 4 of D.Lgs. n. 85/2010, it does not apply to properties “subject to the procedures defined in art. 14-bis of D.Lgs. n. 112, 25 June 2008, converted, with modification, into law n. 133, 6 August


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2008”. These are properties subject to direct divestment by the Defense Ministry. The discipline holds true only for real estate which has already been transferred to the Agenzia del demanio. Property which is still owned by the military will be freely transferrable to territorial bodies according to specific agreements drawn up with the Defense Ministry 4. Forts along the Cavallino coastline The coastal forts of Cavallino merit special consideration. Unlike the forts along the coastlines of Lido and Pellestrina, the Cavallino forts were not built on the foundations of preceding, Austrian defensive structures. They rose in the early twentieth century directly upon the marine dune system, and their destiny as property reflects this peculiar genesis. Once freed of its military functions (19), this fortification system was in part sold off to private individuals (20) and in part transferred to maritime government ownership (21), given the forts’ position facing the beach and coastline. However, following construction of the northern offshore dike at the mouth of Lido’s port, ever since the late nineteenth century the Cavallino shoreline has undergone constant, progressive burial. Today, its forts find themselves sitting in the fields, deprived of any physical relationship with the seashore. Still, the juridical condition confining them to maritime government ownership still remains. It should be abolished if we want to apply to these forts as well, that federalism of government ownership which has not yet found due expression. One possible solution might be the preliminary application of naval code art. 35. It stipulates that the Ministry of transportation and navigation (22), in coordination with

the Ministry of finance, may rule that given lands abandoned by the sea shall be excluded from maritime government ownership if the head of the maritime department declares them to be no longer apt for public usage of the sea. Culturally, the divestment of government property may then freely expand to to embrace divested maritime property, if the buildings involved are already entitled to historical and artistic protection; or it may find new terrain, if the verification of cultural interest takes place later on, allowing application of art. 5, paragraph 5, of D.Lgs. n. 85/2010. The act of divestment from government ownership may directly involve both stipulation of an agreement for value enhancement and the deed transferring property from the Agenzia del demanio to the local body, if the Ministry of infrastructure and transportation takes part in the agreement, is invited to the Regional technico-operative table, and in this context, approves the act of divestment. 5. Conclusion In accordance with art. 5, paragraph 5 of D.Lgs. n. 85/2010, the following coastal forts may possibly be transferred without monetary outlay to the Municipality of Venice: 1) On the Pellestrina coastline, Fort Caroman (Agostino Barbarigo Battery), Ottagono Caroman, Fort Santo Stefano (Daniele Manin Battery), Fort San Pietro in Volta (Marco Polo Battery); 2) On the Lido coastline, Rocchetta Battery, San Leonardo Battery (Francesco Morosini Battery), Casabianca Battery (Angelo Emo Battery), G. Pepe Barracks (or “Quartier Grande dei soldati). In accordance with art. 5, paragraph 5 of D.Lgs. n. 85/2010, coastal forts transferrable without monetary outlay to


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the Municipality of Cavallino-Treporti after solving issues involving maritime government ownership, may include Amalfi Battery and Vettor Pisani Battery, on the Cavallino coast. Fort San Felice at Chioggia might become transferrable to the Municipality of Chioggia upon agreement with the Military Authorities. Notes: 1) See P. Bevilacqua, Venezia e le acque – Una metafora planetaria, Rome, 1995. 2) Except for the shots fired from Fort Sant’Andrea on 20 April 1797 at the French tartan bearing the euphemistic name, Libérateur d’Italie, which had attempted to break through the blockade imposed by the Venetians against Napoleon’s fleet. 3) Name given in parentheses. 4) One of the most imposing, Fort Quattro Fontane, was even transferred to the Municipality of Venice; its buildings were used as a base for the Municipal Casino. 5) See F. Lazzarini, C.A. Clerici, Gli artigli del leon, Parma, 1997. 6) Like Fort San Pietro in Volta (Marco Polo Battery) and Fort Santo Stefano (Daniele Manin Battery) on the Pellestrina coast. The latter was later rented out to a mechanic’s. Or like San Leonardo Battery (Francesco Morosini Battery) at Alberoni, used as a seaside summer camp by the Municipality of Venice. 7) Later, the various modifications made to the legal text included the provision that the property transfer to the Agenzia del demanio cannot occur except in the wake of previous programming toward the rationalization, standardization, reduction and modernization of military infrastructures, with the purpose of furthering their transfer to areas favoring greater efficiency in the services offered. Today, see paragraphs 2-6 of art. 307, Code of military law (D.Lgs. 15 March 2010, n. 66), which have substituted paragraphs 13-13- sexies of art. 27, D.Lgs. n.

269/2003, even while mirroring their discipline. 8) Now art. 307, paragraph 10 of the Code of military law. 9) Based on these laws, the divestment of Lido’s Fort Alberoni began; and the following mainland property was transferred to the Municipality of Venice: Forts Marghera, Carpenedo, Gazzera, Tron, Rossarol, Mezzacapo and Pepe. 10) See press comuniqué by the Ministry of Defense, issued on 10 March 2009 during the Salone Mondiale MIPIM at Cannes. 11) Having passed to “cultural government ownership”, military property formerly owned by the government is therefore saleable, in compliance with the Cultural heritage and landscape code. 12) To this end, along with such bodies, the Ministry of defense is authorized to promote special conferences on services or programming agreements. Their conclusions, if approved within thirty days by the town council, form a variation among the instruments for urban plann 13) See ruling by the General director of works and government property, 5 March 2010, published in the Gazzetta Ufficiale, n. 149, 29 June 2010. 14) Nowadays, curators are oriented toward ascertaining the historical-artistic interest of all defense works up to and including World War I; therefore we may find divested property classified as “non-cultural”. 15) As of 29 January 2016, the requests for property transfers in accordance with art. 5, paragraph 5 of D.Lgs. n. 85/2010 regard 648 buildings; 436 requests have been accepted. As of this date, 233 Technical tables are active, involving Municipalities, the Ministry of cultural goods and activities and tourism, and the Agenzia del demanio. Of 144 value enhancement programs presented by local bodies, 98 have been approved, and the procedure for property transfer has been completed for 67 buildings, now turned over permanently to the Municipality.


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16) Also see the Agreed protocol between the Ministry of cultural goods and activities and the Agenzia del demanio, 9 February 2011, which sets out the operating procedures which peripheral bodies must use in implementing provisions regarding the transfer to territorial bodies, of property belonging to the cultural heritage of the State. The protocol foresees the formation of Regional technical operative tables whose goal is to ensure complete, up-to-date knowledge of the physical, historico-artistic and juridical characteristics of property whose transferral is being requested, in order to verify compliance with the relative value enhancement agreements. The Tavoli’s tasks include verification of conditions for the transfer of goods named by the territorial body making the request. The criteria, fixed by law n. 42/2009 and D.Lgs. n. 85/2010, are based on territoriality, subsidiarity, adequacy, simplification, financial sustainability, and correlation with competencies and functions respecting the environment. Attention is also given to government’s needs: adequate plans are set up regarding the government’s rational usage of goods. Finally, the Tavoli define specific content in the value enhancement agreement. They indicate common enhancement strategies and goals, and consequent programming and plans for cultural development meant to ensure maximum cultural appreciation, in light of the physical, morphological, environmental, landscape, cultural and social characteristics of the property in question, and of the legal restraints protecting it according to D.Lgs. n. 42/2004. They promote its integration with the neighboring infrastructures and productive sectors. 17) “Value enhancement consists in the exercising of functions and in the discipline of activities aimed at furthering knowledge of the cultural heritage, and at ensuring the best possible conditions for public utilization and fruition of the heritage itself, even by disabled persons, so as to promote cultural development (art. 6, Cultural

heritage and landscape code). 18) Any specific programs for cultural enhancement set out for structures already owned by the municipality, shall form “technical attachments” to the single concessionary acts, which foresee the possibility of: 1. distributing food and beverages in compliance with current law; 2. providing environmental services such as excursions and guided tours in the surrounding area, starting out from and arriving at forts; offering workshops in environmental education and history, etc.; 3. the retail selling of local products, such as biological, biodynamic or “zero-kilometer” foods, local crafts, historical and artistic publications, etc.; 4. creating crafts studios which host ongoing restoration projects; 5. searching for non-active sponsorships; 6. etc. 19) Leading one such structure in a crucial role during World War I, alone among the defense structures of Venice’s Piazza Forte Military Marittima. In June 1918, the Batteria Amalfi was ordered to change shooting direction; with its 381/40 guns it fired a blockade along the SilePiave Vecchia front. 20) The San Marco coastal defense battery is now part of the Camping Mediterraneo, and the Radaelli coastal defense battery is incorporated in the Villaggio Turistico San Paolo. 21) Amalfi and Vettor Pisani coastal defense batteries. 22) Now minister of infrastructure and transport.


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Fig. 3. Forte San Felice a Chioggia.


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Fig. 1. Castello di Silves, veduta del parco.

Fig. 2. Sistema di percorsi pavimentati in legno: schizzi di progetto.

Fig. 3. Sistema di percorsi pavimentati in legno messi in opera.


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Paesaggi di Guerra Joao Nunes, con Fiorenzo Meneghelli

Barbara Silva nell’introduzione al testo Proap architettura del paesaggio, sintetizza in modo efficace l’opera di Joao Nunes e dello studio PROAP “… cercare di capire ogni paesaggio ed ogni luogo, per poi attribuirgli un disegno coerente con il suo significato, è sempre stata una preoccupazione intrinseca ad un modo di fare che si traduce in un dialogo di riflessione con ciascun progetto.” Prima di proporre un disegno “concreto” vi è la coscienza che il lavoro nel e sul paesaggio non corrisponderà mai ad un’immagine statica ed immutevole. Usando le parole di Nunes potremmo dire che non vi è l’intenzione di incidere un’immagine nel terreno, quanto piuttosto quella di comprendere le caratteristiche del luogo, capire le energie che determinano il suo funzionamento, suscitando il desiderio di trasformarlo in accordo con il flusso definito da queste energie. Da queste brevi note si comprende la profondità e la complessità dell’elaborazione concettuale del progetto da parte di Nunes, qui presentata in alcuni progetti. Castello di Silves (2003-2008). Il tema dell’accesso al castello lungo il

Fig. 4. Schizzo concettuale. Parco del Tejo e Troncao, Lisbona.

Fig. 5. Schizzo concettuale. Parco del Tejo e Troncao, Lisbona.


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Fig. 6. Cava do Viriato, planimetria generale.

Fig. 7. Cava do Viriato, percorsi lungo il parco.


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pendio diventa il segno del progetto di paesaggio. I due percorsi, pedonale e carraio, si distinguono e si integrano nelle funzioni e nei materiali, con particolare attenzione al rispetto dell’area archeologica su cui insistono. Partendo dai dislivelli dei terrazzamenti esistenti, vi è un sistema funzionale e gerarchico di percorsi pavimentati in legno e ghiaia, che permettono un avvicinamento graduale all’entrata del castello. I percorsi offrono possibilità di vedere determinate inquadrature delle mura del castello e di avere visioni privilegiate sulla città e sulla campagna circostante. Cava do Viriato (2000-2008) L’impianto ottagonale della città denota l’origine militare del sito attribuito ad uno dei primi insediamenti dei Lusitani e divenuta fortezza romana nel I° secolo a.C. Il progetto di riqualificazione del monumento nazionale di Cava do Viriato previste dal programma Polis prevede l’intervento articolato in tre aree fondamentali: il monumento la Cava do Viriato; il Parco del Mercato e il Parco Weir. In questo spazio il progetto fa convivere l’installazione del mercato di Viseu

Fig. 8. Cava do Viriato in relazione al contesto urbano.

Fig. 9. Cava do Viriato, percorsi lungo il terrapieno.


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10., 11. Herinneringspark, schemi di progetto. Fig. 10.Fig. 17.jpg Fig. 11. 18.jpg

Fig. 12. Herinneringspark, proposta progettuale.


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con un parco urbano che corre lungo le rive del fiume Paiva collegandoli con un percorso ciclo-pedonale. Il tutto contribuisce a formare un rapporto unitario tra città ed il suo intorno urbano e rurale. Herinneringspark ( 2010-2011) La regione del Westhoek, in Belgio, è stata uno dei luoghi in cui si sono svolte le battaglie più cruente della Prima Guerra Mondiale. La regione delle Fiandre insieme al Ministero della Cultura Belga, in previsione del centenario della guerra, ha indetto un concorso internazionale per un progetto turistico/ culturale a vasta scala “PARCO DEL RICORDO 2014-2018”. Questa area ha subito rilevanti trasformazioni del paesaggio, che hanno “assorbito i segni della guerra” ma hanno mantenuto vivo il ricordo di quel tragico momento storico. La proposta progettuale prevede la realizzazione di un parco tematico culturale, dove il tema principale é la guerra, inserito in un contesto territoriale che si è modificato nel tempo con le azioni delle varie comunità civili. Il Paesaggio è qui inteso come un sistema di segni tracciati sul territorio dalle differenti

Fig. 13. Disegno, penna a inchiostro su carta.

Fig. 14. Disegno, penna a inchiostro su carta.


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Fig. 15. Herinneringspark, proposta progettuale.

Fig. 16. Herinneringspark, proposta progettuale.


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comunità, quelli sovrapposti alle tracce della genesi dello stesso territorio e quelli lasciati dalle trasformazioni che le comunità hanno tracciato nel tempo. Il progetto che ha come tema centrale la nozione di Parco, offre la possibilità di mostrare il Paesaggio inteso come processo, in cui ogni segno è memo e stratificazione del tempo. L’area di intervento è considerata un modello di territorio aperto, che contiene il codice genetico del paesaggio e, allo stesso tempo, garantisce più possibilità di interpretazione e di letture dello spazio. Si stabilisce così un dialogo tra la Memoria (le cicatrici lasciate dalla guerra e i loro significati) e l’Oblio (evoluzione stabilita per la vita quotidiana del territorio), che diventano i punti di partenza del progetto. Il Tempo è inteso come scultore del paesaggio; il Limite come la nozione che presiede l’evoluzione del territorio; l’Arte come strumento efficiente per la realizzazione di un vincolo emozionale e fisico; la Stratificazione come una sequenza di punti sulla linea dell’evoluzione del paesaggio che permette una comprensione temporale. Esistono tre elementi principali in questo progetto: le Porte d’accesso, interu-

zioni temporali che marcano i punti di entrata al parco; le Connessioni, strutture lineari che collegano gli accessi principali ai luoghi di maggiore interesse; e i Luoghi sacri preesistenti e nuovi, i Momenti di celebrazione nel parco e, più di una volta, di compressione temporale. Questi elementi rappresentano anche gli approcci tematici per l’esplorazione del parco: arte, memoria, gastronomia, ecologia, fotografia e paesaggio. Il periodo di 100 anni definisce una giustapposizione di due calendari differenti (1914-1918 la guerra e 2014-2018 la realizzazione del parco), che possono essere considerati come piattaforme aperte, in cui Ricordo e Oblio possono manifestarsi con espressioni sia fisiche che astratte.


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Warfare landscapes Joao Nunes, with Fiorenzo Meneghelli Barbara Silva’s introduction to PROAP – Landscape architecture effectively synthetizes the work of Joao Nunes and PROAP office. “Trying to understand every landscape and every place, to return a coherent design with its own meaning, has always been an intrinsic worry for a way of acting that translates into a reflective dialogue with each design project.” Before starting the proposal of a real design, there is the conscience that the work on landscape will never translate into a static and unchanging image. In Nunes words we could say that there is no intention to sculpt an image on the ground, but to understand the character of the place, learn the energies that determine its functioning, inspiring the desire to transform it according to its inner energies. Starting from these notes we can understand the deepness and complexity of Nunes intellectual effort into the development of the project, of which some examples are discussed here. Silves Castle (2003-2008) The theme of accessibility to the castle on the hillside becomes the sign of landscape design. The two paths, footpath and carpath, are distinguished and integrated in functions and materials, with particular attention to the historical area where they insist. Moving from existing terraces, there is a functional and hierarchical system of wooden or gravel paved paths that allow for a gradual approach to the castle entrance. Paths allow for the possibility to look at different frames of the castle walls, as well as privileged views on the city and surrounding countryside. Cava do Viriato (2000-2008)

The octagonal plant of the city speaks of the military origin of the site, generally attributed to a first Lusitan settlement and then turned Roman fortress in I century a.C. The requalification project of Cava do Viriato National Monument is part of EU Polis Program and consist of three different parts: Monument of Cava do Viriato, Market Park and Weir Park. In this space Viseu marketplace coexists with an urban park stretching along the quays of Paiva River where a bicycle path makes the connection. All items do coexist and contribute to the unitarian link between city and its natural and rural surroundings. Herinneringspark (2010-2011) Westhoek region in Belgium has been one of the sites of the cruelest battles of World War First. Flanders Region in cooperation with the Ministry of Culture of Belgium, in prevision of the war centenary has published an international competition for a large scale touristic/cultural project named Remembrance Park 2014-2018. This area has been heavily transformed in its landscape, which absorbed the signs of the war but did maintain alive the memory of the tragic historical moment. The project provides a thematic cultural park where the main concept is war, in a landscape transformed along time by the actions of the civilian communities. Landscape is described as the collection of signs traced in the territory by different communities, both the signs generated by the natural territory itself, and those generated by the transformations that mankind deposited along time. The design project of a Park gives the opportunity to show landscape as a process (where every sign is memory and stratification over time). The area of intervention is considered a territorial


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open and transversal model, producing the genetic code of landscape and in the meantime guarantees for multiple readings and interpretations of space. We establish a dialogue between Memory (scars left by the war and their significance) and Oblivion (a necessary evolution of daily life), becoming the starting points of the project. Time is read as the sculptor of landscape; the threshold as the notion that drives the evolution of the territory; Art as the tool to efficiently establish an emotional link with the physical space; Stratification as a point on the evolutionary line of landscape that allows for a physical and temporal comprehension. The project is centered on three major elements: Entrance doors, temporal interruptions marking the entrances to the park; Connections, linear structures connecting main entrances to places of interest; Sacred places, both existing and new, celebration moments in the park and more, temporal compression. They represent thematical approaches as a mean to explore the park: art, memory, gastronomy, ecology, photography and landscape. The 100 years period defines a juxtaposition of two different calendars (1914-1918 for WWI and 2014-2018 for the operation of the park) that can be considered as open platforms, where Remembrance and Oblivion can be manifest with physical and abstract expressions.


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Fig. 1. Niewe Hollandse Waterline, mappa del sistema difensivo.


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Nieuwe Hollandse Waterline. Un progetto di valorizzazione territoriale Peter Ross, con Andrea Meneghelli

I Paesi Bassi sono noti per la loro secolare lotta contro l’acqua: hanno costruito le dighe per strappare la terra al mare e hanno bonificato i terreni attraverso la costruzione di una vasta rete di canali per convogliare e regolare l’acqua. Gli olandesi hanno inoltre utilizzato l’acqua come un prezioso alleato in tempi di guerra. Durante un attacco parte del territorio veniva inondato per impedire al nemico di avvicinarsi alle grandi città. La più importante linea di difesa d’acqua, che si sviluppa per circa 85 Km, è la Nieuwe Hollandse Waterline, realizzata tra il 1815 e il 1885. Successivamente questo sistema difensivo venne integrato con altre opere fino al XX secolo per creare un imponente rete di chiuse, dighe, canali, con oltre 1.000 elementi fortificati, tra cui 2 castelli, 5 città fortificate, 53 forti, e centinaia di bunkers ed altri elementi fortificati. Dopo la seconda guerra mondiale caddero progressivamente i vincoli militari e le servitù d’area che circondavano le singole fortificazioni per un raggio di 1.000 metri: un’area vincolata alla non edificazione per mantenere libero lo spazio di tiro e destinata solo alla attività agricola. Tali vincoli militari sono successivamente diventati “vincoli” di

Fig. 2. Olanda l’estensione della Waterline.

Fig. 3. Utrecht, mappa delle fortificazioni.


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Fig. 4. Utrecht, la cintura fortificata, mappa urbana con forte Vechten.

Fig. 5. Utrecht, la cintura fortificata, veduta area dell’anello verde urbano.


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tutela urbanistica e hanno garantito la conservazione delle opere fortificate e delle aree esterne ad esse collegate. Queste regolamentazioni hanno permesso di mantenere un patrimonio storico ed ambientale di importanza nazionale. Un esempio significativo di questo processo di dismissione “guidata” delle aree militari è sicuramente la città di Utrecht. A partire dagli anni ’90 la cessione alle autorità civili dei forti della cintura urbana è avvenuto ad una cifra simbolica e la loro riqualificazione è stata inserita in un piano del verde con l’obbiettivo di migliorare l’integrazione e la connettività tra la città storica e le zone urbane esterne. Il recupero dei forti che circondano Utrecht e la realizzazione di una cintura verde (Green Belts) è diventato un grande parco urbano, in cui sono stati realizzati alcuni servizi di carattere scolastico e sociali, funzionali sia alla città storica sia alle zone residenziali più esterne alla città. Il successo di questo intervento è stato accompagnato da una successiva programmazione urbanistica finalizzata a collegare la cintura verde con la realizzazione di “corridoi verdi” estesi

Fig. 6. Utrecht, planimetria forte Vecthen.

Fig. 7. Utrecht, centro viste della Niewe Hollandse Waterline a forte Vechten.

Fig. 8. Utrecht, centro viste della Niewe Hollandse Waterline a forte Vechten.


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Fig. 9. Fortezza di Naarden.

Fig. 10. Fortezza di Naarden.


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a tutto il sistema urbano (Structuur Gree Utrecht City, 2007; Beleid Alberti,2009; Atlante Ecologico di Utrecht, 2010; Groen Open en Sociaal,2010-14). Il recupero del patrimonio fortificato e delle aree verdi ad esso collegate ha interessato la dimensione urbana ed è stato esteso anche alla scala territoriale con la costituzione di una società denominata Nieuwe Hollandse Waterline, che opera in accordo con 5 ministeri nazionali e vede la presenza di 5 provincie, 25 municipalità e 3 consorzi dell’acqua. Questa organizzazione pubblica, che opera con la collaborazione attiva di partner e di società privati, ha lo scopo di preservare e di valorizzare, secondo una visione unitaria di sviluppo sostenibile, le fortificazioni, il verde urbano e l’ambiente agrario. L’azione della Nieuwe Hollandse Waterline è inserita nel Progetto Nazionale denominato “la conservazione attraverso lo sviluppo”, nel quale si indica che nel rispetto del “passato” si può far convivere il valore storico-culturale con gli usi contemporanei (tempo libero e il lavoro, la natura e l’urbanità). L’attuazione di questo progetto è stato sostenuto da significativi finanziamenti di

Fig. 11. Muiderslot Castle.

Fig. 12. Progetto di recupero di un Bunkers della seconda guerra mondiale quale punto di osservazione del paesaggio.

Fig. 13. Bunker della seconda guerra mondiale inserito nel paesaggio agrario olandese.


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Fig. 14. Forte Bakkerskil (1877-1880) nel 2012 è stato recuperato ed è diventato Ostello.


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carattere nazionale, provinciale e locale, nonché europeo. Ad esempio, l’investimento nel quinquennio 2005-2010 è stato di 180 milioni di euro ed è stato seguito da un piano economico approvato per il 2014-2020 di 300 milioni di euro. In questo quadro, il recupero di forte Vechten ad Utrecht rappresenta sicuramente un esempio di grande interesse. Il forte e la vasta area che lo circonda viene ceduta nel 1996 dallo Stato al Servizio Forestale Nazionale, il quale diventa proprietario di gran parte dei forti che costituiscono Nieuwe Hollandse Waterline e a sua volta ha concesso ad uso gratuito il forte alla fondazione “lavoro sulla linea”(Werk aan de Linie). La Fondazione di carattere sociale, ha lo scopo di fornire opportunità di lavoro ai disoccupati e per coloro che entrano nel mondo del lavoro. Forte Vechten con le sue iniziative ha sviluppato un’attività economica che, integrata con altri fondi, permette di sostenere la gestione finanziaria del forte e di provvedere alle opere di manutenzione e miglioramento delle rispettive strutture. Le attività svolte a Forte Vechten sono molto ampie e diversificate: progetti di recupero della struttura intesi come occasione per attività occupazionali e di

formazione lavorativa; l’affitto del forte per convegni, feste e catering; progetti culturali per far conoscere la storia della costruzione del Limes romano e delle più recenti opere di fortificazione; feste pubbliche ed attività di promozione dell’artigianato e dei prodotti agricoli, attività culturali e musicali. Nel forte è stato realizzato un centro per permettere alle scolaresche, in visita al forte, di comprendere attraverso un plastico interattivo l’intero sviluppo della Nieuwe Hollandse Waterline; dalla sua costruzione originaria fino all’attuale modello di gestione e di valorizzazione del patrimonio fortificato nei suoi aspetti di tutela e di sviluppo sostenibile del territorio. Il forte Vechten è inserito nella più vasta rete dei forti olandesi in cui sono definite le specifiche e puntuali funzioni e sono presenti modelli di gestione rapportati ai caratteri sociali ed economici del territorio. La connessione tra le varie opere fortificate è garantita oltre che dalla viabilità ordinaria anche da una efficiente rete di vie d’acqua, piste ciclabili e percorsi pedonali. L’esperienza olandese nella valorizzazione e nella gestione del patrimonio fortificato è sicuramente da ritenersi in


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ambito europeo quella più completa ed efficace. La Nieuwe Hollandse Waterline ha saputo coniugare la tutela del patrimonio storico con il contesto culturale, sociale ed economico del territorio, evitando ogni museificazione e considerando il suo “riutilizzo” come opportunità di un nuovo processo di sviluppo. La consolidata esperienza nei processi di valorizzazione dei sistemi fortificati ha permesso alla Nieuwe Hollandse Waterline di essere leader del progetto europeo ATFORT, conclusosi nel 2015. Il progetto è costituito da 11 partner europei (1) ed ha permesso la condivisione di conoscenze ed esperienze di riuso e di riqualificazione dei siti fortificati. La riqualificazione di questo importante patrimonio militare non ha solo un’importanza simbolica per l‘intera Europa, ma rappresenta anche un importante risorsa in termini economici, quali per esempio lo sviluppo di un processo economico, creativo e sostenibile di turismo culturale. A conclusione dei 10 incontri del progetto europeo ATFORT si sono svolte intense attività di studio, di confronto e di elaborazione di proposte, da cui le riflessioni emerse sono le seguenti:

• la necessità di acquisire una terminologia e un significato condivisi dalle discipline dell’economia, del restauro, della sociologia, del paesaggio, dei trasporti; • la convinzione che la riqualificazione di un sito deve prevedere una attenta valutazione di tutte le fasi di intervento. Prima di intraprendere qualsiasi azione è importante acquisire un’approfondita conoscenza del sito e del contesto in cui esso è inserito fino a definire il bacino di interesse e il profilo dei visitatori e degli utenti: tutti fattori essenziali per avviare un buon processo decisionale. • la consapevolezza che la garanzia del successo del recupero del sito si fonda sul dialogo e sul confronto tra la comunità locale e i centri decisionali sia in fase iniziale che durante il processo di valorizzazione di ogni luogo. • la conoscenza che sia necessario disporre di adeguati strumenti di gestione per il successo del progetto. Il piano strutturale e i piani di gestione sono i documenti strategici da definire, sin dall’inizio, con le scelte di ogni azione di recupero e da valutare in itinere • la necessità che le azioni di riqualificazione del sito debbano essere basate su un approccio interdisciplinare e che,


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a questo fine, sia necessario formare manager capaci di operare secondo una prospettiva multidisciplinare. In sintesi, la formazione dei futuri responsabili del processo di riqualificazione di un sito fortificato deve essere fondata sull’acquisizione di approfonditi dati conoscitivi del contesto, sullo scambio di esperienze, sulla formazione inerente i principi di conservazione del patrimonio storico, sulla storia dell’architettura e su una conoscenza adeguata dei temi dell’economia e delle dinamiche turistiche. Il progetto comunitario AT-FORT ha sicuramente portato all’attenzione, in ambito europeo, l’importanza del patrimonio fortificato, nella convinzione che la conservazione di questi siti, insieme con la loro valorizzazione anche economica, può essere raggiunto solo in modo creativo e con l’obiettivo che sia possibile un fattivo scambio di esperienze. Note: 1) Il progetto AT-FORT, inserito nel PROGRAMMA INTEREG IVC, ha come capofila La New Dutch Waterline, Olanda e come partners: Forte Marghera, Venezia Italia; Rete delle fortezze del Vauban, Francia; Cittadella di Spandau, Germania; Fortezze di Kaunas, Lituania; Fort

Monostor a Komarom, Ungheria: Anversa, Belgio; Malta; Suomenlinna, Finlandia; Medway, Inghilterra; Università di Nova Gorica, Slovenia. I partner del progetto AT-FORT hanno presentato, durante i vari incontri itineranti, le attività culturali e i modelli di gestione di vari siti fortificati per uno scambio di “best practices”. Il progetto ha avuto come risultato finale l’elaborazione di più documenti di indirizzo e di proposta per individuare nuove idee e strategie per il recupero e la valorizzazione del patrimonio fortificato.


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Nieuwe Hollandse Waterline. A territorial valorisation project Peter Ross, with Andrea Meneghelli The Nederlands are renowned for their century-long fight against water: they built dikes to gain land from the sea and they reclaimed territories through the realization of a network of canals to collect and regulate water. Moreover, Dutchmen used water as a precious allied during wartimes. While under attack part of the territory was intentionally flooded to obstruct the enemy from getting close to the main cities. Most important water defence lines developed along 85km is called the Nieuwe Hollandse Waterline, realized between 1815 and 1885. Later the defensive system has been integrated with other defensive parts until the XX century, to create a massive network of slices, dikes, canals with over 1000 fortified elements including: 2 castles, 5 fortified cities, 53 forts and hundreds of bunkers. After World War II gradually fell military area constraints and the easement area surrounding the individual fortifications within a radius of 1,000 meters: a prohibited areas intended only to agricultural activities, where building was forbidden in order to maintain an open line of fire in wartime. These military ties have later become “constraints” of urban planning that ensured the protection and conservation of the fortifications and of the external areas linked to them. These regulations have helped maintain a historical and environmental heritage of national importance. A significant example of this driven divestment process of military areas is the city of Utrecht. Since the ‘90s the transfer to civil authorities of the forts in the urban belt occurred at a nominal value, and their

redevelopment has been inserted in a green plan with the aim of improving the integration and connectivity between the historic city and outer urban areas. The recovery of the surrounding fortresses of Utrecht and the development of a Green Belt has created a large urban park, where some of schools and social services have been built, functional to the historic town and to outer residential areas. The success of those interventions has been accompanied by a successive urban planning meant to connect the Green Belt with the realization of green corridors extended to the whole urban system (Structuur Green Utrecht City, 2007, Beleid Alberti, 2009, Ecological Atlas of Utrecht 2010, Groen Open en Sociaal, 2010-14). The preservation of fortified heritage and the related green areas has involved the urban dimension and has been extended to the regional scale with the establishment of a company called Nieuwe Hollandse Waterline, which operates in accordance with 5 national ministries and sees the presence of 5 provinces, 25 municipalities and 3 water consortium. This public organisation, which operates with the active cooperation of partners and private companies, aims to preserve and enhance, according to a common vision of sustainable development, the fortifications, the urban green, the agricultural environment. The goal of the Nieuwe Hollandse Waterline, which is part of a national project named “Preservation through development”, is to promote how the respect of the “past” historical and cultural heritage can coexist with the contemporary planning (recreation, work, nature and urban development). The implementation of this project was supported by significant national, provincial


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and local funding, as well as European. For example, the investment over the period 2005-2010 was 180 million euro and was then followed by an economic plan approved for 2014-2020 of 300 million euro. In this framework, the recovery of fort Vechen in Utrecht surely represents an example of great interest. The fort and its surrounding vast area was given in 1996 to the National Forest Service by the State, becoming the owner of most of the forts that constitute the Nieuwe Hollandse Waterline and on its turn has granted a free use to the Werk aan de Linie Foundation. The Foundation has a social mission to give working opportunities to unemployed and newcomers to the working sector. Fort Vechen with its initiatives has developed an economic activity that, integrated with other funds, allows a sustainable management of the fort and to provide maintenance and amelioration of the structures. Activities in Fort Vechten are very ample and diversified; recovery projects for the structure are meant as occasions for employment and formation of newcomers; the renting of the Fort for conventions, parties and catering; cultural projects aimed at diffusing the history of limes Romano construction and of the most recent fortification elements; public festivals and promotional activities of craftsmanship and farmer’s products; musical and cultural activities. In the Fort there is a visitor’s centre for scholars aimed at the understanding of the whole development of the Nieuwe Hollandse Waterline through an interactive model; from its construction to its actual management model of heritage fortified elements, highlighting the safeguarding and sustainable development of the territory.

Fort Vechten is part of the large network of Dutch fortresses where specific and punctual functions where defined, and management models linked to social and economic aspects were linked to their territory. Connection between the different fortified pieces is guaranteed by the ordinary road network and by an efficient waterways system, bicycle paths and pedestrian ways. The Dutch experience of preservation, valorisation and management of fortified patrimony is undoubtedly the most complete and effective in European context. Nieuwe Hollandse Waterline has combined the historical heritage with social, cultural and economic context avoiding any museum-like approach and considering its reuse as an opportunity for a development process. Long-standing experience in fort regeneration programs allows for Nieuwe Hollandes Waterline to be the team leader of European project ATFORT, terminated in 2015. The project is participated by 11 European partners (1) and brought forward the sharing of reuse experiences and valorisation of fortified sites. The valorisation of this important military heritage bears not only a symbolic importance for entire Europe, but represents an important economic source, considering economic development, sustainability and cultural tourism. Closing the 10 meetings of European project ATFORT was an intense studiowork with confrontation and proposals that are summed up as follows: • the necessity to acquire a shared terminology and meaning within economics, rehabilitation, sociology, landscape and transportation; • the conviction that a site regeneration must foresee a careful analysis of the phasing of intervention. Before starting


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whatever action, it is important to acquire a deep knowledge of the site and context into which it is situated until the definition of its interest context and visitors and users profile: they all are key factors to start a successful decision making process. • the acknowledgement that the key to success of site recovery is based on the dialogic process and confrontation with local population and stakeholders both in the starting phase that during the process of regeneration of the site. • the knowledge of the necessity for adequate decision-making tools to grant the success of the operation. Structural plan and management plan are strategical documents to be defined from the beginning and to be tested along the development. • the necessity for regeneration actions to be based on multi-disciplinary approach and that for this it is necessary to prepare skilled managers with multi-disciplinary focus. Concluding, the future managers for regeneration processes must be based on the acquisition of deep data on the context, on experience exchange, on formation about heritage principles of interventions, history of architecture and economics and tourism dynamics. The Communitary project AT-FORT has brought to attention in the European scene the importance of fortified heritage, in the conviction that conservation of these sites and their regeneration can be achieved only in a creative mode and with the objective of an exchange of experiences. Notes: 1) AT-FORT Project, part of INTERREG IVC Program, is leaded by New Dutch Waterline, Holland, and has the following partners: Forte Marghera, Venezia Italia; Rete delle fortezze del Vauban, Francia; Cittadella di Spandau,

Germania; Fortezze di Kaunas, Lituania; Fort Monostor a Komarom, Ungheria: Anversa, Belgio; Malta; Suomenlinna, Finlandia; Medway, Inghilterra; Università di Nova Gorica, Slovenia. Partners of AT-FORT project presented in different symposia cultural activities and management models of various fortified sites for an exchange of best practices. Final result of the project the elaboration of draft documents for strategy and proposal aiming at the identification of new lines for the regeneration of heritage fortified sites.


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Fig. 15. Adam Frans Van Der Meulen, “The French army at Naarden, 20 July 1672�, 1672-1690, olio su tela, Rijksmuseum Amsterdam. Fonte: commons.wikimedia.org.


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Fig. 1. Il percorso del fiume MiĂąo lungo il confine tra Spagna e Portogallo.

Fig. 2. Schema di suddivisione delle fortezze del MiĂąo secondo il piano direttore.


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Il piano direttore delle fortezze transfrontaliere della Valle del Miño/Basso Miño Paolo Marcolin

Nel corso dei secoli, lungo una porzione del confine settentrionale tra Spagna e Portogallo, il fiume Miño ha giocato il ruolo di elemento naturale di delimitazione del territorio. Di conseguenza è proprio in prossimità delle sue sponde che i due Paesi hanno realizzato i propri sistemi difensivi a presidio dei rispettivi territori. Le principali opere di difesa garantivano il controllo e allo stesso tempo lo sviluppo di strategie difensive (fortezze baluardate nascoste nel terreno) e si ponevano come obiettivo la difesa di punti di passaggio naturali ed artificiali, ad esempio i ponti. Questa breve introduzione storica rappresenta uno dei punti che stanno alla base dell’introduzione del piano direttore delle fortezze del Miño, nato dalla collaborazione tra Spagna e Portogallo. Grazie a questo strumento, i due Stati si sono posti come obiettivo primario quello di mettere a sistema il patrimonio fortificato, per la maggior parte in stato di degrado e costituito da elementi puntuali, al fine di costituire una solida base su cui sviluppare un sistema coordinato e coerente degli interventi da eseguire. La composizione del piano ha tenuto in considerazione gli aspetti ambientale e

Fig. 3. Paesaggio della zona a monte del fiume Miño.

Fig. 4. Paesaggio della zona intermedia del fiume Miño.

Fig. 5. Paesaggio della zona a valle del fiume Miño.


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Fig. 6. Classificazione delle fortezze del Miño secondo l’epoca di costruzione: area 1- epoca moderna (XVII-XIX sec.); area 2 - epoca medievale.

Fig. 7. Cartografia storica delle fortezze del Miño.


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paesaggistici e quelli della suddivisione dei sistemi fortificati. Dal punto di vista ambientale, lungo il confine definito dal Miño si sviluppa un sistema di aree protette che rappresentano una ricchezza dal punto di vista ecologico e della conservazione degli ecosistemi; mentre per quel che riguarda i sistemi fortificati, è stato adottato un approccio attraverso il quale le fortezze sono state suddivise in base alla posizione geografica e all’epoca storica in cui sono state realizzate. Sono state così individuate cinque aree all’interno delle quali gli interventi di attuazione del piano si sono sviluppati sulla base di tre tematiche: la pianificazione territoriale e urbanistica, che indica le linee guida di carattere urbano ai fini di tutela e promozione del territorio; il recupero delle funzioni “tradizionali” delle fortezze allo scopo di contribuire al miglioramento del sistema fortificato globale; il rilancio del turismo culturale e dell’economia locale divulgando la conoscenza sui sistemi fortificati attraverso l’impiego delle tecnologie dell’informazione, e delle tecniche di marketing. Due casi studio esemplificativi sono quelli di Monção, che rappresenta il

Fig. 8. Veduta aerea di Monção.

Fig. 9. Schema planimetrico di Monção.

Fig. 10. Veduta delle mura restaurate di Monção.


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Fig. 11. Nuovo percorso pedonale di Monção.

Fig. 12. Valença. Via del centro storico medievale.

Fig. 13. Valença. Nuovo volume realizzato.


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“progetto pilota” del piano, e quello di Valença. Nel primo caso, la fortezza che conteneva all’interno delle ormai degradate mura settecentesche il nucleo medievale della città, era caratterizzata dall’abbandono del centro storico dovuto principalmente alla scarsità di parcheggi, all’aumento del traffico ed all’inefficienza dei percorsi. Gli interventi hanno messo in primo piano la riqualificazione dell’offerta commerciale e dei servizi nel centro storico; l’aumento degli alloggi, attraverso il restauro di vecchi edifici; la valorizzazione del lungofiume e delle strutture sportive; la limitazione del traffico automobilistico e l’incentivazione all’utilizzo dei percorsi pedonali e dei trasporti pubblici. Nel caso di Valença invece, centro urbano minore rispetto a Monção, ma importante meta turistica nel periodo estivo, il problema principale stava nella gestione della grande quantità di veicoli che arrivavano in paese. Oltre la realizzazione di un nuovo parcheggio, l’offerta turistica già ben sviluppata necessitava solamente di piccoli interventi che consentissero una riqualificazione mirata degli spazi pubblici con un limitato dispendio di risorse economiche.


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The Masterplan of the crossborder fortresses of the Minho Valley Paolo Marcolin Throughout the centuries, the river Minho, flowing throughout the Northwest of the Iberian Peninsula, has acted as a natural element of demarcation of the Portuguese and Spanish territories. Accordingly, both countries have organized their defensive systems along the waterfronts, in an attempt to watch over the border and protect the land from their neighbors. The main structures castles and star forts - not only established control, but also guaranteed the pursuit of defense strategies, so as to allow the protection of natural and artificial passages and landings. This brief historical note represents one of the core statements of the Plano Director das Fortalezas Transfronteiriças do Vale do Minho, a Masterplan born from the collaboration between the two countries. This planning instrument was essential for both nations to establish common ground and set a leading objective. Their defense heritage - most of which displayed an advanced state of decay and isolation – was to be conceived as a system, thus creating a cohesive object that would support the pursuit of coordinate and consistent intervention. The Masterplan focuses on environmental issues and landscape, as well as on the subdivision of the fortification setups. Regarding the former, a system of protected areas is developed, along the border defined by the river Minho, thus creating an asset of great ecological significance and value, greatly relevant to the conservation of the regions ecosystems. Regarding the latter, a systematic approach is adopted, so as to allow the subdivision of the fortresses, depending on their geographic position and the historic period in which they were built. According to this

procedure, five different areas were identified. Within each area, interventions leading to the implementation of the plan were developed according to three different topics: Urban and territorial planning – indicating the guidelines issued for the protection and promotion of each territory; recovery of the “traditional” function of each fortress, so as to contribute towards the improvement of the fortification set-up as a whole; relaunch of cultural tourism and local economy through the diffusion of information regarding the different types of fortress, by means of information technologies and marketing techniques. The case studies of Monção – the plan’s pilot project – and Valença provide us with valid examples. The star fort of Monção enclosed within its by-then degraded eighteenth century walls, the medieval core of the city, voted to abandonment due to insufficient parking, increase in traffic and inefficiency of routes. In this case, public intervention focused, on the requalification of commercial areas and activities, as well as other services; on the increase in housing accommodation through the restoration of historic buildings; on the valorization of waterfronts and the development of sports facilities; on traffic restraint and incentives to encourage the use of pedestrian paths and public transport. The star fort of Valença, on the other hand, enclosed a small city center, of great importance as a tourist destination, in particular during the summer months, when massive quantities of vehicles arrived, presenting the administration with a true traffic management ordeal. Besides equipping the town with new parking lots, intervention was kept to a minimum, for the well developed touristic services and attractions merely required small actions that aimed at a strategic requalification of public space with a limited expenditure of public funds.


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Fig. 14. Fortezza di Monção. Fonte: commons.wikimedia.org. Foto di Contando Estrelas.


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Fig. 1. Kornati Islands - remains of Byzantium fort Tureta (approx. from the 6th cen).

Fig. 2. Aerial views of fortress in Osijek (1712) today.

Fig. 3. The George III fortress (Juraj), Island of Vis (English built in 1812 or 1813).


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Fortification architecture in Croatia: protection, redevelopment, management Zofia Mavar and Melita Lubina

Centuries of historical events on Croatian territory have left a legacy of distinctive architectural heritage that includes diverse group of cultural and historic buildings. Specific types of that structures include defensive systems from almost all historical periods. The earliest defensive structures have been preserved mainly in the archaeological layer. Numerous material evidences reveal complete defence systems (eg. from the Byzantine Empire and the Middle Age), built on islands or river banks to protect ports and major roads. In the group of the Middle Age forts should be allocate lowland fortresses whose important defensive element is water (marshes, bayou, defensive trench filled with water, from 16th till 18th cen. system of water ditches was developed). Greater attention is drawn to the coastal forts along the Adriatic coast and fortified settlements in its hinterland, built or modernized under the influence of foreign models. Especially worth of attention is the system of fortifications which was built in the 16th cen., on the eastern borders of the Habsburg Monarchy and Venetian Republic with the Ottoman Empire as a defence system from the Turks.Very interesting areforts built by the Ottomans in the conquered

Fig. 4. Military complex Svetica (Monte della Madonna), in Šišan near Pula (1915-1918) situatio.

Fig. 5. Map of the main naval port of luke Pula (from E. Von Steinitz, T. Brosch von Aaerenau: “Die Reichsbefestigung Österreich-Ungarns zur Zeit Conrads von Hötzendorf”, ÖsterreichUngarns letzer Krieg, Vienna, 1937).

Fig. 6. Fort Bourguignon in Pula (1852-1866).


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Fig. 7. Fort Verudela in Pula (1881-1886), new function from 2002, City “AQUARIUM”.

Fig. 8. Aerial views of fort “Brioni Minor” on Island of Mali Brijun (end of 19th and beggining of 20th cen.).


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areas,which were later modernized by Venice and Austria, and also works built by the French, English and particularly Austrians in the coastal area. The most magnificent is the Pula fortress belt system, built in the 2nd half of 19th cen. to protect the main Austrian naval base and naval port. Due to the increasing destructive power of aviation, independent fortresses were replaced by completely new developed systems of bunkers, shelters, observation posts and other military facilities, networked by special communications. Such areas are organized as fortified districts for a long-term defence. The geo-strategic position of the Croatian territory and political situation after the WW I required the improvement of the existing, or development and construction of new defence systems. After the WW II, along with the further improvement of conventional weapons, and the emergence and development of missile and nuclear weapons, they create a new point of view on the role and method of construction for defense systems and thus the historical systems falling into oblivion. From the rich opus of modern time fortifications, the systems whose parts were continually put into some function are relatively well preserved,

particularly those which were located in military zones after WW II. However, the most of them have been abandoned while a small number has been adapted for other purposes. This specific historic heritage in Croatia has faded out in the focus of attention of military didactics, and has been neglected in our scientific research. Therefore, its systematic expert registration is largely deficient, especially the records of more recent fortification systems (19th cen. onwards), which were or still are in special purpose zones. Despite mentioned difficulties, experts from the service for the cultural heritage protection initiate register proceedings and protection of the most endangered fortification heritage which is carried out (according to the methodology by the Zofia Mavar established in 1986 at Pula fortress) in several stages, especially since 2001, during the International workshop of fortification architecture. Participants are expert leaders with students of different profiles, de pending on the scheduled tasks planned in the program, which is determined according to the situation and needs of the National Park “Brijuni�. The participants work in small groups, under the leadership of experienced experts, and each has different


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Fig. 9. One of the tasks is the preparation of a draft reconstruction and development.

Fig. 10. One of the tasks is the preparation of technical documentation.


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tasks in several stages: researches and records, reconnaissance and identification, establishing legal protection, revaluation and reuse Afterwards they redesign all collected materials in digital form. In addition to practical work, the program of activities includes lectures of expert leaders and visiting experts for military architecture which are related to the development of the fortifications, methods of research and documentation, development of guidelines for the protection and restoration. Besides lectures, for students are organised study trips to the site where they can be faced with the unique architecture and concrete problems. These workshops accelerated registration of the fortress in order to determine the current state or to make rich technical documentation and interesting conceptual designs for the redevelopment and renovation of fortress. Options for fortification protection are different and depend of their state of preservation, and also of presentation capabilities which are determined by plans and programs of government bodies. Revitalization of fortifications can be stimulated by designed programs for tourist presentation or carefully prepared programs and projects for concession contracts.

Fig. 11. Digital processing of materials collected during field work.

Fig. 12. Lectures of experts for fortification architecture in the seminar part of the workshop.

Fig. 13. Some of experts held lectures and study visits.


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Fig. 1. Tavola Borgatti.


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Verso un piano strategico del Campo Trincerato di Roma Simone Ferretti

Sintesi storica Nel 1870, in seguito alla breccia di Porta Pia, Roma diventa Capitale del Regno d’Italia. Per la sua difesa vengono elaborati diversi progetti fino a quello definitivo del 1877 quando si avvia alla costruzione del Campo Trincerato di Roma, costituito da 18 tra Forti e Batterie, dislocati ad anello sulle vie consolari. Di questa poderosa opera oggi rimangono tutti i 15 forti, la Batteria Appia Pignatelli, il sedime delle Batterie di Porta Furba e Nomentana. Disarmati all’inizio della prima guerra mondiale, alcuni forti iniziano ad essere impiegati quali depositi e per la realizzazione di nuove caserme. Il lento processo di dismissione cominciato iniziato negli anni ’20 e in parte negli anni ’60 ha solo di recente ricevuto una accelerazione grazie alle politiche di dismissione e valorizzazione del patrimonio statale militare che ha portato nuovamente Roma Capitale e la cittadinanza a ragionare seriamente al riuso di questi luoghi. Pratiche e studi di Progetto Forti Nel panorama di ripresa collettiva dell’interesse sul tema dei forti, nel 2011 è stato fondato il gruppo di studio

Fig. 2. Forte Appia Antica: interno. Foto di: Fabrizio Latini.

Fig. 3. Forte Appia Antica: ingresso. Foto di: Fabrizio Latini.

Fig. 4. Forte Bravetta. Foto di: Fabrizio Latini.


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Fig. 5. Una delle brochure preparate da Progetto Forti per le visite nei forti di Roma.


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Progetto Forti, che si propone di diffondere la consapevolezza dei forti tra i cittadini e le istituzioni pubbliche e di concorrere attivamente al loro recupero e riuso anche mediante la promozione di partnership con Enti Pubblici, Università, Fondazioni e privati che determinino nel tempo l’attualità del Campo Trincerato di Roma. Nel campo della didattica l’attività di correlazione di tesi di Laurea, basata sulla condivisione dell’archivio e sulla diffusione della conoscenza di ordine generale sul tema dei forti e specifica su quelli romani, permette un notevole ampliamento delle conoscenze e delle proposte di riuso; in alcuni casi, sta favorendo e determinando alcuni esiti pratici. Nel 2012-2014 Progetto Forti ha collaborato con Roma Capitale alla redazione dello “Studio di fattibilità per il recupero e la valorizzazione dei Forti di Roma” in cui per la prima volta, grazie alla quasi decennale attività svolta di sopralluoghi, è stato possibile redigere una sistematica schedatura di tutti i forti del Campo Trincerato di Roma, arrivando a definire per alcuni di essi, delle prime ipotesi di riuso. La schedatura è stata poi la base per

Fig. 6. Sito internet “Progetto Forti”.

Fig. 7. Roma Capitale - Studio di fattibilità Forte Bravetta.

Fig. 8. Roma Capitale - Studio di fattiblità Forte Bravetta.


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Fig. 9. Ortofoto di Roma con individuazione dei forti del campo trincerato. Elaborazione di Progetto Forti.

Fig. 10. Forte Monte Mario in una foto storica.

Fig. 11. Forte Bravetta. Foto di: Fabrizio Latini.


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il varo della sezione “Forti di Roma” nell’ambito del portale web progetto forti.it che unitamente ai canali social youtube e facebook garantiscono l’interazione con studiosi, appassionati e con le comunità locali. Più recentemente, nel caso della correlazione di una tesi in restauro sul Forte Trionfale, la proposta di riuso elaborata, presentata poi insieme ad altre in un convegno presso il forte stesso, ha di fatto posto le basi ad un solo anno di distanza per il nuovo accordo siglato ad Agosto 2014 tra Roma Capitale, Ministero della Difesa e Agenzia del Demanio per il trasferimento degli uffici del Municipio XIV presso il forte stesso che, con la consegna anticipata avvenuta a Giugno 2015, sono già stati trasferiti. Inoltre la correlazione della stessa tesi ha posto le basi per la definizione di un progetto di ricerca per la redazione del “Manuale del restauro dei Forti di Roma”, promosso in collaborazione con il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi Roma Tre in corso di svolgimento. E’ anche grazie a questa attività di ricerca che Progetto Forti su incarico del Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica di Roma Capitale ha

Fig. 12. Tavola tesi di laurea di Elena Altomano e Roberta Celupica.

Fig. 13. Tavola tesi di laurea di Lorenzo Martinelli.

Fig. 14. Tavola tesi di laurea di Paolo di Pietro Martinelli.


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Fig. 15. Tavola tesi di laurea di Ernesto di Giorgio.

Fig. 16. Roma Capitale. Studio di fattibilitĂ per la valorizzazione del Forte Tiburtina.


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completato nel 2015 la redazione del Piano di Recupero del Forte Trionfale e degli Studi di fattibilità per la valorizzazione dei Forti Boccea e Tiburtina con proposte di riuso basate su uno studio di Piano Strategico di Sviluppo Culturale per i forti di Roma; per tali lavori lo scrivente ha attivato con neolaureati sui forti di Roma in Economia ed Architettura due tirocini formativi di orientamento al lavoro. I forti di Roma luoghi dell’innovazione sociale e culturale L’auspicio di Progetto Forti è che si possa determinare un punto “di rottura” rispetto allo stato di semi-immobilismo attuale con la definizione condivisa tra gli enti interessati (Roma Capitale, Agenzia del Demanio e MiBACTSBAP di Roma) di una visione sistemica sui forti formalizzabile in termini normativi, proprio con l’adozione di un piano strategico di sviluppo culturale, leggero e implementabile nel tempo, in cui vengano definite le attività compatibili nei forti stimolando il contributo di potenziali soggetti portatori d’interesse a partire dalle comunità locali. E’ quindi immaginabile prevedere un uso diversificato in ragione del contesto

locale degli spazi coperti ed un uso “a parco” per molteplici attività all’aperto degli spazi esterni disposti su più livelli. Nella studio di Piano Strategico di Sviluppo Culturale delineato, riteniamo che sia da privilegiare un partenariato pubblico privato (profit e no-profit) con attività orientate ai temi dell’innovazione sociale e culturale che garantiscano, anche grazie all’accesso a finanziamenti europei specifici, nuove occasioni di lavoro soprattutto in ambito giovanile favorendo, nel contempo, un crescente livello di recupero, tutela e valorizzazione dei forti stessi.


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Towards a strategic plan of the Rome entrenched camp: studies and practices of Progetto Forti Simone Ferretti Historical overview After the Porta Pia breach, in 1870 Rome becomes the Kingdom of Italy Capital. For its defense, several projects were developed up to the final one of 1877 when it start the construction of the Rome Entrenched Camp, a ring-shaped defensive system composed by 18 forts and batteries, located next to the consular roads. Of this powerful work, today there are still all the 15 forts and the Appia Pignatelli Battery while it is remain only the polygonalshaped area of the Porta Furba and Nomentana batteries. Unarmed at the beginning of the First World War, some fortifications begin to be used as deposits and for the construction of new barracks. The slow process of demilitarization began in the 60s according to the Land-use Plan forecasts, marginally implemented, has only recently received a boost thanks to the divestment and enhancement policies of the military state assets that has brought again the Municipality of Rome and citizenship to think seriously about the reuse of these places. Studies and Practices of Progetto Forti Thanks also to the renovated interest on military areas in disposal, in 2011 it was founded the Progetto Forti study group in order to promote the awareness of the military forts among the citizens and the public institutions and to actively contributes on their reuse and restoration through also partnership activation with Public Institutions, Universities, Foundations and other private investors.

In the educational field the Degree thesis correlation activities, based on archive sharing and knowledge dissemination on the forts topic and specific on those Roman, allows a substantial widening of knowledge and reuse proposals and, in some cases , it’s favoring and determining some practical outcomes. Between 2012 and 2014, Progetto Forti collaborated with Municipality of Rome developing a feasibility study on the restoration and enhancement of the Forts of Rome where for the first time , thanks to the almost ten-year activity of visits, it was possible to draw up a systematic cataloging of all the forts of the Rome entrenched camp, defining for some of them the first hypothesis of reuse. The filing was then the basis for the launch of the “ Forti di Roma” section in the website progettoforti.it that ensure interaction with scholars, enthusiasts and local communities together with Youtube channel and Facebook page. More recently, with the correlation of a degree thesis of Fort Trionfale restoration, the suggested re-use proposal, then presented along with others at a conference at the fort itself, provided the basis for the new agreement signed in August 2014 between Municipality of Rome, Ministry of Defense and State Property Agency concerning the transfer of the offices of 14th Municipality District of Rome in the Fort which that it’s becoming a reality with frontloading took place in June 2015. The arguments already treated in the same thesis also laid the foundations for the definition of a research project for the preparation of the Rome Forts Restoration manual in collaboration with Architecture Department of Roma Tre University, still in progress.


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Thanks also to this research activity, in 2015 Progetto Forti completed the enhancement programs of Fort Trionfale, Boccea and Tiburtina commissioned by Urban Planning Department of Rome Municipality with reuse proposals based on a cultural development strategic plan for the forts of Rome, previously developed by the study group. For these works the author started two internships with Economics and Architecture graduates on Rome Forts topic. The Forts of Rome: places of cultural and social innovation Progetto Forti hopes for the determination of a breaking point towards the actual semi - paralysis condition with the definition of a systemic view on forts shared with the institutions involved (Municipality of Rome, Italian Public Property Agency and Italian Ministry of Cultural Heritage and Activities and Tourism (MIBACT). In normative terms this is feasible with the adoption of a strategic plan for cultural development in wich are defined the activities compatible with forts, stimulating the potential contribution of stakeholders starting from local communities. Therefore it is conceivable to provide covered spaces with diversified uses according to each local context vocation and green spaces with uses connected to outdoor activities. In the study of the Strategic Plan for Cultural Development, the better way is to favor a public-private partnership (Profit and Noprofit) with activities oriented to the themes of social and cultural innovation ensuring new job opportunities in especially for the more young people, by encouraging an increasing level of restoration, safeguard and enhancement of the forts, thanks also to specific European funding.


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Fig. 1. Evoluzione storica del sistema difensivo veronese. LEGENDA: Castelli e torri - SISTEMA DIFENSIVO SCALIGERO E VISCONTEO (XIII-XIV sec.) Quadrilatero difensivo (1866) - SISTEMA DIFENSIVO OTTOCENTESCO (1815-66/1866-85) Linea dei Lessini - SISTEMA DIFENSIVO ITALIANO (1880-1913)


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Il sistema difensivo della Lessinia: architettura e paesaggio Fiorenzo Meneghelli

1 Le fortificazioni della Lessinia 1.1 Dall’Impero Austro-Ungarico al Regno d’Italia La città di Verona, grazie alla sua particolare posizione geografica che funge da nodo fondamentale per i collegamenti tra Italia e Nord Europa, mantenne nei secoli un fondamentale ruolo strategico di controllo sull’area padana e sui collegamenti alpini. In epoca asburgica (1814-1866) Verona diventa la principale piazzaforte del Quadrilatero, sviluppando il sistema di difesa che supera il carattere urbano e che si espande sul territorio, “campo trincerato”, con la realizzazione di due cerchia di forti staccati (1848-1866). A questa prima fase segue un vasto piano difensivo chiamato “regione fortificata” che mette in relazione i caratteri morfologici del territorio (lago di Garda, fiumi Adige, Mincio e Po’, i rilievi prealpini), con le vie di comunicazione (strade e ferrovie) ed il sistema fortificato. Nel 1866 il Veneto passa al Regno d’Italia. Il confine con l’Austria venne a trovarsi sulla linea dell’attuale demarcazione tra il Veneto e il Trentino Alto Adige. La difesa italiana prevedere la “chiusura” delle numerose vie di comunicazione che scendono dall’arco alpino con un

sistema di forti di sbarramento, così da garantire libertà di manovra delle truppe nell’area padana tra le due rive del Po’. Il Genio Militare italiano modifica (1880-85) le opere austriache dello sbarramento di Rivoli ( forti di Rivoli e Ceraino)a chiusura della Valdadige, e realizza i nuovi forti di S. Marco (1883, rinnovato 1913), Masua (1880-85, rinnovato nel primo ‘900 ), la batteria bassa del Forte di Rivoli (1884) la Tagliata di Incanal (1884) e le batterie corazzate di Cimo Grande e Noale nei primi anni del ‘900. Sul lato nord-orientale di Verona, sulle propaggini dei monti Lessini, si costruiscono forte Castelletto (1885 - ‘900), forte San Briccio (1885) e la batteria Monticelli (1888), tra il 1908-10 i forti corazzato di Forte Monte Tesoro e Forte Santa Viola. 1.2 Infrastrutture e supporto logistico La militarizzazione del territorio prealpino porta a profonde trasformazioni del territorio, che fa diventare l’ area agro-postorale in una zona interessata da vasti interventi di infrastrutturazione. Questi interventi possono sinteticamente riassumersi in: la realizzazione di una rete infrastrutturale (nuove strade, ponti, acquedotti con fontane e


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Fig. 2. Veduta aerea di forte Santa Viola.

Fig. 3. Copertura di forte Santa Viola dopo l’intervento di recupero.


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serbatoi, linee teleferiche, linee telefoniche, apparati per segnalazione luminosa, ecc.) e di supporto logistico alle truppe (caserme, comandi, ospedali, panifici, magazzini, stalle, polveriere, ecc.); un sistema fortificato con i forti di sbarramento delle valli e con la rete delle trincee. Tra il 1915 e il 1918 in Lessinia è stimata la presenza di circa 20/25.000 soldati, a cui bisogna aggiungere più di 5.000 operai impegnati nelle opere di difesa. 1.3 I forti corazzati La scelta della difesa italiana di costruire opere di sbarramento sull’arco alpino con lo scopo di controllare le vie di accesso alle valli e di bloccare l’azione avversaria sulla frontiera richiedeva un ripensamento delle opere di difesa fin qui realizzate. Alla fine dell’ ‘800, l’utilizzo dell’esplosivo ad alto potenziale segnò la fine dell’epoca dei forti in muratura a pianta poligonale ricoperti di terra. Si pose attenzione allora a ciò che avveniva in Europa dove si costruivano, in funzione anti-tedesca, grandi sistemi fortificati : in Belgio ad Anversa, Liegi, Namur e in Francia a Parigi e Verdun. Il Genio militare italiano elabora un modello di forte corazzato che sarà

Fig. 4. Schema forte corazzato.

Fig. 5. Vista esterna di forte Santa Viola - fronte di gola.

Fig. 6. Vista esterna di forte Santa Viola - fronte di gola.


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Fig. 7. Veduta aerea del forte di Monte Tesoro.

Fig. 8. Vista esterna di forte Tesoro: fronte di gola.


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adottato tra il 1905 e il 1908 negli sbarramenti alpini della frontiera nord-est. I nuovi forti sono progettati con murature di grosso spessore in calcestruzzo e dotati di artiglierie protette da casamatte in ghisa e acciaio. La fortificazione di sbarramento non è più concepita come opera isolata, ma quale gruppo di opere dislocate sul territorio capaci di svolgere funzioni complementari nell’azione di difesa. Il forte presentava, grazie alle sue dimensioni ridotte, una buona integrazione nel contesto ambientale ma i suoi limiti strutturali lo resero un obiettivo comunque vulnerabile. Rispetto alla rapida evoluzione tecnologica delle armi da fuoco, la costruzione difensiva risulta con la stessa rapidità, già dopo pochi anni, inadeguata alla sua funzione difensiva, se non addirittura obsoleta. 2 Tutelare e valorizzare il patrimonio fortificato della Lessinia Da quanto brevemente sopra riportato si comprende come l’area montuosa della Lessinia fino ai primi del ‘900 poco abitato e priva di strade, abbia subito una profonda e rapida trasformazione i cui esisti sono ancor oggi leggibili nell’assetto insediativo ed infrastrutturale del territorio.

Fig. 9. Vista esterna di forte Tesoro: fronte di gola.

Fig. 10. Corridoio di accesso alle batterie di forte Tesoro.

Fig. 11. Galleria di fucileria a forte Monte Tesoro.


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Fig. 12. Trincee di malga Pidocchio.


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Ciò nonostante non vi è stata fino ad ora scarsa consapevolezza sia del valore di questo patrimonio che della sua tutela. Gran parte dei forti sono stati oggetto alla fine della I^ Guerra Mondiale di un sistematico saccheggio che ha portato all’abbandono e quindi al degrado delle strutture. Da alcuni anni, grazie alle ricerche storiche sulle opere fortificate comunicate con libri e mostre, si è destato nella popolazione l’interesse e poi il riconoscimento del valore che questo patrimonio storico ha quindi della necessità di tutelarlo nell’ambito di una valorizzazione del territorio. Su questo obbiettivo si distinguono le azioni condotte da alcuni comuni in accordo con la Comunità Montana della Lessinia ed il Parco Regionale della Lessinia. Il recupero di queste opere non può essere pensato ad una scala locale, non solo per ragioni finanziarie, ma perché deve essere inserito e ripensato in una più ampia visione territoriale. I casi sinteticamente qui presentati hanno in comune questo obbiettivo. 2.1 Forte Santa Viola Il progetto promosso dal Comune di Grezzana e dalla Comunità Montana

Fig. 13. Trincee di malga Pidocchio.

Fig. 14. Trincee di malga Pidocchio.

Fig. 15. Trincee di malga Pidocchio.


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della Lessinia, si colloca in un più ampio contesto territoriale di valorizzazione del sistema difensivo realizzato dal genio militare italiano in Lessinia nel primo Novecento. Il progetto prevede il recupero del forte di proprietà dello stesso Comune che potrà diventare la “porta di accesso” al Parco della Lessinia. La collocazione del Forte e dell’intera linea difensiva segna infatti il passaggio da un ambiente urbanizzato e antropizzato ad uno che conserva ancora valenze di naturalità legate all’Alta Lessinia e coincidenti con l’area protetta del Parco. Tutta questa zona si caratterizza come un vero e proprio unicum territoriale, sia da un punto di vista floro-faunistico che da un punto di vista orografico e consente una visione a 360° di tutto l’ambiente circostante, connettendosi idealmente con i punti panoramici a suo tempo individuati all’interno del Parco della Lessinia. Il recupero del forte consentirà di realizzare una struttura al tempo stesso ricettiva e museale al servizio del turista, rivolta in particolare al segmento giovanile. La collocazione del forte, infatti, in un ambito di grande valenza paesaggistica e ambientale può costituire

una carta vincente per lo svolgimento di un suo ruolo significativo anche sotto l’aspetto dell’accoglienza turistica, attraverso la realizzazione nell’ambito della struttura di servizi ricettivi a basso costo e/o per giovani, un’utenza le cui esigenze non trovano ad oggi risposte efficaci nella Montagna Veronese. Accanto ad una proposta di utilizzo individuale, un’altra importante possibilità è quella di coinvolgere le associazioni internazionali giovanili che organizzano annualmente campi di lavoro e di formazione, con un conseguente posizionamento dell’offerta sul mercato europeo. L’intervento, realizzato con il collega M. Valdinoci, ha operato secondo due criteri principali: il restauro e l’integrazione architettonica in rapporto allo stato di degrado delle varie parti del forte. Il restuaro ad esempio è avvenuto per le parti in muratura in pietra a vista e per le parti storiche ben conservate. L’ integrazione architettonica è stata realizzata: nelle murature in pietra parzialmente demolite con il loro completamento con getti di calcestruzzo a vista; con l’inserimento nelle parti demolite di strutture in acciaio per le scale, i solai, la copertura. Le opere interne hanno


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seguito due modalità di intervento: un livello di adeguata finitura al piano terrà per i locali destinati a ristorazione ed ospitalità di piccoli gruppi di visitatori; mentre per piani superiori destinati ad esposizioni temporanee ed a museo, si sono conservate le murature esistenti al “grezzo”realizzando minimi interventi di finitura interna con il solo posizionamento dei serramenti metallici e delle vetrate nelle pareti esterne. L’impianto elettrico è stato realizzato con tubazioni in acciaio a vista e con corpi illuminanti a sviluppo lineare con neon schermati la vetri opalini. L’impianto di climatizzazione (solo per il piano terra) è costituito da un canale circolare in acciaio microforato. Dati dell’Opera: Superficie dell’area: mq. 10.226; superficie coperta totale mq, 1.284. Volume mc. 9.887. L’intervento è avvenuto in rapporto ai finanziamenti in stralci successivi: I° stralcio (2005-2007); II° stralcio (2007); III° stralcio (2011-2013); IV° ed ultimo 2014. L’importo delle opere realizzato è stato di circa 1.170.000 euro, con finanziamenti di Regione Veneto; Provincia di Verona; Comunità Montana della Lessinia; Comune di Grezzana; contributi di banche locali.

2.2 Forte Monte Tesoro Destinato ad area militare fino agli anni ’80 è poi passata al Demanio Pubblico, ed ora in ottemperanza del federalismo demaniale ( D.Lgs. 85/2010 art.5 comma 5) è stato ceduto al Comune di Sant’Anna d’Alfaedo in base ad un programma di valorizzazione presentato dal comune i cui punti principali sono: Individuazione del bene: gli immobili presenti nell’area di mq. 154.640 sono il forte e le caserme, la casa del custode ed edifici di servizio. Un quadro generale: Le fortificazioni ben individuano i caratteri e la morfologia dei luoghi e né colgono gli elementi utili alla difesa, la loro costruzione fa assumere al luogo un’identità ed un ruolo nuovo nel territorio. Rileggere il territorio partendo da questi assunti consente di ritrovare le relazioni essenziali tra l’opera dell’uomo e l’ambiente naturale, e permette di immaginare ora i forti quali presidi a difesa del paesaggio circostante da ulteriori trasformazioni. Il recupero dei forti non potrà più apparire come un episodio isolato e concorrente con quello di altre strutture storiche di consolidato e riconosciuto valore come chiese, ville, centri storici. I forti dovranno essere considerati quali parti


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integranti di un patrimonio storico-architettonico ed ambientale la cui valorizzazione coinvolge l’intero territorio. La sintesi del programma: La valorizzazione del forte di Monte Tesoro si inserisce in un ampio contesto territoriale che vede già in atto le prime azioni di recupero di questo sistema difensivo : Forte Santa Viola e le trincee di Malga Pidocchio. Il recupero di Monte Tesoro inoltre va inserito in un percorso storico-culturale ed ambientale che abbia come poli le località di Molina (Cascate e Museo Botanico), di Sant’Anna d’Alfaedo (Museo Preistorico e Paleontologico, Ponte di Veia, Monte Corno d’Aquilio), e si colleghi ad altri luoghi dei Monti Lessini: le malghe, gli alpeggi, i boschi, ecc.. In questo quadro debbo inserirsi anche le tipicità della produzione gastronomica ed artigianale del territorio. Il programma di valorizzazione sviluppato su più livelli: Scala territoriale: Monte Tesoro quale luogo di notevole interesse storico e naturalistico della montagna Veronese collegato al trentino e all’area tra il Garda e la Valpolicella. Scala locale: Monte Tesoro quale fulcro della rete dei luoghi d’interesse storico, culturale, ambientale e di valorizzazio-

ne delle tipicità produttive nel Parco Regionale della Lessina. Obbiettivi e strategie del programma: L’area pur dotata di significativi luoghi di interesse per la storia, la natura, ecc. non ha sviluppato un adeguato programma di promozione e quindi fruizione di questo grande patrimonio. Il programma di Valorizzazione di Monte Tesoro intende costituire una nuova opportunità per l’ area montana per sviluppare un equilibrato sviluppo socioeconomico attento alla peculiarità del territorio. I punti pincipali dell’intervento sono: la valorizzazione sinergica del patrimonio fortificato della Lessinia, che veda il recupero dei forti e la costituzione dell’ecomuseo delle trincee; la costituzione di una rete locale dei luoghi di interesse storico, culturale ed ambientale con programmi comuni di valorizzazione e fruizione; il recupero del forte, quale luogo della memoria della Grande Guerra nell’area lessinica e nel contempo spazio espositivo per presentare i caratteri del territorio sotto l’aspetto storico, archeologico, architettonico, culturale,ambientale e paesaggistico; in questo luogo troveranno inoltre spazio la presentazione dei prodotti tipici del-


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le valli; le Caserme e strutture annesse, diventeranno il luogo dell’ ospitalità, del ristoro e dei servizi per il turismo culturale, ambientale e del tempo libero, diventando il centro di riferimento per l’escursionismo nell’area montana; il recupero della casa del Custode a fini abitativi. La valorizzazione di “ il bosco della Lessinia”, che comprende la vasta area boscata del monte diventerà il centro per la didattica e la formazione ambientale, per la ricerca e la conservazione della biodiversità. Modalità di attuazione del programma: l’attuazione del programma sarà a regia Comunale in rapporto collaborativo con la Comunità Montana della Lessinia e il Parco Regionale della Lessinia. Verrà redatto un progetto generale di valorizzazione del Monte Tesoro con funzione di Master Plan a cui dovranno attenersi i singoli progetti di intervento sulle parti architettoniche e quelli relativi alla valorizzazione ambientale e naturalistica del luogo. L’attuazione del programma potrà avvenire sia con intervento diretto del Comune sia attraverso lo strumento dell’accordo di programma e/o da accordi tra soggetti pubblici e privati.

Sostenibilità economica del programma: Per la sostenibilità economica del programma di valorizzazione si intende operare in più ambiti di finanziamento: dai bandi europei a quelli regionali a quelli per lo sviluppo dei comuni di confine, di fondazioni bancarie, ecc. Tempi di realizzazione del programma: il programma di valorizzazione sarà sviluppato su un’arco temporale di 10 anni: Pulizia e Sicurezza : dal I° al II° anno con attività di manutenzione e custodia per i successivi; Accessibilità: dal I° al III° anno; Fruibilità: dal I° al II° anno; Recupero ambientale e naturalistico dell’area: dal I° al VI° anno Recupero funzionale dei fabbricati esistenti: dal II° al VII° anno; Recupero a stralci degli immobili storici: dal II° al X° anno. 3. Il recupero delle trincee della Lessinia Le fortificazioni della Lessinia si svilupparono per oltre 18 km, con circa 8.000 metri di trincee, 50.000 metri di reticolati, oltre una trentina di bocche da fuoco, centinaia di postazioni per mitragliatrici, 60/70 ricoveri in caverna per uomini e provviste, centinaia di baracche in legno per ospitare la truppa e


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gli ufficiali, oltre a migliaia di metri di camminamenti e strade, ecc. All’inizio delle ostilità si pensava che la I^ Guerra Mondiale dovesse essere una guerra rapida e di movimento ove le nuove macchine belliche avrebbero determinato l’esito del conflitto, invece divenne la guerra “immobile” di trincea, tremenda e sanguinosa. Alla raffinata architettura militare seguirono solo anonime fortificazioni scavate nella terra e nella roccia, delimitate da una selva di filo spinato. Per la Comunità Montana della Lessinia ho elaborato il progetto di recupero delle trincee di Malga Pidocchio, in comune di Erbezzzo. L’intervento è avvenuto nel rispetto del contesto storico, ambientale e paesaggistico del luogo. Nel blocco roccioso sono stati creati dai soldati un reticolo di camminamenti, trincee, gallerie, postazioni di artiglierie di piccolo calibro in caverna, ecc. Per proteggersi dalla pioggia o dalla neve, i soldati hanno coperto le trincee e i loro alloggiamenti con lastre di pietra sorrette da travature in legno incastrate nella roccia. Tale “segni” presenti nel blocco roccioso, che il tempo e la natura hanno parzialmente cancellato, sono stati riconosciuti e resi leggibili dall’

intervento di restauro, evitando ogni artificialità ricostruttiva. Gli interventi di recupero delle opere militari dovono ispirarsi a criteri di “compatibilità e sostenibilità” nel rispetto del contesto in cui si opera al fine di tutelare tutto il patrimonio presente sia quello storico che quello ambientale e paesaggistico. Gli obbiettivi di recupero delle opere fortificate della Lessinia, partono dalla necessità che la comunità che lì vive e che vi lavora possa riconoscersi nei suoi valori e nella sua storia attraverso la conoscenza e la riproposizione delle sue tradizioni, per gli aspetti: Ambientale - Tutela e valorizzazione dell’ambiente e del paesaggio; Storia e memoria - Conservazione e recupero delle testimonianze materiali ed immateriali; Turistico e didattico - Incremento dell’interesse turistico dei luoghi con percorsi e servizi di carattere culturale ed ambientale con itinerari collegati alla rete di riferimento interregionale ed europeo. Sviluppo locale - Conservazione e sviluppo delle attività produttive, promozione delle tipicità del luogo, incremento dell’offerta ricettiva e di interesse culturale. Per queste ragioni sarebbe opportuno


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elaborare un progetto guida in cui siano definite le valenze storico-architettoniche e paesaggistiche dal grande patrimonio costituito dalle opere realizzate nella Grande Guerra in cui siano indicati i principi di tutela ed intervento e i possibili usi compatibili. Il recupero delle opere difensive della Grande Guerra può diventare un’opportunità per promuovere un più vasto programma di valorizzazione del territorio nel suo insieme. In questo contesto le aree montane possono ricercare un modello di sviluppo sostenibile che costituisca un’opportunità per la popolazione di un nuovo ed equilibrato sviluppo socio-culturale e economico. Bibliografia Meneghelli F., (a cura di), 2012, Crocetta del Montello (TV), Verona un territorio fortificato, Terraferma edizione Meneghelli F., 2013, La grande Guerra in Lessinia: architettura e paesaggio., in “I quaderni della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Verona, Vicenza, Rovigo”, La Grafica edizioni Verona Meneghelli F., 2014, L’ecomuseo delle trincee della Lessinia, in “I quaderni della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Verona, Vicenza, Rovigo”, La Grafica edizioni Verona


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Lessinia’s forts recovery program: architecture and landscape Fiorenzo Meneghelli 1. The Lessinia’s Fortifications 1.1 From the Austro-Hungarian Empire to the Italian Kingdom The city of Verona, thanks to its special geographic position which acts as a fundamental crossroad between Italy and the North of Europe, has maintained during the centuries a crucial strategic role of control on the Lombardy plain (“Padania”) and the Alpine area. During the Hapsburg Era (1814-1866), Verona became the main fortified town of the Quadrangle, by developing a defense system that overtakes the urban nature and expands on the area, known as “entrenched field”, with the fulfillment of a double belt of detached forts (1848-1866). After this very first phase, follows the development of a wide defensive plan called “fortified region” which connects the morphological nature of the area (Garda lake, Adige, Mincio and Po’ rivers, pre-Alpine elevations) with the ways of communication (mostly rails and roads) and the fortified system. In 1866 Veneto passed to the Italian Reign. The border with Austria then moved to the current borderline between Veneto and Trentino Alto Adige. The Italian defense considered the “closure” of the numerous ways of communication, coming from the Alps, with a system made of blockage forts, in order to guarantee manouevre’s freedom to the Padania area’s troops between the two banks of river Po. The Italian Military Corps of engineers changed (1880-85) the Austrian works of the Rivoli’s blockage (Rivoli and Ceraino’s Forts) which was closing the Adige plain (Valdadige), and realised new Forts such as S. Marco (1883, renovated in 1913), Masua (1880-85, restored at the beginning

of 1900), or gun battery array of Rivoli Fort (1884), the “Tagliata” of Incanal (1884) and the Cimo Grande and Noale armoured arrays at the beginning of 1900. On the North-East side of Verona, at the bottom of the Lessinia’s mountains, Castelletto Fort (1885-1900s), San Briccio Fort (1885) and the Monticelli array were built, while the armoured Forts of Monte Tesoro and Santa Viola were developed between 1908 and 1910 (fig.1). 1.2 Infrastructures and logistic support The pre-Alpine militarization led the territory to deep changes, the agriculture area was replaced with the construction of infrastructures that can be summarised in new roads, bridges, aqueducts with fountains and tanks, telephone lines, devices for light signals, etc.. and troops’ logistic support such as barracks, commands, hospitals, bakeries, warehouses, barns, gun-powder magazines, etc.); fortified system, such as blockage forts of the valleys and trenches’ network. Between 1915 and 1918 Lessinia counted on about 20/25.000 soldiers, plus 5.000 workers involved in the defensive buildings. 1.3 Armoured Forts The choice of the Italian defense in building barricade structures on the Alps with the aim of controlling the entry passages to the plains and halting the enemy action on the border, required a change of mind on the defense works made until that moment. At the end of 1800, the use of high-potential explosives marked the end of polygonal-map masonry forts covered in soil. Then, the attention focused on what was happening in Europe where big fortified systems were built in an anti-German function, for e.g. in Belgium in the city of Anversa, Liegi, Namur, and in France in Paris and Verdun. The Italian military corps of Engineers developed a model of


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armored fort which has been adopted between 1905 and 1908 in the Alpine barricades of the North-Eastern boundary. The new forts were designed to have concrete thick brickworks and were provided with artillery protected by cast-iron and steel casamates. The blockade fortification is no more conceived as an isolated building, but as a group of infrastructures deployed over the area able to conduct complementary function in a defensive action. The fort had, thanks to its reduced dimension, a good integration in the environmental context, but its structural limits left it as a vulnerable target. In respect to the fast technological evolution of fire-arms, the defensive building resulted after few years inadequate or even obsolete to fulfil its defensive role. 2. Safeguard and value of the Lessinia’s fortified heritage Thanks to what reported above, we can understand how the Lessinia mountain region, which until the beginning of 1900 was little inhabited and devoid of roads, has undergone a deep and rapid transformation whose outcomes are still today visible in the infrastructural and settlement’s layouts of the area. Nonetheless, only a little awareness of the value and heritage of this territory was recognized. Most of the forts were victims of systematic ransacking at the end of the First World War, which led to the abandonment and decline of the buildings. Some years ago, thanks to historic research regarding the fortified buildings fostered by books and displays, interest and value recognition that this historic heritage possesses have arisen in the population, so they are now aware about the necessity of safeguarding it by appraising the territory. On this aim, actions led by some Municipalities together with the Lessinia Mountain

Community and the Lessinia Regional Park stand out. Then, the recovery of these buildings cannot be considered only from the local point of view, not only for economic reasons, but also because it is involved in a wider territorial concept. All the case studies which are briefly introduced here, have this same goal in common. 2.1 Santa Viola Fort The project, which is fostered by the Municipality of Grezzana and the Lessinia Mountain Community, is placed in a vaster territorial context aimed to increase the value of the defensive system realized by the Italian corps of Engineers in Lessinia at the beginning of 1900 (fig.2). The project provides the recovery of the fort, which is owned by the Municipality itself, that could become the “entry door” to the Lessinia’s Park. The location of both the fort and the whole defensive line marks, indeed, the transition from an urbanized and humanized environment to an area which still preserves a natural value bound to High Lessinia and corresponds with the Park’s protected area. All this portion of land represents a real territorial landmark, both from a flora and fauna point of view and from an orographic perspective, and allows a 360° sight of all the area around, ideally connecting to the panoramic viewpoints already identified in the Lessinia’s Park (fig.3). The fort recovery will permit the realization of a construction which at the same time will work as receptive and museum centre at the tourist’s service, especially orientated to the younger segment. The fort’s location in this area of great landscape and environmental value can constitute a winning card for the development of a significant role also from a tourist welcome point of view, by realizing low cost receptive services and focusing mostly on young people, whose demands cannot


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find an efficient feedback in today Verona’s Mountains. Another important possibility, beside a proposal of individual usage, is to involve the Youth International Associations which are yearly organizing working and formation camps, with a following offer positioning on the European market. The intervention, which is realized in cooperation with the colleague XXX, has worked according to two main criteria: the restoration and architectural integration in respect to the decay condition of the fort’s different parts. For e.g., the restoration took place for the exposed brickwork section and the well-conserved historic segment. The architectural integration has been realized: on the semi-demolished brickworks with the addition of exposed concrete castings or throws; with the insertion of steel structures inside the destroyed portions of stairs, attics and roofing (fig.4). The inner works followed a double intervention modality: an appropriate finishing touch at the ground floor for the rooms designated to food service and reception of small groups of visitors; the conservation of the upper story’s existent untreated brickworks realizing only small interventions of inner finishing, such as the positioning of metal doors and windows and of the glass walls on the external walls, which will be addressed to temporary exhibitions and museum centre (fig.5). The electrical system has been made by exposed pipes of steel and a linear development of luminous body with opalin glass shaded neons. The air-conditioning system (only for the ground floor) is composed of a micropore steel circular channel. Work’s data: Area surface: sq m 10.226; total covered surface: sqm 1.284. Volume cbm 9.887. The intervention occurred in respect to loans and in consecutive moments: 1st moment (2005-2007); 2nd moment (2007); 3rd moment (2011-2013); 4th and last moment in 2014. The amount

of the realized works was more or less about 1.170.000€, with loans from the Veneto Region, the Province of Verona, the Lessinia Mountain Community, the Grezzana Municipality and contributions by local banks. 2.2 Monte Tesoro Fort Concieved as military area until 1980, then has passed to the Government Property, and now on the basis of the State Property Federalism ( D.Lgs. 85/2010 art.5 comma 5) has been made over to the Municipality of Sant’Anna d’Alfaedo thanks to an increasing value program presented by the Municipality itself whose main points are: Asset identification: the real estate existing in the area of sq. m 154.640 are the fort, the barracks, the keeper’s house and the buildings for other services. A general description: the features and morphology of the places are well identified by the fortifications and catch all the useful elements to the defence; their construction gives to the location a new role and identity in the territory. If you think about the area with these theories in mind you can see the essential relation between the man work and the natural environment, which allows you to imagine the forts as protections for the defence of the surrounding landscape from further changes. The forts’ recovery can no more appear as an isolated phenomenon and competing with the recovery of other historical structure of recognized and strengthened value, such as churches, villas and/or old town centres. Forts should be considered as integral part of an historical, architectural and environmental heritage whose value involves the entire territory (fig.6). The Program’s Summary: The increasing of the value of Monte Tesoro is inserted in a wider regional context, which sees the enactment of the first recovery activities of the defensive system composed of the Santa Viola Fort and the


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Malga Pidocchio trenches. Moreover, the recovery of Monte Tesoro has to be inserted in an historical, cultural and environmental itinerary that has as main points the localities of Molina (the Waterfalls and the Botanic Museum), Sant’Anna d’Alfaedo (the Prehistoric and Paleontological Museum, the Veia’s Bridge, the Corno d’Aquilio’s Mount), and links with other Lessinia’s areas: Alpine huts, hill countries, woods, etc... In this framework should take part to the food and artisan typicalness of the area. The increase in value program develops on different levels: Territorial level: Monte Tesoro, as a location of remarkable historical and naturalist interest of the Verona surrounding mountains, links with Trentino and the area between Garda and Valpolicella. Local level: Monte Tesoro is the centre of the network for places of historical, cultural, environmental interest and of promotion of productive typicalness in the Lessinia’s Regional Park. Objective and strategies: although the area is equipped with meaningful places of interest for history, nature, etc., it has not developed an adequate promotional and fruition program of this great heritage. The increase in value of Monte Tesoro is aimed to represent a new opportunity for the mountain area to develop a balanced socio-economic advancement looking out for the territorial peculiarity. The main points of the intervention are: the synergistic increase in value of the Lessinia’s fortified heritage, which provides for the forts’ salvage and the construction of the trenches’ Eco-museum; the creation of a local network of all the places of great historical, cultural and environmental interest with common programs of increase in value and fruition; the recovery of the fort as place of

memory of the First World War in the Lessinia area and, at the same time as expositive space where to present the territory nature under an historical, archaeological, architectural, cultural, environmental and landscape point of view (fig.7-8). This place will see the introduction of valleys’ traditional local products; the Barracks and the enclosed buildings will turn into the reception, rest stop and services’ setting for cultural, environmental and free time tourism, becoming the benchmark for hiking in the surrounding mountain area; finally, the program provide for the recovery of the guardian house for residential use. “The Lessinia’s wood”, which includes the wide wooded area of the mount, will become the enviromental educational and formation centre aimed to the research and conservation of biodiversity. Modalities of the program’s fulfillment: the realization of the plan will be managed by the Municipality together with the Lessinia’s Mountain Community and the Lessinia’s Regional Park. A general project on the Monte Tesoro increase in value will be edited working as a Master Plan to which all the individual plans of architectural interventions and increase in naturalist-environmental value should conform to. The fulfilment of the program can occur both with the direct intervention of the Municipality and by using the program agreement, and/or other agreements between public and private subjects. Economic sustainability of the plan: Regarding the economic sustainability of the increase in value program, a plan of loans has been defined: from European announcements to the regional ones, announcements for the development of boundary Municipalities, banks foundations, etc. Period of the program’s realization: the increase in value plan will enhance on a temporal arch of 10years: Cleaning and Security from 1st to the 2nd year with main-


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tenance and conservation for the next years; Accessibility from 1st to 3rd year; Fruition from the 1st to the 2nd year; Naturalistic and Environmental Recovery of the area from 1st to 4th year; Operational Recovery of the existing infrastructures from 2nd to 7th year; Recovery in different moment of the historic estates from 2nd to 10th year. 3. Recovering Lessinia’s trenches The Lessinia’s fortifications expand on more than 18 km, with 8.000 metres or so of trenches, 50.000 metres of grids, more than 30 pieces of ordnance, hundreds of machine gun’s placements, 60/70 cavern refuges for man and supplies, hundreds of wooden barracks for hosting the troops and their officials, and thousands metres of walkways, roads, etc. At the beginning of hostilities, it seemed as the First World War should be a dynamic and fast war where only the new war machines would have determined the conflict’s result. However, it turned into a static trench war, just bloody and terrible. Only anonymous fortifications, excavated in the ground or in the rock and delimited by a lot of barbed wire, followed the refined military architecture. For the Lessinia’s Mountain Community I have elaborated a recovery project of the Malga Pidocchio’s trenches, under the Erbezzo Municipality. The intervention has occurred only in full respect of the historical, environmental and landscape context of the place. The soldiers created in the rocky block a grid of walkways, trenches, tunnels, stationing for small artillery inside the caves, etc... To protect themselves from the snow or rain, the soldiers covered the trenches and their quarters with stone sheets supported by wooden truss stuck in the rock. That kind of “signs” which still are in the rocky block but that time and nature have in part erased, have been recognized and ren-

dered readable in the restoring intervention, avoiding any kind of rebuilding artificialities. The salvage interventions of the military buildings should be based on “compatibility and sustainability” criteria in full respect of the context on which we act with the aim of safeguarding all the existent historical and enviromental/landscape heritage (Fig.9 - 10). The objective of the Lessinia’s fortifications salvage come from the need that the local community can declare itself as part of the values and history of the place, which can be synthetically described as: Environmental - Safeguard and increase in value of the landscape and environment; History and memory - Conservation and recovery of all the concrete and intangible proofs; Touristic and Educational - Increasing the touristic interest in this place by using cultural and environmental itineraries and services, bounded to the inter-regional and European reference network. Local development – Conservation and development of the manufacturing activities, local typicalness’ promotion, boost of the receptive offer and cultural interest. For these reasons would be expedient to elaborate a guide project in which all the historical-architectural and landscape valence of the great heritage, composed of the works realized during the First World War, are defined, and where all the principles of safeguarding and intervention, in addition to the compatible possible usages, are specified. The recovery of the First World War defensive structures can become an opportunity for fostering a wider increase in value plan of the territory as a whole. In this context, the mountain area can look for a model of sustainable development, that constitutes a possibility for the population of a brand new socio-cultural and economic balanced advancement.


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Fig. 16. Vista dalle trincee di malga Pidocchio.


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Fig. 1. Veduta aerea del complesso fortificato di Fortezza.


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Recupero del forte di Fortezza Marckus Scherer

“Iniziato I ´anno 1833 sotto Francesco I - terminato I ´anno 1838 da Ferdinando I”, è quanto riporta l´iscrizione in latino sovrastante il portale della fortezza. In meno di cinque anni, più di 6000 manovali e militari costruirono un’opera di sbarramento delle dimensioni di una piccola città che, con i suoi 20 ettari di estensione, è il più grande complesso fortificato delle Alpi. La fortificazione, progettata dall’ingegnere militare Franz von Scholl, è composta di tre unità autonome: la fortezza superiore, quella media e quella inferiore. Funzionale e inespugnabile, presenta la chiarezza e la sobrietà di linee tipiche del classicismo. La fortezza perse ben presto la sua importanza, mantenendo solo funzioni di polveriera fino alla fine del XIX secolo; divenuta proprietà dello Stato Italiano, fu utilizzata, fino al

Fig. 2. Vista esterna del forte dopo l’intervento di recupero.

Fig. 3. Nuovi collegamenti orizzontali e verticali.

Fig. 4. Vista esterna del forte dopo l’intervento di recupero.


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Fig. 5. Planimetria forte basso.

Fig. 6. Planimetria forte medio.

LEGENDA 3. Ex-piazza d´armi: nuova piazza antistante l´ingresso; 4. Ex-piazza principale: piazzale pubblico d´ingresso; 5. Ex-comando: edificio espositivo, amministrazione, locali per bambini; 6. Ex-infermeria: cassa, guardaroba, shop; 8. Nuovi corpi scale-ascensore; 9. Ex-mensa ufficiali: bar-bistrò; 10. 12. 13. Ex-batteria: edifici espositivi; 11. Exedificio per l’approvvigionamento: edificio espositivo; 14. Ex-polveriera: aula didattica; 15. Nuovi ponti; 16. Ex-casa di guardia: edificio espositivo; 18. 21. Ex-polveriere: edifici espositivi; 17. 19. 20. 23. 24. Ex-batterie: edifici espositivi; 25. Nuovo collegamento con il forte medio; 26. Ex-tunnel dell´“oro” : tunnel di collegamento per il forte medio


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2003, dall’Esercito. Una volta acquisita dalla Provincia di Bolzano per trasformare il vecchio complesso difensivo in luogo di incontro e di scambio culturale, si presentarono nuove possibilità per la conservazione del monumento. Il primo intervento, nel 2007, ha riguardato il recupero del livello inferiore della fortezza, con oltre 3600 m2 di superficie espositiva. La conservazione della storicità degli edifici, il mantenimento del carattere di architettura fortificata e la tutela dell´aura del luogo e della patina del monumento sono stati gli elementi fondamentali del processo progettuale. Nel forte basso l´intervento ha previsto il risanamento dei muri in grandi blocchi di granito, la riparazione delle pavimentazioni e il

Fig. 7. Vista sul forte medio.

Fig. 9. Nuove passerelle..

Fig. 8. Dettaglio.


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Fig. 10. Planimetria con inserimento delle nuove passerelle.

Fig. 11. Sezione con inserimento delle nuove passerelle.


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restauro con l´integrazione delle finestre ammalorate o mancanti. Tutti gli edifici sono stati dotati di impianti elettrici ed antincendio e, in alcuni casi, anche delle infrastrutture necessarie per il riscaldamento e per l´installazione di servizi igienici. Superfetazioni e costruzioni storicamente ed architettonicamente incoerenti sono state rimosse. Fabbricati monolitici, dalle piccole aperture regolari, si distribuiscono su livelli differenti collegati tra loro da sistemi di rampe; gli edifici inferiori si impostano sotto lo scuro specchio d’acqua del bacino artificiale. Due torri in calcestruzzo armato prive di finestre, contenenti scale ed ascensori, collegano gli edifici e permettono un percorso espositivo nel rispetto delle norme di accessibilità per gli edifici pubblici. Superfici e materiali interpretano la tipologia costruttiva storica: il calcestruzzo, gettato in strati irregolari di 30-70 cm con l´interposizione di un fine strato di sabbia, forma un disegno di fughe irregolari orizzontali, ottenute attraverso un´operazione di dilavamento successiva. L´inserimento di inerti di granito all´interno dell´impasto del calcestruzzo delle torri ha permesso di ottenere un colore simile a quello delle

Fig. 12. Nuova scala interna.

Fig. 13. Veduta esterna del forte medio.

Fig. 14. Accesso: veduta esterna.


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strutture preesistenti, mentre sabbiature ad alta pressione hanno reso più ruvida la superficie esterna, esaltandone la matericità. Elementi nuovi in acciaio zincato, come parapetti, corrimani, porte e i due ponti di collegamento tra i corpi del cortile inferiore del forte basso, si inseriscono in modo armonico nel contesto grazie anche alla patinatura superficiale realizzata con acidi che conferisce loro una colorazione grigio antracite. Il programma funzionale del progetto vede l´inserimento di un centro per i visitatori con cassa e shop, di un bar, di un ristorante, di una sala intrattenimento per bambini e, soprattutto, di grandi superfici espositive. Queste ultime sono caratterizzate da infilate spaziali di ambienti che si susseguono senza interruzione; gli archivolti in mattoni a vista e le pareti intonacate e in parte decorate, conservano l’aura dei tempi passati. Dal 2008 l´intervento di recupero prosegue sul forte medio, il quale comprende altri 1500 m2 di superficie espositiva. Protagonista del progetto è lo studio di una nuova accessibilità per quella zona del forte, fino ad allora raggiungibile solo attraverso la ripida scala storica. Una complessa struttura composta da setti in cemento armato forma una

spirale che si snoda all’interno di una nuova galleria verticale scavata nella roccia, situata alla base degli edifici e collegata a due tunnel preesistenti. Scala e ascensori raggiungono l’interno dell’unica polveriera del forte ad aver subito forti danni a causa di un´esplosione. La parte mancante di tale edificio è stata ricostruita seguendo il tracciato delle murature originarie preesistenti o la miscela di cemento e inerti di granito gettato a strati ripropone e richiama l’aspetto a corsi orizzontali dei blocchi in pietra del forte. All’interno di questo nuovo corpo si inseriscono anche i servizi igienici del forte medio. Gli altri edifici, salvo alcuni interventi di messa in sicurezza, sono stati lasciati sostanzialmente come sono stati trovati quasi come padiglioni aperti che si affacciano su un unico grande giardino. Grazie a questo intervento raffinato il forte continua a respirare l’aria del suo tempo.


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Fig. 15. Nuova scala interna.


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The renovation of the fort “Fortezza” Marckus Scherer “Begun under Francis I in the year 1833 – completed by Ferdinand I in the year 1838”, reads the Latin inscription over the gate of the fortress. In just five years, over 6,000 workers and soldiers built a blocking position at one of the narrowest points in the Eisack valley. It has the dimensions of a small town and, with a surface area of 20 hectares, is the largest fortification in the Alpine region. With this monumental defensive work the Habsburgs hoped to halt the advance of the revolutionary changes provoked by the French revolution. Designed by regimental engineer Franz von Scholl, it consists of three autonomous sections: the upper, middle and lower fortress levels. It has clear and simple classicist lines; it is functional and impregnable. As the military threat did not materialise in the decades following its construction, however, the fortress rapidly lost its importance. By the end of the 19th century it was merely used as a powder depot. In 1918 Franzensfeste came under Italian rule and was used by the army until 2003. Acquired by the province of South Tyrol, new opportunities for the preservation of this cultural monument have arisen: the former fortress is intended to become a place for meetings and cultural exchanges. In 2008 it was one of the four venues for the European biennale of contemporary art, Manifesta 7, and in 2009 it hosted the South Tyrolean regional exhibition. The Meran architect Markus Scherer prepared the lower fortress level for Manifesta 7, an exhibition surface area of over 3600 m². Preservation of the buildings and the character of the fortress was paramount. The huge granite blocks

making up the walls were restored, the roofs waterproofed and the windows repaired. Walled-off spaces were opened up and later additions removed. The size and extent of the complex are not at first obvious from the courtyard behind the main gate. The monolithic structures with small, regularly spaced window apertures are on different levels around the compound, connected by ramps. The lowest are lapped by the dark waters of the adjacent artificial lake. New galvanised steel railings and staircases have improved safety. Two windowless concrete towers with lifts and staircases link the buildings. The surfaces and the material used interpret the historical building method anew: they are concreted in irregular 3070 cm sections, with a fine layer of sand between each. These layers were flushed out to produce an irregular horizontal joint pattern and granite sand was used to adapt the towers to the surrounding colour, with the surface roughened by sandblasting. These objects, with their military numbering, now accommodate a visitor centre with a ticket office and shop, as well as a bar, restaurant, a play area for children and, last but not least, a large exhibition area. Visitors to Manifesta are greeted by a seemingly endless series of rooms. The carefully restored vaults of exposed brick-work and the plastered walls, some decorated with murals, have retained the aura of the past. On one of the walls can be read “Immer vorwärts!”, always forwards, understandable in every language spoken in the Empire: let modern art breathe fresh life over the walls! New items such as grilles, handrails, doors and the two free-floating bridges over the lake, connecting two buildings, are all constructed of galvanised, patinated steel: the existing elements form a pleasant context for their cloudy black


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coloration. The existing tunnel, where the Bank of Italy’s stolen gold was found, was extended and a 22-metre long vertical shaft driven through the rock to connect the lower to the middle fortress. The black concrete stairway with its golden handrail (Kunst am Bau (The Art of Building) by Manfred Alois Mayr) spirals upwards like a sculpture. The stairs and lift end in the partially destroyed powder magazine. This was redesigned as the new entrance building, while the new

adjacent building of compressed concrete (coloured to match the existing construction through the use of granite sand) provides the outside edges of the missing sections and contains all the sanitary and technical areas for the middle fortress. The remaining buildings have as far as possible been left as they were found. Only certain elements such as safety grilles, rails and ramps have been added and these, as in the lower fortress, are of galvanised, patinated steel.

Fig. 16. Camminamento esterno.


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Fig. 1. Sbarramento di Forte Tre Sassi. Foto storica.


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Restauro del forte “Tre Sassi” per il “Museo della Grande Guerra delle Dolomiti” Francesco Da Rin

Con il progetto di restauro e di recupero dell’edificio si voleva che il Forte, ridotto a rudere dal bombardamento del 4 luglio del 1915 e dalle operazioni dei recuperanti, condotte durante il ventennio, e poi lasciato in totale abbandono, trasmettesse tutta la forza delle vicende di cui era stato testimone, risolvendo contemporaneamente la richiesta di spazi per allestimenti richiesti dalla committenza. Il primo atto di un restauro è sempre il rilievo. Nel gesto del misurare si attua una presa di possesso e il tentativo di razionalizzare la realtà attraverso la sua rappresentazione misurata ed oggettiva; inoltre, il rilievo permette, quel “congelamento” delle cose nella loro rappresentazione che la realtà stessa non consente. E’ un gesto che non andrebbe delegato a nessuno perché stabilisce un principio di conoscenza fisica dell’oggetto non altrimenti percepibile. Nell’inverno tra il 1999 e il 2000 l’edificio venne misurato e studiato nel suo funzionamento di macchina bellica, cioè di un sistema che, per quanto obsoleto, anticipava di decenni tecnologie impiantistiche e costruttive poi applicate nell’edilizia civile: una consuetudine abbastanza nota per cui lo “stato di urgenza” a cui la difesa spesso

Fig. 2. Passo Valparola. Forte Tre Sassi.

Fig. 3. Foto storica. Sbarramento di forte Tre Sassi.

Fig. 4. Foto storica. Sbarramento di forte Tre Sassi.


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Fig. 5. Ricostruzione tridimensionale. Progetto di recupero.

Fig. 6. Ricostruzione tridimensionale. Progetto di recupero.


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costringe, fornisce un input all’accelerazione della tecnica che poi quasi sempre trova modi di applicazione nella vita quotidiana. Il Forte, che tecnicamente è una struttura “tagliata” a controllo degli accesi carrai, presentava due aspetti in qualche modo discordanti: era l’ultimo esito delle fortezze cinquecentesche nate dall’uso della polvere da sparo ma anche uno dei primi risultati dell’uso del cemento, di sistemi di ventilazione forzata e dell’applicazione dei sistemi di telefonia. La sua conformazione originale è stata ricostruita attraverso la lettura dei resti materiali ma anche attraverso il recupero della documentazione esistente presso gli archivio militare di Vienna: copia dei progetti - si tratta di veri e propri elaborati esecutivi - veniva depositata a Vienna dal cui archivio è stato possibile recuperare la documentazione in nostro possesso, ma non l’esecutivo del corpo di fabbrica principale che di fatto è scomparso. Viceversa, è stato possibile recuperare l’esecutivo del piccolo deposito, di cui resta solamente una traccia di sedime, che completava il sistema difensivo. Secondo metodi di comparazione abbiamo invece utilizzato l’esecutivo del Forte “La Corte ”, che faceva parte

Fig. 7. Vista degli interni prima dell’intervento di recupero.

Fig. 8. Dettaglio della nuova struttura in acciaio.

Fig. 9. Spazio espositivo interno al forte dopo il recupero.


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Fig. 10. Sbarramento di Forte Tre Sassi. Foto attuale: vista esterna del forte dopo l’intervento di recupero.


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della stessa linea difensiva, realizzato con certezza dal Generale Schisser, massimo esperto di fortificazioni dell’Impero (ne aveva già costruite in Gallizia, in Erzegovina e in Transilvania), trasferito a Bressanone per sovrintendere le operazioni di rafforzamento dei confini meridionali volute fortemente dal Generale Conrad. Oltre al Forte “La Corte”, Schisser diresse anche la realizzazione della tagliata “Ruàz” e fu responsabile della zona fortificata di Riva del Garda. Il modello seguito da Schisser sembra essere “Forte Strino” costruito ai piedi del Passo Tonale ancora nel 1860. Questi forti erano eseguiti secondo sistemi di standardizzazione attuati a grande scala e attraverso modi di assoluto controllo: ogni singolo pezzo, legato all’evolversi tecnologico, doveva potersi incastrare nel sistema secondo modalità certe che dipartivano dallo stessa formazione all’uso dei mezzi che nell’addestramento veniva impartita agli uomini. Queste modalità erano anche stampate in una “Gazzetta Ufficiale di Ingegneria Militare” per l’istituzionalizzazione e il coordinamento degli adeguamenti. Il progetto finale era quindi l’incrocio tra necessità logistiche legate al luogo,

Fig. 11. Collegamenti tra la struttura nuova ed esistente.

Fig. 12. Struttura portante del nuovo solaio.

Fig. 13. Vista degli interni dopo l’intervento di recupero.


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la parte definibile come adattamento “tattico”, ed i singoli elementi da manuale con cui venivano risolti i particolari costruttivi secondo modelli collaudati e poi standardizzati. Trattandosi di armamenti pesanti, realizzati con tecniche di fusione unica complesse, venivano tenuti regolari rapporti con le ditte produttrici, in primo luogo con la Skoda, che in posizione di quasi monopolio, e in situazioni politiche diverse, fornirà anche l’Italia. La parte costruttiva era invece di competenza locale sotto il controllo dell’autorità provinciale, e si avvaleva di imprese costruttrici della zona attraverso regolari contratti d’appalto. Il Forte “Tre Sassi” si componeva di un corpo di fabbrica quadrangolare ad angoli smussati (questo, ed altri accorgimenti ancora, venivano attuati per diminuire i danni derivati dai proiettili) nella tipologia tipica delle “torri di artiglieria”. Qui trovavano, spazio e collocazione sia la parte riservata agli alloggi della truppa (in questo caso composta da centodieci uomini) e gli alloggi per quattro ufficiali, ambedue posti nella parte più coperta e riparata del fronte di gola, sia la zona delle cannoniere, delle fuciliere e delle mitragliatrici poste a difesa verso il Fal-

zarego e Livinnallongo. A questo edificio se ne aggiungeva un altro, posto sulla sommità di un leggero declivio, che fungeva da deposito. I due edifici erano circondati da vari anelli difensivi di filo spinato dentro i quali si sviluppava una serie di percorsi che permetteva di raggiungere la linea dei trinceramenti. Si attuava in questo modo il controllo sulla strada e sul territorio. Il sistema era a tal punto illeggibile che il secondo edificio venne riscoperto solo esaminando le mappe. Inoltre, nel tempo, la viabilità era stata completamente modificata attraverso la discutibile operazione di tagliare l’intera zona con una “comoda” strada rettilinea. Per noi era importantissimo ridare corpo a quella situazione perduta anche solo attraverso brevi cenni magari di tipo concettuale e non propriamente di restauro. Queste intenzioni si riflettono nella ricostruzione “innocua” di brani del campo trincerato senza filo spinato, e nella realizzazione di un recinto realizzato con le pietre del forte recuperate catalogate e “inscatolate”. Le dotazioni tecnologiche e strutturali sono invece state progettate per essere montate a secco e quindi amovibili.


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Fig. 14. Forte Tre Sassi: veduta esterna dell’ingresso. Foto di: Fiorenzo Meneghelli.

Fig. 15. Vista esterna del forte dopo l’intervento di recupero.


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Restoration of the fort “Tre Sassi “ for the realization of “Museum of the Great War in the Dolomites” Francesco Da Rin We wanted the Forte, in ruins by the bombardment of 4 July del1915 and then left in total abandonment, transmit the full force of the events he had witnessed, solving at the same time the demand for spaces that the customer had requested and the need for which had taken shape the operation of restoration and renovation of the building. The first act of restoration is always the reveal design. In a gesture of measure is implemented taking possession and the attempt to rationalize the reality through its representation of measured and objective, is realized, also, the “freezing” of things in their representation that reality itself does not allow. It’s a gesture that should not be delegated to anyone because it establishes a principle of physical knowledge of the object not otherwise perceptible. In the winter between 1999 and 2000 the building was measured and studied in its functioning of the war machine that is, a system that anticipated by decades plant technologies and constructional then applied in the civil building. According to a custom quite known for which the “state of emergency” in which the defense often forces, provide an input to the acceleration of the technique then almost always find ways of application in everyday life. The Fort, which technically is a “cut” to control access driveways, had two aspects somewhat different: it was the final outcome of the sixteenth century fortresses born by the use of gunpowder, but also one of the first results of the use of cement, the use of forced ventilation systems, application in telephony systems and more. Its original

state was then rebuilt by reading the material remains but also through the restructure of existing documentation at the military archives in Vienna: copy of the draft - it’s real executive elaborate - was filed in Vienna in which archive was possible to find the documentation in our possession. but not the executive of the main body of the building which is in fact disappeared while it was possible to recover the final drawing of the small deposit which completed the defensive system. According to methods of comparison we have instead used the executive of the Fort “La Corte”, which was part of the same defensive line. It was made with certainty by General Schiesser, chief expert of fortifications of the Empire (he had already built in Galicia, in Herzegovina and in Transylvania), relocated to Brixen to oversee the operations of strengthening of southern borders strongly desired by General Conrad. The model followed by Schiesser seems to be “Forte Strino” built at the foot of the Passo Tonale still in 1860. These are standardization systems implemented on a large scale and through ways of absolute control each piece, linked to the evolution of technology, should be able to fit into the system in ways that branched off from the same education for use in training that was imparted to men. It was also printed an “Official Gazette of Engineering Military “for the institutionalization and coordination of the adjustments. The final project was therefore the intersection between logistical needs related to the place - the part defined as adaptation “tactical” - and the elements with which the constructional details were solved according to the models tested and then standardized. The Fort “Tre Sassi” consists of a main building square with rounded corners (this, and other devices yet, were implemented to reduce the


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damage caused by the bullets) in the type typical of the “towers of artillery”. The Fort “Tre Sassi” consists of a main building square with rounded corners (this, and other devices yet, were implemented to reduce the damage caused by the bullets) in the type typical of the “towers of artillery” in which were space and location both the part reserved for accommodation of troops, in this case consisting of a hundred and ten men, and housing for four officers, both placed in the most covered and repaired the front of the throat, is the area of the gunboats, the rifleman and machine guns placed in defense towards the Falzarego and Livinnallongo. At this building it is joined by another, on the top of a gentle slope, which served as a deposit. The two buildings were surrounded by various defensive rings of barbed wire inside which it developed a series of paths that allowed to reach the line

of the trenches. Did it happen in this way the control on the road and on the territory. The system was now so illegible that the second building was rediscovered only studying the maps. Also over time the road had been completely changed by the controversial operation to cut off the entire area with a “comfortable” straight road. For us it was important to give body to that situation also lost only through brief conceptual and maybe not properly restored. These intentions are reflected in the reconstruction “harmless” pieces of the entrenched camp without barbed wire, and construction of a fence made with cataloged and “canned” stones. The technological and structural equipment are designed to be mounted dry and therefore removable.

Fig. 16. Forte Tre Sassi. Fonte: commons.wikimedia.org. Foto di: Unterillertaler.


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Fig. 1. Forte Belvedere. Planimetria generale.


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Corazzate sepolte in cima al monte Francesco Collotti

Dagli spalti di artiglieria bassi sul mare di Cadice fino – ad Oriente - alla mole, forse filaretiana, della fortezza di Gallipoli sui Dardanelli, i paesaggi fortificati cingono il Mediterraneo. E segnano i bordi delle montagne a Sella Nivea come a Pramand, marcano le coste le batterie a La Spezia o abbracciano il porto a Dubrovnik, spuntano in barbette ottagonali tra le isole delle lagune, oppure a tratti sembran gesti e corpi di giganti che stan sottoterra e mostran ogni tanto una schiena voltata, come l’aviorimessa ipogea di Pantelleria, o una vertebra di scale che arrampica una costa ripida dove la napoleonica Rocca d’Anfo si specchia nel lago. Aveva forse ragione quel vecchio che con un cercamine - vagava per i campi di battaglia della Grande Guerra ormai abbandonati, favoleggiando che anni addietro l’impero austroungarico avesse sepolto tra i monti incrociatori e corazzate piene di ogni materiale prezioso e di tesori nascosti. I paesaggi fortificati han vissuto stagioni diverse. E le fortezze abbandonate ebbero talvolta - per frammenti - una seconda vita. Così i bandoni calandrati di forte spessore costruiti negli arsenali degli Imperi sono andati a far stalle e

Fig. 2. Forte Belvedere. Foto storica.

Fig. 3. Sezioni.

Fig. 4. Ingresso.


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Fig. 5. Forte Belvedere. Foto storica.

Fig. 6. Forte Belvedere. Foto storica.


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porcilaie nel difficile successivo tempo di pace, e gli isolatori di porcellana e i quadri elettrici di marmo e ottone son stati riusati nelle case civili ricostruite dopo l’esodo della guerra, così come del resto – tra l’ironia e il disprezzo gli elmi col chiodo furono per anni usati in cima a un’asta di legno per svuotare i pozzi neri. La natura si riprende il percorso capriccioso delle trincee sul Pasubio, tracciate per non farsi prender d’infilata dalle raffiche di mitragliatrice, la sabbia ricolma il silurodromo che sta allungato dietro alle Vignole, tra l’Arsenale di Venezia e la bocca di San Nicolò. Di alcuni luoghi tuttavia sarà bene recar ricordo, e trasformare questo fatto individuale in atto collettivo e corale, come solo la memoria sa fare. E lo racconterai ai tuoi figli. Per questa via, learning by doing, abbiam cercato col progetto di mettere in opera la memoria, con un gruppo di ricerca e di progetto che ha lavorato sul campo nell’arco degli ultimi vent’anni lungo il confine tra l’ex-Impero austroungarico e l’Italia. Paesaggi riusati, ovvero della rivisitazione dei campi di battaglia attraverso il progetto di architettura. Messa in

opera della memoria nei siti della Grande Guerra. Considerando la MEMORIA alla stregua di un bene culturale. Abbiamo dedicato molti anni a progetti e realizzazioni volte alla risignificazione di paesaggi fortificati attraverso operazioni di coltivazione architettonica dei luoghi. Alcuni musei ricostruiti tra gli enormi spessori di corazzate di pietra e cemento sepolte tra le montagne (Forte Belvedere a Lavarone), siti espositivi realizzati in quota (Luserna, Cherle, Pasubio), macchine ottiche e finestre ritagliate in lamiere di forte spessore acidate alla maniera di reperti arrugginiti e orientate per misurare il paesaggio laddove un tempo i telemetri delle artiglierie traguardavano distanze e agganciavano obiettivi (Pozzacchio in Vallarsa ). Altri siti espositivi posati nelle valli all’ombra delle prime linee (il Museo del soldato a Recoaro o le scatole della memoria di Posina). Alta manutenzione del paesaggio destinata alla messa in opera di alcuni particolarissimi scenari di guerra. Non lontano da una antica idea di trasformazione del paesaggio e di messa in opera della natura, che da sempre coincide con il lavoro antico degli uomini sul territorio.


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Fig. 7. Forte Pozzacchio. Planimetria generale.

Fig. 8. Forte Pozzacchio. Sezione.


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CosÏ a Lavarone, tra i muri di Forte Belvedere, abbiam verificato come solo il risarcimento sia l’unica vera operazione che oggi alcuni di questi paesaggi fortificati accettano: sottratta al Forte la ragion tecnica nel corso degli anni Trenta durante il recupero del ferro, non restava oggi che riportare il ferro al Forte e, per questa via, elaborare e ricomporre la memoria ferita di questa incredibile opera. Ragionando sulla sua missione di guerra, abbiamo cercato di lavorare su quella natura dura che lo caratterizzava, entrando in quel mondo fatto di forti spessori: ecco allora il portone rivestito come la corazza di un animale barbarico, il rifacimento dei pavimenti in battuto di cemento grezzo oppure in larice (legno resinoso, tecnico, non da arredatore), le tabelle con la originaria destinazione dei locali ricavate scavando a tutto spessore con la fiamma lastre di ferro profonde, allestimenti fatti di lamieroni e di scatole della memoria che non cercano di adattarsi con grazia alle camerate, ma che si isolano dalle pareti, lasciandole cosÏ come sono con i chiodi arrugginiti, le percolature di umidità , tracce di canali o tubi, vani tecnici oramai vuoti.

Fig. 9. Forte Pozzacchio. Passerella aerea.

Fig. 10. Forte Pozzacchio. Passerella aerea.

Fig. 11. Forte Pozzacchio. Passerella aerea.


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A quanti ci chiedevano di ricostruire i luoghi com’erano dov’erano, abbiamo risposto che non sapevamo quale memoria mettere in opera: quella del 1913 quando i Forti eran nuovi e fiammanti, appena inaugurati con la fanfare e le divise a colori? Quella dei primi di novembre del 1918 quando un esercito di popoli diversi era in rotta e buttava le artiglierie nelle acque scure del lago di Caldonazzo? O forse quella dei tanti monumenti ai caduti che trovi nei paesi del Mezzogiorno da cui son partiti contadini e pescatori abituati al sole che son morti d’inverno sull’Ortigara o sul Monte Canino? Da qui la diffidenza verso ogni tentativo di ricostruzione filologica dei manufatti, lasciando piuttosto leggere col nuovo intervento la natura del vecchio, il suo stato di rudere, lasciando parlare quasi più il documento che non il monumento. L’immaginazione del resto, come ci insegnano i bambini, è materiale da costruzione. Volevamo evitare il presepe che contraddistingue tante ambientazioni pseudostoriche. Il Forte di Pozzacchio è l’ultima e più moderna opera corazzata del fronte trentino realizzata dall’Austria-Unghe-

ria a difendere la città di Rovereto e la Vallagarina dalla prossimità del confine italiano in cima alla Vallarsa (Vicenza). Quasi interamente realizzata sottoterra, l’opera rimase incompiuta allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Inaugurato a cent’anni dallo scoppio della guerra dopo un lungo cantiere durato certo di più di quello originario. Paesaggio fortificato ricostruito restituendo le pietre miliari e i paracarri alla strada che serviva ai trattori di artiglieria, ricomponendo i muri per il parcheggio di arroccamento pensando a come i contadini li facevano, distanti dalle roccette dell’ANAS. Guadagnando la quota che fu scenario della battaglia non abbiamo ricostruito gli antichi corpi di guardia in pietra, ma coperto i loro resti con tettoie che alludono al volume e che ospitano un grande modello in cemento dell’opera, incomprensibile se non in sezione. Le baracche di cantiere allestite dal Genio militare austroungarico avranno prima o poi un ponteggio analogo ai puntelli che si usano per le case terremotate, mentre tutte le opere provvisionali del cantiere di un secolo fa son state ripulite e mostrate sulla linea della cremagliera che le serviva. Rispetto agli anni dell’abbandono tra-


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scorsi per quasi un secolo, abbiamo invece ripristinato l’originaria percorribilità interna, consentendo ai visitatori di accedere alle cupole corazzate di cui si ripete l’impronta in lamiera d’acciaio di forte spessore. La ricostruzione di alcune case nella grotta - analoghe a quelle che nel periodo bellico ospitavano truppa e materiali – cerca di restituire per analogia la dimensione spaziale di questa singolarissima ipogea macchina da guerra incompiuta.

Fig. 12. Modello di tettoia.

Note: 1) I recuperanti, regia di Ermanno Olmi, soggetto e sceneggiatura di Mario Rigoni Stern, Ermanno Olmi, Tullio Kezich, con Andreino Carli, Antonio Lunardi, Alessandra Micheletto, Oreste Costa; 1969. 2) Wu Ming 1, Cent’anni a Nordest, viaggio tra i fantasmi della guera granda, 2015 RCS Libri S.p.A, Milano. 3) F.Collotti, G.Pierazoli, Paesaggi fortificati: le stagioni della memoria in La Memoria della Grande Guerra in Trentino, Progetti ed iniziative di recupero e valorizzazione nel quadro della legislazione nazionale e provinciale, atti del convegno tenuto in Rovereto 22 marzo 2003, editi da Provincia Autonoma di Trento – Soprintendenza per i Beni Architettonici, Trento 2005; F.Collotti, Una proposta italiana (2): La memoria nella pietra. Progetto di recupero del Forte Belvedere a Lavarone di Trento in Percorrendo i luoghi della memoria – La tutela del Patrimonio Storico della

Fig. 13. Tettoie messe in opera.


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Grande Guerra e la Legge 7 marzo 2001 n°78 atti del Convegno Internazionale, Schio 11-12-13 ottobre 2002; F.Collotti, G.Pirazzoli, V.Fantin, La messa in opera della memoria. Interventi di architettura per le fortezze del Trentino, in “Gazzetta Ambiente – Rivista sull’Ambiente e il Territorio” n.2 anno 2003; F.Collotti, Paesaggi fortificati della Grande Guerra, in “il parco urbano come strumento di riqualificazione” a cura di R.Capozzi, Napoli 2006; L.Gibello, Che cosa resta della Grande Guerra in “Il Giornale dell’Architettura”, anno 13 n.117 Primavera 2014, Torino 2014 F.Collotti, G.Pirazzoli, Paesaggi fortificati: le stagioni della memoria in La Memoria della Grande Guerra in Trentino, Progetti ed iniziative di recupero e valorizzazione nel quadro della legislazione nazionale e provinciale, atti del convegno tenuto in Rovereto 22 marzo 2003, editi da Provincia Autonoma di Trento – Soprintendenza per i Beni Architettonici, Trento 2005; F.Collotti, Una proposta italiana (2): La memoria nella pietra. Progetto di recupero del Forte Belvedere a Lavarone di Trento in Percorrendo i luoghi della memoria – La tutela del Patrimonio Storico della Grande Guerra e la Legge 7 marzo 2001 n°78 atti del Convegno Internazionale, Schio 11-12-13 ottobre 2002; F.Collotti, G.Pirazzoli, V.Fantin, La messa in opera della memoria. Interventi di architettura per le fortezze del Trentino, in “Gazzetta Ambiente – Rivista sull’Ambiente e il Territorio” n.2 anno 2003; F.Collotti, Paesaggi fortificati della Grande Guerra, in “il parco urbano come strumento di riqualificazione” a cura di R.Capozzi, Napoli 2006.

4) F.Collotti, G.Pirazzoli, V.Fantin, Il museo del Forte austroungarico Belvedere a Lavarone di Trento, Italia, in “ARCHI Rivista svizzera di architettura, ingegneria e urbanistica”, n.3/giugno 2002, Bellinzona 2002; F.Collotti, G.Pirazzoli, V.Fantin, La messa in opera della memoria - Die Erinnerung wird ins Werk gesetzt – Restoring memory, in Forte Belvedere Werk Gschwent, catalogo del Museo a cura di L.Fabi, Cremona 2002; Nicola Braghieri, Il ferro dei vinti in Casabella 795 novembre 2010. 5AAVV, Il recupero dei forti austroungarici trentini, edito da Provincia Autonoma di Trento – Soprintendenza per i Beni culturali, 2014 Trento.


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Fig. 14. Forte Pozzacchio. Passerella aerea.


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Warships buried at the top of the mountain Francesco Collotti From the artillery battlements low on the sea of Cadiz to the easternmost fortress at Gallipoli on the Dardanelles – probably by Filarete – the fortified landscape surrounds the Mediterranean Sea. Fortified landscape mark the mountain borders at Sella Nivea and Pramand; the batteries dot the coastline at La Spezia or embrace the Dubrovnik port, they stem like octagonal platforms from the Venice islands, appear as the bodies of giants that lay underground and every now and then show their backs – at the Pantelleria airplane hangars – or as vertebrae of staircases that climb on the steep mountainback where the Napoleon-era Rocca d’Anfo reflects itself on the small black lake. As Ermanno Olmi tells in his film I recuperanti (1969) an old man once took a mine detector and roamed on abandoned World War I battlefields, as he believed that years before the AustroHungarian empire had buried warships full of precious materials and hidden treasures among the mountains. And maybe he was right. The fortified landscape has had different seasons over time. And abandoned fortresses had sometimes a second life. Thus the thick, bent metal sheet built in the arsenals of the Central Empires turned into stables and pigsties in the subsequent – and troubled – peace time that ensued; and porcelain insulators and marble electrical boards were given another use by civilians in their homes rebuilt after the war like, after all – between irony and disgust – the spiked helmets (Pickelhaube) were used for years at the end of a wooden rod to empty cesspools. Nature took back the winding trenches of the Pasubio, dug to protect

soldiers from shelling and machine gun fire, while sand fills the torpedo testing vats that stretch behind the Vignole, in between Venice’s Arsenal and the port of San Nicolò. Some places are anyway remembering and must be turned from an individual experience into a collective and collegial heritage, as only memory can do. And you will tell it to your children. Following on this path, learning by doing, with this project with Giacomo Pirazzoli we tried to set memory in motion with a research and project group that worked on the field in the past twenty years along the border between the former AustroHungarian empire and Italy. Reused landscape, that is, a re-visitation of battlefields through the architecture project. Memory mise en oeuvre in Great War sites - MEMORY as cultural heritage. We devoted years and projects to give meaning back to fortified landscapes through the architectural cultivation of places. Some museums were rebuilt in the unbelievable thickness of stone and concrete walls buried in the mountains (Forte Belvedere at Lavarone), exhibitions locations were built high in the mountains (Luserna, Cherle, Pasubio), optical machines and windows were cut out from metal sheets, finished to evoke old rusty exhibits and directed to measure the landscape where artillery telemetry once looked into the distance to engage its targets (Pozzacchio in Vallarsa). High landscape maintenance destined to recreate some very specific war scenarios. Not too far removed from an ancient idea of landscape transformation and natural conversion, which has always been connected with the ancient usual work of the men on the land. Thus in Lavarone, safe within the walls of Forte Belvedere, we have found out that


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refund is the only thing that some of these fortified landscapes accept today: after the Fort no longer had any reason in the Thirties – lost the original war purpose - it was stripped of all its iron; well, today we had no choice but to return the iron to its rightful owner and thus, process and restore the wounded memory of this incredible piece of engineering. Reasoning over its warlike mission, we tried to work on its hard nature, playing with its thick structure: the gate clad like the armour of a barbaric animal, the refurbishment of the floors in raw concrete or larch (a sappy, difficult wood that is not typical for interior designers), the tables and the original use of the rooms dug deep with flames from slabs of steel, structures made with thick sheets and memory boxes that do not try to gracefully adapt to the bunks but alone standing from the walls, layed in the middle of the rooms, leaving them as they are with rusty nails, signs of humidity, traces of ducts and pipes or empty storage spaces. To many who asked us to rebuild the venues as they were and where they were, we answered that we did not know which memory to set up: the memory of 1913, when the forts were brand new, shining and still resonating with fanfares and colourful uniforms? Or the memory of the early November of 1918, when an army of different peoples on retreat threw its artillery pieces in the dark waters of Lake Caldonazzo? Or perhaps the memory of countless monuments to the fallen soldiers that dot many villages in the south of Italy, where many farmers and fishermen left their sun drenched homes to die far away in the Alpine winter? Hence our scepticism towards any attempt at venturing in the philological recreation of the artefacts; indeed, we’d rather use the new solution to read the nature of the old one, its being a

vestige, letting the document speak instead of the monument. After all children teach us that imagination is a building material. The Fort at Pozzacchio is the latest, and most modern, fortified Werk on the Trentino front built by Austria-Hungary to defend the City of Rovereto and the Vallagarina from the nearby Italian border of the top of the Vallarsa (Vicenza). Almost entirely built underground, the project remained unfinished at the start of World War I. We re-opened it one hundred years from the start of the war after a long project that lasted more than the original one. A fortified landscape rebuilt using milestones and stone bollards along the road where artillery tractors used to drive, refurbishing the walls for the parking area at the start of the slope leading to the Fort. As we got to the level where the battle raged, we did not rebuild the old stone guard posts, but instead we covered the remains with roofs that let imagine their shape and house a large concrete model of the fortress, which could not be intelligible if not in a section. The construction barracks set up by Austro-Hungarian engineers will sooner or later feature props that are used for homes after earthquakes, while all the temporary works on the century-old site were cleaned and displayed on the little railway line that served them. In spite of the almost one century of neglect, we restored the original internal footpaths, thus allowing the visitors to access the armoured domes featuring the same high-thickness steel sheet footprint. The refurbishment of some cave-dwellings (the grid floor and a generous parapet only, not the complete elevation!) – similar to those that housed soldiers and supplies during the war – tried to recreate the spatial arrangement of this particular and unfinished underground war machine.


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Fig. 1. Veduta aerea del complesso fortificato di Fenestrelle.


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Recupero della Ridotta Carlo Alberto del Forte di Fenestrelle Fiorenzo Meneghelli

Il Concorso Internazionale Il sistema fortificato di Fenestrelle si sviluppa per tre chilometri lungo un dislivello di 635 metri collegati dai 4.000 gradini della Scala Reale. Il sistema difensivo è costituito da un insieme di mura, palazzi, piazze, ponti, caserme, forti, ridotte, ecc. per una superficie complessiva di oltre 1.300.000 mq. Questi sono i numeri della più grande fortezza alpina d’Europa, costruita tra il XVIII ed il XIX sec. a Fenestrelle, a difesa del confine tra Francia e Regno di Savoia. Strategie di utilizzo e valorizzazione del forte La valorizzazione del forte di Fenestrelle (1) va ricercata in una visione territoriale ampia, capace di riconoscere le peculiarità storico-architettonico ed ambientale del forte e dall’altro di collegarlo al sistema delle fortezze d’Europa. Per queste ragioni la proposta progettuale è stata articolata in: - Scala europea - La fortezza come parte della rete dei forti - dalle Ardenne alle Alpi, dall’Oceano Atlantico al mare Mediterraneo: il network delle fortificazioni fa parte dei progetti comunitari europei, con la costituzione della rete culturale dei forti per generare sviluppo del

Fig. 2. Concorso internazionale “Il drago e la montagna”.

Fig. 3. Schema funzionale della fortezza e percorsi verso il forte.

Fig. 4. Fenestrelle: Palazzo Governatore.


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Fig. 5. Parcheggio con in profonditĂ la ridotta Carlo Alberto.

Fig. 6. Veduta del nuovo corpo in acciaio corten e del passaggio aereo di collegamento alla strada reale.


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territorio – turismo; - Scala regionale, Il patrimonio storico ed ambientale, rappresenta un valore ed una potenzialità su cui costruire un nuovo sviluppo economico e sociale equilibrato. - Scala locale, Le azioni possibili sono varie dalle fortezze quali presidi naturali del paesaggio al recupero della viabilità storica e favorire la permanenza nel territorio montano delle attività economiche tradizionali. L’itinerario di visita della Fortezza di Fenestrelle Il progetto ha proposto tre differenti percorsi di visita alla fortezza. Un percorso costituito dalla strada coperta, una lunga scala che collega in galleria le varie parti della fortezza. Questo itinerario vuole offrire interessanti visuali architettoniche della fortificazione e del paesaggio circostante. La strada della Porta Reale invece diventerà un itinerario storico per entrare nella fortezza. La strada dei cannoni, posta sul declivio della montagna, consente una vista d’insieme della fortezza nel suo inserimento paesaggistico. Progetto per il programma funzionale Il territorio alpino assumerà sempre più

Fig. 7. Ridotta Carlo Alberto - Sezione longitudinale.

Fig. 8. Ridotta Carlo Alberto - Prospetto Sud.

Fig. 9. Ridotta Carlo Alberto - Sezione longitudinale.


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Fig. 10. Parcheggio con sistemazione del pendio sul torrente Chisone e percorso pedonale di accesso alla ridotta.

Fig. 11. Percorso di accesso alla fortezza - Strada della Porta Reale.


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valore sotto il profilo ambientale e quello turistico, ed è proprio in questi due ambiti che è necessario elaborare nuove strategie di fruizione e di conoscenza dei sistemi ecologico-ambientali. Le proposte di funzioni da inserire in un programma di recupero e valorizzazione della fortezza sono la realizzazione di: uno spazio informativo ed espositivo; servizi polifunzionali ed un museo della fortezza. Inoltre sono previste aree per la formazione rivolte in particolare al turismo, al marketing territoriale, ai temi ecologici e del paesaggio della montagna. Recupero della Ridotta Carlo Alberto Per valorizzare il manufatto nella sua relazione con il contesto ambientale, si propone di riportare in collegamento visivo la fortezza con il territorio circostante; inoltre, si dovranno realizzare dei coni visivi per consentire di vedere in profondità la valle quale condizione originaria della funzione strategico-difensiva della fortezza. La recuperata ridotta Carlo Alberto, potrà meglio rappresentare la nuova “porta” di accesso alla valle. L’edificio, era in realtà uno “sbarramento” militare e fungeva da caposaldo inferiore della fortezza, che doveva interrompere la strada per la Francia.

Fig. 12. Strada dei cannoni.

Fig. 13. Strada della Porta Reale.

Fig. 14. Passaggio aereo di collegamento alla fortezza.


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L’allargamento della strada ha eliminato la strozzatura sull’asse viario, ed oggi la Ridotta viene percepita come rudere non collegato alla fortezza. La proposta progettuale nasce da due suggestioni: la “porta” ed il “ponte per il loro significato metaforico sia per il luogo sia per la funzione dell’edificio esistente. Lo scopo è quello di evocare la percezione di una chiusura con la “porta” e quindi poi di un attraversamento con il “ponte”. La scelta progettuale è stata quindi di realizzare un volume in lastre giustapposte di acciaio cor-ten, che potessero “ricostruire” un “cubo” che fuoriuscisse dalla trama antica e ricomponesse, seppure semplificata, la geometria del manufatto storico conservandone la volumetria. La visione verso l’ambiente circostante avviene solamente attraverso le aperture delle bocche da fuoco poste nel corpo storico. Nel nuovo manufatto, la visione esterna deve essere concentrata all’uscita del “tunnel” di collegamento con lo spalto roccioso. Il “ponte” si propone quindi come un passaggio coperto che fuoriesce dal “cubo” in posizione centrale, e si appoggia sullo spalto erboso dell’antistante costone roccioso. Tale soluzione riprende l’immagine della porta storica, segnando il passaggio tra la valle che “finisce” o

“inizia”. Questo elemento rappresenta un passaggio tra il mondo dietro la porta di passaggio: il passo alpino o nella direzione opposta la vasta pianura. Non più un piccolo pertugio ma un grande portale che comunica una continuità ritrovata tra i due versanti alpini. Da lì può iniziare il percorso di scoperta e conoscenza della fortezza e del suo ambiente. La Ridotta, quale “porta” di ingresso alla valle Chisone, costituirà quindi il luogo dove mostrare la storia e la vita della valle. L’ edifico ospiterà spazi in cui verranno fornite le informazioni sulla fortezza, elaborate in pannelli multimediali, ed in cui sarà possibile ospitare mostre e/o manifestazioni temporanee. Questo progetto, partendo dalle precise richieste del bando di concorso, ha cercando di cogliere il “significato” che questa architettura ha storicamente rappresentato per la valle, prospettandone anche un nuovo senso per la comunità alpina. Note: 1) La Provincia e l’Ordine degli architetti di Torino hanno bandito nel 2008, in occasione del XXIII Congresso Mondiale degli architetti, il concorso internazionale “Il Drago e La Montagna” per il recupero del complesso monumentale di Fenestrelle. Il gruppo vincitore era costituito da: Joao Nunes paesaggista, arch. Fiorenzo Meneghelli, arch. Andrea Menegotto.


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Fig. 15. Veduta di una parte della fortezza. Foto autorizzata da “Associazione San Carlo�, Torino.


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The renovation of Ridotta Carlo Alberto of the Fortetress of Fenestrelle Fiorenzo Meneghelli The international competition The fortified complex has an extension of three kilometres, winning a difference in height of 635 m connected by 4.000 steps of the Scala Reale. The defensive system is composed by interconnected walls, palaces, squares, bridges, barracks, fortresses, redoubt etc. with an entire area extension of 1.300.000 sq.m. . Those are the numbers of the greatest alpine fortresses of Europe, that was built between the XVIII and the XIX century in Fenestrelle as boundaries defence between France and the kingdom of Savoia. The valorisation of Fenestrelle Fortress The valorisation of the fortresses (1) has its roots in a wider territorial vision able from one hand of recognising the peculiarities of the fortresses under the historicalarchitectonical profile and on the other hand of reconnect it to the broader system of the European fortresses. For those reasons the design proposal was organised in: European scale: the fortress as part of the fortress network from the Ardennes to the Alps, from the Atlantic Ocean to the Mediterranean Sea. The network of fortress is part of the European Community projects, with the establishment of the cultural route of fortifications to generate regional development and tourism; Regional scale: the historical and environmental heritage constitute a value and a potential to build a new economic and socially harmonious development; Local scale: the possible actions are different: from the fortresses as natural

protection of the landscape to the recovery of historic roads and encourage people to maintain of traditional economic activities in the mountain areas. The visit itinerary of Fenestrelle Fortress The project proposes three different visiting itineraries of the fortress. One path is the covered road made by a stair, that connect in a tunnel the different parts of the fortress. This itinerary aims to show interesting architectonical views of the fortress and of the surrounding landscape. The road of Porta Reale instead will become a historic path to enter the fortress. The “cannons road�, on the mountain’s slope, allows a panorama of all the fortress in its landscape contest. Functional program project The alpine region is becoming more valuable under the environmental and touristic point of view and it is in these two sector that we need to develop new strategies of use and knowledge of ecological and environmental systems. The function proposed by the project are part of the program of recovery and valorisation of the fortress and are: information point, exhibition area, multifunctional services and a museum of the fortress. The functions include also an area for education with a particular focus on tourism and marketing of the territory, ecological topic and mountain landscape. The recovery of Ridotta Carlo Alberto The enhancement of the architectonical artefact in its relationship with the environment aims to recreate the visual connection of the fortress with the surrounding territory. Furthermore, the creation of visual cones allows to look down at the all the valley, as fundamental


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strategic-defence reason for the location of the fortresses itself. After the recovery of Ridotta Carlo Alberto, it will better represent the access “gate” of the valley. The widening of the road eliminated the bottleneck on the route and today the Ridotta’s building is perceived as a ruin not connected with the fortress. The design proposal arises from two suggestions: the “gate” and the “bridge” for their metaphorical meaning of both for the place and for the function of the existing building. The aim was to call to mind the perception of closing of the “gate” and then the passing on the “bridge”. The design choice was therefore to create a volume made of weathering steels plates, which would “re-create” a “cube” that comes off from the existing building elements. The geometry of the historical building keeps his past volume, although simplified. The panorama of the surrounding environment occurs only through the gun’s openings placed in the historical building body. In the new building, the external view wanted to be focused at the exit of the “tunnel bridge”, who connect the Ridotta with the rocky bastion. The “bridge” is therefore imagined as a covered walkway that comes out centrally from the “cube” and leads on the grassy slope on the rock clifftop. This solution take inspiration from the historical gate, as mark of the transition between the valley that “end” and the one that “begin”. This represent a passage between the world behind the gate: the alpine pass or the vast plain in the opposite direction. No longer a little hole but a great portal, that communicates a re-connected continuity between the two alpines mountain sides. From this place can begin

the path of discovery and knowledge of the fortress and its unique environment. The Ridotta Building, as “gate” to enter the Chisone valley, will represent the place where display the history and the life of the valley. The building will host spaces where provide information on the fortresses, multimedia elaboration on info-panels and where temporary exhibitions and events would take place. This project design, starting from the precise requests of the competition tender, has tried to grasp the “meaning” that this architecture has historically accounted for the valley, giving the prospective of a new sense for the alpine communities. Notes: 1) In 2008, the Province and the chamber of architect of Turin have promoted the international competition named “Il Drago e la Montagna” (the dragon and the mountain), in the occasion of the XXII World Architect Congress. This competition aimed to a project of recovery of the monumental complex of Fenestrelle. The winner of the competition was the design group made by the landscape architect Joao Nunes, the architect Fiorenzo Meneghelli and architect Andrea Menegotto.



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Parte 2


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Le Fortezze del Mincio The Fortress of Mincio’s River Fiorenzo Meneghelli

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Da struttura fortificata a infrastruttura verde: il Ponte Visconteo di Valeggio 185 From a fortified structure to a green infrastructure. The Visconti’s bridge in Valeggio 188 Carolina Donati, Alessia Gazzini, Cristina Lonardi, Marco Mangiamele Fortezza di Peschiera: proposte di nuova accessibilità alle mura 191 Fortress of Peschiera: proposals for a new access to the walls 194 Laura Debortoli, Franesco Grillo, Gemma Lonardi, Riccardo Mosconi, Paolo Zerman Fossamana, Sparafucile, Lunetta Fossamana, Sparafucile, Lunetta Silvia Marmiroli

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Monte Mamaor Mount Mamaor Silvia Marmiroli

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Il campo trincerato di Peschiera The fortified field of Peschiera Stefano Sarzi Amadè

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Parte 2

Borgoforte e il Fiume Po Borgoforte and the River Po Stefano Sarzi Amadè

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Fig. 1. La Valle del Mincio: dal Lago di Garda fino al Po. Sono evidenziate le Colline Moreniche, il Parco naturale del Mincio e l’Ecomuseo del Riso della Provincia di Mantova. Elaborazione grafica di Stefano Sarzi Amadè e Silvia Marmiroli.


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Le Fortezze del Mincio Fiorenzo Meneghelli

La costituzione, a presidio del territorio, di torri, castelli e fortificazioni di dimensioni via via sempre più ampie e complesse porta alle realizzazioni di segni “artificiali” fortemente integrati nell’ambiente e nel paesaggio. Rileggere il territorio partendo da questa fase iniziale ci consente di ritrovare delle relazioni essenziali tra l’opera dell’uomo e l’ambiente in cui sono inserite. Le fortificazioni sono state realizzate in maniera strettamente connessa e coerente con la morfologia del territorio, ed oggi possono essere considerate quali presidi a difesa del paesaggio da dannose trasformazioni del territorio. Le difese non devono più essere considerate come episodi singoli e circoscritti in aree limitate, ma inserite in una visione strategica capace di porle in relazione con un contesto territoriale più ampio. Il sistema difensivo va inteso come un insieme coordinato di elementi artificiali (castelli, forti, mura urbane, ecc.) realizzati dall’uomo in rapporto ai caratteri morfologici del territorio (laghi, fiumi, colline, montagne, ecc.) connessi alle vie di comunicazione

(strade, ferrovie, vie d’acqua, ecc.). Il sistema difensivo si configurava come un grande piano urbanistico e quindi “di governo” della città e del territorio. Tutto questo può costituire quel “sistema” capace di far riconoscere e promuovere un territorio sotto il profilo culturale e quindi anche economico, se considerato ed integrato con gli elementi presenti di carattere culturale, storico, architettonico, ambientale e paesaggistico. Tale processo di valorizzazione può avvenire a scale diverse: da quella regionale a quella di ambito territoriale più omogeneo, fino a giungere al singolo elemento, che deve comunque identificarsi nel sistema più generale. La valorizzazione del sistema difensivo va quindi ricercata in un’ampia visione territoriale, capace di riconoscere tali peculiarità. Il workshop “fortezze e vie d’acqua” ha voluto fornire all’ area lombardoveneta le conoscenze e le competenze sui processi di valorizzazione delle fortificazioni in ambito europeo. Lo scopo di questa iniziativa è anche di far riconoscere le valenze storiche, architettoniche ed ambientali presenti nello straordinario sistema fortificato,


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identificabile come le “Fortezze del Mincio”. Le “Fortezze del Mincio” non costituiscono solamente un patrimonio storico da tutelare, esse possono rappresentare oggi un’opportunità di crescita culturale, sociale ed economica per tutto il territorio. Il workshop è stato articolato in due parti strettamente correlate tra loro. La prima ha fornito, grazie all’intervento di relatori nazionali ed europei, un vasto panorama delle modalità di recupero delle fortificazioni. Il patrimonio fortificato è stato presentato negli aspetti storici, architettonici, paesaggistici evidenziandone infine anche gli aspetti gestionali ed economici. La seconda parte, condotta dalla professoressa Maria Cristina Treu, è stata rivolta agli studenti che hanno seguito il workshop e il corso “Fare Paesaggio”, i quali hanno elaborato progetti di recupero delle opere fortificate di Peschiera, Valeggio, Mantova e Borgoforte. Questo workshop vuole essere un’ inizio di un percorso progettuale più vasto, che inserisce il recupero dell’opera fortificata in una più ampia e organica visione che definirei: il sistema difensivo quale sistema territoriale. Mi

auguro, visto l’interesse degli studenti e dei professioni che hanno partecipato al workshop , che possa trovare continuità nelle attività didattiche del Politecnico di Milano polo di Mantova in stretto rapporto con il territorio.


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The Fortress of Mincio’s River Fiorenzo Meneghelli The establishment of towers, castles and fortresses, that has gradually increased through time in dimensions and complexity, created “artificial” signs highly integrated in the environment and the landscape. Reread the territory from this initial phase allows us to understand the connection between mankind constructions and the environment in which are built. The fortresses have been realised with close relationship and consistent with the topography of the territory and nowadays they can be considered defence of the landscape from the dangerous transformation of the territory. The fortified systems should no more be considered as spot elements and circumscribed in limited areas, but into a strategical vision able to enhance the connection with a broader territorial context. We must refer to the fortified system as an inter-related system of artificial elements (castles, fortresses and city walls, etc.) realised by men as outcome of the topography characteristics of the territory (lakes, rivers, hills, mountains, etc.) connected with communication routes (roads, railways, waterways, etc.). The fortified system has been set as a large urban planning project and therefore as government project of the cities and the territories. All this may constitute the “system” capable of making recognisable and enhancing the territory on the cultural aspects and therefore the economic aspect, when considered connected and integrated with the cultural, historical, architectonical, environmental elements and the landscape. This process of valorisation can take place at different scales: from the regional to a homogeneous territorial aspect and then involving the single element, which must be identified

in the overall vision on the system. The enhancement of the fortified system should therefore be sought in a broader territorial vision able to recognize these peculiarities. The workshop “Fortresses and Water Routes” aimed to promote, in the Veneto and Lombardia regions, the knowledge and expertise process of valorisation of the fortresses with the European bestpractices. The purpose of this initiatives is also to create awareness on the historical, architectonical and environmental value present in the extraordinary fortified system, that could be identified as “Fortresses of Mincio’s river”. The “Fortresses of Mincio’s river” may not only represent an historical heritage to safeguard but also they can represent an opportunity for cultural, social and economic growth for all the surrounding territory. The workshop was organised in two closely related activities. The first half provided a vast overview on recovery projects of fortresses, thanks to the lectures of both national and European speakers. The fortified heritage was presented in his historical, architectural and environmental aspects highlighting also the management and economic strategy. The second half, presented by Prof. Maria Cristina Treu was addressed to students who have attended the workshop and the course “Fare Paesaggio” developing projects on the recovery of fortresses of Peschiera, Valeggio, Mantova e Borgoforte. This workshop wanted to begin a broader project path as part of recovery process of fortified heritage in a wider and organic vision that I would define: “Fortress system as territorial system”. I hope, given the interest of the students and professionals who participated in the workshop, that this initiative may find a follow-up in the educational activities of the Polytechnic of Milan, branch of Mantova.


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Fig. 1. Evoluzione storica dell’insediamento tra Borghetto e Valeggio sul Mincio.


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Da struttura fortificata a infrastruttura verde: il Ponte Visconteo di Valeggio Carolina Donati, Alessia Gazzini, Cristina Lonardi, Marco Mangiamele

La proposta in oggetto deriva da un’attenta analisi delle criticità e potenzilaità del sito. Da esse si evince la necessità di gestire, in maniera integrata, il flusso di persone che visitano Valeggio sul Mincio. La maggioranza di turisti si concentra in aree quali: Borghetto e il Parco Sigurtà. La città di Valeggio non è contata nell’equazione pur essendo ricca di storia e con una stratificazione temporale molto antica: punto strategico di attraversamento del Mincio e zona di interesse fra est e ovest Italia dal ‘400 fino ai giorni nostri. Sono state delineate linee progettuali che avessero come fine ultimo la riqualificazione attraverso un processo di tipo olistico del territorio. La proposta si fonda sulla volontà di far ri-emergere, l’antica linea fortificata di Borghetto-Valeggio S/M, unendo nuovamente i poli: Ponte Visconteo-Castello Scaligero-Serraglio. La composizione dovrà essere continua ma differente per ambiti territoriali attraversati; tale percorso sarà una “Passeggiata nella Storia e nella Cultura”. Sono stati individuati tre differenti ambiti ai quali è stato assegnato un tema, scelto in base al genius loci dei singoli paesaggi. Il primo ambito avrà come tema l’acqua; il secondo, essendo delimitato dalla forte presenza del Monte Ogheri e dalla

Fig. 2. Disegno storico della parte centrale del Ponte,. Fonte: (a cura di) Filippi Ezio, Il ponte visconteo a Valeggio sul Mincio, Cierre, 1994.

Fig. 3. Rocca centrale e antico tunnel che la attraversava.

Fig. 4. Veduta aerea del Castello Scaligero di Valeggio sul Mincio, tratto da www.comune. valeggiosulmincio.vr.it.


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presenza del Castello: il tema del reperto; la pianura valeggiana costituisce l’ultimo ambito e la presenza della necropoli gallica ha portato alla scelta del tema della memoria. Per terminare la composizione si sono rese necessarie connessioni verticali (nord-sud: asse verde), le quali legano parti della città (parchi, zone residenziali, zone commerciali).La scelta della fortificazione da trattare a fini progettuali è ricaduta sul manufatto del Ponte Visconteo, di grande rilevanza storica e architettonica a livello internazionale. Questa maestosa struttura venne costruita nel 1393 da Gian Galeazzo Visconti, Signore di Milano, probabilmente per deviare le acque del Mincio (pratica che non venne mai attuata a causa della distruzione della parte centrale con le quattro bocche prima del 1620). L’ipotesi di partenza è stata quella di chiudere il ponte al traffico al fine di renderlo fruibile nella sua totalità dai turisti. Infatti il ponte, insieme al Castello Scaligero, è l’unica infrastruttura che si presta a fungere da volano per la riqualificazione dell’ambito in esame. L’elemento guida dell’idea progettuale è stato quello di rendere la fortificazione una infrastruttura verde, che guidi la crescita sostenibile di Borghetto e Valeggio S/M. Gli interventi da compiere saranno

confinati soltanto all’interno delle quattro Rocche, ormai quasi completamente in rovina, ma anticamente il cuore pulsante della struttura. Il ponte sarà privato della odierna strada asfaltata, sostituita da una pavimentazione adeguata agli usi, ai cui lati verranno piantate essenze autoctone a fusto medio basso per non comprometterne la permeabilità visiva. Inoltre l’intervento consiste nell’edificazione di strutture leggere (smontabili e rimovibili una volta terminato l’uso da assolvere) in legno e vetro, aventi un bassissimo impatto sull’ambiente anche attraverso l’uso di superfici riflettenti. La struttura sarà posizionata all’interno della Rocca con un leggero distacco da quest’ultima in modo da rendere fruibile anche il percorso perimetrale. Le “gambe” dei volumi assolveranno alle funzioni di risalita ai piani alti. Le destinazioni d’uso delle Rocche in questione renderanno più completo e interessante il cammino nella storia nascosta di queste antiche pietre. Attenzione maggiore è stata posta verso i futuri fruitori di quest’opera. Gli usi all’interno delle quattro Rocche sono stati così suddivisi: Rocca 1 (tema acqua): al primo piano è previsto un Laboratorio ludico che introduca alla conoscenza dell’acqua nei suoi molteplici usi, al secondo piano


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invece una sala attrezzata per il gioco dei bambini; Rocca 2 (visibile da Borghetto): in questo volume è prevista una Sala Polivalente, lo stesso può essere usato come schermo per un cinema all’aperto o come scena per rappresentazioni teatrali; Rocca 3 (tema reperto): costruzione dedicata ad un Laboratorio di Restauro, nel quale i grandi e i piccoli possono sporcarsi le mani comprendendo le attività degli scavi archeologici e dei rapporti con i manufatti, al piano superiore è confinata una piccola biblioteca che raccoglie libri di carattere storico-documentale inerente la zona valeggiana; Rocca 4 (tema memoria): al suo interno è previsto un laboratorio di fotografia, al secondo piano verranno invece allestite esposizioni multi-tema di artisti locali. All’interno di questa infrastruttura lineare grande importanza avrà la progettazione del verde e di arredi e giochi a carattere creativo per sviluppare la fantasia nei bambini. Sono, inoltre, previste la discesa a livello dell’acqua attraverso i tunnel all’interno del corpo del Ponte e lo sfruttamento dei mulini a fini energetici. I mulini hanno una grande importanza documentale: sono uno dei simboli di queste terre.

Fig. 5. Rocca d’accesso Ovest.

Fig. 6. Fotoinserimento - Strutture leggere a ponte inserite nelle antiche Rocche.

Fig. 7. Fotoinserimento - Struttura leggera per la sua consistenza materica in rapporto alla Rocca.


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From a fortified structure to a green infrastructure. The Visconti’s bridge in Valeggio Carolina Donati, Alessia Gazzini, Cristina Lonardi, Marco Mangiamele The proposal comes from a careful analysis about problems and potentiality of the site, deducing the need to move, in an integrated way, the people’s flows visiting Valeggio. The most of the tourists is congested in areas such as Borghetto and the Sigurtà Park. The town of Valeggio isn’t counted in the equation, although being rich of history (strategic zone of the river Mincio and important area from East and West Italy from the 1400 until today), its historical stratification is very ancient. Project guidelines have been designed with the proposal of requalification through an holistic process of the territory. The proposal is founded on the desire to let the ancient fortified line of Borghetto-Valeggio S / M re-emerge, joining the poles again: Visconti Bridge-Castle Scaligero-Menagerie. The composition must be continuous but different when crossing territorial areas; this path will be a “Walk in History and Culture “. Three different areas were identified, assigning to everyone a theme, based on the genius loci of individual landscapes. The first area has the theme of water; the second, delimited by the strong presences of Mount Ogheri and the Castle, has the theme of the archeological relic; in Valeggio’s lowland, the presence of the Gallic necropolis led the choice of the theme of memory. Vertical connections are required (North to South: green axis), linking parts of the city (parks, residential areas, commercial areas). The fortification chosen for the project is the Visconti’s Bridge, which has big historical and architectural importance of international level. This majestic structure was built in 1393 by Gian Galeazzo Visconti,

Lord of Milan, probably to divert the waters of the Mincio (it was never realized due to destruction of the central part, before the 1620). The starting hypothesis was to close the bridge to traffic, making it accessible entirety for the tourists. The Bridge, together with the Castle is the only infrastructure that can be a flywheel for the redevelopment of the area. The key element of the project is the idea to make the fortification a green infrastructure, for guiding a sustainable growth of Borghetto and Valeggio S / M. Interventions are confined within the four fortresses, now they’re almost completely ruined, but once the were heart of the structure. The bridge is deprived of actual asphalted road, replacing it with an appropriate paving, and planting at the sides native essences with medium to low stem, permitting the visual permeability. Also, the intervention consists in the construction of light and removable bridge structures made of wood and glass, having a very low impact on the environment, using reflective surfaces. These structures are located inside the fortress with a slight detachment from the walls, so the perimeter path can be used. The retraining of the Fortresses makes complete and interesting the path through hidden history in these ancient places. Great attention is reserved to the future users of the spaces. The proposed uses inside the Fortresses are: Rocca No.1 (water theme): at the first floor there’s a ludic laboratory that introduces the knowledge of the water and its uses, on the second floor there’s a room for children’s games; Fortress No.2 (visible from Borghetto): inside, there’s a versatile room, outside, the walls can be used as a screen for an outdoor cinema or stage for theatrical performances; Rocca No.3 (archeological relic theme): is dedicated to a restoration laboratory, where adults and children can experiments the activities of the archaeological excavations in respect of


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the artefacts, on the 1st floor there’s a small library containing books aboutbhistory of Valeggio; Rocca No.4 (memory theme): inside, there’s a photograph laboratory, on the second floor there are multi-thematic exhibitions of local artists. Together with this linear infrastructure, the project of green

spaces has great importance, furnishings and creative games for children will be the starting point for this purpose. Is provided the descent to water level by tunnels inside the Bridge and the the exploitation of water mills for energy purposes: they’re important for being one of the symbols of this land.

Fig. 8. Il Ponte visconteo e il Canale Virgilio di Valeggio sul Mincio. Fonte: commons.wikimedia.org. Foto di: Uwe Barghaan.


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Fig. 1. Proposta di percorsi per l’accesso a Peschiera.


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Fortezza di Peschiera: proposte di nuova accessibilità alle mura Laura Debortoli, Francesco Grillo, Gemma Lonardi, Riccardo Mosconi, Paolo Zerman Peschiera è collocata in una posizione strategica: nel punto in cui il lago di Garda defluisce nel fiume Mincio e dove l’area alpina si collega alla pianura padana, in una posizione privilegiata all’interno della rete infrastrutturale. Diventata un’importante meta turistica, durante il periodo estivo accoglie un ingente flusso di visitatori. Tuttavia nel suo interno sono presenti numerose aree verdi non accessibili e persino edifici di valore storico abbandonati o in parziale disuso. Inoltre molti dei percorsi che consentirebbero la visione del complesso fortificato, come il percorso lungo le mura o il canale che circonda la fortezza, sono sconnessi o non adeguatamente valorizzati. In particolare questi sentieri risentono fortemente della mancanza di collegamenti con le aree più frequentate della città. La proposta di progetto suggerisce interventi sui percorsi con nuovi collegamenti e sulle possibilità di fruizioni nuove del complesso fortificato. La prima proposta progettuale consiste in un impianto di attraversamento fluviale a fune, assimilabile ad una zattera. Questa può essere trainata a mano dai passeggeri stessi, offrendo così una breve esperienza ludica spesso ricercata

Fig. 2. I bastioni in corrispondenza dell’ospedale militare.

Fig. 3. Punto di approdo già presente sul fossato.

Fig. 4. Planimetria - Proposta di attraversamento del fossato.


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Fig. 5. Sezione - Proposta di attraversamento del fossato.

Fig. 6. Schizzo - Proposta di attraversamento del fossato.

Fig. 7. Proposta di attraversamento del fossato.

dai turisti, come dimostrano i numerosi parchi a tema presenti nella zona, unita ad una visita della fortezza storica. Il traghetto collega la sponda esterna al bastione, dove è presente un sentiero, con un’area verde marginale compresa tra due baluardi della fortezza, in cui è già presente un approdo. Dopo un sopralluogo, il recupero e la riappropriazione dell’area verde abbandonata è diventato il fulcro del progetto proposto: da questa posizione è possibile godere di un contatto ravvicinato con il canale e con l’architettura militare che caratterizza il comune di Peschiera. La seconda ipotesi progettuale ha invece l’obbiettivo di consentire l’accesso dell’area dall’interno della cinta fortificata. È stato proposto quindi un doppio collegamento verticale, costituito da una torre scala e un ascensore, che supera la cortina muraria. La configurazione della torre-scala, staccata dalla parete ma collegata in cima da una passerella prende come riferimento l’assedio della fortezza, come a ricreare l’esperienza bellica collegata alla storia di queste costruzioni militari. L’involucro ligneo della torre si apre in diversi punti per consentire una vista diretta sulla muratura del bastione: le aperture


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non sono mai rivolte verso il fossato, in modo tale da permettere la vista aperta solo una volta arrivati in cima, all’altezza delle mura. Con la proposta di progetto si vuole offrire una nuova possibilità di ingresso lento, che recupera una prospettiva dimenticata, in contrapposizione alla strada carrabile che oggi permette un collegamento diretto ma non di percepire l’accesso a quella che un tempo fu la città fortificata.

Fig. 8. Collegamento verticale per il superamento delle mura.

Fig. delle Fig.9., 9.10. aaaCollegamento verticale per il superamentoFig. 10.mura. aaa

Fig. Fig.11., 11.12. aaaCollegamento verticale per il superamentoFig. delle 12.mura. aaa


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Fortress of Peschiera: proposals for a new access to the walls Laura Debortoli, Francesco Grillo, Gemma Lonardi, Riccardo Mosconi, Paolo Zerman Peschiera lies in a strategic position where Garda Lake flows into the Mincio River and where the alpine area connects to the Po Valley, in a privileged position within the infrastructural network. It has become a major tourist destination, and in summer it welcomes several visitors. However, the municipality comprises several green areas and also abandoned or partially neglected historical buildings. Moreover, many of the paths that offer sighting of the fortified village, such as the path along the walls or the channel that surrounds the fortress, are bumpy or not adequately enhanced. These paths are deeply affected by the lack of connections to the more crowded areas of the city. The project aims at creating new connections and new uses of the fortified village in two steps. The first proposal consists of a river crossing system, similar to a raft, which could be pulled by the passengers thus offering a ludic experience often appreciated by tourists, as evidenced by the several theme parks in the area, along with a visit to the historical fortress. The ferry connects the external side of the rampart, where there is a footpath, to a marginal green area between two ramparts of the fortress, where a landing is already existing. After the inspection, the restoration and reappropriation of the green area has become the core of the project proposal: here it is possible to appreciate the contact with the channel and the military buildings that characterize the municipality of Peschiera. The second proposal aims at allowing the access to the area inside the fortified walls.

The proposal comprises a double vertical connection consisting of a staircase tower and a lift, that get to the walls. The shape of the staircase tower, detached from the wall but connected at the top by a walkway, makes reference to the siege of the fortress, in an attempt to recreate the wartime experience connected to the history of these military buildings. The wooden case of the tower is open at several points in order to allow the view of the rampart walls: the openings never face the ditch, so that the landscape is visible only from the top of the tower. This proposal aims at offering a new slow access, thus restoring a forgotten perspective, in contrast with the road that nowadays allows direct connection but not to notice the access to the fortified city.


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Fig. 13. Fortezza di Peschiera del Garda. Fonte: commons.wikimedia.org. Foto di Mentnafunangann.


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Fig. 1. Lunetta di Fossamana.


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Fossamana, Sparafucile, Lunetta Silvia Marmiroli Rielaborazione dei progetti del Corso Tematico Opzionale di “Fare Paesaggio”. Studenti: Luca Barbisoni, Alejandra Valencia, Tomas Lopez.

Lungo le sponde del Lago di Mezzo e del Lago Inferiore di Mantova si trovano il Forte di Fossamana e il Forte di Lunetta, che, insieme alla Rocchetta di Sparafucile, costituiscono il triangolo difensivo che era deputato alla difesa del Ponte di San Giorgio. Il sistema difensivo risale alla prima metà del ‘700, modificato e migliorato successivamente dagli austriaci nella seconda metà dell’800. La Rocchetta di Sparafucile aveva il ruolo di “testa” del Ponte di San Giorgio, mentre i due forti si trovavano in aree più arretrate rispetto la sponda dei laghi ed erano affiancati dal Canale di Fossamana e dal Canale Frassine. Il territorio sul quale insistono le rimanenti lunette dei forti e la rocchetta, oggetto di profonde modifiche dovute agli interventi di bonifica, fa parte del Parco del Mincio. La proposta progettuale intende evidenziare il forte legame che esiste tra gli elementi del sistema difensivo e gli elementi naturali quali l’acqua e il territorio del parco e che costituiscono, nel loro insieme, un’area di forte valenza naturale e paesaggistica. Il progetto si è posto l’obiettivo di eliminare il senso di “barriera” spesso

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3 Fig. 2. Concept di progetto: individuazione dei tre punti, testimonianza storica del sistema difensivo (1. Forte di Fossamana, 2. Rocchetta di Sparafucile, 3. Forte di Lunetta).

Fig. 3. Concept di progetto: sistema di connessione dei punti.

Fig. 4. Concept di progetto: suggestioni di progetto.


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Fig. 5. Il Forte di Fossamana e il parco urbano: planimetria di progetto.

Fig. 6. Il Forte di Fossamana e il parco urbano: sezione ambientale.


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attribuito ai laghi, assegnando all’acqua un ruolo attivo nel progetto, declinato in più modi e in più punti nella proposta di valorizzazione dell’intera area. Con la loro riqualificazione le coste dei laghi diverranno delle vere e proprie zone filtro tra il costruito e l’acqua, predisponendo punti di vista privilegiati per godere della città storica e aree attrezzate per momenti di incontro dove poter compiere anche attività sportive. I punti del sistema difensivo storico quali il Forte di Fossamana, la Rocchetta di Sparafucile e il Forte di Lunetta diventano i fulcri delle attività, con le funzioni di veri e propri punti di partenza e di arrivo per i percorsi già esistenti e per quelli di progetto che si diramano nel parco. Grazie al posizionamento nel parco del Forte di Fossamana e della Rocchetta di Sparafucile, l’attribuzione di attività e la libertà di azione progettuale sono maggiori rispetto al Forte di Lunetta, in quanto i due siti sono circondati solo dal parco e non da altre costruzioni. Per quanto riguarda il Forte di Lunetta che dà il nome al quartiere omonimo, il suo ruolo è quello di fulcro centrale rispetto alla grande area verde e libera che, in continuità con la fitta vegetazione che

Fig. 7. La Lunetta di Fossamana.

Fig. 8. La Rocchetta di Sparafucile.

Fig. 9. La Lunetta di Frassine.


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Fig. 10. Tracciato del Canale di Fossamana e l’area della darsena: planimetria di progetto.

Fig. 11. Anfiteatro e l’area della darsena: planimetria di progetto.


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caratterizza la sponda del Lago di Mezzo, si estende lungo il Lago Inferiore e attira un alto numero di utenti con l’organizzazione di attività sportive di livello internazionale. Il Forte di Fossamana viene riqualificato per accogliere eventi culturali che interessano anche il parco urbano da completare nel suo intorno e un percorso di vasche d’acqua traccerà la forma originale del forte. Ulteriori vasche d’acqua completano il percorso del Canale Fossamana nei tratti oggi interrati, per renderne visibile il tracciato di un tempo che collegava la parte del parco urbano della Lunetta Fossamana alla darsena del Lago di Mezzo. Quest’ultimo rappresenterà un punto importante nel progetto, in quanto vi è posizionato un anfiteatro che si apre sull’acqua del lago e a una vista di grande pregio sul profilo della città di Mantova. All’interno del Parco del Mincio sarà posizionato anche un punto di sosta attrezzato. La valorizzazione e il potenziamento dei percorsi ciclo-pedonali con il collegamento tra l’anfiteatro e la Rocchetta di SparaFucile, permetteranno di poter usufruire di un unico percorso. è previsto di completare il percorso con

Fig. 12. Il parco urbano del Forte di Fossamana: vista di progetto.

Fig. 13. Le vasche d’acqua del tracciato del Canale di Fossamana: vista di progetto.

Fig. 14. L’anfiteatro collocato nell’area della darsena: vista di progetto.


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Fig. 15. La riva del Lago Inferiore e il Forte di Lunetta: planimetria di progetto.

Fig. 16. L’area sportiva di pertinenza del Forte di Lunetta: planimetria di progetto.


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un tratto che arrivi fino al Forte di Lunetta per sfruttare anche le potenzialità della costa che si affaccia sul Lago Inferiore. Quest’area, caratterizzata dalla presenza della Lega Navale, verrà riqualificata con l’obiettivo di promuovere un’area già dedicata allo sport. Oltre ai campi da calcio, da basket e da tennis, saranno collocate postazioni fitness, con l’intenzione di attrarre diverse tipologie di utenti in diverse fasce orarie e di garantire un utilizzo il più possibile continuo di tutta l’area.

Fig. 17. schizzi.jpg

Fig. 18. schizzi.jpg

Fig. 17., 18.,Fig. 19.19. Vasche d’acqua e sedute: schizzi.jpg schizzi di progetto.

Fig. 20. Passerella panoramica sul Lago Inferiore: sezione di progetto.


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Fossamana, Sparafucile, Lunetta Silvia Marmiroli The Fortress of Fossamana and the Fortress of Lunetta lie along the shores of the Lago di Mezzo and of the Lago Inferiore of Mantova: together with the Stronghold of Sparafucile they form the defense system for San Giorgio Bridge. The defense system dates back to the first half of the 18th century, later modified ad improved by the Austrians in the second half of the 19th century. The Stronghold of Sparafucile was the “head” of San Giorgio Bridge, whereas the two fortresses were set back from the shores of the lake and the Fossamana and Frassine Channels were beside them. The territory that comprises the remains of the fortresses and of the stronghold and that was subjected to major changes and reclamation is today part of the Parco del Mincio (Mincio Park). The project takes into consideration the strong link between the defense elements and the natural elements such as water and the park which, together, form a strong natural and landscape area. The project aims at eliminating the “sense of barrier” created by the lakes, thus giving water different active roles according to improvement proposals for the whole area. Thanks to their upgrading, the lake shores will become real filter areas between buildings and water, thus creating preferential sighting points to enjoy the historical town and areas equipped for sports activities. The points of the historical defense system such as the Fortress of Fossamana, the Stronghold of Sparafucile and the Fortress of Lunetta will become the hubs of such activities, real departure and arrival points for already existing paths and for those that spread into the park. Thanks to the position in the park of the Fortress of Fossamana and of the Stronghold of Lunetta, their future use and

the project freedom are greater than those for the Fortress of Lunetta because the two sites are surrounded only by the park and not by other buildings. The Fortress of Lunetta, that also names the surrounding neighbourhood, is the hub of the green and free area that with the thick vegetation of the shore of the Lago di Mezzo stretches along the Lago Inferiore and attracts a lot of visitors thanks to the organization of international sports events. The Fortress of Fossamana will be restored to host cultural events that will also involve the urban park (not completed yet), and a water basin system will lay out the original shape of the fortress. Other water basins will complete the course of the Fossamana Channel in the filledin stretches in order to make the original course visible: the course connected the urban park of the Lunetta Fossamana to the wet dock of the Lago di Mezzo. The latter is a very important part of the project since an amphitheatre is located in the area: the amphitheatre overlooks the lake and offers a magnificient sighting point of Mantova. An equipped rest area will be created inside the Parco del Mincio. The enhancement and development of the walking-cycling paths and their connection to the amphitheatre and the Stronghold of Sparafucile will create a single path. The project plans to complete a path with a stretch that will arrive at the Fortress of Lunetta in order to exploit the potentials of the shore that overlooks the Lago Inferiore. This area, characterised by the presence of the Lega Navale (Navy League), will be improved in order to promote an area alredy dedicated to sports. Along with soccer fileds, tennis and basketball courts, this area will be equipped with fitness equipments in order to attract different users at different times and guarantee the continuous use of the whole area.


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Fig. 21. Rocchetta di Sparafucile. Fonte: commons.wikimedia.org. Foto di: Massimo Telò.


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Peschiera del Garda

Monte Vento Monte Magrino

Monte Mamaor Villafranca di Verona

Valeggio Sul Mincio Fig. 1. Il triangolo Villafranca-Valeggio-Peschiera e i tre monti: inquadramento territoriale.

Fig. 2. Il Monte Mamaor, il Monte Vento e il Monte Magrino: inquadramento territoriale.


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Monte Mamaor Silvia Marmiroli Rielaborazione dei progetti del Corso Tematico Opzionale di “Fare Paesaggio”. Studenti: Noemi Marcazzan, Irene Segala, Jessica Simonazzi, Elisa Piccoli, Andrea Volpi.

Il Monte Mamaor, il Monte Vento e il Monte Magrino sono tre colline moreniche che sorgono nel Comune di Valeggio sul Mincio. Questi rilevati sono visibili dalla strada che collega Valeggio con Villafranca e insistono su quella porzione di territorio che forma una sorta di triangolo tra Villafranca, Valeggio e Peschiera del Garda. Di proprietà del Demanio Militare, le colline ospitavano soprattutto magazzini per il deposito di esplosivi, ed oggi fanno parte dell’elenco dei beni da alienare. Caratterizzate da un grave stato di abbandono a causa del loro cessato utilizzo, si possono considerare come gli ultimi “baluardi” di un territorio soggetto a un grave impoverimento ambientale e di profonda trasformazione del paesaggio. Un esempio interessante sotto molti punti di vista è il Monte Mamaor. Fino al 2001 il monte ha ospitato una base militare insediatasi nei primi anni del ‘900. Prima di acquisire la funzione di polveriera, il monte fu interessato da una fase agricola, presumibilmente di vigneti data la loro presenza nei terreni delle cascine ancora attive nelle aree dei comuni adiacenti. La struttura militare rimasta è composta da

Fig. 3. Casamatta: tipologia opaca.

Fig. 4. Casamatta: tipologia con portico.

Fig. 5. Casamatta: tipologia a tettoia.


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Fig. 6. Monte Mamaor: planimetrie dello stato di fatto con l’individuazione delle casematte e dei percorsi esterni al monte.

Fig. 7. Monte Mamaor: planimetria di progetto con la differenziazione delle case matte e l’individuazione dei percorsi interni.

Fig. 8. Monte Mamaor: sezione ambientale.


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84 casematte (depositi) ben mimetizzate tra una vegetazione ora molto infoltitasi e collegate tra loro da un sistema viario di terra battuta e servite da un impianto di illuminazione, funzionante fino a pochi anni fa. La mancanza di manutenzione e gli inevitabili atti di vandalismo connessi alla mancanza di custodia hanno portato ad un serio livello di degrado sia degli edifici che del sistema di illuminazione. Il progetto intende tutelare e preservare il patrimonio naturale del monte che la presenza militare ha permesso di garantire grazie al mantenimento di boschi e di prati aridi. Parallelamente il progetto attribuisce una nuova configurazione agli edifici esistenti e ai loro collegamenti con azioni minime e puntuali che non interferiranno con l’ecosistema. L’obiettivo è quello di mantenere quella silenziosa ed unica atmosfera che caratterizza l’intero luogo. Lungo il perimetro dell’ex area militare (perimetro tratteggiato in Figura 5) una pista ciclabile favorisce un percorso immerso nella natura e che permette di godere delle vedute che si godono dal monte verso il territorio circostanti. Nella parte nord del monte il verde è lussureggiante e ci sono numerose

Fig. 9. Recupero delle casematte integre: azioni di manutenzione e pulizia.

Fig. 10. Recupero delle casematte parzialmente integre: azioni di messa in sicurezza delle parti pericolanti e pulizia.

Fig. 11. Recupero delle casematte parzialmente integre: azioni di messa in sicurezza delle parti pericolanti ed eventuale eliminazione delle stesse.


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Fig. 12. Area d’ingresso: ortofoto e documentazione fotografica.

Fig. 13. Area d’ingresso: planimetria di progetto e rispettiva sezione ambientale.

Fig. 14. Portale di ingresso al parco: vista di progetto.


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specie animali: per questo motivo si propone di sottoporre l’intera zona a tutela integrale permettendo le poche azioni atte a preservare la flora e la fauna già presente. La parte restante del monte potrà essere destinato a parco naturale attrezzato per attività naturalistiche, ricreative, culturali e didattiche. Per quanto riguarda le casematte è possibile individuare e distinguere diverse tipologie: all’ingresso ci si imbatte in alcuni edifici probabilmente destinati, un tempo, a funzioni direzionali; proseguendo lungo i sentieri sterrati, tortuosi e articolati si possono notare una serie di ex polveriere numerate e disposte in modo apparentemente caotico. Alcuni di questi depositi sono completamente immersi nella vegetazione, che è cresciuta rigogliosa e selvaggia nel corso degli anni, e si collocano particolarmente vicini tra loro; altri depositi sono invece isolati, destinati molto probabilmente al deposito di materiale esplosivo. Il progetto si basa sul recupero delle casematte a seconda della loro condizione di manutenzione, quindi alla presenza o meno della copertura, allo stato pericolante o meno delle pareti, alle caratteristiche tipologiche di queste e a quanto la natura è intervenuta con il

Fig. 15. Punti di osservazione: vista di progetto.

Fig. 16. Percorso per bambini: vista di progetto.

Fig. 17. Percorso didattico: vista di progetto.


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Fig. 18. Cascina adibita a bed & breakfast: ortofoto e documentazione fotografica.

Fig. 19. Cascina adibita a bed & breakfast: planimetria di progetto e una suggestione dell’ambiente interno (riferimento: Tinek B&B Kosz XL).


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passare del tempo. Si prevedono azioni di pulitura, di messa in sicurezza (o eliminazione) delle parti pericolanti e azioni di manutenzione tramite sistemi leggeri (come ad esempio pannellature colorate) che adatteranno gli edifici alle attività individuate. Il progetto prevede che l’area d’ingresso ospiti i servizi necessari per l’accoglienza dei visitatori del parco. Vengono posizionati un punto informativo, una stazione di noleggio bici e un punto di ristorazione e di vendita. Alcune delle numerose expolveriere vengono ristrutturate come ambienti adibiti ad ospitare attività didattiche e ricreative. Molto diversa rispetto alle innumerevoli casematte, nella parte est del parco, si trova una cascina abbandonata che si suppone antecedente al 1900, le cui rovine sono sovrastate da vegetazione infestante. Questa viene ripensata come giardino in cui entrare concretamente in rapporto con la natura, sostare, meditare, camminare a piedi nudi al suo interno e in cui allestire anche esposizioni ed eventi culturali temporanei. L’unico intervento destinato ad una attività urbana più tradizionale, viene collocato al di fuori del confine del monte, in una cascina abbandonata ad

ovest dell’area. La cascina verrà recuperata e trasformata in bed & breakfast. La scelta di collocare questa funzione all’esterno del parco deriva dall’intenzione di destinare il monte Mamaor in un’effettiva riserva naturale con il fine di preservare l’integrità dell’ecosistema, sostenuta da attività con una resa economica più immediata poste tutte al suo esterno.

Fig. 20. aaaaa

Fig. 20., 21. Cascina Fig. 21. cascina1.jpg adibita per eventi temporanei e giardino annesso allestito con percorsi sensoriali: documentazione fotografica e una suggestione dell’ambiente interno.


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Mount Mamaor Silvia Marmiroli Mount Mamaor and Mount Vento are two morainic hills in the Municipality of Valeggio sul Mincio. These hills are visible from the road that connects Valeggio to Villafranca and they are located in the territory between Villafranca, Valeggio and Peschiera del Garda. Explosives warehouses were located on the two hills owned by Military Property: now they are on the list of the assets to be alienated. These hills have not been used for a long time and they are in a serious state of neglect: they can be considered the last “bastions� of a territory undergoing serious environmental impoverishmant and landscape transformation. Mount Mamaor is a very interesting example. Until 2001 a military base built in the early 20th century was located on Mount Mamaor. Before becoming a powder magazine, the territory was probably planted with vineyards evidenced by all the farmhouses still operating and existing in the surrounding areas. The remaining military structures consist of 84 pillboxes (depots) well camouflaged by thick vegetation, connected by a dirt road system and equipped with lighting that stopped working only a few years ago. The lack of maintenance and the unavoidable acts of vandalism due to lack of custody have caused the serious deterioration of buildings and lighting. The project aims at safeguarding and protecting the natural heritage of Mount Mamaor that the military settlement guaranteed thanks to the maintenance of woods and dry meadows. At the same time the project gives a new configuration to the existing buildings

and their connections through limited and accurate actions that will not interfere with the ecosystem. The aim is to preserve the hallmark of this place, that is the unique and silent atmosphere. Along the perimeter of the former military area (the perimeter is traced in Picture 5), there is a cycling path that runs through the natural environment and that offers wonderful views from the top of the mountain towards the surrounding territory. On the northern side of the mountain, vegetation is luxuriant and several animals live there: that is why the project wants to protect the whole area in full through actions aimed at protecting the existing flora and fauna. The remaining part of the mountain may be turned into a natural park equipped for naturalistic, recreational, cultural and didactic activities. As regards the pillboxes, they can be characterized and divided into different types: at the entrance there are some buildings probably used, in the past, as offices; along the winding dirt roads there are former numbered powder magazines arranged in a seemingly chaotic way. Some of these depots are completely immersed in vegetation, grown luxuriant and wild during the years, and are located very near to each other; some other depots are, on the contrary, isolated and probably used as depots for explosives. The project aims at the restoration of the pillboxes according to their state of repair, that is to say if they have a roof or not, if their walls are unsafe or not, according to their characteristics and to the action of nature in time. Cleaning and securing (or removing) actions are planned in case of unsafe elements along with maintenance activities, for example the use of coloured boards, that will adapt the


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buildings to their future use. According to the project, the entrance area will include all the services necessary to welcome visitors to the park, such as an information desk, a rent-a-bike post, a restaurant and a shop. Some of the several former pillboxes will be restored to house didactic and recreational activities. In the eastern part of the park there is an abandoned farmhouse, probably dating before 1900 and very different from the countless pillboxes, whose ruins are covered with weed. This house has been redesigned and turned into a garden where you can really get in touch with nature, dwell, meditate, walk barefoot and stage exhibitions or organize temporary cultural events. The only action meant for a more traditional urban activity takes place outside the mountain boundary and regards an abandonded farmhouse in the western part of the mountain. The farmhouse will be restored and turned into a bed&breakfast. This decision was made in order to turn Mount Mamaor into a real nature reserve and protect the integrity of the ecosystem through the support of other activities with an immediate economic return and located inside the park.


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Fig. 1. I forti dal campo trincerato di Peschiera. LEGENDA 1. Forte Cappuccini; 2. Forte Papa; 3. Forte Laghetto; 4. Forte Saladini; 5. Polveriera Badoara; 6. Forte Baccotto; 7. Forte Monte Croce; 8. Forte Ardietti; 9. Batteria Manodiferro; 10. Forte Salvi Nuovo; 11. Forte Salvi Vecchio; 12. Forte Ronchi; 13. Forte Fenilazzo; 14. Forte Polveriera; 15. Forte Mandella Vecchio; 16. Forte Mandella Nuovo; 17. Forte Cavalcaselle.


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Il campo trincerato di Peschiera Stefano Sarzi Amadè Rielaborazione dei progetti del Corso Tematico Opzionale di “Fare Paesaggio”. Studenti: Stefano Campanini, Mattia Donadello, Ambra Mariani, Vittorio Merlo, Luisa Copeta, Camilla Guerrini, Eleonora Longo.

Peschiera, grazie alla posizione geografica del suo territorio, situato tra le Alpi e la Pianura Padana, e dalla presenza del Lago di Garda che qui forma il Fiume Mincio, ha sempre avuto già dalla preistoria una grande importanza come nodo logistico. Se, nell’Età del Bronzo le popolazioni avevano costruito le palaffitte in questa posizione strategica, è stato con i Romani che la città conosce il suo valore difensivo militare. Nel suo ruolo di avamposto della città di Verona, Peschiera diventa territorio scaligero nel XII sec. d.C. e ospita funzioni militari sempre più articolate. Nel 1549 diviene a tutti gli effetti una città fortificata ed assume l’attuale pianta pentagonale di matrice rinascimentale. Quando, nel 1796, la Francia si impadronisce del territorio di Peschiera, iniziano gli ampliamenti del sistema difensivo territoriale con la realizzazione di campi trincerati che collegano più forti nei punti strategici, inizialmente i forti Mandella e Salvi. Altre edificazioni sono realizzate a partire dal 1815, data in cui il territorio è in mano all’Impero Austriaco. Tra il 1850 e il 1851 sono costruiti i Forti Cappucini, Saladini, Laghetto e Papa, mentre tra il 1856

Fig. 2. Le mura storiche.

Fig. 3. Una piazza verde.

Fig. 4. Forte Polveriera.


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Fig. 5. Conceptplan progettuale: opportunitĂ e criticitĂ .

Fig. 6. Masterplan: gli spazi aperti.


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e il 1860 sono costruiti i Forti Baccotto e Ardietti. Infine, tra il 1861 e il 1862 sono eretti i Forti Belvedere, Polveriera e Fenilazzo. Attualmente, il tessuto di Peschiera presenta ancora le sue caratteristiche di città fortificata, con i suoi edifici destinati originariamente a funzioni militari, con i bastioni, i terrapieni, i collegamenti, non sempre valorizzati e utilizzati, e i manufatti del campo trincerato in uno stato di degrado e di abbandono. Oggi tutto il patrimonio storico e architettonico della città è compromesso anche dalla scarsa manutenzione di molti edifici storici e da un’alterazione della loro identità. Le nuove edificazioni costruite negli anni recenti sono elementi estranei ed ordinari inseriti in un tessuto storico compatto che, paradossalmente, in diversi punti è lasciato in stato di degrado. Alcuni spazi aperti all’interno delle mura sono abbandonati o non accessibili, come nel caso delle aree verdi situate lungo le mura della Rocca, che a causa della presenza militare non può essere raggiunta. Un altro problema è legato alla continuità degli spazi, dei percorsi e del rapporto con il paesaggio; l’assenza di continuità e la fre-

quente interruzione di alcuni percorsi di collegamento costituiscono un ulteriore elemento critico, così come accade per la mancata valorizzazione dei punti panoramici da dove è possibile ammirare il paesaggio del campo trincerato. Quest’ultimo ha subito, nel corso degli anni, una sempre minore visibilità agli occhi dei cittadini e dei turisti. Le cause sono una vegetazione che da tempo ha il sopravvento sui manufatti storici, le frequenti costruzioni a ridosso degli stessi manufatti e degli spazi del campo trincerato, infine alla quasi totale assenza di segnalazioni per l’individuazione di queste permanenze storiche. Alcuni manufatti come nel caso dei forti Cappuccini e Papa sono destinati a funzioni commerciali o di deposito, mentre il paesaggio, originariamente di tipo rurale e costituito da spazi aperti, è stato utilizzato per l’insediamento di servizi e per i tracciati di infrastrutture urbane. In sintesi l’identità storica costituita dai manufatti e dal loro rapporto con il territorio si presenta come un paesaggio alterato che ha perso le sue connotazioni originarie. Le proposte sviluppate dagli studenti nell’ambito dei laboratori dei corsi di Urbanistica e di Progettazione del


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Fig. 7. Masterplan: Forte Fenilazzo.

Fig. 8. Proposta progettuale: l’area ristorazione.

Fig. 9. Proposta progettuale: percorso verso il lungolago.

paesaggio si sono in formate in coerenza con l’obiettivo di disvelare e di rivalorizzare questo patrimonio facendo conoscere la sua storia e riportando molti spazi e manufatti alle condizioni e alle funzioni per cui erano stati pensati. I progetti di riqualificazione sono orientati al recupero delle permanenze storiche e alla valorizzazione paesaggistica e culturale di ogni luogo, permettendo la fruizione dei manufatti e del territorio nel rispetto, ove ancora percepibili, dei caratteri originali. Per la città di Peschiera il progetto suggerisce il recupero degli spazi verdi e dei manufatti, ripristinando la funzionalità delle piazze e l’accessibilità degli spazi aperti, come ad esempio quelli della piazza Savoia e della Rocca: un percorso verde continuo permette la connessione di tutti gli spazi intorno alle mura e di quelli esterni ai manufatti, comprese le Piazze storiche, ripensate come nuove centralità urbane. Alcuni spazi, mantenuti liberi, sono funzionali a più possibilità di uso e a più attività, mentre in alcuni edifici storici riqualificati come la Polveriera e la Rocca sono allestiti nuovi ambienti museali. Infine sono proposti e segnalati nuovi punti panoramici che


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possono ammirare l’impianto della cittadella fortificata e dell’originario campo trincerato, sfruttando i nuovi percorsi e l’accessibilità a punti di osservazione più elevati. Con lo stessa approccio sono stati proposti anche gli interventi di recupero dei manufatti esterni al nodo di Peschiera e quelli di valorizzazione del paesaggio con l’obiettivo di ristabilire la visibilità e la fruizione di ogni manufatto e di ogni spazio anche in rapporto con l’ambiente circostante. A questo scopo sono studiati i possibili cambi di destinazione d’uso per i Forti, oggi, utilizzati come deposito e parcheggio e la rivalorizzazione dei percorsi di collegamento con il territorio circostante, come, ad esempio, il percorso che collega il Lago di Garda con l’entroterra. La valorizzazione del territorio del campo trincerato è inoltre integrata dal recupero delle attività agricole con la rivalutazione delle corti storiche, delle piantumazioni e delle coltivazioni tradizionali in collaborazione con i proprietari agricoli e i coltivatori locali.

Fig. 10. Masterplan: Forte Polveriera.

Fig. 11. Proposta progettuale: la passeggiata ciclopedonale.

Fig. 12. Proposta progettuale: area verde.


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The fortified field of Peschiera Stefano Sarzi Amadè Peschiera, located between the Alps and the Po Valley, and the presence of Garda Lake, which here forms the River Mincio, had a great importance since prehistoric times as a logistic centre in this particular geographic territory. In the Bronze Age peoples had built stilts in this strategic location, and later, the Romans developed the city as defensive military station. In his role as an outpost of the city of Verona, Peschiera becomes Scaligeri’s territory in the twelfth century. A.D. and hosts military functions increasingly articulated. In 1549 becomes a fortified town and takes the current renaissance pentagonal shape. When, in 1796, France takes possession of the Peschiera territory, starts the expansion of the territorial defence system with the creation of fortified camps, linking forts in strategic points, initially Forts Salvi and Mandella. Other buildings are built since 1815, when the territory is in the hands of the Austrian Empire. Between 1850 and 1851 are built Forts Cappucini, Saladini, Laghetto and Papa, while between 1856 and 1860 are built Forts Baccotto and Ardietti. Finally, between 1861 and 1862 are erected forts Belvedere, Polveriera and Fenilazzo. Currently, the urban fabric of Peschiera still has the characteristics of a fortified town, with buildings originally intended for military purposes, with the ramparts, the embankments, the connections not always valued and used, and the constructions of the fortified camp in a state of decay and dereliction. Today, all the historical and architectural heritage of the city is also compromised by poor maintenance of many historic buildings

and alteration of their identity. The new buildings constructed in recent years are foreign and ordinary elements placed in a historical compact context which, in various points, is left in a state of decay. Some open spaces and green areas within the walls of the fortress are abandoned or not accessible. Another problem is related to the continuity of spaces and paths, in report with the landscape; the lack of continuity and the frequent interruption of some connecting paths are another critical element, as is the case for lack of development of scenic spots from where can admire the scenery of the landscape. The fortified camp suffered, over the years, less visibility for citizens and tourists. The causes are: a vegetation that prevails on historical buildings, the new buildings close to the fortresses and to the spaces of fortified camp, and finally the almost total absence of indications to identify these historical permanence. Some buildings, as in the case of Fort Cappucini and Papa, are used to commercial functions or deposit, while the rural landscape, originally consisting of open spaces, is used for the installation of services and for paths of urban infrastructure. In summary, the historical identity of the buildings and their connection with the territory looks like an altered landscape that has lost its original connotations. The proposals developed by the students at the laboratories of courses of Urban planning and landscape design are formed coherently with the aim of revealing and re-evaluate this heritage, made known his history and bringing many areas and works to the conditions and functions for which they were built. The redevelopment projects are oriented to the recovery of historic stays and enhancing


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the countryside and culture of each place, allowing the use of buildings and territory in respect, where even perceived, of the original characters. For the town of Peschiera, the project suggests the recovery of green spaces and constructions, restoring the functionality of the squares and accessibility of open spaces, such as the square Savoia and the Rocca: a continuous green path allows the connection of all spaces around the walls and outer structures, including historical squares, rethought as new urban centres. Some spaces, kept free, serve to more chances of use and more activities, while in some restored historic buildings, as the Powder and the Rocca, are set new museum rooms. Finally, are proposed and reported new scenic spots, where admire the system of fortified citadel and the original fortified camp, taking advantage of the new paths and accessibility to higher view points. With the same approach have been proposed recovery interventions of buildings located in external area to the node of Peschiera and proposals of landscape enhancement, with the purpose of restoring the visibility and the fruition of each structure and each space, in relation with the surrounding surroundings. For this purpose, are studied possible changes of Forts’ employment, now used as storage and parking, and the upgrading of the paths connected with the surrounding area, such as the path that connects Garda Lake with the hinterland. The development of fortified camp area is also integrated by the recovery of agricultural activities, with the revaluation of short history, and the planting of traditional crops in collaboration with landowners and local farmers.


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Fig. 1. Conceptplan di progetto.


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Borgoforte e il Fiume Po Stefano Sarzi Amadè Rielaborazione dei progetti del Corso Tematico Opzionale di “Fare Paesaggio”, studenti: Mariagiulia La Pira, Federica Loreni, Stefania Mancino, e del Laboratorio di Urbanistica, studenti: Riccardo Benetti, Giovanni Palmara.

La collocazione del paese di Borgoforte nel territorio mantovano è stato strettamente e indissolubilmente legato alla presenza del fiume Po, che ne segnava il confine e che ne ha determinato lo sviluppo nel tempo. Fondato, nel 1216, come “Rocca” e postazione di difesa e controllo del fiume, il paese di Borgoforte diventa, durante il dominio dei Gonzaga, un punto nevralgico del commercio e dei trasporti via acqua e via terra, divenendo scenario anche di battaglie e di assedi. Dopo la demolizione della Rocca, avvenuta nel 1717, e dopo l’annessione, nel 1815, del territorio al Regno Lombardo-Veneto, il borgo viene fortificato con mura che si estendono fino all’attuale frazione di Scorzarolo. Inoltre, sono costruiti quattro forti: un forte centrale che prende il nome di Borgoforte e i Forti Rocchetta e Boccadiganda lungo la riva destra del Po e il Forte Noion di Motteggiana lungo la riva sinistra del Po. Attualmente, il Forte centrale, la cui continuità con alcuni spazi esterni è stati interrotta dal tracciato della strada statale 62 e dalla costruzione di nuovi edifici, è rimasto pressoché intatto per una sua parte, oggi sede di attività culturali e ricreative.

Fig. 2. La posizione dei Forti di Borgoforte indicati su una Carta Tecnica Regionale. Legenda: 1.Forte centrale di Borgoforte, 2.Forte Rocchetta, 3.Forte Noion, 4.Forte Bocca di Ganda.

Fig. 3. Il fossato e le mura esterne del Forte Centrale.

Fig. 4. Le rovine del Forte Noion di Motteggiana.


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Fig. 5. Conceptplan delle potenzialità progettuali.

I forti Rocchetta e Boccadiganda sono stati completamente distrutti, mentre del Forte Noion di Motteggiana rimangono alcuni ruderi che sono stati inglobati nel ponte della rete ferroviaria. Oggi, lo sviluppo del tessuto urbano di Borgoforte, costituitosi nel 2015 come comune di BorgoVirgilio in seguito all’unificazione con l’abitato di Virgilio, è fortemente influenzato dalla presenza della direttrice stradale lungo la

quale sono presenti attività produttive sviluppatesi soprattutto negli ultimi 30 anni. Adiacenti all’argine del fiume, sono facilmente individuabili il nucleo storico del paese e le aree di espansione residenziale con le difficoltà legate a un tessuto urbano frammentato e alla discontinuità degli spazi e dei servizi pubblici. Il paesaggio del tessuto comunale originario, costituito da piccoli nuclei di abi-


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tati e da corti rurali distribuiti nel territorio, è tuttora collegato alla presenza del fiume: l’argine maestro, infatti, è ancora un forte elemento di connessione tra alcuni dei borghi storici. D’altra parte, il tracciato ferroviario e la strada statale 62, le due infrastrutture lungo le quali si sono sviluppati sia i servizi commerciali che gravitano su Virgilio, sia grandi attività produttive, non attraversano il nucleo storico del paese che conserva un suo carattere rurale. Tuttavia, gli elementi che collegano gli abitati con le cascine e con il fiume, non sono sufficientemente valorizzati: ne è un esempio la rete ciclopedonale che collega alcuni borghi con alcune aziende agricole e attività produttive e che, nonostante le forti potenzialità legate a un paesaggio multiculturale, non è sufficientemente segnalata e valorizzata. Le proposte di valorizzazione elaborate dagli studenti dei laboratori dei corsi di Urbanistica e di progettazione del paesaggio si concentrano sui temi di recupero dei beni storici e architettonici come il Forte centrale, i ruderi del Forte Noion e le corti rurali, inserendoli in un contesto di ricostruzione dell’identità rurale e naturalistica locale e della consapevolezza dell’eredità di un

Fig. 6. Forte Centrale. Il fossato.

Fig. 7. L’ingresso del Forte Centrale.

Fig. 8. Il Fiume Po visto da Borgoforte.


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Fig. 9. Proposta progettuale: la piazza.

Fig. 10. Proposta progettuale: sottopasso verde pedonale.

Fig. 11. Proposta progettuale: verde attrezzato.

patrimonio di paesaggio culturale e multifunzionale, influenzato sin dall’antichità dalla presenza di attività e di centri abitati lungo l’infrastruttura Po. Gli spazi urbani nel centro di Borgoforte vengono ripensati con un linguaggio adatto al paesaggio rurale dove la natura ha un ruolo primario, con aree verdi e alberature che ricordano i colori della campagna. Il Forte Centrale, ancora ben conservato, ospita manifestazioni ed eventi culturali che potrebbero in futuro essere potenziati in un circuito più ampio di eventi aperti al pubblico. Inoltre, il completamento del recupero degli spazi e dei manufatti possono permettere al Forte di essere visitato e di ospitare anche mostre permanenti. Per il Forte Noion, di cui rimangono solo alcuni ruderi che non godono di grande visibilità e identità, alcuni interventi di illuminazione e di rimozione del verde possono renderlo ancora nuovamente visibile. I percorsi lungo il fiume possono permettere, attraverso il loro ampliamento e riqualificazione, la visibilità del paesaggio da nuovi punti panoramici e la messa in rete di altre permanenze storiche riqualificate possono rivalorizzare


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alcuni di servizi, come quelli già presenti in quello che un tempo fu il Lido di Borgoforte. Questo luogo, un tempo importante punto di accesso al paese per chi proveniva dal ponte di barche sul fiume in direzione di Mantova, è ciò che rimane a causa della sua decadenza, avviatesi con gli anni ‘60, dopo che la nuova statale lo isolò dall’abitato consegnandolo a un ruolo marginale. In sintesi, una strategia efficace di riqualificazione del nucleo storico di Borgoforte e del Lido non può che intervenire su più versanti, inserendo nuovi servizi e punti attrattivi, fruibili da pedoni e ciclisti, e proposte di connessione e di permeabilità fisica e visiva tra i margini dell’abitato e la frattura costituita dalla statale e dalla linea ferroviaria sopraelevate. Inoltre, sono importanti gli interventi di valorizzazione dell’identità rurale, incentivando la riattivazione delle corti di campagna e le loro attività che può permettere di riappropriarsi della cultura e delle tradizioni agricole in un contesto di relazioni più ampie.

Fig. 12. Il ponte di barche in una foto d’epoca.

Fig. 13. Il Lido di Borgoforte in una foto d’epoca.

Fig. 14. Masterplan di progetto.


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Borgoforte and the River Po Stefano Sarzi Amadè Borgoforte, located in the Mantua’s territory, was closely and inextricably linked to the presence of the river Po, which designed the border and which has led to the development over time. Founded in 1216, as “Rocca”, location of defence and control of the river, the town of Borgoforte become, during the Gonzaga dominion, a nerve centre of market and transport by water and by land, also becoming a scene of battles and sieges. After the demolition of the Rocca in 1717, and after the annexation of the territory to the Lombardo-Veneto Reign in 1815, the village was fortified with walls extended to the current fraction of Scorzarolo. Also, were built four Forts: a central Fort still named “of Borgoforte”, Forts Rocchetta and Boccadiganda along the right bank of the Po and the Fort Noion of Motteggiana along the left bank of the Po. Currently, the central Fort, whose continuity with some outdoor spaces has been interrupted by the road “statale 62” and the construction of new buildings, has remained intact and is place of cultural and recreational activities. Forts Rocchetta and Boccadiganda were completely destroyed, while of the Forte Noion remain some ruins that were embedded in the bridge of the railway network. By today, the development of the urban fabric of Borgoforte, formed in 2015 as the town of BorgoVirgilio after the unification with the town of Virgilio, is strongly influenced by the presence of the leading road along where are placed productive activities developed mainly in the last 30 years. Adjacent to the riverbank, are easy to find the historic town’s centre

and the areas of residential expansion, with its difficulties related to a fragmented urban fabric and the discontinuity of spaces and public services . The landscape of the municipal’s original fabric, made of small groups of villages and rural courts distributed in the territory, is still connected to the presence of the river: the main bank, in fact, is still a strong element of connection between some of the historic villages. Moreover, the railway line and the Road 62, that are two infrastructure along which are developed commercial services and large production activities, don’t pass through the historic centre of the town that has kept its rural character. However, the elements that connect the villages with farmhouses and the river, are not sufficiently valorised: for example, the pedestrian network connecting several villages with some farms and production activities, despite the great potentialities tied to a landscape multicultural, is not sufficiently reported and valued. The enhancement proposals, developed by students at the Urban and landscape design courses’ laboratories, are focused on the recovery of historical and architectural heritage as the central Fort, the ruins of Fort Noion and rural courts, in a context of reconstruction of rural and local nature and awareness of the heritage of a multifunctional cultural landscape, influenced since ancient times by the presence of activities and towns along the infrastructure of the river. Urban spaces in the centre of Borgoforte are rethought with a language suitable to the rural landscape where nature has a leading role, with green areas and trees that reminds the colours of the countryside. The Central Fort, still well preserved, hosts cultural events that in future could be enhanced in a


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wider circuit of public events. Also, the completion of the spaces and buildings recovery can let the Fort be visited and to host permanent exhibitions. For the ruins of Fort Noion, which don’t enjoy high visibility and identity, some lighting interventions and green upgrading can make them visible again. The paths along the river can allow, through their expansion and upgrading, the visibility of the landscape from new points of view, also, the networking of other historical restored places may revalue some services, such as those already present around the Lido of Borgoforte. This place was an important point of access to the town for those coming from the boats bridge in the direction of Mantua, and is what remains after its decadence, in the ‘60s, after the new built road isolated him giving it a marginal role. An effective strategy for restoration of the historic centre of Borgoforte and the Lido can be developed on several themes, introducing new services and attractive points, accessible to pedestrians and cyclists, and the proposed connection with physical and visual permeability between the town and the fracture formed by the elevated road and train line. Enhancement interventions of rural identity are important, encouraging the reactivation of the courts of the countryside and their activities, regaining the possession of the culture and of the agricultural traditions in a wider context of reports of different sign.



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Postfazione


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Fig. 1. Forte Rivoli, Valdadige, Verona. Foto di Fiorenzo Meneghelli.


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L’importanza di saper osservare Mauro Bianconi

L’osservazione influenza la percezione Ciò che abbiamo intorno, il cosiddetto ‘mondo sensibile’, ci invia una serie di stimoli – ottici, acustici, olfattivi ecc. – che raggiungono i nostri sensi, provocandovi delle sensazioni. Ma di queste solo una minima parte vengono percepite, perché il numero di cellule del sistema nervoso non è neppure lontanamente sufficiente a trasmettere tutta l’informazione che arriva ai recettori(1). Indubbiamente persone diverse selezionano sensazioni diverse secondo la loro esperienza, la loro cultura, i loro interessi. La mente non può essere considerata una tabula rasa, un recipiente, una lavagna vuota su cui si scrive ciò che si percepisce dagli organi di senso, perché la tavoletta sulla quale i sensi scrivono il loro messaggio possiede certe caratteristiche sue proprie. Vera la teoria – sostenuta da Kant, dai teorici della Gestalt – della mente come faro, (2) così chiamata da Karl Popper perché illumina l’ambiente che intende esplorare. Il meccanismo percettivo non è l’equivalente di una macchina fotografica in grado di dare un’immagine dell’ambiente più o meno raffinata, ma fisicamente esatta e soprattutto elaborata passivamente, e identica per tutti. Al contrario, la percezione è un processo attivo nel quale l’individuo è

coinvolto per intero: nel percepire l’ambiente, egli lo costruisce. La percezione dell’ambiente non è unicamente funzione delle informazioni contenute negli stimoli sensoriali, ma è anche funzione dell’individuo e del suo rapporto con l’ambiente (3). Esperienza L’osservazione influenza quel che si percepisce in base alle sue conoscenze-esperienze pregresse. In certa misura, anche se è difficile stabilire in quale misura percepiamo quel che l’esperienza ci ha abituato a percepire. In realtà alla base del miglioramento delle capacità sensitive e visive c’è una più accentuata abilità percettiva, che poggia sulla memoria di situazioni analoghe proposteci nel passato (4). Saper descrivere In terzo luogo percepiamo elementi diversi se osserviamo da turisti o se invece sappiamo di dover descrivere la percezione. Ciò ci permette di passare da una visione passiva ad una osservazione attiva e percettiva. Una percezione visiva attiva, cioè diretta dall’attezione e dalla volontà, si fonda in primo luogo, sulla direzione dello sguardo per cui noi scegliamo di guardare un determinato oggetto


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Fig. 2. Forte Diamante, Genova. Foto di: Fiorenzo Meneghelli.

Fig. 3. Immagine del paesaggio oggetto di studio.


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selezionandolo dal contesto più generale della visione; in secondo luogo, sulla messa a fuoco, per cui noi isoliamo l’oggetto della nostra attenzione, vedendolo in modo più nitido e preciso e distinguendolo dall’ambiente circostante, la percezione sarà più o meno attenta e precisa in base al tempo che dedichiamo all’osservazione e alla nostra concentrazione, ossia alla assenza di pensieri e immagini che possono distrarci dalla visione che ci interessa. La riconoscibilità ad esempio rappresenta uno dei principali requisiti del paesaggio. Riconoscibilità significa capacità di orientarsi e di identificarsi nel paesaggio. La capacità di orientamento è garantita da due fattori: 1. Posizione dell’osservatore; 2. Conformazione del suolo. La posizione sopraelevata dà la possibilità di abbracciare con lo sguardo una porzione di territorio più vasta e di cogliere in maniera appropriata i rapporti fra i diversi elementi che compongono il paesaggio osservato. La morfologia del suolo se abbastanza articolata consente di creare una rete di punti di riferimento che facilitano l’orientamento. Questo avviene soprattutto in spazi o edifici come i forti militari, torri di avvistamento, coni ottici di paesaggi non solo montani, ma anche

lacustri ecc. Una veduta ampia permette di osservare un’estensione più grande di territorio e quindi di ottenere un numero maggiore di informazioni. Una singolare percezione avviene dai forti signorili o militari posti in ambienti ben precisi, montani, collinari che pongono il senso e la funzione percettiva come controllo del territorio e delle trasformazioni dello stesso. Essi rappresentano una percezione assai complessa ricca di processi emotivi e sensitivi che si integrano in una visione d’insieme che permette una disgregazione delle particolarità intrinseche del paesaggio percepito. Un’ulteriore classificazione dei punti panoramici può riguardare la loro facilità di accesso, mentre la superficie di territorio osservabile da un singolo punto panoramico definisce un bacino visivo o cono ottico (5). Individuare una rete di punti panoramici sul territorio analizzato può aiutare a costruire una carta dell’intervisibilità, o meglio una mappa delle aree più visibili definita dalla sovrapposizione dei coni ottici da due o più punti panoramici. L’orientamento non garantisce l’identificazione. Questa è il prodotto di una quotidiana consuetudine con il paesaggio osservato in qualità di protagonista della sua costruzione. Una veduta ampia permette di osservare


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Fig. 4. Linee di forza (dominanti) del paesaggio. Disegni di Mauro Bianconi.

Fig. 5. Elementi dominanti del paesaggio. Disegni di Mauro Bianconi.

Fig. 6. Piani differenti del paesaggio. Disegni di Mauro Bianconi.

un’estensione più grande di territorio e quindi di ottenere un numero maggiore di informazioni. Un’ulteriore classificazione dei punti panoramici può riguardare la loro facilità di accesso, mentre la superficie di territorio osservabile da un singolo punto panoramico definisce un bacino visivo o cono ottico. La percezione dinamica rappresenta oggi la principale modalità di osservazione del paesaggio. Essa si presenta sotto due forme principali: • La percezione dinamica dall’alto, durante i voli aerei. • La percezione dinamica a livello del suolo, tramite gli spostamenti in treno o in auto. La prima quando avviene ad alta quota non consente di leggere i particolari né la morfologia del territorio; per i voli a bassa quota, invece, è possibile avere una percezione del territorio e della sua morfologia, pressoché perfetta. La seconda assume i caratteri di un vero e proprio racconto che si dipana lungo il percorso effettuato. La percezione dinamica è fortemente influenzata dalla velocità alla quale l’osservatore attraversa il paesaggio e dall’apertura visiva consentita dai margini del canale ferroviario o stradale che si sta percorrendo. La percezione di-


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Fig. 7. L’analisi delle percezioni. Disegni di Mauro Bianconi.

namica è uno degli strumenti più idonei nelle operazioni di rilievo paesistico. La sequenza delle immagini consente di riconoscere il tipo di paesaggio e le componenti di diverso tipo: strumentali, qualificanti o caratterizzanti. Contesto In quarto luogo la nostra percezione di un paesaggio, d’un edificio, è influenzata da quel che determina e costituisce il suo intorno. Dice Arnheim (6) che anche la grande mole di un palazzo è vista per contrasto con quella piccola di un altro e viceversa, man mano che lo sguardo dell’osservatore si sposta avanti e indietro fra le due costruzioni. Guardarle en-

trambe costituisce un’esperienza dinamica, nella quale lo spazio fra gli edifici è una parte inseparabile dell’immagine. E questo spazio interstiziale, anziché essere vuoto, è invaso da gradienti. Se l’ampiezza dell’intervallo dovesse cambiare, ossia se gli edifici fossero più vicini o più distanti l’uno dall’altro, la pendenza dei gradienti subirebbe un cambiamento proporzionale, e la stessa cosa accadrebbe al contrasto fra le due costruzioni … Se si realizzano dei modellini dei nostri due edifici, spostandoli poi avanti e indietro, avvicinandoli e allontanandoli fra loro, si osserverà che l’interspazio apparirà più rado e sottile man mano che aumenta la reciproca distanza, diventando viceversa


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più denso col diminuire di essa. L’osservatore sperimenterà così la compressione o la decompressione percettiva dell’intervallo. Per quanto ne so, questo fenomeno non è mai stato studiato in modo sistematico, e le sue condizioni appaiono complesse. Ho aperto quattro modesti spiragli sulle modalità secondo cui percepiamo (visivamente) quello che ci circonda. Si è stabilito che, se si tratta d’un edificio, vedremo, percepiremo, cose diverse secondo: a) l’esperienza architettonica complessiva accumulata, se un paesaggio sarà legato a processi emozionali e ricordi determinati da suggestioni emotive. b) il coinvolgimento emotivo (il ‘desiderio’) con cui l’avviciniamo, c) la necessità o meno di doverlo descrivere, d) il contesto che lo circonda. Oltre a questi quattro ‘spiragli’, altri ne potremmo aprire, esaminando con maggiore attenzione e sistematicità il vasto mondo della psicologia della percezione, della psicologia ambientale e della prossemica. La vista e gli altri sensi Finora mi sono occupato di sensazioni e percezioni visive, ed è giusto, perché la vista è il senso principe, su cui si basa gran parte della nostra conoscenza del mondo. Anche gli edifici li conosciamo

principalmente da un punto di vista visivo. Gli edifici e i paesaggi sono fenomeni esclusivamente visivi: non abbiamo alcun modo per rappresentare i valori tattili, olfattivi, cinestesici o di sonorità interna. Per questi dovremo accontentarci di parole come ‘spazioso’, ‘grandioso’, ‘raccolto’, ‘intimo’, ‘accogliente’, ‘confortevole’, piacevole, rilassante, assai meno efficaci delle immagini nell’evocare l’esperienza diretta. La conoscenza indiretta di uno spazio è causa di non poche sorprese quando lo visitiamo. E non tanto perché disegni e foto non ci avessero preavvertiti dei suoi effetti tridimensionali, quanto perché standogli di fronte, e soprattutto entrandoci, tutti i nostri sensi, e non solo la vista, ne vengono coinvolti. La vista rappresenta per gli esseri umani il principale senso coinvolto nei processi di conoscenza, ci dà garanzia di oggettività allontanandoci dall’oggetto osservato. La visibilità è il principale fattore che viene preso in considerazione negli studi sul paesaggio. La possibilità di osservare vaste estensioni di territorio, è uno dei principali fattori ricercati nell’analisi paesistica. Memoria Una volta percepito un edificio, o qualsia-


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si altra cosa, paesaggio, spazio o giardino persone diverse lo memorizzano e lo descrivono in modo diverso. Ognuno degli osservatori fornisce una versione diversa: Musatti parla al proposito di deformazione mnestica. Dopo qualche giorno le versioni rese, com’era da aspettarsi, erano ancor meno attendibili (legge dell’oblio), tranne alcune che, in modo del tutto inatteso, si avvicinavano maggiormente alla scena percepita o osservata (miglioramento mnestico) e contenevano una maggior percentuale di particolari positivi (ottimismo mnestico). Secondo Musatti il miglioramento mnestico si spiega considerando che la nostra memoria non è solo un archivio o deposito di documenti, i quali o restano intatti o si deteriorano. I ricordi sono elementi di un’attività cerebrale complessa. E hanno una loro vita, con deperimenti e annientamenti, ma pure con rivivescenze. Per cui elementi che sembrano distrutti e annullati, talora riappaiono (7). Mentre l’ottimismo mnestico, cioè il fenomeno per cui tendiamo a ricordare meglio gli eventi positivi, deriva dalla volontà di difendersi dai ricordi spiacevoli. Già Freud segnalava che la dimenticanza di impressioni ed esperienze mette in rilievo la tendenza ad allontanare dalla memoria ciò che è sgradevole (8).

Viste almeno alcune delle modalità secondo cui percepiamo e memorizziamo le cose, in particolare quelle di nostra specifica competenza come gli edifici, lo spazio, il paesaggio possiamo affrontare nella ricerca della conoscenza le modalità e le descrizioni mediante le quali comunichiamo ad altri – e a noi stessi – le sensazioni che abbiamo avuto e che si sono fissate nella nostra mente. Note: 1) D. E. Berlyne, Conflitto, attivazione e creatività [nell’originale: curiosità], Franco Angeli, Milano, 1971, p. 55. 2) E. H. Gombrich, Il senso dell’ordine. Studio sulla psicologia dell’arte decorativa, Einaudi, Torino, 1984, p. 8. 3) “Il recipiente e il faro: due teorie della conoscenza”, in appendice a K. R. Popper, Conoscenza oggettiva, Armando, Roma 1975, pp. 445-473. 4) C. Lévy–Leboyer, Psicologia dell’ambiente, Laterza, Bari 1982, p. 47. 5) R. L. Gregory, Occhio e cervello. La psicologia del vedere, Il Saggiatore, Milano 1979 (1966), p. 17. 6) R. Arnheim, La dinamica della forma architettonica, Feltrinelli, Milano 1988, pp. 27–30. 7) C. Musatti, Elementi di psicologia della testimonianza, Liviana, Padova 1989 2a, p. 152. 8) S. Freud, Introduzione alla psicanalisi. Prima e seconda serie di lezioni, Boringhieri, Torino 1989, pp. 71–72.


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Know to observe Mauro Bianconi The observation influences the perception What we have around, the so-called “sensory world”, sends us a series of stimuli that - optical, acoustic, olfactory, etc. reaches our senses, giving sensations. Only a fraction of them is perceived, because the number of cells of the nervous system is not nearly enough to transmit all the information received by receptors. Undoubtedly, different people select different sensations according to their experience, culture, interests. The mind cannot be considered as a tabula rasa, a box, a blank slate on which is written what is perceived through sensory organs, because the board where senses write their message has very particular characteristics. The theory - supported by Kant, by theorists of Gestalt, etc. - of mind as a lighthouse, so named by Karl Popper because it illuminates the environment that aims to explore, it’s true. The perceptual mechanism is not the equivalent of a camera, able to give a more or less refined image of environment, physically exact, passively processed and identical for everyone. On the contrary, the perception is an active process in which the individual is fully involved: when he perceives the environment, he builds it. The perception of environment is not just depending on information contained in the sensory stimuli, but it is also function of an individual and his own relationship with the environment. The experience Observation influences what we perceive through basic knowledge/experience of it. This claim is quite good because it is difficult

to determine how we perceive what the experience has accustomed us to perceive. Actually, at the base of the improvement of sensitive and visual capabilities, there is some sharper perceptual skills based on the memory of similar situations occurred in the past. The descriptive skills We all see different elements if we exercise the observation being a tourists or if we have to describe what we perceive. This allows us to move from a passive vision to an active observation. An active visual perception, i.e. oriented by attention and by intention, is based, first, on the line of vision, so we choose to look at a specific object by selecting it from the more general context of the vision; second, focusing on the object of our attention, making it more clear and precise and distinguishing it from the surrounding environment; third, the perception will be more or less careful and accurate depending from how much time we spend observing and from our concentration, i.e., the absence of thoughts and images that can cause distraction and/or overlap the sight we are interested in. Recognizability is one of the main requirements of landscape and means the ability to orient ourselves and to identify ourselves in landscape. The sense of direction is guaranteed by two factors: 1. observer’s position; 2. soil morphology. Elevated position gives the chance to look at a larger portion of territory, and capture properly the relationships between different elements composing the observed landscape. Soil morphology, if enough articulated, creates a network of reference points that facilitate orientation. This is especially true in areas of military fortifications and,


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compared to the towers, the optical cones of landscape, not just mountains, but lakes and plains. A wide sight allows to observe a larger extension of territory and gets therefore more information. There is an unusual perception from noble or military forts placed in environments with perceptive function of territorial control and its transformations. They represent a very complex perception, rich of emotional and sensory processes integrated in an overview that allows a breakdown of intrinsic characteristics of perceived landscape. A classification of viewpoints can be about difficulty/ease to access, while the land surface, observed from a single viewpoint, defines a visual basin or a specific optical cone. Find a network of viewpoints on the analyzed territory, can help us to make a map of the most visible areas, defined by the overlap of the optical cones of two or more sights. Orientation doesn’t guarantee any identification. This is the product of a daily habit with landscape seen as the protagonist of its interpretation. Dynamic perception is now the main way to observe landscape. It occurs in two main forms: • The dynamic perception from above, during air flights. • The dynamic perception at ground level, traveling by train or car. The first happens when high altitude doesn’t allow us to read details or territorial morphology; for low-altitude flight, instead, it is possible to obtain a perception of the territory and its morphology, almost perfectly. The latter assumes the character of a true story, which unfolds along the route taken. Dynamic perception is strongly

influenced by the speed of the observer when he crosses landscape; by the visual opening of rail or road he is crossing. Dynamic perception is one of the most appropriate tools to investigate a landscape. The sequence of images allows us to recognizes a specific landscape and many different elements such as: instrumental, qualifying or characterizing ones. The context Our perception of a landscape, a building, is influenced by what determines and constitutes its surroundings. Arnheim says that the large size of a building is seen in opposition to the small dimension of another one and vice versa, as the viewer’s eye moves back and forth between the two buildings. Looking at both, it constitutes a dynamic experience, in which space between the buildings is an inseparable part of the image. This interstitial space, instead of being empty, is flooded with gradients. If the interval width were to change, i.e. if the buildings were closer or far apart from each other, the steepness of the gradient suffer a proportional change, and the same thing would happen by contrast between both buildings. If we make scale models of our two buildings, moving them back and forth, toward and away from each other, it will be observed that the interspace will appear thinner as it increases the mutual distance, becoming thicker with decreasing of it. The observer will experience the perceptive compression or decompression of the interval. As far as I know, this phenomenon has never been studied in a systematic way and its conditions are complex. I opened a chink of how we perceive (visually) what surrounds us. It was established that, in case of a building, we will see, perceive, different things compared


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to: the architectural experience and how a landscape is linked to emotional processes and to certain memories of emotional suggestions; emotional involvement (“desire”) with which we are approaching it; the need or otherwise to describe it; the context that surrounds it. In addition to these four “chinks”, we could open more, taking a closer look to the vast world of psychology of perception, psychology of environment, proxemics and more. The sight and other senses So far I have dealt with visual sensations and perceptions, and it is right, because the sight is the main sense, which is the basis of large part of our knowledge of the world. Mainly, we know even buildings from a visual point of view. Buildings and landscapes are exclusively a visual phenomenon: we have no way to represent the tactile, olfactory, kinesthetic values or internal sounds. So we should be satisfied with words such as “spacious”, “great”, “harvested”, “intimate”, “warm”, “comfortable”, “enjoyable”, “relaxing”, much less successful then images to evoke direct experience. Indirect knowledge of an area causes many surprises when we visit it. And not because drawings and photos don’t tell us its threedimensional effects, but because being in front of it, and especially entering in it, all our senses are involved, and not just the sight. The sight is for humans the main sense involved in processes of knowledge, it gives us a certain objectivity guarantee of the perception of what we observe. Visibility is the main factor that is taken into account in studies on the landscape. Visibility is the main factor that we take into account in studies about landscape. The chance to observe large areas is one of the

main factors in landscape analysis. Memory Once perceived a building, or any other object, landscape, space or garden, each one stores it and describes it differently. Each observer provides a different version: Musatti speaks about mnemonic deformation. After a few days, provided versions, as was to be expected, were even less reliable (the law of oblivion), except certain that, unexpectedly, are more similar to the perceived or observed scene (mnemonic improvement) and contain a higher rate of positive details (mnemonic optimism). Musatti says that mnemonic improving is explained by considering that our memory is not a file or a document repository that can be kept in good condition or can be deteriorated. Memories are elements of a complex brain activity. And they have their own life, with deteriorations and annihilations, but also with revivals. So, elements that seem to be destroyed and erased, sometimes reappear. While mnemonic optimism, that is the phenomenon by which we remember better positive events, comes by the desire to defend ourselves from unpleasant memories. Even Freud noted that forgetting impressions and experiences highlights the tendency to remove what is unpleasant. Seen how we perceive and store things, especially those of our specific skill, such as buildings, territory, landscape, we may face, in the search of knowledge, the terms and descriptions through we communicate with other person - and to ourselves - feelings that we had and which are fixed in our memory.


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Fig. 8. L’osservazione del paesaggio. Disegni di Mauro Bianconi.



Appendice


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Profili degli autori

Federico Bucci, prorettore del Polo territoriale di Mantova - Politecnico di Milano dove è anche professore ordinario di Storia dell’architettura e responsabile della Cattedra Unesco. Maria Cristina Treu, professore Ordinario di Urbanistica, già Prorettore Vicario e di vicepresidente della Fondazione del Politecnico di Milano. Tra le pubblicazioni si ricorda Città. Salute e Sicurezza (2009), Per una città socievole e Urbanità e sicurezza (2015) nella collana La città e l’altra città. Andrea Grigoletto, laureato in Giurisprudenza. E’ autore di testi inerenti le dismissioni degli immobili dello Stato e le procedure speciali del Codice dei beni culturali e del nuovo Codice dell’ordinamento militare. E’ tesoriere della sez. Veneto dell’I.I.C. e consulente legale di Italia Nostra. Joao Nunes è il direttore di PROAP, studio di architettura del paesaggio, ha insegnato in molte università in Italia, Europa e negli Stati Uniti. Tra i suoi progetti vi è il parco dell’Expo di Lisbona, il Waterfront ad Anversa; parchi urbani in Spagna, Svizzera, Italia e in altri paesi extraeuropei. Fiorenzo Meneghelli, architetto. Opera nel restauro e valorizzazione dell’architettura storica e militare. Su questi temi ha promosso mostre, convegni, pubblicato saggi ed è consulente in programmi comunitari europei. È membro di istituzioni italiane ed internazionali di tutela delle fortificazioni.

Peter Ross è Project Manager della New Dutch Waterline, società che si occupa della gestione e valorizzazione del sistema fortificato olandese. Peter Ros segue in particolare la progettazione europea ed ha recentemente concluso un’importante progetto comunitario AT-Fort che ha coinvolto 11 partner europei. Andrea Meneghelli, ingegnerie e architetto. Ha svolto attività di tesi di ricerca con l’Università degli Studi di Trento e la Technische Universitaet Muenchen ed ha scritto articoli sulle tematiche dell’architettura sostenibile. Ha partecipato a convegni sul tema del recupero del patrimonio esistente. Paolo Marcolin, graduate in architecture by the Polytechnic of Milan. Teaches at ESAP, Escola Superior Artística do Porto. Since 2000, having been responsable for curricular unities, urban design and territorial planning. From 2012 to 2015, he was Director of the Department of Architecture of ESAP and he as since then been director of the Architecture MA of ESAP. Zofia Mavar e Melita Lubina architetti, direzione del Ministero della Cultura della Croazia per la protezione del patrimonio culturale. Hanno promosso convegni, pubblicazioni e workshop in collaborazione con università europee per il recupero delle fortificazioni della Dalmazia e di Pola in particolare.


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Simone Ferretti, architetto. Ha fondato il Gruppo di Studio “Progetto Forti” e promosso il “Manuale del restauro dei Forti di Roma” con l’Università Roma Tre. Ha redatto studi per la valorizzazione dei forti di Roma. E’ coautore di “Operare i forti. Per un progetto di riconversione dei forti militari di Roma. Markus Scherer, architetto. Ha ricevuto riconoscimenti nazionali e internazionali, tra cui Primo Premio al Premio Internazionale di Architettura “best architects”2013 per il recupero di Fortezza. Ha partecipato a mostre ed esposizioni e i suoi progetti sono in pubblicazioni nazionali e internazionali. Francesco Da Rin, architetto, con Studio Associato darinperego. Si occupa di progettazione architettonica, urbana e di paesaggio. Ha svolto studi e redatto progetti in particolare sull’area alpina. Tra le sue opere più significative sono il restauro del Castello di Andraz e del Forte Tre Sassi. Francesco Collotti (Milano, 1960), architetto PhD e professore di Composizione Architettonica presso UniFi DIDA. Già docente ETHZ, è impegnato in una intensa attività didattica e di ricerca internazionale con progetti pilota in Germania, Svizzera, Turchia, Cina, Medio Oriente, Balcani, Argentina. Silvia Marmiroli, laurea con la tesi “Una Utopia? La Grande Mantova.”, aa 20132014; dal 2013 collabora al Laboratorio Fare Paesaggio del Politecnico di Milano (MN). Cura eventi, promuove mostre di

progetti urbani e una rubrica del giornale Versione, università di Mantova; tra le pubblicazioni La rappresentazione degli esiti, dei percorsi e degli spazi, in M.C.T., Urbanità e Sicurezza (2015). Stefano Sarzi Amadè, laurea con la tesi “Paesaggi agricoli da tutelare: il caso del Trincerone a Mantova”, aa 2010-2011, dal 2011 collabora al laboratorio Fare Paesaggio del Politecnico di Milano (MN); si interessa di discipline grafiche (cfr. il progetto grafico per Paesaggi del Sacro (2013) e per il giornale “Versione”). Tra le pubblicazioni L’elaborazione dei questionari, in M.C.T., Urbanità e Sicurezza (2015). Mauro Bianconi, architetto, urbanista e psicologo ha svolto attività didattica al Politecnico di Milano e alla Facoltà di Ingegneria a Bologna. Collabora con I.I.T. di Chicago sulla “psychology of color” e con più centri sanitari. Tra le pubblicazioni si ricorda “Immagini e grafica per architettura e urbanistica” Ed. Esculapio, Bologna (1990).


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Della stessa collana

1. La città e l’altra città. Racconti ed esperienze in-disciplinate nella pianificazione anti-fragile AA. VV. a cura di Matteo Fioravanti e Margherita Bagiacchi, qart progetti - acces_SOS; Iole Giarletta e Pasquale Persico, LAMA 2. Avant Garden. Il Paesaggio dei Community Gardens di Daniela Monaco 3. Per una città socievole. Le alterne fortune di piani e progetti a cura di Maria Cristina Treu 4. Urbanità e sicurezza. Urban safety and security a cura di Maria Cristina Treu



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