Spazio
ALLA CONQUISTA DI SATURNO ������������������������� 60
Prisma
La missione Cassini ha rivoluzionato le nostre conoscenze su Saturno, e sulle sue 62 lune.
Archeologia
IL RELITTO PERFETTO ��������������������������������������� 66 Vicino alla stazione di Pisa è riemersa una nave romana di 2mila anni fa. Ora è sottoposta a un restauro innovativo.
Tecnologia
L’HI-TECH CHE FA GOL A TUTTI ����������������������� 100 Robot spara-palloni, droni, software per le tattiche: le nuove armi degli allenatori di calcio.
75 SEZIONI
Guida a colori e temi di questo numero
Ambiente Animali Ecologia Natura
75 Prisma
Natura
CHECK-UP ALPINO ������������������������������������������� 106 Sorpresa: secondo un recente studio, in Italia il numero dei ghiacciai è in aumento. Un buon segno? No. Ecco perché.
Mistero
L’ULTIMO TRENO DEI NAZISTI ������������������������� 108 In agosto l’annuncio: in un tunnel polacco è nascosto (forse) un convoglio carico d’oro. Ecco cosa c’è sotto davvero.
Scienza
SSSSH... SILENZIO! ������������������������������������������� 122
114 Domande & Risposte 147 MyFocus
Energia Invenzioni Tecnologia Trasporti
152 Relax 155 Giochi 161 Mondo Focus
Ci mette in pace col mondo e con noi stessi. In molti lo cercano, ma chi lo ha trovato giura che è insopportabile.
Corpo umano Spazio Scienza Modi di pensare
Tecnologia
2016: L’ERA DELLA REALTÀ VIRTUALE ����������� 128 Visori, occhiali, guanti. Ecco i nuovi kit per il mondo digitale.
Alimentazione Attualità Mondo Comportameno
Comportamento
QUI C’È UN ERRORE. UMANO �������������������������� 132 Sembrava andare tutto bene, ma... all’improvviso, un disastro. Perché? Colpa del cervello. Che può andare in tilt.
Natura
LA VITTORIA DELLA VITA ��������������������������������� 138 Querce millenarie, cervi, pellicani... Ecco i protagonisti dei paesaggi più belli dell’anno.
138
Tragedie: come la mente ci inganna pag. 132
I paesaggi più belli
RUBRICHE 3
La buona notizia
L’INVITO ALLA LETTURA DEL DIRETTORE
Tutti, prima o poi, ci siamo chiesti se oggi, in Occidente, sia più fortunato chi nasce maschio o chi nasce femmina. Per rispondere, abbiamo messo al lavoro una task force composta da due uomini e una donna, i quali – consultando scienziati e specialisti vari – sono arrivati alla risposta che trovate in questo numero. Jacopo Loredan 6 | Focus Novembre 2015
Mistero Paleoantropologia Archeologia Cultura
8 Flash 15 L’intervista 27
In numeri
80
Come funziona
120
Visioni dal futuro
Ci trovi anche su:
120 Visioni dal futuro 145 Osservatorio
www.focus.it
Il funambolo australiano Kane Petersen, 36 anni, percorre la distanza di 21 metri su un cavo d’acciaio tra le torri dell’Eureka Skydeck, un grattacielo di 297 metri a Melbourne, Australia. L’acrobazia serve a promuovere l’uscita del film The walk sulla storia del funambolo francese Philippe Petit, che nel 1974 compì la traversata a più di 400 metri di altezza fra le Torri Gemelle del World Trade Center di New York (poi distrutte negli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001).
Novembre 2015 Focus | 9
Getty Images
IN BILICO SU MELBOURNE
Dopo una missione di 167 giorni, il 12 marzo scorso la capsula Soyuz – legata a un paracadute – ha riportato sulla Terra, in Kazakistan, i cosmonauti russi Alexander Samokutayev ed Elena Serova, e l’americano Barry Wilmore. Durante la missione, l’equipaggio ha condotto centinaia di esperimenti scientifici concentrandosi sugli effetti della microgravità sulle cellule e l’impatto sulla salute umana dei viaggi spaziali di lunga durata.
Novembre 2015 Focus | 11
Bill Ingalls/NASA
ATTERRAGGIO DORATO
A Karlsruhe, in Germania, nella centrale piazza del Mercato, l’artista argentino Leandro Erlich ha creato una spettacolare installazione chiamata Pulled by the Roots (Sradicata), in cui una gru sostiene – appesa a funi d’acciaio – un’intera casa. L’installazione è sospesa sopra il cantiere di un nuovo sistema di tram sotterraneo. Secondo l’artista, i cittadini devono riflettere sul fatto che sotto tonnellate di cemento e acciaio delle nostre città c’è sempre una presenza organica e vitale.
Novembre 2015 Focus | 13
imago stock&people/IPA
CASA SRADICATA
L’intervista di
Damiano Marchi Dai fossili, si ricostruisce l’evoluzione dell’uomo
Così studio il nostro “prozio”. E i suoi misteri Unico italiano nel team che ha analizzato Homo naledi, il nuovo ominide scoperto in Sudafrica. Il nostro lontano parente, dice, ha un cranio piccolo, ma mani e piedi molto simili a noi.
1
Università di Pisa
Il recupero dei fossili, da una grotta dall’accesso difficilissimo, è stato un’avventura. Ma anche lo studio poi è stato particolare...
Biografia È docente di Antropologia al Dipartimento di biologia dell’Università di Pisa. È stato l’unico italiano nel team che ha studiato Homo naledi, guidato da Lee Berger della University of the Witwatersrand di Johannesburg (Sudafrica). Laureato in scienze biologiche all’Università di Pisa nel 1998, dal 2004 al 2010 ha insegnato alla Duke University (Usa) e nel 2011-2012 è stato alla University of the Witwatersrand. Tra le sue aree di ricerca, l’analisi delle caratteristiche dello scheletro, per studiare locomozione e manipolazione negli ominidi. Sta per pubblicare altre ricerche sull’arto inferiore di H. naledi, di cui una sul Journal of Human Evolution.
Lee Berger voleva studiare i fossili velocemen te e rendere pubblici i risultati. E ha scelto, oltre a 20 studiosi che avevano già collaborato con lui, 30 giovani ricercatori da tutto il mon do. Io ho risposto al bando, pubblicato su In ternet. Siamo stati più di un mese in albergo, da cui ogni mattina andavamo alla University of the Witwatersrand: lì entravamo in un labo ratorio speciale, a cui si accede da una porta blindata, una sorta di caveau dove sono con servati quasi tutti i fossili trovati in Sudafrica e molti calchi. Qui i 1.550 fossili erano divisi in tavoli dedicati a cranio, mano... Ero responsa bile di quello degli arti inferiori (piede esclu so). Avevamo competenze diverse, potevamo fare confronti con i reperti nel laboratorio e accedere ai dati delle ricerche passate di tutti.
2
Homo naledi sembra una sorta di mosaico anatomico (v. alle pagine seguenti). Che cosa ha rivelato l’analisi?
Abbiamo fatto misurazioni, Tac per scoprire la struttura delle ossa, scansioni in 3D: gli scan ner laser erano in funzione di continuo! Ha tratti primitivi, come cranio piccolo o dita dal le falangi curve, segno che si arrampicava sugli alberi. E altri moderni: gambe e piedi da bipe de, ma anche mani (nonostante le dita arcua te) in grado di manipolare strumenti. In mani e piedi è sorprendentemente simile a noi.
3 Sicuramente era un nostro parente: fa parte Ma quindi Homo naledi era un nostro parente? Un “bisnonno”? Un “prozio”?
del nostro genere, Homo. Potremmo dire che era un “prozio”, un parente su una linea late rale. Pensiamo infatti che, per le caratteristi che ancora ancestrali, sia molto vicino all’an tenato comune da cui è derivata tutta la nostra “famiglia”, gli Homo. Non possiamo però dire se sia il bisnonno, ovvero la specie da cui di scendiamo in linea diretta. Forse quello vero non lo individueremo mai con certezza! Ormai abbiamo superato la concezione di un’evolu zione lineare verso Homo sapiens: il nostro
albero genealogico ha rami laterali che non hanno portato a nulla. Ma potremmo capire meglio chi era quando sapremo l’età dei fossili, non ancora stabilita.
4
Ma quanto potrebbe essere “vecchio” Homo naledi? E, quindi, come lo collocheremmo nella famiglia umana?
Non c’erano elementi – altri fossili, rocce da tabili – che facessero già stabilire l’età, quindi su questo stiamo ancora lavorando. L’ipotesi che facciamo, dalla morfologia, è che H. naledi sia antico: ha le caratteristiche che ci aspette remmo in un anello di congiunzione tra au stralopitecine e Homo. Se fosse più vecchio di 2 milioni di anni potrebbe essere il primo
Se risalisse a più di 2 milioni di anni fa, potrebbe essere il primo Homo trovato Homo trovato. O almeno quello con uno sche letro ben definito (ci sono frammenti di Homo di 2,3-2,4 milioni di anni fa). Comunque, sa rebbe vicino alla base dell’evoluzione del no stro genere. Se risultasse più recente, di 1 mi lione o 500mila anni fa, sarebbe comunque rivoluzionario. Vorrebbe dire che, mentre sul pianeta si muovevano già specie di Homo con caratteri moderni, ne resisteva uno con tratti ancestrali: un relitto, un “cugino” lontano.
5 Abbiamo escluso le strade “standard” (preda
Come sono finiti nella grotta i molti individui che avete trovato?
tori, acqua) e non lo sappiamo. Ma abbiamo fatto un’ipotesi: una deposizione di cadaveri. Non parliamo di riti funebri. Forse si trattò solo di liberarsi dei corpi, gettati nella fessura da cui si accede alla grotta. Con la decomposi zione, le ossa scivolavano sul fondo. E la depo sizione dei morti già alla base del nostro gene re Homo avrebbe implicazioni enormi.
Giovanna Camardo
Novembre 2015 Focus | 15
FATTI DARE UN BACIO. Lee Berger, lo scopritore, bacia la replica del cranio di Homo naledi; a sin., il suo aspetto.
Homo floresiensis
Homo neanderthalensis
Afp/Getty Images
STORIA DI FAMIGLIA
Homo sapiens
Homo erectus
CESPUGLIO. L’albero degli Hominini è molto “cespuglioso”, con tanti rami. Nel genere Homo, l’ultimo arrivo è appunto H. naledi. Tra gli australopitechi c’è la famosa Lucy (A. afarensis); per alcuni studiosi uno di loro ha portato a Homo, per altri sono un ramo laterale con antenati comuni. I Paranthropus, noti anche come australopitecine robuste, erano bipedi, con denti e mandibole robuste. Il genere Pan (scimpanzé) si sarebbe separato dalla linea che ha portato a Homo attorno a 6,3-5,4 milioni di anni fa, secondo una stima genetica. Gli Ardipithecus sono infine le forme più ancestrali, bipedi sul terreno e con piccolo cranio (300-350 cm3); Sahelanthropus potrebbe essere un antenato di uomini e scimpanzé, secondo alcuni.
Paranthropus robustus
Homo heidelbergensis
Paranthropus boisei
Homo naledi
Australopithecus garhi
Homo ergaster
Homo habilis
Paranthropus aethiopicus
Homo rudolfensis
Australopithecus africanus
Ardipithecus ramidus
Orrorin tugenensis
SU RAMI DIVERSI L’albero genealogico degli Hominini: la tribù – parte della famiglia degli ominidi – che comprende noi (ultimi sopravvissuti del genere Homo), scimpanzé e bonobo (Pan), e specie estinte.
Ardipithecus kadabba
Sahelanthropus tchadensis
Novembre 2015 Focus | 17
Natuzzi coniuga design e funzioni creando una perfetta armonia negli spazi. Spazi ideati per stare bene, circondandosi di bellezza. Ci ispira da sempre la nostra terra: la nostra Puglia, la nostra musa.
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Alimentazione
L’amara verità Noi tutti preferiamo i cibi un po’ più dolci. Ma è nel “lato opposto” del palato che bisogna cercare le proprietà più utili alla nostra salute.
D
ove sono finiti i pompelmi gialli della nostra infanzia, quelli che ci strappavano smorfie per quanto erano amari? Oggi non ci sono più, sostituiti negli scaffali dei supermercati dalla loro versione edulcorata, cioè i più dolci pompelmi rosa. Stesso destino per cicorie, erbette, rucola, cavoletti di Bruxelles: a poco a poco hanno perso quel gusto che li rendeva sgradevoli ai più, ma che li caratterizzava. Certo, così se ne vendono di più. Ma è un peccato. Innanzitutto perché un tocco di amaro è sempre apprezzato da tutti i palati (v. riquadro in fondo all’articolo). E poi perché dietro a questo gusto “antico” si nasconde un’enorme varietà di sostanze e principi attivi – flavononi, glucosinolati, alcaloidi – che nelle giuste quantità sono veri e propri toccasana per la nostra salute. Vediamo perché.
LA STRATEGIA DEL CAVOLO. L’industria alimentare tende ad addolcire i cibi amari. Privandoli, però, delle molecole (salutari) che li caratterizzano.
Jon Larson/Getty Images
L’amaro nasce per segnalarci la presenza nel cibo di sostanze velenose. Che però, in piccole quantità, sono molto salutari ALL’ERTA! Innanzitutto bisogna chiari
re una cosa. Se il dolce ci piace e l’amaro no, una ragione c’è: il primo, infatti, ci segnala la presenza in ciò che mangiamo di energia immediatamente disponibile per il nostro organismo, mentre il secon do ci avvisa di veleni e tossine. Questa è la ragione per cui la frutta e le verdure sel vatiche sono più amare: le piante cerca no di difendersi da chiunque, come noi, le voglia attaccare. «Il sapore dipende, in generale, dal contenuto in composti polifenolici, molecole che permettono ai vegetali di difendersi da batteri, fun ghi e parassiti», precisa Daniele Del Rio, docente di Alimentazione e nutrizione umana all’Università di Parma. E l’uomo, con l’agricoltura, ha imparato a selezionare le specie più nutrienti e gra devoli al gusto, che però sono anche più ALIMENTI
vulnerabili e devono essere difese con insetticidi e anticrittogamici. I vegetali più “naturali” sono, dunque, più velenosi? Sì; ma attenzione: ciò che è dannoso in alte dosi, spesso è benefico in concentrazioni più basse. Per esem pio la tomatina, una sostanza che dà un gusto leggermente tannico al pomodoro, è tossica se assunta in quantità, ma in concentrazione contenuta ha proprietà antinfiammatorie e antitumorali, oltre a tenere a bada il colesterolo.
Ottima performance anche per la quer cetina, un altro flavonoide che si trova in tè verde, broccoli, capperi, sedano e – per la gioia di chi ama il vino – nelle bottiglie di rosso: è dimostrato che previene il tu more ai polmoni. Contro il tumore del colon c’è invece la sinigrina, che appartiene alla classe dei glucosinolati, composti tipici di cibi dal sapore pungente come senape e rafano. La siringina, in particolare, è presente in cavolini di Bruxelles, broccoli e ravanelli selvatici: sono tutti ortaggi preziosissi mi, della famiglia delle Brassicaceae. E sono ricchi anche di glucobrassicina, un altro glucosinolato che, in uno studio di Stefania Galletti dell’Istituto per le Col ture Industriali di Bologna, ha dimostra
COME FARMACI. Per quel che riguarda il
pompelmo da cui siamo partiti, il princi pio attivo è la naringina, che appartiene a una classe di composti detti flavonoidi (include anche i pigmenti che danno co lore a molti fiori) ed è un antinfiamma torio e antitumorale (v. schema sotto).
PRINCIPIO ATTIVO
EFFETTO
BROCCOLI, CAVOLI E CAVOLETTI DI BRUXELLES
Glucosinolati come la sinigrina e la glucobrassicina
La sinigrina protegge dal tumore del colon, mentre la glucobrassicina ha effetti quasi chemioterapici per il carcinoma mammario. I glucosinolati, più in generale, difendono da tumori e malattie neurodegenerative.
CICORIA E RADICCHIO
Lactucopicrina
È considerata un analogo dell’oppio con effetti sedativi e diuretici.
SOIA E PRODOTTI DERIVATI
Genisteina
Contrasta lo sviluppo delle masse tumorali e protegge dal carcinoma prostatico.
CACAO
Catechine
Sembrano avere effetto antitumorale e prevenire la formazione di placche aterosclerotiche.
POMPELMO
Naringina (la varietà gialla ne contiene il doppio di quella rosa).
È un potente antinfiammatorio con proprietà antitumorali. È utile anche al fegato (lo protegge dalle sostanze tossiche).
CAFFÈ
Melanoidine
Si formano con la cottura (sono anche nella birra) e sono antiossidanti. Nel caffè ci sono anche altri alcaloidi, sostanze usate in medicina, per esempio nella chemioterapia o per curare le aritmie del cuore.
22 | Focus Novembre 2015
In bocca ci sono 25 recettori diversi di questo gusto: più di tutti gli altri messi insieme. E ne abbiamo anche nell’intestino In un recente studio, si è visto che le pre ferenze alimentari dei primi 2-3 anni di vita si mantengono fino all’età adulta».
Getty Images
IN POST PRODUZIONE. Un’educazione
la di rimuoverli», chiarisce Morini. Non solo; abbiamo recettori dell’amaro anche nell’intestino. Qui il loro ruolo è molte plice: quando si attivano, 1) agiscono sulla flora intestinale, esercitando una funzione antibatterica e 2) rallentano la digestione e danno un senso di sazietà (un effetto che potrebbe risultare utile nella lotta all’obesità). Un buon digesti vo, insomma, può davvero aiutarci a di gerire; ma non in tempi più rapidi. SENSIBILITÀ DIVERSE. C’è da dire, però,
che non tutti siamo sensibili all’amaro nello stesso modo. Esistono, per esem pio, i supertaster (circa il 25% della po polazione), che hanno una sensibilità gustativa superiore alla media: studi di laboratorio hanno dimostrato che sono gli unici in grado di percepire alcune mo lecole (per esempio il Ptc, un composto
artificiale che alcuni trovano amarissi mo e altri non sentono affatto) e che sono dotati di una sorta di “palato assoluto”, che permette loro di assaporare il cibo in modo più raffinato. «Però i nostri gusti dipendono più da fat tori culturali che genetici», precisa Mo rini. Per questo un’educazione ai sapori, amaro compreso, è bene che sia iniziata fin dalla primissima infanzia, proponen do ai bambini una dieta che non escluda, per esempio, le Brassicaceae. Certo, la prima volta che un bambino vede un ca volo sicuramente storce la bocca. Come comportarsi? «Ci vuole pazienza», sug gerisce Morini: «è normale che bambini di 7 mesi dimostrino avversione verso al cune verdure. Ma non bisogna perdersi d’animo: dopo averle assaggiate 7-8 volte di solito le accettano. D’altra parte è utile insistere con la proposta di sapori nuovi.
all’amaro è importante, anche perché (e torniamo al punto di partenza) l’indu stria alimentare ci porta nella direzione opposta. «Il nostro gusto si sta infantiliz zando», denuncia Morini. Da una parte, l’agricoltura seleziona prodotti sempre meno amari. Dall’altra, ci sono gli inter venti post produzione. Il più semplice è l’aggiunta di dolcificanti come le malto destrine, ma ci sono anche speciali filtri che eliminano le molecole “indesidera te” (cioè i benefici glucosinolati, flavono ni ecc.). «Ma la nuova frontiera», spiega Paola Vitaglione, docente di Nutrizione umana all’Università di Napoli Federico II, «è sviluppare alimenti che contengo no composti amari incapsulati in una matrice, che maschera il gusto in bocca ma permette loro di essere liberati du rante la digestione». Insomma, come le capsule con polveri farmaceutiche che buttiamo giù con un bicchier d’acqua... Ma non sarebbe meglio tornare a masti care amaro una volta?
Camilla Ghirardato
PAROLA DI CHEF. In cucina, l’amaro è un mondo tutto da scoprire. «È gradito ai palati più allenati, ma è apprezzato anche da chi lo trova diluito con altri sapori», spiega Massimiliano Alajmo (foto), lo chef italiano del ristorante Le Calandre (tre stelle Michelin) di Sarmeola di Rubano, Padova. «L’amaro ha meno fan del dolce e del salato, ma questo non significa che giochi di riserva. Quando si beve un buon tè o caffè, per esempio, lo zucchero non è necessario». Alajmo rivela qualche trucco da chef: «Oltre allo zucchero, anche il sale tende a mascherare questo gusto. E ci sono altri fattori: maggiore è la temperatura, per esempio, più aumenta la percezione di amaro e dolce, mentre si riduce quella del salato. Un altro fattore è la masticazione. Provate a masticare lentamente una foglia di radicchio: risulterà nel finale più dolce, perché l’amido contenuto nella foglia è stato trasformato in bocca dalla ptialina (un enzima della saliva) in zucchero». Volete provare con le vostre mani? Mettetevi ai fornelli, con le ricette di Alajmo e altre ancora, che trovate sul nostro sito.
24 | Focus Novembre 2015
Sophie Delaw
Un gusto tutto da scoprire
www.focus.it/ricette
1,67cm
la larghezza di un dente di Shane Russell (Canada): il più largo del mondo, più del doppio della media
In numeri Denti: record e misure del sorriso
5000a.C.
3,5m i denti più lunghi, le zanne dell’elefante africano
gli antichi Egizi avevano l’abitudine di pulire i denti con una mistura abrasiva di pomice polverizzata e aceto
3,2 cm
la lunghezza di un dente di Loo Hui Jing (Singapore), il più lungo del mondo
410 milioni
di anni fa la comparsa dei primi denti nei pesci
La carie:
32
232 i denti estratti dalla bocca di un ragazzo indiano con una rara malattia
i denti nell’uomo:
malattia più comune dopo il raffreddore
8 incisivi 4 canini 8 premolari 12 molari
21mila
i microscopici denti della lumaca A cura di Marco Paternostro Novembre 2015 Focus | 27
Tecnologia
Che auto ci toccherĂ guidare
BOLIDE IBRIDO. La ricarica di una Porsche 918 Spyder, un’ibrida che ha un motore elettrico e uno a benzina.
Reuters/Contrasto
Il caso Volkswagen cambia le sorti delle quattro ruote. Che fra qualche anno saranno molto diverse. E non solo nel motore.
QUELLE CHE SI GUIDANO DA SOLE. Sotto, l’interno della Rinspeed Budii, prototipo di un’auto senza pilota. Più in basso, il modello sperimentato da Google.
Reuters/Contrasto
COMPUTER Un calcolatore, inserito in un armadietto, acquisisce i dati provenienti dalla prova.
Q
uando, qualche set timana fa, l’Agenzia statunitense per la protezione dell’Am biente (Epa) ha sco perto che la Volkswa gen barava ai test per omologare alcuni modelli diesel – facen doli sembrare, in laboratorio, più ecolo gici di quanto non lo fossero su strada – è apparso chiaro che si trattava dell’inizio di un terremoto. I cui effetti avrebbero ben presto varcato i confini americani, investito anche i marchi concorrenti (per la maggior parte già dichiarati “col pevoli” da successivi test di laboratori indipendenti) e messo in discussione il futuro stesso dei motori diesel.
OCCHIO, DIESEL! E ora? Che conseguen
ze avrà tutto ciò sulle auto che guidiamo e che guideremo nei prossimi anni? «Il
30 | Focus Novembre 2015
Il diesel rischia di morire, anche se potrebbe evolversi ancora caso Volkswagen ci sta dimostrando che abbiamo raggiunto il limite di ciò che è possibile fare con diesel e benzina. È giunta l’ora di passare a tecnologie di nuova generazione», ha commentato Elon Musk, numero uno di Tesla, una delle principali aziende che producono auto elettriche. In realtà, secondo alcuni specialisti, il colosso tedesco ha barato non perché la tecnologia disponibile non sia in grado di soddisfare le attuali norme sulle emissioni, ma (indovinate un po’?) solo per... sete di profitto: in particolare, installando un filtro per ripulire i gas di scarico più economico (e meno efficace) e lasciando a un software di bordo il com pito di ingannare i laboratori dei test (v. riquadro a fianco), Volkswagen avrebbe risparmiato tra 50 e 335 dollari per ogni vettura incriminata (secondo uno stu dio dell’osservatorio indipendente Icct, International Council on Clean Tran sportation). Indirettamente, però, que sto conferma che la tecnologia attuale sarebbe in grado di realizzare un diesel (relativamente) pulito e che più che di un problema “da ingegneri” si tratta for se più di una questione da... contabili. E, sempre a proposito di euro, è facilmente prevedibile pure che, d’ora in poi, i mo
VENTOLA Produce un flusso d’aria per simulare l’effetto di raffreddamento che si ha quando l’auto si muove realmente.
tori diesel avranno addosso gli occhi di tutti, compresi quelli di chi ne sta finan ziando lo sviluppo. Come la Commissio ne Europea, che già da tempo ha iniziato a privilegiare le ricerche su auto elettri che, a metano, a idrogeno e ibride (che sono tutte un po’ più indietro) e non tol lererebbe un altro scivolone del diesel. AUTO ALLA SPINA? A conti fatti, una tecnologia (quella dei motori a gasolio), che avrebbe i mezzi per competere con le altre, rischia di soccombere per un in cidente di percorso. E uno scenario che vede avvantaggiarsi le tecnologie “alter native” è quanto si aspetta anche Ma sayuki Kubota, della società giapponese di investimenti Rakuten Securities, se condo il quale «la principale conseguen za sarà proprio quella di favorire motori in cui la componente elettrica avrà un peso sempre maggiore». Andiamo dun
Natura
Bestia, che strano!
Rettili che fanno pipÏ dalla bocca, molluschi corazzati di ferro... Il mondo animale è pieno di creature bizzarre.
ELIMINAZIONE INSOLITA. Una tartaruga dal guscio molle della Cina: diffusa in Asia, con un carapace flessibile, espelle urea dalla bocca.
34 | Focus Novembre 2015
HO UN’ARMA SEGRETA. Trichobatrachus robustus: sulle zampe posteriori ha artigli nascosti che, in caso di pericolo, tira fuori bucando la pelle.
Piccolo osso da cui si stacca l’“artiglio”.
Osso
Un tendine, attivato da un muscolo, tira l’“artiglio”.
38 | Focus Novembre 2015
8. Quanto ci vorrà per farne a meno? LA FINE È NECESSARIA. Secondo alcuni studi, se vogliamo che l’aumento medio delle temperature non superi i 2 °C, dobbiamo lasciare l’80% del carbone nel sottosuolo, a partire da adesso. Scenari più realistici dicono che la domanda di energia crescerà del 37% nel 2040 e che le fonti saranno carbone, petrolio, gas e rinnovabili. In tal caso, la temperatura aumenterebbe ben più dei 2 °C che gli scienziati considerano la soglia di sicurezza.
7. Il suo consumo diminuirà? LENTO DECLINO. A causa della diminuzione dei costi dell’energia da fonti rinnovabili e della crisi, l’uso del carbone non ha lo stesso ritmo di crescita che ha avuto per anni. Tra i Paesi di nuova industrializzazione, solo in India c’è stato un incremento dell’11% nel 2014 rispetto al 2013. Secondo un piano del ministero dell’Industria cinese, il consumo di carbone diminuirà di oltre 80 milioni di tonnellate nel 2017 e di più di 160 per il 2020. Negli Stati Uniti, già nel 2015 si chiuderanno molti impianti, per un totale di 12,9 GW elettrici.
6. Che effetti ha sul riscaldamento globale? COLPEVOLE! Il carbone è la fonte di energia che più contribuisce alle emissioni di CO2, causa del riscaldamento globale. Ogni tonnellata di carbone bruciata produce infatti circa 1.884 chilogrammi di anidride carbonica, un valore che è quasi il doppio di quello emesso dal gas naturale, a parità di energia prodotta. Se prima della rivoluzione industriale l’atmosfera conteneva 250 parti per milione di CO2, ora abbiamo superato le 400 parti per milione, proprio grazie al contributo del carbone e di altri combustibili fossili.
RISERVE ACCERTATE (IN MILIONI DI TONNELLATE) MEDIO ORIENTE E AFRICA
32.936
NORD AMERICA 245.088 SUD E CENTRO AMERICA EURASIA
14.641 310.538
ASIA E PACIFICO 288.328 MONDO
891.531
Fonte: BP Statistical Review of World Energy, giugno 2015
5. E sulla salute umana? KILLER SILENZIOSO. Nel 2008, l’Organizzazione mondiale della sanità ha stimato che le morti a causa del carbone siano circa un milione l’anno. Nei soli Stati Uniti si pensa che gli impianti a carbone causino ogni anno 24.000 morti premature, di cui 2.800 per tumore ai polmoni, mentre in Cina i morti sono stati 260.000 nel 2011. Il carbone contribuisce a quattro su cinque delle principali cause di morte negli Usa (malattie cardiache, tumori, infarti e malattie croniche dell’apparato respiratorio).
4. Che impatto ha sull’ambiente? NEMICO DEL VERDE. Il carbone ha un forte impatto ambientale. Innanzitutto, le miniere sono fonte di inquinamento: il sistema denominato “mountaintop removal”, diffuso soprattutto nell’Est degli Usa, per esempio, asporta la cima delle colline sotto cui ci sono i giacimenti, e scarica i residui nei fiumi. Le centrali per la produzione di energia, inoltre, emettono milioni di tonnellate di ceneri che contengono mercurio, uranio, torio, arsenico e metalli pesanti che, se non sono filtrati da impianti speciali, sono dispersi nell’ambiente. Nella Cina odierna, molte città sono soffocate dalle ceneri degli impianti a carbone.
Novembre 2015 Focus | 41
Modi di pensare
Oriente e Occidente: menti a confronto Cinesi e coreani ragionano come noi? No: le neuroscienze insegnano che cosa possiamo imparare da loro... e loro da noi.
S
e sta male, un europeo soffre più di un giappo nese o di un coreano. Tende ad autoaccusarsi e a rimuginare, alimentando così l’ansia e la depressione. Inoltre si preoccupa per quello che potrebbe perdere ed è insoddisfatto per quello che non ha. L’uomo occidentale è il ne mico di se stesso, invece che il proprio alleato. Lo aveva capito, negli Anni ’70, Jon Kabat-Zinn, giovane e promettente biologo molecolare al Mit di Cambridge (Mas sachusetts) negli Stati Uniti. Era l’epoca della New Age, e la passione per l’Oriente aveva contagiato America ed Europa. Una moda passeggera, dicevano i colleghi diffidenti. Ma Ka bat-Zinn non la pensava così: era colpito da alcune pratiche di meditazione buddista che sembravano facilitare il distac co dalle cose terrene, liberando dalla sofferenza. tualità orientale incompatibile con la scienza, Kabat-Zinn prese i concetti fondamentali del buddismo, ne riformulò il linguaggio religioso e costruì un protocollo terapeutico che battezzò “Mindfulness-Based Stress Reduction” (riduzione dello stress basata sulla consapevolezza). A questo punto in trodusse il protocollo in un ospedale del Massachusetts e ne verificò l’efficacia con i criteri e i protocolli della medicina moderna. Era il 1979, e i risultati di quella felice integrazione tra Oriente e Occidente si apprezzano oggi con il successo della “Mindfulness”, una delle pratiche di origine orien
42 | Focus Novembre 2015
Ipa
ARRIVA LA MINDFULNESS. Invece di considerare la spiri
TUTTI PAZZI PER LO YOGA. Un raduno yoga a Times Square, New York. Questa disciplina, di origine orientale, si è radicata anche da noi.
Novembre 2015 Focus | 43
Ipa (2)
tale che gode di maggior credibilità nel mondo occidentale. Tra i risultati più recenti di questa di sciplina, che oggi viene applicata a in numerevoli campi (v. riquadro nella pagina a destra), spicca il dato pubbli cato quest’anno su Lancet, una delle ri viste più autorevoli in campo medico: la Mbct, cioè la terapia cognitiva basata sulla Mindfulness, ha la stessa efficacia dei farmaci nel prevenire le ricadute del la depressione. Per chi soffre di questa malattia, quindi, le medicine non sono più l’unica opzione. L’alternativa, però, non è una passeggiata. «La pratica della Mindfulness richiede molto impegno, ed è quindi in antitesi con la mentalità occidentale, abituata ad affidarsi a pillo le e compresse», avverte Fabio Giommi, fondatore e presidente dell’Associazione italiana per la Mindfulness. «Ma il risul
Gli occidentali guardano più il dettaglio, gli orientali l’insieme. E i cinesi battono tutti sul quoziente intellettivo tato è quello di “cambiare la mente”». La trasformazione che avviene nel cervel lo è stata descritta da un recentissimo articolo pubblicato su Nature Neuro science: la Mindfulness sembra modifi care soprattutto le regioni coinvolte nel controllo dell’attenzione (corteccia cin golata anteriore e striato), nella regola zione delle emozioni (regioni prefron tali e limbiche) e nella consapevolezza
CONFUCIO CONTRO ARISTOTELE Padri del pensiero Valori Senso di sé Senso di interdipendenza Percezione Controllo Attenzione visiva Emozioni Linguaggio Forma letteraria
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ORIENTE Buddha, Confucio armonia, equilibrio debole forte totalizzante gli eventi non sono controllabili sullo sfondo celate è importante la forma poesia
OCCIDENTE Aristotele, Adam Smith possesso, successo forte debole analitica e dettagliata gli eventi sono controllabili al centro manifeste è importante il contenuto prosa
(insula, corteccia cingolata posteriore e precuneo). In un certo senso, potremmo dire che, con la Mindfulness, la mente si “orientalizza”. E MUSICA. «Sostenere che esista una mente occidentale e una orientale è però fuorviante: la mente è una sola», avverte Giommi. «Certo, la cultura orientale e quella occidentale sono profondamente diverse, e possono influenzare lo sviluppo del cervello, che notoriamente è “plastico”. Ma è anche vero che oggi, con la globalizzazione, tra Oriente e Occidente le differenze si stan no assottigliando». Così, se da una parte l’Occidente continua a subire il fascino di pratiche orientali come lo yoga e la medi tazione (v. foto in queste pagine), l’Orien te si sta a sua volta occidentalizzando, e con una velocità ben più sorprendente, tanto che al momento è difficile preve derne le conseguenze. Ma quali sono le principali differenze tra noi e loro nel modo di pensare? A
LINGUAGGIO
MINDFULNESS OVUNQUE. Due esempi di pratica dello yoga, a Tel Aviv (a lato) e a New York (a sinistra). L’unione tra meditazione e medicina ha portato alla nascita di nuove pratiche, come la Mindfulness (v. sotto).
La meditazione “scientifica”
indagarle è la disciplina emergente delle neuroscienze culturali, che si avvale delle tecnologie di imaging per visualizzare la struttura del cervello. Innanzitutto c’è un dato numerico: il quoziente d’intelligenza. Se in Occidente la media è 100, tra gli asiatici la media è 106, con una punta di 113 a Hong Kong. Una differenza in linea con il rendimento scolastico emerso dal progetto Pisa (Pro gramme for international student asses sment), che coinvolge gli studenti di tutto il mondo: gli asiatici (e i cinesi in parti colare) svettano sugli occidentali. Come mai? Una delle ragioni, almeno per la Cina, potrebbe essere la lingua. Uno stu dio recentemente pubblicato su Pnas, che ha confrontato le aree del linguaggio nei cervelli cinesi e inglesi, ha mostrato che oltre alle già note regioni dell’emisfero sinistro, nei cervelli cinesi si illumina an che una regione dell’emisfero destro che noi occidentali utilizziamo per elaborare la musica. La ragione è semplice: il cinese è una lingua tonale, e lo stesso suono può avere significati completamente diversi a seconda della tonalità con cui viene pro nunciato. Che sia questo coinvolgimento cerebrale più ampio a rendere ragione, almeno in parte, della superiorità dei cer
velli d’Oriente? Nel dubbio, sempre più occidentali (compresi Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook, e il principe William d’Inghilterra) stanno studiando il mandarino. PROSA VS POESIA. Tra Oriente e Oc cidente sembra essere diverso anche il modo di comunicare. Da noi si parla molto, si dà importanza al contenuto e si preferisce la prosa; in Oriente si parla meno, si dà risalto alla forma e si predi lige la poesia. A partire dai testi sacri: basti pensare ai mantra tibetani, ripetu ti all’infinito, poiché il loro suono è più importante del loro significato. Secondo Christopher Bollas, tra i più noti psicoanalisti contemporanei e autore di La mente orientale (Raffaello Cortina editore), mentre il linguaggio occidenta le è esplicito e chiaro, marcando le diffe renze e separando i confini tra chi parla e chi ascolta, quello orientale è implicito e ambiguo, denso di analogie e metafore, e tende a unire più che a dividere. Il che si riflette anche in una diversa concezione di sé e del mondo. Lo ha dimostrato Joan Chiao, ricerca trice di origini cinesi alla Northwestern University (Usa), nel 2009. C’è una re
QUI E ORA. La Mindfulness meditation è un programma che aiuta a gestire meglio la sofferenza fisica e psicologica. Non elimina il dolore, ma insegna a convivere con la sofferenza senza esserne invasi. La frase chiave è “qui e ora”: si impara a prestare attenzione al presente, momento per momento, intenzionalmente e senza formulare giudizi. Si lavora sul corpo per evitare che la mente rimugini sempre gli stessi pensieri e per imparare a osservare se stessi con distacco. Il programma per apprendere questo stato mentale dura due mesi. In più ci sono gli esercizi quotidiani: la “dose minima efficace” è mezz’ora al giorno. TANTE APPLICAZIONI. Il protocollo originale, quello introdotto dal fondatore Jon Kabat-Zinn, era “transdiagnostico”, cioè non era diretto a malattie specifiche. Dalla fine degli Anni ’90, però, le applicazioni della Mindfulness sono andate aumentando. Sono stati quindi sviluppati protocolli specifici per varie condizioni (come la depressione, i disturbi alimentari, le dipendenze o il disturbo borderline) e questa pratica è entrata in contesti nuovi, come le scuole o le prigioni. In questo settore, tra l’altro, l’Italia è all’avanguardia.
gione del cervello subito dietro la fronte, nella corteccia prefrontale mediale, che si illumina quando una persona descrive se stessa, e che quindi si ritiene rappre senti il sé. Ebbene, nei volontari cinesi la stessa regione si illumina anche quando descrivono la loro madre: questo perché, suggerisce Chiao, gli occidentali tendono a vedersi come autonomi e unici, i cinesi come connessi a un insieme più ampio. IN ARMONIA CON IL MONDO. «Le epopee
occidentali, a partire da quella sumerica di Gilgamesh, esaltano l’individuo che Novembre 2015 Focus | 45
La lingua cinese stimola molte aree del cervello. Per questo Zuckerberg, il fondatore di Facebook, studia il mandarino parte da solo alla conquista del mondo e che fa di tutto per lasciare una traccia di sé», nota Bollas. «Gli antichi testi cinesi e indiani sottolineano invece il dovere di vivere in armonia con gli altri e con la natura, e insistono sulla transitorietà e insignificanza della vita umana». Gli occidentali subiscono il fascino del fur fante, celebrano gli avventurieri, gli in dividui che sfidano la tradizione. Invece, secondo il confucianesimo e il buddismo, il compito dell’uomo non è distinguersi dal gruppo, bensì prendere le distanze dalle debolezze terrene per unirsi all’a nima universale. Queste differenze sono legate anche a ragioni storiche. «Mentre in Occidente si affermava la cultura democratica del la polis, e insieme le dispute dell’agorà, in Cina il potere si centralizzava, favorendo una cultura della sottomissione e un’eti ca della cooperazione».
ai valori dell’affermazione individuale e dell’indipendenza mentre i secondi a quelli dell’armonia con l’ambiente e dell’interdipendenza lo conferma anche un altro esperimento, in cui ad alcuni vo lontari è stato chiesto di scegliere tra 5 penne, 4 rosse e una verde: gli occidentali hanno scelto in maggioranza la verde, gli asiatici una delle penne rosse. DIVERSE ANCHE LE “FACCINE”. C’è infi
ne una differenza emersa più di recente, grazie alla diffusione degli emoticon. Ma saki Yuki, giovane ricercatore all’Univer sità di Hokkaido, in Giappone, racconta
di aver impiegato parecchio tempo a ca pire il senso delle più diffuse “faccine” occidentali, quali : ) o : (. In Giappone la modalità di rappresentare un viso felice o triste era ben diversa, e cioè rispettiva mente (^_^) e (;_;). Lo psicologo intuì che alla base c’era una differenza sociocultu rale: dimostrò infatti che per leggere le emozioni, i giapponesi guardano gli oc chi, gli americani la bocca. Secondo Yuki, i giapponesi ridono raramente perché la cultura nipponica esalta la conformità, l’umiltà e la repressione delle emozioni, considerati tutti tratti importanti per promuovere le relazioni. Le emozioni trapelano comunque dagli occhi, che sono più difficili da controlla re. Invece un sorriso a 32 denti come quello di Julia Roberts, che tanto piace agli occidentali e che l’attrice ha assicu rato per 35 milioni di dollari, per i giap ponesi risulta innaturale e disturbante. Paese che vai... Marta Erba
DISTINGUERSI O UNIFORMARSI. Le neu
A TESTA IN GIÙ. Un’altra posizione yoga. Questa disciplina è basata su una concezione “olistica”, tipicamente orientale, in cui l’uomo è visto in relazione con l’intero universo.
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roscienze sembrano confermarlo. Nel 2009, la psicologa Nalini Ambady della Tufts University, sempre negli Usa, ha mostrato a un gruppo di volontari dise gni di persone in posizione sottomessa (con la testa china e le spalle ricurve) o in posizione dominante (con lo sguardo diretto e le braccia incrociate). Il circui to dopaminergico della ricompensa si è attivato di più nel primo caso per gli asiatici, nel secondo per gli americani. A riprova di una differenza di valori: per i primi è preferibile sottomettersi, per i secondi imporsi. Richard Nisbett, psicologo sociale all’U niversità del Michigan, ha dimostrato che, quando guardano una scena (per esempio un pesce che si muove nell’am biente marino, o un elefante nella giun gla), gli statunitensi focalizzano lo sguardo sull’oggetto centrale, gli asiati ci sull’ambiente circostante. È come se gli occidentali, nel loro rapporto con la realtà, usassero lo zoom, gli orientali il grandangolo. E che i primi siano legati
Mondo
TR ASLOCO IN CIT TÀ Siamo a Kiruna, estremo Nord della Svezia. Dove l’intero centro, con tanto di chiesa e municipio, verrà spostato... 3 km più in là. Per evitare che sprofondi.
Kiruna SVEZIA Stoccolma
IL CUORE URBANO. Nel disegno, la nuova piazza centrale di Kiruna: sarà pronta nel 2019. L’edificio tondo è il municipio: la sua costruzione è iniziata ora, sarà finito nel 2017.
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SERVE UNA FINESTRA? Nel disegno, il centro per il riciclo dove saranno portati i materiali recuperati dalle demolizioni, per essere riutilizzati.
Corbis
UN TESORO DI FERRO. La città con sullo sfondo il monte Kiirunavaara – sotto cui si trova il giacimento da cui si estrae ferro – e il sito minerario.
Qui c’è la più grande miniera sotterranea di minerali ferrosi al mondo. Ma gli scavi provocano deformazioni in superficie
Stefan Volk/Redux/Contrasto
PISTA O MARCIAPIEDE? Inverno a Kiruna, che è anche meta turistica: si possono fare varie attività nella natura (come escursioni in slitta).
T
raslocare da un quartiere all’altro è un’esperienza comune. A Kiruna – la città più settentrionale della Svezia, 145 km a nord del Circolo polare ar tico – sta succedendo qualcosa di decisamente più insolito: è proprio “il” quartiere che trasloca. Anzi, l’in tero centro della città: compresi municipio, ospedale, scuole, vecchia chiesa e case di 8.000 abitanti. Si spo sterà tutto 3 km più a est. «Proprio ora sta iniziando la costruzione del nuovo municipio», racconta Göran Cars, responsabile per lo spostamento al Comune. Ma come mai una città decide di traslocare? Perché il centro di Kiruna, se restasse dov’è, finirebbe per spro fondare. “Inghiottito” da una miniera. Si tratta della più grande miniera sotterranea di mi nerali ferrosi al mondo: è questa che ha fatto nascere Kiruna, fondata nel 1900 in una landa abitata da co munità lapponi e coperta di neve più o meno da ot tobre a maggio. E ancora oggi la miniera è il cuore di questa città di 18 mila abitanti ai piedi del Kiirunavaa ra, una montagna nemmeno troppo alta che nasconde un enorme giacimento di magnetite, da cui si ricava ferro. «Estraiamo circa 80mila tonnellate di minerale al giorno», dice Fredrik Björkenwall di Lkab, la socie tà statale che gestisce lo sfruttamento di questo teso ro. «E la qualità è elevatissima: la percentuale di ferro arriva al 65-70%». Con una sola giornata di lavoro si potrebbero costruire circa sette Tour Eiffel.
Ghilardi + Hellsten Arkitekter
COLLASSO. Ma per seguire il filone del minerale –
che scende obliquamente verso il basso – gli scavi si sono insinuati sotto il tracciato urbano. L’estrazione avviene a 1,3 km di profondità, ma si creano cavità che, finendo per collassare, provocano deformazioni del terreno in superficie. E cedimenti anche piccoli cominciano col danneggiare tubi dell’acqua, linee Novembre 2015 Focus | 51
Ghilardi + Hellsten Arkitekter
elettriche, fognature... «Sì, per prima cosa si rompono le tubazioni interrate. Poi si formano crepe nel terreno: dal municipio le vedo, arrivano a 500 metri da noi, mentre qualche anno fa erano più lontane. Alla fine si danneggiano anche gli edifici», ci racconta Cars. «Prima di allora, però, avremo già traslocato». Già, perché nel 2004 la Lkab ha annun ciato i piani di espansione dell’attività estrattiva e le sue conseguenze, metten do Kiruna davanti a un dilemma: conti nuare l’estrazione e spostare la città, o ri nunciare alla sua più importante fonte di reddito. Alla fine, si è scelto di trasferire il centro cittadino in una zona che si preve de non sarà toccata da future espansio ni. E gli abitanti? «In linea di massima, la gente è disposta a trasferirsi perché sa quanto la miniera è importante: se si fermasse, la città morirebbe. Certo, c’è stato anche chi invece voleva chiudere la miniera...», commenta Cars. Ma, dice Björkenwall, «dai sondaggi che abbiamo fatto emerge che oltre il 90% della popo lazione è a favore dello spostamento». Una mega operazione (anche se ci sono precedenti di spostamenti per attività minerarie, da paesi in Germania a zone della stessa Kiruna). «Saranno demolite circa 3.000 abitazioni e 8.000 persone dovranno traslocare», dice Cars. Lo stes so varrà per negozi, alberghi, municipio,
ospedale, biblioteca, scuole: saranno ab battuti e ricostruiti nel nuovo centro. I costi saranno interamente a carico della società mineraria, che dovrà acquistare le case da demolire a prezzo di mercato, versando in più ai proprietari un inden nizzo pari ad almeno il 25% del prezzo, e pagare per la ricostruzione degli edifici pubblici. «Abbiamo un fondo che ha rag giunto i 13 miliardi di corone (circa 1,4 miliardi di €) e sta crescendo», dice Björ kenwall. Cars valuta il valore dell’intera operazione in 3 miliardi di €: «Una parte verrà da investitori privati, imprese che costruiranno case o hotel».
Quasi tutto sarà demolito. Tranne alcuni edifici, spostati nella nuova collocazione
Atlantide Phototravel/Corbis
CHIESA DA TRASFERIRE. La chiesa di Kiruna, famosa in tutta la Svezia, verrà spostata dal vecchio al nuovo centro città. Nel disegno in alto, un nuovo parco urbano.
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ADDIO QUARTIERE. Le demolizioni sono iniziate quest’anno. È stata distrutta la zona di Ullspiran, «con 200 appartamen ti: qui al Comune abbiamo offerto assi stenza a chi doveva traslocare aiutandolo a trovare una casa in affitto o in vendi ta, in città o vicino, visto che nel nuovo centro non c’è ancora nulla», dice Cars. Il nuovo municipio sarà pronto nel 2017 e dalla tabella di marcia lo spostamento del centro sarà completato entro il 2033. Nessuno però conosce il mercato immo biliare della futura Kiruna: basterà quan to ricavato dalla vendita delle vecchie abitazioni per assicurarsene una nel nuovo centro? «Inoltre, gli abitanti han no vissuto per anni nell’attesa di qualco sa che doveva compiersi ma non si sapeva quando, sospesi in un limbo che ha impe dito di fare progetti, come ristrutturazio ni», osserva l’antropologa Viktoria Wall din, di White Arkitekter Ab, che con Ghilardi + Hellsten Arkitekter progetta la nuova area. «Hanno accettato da tem po il cambiamento. Ma solo ora che il piano è approvato e chiaro iniziano a sentirsi più sicuri». Di certo la nuova cit tà avrà il volto scelto dai suoi abitanti. «C’è stato un dialogo con i cittadini», dice Krister Lindstedt del White Arkitekter Ab. «Volevano conservare alcune strut ture che fanno parte della storia di Kiru na. Così 21 edifici – compresa la vecchia chiesa di legno – saranno spostati nella nuova collocazione; una possibilità po trebbe essere metterli su speciali carrel li. I cittadini ci hanno anche chiesto un centro compatto e meno dispersivo – oggi è fatto di edifici sparsi su un’area vasta – con buoni servizi, negozi, luoghi d’incontro». E il vecchio centro? «Non vogliamo che si trasformi in una “città fantasma”: gli edifici saranno eliminati», dice Cars. «Diventerà un parco». Francesco Orsenigo
Scienza
UN INVITO A NOZZE. I capelli delle popolazioni bianche e asiatiche sono i pi첫 colpiti dalle infestazioni.
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MALATHION METODO In lozione o gel. Va applicato sui capelli asciutti con un pettine e risciacquato dopo un tempo variabile da 20 minuti a 12 ore con un normale shampoo. I tempi variano in base alla formulazione del prodotto e alla resistenza dei pidocchi. Di solito basta un’applicazione, altrimenti va ripetuto dopo 7-9 giorni. PRATICITÀ ✱✱✱✱ Di facile applicazione. QUANTO È SCIENTIFICO ✱✱✱✱✱ Vi sono moltissimi studi sull’efficacia del Malathion e sulla successiva acquisizione, in alcune popolazioni di pidocchi, di forme di resistenza a questo farmaco. QUANTO È EFFICACE ✱✱✱✱ Variabile, sino al 90%, ma molte popolazioni hanno acquisito resistenza e in questi casi l’efficacia è scesa notevolmente. EFFETTI COLLATERALI ✱✱✱ Ha un cattivo odore; può essere irritante. Non somministrare sotto i 2 anni. COSTO ✱✱✱ Medio. VOTO FINALE ✱✱✱✱
3-11 anni L’ETÀ di massima incidenza.
2
ARIA CALDA METODO Uno speciale asciugacapelli antipidocchio” ideato negli Usa e chiamato LouseBuster (ammazzapidocchio), ora in commercio come AirAllé. L’aria calda a 58,9 °C secca adulti e uova. PRATICITÀ ✱✱✱✱✱ Il trattamento richiede circa 30 minuti e spesso ne basta uno. QUANTO È SCIENTIFICO ✱✱✱✱ Due studi clinici provano l’efficacia di questo apparecchio, ma usano campioni piuttosto piccoli. QUANTO È EFFICACE ✱✱✱✱ Il trattamento uccide uova e adulti al 95%, ma solo se viene effettuato da un operatore esperto. EFFETTI COLLATERALI Nessuno ✱✱✱✱✱ COSTO ✱✱ Elevato. VOTO FINALE ✱✱✱✱
ivermectina, usata nelle festazioni resistenti, è ata scoperta da William Campbell, che ha vinto per questo il Nobel 2015
VOLTE PIÙ FREQUENTI le infestazioni nelle bambine rispetto ai maschietti.
6-12 milioni LE PERSONE infestate negli Stati Uniti ogni anno.
37,4%
L’INCIDENZA DEI PIDOCCHI sui bambini britannici, i più colpiti in Europa.
gue ottenuto mordendo il cuoio capel luto dell’ospite 4-5 volte al giorno; una persona può ospitarne da una decina a qualche centinaio. Non hanno ali, non sanno saltare e non scendono mai dai loro ospiti, eppure approfittano egre giamente dell’unica via di trasmissione possibile: il contatto diretto con i capelli di un’altra persona. Questo spiega per ché i bambini sono le vittime preferite: al contrario degli adulti, le loro distanze interpersonali sono molto ridotte e gio cano spesso testa contro testa, favoren do il “trasbordo” di eventuali passeggeri da un ospite all’altro. Sebbene i pidocchi non disdegnino nessuno, le infestazioni sono due volte più frequenti tra le bam bine che tra i maschietti e sono molto più diffuse (sino a 35 volte di più) tra le popolazioni bianche e asiatiche che tra quelle africane e afro-americane per via della forma del capello. Colpiscono in modo uniforme tutte le classi sociali e non fanno preferenze tra chiome pulite o sporche (è quindi ingiu stificato lo stigma sociale che ancora ac compagna la pediculosi), mentre i capelli lunghi favoriscono la trasmissione. Sca gionati gli animali: i pidocchi sono pa rassiti specializzati esclusivamente sulla nostra specie, e cani e gatti non possono in alcun modo agire da veicolo. ALLARME! Nelle scuole italiane i pidoc
SOSTANZE VISCOSE METODO Prodotti parafarmaceutici o casalinghi a base di sostanze viscose come dimeticone, olio (di cocco, di anice, di oliva), gel per capelli, vaselina, o misture di sale, olio e aceto soffocano gli insetti. I pidocchi sopravvivono molte ore senza respirare, quindi i tempi di applicazione sono lunghi (8-12 ore). PRATICITÀ ✱✱ Richiede risciacqui ripetuti il giorno dopo e uso del pettine a denti stretti. Va ripetuto più volte. QUANTO È SCIENTIFICO ✱ I dati in letteratura scientifica sono concordi sulla scarsa efficacia. QUANTO È EFFICACE ✱✱✱ La vaselina è l’unica sostanza che si è rivelata efficace, anche contro le uova, ma per trattamenti oltre le 8 ore e solo in modo parziale. EFFETTI COLLATERALI ✱✱✱✱✱ Nessuno. COSTO ✱✱✱ Medio. VOTO FINALE ✱✱
OLI ESSENZIALI METODO Oli essenziali (tea tree, lavanda, neem, andiroba, ylang-ylang o cannella) come shampoo o impacco. PRATICITÀ ✱✱✱ QUANTO È SCIENTIFICO ✱✱✱ Test in vitro ce ne sono stati, ma la letteratura sull’efficacia dal vivo è carente. Per i National Institutes for Health americani non c’è evidenza medica sui benefici del tea tree. QUANTO È EFFICACE ✱✱✱ Il più efficace è l’olio di neem. Dubbi su olio di lavanda e tea tree; poco gli altri. EFFETTI COLLATERALI ✱✱ Possono dare allergia. Il neem non deve toccare le mucose e non va bene sotto i 2 anni. COSTO ✱✱ 7-20 euro. VOTO FINALE ✱✱✱
chi colpiscono tra l’8 e il 10% dei bam bini e, in generale, sono in aumento in tutto il mondo. Negli Stati Uniti, tra i 6 e i 12 milioni di persone vengono infestate ogni anno, soprattutto bambini tra i 3 e gli 11 anni e loro familiari. L’incremento della specie in tutto il mondo è dovuto soprattutto all’acquisizione di forme di resistenza verso i farmaci. Sebbene il pi docchio del capo non trasmetta malattie, per i genitori scoprire che l’adora ta testolina del proprio bambino è un ecosistema integrato che pullula di bestioline è una grande fonte di ansia. Paradossalmente, è proprio l’ansia di eli minarli la chiave del loro successo: l’uso indiscriminato di farmaci antipidocchi seleziona gli individui che casualmente possiedono le mutazioni in grado di Novembre 2015 Focus | 57
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Spazio
Alla conquista del signore degli anelli
La missione Cassini ha rivoluzionato le nostre conoscenze su Saturno e, soprattutto, sulle sue 62 lune.
ACQUA ABBONDANTE. Riguardo ai super-uragani, la domanda
per gli astronomi è: perché si ripetono con regolarità? Un re
cente lavoro ipotizza che alle latitudini in cui si forma uno di questi fenomeni, dopo che la perturbazione ha scaricato l’ac qua dalle nubi, verrebbero inibiti i moti ascensionali nell’at mosfera sottostante, e con essi la formazione di nuove nubi e di nuove perturbazioni. Secondo i calcoli, dovrebbe trascorrere giusto una trentina d’anni prima che si ristabiliscano le con dizioni per la normale circolazione atmosferica. Alla base di questa interpretazione c’è l’ipotesi che l’atmosfera di Saturno contenga molto più vapor d’acqua di quella di Giove. Ecco per ché su Giove lo sviluppo di uragani avverrebbe con maggiore continuità, ma con fenomeni di entità più modesta. La diversa composizione delle atmosfere dei due pianeti giganti, se con fermata, potrebbe gettare nuova luce sulla storia della loro for mazione e sulle condizioni nella nebulosa protoplanetaria in cui si formarono, insieme agli altri pianeti del sistema solare.
PANORAMA SATURNIANO. Una visione artistica di Saturno dalla sua luna Rea, la seconda come dimensioni, con un diametro di circa 1.550 km.
Ron Miller
S
aturno è luogo molto più tempestoso di quello che può sembrare a prima vista. Ogni trent’an ni circa, la sua atmosfera è squassata da vio lenti uragani, molto peggiori di quelli ai quali siamo abituati sulla Terra. L’ultimo, che si è sviluppato tra il 2010 e il 2011, è durato per circa otto mesi: dalle medie latitudini setten trionali, si è via via esteso fino ad avvolgere, lungo una fascia, l’intero pianeta. Un evento da non perdere per gli astronomi, che hanno potuto studiarlo da vicino grazie a Cassini. Una son da che, con le sue osservazioni, dal 2004 sta rivoluzionando le nostre conoscenze su Saturno e sulle sue tante lune.
Cassini, la prima navicella a entrare sta bilmente in orbita attorno a Saturno e certamente la più produttiva tra tutte le missioni interplanetarie intraprese dall’uomo, dopo undici anni di opera zioni è ancora in ottima salute. Dal suo arrivo a Saturno, il numero dei satelliti accertati è arrivato a un totale di 62, e nulla è sfuggito degli eventi che si sono manifestati nell’atmosfera del pianeta. Il sistema degli anelli si è arricchito di nuove componenti, e ora sappiamo che è ampio almeno 12 milioni di chilome tri. In proporzione, un’analoga struttura attorno alla Terra si estenderebbe fino a oltre tre volte la distanza della Luna! Tanto è imponente il sistema, quanto è elusivo alle osservazioni visuali nelle sue propaggini estreme, costituito com’è di minuscole particelle, emesse lenta mente dalle superfici dei satelliti: grani di sabbia o di ghiaccio che orbitano in un armonioso equilibrio tra l’attrazione gravitazionale del pianeta, la pressione della radiazione solare, le perturbazioni di piccole e grandi lune, le risonanze or bitali, le interazioni reciproche. Qui, più che in qualsiasi altro luogo del sistema solare, la magia matematica della gravi tazione disegna un capolavoro di mae stosa eleganza che ammalia chiunque ponga l’occhio al telescopio. LIKE A ROLLING STONE. Ma è nell’e
splorazione dei satelliti che la Cassini ha dato davvero il meglio di sé. Lo scorso 31 maggio, la navicella ha rinnovato la visita al satellite Iperione, transitando a 34mila km di distanza da questa “patata” di 400x260x200 km, con la speranza di far luce sulla natura della sua superficie. Iperione è un corpo tra i più bizzarri del sistema solare, una specie di bozzolo spu gnoso, fittamente bucherellato di crateri che gli conferiscono l’aspetto inquietan te di un nido di vespe. Uno scherzo della natura. Non c’è niente che gli assomigli nella famiglia del Sole. Nel corso della sua storia, il satellite è stato bersagliato da migliaia di proietti li cosmici – meteoriti, asteroidi, comete
– che hanno trovato scarsa resistenza all’impatto, come un coltello che affondi nel burro, scavando crateri molto pro fondi, dalle pareti brillanti, ma sorpren dentemente dal fondo scuro. L’aspetto “spugnoso” del satellite viene attribuito alla sua bassa densità media (metà di quella dell’acqua): gli impatti, più che scavare la superficie, la pigiano, come un bambino che affondi le dita nella plastili na. Il poco materiale eiettato non ricade al suolo, per via del debole campo gravi tazionale, e si disperde nello spazio. Il risultato è un’infinità di fosse profonde e “pulite”, senza polveri sulle pareti in terne, senza areole di ejecta (cioè di ma teriale eiettato) attorno ai crateri. Con ogni probabilità, Iperione è un mondo d’acqua ghiacciata, internamente molto poroso. Una palla di neve poco compat
La sonda ha scoperto 8 nuove lune, l’oceano di Encelado e ha ripreso le foto più belle del sistema di Saturno 62 | Focus Novembre 2015
tata. Ma il fondo dei crateri perché è così scuro? Non lo sappiamo. Altra sua particolarità è la rotazione cao tica. Iperione non ha un asse di rotazione fisso, né un periodo costante. È una rol ling stone che non conosce il concetto di giorno, né di stagione; gira come gli capi ta di girare. Il che, tra l’altro, elude ogni tentativo di programmare le riprese del le telecamere di bordo: si fotografa solo ciò che il satellite offre in quel momento alla vista della navicella che lo sorvola. Il resto, se va bene, si vedrà al sorvolo suc cessivo. UN CALDO OCEANO SOTTERRANEO. An
cora più strano e intrigante è il satellite Encelado, di 500 km di diametro, la cui superficie alterna regioni ricchissime di crateri, quindi molto antiche, ad altre lisce, rinnovate di recente. Il satellite è geologicamente attivo ancora ai nostri giorni, essendo percorso da centinaia di sinuose faglie da cui scaturiscono vapor d’acqua e composti volatili, che in parte ricadono al suolo sotto forma di neve (e in questo modo “lisciano” i terreni) e in parte volano via, a rifornire di sempre nuove particelle l’anello E, il più esterno degli anelli di Saturno. Da dove proviene il vapor d’acqua? Da un oceano sotterraneo, che le accurate mi sure relative alle anomalie del campo
Titano è un mondo con fiumi, laghi e mari di metano a –180 gradi. E nel sottosuolo c’è anche acqua allo stato liquido gravitazionale di questo oggetto collo cano una trentina di chilometri sotto la crosta della regione polare meridionale: sarebbe profondo una decina di chilome tri e non si sa quanto sia esteso in latitu dine. Potrebbe raggiungere l’equatore, o andare anche oltre. Poiché ci dev’essere una sorgente di calore che mantenga li quido l’oceano e alimenti le emissioni di vapore, questa viene individuata nelle “frizioni” che interessano l’interno di Encelado, determinate dalla risonanza con un altro satellite, Dione (Encelado orbita attorno a Saturno in 1,37 giorni, Dione impiega un tempo esattamente doppio, 2,74 giorni). È lo stesso mecca nismo che alimenta i vulcani sulfurei di Io, il satellite di Giove. Tuttavia, i calcoli dicono che per Encelado questo mecca nismo non mette in campo sufficiente
SBUFFI DI VAPORE. Vapor d’acqua e altri gas emergono da faglie sulla superficie di Encelado. Circa 30 km al di sotto potrebbe esserci un oceano.
calore per rendere conto di ciò che si os serva. E non aggiunge molto neppure il decadimento degli elementi radioattivi presenti nelle rocce, una fonte d’energia comune a tutti i corpi planetari. Così, si è costretti a ipotizzare che, nell’oceano sotterraneo, possano avvenire reazioni chimiche tra l’acqua e le rocce in grado di produrre energia, in una sorta di attività idrotermale conosciuta finora solo sulla Terra. Certamente l’interno è caldo, per ché sui bordi delle fratture da cui fuorie scono i vapori si misurano temperature di 80 °C più elevate di quella dei dintorni, che è di circa –200 °C, ma la fonte di tanto calore permane misteriosa. UN GELIDO INFERNO DI METANO. Titano
è il maggiore dei satelliti di Saturno, con un diametro di oltre 5.000 km. Più un
pianeta che un satellite, con una densa atmosfera d’azoto, una superficie liscia, senza troppi crateri d’impatto, con qual che picco montuoso poco elevato, solle vatosi a seguito di processi tettonici, e un ciclo dell’acqua simile a quello terrestre (evaporazione, nubi, pioggia e neve…) con la differenza che protagonista qui non è l’acqua, ma sono il metano e altri idrocarburi. La Cassini ha verificato l’e sistenza di fiumi di metano, che alimen tano paludi, laghi e mari pure di metano. C’è anche l’acqua, ma la Cassini l’ha scoperta nel sottosuolo, liquida per la presenza di ammoniaca che ne abbassa di molto il punto di fusione: la crosta di ghiaccio superficiale, spessa solo una dozzina di chilometri, è come se galleg giasse su un oceano sotterraneo, tant’è che le strutture superficiali ruotano in modo indipendente rispetto all’interno e addirittura ondeggiano, sollevandosi e abbassandosi di una decina di metri. In atmosfera, la dissociazione del me tano da parte della radiazione ultravio letta solare mette in circolo composti organici complessi, tra i quali alcuni tipi di idrocarburi, che impediscono la visio ne del suolo, avvolgendolo in una densa nebbia di colore arancione. La Cassini è comunque riuscita a mappare la su perficie di Titano raccogliendo le onde radar riflesse, che, a differenza della luce visibile, possono “bucare” la coltre
STScI/NASA/Corbis
UN POLO CHE BRILLA. Un’aurora sul polo sud di Saturno. Come sulla Terra, è prodotta dall’interazione tra il vento solare e il campo magnetico del pianeta.
atmosferica. Il metano atmosferico, che viene continuamente distrutto dagli Uv solari, dev’essere rinnovato senza sosta da emissioni che provengono dall’inter no, perché si calcola che l’evaporazione
dai laghi e dai mari sarebbe insufficiente. E, in effetti, la Cassini ha rilevato la pre senza di diverse bocche criovulcaniche. I laghi di Titano, la cui profondità può su perare i 200 m, si concentrano soprattut
Grazie Cassini!
Nasa
photojournal.jpl.nasa.gov
VENT’ANNI. La missione Cassini è frutto di una collaborazione tra la Nasa e le agenzie spaziali europea e italiana. Lanciata il 15 ottobre 1997, la Cassini è entrata in orbita attorno a Saturno (prima sonda a farlo) il 1° luglio del 2004. Il 25 dicembre dello stesso anno ha sganciato sulla superficie di Titano un piccolo lander, Huygens. Le operazioni della sonda sono state prolungate fino al 2017.
to nelle regioni polari; la loro superficie, che il radar rivela essere liscia come uno specchio, testimonia l’assenza di venti e persino di brezze. All’equatore, la Cassi ni ha cartografato vaste pianure deserti che i cui terreni hanno densità pari a un terzo di quella terrestre. Evidentemente, non sono deserti di sabbie silicee, ma di polimeri organici cementati fra loro da ghiaccio d’acqua. Titano è un mondo intrigante, ricco d’ac qua e di composti organici, con un’atmo sfera simile a quella terrestre primordia le: gli ingredienti per la vita ci sono tutti, benché in un ambiente a –180 °C. È QUI L’ULTIMA FRONTIERA. L’esplora zione della Cassini ci sta sorprendente mente segnalando l’esistenza, nel siste ma di Saturno, di ambienti di notevole interesse per l’astrobiologia. Dunque, non è Marte l’estrema frontiera per la ri cerca della vita. E nemmeno Europa, il satellite di Giove, con il suo oceano sot terraneo. Il fronte più avanzato com prende Titano ed Encelado, che sono infatti nel mirino della futura Titan Sa turn System Mission, nei piani di Nasa ed Esa, che dovrebbe salpare nel prossimo decennio. Tra i vari esperimenti, un lan der che scenderebbe in uno dei mari di metano di Titano: il primo splashdown in un oceano extraterrestre. Corrado Lamberti
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Archeologia
Illustrazione di Mirco Tangherlini
LA POMPA DI SENTINA. Tra il ballatoio di poppa e il primo banco di voga era incastrato un oggetto a pianta ovale: si tratta forse della pompa di sentina, che prelevava dal fondo l’acqua che si infiltrava nello scafo.
MISURE La lunghezza dello scafo era di circa 13,5 metri, la larghezza 2,68 metri, la lunghezza al galleggiamento 12,1 metri, la larghezza al galleggiamento 2,28 metri. Immersione stimata: 0,70 metri; altezza totale al centro 1,58 metri.
I TIMONI. Erano due, posti ai lati della poppa, appoggiati e legati a strutture (bagli) sporgenti. I timoni sono formati da un fuso di legno di quercia, cui sono fissate con pioli di legno le due parti della pala a forma di coda di pesce.
L’ALBERO. Doveva essere alto circa 7,5 m e sormontato da un pennone. Era inserito nel V banco di voga, tramite un breve incastro. LE PANCHE DEI REMATORI. Sul II, III e VI sono inchiodati listelli sporgenti, che forse servivano a tenere fermi i sedili. Uno reca inciso il nome della barca: sembrerebbe il primo caso di attribuzione certa del nome di una imbarcazione.
I FORI DEI REMI. In corrispondenza dei banchi di voga sono ancora visibili i fori per i remi, con gli scalmi di forma ovale. IMPERMEABILE. Il fasciame era rivestito con una vernice a encausto (a base di cere e resine applicate a caldo) di cui vi sono ancora consistenti tracce.
I MEZZI PONTI. Sono attraversati da travi sporgenti, che nelle navi più grandi servivano per assicurare le ancore e impedire la deriva della nave. Quello di prua è scenografico, invece quelli di poppa servono a sostenere i timoni.
Come si sono conservate le navi di Pisa
Matteo Baldini/Guido Mannucci
CONDIZIONI FAVOREVOLI. La conservazione dei ponti delle navi, delle strutture più fragili e delle suppellettili di bordo è cosa piuttosto rara nei relitti: ma come hanno fatto l’Alkedo e le altre imbarcazioni del cantiere di Pisa a conservarsi così per 2mila anni? Merito del tipo di fondale, del particolare sedimento fluviale che le ha intrappolate e della presenza di falde acquifere che nei secoli, anche dopo che il fiume cambiò corso, hanno mantenuto umido l’ambiente in cui si trovavano i reperti. L’acqua e i grossi banchi di sabbia fine e limi argillosi che hanno coperto le navi hanno infatti reso l’ambiente privo di ossigeno, impedendo lo sviluppo di funghi, batteri e altri microrganismi, responsabili del degrado dei materiali organici. Risultato: la straordinaria conservazione del legno degli scafi, di scarpe in cuoio, zoccoli e grembiuli da marinai, di ceste in vimini, cordame, nasse, reti da pesca, spazzole per la pulizia dei ponti e attrezzature di bordo. Oltre che delle anfore e delle ceramiche.
OTTIMIZZAZIONE DELLO SPAZIO. Molte navi onerarie rinvenute nel cantiere trasportavano anfore piene di olio e vino, sistemate come in questa ricostruzione.
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Le tavole dello scafo sono assemblate a incastro, come i mobili dell’Ikea nel 2002; e altri 13 ne sono occorsi per ché, superate le difficoltà tecniche di uno scavo di archeologia navale finora senza confronti, potesse essere sottoposta a un innovativo trattamento di restauro, in corso dall’inizio di ottobre. PER CASO. «L’Alkedo è uno dei relit ti meglio conservati di tutta l’antichità classica ed è stata anche una delle prime imbarcazioni scoperte nel Cantiere del le Navi Antiche di Pisa in modo casuale nel 1998, durante i lavori per la realiz zazione di un fabbricato per la stazione di Pisa San Rossore», precisa Andrea Camilli, funzionario archeologo della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana e responsabile scientifico del cantiere. Ma che cosa c’entrano i tre ni con l’acqua? Niente. E infatti l’Auser (che adesso si chiama Serchio e continua a bagnare la piana pisana prima di sfocia re nel Tirreno) oggi non passa più di qua. Con il tempo il suo corso è cambiato, ma in epoca romana, proprio a pochi passi dai binari moderni, disegnava un’an sa dove le navi facevano scalo; e dove a volte smistavano le loro merci su bar coni fluviali che, attraverso un sistema
di canali, raggiungevano le città lungo il vicino Arno. Tutto tranquillo, finché non arrivava un’alluvione. Tra il II secolo a.C. e il VI secolo d.C. se ne verificarono cinque e almeno una trentina furono le imbarcazioni travolte, conservatesi mi racolosamente fino ai nostri giorni sotto la coperta di argilla, limo e sabbia via via depositata dall’acqua. Fra tutte l’Alkedo è un caso eccezionale. «Le sue caratteri stiche rendono unico il relitto: possiamo considerarlo una vera enciclopedia della navigazione», racconta Camilli. «La nave è stata rinvenuta in uno stato di conser vazione straordinario: a parte una leg gera deformazione della prua, dovuta al fondale compatto, lo scafo e le parti in terne erano intatte; si erano conservate anche tracce della verniciatura esterna e una cima era avvolta attorno a una bitta, come fosse ancora ormeggiata». VELE E REMI. Con i suoi poco più di 13
metri di lunghezza, più o meno la stessa di un grosso autobus, larga quasi 2,7 m e alta poco meno di un metro e 60, l’Alkedo poteva navigare anche su fondali bassi e a una velocità piuttosto sostenuta. La for ma affusolata dello scafo la fa assomiglia
Matteo Baldini/Guido Mannucci
UN LAVORO CERTOSINO. A sinistra, tecnici del Centro di Restauro del Legno Bagnato di Pisa. Sotto, la “nave F”, una canoa del II sec. d.C. in restauro.
re a una miniatura delle navi da guerra che i Romani chiamavano “liburne”, dal nome del popolo della Dalmazia, i Libur ni, che ne offrì un contingente al futuro imperatore Augusto durante la battaglia di Azio (31 a.C.). Proprio come queste, l’Alkedo era gover nata con due timoni a poppa e aveva un albero (che non si è conservato) alto più o meno 7 metri e mezzo, su cui gli archeo logi suppongono si impostasse la cosid detta vela quadra, larga circa 8 metri e alta 4,5. Ma per non rischiare di rimanere in panne in mezzo al mare, l’imbarcazio ne poteva contare anche sulla forza mo trice dei muscoli di 12 rematori, ognuno dei quali, seduto sulla propria panca con la schiena rivolta alla prua, manovrava un remo lungo circa 3,5 m. Seduti a cop pie, tranne due singoli a poppa e prua, riuscivano a portare bene lo scafo snello dell’Alkedo, tirato su assemblando le ta vole di legno (in gergo, il fasciame) con un sistema a incastro simile a quello dei mobili di Ikea: i costruttori inserirono infatti tra tavola e tavola delle linguette di legno (i tenoni), fissandoli in fori (le mortase) con piccoli pioli di legno e poi incollando tutto con una mistura di pece. LEGNI DIVERSI. Proprio come il mobi
Matteo Baldini/Guido Mannucci
lificio svedese, per il fasciame e le parti più leggere, come le panche dei rematori e i ponti, scelsero legno d’abete; per la struttura portante, invece, preferirono la quercia, con alcuni elementi di olmo e frassino: specialmente quello della chiglia doveva essere infatti un legno “duro”, stagionato per lunghi periodi Novembre 2015 Focus | 69
Ho un problema, me lo risolvi? È il miglior amico dell’uomo, è vero. Ma ora un test della Oregon State University fa sorgere un dubbio: la domesticazione ha reso il cane troppo dipendente da noi, al punto da influire sulla sua capacità di risolvere un problema da solo? Monique Udell ha messo alla prova 30 animali, tra cani e lupi. A ognuno era offerta una salsiccia, in una scatola che gli animali dovevano riuscire ad aprire in 2 minuti. Lo scenario si è ripetuto in solitudine o in presenza di un uomo. I risultati: 8 lupi su 10 hanno perseverato fino a trovare la soluzione. Ma solo uno su 20 dei cani ce l’ha fatta: si arrendevano o guardavano gli uomini come per avere indicazioni. Non sono però più “stupidi” o pigri, dice Udell: hanno sviluppato strategie adatte alla loro vita – accanto a noi – imparando ad aspettare indicazioni dagli umani. G.F.
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Le parole riferite alla neve in lingua scozzese: uno studio dell’Università di Glasgow ha contato le espressioni in uso oggi e in passato.
UNO SPAZIO PIENO D’ACQUA?
Su Marte c’è, liquida. E si pensa anche altrove. Su Marte sembra davvero ci sia acqua liquida, elemento chiave per la vita. L’a nalisi di dati raccolti dal Mars Reconnaissance Orbiter, fatta da Lujendra Ojha del Georgia Institute of Technology, ha rivelato la presenza di sali che ingloba no molecole d’acqua: sono stati trovati nelle strisce scure di terreno che compaiono nella stagione calda su pendii marziani (come nel cratere Hale, sopra). Questi sali si formano in presenza di acqua e funzionerebbero come “antigelo” nel freddo marziano: così l’acqua – forse derivata da ghiacci nel sottosuolo – resta liquida e scorre dai pendii. LUNE. Ma sono molti i luoghi dove si pensa vi sia acqua liquida “extraterrestre”. I candidati migliori? Europa, Ganimede e Callisto, tre lune di Giove: hanno superfici ghiacciate sotto cui si ritiene che si celino oceani liquidi. Che si troverebbero anche sotto i ghiacci di Encelado, una luna di Saturno su cui sono stati osservati inoltre geyser di vapore acqueo. E in vari altri luoghi del sistema solare si pensa che l’acqua ci sia, ma solo in forma di ghiaccio. Dal pianeta nano Cerere (la sonda Dawn ha visto strutture chiare che potrebbero essere ghiaccio) ai nuclei delle comete. G.R.
Quando ci scappa la pipì, raccontiamo meglio le bugie Se dovete mentire, trattenete la pipì: quando ci scappa, infatti, siamo più bravi a raccontare bugie. Lo dice Iris Blandón-Gitlin, della California State University. Ha chiesto a 22 studenti di mentire sulle proprie convinzioni morali durante una intervista, fatta 45 minuti dopo che avevano bevuto pochi sorsi o 4 bicchieri d’acqua. I volontari con la vescica piena hanno raccontato bugie più articolate, mostrando meno segni che stavano mentendo: per gli osservatori è stato infatti più difficile individuare le frottole. La chiave è il controllo che si esercita per trattenere l’impulso ad andare in bagno: per Blandón-Gitlin, inibisce anche
Rex Olycom
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Nasa/Jpl-Caltech/Univ. of Arizona
Prisma
la tendenza a dire la verità. «Quando si attiva la rete del controllo inibitorio per un settore, i benefici si estendono anche ad altri compiti». E.I.
Novembre 2015 Focus | 75
Se cade a terra, si può mangiare oppure no?
Prisma Niente sesso, siamo robot
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Può chiacchierare, capire le emozioni dell’interlocutore, analizzando espressioni e tono di voce, ed esprimerle a sua volta. Si chiama Pepper ed è un robot (sotto): in Giappone, da quando è stato lanciato sul mercato a giugno, gli esemplari disponibili sono andati a ruba. Un compagno “quasi umano”, tanto che la SoftBank Mobile, compagnia che lo vende, si preoccupa di eventuali usi impropri. Nelle condizioni di utilizzo, SoftBank afferma che “il proprietario non deve fare alcun atto sessuale” sul robot o avere “comportamenti indecenti”. Inoltre, Pepper non può essere usato per fare danni ad altri o uscire dalla casa del proprietario. Un modo per stabilire un confine, in un Giappone in cui i robot sono sempre più presenti nella vita di ogni giorno, dai negozi alle reception degli hotel.
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Uno studio prova che nella “regola dei 5 secondi” c’è del vero. Ma molto dipende da cibo e pavimento. “Se resta a terra meno di 5 secondi puoi ancora mangiarlo”: dietro a questa creden za c’è un fondo di verità. Lo ha provato Anthony Hilton: il microbiologo dell’Uni versità di Aston (Gb) ha monitorato il trasferimento di batteri come Escherichia coli e Staphylococcus aureus su toast, pasta, biscotti e dolci appiccicosi. Ha lasciato i cibi su piastrelle, tappeti o laminati, dai 3 ai 30 secondi. Provando che la regola dei 5 secondi può valere, «ma non come si pensa», spiega. «Quando cade al suolo, il cibo raccoglie batteri all’istante». Quanti, però, dipende da tipo di pavimento e di alimento. «Abbiamo dimostra to che, nel caso di cibi soffici su superfici dure come le piastrelle, più a lungo il boccone sta a terra, più microbi cattura». Si arriva fino a 10 volte tanto, passando da 3 a 30 secondi. TAPPETO. «Dipende dai punti di contatto tra pietanza e pavimento: dopo l’impatto inizia le, i cibi morbidi o appiccicosi come frutta e dolci si espandono e così creano una maggiore superficie di adesione. Con toast e biscotti, invece, non succede». E se proprio il cibo deve cadere, meglio su un tappeto: «I punti di contatto fisico sono meno, e il trasferimento di batteri più modesto». Hilton mette comunque in guardia: molto dipende anche da quali batteri ci sono per terra (altri studiosi hanno fatto notare che anche pochi batteri arrivati sul cibo sono pericolosi, se virulenti) e dalla pulizia del pavimento. E.I.
EFFETTI SPECIALI (UTILI) SOTT’ACQUA Nel mare c’è un effetto speciale: la fluorescenza di molti organismi, cioè l’assorbimento di luce di determinate lunghezze d’onda e l’emissione in altre (come in queste foto di Oliver Meckes, che coglie la fluorescenza di coralli, anemoni e altre creature illuminandoli con luce blu, o ultravioletti). E si scoprono sempre nuovi casi. Alla University of Southampton hanno visto che coralli che vivono a profondità maggiori di 50 m nel Mar Rosso brillano in molti colori, verde, giallo, rosso; i loro pigmenti potranno essere usati per analisi al microscopio.
76 | Focus Novembre 2015
Jessica Peterson/Tetra Images/Corbis
Dove vivono meglio i nonni Il posto migliore dove vivere, per gli anziani? La Svizzera. È in testa alla classifica del Global AgeWatch Index 2015, che considera 96 Paesi in base al benessere che offrono agli over 60. L’indice misura la qualità della vita in quattro aree: sicurezza economica, salute, possibilità e ambiente favorevole. Nei primi 10 posti ci sono Paesi europei più Usa, Canada e Giappone. Le nazioni con le valutazioni migliori, per esempio, hanno servizio sanitario accessibile, ma anche possibilità di istruzione per gli anziani. L’Italia? È 37a. In fondo, l’Afghanistan. Nel grafico, la posizione di alcuni Paesi nella classifica. 1a Svizzera 2a Norvegia 3a Svezia
37a Italia 52a Cina 65a Russia
79a Grecia 87° Iraq 96° Afghanistan
Isolato da tutti i campi Difficilmente si ottiene un record per “il più debole”. Ma alla Technische Uni versität München ne vanno molto fieri: il team di Peter Fierlinger ha creato una camera col più debole campo magnetico del sistema solare (sopra, con Fierlinger sulla sin. e un altro ricercatore, Michael Sturm). È uno spazio di 4,1 m3 in cui «i campi magnetici, quello naturale della Terra e quelli generati da macchine, sono attenuati da un milione a un miliardo di volte. E sono bloccate le fluttuazioni». SCHERMO. Fatto di strati di leghe metalliche, «è lo schermo più efficiente fino ra creato», dice il fisico. Obiettivo: esperimenti di alta precisione, con una ridotta “interferenza”, in fisica, biologia, medicina. «Noi stiamo facendo una ricerca sulla distribuzione delle cariche nei neutroni. Ma in biologia, per esempio, si può seguire lo sviluppo di cellule quasi in assenza di campo magnetico». G.C.
Eye of Science/Science Photo Library/Agf Photo
Provate a visualizzare un amico. Fatto? Se vi sembra impossibile, potreste soffrire di “afantasia”: l’incapacità di visualizzare immagini – che secondo una stima riguarderebbe il 2,5% delle persone – rimasta finora piuttosto inesplorata. Il neurologo all’Università di Exeter (Gb) Adam Zeman ha ora studiato il fenomeno nel dettaglio. Qualche anno fa descrisse il caso di un paziente che non era più in grado di crearsi immagini mentali. Molti lo hanno poi contattato sostenendo di avere lo stesso problema dalla nascita. C’era chi non riusciva a visualizzare le descrizioni di paesaggi nei libri, chi a contare le pecore per dormire. O chi non richiamava alla mente il volto dei cari defunti. Zeman ha ora descritto i casi nella rivista Cortex. La causa non è chiara, forse un difetto nelle vie corticali coinvolte nel generare immagini sulla base dei ricordi. Che, però, non impedisce di sognare. M.E.
Astrid Eckert/Photographie
Mi spiace, non mi immagino nulla
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IN PARTENZA. La sonda e il suo sistema di propulsione (sotto).
DALLO SPAZIO Prisma In collaborazione con
INCRESPATURE DELLO SPAZIO Le onde gravitazionali sono perturbazioni dello spazio-tempo ipotizzate già dalla Re latività di Einstein, ma mai rilevate. Per ché? «Si tratta di misurare gli spostamenti, dell’ordine di qualche decina di miliardesi mi di millimetro, che esse imprimono a par ticelle di prova distanti tra loro milioni di chilometri», spiega Stefano Vitale, Princi pal Investigator della missione. «Misure così non sono mai state realizzate prima». LISA Pathfinder, in partenza a fine novem focusOttobre.pdf 1 18/09/2015 che 11:04:37 bre, deve quindi dimostrare è possibile
aprendo la strada a eLISA, lo strumento “completo”, composto da 3 navicelle da col locare a 1 milione di km l’una dall’altra. SENSORI. «A bordo di LISA Pathfinder vi sono i sensori inerziali realizzati dall’indu stria italiana su progetto di ricercatori del l’Università di Trento e dell’Istituto Nazio nale di Fisica Nucleare», aggiunge Enrico Flamini, Chief Scientist di Asi. Ma perché
Esa
LISA Pathfinder può dimostrare che è possibile rilevare onde gravitazionali, con una tecnologia mai tentata prima. osservare le onde gravitazionali è così im portante? «Porterà una rivoluzione nella conoscenza dell’universo. È la gravità la for za dominante nel cosmo e i suoi “fremiti” sono la chiave per comprendere quel 90% che non vediamo, ma che emette onde gra vitazionali. E la sfida tecnologica mantiene competitive l’industria e la ricerca dei Paesi che vi partecipano», conclude Vitale. G.R.
L’Agenzia spaziale italiana (Asi) coordina gli investimenti nel settore aerospaziale e dipende dal ministero dell’Università e della Ricerca. È uno dei più importanti attori mondiali
Prisma
L’hanno appena sperimentato i carabinieri di quartiere di Milano. È un sistema per permettere alla centrale operativa di conoscere le condizioni delle armi dei carabinieri in servizio: se sono state estratte, o armate, e hanno sparato. Un allarme in tempo reale, grazie a cui la centrale può inviare un supporto. Sviluppato da Beretta con Università di Brescia e Intellitronika, i-Protect consiste in una componente elettronica miniaturizzata, nel fusto della pistola Beretta PX4 Storm-i; è connesso allo smartphone in dotazione. M.V.
Greg Ehlers
Alberto Bonardi
La pistola dà l’allarme
“PIGRI” DI NATURA
Così il nostro corpo cerca di risparmiare energia. Non fate mai a meno dell’ascensore? Consolatevi: siete fatti per essere pigri. Per uno studio canadese, l’uomo è “tarato” sul risparmio energetico. «Per conservare energia siamo pronti a modificare il nostro modo di camminare, acquisito in mi lioni di passi», dice Jessica Selinger (Simon Fraser University). Lo ha verificato facendo indossare a volontari sul tapis roulant un esoscheletro che rendeva un po’ più duro cam minare e una maschera per misurare respirazione e attività metabolica (sopra). PASSO. Le cavie hanno cambiato la propria camminata, adottandone una che non in contrava resistenza, risparmiando… il 5%. «Il sistema nervoso monitora i consumi, e aggiusta i movimenti cercando la minore fatica». Una strategia, con l’alimentazione di oggi, negativa per chi vuole bruciare calorie, ma utile in alcune attività fisiche. E.I.
La chirurgia può cambiare la storia
Russian Picture Service/Akg
Un’operazione può cambiare la vita, ma persino la Storia. Lo sostengono neurochirurghi del Barrow Neurological Institute (Usa): hanno concluso che Napoleone avrebbe potuto conquistare la Russia nel 1812, se non fosse stato per la chirurgia, che salvò la vita a Michail Kutuzov, alla guida dei russi. Anni prima, infatti, il generale era stato colpito alla testa da due pallottole: sopravvisse grazie alle tecniche del chirurgo francese Jean Massot. I danni al cervello spiegherebbero, però, le alterazioni nella personalità, notate all’epoca, e l’incapacità di prendere decisioni. Fu forse questa, dicono i ricercatori, che lo spinse a rimandare il confronto, abbandonando Mosca, data alle fiamme: si rivelò la strategia vincente, che lasciò i francesi senza rifornimenti e in balia dell’inverno (a sin., la ritirata). M.L.L.
139,45
Siete abitudinari o esploratori? I ricercatori dell’Università di Pisa e dell’Isti-Cnr di Pisa hanno concluso che, negli spostamenti, ci dividiamo tra queste due tipologie. Hanno analizzato un’enorme mole di dati sulla mobilità (tracciati Gps di viaggi in auto, dati da telefonia mobile) e confrontato spostamenti di routine, come tra casa e lavoro, e totali. Rilevando che le persone sono divise tra abitudinari ed esploratori: quelli che si spostano quasi solo tra pochi luoghi abituali e quelli per cui tale ambito è solo una piccola parte dei movimenti complessivi. G.C.
Alan Schein Photography/Corbis
Abitudinari o esploratori?
KM/H: record di velocità per un veicolo a pedali (in piano e non preceduto da un mezzo a motore), alla World Human Powered Speed Challenge (Usa).
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CHI È PIÙ INTELLIGENTE? PARITÀ. Le ricerche dimostrano che la distribuzione del QI (quoziente intellettivo) è identica nei due sessi. Alcune abilità, però, sono più femminili e altre più maschili. A tutte le età, le femmine sono capaci di usare un vocabolario più ricco e un lessico più complesso rispetto ai loro coetanei maschi. Questo perché il corpo calloso, cioè il ponte che congiunge i due emisferi, è più sviluppato; il che fa sì che le metà destra e sinistra del cervello comunichino di più. Gli uomini sono invece più bravi quando si tratta di risolvere complessi problemi matematici, o quando hanno a che fare con la meccanica. Ancora oggi, il 99% dei brevetti per nuovi giocattoli o per congegni elettronici sono registrati da uomini. Ma anche su queste differenze occorre fare dei distinguo: vero che gli uomini sono globalmente più bravi in matematica, le donne però li battono in aritmetica. E, benché le donne abbiano migliori performances nei test linguistici, gli uomini le vincono quando si tratta di stabilire analogie tra le parole.
N
on c’è dubbio, nella vita di tutti i giorni i maschi partono avvantaggiati. Fin dalla nascita: è sta to calcolato che, in me dia, vengono al mondo 105 bambini ogni 100 bambine. Ma la supremazia del sesso forte non è soltanto numerica: il bagno ormonale che i maschi ricevono duran te la vita prenatale li rende più decisi ed energici fin da piccoli, e soprattutto mol to più propensi delle femmine a sotto mettere gli altri al proprio volere. Merito del testosterone, l’ormone maschile per eccellenza (che però, in quantità minore, è presente anche nelle donne), che qual che settimana prima della loro nascita rende gli uomini – e il loro il cervello – irrimediabilmente “maschi”. PREPOTENTI. I pargoli dei due sessi, infatti, dal punto di vista neuronale sono equipaggiati in
TENDENZIALMENTE
modo differente. «Inutile negarlo: il cer vello umano ha un sesso. Ed è così anche in molte altre specie animali», sottolinea Adriana Maggi, tra i primi scienziati a dimostrare che gli ormoni sessuali agi scono anche sul comportamento quoti diano oltre che sui meccanismi legati alla riproduzione. «Se si lasciano alla porta ta di piccoli scimpanzé alcuni giocattoli, immediatamente i maschi cominciano a far muovere camion e automobiline, le femmine prendono le bambole. Proprio come fanno i bambini già da piccolissi mi. Ecco la risposta a chi sostiene che le persone si comportano “da maschi” o “da femmine” solo per colpa (o merito) dei condizionamenti della nostra cultura». Insomma, il cervello nasce maschio op pure femmina, e questo, nella pratica, ha parecchie conseguenze. Per esempio il fatto, notato da molti ricercatori osser vando bambini dell’età del nido (quindi di pochi mesi), che se un bambino strap pa a un altro un giocattolo è molto più fa
cile che a compiere questa “cattiva azio ne” sia un maschietto piuttosto che una bimba. Riesce a imporsi non solo perché è più forte, ma soprattutto perché fin dalla tenera età cerca di costruire gerar chie basate sulla forza, alle quali pratica mente tutte le femmine e anche alcuni maschi siano “sottomessi”. I bambini del sesso forte, come sanno da tempo gli psicologi infantili, iniziano infatti a co noscere il mondo e i propri simili basan dosi innanzitutto su rapporti gerarchici. STUDIO: SUCCESSI IN ROSA. Le femmi
ne però si prendono (e alla grande) la loro rivincita durante le successive tappe sco lastiche, quando l’educazione smorza e incanala l’aggressività maschile, e le pre stazioni richieste agli alunni di entrambi i sessi diventano più intellettuali che fi siche. In tutti i gradi di studio, le ragazze riescono meglio: ottengono regolarmen te voti migliori nelle selezioni per l’ac cesso alle università a numero chiuso, Novembre 2015 Focus | 87
DOSSIER Nei mestieri “di cura” (come il medico) le donne sono più brave degli uomini per esempio. Hanno più costanza nello studio e surclassano i compagni nella comprensione di un testo (il che le aiuta anche nella memorizzazione di concetti scientifici) e nell’esposizione orale (suc cesso nelle interrogazioni, dunque). Nonostante questo, quando entrano in competizione con un uomo, la vittoria non è affatto garantita, soprattutto in ambito lavorativo. Perché i maschi, pro prio come fanno all’asilo, tirano fuori la loro arma segreta: lo spirito competitivo che li porta a cercare la supremazia in una gerarchia. Le ricerche dimostrano che gli uomini utilizzano, per esempio, l’aggres sività verbale sul posto di lavoro molto più spesso delle colleghe. E un’indagine condotta dall’American Sociological As sociation su oltre 3 mila lavoratori Usa afferma che, mentre le donne che si tro vano a ricoprire ruoli di potere soffrono più spesso di depressione rispetto alle coetanee, per gli uomini è vero l’opposto: quanto più “comandano” in ufficio, tanto meno si ammalano. Ancora una volta, la chiave di tutto è il testosterone (non per niente soprannominato dagli studiosi “l’ormone del potere”): alcuni anni fa, i ricercatori della Mount Sinai School of Medicine di New York hanno dimo strato che le donne che hanno fatto più carriera hanno anche un livello più alto di testosterone nel sangue rispetto alla media femminile (ed è forse per questo che sono più portate al comando).
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RESISTENTI E CONCENTRATI. Per non parlare degli indubbi vantaggi maschili nelle professioni che richiedono lun ghe permanenze all’aperto: una recen te ricerca condotta all’Environmental Ergonomics Research Centre di Lough borough (Gran Bretagna) ha misurato le reazioni di diverse zone della pelle al contatto con un oggetto freddo. Le donne dichiaravano di sentire più freddo degli uomini, soprattutto se l’oggetto veni va messo a contatto con la testa o con il GRAZIA CON FLESSIBILITÀ. Le donne hanno una maggiore mobilità delle articolazioni.
busto. Insomma, che le donne siano più freddolose non è una leggenda. Senza contare che gli uomini hanno una carat teristica che può essere utile in parecchi tipi di professione, un ottimo senso dell’o rientamento: se vengono abbandonati in un bosco, difficilmente si perdono, come dimostra uno studio pubblicato su Brain and Cognition da un gruppo di ricercato ri dell’Università dell’Iowa e condotto su un’ottantina di persone di entrambi i ses si. «Con l’uso della risonanza magnetica è stato più volte dimostrato che per fare qualunque cosa (orientarsi nello spazio, leggere, costruire un oggetto, risolvere
Due “macchine” uguali, optional differenti SENSI. La “macchina uomo” è distribuita in due modelli: ecco le principali differenze tra il modello maschile e quello femminile. Il corpo degli uomini è (in media) più grande: è più alto e più adatto alla corsa e al lancio di oggetti. Anche a parità di altezza, i maschi hanno i piedi più lunghi e una massa muscolare maggiore. Inoltre, i muscoli maschili perdono forza più tardi: intorno ai 50 anni (quelli femminili si indeboliscono già dopo i 40). Le donne hanno invece un olfatto migliore rispetto agli uomini e sono più longeve.
Lo scheletro delle bambine si sviluppa più in fretta: a 6 anni risultano più avanti di 1 anno dal punto di vista osseo.
Le donne smettono di crescere a 18 anni (gli uomini a 20).
DOSSIER TOP GUN. I piloti militari sono quasi solo maschi. Merito del cervello?
L’orientamento è maschio: in un bosco, raramente un uomo si perde come una specie di droga dando benesse re. La ricerca ha anche esaminato come i professori in congedo spendevano il loro tempo: i maschi lo utilizzavano in gran parte per dedicarsi a libri e pubblicazioni scientifiche anziché prendersi realmen te cura del neonato.
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PIÙ VECCHIE, MA ACCIACCATE. Il di
sentire (senza il video) tre tipi diversi di battiti alla porta (rabbioso, normale, al legro) a un campione di persone. Le don ne riuscivano a capire meglio le intenzio ni di chi bussava (si vedeva il braccio e la mano) osservando solo il filmato; gli uo mini invece, per comprendere l’umore di chi stava per entrare, dovevano ascoltare anche il suono delle nocche sulla porta. LA MATERNITÀ, UNA VERA DROGA. An
che se indubbiamente in vantaggio sul lavoro, gli uomini si perdono una buona fetta di un aspetto estremamente gratifi cante della vita: il rapporto emotivo con i figli. Per ovvie ragioni biologiche, le donne in questo campo partono in pole position. Qualcuno ha infatti definito la gravidanza “l’unico momento della vita in cui non si è mai davvero soli” (il riferi mento naturalmente non è solo alla real tà fisica – il feto è contenuto nel ventre della mamma – ma anche a quella psico logica di essere, e quindi ragionare, per due): una sensazione totalizzante che un uomo, per quanto si industri, non può provare. L’Università della Virginia ha 90 | Focus Novembre 2015
condotto un’indagine interna sul grado di soddisfazione dei professori che pren devano un congedo parentale nei primi mesi di vita dei figli: quando si trattava di prendersi direttamente cura del piccolo la soddisfazione era sempre più alta nei professori donna. Forse a causa dell’ossi tocina, il neurotrasmettitore che invade il cervello femminile nel periodo dell’al lattamento, ma anche dopo che il legame con il bimbo si è formato, e che agisce
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I punti in più ottenuti dalle femmine nell’abilità di trovare informazioni in un testo (dati Pisa, valutazione internazionale degli studenti).
scorso fatto fin qui è valido in generale, naturalmente. «Quando noi ricercatori parliamo di comportamenti maschili e femminili facciamo sempre riferimento a una media», chiarisce Maggi. «In realtà la gamma di strutture cerebrali umane è un continuum e ci sarà sempre una donna con tratti di personalità che mediamente sono più maschili, o viceversa. Se si con sidera la popolazione generale, le diffe renze tra i sessi esistono, individualmen te siamo più simili di quanto sembra». Resta un dato inconfutabile: la longevità è donna, un fenomeno che i demografi osservano almeno dalla metà del Sette cento (da quando esistono questo tipo di rilevazioni). Le femmine, a parità di tipo di vita o di lavoro, vivono infatti circa 5 anni in più rispetto ai maschi: in Italia l’aspettativa di vita per una donna è di 85 anni, 80 per un uomo. La mortalità fem minile è più bassa di quella maschile a tutte le età, perché il sesso “debole” ha in realtà più resistenza alle infezioni e alle malattie degenerative. Ma attenzione: secondo i dati Istat gli anni di vita al ripa ro da patologie sono di più per gli uomini: 60 contro 57. Le donne, quindi, pagano la loro longevità convivendo per molto più tempo con malattie invalidanti. Allora: meglio nascere maschi o femmi ne? Tutto sommato, la risposta è obbliga ta: chi scrive è femmina.
Raffaella Procenzano
DOSSIER
IN PRIMA LINEA. La squadra di paleoantropologhe e speleologhe che ha recuperato da una grotta in Sudafrica i fossili di Homo naledi, una nuova specie di ominide.
LAVORO ITALIA Tasso di occupazione maschile: 65,4% (8,5% part time). Tasso di occupazione femminile: 47,5% (32,5% part time). Tasso di occupazione per una coppia di 35-44 anni: senza figli: 95,1% uomini, 76,5% donne; con figli: 94%
uomini, 55,1% donne. Percepisce la pensione il 100% degli uomini e il 69,2% delle donne. EUROPA Tasso di occupazione maschile 75% (part time: 6,2%), femminile 63,5% (part time 20,3%). In Germania il 100% delle donne ha la pensione.
STIPENDIO A parità di qualifica, in Europa le donne guadagnano in media il 16,4% in meno degli uomini. Per ogni euro pagato agli uomini, le donne prendono 0,84 €. In Italia le donne guadagnano il 6,7% in meno (gli stipendi pubblici
Fonti: Istat, Eurostat, UnWomen, World Economic Forum, ILO, Ocse, Osservatorio di Genere Arci Donna, Job pricing, Inter-parliamentary union
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compensano le disparità di quelli privati). Il divario è più alto fra impiegate e dirigenti. È come se le donne lavorassero gratis 18 giorni l’anno. In Germania le donne guadagnano il 22,4% in meno, in Gran Bretagna il 19,1%, in Spagna il 17,8%, in Svezia il 15,9%, in Francia il 14,8%.
MACHO SARÀ LEI!
Il vantaggio, per ora, è tutto del maschio. Ma il lavoro cambierà le carte. Rovesciando il tavolo. «
John Hawks/University of Wiscons
T
CURA DEI FIGLI In Italia gli asili nido coprono solo il 6% del bisogno per i bimbi fino a 2 anni. In Francia coprono il 39,9%; la media d’Europa è del 16%. In Italia il 51,5% delle madri affida i figli ai nonni, il 21,1% ad asili nido privati, il 14,1%
i sembra questa l’ora di tor nare a casa?». «Al lavoro c’è stata una riunione, è andata per le lunghe…». «Ma hai una famiglia! Dovevi tornare prima! È tutto il giorno che lavoro: i bambini, la spesa, il bucato… E ci ho messo un’ora a preparar ti i cannelloni. Non hai alcuna considera zione». Nel 2035, la vita di coppia somiglierà a quella di oggi. Tranne per un particolare: chi rientrerà a casa tardi sarà la donna. Mentre l’uomo si dedicherà alla cura del la casa e ai figli. Perché i maschi saranno per lo più disoccupati o con lavori preca ri, e in famiglia lo stipendio più sostan zioso arriverà dalle donne. Dunque, si ribalteranno i ruoli, dopo mil lenni di maschilismo? Sarà l’uomo a fini re sotto il “soffitto di cristallo” che oggi discrimina le femmine? È possibile. Non tanto per una maggior presa di coscienza nel campo dei diritti, ma per l’effetto di forze inarrestabili: i cambiamenti eco nomici, di cui si vedono i segnali già oggi. In Italia, nel secondo trimestre di que st’anno, fra i nuovi assunti le donne han no superato, seppur di sole 1.000 unità,
ad asili nido pubblici, il 4,5% a baby-sitter. PERMESSI DI MATERNITÀ Italia: 22 settimane all’80% dello stipendio. Montenegro: 52 settimane al 100%. Gran Bretagna: 52 settimane al 90%. Bosnia: 52 settimane al 50-100%. Norvegia: 35-45 settimane all’80-100%.
gli uomini. E negli Usa, fra le 20 profes sioni più in ascesa nei prossimi 10 anni secondo l’Ufficio statistiche lavorative, la maggioranza sono mestieri tradizio nalmente femminili (badante, colf, fisio terapista, igienista dentale, estetista, se gretaria) o ad alta specializzazione (psicologi, traduttori, docenti), a cui hanno più accesso le donne, in media più istruite degli uomini.Com’è possibile?
IMBARAZZI PLANETARI. Prima di parlare
del futuro, occorre guardare negli occhi un presente imbarazzante: la disugua glianza di genere. I privilegi dovuti alla predominanza maschile sono ancora pervasivi: in famiglia, sul lavoro, nel wel fare, la donna è in netto svantaggio (v. dati sotto). Nascere donna significa avere meno lavoro, o averlo precario e sottopa gato; non accedere ai piani alti del potere economico, giudiziario, universitario e della politica; dover aggiungere agli im pegni professionali gran parte dei carichi domestici, dalle pulizie all’accudire i fi gli. E questo accade in tutto il mondo: anche nei Paesi più sviluppati. A livello globale, scrive un rapporto delle Nazio
POLITICA L’Italia è al 31° posto al mondo (su 149) per partecipazione politica: fra i deputati alla Camera, il 31,4% sono donne. La media mondiale è del 20,26%. Al primo posto: Ruanda (63,8% di donne), poi Andorra (50%), Cuba (48,9%),
Svezia (45%), Sudafrica (44,8%). Solo il 17% dei ministri mondiali sono donne. Nel Parlamento europeo le donne sono il 37%. In Italia, su 9.836 sindaci di recente nomina, le donne sono il 13%. Le regioni con più sindaci donna sono Emilia-R. (20,9%), Veneto e Piemonte (18,1%).
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DOSSIER VETERANE. Donne al Royal Hospital di Chelsea, casa di riposo per soldati inglesi.
Duecento minuti al giorno a lavare, stirare, cucinare? Tra poco toccherà agli uomini ni Unite per le donne (Un Women), «la vorano 3/4 degli uomini e solo metà delle donne. E le donne sono 2/3 di quanti la vorano in famiglia senza paga. A livello globale, le donne guadagnano il 24% in meno degli uomini, persino in Europa (dove la media è del –16%, ndr)». Senza contare che solo un quinto dei parlamen tari del mondo sono donne. «Di questo passo», avverte l’ultimo rapporto sull’u guaglianza di genere della Commissione Europea, «ci vorranno altri 70 anni per arrivare alla parità». L’Italia (soprattutto il Sud) non fa ecce zione: secondo il Global Gender Gap Re port, la classifica del World Economic Forum, siamo al 69° posto (su 142) per parità uomo-donna. Il resto d’Europa, ma anche Ruanda, Mongolia, Mozambi co e Filippine sono più avanti di noi. CRESCITA ZERO. Non è solo un’ingiusti
zia: la disuguaglianza di genere ha effetti collaterali negativi su ambo i sessi. «Il lavoro familiare», scrive Elisabetta Ru spini in Le identità di genere (Carocci), «è un potente fattore di rischio per la salute della donna. Avere poco tempo per sé comporta fatica, stanchezza, insoddisfa zione, bassa autostima. Le donne sono spesso stressate, frustrate, e questo si traduce in forme di depressione, anemia, carenza di calcio, perché sacrificano i propri bisogni, anche alimentari, per gli altri membri della famiglia». Ma anche gli uomini non se la passano bene: «Per evitare di essere considerati effeminati o gay», aggiunge Ruspini, docente di socio logia all’Università Bicocca di Milano, «adottano comportamenti rischiosi (ag gressività, fumo, droghe) e sopportano il dolore senza chiedere aiuto medico. In cidenti stradali, suicidi, violenza, infor tuni e morti sul lavoro sono molto più frequenti fra gli uomini». E dire che la parità di genere farebbe bene non soltanto ai singoli individui, ma a intere nazioni: se ambo i sessi han
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no pari opportunità, il Pil cresce. Lo dice la Banca mondiale: «Rafforzare il potere delle donne», scrive in un rapporto, «si gnifica fare uso più efficiente del capitale umano di una nazione. Ridurre le dise guaglianze di genere potenzia la produt tività e la crescita economica: se le donne sono indipendenti, diventano consuma trici significative di beni e servizi». Nei Paesi dove è più facile per le donne conciliare lavoro e maternità, l’impiego femminile e la fertilità crescono. Altri menti, la crescita è zero. In tutti i sensi. IL GRANO DEI SOLDATI. Ma perché in tut to il mondo la parità è un’eccezione e non la regola? «Le radici di questa discrimina zione risalgono a 10mila anni fa, con la nascita dell’agricoltura», risponde Ama lia Signorelli, antropologa. «I soldati, nati per proteggere le scorte di raccolti dagli invasori, hanno preso il controllo di que ste risorse economiche. Anche attraverso la sottomissione delle donne». Non a caso,
la parola patrimonio rimanda alla figura paterna: la proprietà dei beni è sempre stata maschile (anche a livello ereditario), mentre le donne erano legittimate nella società soltanto attraverso il matrimonio, cioè nel ruolo di mogli e madri. Con la rivoluzione industriale, il duro la voro nelle fabbriche era svolto dagli uo mini, che mantenevano la famiglia. Le donne, invece, si occupavano della casa e dei figli. «La divisione dei ruoli era fun zionale a questa organizzazione», scrive Ruspini in Diversity in family life (Chica go Press). «La famiglia era il luogo dei doveri e dei sacrifici. La dipendenza eco nomica e organizzativa spingeva le cop pie a restare insieme anche se infelici». Già durante la Grande guerra le donne entrarono nelle fabbriche per compen sare l’assenza degli uomini al fronte. E col boom degli Anni ’60 le imprese hanno avuto sempre più bisogno dell’apporto femminile. Intanto la donna – sollevata dalle fatiche domestiche grazie a lavatri
impedisce alle donne di conciliare fami glia e lavoro», precisa Ruspini. «Tanto più che in Italia ci sono pochi asili nido, i padri hanno solo 3 giorni di congedo re tribuito (in Finlandia, Slovenia e Islanda 3 mesi), i lavori part time sono pochi e mal retribuiti, non si possono scaricare fiscalmente le spese di colf e baby-sitter. Finché gli uomini non impareranno a stirare, fare le pulizie o cambiare i pan nolini, la parità resterà un’utopia». E le “quote rosa” servono? «Sì, ma solo se unite alle “quote azzurre”: più donne nelle cabine di pilotaggio degli aerei, e più uomini negli asili nido. Che i maschi non possano occuparsi dei bimbi “per ché sono pedofili”, o le femmine non pos sano pilotare “perché hanno le mestrua zioni” sono stereotipi da abbattere».
Reuters/Contrasto
NOZZE ALTALENA. In realtà la rivoluzio
ci, lavastoviglie, aspirapolvere – ha preso coscienza dei propri diritti: ha rivendica to il diritto di lavorare e di scegliere la propria vita sessuale, grazie agli anticon cezionali. Il resto è storia recente: oggi le donne studiano di più, lavorano di più, si sposano tardi, fanno meno figli. L’econo mia è diventata veloce e incerta, la fami glia si è sfaldata. Ma le disparità restano.
QUOTE ROSA. Come cambiare questa
situazione? La priorità non è la riforma delle leggi (pure importanti), ma un aspetto prosaico: le incombenze di casa. Le donne dei Paesi più sviluppati dedica no in media 3 ore e mezza ai lavori dome stici e alla cura di figli o genitori; gli uo mini un’ora e mezza. E alle italiane va ancora peggio (v. tabella). «È questo che
DONNA: QUASI 4 ORE AL GIORNO. UOMO: UN’ORA L’Ocse misura quanto tempo uomini e donne dedicano ad attività “non lavorative”: ecco la situazione in Italia in minuti/giorno (fra parentesi la media in 26 Paesi Ocse).
Cura della famiglia
23 (40)
10 (16)
Lavori domestici
204 (168)
57 (74)
Tv/radio/ computer
106 (112)
123 (133)
Sonno
Sport
25 (18)
37 (26)
526 (505)
520 (496)
ne è già partita fra i Millennials, le gene razioni nate fra il 1980 e il 2000: giovani globalizzati, istruiti e tecnologici. Hanno una mentalità più aperta: i ruoli maschi li e femminili sono intercambiabili. Ma il futuro imporrà grandi cambiamenti: l’automazione del lavoro, che ha affidato ai robot i lavori più pesanti, sta tagliando posti di lavoro maschili (metalmeccani co, manovale, operaio edile), lasciando più spazio alle professioni che richiedo no abilità relazionali. Comunicazione, diplomazia, empatia, lavoro di squadra sono qualità più diffuse fra le donne, che hanno in media un’istruzione più elevata degli uomini. Dunque, i lavori del futuro saranno ap pannaggio delle donne, e gli uomini, di soccupati, dovranno occuparsi della casa. O almeno alternarsi: sono i “matri moni altalena” nei quali la divisione degli stipendi (e delle incombenze) varia mol to, anche da un anno all’altro. Ma siamo ancora in mezzo al guado: men tre i cambiamenti dei ruoli femminili sono stati dibattuti, quelli maschili no. «La ridefinizione dell’identità maschile non ha ancora preso una direzione preci sa», nota Ruspini. «Gli uomini rivendica no più partecipazione all’educazione dei figli (e a volte le donne lo vivono come un’invasione di campo). Emergono nuo vi modelli maschili, meno autoritari e più egualitari (pensiamo al movimento dei casalinghi o dei padri separati), capa ci di esprimere le emozioni. Gli uomini stanno adottando comportamenti “fem minili” (cura del corpo, diete) e tendono a enfatizzare i caratteri maschili (bar Novembre 2015 Focus | 95
DOSSIER Il mercato del lavoro assorbirà più donne: più che la forza fisica sono richieste doti di relazione ba, muscoli) per differenziarsi dalle don ne. Ma queste scelte non bastano a dissi pare i forti interrogativi sulla propria identità». PLASTICA E CARTONE. L’uomo, insom ma, paga millenni di dominio incontra stato: e così le donne, più flessibili, fanno passi da gigante, mentre i maschi sono fermi al palo. La scrittrice americana Hanna Rosin li ha ribattezzati “uomo di cartone” e “donna di plastica”. «L’uomo è fermo in una gelatina culturale», dice. «Ha aumentato di pochissimo il suo ap porto nella casa e nella cura dei bambini, e non riesce a rinunciare al suo ruolo di capo famiglia. La donna invece ha vissuto grandi cambiamenti, passando dalla non occupazione al lavoro da conciliare coi figli. Così, se si crea l’occasione per gua dagnare di più, lavorare all’estero o avere avventure sessuali è pronta». È davvero “la fine del maschio”, come ti tola il libro della Rosin? «Non sta sparen do solo l’uomo “macho”», ricorda Fran cesco Antonelli, docente di sociologia all’Università Roma 3, «ma anche la don na “angelo del focolare”. I ruoli si stanno ridefinendo per entrambi. C’è più una convergenza che un’opposizione: è giu sto che l’uomo impari dalle donne, ma vale anche il contrario. Bisogna aprirsi alla contaminazione reciproca». Un equilibrio non facile da trovare: «Dopo millenni di subordinazione, le donne sono tentate di ribaltare i ruoli: ma sarebbe altrettanto nocivo», avverte il sociologo Domenico De Masi. «Le don ne saranno avvantaggiate non solo sul lavoro, ma anche su un piano biologico: oggi possono avere figli senza bisogno di un uomo, grazie alle banche del seme. Ma non vale il contrario. Ormai, le carte più forti le hanno in mano le donne: all’uomo non resta che contrattare una parità». Vito Tartamella
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I diritti: nelle leggi italiane, femmina batte maschio 6 a 4
A FAVORE DI LUI
A FAVORE DI LEI
I figli ereditano il cognome del padre (la madre deve fare domanda al prefetto se vuole trasmettere alla prole anche il suo cognome); la moglie aggiunge al proprio il cognome del marito (ma non viceversa). L’uomo non deve attendere 300 giorni dall’annullamento del matrimonio, dal divorzio o dal decesso del coniuge per risposarsi (la donna sì). L’uomo ha 12 mesi di tempo dalla nascita per disconoscere un figlio (la donna 6). Nella Chiesa cattolica solo l’uomo accede agli ordini sacri e può diventare chierico (diacono, sacerdote, vescovo, papa); solo l’uomo può svolgere i ministeri del lettorato e dell’accolitato.
Le decisioni sull’aborto competono alla donna: l’uomo non ha diritti. Può essere coinvolto (anzi: sentito) solo se la donna lo vuole. La donna condannata, se ha figli con meno di 10 anni, ha diritto alla detenzione domiciliare (l’uomo solo se la madre è morta o malata). La donna non può essere licenziata perché si sposa. La donna non può effettuare lavoro notturno e lavori pesanti e pericolosi durante la gravidanza e nei primi mesi di vita del bambino. Il congedo per maternità dura 5 mesi (quello di paternità 3 giorni); la donna ha diritto al congedo di maternità in caso di adozione o affido; la donna ha diritto a 2 ore di riposo retribuite al giorno nel primo anno di vita del figlio. Nei consigli d’amministrazione delle grandi società sono previste quote riservate (1/3) alle donne.
«MA I PRIVILEGI NON HANNO LO STESSO PESO» DIVERSI PER LEGGE. La Costituzione dice che siamo uguali senza distinzione di sesso, ma le leggi ordinarie l’hanno recepito con fatica. Oggi però sembrano garantire più diritti al “sesso debole” (v. sopra). È davvero così? «No», risponde Elisa Pazé, magistrato, autrice di Diseguali per legge (Franco Angeli). «Molti privilegi femminili servono a compensare una disuguaglianza, o a tutelare la maternità. E uno dei privilegi maschili, la trasmissione del cognome ai figli, ha un peso enorme: perpetua l’idea che l’uomo sia il capofamiglia». Non favoriscono le donne anche le sentenze di divorzio? «Di solito l’uomo si disinteressa dei figli, perciò spesso si privilegia l’affido alla madre. E per gli alimenti, l’uomo paga di più perché di solito ha un reddito più elevato e la donna si sacrifica per la famiglia». Cosa ristabilirebbe una vera parità giuridica? «Un lungo congedo obbligatorio anche per i padri: altrimenti gli imprenditori preferiranno sempre assumere uomini».
DOSSIER
95% Nei mammiferi, le specie in cui le femmine si occupano da sole della prole.
C’
è una lotta che prosegue, giorno dopo giorno, sen za quartiere. Una sorda battaglia. È il più antico tra i conflitti di interesse e tra le guerre evolutive. Lo scontro tra uomini e don ne, tra maschi e femmine, ha origini re mote e conseguenze che stiamo ancora studiando; soprattutto per sapere chi sta vincendo. Quasi tutti gli studiosi sono d’accordo, però, che, all’inizio della storia della nostra specie, essere maschi ebbe i suoi vantaggi. LA FAMIGLIA SCIMPANZÉ. I comporta
menti, dicono i paleontologi, non lascia no fossili. E quindi per chiarire quello che è successo all’alba dell’uomo potremmo rivolgerci ai nostri parenti più prossimi, e viventi, vale a dire le scimmie antropo morfe. Come si comportano in gruppo? A dire il vero, scimpanzé, bonobo e gorilla sono molto diversi tra loro nella struttu ra sociale, oltre che in quella corporea. Nella prima specie, maschi aggressivi dominano la tribù e gli accoppiamenti avvengono quasi indiscriminatamente. Anche dei bonobo si potrebbe dire che “tutti si accoppiano con tutti”, ma ciò ac cade in maniera molto meno aggressiva che tra gli scimpanzé. Tra i gorilla, infine, i maschi pesano il doppio delle femmine e i dominanti (quelli “dalla schiena d’ar gento”) sono padri di quasi tutti i piccoli del gruppo. In tutti i casi, l’unico compi to dei maschi, che non devono spendere energia nell’allevamento, è difendere il gruppo: più si è grossi, più scontri si vin cono. Come dice David Geary, psicologo all’U niversità del Missouri e autore del libro Male, Female: The Evolution of Human Sex Differences: «I combattimenti sono riservati ai maschi, che lottano con altri maschi per “tenersi” le femmine. Que
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ste a loro volta non guadagnano niente nell’avere molti partner contemporanea mente, e quindi non devono litigare». Sembrerebbe quindi che i maschi di go rilla, scimpanzé o bonobo abbiano tutte le fortune; niente problemi coi piccoli, per esempio, ma come unico compito quello di accoppiarsi e lottare (anche se scontrarsi con un altro gorilla maschio non dev’essere una passeggiata...). EVOLUZIONE ESPLOSIVA. Queste spe cie, tuttavia, sono distanti circa 7 8 mi lioni di anni dai nostri veri antenati. E per noi uomini in tutto questo tempo la situazione è cambiata parecchio. Che cosa è accaduto? Che il “modello” uma no si è staccato da quello dei nostri cu gini, passando per molte altre tappe. La conquista della stazione eretta prima e la rapidissima evoluzione culturale poi
hanno decisamente cambiato i rapporti tra i sessi, e la differenza di dimensioni tra maschi e femmine (il “dimorfismo sessuale”) è diventata un po’ meno rile vante. Se Lucy (una femmina di Austra lopithecus afarensis, che visse da 3 a 2 milioni di anni fa) era molto più picco la dei maschi, nei millenni successivi la disuguaglianza è diminuita. Non si può però dire che il rapporto tra i sessi fosse paritario perché i maschi erano (come ora) più robusti delle femmine. E proba bilmente dominavano il gruppo. PROSPETTIVE CONTRO. Che si parli di
gorilla, scimpanzé o umani, però, la do manda resta sempre la stessa: come mai in tutte le specie gli esemplari dei due sessi sono così diversi tra di loro? La ri sposta, dicono gli evoluzionisti, sta in un’idea fondamentale: maschi e femmi
Una storia di conflitti
DUE CUGINE. La studiosa di scimpanzé Jane Goodall e la mano di un suo “amico” della giungla.
Michael Nicols/National Geographic
Anche milioni di anni fa, uomini e donne avevano interessi differenti.
ne hanno sì un obiettivo comune, e cioè la riproduzione, ma lo perseguono con strategie differenti. È quello che i biolo gi chiamano “investimento parentale”: nei mammiferi è inferiore per i maschi, superiore per le femmine. I primi devono spendere ben poca fatica per accoppiar si. Per le femmine, al contrario, senza contare le calorie per produrre le uova, la gravidanza e l’allevamento dei piccoli rappresentano un enorme dispendio di energia, dice ancora Geary. I maschi, di conseguenza, sono poco at tenti alla scelta del partner; se “sbaglia no” femmina, hanno sprecato poco. La controparte, invece, deve essere mol to più accorta. Fare figli la terrà impegna ta per lungo tempo, e se il padre prescelto ha i geni “sbagliati” risulterà tutto tempo sprecato: la prole avrà meno successo di quella di una femmina che ha scelto il
maschio giusto. Sembrerebbe quindi che, a parte casi particolari, dal punto di vista della riproduzione essere maschi sia in effetti più comodo. Anche se va te nuto conto degli errori, dei tradimenti, delle scappatelle. La femmina potrebbe avere un figlio da un maschio “perfetto” (il vicino di tana per esempio), allevato e curato da uno meno attraente, il compa gno fedele... TEORIA E PRATICA. Fin qui, la teoria. Che
cos’è accaduto in pratica nella nostra sto ria evolutiva? Come si è svolto il conflitto maschio/femmina nei quattro milioni di anni trascorsi tra l’avvento degli austra lopitechi e l’Homo sapiens? Il momento che ha cambiato le cose, il punto di partenza in cui ci siamo distinti dal misterioso “antenato comune”, è sta ta la stazione eretta, che ha permesso di
sfruttare un ambiente nuovo, la savana alberata, ma ha anche avuto un’altra con seguenza importante quanto inaspetta ta: ha nascosto al partner l’ovulazione. Le femmine delle scimmie di foresta, come gli scimpanzé, quando cammina no a quattro zampe mostrano in modo esplicito se sono ricettive sessualmente. Nelle specie che hanno condotto all’uo mo, invece, la femmina sta in piedi ed è perciò impossibile sapere se si trova in un periodo adatto per l’accoppiamento. Il maschio, per assicurarsi di diventa re padre, dovette perciò rimanere più a lungo con la “sua” femmina, e iniziare un rapporto quasi monogamo. Da lì all’aiu tare ad allevare i piccoli il passo fu breve. Meno libertà di andarsene, più monoga mia, e il suo “potere” sulle femmine in parte scemò. Nel frattempo, secondo gli antropologi, anche i combattimenti con gli altri maschi diminuirono perché la società si trasformò. A quell’epoca l’umanità era composta da gruppi folti, in cui la divisione del la voro (i maschi cacciavano e le femmine raccoglievano la vegetazione), benché presente, era meno netta di quanto non pensassero gli studiosi fino a pochi anni fa. Uomini e donne svolgevano quasi gli stessi compiti. E se il vero potere rimase nelle mani dei maschi, più forti fisica mente, ciò avveniva in modo molto atte nuato rispetto alle scimmie. CLASSI SOCIALI. Come siamo arrivati allora alla situazione odierna, in cui ci sono società monogame almeno formal mente, altre poligame, alcune (poche) in cui le donne sono rispettate e altre (mol te) in cui invece sono sottomesse, se non vessate? La colpa, come spesso accade nella storia umana, è dello sviluppo dell’agricoltura (“appena” 10mila anni fa) e della cultura. Che hanno creato e stratificato le classi sociali, dato definiti vamente il potere in mano agli individui più forti fisicamente (e quindi anche cul turalmente dominanti), che nella mag gior parte dei casi furono gli uomini. E ha nuovamente esasperato la naturale di versità tra i sessi. Fino a far esplodere le differenze di genere in migliaia di società sul nostro pianeta. Marco Ferrari
Novembre 2015 Focus | 99
Tecnologia
L’hi-tech che fa gol a tutti
Spara-palloni robotici, droni, software per l’analisi delle tattiche: sono le nuove armi degli allenatori di calcio per guidare le squadre alla vittoria.
TSG 1899 Hoffenheim
CARICATO A... PALLONI! Uno degli 8 “cannoni” che hanno il compito di sparare palloni all’interno di Footbonaut, una macchina pensata per migliorare le prestazioni dei calciatori.
Aled Llywelyn/Athena (2)
DALL’ALTO. Ma la grande star dei campi di allenamento, al momento, sono i dro ni, impiegati in Italia dal Napoli e dall’In ter: «Ne abbiamo sperimentato uno du rante il ritiro estivo a Brunico», racconta Michele Salzarulo, che all’Inter ricopre il ruolo di match analyst (un assistentetattico dell’allenatore). «Il vantaggio di usare un quadricottero», spiega Salzaru lo, «è che puoi vedere, in diretta sull’iPad o a fine allenamento al computer, i gio catori ripresi da un punto di vista unico. Si può impostare il drone affinché copra una precisa zona del campo, in modo da osservare, per esempio, i movimenti del la linea difensiva nell’insieme. O, al con trario, fargli seguire per tutto il tempo uno stesso giocatore. Nei campi più gran di come quelli dove ci alleniamo tutto l’anno», conclude Salzarulo, «per realiz zare le riprese dall’alto usiamo “teleca mere tattiche” installate sulle tribune». CHI DORME, VINCE. Droni, telecamere
tattiche, oltre a esercitazioni con gps e accelerometri, sono il pane quotidiano pure per i calciatori dello Swansea City, la squadra (gallese) del campionato in glese di Premier League, che ha addirit tura uno staff di esperti in “scienza dello sport” che non lasciano nulla al caso. Le
prestazioni dei calciatori sono analiz zate, pure qui, con i gps, e i dati ottenuti vengono usati per scoprire se qualcuno tira indietro la gamba e per disegnare programmi di allenamento personaliz zati, oltre che per ridurre il rischio di infortuni. A proposito, per prevenire le lesioni dei muscoli flessori della coscia (un inconveniente diffuso tra i calcia tori), dall’Australia è stata importata una macchina non ancora in commercio (Nord Bord) che consente di eseguire esercizi che rinforzano le gambe degli atleti in modo pressoché simmetrico: è stato infatti ipotizzato che proprio uno squilibrio di forze nei due arti inferiori possa predisporre a questo genere di in fortunio. E persino il riposo, nei calcia tori, viene studiato al microscopio: «Per ottenere il massimo sul campo», sostiene Jonny Northeast, capo degli “scienziati” della squadra, «è necessario che gli atleti dormano bene. Per questo facciamo in dossare loro dei braccialetti-sensore per monitorare la qualità del sonno». Duran te la preparazione al campionato, la so cietà ha addirittura messo a disposizione dei suoi calciatori 30 snoozebox: si tratta di “mini hotel portatili” (ricavati da con tainer rimessi a nuovo) dotati di letto e doccia, per l’occasione installati diretta
mente sul campo, in modo da consentire al team – mancando un albergo nei din torni – di fare il pisolino tra la sessione del mattino e quella pomeridiana. Quali i frutti di tali spiegamenti di forze? Lo Swansea, per esempio, naviga a metà classifica di Premier League, ma pur sempre dietro le “grandi”; in Germania il Borussia continua a inseguire gli storici rivali del Bayern, mentre l’Hoffenheim, nonostante Footbonaut, annaspa a fon do classifica. Perché scienziati e tecnolo gi saranno pure utili, ma forse per vince re servono ancora i campioni. Roberto Graziosi
54% La riduzione degli infortuni muscolari nei calciatori del Barcellona da quando è stato adottato il sistema per monitorare con il gps l’allenamento.
Novembre 2015 Focus | 105
Mistero
ANCORA PIÙ GIÙ. Una galleria a Walim, vicino Wałbrzych, sotto la quale potrebbe nascondersi, a otto metri di profondità, uno dei favoleggiati treni dei nazisti. Alcuni testimoni dicono che in questa zona i treni partivano... e talvolta sparivano nel nulla. A destra, treno corazzato tedesco durante la guerra.
108 | Focus Novembre 2015
Swiebodzice Castello di Ksiaz
Swidnica
WAŁBRZYCH CRACOVIA Wałbrzych
Jedlina-Zdroj
Palazzo di Jedlinka Wlodarz
Gtuszyca
Jugowice Rzeczka
Sobon L.S. International
Osówka Sokolec
LA MAPPA DEL TESORO. Sopra, la mappa del Project Riese (“progetto gigante”) con, cerchiati in rosso, i sette sistemi di gallerie fatte scavare dal 1943 dai tedeschi. A destra, soldati polacchi presidiano un tratto dei binari della linea WrocławWałbrzych.
Getty Images (2)
Antigravità o atomica? Laggiù si facevano degli strani esperimenti
IL CASTELLO DEL MISTERO. Il castello di Ksiaz (Polonia), sotto il quale partono due livelli di tunnel: dovevano servire da quartier generale fortificato per Hitler.
110 | Focus Novembre 2015
è ricca di misteri. Quella del treno cari co d’oro risale alle ricerche compiute da Tadeusz Slowikowski, un minatore di 85 anni: negli Anni ’50 un uomo gli rivelò l’i nusuale posizione di due vagoni nasco sti da un’alta palizzata, fuori dalla strada ferrata principale, e posti su binari di retti verso la montagna. In seguito, un ferroviere, che alla fine della guerra era impiegato in una vicina stazione, confer mò questa storia. Secondo il ferroviere, alcuni treni partiti da Wrocław e diretti a Wałbrzych svanivano nel nulla prima di arrivare a destinazione». Dopo avere ignorato a lungo il racconto del vecchio minatore, il Governo ora ha fatto partire le ricerche, convinto dall’immagine di un’analisi fatta col georadar da Koper e Richter, che mostrerebbe la presenza del treno a otto metri di profondità. «Alcuni esperti dicono che si tratta di un falso», racconta Lamparska, ma intanto il trat to di binari tra i km 61 e 65 della linea Wrocław-Wałbrzych è stato chiuso. L’a rea è transennata, ma quando siamo stati
sul posto abbiamo visto i genieri dell’e sercito impegnati a scandagliare l’area con i georadar impiegati per le mine in Afghanistan: analizzeranno il suolo un metro di profondità alla volta, e quindi per raggiungere il treno potrebbero vo lerci mesi. Per capire come e perché un treno potrebbe essere stato nascosto sotto terra siamo andati 22 km a sud-est di Wałbrzych, per visitare la città sotter ranea di Osówka: è qui che a 45 metri di profondità si può vedere l’enorme tun nel, lungo 80 metri alto 12, che fa parte di un complesso di gallerie, di dimensioni inferiori, lungo quasi 2 km. «Qui sareb be possibile nascondere un treno e per sino un carro armato», spiega Szymon Kudlinski, guida di Wałbrzych, «e di tunnel come questo ne conosciamo al meno altri cinque nell’area circostante». Osówka fa infatti parte del Project Riese, (“progetto gigante”, ndr) avviato nel set tembre 1943 probabilmente per trasferi re nel sottosuolo le fabbriche di armi del
Terzo Reich esposte ai bombardamenti alleati: sette dedali di gallerie scavate da 13mila prigionieri ebrei polacchi, russi e italiani, alcuni in arrivo dai campi di con centramento circostanti, che nel giro di tre mesi morivano per l’immane fatica e venivano rimpiazzati. A COSA SERVIVANO? Oggi pare chiaro che i due livelli di tunnel scavati sotto il castello di Ksiaz sarebbero dovuti servi re da quartier generale fortificato per il Führer, ma resta un mistero quale fosse lo scopo degli altri (il più grande, Włodarz, poi Rzeczka, Sokolec, Jugowice, Sobon e appunto Osówka). «Non sono stati trova ti documenti in grado di spiegarlo, anche se alcune carte top secret sono conserva te negli archivi di Coblenza e Monaco e saranno rese pubbliche nel 2020», spie ga Kudlinski, «ma circolano molte leg gende in proposito: forse qui si lavorava ai missili V-2 o alla bomba atomica. E c’è persino chi dice che si ricercasse un si stema di propulsione antigravità». Cer
to è che chi partecipava alla costruzione dei tunnel di solito non aveva il tempo di raccontarlo. «Gli ingegneri polacchi che seguirono il progetto furono avvelenati dai nazisti nel palazzo di Jedlinka», rac conta Lamparska, «ed è curioso che gli stessi tedeschi lasciarono questi luoghi pochissimo tempo prima della fine del la guerra». Come se stessero lavorando a qualcosa che ne potesse cambiare le sorti o se volessero nascondere delle prove. «Inoltre la zona era disseminata di guardiani, incaricati di controllare che nessuno si avvicinasse ai luoghi sen sibili e nel caso avvertire chi di dovere», dice Kudlinski. «Qualche anno fa un an ziano che andava sempre a sedersi su una panchina vicino al castello di Ksiaz è morto, e nella sua casa è stata trovata una divisa delle SS. E se fosse stato lì per controllare che nessuno si avvicinasse a un tesoro nascosto? Il segreto, secondo alcuni, potrebbe essere rilevante ancora oggi, perché una legge stabilisce che dal maggio 2016 i cittadini europei potran Novembre 2015 Focus | 111
Wikimedia commons
IL SEGRETO NEL BUCO. La città sotterranea di Osówka, uno dei sette sistemi di gallerie fatte scavare dai nazisti: da qui parte un tunnel lungo 80 metri e alto 12, dove sarebbe possibile nascondere un treno.
Visioni dal futuro
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Skatepark multipiano Il paradiso della “tavola”
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È un innovativo centro per sport “urbani”. Con rampe per evoluzioni su skateboard e bici. Ma anche pareti per arrampicata. A cura di Elisabetta Intini 120 | Focus Novembre 2015
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BOXE E TERRAZZA. Nell’ingresso è previsto un bar (1), mentre nel sotterraneo ci sarà un ring per il pugilato (2). I piani superiori invece saranno dedicati alle rampe (3), punteggiate da colonne dalla base inclinata, permettendo evoluzioni sia con lo skateboard sia con la Bmx. Saranno presenti anche muretti, che riproducono l’ambiente urbano dove si pratica lo skateboard. Una parete di arrampicata alta 11 m si svilupperà tra i piani (4). E in cima ci sarà una terrazza panoramica (5).
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1.000
METRI QUADRATI. La superficie totale dell’edificio: dovrà sostituire il vecchio skatepark della città, rimpiazzato da un complesso residenziale.
CHIUSO E APERTO. Il piano terra avrà pareti di vetro (6). Una rete metallica a maglia fine avvolgerà invece i piani superiori (7): è studiata per far filtrare la luce diurna ma non la pioggia, benché lo spazio resti “aperto” e non riscaldato. Pannelli solari forniranno energia ai tre piani di piste e alla terrazza. L’edificio, che potrà accogliere 1.000 persone contemporaneamente, dovrebbe essere completato in tempo per il prossimo Folkestone Triennial del 2017, una manifestazione artistica che si svolge in città.
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Ipa (3)
TUTTO IN UNO. Il suo progettista, l’architetto britannico Guy Hollaway, lo ha definito il primo al mondo: uno skatepark a più piani pensato per i giovani di Folkestone, in Gran Bretagna. Un edificio ideato per “compattare” in un’unica struttura coperta spazi dedicati a skateboard, Bmx e anche arrampicata, che potrà essere usato da ragazzi e appassionati di tutti i livelli. Il progetto da 9,8 milioni di €, dello studio Guy Hollaway Architects, è finanziato da Roger De Haan. Vuole recuperare l’area di una vecchia sala bingo, in centro.
Novembre 2015 Focus | 121
Scienza
Ssssh... Silenzio!
Ci mette in pace col mondo e con noi stessi. In molti lo cercano, ma chi lo ha trovato giura che è insopportabile.
ONDE SONORE. Un molo sul Mare del Nord. I suoni della natura sono ovunque.
CACCIATORI DI QUIETE. Qualsiasi ango lo del pianeta è rumoroso. E non solo perché i suoni della natura sono dap pertutto. La scoperta più sorprendente che hanno fatto i cultori della materia, che girano il mondo in lungo e in largo a caccia di luoghi silenziosi, è che non esi ste un solo posto, né in terra né in mare, invulnerabile al rumore delle nostre tec nologie. Persino nel centro della foresta amaz zonica – osserva Gordon Hempton, eco logo ed esperto di acustica statunitense – si possono sentire gli aerei di linea, che anche alle quote più elevate producono un rombo che giunge alle nostre orecchie qualche minuto dopo il passaggio, e di cui normalmente neppure ci accorgiamo. Solo alcune zone dell’Antartide non sono sorvolate da rotte commerciali. Ma nel periodo in cui il continente ghiacciato è visitabile, e nei luoghi normalmente
Getty Images
I
rraggiungibile, prezioso. Persino sa cro, per i monaci che fanno voto di non proferir parola, e certamente ri lassante per tutti gli altri. In un mon do che alza il volume, il silenzio ha un va lore inestimabile. Nei proverbi “è d’oro”, e se qualcosa lo turba si dice che ha “rotto il silenzio”, come se avesse mandato in frantumi un vaso di cristallo. Impossibile da definire – nei vocabolari è “assenza di suoni”, ma nessuno sa spie gare che cosa sia davvero – il silenzio è degno per alcuni di profondo rispetto. Quando si dedicava a un nuovo brano, il musicista John Cage affermava di farlo «in modo da non disturbare il silenzio che già esiste»; il poeta Giacomo Leo pardi riempiva il suo Infinito di «sovru mani silenzi e profondissima quiete». Immaginandoli soltanto, però. Perché il silenzio assoluto non esiste. E se esistes se, come vedremo, sarebbe intollerabile.
accessibili, arriva comunque l’eco degli insediamenti umani. In mancanza di posti in cui la nostra trac cia acustica sia nulla, gli amanti del si lenzio hanno quindi cercato quelli dove, perlomeno, è minima. Armato di regi stratore, Hempton ha girato gran parte degli Usa per individuarli, e ha compilato una speciale lista, che tiene però in parte segreta, in cui figurano per lo più parchi naturali e riserve. In Inghilterra, l’Asso ciazione per la difesa dell’ambiente rura le sostiene che le immediate vicinanze di una base militare del Northumberland, a nord del Paese, siano le più quiete del Regno, e che qui si possa stare davvero in pace, a patto di evitare i periodi in cui si svolgono le esercitazioni militari. PAESAGGI NORDICI. In modo più siste
matico, l’Agenzia europea per l’ambien te (Aea) ha disegnato una vera e propria
Whittaker/The New York Times/Contrasto
A PASSI FELPATI. Un monastero cistercense. Qui vige il voto del silenzio.
Non possiamo isolarci dal suono prodotto dalle nostre tecnologie; la loro eco ci raggiunge in ogni angolo della Terra carta geografica del silenzio, mettendo assieme i dati socioeconomici, quelli sull’uso del suolo e le mappe dell’in quinamento acustico che tutti gli Stati europei dovrebbero compilare (e sulle quali l’Italia è un po’ indietro). In cima alla lista dei Paesi virtuosi svetta l’Islan da, dove il 95% del territorio è silen ziosissimo, seguita da Norvegia (91%), Svezia e Finlandia (82% per entrambe). Quest’ultima, peraltro, è stata il primo Paese a dare un valore anche economi co al silenzio, facendone il centro di una campagna di promozione turistica, ini ziata nel 2010 e tuttora in corso: “Silence, please” (silenzio, per favore) è uno degli slogan che campeggiano sul sito internet
QUANDO IL RUMORE NUOCE ALLA SALUTE INQUINAMENTO. 125 milioni di europei sono esposti a livelli di rumore eccessivi, collegati ogni anno a 10.000 morti premature, 43.000 ricoveri e ben 900.000 nuovi casi di ipertensione. Lo rileva l’Aea, che sottolinea anche che il primo responsabile dell’inquinamento acustico è il traffico, seguito (a molta distanza) da ferrovie e aeroporti. Per sanare la situazione, nel 2002 l’Europa ha approvato una direttiva, recepita dall’Italia nel 2005, che prevede come primo passo la realizzazione di mappe che individuino le fonti di inquinamento sul territorio. Il nostro Paese è però indietro: in 10 anni, appena il 50% della superficie è stato valutato, con punte prossime alla copertura totale in Valle d’Aosta, Toscana e Marche, e inferiori al 5% in provincia di Bolzano e in Sicilia.
124 | Focus Novembre 2015
visitfinland.com, ed è anche uno dei più apprezzati. Nella classifica dell’Aea, l’Italia è circa a metà, con il 53% del territorio abba stanza tranquillo, ma solo il 3% davvero silenzioso, localizzato per lo più sull’arco alpino. Un censimento del nostro terri torio, basato per ora su segnalazioni spontanee, è stato avviato anche dall’Ac cademia del silenzio di Anghiari (Arez zo), nata cinque anni fa e il cui scopo è diffondere la cultura del silenzio. Nell’e lenco (provvisorio) dei luoghi a basso volume non mancano le sorprese: c’è il Naviglio Grande di Milano, alcune isole veneziane, la città di Ravenna. Nicolet ta Polla-Mattiot, che ha fondato l’Acca demia con il filosofo Duccio Demetrio, spiega perché: «È facile cercare la quie te in alta montagna, ma noi vogliamo trovarla nei luoghi della quotidianità. In una fase successiva verificheremo le segnalazioni e alle località davvero me ritevoli assegneremo la “piuma blu”, un riconoscimento analogo a quello che le associazioni ambientaliste danno ai ter ritori meglio preservati». IL CERVELLO NON TACE MAI. Ma perché
cerchiamo il silenzio? Il nesso fra la pace dei timpani e la possibilità di rilassarsi
PAUSA OPPORTUNA. Chi sa parlare usa il silenzio per ascoltare e per dare valore a ciò che dice.
è intuitivo: nessuno è mai davvero calmo in mezzo al fracasso. Studi su volontari che hanno trascorso qualche tempo sen za fare nulla, in stanze molto silenziose, hanno dimostrato che, in queste condi zioni, il cervello entra in una modalità di lavoro di default, nella quale l’attività di una rete di neuroni, situati nella cortec cia prefrontale, prevale su tutte le altre. In questo spazio prezioso, quando i pen sieri non si focalizzano su nulla, si raffor za la consapevolezza di sé, si organizzano le conoscenze e le nozioni apprese, si raf forza la personalità. Di recente anche altre ricerche hanno dato una dignità nuova al rapporto fra cervello e silenzio. Se infatti prima del 2010 si pensava che l’assenza di suoni corrispondesse banalmente all’inattività dei neuroni deputati all’ascolto, quell’an no uno studio pubblicato su Neuron e condotto da Michael Wehr, all’Univer IL VIAGGIO DI SUONI E SILENZI L’orecchio percepisce i suoni e tramite il nervo acustico invia i segnali alla corteccia uditiva. Qui, alcuni neuroni si attivano solo se una pausa di silenzio interrompe musica o brusii. corteccia uditiva
nervo acustico
BSIP/Getty Images
timpano
coclea
126 | Focus Novembre 2015
Reuters/Contrasto
Negli Usa, una camera anecoica che assorbe il 99,99% dei suoni è il luogo più silenzioso al mondo
sità dell’Oregon, ha invece scoperto che nella corteccia uditiva esistono cellule nervose che si accendono quando una pausa silenziosa interrompe una musica o un brusio. Queste cellule sono distinte da quelle che percepiscono i rumori, e secondo i neurologi sono fondamentali per interpretare il mondo sonoro che ci circonda. Nell’uomo, sono essenziali a comprendere la musica e il linguaggio: che cosa capiremmo di un discorso se non percepissimo ben distinte le pause fra una parola e la successiva? Per questo, agli attori e a chi deve abi tuarsi a parlare in pubblico si insegna a scandire bene le parole. Ma si insegna anche ad allungare le pause, per dare ri salto a ciò che si sta dicendo. «Il silenzio è uno strumento di comunicazione poten tissimo», spiega Nicoletta Polla-Mattiot. «Per esempio, un buon conferenziere aspetta prima di iniziare a parlare per attrarre l’attenzione su di sé. Il silenzio poi può creare la suspense, o può far intendere una cosa senza che sia detta, dandole forza». COME IN UN FILM HORROR. Esiste tut tavia una soglia che non va oltrepassa ta: paradossalmente, infatti, il silenzio assoluto è intollerabile. Tanto che, per non venire sopraffatti dall’assenza di suoni nello spazio, gli astronauti della Nasa fanno un addestramento speciale in camere anecoiche, nelle quali mate riali fonoassorbenti e isolanti annullano (o quasi) qualsiasi rumore. Queste stes se camere sono state utilizzate per spe rimentare le reazioni di persone comuni
al silenzio assoluto, con risultati degni di un film horror: nel 2008, in Brasile, alcuni volontari chiusi lì dentro hanno iniziato ad avvertire insopportabili fi schi nelle orecchie, analoghi a quelli che avverte chi soffre di tinnito, un disturbo tutt’altro che piacevole. Ma a vivere l’incubo peggiore sono stati coloro che hanno accettato di entrare nella camera anecoica degli Orfield La boratories di Minneapolis (Usa), che as sorbe il 99,99% dei suoni ed è considera ta il luogo più silenzioso del Pianeta. Alcuni riescono a restarci solo per qual che secondo; chi ha resistito un quarto d’ora è uscito in preda a claustrofobia, nausea, attacchi di panico, allucinazioni uditive. Il record di permanenza, di ben 45 minuti, spetta allo scrittore George Foy, cultore dei luoghi silenziosi e autore di un saggio che, non certo a caso, si chia ma Zero decibel. Persino lui però ha tro vato poco confortevole l’isolamento acu stico totale: «Dopo poco ho iniziato a sentire il rumore della mia respirazione, così ho trattenuto il respiro. Allora è di ventato chiaro il battito del cuore – e per eliminarlo non potevo fare nulla. Via via che i minuti passavano, ho iniziato ad av vertire il sangue che scorreva nelle vene. Ho aggrottato le sopracciglia e ho sentito il mio scalpo che si muoveva sulle ossa del cranio». Poi Foy ha provato a rilassar si, e afferma di esserci riuscito. Uscendo dalla stanza ha però dovuto ammettere che la sua ricerca del silenzio perfetto era destinata a fallire, perché «il silenzio as soluto si può sentire solo da morti». Margherita Fronte
Comportamento
Qui c’è un errore. Umano Sembrava andare tutto bene, ma... all’improvviso, un disastro. Perché? Spesso la colpa è del cervello: ecco 7 modi in cui può andare “in tilt”.
132 | Focus Novembre 2015
Los Angeles Times/Getty Images
1. PREGIUDIZIO DELLA CONFERMA
NEL GOLFO DEL MESSICO. Recupero di una barriera usata per contenere il petrolio fuoriuscito dalla piattaforma Deepwater Horizon, nel 2010. Il disastro fu causato da un errore umano.
Reuters/Contrasto
La nostra mente fa fatica ad abbandonare i vecchi schemi QUANDO L’IMPIANTO di perforazione petrolifera Deepwater Horizon della Bp esplose nel Golfo del Messico, nel 2010, le fiamme furono visibili a 50 km di distanza (v. foto sopra e a sinistra). Lì, in precedenza, il personale aveva testato il sigillo di cemento di un pozzo appena scavato, prima di rimuovere il tubo di perforazione lungo 1,5 chilometri. Il responso fu che il sigillo non era sicuro, e che l’operazione avrebbe potuto comportare un’esplosione... Perché, allora, nessuno se ne preoccupò? Andrew Hopkins della Australian National University di Canberra (Australia), che si occupa di analisi di disastri, spiega che i tecnici usavano il test soltanto per confermare che il pozzo era sigillato, non per valutare se il sigillo fosse sicuro o meno. La loro riluttanza ad accettare il risultato non è insolita: molti di noi hanno difficoltà a credere a ciò che contraddice quello che già pensiamo. Gli psicologi lo chiamano bias (pregiudizio) di conferma. Da cosa deriva? Michael Frank, neuroscienziato alla Brown University di Providence (Stati Uniti), spiega che questo pregiudizio può avere una base fisiologica nella dopamina, un neurotrasmettitore che nel cervello funziona come segnale di
ricompensa. La dopamina agisce sulla corteccia prefrontale, spingendoci a ignorare le evidenze che vanno contro le nostre esperienze di lunga data. In un’altra parte del cervello, lo striato, il neurotrasmettitore ha l’effetto opposto: i suoi livelli si alzano in risposta a nuove informazioni, portandoci a considerarle. C’È CHI È “IMMUNE”. Nella maggior parte di noi, il risultato netto è quello di favorire le nostre convinzioni sedimentate. Ma gli esperimenti di Frank mostrano che alcune persone hanno un gene che favorisce l’effetto opposto, e sono quindi meno suscettibili al pregiudizio di conferma. Dovremo arrivare a uno screening genetico per trovare gli individui più adatti a prendere decisioni in situazioni ad alto rischio? Probabilmente non è una buona idea, almeno non ancora, dice Frank. Un singolo gene, infatti, non permette di prevedere l’intera gamma di comportamenti che una persona può manifestare, sotto pressione o meno. Ma qualcosa si potrebbe fare comunque. Per esempio, le aziende potrebbero assumere un “avvocato del diavolo”, con il compito di proporre una contro-argomentazione che costringa chi deve prendere una decisione importante a considerare i punti di vista alternativi. J.H.
Novembre 2015 Focus | 133
2. PARALIZZATI
L’istinto? Si deve evolvere LA PAURA SI È EVOLUTA come meccanismo di sopravvivenza: in presenza di un pericolo, il cuore accelera ed entra in circolo il cortisolo, l’ormone dello stress, permettendo ai muscoli di accedere a fonti di energia supplementare. Ma il cortisolo abbatte anche le funzioni cognitive come la “memoria di lavoro”, che ci permette di elaborare le informazioni e prendere decisioni, e la “memoria dichiarativa”, la nostra capacità di ricordare fatti ed eventi. In termini evolutivi, questo ha un senso: «Se scappi da una tigre, non è tanto importante ricordare poi come hai fatto», dice Sarita Robinson, neuropsicologa alla University of Central Lancashire a Preston, Uk. Ma nel mondo moderno la destrezza cognitiva può essere più importante delle gesta fisiche. IN AUTOMATICO. Il cortisolo, comunque, non spegne la “memoria procedurale”, che ci consente di svolgere automaticamente attività come camminare o slacciare una cintura di sicurezza. Ma, se non si è addestrati, si rischiano comportamenti inadeguati. In esperimenti di evacuazione da un elicottero sommerso dall’acqua (foto), Robinson ha notato che i passeggeri intrappolati tentavano di aprire la cintura dal lato, come farebbero in auto, invece che dal centro, dove si trovava la chiusura. «Non erano in grado di sviluppare in tempo un nuovo comportamento», nota. Questo può spiegare quanto accadde nel 1994, quando la MS Estonia, un traghetto diretto a Stoccolma, affondò provocando la morte di 852 persone su 989. Secondo il rapporto ufficiale, quando la nave si inclinò, alcuni passeggeri rimasero “pietrificati”. La soluzione? Esercitarsi a gestire l’imprevisto, inserendo più eventi inaspettati nelle esercitazioni pratiche. Come nell’addestramento dei piloti d’aereo. S.V.G.C.
134 | Focus Novembre 2015
3. FISSARSI SUL DETTAGLIO
Troppa concentrazione ci rende ciechi all’imprevisto
NEL 2005, A 37 ANNI, ELAIN BROMILEY fu ricoverata per un piccolo intervento alle cavità nasali. Quando ebbe un’ostruzione alle vie respiratorie, tre medici cercarono di inserirle un tubo in gola. Non riuscendoci, avrebbero dovuto effettuare una tracheotomia, cioè inciderle la trachea in modo che potesse respirare. Invece continuarono i tentativi di intubarla, senza accorgersi che la paziente era in carenza di ossigeno. Elaine non si svegliò più. Questo tipo di errore, che potremmo definire “di fissazione”, è stato evidenziato in un celebre esperimento del 1999 dagli psicologi Daniel Simons e Christopher Chabris. I due hanno chiesto ad alcuni volontari di contare quante volte un gruppo di persone in un video si passava un pallone da basket. Nel filmato, a un certo punto, appariva una donna vestita da gorilla che si batteva il petto. Ma i volontari erano così assorti sul pallone che metà di essi non se ne accorse nemmeno. «Abbiamo una grande capacità di concentrare l’attenzione sulle cose che ci interessano o sono rilevanti per il nostro compito», spiega Simons. Ma a volte ci sfugge qualcos’altro. Lo sanno bene le compagnie aeree, che hanno affrontato il problema incoraggiando i membri dei loro equipaggi a comunicare tra loro: prima la cabina di pilotaggio tendeva a essere gerarchica, e l’equipaggio a volte non osava far notare al capitano quando faceva qualcosa di sbagliato. Le stesse dinamiche si possono verificare in sala operatoria. IL RIMEDIO? UNA CHECK-LIST. Durante l’intervento su Elaine, diversi infermieri avevano notato che la donna stava diventando cianotica, ma non si sentirono di suggerire ai medici quello che avrebbero dovuto fare. Martin, il marito di Elaine, è un pilota, e si è reso conto che le procedure di sicurezza aerea potevano essere utili anche in sala operatoria. In particolare l’uso di check-list: l’équipe medica si presenta e conferma oralmente i passaggi chiave dell’intervento che sta per essere eseguito. Uno studio dell’Università di Toronto, in Canada, ha mostrato che le check-list riducono di due terzi la cattiva comunicazione, causa principale degli errori. P.S.
4. ANDARE IN STAND-BY
Alamy/Ipa
Di fronte alla monotona routine, la mente tende a divagare
Eleanor Bentall/Corbis
La guida in auto spesso è troppo... automatica
CHIUNQUE GUIDI una macchina ha provato questa sensazione: ti ritrovi in un tratto di strada tranquillo e il pensiero va a una cena o a una festa imminente. Non appena l’ambiente diventa prevedibile, sicuro o noioso, la mente inizia a vagare. «Dopo circa 15 minuti, troviamo irresistibile iniziare a pensare ad altro», dice Steve Casner della Nasa. Sognare a occhi aperti provoca però deragliamenti di treni, incidenti aerei e, secondo uno studio del 2012 di alcuni ricercatori francesi su circa 1.000 guidatori, circa la metà di tutti gli incidenti stradali (nella foto sotto, un incidente realmente avvenuto a Pittsburgh, Usa). Quando i nostri pensieri vanno alla deriva, entra in funzione un insieme di strutture cerebrali conosciuto come “rete della modalità di default”. Che cosa faccia esattamente è tuttora poco chiaro, ma sembra giocare un ruolo importante nel contribuire a organizzare i nostri pensieri e a pianificare le nostre azioni future, sostiene Johnny Smallwood dell’Università di York, nel Regno Unito. Ma ciò non è detto che sia utile quando, per esempio, si stanno guidando mezzi pesanti. Per fortuna esistono alcune strategie che è possibile utilizzare per tenere concentrata la mente su un
compito specifico. Una è quella di essere consapevoli del proprio orologio biologico. Le ricerche suggeriscono che le persone mattiniere prestino attenzione più a lungo nella prima parte della giornata, mentre i nottambuli sono più portati a rimanere concentrati di sera. E chi guida può rendersi conto che quando si percorre una strada non conosciuta la concentrazione è più elevata del solito. SVEGLIATI! Uno studio recente ha anche scoperto che le persone che guidano su un percorso che utilizzano abitualmente tendono a stare più vicino alla macchina davanti a loro e sono meno attente ai pedoni, effetti che i ricercatori hanno attribuito al sognare a occhi aperti. Anche il consumo di gomme da masticare e caffeina ha dimostrato di aiutare le persone a rimanere concentrate su compiti noiosi. I ricercatori stanno esplorando un altro aspetto: allertare i guidatori quando la loro attenzione è in calo. Alcune case automobilistiche si stanno muovendo in questa direzione: lo scorso giugno, per esempio, Jaguar ha annunciato un progetto di ricerca per monitorare le onde cerebrali dei conducenti in cerca dei segnali che indichino una perdita di concentrazione. J.H.
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5. PREGIUDIZIO SUL RISULTATO
UN DIRETTORE DI VOLO DELLA NASA, il 23 gennaio 2003, scrisse una mail da Houston agli astronauti dello shuttle Columbia (nella foto sotto, il lancio), comunicando loro che un pezzo di schiuma isolante si era staccato dal serbatoio del carburante durante il decollo e aveva colpito un’ala della navetta. «Abbiamo visto questo stesso fenomeno su diversi altri voli e non vi è assolutamente nulla di cui preoccuparsi per il rientro», scrisse. Nove giorni dopo, il Columbia si disintegrò nell’atmosfera, distrutto dall’aria rovente infiltratasi attraverso l’ala danneggiata. Come può la Nasa, un ente scientifico di super esperti, aver notato un problema più e più volte e non avergli prestato alcuna attenzione particolare? FERMATI E PENSA. La nostra tendenza a ignorare i segnali di pericolo è qualcosa che Robin Dillon-Merrill, alla Georgetown University di Washington (Usa), ha indagato per anni. «Fino a quando le cose vanno bene, gli esseri umani spesso hanno molte difficoltà a riflettere criticamente sui disastri sfiorati o sui propri errori. È un fenomeno noto come outcome bias, pregiudizio sul risultato», dice. «Le persone riconoscono le cose chiaramente sbagliate», continua. «Ma di fronte a cose sbagliate di poco conto, se si ottengono buoni risultati comunque, tendiamo a ignorarle sempre di più». È solo quando la catastrofe colpisce, che ci svegliamo. Perché siamo così sedotti dal successo? In uno studio del 2012, Tali Sharot e colleghi dello University College di Londra hanno trovato una correlazione tra la nostra tendenza a un ottimismo irreale e il livello di dopamina nel cervello. Da un punto di vista evolutivo, dice Sharot, forse è stato vantaggioso. «Aumenta la motivazione. Se pensi di avere ottime probabilità di successo, è più probabile che tu ti avventuri in esplorazioni», spiega. Per gestire questo pregiudizio, Dillon-Merrill ha un suggerimento per aiutarci a prendere nota dei dettagli negativi. «Un collega della Nasa tiene un workshop che chiama “fermati e pensa”». L’obiettivo? Valutare un processo prima che il risultato sia noto. «Perché, se sai il risultato, sarai prevenuto». C.B.
6. NON SIAMO ROBOT
Capirsi con le macchine
Getty Images
Con il Columbia si poteva evitare il disastro?
Reuters/Contrasto
Fino a quando tutto va bene, trascuriamo le anomalie
136 | Focus Novembre 2015
UNO DEI PEGGIORI incidenti provocati dal fuoco amico che hanno coinvolto le truppe Usa in Afghanistan fu causato da una batteria scarica. Nel 2001, un membro delle forze speciali statunitensi inserì le coordinate di una postazione talebana in un Gps e stava per trasmetterle a un bombardiere B-52 quando la batteria del dispositivo si scaricò. La sostituì e inviò la posizione. Senza rendersi conto che, al riavvio, il dispositivo aveva impostato automaticamente le coordinate della propria posizione. Una bomba di 900 kg fu lanciata sulla postazione di comando americana, uccidendo lui e altri sette compagni.
7. PENSIERO COLLETTIVO
Siamo portati a uniformarci
In un mondo sempre più automatizzato, le incomprensioni tra uomo e macchine sono un problema serio, dice Sarah Sharples, ricercatore all’Università di Nottingham (Uk). Parte della sfida è rendere facile agli esseri umani cogliere ciò che i computer vogliono dire; in altre parole, presentare le informazioni in modo chiaro. L’unità Gps in Afghanistan fu criticata per la sua scarna interfaccia: i soldati si lamentarono che la sua lettura era difficile nel trambusto della guerra. INCOMPRENSIBILE. La confusione tecnologica ha contribuito ad altri incidenti importanti, come quello dell’aereo della Turkish Airlines che si è schiantato in fase di avvicinamento all’aeroporto di Amsterdam, nel 2009. Un altimetro difettoso indusse il computer di bordo a far rallentare l’aereo, come se fosse sul punto di atterrare, quando in realtà si trovava ancora a oltre 300 metri da terra. La prima indicazione di questa modalità di “manetta automatica” era stata una parola apparsa, in piccolo, sul monitor di volo: “Rallentamento”. Che i piloti non notarono. Nel 2013, il volo 214 della Asiana Airlines si schiantò in fase di
avvicinamento a San Francisco; uno dei motivi fu che i piloti non erano stati addestrati a sufficienza per comprendere come il complesso computer dell’aereo si sarebbe comportato in determinate situazioni. Parte del problema, spiega Michael Feary, psicologo della Nasa, è l’uso di una lingua “da ingegnere” sugli schermi dei computer di volo. «Dobbiamo migliorare le interfacce sui moderni aeroplani». È un problema che stiamo solo ora cominciando a comprendere e ad affrontare. Nadine Sarter, dell’Università del Michigan ad Ann Arbor, e suoi colleghi della società tecnologica Alion, per esempio, hanno lavorato su un software finanziato dalla Nasa che controlla i progetti degli strumenti delle future cabine di pilotaggio cercandone i difetti. Una delle cose che controlla è che le informazioni cruciali del volo siano presentate in modo chiaro. «Usiamo ciò che abbiamo imparato in passato», dice Sarter, «per poter prevenire gli incidenti piuttosto che spiegare, dopo, come siano avvenuti». S.V.G.C.
È NOTO CHE LA GENTE tende a uniformare le proprie opinioni a quelle della maggioranza. Nel 2011, Jamil Zaki, psicologo della Stanford University (California), e colleghi ne hanno scoperto il motivo. Dipende dalla corteccia prefrontale ventromediale, una parte del centro della ricompensa del cervello, che si “accende” quando ci imbattiamo in qualcosa che ci piace. Il team di Zaki ha scoperto che si attiva anche quando ci viene detto ciò che pensano gli altri. E più si attiva, più indirizza la nostra opinione verso quella della maggioranza. MEGLIO DUBITARE. Nella vita quotidiana la conformità può essere utile, perché fa sì che gli altri servano da guida in situazioni non familiari, sostiene Lisa Knoll, neuroscienziata dell’University College di Londra. Ma può anche essere pericolosa. Knoll ha pubblicato uno studio in cui ha chiesto di votare quanto fosse rischioso scrivere un Sms mentre si attraversa la strada, guidare senza cinture e così via. Dopo aver visto i voti degli altri, tutti spostavano i loro verso quelli della maggioranza, anche se significava abbassare la loro stima iniziale del rischio. Un meccanismo che si è innescato nel 2012, quando tre membri di un gruppo, composto da sciatori professionisti, giornalisti sportivi e dirigenti del settore, morirono per una valanga nello Stato di Washington, negli Usa (nella foto, un’esercitazione). Keith Carlsen, un fotografo che era parte del gruppo, disse al New York Times che lui stesso aveva avuto dei dubbi sulla gita, ma si era detto: “È impossibile che l’intero gruppo prenda una decisione stupida”. Come evitare questo tipo di errori? La risposta è simile a quella per i bias di conferma (v. apertura): bisogna incoraggiare il dibattito. A.R.
Novembre 2015 Focus | 137
Natura
LA VITTORIA DELLA VITA 138 | Focus Novembre 2015
Querce millenarie, cervi, pellicani... ecco i protagonisti dei paesaggi più belli dell’anno, negli scatti di un concorso internazionale di fotografia. Novembre 2015 Focus | 139
Marcio Cabral/“The International Landscape Photographer of the Year” with the website www.internationallandscapephotographer.com
SOTTO L’ARCATA DEL CIELO. La Via Lattea sullo sfondo del “cerrado”, la savana brasiliana, in un’immagine tratta, come le altre in queste pagine, dal concorso International Landscape Photographer of the Year.
Robert Griffiths/“The International Landscape Photographer of the Year” with the website www.internationallandscapephotographer.com
Ricardo Da Cunha/“The International Landscape Photographer of the Year” with the website www.internationallandscapephotographer.com
SOLO, NELLA TEMPESTA. Un raro fenicottero di James nella Laguna Colorada, sull’altopiano boliviano al confine con il Cile.
140 | Focus Novembre 2015
Monish Mansharamani/“The International Landscape Photographer of the Year” with the website www.internationallandscapephotographer.com
GIGANTE VERDE. Una millenaria quercia della Virginia (Quercus virginiana), uno dei simboli del Sud degli Stati Uniti.
Le foto colpiscono per la loro bellezza. E raccontano l’arte di adattarsi anche ad ambienti estremi
TENERSI AL CALDO. I cervi di un branco conservano il calore tenendosi vicini.
Novembre 2015 Focus | 141
Will Dielenberg/“The International Landscape Photographer of the Year” with the website www.internationallandscapephotographer.com
Questi scatti raccontano i tanti modi in cui la natura dipinge il volto del nostro Pianeta
SABBIE BIANCHE. Alcuni cespugli resistono all’ambiente estremo delle White Sands (Usa).
142 | Focus Novembre 2015
Rodney Lough Jr./“The International Landscape Photographer of the Year” with the website www.internationallandscapephotographer.com
VESTITO DI GIALLO. Un albero si prepara all’inverno nello Stato di Victoria, in Australia.
Craig Mason, east coast photography/“The International Landscape Photographer of the Year” with the website www.internationallandscapephotographer.com
L’UNIONE È FORZA. Un gruppo di pellicani australiani (Pelecanus conspicillatus): insieme spingono i banchi di pesci in acque poco profonde, per cacciarli.
Novembre 2015 Focus | 143
Getty Images
La scienza dell’acqua calda
di Giovanna Camardo
Tanti amici dell’altro sesso? Si pensa meno allo studio «Lascia perdere quella ragazzina, pensa a studiare!». Per una buona fetta di genitori (di qualche anno fa, almeno), non c’erano dubbi: le amicizie dell’altro sesso sono una distrazione dalla scuola. Esagerati, diranno i più progressisti. Eppure ora arriva una conferma da un economista della University of South Carolina, Andrew Hill. Ha analizzato – in un gruppo di adolescenti Usa che frequentavano le scuole superiori nel 1995 – la composizione per genere della rete di amicizie che ogni studente si era fatto a scuola, considerando i compagni che abitavano vicini (elemento non legato ad altri fattori che possono influenzare sia le amicizie
Statistiche
Il frigorifero è vuoto? Non c’è tempo per
32% 33%
Occasioni speciali
8%
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Notizie curiose da raccontare agli amici
Non si ha tempo di cucinare
Non si ha tempo per la spesa
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Altri motivi I CIBI PIÙ RICHIESTI IN ITALIA
Sapevi che... ?
NEL MONDO IL PIÙ RICHIESTO È IL CIBO ITALIANO
Stasera sushi, cinese o pizza? cucinare? Bastano un clic o una telefona ta per avere la cena servita a domicilio. Ecco cosa ordinano gli italiani secondo una ricerca commissionata dalla società di ordinazioni online Just eat.
sia i voti). Risultato: più un ragazzo aveva attorno a sé amiche femmine – o viceversa – più i suoi voti calavano. Hill ha calcolato che per un aumento del 10% nel numero di amici dell’altro sesso c’era un calo nei risultati di 0,1 punti in una scala da 1 a 4. Sotto i 16 anni gli effetti si vedevano su scienze e matematica, per gli over 16 in tutte le materie. L’economista ipotizza due meccanismi: in classe ci si distrae di più e fuori i probabili flirt rubano tempo allo studio. Pare che, però, ci sia un effetto collaterale. Hill ha intervistato i partecipanti dopo vari anni: chi aveva avuto più amici dell’altro sesso era più spesso già sposato...
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Anche i dinosauri cambiavano pelle. Secondo il paleontologo Mark Norell, la loro epidermide però si sfogliava in strisce, non tutta in un pezzo come quella dei serpenti. In Giappone è maleducato starnutire o soffiarsi il naso in pubblico. Ecco perché, quando sono raffreddati, i giapponesi escono di casa indossando una mascherina: l’inquinamento non c’entra! Federico I fu detto “Barbarossa” perché, nel XII secolo, la barba era tipica dei santi o degli emarginati, mentre i re si sbarbavano con cura. A lui però la sua barba piaceva molto.
Novembre 2015 Focus | 153
Giochi I consigli degli esperti del Mensa Italia
Allenati con noi! Una nuova iniziativa per voi. Ogni mese proporremo giochi diversi e sveleremo le tecniche per affrontarli, stimolando a una a una tutte le capacità del cervello. Obiettivo: una grande sfida nel 2016.
Il Mensa è un’associazione che riunisce persone che in un test controllato risultano avere un Quoziente Intellettivo superiore al 98% della popolazione. Sito web: www.mensa.it
ABILITÀ DI TIPO VERBALE. In questo tipo di quiz giochiamo con le parole e con le lettere. La maggior parte dei giochi enigmistici mette alla prova le nostre capacità in questo ambito. Le abilità di tipo linguistico sono sviluppate in persone che possiedono un vocabolario ricco, che lo sanno usare anche in modo creativo, e soprattutto che riescono a vedere i sottili legami tra le parole, come negli anagrammi.
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Mettiti alla prova con altri giochi logici di varia difficoltà su www.focus.it/Mensa
A cura di Alberta Sestito, Mensa Italia
TERZA PUNTATA: GIOCHI DI PAROLE IL PROBLEMA. Nella griglia a lato è nascosta una citazione di Oscar Wilde. Per trovarla bisogna riportare ogni lettera dalla parte alta a quella bassa dello schema, in una delle caselle vuote nella stessa colonna. La frase si legge da sinistra a destra, con le parole che proseguono da una riga alla successiva, separate da uno spazio nero. Le caselle con la punteggiatura non devono essere riempite. COME SI AFFRONTA. In questo tipo di schemi è impossibile individuare un percorso lineare per la soluzione. Di solito si procede per tentativi, inserendo alcune lettere che più probabilmente fanno parte della soluzione, e da lì si cercano le parole di senso compiuto che possono entrare nello schema. Le lettere accentate possono essere un buon punto d’attacco. Per esempio, nella ottava colonna ci sono una “è” e una “ù”. È difficile che la “ù” sia presente al centro di una parola, e l’unico caso in cui è in ultima posizione è alla seconda riga. Proviamo a metterla lì, e cerchiamo le parole di tre lettere che finiscono per ù. Possiamo scartare emù perché non c’è la “m” nella settima colonna, e pensare a “più” e “giù”. Per quanto riguarda la “è”, di regola non compare all’interno di una parola, dunque possiamo sistemarla nella prima riga.
parola, nella prima riga. Sistemate le lettere più facili, cominciamo a ragionare su vocali e consonanti. In italiano, infatti, la maggior parte delle parole più lunghe di tre lettere termina per vocale. La quarta e la decima colonna ci possono aiutare a sistemare le vocali nelle posizioni finali e le consonanti nelle altre. Per esempio, nella quarta colonna ci sono quattro vocali che proviamo a sistemare nelle righe 2, 3, 5 e 6 (vedremo poi se sono al posto giusto); le tre consonanti andranno nelle altre righe. Nella decima, invece, le vocali sono solo due e le parole che terminano in questa colonna sono tre. Quindi una delle tre parole termina per consonante. Un ultimo indizio: la parola che termina per consonante è stata usata in questa spiegazione.
Soluzione “Vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte della gente esiste, ecco tutto.”
I virtuosi del QI
Novembre 2015 Focus | 155
Relax Brain Trainer, ginnastica per la mente CruciFocus
saggio spontaneo di un solven te attraverso una membrana 11 Città francese nota per le porcellane - 13 I gradi... asso luti - 15 Tutt’altro che minu scolo - 17 Il Piombi della Tv (iniz.) - 18 La salsiccia con i crauti - 19 Indica il pareggio 20 Tu e loro - 21 Fasi della sto ria - 22 Errata Corrige - 24 Ne è stato direttore Carlo Rubbia (sigla) - 25 L’ingegnere tedesco che inventò l’automobile - 27 Un edificio all’interno del ci mitero - 30 La sonda Nasa che ha esplorato Plutone (3, 8) - 32 L’attrice italiana più acclama ta dell’800 (8, 7) - 35 Bensì - 36 Si collega alla turbina - 37 Vi morì in battaglia Epaminonda 39 Nella pipa - 40 Un quar tiere di Londra (4, 3) - 41 Utili imenotteri - 43 Il fiume di No vosibirsk - 45 Procurarsi un trauma muscolare - 48 L’Agas si ex tennista - 50 Imprendibi le servizio - 51 Sperimenta in laboratori sottomarini - 53 La parte esterna dell’atmosfera solare - 57 La rete in cui... si naviga - 58 Moneta della Re pubblica di Venezia - 60 Il dì... scorso - 61 Linee di uguale pressione - 63 La “y” su un pia no cartesiano - 65 Inventò la pila (iniz.) - 66 Altro nome del cobra - 67 Di fondamentale importanza - 69 Iniziali di Ma jorana - 70 Nuovo nei prefissi 71 Vendita all’incanto. VERTICALI: 1 Sigla di Cosenza - 2 Proscim mia del Madagascar - 3 Il “giglio di Firenze” - 4 Recipiente per esperimenti - 5 Tavola di legno 6 L’esercizio del potere da
parte della totalità del popolo 7 Savona - 8 Aviogetto russo 9 Onorevole (abbr.) - 10 Nato
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ORIZZONTALI: 1 Simbolo del cloro - 3 Un co dice bancario (sigla) - 6 Il pas
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Al 53 orizzontale
nell’avellinese - 12 Il più noto cavallo da trotto italiano - 13 Colpo che stende - 14 L’indi menticabile attore Wallach - 16 Pianta originaria del Giappone 17 La Ghezzi della canzone 18 Mini telecamera - 20 Vetto ri di modulo unitario - 23 Il pianeta nano esplorato dalla sonda Dawn - 24 Si regola pa gando - 26 Solerti - 27 Parte
dello scheletro degli Artropodi 28 Sigla per “micro RNA” - 29 Elettrodomestico in cucina - 31 Il nome di Veltroni - 33 Capi tale della Siria - 34 Inviato del giornale - 38 Si trovano per lo più nella Fascia principale del sistema solare - 42 Lago lap pone - 44 Non ancora santi - 46 Gioco enigmistico - 47 Istituto Elettrotecnico Nazionale - 49
Colline di sabbia - 50 Toglie lo smalto - 52 Dea greca dell’er rore - 54 Il leggendario bardo figlio di Fingal - 55 Gas per insegne luminose - 56 Il can tante Carrisi - 59 Elemento del perimetro - 62 Tunica media na dell’occhio - 64 Una memo ria del computer (sigla) - 65 Un cartello alla dogana - 68 Sim bolo dell’arsenico. Novembre 2015 Focus | 157
in fo r m az i o n i
dalle aziende MSC CROCIERE
msc crociere, lA primA compAgniA Al mondo A portArvi A cuBA
Un sogno che diventa realtà grazie a MSC: le cro ciere a Cuba! I leader europei del settore saranno la prima compagnia a livello globale ad offrire Cuba come destinazione. Da dicembre 2015 a Aprile 2016, MSC Opera sarà impegnata in un ciclo di 16 itinera ri settimanali all’insegna del relax e della scoperta con arrivo e partenza a L’Avana. Un tour fantastico tra Giamaica, Isole Caiman e Messico con, ciliegina sulla torta, 2 notti e 2 giorni e mezzo di sosta nella ca pitale cubana. MSC Opera raggiungerà Cuba con un Grand Voyage transoceanico in partenza da Genova il prossimo 2 dicembre alla volta dei Caraibi, dove ar riverà due settimane dopo, il 18 dicembre.
GRÜNLAND
il Benessere nAturAle
Grünland, marchio leader di calzature per comodità e benessere, presenta la nuova collezione AI 2015-16.Le calzature Grünland sono frutto di minuziose selezioni di mate riali e avanzate tecniche lavorative che ga rantiscono leggerezza e totale benessere.I modelli nella foto sono in morbida pelle di Nabuk con membrana GL-TEX Grünland resistente all’acqua, fodera in tessuto tra spirante, soletto interno estraibile e suola in bidensità antiscivolo, iniettata in tomaia per una massima flessibilità e leggerezza.www. grunland.it
LEGA DEL FILO D’ORO
AumentAno le richieste di Aiuto e lA legA del Filo d’oro risponde con lA costruzione del nuovo centro nAzionAle
La Lega del Filo d’Oro, Associazione che da oltre 50 anni si occupa delle persone sordocieche e pluriminorate psicosenso riali e unico punto di riferimento in Italia per questa grave disabilità, raddoppia l’impegno con la costruzione del nuovo Centro nazionale in costruzione ad Osi mo (AN), sede nazionale dell’Ente, che ha richiesto e richiederà un forte impe gno nei prossimi anni, con l’obiettivo di aumentare la capacità di assistenza e di minuire i tempi di attesa per la valutazio ne iniziale. Un grande progetto a cui tutti gli amici e i sostenitori della Lega del Filo d’Oro sono invitati a partecipare. www.centro.legadelfilodoro.it n.verde 800.157.157
DAIGO
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DaiGO Mag è un integratore alimentare di Magnesio bisglicinato e Acido Folico, arricchito con estratto secco di Griffonia, utile per ridurre la stanchezza e il senso di fatica, e favorire il rilassamento ed il benessere mentale. DaiGO Mag contrasta efficacemente stanchezza, astenia, irritabilità e crampi dovuti alla carenza di magnesio, rivelandosi particolarmente uti le nel periodo premestruale, in gravidanza, in menopausa e in periodi di stress. Il Magnesio contribuisce al mantenimento di una normale funzione muscolare e del sistema nervoso, l’Acido Folico favorisce il normale funzionamento del sistema immunitario, mentre entram bi contribuiscono a ridurre la stanchezza e l’affaticamento. La Griffonia è una pianta che può avere benefici sulla regolazione del ciclo sonno-veglia, sul controllo del senso di appe tito e dei disturbi dell’umore.