Mistero luglio agosto 2015

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RTI MAGAZINE - anno 3 n. 17 - Luglio/Agosto 2015 - MISTERO MAGAZINE 29 - Pubblicazione Mensile

Dal programma fenomeno di

il ma

azine origg inale

Nam res es et eti am estiis r II cannibalismo

tra realtĂ e leggenda

Mistero in Festival 2015: Nam resil racconto es et eti am estiis r

DINASTIE DANNATE

Grandi famiglie e destini tragici

Immortali Le nuove frontiere dell’ibernazione per fermare il tempo

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Editoriale misterotv.it

misterotv

Cari amici di Mistero magazine, anche questo mese abbiamo fatto il massimo per cercare di raccontarvi storie nuove e interessanti. Arcadio Cavalli, il regista di "Mistero", ci racconterà il dietro le quinte di uno dei servizi più toccanti della storia del programma, ovvero quello sulla bambina di Camerano. Durante un’indagine alla scoperta dell’acropoli sotterranea della cittadina marchigiana, Arcadio e Daniele Bossari si sono imbattuti in una scoperta sconvolgente. Ma la novità assoluta, che finalmente vi possiamo raccontare, risiede in quello che è successo “dopo”. La nostra Enrica Perucchietti, invece, ci svelerà come sempre alcune verità scomode. Ci spiegherà, infatti, cosa si nasconde dietro la crisi economica che sta strangolando l’Italia – e l’Europa – da anni. Inoltre, farà luce su quello che è successo realmente a Osama bin Laden, lo sceicco del terrore, l’ex nemico pubblico numero uno, ufficialmente ucciso dai Navy SEALs durante un blitz in Pakistan. Ma se le cose non fossero davvero andate così? Diamo il benvenuto a un nuovo collaboratore, Giuseppe Balena, che ci racconterà il lato segreto, e massonico, di Giuseppe Garibaldi. Parleremo anche di cannibalismo, ibernazione e retrocausalità. Troverete inoltre le cronache del nostro Festival del Mistero, che si è tenuto il 26, 27 e 28 giugno a Salsomaggiore Terme. Infine, sono finalmente disponibili due App di Mistero! Con la prima, denominata semplicemente “Mistero Magazine", è possibile leggere la rivista in formato digitale direttamente sui vostri smartphone e tablet. L'altra, “Mistero Cover”, ve la spieghiamo invece nel dettaglio a pagina 75. Sono entrambe compatibili con iOS e Android e le trovate su Apple Store e Google Play digitando i nomi delle App. Continuate a inviarci le vostre esperienze extrasensoriali e i vostri contatti con il mondo del paranormale all’indirizzo mail: misteromagazine@quadrio.tv. Adesso facciamo una piccola pausa estiva anche noi. Ad agosto, infatti, non uscirà il numero della rivista. Ma non temete, ci rivediamo in edicola a settembre! Buone vacanze a tutti e… buona lettura! La redazione

È ONLINE L‘APP PER LEGGERE IL NOSTRO MAGAZINE IN VERSIONE DIGITALE. IL DOWNLOAD È GRATUITO E INCLUDE GIÀ UN NUMERO DEL MAGAZINE

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Sommario attualità 76

Ufo e alieni 4

Foo fighters, bagliori nel cielo

80

La bambina di Camerano

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12

Le tante morti di Osama bin Laden

18 22

Com'è nata la crisi Dinastie dannate

Canta con me

di Paolo Dematteis

RUBRICHE

di Arcadio Cavalli

cospirazioni

di Alberto Pattacini

ACTION!

di Umberto Visani

FANTASMI 8

I segreti di Machu Picchu

Letture estive Il mistero dentro di noi Giochi

di Rachele Restivo

di Enrica Perucchietti di Enrica Perucchietti di Riccardo Ruggero

MISTERI antichi e moderni 28 32

Garibaldi: l'eroe della massoneria Odino, il dio degli impiccati

di Giuseppe Balena di Paolo Battistel

spiritualità e religione 36 40

Katmandu, la pace interiore Rune, l'alfabeto misterioso

di Giorgio Cerquetti di Ilaria Tiberio

EXTRA 44 48 54

Piante energetiche di Max Beretta Uomo mangia uomo di Raffaele Serinelli Djamar, la leggenda del dio alieno di Vincenzo Tufano

58

Ibernazione: l'illusione della vita eterna di Federica Baldi

62 66 70 74 75

Retrocausalità e precognizione San Borondón, l'isola fantasma Mistero in Festival: la cronaca Racconti extrasensoriali La App di "Mistero" magazine

di Umberto Visani di Cristina Meda di Simona Gonzi

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Ufo e alieni

Palle di fuoco, dischi argentei e altri oggetti volanti anomali, osservati nel corso delle operazioni belliche negli ultimi anni della Seconda guerra mondiale. Ma di cosa si trattava realmente?

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Sopra, un articolo su questi avvistamenti pubblicato nel dicembre del 1945 sul mensile "the American Legion Magazine".

di Umberto Visani

rima della fine del 1944 nessuno utilizzava il termine foo fighters, per quanto negli anni precedenti vi fossero stati avvistamenti di oggetti fondamentalmente molto simili. Il primo rapporto ufficiale contenente la definizione foo fighters risale al 23 novembre 1944 e proviene da alcuni membri del 415esimo Stormo dell’Aeronautica degli Stati Uniti. In particolare, il velivolo comandato dal sottotenente Schlueter si trovava nei pressi di Strasburgo per una missione di perlustrazione notturna, quando il sottotenente Ringwald vide in cielo una decina di quelle che descrisse come palle di fuoco rosse che volavano a grande velocità. Né il radar di terra né quello del velivolo, però, riuscivano a individuare i misteriosi oggetti che, al contrario, continuavano a rimanere perfettamente visibili. Incuriosito, il pilota si avvicinò a queste luci, che però scomparvero all’improvviso. Due minuti più tardi, così come erano

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svanite, riapparvero dal nulla ma molto più lontane rispetto a dove si trovavano prima. Dopo altri cinque minuti iniziarono a planare verso il basso per poi perdersi definitivamente all’orizzonte. Una volta a terra, durante il debriefing, il sottotenente Meiers definì gli oggetti visti foo fighters. Malgrado avvistamenti anomali fossero avvenuti negli anni precedenti nel corso di altre missioni, Schlueter e Meiers furono oggetto di ripetute prese in giro fino a metà dicembre del 1944, quando avvenne un nuovo avvistamento eclatante. Era il 15 dicembre, stando a un rapporto contenuto in file governativi, quando l’equipaggio di un altro velivolo raccontò di aver visto nei pressi di Ernstein una luce rossa brillante, circa quattro-cinque volte più grande di una comune stella, che volava a settecento metri di altitudine a una velocità stimata sui 370 km/h. Nemmeno questa luce venne segnalata dai radar e dopo poco aumentò la propria velocità impedendo così di essere raggiunta. Anche il fronte del Pacifico non era privo di avvistamenti: il 2 maggio 1945 l’equipaggio

Sopra, un'elaborazione grafica sulla vicenda con la ricostruzione del velivolo B-17. A sinistra, un bozzetto con l'osservazione di un fenomeno di foo fighters realizzato dallo scienziato e ufologo statunitense Leonard H. Stringfield.

il 15 dicembre 1944 un equipaggio raccontò di aver visto nei pressi di ernstein una luce rossa brillante, che volava a una velocità stimata di 370 km/h di un B-24, mentre si trovava sopra l’isola di Fala, vide due oggetti volanti a circa quattromila metri di altitudine. Erano tondeggianti, inizialmente di colore rosso vivo, per poi mutare e diventare arancioni e infine bianchi e successivamente di nuovo rossi. Il pilota modificò la rotta in modo da poter puntare i due velivoli sconosciuti con le mitragliatrici da 50 millimetri, ma essi cambiavano a loro volta la rotta in modo da non venire sotto la linea di tiro del B-24, ❱❱❱

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Ufo e alieni

A centro pagina, la partenza di un razzo V2 nel 1943, largamente utilizzato dalla Germania nelle fasi conclusive della guerra. Sotto, fotografia dei partecipanti all'operazione Paperclip, che prevedeva il reclutamento da parte degli americani di scienziati tedeschi alla fine della Seconda guerra mondiale.

dimostrando quindi un comportamento totalmente intelligente, che va quindi a escludere ogni possibilità che si trattasse di un fenomeno naturale. Non solo. Il volo affiancato proseguì per oltre un’ora, quando alla fine uno dei due oggetti si staccò e cambiò direzione, mentre l’altro continuò a seguire il B-24 mantenendosi sempre a un chilometro di distanza.

Le indagini Dal momento che gli avvistamenti di foo fighters sembravano avvenire esclusivamente in zone di guerra, gli analisti dei servizi di intelligence ritennero si dovesse per forza trattare di un qualche prototipo tedesco e/o giap-

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ponese. Nel 1944 gli Alleati costituirono il CIOS (Combined Intelligence Objectives Committee), che si riunì per la prima volta il 6 settembre dello stesso anno, con il compito di coordinare i servizi di intelligence e la gestione dei resoconti relativi a varie tematiche sensibili, compresa quella concernente i foo fighters, nel tentativo di raccogliere il maggior numero di informazioni. Oltre ad avvistamenti di sfere di luce di varie dimensioni risultò subito che vi era anche ulteriore casistica riguardante velivoli che lasciarono stupefatti coloro che ebbero modo di venirne a contatto. Il 7 aprile 1945, un B-17 stava volando sopra il Mare del

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Nord in direzione Berlino quanto il capitano Louis Sewell vide qualcosa di inquietante. In prima battuta pensò di essere stato preso di mira da un caccia tedesco che li puntava da dietro, ma invece di aprire il fuoco lo strano oggetto passò sotto il B-17 a distanza ravvicinata, consentendo a tutto l’equipaggio di vedere con chiarezza come non si trattasse di un caccia ma di uno strano velivolo con la forma di una V-2, privo di ali ma in grado di compiere cambiamenti di rotta repentini e di raggiungere una velocità impressionante, stimata in circa 3000 km/h. L’oggetto in questione fu visto e fotografato anche da altri equipaggi dello squadrone, ma una volta a terra le fotografie vennero prese dai diretti superiori e secretate.

Ipotesi L’ipotesi che più circolava negli ambienti militari alleati era, come abbiamo visto, che si trattasse di prototipi tedeschi e giapponesi. Prototipi non tanto di velivoli, quanto di sistemi per contrastare i raid nemici – e così si spiegherebbe il perché venissero avvistati solo al fronte. Che vi fossero davvero numerosi prototipi è risaputo, come ampiamente dimostrato dal ricercatore italiano Renato Vesco. Di conseguenza, certamente alcuni episodi sono inquadrabili

in quest’ottica, ma non tutti, soprattutto quei casi in cui la supremazia tecnologica mostrata dagli oggetti osservati era talmente schiacciante che, se anche fosse stata a livello di prototipo nel 1944, di sicuro avrebbe cambiato le sorti della guerra, portando alla creazione di velivoli in grado di avere una supremazia aerea a dir poco imbarazzante (come mostrato da quel misterioso oggetto in grado di raggiungere i 3000 km/h). Risulta quindi più credibile pensare che in alcuni casi si sia trattato di veri e propri contatti con UFO, anche in considerazione dell’atteggiamento neutrale tenuto da questi velivoli (cosa che, dato il contesto bellico, ben difficilmente si sarebbe verificata se si fosse trattato di prototipi tedeschi). Proprio in quest’ottica, in un celebre rapporto di studio sugli UFO condotto dal fisico Howard P. Robertson si può acutamente leggere che, se nel corso della Seconda guerra mondiale fosse stato in uso il termine “dischi volanti”, gli oggetti misteriosi visti da centinaia di piloti sarebbero stati chiamati anch’essi in questo modo. Passarono invece alla storia con il nome di foo fighters, ma il fenomeno – sfuggente e misterioso allora come oggi – era sempre lo stesso. Umberto Visani

In alto, in queste due pagine, alcune fotografie ritraenti foo fighters e avvistamenti di oggetti non identificati.

se si fosse trattato soltanto di semplici prototipi tedeschi, l'atteggiamento tenuto da questi velivoli non sarebbe stato neutrale

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Fantasmi

Durante un servizio nelle Marche, alla scoperta della necropoli sotterranea di Camerano, la troupe di "Mistero" si è imbattuta in una piccola bara anonima. Dal momento dell’inaspettato ritrovamento hanno iniziato a verificarsi strani fenomeni a casa del regista del nostro programma televisivo…

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di Arcadio Cavalli

urante la registrazione di un servizio, a Camerano, è stato scoperto qualcosa di importante. In parte, il pubblico conosce già questa storia; un paio di edizioni fa abbiamo realizzato uno dei servizi più toccanti della storia di "Mistero". Oggi, però, voglio riportare alla luce quella vicenda per i nostri lettori, raccontando la parte inedita, ovvero quello che i telespettatori non hanno potuto vedere. Il dietro le quinte. Una storia di quella portata merita di non finire nel dimenticatoio. Il clima era quello tipicamente invernale. C’era tantissima neve, attorno a noi era tutto bianco. Faceva freddo. Girare in quelle circostanze è sempre dura. Ma, quella volta, anche soltanto il viaggio per arrivare nelle Marche è stato particolarmente difficoltoso. Forse era un presagio… A Camerano c’è una vera e propria necro-

poli sotterranea. Il monte Conero svetta in tutta la sua bellezza. Nel nostro mestiere ne passiamo di cotte e di crude, è molto difficile staccare completamente dal lavoro. Ho sempre pensato che, prima o poi, mi sarei portato dietro qualcosa di inquietante durante una delle nostre mille esperienze. E infatti così è stato. È successo pro- ❱❱❱

Sopra, la necropoli sotterranea di Camerano e, in alto, una veduta del borgo. Nell'altra pagina, un'elaborazione grafica della vicenda con la facciata della basilica di San Francesco.

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Fantasmi

a casa iniziai a sentire il materasso muoversi, come se qualcuno aspettasse che prendessi sonno per poi svegliarmi con degli scossoni Sopra, il foro praticato nel pavimento per raggiungere il luogo, che era stato murato, in cui si trovava la bara. Sotto, un particolare del teschio della bambina.

prio a Camerano. Quando abbiamo fatto l’esterna, io e Daniele Bossari abbiamo vissuto sensazioni fortissime. Abbiamo aperto una cripta sotto l’altare della basilica di San Francesco e, con sorpresa e sconcerto di tutti, abbiamo trovato una bara di una bambina. La bara era senza nome, completamente anonima. Non ce lo aspettavamo, quella bambina non avrebbe dovuto essere lì. Le nostre ricerche erano orientate ad altro, volevamo scoprire la città sotterranea, cercare eventuali presenze negli oltre due chilometri di cunicoli perfettamente conservati. Sotto la cripta della chiesa di San Francesco non era mai entrato nessuno. Eravamo i primi. E lì, al posto della città storica – o meglio, nella città storica – ci siamo imbattuti in quella scoperta unica. Un’esperienza tanto estrema dalla quale io e Daniele siamo rimasti profondamente turbati. Dopo l’esplorazione, infatti, siamo usciti dalla chiesa con una sensazione molto strana. Ma questa è cronaca, che avete visto anche in trasmissione. Le cose che non sapete, però, sono avvenu-

te dietro le telecamere. Una volta tornato a casa è iniziato un periodo in cui, quando andavo a letto, sentivo il materasso muoversi. Era come se qualcuno aspettasse che prendessi sonno per poi svegliarmi con degli scossoni. È iniziato subito dopo la scoperta. Ho chiesto diverse volte a mia moglie Francesca – ve lo può confermare – se fosse lei a muovere il letto, magari per scherzo, ma lei negava. E in effetti, non era lei. È andata avanti così per diverse notti. Nel frattempo, le nostre indagini per dare un nome a quella bambina stavano andando avanti. Le ricerche erano lunghe e difficili, a tratti perfino estenuanti. Alla fine, però, ce l’abbiamo fatta. Dopo mille peripezie siamo risaliti al suo certificato di morte. Il suo nome era Loreta Caggiano, ed era nata a Foggia. Era figlia di Michelangelo Caggiano e Antonietta Parisi, sfollati dalla Puglia durante la Seconda guerra mondiale. Qualche mese dopo, quindi, siamo andati a girare un altro servizio per "Mistero", nel quale eravamo intenzionati a svelare al pubblico – che era rimasto molto colpito dal precedente servizio – il nome di Loreta. Dal giorno della messa in onda di quella puntata, con l’identità di Loreta comunicata su vasta scala, il fenomeno è cessato completamente. Il mio materasso ha smesso di muoversi. Sono convinto che fosse l’anima di questa bambina che cercava un po’ di pace.

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A sinistra, un primo piano del cranio della bambina e, sotto, la bara prima dell'apertura. Più in basso, il certificato di morte di Loreta Caggiano. Va ricordato che noi avevamo scavato sotto la cripta, naturalmente con tutti i permessi, e quindi è un po’ come aver risvegliato qualcosa. A tal proposito – Daniele lo racconta ogni volta – il giorno dopo aver girato il primo servizio, quello della scoperta della bara, le panche della chiesa sono state trovate completamente divelte. E di certo non sono stati i ladri, o dei vandali, perché la sera prima la chiesa era stata chiusa dall’interno e non c’erano segni d’effrazione. Però non sappiamo nemmeno chi sia stato. Una domanda che mi hanno fatto diverse volte è: ma secondo te, Arcadio, questa bambina voleva voce, voleva essere trovata, oppure è stata disturbata? E quello era il mio dubbio, forse anche la mia paura. La tomba di quella bambina era completamente abbandonata a se stessa da più di quarant’anni. Non c’era nome, foto o altro che potesse identificarla, attribuirle un posto nel mondo. Credo che, comunque, l’abbiamo disturbata. Però non riesco a smettere di pensare al fatto che, dal momento in cui siamo risaliti alla sua identità e abbiamo raccontato nuovamente la sua storia – che altrimenti sarebbe andata dimenticata e persa

dal momento in cui siamo riusciti a risalire alla sua identitÀ, l'anima della BamBina si È riappaciFicata

per sempre –, il fenomeno del mio letto che si muoveva è cessato definitivamente. Questo, secondo me, significa che, riportandola alla luce, la sua anima si è riappacificata. Mi piace credere che adesso lo spirito della bambina sia in pace. Forse abbiamo contribuito a restituirle il suo posto, la sua storia. Dopo la scoperta, inoltre, siamo riusciti a farle avere una giusta sepoltura. Il luogo in cui l’avevamo trovata non era degno per un corpo così piccolo e un’anima tanto innocente. Arcadio Cavalli

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Cospirazioni

Per anni abbiamo preso per buona la storia che i media ci hanno raccontato sulla fine di bin Laden, ovvero il blitz dei Navy SEALs americani in un compound di Abbottabad culminato con una sparatoria che sarebbe costata la vita al leader di al-Qaeda. Oggi, però, sta venendo a galla una nuova verità…

Le tante morti di Osama bin Laden

Sotto, lo psichiatra e scrittore Steve Pieczenik, ex funzionario del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d'America. A destra, il noto giornalista investigativo Seymour Hersh.

L

di Enrica Perucchietti

a versione ufficiale fornita dalla Casa Bianca del blitz di quattro anni fa in un compound ad Abbottabad, in Pakistan, compiuto da un commando di Navy SEALs degli Stati Uniti in cui venne ucciso Osama bin Laden, è falsa e «potrebbe essere stata scritta da Lewis Carroll», l’autore di "Alice nel Paese delle Meraviglie". Parola di Seymour Hersh, uno dei più noti giornalisti investigativi statunitensi, in un'inchiesta al vetriolo pubblicata sulla "London Review of Books". Collaboratore del "New Yorker" fin dagli anni Novanta, Hersh ha vinto il suo primo premio Pulitzer nel 1970 e da allora è stato considerato uno dei massimi reporter al mondo, con fonti dirette nell’intelligence e nell’esercito statunitense ad alti livelli. Secondo Hersh, il governo pakistano – che aveva catturato bin Laden nel 2006 e lo teneva nascosto ad Abbottabad, con la complicità e il sostegno del governo saudita – avrebbe consegnato lo sceicco del terrore a Washington in cambio di aiuti militari e di un ruolo nel futuro politico dell'Afghanistan. Un ex-ufficiale dell’ISI avrebbe inoltre incassato gran parte dei 25 milioni di dollari della taglia che Washington aveva spiccato su bin Laden dopo aver passato nel 2010 l’informazione alla CIA sulla sua localizza-

zione ad Abbottabad. Il blitz sarebbe stato dunque inscenato ad arte e il corpo di bin Laden non sarebbe stato gettato in mare, ma fatto a pezzi e abbandonato sulle montagne dell’Hindu Kush.

L'effetto politico «Il blitz dei Navy SEALs ad Abbottabad è una farsa totale, una finta. Siamo in un teatro americano dell’assurdo», aveva già dichiarato il membro del CFR ed esperto di relazioni internazionali – il dottor Steve Pieczenik – nel 2011, in una diretta radiofonica con Alex Jones. Pieczenik, che è stato anche vice-sottosegretario con ministri quali Henry Kissinger, Cyrus Vance, James Baker negli anni della Guerra Fredda, ha motivato le sue dichiarazioni spiegando che si sarebbe trattato dell'ennesima messinscena per motivi geopolitici. Nel 2002, sempre ospite dello show di Jones, Pieczenik ❱❱❱

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Cospirazioni

in questa pagina, due immagini tratte dal sito ufficiale dei Navy SEALs.

aveva già dichiarato che bin Laden era morto da tempo e che il governo stava aspettando il momento “politico” più adatto per rendere pubblica la notizia. La notizia della morte di bin Laden, diffusa il 2 maggio 2011, aveva risollevato il primo mandato di Obama, nascondendo il fallimento del suo team che, secondo alcuni, aveva disatteso punto per punto le promesse elettorali. La notizia dell’uccisione del nemico numero uno aveva riportato quella speranza che Obama era riuscito a creare in campagna elettorale grazie al carisma trasmesso nei suoi celebri comizi. In meno di due settimane dalla notizia della morte di bin Laden, Obama era risalito di ben undici punti percentuali nei sondaggi, arrivando a quota 60% di gradimento. L’intervento in Pakistan dei Navy SEALs era stato davvero propizio per il futuro di Oba-

ma, che sarebbe stato poi riconfermato alla Casa Bianca per il suo secondo mandato. La settimana prima della cattura, il presidente americano era stato costretto a rendere pubblico il suo certificato di nascita dopo quasi tre anni di battaglie legali per impedirne la pubblicazione, a causa dell’insistenza del repubblicano Donald Trump. Si era infatti diffusa la teoria che Obama non fosse nato alle Hawaii ma – come raccontato dalla stessa nonna paterna Sarah Onyango ai giornalisti – a Mombasa, in Kenya. La tempistica "provvidenziale" del blitz ad Abbottabad suscitò numerose perplessità. Il capo dei servizi segreti iraniani dichiarò pubblicamente che si trattava di una montatura elettorale per far risalire il presidente USA nei sondaggi, perché bin Laden era morto da tempo… O meglio, lo sceicco era stato dato per morto già numerose volte. Come spiego in "Governo Globale. La storia segreta del Nuovo Ordine Mondiale" (Arianna, 2013) era infatti la nona volta dal 2001 che un capo di Stato o un alto funzionario governativo annunciava ufficialmente la morte di bin Laden.

LA NOTIZIA DELLA MORTE DI BIN LADEN AVEVA RISOLLEVATO IL PRIMO MANDATO DI OBAMA, NASCONDENDO IL FALLIMENTO DEL SUO TEAM 14 12_17 bin laden.indd 6

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L’uomo che morì nove volte La FOX il 26 dicembre 2001 aveva rivelato che secondo i talebani afghani bin Laden era morto all’inizio del mese ed era stato sepolto in una tomba senza alcun contrassegno come prescritto dalla pratica dei sunniti wahabiti. Il 17 luglio 2002 Dale Watson, all’epoca capo dell’antiterrorismo dell’FBI, aveva rivelato nel corso di una conferenza dei funzionari incaricati dell’applicazione della legge: «Io penso personalmente che bin Laden non sia più con noi», prima di aggiungere con cautela: «Non ho però alcuna prova per supportare questa mia affermazione». Lasciando però trapelare che forse qualche prova ce l’aveva eccome… Nell’ottobre 2002 il presidente afghano Hamid Karzai dichiarò alla CNN: «Giungerei a credere che bin Laden probabilmente sia morto». Nel novembre 2005 il senatore Harry Reid ha rivelato che gli era stato detto che bin Laden poteva essere deceduto nel corso del terremoto in Pakistan nell’ottobre dello stesso anno. Nel settembre 2006 i servizi segreti francesi fecero trapelare un rapporto che suggeriva che bin Laden fosse stato ucciso in Pakistan. Il 2 novembre 2007, l’ex primo ministro pakistano, Benazir Bhutto, dichiarò all’inviato di Al Jazeera, David Frost, che Omar Sheikh aveva giustiziato Osama bin Laden, come vedremo tra poco. Infine, nel maggio 2009, il presidente del Pakistan, Asif Ali Zardari, ha confermato che le sue «controparti nelle agenzie dei servizi segreti americani» non erano venute a sapere più nulla su bin Laden negli ultimi sette anni, aggiungendo: «Non penso che sia vivo». Mentre, secondo la nuova versione “ufficiale” americana, bin Laden avrebbe trovato rifugio proprio in terra pakistana… all’oscuro del governo e dei servizi segreti locali.

Per i Servizi Segreti francesi Al Qaeda non esiste più I servizi segreti francesi sostengono dal 2010 che al-Qaeda non esiste più dal 2002. Lo aveva

NEL 2001 LA FOX AVEVA RIVELATO CHE SECONDO I TALEBANI BIN LADEN ERA MORTO ED ERA STATO SEPOLTO IN UNA TOMBA SENZA ALCUN CONTRASSEGNO dichiarato il capo dei servizi segreti francesi al Senato della Repubblica francese, il 29 gennaio 2010. Un anno e mezzo fa Allain Chouet, già capo della DGSE (Direction Générale de la Sécurité Extérieure, il controspionaggio francese) sostenne: «Come molti miei colleghi professionisti nel mondo, ritengo, sulla base di informazioni serie e verificate, che al-Qaeda sia morta sul piano operativo nelle tane di Tora Bora nel 2002 […] Sui circa 400 membri attivi dell’organizzazione che esisteva nel 2001, meno di una cinquantina di seconde scelte (a parte Osama bin Laden e Ayman al-Zawahiri, che non hanno alcuna attitudine sul piano operativo) sono riuscite a scampare e a scomparire in zone remote, vivendo in condizioni precarie e disponendo di mezzi di comunicazione rustici o incerti». E ha concluso: «Del resto appare chiaramente che nessuno dei terroristi autori degli attentati post 11 settembre (Londra, Madrid, Sharm el-Sheikh, Bali, Casablanca, Bombay, ecc.) ha avuto contatti con l’organizzazione». Il colpo di coda è stata l’accusa diretta ai media di fomentare l’odio verso i musulmani. In que- ❱❱❱

Sopra, una fotografia di Dale Watson, ex capo dell'antiterrorismo dell'FBI. Sotto, nel tondo, l'ex primo ministro pakistano Benazir Bhutto, uccisa il 27 dicembre 2007 in un attacco suicida.

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Cospirazioni LA PRIMA PREMIER DONNA PAKISTANA BENAZIR BHUTTO AVEVA DICHIARATO CHE LO SCEICCO DEL TERRORE SAREBBE STATO UCCISO DAL TERRORISTA OMAR SHEIKH

scriverlo: «The man who murdered Osama bin Laden», l’uomo che ha assassinato Osama bin Laden. Era il 2 novembre. Un mese e mezzo dopo, Benazir Bhutto moriva in un attacco suicida a Rawalpindi, a circa 30 km da Islamabad. Vicino al luogo dove, secondo le fonti USA, Osama avrebbe vissuto dal 2003. al-Qaeda, accusata di aver organizzato l’attentato, negò con risolutezza il suo coinvolgimento, mentre il presidente Musharraf, indicato invece come il mandante dell’omicidio dal marito della Bhutto, si è visto costretto a dimettersi in diretta nazionale il successivo 28 agosto 2008. A quel tempo Sheikh lavorava per i servizi segreti pakistani e soltanto poco prima, nel 2006, nelle sue memorie, anche Musharraf aveva ammesso di sospettare che Omar Sheikh avesse lavorato per i servizi segreti britannici, l’MI6.

La tragica fine dei Navy Seals Sopra, alcuni membri dei Navy SEALs truccati da talebani. Nel tondo, il terrorista britannico Omar Sheikh, ex collaboratore dei servizi segreti pakistani.

sto senso al-Qaeda appare sempre più come lo spauracchio evocato da governi o giornalisti quando occorre per giustificare una “guerra infinita” in Medio Oriente che è costata agli USA 2.000 miliardi di dollari, ma che è sempre più necessaria per accaparrarsi le risorse energetico-petrolifere del Nord Africa, cercando di battere sul tempo la Cina.

La verità di Benazir Bhutto Secondo quanto dichiarato alla BBC da Benazir Bhutto, lo sceicco del terrore sarebbe morto da tempo. (http://www.lettera43.it/video/14673/bin-ladene-morto-ma-era-il-2007.htm). La prima premier donna pakistana, uccisa in un terribile attentato il 27 dicembre 2007, ebbe infatti la sfrontatezza di dichiarare in un’intervista televisiva condotta da David Frost che Osama bin Laden era stato ucciso da Omar Sheikh. L’intervista è andata in onda il 2 novembre 2007. Nel denunciare i responsabili del terrorismo in Pakistan, il premier dopo appena 5’30’’ di intervista nomina Omar Sheikh, ex collaboratore dell’ISI, il servizio segreto pakistano, aggiungendo per de-

Un altro mistero è legato alla morte di parte del commando che il 2 maggio 2011 avrebbe ucciso lo sceicco del terrore ad Abbottabad. Come confermato da fonti militari USA alla CNN, ventidue militari che appartenevano al Team 6 dei Navy SEALs sarebbero stati abbattuti a Wardak a bordo di un Chinook da un razzo talebano. La strage, che è stata definita la “peggior tragedia della guerra in Afghanistan”, ha totalizzato trentotto morti. I funzionari governativi statunitensi si sono affrettati a negare che si trattasse però degli stessi uomini che avevano compiuto il blitz, «sebbene fossero della stessa unità che ha eseguito la missione bin Laden». La notizia non è verificabile in quanto gli autori del blitz pakistano sono stati coperti per sicurezza nazionale da anonimato. Come ricorda l'amico Pino Cabras, subito dopo i fatti di Abbottabad gli esponenti del sito Infowars.com avevano però predetto un incidente militare che nel giro di poco tempo avrebbe eliminato dalla scena i Navy SEALs coinvolti nella misteriosa operazione. Citavano analoghi casi in cui le operazioni "coperte" venivano a loro volta "coperte" sacrificandone i protagonisti che avrebbero potuto un giorno offrire

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A GIUDICARE DAI FARMACI CHE SONO STATI TROVATI NEL SUO RIFUGIO NON SEMBRA CHE BIN LADEN FOSSE GRAVEMENTE AMMALATO

ai media la loro versione dei fatti. Quella reale.

Malato sì, malato no Pieczenik, durante la diretta radiofonica del 3 maggio 2011 con Alex Jones, aveva inoltre rivelato che bin Laden era affetto dalla sindrome di Marfan e che era morto nell’autunno del 2001, data su cui sembra concordare la maggior parte degli analisti dei servizi segreti (dicembre 2001, massimo primavera 2002). L’attacco alle Torri Gemelle sarebbe stato soltanto «a part of a false flag operation» condotta dal Pentagono. Questa informazione gli sarebbe stata rivelata da un generale maggiore dello staff di Paul Wolfowitz di cui sarebbe pronto a rivelare il nome di fronte al Gran Giurì. A giudicare però dai farmaci trovati nel compound ad Abbottabad, non sembra che Osama bin Laden fosse gravemente malato, come invece era noto da tempo. Nel 2001, proprio alla vigilia degli attentati, era stato ricoverato in una clinica in Pakistan per farsi curare ed era stato sottoposto a dialisi. A riferirlo era stata nel 2002 la CBS citando fonti dell’intelligence pakistana secondo le quali il leader di al-Qaeda si sarebbe trovato nell’ospe-

dale militare di Rawalpindi la notte tra il 10 e l’11 settembre 2001. Il presidente Musharraf si sarebbe invece detto convinto della morte di bin Laden per problemi renali. Lo sceicco del terrore sarebbe morto perché, costretto alla fuga dopo l’attacco al World Trade Center, non sarebbe stato più in grado di sottoporsi a dialisi. Dalla ricostruzione dei Navy SEALs e dalle poche medicine trovate poteva al massimo avere problemi di stomaco, forse ulcera e pressione alta, ma niente di cronico o di preoccupante. Per spiegare l’assenza di farmaci il Pentagono ha dichiarato che la giovane moglie di Osama avrebbe rivelato che il marito si sarebbe curato mangiando… fette di melone! Sorge naturale domandarsi chi vivesse allora in quel compound. Bin Laden con la famiglia, oppure un sosia? O ancora, non essendo mai uscito e non essendo mai stato visto da nessuno nel luogo, vi abitava una famiglia che doveva “sostituire” il reale Osama, morto invece da almeno quattro anni, come alcune fonti autorevoli suggeriscono da tempo? Enrica Perucchietti

Sopra, il compound di Abbottabad dove, secondo le versioni ufficiali, sarebbe avvenuto il blitz che ha causato la morte di bin Laden, e un'immagine dello sceicco del terrore. A centro pagina, la scheda del sito dell'FBI dedicata al terrorista, per anni l'uomo più ricercato in tutto il mondo.

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Da quasi dieci anni sentiamo quotidianamente parlare di crisi, i politici non perdono occasione per rimarcare la necessità di “fare sacrifici”, nel nostro linguaggio sono entrate prepotentemente parole e concetti prima sconosciuti ai più come, ad esempio, il tanto temuto spread. Ma se questa situazione, che ha generato e continua a generare ansia e paura nelle popolazioni, fosse solo una piccola parte di un piano socio-economico più vasto?

Sotto, David Rockefeller in uno scatto degli anni '50.

di

Enrica Perucchietti

C

orreva il 1994 quando David Rockefeller si lasciò andare pubblicamente a una frase tanto profetica quanto sconvolgente: «Siamo sulla soglia di una mutazione globale. Ci manca soltanto una cosa: una crisi rilevante, e le nazioni accetteranno il Nuovo Ordine Mondiale». A ventun anni di distanza quella dichiarazione ha il sapore amaro di una tappa obbligata sull'agenda dei mondialisti. Per gli architetti del Nuovo Ordine Mondiale era infatti necessaria una crisi economica che fagocitasse il mondo intero, spazzando via la media borghesia e riducendo sul lastrico milioni di famiglie. Un evento così epocale che avrebbe convinto la popolazione occidentale dell'urgenza di provvedimenti drastici per frenare l'emergenza, compresa la cessione dei singoli stati di parte della propria sovranità nazionale in favore di un organismo sovranazionale come l'Unione Europea. Per far questo si doveva terrorizzare la popolazione e convincerla ad assecondare ciò che in tempo "di pace" sarebbe stato impensabile. Era necessario uno shock globale.

LA TEORIA DELLO SHOCK Nel suo saggio "Shock Economy", la giornalista canadese Naomi Klein – autrice del celebre manifesto no-global "No Logo" – paragona il sistema della tortura utilizzato dalla CIA nel protocollo MKULTRA alla dottrina economica dello shock elaborata dal premio Nobel Milton Friedman, che sfrutta momenti di shock e trauma collettivo per dedicarsi a «misure radicali di ingegneria sociale ed economica». Friedman aveva infatti osservato che «soltanto una crisi – reale o percepita – produce un vero cambiamento. Quando quella crisi si verifica, le azioni intraprese dipendono dalle idee che circolano […] finché il politicamente impossibile diventa politicamente inevitabile». I seguaci della scuola di Chicago, secondo l'autrice, si sarebbero resi complici di colpi di stato e di torture perpetuate nei confronti dei ribelli che hanno osato opporsi alle scelte neoliberiste spesso a favore di multinazionali straniere. Per questo Klein sostiene: «La dottrina dello shock imita alla perfezione questo processo [tortura e tecniche MKULTRA]» cercando di ottenere su vasta scala ciò che la tortura ottiene su una singola persona in una cella per interrogatori. L'esempio più chiaro è stato lo shock dell'11 settembre che, per milioni di persone, ha “fatto esplodere il mondo a loro familiare”. E ha dato il via a un periodo di forte disorientamento e regressione, che l'amministrazione Bush ha sfruttato con estrema abilità. […] È così che funziona il capitalismo dei disastri: il disastro originario – il colpo di Stato, l'attacco terroristico, il crollo dei mercati, la

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guerra, lo tsunami, l'uragano – getta l'intera popolazione in uno stato di shock collettivo. Le bombe che cadono, le grida di terrore, i venti sferzanti sono più efficaci, nel rendere malleabili intere società, di quanto la musica assordante e i pugni nella cella di tortura non indeboliscano i prigionieri. Come il prigioniero terrorizzato che rivela i nomi dei compagni e abiura la sua fede, capita che le società sotto shock si rassegnino a perdere cose che altrimenti avrebbero protetto con le unghie e con i denti».

DA MILTON FRIEDMAN A MARIO MONTI Friedman è stato il fondatore della scuola monetarista: la sua regola di politica economica è stata utilizzata dalla Federal Reserve negli Stati Uniti e dalla Banca Centrale Europea (BCE), mentre le sue teorie hanno esercitato una forte influenza sul governo britannico di Margaret Thatcher e su quello statunitense di Ronald Reagan negli anni Ottanta. Anche Pinochet intraprese una serie di riforme economiche di stampo liberista che seguivano gli orientamenti che lo stesso Friedman si premurò di raccomandare personalmente al dittatore cileno nel 1975. La teoria di Klein, per cui le riforme liberiste

sarebbero applicabili solo per mezzo di shock violenti che pieghino la volontà dell'opinione pubblica ad accettare delle riforme che normalmente non verrebbero accolte, è stata confermata indirettamente dall'ex premier “tecnico” italiano Mario Monti, quando nel febbraio 2011 dichiarò con convinzione che «abbiamo bisogno di crisi per fare passi avanti» e che «non dobbiamo sorprenderci che l'Europa abbia bisogno di gravi crisi per fare passi avanti. I passi avanti dell'Europa sono per definizione cessioni di parti delle sovranità nazionali a un livello comunitario. È chiaro che il potere politico, ma anche il senso di appartenenza dei cittadini a una comunità nazionale posso essere pronti a queste cessioni solo quando il costo politico e psicologico del non farle diventa superiore al costo del farle, perché c'è una crisi in atto visibile e conclamata». Paragonando le teorie neoliberiste alla “tortura” vera e propria, Klein nota infine che: «Dal Cile, alla Cina, all'Iraq, la tortura è stata un partner silenzioso nella rivoluzione liberista globale. La tortura, però, è ben più che uno strumento utile per imporre politiche indesiderate a chi si ribella: è anche una metafora della logica alla base della dottrina dello shock». ❱❱❱

Sotto, la copertina del libro "Shock Economy", della giornalista e scrittrice canadese Naomi Klein. A sinistra, una fotografia di Milton Friedman, premio Nobel per l'economia nel 1976.

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Cospirazioni A destra, l'ex premier italiano Mario Monti in occasione di un convegno organizzato dall'Università Bocconi di Milano nel 2013. Sotto, l'home page del sito ufficiale degli incontri organizzati dal Club Bilderberg.

Come spiegato nei manuali della CIA, lo shock provoca infatti nella mente di chi lo subisce una paralisi psicologica. Arrivati a questo punto, l'operatore può procedere con la fase seguente, lo psychic driving, il “ricondizionamento mentale”, ricostruendo letteralmente da capo la psiche della vittima. In modo simile ciò è stato attuato anche manipolando l'opinione pubblica attraverso il terrore generato dalla crisi economica, arrivando a introdurre misure draconiane come il MES (Meccanismo Europeo di Stabilità), il Fiscal Compact o la riduzione dei salari.

IL TECNOGOVERNO MONTI Il 15 novembre 2011 Giulietto Chiesa lanciava l'allarme su Mario Monti, definendolo una trappola: «Governerà l'Italia eseguendo gli ordini che arrivano dall'Europa. Gli italiani non devono accettarlo […]. Stiamo solo svendendo le nostre ricchezze a un gruppo di speculatori». L'insediamento di Monti e del collega greco Papademos nello stesso periodo e in condizioni simili aveva infatti gettato in allerta alcuni pensatori, che nei due tecnocrati ravvisavano l'impronta della plutocrazia mondiale,

secondo webster tarpley una vera e propria intelligence avrebbe contribuito a svalutare l'euro e a far crollare i mercati italiani

quell'oligarchia eurocratica che, come ricorda Maurizio Blondet, «ha costruito l’Europa nell’ombra, ha trascurato apposta di fabbricarne la porta d’uscita». Entrambi erano membri della Commissione Trilaterale dei Rockefeller e del Club Bilderberg: la formazione consolidata da una lunga permanenza negli Stati Uniti ha permesso loro di entrare in contatto con l’alta finanza. Seguendo le orme di Mario Draghi, ora presidente della Banca Centrale Europea, Monti è entrato nel 2005 alla Goldman Sachs come International Advisor, nonché come presidente di un’altra lobby, la belga Bruegel. Quest’ultimo think tank, fondato nel 2005, è un gruppo di comando composto da esponenti di spicco di 16 stati e 28 multinazionali, tra cui troviamo le stesse che hanno finanziato la campagna elettorale di Barack Obama o che meritano uno scranno nelle riunioni blindate del Club Bilderberg: Microsoft, Google, Goldman Sachs, Samsung, la Borsa di New York (NYSE), l’italiana Unicredit, etc.

Attacco speculativo all’Italia Per far insediare Monti senza passare dalle urne era però necessario far crollare il precedente governo Berlusconi. Come scrivevo in "Governo Globale" (Arianna, 2013), lo storico Webster Tarpley si spingeva a prevedere un vero e proprio complotto per decretare la fine del governo Berlusconi, reo della sua vicinanza a Gheddafi e dell'amicizia con Putin. La teoria di Tarpley è che sia esistita una vera e propria intelligence che avrebbe orchestrato il piano speculativo per svalutare l’euro e far crollare i mercati italiani. Ben prima dell'inchiesta di Alan Friedman, Tarpley aveva reso pubblica la cena cospiratoria che si tenne l’8 febbraio 2010 nella sede di una piccola banca d'affari specializzata, la Monness Crespi and Hardt. Come rivelato dal "Wall Street Journal", «in quell'occasione si cercavano

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strategie per evitare un'ondata di vendite di dollari da parte delle banche centrali e il conseguente crollo del dollaro. L'unica maniera per rafforzare il biglietto verde passava attraverso un attacco all'euro». Data però la difficoltà ad attaccare una moneta così forte come l’euro «gli sciacalli degli hedge funds di New York – fra cui anche certi protagonisti della distruzione di Lehman Brothers – hanno cercato i fianchi più deboli del sistema europeo e li hanno individuati nei mercati dei titoli di stato dei piccoli paesi del meridione europeo e comunque della periferia – Grecia e Portogallo –, dove era possibile contare sulla complicità di politici dell'Internazionale Socialista al servizio della CIA e di Soros», o, più in generale, delle lobby di Wall Street e delle famiglie che detengono il potere finanziario negli USA. A questo punto l’attacco speculativo sarebbe stato affiancato da una campagna diffamatoria e di stampo terrorista accompagnata da pessime valutazioni delle agenzie di rating: «Un mix che può comportare tracolli dei prezzi e un vero e proprio panico». Non a caso il declassamento italiano di Moody’s è arrivato nel febbraio 2012, a sei mesi di distanza dal crollo dei mercati: un modo per mantenere stabile la tensione. Con il senno di poi si chiarisce che cosa intendevano alcuni ricercatori quando cercavano di allertare la popolazione dal rischio che Goldman Sachs e soci si nascondessero dietro all’ondata di speculazioni che ha innalzato lo spread del nostro Paese causando così una serie di eventi a catena. A denunciare con amarezza le trame dell'oligarchia eurocratica è stato anche il più importante giornale inglese, "The Telegraph", che a firma di Janet Daley ha sostenuto: «Questo super Stato transnazionale [l'UE] è dello stesso genere delle follie utopistiche, innaturali e astoriche che si tentò di imporre alle generazioni precedenti d’Europa. La sua dottrina di “cooperazione” è solo coercizione con altri mezzi. Essa si fonda su un credo inflessi-

bile e conformità obbligata, come tutti gli inizi dei movimenti politici che sono sfociati, in passato, nel totalitarismo e nel terrore. La sola speranza è che la gran massa dei popoli, contrariamente ai loro leader politici, sembrano capirlo. Resta da vedere se dovranno scendere nelle strade

Sopra, la Goldman Sach Tower, l'edificio a Jersey City in cui ha sede legale la società. A sinistra, la copertina del libro scritto dall'autrice di questo articolo con Gianluca Marletta. Sotto, lo storico Webster Tarpley.

per farsi ascoltare». La Daley aveva inoltre anticipato il nodo del Fiscal Compact che, votato nel silenzio assoluto dei media, induce alla perdita di sovranità nazionale in favore dell'UE: «I parlamenti che hanno il mandato diretto dalle loro popolazioni, e rispondono ad esse, non controlleranno le più essenziali funzioni di governo: le decisioni di tassare e spendere [...]. Ogni potere effettivo sulla politica fiscale sarà sottratto dalle mani dei capi nazionali. E se, in quanto elettore, non puoi influenzare le politiche di tassazione e di spesa, per che cosa precisamente voti?». Enrica Perucchietti

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Dinastie

dannate Kennedy, Onassis e Agnelli. Tre delle più ricche e famose dinastie di tutti i tempi colpite da una lunga serie di tragedie, che spesso hanno portato dietro numerosi dubbi e interrogativi ancora in attesa di una risposta definitiva Sotto, Robert Kennedy durante un comizio elettorale. A destra, la copertina del "Daily Mirror" il giorno dopo il suo assassinio.

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di Riccardo Ruggero

artiamo dai Kennedy. Oltre al famoso omicidio del presidente John Fitzgerald, di cui abbiamo parlato in precedenti articoli, e di cui ormai si sa tutto o quasi, vi sono tante macchie oscure nella storia di questa famiglia. Come non ricordare l'omicidio di Robert Kennedy, detto Bob, fratello di JFK, ucciso il 6 giugno 1968 all'Hotel Ambassador di Los Angeles dopo aver ottenuto la candidatura democratica alle presidenziali. Bob aveva appena finito di ringraziare una platea immensa, nella sala dell’albergo, quindi si era incamminato nelle cucine, tra la gente comune e gli impiegati dell'albergo, attorniato da guardie del corpo. Tra queste, c’era Thane Cesar, che aveva sostituito all'ultimo un componente della scorta abituale. Improvvisamente, proprio nelle cucine, Robert fu raggiunto da undici colpi di pistola (tanti furono i bossoli raccolti sulla scena del crimine), di cui almeno uno a bruciapelo. La versione ufficiale accusò Sirhan Sirhan, un cittadino americano di origine

giordana, chiaramente sbucato davanti a Robert con la pistola sguainata. È interessante notare, però, che la pistola di Sirhan poteva contenere solo otto colpi, mentre – come abbiamo detto – i bossoli rinvenuti furono ben undici, tre dei quali recuperati in stipiti e pezzi di soffitto. I tre bossoli eccedenti sparirono misteriosamente durante il processo. Robert fu spinto a terra dalla guardia del corpo Thane Cesar, l'unico che con la sua arma avrebbe potuto infliggere da dietro i colpi che effettivamente furono trovati alla nuca e alla spalla destra di Robert. Il coroner Thomas Noguchi, che visionò il cadavere, osservò infatti che Robert Kennedy aveva un chiaro segno di bruciatura di colpo di pistola a bruciapelo dietro l'orecchio destro e che la sua giacca aveva altri due buchi di entrata sotto la scapola destra. La perizia balistica di Noguchi (anche esperto investigatore) dimostrò che i colpi sparati da dietro erano rivolti verso l'alto e che le pallottole fi- ❱❱❱

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sirhan, l'assassino di robert kennedy, non ricorda i momenti degli spari, come se avesse avuto trenta secondi di buio totale

In alto, la prima pagina del "The Boston Globe" dopo l'omicidio del presidente John Fitzgerald Kennedy e, più a destra, una fotografia con i tre fratelli Kennedy, Robert, Ted, John. Sopra, il coroner Thomas Noguchi e, a fianco, Thane Cesar, che aveva sostituito all'ultimo uno dei membri della scorta di Robert Kennedy. A destra, Sirhan Sirhan, condannato all'ergastolo per quell'omicidio.

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nirono la loro corsa nel soffitto, dove effettivamente furono trovate. Ciò dimostra che a sparare a Kennedy non fu certamente solo Sirhan, che fu immobilizzato davanti a lui e che comunque non poteva esplodere più di 8 colpi. Il report di Thomas Noguchi non arrivò mai in commissione esaminatrice e ciò non poté costituire prova durante il processo. Sirhan a tutt'oggi ha sempre professato di non ricordare il momento in cui aveva sparato a Robert Kennedy, come se avesse avuto trenta secondi di buio totale. Sirhan ha sempre dichiarato di aver fatto parte di una macchinazione di tipo MK-ULTRA, dal nome del programma CIA di indottrinamento e lavaggio del cervello per creare l'assassino a comando. Sirhan si è anche sottoposto a una seduta di ipnosi regressiva, per cercare di ritrovare nella memoria qualche dettaglio di quegli istanti fatali. Alla domanda: «Parlami di Bob Kennedy», Sirhan reagiva scrivendo ripetutamente: «Bob Kennedy deve morire». E alla domanda: «Chi ha ucciso Bob Kennedy?», dall'inconscio di Sirhan è emersa la frase: «Non lo so, non lo so, non lo so». avxhome.se

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In questa pagina, in senso orario: la prima pagina del "Daily News" dopo l'incidente aereo costato la vita a John Fitzgerald Kennedy Jr. e a sua moglie, Carolyn Bessette; Rosemary Kennedy, sorella di Robert, Ted, John; Mary Jo Kopechne, amante di Ted Kennedy, morta in un misterioso incidente; la copertina del "Time" dopo il suo funerale, con una immagine di Ted Kennedy.

Luptatum quidus inti qui imentiae volorias expe imusamu sdandae in non reroviti opta volorporio corest et qui simin num sequibus maio. Itatia La famiglia Kennedy, inoltre, presenta ben tre incidenti aerei, dove persero la vita John John – figlio di JFK – nel 1999, Kathleen nel 1948 e Jospeh Patrick durante la Seconda guerra mondiale. Morirono tragicamente anche Michael in un incidente di sci, David di overdose, mentre Rosemary Kennedy, la sorella di JFK e Robert, fu sottoposta a lobotomia perché troppo "intraprendente coi ragazzi" e perché presentava "sbalzi d'umore". Un altro mistero avvolge la morte dell'amante di Ted Kennedy, fratello di Robert e JFK. Sopravvissuto a un incidente aereo – l'ennesimo della famiglia – nel 1969 Ted uscì di strada a Chappaquiddick, una piccolissima isola nello Stato del Massachusetts. La ragazza che era con lui, Mary Jo Kopechne, morì annegata.

LE DISGRAZIE DEGLI ONASSIS

christina onassis, figlia del celebre armatore, fu trovata morta nella vasca da bagno immersa in poche dita d'acqua

Un’altra dinastia funestata da tragedie e misteri è quella degli Onassis. Nel 1973 Alexander, il figlio di Aristotele Onassis, il fondatore del potente gruppo, morì in un incidente aereo mentre decollava con un piccolo velivolo. Il padre Aristotele era convinto che l'aereo fosse stato manipolato (dopo il decollo, infatti, virò improvvisamente a destra e andò in stallo). La madre Athina si suicidò nel 1974 e Aristotele non si riprese mai più dal dolore, che lo portò alla morte nel 1975. Aristotele, però, aveva un'altra figlia, Christina.

Il peso della notorietà e della poca avvenenza (a Christina non piaceva il suo aspetto fisico) furono troppo grandi per la fragile, giovane Onassis. Storie di corridoio narrano di comportamenti bizzarri, come quello di mangiare bistecche con le mani e pulirsi poi sulla costosissima camicetta di seta. Ma qua siamo nel campo del sentito dire… Incapace di restare sola e di resistere a ogni tipo di vizio – carnale, culinario e alcolico – e con un disperato bisogno di affetto, Christina si sposò quattro volte e divorziò altrettante. Nonostante i dispiaceri familiari e la cronica depressione, nelle ultime settimane di vita Christina sembrava di buon umore. Stava trascorrendo un soggiorno a Buenos Aires. Il 19 novembre del 1988, a soli trentasette anni, Christina morì improvvisamente nella capitale argentina. Fu trovata nella vasca da bagno da una delle sue servitrici, immersa in poche dita d'acqua. Secondo le dichiarazioni dei medici, la causa del decesso fu un edema ❱❱❱

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Sopra, Christina Onassis in una foto del 1978. Sulla destra, un articolo di giornale riguardante la scomparsa di Athina Onassis, prima moglie dell'armatore greco Aristotele Onassis.

polmonare. Secondo altre versioni, invece, l’ereditiera triste si era suicidata ingerendo un cocktail di antidolorifici, droghe varie e medicinali. Ma sul luogo del delitto non furono mai trovate boccette di alcun tipo. Secondo il giornalista Kostas Vaxevanis, che ha scritto il libro "L’Omega di Christina Onassis", è improbabile che la morte della donna sia avvenuta nella vasca da bagno. Il giornalista si chiede perché la polizia sia stata avvisata solo sedici ore dopo il decesso e perché il corpo di Christina sia stato trasportato da un ospedale all’altro come un paziente e non come un cadavere. Il libro raccoglie anche le opinioni degli investigatori argentini che si occuparono del caso e che mai credettero alla versione ufficiale, ovvero quella di morte naturale. Secondo l’autore del libro, Christina è stata assassinata. Ma da chi? E perché? Certo è curioso che la donna sia morta proprio a Buenos Aires, dove il padre Aristo-

tele aveva iniziato la sua potentissima ascesa.

LA SCOMPARSA DI EDOARDO AGNELLI Anche la storia della più grande famiglia italiana è stata costellata da tragedie e misteri. Su tutti, il presunto suicidio di Edoardo Agnelli, figlio dell'Avvocato Giovanni Agnelli, nel 2000. Secondo la versione ufficiale, Edoardo, depresso da tempo, convertitosi all'Islam da molti anni, con problemi di tossicodipendenza, una passione sfrenata per le religioni e la filosofia e in rotta con il gruppo per il controllo di una parte dell'azionariato, si buttò da un ponte dell'autostrada Torino-Savona. Quel giorno, il 15 novembre del 2000, Edoardo

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esce di casa – Villa Bona, collina torinese, poco lontano da Villa Frescot, la dimora del padre – verso le 7.20 di mattina, con la giacca di velluto indossata sopra la maglietta del pigiama. Avrebbe la scorta, ma prende la sua Croma e si avvia da solo verso la Torino-Savona. Di lui Tiziana Nasi, la cugina, dice che era abilissimo a scappare. Imboccata la Torino-Savona, esce a un casello e rientra subito, rifacendo il percorso che più o meno – stando ai tabulati della Società Autostrade – aveva coperto regolarmente nei tre giorni precedenti. Si ferma sul viadotto al chilometro 44.800. Il viadotto è molto lungo e altissimo. Il corpo di Edoardo viene ritrovato settantatré metri più in basso, sfigurato. Lo vedrà, per riconoscerlo, anche il padre Gianni Agnelli, avvertito personalmente dal questore di Torino, Nicola Cavaliere. Il pastore Luigi Asteggiano dichiarò di aver visto il cadavere sotto il ponte poco prima di dare da mangiare alle bestie, come sempre alle 8.00 precise, massimo 8.30. Ebbene, come si concilia questa testimonianza con l'orario d'ingresso in autostrada della macchina di Edoardo, registrato dal telepass alle 8.59? E con l'affermazione dell'Avvocato che, a caldo, dice di aver ricevuto una telefonata da Edoardo poco prima delle 9.00? Se Edoardo era già morto alle 8.59 chi ha guidato la macchina su e giù per la Torino-Savona? La risposta non c'è. Nei mesi precedenti alla morte di Edoardo, la famiglia era in piena lotta per la decisione riguardo alla successione di Gianni Agnelli. Edoardo, dopo la morte di Giovannino – scomparso per un tumore nel 1997 – era la scelta più ovvia, ma il suo

carattere a prima vista debole e il fatto che si considerasse un musulmano a tutti gli effetti avrebbe potuto non giovare alle logiche di potere della famiglia. La cassaforte di famiglia, la cabina di controllo del gruppo, è la Dicembre società, che nel portafoglio ha il controllo, tra l'altro, di Fiat, Juventus e del quotidiano "La Stampa". Secondo Marco Bava, un consulente finanziario, a Edoardo fu offerto, in cambio di denaro, di rinunciare al controllo della società Dicembre. Ma Edoardo rifiutò. Dopo la sua morte, la famiglia Elkann prese il sopravvento e tutt'oggi è a capo dell'impero di famiglia. Naturalmente con questo non si vuole accusare nessuno, semplicemente si cerca di porre l’attenzione sulle tante stranezze e sui punti oscuri che circondano la tragica morte di Edoardo. A partire dall’incoerenza tra gli orari del telepass sulla sua macchina e le diverse testimonianze. Tre famiglie potenti, anzi, potentissime. Tre dinastie moderne, accomunate da un tragico filo rosso che ha portato dolore e sofferenza. Un classico misto di affari e successioni, dove talvolta il cognome, più che una garanzia di benessere e vita facile, diventa una croce da portare con garbo. Riccardo Ruggero

In alto, il viadotto autostradale "Generale Franco Romano", lungo l'autostrada Torino-Savona, ai cui piedi venne ritrovato il corpo di Edoardo Agnelli. Sopra e nel tondo a centro pagina, immagini tratte da un sito arabo dedicato a Edoardo Agnelli, che si era convertito proprio alla religione islamica.

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Misteri antichi e moderni di Giuseppe Balena

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io IX è un metro cubo di letame… Acerrimo nemico dell'Italia e dell'Unità. La più nociva di tutte le creature, perché egli, più di nessun altro, è un ostacolo al progresso umano, alla fratellanza degli uomini e dei popoli... Se sorgesse una società del demonio, che combattesse dispotismo e preti, mi arruolerei nelle sue file». Queste sono parole di Giuseppe Garibaldi, l’eroe dei due mondi. Forse un eroe, ma non certamente un diplomatico. Quando si parla del personaggio italiano più celebre del Risorgimento la prima cosa a cui si pensa è proprio questa: il profumo di eroismo che contraddistingue le sue gesta tanto in Europa quanto nell’America Latina. Non esiste città italiana che non gli abbia dedicato una piazza, una strada o un monumento. Un protagonista assoluto della storia nazionale.

Il Garibaldi poco noto Al di là di quello che tutti più o meno sanno sull’eroe del Risorgimento, ci sono aspetti della sua vita che spesso passano sottotraccia e sono stati certamente poco approfonditi. Aspetti, questi, che potrebbero essere importanti in funzione di una riscrittura della nostra storia risorgimentale. Giuseppe Mazzini lo definì «una vera canna al vento» e lo storico inglese Denis Mack Smith lo valutò «rozzo e incolto». Fra i 28 e 40 anni visse come un corsaro e imitò i grandi pirati del passato assaltando navi e saccheggiando bastimenti. Nel maggio del 1837, con i soldi della carboneria, mise in mare una barca di venti tonnellate per predare le navi brasiliane; per questo fu dichiarato pirata e corsaro sul fiume Rio Grande. In Uruguay preferì combattere dalla parte degli inglesi per garantirne il monopolio commerciale sul Rio della Plata e contrastare così l'egemonia spagnola, nazione considerata troppo cattolica. Nel 1852 al suo ritorno dal Perù fu artefice di

Garibaldi: l’eroe della massoneria Per tutti gli italiani è stato il principale artefice dell'unione di un Paese prima diviso. Ma la sua figura è molto più complessa di quella entrata a far parte dell'immaginario popolare... 28

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un vero e proprio traffico di schiavi, in barba ai suoi ideali di libertà e fratellanza. Una curiosità della sua vita privata spalanca le porte su alcuni aspetti molto controversi. Inserì nel proprio testamento alcuni passaggi tesi a sventare eventuali tentativi forzosi di conversione alla religione cattolica negli ultimi attimi di vita: «Siccome negli ultimi momenti della creatura umana, il prete, profittando dello stato spossato in cui si trova il moribondo, e della confusione che sovente vi succede, s'inoltra, e mettendo in opera ogni turpe stratagemma, propaga coll'impostura in cui è maestro, che il defunto compì, pentendosi delle sue credenze passate, ai doveri di cattolico: in conseguenza io dichiaro, che trovandomi in piena ragione oggi, non voglio accettare, in nessun tempo, il ministero odioso, disprezzevole e scellerato d'un prete, che considero atroce nemico del genere umano e dell'Italia in particolare. E che solo in stato di pazzia o di ben crassa ignoranza, io credo possa un individuo raccomandarsi ad un discendente di Torquemada». Da questo passaggio viene fuori il Garibaldi massone e anticlericale convinto, deista ma comunque non ateo. Una figura complessa, dunque, con luci e ombre.

giuseppe maZZini lo definÌ «una Vera canna al Vento» e lo storico inglESe denis macK smith lo ValutÒ «roZZo e incolto»

l’altro GarIbaldI L’impresa garibaldina certamente più importante è stata la spedizione dei Mille, determinante per il processo dell’Unità d’Italia. Un’operazione epica ed eroica: soltanto mille uomini che salparono all’improvviso da Nord conquistando in maniera trionfale tutta l’Italia meridionale; un manipolo improvvisato che miracolosamente batté a più riprese un esercito molto più numeroso e attrezzato. Questo nei libri di storia. Andò veramente così? Alcune fonti storiche evidenziano che i fatti si svolsero diversamente. La spedizione dei Mille fu finanziata dalla massoneria inglese con una somma spavento- ❱❱❱

nella foto, Giuseppe Garibaldi. sopra, una lettera alla famiglia. nell'altra pagina, una stampa lo raffigura in un'attività di pirateria.

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Misteri antichi e moderni

sopra, una stampa antica con il francobollo emesso della repubblica di san Marino in occasione del cinquantenario della sua morte. a fianco, una lettera manoscritta datata 5 maggio 1862.

sa di piastre turche. Con tale montagna di denaro Garibaldi poté corrompere generali, alti funzionari e ministri borbonici, tra i quali non pochi erano massoni. La spedizione non fu per niente improvvisa e spontanea ma ben architettata, studiata a tavolino nei minimi dettagli e pianificata dalle massonerie internazionali. A Londra, per esempio, si costituì il “Garibaldi Italian Fund Committee”, un fondo utile a ingaggiare i mercenari che formarono la “Legione Britannica”, un gruppo scelto di uomini feroci che aiutarono il generale italiano in modo determinante. L’approdo avvenne proprio dirimpetto al con-

solato inglese e in prossimità delle fabbriche inglesi di vini, con le spalle coperte dai piroscafi britannici. Tra i Mille e tra i loro sostenitori più o meno ufficiali ci furono molti massoni: a iniziare da Nino Bixio, passando per Francesco Crispi, fino ad arrivare allo stesso Cavour. Un fatto questo che ci riporta alla militanza di Garibaldi nella massoneria internazionale. Garibaldi nutrì interesse per le società clandestine sin dalla tenera età. Venne affiliato con il nome di “Giovanni Borel” alla Giovine Italia nel 1832, all’età di 25 anni, in una locanda di Taganrog, sul Mar d’Azov; il suo padrino fu Giambattista Cuneo, detto “il Credente”. L’anno successivo a Marsiglia incontrò anche Giuseppe Mazzini. Nel 1844 a Montevideo iniziò la sua vera carriera di massone che culminò col 33° grado ricevuto a Torino nel 1862 e con la suprema carica di “Gran Hierofante del Rito Egiziano del MenphisMisraim” nel 1881. Nel 1850 a New York e nel 1854 a Londra frequentò i lavori dell’Arte Reale. Il Grande Oriente di Palermo gli conferì tutti i gradi dal 4° al 33° sotto l’egida di Francesco Crispi. In seguito venne affiliato anche nella loggia “Les Amis de la Patrie” nella capitale uruguayana e all’obbedienza del Grande Oriente di Francia. La sua affiliazione comparve successivamente anche nella “Loggia Tomp Kins” a Stapleton, nello Stato di New York. Dopo la nomina a “Sovrano Gran Commendatore del Gran Consiglio”, conferita nel 1863, l'assemblea dei liberi muratori italiani, riunitasi a Firenze nel maggio del 1864, lo elesse al primo scrutinio con quarantacinque voti (fave) su cinquanta Gran Maestro dei liberi muratori comprendenti i due riti, quello scozzese e italiano. L’obiettivo principale in questa fase era di assegnare alla massoneria la regia dell’imminente breccia di Porta Pia. Nel 1864 Garibaldi s’impegnò in prima persona per la creazione di logge femminili (irregolari secondo la tradizione massonica conservatrice) e

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nel 1867 cominciò a conferire diplomi onorari di maestro alle mogli di massoni. Nell’ottica di sancire una ricomposizione nell’ambito della frazionata galassia delle obbedienze massoniche, nel giugno 1867, pur conservando la carica di “Gran Maestro” del consiglio scozzesista palermitano, accettò la nomina anche a “Gran Maestro Onorario” del Grande Oriente d’Italia che gli fu conferita dalla costituente massonica di Napoli. Dal suo esilio, nel luglio del 1868, inviò al Supremo Consiglio della Massoneria una missiva per comunicare la sua rinuncia a qualunque titolo o grado a lui attribuito. Nella sua lunga militanza massonica gli furono attribuiti anche i titoli di “Gran Maestro dell’Umanità” e di “Primo Massone del Mondo”. Giosuè Carducci, nell’orazione funebre tenuta due giorni dopo la sua morte, lo definì “Il Cavaliere di Umanità”. Garibaldi, inoltre, s’interessò anche di spiritismo e occultismo. Credeva nella reincarnazione e nella cremazione dopo la morte. Il suo nome fu il più diffuso fra quelli dati alle logge italiane ed estere. Il generale italiano per antonomasia e il mondo massonico ebbero, dunque, un legame a doppio senso: da un lato Garibaldi sfruttò gli ideali massonici per i suoi fini politici e dall’altro le varie consorterie lo utilizzarono, sia prima sia dopo la sua morte, come straordinario testimonial e come veicolo di propaganda dei propri ideali.

gli antichi romani veneravano il dio Marte, re della guerra, e il colore rosso rappresentava proprio il sangue sparso durante le battaglie. Indica, inoltre, la passione, il valore dell'aggressività, della voglia di fare, di vincere e primeggiare. Il rosso è anche, guarda caso, il colore emblematico del grado iniziatico massonico dell’Arco Reale. La conferma definitiva dell’imprimatur della massoneria viene poi da due monumenti dedicati a Garibaldi. Il primo è la stele commemorativa dell'impresa dei Mille sullo scoglio da cui partì la spedizione; in cima c’è in bella mostra una stella a cinque punte, la stella fiammeggiante, ossia il pentalfa, che nel dizionario dei simboli massonici ha un significato ben preciso: l’uomo e la sua natura divinizzante. Ancora in maniera più esplicita ritroviamo la squadra e il compasso nella parte inferiore del monumento equestre romano dedicato all’eroe dei due mondi. Due mondi: uno materiale e prosaico e l’altro più espressamente esoterico e che lo stesso Garibaldi non nascondeva neanche più di tanto, per esempio quando affermava: «Per pessimo che sia il governo italiano, ove non si presenti l'opportunità di facilmente rovesciarlo, credo meglio attenersi al gran concetto di Dante: fare l'Italia anche col diavolo». Giuseppe Balena

Sopra, la corona bronzea sui gradini del basamento della statua equestre collocata a Roma sul Gianicolo, che ricorda come Garibaldi sia stato il primo Maestro della Massoneria italiana.

a garibaldi furono attribuiti anche i titoli di "Gran maestro dell'umanità" e di "primo massone del mondo"

I simboli massonici Quando si parla di Garibaldi la prima immagine che ci sovviene è la sua casacca rossa, adottata anche nella spedizione dei Mille. Quel particolare tessuto fu comprato sotto prezzo in America Latina da uno stock svenduto da alcuni macellai che lo utilizzavano in funzione del fatto che proprio il rosso copriva lo sporco del sangue degli animali macellati. Cosa rappresenta il colore rosso? Il rosso è il colore del sangue, dei muscoli e del cuore, ossia degli elementi indispensabili alla vita. Non a caso

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Misteri antichi e moderni

Sono molte le divinità pagane che hanno avuto origine soprattutto nel Nord-Europa. Tra queste spicca senz’altro Odino, alla cui figura si interessò perfino Adolf Hitler, che decise di assorbire questa dottrina nell’esoterismo nazista

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A destra, immagine classica di Odino seduto nel trono di Asgard circondato dai suoi due corvi e due lupi, in una illustrazione del 1882 di Emil Doepler.

C

di Paolo Battistel

iascuno dei dodici uomini si riuniva intorno al fuoco sacro mentre il sacerdote tirava a sorte il loro destino. Colui che veniva estratto si alzava in piedi nel silenzio generale. Con le mani legate dietro la schiena veniva costretto a salire su un cavallo, mentre il sacerdote gli infilava uno stretto cappio intorno al collo fissato al ramo di una quercia. Quando si alzava il suono dei corni il sacerdote spingeva avanti il cavallo facendo così pendere nel vuoto il suo cavaliere. Il cappio tirato verso il basso dal peso stesso dell’uomo si stringeva sempre di più fino a soffocare la povera vittima sacrificale. Questo era il sacrificio che gli antichi popoli del Nord facevano per propiziarsi il favore del loro signore degli dèi: Odino, il dio stregone.

La leggenda di Odino Figlio del gigante Borr e di Bestla, Odino è colui che, insieme ai suoi due fratelli, uccise lo spaventoso gigante primordiale Ymir. Con l’immenso corpo di quel mostro, grande quanto il creato, i tre dèi modellarono il mondo: con la carne del gigante plasmarono la terra, con lo scheletro le montagne, mentre con il sangue diedero vita ai fiumi e ai laghi. Gli antichi vichinghi chiamavano Odino "il padre di tutti", poiché solo grazie a lui ogni essere umano e divino aveva preso vita. Essi lo pregavano con reverenza, ma soprattutto con profondo timore. Egli non controllava i tuoni e i fulmini come suo figlio Thor, ma era il dio della poesia, della stregoneria e della conoscenza. Egli era il temuto re del regno celeste di Asgard, dove vivevano gli dèi. In cima al suo trono erano appollaiati due grandi corvi in grado di scorgere tutto ciò che avveniva nel mondo. Essi vigilavano sul creato affinché ogni evento accadesse nel modo in cui era scritto nel libro del fato.

Gli antichi vichinghi raccontavano che Odino portava sempre sul capo un largo cappello calato sul viso e montava un cavallo con otto zampe (Sleipnir), con in mano la celebre lancia Gungnir che gli permetteva di non venire mai sconfitto in uno scontro.

Il sacrificio dell’occhio Per quanto Odino abbia plasmato il mondo e tutti lo riconoscano come l’essere più sapiente del creato, egli è costantemente alla ricerca di nuova conoscenza. Lo si immagina sempre in viaggio per saziare la sua intensa sete di sapere. Egli attraversa come un grigio viandante i nove mondi a cavallo del suo destriero magico, oppure prende la forma di una grande aquila che volteggia maestosa sopra ogni terra. Nel lontano Est esisteva un pericoloso mondo abitato dai peggiori nemici di Odino: i Giganti e i Troll. Nel cuore stesso di quella terra veniva custodita una sorgente magica che donava un grande sapere a chi se ne abbeverasse: era la leggendaria sorgente di Mimir. Solo coloro che fossero disposti a pagare un prezzo altissimo potevano avvicinarsi a quell’acqua sacra senza venirne distrutti. Si racconta che Odino era talmente avido di conoscenza che accettò di ❱❱❱

gli antichi vichinghi lo chiamavano "il padre di tutti", poiché grazie a lui ogni essere umano e divino aveva preso vita

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Misteri antichi e moderni il più grande desiderio di odino era quello di conquistare il sapere occulto dei morti per riportarlo nel mondo dei vivi

strapparsi un occhio in cambio di un solo sorso d’acqua che sgorgava da quella sorgente. Odino, bevendo alla sorgente di Mimir, divenne così il dio della conoscenza, ma nemmeno questo gli fu sufficiente per trovare la pace. La sua fame di sapere era insaziabile: egli desiderava diventare "il signore della vita e della morte".

Il dio degli impiccati

Sopra, fotografia del 1913 dello studioso Guido von List. Sotto, immagine di Odino interpretata dall'illustratore fantasy inglese Allan Lee.

Il più grande desiderio di Odino era di vincere la morte stessa. Egli voleva conquistare il sapere occulto dei morti per riportarlo nel mondo dei vivi. Il re di Asgard allora legò una lunga corda al grande frassino che reggeva il mondo (Yggdrasill) e si sacrificò a se stesso impiccandosi. Egli restò appeso al grande albero per nove giorni e nove notti trafiggendosi infine con la sua lancia magica per porre fine al rito. Durante quella lunga agonia, che si concluse con la morte stessa del dio, la conoscenza dei morti entrò lentamente in lui nella forma di canti magici.

Quando Odino riuscì infine a conquistare anche l’ultimo canto dei morti egli risorse a nuova vita più forte e potente di prima. Da quel giorno divenne noto a tutti i popoli del Nord come “il dio degli impiccati”. In suo onore i Germani sceglievano ogni anno dodici persone per partecipare alla cerimonia in ricordo del sacrificio del loro dio. Tra i dodici, colui che veniva infine estratto a sorte doveva morire impiccato proprio come Odino per saziare l’eterna fame di vita del dio stregone.

Odino e Cristo La morte di Odino in questa cerimonia ha molte somiglianze con la morte del dio dei cristiani nella veste di figlio di dio: Cristo. I punti in comune dei due sacrifici sono molti. Entrambi sopportano una lunga agonia sacrificale, che nel primo caso avviene per impiccagione mentre nel secondo per crocifissione, e la morte sopravviene soltanto attraverso l’uso di una lancia che trafigge il costato delle due divinità. Simili somiglianze condussero diversi studiosi dell’Ottocento d’origine germanica a vedere nella diffusione del culto di Cristo nelle terre del Nord un semplice mascheramento dell’antico culto di Odino. Uno dei principali studiosi di questa teoria misterica fu Guido von List. Nel suo libro più conosciuto, "L'occultamento del Wuotanismo nel Cristianesimo", egli sostiene che dietro la maschera della dottrina cristiana, diffusa solo nel Medioevo nei paesi del Nord-Europa, esistesse ancora l’antica religione odinista. Un culto ancora vivo che vedeva in Odino il suo padre e signore.

Il culto di Odino nel nazismo Grazie anche al lavoro di Guido von List l’odinismo ebbe una seconda giovinezza durante l’Ottocento e nella prima parte del Novecento. Questa religione misterica negli anni Trenta venne assorbita a piene mani dal nazismo di Adolf

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Hitler e intorno a essa il regime fondò parte della sua dottrina esoterica. I nazisti ripresero la religione degli antichi vichinghi. L’aspetto più segreto ed esoterico di questo culto veniva replicato in circoli occulti a cui appartenevano i principali gerarchi dell’epoca, ma non mancavano nemmeno le cerimonie pubbliche: durante il regime vennero eseguite nelle vie principali delle città autentiche processioni in cui si celebravano gli antichi dèi del Nord. Lo stesso Hitler, appassionato lettore di Guido von List, era convinto che Cristo e Odino fossero due volti di un unico dio. Dopo l’annessione dell’Austria si fece portare nel proprio studio quella che credeva fosse la lancia di Longino. Questa lancia, con cui un centurione romano avrebbe trapassato il costato di Cristo, era in realtà per Hitler la lancia di Odino, con cui il dio del Nord aveva trapassato se stesso mentre era impiccato. Ciò che interessava Hitler, oltre al valore sacrale dell’oggetto, era che la lancia garantiva al suo possessore la vittoria in ogni scontro.

ché in inglese la parola Wednesday (mercoledì) significa appunto “giorno dedicato a Wotan”, e Wotan non è altro che uno degli antichi nomi di Odino. In quasi tutto il mondo esistono ancora piccoli circoli religiosi che praticano la religione odinista al fine di non dimenticare l’antico culto del dio stregone, ma ormai è diventato un evento di nicchia quasi sconosciuto al grande pubblico. Il grande dio del Nord in grado di morire e rinascere è ormai solo un fenomeno di costume ricordato in film, serie tv o nei fumetti. Tuttavia, se si osserva attentamente una coppia di corvi ciondolare in modo sgraziato in mezzo a un prato nell’ora del tramonto, non si può non ricordare che la morte prima o poi calerà su di noi nel giorno scritto nel libro di Odino. Paolo Battistel

Sopra, illustrazione di Niels Bach di un sacrificio vichingo. La vittima viene impiccata mentre la tribù assiste reverente. Sotto, illustrazione di Odino con un solo occhio in un'edizione dell'"Edda di Snorri" di inizio '800.

Una religione immortale La caduta del nazismo e l’avvento del mondo moderno ha lentamente cancellato il ricordo degli antichi dèi del Nord, ma Odino è rimasto presente nella vita del suo popolo anche nel linguaggio quotidiano. Nel mondo anglosassone, infatti, Odino viene ricordato ogni settimana poi-

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Spiritualità e religione

Il racconto personale di una vita passata a contatto col misticismo, una realtà fatta di ricerca spirituale, viaggi in posti remoti e amicizie di tutti i tipi. È anche il racconto di un’epoca, il cui unico filo conduttore è la ricerca di pace e armonia da condividere col mondo

Katmandu, la pace interiore

N

Sotto, una veduta dello stupa Boudhanath al tramonto.

di Giorgio Cerquetti

el dicembre 1968 arrivai per la prima volta in Nepal, un paese da pochi anni aperto ai visitatori stranieri. Dopo pochi giorni mi trasferii in un villaggio, Boudhanath, vicino a Katmandu, la capitale. Qui c'era un famoso stupa, luogo di pellegrinaggio e meditazione. In Nepal non c'erano molti occidentali, erano soprattutto giovani affascinati dallo yoga e dalla meditazione. Diventai amico di Zina, una meravigliosa donna discendente da una nobile famiglia russa che, dopo la rivoluzione di Ottobre del 1917, si era rifugiata in America. Dopo aver girato l'India in lungo e in largo, e aver letto "La via delle nuvole bian-

che. Un buddhista in Tibet" del lama Anagarika Govinda, Zina arrivò in un campo profughi tibetano in cerca di insegnamenti.

I DUE LAMA

Nel 1967 Zina prese per mesi degli insegnamenti dai lama Thubten Yeshe e Zopa. Nel 1968, prima donna americana, fu iniziata dal Dalai Lama in persona e divenne monaca buddista. Prese in affitto una grande casa, la casa del Doppio Dorge, e si mise completamente al servizio dei due maestri, diventando loro discepola e collaboratrice. Frequentando Zina e i due lama capii che in Tibet c'era un genocidio in corso, un massacro fisico e spirituale completamente ignorato dall'Occidente. Spesso mi recavo sulla strada che viene dal Tibet ad aspettare i profughi. Ogni giorno vedevo arrivare a piedi decine di tibetani, intere famiglie che erano fuggite, rischiando la vita, dai loro tranquilli villaggi. I tibetani non parlavano inglese ed erano in uno stato mentale molto diverso da quello occidentale: avevano gli occhi tristi e parlavano poco. Con i miei pochi soldi comperai delle tanghe, dipinti sacri arrotolati che i nomadi tibetani si portano sempre dietro, e altri oggetti sacri che poi regalai ad amici e parenti al mio ritorno in Italia. Ricordo più di ogni altra cosa il viso dei piccoli tibetani. I loro occhi grandi e le guance sporche suscitavano un grande desiderio che è ancora forte e presente dentro di me: aiutare i bambini del mondo che soffrono. Oltre a Zina e i lama frequentavo il giro degli hippie americani, i mitici Figli dei Fiori. Erano il motore spirituale della vallata di Katmandu. In tutto eravamo meno di mille. Tra loro emergeva Bhagavan Das, in giro da anni tra India e Nepal. Aveva appena incontrato Richard Alpert e in un piccolo locale di Katmandu, il ❱❱❱

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il viso dei piccoli tibetani suscitò in me il desiderio, vivo ancora oggi, di riuscire ad aiutare i bambini che soffrono A destra, il grande stupa di Boudhanath. Diversamente da altri templi piÚ piccoli che popolano il sito, ha resistito al terribile terremoto dello scorso 25 aprile che ha sconvolto il Nepal, subendo solo lievi danni. Sopra, un'immagine che testimonia l'estrema povertà in cui vive gran parte della popolazione.

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Spiritualità e religione il dalai lama rappresenta la tradizione orientale di pace e dialogo che ha reso grandi gandhi e martin luther king

Blue Tibetan, gli aveva raccontato di insegnamenti ricevuti, di reincarnazione e realtà multidimensionali. Alpert, rinomato professore di Psichiatria agli inizi degli anni Sessanta, iniziò con Timothy Leary e Ralph Metzner una ricerca legale e autorizzata dal prestigioso ateneo di Harvard sugli effetti positivi dell’uso dell’LSD, non ancora considerato illegale e molto apprezzato da alcuni ricercatori della mente. Dopo averlo sperimentato personalmente, i tre psichiatri presero una posizione apertamente favorevole all’uso guidato dell’LSD per scopi terapeutici e spirituali. Nel 1963 questa apertura terapeutica costò ai tre dottori la cacciata da Harvard, e per Timothy Leary e Richard Alpert fu l’inizio di una nuova ricerca che li portò in breve tempo a diventare dei punti di riferimento della “rivoluzione psichedelica” che stava coinvolgendo molti giovani americani. Nel 1965 Leary arrivò in India alla ricerca di luoghi e persone sante. Alpert arrivò poco dopo e, dopo un lungo soggiorno himalayano presso Neem Karoli Baba, tornò negli USA con il nome spirituale di Ram Dass.

MILANO 1969

Sotto, Timothy Leary in una fotografia del 1969 e la copertina del manuale mistico scritto insieme a Ralph Metzner e Richard Albert, ispirato a "Il libro tibetano dei morti".

Tornai a Milano a marzo per dare gli esami all'Università Statale. Trovai il movimento studentesco militarizzato, ritratti di Mao e Stalin ovunque. Nessun spazio per peace, love and meditation. Gli studenti inneggiavano ai grandi distruttori della pace (e del Tibet) e li offrivano come esempio per le nuove generazioni. Io, nel mio piccolo, parlai a chiunque della spiritualità pacifica, dell'India, del Tibet e del Nepal.

Tra il 1968 e il 1974 passai l'inverno in India e Nepal e tornavo in Italia solo per dare gli esami e prendere una laurea in filosofia. Tra un viaggio e l'altro riuscii a piantare qualche seme. Da Milano, Luca e Massimo Corona, Pierino Cerri e Claudio Cipullo, affascinati dai miei racconti, partirono per l'Oriente (secondo me stavano semplicemente ritornando a casa); a Katmandu incontrarono i miei due cari amici lama e successivamente fondarono, con grande entusiasmo, l’Istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia. A metà degli anni Settanta il lama Thubten Yeshe, stimolato da Zina a insegnare fuori dall'India, venne a Milano e tenne il primo corso di meditazione tibetana a Eupilio, vicino a Como. Partecipai con Giulia Amici e portammo il nostro comune amico Paolo Granzotto, che parlò a sua volta dell'evento al suo direttore Indro Montanelli. Paolo ebbe il via libera. Su "Il Giornale" uscì un ottimo articolo, il primo in Italia sui maestri tibetani.

DALAI LAMA Oggi il Dalai Lama, premio Nobel per la Pace, rappresenta l'antica tradizione orientale di pace, dialogo e nonviolenza che ha reso grandi il Mahatma Gandhi e Martin Luther King. Finché il Tibet non sarà libero, nessuno di noi può sentirsi completamente libero. Tra il 1991 e il 1999 ho vissuto negli Stati Uniti. A Los Angeles ho incontrato spesso Timothy Leary, autore, nel 1964, con gli altri due psichiatri dell'esperienza psichedelica, di un manuale mistico, mai uscito in Italia, ispirato a "Il libro tibetano dei morti". I Beatles usarono il libro di Leary come loro guida agli stati superiori della mente e ne trassero ispirazione per scrivere la canzone "Tomorrow Never Knows". Nel 1966 lessi "Il libro tibetano dei morti", tradotto da Giuseppe Tucci ai tempi del liceo. Lo avevo trovato in una bancarella di libri usati, era stato stampato dai Fratelli Bocca nel 1939. Mi sembrò molto familiare e dettagliato. Tucci aveva portato in Tibet un giovane fotografo, Fosco Maraini, il padre di Dacia, che documentò l'incanto di quei posti raramente visitati dagli stranieri. Oggi si parla poco di Tucci (morto nel 1984), considerato il primo e più grande tibetologo occidentale. Scrisse: «Nel corso della mia spedizione del 1935 volli sperimentare io

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stesso le liturgie sottili che sommuovono tutto l'io, liberando aspettazioni stupefatte e pavide e ricevetti dall'abate di Saskya l'iniziazione buddista». Tucci era convinto di essere stato un tibetano nella sua vita precedente e di essersi reincarnato in Occidente per aiutare il suo popolo a mettere in salvo le testimonianze della sua religione e della sua cultura. L'8 ottobre 1973, in una lettera pubblicata sul quotidiano "Il Tempo" (p. 3, rubrica "Copialettere"), scrisse: «Confermo ancora che io sono sinceramente buddhista nel senso però che io seguo e cerco di rivivere in me le parole del Maestro nella loro semplicità originale, spoglie dalle architetture religiose e speculative logiche e gnostiche che, nel corso del tempo, le hanno travisate e distorte... Non credo in nessuna Chiesa, ma in tre princìpi soltanto: retto pensiero, retta parola, retta azione. Semplici a dirsi, difficilissimi da mettere in pratica con coraggio e senza cedimenti, senza l'umiliazione del compromesso o gli indegni calcoli del vantaggio e dell'utile». Oggi il ponte tra Oriente e Occidente esiste ed è solido. Su questo ponte, in entrambe le direzioni, viaggiano da decenni innumerevoli spiriti incarnati che vivono e meditano creando, ogni giorno, un mondo migliore.

RIPENSANDO A ZINA Tornando a Zina, era lei la vera stella di Katmandu e dintorni, nonostante fosse rasata a zero e coperta dai mantelli rosso scuro dei monaci. Emanava ancora bellezza magnetica e grande nobiltà. Mi diceva spesso che amava l'Italia e mi regalò un pacco di biscotti, wafer italiani, sicuramente portati da qualche viaggiatore di passaggio. A Katmandu di prodotti occidentali non si trovava niente; giravano poche macchine, porte aperte, niente ladri e molta gente che camminava libera al centro della strada. Quel tipo di biscotti non mi sono mai piaciuti particolarmente, ma li presi come un dono di affetto sincero. Zina morì a soli 42 anni, colpita da un'infezione di colera mentre stava seguendo un lungo ritiro di meditazione. Negli anni Cinquanta, Zina Rachevsky viveva con il marito Conrad Rooks nel Greenwich Village di New York. Il Greenwich era il quartiere libero, artistico e filo orientale, un'oasi spirituale nella grande

A sinistra, Zina Rachevsky, immortalata in basso sulla copertina di una rivista quando era una celebre attrice.

metropoli materialistica. Woody Allen, Andy Warhol, Joan Baez, Paul Simon, Art Garfunkel, Joni Mitchell, Frank Zappa, Barbra Streisand, Jessica Lange, Nina Simone, Lou Reed, Dustin Hoffman, Al Pacino e Bob Dylan tra gli anni Cinquanta e Settanta hanno abitato al Village. Zina leggeva libri mistici e incontrava nel quartiere tutti i personaggi alternativi. Un giorno regalò al marito due libri: "Sulla strada" di Jack Kerouac e "Siddhartha" di Herman Hesse. "Siddhartha", in particolare, affascinò l’uomo sin dalla prima lettura. Zina e Conrad lasciarono così l'America e iniziarono il loro cammino mistico girando per tre anni Ceylon, Thailandia e India. Nel 1966 Conrad si separò da Zina e girò un film autobiografico, "Chappaqua". Chappaqua, un nome che risale agli indiani d'America, è il posto vicino a New York dove era cresciuto Conrad. La pellicola ospita molti volti della Beat Generation americana: lo scrittore William S. Burroughs, il maestro indiano Swami Satchidananda, (questo guru apparirà nel 1969 nel film-festival "Woodstock"), i poeti Allen Ginsberg, Peter Orlovsky, i Moondog e i musicisti Ravi Shankar e Ornette Coleman. L'opera vinse il Leone d'Argento - Gran Premio della Giuria alla 31ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia. Anni dopo, Conrad incontrò a Zurigo il figlio di Herman Hesse, Heiner. Gli chiese aiuto per girare un film sul capolavoro del padre e Heiner accettò. Rooks realizzò "Siddhartha" nel 1972. Giorgio Cerquetti

Sotto, una locandina pubblicitaria del film "Chappaqua", del 1966, diretto e interpretato da Conrad Rooks.

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Spiritualità e religione

Dopo i mazzi di carte come i Tarocchi e le Sibille, le Rune rappresentano uno dei sistemi di divinazione più conosciuti e apprezzati al mondo. Ma in realtà cosa sono questi strani simboli incisi su pietre?

S

di Ilaria Tiberio ono conservate in sacchetti e debitamente “consacrate”, e oggi sono un sistema di divinazione molto diffuso non solo tra cartomanti e sensitivi. Sono in molti, infatti, a cimentarsi nello studio

delle Rune. Il loro fascino è dovuto all’origine antica e misteriosa, ma è sicuramente accresciuto dal fatto che sono incise su pietre di diversa forma, colore e qualità: dai lapislazzuli alle pietre di ametista, dal cristallo di rocca al legno. Le Rune però non sono solo un alfabeto di origine antichissima, ma anche una delle più importanti istituzioni culturali e linguistiche comuni alle popolazioni germaniche. Si tratta di 24 segni grafici, chiamati appunto run, a cui corrispondono altrettanti fonemi: hanno ereditato parte dell’alfabeto fenicio ma tuttavia non ne seguono l’ordine, per cui gli studiosi non lo classificano come un vero e proprio alfabeto. L’alfabeto runico viene chiamato anche fuþark (il segno þ si legge come il th inglese, ndr), dal nome in sequenza dei primi 6 segni che lo compongono (Fehu, Uruz,

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Þurisaz, Ansuz, Raido, Kaunan), e sappiamo per certo che era usato dalle antiche popolazioni germaniche, come ad esempio Vichinghi e Goti. Ma non era solo questo… Il fuþark, infatti, non veniva utilizzato solo per scrivere, ma anche per usi esoterici e religiosi, o per inviare dispacci segreti durante le battaglie. Dal momento che la grande maggioranza dei popoli era analfabeta, il linguaggio runico era elitario e considerato una sorta di “segreto iniziatico” riservato a pochi, che comunicavano attraverso di esso utilizzandolo quasi come un codice. Sappiamo che queste lettere sono anche usate come metodo di predizione fin dall’antichità. E forse non è un caso se la parola gotica "Runa", attestata nelle antiche iscrizioni, significa proprio "segreto da sussurrare" (dal tedesco raunen: sussurrare) o, meglio ancora, “mistero”, "magia", "cosa segreta". A conferma di questa segretezza, il loro utilizzo è stato sempre e solo insegnato per tradizione orale.

STORIA DELLE RUNE Il primo a parlarci dell’uso misterico delle Rune è stato Tacito, nella "Germania", dove racconta che sacerdoti, capi tribù o pater familias praticavano sortilegi leggendo la disposizione di pezzetti di legno, su cui erano incise le rune, sparpagliandoli a caso su un telo bianco. Ma sono in molti gli autori che hanno trattato di queste iscrizioni dal carattere magico e sacro. Le Rune potevano anche essere incise su determinati strumenti, o nel legno delle navi, per assicurare virtù sovrannaturali a questi

oggetti (un po' come i testi magici incisi su lamine di piombo dai greci e dai latini, ma con una funzione distinta), o anche solo per indicarne il proprietario o il costruttore.

Sopra, una runa immersa in uno splendido scenario nevoso. A sinistra, il Codex Runicus, una pergamena del XIV secolo interamente scritta in caratteri runici, contenente brani legislativi inerenti all'antica regione della Scania.

COME SONO FATTE E COME SI LEGGONO LE RUNE La grafia delle singole Rune, composte da linee rette, dipende probabilmente dal fatto che spesso le incisioni dei caratteri erano su pietra, su superfici dure come legni, sassi, talismani o armi. L'inesistenza di tratti orizzontali potrebbe essere motivata dal fatto che nel primo periodo questa scrittura veniva incisa soprattutto sul legno: escludendo i tratti orizzontali si evitava che coincidessero con le venature del tronco, disposto orizzontalmente, in modo da evitare possibili equivoci ed errori di lettura. Per leggere questa antica grafia bisogna attuare un procedimento preciso: ogni runa si compone di tre aspetti. È una triade che deve essere considerata in modo unitario e non può essere separata, perché nessu- ❱❱❱

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Spiritualità e religione Esempi di Rune FEHU (= possesso) Simboleggia i beni materiali e il guadagno. Il suo tradizionale significato di “bestiame” è l’emblema di quello che i primitivi nordeuropei consideravano simbolo del benessere. Le influenze di Fehu sono positive e di solito indica l’arrivo di opportunità di guadagno o l’abilità di crearle. L’uscita di Fehu è l’indicazione che l’appagamento e la soddisfazione riguardo a ciò per cui si è duramente lavorato sono ora a portata di mano. Godetevi la ricompensa che questa runa vi offre e condividetela con gli altri allo stesso tempo pensando con attenzione alle nuove responsabilità che essa comporta. Se Fehu è circondata da rune capovolte, è un consiglio a mantenere l’atteggiamento attuale. Ritardi e ostacoli saranno una difficoltà, ma se si procede con pazienza il successo seguirà. FEHU capovolta Di solito indica che a meno che non modifichiate le vostre attuali azioni e comportamenti, potreste subire una perdita materiale o emotiva. Le rune circostanti vi daranno maggiori indicazioni. Per esempio, se Fehu capovolta è circondata da rune positive, state avendo a che fare con ostacoli a breve termine e la perdita è solo temporanea. In una lettura completamente negativa (tutte le rune capovolte) è più seria e può indicare che la perdita è a fin di bene. Fate attenzione quando Fehu è capovolta. Cercate di non peggiorare il problema con ulteriori investimenti o promesse. La pazienza guarirà la frustrazione e vi aiuterà ad abbassare gli ostacoli sul vostro cammino.

SI DICE CHE I SIGNIFICATI PIù OSCURI DELLE RUNE POSSANO ESSERE CONCEPITI SOLTANTO DA ALCUNE PERSONE "SENSIBILI" A QUESTA COMPONENTE MISTERICA A destra, la pagina iniziale della traduzione inglese di Olive Bray dell'"Edda poetica", rappresentante l'albero Yggdrasill e molti dei suoi abitanti (1908, W. G. Collingwood).

na di queste tre parti può avere senso da sola: ognuna implica l'esistenza e la sussistenza delle altre due. Il primo aspetto è il suono, che sarebbe il nome pronunciato. Il valore fonetico della Runa è la vibrazione che emette nell'aria. Taluni suppongono che ciò corrispondesse alla qualità creativa intrinseca alla magia della vocalizzazione. Con ogni probabilità, il suono è riconducibile alla parola di Dio. Il secondo aspetto è il glifo della Runa, ovvero la sua forma/il verso in cui la Runa è disposta. Esso rappresenta l’aspetto tangibile/ visibile della Runa, ed è la caratteristica più comprensibile per i non iniziati. Il terzo e ultimo aspetto è il contenuto simbolico, ovvero la rappresentazione del significato (o dei significati) della Runa stessa; tuttavia, come già specificato, si tratta unica-

mente di interpretazioni, in quanto il reale significato delle Rune dovrebbe restare celato ai sensi. Il vero significato delle Rune dunque si può solamente intuire, anche perché non sono giunte documentazioni chiare che attestino cosa esse veramente stiano a significare; soprattutto sono ignoti gli aspetti misterici, non inerenti alla vita di tutti i giorni. Si dice che i significati più oscuri delle Rune possano essere concepiti soltanto da alcune persone ritenute più "sensibili" a questa componente misterica. Certo è che non tutti sono in grado di in-

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terpretare i simboli che ricoprono. La loro simbologia era forse chiara in tempi remoti, ma oggi sono in pochi a possedere queste conoscenze. Si sa genericamente che alcune sono legate a imprese nobili ed eroiche, e le chiamano le Rune dell'eroe, mentre altre sono presagio di un fato amaro e terribile, e sono note come le Rune della rovina. Altre ancora sono legate indissolubilmente agli Spiriti e al loro volere, e suscitano grande timore in chi le sa riconoscere. Tuttavia, nessuno è più in grado di dire in cosa differiscano le singole Rune le une dalle altre, o quale sia il significato di alcune Rune misteriose che non indicano né gloria né rovina. I significati che conosciamo vengono attribuiti sulla base di antichi scritti che trattano della mitologia nordica come l’"Hávamàl", o "Edda poetica", un testo di leggende e miti nordici che possiede una struttura archetipica collegata a storie vere dove simbolismo e realtà si intrecciano.

LA MITOLOGIA Secondo la mitologia nordica, le Rune compiono il destino dei guerrieri. Durante tutte le imprese più importanti, infatti, essi

portavano sempre con sé, spesso appeso al collo, un simbolo di questo tipo, che, nella loro visione, era capace di influenzare l’esito della missione, qualsiasi essa fosse. Quello tra Rune ed eroismo è un binomio che ha ispirato i cantori del tempo, che consideravano l'indossare questo simbolo un motivo d’orgoglio, oltre che una consapevole responsabilità. Portare una Runa, infatti, conferisce carisma e credibilità. Tutto questo, in fin dei conti, è solo uno dei tanti misteri che ancora ignoriamo. C’è chi dice che sia un linguaggio ormai scomparso e chi sostiene invece che siano veri e propri spiriti tangibili. L’unica cosa che sembra certa è che, al di là dei significati, ogni Runa si porta dietro la garanzia di un qualcosa di importante che, presto o tardi, si compirà. Ilaria Tiberio

Nella fotografia grande, il dettaglio di un'incisione delle cosiddette Pietre di Sigurd, dedicate alla memoria dell'eroe de "La canzone dei Nibelunghi". Nell'immagine piccola, il simbolo della triquetra al centro di una Runa vichinga a Uppsala.

NOTA: In Italia le uniche iscrizioni runiche risalgono al tempo dei Normanni e si trovano nel sud della penisola, in particolare nel Santuario di San Michele Arcangelo a Monte Sant'Angelo, in provincia di Foggia.

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PIANTE E di Max Beretta

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Da oltre cento anni scienziati e ricercatori stanno cercando di dimostrare l'esistenza della percezione vegetale. Con risultati, spesso, veramente sorprendenti...

el film “E venne il giorno”, diretto e prodotto da Night Shyamalan nel 2008, le persone presenti a Central Park (New York) cadono inspiegabilmente in uno stato confusionale e si tolgono la vita a vicenda. Sebbene inizialmente si ipotizzi un attentato bioterroristico, la teoria viene lentamente scartata dai protagonisti e prende piede l'idea secondo cui una terribile neurotossina sarebbe prodotta dalle piante, in reazione a qualcosa che le minaccia. È un lungometraggio misterioso, carico di tensione e atmosfere ambigue, che mette in allarme l'umanità riguardo il proprio comportamento nei confronti dell'ambiente. La vicenda si conclude con la scomparsa improvvisa della tossina e l'intervista di uno scienziato che immagina che l'accaduto sia stato un avvertimento della natura nei confronti dell'uomo, in quanto effettiva minaccia per il pianeta. Al di là della pellicola, ritenuta dalla critica uno dei peggiori parti del cinema moderno, i biologi dell'Università di Torino sono disposti a scommettere che potrebbe esistere un fondo di verità. Sebbene gli scenari apocalittici siano da escludere, gli esperimenti condotti nell'arco di alcuni anni da due team di biologi, coordinati dal direttore del Dipartimento di Biologia Vegetale, Massimo Maffei, e da Wilhelm Boland del Max Planck Institute di Jena, sembrano dimostrare che le piante sono in grado di percepire il pericolo e avvertire “le sorelle” adiacenti di quanto sta accadendo, cosicché possano innalzare le proprie difese per tempo.

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E ENERGETICHE In sostanza, una pianta attaccata da un patogeno (un insetto, un virus, un batterio o un fungo) emette dalle foglie una molecola volatile, la quale viene captata dalle piante adiacenti. La scoperta scientifica è stata pubblicata con grande successo all’interno di una delle più note riviste scientifiche in campo biologico: "Plant Physiology". Al di là della biologia, esistono anche studi non riconosciuti dalla comunità scientifica che lasciano presupporre capacità ancora più sorprendenti. Si parla di percezione vegetale o biocomunicazione, ovvero l'ipotesi che i vegetali siano in grado di comunicare ad altri esseri viventi le loro sensazioni, di gioia o paura, tramite poteri extrasensoriali. L'idea che le piante avessero tali capacità fu di uno psicologo tedesco, Gustav Fechner, e risale a metà dell'Ottocento, ma i primi esperimenti furono condotti solo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo dal botanico, biologo, fisico e archeologo Jagadish Chandra Bose. Uno degli obiettivi degli esperimenti di Bose era quello di registrare la crescita delle piante in modo estremamente dettagliato grazie al “crescografo”, uno strumento di sua invenzione. Questa macchina è composta da due elettrodi che vengono collegati da un lato allo stelo principale della pianta e dall'altro a un fine, ma complesso, sistema di leve e a un orologio, al fine di monitorare la crescita oraria. Grazie a questi esperimenti, Bose fu in grado di studiare la velocità di crescita delle piante in relazione a luci di diverso colore, ma non solo. Tra i suoi appunti prese anche nota di comportamenti relativi alla percezione della musica: le piante crescevano più velocemente se

sottoposte all’ascolto di musica rilassante rispetto a quelle esposte a suoni più duri e incisivi. Inoltre, affermò che i vegetali fossero in grado di sentire dolore e percepire le emozioni tramite un meccanismo elettrochimico legato alla membrana cellulare. Secondo Bose, una pianta trattata con cura e affetto emetteva impulsi elettrici diversi rispetto ad una pianta sottoposta a tortura. I risultati di Bose, sebbene interessanti, furono trascurati almeno fino agli anni Sessanta, quando Cleve Backster, un agente CIA specializzato in interrogatori, ne venne a conoscenza (come già raccontato nel numero 19 di "Miste- ❱❱❱

Sotto, una fotografia dello psicologo tedesco Gustav Fechner (1801-1887). Nell'immagine al centro, il botanico, biologo, fisico e archeologo Jagadish Chandra Bose (18581937). Nell'altra pagina, una veduta esterna del Max Planck Institute di Jena.

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backster credeva che il solo effetto di pensare di danneggiare la pianta permettesse al vegetale di percepire l'informazione in modo telepatico Sopra, l'agente della CIA Cleve Backster impegnato in uno dei suoi esperimenti. Più in alto, una fotografia di Dracaena.

ro" magazine). Backster condusse ricerche sulle piante mediante l'uso di una comune macchina della verità, che aveva a disposizione presso gli uffici della CIA. Collegò gli elettrodi dell'apparecchio ad una pianta di Dracaena (una comune pianta da appartamento) e controllò il parametro che misura l'attività elettrodermica (o conduttanza cutanea), ovvero i cambiamenti nella resistenza elettrica sulla superficie di un corpo: osservò un'oscillazione di tale parametro simile a quella riscontrabile nell'uomo, a seguito del danneggiamento di alcune foglie. Ciò incuriosì Backster al punto da ideare altri test e i risultati giunsero senza sforzi. Mentre prendeva nota di alcune idee riguardo a come stimolare la pianta ad emettere un segnale, si accorse che la macchina della verità stava iniziando a scrivere un nuovo tracciato. Altri tentativi indussero l'agente a credere che il solo effetto di pensare di danneggia-

re la pianta permettesse al vegetale di percepire l'informazione in modo telepatico. Suppose addirittura che le piante fossero in grado di avvertire la morte di altri esseri viventi, così come i cambiamenti climatici o le imminenti catastrofi con largo anticipo. Backster definì tali capacità dei vegetali “percezione primaria” e pubblicò i risultati dei suoi esperimenti sulla rivista "International Journal of Parapsychology", nel 1968. Fu invitato a partecipare alla prima conferenza dell'Associazione Psicotronica a Praga, nel 1973, dove presentò l'articolo "Evidence of Primary Perception at a Cellular Level in Plant and Animal Life" ("Evidenze della percezione primaria a livello cellulare nella vita vegetale e animale"). Negli anni successivi, Backster condusse anche esperimenti su batteri, uova e spermatozoi umani, concludendo che la percezione primaria poteva essere misurata in tutti gli esseri viventi. Tuttavia, laddove la fantascienza si scontra con la scienza accademica, solo alcune delle teorie di Bose e Backster trovano riscontro con le più moderne apparecchiature. La scienza ufficiale sostiene che gran parte degli esperimenti dei due scienziati furono solo frutto di falsi segnali poiché i vegetali, privi di sistema nervoso, non sono in grado di trasmettere informazioni elettrochimiche simili a quelle degli animali, tanto meno avrebbero la capacità di captare o trasmettere messaggi telepatici. Nel 1975, gruppi indipendenti di scienziati americani, decisi a far luce sulla percezione primaria, ripeterono gli esperimenti di Backster applicando il metodo scientifico, ovvero replicando i test e inserendo casualmente controlli negativi. I risultati furono deludenti: gli scienziati di tre diversi gruppi registrarono nelle piante solo segnali molto deboli, in gran parte non correlati alle attività psichiche o vitali degli esseri viventi implicati nell'esperimento. La spiegazione più semplice fu che la macchina

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della verità stesse rispondendo all'elettricità statica o a piccole variazioni nella percentuale di umidità presente nella stanza. Di quando in quando, l'argomento della percezione primaria torna a galla e il programma televisivo statunitense "MythBusters" (“Miti da sfatare”), in onda su Discovery Channel, si è occupato di far luce sul mistero. I componenti della troupe televisiva, con l'aiuto di alcuni esperti del settore, hanno isolato piante di Dracaena (la stessa utilizzata da Backster) da stimoli umani e ambientali esterni che potessero inficiare i risultati e hanno riprodotto l'esperimento. L'esito, ancora una volta negativo, non fu motivo di sconfitta per gli autori del programma, i quali suggerirono di utilizzare uno strumento ancora più sensibile della classica macchina della verità, l'EEG. Anche in questo caso, lo strumento non registrò alcun cambiamento significativo e il mito della percezione primaria sembrò sfatato una volta per tutte. In ogni caso, gli esperimenti di Backster, fondati sulle teorie di Bose, sono diventati molto celebri ed hanno trovato accoglimento nel pubblico. Decine di gruppi indipendenti li hanno ripetuti e tramite internet hanno divulgato i risultati sul web, con esiti sia positivi sia negativi. Le conclusioni di Backster ricordano quelle tratte dalle più basilari credenze induiste, buddiste e New Age. Negli ultimi anni, anche il fondatore del movimento religioso Scientology, Ron Hubbard, ha condotto con successo test analoghi con piante di pomodoro, divulgando successivamente i risultati. Quando si parla di collegamento tra esseri viventi emergono automaticamente anche le ipotesi di Gaia e della radiazione mitogenetica, secondo cui ogni essere vivente è potenzialmente connesso ad un altro grazie all'energia aura. Questo concetto è accettato da numerose filosofie religiose e l'osservazione diretta dell'energia aura è pratica comune per milioni di persone. Fisici quantistici e sostenitori di teorie più innovative entrano spesso in conflitto su questi temi, scontrandosi in dibattiti che si svolgono al limite della scienza di confine. Il fisico Fritjof Capra, nel suo libro “Il Tao della fisica”, ha svolto una comparazione tra teorie della fisica relativisticoquantistica e le filosofie religiose orientali dell'in-

duismo, del buddismo e del taoismo, appurando come queste discipline giungano a conclusioni analoghe, sebbene parlino linguaggi molto diversi. Esistono quindi i presupposti per ipotizzare nuove teorie che non inficino le conoscenze pregresse, ma amplino quelle già assodate, creando una nuova visione del mondo, slegata da quella meccanicista newtoniana. Sebbene molti appassionati, esperti o ricercatori occasionali siano ancora alla ricerca di una dimostrazione definitiva al fenomeno, non esiste una conclusione in grado di definire chi abbia ragione e chi no. Ad oggi, la mole di dati a favore e a sfavore dell'esistenza della percezione primaria è confusa a tal punto da non poter essere valutata in modo corretto, così come è difficile valutare tutte le variabili di un esperimento così complesso. Ciò che oggi è noto come effetto Backster resta per ora relegato alla materia della parapsicologia e alla speranza che il proverbio “ditelo con i fiori” possa un giorno trovare un significato del tutto nuovo.

Sopra, il fisico e saggista austriaco Fritjof Capra e, più in alto, la copertina del suo libro "Il Tao della fisica".

Max Beretta

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I

di Raffaele Serinelli

mmaginate una situazione in cui la nostra Terra, sconvolta da guerre aggravate dall’uso di modernissime armi di distruzione di massa, da quelle nucleari alle batteriologiche, esaurisca la possibilità di produrre fonti di sostentamento alimentare. Terra incoltivabile perché contaminata, allevamenti sterminati, ambiente marino irrimediabilmente corrotto. È verosimile che, in questo scenario post-apocalittico, il primo problema da affrontare, qualora foste ancora vivi, sarebbe il cannibalismo. Soluzione che inorridisce la stragrande maggioranza di tutti noi, ma in una situazione così estrema e drammatica potrebbe diventare l’unica possibilità. Si tratta di uno dei più grandi tabù del pensiero umano occidentale. Ma se tutto questo non fosse poi così lontano? Che sapore ha la carne umana? A quest’ultima domanda potrebbero rispondere in molti. Esistono uomini, più di quanti potremmo immaginare, che, indipendentemente da qualsivoglia situazione politica o alimentare globale, non provano alcun tipo di repulsione all’idea di nutrirsi di carne umana. Il problema nasce nel momento in cui questi individui mettono in pratica tali istin-

Uomo mangia uomo

In questo articolo parliamo di fenomeni che a prima vista non appartengono alla nostra natura. Eppure, fin dall'antichità, molte persone hanno messo in atto pratiche di cannibalismo e antropofagia che ancora oggi continuano a mietere vittime... ti, in parte primordiali, con o senza il consenso della vittima designata. Fantasia? Non proprio. È l’evoluzione di questa pratica, da fenomeno storico a perversione, o scelta deliberata. È necessario fare una distinzione terminologica, perché nutrirsi di carne umana ha diverse varianti che ne contraddistinguo-

In alto, illustrazione di cannibalismo in una rivista di fine '800. A sinistra, un'immagine del periodo della carestia russa (1921-1923), che costrinse molte persone a nutrirsi di cadaveri.

no l’atto in sé. Un uomo si ciba di un altro uomo principalmente per tre ragioni: la prima è ❱❱❱

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Extra è stato dimostrato che stati di alterazione della coscienza, indotti da particolari tipi di sostanze stupefacenti, possono portare a Questi fenomeni

Sopra, una pagina di un libro di viaggi dell'Ottocento con la fotografia di una scena di cannibalismo; questa pratica, però, veniva frequentemente mistificata, come lascia intendere la "perfezione" dell'immagine. A destra, cannibali della Papua Nuova Guinea e, sotto, un'incisione antica sul tema.

relativa all’attuazione di macabri rituali, pratica che accomunava popolazioni antiche di tutto il globo, con retaggi che arrivano, seppur modificati, fino ai nostri giorni. In questo caso parliamo di cannibalismo; la seconda ragione riguarda la necessità di nutrimento, per carestia o per istinto di sopravvivenza, scaturita da una condizione di isolamento post-incidente; la terza, tragicamente più comune e che sempre più spesso riempie le pagine di cronaca nera dei giornali di tutto il mondo, è relativa a soggetti mentalmente instabili che si nutrono di carne umana o – di organi – per i motivi più fantasiosi. Negli ultimi due casi parliamo di antropofagia. È stato dimostrato che stati di alterazione della coscienza, indotti da particolari tipi di sostanze stupefacenti, possono indurre a fenomeni di questo tipo. La casistica è spaventosamente ricca di dati e, purtroppo, destinata a crescere. Se escludiamo esempi come

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quelli di alcune tribù africane o di zone remote come la Papua Nuova Guinea, dove fino a pochissimi anni fa mangiare i propri nemici o cibarsi del cervello del parente defunto erano considerati atti onorevoli, l’evoluzione di tali pratiche ha perso tutta la connotazione nobile, ma non quella rituale. Si sono verificati molti casi in cui l’atto del nutrirsi di carne umana nasceva dalla ricerca dei rituali più disparati, seppur viziati da uno stato di quasi totale infermità mentale. Psicosi, depressione, annullamento della personalità sono tutte cause che potrebbero indurre alcuni soggetti, soprattutto quelli dalla mentalità molto labile, ad atti di questo tipo. Stilare una classifica dei fatti cruenti servirebbe a poco per analizzare quanto continua ad accadere, anche perché nell’era della comunicazione potrebbe essere più interessante spostare l’attenzione sul ruolo della comunicazione mediale: attraverso l’influenza conclamata di giornali, cinema, tele- ❱❱❱

Sopra, un dipinto, databile tra il 1885 e il 1889, con scene di cannibalismo sull'isola di Tanna, nella provincia di Tafea, nelle Vanuatu. A sinistra e nell'immagine in basso, un articolo e la copertina di un periodico dedicati al criminale giapponese Issei Sagawa.

ci sono stati casi in cui l'atto del nutrirsi di carne umana nasceva dalla ricerca dei rituali più disparati, viziati da uno stato di infermità mentale 51 48_53 cannibalismo.indd 7

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Sopra, il serial killer americano Jeffrey Dahmer. Più in alto, Rudy Eugene (a sinistra), ucciso dalla polizia dopo aver divorato a morsi il viso di Ronald Poppo (a destra). Sotto, uno zombie della serie televisiva "The Walking Dead".

essere soggetti potenzialmente cannibali, alcuni fatti più o meno recenti potrebbero far vacillare anche le menti dei più “buoni” (sentimentalmente parlando). Il caso di Issei Sagawa ha sconvolto l’opinione pubblica mondiale, non solo per il feroce atto di cannibalismo ai danni di una giovane studentessa universitaria, documentato con numerose foto, ma soprattutto per la totale sanità mentale dell’allora giovane studente giapponese. Dopo aver scontato pochi mesi di galera, grazie all’influenza del ricchissimo padre, Issei divenne una vera celebrità nel suo Paese, scrivendo libri e presenziando da protagonista in numerosi video. L’argomento principale è facilmente intuibile. La stessa diagnosi, che escludeva ogni forma di psicosi, è stata fatta per il giovane ventunenne Ivan L. della remota provincia russa del Murmansk. Il promettente cuoco russo ha adescato un ragazzo gay attraverso un social network e ne ha fatto l’ingrediente principale dei suoi numerosi piatti. Ha perfino realizzato veri e propri tutorial relativi alle metodologie di cottura e alle spezie più consone per assaporare meglio la carne umana. Mao Sugiyama, eclettico artista giapponese, rischia due anni di carcere per aver servito a consapevoli commensali i suoi genitali. Proprio il farsi mangiare sembra essere la nuova frontiera dell’antropofagia 2.0. Il cannibale Armin Meiwes è stato arrestato nel 2001 per aver mangiato parti del corpo di un donatore volontario che aveva risposto a un annuncio su internet, soprattutto perché la morte non era inserita fra le clausole dell’accordo. Per la

il cannibale armin meiwes è stato arrestato per aver mangiato parti di un donatore volontario che aveva risposto a un annuncio su internet

visione, internet sulla coscienza collettiva, potremmo correre veramente il rischio di un’apocalisse zombie? Gli esempi che sembrerebbero confermare questa drammatica visione del futuro non sono pochi. Esiste una sorta di fascinazione e repulsione nei confronti di atti antropofagi che ipnotizzerebbe persone con disturbi, al punto tale da accentuare curiosità morbose che si trasformerebbero in azioni disumane. Se partiamo dal presupposto che l’uomo, nell’intero corso della sua storia (eccezion fatta per antichissimi rituali), non ha mai concepito un proprio simile ai fini del nutrimento, ciò che rimane è quasi sempre devianza criminale. Affrancati dalla personalissima sicurezza di non

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A sinistra, la biografia del cannibale tedesco Armin Meiwes. Sopra, il tweet con cui l'artista giapponese Mao Sugiyama (a destra) ha offerto per cena i suoi genitali.

cronaca, Armin Meiwes è stato scoperto solo dopo aver insospettito gli agenti di polizia grazie a un secondo annuncio. È giusto precisare che non tutte le storie sui cannibali sono vere, molte sono frutto di macabre leggende metropolitane, altre figlie di piccoli episodi confezionati ad arte da abili giornalisti. Internet funge da grossa cassa di risonanza per episodi che molto spesso vedono coinvolti soggetti psicolabili, che agiscono sotto effetto di pesanti droghe. Sono ancora negli occhi di tutti le immagini inquietanti del cannibale di Miami, Rudy Eugene, ucciso dalla polizia dopo aver divorato il viso di un barbone. Rimbalza ancora oggi, fra le ricerche di genere, la notizia che nel 2002 sconvolse il mondo del rap americano, quando Antron Singleton, in arte Big Lurch, uccise e mangiò parti del corpo di una ragazza di solo 21 anni, dopo aver assunto pesantissime dosi di fenciclidina, allucinogeno dagli effetti psichedelici e dissociativi. Nei casi più estremi l’antropofagia può degenerare a tal punto da creare dei veri mostri, serial killer spietati cha hanno terrorizzato intere nazioni. Uno su tutti, Jeffrey Dahmer, passato alla storia come il cannibale di Milwaukee, responsabile di diciassette omicidi effettuati tra il 1978 ed il 1991 con metodi particolarmente cruenti. La parola cannibalismo è entrata nell’ide-

ale collettivo, utilizzata sia che si tratti di vero cannibalismo, che di cannibalismo “profano” (antropofagia). È chiaro che questa pratica sia radicata nell’essere umano. La maggior parte di noi riesce a dominare tale istinti, a tal punto da renderli del tutto inoffensivi, relegati agli angoli più oscuri della nostra mente. Ma il numero di persone disposte ad assecondare fino in fondo esperienze di questo tipo, per alterazioni della coscienza, per disordini psicologici o per innata pulsione ad infrangere tabù, è in continuo aumento… Raffaele Serinelli

Sopra, Big Lurch, nome d'arte del rapper statunitense Antron Singleton, che sta scontando una condanna a vita per l'omicidio della giovane Tynisha Ysais e per averne mangiato parti del corpo.

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Djamar

La leggenda del dio alieno Nelle mitologie degli aborigeni australiani è radicata la credenza dello Djamar, una creatura dall’aspetto inquietante, venerata come una divinità, le cui finalità nei confronti dell’uomo sarebbero ancora ignote In questa pagina, una vecchia fotografia ritraente un anziano aborigeno nell'atto di trasmettere a un bambino il suo sapere artigiano.

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di Vincenzo Tufano

a cultura degli aborigeni australiani è permeata da miti e leggende. Storie che ancora oggi vengono narrate con precisione certosina e il cui ricordo è stato stampato e impresso esaustivamente all’interno di grotte e caverne come un cimelio di guerra da tramandare ai posteri. L’Australia è divenuta nel tempo, grazie a questi miti giunti sino a noi nel corso dei millenni, una terra immortale e piena di fascino. Le lunghe lande desertiche fanno di questo paesaggio un luogo isolato dal mondo, ricco di misteri ancora irrisolti. Le tribù aborigene erano affascinate dal cosmo e dalla misurazione del tempo. Ma più di ogni altra cosa erano ossessionate dal culto di divinità celesti definite da loro Wandjina, giunte dal cielo migliaia di anni fa, le quali avrebbero forgiato la razza umana. Sicuramente, la credenza più inquietante e profondamente radicata è quella dello Djamar.

Lo Djamar Secondo questa credenza lo Djamar sarebbe una creatura umanoide esile e altissima, con braccia magre e molto lunghe e in alcune occasioni presenterebbe piedi palmati dall’aspetto di un mostruoso ibrido con ❱❱❱

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Sopra, un'incisione sulla roccia della divinità dei Wandjina. A destra, pittografie aborigene nel Wunnumurra Gorge, Barnet River, nella regione di Kimberley, nell'Australia occidentale.

caratteristiche animali. Le dita vengono descritte come molto lunghe e la testa abnorme, con gambe leggermente incurvate. Si manifesterebbe durante alcuni rituali praticati da questo popolo ed è in grado di apparire anche durante il sonno nella cosiddetta “dimensione astrale” o sottile. Ma gli aborigeni concordano sul fatto che si tratta di una creatura fisica, tangibile, proveniente da una dimensione parallela a noi impercettibile. Seguendo la leggenda, lo Djamar sarebbe sceso dalle nuvole e sbarcato sulla Terra grazie al suo rumoroso e luminoso veicolo spaziale sigariforme chiamato ‘’Tyurunga’’. Ancora oggi si narra che la sua presenza sia preceduta da un forte vento, generato proprio dal suo mezzo volante. Su alcune colline che delimitano i villaggi degli aborigeni spiccano nette delle chiazze prive di vegetazione. Secondo questa tribù sarebbero dei danni permanenti causati dai continui atterraggi dello Djamar, il cui

veicolo utilizzerebbe come combustibile energia radioattiva ed elettromagnetica. Una figura oscura quella dello Djamar, furtiva e subdola, molto restia nel manifestarsi agli esseri umani. Riuscirebbe a camuffarsi e a non destare particolare attenzione grazie a potentissimi poteri mentali e illusori. Spesso rapirebbe le donne terrestri e le sottoporrebbe ad esperimenti genetici e pratiche finalizzate a incroci per la creazioni di ibridi dalle fattezze non umane. Dettagli che rimanderebbero ai moderni incontri ravvicinati del ter-

lo djamar è una figura oscura, furtiva e subdola, restia nel mostrarsi agli esseri umani

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avxhome.se

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zo e quarto tipo con supposte presenze aliene. Ma quale sarebbe l’origine di questa enigmatica e sfuggente creatura? Ma, soprattutto, vi sono testimonianze moderne che confermerebbero l’esistenza di questa ‘’Chimera’’?

TESTImoNIaNZE moDErNE Una sera di marzo del 2012, intorno alle 22.30, un uomo di nome Giancarlo stava percorrendo una strada nei pressi di Portogruaro, Veneto. All’improvviso notò un albero che si muoveva rapidamente, come se all’esterno ci fosse un forte vento. Anche nel campo circostante l’erba era smossa vorticosamente. L’uomo decise di fermarsi un attimo per cercare di capire cosa stesse succedendo. «All’improvviso sbucò dalla strada un essere che dire brutto è poco. Era molto alto, circa tre metri e mezzo, era magrissimo e i piedi erano rialzati come le galline. La testa era enorme e allungata. Le gambe erano piegate a formare un arco. Il colore della pelle era sul grigio scuro. Dopo alcuni secondi la creatura fece un salto scomparendo nella vegetazione. La paura fu tanta, così mi rimisi in moto e ripartii. Svoltando ad una curva udii un rumore, come un boato intenso e fortissimo. L’illuminazione pubblica andava ad intermittenza». Mentre mi raccontava la suea esperienza, i suoi occhi sembravano spaventati. Era assolutamente certo di quello che aveva visto. Giorni dopo seguirono altre segnalazioni dello stesso tenore. Nessuno, però, riuscì a fotografare la creatura misteriosa. Nei pressi di Livorno, invece, un ragazzo di nome Paolo (il nome è di fantasia) mi parlò del suo avvistamento di un essere magrissimo e alto fermatosi al centro della strada. «Mancava poco che lo investissi. Un mio parente che lavora nei carabinieri tra Cecina e Livorno è

Quale sarebbe l'origine di Questa enigmatica creatura? è Possibile cHe ancora oggi si manifesti durante la notte con finalitÀ indecifrabili? stato allertato per fenomeni stranissimi e luci notturne nel cielo». Anomalie elettromagnetiche, luci nel cielo, forti boati, sensazione di vento intenso. Tutti fattori che secondo la cultura aborigena australiana sarebbero da ricondurre alla presenza dello Djamar e del suo veicolo. I resoconti collimano al dettaglio. Possibile che lo Djamar, il demone umanoide, si manifesti ancora oggi, nell’oscurità della notte, con finalità del tutto indecifrabili? Speriamo di avere presto una risposta definitiva su questo mito inquietante che dimora ancora oggi nelle antiche culture australiane. Vincenzo Tufano

Sopra, pittura rupestre aborigena all'interno del Parco nazionale Kakadu, nella parte settentrionale del Paese. a sinistra, l'oggetto che rappresenta il velivolo spaziale grazie al quale lo Djamar sarebbe sbarcato sulla Terra.

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IBERNAZIONE: L’ILLUSIONE DELLA VITA ETERNA 58

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Cosa c’è dopo la morte? Ce lo siamo chiesto tutti e ogni religione ha la sua risposta. La scienza va oltre questo interrogativo sondando terreni sconosciuti e misteriosi, le cui indagini potrebbero condurre addirittura all’immortalità

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di Federica Baldi

o scorrere del tempo, la paura della morte, hanno da sempre condizionato il percorso dell’uomo. Siamo ad un punto in cui la ricerca scientifica non accetta più limiti e compromessi, stravolgendo le stesse leggi della natura. Dominare il tempo, sospendere la vita, conservare un corpo e risvegliarlo nel futuro. L’ibernazione umana è la nuova sfida della scienza.

TRA SCIENZA E FANTASCIENZA Già da tempo l’ibernazione artificiale è una prassi seguita in chirurgia per interventi cardiaci e neurologici. La temperatura corporea viene abbassata per ridurre al minimo le funzioni vitali, battito cardiaco e respirazione. Il sangue viene fatto circolare attraverso un sistema di raffreddamento esterno per un tempo limitato alla durata dell’intervento. Poi le funzioni vitali vengono riattivate. L’ibernazione umana (o crioconservazione) non regala l’immortalità nel senso stretto del termine, non fa regredire l’età, non riporta alla giovinezza, ma mette soltanto uno stop temporaneo alla morte. È una “sospensione” a lungo termine. Si può sospendere veramente la vita/morte di qualcuno per tanto tempo? Può la fine coincidere con un nuovo inizio? I dubbi sono molti, ma molte sono anche le aspettative. Sembra l’espediente narrativo di un film di fantascienza. La finzione cinematografica ha dato modo agli scienziati di sviluppare e perfezionare tecniche incredibili. In effetti, già in "2001: Odissea nello spazio", capolavoro cinematografico del 1968 firmato da Stanley Kubrick, fino ad arrivare a "Interstellar" di Christopher Nolan del 2014, viene proposta l’ibernazione umana come unica soluzione per affrontare le distanze dello spazio e giustificare così l’aspetto giovanile di

questi astronauti dopo decenni di viaggio. Per ora in nessuna nazione esiste una legislazione che consente questo procedimento su persone ancora in vita, come invece accade sul grande schermo, ma solo su persone appena decedute, per ovvie ragioni etiche e legali.

IN COSA CONSISTE L’IBERNAZIONE?

Sopra, i silos della fondazione Alcor, in Arizona, uno dei tre istituti al mondo che effettuano l'ibernazione umana. Sotto, la locandina del capolavoro di Stanley Kubrick "2001: Odissea nello spazio".

L’ibernazione non è un processo che impedisce la morte, ma un processo che impedisce alla morte di produrre i suoi effetti, cioè la decomposizione. Quando viene dichiarata la morte clinica (per arresto cardiocircolatorio) in realtà non si è ancora realmente morti. Essa non avviene istantaneamente ma gradualmente, ogni funzione corporea si arresta con una sua specifica velocità, fino al sopraggiungere della morte cerebrale, definitiva. Il procedimento di ibernazione, oltre a essere molto costoso – intorno ai 150 mila euro – è molto complesso e delicato. Vediamo come avviene. Entro due minuti dall’arresto cardiocircolatorio devono iniziare le procedure di avvio alla preparazione per la crioconservazione. Il tutto deve essere fatto molto rapidamente. Inoltre, bisogna continuamente monitorare il paziente affinché non si verifichino danni cerebrali che potrebbero ❱❱❱

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Sopra, una veduta esterna della fondazione Alcor. Nell'altra pagina, un particolare del raffreddamento di uno dei silos in cui vengono trasferiti i corpi ibernati.

compromettere un eventuale risveglio. Viene somministrato per endovena un cocktail di farmaci per rallentare il metabolismo affinché le cellule non si deteriorino; il corpo inizia ad essere raffreddato con spray e ghiaccio tritato e, per via polmonare, viene somministrato un altro composto chimico (a 0°C) per produrre un raffreddamento rapido del sangue, che attraverso una pompa viene fatto defluire dal corpo e sostituito via via con liquido criogenico a base di glicerina – questo per evitarne il congelamento e scongiurare la formazione di cristalli di ghiaccio. Il sangue sarà conservato per tutto il tempo in un’ampolla vicino al corpo. Intanto, la temperatura corporea continua a scendere, tanto che nell’arco di venti ore viene portata a -78°C e il corpo messo in un contenitore metallico: inizia così il viaggio nell’azoto liquido che gradualmente por-

non si dispone ancora di una tecnologia sicura in grado di risvegliare e riportare in vita questi corpi conservati a temperature così estreme

terà la temperatura a -196°C in centoventi ore. Raggiunta tale temperatura, il corpo viene trasferito in un silos riempito con azoto liquido e posto a testa in giù. Sospeso in un limbo. Non resta che aspettare che il progresso scientifico faccia la sua parte e sia in grado, un giorno, di curare le malattie mortali. È ancora una tecnica molto controversa e intorno c’è scetticismo. Sembra che al momento non si disponga di una tecnologia sicura in grado di risvegliare e riportare in vita questi corpi conservati a temperature cosi estreme. L’aria, composta dall’80% di azoto e dal 20% di ossigeno, alle temperature dell’ibernazione diventa liquida con la proprietà di trasformare in vetro tutto ciò che vi viene immerso. Ed è proprio questo fattore che ha vanificato fino ad ora tutte le tecniche di scongelamento e ogni tentativo di riportare in vita un corpo ibernato. Ma la scienza ha fatto e continua a fare passi da gigante – si pensi a tutte le malattie che fino a qualche decina di anni fa erano incurabili. Uno dei tanti interrogativi riguarda la memoria. Non si sa che impatto si potrebbe avere sulle strutture e microstrutture del cervello e quindi cosa potrebbe accadere alla memoria. Verrà distrutta? Sarà possibile ricordare il passato? Saranno mantenuti i ricordi? La morte porta alla perdita irreversi-

A destra, una fotografia di James Bedford, il primo uomo a essere ibernato nel 1967 (nell'immagine a sinistra).

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Volupidus si namet ex et mi, alit, quias a solecumet eatur, torem consequ iatur? Nonsequidel ma aut quae non peri remporr uptatia delest viducia sunt adis corepe dic test es vellab ipide eum inti quam iusamene que si unt aliquae volorum ini sandi

bile di informazione. Se si deteriora la struttura del cervello, l’informazione in esso contenuta è persa e irrecuperabile e si perde ogni traccia della persona definita da tale informazione. Ma se si riuscisse a mantenere intatta la struttura cerebrale dopo la morte? Se si riuscisse a prevenire la perdita delle strutture neuronali dove sono codificati la nostra personalità e i nostri ricordi? Preservare le strutture del cervello in parte è possibile, ma lo sarà a -196°C?

DOVE SI PRATICA L’IBERNAZIONE? A oggi, tre sono gli istituti al mondo che effettuano l’ibernazione di esseri umani. Circa duecento le persone che sono entrate a far parte della sperimentazione, perché di questo si parla. Duemila quelle che hanno già sottoscritto il contratto di donare il proprio corpo, tra cui dieci italiani e, di questi, una famiglia intera. Il primo italiano ibernato è stato un imprenditore di Cassino, Aldo Fusciardi, morto per arresto cardiaco a 75 anni nel 2012. Il primo uomo ibernato risale invece al 1967, James Bedford, fondatore della teoria dell'ibernazione. La paziente più giovane è invece una bambina tailandese di soli due anni e mezzo, deceduta per un raro tumore al cervello l’8 gennaio 2015. Viste le condizioni critiche e l’impossibilità di trasferirla negli Stati Uniti prima dell’aggravamento delle sue condizioni, i genitori hanno deciso di conservare solo il suo cervello, confidando nella possibilità che in futuro sia possibile non solo curare e rianimare i corpi, ma anche far crescere “corpi nuovi” o robotizzati in cui impiantare i cervelli ibernati. Entrambi i genitori della piccola hanno deciso di aderire al progetto e farsi riportare in vita lo stesso giorno della figlia. Perfino Walt Disney, morto nel 1967, secondo alcune fonti sarebbe stato ibernato sotto il suolo del parco dei divertimenti di Orlando, in Florida. Verità o leggenda metropolitana? La fondazione Alcor, in Arizona, fondata nel 1972, e il Cryonics Institute nel Michigan sono i due centri americani. In seguito ne è nato uno anche in Russia, la Kryorus.

TRA ETICA E SCIENZA Scienza ed etica tornano ancora a scontrarsi. Il progresso scientifico implica in questo caso

una riflessione molto profonda in quanto ci pone davanti a interrogativi complessi non solo sul rapporto che può esserci tra etica e sperimentazione, ma sull’etica della stessa ricerca riguardo l’ibernazione. Molti sono gli interrogativi, al di là del giusto o sbagliato. L’impatto emotivo è forte. Si può veramente tornare a vivere? E se sì, come? Cosa si troverà in un’epoca e in un ambiente che non ci appartengono più? Ognuno sarà solo. Sarà possibile adattarsi alle nuove condizioni climatiche? Ma, soprattutto, saranno in grado le generazioni future di “risvegliare” e “scongelare” questi corpi e riparare i danni subiti dall’abbassamento della temperatura? Tante domande a cui per il momento non c’è risposta. Da sempre l’uomo guarda alla morte con la speranza della resurrezione, non importa che sia per mano della scienza o per grazia di un’entità divina e superiore, il desiderio è sempre lo stesso, quello di superare le barriere del tempo e raggiungere l’immortalità. Un giorno, forse, non dovremo nemmeno aspettare più di morire per sospendere la nostra vita e decidere quando farla ripartire. La scienza potrà superare quella che oggi è solo fantascienza? Le premesse ci sono tutte. Federica Baldi

se si deteriora la struttura del cervello, l'informazione in esso contenuta è persa e irrecuperabile

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Sopra, il professor Patrizio Tressoldi, del Dipartimento di Psicologia Generale dell'Università di Padova.

Può il futuro influenzare il presente? Fino a pochi anni fa, ciò sarebbe stato visto come pura fantascienza, ma recenti esperimenti hanno portato a dare inaspettata credibilità a fenomeni non considerati fino a quel momento

retrocausalita e è p

T

di Umberto Visani

utti conoscono, anche per semplice esperienza di ogni giorno, il rapporto logico di causa-effetto: esso opera come una freccia, dal presente verso il futuro, nel senso che a un’azione/ omissione consegue un determinato effetto da essa causato. Ciò che non si riteneva possibile era che il fu-

turo potesse avere delle influenze sul passato, in ciò mostrando quindi come la causalità sia un rapporto a doppia direzione, non solo presente-futuro ma anche futuro-presente. Per questo motivo si è infatti parlato di retrocausalità. Gli esperimenti che hanno portato a ritenere che questo fenomeno esista sono stati effettuati da team scientifici di livello assoluto, che per primi si sono mostrati stupiti per le risul-

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e è precognizione tanze ottenute nelle loro ricerche. In quest’ottica sono stati fondamentali gli studi del professor Tressoldi, del Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova, il quale ha dimostrato come la frequenza del battito cardiaco possa reagire allo stimolo ancor prima che lo stimolo stesso venga prodotto, in ciò denotando quindi un chiaro rapporto di retrocausalità. Già nel 2003 il Cognitive Science Laborato-

ry, un centro di ricerca californiano più volte finanziato dalla CIA e dalla DIA, aveva effettuato alcuni test in cui erano emerse ulteriori prove a favore della retrocausalità. Nell’esperimento in questione il soggetto riceveva attraverso cuffie una sequenza di stimoli audio intervallati da fasi di silenzio di durata diversa e casuale. L’obiettivo era verificare se vi fosse un aumento della conduttanza cutanea (cioè la resistenza elettrica della ❱❱❱

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Extra pelle, determinata dalla minore o maggiore apertura delle ghiandole sudoripare, che viene determinata da stimoli esterni quali rumori, frasi, ecc…) ancor prima di ricevere lo stimolo audio. L’esperimento in questione ha mostrato che la risposta cutanea iniziava circa due secondi e mezzo prima dello stimolo sonoro, denotando quindi un rapporto di retrocausalità tra suono futuro e risposta della pelle presente.

precognizione

In alto, una fotografia della studiosa Julia Mossbridge. Sotto, un manifesto pubblicitario del film "Next", con Nicholas Cage.

pure no. Secondo alcuni studiosi della Northwestern University dell’Illinois saremmo perfettamente in grado di preconizzare il futuro. Julia Mossbridge, principale autrice dello studio in questione, ha affermato che: «Un soggetto che gioca al computer mentre è al lavoro in ufficio e indossa le cuffie non riesce a percepire quando il capo sia in arrivo. Tuttavia, la nostra analisi suggerisce che se costui fosse ben sintonizzato con il proprio corpo potrebbe essere in grado di percepirne l’arrivo, chiudendo il videogioco tra i due e i dieci secondi». Sulla stessa linea le ricerche del professor Jeffrey M. Zacks, il quale insieme ad alcuni colleghi sta elaborando una teoria su come si esplichi la percezione intuitiva, alla cui base vi è il convincimento che gran parte della predizione di eventi futuri stia nell’avere

la frequenza del battito cardiaco è capace di reagire allo stimolo prima che lo stimolo stesso venga prodotto

Certo, ben diverso è il fenomeno della precognizione, vale a dire la capacità di vedere eventi futuri. Soprattutto negli ultimi anni, anche il cinema (si pensi al film "Next", con Nicholas Cage, dove il protagonista riesce a vedere gli eventi che accadranno nei due minuti successivi) ha giocato su questo tema, rilanciando il dibattito se essa sia possibile op-

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bene a mente un modello di cosa sta accadendo in questo preciso momento. Zacks parla di “anomalia dell’attività anticipatoria”, dal momento che non si è in grado di spiegarlo con gli attuali modelli biologici, per quanto invece alcuni esperimenti nel campo della biologia quantistica spingano verso la bontà di questo modello.

il rapporto tra causa ed effetto non è unidirezionale e il futuro sembra in grado di influenzare il presente

Considerazioni conclusive Progressivamente quindi la scienza si sta muovendo a considerare il tempo in una maniera non lineare anche nella vita di tutti i giorni. Fino a poco tempo fa, infatti, attività come la precognizione venivano fortemente derise e

ritenute opera di ciarlatani che cercano di fare soldi alle spalle delle persone, sfruttandone la suscettibilità. Ma così non è nel momento in cui esperimenti scientifici effettuati da team serissimi ci mostrano come il rapporto causa-effetto non sia unidirezionale ma abbia le caratteristiche di una doppia freccia, nel senso che il futuro sembra influenzare il presente. Proprio in quest’ottica parlare di passato, presente e futuro può sembrare non solo riduttivo, ma anche troppo legato alla visione parziale del comune sentire. Nel momento in cui, infatti, è stato dimostrato come il battito cardiaco e il sistema nervoso siano in grado di anticipare gli stimoli, ciò deve metterci nella posizione di guardare con occhio diverso anche fenomeni finora sempre considerati impossibili, quali la precognizione. Evidentemente, ci sono relazioni più sottili tra passato, presente e futuro, relazioni che portano il nostro corpo a reagire ancor prima che lo stimolo si presenti e che devono portarci a considerare in maniera differente lo stesso significato di “prima” e “dopo”. Umberto Visani

Sopra, una fotografia della Northwestern University dell’Illinois. In basso, il professor Jeffrey M. Zacks, che sta elaborando una nuova teoria sulla percezione intuitiva.

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Secondo una vecchia leggenda, le Isole Canarie – noto e paradisiaco arcipelago spagnolo – non sarebbero sette, bensì otto. A quelle comunemente conosciute, infatti, andrebbe aggiunta l’isola di San Borondón. Il mistero che l'avvolge risiede proprio nella sua natura particolare. Si tratterebbe, infatti, di un luogo in continuo movimento…

San Borondón L’isola fantasma

Sopra, una vecchia cartina geografica: nel tondo è indicata la presunta localizzazione dell'isola di San Borondón.

è

di Cristina Meda

una calda sera d’estate del 1958, a La Palma, Isole Canarie. Il cielo è limpido, non c’è nemmeno una nuvola. Il fotografo Manuel Rodríguez Quintero sta passeggiando in cerca di ispirazione lungo la Martelas de Arriba, nei dintorni di Los Llanos de Aridane. Ammira il paesaggio aspro dell’isola, fatto di vulcani antichi, grandi scogliere, calette di sabbia nera che contrastano con il blu intenso dell’oceano. Tre ragazzini stanno facendo il bagno in una palude lì vicino. Giocano, le loro voci spensierate si intrecciano. Poi, all’improvviso, ammutoliscono. Uno di loro punta il dito verso l’orizzonte. Là dove il cielo si incontra con il mare è apparsa dal nulla un’isola. Non può essere El Hierro, perché è più a sud. Non è nessuna delle isole dell’arcipelago. Si tratta dell’isola errante di San Borondón. Manuel Rodríguez Quintero nota i ragazzi indicare un punto a ovest e si accorge dell’isola che si è disegnata al largo dell’oceano. Senza esitare afferra la macchina fotografica e scatta due fotografie in sequenza. Sono le uniche due foto al mondo della leggendaria isola di San Borondón. Pochi minuti più tardi, così come era apparsa, scompare. Ma sulla pellicola della camera di Manuel Rodríguez è impressa la prova della sua esistenza. L’isola deve il suo nome a un monaco irlandese, Brendano di Clonfert, vissuto tra il V e il VI secolo d.C., protagonista di una delle leggende più conosciute della cultura celtica: il “Viag- ❱❱❱

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l'isola deve il suo nome a un monaco irlandese, brendano di clonfert, vissuto tra il v e il vi secolo d.c., protagonista di una famosa leggenda 67 66_69 san borondon.indd 5

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A destra, una raffigurazione del viaggio di San Brendano sul dorso di una balena. Sotto, da sinistra, una delle due fotografie scattate da Manuel Rodríguez Quintero e i tre ragazzi che gli indicarono il misterioso luogo apparso all'orizzonte.

nel corso dei secoli in molti hanno detto di averla vista emergere dalle acque tra el hierro e la palma, attribuendole i nomi più disparati LE ISOLE FANTASMA Sono chiamate Isole Fantasma le isole che nel corso del tempo sono state segnalate come realmente esistenti, con i contorni delle coste disegnati sulle carte geografiche, e che in seguito sono state rimosse dopo la dimostrazione della loro inesistenza. Il fenomeno un tempo era abbastanza frequente perché gli esploratori non avevano sempre a disposizione strumentazioni molto accurate, o perché si verificavano errori nella trascrizione delle coordinate in fase di disegno delle mappe. A volte banchi di nebbia, iceberg o illusioni ottiche tradivano i cartografi, che segnavano piccole isole in realtà inesistenti.

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gio di San Brendano”, un lungo peregrinare nelle acque tempestose dell’Atlantico che lo condusse nella Terra Promessa dei Beati, l’Isola della Felicità e della Fortuna. Brendano partì dall’Irlanda con altri quattordici monaci, a bordo di una fragile imbarcazione. Il mito parla di incontri con demoni, colonne di cristallo galleggianti e misteriose isole ricche di tesori. Proprio su una di queste, rigogliosa e dalle pulite sabbie nere, sbarcò e visse sette anni con i suoi compagni, dopo aver trascorso gli ultimi quaranta giorni di viaggio della sua traversata sul dorso di una balena. Nel corso dei secoli in molti hanno detto di averla vista emergere dalle acque tra El Hierro e La Palma e l'hanno chiamata nei modi più disparati: l’Inaccessibile, Antilia o Encubierta. Non mancano dettagliate relazioni di naviganti che hanno giurato di essere sbarcati sulle sue coste e di averla poi vista scomparire tra le nebbie una volta ripartiti. Come nel caso di El Dorado e di tanti altri territori creati dall’immaginazione dell’uomo, le ricchezze di San Borondón erano descritte come inestimabili, la sabbia delle sue spiagge mescolata a finissimi granelli d’oro puro e le pietre preziose che intarsiavano la superficie dell’isola brillavano più dei raggi del sole. D’altra parte, fino al 1700, era segnata nelle mappe geografiche e in alcuni archivi risalenti al XVIII secolo è possibile ritrovare i documenti ufficiali delle investigazioni fatte per conto delle autorità dell’isola di El Hierro. Esiste addirittura un trattato del XV secolo tra Spagna e Portogallo per la divisione dei possedimenti nell’Atlantico tra i due paesi, che assegna alla Spagna la sovranità sulle isole Canarie “scoperte e da scoprire”, intendendo per isola da scoprire proprio San Borondón. Leonardo Torriani, l’ingegnere incaricato da Filippo II di fortificare le Isole Canarie, alla fine del Cinquecento descrive con estrema lucidità l’isola di San Borondón, ponendola a ovest dell’arcipelago, circa 550 chilometri ad ovest/nord-ovest di

L’Isola Ferdinandea Sono in pochi a sapere che anche il Mediterraneo ha la sua isola fantasma, a trenta chilometri a sud della Sicilia, non lontano dalle coste tunisine. È l’isola Ferdinandea ed è un’isola reale. Se ne conoscono perfettamente le coordinate - 36-10’ latitudine Nord e al 12-43’ longitudine Est - e anche le dimensioni: avrebbe infatti una circonferenza di cinque chilometri. È emersa dalle acque del canale di Sicilia in poche occasioni. Nel 1831 i testimoni raccontarono di aver visto ribollire le acque e innalzarsi una colonna di fumo alta quindici metri prima dell’apparizione della Ferdinandea. L’isola rimase visibile per sei mesi, infine scomparve di nuovo. Da allora ci furono altre due brevi apparizioni, poi il mare inghiottì quello che aveva donato alla terra. Gli scienziati attendono da trecento anni che il Mediterraneo, sotto la spinta del movimento sismico provocato dall’Etna, faccia di nuovo il piccolo miracolo.

in alcuni archivi del xviii secolo si possono trovare i documenti delle investigazioni effettuate alla ricerca del luogo

El Hierro e 220 chilometri a ovest/ sud-ovest di La Palma. Torriani fornisce anche le misure dell’isola: 480 km di lunghezza da nord a sud e 155 km di larghezza da est a ovest, con al centro una profonda valle racchiusa da due montagne. L’ultimo avvistamento risale alla fine degli anni ’60, quando sull’isola di El Hierro alcuni testimoni affermarono di averla vista emergere dalla foschia per poi scomparire, come al solito. Se andate alle Canarie, quindi, non dimenticate di scrutare l’orizzonte. Potreste essere tra i pochi fortunati ad avvistare l’Isola Errante. Ma non stupitevi se l’apparizione durerà un battito di ciglia. Cristina Meda

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l a v i est

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TUTTA L’ENERGIA

DELLA SECONDA EDIZIONE DEDICATA AD ADE E CLAUDIO La cronaca di tre giorni ricchissimi di appuntamenti, con incontri sui temi di confine insieme a ospiti speciali che hanno entusiasmato il pubblico

Sotto, la splendida facciata del palazzo delle Terme Berzieri a Salsomaggiore, che ha ospitato il Festival per il secondo anno consecutivo.

I

di Simona Gonzi

l popolo di “Mistero” ha iniziato ad assaporare l’energia della seconda edizione del Festival e dei suoi protagonisti a mezzogiorno del venerdì, nello splendido palazzo delle Terme Berzieri, simbolo della città di Salsomaggiore, con un’insolita apertura: insieme a Daniele Bossari e Arcadio Cavalli c’erano Cristiano Malgioglio e Aldo Dalla Vecchia, autore televisivo e giornalista. Si è parlato di televisio-

ne e di musica con i vivaci racconti di Cristiano e le pagine del nuovo lavoro di Aldo "Vita da giornalaia" (Murena Editrice) dedicato proprio a questo mondo e ai suoi protagonisti. Poche ore dopo, il Festival ha proposto il suo primo incontro con Bossari, Enrica Perucchietti e Paolo Battistel: un viaggio dentro ai misteri della musica e nelle sue origini occulte. Enrica e Paolo hanno svelato i significati occulti nascosti nei canti degli antichi sciamani fino ad arrivare ai giorni nostri, catturando l’attenzione del pubblico in una conferenza diventata quasi un talk

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Dall'alto, in senso orario, alcune immagini delle conferenze e qualche momento di svago dei protagonisti con il pubblico. Nel tondo al centro, Daniele Bossari mostra il libro di Aldo Dalla Vecchia.

al salone moresco la sensitiva regina zanella ha raccontato la sua interazione con "l'altra dimensione"

tra relatori e spettatori. La sera è stata la volta di Regina Zanella, volto noto del programma e della scienza dello spirito. Al Salone Moresco la sensitiva brasiliana, insieme a Daniele ed a Emilio Baldini, ha raccontato la sua esperienza con l’aldilà e il percorso di sofferenza che l’ha portata alla consapevolezza e all’interazione con “l’altra dimensione”. La delicatezza di Regina ha accarezzato i cuori dei presenti in sala e in molti si sono fermati alla fine dell’incontro per poter parlare un po’ insieme a lei. Il secondo giorno del Festival è iniziato in un’atmosfera assolutamente informale con un aperitivo alle Terme Berzieri: Daniele Bossari ha chiamato sul palco alcuni dei protagonisti del Festival già arrivati a Salsomaggiore, per stuzzicare l’attenzione su quello che sarebbe successo negli incontri in programma, presentando Andrea Fabbri – leader dell’Estrema Team – e l’ufologo Umberto

Visani. L’incontro si è concluso con un fuori programma d’eccezione: Elenoire Casalegno è arrivata a sorpresa a "Mistero in Festival". Accolta dal forte entusiasmo del pubblico, Elenoire si è concessa a foto, selfie e autografi con la spiccata simpatia e la grande generosità che la contraddistinguono. Grazie Elenoire! Al pomeriggio l’appuntamento era con l’attesissimo incontro sugli UFO: in un Salone Moresco gremito, hanno fatto il loro ingresso Pablo Ayo, Umberto Visani e Marina Tonini. Un momento seguitissimo, dove gli appassionati del tema hanno potuto sentire dal vivo l’esperienza di addotta di Marina Tonini e gli argomenti studiati con profonda professionalità e conoscenza da Pablo Ayo e Umberto Visani. Appena il tempo per un cambio di scenografia e avanti con lo spettacolo! Sul palco ha fatto il suo ingresso Lyon Harvey con il suo show di mentalismo che ha stupito il ❱❱❱

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Sotto, Elenoire Casalegno e, a fianco, gli speleosub dell'Estrema Team. In alto, l'esperimento in piazza Berzieri nell'ambito dell'appuntamento con Marco Pizzuti. Nel tondo al centro, Marisa Tadiotto e Carola Cavalli.

pubblico coinvolto nei suoi numeri di illusionismo. Mentre calava la sera su Salsomaggiore, piazza Berzieri si preparava all’appuntamento più elettrizzante del Festival: Marco Pizzuti e il mondo di Tesla. Dopo la messa in sicurezza della piazza, gli spettatori hanno cominciato ad arrivare presto per riuscire a prendere il posto più vicino possibile alle transenne: Marco Pizzuti ha acceso la serata facendo risuonare la bobina Tesla sulle note di alcuni brani di musica classica con delle scariche elettriche, tra l’entusiasmo di Daniele e di Elenoire che, insieme ad uno spettatore, si è resa disponibile per un altro esperimento dello “scienziato pazzo” di “Mistero”. Anche gli autori del programma, Alberto Pattacini e Cristina Meda, hanno preso parte alla serata e, dopo un saluto alla piazza, sono rimasti “dietro le quinte” per gustarsi lo spettacolo. Spettacolo chiuso con Lyon Harvey che, a grande richiesta, ha regalato ancora qualcosa della sua arte chiamando dentro alle transenne alcuni degli spettatori e lasciando, ancora una volta, il pubblico a bocca aperta. L’ultimo giorno del Festival si è aperto al lago di Pietra Nera, dove l’Estrema Team – capitanata da Andrea Fabbri – ha

messo a disposizione tutta la sua tecnologia per un’indagine in real time: come ha raccontato Fabbri, dopo un precedente sopralluogo, era emerso qualcosa di strano da quelle acque. La speleosub che si era immersa aveva rilevato un forte e stranissimo suono, definito come “un verso di un animale”, provenire nel punto più profondo del lago, che l'aveva spaventata al punto da costringerla a riemergere in fretta. Durante il loro momento a "Mistero in Festival", sotto gli sguardi incuriositi dei tanti presenti a Pietra Nera, Niki e Tex – gli speleosub di Estrema – sono scesi nuovamente nelle acque scure del lago rilevando delle voragini proprio in prossimità del precedente rilevamento. Voragini coperte da più di ottanta centimetri di sedimento fangoso, che saranno analizzate con altre apparecchiature per provare a dare risposta al mistero di quel suono. Al pomeriggio, l’appuntamento è stato nella meravigliosa cornice del castello dei Marchesi Pallavicino, nel borgo medioevale di Scipione. Nella splendida Sala delle Armi del castello, Daniele Bossari ha accompagnato Ossian D’Ambrosio e Davide Marrè in un suggestivo incontro sul druidismo e la wicca che ha rapito l’attenzione degli spettatori. Finita la conferenza, si è aperto il cancello dell’incantevole parco del castello e si è atteso il momento più spirituale di tutto il Festival: tutti i presenti hanno potuto prendere parte a un bellissimo cerchio druidico come ringraziamento agli spiriti del luogo.

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Giusto il tempo di tornare a Salsomaggiore ed ecco il gran finale: il Ghost Hunters Team ha fatto ritorno al Palacongressi con tutta la sua strumentazione, dopo le tantissime segnalazioni arrivate dalla precedente edizione. Lo scorso anno, infatti, i ragazzi avevano condotto un indagine nel palazzo, rilevando la presenza di una “donna irrequieta”. E da allora, come hanno raccontato alcuni del personale della struttura, sono continuati strani fenomeni in varie parti della struttura, in particolare nei freddi sotterranei. Mentre Mirko Barbaglia e Daniele Piccirillo, insieme ad Arcadio Cavalli, sono rimasti nel Salone Moresco, il resto del gruppo si

è calato nei sotterranei con le apparecchiature seguiti via wi-fi sul grande schermo del Salone Moresco, dando l’impressione al pubblico di trovarsi dentro a un servizio del programma Tv. A fine conferenza, è stata mostrata una foto scattata con un’anomalia che ricorda molto un volto femminile: i ragazzi hanno effettuato una prima analisi e tendono ad escludere un riflesso. Prossimamente sapremo dirvi di più. Questa edizione si è chiusa tra l’entusiasmo del numeroso pubblico che ci ha seguito e un’energia che ha accompagnato tutti noi dello staff nella realizzazione del Festival, diventato la versione live del programma Tv. Un’energia che ci ha sostenuto nella fatica degli imprevisti che normalmente accadono quando si è in una diretta. Un’energia che, in qualche modo, ognuno di noi ha avvertito, tradotta in quella serenità che arrivava nei momenti più delicati. Grazie Ade, grazie Claudio. Grazie per l’entusiasmo di tutti i relatori che hanno partecipato a questa edizione, a chi ci ha seguito e a Salsomaggiore Terme, che ci ha ospitato anche quest’anno. Grazie a tutti per aver partecipato con il cuore a "Mistero in Festival" . Simona Gonzi

In alto a sinistra, il pubblico accorre al lago di Pietra Nera per l'indagine dell'Estrema Team. Sotto, due fotografie del cerchio druidico realizzato come ringraziamento agli spiriti del luogo.

il ghost hunters team è ritornato nello stesso luogo in cui l'anno scorso aveva rivelato la presenza di una "donna irrequieta" 73 70_73 festival mistero.indd 9

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Racconti extrasensoriali

alla ricerca degli umani

E

ra l'estate del 2012 e nel cortile dove abita mia nonna e altre due famiglie, sia di giorno che di notte, si udivano strane voci e lamenti. Mia nonna confermò che soprattutto la notte la possibile anima parlava, facendo ragionamenti "coscienti". Essendo molto curioso e affascinato dal mondo del mistero, un giorno andai da mia nonna per constatare la presenza di questa entità… Me lo ricordo alla perfezione, erano le due e mezza del pomeriggio e mentre stavo pranzando udii, insieme a tutta la mia famiglia, una specie di lamento, una voce roca per due volte con un intervallo di 4-5 minuti. L'esperienza fu talmente impressionante che mi causò disagio e pallore. Il fenomeno di cui fui testimone era reale e non suggestione, visto che tutta la mia famiglia udì i lamenti. L'evento continuò per qualche mese fino agli inizi di settembre, quando, preoccupati e impauriti, gli inquilini del condominio chiamarono un sacerdote esorcista che, tramite un rituale, riuscì a far ritrovare la pace all'anima. Inoltre, parlando con il sacerdote, mi disse che quella che noi udivamo era un'energia vitale cosciente e dispersa che cercava un contatto con le persone. Fino a questo momento non è successo più niente. L'evento è impresso tuttora nella mia mente (pensandoci mi vengono ancora i brividi su tutto il corpo) e mi invoglia ulteriormente a indagare sempre di più per scoprire la verità in qualsiasi campo. Gioacchino Savarese

ombra nemica

V

i scrivo dal Veneto ma quello che sto per descrivervi riguarda la mia vita nella mia città d'origine. Qualche anno fa vivevo con i miei genitori in un paesino del sud della Puglia (premetto che la nostra casa di proprietà è stata interamente costruita da mio padre e nessuno ci ha vissuto prima di noi) e le mie traumatiche esperienze sono iniziate proprio lì. Partendo proprio dai miei cinque anni, da quando vidi nel corridoio un'ombra alta come un omino correre velocemente per poi perdersi nel bagno. Mi ricordai di questo quando, con cadenza settimanale, la stessa ombra venne "a farmi visita" più e più volte dal 2008 al 2012, sempre verso le tre di notte e sempre sedendosi sopra il mio petto, togliendomi il respiro e bloccandomi le braccia. Rare volte, forse nei suoi momenti più quieti, si limitava a occupare un angolo del letto (ero sveglia e sentivo il suo peso sul materasso) o a pronunciarmi frasi incomprensibili all'orecchio. Eventi inspiegabili continuavano anche di giorno, con le chiavi che sparivano e che poi ritrovavo nei luoghi più assurdi, con luci in casa che nessuno aveva acceso, con il mio carillon che suonava da solo e persino con i miei gatti che impazzivano di paura al solo pensiero di vedere l'entrata del bagno o della cucina. Quando ricevevo certe visite, nello stesso momento succedeva lo stesso ai miei fratelli e alle mie sorelle. Mia madre non ci ha mai creduto e mio padre non l'ha mai saputo. Non abbiamo precedenti di sedute spiritiche in casa e nessuno – lo ripeto – vi ha mai vissuto prima di noi. La presenza è sparita quando ho smesso di aver paura. Ogni tanto, però, la ritrovo nei miei peggiori incubi, a mille e più chilometri di distanza dalla mia amata terra natia. Marianna Bitonto

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Cari amici lettori, siamo felici di comunicarvi che è finalmente arrivata Mistero Cover, la divertentissima App che permette a chiunque di creare la propria copertina della rivista "Mistero", utilizzando un'immagine scattata direttamente da voi. La realizzazione dell'App è avvenuta grazie alla crowd di Starbytes, attraverso un'iniziativa promossa su www.starbytes.it. Una delle cose che ci ha fatto maggiormente piacere è stata la vasta partecipazione che abbiamo riscontrato. Moltissimi designer e sviluppatori, infatti, hanno impiegato la loro professionalità, creatività e anche il loro tempo per offrirci la possibilità di evolverci, raggiungendo un livello di crossmedialità davvero elevato. La App Mistero Cover è completamente gratuita ed è adatta sia a smartphone che a tablet, iOS e Android. Quindi… che cosa state aspettando!? Scaricate la nostra App, date sfogo alla vostra creatività e iniziate a divertirvi! Una volta creata la vostra personalissima copertina potrete condividerla su tutti i social e naturalmente con i vostri amici! Per vedere le varie proposte di grafica giunte tramite contest, basta andare sul sito www.starbytes.it. Buon divertimento!

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Attualità

I segreti di Machu

Picchu

Terza e ultima tappa del nostro viaggio alla scoperta del Perù. Stavolta vi raccontiamo cosa si nasconde dietro Machu Picchu, le sue leggende, i suoi miti. Un’esperienza straordinaria per tutta la troupe di "Mistero" In questa pagina, la fotografia di un lama, animale originario delle montagne del Sud America e precisamente delle Ande.

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di Alberto Pattacini «In nessun luogo di questo pianeta le culture estinte fanno un effetto così forte con la loro presenza come sulle Ande. Machu Picchu, questa città elevata, si è avvolta nel silenzio e si è celata nella propria foresta. Chi erano i suoi fondatori? E abitanti? Cosa ci hanno lasciato, oltre alla solennità della pietra, per informarci della loro vita, dei loro progetti, del loro declino? […] Lì, sui monti del Perù, si è conservata misteriosamente […] la splendida opera dell’eternità dell’uomo.». avxhome.se

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C

on queste parole, Pablo Neruda descrive uno dei più grandi misteri della storia dell’umanità: Machu Picchu. Ma la “città perduta degli Inca” nasconde segreti ancora indecifrabili. Perché è stata costruita in quel luogo? Perché non ci sono mura a difenderla? Quale funzione aveva? Era un centro rituale? La residenza dei nobili Inca? O un osservatorio astronomico da cui “parlare” con gli dei-alieni? Secondo la teoria degli antichi astronauti, le antiche popolazioni della Terra sarebbero entrate in contatto con civiltà extraterrestri che avrebbero insegnato loro la tecnologia. La specie umana sarebbe anzi il risultato di una creazione programmata, ovvero di esperimenti genetici condotti per produrre una razza suddita da usare come manodopera per la costruzione di edifici enormi, come le piramidi e il Machu Picchu appunto. Se questa teoria fosse vera, la cittadella delle Ande in passato sarebbe stata una sorta di “stazione spaziale” con tanto di piste di atterraggio per dischi volanti. Si tratta solo di fanta-archeologia? In lingua quechua, Machu Picchu significa “vecchia montagna” e dal 2007 è una delle sette meraviglie del mondo moderno. Quando l’Impero Inca cadde, nel 1532, Machu Picchu fu abbandonato e rimase dimenticato per

quasi 4 secoli. I conquistadores spagnoli, che stavano decimando la popolazione indigena in preda alla brama dell’oro e alla ricerca dell'El Dorado, arrivarono fino alle pendici della montagna e lì si fermarono. Se invece avessero guardato meglio, in alto, avrebbero visto le rovine dell’antica cittadella, scoprendo il vero tesoro di quella regione. Solo nel 1909, per caso, il sito fu rinvenuto dal peruviano Gonzales de la Rosa; ma fu lo storico statunitense Hiram Bingham, che era alla ricerca dell’ultima capitale inca, Vilcabamba, a farla conoscere al mondo. Guidato da un proprietario terriero, Melchor Arteaga, e accompagnato da un sergente della guardia civile peruviana, Bingham giunse a Machu Picchu il 24 giugno 1911. La spedizione trovò due famiglie di contadini che si erano stabilite sul posto, i Recharte e gli Álvarez, che sfruttavano le terrazze a sud delle rovine per coltivare la terra e utilizzavano un canale incaico ancora funzionante per trarre acqua da una sorgente. Pablo Recharte, uno dei “bambini di Machu Picchu”, condusse Bingham fino alla “zona urbana”, ormai coperta di erbacce. Quello che trovò sotto quelle erbacce oggi è uno dei luoghi più famosi del Pianeta… Machu Picchu è collegato a Cuzco attraverso sentieri che hanno resistito alle intemperie, ai conquistadores e ai secoli. Il “camino Inca” è ❱❱❱

Sopra, una veduta del sito archeologico di Machu Picchu, inserito nel 2007 tra le sette meraviglie del mondo moderno.

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Attualità

Sopra e nella foto grande, altre due immagini di Machu Picchu. Nella foto piccola, una veduta notturna di Aguas Calientes. Sotto, la statua che accoglie i visitatori al loro arrivo.

lungo 46 km e generalmente servono 4 giorni per compierli. Si dice che questi sentieri non rappresentino solo un percorso fisico, ma soprattutto spirituale. Ascendere a Machu Picchu è un’esperienza forte ed entusiasmante. È con questa emozionata impazienza che la troupe di "Mistero" è giunta ad Aguas Calientes, alle pendici di Machu Picchu una sera di marzo…. L’esclusività del sito è data dal fatto che non ci sono strade dirette per Aguas Calientes percorribili in auto. L’unico modo per arrivare è un piccolo treno che parte ogni mezz’ora da Ollantaytambo, vicino a Cusco, e impiega circa tre ore per arrivare a destinazione. La sensazione che ognuno di noi sentiva è l’impeto della natura che con tutto il suo vigore, nello scrosciare delle onde del rio Urubamba e nel silenzio minaccioso dei picchi che sovrastano il paesino, ci imponeva rispetto e ammirazione. Per scalare il Machu Picchu è necessario partire all’alba in bus. Trenta minuti di ripida ascesa durante i quali le emozioni sono tantissime. Aspettativa, curiosità, anche stanchezza per un viaggio duro e intenso. Ma nessuna parola potrebbe descrivere lo spettacolo che si apre davanti agli occhi del viaggiatore quando Machu Picchu spalanca la sua bellezza a chi la vede per la prima volta.

A 2400 metri di altitudine, di fronte a quello che si vede, alla storia e al silenzio, l’unica cosa che ci si domanda è come sia stato possibile realizzare un’opera talmente maestosa e straordinaria! Mette i brividi pensare che degli uomini abbiano deciso di sfidare la natura e manifestare in modo così straordinario la loro cultura, la loro civiltà, il loro sapere e la loro spiritualità. I blocchi di pietra usati per la costruzione della cittadella sono superdimensionali, pesano tra le cento e le trecento tonnellate e sono stati trasportati e collocati in quel luogo con tecniche che oggi restano sconosciute. Esattamente come per le piramidi. Ma qual è il segreto di Machu Picchu? A Machu Picchu si distinguono due tecniche di costruzione diverse: lo stile megalitico e quello degli Inca, di qualità inferiore. E questo farebbe ipotizzare che i giganteschi blocchi di granito potrebbero appartenere a una civiltà molto più antica. È davvero così? Machu Picchu è un vero e proprio santuario,

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I segreti del Perù Come nel resto del nostro fantastico viaggio nei misteri del Perù, anche sul Machu Picchu la nostra attenta guida è stata Nancy Farfan della Perù Paradise Travel. La salita al Machu Picchu è solo uno dei possibili itinerari che Nancy e il marito Michele Mosca organizzano ormai da anni. Il nostro viaggio in Perù si è focalizzato sulla ricerca delle tracce di un contatto tra le antiche popolazioni indigene e civiltà extraterrestri. Abbiamo iniziato il nostro percorso nel deserto di Nazca, dove abbiamo sorvolato le famose linee, dopodiché abbiamo esplorato il cimitero di Chauchilla e le rovine di Cahuachi per scoprire che cosa si nasconda dietro la strana forma allungata dei famigerati teschi. Poi ci siamo spostati verso Cusco e la Valle Sacra e abbiamo finalmente conquistato la cima di Machu Picchu. Un grazie per la buona riuscita del nostro viaggio va sicuramente a Nancy che ci ha accompagnato e “sopportato” per migliaia di chilometri. A voi il giudizio, ma se volete fare un viaggio unico e personalizzato in Perù, vi consigliamo di rivolgervi a Nancy e Michele (www.peruviaggi.info).

un luogo magnetico di forza, consacrato al culto del Sole, un luogo di guarigione dove venivano compiuti riti iniziatici e si ricercava l’unione con la natura e visioni spirituali. I luoghi misteriosi sono molti. Dal Tempio del Sole alla Pietra Sacra: tutti siti legati al cielo e forse ai suoi dèi. Intihuatana letteralmente significa “pietra che lega il Sole”, e forse è il posto più sacro di Machu Picchu. È una pietra scavata nel granito. Un unico blocco che da centinaia di anni svetta in quel luogo e resiste a qualsiasi intemperie. Ma quale potrebbe essere stato il suo reale scopo? C’è chi ritiene che si tratti di un punto di contatto ravvicinato con le divinità extraterrestri. Ci sono teorie di ufologi che sostengono addirittura che la cittadella potrebbe essere stata una base aliena, fornita di piste di atterraggio. Machu Picchu potrebbe davvero avere avuto la funzione di ponte tra Terra e cielo, tra le antiche popolazioni e i visitatori dello spazio? Di certo non è mai stata una città in senso tradizionale. Le abitazioni bastavano per un centina-

io di persone al massimo. Pertanto lo scopo originario della sua edificazione rimane ancora celato, ma queste misteriose costruzioni, nascoste tra le Ande, ai bordi della foresta amazzonica, vanno interpretate come strutture per pochi eletti, una élite con un ben preciso scopo spirituale. Il Tempio del Sole è uno degli edifici più noti. Durante la brutale conquista spagnola, divenne rifugio per donne, vergini, vestali e sacerdotesse. E proprio qui sono stati trovati circa centosettantacinque corpi tumulati. Le Vergini del Sole. Questi ritrovamenti hanno fatto pensare che Machu Picchu potesse anche essere una grande necropoli. Sebbene gli Inca siano ricordati soprattutto per la bellezza architettonica dei loro edifici, i loro progetti d’ingegneria civile sono talmente avanzati da lasciare sconcertati gli studiosi contemporanei. Soprattutto se si considera il fatto che abbiamo a che fare con una cultura che non utilizzava animali da tiro, attrezzi in ferro o ruote. Il sito che vediamo oggi è stato realizzato in uno spazio tra due piccoli picchi montuosi e ha richiesto lo spostamento di pietre e terra per creare un’area sufficientemente piatta. Alcuni ricercatori hanno stimato che il 60% delle costruzioni di Machu Picchu si trova ancora sotto terra. Forse anche la chiave per svelare il suo mistero. Chissà, forse un giorno gli antichi astronauti torneranno sulla Terra e ci riveleranno tutti i loro segreti. E forse scenderanno proprio dove migliaia di anni fa, per l’ultima volta, hanno guardato un pianeta che avevano contribuito a creare, ma che aveva loro voltato le spalle. Alberto Pattacini

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Action!

E se la musica fosse una delle chiavi per aprire la porta dell'invisibile? Una nuova indagine dei PIT sulle tracce del fantasma di un cavaliere accompagnata da una misteriosa melodia

Canta

«A

di Paolo Dematteis (Paranormal Investigation Team)

vete sentito? Qualcuno sta cantando!». Tutto il gruppo era in fase di ascolto e nel profondo silenzio, interrotto solo dal verso acuto di una civetta, non vi erano dubbi, tutti avevamo udito un lieve canto femminile! Ma facciamo un passo indietro... L'11 ottobre 2014 ci stavamo preparando per svolgere una nuova indagine presso le Peschiere Reali del castello di Mombrisone, in provincia di Cuneo. La nostra attenzione era rimasta molto colpita da numerose segnalazioni che avevamo ricevuto e che riguardavano degli strani fenomeni avvenuti proprio in quel luogo. I testimoni raccontano di aver visto più di una volta una particolare figura

maschile aggirarsi in sella a un cavallo, tra i boschi adiacenti le peschiere in questione. Mombrisone, in effetti, è un luogo molto suggestivo. Si tratta di un antico castelletto, utilizzato dai signori reali come riserva di caccia. L'antico maniero è collocato sulla cima di una collina ma, a causa del fitto bosco che lo circonda, in cui sono invece collocate le peschiere, la sua presenza rimane celata agli occhi di tutti, a meno che non lo si sorvoli dall'alto. Da molti è quindi considerato un luogo oscuro infestato da numerose presenze e in particolare dal fantasma di un misterioso cavaliere. I presupposti per un'indagine erano quindi ottimi e senza pensarci ulteriormente decidiamo di recarci in quel luogo. Dopo aver percorso una lunga strada sterrata abbiamo

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a CoN ME fermato la nostra auto proprio vicino a uno dei diversi laghetti che compongono l'antica peschiera. Tutto il gruppo si stava preparando per iniziare l'indagine. Appena cominciamo a perlustrare l'area, Cristian nota subito un particolare molto interessante. Tra i rami di un imponente pino pendeva una sostanza molto particolare... Viene normalmente conosciuta come "capello d'angelo" o "filo della vergine" e a un primo sguardo può sembrare una grossa ragnatela, ma in realtà una ragnatela non è. La sua consistenza, infatti, è molto diversa ed è quasi indistruttibile, al contrario di un normale filamento di ragno. Molti associano questo fenomeno alle scie chimiche e altri ancora agli alieni. L'indagine prometteva bene. Dopo aver annotato il fenomeno e prelevato un campione per una successiva analisi, decidiamo di dirigerci in prossimità del laghetto. «Mi sento os-

servato, ho la sensazione che qualcuno ci stia tenendo d'occhio» esclamo. Immediatamente, tutto il gruppo si volta in direzione del bosco, che fino a quel momento era rimasto alle nostre spalle. A volte la suggestione può giocare brutti scherzi e bisogna davvero concentrarsi e restare calmi per evitare di farsi prendere dal panico. In quel momento, però, non si poteva certo parlare di suggestione, dato che tutti avevamo chiaramente sentito un rumore provenire dagli alberi. Il K2 non stava registrando nessun tipo di anomalia e anche il ghost box non stava intercettando nessuna interferenza sulle onde radio. «Proviamo ad avvicinarci e fare qualche domanda con il registratore acceso» propone Debora, mentre il gruppo si stava già dirigendo verso il bosco. Un ulteriore scricchio- ❱❱❱

In alto, un momento dell'indagine e, nell'immagine grande, una suggestiva veduta della natura che circonda i luoghi vicini al castello di Mombrisone.

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Action!

il k2 ha iniziato a illuminarsi al ritmo della melodia, come se stesse seguendo il suono della ninna nanna intonata da debora Sopra, uno dei componenti del gruppo durante l'esperimento. A fianco, una veduta dall'alto delle Peschiere Reali del castello di Mombrisone, in provincia di Cuneo. A centro pagina, un'immagine ravvicinata del K2.

lio di foglie costringe tutti a fermarsi di colpo e a restare in ascolto. Dopo un paio di minuti che sembravano interminabili, una civetta inizia improvvisamente a urlare e a spiccare il volo proprio sopra le nostre teste. Quello splendido animale aveva ingannato tutti. Purtroppo, in quel caso non si trattava di nessuna entità. Dopo aver ripreso fiato dallo spavento decidiamo di dirigerci nuovamente presso il laghetto. «Qualcosa di questo luogo mi lascia senza parole, c'è un'atmosfera magica e, allo stesso tempo, un po' inquietante» dice Debora, che fino a quel momento non aveva mai smesso di fissare la superficie immobile dello specchio d'acqua. La luna piena era l'unica fonte di luce presente, quando ad un tratto Debora esclama nuovamente: «Avete sentito? Qualcuno sta cantando!». Immediatamente confermo la sua esclamazione. «Sembra quasi una ninna nanna» dico. Proprio in quel momento il rilevatore di

campi elettromagnetici riscontra un'anomalia: non c'erano dubbi, qualcosa di strano stava accadendo proprio sotto i nostri occhi. Ma da dove proveniva quel canto? Chi stava intonando quella dolce ninna nanna? Le domande erano davvero tante e, una dopo l'altra, escono durante la sessione EVP che immediatamente decidiamo di fare, sperando di ottenere un ottimo riscontro. Purtroppo, né il K2 né il ghost box rispondono positivamente all'esperimento. Tutto sembra di nuovo tornare alla normalità, avvolta dal silenzio. «Dai canta con me!» dice Debora a un tratto, mentre inizia a intonare una ninna nanna simile a quella precedentemente ascoltata. Di colpo il K2 si accende, ma ciò che colpisce l'attenzione di tutti è che lo strumento inizia ad illuminarsi al ritmo della melodia. Rimaniamo tutti senza parole, increduli di fronte a ciò che stava accadendo. «Sembra che lo strumento stia seguendo la tua voce» afferma Cristian. Effettivamente non aveva torto. Come

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una sorta di equalizzatore, il K2 si illuminava seguendo il ritmo della ninna nanna. Com'era possibile? Fino a quel momento non avevamo mai pensato all'ipotesi di utilizzare la musica durante le nostre indagini, ma se servisse davvero a qualcosa? Dato che il nostro settore non si basa su nessuna scienza specifica è possibile credere che le note musicali, propagandosi nell'aria, riescano a raggiungere un particolare tipo di vibrazione o frequenza? Sono forse la chiave per raggiungere una dimensione parallela? Già in alcuni tipi di rituali, come per esempio quelli sciamanici, vengono utilizzati il tamburo o il sonaglio per generare un ritmo continuo e costante in grado di facilitare l'entrata in trance dello sciamano stesso. La musica, quindi, potrebbe avere un nesso con mondi paralleli, così come il cantare la ninna

gli sciamani utilizzano il tamburo o il sonaglio per facilitare l'entrata in uno stato di trance

nanna ha avuto un legame con l'anomalia rilevata dal K2. Quella notte ci aveva regalato un punto interessante su cui riflettere e una spinta a continuare il nostro lavoro con sempre maggiore consapevolezza e strumentazione adeguata. Solo una domanda restava in sospeso: cosa poteva centrare tutto quello che era successo con il cavaliere di cui tutti parlavano? L'unico modo per scoprirlo era quello di recarsi immediatamente al castello di Mombrisone, sulla cima della montagna. Ma questa è un'altra storia… Paolo Dematteis (PIT)

In questa pagina, altri due momenti dell'indagine, che ha permesso di capire la possibile connessione delle note musicali con mondi paralleli.

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Letture estive

IO NON SARO COME VOI di Paolo Cammilli (Sperling & Kupfer)

Una storia di esistenze comuni e quindi straordinarie, vissute fra ricordi, sogni, incertezze. E trascinate al limite. Fino a toccare il fondo per poi risalire. O scegliere di restarci

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Lido di Magra, un paesino di poche anime e una manciata di case a qualche chilometro dalla Versilia, il mare c'è, ma solo d'estate. Perché la vita da queste parti dura il tempo di una stagione. Fabio Arricò, figlio di un cavatore appena licenziato dalle derive della crisi, è un ragazzo normale. Ma a diciassette anni, essere normali significa fare quello che fanno gli altri, adeguarsi alle scelte del gruppo anche se capisci che sono sbagliate. Il gruppo però ha un punto debole e si chiama Caterina Valenti. Lei è tormentata, agguerrita e irriverente. Troppo bella e irriguardosa per non innescare un ambiguo cortocircuito. Sorda al sentimento che Fabio si rifiuta di confessarle, ma che neppure riesce a na-

€ 14,90 Pagine: 348 scondere. Di più. C'è qualcosa nel suo sguardo che svela uno strano piacere nell'umiliarlo e farlo soffrire. Come se avesse qualcosa da fargli pagare. Gli adulti, un campionario di figure umane comiche e inconcludenti, arrivano sempre tardi. In questo piccolo mondo nel quale sonnecchiano esistenze comuni, si soffre, si ama, si lotta ma sempre nel modo sbagliato. Prima ferendo, poi nascondendo la faccia. E il risultato, un congegno a orologeria che si carica con la frustrazione, è l'odio più incontrollato, quello che trascina a fondo. Quello che ti obbliga a ideare una notte di violenza inaudita ai

AENEAS LA NASCITA DI UN EROE

LA MANTIDE RELIGIOSA

di Simone Sarasso (Rizzoli)

di Paolo Mosca (Eclissi)

Per generare quel figlio dagli occhi color del mare, la divina Afrodite non ha disdegnato le grazie di un mortale, lo spiantato Anchise. Il piccolo Æneas, abbandonato dalla madre e allevato € 17,00 Pagine: 416 dalle ninfe, si fa uomo con il duro addestramento di un centauro: non sa che nelle sue vene scorre il sangue del fondatore di Troia. Ma sull’Olimpo qualcuno ha già scelto: Æneas non è destinato a una vita umile da pastore. È un principe guerriero e il suo futuro sarà luminoso, così è scritto. Simone Sarasso ci guida in uno straordinario viaggio attraverso il mito, svelandoci per la prima volta il dietro le quinte del capolavoro virgiliano: un romanzo unico, la storia che ha fatto di un uomo un eroe.

«In amore devo essere egoista, non posso basare un rapporto sull’altruismo. Una coppia funziona se si incontrano due egoismi complementari. Poi sì, può venire anche il sacrificio che però è come una € 14,00 Pagine: 200 collana di perle su una donna elegante. Il sacrificio è un orpello. Non una spina dorsale». Amore e delitto sono tutt’uno e in questo romanzo vengono praticati spontaneamente, quasi senza accorgersene. La mantide religiosa inspirando ama ed espirando uccide, priva di odio, di rimorsi, di premeditazione. È bella, istintuale, una delle ultime femmine. Amare o scegliere? L’uomo è compagno o padre? Perché il maschio ha paura di fare figli? Un libro da maneggiare con cura perché chi gioca con la mantide gioca con il fuoco e può bruciarsi le dita, la lingua, il cervello.

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VITA DA GIORNALAIA di Aldo Dalla Vecchia (Murena Editrice)

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Paolo Cammilli è nato nel 1974 a Firenze dove vive e lavora. "Maledetta primavera", il suo romanzo d'esordio, è stato un caso letterario totalmente inaspettato e, grazie all'entusiasmo dei lettori, ha raggiunto le prime posizioni delle classifiche nazionali. Sul web, dove il libro ha iniziato la sua ascesa, "Maledetta primavera" ha fatto parlare moltissimo di sé e ha creato un tam tam senza precedenti. "Io non sarò come voi" è il suo secondo romanzo. danni di chi non può difendersi. E se non ci stai, se non partecipi, significa che hai già perso. Ambientato nella desolante e contraddittoria provincia italiana, un romanzo sul coraggio. Il coraggio di essere se stessi, di riscattare i propri errori e le proprie debolezze, di guardarsi negli occhi quando converrebbe tenerli chiusi. Il coraggio di scegliere ciò che è giusto fino alla fine. "Io non sarò come voi" è uno squarcio luminoso nella brutalità vigliacca dei rapporti umani. È la tenerezza più esile e nascosta, capace però di cambiare tutto. ■

LE ORIGINI OCCULTE DELLA MUSICA: DAI QUEEN A MARILYN MANSON

n atto unico teatrale, protagonisti la televisione, i giornali e il mondo dello spettacolo, visti «da dentro» con uno sguardo bonario, nostalgico, a volte agrodolce. A parlare sono due voci narranti, l’intervistatore e l’intervistato. Al centro della scena c’è il piccolo schermo, raccontato dai due personaggi attraverso aneddoti, volti e voci che hanno fatto la storia della tv, da Mike Bongiorno a Raffaella Carrà, da Maurizio Costanzo a Sandra Mondaini e Raimondo Vianello, senza dimenticare Edmondo Bernacca, Maria Giovanna Elmi, Minnie Minoprio, Pippi Calzelunghe... L’intervistatore domanda e l’intervistato risponde, parlando a ruota libera della sua grande passione per giornali e tv fin da quando era piccolo e il suo sogno era diventare come la giornalaia dell’edicola in piazza, che passava la vita nella sua casetta di vetro foderata di quotidiani, settimanali, mensili, fumetti, fotoromanzi, album di figurine... Quello stesso mondo che poi l’intervistato conoscerà e frequenterà diventando giornalista e lavorando nello spettacolo. Un atto unico che è anche un atto d’amore per i giornali e la televisione «di una volta», oltre che una carrellata nella piccola storia del costume italiano degli ultimi decenni, dalla tv in bianco e nero (e dai coetanei fotoromanzi della Lancio) alla generazione «social», passando per i primi, pioneristici tempi della tv commerciale, scanditi dalla voce del pupazzo Five che raccomandava in rima (e con la voce in falsetto di Marco Columbro): «Corri a casa in tutta fretta / C’è un biscione che ti aspetta». ■

di Enrica Perucchietti (Uno) Dopo il successo del primo volume, l'autrice torna a parlare del legame tra musica e occultismo, analizzando i gruppi e gli artisti degli anni Ottanta e Novanta in un saggio ricco di documenti, fotografie € 16,90 Pagine: 405 e testi di canzoni. È in questo periodo che si diffondono i primi videoclip come supporto "simbolico" alle melodie. I contenuti occulti dei testi si concretizzano in un'estetica sempre più allusiva, cupa, ossessiva, ricca di risvolti inaspettati. La commistione tra musica, magia e controinformazione abbraccia i segreti di molte star: dai Queen a Michael Jackson, da Carlos Santana agli U2. E ancora, la connessione tra rock e satanismo dall'Heavy Metal a Marilyn Manson, la passione per gli UFO e la morte misteriosa di alcuni artisti, da Rino Gaetano a Kurt Cobain.

€ 8,00 Pagine: 64

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Il mistero dentro di noi I CONSIGLI DEL MESE

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di Rachele Restivo

osa significa davvero vivere una vita perfetta? Significa forse rendere la nostra realtà e il mondo intorno a noi esattamente conformi all’ideale che ci siamo creati? Probabilmente quell’ideale non lo raggiungeremo mai, proprio perché non tutto è sotto il nostro controllo. Per affrontare e gestire al meglio il cambiamento e gli imprevisti dobbiamo imparare a seguire il flusso. Cosa vuol dire? Significa saper prendere dalla vita ciò che offre, piuttosto che cercare in modo esasperato di modellarla come vorremmo che fosse. Possiamo certamente influenzare il corso degli eventi, ma molti aspetti rimangono comunque al di fuori del nostro controllo. Bisogna saperlo accettare e concentrarsi sulle cose che sono nella propria sfera di responsabilità e azione. Il vero fallimento consiste nel non provare, per paura di sbagliare. Bisogna fare esperienza nella vita, sbagliare e riprovare. Impara ad accettare e ad amare l’altro nella sua individualità, così complessa e ricca – esattamente come la nostra – di pregi e difetti. Bisogna darsi da fare per cambiare le cose per il meglio, ma accettare che le situazioni e le persone potranno diventare imperfette e lontane dall’ideale che avevamo immaginato. La vita non è mai uguale a se stessa. Ogni cosa intorno a noi è meravigliosa, se i nostri occhi sono pronti ad ammirarla.

ARIETE Siete presi di mira senza alcun apparente motivo, una certa insofferenza vi impedisce di accettare, con più libertà, le imposizioni che provengono dall'esterno. TORO Ristrutturazioni, migliorie, acquisizioni, compravendite sono da prendere in considerazione, dato che il periodo favorisce iniziative in tal senso. GEMELLI Sarete oggetto di attenzioni sentimentali che appagheranno il vostro amor proprio. Anche se non sarà l'incontro definitivo, si rivelerà un'esperienza arricchente per la vostra vita. CANCRO La vostra diplomazia difetta e lo spirito di adattamento che di solito mettete in pratica non agevola il vostro rapporto. Contate fino a dieci prima di parlare. LEONE Amore, amore, amore! Finalmente vi sentite pronti a vivere le emozioni. Uscite dal letargo del cuore. Vivete la passione come non l'avete mai vissuta. Forse questa volta è per sempre. VERGINE È il momento per arricchire il vostro bagaglio culturale e professionale: è richiesta una marcia in più per salire un gradino più in alto! BILANCIA Vi sentite irrequieti, vorreste cambiare ma siete frenati, incapaci di prendere una posizione precisa. Ricordate chi siete: coloro che si muovono sempre con sicurezza. SCORPIONE Vi siete messi a guardare dall'alto senza immedesimarvi nei punti di vista altrui. Siete ancora in tempo per cercare di capire i desideri di chi vi sta vicino. SAGITTARIO Nuovi amori nascono all'insegna dell'inconsueto e l'attrazione fisica gioca un ruolo determinante. La passione vi travolgerà. Lasciatevi andare, questa volta. CAPRICORNO Non è il caso di prendere soluzioni drastiche, ma è il momento per ricercare più i motivi di accordo che non quelli di disaccordo. ACQUARIO Qualche scompiglio nell'ordine familiare. Sorgono attriti e divergenze per un diverso modo di intendere le cose. Cercate di essere più obiettivi. PESCI L'indipendenza richiesta, la libertà decisionale, l'autonomia operativa creano non poche difficoltà nel tirare avanti una situazione che si doveva muovere su un percorso più rettilineo. Accettate l'imprevisto. www.rachelerestivo.com

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Rachele Restivo è giornalista professionista, autrice e conduttrice TV. È laureata allo IULM di Milano. Partecipa a "Mistero" sin dalla prima edizione del 2009, dapprima nel ruolo dell'Oracolo, la figura che interpreta citazioni famose, poi con reportage da NY. Nel 2013 ha curato la rubrica "Hollywood Mistery", nel 2014 "Attrazioni Fatali". Rachele vive tra Roma e Los Angeles. Tra le sue passioni la conoscenza delle caratteristiche dei segni zodiacali, lo studio del pensiero positivo e della forza della mente.

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Giochi JIM MORRISON: GLI ENIGMI DI UNA LEGGENDA Mettetevi alla prova e in base agli indizi cercate di indovinare alcune curiosità legate a uno dei cantanti più celebri e maledetti di tutti i tempi: Jim Morrison 1. La località in cui secondo il tastierista ex Doors, Ray Manzarek, Jim Morrison avrebbe avuto intenzione di trasferirsi dopo aver simulato la propria morte 2. La città australiana in cui nacque nel 1943 3. Il soprannome con cui il cantante veniva spesso indicato, a causa della sua ammirazione per il mondo dei rettili e per la cultura sciamanica 4. Nome e cognome del medico che firmò uno sbrigativo referto in occasione della sua morte, attribuendola a cause naturali 5. La divinità del delirio a cui spesso veniva accostato 6. Gli anni che aveva al momento della sua morte, un'età spesso considerata maledetta nel mondo della musica 7. Il nome della band di cui fu leader indiscusso 8. Nome e cognome dell'illustratore parigino che sostiene di aver visto Morrison vivo a Parigi dopo la sua presunta morte 9. Il nome e cognome della sua compagna di vita più importante 10. Il cimitero parigino che custodisce la sua tomba

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In redazione Alessandro Bongiorni e Simona Gonzi Progetto grafico e impaginazione: L’Ego Editore Srl - Via Rubens, 19 - Milano

editore Un ringraziamento a Italia 1 Le foto del backstage di Mistero sono di Vincenzo Di Cillo Materiale iconografico di Shutterstock Images Wikipedia Commons: Pag. 19: ritratto di Milton Friedman, 2004 (Photo by The Friedman Foundation for Educational Choice) Pag. 21: Webster Tarpley presso la conferenza Axis for Peace, 2005 (Photo by Réseau Voltaire) Pag. 26: Christina Onassis, 1978 (Photo by Dutch National Archives) Pag. 38: Timothy Leary, 1969 (Photo by Dr. Dennis Bogdan) Pag. 47: ritratto di Fritjof Capra, 2010 (Photo by Zenobia Barlow) L’editore si dichiara disponibile a regolare eventuali spettanze per quelle immagini di cui non sia stato possibile reperire la fonte. Stampa a cura di Elcograf S.p.A Via Mondadori, 15 - 37131 Verona MISTERO ® Quadrio Srl 2015 © 2015 FIVESTORE – R.T.I. S.P.A. Tutti i diritti riservati RTI MAGAZINE - anno 3 n. 17 - Luglio/Agosto 2015 MISTERO MAGAZINE 29 Pubblicazione Mensile Direttore Responsabile Andrea Delogu Registrazione Tribunale di Milano n.191 del 14/06/2013 Edito da Fivestore - RTI S.p.A. – 20093 Cologno Monzese (MI) Distribuzione a cura di Press-Di Distribuzione e Stampa Multimedia S.r.l. Milano. Concessionaria esclusiva per la pubblicità Sport Network s.r.l. www.sportnetwork.it Uffici Milano: Via Messina 38 Telefono: 02.349621 Uffici Roma: Piazza Indipendenza 11/B Telefono: 06.492461

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