5 minute read

CIÒ CHE NEGHI, TI VINCE

Fa sempre più caldo in questi primi giorni d’estate, e si teme che l’anno in corso ci riservi fenomeni che costringeranno ad aggiornare i dati del Programma europeo di osservazione della terra Copernicus, secondo i quali il 2022 è stato l’anno con l’estate più calda e, in generale, il secondo anno più caldo di tutti i tempi. Con tanto di corollario, per cui tale anomalia, in base alla maggior parte delle prove scientifiche a disposizione, è dovuta all’aumento delle emissioni di gas serra (GHG) prodotte dalle attività umane.

Negare i fatti e le responsabilità è una pessima scelta. Non è proprio questo il modo per risolvere i problemi, in quanto la negazione ci priva della capacità di apprendere dalla realtà e di sviluppare le risorse necessarie per affrontare l’ambiente in modo adattivo.

Venendo al nostro piccolo mondo antico, non so quanti possano ancora giudicare con superficialità il cambiamento climatico in atto, che solo per frequenza dei fenomeni e devastazioni provocate non è stato ancora rubricato nella categoria dei “fatti normali”.

All’uomo è ormai riconosciuto (ahimè) il fatto di non avere memoria e di non imparare mai, ma proprio mai, dalla storia, come dimostra il conflitto RussiaUcraina in atto da oltre 500 giorni.

Questo fa sì che si realizzino una serie di grottesche combinazioni, destinate a spingere gli individui, ma anche le organizzazioni, in direzione di un progressivo smarrimento, che non di rado sfocia in frustrazione.

Nonostante la quota UE di emissioni di gas a effetto serra sia scesa dal 15,2% del 1990 al 7,3% del 2019 - in controtendenza rispetto ad altri paesi come Cina, Stati Uniti e India - è nutrito l’elenco di iniziative dell’Unione Europea, i cui risultati sono esplicitamente riconosciuti come fallimentari.

Propongo alcuni spunti di riflessione ripresi dal sito del Parlamento europeo:

“Mentre l’industria europea si affanna per riprendersi dalla crisi provocata dalla pandemia di COVID-19 e dall’impatto della guerra in Ucraina, l’UE sta cercando di rispettare gli impegni prefissati sul clima, senza però causare perdite di posti di lavoro o innescare delocalizzazioni.

Circa il 27% delle emissioni globali di CO2 dovute alla combustione di carburanti proviene (però, Ndr.) da beni commercializzati a livello internazionale. Le emissioni causate dalle importazioni nell’UE sono aumentate, vanificando gli sforzi profusi in materia di clima”.

In altri termini, sembra che si stia cercando di svuotare il mare con un secchiello, cosa che però non autorizza nessuno alla rassegnazione e all’ignavia, imponendo piuttosto un cambio di prospettive e un approccio più ragionato e globale.

Sempre secondo il sito ufficiale del Parlamento europeo: “Per quanto riguarda i singoli stati membri dell’UE, i cinque paesi che hanno prodotto più emissioni di gas serra nel 2019 sono Germania, Francia, Italia, Polonia e Spagna. Sempre secondo i dati relativi al 2019, il settore energetico è stato responsabile per il 77,1% del totale delle emissioni, seguito dal settore agricolo (10,55%), dall’industria (9,10%) e dal settore dei rifiuti (3,32%)”.

A questo aggiungerei che già nel 2019 le emissioni di gas serra in Italia erano paragonabili a quelle del Pakistan, inferiori a quelle della Turchia e del Sud Africa, nonché la metà di quelle dell’Iran (e questo ancora nel 2019… secondo la relazione del Centro comune di ricerca, JRC ).

È evidente che, a dispetto dei dati disponibili, si preferisca di sovente mettere le mani su quei comparti che godono di maggiore visibilità presso i cittadini, come quello dell’imballaggio.

Arriviamo così a novembre 2022 e al comunicato stampa “Green Deal europeo: mettere fine allo spreco di imballaggi, promuovere il riutilizzo e il riciclaggio”, in cui si chiariscono gli obiettivi del PPWR (Packaging and Packaging Waste Regulation) e di cui l’industria di settore non fa altro che parlare da mesi, allarmata dall’approccio ideologico e tutt’altro che scientifico voluto in particolar modo da Frans Timmermans, vicepresidente esecutivo per il Green Deal europeo.

Forse bisogna rinfrescarsi le idee e ricominciare tutto da capo, mettendo al centro l’importanza della ricerca scientifica con l’obiettivo di comprendere appieno il climate change e costruire così una società civile più responsabile e giusta.

Ma purtroppo, per questo non basta un buon tè freddo… fatto in casa, naturalmente!

Born in Besana in Brianza (MI) in 1969, Isabella Rigamonti studied at the San Giuseppe Artistic High School in Monza and graduated in Architecture-Design at Milan Polytechnic.

She started her artistic career in the field of figurative painting with traditional techniques, which she soon moved away from to embrace artistic experimentation of an informal perceptive nature, with unusual expressive techniques and materials.

Early in her artistic career, she

Nata a Besana in Brianza (MI) nel 1969, Isabella Rigamonti approfondisce gli studi al Liceo Artistico Collegio San Giuseppe di Monza e consegue la laurea in Architettura-Design presso il Politecnico di Milano. Il suo esordio artistico è nel campo pittorico figurativo con tecniche tradizionali, da cui ben presto si allontana per confluire in una sperimentazione artistica di natura percettiva informale, con tecniche e materiali espressivi inconsueti.

Agli inizi dell’attività artistica, sviluppa l’interesse per la fotografia, che diventa ben presto il suo strumento espressivo di riferimento, e di cui approfondisce la tecnica frequentando diversi corsi annuali anche presso l’Accademia Forma di Milano.

L’artista compie un lavoro complesso a livello fotografico realizzando, senza l’utilizzo di rielaborazioni digitali successive, un effetto di velatura e stratificazione dell’immagine. La fotografia viene infatti rielaborata in forma concettuale e gestuale, accostando o sovrapponendo sul bianco e nero parti di fotografia a colori, che all’interno dell’opera vivono di vita propria e ne individuano al contempo una dimensione differente, che muta la percezione stessa dell’opera. developed an interest in photography, which soon became her principal means of expression, perfecting her technique through different annual courses also organized by the Forma Academy in Milan.

I suoi pezzi unici sono stati esposti negli anni in numerose mostre collettive e personali, presso gallerie private (Galleria Cart, Galleria FMArt Studio, Galleria Villa e Galleria Artista di Monza / Galleria PEP Art, Galleria MICRO ARTI VISIVE di Roma, Galleria Viola@arte di Galliate/Lugano, Galleria Castel Negrino Arte /Galleria Showcases Gallery di Varese/ Galleria Pardes di Mirano / Galleria Art Factory di Venezia), spazi espositivi comunali, padiglioni collaterali della Biennale di Venezia, fiere italiane ed estere di settore nonché musei (Museo Casa Tadini, Museo Civico Floriano Bodini, Museo Enrico Butti, Museo Parisi Valle, MIMUMO, MAC di Lula e MAGA). Le riviste di settore hanno spesso parlato di lei e diverse sue opere sono entrate in collezione permanente dei musei sopra citati.

The artist performs a complex work on a photographic level, producing, without the use of subsequent digital touch-ups, an effect of veiling and stratification of the image. The photograph is, in fact, reworked in a conceptual and gestural form, juxtaposing or superimposing parts of colour photography on black and white, which live a life of their own within the work and, at the same time, create a different dimension, changing the perception itself of the work.

Her unique pieces have been displayed over the years in numerous collective and personal shows, in private galleries (Galleria Cart, Galleria FMArt Studio, Galleria Villa and Galleria Artista in Monza / Galleria PEP Art, Galleria MICRO ARTI VISIVE in Roma, Galleria Viola@arte di Galliate/Lugano, Galleria Castel

Negrino Arte /Galleria Showcases Gallery in Varese/ Galleria Pardes in Mirano / Galleria Art Factory in Venezia), municipal exhibition spaces, side pavilions of the Venice Biennale, Italian and foreign sector trade fairs, as well as museums (Museo Casa Tadini, Museo Civico Floriano Bodini, Museo Enrico Butti, Museo Parisi Valle, MIMUMO, MAC di Lula and MAGA).

Sector magazine have often referred to her, and several of her works have entered permanent collections in the above-cited museums.

This article is from: