Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (con.in L. 27/02/2004) art. 1, comma 1, DCB Milano. (TASSA RISCOSSA)
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MAGAZINE
ER P E C U A L R U T T ITE H C R A L’ E L A B O GL
Rina 路 design Barbara Maggiolo - Photo by Max Zambelli
LIVELLO LUMINOSO PERSONALIZZABILE COMFORT LUMINOSO DESIGN ANTICONVENZIONALE ED ESCLUSIVO
ABBINAMENTO DI LED E LAMPADE FLUORESCENTI
ARCHITETTURA E UFFICIO
IL FUTURO È HYBRID. Una novità mondiale assoluta: con l’apparecchio a sospensione hybrid Waldmann presenta un sistema innovativo per l’illuminazione funzionale sulla postazione di lavoro. Una tecnologia dei LED futuristica combinata con la ben collaudata illuminazione indiretta T5 a risparmio energetico, racchiusa in un corpo illuminante dalle linee pure
e squadrate, in materiali pregiati; il massimo sia dal punto di vista del design che della funzionalità. La luce diretta dei 12 spot a LED, con azione energizzante sull’attività intellettuale, viene concentrata e diretta da riflettori di nuova concezione sull’area di lavoro in modo uniforme, mentre le lampade fluorescenti creano un’atmos-
fera luminosa armoniosa e gradevole. Le due sorgenti luminose possono essere sia accese che dimmerate individualmente, consentendo così di adeguare il livello luminoso alle necessità individuali e alle diverse attività. Non c’è dubbio: il futuro è hybrid.
Waldmann Illuminotecnica S.r.l. · Via della Pace, 18 A · IT-20098 San Giuliano Milanese (MI) · Telefono: +39 02 9824 9024 · Telefax: +39 02 9824 6378 · info-it@waldmann.com · www.waldmann.com
SOMMARIO
7 Progetto editoriale/Editorial project Carlo Ludovico Russo Coordinamento editoriale/ Editorial coordination Luisa Castiglioni l.castiglioni@designdiffusion.com
Aprile/April 2010
Company
5 6, 34, 60, 82 30
Leggerezza estetica/Esthetic lightness
Ester Pirotta
Archilight
42
Effetti materici/Textured Effects
Alba Ferulli
46
Sara de Gouy – professione Space Designer/Profession: Space Designer
Ester Pirotta
Destinazione: luce/Destination: light
Francesca Tagliabue
Ecolights
Arianna Callocchia
Luce & spazi pubblici/Light & public spaces
Tecnology
50 68 72 78
Alba Ferulli Claudia Barana
Project
88
Interazioni uomo-arte-nuovi media/Interaction between Man, art and the new media
Francesca Tagliabue
94 100 106
Elastic Plastic Sponge
Chiara Fagone
Museo dell’acqua/Museum of water
Chiara Fagone
Ritorno alla luce/Return to Light
Chiara Fagone
112
Gilberto Zorio: meccanica e memoria della luce/ The mechanics and memories of light
Chiara Fagone
118 124 128 132
Art in progress Esempio da emulare/An example to be followed
Chiara Fagone Daniela Zenone
Bartlett Faculty of the Built Environment
Daria Ricchi
Luci di una nuova città/City Lights
Mila Sichera
144
Leggerezza, esattezza, visibilità/Lightness Precision Visibility
Mila Sichera
150 154 160
Nitide prospettive/Clear views
Marta Bernasconi
Enfatizzare geometrie/Emphasising architectural profiles
Alba Ferulli
Acciaio, vetro e luce/Steel, Glass and Light
Arianna Callocchia
166
La luce nell’arte moderna (1905-1914/18)/Light in modern art (1905-1914/18)
Corrado Gavinelli
172
Nuovi modelli d’accoglienza/New models of hospitality
Luisa Castiglioni
176
Quando l’innovazione incontra la tradizione/ When innovation meets tradition
Elviro Di Meo
Editoriale Info
Progetto grafico e consulenza artistica/ Graphic layout & art consultant Franco Mirenzi Redazione/Editorial staff Annamaria Maffina Realizzazione grafica/Graphic designer Fabio Riccobono Contributi/Contributors Claudia Barana Marta Bernasconi Arianna Callocchia Giovanna Dal Magro Elviro Di Meo Chiara Fagone Stella Ferrari Alba Ferulli Corrado Gavinelli Davide Gomba Ester Pirotta Daria Ricchi Mila Sichera Francesca Tagliabue Daniela Zenone
Design Design + tecnology
Museum Art
School Architettura
Ufficio traffico/Traffic department Daniela D’Avanzo, Agata Hajecka Ufficio abbonamenti/Subscription office Francesca Casale, Daniela Gallo Numero Verde 800/318216 Tel. 02/5516109 – Fax 02/5456803 Traduzioni/Translations Barbara Ceruti – Studio ITS, Fiona Johnston
Interiors Vision
Urban light
Luisa Castiglioni
Progetto pioniere/Pioneering project
Cover: Sara de Gouy + Victor Copertina/C Vieillard, Superbonux Design Diffusion Edizioni srl Redazioni/Editorial Offices Direzione, amministrazione, pubblicità Management, Administration, Advertising Via Lucano 3, 20135 Milano Tel. 02/5516109 – Fax 02/599024.31 www.designdiffusion.com Semestrale/Six-monthly magazine Supplemento di DDN163/Supplement to DDN 163 Direttore responsabile/editor in chief Rosa Maria Rinaldi Prezzo/Price Euro 13,00 Stampa/Printer Color Art Via Industriale 24/26, 25050 Rodengo Saiano (BS) Tel. 030/6810155 Fotolito Bitgraph Via Vittorio Veneto, 8 20060 Cassina de’ Pecchi (MI) Printed in Italy Reg. Tribunale Milano n./Milan Court Reg.No. 278 del 7 Aprile 1990 Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv.in L.27/02/2004 n.46) art.1, comma 1, DCB Milano ISSN 1720•8017 Distribuzione all’estero Sole agent for distribution Abroad A.I.E. – Agenzia Italiana di Esportazione spa Via Manzoni, 12 – 20089 Rozzano (Mi)
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ph artichoke
A BRAND OF TARGETTI POULSEN GROUP
Copper
White
Stainless Steel
www.louispoulsen.com
PH Artichoke Design: Poul Henningsen
D Lux comunica sensazioni accattivanti, pervase da sorprese nuove e piacevoli, anche grazie a contributi di importanti professionisti dell’eterogeneo mondo della luce. Mi piace ricordare le parole di Jonathan Speirs e Mark Major, fondatori dello studio di lighting design (o architect, come preferiscono essere chiamati) Speirs and Major Associates (SaMA). Alla domanda “Cosa significa per voi la parola luce?” ci ricordano perché è così fondamentale continuare ad approfondire temi e analisi su luce e illuminazione. Luce è, infatti, per Jonathan Speirs “L’essenza della vita nel vero senso della parola. Non riesco a immaginare nulla di peggio che non poter vedere il mondo in cui viviamo. Senza la luce siamo ciechi”. A questa dichiarazione fa eco Mark Major, che ha dichiarato come la luce sia per lui fonte di “ricerca continua. La luce è ancora uno dei fenomeni naturali meno compresi dall’uomo. Gli artisti lottano con le sue qualità peculiari, i filosofi dissertano sul suo significato, gli scienziati cercano di determinare la sua natura fisica. Per me la luce è il materiale principale del mio lavoro, che tento di applicare in ogni modo al design e all’architettura”. Chissà se i due lighting architect avranno avuto modo di verificare le loro parole con l’installazione che accompagna questa pagina: Elastic Plastic Sponge creata dagli studenti del Southern California Institute of Architecture (SCI-Arc), guidati dallo Studio Ball-Nogues, una geometria tridimensionale che può essere diversamente sagomata e disegnata dalla luce. Serrato e nello stesso tempo morbido e sfaccettato il suo fluire è nella materia, povera ma fascinosa. Coinvolgente e non convenzionale, come la nostra rivista.
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D Lux expresses presents exciting sensations; thoughts that are spiced with the astonishment of the new wonderful creations, thanks also to the contributions from important professionals operating in heterogeneous world of lighting. I would like to quote the words of Jonathan Speirs and Mark Major, who founded the studio of lighting design (they prefer to be called lighting architects) Speirs and Major Associates (SaMA). When asked “What does the word light mean to you?” they reminded us why it is essential to continue examining light and illumination. Jonathan Speirs defined light as the “essence of life itself, in the true sense of the word. I cannot imagine anything worse that not being able to see the world around us. Without light, we would all be blind”. These words are echoed by Mark Major, who stated how he considers light to be a source of “ongoing research. Light is still one of the natural phenomena that is least understood by man. The artists battle with its peculiar qualities, the philosophers shy away from its meaning, scientists attempt to determine its physical nature. But for me, light is the primary material of my work, and I attempt to apply it to design and architecture in every imaginable way”. Who knows whether the two lighting architects will have the opportunity proving the validity of their words with the installation that accompanies this page: Elastic Plastic Sponge created by students attending the Southern California Institute of Architecture (SCI-Arc), supervised by Studio Ball-Nogues; it is a three-dimensional shape that can be changed and designed by light. It is cutting edge yet soft, it flows through a poor yet fascinating material. It is attractive and totally unconventional, just like our journal. Luisa Castiglioni 5
info
precedente. A ciò si aggiungono i vantaggi forniti dalla gestione della luce Helvar, che si concretizzano nella possibilità di regolare l’intensità luminosa in base alle reali esigenze nei singoli uffici e di controllare in modo centralizzato l’illuminazione dell’intero edificio. La luce in questo progetto viene utilizzata come un vero e proprio materiale da costruzione, in grado di valorizzare il lavoro degli architetti. www.5piu1aa.com www.helvar.com (F. T.; ph: Ernesta Caviola, Giuseppe Maritati / 5+1AA)
GENERALI BLEND BUILDING È dello studio di architettura italiano 5+1AA il progetto di ristrutturazione di uno stabile del 1960 per conto delle Generali Properties. L’edificio, di dodici piani, si trova in piazza IV Novembre a Milano, proprio accanto alla Stazione Centrale. Alfonso Femia e Gianluca Peluffo, fondatori dello studio 5+1AA, hanno creato una facciata specchiante che vuole riflettere l’ambiente circostante per narrare la città in una maniera nuova e inusuale. Grazie alla combinazione di tre diversi tipi di vetro (specchi, vetri float e vetri ultratrasparenti) il fronte dell’edificio risulta mosso e delicatamente colorato di tenui sfumature azzurre; grazie alla sua “doppia pelle” la facciata massimizza l'efficienza energetica e il comfort termico, visivo e acustico degli utenti. Il basamento è stato rinforzato e l’ingresso studiato in modo da collegare armoniosamente l’esterno con lo spazio privato all’interno. Il sistema di gestione della luce è stato affidato a Helvar, mentre gli apparecchi illuminanti sono tutti prodotti da Norlight. Helvar ha pensato a un layout luminoso estremamente flessibile, che può essere facilmente cambiato in caso di modifiche alla distribuzione dei diversi ambienti; all’interno delle travi che costituiscono i corpi illuminanti gli elementi luminosi possono essere alternati con elementi ciechi di varie lunghezze, permettendo di modulare facilmente la quantità di luce In particolare sono state installate lampade Bubble rotonde a sospensione e incasso e i parallelepipedi luminosi Blade. Grazie a un’illuminazione sapientemente studiata, l’edificio si trasforma agli occhi dell’osservatore esterno in un codice a barre, con il suo alternarsi di pieni e di vuoti e di elementi a geometria variabile. La ristrutturazione di un edificio inoltre non può prescindere da considerazioni di risparmio energetico. Per questo i corpi illuminanti sono equipaggiati con lampade T5 e reattori elettronici, che comportano un maggiore risparmio rispetto all’impianto
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The renovation project for a Generali Properties building dating from 1960 was carried out by the Italian-based architectural firm, 5+1AA. The twelvestorey building stands in piazza IV Novembre in Milan, next to the Central Railway Station. Alfonso Femia and Gianluca Peluffo, founders of the 5+1AA studio, created a mirror façade, which is meant to reflect the neighbouring environment to tell about the city in a new, peculiar manner. Based on the combination of three different types of glass (mirrors, float glass and ultra clear glass), the front of the building looks lively and delicately coloured in pale blue shades; the “double skin” façade results in maximized energy efficiency and thermal, visual and acoustic comfort for its users. The base was reinforced and the hall was so developed as to harmoniously connect the exterior with the private interior. The light controlling system was commissioned to Helvar; whereas the lighting devices were produced by Norlight. Helvar thought of an extremely flexible lighting layout, which can be easily changed in case the different room settings need modifying; in the beams forming the lighting bodies, the lighted parts can be alternated with blind pieces varying in length, thereby making it possible to easily modulate the amount of light. In particular round, hanging and fitted Bubble lamps and lighted Blade
parallelepipeds were installed. The accurately studied lighting system allows the building to change – before outside viewers – into a bar code, with alternating full and empty spaces and parts varying in structure. In addition, the renovation of a building is closely connected with energy saving considerations. Hence the lighting bodies are fitted with T5 lamps and electronic ballasts involving increased energy savings compared to the previous system. Stress should also be laid on the benefits produced by the Helvar light control system – that is, the opportunity to adjust luminous intensity according to actual needs in individual offices, and centralize the lighting of the entire building. In this project, light is used as a real building material which can enhance the architects’ work. www.5piu1aa.com www.helvar.com (F. T.; ph: Ernesta Caviola, Giuseppe Maritati / 5+1AA)
LED ACTION FAÇADE Le città crescono per diverse ragioni: da una parte devono tentare di rinnovare le vecchie infrastrutture, dall’altra deve tenere il passo con le altre metropoli del mondo. In entrambi i casi molto ha a che fare con la continua integrazione delle nuove tecnologie negli spazi pubblici. La diffusione degli schermi LED, ad esempio, è cresciuta in maniera esponenziale negli ultimi anni: questi enormi schermi luminosi sono usati per intrattenere o informare la gente, sono diventati enormi insegne pubblicitarie e a volte hanno contribuito a creare l’immagine sedimentata di un luogo. María Langarita e Víctor Navarro, architetti di Madrid, sono stati incaricati direttamente dal consiglio comunale delle loro città di progettare una media-façade per la plaza de las Letras, il vero centro artistico della capitale spagnola, a due passi dal Reina Sofia, dal Caixa Forum e dal museo del Prado. Lo scopo principale era quello di dotare il nascente Medialab-Prado di un sistema che potesse mostrare a tutti i risultati raggiunti dagli artisti che ne faranno parte. La nuova facciata vuole quindi diventare uno spazio virtuale per lo scambio e la comunicazione delle idee, sia alla popolazione locale sia ai turisti in transito. Un’infrastruttura polivalente, utile a trasmettere informazioni ma anche a creare momenti ludici di svago comune. Tecnicamente la facciata del Prado è stata realizzata con migliaia di LED RGB montati su piccoli coni di alluminio, in modo che il metallo rifletta il più possibile la luce e renda i colori vivi e brillanti. La superficie coperta è di ben 144 metri quadrati, per un totale di circa 35.000 conetti di alluminio. (F. T.; ph: Miguel de Guzman)
Cities grow for several different reasons: on the one hand, they have to try and renovate old facilities; on the other, they have to keep up with other metropolises around the world. In both instances, much has to do with the ongoing integration of new technologies into public spaces. LED screens have, for example, been growing exponentially over the last few years: these huge lighted screens are used to entertain or inform people, have developed into enormous advertising signs and have sometimes helped to create the image of a place. Architects María Langarita and Víctor Navarro of Madrid were asked by Madrid’s city council to design a media-façade for plaza de las Letras, the real artistic hub of the Spanish capital, near the Reina Sofia Museum, the Caixa Forum and the Prado Museum. The number one priority was to provide new Medialab-Prado with a system which could show everybody the results achieved by the artists who are going to be part of it. Hence the new façade is meant to become a virtual space for
exchanging and communicating ideas, for both the local population and tourists. A multiuse facility, designed to pass on information and create general play and recreational moments. Technically speaking, the Prado’s façade is made up of thousands of RGB LEDs mounted on small aluminium cones, so that metal can reflect light as much as possible and make colours look vivid and bright. The covered surface is no less than 144 square metres, for a total of approximately 35,000 aluminium cones. (F. T.; ph: Miguel de Guzman)
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info ECO POD La collaborazione tra Höweler + Yoon Architecture e Squared Design Lab ha portato alla progettazione di Eco Pod, un nuovo e innovativo metodo per la produzione di energia derivante da biocombustibile. L’idea è rimasta solo sulla carta, almeno per ora; il sistema è stato pensato come uno stimolo per la città di Boston, una spinta per far progredire l’economia strizzando l’occhio alla natura. Eco Pod è una struttura verticale temporanea, composta da una serie di bioreattori che producono energia pulita attraverso la combustione di micro-alghe. Questa struttura può essere montata sulle facciate cieche dei palazzi o può coprire edifici in disuso, e oltre alla produzione di energia può essere un simpatico metodo per valorizzare brani di città decadenti. Attraverso l’installazione di LED si può controllare e incrementare il ritmo di crescita delle micro-alghe, nonché illuminare l’intera struttura nella notte. Un braccio robotico, alimentato dalla stessa energia prodotta dall’Eco Pod, è stato pensato per girare e cambiare di posto periodicamente i moduli, in modo da massimizzare la crescita delle alghe e la conseguente produzione di energia. www.hyarchitecture.com, www.squareddesignlab.com (S. F.)
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A collaboration between Höweler + Yoon Architecture and Squared Design Lab has translated into Eco Pod, a new, innovative method for producing energy derived from bio-fuel. Unfortunately, the idea has remained on paper, at least for the moment; the system has been conceived as a stimulus to downtown Boston, a boost to the economy, while respecting nature. Eco Pod is a temporary vertical structure made up of a series of bioreactors which produce clean energy through the combustion of micro-algae. It can be mounted on the blind façades of buildings or can cover disused buildings; as well as producing energy, it can also mean a nice way of upgrading areas in
decaying cities. Through the installation of LEDs, you can control and promote the growth of micro-algae, and light the whole structure at night. A robotic arm, powered by the energy produced by Eco Pod, has been developed to periodically turn over and shuffle the modules, in order to maximize algae growth, and thus energy production. www.hyarchitecture.com, www.squareddesignlab.com (S. F.)
info LUCE D’EMERGENZA L’Emergency Terminal di Zagabria vuole simboleggiare sicurezza, efficienza e attenzione ai bisogni della comunità. Progettato da Davor Katu˘sic´ dello studio Produkcija 004 d.o.o., l’Emergency Terminal è stato inaugurato con successo circa un anno fa. L’edificio è un cubo di vetro di otto piani e ospita all’interno servizi di telecomunicazioni, due cliniche, un magazzino di materiale medico, alcune aule studio e un garage che può contenere fino a 170 veicoli di emergenza. Il terminal può supplire ai bisogni di circa due milioni di cittadini. I materiali traslucidi che lo compongono fanno sì che la percezione dell’architettura cambi completamente dal giorno alla notte. Durante le ore diurne l’Emergency Terminal appare bianco; al buio invece sembra una grande lanterna cinese e diviene un landmark luminoso molto forte. www.produkcija004.com (F. T.)
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EMERGENCY LIGHT A synthesis of several different pieces of architecture (hospital, clinic, garage, school), the Emergency Terminal in Zagreb is meant to epitomize safety, efficiency and attention for community needs. Designed by Davor Katu˘si´c of Produkcija 004 d.o.o., the Emergency Terminal was successfully inaugurated about a year ago. The building, composed of an eight-storey glass cube, houses
telecommunications services, two clinics, a warehouse for medical material, a few study halls and a garage which can accommodate up to 170 emergency vehicles. The terminal can answer the requirements of approximately two million citizens. Its translucent materials allow the perception of the building to change from day to night. In the daytime, the Emergency Terminal looks white; whereas in the dark it looks like a big Chinese lantern, thus standing out as a major luminous landmark. www.produkcija004.com (F. T.)
MAISON DU CHAMPAGNE Nascosto in un angolo di Hong Kong, nel quartiere di Wanchai, sorge un nuovo bar progettato dai designer John Lin, Joshua Bolchover e Jason Carlow. Situato al terzo piano di un edificio colmo di insegne al neon, lo Champagne bar ha un’atmosfera molto diversa rispetto ai discutibili locali che lo circondano. L'area principale del locale è stata organizzata con precisione grazie all’uso di mobili pensati e costruiti su misura per poter creare un bar, un salotto, una zona pranzo, un palcoscenico, una pista da ballo e una piattaforma panoramica. Ogni spazio è stato progettato per consentire ai vari tipi di clientela di interagire. Gli arredi, disegnati appositamente dai designer e fabbricati in Cina, sono decorati da una miriade di buchi rotondi di varie dimensioni; i fori sono più piccoli a livello del suolo e si allargano sempre più verso l’alto, così da creare diversi gradi di trasparenza visiva e connessioni tra le diverse zone del locale. Ogni area del bar ha un proprio colore, derivante da differenti fonti luminose multicolore poste all’interno degli stessi elementi d’arredo. La carta da parati che riveste le pareti dell’area VIP è stata disegnata ad hoc dall’artista Camilla Holmgren in diverse tonalità di bianco e nero. (F. T.)
UNA NAVE NEL CENTRO DI LONDRA Oxford Street è una delle vie principali del centro di Londra, il viale dello shopping per eccellenza con i negozi dei più grandi marchi internazionali. Le stradine e i vicoli trasversali però non godono dello stesso splendore, spesso non sono valorizzati, altre volte si trovano in uno stato di incipiente degrado. Solo di recente alcuni dei proprietari degli immobili ai lati di Oxford Street hanno iniziato un processo di valorizzazione delle loro architetture; tra questi ricchi illuminati si annoverano Clarendon Properties che hanno commissionato all’architetto Amanda Levete, ex partner dello studio Future System, il progetto per il civico 10 di Hills Place. Si tratta, in sostanza, della sopraelevazione di un edificio in mattoni a due piani, da destinare a uffici e negozi. La Levete, ispirandosi ai lavori artistici di Lucio Fontana, ha pensato di realizzare una facciata scultorea con grandi superfici vetrate, in modo da massimizzare l’apporto di luce naturale all’interno. La facciata è realizzata con profilati di alluminio curvi spessi 140 millimetri, gli stessi utilizzati nella costruzione di scafi navali di alta qualità, verniciati di un intenso grigio scuro.
of differently sized round holes – smaller on ground level, increasingly large upwards, thereby resulting in different degrees of visual transparency and connections between the different areas of the bar, each in a different colour, derived from different multicoloured sources of light placed in the furniture. The wallpaper covering the walls in the VIP area was purposely designed by artist Camilla Holmgren in different shades of white and black. (F. T.)
Hidden in a corner of Hong Kong, in the Wan Chai District, there rises a new bar designed by John Lin, Joshua Bolchover and Jason Carlow. Located on the third floor of a building full of neon signs, the Champagne Bar has a totally different atmosphere from the neighbouring questionable places. The main area of the bar has been accurately arranged, through the use of customized furniture, to create a bar, a lounge, a dining area, a stage, a dance floor and a panoramic floor. Each space was designed to allow different types of patrons to interact. The furniture, specially developed by the designers and built in China, is decorated with a myriad
Il piano terra ha invece una facciata in vetro stratificato, in cui è inserita una maglia in acciaio inox e uno strato intermedio semi-opaco di pellicola bicromatica. Quest’ultima è retro-illuminata con fibre ottiche per generare un pattern di colore che crea un effetto visivo dinamico e una sensazione di profondità maggiore. www.amandalevetearchitects.com (F. T.; ph: Gidon Fuehrer)
A SHIP IN THE HEART OF LONDON Oxford Street is one of the main arteries in London, for shopping par excellence in most important international names of stores and boutiques. The side-streets and alleys that lead off the main thoroughfare do not enjoy the same acclaim. Frequently they are not considered as prestigious, others are located on alleys that are derelict and dingy to say the least. However, in recent times, some of the property owners off Oxford Street have begun to take pride in their architecture; one of the most enlightened is the company Clarendon Properties that commissioned the architect Amanda Levete, a former partner with studio Future System, with plans for 10 Hills Place. Basically, it is the extension of a two-floor brick building, to be used as offices and
shops. Levete took her inspiration from the artistic works of Lucio Fontana and decided to create a sculptural façade with large glass facings, to maximize the amount of natural light that entered the building. The facing has been created with curved aluminum rods of thickness 140 mm, the same used in the construction of high quality ships’ hulls. They have been painted a dark gray. The ground floor has a façade in stratified glass; a stainless steel grid and a semi-opaque bi-chromatic film intermediate layer have been added. This has been back-lit with optic fibers to generate a pattern of colors that will create a dynamic visual effect and the sensation of greater depth. www.amandalevetearchitects.com (F. T.; ph: Gidon Fuehrer)
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info LAKESIDE HOUSE Finlandia, lago Saimaa. Tra gli alti abeti, i verdi muschi, le dolci colline e le acque blu, in un paesaggio da favola, lo studio NOW for Architecture and Urbanism ha progettato la Lakeside House, il posto adatto per rilassarsi e passare del tempo con gli amici più cari o con la famiglia. L’abitazione, di circa 140 metri quadri calpestabili, è stata costruita interamente a mano da un carpentiere della zona, che raggiungeva il cantiere attraversando il lago con la sua piccola barca. I lavori sono durati solamente otto mesi. Tutti gli spazi interni, dipinti di bianco per riflettere al meglio la luce naturale e i cambiamenti di colore nelle diverse stagioni, si articolano attorno al grande soggiorno; i materiali costruttivi sono semplici, economici, e provengono dal territorio. Lo studio NOW sembra aver appreso la lezione direttamente da Frank Lloyd Wright. Nella casa è stata installata anche una sauna, che non può mai mancare in un’abitazione finlandese tradizionale, ed è stato studiato un sistema di isolamento termico ecologico, che utilizza solo cellulosa naturale. Alcune delle pareti portanti sono totalmente vetrate per godere al massimo della meravigliosa foresta che circonda la casa; le grandi aperture si accendono di una calda luce gialla dopo il tramonto, una luce che contrasta con il grigio dell’esterno e col nero più nero della notte nel bosco. www.nowoffice.org (F. T.)
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Finland, Lake Saimaa. The conifers, the green moss, the gentle hills and the blue waters create a fairytale landscape. Against this magical backdrop, Studio NOW for Architecture and Urbanism designed Lakeside House, the ideal location for relaxing and spending time with close friends and family. The building, with its usable floor-space of approximately 140 sq.m., was completely constructed by a local carpenter who traveled across the lake by boat to reach the building-site. The project was completed in just eight months. The interiors have been painted white to reflect the natural light and exalt the colors of the various seasons. All the interiors have been positioned around the large lounge; the building materials are simple, economic and local, suggesting that Studio NOW learned a lesson directly from Frank Lloyd Wright. A traditional Finnish sauna has been installed in the building. The architects also devised an ecological system of heat insulation using cellulose fibers. Some of the weightbearing walls are glass and provide wonderful views on the forest that surrounds the chalet; when the sun sets, the large windows come alive with a warm yellow hue, light that contrasts with the gray of the exteriors and the profound darkness of the nights in the forest. www.nowoffice.org (F. T.)
HIGH-TECH CONCERT HALL
and applied all the latest technological developments for acoustics and illumination; in order to achieve excellent results, they enrolled the expertise of some British, American and German consultants. The team’s approach did not radically change the shape of the building or its interiors. A strong point of the project was the integration of LED panels on the sides of the stage so that the entire theater would be totally involved in the performance. The LED screens are controlled by a computer and give the possibility to the creative directors to present several moving images, giving the general public the possibility of enjoy every instance of the show. A Dolby Sound system guarantees the perfect sound perception; in this way, the concert hall can be used for any type of show,
Costruito negli anni Sessanta, il teatro d’opera Gosudarstveni Kremlovski Dvorec di Mosca venne da subito considerato esempio di modernità e abilità ingegneristica. L’edificio pubblico fatto di calcestruzzo, metallo e vetro, valse al suo progettista il premio Lenin per l’architettura, il maggiore riconoscimento nella Russia dell’epoca. Cinquant’anni dopo l’amministrazione pubblica ha deciso di indire un concorso per ristrutturare la concert hall, in modo da renderla più contemporanea e migliorarne l’acustica. Il progetto migliore è risultato essere quello dello studio Otako, un team di architetti con base in Serbia e Russia. Dejan Otasevic, Ivo Otasevic e Uros Otasevic hanno
creato interni moderni e hanno applicato tutti gli ultimi ritrovati tecnologici in fatto di acustica e illuminazione; al fine di ottenere un risultato eccellente si sono avvalsi delle consulenze di esperti inglesi, americani e tedeschi. Il team ha cercato di non cambiare radicalmente le geometrie dell’edificio e neanche dei suoi interni. Punto forte del progetto è l’integrazione di pannelli LED ai lati del palcoscenico in modo che tutto l’interno del teatro possa essere coinvolto nella performance. Gli schermi LED sono controllati da un computer e danno la possibilità ai direttori creativi di mostrare diverse immagini in movimento, così da coinvolgere il pubblico in un’esperienza teatrale a 360 gradi. Un sistema Dolby Surround garantisce inoltre una perfetta percezione dei suoni; in questo modo la concert hall può essere usata per mettere in scena qualsiasi tipo di spettacolo, concerti rock e pop, opere, balletti e performance folkloristiche. Il teatro è stato inaugurato lo scorso 4 novembre. www.otako.org (F. T.)
Built in the Sixties, the Gosudarstveni Kremlovski Dvorec Opera House in Moscow was immediately considered to be a wonderful example of modern design and engineering ability. This public building was constructed in reinforced concrete, metal and glass, and won its designer, the Lenin prize for architecture, the highest award in Russia at the time.
Fifty years later, the public administration decided to run a competition for plans to restructure the concert hall, to transform it into something more contemporary and to improve the acoustics. Studio Otako submitted the winning project; this team of architects has offices in Serbia and Russia. Dejan Otasevic, Ivo Otasevic and Uros Otasevic designed modern interiors
rock and pop concerts, opera, ballet and folk and traditional events. The theater was inaugurated on November 4th 2009. www.otako.org (F. T.)
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info PERFORMANCE DI LUCE Kit Monkman e Tom Wexler sono meglio conosciuti come KMA: attraverso i loro progetti cercano in ogni modo di incoraggiare e sviluppare l’interazione tra le persone negli spazi pubblici, soprattutto utilizzando luci e proiezioni. I cittadini non devono per forza essere spettatori passivi davanti alle facciate degli edifici storici, nelle piazze o nelle vie, ma possono iniziare a vivere gli spazi in maniera diversa, dialogando con essi e vivendoli in una maniera totalmente nuova e inusuale. Il duo di KMA ha creato giochi di luce pubblici in tutto il mondo, performance che hanno abbattuto ogni divisione sociale grazie alla creazione di un ambiente nuovo e totalmente decontestualizzato dal resto. Lo scorso ottobre i KMA hanno organizzato una sorta di torneo atletico high-tech in tre città del regno unito, Gateshead, Middlesborough e Sunderland; per quattro giorni i cittadini sono stati impegnati nei Great Street Games, giochi a squadre in spazi pubblici, ovviamente a partire dal tramonto. Kit Monkman e Tom Wexler hanno saputo, con i loro lavori, trasformare completamente, grazie all’uso della luce, brani di città come Trafalgar Square a Londra o il cortile rinascimentale di Palazzo Spada a Terni, in Umbria. I KMA hanno collaborato anche a diversi progetti teatrali e film; in particolare sono stati i curatori della cerimonia inaugurale dei Bollywood Oscar del 2007. www.kma.co.uk (F. T.)
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PERFORMANCE OF LIGHT Kit Monkman and Tom Wexler are better known as KMA: through their projects they try to encourage and develop interaction between people in public spaces, exploiting light and projections in particular. The inhabitants of a city should not always be passive spectators in front of the historical buildings, squares or streets, but they can begin to enjoy the spaces in a different way, interfacing with them and experiencing the surroundings in a completely new and unusual manner. The two creatives from KMA have created public lighting effects in many countries around the world, performances that have broken down every social barrier thanks to the creation of a new environment that is totally decontextualized. In November 2009, KMA organized a sort of high-tech
athletic tournament in three cities of GB – Gateshead, Middlesborough and Sunderland; for four days, the inhabitants of the city were involved in Great Street Games, team games held in public spaces, naturally at night when the lighting effects were maximized. Through their work with light, Kit Monkman and Tom Wexler were able to completely transform areas of the cities such as London’s Trafalgar Square or the Renaissance courtyard of Palazzo Spada in Terni, Umbria. The artists of KMA have also worked on a number of theater and cinema projects. Their role as curators for the inaugural ceremony of the Bollywood Oscar 2007 deserves a special mention. www.kma.co.uk (F. T.)
ARDUINO + IKEA = HACKEA Technology for food è stato il tema di quest’anno della Torino Design Week 2009, evento ricco di allestimenti e rassegne aperte al pubblico in tutta la città. Temi come il packaging e il consumo sostenibile sono stati al centro della kermesse sabauda. Il tema legato all’alimentazione e al design intorno ad essa non ha impedito a Paolo Maccarone e agli altri organizzatori della Week di invitare Massimo Banzi a presentare la scheda Arduino, in un inconsueto workshop di tre giorni, ospitato presso l’Istituto Europeo di Design di Torino. Il workshop di Massimo Banzi ospitato dalla Torino Design Week si è sviluppato intorno alle infinite possibilità di illuminazione che Arduino offre. In particolare, il workshop si è focalizzato sul tema dell’interazione con il design Ikea. Il nome Hackea è appunto un gioco di parole tra la parola Hack o Hacking, e Ikea. Il design Ikea è caratterizzato da soluzioni di illuminazione razionali. Forme semplici, prodotti economici. Viste sul comò di casa propria ma anche – e soprattutto – in casa degli altri. Arduino, il microcontrollore italiano è diventato una specie di coltellino svizzero nelle mani del designer. Molti i punti di incontro di questi due brand: l’economia del prodotto e la sua duttilità. Una lampada Ikea e un Arduino, con l’aggiunta di qualche Led RGB e qualche resistenza diventano per i partecipanti del workshop un oggetto finito e (quasi) pronto per la vendita. Sicuramente pronto a distinguere il nostro comò da quello dei nostri amici. Molti gli esempi online da cui prendere ispirazione: basti digitare sul proprio motore di ricerca le parole Ikea, lamp, hack o mod. Aggiungendo il nome Arduino la ricerca ha successo. Decine di esempi di lampade personalizzate: lampade che rispondono al suono, alle vibrazioni, alla quantità di luce. Lampade che si accendono quando si riceve una mail. E poi la Facebook Lamp, la Twitter Lamp. A livello culturale forse questo tipo di lampade rappresentano la Lava Lamp della nostra epoca. Un concetto di illuminazione insolita, esotica, 2.0. I risultati del workshop si possono vedere online in un video (http://bit.ly/HackeaWorkshop). La partecipazione al workshop è stata obliqua. Da designer professionisti – Marco Bombara (bnext.it) e Leonardo Peretti (ProTocuBe.it) hanno realizzato RGBBlender, lampada prototipata in 3D utilizzando Led RGB IKEA (nell’immagine in alto) – a studenti come Fabrizio Alessio e Fabio Bonazzi che si sono cimentati in una Book Lamp da comodino (in basso). I codici delle lampade sono liberi e riproducibili http://bit.ly/HackeaCodes; www.arduino.cc (D. G.)
Technology for food was the core theme of the Turin Design Week 2009, a forum rich with installations and open events organized throughout the city. Topics such as packaging and sustainable consumption were at the center of the interesting program. The links with food and its associated designs did not prevent Paolo Maccarone and the other organizers of the Design Week from inviting Massimo Banzi to present Arduino, an unusual 3day workshop, run in Turin’s European Design Institute. The workshop run by Massimo Banzi during the Turin Design Week developed around the infinite illumination possibilities offered by
successful. There are dozens of personalized lamps: lamps that respond to sound, to vibrations, to the intensity of light. Lamps that light-up when mail arrives in the in-box; then there is the Facebook Lamp and the Twitter Lamp. On a cultural level, this type of lamp could be compared to the Lava Lamp which was in vogue some years ago. An unusual and highly-exotic illumination concept, 2.0. The results of the workshop can be seen in an online video (http://bit.ly/HackeaWorkshop). A cross-section of creatives took part in the workshop. From the professional design – Marco Bombara (bnext.it) and
Arduino and in particulat around the issue of interaction with Ikea design. The name Hackea derived from a corruption of the words Hack or Hacking, and Ikea. Designs by Ikea are characterized by rational illumination solutions. Simple shapes, lowcost products, items that sit in our homes and more importantly, in the homes of others. Arduino, the Italian microontroller, has become a sort of Swiss Army knife in the hands of the designer. There are several common meeting points of these two brands: product convenience and the flexibility. For the participants, an Ikea lamp and an Arduino microcontroller, with the addition of some RGB Leds and a few resistances are transformed into a finished article and (almost) ready for sale. And they are certainly ready to add a special touch to our shelves and to differentiate them from those of our friends. Many examples are available online to enhance the inspiration: just use a research engine and click any of the words Ikea, lamp, hack o mod. By adding the word Arduino the research will be
Leonardo Peretti (ProTocuBe.it) produced RGBBlender, a prototype lamp in 3D using Led RGB IKEA (in high) – to the students like Fabrizio Alessio and Fabio Bonazzi that expressed their inventiveness with a Book Lamp for the night stand (below). The code of the lamps are unrestricted and can be reproduced. http://bit.ly/HackeaCodes; www.arduino.cc (D. G.)
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info LA CASA DELLA MUSICA Il nuovo centro per la musica di Aalborg in Danimarca sarà caratterizzato dall’accurata progettazione e dalle forme architettoniche innovative e funzionali. Concepita dalle brillanti menti degli austriaci di COOP HIMMELB(L)AU, uno studio fondato a Vienna nel 1968 ma cha ha una sede anche a Los Angeles, la visionaria House of Music sarà ultimata nel 2012. Il progetto prevede la realizzazione di spazi pubblici e ambienti per la messa in scena di spettacoli; l’idea di creare uno spazio ibrido deriva dalla volontà di connettere fortemente il pubblico e gli artisti. Il cuore pulsante della House of Music sarà una concert hall con ben 1.300 posti a sedere e un grande e luminoso foyer; ci saranno poi altre tre sale da concerto più piccole sotto la zona del foyer. Al secondo piano dell’edificio troveranno invece sede l’Accademia di musica e il Dipartimento di terapia musicale dell’Università di Aalborg. L’edificio avrà una forma a ‘U’, e in virtù di questo sarà creata una nuova piazza cittadina intitolata alla Cultura. Si tratterà quindi della creazione di un nuovo brano di città. I progettisti hanno prestato particolare attenzione al sistema di ventilazione e climatizzazione interna; l’aria verrà incanalata nelle fenditure verticali dell’edificio e fatta penetrare all’interno in maniera totalmente naturale, senza spreco di energia elettrica. Anche l’uso di energia per l’illuminazione diurna verrà ridotta al minimo, facendo penetrare la luce del sole dalle ampie vetrate e dosando i flussi luminosi artificiali a seconda del momento della giornata. Per l’illuminazione notturna invece saranno installate solo lampade a risparmio energetico. www.coop-himmelblau.at (F. T.; ph: © COOP HIMMELB(L)AU © ISOCHROM.com)
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THE HOME OF MUSIC The new center for music in Aalborg in Denmark will be recognizable by its cutting-edge design and innovative, highly-functional architectonic shapes. Invented by the brilliant minds of the Austrian designers with COOP HIMMELB(L)AU, a studio founded in Vienna in 1968, with headquarters in Los Angeles, the visionary House of Music will be completed in 2012. The project involved the creation of public spaces and ambiences for entertainment shows; the idea to create a hybrid space derived from the desire to forge a strong bond between the public and the artists. The dynamic hub of the House of Music will be a concert hall that will accommodate 1300 people and a large luminous foyer. There will also be three smaller concert
halls on the floor below the foyer. The second floor of the building houses the Academy of Music and the Department of Musical Therapy of the University of Aalborg. The building will have a ‘U’ shape and this will form a new square geared to culture, a new venue for the city. The designers paid special attention to the system of ventilation and internal acclimatization. The air will be channeled into vertical slits and allowed to penetrate the building in a completely natural manner, with no energy consumption. Even the use of energy for the daytime illumination will be reduced to a minimum, allowing sunlight to pass through the large windows and calibrating the artificial luminous flow to suit the time of day.
The installations for the nighttime illumination will be fitted with energysaving bulbs only. www.coophimmelblau.at (F. T.; ph: © COOP HIMMELB(L)AU © ISOCHROM.com)
ATTIMI DI LUCE
30 seconds. The lens shutter must be almost closed and the camera set to iso100. Then the public draws or writes with light; the images are captured by the lens; the automatic shutter release will do the rest. www.lichtfaktor.eu (S. F.)
Le fotografie immortalano attimi di tempo, fissano momenti che altrimenti verrebbero trascinati via nell’inesorabile scorrere del tempo. Il collettivo di artisti di Lichtfaktor cattura con gli scatti veri e propri graffiti di luce, opere d’arte istantanee che altrimenti non sarebbero visibili. I membri di Lichtfaktor usano la luce come principale media artistico, producono foto e video utilizzando diverse sorgenti luminose e appropriandosi delle città durante la notte. Sul loro sito, il team mostra i propri lavori e spiega la tecnica usata per fotografare le opere. Bisogna montare una macchina fotografica su un cavalletto e impostare un tempo di esposizione abbastanza lungo, compreso tra 10 e 30 secondi. Il diaframma dev’essere il più possibile chiuso e la macchina fotografica deve essere settata a iso100. Basta poi disegnare o scrivere ciò che si vuole muovendosi davanti all’obiettivo, l’autoscatto farà il resto. www.lichtfaktor.eu (S. F.)
MOMENTS OF LIGHT Photographs immortalize moments in time; they preserve events that would otherwise disappear anonymously into the past. The collective art exhibition of Lichtfaktor captures creations of light graffiti, instantaneous works of art that would otherwise be invisible. The artists exhibiting in Lichtfaktor use light as the main artistic medium; they produce photographs and videos using a number of different light sources and occupying the cities during the hours of darkness. The team has a website which presents the creations and explains the photographic technique used. A camera is fitted to a tripod and set with a long exposure time of between 10 and
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info GIGANTE DI SPECCHI
in maniera forte, a causa delle guerre che si sono tragicamente succedute negli anni. Nel caos della metropoli moderna è difficile riuscire a individuare i monumenti che sono sopravvissuti: è per questo che una serie di grandi superfici riflettenti, opportunamente orientate, saranno installate sulle facciate della Mina el Hosn tower. Questi specchi over-size restituiranno l’immagine di alcuni importanti monumenti e li renderanno visibili nella zona della marina, dove sorgono moderni e alti palazzi, che poco hanno a che fare con la tradizione del paese e dai quali la Mina el Hosn si vuole distinguere. La torre sarà composta essenzialmente da tre elementi distinti: gli specchi distribuiti sui 142 metri di altezza dell’edificio, la possente base, in cui saranno inseriti negozi e strade pedonali, e cinque blocchi separati destinati a diventare residenze. www.lan-paris.com (F. T.)
Un progetto ambizioso quello di LAN architecture per la 486 Mina el Hosn tower di Beirut: mostrare l’intera città in una maniera totalmente nuova, dandole una nuova e più forte identità. Lo studio LAN, acronimo di Local Architecture Network, è stato fondato nel 2002 da Benoit Jallon e Umberto Napolitano; il team si caratterizza per l’attenzione prestata in ogni singolo progetto alle caratteristiche del luogo e alle tradizioni della gente che lo abita, che in nessun modo devono essere alterate da una nuova emergenza architettonica. È per questo che, nel caso di Beirut, Jallon e Napolitano hanno pensato di realizzare una torre di specchi, in modo da riflettere i simboli della città e renderli visibili nella zona del porto, dove la 486 Mina el Hosn tower verrà costruita accanto alla famosa Murr Tower. La capitale libanese ha purtroppo pochi retaggi storici in grado di connotarla
A GIANT TOWER OF MIRRORS The plans devised by LAN architecture for 486 Mina el Hosn Tower in Beirut were ambitious to say the least: they aimed to present the entire city in a completely innovative manner, giving it a new and more powerful identity. The name LAN is an acronym for Local Architecture Network and the studio was founded in 2002 by Benoit Jallon and Umberto Napolitano; the team’s work stands out for the attention it pays in each individual project to the characteristics of the location and the traditions of its people. The studio avoids changing any of the existing characteristics through the addition of a new architectonic construction. And for this reason, in Beirut, Jallon and Napolitano decided to create a tower of mirrors, a construction that would reflect the symbols of the city around it and make them visible in the dockland area where the 486 Mina el Hosn Tower will be built alongside the famous Murr Tower. The Lebanese capital has very few historical
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features to give it a strong identity, due to the wars that destroyed it. In the chaos of this modern city it is difficult to identify monuments that survived the destruction: for this reason, a series of large mirrors have been installed and appropriately oriented on the facades of the Mina el Hosn Tower. These over-size mirrors reflect the images of some important monuments and make them visible in the dockland area, crowded with tall modern buildings which have little to do with the country’s tradition. The Mina el Hosn Tower wishes to stand-out from these modern additions. The Tower will have three main elements: the mirrors covering the 142-meter tall building, the impressive ground-floor area with shops and pedestrian precincts, and five separate blocks which are destined to residential accommodation. www.lan-paris.com (F. T.)
AIUOLE HI-TECH
HI-TECH LAWNS
Le stagioni e le ore del giorno e della notte si alternano visivamente nelle aiuole fiorite con decorazioni luminose nel giardino del cortile interno nella nuova sede centrale della Landeskreditbank Baden-Wuerttemberg, a Karklsruhe, in Germania. Lo studio di architettura Agence Ter ha ideato aiuole di forme diverse dotate di un perimetro illuminato, un progetto elegante in contrasto con l’aspetto esterno, austero e monumentale, del palazzo. Sono complessivamente nove le aiuole in materiale DuPont(tm) Corian(R) a formano l’intero scenario, che vive del cambiamento naturale e stagionale dei colori delle piante, sottolineato da differenti specie di azalee. In contrasto con le azalee che fioriscono in primavera, sulle aiuole più grandi sono stati piantati aceri giapponesi, che in autunno presentano un accento di colore rosso luminoso, in armonia con il beige chiaro della facciata in travertino.”Per ottenere questo risultato – spiega Dietmar Lorenz dello studio Agence Ter – volevamo un materiale duttile, con cui creare un bordo uniforme dalle linee curve. Ovviamente, era fondamentale che il materiale fosse stato testato per applicazioni in esterno”. Caratteristiche di formabilità, resistenza alle condizioni climatiche e mantenimento del colore che DuPont(tm) Corian(R) possiede. Con i bordi retroilluminati con LED alla sera, il cortile si trasforma in una sorta di lago oscuro con oggetti chiari fluttuanti. www.agenceter.com (P. R.)
The Seasons, the time of day and night, alternate visually in the flowerbeds that have been embellished with luminous decorations.The garden of the interior courtyard in the new central headquarters of Landeskreditbank Baden-Wuerttemberg, in Karklsruhe, Germany are quite spectacular. The architecture studio, Agence Ter, has created a series of
flowerbeds with luminous edging. This elegant project lies contrast with the austere, monumental appearance of the building. The collection consists of a total of nine flowerbeds in DuPont(tm) Corian(R). These create the entire scenario of the natural and seasonal changes in color of flowering plants, emphasized by different species of azaleas. In contrast
with the azaleas that bloom in Spring, in the larger flowerbeds, the architects have planted Japanese maples which have bright red foliage in the Fall, beautifully complementing the pale gray of the Travertine stone facing. “In order to achieve this result – explained Dietmar Lorenz of studio Agence Ter – we required a flexible material which we used to create
smooth curved edges. It stands to reason that the material was tested for outdoor applications”. Moldability, resistance to climatic changes and permanence of the colors are typical characteristics of DuPont(tm) Corian(R). With the edges backlit with LED fittings at night, the courtyard is transformed into a sort of obscure lake complete with pale fluctuating objects. www.agenceter.com (P. R.)
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info IL PUNTO PIÙ ALTO Lo studio di architettura ACME si definisce “una compagnia che fa di tutto”. Il nome riassume in una parola tutte le ambizioni del gruppo: la parola acme deriva dal greco e significa il punto più alto, l’apogeo, il climax. Ed è puntando alla perfezione che il team di ACME affronta dal 2007 progetti di architettura, di interni e masterplan urbani. Le commesse arrivano numerose sia dal Regno Unito sia dall’estero. WEILBURG TERRACES Weilburg è la tipica città di origine medioevale, con castello, colline e possenti mura di difesa a cingerne il territorio. Il centro storico di questa perla della Germania è caratterizzato da vie piccole e tortuose, certamente inadatte allo stile di vita moderno e alle automobili. Per questo motivo i negozi di Weilburg hanno via via attratto sempre meno clienti. Per arginare la crisi delle attività economiche, le autorità cittadine hanno indetto un concorso per la progettazione di un nuovo centro commerciale e una serie di parcheggi negli immediati dintorni del centro storico. Il vecchio parcheggio, costruito negli anni Ottanta, è stato demolito far spazio ai nuovi edifici e lasciare la maggiore libertà progettuale possibile agli architetti. Il masterplan di ACME è risultato essere il migliore tra tutti quelli che sono stati presentati. Gli architetti inglesi hanno pensato di enfatizzare l’armonioso contrasto tra la città fortificata e le verdi colline che la circondano; per questo hanno progettato di sistemare le Rathaus Terraces, un sistema di terrazzamento realizzato in epoca barocca. Su queste terrazze saranno edificati negozi, case, parcheggi, cliniche; l’accesso alla zona sarà garantito da una serie di nuovi tracciati stradali, alcuni dei quali rimarranno pedonali. Gli edifici saranno parzialmente nascosti dalla vegetazione che coprirà gran parte dei tetti e dai nuovi parchi pubblici. La notte le terrazze diventeranno un nuovo landmark luminoso, ben visibile e facilmente riconoscibile nella campagna tedesca.
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THE HIGHEST POINT The studio of architecture ACME defines itself as ‘a company that does everything’. The name condenses all of the group’s ambitions into one word: the word ‘acme’ is of Greek origin and means the highest point, the summit, the climax. And the ACME team, founded in 2007, has always aimed for perfection in its architecture projects, interior design and urban masterplans. The group has a number of contracts from the UK and from abroad. WEILBURG TERRACES Weilburg is a typical medieval city in Germany with a castle, hills and fortified walls to define its territory. The historical center of this gem is a maze of tiny streets, which are totally unsuitable for the modern life-style and for automobiles. For this reason, the shops in the historical center have been attracting fewer and fewer clients. To stem the crisis of these
economic activities, the city council ran a competition for the design of a new shopping center and a series of parking lots close to the historical center. The old car park, built back in the Eighties, was demolished to make way for new buildings and to leave greater design freedom for the architects. The ACME masterplan was judged to be the best of those submitted. The British architects decided to emphasize the harmonious contrast between the fortified city and the surrounding green hills. For this reason, they decided to revamp the system of Rathaus Terraces which was created during the Baroque period. Shops, houses, parking lots and clinics will be constructed on the terraced ground; access to the area will be guaranteed by a series of new roads, and some will remain as pedestrian precincts. The buildings will be partially hidden by the vegetation which will cover a large
part of the roofs and the new public parking lots. At night, the terraces will become a new luminous landmark, and will be clearly visible and easily identifiable in the German countryside.
UN MEMORIAL SPACE Il masterplan per l’UN Peace Park è stato concepito per far crescere il numero di turisti nella città di Chungju, la terra natale dell’attuale segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon, nella Corea del Sud. Il progetto dello studio ACME è stato notato dagli organizzatori del concorso internazionale, ma è rimasto ancora sulla carta. Il team inglese ha pensato che il parco dovrebbe avere un edificio imponente, in grado di imprimersi nella mente delle persone e diventare il simbolo della città. L’architettura progettata è una corta di cubo, la cui copertura ricorda le celle di un alveare; queste celle vogliono essere il simbolo delle diverse nazioni che appartengono all’Organizzazione delle Nazioni Unite, ognuna delle quali pur mantenendo la sua indipendenza e individualità, appartiene a un organismo superiore, al cui buon funzionamento collabora in maniera attiva. I diversi elementi formano un unico organismo, che non potrebbe esistere senza l’unione delle parti. L’edificio si fa portavoce degli ideali di pace diffusi dall’ONU e diviene una sorta di manifesto in cemento e vetro. www.acme.ac (F. T.)
THE UN MEMORIAL SPACE The masterplan for the UN Peace Park was designed to attract a greater number of tourists to the city of Chungju, the homeland of the current Secretary General of the UN, Ban Ki-moon, in South Korea. The project by studio ACME came to the attention of the organizers of the international competition, but at the time of writing is still at the plans-on-paper stage. The British team imagined the park with an impressive building that would make a lasting impression on the visitors and become a symbolic landmark for the city. The plans show a cubic courtyard,
with a roof resembling honeycomb; the cells were designed to symbolize the various member countries that belong to the United Nations, with each one preserving its independence and individuality, but belonging to a higher entity which operates well thanks to the active collaboration of all. The various elements combine to form a single organism which could not exist without the union of the parts. The building expresses the ideals of peace that are advocated by the UN and is transformed into a sort of manifesto in glass and cement. www.acme.ac (F. T.)
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info LA STANZA DEI BOTTONI Recentemente entrata in funzione, la stanza di controllo della compagnia elettrica di Mosca, la MOESK, si caratterizza per l’ampio spazio e la curata illuminazione. Realizzata su progetto degli studi di architettura sovietici Arch-group e ABTB, l’area di controlloi risulta composta da un vasto ambiente vuoto (ben 320 metri quadrati), al cui centro è posta la moderna e sinuosa work-station in corian bianco, con sei posti per gli operatori. Sulla parete opposta sono montati i 36 grandi schermi video per il monitoraggio totale del network elettrico. Il pavimento scuro contrasta col candido e arrotondato tavolo; i muri sono ricoperti di speciali pannelli
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Blindex in alluminio, che garantiscono un ottimo isolamento tecnico e acustico della stanza. Le lampade installate sul soffitto e nascoste parzialmente da un materiale traslucido provvedono all’illuminazione ambientale generale, mentre dei proiettori puntati direttamente sulla work-station permettono ai tecnici di lavorare in condizioni di perfetto comfort visivo. www.arch-group.org www.abtb.ru (S. F.)
CONTROL ROOM The control room of the electricity company in Moscow, MOESK, recently became operational. This large space with
carefully-designed illumination was designed by the Soviet architecture studios Arch-group and ABTB. The control area is a large open space measuring 320 sq.m.; a modern sinuous workstation in white Corian, equipped for six technicians has been positioned at the center. Thirty-six large video screens have been installed on the opposite wall and these allow the technicians to monitor the entire electricity network. The dark flooring contrasts with the round white table; the walls have been covered with special Blindex panels in aluminum, which guarantee excellent technical and acoustic insulation of the room. The lamps installed on the ceiling and partially hidden behind a translucent
material supply the general illumination, while the spotlights directed onto the individual workstations allow the technicians to operate under conditions of perfect visual comfort. www.arch-group.org www.abtb.ru (S. F.)
D E S I G N D I F F U S I O N N E W S INTERNATIONAL MAGAZINE GLOBAL DESIGN AND STRATEGIES
MILANO IMPRESA E CULTURA 47 RITRATTI D’AUTORE PARIGI DESIGN L’AIR DU TEMPS INTERNI METROPOLITANI CARTA AD ARTE CARLO COLOMBO PER FLOU
ISSN 1120•9720 - Mensile -TAXE PERCUE (TASSA RISCOSSA). UFFICIO CMP/2 ROSERIO - MILANO. Spedizione in abbonamento postale - 45% - D.L. 353/2003 (conv.in L.27/02/2004 n.46) art.1, comma 1, DCB Milano DISTRIBUZIONE ME.PE
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info
Tenerife, one of the Canary Islands, is a popular tourist destination because of its wonderful sea and breath-taking natural landscapes: the Church of Santisimo Redentor has been constructed amid the dunes and the rocks, a wonderful example of contemporary architecture that completely revamps traditional
consolidated architectonic shapes. Designed by Riccardo Menis, from the outside, the Church appears as a gray cube in reinforced concrete, which symbolizes the bare grotto where the body of Christ was laid-out following the crucifixion. The ugliness of the outside belies the careful study of the interior
EL SANTISIMO REDENTOR L’isola di Tenerife, nell’arcipelago delle Canarie, non ha solo un mare stupendo e paesaggi naturali mozzafiato: tra le dune e le rocce sorge la chiesa del Santisimo Redentor, esempio di costruzione contemporanea che rinnova completamente la forma tradizionale di un tipo architettonico consolidato. Progettata da Riccardo Menis, la chiesa si presenta esternamente come una sorta di cubo grigio in cemento armato, che simboleggia la spoglia grotta in cui il corpo di Cristo venne deposto dopo la crocifissione. La brutalità della forma esterna nasconde l’accurato studio dell’illuminazione interna. Attraverso le profonde fenditure che attraversano in diversi punti le pareti della monolitica struttura, la luce naturale penetra e va a colpire durante la giornata varie parti della zona absidale, ognuna delle quali simboleggia un diverso sacramento e ha quindi un preciso significato per la religione cristiana.
La prima luce del giorno attraversa la croce posta dietro l’altare e illumina il fonte battesimale, la prima luce del cristiano. A mezzogiorno, attraversa il lucernario e illumina l’altare, simbolo di cresima ed eucaristia. Un ulteriore fascio di luce si riversa poi sulla parte anteriore del confessionale. La posizione strategica dei lucernari ripropone lo stesso effetto di luci anche sui simboli dei sacramenti dell’unzione, del matrimonio e degli ordini sacri. I raggi di luce, con la loro estrema semplicità, sono dunque l’equivalente degli elaborati affreschi nelle chiese medievali e delle spettacolari sculture in quelle barocche: illustrano e raccontano, affascinano e incantano. www.menis.es (F. T.; ph: Simona Rota)
illumination. Through a number of deep slits cut in the walls of the monolithic structure, natural light penetrates inside. Depending on the time of day, it illuminates parts of the aisles, each one symbolizing a different sacrifice, with a precise meaning for the Christian religion. At dawn, the first light passes through the cross behind the altar and illuminates the baptismal font, symbolizing the first light of Christianity. At midday, light penetrates through the skylight and illuminates the altar, symbolizing Confirmation and Communion. An additional beam of light then hits the anterior portion of the Confessional. The strategic position of the skylight produces the same lighting effect for the symbolic representations of the sacraments of the Last Rights, Marriage and the Sacred Orders. Through their extreme simplicity, the rays of lights can be considered equivalent to the frescos in Medieval churches and the spectacular Baroque sculptures: they illustrate, tell the story, fascinate and enchant. www.menis.es (F. T.; ph: Simona Rota)
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ACCOGLIENZA SOTTERRANEA La cattedrale di Washington, maestosa costruzione in stile neogotico realizzata all’inizio del XX secolo, è uno dei simboli della capitale americana, nonché uno dei monumenti nazionali inseriti nella lista dei maggiori beni culturali del Paese. Molti turisti la visitano quotidianamente, e la presenza massiccia di colonne di autobus e automobili è diventata un grave problema: i veicoli abbruttiscono i dintorni della cattedrale e creano confusione, inoltre il grande parcheggio, sempre al completo, ha rovinato la principale vista della cattedrale. Per riportare la calma nella zona e valorizzare maggiormente la chiesa Colden Florance, Sven Shockey, Dayton
massive presence of coaches and cars has become a serious problem; the vehicles detract from the beauty of the Cathedral and create chaos and confusion. Moreover, the large car park is always full and this has ruined the main view of this extraordinary place of worship. In order to return the area to peace and tranquility and to exalt the architectural splendor of the church to a greater degree, Colden Florance, Sven Shockey, Dayton Schroeter and Wade Fuh of Studio SmithGroup decided to create an underground parking and tourist information facility beneath the cathedral. The tourist welcome center consists of two enormous underground garages, one for Schroeter e Wade Fuh, dello studio SmithGroup, hanno pensato di realizzare un accesso completamente sotterraneo alla cattedrale. Il centro di accoglienza turistica è composto da due vasti garage sotterranei, uno per i bus e l’altro per le auto private. Nella zona di congiunzione tra questi due parcheggi sono poste le zone di utilità comune, come uno spazio per le comitive e un gift shop. La chiesa è raggiungibile per mezzo di comodi ascensori o salendo delle spettacolari scalinate che ricordano la forma della rosa dei venti. Trattandosi di una struttura completamente sotterranea è stata prestata particolare attenzione nella progettazione dell’illuminazione del centro accoglienza; tutto è stato svolto all’interno dello studio SmithGroup, grazie ai lighting designer dello staff Rodrigo Manriquez e Jeffrey Gerwing. I pilastri strutturali dei parcheggi sono stati tutti illuminati, in modo da scandire ritmicamente lo spazio. Le scale sono illuminate attraverso dei proiettori puntati sui muri e sui gradini. Nello spazio vendita i punti luce sono calcolati in modo da simulare sul soffitto gli incroci delle volte della cattedrale. www.smithgroup.com (F. T.; ph: Alan Karchmer www.alankarchmer.com, SmithGroup)
special attention has been paid to the lighting system for the welcome center; and again the project was completed by Studio SmithGroup, thanks to the efforts by in-house lighting designers Rodrigo Manriquez and Jeffrey Gerwing. The structural pillars in the parking lots have all been illuminated and interrupt the space at regular intervals. The stairwells are illuminated by light projectors directed onto the walls and the steps. In the gift shop, the fittings have been installed to simulate the crosspoints in the cathedral’s vaulted ceiling. www.smithgroup.com (F. T.; ph: Alan Karchmer www.alankarchmer.com, SmithGroup)
AN UNDERGROUND WELCOME The Cathedral in Washington, a majestic neo-Gothic building constructed at the beginning of the 20th century, is one of the symbols of the American capital and one of the National monuments included in the country’s collection of listed buildings. Large numbers of tourists visit the cathedral every day; as a result the
buses and the other for private vehicles. A series of useful amenities have been positioned between the two parking lots – a space for groups and a gift shop. The church is accessed by elevators or spectacular stairwells which resemble the shape of the rose of the winds. As this structure is completely underground,
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info CASA SACERDOTAL L’architetto Andrés Jaque ha rinnovato e riportato a nuova vita, soprattutto attraverso il sapiente uso della luce colorata, un vecchio seminario del XV secolo, ormai da tempo abbandonato, a Plasencia, in Spagna. La Casa Sacerdotal è ora un residence per studenti e preti. Andrés Jaque, vincitore del concorso per il restauro del seminario, ha creato ambienti sereni e rilassanti, tutti accomunati dalle candide pareti a intonaco bianco e dagli arredamenti minimali e coloratissimi. Oltre a circa trenta camere da letto, la Casa Sacerdotal è dotata di spazi comuni tra cui un oratorio, una chiesetta, una biblioteca, una lavanderia, un giardino e anche un piccolo orto coltivato secondo le tradizionali tecniche monastiche. Le semplici facciate dell’edificio si accendono di notte grazie alla colorata illuminazione di tutte le finestre, ognuna delle quali si trasforma in un quadro monocromatico verde o azzurro. Le zone di collegamento tra i vari corpi della Casa Sacerdotal sono segnalati per mezzo di alcuni tubi neon bianchi e blu, mentre l’ingresso è illuminato di un caldo giallo, forse simbolo del sole o della luce divina. http://andresjaque.net (F. T.)
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PRIEST’S HOUSE Architect Andrès Jaque refurbished and revitalized the old abandoned seminary dating from the 15th century through the skillful use of color. The Priest’s House is located in Plasencia, Spain and is now a residence for students and priests. Andrés Jaque won the competition for the project and he created peaceful relaxing ambiences, with the common feature of white walls and brightly-colored minimal furnishings. There are approximately 30 bedrooms, a series of common spaces, including an oratory, a chapel, library, laundry, a garden and even a small vegetable patch cultivated according to the traditional monastic techniques. The plain facades of the building come alive at night thanks to the colored lighting that shines through the windows, each of which transformed into a monochromatic green or blue pictureframe. The corridors that connect the various blocks of the building are indicated by blue and white neon strips, while the entrance is illuminated by a warm yellow light, which may symbolize the sun or divine light. http://andresjaque.net (F. T.)
IN DIRETTA DAL SALONE DEL MOBILE DI MILANO 14-19 APRILE 2010 LIVE FROM SALONE DEL MOBILE IN MILAN 14-19 APRIL 2010
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info STUDENT HOUSE Non solo casermoni e lunghi corridoi con camere e bagno in comune: a Karawaci Tangerang, in Indonesia, alcuni fortunati studenti possono alloggiare nella Student House progettata da Peter Gunawan Design Studio, un dormitorio moderno e curato in ogni particolare, dalla disposizione dei diversi ambienti all’impianto illuminotecnico. La casa dello studente si trova in una tranquilla via costellata di casette private e altre abitazioni per giovani, ma si differenzia da tutte per il design contemporaneo e minimale dell’esterno, in cui una parte alta sembra incastrarsi nella base dell’edificio, più larga e maggiormente aperta verso l’esterno. Nonostante i costi di costruzione siano stati davvero contenuti, il risultato è eccezionale:
This is not a sprawling anonymous building with never-ending corridors, shared bedrooms and bathrooms: in Karawaci Tangerang, in Indonesia, some very lucky students will have the option of living in the Student House designed by the Peter Gunawan Design Studio. It is a modern dormitory where great care and attention paid to every detail, from the layout of the various ambiences to the illumination technology plant. The student accommodation is located on a quiet street amidst private dwellings and other student accommodation buildings. It differs to all of its neighbors through the contemporary minimal design of the facades, where a higher portion of the building appears to be locked-into its base, which is wider and more open to the
gli ambienti comuni (dispensa, lavanderia, sala da pranzo) sono stati progettati nella parte più bassa dell’edificio, attraversata da un lungo corridoio centrale, utile a garantire un’adeguata circolazione dell’aria. Gli spazi attingono luce dal grande lucernario, composto da una serie di grandi finestroni che si aprono nel soffitto a distanza regolare. La curata illuminazione notturna non solo esalta i particolari architettonici della struttura, ma garantisce maggiore sicurezza per i giovani che rientrano tardi dalle lezioni. www.sjdw.com (S. F.)
outside world. Despite the limited construction costs, the result is exceptional: the common areas (larder, laundry, dining hall) were created in the lower part of the building, crossed by a long central corridor, which guarantees appropriate air circulation. Natural light floods in from a large skylight, a series of large windows inserted at regular intervals in the roof. The nocturnal illumination system exalts the architectonic features of the building and also increases the safety levels for the young people who return to their halls of residence after dark. www.sjdw.com (S. F.)
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UN CUBO DI LIBRI Gli architetti Pawel Swierkowski e Bartosz Jarosz fondarono insieme il Neostudio nel 2005; risale a quell’anno anche il loro primo concorso come soci e la prima importante commessa da parte di un ente pubblico. Si trattava della biblioteca della facoltà di filologia dell’Adam Mickiewicz University a Poznan, in Polonia. Lo stabile è stato costruito tra il 2007 e il 2009, dopo studi particolareggiati di ogni aspetto da parte del team di Neostudio. La biblioteca sorge nel centro storico della città, a due passi da edifici antichi come la Poznan Opera House e il Castello di Prussia. “Il nostro scopo – hanno dichiarato Pawel e Bartosz – era di progettare un edificio tanto moderno quanto funzionale, dalla forma semplice e che si adattasse alle costruzioni circostanti. Ci siamo concentrati soprattutto sui fruitori finali della biblioteca, cioè gli studenti universitari, e abbiamo cercato di soddisfare le loro aspettative, sia estetiche sia di comfort”. Fondamentale è stato il continuo dialogo con i committenti in fase di progettazione; il duo di Neostudio riassume questa parte di lavoro definendola “un lungo brainstorming”. La biblioteca è sostanzialmente un cubo diviso in due parti: il basamento è costruito in solida pietra calcarea grigia mentre il coronamento è di vetro, leggero e completamente trasparente. Le grandi aperture verso l’esterno garantiscono ai ragazzi una buona illuminazione durante tutto l’arco della giornata, utile a prevenire l’affaticamento visivo durante le lunghe ore di studio. L’edificio è poi valorizzato dalla calda illuminazione architettonica: dei fari incassati nel terreno segnano le possenti colonne e le luci interne della parte vetrata rimangono accese dopo il tramonto, trasformando la biblioteca in una moderna lanterna fuori-scala. www.neostudioweb.eu (F. T.)
A CUBIC BOX OF BOOKS The architects Pawel Swierkowski and Bartosz Jarosz joined forces and founded Neostudio in 2005; during that same year, they took part in their first competition as partners and were also awarded their first important contract by one of the public authorities. They were asked to design the library for the Faculty of Philology at the Adam Mickiewicz University in Poznan, Poland. The building was constructed between 2007 and 2009, following detailed investigation by the team at Neostudio. The library was built in the city’s historical center, close to ancient buildings such as the Poznan Opera House
and the Castle of Prussia. “Our objective – stated Pawel and Bartosz – was to design a modern and highly functional building, with a simple shape that would adapt to the style of the surrounding buildings. We concentrated our energy on the people who would be using the library, namely the university students, and we tried to satisfy their expectations, both esthetic and in terms of comfort”. One important feature was the continual dialogue with the client during the design phase; the duo of Neostudio defined this part of the project as “a long period of brainstorming”. The library is basically a cube split into two parts: the bottom layer consists of gray limestone while the top part is glass which gives an airy and
completely transparent appearance. The large outside windows provide the students with excellent illumination throughout the daytime, and this contributes to preventing eyestrain during the long hours of study. The building is then enhanced by warm architectonic lighting; spotlights recessed in the floor indicate the majestic columns and the lights inside the glass features continue glowing even after dark, transforming the library into a large-scale modern lantern. www.neostudioweb.eu (F. T.)
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COMPANY
txt: Ester Pirotta
LEGGEREZZA ESTETICA ESTHETIC LIGHTNESS
La lampada a sospensione Guru firmata dal norvegese Per Kristian Pettersen. Nella pagina accanto, ‘Call to Action’, un call center di Lisbona realizzato dall’architetto portoghese Lucìlia Barradas in collaborazione con Traço de Luz, che vede l’utilizzo della lampada a sospensione Equilibre; ancora la Guru e, in basso, Room, collezione disegnata da Katja Hettler e Jüla Tullmann. The suspension lamp Guru designed by the Norwegian creative Per Kristian Pettersen. On the opposite page, ‘Call to Action’,a call center in Lisbon designed by the Portuguese architect Lucìlia Barradas in collaboration with Traço de Luz. They included the suspension lamps Equilibre in the plans; another shot of Guru and bottom, Room, the collection designed by Katja Hettler and Jüla Tullmann.
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La produzione Prandina si è contraddistinta fin dagli esordi per la qualità e la semplicità formale dei suoi apparecchi illuminanti, che hanno permesso al marchio di conquistare riconoscibilità sul mercato internazionale La filosofia creativa di Prandina si traduce in una produzione di alta qualità attenta al rispetto dell’identità aziendale, preservata e rafforzata da attività di comunicazione che vanno dall’ideazione della grafica e del packaging dei prodotti, alla progettazione degli eventi espositivi. Orientata alla produzione di oggetti luminosi funzionali e riconoscibili dal punto di vista estetico e tecnologico, Prandina crea prodotti al di fuori delle convenzioni stilistiche e delle tendenze di breve periodo, grazie alla collaborazione con abili designer del panorama italiano e internazionale. Attenta agli stimoli offerti dai progettisti ‘under 35’, durante l’ultima edizione di Euroluce Prandina ha presentato due interessanti prodotti disegnati da giovani scovati al Salone Satellite di Milano un paio di anni prima: il norvegese Per Kristian Pettersen ha firmato la lampada a sospensione Guru, e le berlinesi Katja Hettler e Jüla Tullmann hanno progettato la collezione Room. Questi oggetti, ed altri di recente produzione, testimoniano un nuovo orientamento dell’azienda verso la sperimentazione di materiali alternativi al vetro soffiato. All’esperienza maturata sulle potenzialità del vetro, Prandina ha, infatti, recentemente affiancato l’impiego di materiali più complessi e tecnologici quali il pyrex, il polipropilene e la microfibra di poliestere, rivolgendo particolare attenzione alle loro caratteristiche texturali. La produzione attuale è il risultato di una sensibile ricerca che si concentra sulla semplicità delle forme e sulle qualità materiche degli apparecchi illuminanti. L’utilizzo di materiali meno preziosi ha consentito all’azienda di proporre prodotti ad un prezzo competitivo, come nel caso della lampada Guru, costituita da due elementi, di forma e materiale differenti, senza assemblaggi a vista: la scocca superiore in poliuretano stampato e il diffusore inferiore in plexiglass opalino termoformato. Tra i progetti recenti ha suscitato particolare interesse la lampada Tau in metallo curvato verniciato, che vede l’impiego di sorgenti Led per fornire luce risparmiando energia. Un oggetto dal grande impatto visivo che produce una calda luce diffusa verso il piano di lavoro e si presta ad essere impiegata sia in tradizionali spazi di lavoro sia in ambito home-work. Prandina propone oggetti luminosi che vogliono essere sobri e semplici elementi d’arredo in grado di instaurare un rapporto dialettico con l’habitat contemporaneo in modo discreto, senza ingombrare la scena; apparecchi illuminanti giocati sulla riduzione della complessità e sullo studio di una buona proporzione, pensati per essere funzionali e visivamente non invadenti. L’azienda è in prima linea nella ricerca legata al mondo dell’architettura, in cui si osserva un rinnovato interesse per tutti i materiali e per la ricchezza delle lavorazioni, al fine di personalizzare gli ambienti domestici e non. Prandina sta concludendo con successo forniture per grandi progetti architettonici, che danno una buona visibilità ai prodotti e rafforzano l’identità aziendale sul mercato internazionale. Il settore contract può vantare alcune interessanti realizzazioni come la fornitura per il progetto dei nuovi edifici dell’Università di Amsterdam, firmati dallo studio Meyer e Van Schooten, dove è stata ampiamente impiegata la lampada da tavolo Glam, presentata ad Euroluce 2009, con uno speciale ancoraggio studiato ad hoc per il fissaggio ai tavoli. Significativa anche la fornitura per il progetto ‘Call to Action’, un call center di Lisbona realizzato dall'architetto portoghese Lucìlia Barradas in collaborazione con Traço de Luz, che vede l’utilizzo della lampada a sospensione Equilibre. Il contract richiede all’azienda versatilità e velocità di produzione, oltre all’abilità nell’offrire soluzioni personalizzate. Spesso riguarda forniture in paesi esteri, a testimonianza del fatto che il mercato internazionale è di fondamentale importanza per l’azienda. Con un’esportazione superiore all’80% del suo fatturato, Prandina è oggi presente in Europa, Nord e Sud America, Medio Oriente e Paesi Asiatici, presso i punti vendita più qualificati del settore. www.prandina.it
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of accurate research that focuses on the simplicity of shapes and the material quality of the light fittings. The use of less-precious materials has allowed the company to offer its products to the market at a more competitive price. Take for example the lamp Guru; it consists of two elements in different materials and shapes, with no visible join lines: the upper casing is molded polyurethane and the lower diffuser is heat-formed translucent Plexiglas. One of the projects that recently stirred interest was the lamp Tau in curved painted metal. It employs Led sources which supply light and guarantees energy saving. This article has enormous visual impact and projects warm lighting onto worktops; it is ideal for the workplace and the home-office. Prandina presents luminous articles that are simple and stylish furnishing elements which can interface perfectly, discretely and unobtrusively with the contemporary habitat; the light fittings reduce the complexity and enhance the good proportions, designed for performance and visual discretion. The company is in the front line for research associated with the world of architecture, where there is renewed interest for all types of material and the wealth of the manufacturing procedures, which consent the personalization of domestic and professional ambiences. At the time of writing, Prandina is successfully terminating its supply contracts for major architectonic projects, which give good visibility to the products and strengthen the corporate identity on the international market. The contract division enjoys some interesting contracts such as the supplies for the new buildings of the University of Amsterdam, designed by Studio Meyer and Van Schooten. For this project, the table lamp Glam was widely used. It was presented during Euroluce 2009 and was designed with a special ad hoc system for anchoring it to the table. Another important contract was the project ‘Call to Action’, a call center in Lisbon, designed by the Portuguese architect Lucìlia Barradas in collaboration with Traço de Luz; the suspension lamp Equilibre was included in the plans. The contract sector demands versatility and rapid production, in addition to personalized solutions. The production is largely destined to foreign markets, a claim supported by the importance the international sector has for the company. With exports exceeding 80% of the turnover, Prandina is now present across Europe, in North and South America, the Middle East and Asia, with its products distributed through the sector’s most highly-qualified showrooms. www.prandina.it
Due diverse versioni di Room e la lampada da tavolo Tau, progetto di di Stefano Olivieri e Alberto Pasetti.
From the outset, Prandina’s production has been outstanding in terms of the quality and the formal simplicity of its light fittings, features which have resulted in its instant recognition on the international market Prandina’s creative philosophy is translated into high quality production which reflects the company philosophy; it is safeguarded and reinforced by activities of communication that range from the graphic design and the packaging of the product, and the design of the exhibition events. Oriented to the production of functional luminous items that are instantly recognizable in terms of esthetics and technological content, Prandina creates products that break away from the style traditions and short-lived trends, thanks to the collaboration with expert designers on the Italian and international panorama. The company concentrates a lot of its energy on the stimuli offered by young Under-35 designers and during the recent edition of Euroluce Prandina presented two interesting products designed by emerging designers it discovered at the Satellite Salon in Milan, a few years ago: Norwegian Per Kristian Pettersen who designed the suspension lamp Guru, and the Berlin designers Katja Hettler and Jüla Tullmann who created the Room collection. These and other articles of recent production bear witness to the company’s latest shift towards the experimentation with new materials as an alternative to blown glass. Thanks to the experience matured with glass and its potential uses, Prandina recently added more complex, more technological products such as Pyrex, polypropylene and polyester microfiber, paying special attention to the textures. Current production is the result
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Two versions of Room and the table lamp, Tau, designed by Stefano Olivieri and Alberto Pasetti.
Prandina si è occupata dell’aspetto illuminotecnico dei nuovi edifici dell’Università di Amsterdam, firmati dallo studio Meyer e Van Schooten, dove è stata ampiamente impiegata la lampada da tavolo Glam, presentata ad Euroluce 2009, con uno speciale ancoraggio studiato ad hoc per il fissaggio ai tavoli.
Prandina was responsible for the illumination technology system for the new buildings of the University of Amsterdam, designed by studio Meyer and Van Schooten. There has been widespread use of the tablelamp Glam, which was presented at Euroluce 2009, with a special fixture that was studied ad hoc for attaching it to a table.
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info RINNOVARE CON LA LUCE Nel centro della città di Brescia si è da poco concluso il restauro e la sistemazione del Palazzo della Prefettura. L’architettura è in realtà lo storico Palazzo del Broletto, eretto tra il 1223 e il 1298 in forme romanicogotiche; si tratta di uno dei palazzi comunali più importanti di tutta la Lombardia. L’amministrazione provinciale ha inoltre promosso il recupero del giardino storico dell’alloggio prefettizio, al fine di valorizzare l’importante area verde, vero e proprio prolungamento degli spazi di Palazzo del Broletto. L’impianto del giardino è stato fin dall’inizio studiato con precisione per segnare i sentieri, creare scenografiche prospettive e definire la forma delle aiuole e delle siepi di bosso. Fulcro dell’area è la monumentale fontana ottagonale in pietra, attorno alla quale convergono i sentieri principali. Il progetto di recupero, curato da Giancarlo Turelli e da Paola Faroni, ha preso avvio da un preciso e puntuale rilievo architettonico del sito e da un’approfondita analisi degli elementi che compongono il complesso organismo del giardino. Particolare attenzione è stata dedicata alla progettazione dell’impianto illuminotecnico; i corpi illuminanti a incasso sono stati posizionati in modo da valorizzare gli elementi più importanti del giardino. I prodotti scelti sono tutti di dimensioni ridotte, in modo da essere il meno invasivi possibile e risultare poco visibili durante il giorno, specialmente lungo i percorsi calpestabili del parterre e della porzione sopra elevata del giardino. In un’ottica di risparmio energetico e di contenimento delle spese di gestione gli apparecchi sono tutti dotati di sorgenti luminose di lunga durata a risparmio energetico. Ente promotore: Provincia di Brescia Settore Progettazione Manutenzione Fabbricati Patrimonio; responsabile del procedimento: Giancarlo Turelli; progetto architettonico e direzione lavori: Paola Faroni; progetto e direzione lavori impianti elettrici e illuminazione: Intertecnica Group, Marco Belardi, Marco Caffi, Alessandro Baresi; consulenza Progetto del Verde: Corpo Forestale della Provincia di Brescia Gualtiero Stolfini (S. F.; ph: Eros Mauroner)
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RENEWING WITH LIGHT The restoration and refurbishment project for the Palazzo della Prefettura has recently terminated in the city center of Brescia. The building is the historical Palazzo del Broletto, a Romanic-Gothic construction erected between 1223 and 1298; it is one of Lombardy’s most important City Council buildings. The Provincial administration has also voted to restore the historical garden of the adjoining residential property and exalt the beauty of this important park,
which can be considered to be an extension of the Palazzo del Broletto itself. Right from the outset, the layout of the garden was studied carefully to indicate pathways, create scenographic panoramas and define the shape of the flowerbeds and hedges. The hub of the area is the octagonal stone fountain which is the meeting point for all of the main pathways. The restoration project was designed by Giancarlo Turelli and Paola Faroni and was inspired by the site’s existing architecture and the in-depth analysis of the elements forming the complexity of the garden. Special attention was dedicated to the
illumination technology system; the recessed fittings were positioned to exalt the more important features of the garden. The products selected are all small-scale to reduce their invasiveness and visibility during the day, especially along the sides of the walkways and the raised portion of the garden. With focus on energy-saving and containment of the management costs, the lighting equipment is fitted with long-life, low-consumption luminous sources. Promoting body: Provincia di Brescia Settore Progettazione Manutenzione Fabbricati Patrimonio (Provincial Government of Brescia: Heritage buildings maintenance and design Division); General supervisor: Giancarlo Turelli; architectonic project and project manager: Paola Faroni; design and management of electrical and illumination plant: Intertecnica Group, Marco Belardi, Marco Caffi, Alessandro Baresi; Landscape and garden consulting: Corpo Forestale della Provincia di Brescia Gualtiero Stolfini (State authority for the Environment Provincial Government of Brescia Gualtiero Stolfini) (S. F.; ph: Eros Mauroner)
TOKYO HIPSTERS CLUB Tom Dixon e il suo studio di progettazione architettonica Design Research Studio realizzano locali pubblici e negozi in cui ogni particolare ha una precisa funzione e contribuisce a creare l’atmosfera generale. Al Tokyo Hipsters Club le lampade sono le protagoniste indiscusse. Tom Dixon descrive questo suo progetto come “uno spazio piacevolmente brutale. Un pezzo di antiarchitettura da nonarchitect”. Il Tokyo Hipsters Club, esclusivo negozio multimarca, è una reinterpretazione dei British Gentlemen’s Club, in cui i lord si ritrovavano per sentirsi membri di un’associazione assolutamente libera da regole e del tutto non convenzionale. Distribuito su tre piani, il Tokyo Hipsters Club ospita anche una galleria d’arte, una libreria e un caffè sulla terrazza del tetto. L’edificio si presenta come un monolitico cubo di cemento armato grezzo, senza finestre né aperture; l’unico varco per entrare nel cuore del club è l’ingresso, segnalato tramite un timpano in legno, il cui stile fa presagire le stravaganze che si potranno trovare oltrepassandolo. L’interno del Tokyo Hipsters Club è un mix di stili diversi; poltrone in pelle capitonné e tappeti persiani sono accostati a tavoli di ferro di tipo industriale e a opere d’arte contemporanea. Il pavimento in parquet chiaro si contrappone alle pareti lasciate grezze e ai tubi degli impianti sul soffitto, lasciati totalmente a vista. Ma probabilmente la parte più interessante del Tokyo Hipsters Club è la “galleria delle lampade”, che Tom Dixon ha allestito selezionando alcuni dei suoi lampadari e aggiungendone altri di sapore vintage, trovati magari nei mercatini delle pulci o nella bottega di qualche rigattiere. Tutte le lampade sono appesa a una struttura in metallo e pendono ad altezze diverse sopra la testa dei clienti. L’idea originale è quella di poter, un giorno, togliere la collezione di lampadari e sostituirli con una cascata di oggetti diversi, per esempio tavole da skateboard; per il momento però i proprietari hanno dichiarato di adorare i pezzi vintage e di non avere alcuna intenzione di mandarli in pensione. Altri apparecchi luminosi di Dixon sono sparsi per tutto il negozio e contribuiscono alla calda illuminazione ambientale. www.tomdixon.net (F. T.)
Tom Dixon and his architectural design practice, Design Research Studio, are involved in designing local places and sales points where every single detail performs a certain function and helps create the general atmosphere. Lamps definitely mean the key players at the Tokyo Hipsters Club. Tom Dixon described his project as “a pleasantly brutal space… a piece of
find as you cross it. The interior of the Tokyo Hipsters Club is a blend of styles; tufted leather armchairs and Persian carpets match industrial iron tables and works of contemporary art. The light parquet floor sets off the rough walls and the totally exposed pipes of the systems on the ceiling. However, the most challenging part of the Tokyo Hipsters Club is the ‘lamp gallery’, which Tom Dixon set up by selecting some of his chandeliers and adding some with a vintage flavour, found, maybe, in flea markets or junk shops. All the lamps are hanging from a metal frame, at different heights above customers’ heads. The original idea lies in being able, one day, to remove the collection of chandeliers and replacing them with a cascade of different objects, including skateboards; however, for the moment, the owners are fond of the vintage pieces and are not going to give them up. Other lighting devices by Tom Dixon are scattered throughout the shop, helping create warm ambient lighting. www.tomdixon.net (F. T.)
antiarchitecture by a nonarchitect”. The Tokyo Hipsters Club, an exclusive singlebrand shop, was conceived as a reinterpretation of the traditional British Gentlemen’s Club, where lords used to meet and feel they belonged to an association which was totally free from rules and absolutely anti-establishment. The three-storey Tokyo Hipsters Club also accommodates an art gallery, a bookshop and a coffee bar on the roof terrace. The building looks like a monolithic cube, made from raw reinforced concrete, with no doors. The entrance, the only opening giving access to the heart of the club, is enhanced by a wood tympanum, whose style is suggestive of the oddities you will
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per la lettura, in led e flessibile, possibilità che sottolineano la vastità e la qualità della produzione di Zonca Illuminazione. Risulta essere un prodotto trasversale in grado di sposarsi con ogni tipo di arredamento e ambientazione, dall’abitazione all’ufficio, dall’hotel alla boutique, una scelta di classe e tecnologica e ideale – in particolare – per il settore contract, poiché unisce linee moderne e allo stesso tempo eleganti, e un’illuminazione soffusa e ‘calda’: un invito allettante per i visitatori e i clienti. www.zonca.com (A. M.)
NICCOLÒ SUSINI PER ZONCA
NICCOLÒ SUSINI FOR ZONCA
Illuminare un ambiente significa fare delle scelte opportune e personali; c’è chi sceglie una luce in base al design e chi in base alla funzionalità. Niccolò Susini, in collaborazione con l’azienda Zonca Illuminazione, ha ideato Focus una linea di lampade che unisce queste due caratteristiche per illuminare in modo soft e creare un’atmosfera confortevole. Focus è una pedana dallo stile sinuoso ed elegante con una struttura in cromo nero e paralume in tessuto ignifugo color ecrù e disponibile in più versioni: piantana, lampada da tavolo, applique da parete e applique da letto speciale con una luce
TOMMASO BY ARES Nello showroom Roda – da poco inaugurato nella provincia di Varese – protagonista assoluta è l’illuminazione in grado di dare emozioni e rendere l’ambiente accogliente grazie all’utilizzo di apparecchi della linea Tommaso di Ares. Questa linea di apparecchi, collocati sulle pareti esterne dello showroom, riducono al massimo l’ingombro, permettendo di ottimizzare lo spazio, senza però compromettere la luminosità dell’ambiente, che risulta accogliente e rilassante. L’effetto ottenuto dalle lampade è quello di una pioggia di luce calda che investe le pareti esaltando le linee e i colori, creando un gioco di luci ed ombre. La linea Tommaso comprende apparecchi decorativi a parete per esterni con il corpo in alluminio pressofuso, vetro temprato sabbiato e guarnizioni in silicone stampato, che si caratterizzano per l’eleganza delle linee e per il fascio luminoso che, emesso verso l’alto, crea un’atmosfera rilassante e in grado di esaltare ogni architettura. www.aresill.net (A. M.)
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Illuminating an ambience means making the appropriate, personal choices; there are people who choose a light fitting on the basis of its design and others who choose it for the performance. In collaboration with the company Zonca, Niccolò Susini created Focus, a line of lamps that combines these two characteristics to produce soft lighting that adds comfort to the ambience. Focus is a lamp which is sinuous and elegant. The structure is black chrome and the lampshade
The Roda showroom was recently inaugurated in the northern Italian province of Varese. Illumination is the absolute protagonist which can convey emotions and increase the welcoming atmosphere of the ambience, thanks to the use of the fittings of the line Tommaso by Ares. This collection of lamps can be examined on the outside wall of the showroom; they are compact and optimize the space, without compromising the light intensity in any way. The effect produced is relaxing and welcoming thanks to the shower of warm illumination that bathes the walls, exalting
lines and colors, creating wonderful interaction between light and shade. The Tommaso line also includes decorative fittings for outside walls in pressure-fused aluminum, sanded tempered glass and molded silicone components. The lamps are characterized for their elegant lines and the luminous up-light beams that create a wonderful relaxing ambience to enhance the beauty of architectural building. www.aresill.net (A. M.)
has been created in a ecru-colored fireretardant fabric. It is available as a standard lamp, a table lamp, a wall-fitting and a special night light with a reading function. Fitted with led lights and extremely versatile, it emphasizes the vastness and the quality of Zonca’s production range. It is a transversal product that blends with any style of ambience, from the home to the office, from the hotel to the boutique; it is a stylish technological choice which is perfect for the contract as it combines lines that are modern and elegant, providing diffused warm lighting: an enticing invitation for visitors and clients. w.zonca.com (A. M.)
CITÉ DU DESIGN Per circa due secoli lo sviluppo economico della cittadina francese di Saint Etienne si è basato principalmente sull’attività di grandi fabbriche, dette Manufactures, caratterizzate da un sistema produttivo particolare che combinava la razionalità della produzione in serie alla cura della produzione artigianale. La Cité du Design, una nuova istituzione per la comunicazione e la ricerca sul design, ha trovato la sua sede proprio in una di queste industrie, la Manufacture Nationale d’Armes. Il progetto, primo step del rilancio di immagine dell’intera città, ha comportato la ristrutturazione di alcuni edifici storici della Manufacture e la costruzione di una nuova architettura di ben 200x32 metri, una torre alta 31 metri, due giardini e la Place d’Armes, una grande spianata pubblica. La nuova costruzione, chiamata Platine, comprende una serie di spazi espositivi, un auditorium, una mediateca e biblioteca. Disegnato dallo studio tedesco LIN – Finn Geipel + Giulia Andi –, il Platine è il fulcro dell’intero progetto, il punto di congiunzione tra tutti i diversi organismi che compongono la Cité du Design. Tale edificio si caratterizza per la speciale copertura a maglia, utile per la regolazione climatica e il ricambio d’aria degli interni; i pannelli, opachi e lucidi, filtrano la luce in maniera diversa a seconda dell’ambiente sottostante, in modo da raggiungere ovunque le migliori condizioni possibili di comfort visivo. Nei pannelli sono anche integrati delle celle fotovoltaiche per la produzione di energia pulita. L’intero
Platine risulta essere una struttura totalmente aperta e auto-portante in quanto la maglia tridimensionale, composta da 14.000 triangoli equilateri di 2.10 m per lato, ricopre sia il tetto che i muri perimetrali distribuendo in maniera omogenea il peso e scaricandolo a terra; questo sistema costruttivo ha permesso di eliminare totalmente i pilastri e le altre strutture portanti. www.lin-a.com (F. T.)
For almost two centuries, the economic development of the large French city St. Etienne has been founded on the activity of the large factories, called Manufactures; these are characterized by an unusual production system that combines the logic of serial production with the care and attention of expert craftsmen. The Cité du Design, a new institution for the communication and research into design, selected one of these factories as its headquarters, Manufacture Nationale d’Armes. The project is the first step in the image restyling of the entire city and involved the restructuring of some historical buildings of the Manufacture system and the construction of a new building measuring 200x32 meters, a tower 31-meters high, two gardens and a large public square Place d’Armes. The new construction, called Platine, includes a series of exhibition structures, an auditorium, a media and a book library. It was designed by the German studio LIN– Finn Geipel + Giulia Andi –, and is the core structure of the entire project, the joining point between the different organisms in the Cité du Design. This building is unusual for its special linked facing which contributes to regulating the climate and the interior air exchange; the panels are opaque and glossy and filter light depending on the specific ambience, guaranteeing the best possible conditions of visual comfort throughout. Photovoltaic cells for the production of clean energy are also integrated in the panels. In its entirety, Platine is a structure that is completely open and self-supporting as
the three-dimensional links, consisting of 14,000 equilateral triangles of side-length 2.10 meters, cover the roof and the walls, with uniform distribution of the weight over the site; this construction system results in the total elimination of the pillars and other weight-bearing structures. www.lin-a.com (F. T.)
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info
The brand Voltolina developed from the ancient Venetian tradition of glass working to create new components for the light fittings made with high quality glass. Over the years, the enormous versatility of the company’s production has allowed it to cover an increasing number of market segments, from interior illumination to tableware, gifts and articles in artistic glass using the world-famous Murano glass. This glass is transformed and shaped in the creations by Architect Leonarda. Shapes, colors and styles blend in a single substance – the subject of the creations, such as Murano Dreaming, this is both simple and complex; stylish hooks in colored glass join to form any number of light fittings, from the luminous curtain to the partition or chandelier, thanks to a shape that repeats to infinity. ‘Golf da Terra’ is a simple versatile lamp characterized by a hand-finished spherical diffuser in milky white glass; it has a metal base which rests on the surface in two points. However, the Venetian company is not specialized exclusively in light fittings; it also produces decorative pieces such as In & Out, hand-made vases with simple linear shapes and Atahualpa, a series of glass vases produced using the typical Muranese technique. The vase is created by working a lump of glass and mouth-blowing it to the desired shape. It is then finished by hand. www.voltolina.com (A. M.)
Golf da terra è una lampada semplice e versatile caratterizzata dal diffusore sferico, in vetro bianco latte rifinita rigorosamente a mano, e una base metallica con due punti d’appoggio. Non solo illuminazione nella produzione del marchio veneziano come le linee In & Out, vasi realizzati a mano e dalle forme lineari e semplici e Atahualpa, una serie di vasi in vetro eseguiti seguendo una tipica tecnica muranese: il vaso viene realizzato lavorando il vetro fino a dargli, soffiandolo a bocca e sagomandolo a mano volante, la forma voluta, per poi esser rifinito a mano. www.voltolina.com (A. M.)
VOLTOLINA Il marchio Voltolina discende da un’antica tradizione veneziana nella lavorazione del vetro per la creazione di nuovi componenti per l’illuminazione prodotti con cristallo di elevata qualità. La grande flessibilità produttiva dell’azienda ha permesso negli anni di coprire sempre più numerosi segmenti di mercato, dall’illuminazione d’interni e articoli per la tavola e il regalo alle produzioni di vetro artistico usando il vetro di Murano. Vetro che viene trasformato e plasmato nelle creazioni dell’architetto Leonarda. Forme, colori e stili si fondono con l’unica materia – oggetto delle opere, come Murano Dreaming, un oggetto allo stesso tempo semplice e complesso, semplice nei ganci in vetro colorato che vanno a formare una qualsiasi struttura di luci, dalla tenda luminosa al separé o un lampadario, grazie a una forma che si ripete all’infinito.
SHADOW LIGHT Giochi di luce, un pizzico di magia e le atmosfere incantate delle notti svedesi: sono queste le caratteristiche delle nuove lampade Shadow light progettate per Porro dallo studio Front, team creativo fondato in Svezia nel 2003 da Anna Lindgren, Katja Sävström, Sofia Lagerkvist e Charlotte von der Lancken, coinvolte in un processo di design eclettico, dove oggetti, arredi e interni esplorano i processi di produzione, mettendo in discussione il ruolo tradizionale del progettista. Le lampade sono disponibili in una variante da terra su sottile stelo cromato e in una versione sospesa, ideale come punto luce sopra un tavolo da pranzo o riunioni. A luce spenta presentano un disegno pulito e minimale, in sintonia con il marchio d'arredo sempre di elegante semplicità formale. Grazie però al loro particolare paralume a doppia pelle, un diffusore esterno bianco che nasconde internamente una semicupola cromata solcata da fori di diametri differenti, per un sistema di ombre e riflessioni multiple, una volta accese si ricoprono di pois, proiettando in tutta la stanza un suggestivo motivo puntinato, come una cascata di bollicine, un trompe l'oil che
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inganna lo sguardo e trasporta in un mondo addolcito e confortevole. Nello showroom di Porro, le nuove Shadow light sospese illuminano le forme organiche dei
tavoli Synapsis e Join, quelle da terra completano sia le ambientazioni domestiche sia gli scenari ufficio. Con l’entrata in collezione delle Shadow light,
Porro allarga ulteriormente la propria proposta con incursioni nel mondo dell'illuminazione. www.porro.com, www.frontdesign.se (P. R.; ph: Front)
LUMINOSA?!? NO, LUCENTE! L’azienda di lampade per interni Lucente compie trent’anni. Nata nel 1980 per idea di Marcello Rostirolla, attuale presidente ed esperto nella lavorazione di lastre metalliche, è giunta con successoi alla seconda generazione, grazie all’ingresso a metà degli anni Novanta della figlia Roberta nella gestione dell’azienda col ruolo di amministratore delegato. Da sempre situata nella provincia di Treviso, Lucente sviluppa tutte le fasi del ciclo produttivo all’interno del proprio stabilimento: progettazione e sviluppo dei prodotti, produzione, stampaggio, assemblaggio, imballaggio e distribuzione del prodotto finito sono seguite con costanza e attenzione. Dal 2001 Lucente, desiderosa di unire nelle sue lampada estetica e funzionalità, collabora
con grandi designer tra cui Paolo De Lucchi, Alessandro Mendini, Dodo Arlsan e Giandomenico Belotti. Le lampade di Lucente sono caratterizzate da un design senza fronzoli, asciutto e piacevole, una qualità che le rende adatte ad ambienti privati e pubblici, con propensione al contract. www.lucente.eu (S. F.)
LUMINOUS?!? NO, LUCENTE!
Lighting effects, a pinch of magic and the enchanting atmospheres of the Swedish nights: these are the characteristics of the new lamps Shadow light, designed for Porro by Studio Front, a creative team founded in Sweden in 2003 by Anna Lindgren, Katja Sävström, Sofia Lagerkvist and Charlotte von der Lancken. The studio is enveloped in a process of eclectic design, where articles, furnishings and interiors explore the production processes, questioning the traditional role of the designer. The lamps are available as a standard version on a slim-line chrome-plated shaft and in a suspension version, which is ideal for illuminating a dining- or meeting table. When switched-off, the lamp has clean, minimal lines, wonderfully reflecting the furniture brand that has always been based on elegant formal simplicity. Thanks to the two-layer shade – an external white diffuser that surrounds a chrome-plated hemisphere decorated with perforations of different diameter, creating a multiple system of shadows and reflections. When switched on, a series of dots is projected onto all the surfaces of the room, like a cascade of bubbles, a trompe l’oeil which plays tricks on the eyes and transports the viewer into a sweeter, more comfortable world. In the Porro showroom, the suspension versions of the Shadow Light lamps
The interior lamp company, Lucente, is celebrating thirty years. It was founded in 1980 by Marcello Rostirolla, the company’s current president and expert in processing metal slabs. It enjoyed major success with the second generation, when in the mid-nineties, his daughter Roberta joined the company as Managing Director. Lucente has always been based in the Province of Treviso and all the phases of the production cycle are completed on-site: design and development of the products, production, printing, assembly, packaging and distribution of the finished products are supervised with dedication and attention. In 2001, the company decided to combine esthetics and performance in its lamps; work began with major designers such as Paolo De Lucchi, Alessandro Mendini, Dodo Arlsan and Giandomenico Belotti. The lamps produced by Lucente all have clean, estheticallypleasing lines, qualities that make them
suitable to both private and public ambiences, and they are particularly appropriate to the contract sector. www.lucente.eu (S. F.)
illuminate the organic shapes of the Synapsis and Join tables; the free-standing versions are the ideal addition to the interior design of homes and offices. Thanks to the addition
of Shadow Light, Porro’s collections have been extended further into the wonderful world of illumination. www.porro.com www.frontdesign.se (P. R.; ph: Front)
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txt: Alba Ferulli
EFFETTI MATERICI TEXTURED EFFECTS
progetto: Ufficio Tecnico Philips Lighting, Domenico Lombardo, Studio Boeri
Tecnologia, efficienza e rispetto per l’ambiente. Questi gli elementi cardine del progetto illuminotecnico per un’ampia struttura ricettiva sull’isola di La Maddalena, in Sardegna
Technology, efficiency and respect for the environment: the cornerstones of the technical lighting project for a large hotel on the island of La Maddalena, in Sardinia L’ex arsenale della Marina Militare sull’isola di La Maddalena, recentemente ristrutturato, è stato valorizzato da una complessa illuminazione scenica integralmente firmata Philips Lighting. L’area ospita nuovi e moderni edifici che integrano quelli originari, restaurati ed adattati per l’organizzazione di eventi, incontri e congressi internazionali. Circondata da una natura di particolare bellezza, la struttura è valorizzata negli spazi esterni ed interni dal progetto realizzato da Philips Lighting in collaborazione con l’architetto Domenico Lombardo. L’utilizzo di apparecchi a tecnologia led e dei sistemi di controllo delle luci ha garantito la preservazione dell’ambiente naturale e un considerevole risparmio
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ARCHILIGHT
energetico, oltre ai minimi costi di manutenzione degli impianti, grazie alla lunga durata delle sorgenti luminose. Per l’illuminazione stradale sono stati utilizzati i lampioni UrbanScene (45, 60 e 90W) con il sistema Cosmopolis e lampade Mastercolour da 150W per gli UrbanScene con filtri colorati. Lampioni UrbanLine da 69W, a luce bianco calda e con tecnologia led, illuminano le banchine del nuovo porto, che può ospitare fino a 700 posti barca. Inoltre, lungo due tratti di molo, apposite nicchie accolgono gli apparecchi Underwater a tre led con luce bianca calda, studiati per resistere a contatto con l’acqua. Luce bianca, di tonalità calda e fredda, e luce colorata statica e dinamica si armonizzano enfatizzando l’architettura degli edifici e creando suggestivi scenari luminosi senza alterare la percezione dei colori. Il cuore del nuovo complesso congressuale è il Palazzo della Main Conference, destinato ad accogliere incontri e riunioni. Progettata dallo Studio Boeri, è una struttura in vetro a due piani che si estende su una superficie di oltre 2.000 mq. La facciata esterna è illuminata da apparecchi LedLine Rgb a fascio largo. Alle spalle di questo edificio, un’area di 7.000 mq è destinata all’ospitalità. Si tratta di una struttura in granito che risale al XIX secolo: il progetto valorizza le antiche arcate che ne disegnano il perimetro e parte degli interni. I Ledflood in Awb illuminano le facciate esterne con scenari di luce bianca nella tonalità più adatta a far risaltare la doratura naturale del granito, mentre per le scene di luce colorata si sono scelte tonalità soft. Internamente, alla base di ogni arcata, due Ledflood in Rgb illuminano gli intradossi attraverso scene di colore sia statiche che
dinamiche, anche con un mix di due colori che sfumano uno nell’altro. Nella sua globalità, l’installazione crea effetti di luce che sottolineano le strutture architettoniche e ne enfatizzano la matericità, ponendo in secondo piano i corpi illuminanti. Anche per l’illuminazione esterna del complesso residenziale, otto edifici tra hotel e suite, aree benessere e spazi per eventi e convegni, la scelta si è focalizzata sulla tecnologia led per gli accessi, i passaggi di collegamento tra gli edifici e i balconi delle camere. In questi spazi, i livelli d’illuminamento sono volutamente bassi per creare un’atmosfera più intima e di relax. La parte più bassa del muro in pietra che delimita l’area degli hotel, lungo cui corre il passaggio pedonale, è illuminata da Ledline2 Balcony a luce bianco calda, mentre i Ledline2 Rgb fanno risaltare la trama del muro nel tratto più alto, con lame di luce e scene di luce colorata. Come ultima suggestione luminosa, gli apparecchi Smart Bollard a tre led creano una linea di bolle di luce sul pavimento che guida l’ospite verso l’ingresso alla hall. Lame di luce colorata animano la parete in pietra che delimita il percorso di accesso a uno degli hotel. Differenti scenari luminosi sono ottenuti con i Ledline 2 RGB incassati a pavimento. Le soluzioni illuminotecniche sono studiate per garantire la massima efficienza energetica.
Blades of colored life energize the stone walls that outline the access pathway to one of the hotels. Different luminous effects are achieved with Ledline 2 RGB that have been recessed in the flooring. The illumination technology solutions have been studied to maximize energy efficiency.
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The former arsenal of the Navy on the island of La Maddalena has recently been renovated, and has been enhanced by a complex lighting system produced entirely by Philips Lighting. The area sees new, modern buildings alongside the original ones which have been restored and adapted for staging events, meetings and international conferences. With its beautiful surroundings, the interiors and exteriors of the structure have been enhanced by the design created by Philips Lighting in conjunction with architect Domenico Lombardo. The use of LED technology equipment and systems for controlling the lights has ensured that the natural environment is preserved along with considerable energy savings. In addition, the systems require only minimum maintenance costs thanks to the long life of the lights themselves. For the street lighting, UrbanScene lights (45, 60 and 90W) featuring the Cosmopolis system and 150W Mastercolour bulbs for UrbanScene have been used with coloured filters. 69W UrbanLine street lights with a warm white light and LED technology illuminate the docks of the new port, which has a capacity for up to 700 boats. And along two Vista dell’area del nuovo porto, illuminata dai lampioni a tecnologia led UrbanLine e UrbanScene. Sotto, controcampo dalla zona del porto della Maddalena. In primo piano, le mura in granito dell’edificio del XIX secolo preposto all’ospitalità di delegazioni straniere, illuminate dal basso con Ledflood in Awb, che creano scenari di luce bianca e colorata. Sul fondo, la costruzione della Main Conference. View of the new docklands area, illuminated by street-lamps fitted with UrbanLine and UrbanScene Led technology. Below, opposite the harbor of La Maddalena. In the foreground, the granite walls of the 19th-century building used to accommodate the overseas delegatios, illuminated from below with Ledflood in Awb, which create white and colored lighting effects. In the background, the Main Conference building.
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sections of the quay, purposely-built niches house the Underwater devices with three LEDs that emit a warm white light and have been designed to resist contact with water. White light in cool and warm shades and static and dynamic coloured light all work together to highlight the architecture of the buildings, creating impressive lighting scenarios without altering the perception of the colours. The heart of the new conference complex is the Main Conference building destined as premises for holding meetings. Designed by Studio Boeri, this two-storey glass structure has a surface area of over 2,000 square metres. The external façade has been illuminated using wide-band LedLine Rgb lights. Behind this building, an area measuring 7,000 square metres is given over to hospitality. This granite building dates back to the nineteenth century: the design underscores the old arches that mark out its perimeter and part of the interiors. The Ledfloods in Awb illuminate the external facades with white light scenarios in the best tone for highlighting the natural golden hue of the granite, whilst for the coloured light scenes soft shades have been opted for. Inside, two Ledfloods in Rgb at
the base of each arch light up the lower curves with both static and dynamic colour scenes, as well as with a mixture of two colours that blend into one another. As a whole, the installation creates lighting effects that highlight the architectural structures and emphasise the textures, placing the lights themselves into the background. For the external lighting of the residential complex, too, which comprises eight buildings including hotels and suites, wellness areas and premises for events and conferences, the choice fell to LED technology for the entrances, the walkways linking the buildings and the balconies of the rooms. In these areas, the levels of lighting are intentionally low to create a more intimate and relaxing atmosphere. The lowest part of the stone wall that marks out the hotel area, along which the pedestrian walkway runs, is lit up using Ledline2 Balcony with a warm white light, whilst the Ledline2 Rgb underscore the texture of the wall in the highest part, with blades of light and scenes of coloured light. The last lighting effect comes in the form of Smart Bollard devices with three LEDs that create a row of light bubbles on the floor to guide guests towards the entrance hall. Scenari di luce colorata statica e dinamica definiscono i diversi edifici. Nella foto in alto, il muro in pietra che delimita la zona hotel è di un vivace color fucsia, mentre sul fondo, l’antica costruzione in granito si tinge di azzurro-violetto. La foto al centro propone la vista del porticciolo, dove la luce esalta gli elementi architettonici dei diversi edifici. In basso, i Ledflood in Awb illuminano dal basso la facciata esterna dell’edificio, valorizzando le arcate. La verticalità delle colonne, al primo piano, è accentuata dai Decoscene a fascio stretto, equipaggiati con lampade Mastercolour.
Static and dynamic lighting effects define the various buildings. In the photo above, the stone wall, in bright fuchsia pink, that defines the hotel zone; while in the background, the ancient granite construction is a blue-purple shade. In central photo, view of the harbor where light exalts the architectonic features of the various buildings. Bottom, the Ledflood in Awb illuminate from below the external facing of the building, emphasizing the archways. The vertical dimension of the columns on the first floor is accentuated by the narrow beams of the Decoscene, fitted with Mastercolour bulbs.
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ARCHILIGHT txt: Ester Pirotta
SARADE GOUY–PROFESSIONE PROFESSION: SPACE DESIGNER “L’uomo è al centro del mio lavoro. Le persone sono gli attori, non gli spettatori, dello spazio in cui creo installazioni effimere” Poliedrica giovane artista francese, Sara de Gouy si occupa di tutto ciò che concerne lo spazio inteso come luogo fisico, dal design alla scenografia, al lighting design. La presa di coscienza del contesto in cui andare ad inserirsi è il punto di partenza per qualsiasi suo intervento, perché il luogo, le sue funzioni, la sua storia e il suo background culturale, ne raccontano l’essenza e le potenzialità espressive. Una volta che le circostanze sono stabilite, Sara può appropriarsi dello spazio, pensarlo e sperimentare soluzioni che lo facciano vivere in un modo nuovo, inconsueto. Solo a questo punto nasce un progetto ad hoc che valorizza l’ambiente fisico e che sempre considera l’uomo come elemento di primaria importanza, come presenza attiva che vive il luogo e non lo subisce, che lo tocca e lo testa. I suoi progetti urbani mirano ad enfatizzare peculiarità celate o dimenticate dei luoghi in cui interviene con le sue installazioni effimere, in modo poetico e discreto, mai impositivo. I suoi interventi in luoghi pubblici vogliono stupire ed affascinare, tradurre contesti noti in qualcosa di nuovo, insolito, cambiandone la funzione o le modalità di lettura del luogo stesso da parte dei suoi abitanti. “Penso sia importante stupire le persone nel luogo che fa parte del loro contesto abituale, creando un elemento ‘accidentale’, cambiando un colore, un materiale, installando una luce interattiva che reagisca alle diverse situazioni climatiche o temporali (stagioni, giorno-notte, movimenti,…). Anche intervenendo su piccola scala si possono avere grandi risultati perché la mente umana, con le sue manie e i suoi sogni, amplifica il contesto” sostiene l’artista. Significativi i progetti che Sara ha sviluppato con il lighting designer Victor Vieillard, con cui
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SPACE DESIGNER condivide lo studio a Lione. In occasione del primo ‘Solstis – Lumières d’Artistes’ che ha avuto luogo a Bruxelles per le celebrazioni di fine anno 2008, Sara e Victor hanno realizzato due installazioni luminose di grande fascino. In una città dove, durante l’inverno, la notte cala precocemente, i progetti di Sara e Victor – parte di un lighting project che interessava tutta la città – hanno dato vita a suggestioni luminose molto coinvolgenti, tra luce, colori e sfumature. L’intervento più suggestivo, ‘Chromatik thérapie au coeur de l’hiver’, riguardava la Place des Barricades, lungo la Petite Ceinture, ed era costituito da un gigantesco anello di luce e colori posizionato nella piazza circolare, realizzato mediante una successione di pannelli retroilluminati che costituivano le molte facce di un grande arcobaleno circolare. Una sorta di benefica cromoterapia invernale, un bagno di luce e colori che coinvolgeva lo spettatore in mille sfumature, perché fa bene all'anima immergersi in sfumature di rosso, rilassarsi nelle tonalità di blu o prepararsi per le feste natalizie con un pizzico di rosa. Nello stesso ambito, un’altra installazione illuminotecnica chiamata ‘Green Ring’ era costituita da una linea verde luminosa che correva lungo la corsia pedonale, affiancata dagli alti alberi della circonvallazione interna. Questo anello di luce verde sottolineava l’ultima zona di vegetazione rimasta in città ed invitava gli osservatori a scoprirla ed apprezzarla pienamente camminando a piedi o percorrendo l’anello con l’auto. Gli alberi erano illuminati di blu per creare un arco sopra la strada, in contrasto con la linea verde, definendo così una suggestione di grande impatto. Un gesto semplice, un segno minimo può avere una forza espressiva inaspettata. www.saradegouy.com
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familiar contexts into something new, unusual, changing its function or the way its inhabitants habitually read it. “I think it is important to amaze people in a place which is part of their habitual context, creating an ‘accidental’ element, changing a colour, a material, installing an interactive light which reacts to different climatic conditions or time frames (seasons, day and night, movements…). Even small scale projects can produce great results because the human mind, with its manias and its dreams, amplifies the context” states the artist. The projects developed with lighting designer Victor Vieillard, with whom she shares her studio in Lyon, have been of great importance. For the first ‘Solstis – Lumières d’Artistes held in Brussels to celebrate the end of 2008, Sara and Victor created two very captivating light installations. In a city in which night comes early in winter, Sara and Victor’s projects – part of a lighting project covering the whole city – brought to life some very engaging light suggestions, a mix of light, colour and shading. The most suggestive work, ‘Chromatik thérapie au coeur de l’hiver’, was installed in Place des Barricades, along the Petite Ceinture, and was formed of a giant ring of light and colours placed in the circular square, obtained from a series of backlit panels which made up the many faces of a large circular rainbow. A kind of beneficial winter colour therapy, a bath of light and colour which absorbed the spectator in its thousand nuances, as it does the soul good to be immersed in shades of red, relax in shades of blue or get ready for the Christmas festivities with a dash of pink. In the same event, another technical light installation called ‘Green Ring’ comprised a luminous green line which ran along the pavement, lined by the tall trees of the internal ring road. This ring of green light underlined the last green area in the city, and invited observers to discover it and fully appreciate its value by walking or driving round the ring. The trees were lit by a blue light to create an arch over the road, contrasting the green line, thus creating an effect of great impact. A simple gesture, the smallest sign, can offer an unexpected expressive force. www.saradegouy.com
Superbonux, scenografia luminosa realizzata in collaborazione con Victor Vieillard. A lato, Green Ring, installazione per il festival Solstis – Lumières d’Artistes, di Bruxelles. In apertura, Chromatik thérapie, concepita con Victor Vieillard (ph: MRBC-MRHG Vanhulst). Superbonux, luminous scenography produced in collaboration with Victor Vieillard. To the side, Green Ring, an installation for the Solstis – Lumières d’Artistes, in Brussels. Opening shots, Chromatik thérapie, designed with Victor Vieillard (ph: MRBC-MRHG Vanhulst).
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“Man lies at the centre of my work. People are actors, not spectators, of the space in which I create ephemeral installations” The young, multifaceted French artist Sara de Gouy works with everything to do with space, understood as a physical place, from design to scenography, to lighting design. The awareness of the context in which she is going to work is the starting point for all of her projects, because the place, its functions, its history and its cultural background describe its essence and its expressive potential. Once the circumstances have been established, Sara can take over the space, think it out and experiment solutions which make it live in a new, unusual manner. Only at this point is a specific project created to make the most of the physical environments, which always considers man as an element of primary importance, as an active presence which lives a place rather than submits to it, which touches it and tests it. Her urban projects aim to underline the hidden or forgotten peculiarities of the places she works in with her ephemeral installations, in a poetic, discreet, but never imposing manner. Her work in public places aims to amaze and charm, translate
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ARCHILIGHT 50
txt: Francesca Tagliabue
DESTINAZIONE: LUCE DESTINATION: LIGHT Intervista a Jonathan Speirs e Mark Major • Interview with Jonathan Speirs and Mark Major Lo studio di lighting design Speirs and Major Associates (SaMA) realizza progetti in tutto il mondo dal 1992. I due fondatori, Jonathan Speirs e Mark Major, si sono uniti dopo i loro studi di architettura e diverse esperienze lavorative sul campo. Dalle due sedi di Edimburgo e Londra, Jonathan e Mark coordinano un team di progettisti di interni, grafici, architetti e designer. I lavori dello studio spaziano dall’illuminazione architettonica alla progettazione di installazioni artistiche; lo studio collabora con Paul Gregory e la squadra di Focus Lighting di New York.
La Thermae Bath SPA, in Inghilterra, è un mix di edifici nuovi e altri antichi, sapientemente ristrutturati. È proprio la luce che unisce e uniforma la parte vecchia e la parte nuova dell’impianto. Lo schema luminoso si modifica nelle diverse ore del giorno e della notte.
The Thermae Bath SPA, in UK is a mixture of new constructions and older buildings that have been sympathetically restored. The old and new builds are joined and blended by light. The lighting system changes throughout the day and during the night.
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e in seguito mi fu offerto un contratto per il 1981. Terminata la scuola di architettura nel 1983 ho fondato la Lighting Design Partnership con Andre Tammes, il primo studio di consulenze sulla luce totalmente autonomo in tutto il Regno Unito. M.: Da circa vent’anni, come lighting architect. Stavo cercando lavoro nell’estate del 1984, mentre studiavo architettura all’università di Edimburgo. Su consiglio di un amico andai a incontrare Jonathan Major e Andre Tammes, che da poco avevano fondato la Lighting Design Partnership. Mi sembrò da subito non solo un nuovo, fresco ed eccitante modo di lavorare con l’architettura, ma mi sembrò immediatamente il futuro. Mi accorsi che l’architettura non doveva per forza essere ‘fisica’; in quel periodo si parlava molto anche di ‘computer architecture’, superfici che potrebbero diventare fittizie e rivelarsi reali solo al tatto o che potrebbero essere veri e propri oggetti luminosi. MI sembrava che il futuro dell’architettura fosse contingua allo sviluppo della luce artificiale. Usate spesso il termine ‘lighting architect’. Cosa significa per voi questa definizione? J.: Credo che l’ispirazione proveniente dall’architettura stessa e i miei studi da architetto siano la forza su cui si fondano le soluzioni che troviamo per i nostri clienti. E dunque l’espressione ‘lighting architect’ raccoglie tutto ciò che facciamo in due semplici parole. M.: Il termine ‘lighting architect’ deve essere usato con attenzione. Bisogna valutare la formazione degli architetti, quello che fanno e il significato dei loro progetti prima di attribuire loro questo titolo. Essere un architetto permette di avere un approccio differente alla vita e al lavoro, significa concepire l’ambiente con delle costruzioni ed essere in grado di comunicarle agli altri. Per quanto mi riguarda sto ancora lavorando come architetto nel vero senso della parola, anche se mi concentro maggiormente sull’illuminazione. Lavorare con la luce mi permette di progettare una grande varietà di edifici, sempre diversi tra loro. Pensate di essere degli innovatori? J.: Spero di si! La nostra innovazione sta nella capacità di applicare concretamente un’idea che può essere stata generata, per esempio, in una mostra; questa idea può comportare un significativo miglioramento se utilizzata nella progettazione di un edificio pubblico, mentre sarebbe inutile se rimanesse una semplice teoria. M.: Penso che tutti gli architetti e i designer siano innovatori per natura. Creano qualcosa dal nulla, trovano nuove idee, sono di ispirazione per le persone. Innovazione è una parola che evoca sempre immagini di persone intelligenti, che sviluppano nuovi e strani dispositivi tecnologici. Anche se questo è in parte vero, noi cerchiamo di innovare semplicemente con la luce, non per forza utilizzando la tecnologia.
Cosa significa per voi la parola luce? Jonathan: È l’essenza della vita nel vero senso della parola. Non riesco a immaginare nulla di peggio che non poter vedere il mondo in cui viviamo. Senza la luce siamo ciechi. Mark: È una sorta di ‘ricerca’ continua. La luce è ancora uno dei fenomeni naturali meno compresi dall’uomo. Gli artisti lottano con le sue qualità peculiari, i filosofi dissertano sul suo significato, gli scienziati cercano di determinare la sua natura fisica. Per me la luce è il materiale principale del mio lavoro, che tento di applicare in ogni modo al design e all’architettura. Quando avete scoperto la vostra passione per la luce e l’architettura? M.: Se dipingere e fare schizzi può essere considerato lavorare con la luce, direi da gran parte della mia vita. Ho sempre dichiarato che chiunque sia in grado di rappresentare qualcosa di tridimensionale su una superficie bidimensionale è un lighting designer. Saper rappresentare qualcosa in questo modo significa anzitutto aver compreso come la luce riveli le forme, influenzi la percezione dei colori, delle texture e dello spazio. J.: All’età di dodici anni partecipavo al gruppo teatrale della mia scuola, e mi sono presto reso conto di come il disegno immateriale della scenografia potesse trasformarsi rapidamente in qualcosa di reale grazie all’uso sapiente della luce. Dal quel giorno mi sono sempre interessato alla luce, e in particolare alla luce nel teatro; così quando ho iniziato i miei studi universitari, la luce collegata alle architetture è stata sempre alla base dei miei pensieri. Da quanto tempo lavorate con la luce? J.: Fin da quando ero uno studente di architettura; la mia tesi di laurea era uno studio sui principi dell’illuminazione teatrale e sul modo più corretto di applicarli all’universo dell’architettura. Avevo una grande passione per l’argomento, e alla fine del lavoro di tesi avevo imparato davvero molto riguardo alla luce. Inoltre, durante il mio periodo da studente a Edimburgo venni a conoscenza della possibilità di collaborare con un lighting designer che aveva iniziato ad occuparsi di architettura; è in questo modo che ho conosciuto Andre Tammes. Ho lavorato come freelance per un suo progetto di design,
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Può la luce cambiare la percezione degli spazi e degli oggetti? M.: Sempre. Ed è facile da dimostrare: prendete una bambola e illuminatela in modi diversi (da davanti, da dietro, dal basso…). Guardate come il suo viso cambia espressione. È inanimata eppure cambia il suo modo di essere. Il modo in cui la vediamo cambia il nostro atteggiamento nei suoi confronti. Accade lo stesso con l’architettura. J.: La luce è da sempre il primo mezzo che un architetto usa per cambiare la percezione del luogo. Usiamo la luce per cambiare l’accezione che le persone danno dei volumi, dei materiali e delle forme. Preferite usare illuminazioni teatrali o i vostri progetti tentano di essere misurati e discreti? J.: Alcuni dei lavori di cui vado più orgoglioso sono quelli in cui le luci sono a tal punto discrete da risultare invisibili. Ci sono però altri progetti in cui le luci sono parte integrante dell’architettura. Bisogna sempre tentare di soddisfare le aspettative del cliente e rispettare l’architettura, per questo luci discrete o luci teatrali sono usate in diversi contesti. M.: Chi lavora in ambito teatrale dice spesso che la luce non dovrebbe mai sovrastare gli attori. Chiaramente però questa teoria non è applicata nei grandi show di Broadway o nel West End di Londra, dove sono spesi milioni per incrementare i progetti delle luci. La risposta a questa domanda dipende molto dall’effetto che si desidera ottenere. Certamente la maggior parte delle volte preferiamo che le persone dicano “che grande spazio” oppure “che fantastica esperienza” e non “che bella illuminazione”. La luce da sola è raramente la soluzione a tutto, ma è generalmente parte di essa. Che cosa ispira o condiziona maggiormente il vostro lavoro? J.: La natura. La varietà è straordinaria. Le variazioni durante il giorno, la gioia dell’alba o del tramonto, le aurore boreali… Anche la possibilità che ho di viaggiare e vedere diversi esempi di grande architettura è per me fonte di ispirazione. Mi aiuta ad apprendere di continuo. M.: Il mondo naturale. Adoro guardare i cambiamenti della luce, i contrasti, le texture e i colori della natura. Dietro questa mia grande passione credo ci sia l’amore per la pittura, e poi per l’architettura. Non vado mai abbastanza in giro per gallerie, ma quando lo faccio osservo con attenzione i dipinti e le opere fotografiche. Scopro così il modo in cui gli artisti hanno rappresentato la luce, non solo per creare delle immagini, ma anche per trasmettere un significato più profondo. Non importa se si tratti di Rembrant o Gursky, io guardo sempre i dipinti per la loro luce.
La nuova Opera House di Copenhagen, un vero e proprio landmark luminoso nella zona portuale della capitale danese. Il foyer è concepito come un enorme lanterna, la cui silhouette è chiaramente visibile dalla piazza. Luci calde e fredde sono utilizzate contemporaneamente per evidenziare le diverse parti strutturali dell’edificio. The new Opera House in Copenhagen is a true luminous landmark in the docklands of the Danish capital. The foyer has been designed as an enormous lantern, with its silhouette clearly visible from the square. Warm and cold lighting has been used simultaneously to enhance the different structural features of the building.
Quali sono, secondo voi, gli architetti che eccellono nell’uso della luce? J.: Louis Kahn; il Kimbell (un famoso museo d’arte, n.d.r.) è di sicuro la migliore architettura che io abbia mai visitato. La meraviglia di vedere i cambi di luce in questo luogo non può essere descritta in un libro e neanche comunicata con la fotografia. Amo anche Tadao Ando, c’è un uso spirituale della luce naturale nei suoi lavori. E Peter Zumthor, le terme di Vals sono uno spazio per l’anima. M.: I progettisti delle architetture gotiche conoscevano certamente un paio di trucchetti! La luce nella cattedrale di Beauvais è straordinaria. Credo che Paul Scheerbart e Bruno Taut avrebbero avuto molto da dire sull’argomento, se solo le persone li avessero ascoltati… Mendelsohn, Kahn e Le Corbusier sono architetti del ventesimo secolo molto diversi tra loro che hanno lavorato in maniera magica con la luce naturale. Chi sono le persone che hanno ispirato maggiormente il vostro lavoro? J.: L’ultimo Dan Flavin, perché una volta che si riesce ad andare oltre alla semplicità
del medium si percepisce la grande profondità del suo lavoro. Peter Gabriel e Robert Lepage mi sono di ispirazione in termini di comunicazione; l’emozione, la musica, le proiezioni rendono i loro show molto più di un concerto rock. Mi sono di ispirazione anche le messe in scena del Cinque du Soleil; hanno tutte un concept molto forte, la narrazione e le singole parti come la musica, le performance degli artisti e le luci sono completamente fuse tra loro. È un’esperienza completa. M.: Traggo ispirazione da una grande quantità di artisti e scienziati. Ci sono pittori, registi, scrittori e architetti da cui prendo degli imput. Parlo di personaggi come Toyo Ito, Ridley Scott, Iain Banks e John Sell Cotman. Sono ispirato anche dalle conquiste della scienza, da Newton, Einstein, Feynman. Avete realizzato molti progetti, ne avete qualcuno di cui siete particolarmente fieri? M.: Abbiamo lavorato a molti progetti importanti, come la cattedrale di St. Paul, la Grand Mosque e il Burj Dubai. Spesso si tratta di lunghe e ambiziose imprese, ma è sempre
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molto soddisfacente lavorare a questi progetti. Qualche volta però ci rimangono nel cuore dei lavori più modesti, perché abbiamo sentito direttamente le reazioni e i commenti della gente comune. Uno di questi è il progetto che abbiamo realizzato qualche anno fa, la Queen’s Walk sul South Bank; la camminata è caratterizzata da una serie di luci posizionate direttamente nelle chiome degli alberi per creare un ambiente magico e fiabesco. Abbiamo lottato a lungo per convincere i committenti che, nonostante l’oscurità, l’ambiente era sicuro e d’impatto. È un progetto di cui siamo fieri perché divenne presto il motivo per cui le persone andavano a passeggiare a South Bank. Mi hanno reso davvero felice i commenti fatti dalla gente sotto il baldacchino luminoso creato dal nostro studio. Ho sentito frasi fantastiche, tutte diverse tra loro. Le persone si sentivano in uno spazio magico. È interessante scoprire come qualcosa di così semplice – in effetti si trattava di piccoli punti luce sugli alberi che tremolavano mossi dal vento – possa avere un impatto forte sulla fruizione dello spazio. Utilizzate un metodo di lavoro in cinque step per disegnare le luci. Cosa accade ad ogni step e perché? J.: Il primo stadio del processo consiste nel comprendere il brief generale del progetto, per organizzare le idee. Raramente però ci viene fornita una linea guida generale, quindi solitamente dobbiamo provvedere noi a crearla. In seguito sviluppiamo uno schema di massima delle luci, e poi comunichiamo brevemente le nostre idee al cliente e al nostro team di designer. Questa è la parte più importante per assicurare che ci sia una visione comune del progetto e la comprensione globale del risultato. Non si può ottenere questo se il materiale della presentazione è povero, confuso o poco chiaro. Il terzo step è realizzare ciò che molti chiamano ‘schema di design’, cioè spieghiamo ai vari membri del team come materialmente intendiamo realizzare il progetto (numero degli apparecchi,
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potenza, installazione e ovviamente i costi). Questo è l’inizio della fase cruciale di coordinamento. Infine produciamo delle tavole di progetto definitive, che descrivono tutti i minimi dettagli del lavoro, compreso il layout finale dell’illuminazione e tutte le specifiche tecniche degli apparecchi e dell’equipaggiamento di controllo. Usate il computer per progettare? J.: Ovviamente usiamo dei computer per parte del lavoro, ma adoriamo partire con degli schizzi a matita del progetto e solo in seguito svilupparlo con i mezzi tecnologici. Sul vostro sito dichiarate di seguire delle precise linee guida aull’impatto ambientale: quali sono gli accorgimenti ‘ecologici’ cui prestare attenzione lavorando con la luce? M.: Abbiamo recentemente portato a termine molti lavori che prestano una particolare attenzione all’impatto ambientale. Attraverso questi abbiamo imparato che la luce può compromettere un ecosistema locale se usata nella maniera sbagliata. Abbiamo ad esempio imparato a progettare le luci dei ponti cercando di proteggere le colonie di pesci dall’inquinamento luminoso. Dopo vent’anni di lavoro cerchiamo sempre di trovare la soluzione migliore ai problemi, anche se credo che ci vorrebbero maggiori studi e forse più esperienza in questo campo per aiutare designer come noi. Cosa vedete nel futuro delle tecnologie per l’illuminazione? J.: Il miglioramento dei LED, degli OLED e dei materiali luminescenti. Sarebbe fantastico poter avere dei prodotti bio-luminescenti. Non sono certo che queste tecnologie saranno però disponibili a breve, sono ancora tutte in fase di studio e perfezionamento. www.samassociates.com
Lighting design studio Speirs and Major Associates (SaMA) has been realising projects all over the world since 1992. The founders, Jonathan Speirs and Mark Major, joined forces after training and practicing as architects. From the two head offices in London and Edinburgh Jonathan and Mark coordinate a team of designers, graphic designers and architects. SaMA’s works range from from architectural lighting to art installations; the studio also collaborates with Paul Gregory and the Focus Lighting team based in New York. What does light mean to you? Jonathan: It’s the essence of life in a very fundamental sense. There cannot be many situations worse than not having sight in the world in which we live. Without light you’re blind. It is as simple as that. Mark: It’s a kind of ‘quest’. Light is still one of the most mysterious and little understood phenomena know to man. Artists wrestle with its qualities, philosophers argue as to its meaning, scientists seek to determinate and understand its physical nature. To me, light is the medium I work with, but in the context of architectural design.
L’edificio che si è imposto come il simbolo di Dubai, la torre Burj Al Arab, un grattacielo di ben 321 metri che ospita un lussuoso hotel. Bianca e quasi asettica durante il giorno, la torre si anima la notte, grazie ai cambi di colore e illuminazione che si alternano ogni quindici minuti. A lato, uno scorcio di Trafalgar Square. L’illuminazione sottolinea gli importanti monumenti della principale piazza di Londra. Sono state mantenute alcune delle lanterne originali, a cui sono stati integrati apparecchi più moderni e più efficienti.
The Burj Al Arab Tower is the symbol of Dubai. This skyscraper is 321 meters high and contains a luxury hotel. It appears white and almost sterile during the daytime, but at night, it comes alive thanks to the changes in color and illumination effects that alternate every fifteen minutes. To the side, a view of Trafalgar Square. The illumination exalts the more important buildings overlooking one of London’s main squares. Some of the original lanterns have been preserved, with the integration of more modern and more efficient fittings.
When did you first discover your passion for light and architecture? M.: If painting and sketching count as ‘work with light’ then most of my life. I have always said that anyone that can make three dimensions manifest on a surface is a lighting designer. To be able to represent anything in this way requires to you to understand how light reveals and influences space, coluor, texture, etc. J.: At the age of 12 I was involved in the school theatre and witnessed the unbelivable change in a very amateurish painted set that all sudden looked belivable when properly lit and the dawning realisation that the only difference was the quality of lighting. From that day on I was always interested in light, lighting and theatre, so when I began to study architecture, light and architecture was an important part of my thinking. How long have you been working with light? J.: Since I was an architectural student, my degree thesis at architecture school was a study of the principles of theatrical lighting and how this could be taken into the architectural world. I was committed and driven by a great fascination and to that end
largely self educated about light. When I was living and working as a student in Edinburgh I was informed of a stage ighting designer who was beginning to work in architecture. That is how I met Andre Tammes. I worked as a freelance on design work for him and this then developed into an offer of work for a year in 1981 as an extra year out. When I came out of school in 1983 I formed Lighting Design Partnership with Andre Tammes as the UK’s first independent lighting design consultancy. M.: For around 20 years as a lighting architect. I was looking for some work while studing for my diploma in architecture at Edimburgh in the summer of 1984. On the recommendation of a friend I went to see Jonathan Speirs and Andre Tammes who had not long set up Lighting Design Partnership. To me it seemed not only a fresh, exciting and new way of working with architecture, but it also felt like the future. It seemed to me that architecture was unlikely to necessarily be ‘physical’. We were already talking in those days about ‘computer architecture’, surfaces that might become clear or solid at touch or that might even act as light fittings in their own right. It seemed to me that the future of architecture was very much bound to the development of artificial light.
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You use the term ‘lighting architect’. What do you mean by that? J.: I believe that the inspiration of architecture and my education as an architect is the driving force behind the lighting solution that we develop for our client. And therefore lighting architect captures the essence of what we do in two words. M.: The term ‘lighting architect’ needs to be used with care. We really value how architects are trained, what they do and what it means to be able to use such a title. Being an architect provides you with a certain approach to life and work. It means that you see the built environment, and communicate about it, in a particular way. As far as I’m concerned I’m still working as an architect in the true sense of the word, albeit I am focusing on one aspect. Working with light also allows me to work on so many various buildings and projects. Do you see yourself as innovators? J.: I hope so! One thing I firmly believe is that where we do innovate is in the application of an idea that might have been generated on, for example, an exhibition that with a suitable tweak or adjustment is refreshing different and suitable when used in, say, a commercial office building. M.: I think that all architects and designers are innovators by their nature. We create something from nothing, come up with new ideas, inform the development of culture and on a good day inspire people. Innovation is a word that always conjures up images of sharp people developing strange new technological devices. While this is valid we are about innovating with light rather than just technology. Can you change the perception of places and objects just using light? M.: Always. This is simple to demonstrate. Take a doll and light her in several ways (front light, top light, side light, back light and uplight). Watch how her face changes expression. She is inanimate and yet she changes her mood. The way we percieve her expression changes our attitude towards her. Buildings are just the same. J.: Light has to be seen as being the most powerfull tool that a designer or architect might use to do just that. We use light to change people’s perception of a volume, material and form as a matter of course. Do you prefer using an impressive dramatic lighting or you try to be a little more moderate and discreet in your projects? J.: Some of work I am most proud of has been the simplest and most discrete lighting that
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is almost invisible. However there are projects where the lighting has been an integral part of the architecture. Both aspects of discrete or dramatic light are correct as long as it fits within the client’s aspiration and the philosophy of the building. M.: Those working the theatre will often tell you that the lighting should never upstage the actors. Of course this clearly does not apply to the big shows on New York’s Broadway or in London’s West End where millions are spent on lavish lighting schemes that seem to prop up increasingly ailing content! The answer to this very much depends on what you are trying to do. Certainly most of the time we would prefer people to say “what a great space” or “what a good experience” and not “what a great lighting”. Light itself it’s rarely the whole solution, it’s generally part of it. What are the things that much inspire or influence your work? J.: Nature. The variety is extraordinary. The diurnal change, the joy of sunrises and
La moschea Sheikz Zayed Al Nahyan di Abu Dhabi. Le lampade sono state integrate nelle nicchie e dietro gli intagli delle decorazioni naturalistiche. Il colore dominante è il blu, considerato la tonalità più spirituale, insieme al bianco che esalta i dettagli architettonici della moschea.
The Sheikz Zayed Al Nahyan Mosque in Abu Dhabi. The lamps have been recessed in the alcoves and behind the naturalistic decorations. Blue is the predominant color, and considered to be the most spiritual of shades. The blue and white exalts the architectonic features of the mosque.
sunsets, the aurora borealis.. The list goes on. Also the opportunity I have through travelling to see and experience great architecture is an inspiration. It helps me to learn. M.: The natural world. I am happy to watch the changing patterns of light, the contrast, texture and colour in nature. Beyond that my passion in probably for painting, then architecture. I don’t get to go to the galleries enough, but when I do I most like to look at paintings or even photography. I find the way the artists represent light, not only to create the picture but also to provide meaning is truly inspirational. It doesn’t matter whether is Rembrandt or Gusky, I will always try and study the paintings for its light. Wich architects do you think excel in their use of light? J.: Louis Kahn, the Kimbell still has to be he most enjoyable building I have ever visited. The delight of seeing the light change with the outside environment I have never seen described in any book I have evere read nor is it communicable through photographs. Also Tadao Ando, there is a spiritual use of natural light in his work, and Peter Zumthor, the Vals Thermal Bath is all about space for soul. M.: The builders of Gothic architecture certainly knew a trick or two! The light in Beauvais Cathedral is extraordinary. I think that Paul Scheerbart and Bruno Taut have a lot to answer for, if only people had listened. I also think that Mendelsohn, Kahn and Le Corbusier are all very different twentieth-century architects who worked in a magical way with natural light. Who are the people that most inspire your work? J.: Tha late Dan Flavin, because once you get beyond the simplicity of the medium there is a huge depth of thought that comes with his work. Peter Gabriel and Robert Lepage are also inspiring in terms of communicating an experience, emotion, music, light and imagery that is enjoyable, powerful and not just a rock concert. Cirque du Soleil productions are inspiring; they have a concept, narrative and all parts work together, the set, the light and the performers. It’s a complete experience. M.: I get inspired by a mix of artists and scientists in the broadest sense of the word. There are painters, film makers, writers, artists and architects all of whom provide imput. I am thinking of John Sell Cotman, Ridley Scott, Iain Banks and Toyo Ito. I am also inspired by development in science. Newton, Einstein, Feynman.
You realised a lot of projects in these years. Is there any of those you’re particularly proud of? M.: We’ve worked on many well-known and important projects such as St. Paul’s Cathedral, the Grand Mosque and the Burj Dubai. They’re often long, ambitious undertakings and they are enormously satisfying to have worked on. But sometimes our favourites are also the smaller ones where we’ve enjoyed hearing people’s reactions. One such project was a scheme we did some years ago, the Queen’s Walk on the South Bank, which had a large number of lights positioned in trees, creating a magical ambience. It’s a project we’re very proud of because it was all about bringing people to the South Bank. We fought very hard to make sure there was enough darkness for it to work effectively while still providing a safe ambience. One of the things I really loved when the project was finished – and I still go down there – is the reaction you hear from members of the public walking under the canopy
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of trees. You hear these fantastic comments, unscripted and in all different accents. They feel they’re in a magical space. It’s interesting that something so simple – effectively a series of points of lights in trees twinkling in the breeze – can have such an impact on people’s enjoyment of a space. You use a five-stage process for desiging light. What happens at each stage and why? J.: The first stage of the process is to understand the brief, ordering your thoughts. The number of times we actually get a brief on a lighting project is rare, so quite often we have to develop this aspect of the programme. This shows again the basic lack of understanding that light is something that can be ‘briefed’. We then develop a lighting concept, i.e. we come up with our ideas and communicate them to the client and the design team. This part is the most crucial to ensure that there is a common vision and an understanding of what the aspiration and intent is for the project. You cannot do that if the presentation material is poor, confusing or misleading. The next stage is to make a first pass at the design, what some people would call ‘scheme design’, which explains to the various members of the team the implications of the design in physical terms, numbers of fittings, location, power and costs, of course! This is the beginning of a crucial co-ordination phase. We then produce a final set of documentation, which describes the scheme in detail including fully dimensioned lighting layouts, details and a full specification of the lighting and the control equipment. Are computers useful in working with light? J.: We obviously use computers as a part of the process of our work. In terms of design we use our minds and our pencils first and then later reply upon computers to support the creative process. On your web site you clearly declare to follow ecological issues; what are these issues? M.: We have recently been doing a lot of work involving environmental impact. Through it we have learned just how much light can affect the local ecosystem. We have come across issues as diverse as protecting bat colonies under bridges, fish in rivers and otters moving upstream in respect of light. After twenty years of working
In alto, il Millenium Dome di Greenwich, Londra. Lo studio Speirs and Major si è occupato dell’illuminazione esterna dell’edificio; il team ha cercato di enfatizzare le strutture tridimensionali dell’edificio progettato da Richard Rogers per segnare l’avvento del 2000. Le possenti colonne di sostegno sono illuminate di rosso, mentre la copertura del Dome è caratterizzata da luci azzurre. Qui a lato. l’interno della cattedrale di St. Paul a Londra; l’illuminazione è stata concepita per valorizzare i dipinti e le decorazioni e contemporaneamente per rendere fruibile l’interno della chiesa. Top, the Millennium Dome in Greenwich, London. Studio Speirs and Major was responsible for the external illumination system for the building; the team aimed to emphasize the building’s three-dimensional structure, designed by Richard Rogers to mark the start of the new millennium. The powerful support columns are illuminated in red, while the Dome’s cover shimmers with blue light. To the side. the inside of London’s St. Paul’s cathedral; the illumination was designed to exalt the paintings and the decorations while allowing the inside of the church to be used to the full.
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with human reponses to light it is fascinating to be grappling with this wider problem though considerably more expertise is required out there to help designers like us. What do you see as future of light technologies? J.: Improvements in LEDs, Organic-LEDs and luminescent materials. It would be marvellous to think there will be bio-luminescent products. I am not sure that lighting control will change that rapidly at a basic level though hopefully it will get easier to use! www.samassociates.com
Il curioso Bridge of Aspiration di Covent Garden a Londra, in alluminio e vetro, la passerella che unisce la Royal Ballet School alla Royal Opera House. Gli apparecchi luminosi a forma di L sono stati disegnati e realizzati appositamente per questo ponte; la sede di BBC Scozia; e uno scorcio di Trafalgar Square.
The curious Bridge of Aspiration in Covent Garden, London, in aluminum and glass, joins the Royal Ballet School and the Royal Opera House. The L-shaped light fittings have been designed and produced specifically for this bridge; the headquarters of BBC Scotland; a view of Trafalgar Square.
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info LUCE SPRAY Ideata dalla francese Aissa Logerot, Halo è una bomboletta dedicata ai graffitisti che desiderano realizzare scritte di luce. Questi artisti possono conservare la loro gestualità nella creazione delle opere: il movimento del braccio è uguale a quello richiesto dall’uso delle bombolette tradizionali, ma dall’ugello non esce vernice ma un sottile fascio di luce. Sulla bomboletta Halo possono essere montati LED di diverso colore e intensità a seconda dell’opera che si vuole creare. E quando il LED non è abbastanza luminoso basta scuotere Halo per ricaricarlo. I graffiti e le tag possono essere immortalati fotografandoli con un tempo di esposizione abbastanza elevato: l’effetto è straordinario. Halo non è ancora in produzione, ma Aissa è in contatto con diverse aziende interessate alla sua commercializzazione… Magari proponendo la bomboletta più semplicemente come un’originale torcia! www.aissalogerot.com (S. F.)
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SPRAY LIGHT Designed by French-born Aissa Logerot, Halo is a spray can meant for any artists interested in making light graffiti. These can preserve their gestures in creating works: the movement of the arm is the same as that required for using conventional spray cans; yet a light beam, and not paint, is what comes out of the nozzle. The Halo spray can supports LEDs varying in both colour and intensity, depending on the type of work that is meant to be made. And when the LED is not bright enough, you just have to shake Halo to recharge it. The graffiti and tags can be immortalized by photographing them with a quite long exposure time: an amazing effect will be produced. Halo is not in production yet. Nevertheless, Aissa is in contact with several companies interested in marketing it… Maybe simply making the spray can available as an original torch! www.aissalogerot.com (S. F.)
LIGHTING PIN
ARCLUCE
Aggiungere un LED a una molletta per i panni pare non avere senso: chi stenderebbe i propri vestiti sotto il sole con un fermaglio del genere? Ma il punto è che con una lucina integrata la molletta serve a tutt’altro: può essere un segnalibro e aiutare a leggere al buio, può ‘pinzare’ appunti sul bordo dello schermo del nostro portatile, può stringere il bordo dei pantaloni pedalando nella notte e coadiuvare le altre luci della bicicletta. Ideata dal giovane coreano Sungho Lee, la Lighting Pin è il progetto attraverso cui il designer ha pensato di avvicinarsi alla luce; stanco di vedere lampade e oggetti luminosi ‘tradizionali’, Sungho ha pensato a qualcosa di piccolo e innovativo. E assolutamente divertente. (S. F.)
Tutto intorno a un unico soggetto-oggetto: la luce. Così Arcluce pensa, crea e produce: dagli uffici di ricerca e sviluppo ai laboratori, dalla produzione alla logistica, tutto è improntato alla realizzazione di soluzioni illuminotecniche razionali e all’avanguardia. In questo modo l’azienda ha sviluppato una linea di apparecchi professionali dedicata al retail, all’illuminazione di negozi, vetrine, aeroporti, esposizioni, mostre d’arte e a tutti gli ambienti pubblici in cui la luce potrebbe e dovrebbe definire la qualità dello spazio. La linea comprende diverse soluzioni illuminotecniche come High spot-in, un sistema costruito su faretti orientabili per incasso sia a soffitto sia a parete dal design semplice e pulito, Lambda, un apparecchio a sospensione progettato per lampade fluorescenti lineari T5, caratterizzato da linee geometriche e semplicità che può essere installato singolarmente, oppure integrarsi con Crea, altro sistema della linea, composto
Everything revolves around a single entity: light. And this is the basic ingredient in the way Arcluce thinks, creates and produces: from the R&D offices to the laboratories, from the production to logistics, all these features are emphasized by rational and avant-garde illumination technology solutions. The company has developed a range of professional fittings specific to the retail sector, for the illumination of shops, window displays, airports, display stands, art exhibitions and all the public environments where light can and should define the quality of the space. The line includes a number of different illumination technology solutions such as High spot-in, a system based on directional spotlights which have a simple, clean-cut design and can be recessed in the ceilings or in the walls, Lambda, a suspension fitting designed for linear fluorescent lamps T5, characterized by geometric lines and
da due binari e progettato per poter alloggiare vari tipi di apparecchi con sorgenti luminose diverse. L’obiettivo prioritario è in ogni caso e con ogni soluzione ideare e produrre seguendo parametri di alta tecnologia e design per dar vita a prodotti di qualità conformi ai diversi contesti e in sintonia con le tendenze più attuali, che fanno di Arcluce un’azienda dinamica e in costante crescita, in grado di offrire una gamma sempre più completa di soluzioni illuminotecniche. www.arcluce.it (A. M.)
simplicity; these can be installed singly or be integrated with Crea, another system of the line. It consists of two tracks and has been designed to house various types of fittings with different light sources, all created under the banner of versatility. The primary objective in every project is to create and produce articles, following high tech and design parameters to give life to quality products which complement the various contexts and are in harmony with the latest trends. These contribute to transforming Arcluce into a dynamic company that is enjoying constant growth, and is in a position to offer the market an even more comprehensive range of illumination technology solutions. www.arcluce.it (A. M.)
Adding a LED to a clothes-peg may seem to be somewhat silly: who would hang their clothes out in the sun with something like that? However, the point is that with the light integrated in the clothes-peg, it can be used for something completely different: it can be used as a book-mark and help us read in the dark; it could be clipped to the edge of our portable computer, or the
bottom of our trouser legs when riding at night, complementing the other lights on the bike. The Lighting Pin was invented by the young Korean designer who wished to approach the world of illumination with this article. Sungho was tired of the traditional lamps and luminous articles, so he invented something small and innovative, and great fun to boot! (S. F.)
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info
Ne ho assemblati alcuni cercando di fissarli parzialmente aperti, in modo da ottenere alla fine una sorta di sfera bicolore”. Il lampadario risulta essere imponente senza essere pesante, leggero come una piuma. www.hennyvannistelrooy.com (S. F.)
DISCHI DI LUCE In occasione della Biennale di moda di Arnhem della scorsa estate, la designer londinese Henny van Nistelrooy ha disegnato e realizzato un grande lampadario, costruito assemblando dischi riflettenti argentati e dorati, solitamente usati dai fotografi per il loro scatti. Il tema dell’esposizione era ‘shape’, la forma; Henny ha scelto di approcciarlo esaltando le qualità estetiche di un oggetto considerato utile e non bello, un oggetto che può assumere un aspetto totalmente nuovo e inaspettato se decontestualizzato dall’ambiente in cui si trova usualmente. “Questi dischi – racconta Henny – funzionano con un meccanismo a molla.
INOUT & FRIENDS “Questa è la storia di una lampada magica. Non c’è un genio all’interno, ma è magica, perché quasi tutti la amano, e anche perché ha fatto diventare realtà diversi sogni, in particolare il mio, quello di essere un designer”. Così inizia il libro Inout & Friends, idea di Metalarte e Nova Era Publications per celebrare un oggetto di design in maniera assolutamente fuori dal comune. Il curatore del volume è il designer Ramón Úbeda, lo stesso che ha creato la Inout Lamp, una piantana di grandi dimensioni in polietilene adatta all’illuminazione di ambienti interni ed esterni, realizzata nei colori bianco, giallo, rosso e grigio. Nato nella piccola città di Jaén, in Andalusia, Ramón è una personalità poliedrica: architetto per formazione, giornalista per professione e designer per vocazione, ha ora curato il suo primo libro. Inout & Friends raccoglie disegni, dipinti, fotografie e dichiarazioni di 100 personaggi da tutto il mondo, accomunati dall’essere ‘amici per la lampada’. “Il risultato – avverte il simpatico Ramón – è una vera indigestione di Inout!”. Pubblicato con la collaborazione di Metalarte, Bombay Sapphire e Nova Era. Ramón Úbeda, Inout & Friends book, Nova Era Publications. È disponibile all’indirizzo www.novaerapublications.com (F. T.)
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“This is the story of a magic lamp. There is no genie living inside but it is magical because almost everyone loves it, partly because it has made several dreams come true, particularly my dream of becoming a designer”. These are the opening words of the book Inout & Friends, an idea devised by Metalarte and Nova Era Publications to celebrate a design article that is unquestionably out of the ordinary. The curator of the volume is the designer Ramón Úbeda, who created the Inout Lamp, a large standard lamp in polyethylene which is ideal for illuminating interior and exterior ambiences. It is produced in white, yellow, red and gray. Born in the small city of Jaén i n Andalucia, Ramón is a polyhedral character: he trained as an architect, he is a journalist by profession, and a designer by vocation. He has recently edited his first book. Inout & Friends groups designs, paintings, photographs and statements from 100 people around the world, all with the common passion for the lamp. Ramón describes it as ‘a bad dose of Inout indigestion!’ Published in collaboration with Metalarte, Bombay Sapphire and Nova Era. Ramón Úbeda, Inout & Friends book, Nova Era Publications. It is available at www.novaerapublications.com (F. T.)
LIGHT DISCS In conjunction with the Arnhem Fashion Biennale, held last summer, the Londonborn designer, Henny van Nistelrooy, developed a big chandelier made of silver-
and gold-plated light reflecting discs, conventionally used in photography. The theme of the exhibition was ‘shape’; Henny chose to approach it by emphasizing the aesthetic qualities of an object which is considered useful and not attractive, an object which can take a totally new, unexpected appearance if it is isolated from the context it usually belongs to. “These discs – said Henny – work like a spring mechanism. I assembled some of them, trying to leave them partially open when fixed, in order to get a sort of two-coloured sphere”. The chandelier looks imposing, though not heavy, as light as a feather. www.hennyvannistelrooy.com (S. F.)
DOCUMENT LIGHT Le scrivanie per molti impiegati si trasformano in veri e propri distaccamenti della casa: foto del cane e del fidanzato, caramelle, cioccolatini, suppellettili varie, nulla può mancare sul tavolo da lavoro! La superficie per il computer e i fogli rimane dunque davvero poca, ed è per questo che la designer Gabriella Crohn ha pensato di risolvere, almeno parzialmente, il problema, tentando di ottimizzare lo spazio. È così che ha ideato la Document Light, una semplicissima lampada da tavolo con struttura in legno e metallo, ma senza paralume; la luce può essere schermata incastrando nei due anelli che corrono attorno alla lampadina post-it e appunti di ogni tipo, che risultano così sempre in vista e non si perdono tra tutto il resto del materiale. “La Document Light – racconta Gabriella – è il progetto che ho realizzato a conclusione dei miei studi in disegno industriale all’Holon Academic Institute in Israele. Il tema di tesi era la realizzazione di un oggetto che avesse in qualche modo a che fare con l’archiviazione, e così ho pensato che un oggetto comune, come una lampada, potesse avere anche una funzione totalmente diversa, ad esempio quella di ordinare bollette, ricevute e promemoria”. (F. T.)
For many employees, desks function as real annexes to their homes: pictures of dogs and girlfriends/boyfriends, candies, chocolates, objects; no one can give them on their work tables! As a result, really small surfaces are available for computers and sheets of paper. This is the reason why designer Gabriella Crohn thought of dealing – at least partially – with the problem, trying to optimize space, through the Document Light, an ultrasimple table lamp with a wood and metal frame with no shade; light can be screened by fitting post-it and any other notes into the
two rings running around the lamp, thus making them visible and preventing them from getting lost among the rest of the material. “The Document Light – said Gabriella – is the project I carried out at the end of my industrial design studies at the Holon Academic Institute in Israel. The theme of the thesis was the making of an object which should somehow be connected with filing. Hence I thought that an ordinary object, such as a lamp, could also perform a totally different function, like arranging bills, receipts and notes”. (F. T.)
At some stage or another, everyone has played with Lego bricks, a favorite pastime of children all over the world. They built houses or walls, the more skillful produced stylized animals… For OUT OF Legos. Astounding!
John Harrington created an elegant lamp using black Lego blocks. The Lego Chandelier vaguely resembles those used in Medieval castles. It has a chain that suspends it from the ceiling and four arms for the light-bulbs. It is unlikely that this
LEGO CHANDELIER Tutti hanno giocato da piccoli con i mattoncini Lego, uno dei passatempi preferiti dai bambini di tutto il mondo. Si costruivano casette e muri, i più bravi realizzavano anche animaletti stilizzati… in occasione di OUT OF legos. Astounding!, John Harrington ha creato un elegante lampadario usando solamente pezzi di Lego neri. Il Lego Chandelier ricorda vagamente gli antichi candelabri in uso nei castelli medioevali, con una catena che pende dal soffitto e regge i quattro bracci a cui sono collegate le lampadine. Difficilmente si potrà produrre in serie questo prodotto, ma l’idea è sicuramente divertente e apprezzabile. (S. F.)
item will be produced in series, however, the idea is fun and interesting. (S. F.)
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info LESS LAMP Una lampada personalizzabile e ludica; questo basta in breve a descrivere la Less Lamp, ideata dallo spagnolo Jordi Canudas. La Less Lamp, prodotta da Metalarte, ha una forma semplice, che ricorda quella di un palloncino rovesciato. L’involucro però non è fatto di flessibile plastica colorata ma di un materiale simile alla ceramica; ovviamente il materiale non è trasparente, quindi bisogna rompere il guscio con uno speciale martelletto appuntito, disegnato appositamente dal designer, per liberare la luce. È dunque il padrone della lampada a decidere la forma finale dell’oggetto, soprattutto in relazione alla quantità di luce che desidera avere nell’ambiente: si può dividere a metà il guscio per avere una luce potente, o bucherellarlo per ottenere un’illuminazione più soffusa. Ma attenzione: una volta rotto non si torna più indietro. Less is more, in questo caso più che mai. www.jordicanudas.com www.metalarte.com (F. T.)
A ludic lamp that can be personalized; this is sufficient to describe Less Lamp, invented by the Spanish designer Jordi Canudas. Less Lamp, produced by Metalarte, has a simple shape, resembling an inverted balloon. However, the shell is not flexible colored plastic but a material that closely resembles ceramic; and consequently, it is not transparent. For light to shine through, the shell must be broken with a special sharp hammer, which was specially-designed by the artist. The owner can therefore decide the final shape of the item, particularly in terms of the amount of light he requires for the specific ambience; the shell can be cut in half to provide intense lighting, or it can be punched to obtain a softer light. It should be pointed out that once the shell has been broken, there is no going back. The breakage is final. Very definitely a case of ‘Less is more’. www.jordicanudas.com www.metalarte.com (F. T.)
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LIGHTFACET Blomming in olandese significa fioritura di primavera e questo è anche il nome di un’azienda che produce interessanti oggetti, in grado di sorprendere e far sorridere, freschi e divertenti. Lightfacet, per esempio, è un interessante sistema modulare disponibile in tutte le dimensioni desiderate, sia per esterno sia per interno: come divisorio in ambienti interni permette di giocare con luci e ombre, sfruttando le proprietà di rifrazione della luce. È formato infatti da moduli chiamati diamondshapes, a forma di diamante, che possono ruotare separatamente e creare modelli diversi. I diamondshapes sono lastre di un materiale PO/ABS stampato a iniezione: un materiale ignifugo (UL94 V0), resistente ai raggi UV e antistatico. È ecosostenibile e può essere direttamente riciclato. Il telaio di supporto è costituito da tubi in alluminio e iniezione con parti di nylon stampato (ignifugo e resistente ai raggi UV). Il meccanismo di attacco è in inox spazzolato acciaio. Lightfacet viene campionato in bianco (RAL 9003), ma può essere fornito in tutti i colori RAL, completo di cornice e meccanismo di fissaggio. Questi elementi permettono di comporre un pannello senza restrizioni di dimensioni. La larghezza minima di un pannello è 680 millimetri, l’altezza di 525 millimetri (compreso meccanismo di fissaggio). Lightfacet è facile da collegare a soffitto anche con un railsystem. www.bloomming.com (P. R.)
LIGHT ART IN ITALY
Blomming in Dutch refers to flowers blooming in the Spring; it is also the name of a company that manufactures some wonderfully interesting articles. The innovative Lightfacet, for example, is an interesting modular system available in any dimension. It can be used both indoors and outdoors; as a partition used in the interiors, it consents an effect of lights and shadows, exploiting the properties of light refraction. It is supplied with modules called diamondshapes, which can rotate individually and create a number of different models. The diamondshapes are pieces of injection-molded PO/ABS plastic. This material is fire-resistant (UL94 V-0), resistant to UV rays and is non-static. It is eco-sustainable and can be recycled directly. The support frame has been created in aluminum piping and injection molded nylon components (that are resistant to fire and to UV rays). The attachment mechanism has been produced in brushed stainless steel. Lightfacet is being promoted in white (RAL 9003) and is supplied complete with the a frame and a fixing mechanism; however, it can also be supplied in all the colors of the RAL range. These elements permit the creation of a panel with no size restrictions. The minimum width of the panel is 680 mm and the height is 525 mm (including the fixing mechanism). Lightfacet can be easily fitted to the ceiling with a railsystem. (P. R.)
Un libro e un cd confezionati in un cofanetto tascabile; un regesto delle migliori installazioni e opere d’arte luminose realizzate in Italia. Il curioso formato del volume Light art in Italy attira subito l’attenzione. L’operazione editoriale ha l’obiettivo di perpetuare la memoria di molte opere di light art che, allestite in occasione di manifestazioni ed eventi particolari, non lasciano alcuna memoria di sé una volta smontate, fatta eccezione per qualche rara e sgranata fotografia su internet o su riviste specializzate. Il volume è stato concepito e scritto a quattro mani da Gisella Gensini e Francesco Murano; gli autori presentano, attraverso delle schede, le opere di 56 artisti di fama internazionale che hanno lavorato con la luce. Le realizzazioni di Christian Boltanski, Joseph Kosuth, Mario Nanni, Bruce Nauman, Studio Azzurro, Giulio Paolini, Gaetano Pesce, Michelangelo Pistoletto, solo per citare alcuni tra i più conosciuti, possono essere ammirate grazie alla raccolta di foto ad alta risoluzione presenti nel cd-rom. Gisella Gellini, Francesco Murano, Light Art in Italy, Maggioli Editore. www.maggiolieditore.it/(F. T.)
A book and a CD contained in a pocketsize box provide an overview of the best luminous installations and works of art in Italy. The curious shape of the volume ‘Light art in Italy’ immediately attracts attention. This publication aims to immortalize many works of light art, created for a wide range of special events. Once they are dismantled, they rarely leave any trace of their existence, except in some grainy photograph on the web or in a specialized trade magazine. This book was planned and written by Gisella Gensini and Francesco Murano; through data sheets, the authors present works by 56 artists of international renown who have created with light. Projects by Christian Boltanski, Joseph Kosuth, Mario Nanni, Bruce Nauman, Studio Azzurro, Giulio Paolini, Gaetano Pesce, Michelangelo Pistoletto are just some of the more famous installations and they can be admired thanks to the high resolution photography on the Cd-Rom. Gisella Gellini, Francesco Murano, Light Art in Italy, Maggioli Editore. www.maggiolieditore.it (F. T.)
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info IL VERDE IN MOSTRA La sostenibilità ambientale, elemento ricorrente in ogni discussione politica, economica o sociale, rimane sempre un termine astratto, la cui interpretazione può variare di caso in caso. ART+COM, studio multimediale berlinese, ha realizzato una
mostra per spiegare chiaramente il significato profondo di questa espressione. L’esibizione, dal titolo Level Green – The concept of sustainability, progettata da J. Mayer H., è stata commissionata dalla casa automobilistica tedesca Volkswagen, che ha messo a disposizione alcuni dei suoi spazi per ospitare l’allestimento. Le conseguenze dell’inquinamento e delle variazioni climatiche, l’importanza del risparmio energetico sono spiegate ai visitatori attraverso 25 installazioni che comprendono video, registrazioni sonore e touch screen interattivi. Lo spazio espositivo è diviso in cinque aree tematiche, tutte collegate da una struttura, ovviamente di colore verde, che si snoda attraverso i 100 metri quadrati della mostra; in questo ‘serpentone’ sono alloggiate tutte le installazioni. I visitatori non devono seguire un preciso percorso di visita, ma possono muoversi liberamente nel verde, approcciando il tema in maniera ludica e divertente. www.artcom.de (F. T.; ph: ART+COM, Uwe Walter)
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GREEN LIVING ON DISPLAY Environmental sustainability is a recurring element in every political, economic or social debate. However, it is always an abstract term with its interpretation varying from case to case. ART+COM is a multimedia studio based in Berlin. The studio has organized an exhibition which will give a clear explanation of the deep meaning of this expression. The exhibition called ‘Level Green – The concept of sustainability’ was designed by J. Mayer H. and commissioned by the German car manufacturer Volkwagen, which provided some of its showrooms for the event. The effects of pollution and climate variations, the importance of energy saving are explained to visitors through 25 installations that include videos, sound recordings and interactive touch screens. The exhibition space is split into five theme
areas, all connected by a green structure that winds its way through the 100 sq.m. used for the exhibition. All of the installations are positioned along this sinuous snake-like arrangement. Visitors do not have to follow a precise
pathway but can wander freely and approach the theme in a fun, enjoyable manner. www.artcom.de (F. T.; ph: ART+COM, Uwe Walter)
LIGHT4
Il nuovo marchio trevigiano di illuminazione propone un made in Italy caratterizzato da prodotti eleganti, funzionali, innovativi nel rispetto della tradizione. Il progetto aziendale vuole ritagliarsi in breve tempo una propria fetta di mercato: per questo LIGHT4 ha deciso di scommettere su un team di lavoro composto da giovani con poco più di 30 anni e su prodotti adatti a una forte customizzazione, per soddisfare le esigenze dei clienti, anche dei più esigenti.
I risultati finali rispondono sempre ad elevati standard di qualità. Murano Luce, Vintage e Façon de Venise sono i diversi brand con cui LIGHT4 si presenta al mercato. Ciascuno di questi marchi è espressione di precise scelte stilistiche. La linea Murano comprende lampade in vetro minimali e sofisticate allo stesso tempo; Façon de Venise propone invece modelli inediti, concetti estetici innovativi che lasciano a bocca aperta. Il marchio Vintage guarda al passato, lo rievoca e lo
interpreta all'insegna di un design senza tempo. La struttura delle sospensioni, delle plafoniere o delle lampade da parete ripercorre la storia dell'illuminazione; si va dai lampadari in stile barocco alle sperimentazioni policrome del vetro. A supporto delle lampade è disponibile anche la linea di arredamento Vintage Interiors. www.light4.it (S. F.)
and free-standing lamps. These recent creations are poetic and elegant, with a twist of mathematics and computer science. They have a swollen honeycomb appearance which is irregular and defined by elegant colored segments. There are a
total of twelve one-off pieces. Ionna Vautrin is thirty years of age; she studied at the Ecole de Design Nantes Atlantique, she worked with Camper and collaborated with George J. Sowden, prior to becoming an assistant with Bouroullec brothers. (P. R.)
LIGHT4, a company based in Treviso in Northern Italy, presents a new range of light fittings made in Italy, oozing elegance, high performance and innovation while fully respecting the traditional requirements. The corporate strategy is oriented to the control of a viable market share in the short term. For this reason, the company has decided to place its trust in a working party of young designers (all around thirty years of age) to develop products which can be customized, to satisfy the needs of even the most demanding customers. The final results always satisfy the very highest quality standards. Murano Luce, Vintage and Façon de Venise are the various brands LIGHT4 presents to the market. Each one of these brands is the expression of precise style choices. The ‘Murano’ line includes minimalist yet highly sophisticated glass lamps; ‘Façon de Venise’ is a collection of original models, innovative esthetic concepts that astonish. The ‘Vintage’ brand was inspired by the past and interprets former glories through these timeless designs. The structure of the suspension lamps, the ceiling or wall fittings tell the story of illumination; the pieces range from Baroque-style chandeliers to experimental multi-colored glass creations. The lamps can be combined with the ‘Vintage Interiors’ furniture line. www.light4.it (S. F.)
POMPON DI LUCE L’artista-designer Ionna Vautrin aveva già collaborato con la parigina ToolsGalerie, in occasione di una manifestazione organizzata lo scorso anno. Ora si ripresenta con un nuovo lavoro, Moai, una famiglia di lampade a sospensione e da appoggio dall’apparenza tanto poetica e gentile quanto sono invece di natura matematica e di matrice informatica, formate come sono da una pelle di aspetto alveolare gonfiata in forme irregolari e delineata da eleganti segmenti colorati. In totale, dodici pezzi unici. Ionna Vautrin, trent’anni, si è diplomata presso l’Ecole de Design Nantes Atlantique, ha lavorato con Camper e collaborato con George J. Sowden, prima di divenire assistente dei fratelli Bouroullec. (P. R.)
POMPOMS OF LIGHT The artist-designer Ionna Vautrin had already worked with the Parisian studo ToolsGalerie, for an event organized last year. Now, she presents a new creation, ‘Moai’, on display in the gallery until March 27th. It is a family of suspension
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PUMPA Kirsi Gullichsen, 2009, Habitek (ph: original Habitek works) Per mostrare le qualità del legno impiallacciato e le sue possibilità di utilizzo, applicate a un design di qualità, innovativo ed ecologico, Kirsi Gullichsen ha progettato Pumpa. Si tratta di un paralume a forma sferica, pensato per un lampadario, che sfrutta le caratteristiche intrinseche dell’impiallacciatura e viene realizzato con un intreccio di fasce curvate e chiuse da una struttura a sottili fili di acciaio per mostrare tutte le qualità di flessibilità, malleabilità e trasparenza del legno sottile. Pumpa, chiamata così per la sua forma che assomiglia a quella di una zucca (pumpkin in inglese), è realizzata in legno di frassino impiallacciato ma è disponibile anche in betulla, pino Oregon e tek. Il paralume, con un diametro di 86 e un’altezza di 60 cm, utilizza lampade incandescenti o fluorescenti compatte. Pumpa, nonostante l’apparenza e grazie a un imballaggio piatto, è facilmente trasportabile, oltre a non richiedere particolari abilità per il montaggio.
txt: Arianna Callocchia ph: courtesy Huippu Design Management; Design Forum Finland, Helsinki
Kirsi Gullichsen, 2009, Habitek (ph: original Habitek works) Aiming to demonstrate the qualities of veneered wood and its great potential for use in the field of quality, innovative and green design, designer Kirsi Gullichsen has created Pumpa. This is a spherical light shade – designed for a hanging light – which exploits the intrinsic features of the veneer and is made with a weave of curved bands closed by a structure of thin steel wire to show off all the qualities of flexibility, elasticity and transparency of the thin wood. Pumpa, which takes its name from its shape, similar to that of a pumpkin, is made from ash wood veneer, but is also available in birch, Oregon pine and teak. The shade, which has a diameter of 86 cm and a height of 60 cm, uses incandescent or compact fluorescent bulbs. Despite its appearance, and with its flat packaging, Pumpa is easy to carry and does not require particular skill for assembly.
ECOLIGHTS La particolare attenzione dei designer finlandesi all’ecologia e al re-ciclying, riconosciuta ormai a livello mondiale, investe anche il campo del light design, per il quale la Finlandia annovera una lunga tradizione la cui origine si deve, probabilmente, al forte contatto con la natura e alle caratteristiche proprie della luce naturale
Una luce nordica, totalmente presente in estate e pressoché assente in inverno che, muovendosi molto lentamente nell’arco della giornata, lascia percepire a lungo tutti i colori, le sfumature e i sensazionali effetti creati all’alba e al tramonto. Una preziosa fonte di ispirazione per i designer finlandesi nel progettare apparecchi di illuminazione capaci di trasmettere emozioni e suggestioni oltre che di far vedere, conoscere e vivere pienamente quanto avvolto dall’oscurità delle lunghe notti. Ad evocare le sensazioni di calore e familiarità delle lampade finlandesi è anche, in alcuni casi, l’utilizzo del legno di cui il paese è ricco, grazie alla presenza di immense foreste e boschi. Un materiale naturale, ecologico, riciclabile, economico, tradizionale ma allo stesso tempo anche un molto contemporaneo perché consente ampi e svariati utilizzi. Lampade in legno, dunque, con una forte identità finnica e geometrica, progettate per un mercato locale ed
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DESIGN
internazionale, che non soddisfano solo la semplice necessità di illuminazione, migliorando la funzionalità e la sicurezza degli ambienti quando le condizioni di luce naturale sono limitate, ma divengono anche preziosi elementi di eco-design, arredando e creando nuove atmosfere in assoluta coerenza con l’intero contesto e nel rispetto dell’ambiente. Una selezione di ecolights made in Finland è stata presentata lo scorso settembre 2009 a Helsinki, nell’ambito della mostra Forest Works, allestita presso gli spazi dello showroom Design Forum Finland e durante la quinta edizione di Helsinki Design Week (4-13 settembre 2009). Rassegna annuale concepita per far conoscere i designer emergenti al pubblico locale e internazionale, attraverso eventi, workshop, laboratori didattici, seminari e mostre che siano occasione di scambio culturale, confronto e dialogo. A dimostrazione dell’interesse che la Finlandia riserva al tema dell’illuminazione, la prossima edizione di Habitare, la fiera annuale di arredamenti, decorazioni d’interni e design in programma ad Helsinki dal 1° al 5 settembre 2010, ospiterà Light 10 un nuovo evento dedicato completamente all’illuminazione. In particolare, nella sezione speciale EcoDesign verrà presentata una mostra sulle Ecolights a cura del rinomato light designer tedesco Ingo Maurer. Il maestro della luce selezionerà ottanta pezzi unici di lampade ecologiche progettate appositamente per l’occasione da giovani talenti e da designer di fama internazionale. Vediamo così nello specifico, alcuni progetti di giovani talenti finlandesi, risultato di un’ottima combinazione tra design nordico, alta qualità, funzionalità, tecnologie innovative e materiali naturali come il legno e i suoi derivati (corteccia di betulla, compensato di frassino, legno impiallacciato di pino e tessuti in fili di carta). Tutti legni locali, proprio per utilizzare le materie prime finniche, ridurre i costi di produzione ed evitare lo spreco di materiale.
The particular and now globally-recognised attention of Finnish designers to ecology and recycling is also seeing investment in the field of light design, in which Finland boasts a long tradition. The origins of this probably lie in the close contact with nature and the inherent features of natural light
DAHLIA, SYKSY Tuukka Halonen, 2009, produzione artigianale Il lavoro di Tuukka Halonen si basa sulla ricerca di nuove interpretazioni dell’artigianato tradizionale finlandese abbinato alle tecnologie della manifattura moderna e ai materiali locali, per evidenziare la bellezza e le prestazioni tecniche di questi ultimi, spesso sottovalutati, e per creare prodotti eco-sostenibili. Secondo Halonen, “la qualità dei materiali, la manifattura e l’utilizzabilità sono elementi essenziali per un lungo e durevole utilizzo dei prodotti”. Le lampade di Halonen, sostenibili ed ecologiche grazie all’utilizzo di materiale di riciclo, sono state presentate per la prima volta alla mostra Forest Works tenuta a settembre 2009 presso gli spazi del Design Forum Finland. Attualmente, sia Dalia sia Syksy, possono essere ordinate direttamente da Tuukka Halonen che le produce artigianalmente. Prendendo ispirazione dalla tradizione costruttiva finlandese delle coperture in legno, Tuukka Halonen ha progettato Dahlia 60 e Dalia 36. Il paralume di queste due lampade, con diametro di 60 cm e di 36 cm, è formato da un intreccio, ad angoli retti, di elementi in compensato di betulla che crea bellissimi
effetti di luce a geometrie tridimensionali. Per l’illuminazione sono state utilizzate lampadine E27 a risparmio energetico. Ispirandosi agli effetti della luce naturale che filtra tra i rami di un albero mossi dal vento, Halonen ha progettato Syksy: lampada con paralume mobile, di spessore massimo di 160 cm e altezza di 80 cm, che crea bellissimi effetti sul soffitto e le pareti dell’ambiente in cui viene collocata, grazie al lento movimento di sei elementi in legno di rovere dotati ognuno di luci a Led e tenuti insieme da un unico filo che porta corrente a basso voltaggio.
Tuukka Halonen, 2009, craft production Tuukka Halonen’s work is based on the research into new interpretations of traditional Finnish craftsmanship, combined with modern manufacturing technologies and local materials, to underline their often underestimated beauty and technical performance, and to create a range of environmentally sustainable articles. According to Halonen, “the quality of the materials, production techniques and usability are essential elements for
A Nordic light, with a total presence in the summer and almost total absence in the winter which, moving slowly across the day, allows all the colours, shades and sensational effects created at dawn and dusk to be caught and savoured. A precious source of inspiration for Finnish designers in creating lighting elements which are able to transmit emotions and awe as well as letting us see, know and fully live all that is wrapped in the darkness of the long nights. Helping to evoke the feelings of warmth and familiarity of Finnish lamps is also, in some cases, the use of wood, in which the country is rich, with its vast coverage of forests and woodland. A natural, ecological, recyclable, cheap, traditional material, but at the same time a very contemporary one, offering a myriad of different uses. Wooden lamps, therefore, with a strong Finnish, geometric identity, designed for the local and international markets, which do not merely satisfy the need for lighting, improving the functionality and safety of rooms in conditions of reduced natural light, but also a precious element of eco-design, furnishing and creating new atmospheres which are fully coherent with the whole context and the respect for the environment. A selection of Finnish made Ecolights was presented last September 2009 in Helsinki, as part of the Forest Works exhibition, set up in the Design Forum Finland showroom during the fifth edition of the Helsinki Design Week (September 4-13, 2009). This annual event was designed as a showcase for emerging designers to the local and international public, through events, workshops, educational laboratories, seminars and shows which offer the chance for cultural exchange, debate and dialogue. Demonstrating the interest Finland reserves for lighting, the next edition of Habitare, the annual Furniture, Interior Decoration and Design fair to be held in Helsinki from 1st to 5th September 2010, will host Light 10, a new event entirely dedicated to lighting. In particular, in the special EcoDesign section, a show of Ecolights curated by the famous German light designer Ingo Maurer will be presented. This master of light will select eighty unique, ‘green’ lights designed specifically for this
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the long-lasting use of products”. Tuukka Halonen’s lights, which are sustainable and ecological thanks to the use of recycled materials, were presented for the first time at the Forest Works exhibition held during September 2009 at the Design Forum Finland. Currently, both Dalia and Syksy are available for order directly from Tuukka Halonen, who produces them using craft techniques. Taking inspiration from the Finnish wooden roofing construction traditions, Tuukka Halonen designed Dahlia 60 and Dalia 36. The shades of these two lamps, with a diameter of 60 cm and 36 cm respectively, are formed from a right angled weave of birch plywood elements which create beautiful three dimensional geometric light effects. E27 low-energy bulbs are used for the lighting. Inspired by the effects of natural light filtering through the branches of a wind-blow tree, Halonen designed Syksy: the light with a mobile shade, with a maximum thickness of 160 cm and height of 80 cm, which creates beautiful patterns on the ceiling and walls of the room it is fitted in, through the slow movement of the six wooden oak elements, each of which is fitted with LED lighting and which are held together by a single wire which carries low voltage current.
event by young talents and internationally renowned designers. More specifically, let us see the projects of young Finnish talents, the result of the excellent combination of Nordic design, high quality, functionality, innovative technologies and natural materials, including wood and wood products (birch bark, ash plywood, pine veneer and paper-based fabrics). All made from local wood, assuring the use of Finnish raw materials, reduced production costs and preventing material waste.
dell’azienda Woodnotes, nota per aver introdotto l’utilizzo esclusivo di materiali naturali, in particolare la carta derivata dal legno. Hut è adatta sia per uso residenziale, utilizzando lampadine alogene a 12 W, sia per uso commerciale, utilizzando lampadine alogene a metallo a 20 W. Inoltre è adatta a qualsiasi tipologia di spazio grazie all’altezza regolabile. Le misure standard sono 850x1020x80 mm e 1020x1420x10 mm.
HUT Jukka Korpihete, 2009, Woodnotes Giocando con le forme, gli effetti e i contrasti creati dalla luce e dalle ombre, Jukka Korpihete ha progettato Hut, lampada a sospensione che utilizza come paralume il tessuto Open Sky, in filo di cotone bianco o nero lavorato a maglia, prodotto dalla designer Ritva Puotila, fondatrice
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Jukka Korpihete, 2009, Woodnotes Playing with the shapes, effects and contrasts of light and shadow, Jukka Korpihete has designed Hut, a suspended lamp with a shade made from Open Sky black or white knitted paper yarn cotton fabric, produced by designer Ritva Puotila, the founder of Woodnotes, the company famous for having introduced the exclusive use of natural materials, in particular paper derived from wood. Hut is suited to both residential use, fitted with 12 W halogen bulbs, and contract use, using 20 W metal halogen bulbs. It is also adaptable to any space as it is height adjustable. Standard sizes 850x1020x80 mm and 1020x1420x10 mm.
TUOHI Tapio Anttila, 2010, Showroom Finland Tuohi è una parola finlandese e significa corteccia di betulla. La Finlandia è ricca di boschi di betulla e vanta una lunga tradizione nell’utilizzo di questo legno per la realizzazione di oggetti, arredi e complementi. La betulla è un materiale organico, vivo, e ogni fusto di quest’albero ha una corteccia con struttura morfologica, toni di colore e geometrie sempre diverse. La corteccia, inoltre, è un materiale grezzo, riciclabile ed ecologico poiché, invece che essere sprecato come accade nel normale processo industriale del legno, viene utilizzato e sfruttato al 100%. Anttila ha, così, progettato la lampada Tuohi, risultato di una combinazione tra tradizione finlandese, utilizzo di tecnologie moderne e materiali locali con la volontà di rendere ogni pezzo unico, funzionale, estetico e naturalmente ecologico. Insieme alla lampada, il designer ha realizzato una linea di prodotti come vassoi e pannelli per pareti, tutti comodamente trasportabili grazie a un piccolo imballaggio da viaggio. La lampada Tuohi è molto facile da montare e può essere usata come lampadario sopra un tavolo oppure come un gruppo di lampade sospese a diverse altezze in uno spazio indeterminato. È, in ogni caso, adatta per tutti gli ambienti dove si cerca una luce soffusa combinata a un design scandinavo moderno, come ristoranti, caffetterie, hotel ma anche abitazioni. Il corpo del paralume, con un diametro di 22 cm, un’altezza di 30 cm e uno spessore di 0,6 mm, è realizzato con una struttura sottile di compensato flessibile e una superficie in corteccia di betulla. La lampadina a risparmio energetico produce un’illuminazione compatta fluorescente..
Tapio Anttila, 2010, Showroom Finland Tuohi is a Finnish word meaning birch bark. Finland is ich in birch woods, and boasts a long tradition in the use of this wood in the production of objects, furniture and accessories. Birch is an organic, living material, and the bark of every birch tree trunk has different morphological structures, colour shades and patterns. Bark is also a raw, recyclable, environmentally friendly material because, as instead of being wasted, as usually occurs in industrial wood processing, it can be used and exploited 100%. Tapio Anttila has designed Tuohi, the light which is the result of a combination of Finnish tradition, the use of modern technologies and local materials and the desire to make every piece unique, functional, beautiful and, naturally, ecologically sound. Together with this light, the designer has created a range of products including trays and wall panels, all of which can be easily transported in their handy travel packaging. The Tuohi light is easy to assemble and can be used as a table light or as a group of hanging lights positioned at different heights in any kind of space. It is in any case suited to any room where soft light and modern Scandinavian design is called for, such as restaurants, cafés and hotels, but equally in residential settings. The shade, measuring 22 cm in diameter, with a height of 30 cm and a thickness of 0.6 mm, is made from a thin structure of flexible plywood covered in birch bark. The low-energy bulb offers compact, fluorescent lighting.
HAY POLE TUBE LIGHT Esa Vesmanen, 2009, Saas Instruments (ph: Pekka Kiirala) Giocando con particolari effetti di luce e personalizzando i propri ambienti con atmosfere sempre diverse, il designer Esa Vesmanen ha progettato Hay Pole Tube Light. Una lampada costituita da un’asta in legno di frassino, alta 180 cm, da una base in acciaio, sulla quale si possono attaccare, con un magnete, da uno a sei faretti multidirezionali dotati di luce al Led con 3 W di potenza. Una lampada che combina i vantaggi dalle tecnologia con le qualità del legno, materiale naturale, ecologico, caldo e accogliente, che può essere posizionata dietro una poltrona o una scrivania adattandosi a qualsiasi spazio.
BAMBOO Hannu Kähönen, Creadesign Oy, 2009, prototipo Sempre sui temi della sostenibilità ambientale e del recycling, alcuni designer finlandesi sperimentano un altro materiale ecologico: il bamboo. Un legno che offre svariate possibilità di utilizzo e che, importato dal Giappone, sta iniziando a prendere piede nel mercato dell’architettura e del design occidentale. Nel caso del progetto della Bamboo Lamp, il cui prototipo è stato esposto lo scorso settembre 2009 durante la Helsinki Design Week, Hannu Kähönen ha partecipato, insieme ad altri designer finlandesi e giapponesi, all’invito della Camera di Commercio e dell’Industria della città nipponica Hagi a progettare con il bamboo prodotti di design, nuovi e senza precedenti. Questo non solo per incentivare la creatività, l’innovazione e la produzione di un design di qualità ecologico e sostenibile, ma anche per fronteggiare, attraverso il design, la crescita incontrollata delle foreste di bamboo nel Sol Levante. La lampada di Kähönen ha un paralume geometrico di forma scatolare ma con spigoli smussati grazie alle caratteristiche di flessibilità del legno. Anche la luce che ne proviene è molto morbida, calda e soffusa.
Hannu Kähönen, Creadesign Oy, 2009, prototype Again on the subject of environmental sustainability and recycling, some Finnish designers are experimenting with another ecological material: bamboo. A multipurpose wood which, imported from Japan, is starting to make its mark on the Western architecture and design world. In the case of the Bamboo Lamp project, the prototype of which was on show last September 2009 during the Helsinki Design Week, Hannu Kähönen participated together with other Finnish and Japanese designers in the event organised by the Chamber of Commerce and Industry of the Japanese city of Hagi to create new, unique design products using bamboo. The aim was not only to offer an incentive for creativity, innovation and the production of quality, environmentally sustainable design, but also to use design as a way of dealing with the uncontrolled growth of bamboo forests in Japan. Kähönen’s light has a geometric box-shaped shade with smooth corners, guaranteed by the flexibility of bamboo. The light it gives off is also very soft and warm.
Esa Vesmanen, 2009, Saas Instruments (ph: Pekka Kiirala) Playing with special light effects and customising settings with ever-different atmospheres, designer Esa Vesmanen has designed Hay Pole Tube Light. A light composed of an ash wood rod, 180 cm long, a steel base, onto which up to six multi-directional spotlights with 3W LEDs can be fixed using magnets. A light which combines the advantages of technology with the quality of wood – a natural, environmentally friendly, warm, cosy material – and can be positioned behind an armchair or a desk, adapting to any setting.
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DESIGN+
technology
Il proiettore in pressofusione di alluminio iPro di iGuzzini, design Mario Cucinella, sottolinea volumi architettonici e facciate. iPro, the projector in pressure-fused aluminum by iGuzzini, designed by Mario Cucinella, underlines the architectonic volumes and facades.
LUCE& SPAZI PUBBLICI LIGHT & PUBLIC SPACES
txt: Alba Ferulli
Soluzioni a basso consumo e ad alta efficienza per illuminare lounge e terrazze all’aperto, strade e facciate di edifici, giardini e terrazze Di notte, la luce modifica la percezione degli spazi creando suggestivi scenari che donano nuove emozioni. Effetti luminosi indicano percorsi, valorizzano l’architettura di antichi palazzi e ne sottolineano i dettagli, oppure si trasformano in tavoli e sedute di forte impatto scenografico. Gli apparecchi attuali utilizzano fonti luminose a basso consumo, scelgono ottiche ad elevate prestazioni che evitano abbagliamenti e diffondono la luce in modo omogeneo, sono tutti realizzati con un alto livello di protezione IP contro acqua e polvere, che ne garantisce il corretto funzionamento in esterno. Per sottolineare volumi architettonici e facciate, iGuzzini propone il proiettore iPro, in pressofusione di alluminio con sorgente luminosa fluorescente compatta a scarica. Combinando la molteplicità delle ottiche disponibili si realizzano fasci luminosi uniformi, dell’ampiezza desiderata e di grande precisione, evitando dispersione luminosa e abbagliamento. Si possono anche applicare diversi accessori che focalizzano il cono di luce o filtri colorati riflettenti per creare giochi luminosi. Un’altra soluzione per l’illuminazione delle facciate è il proiettore professionale Py Quad, di Targetti, realizzato nelle versioni per lampada a ioduri metallici e per alogene. Dotato di ottiche di precisione con schermo antiabbagliamento, assicura perfetti effetti di luce sia ceiling washer, per soffitti e piani di calpestio senza illuminare la parete in cui è installato, sia wall washer per un effetto di luce radente senza macchie. Inoltre, è estensibile e orientabile: ruota di 359° sul piano orizzontale, di -15°/+105° su quello verticale ed il vano ottico è scorrevole. Insieme agli apparecchi, anche le fonti luminose per l’esterno si rinnovano e Osram amplia la gamma con le nuove Powerball® HCI®. Studiate per essere inserite in apparecchi di illuminazione aperti, queste lampade ad alogenuri metallici offrono una migliore concentrazione luminosa, resa e stabilità del colore rispetto a quelle con tubo di scarica convenzionale. La versione a forma tubolare (T/P) è ideale per apparecchi d’illuminazione piatti, soprattutto orizzontali con riflettori a tunnel, e trova applicazione nell’illuminazione di facciate, wall washer, negozi, stazioni ferroviarie e aeroporti. La versione ellissoidale (E/P) è invece adatta per apparecchi di illuminazione a sospensione e riflettori industriali. L’efficienza della tecnologia LED è recentemente migliorata e assicura un notevole risparmio energetico e di manutenzione, soprattutto nell’illuminazione stradale. Ne è esempio CitySoul Led, di Philips Lighting, che offre un’omogenea distribuzione della luce, resa cromatica uniforme e riduzione dei riflessi. Studiato per il montaggio laterale, a sospensione o in cima a un palo, è dotato di accessori a fascio regolabile e dispersione luminosa Light Trespass. Realizzato in due dimensioni, è completo di pali e staffe dedicati. Per quanto riguarda l’arredo in outdoor, l’ultima tendenza sono panche, pouf, tavoli e tavolini per happy hour luminosi. Questi ultimi sono completi di piano di chiusura, vassoio o portaghiaccio, come quelli proposti dal programma Atollo di ModoLuce. A forma di cerchio e semicerchio, i corpi illuminanti sono realizzati in polipropilene di vari colori e utilizzano lampade alogene o fluorescenti. Sempre la plastica, lavorata in linee originali, caratterizza la seduta Sit-up, firmata da i I Tre. In grandi dimensioni, rivisita l’archetipo della lampada da tavolo e funge da sinuosa panchina a luce fluorescente. In parchi e giardini, per segnare i camminamenti le soluzioni più diffuse sono i paletti. Moai, di Simes, ricavato da un unico blocco di alluminio, produce un fascio luminoso privo di abbagliamento ad ampia copertura, che illumina anche lateralmente e in modo omogeneo. Non ha viti a vista ed è già cablato. Un design semplice ed essenziale, frutto di un calibrato equilibrio di proporzioni, per la linea Belvedere di Flos – design Antonio Citterio con Toan Nguyen –, in grado di creare magiche atmosfere luminose. Realizzata in bronzo, in diverse dimensioni e nelle versioni da terra e da parete, utilizza fonti luminose di ultima generazione. Di minimo ingombro, Vincenza Led, di Ares, è un paletto in alluminio di svariati colori, da interrare o da appoggio. LED bianchi o azzurri producono una pioggia di luce che ricade dall’alto. Grazie alla geometria circolare dello schermo, consente due fasci di luce (a 280° o a 360°), mentre nella versione con diffusore sabbiato crea un effetto più diffuso e sfumato. Semplicità nel design e flusso luminoso accattivante caratterizzano un altro apparecchio da esterno, Labirint, di Delta Light. La sorgente luminosa è di tipo fluorescente, mentre il reattore elettronico garantisce un’elevata efficienza energetica. Di maggiori dimensioni, il lampione da esterno 2250, di Martinelli Luce, con diffusore in vetro pirex satinato per un’illuminazione diffusa. Ikon, di Nahoor, disegnata da William Pianta, rivisita in chiave minimal la forma della classica lanterna. Proposta nella versione da appoggio, in tre dimensioni fino a 130 cm d’altezza, o in quella da parete, è in ottone in svariati colori e finiture.
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Solutions offering low energy consumption and high efficiency used to illuminate open air lounges and terraces, roads and building facades, gardens and patios By night, light changes our perception of spaces by creating evocative scenarios that trigger new emotions. Luminous effects indicate pathways, enhance the architecture of old buildings and underscore their details, or they transform into stunning tables and chairs. Modern fittings use low energy light sources, high performance optics which avoid dazzling people, and which spread light in an even manner. All have been made with a high degree of IP protection against water and dust which ensures they work properly outdoors. To highlight architectonic volumes and facades, iGuzzini is proposing its iPro projector, made of die-cast aluminium with a compact discharge fluorescent light source. By combining the variety of optics available, uniform clusters of light can be made of the height desired and offering great precision whilst avoiding light dispersion and glare. It is also possible to apply various accessories which focalise the light cone or reflecting coloured filters to create light effects. Another solution for lighting up facades is the professional Py Quad projector by Targetti, made in versions for metallic iodide lamps and halogens. Equipped with precision optics with an anti-glare screen, it guarantees perfect light effects both for ceiling washers, for ceilings and floors without illuminating the wall on which it is installed, and for wall washers for a skimming light effect without marks. In addition the light can be extended and oriented: it rotates through 359° on a horizontal surface, -15°/+105° on a vertical one, and the optical compartment is of the sliding kind. Together with the fittings themselves, light sources for the outside have also been renewed and Osram is expanding its range with the new Powerball® HCI®. Designed to be inserted in open light fittings, these metallic halogen lights offer a better light concentration, yield and stability of the colour compared to those with the conventional discharge tube. The tubular version (T/P) is ideal for flat light fittings, above all horizontal ones with tunnel reflectors, and can be used for lighting facades, wall washers, shops, railways stations and airports. The ellipsoid version (E/P) on the other hand is suitable for suspension lights and industrial reflectors. The efficiency of LED technology has recently been improved, and now guarantees considerable savings in terms of energy and maintenance, above all with regard to road lighting. One example is the CitySoul Led by Philips Lighting, which offers an even distribution of light, a uniform colour yield and reduced reflections. Designed to be assembled on its side, suspended or positioned on top of a post, it comes with adjustable strap accessories and Light Trespass luminous dispersion. Made in two sizes, it comes complete with its own posts and brackets. With regard to outdoor furnishings, the latest trend involves benches, poufs, tables and coffee tables for illuminating happy hours. The latter come complete with a closing top, tray or ice bucket, such as those proposed in the Atollo programme by ModoLuce. Shaped in a circular or semi-circular form, these lights are made in polypropylene in various colours and use halogen and fluorescent lights.
Dall’alto, Belvedere Round, design Antonio Citterio con Toan Nguyen per Flos; Labirint, di Delta Light.
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From top, Belvedere Round, design Antonio Citterio with Toan Nguyen for Flos; Labirint, by Delta Light.
In senso orario, il proiettore Py Quad, di Targetti; Moai, di Simes, ricavato da un unico blocco di alluminio; Ikon, di Nahoor, disegnata da William Pianta, rivisitazione in chiave minimal della classica lanterna. Clockwise, the projector Py Quad, by Targetti; Moai, by Simes, created from a single block of aluminum; Ikon, for Nahoor, designed by William Pianta, a minimal revisitation of the classic lantern.
Plastic, produced with an original silhouette, again defines the Sit-up seat by I Tre. It is a large reworking of the archetypal table lamp, and serves as a sinuous bench with a fluorescent light. The most common solutions for signalling walkways in parks and gardens are short posts. Moai, by Simes, is made from a single block of aluminium: it produces a wide-ranging no-glare band of light which even illuminates uniformly and to the side. It has no visible screws and is already wired. A simple, essential design which is the result of a carefully gauged equilibrium of proportions features for the Belvedere range by Flos – designed by Antonio Citterio with Toan Nguyen –, a range that creates magical luminous atmospheres. Made in bronze, it comes in various sizes and in floor-standing or wall-mounted versions and uses cutting-edge light sources. The Vincenza Led by Ares is an aluminium post that comes in a variety of colours; it is less bulky, and can be sunk into the ground or simply rested on it. White or blue LEDs produce a shower of light that rains down from above. Thanks to the circular geometrics of the screen, it creates two bands of light (at 280° or 360°), whilst in the version with a sanded diffuser it creates a softer, more smoky effect. A simple design and an eye-catching light flow: these are the features that define another outdoor light fitting, the Labirint by Delta Light. The light source is of the fluorescent type, whilst the electronic reactor guarantees outstanding energy efficiency. The bigger garden lamp 2250 by Martinelli Luce with its diffuser in satin finish Pyrex glass provides diffused lighting. Ikon, by Nahoor, designed by William Pianta, sees a minimal take of the classic lantern shape. Proposed in the floor-resting version, it comes in three sizes up to 130 cm in height, or in a wall-mounted version, all in brass with various colours and finishes.
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L’apparecchio da esterno 2250, di Martinelli Luce, con diffusore in vetro pirex satinato. A destra, Vincenza Led, di Ares, paletto in alluminio disponibile in svariati colori, da interrare o da appoggio. Sotto, elementi del programma Atollo, design Paolo Grasselli per Modoluce. The outdoor fitting 2250, by Martinelli Luce, with a diffuser in brushed pyrex glass. Right, Vincenza Led, by Ares, a palette in aluminum available in a range of colors, for recessing or free-standing. Below, elements of the Atollo program, designed by Paolo Grasselli for Modoluce.
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CitySoul, di Philips Lighting,dotato di accessori a fascio regolabile e dispersione luminosa Light Trespa. CitySoul, by Philips Lighting, is complete with adjustable-beam accessories and light dispersion Light Trespa.
Le lampadine Powerball® HCI® di Osram – nella forma ellissoidale (a sinistra) e tubolare (a destra) – illuminano ampie superfici e dettagli architettonici. The lightbulbs Powerball® HCI® by Osram – in the ellipical (left) and tubular (right) shape – illuminate large surfaces and architectonic features.
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technology
PROGETTO PIONIERE
txt: Claudia Barana ph: Bjorn Moerman
PIONEERING PROJECT Una meravigliosa balena di luce pronta a solcare i mari. Il nuovo Yas Hotel di Abu Dhabi rimanda ai potenti cetacei capaci di risvegliare la fantasia. Giochi cromatici, in cui si alternano i blu e i rossi in un importante progetto LED, il più grande esistente al mondo Aperto a ottobre 2009, dopo soli due anni di lavori, in concomitanza con l’imminente gara automobilistica che si è tenuta sull’isola di Yas a novembre, il nuovo albergo di Abu Dhabi gode di una posizione incantevole sull’isola naturale di Yas che misura soli 7,5x6,5 km. L’hotel è composto da due blocchi uniti da un imponente velo a conchiglia cangiante in cui si esaltano le potenzialità della luce in una grande festa di LED. Un faro. Ma anche un punto di riferimento per il design in quella regione del mondo. Come lo ha definito l’architetto Hani Rashi. Un albergo che esprime la volontà di utilizzare il design contemporaneo per creare un luogo di grande attrazione. Eleganza e lusso. Ciò che rende unico lo Yas Hotel è il manto esterno in vetro e acciaio composto da un sistema LED. Un reticolato a conchiglia ricoperto da 5300 pannelli in acciaio a forma di diamante che contengono 5000 impianti RGBW LED, ognuno gestito dai controllori prodotti dall’azienda tedesca e:cue attraverso il protocollo DMX RDM (Remote Device Management), una soluzione avanzata proposta da e:cue lighting control. Trentadue butler XT – sempre di e:cue – provvedono a una comunicazione bilaterale tra le illuminazioni LED sul reticolato e i controllori per il monitoraggio dello stato dei LED: il sistema manda un rapporto all’ufficio gestione che, automaticamente, interviene e modifica l’intensità dei LED per prevenire surriscaldamenti. La firma Arup Lighting (in particolare la sede di New York) ha utilizzato un pacchetto software di e:cue, la Lighting Application Suite 5.1 (LAS), per creare effetti luce sbalorditivi come le sequenze colore e la proiezione di contenuti video tridimensionali personalizzati sulla superficie della griglia. Il software permette di scaricare attraverso internet la specifica sequenza di luce la quale può essere innescata da un programma automatizzato basato su orologi, sensori di luce del giorno e interfaccia touch-screen. Il risultato è una nuova visione dalla complessità insperata e un approccio al progetto illuminotecnico multi-sfaccetato e tecnologico. Il progetto specifico Pre-Visualisation sulle capacità del LAS su una geometria così complessa ha permesso ai designer di risparmiare intere settimane di tempo sul sito e meglio comprendere gli angoli di visione dal punto di vista degli spettatori, degli ospiti dell’hotel, dalle videocamere e la pista di formula 1. E:cue fa parte del brand Traxon, azienda facente capo a Osram con quartier generale a Paderborn, Germania, e uffici regionali in Europa, Nord America, Asia e Medio Oriente. I due blocchi che compongono l’albergo sono uniti da un ponte coperto e panoramico sulla pista di Formula 1. Un passaggio che unisce e che si sviluppa in un lounge bar esclusivo nato dal concept di ristorazione Georges V. Un luogo che si trasforma in discoteca la sera e diviene spazio espositivo per ospitare mostre temporanee di artisti locali. Una cittadella in cui trovare 8 differenti ristoranti capaci di offrire agli ospiti alternative culinarie internazionali: arabo, indiano Tandoori, italiano, Pan Arabico, Giapponese, Noodle Bar e un ristorante
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Lead architects: Asymptote Architecture (Hani Rashid and Lise Anne Couture) Lighting design: Arup Lighting, New York Lighting control: e:cue lighting control Grid-shell led lighting Enfis/Cooper Lighting
Local Architects: Dewan Architects & Engineers; Tilke & Partners W.L.L. Structural Engineers: Dewan Architects & Engineers; ARUP MEP Engineer: Red Engineering Middle East Facade Consultants: Front Inc.; TAW & Partner Lighting Consultants: LAPD Lighting Design; Bartenbach LichtLabor GmbH; Red Engineering Middle East; ARUP Lighting
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specializzato in piatti di pesce. A questa proposta, si aggiungono altre quattordici tra le più diverse opzioni di intrattenimento e servizio. Oltre ai ristoranti, i bar e le pasticcerie, sono 1625 i metri quadrati tra sale conferenze e banchetti, piste da ballo. All’interno, è il colore bianco che domina gli spazi. Le pareti e i pavimenti portano segni grafici che creano leggeri giochi di contrasti cromatici. Le sottili linee grigie che compongono percorsi sui pavimenti accompagnano gli ospiti all’interno dell’albergo. Le sale dei ristoranti e le camere private sono disseminate da oggetti e icone del design, come le sedute di Arne Jacobens. Mobili su disegno, un design elegante e lineare che si fonde con l’alta tecnologia dei servizi proposti. Nell’hotel si alternano le 499 stanze che variano per grandezza dai 53.5 metri quadrati fino ai 409 metri quadrati delle stanze presidenziali: 252 Deluxe, 71 Marina Deluxe, 101 Executive Rooms, 13 Deluxe Suite, 13 Yas Grand Suite, 37 Executive Suites, 5 Island Suites, 5 Marina Executive Suites, 2 Yas Presidential Suites. Tutte con vista sull’isola e arredate con materiali innovativi che rendono lo stile dell’albergo contemporaneo, in una fusione di tecnologia e comfort elegante. Tutte con bagni illuminati di luce naturale che entra direttamente dalle grandi finestre in vetro. Per la salute e la bellezza del corpo, le piscine con terrazza, la palestra e una Spa il cui stile riprende la classica architettura islamica e reinterpreta il tradizionale hammam. Costruita intorno a una colonna centrale, la stanza cilindrica è interamente rivestita in pietra che inventa contrasti termici e visivi: il caldo della stanza si contrappone al freddo che fuoriesce dalla colonna e, da un punto di vista visivo, al soffitto illuminato e colorato. All’interno, ciò che più impressiona è la ricchezza e il lusso iconico delle stanze presidenziali, dotate di ascensore privato, terrazze e piscine oltre a una cucina con sala da pranzo per ospitare fino a sedici coperti. Le Suite presidenziali riflettono la struttura monumentale dell’edificio, un obiettivo intensificato dalle opere contemporanee disseminate al loro interno e dall’arredamento interamente bianco di alto design selezionato dal MoMA. Lo Yas Hotel continua un percorso complesso intrapreso dalla Aldar Properties PJSC, azienda attiva dal 2007 nel campo dell’hospitality del mondo arabo. L’intenzione è di creare una cittadella in cui il cliente è curato a tutto tondo, nel corpo e nell’anima. Eventi legati alla moda e allo sport, all’arte colorano nel corso dell’intero anno l’isola per renderla attraente a ogni ospite che metterà piede su Yas. La studio Arup Lighting ha utilizzato un pacchetto software dell’azienda tedesca e:cue, la Lighting Application Suite 5.1 (LAS), per creare effetti luce sbalorditivi come le sequenze colore e la proiezione di contenuti video tridimensionali personalizzati sulla superficie della griglia. Arup Lighting studio used e:cue’s Lighting Application Suite 5.1 (LAS), to create stunning lighting effects such as colourchanging lighting sequences, and to play customized 3-D video content, on the grid-shell.
A stunning whale of light ready to plough the sea. The new Yas Hotel in Abu Dhabi is reminiscent of the powerful cetaceans that can awaken your imagination. Colour effects, where the blues and reds alternate in a major LED project, the biggest in the world Inaugurated in October 2009, after no more than two years’ work, in conjunction with the forthcoming motor race on Yas Island (which took place in November), the new hotel in Abu Dhabi can boast a charming location on the natural island of Yas, which is no more than 7.5x6.5 km in size. The hotel is composed of two buildings joined together by an imposing, colour-changing grid-shell where the potentialities of light are emphasized in a unique riot of LED lights. A beacon as well as a benchmark for design in that region of the world, as defined by architect Hani Rashi. A hotel which epitomizes the desire to rely on contemporary design to create a highly attractive venue. Elegance and luxury. The Yas Hotel stands out for its glass and steel covering based on a LED lighting system. A grid-shell covered with 5,300 diamond-shaped steel panels, containing 5,000 RGBW LED fixtures, controlled by e:cue’s Control Server through the DMX RDM (Remote Device Management) protocol, a state-of-the-art solution developed by e:cue lighting control. Thirty-two e:cue Butler XTs provide bidirectional communication between the LED lighting on the grid-shell and e:cue’s Control Server for status monitoring of LEDs: the system sends status reports to building management and automatically adjusts the intensity of LEDs to prevent overheating. Arup Lighting (the New York branch) used e:cue’s Lighting Application Suite 5.1 (LAS), to create stunning lighting effects such as colour-changing lighting sequences, and to play customized 3-D video
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content, on the grid-shell. The software package allows the specific lighting sequence to be uploaded through the Internet, and the content is triggered by programmed automation based on clocks, daylight sensors, and a touch-screen user interface. The result is a new view, connected with unexpected complexity and a multifaceted, technological approach to the lighting project. The purpose-designed Pre-Visualisation project for the LAS features on such a complex structure allowed the designers to save time (entire weeks) on the site and better understand the viewing angles from the perspective of the audience, the hotel guests, the video cameras, and the Formula 1 track. E:cue, as part of Traxon Technologies – An Osram Company, is headquartered in Paderborn, Germany, with regional offices in Europe, North America, Asia and the Middle East. The two separate buildings of the hotel are connected by a covered bridge which offers unrivalled views of the Formula 1 track. The passage features an exclusive lounge bar, a concept by Georges V Restauration. A place which is turned into a discotheque at night, and a display space hosting temporary exhibitions on local artists. A sort of village where guests have a choice of eight restaurants: international all-day dining, Arabic, Indian Tandoori, Italian, Pan Arabic, Japanese, Noodle Bar and a specialty seafood restaurant. Fourteen more diverse entertainment and service options are also available. As well as the restaurants, bars and pastry shops, the hotel can also boast a total of 1,625 square metres in conference and banqueting space, including a ballroom. White is the dominating colour inside. The walls and floors carry such graphic signs as to produce delicate colour contrasts. The thin grey lines that create paths on the floors accompany the guests in the hotel. The restaurant halls and private rooms are dotted with designer objects and icons, including seats by Arne Jacobens. Made-to-measure furniture;
Il reticolato a conchiglia è ricoperto da 5300 pannelli che contengono 5000 impianti RGBW LED; ognuno è gestito dai controllori prodotti da e:cue attraverso il protocollo DMX RDM (Remote Device Management).
The grid-shell is covered with 5,300 diamond-shaped steel panels, containing 5,000 RGBW LED fixtures; each one is controlled by e:cue’s Control Server through the DMX RDM (Remote Device Management) protocol.
smart, linear design fusing with the state-of-the-art services offered. The Yas Hotel’s 499 rooms range from 53.5 square metres to the 409 square metres of the Presidential Suites – 252 Deluxe Rooms, 71 Marina Deluxe Rooms, 101 Executive Rooms, 13 Deluxe Suites, 13 Yas Grand Suites, 37 Executive Suites, 5 Island Suites, 5 Marina Executive Suites, 2 Yas Presidential Suites –, all overlooking the island and furnished with innovative materials which result in a contemporary style, a blend of technology and elegant comfort. All the rooms are lit with natural light coming directly from the large glass windows. In addition, two rooftop pools, a gym and a spa – reminiscent of a classic Islamic architectural style and reinterpreting the traditional hammam – are available for your body’s health and beauty. Built around a central column, the cylindrical room is entirely covered with stones, resulting in thermal and visual contrasts: the warmth of the room vs. the cold that is let out of the column and, visually speaking, the lit, coloured ceiling. Inside, you are mainly impressed with the richness and iconic luxury of the presidential suites, each offering a private lift, terrace access, a lap pool as well as a full chef’s kitchen and a dining room accommodating up to sixteen guests. The presidential suites mirror the monumental structure of the building, a goal pursued, for example, through the contemporary works they are dotted with and the entirely white designer furniture selected by the MoMA. The Yas Hotel means one more step in the complex journey undertaken by Aldar Properties PJSC, which has been active in the Arab hospitality industry since 2007. The idea is to create a ‘village’ where the guests are taken care of comprehensively, in the body and soul. Fashion, sports and art events enliven Yas Island throughout the year, to make it attractive to each guest who sets foot on it.
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info PONTE DI LUCE Uno dei modi più ovvi per illuminare scenograficamente le arcate di un ponte è quello di sfruttare la proprietà riflettente dell’acqua: forse la soluzione è così ovvia che i progettisti spesso si arrovellano per cercarne una più complicata. Le turbolenze del corso d’acqua e la schiuma delle vicine cascate artificiali sono state usate come tele su cui proiettare la luce dallo studio indipendente di lighting design Sutton Vane Associates, autore dell’illuminazione del Castelford Bridge, un ponte pedonale in legno e acciaio che attraversa il fiume Aire, nel verde Yorkshire. Il layout illuminotecnico è semplice: apparecchi con lampade a scarica (ioduri metallici) da 70W con ottica flood sono stati installati sotto la struttura portante del ponte e puntati con precisione verso i vortici d’acqua creati dalla diga. “Non abbiamo mai pensato di utilizzare luci colorate – ha dichiarato Mike Grubb, dello studio Sutton Vane Associates – ci piaceva l’idea di sottolineare la forma fluente e organica del ponte con delle luci discrete”. La scelta di utilizzare delle luci monocromatiche è stata anche dettata dalla volontà di permettere all’intera comunità di Castelford di utilizzare il ponte come luogo di aggregazione; delle luci dinamiche e colorate avrebbero attratto solo i teenager, respingendo gli anziani. La camminata in teak brasiliano dipinto di bianco e la candida balaustra sono illuminati da LED lineari di tonalità fredda, integrati nella struttura stessa. I LED enfatizzano la forma serpentina del ponte, che risalta per contrasto stagliandosi sui vorticosi mulinelli sottostanti. www.sva.co.uk (F. T.; ph: Craig Russell, Stuart Powell)
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A BRIDGE OF LIGHT One of the most obvious ways of creating scenographic illumination for the arches of a bridge is the exploitation of water’s reflecting properties: and this solution may be so obvious that designers despair in their attempts to identify something more complicated. The turbulence of the water flow and the foam created by the nearby artificial waterfalls are used as the screens to project the lighting program designed by Sutton Vane Associates. The location was
Castelford Bridge, a pedestrian walkway in wood and steel which spans the River Aire, in the green English county of Yorkshire. The illumination technology layout is straightforward: fittings with 700 W metal iodide discharge bulbs with flood-lighting optics have been installed beneath the weight-bearing structure of the bridge and directed with precision towards the water feature created by the dam. ‘We did not consider the use of colored lighting – stated Mike Gubb of studio Sutton Vane Associates. – We liked the idea of emphasizing the fluid, organic shape of the bridge by illuminating it discretely”.
The decision to use monochromatic lighting was also dictated by the desire to allow the entire community of Castelford to use the bridge as a social meeting place; dynamic colored lighting would have attracted the younger generations, limiting the interest of the elderly. The boardwalk is Brazilian teak and painted white, and along with the white balustrade, has been illuminated with linear LED lighting emitting cold light. The fittings are integrated in the structure itself and the LED lighting emphasizes the snake-like shape of the bridge which is exalted by contrast against the waterwheels below. sva.co.uk (F. T.; ph: Craig Russell, Stuart Powell)
DIGITAL WALLPAPER Una carta da parati digitale che illumina e anima le pareti: questa l’idea che gli austriaci di Strukt hanno avuto per decorare i muri degli uffici Büro Hirzberger a Vienna. Le proiezioni di Digital Wallpaper sono state realizzate con il software VVVV, utile per realizzare video utilizzando modelli 3D degli ambienti in cui saranno proiettati. Attraverso il software sono state create le grafiche di Digital Wallpaper: le decorazioni sono poi state proiettate senza distorsioni all’interno degli uffici. Durante ‘lo spettacolo’ non intervengono altre sorgenti luminose se non i fasci dei due proiettori: nella penombra le strisce colorate sembrano rincorrersi sulle scrivanie e sparire dietro gli armadi colmi di documenti. Il prossimo step è quello di rendere le proiezioni interattive: attraverso l’uso del medesimo software le immagini potrebbero interagire con le persone che transitano nell’ufficio. www.strukt.com (F.T., ph: Robi Hammerle/Strukt)
Digital wallpaper that illuminates and animates the walls: Austrian designers with Strukt came up with this idea to decorate the walls of the Büro Hirzberger offices in Vienna. The Digital Wallpaper images have been created with the software package VVVV, which creates videos using 3D models of the ambiences in which they will be used. The software then creates the graphic designs of Digital Wallpaper: the decorations are projected distortion-free inside the offices. No other
light sources are involved in this innovative performance with the exception of beams from two projectors: in the half-light, the colored stripes appear to run across the desks and disappear behind the filing cabinets. The next step is to transform the projections into something interactive: by applying the same software the images may be able to interact with the people who walk through the office. www.strukt.com (F.T., ph: Robi Hammerle/Strukt)
CAOSCREO Nuovo marchio italiano, brand di Terenzi, CaosCreo nasce da subito con la vocazione di essere un nome design oriented e soprattutto con la volontà di realizzare collezioni con un alto tasso di creatività e innovazione. Per questo è un laboratorio di
idee, un crocevia di talenti e una terra di mezzo tra l’idea e l’espressione produttiva. L’intento del brand è quello di individuare una dimensione reale in cui la creatività possa esprimersi attraverso la produzione di oggetti dal design semplice, originale e adatto a ogni ambiente. La prima collezione del marchio, dal nome Metapiega, si è sviluppata con il contributo creativo di 8 giovani designer: Alessio Carpanelli, Andrea Radice, Folco Orlandini, Gabro Luif, Fabio Marchi, Giulio Simeone, Adriano Giannini e Manolo Bossi. All’interno della collezione le lampade 2.d living e 2.d night, design Fabio Marchi, rispecchiano il concetto di semplice creatività, filosofia progettuale sottesa dal nuovo marchio. Le lampade sono composte da una base in acciaio inossidabile supermirror con fonte luminosa a incandescenza in metallo verniciato che donano un design minimale e geometrico, senza cadere in un’eccessiva rigidità formale. Disponibile nei colori bianco, nero e rosso. www.caoscreo.it (A. M.)
The new Italian brand CaosCreo by Terenzi has the vocation of being a ‘design oriented’ brand, producing collections with a high degree of creativity and innovation. For this reason, the brand can be described as a workshop of ideas, a crossroads of talent and no-man’s land between the invention and productive expression. The brand aims to identify the real dimension where creativity is expressed through the production of articles of simple, original design to suit every type of ambience. The first collection of the brand, called Metapiega, was developed with the creative contribution of 8 young designers: Alessio Carpanelli, Andrea Radice, Folco Orlandini, Gabro Luif, Fabio Marchi, Giulio Simeone, Adriano Giannini and Manolo Bossi. The collection includes the lamps 2.d living and 2.d night, design Fabio Marchi; these articles reflect the concept of simple creativity, a design philosophy expressed by the new brand. The lamps consist of a base in super-mirror-finish stainless steel with an incandescent luminous source; the varnished metal confers a minimal and geometric shape to the ensemble, without allowing it to fall into the trap of excessive formal rigidity. Available in white, black and red. www.caoscreo.it (A. M.)
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info COIL LAMP La lampada da tavolo tradizionale, col suo piccolo basamento rotondo e il paralume a forma tronco-conica, è ormai un oggetto talmente diffuso da essere una vera e propria icona. È forse per questo che molti designer si sono cimentati nel ridisegnarla, pur mantenendo invariate le sue caratteristiche base, magari realizzandola con materiali non tradizionali o in colori innovativi. Spicca però nel panorama delle lampade da tavolo la Coil Lamp di Craighton Bergman. La lampada è ridotta al limite dei suoi elementi costitutivi: sia il paralume sia la parte di sostegno sono composti semplicemente da un unico filo elettrico di 100 metri che viene avvolto attorno all’anima di acrilico trasparente, in grado di definire la forma della lampada. Questa semplice trasformazione impreziosisce il filo elettrico, che da semplice materiale edile si trasforma in un vero pezzo di design. www.craightonberman.com (F. T.)
The traditional table lamp with its small round base and a shade shaped like a truncated cone is now such a widespread article that it can be classed as an icon. And it is possibly for this reason that many designers have attempted to redesign it, while maintaining its basic characteristics unchanged; some have produced it in nontraditional materials or in innovative colors. The Coil Lamp by Craighton Bergman stands out on the panorama of table lamps. The elements used to create the lamp have been reduced to a minimum: both the shade and the support consist of 100 meters of electrical cable that is wound around a core of transparent acrylic, defining the shape of the lamp. This simple transformation enhances the beauty of the electrical cable which is transformed from a building material into a true piece of design. www.craightonberman.com (F. T.)
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BT TOWER La cima di un’icona londinese, la BT Tower, è avvolta a 360° da un gigantesco schermo luminoso che trasmette informazioni, il cui contenuto è ben visibile da diversi punti della città. Si tratta della più alta installazione di questo tipo in Europa, realizzata da Martin Professional LC con pannelli led Plus Series™ per la società multinazionale di servizi e comunicazione BT. La torre, simbolo molto conosciuto in città, torna così a svolgere il suo ruolo originario, quello di veicolo di informazioni. Lo schermo LC Plus di Martin, lungo 59 e largo 4,8 metri, rappresenta una vera e propria sfida tecnologica. Realizzato assemblando 177 pannelli formati da 177.000 pixel e 529.750 led, pesa complessivamente soli 11 kg/mq, misura più di 280 mq e avvolge il 36º e 37º piano della torre d un’altezza di 167 metri. E proprio l’altezza rappresenta uno dei punti cruciali dell’intero progetto. Lo schermo, infatti, deve resistere a pioggia, neve, grandine, alte temperature e, soprattutto al forte vento che lassù può superare i 190 km/h. Per questo motivo è stato testato con successo nel tunnel climatico Jules Verne di Nantes, in Francia. I pannelli LC Plus sono connessi tra loro tramite il sistema P3-100 di Martin, basato su tecnologia Ethernet, di grande affidabilità e precisione, che consente anche di monitorare continuamente lo stato dei monitor. Inoltre, Martin Professional ha anche progettato il sistema di controllo dell’intera installazione con accesso remoto. Ciò permette a Imagination Europe Limited, società specializzata in comunicazione integrata a livello internazionale, di inserire nuovi contenuti e di modificarli da qualsiasi parte del mondo. I dispositivi di sicurezza, infine, evitano che l’eventuale malfunzionamento di un singolo dispositivo abbia ripercussioni sull’intero sistema
operativo e ne consentono la manutenzione svincolata dalla registrazione dei contenuti. Il display lavora a piena intensità durante le ore diurne, mentre di notte viene dimmerato. Il risultato finale non è solo un nastro di luce colorata che avvolge la torre, ma qualcosa che coinvolge e interagisce con le persone, suscitando emozioni e suggerendo un mondo più luminoso. www.martin.it (A. F.)
The summit of the famous London icon, the BT Tower, is completely surrounded by a gigantic luminous screen that broadcasts information visible from a number of locations across the city. It is the tallest installation of this type in Europe and was designed by Martin Professional LC with Led Plus Series™ fittings for the multinational utility service and communication company
BT (British Telecom). The tower is a very well-known symbol in the city, and it has returned to its original role, as a carrier and broadcaster of information. The screen LC Plus by Martin measures 59 x 4.8 meters, and was a true technological challenge. It was created using 177 panels created from 177,000 pixels and 529,750 leds; it weighs just 11 kg/sq.m., measured 280 sq.m., and surrounds the 36th and 37th floors of the tower that is 167 meters high. And the height is one of the crucial features of the entire project. The screen has been designed to resist the effects of rain, snow, hailstones, high temperatures and strong winds which at that altitude can exceed 190 km/hour. For this reason, it was successfully tested in the Jules Verne climate tunnel, in Nantes, France. The LC Plus panels are connected by the P3-100 system by Martin, based on the Ethernet technology; it is extremely reliable and precise, and provides the option of constant control of the state of the monitors. Moreover, Martin Professional also designed a system that can control the entire installation from a remote destination. This provides Imagination Europe Limited, a company specialized in integrated international communication, to add new contents or vary existing content from any location around the world. And finally, the system is fitted with safety devices to ensure that any single component malfunction will not affect the entire operative system, permitting maintenance which is separate from the recording of the contents. The display operate at full intensity during the daytime and is dimmed at night. The final result is not just a strip of colored light that surrounds the tower, but a large-scale that will attract and interact with people, stimulating emotions and suggesting a more luminous world. www.martin.it (A. F.)
The code is indicated on stickers applied to the street lamps; the indicator signs and the purchase of the control software are the only costs incurred by the city council. The expenditure will be easily recuperated thanks to the amount of energy saving: the system’s inventors have calculated that
if Dial4light is installed on twenty streets, the saving will be approximately ?6000 over three years. The system has already been installed in the German towns of Rahden, Lemgo and Dorentrup; at the time of writing, the experimentation is proving to be a success.. www.dial4light.de (S. F.)
DIAL4LIGHT Le amministrazioni comunali devono prestare sempre più attenzione alle spese per l’assistenza pubblica: i cittadini non possono essere lasciati senza determinati servizi, ma al contempo i conti pubblici devono (o dovrebbero) risultare sempre in attivo. Dalla Germania arriva una proposta per limitare gli sprechi di denaro ed energia per l’illuminazione stradale; il sistema Dial4light consente di accendere i lampioni on-demand solamente quando qualcuno deve percorrere una via o attraversare una piazza. Le luci possono essere accese per un periodo di tempo pre-determinato (qualche minuto oppure mezz’ora) dagli utenti attraverso l’invio di un codice via sms alla centrale di controllo. Il codice viene segnalato con degli sticker sui pali stradali; la segnaletica e l’acquisto del software di controllo sono gli unici costi che la città deve sostenere. La spesa può essere facilmente ammortizzata negli anni grazie al risparmio energetico: gli ideatori del
sistema hanno calcolato che se Dial4light viene installato su venti strade il risparmio è di circa 6.000 euro in tre anni. Il sistema è già stato installato nelle cittadine tedesche di Rahden, Lemgo e Dorentrup; la sperimentazione sta procedendo con successo. www.dial4light.de (S. F.)
The city councils are obliged to contain the expenditure for public assistance: the inhabitants of a city cannot be left without a series of essential services; however, the balance sheets must (or should) always be in the black. A proposal has been suggested by the Germans to limit the amount of money and energy wasted on street lighting; the system Dial4light will consent on-demand street lighting when someone is walking along a street or crossing a square. The lights can be switched on for a pre-set period (a few minutes or half-an-hour) by the inhabitants who send a code number by Sms to the control center.
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info PER TUTTI I GUSTI Giovanissimo ma già affermato, Benjamin Hubert nasce in Inghilterra nel 1984 e si laurea in industrial design and technology nel 2006. I successi per lui iniziano ad arrivare da subito: nel 2008 partecipa all’evento 100% Futures ricevendo il premio per ‘most promising design’ e nel 2009 quello per miglior prodotto al 100% design oltre che al ben più importante riconoscimento di ‘best
I lampadari Float sono intagliati nel sughero, mentre Benjamin ha saputo sfruttare la moderna resina per modellare le Dandlight e le Candy. Un catalogo davvero vasto, che negli anni crescerà sicuramente per un astro nascente del design internazionale. www.benjaminhubert.co.uk (S. F.)
british design’ ai British Design Awards. I suoi progetti sono esposti e venduti in tutto il mondo; alcuni sono prodotti da aziende internazionali come Authentics, Viaduct, Innermost, Charles&Marie, Decode e De La Espada. Benjamin disegna mobili, complementi d’arredo e oggetti luminosi. In particolare, le lampade si caratterizzano tutte per l’utilizzo di materiali semplici e naturali: la serie delle Heavy Light comprende lampadari in terracotta, le lampade da tavolo Labware (prodotte ora da Authentics) ricordano le ampolle in vetro dei laboratori chimici, con tanto di tappo in sughero portoghese per non far uscire la lampadina. Le Spinning light – di &Tradition – sono invece realizzate in alluminio laccato in blu, bianco o nero: la forma a goccia e il materiale utilizzato riportano la mente ai magici anni Settanta.
TO SUIT ALL TASTES
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Benjamin Hubert is still a very young man but is already well-established. He was born in England in 1984 and graduated in industrial design and technology in 2006. Success arrived very quickly: in 2008, he took part in the event ‘100% Futures’ and won the ‘most promising design’ award; in 2009, he won the best product award at ‘100% design’ and the more important ‘best British design’ at the British Design Awards. His projects are displayed and sold all over the world; some are produced by international companies such as Authentics, Viaduct, Innermost, Decode, Charles&Marie and De La Espada. Benjamin creates furniture, furnishing accessories and luminous articles. In particular, his lamps are
all characterized by the use of simple and natural materials: the series of Heavy Lights includes lamps in terracotta; the table lamps Labware (now manufactured by Authentics) are reminiscent of the glass flasks used in chemistry laboratories, complete with Portuguese cork to hold the light bulb. The Spinning Light – by &Tradition – are produced in aluminum painted blue, white
or black: the drop shape and the material used bring back the magical Seventies. The Float lamps have been carved from cork, and Benjamin also exploited a modern resin to form the Dandlight and the Candy lamps. An extremely vast catalogue, which will undoubtedly transform him into a bright star of international design. www.benjaminhubert.co.uk (S. F.)
CAMINETTO TRASPARENTE
A TRANSPARENT STOVE
Il camino tradizionale, con quello scoppiettare della legna e quell’odore particolare, ha da sempre un fascino speciale. Negli ultimi anni però sempre più designer hanno tentato di innovare e rinnovare il concetto di focolare domestico. Tra le ultime proposte, quella di Camillo Vanacore, ideatore di un caminetto modernissimo e trasparente. La calotta di copertura è alta 130 cm; la parte superiore, realizzata in ceramica e pigmenti termo-sensibili, permette di ottenere un gioco di diverse cromie e trasparenze a una temperatura prestabilita, raggiungibile a focolare acceso. Alimentato da una moderna fonte di energia rinnovabile, l’etanolo (alcol denaturato), brucia senza sporcare e non richiede una particolare manutenzione né l’installazione di canna fumaria. La notevole flessibilità del design e la semplicità del bruciatore rendono questo oggetto estremamente versatile e semplice da spostare e da usare in case private, bar, ristoranti o uffici. (F. T.)
The traditional wood-burnings stove, with crackling logs and its characteristic odor, has always been a special feature of any room. In recent years, however, an increasing number of designers have attempted to innovate and renew the concept of the domestic fireplace. One of the latest proposals was designed by Camillo Vanacore, who created an extremely modern transparent version. The cover is 130mcm tall; the upper part has been created in ceramic and heat-sensitive pigments forming a mixed effect of colors and transparency at a preset temperature, achieved when the fire has been lit. The stove is fueled by a modern source of renewable energy (denatured ethanol), which burns without creating any mess and does not require any special maintenance, nor the installation of a flue. The extreme versatility of the design and the simplicity of the burner make this article extremely versatile, simple to move and the ideal addition for private homes, bars, restaurants or offices. (F. T.)
DYAQUA ART STUDIO Aqua è un composto atossico di polimeri del gruppo epoxyde che, in seguito all’aggiunta di pigmenti e polveri naturali, muta il suo aspetto riproducendo materiali naturali: è inodore, molto resistente, idrorepellente e, grazie all’associazione con l’illuminazione a LED, è in grado di produrre luce a grande risparmio energetico, in totale assenza di vapori, raggi infrarossi e ultravioletti. Tutto è nato meno di dieci anni fa, quando Giovanni Quagliato iniziò a sperimentare una particolare resina atossica estremamente versatile e modellabile. Il nuovo materiale Aqua è regolarmente brevettato e per impiegarlo è stato fondato, insieme con i figli di Giovanni, Matteo ed Elisa, il Dyaqua Art Studio. Aqua può essere impiegato, in accordo con altri materiali primi fra tutti il legno, la pietra, il metallo, a 360° per realizzare rivestimenti, pavimenti, pareti, elementi e oggetti decorativi che spostano il punto luce anche all’interno degli spazi architettonici. Una comune lampadina da 100 W consuma come più di
200 lampade Dyaqua da 8 LED ciascuna, che sono 10 volte più efficienti di una lampada a incandescenza e con una vita effettiva di 60.000/70.000 ore, corrispondenti a oltre 7 anni di uso continuo. Dyaqua propone due linee: la prima comprende la collezione Stone Style, che trasforma le pietre in lampade dall’aspetto creativo mantenendone intatta la forma e accentuandone il carattere stilistico, e la collezione Stone Classic che riproduce realisticamente le pietre naturali per forma e immagine rendendole, da spente, indistinguibili da quelle naturali; la seconda, dedicata alla progettazione, è caratterizzata dalla realizzazione di opere e progetti appositi per il singolo cliente che si esplica attraverso l’unione di Aqua con una varietà infinita di altri materiali, per ricostruire parti dell’arredamento (dalle porzioni di sedie ai piani di tavoli, per esempio) e per inserimento, per colata o intrusione, in pareti, pavimenti e soffitti. www.dyaqua.it (P.R.)
Aqua is a non-toxic polymer of the epoxyde group. When it is mixed with natural pigments and powders, its appearance changes and it can be used to reproduce natural materials. It is odorless, extremely resistant, water-repellent and, thanks to the combination with LED lighting, it can produce energy-saving lighting. Everything started ten years ago, when Giovanni Quagliato began experimenting a special, highly versatile and flexible, non-toxic resin. The new material ‘Aqua’ has been patented and in order to exploit it to a maximum, Giovanni Quagliato founded Dyaqua Art Studio with his children Giovanni, Matteo and Elisa. Aqua can be used in combination with other materials – wood, stone and metal – in a wide range of applications - facings, floors, walls, decorative elements and objects which transport light to the inside of the building. A common 100 W light bulb consumes energy that is equivalent to more than 200 Dynaqua bulbs containing 8 LEDS each.
They are 10 times more efficient than an incandescent bulb and have an effective life-span of 60,000/70,000 hours, corresponding to more than 7 years of continual use. Dyaqua proposes two lines: the first includes the Stone Style collection; stone is transformed into creative lamps while the shape remains intact and the style characteristics are accentuated; the second line is the collection ‘Stone Classic’ that realistically reproduces natural stone in terms of shape and appearance, and when switched-off, are indistinguishable from the natural versions; the second, dedicated to design, is characterized by the creation of works and ad hoc products for individual clients which are explicated through the combination of Aqua with an infinite variety of other materials. It can be used to reconstruct parts of the furnishings (from pieces of seating to table tops, for example) and for inserts, inlay or pouring, on walls, ceilings and floors. www.dyaqua.it (P.R.)
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PROJECT
txt: Francesca Tagliabue
L’installazione Dune 4.1, intervento pubblico realizzato nel Maastunnel di Rotterdam. Gli apparecchi luminosi interagiscono con il movimento e i suoni emessi dalle persone. The installation Dune 4.1, a public project in the Maastunnel of Rotterdam. The light fittings interact with the sound and movement from the people.
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INTERAZIONI UOMO-ARTE-NUOVI MEDIA INTERACTION BETWEEN MAN, ART AND THE NEW MEDIA Olandese di nascita ma cittadino del mondo, Daan Roosegaarde popola l’intero pianeta delle sue affascinanti sculture interattive Daan Roosegaarde, classe 1979, è un artista olandese che vive e lavora a Rotterdam. Diplomato all’Accademia di Belle Arti AKI di Enschede, indaga da tempo col suo lavoro le reazioni dinamiche che si vengono facilmente e frequentemente a creare, in maniera cosciente o meno, tra l’architettura, le persone e le culture. Presenta il suo lavoro attraverso un dinamico sito internet in cui dichiara apertamente gli scopi della sua continua ricerca. “I miei lavori artistici – racconta Daan – esplorano le relazioni tra l’architettura, la gente e i nuovi media. Le sculture che realizzo sono materializzazioni della collisione che nel mondo moderno continuamente avviene tra le persone e la tecnologia. Attraverso l’uso dei nuovi media le sculture attivano i sensi e si collegano all’ambiente esterno”. Dal 2006 Daan è il direttore creativo dello studio Roosegaarde, un laboratorio artistico indipendente in cui le sue installazioni interattive vengono sviluppate e assemblate. Lo studio intrattiene relazioni attive sia con aziende sia con importanti fondazioni culturali. Le opere di Daan Roosegaarde sono state esposte in luoghi celebrati come il Netherland Media Art Institute di Rotterdam, la Tate Modern di Londra, il Microwave di Hong Kong e la Biennale di Venezia. La sede dello studio ha le sembianze di un grande capannone industriale, in cui le diverse componenti delle opere, i supporti e le parti tecnologiche sono accatastati come in un magazzino, pronte a essere montate per diventare grandiose e spettacolari opere. Una particolarità unica dei lavori dello studio Roosegaarde è quella di mantenere negli anni sempre gli stessi nomi, a cui vengono aggiunti i numeri delle versioni aggiornate, così come avviene per la maggior parte dei software. Una delle prime realizzazioni è stata Flow 5.0, una parete con centinaia di piccoli
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ventilatori attivati dal passaggio delle persone e dal loro vociare, cui è seguita Dune, installazione luminosa con fibre ottiche poste in grandi vasi da fiori rettangolari, in grado di accendersi e aumentare o diminuire l’intensità della loro emissione a seconda della presenza o meno dei visitatori. Risale al 2008 il Sustainable Dance Floor, realizzato su precisa committenza di una discoteca particolarmente attenta all’ambiente e al risparmio energetico. Si tratta di un pavimento luminoso interattivo, una pedana di 7x4 metri in grado di auto-produrre l’energia necessaria all’accensione delle luci multicolori grazie al movimento continuo e ritmato dei ballerini. Nello stesso anno lo studio ha installato Liquid Space 6.0, una serie di tubi con LED integrati che delimitano uno spazio preciso, in grado però di interagire in tempo reale con i diversi comportamenti della persone, diventando più grande o più piccolo, più colorato o meno luminoso. Tra le ultime fatiche di Daan, Venus for Venice, scultura interattiva per la 53esima Biennale di Venezia, nel 2009. 14 display di 4 metri ciascuno sono stati montati su un lato della storica piazza Riva Cà di Dio; questi, con i loro continui cambi di luce e colore sui toni caldi del rosso e del giallo, erano in grado di cambiare continuamente l’aspetto del vetusto e fascinoso angolo cittadino, richiamando alternativamente le sfumature del sole o quelle del pianeta Venere. www.studioroosegaarde.net
Dutch by birth, but a self-declared citizen of the world, Daan Roosegaarde inhabits the entire planet with his fascinating interactive sculptures. Daan Roosegaarde was born in 1979; he is a Dutch artist who lives and works in Rotterdam. He graduated from The Academy of Fine Arts, AKI, in Enschede and for some time has used his work to investigate the dynamic reactions that are frequently and easily, consciously or subconsciously, created between architecture, people and cultures. He presents his work through an exciting Internet site where he presents his creations and openly declares the objectives of his ongoing research. “My artistic creations –explained Daan – explore the relationship between architecture, people and new media. The sculptures I create are the materialization of the collision between people and technology that is a constant phenomenon in the modern world. By exploiting new media, the sculptures activate the senses and connect to the outside world”. Since 2006, Daan has been the art director of Studio Roosegaarde, an independent artistic workshop where his interactive installations are developed and assembled.
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The studio has active partnerships with companies and with important cultural Foundations. Works by Daan Roosegaarde have been displayed in prestigious venues such as the Netherland Media Art Institute in Rotterdam, the Tate Modern in London, the Microwave in Hong Kong and the Biennial in Venice. The studio’s headquarters resemble a large industrial warehouse where the various components for the creations, the supports and the technological parts are stored, ready to be assembled into large spectacular masterpieces. One unique feature of the works by Studio Roosegaarde is that the name has been unchanged over the years; each updated version is given a different number, just like the majority of software packages.
One of the first creations was Flow 5.0, a wall with approximately one hundred ventilators that are activated as people pass-by or speak; this is followed by Dune, a luminous installation with optic fibers positioned in large rectangular flower vases, which can be activated, with an increase or decrease of the light intensity, when there are visitors in the room and deactivated if the room is empty. The Sustainable Dance Floor dates back to 2008. It was designed ad hoc by the discotheque management that gave careful attention to the environment and energy saving. It is a luminous interactive flooring, a platform measuring 7x4 meters that can produce all the energy necessary for the multi-colored lighting, fuelled by the continuous beat
Flow 5.0, muri composti da migliaia di piccoli ventilatori che si attivano reagendo ai suoni e ai movimenti delle persone che vi passano accanto. Nella pagina precedente, Liquid Space 6,1, installazione di grande formato posta nel cuore della foresta, che appare come per magia nel buio come fosse un moderno totem luminoso. Flow 5.0 is a wall consisting of thousands of small ventilators that are activated by the sound and the movement of the people who pass nearby. On the previous page, Liquid Space 6.1, a large installation in the heart of the forest, which appears as if by magic, cutting the darkness like a modern luminous totem.
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Espressione della fusione uomo-macchina, 4D Pixel è una superficie intelligente che reagisce fisicamente alla voce delle persone e alla musica, mostrando disegni in rilievo. La scultura interattiva è composta da parti elettroniche, circuiti e magneti. The expression of the Man-machine fusion: 4D Pixel is an intelligent surface that reacts physically to the voice of people and the sound of music, exalting the relief designs. The interactive sculpture consists of electronic components, circuits and magnets.
of the dancers. In the same year, the studio installed Liquid Space 6.0, a series of tubes with integrated LEDs. This defines a precise space which can interact in real-time with the different behavior of the people present, becoming larger or smaller, more brightly colored or less luminous. One of Daan’s latest creations was ‘Venus for Venice’, an interactive sculpture for the 53rd Biennial of Venice, designed in 2009. It consists of 14 displays, each measuring 4 meters, applied to one side of the historical square Riva Cà di Dio. Through their constant changes of light and color in the warm shades of red and yellow, these screens completely changed the appearance of the enchanting period corner of the city, with colors that range from those of the sun to those of the planet Venus. www.studioroosegaarde.net
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Sotto, il Sustainable Dance Floor, pavimento interattivo in grado di generare energia sfruttando il movimento delle persone che ballano. Le luci colorate sono alimentate dall’energia prodotta ‘in tempo reale’.
Below, the Sustainable Dance Floor, an interactive floor that generates energy by exploiting the movement of the people who are dancing. The colored lights are supplied by energy produced in 'real time'.
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PROJECT
La messa in opera dell’installazione Elastic Plastic Sponge dello Studio Ball-Nogues (ph: Benlloyd Goldstein ) e prove di torsione di una superficie elastica.
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The development of the installation Elastic Plastic Sponge by Studio Ball-Nogues (ph: Benlloyd Goldstein) and torsion testing of an elastic surface.
ELASTIC PLASTIC SPONGE Un’installazione creata dagli studenti del Southern California Institute of Architecture (SCI-Arc), guidati da Benjamin Ball, Gaston Nogues e Andrew Lione dello Studio Ball-Nogues per la decima edizione del Festival della musica e delle arti di Coachella Valley L’installazione si presenta come un intreccio di segmenti in grado di determinare una geometria che si dispone e dialoga con il paesaggio; una griglia tridimensionale che può essere diversamente sagomata e disegnata dalla luce. Serrato e nello stesso tempo morbido e sfaccettato il suo fluire è nella materia, povera ma fascinosa; un complesso e regolare incastro di elementi realizzati con tubi di plastica leggeri e flessibili, disposti in modo da creare una vera e propria tessitura. Si tratta di una struttura modulare composta da 250 celle, articolata in uno sviluppo a nastro che rimanda alla nota disposizione su una superficie non orientabile sperimentata dal matematico tedesco August Ferdinand Möbius. Una “forma attiva” e per questo difficile da studiare con l’impiego di software. Queste strutture in genere richiedono infatti soprattutto un’esplorazione diretta, realizzata tramite prove con modellini dimostrativi. Le informazioni empiriche aiutano a rendere noto il processo di modellazione digitale, che viene studiato in termini di sviluppo, aspetto interessante anche per le implicazioni didattiche. Le celle sono inoltre moduli smontabili e flessibili, particolarmente adatte per una struttura temporanea e perciò riutilizzabili per altre realizzazioni; non solo, i suoi elementi possono essere continuamente riconfigurati per adattarsi a condizioni diverse; al sito innanzitutto ma anche al clima e in relazione all’affluenza del pubblico. Prima di affrontare il progetto il gruppo di studio ha preventivamente compiuto una ricerca sulle leggendarie adunate del rock; da Woodstock al Festival di Glastonbury, fino alle precedenti edizioni di Coachella, analizzando inoltre altre manifestazioni e realizzazioni quali quelle messe a punto per il Burning Man Festival, il Serpentine Pavilion e per la Biennale di Venezia. Tutte occasioni destinate a un pubblico molto vasto e a situazioni in continua evoluzione,
txt: Chiara Fagone ph: courtesy Studio Ball-Nogues project team: Joanne Angeles, Benjamin Ball, Phil Blaine, Seyoung Choi, Dina Giordano, Benlloyd Goldstein, Monica Gutierrez, James Jones, William Kim, Anthony Lagunay, Andrew Lyon, Jorge Miranda, Jeffery Morrical, Gaston Nogues, Mandana Ozlati, Tim Peeters
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Le modalità di assemblaggio delle 250 ‘celle’ che costituiscono Elastic Plastic Sponge, installazione creata dagli studenti del Southern California Institute of Architecture (SCI-Arc), guidati da Benjamin Ball, Gaston Nogues e Andrew Lione dello Studio Ball-Nogues. The assembly of the the 250 cells of Elastic Plastic Sponge, an installation created by the students of the Southern California Institute of Architecture (SCI-Arc), under the supervision of Benjamin Ball, Gaston Nogues and Andrew Lione of Studio BallNogues.
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performative nelle loro dinamiche. L’architettura temporanea destinata a una manifestazione come il Coachella Festival deve infatti rispondere ad esigenze formali e di aggregazione, a una notevole flessibilità intrinseca alla sua funzione di fulcro pulsante e spettacolare, possibilmente realizzabile con un budget contenuto. Le indagini e gli studi preliminari sulla particolare destinazione d’uso dell’installazione sono poi state affiancate da analisi e prove sui materiali condotte parallelamente alla formulazione di una proposta concettuale e formale. La fisionomia di Elastic Plastic Sponge possiede una precisa corrispondenza proporzionale nella struttura che misura 250x25 piedi (cioè 76,2x7,62 m) per 250 moduli. Questi sono stati realizzati ispirandosi a elementi che appartengono alla geometria della natura; i ‘leaf clover modules’ (moduli a trifoglio) che compongono i più complessi ‘crystal modules’ (moduli a cristallo) consentono di assemblare tra di loro i tubolari di plastica, fissati insieme mediante fascette e viti. La forma complessiva diviene quindi una diretta conseguenza del materiale scelto o meglio i parametri della sua forma potenziale sono dipendenti dalle proprietà del materiale e dalla sua configurazione; la forma – e questo è il tema dell’esercizio didattico progettuale compiuto dagli studenti dello SCI-Arc – è quindi inevitabilmente vincolata ma anche produttivamente derivata o desumibile dalle caratteristiche della materia. Sempre nella vocazione della struttura di adeguarsi a ogni nuova e imprevedibile situazione, la torsione del nastro, invece subordinata al contesto, è stata indirizzata in modo da creare una sorta di passaggio, disposto strategicamente sul tracciato tra i vari luoghi dove si suonava, per ricavare all’interno della curva uno spazio più raccolto, alternativamente un’oasi rasserenante in un contesto caotico ma anche un alveare pullulante di vita. Di giorno l’installazione offre riparo dal sole e si confronta con le diverse condizioni atmosferiche, in particolare con la nebbia che l’avvolge e ne segmenta ulteriormente i tratti mentre nell’oscurità l’ossatura si illumina interamente per creare inevitabilmente un grande richiamo, come un grande segnale nel buio della notte. Dopo una serie di studi riguardanti soprattutto la dominante cromatica del materiale e dell’ambiente naturale, la luce è stata affidata a tubolari fluorescenti T5 gelificati viola, disposti entro le celle in modo da attribuire, con il diverso orientamento degli apparecchi, un senso dinamico all’intera composizione, un effetto evidente tanto a distanza ravvicinata, quanto in lontananza. Non solo, la luce ha consentito di visualizzare e rendere esplicita la torsione e la curvatura ad arco del nastro; l’illuminazione ha permesso infatti a tutti di capire veramente la deformazione della superficie nel suo complesso, e nello stesso tempo ha reso l’installazione visibile, con il suo seducente riverbero fatto di bagliori trasversali, da ogni punto di tutto il territorio dei 90 ettari destinati a ospitare il festival. Ma al di là delle intenzioni progettuali e metodologiche, che il grande pubblico generalmente non è portato a considerare, Elastic Sponge ha funzionato, la gente ha vissuto la grande ossatura luminosa creativamente, sperimentando momenti di coinvolgimento collettivo al suo interno oppure isolandosi e trasformando i ‘crystal modules’, le celle, definite anche ‘gem’ (gemme) in abitacoli simili a molteplici ‘cocoon’. I progettisti raccontano che una notte un ragazzo in tuta verde è stato trovato all’interno della struttura, in posa come un supereroe dei primi anni Ottanta, misteriosamente apparso o sopravvissuto in un apocalittico mondo postradioattivo, come se l’installazione fosse stata progettata per lui; la luce violacea illuminava il suo corpo vestito di verde come una sagoma ritagliata e vistosa in modo da farlo somigliare a una figura elaborata in photoshop. Per l’insieme delle sue caratteristiche fisiche e dinamiche, l’installazione risulta originale nella propria configurazione formale quanto nell’utilizzo, elastica e plasmabile proprio come una spugna, aperta al vento e adagiata sul terreno come per modularne un nuovo inatteso profilo, la sua sinuosa e ricettiva architettura distesa nello spazio, effimera ma strutturata, scandita e disegnata da una geometria riconoscibile ma inedita e stimolante, si esibisce al pubblico come organismo artificiale e nello stesso tempo vivo e sensibile e, come la sua essenza del resto, coinvolgente e non convenzionale.
An installation created by the students of the Southern California Institute of Architecture (SCI-Arc), led by Benjamin Ball, Gaston Nogues and Andrew Lione of Ball-Nogues Studio, for the tenth edition of the Coachella Valley Festival of music and arts The installation sees interweaving segments that create a geometric effect which spreads out and converses with the landscape; a three-dimensional grid which can be shaped and marked out by light. Compact yet at the same time soft and multi-faceted, it flows in the poor yet appealing material used; a complex yet uniform intersection of elements created using light, flexible plastic tubes that have been set out to create a weave. It is a modular structure made up of 250 cells, articulated into a ribbon which unfolds to remind us of the renowned layout on a non-adjustable surface as experimented by German mathematician August Ferdinand Möbius. An “active form” which, for this very reason, is difficult to analyse using software. In fact these structures
generally require direct exploration first and foremost, which can be conducted by carrying out tests with demonstration models. The empirical information helps to communicate the digital modelling process, which is studied in terms of development, an interesting aspect also in terms of the didactic implications. The cells are also modules that are flexible and can be dismantled. They are particularly well suited to use as a temporary structure, and can therefore be used for other creations. Moreover, its elements can be constantly reconfigured to allow them to adapt to different conditions on the site itself, as well as climate and attendance figures of the public. Before tackling the project, the study group first carried out research into legendary rock festivals, from Woodstock to the Glastonbury Festival, down to previous editions of the Coachella Festival. It also analysed other events and creations, such as those staged for the Burning Man Festival, the Serpentine Pavilion and the Venice Biennial. All were occasions aimed at large audiences, in constantly evolving situations with high-performance dynamics.
A temporary structure used for an event such as the Coachella Festival must, in fact, meet requirements dictated by form and mass aggregation to ensure it is flexible enough to fulfil its role as the beating heart of a spectacular fulcrum, preferably on a low budget. The surveys and preliminary studies into the particular usage purpose of the installation were then added to analyses and tests carried out on the materials, alongside the drafting of a conceptual and formal proposal. The physiognomy of Elastic Plastic Sponge corresponds precisely with the proportions of the structure, which measures 250 x 25 feet (or 76.2 x 7.62 m) with 250 modules. These have been made drawing inspiration from elements that form part of nature’s own geometrics: the ‘leaf clover modules’ which make up the more complex ‘crystal modules’ make it possible to assemble together plastic pipes which are fixed together using straps and screws. As a result, the overall shape is the direct result of the material chosen, or rather the parameters of its potential form depend on the properties of the material and its
Le fasi di realizzazione di Elastic Plastic Sponge (ph: Benjamin Ball). Sopra e a fianco, l’utilizzo della struttura durante la decima edizione del Festival della musica e delle arti di Coachella Valley (ph: Christopher Ball). Construction phases of Elastic Plastic Sponge (ph: Benjamin Ball). Above and to the side, the structure in use during the tenth edition of the music and arts festival of Coachella Valley (ph: Christopher Ball).
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configuration; the shape – and this is the subject involved in the planning exercise carried out by the students of SCI-Arc – is therefore inevitably restricted, but also productively derived or deducible from the characteristics of the material used. Still on the subject of the structure’s ability to adapt itself to every new and unpredictable situation, the torsion of the ribbon, which on the other hand is dictated by the context, has been guided in such a way as to create a type of passage set out strategically along the route between the various places where concerts occurred, so that a cosier space could be obtained within the inside of the curve, or a calm oasis of peace in a context that is chaotic but also a beehive bursting with life. By day the installation offers protection from the sun and tackles different weather conditions head-on. This is particularly the case when it is enveloped by fog, which further segments its defining features, whilst in the dark its frame is completely illuminated. Inevitably the result is a great source of attraction, and sends a clear signal out into the dark of night. After a series of studies which chiefly addressed the prevalent colour of the material and the natural environment, the lighting was created using T5 jellified fluorescent light strips in purple set out inside the cells so that, with the different angles of the devices, a dynamic feeling would be given to the whole composition, an effect that is as clear close up as it is from a distance. In addition, the light made it possible to show the curving and arching of the ribbon and make it explicit; in fact the illumination allowed everyone to grasp the true deformation of the surface as a whole, whilst at
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the same time ensuring that the installation, with its seductive reverb created with transversal flashes, would be visible from every point throughout the 90 hectares to be used for the festival. Yet aside from the planning and methodological intentions, which the public at large does not generally take into consideration, Elastic Sponge worked. People experienced the large luminous bone structure creatively, experiencing moments of collective involvement inside it, or isolating themselves and transforming the ‘crystal modules’, or cells which are also called ‘gems’ into compartments that resemble so many ‘cocoons’. The designers explain that one night a boy in a green outfit was found inside the structure, striking the pose of an early-Eighties super hero, having mysteriously appeared or survived in an apocalyptic post-radioactive world, as though the installation had been designed just for him; the purple light lit up his body clad in green like a showy cut-out, making him look like something conjured up with Photoshop. Overall its physical and dynamic characteristics give the installation a formal configuration as original as its use, as flexible and mouldable as a sponge, open to the wind and set out on the ground as if to modulate a new, unexpected profile. With its sinuous, welcoming architecture spread out through space, it is ephemeral yet structured, marked out and designed by its geometrics which are identifiable yet new and stimulating. Thus it exhibits itself to the public as though it were an artificial yet living, sensitive organism and, like its very essence, enthralling and unconventional.
L’installazione Elastic Plastic Sponge di Studio Ball-Nogues, nelle ore notturne (ph: Christopher Ball). The installation Elastic Plastic Sponge by Studio Ball-Nogues, at night (ph: Christopher Ball).
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MUSEO
L’installazione interattiva ‘Il Libro degli ingegneri’. Nella pagina a fianco, il plastico architettonico relativo a ‘Soglia delle Acque e delle Fonti’ che illustra la complessità tecnica ed idraulica di Fonte della Pescaia, l’edificio che ospita il Museo dell’Acqua.
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The installation ‘Il Libro degli ingegneri’ (The Book of the Engineers). On the opposite page, the model ‘Soglia delle Acque e delle Fonti’ (Threshold of water and springs). On the opposite page, the model that illustrates the technical and hydraulic complexity of the Fonte della Pescaia, the building that houses the Museum of Water.
MUSEO DELL’ACQUA
txt: Chiara Fagone ph: courtesy Studio Azzurro
MUSEUM OF WATER
Intervista a Leonardo Sangiorgi An interview with Leonardo Sangiorgi È stato recentemente inaugurato a Siena il Museo dell’Acqua, un nuovo spazio espositivo che ricostruisce e racconta il patrimonio costituito dal sistema di raccolta e distribuzione delle risorse idriche. L’acquedotto medievale senese si estende per oltre 25 km in un complesso tracciato di gallerie scavate nel sottosuolo che riaffiorano in superficie attraverso decine di fonti, fontane, pozzi e cisterne. La rete dei canali sotterranei, chiamati bottini, rappresenta un capolavoro dell’ingegneria tra XIV e XV secolo; un patrimonio storico e architettonico poco noto, composto da manufatti, reperti e documenti legati alla cultura dell’acqua. Indagare e percorrere luoghi sopra e sotto la città consente di creare produttive corrispondenze tra conoscenze differenti; contributi scientifico-naturalistici e geologici, storici e architettonici insieme, in modo che il Museo dell’Acqua si presenti come “museo del paesaggio e della città”, un “museo-laboratorio” progettato negli ambienti della Fonte di Pescaia da Studio Azzurro, Mizar e SocialDesign in un percorso multimediale di 19 installazioni. Una “sequenza di stanze”, ereditata dall’originale configurazione dell’edificio, che coincide con la “struttura narrativa” del museo; attraverso l’uso della tecnologia il visitatore non solo assiste allo spettacolo dell’acqua, ma ne diviene attivamente partecipe, trasformandosi in “visit-attore”. Luoghi, esperienze e conoscenze suggestivamente proposti al pubblico evocano memorie perdute e affascinanti quanto coinvolgenti stratificazioni storiche, rendono visibile un patrimonio spesso inaccessibile e offrono – tramite un’accurata analisi dei sistemi sperimentati a Siena nei secoli per la ricerca, l’adduzione e distribuzione dell’acqua adottati per sopperire a una condizione idrogeologica non favorevole – inedite opportunità di comprensione e lettura della struttura territoriale, urbana e della sua conformazione in rapporto a un possibile più ampio “museo diffuso”.
Ho chiesto a Leonardo Sangiorgi, uno degli autori del progetto, di illustrare alcune caratteristiche legate all’utilizzo dei linguaggi della multimedialità in relazione alla creazione di uno spazio museale. Come è nata l’idea del Museo dell’Acqua? E come si è sviluppato il progetto?7 L’idea è frutto di tutta una serie di esperienze legate ad attività di ricerca, restauro, cultura che vedono coinvolte la Comunità Europea e il Comune di Siena, in particolare dopo il 2000, anno in cui Siena è stata dichiarata città dell’acqua. Il gruppo di ideatori e promotori del progetto è rappresentato dagli architetti Roberto Santini di Siena e Goffredo Serrini e Claudio Zagaglia dello studio SocialDesign di Firenze. Poi, più o meno tre anni fa, ci hanno coinvolto nel progetto del Museo a Fonte di Pescaia, unitamente allo studio Mizar di Roma; per intenderci basta il nome del suo manager, Paco Lanciano, per dire tutto. Coinvolti dagli architetti, ma consci dell’approccio completamente diverso dei due studi, Azzurro e Mizar, io e Paco Lanciano ci siamo incontrati, abbiamo intuito le potenziali delle nostre diverse capacità espressive e abbiamo accettato la sfida di progettare insieme agli architetti un museo che fosse qualcosa di completamente differente da quello realizzato fino a quel momento dai due studi, un museo cioè che inglobasse un’anima pragmatica del tipo musei-exploratorium dove si racconta come avvengono le cose e perché succedono, quindi con forte taglio didattico, e un’anima non procedurale ma emozionale dove le cose non si guardano ma si vivono, dove infatti si ha, non di fronte all’opera ma dentro all’opera, non un punto di vista ma un punto di “vita”. Con questo taglio abbiamo portato dentro il progetto, la nostra esperienza sui musei di narrazione, su quei luoghi che valorizzano beni non tangibili ed immateriali, come i ricordi, e testimonianze, la memoria. Insieme agli architetti abbiamo studiato l’involucro migliore per contenere questa particolare forma museale.
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Nel progetto del museo quanto conta la dimensione ‘emozionale’? E quanto quella ‘percettiva’? Parte della risposta si riferisce a alla domanda precedente. In particolare il museo alterna, attraverso una sapiente programmazione di spazi e di exhibit, momenti informativi e di divulgazioni a momenti in cui la percezione sensoriale è considerata l’elemento principale per l’acquisizione di sapere e conoscenza. Il confine poi tra questi due momenti non è mai preciso ma sfuma in linguaggio cinematografico, con continue dissolvenze incrociate tra una dimensione e l’altra. L’esperienza di un unicum continuamente modulato è dato anche dall’allestimento architettonico che, non toccando assolutamente l’esterno, si è concentrato tutto all’interno ricreando una condizione di penombra tipica dell’esperienza dell’acqua a Siena, che è tutta “nascosta e sotterranea”, interrotta ogni tanto dalla luce dell’acqua turchese riflessa dalle fonti della città e rappresentata nel museo dai bagliori della lucentezza delle immagini elettroniche che si stagliano sul colore scuro delle pareti e si riflettono sul pavimento di resina che imita l’effetto del bagnato e dell’acqua. Nel museo esiste un exhibit, una stanza alla ricerca della Diana, il mitico fiume sotterraneo cercato vanamente dai Senesi in competizione con l’Arno Fiorentino, che è per definizione e anche per allestimento una stanza sensoriale dove il visitatore non apprende niente dall’esterno ma gioca con le proprie percezioni interiori stimolate da una colonna sonora progressiva su diverse tracce e da superfici tattili (il pavimento della stanza è ricoperto da 22 cuscini uno differente dall’altro, pieni di sabbia) sui quali il pubblico si può stendere e/o sedere e iniziare un proprio viaggio meditativo alla ricerca dei propri e altrui miti. Storia e tecnologia alleate nel coinvolgimento del pubblico; come la multimedialità può essere utilizzata per rievocare la memoria? C’è una corrispondenza assoluta e una grande sintonia o simbiosi tra beni non tangibili, immateriali e la tecnologia. Infatti, niente di meglio di qualcosa che maneggia elettroni, particelle atomiche e sub atomiche come la tecnologia digitale ed elettronica, è adatta a manipolare ciò che è costituito da lampi tra sinapsi neuroniche e percezioni che sconfinano abbondantemente in qualcosa che nel momento in cui si tenta di definirlo come “inconscio” già si sbaglia. Inoltre questa simbiosi ha delle componenti vincenti, quando poi si trasforma in “testimonianza” unendo il fascino ancestrale della trasmissione della conoscenza in forma orale; per intenderci tutti seduti attorno al fuoco a sentire le storie del grande vecchio e le nuove tecnologie che permettono di evocare e riattivare questa condizione in qualsiasi momento anche in occasione della “sua” assenza.
Sopra, Fonte della Pescaia; a destra particolare di una vasca. Nella pagina a lato, ‘Bottino’, installazione che ricostruisce uno dei cunicoli scavati nella roccia.
Above, the Fonte della Pescaia; right, a close-up of a tub. On the opposite page, ‘Bottino’, an installation that reconstructs one of the channels carved in the rock.
Materiale e immateriale, due costanti del lavoro di Studio Azzurro; testimonianze tangibili e informazioni convivono in modo dialettico sempre pacifico? Convivono sempre, ma non sempre in modo pacifico. L’esperienza dei musei di narrazione o narrativi ci ha permesso di conoscere diverse cose a posteriori, a consuntivo sul nostro lavoro, ci ha permesso di mettere a fuoco tecniche e procedure per rendere più efficace la nostra espressività. Ad esempio che non tutto ciò che viene detto e si racconta e/o può essere tradotto in immagini è automaticamente efficace e bello. Il nostro lavoro alla fine consiste nell’incantare raccontando storie: non tutte le storie si prestano ad essere raccontate bene, non basta alchemizzarle, trasmutandole, parafrasando terminologie alchemiche, attraverso le
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nuove tecnologie per trasformarle automaticamente in qualcosa di avvincente, emozionante, bello e compiuto. Bisogna saper scegliere, individuare le storie giuste da “raccontare”, stimolare i narratori a raccontarci quelle “giuste”. Abbiamo imparato a sollecitare queste storie a riconoscerle, abbiamo discusso, lottato con storici, scienziati, archeologi, per convincerli che fatti, dati, eventi possono essere raccontati in un modo diverso da quello che loro avevano utilizzato fino a quel momento. Ovviamente anche le amministrazioni che dovevano pagarci erano spiazzate, abituate a finanziare opere la cui matericità è estrema come l’asfalto delle strade, i mattoni e l’intonaco per gli edifici; pagare per un SAL, Stato Avanzamento Lavori, qualcosa che è immateriale come la memoria di accadimenti passati ha prodotto una certa difficoltà tra materiale ed immateriale; infine, con la tecnologia non vi è mai certezza, questa è la sola certezza. I musei multimediali in quanto luoghi con una grande densità di tecnologie sono anche luoghi dove la conoscenza tecnologica dell’uomo viene messa costantemente alla prova. Ci sono stati dei grandi miglioramenti e un’indubbia evoluzione, ormai tutti i nostri sistemi di playback delle immagini sono su memorie allo stato solido, nelle apparecchiature non ci sono più parti in movimento c'è grande affidabilità sulle macchine. La richiesta dell’utenza invece è cresciuta moltissimo, data la consuetudine nella quotidianità con questi sistemi, quindi la nostra ricerca, la nostra esplorazione ai limiti è sempre attiva e la sperimentazione per sua natura contiene errori, difetti, malfunzionamenti a volte all’inizio inspiegabili. Questo crea qualche problema aduno studio come il nostro che ricava i fondi della ricerca dal proprio lavoro e non da finanziamenti statali, che comunque, vista la situazione attuale, non esistono più. Lavorare con gli elementi e in particolare con l’acqua, elemento da voi molto amato a partire dalla vostra celebre installazione ‘Il Nuotatore’ del 1984, quali potenzialità rivela? Nonostante il passare degli anni, l’evolversi delle tecnologie e i costumi culturali c’è sempre qualcosa relativo agli elementi naturali che ci affascina. Anche noi come Studio Azzurro ci siamo domandati poco e fatti affascinare molto. Ma le connessioni a questo elemento riflettendoci bene ha diverse implicazioni; quella ancestrale è legata al lato fisico della nostra esperienza dell’acqua, di lì è nata e si è sviluppata la vita, è l’elemento indispensabile alla vita degli organismi, la dipendenza ancestrale per noi a questo elemento è innegabile e continua anche nella sua replica elettronica, che permette di apprezzarne continuamente la mutabilità, quasi simbolo dei nostri stati d’animo, e in qualche modo rispecchia attraverso il suo flusso la simbologia delle energie in gioco nella produzione delle immagini elettroniche, flussi di elettroni a fronte di flussi di molecole, c’è attinenza... mi ricordo di un testo di storia dell’arte che parlava della luce che bagnava le sculture.... il cerchio si chiude, quindi.
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Quali differenze sono emerse rispetto alle altre realizzazioni museali da te progettate? Penso in particolare al Museo di Formigine e al Museo Laboratorio della Mente dei quali ho scritto per i lettori di D Lux. Su macroscala ci sono poche differenze fra questi musei narrativi, di fatto ogni museo è differente dall’altro per contenuti, ovviamente, e in parte per soluzioni narrative, tecnologiche e percettive, che in ogni nostro progetto tentiamo di introdurre. Il Museo della Mente, ad esempio, è un museo in progress, non è finito e non sarà mai finito, si modificherà continuamente, aggiornerà continuamente la sua linea di “attacco e di difesa” mano a mano che il tema del disagio mentale e della diversità si modifica all’impatto con i cambiamenti culturali che si verificano nella nostra società. L’impressione è quella di un utensile con una saggezza molto flessibile e particolare, in grado di penetrare materiali, quasi intoccabili come la mente delle persone. Formigine è stato la prima sfida – vinta abbondantemente – tra sostenitori dei musei tradizionali, per intenderci bacheche e pannelli, e noi sostenitori dei musei di narrazione. Il contenuto da “collezione” era praticamente inesistente, così siamo diventati dei detective della narrazione indagando in archivi e diari, facendoci raccontare i risultati del loro lavoro da archeologi medioevalisti, paleontologi, storici, architetti, musicisti e semplici cittadini, per scovare le storie più belle ed avvincenti da mettere in scena nelle belle sale della splendida architettura restaurata del castello. A Siena è stata compiuta, come già detto, la scelta di unire in modo virtuoso e non conflittuale due approcci alla trasmissione e alla divulgazione della cultura e della storia di una città; l’approccio didattico e divulgativo delle esperienze e del metodo empirico e quello dell’emozione e della fantasia legato al mondo dell’interiorità personale.
compensate the unfavorable hydro-geological conditions. This presents the unique opportunity for the comprehension and interpretation of the territorial and urban structures and the arrangement in relation to a possible broader ‘widespread museum’. I asked Leonardo Sangiorgi, one of designer, to illustrate some of the characteristics associated with the use of a multimedia language in relation to the creation of a museum space. How did the idea of the Museum of Water come about? And how did the plans develop? The idea emerged from a series of events associated with the research, restoration and culture that involved the European Community and the City Council of Siena, post- 2000 in particular, the year in which Siena was actually declared a ‘City of Water’. The group of designers and promoters of the project includes architects Roberto Santini of Siena and Goffredo Serrini & Claudio Zagaglia of Studio SocialDesign in Florence. About three years ago, they contacted us and got us involved in plans for the Museum in Fonte di Pescaia, in collaboration with studio Mizar in Rome; the name of the manager, Paco Lanciano, says it all. Infected by the enthusiasm of the architects, but well-aware of the totally different approach of the two studios, Azzurro and Mizar, Paco Lanciano and myself met up; we were aware of the potential possibilities of our differing expressive abilities and we accepted the challenge of working with the architects to design a museum that would be completely different to anything produced by the two studios until that date: a museum that would envelop the pragmatic soul of the museum-exploratorium where events and why they happen are explained. The museum would be an important teaching structure with an emotional and not a procedural soul where things are not watched but experienced, where the person is immersed in the exhibits and not in front of it, where he has a view on life and not just a view. With this approach we carried forward the plans for this museum, our experience on the narration museums, on those places that enhance things that are not tangible and are immaterial, such as memories, things that were experienced and witnessed. Along with the architects, we studied the best shell for housing this special type of museum. In the design of the museum, how important is the ‘emotional’ dimension? And how important is the perception? The question was partly answered by the previous answer. But more specifically, the museum alternates information with moments where sensory perception is the main element for acquiring the knowledge, through a skillful program of spaces and exhibits. The boundary between these two moments is never perfectly clear but blurs in the cinemalike interpretation with constant cross-over intersection between one dimension and the next. The experience of a continually modulated unicum is also given by the architectonic arrangement that does not touch the outside but concentrates on the inside with the recreation of a condition of penumbra typical of the water experience in Siena. In this city, water is all ‘hidden and underground’, interrupted now and again by the turquoise light reflected by the fountains in the city and represented in the museum by the shimmering electronic images that contrast with the dark colors of the walls and reflect in the resin flooring which imitates the effect of wetness and water. There is a special exhibit in the museum, a room dedicated to Diana, the mythical underground river that was searched for in vain by the people of Siena, who were in competition with the River Arno that flows through Florence. By definition and by arrangement, this is a sensorial room where the visitor intercepts nothing from the outside but exploits his own interior perception stimulated by a progressive sound track on a number of tracks and tactile surfaces (the floor of the room is covered by 22 cushions, each one different to the next, full of sand) on which the public can lie down and/or sit and begin its meditational trip into its own and other myths.
The Museum of Water was recently inaugurated in Siena. This new exhibition facility reconstructs and tells the story behind the system of collection and distribution of the water resources. Siena’s medieval aqueduct extends for 25 km in a complex combination of underground tunnels that emerge from the surface forming dozens of springs, fountains, wells and cisterns. The network of underground canals, called bottini, is unquestionably a masterpiece of engineering, completed between the XIV and XV centuries; its historical and architectonic legacy is little-known, and consists of articles, specimens and documents associated with the culture of water. Investigating and examining places that lie above and below the city allows the formation of a valid correspondence between different know-how: scientific-naturalistic, geological, historical and architectonic contributions. These join together to produce the Museum of Water, presented as a ‘museum of the landscape and of the city’, a ‘museum-workshop’ created in the Fonte di Pescaia by Studio Azzurro, Mizar and SocialDesign and consisting of a multimedia pathway of 19 installations. A ‘sequence of rooms’ was the legacy of the building’s original arrangement, which coincides with the ‘narrative structure’ of the museum; using technology, the visitor will be able to enjoy the water-show and become a part of it, he will become a ‘visit-act-or’. Locations, experiences and information are suggestively presented to the public and stimulate lost fascinating memories that are entwined in the historical stratifications, exalting a legacy that is often inaccessible. They offer – through the accurate analysis of systems experimented in Siena over the centuries for the research, adduction and distribution of water, systems that were adopted to
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History and technology allied to involve the public; how can multimedia be used to bring back memories? There is absolute correspondence and great harmony or symbiosis between non-tangible immaterial goods and technology. In actual fact, there is nothing better than something that manages electrons, atomic and sub-atomic particles such as digital and electronic technology; it is suitable for manipulating what has been constructed with lamps between neuron synapses and perception that break into something that is wrong at the very moment one attempts to define it. Moreover, this symbiosis has winning components, when there is an attempt to transform it into ‘evidence’ combining the ancestral fascination of knowledge transmission into the spoken word; in other words, people sitting around a fire listening to the stories from the elders and the new technology that can evoke and re-activate this condition in any moment, even when it is physically absent.
Un’immagine del plastico interattivo ‘Soglia delle Acque e delle Fonti’ e ‘Le Porte d’Acqua’. Nella pagina a fianco l’installazione ‘Vento Sospeso’ e un disegno relativo alla sua progettazione.
The interactive model ‘Soglia delle Acque e delle Fonti’ and ‘Le Porte d’Acqua’ (The gateways of water). On the opposite page, the installation ‘Vento Sospeso’ (Hanging wind) and drawings of the project.
Material and immaterial, two constants in the work by Studio Azzurro; could these be described as tangible evidence and information that live together in peaceful dialect? They live side-by-side but not always in a peaceful manner. The experience of the narration or narrative museums has allowed us to understand a number of things in retrospect, when the job has been done; it has allowed us to comprehend techniques and procedures to make our expressiveness more efficacious For example, not everything that can be said and told and/or can be translated into images is automatically efficacious and beautiful. Our work in the end lies with enchanting by telling stories: and not all of the stories lend themselves to interesting telling; it is not sufficient to spice them, changing them, paraphrasing chemical terms, using new technology to transform them automatically into something successful, emotional, beautiful and complete. We need to know how to choose, identify the right stories to ‘tell’, to stimulate the narrators to tell us the right ones. We learned how to select these stories, we discussed, battled with historians, scientists, archeologists, to convince them that facts, figures, events can be described in a different way from how they have been perceived until that moment. Obviously even the administrations that had to pay us were perplexed; these bodies were used to financing projects where the material aspect was as extreme as the tarmac on the roads, the bricks and the paint for the buildings; paying for a Status of Progressing Work, something that is immaterial such as the memory of past events introduced a certain degree of difficulty between the material and the immaterial; finally, there is never certainty with technology, there is only tangible certainty. The multimedia museums are places with a high density of technology and they are also places where Man’s technological knowledge is constantly put to the test. There have been great improvements and unquestionable evolution; currently all our playback systems for the images are based on memories of the solid state, there are no moving parts in the equipment, the machinery is extremely reliable. The requests from the users has grown considerably, given the routine use of these systems; and as a result, our research, our exploration to the boundaries is always active and the experimentation by its very nature includes errors, defects, dysfunctions which are sometimes unexplainable. This creates some problems for a studio such as ours that is financed by its own work and not by state funding which, given the current situation, no longer exists. Working with the elements, water in particular, an entity that you obviously love considerably, starting with your famous installation ‘The Swimmer’ dating 1984, what would you say is the potential? Despite the passing of time and the evolution of technology and cultural customs, there is always something in the natural elements that fascinates us. And in Studio Azzurro we also asked few questions and were enchanted. However, if we think about it, the connections with this element has a number of implications; the ancestral bonds associated with the physical aspects of our experience with water were created there and developed life; it is the essential ingredient associated with the existence of living organisms, we have an unquestionable ancestral dependency with this element and continues with its electronic repetition, which allows us to continually appreciate the changes, almost like a symbol of our states of mind and in some ways reflects through the waves, the symbolism of the energy involved in the production of electronic images, electron flows faced with streams of molecules, there is a link… I remember a phrase from an article on the history of art which spoke of sculptures bathed in light … the circle is closed. How would you describe the differences that have emerged with respect to other museums that you have designed? In particular, I am referring to the Museum of Formigine and the Workshop Museum for the Mind which I have written about for the readers of DLux. On a macro-scale, there are very few differences between these narrative museums; of course, each museum is different because of the content and partly because of the narrative, technological and perceptive solutions that we attempt to introduce into every project. The Museum of the Mind, for example, is a museum in progress; it has not been completed and never will be, it will change in continuation, it will be continually updated on the lines of ‘attack and defense’ gradually as the topic of mental disturbance and diversity modifies under the impact with cultural changes that can be seen in our society. The impression we have is that of an instrument with unusual versatile wisdom that can penetrate materials, almost untouchable like the minds of the people. Formigine was the first challenge and it was extremely successful; it was a battle between the supporters of the traditional museum, with cabinets and panels, and the group of us who prefer the narrative type of museum. The collection content was almost non-existent; as a result we became detectives of the narration and investigated files and diaries, investigating the results of their work from the specialist Medieval archeologists, paleontologists, historians, architects, musicians and citizens, to reveal wonderful stories to present in the beautiful halls of the castle’s restored architecture. As mentioned before, in Siena we combined in a virtuous and non conflicting manner two approaches to transmission and spreading of the culture and the history of a city; the didactic and broadcasting approach of the experience and the empirical method and that of the emotions and imagination associated with the world of personal interiority.
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MUSEO
RITORNO ALLA LUCE txt: Chiara Fagone
RETURN TO LIGHT
Ritorno alla luce è il titolo di una delle sezioni del MAV – Museo Archeologico Virtuale di Ercolano (Napoli), istituzione situata a pochi passi dagli scavi archeologici dell’antica Herculaneum, progettata e concepita attraverso le più innovative applicazioni della multimedialità Il museo è stato realizzato in un edificio dal vissuto composito; prima Casa del Fascio, poi mercato comunale coperto e successivamente destinato ad ospitare una scuola; la sua struttura architettonica si sviluppa su tre livelli per una superficie di 5000 metri quadrati. Dopo la completa ricostruzione degli spazi sono stati ricavati, oltre al percorso museale interattivo e virtuale che occupa circa 1500 metri quadrati, anche un auditorium destinato a spettacoli teatrali, conferenze e proiezioni dalla capienza di 350 spettatori, due sale più piccole da 40 posti ciascuna, alcuni laboratori multimediali, un archivio, una galleria sede del Global Village Square Project, infine il Mav Café e uno shop per i visitatori. Il MAV, luogo di stratificazione, raccolta e classificazione delle memorie legate alla tragica eruzione del Vesuvio del 79 d.C., suggestivamente sovrappone la
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A sinistra, il tavolo interattivo del Museo Archeologico Virtuale; la sua superficie offre la possibilità di approfondire sequenze tematiche diverse (ph: Ivano Nobile). In basso, l’installazione ispirata alla Biblioteca della Villa dei Papiri e ancora un’immagine del tavolo interattivo (ph: courtesy MAV).
dimensione dell’immaginario a quella del reale; oltre 70 installazioni multimediali ideate da Gaetano Capasso con la collaborazione della società di produzione Capware restituiscono vita alle principali aree archeologiche di Pompei, Ercolano, Baia, Stabia e Capri. Attraverso ricostruzioni scenografiche, interfacce visuali ed ologrammi si procede in un viaggio virtuale durante il quale sperimentare interattivamente le nuove opportunità tecnologiche che possono contribuire a una più diffusa e partecipe conoscenza e fruizione del patrimonio archeologico. Preludio all’itinerario, il primo ambiente del museo, intitolato ‘I nostri corpi scomposti in luce’, introduce ed illustra il concetto di “intelligenza connettiva” di Derrick de Kerckove. Se la connessione delle intelligenze, cioè la possibilità di condividere il pensiero, le idee e i progetti espressi da altri individui determina l’incontro sinergico dei singoli per il raggiungimento di un obiettivo, la connettività, nel dialogo con l’idea di collettività già analizzata da Pierre Levy, moltiplica l’unità frammentata delle potenzialità degli elementi della rete. Si tratta di valutare la comunicabilità dei singoli elementi come caratteristica fondamentale dei nuovi media e le innumerevoli possibilità disponibili per la creazione di oggetti multimediali e di artefatti cognitivi. Il visitatore viene qui individuato e riconosciuto, la traccia visiva di questa sua presenza è evidenziata da un cerchio luminoso in grado di stabilire connessioni con i tracciati degli altri visitatori mentre sulle pareti i loro movimenti, scomposti e riconfigurati dalla luce, quindi definitivamente smaterializzati, assumeranno altre connotazioni, proprie e più consone alla dimensione virtuale che si viene ad intraprendere. Se l’installazione ‘Nomi e volti degli antichi abitanti’ mostra in sequenza fisionomie di personaggi che raccontano, grazie ad alcune campane acustiche, le loro storie vissute, le loro drammatiche ed emozionanti testimonianze, si prosegue poi con l’esperienza dello scavo. Cunicoli scavati nella roccia e pozzi di discesa rievocano le tecniche di scavo settecentesche: le campagne che portarono al progressivo recupero dei reperti furono avviate ad Ercolano tra il 1738 e il 1765 per volontà di re Carlo di Borbone e con la direzione di Rocque Joaquin de Alcubierre, ingegnere ed archeologo spagnolo, assistito da Karl Jakob Weber prima e da Francesco La Vega poi, mentre gli scavi di Pompei ebbero inizio nel 1748. Anche se le ricerche furono
Left, the interactive table in the Virtual Archeology Museum; the surface provides visitors with greater information on a series of different subjects (ph: Ivano Nobile). Bottom, the installation inspired by the Library of the Villa dei Papiri and an additional image of the interactive table (ph: courtesy MAV).
Ritorno alla luce (Return to Light) is the title of one of the sections of the MAV – the Virtual Archaeological Museum of Herculaneum (Naples). Located just a stone’s throw from the archaeological digs of ancient Herculaneum, it has been designed and conceived using the most innovative multimedia applications The museum is housed inside a building that served a variety of purposes in the past; first it was used as the headquarters of the local Fascist party, then as a covered municipal market, and later as a school. Architecturally it covers three storeys, for a surface area measuring 5,000 square metres. After the premises had been completely renovated, in
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addition to the interactive and virtual museum itself which covers 1,500 square metres, an auditorium was also created. This will be used for plays, conferences and film projections, and has a seating capacity of 350 spectators. In addition, two smaller 40-seater theatres were created along with a number of multimedia workshops, an archive, a gallery housing the Global Village Square Project, and last but not least the Mav Café and a shop for visitors. The MAV is a place where evidence of the tragic eruption of Vesuvius in 79 A.D. is stratified, collected and classified. It manages to create an evocative effect where the imaginary dimension overlaps with the real one; over 70 multimedia installations conceived by Gaetano Capasso in conjunction with the Capware production company bring the main archaeological areas of Pompeii, Herculaneum, Baia, Stabia and Capri to life again. Through staged reconstructions, visual interfaces and holograms, visitors are taken on a virtual journey during which they can experiment interactively with the new technological opportunities that can contribute to a greater awareness and afford people a close encounter with the wealth of archaeological treasures. As an introduction to the tour, the first room of the museum, entitled ‘I nostri corpi scomposti in luce’ (Our bodies broken up into light) introduces and illustrates the concept of “connective intelligence” developed by Derrick de Kerckove. If the connection of intelligences,
condotte in condizioni di estrema difficoltà l’individuazione di alcuni importanti edifici e la stesura delle prime mappe del territorio degli scavi risultarono determinanti per gli sviluppi successivi, in particolare le planimetrie realizzate da Weber che scoprì il Teatro ad Ercolano e riportò alla luce la Villa dei Papiri, la Villa di Giulia Felice a Pompei e diverse ville a Stabiae. Il fascino esercitato dalle antichità classiche, amplificato dal fenomeno del collezionismo, la suggestione delle rovine e l’interesse archeologico, che preludono alle istanze del Neoclassicismo, attirano nel XVIII secolo i viaggiatori del Grand Tour verso l’Italia, ed Ercolano diviene una delle insostituibili tappe del viaggio di formazione. Questa affascinante atmosfera viene ricostruita al MAV attraverso alcuni significativi passaggi. Si può partecipare al ritrovamento del Teatro di Ercolano (ancora sepolto sotto la città) oppure, con un gesto, liberare dai detriti un affresco vedendolo progressivamente apparire in tutta la sua originaria bellezza, o ancora camminare su un mosaico che magicamente si compone sotto i nostri passi ed avvicinandosi ad alcuni orci di terracotta, che anticamente venivano sistemati sotto il palcoscenico per amplificare le voci degli attori, ascoltare qualche battuta tratta dalle Commedie di Plauto. Esperienze sensoriali di diversa natura, tutte molto coinvolgenti; grazie alla multimedialità è possibile passeggiare tra le voci del mercato e ad altezze differenti ascoltare personaggi diversi, più in basso cani e gatti, poi i bambini e infine, più in alto, le parole degli adulti; attraversare la vasca di un impluvium, muovendo l’acqua, virtuale, in piccole onde che frammentano il decoro del rivestimento con la loro delicata sonorità, oppure più drammaticamente “Oltrepassare la nube ardente”. Tramite un fogscreen il visitatore viene investito da una barriera di acqua polverizzata che, illuminata da una luce rossastra, ricrea l’effetto visivo della lava che si riversò su Ercolano uccidendo in pochi attimi migliaia di persone. Al centro del percorso, nel cuore del museo, il ‘Cave’ (la caverna), un ambiente virtuale permette di rivedere e rivivere, tramite un sofisticato sistema sperimentato presso il Cnuce di Pisa (Centro Nazionale Universitario di Calcolo Elettronico) e in uso solamente alla Fiat di Torino, i luoghi delle città vesuviane, le ville, le stanze, i loro splendidi giardini, i peristilii, o i termopolia, spazi destinati alla preparazione e alla vendita delle bevande e del cibo. Si tratta di un’esperienza immersiva di grande suggestione per il visitatore che viene condotto in un avvincente viaggio nel tempo. “È una vera e propria camera di decompressione temporale e virtuale – dichiara Valter Ferrara, direttore del Mav – che ci porta nell’antica area napoletana prima dell’eruzione del 79 d.C.”. Grandi proiezioni in altre installazioni restituiscono il Foro di Pompei, anche in notturna, le domus romanae con la caratteristica disposizione degli ambienti attorno all’atrium, e immagini di archeologia subacquea, come la ricostruzione animata del Ninfeo di Baia con la sua progressiva decadenza dopo che il mare gradualmente lo inonda e sommerge ma offrono anche la possibilità di rivedere attraverso panorami virtuali, i paesaggi, le saline, le scogliere, le città. Agli antichi gioielli ritrovati negli scavi sulla spiaggia di Ercolano, tra gli oggetti che gli abitanti della città portarono via scappando verso il mare, è dedicata un’installazione in cui vengono mostrati al pubblico come all’interno di un grande scrigno ma nella materia dell’immateriale, tramite ologrammi. E ancora attrezzature che consentono di accrescere le informazioni proposte come il leggio che mediante un volume virtuale consente di approfondire la propria conoscenza riguardo gli affreschi dei grandi cicli pittorici pompeiani, schermi tramite i quali accedere a un archivio di dati, oppure il tavolo interattivo dove parole chiave attivano sequenze tematiche diverse riguardanti la vita quotidiana nelle antiche città. Una sezione del museo è destinata alla rievocazione dei ‘Luoghi del piacere’; oltre alle terme, le celebri rappresentazioni erotiche della pittura romana, in particolare delle Lupanare, che, un sistema computerizzato, in grado su tutto il percorso di individuare la lingua del visitatore, riserva in automatico agli adulti. Infine la ricostruzione della biblioteca di Villa dei Papiri, appartenuta a Lucio Calpurnio Pisone, suocero di Giulio Cesare, permette di rievocare attivamente il clima che il padrone di casa amava creare ospitando i più noti letterati e filosofi del tempo; su una parete una pioggia di lettere proiettate traccia segmenti verdi e scie in continuo, veloce movimento, la mano però può intercettare i caratteri e un semplice gesto determina l’imprevedibile ricomposizione di frasi, parole che appaiono improvvisamente a delineare pensieri e riflessioni, citazioni tratte dai papiri della biblioteca o appartenenti al patrimonio filosofico universale dell’uomo, senza tempo.
‘Cave’: ologrammi, proiezioni e supporti interattivi coinvolgono il visitatore in una serie di esperienze sensoriali. Accanto, l’installazione intitolata ‘Gli antichi abitanti di Ercolano’ (ph: courtesy MAV). ‘Cave’: holograms, projections and interactive supports draw the visitors into a series of sensory experiences. To the side, the installation called ‘The ancient inhabitants of Ercolano’ (ph: courtesy MAV).
namely the possibility to share the thoughts, ideas and projects expressed by other individuals, leads to a synergic meeting of individuals to reach a given goal, connectivity, combined with the concept of collectivity already analysed by Pierre Levy, multiplies the fragmented unity of the potential of the network’s elements. It involves assessing the communicability of the individual elements as
a cornerstone for the new media, along with the limitless potential for creating multimedia objects and cognitive artefacts. Thus the visitor is identified and recognised, the visual trace left by his or her presence is highlighted by a luminous circle which establishes a link with the traces left by other visitors, whilst on the walls their movements are broken up and reconfigured by the light before being
dematerialised, only to then create other connotations that are more in keeping with the virtual dimension being undertaken. The installation entitled ‘Names and faces of the ancient inhabitants’ shows a sequence of faces of the people that tell the dramatic, enthralling stories of their experiences thanks to the use of acoustic “domes”, after which visitors go on to experience an archaeological dig.
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Underground passages dug out of the rock and descent wells re-evoke eighteenthcentury digging techniques: the campaigns that gradually brought the new finds to light were started in Herculaneum between 1738 and 1765 by King Carlo di Borbone under the direction of Rocque Joaquin de Alcubierre, a Spanish engineer and archaeologist, with the help of Karl Jakob Weber first and Francesco La Vega after, whilst digs got underway in Pompeii in 1748. In spite of the fact that work was conducted in extremely difficult conditions, the unearthing of a number of important buildings and the drafting of the first maps of the dig sites proved decisive for subsequent developments, in particular the layouts created by Weber who discovered the Theatre at Herculaneum and brought Villa dei Papiri, the Villa of Giulia Felice at Pompeii and various villas at Stabia to light. The charm of classical antiquity, amplified by the phenomenon of relic collectors, the appeal of the ruins and archaeological interest that formed the basis for Neoclassicism, attracted travellers to Italy on the Grand Tour in the eighteenth century, and Herculaneum became an unmissable stop on this formative journey. This fascinating atmosphere is reconstructed at the MAV in a number of important stages. It is possible to participate in the finding of the Theatre of Herculaneum (still buried under the city) or, with a simple gesture, to free a fresco from the detritus covering it and watch as it is gradually restored to all its former glory. Or else one can walk over a mosaic
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which magically appears beneath our feet. As we approach a few terracotta urns which were once placed underneath the stage to amplify the voices of the actors, it becomes possible to hear a few lines from Plautus’s Comedies. Sensorial experiences of different types, but all are fascinating; thanks to the multimedia used, it is possible to stroll amidst the voices at the market, and at different heights listen to different people, cats and dogs low down, then children, and last of all, higher up, we hear the words of the adults. Visitors can cross the tank of an impluvium, moving the virtual water with ripples that shatter the decorative effect of the covering with their delicate sound, or more dramatically they can “Cross the burning cloud”. With the aid of a fog-screen, the visitor is enveloped by a barrier of nebulised water. Illuminated by a reddish light, this recreates the visual effect of the lava which poured down onto Herculaneum, killing thousands of people in a matter of minutes. In the very heart of the museum is the ‘Cave’, a virtual space that makes it possible to see and experience all the places in the city using a sophisticated system developed at the CNUCE of Pisa (the National University Centre for Electronic Calculation) and which is only in use at Turin’s Fiat. Through it, visitors can experience the villas, the rooms, the stunning gardens, the peristyles or the thermopolias which were used for preparing and selling drinks and food. Through them visitors are plunged into a fascinating
experience, which takes them on an enthralling journey through time. “It is a temporal and virtual decompression chamber – declares Valter Ferrara, director of the MAV – which takes us into the ancient Neapolitan area prior to the eruption in 79 A.D.”. Largescale projections in other installations yield up the Forum of Pompeii, also visible in a nighttime version, along with the domus romanae or Roman residences with their characteristic layout of rooms around an atrium. They also afford images of underwater archaeology, such as the animated reconstruction of the Nymphauem at Baia with its gradual decline as the sea slowly floods it and submerges it, or the possibility to see landscapes, the salt mines, the cliffs and the cities once again with the aid of virtual panoramas. Holograms are used in an installation to provide an immaterial display of material pieces of ancient jewellery found in digs on Herculaneum beach. These were some of the objects which inhabitants of the city took with them as they fled down to the sea, and they are displayed inside a large chest. There is also equipment that makes it possible to increase the amount of information provided, such as the lectern with a virtual book on it that allows visitors to find out more about the frescoes of Pompei’s great pictorial cycles, screens that provide access to a data archive, or an interactive table where key words activate different thematic sequences concerning daily life in the ancient cities. A section of the
museum is given over to an evocation of ‘Places of pleasure’; in addition to the spas, there are the renowned painted erotic Roman images, in particular of the Lupanare or brothels, which a computerised system, located throughout the museum and capable of identifying the visitor’s language, automatically reserves for adults only. Last but not least is the reconstruction of the library of Villa dei Papiri, which belonged to Lucius Calpurnius Piso Coesoninus, the father-in-law of Julius Cesar. Here the climate which the owner of the house loved to create by hosting the best-known literati and philosophers of the day is actively conjured up; on one wall a shower of projected letters marks out green segments and trails in quick succession. The characters can, however, be intercepted by the hand, and with a simple movement phrases and words suddenly appear, materialising into thoughts and words, quotes taken from the papyruses of the library, or belonging to the universal and timeless philosophical heritage of man. L’installazione che permette al pubblico di liberare virtualmente note opere romane dai detriti. A sinistra, le ricostruzioni tridimensionali dedicate all’architettura (ph: Ivano Nobile). This installation allows the public to virtually free well-known Roman ruins from debris. Left, the three-dimensional reconstructions dedicated to architecture (ph: Ivano Nobile).
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Gilberto Zorio, ‘Stella Tesla’, 2007. Installazione, Palazzo Fortuny, Venezia, 2009 (ph: Michele Sereni). Accanto, ‘Torre Stella Bologna’, 2009, visione dall’alto e particolare dell’interno dell’installazione al MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna (ph: Michele Sereni). Gilberto Zorio, ‘Stella Tesla’, 2007. Installation, Palazzo Fortuny, Venice, 2009 (ph: Michele Sereni). On the opposite page, ‘Torre Stella Bologna’, 2009, aerial view and a close-up inside the installation at MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna (ph: Michele Sereni).
GILBERTO ZORIO: MECCANICA E MEMORIA DELLA LUCE THE MECHANICS AND MEMORIES OF LIGHT txt: Chiara Fagone Bologna, domenica mattina, la neve cade con una pioggia di grossi fiocchi sulla città già imbiancata durante la notte ‘bianca’ di Arte Fiera 2010. Raggiungo la mostra di Gilberto Zorio al MAMbo-Museo d’Arte Moderna: l’antologica dedicata all’artista, internazionalmente noto come protagonista dell’Arte Povera, è un appuntamento imperdibile. Mi trovo nel grande spazio della Sala delle Ciminiere dove l’allestimento riprende l’impianto della stella, una disposizione che consente di articolare le diverse installazioni presentate e nello stesso tempo richiamare una delle simbologie ricorrenti dell’opera di Zorio; voci di visitatori, le condizioni meteorologiche avverse creano una complicità inedita, ci si guarda con spirito solidale gli stivaloni o i capelli arruffati e le guance rosse, si aspetta l’accensione consequenziale delle installazioni, ci si aggira incuriositi ed impazienti tra le macchine di Zorio. Qualcuno prova l’effetto eco dell’installazione ‘Microfoni’, del 1968, riproposta in questa rassegna che raccoglie anche alcune note realizzazioni storiche, quando scorgo Gilberto Zorio. Un incontro imprevisto quanto coinvolgente. Affabile e disponibile, mi guida tra le sue opere a cominciare dall’alambicco posto al centro del grande spazio, visibile da un varco che è come una feritoia nel cuore della ‘Torre Stella Bologna’, l’installazione appositamente progettata dall’artista per la mostra; fulcro di energia, matrice generativa di propagazione, l’alambicco pieno di ‘luce’ gialla, contenente fluoresceina, trafitto da una lancia masai, bloccato come una preda, è la memoria che dà origine a tutto. ‘Torre Stella Bologna’ è una costruzione innalzata con blocchi di Gasbeton, tubi d’acciaio e rame, la sua fisionomia si può percepire dall’alto, disegnata tramite un tracciato di fosforo nello spessore degli elementi che compongono la struttura dalla planimetria stellare, mentre gli spigoli vivi delle punte si espandono nelle diverse direzioni e sembrano voler indirizzare il visitatore verso le altre opere. D’altra parte Gilberto Zorio nella conversazione con Gianfranco Maraniello pubblicata a presentazione dell’esposizione dichiara: “…qui a Bologna, ad esempio, camminando attorno a tale struttura chiusa non puoi percepirne la pianta a forma di stella, ma solo indovinarla o scoprirla empiricamente contando e misurando i suoi lati. Inoltre mi interessa mantenere aperte architetture che ne ospitano altre, nell’inscatolamento di potenzialità infinite di ciò che, accolto, è anche accogliente. Nel caso specifico della mostra al MAMbo si tratta di una struttura che contenga anche memoria e la rinnovi, ospitando i miei precedenti lavori su nuovi muri edificati per sostenere la storia da cui la torre stessa proviene”. Zorio mi spiega che per l’allestimento dell’esposizione è stato necessario un mese di lavoro, la sala centrale e le sue installazioni sono tutte sincronizzate da un software in grado di gestire la componente elettronica e quella elettro-meccanica. L’artista ha scelto di non occultare i cavi che sono visibili come una sorta di rivolo, arginato da una piccola paratia lungo le pareti, anche se molti passano necessariamente al di sotto della pavimentazione. Le opere presentate raccolgono le ricerche dell’artista nelle differenti aree tematiche affrontate dal 1966 al 2009; da ‘Letto’ del 1968 conservata presso l’IVAM di Valencia, a ‘Macchia III’, ‘Pelli con resistenza’, ‘Arco voltaico’ e ‘Luci’ del 1968, a ‘Pugno fosforescente’ del 1974 e poi il tema ricorrente della canoa, emblema dell’esplorazione e forma tagliente e dinamica, come il giavellotto; da ‘Canoa’ del 1987 a ‘Canoa che avanza’ del 2007 fino alla recente ‘Canoa che ruota’ del 2009 e soprattutto le stelle. ‘Stella incandescente’ del 1972, ‘Stella di giavellotti’ del 1974 ma anche le versioni del 1985, del 2007 e l’ultima, del 2009; ‘Stella di cristallo’ e ‘Stella di bronzo’, ‘Stella Sparks’ del 2008,
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di 5 metri, con gli archi voltaici e le sue 10 luci stroboscopiche e l’enorme, bellissima, ‘Stella Pyrex’, del 2009. Le opere dialogano dialetticamente e si compenetrano; l’interesse di Gilberto Zorio per i processi di trasformazione della materia, per le mutazioni naturali, fisiche, chimiche ma anche alchemiche si manifesta pure in questo alternarsi di materiale e immateriale, nello stupore che dinamicamente si disvela. Se ‘Internazionale’ è un corpo nero informe che si anima gonfiandosi al suono del celebre inno, ma nell’inedita versione simile all’inno americano suonato da Jimi Hendrix a Woodstock, mentre la sua appendice urta con rumore sordo contro le pareti, molte opere esprimono una sonorità archetipica, fondata sul respiro; sibili di aria soffiata con forza: “…una concentrazione di aria – afferma Zorio – che preme, invade, penetra ogni cosa e risuona per tutti”. Si tratta di creare una particolare aspettativa e condizione, una predisposizione alla visione che Zorio definisce come un’attitudine a “rendersi disponibili all’osservazione dell’imprevisto”. E l’imprevisto viene progettato e sollecitato dall’artista in un percorso che trae origine dall’energia e può definire traiettorie inaspettate, anche per lo stesso autore: “Ho sempre avuto la presunzione, l’ingenuità e l’incoscienza – precisa ancora Gilberto Zorio nella presentazione della mostra – per dedicarmi alla costruzione di macchine alle quali dare un impulso che chiamo la scintilla per produrre movimento e reazioni chimiche. Da qui l’agire usando il crogiuolo della fusione come omaggio all’idea di scultura o il fosforo con produzione di luce per avere insieme notte e giorno, ma sempre con il desiderio di uno stupore che deve cogliere anche me stesso, spettatore privilegiato di quel che faccio senza avere un totale controllo delle mie intenzioni. Sono molte le cose che mi sfuggono e che mi piace pensare come sorprendenti anche per me”. Il cosmo, il sistema stellare e la sua dimensione immaginaria, ciò che è possibile rendere visibile tramite un sistema di simboli e di informazioni codificate, è una stratificazione di molteplici significati che costituisce la memoria, quella della stella ad esempio: “Le stelle – scrive Zorio – offrono l’immagine globale per antonomasia, sono la proiezione del cosmo nella nostra considerazione delle cose, una modellizzazione arbitraria dell’infinito costruita nella nostra testa e ormai diffusa in tutto il mondo. A questo schema i diversi popoli hanno attribuito differenti significati politici, religiosi, alchemici. Ma si tratta di immagini prodotte dall’uomo e, quando abbiamo capito che la stella a cinque punte non può essere davvero vista né toccata, l’abbiamo raffigurata e, così facendo, tirata giù dal cosmo”. ‘Stella Sparks’ e ‘Stella Pyrex’, le grandi stelle d’alluminio e ferro si distaccano dalla parete proiettando la propria fisionomia, sdoppiando il loro contorno tramite l’ombra; l’energia si sposta dal centro verso la periferia, verso le estremità delle punte, veicola lungo il tracciato la luce. Quando l’ambiente si oscura, nel buio appare una gettata luminosa, è il fosforo che Zorio ha seminato sulla parete; è, mi spiega, il gesto che nella sua apparente casualità evoca il globo ed insieme il cosmo. Stella abbagliante di luce, lampeggio stroboscopico pulsante distribuito nelle direttrici geometriche che la luce propaga, nella diversa stratificazione e progressione di piani. Anche qui un suono, un sibilo crescente, affascinante e preoccupante nello stesso tempo, accompagna l’evento, l’accensione e il funzionamento della macchina, il suo manifestarsi inatteso, l’esito di un processo, di una mutazione alchemica: “Non so esattamente dove indirizzare tali fenomeni perché so quel che voglio, ma è piuttosto l’alchimia ad indirizzarmi, a sviarmi, a dischiudermi possibilità impensate. Mi consegno ad essa, alle sue trasformazioni, a una materia impermanente, al miracolo che le è proprio. È vero, aspiro a un’arte che non sia fissata in una forma, che si apra all’imprevisto, che agisca”.
Gilberto Zorio, ‘Stella di cuoio su giavellotti’, 2007, courtesy Oredaria Arti Contemporanee, Roma (ph: Gino e Mario Di Paolo). Accanto, Gilberto Zorio, ‘Stella Sparks’, 2008 (ph: Andy Keate).
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Gilberto Zorio, ‘Stella di cuoio su giavellotti’, 2007, courtesy Oredaria Arti Contemporanee, Rome (ph: Gino e Mario Di Paolo). To the side, Gilberto Zorio, ‘Stella Sparks’, 2008 (ph: Andy Keate).
Bologna, one Sunday morning, large snowflakes are falling on a city that already has a white blanket of winter during the ‘Open Sleepness Night’ of Arte Fiera 2010. I am visiting the exhibition of Gilberto Zorio’s works at the MAMbo-Museum of Modern Art: this anthological exhibition is dedicated to an artist, who is internationally renowned as a protagonist of Arts and Crafts. It is an appointment not to be missed. I find myself in the large Sala delle Ciminiere hall where the layout has been arranged in a star shape. The various installations are presented with the exhibition simultaneously referring to the star, one of the recurring symbols in Zorio’s work. The voices of the visitors, the adverse weather conditions add an original touch of complexity; we observe boots, windblown hair, red cheeks; we await the consequential activation of the installations; we wander between Zorio’s machinery with curiosity and impatience. Some people test the echo of ‘Microfoni’ (Microphones) installation, dating 1968. It also has been included in this event which has grouped together some of the well-known historical productions. Then Gilberto Zorio himself appeared on the scene. It is an unexpected and extremely exciting encounter. He was friendly and welcoming and took me on a tour of his works starting with the still positioned at the center of the large space. It is visible through an opening which can be likened to a slit in the heart of the ‘Torre Stella Bologna’, the installation that the artist specifically designed for the exhibition. It was a well of energy, a generating matrix of propagation, a still full of yellow ‘light’, containing fluoroscein, pierced by a Masai spear, trapped like a prey, it is the memory that gives rise to everything. ‘Torre Stella Bologna’ is a building constructed with Gasbeton blocks, steel and copper piping. Its shape can be appreciated from above, defined by a trace of phosphorous in the structural walls of the
star-shape; the sharp corners of the tips expand in the various directions and appear to guide the visitors towards other works of art. In a conversation with Gianfranco Maraniello which was published as a presentation of the exhibition, Gilberto Zorio stated: “Here in Bologna for example, it is not possible to perceive the star-like shape by walking around the enclosed structure, but only through guesswork or empirical discovery through counting and measuring the sides. Moreover, I like to keep open the architecture that houses other installations, capturing the infinite possibilities of what has been intercepted is also a welcome feat. In the specific case of the exhibition in MAMbo, it is a structure that contains memories and renewal; it houses my previous works on the new walls to emphasize the history of the tower’s past”. Zorio told me that it took a month to complete the exhibition layout; the central hall and its installations were all synchronized by a software package that controlled the electronic and electro-mechanical components. The artist decided not to hide the cables but left them visible like a rivulet, with its ‘banks’ along the walls, though many still pass underneath the flooring. The works on display contain the artist’s research in the different theme areas he tackled between 1966 and 2009; from ‘Letto’ (Bed) dating 1968 stored in Valencia’s IVAM di Valencia, to ‘Macchia III’ (Stain III), ‘Pelli con resistenza’ (Strong skins), ‘Arco voltaico’ (Voltaic arch) and ‘Luci’ (Lights) dating 1968, to ‘Pugno fosforescente’ (Phosphorescent fist) dating 1974 and then the recurring theme of the canoe, an emblem of exploration and a sharp, dynamic shape, similar to a javelin; from ‘Canoa’ (Canoe) dating 1987, to ‘Canoa che avanza’ (Canoe that progresses) dating 2007 to the more recent ‘Canoa che ruota’ (Canoe that rotates) dating 2009, and of course the stars: ‘Stella incandescente’ (Incandescent star) dating 1972, ‘Stella di
giavellotti’ (Star of javelins) dating 1974 and the subsequent versions of 1985, 2007 and lastly 2009; ‘Stella di cristallo’ (Crystal star) and ‘Stella di bronzo’ (Bronze star), ‘Stella Sparks’ dating 2008, measuring 5 meters, with the voltaic arches and its 10 stroboscopic lights and the enormous, beautiful ‘Stella Pyrex’ (Pyrex Star) dating 2009. The works mutually intersect and are entwined; Gilberto Zorio’s interest in material transformation processes, for the natural, physical, chemical and alchemistic mutations can also be observed in this alternation of the material and the immaterial, with surprising results. ‘International’ can be described as a shapeless black entity that springs to life and swells to the beat of the famous tune – it is an original version inspired by the American anthem played by Jimi Hendrix at Woodstock. Its extension crashes noisily against the walls. Many of the works express archetypical sound, based on breathing; whispers of air are forcefully expelled: “a concentration of air – stated Zorio – that compresses, invades, penetrates everything and resounds for all to hear”. It was a question of creating expectations and conditions, a predisposition of vision that Zorio defines as the attitude of “being prepared for the observation of the unexpected”. And the unexpected has been designed and encouraged by the artist along a pathway that originates from energy, defining trajectories that surprise even the author himself. In his presentation for the exhibition, he stated: “I was always presumptuous, naïve and foolhardy in my decision to dedicate my energy into the construction of machines that would drive, or give the spark to, movement and chemical reactions. This led to the tangle of fusion used as a tribute for sculpture or phosphorous with the production of light so that night and day existed together. There was always the desire for surprise and it also affected me, the privileged spectator
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In senso orario, ‘Evviva di giavellotti’, 1974, courtesy dell’artista (ph: Paolo Mussat Sartor); ‘Luci’, 1968, veduta dell’installazione, Galleria Sonnabend, Parigi, 1969, courtesy dell’artista; ‘Microfoni’, 1968, Galleria Sperone, gennaio 1969, (ph: Paolo Bressano); ‘È utopia, la realtà, è rivelazione’, 1971, veduta dell’installazione, Museo Pecci, Prato, 1992, courtesy dell’artista (ph: Salvatore Licitra). Nella pagina a fianco, ‘Stella Sparks’, 2008 (ph: Andy Keate).
of what I do without having complete control over my intentions. Many things escaped me and many surprised me”. The universe, the solar system and its imaginary dimension, what can be made visible through a system of symbols and coded information, is a stratification of multiple meanings that form the memory, of the star for example. According to Zorio: “The stars offer the global image by definition; they protect the cosmos in our consideration of things, an arbitrary shaping of infinity created in our minds and now widespread across the world. In the broader picture of things, the different peoples have attributed different political, religious and alchemistic meanings. However, we are dealing with an
image produced by Man; we must understand that the five-pointed star can neither be seen or touched, it is something that we created and extracted from the cosmos”. ‘Stella Sparks’ and ‘Stella Pyrex’ are two large stars in aluminum and iron which protrude from the walls, with a dual outline created by the shadows; the energy shifts from the center to the outside, to the tips, and carries the light with it. When the hall becomes dark, a ray of light cuts through the darkness, the phosphorous that Zorio has dotted around the walls; and he explains that the apparently casual gesture evokes the earth and the cosmos. A shining star of light, stroboscopic flashes distributed along the geometric lines propagated by light,
Clockwise, ‘Evviva di giavellotti’, 1974, courtesy of the artist (ph: Paolo Mussat Sartor); ‘Luci’, 1968, view of the installation, Galleria Sonnabend, Paris, 1969, courtesy of the artist; ‘Microfoni’, 1968, Galleria Sperone, January 1969, (ph: Paolo Bressano); ‘È utopia, la realtà, è rivelazione’, 1971, view of the installation, Museo Pecci, Prato, 1992, courtesy of the artist (ph: Salvatore Licitra). On the opposite page, ‘Stella Sparks’, 2008 (ph: Andy Keate).
in the various stratifications and progression of the floors. And at this point, sound, a growing whisper, fascinating and worrying at the same time, accompanies the event, the machine’s ignition and the performance, its unexpected appearance, the outcome of a process, a scientific mutation: ‘I do not know exactly how to direct these phenomena because I know exactly what I want; however, science directs me, orients me, reveals to me unthinkable possibilities. I hand myself over to them, to the transformations, to the temporary material, to its miracle existence. And it’s true, I aspire to art that is not set in shape, art which opens to the unexpected, art which acts and interacts”.
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ART
ART IN PROGRESS txt: Chiara Fagone Arte Fiera Art First, esposizione che si tiene ogni anno a Bologna, è considerata tra le più importanti manifestazioni italiana dedicate all’arte contemporanea
In alto, Bill Viola, ‘Fire woman’. A destra, ‘W’, installazione di Stefano Cagol a Palazzo Re Enzo. Nella pagina a fianco, Bill Viola, ‘Tristan’s Ascension – The sound of a Mountain Under a Waterfall’ (ph: courtesy Artefiera). Top, Bill Viola, ‘Fire woman’. Right, ‘W’, installation by Stefano Cagol at the Palazzo Re Enzo. On the opposite page, Bill Viola, ‘Tristan’s Ascension – The sound of a Mountain Under a Waterfall’ (ph: courtesy Artefiera).
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Nel corso di 34 edizioni, la manifestazione bolognese ha consolidato il suo ruolo di fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea con il coinvolgimento di numerose gallerie, oltre 200, di cui circa un terzo estere, sia storiche sia di ricerca. I visitatori della prima edizione di Arte Fiera Art First concentrata in soli tre giorni di manifestazione (uno in meno rispetto alle passate edizioni) sono stati oltre 30.000, tra collezionisti e appassionati. Si tratta di un appuntamento che, ad apertura dell’anno, consente di monitorare l’andamento del mercato e le tendenze emergenti. Inoltre le molteplici attività ed eventi collaterali organizzati nelle stesse giornate costituiscono, per gli addetti ai lavori ma anche per il grande pubblico, motivo di grande interesse. Continua infatti la proficua collaborazione tra Arte Fiera Art First e Bologna con un ricco programma che ha animato la città durante la manifestazione per proseguire ancora per un mese; il tessuto urbano ha ospitato installazioni e opere non solo nei musei cittadini ma aprendo anche cortili, edifici e spazi del centro storico creando un tracciato in cui le testimonianze del passato e gli esiti della ricerca contemporanea potessero dialetticamente confrontarsi. Questo in particolare l’obiettivo della quinta edizione di Bologna Art First, dal titolo ‘Here and Now’ che ha proposto un percorso nel quale le installazioni dei 22 artisti, invitati dalla curatrice Julia Draganovic, hanno dialogato con le location scelte per la loro specificità. Il titolo ‘Here and Now’ richiama il concetto filosofico appartenente a diverse scuole di pensiero come l’esistenzialismo, traduzione della celebre espressione ‘Hic et nunc’, che allude alla fragilità dell’uomo dovuta alla sua condizione finita cioè limitata in un tempo e in uno spazio che non sono infiniti ma invece ben determinati. Ribaltando i termini della questione, la sfida di ogni giorno consiste, infatti, nell’affrontare il presente. Le installazioni site-specific e le opere scelte per essere esposte in alcuni degli spazi più significativi della città di Bologna seguono questo proposito: attirare l’attenzione verso luoghi che consideriamo storici ma che, nonostante ciò, fanno parte della vita contemporanea e non perdono mai d’attualità. “Per la quinta edizione di Bologna Art First – precisa Julia Draganovic – la città di Bologna si presenta di nuovo nella sua veste multi sfaccettata, un palcoscenico che fra antico e moderno offre ai visitatori la possibilità di vedere e sperimentare opere d’arte contemporanea in contesti ben diversi dai soliti luoghi dell’arte noti come white cube... per far riflettere sul mondo di oggi, costruendo delle visioni per quello di domani”. Sulla facciata del Palazzo Re Enzo Stefano Cagol colloca ‘W’, installazione luminosa del 2009 in cui la sequenza di lettere che alternativamente si accendono e si spengono compongono la scritta RAW/WAR. Il gioco riguarda il significato dei termini in lingua inglese, l’ambivalenza contraddittoria delle parole che alludono alla guerra e nello speculare anagramma RAW viceversa all’inviolato, intatto. Cagol propone una riflessione che riguarda la bellezza del sito e come nello stesso tempo questa si possa sottrarre alla logica
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distruttiva degli eventi bellici. Nel cortile del Museo Civico Medievale l’installazione di Nicola Evangelisti, artista che da tempo elabora attraverso la luce le proprie sperimentazioni; ‘Earth Light’ è una lama specchiante attraversata da un fulmine di luce iridescente contrapponendo quindi la fredda materia alla temperatura della luce colorata, un intervento pensato nelle possibili relazioni tra presente e passato. “L’artista – si legge nella presentazione dell’evento – raccorda gli spazi museali attraverso una fisica idealizzazione che sintetizza, all’interno di un unico taglio temporale, luogo reale e luogo immaginifico, in una ideale prosecuzione tra interno e esterno”. Se David Lindberg colloca la sua opera nella Biblioteca della Sala Borsa, il duo Vedovamazzei realizza un grande segno luminoso posto nel cortile di Palazzo d’Accursio, una grande X – lavoro realizzato con luci al neon di 138x134 cm – in grado di catturare immediatamente l’attenzione del visitatore mentre ironicamente richiama l’anonimato e insieme l’analfabetismo; possibile riflessione sull’identità e la condizione dell’artista contemporaneo, in costante conflitto tra libera analisi, meditazione e ricerca di affermazione. ‘Speleotema’ di Francesco Simeti collocata nel bel portico dell’Archiginnasio si presenta nella ricomposizione di molteplici elementi iconografici raccolti e sovrapposti, tutti accomunati dal riferimento alla natura e alla sua rappresentazione nell’arte, nella grafica, nella fotografia; un’intelaiatura che dilata e reinterpreta le decorazioni della volta. Tra le numerose iniziative correlate e parallele ad Arte Fiera 2010, il Premio Euromobil Under 30, giunto quest’anno alla sua quarta edizione, è rivolto ad artisti italiani e stranieri le cui opere sono esposte in fiera ed intende promuovere le più giovani espressioni artistiche che, manifestandosi attraverso una molteplicità di linguaggi, anche sperimentali, meglio interpretano la contemporaneità. Ad aggiudicarsi il premio è stato Rob Sherwood, mentre le precedenti edizioni erano state vinte da Jakub Nepras, Paolo Maggis e Lars Teichmann. Tra le opere presentate dalle gallerie negli
In alto, ‘Mezzo cuore a sega’ di Giovanni Albanese. Sopra, un’opera di Fukushi Ito, e, a destra, ‘An Interpretation of This Title’ di Joseph Kosuth, 2009 (ph: Ivano Nobile).
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allestimenti della fiera alcune realizzazioni utilizzano i linguaggi della multimedialità come le intriganti di proiezioni di Tony Oursler e le scioccanti ‘Sculture cinematografiche’ di Daniel Glaser e Magdalena Kunz o ancora i piccoli quadri animati di Masaharu Sato. Accanto a un bellissimo albero luminoso di Joseph Kosuth del 2009 intitolato ‘An Interpretation of This Title’, altre interessanti e recenti sperimentazioni come l’installazione ‘Illegible notes’ di Peter Belyi, opera vincitrice del concorso Absolute Creative Future al MoMA, realizzata con gomma, tubi di neon e materiale elettrico evocando gli elementi che più interessano l’artista: il linguaggio, la parola e la memoria commemorativa o ‘Mezzo cuore a sega’ di Giovanni Albanese, un cuore per metà luminoso ma segmentato, simbolicamente tagliato con la sega che brutalmente ne completa il profilo. Il successo di pubblico della drammatica e teatrale installazione di Robert Gligorov ‘New Primitives’ propone una riflessione sul rapporto con la natura, come scrive l’autore: “Una signora impellicciata osserva una scultura di un cervo in tassidermia ed esclama ‘oddio che orrore!’ indignata da tale scempio. Senza associare che la pelliccia che indossa è frutto di un vero e proprio eccidio di animali”. L’opera di Gligorov è una sorta di diorama a grandezza naturale dove tre individui si agitano per catturare un cervo inerpicato su una piccola roccia. L’impatto emotivo è fortissimo come è evidente l’inutilità del gesto, la violenza svuotata da qualsiasi possibile giustificazione. “Per non ripartire da zero – scrive ancora Gligorov – e ricominciare il nuovo sviluppo sociale senza ripetere i metodi barbari dei nostri avi, ma ripartendo da un concetto di armonia, di non violenza, una gara verso il sapere da tramandare ai prossimi aspiranti terrestri proporrei un concetto di convivenza con l’animale simbolo di purezza ed energia vitale, essere inviolabile perché testimone vivente da dove veniamo e di come eravamo e che non vorremmo mai tornare ad essere”. Nel ‘Diario dell’anima’ di Arvo Pärt & Bill Viola, musica e ricerca visuale si sono confrontate in un dialogo che vuole celebrare la spiritualità e
Top, ‘Mezzo cuore a sega’ by Giovanni Albanese. Above, a project by Fukushi Ito and right, ‘An Interpretation of This Title’ by Joseph Kosuth, 2009 (ph: Ivano Nobile).
l’anima dell’uomo contemporaneo; le due istallazioni di Bill Viola intitolate ‘Fire woman’ e ‘Tristan’s Ascension – The sound of a Mountain Under a Waterfall’ sono state presentate insieme a otto brani del noto compositore estone Arvo Pärt che a Bologna aveva dedicato nel 1999 il brano ‘Beatus Petronius’, ispirato alla Basilica di San Petronio. Le due installazioni di Viola, artista da sempre attento indagatore della più profonda natura delle immagini, portano l’osservatore a esercitare il proprio sguardo in una pratica spirituale e lo stesso può avvenire con le suggestioni della musica di Pärt, come spiega Luca Britto, direttore del Centro della Voce dell’Università di Bologna, ente che ha ospitato l’evento: “L’artista è uno dei compositori più acclamati della musica contemporanea sebbene il suo stile non rientri nel canone contemporaneo. Parlerei più di minimalismo mistico. E ad accomunare il cammino dei due artisti è proprio un’ispirazione mistica”. I brani sono stati eseguiti da quattordici musicisti del PMCE, Parco della Musica Contemporanea Ensemble, dalla voce di Arianna Savall e con la direzione di Tõnu Kaljuste.
L’installazione di Peter Belyi ‘Illegible notes’, 2009, realizzata con gomma, tubi di neon e materiale elettrico (ph: Ivano Nobile). Sotto l’installazione di Vedovamazzei nel cortile di Palazzo d’Accursio.
The installation by Peter Belyi ‘Illegible notes’, 2009, produced in rubber, neon tubes and electrical material (ph: Ivano Nobile). Below, the installation by Vedovamazzei in the courtyard of Palazzo d’Accursio.
Arte Fiera Art First, an exhibition that is held every year in Bologna, is considered to be one of the most important Italian events for contemporary art During the course of the 34 editions of the event, the Bolognese show has consolidated its role as an International Salon for modern and contemporary art. It involves more than 200 historical and experimental galleries, a third of which from abroad. There were more than 30,000 visitors to the first edition of Arte Fiera Art First concentrated in just three days (one day less than the previous editions), a mixture of collectors and art-lovers. This appointment is held early in the year and allows the operators to monitor the market and the emerging trends. Moreover, the numerous activities and collateral events organized in parallel with the salon for the trade operators and for the public at large were of great interest. The successful collaboration between Arte Fiera Art First and the city of Bologna is ongoing with a rich program that brings the city to life, with events that continue for a month; the city housed installations and creations in its museums, courtyards, buildings and zones of the historical center, creating a pathway where the signs of the past and the results of the contemporary research can interface. This was the objective of the fifth edition of Bologna Art First, called ‘Here and Now’ which presented a pathway along which the installations of the 22 artists, invited by the curator Julia Draganovic, interacted with locations that were chosen for their specific characteristics. The title ‘Here and Now’ refers to the philosophical concept belonging to different schools of thought such as
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existentialism, a translation of the famous expression ‘Hic et nunc’, which alludes to the fragility of man resulting from his finite existence, a lifespan that is limited in time and space, dimensions that are not infinite but well-defined entities. If we examine the topic from a different angle, the challenge of everyday existence involves facing-up to the present. The site-specific installations and the works chosen for displayed in the most important positions of the city of Bologna aim to attract attention to the historical places which still belong to contemporary living and which have timeless appeal. “For the fifth edition of Bologna Art First – explained Julia Draganovic – the city of Bologna is once again presented in its new multi-purpose guise, a stage setting between the old and the modern to offers visitors the possibility of observing and experimenting works of contemporary art in contexts different to the classical exhibition sites - commonly known as the white cubes… these consent reflection on today’s world and the creation of visions for the world of the future”. Stefano Cagol positioned ‘W’, a luminous installation dating 2009 on the facade of the Palazzo Re Enzo. The sequence of letters that flash alternately project the words RAW/WAR. The effect is based on the meaning of the words in English, the contradictory ambivalence of ‘War’ and the mirrored anagram ‘Raw’ meaning intact, in the original state. Cagol described the beauty of the location and how it can distance itself from the destructive logic of the wartime events. Nicola Evangelisti, an artist who experiments with light, positioned his installation in the courtyard of the Civil Museum of Medieval Art; ‘Earth Light’ is a shining blade cut by a shaft of iridescent light contrasting the material cold with the warmth of colored lighting, expressed in the possible relationships between the present and the past.
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The event was presented as follows: “The artist groups the museum spaces through the physical idealization; within a single time slot, this creates a royal or lowly place, in an ideal continuum between the inside and the outside”. David Lindberg installed his creation in the library of the Sala Borsa; the Vedovamazzei duo created a large luminous sign positioned in the courtyard of the Palazzo d’Accursio, a large ‘X’ created with neon lights measuring 138x134 cm that immediately capture the visitor’s attention and ironically refers to anonymity and illiteracy; a possible reflection on the identity and the condition of the contemporary artist, in constant conflict between free analysis, meditation and the quest for confirmation. ‘Speleotema’ by Francesco Simeti installed in the beautiful portico of Archiginnasio is presented in the re-arrangement of the multiple iconographic elements that have been collected and superimposed, all with the common references to nature and its representation in art, graphic design and photography; this matrix dilates and reinterprets the decoration inside the vault. Among the numerous correlated and parallel initiatives to Arte Fiera 2010, the Euromobil Under 30 prize deserves a mention. This is the fourth edition of the award for the Italian and International artists whose creations are on display at the exhibition. It aims to promote the younger artistic expressions that best interpret modern living through multiple languages, including the experimental. Rob Sherwood won this year’s prize joining the previous winners Jakub Nepras, Paolo Maggis and Lars Teichmann. Among the works presented in the Salon’s exhibition gallery are some creations that exploit multimedial languages – such as the intriguing projections by Tony Oursler and the shocking ‘Cinema Sculptures’ by Daniel Glaser and Magdalena Kunz or the tiny animated
pictures by Masaharu Sato. Alongside a wonderful luminous tree by Joseph Kosuth dating 2009 called ‘An Interpretation of This Title’, there are other interesting and recent experimentations such as the installation ‘Illegible notes’ by Peter Belyi, which won the Absolute Creative Future competition at New York’s MoMA. The creation was constructed with rubber, neon tube and electrical material exalting the elements that interest the artist most: language, words and the commemorative memory or ‘Mezzo cuore a sega’ by Giovanni Albanese, a halfluminous heart that is segmented, symbolically severed by a saw that brutally completes the outline. The public acclaim for the dramatic and theatrical installation of Robert Gligorov ‘New Primitives’ suggests a reflection on the relationship with nature, according to its creator: “A lady with a fur-coat observes a sculpture of a stuffed deer and screams ‘that’s horrible!’. But she forgets that what she is wearing is also the result of having killed an animal”. The piece by Gligorov is a sort of life-size diorama in which three individuals try to capture a deer that is standing proud on a small rock. There is powerful emotional impact which exalts the uselessness of the gesture, the violence void of any possible justification. “I wanted to avoid starting from zero – Gligorov continues – and begin new social development without repeating the barbarian methods of our ancestors; I wished to start from a concept of harmony and non violence, a competition of knowledge to pass down to the next generation of terrestrials; I suggested a concept of cohabitation with the animal symbolizing purity and vita energy, an inviolate creature which is the living proof of our origins, how we were in the past and what we no longer wish to be”. In the ‘Diary of the Soul’ by Arvo Pärt & Bill Viola, music and visual research were compared in a
dialogue to celebrate the spirituality and the soul of contemporary man; the two installations by Bill Viola called ‘Fire woman’ and ‘Tristan’s Ascension – The sound of a Mountain Under a Waterfall’ were presented along with tunes by the well-known Estonian composer Arvo Pärt who in Bologna dedicated in 1999 the tune ‘Beatus Petronius’, which was inspired by the Basilica of St. Petronius. The two installations by Viola, an artist who was always an acute investigator of the most profound nature of images, lead the observer to observe the spiritual practice, something
that is also suggested in the music by Pärt, as explained by Luca Britto, Director of the Voice Center at the University of Bologna, the institute that hosted the event: ‘The artist is one of the most acclaimed exponents of contemporary music even though his style is not purely contemporary. I would define his style more as mystic minimalism. And what joins the pathway of the two artists is actually the mystical inspiration”. The tunes were performed by fourteen musicians belonging to PMCE, Park of the Contemporary Music Ensemble, the voice of Arianna Savall and directed by Tõnu Kaljuste.
‘Mercury Mind’ di Tony Oursler; un’opera di Fumiko Kobayashi e una di Bernardì Roig; 'Scultura cinematografica' di Glaser+Kunz (ph: Ivano Nobile). Nella pagina a fianco, dall’alto, un’opera di Filippo Centenari (ph: Ivano Nobile); ‘Speleotema’ di Francesco Simeti e ‘Avatar n° 11’ di Masaharu Sato, 2009 (ph: Ivano Nobile). ‘Mercury Mind’ by Tony Oursler; a project by Fumiko Kobayashi and one by Bernardì Roig; 'Scultura cinematografica' by Glaser+Kunz (ph: Ivano Nobile). On the opposite page, from top, a creation by Filippo Centenari (ph: Ivano Nobile); ‘Speleotema’ by Francesco Simeti and ‘Avatar n° 11’ by Masaharu Sato, 2009 (ph: Ivano Nobile).
Sopra l’installazione di David Lindberg alla Biblioteca della Sala Borsa di Bologna, e Robert Gligorov, ‘New Primitives’, 2010 (ph: Ivano Nobile).
Above, the installation by David Lindberg at the Library of the Sala Borsa, Bologna, and Robert Gligorov, ‘New Primitives’, 2010 (ph: Ivano Nobile).
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ART txt: Daniela Zenone
ESEMPIO DA EMULARE AN EXAMPLE TO BE FOLLOWED Dal 28 marzo al 27 maggio si svolge la prima edizione della Biennale Internazionle di Light Art, un evento incentrato sull’arte luminosa, concepito e presentato nell’ambito delle iniziative che si svolgeranno nel corso di tutto l’anno nella regione tedesca della Ruhr, eletta a Capitale della Cultura Europea del 2010 Quest’anno per la prima volta dal 1985, data di entrata in vigore dell’iniziativa culturale, il titolo elargito dal Consiglio Europeo è andato a un intero territorio, composto da ben 53 città. La regione della Ruhr, conosciuta come bacino carbonifero e importante centro industriale del Novecento, è stata trasformata negli ultimi due decenni dal sapiente lavoro di ambientalisti e architetti di fama internazionale in una nuova realtà. Alla fine degli anni Ottanta le autorità locali realizzarono che la lunga crisi dell’industria pesante, con il suo stillicidio di chiusure, smantellamenti e licenziamenti, era arrivata a un punto di non ritorno. La decisione fu quella di dichiarare la Ruhr area depressa, chiedere l’aiuto dell’Unione Europea a avviare un vasto programma di riconversione che inglobasse la cultura e il tempo libero con musei, gallerie, ristoranti, cinema e parchi giochi. Le acciaierie e le ferriere che sorgevano intorno alle miniere sono state dismesse, ristrutturate e riconvertite a comprensorio storicoculturale. Da motore dell’industria pesante a nuova fucina di imprese creative. Ora l’Europa e in particolare le tante regioni costrette a riconvertirsi guardano alla Ruhr come esempio da emulare. Nel vasto calendario culturale in programmazione per il 2010 spicca la prima edizione della Biennale di Light Art. Il motto dell’iniziativa “Open light in private spaces” è parte integrante del programma che prevede l’uso di spazi privati di 60 abitanti delle cittadine di Bergkamen, Bönen, Fröndenberg, Hamm, Lünen e Unna per ospitare le opere di rinomati artisti internazionali quali John M Armleder, Angela Bulloch, Olafur Eliasson, Sylvie Fleury, Joseph Kosuth, Olaf e Carsten Nicolai, Gunilla Klingberg, Maix Maier, Anny & Sibel Öztürk, Saburo Teshigawara, James Turrell e Jun Yang. Le installazioni create ad hoc per l’occasione si rapportano non solo ai posti, ma anche alle persone che li abitano. Gli alloggi prescelti come spazi espositivi sono di vario tipo – dalla villa residenziale al monolocale in un condominio, dal loft alle case popolari; così eterogenei sono anche i loro abitanti: single, anziani pensionati, architetti, casalinghe, operai, artigiani e professionisti. La prima edizione di questa biennale, curata da Matthias Wagner K, permette allo spettatore di entrare nel vivo della cultura del dell’abitare e del lavorare nella zona est della regione Ruhr. La luce è qui il medium per ampliare la ricettività, per creare spazi della rimembranza, della storia, della poesia e di nuove esperienze visive. La luce polarizza l’attenzione su aspetti del quotidiano, risaltandone le implicazioni, indagando la realtà e aprendo nuove prospettive. La luce diventa co-protagonista e mezzo di mediazione tra pubblico e privato, tra arte e urbanità. Il curatore, specializzato in light art così come in arte e cultura islandese, conta al suo attivo svariate mostre con rinomati artisti come Michel Verjux, James Turrell, Gunda Förster o Mischa Kuball. “La luce è per gli artisti un mezzo appropriato per rapportarsi criticamente al contesto sociale”, afferma Wagner K. La biennale trasformerà queste cittadine in un museo vivente e i suoi visitatori potranno vivere la realtà di un territorio in concomitanza con l’esperienza privata sperimentata nella dimensione domestica all’interno delle mura domestiche. Proprio per la particolarità della mostra,
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Wagner K ha scelto artisti che fanno riflettere sui temi di differenze culturali, implicazioni politiche, mediali ed economiche, sulla cultura della memoria sia nell’ambito privato sia in quello pubblico. Per i suoi presupposti questa prima edizione della biennale ricorda molto la mostra ‘Chambres d’amis’, curata da Jan Hoet, che nel 1986 ha aperto gli appartamenti e le case degli abitanti di Gent in Belgio per ospitare interventi artistici. Non a caso Jan Hoet è il presidente onorario di questa biennale. Ma la Biennale Internazionale di Arte Luminosa non sarà l’unico appuntamento incentrato sulla luce. Dal 14 maggio al 3 giugno la chiesa di S. Reinoldi a Dortmund farà da contenitore e contenuto di ‘LichtKunstRaum Sanktreinoldi’ (LuceArteSpazio Saktreinoldi), un evento che convoglierà diversi progetti che metteranno in relazione arte contemporanea, design e danza con i tre stili architettonici che caratterizzano la chiesa. Al termine di questa performance avrà luogo un ‘Light Forum’, il cui scopo finale è quello di investigare il significato metafisico della luce, le relazioni con la religione, l’arte e lo spazio. In autunno poi aprirà i battenti il festival internazionale di light art ‘Ruhrlights: Twilight Zone’: dal 17 al 26 settembre artisti di fama internazionale, tra cui Yann Kersalé, Siegrun Appelt, Julen Birke Yves Netzhammer, Peter Kogler, Tatzu Nishi e Klaus Obermaier realizzeranno opere che verranno poste nel paesaggio tra le città di Duisburg e Dortmund. Infine c’è da segnalare ‘Licht RUHR.2010’, il progetto che ha lo scopo di mappare le installazioni di luce permanenti e temporanee presenti nella regione – tra cui il Zentrum für Internationale Lichtkunst di Unna, ovvero il primo museo al mondo dedicato alla light art; Monochromatic red and blue di Speirs and Major presso l’impianto di estrazione del carbone di Zollverein; Yellow Marker di Mischa Kuball; Fraktal di Jürgen LitFischer a Bottrop; l’installazione no agreement today, no agreement tomorrow di Andreas M. Kaufmann a Bergkamen e l’opera di Dan Flavin a Rheinelbe. La mappa interattiva aiuterà il visitatore a conoscere meglio gli artisti e le opere di arte luminosa, tracciando un percorso che per la sua alta concentrazione di installazioni luminose è unico in tutta Europa.
The first edition of the International Biennial ‘Light Art‘ will run from March 28th until May 27th. This event focuses on luminous art, conceived and presented as part of the initiatives to be held throughout the year in the Ruhr Region of Germany, the European Capital of Culture in 2010 For the first time since the start of this cultural initiative in 1985, the appointment by the European Council was awarded to an entire region, consisting of 53 cities. The Ruhr district is famous for its past as a coal-mining district and as an important industrial center in the Twentieth century. Over the past two decades, environmentalists and internationally-renowned architects
have skillfully transformed it into a new reality. At the end of the Eighties, the local authorities became aware that the long persistent crisis in the heavy industrial sector, with its closures and redundancies, had reached the point of no return. The Ruhr district was declared a depressed area, and the authorities submitted a request to the European Union for funding to initiate a massive reconversion project that would create amenities for culture and free-time with museums, galleries, restaurants, cinemas and playgrounds. The steelworks and the ironworks that had been constructed in the areas around the mines were demolished, restructured and converted into a historical-cultural complex. The area was transformed from the driver of heavy industry to a
In senso orario/clockwise, Anny & Sibel Öztürk, ‘Jolie Charite’; John M. Armleder ‘Untitled (Canaletto)’, 2007 (courtesy Galerie Anselm Dreher; ph: Sabine Schirdewahn); Private Space 3. Miss Schmidt (ph: Sabine Schirdewahn); Egill Sæbjörnson, Lampi, 2007. Nella pagina accanto/on the opposite page, Heimir Bjorgulfson, ‘Great places’, 2005.
new hub of creative enterprises. Now the whole of Europe, and the numerous regions facing the prospects of conversion, are looking at the Ruhr experience as an example to be followed. A vast program of cultural events have been planned for 2010, with the first edition of the Biennial of Light Art deserving a mention. The event’s motto is “Open light in private spaces” and this is an integral part of the program that will involve 60 private homes in the cities of Bergkamen, Bönen, Fröndenberg, Hamm, Lünen and Unna. These will be the settings for works by famous international artists such as John M Armleder, Angela Bulloch, Olafur Eliasson, Sylvie Fleury, Joseph Kosuth, Olaf & Carsten Nicolai, Gunilla Klingberg, Maix Maier, Anny & Sibel Öztürk, Saburo Teshigawara,
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James Turrell and Jun Yang. The installations created ad hoc for the occasion relate not only to the dwellings themselves - the detached villa to the bedsit in a condo, from the loft to social housing - but also to the people who live there, an equally heterogeneous group: single, pensioners, architects, housewives, blue collar workers, craft workers and professionals.
Dall’alto/from top, Private Space 2. Family Piepenbrink. Bergkamen (ph: Sabine Schirdewahn); Private Space 1. Michelle (ph: Sabine Schirdewahn).
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The first edition of this biennial, organized by Matthias Wagner K, will allow the spectators to take a close-up look at the culture of life and work in the East district if the Ruhr region. Light here is the medium for expanding the hospitality, for creating monuments for Remembrance, history, poetry and new visual experiences. Light attracts attention to aspects of everyday life, exalting the
implications, investigating the realities and opening new prospectives. Light becomes the co-protagonist and the medium of mediation between public and private, between art and urban living. Matthias Wagner K, the curator of the event is specialized in light art and in Islandic art and culture. He was previously involved in a number of exhibitions with famous artists such as Michel Verjux, James Turrell, Gunda Förster or Mischa Kuball. He stated “Artists consider light to be the appropriate medium for creating a critical relationship with the social context“. The biennial will transform these towns into a living museum and its visitors will be able to experience the reality of a territory combined with the private experimentation of the domestic dimension inside the walls of the home. Specifically for the unusual features of the exhibition, Wagner K selected a group of artists who stimulate thoughts on the cultural differences, political implications, media and economic factors, the culture of remembering in private and public ambiences. And for this reason, this first edition of the biennial is strongly reminiscent of the exhibition ‘Chambres d’amis’, organized by Jan Hoet. In 1986, he used apartments and homes in Ghent, Belgium to house artistic events. And it is no surprise to find out that Jan Hoet is the honorary president of the biennial. However, the International Biennial of Light Art will not be the only appointment focused on light. From May 14th to June 3rd, the Church of S. Reinoldi in Dortmund will be used as the container and content for ‘LichtKunstRaum Sanktreinoldi’ (LightArtSpace Saktreinoldi), an event grouping together a number of projects that will combine contemporary art, design and dance with the three architectonic styles found in the church. A ‘Light Forum’ will take place at the end of this performance which will investigate the metaphysical meaning of light, its relationship with religion, art and space. In the Fall, the International festival of light art ‘Ruhrlights: Twilight Zone’ will be inaugurated: it will run from September 17 to 26; internationally-renowned artists - including Yann Kersalé, Siegrun Appelt, Julen Birke Yves Netzhammer, Peter Kogler, Tatzu Nishi and Klaus Obermaier – will create and present installations positioned in and around the cities of Duisburg and Dortmund. Finally, ‘Licht RUHR.2010’ deserves a mention. This project aims to produce a map of the permanent and temporary light installations in the region – including the Zentrum für Internationale Lichtkunst in Unna, or rather, the world’s first museum dedicated to light art; Monochromatic red and blue by Speirs and Major in the coal-mining plant in Zollverein; Yellow Marker by Mischa Kuball; Fraktal by Jürgen LitFischer in Bottrop; the installation ‘no agreement today, no agreement tomorrow’ by Andreas M. Kaufmann in Bergkamen and the creation by Dan Flavin in Rheinelbe. This interactive map will familiarize the visitors with the artists and the creations of luminous art, tracing a pathway that is the only one of its kind in Europe, thanks to the high concentration of luminous installations it covers.
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txt: Daria Ricchi
BARTLETT FACULTY OF THE BUILT ENVIRONMENT
La Bartlett Faculty of the Built Environment vanta una lunga tradizione in numerose discipline legate all’ambiente costruito, tra cui il master in Luce e Illuminazione (Light and Lighting): istituito nel 1987, è un corso di specializzazione in illuminazione consolidato a livello europeo, che richiama studenti di formazione diversa, dall’architettura all’interior design, dall’industrial design a varie discipline dell’ingegneria, dall’arte al teatro Molti sono gli ex studenti che hanno raggiunto il successo, aggiudicandosi premi e riconoscimenti in tutto il mondo: un vincitore del premio Light Play al Total Lighting Show (2000), vincitori della medaglia RHS Silver Gilt (2004) e Lighting Designer of the Year (2006). Inoltre, numerosi diplomati del corso in luce e illuminazione sono stati proclamati Young Lighters of the Year dalla Society of Light and Lighting. Il Master in Luce e Illuminazione si caratterizza per l’approccio olistico al lighting design, considerando la risposta umana alla luce e all’illuminazione, la scienza e tecnologia legata alla materia, insieme alla progettazione della luce, pensata come parte integrante dell’architettura e dell’ambiente costruito. La Bartlett mette a disposizione del programma il Lighting Simulator, un’apparecchiatura avanzata di modellazione della luce solare e diurna, che si serve di simulazioni al computer e di un sofisticato cielo artificiale a illuminazione variabile. Tutti gli studenti che frequentano il corso in Luce e Illuminazione devono completare e ottenere 180 crediti riconosciuti per conseguire il Master in Luce e Illuminazione. Questi includono 90 crediti del programma di moduli e altri 90 crediti relativi al Light and Lighting Report. I moduli offerti nel corso d’insegnamento sono: Lighting Fundamentals, che tratta la risposta umana all’illuminazione, le definizioni fondamentali della materia e i calcoli di illuminotecnica (relativi sia all’illuminazione diurna che a quella elettrica); Lighting Applied Calculations, un modulo incentrato sull’applicazione dei modelli tecnici e matematici all’ambiente illuminato; Lighting Research, che presenta i risultati basati sulla ricerca e i modelli teorici relativi alla risposta umana all’illuminazione e ai calcoli di illuminotecnica; Advanced Lighting Design, che consiste in una serie di progetti di lighting design mirati che spaziano dalla valutazione dell’illuminazione e dalla progettazione di apparecchiature per l’illuminazione a un importante progetto che affronta tutte le tematiche coinvolte nell’integrazione dell’illuminazione diurna e di quella elettrica; Lighting Practice, per coloro che desiderano operare come lighting consultant e conoscere i relativi vincoli legislativi, contrattuali e tecnologici. Il corso si avvale inoltre di presentazioni di esperti per approfondimenti e il suo contenuto è oggetto di revisione da parte di professionisti del settore. Il Centro d’Illuminazione della Bartlett svolge un ruolo attivo nell’ambito della ricerca nel settore dell’illuminazione. Studi recenti hanno indagato la risposta umana ai modelli di luce e la loro rilevanza nel lighting design, lo sviluppo di interfacce intuitive con sofisticati software di visualizzazione della luce e studi site-specific di strategie d’illuminazione urbana. Il corso è profondamente permeato dalla ricerca. La maggior parte degli ex studenti ha continuato a lavorare o ha trovato un’occupazione nel mondo dell’illuminazione, o nelle aziende produttrici di luci o nell’ambito del lighting design. Molti hanno vinto premi di settore. Numerosi studenti si sono poi dedicati alla ricerca MPhil/PhD.
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SCHOOL
Il porticato di UCL sfruttato per le prove di illuminazione del corso di master in Luce e Illuminazione. Nella pagina accanto, la luce artificiale variabile sky che permette la modulazione della solaree e la luce diurna nei modelli architettonici.
The portico of UCL which is used for lighting trials on the MSc Light and Lighting course. On the opposite page, the variable luminance artificial sky which allows modelling of sunlight and daylight in architectural models.
Abbiamo intervistato il direttore del corso, Kevin Mansfield. Quali sono state le ripercussioni della crisi economica sul vostro corso? Le domande d’iscrizione sono diminuite rispetto agli anni precedenti? In realtà no. Le domande d’iscrizione sono ancora relativamente numerose, perché molte persone scelgono di proseguire gli studi in attesa della ripresa economica. Le domande d’iscrizione si sono mantenute su livelli discreti, non altissimi, ma comunque soddisfacenti. L’altra realtà con cui ci confrontiamo nel settore è che alcuni dei nostri diplomati che hanno trovato lavoro negli anni passati, nel Regno Unito o all’estero, hanno sofferto un po’ e abbiamo saputo che alcuni hanno perso il lavoro negli ultimi mesi, sia nel Regno Unito sia nelle aziende britanniche che lavorano anche all’estero. Vi sono delle eccezioni, con alcune aziende che sono rimaste relativamente solide operando in Estremo e Medio Oriente. Alcuni dei vostri studenti lavorano in quelle aree? Sì. Alcuni dei nostri studenti che si affacciano nel mondo dell’industria, in qualità di consulenti tecnici o con progettisti indipendenti, lavorano a progetti in Medio ed Estremo Oriente, e alcuni in America. Mi sembra di capire che formate sia ingegneri sia designer. È un master, vero? Sì, è un master in Luce e Illuminazione. Formiamo entrambe le categorie e circa l’80% dei diplomati trova lavoro nel settore dell’illuminazione – alcuni con importanti società di consulenza multidisciplinari, altri con aziende d’illuminazione e altri ancora con case di lighting design indipendenti.
L’aspetto tecnico della luce svolge un ruolo davvero importante? Nel nostro corso ci proponiamo di adottare un approccio olistico. Vi sono elementi tecnici – quegli ingegneristici – che riguardano metà corso, ma per il resto operiamo per lo più nella modalità tipica delle scuole di architettura, con briefing progettuali e con gli studenti organizzati in team di progettazione. Il nostro intento è quello di raggiungere un equilibrio tra arte e scienza. L’altra metà del corso è incentrata sulla tesi, il report, che deve essere di circa 15.000 parole. Gli argomenti del report sono estremamente variabili. Un report presentato recentemente riguardava l’illuminazione nell’architettura barocca; un altro era focalizzato sull’illuminazione dei tunnel stradali brevi; un terzo considerava i master plan nell’ambito dell’illuminazione urbana. Trattandosi di un master, in quale disciplina gli studenti conseguono normalmente il primo diploma universitario? Circa il 50% degli studenti sono architetti, interior designer e lighting designer; il restante 50% sono ingegneri, ingegneri civili, ingegneri elettrici, talvolta artisti, e alcuni hanno conseguito un MBA. Pertanto, richiamiamo per lo più persone che sono già designer qualificati ma desiderano dotarsi di basi tecniche e altre del settore tecnico che desiderano indagare sull’integrazione tra luce e architettura. Quanti studenti avete ogni anno? Abbiamo diverse tipologie di studenti. Abbiamo studenti a tempo pieno, che completano il corso in un anno, e studenti part time che invece completano il corso in due anni. Accogliamo circa 20 studenti all’anno. Ogni anno si diplomano 15-16 persone. In sintesi: un anno a tempo pieno o, in alternativa, vi è quello che chiamiamo il modulo flessibile, che può durare due o anche tre o quattro anni. Normalmente occorrono due anni. È richiesto un tirocinio? No, il tirocinio distrarrebbe gli studenti da quello che dovrebbe essere il loro impegno a tempo pieno. Molti studenti fanno tirocinio per uno o due anni dopo il conseguimento del diploma.
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I vostri studenti provengono da qualsiasi parte del mondo? Ovviamente abbiamo studenti del Regno Unito, ma anche del Portogallo, della Grecia, un paio di studenti italiani, studenti dalla Germania e dalla Scandinavia, un paio dall’America, un paio dall’Australia, un paio da Hong Kong. Quindi sì, è un corso internazionale. Questo corso continua a vantare una tradizione consolidata e duratura. Alla Bartlett abbiamo sempre insegnato illuminazione, a livello sia universitario sia postuniversitario. Questo corso di specializzazione in illuminazione è tenuto però dal 1987. Nel Regno Unito abbiamo un’istituzione di beneficenza, chiamata Lighting Education Trust, che sostiene la formazione nel settore dell’illuminazione nel Regno Unito. Ci supporta e supporta anche altri istituti universitari e corsi nel Regno Unito. È un impegno che si sono assunte la comunità e l’industria dell’illuminazione per sostenere l’istruzione nel settore dell’illuminazione e formare specialisti, ingegneri e designer della luce per il futuro. Avete stretti legami con l’industria? Contiamo numerose organizzazioni professionali nel mondo dell’illuminazione. Molte sono le persone della facoltà coinvolte. Abbiamo legami con la Society of Light and Lighting e la Institution of Lighting Engineers. Un diplomato del corso rappresenta il Regno Unito nella PLDA e altri ex studenti lavorano per importanti aziende della luce. Direi dunque che cerchiamo di mantenerci in contatto con l’industria dell’illuminazione. Quali argomenti consiglierebbe per le tesi dei futuri studenti? Ritiene che vi siano tematiche importanti da affrontare con urgenza? Penso che le tematiche importanti al momento riguardino l’illuminazione per l’ambiente esterno, gli spazi urbani e l’illuminazione stradale in particolare, con l’avvento di nuove tecnologie, come quelle dei LED e degli OLED nonché la metrica della luce diurna cumulativa negli edifici. Inoltre, l’illuminazione per diversi settori della comunità – l’illuminazione a sostegno dell’autismo, l’illuminazione nelle scuole materne, l’illuminazione per gli anziani… Sono questi gli argomenti che sembrano al momento assorbire i nostri studenti. La teoria e la pratica sono dunque fortemente intrecciate? Sì, proponiamo un approccio olistico e cerchiamo di combinare le due esperienze. È ipotizzabile un dottorato di lighting design? Certamente. Abbiamo molti dottorandi che si occupano di molteplici temi – la fotometria dei LED, l’illuminazione algoritmica e i sistemi di segnalazione per gli scolari, l’illuminazione diurna in Portogallo, il linguaggio dell’illuminazione, la poetica nell’illuminazione… Vi occupate sia di illuminazione naturale sia di illuminazione artificiale? Sì, con tutti gli aspetti della luce nell’ambiente costruito, dagli esterni agli interni, dalla luce naturale a quella artificiale. Ci occupiamo di aspetti estremamente tecnici relativi alla fotometria. La nostra ricerca può essere anche focalizzata sulla qualità della luce sacra nelle chiese. È questa varietà che mantiene vivo il mio interesse per l’illuminazione da quasi 30 anni…!
Installazione luminosa in stile Art deco degli studenti Della Hatziefstratiou, Victoria Jerram e Oliver Koenigs. Sotto, il disegno vincitore di Nathan Gummow, presentato in un concorso di idee ideato dalla Corporation of the City of London e la società Worshipful Company of Lightmongers per la re-illuminazione della Tower Bridge a Londra. Nella pagina accanto, un’installazione luminosa per un di Konstantina Vassilakopoulou, Iyassu Yohannes e Jing-Liang Xuan.
The Bartlett Faculty of the Built Environment has a long tradition in many disciplines related to the built environment. Among these is the MSc Light and Lighting that was established in 1987 and so far it is Europe’s long-standing specialist graduate lighting course. The course attracts participants with diverse backgrounds, from architecture to interior design, from industrial design to various engineering disciplines, from arts to theatre subjects
The course also benefits from presentations from experts within the profession to provide added depth and course content is reviewed for relevance by senior practitioners in the lighting industry. The Bartlett’s Lighting Centre plays an active part in lighting research. Recent studies have investigated the human response to light patterns and their importance in lighting design, the development of user-friendly interfaces to sophisticated lighting visualisation software and site-specific studies of urban lighting strategies. Much of the research actively informs the teaching on the course. The majority of past students have either continued to work, or have gained employment in the lighting profession either in the lighting manufacturing industry or in lighting design. Many have gone on to win awards in the field of lighting. A number of students have used the MSc as a foundation for MPhil/PhD research.
A number of past students have been successful in gaining awards and prizes from around the world: a winner of the Light Play prize at the Total Lighting Show (2000), winners of the RHS Silver Gilt medal (2004) and Lighting Designer of the Year (2006). In addition, a number of the Light and Lighting graduates have received the Society of Light and Lighting’s Young Lighters of the Year award. The MSc Light and Lighting aims to provide an holistic approach to lighting design considering the human response to light and lighting, the science and technology of the subject, together with the design of lighting as an integrated part of architecture and the built environment. At the disposal of the programme, the Bartlett houses the Lighting Simulator, an advanced sunlight and daylight modelling facility, employing both computer simulation and a sophisticated variable luminance artificial sky. All students following the Light and Lighting course must successfully complete and pass 180 approved credits to obtain the MSc Light and Lighting. These comprise 90 credits taken from the taught programme of modules and a further 90 credits in respect of the Light and Lighting Report. The modules offered in the taught course are: Lighting Fundamentals, a module that deals with the human response to lighting, the fundamental definitions of the subject and lighting engineering calculations (both daylighting and electric lighting); Lighting Applied Calculations a module that deals with the application of engineering and mathematical models to the lit environment; Lighting Research that introduces research-based results and theoretical model-building in the human response to lighting and lighting engineering calculations; Advanced Lighting Design that consists of a set of focused lighting design projects covering the appraisal of lighting, luminaire (light fitting) design and a major design project covering all the issues involved in the integration of daylighting and electric lighting and Lighting Practice for those who wish to practice as a lighting consultant and the corresponding legislative, contractual and technological constraints.
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An Art Deco Luminaire designed by MSc students Della Hatziefstratiou, Victoria Jerram and Oliver Koenigs. Below, the winning entry by MSc student Nathan Gummow in an ideas competition devised by the Corporation of the City of London and the Worshipful Company of Lightmongers for the relighting of Tower Bridge. On the opposite page, luminaire installation for an airport designed by MSc students Konstantina Vassilakopoulou, Iyassu Yohannes and Jing-Liang Xuan.
We spoke to the Course Director, Kevin Mansfield. How did the economical crisis affect your course? Did you have fewer applications than in previous years? Actually not, we find the applications still relatively strong because a lot of people are choosing to come to education until the economy recovers. We’re finding that the applications are coming in at a reasonable level, not overwhelming, but at a good level. The other thing we are seeing in the industry is that some of our graduate students that have found employment in the past years, both here and abroad, have suffered a little and we have heard of some who have lost their jobs in the past few months, both in the UK companies and in the UK companies that have work abroad as well. There are exceptions with some companies remaining relatively strong with work in the far East and in the Middle East. Are some of your students working there? Yes. Some of our students, moving to the industry, either as consulting engineers or with independent designers tend to work on projects in the Middle East and the far East and a few in America. As far as I understand you’re training both engineers and designers? It’s a Masters degree isn’t it? Yes it is an MSc in Light and Lighting. We’re training both professions and around 80% of the graduate students go to work in the lighting community – some with the major
multidisciplinary consultancies, some with the lighting companies and some with the independent lighting design houses. So is the technical part of light really important? On our course we are try to take an holistic approach. There are technical elements – the engineering elements – that cover half the course but then we work much more in the architecture school mode with design project briefings and with the students working in design teams. What we try to do is to balance the art with the science. The other half of the course is the thesis, the report, of around 15 000 words. The report topics are very variable. A recently submitted report concerned lighting in Baroque architecture, another focussed on the lighting of short road tunnels and a third looked at urban lighting masterplans. Since it is a Masters degree in which discipline do they normally get their first undergraduate degree? About 50% of them are architects, interior designers, and lighting designers, the other 50% are civil or electrical engineers, sometimes artists, sometimes they even have an MBA. So we tend to attract people who are skilled designers but would like a technical underpinning and others from engineering who wish to explore the integration of light with architecture. How many students do you have each year? We have different kinds of students. We have full time students, who take the course in one year, and part time students that take the course in two years. We take about 20 students per year. About 15 to 16 people graduate every year. To sum up: one year full time or we have what we call the flexible modular mode that could last two or even three or four years. Typically it requires 2 years. Is an internship required? No, an internship would take the students away from their full time commitment. Many students take up an internship for one or two years after graduation. Do you have students coming from all over the world? Obviously we have students from the UK but also from Portugal, from Greece, a couple of Italian students, Germany, Scandinavia, a couple from America, a couple from Australia, a couple from Hong Kong. So yes it is international. Because this course continues to have a strong and long-term tradition...?
We have always taught lighting here at the Bartlett both at the undergraduate and masters level. But we have this specialist lighting course running from about 1987. We have a charitable organisation in the UK called the Lighting Education Trust which supports lighting education in the UK. It supports us and also supports other colleges and courses in the UK. It is a commitment by the lighting community and by the lighting industry to support lighting education to provide lighting specialists, engineers and designers for the future. Do you have a strong connection with the industry? We have many professional organisations in the lighting world. Many of the faculty here are involved with them. We have connections with the Society of Light and Lighting and the Institution of Lighting Engineers. A graduate from the course represents the UK in the PLDA and other graduates are employed by the major lighting companies – so yes, we try to maintain our links with the lighting industry. Which thesis topics would you recommend to future students? Do you think there are important and urgent issues at the moment? I think the important issues at the moment concern lighting for the exterior environment, urban spaces and road lighting particularly with the advent of new technologies such as LEDs and OLEDs and also cumulative daylighting metrics in buildings. Also lighting for different sectors of the community – lighting to support autism, lighting in kindergartens, lighting for the elderly…these topics seem to be engaging our students at the moment. So theory and practice are closely intertwined…? Yes, we try to maintain an holistic approach and try to unify both experiences. Could a PhD in lighting design be possible? Certainly – we have several PhD research students undertaking a wide variety of topics – the photometry of LEDs, algorithmic lighting and the alertness of schoolchildren, daylighting in Portugal, the language of lighting, poetics in lighting… You do work with both natural and artificial lighting, don’t you? Yes, with all aspects of light in the built environment, from exterior to interior, from natural to artificial light. We deal with highly technical aspects regarding photometry or we can have research focussing on the quality of sacred light in churches. It is this variety that has kept me interested in lighting for nearly 30 years…!
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ARCHITETTURA
LUCI DI UNA NUOVA CITTÀ txt: Mila Sichera
CITY LIGHTS
Nel 1957 Giò Ponti, dalle pagine del suo saggio Amate l’architettura, pronosticava lo sviluppo della luce come “elemento costitutivo dell’architettura spaziale” capace di generare “illusioni visive di spazi, di stacchi, di alterazioni di volumi, pesi e superfici”, in breve, una “notturna città nuova” A distanza di cinquant’anni da quelle riflessioni, alle porte di Milano, tra l’autostrada A7 Milano-Genova, la tangenziale ovest e il Naviglio Pavese, sta prendendo forma una città nuova in cui la luce naturale e artificiale recita il ruolo di materiale dell’architettura. Migliaia di pixel colorati plasmano lo spazio, lame di luce diffondono bagliori, lampi, lucentezze, riflessi. È Milanofiori Nord, il primo degli interventi di sviluppo di Milanofiori 2000 srl (società controllata per l’82,86% da Brioschi Sviluppo Immobiliare e per il 17,14% da Bastogi) che prevede la realizzazione di due nuovi tessuti urbani tra i comuni di Assago e di Rozzano, segnando il limite tra città e campagna, tra la metropoli e il Parco Agricolo Sud. L’intento è quello di costruire due quartieri di elevata qualità ambientale, dove architettura e paesaggio coesisteranno attraverso trame di vecchi e nuovi percorsi verdi. L’insediamento Milanofiori Sud, nel comune di Rozzano, in costruzione probabilmente dal 2011 (dopo l’approvazione del PII - Piano Integrato di Intervento), secondo il progetto del masterplan firmato da 5+1AA con Metrogramma, avrà un’estensione di 1,1 milioni di mq destinata a residenziale, alberghiero, direzionale, espositivo, commerciale, contraddistinta da una torre alta oltre duecento metri: un landmark territoriale a nord della tangenziale, un monolite di luce nella pianura, alla quale sarà saldamente ancorato attraverso un’ampia piastra. Sarà la più alta delle torri disseminate nell’area, solo di poco inferiore alla torre di City Life; un edificio iconico di algida bellezza, un volume luminescente, a-prospettico, quasi astratto, pensato per tessere relazioni con l’intorno e con Milano. Super-grattacieli+spazi verdi, riecheggianti Manhattan, rappresentano la formula combinatoria del masterplan di Milanofiori Sud, che dialetticamente si confronta con il masterplan di Milanofiori Nord, redatto dallo studio di Erick van Egeraat di Rotterdam, il cui intento preciso è invece quello di riprodurre una scala umana, uno spazio costruito attraverso architetture di media grandezza, capaci di restituire la misura domestica dei luoghi. La nuova porta meridionale della città di Milano, in fase di completamento, è un coagulo di griffatissime architetture, piccoli gioielli di sapiente progettazione, selezionati con concorsi ad inviti e concentrati su una superficie
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edificabile di 218 mila mq con destinazione terziaria, commerciale e residenziale, al limitar di un parco pubblico da 113 mila mq. Oltre a Erick van Egeraat, studio di architetti olandesi noti per la progettazione a basso impatto ambientale, partecipano alla ‘fondazione’ della nuova città ASA Studio Albanese, CZA Cino Zucchi Architetti, Park Associati, Archea Associati, ABDA Architetti Botticini De Appolonia Associati, OBR Open Building Research, 5+1AA Agenzia di Architettura, Studio Alessandro Guerriero & Alberto Biagetti, coadiuvati da società di ingegneria per gli aspetti impiantistici, strutturali, infrastrutturali, urbanistici e di construction management: Favero & Milan, Amber Architectures, Intertecno, Studio TI, Tekne, General Planning, Studio Capelli Architettura e Associati, FOA Federico Oliva Associati, Proiter, Technion.
In 1957, in the pages of his essay Amate l’architettura (In Praise oif Architecture), Giò Ponti forecast the development of light as a “constructional element of spatial architecture” able to generate “visual illusions of space, gaps, alternating volumes, weights and surfaces”, in short, a “new nocturnal city” Fifty years after these words, at the gates of Milan, between the Milan-Genoa A7 motorway, the western ring road and the Naviglio Pavese canal, a new city is taking shape in which natural and artificial light takes on the role of architectural materials. Thousands of coloured pixels mould the space, swords of light give off glare, lightening, shine and reflections. This is Milanofiori Nord, the first of the development works by Milanofiori 2000 srl (subsidiary company, 82.86% of Brioschi Sviluppo Immobiliare and 17.14% of Bastogi) which involve the development of two new urban areas between the municipalities of Assago and Rozzano, marking the boundary between the city and the countryside, the metropolis and the Parco Agricolo Sud. The aim is to build two districts with a high environmental quality, where architecture and landscape live side by side in a network of old and new green trails. The Milanofiori Sud estate, in the municipality of Rozzano, for which works will probably begin in 2011 (after the approval of the PII – Piano Integrato di Intervento), based on the master plan project drawn up by 5+1AA with Metrogramma, will cover 1.1 million square metres of residential, hotel, management, exhibition and commercial areas, marked by a tower more than two hundred metres tall: a territorial landmark to the north of the ring road, a monolith of light in the plain, to which it will be solidly anchored by a large plate. It will be the tallest of the towers scattered
around the area, only slightly shorter than the City Life tower; an iconic building of icy cold beauty, a luminescent volume, perspectiveless and almost abstract, designed to weave relations with its surroundings and with Milan. Super-skyscrapers+green spaces, reminiscent of Manhattan, represent the winning combination of the Milanofiori Sud master plan, which dialogues with the Milanofiori Nord master plan, drawn up by Rotterdam-based Designed by Erick van Egeraat, with the precise aim of reproducing a human scale, a space built through medium-sized architecture, able to restore the domestic dimension of places. The new southern gate of the city of Milan, under completion, is a coagulum of big name architectural works, jewels of clever design works selected from a closed competition and concentrated on a building area of 218,000 square metres destined for office, commercial and residential use, on the edge of 113,000 square metres of public park land. In addition to Erick van Egeraat, the Dutch architectural firm renowned for its low environmental impact designs, the following are participating in the “foundation” of the new city: ASA Studio Albanese, CZA Cino Zucchi Architetti, Park Associati, Archea Associati, ABDA Architetti Botticini De Appolonia Associati, OBR Open Building Research, 5+1AA Agenzia di Architettura, Studio Alessandro Guerriero & Alberto Biagetti, supported by engineering firms for the systems and structural, infrastructural and urbanistic works and construction management: Favero & Milan, Amber Architectures, Intertecno, Studio TI, Tekne, General Planning, Studio Capelli Architettura e Associati, FOA Federico Oliva Associati, Proiter, Technion. Nella pagina a fianco in alto, l’insediamento Milanofiori Sud, nel comune di Rozzano, vicino Milano, verrà costruito dal 2011, secondo il progetto del masterplan firmato da 5+1AA con Metrogramma. In basso, il masterplan di Milanofiori Nord, nel comune di Assago, in fase di realizzazione avanzata, redatto dallo studio olandese Erick van Egeraat. In questa pagina, uno scorcio del grande interno urbano progettato da Erick van Egeraat, con volumi architettonici che si compenetrano e costruiscono una continuità non omogenea, introducendo all’interno dei percorsi soste, pause e digressioni mediante variazioni dello spazio e della luce naturale (ph: Maurizio Bianchi).
Top on the opposite page, the Milanofiori Sud complex in the city of Rozzano, near Milan. Construction will get underway in 2011, according to the master plan drafted by 5+1AA with Metrogramma. Below, the masterplan for Milanofiori Nord, in the city of Assago, with work already at an advanced stage. Plans were by the Dutch studio Erick van Egeraat. On this page, a shot of the large urban interiors designed by Erick van Egeraat, with architectonic volumes that mutually penetrate and form non-uniform continuity; there are amenities for rest, relaxation and distraction, through variations in the space and the natural light (ph: Maurizio Bianchi).
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Gli edifici adibiti a uffici realizzati nell’ambito del masterplan di Milanofiori Nord, redatto da Erick van Egeraat. di Rotterdam. Il lighting design urbano è stato realizzato con lampade prodotte dall’azienda spagnola Santa & Cole: il segnapassi Area e il lampione Balta (ph: Maurizio Bianchi).
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The buildings containing offices designed as part of the masterplan for Milanofiori Nord, drafted by Erick van Egeraat in Rotterdam. The urban lighting design was created with lamps produced by the Spanish company Santa & Cole: the route indicator Area and the street lamp Balta (ph: Maurizio Bianchi).
POLICROMIE D’AUTORE Le facciate degli uffici Milanofiori Nord, progettate dallo studio di Erick van Egeraat di Rotterdam, si materializzano inaspettatamente lungo la A7 Milano-Genova, diversificando lo scenario dell’intorno, limitrofo al Parco Sud, popolato da cascine, borghi, capannoni, villette e centri commerciali. Il progetto rispecchia l’ambizione della committenza di creare un nuovo punto di riferimento per la città di Milano, da cui dista pochi chilometri, offrendo ambienti di lavoro e di residenza di notevole qualità ambientale. I quattro edifici già edificati, sui sei previsti, annunciano il nuovo insediamento e introducono in un’atmosfera equilibrata, plasmata dalle leggi del costruire sostenibile in termini di tecnologie, materiali, impianti e composizione architettonica. La dimensione spaziale non banale, immaginata da Erick van Egeraat, è una sorta di grande interno urbano, misurato e graduato da volumi architettonici che si compenetrano e costruiscono una continuità non omogenea, introducendo all’interno dei percorsi soste, pause e digressioni mediante variazioni dello spazio e della luce naturale. Questa filtra negli ambienti con forme diverse e con differenti inclinazioni, per creare profondità simultanee che si estendono in varie direzioni e aprono a ogni passo mutevoli visioni. Il dinamismo degli spazi urbani si riflette anche all’interno degli edifici concepiti per una distribuzione flessibile, fluida degli ambienti di lavoro, dominati dall’intonaco bianco e animati dalle luci provenienti dalle aperture che lasciano innumerevoli impronte geometriche, suscettibili di assumere configurazioni tridimensionali sulle pareti variamente inclinate. Partiture diverse, matericamente differenti (pietra, vetro, intonaco, alluminio) restituiscono composizioni di facciate con insoliti accenti cromatici che definiscono una vibrante immagine urbana, percepibile anche nelle ore notturne in cui gli edifici, sospesi sui basamenti interamente trasparenti, si liberano del peso dei loro volumi. La luce artificiale (all’opposto della luce naturale che penetra all’interno) partecipa alla costruzione del paesaggio urbano dal crepuscolo all’alba: incide le superfici e si manifesta all’esterno per consentire a quei luoghi del lavoro di ‘essere luoghi’ oltre il lavoro, di esistere come spazi della nuova comunità anche nelle ore serali e notturne, rafforzando il senso di appartenenza, le relazioni, la coesione e l’armonia sociale. La luce notturna degli uffici riverbera all’esterno fluttuando liberamente nell’oscurità e compone la scena urbana assieme ai corpi illuminanti (lampioni e segnapassi), comunicando piacere estetico e senso di sicurezza, peculiarità fondamentali per la costruzione di un’identità positiva della città contemporanea.
DESIGNER POLYCHROMY The facades of the Milanofiori Nord offices, designed by Rotterdam-based Designed by Erick van Egeraat studio, materialise unexpectedly along the Milan-Genoa A7 motorway, diversifying the image of the area, the far end of the Parco Sud, populated by farmhouses, hamlets, warehouses, villas and shopping centres. The project mirrors the client’s ambition to create a new point of reference for the city of Milan, just a few miles away, offering working and residential settings with high environmental quality. The four completed buildings, out of a total of six, announce the new district and present a balanced atmosphere, moulded by the laws of sustainable buildings in the use of technologies, materials, systems and architectural composition. The far from banal spatial dimension imagined by Erick van Egeraat is a sort of large urban interior, measured and graded by architectural volumes which permeate and create a non-uniform continuity, introducing breaks, pauses and digressions within the path through the variation of space and natural light. This filters into the rooms with different shapes and at different angles, to create simultaneous depths which extend in different directions and offer changing visions at every step. The dynamism of the urban spaces is also reflected in the interior of the buildings, designed to assure a flexible, free-flowing distribution of the working environments, dominated by white plaster and animated by lights from the windows which leave a multitude of geometric prints, which take on three-dimensional configurations along the walls with their varying angles. Different sheets, different materials (stone, glass, plaster, aluminium) create facade compositions with unusual colour accents which define a vibrant urban image, which can also be perceived during the night when the buildings, suspended on their totally transparent bases, are freed from the weight of their volumes. Artificial light (as opposed to the natural light which penetrates inside) takes part in the construction of the urban landscape from dusk to dawn: it carves the surfaces and shows itself outside, allowing the work environments to become places beyond work, existing as spaces of the new community in the evening and through the night, strengthening the feeling of belonging, of relationships, of cohesion and social harmony. The nocturnal light in the offices reverberates outwards, fluctuating freely in the dark. and composes the urban scene together with the luminaires (street lamps and floor lights), communicating beauty and security, fundamental features for the construction of a positive identity of the contemporary city.
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TRIANGOLO MAGICO Il retail park progettato dallo studio genovese 5+1AA, Alfonso Femia e Gianluca Peluffo, con Simonetta Cenci, è un enorme triangolo isoscele adagiato al suolo, compatto sul perimetro esterno ma frammentato nella volumetria. È composto da sei edifici distinti, chiaramente leggibili attraverso la corte interna creata dal gioco dei volumi rivestiti con pannelli prefabbricati, bucati da infiniti oblò, e tinteggiati in resina color testa di moro per contrastare, attraverso un bagno di colore uniforme e profondo, il verde naturale del giardino dell’isola centrale, che riverbera sulle coperture trattate a prato verde. L’immagine esterna, unitaria e fortemente riconoscibile, simile alla sequenza di un codice a barre, è quella di un enorme blocco, mosso da un fitto gioco di pannelli in policarbonato colorato translucido, sorretti da un basamento prefabbricato, scavato sul fronte dei parcheggi da un ordine gigante di numeri. Opacità e trasparenza, rugosità e luminosità, dunque, in rapporto dialettico al modo di gravità e leggerezza, artificio e natura danno forma al progetto, condensati nell’involucro che si manifesta come intervallo tra interno ed esterno, come spazio tra edificio e paesaggio, come filtro tra luce e ombra. Il trattamento delle finiture esterne caratterizza l’immagine del manufatto ed è parte essenziale dello spirito del progetto, concepito con l’intento di trasformare un contenitore per spazi commerciali in un ‘luogo’. L’attacco a terra trattato come una sequenza di pietre miliari e l’aggetto del peristilio continuo, segnato da pilotis colorati sul fronte che conduce alle residenze, ironizzano sul concetto di monumentalità dei luoghi del commercio, partecipando in questo modo alla edificazione di un nuovo paesaggio contemporaneo. 5+1AA costruisce un oggetto architettonico dalla forte valenza simbolica, un ‘superluogo’ capace di calamitare pubblico, di attrarre visitatori/fruitori/clienti. Bianco, giallo e verde di varie tonalità comunicano gaiezza e invitano allo shopping; creano e animano gli spazi del tempo collettivo e della socializzazione attuale in un fluttuare di trasparenze, opacità e pixel, rendendo cangiante il profilo dei piani al variare della luce, naturale o artificiale, senza mai cedere all’esterno alle logiche delle insegne rutilanti.
MAGIC TRIANGLE The retail park designed by Genoa-based 5+1AA, Alfonso Femia and Gianluca Peluffo, with Simonetta Cenci, is an enormous isosceles triangle resting on the ground, compact along the external perimeter but fragmented in its volumes. It is composed of six separate buildings, clearly visible through the internal square created from the play on the volumes covered with prefabricated panels, pierced by infinite portholes and painted in dark brown resin to contrast, through a bath of deep, uniform colour, the natural green of the garden in the central island, which reverberates over the grass green roofing. The image from outside, unitary and highly recognisable, similar to a bar code sequence, is that of an enormous block, broken by a tight play of translucent polycarbonate panels, supported by a prefabricated base dug into the front of the car parks by a giant order of numbers. Opaqueness and transparency, roughness and luminosity, in a dialectic relation with gravity and lightness, artifice and nature, breathe life into the project, condensed in the wrapping which acts as an interval between the interior and exterior, a space between building and landscape, a filter between light and shadow. The treatment of the external finish characterises the image of the product and is an essential part of the spirit of the project, designed with the aim of transforming a container for commercial spaces into a ‘place’. The attachment to the ground, treated like a sequence of cornerstones and the projection of the continuous peristyle, marked by coloured pillars along the front which leads to the residential areas, ironically playing on the concept of the monumentality of commercial areas, thus participating in the construction of a new contemporary landscape. 5+1AA builds an architectural object with strong symbolic value, a ‘superplace’ able to attract the public, visitors, users and customers. Whites, yellows and greens in various shades communicate happiness and invite you in to shop; they create and animate the areas of collective and social occasions in a fluctuation of transparency, opaqueness and pixels, rendering the profile of the floors iridescent as the light, natural or artificial, changes, never giving way to the logic of shining signs outside.
Sopra, il retail park progettato dallo studio genovese 5+1AA, Alfonso Femia e Gianluca Peluffo, con Simonetta Cenci (ph: Paolo Riolzi).
Above, the retail park designed by the Genovese studio 5+1AA, Alfonso Femia and Gianluca Peluffo, with Simonetta Cenci (ph: Paolo Riolzi).
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L’immagine esterna, unitaria e fortemente riconoscibile, del retail park progettato dallo studio 5+1AA è quella di un enorme blocco, mosso da un fitto gioco di pannelli in policarbonato colorato translucido, sorretti da un basamento prefabbricato, scavato sul fronte dei parcheggi da un ordine gigante di numeri (ph: Ernesta Caviola, Giuseppe Maritati, Paolo Riolzi). The outside of the retail park is a uniform and highly-recognizable building designed by studio 5+1AA. It appears as an enormous block, decorated with panels in translucent colored polycarbonate panels supported by a prefabricated base; gigantic numbers have been added in front of the parking lots (ph: Ernesta Caviola, Giuseppe Maritati, Paolo Riolzi).
SIMBIOSI ARCHITETTURA-PAESAGGIO. Sono queste le parole d’ordine del nuovo progetto di OBR a Milanofiori, in fase di consegna, un centro residenziale versatile capace di unire in sé natura ed artificio, riverberi e trasparenze, economia e tecnologia, ambiente e qualità dell’abitare; un sistema aperto basato sulla relazione uomo-natura in continua evoluzione. L’insediamento segue un modello innovativo di sviluppo urbano sostenibile, cercando di realizzare l’olismo naturale, ovvero l’unione tra layer naturali (il parco, il giardino condominiale, le terrazze e i wintergarden) creando un ambiente comune (che accresce l’identità e il senso di appartenenza a una comunità), ma al contempo singolare, personalizzabile e quindi unico. L’intera area si sviluppa nell’interfaccia giardino-edificio tra cui lo scambio è totale, simboleggiata dall’assenza di ostacoli alla luce, vero connettore degli ambienti. La porosità del fronte in cristallo di vetro temperato verso il giardino interno è atta a favorire le relazioni sociali, senza ledere la privacy personale. Una quercia posta al centro del giardino interno funge da fulcro dell’edificio che si sviluppa come un abbraccio verde grazie alla presenza di wintergarden privati, logge che fungono da filtro tra la dimensione intima dell’abitazione e il paesaggio esterno. I wintergarden hanno una funzione architettonico-spaziale e una energetico-ambientale, in piena linea con la convenzione stipulata tra Milanofiori 2000 S.r.l. e il comune di Assago, alla ricerca di nuove fonti di energia rinnovabile. La doppia parete vetrata interna-esterna crea una serra/camera d’aria termoregolante che consente di pre-riscaldare gli ambienti, limitando al contempo la dispersione di calore. La folta alberatura e le facciate rivolte a sud contribuiscono ad ottimizzare il guadagno termico durante l’inverno e a limitare l’incidenza solare nella stagione calda. Ne risulta un risparmio energetico in sintonia con i contenuti della Legge Regionale n° 39 del 22 dicembre 2004, “Norme per il risparmio energetico negli edifici e per la riduzione delle emissioni inquinanti e climalteranti” (articolo 4 comma 4 e 5) e con gli obiettivi che il comune di Assago ha deciso di perseguire firmando la Carta di Aalborg del 10 febbraio 2005. La simbiosi con la natura continua anche nel tetto-giardino, caratterizzato da un verde estensivo perenne a bassa manutenzione. L’incidenza degli elementi architettonici quindi è quasi nulla: vengono evitati gli interventi invasivi, come confermano la scelta di serramenti in alluminio, le tende a rullo a scomparsa nel controsoffitto e le lastre di vetro temperato a scomparsa. Ciò permette la massima flessibilità combinatoria di tipologie abitative, con uno spazio elastico adatto sia a vani di servizio sia a spazi aperti-coperti come le logge esterne.
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Il risultato è un ambiente polivalente, che fa entrare in simbiosi l’uomo con la natura, in un’atmosfera calda e avvolgente, dove la luce sovrana, modulata con sapienza tra interno ed esterno, crea benessere e serenità.
SYMBIOSIS OF ARCHITECTURE AND LANDSCAPE These are the key words of the new OBR project at Milanofiori, under delivery, a versatile residential complex able to combine both nature and artifice, reflections and transparency, economy and technology, environment and quality of living; an open system based on the continuously evolving relationship between man and nature. The complex follows an innovative model of sustainable urban development, aiming to create a natural holism, the marriage between natural layers (the park, the communal garden, the terraces and the winter gardens), creating a common environment (which builds the identity and sense of belonging to a community), which is at the same time singular, customisable and thus unique layers. The whole area is developed in the garden-building interface which assures total exchange, symbolised by the total lack of obstacles for the light, the true connector of environments. The porosity of the tempered glass crystal front looking over the internal garden aims to promote social relations without compromising personal privacy. An oak tree at the centre of the internal garden is the building’s fulcrum, like a green embrace with the private winter gardens, loggias which act as a filter between the intimate dimension of the homes and the external landscape. The winter gardens have both an architectural-spatial and an energy-environmental function, fully in line with the agreement signed between Milanofiori 2000 S.r.l. and the municipality of Assago, searching for new sources of renewable energy. The double internal-external glass wall creates a heat-regulating greenhouse/air chamber which pre-heats the rooms, limiting heat dispersion at the same time. The thick greenery of the trees and the south-facing facades help to optimise heat savings during the winter and limit solar incidence during the summer. The resulting energy savings are in line with the contents of Regional Law no. 39 of December 22, 2004, “Regulations for energy savings in buildings and the reduction of polluting and climate-changing emissions” (article 4, clauses 4 and 5) and the objectives laid down by the municipality of Assago in signing the Aalborg
Il centro residenziale progettato da OBR Open Building Research – Paolo Brescia e Tommaso Principi; design team: Chiara Pongiglione, François Doria, Paolo Salami, Giulia D’Ettorre, Julissa Gutarra, Leonardo Mader, Francesco Vinci, Barbara Zuccarello. The residential center designed by OBR Open Building Research – Paolo Brescia and Tommaso Principi; design team: Chiara Pongiglione, François Doria, Paolo Salami, Giulia D’Ettorre, Julissa Gutarra, Leonardo Mader, Francesco Vinci, Barbara Zuccarello.
Charter of February 10, 2005. The symbiosis with natural also continues on the roof garden, planted with low-maintenance, extensive perennial greenery. The incidence of architectural elements is practically zero; invasive interventions are avoided, and this is confirmed by the choice of aluminium window frames, roller blinds which retract into the false ceilings and sliding tempered glass slabs. This assures the maximum flexibility for the residential modules, with an elastic use of the space both in the service areas and in the open-covered spaces such as the external loggias. The result is a multipurpose environment, which allows man to live in symbiosis with nature, in a warm, cosy atmosphere where light reigns supreme, modulated cleverly between the interior and exterior, to create wellbeing and serenity.
MIMESI ORGANICA
Si protrae verso il parco circostante un edificio con la pianta a forma di ameba, con la pelle rugosa coperta da una variegata corteccia simile a quella di una struttura organica, vegetale. Si presenta così U15, edificio per uffici disegnato da CZA-Cino Zucchi Architetti per Milanofiori Nord, sviluppando “le linee guida generali del masterplan in rapporto alla specificità del sito e al più generale disegno degli spazi aperti”. Zucchi progetta un edificio-snodo tra gli uffici di Erick van Egeraat, ritti come lame lungo l’autostrada, e la grande enclave delle abitazioni disegnate da OBR, dando forma a un grande oggetto sinuoso adagiato al suolo, le cui aree verdi a giardino, coagulo tra il verde del parco pubblico e il verde privato delle residenze, si integrano con il disegno generale del landscape, creando una sequenza visiva di lunghe viste sul paesaggio. La robusta matericità del manufatto è dissolta nell’attacco a terra, risolto con un fronte interamente
vetrato che consente al verde di penetrare visivamente all’interno, costituendo un piacevole dehors per gli uffici a piano terra. Dolci ondulazioni del terreno schermano gli spazi di lavoro dal fronte stradale, formando un podio verde leggermente rialzato dalla quota della strada, a cui approdano il sovrappasso pedonale e le rampe, pedonali e veicolari, convergenti nell’atrio centrale. È questo il punto nevralgico dell’edificio, ottenuto deformando progressivamente la sagoma limite del lotto e piegandone i margini verso l’interno, per fondere le qualità distributive di uno schema ad H con quelle di una pianta a nucleo centrale. Il risultato è un continuum spaziale fortemente plastico, fluido, flessibile, che massimizza la qualità ambientale degli uffici in relazione agli affacci, in virtù dello schema strutturale adottato, che dà la possibilità di suddividere i piani in una, due o tre unità, con disposizioni a corridoio-stanza, a pianta aperta, a landscape office e alle loro combinazioni. L’involucro perimetrale segue l’andamento sinuoso degli spazi interni, che modellano entrambe le cortine costituenti la facciata. Il sistema di chiusura verticale più interno è costituito da una fascia opaca che funge da parapetto, alternato a una fascia finestrata con serramenti continui in alluminio anodizzato a taglio termico; la cortina verticale più esterna è invece realizzata con un sistema di frangisole fissi, in lamiera di alluminio pressopiegato, forato e anodizzato, in diverse gradazioni di finitura (dal bronzo all’oro) e in varie fogge. La disposizione dei brise-soleil, il cui orientamento verticale è particolarmente adatto a schermare il sole da est e da ovest, genera un disegno cangiante, interrotto da alcune sequenze di vetri sabbiati e serigrafati formanti dei piccoli giardini d’inverno. L’intercapedine che si crea tra i due sistemi permette infatti di dosare la luce incidente in rapporto ai diversi orientamenti solari e di intervenire anche con le essenze vegetali messe a dimora nelle fioriere per mitigare l’effetto dei raggi solari. Il muro vegetale fittizio, creato dalla pelle spugnosa dei brise-soleil, impreziosito dai tasselli naturali delle mini-serre, dona all’edificio un forte carattere mimetico, che lo inserisce garbatamente nel paesaggio rurale, rispondendo con partecipazione attiva alle profferte di dialogo avanzate dal contesto.
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Nella pagina precedente, uno schizzo dell’edificio per uffici a Milanofiori Nord disegnato da CZA-Cino Zucchi Architetti: Cino Zucchi, Sarah Zezza, Michele Corno, Laura Gusso, Valentina Zanoni con Filippo Carcano, Diego Martinelli, Stefano Goffi; render: Maria Silvia Di Vita. Zucchi ha progettato un edificio-snodo tra gli uffici di Erick van Egeraat, ritti come lame lungo l’autostrada, e la grande enclave delle abitazioni disegnate da OBR, dando forma a un grande oggetto sinuoso adagiato al suolo, le cui aree verdi a giardino, coagulo tra il verde del parco pubblico e il verde privato delle residenze, si integrano con il disegno generale del landscape, creando una sequenza visiva di lunghe viste sul paesaggio. On the previous page, a sketch of the office building in Milanofiori Nord designed by CZA-Cino Zucchi Architetti: Cino Zucchi, Sarah Zezza, Michele Corno, Laura Gusso, Valentina Zanoni with Filippo Carcano, Diego Martinelli, Stefano Goffi; render: Maria Silvia Di Vita. Zucchi designed a building that connects the offices by Erick van Egeraat, straight as a blade along the motorway, and the large enclave of the residential dwellings designed by OBR, which create a large sinuous structure resting on the ground; the park and the private gardens of the residential properties merge, they integrate with the general landscape creating the visual sequence of never-ending views.
ORGANIC MIMESIS A building with an amoeba-shaped base projects out into the surrounding park, its rough skin covered by a multicoloured bark similar to that of an organic, vegetable structure. This is U15, the office building designed by CZA-Cino Zucchi Architetti for Milanofiori Nord, developing “the general guidelines of the master plan in relation to the specificity of the site and the more general design of the open spaces”. Zucchi designs a building-joint between the offices by Erick van Egeraat, straight as blades along the motorway, and the large housing enclave designed by OBR, giving shape to a large sinuous object resting on the ground, the green gardens of which coagulate between the green of the public park and the private residential green, integrated into the general pattern of the landscape, and creating a visual sequence of long views over it. The strong material feel of the building dissolves as it hits the ground, resolved with a fully glass panelled front which allows the green to visually penetrate inside, creating a pleasant outside for the ground floor offices. Soft undulations in the ground shield the working areas from the street front, forming a green podium which is slightly raised above ground level, onto which the pedestrian overpass and the pedestrian and vehicle ramps converge at the main entrance. This is the nerve centre of the building, obtained by progressively deforming the outer shape of the plot and folding the edges inwards, to combine the distributional qualities of an H-shaped form with those of a plan with a central nucleus. The result is a highly moulded, fluid, flexible spatial continuum, which
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maximises the environmental quality of the offices in terms of their views, by way of the structural layout adopted, which offers the possibility to divide the floors into one, two or three units, arranging corridor-rooms, open plan and landscape offices and any combination thereof. The perimeter follows the sinuous movement of the interior spaces, which both model the curtains which constitute the facade. The internal vertical closing system is composed of a matt band which acts as a parapet, alternated by a windowed band with continuous anodised thermal-cut aluminium frames; the external vertical curtain is on the other hand created by a system of fixed sunshades, in press-formed, drilled and anodised aluminium sheet, with different grades of finish (from bronze to gold) and in a range of styles. The vertical arrangement of the sun shades, particularly suited to shielding the sun from the east and the west, generates an iridescent pattern, broken by some sequences in sanded and screen-printed glass to form small winter gardens. The cavity wall created between the two systems helps to dose the incident light according to the position of the sun and to intervene also with the plant species in the flower beds, which mitigate the effect of the sun's rays. The fake plant wall, created by the spongy skin of the sun shade, made richer by the natural niches of the mini-greenhouses, gives the building a strong camouflage feeling, which politely includes it in the rural landscape, responding proactively to the opportunity offered by the context for dialogue.
PELLE BIOCLIMATICA Park Associati cura, in linea con il programma del masterplan Milanofiori Nord, il progetto di U 14, complesso di uffici posto con U13 e U15 nella zona intermedia dell’area, a protezione delle residenze e dei servizi sanitari e scolastici collocati più internamente. I parametri progettuali seguiti per la redazione del progetto sono climatici ed illuminotecnici, tesi al raggiungimento di un basso impatto ambientale e di un diffuso benessere per i fruitori. Costituito da due ali est ed ovest, rispettivamente a otto e a sette livelli (uno ad uso bar ristoro) con doppio parcheggio, l’edificio mira alla totale flessibilità. Le due ali infatti sono provviste di blocchi di servizi (vani scala, ascensori e montacarichi) e accessi indipendenti, studiati appositamente per poter essere fruiti separatamente. La facciata, realizzata con serramenti modulari, asseconda la possibilità di essere divisa da tagli verticali in strisce modulari, senza ledere tuttavia l’unità dell’idea compositiva iniziale. La flessibilità dell’edificio trova continuità anche all’interno, dove gli uffici possono essere disposti come singolo, doppio, quadruplo modulo oppure in open-space mediante l’ideazione del nastro di facciata continuo e tecnologico che, in relazione col passo della maglia strutturale, garantisce a ogni angolo vivibile una perfetta condizione climatica e di illuminazione. La stretta connessione in-out è sottolineata dalla scelta dei materiali: il legno in essenza di ontano dell’esterno viene ripreso anche all’interno. Dal punto di vista climatico le finestre, grazie all’integrale carterizzazione del serramento verso l’interno, evitano problemi di condensa interna mentre i frangisole si adattano all’angolo di incidenza solare e alla necessità di luce di ogni ambiente. La luce naturale è l’aspetto dominante degli ambienti e viene integrata da corpi illuminanti a sospensione orientabili.
BIOCLIMATIC SKIN In line with the Milanofiori Nord master plan, Park Associati is managing the U14 project, the office complex which, together with U13 and U15, lies in the intermediate zone of the area, protecting the residential buildings, schools and health services located within. The design parameters used to produce the project are based on climate and technical lighting, aiming to assure low environmental impact and widespread wellbeing for the users. Composed of two wings, east and west, respectively with eight and seven storeys (one for catering services) with double car park, the building aims at total flexibility. The two wings house service areas (staircases, lifts and hoists) and independent accesses, designed specifically to be able to be used separately. The facade, made with modular elements, supports the possibility for division with vertical cuts in modular strips, which in any case does not compromise the basic compositional design. The flexibility of the building continues on the interior, where the offices can be arranged as single, double or quadruple modules or as open-plan spaces following the idea of the continuous and technological facade strip which, in step with the structural mesh, guarantees perfect climatic conditions and lighting in every exploitable corner. The close in-out connection is underlined by the choice of materials: the alder wood on the exterior is also used in the interior. From a climatic point of view, due to the integral guard running inside from the frame, internal condensation is prevented at the windows while the sun shades adapt to the angle of solar incidence and the light needs of every room. Natural light is a dominating feature of these rooms, and is integrated by adjustable suspension luminaires. To improve the psychophysical wellbeing of its users, high density fibreglass false ceiling panels are fitted to assure high performance soundproofing. The top of the building houses a roof garden (with wooden slatted floors, fenced by glass slabs to maintain the continuity of the building), and rain
A migliorare il comfort psico-fisico degli utenti contribuisce la scelta dei controsoffitti in pannelli di lana di vetro ad alta densità con alte prestazioni fonoassorbenti. La copertura dell’edificio ospita un tetto-giardino (pavimentato in doghe di legno, perimetrato da lastre di vetro per mantenerne la continuità con l’edificio) ed è fonte di raccolta delle acque meteoriche in cavedi preordinati. Il piano di copertura, completato da un grigliato frangisole di metallo, si protende creando una zona d’ombra all’aperto per gli utenti e sfruttando lo spazio con pannelli solari e fotovoltaici a servizio dell’edificio. La facciata, ideata come ‘pelle bioclimatica’, è divisa in tre zone facenti parte di un’unica superficie: quella principale, tecnologicamente avanzata; quella del basamento, interamente vetrata; e quella dell’interno-corte che si affaccia a sud tramite terrazze aggettanti completamente vetrate. L’elemento aggettante, completato da terrazzi e specchiature trasparenti, viene ripreso anche nella zona di connessione tra le due ali, caratterizzata da sale riunioni e spazi relax, luoghi tipici in cui si sviluppano le relazioni interpersonali. L’aggetto verso la corte interna cresce con l’altezza dell’edificio e funge da protezione solare per la facciata sud, sorretta da tiranti strutturali in acciaio inclinati a sostegno degli sbalzi. Le due ali dell’edificio sono atte ad accogliere la luce e il verde intorno. L’attacco a terra, trattato con un sistema vetrato, incoraggia gli attraversamenti pedonali che connettono senza fratture l’area verde naturale a nord e quella più urbana della zona centrale, e favorisce la permeabilità dell’edificio con l’esterno attraverso il locale bar posto nell’ala ovest, valorizzato dal suggestivo scenario della foresta di bianchi pilotis.
water is collected in a preinstalled duct system. The roof, complete with metal sun shade grilles, extends to create an open shaded area for users, exploiting the space also with solar and photovoltaic panels to serve the building. Created as a “bioclimatic skin”, the facade is divided into three areas which compose a single surface: the main one, state-of-the-art technology; the base area, fully glass panelled; and the internal south-facing courtyard with projecting terraces, fully glassed. The projecting element, completed with terraces and transparent mirrored panelling, is also repeated in the area that connects the two wings, which houses meeting rooms and relaxation areas, perfect for the cultivation of interpersonal relations. The projection into the internal courtyard increases with the height of the building and acts as a solar protection for the south facade, supported by steel angled structural tie rods to support the overhangs. The two wings of the building welcome in the light and surrounding greenery. The connection with the ground, covered by glass panelling, encourages pedestrians to walk across it, without breaking up the natural green area to the north and the more urban central area, promoting the permeability of the building into the exterior through the bar area in the west wing, enhanced by the attractive panorama of the forest of white pilotis. Il progetto degli uffici U14 è di Park Associati: Filippo Pagliani e Michele Rossi con Marco Siciliano, Laura Cirricione, Marco Neri, Madoka Tomita, Paolo Uboldi; render: Fabio Calciati. Si caratterizza per l’involucro esterno, ideato come una vera e propria ‘pelle bioclimatica’.
The U14 offices were designed by Park Associati: Filippo Pagliani and Michele Rossi with Marco Siciliano, Laura Cirricione, Marco Neri, Madoka Tomita, Paolo Uboldi; render: Fabio Calciati. The outside coating is unusual and designed as a true ‘bioclimatic skin’.
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SPAZIO ELASTICO Asa Studio Albanese ha disegnato per Milanofiori Nord la torre di uffici U13: sette piani lucenti fuori terra con parcheggio interrato, coronati da un tetto giardino e rispondenti alle attuali logiche di flessibilità dei rapporti di lavoro, di mobilità continua e di duttilità delle attività imprenditoriali e professionali. Gli utenti degli atelier e degli studi progettati saranno creativi, professionisti che rifuggono la rigidità degli spazi e amano la fluidità delle strutture aperte, non definite, gestibili con grande libertà, capaci di rispondere alle esigenze meno convenzionali. U13 propone uno spazio elastico dentro un corpo plastico che può deformarsi e trasformarsi a piacere, quasi fosse un bozzolo che cela all’interno inaspettate sorprese. L’edificio accoglie una serie di ambienti frantumati, raccolti dentro spazi vuoti, “corti, antri, cavità, meandri” dalla forte connotazione qualitativa, da cui prendono forma i luoghi della permanenza e del lavoro.
Il profilo non lineare dell’edificio partecipa della variazione degli spazi aggregati con una fluidità che si sviluppa più in verticale che in orizzontale: dal terzo al sesto piano si alternano moduli di differente altezza; i primi piani godono una sorta di ‘jardin particulier’; il settimo e ultimo piano beneficia di un accesso privilegiato al roof garden. La complessità distributiva interna diventa espediente compositivo per le facciate, la cui definizione formale è ricercata attraverso i diversi riflessi di luce, ma non solo. Il rivestimento baluginante comunica per sottrazione di materia attraverso i vuoti e le ombre provocate dai tagli; le bucature che incidono le facciate per accrescere la qualità e l’abitabilità degli spazi lasciano penetrare la luce naturale e verdeggiare le fronde degli alberi. Sulla sommità dell’edificio un reticolo in cemento forma definisce l’elegante spazio del roof garden, chiuso in parte da un sistema di cellule fotovoltaiche funzionali alla produzione di energia per l’intera struttura.
Asa Studio Albanese ha disegnato per Milanofiori Nord la torre di uffici U13. La complessità distributiva interna diventa espediente compositivo per le facciate dal rivestimento baluginante, la cui definizione formale è ricercata attraverso i diversi riflessi di luce. Nella pagina accanto, il complesso progettato da ABDA architetti Botticini-De Appolonia e associati, con Andrea Cucciniello, Marzia Mainardi, Nicola Martiroli, Federico Morandini, Tiziana Pagone, Alessandro Alberti, compone e chiude lo schema insediativo risolvendo le relazioni con gli edifici vicini e con il limite stradale. Asa Studio Albanese designed the U13 office tower for Milanofiori Nord. The internal distribution complexity becomes the arrangement expedient for the facing with its shimmering coating, defined by different light reflections. On the opposite page, the complex project by ABDA architetti Botticini-De Appolonia & associates, with Andrea Cucciniello, Marzia Mainardi, Nicola Martiroli, Federico Morandini, Tiziana Pagone, Alessandro Alberti. It arranges and defines the layout of the complex by resolving the relationship with the nearby buildings and the roadsides.
ELASTIC SPACE Asa Studio Albanese designed the U13 office block at Milanofiori Nord: seven shiny floors above ground and an underground car park, crowned by a roof garden and matching the current logic of flexibility in working relationships, continuous mobility and elasticity in business and professional activities. The users of the ateliers and studios designed will be creative professionals escaping from the rigidity of space who love the fluidity of open, undefined structures that can be freely managed and which respond to less conventional demands. U13 offers an elastic space inside a plastic body which can be deformed and transformed as you like, like a cocoon which hides unexpected surprises within. The building houses a series of fragmented environments, gathered within empty spaces, “courtyards, caverns, cavities, labyrinths” with highly quality-oriented connotations, from which the places of living and working take shape. The non-linear profile of the building adds to the variation of the aggregated spaces with a fluidity which is developed more vertically than horizontally: from the third to the sixth floor, modules of different heights are alternated; the lower floors enjoy a kind of ‘jardin particulier’; the seventh and top floor has a privileged access to the roof garden. The complexity of the internal distribution becomes a compositional expedient for the facades, whose formal definition is created through different light reflections, and more besides. The flickering covering communicates through the subtraction of materials through the voids and shadows created by the incisions; the holes made in the facade to increase the quality and liveability of the spaces allow the natural light to penetrate and highlight the green fronds of the trees. On the top of the building, a concrete lattice defines the elegant roof garden area, partly closed by a system of photovoltaic cells which help to produce electricity for the whole structure.
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GIARDINO EDUCATIVO Una coperta verde si integra nel parco e innesta un sistema di funzioni diverse a differenti quote, restituendo un ‘suolo artificializzato’. Come un tassello mancante, il complesso progettato da ABDA compone e chiude lo schema insediativo risolvendo le relazioni con gli edifici vicini, già definiti progettualmente, e con il limite stradale. II progetto si dipana attorno a un principio di continuità col tessuto del masterplan e di radicamento alla morfologia del parco. Non si tratta di edifici separati, ma di una struttura che pone in rapporto tipologie diverse, sostenute da una comune filosofia, definita da una sostanziale introversione degli spazi – per proteggere e impedire di vedere – manifestata attraverso la costruzione di un sistema di patii cui si rivolgono sia le funzioni scolastiche sia quelle universitarie. L’edificio, chiudendosi, si complica e diviene un’enclave che racchiude ambienti variamente articolati: spazi aperti, coperti e a giardino, collettivi e privati.
Si rivela inoltre un significativo doppio livello percettivo del progetto: dall’alto, dalle vicine residenze, l’oggetto architettonico si propone come un lungo rettangolo verde punteggiato dalle chiome degli alberi, messi a dimora nei giardini sospesi; dalla strada, invece, il ridotto impatto volumetrico del manufatto degli edifici scolastici si contrappone alla svettante verticalità del corpo residenziale. A sud, il primo segmento del sistema comprende un unico accesso per il corpo delle scuole materna ed elementare, ciascuna dotata di specifici servizi, entrambe collocate al piano terra per risolvere facilmente ogni problema di accessibilità. Il principio educativo utilizzato definisce le aule in continuità con le corti verdi su cui affacciano, proponendo una differenziazione dello spazio aperto trattato a prato dallo spazio coperto destinato al gioco e alla didattica. Si ipotizza nella costruzione l’uso di materiali naturali e una grande attenzione alle componenti climatiche, di risparmio energetico, di illuminazione e di sicurezza dei bambini.
EDUCATIONAL GARDEN A green blanket is part of the park, triggering a system of different functions at different heights, restoring an “artificialised ground”. Like the missing link, the complex designed by ABDA composes and closes the residential pattern, resolving the relations with the buildings close by, as laid down in the design project, and with the bordering road. The project unravels around a principle of continuity with the fabric of the master plan and rooting with the morphology of the park. These are no separate buildings, but rather a structure which places different types in relation to each other, supported by a common philosophy, defined by a substantial introversion of the spaces – to protect and prevent from seeing – manifested through the construction of a system of patios which serve both school and university functions. Closing, the building becomes complicated, an enclave housing various kinds of environments: open-plan spaces, covered areas and gardens, collective and private.
There is also a significant two-fold level of perception of the project: from above, from the nearby residential buildings, the architectural object offers itself as a long green rectangle dotted by the green of the trees, planted in suspended gardens; from the road, on the other hand, the reduced impact of the size of the school buildings contrasts with the towering verticality of the residential block. To the south, the first segment of the system includes a single access for the nursery and junior school buildings, each with their own services, each located on the ground floor to easily solve all accessibility issues. The educational principle used defines the classrooms in continuity with the green areas they look out only, offering a differentiation of open spaces between those laid with lawns and the covered area destined for play and learning activities. In its construction, the use of natural materials and close attention to climatic issues have been planned, with energy savings, lighting and child safety in mind.
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LEGGEREZZA ESATTEZZA VISIBILITĂ€ txt: Mila Sichera ph: Paolo Riolzi
LIGHTNESS PRECISION VISIBILITY
progetto: Matteo Thun
Quelli che per Italo Calvino erano valori della letteratura per il nuovo millennio (Lezioni Americane, 1985) per Matteo Thun si offrono come basi concettuali di progettazione
Those which for Italo Calvino were the values of literature for the new millennium (Lezioni Americane, 1985), become the conceptual bases for design for Matteo Thun.
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ARCHITETTURA
La sequenza fotografica esprime con la sintesi delle immagini le peculiarità dell’architettura di via Tortona, che Thun preferisce comunicare attingendo al celebre ‘Lezioni americane’ di Italo Calvino: leggerezza (delle forme), rapidità (versatilità degli spazi), esattezza (rigore geometrico dei volumi), visibilità (trasparenza degli spazi interni), molteplicità (moltiplicazione dei corpi di fabbrica). The sequence of photographic images illustrates the peculiar features of the architecture in Via Tortona. Thun was inspired by the famous ‘Lezioni Americane’ written by Italo Calvino: lightness (of shape), rapidity (versatility of the spaces), precision (accurate geometry of the volumes), visibility (transparency of the interior spaces), multiplicity (multiplication of the factory buildings).
Leggerezza Memorie corbusiane con esili pilotis, puri volumi candidi e tetti-giardino animano a Milano l’isolato di Via Tortona 37, disegnato da Matteo Thun, teorico della Ecotecture, e convinto assertore della necessità di realizzare architetture ecologicamente, economicamente ed esteticamente sostenibili. “The beauty of economy” è il motto che accompagna la sua filosofia creativa, metafora di vita, formata negli anni Ottanta col gruppo Memphis di Ettore Sottass e progredita poi, in virtù anche delle sue radici alpine, verso un design ecocompatibile, minimal, basato su benessere e qualità della vita, che dà forma anche a quest’ultimo intervento in via Tortona. Thun ha, infatti, firmato, al numero 35 della stessa via, il recupero della General Electric con il progetto del Nhow Hotel, divenuto emblema degli alberghi glamour della città. I cinque edifici al 37 si inseriscono in un ampio progetto, avviato dall’imprenditore Cajrati Crivelli, impegnato, a partire dagli anni Novanta, a riqualificare le aree dismesse di quel tessuto urbano, intuendone le enormi potenzialità di trasformazione. In un decennio, la zona al di là di Porta Genova ha riacquistato interesse e valore immobiliare, modificando i capannoni di archeologia industriale in loft, atelier di artisti, designer e stilisti d’alta moda, e realizzando un polo di attrazione per la vita creativa di Milano. Esattezza Del progetto dell’hotel Thun mantiene nel nuovo isolato la sintassi essenziale, con cui disegna una forma architettonica rigorosa, leggibile nella facciata continua, scandita da un reticolo di maglie ortogonali. Il gioco dei colori e le finiture esterne restituiscono, tuttavia, due architetture completamente differenti: i toni del grigio antracite conferiscono all’hotel un’immagine quasi austera, che si contrappone alla leggerezza del nuovo complesso, con il bianco delle strutture sospese sui pilotis, inframmezzate all’interno dell’isolato da un patchwork di volumi aggettanti in legno. L’essenzialità asettica dei piani ortogonali generanti i solidi tridimensionali, la modularità delle membrature, l’alternanza di luce e ombra delle facciate e la distribuzione interna degli spazi a pianta libera, secondo una tipologia duplex, richiamano alla mente la sequenza delle cellule abitative di Le Corbusier nell’Unité d’habitation, a Marsiglia. Molteplicità Thun attualizza la poetica architettonica di Corbu, generando una micro-città mediante la moltiplicazione dell’edificio in linea in cinque corpi di fabbrica rettangolari, che si affacciano all’interno di una corte contenente un giardino, e interpretata come punto di coagulo di molte funzioni urbane. L’isolato di Via Tortona 37, in cui ogni edificio si sviluppa su sei livelli, risponde infatti ai requisiti della città ad alta densità abitativa, e soddisfa, in 25mila mq di superficie bonificata, molte richieste di usi e servizi, con l’intento di diminuire la mobilità e ridurre i trasporti. Rapidità Gli open space, dall’altezza interna di 7 metri, con doppio affaccio e con mezzanino interno, consentono una grande versatilità funzionale, che si adatta alle necessità distributive di showroom, laboratori, studi professionali, negozi, uffici, garantendo sostenibilità d’uso nel tempo. Seguendo tale filosofia, Thun adotta un cemento bianco autopulente Tx-Active di Italcementi, capace di eliminare lo smog e di ridurre l'inquinamento nell’intorno urbano,
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Linee, corpi illuminanti della collezione Sconfine, disegnata da Thun per Zumtobel, installati con Sfere (nelle pagine seguenti) per la presentazione del Complesso Tortona, durante il Salone del Mobile 2009.
Linee, light fittings from the Sconfine collection, designed by Thun for Zumtobel, installed with Sfere (on the following pages) for the presentation of the Tortona Complex, during the 2009 Milan Furniture Salon.
quale contributo locale alla qualità dell'ambiente. L’attento studio dell’involucro esterno non si limita però all’uso del cemento anti-smog e del legno nei serramenti e nei grandi bow-window aggettanti: la facciata vetrata è corredata di un sistema di tende esterne che riduce l’incidenza solare fino all’87% ed evita il surriscaldamento estivo degli ambienti. Visibilità Le cellule sono state concepite infatti per consentire la lettura della distribuzione plastica dello spazio interno, con la luce naturale attraverso l’impatto diretto del sole sulle grandi vetrate, e con la luce artificiale attraverso la modulazione dei flussi luminosi, in un sapiente equilibrio di bagliori, ombre e oscurità. Durante la presentazione del Complesso Tortona, in occasione del Salone del Mobile 2009, sono stati installati i corpi illuminanti della light collection Sconfine, disegnata da Thun per Zumtobel. Dell’intera collezione, sono state scelte le Linee e le Sfere di luce, contraddistinte da una modularità aperta e flessibile in grado di adattarsi a qualsiasi forma e dimensione dello spazio. L’ottimizzazione dei consumi è stata raggiunta attraverso l’installazione di apparecchi efficienti e sistemi di comando intelligenti, che permettono di simulare le tonalità calde del tramonto, o di scegliere una colorazione fredda adatta alle giornate estive più afose. Gli apparecchi a sospensione Sconfine Sfera sono stati proposti raggruppati nelle tre diverse dimensioni per illuminare le hall di tutti gli edifici, formando ‘nuvole di luce’ dallo straordinario effetto. Per illuminare gli ambienti di grande altezza è stata utilizzata Sconfine Linea, la variante ridotta al puro effetto di luce, esile, essenziale, di grande eleganza formale e leggerezza materiale. La nuova forma iconica di via Tortona 37 invade, dunque, l’intorno con grande suggestione percettiva, veicolata anche all’interno dei volumi, per riproporre l’irrisolto dilemma della luce e del buio, della luminosità e dell’ombra di Le Corbusier in chiave ecologica, mediante l’uso di materiali e di tecnologie costruttive d'avanguardia. Thun come Corbu usa la luce per dare evidenza plastica ai suoi volumi, ma si scontra anche lui con “le contingenti necessità di riparare gli interni degli edifici dalla eccessiva e disturbante esposizione ai raggi naturali”. Appronta così sistemi di protezione fisica e di schermatura per ottimizzare l'efficienza energetica di un'architettura a basso impatto ambientale, prodotta attraverso la simultanea progettazione impiantistica. Il complesso sfrutta l’energia geotermica producendo contemporaneamente acqua calda e refrigerata attraverso l’utilizzo di pompe di calore polivalenti del tipo acqua/acqua. Quattro pozzi prelevano l’acqua di falda (14-16°C) e la inviano a una grossa vasca di accumulo e decantazione interrata, da cui viene distribuita alle pompe di calore di ogni singola unità immobiliare, dotate di inverter per garantire l’esatta portata dell’acqua ed evitare gli sprechi. Il sistema, alimentato elettricamente in modo efficiente, non prevede alcuna emissione dovuta a combustibile fossile nel luogo di installazione, assicura un elevato rendimento energetico, un notevole comfort interno basato sull’uso di pannelli radianti nei solai e su un eccellente sistema di ventilazione, e garantisce assenza d’impatto acustico (il controllo della temperatura ambiente avviene mediante irraggiamento) e paesaggistico.
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Lightness Corbusian references with thin pilotis, pure candid volumes and roof gardens animate the Via Tortona 37 complex in Milan, designed by Matteo Thun, theorist of Ecotecture, and convinced proclaimer of the need to create ecologically, economically and aesthetically sustainable architecture. “The beauty of economy” is the motto which accompanies his creative philosophy, a metaphor of life, formed in the 1980s with Ettore Sottass's Memphis Group and moving forward, also by virtue of its Alpine roots, towards eco-compatible, minimal design based on wellbeing and quality of life, which also lies behind this latest project in via Tortona. At number 35 of the same street, Thun was also responsible for the renovation of General Electric with the Nhow Hotel project, which has became an emblem of glamour hotels in the city. The five buildings at 37 are part of a far-reaching project, initiated by businessman Cajrati Crivelli, who has been working on
open plan spaces, based on a duplex style, bring to mind Le Corbusier’s sequence of housing cells of the Unité d’habitation in Marseille. Multiplicity Thun implements Corbu’s architectural poetry, generating a micro-city through the multiplication of the building in a line, with five rectangular buildings which face each other around a square which contains a garden, interpreted as a melting pot of many urban functions. The complex in Via Tortona 37, in which every building is six floors high, in fact responds to the city requirements of high residential density, and in 25,000 square metres of reclaimed land satisfies the need for many uses and services, with the aim of reducing mobility and transportation. Speed The open plan spaces, with an internal height of 7 metres, with two external views and an internal mezzanine, offer great functional versatility, which adapts to the distributional needs of showrooms, workshops, professional studios,
‘Sfera’ were chosen, marked by an open and flexible modularity which can be adapted to any shape or size of the environment. Consumption was optimised by the installation of efficient equipment and smart control systems, which can simulate the warm hues of dusk, or choose a cold colour better suited to the most humid summer days. The Sconfine Sfera suspensions were also proposed, grouped into the three different sizes to light the halls in all the buildings, forming extraordinarily effective “clouds of light”. To light the high rooms, Sconfine was used, the variant reduced to the pure light effect, thin, essential, of great formal elegance and material lightness. The new iconic form of via Tortona 37 invades the area with great perceptive suggestion, which is also carried inside the volumes to propose Le Corbusier’s unresolved dilemma of light and darkness, luminosity and shadow once again but in a green key, through the use of avant-
the requalification of abandoned urban areas since the 1990s, sensing the enormous potential in their change. In just one decade, the area beyond Porta Genova has renewed its interest and real estate value, transforming the industrial dinosaurs and warehouses into lofts and ateliers for artists, designers and fashion stylists, creating magnet for Milan’s creative life. Precision Thun maintains the essential syntax of the hotel project in the new block, designing a rigorous architectural style which can be read in the continuous facade, marked by a network of orthogonal mesh. The play of colours and the external finishes however create two completely different architectures: the anthracite tones give the hotel an almost austere image, which contrasts the lightness of the new complex, with its white structures suspended on the pilotis, interspersed within the site by a patchwork of protruding wooden volumes. The aseptic essentiality of the orthogonal planes generating three-dimensional solids, the modularity of the members, the alternation of light and shadow along the facades and the internal distribution of
shops and offices, guaranteeing a sustainable use over time. Following this philosophy, Thun uses Italcementi’s Tx-Active, white, self-cleaning cement which eliminates smog and reduces pollution in an urban setting, contributing to the improvement of environmental quality. The careful study of the external covering does not however stop at the use of anti-smog cement or wooden window frames, or the large, protruding bow-windows: the glass facade is also fitted with a system of external blinds which reduce sun glare by up to 87%, preventing overheating during the summer. Visibility The cells were in fact designed to interpret the flexible distribution of the internal space, with natural light offered through the direct impact of the sun on the large glass areas, and with artificial light through the modulation of light flows, in a clever balance of brightness, shadow and darkness. During the presentation of the Tortona complex, at the Milan Furniture Show 2009, luminaires from the Sconfine light collection, designed by Thun for Zumtobel, were installed. From the whole collection, the ‘Linea’ and the
garde materials and construction technologies. Like Corbu, Thun uses light to give plastic evidence to his volumes, but he also comes up against the “contingent need to protect the inside of buildings from the excessive and disturbing exposure to natural sunlight”. And so he installs physical protection systems and shielding to optimise the energy efficiency of an architectural project with low environmental impact, also guaranteed through the careful design of its utility systems. The site uses geothermal energy to produce both hot and cold water through the use of multipurpose water-water heat pumps. Four wells send the groundwater (14-16 °C) to a large storage and clarification tank, from where it is sent to the heat pumps in each building, fitted with inverters to guarantee the exact flow rate and avoid waste. The efficient electrically-powered system gives off no fossil fuel emissions in the place of installation, and assures high energy yield, great internal comfort through the use of radiating floor panels and an excellent ventilation system, with no impact, in terms of either acoustics (the room temperature is controlled by irradiation) or the landscape.
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Thun spiega che la serie Sconfine si caratterizza per “Linee, sfere, cubi luminosi, corpi geometrici ben definiti da impiegare con flessibilità seguendo il principio modulare. Di volta in volta nascono nuove installazioni e nuovi oggetti luminosi in sintonia con gli ambienti”.
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Thun explained that the Sconfine series is characterized by its “Lines, spheres, luminous fittings, well-defined geometric shapes to be used with versatility thanks to the principles of modularity. Now and again, new installations and new light fittings are created in harmony with the ambiences".
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INTERIORS
txt: Marta Bernasconi
progetto: Norm arkitekter
NITIDE PROSPETTIVE CLEAR VIEWS Fondamentale e spesso determinante in qualsiasi progetto, la luce diventa protagonista negli spazi pubblici per creare effetti scenografici e quindi suggestioni. Meno comune è un simile utilizzo dell’illuminazione in abitazioni private. Un appartamento danese fornisce un esempio brillante di come, anche negli interni residenziali, la luce possa essere il migliore strumento in mano a un architetto Cosa può desiderare una coppia danese, che vive in Spagna e viaggia molto, quando torna a casa nel paese d’origine? Innanzitutto relax. Da questa considerazione nasce l’idea che ha ispirato la ristrutturazione di questo appartamento a
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Il bianco domina questo appartamento e diventa tutt’uno con la luce algida del cielo danese, incorniciato dalle ampie finestre del living. White predominates in this flat and joins the crisp light of the Danish sky, framed by the large windows of the living room.
Copenhagen, concepito come fosse una suite d’hotel. Dunque un luogo in sintonia con il modo di vivere decisamente non stanziale dei proprietari e pensato come un guscio di luce da personalizzare sulle necessità del momento, dove tutto trasmette calma e purezza: una dimensione ideale per smaltire stanchezza e jet-lag. Nel progetto di ricostruzione che ha ridefinito tutto tranne i pavimenti e la struttura principale, gli architetti hanno finalizzato ogni soluzione alla massima pulizia e linearità senza tuttavia mai sconfinare in un minimalismo anonimo. E questo proprio in virtù dell’uso singolare che essi hanno fatto della luce. Il primo, immediato effetto è quello di una dilatazione spaziale. La superficie dell’appartamento è di 74 metri quadrati eppure sembrano di più, perché i progettisti hanno fatto largo uso di luci incassate e nascoste in nicchie per non spezzare l’immagine fluida dell’ambiente. E poi perché uno dei principali criteri che ha guidato il progetto è stata la creazione del maggior numero possibile di assi attraverso i quali osservare l’intera lunghezza della casa, in entrambe le direzioni. La scelta di alloggiare prevalentemente in nicchie i vari sistemi di illuminazione, che risultano quindi invisibili, ha richiamato un design essenziale anche per gli apparecchi – lampade, faretti, sospensioni – che caratterizzano l’arredo vero e proprio. Come dire: della luce qui si gode l’essenza e la sua vera natura, ossia la mutevolezza. Tutte le fonti luminose sono infatti dimmerabili e possono anche essere programmate in diversi scenari nell’intero appartamento, così da poter creare una particolare atmosfera con un solo tocco in rapporto al mood del momento e da poter dare alla casa un’allure più accogliente quando i cieli di Copenhagen sfiorano un grigio più intenso del solito. Ma il fattore tecnologia è in primo piano soprattutto grazie a un sistema di controllo intelligente che permette di controllare e gestire le luci nell’intero appartamento, di accendere il camino e l’aria condizionata il tutto con un tocco sull’I-phone, non appena i proprietari mettono piede nell’aeroporto della capitale danese. Entrando nel dettaglio di ogni ambiente della casa, ci si accorge che ogni spazio è concepito con soluzioni originali. Nell’ingresso l’idea forte è stata di pulire la struttura e utilizzare le irregolarità per costruire armadi a tutt’altezza e posizionare alti specchi per amplificare la percezione spaziale nello stretto corridoio. Come nel resto dell’appartamento, faretti incassati di Modular sono montati a soffitto per lasciare vuote tutte le pareti. La porta d’ingresso al living è stata rimossa per mostrare l’appartamento in tutta la sua lunghezza. In camera da letto, gli architetti hanno utilizzato luci incassate dell’azienda svizzera Agabekov e lampade della danese Bestlite fissate a muro. Nel bagno la valorizzazione del materiale pietra ha determinato la soluzione luminosa, ottenuta con luci nascoste di Agabekov e faretti. La nicchia scavata nel muro sopra il lavabo e le luci posizionate dietro lo specchio rimandano alle toilette di un camerino teatrale. Il fulcro del living è il muro contenente caminetto e schermo piatto. Come si entra nella cucina bianca, separata dal living grazie a una porta scorrevole, le luci sul pavimento si accendono automaticamente, una ad una. La vista dalla cucina attraverso il living e verso la terrazza è magnifica, sia di giorno sia di notte. La terrazza sul tetto, che ha quasi la stessa superficie dell’appartamento, è stata interamente ricostruita in chiave minimalista, con una struttura in legno e un giardino d’ispirazione giapponese che spaziano sullo skyline. Perché in definitiva è singolare questo interno a Copenhagen? Il merito è della sua eleganza essenziale e molto moderna che tuttavia comunica con un linguaggio luminoso emozionale, a tratti persino ludico.
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Fundamental and often decisive in any project, light becomes the star player in public spaces, creating scene-stealing effects and suggestions. Less common is the similar use of lighting in residential settings. A Danish apartment provides a brilliant example of how, even in home interiors, light can be the best tool available to an architect What could a Danish couple, who live in Spain and travel a great deal, desire when they return to their country of origin? First of all, to relax. From this consideration springs the idea which has inspired the renovation of this apartment in Copenhagen, designed to feel like a hotel suite. Thus, a place in harmony with the clearly nonsedentary lifestyle of its owners and designed as a shell of light to be customised to suit the needs of the moment, where everything transmits calm and purity: an ideal dimension for getting over jet-lag and recharging the batteries. In this renovation project, which redefined everything except the floors and the main structure, the architects based every solution on maximum cleanliness and linearity, without however ever falling into anonymous minimalism. And this is precisely due to the exceptional use they have made of light. The first, instant effect is that of spatial dilation. The apartment measures just 74 square metres, but it seems larger, because the designers made ample use of flush- or niche-mounted lighting in order not to break up the fluid image of the rooms. Then, because one of the main criteria guiding the project was the creation of as many axes as possible through which the whole length of the house could be observed, in both directions. The choice of locating the different lighting systems mostly in niches, making them invisible, also led
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to the choice of an essential design also for the equipment – bulbs, spots, suspended lights – that characterise the actual fittings. As if to say: here we reap the essence and true nature of light, its mutability. All the lighting is fitted with dimmer switches, which can also be programmed to create different scenarios across the apartment, creating a special atmosphere at the flick of a switch according to the mood of the moment, and giving the house a more welcoming appearance when the Copenhagen skies sport a darker grey than usual. But the technology factor comes to the fore above all through the smart control system, which controls and manages the lighting throughout the apartment, switches on the fire or the air conditioning from the owners’ I-phone, as soon as they land at Copenhagen airport. Looking at each room of the house in more detail, we note that each space has been designed using original solutions. In the hall, the main idea was to clean the structure and use the irregularities to build ceiling-height wardrobes, positioning tall mirrors to amplify the spatial perception of the narrow corridor. As in the rest of the apartment, flush-mounted Modular spots were mounted in the ceiling, leaving all the walls empty. The living room door was removed in order to offer a full-length view of the whole apartment. In the bedroom, the architects used flush-mounted lights made by the Swiss company Agabekov and lamps by the Danish company Bestlite mounted on the wall. In the bathroom, the lighting solution aimed to underline the beauty of the stone material, and this was done using hidden Agabekov lights and spots. The niche cut into the wall above the sink and the lights placed behind the mirror are reminiscent of the dressing tables found in
theatre dressing rooms. The fulcrum in the living room is the wall that houses the fireplace and the flat-screen TV. As you enter the white kitchen, separated from the living room by a sliding door, the floor lights come on automatically, one by one. The view from the kitchen through the living room towards the terrace is magnificent, by day or by night. The roof terrace, which is almost as big as the apartment, was entirely renovated in a minimalist key, with a wooden structure and a Japaneseinspired garden running across the skyline. So, to sum up, why is this Copenhagen interior so special? The merit lies in its essential and very modern elegance, which however speaks in a very emotional, and sometimes even playful, luminous tongue.
Gli architetti hanno fatto ampio uso di faretti incassati e sospensioni, delegando all’illuminazione il compito di definire e caratterizzare gli spazi. Durante il giorno è la luce naturale ad essere protagonista, come dimostra il dialogo di luci e ombre che anima l’arredamento minimale. Recessed lighting and suspension lamps are used throughout, with the illumination defining and characterizing the spaces. During the daytime, natural light predominates as seen from the interface between the light and the shadows which animates the minimalist furnishings.
La ricerca di essenzialità e pulizia raggiunge l’apice nella camera da letto, nel corridoio e nel bagno. L’assenza di elementi caratterizzanti e il bianco totale sortiscono un effetto quasi straniante: si potrebbe essere ovunque; desiderio dei proprietari, grandi viaggiatori, era proprio di avere una casa concepita come una suite d’hotel. Gli apparecchi d’illuminazione qui giocano con il candore pressochè uniforme, facendo apparire i volumi come sospesi e creando un’atmosfera di calma e purezza che induce il relax. The results of the research for minimalism and clean lines has its maximum expression in the bedroom, the corridor and in the bathroom. The absence of strong features and the generalized use of white creates a strange effect: it could be anywhere. The owners have traveled extensively and they wished to create a home that replicated the suite of a hotel. The light fittings intreface with the almost uniform purity of the white, making the volumes appear to be suspended and creating an atmosphere of peace and and tranquillity that induces relaxation.
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INTERIORS txt: Alba Ferulli ph: Tom Brill, Rob Honeywill
ENFATIZZARE GEOMETRIE
EMPHASISING ARCHITECTURAL PROFILES lighting design: MBLD (Maurence Brill Lighting Design) Rob Honeywill, Rebecca Harris interior design: Swanke Hayden Connell Architects
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Soluzioni architettoniche e illuminotecniche di forte impatto ridefiniscono spazi e percorsi nella hall di un grande edificio, nella City londinese Rinnovare conquistando una connotazione ben riconoscibile, questo l’imput del progetto di restyling per un antiquato edificio degli anni Ottanta, destinato ad uffici. Sede dell’intervento, l’ampio spazio al piano terreno, di ben 470 mq, un’area cupa e spenta che male accoglieva
lo staff e gli ospiti. 133 Houndsditch si trova nel cuore di Londra, tra Liverpool Street e Aldgate, ed è fiancheggiato da due grattaceli degni di nota: l’Heron Tower da un lato e il Minerva Tower dall’altro. La proprietà ha così incaricato MBLD di progettare e sviluppare un percorso luminoso per gli articolati spazi pubblici al piano terreno: hall d’ingresso, zona reception, area d’accoglienza ospiti, le lobby d’accesso agli ascensori a tutti i piani, i bagni. Nella sua globalità, il progetto nasce quindi da una stretta collaborazione tra i progettisti ed i lighting designer. Gli architetti dello studio Swanke Hayden Connell hanno realizzato una imponente parete scura che, partendo dall’ingresso, si svolge come un nastro che avvolge il banco della reception per poi salire repentinamente verso l’alto, in una sorta di ampio cavedio che si apre nell’atrio. Lungo il lato opposto, una parete in chiara pietra calcarea dalla tessitura grezza scorre fino all’area ascensori, situata alle spalle della reception. Il progetto illuminotecnico ha voluto creare un senso di spazio oltre lo spazio, che sottolineasse visivamente i percorsi e che, in modo semplice ma deciso, donasse suggestioni luminose diverse in corrispondenza delle ore diurne e serali. Per raggiungere questi obiettivi si è posta attenzione alla scura parete inclinata (quasi tutte le pareti sono oblique) utilizzando corpi illuminanti di Light Projects e Lumascape, incassati a filo pavimento e che, proiettando la luce verso l’alto, enfatizzano la texture e la forma della parete color lavagna. Di notte, i fari si spengono e si accendono sottili lame di luce led bianca che, disposte orizzontalmente e incastonate nella pietra scura, seguono l’andamento della parete, anche sottolineandone gli angoli, creando giochi geometrici che allontanano l’attenzione dalla forma e definiscono gli spazi. Tutte le lame di luce sono state realizzate su disegno, da Public Screen, per combaciare con la larghezza dei blocchi di pietra e ciascuna sezione è tagliata secondo angolazioni diverse per creare una superficie perfettamente parallela alla parete. Inizialmente, la parete scura doveva essere realizzata in un mix di legno e pietra, con percentuale diverse delle due materie, ma poi si è preferito operare una semplice divisione dei materiali e relegare il legno alla parete che definisce l’area d’accoglienza con tavolini e poltrone. Di fronte a quella scura, la parete in pietra calcarea è un elemento di connessione che attraversa l’atrio e prosegue fino nell’area ascensori. Le luci enfatizzano l’effetto graffiato e di forte abrasione della pietra. Questa parete è illuminata dall’alto, a partire dalla zona d’ingresso, con corpi illuminanti montati a parete in acciaio inox spazzolato, realizzati appositamente da Mike Stoane Lighting, che poi diventano faretti incassati a soffitto nell’area ascensori. Minimo l’utilizzo di lampade a sospensione, scelte solo per l’area riservata all’accoglienza, illuminata dai grandi ‘coni’ Tite, di Foscarini, in tessuto di vetro e kevlar® giallo.
High impact architectonic and technical lighting solutions redefine the premises and corridors in the hall of a large building in London’s City The aim of this restyling project for a dated building erected in the Eighties and used as office premises was to renovate the building and give it an appearance that would render it immediately identifiable. Work was done on the large yet dark and dingy ground floor premises, which cover a surface area of no less than 470 square metres, and made for an unwelcoming entrance for staff or guests. 133 Houndsditch is located in the heart of London, between Liverpool Street and Aldgate, and is flanked by two noteworthy skyscrapers: the Heron Tower on one side and the Minerva Tower on the other. As a result, the owners appointed MBLD to design and develop a luminous pathway through the articulated public spaces on the ground floor: the entrance hall, the reception area, an area for welcoming guests, the lobbies for accessing the lifts to all the other floors and the bathrooms. Overall, the project was conceived out of a close-knit partnership between the designers and the lighting designers. The architects of the Swanke Hayden Connell studio created an imposing dark wall which, starting from the entrance, unfolds like a ribbon which envelopes the reception desk before suddenly heading
Vista panoramica dell’ampio atrio di 133 Houndsditch: a sinistra la raccolta zona d’accoglienza, al centro la reception desk, a destra l’accesso agli ascensori. In basso, la forte matericità della parete in chiara pietra calcarea è sottolineata dalla luce radente dei faretti che illuminano dall’alto l’intero percorso.
Panoramic view of the large lobby in 133 Houndsditch: left, the cozy reception area; center, the reception desk; right, the access to the elevators. Bottom, the impressive texture of the walls in pale limestone is exalted by light from spots in the ceiling that illuminate the entire pathway.
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piano terra/floor plan
progetto illuminotecnico/reflected ceiling plan
Nella altre zone, come abbiamo visto, si è preferito ricorrere a un’illuminazione nascosta in tagli del controsoffitto, faretti incassati a pavimento o a soffitto, applique e strisce luminose a parete. Il tavolo della reception è illuminato da proiettori situati al secondo piano, che inquadrano l’area del bancone fornendo luce adeguata per il lavoro della centralinista. Il progetto ha anche tenuto nella dovuta considerazione lo sviluppo in altezza dell’atrio, dove affacciano i cinque piani degli uffici, evitando fenomeni di abbagliamento e consentendo una visibilità verso il basso che fosse il più armonica possibile. A livello del tetto, in corrispondenza dell’atrio, si trovano due terrazze. Per smorzare il forte contrasto luminoso, si sono installati 70 proiettori, di Sill, che si accendono durante il giorno creando una luce uniforme. Infine, gli ingressi agli ascensori sono incorniciati da pannelli luminosi in vetro a tutta altezza, di Neolec. Come tutte le sorgenti luminose, anche questi pannelli sono collegati al sistema di controllo, studiato da Lutron, e programmati per creare una luce brillante al mattino, che diventa più soffice e calda nel tardo pomeriggio e alla sera.
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upwards, in a sort of large inner courtyard which opens out in the atrium. Along the opposite side, a wall in coarse grain limestone runs as far as the lift area which is behind the reception. The work done by the lighting designers aimed to create a sense of space beyond space, which would visually illuminate the walkways, and in a clear yet simple way give different lighting effects depending on the time of day or night. To reach these objectives, it focused on the dark slanting wall (almost all the walls are oblique) using lights made by Light Projects and Lumascape which are set flush into the floor and which, in projecting light upwards, underscore the texture and form of the blackboard-colour wall. At night-time the spotlights are switched off, and thin blades of white LED light come on. Set horizontally into the dark stone, they follow the line of the wall and even highlight its corners, creating geometric effects that detract attention away from the form itself and define the spaces. All the blades of light have been made to a design by Public Screen to match the width of the blocks of stone. Each section is cut at different angles to create a surface that is perfectly parallel to the wall. At first, the plan was to make the dark wall in a mixture of wood and stone in varying percentages, but then the decision was taken to divide the materials and relegate the wood to the wall which defines the welcoming area with tables and armchairs. In front of the dark wall, the limestone wall is a linking element which crosses the atrium and continues as far as the lift area. The lights underscore the scratched effect of deep abrasions in the stone. This wall is lit from above, starting from the entrance area, using wall-mounted brushed stainless steel spotlights made to order by Mike Stoane Lighting, which then become ceiling recessed lights in the lift area. Minimal use has been made of suspension lamps, which have only been chosen for the area where visitors are welcomed, illuminated using large Tite ‘cones” by Foscarini in yellow glass and kevlar® fabric. In the other areas, as seen
sezione/terrace section
before, the designers opted for lights that are concealed in slits in the false ceiling, spotlights recessed into the floor or the ceiling, uplighters and luminous strips on the walls. The table in the reception is illuminated with spotlights placed on the second floor which frame the area of the counter, providing sufficient lighting for the switchboard operator to work. The project also took the height of the atrium into due consideration. The five storeys of offices overlook the atrium, so the project needed to avoid dazzling lights whilst allowing downwards visibility which
would prove as harmonious as possible. At roof level, over the atrium, there are two terraces. In order to soften the harsh light contrast 70 spotlights by Sill have been installed. These come on during the day and create uniform light. Lastly, the entrances to the lifts have been framed with full-height luminous glass panels by Neolec. As with all the light sources, these panels are also connected to the control system designed by Lutron, and are programmed to create bright light in the morning, which becomes softer and warmer in the late afternoon and evening. Tagli orizzontali di luci a led, posizionati lungo la scura parete obliqua, creano un disegno grafico di forte contrasto mentre i faretti a pavimento danno il senso di una forte tridimensionalitĂ . In alto, le due terrazze coperte da vetrate. Horizontal slits of Led lighting, positioned along the dark oblique wall, create a wonderfully contrasting graphic design while the floor-recessed spotlights enhance the powerful sensation of three dimensions. Top, the two patios with their glass roofs.
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Vista dell’area di accesso agli ascensori. L’effetto di chiarore diffuso, a luce calda, è ottenuto con faretti incassati a soffitto che esaltano le incisioni sulla pietra calcarea, e dai pannelli in vetro illuminati internamente che delimitano l’ingresso a ciascun ascensore. A lato, le lampade a sospensione Tite di Foscarini, in tessuto di vetro e kevlar® giallo, sono alti coni di morbida luce che creano un’atmosfera intima e raccolta per gli ospiti nella zona dedicata all’accoglienza.
View of the area that leads to the elevators. The pale warm lighting effect has been created using ceiling-recessed spotlight which esalt the designs carved in the limestone, and the internallyilluminated glass panels that define the entrance to each elevator. To the side, the suspension lamps Tite by Foscarini, in glass fabric and yellow kevlar®; these are tall cones of soft light that create an intimate cozy atmosphere for the guests in the reception area.
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txt: Arianna Callocchia ph: Arianna Callocchia, Cristiano Corte
ACCIAIO, VETROELUCE STEEL, GLASS AND LIGHT
A Roma si svela la superficie dell’arte: una scultura in vetro e luce modellata in uno spazio dove arte, design, artigianato di altissima qualità e tecnologie all’avanguardia dialogano in un contesto originale e elegante È Fluxus, una superficie sospesa, fluttuante e quasi impalpabile, realizzata da Andromeda per la nuova White Gallery di Roma. Fluxus nasce dall’intuizione creativa dell’artista veneziana Michela Vianello, che dopo un lungo percorso artistico partito dall’optical e maturato verso la corrente materico-informale torna oggi, nella collaborazione con Andromeda, a realizzare opere optical. Terreno d’incontro tra mondi spesso separati, per Fluxus la Vianello ha impiegato quale elemento strutturale il Knit (vero e proprio punto maglia realizzato in vetro di Murano) ideato da Karim Rashid. White Gallery è il primo grande lifestyle store di Roma. Un contenitore pensato come una galleria d’arte contemporanea, sviluppato su tre piani, per un totale di 5000 metri quadrati in cui moda, design, arte, libri, musica, tecnologia e food traducono, anticipandole, le novità e le contaminazioni culturali del saper vivere contemporaneo. Per l’inaugurazione è stato chiesto ad Andromeda di realizzare un’opera capace di esprimere in un segno estetico il senso e l’identità del luogo. “La sfida di questa impresa – afferma Michela Vianello, autrice dell’opera – è stata quella di immaginare me stessa come elemento e quindi lasciarmi trasportare da un ritmo in un campo visuale ma,
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VISION soprattutto, onirico, dove negativo e positivo, bianco e nero, mi facevano muovere attraverso il grigio come pausa di un perpetuo viaggio”. Fluxus si sviluppa su una superficie di 60 mq ed è composto da 80.000 elementi in vetro, i Knit appunto, lavorati uno a uno dai maestri nella fornace di Murano. Il designer Karim Rashid ha dunque ideato il singolo elemento, estremamente versatile poichè si presta ad essere impiegato in soluzioni pressochè infinite, in combinazioni, intrecci – da pochi elementi a migliaia – sino a formare infinite configurazioni che trovano equilibrio nel movimento complessivo della composizione. “Gli spazi nei quali viviamo e gli oggetti di cui ci circondiamo devono idealmente essere organici, trasformabili, flessibili e permettere agli arredi e ai complementi d'arredo di respirare, per dare forma alla personalità dello spazio. Knit è il tessuto della luce stessa, per uno spazio sempre dinamico, voluttuoso e foriero di ispirazioni” spiega Rashid. Il Knit percorre un ritmo di sfumature che vanno dal bianco al nero, attraverso tre toni di grigio, per trasmettere continue vibrazioni visive. Il colore si muove continuamente nello spazio ottico tra l’oggetto e lo spettatore, generando così un ulteriore effetto di tridimensionalità in costante divenire. L’uso dei colori che catturano la versatilità di Knit è il frutto delle esperienze cinetiche e degli studi optical dell’artista, background grazie al quale il colore si muove da un tono all’altro in una fluidità apparentemente uniforme. La struttura è costituita da binari di metallo specchiato tagliati al laser modellati in modo da creare una silouhette ondivaga – su di essi corrono delle sottili traverse a cui i Knit sono ancorati: innestati uno a uno attraverso un dispositivo tecnico realizzato su disegno originale di Andromeda. L’illuminazione è fornita da 5000 lampade alogene puntiformi che si distribuiscono a rete sulla superficie interna dell’onda creando un vero e proprio tessuto di energia che scorre attraverso punti e linee. “La scultura – spiega l’artista, Michela Vianello – nasce da una struttura che ho concepito sin dall’inizio come equilibrio di forze, unite tra loro formando così un movimento oserei dire fluttuante, morbido, avvolgente, che scorre attraverso dei punti e delle linee ben definite creando una trama che ne descrive i percorsi non solo dei segni ma anche dei colori per giungere a un equilibrio visivo completo”.
Il team Andromeda durante l’installazione di Fluxus: Michela Vianello ha impiegato quale elemento strutturale il Knit (vero e proprio punto maglia realizzato in vetro di Murano) ideato da Karim Rashid. The Andromeda team during the installation of Fluxus: Michela Vianello used Knit as the structural element (a knitting stitch produced in Murano glass), designed by Karim Rashid.
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Rome unveils the surface of art: a sculpture of glass and light, modelled in a space where art, design, top quality craftsmanship and state-ofthe-art technology interact in an original, elegant context Fluxus is a suspended, floating, almost impalpable surface created by Andromeda for the new White Gallery in Rome. Fluxus is the result of the creative intuition of Venetian artist Michela Vianello, who after a long artistic journey which started in optical arts and then matured towards a more informal material current, returns today to collaborate with Andromeda to create optical works. A common ground between worlds that are often separated, for Fluxus’s structural element Vianello used the Knit (a veritable ‘stitch’ made of Murano glass) designed by Karim Rashid. White Gallery is the first large lifestyle store in Rome. A container designed as a contemporary art gallery, covering three floors and a total of 5,000 square metres in which fashion, design, art, books, music, technology and food translate and anticipate the news and cultural contaminations of modern living. For its inauguration Andromeda was asked to create a work that could express the sense and identity of the place in a single aesthetic sign. “The challenge of this project – explains Michela Vianello, the maker of the work – was to imagine myself as an element and therefore be carried away by a rhythm in a visual but above all dreamlike field, where negative and positive, black and white, moved me through grey like a pause in a perpetual journey”. Fluxus covers an area of 60 square metres and is composed of 80,000 glass elements, the Knits, produced one by one by skilled craftsmen in the Murano kiln. Designer Karim Rashid designed the single element, which is extremely versatile as it can be used to create countless solutions, in combinations, plaits – from just a few elements to thousands – even forming infinite configurations which find harmony in the overall movement of the composition. “The spaces we live in and the objects that surround us should ideally be organic, transformable, flexible, and allow the furniture and furnishings to breathe, to give shape to the personality of the space. Knit is the very fabric of light, for a dynamic, voluptuous shape that is the herald of inspiration” states Rashid. The Knit runs a rhythm of shades from white to black, through three shades of grey, transmitting continuous visual vibrations. The colour moves continuously in the optical space between the object and the spectator, to generate a further effect of constantly evolving threedimensionality. The use of colours which capture the versatility of Knit is the result of the kinetic experiences and optical studies of the artist and his background, thanks to which the colour moves from
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Il concept di Fluxus, espresso alla White Gallery di Roma, ha enormi potenzialità perché declinabile in una serie di moduli che possono avere dimensioni e forme molto diverse tra loro, da un metro quadrato di superficie sino praticamente a più infinito. Adatto quindi ad interpretare esigneze e desideri dei committenti più esigenti e degli ambienti più diversi (commerciali, pubblici, residenziali). In un’epoca nella quale la domanda di originalità, di innovazione, di unicità si fa sempre più pressante, il mercato è costantemente alla ricerca di elementi carichi di valore e capacità espressiva. Andromeda risponde a questa domanda investendo le proprie energie nella definizione di contenuti artistici e nella ricerca tecnica abbinata alla tradizione millenaria del vetro di Murano. L’obiettivo di questa ricerca è di realizzare opere che non rientrano all’interno dei consueti canoni: strutture d’illuminazione a sospensione o da terra, ma che piuttosto siano sculture di luce, modellate nello spazio e che, attraverso l'uso dei colori e della forma, siano capaci di rispondere in maniera sempre originale alle esigenze dei luoghi e ai desideri dei committenti. La risposta si chiama appunto Fluxus, la scultura sospesa in maglia di vetro, fluttuante e lieve, in una parola, onirica. Frutto di tecnica e di arte, segno originale di questa determinazione illuminata e illuminante. Una maglia e una magia in vetro, dalla silhouette sempre nuova per dare luce a qualsiasi ambiente e a qualsiasi sogno.
one shade to another in apparently uniform fluidity. The structure is made of laser-cut mirror-finished metal tracks modelled to create a wavering silhouette – thin crossbeams run along them, and the Knits are anchored to these: triggered, one by one, through a technical device built to an original design by Andromeda. The lighting is provided by 5,000 tiny halogen lamps distributed in a mesh on the internal surface of the wave, creating a fabric of energy which runs through points and lines. The artist Michela Vianello explains: “The sculpture was born from a structure I had imagined right from the start as a balance of forces, joined together to form a movement
Dettagli della struttura in acciaio e schizzi dell’artista Michela Vianello per la scultura Fluxus. Nella pagina accanto, i disegni mostrano concetti e strutture su cui sta lavorando Andromeda a partire da Fluxus; e vista esterna del Palazzo dell’Arte Moderna nel quartiere Eur di Roma all’interno del quale è stata realizzata la White Gallery. Close-up details of the steel structure and drawings by the artist Michela Vianello for the sculpture Fluxus. On the opposite page, the drawings illustrate the concepts and structures Andromeda is working on, starting with Fluxus; an external view of the Modern Art Building in the Eur district of Rome, which contains the White Gallery.
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I would define as fluctuating, soft, embracing, which runs through welldefined points and lines to create a weave which describes paths not only of signs but also of colours, to achieve a complete visual balance�. The concept of Fluxus, expressed in the White Gallery in Rome, has enormous potential as it can be split into a series of modules with different shapes and sizes, from one square metre of surface to practically infinite dimensions, suited therefore to interpret the needs and desires of the most demanding clients
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and the most varied settings (commercial, public, residential). In an era in which the demand for originality, innovation, uniqueness is increasingly urgent, the market is constantly looking for elements filled with expressive ability and value. Andromeda responds to this demand by investing its energies in the definition of artistic content and technical research combined with the millenary tradition of Murano glass. The aim of this research is to create works which do not fall into the usual precepts: suspended or floorstanding lighting structures, but which are
rather sculptures of light, modelled into the space and which, through the use of colours and shape, are able to respond in an increasingly original manner to the needs of the places and the desires of the clients. So, the answer is Fluxus, the suspended, knitted glass structure, lightweight and floating, in a word, dreamlike. The result of technique and art, an original sign of this illuminated, and illuminating, determination. A stitch and a glass magic trick, with a brand new silhouette that lights up any environment, and any dream.
Diverse vedute di Fluxus, la scultura sospesa in maglia di vetro composta da 80.000 elementi Knit in vetro, lavorato e decorato a mano da artigiani di Murano. Several views of Fluxus, the suspended sculptural creation made from glass links, 80,000 glass Knit elements, handprocessed and decorated by the Murano master glassblowers.
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VISION
LA LUCE NELL’ARTE MODERNA VERSO L’ASTRAZIONE DAL CUBISMO ALLA FIGURAZIONE GEOMETRICA (1905-1914/18) LIGHT IN MODERN ART – THE ROAD TOWARDS ABSTRACT FROM CUBISM TO GEOMETRIC FIGURISM txt: Corrado Gavinelli (1905-1914/18) Corrado Gavinelli in una metafora della luce pittorica nel passaggio dal Cubismo alla Astrazione Geometrica. La definizione spaziotemporale del movimento nel Futurismo, rappresentato dal volo delle rondini di Giacomo Balla ‘Improvvisazioni’, del 1913). La tipica scansione tetra-dimensionale del Cubismo, nel ‘Ritratto di Ambrogio Vollard’ di Pablo Picasso (1909-10). Corrado Gavinelli in a metaphor of pictorial lighting in the transition from Cubism to Geometric Abstraction. The spatial-temporal definition of the Futurism movement, represented by the flight of the swallows in Giacomo Balla’s ‘Improvvisazioni’, dating 1913). The typical four-dimensional scan of Cubism, in the ‘Portrait of Ambrogio Vallard’ by Pablo Picasso (1909-10).
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Con l’affermata evoluzione dell’industrialesimo moderno, dopo l’invenzione della luce elettrica e la inevitabile trasformazione dei criteri di illuminazione artificiale, si inaugura un nuovo mondo lucente per l’umanità; e saranno i protagonisti della nuova Modernità estetica, nelle loro opere pittoriche e plastiche, ad identificare formalmente, e tecnicamente, questa avveniristica epoca del bagliore diffuso che si è poi evoluta per tutto il Novecento Dalla ricerca luministica impostata su partiture scandite, rivolte già a un certo geometrismo cartesiano con tassellature frazionate, condotta da Paul Cézanne tra il 1885-87 e il 1904-06 basandosi costantemente sul soggetto provenzale della montagna Saint-Victoire (tramite il cui procedimento il pittore francese è riuscito ad evidenziare l’effetto volumetrico della profondità spaziale, composta non più – come per i Puntinisti – da minuscole particelle pulviscolari alludenti ai corpuscoli energetici della luce, bensì costituita da sovrapposte sfaccettature rimandate dai riflessi luminosi dell’atmosfera colpita dai raggi solari), i Cubisti hanno ricavato il loro criterio figurativo di rappresentare oggettivamente le proprietà temporali della spazialità fisica (il cosiddetto spazio-tempo di einsteiniana concezione), simulando il senso materiale del movimento, quale unità simultanea di stasi e dinamismo, ancora però in una identificazione fissa e non sequenzialmente mobile. All’immediato inizio del Novecento, Pablo Picasso, proprio dal 1905-06 (con il ‘Ritratto di Gertrude Stein’) al 1908 (‘Nudo nella Foresta’) codifica i principi solido-scomposti del Cubismo Analitico – determinati dalla
L’espressione plastica delle forme dinamiche futuristiche, nell’aspetto solido della scultura di Umberto Boccioni (‘Sintesi del dinamismo umano’ del 1912) e nella immagine sequenziale della pittura di Balla (‘Automobile in corsa’ del 1913-14). The plastic expression of the futuristic dynamic shapes, in the solidity of the sculpture by Umberto Boccioni (‘Sintesi del dinamismo umano’ dating 1912) and in the sequential image of Balla’s painting (‘Automobile in corsa’ dating 1913-14).
energia cosmica dell’universo, e dalla loro convergenza con la velocità della luce – che poi verranno da lui diversamente sperimentati insieme a Georges Braques dipingendo sistematicamente, dal 1910, vari ritratti umani e nature-morte. In questa metodica indagine di riproduzione deformante delle figure naturali – che mostravano contemporaneamente aspetti differenti della costitutività fisica, parzialmente ripresi da ogni parte dello spazio ambientale e non più soltanto con una visione prospettica univoca e frontale, bensì da punti di percezione molteplicemente sovrapposti e intersecati – l’impatto della luce sui corpi illuminati svolge un ruolo importante nella definizione delle forme, che vengono immesse nella nuova espressione di una insolita realtà contingente, quella complessiva della Quarta Dimensione, riferita al Tempo, e ai comportamenti progressivi degli spostamenti dinamici evidenziati dalla sfaccettata incidenza delle particelle luminose sui corpi nelle loro sequenze di movimento (normale o veloce). L’accentuazione fenomenica del Dinamismo dei corpi in divenire viene però effettivamente rappresentata, con maggiore evidenza oggettiva nella sua immagine di spostamento sequenziale o trasformativo, dai Futuristi italiani, a cominciare dai primi lavori avanguardistici di Giacomo Balla (‘Bambina che corre sul balcone’ del 1912; ‘Volo di rondini’ dell’anno dopo; e poi con le varie sensazioni motorie dei veicoli motorizzati in
corsa – automobili e motociclette – dipinte tra il 1913 e il 1914 e oltre) basati su un evedenziamento figurativo sensibile del movimento transeunte dei corpi nei loro procedimenti iterativi; che sono stati più solidamente di poco preceduti dalle coeve opere scultoree di Umberto Boccioni (‘Sintesi del dinamismo umano’ del 1912; ‘Forme uniche di continuità nello spazio’ del 1913), tridimensionalmente raffigurati nell’insieme complesso di una mobilità plastica decomposta, non più spezzettata come nel Cubismo ed invece espressa nella unità turbolenta degli organismi mossi e solo più staticamente rappresentati nella loro progressione di percorso. La ricerca, tuttavia, dell’aspetto luminoso futuristico più approfondita (e non soltanto di contingente derivazione fisica dal fenomeno luministico), si ritrova più concretamente e formalmente applicata in altre esperienze espressive del gruppo artistico italiano; ed anche in questa circostanza è sempre Balla a risultare l’autore più fattivo nella sperimentazione di manifestazione luminescente resa nella forma espressiva, che per varie condizioni finirà di sfociare nella piena astrazione figurativa. La sua operazione formale parte da un realistico studio della luce – tuttavia ancora prefuturistico – attuato con il dipinto della ‘Lampada ad arco’ del 1909 (l’anno stesso in cui Filippo Tommaso Martinetti pubblicava il suo Primo Manifesto del Futurismo, di genere tuttavia soltanto letterario e concettuale), caratterizzato però già da una irradiante espansione energetico-motoria – ultimo ricordo, forse, del simbolistico quadro ‘Sole nascente’ di Giuseppe Pellizza da Volpedo del 1903-04 – costituita da esili punte a forma di freccia composte in una vasta gamma di colori; e sfocia quindi in schematiche figure geometriche a triangolo regolatamente accostate e incastrate, pure esse policromatiche (le note ‘Compenetrazioni iridescenti’, elaborate tra il 1912 e il 1914; di cui una di esse in particolare, del 1913, presenta il titolo esplicito di ‘Studio della luce’), i cui vari elementi euclidei verranno anche composti, dal 1918, negli splendidi e curiosi oggetti scultorei dei Fiori. Ma non si deve dimenticare il lavoro propositivo balliano, direttamente elettrico, sviluppato sulla spettacolarità della luce per le scene dei Fuochi d’artificio di Sergej Diaghilov, elaborate nel 1916, in cui i vari volumi astratti sul palcoscenico si illuminavano con ritmi distinti acompagnando le sequenze dei balletti. Nel caso di Balla dunque, il procedimento astrattivo costituisce comunque un tipico caso isolato di produzione, che però comprende altre esperienze sviluppate dell’artista sulla varietà degli spostamenti (quel procedimento famoso – già citato – partente dalla puntinistica ‘Bambina che corre sul balcone’ e culminante ai moti ondosi dei ‘Voli di rondini’); e si combina, appunto, in un sintetico sbocco formale di vivace astrattismo segnico-cromatico denotato dai triangoli lucenti ma anche dai vortici dinamici (di cui è esemplare il dipinto patriottico-interventista ‘Forme del grido viva l’Italia’ del 1915, rappresentante l’agitato sventolio plastico della bandiera italiana nei suoi tre colori caratteristici, ripreso poi successivamente in altri lavori analoghi eseguiti tra il 1931 e il 1935). Si tratta di un complesso criterio astraente che il suo stesso autore definisce “velocità astratta”, la cui derivazione proviene da esperienze espressive sempre impostate sugli effetti di rimando della luce, in cui Balla riesce a collegare gli effetti fisici dei mezzi meccanici motorizzati allora più sorprendentemente innovativi (automobili e motocicli, soprattutto) alla espressione del movimento (quali gli spostamenti d’aria causati dai veicoli, e le loro rotazioni elicoidali prodotte dalla motorietà delle ruote); e alla cui esibizione esteriore appartiene anche la astrale presenza della luce ripresa dalle
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suggestioni celesti dei pianeti (‘Mercurio che passa davanti al sole’ del 1913-14, ad esempio), che diverranno il momento di condensazione operativa di ulteriori conclusioni astratte, realizzate separatamente – e non con sistematica applicazione – da altri colleghi in chiara analogia e connessione con gli esperimenti balliani (tra cui si possono ricordare i quadri, eseguiti nei medesimi anni 1912-13, ‘Forme circolari, sole e luna’ di Robert Delaunay e ‘Dipinto concentrico’ di Frantisek Kupka). È una fitta congerie, anche questa, di contaminazioni formal-cromatiche simili, sebbene distinte, che si affianca all’altra conclusione astrattistica di matrice più espressiva e informe elaborata dall’Espressionismo, e dalla figurazione tecnica della geometricità costruttivistica. Su tale direzione di ricerca degli effetti formali e percettivi della luce nella pittura di inizio Novecento, si sono impegnati poi anche certi pittori europei, e soprattutto russi, ma perfino statunitensi, chiaramente influenzati da Cubismo e Futurismo: tra loro, di evidente provenienza futuristica si ritrovano il belga Jules Schmalzigaug (di vago riferimento boccioniano: il cui ‘Volume+luce’ del 1914 è significativamente rappresentativo), l’americano Joseph Stella (soprattutto con il suo quadro ‘Battaglia di luci a Coney Island’ del 1914-18), e – distintamente – la russa Natalia Gonciarova (‘Piccola stazione’ del 1911, e ‘Vaso di fiori’ del 1914). Più indipendenti di altri invece, si sono espressi i Raggisti della Russia pre-sovietica, ancora rivolti a una diretta esaltazione della luminosità elettrica ricevuta dal nuovo scenario urbano dell’epoca meccanica (particolarmente Mikhail Larionov, autore di ‘Strada con fanali’ e ‘Luci nella strada’, entrambe opere del 1912), il cui segno libero si dirige verso una decisa astrazione compositiva più generale (figural-cromatica) di forma combinata col colore; che si accomuna al lavoro dei Futuristi nella conclusione espressiva della lezione semplificante e astraente di Cézanne, filtrata dal criterio scompositivo (tetradimensionale e dunque dinamico) del Cubismo, e attraversata dalla esteriore evidenziazione dei riflessi luminosi sui corpi concreti.
Thanks to the consolidated evolution of modern industrialism, which followed the invention of electric lighting and the inevitable transformation of artificial illumination, a new bright and shiny world for humanity was inaugurated. It can be described as a hub of new esthetic modernity, with paintings and models that formally and technically identified this futuristic period of widespread bright lighting that developed throughout the whole of the Twentieth-century
L’inizio della ricerca luministica di Balla, composta da elementi ottici di irradiazione triangolare, nel dipinto ‘Lampada ad arco’ del 1909, e la loro sinterizzazione pluri-cromatica di carattere geometrico-astratto (‘Quinta compenetrazione iridescente’ del 1914).
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The beginning of the luministic research by Balla, consisting of optical elements with triangular rays, in the painting ‘Lampada ad arco’ dating 1909, and their multi-colored sintered effect with its geometric-abstract personality (‘Quinta compenetrazione iridescente’ dating 1914).
We must examine the luminist research which was already based on a certain degree of Cartesian geometry with fragmented pieces, defined by Paul Cézanne between 1885-87 and 1904-06. It was constantly based on Mont Saint-Victoire in Provence. With this procedure the French painter was able to highlight the volumetric effects of spatial depth; different to the Puntinists, the Cubists no longer used a technique consisting of miniscule dust-like particles that alluded to the energy corpuscles of light, consisting of superimposed fragments carried by the luminous reflections of the matter hit by the sun’s rays; the Cubists created a figurative criteria which objectively represented the temporal properties of the physical spatial dimension (the so-called Einstein concept of space and time), simulating the material sensation of movement, as a simultaneous unity of immobility and dynamism, which was static and not sequentially mobile. At the start of the Twentieth-century, Pablo Picasso, in 1905-1906 (with the ‘Portrait of Gertrude Stein’) to 1908 (‘Nude in the Forest’) defined the solid-decomposed principles of Analytical Cubism. This was determined by the cosmic energy of the universe, and its convergence with the speed of light; these entities were then experimented in a different manner by Georges Braques
who from 1910 systematically painted a number of human portraits and still lifes. In this methodical investigation of deforming reproduction of the natural figures, the impact of light on illuminated bodies plays an important role in the definition of shapes. Light contemporarily emphasized different aspects of the physical constitution, which were then partially repeated in each sector of the environmental space. What resulted was no longer something with a univocal and frontal prospective vision; it was observed from a point of perception that was largely superimposed and intersected. It is introduced into the new expression of an unusual contingent reality, the generalized Fourth Dimension, – time –, and the progressive behavior of dynamic shifts that are highlighted by the fragmented incidence of luminous particles on the bodies during their sequences of normal or rapid movement. Emphasizing the Dynamic phenomenon was effectively represented by the Italian Futurists who introduced greater objective evidence through an image of sequential or transformational shift. This can be observed in the first avant-garde creations by Giacomo Balla (‘Bambina che corre sul balcone’ (‘Child running on the balcony’), dating 1912, and ‘Volo di rondini’ (‘Swallows in flight’) created the following year; and then continued through the various dynamic sensations of moving motorized vehicles – cars and motorcycles – painted between 1913, 1914 and later. These were based on a sensitive figurative emphasis of transient movement of the bodies along their itineraries; they were more solidly and marginally preceded by numerous sculptural pieces by Umberto Boccioni (‘Sintesi del dinamismo umano’ – Summary of human dynamism’ dating 1912; ‘Forme uniche di continuità nello spazio’ ‘Unique spaces of continuity in space’ (dating 1913). This was a three-dimensional example of the complex arrangement of decomposed plastic mobility; it was no
longer fractured and fragmented as in Cubism but expressed through the turbulent unity of shaken organisms and represented more statically as the pathway progressed. Nevertheless, the deeper futuristic luminous appearance (and not just a contingent physical derivation of the light phenomenon), was identified more concretely and formally applied to other expressive experiences of the Italian artistic group; and again it was Balla who was the most active author in the experimentation of luminescence presented through the expressive shape; under the effects of a number of influencing conditions, it would eventually develop into full-blown figurative abstraction. Its formal operation started from a realistic, and again prefuturistic, study of light, initiated with the painting of the ‘Lampada ad arco’ (‘Arch-shaped lamp’) dating 1909. This was the year in which Filippo Tommaso Martinetti published his First Manifesto of Futurism, which was purely literary and conceptual, characterized nevertheless by an irradiating energetic-motory expansion – and possibly the last memory of the symbolistic painting ‘Sole nascente’ (‘Rising sun’) by Giuseppe Pellizza da Volpedo dating 1903-04, which consisted of small arrow-like marks in a wide range of colors; it appears as schematic interlocked and multicolored triangular figures (the notes ‘Compenetrazioni iridescenti’ – ‘Iridescent co-penetration’, created between 1912 and 1914; one of them in particular, dating 1913, has the explicit title ‘Studio della luce’ – ‘Study of light’). In this case from 1918, the various
La rappresentazione astratta dell’effetto luminoso (generalmente raffigurata con forme di cerchi intensamente cromatizzati) nella immagine astrale del Futurismo balliano e nelle raffigurazioni di autonomi artisti contemporanei (‘Mercurio che passa davanti al sole’ di Balla, del 1913-14; ‘Forme circolari di sole e luna’ di Robert Delaunay, del 1912-13; ‘Dischi di Newton’ di Frantisek Kupka, dello stesso anno). The abstract representation of the luminous effect (generally depicted with intensely colored circular shapes) in the astral image of Balla’s Futurism and in the creations by independent contemporary artists (‘Mercurio che passa davanti al sole’ by Balla, dating 1913-14; ‘Circular shapes of the sun and the moon’ by Robert Delaunay, dating 191213; ‘Newton’s rings’ by Frantisek Kupka, in the same year).
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Altre conformazioni circolari derivanti dalle geometrie discoidi, in tendenze espressive differenti: del Dadaismo (Kurt Schwitters, ‘Orbite’, 1918) e dell’Astrattismo razionalista (Wassilij Kandinskij, ‘Diversi cerchi’, 1926).
Euclidean elements were also arranged into splendid and curious sculptural Flowers. But let’s not forget the propositive work performed by Balla; it was purely electrical, and developed through the spectacular features of light in the settings for Fireworks by Sergej Diaghilov, created in 1916. In this representation, the various abstract volumes on the stage are illuminated rhythmically to accompany the sequence of the dances. In reference to Balla therefore, the abstract procedure can be considered as a typical isolated case of production, which also includes other experiences the artist developed by focusing on the variety of the displacements. As we mentioned before, they included the famous procedure that started from the Puntinist ‘Bambina che corre sul balcone’ and culminated in the undulating movement of the ‘Voli di rondini’); and it forms a synthetic formal output of lively symbolic-chromatic abstractism marked by shimmering triangles and dynamic whirls (a perfect example of which can be observed in the patrioticinterventional painting ‘ ‘Forme del grido viva l’Italia’ – ‘The shape of the battle-cry Viva l’Italia’ – dating 1915, depicting the fluttering model of the Italian flag with its three colors (red, white and green). This was repeated in other similar creations completed between 1931 and 1935). We are dealing with a complex abstract criterion that the author himself defines as ‘abstract speed’. It
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derives from an expressive experience based on the effects of reflected light; in this case, Balla was able to link the physical effects of the mechanized mechanical means which were even more astonishingly innovative (automobiles and motorcycles, in particular) to the expression of movement (such as the movement of air caused by the vehicles and their helical rotation produced by the movement of the wheels); the exterior exhibition also includes the astral presence of light extracted from the celestial suggestions of the planets (‘Mercurio che passa davanti al sole’ Mercury that passes in front of the sun, dating 1913-14, for example). It would become the moment of operative condensation of further abstract conclusions; these were created separately, and not with systematic application, by other colleagues and demonstrated a clear analogy and links with Balla’s experiments (for example, the paintings completed again in 1912-13, ‘Forme circolari, sole e luna’ – Circular shapes, sun and moon’ by Robert Delaunay and ‘Dipinto concentrico’ – ‘Concentric painting’ by Frantisek Kupka). Once again it is a dense interaction with similar formalchromatic contamination; it is separate but joins the other abstract conclusions of a more expressive, amorphous nature processed by Expressionism and illustrated by the technical figuration in the constructionist geometric dimension. This research direction examined the formal
Additional circular arrangements deriving from discoid forms, with different expressive tendencies: from Dadaism (Kurt Schwitters, ‘Orbits’, 1918) and rationalist abstract art (Wassilij Kandinskij, ‘A number of circles’, 1926).
and perceptive effects of light in art at the beginning of the 20th-century, some European artists, particularly the Russians, and also the North Americans, were also committed to this form and were clearly influenced by Cubism and Futurism: with evident Futuristic origins, we can identify the Belgian Jules Schmalzigaug (with a vague Boccioni reference: his ‘Volume+light’ dating 1914 is an excellent example), the American, Joseph Stella (particularly with his painting ‘Battle of Lights on Coney Island’, dating 1914-18), and – independently, the Russian Natalia Gonciarova (‘Little Station’ dating 1911 and ‘Flower Vase’ dating 1914). The expressions immortalized by the Raggists of Pre-Soviet Russian were unquestionably more independent that the others; they were oriented to the direct exaltation of electric lighting extracted from the new urban scenario of the mechanical period (and particularly Mikhail Larionov, who painted ‘Street with headlights’ and ‘Lights on the street’ both dating 1912). In these circumstances, the free sign shifted towards a more general and decisive figural-chromatic and abstract arrangement of shape combined with color; this links with the work by the Futurists in the expressive conclusion of the simplified and abstract lesson given to us by Cézanne, filtered by the four-dimensional and dynamic decomposing features of Cubism, and crossed by the exterior exaltation of luminous reflections on solid bodies.
La sensazione del fenomeno luminoso della metropoli moderna del Novecento, nell’opera ‘Strada con fanali’ di Mikhail Larionov del 1912-13. L’esplosione formalistica delle irradiazioni dei riflessi luminosi sui corpi solidi, nel quadro ‘Battaglia di luci a Coney Island’ dello statunitense Joseph Stella del 1914-18. The sensations of luminius phenomena in the modern city of the Twentieth century, in the piece ‘Street with headlights’ by Mikhail Larionov in 191213. The formalistic explosion of the rays of luminous reflections on solid bodies, in the picture ‘Battle of lights on Coney Island’ by the American artist Joseph Stella dating 1914-18.
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URBANLIGHT txt: Luisa Castiglioni ph: Giovanna Dal Magro
NUOVI MODELLI D’ACCOGLIENZA NEW MODELS OF HOSPITALITY Un luogo di passaggio invita all’arte un pubblico frettoloso e trasversale La luce è insostituibile. La luce sottolinea, accentua, definisce i colori, attira l’attenzione. Qui diventa fulcro di un progetto di arte pubblica, l’occasione per stabilire un contatto, innescare una scintilla, suscitare attenzione. Il luogo è particolare e sicuramente inaspettato: la stazione centrale di Zurigo ospita Nova, progetto ideato e realizzato per il 150° anniversario del Politecnico Federale della città. Il primo display a colori tridimensionale bivalente al mondo è stato offerto in dono ai viaggiatori dagli studenti del Politecnico Federale della città per invitarli a sostare e ammirare il valore della luce. L’opera d’arte, dal peso di sei tonnellate, è un rettangolo con una base di cinque metri per cinque e un’altezza di un metro costituito da 25.000 sfere luminose singolarmente indirizzabili che possono risplendere in più di 16 milioni di colori. L’installazione site specific sarà visibile per tre anni alla stazione centrale di Zurigo, dove la luce occupa fisicamente lo spazio, invade territori non suoi, rompe immaginarie reti di protezione per trarne ogni volta nuovi impulsi e stimoli creativi. L’invito rivolto ai viaggiatori è quello di una partecipazione attiva alla vita culturale della città, proprio perché un luogo di passaggio attrae per sua natura un pubblico trasversale all’arte e alla cultura. Nova è un modo per rafforzare il forte legame con il territorio, il tentativo di creare un punto d’incontro internazionale di innovazione, contemporaneità e unicità. La città di Zurigo è particolarmente attenta all’ambito illuminotecnica: al crepuscolo, la città si trasforma in una cornice di splendore e glamour. I progetti del piano d’illuminazione cittadina Plan Lumière vestono Zurigo di abiti di luce a cielo aperto. l’illuminazione dei ponti Rudolf Brun-Brücke e Münster-Brücke rende ancor più incisiva la splendida immagine che circonda il Limmat nel cuore della città; parchi con luci calde e discrete conferiscono un tocco poetico alle sponde del lago, nei pressi del Lake Side, mentre nel quartiere Zürich-West nuovi accenti vengono posti dall’illuminazione del viadotto Hardturm e della Turbinenplatz. Anche la vicina città di Zugo, situata sull’omonimo lago, ha fatto della luce un ideale strumento d’accoglienza e, insieme, motivo d’orgoglio. Dal novembre 2003, già all’arrivo nel monumentale atrio della stazione centrale di Zugo, i viaggiatori sono accolti dalle installazioni luminose dell’artista americano James Turrell. Non appena l’arte di Turrel si attiva, la stazione si trasforma in un vero e proprio oggetto d’arte. Dalla la nuova stazione di Zugo riceve gli ospiti provenienti da vicino o da lontano quasi come una porta d’accesso alla regione di Zugo e alla città stessa. Grazie all’arte dell’illuminazione dell’artista americano James Turrell, si è riusciti a creare un edificio significativo.
A zone of transition invites all sectors of the busy public to appreciate and enjoy art Light is irreplaceable. Light underlines, accentuates, it defines colors and attracts attention. In this case, it becomes the hub for a project of public art, the opportunity for creating contact, igniting a spark, attracting attention. The venue is unusual and very definitely unexpected: the central station of Zurich houses Nova, a project invented and created to celebrate the 150th anniversary of the city’s Federal Polytech. The world’s first display in bivalent three-dimensional color was presented to travelers by the students attending the Polytech and invited them to stop for a moment to admire and appreciate the value of light. This work of art weighs six tons and has a base measuring 5x5 meters for a height of one meter. It consists of 25,000 luminous spheres that can be oriented individually and these can sparkle in more that
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16 million colors. The site-specific installation will be on display for a period of three years in the central station of Zurich, where light physically occupies the space, invades territories that do not belong to it, breaks down imaginary protection barriers to create new impulses and creative stimuli. The travelers are invited to participate actively with the city’s cultural life, simply because by its very nature, a transition venue attracts a heterogeneous public to art and culture. ‘ Nova is the way of strengthening the powerful bond with the territory in an attempt to create an international fulcrum of innovation, the contemporary and the unique. The city of Zurich pays considerable attention to illumination technology: at dusk, it is transformed into a stage of splendor and glamour. The projects of Zurich’s Plan Lumière bathe the city in light. The illumination for the Rudolf Brun-Brücke and Münster-Brücke bridges exalt the splendid image that surrounds the Limmat in the heart of the city; parks with warm discrete lighting add a poetic touch to the lake-side; in the ZürichWest district, new accent lighting enhances the Hardturm viaduct and Turbinenplatz. Even in the nearby lake-side city of Zug, light is the elective instrument of hospitality, something of great pride for the city. Since November 2003, on their arrival in the monumental lobby of the central station in Zug, travelers have been welcomed by the luminous installation by the American artist James Turrell. As soon as Turrel’s creation comes to life, the station is transformed into a true work of art. The new station in Zug welcomes visitors from near and far, acting almost as a gateway to the region and the city itself. Thanks to the illumination technology art created by Turrell, the building has been transformed from something anonymous into something truly spectacular.
Nova, progetto ideato e realizzato per il 150° anniversario del Politecnico Federale di Zurigo: dal peso di sei tonnellate, è un rettangolo con una base di cinque metri per cinque e un’altezza di un metro costituito da 25.000 sfere luminose singolarmente indirizzabili che possono risplendere in più di 16 milioni di colori.
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Nova, a project invented and created to celebrate the 150th anniversary of the Zurich Federal Polytech: it weighs six tons and has a base measuring 5x5 meters for a height of one meter. It consists of 25,000 luminous spheres that can be oriented individually and these can sparkle in more that 16 million colors.
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URBAN LIGHT
QUANDO L’INNOVAZIONE INCONTRA LA TRADIZIONE WHEN INNOVATION MEETS TRADITION
txt: Elviro Di Meo ph e disegni: courtesy Massimiliano De Cesaris (Torraca); courtesy Riccardo Stolzuoli (Arezzo); Amministrazione comunale di Arezzo
In apertura di servizio, e nella pagina accanto, alcune tappe del percorso museale che si snoda nel centro storico di Torraca. Opening shot, and on the opposite page, some shots of the museum pathway that winds its way through the historical center of Torraca.
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A Torraca, la prima city led al mondo, un percorso museale, completamente all’aperto, sperimenta una formula di valorizzazione dei centri storici, trasformandoli in quinte ed episodi di una vera e propria pinacoteca, in grado di diffondere un modo alternativo di comunicare l’arte. Ad Arezzo, all’interno del piano di scenografia urbana, si progetta una nuova illuminazione per esaltare il significato compositivo dello spazio architettonico, la sua struttura, i percorsi, cercando di riqualificare il luogo fortemente ancorato al passato. Sarà la luce a ridare carattere alle città italiane? Innovazione tecnologica, energia a costo zero, sviluppo sostenibile: nella scena urbana entrano sempre più strumenti legati a un utilizzo ecocompatibile delle fonti energetiche, ma non siamo alla presenza di paesaggi futuristici, o di alienazioni urbane, così da gridare alla paura del progresso, fenomeno sociologico che si manifesta a ogni tipo di cambiamento sia formale sia sostanziale. L’innovazione che è in atto non intende assolutamente compromettere e stravolgere il tessuto connettivo e valoriale della città stessa, caratterizzato da un’identità precisa sedimentata nel tempo. Torraca, ad esempio, antico borgo in provincia di Salerno, è stato ufficialmente definito quale il primo paese al mondo completamente illuminato da LED ad altissima efficienza (80 lumen per Watt) attraverso un sistema brevettato da Elettronica Gelbison, azienda specializzata in sistemi elettronici della vicina Ceraso. I LED a bassissimo impatto ambientale, ma con rendimenti elevatissimi, sono stati installati, accanto agli oltre 700 punti luce, sia lungo tutte le strade comunali di accesso, sia nelle piccole vie del centro storico. Il risparmio previsto si aggira intorno ai 22.000 euro l’anno, considerando anche il minor peso della manutenzione ordinaria. Fin qui si assisterebbe a un perfetto esperimento tecnologico che, a parità di costi-benefici, ha introdotto un inaspettato profitto. Ma il progetto di Torraca, così come per altri centri, va ben oltre, soffermando l’attenzione dei progettisti sugli aspetti e sulle logiche che diventano valore acquisito non solo per la fruibilità della città, ma anche per la valorizzazione di quest’ultima in termini di immagine e di promozione. Nel caso specifico, a Torraca, nella sistemazione delle vecchie lanterne in ghisa, è stata sostituita l’obsoleta lampada al sodio con una piastra contenente i LED. Sta di fatto che il simbolo del passato – cioè la lanterna – è rimasta, pur adattandosi alle esigenze della contemporaneità. Nello stesso tempo, un’installazione a scala urbana ha reso omaggio all’artista del luogo per eccellenza, Biagio Mercadante (1893-1971), la cui produzione artistica fu molto influenzata dalla città natale. Un progetto che ha inteso restituire il giusto riconoscimento all’autore e, parallelamente, sperimentare una formula di valorizzazione dei centri storici, trasformandoli in quinte ed episodi di un vero e proprio museo all’aperto. ‘Biagio Mercadante, pittore’ è il nome della pinacoteca che si snoda tra le vie, tra i vicoli, tra i frammenti urbani, per poi riaffiorare negli slarghi del borgo. “L’opera – come spiega l’architetto Massimiliano De Cesaris, ideatore e direttore dei lavori del progetto – costituisce una vera e propria esposizione d’arte all’aperto, totalmente retroilluminata a LED, capace di avvicinare appassionati e non della pittura, lasciando la sensibilità di ciascuno libera di incuriosirsi, di giudicare e di diffondere un modo alternativo di comunicare l’arte”. Un percorso culturale in cui le nuove tecnologie a LED vengono applicate nella loro massima espressione: prima per l’illuminazione del centro storico, poi per far brillare di luce le opere in esso collocate, dando vita a uno straordinario incontro fra pittura e tecnologia. “Il tutto in un’operazione che, in antitesi agli ormai invasivi elementi pubblicitari di consumo, preferisce realizzare un’installazione dalla forte valenza culturale, consolidando un’azione di salvaguardia e libera fruizione della storia e cultura del territorio”. La città, visto il legame strettissimo con l’artista, ha sistemato una scritta di notevole impatto visivo ed emotivo (ma non ambientale) che accoglie il visitatore e lo invita alla scoperta dei dipinti riprodotti. Il percorso si articola in modo tale da interessare l’intero centro storico del paese: una sorta di passeggiata culturale che copre complessivamente circa 1.400 metri. In tutto quaranta espositori hanno accolto le riproduzioni delle opere. Espositori installati a pavimento, mediante tubolari verticali ed orizzontali in acciaio, dal diametro di 50 mm. E l’espositore a parete, invece, è stato applicato sul muro di fianco alla scritta che dà il titolo all’installazione e che costituisce il punto di partenza del percorso museale. La struttura che contiene le varie riproduzioni è ottenuta dall’unione dei tubolari grazie a sfere dal diametro di 10 cm.
Torraca, the first LED city in the world, is experimenting an open air museum trail formula to promote historical centres, transforming them into backdrops and scenes for a veritable art gallery, able to communicate art in an alternative manner. In Arezzo, as part of the urban landscaping plan, new lighting is being experimented to enhance the compositional meaning of the architectural space, its structure, paths, aiming to requalify places which are strongly anchored to the past. Will light be able to restore the character of Italian cities? Technological innovation, free energy, sustainable development: instruments linked to the eco-compatible use of energy sources are increasingly visible in the urban landscape, but we are not dealing with futuristic landscapes or urban alienations that lead us to cry out in fear of progress, the sociological phenomenon which is triggered at the sight of any formal or substantial change. This innovation does not in any way aim to compromise or upset the connective tissue or fabric of values of the city, which has such a precise and deeprooted identity. Torraca, for example, an ancient town in the province of Salerno, has been officially named the first town in the world to be totally illuminated by highefficiency LED lighting (80 lumen per Watt) using a special system patented by
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La soluzione adottata per la retroilluminazione delle opere è stata quella di utilizzare dei LED ad alta efficienza, preventivamente montati su circuito, cablati e successivamente allocati sulla parete di fondo degli espositori metallici. A seguito delle prove di laboratorio effettuate, si è constatato che la retroilluminazione più bilanciata, omogenea e corretta è risultata quella che prevedeva un numero di LED per una potenza totale di circa 45 W per ogni espositore metallico. Per quanto riguarda, invece, le opere dell’artista – chiaramente riprodotte con tecnologie avanzate – sono state svolte approfondite verifiche e varie sperimentazioni su diverse tipologie di materiale per la migliore resa possibile. Altro centro, altro progetto in corso di attuazione. Nella civilissima Toscana, la città di Arezzo si prepara, attraverso uno studio mirato sul tipo di illuminazione destinato a sostituire l’attuale arredo urbano, a ridare carattere ai monumenti nascosti e camuffati da un pastiche di luci, una sovrapposta all’altra, partendo dall’intero tessuto cittadino fino ad arrivare a piazza Grande. Quella composizione omogenea e organica, seppur strutturata in epoche diverse, che Boris Podrecca definisce, parlando delle piazze italiane, come il migliore esempio. “In essa la distribuzione e il balance dei pesi, la pendenza, il conseguente acceleramento delle prospettive e le absidi, un vero e proprio decolté, generano un vuoto pieno di echi e rapporti visivi. Nonostante la compresenza di molteplici elementi scenici, questo spazio rimane un passpartout, un luogo a portata di tutti”. Il progetto di scenografia urbana fa parte di un programma assai più vasto inserito all’interno del PIUSS Toscana (Piano integrato per lo sviluppo urbano e sostenibile) atto alla valorizzazione e alla gestione dei centri storici, chiamato ‘la città visibile’; piano proposto e realizzato con la consulenza della SEUM. Un acronimo che sta per Scuola Europea dei Mestieri, associazione senza fini di lucro, di cui è presidente l’architetto Riccardo Stolzuoli – ideatore del progetto aretino –, composta da soggetti pubblici e privati come il Comune di Arezzo, il Comune di Anghiari, il Comune di Rapolano, l’Istituto Statale d’arte di Arezzo, Ucodep, l’ordine degli architetti. La città visibile, nella sua espressione più ampia, costituisce un insieme di ricerche e sperimentazioni volte alla promozione del patrimonio storico-architettonico e sopratutto alla riscoperta della identità del luogo. Sperimentazione sulla quale Stolzuoli, insieme al suo team progettuale – l’ingegnere Gianni Stolzuoli, l’architetto Alessio Borgheresi, Valdimaro Magi, con la collaborazione di Tommaso Sensini, l’architetto Laura Riccarelli, Federica Stolzuoli, e gli architetti Carla Corsi e Andrea Bigazzi – lavora da due anni, interessandosi di ambiti urbani assai diversi, come la Palestina, la Siria e la Tunisia. Finalità di ogni singolo PIUSS è progettare un insieme coordinato di interventi, pubblici e privati, per la realizzazione – in un’ottica di sostenibilità – di obiettivi di sviluppo socioeconomico, attraverso il miglioramento della qualità urbana e ambientale. Gli obiettivi si incentrano sulla sostenibilità energetica ed economica, sull’individuazione e sull’esaltazione dell’identità del luogo e delle memorie del passato, sulla vivibilità e sulla fruibilità nelle diverse ore della giornata. Allo stato dei fatti, il sistema di illuminazione pubblica del centro storico di Arezzo evidenzia notevoli disomogeneità e discontinuità, in termini di tipologia degli apparecchi illuminanti, di colore e intensità della luce e del progressivo e diffuso degrado. La presenza di numerose tipologie di apparecchi è il risultato di una gestione frammentaria e poco attenta, spesso demandata al funzionario di turno. Nessuna attenzione è stata prestata al risparmio energetico, all’inserimento ambientale dell’apparecchio; e, in definitiva, alle potenzialità dell’illuminazione nella fruizione della città storica. Tutto ciò, oltre a creare un’atmosfera offuscata e poco rassicurante, contribuisce a dare un’immagine confusa e disordinata della città stessa. “Le temperature di colore delle lanterne – chiarisce Stolzuoli – variano anche trattandosi del medesimo apparecchio installato nello stesso asse viario, senza una motivazione apparente”. Questa situazione non mette in evidenza i manufatti architettonici, gli scorci e le vedute prospettiche e, in ultima analisi, non rappresenta una giusta guida capace di raccontare ed enfatizzare la storia della città. Lo stato di degrado diffuso degli apparecchi illuminanti (molti presentano i vetri delle lanterne o le sfere in metacrilato rotti o completamente offuscati) riduce considerevolmente la potenza della lampada diminuendo non solo il flusso luminoso ma accelerando in modo esponenziale il degrado dell’apparecchio. Nell’arco di tre mesi si è provveduto all’analisi dello stato attuale, grazie a due squadre di rilevatori che hanno verificato la posizione degli apparecchi illuminanti, i tipi, il flusso luminoso, e le eventuali nuove posizioni. Il connubio tra le riproduzioni pittoriche e l’innovazione tecnologica che si respira attraversando l’antico borgo. “Il progetto – osserva De Cesaris – preferisce realizzare un’installazione dalla forte valenza culturale, consolidando un’azione di salvaguardia e libera fruizione della storia e cultura del territorio”. The marriage between pictorial reproduction and technological innovation that is perceived in the ancient town. According to De Cesaris: “The project aims for an installation of powerful cultural importance, consolidating actions that safeguard and release the history and the culture of the territory to the enjoyment of all”.
Si è proceduto, contemporaneamente, alla verifica della possibilità di riadattare la lanterna Arezzo. In fase preliminare, è stata effettuata una diagnosi precisa sulla possibilità di recuperare le lanterne esistenti, mediante un insieme sistematico di interventi finalizzati all’adeguamento delle normative emanate dalla legge regionale Toscana 39/2005 e alle necessità illuminotecniche. L’analisi ha comportato una campagna fotografica puntuale, il rilievo e posizionamento degli apparecchi illuminanti, una misurazione con Luxmetro per la quantificazione degli illuminamenti (lux) presenti in alcuni punti caratteristici di ogni strada e una lettura del contesto ambientale e storico delle strade. Nel nuovo progetto di illuminazione, stando ai dati raccolti, si intende unire alle forme antiche della lanterna tecnologie e comfort moderno. L’intento è ricreare le caratteristiche geometriche, ma trasformando completamente i contenuti, in modo da poter ospitare tutta la più moderna tecnologia sia a livello di gruppo ottico sia a livello di sistemi di telecontrollo. La lanterna sarà contrassegnata da tutti quegli aspetti utili a una sicura, veloce ed efficace manutenzione. Con cablaggi e vano lampada ispezionabili separatamente a seconda dell’intervento necessario e il sistema di ritenuta anti-caduta in fase di smontaggio, che potrà essere eseguito senza l’ausilio di particolari strumenti. “L’impianto sarà, poi, affiancato – si legge nella relazione tecnica – da un sistema di telecontrollo punto-punto con alimentatore dimmerabile che permetterà una parzializzazione a due gradi nelle ore notturne o quando necessario, la gestione di scenari diversi, la manutenzione programmata dell’impianto stesso, attraverso il controllo remoto dei componenti interni di ogni singolo apparecchio”. Altro tipo di illuminazione sono i proiettori sottogronda. L’attuale sistema è dotato di una grande varietà che si è differenziano sia per l’aspetto estetico sia per quello funzionale. Da qui la necessità di valutare in fase progettuale quali apparecchi, tuttora funzionanti, presentino le caratteristiche che giustifichino la loro sostituzione con apparecchi più moderni, performanti e adeguati alle esigenze progettuali. L’impianto architetturale dovrà permettere a certi soggetti scenici di uscire dall’uniformità dell’impianto funzionale, per valorizzarne forme, materie e colori.
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Elettronica Gelbison, a company specialising in electronic systems from nearby Ceraso. More than 700 LEDs, with very low environmental impact but very high performance, were installed not only along the municipal access roads but also in the narrow streets of the town centre. The cost savings are estimated at around 22,000 Euros per year, also considering the reduced ordinary maintenance. At this point we are talking of a perfect technological experiment which, on equal terms of costbenefit, has brought with it an unexpected profit. But the Torraca project, like many other towns, goes way further, focusing the attention of designers on aspects and logics which become added value not only in terms of usability of the town, but also its increased value in terms of image and promotion. In this specific case, in Torraca, obsolete sodium bulbs were replaced in the old cast iron street lamps with a plate containing the LEDs. Indeed the symbol of the past – the old lantern – remains, while adapting to the needs of today. At the same time, a town-wide installation has paid homage to the local artist par excellence, Biagio Mercadante (18931971), whose artistic production had great influence on his home town. A project which aims to pay just homage to the author and, in parallel, to experiment a new way of promoting historical centres, by transforming them into backdrops and scenes of a veritable open-air museum. ‘Biagio Mercadante, pittore’ is the name of the art gallery which runs through the streets and alleys, among the urban fragments, resurfacing in the town's squares. As architect Massimiliano De Cesaris, creator of the project and works director, explains, “the work is a veritable open-air art exhibition, totally back-lit by LEDs, bringing art lovers and others close together, leaving the sensitivity of each one free to become interested, to judge and to spread an alternative way of communicating art.” A cultural path in which the new LED technologies are applied in their greatest expression: first of all to illuminate the town centre, and then to make the works placed there shine with light, breathing life into an extraordinary blend of painting and technology. “All of which is done in an operation which, in contrast to the modern invasive advertising elements of consumerism, prefers to create an installation with a strong cultural value, consolidating an action to protect and freely use the history and culture of the territory”. Given its close ties with the artist, the town has displayed information boards of great visual and emotional (but not environmental) impact which welcomes visitors and invites them to discover the paintings reproduced. The path is created in such a way as to cover the whole of the town’s historical centre: a kind of cultural promenade which covers a total of 1,400 metres. In all, forty display units hold reproductions of the works. The floor
displays are made from 50 mm diameter vertical and horizontal steel piping. And the wall display, on the other hand, is fixed to the wall next to the title of the installation and marks the departure of the museum path. The structure housing the various reproductions is made by joining the piping using 10 cm diameter balls. The solution adopted for the back lighting of the works is based on high-efficiency LEDs, mounted on a circuit, wired and then housed on the back wall of the metal display units. Following laboratory tests, it was found that the most well-balanced, uniform and correct backlighting is that using a number of LEDs to assure a total power of approx. 45W for each metal display unit. As far as the artist’s works were concerned (reproductions made using avant-garde technologies), on the other hand, careful studies and experiments were made on different types of materials to assure the best possible performance. In a different town, a different project is underway. In most civil Tuscany, the city of Arezzo is getting ready to restore the character of its hidden monuments, camouflaged by a mess of lights, one over the other, through a study focused on the type of illumination required to replace the current city streetlights, covering the whole urban fabric as far as Piazza Grande. This uniform, organic composition, although structured through different ages, Boris
Podrecca, talking of Italian squares, defines as the best example. “In it, the distribution and the balance of weights, the gradient, the consequent acceleration of perspectives and apses, a veritable point of focus, generate a void full of echoes and visual relations. Despite the simultaneous presence of many scenic elements, this space remains a passepartout, a place in everyone’s reach”. The urban scenery project is part of a much wider programme in the Tuscany PIUSS (Integrated Plan for Sustainable Urban Development) aiming to promote and manage historical centres, called the ‘visible city”; the plan was designed and implemented with the collaboration of the SEUM. This acronym stands for Scuola Europea dei Mestieri (“European School of Trades”), a non-profit association chaired by architect Riccardo Stolzuoli – who designed the Arezzo project –, composed of public and private bodies including the municipalities of Arezzo, Anghiari and Rapolano, the State Institute of Art in Arezzo, Ucodep, the Architects’ association. The visible city, in its widest expression, is a set of research and experimental projects aiming to promote the historical and architectural heritage and above all rediscover the identity of the place. Experimentation which Stolzuoli, together with his design team – engineer Gianni Stolzuoli, architect Alessio Borgheresi, Valdimaro Magi, with the
cooperation of Tommaso Sensini, architect Laura Riccarelli, Federica Stolzuoli, and architects Carla Corsi and Andrea Bigazzi – has been working on for two years, dealing with very different urban environments including Palestine, Syria and Tunisia. The purpose of each PIUSS is to design a coordinated set of public and private interventions for the achievement of socioeconomic development objectives, all with a view to sustainability, through the improvement of urban and environmental
power, reducing not only the light flow but also exponentially accelerating the degradation of the equipment. A threemonth investigation of the current state of the lighting was carried out by two teams of researchers who verified the position of the lights, their types, light flow and their potential new position. At the same time, the possibility to re-adapt the Arezzo lantern was verified. In the first phase, a precise diagnosis was made of the possibility to recover the existing lanterns,
quality. These objectives focus on energetic and economic sustainability, the identification and enhancement of the local identity and the memories of the past, the liveability and usability at different times of the day. Currently, the public lighting system in Arezzo’s historical centre is highly inhomogeneous and discontinuous, in terms of the type of lighting equipment, the colour and intensity of the light and the progressive, widespread degradation. The presence of many types of luminaires is the result of a fragmented, inattentive management, often left to the civil servant of the moment. No attention has been paid to energy savings, or the environmental setting of the lights; nor, basically, to the potential of lighting in improving the use of the historical city. All this not only creates a dark and far from reassuring atmosphere, but also contributes to creating a confused and disorderly image of the city itself. Gianni Stolzuoli explains: “The colour temperatures of the street lights vary, even the same lights installed along the same street, for no apparent reason”. This situation does not help to enhance the architecture, the views and prospects of the city and, at the end, does not represent a valid guide able to narrate and emphasise the city’s history. The widespread state of degradation of the lights (many of the glass panels or metacrylate balls are broken or blacked out) drastically reduces the lighting
through a systematic set of interventions aiming to comply with the regulations issued under the Tuscany regional law no. 39/2005 and with technical lighting requirements. The analysis led to a careful photographic campaign, survey and mapping of the luminaires, measurements taken with a light meter to quantify the luminance (lux) present in some characteristic points of each street, and a survey of the environmental and historical context of the streets. In the new lighting
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Tale effetto si può ottenere con illuminazione agli ioduri metallici. Le loro caratteristiche spettrali consentono, infatti, di rendere visibili particolari e colori peculiari di ogni soggetto. “È evidente – chiarisce l’architetto Stolzuoli – che per il singolo elemento da valorizzare, secondo la nuova scenografia urbana, sarà necessario rifarsi alle fonti storiche inerenti a quel determinato manufatto, così da comprenderne al meglio il ruolo all’interno delle città. È fondamentale prevedere per alcuni monumenti, ad esempio torri e campanili, una doppia possibilità di illuminazione, gestita da un’apposita regia di controllo: una che li accompagna per tutti i giorni dell’anno, esaltando lo sky line di Arezzo, e un’altra per le occasioni speciali che consentirà una lettura più approfondita del soggetto in questione”. La combinazione delle due soluzioni e il potenziamento complessivo dell’impianto dovrà creare le condizioni ottimali per l’eliminazione di tutte le sorgenti luminose posizionate al di fuori delle vetrine. Condizione essenziale per limitare l’inquinamento visivo, ripulire le facciate dagli elementi estranei al contesto, valorizzare l’edificato e, paradossalmente, rendere più visibili le vetrine stesse. Arezzo punta, attraverso un progetto innovativo, a diventare “leggibile e percorribile nelle ore serali e notturne, senza stravolgere i luoghi, con la consapevolezza che un’architettura è legata al suo contesto, ai suoi colori, alle sue luci, ma anche alla gerarchia dei luoghi con ombre e penombre, ricercando l’emozione del contatto non soltanto con i singoli elementi della scena ma con tutto il contesto storico e culturale in cui vive”. La finalità è ritornare a vivere le piazze, le strade, i monumenti da sempre luogo d’incontro, di dialogo di crescita civile e culturale. Una luce che interpreta il presente rileggendo il passato, mediante fonti luminose contenute, modulando i chiaroscuri e favorendo la percezione delle trame viarie e degli scorci in un gioco armonico di volumi. I parametri di efficienza tecnica sono considerati come aspetti compositivi del progetto, in cui l’illuminazione esalta luci ed ombre, che trasmettano meraviglia. Per la scelta degli apparecchi è stata ricercata una consonanza dimensionale, morfologica e cromatica nel rispetto delle preesistenze. Anche i punti di installazione dei proiettori sono stati scelti in modo da farli risultare defilati dagli assi principali di osservazione e sono stati individuati gli edifici circostanti come supporto naturale in modo da evitare, per quanto possibile, i pali artificiali. Grande attenzione è stata riposta verso l’uso del colore inteso come valore aggiunto e pietra miliare dell’intero progetto. Sono state, infatti, considerate le infinite sfumature di cui la luce è composta. Nel progetto si è cercato di utilizzare una specifica gamma cromatica e non un qualsiasi colore per comunicare una precisa emozione, tenendo presente che alcune reazioni sono ritenute universali da parte degli individui.
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project, according to the gathered data, the antique forms of the lantern are to be combined with modern comfort and technology. The aim is to recreate the geometrical features, but completely transform the contents, in order to house all the most advanced technology in terms of both light units and remote control systems. The lantern will carry all useful features to assure safe, fast and efficient maintenance. It will be fitted with wiring and bulb compartments inspectable separately depending on the required intervention and a fall-proof device for disassembly, which can be carried out without the use of special tools. The technical report indicates that “the system will then be supported by a point-to-point remote control system with dimmerable power feed to allow partial lighting on two levels during the night or
when required, the management of different scenarios, programmed maintenance of the system through the remote control of each single luminaire”. Another lighting system involves spotlights mounted under the eaves. The current system is very varied and differs in both function and appearance. These had to be assessed during the design phase to establish which (still functioning) lights required replacing with more modern, better performing equipment more suited to the needs of the project. The architectural system must permit certain parts of the urban scenery to stand out from the uniformity of the functional system, in order to enhance their forms, materials and colours. This effect can be obtained using metal halide lighting. Their spectral features enhance the visibility of the details and
special colours of any object. Stolzuoli explains: “It is clear that, for the individual element to be valorised within the new urban scenario, we will have to refer to the historical sources available for the specific building, in order to better understand its role within the city. For some monuments like towers and bell towers, for example, dual lighting possibilities must be foreseen which can be managed from a special control unit: one which is used every day of the year, to exalt Arezzo’s skyline, and another for special occasions which will offer a more detailed understanding of the building”. The combination of the two solutions and the overall improvement of the system will create the best conditions to eliminate all light sources positioned away from the windows. An essential condition to reduce visual pollution, clean the facades of
modulating the chiaroscuro and promoting the perception of patterns in the streets and their perspectives in a harmonious game of volumes. The parameters of technical efficiency are considered compositional aspects of the project, in which the lighting enhances light and shadow, which transmit sensations. In choosing the lighting equipment, dimensional, morphological, chromatic harmony was sought to respect the existing system. The spotlight installation points were also chosen to decentre them from the main axes of observation, and surrounding buildings were chosen as a natural support in order to avoid artificial posts wherever possible. Close attention was paid to the use of intense colour to create added value, and this is the keystone of the whole project. The infinite shades light is composed of
elements which have nothing to do with the context, valorise the buildings and, paradoxically, make the windows themselves more visible. Through this innovative project, Arezzo aims to become “legible and exploitable during the evening and at night, without disturbing the settings, aware that an architectural object can be linked to its context, its colours, its lights, but also to the hierarchy of places with shadow and half-shadow, searching for the emotion of context not only with the single elements of the scene but with the whole cultural and historical context we live in”. The purpose is to return to living in the squares, streets, monuments which have always been a place for meeting, dialogue, civil and cultural growth. A light which interprets the present by re-reading the past, using modest light sources,
were all considered. The project aimed to use a specific colour range and not just any colour, in order to transmit a precise emotion, considering that individuals have some reactions that are indeed universal.
Scorci suggestivi di Piazza Grande, vero cuore pulsante della città toscana. A lato, alcuni degli interventi previsti per dare nuova immagine al centro storico di Arezzo. The suggestive views of Piazza Grande, the true hub of the Tuscan city. To the side, some of the interventions scheduled to give a new image to the historical center of Arezzo.
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Genesy, design Zaha Hadid. Artemide accende una luce per Aung San Suu Kyi, Premio Nobel per la Pace 1991. Anni e anni trascorsi nel buio dell’oppressione in Birmania, una vita vissuta nella luce della non-violenza. Compenso devoluto al Governo Birmano in esilio. www.artemide.com Numero Verde 800.834.093