RASSEGNA STAMPA DEL 3 DICEMBRE 2019

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03-DIC-2019 Estratto da pag. 14 3043

a cura dell'Ufficio Stampa e Comunicazione


03-DIC-2019 Estratto da pag. 14 3043

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03-DIC-2019

da pag. 1 Quotidiano nazionale

Direttore: Claudio Cerasa

Lettori Audipress 04/2017:

25.000 63


03-DIC-2019

da pag. 1 Quotidiano nazionale

Direttore: Claudio Cerasa

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da pag. 4 Quotidiano nazionale

Direttore: Marco Tarquinio

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da pag. 4 Quotidiano nazionale

Direttore: Marco Tarquinio

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da pag. 4 Quotidiano nazionale

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03-DIC-2019 Estratto da pag. 5 3043

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03-DIC-2019 Estratto da pag. 1 3043

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03-DIC-2019

da pag. 30 Quotidiano nazionale

Direttore: Carlo Verdelli

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da pag. 1 Quotidiano nazionale

Direttore: Luciano Fontana

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03-DIC-2019

da pag. 11 Quotidiano nazionale

Direttore: Norma Rangeri

Lettori Audipress 09/2019:

11.327 63


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da pag. 11 Quotidiano nazionale

Direttore: Norma Rangeri

Lettori Audipress 09/2019:

11.327 63


03-DIC-2019 Estratto da pag. 10 3043

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03-DIC-2019

da pag. 13 Quotidiano nazionale

Direttore: Maurizio Molinari

Lettori Audipress 09/2019: 134.771 63


03-DIC-2019

da pag. 13 Quotidiano nazionale

Direttore: Maurizio Molinari

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03-DIC-2019 Estratto da pag. 30 3043

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da pag. 19 Quotidiano nazionale

Direttore: Carlo Verdelli

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03-DIC-2019

da pag. 16 Quotidiano nazionale

Direttore: Carlo Verdelli

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03-DIC-2019

da pag. 16 Quotidiano nazionale

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03-DIC-2019

da pag. 17 Quotidiano nazionale

Direttore: Carlo Verdelli

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da pag. 7 Quotidiano nazionale

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Direttore: Marco Tarquinio

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03-DIC-2019 Estratto da pag. 28 3043

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da pag. 9 Quotidiano nazionale

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Lettori Audipress 09/2019:

11.327 63


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da pag. 9 Quotidiano nazionale

Direttore: Norma Rangeri

Lettori Audipress 09/2019:

11.327 63


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03-DIC-2019 Estratto da pag. 2 3043

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11.327 63


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da pag. 25 Quotidiano nazionale

Direttore: Carlo Verdelli

Lettori Audipress 09/2019: 203.515 63


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Direttore: Carlo Verdelli

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Lettori Audipress 09/2019: 268.950 63


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da pag. 20 Quotidiano nazionale

Direttore: Luciano Fontana

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da pag. 19 Quotidiano nazionale

Direttore: Virman Cusenza

Lettori Audipress 09/2019:

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03-DIC-2019

da pag. 19 Quotidiano nazionale

Direttore: Virman Cusenza

Lettori Audipress 09/2019:

89.490 63


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03-DIC-2019 Estratto da pag. 23 3043

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03-DIC-2019

da pag. 8 Quotidiano nazionale

Direttore: Marco Travaglio

Lettori Audipress 09/2019:

46.029 63


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da pag. 8 Quotidiano nazionale

Direttore: Marco Travaglio

Lettori Audipress 09/2019:

46.029 63


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Direttore: Marco Travaglio

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46.029 63


03-DIC-2019

da pag. 1 Quotidiano nazionale

Direttore: Luciano Fontana

Lettori Audipress 09/2019: 268.950 63


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da pag. 1 Quotidiano nazionale

Direttore: Luciano Fontana

Lettori Audipress 09/2019: 268.950 63


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da pag. 6 Quotidiano nazionale

Direttore: Carlo Verdelli

Lettori Audipress 09/2019: 203.515 63


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da pag. 6 Quotidiano nazionale

Direttore: Carlo Verdelli

Lettori Audipress 09/2019: 203.515 63


03-DIC-2019 Estratto da pag. 3 3043

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03-DIC-2019 Estratto da pag. 3 3043

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da pag. 3 Quotidiano nazionale

Direttore: Fabio Tamburini

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da pag. 19 Quotidiano nazionale

Direttore: Luciano Fontana

Lettori Audipress 09/2019: 268.950 63


03-DIC-2019

da pag. 19 Quotidiano nazionale

Direttore: Luciano Fontana

Lettori Audipress 09/2019: 268.950 63


03-DIC-2019 Estratto da pag. 11 3043

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03-DIC-2019 Estratto da pag. 1 3043

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03-DIC-2019

da pag. 6 Quotidiano nazionale

Direttore: Carlo Verdelli

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03-DIC-2019 Estratto da pag. 43 3043

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03-DIC-2019 Estratto da pag. 43 3043

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03-DIC-2019

da pag. 7 Quotidiano nazionale

Direttore: Carlo Verdelli

Lettori Audipress 09/2019: 203.515 63


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Direttore: Carlo Verdelli

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03-DIC-2019

da pag. 8 Quotidiano nazionale

Direttore: Carlo Verdelli

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03-DIC-2019 Estratto da pag. 3 3043

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03-DIC-2019

da pag. 2 Quotidiano nazionale

Direttore: Luciano Fontana

Lettori Audipress 09/2019: 268.950 63


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Direttore: Luciano Fontana

Lettori Audipress 09/2019: 268.950 63


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da pag. 2 Quotidiano nazionale

Direttore: Luciano Fontana

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03-DIC-2019 Estratto da pag. 5 3043

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03-DIC-2019 Estratto da pag. 15 3043

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da pag. 1 Quotidiano nazionale

Direttore: Claudio Cerasa

Lettori Audipress 04/2017:

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da pag. 1 Quotidiano nazionale

Direttore: Claudio Cerasa

Lettori Audipress 04/2017:

25.000 63


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03-DIC-2019 Estratto da pag. 8 3043

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03-DIC-2019

da pag. 10 Quotidiano nazionale

Direttore: Marco Travaglio

Lettori Audipress 09/2019:

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da pag. 10 Quotidiano nazionale

Direttore: Marco Travaglio

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da pag. 2 Quotidiano nazionale

Direttore: Carlo Verdelli

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da pag. 2 Quotidiano nazionale

Direttore: Carlo Verdelli

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da pag. 11 Quotidiano nazionale

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da pag. 11 Quotidiano nazionale

Direttore: Virman Cusenza

Lettori Audipress 09/2019:

89.490 63


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Direttore: Virman Cusenza

Lettori Audipress 09/2019:

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03-DIC-2019

da pag. 7 Quotidiano nazionale

Direttore: Virman Cusenza

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03-DIC-2019 Estratto da pag. 18 3043

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Direttore: Alessandro Sallusti

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Direttore: Alessandro Sallusti

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Direttore: Marco Travaglio

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Direttore: Marco Travaglio

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46.029 63


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Direttore: Fabio Tamburini

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Direttore: Luciano Fontana

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REGIONE

MARTEDÌ 3 DICEMBRE 2019 CORRIERE DELLE ALPI

il veneto, neo assessore alla sanitÀ della giunta tesei, nel mirino dell’opposizione

13

indagini prorogate di altri sei mesi

«Condannato per razzismo» È bufera su Coletto in Umbria Nella seduta d’esordio il Pd cita la sentenza del 2001: «Fatto grave, si dimetta» Lui: sono stato riabilitato. La Lega: i dem partito degli scandali, non diano lezioni la (è giunto a Perugia in ritardo) ma raggiunto dai giornalisti, Coletto ribatte alle accuse: «Sfido a trovare su internet una mia frase razzista, è vero che c’è stata questa condanna, ma è altrettanto vero che si trattava di un reato di opinione, tanto che sono stato riabilitato dalla giustizia ad esercitare le mie funzioni: sia alla Regione Veneto che al Governo nessuno ha mai avuto da ridire in proposito».

Luca Coletto già assessore di Zaia e sottosegretario alla Salute, ha la delega alla sanità della Regione Umbria

Filippo Tosatto VENEZIA. Non è stato propria-

mente un benvenuto affettuoso quello riservato dall’opposizione a Luca Coletto, il leghista veronese a lungo assessore alla sanità di Zaia, poi promosso sottosegretario alla Salute e ora cooptato – con la stessa delega, abbinata alle Politiche di parità di genere – nella neonata amministrazione di centrodestra dell’Umbria capeggiata da Donatella Tesei, la vincitrice della tornata elettorale che ha posto fine ad un’egemonia “rossa” durata quarant’anni e travolta infine dagli scandali nel circuito sanitario. «Avere in Giunta una persona che ha subito una condanna è grave, ma una condannata per razzismo è inaccettabile», le parole del capogruppo del Pd, Tommaso Bori nella seduta inaugurale della legislatura regionale; «L’Umbria», ha aggiunto «respinge

le idee portate avanti dal nuovo assessore. Chiediamo alla presidente se sapeva o se era all’oscuro perché la delega alle discriminazioni assegnata a Coletto è un cortocircuito». I FATTI INCRIMINATI

L’allusione corre alla tegola giudiziaria piombata sul geometra veneto nel remoto 2001 quand’era assessore provinciale a Verona: insieme a cinque esponenti del Carroccio – il sindaco Flavio Tosi e la sorella Barbara, il deputato Matteo Bragantini, gli amministratori Enrico Corsi e Maurizio Filippi – promosse una raccolta di firme per lo sgombero di un campo nomadi alle periferia della città, accompagnando l’iniziativa con un documento che gli valse una denuncia per diffusione di idee razziste culminata nel processo e nella condanna definitiva a due mesi con i benefici di legge e la rifusione delle spese alle parti civili. Assente dall’au-

rapporto veneto

Spi Cgil: più gettito fiscale minori servizi agli anziani Più gettito fiscale, proveniente soprattutto dalle tariffe, meno interventi a favore degli anziani. È questo il principale (e preoccupante) risultato che emerge dal report socio economico del Veneto realizzato dallo Spi Cgil regionale che ha elaborato i principali indicatori relativi ai Comuni del territorio (trasferimenti, tasse locali, redditi, demografia). L’analisi del sindacato pensionati, che ha preso in esame il biennio 2016-2018 – periodo in cui i tributi locali sono rimasti “bloccati” (fino al 2019) – evidenzia che, a fronte di un aumento degli over 65 (+40. 634 in due anni), la spesa per interventi a favore degli anziani veneti è diminuita del 5,7% passando dai circa 96 milioni e 700 mila euro del 2016 agli 89 milioni del 2018. Il gettito fiscale, invece, è aumentato, trascinato dalle tariffe.

il patrimonio edilizio regionale, sinigaglia all’attacco

Ater, 15 mila famiglie in attesa Stabili di pregio all’asta: è flop VENEZIA. Sul versante dell’edilizia i conti non tornano. Sopìte le polemiche sui rincari degli affitti Ater - la maggioranza leghista, sull’onda della protesta, ha elevato le soglie di reddito compatibili con la permanenza nelle case popolari, così da tutelare anziani e persone fragili - spuntano nuove criticità riguardanti l’esito del piano di alienazione degli immobili di pregio e l’entità della domanda di al-

loggi pubblici inevasa. La questione è emersa a Palazzo Ferro-Fini nel corso del dibattito in seconda commissione, convocata per valutare l’utilizzo dei fondi derivanti dalla cessione degli stabili di pregio di proprietà regionale. Finora l’operazione voluta dal governatore Luca Zaia («Non siamo un’agenzia immobiliare, cediamo i beni infruttuosi e investiamo il ricavato in servizi ai cittadini») non ha dato cer-

to i risultati sperati: «I numeri sono imbarazzanti», rivela Claudio Sinigaglia del Pd «a fronte di 200 edifici messi in vendita, quelli ceduti sono appena 20, il 10% per un ricavo pari a 4 milioni. Spiccioli». Non è tutto: «Questo Piano ha effetti distorcenti», rincara il dem «l’enorme frammentazione delle alienazioni ha portato alla creazione di numerosi condomini misti, con la contemporanea presenza di in-

Gianni Zonin in Tribunale a Vicenza durante il processo

Ipotesi bancarotta Bpvi Zonin, Sorato e Zigliotto fra i sette indagati

LO SCAMBIO DI BATTUTE

VICENZA. I pubblici ministeri

I dem, per nulla convinti, ne sollecitano le dimissioni: «Rinunci all’incarico, è una questione di opportunità e stupisce il silenzio di chi è responsabile di aver scelto una persona esterna, lontana dall’Umbria non solo a livello geografico ma soprattutto di valori». «Soltanto la presidente Tesei può chiedermi un passo indietro», replica l’interessato «e sulla vicenda abbiamo già avuto un’interlocuzione, non c’è nulla di che preoccuparsi».

Gianni Pipeschi e Luigi Salvadori, oltre a istruire il processo attualmente in corso nei confronti di sei vertici dell’ex Bpvi, da mesi stanno anche indagando per il reato di bancarotta. Un’inchiesta-bis, per cui nei giorni scorsi hanno chiesto la proroga delle indagini preliminari di ulteriori sei mesi. I due sostituti procuratori al momento hanno iscritto sul registro degli indagati sette persone. Si tratta dei sei imputati che davanti al tribunale collegiale sono attualmente chiamati a rispondere dei reati di aggiotaggio, ostacolo alla vigilanza e falso in prospetto. Sono l’ex presidente Gianni Zonin; l’ex consigliere di amministrazione, Giuseppe Zigliotto; con loro anche gli ex manager Paolo Marin, Emanuele Giustini, Andrea Piazzetta e Massimiliano Pellegrini. Ma secondo la procura, a rispondere del reato di bancarotta fraudolenta dovrà essere pure l’ex direttore generale Samuele Sorato la cui posizione processuale era stata stralciata dal troncone principale che ha portato al dibattimento per motivi di salute. Stando a quanto avrebbero ricostruito i pubblici ministeri nel corso della prima tranche delle indagini preliminari, di cui hanno appunto chiesto la proroga, tutti gli indagati sarebbero accusati di avere provocato il default di Bpvi per avere messo in

REPLICA IL CENTRODESTRA

In suo favore spezza una lancia il senatore leghista Luca Briziarelli: «Che il Pd pretenda di dare lezioni agli altri su come governare la Regione con tutto quello che ha combinato in questi anni, dall’ambiente ai trasporti passando per l’economia, è grave», premette «ma che lo faccia in materia di sanità è addirittura offensivo nei confronti dei cittadini e degli operatori onesti che nonostante tutto tengono in piedi il nostro welfare». C’è anche il soccorso azzurro: «Io dico, con tutti i problemi che abbiamo in Umbria, nel primo consiglio della legislatura ci andiamo ad occupare di una condanna di razzismo di vent’anni fa?», si accalora il deputato Raffaele Nevi (Forza Italia) «ma voi del Pd questo giustizialismo non ve lo togliete mai di testa? Sapete cosa significa essere riabilitato? ». — BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

quilini di edilizia popolare e di privati, con risultati sconfortanti. Non tutti i comperano e quindi l’Ater si trova a gestire spese condominiali, manutenzione degli appartamenti con i privati che vogliono risultati immediati, con la conseguenza di spese assurde per le stesse Ater e per gli assegnatari, che spesso hanno spese condominiali addirittura superiori al canone». Conclusione? «Le Aziende cercano di dismettere tutti gli alloggi in un condominio: o mandano in mobilità l’inquilino o aspettano il naturale decesso, lasciando poi sfitti gli alloggi per venderli successivamente all’asta, sottraendo così numerose case alla assegnazione. E questo con 15 mila famiglie in lista di attesa…». —

pratica o comunque avallato la strategia delle operazioni finanziate con capitale proprio, quelle che poi sono passata alla cronaca con il termine di “baciate”. Per i sostituti Pipeschi e Salvadori avrebbero insomma contribuito a dissipare il patrimonio dell’ex Popolare realizzando 1,1 miliardi di euro di baciate. Finanziamenti “correlati” che i vertici dell’istituto di credito avrebbero attuato già a partire dal 2009 e che però avrebbero sempre nascosto. Anche alle ripetute ispezioni della vigilanza di Bankitalia succedutesi a partire dal 2008 e proseguite sino al 2014. L’emersione e la dimensione del fenomeno si sarebbe manifestata solo tra febbraio e maggio 2015 con l’arrivo degli ispettori Bce. Solo due, però, tra i setti indagati sarebbero accusati dalla procura di avere contribuito a provocare il crac di Bpvi tramite la distrazione dei 350 milioni di euro investiti per l’acquisto dei fondi esteri Optimum e Athena. In questo caso le accuse riguarderebbero in particolare l’ex direttore generale Sorato e il suo vice Andrea Piazzetta. Sarebbe infatti da addebitare a loro la decisione di chiedere al consiglio di amministrazione di ottenere un plafond di 500 milioni di euro e anche l’autorizzazione ad avere le mani libere per dare avvio a una serie di contrattazioni e investimenti. —

IN BREVE Contributi regionali L’assistenza ai religiosi non autosufficienti

Classifica Invalsi Dispersione scolastica Veneto leader in Italia

La Regione Veneto conferma anche quest’anno il contributo di 2,4 milioni di euro alle spese delle congregazioni religiose che si prendono cura dei propri religiosi anziani non più autosufficienti. Nel 2018 in Veneto sono stati 1414 tra sacerdoti, suore, frati e monaci – i religiosi assistiti da confratelli e consorelle nelle case delle rispettive congregazioni, per un totale di 441 mila giornate di effettiva presenza in struttura assistenziale.

«Il sistema scolastico veneto si posiziona ai primissimi posti nell’ultimo rapporto nazionale sulla dispersione scolastica, meglio della provincia autonoma di Bolzano e della Lombardia. In Italia due studenti su 10 non arrivano al diploma perché lasciano i banchi prima del tempo. In Veneto la percentuale è dimezzata, 1 su dieci». Così Luca Zaia, presidente del Veneto, sulla classifica dell’istituto Invalsi diffusa dal Sole 24 Ore.


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MARTEDÌ 3 DICEMBRE 2019 LA TRIBUNA

MONTEBELLUNA

La messa in sicurezza del Piave Francesco Dal Mas

l’assessore regionale alla protezione civile

CIANO DEL MONTELLO. Il di-

lemma è semplice: allagare 555 metri di alveo del Piave, se capita ogni 50 anni… Oppure? «Oppure consentire che l’acqua esondi da Ponte di Piave in giù, facendo evacuare 100 mila persone? Lo vorrei chiedere», sbotta Gianpaolo Bottacin, assessore regionale alla Protezione civile, «a coloro che s’incontreranno, in una di queste sere, per contrastare la progettazione del bacino di laminazione di Ciano del Montello». Anzi – sollecita – «perché non se lo fanno spiegare da uno dei tanti sindaci rivieraschi del Piave che da decenni chiedono una grande vasca di decantazione delle acque tumultuose del fiume?». Se fosse stato per i tecnici idraulici, e l’ingegner Luigi D’Alpaos è una delle massime autorità in questo cam-

pera è necessaria e che va fatta rispettando massimamente l’ambiente. Per esempio con arginature erbate e magari con opere compensative che potrebbero rendere migliore l’area». Opere compensative, appunto. Ma quali? Oasi naturalistiche o piste ciclabili, risponde Bottacin. Troppo poco per un muro di 8 metri

«Una piena come quella del 1966 comporterebbe evacuare l’area con 100 mila persone»

«Le vasche avranno argini coperti d’erba e verranno allagate ogni 20-30 anni»

po, la soluzione ottimale sarebbe stata la diga di Falzè, con le acque che avrebbero invaso ben oltre l’isola dei morti di Moriago. I 38 milioni di metri cubi delle grave di Ciano del Montello sono un ripiego, che – a sentire D’Alpaos – non sarebbe neppure risolutivo. A suo tempo, infatti, s’era ipotizzato un invaso simile anche nelle grave di Spresiano. «Intanto, di cosa stiamo parlando?», cerca di chiarire Bottacin. «Di casse di laminazione che servono ad abbattere i colmi di piena per alcune ore. L’incolumità delle persone deve essere salvaguardata prima di ogni altro aspetto. Questo è un obbligo per la Regione. Per altro anche la stessa direttiva Alluvioni dell’Unione europea dice che la salvaguardia delle vite umane viene prima di qualsiasi altro aspetto. Ripeto: qualsiasi». Che il Piave sia il fiume più pericoloso del Veneto lo riconoscono un po’ tutti. Lo ripete a ogni emergenza, anche il governatore Luca Zaia. In Regione si sono esami-

Il corso del Piave vicino a Ciano, dall’altra parte del fiume l’abbazia di Vidor e il centro del paese. A destra l’assessore Gianpaolo Bottacin

«I bacini di laminazione servono a salvare vite» Bottacin: «Basta sparare sui progetti: chi critica dimostri che ci sono alternative» nati numerosi studi e quasi tutti prevedono che il Piave possa arrivare anche a quota 4.500 /4.800 metri cubi al secondo, il doppio di un anno fa. «Immaginate cosa potrebbe accadere» suggerisce Bottacin. «Ponte di Piave finirebbe sotto. Ma anche Colfosco, Ponte della Priula. E tanti altri paesi della sponda». Pertanto, già all’indomani del 1966 autorevoli esperti idraulici concordarono tutti che andavano realizzati interventi di trattenuta delle portate in eccesso pri-

ma del tratto in pianura. Tra questi interventi quello delle grave di Ciano. Un’opera, questa, individuata nel piano stralcio del fiume approvato con decreto ministeriale nel 2013 “come il più efficace”. « Del tutto inutili si rilevarono», ricorda Bottacin, «ipotesi di trattenuta delle piene utilizzando le dighe montane perché sortirebbero effetti al massimo fino a Belluno ma non certo in pianura, come asserito da tutti i massimi esperti di idraulica. Resta quindi il fatto che l’o-

volpago e crocetta

Due serate per discutere i progetti d’intervento e la tutela ambientale VOLPAGO- CROCETTA. Si inizia a dibattere pubblicamente del contestato progetto delle vasche di laminazione a Ciano. Oggi alle 20.45 nell’auditorium comunale di Volpago si terrà l’incontro “Attacco all’ambiente” in cui il conigliere regionale del Pd, Andrea Zanoni, illustrerà la nuova legislazione regionale sul tema, da lui disapprovata.

L’incontro, moderato dal segretario del circolo locale del Pd, Nilo Furlanetto, è di carattere generale, ma certamente a tenere banco vi sarà il “caso” vasche di laminazione. Venerdì 6 dicembre alle 20.30, nell’ex cinema parrocchiale in via Francesco Baracca a Ciano del Montello, si terrà invece la serata “La distruzione delle Grave di Ciano: Le Casse di Espansione”, organizzata dagli ambientalisti locali. Durante l’incontro saranno illustrati il discusso progetto e i problemi che potrebbe causare. — G.Z.

cifre e scenari

A 3 mila metri cubi al secondo l’alluvione è matematica Gli studi segnalano la possibilità che arrivi una piena da 4.800 metri cubi al secondo L’anno scorso ci si fermò a metà e si ebbero problemi CIANO DEL MONTELLO. Sul tratto

medio e terminale del Piave più di 2.800 metri cubi al secondo non possono transitare. Comincerebbero ad esondare (L’anno scorso si arrivò a 2.400). A quota 3 mila, l’allu-

vione sarebbe matematica, a sentire i tecnici della regione. «Lo si è visto anche l’anno scorso con la tempesta Vaia e credo che le conseguenze risultino chiare a tutti», afferma l’assessore regionale Gianpaolo Bottacin. Con gli interventi previsti nel basso corso del Piave di ricalibratura e pulizia la portata potrà arrivare nel migliore delle ipotesi a 3.000 mc/secondo. «Ciò significa che per qualsiasi portata supe-

riore a questa, il Piave esonda provocando danni enormi e mettendo a rischio l’incolumità dei residenti». Gli studi parlano della possibilità di arrivare a 4.800 metri cubi al secondo. L’assessore precisa di non comprendere la pregiudiziale contrarietà dei Comitati perché questi bacini sono normalmente vuoti e si allagano per qualche ora solo ogni 20 o 30 anni in occasione di piene eccezionali. «E così operando per-

La “Casa delle fate” di Parise a Salgareda allagata un anno fa

lungo 13 chilometri. «E chi l’ha detto? Il progetto è ancora in fase di definizione. Ci sono stati degli studi, ma nulla ancora è definitivo. Sicuramente l’opera», garantisce Bottacin, «avrà scarso impatto ambientale rispetto alla funzione che svolgerà, quella di salvare vite umane su cui abbiamo la responsabilità. E d’altro canto ho sempre detto che, se qualcuno è contrario, deve proporre un’alternativa altrettanto efficace supportata da calcoli fatti da esperti come minimo a livello del professor D’Alpaos. Questo è l’unico atteggiamento che dimostrerebbe responsabilità e non lotta a prescindere. Dire di no senza proporre alternative efficaci è da irresponsabili. E ricordo che stiamo parlando di arginature erbate, esattamente come quelle esistenti in tutta la pianura veneta a lato dei nostri fiumi. Opere dell’uomo», conclude, «realizzate per salvaguardare le vite umane, non per distruggere l’ambiente». — BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

mettono di salvare vite umane». La prima progettazione prevedeva un’opera il cui costo complessivo veniva stimato in 55.3 milioni di euro e la cui fase progettuale è già stata finanziata fino al livello esecutivo per un importo di o 1.651.700 euro con procedura di gara fissata per dicembre 2019. Il bacino di laminazione risulterebbe più vicino ai 38 milioni di metri cubi che ai 35 inizialmente previsti, distribuiti su 555 ettari. L’opera consisterebbe in 4 vasche continue, a quote diverse. Al perimetro, argini di 8 metri, lunghi 13,5 chilometri. Un bacino analogo verrà realizzato a Pra’ dei Gai, in comune di Portobuffolè, per trattenere le acque del Livenza. — F.D.M.


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Primo Piano

Martedì 3 Dicembre 2019 www.gazzettino.it

Il declino industriale

A rischio 700 posti: otto ore di sciopero dei metalmeccanici Martedì 10 il comparto provinciale si fermerà: raduno e corteo da Mel `

OCCUPAZIONE BELLUNO Il mondo del lavoro tra-

balla anche provincia, vittima di una svendita selvaggia agli investitori esteri, che oggi presenta un conto salato. E il 2020 non promette nulla di buono. Alla crisi Wanbao, dove la proprietà cinese ha già annunciato di voler chiudere lo stabilimento di Mel mandando a casa 290 lavoratori, si aggiunge in queste ore anche il caso Safilo con circa 400 esuberi legati alla perdita del marchio Dior passato alla dirimpettaia Thélios (Lvmh-Marcolin). Un colpo mortale per la provincia di Belluno che in queste ore ha ricompattato come non mai le forze sindacali chiamando a raccolta le istituzioni, le associazioni di categoria e i cittadini. Serve un gioco di squadra, per evitare quello che è stato definito dai sindacati il «declino industriale della provincia».

nale organizzata dalle segreterie Fim-Fiom-Uil in un quadro nazionale di agitazione. Perché il caso Belluno è in “buona” compagnia: sono circa 150 le crisi aziendali aperte al tavolo del Ministero dello Sviluppo Economico, figlie soprattutto di una politica industriale che in questi decenni ha svenduto competenze e brevetti.

NUOVE DIFFICOLTÀ Il 10 dicembre sarà una sorta di riscossa delle energie sindacali a tutela di un lavoro sempre più volatile e precario, specie in provincia dove in un solo colpo si rischiano quasi mille posti di lavoro, senza contare le ricadute negative sull’indotto. Il sindacato, come ha detto il segretario

Alla chiusura della fabbrica ex Acc si associano circa 400 esuberi Safilo `

provinciale Cisl Rudy Roffarè, vuol far sentire la propria forza in chiave di referente nelle trattative. «Tre gli aspetti di questa manifestazione - ha detto Roffarè -: esprimere solidarietà ai lavoratori Wanbao; sottolineare le nuove vertenze che si stanno aprendo in provincia, come la Safilo; esserci come soggetti propositivi nei tavoli preposti. Questo è un territorio ad alta produttività e a bassi conflitti, e questo deve essere garanzia per gli interlocutori».

IL PROGRAMMA Appuntamento martedì 10 in centro a Mel. Il raduno sarà alle 9. Mezz’ora dopo si partirà in corteo per raggiungere a piedi,

verso le 10.30, lo stabilimento Wanbao di Villa di Villa, unico in Italia a produrre compressori per la refrigerazione domestica. All’esterno della storica fabbrica, in questi anni travasata da una proprietà all’altra con un continuo calo di dipendenti, un palco allestito per l’occasione ospiterà una serie di interventi: il sindaco di Borgo Valbelluna, Stefano Cesa; Michele Ferraro a nome delle segreterie provinciali Uilm, Fim e Fiom; poi sarà la volta delle Rappresentanze sindacali unite della Wanbao, della Safilo e della Ideal Standard; seguirà Rudy Roffarè per le segreterie provinciali Cgil, Cisl e Uilm; infine le conclusioni di Antonio Silvestri per le tre segreterie confederali del Veneto.

CRISI AZIENDALI Sopra la cinese Wanbao e l’occhialeria Safilo

RADUNO IN CENTRO E PARTENZA ALLE 9.30 PER VILLA DI VILLA DOVE CI SARANNO GLI INTERVENTI

CGIL-CISL-UIL La corazzata confederale provinciale Cgil-Cisl-Uil ha messo in campo otto ore di sciopero per il 10 dicembre. Incrocerà le braccia tutto il comparto metalmeccanico che in provincia conta circa 6mila addetti. La manifestazione si lega a quella regio-

«IL SINDACATO VUOLE ESSERE INTERLOCUTORE NEI TAVOLI DI CRISI PER CERCARE POSSIBILI SOLUZIONI»

REFRIGERAZIONE

SINDACATI Da sinistra: Stefano Bona, Mauro Zuglian, Fabio Furlan, Rudy Roffarè, Mauro De Carli, Michele Ferraro e Giorgio Agnoletto

Le aspettative Cgil-Cisl-Uil

BELLUNO Il caso più urgente è la

Wanbao Acc di Mel. La proprietà cinese non ha fatto alcun passo indietro rispetto alla volontà di chiudere per febbraio. Esaurito il budget di 68 milioni di dollari, utilizzati per le spese “correnti” non per investimenti come invece era previsto nel piano di rilancio siglato nel 2014, la società pubblica della Municipalità di Guangzhou, è pronta a fare fagotto, lasciando sul lastrico 290 dipendenti. Le tre sigle sindacali, nel corso della conferenza stampa di ieri di presentazione dello sciopero di 8 ore per il 10 dicembre, tengono alta l’attenzione, in costante contatto con il ministro bellunese Federico D’Incà che si è fatto carico di trovare una soluzione a livello diplomatico, anche se la materia non è di sua competenza. Il primo scoglio da superare è il poco tempo a disposizione per trovare un eventuale nuo-

«L’unica soluzione per la Wanbao è il decreto di commissariamento» vo investitore. La stessa Wanbao, infatti, ha incaricato del caso la Pwc, una delle quattro grandi società mondiali nei servizi professionali, di sondare il mercato alla ricerca di possibili investitori. Ma da qui a febbraio sarà un’impresa pressoché fantascientifica.

«FAREMO PRESSIONI SULLA POLITICA AFFINCHÈ SI FACCIA IN FRETTA» INTANTO CASTRO SENTE LA PWC»

VILLA DI VILLA I lavoratori della Wanbao mentre protestano in strada: non hanno altro modo per farsi sentire

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«Siamo convinti - ha spiegato ieri Stefano Bona, della Fiom-Cgil - che la soluzione stia nel decreto di commissariamento dell’azienda, mettendovi a capo Maurizio Castro. Il testo è già pronto, elaborato dalla Regione Veneto, ma serve uno scatto in termini di tempo, perchè sappiamo che il decreto è legato alla legge di bilancio che dovrà essere varata a giorni. Noi spingeremo sulla politica affinché si faccia il possibile in questa direzione». La figura di Castro, già commissario straordinario per il fallimento della Acc Compress, traghettatore dell’attività nella mani dell’attuale pro-

PIANO STRAORDINARIO L’obiettivo è ambizioso, in tempi così difficili: «Non vogliamo galleggiare - ha proseguito Roffaré - ma trovare soluzioni, anche se sappiamo che la strada è in salita». «Serve una stagione di riforme - ha chiosato Giorgio Agnoletto, segretario provinciale Uil -, una nuova politica industriale e un piano straordinario di investimenti». Mauro De Carli, segretario provinciale Cgil, ha invece sottolineato come sia sempre più difficile, per i sindacati, riuscire ad intervenire nelle crisi aziendali: «Perché le “teste” delle aziende sono quasi sempre lontane dal territorio - ha affermato - e questo non ci permette di essere presenti con tempestività». La manifestazione di Mel è aperta a tutti. Essere vicini al caso Wanbao sarà un modo per essere far sentire la propria forza anche in tante altre crisi industriali della provincia, cercando di mettere una prima pezza a quella che Fabio Furlan (Fiom) ha bollato come «stagione di svendita alle multinazionali che qui hanno acquistato competenze, lasciando dietro di se terra bruciata». Lauredana Marsiglia

prietà, resta centrale nell’auspicata azione di salvataggio dello stabilimento zumellese. Uno stabilimento che, tra l’altro, ha valenza europea, e riferimento strategico per molte aziende, ancor di più con la dipartita del gemello austriaco passato nella Repubblica Ceca. Il nodo restano i soldi: in caso di commissariamento, infatti, saranno necessari fondi pubblici di copertura per garantire almeno tutto il 2020. Salvo che la “diplomazia” non faccia opera di convincimento sui cinesi. Nel frattempo, giusto ieri, si è saputo che Castro ha già avuto un primo contatto con la Pwc. Un segnale positivo, visto la grande esperienza di Castro nel settore del freddo. Le prospettive di clientela ci sono: si stimano 2 milioni di pezzi per il 2020, ma altri clienti potrebbero farsi avanti visto che il sito zumellese è rimasto l’unico produttore di compressori per la rifrigerazione domestica di tutto il sud Europa. L.M


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Primo Piano

Martedì 3 Dicembre 2019 www.gazzettino.it

Le decisioni del governo LA SEDUTA VENEZIA Fino a notte a Palazzo Chigi per parlare anche del Nordest. Non solo a proposito dell’autonomia, per l’informativa portata dal ministro Francesco Boccia (sarà un collegato alla manovra ma la discussione è stata rinviata a giovedì), ma pure a riguardo del maltempo, per l’estensione della dichiarazione dello stato di emergenza, già proclamato per Venezia, anche a una dozzina di regioni fra cui il Veneto e il Friuli Venezia Giulia. E nordestino è pure un altro provvedimento deciso ieri sera dal Consiglio dei ministri: la nomina di Andrea Viero, vicentino di Marostica, già direttore generale del Comune di Trieste e della Regione all’epoca guidata da Riccardo Illy, ora manager di Fincantieri, alla presidenza di Invitalia, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa.

Altro rinvio per l’autonomia Commissari per il maltempo `Danni, emergenza estesa anche a Veneto In Consiglio dei ministri informativa di Boccia, ma la discussione sarà giovedì e Fvg: a Zaia e Fedriga i poteri straordinari `

quanto riguarda i Livelli essenziali delle prestazioni, «le materie non Lep saranno subito trasferite agli enti locali per accorciare i processi decisionali, mentre le materie Lep saranno trasferite solo dopo la definizione dei Livelli. Parole eloquenti, nel giorno in cui una delegazione in rappresentanza di 51 sindaci e amministratori del Sud ha incontrato proprio Boccia per esprimere la «preoccupazione» dei Comuni meridionali: «Occorre prima – hanno detto – valutare i danni del federalismo fiscale, risarcire i nostri enti e poi approvare i livelli essenziali delle prestazioni».

Manuel Bortuzzo sarà testimonial

LA LEGGE-QUADRO Per quanto riguarda la riforma, il ministro Boccia ha relazionato i colleghi sullo stato del testo, «condiviso all’unanimità con le Regioni», che va letto «come attuazione del principio di sussidiarietà». Ha dichiarato il titolare degli Affari Regionali: «Il Governo con l’attuazione della legge-quadro vuole metter in atto una lotta senza quartiere alle disuguaglianze. L’articolo 3 prevede un fondo di perequazione infrastrutturale con una dotazione di base di 3,4 miliardi in dieci anni che aumenteranno gradualmente e avranno il vincolo di priorità a favore delle aree in ritardo di sviluppo: Sud, periferie, aree interne e aree di montagna del Nord. Tutti i fondi pluriennali di investimento iscritti nel Bilancio dello Stato (Mit, Mise, Mef e Presidenza del consiglio) destinati a infrastrutture, sviluppo delle reti, porti, aeroporto, fibra ultraveloce, avranno come vincolo di priorità le aree più svantaggiate in modo da creare una cintura di sicurezza per tutto il Paese». Per

IL VICENTINO VIERO, GIÀ DG CON ILLY SINDACO E PRESIDENTE, NOMINATO AL VERTICE DI INVITALIA, L’AGENZIA DEGLI INVESTIMENTI

L’ORDINANZA

Assegnati a Roma gli Europei di nuoto 2022 Stavolta a far sorridere il nuoto italiano non sono Federica Pellegrini, Gregorio Paltrinieri, Simona Quadarella o il Settebello ma il successo è altrettanto d’oro visto che la 36ma edizione degli Europei si svolgerà a Roma dall’11 al 21 agosto del 2022. L’ufficialità è arrivata ieri dalla Ligue Europeenne de Natation che ha preferito la capitale italiana a Monaco di Baviera e Kazan. «Manuel Bortuzzo sarà uno degli atleti testimonial che rappresenterà l’organizzazione degli Europei 2022», ha annunciato il presidente della Federnuoto, Paolo Barelli.

«I dem proteggono le loro Fondazioni» Renzi attacca, l’emendamento sparisce IL CASO ROMA Quattordici ore di maratona in commissione alla Camera non bastano a trovare un accordo solido nella maggioranza su alcune norme del decreto legge sul fisco. Italia Viva infatti nel corso della notte ha votato contro le nuove norme sul carcere agli evasori smarcandosi dagli alleati anche sul rinvio delle norme per la trasparenza delle fondazioni politiche. Proprio quest’ultimo punto ha scatenato un pesante scontro politico. Di prima mattina parte il bombardamento renziano. Condito dal sarcasmo. Matteo Renzi, reduce dalle polemiche sull’inchiesta giudiziaria sulla sua fondazione Open, è tra i primi a commentare quanto andato in scena a Montecitorio: «Di giorno sui social fanno i moralisti, di notte in commissione salvano le loro Fondazioni». Chiaro il riferimento all’emendamento presentato dal deputato Claudio Mancini del Pd che faceva propria una

proposta di Nico Stumpo di Leu che rinviava per le Fondazioni l’introduzione delle norme della legge “spazzacorrotti”. Il leader di Iv, comunque, ha subito assicurato lealtà all’Esecutivo promettendo che nonostante le «contrarietà messe a verbale» il gruppo parlamentare sosterrà il testo, e il governo, al momento del voto finale. L’emendamento di Mancini, comunque, è stato sorprendentemente votato dai deputati 5Stelle probabilmente nel quadro di uno scambio di voti favorevoli su norme care ai principali partiti della maggioranza.

La commissione Bilancio della Camera (foto LAPRESSE)

LA REAZIONE Senonché i deputati grillini sono stati sconfessati in mattinata da Luigi Di Maio che non ha esitato un attimo a parlare di «porcheria». Risultato? Nel giro di poche ore Mancini ha anunciato il ritiro del proprio emendamento anche se era stato approvato. determinando il ritorno alla Commissione di tutto il decreto. «Il caso è chiuso», dicono dal Na-

LA NORMA APPROVATA ANCHE DAI DEPUTATI CINQUESTELLE POI SCONFESSATI DA DI MAIO: «AVETE VOTATO UNA PORCHERIA»

zareno. È il caos, lamentano le opposizioni che in segno di protesta hanno abbandonato i lavori parlamentari. Dunque il provvedimento, pilastro sul fronte delle coperture della legge di bilancio, prima di arrivare definitivamente all’esame dell’Aula a Montecitorio - do-

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Via libera invece all’ordinanza di Protezione Civile che dichiara l’emergenza anche per Veneto e Friuli Venezia Giulia: commissari per il post-maltempo saranno i governatori Luca Zaia e Massimiliano Fedriga. Secondo quanto trapelato, le deroghe concesse alla gestione straordinaria dovrebbero essere simili a quelle date per Vaia, così come 100 milioni per le prime spese sono stati ripartiti anche questa volta fra le varie regioni interessate (ci sono pure Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Liguria, Marche, Piemonte, Puglia e Toscana). Gli uffici del Veneto hanno segnalato 8 milioni per le urgenze iniziali, ma per il momento ne avranno 3,9. I danni in totale sfiorano invece i 400 milioni, ovviamente al netto di Venezia che fa storia a sé. Il Friuli Venezia Giulia avrà intanto 932mila euro. La preoccupazione del Veneto è però per i fondi del ripristino: l’emendamento approvato ieri ammonta a 40 milioni per tutte le zone d’Italia coinvolte. Angela Pederiva © RIPRODUZIONE RISERVATA

ve ci si aspetta un esame blindato con il voto di fiducia - dovrà tornare in Commissione per le correzioni lampo. Le Fondazioni dei partiti, dunque, alcune delle quali ridotte solo a cassaforti patrimoniali non operative, saranno costrette a rivedere i propri statuti e ad adeguarsi ad una normativa formale molto più stringente di quella attuale. Se sulle associazioni dei partiti si riavvolgerà dunque il nastro, sulle norme penali invece la strada è ormai segnata. Il compromesso raggiunto, al di là dei distinguo di Iv, è costato alla maggioranza un lavorio quasi incessante e alla fine la stretta pensata per combattere l’evasione fiscale si è attenuata per i reati meno gravi, come la dichiarazione infedele e l’omessa dichiarazione. Rivista anche parzialmente la confisca per sproporzione (che non sarà retroattiva) e le norme sulla responsabilità amministrativa delle imprese. La raffica di modifiche approvate dai deputati ha toccato i temi più disparati: si va dalla revisione del calendario fiscale con le scadenze del 730 rinviate al 30 settembre allo slittamento ai primi di marzo delle multe per i seggiolini salva bebè. D.Pir. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Prescrizione, Italia Viva pronta a votare con Forza Italia IL CASO ROMA I dem alla presenza del vice segretario Orlando si riuniranno giovedì per studiare come portare l’ennesimo assalto a Bonafede. Con l’ultima offerta sul tavolo: nessuna richiesta di rinvio dell’entrata in vigore della riforma della prescrizione, ma sottoscriviamo un accordo politico per far sì che nella riforma del processo penale venga inserita una norma per assicurare tempi certi ai procedimenti dopo il primo grado d’appello. Il modello è quello utilizzato dal Pd sul taglio dei parlamentari, con l’intesa raggiunta con M5S che prevede i correttivi richiesti dal Nazareno. Il partito democratico tenta così, in vista di un vertice di maggioranza che dovrebbe tenersi la prossima settimana, di raggiungere un compromesso con il Guardasigilli. Però Bonafede non cede: «Gli effetti di questa riforma si avranno tra diversi anni», ha ripetuto più volte. La chiusura rispetto alla proposta del Pd è netta: la prescrizione processuale, ovvero l’estinzione dell’azione penale nel momento in cui si dovessero sforare i tempi del processo, è inapplicabile, significherebbe sconfessare la norma inserita nello Spazzacorrotti. Ma il vero rischio per il ministro della Giustizia arriva da un altro alleato al governo. La minaccia maggiore è quella dei renziani.

URGENZA Oggi alla Camera l’Aula si pronuncerà sul percorso del ddl Costa che punta allo stop della riforma alla prescrizione. Iv e Pd si opporranno all’urgenza, ma Renzi ha già mandato un messaggio al premier: «Qui è in gioco la sopravvivenza del governo. Bonafede si fermi, altrimenti crolla tutto». Del resto il senatore di Firenze il suo pensiero lo ha esternato anche in tv due giorni fa, dicendo di apprezzare la proposta dell’esponente azzurro. E facendo capire che il suo gruppo, in mancanza di ulteriori novità, si appresta a far convergere i suoi voti a quelli di Forza Italia. «Non abbiamo ancora deciso - spiega una fonte di Italia Viva -. Per ora stiamo mandando degli avvertimenti. Poi trarremo le conseguenze». Nel frattempo gli azzurri sono in pressing nei confronti del presidente della Camera, Fico. Anche senza l’urgenza il ddl Costa dovrebbe andare in Aula tra Natale e Capodanno. Ma la terza carica dello Stato sta lavorando - dicono da FI - per posticipare la discussione, ipotizzando la pausa dei lavori a Montecitorio il 23 dicembre. Insomma la posta in gioco è alta. Emilio Pucci © RIPRODUZIONE RISERVATA


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MARTEDÌ 3 DICEMBRE 2019 CORRIERE DELLE ALPI

REGIONE

La riforma del federalismo

Autonomia, semaforo verde del governo Il ministro Boccia presenta la legge quadro sui poteri alle Regioni, in testo arriverà in Parlamento. Giovedì il via libera definitivo

PADOVA. C’è il primo semaforo

verde del governo alla “legge quadro” sull’autonomia, approdata a Palazzo Chigi, al termine di una giornata che ha visto il premier Conte impegnato alla Camera e al Senato nel tour de force sul Mes, il fondo salva stati dell’Ue. Conclusa l’informativa con un rapido dibattito, il testo del ministro Boccia verrà approvato giovedì, nel prossimo consiglio dei ministri. Sfumato per le tensioni nella maggioranza l’iter velocissimo dell’emendamento alla legge di Bilancio, ora si procede con la soluzione 2: il disegno di legge sull’autonomia differenziata delle regioni seguirà il classico iter parlamentare, con l’analisi della commissione Affari Costituzionali. Il Parlamento potrà quindi intervenire con gli emendamenti, prima del voto finale. Ma la tensioni non sono rientrate perché Matteo Renzi ha chiesto un vertice a Conte per parlare anche di autonomia, visto che «Boccia è andato avanti da solo» ha detto il leader di Iv. Critica irrituale, ma in linea con la strategia dell’ex premier che non ha assimilato la lezione del referendum del 4 dicembre 2016 che lo portò alle dimissioni. Dopo la crisi di Alitalia, il dibattito a Palazzo Chigi si è spostato sulla fase 2 del federalismo, con il ministro Boccia che ha illustrato il miracolo di equilibrismo istituzionale con cui vuole uscire dalle sabbie mobili che hanno soffocato il governo Salvini-Di Maio. Disinnescata la “secessione dei ricchi” della Lega lombardo-veneta che puntava a mettere le mani su una parte del residuo fiscale, Boccia nei suoi tre articoli della “legge quadro” ha delineato i confini istituzionali per dare nuovi poteri alle regioni. Una strada aperta nel 2001 dall’ex sottosegretario Gianclaudio Bressa, poi ripresa dal ministro Calderoli con la 42 del 2009 ma rimasta lettera morta fino ai referendum di

Veneto e Lombardia nel 2017, anticipati però dall’apertura del negoziato dell’Emilia di Bonaccini con l’allora premier Gentiloni. In tre mesi, Boccia ha incontrato tutti i governatori che giovedì scorso gli hanno dato via libera nella conferenza Stato-Regioni, con il centrodestra in netta maggioranza. Ecco perché è rimasto sorpreso dai veti di Stefàno (Pd), Gallo (M5s) e Faraone (Iv) cui si è

Ma Renzi continua a chiedere un vertice al premier Conte anche sul federalismo aggiunto anche Ettore Rosato, coordinatore del partito di Renzi: tra i temi da discutere nel vertice con Conte ovviamente la manovra, poi l’Autonomia, il Mes, la Banca popolare di Bari, Alitalia, la riforma della giustizia con la prescrizione. Rischi per il governo? «Nessuno, noi lo vogliamo solo rafforzare» ha detto Rosato. Cosa c’è nella “legge quadro”? In 3 articoli si fissano i criteri per determinare i “livelli essenziali di prestazione” (Lep) e i “fabbisogni standard”. L’acronimo nasconde i servizi sociali di base uniformi su tutto il territorio nazionale: l’assistenza ad anziani e disabili, gli asili nido, l’istruzione e il trasporto pubblico locale perché la sanità è già delle regioni. I fabbisogni standard sono le spese per i servizi da effettuare in condizioni di efficienza, con i criteri indicati da Mef e Sose. Il progetto di Boccia prevede che i Lep siano individuati entro un anno da un commissario governativo coadiuvato da una “struttura di missione”, modello replicato dal federalismo di Bassanini del 2001. L’altra parola magica è la “perequazione” delle infrastrutture, con un fondo da 3,4 miliardi e una compartecipazione di tutti i ministeri, Rfi e Anas per ridurre il gap tra Sud e Nord e fra la montagna e le aree metropolitane. — BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

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patto con i governatori

Un’intesa bipartisan Il ministro Francesco Boccia e a sinistra l’incontro con i presidenti delle Regioni nella sede del ministero: durante l’incontro di giovedì scorso c’è stato il via libera unanime alla legge quadro che detta le linee generali dell’autonomia.

il 10 dicembre si insedia la commissione di esperti

Maroni: «L’accordo si può fare basta con i veti incrociati» L’ex governatore leghista della Lombardia ha accolto la proposta del ministero «Nei 14 mesi di governo gialloverde zero passi avanti» PADOVA. La commissione di

esperti sull’autonomia differenziata s’insedierà il 10 dicembre e nel “board” accanto al professor Mario Bertolissi ci sarà anche Roberto Maroni, che tra gli incarichi più autorevoli annovera le poltrone di ministro degli Interni e di ex governatore della Lombardia. Le nomine non si fanno con la bacchetta magica, per-

ché ci vogliono due mesi per superare gli ostacoli della burocrazia con il via libera definitivo della Corte dei conti. Ora il traguardo è vicino e tutti si chiedono come abbia fatto il ministro a convincere Maroni. Ecco il suo pensiero: «Ho un approccio laico e sono da sempre abituato ad ascoltare chi è più lontano da me. Con Maroni c’è un rapporto di stima e tutti sanno che non mi faccio condizionare da chi ha idee diverse dalle mie. Ho stima dell’ex presidente della Lombardia e mi ha fatto molto piacere che lui abbia accettato perché saprà dare un con-

tribuito importante a un gruppo di accademici esperti di economia e diritto costituzionale. Il 10 dicembre si parte e come ho detto a tutti i componenti il loro contributo sarà determinante per valutare le intese da sottoscrivere con le regioni e per analizzare i Lep sulle 4 materie individuate nella legge quadro. Tra persone abituate ad ascoltare le ragioni del prossimo ci si ritrova», conclude Boccia. E Maroni? A Firenze, qualche giorno fa, ha detto come la pensa: «Sono rimasto sorpreso dal fatto che durante i 14 mesi del governo giallover-

de non si sia fatto nessun passo in avanti sull’autonomia, nonostante ci fosse un impegno firmato a Palazzo Chigi ai tempi del governo Gentiloni. Ora ci sono le condizioni per un accordo che non penalizza nessuno ma premia le buone pratiche. Se tutte le regioni italiane facessero come la Lombardia in sanità lo Stato risparmierebbe 22 miliardi che potrebbero essere usati per le regioni che hanno bisogno, per quelle del Sud. Voglio essere ottimista. C’è il ministro Boccia che sta lavorando intensamente, mi ha chiesto di entrare a far parte della commissione sull’autonomia e gli ho detto di sì, nonostante la Lega sia all’opposizione ho accettato volentieri di farne parte. Mi auguro il ministro Boccia ce la faccia, le condizioni ci sono» ha detto l’ex ministro degli Interni. — Al.Sal. BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

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MARTEDÌ 3 DICEMBRE 2019 MESSAGGERO VENETO

REGIONE

IL REPORT ISPRA

Consumo di suolo pro-capite

Casi di consumo di suolo Consumo di suolo 2017-2018 Pro capite (m2/ab/anno) ≤ 0.25

Milano

0.25 - 0.50 0.50 - 1.00

Venezia

Torino

1.00 - 2.00 > 2.00

Bologna Firenze

Roma

Lavori di realizzazione della 3a corsia dell’autostrada A4

Bari Napoli

Cagliari Palermo

Messina Reggio Calabria Catania Nuova circonvallazione di San Vito al Tagliamento

Fonte: Ispra

Edifici e nuovi cantieri: il Friuli sempre più soffocato dal cemento Regione ai vertici per incremento di consumo di suolo in rapporto agli abitanti Bacchettata la giunta Fedriga per la legge 19 che cambia le norme in materia

I NUMERI

+0,38 Udine è al primo posto in regione per incremento percentuale del consumo di suolo tra il 2017 e il 2018 pari a +0,38, che corrisponde a 38 mila 518 ettari, pari a 728 metri quadrati pro capite.

+0,34 Elena Del Giudice UDINE. Avanza il cemento in

Friuli Venezia Giulia. Nell’ultimo rapporto di Ispra (il Centro studi del ministero dell’Ambiente) e Snpa (il Sistema nazionale di protezione dell’ambiente), la nostra regione è ai vertici del Paese per incremento di consumo di suolo in rapporto agli abitanti. Una variazione - in termini di ettari - certamente lontana da quella del Veneto, ma comunque significativa rispetto ad una regione certamente di non grandi dimensioni. A livello nazionale nel 2018 sono stati coperti con cemento o asfalto 51 chilometri quadrati di territorio, in media 14 ettari al giorno, 2 metri quadrati al secondo. Secondo lo studio, la velocità della copertura sembra essersi stabilizzata, ma è ancora molto lontana dagli obiettivi europei, che prevedono l’azzeramento del consumo di suolo netto (il bilancio tra la coper-

tura e l’aumento di superfici naturali attraverso interventi di demolizione, de-impermeabilizzazione e rinaturalizzazione) entro il 2050. Altri obiettivi da raggiungere sono anche una protezione adeguata del suolo entro il 2020, l’allineamento del consumo alla crescita demografica entro il 2030, e il bilancio non negativo del territorio sempre entro il 2030. Più della metà delle trasformazioni dell’ultimo anno si devono ai cantieri (2.846 ettari), in gran parte per la realizzazione di nuovi edifici e infrastrutture. Il Veneto - come detto - è la regione con gli incrementi maggiori +923 ettari, seguita da Lombardia (+633 ettari), Puglia (+425 ettari), Emilia-Romagna (+381 ettari) e Sicilia (+302 ettari). In termini di incremento percentuale rispetto alla superficie artificiale dell’anno precedente, i valori più elevati sono in Abruzzo (0,51%), Basilicata (+0,47%), Veneto

(+0,41%) e Friuli Venezia Giulia (+0,34%). E ancora, rapportato alla popolazione residente, il valore più alto si riscontra in Basilicata (+2,80 metri quadrati per abitante), Abruzzo (+2,15 m2/ab), Friuli-Venezia Giulia (+1,96 m2/ab) e Veneto (+1,88 m2/ab). Il rapporto precisa inoltre che la densità dei cambiamenti del 2018, ovvero il consumo di suolo rapportato alla superficie territoriale, rende evidente il peso del Nordest che consuma 2,65 metri quadrati ogni ettaro di territorio, contro una media nazionale di 1,6. E anche qui troviamo il Veneto al primo posto (5,03 metri quadrati per ettaro), e al secondo il Fvg (3,01 metri quadrati per ettaro); Lombardia e Abruzzo sono al 3° e 4° posto. In termini di nuovo consumo di suolo, la classifica vede la Basilicata al primo posto seguita da Veneto, Abruzzo e Fvg che presentano valori superiori al doppio del dato na-

Al secondo posto c’è la provincia di Pordenone con una variazione di +0,34%. Il suolo consumato nel 2018 vale 20 mila 623 ettari che ripartito per gli abitanti dà 661 metri quadrati pro capite.

+0,08

LA SITUAZIONE NEL RESTO DEL TERRITORIO NAZIONALE “SPARITI” 51 KM/Q DI SUOLO

Solo tre realtà, come Basilicata, Veneto e Abruzzo, fanno peggio di noi e hanno dati ancora più preoccupanti

Trieste registra una variazione contenuta nel consumo di suolo, che vale infatti solo il +0,08%, corrispondente a 4 mila 867 ettari, 207 metri quadrati per abitante.

+0,26 Questa la variazione registrata in provincia di Gorizia. La quantità di suolo è di 6 mila 690 ettari che corrispondono a 480 metri quadrati per abitante.

zionale sul consumo di suolo pro capite (0,8 metri quadrati per abitante). Un trend, quello del consumo di suolo, che non segue - per quel che riguarda il Fvg - quello della popolazione, che infatti è in flessione. A livello provinciale in vetta c’è Monza e Brianza seguita da Napoli, Milano e Trieste. Il capoluogo Fvg precede in classifica Udine, che registra una crescita significativa nel 2018, quindi Pordenone e Gorizia. Nel Paese il consumo di suolo - non necessariamente abusivo - cresce anche nelle aree protette (+108 ettari nell'ultimo anno), nelle aree vincolate per la tutela paesaggistica (+1074 ettari), in quelle a pericolosità idraulica media (+673 ettari) e da frana (+350 ettari) e nelle zone a pericolosità sismica (+1803 ettari). Nel rapporto un capitolo è dedicato alle normative regionali sul consumo di suolo, e per quel che riguarda il Fvg, si ricorda la legge 29/2017, varata dalla giunta Serracchiani, che aveva tra gli obiettivi «il recupero e la riqualificazione del patrimonio immobiliare esistente, privilegiando soluzioni mirate al contenimento del consumo di suolo». La legge successiva, la 19/2019 della giunta Fedriga, mantiene il principio di preservare il consumo di suolo, ma concede ai Comuni autonomia su varianti di livello comunale agli strumenti urbanistici prevedendo «ampliamenti di strutture turistiche fino al 40%» e che - si legge - «possono comunque essere fonte di impatti e disturbo delle aree naturali, in particolare quelle sensibili».— BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI


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MARTEDÌ 3 DICEMBRE 2019 CORRIERE DELLE ALPI

REGIONE

Il referendum per la separazione

Venezia, Brugnaro canta vittoria «Città unita e unica, avanti insieme» Il sindaco aveva suggerito l’astensione. Affluenza più bassa della storia. Adesso si guarda al voto amministrativo del 2020

Alberto Vitucci

COSÌ NEL DETTAGLIO

VENEZIA «Rispettiamo tutti

ma la volontà di Venezia è molto chiara... Città Unita e Unica !Adesso voltiamo pagina, insieme, senza polemiche! ... bisogna continuare a lavorare a testa bassa! Ci è stata data una importante dimostrazione di fiducia, io per primo devo esserne degno». Niente interviste, niente dichiarazioni. Il commento del sindaco Luigi Brugnaro è affidato a un tweet lanciato di primo mattino. Poi in serata a Malamocco, per assistere alle prove di sollevamento delle paratoie del Mose. «Profilo basso e lavorare» la linea, diffusa in mattinata a staff e assessori. Non significa che Brugnaro non si sia goduto la «vittoria». «Non andate a votare», aveva detto il giorno dopo la convocazione del referendum. E Veneziani e Mestrini lo hanno seguito. Solo uno su cinque alla fine è andato a votare. La percentuale più bassa della storia, che vale meno della metà del quorum, previsto dalla legge anche se contestato dai promotori della consultazione. «Il risultato più basso nella storia di un referendum nel nostro Paese», commentano a Ca’ Farsetti. Hai voglia a dire che l’astensione non è ascrivibile a nessuno. Il segnale è chiaro. Del referendum agli elettori del comune è importato ben poco. Forse era la quinta volta dal 1979, e la richiesta è stata sempre respinta. Forse perché, come accusano i separatisti, «c’è stata l’alleanza dei poteri forti». Fatto sta che la gente a votare non c’è andata. Punte di astensione superiori all’80 per cento in terraferma, soprattutto a Marghera e Chirignago. Sull’al-

AFFLUENZA FINALE

21,7 %

QUORUM NON RAGGIUNTO

Definitivi AFFLUENZA

NO

VENEZIA CENTRO STORICO

32,6%

83,5%

16,5%

VENEZIA ESTUARIO

27,9%

85,7%

14,3%

VENEZIA TERRAFERMA

16,3%

48,2%

51,8%

VENEZIA, MURANO, BURANO

31,4%

83,5%

16,5%

LIDO, PELLESTRINA

29,7%

86,3%

13,7%

FAVARO VENETO

15,4%

45,9%

54,1%

MESTRE, CARPENEDO

17,8%

51,3%

48,7%

CHIRIGNAGO, ZELARINO

15,9%

47,9%

52,1%

MARGHERA

12,2%

36,4%

63,6%

TOTALE

21,7%

66,1%

33,9%

MUNICIPALITÀ

Per uno spiacevole errore nell’edizione di ieri la tabella pubblicata conteneva alcuni risultati invertiti tra no e sì. Pubblichiamo oggi la tabella con i risultati esatti e completi

tro fronte, qualche soddisfazione per gli autonomisti arriva dalla città storica e delle isole dell’estuario. Il popolo dell’acqua evidentemente è più sensibile alle tematiche dell’autonomia. Ma il risultato è chiaro. Le città d’acqua e di terraferma hanno detto «no» alla separazione non andando a votare al referendum. La separazione è già nei fatti se si guardano i risultati di un campione pur poco rappresentativo come quello degli elettori di domenica. Venezia e le isole – Murano e Burano, il Lido e Pellestrina – chiedono autonomia . La terraferma vuol restare unita a Venezia. Marghera dice «no» alla separazione e

Risultato differenziato tra terraferma e laguna: le prospettive in chiave elezioni guarda alla laguna, forte anche di molti «immigrati» che vengono dall’acqua, veneziani sfrattati negli anni Settanta. Ma soprattutto dice «no» a un matrimonio innaturale con Mestre, da cui oltre che la ferrovia la separa una storia molto particolare. Che il referendum sia fallito, almeno quanto a partecipazione, non significa che d’un tratto i problemi delle città siano come per incanto scomparsi. L’alto numero di «sì» alla separazione che viene dalla laguna incarna una forma di protesta e una richiesta di attenzione che adesso dovrà essere la politica a garantire. Il rischio è che l’astensione sia la nuova forma di protesta di massa – già vista in parte alle politiche – per i cittadini che non si fidano più della politica.

i separatisti vincono per la prima volta nel comune

I numeri: al «sì» meno consensi che nel 2003 VENEZIA. L’affluenza è stata

la più bassa nella storia dei referendum per la separazione. 21, 73 per cento, solo uno su cinque è andato a votare. Ma per la prima volta hanno vinto i «sì». Affermazione netta nella Venezia insulare, città storica e isole dell’estuario. Mentre in terraferma prevale il «no» a Marghera e Chirignago. Il giorno dopo, è la guerra di cifre. «Conta chi ha vinto, chi è andato a votare», ribadiscono i separatisti. Ricordano come, nel 2015, al turno di ballottaggio il sinda-

co Luigi Brugnaro venne eletto con la maggioranza della metà dei votanti. Ma il numero dei «sì» non è aumentato rispetto all’ultima consultazione, quella del 2003. Anche allora il quorum non venne raggiunto. E il risultato del voto non venne ritenuto valido. Ma nelle urne vinsero i «no» alla divisione. Sedici anni dopo, le cifre sono completamente diverse. Indicatori di una città che si è trasformata nel profondo, anche nelle convinzioni. A Venezia e isole infatti il numero

dei votanti è dominuito, ma è raddoppiato quello dei favorevoli all’autonomia. Passando dai 7641 del 2003 ai 14.245 di domenica. Cifre che fanno riflettere anche quelle relative alla Municipalità di Mestre. Qui si assiste al fenomeno inverso. Aumentano i «no», e i «sì» sono praticamente dimezzati, da 11.123 a 6169. Metà consensi per il «sì» rispetto all’altra consultazione anche a Marghera, da 1860 a 912. . Il luogo dove peraltro si è registrata un’affluenza minima di votanti. In-

dicazione che Marghera vuole stare con Venezia e guarda alla laguna e non a Mestre. Chi ha vinto e chi ha perso è come sempre oggetto del dibattito post voto. «Non permetteremo che i risultati di questo voto vengano strumentalizzati», dice in una nota ice il comitato +Mestre+Venezia, «perché i numeri non si possono modificare. Avranno votato in pochi. Ma nessuno è legittimato ad attribuire pensieri o affermazioni a chi ha deciso di non esprimersi astenendosi dal

voto. Chi si è astenuto si è solo dichiarato indifferente a qualsiasi scelta». Invece dalle schede scrutinate, di chi ha votato, emerge un risultato inequivocabile: ha vinto il «Sì». Si affermano i separatisti nell’intero territorio comunale. Due voti a uno, 66,11 per cento contro il 34,89 dei favorevoli. Non basta un segnale «contro» la divisione che arriva da Mestre e Marghera. In laguna, osservano gli autonomisti, la percentuale assume valori bulgari.

Alle porte ci sono le elezioni amministrative della primavera 2020. Il sindaco Brugnaro ha già annunciato che si ricandiderà. Alla testa del suo movimento civico – risultato il primo partito alle elezioni del 2015 – e di una coalizione di centrodestra allargata. Ci sarà sicuramente Forza Italia, visti i buoni rapporti instaurati anche con i leader nazionali Berlusconi e Brunetta. Ci sarà Fratelli d’Italia. E probabilmente anche la Lega. La base scalpita e ha votato in parte per la separazione. Ma il leader veneto del Carroccio, il presidente della regione Luca Zaia, ha stretto un’alleanza di ferro con il sindaco lagunare. Uno «scambio» che prevede la rielezione di entrambi. Visione comune su alcuni temi come il lavoro, le grandi navi, le bonfiche, Marghera. Dunque una buona base di partenza per il sindaco uscente. Dall’atra parte un centrosinistra che si va ricostituendo, dopo le botte prese con lo scandalo Mose – a cui era peraltro molto più estraneo del governo regionale a guida Forza Italia – e gli sbandamenti nazionali. Centrosinistra che dialoga con i fuoriusciti di Leu, ora al governo insieme a Roma, ma anche con la base Cinquestelle e i numerosi comitati civici e associazioni. Molti nomi girano, poche le certezze comuni. Subito dopo le vacanze di Natale, lo sfidante di Brugnaro dovrà essere in campo. E se nella battaglia del referendum in qualche modo il Pd si è trovato dalla stessa parte del sindaco, alle amministrative sarà molto diverso. Brugnaro lo sa. E invece di gridare vittoria ha ordinato ai suoi il profilo basso e l’accelerazione sui progetti. Questo referendum, alla fine, l’ha vinto lui. —

85 per cento di favorevoli ai due comuni separati nell’estuario, addirittura 86,30 al Lido. Separatista è anche Venezia. Qui quelli che sono andati alle urne hanno tracciato sulla scheda il segno sul «sì». Voglia di autonomia e forse anche di protesta. Nella città storica 83,45 per cento di favorevoli, poco più del 16 per cento i contrari. Gli autonomisti citano anche un sondaggio «per uso interno» commissionato in ottobre alla GPF Inspiring Research, dove solo il 22 per cento giudicherebbe positivamente l’operato dell’attuale amministrazione. «Per noi la battaglia continua. Alle urne hanno vinto i sì». A.V.


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PRIMO PIANO

Martedì 3 Dicembre 2019 Corriere del Veneto

Politica Dopo la consultazione flop ● L’editoriale La città e la sfida del futuro SEGUE DALLA PRIMA

endenza esasperata a Venezia per la cesura geografica con il seguito di là della laguna. Quel che dice l’esito referendario è che la risposta per Venezia non può essere il rimpicciolimento, il rischio di una parodica Montecarlo adriatica. Che l’unica prospettiva per Venezia è, tutt’ora, la camaleontica incompiuta novecentesca, il grande capoluogo del Nordest, che ha via via perso funzioni e peso politico ma non i guai metropolitani (l’insicurezza di certe zone mestrine, la depressione a macchia di leopardo di Marghera, il delinquenziale garbuglio del Mose). Il referendum ricorda che per rendere migliore anche la Venezia insulare è necessaria la Zls di Marghera, che attrarrà professionalità di qualità. Che per gestire il turismo è inutile guardare San Marco, se poi si aprono colossali strutture ricettive che mordono la stazione di Mestre. Che è indispensabile l’attuazione seria della città metropolitana, che è prioritario il miglioramento logistico della macro-città di fatto che include Padova e Treviso. Ma il comune unito ha bisogno tanto di grandezza quanto di specificità per i suoi territori innegabilmente diversi. Pur nella ruvidezza millenaristica dei giorni referendari, il dato incoraggiante è che gli schieramenti si sono divisi non tanto sulle priorità dei problemi, ma sul metodo di risoluzione più efficace, peraltro ingigantendo il ruolo (limitato) di un comune. Pare chiaro a tutti che c’è necessità di attrarre investimenti, di nuova residenzialità, di una limitazione progressiva del turismo temperata da alternative competitive, di un nuovo rapporto con la laguna. Oggi come non mai, pur con numerose contraddizioni private (la gestione degli immobili dipende anche dalle scelte dei cittadini), i veneziani sembrano uniti nel volere una città diversa. Non è tanto il mantra dello Statuto speciale, la nostalgia canaglia dei soldi facili della Legge Speciale, ma è prima di tutto l’individuazione di alcuni interventi sulla normativa turistica (competenza in primis regionale), su fiscalità e locazioni (competenze in primis statali), insieme a una razionalizzata gestione dei poteri (si pensi al puzzle di chi governa la laguna) e a un miglioramento del rapporto tra insularità e terraferma. Ma non è solo quello; è anche l’orgoglio di una città che, ancora più dai giorni tragici di novembre, ha bisogno di interrogarsi sul proprio futuro. È l’orgoglio di una città che ha deciso, ancora una volta, di provare a essere grande. Giovanni Montanaro

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© RIPRODUZIONE RISERVATA

Venezia,l’appellodiBrugnaro «Eadessoripartiamouniti»

21 66 34 per cento

L’affluenza è stata bassissima, record negativo di tutte le cinque consultazioni tenutesi finora sulla separazione di Venezia e Mestre: 21,73%, pari a 44.888 aventi diritto su 206.553

per cento

La percentuale di quanti hanno votato sì alla separazione di Venezia e Mestre. Si tratta di 29.477 persone sulle 44.888 che hanno scelto di andare a votare per il referendum

per cento

La percentuale di quanti hanno votato no alla separazione di Venezia e Mestre. Si tratta di 15.109 persone sulle 44.888 che hanno deciso di andare a votare per il referendum

Bettin Dopo il referendum restano i problemi di prima Occorre innovare le politiche per la città

Unionisti Non è stata la vittoria dell’astensionismo, ma la sconfitta dell’idea di separazione in una città

Il sindaco Adesso voltiamo pagina, insieme, senza polemiche, bisogna continuare a lavorare

V E N E Z I A Le dichiarazioni d’amore tra Venezia e Mestre è meglio lasciarle da parte il giorno dopo il flop del referendum separatista schiantatosi sull’affluenza più bassa di sempre: 21,7 per cento. Anche perché, come ha commentato ieri il presidente della Municipalità di Marghera Gianfranco Bettin «dopo il referendum restano i problemi di prima». Grandi navi, turismo, residenti che lasciano il centro storico (ma anche la terraferma), acqua alta, alcuni dei quali dipendono pochissimo dal Comune. «E nessuno di questi problemi dipende dal fatto che il Comune sia uno», precisa il sociologo. Forse non è una caso che la sua Municipalità sia il territorio dove hanno votato solo dodici elettori su cento e la vittoria dei No sia stata straripante. Moltissimi sono veneziani, non solo cittadini del Comune, ma proprio veneziani della Venezia d’acqua, originari di lì, scaraventati al di la del ponte. E il legame resta, guarda caso per la prima volta è stata proprio la terraferma ad opporsi alla separazione (solitamente la spinta maggiore arrivava da Mestre), assopita da un dibattito meno interessante del solito, soffocando sul nascere il Sì, scelto complessivamente da solo un cittadino su sette. Le due città così restano ancora unite, respingendo per la quinta volta la spinta separatista, anche se i Sì hanno superato i contrari (66 contro 44) con il quorum distante anni luce. E anche se a Venezia l’85 per cento ha scelto la divisione, perché guardando i numeri assoluti è evidente come i 19 mila i veneziani che hanno chiesto l’autonomia rappresentano il 25 per cento del totale (nemmeno uno su 10 a Mestre). Troppo pochi, considerando che mai come questa volta, l’astensione aveva il valore del No, mettendo assieme i contrari alla divisione e gli insofferenti al quinto ten-

Il governatore Zaia: «Ora basta con i referendum». Il «Sì» è stato scelto solo da un elettore su sette tativo. «Non è la vittoria dell’astensionismo, ma la sconfitta dell’idea di separazione in una città che da 40 anni ribadisce la propria dimensione una e unica», ha commentato il Comitato Venezia «Una e Unica». «Penso che la democrazia abbia avuto il suo corso ma quando due persone su dieci vanno a votare significa che il tema non interessa. Si dovrebbe ragionare sulla ciclicità, stabilendo che qualora andasse male ci sia una arco temporale per non riproporre il referendum. Ma soprattutto dopo cinque ten-

L’intervista

VENEZIA Partire dagli studenti, tanti, quasi 25 mila, dai nuovi lavori, da una città che deve diventare laboratorio. È la Venezia del futuro che deve rinascere dall’acqua granda il giorno dopo il flop del referendum separatista. Alberto Ferlenga, rettore dell’istituto universitario di Architettura (Iuav) ne è convinto «a patto che si faccia squadra», dice. Passata l’acqua alta, passato il referendum, i problemi restano. «Certo, ma entrambe le si-

tativi penso sia assurdo pensare di presentarlo ancora una volta», entra gamba tesa il governatore del Veneto Luca Zaia. Il flop del referendum di suddivisione di Venezia e Mestre è stato di una portata, che nemmeno gli unionisti potevano sperare: l’affluenza al 21,7 per cento è il record negativo di sempre, nemmeno il quesito sulla legge elettorale del giugno 2009 ha fatto peggio (fermandosi 23,3). «Rispettiamo tutti ma la volontà di Venezia è molto chiara, città unita e unica — è intervenuto il sindaco Luigi Brugna-

Il sindaco Luigi Brugnaro

ro —. Adesso voltiamo pagina, insieme, senza polemiche, bisogna continuare a lavorare a testa bassa. Ci è stata data una importante dimostrazione di fiducia, io per primo devo esserne degno». I risultati vanno così già in archivio anche se rimangono quei segni rossi ben evidenti a partire dalla marea di Sì a Venezia, che mostrano una situazione di difficoltà soprattutto della città storica che Luigi Brugnaro non può far finta di non vedere. Fra cinque mesi si vota e per i separatisti i 30 mila voti sono diventati un punto di partenza. «Bisogna riattivare e potenziare, come strumenti tendenti all’autogoverno delle comunità, l’esperienza delle Municipalità che l’attuale amministrazione ha brutalmente svuotato — suggerisce allora Bettin — e innovare fortemente le politiche per la città, a cominciare da quelle per sostenere la possibilità di abitarla e viverla anche nella parte “sull’acqua”». La maggiore insofferenza arriva proprio da lì. Francesco Bottazzo © RIPRODUZIONE RISERVATA

«Un Piano di rinascita enti e istituzioni unite come ha fatto Milano» Il rettore Ferlenga: studenti i nuovi cittadini tuazioni possono diventare un’occasione per fare un piano per il futuro. Ma non c’è molto tempo, nella società di oggi le cose passano velocemente e fanno presto a spegnersi i fari puntati sulla città con la marea eccezionale del 12 novembre».

Il voto ha dimostrato comunque una certa insofferenza rispetto all’attuale situazione, come può cambiare Venezia? «Intanto bisogna dimostrare di avere un progetto per affrontare i problemi più gravi, le risposte di oggi sono state


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