Italia Publishers - Anno XXXI - n° 05/2019 - Prezzo euro 10,00 - Iscrizione al ROC n° 26062 del 23/11/2015 Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LOM/MI
MEETING LEADERS
L’italiana Cartes, precursore della fustella laser, innova e riscrive il futuro dell’etichetta STRATEGIE
La digital factory MTEX NS è pronta ad affrontare le sfide globali di etichette, packaging e textile EVENTI
Dscoop Edge: la condivisione come strumento per superarsi e crescere più rapidamente
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sommario 05
EDITORIALE
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NEWS
6 |
E se l’etichetta va bene, ma non benissimo?
Novità, tecnologie e tendenze dai player del mercato digitale
MEETING LEADERS 10 |
I precursori della fustella laser innovano e riscrivono il futuro dell’etichetta
STRATEGIE
18 |
La digital factory portoghese è pronta alle sfide globali di etichette, packaging e textile
24 |
Gli integralisti dalla qualità ampliano i servizi digitali tra stampa, taglio e nuovi media
28 |
Nella terra dei grandi vini, le etichette sono premium, e la nobilitazione è digitale
32 |
Automazione, network e coesione umana, così nasce la nuova industria digitale
38 |
Workflow open source per costruire business vincenti dalla stampa al finishing
40 |
Rilanciare il business delle etichette in alti volumi, tra ricerca e razionalizzazione
44 |
La tecnologia a toner OKI, basata su LED, democratizza la produzione di etichette
46 |
Meglio connessi: etichette e confezioni smart cambieranno il nostro modo di vivere
50 |
Dall’etichetta al cartone teso, una Gallus Labelfire si trasforma in “Boardfire”
10
SPECIALE 54 |
Etichettatura e decorazione dei prodotti guardano a un futuro sempre più globale
58 |
Stampa industriale: una manna dal cielo per il futuro degli stampatori in stallo?
62 |
La stampa digitale cambia i paradigmi e ridefinisce gli standard qualitativi
EVENTI 68 |
Dscoop Edge: la condivisione come strumento per superarsi e crescere più rapidamente
74 |
L’industria dell’etichetta non smette di crescere, si digitalizza e guarda a Est
76 |
Vibrazioni positive e tanta energia allo Xerox Forum ’19. L’azienda mai così in forma
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inserzionisti ATP Color Avery Dennison B+B International Barberán Cartes Durst Edigit Eurmoma Fenix DG Filmolux
III cop. pag. 13 pag. 31 pag. 15 pag. 48-49 IV cop. pag. 9 pag. 75 pag. 67 pag. 27
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Italia Publishers – Anno XXXI – n° 05 2019 Registrazione: Tribunale di Milano n. 74 del 12/2/94 Iscrizione al ROC n° 26062 del 23/11/2015 Direttore editoriale Lorenzo Villa
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editoriale di Lorenzo Villa // lorenzo@densitymedia.com
Se l’etichetta va bene, ma non benissimo? Da tempo, abbiamo stiamo attribuendo all’etichetta un’importanza crescente. Le dedichiamo sempre più articoli, oltre che un numero tematico all’anno. Inoltre, partecipiamo assiduamente a fiere, conferenze e seminari sull’argomento, e viaggiamo, in giro per il mondo, alla scoperta degli operatori e dei costruttori più innovativi. Già nel 2018, esattamente 12 mesi fa, su questa stessa pagina elucubravo sulla coesistenza tra analogico e digitale, e sul crescente ruolo delle tecnologie ibride, che uniscono il meglio dei due mondi. «Lunga vita a offset, flexo, serigrafia e rotocalco», era la mia conclusione, pur con la consapevolezza che il ruolo dell’inkjet non potesse che crescere. Per questo torniamo volentieri a fare il punto su un segmento che esprime una domanda sempre più forte di colore, immagini e basse tirature, che molti stampatori considerano, per questo, la naturale estensione del proprio business. Sono sempre di più i casi di converter e player tecnologici che dalla grafica si spostano nell’etichetta. Come Grafiche Polimar (pag. 28), un etichettificio nato sulle ceneri di una tipografia preesistente; o Cartes (pag. 10), un costruttore di tecnologie innovative per le labels, nato da una tradizione tipografica; o, ancora, MTEX NS, (pag. 18) che, partita sviluppando stampanti inkjet di grande formato, è arrivata a creare un promettente business nelle macchine digitali per etichette e packaging. Non è strano, quindi, che sempre più operatori delle arti grafiche e della comunicazione visiva si interessino di questo settore. La domanda, tuttavia, sorge spontanea. Quello dell’etichetta è davvero un buon affare per stampatori già attivi in altri settori? Stando ai numeri condivisi da AWA (pag. 54) e da FINAT (pag. 74), l’etichetta cresce, ma a ritmi non sempre entusiasmanti, e con qualche cedimento qua e là. Una buona ragione per valutare investimenti progressivi – le tecnologie scalabili non mancano –, e per affrontare questa sfida con cura, professionalità e predisposizione alle partnership. E con un occhio attento, oggi più che mai, alle marginalità.
news ICO digitalizza la stampa di ondulato con HP PageWide C500
‖ I materiali autoadesivi di Avery Dennison sono impiegati a livello globale in tutte le filiere di confezionamento, dal food al beverage, fino all’healthcare e all’industria.
Avery Dennison ridefinisce gli standard nell’autoadesivo “Making a material difference” è il tema scelto da Avery Dennison per festeggiare i suoi 40 anni di business nel settore dell’etichetta. Il colosso globale dell’autoadesivo si prepara all’appuntamento di Labelexpo forte del suo straordinario livello di innovazione in tutti i segmenti di prodotto, e di un focus sulla sostenibilità che ha pochi eguali nell’industria. Per questo lo stand Avery Dennison allo show autunnale offrirà ai suoi visitatori la possibilità di scoprire i prodotti dell’azienda, nonché le industrie e le
tipologie di consumatori per cui essi sono pensati. Parallelamente, sono previste sessioni dedicate alla sostenibilità e riciclabilità, all’etichettatura intelligente, al neuromarketing applicato all’etichetta, nonché alle nuove funzionalità dell’adesivo. Tra gli highlight ci sarà l’ampliamento del portfolio CleanFlake, gli innovativi adesivi che permettono il riciclo a circuito chiuso del PET e che si sono aggiudicati il FINAT Recycling and Sustainability Award di quest’anno. averydennison.com
L’Italia si sta rivelando un mercato ricettivo e favorevole alle innovazioni negli imballaggi in cartone ondulato. Dopo LIC Packaging, anche ICO (Industria Cartone Ondulato) ha scelto di investire nella macchina da stampa HP PageWide C500 per ampliare le proprie attività di post-print digitale. La single pass di HP – che si contraddistingue per la chimica d’inchiostro a base acqua e per l’elevata qualità di stampa offerta dalla tecnologia inkjet
PageWide – sarà installata presso lo stabilimento ICO situato a Pianella (PE), insieme a un nuovo ondulatore Agnati Quantum2. La scelta di questa abbinata tecnologica, come ribadito da Manlio Cocchini, CEO dell’azienda, è dettata dalla volontà di fornire ai brand owner imballaggi innovativi, sicuri e facilmente riciclabili – in particolar modo quando i quantitativi richiesti sono limitati e tempi di consegna molto brevi. hp.com
‖ Veduta aerea dello stabilimento ICO che ospiterà la single pass HP PageWide C500 e l’ondulatore Agnati Quantum2.
AWA International premia le migliori etichette sleeve al mondo
‖ Un momento dell’annuale Sleeve Label Conference & Exhibition, che si tiene ad anni alterni in Europa e Nord America, sede dei prestigiosi Sleeve Label Awards.
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Già da cinque anni, AWA (Alexander Watson Associates) ha dato vita a un premio destinato a celebrare le migliori soluzioni applicative nel campo delle etichette shrink sleeve. Un segmento ancora di nicchia, che tuttavia cresce in modo consistente. L’edizione 2019, tenutasi ad Amsterdam in concomitanza con la Sleeve Label Conference & Exhibition, ha visto trionfare interessanti applicazioni nel campo del beverage e della cura della persona. Tra i vincitori: Reunders
Etiketten (Belgio) per le etichette di Peachtree Peach Liqueur, nella categoria “Heat shrink TD sleeves” e Berkshire Labels (Regno Unito) per Innes Lagerm nella categoria “Sleeved cans”. Tra le menzioni d’onore CCL Label Sleeve Solutions (Regno Unito), per Lenor Blush Parfum de Secrets, e ancora CCL (Turchia), per le bibite isotoniche Dum Dum. Le candidature sono già aperte per gli Sleeve Label Awards 2020, la cui premiazione si terrà a Cincinnati (USA). awa-bv.com
La narrow web digitale di Konica Minolta ora “tocca” i 230 al minuto I consensi ottenuti da AccurioLabel 190 – grazie alla sua compattezza, all’elevata qualità di stampa, nonché ai ridotti costi di acquisto e gestione – sono un caso di studio per l’intero mercato. Al punto che Konica Minolta ha scelto di bissarne il successo, introducendo una nuova release della fortunata narrow web per etichette, basata sull’ormai rodata tecnologia a toner proprietaria. AccurioLabel 230 ha in comune con la sorella minore una larghezza massima di bobina (330 mm), mentre la sua velocità massima si spinge a 23,4 m/min (rispetto ai 18,9 m/min della 190), con un aumento reale della produttività che, però, si attesta al 73%, dato che, con il nuovo modello,
la maggior parte dei materiali può essere stampata alla massima velocità. Su AccurioLabel 230, che è sviluppata in collaborazione con la danese Grafisk Maskinfabrik (GM) è poi possibile alimentare anche bobine di larghezza 250 mm, e sovrastampare materiali prodotti con tecnologie convenzionali. La grande facilità di utilizzo, unita alla capacità di gestire più rapidamente anche quantitativi più elevati di etichette, lasciano presagire un interesse crescente da parte degli etichettifici per le soluzioni di Konica Minolta. Che, lo ricordiamo, includono anche il sistema di verniciatura e foiling digitale JETvarnish 3D Web. konicaminolta.com
‖ In alto, etichette in resa multipla in uscita da AccurioLabel 230. Qui sopra, il modulo di fustellatura rotativa integrabile con la narrow-web di Konica Minolta.
2019 VieniItalia a trovarci a Viscom Italia 2019 Pad. 8 - Stand C17
news Durst consolida la sua presenza nell’etichetta con Tau 330 RSC Con oltre 50 installazioni in due anni, Tau 330 RSC può, a buona ragione, definirsi un successo commerciale nonché una delle piattaforme inkjet narrow web di riferimento. I due modelli, Tau 330 RSC e Tau 330 RSC E, hanno infatti conquistato alcuni degli etichettifici più esigenti al mondo per la loro qualità e robustezza costruttiva, l’elevatissima definizione di stampa e le performance industriali. Tra le peculiarità di Tau RSC il bianco ad alta opacità, che può essere stampato alla mas-
sima velocità, consentendo di realizzare grandi volumi di etichette su supporti scuri e trasparenti. Come nel wide format, il costruttore altoatesino intende fare la differenza nell’ambito dell’etichetta con software e servizi avanzati. Con Durst Workflow Label e Dusrt SmartShop, l'azienda mette a disposizione degli etichettifici una suite di strumenti evoluti per gestire la produzione in modo interconnesso, seguendo i dettami dell’Industry 4.0. durst-group.com
‖ Tau 330 RSC E è la versione “entry level” della potente single pass per etichette di Durst. Ha una velocità massima di 52 m/min e 8 canali colore.
Wow Print Lab è il nuovo luogo esperienziale del printing
‖ Dotata di quinta stazione colore, bianco coprente e una risoluzione di 1.200 dpi, Xeikon CX500 è pensata per la produzione di etichette di altissima qualità.
Situato nel cuore dell’autoproclamata Repubblica del Design – il nuovo “design district” di Milano Bovisa, inaugurato durante il Salone del Mobile 2019 – Wow Print Lab nasce da un’iniziativa di Prima. Lo storico fornitore di soluzioni per la rilegatura, da alcuni anni ha avviato un processo di ridefinizione della propria offerta, integrandola con tecnologie di finishing e nobilitazione, tutte rigorosamente pensate per supportare
l’evoluzione dei piccoli e medi stampatori italiani. Wow Print Lab non è, infatti, un tradizionale centro dimostrativo, ma uno spazio polifunzionale, pensato come luogo per vivere esperienze applicative, frequentare corsi di formazione su tecnologie e processi, trarre ispirazione per trasformare la propria offerta. Uno spazio giovane, ma già apprezzato e frequentato da grafici, tipografi e rivenditori. wowprintlab.com
Xeikon TRANSFORM è sinonimo di knowledge sharing nell’etichetta Ormai completamente integrata nel portfolio di tecnologie di Flint Group, la leggendaria Xeikon si prepara ad alzare l’asticella in occasione di Labelexpo 2019. Lo farà non solo con le macchine da stampa (saranno quattro quelle dimostrate a Bruxelles), ma anche attraverso un nuovo strumento progettato per divulgare conoscenza e consigli agli operatori del settore. La nuova piattaforma online TRANSFORM si propone infatti di rendere disponibile al grande pubblico l’enorme bagaglio di competenze maturate
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da Xeikon negli ultimi tre decenni. Sul fronte tecnologico, sotto i riflettori ci sarà Label Discovery Package, una soluzione entry-level basata su Xeikon 3030, dedicata ai neofiti della stampa digitale di etichette. Ma anche CX500, per applicazioni di alta qualità nei settori alimentare e vinicolo, e PX3000, per la stampa di etichette durevoli ad alte prestazioni, e Axelerate, un programma di supporto e training pensato per ottenere le massime performance dalla propria piattaforma Xeikon. transform.xeikon.com
‖ Wow Print Lab consente a creativi e stampatori di passare dal foglio stampato all’applicazione nobilitata e finita, attraverso materiali e tecnologie innovative.
news
Fai crescere la tua azienda gestendola dal preventivo alla contabilità passando dal CRM alla BUSINESS INTELLIGENCE
www.edigit.eu ‖ In alto, un momento della recente open house tenutasi presso Insignis Etiketten, in Austria, e dedicata a Gallus Labelfire 340. Qui sopra, Labelmaster Advanced, l’ultima nata e la più evoluta tra le macchine tradizionali di Gallus.
Per Gallus l’etichetta è ibrida con Labelmaster e Digital Printbar Con la sua Labelfire – una delle prime narrow web digitali, capace di combinare elevate prestazioni, altissima qualità e integrazione di moduli analogici di stampa e converting – Gallus è il costruttore “tradizionale” che ha maggiormente segnato la via del digitale nell’industria dell’etichetta. Un approccio che ribadirà in occasione di Labelexpo 2019. Protagoniste saranno anzitutto le tecnologie convenzionali, che Gallus ha arricchito con nuove funzionalità pensate per aumentarne l’efficienza. Per la serie Labelmaster, ad esempio, è stata introdotto un nuovo sistema di fustellatura rotativa con cambio rapido della matrice,
che consente di effettuare l’operazione in meno di un minuto. C’è da aspettarsi, tuttavia, che l’attenzione dei visitatori si concentrerà sulla nuova Digital Printbar: un dispositivo per la nobilitazione digitale integrabile su linee Labelmaster, Labelfire e RCS 430, e progettato, in particolare, per depositare inchiostro bianco ad alta coprenza. Con una larghezza di stampa di 430 mm, un’interfaccia touch screen e un’integrazione semplificata nel workflow, Digital Printbar consentirà agli utilizzatori di effettuare personalizzazioni spinte, anche senza acquistare nuovo hardware. gallus-group.com
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meeting leaders
I precursori della fustella laser innovano e riscrivono il futuro dell’etichetta di Lorenzo Villa
Sin dagli anni Settanta, Cartes è espressione di vitalità tecnologica, in un settore scettico e conservatore. Oggi, il costruttore punta all’automazione e alla nobilitazione digitale.
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C
ome molte aziende manifatturiere italiane, Cartes ha una storia legata a filo doppio al proprio distretto industriale di origine e al contributo offerto, a una filiera produttiva, per la realizzazione di un prodotto specialistico; oltre che, s’intende, alla storia personale di un brillante imprenditore e della sua famiglia. Quella del costruttore mantovano, tuttavia, è una vicenda dal sapore un po’ speciale; così, per scoprirla e rac-
contarvela, ci siamo spinti là dove la Lombardia lambisce l’EmiliaRomagna e il Mincio si tuffa nel Po. Qui, il costruttore italiano ha trasferito la sua sede nel 1990; e, da qui, il suo business ha preso il volo – al punto da portare l’azienda ad aprire, in seguito, anche una società controllata in Francia. Ma Cartes ha sempre scelto di restare ancorata al proprio territorio, nonché ai valori e alle persone che l’hanno resa matura e rispettata in Italia, in Europa e nei più evoluti mercati globali.
foto: Sacher Film
Esplorando Cartes Ad accoglierci è Mario Lodi, fondatore dell’azienda e, ancora oggi, guida carismatica del suo affiatato team. Con lui, la spumeggiante Enrica Lodi (figlia d’arte, appassionata di tecnologia, nonché Sales & Marketing Manager dell’azienda), Stefano Lodi (suo nipote, nonché coordinatore della ricerca e sviluppo dell’azienda), Ivan Spina (business developer per il mercato italiano), Virgilio Micale (responsabile del merca-
to americano) e Luca Goldoni (responsabile del mercato europeo e asiatico). Una piccola collezione di antichi telai per filatura, torchi tipografici e casse di caratteri mobili ci dà il benvenuto nell’edificio che ospita il centro demo di Cartes. Un fatto inaspettato che, però, ci aiuta a comprendere meglio l’azienda. «La nostra è una famiglia di stampatori dal 1936. Cartes è nata come tipografia nel distretto della maglieria di Carpi, a pochi chilometri da qui», racconta
Mario Lodi. «Quando, negli anni Settanta, l’etichettatura dei capi è divenuta obbligatoria, i volumi sono esplosi. Grazie alle nostre competenze, abbiamo iniziato a produrre stampanti a impatto, che imprimevano indelebilmente i testi sulle etichette, sfruttando una matrice tipografica e un nastro inchiostrato». Quello delle etichettatrici per maglieria si è trasformato rapidamente in un business fiorente, che ha portato Cartes ad esporre le proprie innovazioni alle fiere di settore, e
a venderle con successo a maglifici e creatori di collezioni, prima in Italia e Francia, poi nel resto d’Europa e nel mondo. Il salto di qualità nella storia industriale dell’azienda si compie, come detto, nel 1990, quando Cartes si sposta nell’attuale sede di Moglia. Qui gli spazi sono finalmente ade‖‖ In alto, il sito produttivo di Cartes a Moglia (Mantova), dove vengono assemblate e collaudate le celebri macchine da stampa e converting del costruttore italiano.
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meeting leaders guati agli obiettivi di crescita; e Mario Lodi, sulla scia della crescita esplosiva dell’etichetta autoadesiva, investe in macchinari, capacità produttiva e ricerca e sviluppo. Alle piccole stampanti a impatto si affiancano presto nuove macchine narrow web per stampa e converting, la meccanica cede spazi all’elettronica e inizia una campagna di reclutamento di ingegneri e tecnici in grado di sostenere l’innovazione. Tanto che, già nel 1999, Cartes presenta il primo laser per fustellare etichette autoadesive. «Siamo stati i primi ad applicare la tecnologia laser all’etichetta. Era una tecnologia usata con successo in chirurgia, ma mai utilizzata per effettuare tagli e mezzi tagli con precisioni millesimali», interviene Enrica Lodi. «Grazie alla collaborazione stretta con il produttore di sorgenti laser, abbiamo reso il processo più accurato e veloce». Dopo la cessione dell’azienda grafica, nel 2005, Cartes ha concentrato tutti i suoi 40 collaboratori nella sede di Moglia. Per quanto riguarda le attività commerciali, invece, l’azienda ha proseguito a sviluppare una rete di agenti presenti in tutto il mondo – dalle Americhe all’Australia, fino al Giappone. Ed è proprio in quest’ultimo Paese che ha sede un secondo centro dimostrativo stabile di Cartes, allestito presso un partner. Ad oggi, l’azienda ha installato 4.000 le macchine in 90 Paesi del mondo.
Precursori del laser La rivoluzione introdotta da Cartes con il suo taglio laser suscita da subito un misto di curiosità e scetticismo, specie in un’industria conservatrice come quella dell’etichetta, abituata agli alti volumi e all’utilizzo di fustelle con base in legno. «In quegli anni già parlare di lamierini era poco ortodosso, e spiegare le potenzialità del laser equivaleva a un’eresia», continua Mario Lodi. «Ma in molti si sono fidati di noi. Peraltro, diverse delle nostre prime macchine laser sono ancora perfettamente funzionanti, a distanza di 17-18 anni». Due decenni dopo, la stampa digitale è ovunque, la richiesta di piccole tirature è in costante crescita,
e sempre più spesso lavorazioni multiple vengono accorpate sulla medesima bobina: il taglio laser è definitivamente sdoganato. Ma il percorso di innovazione tecnologica intrapreso dal costruttore italiano non si è limitato a questo; Le macchine Cartes includono, infatti, soluzioni uniche (inclusi alcuni brevetti) per la stampa serigrafica e flexo, per il foiling, e per la fustellatura piana e semi-rotativa. Tutto è progettato per offrire concreti vantaggi operativi agli utilizzatori, tutto è costruito per durare nel tempo. Modularità e solidità costruttiva Al pari di molti altri costruttori
d’eccellenza, Cartes affida le lavorazioni di carpenteria e verniciatura a partner selezionati dell’indotto, così da potersi concentrare sul suo core business. Questo rende il moderno reparto di assemblaggio compatto, efficiente, ordinato e straordinariamente pulito, nonché brulicante di tecnici specializzati. Nell’area di montaggio dei sottogruppi, un team di esperti costruisce i singoli moduli di stampa, verniciatura e fustellatura. Tutto è curato nei dettagli e ciascun gruppo è testato e collaudato, meccanicamente ed elettricamente, prima di essere installato sul macchinario di destinazione. L’area più estesa e imponente è quella dedicata all’assemblaggio delle linee. Qui le macchine delle serie GT, Gemini e CE160 vengono impostate, prima costruendone la struttura base e quindi posizionando su di esse i singoli moduli. Al termine del montaggio, ogni linea viene sottoposta a test di produzione intensivi dal team di stampatori dell’azienda, prima di effettuare il collaudo insieme al cliente. A rendere originale il paradigma costruttivo di Cartes è l’adozione di un modulo ‖‖ In alto Mario ed Enrica Lodi , rispettivamente CEO e Sales & Marketing Manager di Cartes. A fianco, l’impostazione di una linea GT e (sulla sinistra) una linea serigrafica in fase di collaudo.
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Avery Dennison
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Labelexpo Europe 2019 September 24-27 Brussels
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meeting leaders
intervista a Mario Lodi Fondatore e CEO di Cartes
“Stiamo lavorando sulla nobilitazione inkjet, ma nella stampa digitale collaboriamo con tutti e non vediamo ragioni per entrare in un’arena già affollata da specialisti.”
base, che include un quadro elettrico completo, per ciascun gruppo di stampa o di converting. Il cliente può così espandere la
L’anno prossimo Cartes compirà 50 anni. Quali sono le tappe più importanti del tuo percorso aziendale e personale? Diciamo che ho seguito il corso della storia, con un atteggiamento fiducioso e sereno. Ricordo la guerra del Golfo nel 1990: stavamo traslocando nella nuova sede, avevamo macchine già costruite e mezze pagate, ma i clienti erano terrorizzati. Poi c’è stata la crisi finanziaria del 2008, che ha creato un dissesto importante. Infine il terremoto del 2012, che ci ha costretti a traslocare per ricostruire parte del nostro edificio. Come si coniugano le crisi e lo sviluppo aziendale? Piuttosto bene, a dire il vero. Abbiamo sempre visto gli anni delle grandi crisi come un’opportunità per dedicarci all’innovazione. Certo, abbiamo dovuto iniettare risorse finanziarie, ma di certo abbiamo avuto più tempo. Arrivo a dire che le cose più belle sono venute proprio nei momenti di crisi, perché avevamo lo stimolo di fare, senza l’onere di produrre.
Nei momenti buoni c’è abbondanza e si perdono di vista la realtà e le priorità. Gli sconquassi, invece, ti obbligano a guardarti dentro. Se sei obbligato a fare marcia indietro, inizi a guardare nelle pieghe, ad affinarti. Una grande difficoltà può diventare un piccolo trampolino. E la nostra situazione, anche grazie alle crisi, è molto migliorata. Quanto contano le persone in Cartes? E come trovate i collaboratori giusti? Quanto ai collaboratori, siamo nel mezzo dei distretti industriali di Modena e di Mantova, quindi non è troppo complesso trovare risorse valide. Sono sempre stato circondato da giovani e in Cartes sono loro a stimolare l’innovazione. Vengo in ufficio ogni giorno perché mi piace partecipare e supportare questa innovazione. E poi vorrei dedicarmi al volo. Ho preso il primo brevetto di volo negli anni Sessanta e oggi piloto ultraleggeri.
Anche un terremoto può portare cose buone? Sì, quando non ci sono vittime.
L’etichetta è un mercato esplosivo e Cartes è un’azienda che innova. Ci sono tutte le premesse per un’acquisizione... Confesso che abbiamo avuto pro-
macchina in qualsiasi momento, senza effettuare revisioni profonde del sistema, e salvaguardando l’investimento. «Molti si limitano
a parlare di aggiornabilità dei sistemi, mentre per noi aggiungere moduli a macchine già installate sul campo è una realtà consolida-
poste da parte di alcuni fondi, interessati a investire in tecnologia innovativa per l’etichetta. E anche da parte di costruttori. Insieme a Enrica e Stefano, però, crediamo che la nostra famiglia abbia ancora tanto da dare a questa azienda. E poi abbiamo un nuovo immobile antisismico, 5.000 metri quadri di terreno da costruire e tanta innovazione da consolidare. Non escludo che in futuro associarsi sarà una via obbligata, specie se crescere velocemente dovesse diventare una priorità. La stampa digitale è diventata un tormentone anche nell’etichetta. Come lo vivete? Certamente come uno stimolo, ma senza ansia, e con un atteggiamento positivo. Del resto ci occupiamo prevalentemente di finishing e nobilitazione. Abbiamo iniziato a collaborare con Indigo quando ancora non era parte di HP, e mettevamo in linea le nostre macchine con Xeikon quando era legata a MAN Roland. Stiamo lavorando sulla nobilitazione inkjet, ma nella stampa digitale collaboriamo con tutti e non vediamo ragioni per entrare in un’arena già affollata da specialisti. ta», spiega Enrica Lodi. «Per migliorare ulteriormente l’efficienza e l’usabilità dei sistemi, poi, abbiamo introdotto nuove interfacce utente, e una tecnologia che permette di risparmiare dal 30% al 40% di energia utilizzata rispetto ad una macchina con elettronica convenzionale. Questa è simile alla KERS utilizzata per il recupero dell’energia in frenata». Sebbene la produzione sia equamente bilanciata tra i vari modelli, durante la visita ci sorprende vedere un grande numero di macchine serigrafiche in fase di produzione, compresa una linea da 7 colori per 22 metri di lunghezza. Una delle sfide che Cartes ha affrontato con determinazione è infatti lo ‖‖ A sinistra, una delle linee Gemini, con tecnologia laser, installate nel centro demo di Cartes a Moglia (MN).
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RRUG
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meeting leaders sviluppo di tecnologia serigrafica in grado di coniugare alta velocità, qualità e precisione. Il dipartimento di ricerca e sviluppo, infine, è coordinato internamente, ma si avvale anche del contributo di disegnatori e sviluppatori esterni. Questo consente a Cartes, che è proprietaria di brevetti nel campo del laser e della fustellatura semi-rotativa, di beneficiare di soluzioni originali applicate in altri settori dell’industria. Un’azienda nell’azienda, oltre le demo “tradizionali” Il centro demo di Cartes occupa un intero edificio, all’interno del quale è stata costituita una service company denominata Texet. Una scelta che la dice lunga sulla strategicità che Cartes attribuisce alle fasi di testing, validazione e produzione di etichette conto terzi. Il sito ricalca in tutto e per tutto un etichettificio. «Qui i clienti possono venire con i loro file e produrre un’intera commessa. Oppure testare i loro
impianti sulle nostre macchine, grazie alla versatilità delle nostre unità, che sono progettate e concepite per ricevere e adattare telai serigrafici, cliché di stampa a caldo e lamierini di formati e sviluppi diversi, utilizzando diverse tipologie di inchiostro, di qualsiasi produttore», spiega Ivan Spina. Nel centro demo sono installate stabilmente una macchina offset e le ultime release delle serie GT e Gemini, dotate di sistemi automatici di ispezione. Uno dei fiori all’occhiello di Cartes è particolare la tecnologia brevettata ILC, che consente di delaminare il materiale, fustellarlo dal retro e rilaminarlo, rendendo possibile il taglio di materiali scuri senza la formazione degli antiestetici bordi bianchi. Grande sforzo dimostrativo è poi dedicato alla stampa a caldo e, naturalmente, alla serigrafia. Un’area, quest’ultima, in cui Cartes riesce a combinare straordinaria qualità e velocità, grazie a una meccanica ultraprecisa e ad un sistema di asciugatura molto efficiente. «Per mettere a punto mac-
‖‖ Qui sopra, una delle prime stampanti a impatto realizzata da Cartes per la produzione di etichette per maglieria. In alto a destra, uno dei primi modelli a bobina. A fianco, i torchi tipografici custoditi all’ingresso del centro demo aziendale.
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chine e applicazioni, dedichiamo molto tempo all’ascolto dei clienti. Sta a noi capire, assecondare e tentare di industrializzare le loro esigenze. Per questo i nostri dimostratori non sono meccanici o venditori, ma stampatori di lunga esperienza», prosegue Spina. Impiegare addetti ai lavori nell’attività dimostrativa, in effetti, consente a Cartes di riprodurre, analizzare e risolvere anche le casistiche più complesse. A completare l’area dimostrativa ci sono le macchine compatte della Serie CE, inossidabili, seppur meno appariscenti. Queste possono combinare stampa a caldo, serigrafia, braille, fustellatura piana, numerazione, ma anche un’unità laser, prestandosi così a innumerevoli lavorazioni tradizionali e specialistiche. Costruzione sartoriale, pronta all’Industria 4.0 e al digitale Ci sono costruttori che scelgono di avere un approccio rigoroso e rigido alla gamma prodotti. Altri
che puntano sulla modularità. Altri ancora perseguono la personalizzazione spinta, caratteristica tipica dei modelli di “meccanica sartoriale” che contraddistingue i costruttori italiani. Grazie a una costruzione modulare, a un team di engineering estremamente reattivo e a un atteggiamento open source alla tecnologia, Cartes esprime forse il miglior equilibrio tra queste tre visioni. L’apertura alle terze parti, e la volontà di aderire alle aspettative di clienti in tutto il mondo, si manifesta nella piena compatibilità delle macchine di Cartes con l’Industry 4.0. Sia i sistemi laser della serie Gemini che le linee GT e CE, infatti, possono essere interconnesse con i sistemi gestionali dei converter, e un team di assistenza e sviluppo software supporta i clienti nelle fasi di integrazione, automazione, gestione dei flussi e dei dati. E il digitale? A sorpresa, Mario Lodi ci svela che il team di ricerca e sviluppo di Cartes è al lavoro su un modulo di nobilitazione inkjet.
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strategie Fondata nel 2010 come integratore di tecnologia inkjet, MTEX NS ha raggiunto dimensioni, competenze e capacità produttiva da (piccolo) costruttore mondiale
La digital factory portoghese è pronta alle sfide globali di etichette, packaging e textile di Lorenzo Villa
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ella geografia manifatturiera europea, il Portogallo non è forse paragonabile alla Germania o all’Italia, eppure la sua zona settentrionale ospita uno dei più evoluti distretti tessili, calzaturieri e vinicoli a livello mondiale. Allo stesso modo, difficilmente Eloi Ferreira sarà ricordato come il Vasco Da Gama dell’industria del printing; eppure, già da qualche anno, la nostra cu-
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riosità per quanto sta accadendo a Vila Nova de Famalicão non fa che aumentare. Inizialmente MTEX era considerata alla stregua di un piccolo sedicente integratore, venuto a cercare guai nell’arena ultraconservatrice del tessile. Superata indenne ITMA 2015 e affrontata temerariamente drupa 2016, la società portoghese ha quindi partorito il marchio New Solution e le prime macchine inkjet per etichette e cartone ondulato. Un’iniziativa che agli os-
servatori più scettici è parsa un mix tra una mossa di poker e un sacrilegio; e che, tuttavia, ci ha ulteriormente pungolati a saperne di più sul conto e sulle competenze del giovane brand, del suo fondatore e del suo team. Dopo l’annuncio delle partnership OEM con Heidelberg e Konica Minolta, e dopo aver partecipato al grande MTEX Summit lo scorso ottobre, abbiamo organizzato una spedizione a Porto per scoprire e raccontarvi chi e cosa c’è dietro
quella che si candida ad essere una delle più dinamiche industrie digitali europee. Tutto, tranne viti e bulloni Ciò che rende atipica MTEX NS – questo il nuovo brand name, che da quest’anno accorpa i due preesistenti – è la sua fisionomia ‖‖ In alto, l’area di assemblaggio delle piattaforme MTEX NS, ospitata nell’edificio principale dell’azienda.
strategie
André Jacques VP Sales e Marketing di MTEX NS
“Impieghiamo poche settimane a sviluppare una nuova macchina. È senza dubbio quello che ci differenzia” di azienda manifatturiera a ciclo completo. Qualcosa che pochi costruttori posseggono, specie se non hanno alle spalle una storia di costruzione meccanica pluridecennale. Una singolarità confermata con soddisfazione da André Jacques, VP Sales & Marketing di MTEX NS – una carriera nelle multinazionali del beverage – mentre ci mostra il magazzino materie prime, attiguo al reparto di carpenteria. «Possiamo comprare materiali grezzi e lavorarli esattamente come desideriamo. Trasformarli in un carrello di stampa o in un qualsiasi altro componente delle nostre macchine». Il reparto è suddiviso in due aree. La prima è dedicata alla saldatura e alle la-
vorazioni manuali di precisione. La seconda è occupata da evoluti macchinari per il taglio laser, alle linee di piegatura delle lamiere e centri di lavoro a controllo numerico. Moderno è anche il reparto di verniciatura a spruzzo elettrostatica. Nel padiglione attiguo, suddiviso in un’area di assemblaggio e un’altra dedicata al testing delle macchine complete, nascono tutti i modelli. Un team di esperti effettua test funzionali e qualitativi prima della spedizione del prodotto e, più raramente, il cliente effettua il collaudo in azienda. Il layout dell’area è modulare, ma la produzione è ben bilanciata tra macchine multi-pass per il tessile, con teste di stampa Konica Minolta, e macchine single-pass
per etichette e cartone ondulato, con teste di stampa Memjet. Attiguo alla produzione c’è un reparto di microassemblaggio dei cablaggi, che vengono preparati e stoccati. Un secondo laboratorio è dedicato alla produzione e allo stoccaggio di moduli complessi, come i carrelli di stampa, i sistemi di ricircolo e gli alloggiamenti per i serbatoi di inchiostro. In questo modo i componenti sono sempre disponibili, velocizzando l’assemblaggio e aumentando reattività e flessibilità. Anche quadri elettrici e PLC sono assemblati in azienda, così da poterli adattare rapidamente alle specifiche dei diversi mercati globali. La produzione è assistita da un magazzino automatizzato, che mette a dispo-
‖‖ In alto, da sinistra, la ricerca e sviluppo di MTEX NS, i reparti di saldatura e carpenteria, l’assemblaggio delle stampanti multi-pass per tessuto.
sizione dei tecnici i componenti necessari all’assemblaggio di ogni singola attrezzatura. La maggior parte delle stampanti industriali richiede da tre a quattro settimane di assemblaggio, mentre quelle compatte vengono assemblate in serie. Complessivamente MTEX NS può costruire e spedire ogni mese fino a 80 macchine compatte per etichette, o un numero compreso tra 12 NS Multi e 16 NS Lion. Allo stesso tempo, un altro team può concentrarsi sul tessile, costruendo fino a sei macchine dello stesso modello.
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strategie
Miguel Pontes COO di MTEX NS
“Per fare un buon lavoro di squadra, non c’è bisogno di diventare amici, ma di stabilire dialoghi aperti, condividendo gli stessi obiettivi.” Soluzioni rapide, grazie a un vivace dialogo tra reparti L’area produttiva è sovrastata da un open space che accoglie la ricerca e sviluppo, dove un gruppo di ingegneri si occupa della progettazione delle macchine e dei singoli componenti, con l’ausilio di software CAD 3D. Nella stessa area lavorano gli esperti di sviluppo software, e i redattori tecnici addetti alla stesura dei manuali d’uso delle attrezzature. La squadra di supporto tecnico ha i suoi uffici in un edificio adiacente, ma collabora strettamente con l’R&D, con cui condivide i programmi di assistenza e di training per tecnici e operatori. «Sviluppare per una macchina da zero oggi richiede
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poche settimane, e non ci spaventa più. È senza dubbio quello che ci differenzia», sottolinea Jacques. Modularità, inventario e responsabilità reciproca La produzione di una gamma così ampia di stampanti per target di utenza così vario (dal single al multi-pass, dall’entry-level all’industriale) implica la coesistenza di differenti engineering e di una grande quantità di componenti. Una sfida che Miguel Pontes, Chief Operating Officer di MTEX NS, affronta quotidianamente con il suo team, con i colleghi dell’ufficio acquisti. «La vocazione alla produzione su larga scala è nel nostro DNA ed è determinate nel nostro
modo di presidiare il mercato. È un punto di forza rispetto alla concorrenza», spiega Pontes. Un portfolio di prodotti tanto ampio, unito all’attitudine a rispondere affermativamente alle richieste dei clienti, impone a MTEX NS di gestire un magazzino di materie prime e semilavorati molto grande, con un uno sforzo finanziario rilevante. Se alcuni modelli hanno già una rotazione rapida, per altre piattaforme il passaggio dalla prototipazione alla costruzione seriale è necessariamente più lento. «Stiamo lavorando per accorciare la filiera e rendere sostenibile il costo di stoccaggio», continua Pontes. «Nel lungo periodo puntiamo a mantenere un flusso di produzione stabile, meno dipendente dall’andamento delle vendite». Una delle ricette che l’azienda portoghese sta applicando è la modularità. Già oggi tutte le stampanti tessili sono basate su moduli comuni, come i sistemi di alimentazione inchiostro. Mentre il campo delle etichette è più complesso, data la natura molto diversa di piattaforme come NS Atom e Pro. Altrettanto strategica è la capacità di MTEX NS di progettare e produrre internamente molti componenti, che rende l’azienda meno dipendente dai fornitori esterni. «Nel lungo periodo ci focalizzeremo su un numero più limitato di prodotti in settori specifici, ma oggi dobbiamo combinare personalizzazione spinta e
‖‖ Qui sopra, il dettaglio di un modulo di ricircolo inchiostri e una fase avanzata di assemblagio di NS Multi. In basso, la linea produttiva di NS Atom.
ampiezza di gamma». Una visione che la dice lunga sugli obiettivi di MTEX NS, che non punta a produzioni artigianali tailor-made, ma è già pronta a fare grandi numeri. «Per mettere a punto i prodotti organizziamo spesso brevi incontri, mirati alla soluzione di specifiche problematiche. Puntiamo alla massima cooperazione tra i reparti e abbiamo gerarchie ridotte all’osso. Ciò che conta è che ciascuno capisca qual è l’impatto delle sue azioni sui colleghi. Non c’è bisogno di diventare amici, ma di stabilire dialoghi aperti, condividendo gli stessi obiettivi», conclude Pontes. «Ho collaborato con più di dieci costruttori a progetti di ristrutturazione aziendale, e posso affermare che la nostra organizzazione in MTEX NS è davvero dirompente». Dal prodotto al processo In settori applicativi complessi, il focus dei clienti si è progressivamente spostato dal prodotto al processo. Per questo l’attività dimostrativa richiede sempre più investimenti, spazi, tempo e personale. Il Customer Innovation Center di MTEX NS è uno showroom evoluto, dove alle stampanti si affiancano moduli e unità di
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intervista a Eloi Ferreira Presidente e CEO di MTEX NS
“Riusciamo a sviluppare il prototipo di una nuova tecnologia in appena sei settimane. Per questo lavoriamo come OEM per grandi costruttori come Heidelberg e Konica Minolta.”
Chi è Eloi Ferrera e com’è iniziata la storia di MTEX NS? Ho iniziato come stampatore digitale nel 1998. Poi, all’inizio degli anni Duemila, mi sono occupato di importare le tecnologie del costruttore canadese Gandinnovations e nel 2006 ho deciso di sviluppare una stampante sublimatica da 3,2 metri, progettata qui in Portogallo, insieme al collega Marco Sousa, prodotta in Canada. Ma il nostro sogno era realizzare una stampante tessile industriale. Quando Agfa ha acquisito Gandinnovations, il progetto è stato accantonato, e ho capito di dover agire in autonomia. Nel 2010 ho costituito MTEX, selezionando Mimaki e il suo distributore portoghese, Digidelta, come partner tecnologici. Avevano il miglior engine di stampa e ci hanno supportato ad avviare l’attività. La nostra era un’azienda solida, ma in quel periodo Spagna e Portogallo sono piombate in una profonda crisi. E nel resto d’Europa non era facile proporre una tecnologia “Made in Portugal”. Come ne siete usciti? Ci siamo concentrati sullo sviluppo della macchina su base Mimaki. Ma la produzione esternalizzata causava inefficienze e ritardi. Avevamo idee originali, e i nostri clien-
ti Gandinnovations volevano fare il salto di qualità. Così abbiamo iniziato a distribuire EFI VUTEk, e abbiamo costituito New Solution per approcciare il mercato delle etichette con EFI Jetrion. Il mercato però domandava macchine entrylevel. Nel 2015 abbiamo proposto a Memjet di realizzare una macchina narrow-web, da presentare drupa 2016. Poi un grande player del settore ha proposto di acquisirci, ma ero troppo orgoglioso dei risultati raggiunti, avevo 40 collaboratori e volevo tenere la produzione in Portogallo. Così ho rifiutato. È stata una decisione difficile in un momento difficile, ma è la migliore che abbia mai preso. Il mio sogno era essere verticale, produrre tutto dalla A alla Z. Un progetto ambizioso, anche sotto il profilo finanziario... Per trovare le risorse abbiamo aderito a un bando comunitario, che abbiamo vinto. Ho contattato Panasonic per le teste di stampa e ho deciso che non volevo più comprare tecnologia da terze parti. Nel 2017 abbiamo spinto New Solution a progettare macchine più performanti, assunto ingegneri e inviato sei collaboratori alla Panasonic, in Giappone, per diversi mesi. Così abbiamo iniziato a con-
‖‖ Un momento del primo MTEX Summit, tenutosi lo scorso ottobre presso la sede aziendale.
finitura integrati. Qui ogni anno vengono organizzate un centinaio di dimostrazioni. L’area principale del centro è dedicata alle soluzioni per la grafica, con una stampante sublimatica MTEX Eagle abbinata a una calandra Monti Antonio.
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Negli stessi spazi sono installate le stampanti per etichette NS Lion e NS Atom, nonché il sistema NS Multi per il cartone ondulato. «Multi è la macchina che ultimamente genera più visite, grazie alle sue performance, alla compattezza
e all’investimento limitato», spiega Jacques. «Molti prospect sono scatolifici o tipografie che vogliono produrre scatole di alta qualità, a colori, per retailer e ristoratori». L’area più vasta è però quella dedicata al tessile industriale. Qui sono in funzione una linea completa MTEX Dragon con polimerizzatore in linea, e un’imponente MTEX Falcon da 3,3 metri con inchiostri a pigmento, anch’essa configurata con asciugatore, polimerizzatore e alzatrice in uscita. Le stampanti MTEX sono utilizzabili nei processi tessili convenzionali con inchiostri a pigmento, dispersi, reattivi e acidi. Per questo, il costruttore portoghese ha messo a punto una
trollare la goccia, sviluppare elettronica, waveform e software. Quali i vantaggi pratici? Avendo progettazione, carpenteria, taglio laser, verniciatura, laboratori elettrici ed elettronici, riusciamo a sviluppare il prototipo di una nuova tecnologia in appena sei settimane. Per questo lavoriamo come OEM per grandi costruttori come Heidelberg e Konica Minolta. Macchine a parte, qual è la ricetta del vostro successo? Flessibilità, passione, capacità di ascoltare e comprendere i desideri più autentici dei clienti. E duro lavoro, naturalmente. In pochi anni sei passato da stampatore a rivenditore, poi integratore e, infine, sviluppatore. Che effetto fa? Sono molto orgoglioso. Oggi ho quasi 140 collaboratori, l’azienda ha tutte le infrastrutture produttive in-house ed è in grado di supportare globalmente sia i clienti diretti che i costruttori più esigenti. Tra due anni MTEX NS sarà un’azienda diversa, ma lotterò perché questo team non perda le caratteristiche che lo rendono vincente.
gamma di soluzioni di post-trattamento, che include sistemi di lavaggio compatti e una gamma di vaporizzatori, sia per applicazioni da laboratorio che per medie produzioni. La vocazione di MTEX per il tessile nasce dalla sua localizzazione geografica, nel cuore di uno dei cluster tessili più innovativi. Qui hanno sede importanti centri di ricerca, sviluppo e formazione come il Citeve (Centro Tecnológico Das Industrias Textil e do Vestùario), con cui MTEX condivide ambiziosi progetti di validazione. «Non siamo più solo integratori, ma veri sviluppatori. Forniamo soluzioni per settori in cui molti vorrebbero entrare, ma non ce la fanno perché pongono troppo focus sul prodotto, e non investono in ricerca e apprendimento», conclude Jacques.
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strategie Fedele alla sua tradizione fotografica, Colorzenith raddoppia l’installato di sistemi da taglio digitali Protek e punta a nuove applicazioni in materiali rigidi e tessuto
Gli integralisti dalla qualità ampliano i servizi digitali tra stampa, taglio e nuovi media di Lorenzo Villa
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on è la prima volta che vi raccontiamo di Colorzenith e dei suoi percorsi tecnologici e di business. Costituita nel 1960, come parte di un gruppo italo-svizzero-olandese, la società milanese non ha mai smesso di essere un riferimento, prima nell’opulento settore fotografico, poi negli anni pionieristici della stampa digitale. Forte di importanti capitali e di un’esperienza
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nell’immagine senza eguali, già a partire dalla metà degli anni Novanta, Colorzenith è stata apripista del superwide format in Italia – inizialmente con stampanti a solvente VUTEk UltraVu, poi con le prime UV: VUTEk PressVu UV 180 e Durst Rho 160. In quasi 60 anni di storia, la cultura dell’immagine è il più grande asset di Colorzenith, che ha permesso all’azienda di servire in modo continuativo ed esclusivo clienti di prim’ordine – storica
la collaborazione con Giorgio Armani –, e di affrancarsi da logiche traviate di volume e di prezzo, sempre costruendo esperienze visuali oltre ogni aspettativa. Oggi, tuttavia, per distinguersi non basta più stampare, in alta qualità, immagini di grande formato: è necessario creare ulteriore valore attraverso processi evoluti di prestampa, nonché l’impiego di materiali unici e soluzioni di allestimento fuori standard. Così, nell’ultimo decennio, Colorzenith
ha investito nell’ampliamento delle proprie competenze, arrivando a plasmare la materia, per dare vita a progetti premium ed esperienze uniche. ‖‖ In alto, esempi di materiali espansi e materie plastiche fresate con i cutter Protek Unico TT e sottoposte a lavorazioni accessorie. Nella pagina a fianco: 1) la nuova Unico TT Conveyor con larghezza da 3,3 m; 2) l’area dedicata alla cucitura dei tessuti; 3) due delle quattro stampanti ibride EFI VUTEk da 3,2 m.
strategie 1
Aldo Neri CEO di Colorzenith
“Tra i 50 collaboratori dell’azienda, abbiamo sempre meno operatori o semplici commerciali, e sempre più autentici project manager, con competenze ampliate.” 2
Dalla fresatura al taglio di precisione dei tessuti Realizzare un allestimento per un evento, una vetrina o un punto vendita, implica l’utilizzo combinato di numerosi materiali, oltre che la loro sagomatura, piegatura, incollatura e varie altre lavorazioni accessorie. Per questo, nel 2015, Colorzenith ha introdotto il sistema industriale di taglio e fresatura Unico TT dell’italiana Protek. «Prima utilizzavamo una piattaforma SEI, che però era diventata inadeguata per produttività, precisione e potenza», spiega Aldo Neri, CEO di Colorzenith. «Protek, di con-
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tro, era un costruttore emergente e stava proponendo una macchina improntata all’evoluzione. Quando abbiamo iniziato a indagare su quale nuova macchina da taglio acquistare, coinvolgendo tutti i principali costruttori. Infine, abbiamo puntato su Unico TT per ragioni di versatilità, valori d’investimento e funzionalità di fresatura specifiche per il nostro settore». Negli ultimi quattro anni il business di Colorzenith è andato oltre le applicazioni tradizionali. L’azienda ha installato nuove stampanti ibride e roll-toroll, aumentando considerevolmente la sua potenza di fuoco; al punto che la sagomatura di pan-
nelli, materiali leggeri e supporti flessibili è diventato un collo di bottiglia. Alla fine del 2018, il management di Colorzenith ha ritenuto indispensabile acquistare una seconda macchina da taglio, capace di gestire medi volumi di materiali, sia rigidi che flessibili, con una larghezza fino a 3,2 metri. «Abbiamo analizzato per mesi le commesse in uscita sia dalle nostre macchine da stampa ibride che da quelle rollto-roll. È emerso che ci serviva una macchina da taglio dotata di conveyor belt e di un efficace sistema di alimentazione delle bobine, oltre che di utensili specifici per PVC, carta e tessuto»,
spiega Carlo Galloni, CFO di Colorzenith. «Sorprendentemente, anche in questo frangente, abbiamo concluso che Protek – di cui avevamo già potuto apprezzare affidabilità e servizi – aveva una soluzione che esprimeva il miglior rapporto prezzo/valore per le nostre esigenze». Materiali eterogenei per progetti complessi Visitare i reparti produttivi di Colorzenith consente, in pochi minuti, di fare un tuffo nel passato e buttare un occhio nel futuro. Non è un’esagerazione. Seppur anagraficamente giova-
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strategie ‖‖ A fianco, l’unità di fresatura flatbed Unico TT da 3x2 m e, sul fondo, la nuova Unico TT Conveyor con largezza da 3,3 m. In basso, Carlo Galloni e Aldo Neri, rispettivamente CEO e CFO di Colorzenith.
clienti storici. Anzi, la combinazione di stampa 3D (Massivit), taglio a filo caldo e fresatura (Unico TT) ha dato impulso a innumerevoli e inaspettate applicazioni materiche tridimensionali. «Grazie al software di Protek e alle nostre competenze interne nell’utilizzo di CAD 3D, con Unico TT riusciamo a realizzare bassorilievi incredibilmente precisi, fresando lastre di poliuretano da 240 kg al metro cubo, che uniscono resistenza e leggerezza», prosegue Neri. «Così possiamo creare oggetti con dettagli a rilievo, per completare campagne, decorare vetrine, sviluppare progetti di arredamento». Nuove competenze, nuove tecnologie, nuovi business
ni e appassionati di evoluzione tecnologica, Neri e Galloni ci accompagnano nella grande camera oscura aziendale animati da un mix di orgoglio e godimento. Qui, in piena operatività, sono installate la mitica Durst Lambda e una rara (e meno fortunata) Océ LightJet 500XL, l’unica macchina al mondo a produrre stampe fotografiche a tono continuo fino a una dimensione di 1,9x3,0 m. Il reparto inkjet, feudo di EFI VUTEk raramente espugnato, include i modelli GS3200, GS3250LX Pro, LX3 Pro e una nuovissima H3r per la stampa roll-to-roll ad alta velocità. A queste si aggiungono una HP Latex
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3200 da 3,2 m, una HP Scitex XP5300 da 5 m e altre piattaforme più compatte. Il reparto finitura include ogni genere di laminatori e calandre per accoppiatura, oltre a un’area dedicata alla cucitura del poliestere. I teli in PVC vengono saldati su una linea dedicata di 16 metri. Ad oggi la produzione di Colorzenith si articola su un mix bilanciato di rigido e flessibile, un’area quest’ultima dove è ancora il PVC a farla da padrone. «Qualche anno fa abbiamo avviato un progetto di stampa tessile in sublimazione, ma l’abbiamo abbandonato perché i tempi non erano maturi», spiega Neri. «Oggi, tuttavia, crediamo
che il processo sia più stabile e l’offerta dei costruttori più definita; per cui stiamo riesaminando la questione. L’introduzione della nuova Unico TT Conveyor è pensata anche in quest’ottica». Parlando di futuro, Colorzenith è uno dei pochi utilizzatori europei di Massivit 3D 1800, l’innovativa tecnologia israeliana che consente di effettuare la stampa 3D di oggetti di grandi dimensioni (fino a 180x150x120 cm) con uno speciale polimero UV-curable. Grazie a questo importante investimento, Colorzenith ha acquisito nuove commesse nel settore degli allestimenti teatrali, e offerto nuovi prodotti ai propri
Colorzenith ha scelto di confermare la centralità dell’immagine nella propria offerta, installando macchine da stampa più veloci e qualitative, nonché ipotizzando, per i prossimi mesi, nuovi investimenti nella sublimazione. Tuttavia, una committenza più esigente, bisognosa di un unico interlocutore con competenze multidisciplinari, impone all’azienda milanese di imprimere un’ulteriore accelerazione alla sua offerta di soluzioni multimateriche e multimediali. Per questo, molti dei materiali stampati, realizzati in 3D o sagomati con le due macchine Protek subiscono ulteriori lavorazioni: accoppiatura, finitura, levigatura, verniciatura, assemblaggio. «Tra i 50 collaboratori dell’azienda, abbiamo sempre meno operatori o semplici commerciali, e sempre più autentici project manager, con competenze ampliate», conclude Neri. «Solo così possiamo tenere i concorrenti a distanza, e continuare ad essere per i clienti gli unici a compiere missioni impossibili».
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strategie Grafiche Polimar è tra i primi etichettifici europei a installare MGI JETvarnish 3D Web di Konica Minolta per verniciatura, foiling e fustellatura di supporti in bobina
Nella terra dei grandi vini, le etichette sono premium, e la nobilitazione è digitale di Lorenzo Villa
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a Toscana è riconosciuta universalmente come terra di grandi vini. L’area compresa tra Siena e la costa tirrenica è patria di alcune tra le etichette più prestigiose: dal Bolgheri Sassicaia al Brunello di Montalcino, dal Morellino di Scansano al Montecucco. La provincia di Grosseto, in particolare, è uno scrigno di vigneti pregiati affacciati su un mare cristallino. Da queste parti le infrastrutture
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stradali e ferroviarie sono ferme agli anni Ottanta, l’industria non ha mai attecchito, il turismo è agreste ed elitario. Tutto ruota attorno al vino, e ad un lifestyle lento e godereccio. È qui che Ado Borzi – una brillante carriera commerciale e un’insana passione per inchiostri e caratteri tipografici – fonda Grafiche Polimar negli anni Settanta. «Quando ho deciso di investire i risparmi di una vita nella stampa, ho cercato di capire quale fosse il
trend del momento, e la produzione di moduli continui sembrava un business promettente». Polimar apre così i battenti con una macchina offset bicolore nuova fiammante: una Timson T24 a bobina, già allora dotata di un sofisticato sistema di registro per produrre in due passaggi una quadricromia perfetta. Da maggio 2019, l’azienda è il primo utilizzatore italiano di JETvarnish 3D Web – la macchina a bobina di MGI per verniciatura
e foiling digitale (nonché fustellatura), oggi integrata nel portfolio di soluzioni tecnologiche “Industrial” di Konica Minolta. Quale occasione migliore per conoscere un outsider dell’etichetta autoadesiva, ed esplorare una terra meravigliosa? ‖‖ In alto: a sinistra, la MGI JETvarnish 3D Web di Konica Minolta installata da Grafiche Polimar; a destra, il dettaglio di un’etichetta verniciata e laminata con la piattaforma di nobilitazione digitale.
strategie Da tipografia a etichettificio Negli anni Ottanta la capacità produttiva di Polimar cresce, con l’introduzione di nuove macchine offset a quattro colori: due Roland Web Print 39 a bobina, entrambe dotate di moduli flexo in linea. Ma qualche “nube” si profila all’orizzonte, e con scaltrezza Borzi inizia a ipotizzare nuove applicazioni per le sue narrow web, che grazie a un’inchiostrazione maggiorata ben si prestano alla produzione di stampati di alta qualità. Le competenze di prestampa e stampa offset consentono a Polimar di ottenere risultati ottimi dal punto di vista estetico; ma l’assenza di finishing e nobilitazione frena il desiderio dell’azienda di entrare nel mondo dell’etichetta. Ben presto queste lacune vengono colmate, e la piccola tipografia si trasforma in una fucina di fustelle rotative, linee di foiling, macchine serigrafiche, tavoli di controllo. «La nostra è una regione in gran parte agricola. Qui si producono alcuni dei vini più importanti d’Italia. Negli ultimi anni, sempre più imprenditori – italiani, tedeschi, francesi e svizzeri – stanno acquistando i vigneti di queste zone», spiega Borzi. «Con le loro cantine producono vini a lungo invecchiamento, per una clientela alto spendente. Quando è il momento di impreziosire le loro bottiglie, entriamo in gioco noi, con le nostre competenze e tecnologie». La particolare tipologia di clienti e di prodotti spinge Polimar verso lavori di qualità, nobilitati, e quasi sempre con tirature di poche migliaia di pezzi. La svolta digitale Nei primi anni Duemila, complice anche il rapido mutamento delle condizioni di mercato, Borzi si lascia contagiare dalla febbre del digitale. «Le tirature medie sono crollate e siamo stati costretti a efficientare i processi, riducendo tempi e scarti di avviamento. Anche i clienti da 3-400 mila etichette hanno ini-
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ziato a chiedere micro-lotti ed edizioni limitate da presentare ai buyer, o da portare al Vinitaly». Lo sbarco nel digitale avviene nel 2007 con una Canon a foglio. Nel 2008 si aggiunge una HP Indigo WS4600, rimpiazzata, nel 2017, con una WS6900. Poi, in anni recenti, l’azienda investe anche in alcuni sistemi a foglio di Konica Minolta. L’accresciuta offerta digitale consente a Polimar di soddisfare una domanda sempre più varia e frammentata, proveniente tanto dalle cantine locali che dai label designer più blasonati. L’ultimo decennio, in particolare, vede una crescente richiesta di personalizzazione e aggiunta di effetti speciali. «Al di là dei grandi brand e dei prodotti venduti in
‖‖ 1) La storica Timson T24 ancora operativa presso Polimar. 2) Una linea di foiling analogico. 3) Una delle due linee di fustellatura tradizionale.
enoteca, dove il cliente è guidato nella scelta, l’acquisto di una bottiglia è molto legato ai gusti e all’età anagrafica del buyer, a dinamiche di consumo personale o promozionali. Per questo, l’emozione che un’etichetta può suscitare diventa un fattore scatenante», spiega Borzi. E, guardandoci intorno, ce ne rendiamo conto facilmente conto: l’ufficio del titolare di Polimar è un florilegio di etichette stupende impossibili da ignorare, alcune minimaliste, altre impreziosite con ogni genere di nobilitazione.
Ado Borzi Fondatore e CEO di Grafiche Polimar
“Anche i clienti da 3-400 mila etichette hanno iniziato a chiedere micro-lotti ed edizioni limitate da presentare ai buyer o al Vinitaly.”
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‖‖ 1) Ado Borzi verifica la qualità di alcune etichette stampate con HP Indigo WS6900. 2 e 3) Grazie a JETvarnish 3D Web le lavorazioni di verniciatura, foiling e fustellatura sono gestite dall’operatore in pochi click, azzerando tempi di avviamento e cambio lavoro.
un dettaglio molto fine, e realizzare progetti che fino a ieri non erano possibili o economicamente sostenibili».
Anche la nobilitazione diventa digitale
Polimar è la prima azienda italiana ad aver installato JETvarnish 3D Web, nonché una delle prime in Europa. Per questo, ora ne sta testando le prestazioni, raccogliendo dati su tempi e costi di lavorazione. A motivare l’investimento sono stati la straordinaria qualità nella riproduzione dei dettagli, l’assenza di cliché, oltre che la velocità di avviamento e cambio lavoro. Il principale dubbio relativo alla macchina è stato sulla sostenibilità economica di un processo inkjet mai provato finora. Preoccupazione subito rientrata, come ci spiega Borzi mostrandoci la distinta di lavorazione di una commessa appena realizzata. «Per la verniciatura spessorata di queste 5.000 etichette da 145 mm di altezza, abbiamo impiegato circa venti minuti, e una decina di euro di vernice. Se le avessimo realizzate in serigrafia, in resa due, anche a condizione di avere un telaio già pronto, sarebbero costate il doppio e avremmo impiegato più di un’ora di tempo
Borzi può dirsi un antesignano della nobilitazione di etichette. Infatti, già vent’anni fa il piccolo etichettificio abbinava vernice spessorata e lamine metalliche – grazie all’impiego combinato della tecnologia serigrafica per la stampa, di quella flessografica per l’applicazione della vernice per il foiling, e ad una chimica sviluppata internamente. «È un processo che abbiamo inventato, ma mai brevettato, con cui producevamo basse tirature con livelli di nobilitazione inauditi». Un approccio che Polimar ha affinato, con nuovi processi e nuove tecnologie, fino al colpo di fulmine con Konica Minolta e MGI, scattato a Labelexpo 2017. «Non credo che JETvarnish debba necessariamente rimpiazzare il foiling tradizionale», spiega Borzi. «La nobilitazione digitale non è fatta per riempire un’etichetta, ma piuttosto per valorizzare
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Luci e ombre di una tecnologia rivoluzionaria
macchina e operatore». Abituati a gestire decine di commesse ogni giorno, sin dal giorno dell’installazione, gli operatori di Polimar hanno dirottato su JETvarnish 3D Web una mole di lavori significativa, incluse numerose commesse stampate in digitale, in sequenza, sulla stessa bobina. Un processo razionale e ottimizzato, che però si sposa male con le tecnologie analogiche. Con la nuova macchina digitale, Polimar può, invece, verniciare, laminare e fustellare i lavori in modo sequenziale, senza avviamenti multipli, cambi di bobina e di cliché. La sfida dei mercati globali, della tracciabilità e dei volumi Un workf low completamente digitale non può però ridursi a essere solo una soluzione per rendere più efficiente la propria produzione. Infatti, oltre a testare le performance della piattaforma MGI su lavorazioni già note, Grafiche Polimar sta dialogando con clienti e designer affinché si creino le condizioni per sfruttarne appieno le potenzialità. A partire dalle numerose cantine del territorio che, esportando i loro vini, devono spesso adattare testi e simboli presenti sulle etichette, o addirittura realizzare
grafiche specifiche per ogni mercato di destinazione. Poi, sempre più spesso, l’industria vinicola si avvale di nuovi canali di distribuzione, tra cui catene di ristoranti e alberghi, che trasformano i loro prodotti in materiali promozionali e di marketing. Un altro tema caldo – che troverà nelle tecnologie di stampa e nobilitazione digitale alleati preziosi – è l’utilizzo della blockchain nella tracciabilità dei prodotti. «La personalizzazione spinta non è mai stata una tendenza, come anche il dato variabile», spiega Borzi. «Di contro, per intercettare i gusti e le istanze di una clientela globale, oggi le cantine devono avere un catalogo ampio, arrivare velocemente sul mercato con un’etichetta senza compromessi». L’ultima sfida di Borzi è quella dei volumi. Come ripagare velocemente un investimento rilevante come JETvarnish 3D Web, e scalare questo modello full digital? «Per le nostre necessità odierne, la macchina MGI è sovradimensionata. Ma vogliamo essere certi di poter far fronte ai picchi di lavoro. Nel medio termine, l’obiettivo è acquisire nuovo lavoro offrendo la nostra capacità produttiva a etichettifici meno strutturati. E, se sarà opportuno, pensare a fusioni e acquisizioni».
strategie Digital Point triplica gli spazi, affina la logistica, investe sul workflow e introduce una seconda Elitron Kombo TAV e una Agfa Jeti Tauro 3300 automatizzata
Automazione, network e coesione umana: così nasce la nuova industria digitale di Lorenzo Villa
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ondato sulle storie di sign maker d’avanguardia e alimentato dalla trasformazione digitale di serigrafie, fotolito, tipografie e fotolaboratori, il mercato della comunicazione visiva resta popolato da PMI che approcciano alla produzione in modo quasi artigianale. Solo di recente, grazie all’avvento di tecnologie più evolute e produttive, alcune aziende hanno intrapreso un percorso verso l’automazione
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dei processi; ma il fattore umano continua a giocare un ruolo determinante. In proposito, le esperienze più significative riguardano gli stampatori online, che perseguono economie di scala e standardizzazione, nonché una manciata di aziende digitali che hanno messo le proprie competenze al servizio di filiere produttive ad alto volume. Nata alla fine degli anni Novanta, da aziende già operanti nell’ambito della comunicazione, Digital Point è oggi parte della rete di im-
prese GPT (Gruppo Poligrafico Tiberino). Per scoprirne le professionalità, i processi e le tecnologie di svolta, abbiamo visitato la nuova sede alle porte di Perugia, insediata in uno dei più dinamici distretti italiani del printing e del packaging. Spazi e infrastrutture per una crescita esplosiva A guidarci alla scoperta del sito produttivo di 6.000 m2 è David
Pacifici, socio e managing director dell’azienda: «Nell’ultimo anno i volumi sono esplosi e il fatturato è cresciuto sensibilmente. Grazie ai nostri vent’anni di esperienza e alla nostra professionalità, abbia‖‖ In alto, uno scorcio del reparto produzione di Digital Point con una delle due Elitron Kombo TAV (a sinistra), la nuova Agfa Jeti Tauro H3300 LED (a destra) e la Durst Rho P10 200 HS (in fondo), entrambe completamente automatizzate. Nella pagina a fianco, la nuova sede dell’azienda a Perugia.
strategie mente la nostra offerta.
intervista a David Pacifici, Nadia Stramaccioni e Eridano Cenciarelli Soci di Digital Point
“Possiamo gestire in digitale lavorazioni di bassa e media tiratura, con ottimi risultati e tempi di consegna certi.”
mo infatti acquisito alcuni importanti nuovi clienti. Così abbiamo dovuto acquistare una nuova sede, tre volte più grande della precedente». Se fino a pochi anni fa il core business dell’azienda erano piccoli display, poster, biglietti da visita e stampati commerciali, oggi i grandi brand (soprattutto quelli della GDO) rappresentano la maggior parte del suo fatturato. Questo ha imposto a Digital Point una riorganizzazione dei flussi produttivi, che si riflette nell’organizzazione degli spazi del nuovo edificio. Dalla progettazione al prodotto finito L’area dedicata a uffici e sale riunioni è pensata per ospitare in contemporanea più interlocutori,
Come si può crescere in un mercato maturo? La nostra ricetta è stata creare un’azienda di sostanza, dalla prestampa all’apparato produttivo, fino alle infrastrutture per i dipendenti. Lottando abbiamo costruito l’azienda dei nostri sogni, in cui ospitare clienti e partner in ambienti progettati per loro. E dove i nostri dipendenti possono godere della vicinanza del parco fluviale del Tevere, e accedere a spogliatoi, docce e servizi che consentono loro di abbinare attività sportiva e lavorativa. Vogliamo permettere a chi lavora con noi di avere qualcosa in più dall’azienda.
Il progetto nasce nel 1999 da un insieme di professionalità e aziende già operanti nella comunicazione, nella prestampa e nella stampa tradizionale, con l’idea di fondare un’importante realtà digitale.
Qual è stato il punto di svolta? Sotto il profilo produttivo, il cambiamento vero è avvenuto con l’introduzione di macchinari industriali automatizzati, che consentono di passare dal carico manuale alla gestione dei materiali su pallet. Un passo avanti epocale. Prima molto dipendeva dall’operatore, dal suo talento e dal suo personale approccio. Ora, grazie a sistemi come Jeti Tauro e Kombo TAV, la previsione dei costi è molto più realistica. E poi abbiamo scoperto che, lavorando su più turni, possiamo gestire in digitale basse e medie tirature, con ottimi risultati e tempi certi.
Come nasce Digital Point?
Cosa vi tiene uniti? Siamo una squadra e ci piace fare risultato insieme. Abbiamo creato un clima informale nei modi, ma molto operativo nella sostanza: deliberiamo investimenti importanti in tempo zero, abbiamo un business plan industriale e obiettivi ambiziosi, che ci fanno superare le difficoltà quotidiane. Stiamo trasformando l’azienda affinché sia più efficiente, e ci prepariamo a diversificare maggior-
Altri ingredienti chiave nel vostro percorso di crescita? Sicuramente le infrastrutture software, che ti fanno governare azienda e processi. Gli stampatori hanno a cuore il ferro: tendono a sottostimare l’importanza di monitorare e gestire gli avanzamenti delle commesse, la preventivazione e la consuntivazione, l’integrazione con i sistemi informativi dei partner logistici. Inoltre avere numeri veritieri da riportare nella distinta base fa una grande differenza.
per giornate dedicate allo sviluppo e alla validazione dei nuovi progetti. Il reparto progettazione e prestampa è la vera e propria torre di controllo di Digital Point. Un team di cinque persone elabora e verifica i file destinati alla produzione.
Gli operatori hanno competenze di grafica, progettazione cartotecnica e gestione colore. Un’efficace infrastruttura software, con funzionalità di preflight e gestione del workflow, ottimizza le commesse, mentre il colore è gestito central-
mente da un server che consente di equalizzare la cromia di tutte le macchine da stampa presenti in azienda, lasciando ai vari RIP (EFI Fiery, Caldera GrandRIP e Agfa Asanti) il compito di processare i lavori o organizzare le code di
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stampa. L’unica eccezione riguarda la nuova Agfa Jeti Tauro H3300 LED, il cui software applica una ulteriore ottimizzazione relativa ai colori light cyan e light black. La superficie dedicata alla produzione è divisa in due grandi open space. Il primo dedicato ai processi di stampa e finitura, il secondo al confezionamento e alla logistica. Il digitale cresce in capacità e qualità Con il recente acquisto di due stampanti a foglio Xerox Iridesse, dotate di toner speciali oro, argento, bianco e clear, Digital Point ha rafforzato la sua presenza nel piccolo formato; ambito applicativo al quale è dedicato un reparto finitura con macchine automatiche. Per la stampa su materiali flessibili fino a una larghezza di un metro, l’azienda ha adottato due HP PageWide XL8000 con taglierine XY automatiche di Fotoba in linea. Ma la sfida dell’automazione si
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gioca soprattutto nella produzione di materiali cartotecnici su ondulato e supporti rigidi, cavallo di battaglia di Digital Point. Qui la base installata è composta da due Durst – una Rho P10 160 e una Rho P10 200 HS con carico e scarico automatico –, oltre che da una Agfa Jeti Tauro H3300 LED, anch’essa con carico e scarico automatico. «La nuova piattaforma di Agfa ci consente caricare supporti da più bancali affiancati, senza cali di produttività. Inoltre ha una tenuta perfetta del registro nelle lavorazioni in bianca e volta», spiega Eridano Cenciarelli, responsabile di produzione. La finitura di grande formato Per un’azienda nativa digitale, quella del taglio mediante sistemi multifunzione in piano è una dinamica ormai assodata. Già nel 2007, Digital Point ha introdotto il suo primo cutter digitale – un Kongsberg XL44 per il taglio e la
fresatura dei materiali rigidi. Poi, negli anni successivi, l’azienda ha ampliato il reparto installando anche una fresa e un sistema di taglio Elitron Kombo SD. L’arrivo della prima Durst automatizzata e un’operatività fissa su due turni hanno, però, generato colli di bottiglia nelle lavorazioni di fustellatura e sagomatura, costringendo il personale ad accumulare straordinari. Questa condizione ha indotto Digital Point ad analizzare pro e contro di diverse possibili soluzioni, tra cui l’affidamento di alcune lavorazioni ad aziende terze, l’installazione di nuovi plotter da taglio in batteria, o l’adozione di un plotter da taglio totalmente automatico di ultima generazione. Quest’ultima opzione è stata giudicata la più valida, al punto che, nel 2014, l'azienda acquista la sua prima Elitron Kombo TAV. «Al pari della stampa, il taglio è una lavorazione fondamentale, che va avanti senza sosta per sedici ore al giorno. Per questo, ci siamo posti l’obietti-
‖‖ 1) La seconda linea di taglio Elitron Kombo TAV installata da Digital Point, dotata di alimentatore e impilatore per pile di pannelli fino a 1,5 metri di altezza. 2) La prima Kombo TAV installata in azienda, oggi dedicata alla produzione degli imballaggi necessari per la spedizione delle commesse. 3) L’impilatore di Kombo TAV, che grazie ad Airo Panel consente uno scarico preciso dei pannelli fustellati direttamente su bancali. Questi ultimi possono essere movimentati attraverso transpallet, o appoggiati su appositi carrelli progettati da Elitron.
vo di automatizzarlo e renderlo indipendente dalle performance degli operatori», spiega Pacifici. Verso le medie tirature La prima scommessa di Digital Point è stata la realizzazione di prototipi e piccoli lotti di espositori – stampati, laminati, fustellati e assemblati affinché fossero in tutto e per tutto simili a quelli prodotti in offset, in alti volumi. La crescita della domanda
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‖‖ In continua evoluzione, il reparto stampa digitale di grande formato di Digital Point riflette la vocazione dell’azienda ad automatizzare i processi produttivi. In alto e a sinistra, la nuova Agfa Jeti Tauro H3300 LED; capace produrre fino a 453 m2/ora, la macchina è equipaggiata per il carico e lo scarico del materiale da uno o più bancali affiancati. Qui sopra, la Durst Rho P10 200 HS; capace di produrre fino a 350 m2/ora, e anch’essa equipaggiata con alimentatore e impilatore automatici.
just-in-time, tuttavia, ha costretto l’azienda a cimentarsi nella progettazione, validazione e produzione finale di quantitativi medio-grandi. Per minimizzare i tempi tra la realizzazione del prototipo e la produzione effettiva, azzerare i tempi di avviamento, nonché ridurre fermi macchina e scarti, il management ha nuovamente dato fiducia a Elitron. Grazie alla completa automazione di carico e scarico, Kombo TAV consente di ottimizzare il processo, limitare all’indispensabile i touchpoint e aumentare le marginalità, anche su prodotti a basso valore aggiunto. «Prima di lavorare una commessa, realizziamo sempre un campione completo per verificare la qualità estetica del risultato, ed effettuare tutti i test strutturali del caso. Così, eventualmente, possiamo apportare al file le correzioni necessarie», continua Cenciarelli. L’adozione di flussi e macchinari
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completamente automatizzati, e più produttivi, ha incoraggiato un cambio di mentalità in azienda. A maggio 2019, soddisfatta dell’esperienza avuta con Kombo TAV, Digital Point ha installato una seconda linea di taglio Elitron: Kombo TAV-R. Oggi, la macchina più datata è impiegata nella produzione degli imballaggi per i prodotti finiti, mentre la più nuova è impiegata per la finitura dei prodotti stessi. Con il vantaggio di una completa intercambiabilità dei due sistemi, in funzione dei carichi di lavoro. Verso la produzione automatica supervisionata dell’operatore Tra i plus della tecnologia Elitron c’è il sistema Airo Panel, che permette di effettuare lo scarico e la sfridatura del materiale tagliato, senza bisogno di tacche di tenuta, con significativi risparmi di tempo.
«Se in prestampa tutto è eseguito a regola d’arte e i fogli di cartone non sono danneggiati, possiamo davvero lavorare con il solo presidio umano di controllo», spiega Pacifici. «Poche settimane fa, ad esempio, abbiamo utilizzato le due Kombo TAV per numerosi turni consecutivi, senza fermarle, e limitandoci a ricaricarle». Grazie ad Airo Panel, alla doppia testa di taglio e alle telecamere per il rilevamento dei marchi di registrazione, Digital Point è in grado di fustellare in digitale anche commesse urgenti, stampate da aziende partner con tecnologie analogiche. L’importanza della logistica Digital Point si distingue dalla concorrenza offrendo una gamma di servizi chiavi in mano straordinariamente ampia. Tra i fiori all’occhiello dell’azienda c’è il reparto di
assemblaggio, confezionamento e spedizione di kit seriali, anche personalizzati. Un team dedicato si occupa della realizzazione dei kit, mentre l’offerta logistica si articola tra corrieri espressi, trasportatori con mezzi ad alta capacità, programmi di prelievo fisso, e soluzioni personalizzate. «Ogni giorno riceviamo dalla produzione grandi quantità di materiale, che riusciamo a spedire entro sera grazie all’efficienza dei nostri collaboratori», spiega Cenciarelli. «Abbiamo squadre dedicate ai vari compiti, dall’incollaggio alla costruzione, fino all’ottimizzazione degli imballaggi e l’inscatolamento». Inoltre, per ridurre i consumi di cartone e azzerare il volume inoccupato, il reparto logistico lavora a stretto contatto con la progettazione, che disegna, di volta in volta, scatole con caratteristiche personalizzate sulla base dei prodotti che dovranno contenere.
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strategie Konica Minolta utilizza sistemi di taglio Valiani nei suoi centri demo, ispirando i clienti e promuovendo nuove competenze presso clienti, tecnici e venditori
Workflow open source per costruire business vincenti dalla stampa al finishing di Lorenzo Villa
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onica Minolta è, tra dei brand della stampa dig itale a toner, uno di quelli che ha investito maggiormente sull’inkjet, oltre che su tecnologie alternative per mercati lontani dall’office e dal commercial printing. L’introduzione, nel 2014, di sistemi narrow web per etichette e, nel 2016, della B2 a foglio AccurioJet KM-1, hanno proiettato il costruttore nipponico nel
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ricco mercato degli imballaggi. Mentre l’accresciuto investimento in MGI gli ha garantito una posizione di leadership nella nobilitazione digitale di stampati commerciali, editoriali, etichette e packaging. Settori esigenti, in cui la digitalizzazione dei processi non riguarda la sola stampa, ma impone approcci integrati e multidisciplinari. Al punto che gli stampatori e le cartotecniche che ne sono espressione, già da qualche anno fanno scuola con inve-
stimenti in nuove piattaforme di design, gestione del workflow, stampa, nobilitazione, prototipazione e finishing digitale. In quest’ultima area l’offerta è vasta, e l’adozione di sistemi compatti di fustellatura digitale è un trend crescente, sebbene la dimensione media delle macchine e i valori di investimento inducano molti piccoli e medi stampatori a desistere. Abbiamo già parlato più volte del posizionamento unico dei sistemi di taglio Valiani, diffusi su
scala globale presso piccoli, medi e grandi operatori del printing e del packaging. Già a drupa 2016 il costruttore italiano ha dimostrato l’affinità delle sue serie Optima V e Mat Pro Ultra V con i più evoluti engine di stampa digitale, uno dei quali è stato utilizzato ‖‖ In alto: a sinistra, packaging ed etichette fustellati con tecnologia Valiani al Digital Imaging Square di Milano. A destra Alberto Bettinelli e Fabio Saini di Konica Minolta.
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‖‖ 1) Applicazioni di packaging stampate su AccurioPress C6100, con i marchi di registro per la fustellatura sul plotter da taglio Valiani. 2) Il mettifoglio del sistema di nobilitazione digitale JETvarnish 3D Evo. 3) Alberto Bettinelli di Konica Minolta prepara una lavorazione di taglio e cordonatura. 4) Packaging di lusso stampato, nobilitato e fustellato per una demo. 5) Esempi di packaging realizzati con tecnologie di stampa e nobilitazione Konica Minolta.
sullo stand di Konica Minolta. Da allora, le collaborazioni si sono ampliate. Diversi brand del digitale e dell’offset (come Koenig & Bauer) hanno scelto i sistemi di taglio compatti di Valiani per i propri centri dimostrativi, stand fieristici, open house e road show. Anche Konica Minolta, per realizzare applicazioni finite più efficaci, già da un anno utilizza un cutter Valiani nel suo centro demo europeo a Lagenhagen (Germania), e da qualche setti-
mana una Maximus V è installata nel grande Digital Imaging Square di Milano. «Anche se hai tecnologie industriali uniche e differenzianti, come le nostre JETvarnish, AccurioLabel e AccurioPress, oggi è sempre più importante contestualizzarne le applicazioni e la loro efficacia», spiega Fabio Saini, Product Manager Industrial Printing di Konica Minolta Italia. «Per questo, già da tempo abbiamo aperto le nostre porte, i nostri eventi e le nostre
demo a costruttori terzi. Con Valiani non abbiamo accordi di esclusiva, ma abbiamo scelto di intraprendere un percorso che va oltre la tecnologia e che sta entusiasmando clienti, tecnici e venditori». La sfida dei due brand è quella di mostrare come anche una stampante a toner, se di alta qualità e affiancata dalle giuste tecnologie accessorie, può produrre, astucci, cartelline, inviti, biglietti da visita etichette e sticker sagomati e nobilitati. I vantag-
gi che JETvarnish (per la nobilitazione) e Valiani (per il taglio) condividono sono l’assenza di cliché e fustelle, l’azzeramento dei tempi di avviamenti, l’ottimizzazione degli spazi in produzione. «Uscendo dal nostro centro demo con il loro lavoro stampato, nobilitato e fustellato, i clienti si rendono conto di come potrebbero a loro volta offrire questo vantaggio ai loro clienti, conquistando nuovi spazi, fatturati e marginalità», conclude Saini.
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strategie Due siti produttivi, in Piemonte e Campania, grandi clienti e alti volumi sempre più frammentati: ecco le sfide che Drorys Packlist vince (anche) grazie al software
Rilanciare il business delle etichette in alti volumi, tra ricerca e razionalizzazione di Lorenzo Villa
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accontandovi di etichettifici impegnati a innovare e digitalizzare le proprie attività, ci troviamo spesso di fronte a fornitori di settori ricchi o di nicchia. Chi ogni giorno deve produrre commesse piccole e complesse, rispondendo a bisogni di nobilitazione e variabilizzazione spinta, è senza dubbio il target ideale delle tecnologie digitali e ibride. Più complesso e selettivo è invece il
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segmento degli altissimi volumi, dove la competizione è limitata a pochi operatori, e la sfida si gioca sui milioni di pezzi e su marginalità non sempre favolose. La storia di Drorys Packlist ha inizio a Torino, negli anni Quaranta, quando Twila Shaul Drory, con la sua Drorys Import Export, comincia a commercializzare etichette prodotte da Avery, diventando un antesignano dell’autoadesivo in Italia. Nel 1969 l’azienda piemontese installa la prima macchina da
stampa e di lì a poco viene costituita Packlist, specializzata nella produzione di etichette in alti volumi. Il sodalizio tra Drory e Piergiulio Brocani, responsabile commerciale dell’azienda, consente a Drorys Packlist di acquisire clienti del calibro di Ferrero, Coppertone, Kraft, Palmolive e Ilva, e costituire una filiale produttiva nel Sud Italia, nel 1991. Nel 2000 l’azienda arriva a stampare 2,5 miliardi di etichette per il marchio Tic Tac di Ferrero. Appena due
anni dopo, però, il mercato cambia: Ferrero esige di produrre le etichette in prossimità dei suoi siti in Irlanda, Canada, Polonia e nel resto del mondo. L’etichettificio italiano, però, non reagisce e resta fuori dai giochi. Parallelamente l’Italia adotta l’euro, azzerando il ‖‖ In alto, a sinistra una bobina delle leggendarie etichette Ferrero Rocher. A destra, un dipinto evocativo della capacità di Drorys Packlist di rendere uniche le etichette di grandi brand.
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vantaggio competitivo correlato al cambio della lira con il dollaro e altre valute. Nel 2007, alla morte del suo fondatore, Drory’s Packlist viene lasciata in eredità a una fondazione scientifica israeliana. Il nuovo corso, oltre l’etichetta Dopo anni di tentate vendite e mancati investimenti, nel 2014 la proprietà si convince che lo storico collaboratore di Drory, Piergiulio Brocani, è l’unico acquirente possibile, e l’azienda passa di mano. «Per quanto fosse difficilissimo in un’azienda vecchia, legata a business consolidati, abbiamo cambiato rotta», racconta Gabriele Brocani, figlio di Piergiulio e attuale CEO dell’azienda. «La svolta è stata possibile grazie a Drorys Sud, la nostra filiale nel Sud Italia, che si è concentrata su ricerca, sviluppo e realizzazione di nuovi prodotti. Abbiamo poi confermato la partnership con Ferrero e avviato nuove collaborazioni con brand come Heineken, Gazprom e tanti altri». La Drorys Sud di Palomonte (SA), oggi parte del gruppo Drorys Packlist, si concentra su processi di
spalmatura di adesivo, accoppiature, integrazioni e sviluppo di nuovi concept. Dei circa 100 collaboratori dell’azienda, 70 lavorano presso Drorys Sud. La sede piemontese resta però il cuore pulsante dell’azienda, dove hanno sede la direzione, l’amministrazione, la contabilità e alcuni dei principali impianti produttivi. Competizione globale, competenze locali Per la natura del suo business e la dimensione dei suoi clienti, Drorys non compete con i piccoli e medi etichettifici, ma affronta quotidianamente la concorrenza dei giganti del settore. «I nostri competitor sono CCL, Multicolor, All4Label e aziende che hanno una presenza globale ed economie di scala impressionanti», spiega Brocani. «Ma siamo nati così, facciamo fatica a cambiare pelle e le tecnologie digitali, seppur valide, per noi sono quasi irrilevanti. Nel 2000 siamo stati i primi a installare una Xeikon e da allora ne abbiamo avute cinque, ma sarei disonesto se dicessi che per noi è stata una
tecnologia di svolta». Al pari di tutte le aziende che vengono da un background analogico e da logiche di volume, per Drorys Packlist la stampa digitale è poco più che un vezzo, almeno finché essa non eguaglierà o migliorerà i costi e le prestazioni della stampa tradizionale. Su questo punto Brocani ha le idee chiare: «Per avere successo col digitale bisogna specializzarsi. La macchina digitale nell’azienda tradizionale non funziona. Non è un problema produttivo, ma strategico e gestionale. Tra i nostri progetti, infatti, c’è un’azienda completamente digitale, che possa servire altri etichettifici». Razionalizzare per resistere alla frammentazione Tutti i settori manifatturieri stanno facendo i conti con la razionalizzazione delle produzioni e la personalizzazione spinta. Anche l’etichetta – complici la globalizzazione, la riduzione dei magazzini, la produzione sul venduto, e le mutate esigenze dei consumatori – deve adattarsi a questa tendenza, consentendo
‖‖ Il sito produttivo di Drorys Packlist a Torino. 1) L’unità rotocalco per la stampa e la fustellatura di tessuto in poliestere con certificazione alimentare. 2) Il reparto digitale con Xeikon 3030. 3) La linea flexo a 10 colori Gallus EM410S con moduli serigrafici. 4) L’ufficio di pianificazione delle commesse con il software Edigit Label-64.
maggiore varietà in termini di grafiche, lingue e diciture di legge. «Fino a una decina di anni fa stampavamo enormi quantitativi di etichette per le caramelle Tic Tac, che allora erano disponibili solo nei gusti arancio e menta. Ferrero voleva la rotocalco perché era il processo più sicuro per l’alimentare, ma la globalizzazione ha cambiato i giochi e sdoganato la flexo, dando spazio a una concorrenza generalista». Così, Drorys Packlist si avvicina a nuove tecnologie e mercati, tra cui la stampa su poliestere delle sorprese per gli ovetti Kinder. «La frammentazione delle commesse ci ha portati a una revisione completa di processi, risorse umane e tecnologie, dal design alla prestampa, fino alla produzione, all’assistenza clienti e ai servizi».
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strategie ‖‖ A sinistra, Gabriele e Piergiulio Brocani, titolari di Drorys Packlist. In basso, una vista d’insieme dell’area produttiva.
La solutione alle criticità gestionali è nel software
ne, contabilità, CRM e rilevazione dati a bordo macchina.
Un apparato profondamente modificato – digitalizzato e suddiviso in due siti produttivi lontani quasi mille chilometri – induce Brocani a rivedere i processi gestionali. «Dovevamo avvicinare Palomonte a Torino, unire due realtà “staccate”, che per troppi anni seguivano percorsi paralleli ma indipendenti. Un esempio? Abbiamo scoperto che pagavamo due prezzi diversi per lo stesso materiale; o che certe commesse venivano gestite a Palomonte anche se la macchina più idonea era a Torino. Così abbiamo centralizzato l’assistenza clienti, la pianificazione della produzione, l’ufficio acquisti e l’amministrazione. Oggi quando arriva un ordine decidiamo dove eseguirlo in base ai carichi di lavoro, alla tipologia di macchine, all’efficienza che desideriamo». L’integrazione, tuttavia, si rivela una sfida ardua, per ragioni tecniche e umane. Il management di Packlist capisce che la produzione è troppo scarsamente informatizzata e che la rilevazione dei dati su macchine di diversa tipologia e generazione è complessa e richiede molto tempo. Analizza così diverse soluzioni sul mercato, scegliendo di affidarsi alla software house italiana Edigit che, con la suite Label-64, propone strumenti integrati di preventivazione, consuntivazio-
Una base installata sempre più eterogenea
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Il sito produttivo di Torino è un modello di razionalità; eppure, come gran parte degli etichettifici, presenta una forte varietà tecnologica e di processo. Mentre la prestampa è esternalizzata ad un’azienda terza, in produzione sono presenti tutti i tipi di finitura, due unità serigrafiche, fustellatrici piane e semirotative, due linee tipografiche Gallus R200, una 6 colori per piccole tirature, una linea flexo a 10 colori con moduli serigrafici, hot e cold foil. Vera chicca è la linea dedicata alla
stampa delle etichette dei Ferrero Rocher, che ogni anno sforna miliardi di pezzi. Ciliegina sulla torta, il reparto di stampa con certificazione alimentare, equipaggiato con una rotocalco dotata di gruppo flexo intermedio e fustella a fine linea. Qui Drorys Packlist stampa e sagoma uno speciale tessuto destinato alle sorprese degli ovetti Kinder. I benefici di una produzione gestita Entrando in produzione, colpisce vedere, accanto a ogni attrezzatura, un PC con lettore di codici a barre, che gli operatori utilizzano per tracciare in tempo reale le commesse, rilevarne i tempi di la-
vorazione e aggiornarle lo stato. Le macchine di generazione più recente, invece, sono già interconnesse in modo nativo. «Per ogni commessa, l’ufficio pianificazione carica alcuni dati base nel gestionale Edigit e gli operatori li aggiornano man mano che eseguono le varie lavorazioni. Così possiamo sapere in ogni momento cosa sta succedendo, sia a Torino che a Palomonte», spiega Brocani. Tra i benefici tangibili sperimentati da Drorys Packlist c’è la capacità di rilevare con precisione tempi di avviamento ed esecuzione, nonché il quantitativo degli scarti. «In un’azienda con una storia lunga come la nostra, il rischio di produrre in perdita è altissimo. Il processo preventivo/consuntivo integrato ci ha dato un beneficio e il nostro focus si è spostato dal fatturato alla marginalità. Poi, laddove non possiamo competere con il prezzo, ci giochiamo la partita sui servizi e sulla flessibilità», conclude il CEO di Drorys Packlist. Il futuro? Al di là della newco 100% digitale, l’azienda torinese punta a raggiungere maggiori livelli di specializzazione, oltre a intensificare la propria ricerca e sviluppo, coordinandola con università e laboratori basati in Europa, Asia e Nord America.
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strategie OKI Pro1040 e Pro1050, grazie a bassi costi di gestione e alla configurazione a cinque colori, con bianco, sono ideali per piccoli stampatori e utilizzatori finali
La tecnologia a toner OKI, basata su LED, democratizza la produzione di etichette
Mauro Palermo Regional Product Marketing Manager di OKI Europe
A
ppannag g io di poche centinaia di operatori specializzati, quello delle etichette è un business specialistico, ma anche piuttosto remunerativo. Per questo, anche stampatori di altri settori tendono ad accettare richieste di etichette, utilizzando poi stampanti a foglio o fornitori esterni per realizzarle; pochi rifiutano questo tipo di commesse. Cosciente di questa situazione,
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“Pro1050 offre la possibilità di produrre etichette anche a operatori senza competenze specifiche.” OKI ha sviluppato una piattaforma compatta, pensata per consentire anche ai piccoli e medi operatori di stampare etichette in bobina utilizzabili su linee di etichettatura. La tecnologia di base è quella a toner secco con fusione a LED che ha reso famosa OKI nell’industria. La gamma di nuove stampanti è composta dai modelli Pro1040 e Pro1050, entrambi capaci di alimentare bobine fino a 130 mm di larghezza. Pro1050 ha in più il toner bianco, utile
per la stampa su materiali colorati o su adesivi trasparenti, per ottenere il cosiddetto “no label look”. Tra i vantaggi della piattaforma: il ridotto investimento iniziale, i costi di gestione più bassi rispetto a molte soluzioni inkjet entry-level, nonché la compatibilità con materiali non pretrattati. «Pro1050 offre la possibilità di produrre etichette di alta qualità anche a operatori senza competenze specifiche, come centri servizi, cantine vini-
cole, piccole aziende alimentari e operatori logistici», spiega Mauro Palermo, Regional Product Marketing Manager di OKI. La nuova serie, che ha già messo a segno decine di installazioni in Italia, è attualmente proposta attraverso tre partner qualificati: Finlogic e Future Tech in Lombardia, Etifoil Group a Firenze. ‖‖ In alto, la stampante OKI Pro1050, dotata di quadricromia e bianco, per la produzione di etichette in bobina.
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strategie Presso PARC e XRCC, storici centri Xerox per la ricerca e lo sviluppo di tecnologie d’avanguardia, gli scenziati stanno creando le tecnologie per il packaging del futuro
Meglio connessi: etichette e confezioni smart cambieranno il nostro modo di vivere di Paul Smith
E
tichette. Le vediamo ogni giorno su oggetti comuni da cui dipendiamo per vivere. Ci sono etichette sui nostri alimenti, sulle medicine, sui vestiti e sulla tecnologia. Ci danno informazioni fondamentali che ci aiutano a orientare le nostre decisioni: informazioni nutrizionali sugli alimenti che consumiamo, su come lavare i vestiti, su come e quando dobbiamo assumere medicinali, nonché avvertenze che
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possono salvarci la vita su alcuni prodotti, come le sostanze chimiche o i farmaci che richiedono prescrizione medica. Quante volte leggiamo queste etichette? Quante informazioni assorbiamo effettivamente? Per la maggior parte di noi, la risposta è “molto poche”. Oggi, le marche offrono ai clienti un’esperienza “sconnessa”. Affidano a noi, i consumatori, il compito di prendere decisioni di acquisto e comprendere l’uso a cui è destina-
to un prodotto, mettendo insieme le informazioni provenienti da etichette, confezioni ed espositori tradizionali per la vendita al dettaglio. Mentre alcuni di noi sono in grado di leggere un testo in piccolo o visitare il sito web della marca per saperne di più, altri comprano semplicemente prodotti conosciuti o magari in saldo. Supponiamo di sapere come utilizzare un prodotto sulla base di quello che abbiamo fatto in passato. Ma cosa succederebbe se le nostre
Paul Smith è Vice President e Centre Manager dello Xerox Research Centre of Canada (XRCC), il centro globale di Xerox per la ricerca e sviluppo sui materiali avanzati. Smith ha conseguito il suo dottorato in Chimica presso l’Università di Bath (Gran Bretagna) e ha completato un MBA alla Rotman School of Management dell’Università di Toronto (Canada). Smith è citato in 76 brevetti statunitensi e ha al suo attivo 16 pubblicazioni. In collaborazione con il National Research Council of Canada, Smith ha contribuito alla creazione del Canadian Campus for Advanced Materials and Manufacturing per la ricerca, lo sviluppo e la commercializzazione di materiali avanzati, destinati a prodotti tecnologici all’avanguardia.
strategie
etichette, le nostre confezioni e i nostri espositori per la vendita al dettaglio potessero essere più intelligenti? Cosa succederebbe se, invece di essere noi a estrapolare informazioni sul prodotto leggendo caratteri minuscoli, questi dispositivi intelligenti potessero semplicemente dirci ciò che abbiamo bisogno di sapere? Si dà il caso che gli scienziati e i tecnici Xerox stiano investigando proprio ora su questa tematica. Gli studi pionieristici, che stanno conducendo, promettono di portare elementi intelligenti, come circuiti stampati e sensori, nelle etichette e negli imballaggi dei prodotti, rivoluzionando le attività commerciali e contribuendo a rendere l’Internet of Things (IoT) una realtà. Immaginate un mondo in cui un semplice espositore in cartone mostri su uno schermo le informazioni sui prodotti (vantaggi, ingredienti, persino offerte speciali) nel momento in cui prendete in mano una confezione o toccate un sensore. La tecnologia integrata nell’espositore potrebbe inoltre rilevare la presenza del vostro smartphone e indirizzarlo al sito web della marca, per ulteriori informazioni sul prodotto appena selezionato o su prodotti simili che potrebbero interessarti. Infine, se si scegliesse di ricevere maggiori informazioni, la marca potrebbe proporvi sconti ed offerte personalizzati per voi, prima
ancora che lasciate il negozio. Questa esperienza cliente “connessa” potrebbe continuare anche oltre il negozio. Per esempio, una confezione intelligente per prodotti farmaceutici potrebbe ricordare ai pazienti quando e come prendere i loro medicinali. Inoltre, potrebbe informare direttamente la farmacia di quando è stata assunta una dose, di come si sente il paziente ed, eventualmente, della sua necessità di avere una nuova confezione. I pazienti potrebbero così rimanere in contatto con il proprio farmacista e ricevere da lui un supporto continuo, mentre i farmacisti potrebbero verificare che le prescrizioni vengano rispettate e capire se la terapia deve essere adattata.
Nel frattempo, la marca e i suoi partner commerciali possono comprendere meglio come i clienti interagiscono con i loro prodotti. Saprebbero quali prodotti acquistano e quali, invece, prendono e rimettono sugli scaffali. Imparerebbero per quanto tempo i clienti si soffermano davanti all’espositore con i prodotti e quali informazioni considerano più importanti. Potrebbero utilizzare questi dati per migliorare i prezzi, gli sconti e i futuri espositori interattivi. Le batterie e i fili non sarebbero un problema. I circuiti e i sensori necessari per realizzare tutto questo verrebbero stampati direttamente sull’espositore o sulla confezione. Man mano che queste tecnologie matureranno, nuove
opportunità saranno disponibili per gli operatori di tutta la catena del valore, dai fornitori di stampa – che produrrebbero gli espositori e gli imballaggi intelligenti e personalizzati – ai rivenditori, ai brand owner che creeranno un’esperienza più significativa per i clienti, collegando il loro mondo fisico al mondo digitale. Ciò che appena dieci anni fa poteva sembrare del tutto inverosimile, oggi non solo è credibile, ma anche a portata di mano. Con le ultime innovazioni nella stampa digitale, nei software di progettazione, nell’elettronica stampata per l’IoT e l’intelligenza artificiale, in Xerox non stiamo solo ipotizzando il futuro, ma lo stiamo creando.
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strategie Philip Morris International è costantemente al lavoro su progetti di integrazione di tecnologie per la stampa digitale di cartone teso nei propri processi produttivi
Dall’etichetta al cartone teso, una Gallus Labelfire si trasforma in “Boardfire”
Foto: pack.consult
di Dieter Finna
P
resso il Development Center di Philip Morris International (PMI) in Svizzera, è in corso una importante trasformazione della stampa del cartone teso. Cosa sta succedendo di tanto speciale? Anzitutto, un brand owner internazionale si sta spingendo oltre i confini della stampa digitale. Come? Modificando una macchina per la stampa digitale di etichette affinché essa possa
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stampare cartone teso. Infatti, l’azienda ha investito in una Gallus Labelfire e la sta trasformando per renderla una soluzione di stampa digitale end-to-end. La mossa di PMI è rivoluzionaria, così come il motivo per cui la sta compiendo. L’evoluzione del suo portfolio di prodotti, che ora include anche opzioni “smoke-free”, impone una drastica riduzione del time-to-market, impossibile da ottenere con una semplice ottimizzazione della supply chain
basata su tecnologie di stampa tradizionali. Così, la stampa digitale è entrata in gioco, offrendo la flessibilità e la velocità necessarie, ma non riuscendo a soddisfare ‖‖ L’effetto metallico sulle confezioni di L&M è ottenuto mediante l’applicazione in linea di cold foil. La grafica è stampata digitalmente, utilizzando il gamut cromatico esteso e il bianco. Il prodotto viene poi finito applicando una vernice opaca, con finitura ruvida, ed effettuando una goffratura, per ottenere un effetto 3D.
Dieter Finna ha conseguito la laurea come Ingegnere della Stampa presso la Bergische Universität di Wuppertal (Germania). Nei suoi molti anni in Flint Group, ha ricoperto diverse posizioni nel settore delle lastre per la stampa e dell’inchiostro. Dieter ha una vasta esperienza nel settore della stampa e dell’imballaggio, e nel 2016 ha fondato pack.consult, una piattaforma per il content marketing e la consulenza nella stampa del packaging. pack.consult è specializzato in PR tecnologia, ricerche di mercato e consulenza nell’imballaggio e nella stampa digitale, con lo scopo di presentare contenuti tecnici complessi in modo chiaro, semplice e comprensibile, e supportare e supervisionare nuovi progetti e nuovi prodotti.
strategie ‖‖ A fianco, Gallus Labelfire integra un’unità di nobilitazione digitale compatta messa a punto in collaborazione con Steinemann. In basso, l’unità di cold foiling di Labelfire che si trova sopra una dei moduli di stampa flexo. .
Foto: Gallus Ferd. Rüesch AG
fezionamento. Tuttavia, a causa di specifiche esigenze di design, PMI ha installato ulteriori unità flexo a valle. Completamente digitale?
Foto: Gallus Ferd. Rüesch AG
Per PMI, un obiettivo chiaramente definito è quello di digitalizzare tutti i passaggi di stampa e converting in futuro. Già a dicembre 2018, è stata installata una taglierina laser fuori linea per il taglio e la cordonatura, così da esplorare ulteriormente le possibilità di converting digitale. Inoltre, a breve, PMI installerà sulla sua Labelfire una nuova unità di nobilitazione digitale denominata DEU – basata sull’implementazione della tecnologia verniciatura digitale brevettata di Schmid Rhyner (diVar), e sviluppata congiuntamente da Steinemann e Gallus. DEU è tanto compatta, che tutte le sue parti si inseriscono in linea su Labelfire, comprese asciugatura, estrazione dell’ozono e raffreddamento.
tutti i requisiti in termini di costo e possibilità offerte. PMI ha intuito molto presto i vantaggi della stampa digitale e ha deciso di non aspettare che fosse disponibile sul mercato una soluzione completa; bensì di contribuire attivamente allo sviluppo di una soluzione digitale esistente. Per questo l’azienda ha installato una macchina da stampa ibrida nel suo Development Center di Neuchâtel. La scelta di Gallus Labelfire 340 Come suggerisce il nome, Labelfire è progettata per la stampa di etichette. Alla base della scelta c’è la modularità di questa macchina, afferma PMI. In quanto ibrida, Gallus Labelfire combina i processi di stampa e nobilitazione analogica, ancora oggi necessari, con la versatilità della stampa digita-
le. Secondo Gallus, questa configurazione macchina è la versione di Labelfire più lunga mai costruita. Gallus ha dovuto apportare alcune modifiche alla macchina per permetterle di stampare, fino a una larghezza di 340 mm, su un’ampia gamma di cartoni tesi, con grammature che vanno oltre i 300 g/m2. Questo requisito ha comportato una serie di notevoli sfide tecniche, tra cui il tensionamento della bobina e il rafforzamento della struttura, che sono state superate con successo grazie alla stretta collaborazione tra Gallus e PMI. Layout dell’attrezzatura La macchina è dotata di due moduli per la stampa flexo prima dell’unità di stampa digitale. Essi sono utilizzati per ottenere ef-
fetti metallici sul cold foil. Allo stesso modo, il bianco può essere applicato a questo stadio per coprire parzialmente il foil metallico, o altre tipologie di materiale laminato appositamente. L’unità di stampa digitale utilizza inchiostri UV ed è dotata di otto colori, che includono CMYK, colori per l’estensione del gamut e bianco. Le teste di stampa Fujifilm Dimatix Samba vengono utilizzate per raggiungere una velocità di stampa di 50 m/min ad una risoluzione fisica di 1.200x1.200 dpi. L’unità di stampa digitale è seguita da altri due moduli flexo, con cui è possibile applicare vernice opaca o lucida. A fine linea, ogni confezione è parzialmente rivestita con stampa flexo, per proteggere la superficie degli spazi vuoti e regolare il coefficiente di attrito per le alte velocità di con-
L’intero spettro della nobilitazione diventa possibile La particolarità del sistema di nobilitazione digitale DEU è che consentirà di applicare digitalmente la vernice, sia a tavola piena che spot, sia lucida che opaca. A tale scopo, Schmid Rhyner ha sviluppato una vernice inkjet UV-curable applicabile a una velocità di 50 m/min fino a una quantità di 25 g/m2, che corrisponde a uno spessore di 25 micron. Riducendo la velocità di stampa a 25 m/min si potrebbe aumentare la quantità a 50 g/m2. Esempi pratici Oltre 200 articoli sono già stati stampati sulla linea di stampa digitale. Si tratta principalmente di brevi tirature o tirature per
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strategie
intervista a Andreia Fontes Director Printing & Converting di Philip Morris International
“Quello che stiamo facendo con il digitale è un’accelerazione di ciò che, prima o poi, diventerà un modo diverso di stampare imballaggi premium in grandi volumi.”
Foto: pack.consult
mercati locali. In generale, PMI utilizza retinature stocastiche, che consentono di riprodurre i dettagli e le tonalità più accurate. I colori istituzionali come Marlboro Red o L&M Blue sono prodotti attraverso separazioni retinate dei colori di processo. Per applicare effetti metallici, il
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Perché PMI ha iniziato questo viaggio, definendo e implementando una soluzione di stampa digitale in-house, anziché unire le forze con uno stampatore partner? Non era la nostra prima opzione. Quando ci siamo resi conto di quanto la stampa digitale potesse aiutarci a cambiare marcia nel supportare la nostra futura visione smoke-free, riducendo il time-to-market da settimane a giorni, abbiamo interagito immediatamente con i nostri fornitori di stampa e converting, per capire quanto velocemente avremmo potuto rendere la tecnologia commercialmente disponibile. Tutti ci hanno detto la stessa cosa: “La stampa digitale ha un potenziale, ma ci vorrà tempo prima che la tecnologia si sviluppi al punto da essere economicamente sostenibile, e soddisfare le vostre aspettative di qualità”. Abbiamo capito l’opportunità e l’abbiamo voluta esplorare a tutti i costi. Non potevamo sederci e aspettare, così abbiamo cercato di spingere affinché l’industria accelerasse il suo sviluppo. Ma dal momento
che le cose non stavano avanzando velocemente come volevamo, abbiamo deciso di andare avanti e fare da soli. Due anni dopo, abbiamo dimostrato che si può fare, e che siamo in una posizione di vantaggio.
cold foil viene sovrastampato. In questo modo, gli effetti metallici possono essere generati in differenti sfumature, che appaiono diverse da ogni angolo di visione. Anche gli effetti opaco e lucido sono utilizzati per supportare efficacemente il design delle confezioni. Tutti i campioni stampati
sono quindi fustellati fuori linea, in uno step successivo.
Mentre PMI si trasforma, offrendo ai consumatori prodotti smoke-free, anche i suoi packaging si trasformano coerentemente. Quali tecniche di finishing sono fondamentali per Philip Morris, e quali possono essere gestiste digitalmente? Per le nostre confezioni usiamo varie opzioni di finitura che, ancora oggi, realizziamo con tecnologia tradizionale, così da garantire ai nostri prodotti finiti una qualità premium. Stiamo esplorando diverse opzioni di finishing digitale, per soddisfare le esigenze del nostro portfolio, concentrandoci su laser, vernici tattili e altre tecnologie innovative, che ci permetteranno di ottenere una soluzione di stampa e converting completamente digitale in futuro, comprese
Vicinanza alla produzione Presso il Development Center di Neuchâtel, PMI ha creato una vera e propria linea di produzione di packaging con la quale può
fustellatura ed embossing. Come abbiamo detto all’inizio dell’intervista, avete iniziato questo ambizioso viaggio da soli. Puoi spiegarci se e come prevedete di integrare i vostri partner di stampa nella catena del valore? Gli stampatori di packaging non sono usciti dalla catena del valore. La maggior parte dei nostri materiali stampati è ancora realizzata da loro. Quello che stiamo facendo con il digitale è un’accelerazione di ciò che, prima o poi, diventerà un modo diverso di stampare le confezioni premium in grandi volumi. Vorremmo accadesse prima, ed è per questo che ci siamo “seduti al posto di guida”, e abbiamo iniziato a sviluppare i nostri prodotti. Dati gli ottimi risultati raggiunti finora, per noi è chiaramente un punto di non ritorno. La stampa digitale continuerà a giocare un ruolo chiave nella nostra ambizione di creare un mondo senza fumo, e vogliamo che diventi un’alternativa concreta alla stampa rotocalco e offset. realizzare industrialmente sia piccole che medie tirature. Nel frattempo, l’azienda continua lo sviluppo per ottenere una soluzione digitale end-to-end, confermando di essere all’avanguardia nell’esplorare le possibilità offerte dalle nuove tecnologie. Per validare e testare ulteriormente la tecnologia in condizioni reali, PMI ha investito in altre due macchine da stampa digitale identiche da installare presso uno dei suoi siti produttivi nel 2019. Come accennato da Tony Snyder alla conferenza Digital Print for Packaging di Berlino, nel futuro questo potrebbe portare ad avere una linea di stampa digitale disponibile in ogni stabilimento. ‖‖ A sinistra, stampa con gamut esteso e bianco. Il nero opaco si ottiene applicando una lacca UV soft touch. Per contrasto, essa enfatizza gli elementi colorati. Nell’immagine ingrandita, sono chiaramente visibili i riflessi del bordo a rilievo delle lettere “rlbo” .
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speciale Una ricerca condotta da AWA a livello mondiale ritrae un mercato dell’etichetta in continua crescita, guidato da inedite sfide tecnologiche e ambientali
Etichettatura e decorazione dei prodotti guardano a un futuro sempre più globale di Corey Michael Reardon
Fonte: AWA
I
l mercato globale delle etichette non è mai stato così vasto; tanto che oggi la domanda complessiva di materiali per etichette è di circa 64.245 milioni di metri quadrati. Naturalmente questi volumi sono distribuiti tra le differenti tipologie di etichette, ma riguardano in prevalenza quelle autoadesive e applicate a colla, nonché sleeve, in-mould e imballaggi flessibili. Le etichette autoadesive vantano la più ampia
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quota di mercato a livello globale, pari a circa il 40%, mentre le vecchie etichette applicate a colla occupano il secondo posto rappresentando ancora il 35% della domanda mondiale di etichette. Gli astri nascenti sono le etichette sleeve, che rappresentano attualmente il 19% del volume di etichettatura globale; tra queste, le termoretraibili le più usate. Le etichette in-mould contribuiscono ancora in modo marginale, con una quota di mercato del 2%.
Etichette autoadesive È interessante capire quali sono i mercati in cui le diverse tecnologie giocano un ruolo chiave. Versatilità e vasta scelta di supporti hanno reso le etichette autoadesive l’opzione preferita per quattro grandi settori dell’industria. La domanda è maggiore nelle applicazioni che richiedano la stampa ‖‖ In alto, la mappa dei principali mercati globali dell’etichettatura.
Corey Michael Reardon è Presidente e CEO di AWA, una società globale di ricerche di mercato B2B, editoria e consulenza specializzata in carta, film, packaging, coating e converting. Corey vanta lunga carriera nell’industria, siede nel board di molte aziende, è speaker fisso ai principali eventi ed eroga attività di consulenza nell’ambito del market e della pianificazione strategica. È laureato in Industrial Marketing alla University of Cincinnati e in Marketing e Strategic Planning alla Kellogg School of Management presso la Northwestern University. Ha ricoperto diverse posizioni in Loparex (poi H. P. Smith e Rexam Release), per poi entrare nel 1999 in Avery Dennison come Marketing Director per l’Europa.
speciale owner, la heat (TD) shrink è la tecnologia di maggior successo (89% del mercato globale delle etichette sleeve). Essa vanta una capacità di restringimento o distorsione del 75%, adattandosi al meglio alle forme più complesse dei contenitori. È infatti ampiamente utilizzata nel packaging in plastica per bevande e snack da asporto, offrendo ai brand owner maggiori opportunità di decorazione integrale del contenitore.
Global Label Market Growth by Label Technology ( 2018) Pressure-sensitive Glue applied Sleeve In-mold Others
IML
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Fonte: AWA
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Global Label Market Growth by Region, All Labeling Formats (2018) North America Europe Asia
Trend di crescita globali
South America Africa & Middle East Global Fonte: AWA
Con una quota molto piccola del mercato globale 3%, l’etichettatura in-mould (IML) sta iniziando solo ora ad affermarsi come tecnologia mainstream. Essa offre ai brand owner economie produttive e alta efficienza, senza sacrificare l’estetica del packaging, e attirando principalmente l’interesse dei produttori di creme, gelati, yogurt e prodotti simili nel settore alimentare e delle bevande in alti volumi.
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di dati variabili (VDP o VIP), visto che viviamo in un’epoca in cui spedizioni numerate serialmente e prodotti identificabili con certezza sono fattori chiave di una supply chain sicura e affidabile. Ciò è particolarmente vero nell’e-commerce e nella vendita al dettaglio su Internet. Le etichette autoadesive rappresentano il 45% del totale globale delle etichette, merito della loro stampabilità, oltre che della possibilità di essere applicate, anche su singole confezioni, attraverso sistemi manuali. Tale quota è pressoché identica nell’ambito dell’etichettatura dei prodotti primari, dove la percentuale di applicazioni realizzate con materiali autoadesivi è del 44%. Per quanto ri-
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3%
guarda le soluzioni avanzate per la tracciabilità e l’autenticazione di prodotti sensibili (es. farmaci), le etichette autoadesive rappresentano una percentuale pari al 6%. E nell’ambito promozionale – ovvero laddove l’etichetta abbiano il ruolo di attrarre l’attenzione sul packaging, o sia legata a particolari eventi – l’autoadesivo è ancora un attore minore, occupando una quota di mercato del 5%. Etichette applicate a colla Le etichette applicate a colla restano, in tutto il mondo, le preferite per l’etichettatura primaria dei prodotti. In quest’ambito esse occupano una quota del 46%,
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6%
mentre quelle autoadesive e le sleeve detengono entrambe una percentuale del 24%. Le etichette applicate a colla, associate alla tecnologia tradizionale di stampa a bobina, stanno tornando a vivere una moderata crescita, specialmente nei mercati emergenti. Le etichette “wraparound” (avvolgenti) crescono a un tasso superiore rispetto a quelle applicate a freddo con acqua e colla. Sleeve Le etichette sleeve si dividono in tre differenti tipologie: heat (TD) shrink sleeve; stretch sleeve; ROSO/RFS (MD) shrink sleeve. In termini di volume, crescita e popolarità presso i brand
A livello globale, è possibile osservare trend di crescita per tutte le tipologie di etichette. Se una crescita complessiva del 4,4% (nel 2018) decreta una buona salute del settore, è l’Asia a evidenziare il più alto tasso di crescita annuale, con il 5,7%. Al contempo, il mercato europeo è cresciuto del 3,8%, il Nord America del 3,2%, e i mercati in via di sviluppo dell’Africa e del Medio Oriente hanno registrato un tasso di crescita del 3,9%. Per quanto riguarda il Sud America – finalmente in ripresa dai problemi economici del Brasile –, esso è cresciuto dell’1,6%. AWA ha anche monitorato le tendenze di crescita delle diverse tecnologie di etichettatura. Nel 2018 le etichette sleeve e quelle autoadesive sono quelle che hanno fatto registrare i tassi di crescita più elevati, crescendo rispettivamente del 5,4% e del 5,2%. È interessante notare che la tecnologia in-mould ha segnato un progresso del 4,2% – più marcato rispetto al passato – indicando
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speciale
Global Label Market by Technology 2018 2% 4% 19% Pressure-sensitive
40%
Glue applied Sleeve In-mold Others
Fonte: AWA
35%
AWA Label Survey: M&A Activity in the Label Sector (past five years) 4%
Increased M&A activity Decreased M&A activity
38%
50%
M&A activity will remain the same No M&A activity Don't know
Fonte: AWA
8%
un crescente interesse per questa metodologia di etichettatura e imballaggio. Le etichette inmould mostrano una crescita più forte nelle Americhe, anche se in Sud America i volumi sono più contenuti. In Europa, regione leader per l’etichettatura inmould, il mercato è cresciuto del 3,6%. Anche le etichette applicate a colla hanno fatto registrare una crescita del 3,1%. Quale crescita nel futuro? La versatilità preserverà lo stato di salute delle etichette autoadesive, nonostante le crescenti preoccupazioni circa la loro sostenibilità, sia a livello di produzione che di scarti generati durante
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l’applicazione. Le etichette VIP saranno un driver di crescita nel medio termine, mentre nell’etichettatura primaria continuerà a subire la concorrenza di altre tecnologie. Tuttavia, l’etichettatura primaria, gli sviluppi del private label, la maggior popolarità del versioning e l’espansione dei mercati dell’Europa Orientale e dell’A sia rappresentano opportunità di ulteriore crescita per questa tecnologia. In Asia, il mercato regionale più promettente (anche se disomogeneo), è probabile che l’impiego di etichette autoadesive nell’etichettatura primaria di beni alimentari, nonché nei trasporti e nella logistica, crescerà notevolmente. In Cina, India e Giappone, il mer-
cato dei prodotti farmaceutici è in crescita e, con esso, sono in crescita i mercati di soluzioni autoadesive avanzate, come le etichette funzionali e di sicurezza. Cina, Giappone, Corea, Taiwan e Malesia sono, invece, i principali produttori globali di beni di consumo durevoli, in particolare elettronici. Le etichette autoadesive durevoli che soddisfano standard internazionali come WEEE, RoHS, IMDS e UL sono quindi molto richieste, e il loro utilizzo sembra destinato a crescere. Nell’ambito delle etichette sleeve, la tecnologia heat (TD) shrink resterà quella in più rapida crescita, ma a un tasso più lento rispetto al passato. Gli imballaggi flessibili continueranno a porta-
re innovazione sugli scaffali dei punti vendita. Quello delle etichette “intelligenti” – QR code, RFID e dispositivi elettronici che comunicano direttamente col consumatore e restituiscono il suo feedback – è poi un segmento in crescita. L’etichettatura in-mould, come già accennato, sta mostrando una percentuale di crescita significativa nelle Americhe. La stampa diretta su contenitori in plastica, vetro e metallo, è una tecnologia emergente basata sulla stampa digitale, che abilita i brand owner alla realizzazione di edizioni limitate e personalizzate. Infine, l’attuale attenzione alla sostenibilità sta favorendo un aumento degli imballaggi in cartone. I cambiamenti nelle tecnologie di stampa Il cambiamento è una costante nell’etichettatura e nella decorazione dei prodotti. E le tecnologie di imaging impiegate non fanno eccezione. La stampa digitale ha introdotto nuove possibilità, come tirature più brevi, versioning, etichette stampate nella lingua locale, ma anche forme spinte di personalizzazione. I processi di stampa analogici, in particolare la flexo, si integrano sempre più con la stampa digitale per ampliare la gamma di opzioni nell’etichettatura e nella decorazione dei prodotti. Sebbene a uno stadio embrionale, la stampa digitale diretta su contenitore sta attirando l’interesse dei brand owner, e una sua più ampia accettazione aprirà nuovi scenari competitivi. Una recente indagine di AWA su questo argomento indica che i mercati più propensi ad adottare questa tecnologia sono quelli dei prodotti per la cura della persona e dei prodotti la pulizia della casa. Fusioni e acquisizioni In un mercato sempre più globale, quello delle fusioni e acquisizioni (M&A) è uno scenario aperto. Il 50% degli intervistati da AWA ritiene che il consolidamento del
Sostenibilità e riciclo Sostenibilità e riciclo sono oggi i temi chiave in ogni settore, e c’è una serie crescente di normative internazionali correlate (tra cui REACH) che orientano le attività nel campo dell’etichettatura e del packaging. L’assottigliamento di materiali per etichette e imballaggi, e l’attenzione ai monomateriali rispetto alle strutture multistrato, sono tendenze già evidenti sul mercato. Le etichette autoadesive e, oggi, le etichette sleeve si trovano poi ad affrontare le preoccupazioni sui rifiuti generati in produzione e
in applicazione. L’autoadesivo, in particolare, è sotto i riflettori, sebbene i volumi di scarto, rispetto ad altre forme di imballaggio, siano relativamente piccoli. Tuttavia, la natura mista dei materiali autoadesivi ha reso necessarie specifiche soluzioni di riciclo. La complessa supply chain dell’etichetta ha fatto sì che in molti Paesi siano state create soluzioni specifiche di raccolta e riciclo per gli etichettifici e per i siti di applicazione delle etichette. Una buona notizia, visto che il release liner di alta qualità è adatto a nuovi utilizzi. Le etichette sleeve non sempre sono compatibili con il riciclo insieme ai contenitori cui vengono applicate. Per questo vengono utilizzati con sleeve perforati “a zip”, che il consumatore può rimuovere dopo l’uso per semplificarne il riciclo. E nuovi materiali completamente riciclabili sono in fase di studio.
Esposizione Internazionale delle Tecnologie di Stampa per la Produzione Manifatturiera
Organizzatori: Mack Brooks Exhibitions Ltd.
settore si accentuerà nei prossimi cinque anni. Il 38% afferma che il livello del 2018 rimarrà invariato. Il più grande gruppo di converting di etichette al mondo, CCL Industries, ha oggi 168 impianti di produzione in 40 paesi. E man mano che i brand e i retailer assumono una valenza globale, la consegna just-in-time diventa per i converter un obiettivo chiave, mentre la creazione di siti produttivi locali in tutte le regioni diventa una necessità. Nel 2018, secondo gli esperti di imballaggi e materie plastiche di Blaige & Co., l’attività di fusioni e acquisizioni nel settore delle etichette ha visto 47 operazioni, con 27 converter coinvolti e 18 transazioni nella supply chain, incluse transazioni multiple da parte di singole aziende, come Resource Label Group e CCL Industries. Eppure, per le migliaia di etichettifici in tutto il mondo, questo trend non ha ancora assunto una portata rilevante. Nella supply chain dell’etichetta, un certo numero di fornitori è poi impegnato in attività di integrazione verticale. Ne sono un esempio l’acquisizione di Treofan Americas e Trespaphan Mexico da parte di CCL attraverso la piattaforma Innovia Films. Inoltre, nel settore globale della plastica, il consolidamento è stato rapido e significativo, al fine di soddisfare le richieste del mercato. Nel 2018 ci sono state non meno di 515 transazioni a livello globale.
Opportunità e sfide chiave Se il mercato globale e la concorrenza tra i brand crescono, tutte le forme di packaging ed etichettatura giocheranno un ruolo ancora più importante. I brand nazionali e globali continuano a investire nella promozione “on-pack” e in tecniche di vendita online e offline, sia nei mercati sviluppati del Nord America e dell’Europa, sia in Asia, dove sta il potere di acquisto della popolazione urbana è in crescita. Il numero di converter aumenterà per rispondere a queste esigenze. Inoltre, per soddisfare i requisiti di produzione just-in-time dei buyer, le tecnologie di stampa offriranno maggiore capacità, flessibilità e tempi di produzione più rapidi. Ci saranno sfide da affrontare, e le pressioni saranno evidenti a tutti i livelli della value chain, mentre le tematiche ambientali si intensificheranno, non solo per i fornitori di materie prime e i trasformatori, ma anche per i brand owner e i consumatori. L’etichettatura e la decorazione dei prodotti rappresentano tuttavia un’industria diversificata ed evoluta, destinata a un futuro roseo.
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speciale Un’opportunità di business multimiliardaria fa sgranare gli occhi a molti operatori del printing. Ma uscire dalle arti grafiche non è semplice, né tantomeno scontato
Stampa industriale: una manna dal cielo per il futuro degli stampatori in stallo? di Sean Smyth
U
n a co nv i n z i o ne comune tra le aziende di stampa è che l’erba del vicino sia sempre più verde. Le opportunità offerte dagli altri settori sembrano sempre più interessanti, così come le loro marginalità e i loro ritmi di crescita. D’altra parte, i volumi di stampa editoriale sono in caduta libera, mentre nella stampa commerciale i profitti (e le scadenze) sono oggetto di pres-
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sioni crescenti. Di contro, i volumi di packaging ed etichette sono in crescita e molti stampatori commerciali hanno cercato di entrare in questo settore, con alterne fortune. Non tutti hanno compiuto la transizione come le gigantesche aziende giapponesi Dai Nippon Printing e Toppan, che hanno dato vita a business multimiliardari nel packaging e si sono ulteriormente spostate nella stampa industriale con prodotti per i segmenti “Lifestyle & Industrial” e
“Printed Electronics”. Le due società hanno dichiarato che 8 dei 25,6 miliardi di euro fatturati nel 2018 derivano da questi due segmenti, che da soli equivalgono al 36,6% del fatturato al di fuori dei settori grafici tradizionali. Un simile sviluppo della stampa industriale non è riscontrabile nelle aziende di stampa europee, dove è molto più comune avere costruttori specializzati che annoverano la stampa come parte integrante dei propri processi.
Oltre a scrivere e tenere seminari, Sean Smyth è un analista di mercato attivo nelle industrie della stampa e della cartotecnica. È un tecnologo della stampa e ha lavorato in aziende grandi e piccole (anche come proprietario) dove ha utilizzato la tecnologia per un semplice scopo: fare soldi. Smyth è inoltre uno stratega aziendale; lavora con brand, costruttori di attrezzature, fornitori materiali di consumo e converter, cercando di dar loro strumenti ed indicazioni per sfruttare le tante opportunità derivanti dall’adozione della stampa digitale da parte di stampatori, etichettifici e cartotecniche. Smyth è infine ricercatore, consulente e direttore non esecutivo presso Smithers Pira.
speciale
Glass
leader nella stampa decorativa e funzionale, ha identificato nove segmenti di riferimento nella stampa industriale: decorazione d’interni e laminati; ceramica; elettronica (compresi i display e il fotovoltaico); vetro; aerospaziale e automobilistico; biomedico; articoli promozionali e vari; stampa 3D; tessuti stampati a getto d’inchiostro. Tutti questi segmenti sono in crescita, e vedono protagoniste differenti tecnologie di stampa analogica e digitale, con l’inkjet in forte crescita.
Electronics
Un’opportunità miliardaria
European market for industrial printing (€ billion, constant 2017 values)
35 30 Textiles
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3D Printing Promotional
20
Bio-medical Automotive
15 10
Ceramics Décor
5 0 2014
2015
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2017
Di fronte al declino delle serigrafie, alcune aziende dalle arti grafiche si sono attrezzate per la produzione di tastiere a membrana, dato che esse sono a tutt’oggi alla base dei pannelli comandi di distributori automatici, sistemi di allarme etc. Ma la situazione è in ulteriore evoluzione. I mercati della stampa tradizionale decrescono a causa degli strumenti di comunicazione digitali, come i social media, e le aziende di stampa stanno individuando nuovi mercati in cui spostarsi. Mentre i dispositivi portatili (smartphone, tablet, etc.) stanno trasformando il mercato della stampa come lo conoscevamo, la stampa industriale è diventata una componente chiave proprio nella loro produzione. Pensiamo, per esempio, ai rivestimenti antigraffio per i componenti elettronici e i display, o alle decorazioni per le custodie protettive di questi dispositivi: tutto lavoro per aziende di stampa. Quali le applicazioni possibili? La stampa analogica e digitale è ampiamente utilizzata per decorare miliardi di beni, dagli interruttori di un’automobile alle
2018
2019
2020
2021
2022
finiture in legno di un mobile da cucina. Carte da parati, pavimentazioni, piastrelle, vetri e tessuti sono tutti prodotti stampati. E la stampa con chimiche speciali è ampiamente utilizzata nella produzione di strisce reattive destinate all’uso medico, nonché per aggiungere funzionalità elettroni-
2023
2024
che agli oggetti. C’è poi un grande e frammentato mercato di articoli promozionali stampati: gadget, chiavette USB, schede di memoria, batterie, souvenir, oggetti di alto valore (es. attrezzature sportive), quadranti di orologi, casse da morto, etc. Smithers Pira, società di ricerca
Nel 2019 il valore del mercato globale della stampa industriale e funzionale era di 86,5 miliardi di euro, per un totale di circa 69,3 miliardi di metri quadrati di materiale stampato. La quota europea della sola componente stampa (non il valore finale degli oggetti stampati, che è molto più alto) è di 27,1 miliardi di euro, per circa 11,4 miliardi di metri quadrati. Una somma pari a cinque volte l’intero mercato italiano della stampa offset a foglio. Dal 2014 il totale dei suddetti segmenti è cresciuto in media dell’11,9% anno su anno, mentre il volume di
European market for industrial printing (billion square metres)
16 14 12
Textiles
10
Promotional
8
Automotive
Bio-medical Glass
6
Electronics
4
Ceramics Décor
2 0 2014
2015
2016
2017
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speciale ‖‖ La costruzione di piattaforme dedicate (interamente o parzialmente) alla vendita e all’acquisto di stampati “industriali” può essere il primo passo per approcciare nuovi mercati e nuovi profili di clientela.
stampa (escluso il 3D) è aumentato in media del 6,2%. La crescita sarà più limitata tra il 2019 e il 2024, attestandosi al 7,0% medio in valore e al 4,9% in volume, con un mercato destinato a crescere fino a 136,8 miliardi di dollari in termini reali, eliminando l’impatto dell’inflazione e delle fluttuazioni dei tassi di cambio valutari. Quindi, un mercato in crescita, di proporzioni enormi, che vale il 150% di tutta la stampa e l’imballaggio italiani. La sfida per gli stampatori, quindi, è capire come ritagliarsi una fetta di questa gigantesca e ricca torta. Un business percorribile? Le attrezzature per stampare
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articoli funzionali e industriali sono già disponibili. E le aziende di stampa hanno le competenze necessarie a livello di prestampa, workflow e amministrazione per gestire gran parte dei relativi volumi. Ciononostante, non è facile per gli stampatori commerciali approcciare e trarre vantaggio da questo mercato, anzitutto perché i percorsi per trovare clienti possono risultare difficili da percorrere. Le grandi aziende di elettronica stampata, come Samsung o LG, utilizzano la propria capacità produttiva come fattore di vantaggio competitivo, proteggendo i propri metodi proprietari contro la contraffazione. Alcuni processi e materiali possono infatti essere brevettati;
altri possono essere tenuti segreti anche ai fornitori di attrezzature e software, mentre le organizzazioni costruiscono le loro linee di produzione. Alcuni fornitori di stampa si alleano con i loro clienti, come hanno fatto Toppan e Dai Nippon, che collaborano con diverse aziende di elettronica giapponesi e hanno rilevato parte delle loro catene di fornitura, mettendo in campo competenze e risorse da investire in nuove linee di produzione. L’approccio più comune è che le aziende di stampa utilizzino le proprie competenze preesistenti per realizzare prodotti simili per applicazioni nuove. Una delle attuali tendenze vede, per esempio, gli stampatori di grande forma-
to utilizzare le proprie stampanti inkjet roll-to-roll per realizzare carte da parati e decorazioni per interni. Mentre il soft signage è, di fatto, molto vicino alla stampa tessile industriale, visto che si utilizzano macchine simili per l’una e l’altra applicazione. In queste circostanze, gli stampatori già conoscono e padroneggiano i materiali, le tecniche di stampa e quelle di finitura, visto che già realizzano prodotti simili a quelli industriali che vorrebbero iniziare a realizzare. In alcuni casi i clienti possono addirittura essere gli stessi, per esempio un rivenditore che voglia rinnovare uno dei suoi punti vendita, o una catena di ristoranti che voglia fare un rebranding. La stampa 3D è stata descritta per un certo periodo come la nuova frontiera, oltre che come una tecnologia capace di accelerare i processi di progettazione e cambiare i metodi di produzione. Alcuni stampatori commerciali utilizzano il 3D per produrre sagome promozionali per nuovi film ed eventi, ma costruire un business sostenibile basato sul 3D è ancora una prospettiva remota. La tecnologia promette di modificare la supply chain, con una produzione più vicina all’utente finale. Ma se strumenti produttivi più economici consentiranno agli utenti di accedere alla tecnologia per produrre bassi volumi on demand, comprendere come uno stampatore potrà competere in questa arena richiederà un nuovo approccio e nuovi modelli di business. Muoversi nella stampa industriale può essere molto complessi. Trovare clienti è fondamentale per concretizzare questa opportunità, e spesso le aziende di stampa avranno bisogno di identificare una base di clienti completamente nuova. Gran parte dei volumi sono nelle mani dei costruttori
stessi, che sono spesso riluttanti a rinunciare al controllo che possono avere su una produzione svolta internamente. In altri settori, invece, i costruttori tendono ad avvalersi di fornitori specializzati, che fanno parte di una supply chain più ampia e che possono essere certificati per la produzione di particolari applicazioni. Un approccio percorribile prevede che gli stampatori collaborino con università e laboratori di ricerca, costruendo relazioni e dimostrando le proprie competenze nella gestione dei progetti, dei flussi di lavoro, nonché delle fasi di stampa e finitura potenzialmente necessarie. Questo approccio può consentire agli stampatori di entrare in gioco per una nuova applicazione a un livello basilare, ma occorreranno tempi lunghi per trasformare tutto ciò in un business. Nel breve termine, il vantaggio sarà quello di guadagnare credibilità e introduzioni presso altri partner industriali di un progetto, oppure contatti di altre università e laboratori che potrebbero avere esigenze che uno stampatore flessibile e innovativo è in grado di gestire. Ci sono voluti molti anni perché i giganti giapponesi del printing sviluppassero il proprio business fuori dai prodotti grafici tradizionali, e questo primo passo è stato quello più importante. Come agganciare nuovi clienti? Un metodo molto utile per attirare i clienti è dotarsi di un e-commerce, che permetta di elaborare anche i file grafici. Tali sistemi sono già diffusi per l’acquisto di stampati commerciali, tazze, cappelli, magliette (Spreadshirts è un business da 100 milioni di euro che dichiara di vendere “libertà d’espressione”, invece di semplice abbigliamento). Ci sono molte aziende che offrono online rivestimenti murali e carte da parati su misura, spesso includendo servizi di progettazione e installazione. Le aziende di stampa potrebbero competere attraverso questo canale, magari collaborando con un architetto o
una società di interior design. La stampa di carte da parati risale a centinaia di anni fa, quando gli artigiani utilizzavano la stampa con cliché in legno per riprodurre arazzi e pareti dipinte. Oggi chiunque può caricare le proprie immagini e ricevere, in pochi giorni, una carta da parati stampata su misura. L’impiego di grafiche murali di alta qualità è in crescita nelle aziende e nei luoghi pubblici, come bar, ristoranti e ospedali, dove queste superfici svolgono anche nuove funzionalità, come quella battericida. Per i clienti è importante poter specificare materiale, criteri di progettazione e installazione. Ci sono applicazioni di stampa funzionale futuristiche descritte dai centri di ricerca e dai laboratori di sviluppo. Vediamo regolarmente titoli di giornale che parlano della stampa di tessuti umani e organi, o la creazione di carne sintetica in modo meno dannoso per l’ambiente rispetto all’allevamento del bestiame, senza problemi di crudeltà verso gli animali. Nuovi ingredienti farmaceutici stampati potrebbero consentire trattamenti personalizzati, senza effetti collaterali, per una popolazione che invecchia. Mentre i sensori stampati possono mostrare i livelli di inquinamento atmosferico. Gli inventori descrivono nuove classi di nanomateriali, che aprono nuove opportunità quando vengono stampati su substrati o oggetti. Molti di questi annunci mirano ad aggiudicarsi finanziamenti per la ricerca o per lo sviluppo del business, ma i tempi per la produzione su larga scala possono essere molto lunghi. Resta il fatto che ci sono opportunità per la stampa di alto volume e ad alto valore, e le competenze delle moderne aziende di stampa potrebbero certamente essere applicate a queste applicazioni. La difficoltà per gli stampatori, come detto, è semmai identificare i propri futuri potenziali acquirenti. Senza un sforzo in questa direzione, è impossibile riuscire; ma non c’è dubbio che saranno in molti a decidere di farlo.
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speciale Gestire, osservare e misurare la stampa digitale, specie se declinata su supporti industriali inediti, impone un cambio di prospettiva e una revisione dei parametri
La stampa digitale cambia i paradigmi e ridefinisce gli standard qualitativi di Marco Olivotto
L
a stampa digitale è molto diversa da quella tradizionale, non solo sul piano tecnologico, ma anche nella filosofia di fondo che questa tecnologia impone di adottare. Si parla spesso del fatto che i nuovi metodi di stampa abilitano servizi on-demand, tempi di allestimento brevi o addirittura nulli, rapidità di consegna, personalizzazioni e (soprattutto) la possibilità di stampare virtualmente su
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qualsiasi substrato. Questa flessibilità ha però un onere operativo: per sfruttarla a fondo è necessario cambiare punto di vista sul processo di stampa, accettando che il digitale è per sua natura meno definito e rigido della tecnologia tradizionale. Le ripercussioni sul processo reale sono molte, e l’intenzione di questo articolo è di evidenziare le novità e le differenze rispetto al “vecchio mondo” al quale siamo abituati. Il passaggio più importante dell’evoluzione
della stampa nel XX secolo è stato il passaggio dal metodo tradizionale, basato su lastre e cliché, a un processo di stampa diretta, interamente digitale. La stampa digitale in sostanza è questo. Esistono dati numerici a monte, che definiscono le immagini, gli elementi grafici e la loro unione; e una versione stampata, a valle, prodotta da una macchina che riceve direttamente i dati. Non ci sono passaggi fisici intermedi, necessari invece nella stampa tradizionale.
Dopo la formazione classica, la laurea in fisica e vent’anni di produzione musicale, nel 2007 Marco Olivotto scopre le opere di Dan Margulis, padre della correzione del colore in Photoshop, e diventa suo allievo. Da sempre dedito all’insegnamento in diversi ambiti presso strutture private e pubbliche, dal 2011 dedica i propri sforzi alla diffusione delle tecniche della correzione del colore in Photoshop. Da allora organizza campus, workshop, attività formative on-demand in ambito fotografico e grafico, è speaker di FESPA, collabora con realtà didattiche di livello nazionale ed è autore di ben 25 videocorsi e seminari sulla correzione del colore. Dal 2015 è collaboratore fisso di Italia Publishers.
speciale ‖‖ Nella stampa tradizionale (offset) macchina, inchiostri e substrati interagiscono in maniera complessa, ma nota e prevedibile.
1
SUBSTRATI
INCHIOSTRO
Le due facce della medaglia Il costo per pagina (o per pezzo, o per metro quadrato) di uno stampato digitale supera abitualmente quello di un analogo stampato tradizionale. Ma ci sono vantaggi importanti. Anzitutto il digitale, trattandosi di un processo diretto, non necessita di lunghi e costosi avviamenti macchina. Questo apre la strada alla produzione di tirature molto brevi, talvolta anche un solo pezzo. Il secondo vantaggio è la possibilità di stampare su una moltitudine di substrati, non solo di tipo cartaceo, con minimi adattamenti della tecnologia. Plastica, vetro, metallo, tessuti, ceramica sono solo alcuni dei materiali che si sono affiancati alla carta. La stampa-on-demand resa possibile dalla tecnologia digitale ha ridotto, oltre ai tempi di preparazione, anche quelli di consegna. Infine, il digitale rende praticabile una personalizzazione
MACCHINA
totale. Le nuove tecnologie solitamente hanno due caratteristiche: si sviluppano rapidamente e sono difficili da dominare. E quindi da sfruttare pienamente nel breve periodo. La difficoltà è legata alla loro complessità, che rimane un dato oggettivo anche dove il processo risulta semplice e trasparente per l’utente. Per questo è prassi stabilire norme, che permettano di ottenere risultati standardizzati sulla base della definizione precisa di un processo. Questo è lo spirito e lo scopo della ben nota norma ISO 12647, suddivisa in sette parti. La norma copre tutte le tipologie di stampa tradizionale (compresa la stampa offset) e definisce regole precise per la preparazione dei materiali necessari a produrre l’output finale, stabilendo tolleranze rigide a garanzia del controllo di qualità dei risultati. È facile quindi ipotizzare che la nuova norma ISO 15311, destinata a regolamentare i pro-
cessi di stampa digitale, si muova sulla falsariga della più nota ISO 12647, al netto dei necessari adattamenti alla tecnologia. Un unico standard qualitativo: missione possibile? In realtà le cose non stanno così. Al di là del fatto che la norma ISO 15311 non è ancora definitiva, è facile prevedere che una “nuova” ISO 12647 non esisterà mai. Intendo dire che non esisterà una norma in grado di riassumere in precise istruzioni e prescrizioni gli step che portano alla definizione di uno standard consolidato, semplicemente perché la tecnologia in gioco non lo permette. Può sembrare un’affermazione negativa, ma non lo è. In parole povere, abbiamo a disposizione un numero tale di substrati di stampa, inchiostri e macchine diverse, che è impensabile creare uno standard unico. Il prezzo da pagare
in cambio delle nuove possibilità consiste nel cambiare radicalmente prospettiva. La figura 1 è tratta da una lezione che ho tenuto al FESPA di Monaco lo scorso maggio, e schematizza il processo di stampa tradizionale – l’offset in particolare. C’è una macchina, ci sono degli inchiostri (le cui caratteristiche sono definite da una norma ISO), e ci sono dei substrati. Alcune tipologie di carta ben identificabili. L’interazione tra le parti è complessa, ma ben nota: sappiamo, ad esempio, cosa accade all’inchiostro quando viene depositato su carta patinata piuttosto che su carta naturale. La figura 2 (a pagina seguente) schematizza invece il processo di stampa digitale, ed è ben diversa dalla precedente: le interazioni tra gli elementi in gioco vengono sostituite da una specie di vortice che ne “mescola” le proprietà. Questo significa che è sì possibile stampare su cotone, o su ceramica, ma non è possibile stabilire a priori una parametrizzazione rigida, perché i supporti sono totalmente diversi, così come sono diverse le modalità di funzionamento delle varie macchine da stampa, per non menzionare gli inchiostri. www.fogra.org mette a disposizione gratuitamente un manuale chiamato “PSD”, ovvero Process Standard Digital. Nonostante la sua lunghezza sfiori le duecentocinquanta pagine, è una lettura fondamentale per chiunque voglia avvicinarsi correttamente al mondo della stampa digitale. Gli scopi del manuale sono essenzialmente tre: il controllo del processo di output, finalizzato a ottenere una qualità di stampa ripetibile nel tempo; la fedeltà cromatica della stampa; l’implementazione di un flusso di lavoro basato sullo standard PDF/X. PSO vs PSD Lo standard ISO 12647 è alla
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speciale ‖‖ Nella stampa digitale, l’integrazione di una molteplicità di supporti, inchiostri e soluzioni hardware rende impossibile definire con precisione il comportamento delle varie combinazioni.
2
SUBSTRATI
INCHIOSTRO
base del PSO, Process Standard Offset. Il PSO definisce il processo di stampa tradizionale che ben conosciamo, ma questo non è possibile nel caso del PSD. Immaginiamo uno scenario comune. Un cliente richiede che il medesimo layout grafico sia riprodotto su poster, tessuti per frame retroilluminati, banner in PVC, borse di un diverso materiale plastico, tazze in ceramica. Questo è reso possibile dalla tecnologia di stampa digitale, ma pone un problema. È necessario preparare cinque diversi file di output, uno per ogni substrato e per ciascuna destinazione finale? Anzitutto questo farebbe lievitare i costi. Inoltre, in fase di progettazione, è spesso impossibile conoscere in dettaglio tutte le condizioni finali di output. La situazione ideale consiste nel produrre un unico esecutivo di stampa che risulti poi “modulabile” a seconda delle condizioni richieste dal cliente, pur
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MACCHINA
nella garanzia che il risultato sia conforme alle aspettative. “Printing the Expected” è, infatti, il motto che caratterizza il PSD. La filosofia di base per raggiungere lo scopo è semplice: si chiede che il controllo di processo (“process control”) e il controllo di qualità (“quality assurance”) rimangano separati. Il controllo di processo, nel senso utilizzato nel PSD, si preoccupa delle impostazioni di stampa e dei controlli visivi e strumentali in grado di garantire una qualità dell’output costante nel tempo. La parola chiave, in questo caso, è “ripetibilità”. Naturalmente questo è dipendente dalla tecnologia di stampa e dai materiali utilizzati (compresi gli inchiostri). Di conseguenza, la responsabilità di definire con precisione il controllo di processo è di chi produce le macchine, non dello standard – anche se è richiesto il rispetto universale di alcuni principi di base. Il controllo di quali-
tà, invece, riguarda la valutazione critica del risultato finale della stampa. Questo si ottiene seguendo le prescrizioni di due diverse sezioni dello standard ISO 15311, relative al piccolo e al grande formato. Il mondo del digitale, infatti, è suddiviso in due aree in base alla tipologia di output finale: la stampa di piccolo formato coinvolge l’inkjet e il laser; quella di grande formato è quasi esclusivamente inkjet. La figura 3 (a pagina seguente) schematizza il controllo di processo per mezzo di una piramide. Alla base ci sono le operazioni fondamentali (come la garanzia che la macchina da stampa funzioni correttamente e al meglio delle sue possibilità). Salendo, si procede verso l’ultimo step, il controllo di qualità, attraverso una sequenza di operazioni poste in ordine logico e operativo. I punti più importanti di questo schema sono i numeri 2 e 3. La scelta
del substrato (punto 2) è fondamentale, perché il numero di supporti disponibili richiede un database preciso di parametri relativi alle condizioni ottimali di stampa del supporto. Il database connette ciascun substrato a parametri come la retinatura, la quantità di inchiostrazione, la ripartizione degli inchiostri necessaria a formare un certo colore, la modalità di stampa. In sostanza, stampare su carta e su ceramica implica la definizione di parametri radicalmente diversi, anche se la tecnologia utilizzata è la stessa. Costruire un database in cui ciascuna entry definisca un supporto è poco raccomandabile. Semmai è ipotizzabile. Molto più sensato è raggruppare i substrati in manieraomogenea tra loro, ovvero accomunare quelli dotati di una variabilità relativamente bassa tra uno e l’altro, e lavorare su quelli. L’identificazione dei riferimenti colore (punto 3) è a sua volta fondamentale, perché la selezione di un supporto, in determinate condizioni di stampa, definisce di fatto lo spazio colore di output, che potrà essere più o meno esteso. Questo implica, nell’esempio precedente, che non necessariamente il risultato della stampa su ceramica sarà identico a quello della stampa su carta. Se nella stampa tradizionale esistono delle caratterizzazioni aderenti allo standard (FOGRA51, per esempio), non si può pensare che questo accada automaticamente anche nel digitale. La regola è, in sostanza, che una macchina, un set di inchiostri, un supporto e determinate condizioni di stampa definiscono lo spazio colore di output. Spazi colore diversi possono avere estensioni dissimili. Il caos prodotto da questa considerazione è però solo apparente: si tratta solo di modificare la prospettiva dalla quale si guarda il processo.
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2 1 Oltre il CMYK “ristretto” Nel momento in cui non sia definita una condizione di stampa concreta, nel senso delineato nei paragrafi precedenti, la prassi è assumere che lo spazio colore di destinazione sia assimilabile a quello definito dalla caratterizzazione FOGRA51, che descrive le condizioni di output con tecnologia offset su carta patinata secondo lo standard ISO 12647-2. Il profilo ECI relativo a essa (PSO Coated v3) può essere considerato il riferimento medio più attendibile, ad oggi, per gli stampatori digitali anche al di fuori dell’Europa. È interessante e promettente che opportune condizioni di stampa possano offrire un gamut più esteso rispetto a quello cui il “vecchio” CMYK ci ha abituati. Per questo, preparare gli esecutivi di stampa forzando una conversione in CMYK non è sempre una prassi sempre raccomandata. Lo standard PDF/X-1 non ammette ad esempio la presenza di colori RGB o Lab nel documento, ma se-
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IDENTIFICAZIONE DEL SUBSTRATO MANUTENZIONE DELLA MACCHINA DA STAMPA (DIPENDE DALLA MARCA E DAL MODELLO)
guire questa via potrebbe ridurre il gamut del documento originale, impedendo di sfruttare appieno le caratteristiche del sistema di stampa. Una soluzione è quella di lavorare in RGB, in un flusso di lavoro che rispetti appieno le prescrizioni della gestione del colore (in particolare l’incorporazione dei profili ICC nei file), e lasciare al sistema di gestione della macchina da stampa il compito di effettuare la conversione. Questo richiede l’utilizzo di uno standard come PDF/X-4, che ammette la definizione di colori RGB o Lab, e mantiene la trasparenza nativa del lavoro che viene mandato in stampa. Verso una nuova concezione del DeltaE? Si pone anche il problema del controllo di qualità finale, che prevede la misurazione della differenza cromatica (DeltaE) tra un campioni predefinito e la stampa. Nello standard ISO 12647 vengono definiti valori di DeltaE che
portano a una divisione netta tra un lavoro approvato e uno che non rispetta lo standard. In sintesi, o il lavoro ricade all’interno di una fascia di tolleranza definita, o non è qualitativamente accettabile. Non è così, però, nel nuovo PSD, in cui vengono definite ben tre fasce di variabilità diverse denominate A, B e C. Le tre lettere indicano una qualità decrescente, e definiscono in pratica delle “classi” in cui si posizionano i risultati. Affinché uno stampato sia di classe A dovrà avere un DeltaE00 medio inferiore a 2,5 su tutti i campioni del Fogra Media Wedge 3.0; uno stampato di classe B sarà caratterizzato da un valore superiore a 2,5, ma inferiore a 4,5; la classe C, infine, sarà raggiunta da stampati che non ricadono nel caso precedente ma hanno comunque un valore inferiore a 5,5. Se la deviazione eccede questo limite deviazione, la stampa ottenuta esce dallo standard. Ci sono altre prescrizioni collaterali, ma questo è un buon esempio pratico della direzione in cui lo standard
si muove. Inoltre, il controllo di qualità del prodotto finale tiene conto della finitura della superficie, dell’omogeneità della stampa e di altri parametri. Non è semplice riassumere in poche pagine le tantissime novità introdotte dal nuovo standard ISO 15311, ma la sostanza è quella che ho cercato di descrivere. La lettura del PSD è spiazzante, in alcuni passaggi, per chi è abituato a pensare al processo di stampa tradizionale normato come a un flusso di lavoro articolato ma del tutto consolidato. Dopo un po’, però, si inizia a vedere quanto ampio sia l’orizzonte che si apre grazie alla tecnologia digitale, che ha bisogno di tempo per essere valutata in tutti i suoi aspetti e sviluppata fino in fondo. Questi sono anni molto eccitanti per il mondo della stampa, grazie alle novità che il digitale ha introdotto. È però necessario affrontare le nuove sfide con una mentalità aperta e ricettiva verso gli inevitabili cambiamenti delle regole.
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eventi I membri di Dscoop, la comunità degli stampatori clienti di HP, si sono incontrati a PortAventura per confrontarsi su tecnologie, applicazioni e strategie di business
Dscoop Edge: la condivisione come strumento per superarsi e crescere più rapidamente di Gabriele Lo Surdo
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e idee nascono combinando competenze e informazioni in un modo nuovo. Non c’è dubbio che abbiate grandi competenze, ma qui trovate nuove informazioni: cose che non sapevate e che certamente vi saranno d’ispirazione. Unite l’ispirazione alle competenze e… boom! Avrete nuove idee». Così Fredrik Härén, speaker di fama mondiale ed esperto di creatività, ha arringato i delegati di Dscoop
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Edge PortAventura durante il suo keynote speech. «Dovete allenare la vostra abilità di combinare competenze e informazioni in modi inaspettati. Questo è ciò che vendete: non stampa, ma la capacità di fare cose che i clienti non sanno neanche di potervi chiedere». Effettivamente, nell’ultima conferenza organizzata da Dscoop in Europa, è stato dedicato ampio spazio ad attività volte a stimolare la nascita di nuove idee, sia
applicative che strategiche. L’obiettivo, come da tradizione dell’associazione, era che ciascuno dei presenti tornasse a casa con un piccolo bagaglio di materiale prezioso, concretamente utile per arricchire e far crescere la propria attività. “Dscoop” e “Dscoop Edge” Visto che in Italia gli utenti di tecnologie HP sono innumerevoli, ma a Dscoop Edge le aziende
italiane presenti si contano sulle dita di una mano, direi che occorre fare un rapido ripasso. Dscoop (abbreviazione di Digital Solutions Cooperative) è la comunità globale degli utenti di ‖‖ In alto: a sinistra, lo speaker Fredrik Häréndurante il suo keynote sul ruolo cruciale della creatività in ogni aspetto della vita, compreso il lavoro; a destra, l’angolo dello stand HP dedicato alle applicazioni rese possibili dagli HP Indigo ElectroInks speciali, come bianco ultra coprente, colori fluo, argento etc.
eventi tecnologie HP per la stampa professionale. Fondata nel 2005 da due veterani americani dell’industria della stampa, Larry Vaughn e Jack Glacken, la comunità conta oggi circa 8.000 membri in 85 Paesi. «Siamo un’organizzazione indipendente, attiva in tre regioni: America, EMEA e Asia. Il nostro consiglio d’amministrazione è composto da membri volontari. Io e i professionisti del mio team siamo dipendenti dell’organizzazione e abbiamo lo scopo di perseguire quello che è da sempre il primo obiettivo di Dscoop: aiutare i nostri membri a stampare di più, in modo più efficiente e più redditizio», spiega Keith Wilmot, CEO di Dscoop. «L’organizzazione offre ai suoi membri [a pagamento, ndr] la possibilità di partecipare a grandi eventi come questo, ma anche una serie di strumenti (articoli tecnici, forum di discussione, materiale educativo, galleria di applicazioni, directory dei membri etc.) accessibili dal sito dscoop.com». L’operato dell’associazione è finanziato dalle quote associative pagate dai membri e dagli oltre 50 sponsor e partner coinvolti nelle sue varie attività. L’evento dello scorso giugno, svoltosi a PortAventura, a pochi chilometri da Barcellona (Spagna), è stato il trentesimo organizzato da Dscoop (l’ottavo in Europa). Novità di quest’anno è il nuovo marchio “Edge” (vantaggio) che, da qui in avanti, identificherà le conferenze organizzate da Dscoop. All’evento hanno partecipato oltre 600 delegati, rappresentanti di circa 200 aziende di stampa basate in 41 diversi Paesi. Il ricchissimo programma formativo prevedeva tre keynote e 33 sessioni sugli argomenti più disparati. Tornando al creare terreno fertile per la nascita di nuove idee, merita una nota il fatto che circa la metà delle sessioni fossero tenute da stampatori membri di Dscoop e riguardassero storie di successo da loro stessi vissute. L’altra metà, invece erano tenute da esperti del settore, tra cui gli amici Matthew Parker e Mike Ferrari (spesso ospiti delle nostre pagine).
Per scoprire novità di carattere tecnologico e parlare vis-à-vis con manager ed esperti, gli ospiti di Dscoop Edge PortAventura avevano a disposizione il grande “Solutions Showcase” dove erano presenti gli stand delle 57 aziende partner (produttori di sistemi di finitura e nobilitazione compatibili con le tecnologie HP, sviluppatori di software, cartiere etc.). Senza bisogno di aggiungere ulteriori dettagli sull’evento (come per esempio l’indimenticabile serata EdgeFUN, sull’ottovolante più alto e veloce d’Europa), sembra proprio che, per un utente HP, non ci sia idea migliore che diventare un Dscooper. E allora perché gli Italiani latitano? «Non è un comportamento solo
degli italiani, anche noi israeliani tendiamo ad allontanarci il meno possibile dalle nostre aziende. Il punto è capire quando, come in questo caso, è proprio allontanandoci che porteremmo più vantaggio alla nostra azienda», commenta Eran Friedman, VP Marketing di Ilan Print e membro del Global Board di Dscoop. «Se la tua azienda va bene, è facile che tu possa pensare “so tutto, non ho bisogno che nessuno mi insegni niente”. Ma la verità è che c’è sempre da imparare e ci sono sempre nuovi spazi di crescita. Quando te ne rendi conto, cambi mentalità e cambi il tuo approccio rispetto a eventi come questo». Sul valore di Dscoop per i suoi membri anche Keith Wilmot ha
‖‖ In alto, uno scorcio delle aree dello stand HP dedicatate a applicazioni nell’ambito della stampa commerciale e del packaging in cartone teso. Qui sopra, Alon Bar-Shany, General Manager di HP Indigo, durante il suo intervento sulle strategie da adottare per avere successo nell’odierno mondo della stampa.
le idee chiare: «Abbiamo comparato i dati di redditività e crescita di un campione di stampatori membri di Dscoop con quelli di altri stampatori digitali con caratteristiche simili. Sono emersi due numeri interessanti. Gli stampatori membri di Dscoop hanno marginalità medie il 15% più alte degli altri, e le loro aziende crescono con un ritmo due volte più rapido».
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Italiani: pochi ma buoni Se è vero che i compatrioti presenti a Dscoop Edge erano pochi, è altrettanto vero che tra di loro vi erano straordinari fuoriclasse come Gabriella Moretti e Vincenzo Cirimele, rispettivamente Marketing Manager di Rotolito Lombarda e CEO di PressUP, nonché entrambi membri dell’EMEA Board di Dscoop. «Il mio primo Dscoop è stato in Texas, negli Stati Uniti. Mi colpì questo enorme “circo” di fornitori, clienti e utenti che cercavano di aiutarsi gli uni gli altri. Per questo, in seguito, insieme ad altri colleghi, abbiamo deciso di organizzare la conferenza anche in Europa», ci racconta Cirimele.
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«La cosa importante dell’essere membri di Dscoop è impegnarsi a fondo per conoscere questa grande famiglia. Non siamo concorrenti, ma al tempo stesso non siamo aziende diverse tra noi. Durante tutto l’anno cerchiamo di incontrarci, scambiarci idee, condividere lavori che abbiamo realizzato. Tutto questo mi ha aiutato tantissimo a sviluppare PressUP, anche dal punto di vista dei processi. Quando parli con i colleghi di un problema, molto spesso loro lo hanno già risolto. Altre volte capita che sia tu a dare una soluzione a loro. Poi Dscoop è anche un’occasione per trovare clienti. Ci sono grandi aziende che hanno bisogno di prodotti stampati in tutto il mondo. Talvolta il
loro stampatore si trova in Arizona ed è ovvio che non ha senso stampare lì e spedire, per esempio, in Italia. Ed ecco che, grazie a Dscoop, alcuni colleghi ci chiedono di stampare localmente. Il cliente è felice, perché risparmia soldi e tempo, e lo siamo anche noi, perché sfruttiamo meglio le nostre tecnologie». Riguardo il timore che gli stampatori membri di Dscoop possano trovarsi in concorrenza tra loro, Moretti commenta: «Il nostro concorrente non sono gli altri stampatori, bensì il mondo che cambia. La stampa non può restare ferma a com’era. Credo che condividendo le esperienze e idee, noi stampatori avremmo più strumenti per far capire ai nostri clien-
‖‖ 1) Una dimostrazione del sistema di realtà virtuale utilizzato da HP Indigo per formare gli operatori delle aziende clienti. 2) Alex Cho, direttore vendite di Johns Media, ci mostra un’applicazione realizzata su uno dei materiali certificati per HP Indigo prodotti dall’azienda (Indigo Mate™ Backlit 215). 3) Kenan Sirit, EMEA Community Manager di Dscoop, fotografa alcuni libri personalizzati per bambini, realizzati da mymagicstory.com con tecnologia HP Indigo. 4) Il team Scodix a Dscoop Edge PortAventura; primo a destra, Mauro Luini, Sales Manager South Europe.
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‖‖ In alto, i membri italiani dell’EMEA Board di Dscoop: Vincenzo Cirimele e Gabriella Moretti, rispettivamente CEO di PressUP e Marketing Manager di Rotolito Lombarda. Qui sopra, un momento del nostra chiacchierata informale con Alon Bar‑Shany, General Manager di HP Indigo.
rivela: «In autunno organizzeremo un evento in Italia. Vedremo quali dei contenuti condivisi qui a PortAventura potrebbero essere di interesse locale. E coinvolgeremo altri relatori, anche in base alle aziende che parteciperanno».
dono nuove cose: “cosa possiamo fare?”, “cosa ci proponete?”. Ho preparato recentemente una presentazione per un grande editore inglese che era venuto da noi chiedendo come potesse cambiare la sua stampa, quali altri prodotti potesse offrire ai suoi lettori etc. Molte delle idee che ho proposto nascono dagli spunti che Dscoop mi ha offerto». Per gli italiani che non hanno intenzione di viaggiare, Moretti
Un caffè con Alon Bar‑Shany
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HP è executive sponsor di Dscoop Edge e lo storico general manager di HP Indigo, Alon Bar‑Shany è da tempo membro del consiglio d’amministrazione dell’organizzazione. In attesa di poter trascorrere più tempo con lui, esplorando insieme il quartier generale HP Indigo in Israele, lo abbiamo incontrato davanti a un caffè. Con lui abbiamo discusso della cre-
scente attenzione degli stampatori nei confronti dell’inkjet. «Ogni tecnologia ha i suoi vantaggi e i suoi svantaggi. Se qualcuno dice “la mia macchina ha una qualità superiore, è più economica, va più veloce ed è più ecologica”, quasi sicuramente mente. Noi ci concentriamo su quelle aree del printing in cui la nostra tecnologia porta un sostanziale vantaggio; per esempio, dove c’è bisogno di flessibilità a livello di supporti, qualità elevata, “look and feel” dell’offset, alta copertura d’inchiostro, effetti speciali. Non credo esista una tecnologia versatile come HP Indigo. E non pretendiamo di essere i più economici; anzi, diciamolo, siamo più costosi di molti altri, ma le stampe prodotte con le nostre
macchine si vendono a un prezzo più alto. E poi lavoriamo costantemente ad aggiornamenti per le macchine, e a nuovi inchiostri. Così preserviamo l’investimento dei nostri clienti. L’inkjet è fenomenale per settori come l’ondulato, il grande formato, o gli alti volumi di stampa commerciale a bassa copertura. Ma se parliamo delle applicazioni sulle quali ci concentriamo con HP Indigo, la nostra tecnologia ha un vantaggio significativo». Recentemente alcuni costruttori hanno sottolineato come l’inkjet abbia un minore impatto ambientale. Un punto delicato, su cui Bar-Shany ha le idee molto chiare. «L’ecosostenibilità un argomento chiave. In generale, va detto che tutte le macchine da stampa digitale sono più ecologiche di quelle analogiche; non sono necessarie lastre o cilindri, e si stampa solo ciò che serve, azzerando gli scarti. Per quanto riguarda HP Indigo, negli ultimi hanno abbiamo fatto un lavoro enorme per rendere riciclabili molti dei nostri consumabili, e per allungarne la vita. Inoltre, tutte le nostre macchine sono prodotte a emissioni zero [CO₂ neutral, ndr]; ricicliamo gran parte dei materiali che utilizziamo per costruirle e i nostri edifici più nuovi sono dotati di pannelli solari e certificazione LEED. Infine, stiamo lavorando con le principali agenzie europee per certificare compostabilità e riciclabilità dei prodotti realizzati con le nostre macchine. Come, per esempio, gli imballaggi flessibili». Dscoop: perché no? Onestamente, bisogna avere qualche rotella fuori posto per tornare a casa da una conferenza Dscoop pensando di aver perso tempo; nella peggiore delle ipotesi si è imparato qualcosa, nella migliore si è data una svolta cruciale al proprio business. Però, riprendendo le parole di Gabriella Moretti: «Non ha senso seguire una sola edizione. Dscoop è un grande progetto che richiede partecipazione, venire qui una volta non basta per comprenderne contenuti e valori».
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eventi Durante il FINAT ELF fornitori e converter hanno tracciato la rotta verso un futuro che si prospetta roseo, con l’Italia (inaspettatamente) nel gruppo di testa
L’industria dell’etichetta non smette di crescere, si digitalizza e guarda a Est
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a community dell’etichetta si è riunita a Copenhagen per l’annuale European Label Forum, un evento ormai affermato che si propone (al pari dell’associazione di cui è espressione) come piattaforma per condividere e celebrare gli obiettivi raggiunti dall’industria dell’autoadesivo. In apertura dei lavori il Presidente, Chris Ellison, ha rimarcato come FINAT offra l’opportunità di creare relazio-
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ni, amicizie e collaborazioni che vanno oltre i confini nazionali. Ma ELF (l’acronimo che definisce l’evento) è anche l’occasione per soffermarsi su numeri e statistiche di mercato, tutti cautamente in crescita. Le statistiche FINAT sulla vendita dei materiali, espressione di nove produttori che da soli coprono il 95% del volume globale, dicono che il consumo mondiale è pari a 7,49 miliardi di m2, con crescite accentuate per i materiali non cartacei (+27%), con l’Euro-
pa dell’Est che è arrivata a pesare il 23% della domanda totale (era solo il 12% nel 2003). Il mercato nel complesso è tornato a valori superiori a quelli del 2012, anno di forte frenata. A livello europeo, i 5 paesi più importanti coprono il 60% del totale, e tra questi c’è l’Italia, con un tasso di crescita sorprendentemente positivo (+4%), che si contrappone alla stagnazione di Germania e Francia, e alla decrescita del Regno Unito. Pertasso di crescita solo la Russia fa
meglio del nostro paese. L’industria nel suo complesso, tuttavia, nel 2018 ha registrato dei cedimenti sul 2017 in alcuni settori. Un rallentamento di cui, come sottolinea il Segretario di Finat Jules Lejeune, non bisognerebbe essere amareggiati, dopo molti anni di crescita ininterrotta. ‖‖ A sinistra, una round table durante lo European Label Forum 2019. A destra l’andamento del mercato dei materiali per etichette nel 2018 rispetto al 2017.
eventi All’annuale incontro con clienti e partner, il celebre costruttore statunitense ha presentato una convincente roadmap per il 2021 e la nuova immagine aziendale
Vibrazioni positive e tanta energia allo Xerox Forum ’19. L’azienda mai così in forma di Gabriele Lo Surdo
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019-2021: un triennio decisivo per Xerox, che sarà ricordato negli annali. Dopo una stagione, lunga e poco elettrizzante, caratterizzata da un approccio a metà tra il cauto e il confuso, la celebre multinazionale statunitense sembra aver ritrovato la vitalità che l’ha resa nota a livello globale. Il merito è del pragmatico John Visentin (Vice Chairman e CEO dell’azienda da maggio 2018)
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e della nuova squadra di super manager da lui capitanata. Sono loro, infatti, ad aver delineato una convincente roadmap che, nei prossimi tre anni, dovrebbe (ri) portare Xerox a essere “una potenza tecnologica” (parole dello stesso Visentin) pronta ad affrontare le sfide del futuro. Un tema, questo, a cui è stato dedicato ampio spazio nel corso dell’ultima edizione dello Xerox Forum, l’annuale evento dedicato ai partner e ai clienti europei dell’azienda.
Reingegnerizzare il futuro della stampa, e di Xerox, partendo dalla comunità «Lo Xerox Forum di quest’anno è dedicato a trasformare le possibilità in opportunità. Per la prima volta, abbiamo riunito sotto lo stesso tetto i creativi della comunità thenetworkone, i membri dell’XMPie Users Group e i nostri Premier Partner. È l’inizio di un percorso volto a migliorare l’integrazione tra i vari anelli della
catena del valore, nonché un’occasione per lavorare insieme alla reingegnerizzazione del futuro della stampa e di Xerox». Queste le parole con cui Helene Blanchette (Global Vice President Marketing for Graphic Communications di Xerox) ha aperto il suo intervento allo Xerox Forum 2019. Ingrediente fondamentale della ‖‖ In alto: Evelyn Truter di Xerox apre i lavori del Forum 2019, tenutosi a Villamoura, nel sud del Portogallo.
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Xerox che verrà sono quindi i suoi interlocutori. Con quelli storici, l’azienda conta di condividere il percorso di trasformazione appena intrapreso; mentre con i nuovi punta a innescare inedite dinamiche di creazione del valore. Al Forum 2019 hanno partecipato una decina di agenzie e designer, alcuni dei quali sono stati coinvolti in dibattiti, tavole rotonde e speed meeting con stampatori, rappresentanti di cartiere, sviluppatori di software e manager
di Xerox. Tra gli italiani: Lorenzo Marini, designer, artista e direttore creativo di Lorenzo Marini Group, nonché Sara Tamago e Lara Casadei, art director dell’agenzia torinese Comunico Group. All’evento erano presenti anche numerosi utilizzatori di XMPie, il software Xerox per la gestione di campagne multicanale personalizzate. A loro erano dedicate alcune sessioni tematiche tenute da specialisti di prodotto e sviluppatori XMPie, oltre che da esperti di co-
municazione one-to-one. Per la prima volta in uno Xerox Forum, il software ha ricoperto un ruolo di primo piano, sia nell’agenda dell’evento che nelle grafiche utilizzate per il suo allestimento. Un segnale, anche questo, del cambiamento in atto nell’azienda. A proposito di XMPie, il Forum 2019 è stato scelto da Jacob Aizikowitz (fondatore dell’azienda nonché sua guida per oltre 18 anni) per annunciare il passaggio del testimone a Eran Baron e il
‖‖ 1) Helene Blanchette, Global Vice President Marketing for Graphic Communications di Xerox, durante il suo discorso di benvenuto ai delegati del Forum 2019. 2 e 3) Immagini tratte dalla campagna “Made to Think” presentata lo scorso febbraio per illustrare il piano strategico di rilancio dell’azienda messo a punto da John Visentin, CEO di Xerox, e dal suo staff. 4) La tavola rotonda, moderata da Helene Blanchette e Julian Boulding, fondatore di thenetworkone, sul tema della collaborazione tra produttori di tecnologie, stampatori e creativi. Tra i partecipanti, l’artista e designer italiano Lorenzo Marini (terzo da destra).
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Courtney Harwood CMO di Xerox
“La campagna ‘Made to Think’ esalta il pensiero come punto di partenza di ogni innovazione e come fondamento del nostro modo di operare.”
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proprio ritiro. Un momento toccante, salutato da lunghi applausi e da un affettuoso discorso dell’amico Jeroen van Druenen, presidente dell’XMPie User Group. Aizikowitz, infatti, si lascia alle spalle una lunga e straordinaria carriera, durante la quale ha contribuito a scrivere pagine indimenticabili della storia di questo settore. Al di là delle attività previste dall’agenda, è stato interessante notare come la presenza di un pubblico più eterogeneo del solito abbia creato le condizioni per sessioni di networking molto intense dalle quali, almeno apparentemente, sono nate numerose opportunità di collaborazione concrete.
Da oltre un secolo, pronti al cambiamento per assecondare un mondo che cambia Come detto in apertura, uno degli argomenti più caldi del Forum 2019 è stato il piano triennale di rinnovamento dell’azienda. Per saperne di più abbiamo parlato con Hubert Soviche, VP EMEA Graphic Communications di Xerox, e Tracy Koziol, SVP Global Offering di Xerox. «Il mondo sta cambiando, le necessità dei nostri clienti stanno cambiando e noi stiamo cambiando per continuare a essere il loro miglior interlocutore. È un cambiamento necessario, prima di tutto culturale, che si sta riflettendo
‖‖ 1) Tracey Koziol, SVP Global Offering di Xerox. 2) Jacob Aizikowitz, fondatore e presidente di XMPie, annuncia il suo ritiro e presenta il suo successore Eran Baron (primo da sinistra). Nella foto, il toccante momento del saluto di Jeroen van Druenen, presidente dell’XMPie User Group. 3) Sara Tamago e Lara Casadei, Art Director dell’agenzia di comunicazione torinese Comunico Group. 4) Joseph Rouhana, VP/GM Software Business Group di Xerox, discute con alcuni delegati del Forum 2019.
anche nella nostra strategia goto-market», spiega Soviche. «Ora, la nostra priorità è dare ai clienti gli strumenti per sviluppare nuovi business che vadano al di là della stampa, e accompagnarli nel percorso di cambiamento che a loro
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eventi ‖‖ A fianco, Chris Irick, Woldwide Product Marketing Manager Entry Production Inkjet di Xerox, durante il suo intervento sulle applicazioni più redditizie realizzabili con la tencologia inkjet. Sotto, Blanchette annuncia l’assegnazione di un EDP Award a Xerox Iridesse. In basso, l’andamento da inizio anno delle azioni Xerox, comparato a quello delle azioni di Google e Amazon.
Performance azioni Xerox, Google e Amazon Periodo 02/01/2019 - 31/07/2019
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Tracey Koziol SVP Global Offering di Xerox
“Grazie ai nostri centri di ricerca, disponiamo di tecnologie, uniche e proprietarie, con cui supportare i clienti nella digitalizzazione delle loro aziende.”
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volta dovranno intraprendere». Un obiettivo ambizioso, complesso da raggiungere per un gigante del calibro di Xerox, con 113 anni di storia sulle spalle. «Abbiamo sviluppato e brevettato un numero impressionante di nuove tecnologie [nei soli Stati Uniti, l’azienda è titolare di oltre 10.000 brevetti attivi, ndr]. In molti casi, però, queste tecnologie hanno creato più valore per aziende terze che per Xerox stessa», spiega Tracey Koziol, SVP Global Offering di Xerox. «Da oggi al 2021, in linea con la visione di John Visentin, perseguiremo una strategia “play to win”, ovvero mirata a creare valore per noi e i nostri partner, mettendo a frutto il lavoro e le conoscenze dei nostri centri di ricerca. I mercati su cui ci concentreremo sono quelli del digital packaging, delle intelligenze artificiali, della stampa 3D, nonché dei sensori e dei servizi per l’Internet of Things». Xerox ha dunque le idee ben chiare. La sua roadmap 2019-2021, infatti, è frutto di circa un anno di lavoro durante il quale l’azienda ha esaminato sistematicamente se stessa e suoi mercati di riferimento. Primi passi concreti di questo percorso sono stati: la presentazione della nuova immagine aziendale, dominata dalla tagline “Made to Think”; un Forum incentrato sull’apertura a nuovi interlocutori; il lancio, lo scorso 26 giugno, della nuova macchina da stampa inkjet a foglio Xerox Baltoro. E se ci vorrà ancora qualche mese per vedere ulteriori prove tangibili del cambiamento in atto, gli investitori sembrano già convinti della bontà del percorso intrapreso dalla multinazionale di Rochester: da inizio anno, il titolo azionario Xerox non ha fatto che salire, a ritmi ben più sostenuti dei brand tecnologici più in vista del momento.