Italia Publishers - Anno XXXI - n° 06/2019 - Prezzo euro 10,00 - Iscrizione al ROC n° 26062 del 23/11/2015 Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LOM/MI
MEETING LEADERS
Moss: dalle tende pop-up alla comunicazione visiva, tra creatività, tecnica e magia STRATEGIE
Renze: da più di cento anni, protagonista nel sign & display d’oltreoceano SPECIALE
Gestione del colore 2.0, così stampa digitale e materiali inediti cambiano le regole
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sommario 06
EDITORIALE
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NEWS
6 |
Il grande formato pensa già da industria adulta
Novità, tecnologie e tendenze dai player del mercato digitale
MEETING LEADERS 12 |
Moss: dalle tende pop-up alla comunicazione visiva in tessuto, tra creatività, tecnica e magia
STRATEGIE
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Renze: da oltre cent’anni, protagonista della storia del sign & display d’oltreoceano
26 |
Autosufficienza e approccio industriale guidano Eclipse nella trasformazione digitale
32 |
Tecnologie top ed ecosistemi integrati aumentano i profitti nella stampa digitale
36 |
Workflow e taglio digitale Esko, strumenti per fare il salto di qualità nel digitale
12
TECNOLOGIE 40 |
L’industrial printing cresce con ecosistemi software performanti e accessibili
42 |
swissQprint presenta la sua prima stampante roll-to-roll: si chiama Karibu ed è geniale
44 |
Durst P5: oltre le specifiche c’è un ecosistema fatto di hardware, software e servizi
SPECIALE 48 |
Pop-up e temporary store, un format di successo, che non smette di evolversi
54 |
Gestione del colore 2.0, così stampa digitale e materiali inediti cambiano le regole
EVENTI 60 |
EFI punta sulla concretezza per riaffermare la leadership nelle stampanti ibride
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La community del colore sbarca in Italia, per andare oltre i supporti cartacei
IDEE PER CRESCERE 66 |
Come difendere prezzi e profitti più elevati quando negoziate con i vostri clienti
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Il coaching: uno strumento potente, a disposizione dei manager più lungimiranti
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Italia Publishers – Anno XXXI – n° 06 2019 Registrazione: Tribunale di Milano n. 74 del 12/2/94 Iscrizione al ROC n° 26062 del 23/11/2015 Direttore editoriale Lorenzo Villa
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drupa content contributor
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editoriale di Lorenzo Villa // lorenzo@densitymedia.com
Il grande formato pensa già da industria adulta Ogni volta che dedichiamo un numero di Italia Publishers alla stampa di grande formato, è come fare un balzo nel passato. Alla svolta che vent’anni fa abbiamo dato alla nostra rivista; e all’intuizione di virare verso un mercato dell’inkjet fatto di pochi fornitori, tra cui le imperiture Mimaki, Roland, HP, Mutoh, e pochi altri brand ormai scomparsi o fagocitati. Ricordate ColorSpan, Encad, Scitex, NUR, Salsa Digital, Neolt, RasterGraphics? All’inizio del nuovo millennio, poi, mille nuove stelle sono apparse nel cielo del wide format. Di lì a poco, il mercato sarebbe esploso, e Italia Publishers era già pronta a intercettare questo cambiamento, su cui ci siamo concentrati per un decennio. Oggi il mercato è cambiato profondamente. Tutto parla di convergenza tra analogico e digitale, piccolo e grande formato, segmenti applicativi che un tempo neppure si sfioravano. Eppure il grande formato, in tutte le sue sfaccettature, ha mantenuto un’identità forte, e alcuni dei suoi protagonisti – costruttori, rivenditori, stampatori digitali – si sentono ancora dei rivoluzionari. Soltanto più maturi, emancipati e riflessivi. Ciò che è cambiato non è solo la dimensione, la velocità o il valore medio delle attrezzature, bensì la consapevolezza di non avere più in mano giocattoli imperfetti dal grande potenziale. Le stampanti di oggi sono ingranaggi sofisticati di un sistema produttivo più complesso. E non è casuale che aziende come Durst (pag. 44), EFI o Esko investano su ecosistemi fatti di hardware, software, consumabili, assistenza e formazione. Ma la maturazione non è solo tecnologica, e riguarda soprattutto i modelli di business. Per questo continuiamo a investire per scoprire e visitare gli stampatori più innovativi e virtuosi al mondo, e regalarvi storie che consideriamo emblematiche dell’evoluzione del nostro mercato. Come quelle di Moss (pag. 12), Renze Display (pag. 20) o Eclipse (pag. 26). Che si parli di tessuto, carta, cartone, pellicole adesive, o dei mille materiali che hanno fatto grande la comunicazione visiva, quella del wide format è ormai, a tutti gli effetti, un’industria adulta.
news Roland Keppler guiderà una Onlineprinters più internazionale Dopo aver condotto l’azienda per cinque anni, rendendola una delle più importanti realtà europee di stampa online grazie a un’ambiziosa politica di acquisizioni e investimenti in tecnologia, lo scorso 30 giugno Michael Fries ha lasciato la guida di Onlineprinters. A raccogliere il testimone è Roland Keppler, che in passato ha ricoperto la posizione di CEO in aziende del calibro di Europcar, car2go e TUIfly. Una nomina tutt’altro che casuale, come ben sottolineano le parole di Walter Meyer consigliere
aggiunto di Onlineprinters: «L’esperienza maturata da Keppler ci aiuterà a tradurre la nostra già forte posizione di mercato in un chiaro orientamento al cliente». Chiare e ambiziose, sin dal primo istante, anche le parole del nuovo CEO. «Vogliamo continuare a crescere a livello internazionale in modo dinamico, integrando ancora di più le aziende del gruppo e conquistando nuovi clienti con le nostre innovazioni», ha affermato Keppler. onlineprinters.com
‖‖ Già CEO di Europcar, car2go e TUIfly, Roland Keppler è il nuovo CEO di Onlineprinters, e supporterà lo sviluppo internazionale dell’azienda.
C’è uno “stampatore” a capo delle vendite di Ricoh Europe
‖‖ MUH-100-Si è l’innovativo inchiostro argento UV di Mimaki, stampabile su differenti supporti e compatibile con diversi modelli di stampanti flatbed UV del costruttore.
Jurgen Freier è il nuovo Director Commercial Print Sales di Ricoh Europe, e la sua responsabilità sarà quella di supportare i clienti europei di Ricoh nella loro progressiva transizione dalle tecnologie analogiche a quelle digitali. La sua, tuttavia, non è una nomina qualunque. Dopo la lunga esperienza in Heidelberg, iniziata nel 1991, nel 2003 Freier viene nominato President of Sales presso Gruner & Jahr, editore di calibro europeo. La sua carriera continua poi in Meiller
Direct, società specializzata in direct marketing, e quindi a capo delle vendite di Prinovis, uno dei più grandi stampatori europei. La sua ultima tappa è HP, dove ricopre il ruolo di General Manager Indigo & Inkjet Webfed EMEA. Quella della trasformazione tecnologica del printing, per Freier, è quindi un’esperienza maturata sul campo, sui due fronti della stessa barricata. Un’esperienza che ben si combina con le ambiziose sfide di Ricoh. ricoh-europe.com
Bompan guarda al futuro tra nuovi rivenditori e investimenti L’importatore italiano di Mimaki si prepara ad aprire una nuova stagione di sviluppo aziendale, commerciale e tecnologico, e a consacrare l’appuntamento di Viscom con importanti annunci. Il più rilevante riguarda la strategia commerciale, che vede l’introduzione di nuovi rivenditori destinati a rendere la presenza di Mimaki ancora più capillare. I nuovi partner regionali, che affiancheranno Bompan in fiera, sono Grafilandia (Lombardia), SMG (Triveneto ed Emilia Roma-
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gna), Master tek (Toscana) e Petrosino per Puglia e Basilicata. Sul fronte delle tecnologie, Bompan si prepara a presentare una nuova stampante 3D compatta e un nuovo inchiostro UV argento, per applicazioni decorative. «Abbiamo messo in atto importanti cambiamenti che non vediamo l’ora di raccontare. Vogliamo stupire i visitatori e dedicare loro tutto il nostro tempo per aggiornali sul mondo Bompan e Mimaki», afferma il CEO Rachele Bompan. bompan.it
‖‖ Dopo esperienze con costruttori, editori e stampatori europei e globali, Jurgen Freier è il nuovo Director Commercial Print Sales di Ricoh Europe.
news
SmartColor festeggia 25 anni con nuovi spazi e partnership globali Nata con la mission di sviluppare soluzioni di stampa personalizzate, partendo da piattaforme “standard”, SmartColor può andare orgogliosa dei risultati conseguiti nei suoi primi 25 anni di storia. La società, fondata a Pescara nel 1994 e tuttora guidata con entusiasmo da Davide Catalano, ha introdotto un modello di engineering inedito. Inizialmente basato sulla padronanza tecnica e applicativa del suo titolare, negli anni questo si è arricchito di competenze progettuali, meccaniche e chimiche, dando vita a una vasta gamma di stampanti a piano fisso e con conveyor belt, dedicate ad applicazioni di stampa e decorazione industriale. Un business cresciuto incessantemente, che
ha portato l’azienda ad ampliare gli spazi produttivi, fino al trasferimento (nella primavera del 2019) in una nuova grande sede a pochi metri dall’aeroporto di Pescara, che si estende su 5.000 m2 coperti e 2.150 m2 di area logistica esterna. Un traguardo ambizioso, che pone le basi per un’ulteriore crescita delle attività di ricerca e sviluppo, e dei volumi produttivi. Proprio nelle ultime settimane, all’ormai consolidata integrazione su piattaforme Mimaki, e alla collaborazione tecnologica con Roland EMEA, si è aggiunta una nuova partnership con Mutoh. Da questa collaborazione nascerà una nuova generazione di stampanti, con formati e prestazioni inedite. smartcolor.it
HP Papers. Continua la lotta contro il tumore al seno. Per il terzo anno consecutivo HP Papers collaborerà con l’organizzazione Think Pink Europe per combattere il tumore al seno. Il progetto prevede la donazione di 0,10€ alle associazioni locali per ogni risma di HP Office Pink Ream venduta. Nel suo primo anno di lancio, il progetto ha vinto il premio EOPA come iniziativa dell’anno. Ad oggi, sono stati donati 300.000€ grazie al vostro supporto.
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‖‖ In alto, l’ingresso della nuova sede di SmartColor a Pescara, pienamente operativa dalla primavera del 2019. Qui sopra, uno scorcio del nuovo centro demo aziendale. ©2019 HP Development Company, L.P. and International Paper Company. All rights reserved. HP and the HP Logo are registered trademarks of HP and are used by International Paper Company under license from HP. HP Papers office paper range is manufactured and marketed exclusively worldwide by 7 International Paper under license from HP.
news Certificazioni e premi per gli inchiostri waterbased HP per l’ondulato Da qualche anno, la stampa digitale del cartone ondulato è uno dei segmenti più vivaci e competitivi della nostra industria. Complici gli enormi volumi di packaging e materiali POP prodotti a livello globale, la crescente domanda di personalizzazione e la grande versatilità di questo materiale. Con le sue piattaforme inkjet, HP è stata un’apripista della digitalizzazione del corrugated, e con le sue tecnologie industriali
della gamma PageWide Press ne è anche uno dei principali innovatori. Sul fronte delle attrezzature, infatti, HP è in grado di proporre sia una soluzione per il preprint (la potente PageWide T1100 alimentata a bobina) che la versatile single-pass PageWide C500 per la stampa diretta su fogli di cartone ondulato. Entrambe le attrezzature condividono la tecnologia thermal inkjet PageWide, e innovativi inchiostri base acqua. Quale
principale elemento differenziante dell’offerta di HP, questi ultimi sono stati recentemente insigniti della certificazione UL ECOLOGO, che ne attesta il minimo impatto ambientale e i minori livelli di sostanze dannose, una produzione sostenibile e l’utilizzo di packaging riciclato e riciclabile. Gli inchiostri base acqua di PageWide si sono aggiudicati anche il prestigioso InterTech Technology Award, conferito ogni anno da
PIA, l’associazione delle aziende di stampa americane. Tra le motivazioni della giuria, la brillantezza della stampa sia su carte patinate che naturali, la compatibiiltà con il packaging primario, la riciclabilità e l’assenza di odore. hp.com ‖‖ Gli inchiostri base acqua di HP PageWide consentono di stampare in modo sostenibile, sicuro e qualitativo anche imballaggi primari.
La stampa in piano con performance superiori Onset X HS porta le prestazioni della stampa in piano ad un livello mai visto prima. Con velocità fino a 1.450 m2/h e il setup automatico della produzione in 30 secondi, i tempi di consegna dei lavori si riducono drasticamente. In combinazione con i nuovi inchiostri brevettati Uvijet OX, compatibili con innumerevoli materiali plastici rigidi (compreso il polipropilene), Onset X HS rappresenta un ulteriore passo avanti nell’ambito della stampa digitale in piano per alti volumi. Scopri di più su FujifilmOnsetXHS.com/IP
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Prima al mondo, AccurioJet KM-1 ottiene la certificazione Fogra53 La tecnologia inkjet sta catalizzando l’interesse degli operatori della stampa digitale a foglio, specie degli stampatori più evoluti, e di coloro che ambiscono ad ampliare il formato carta al B2 e oltre. Con la sua AccurioJet KM-1, Konica Minolta è tra i costruttori che più hanno puntato su questo segmento tecnologico, dando vita a una piattaforma produttiva, solida e qualitativa. KM-1 può produrre fino a 3.000 fogli/ora in formato B2 e, grazie alla chimica d’inchiostro UV, può stampare anche su materiali non cartacei. Una delle caratteristiche che ne hanno decretato il successo è la qualità di stampa, resa possibile dalla risoluzione di 1.200 dpi e dalla Dot Freeze Technology, che fissa la
goccia d’inchiostro sul supporto, prevenendo fenomeni di dot gain. Questi requisiti tecnici, unitamente all’ampiezza del gamut cromatico, hanno portato la stampante di Konica Minolta ad ottenere, poche settimane fa, la certificazione FograCert Validation Printing System (ISO 12647‑8) con la nuova specifica Fogra53, unitamente alle Fogra39, 47, 51 e 52. Un risultato mai ottenuto prima da altre tecnologie, ancora più importante perché basato non sulla singola copia, ma su un’intera tiratura. Fogra, abbreviazione del Fogra Research Institute for Media Technologies, è un istituto di ricerca tedesco per le tecnologie in uso nell’industria della stampa. konicaminolta.com
‖‖ AccurioJet KM-1 può produrre fino a 3.000 fogli/ora (1.500 in bianca e volta) con un formato carta massimo di 585x750 mm, su supporti di spessore massimo 0,6 mm.
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Elitron scommette sull’Italia, tra prodotti, supporto e servizi Parliamo spesso di come il costruttore italiano di sistemi di taglio abbia ottenuto successi commerciali e notorietà a livello mondiale. Un risultato cui hanno contribuito soluzioni tecniche originali, e macchine completamente automatizzate, come Kombo TAV. La comunicazione visiva resta tuttavia per Elitron un settore prioritario, cui l’azienda ha saputo trasferire competenze e soluzioni di automazione maturate nell’industria, e cui ha dedicato una strategia di potenziamento dell’offerta di prodotti e servizi. Sul fronte tecnologico, l’azienda punta su sistemi potenti, versatili e interconnessi, ma accessibili a una vasta utenza. Tra questi brilla la serie Kombo SDC, in particolare il
modello 21.32, dotato di un piano da 2.100x3.200 mm con trave e conveyor belt sul lato da 3,2 m. Una caratteristica che consente agli stampatori digitali di tagliare efficacemente sia i materiali rigidi, che PVC e tessuti. Contestualmente, Elitron ha avviato l’inserimento di nuovi professionisti nella vendita, dimostrazione e assistenza tecnica. «A Viscom presenteremo i membri del nuovo team, tra cui un business developer per la Lombardia e nuovi tecnici nel Nord Italia», afferma Paolo Malatesta, Executive Director di Elitron. «È il primo step di una nuova offerta di servizi di supporto, aggiornamento e manutenzione dedicata ai nostri clienti italiani». elitron.com
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‖‖ In alto, Paolo Malatesta, Executive Director di Elitron. Qui sopra, Kombo SDC 21.32 ha un piano di taglio da 2.100x3.200 mm, con trave e conveyor belt sul lato da 3,2 m.
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meeting leaders
Moss: dalle tende pop-up alla comunicazione visiva in tessuto, tra creatività, tecnica e magia di Gabriele Lo Surdo
Nata dalla mente geniale di Bill Moss, l’azienda americana è oggi presente con cinque sedi in tre continenti, e vanta un’offerta di prodotti impareggiabile
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opo 18 mesi di sperimentazione, Bill Moss e Henry Stribley […] hanno messo a punto una tenda pop-up che si ripiega fino alla misura di uno zaino, è tanto leggera da poter essere trasportata da un bambino, si apre come un ombrello, non ha bisogno di picchetti o tiranti, ed è pronta a essere abitata in quattro minuti netti». Questo si leggeva nell’uscita di Life del 18 luglio 1955. La mattina seguente Moss e Stribley depositavano una
domanda di brevetto per un “rifugio portatile pieghevole” che sarà poi accettata a settembre del 1960, confermando che la tenda pop-up è una loro invenzione originale. Lo scorso giugno – spinto dalla mia consueta e incontenibile frenesia esplorativa – ho visitato la sede europea e due (delle tre) sedi americane di Moss, l’azienda creata per l’appunto da Bill Moss, che oggi è una delle più importanti realtà al mondo per la realizzazione di prodotti in tessuto per la comunicazione visiva. Come sempre avrei
meeting leaders
dovuto intervistare alcuni manager, fare il tour della produzione, scoprire le tecnologie utilizzate etc. È quello che ho cercato di fare, ma ammetto che durante le visite ho perso un po’ della lucidità richiesta a un giornalista, e ho iniziato a sentirmi come Charlie nella Fabbrica di Cioccolato. Nell’azienda che ho visitato, infatti, tutto è straordinario. Le persone che ci lavorano, la storia, l’organizzazione interna, i progetti che realizza e il modo in cui li realizza: nulla è “già visto”. In fondo, la sola cosa nor-
male che mi sono trovato di fronte sono le tecnologie utilizzate; sebbene anche alcune delle scelte fatte in quest’ambito siano eccezionali. C’era una volta un uomo geniale Bill Moss, nasce a Detroit (Michigan) nel 1923. Studia arte e inizia la sua carriera come illustratore per Ford Times, una rivista mensile generalista realizzata dalla Ford. Appassionato di caccia, pesca e attività all’aperto, a metà degli anni Cinquanta, Moss inizia a progetta-
re innovative tende da campeggio che risolvessero tutte le note criticità delle tende classiche, uguali a se stesse da secoli. Da allora lo sviluppo di strutture architettoniche in tessuto, via via più ambiziose, diventa la sua unica attività. Caratteristica principale di tutte le sue realizzazioni è la sinuosità, data appunto dall’impiego di tessuto o altri materiali soffici. «Non mi ispiro intenzionalmente alla natura. A volte però ritrovo il mio lavoro in una conchiglia o in una ragnatela, e lo considero un com-
plimento. La natura è il migliore degli ingegneri», diceva. Nel 1975 Bill Moss fonda la Moss Tent Works. Per promuovere la sua attività, espone in diverse fiere legate sia al turismo che agli sport all’aria aperta. Gli stand della Moss Tent Works vengono disegnati e ‖‖ Sullo sfondo, una porzione del panorama immersivo “Carola’s Garden”, realizzato da Moss per l’artista, designer e architetto Yadegar Asisi. La struttura ha un’altezza di 32 metri e una circonferenza di 110 metri.
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realizzati da Moss e dai suoi collaboratori, con gli stessi materiali che utilizzano per le tende, cosicché possano essere trasportati facilmente e montati rapidamente. In molti riconoscono bellezza, originalità e praticità degli stand disegnati da Moss e l’azienda inizia a ricevere richieste per questo tipo di prodotti. Gli anni Ottanta sono per Moss quelli della consacrazione: la sua Parawing Tent (una tenda di quasi 500 m²) viene ampiamente utilizzata in occasione delle Olimpiadi di Los Angeles del 1984; alcune delle sue creazioni vengono esposte in vari musei degli Stati Uniti; la sua tenda Star Gazer II entra nella collezione del MoMA di New York; diversi famosi architetti utilizzano le sue tende nei loro progetti. Nello stesso periodo si sviluppa l’attività di Moss Inc, una nuova ‖‖ 1) Bill Moss posa vicino alla struttura in tessuto da lui realizzata nel 1970 per il Center for Maine Contemporary Art (CMCA). 2) Struttura disegnata da Florian Wieder e realizzata da Moss per gli MTV Video Music Awards 2010.
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società fondata da Moss per rispondere alla domanda di stand fieristici e di allestimenti temporanei per eventi. 1994-2009: 25 anni di crescita ed espansione Bill Moss muore nel 1994. Moss Inc, rimasta nelle mani di Marilyn Moss, ex-moglie di Bill, si sposta poco dopo in una sede più grande, incrementa il suo organico e acquista nuove tecnologie, tra cui una stampante inkjet di grande formato. Il mercato, dapprima scettico, inizia ad accogliere con sempre maggior favore le creazioni dell’azienda. Moss Inc cresce e acquisisce clienti sempre più importanti, anche grazie all’attività di un ufficio commerciale aperto Germania già alla fine degli anni Ottanta. Nel 2000 Marylin Moss vende l’azienda a un fondo d’investimento. Per Moss Inc inizia una fase di crescita mediante acquisizioni, che la porterà ad affermarsi come realtà globale, con tre sedi produttive negli Stati Uniti, una in Germania e una in Cina. Inoltre,
meeting leaders le suddette acquisizioni consentono all’azienda di ampliare la sua offerta di prodotti e accrescere la sua capacità produttiva complessiva, nonché di dialogare con clienti più esigenti, per progetti unici e di grande complessità.
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La comunicazione visiva ispirata all’arte, all’architettura, al design Sebbene sia passato qualche anno da quando Moss era una piccola realtà, capitanata dal suo eclettico fondatore, l’azienda continua ad avere un approccio alla comunicazione visiva incentrato sulla creatività. «Ai nostri clienti la stampa non basta, anche se ha una qualità e delle dimensioni mai viste prima. Ci chiedono strutture tridimensionali e soluzioni uniche create appositamente per loro. Questo è ciò che ci piace fare e che sappiamo fare meglio», spiega Heidi Katherine, SVP Global Design and Development di Moss Inc. L’azienda, infatti, ha organizzato i propri siti produttivi affinché la complessità di realizzare prodotti personalizzati ed estremamente elaborati sia ridotta al minimo. «Abbiamo standardizzato il modo in cui realizziamo progetti personalizzati. Così, anche se ogni progetto è a sé stante, riusciamo a portarlo a termine in tempi brevi e con costi sostenibili, evitando sprechi ed errori», prosegue Katherine. Ma alcuni dei progetti seguiti da Moss recentemente sono talmente complessi da rendere difficile persino intuirne la genesi e le tecniche usate per la realizzazione. Mi riferisco, per esempio, all’allestimento degli spazi interni del quartier generale di LinkedIn a San Francisco o di McDonald’s a Chicago. «Il nostro team è fatto di persone con competenze estremamente varie.
Peter Bottenberg Managing Director di Moss GmbH
“Nel sito di Lennestadt stampiamo in digitale circa 1,4 milioni di metri quadri di tessuto all’anno: siamo secondi in Europa.” 4
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‖‖ 3) Tra i punti di forza di Moss, c’è la sua squadra di disegnatori tecnici che supporta i clienti dell’azienda nello sviluppo creativo dei loro progetti, e trasforma le loro richieste più estreme in strutture e prodotti realizzabili. 4 e 5) La sala stampa del sito Moss di Lennestadt (Germania), con stampanti Durst – da 1,6, 3,2 e 5 metri, sia con inchiostri UV che sublimatici – e due calandre Monti Antonio.
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Christos Pappas R&D and Print Production Manager di Moss GmbH
“Stampiamo solo su carta transfer. Così otteniamo una qualità più elevata e colori più intensi, su ogni tipo di tessuto.” 2
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Per alcune delle nostre lavorazioni usiamo software di progettazione 3D e macchinari digitali all’avanguardia. Per altre, invece, l’intero processo produttivo è manuale. Per i primi ci avvaliamo di tecnici esperti, per i secondi di una squadra di artisti», spiega Victoria Weidner, Plant Manager di Moss Inc. «La difficoltà aumenta quando un cliente ci chiede centinaia di pezzi di un prodotto realizzabile solo manualmente. Tra i nostri punti di forza c’è la capacità di gestire richieste come questa». Nonostante l’organizzazione certosina e le competenze straordinarie, il progetto portato a termine per LinkedIn ha richiesto un anno di lavoro. «Quando abbiamo iniziato a discutere del progetto, l’edificio non era ancora finito e le installazioni che avremmo dovuto realizzare erano illustrate in alcuni disegni corredati da pochissimi dettagli tecnici», prosegue Katherine. «Abbiamo dovuto scovare i materiali più adatti per rendere reale ciò che i designer avevano immaginato. Poi abbiamo dovuto trovare il modo di lavorarli». Il risultato è mozzafiato. Oltre all’allestimento di stand fieristici e sedi aziendali, con tecniche e soluzioni ai limiti dell’immaginazione, Moss si occupa anche di scenografie per eventi (sportivi, musicali, etc) e di progetti speciali. Per esempio, è partner dell’architetto Yadegar Asisi per la stampa dei suoi panorami a 360°: enormi strutture cilindriche (32 m di altezza per 110 m di circonferenza), che offrono ai visitatori un’esperienza visuale immersiva senza precedenti. Cinque sedi, una sola filosofia produttiva Moss ha quasi 400 dipendenti e realizza circa 20.000 progetti l’anno. Vista la necessità di coniugare la creazione di progetti personalizzati con la capacità di produrli in tempi brevi, l’azienda dispone di disegnatori tecnici, specialisti di prestampa e project manager. Per semplificare la gestione della produzione e la relazione con i clienti, Moss ha inoltre sviluppato alcuni software proprietari accessibili via
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meeting leaders browser web. Grazie ad essi, i clienti possono inviare ordini di prodotti standard in totale autonomia, o gestire le fasi preliminari di lavorazioni più complesse (approvazione dei progetti strutturali proposti da Moss, upload delle grafiche, etc.). Le commesse pronte alla produzione fluiscono poi automaticamente attraverso i vari reparti (stampa, taglio, cucitura, logistica). Parlando di macchine, un fiore all’occhiello di Moss sono le otto Durst Rhotex 325 da 3,2 m, abbinate a calandre Monti Antonio. «Grazie a sedi in diversi Paesi, una capacità produttiva fra le più elevate al mondo e una logistica efficace, possiamo gestire, per i grandi brand owner, la produzione e la spedizione di materiali destinati a centinaia di punti vendita», spiega Peter Bottenberg, Managing Director di Moss GmbH. «In un simile scenario, però, è fondamentale offrire ai clienti risultati coerenti e certi. Per questo stiamo lavorando da anni per uniformare le tecnologie di stampa, i software e i materiali utilizzati in tutti i nostri stabilimenti. Per ottenere il massimo dalle nostre Rhotex, i tessuti che utilizziamo con maggior frequenza sono frutto del lavoro di ricerca dei nostri specialisti di materiali e vengono prodotti esclusivamente per noi da un nostro partner». Ma l’attenzione di Moss per la qualità non si limita a questo. «Di ogni lavoro che realizziamo, conserviamo campioni per tre anni. Così, se un cliente ci chiedesse una ristampa, o ci commissionasse un nuovo lavoro per lo stesso brand, avremmo un riferimento cromatico da seguire» spiega John Cooper, Plant Manager di Moss Inc. «Questi cam‖‖ 1) Per il taglio del tessuto Moss utilizza principalmente sistemi da taglio Zünd. 2) Una delle oltre 100 macchine da cucire, distribuite nei cinque siti produttivi di Moss. 3) Una squadra di operai dell’azienda installa un lightbox di grandissime dimensioni. 4) Molti dei prodotti realizzati da Moss sono frutto del lavoro di artisti, che utilizzano tecniche manuali e un’incredibile varietà di materiali. 5) L’interno di un fast food della catena Popeyes, che da anni incarica Moss di allestire gli ambienti dei suoi ristoranti. 6) Uno stand realizzato da Moss.
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John Cooper Plant Manager di Moss Inc
“In azienda abbiamo tutti a disposizione tablet e smartphone per aggiornare in tempo reale lo stato delle commesse di cui ci stiamo occupando.”
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meeting leaders ‖‖ 1) La sala stampa del sito Moss, a Elk Grove Village, con due Durst Rhotex 325 da 3,2 m. 2) Decorazione realizzata da Moss per il nuovo quartier generale di McDonald’s.
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anche perché la qualità che ottiene stampando su questo materiale con inchiostri a sublimazione è superiore a quella che ottiene con qualsiasi altro materiale e tecnologia di stampa. «Molte delle nostre macchine UV-curable sono configurate con colori Orange e Violet. Eppure, il gamut che otteniamo stampando a sublimazione è sempre superiore. Inoltre, i brand owner apprezzano la brillantezza di questo tipo di stampa, oltre che l’opacità del tessuto in generale», spiega Christos Pappas, R&D and Print Production Manager di Moss GmbH. Poi il tessuto è ecosostenibile, e questo è un aspetto molto importante per Moss. Infatti, non solo l’ecosostenibilità è un valore chiave dell’azienda, ma è anche oggetto di grande interesse da parte dei suoi clienti. E se i più importanti brand owner chiedono per i loro punti vendita solo prodotti green, Moss risponde offrendo loro persino la possibilità di ritirare e riciclare i materiali di comunicazione non più attuali. Un’opzione che è già stata scelta da Levi’s per alcuni punti vendita pilota.
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Un esempio del fare bene pioni tornano utili anche quando aggiorniamo le nostre macchine da stampa. In ogni momento possiamo verificare che il risultato cromatico ottenuto con le nuove macchine sia identico a quello che ottenevamo con le vecchie». Heidi Katherine SVP Global Design and Development di Moss Inc
“Realizziamo, con modalità standard e ripetibili, progetti in cui di standard c’è poco o niente: tutto è personalizzato.”
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Possibilità infinite Heidi Katherine, prima di entrare a far parte del team di Moss, lavorava per un’azienda cliente. Al tempo, amava dialogare con Moss perché era continuamente stimolata a esplorare nuove possibilità. Oggi Katherine lavora ogni giorno perché Moss si confermi l’interlocutore ideale per clienti in cerca di soluzioni straordinarie. «Lavoria-
mo a stretto contatto con i nostri fornitori per avere accesso, prima di chiunque altro, alle novità disponibili sul mercato», spiega. «E per quanto riguarda materiali già noti, facciamo sperimentazione cercando di scoprire come utilizzarli in modo inusuale. Infine, i nostri progettisti lavorano costantemente a ideare e perfezionare le nostre strutture in alluminio, oltre che i loro meccanismi di montaggio e smontaggio. Infatti, Moss è assegnataria di 15 brevetti». Tessuto è bello, e fa rima con ecosostenibilità Moss ha scelto di dare ampio spazio al tessuto nella sua offerta,
In Moss non ci sono note stonate o, se ci sono, è molto difficile udirle. In ogni ambito, l’azienda è impegnata a seguire la strada migliore possibile. Che si tratti di relazioni con i clienti, investimenti sulle risorse umane, scelte tecnologiche, sviluppo di nuovi prodotti o rispetto per l’ambiente, Moss individua la strada migliore da percorrere e la fa sua. Non è facile: occorrono determinazione, impegno, risorse economiche e molto altro. Ma è incoraggiante constatare come lo sforzo di fare bene torni all’azienda sotto forma di affezione da parte dei clienti, che continuano a sceglierla, da decenni, come partner per progetti incredibilmente belli e maledettamente complicati.
strategie Nata a fine Ottocento, come costruttore di carri allegorici, l’azienda statunitense ha reinventato se stessa, anno dopo anno, con coraggio, creatività e passione
Renze: da più di cento anni, protagonista della storia del sign & display d’oltreoceano di Gabriele Lo Surdo
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ur senza un passato millenario, gli Stati Uniti sono uno scrigno di storie suggestive e, talvolta, leggendarie. Ed è proprio una di queste ad avermi spinto a viaggiare verso Omaha, in Nebraska – uno Stato con un’economia fortemente legata all’agricoltura, ma anche con un numero di milionari e miliardari per abitante tra i più alti degli Stati Uniti. La storia in questione è quella di
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Renze Display, uno stampatore che, nell’“About us” del sito aziendale, colloca la sua nascita nel 1895 e la associa a una vicenda di carri allegorici. Non appena arrivato all’aeroporto Eppley Airfield, capisco che questa non sarà una visita qualsiasi. Ad attendermi c’è Doug Buchanan, titolare di Renze Display. Contrariamente alle mie aspettative, non guida un pickup di grossa cilindrata bensì un’elegante Mini Cooper, icona ultracompatta dell’automo-
bilismo britannico. «E mia moglie ha un’Alfa Romeo Giulia», commenta sorridente l’imprenditore. Prima di dirigerci in azienda, si fa tappa al suo garage, dove custodisce una preziosa collezione di automobili inglesi d’epoca: una Triumph TR250 (autografata dagli storici piloti Bob Tullius e Kas Kastner), una Triumph GT6+, una Jaguar E-Type Series 1.5 e una Arnolt-Bristol Bertone (una delle 130 vendute). Buchanan mi racconta vita, morte e miracoli di
ognuna delle sue auto. Poi noto i numerosi lightbox che decorano le pareti del garage, con foto e illustrazioni di auto d’epoca. «Questi sono alcuni dei prodotti che vendiamo come “Garage Graphics”, un brand e un e-commerce che ho creato per i collezionisti di auto ‖‖ In alto, alcuni degli ultimi lavori realizzati da Renze: a sinistra, la lobby del quartier generale di DMSI Software; a destra, uno stand Tate & Lyle di cui Renze ha curato anche il progetto.
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che vogliono trasformare il loro garage in un’esperienza visuale totalmente immersiva», spiega Buchanan. «Abbiamo un database con centinaia di file grafici riguardanti il mondo delle auto d’epoca, comprese foto di competizioni storiche, di dettagli interni ed esterni delle vetture più amate, nonché di motori e altre parti meccaniche che hanno reso unici i vari modelli». A questo punto fremo per la curiosità di vedere l’azienda, ma Buchanan insiste per una tappa al Goldbergs, un bar di quartiere a poche centinaia di metri dalla storica abitazione di Warren Buffet. «Qui mangerai uno degli hamburger migliori di Omaha», mi dice. E così è. Tutto inizia con una parata La storia e il nome di Renze Display sono collegate alle vicende personali del suo fondatore, Gustaf Renze. Nel 1895, incoraggiato dai fondatori di Omaha,
che puntano a rendere la città attraente per i turisti, Renze visita il Mardi Gras di New Orleans. Al termine dei festeggiamenti, acquista alcuni dei carri allegorici che ha visto sfilare e li trasporta a Omaha. Qui li fa modificare, aggiungendo luci elettriche e un pantografo per collegarli alla linea aerea di contatto già utilizzata dai tram della città. Così, in occasione della festa del raccolto dell’ottobre 1895, ha luogo la prima “Renze’s Electric Night Parade”. Renze fonda la sua azienda per dedicarsi alla costruzione di carri originali, e ben presto riceve richieste anche per insegne e vetrine: i negozianti con punti vendita nelle vie dove si svolge la parata vogliono infatti farsi notare dai partecipanti alla manifestazione. Nel 1927 l’azienda va a fuoco e rischia la bancarotta. In questi anni Walter Renze (figlio di Gustaf) e Maynard Buchanan (nonno di Doug) stringono amicizia, e Buchanan si appassiona al lavoro di Renze, al punto che nel 1934 si dimette dal
suo impiego alla Eppley Hotels Company per rilevare, nel 1935, l’attività di Renze. Di generazione in generazione Nel 1948, insieme ad altri sei imprenditori, Maynard Buchanan supporta la nascita della Screen Printing Association, poi divenuta SGIA. Nel 1953, John Buchanan, figlio di Maynard, inizia a lavorare in azienda, per poi prenderne le redini nel 1960. Nel 1967 l’azienda introduce le prime macchine serigrafiche automatiche. «Stampavamo affissioni pubblicitarie di grande formato e le spedivamo in tutto il Midwest», racconta Doug Buchanan. «Poi, nel 1987, mio padre mi ha detto di volersi trasferire in Arizona con mia madre, e di volermi vendere l’azienda. All’epoca, avevo già lavorato per Renze Display per 8 anni, dopo essemi laureato in economia. Ma non ero preparato a raccogliere il testimone. Comunque, dopo qualche notte insonne,
‖‖ 1) La rarissima Arnolt-Bristol Bertone di Doug Buchanan, titolare di Renze Display; sullo sfondo, un lightbox raffigurante il motore dell’auto. 2) Alcuni progetti esposti nello showroom dell’azienda. 3) Particolare di uno stand realizzato da Renze Display utilizzando esclusivamente cornici in alluminio e tessuto in poliestere stampato a sublimazione.
ho deciso di accettare». Renze continua a crescere anche nelle mani del giovane Doug, sebbene, di quando in quando, lo metta di fronte a questioni complesse. «Una delle sfide più importanti è stata quella degli spazi. Quando ho rilevato Renze, nel 1987, eravamo 15 persone in un vecchio stabile nel centro di Omaha, producevamo al quinto piano e per ricevere un cliente dovevo farlo salire con un montacarichi per le merci», continua Buchanan. «Da lì ci siamo spostati prima in un edificio di 2.000 m² e poi nell’attuale sede di quasi 9.000 m². Nel frattempo, siamo diventati più di 40 a lavorare qui».
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strategie Il difficile ingresso nel digitale Nei primi anni Novanta, Doug Buchanan si scontra con una rapida evoluzione delle tecnologie di stampa e il progressivo cambiamento del suo mercato di riferimento. «Volevo cambiare modo di lavorare e puntare sul digitale, ma non era facile coinvolgere il personale dell’azienda in questo percorso. Poi è capitato che un grande stampatore offset di Omaha mi abbia confessato di essersi affidato a un consulente per risolvere una situazione analoga», racconta Buchanan. «Così ho chiesto aiuto alla stessa persona. Un uomo straordinario. Senza di lui non so come saremmo arrivati dove siamo». Negli anni seguenti, infatti, Renze Display assume nuovi professionisti in ruoli chiave, introduce nuovi servizi e compie la definitiva svolta digitale. Tutto va a gonfie vele fino all’11 settembre 2001, quando l’azienda subisce un colpo durissimo. «Dopo l’attacco alle Torri Gemelle nessuno si spostava più in aereo per andare in fiera. Di conseguenza, i clienti non investivano in nuovi stand», spiega Buchanan. L’azienda però si salva, sia perché la sua offerta è incredibilmente ampia, sia perché inizia a specializzarsi nella realizzazione di ambienti brandizzati: uffici, sedi aziendali di rappresentanza e punti vendita. Nuove competenze Come detto, Omaha è la città di Warren Buffett e della sua Berkshire Hathaway. Ma la città ospita anche le sedi di numerose altre grandissime aziende, tra cui Union Pacific, ConAgra Foods, Lindsay Corporation e TD Ameritrade. Proprio i quartier generali di queste ultime due sono stati curati da Renze Display, e si aggiungono ai quasi duecento progetti di “branded environment” realizzati dallo stampatore negli anni. Soffermandoci sul lavoro fatto per Lindsay Corporation, rimango stupito dalla moltitudine di materiali utilizzati: pannelli e film stampati con tecnologia UV,
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pellicole per vetri, carte da parati personalizzate, muschio artificiale, nonché tessuto stampato a sublimazione e applicato all’interno di cornici in alluminio di grandi dimensioni. La folgorazione per il tessuto Scopro così che il tessuto è cruciale nell’offerta di Renze Display. «Abbiamo visto come il poliestere stesse prendendo piede in Nord Europa e abbiamo iniziato a proporlo anche noi, inizialmente avvalendoci di fornitori esterni. Ai clienti è piaciuto e nel 2013 siamo arrivati ad acquistare mezzo milione di dollari di tessuto stampato», racconta Buchanan. «Ma la qualità di stampa di ciò che compravamo non sempre era buona. Così abbiamo deciso che era arrivato il momento di dotarci in una
stampante a sublimazione». Sin dalle prime demo, però, il team di Renze Display si scontra con la difficoltà di ottenere neri profondi e omogenei. Alla fine, la scelta cade sulla tecnologia italiana di ATP Color – un colpo di fulmine destinato a trasformarsi in una partnership di lunga durata. «Amo il tessuto, perché ha completamente cambiato il mondo in cui creiamo stand fieristici e ambienti brandizzati», racconta Buchanan. «Ho 62 anni e lavoro da 40. Mi mancano solo tre anni alla pensione. Ma sento che, in qualche modo, il tessuto mi trattiene qui: ha cambiato la prospettiva di ciò che questa azienda fa e potrà fare». Oggi, Renze Display stampa tessuti con una coppia di ATP Color da 3,2 m, entrambe dotate di unità di sublimazione in linea, che hanno
‖‖ In alto, la sala riunioni del nuovo quartier generale di Lindsay Corporation le cui pareti sono decorate da Renze Display con carta da parati personalizzata e lightbox. Qui sopra, alcuni campioni stampati in piano con inchiostri UV-curable.
rimpiazzato l’ATP Color da 2,5 m acquistata nel 2013. Tra gli elementi che hanno consentito all’azienda di affermare la propria offerta di prodotti in tessuto c’è, però, anche la sua capacità di sviluppare strutture evolute, con e senza sistemi di retroilluminazione, facilmente trasportabili, assemblabili e smontabili. Un’azienda completa In Renze Display nulla è affidato al caso, neanche il layout degli spazi produttivi. «Il reparto digitale si trova al centro dell’azienda,
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‖‖ 1) Doug Buchanan posa davanti a una delle due ATP Color da 3,2 m utilizzate da Renze Display per stampare a sublimazione tessuto in poliestere. 2) Le postazioni prestampa, al centro del reparto stampa e finitura. 3) Il plotter da taglio Zünd 3XL-3200. 4) Matt Rusek, responsabile del reparto finitura, cuce alcuni teli stampati.
cosicché sia isolato dall’esterno. Umidità e temperatura sono controllate 24/7», spiega Buchanan. «Poi abbiamo ingaggiato uno specialista di gestione dei flussi d’aria e ci siamo assicurati che fossero orientati verso l’esterno dell’azienda, così da tenere la polvere lontano dalle stampanti». Alle stampanti tessili ATP Color sono affiancate due unità HP Latex da 1,6 e 3,2 m, utilizzate prevalentemente per la stampa su PVC adesivo, carte da parati e altri materiali flessibili per applicazioni speciali. La stampa in
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piano è affidata a una nuovissima swissQprint Nyala 3, scelta da Renze per l’elevata qualità di stampa e l’eccellente resa cromatica. Quella tra l’UV-curable, il Latex e la sublimazione è una forma di complementarietà tecnologica perseguita tenacemente da Buchanan, che sottolinea l’opportunità di utilizzare la tecnologia ideale per ciascuna applicazione, così da ottenere le migliori caratteristiche estetiche e funzionali, nonché la miglior compatibilità ambientale. Per ottenere precisione e produttività nel taglio di poliestere e altri materiali flessibili, Renze Display ha installato una G3 3XL-3200, l’ammiraglia di casa Zünd, equipaggiata con conveyor belt e sbobinatore ad alta capacità Center Winder. La finitura di supporti rigidi è affidata a una Zünd G3 XL-3200, dedicata alle lavorazioni
di fresatura e incisione di alta precisione, e ad una fresa del costruttore americano Multicam. Nel reparto prestampa di Renze Display un team di esperti verifica la bontà dei file inviati dai clienti, prepara i nesting, e crea i profili colore per le varie stampanti. «Tempo fa abbiamo collaborato a un progetto per uno stampatore europeo di vetro. Il cliente voleva riprodurre, in scala 1:1, una locomotiva Union Pacific. Per l’appunto, su vetro. In quell’occasione abbiamo manipolato un file da quasi 6 GB», racconta Buchanan. La nostra esplorazione di Renze Display prosegue attraversando la falegnameria, il reparto verniciatura e quello logistico, destinato al testing e allo stoccaggio di stand e strutture espositive. «Ciò che mi rende orgoglioso di questa azienda, è che facciamo un po’ di più di quello che fanno
molti altri», continua Buchanan. «Alcuni tagliano il legno, altri progettano sistemi espositivi e stand, altri ancora stampano. Noi facciamo tutte queste cose sotto lo stesso tetto». Verso nuove sfide Renze Display è da tre generazioni un’azienda famigliare di successo, pronta al cambiamento e ad accettare nuove sfide. «Nel nostro futuro vedo macchine da stampa più grandi e produttive. Sempre più spesso siamo coinvolti nel dialogo tra clienti finali, architetti e designer. Questo ci permette di proporre soluzioni ambiziose, di cui spesso i clienti si innamorano. Ecco perché presto avremo bisogno di tecnologie più performanti: per rendere tutto questo ancora più grande, ed eccitante», conclude Buchanan.
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strategie Con quattro siti produttivi e tecnologie all’avanguardia, tra cui le linee Fast On Paper dell’italiana MBA, la società di Praga è oggi un player di riferimento a livello europeo
Autosufficienza e approccio industriale guidano Eclipse nella trasformazione digitale di Lorenzo Villa
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clipse non è l’azienda di stampa che ti aspetti di trovare in un Paese di dieci milioni di abitanti, reduce da decenni di comunismo e da due pesanti crisi economiche, entrato a far parte dell’Unione Europea solo nel 2004. Eppure, proprio i difficili anni post caduta dell’Unione Sovietica hanno fatto da sfondo all’evoluzione di quella che all’epoca era una piccola stamperia, nonché alla storia per-
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sonale del suo fondatore Václav Nosek – curiosamente omonimo sia del primo presidente (Václav Havel) che del primo ministro (Václav Klaus) della Cecoslovacchia post-sovietica. L’azienda, inizialmente concentrata sulla stampa di manifesti di grande formato, ha progressivamente ampliato la gamma di prodotti e servizi offerti, modernizzato il parco macchine e accresciuto la propria notorietà negli stati confinanti, al punto da essere con-
siderata oggi un piccolo gigante della stampa digitale. Una partita che Nosek ha scelto di giocarsi sul terreno della qualità e della sostenibilità dei prodotti. Alla stampa di poster, da circa un anno gestita anche con macchine inkjet base acqua di produzione italiana, si è via via affiancata una fiorente attività di produzione di espositori in cartone ondulato. Per supportare la crescita in entrambi questi ambiti, Eclipse ha ampliato a dismisura la sua base installata di
tecnologie digitali, e aperto tre nuovi siti produttivi. Per scoprire di più su questo stampatore, abbiamo visitato la sede di Praga, un edificio di 11.000 m2 progettato e costruito per i bisogni della “nuova” Eclipse. ‖‖ In alto: a sinistra, la Hall 2 del sito Eclipse di Praga con la nuova macchina offset Roland 900 XXL; a destra, la linea MBA Fast On Paper installata dall’azienda nel 2018, per stampa digitale su carta con inchiostri base acqua.
strategie ‖‖ La Hall 1 del sito di Eclipse di Praga è dedicata allo stoccaggio della carta in bobine jumbo (a sinistra) e alla produzione di cartone ondulato per display (sotto) .
E ancora una calandra per sublimazione Monti Antonio, nonché ogni genere di tecnologia per accoppiatura, plastificazione, saldatura e cucitura. La sfida dell’affissione su carta
Una cattedrale del printing Tichý Petr, responsabile di produzione di Eclipse, ci guida alla scoperta dello stabilimento che è anche il quartier generale del gruppo – un enorme parallelepipedo suddiviso in tre aree delimitate da file di pilastri e corridoi in quota. Tutti gli spazi sono configurabili a uno o due livelli, secondo le necessità produttive dei differenti reparti, a comporre una sorta di cattedrale della stampa. L’azienda dispone poi di tre siti produttivi satellite – in Ungheria, Polonia e Slovenia –, oltre che di filiali commerciali in Slovacchia, Germania, Austria, Italia e Croazia. Ciò che più rende unico il sito di Praga, e lo distingue dalla maggior parte delle aziende di stampa digitale europee, è la presenza di un ondulatore, che insieme a un reparto di slitting e converting per bobine jumbo dà a Eclipse la piena autosufficienza per le proprie necessità di cartone ondulato, carta in fogli e in bobina. La carta, come vedremo, è il materiale più utilizzato da Eclipse, con rare concessioni alla plastica e un occhio attento al tessuto. La Hall 1 ospita il magazzino materiali e l’ondulatore, capace di produrre cartone onda E, B, C, EE, EB, e BC fino a una larghezza massima di 2,6 m. La Hall 2 è dedicata alla stampa offset a foglio, alla stampa digitale di carta blueback (con HP
Scitex TurboJet), alla laminazione, all’accoppiamento e al rifilo dei poster stampati, oltre che alla stampa su supporti rigidi e flessibili (con Durst Rho 1000 e Rho 1312). Regina del reparto è una nuova Roland 900 XXL da 1.300x1.850 mm. Macchine a foglio di grande formato sono comunque in uso anche negli altri siti di Eclipse, come la KBA Rapida 205 da 1.500x2.050 mm installata a Varsavia. Il top nel grande formato La Hall 3 è il regno della stampa digitale. Entrarci significa fare un tuffo nel passato, nel presente e nel futuro delle tecnologie per il grande formato, vista la straordi-
naria quantità e varietà di macchine installate. A partire dalle VUTEk UltraVU 2360 a solvente di fine anni Novanta, ancora perfettamente operative. «Un giorno le rivenderemo a caro prezzo per il museo di EFI», afferma divertito Petr. C’è poi una batteria di HP Latex da 1,6 e 3,2 m, alcune flatbed Océ Arizona per i lavori di alta qualità, e Durst Rho 512R e EFI VUTEk 5r per il grandissimo formato. E ancora Durst Rhotex e d.gen Arachne per la stampa su tessuto in poliestere. A supportare una tale potenza di fuoco nella stampa vediamo in azione differenti sistemi di taglio e fresatura, incluse una Zünd G3 e una Esko Kongsberg XP Auto con carico e scarico automatico.
Al pari di tutte le aziende leader nell’affissione di grande formato, tra il 2001 e il 2003 Eclipse ha visto nelle stampanti Scitex Idanit, PressJet e TurboJet l’opportunità di dare una svolta digitale ai propri volumi di affissione su carta bianca e blueback. A quei tempi, le alternative erano poche e per lo più analogiche. «Un tempo producevamo efficacemente in serigrafia tutti i materiali per affissioni, indipendentemente dal supporto e dai quantitativi, e la qualità era quella attesa dal mercato», racconta Petr. «Poi le tirature medie hanno iniziato a ridursi, e la qualità serigrafica è diventata insufficiente per molte agenzie, concessionarie e brand owner». Una situazione che Eclipse, come la maggior parte degli stampatori europei nel mercato pubblicitario, decide di compensare spostandosi sulla tecnologia offset, che grazie al CtP e a lastre sempre più economiche, si proponeva come un’al-
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‖‖ 1) La macchina offset Roland 900 XXL installata da Eclipse. 2) Le ultime due stampanti HP Scitex TJ8500 ancora in uso presso il sito di Praga dell’azienda. 3) La fine della linea Fast On Paper, con la taglierina XY automatica di Fotoba e il vassoio di raccolta.
ternativa funzionale, qualitativa ed economica alla serigrafia. Ma non abbastanza. «Nel mercato dei poster, la tecnologia offset era, ed è tutt’oggi, competitiva a partire dai 150-200 pezzi», continua Petr. «Ma per realizzare piccoli quantitativi, ordini just-in-time e produrre formati e soggetti con un alto grado di personalizzazione, la stampa digitale era e resta l’unica via. Questo ci ha spinti ad acquistare le prime stampanti Scitex». Ma i mercati cambiano. Così
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Eclipse, e decine di suoi omologhi nel resto del mondo, si trovano a fare i conti con l’obsolescenza della tecnologia a solvente di Scitex, sia in termini qualitativi (TurboJet getta gocce da 80 pl) che ambientali e di affidabilità. La scelta di HP (che nel 2005 ha acquisito Scitex) di sviluppare una versione di TurboJet con inchiostri UV-curable per poi, poco dopo, abbandonare del tutto la piattaforma a tamburo centrale, ha creato più di un dilemma per Eclipse. In Repubblica Ceca e in alcuni mercati dell’Europa Centrale, l’affissione su carta continua infatti a rappresentare un business rilevante. «Quello dell’affissione è un mercato stabile, caratterizzato da volumi importanti e una richie-
sta di qualità sempre più elevata», spiega Petr. «Abbiamo cercato soluzioni alternative per stampare efficacemente su carta blueback; anche perché sia l’UV-curable che il Latex non sono ideali per questa applicazione, sia sotto il profilo funzionale che economico». Verso la produzione waterbased industriale Dopo lunghe ricerche e innumerevoli test di scarso successo, a FESPA 2017 il management di Eclipse si avvicina a Fast On Paper; una linea di produzione per carta realizzata dall’esordiente MBA (Mario Belloli Automazioni). Ciò che Nosek si trova di fronte è una stampante di derivazione tessile,
progettata per stampare su carta ad alta velocità, messa in linea con uno sbobinatore ad alta capacità, un forno di asciugatura, un sistema di buffering, una taglierina XY automatica e un vassoio di raccolta dei fogli. Unico brand a lui familiare è Fotoba, produttore della taglierina. Principale incognita, e al tempo stesso motivo di curiosità, sono la stampante prodotta da MS e gli innovativi inchiostri base acqua formulati e prodotti da Isocarbo. Abituata alle scommesse, Eclipse installa Fast On Paper a settembre del 2018. «Senza spegnere TurboJet e con il backup dell’offset, nell’autunno del 2018 abbiamo iniziato a concentrare i volumi sulla linea MBA appena installa-
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Tichý Petr Production Manager di Eclipse
“Di Fast On Paper abbiamo apprezzato l’alta risoluzione e la totale assenza di odore degli inchiostri, sia in produzione che sul materiale.”
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ta, sperimentando da subito una serie di vantaggi, come l’alta risoluzione e la totale assenza di odore degli inchiostri, sia in produzione che sul materiale stampato. Una maggiore sostenibilità ambientale, senza aggravio di costi, è un ulteriore plus che i clienti hanno apprezzato», prosegue Petr. Ma la sfida più grande che Fast On Paper deve fronteggiare è quella della brillantezza dei colori – fattore determinante per il mercato pubblicitario – e della durata dell’immagine in esterno, esposta al sole e agli agenti atmosferici. Da questi punti di vista, a garantire la bontà del risultato sono gli inchiostri Isonik PG‑K21 di Isocarbo, progressivamente testati e validati da Eclipse per le sue
lavorazioni su carta. Scalabilità e ripetibilità Eclipse sa quanto affidabilità e ripetibilità del processo siano la chiave per fornire materiale stampato a brand owner e concessionarie di pubblicità, commessa dopo commessa, in ogni parte d’Europa. L’azienda, inoltre, sa quanto, con marginalità in continua decrescita, sia fondamentale fare economie di scala, ridurre i costi di gestione e minimizzare le operazioni manuali. Grazie alla solidità delle stampanti MS, all’efficienza dei moduli MBA e alla precisione e qualità delle taglierine Fotoba, Eclipse sta progressivamente migrando su Fast
‖‖ 1) Lo sbobinatore per bobine jumbo sviluppato da MBA per Fast On Paper; 2) Taniche di inchiostro base acqua Isocarbo Isonik PG-K21. 3) La stampante MS JP7, parte della linea Fast On Paper, e il suo pannello di controllo Qwizard.
On Paper i suoi volumi di stampa (sia quelli realizzati in digitale con macchine a solvente, che quelli prodotti in offset). Al punto che, da inizio 2019, l’azienda ha installato una Fast On Paper in ogni suo stabilimento, per un totale di quattro linee gemelle. «Così abbiamo la completa ridondanza dei nostri sistemi, e siamo grado di gestire grandi volumi oltre che picchi di lavorazione improvvisi», conclude Petr.
strategie Con sede a Napoli, Print Sprint ha scelto di puntare sulla tecnologia EFI Fiery per sviluppare un fiorente business come service B2B nella stampa digitale a foglio
Tecnologie top ed ecosistemi integrati aumentano i profitti nella stampa digitale di Lorenzo Villa
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apoli è più nota al grande pubblico per il suo clima e i suoi paesaggi, piuttosto che per la sua eccellenza nella stampa. Eppure, con un’area metropolitana di oltre quattro milioni di persone, la città vesuviana vanta il primato italiano per densità di popolazione ed è seconda solo a Milano per numero di abitanti. Napoli è un contesto di business favorevole per centinaia di
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tipografie e stampatori di grande formato, che soddisfano le esigenze di comunicazione visiva di un tessuto produttivo tra i più vivaci del paese. Nata 30 anni fa come service di fotoritocco, Print Sprint si è affermata dapprima come fornitore di lastre offset per stampatori ed editori, installando uno dei primi computer-to-plate della regione, per poi espandere i propri servizi alla stampa digitale a foglio. In questo modo, quando la crisi e l’eccesso di capacità pro-
duttiva ha travolto il commercial printing nel 2008, Print Sprint si è salvata da un destino inesorabile. La produzione di lastre contribuisce ancora oggi al fatturato, ma i volumi e i margini più significativi provengono dalla stampa digitale, dove Print Sprint si distingue per l’alta qualità e i tempi di consegna rapidissimi. «Ho trascorso i primi anni della mia carriera nell’editoria, dove ho imparato l’importanza di chiudere task complessi in poche ore»,
spiega Eduardo Romagnoli, fondatore e titolare di Print Sprint. «Se un giornale non può uscire con un giorno di ritardo, a nostra volta non possiamo ritardare un lavoro. Molti dei nostri clienti hanno competenze e macchinari ‖‖ In alto, la sala stampa di Print Sprint con Xerox iGen4, Canon imagePRESS C10000VP e Konica Minolta AccurioPress C6100, tutte pilotate con controller EFI Fiery. Nella pagina accanto, una sessione di training degli operatori sui DFE di EFI.
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Eduardo Romagnoli Titolare di Print Sprint
“Dobbiamo garantirci affidabilità tecnologica senza compromessi, ripetibilità dei processi e automazione totale del flusso di lavoro.” adatti per produrre internamente, ma non hanno la nostra velocità. Così ci affidano i loro ordini più urgenti. Non si tratta solo di tecnologia, ma anche di mentalità. Lavoriamo 24 ore su 24, 7 giorni su 7, consentendo loro di consegnare un lavoro al loro cliente la mattina seguente». L’offerta di Print Sprint comprende brochure, biglietti da visita, cartoline personalizzate e inviti, libri, riviste e cataloghi. Il tutto rilegato e confezionato in modo impeccabile e, se necessario, impreziosito con vernice UV spot e lamine metalliche. Solo tecnologia al top, una chiave per battere la concorrenza In un mercato sempre più duro e competitivo, popolato da una concorrenza online che spesso travalica i confini nazionali, Print Sprint difende i suoi spazi e non smette di crescere. Pur con dimensioni e capacità di investimento limitate – l’azienda ha 12 dipendenti e un fatturato di 2 milioni di euro – quella degli investimenti tecnologici è una delle sfide più impegnative. «Non possiamo sbagliare, e ogni giorno siamo chiamati a individuare e scegliere le tecnologie giuste, quelle che garantiscono la produttività e l’affidabilità necessarie per servire i nostri clienti», osserva Romagnoli. «C’è una costante
evoluzione, ed è difficile monitorare l’innovazione». Fin dalla sua nascita, Print Sprint ha adottato un approccio pragmatico alla tecnologia, investendo in rigorosi processi di testing e validazione, scegliendo sempre tecnologie al top di gamma, compresi i digital front end EFI Fiery. Oggi l’azienda può contare su una flotta di stampanti pilotate da controller Fiery, composta da Xerox iGen4, Konica Minolta AccurioPress C6100 e Canon imagePRESS C10000VP, le ammiraglie dei tre costruttori, cui si è recentemente aggiunta una MGI JETvarnish 3DS per la nobilitazione digitale. La stampa monocromatica viene eseguita con Canon varioPRINT, mentre il reparto di finitura è dotato di una linea book-on-demand Horizon con una brossura BQ-470 e un modulo di taglio in linea HT-80, oltre a diverse unità di cucitura, piega e laminazione, e sistemi multifunzione Duplo DC‑745. Per supportare il suo evoluto parco macchine, Print Sprint ha costruito un’infrastruttura software solida e integrata che include la tecnologia EFI Fiery e i suoi controller di fascia production più potenti. «Per implementare il nostro modello di servizio, dobbiamo garantirci affidabilità tecnologica senza compromessi, ripetibilità dei processi e automazione totale del flusso di lavoro», afferma Romagnoli.
E-procurement, nessun downtime e colori ripetibili Ogni giorno Print Sprint elabora e consegna centinaia di lavori a clienti B2B, per loro natura esigenti e assetati di qualità. Questo impone standard qualitativi e di servizio che vanno oltre la media, ed è alla base della scelta dei più potenti modelli di Fiery. «Grazie alle prestazioni dei digital frontend EFI Fiery, abbiamo ridotto drasticamente i tempi di esecuzione, dal preflight all’imposizione, alla rasterizzazione dei file», continua Romagnoli. «Inoltre, abbiamo puntato su EFI Digital StoreFront, che alimenta il nostro sito di e-procurement e comuni-
ca direttamente con i DFE Fiery delle tre stampanti, creando un flusso di lavoro automatico che va dall’ordine alla produzione, eliminando tutti i touchpoint». Print Sprint ha inoltre deciso di sfruttare al meglio le funzionalità avanzate di color management di EFI, basate sulla tecnologia Fiery Color Profiler Suite e supportate dagli spettrofotometri EFI ES-2000. «La tecnologia elettrofotografica è per sua natura più sensibile ai fattori ambientali e al deperimento qualitativo dei materiali di consumo», sottolinea Romagnoli. Un sistema di calibrazione e linearizzazione facile e veloce, come quello integrato nel server EFI Fiery, ci aiuta
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‖‖ I controller EFI Fiery consentono a Print Sprint di ottenere la piena automazione del flusso di lavoro, e un colore ripetibile su tutte le attrezzature.
molto». La possibilità di linearizzare anche due volte al giorno, in pochi minuti e pochi click, permette all’azienda partenopea di rilevare e correggere le differenze quando sono ancora invisibili all’occhio umano, senza aspettare che il colore sfugga di mano. L’utilizzo di EFI Fiery sui motori Xerox, Konica Minolta e Canon consente inoltre a Print Sprint di riprodurre gli stessi colori e tinte piatte sulle tre piattaforme. Integrazione completa, dall’ordine alla consegna Una delle sfide di Print Sprint è quella di raggiungere il massimo livello di automazione, integran-
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do la gestione del workflow con i processi di vendita, preventivazione, fatturazione e pagamento. Per questo motivo l’azienda ha assunto un programmatore software dedicato all’integrazione dei sistemi. Un unicum per una piccola azienda, questa professionalità ha permesso a Print Sprint di esplorare a fondo le potenzialità delle piattaforme software di EFI, a partire dall’integrazione tra Digital StoreFront e Fiery, e dall’inserimento automatico dei segni di taglio per i finitori Duplo. «Quasi tutti gli stampatori utilizzano sistemi di gestione del flusso di lavoro al 15-20% delle loro reali potenzialità. Un limite che non è tecnico, ma culturale», afferma il
titolare di Print Sprint. «Credo che un modello push-to-stop, che elimina l’intervento umano dalle attività non redditizie, sia l’unica ricetta per non bruciare i profitti sui piccoli ordini. È l’unico modo per guadagnare, crescere e reinvestire». La potenza di calcolo e la velocità di elaborazione dei file sono tra le caratteristiche che hanno portato Print Sprint a scegliere i server EFI Fiery. Grazie al nuovo DFE, infatti, lo stampatore italiano è in grado di elaborare file di uno o più gigabyte in pochi secondi, fornendo un flusso ininterrotto di dati alle apparecchiature e risparmiando ore di fermo macchina ogni giorno. Il futuro è fatto di ecosistemi digitali, sofisticati ma praticabili. In un mondo sempre più orientato all’intelligenza artificiale e alla creazione di ecosistemi interconnessi, gli stampatori più virtuosi hanno iniziato a capire come sfruttare al meglio la trasformazione digitale del mercato. Un’evoluzione che per Print Sprint implica la futura adozione dell’inkjet, l’introduzione di nuove macchine da stampa di-
gitale in formato B2, l’applicazione dei principi dell’industria 4.0. Ma soprattutto la capacità di offrire prodotti e servizi ancora più velocemente, ottenendo dati analitici utili per pianificare gli investimenti. «Guardiamo alle tecnologie del futuro, ma nel frattempo vogliamo applicare pienamente ciò che è utilizzabile oggi», spiega Romagnoli. «Avere tre macchine che stampano con lo stesso colore, e vedere che ogni lavoro viene stampato e finito senza che nessun operatore lo tocchi, è un risultato straordinario e per nulla scontato. La tecnologia EFI Fiery ci permette di ottenere l’automazione del flusso di lavoro e una qualità del colore costante, senza la quale la nostra azienda perderebbe denaro e non crescerebbe». L’evoluzione tecnologica e organizzativa di Print Sprint è legata alla capacità di servire diversi mercati, frammentati in decine di migliaia di ordini ogni anno, dal singolo libro, fino alla tiratura di 500 o 1.000 cataloghi. Senza perdere in flessibilità e, semmai, aumentando la velocità. «Non mi stanco di ripetere ai miei dipendenti che ogni lavoro è urgente, anche se non lo è», conclude Romagnoli. «Nella migliore delle ipotesi, il nostro cliente sarà stupito perché lo abbiamo servito prima. E avremo creato lo spazio per inserire nuove commesse».
strategie Beepag triplica i suoi spazi, automatizza i flussi di lavoro con B+B International e si prepara a installare un nuovo sistema da taglio Kongsberg C64 da 3,2x3,2 metri
Workflow e taglio digitale Esko, strumenti per fare il salto di qualità nel digitale
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eepag è un’azienda giovane, come lo è il suo titolare, Matteo Pinzauti. Costituita nel 2014, la società di Campi Bisenzio (FI) ha registrato negli ultimi anni una crescita esplosiva; tanto che da poco ha triplicato gli spazi produttivi, e oggi sta completando un ampliamento del parco di tecnologie dedicate alla stampa e al taglio di grande formato. «Ho iniziato a fare lo stampatore nei primi anni Duemi-
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la, come dipendente di una piccola copisteria universitaria. All’epoca, a Firenze, la stampa digitale era agli albori», racconta Pinzauti. «Siamo stati tra i primi a introdurre il grande formato, accoppiando stampe su vinile a pannelli rigidi, oltre che realizzando cartelli vetrina e locandine pubblicitarie. La richiesta di questi prodotti è cresciuta rapidamente, compensando la decrescita del fatturato dei servizi di copisteria». Nel 2013 Pinzauti lascia l'azienda
per diventare imprenditore. L’anno seguente investe in una macchina digitale a foglio e inizia a lavorare come service esterno per una storica tipografia del territorio. In seguito amplia la sua base di clienti, cresce, introduce diverse stampanti di grande formato e un plotter da taglio Kongsberg. Infine, nella primavera del 2019, Beepag si trasferisce in una sede tre volte più grande della precedente e, oggi, si prepara all’arrivo di un nuovo cutter Kongsberg C64.
Da service a fornitore a ciclo completo Nel suo primo lustro di vita, Beepag si è distinta come terzista competente e affidabile. Per il futuro, però, l’azienda ha pro‖‖ In alto, a sinistra, la produzione di Beepag, con il cutter Kongsberg X44 e la stampante Ricoh Pro T7210; a destra, la nuova Kongsberg C64, acquistata dall’azienda nell’ambito del suo piano di potenziamento della capacità produttiva.
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Matteo Pinzauti Fondatore e CEO di Beepag
“Per realizzare un espositore in PVC, cartone e alluminio, l’unica è rivolgersi ad aziende come la nostra, con tecnologie come le nostre.” 2
getti ambiziosi: punta a dialogare sempre più con i clienti finali, pur continuando a fare service per una manciata di stampatori fidelizzati. «Vogliamo offrire un servizio a 360°, diventando una sorta di agenzia di comunicazione, con servizi che vanno dall’offset alle insegne, fino alla grafica», spiega Pinzauti. «Vogliamo smarcarci dalla guerra dei prezzi. Essere capofila ci consente di controllare il progetto, coltivare il cliente, argomentare e valorizzare la qualità dei nostri prodotti e servizi. D’altra parte, già oggi i clienti ci scelgono per la qualità che offriamo, che dà loro la certezza di non ricevere contestazioni». I nuovi spazi a disposizione di Beepag saranno destinati ad accogliere brand owner e agenzie, mentre il progetto a regime pre-
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vede la creazione di un coworking in cui far confluire creativi e fotografi, nonché specialisti di applicazione e installazione. A dare impulso al business di Beepag sono le tirature sempre più brevi di stampati commerciali, espositori e prodotti cartotecnici – specie se complessi e multimaterici. «Clienti che prima non ci consideravano come potenziale fornitore di progetti cartotecnici, oggi ci chiedono preventivi. In molti casi, la soluzione digitale si rivela economicamente praticabile, anche per centinaia o migliaia di copie», spiega Pinzauti. «Ad esempio, per realizzare un espositore in PVC, cartone e alluminio, l’unica via è rivolgersi ad aziende come la nostra, con tecnologie di stampa, taglio e fresatura come le nostre».
Tra cartone e tessuto Se la storia di Beepag inizia con la stampa a foglio, oggi l’80% del suo fatturato deriva dalla vendita di prodotti di grande formato e cartotecnici. I volumi di questi ultimi, in particolare, sono cresciuti rapidamente nell’ultimo biennio, vista la tendenza dei clienti a preferire prodotti ecologici. «I clienti ci rivolgono sempre più insistentemente domande sull’ecosostenibilità di materiali e inchiostri. Per questo abbiamo avviato un’attività sistematica di ricerca di soluzioni ecologiche da proporre loro», sottolinea Pinzauti. «Da tempo utilizziamo la tecnologia latex di Ricoh, con cui stampiamo carta, film e tessuti. Ma i capitolati sono sempre più stringenti. I clienti iniziano a chiederci tessuti
‖‖ 1) Beepag utilizza ArtiosCAD per la progettazione di materiali cartotecnici mono e multi-materici. 2) La stampa diretta su materiali rigidi è effettuata con tecnologia Ricoh Pro T7200. 3) Al sistema di taglio Kongsberg X44 si affiancherà presto un nuovo C64.
lavabili per realizzare allestimenti, tende, tovaglie. Così, stiamo valutando l’acquisto di una stampante sublimatica da 3,2 metri». In questo senso la posizione geografica avvantaggia Beepag. Grazie alla breve distanza dal distretto tessile di Prato, l’azienda può contare su partner, competenze e materiali tessili esclusivi, che costituiranno, insieme al cartone, l’ossatura di un’offerta innovativa, destinata – Pinzauti non ha dubbi – a rimpiazzare il PVC e a diventare protagonista delle lavorazioni di stampa e taglio.
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strategie ‖‖ Da sinistra, Matteo Pinzauti, CEO di Beepag, e Sipron Spaia, Sales Executive di B+B International.
Soluzioni abilitanti per far decollare il business
Verso una produzione digitale sempre più industriale Beepag ha mosso i suoi primi passi utilizzando macchine compatte, per poi alzare progressivamente l’asticella. L’azienda fiorentina ha dapprima installato una stampante a bobina da 1,6 m e una calandra. Poi, in seguito, ha introdotto numerose tecnologie più performanti, tra cui una stampante a bobina da 3,2 m, alcune ulteriori stampanti a bobina da 1,6 m e una stampante piana da 2,5x1,25 m. Infine, lo scorso anno l’azienda ha installato la nuova stampante flatbed Ricoh Pro T7210 da 2,1x3,1 m, diventandone il primo utilizzatore in Italia. Sul fronte del taglio, la crescita dei volumi e la necessità di far fronte ai frequenti picchi di produzione (senza compromessi sulla qualità) hanno spinto Beepag a investire in una Kongsberg X44 da 2,2x3,2 m, cui tra qualche settimana si affiancherà anche una Kongsberg C64 da 3,2x3,2 m. Proprio il finishing è l’area tecnologica su cui Pinzauti ha scelto di puntare per porre le basi di un’azienda sempre più industrializzata. «Non abbiamo budget illimitati, quindi dobbiamo fare investimenti graduali e definire delle priorità», sottolinea Pinzauti. «Le tecnolo-
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gie di stampa non sono sempre mature come vengono descritte, e hanno un’obsolescenza rapida. Per questo, non potendo acquistare stampanti industriali, continuiamo a evolverci a piccoli step. Nel taglio, invece, ci aspettiamo che un’attrezzatura supporti una produzione su più turni, mantenga a lungo le sue performance, e conservi un valore residuo elevato al momento di un eventuale rimpiazzo. Per questo abbiamo scelto da subito un marchio top, come Esko con la sua Kongsberg». La centralità della progettazione e del workflow Attratta inizialmente dalla solidità e dalle prestazioni dei plotter Kongsberg, in fase dimostrativa Beepag ha scoperto le potenzialità delle soluzioni di progettazione e automazione del workflow proposte da B+B International. «Quando abbiamo ridotto la scelta a una manciata di fornitori, le carte vincenti di B+B sono state l’affidabilità e versatilità di Kongsberg, ma anche l’offerta di software, a partire dai moduli Esko di aiuto alla produzione, come iCut Layout, flusso di lavoro dedicato all’ottimizzazione di fogli e pannelli», sottolinea Pinzauti. «Molti pacchetti software necessitano di
giorni o settimane di istruzione. Se l’operatore si ammala o lascia l’azienda, è la fine. Le soluzioni Esko, invece, sono tanto potenti quanto intuitive, al punto che anche un operatore senza esperienza specifica può eseguire una lavorazione». Beepag ha quindi identificato in ArtiosCAD – il software di progettazione 3D parametrica di casa Esko – lo strumento differenziante per il proprio business. Tanto che, dopo un approccio iniziale timido, oggi l’azienda ha un un dipendente che si dedica full-time alla progettazione di espositori e packaging. Lo stampatore toscano si avvantaggia poi di ArtiosCAD.net, il vasto database online di modelli cartotecnici parametrici, realizzato da B+B per gli utilizzatori di ArtiosCAD. «Il nostro operatore aveva già competenze di disegno CAD e file vettoriali, ma poter mostrare al cliente il rendering del suo progetto, personalizzato con la sua grafica, velocizza il processo decisionale, oltre che le fasi di prototipazione, approvazione e avvio della produzione», continua Pinzauti. «La connessione tra ArtiosCAD e iCut Layout e la consulenza di B+B ci hanno permesso di essere rapidamente operativi, bruciando le tappe ed evitando una lunga gavetta».
Sin dall’investimento nella prima Kongsberg (2015), Beepag ha apprezzato la grande versatilità di utilizzo delle macchine Esko, la loro velocità, la precisione del taglio a lama, l’efficacia della cordonatura, e la potenza del mandrino per lavorazioni complesse di incisione, svasatura e fresatura. Proprio la gamma delle lavorazioni possibili, e la capacità di dare forma anche ai materiali più critici, ha consentito all’azienda toscana di ampliare la gamma di prodotti e servizi offerti, recuperando nel finishing le marginalità perse nella stampa. Sin dalle fasi dimostrative, il team di Beepag ha intuito come l’investimento in tecnologia digitale dovesse andare oltre la soddisfazione di un bisogno momentaneo, o l’imitazione di altri operatori del settore. «Più che una serie di demo, le nostre giornate in B+B sono state un corso di formazione su come lavorare e fare business», racconta Pinzauti. «Abbiamo capito di avere a che fare con professionisti, capaci di aiutarci a cogliere nuove opportunità, e mostrarci, passo dopo passo, come prototipare un espositore, personalizzarne uno esistente o crearne uno nuovo da zero». Se per l’acquisto della prima Kongsberg la scelta è caduta sul modello X44, in virtù delle sue performance superiori sia sui supporti rigidi che flessibili, la nuova Kongsberg sarà una C64 dotata di conveyor belt e unità di alimentazione bobine ad alta capacità. «Vogliamo la certezza di poter sagomare e fresare ogni tipo di materiale rigido, ma anche di tagliare in modo veloce e preciso tessuti e altri materiali flessibili», conclude Pinzauti. «L’automazione e la riduzione degli errori umani è la nostra priorità. Ed è il tema su cui vogliamo instaurare e rafforzare la relazione con i nostri fornitori di hardware e software, a partire da B+B International».
tecnologie Konica Minolta ha sviluppato potenti applicativi open source per rendere le sue macchine da stampa a foglio e a bobina ancora più produttive e user-friendly
L’industrial printing cresce con ecosistemi software performanti e accessibili di Lorenzo Villa
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produttori di tecnologia più lungimiranti hanno compreso che automazione e infrastrutture software sono asset strategici per supportare il business degli stampatori, accelerare l’ammortamento delle attrezzature e promuovere lo sviluppo della nostra industria. Konica Minolta ha affrontato seriamente questa sfida, costruendo e arricchendo continuamente la propria suite AccurioPro. Il portfolio di appli-
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cativi include strumenti di integrazione offset/digitale, come AccurioPro Connect, e piattaforme di gestione del centro stampa come AccurioPro Flux, che governa ogni area della produzione e della fornitura di stampa. Modelli di business ampliati e applicazioni trasversali È sempre più frequente imbattersi in stampatori commerciali che ampliano il proprio business con
etichette, stampa wide format, packaging e prodotti a valore aggiunto. Un cambio di paradigma che si riflette sull’acquisto e sull’utilizzo dei macchinari e, in modo ancor più marcato, sulle infrastrutture di ricezione e gestione dei file. Talvolta, lo stesso operatore impiegato nella stampa a foglio di prodotti commerciali è chiamato a realizzare commesse di poster o di etichette. E ad interagire con software, sistemi di preflight, imposition, nesting,
gestione colore e job submission eterogenei e complessi. Cosciente di questa criticità, Konica Minolta ha scelto di investire nella costruzione di un’infrastruttura software proprietaria, improntata a semplicità d’uso, potenza di elaborazione, interconnessione delle ‖‖ In alto, l’interfaccia AccurioPro Print Manager consente di pilotare le stampanti Konica Minolta attraverso i DFE basati sulla tecnologia proprietaria Hikari di Konica Minolta.
tecnologie ‖‖ 1) La sezione di color management di Hikari, accessibile attraverso AccurioPro Print Manager. 2) Per la produzione di etichette su AccurioLabel, Konica Minolta propone AccurioPro Label Impose. Il software consente anche a operatori inesperti di preparare e produrre una commessa di etichette in bobina.
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L’utilizzo è semplice e intuitivo, grazie a un’interfaccia utente pulita e alla possibilità di eseguire tutte le funzioni sia dal pannello touchscreen della stampante che da web browser, tramite un PC esterno o un tablet. «Chi viene da un DFE esterno, all’inizio ha qualche ritrosia. Ma già dopo un’ora di demo i clienti apprezzano l’efficacia di Hikari», continua Breglia. Konica Minolta ha da poco introdotto la tecnologia AIT (Auto Inspection Technology), un sistema di ispezione che effettua il controllo automatico della qualità foglio dopo foglio. Quest’ultimo si affianca alla già nota unità IQ-501 (Intelligent Quality Care) impiegata su AccurioPress per l’ottimizzazione automatica del registro.
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Anche la stampa industriale diventa user friendly
piattaforme, economicità e vantaggi per l’operatore. Potenza e facilità d’uso, senza controller esterni Hikari è il digital front-end proprietario di Konica Minolta, integrato in tutte le stampanti production per le arti grafiche e governato attraverso l’interfaccia AccurioPro Print Manager. Hikari include un potente RIP interno, ed è in grado di supportare l’operatore nell’archiviazione e nell’editing dei file, nella gestione delle code di stampa e nei processi di gestione colore, creazione di profili e tinte piatte, applicazione di curve e retinature. L’architettura
è basata su Linux, così da essere estremamente leggera, aggiornabile e aperta all’integrazione con terze parti. Inoltre, non necessita di costoso hardware dedicato, perché sfrutta i processori Intel di ultima generazione, i banchi di memoria e gli hard disk della macchina da stampa. «La nostra è una piattaforma open source, che supera i paletti del copyright, e consente a clienti e integratori di creare applicativi proprietari, capaci di interagire con il nostro controller. Oggi oltre l’80% delle nostre AccurioPress sono equipaggiate con Hikari e AccurioPro Print Manager», spiega Roberto Breglia, Product Manager Production Printing di Konica Minolta.
L’introduzione della stampante a bobina AccurioLabel ha aperto nuovi scenari applicativi e di business nel settore dell’etichetta, cui Konica Minolta ha esteso l’approccio all’automazione e alla semplificazione già adottato nel commercial printing. Gli utilizzatori di AccurioLabel possono così gestire le proprie attrezzature dal pannello touch della macchina, evitando l’acquisto di costosi e complessi front-end dedicati. Anche la gestione del colore, tema cruciale nel mondo del packaging, è mutuata dalle tecnologie a foglio, con un flusso semplice, che prevede la lettura di una chart, l’ottimizzazione e il salvataggio di un profilo. Per semplificare i processi di imposition e nesting delle etichette, Konica Minolta ha poi introdotto Label Impose, un applicativo completo ma intuitivo, che consente anche a operatori di stampa e di prestampa non formati di ottimizzare la resa sul
formato e realizzare commesse di etichette in resa singola o multipla. Questo approccio ha contribuito al successo commerciale di AccurioLabel, che in poco meno di quattro anni ha raggiunto le 450 unità installate nel mondo. La nuova sfida che Konica Minolta si prepara ad affrontare è la transizione verso l’inkjet del mercato della stampa a foglio, cui il costruttore ha dedicato AccurioJet KM-1, l’innovativa macchina a foglio in formato B2+ da 3.000 fogli/ora. Un segmento che coinvolge clienti esigenti e volumi elevati, dove qualità dell’immagine, consistenza cromatica e consumi d’inchiostro sono fattori cruciali. Per questo Konica Minolta ha esteso l’interfaccia AccurioPro Print Manager anche a KM-1, cui è stato abbinato un valido sistema di ink saving proprietario. Per ottenere qualità e risparmi estremi, è poi possibile integrare il motore di normalizzazione del PDF Alwan ColorHub. Konica Minolta punta così a offrire ai propri clienti soluzioni chiavi in mano, e non solo ottime piattaforme di stampa e nobilitazione digitale. «Sviluppare internamente le nostre tecnologie di imaging e le teste inkjet, formulare toner e inchiostri, progettare e connettere le piattaforme software, ci consente di ottenere il massimo dalle attrezzature di stampa. E offrire ai nostri clienti vantaggi tangibili, senza inutili aggravi di costo», conclude Breglia.
Roberto Breglia Product Manager Production di Konica Minolta
“Oggi oltre l’80% delle nostre AccurioPress sono equipaggiate con Hikari e AccurioPro Print Manager.”
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tecnologie Il leader nella stampa a piano fisso debutta nel mondo della bobina con una macchina di nuova concezione, da 3,4 metri, ricca di funzionalità intelligenti, pratiche e inedite
swissQprint presenta la sua prima stampante roll-to-roll: si chiama Karibu ed è geniale di Lorenzo Villa
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fine anni Duemila, quasi nessuno si aspettava che ci potesse essere ampio margine per innovare nel segmento delle stampanti a piano fisso. Poi, nel 2008, la neonata swissQprint ha dimostrato il contrario presentando Oryx. A dieci anni di distanza, le stampanti vendute dal costruttore svizzero in tutto il mondo sono quasi 1.200 (tutte a piano fisso), e sono universalmente ricono-
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sciute come la miglior scelta, per produttività, affidabilità e versatilità. Al punto che, da diversi anni, i clienti chiedono a swissQprint di sviluppare una linea di macchine a bobina con caratteristiche analoghe. Lo scorso maggio, a FESPA, queste richieste hanno finalmente ricevuto risposta: l’azienda ha presentato Karibu, la sua prima roll-to-roll. Per scoprirne caratteristiche e peculiarità, abbiamo incontrato Carmen Eicher, Product Manager di swissQprint.
Obiettivo: superare la stampa roll-to-roll come la conosciamo Il posizionamento della nuova Karibu è il medesimo di quello delle sorelle più blasonate Oryx, Impala e Nyala. Fedele ai suoi elevati standard costruttivi, swissQprint ha partorito una piattaforma con un engineering robusto, pensata per produrre stampe di alta qualità e per offrire ampia versatilità dal punto di vista applicativo. Dalle scelte
costruttive, sino alla formulazione degli inchiostri, tutto esprime raffinatezza. «Karibu è una macchina progettata per durare; proprio come le nostre flatbed», spiega Eicher. Specifiche da prima della classe Karibu ha una velocità massima di 212 m²/h e può stampare su una singola bobina (con una larghezza fino a 3,4 m e peso fino a 200 kg) o su due bobine affian-
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Carmen Eicher Product Manager di swissQprint
“Per Karibu abbiamo formulato un nuovo inchiostro compatibile con ogni tipo di materiale flessibile.” 2
‖‖ 1) Karibu stampa su materiale mesh grazie all’apposito kit opzionale. 2) Un singolo operatore carica una bobina da 3,2 m sulla macchina sfruttando il “cassette system”. 3) L’esclusivo sistema “Tip Switch” permette, in pochi istanti, di concentrare l’aspirazione del piano nelle aree dove è necessaria.
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attesa di brevetto), che consente all’operatore di aprire o chiudere, con il tocco di un dito, ciascuno dei 136 canali di aspirazione presenti al di sotto del piano di stampa. In questo modo la macchina garantisce un corretto fissaggio dei materiali, inclusi quelli traspiranti, oltre a risparmiare energia. cate (ciascuna con una larghezza fino a 162 cm e un peso fino a 200 kg). Per facilitare il caricamento delle bobine, Karibu è dotata (su entrambi i lati) di speciali unità denominate “cassette system”, che garantiscono inoltre il tensionamento e la centratura del materiale. Karibu utilizza inchiostri UV-curable e dispone di nove canali colore, che possono essere configurati con quadricromia più colori light (ciano, magenta e nero), una vernice ad alta flessibilità e il bianco. Quest’ultimo è utilizzabile in modalità multilayer (colore, bianco, colore oppure colore, bianco, nero, bianco, colore) per applicazioni bifacciali su supporti trasparenti. swissQprint ha dedicato alla formulazione degli inchiostri particolare attenzione
e notevoli investimenti. Lo conferma la recente inaugurazione dell’ink lab situato all’interno del quartier generale dell’azienda e dotato di strumentazioni all’avanguardia. Efficiente, affidabile, versatile «Karibu è progettata per semplificare la vita degli operatori e avere un uptime [tempo nel quale la macchina è effettivamente operativa, ndr] estremamente elevato», continua Eicher. «Inoltre, per offrire la certezza di risultati di alta qualità, abbiamo formulato un nuovo inchiostro compatibile con ogni tipo di materiale flessibile». Singolarità di Karibu è il suo ponte di stampa dotato di un sistema di movimentazione sull’asse X, ovvero della capaci-
tà di cambiare posizione rispetto alla struttura della macchina, muovendosi avanti e indietro nella stessa direzione del materiale. Questa funzionalità, unita a un sistema per la rilevazione del movimento del materiale, permette a Karibu di correggere, in tempo reale, eventuali imperfezioni nell’avanzamento, aggiustando micrometricamente la posizione del ponte quando necessario. Karibu può inoltre essere dotata di un ingegnoso Mesh Kit pensato per stampare su materiali permeabili, oppure da bordo a bordo (a smarginare). Il fissaggio dei materiali si gestisce con un dito Karibu è dotata dell’esclusivo sistema Tip Switch Vacuum (in
I dettagli sono la sua forza swissQprint ha sviluppato per Karibu numerose soluzioni che semplificano e rendono più confortevole la produzione. In prossimità del limite anteriore del piano di stampa, un ampio lightbox consente di effettuare una verifica ottica immediata delle stampe destinate a essere retroilluminate. Alle estremità del ponte di stampa si trovano due barre verticali di LED che cambiano colore in base allo stato della macchina; mentre, se è in corso una lavorazione, esse si illuminano progressivamente per indicare la percentuale di completamento del lavoro in stampa. Infine, per prevenire sprechi di tempo e di materiale, Karibu permette, in caso di crash, di riprendere la lavorazione esattamente dove era stata interrotta.
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tecnologie Dopo l’anteprima dello scorso anno, la nuova serie di tecnologie per il grande formato debutta nella sua pienezza, segnando un cambio di passo per il costruttore altoatesino
Durst P5: oltre le specifiche c’è un ecosistema fatto di hardware, software e servizi di Lorenzo Villa
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a trasformazione digitale dei processi produttivi e gestionali è diventato un argomento chiave per tutti gli operatori del printing e del packaging. Se un tempo per fare fatturati e marginalità bastavano buoni “pezzi di ferro”, oggi la priorità è smettere di ragionare e agire a compartimenti stagni e abbracciare una visione integrata del flusso di lavoro, che coinvolga l’intero ciclo di realiz-
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zazione del prodotto. Ma veniamo a Durst, che nell’ambito dei “pezzi di ferro” per la stampa è leader indiscussa. Sotto la guida di Christoph Gamper, perdutamente innamorato del software, per sua stessa ammissione, il costruttore altoatesino ha messo a punto una strategia ambiziosa, che punta a ridefinire la sua offerta di tecnologie per la stampa di grande formato; il settore in cui, negli ultimi due decenni, ha raccolto fama e fortuna.
La parola d’ordine è P5, il nome scelto da Durst per identificare un ecosistema di prodotti e servizi capace di offrire al cliente un vantaggio competitivo. Come vedremo, P5 si regge su sei pilastri fondamentali: stampanti, inchiostri, software, consulenza, formazione, e contratti di servizio. Elementi che, combinati tra loro, mirano a garantire un aumento dell’efficienza complessiva delle aziende di stampa che utilizzano tecnologia Durst.
Hardware e automazione disegnati ascoltando i clienti Fedele alla sua vocazione di costruttore di macchinari sofisticati e qualitativi, Durst ha anzitutto progettato una nuova serie di stampanti composta dai modelli P5 200 HS e P5 250 HS, lanciati nel 2018, nonché dai due ‖‖ In alto: a sinistra, Christoph Gamper presenta P5 sullo stand Durst a FESPA 2019; a destra, la stampante P5 350.
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nuovi modelli P5 210 e 350, lanciati a FESPA 2019. Con P5 350, una ibrida con luce 3,5 metri, Durst colma finalmente una storica lacuna del proprio portfolio. A sottolinearlo è Andrea Riccardi, Head of Product Management Large Format Printing e Fabrics di Durst: «Nell’ambito delle stampanti ibride, abbiamo sempre prediletto i formati 2 e 2,5 metri. Con P5 abbiamo voluto superare l’arte nota scegliendo una dimensione insolita, che però riteniamo sia molto più conveniente per gli stampatori. La larghezza di 3,5 metri permette, infatti, di stampare due bobine da 162 cm affiancate; cosa impossibile con macchine da 3,2 metri». P5 210 e P5 350 condividono la risoluzione di 1.200 dpi e una dimensione di goccia di 7 pl. P5 350 ha una velocità massima di stampa di circa 360 m²/h. Entrambe le macchine hanno la possibilità di essere configurate con il sistema di alimentazione multi-track. Quest’ultimo, pensato per i ma-
teriali rigidi, consente di alimentare fino a 6 pannelli in parallelo, rilevandone automaticamente lo spessore e il momento di ingresso in macchina. L’operatore può così alimentare la stampante in continuo e in piena libertà, senza preoccuparsi di posizionare i vari pannelli in battuta. Per distinguere P5 dalla concorrenza, gli ingegneri di Durst si sono concentrati proprio sui dettagli. «Per fare una concreta differenza nella vita di aziende e operatori, ci siamo sforzati di introdurre innovazioni utili e originali», spiega Riccardi. «Per esempio, abbiamo riprogettato i tavoli di carico e scarico, affinché fossero sganciabili e ripiegabili in pochi istanti. Così i clienti potranno risparmiare spazio e tempo». Agli osservatori più attenti, poi, non è sfuggito come Durst abbia scelto di porre l’accento sulla produttività reale del sistema, piuttosto che sulle velocità massime teoriche. Gli inchiostri usati da P5 sono un’evoluzione di quelli sviluppati
per P10 e sono pensati per garantire prestazioni elevate e consumi ridotti. Dalla prestampa all’e-commerce Durst può vantare un parco clienti ampio e fidelizzato. Merito di una progettazione e costruzione d’eccellenza, ma anche della ferma volontà del costruttore di superare le aspettative e di garantire la tenuta nel tempo del valore dei suoi usati (cosa infrequente nel mercato digitale). Tuttavia, tra le migliaia di aficionados di Durst, pochi la citerebbero come un player chiave nel mondo del software. Ed è proprio in quest’ambito, invece, che l’azienda sta compiendo la sua più grande rivoluzione, con l’introduzione degli applicativi Durst Smart Shop, Durst Workflow e Durst Analytics. «Ci appare ormai chiaro che hardware e software non possono più procedere separati», commenta Riccardi. «Per questo, i nostri ingegneri hanno sviluppato nuove piattaforme
‖‖ 1 e 2) Una lavorazione eseguita su P5 350 sfruttando le funzionalità del sistema di alimentazione multitrack. 3) L’interfaccia utente della macchina con le sei code indipendenti utilizzate per stampare in parallelo su sei pannelli 50x70 cm. 4) Il sistema di alimentazione bobine di P5 350, ottimizzato per alternare rapidamente lavorazioni su bobine affiancate e lavorazioni su singola bobina.
software capaci di offrire agli stampatori Durst grandi vantaggi, migliorando la loro produttività e semplificando i loro processi interni». Il meglio del software, senza però reinventare la ruota In un’industria matura, innovare è anche creare inedite combinazioni di tecnologie già disponibili, implementandole, integrandole e rimettendole a disposizione dei propri clienti, in modo che questi ultimi possano trarne il massimo beneficio. Non è diverso da ciò che fanno i più blasonati costruttori
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tecnologie
di automobili quando scelgono, per esempio, di installare impianti frenanti Brembo, diffusori Bose o sistemi di navigazione Garmin. La medesima strategia è stata scelta da Durst per sviluppare le soluzioni software parte dell’ecosistema P5. «Per alimentare una stampante serve anzitutto un buon file. Da esso, infatti, dipende la qualità e la cromia della stampa che si otterrà, la quantità di materiale che si sprecherà, la semplicità con la quale si potranno eseguire eventuali post-lavorazioni, la possibilità di tracciare lo stato di avanzamento di quella specifica produzione», spiega Manfred Glantschnig, Head of Product Management di Durst Professional Services. «Per ottenere tale file, oggi molti utenti utilizzano diversi software e numerose operazioni manuali. Noi abbiamo creato tre soluzioni, integrabili tra loro, in grado di gestire il percorso del file, dalla sua generazione/acquisizio-
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ne, mediante un portale e-commerce dotato anche di un editor grafico, fino alla stampa». Durst Workflow Print, uno dei moduli base del nuovo ecosistema software, è completamente integrato con l’interfaccia utente delle stampanti P5. Esso integra un sistema di preflight, un potente motore per la gestione del colore, e un RIP basato su tecnologia Harlequin. Quest’ultimo include funzionalità di linearizzazione e profilazione dei materiali, nonché di ottimizzazione del consumo d’inchiostro in funzione del soggetto da stampare. Il modulo Durst Smart Shop consente agli stampatori di vendere i propri prodotti online attraverso un semplice sistema di e-procurement, oppure costruire un vero e-shop aperto al pubblico. Il modulo Durst Analytics si occupa di raccogliere i dati di produzione (consumi di inchiostro, utilizzo dei materiali, stato delle
stampanti etc.) e di renderli consultabili, tramite browser, da titolari e responsabili di produzione. Tra i plus di Durst Workflow c’è la sua architettura client/server, che consente agli operatori di accedere all’interfaccia tramite comuni web browser, condividere lo stesso database, rasterizzare il file una sola volta e poi inviarlo a una o più stampanti. Ad oggi Durst Workflow è compatibile con le stampanti Durst e con i sistemi di taglio digitale più diffusi sul mercato. «Molti dei nostri clienti hanno tecnologie di stampa di diversi fornitori. Per questo estenderemo presto i vantaggi di Durst Workflow, rendendolo compatibile anche con macchine di altri brand», conclude Glantschnig. La svolta verso i servizi A completare l’ecosistema P5 concorrono i servizi di assistenza
‖‖ Schema del nuovo ecosistema software sviluppato da Durst.
tecnica, manutenzione programmata, formazione e consulenza. Durst, infatti, punta ad accompagnare gli stampatori nel percorso di adozione e utilizzo delle sue nuove tecnologie. La formazione offerta include percorsi di training di una o più giornate, focalizzati sull’utilizzo di macchine e applicativi, sul miglioramento delle prestazioni di stampa, sulla manutenzione preventiva e sulla risoluzione guidata delle problematiche. Parallelamente, l’azienda ha rinnovato la propria offerta di contratti di servizio, offrendo ai clienti piani di manutenzione programmata e supporto tecnico telefonico avanzato. Per il software, questi includono aggiornamenti gratuiti e formazione in loco. Nel prossimo futuro, inoltre, Durst prevede di introdurre contratti di Software as a Service.
speciale Il mercato dei punti vendita temporanei resta florido ed evolve continuamente nelle sue forme, confermandosi uno strumento trasversale a settori e mercati
Pop-up e temporary store, un format di successo, che non smette di evolversi di Francesca Zorzetto // francizorzetto@gmail.com
N
el 2011 ho pubblicato con Francesco Catalano il volume “Temporary Store”, la strategia dell’Effimero” il primo libro in Italia dedicato al fenomeno del pop-up e temporary store. Da allora non ho mai smesso di occuparmi attivamente di questo format. Poteva essere una moda; un esperimento momentaneo. Invece il negozio a tempo conti-
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nua a svilupparsi e ad evolversi, con un’estensione trasversale a tutti i settori, compreso quello dei servizi. I format sono i più disparati. All’inizio la tendenza era quella di occupare negozi sfitti o affittare location temporanee, poi si sono affermate le strutture costruite ad hoc, anche itineranti. E ancora temporary restaurant, hotel, showroom, addirittura temporary mall. Più recentemente sono fioriti pop-up store non solo destinati
alla vendita o al lancio di prodotti, ma legati ai servizi. Un recente post su Forbes sottolinea come nel mercato americano, spesso associato al concetto che “più è grande, meglio è”, i pop-up store, gli store mobili e i piccoli negozi sono in crescita. Inoltre, vengono spesi in attività di attivazione dei marchi circa 600 miliardi di dollari, buona parte dei quali destinati alla realizzazione di spazi temporanei. Al punto che da qualche tempo,
Francesca Zorzetto inizia il suo percorso di consulente e formatrice free-lance nel 2005, dopo una significativa esperienza in azienda. Oggi supporta brand e realtà indipendenti nella presentazione di prodotti e servizi, nello sviluppo di competenze e nella realizzazione, attraverso il visual merchandising, di obiettivi commerciali. Scrive di visual merchandising e retail marketing e nel 2010 è co‑autrice di “Temporary Store: la strategia dell’effimero”. Dal 2014 collabora con Retail Institute Italia e dal 2015 coordina il corso di specializzazione in Visual Merchandising di IED Venezia. Ha fondato il blog milanretailstore.com e organizza “visual tour” tematici a Milano per aziende e addetti ai lavori.
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foto: The IHA Innovation Awards
‖‖ Nella pagina accanto, il pop-up store allestito da Santa Margherita a Verona in concomitanza con Vinitaly. A sinistra, il temporary store della nota catena di supermercati PAM alla stazione centrale di Milano. In basso, vista esterna e interna del #NoFilterSkinLab di Filorga, allestito a Milano nei giorni della Design Week.
per il lancio di una nuova linea o prodotto, il pop-up store ha sostituito altre forme di promozione e marketing. Ma nell’evolversi del format ci sono punti fermi e aree di innovazione ben definite. Esploriamoli assieme. I fattori di successo primari: location e durata Analizzando molti case study, sono convinta che tempo e luogo siano i principali elementi di successo di un temporary store. Per tempo si intende sia la scelta di quando aprirlo, che la sua durata.
Uno spazio temporaneo può durare anche un anno, come i guerrilla store di Rae Kavakubo, la stilista di Comme des Garçons. O un solo giorno. La scelta dipende dagli obiettivi e dal target. Il luogo è il dove, ma anche la scelta di una precisa location. Si può aprire un pop-up store su una spiaggia del Nord Europa, come ha fatto H&M nel 2011, utilizzare un container riadattato, oppure un van. Negli ultimi anni si è poi affermato l’utilizzo del pop-up corner, uno spazio dedicato, all’interno di un grande magazzino, per testare o lanciare un marchio in un nuovo
mercato. La location determina il concept e l’allestimento, che sono i fattori di attrazione. Per essere interessante, un pop-up store non può essere imitazione di un negozio tradizionale, ma offrire una “customer experience” unica, coinvolgente, memorabile. Il negozio temporaneo deve avere elementi di viralità, ovvero allestimenti attraenti e straordinari, visibili già dall’esterno. Il pop-up store deve insomma essere “instagrammabile”, per usare un neologismo che renda l’idea. Le scelte del dove e del come dipendono dal target che si vuole intercettare. Il format tem-
poraneo può infatti dialogare con un consumatore finale che già conosce il marchio, o con un pubblico completamente nuovo. Il target può essere B2C, B2B, oppure comunicare a più livelli. Questo spiega perché molti temporary store vengono allestiti in concomitanza con eventi culturali e fiere di settore, come le Fashion o Design Week, occasioni che garantiscono visibilità e presenza sia di addetti ai lavori che di consumatori finali. Attraverso un palinsesto di eventi e location ben selezionati, si possono colpire efficacemente entrambi i target. Il settore del Beauty ha intercettato per primo la potenzialità del temporary store e investe moltissimo in comunicazione e marketing, con una distribuzione molto eterogenea e capillare. Filorga, marchio francese presente sia in farmacia che in profumeria, ha realizzato la sua Filorga Beauty Pop Lounge durante la Design Week di Milano. Denominata #NoFilterSkinLab, univa un concept interessante e una posizione strategica. La struttura
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foto: Olivier Salliant
è stata progettata ad-hoc e posizionata nel cuore di Zona Tortona, una location formidabile, per l’intera durata della Design Week. Obiettivo: far conoscere, attraverso trattamenti gratuiti e consulenze, i prodotti della linea Oxigen Glow. Non un luogo di acquisto, quindi, ma di sperimentazione. L’elemento di “social engagement” era la possibilità di immortalarsi, dopo i trattamenti, all’interno di un photo booth gestito da giovani artisti, che ogni giorno realizzavano gli shooting. Al centro della pop-up lounge, il #nofilter pinknet wall, con tutti i ritratti dei
visitatori. I giovani fotografi coinvolti da Filorga hanno infine scelto i social network come media privilegiato. L’idea della beauty lounge è nata anche da una ricerca che ha evidenziato come gli hashtag #nofilter e #nomakeup ricorrano rispettivamente oltre 200 milioni e oltre 17 milioni di volte nei post su Instagram. L’estensione ad altri settori Come avevamo previsto già nel 2011, dal beauty e dalla moda, il negozio temporaneo si è propagato velocemente ad altri settori.
Tra tutti, quello del food & beverage. Di grande impatto e curato nei minimi dettagli, ad esempio, il Santa Margherita Extraordinary Pop-up realizzato a Verona, dall’omonimo gruppo vinicolo, in occasione dell’edizione 2019 di Vinitaly. Anche qui il timing coincide con una fiera di settore, e lo spazio temporaneo si somma allo stand in fiera. Obiettivo, coinvolgere il pubblico in un’esperienza immersiva e diretta. Location d’eccezione, la centralissima piazza San Zeno, per un “fuori salone” in grado di intercettare nuovi target (inclusi i giovani), offrire assaggi dei nuovi
prodotti e raccontare la storia e i valori del brand in chiave contemporanea. Immacanbile l’interazione social, con uno spazio dedicato alla degustazione e ai selfie di rito, da condividere su Instagram taggando @SantaMargheritaWines. Per la struttura, invece, Santa Margherita ha scelto vetro, acciaio e giochi di trasparenze, in un ideale invito a entrare e vivere l’esperienza. Tra i punti di forza proprio le vetrine, realizzate con l’ausilio di scenografie particolari, declinate nelle cromie del rosa e del bordeaux, la prima a tema floreale, la seconda basata su forme ovoidali. Nelle vetrine, bottiglie esposte come prodotti di lusso, avvolte da splendide etichette, e all’interno, oltre agli assaggi, piccoli gadget a ricordo dell’esperienza. La sfida delle boutique temporanee “stagionali” Se dovessi descrivere con uno slogan la sfida del retail contemporaneo, direi: “follow your cu‖‖ In alto, l’allestimento di una vetrina del temporary store di Santa Margherita, e alcuni dei gadget realizzati dal brand per ricordare ai visitatori l’esperienza vissuta. A sinistra, l’edizione 2018 della Boutique Effimera di Chanel nella stazione sciistica di Courchevel. Nella pagina accanto, uno dei pop-up store di A2A, sviluppati come format itinerante tra Milano e Brescia.
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stomer”. Segui il tuo cliente! Un tempo il consumatore era una sorta di Alice nel Paese delle Meraviglie, che seguiva il suo brand coniglio bianco per scoprirne a tutti costi la tana. Oggi la situazione si è radicalmente rovesciata, e sono i brand i conigli bianchi costretti a inseguire il cliente. Alice disincantata e sovrastimolata. I marchi, le insegne, devono farsi notare e presidiare più canali possibili. Nel retail “fisico” questa è la ragione dell’evoluzione del travel retail, e spiega anche come i luoghi di vacanza siano diventati spazi da presidiare. Un format in costante crescita è proprio quello dei negozi, e perfino dei mall, che definiremmo stagionali. Per la stagione estiva 2019, ad esempio, ha riaperto Waterfront Costa Smeralda a Porto Cervo. Una via del lusso vista mare, sulla banchina di Porto Cervo, con un ricco palinsesto di eventi, spazi per la ristorazione, boutique temporanee e piazze di esposizione per presentare automobili o imbarcazioni. Tra i brand Bentley, BMW, De Grisogono, Deodato Arte, Dolce & Gabbana, Jaguar, Land Rover, Riva, San Lorenzo, Technogym, Mastercard. Il Waterfront Costa Smeralda è stato disegnato dall’architetto Giò Pagani, realizzato e gestito da Filmmaster Events per conto di Smeralda Holding. Nell’edizione 2019 i canali digitali sono stati ri-
progettati e riorganizzati per offrire a tutti i brand partecipanti la possibilità di proporre i propri contenuti quotidianamente, sia sul sito web del Waterfront sia sul profilo Instagram. Altro marchio ad aver preso molto seriamente il marketing dell’Effimero è Chanel, che ha realizzato moltissimi temporary store, anche per le linee di beauty, orologi e gioielleria. Parigi, Roma, Cannes, Saint Tropez sono solo alcune delle location scelte. Il leggendario brand ha riaperto la sua “boutique effimera” quest’estata a Capri, così come nell’esclusiva stazione sciistica di Courchevel, in Savoia, dove da otto anni (ogni inverno) propone un format sempre diverso. La boutique effimera più originale è stata aperta nel 2011 presso lo Chalet des Pierres, un pop-up store a 1.856 metri di quota.
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Spazio fisico per realtà immateriali Il mercato sta premiando sempre più i modelli omnicanale, dove retail fisico e online non si escludono, ma si integrano. Così, capita sempre più spesso che marchi o player esclusivamente presenti in modalità “virtuale” decidano, per un periodo limitato o con un obiettivo specifico, di incarnarsi in un pop-up store. Ebay ha intuito per prima l’importanza dell’e-
• Sistemi e macchinari di stampa • Componentistica e testine di stampa • Tecnologia UV, sistemi di asciugatura e polimerizzazione • Inchiostri per serigrafia, stampa digitale e stampa con inchiostri speciali • Dispositivi di prestampa, attrezzature per elaborazione e finishing • Soluzioni software Conferenze tecniche durante i tre giorni di esposizione
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speciale ‖‖ A sinistra, la MoneyFarm Investment Boutique, temporary store allestito a Milano nella zona di Brera. In basso, il pop-up store di Fattobene presso il MoMa di New York.
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za e innovazione. Gli arredi sono stati progettati proprio per essere trasportati e riallestiti con grande facilità. Illuminazione, giochi di luce, installazioni tecnologiche e aree di intrattenimento sono gli strumenti per aumentare visibilità e coinvolgimento. Conclusioni e prospettive L’evoluzione dei temporary store passa anche attraverso la “colonizzazione” di spazi culturali e la sperimentazione di nuovi format, anche legati all’arte e alla cultura. Nel 2010 il temporary store tour di
Rizla, denominato “Rolling Stone”, ha avuto come sede il Teatro Belli a Roma. E proprio in queste settimane il prestigioso MoMA di New York ospita, fisicamente e online, il primo pop-up store negli USA di Fattobene, con una straordinaria selezione di oggetti italiani iconici e di design. Il Montreal Museum of Fine Arts (MMFA) ospita invece la pop-up showroom di Hans Boodt Mannequins, azienda olandese di busti e manichini. Attraverso nuovi format, nuove location e l’estensione a moltissimi segmenti di mercato, il fenomeno pop-up store si conferma tutt’altro
foto: MoMa Design Store, New York
sperienza fisica, aprendo già nel 2004 dei pop-up store in USA nel periodo natalizio, riproponendoli poi in alcune metropoli europee. La stessa Amazon, il più grande player dell’e-commerce mondiale, sta affinando la strategia e sta affiancando gli spazi fisici a quelli online; solo negli USA ha aperto 87 temporary store. A Milano, ad esempio, ha avuto molto successo il pop-up store Amazon Loft for Christmas, aperto nella centrale via Dante per soli undici giorni, in occasione del Black Friday. Come dicevo, il pop-up store si sta affermando sempre più come luogo fisico anche per le aziende di servizi. Ad esempio MoneyFarm, sito di investimenti finanziari, ha creato la sua MoneyFarm Investiment Boutique, aperta per due mesi a Milano nel 2016, il cui concept era tutto incentrato sull’info-tainment. Allo stesso modo A2A, la multi-utility dell’energia, ha scelto di sperimentare il pop-up store e, con il supporto dell’Agenzia Beready, a partire dal 2018 ha sviluppato un nuovo concept store, declinato su tre spazi “fisici” a Milano e tre store itineranti tra Milano e Brescia. Obiettivo della materializzazione di A2A, accrescere la brand awareness e generare nuovi contatti, utilizzando materiali e design capaci di incarnare i valori dell’azienda: energia, chiarezza, trasparenza, vicinan-
che effimero, e ci sorprenderà con nuove evoluzioni. Ma in tutto questo dinamismo restano dei punti fermi, come l’importanza di scegliere il quando e il dove in linea con obiettivi e target. È poi importante pensare al temporary store soprattutto come uno strumento di comunicazione, con attività sia in-store e outdoor. Uno strumento da promuovere attraverso i social e online, ma anche con materiali stampati come sticker, flyer e veicoli decorati con pellicole. All’interno dello store, poi, c’è spazio per campioni di prodotto, brochure, packaging dedicati, gadget che ricordino l’esperienza. Ho poi premesso che allestimenti speciali e visual merchandising possono rendere il format temporaneo memorabile e virale. In particolare superfici decorate, wallpaper, floor graphics, tendaggi e tessuti, scenografie in vetrina. Per questo, assumono un’importanza crescente i materiali e le strutture che si possono smontare, trasportare e assemblare. E, aggiungerei riciclare e smaltire facilmente. Al pari di un consumo sostenibile, anche il tema di un retail sostenibile resta centrale, oggi e per il futuro.
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speciale La stampa digitale ha spostato i confini della gestione del colore, e l’uso di nuove tecnologie inkjet e substrati non cartacei impone una revisione delle procedure
Gestione del colore 2.0, così stampa digitale e materiali inediti cambiano le regole di Marco Olivotto
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pesso si contrappone la stampa tradizionale a quella digitale in base alla diversità più evidente: la prima necessita di una forma da stampa; la seconda no. Vale però la pena di ricordare che la stampa digitale spesso amplia il numero degli inchiostri base utilizzati. In molti casi, si abbandona lo schema CMYK in favore di spazi colore più complessi. Questo influenza anche i paradigmi della
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gestione del colore (o color management) a cui siamo abituati. Il modello tradizionale più diffuso prevede uno spazio colore sorgente (di norma RGB, in una qualche variante) e uno spazio colore di destinazione (CMYK, scelto opportunamente) nel quale i dati in ingresso vengono tradotti. La traduzione si effettua utilizzando uno spazio colore intermedio denominato PCS (Profile Connection Space). L’approccio della stampa digitale ha però modifi-
cato il terreno di gioco, e nuove sfide si aprono. In questo articolo proviamo a scalfire la superficie di quello che diventerà, probabilmente, il “color management 2.0”, ampliato dalle nuove soluzioni che il mercato propone. Quattro inchiostri non bastano Nella stampa inkjet, di rado è sufficiente limitarsi a CMYK. L’utilizzo di inchiostri aggiuntivi oltre a quelli canonici è pressoché uno
Dopo la formazione classica, la laurea in fisica e vent’anni di produzione musicale, nel 2007 Marco Olivotto scopre le opere di Dan Margulis, padre della correzione del colore in Photoshop, e diventa suo allievo. Da sempre dedito all’insegnamento in diversi ambiti presso strutture private e pubbliche, dal 2011 dedica i propri sforzi alla diffusione delle tecniche della correzione del colore in Photoshop. Da allora organizza campus, workshop, attività formative on-demand in ambito fotografico e grafico, è speaker di FESPA, collabora con realtà didattiche di livello nazionale ed è autore di ben 25 videocorsi e seminari sulla correzione del colore. Dal 2015 è collaboratore fisso di Italia Publishers.
speciale ‖‖ Le fibre (fig. 1) conferiscono ai supporti tessili una superficie tramata. Questo suggerisce maggiori valori di apertura (fig. 2) per una corretta lettura spettrofotometrica.
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standard. Ad esempio, è comune l’utilizzo di un ciano chiaro (“light cyan”, indicato dal simbolo “c”) e di un magenta chiaro (“light magenta”, indicato con “m”). Questo implica che pensare in termini di quattro soli canali CMYK potrebbe non bastare. Bisogna passare a un modello come CcMmYK, in cui i canali reali sono sei. Le parti più chiare della stampa utilizzano principalmente gli inchiostri chiari, mentre quelle più scure favoriscono l’utilizzo di quelli “normali”. Questo cambia le regole del gioco: per fare un esempio semplice, Photoshop è da sempre in grado di gestire una conversione RGB > CMYK, ma non RGB > CcMmYK. La transizione tra inchiostri chiari e inchiostri normali è cruciale al fine di evitare effetti indesiderati come posterizzazioni e disomogeneità. È anche importante trovare formule che ottimizzino la quantità di inchiostro, oltre a garantire un risultato di qualità elevata. Purtroppo, non tutti i RIP sono attualmente in grado di gestire al meglio questa problematica. Non solo: il mondo del packaging negli ultimi anni ha spesso fatto ricorso a colori saturi e accesi, che richiedono l’utilizzo di tinte piatte in fase di stampa. Oppure, in alternativa, di una separazione basata su sette inchiostri noti come CMYK-OGV, dove ai colori di processo vengono aggiunti l’arancio/Orange, il
verde/Green e il violetto/Violet. Anche qui, sono necessarie soluzioni specializzate. La riproduzione di certe tinte piatte in digitale non è semplice come si potrebbe pensare, a causa delle incognite della sovrastampa. La stampa dei supporti tessili L’espressione “stampa digitale” racchiude una molteplicità di situazioni, in particolare in relazione ai supporti. A titolo di esempio, esaminiamo una differenza eclatante tra un substrato cartaceo e un substrato tessile. Le fibre della carta sono molto sottili e le conferiscono un aspetto liscio e privo di discontinuità. Quelle del tessuto sono più grosse e in molti casi danno allo stesso un aspetto non
liscio. Per avere un’idea, la tessitura “Half Panama” (figura 1) può arrivare a una densità di circa 20 fili per cm2. Ciascun filo ha quindi un diametro medio di 0,5 mm. In una carta di buona qualità, le fibre individuali possono avere un diametro di circa 0,01 mm: 50 volte inferiore che nel caso precedente. Esse sono pressate insieme in maniera da dare alla carta un aspetto omogeneo a livello macroscopico. Uno spettrofotometro standard, adatto a misure colorimetriche su substrato cartaceo, ha un’apertura di circa 2-3 mm. Questa dimensione potrebbe però produrre risultati non accurati nel caso il substrato presenti una struttura come il tessuto. Barbieri, per fare un esempio, ha in catalogo uno spettrofotometro ad apertura variabile. Le diverse aperture dello strumento si adattano facilmente a diverse tipologie di misura. La figura 2 illustra il vantaggio di utilizzare uno strumento con un’apertura maggiore, qualora il substrato mostri una superficie non liscia su scala macroscopica, come nel caso dei tessuti. Un’apertura di 2 mm (corrispondente a una superficie di lettura di 3 mm2), non riesce a leggere sia le che gli spazi tra esse, fornendo quindi una misura falsata. Un’apertura di 8 mm (superficie di let-
tura 50 mm2) fornisce una misura più accurata. Le aperture suggerite sono di 2 mm per la stampa fotografica, 6 mm per la stampa inkjet UV, 8 mm per la stampa su tessuto. Questo, naturalmente, ha una ricaduta anche sulla preparazione dei campioni necessari a caratterizzare la macchina da stampa. Su tessuto, vanno stampati più grandi, perché un’area di misura di 50 mm2 è 17 volte più estesa di un’area di 3 mm2. Inoltre, il fatto che la carta si comporti come un singolo substrato piatto, mentre il tessuto è caratterizzato da microsuperfici tondeggianti (i fili), implica che nel secondo caso i coloranti che formano la stampa verranno applicati in maniera disomogenea. Questo suggerisce l’opportunità di effettuare misure multiple di ciascun campione in fase di caratterizzazione, al fine di calcolare una media dei valori ottenuti. Il problema degli sbiancanti Molti supporti, compresa la carta, vengono trattati per mezzo di agenti sbiancanti (OBA – Optical Brightening Agents). Lo scopo è dare loro un aspetto più brillante e “più bianco”. Questo è particolarmente vero nel caso dei tessuti, per ovvie ragioni. Gli OBA modificano la lunghezza d’onda della radiazione ultravioletta (invisibile) presente in tutti gli illuminanti. Alcune componenti UV vengono assorbite e poi riemesse sotto forma di fluorescenza nella
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speciale ‖‖ Stampare su un supporto colorato, senza aggiungere un layer di bianco, implica una variazione cromatica e una riduzione del gamut disponibile.
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blema: diversi strumenti ancora in uso, pur essendo in grado di fornire ottime prestazioni di lettura in regime M0, non sono tecnicamente adatti a produrre dati utili per il metodo di misura M1. Per questo, in certi contesti, può rendersi necessario un investimento in nuovo hardware con specifiche adatte. È significativo notare che, in questo caso, una software house leader nel campo della gestione del colore come Onyx suggerisca come alternativa alla misura M1 un non meglio identificato “manual color management” (Fonte: presentazione “Textile Color Management”, ICC Color Experts Day, 24 maggio 2019), segno che c’è ancora strada da fare per giungere a una prescrizione definitiva e universalmente valida. Le misure in luce trasmessa
regione dello spettro visibile, che percepiamo come blu. In sostanza, una luce invisibile viene resa visibile al fine di causare un effetto di sbiancamento. Questo è un fenomeno ben noto ai fotografi: un corretto bilanciamento del bianco dona spesso un aspetto freddo ai tessuti “bianchi”. Il problema è che gli strumenti di misura non si comportano come il nostro sistema visivo. In presenza di OBA nel substrato, la caratterizzazione può essere viziata dalla falsa lettura di un eccesso di luce blu. In quel caso, il profilo ICC prodotto forzerà un’errata compensazione verso il giallo, colore
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complementare del blu. Anche i coloranti utilizzati per i tessuti possono esibire fenomeni di fluorescenza, che di nuovo possono causare letture falsate. La norma ISO 13655:2009 riguarda le misurazioni spettrali e i relativi calcoli colorimetrici nel campo delle arti grafiche. Essa descrive quattro metodi di misura (M0-M3). La norma scoraggia l’utilizzo del metodo tradizionale di misura (M0) quando si abbia a che fare con un materiale in grado di produrre fluorescenza. Il metodo M1 è quello suggerito quando si abbia a che fare con substrati che contengano OBA. C’è però un pro-
La tecnologia digitale permette di stampare su substrati di natura tessile, ma anche trasparenti o translucidi. Questi substrati si prestano bene alla retroilluminazione. La stampa risulta visibile grazie alla luce trasmessa dal materiale, e non grazie alla luce riflessa. Si crea quindi il curioso ibrido di una stampa che si comporta in maniera più simile a un monitor che a un supporto tradizionale. Quando si ha a che fare con materiali spessi come il vetro, le misure standard di caratterizzazione non sono però necessariamente attendibili. Questo è dovuto al fatto che il dispositivo di misura può essere influenzato dalla luce esterna che filtra trasversalmente nel materiale trasparente. Nel caso non si riesca a lavorare con un materiale sottile, è necessario prendere precauzioni, che si allineano con quelle suggerite per le misure dei campioni stampati sui materiali tessili. La calibrazione dello strumento, ad esempio, varia a seconda che si decida di stampare utilizzando un fondo
bianco oppure no. Di nuovo, un’apertura maggiore dello standard è suggerita, così come misure multiple finalizzate al calcolo di una media. Altre variabili riguardano la natura del substrato, a seconda che esso sia trasparente o translucido (opalino). Quando il bianco è colorato L’avvento della stampa digitale ha aperto la porta a substrati intensamente colorati. Nel caso della stampa tessile, questo è un caso particolarmente comune. Stampare su una maglietta rossa è ben diverso dal farlo su una maglietta bianca. In figura 3, si nota non solo l’inaccettabile variazione cromatica del logo di Instagram, ma anche la drammatica riduzione del gamut disponibile in stampa. L’alternativa, ben nota, è quella di realizzare una stampa preventiva con inchiostro bianco, in maniera da preparare uno sfondo adatto alla stampa effettiva. Questo sistema è spesso denominato CMYK+W e prevede l’utilizzo di cinque inchiostri. La ditta italiana DevStudio, in collaborazione con Color.Stream, sta brevettando una tecnologia proprietaria chiamata “BackGround-Adaptive Profiles” (BG.A.P.) basata su un’intuizione semplice ma efficace. Quando il substrato è colorato, conviene talvolta considerarlo come un “colore virtuale”. L’immagine originale di figura 4 è dominata dal rosso. L’idea alla base del metodo BG.A.P. consiste nell’utilizzare un substrato rosso e “rimuovere il rosso del substrato” dall’immagine. Vengono stampati soltanto i colori residui. La figura mostra le separazioni CMYK+W nel caso tradizionale (le quattro lastre di quadricromia più una lastra di bianco al 100%) e quelle che si ottengono con il nuovo metodo. Il risparmio di inchiostro che si realizza nel secondo caso è evidente. Soprattutto l’inchiostro bianco viene utilizzato per modulare i colori dell’immagine dove necessario, e non come sfondo pieno. In generale, se il substrato ha un colore tale da non consentire l’adattamento cromatico da
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speciale ‖‖ Considerare il colore di fondo di un supporto come un “inchiostro virtuale” è alla base del metodo BG.A.P. elaborato dall’italiana DevStudio.
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parte del sistema visivo umano, è un buon candidato per l’utilizzo di questo metodo. In parole povere, se il substrato non è sufficientemente vicino alla neutralità e non è sufficientemente chiaro, l’occhio lo percepisce come colorato, e quel colore viene sfruttato alla stregua di un inchiostro virtuale. Tecnicamente, questo si traduce in una colorimetria diversa da quella canonica, in cui viene ignorato il valore del punto di bianco del substrato (che “bianco“ non è) in favore del valore tristimolo dell’inchiostro bianco al
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100%. In aggiunta ai vantaggi economici già delineati, è possibile ottenere effetti speciali lavorando con materiali dotati di texture o in grado di riflettere la luce. Il substrato mantiene il suo aspetto originale e l’immagine stampata sembra fondersi con esso. (Fonte: presentazione “BG.A.P. or Hybrid Profiles”, ICC Color Experts Day, 24 maggio 2019) Un nuovo standard per i profili ICC Un’evoluzione tecnologica signifi-
cativa porta quasi invariabilmente a revisioni degli standard esistenti. Nel 2001, ICC introdusse una specifica relativa al formato di file per i profili colore denominato “v2”. Nel 2010, questa venne aggiornata al formato noto come “v4”. Attualmente, ICC è al lavoro su una nuova specifica chiamata “iccMAX”, o più colloquialmente “v5”. Da un lato, si prende atto che il sistema attualmente in uso funzioni bene in diverse aree. Dall’altro si afferma che “nuove applicazioni potenziali stanno emergendo, e danno motivo di
credere che la comunicazione del colore richiederà presto un sistema più flessibile ed estensibile.” (Fonte: http://www.color.org/ iccmax.xalter) Un modo tecnico per affermare, in sostanza, che lo schema degli attuali profili ICC è troppo rigido per rispondere appieno alle nuove esigenze della stampa digitale. In particolare, la nuova specifica introdurrà la possibilità di scegliere un illuminante diverso dal classico D50, che è invece un parametro fisso nel formato attuale. Sarà possibile anche utilizzare delle funzioni di corrispondenza cromatica (color matching functions) diverse dalle standard. La scelta dei PCS, attualmente ridotta a due possibilità (CIEXYZ, CIELAB), sarà estesa a un nuovo spazio colore spettrale e verrà implementata la possibilità di scrivere gli attributi relativi all’aspetto del colore direttamente nel profilo ICC. Questo migliorerà, tra le altre cose, la riproduzione di colori particolarmente critici. Attualmente lo sviluppo della nuova specifica è in fase avanzata. ISO ha pubblicato una propria versione della specifica a inizio 2019, ma non esiste ancora una norma definitiva. È facile prevedere che servirà qualche anno affinché anche i produttori di software si allineino completamente al nuovo standard, dopo la sua ufficializzazione, ma questa è certamente una direzione in cui guardare. Conclusioni La materia di questo articolo è naturalmente molto estesa e non si può ridurre a poche considerazioni. Il segnale più importante è senz’altro quello legato all’evoluzione delle tecniche di misura e di color management, finalizzata alla costruzione di flussi di lavoro validi nel contesto delle nuove tecnologie. Nel tempo, seguiremo da vicino l’evoluzione delle idee e delle proposte di mercato conseguenti.
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eventi Oltre 140 stampatori hanno partecipato all’evento Ignite per il lancio di VUTEk 32h e dei nuovi moduli software, tutti all’insegna di alta qualità e bassi costi gestionali
EFI punta sulla concretezza per riaffermare la leadership nelle stampanti ibride di Lorenzo Villa
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alvolta anche gli indiscussi leader di un particolare segmento di mercato sentono il bisogno di rimarcare il proprio impegno, riaccendere i riflettori e polarizzare il consenso della propria platea di utilizzatori. Non è casuale che EFI abbia scelto di battezzare “Ignite” (accendere, innescare) il suo ultimo evento europeo. Tenutasi lo scorso 11 settembre, presso il centro demo EFI di Zaventem
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(alle porte di Bruxelles), la prima edizione di Ignite ha registrato il tutto esaurito, con oltre 140 aziende confluite in Belgio per toccare con mano l’intero portfolio di tecnologie EFI per il grande formato. Un risultato ambizioso, frutto di una precisa strategia, rafforzata dal nuovo status di “private company” di EFI, a seguito dell’acquisizione da parte di Siris. «Con iniziative come Ignite puntiamo a offrire ai clienti un’esperienza più intima, stimolare
il business e concentrarci su un mercato per noi cruciale», afferma Ken Hanulec, Vice President Marketing di EFI. Obiettivo che non stupisce, dato che l’inkjet copre oggi il 60% del fatturato di EFI, mentre Fiery e i software dedicati alla produttività si dividono equamente il restante 40%. Diversificazione e R&D globale alla base del successo Ignite è stata anche l’occasione
per ribadire l’ampiezza e la profondità dell’offerta inkjet di EFI. Se l’acquisizione di VUTEk nel 2005 ha segnato l’inizio di un cammino, le sfide più impegnative sono state le integrazioni di Cretaprint, Matan e Reggiani, che hanno proiettato EFI in mercati come la ceramica e il tessile, e consentito al costruttore di af‖‖ In alto, il centro demo EFI di Zaventem (alle porte di Bruxelles), ospita tutte le tecnologie VUTEk.
eventi 1
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Paul Cripps Managing Director e VP Sales EMEA di EFI
“Grazie a VUTEk 32h, centinaia di utilizzatori di VUTEk QS e GS con lampade mercury potranno accedere alla tecnologia del futuro.” frontare con successo sfide inedite, come la stampa industriale del cartone ondulato e la decorazione del legno. EFI ha messo a frutto le competenze maturate localmente dalle sue unità produttive, potenziando e ampliando i siti produttivi in USA (New Hampshire e Michigan), Spagna, Italia e Israele, e acquisendo nuove fabbriche per la formulazione e produzione di inchiostri in Turchia e Regno Unito. La capacità di condurre ricerca, sviluppo e integrazione in diversi Paesi e settori, sommando differenti esperienze, culture e paradigmi tecnologici, ha permesso a EFI di sviluppare processi di R&D distribuiti e interconnessi, a tutto vantaggio della velocità di
rilascio dei propri prodotti inkjet. Pronti al cambiamento Sebbene la decorazione industriale sia l’area più stimolante e capace di assorbire tecnologia innovativa, la comunicazione visiva resta un mercato chiave per EFI. Nella sua introduzione, Hanulec ha posto l’accento sui trend che gli imprenditori delle arti grafiche si trovano ad affrontare oggi. Tra tutti, la necessità di ampliare la propria offerta, aumentare il fatturato sui clienti esistenti e realizzare applicazioni di maggior valore, ampliare i canali di vendita e migliorare il time to market. Lo stesso “drupa Status
Quo Report”, appena pubblicato da drupa, e citato da Hanulec, pronostica un ricambio tecnologico sempre più veloce, e livelli di specializzazione, automazione ed eco-sostenibilità sempre più spinti. Un fronte, quest’ultimo, su cui EFI ha scelto di scommettere con la sua gamma FabriVU per la stampa industriale a base acqua su tessuto, e con le ammiraglie della gamma ibrida UV, VUTEk h3 e h5, entrambe dotate di asciugatura LED. EFI può a buona ragione definirsi l’apripista di questa tecnologia, con la sua adozione quasi un decennio fa sulla serie GS, che conta oggi 1.700 installazioni nel mondo, di cui 1.100 con lampade LED.
‖‖ 1) La nuova EFI VUTEk 32h, la cui struttura è stata completamente ridefinita e irrobustita. 2) Grazie agli 8 colori, alla risoluzione massima di 1.000 dpi e alla tecnologia UltraDrop con goccia da 7 pl, VUTEk 32h produce passaggi tonali morbidi, oltre che immagini e testi molto definiti. 3) Le nuove porte anteriori della macchina, progettate per semplificare, a operatori e tecnici, le operazioni di controllo e manutenzione della componentistica interna.
Una rivoluzione tecnologica alla portata di molti Più ancora delle grandi stampanti industriali, il vero carburante di Ignite è stata la storia di successo costruita da EFI nell’ultimo decennio con le serie VUTEk QS e GS, e
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eventi ‖‖ In alto, EFI Pro 30f è la stampante flatbed in formato 3x2 metri pensata per applicazioni di alta qualità. In basso. Thomas Krunn di EFI ci mostra qualità e dettagli di EFI VUTEk 32h.
frame stesso, per garantire maggiore stabilità e precisione. Anche le aree di manutenzione e di servizio della stampante sono state ridisegnate, con sportelli frontali che si aprono completamente, offrendo a operatori e tecnici maggiore visibilità e comfort per le operazioni di manutenzione.
Thomas Krumm Product Marketing Manager di EFI
“Oggi, con VUTEk 32h, abbiamo voluto abbassare significativamente il costo di accesso alla tecnologia LED.”
con le più compatte EFI Pro 16h e H1625. Stampanti che hanno permesso a migliaia di piccoli e medi stampatori di avviare e scalare il proprio business nel wide format, aumentando progressivamente gli investimenti. È qui che si collocano le due piattaforme su cui EFI punta per riconfermare e accrescere la propria leadership. Già presentata a FESPA, EFI Pro 30f è una stampante a piano fisso da 3,05x2,05 m, dotata di 12 teste Ricoh Gen5 (due per canale), goccia variabile da 7 a 12 picolitri e una produttività di 198 m²/h. La nuova flatbed, che si affianca alla sorella minore Pro 24f, è dotata di un canale aggiuntivo per la vernice (opzionale) e
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Grazie al software EFI, più automazione, qualità e risparmio
di motori lineari per la movimentazione del carrello, a garanzia di maggior precisione e qualità. La vera star di Ignite, però, è stata la nuova VUTEk 32h, destinata a ridefinire l’offerta di EFI nelle stampanti ibride entry level. Come la denominazione lascia intuire, VUTEk 32h è una 3,2 metri ibrida, che include di serie sia le unità di svolgimento e riavvolgimento bobine, che i tavoli di alimentazione per i pannelli. Con le sorelle maggiori della gamma VUTEk, 32h condivide la tecnologia di asciugatura LED, la risoluzione di stampa fino a 1.000 dpi, e la tecnologia UltraDrop con goccia da 7 pl. La produttività massima di 223 m2/h, e un prezzo
che dovrebbe attestarsi sotto i 299.000 €, ne fanno una nuova potenziale bestseller nel suo segmento. «Abbiamo dieci anni di esperienza nell’asciugatura LED, che abbiamo esteso progressivamente alle macchine entry level», spiega Thomas Krumm, Product Marketing Manager di EFI. «Oggi, con la nuova VUTEk 32h, abbiamo voluto abbassare significativamente il costo di accesso a questa tecnologia». Le novità, tuttavia, non si fermano qui. La nuova entry level di casa VUTEk è stata riprogettata a livello strutturale, con un telaio più spesso del 50% e l’integrazione del piano aspirato (compartimentato in tre zone, con aspirazione potenziata) nel
Se Fiery XF resta la piattaforma software comune a tutte le stampanti VUTEk, EFI ha sviluppato nuove soluzioni e nuovi moduli destinati ad automatizzare la produzione, a migliorare le prestazioni qualitative e ridurre i consumi delle proprie stampanti. Alcune di queste novità sono già disponibili in abbinamento a VUTEk 32h, come IQ Ready, un tool di analisi in grado di sincronizzare il colore su più attrezzature, tracciare lo stato delle commesse, ordinare inchiostri e gestire la manutenzione preventiva. Inediti anche i profili Fiery InkSaving, ad oggi disponibili per gli utilizzatori di VUTEk 32h e compatibili con Fiery XF a partire dalla versione 7.2, in grado di ridurre i consumi fino al 43% senza una perdita di qualità. Per gli stampatori e i brand owner più esigenti, infine, EFI ha rilasciato il nuovo Fiery Intensity, un motore di color rendering in grado di generare file con colori più saturi, brillanti e d’impatto, senza tuttavia penalizzare la morbidezza dei passaggi tonali. «Rispetto alla serie GS LED abbiamo introdotto più qualità, un prezzo più competitivo, e tecnologie che limitano il consumo di inchiostro», conclude Paul Cripps, Managing Director e VP Sales EMEA di EFI. «Grazie a VUTEk 32h, centinaia di utilizzatori di VUTEk QS e GS con lampade tradizionali potranno accedere alla tecnologia del futuro».
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eventi Tecnici e fornitori del color management si sono incontrati per l’annuale ICC Color Experts Day, incentrato quest’anno sulla stampa wide format in chiave industriale
La community del colore sbarca in Italia, per andare oltre i supporti cartacei
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l quartier generale di Durst a Bressanone è la location scelta dall’International Color Consortium (ICC) per riunire membri e simpatizzanti per l’annuale Color Experts Day. Obiettivo, discutere i cambiamenti in atto nell’industria del printing, e delineare nuovi approcci alla gestione del colore. Per l’edizione 2019, l’ICC ha scelto un tema particolarmente caldo: la gestione colore nella stampa digitale di grande
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formato su supporti non cartacei. La diffusione delle tecnologie inkjet e l’utilizzo di un’enorme varietà di materiali – i mille supporti rigidi e flessibili per la comunicazione visiva, l’interior design e la decorazione industriale – ha fatto emergere nuove problematiche e diatribe. Anzitutto riguardo la riproducibilità e ripetibilità dei colori su differenti supporti, stampati con diverse tecnologie. A dire il vero, quella del colore è una sfida da sempre nota agli stampatori
digitali, che con alterne fortune hanno finora confidato nello standard ICC (e nei relativi profili) per descrivere e adattare il comportamento delle proprie stampanti. Al di là delle inevitabili derive commerciali – sia l’ICC che i suoi contenuti sono emanazione dei fornitori – l’evento ha fatto emergere la limitatezza degli attuali approcci al colore. E soprattutto, ha permesso a brand della tecnologia, integratori e consulenti di presentare nuovi strumenti e mo-
dalità di misurazione, definizione, separazione e applicazione del colore nella stampa di grande formato. Difficile pronosticare cosa e quando prevarrà, ma noi continueremo a investigare e trattare l’argomento, come facciamo in questo numero, a pagina 54. ‖‖ In alto: a sinistra, Christoph Gamper di Durst dà il benvenuto ai delegati dell’ICC; a destra, Andrea De Rossi di Tecnologie Grafiche nel corso di un workshop tenutosi durante l’evento.
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idee per crescere Perché così tanti stampatori si arrendono quando viene chiesto loro un prezzo più basso? Ecco alcuni consigli pratici per vincere le trattative senza svalutare il lavoro
Come difendere prezzi e profitti più elevati quando negoziate con i vostri clienti di Matthew Parker // matthew.parker@printandprocurement.com
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uando facevo il print buyer, il mio lavoro era facile. Se volevo ridurre i costi di stampa, dovevo semplicemente chiedere ai miei fornitori un prezzo più basso. Nella stragrande maggioranza dei casi, essi avrebbero semplicemente abbassato il loro preventivo, senza fare troppe discussioni. Molti addetti ai lavori, nel settore della stampa, sono
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convinti che il cliente detenga tutto il potere. Molti credono anche che, indipendentemente dal prodotto o servizio di stampa che cercano di vendere, fondamentalmente tutto si riduca al prezzo. Molti operatori, inoltre, affermano che l’unico modo per conquistare una commessa sia assicurarsi di essere più economici del concorrente. Tutto questo non dovrebbe accadere. Naturalmente ci sono alcuni
buyer che scelgono solo in base al prezzo. Ma molti dei vostri clienti e prospect stanno scegliendo il loro fornitore sulla base di una gamma di fattori più ampia, che va oltre il prezzo. È di vitale importanza ricordare che un cliente che vi sta chiedendo un prezzo più basso per il vostro servizio, di norma vuole acquistare da voi, e non dalla concorrenza. Questo significa che anche voi avete un certo potere nella trattativa.
Matthew Parker opera attraverso il suo brand Profitable Print Relationships. Matthew ha oltre 20 anni di storia nell’ambito dell’acquisto di stampa e tra le altre esperienze ha gestito gli acquisti di stampa di Future Publishing, uno dei principali editori di riviste consumer nel Regno Unito. Nel corso della sua carriera ha gestito oltre 1.400 trattative con aziende di stampa e oggi mette a frutto la sua esperienza di buyer come formatore e mentore in grado di aiutare le aziende di stampa a vendere di più e con maggiori marginalità. Potete scaricare gratuitamente l’e-book di Matthew “Dieci errori comuni nella vendita di stampa e cosa fare in proposito” dal sito profitableprintrelationships.com.
idee per crescere impossibile da finalizzare. La speranza è non arrivare mai al punto di dover abbandonare il tavolo. Tuttavia, ad un certo punto, vi sarà probabilmente chiesto di cedere su un elemento della vostra proposta. Che cosa fare in questo caso? Chiedere qualcosa in cambio
Gli stampatori che utilizzano migliori competenze nella trattativa ottengono di più Costoro hanno un maggiore controllo sui prezzi che applicano. E sanno come ottenere il meglio da una trattativa, utilizzando fattori diversi dal prezzo. Hanno poi un ulteriore vantaggio: poiché negoziano bene, spesso instaurano relazioni migliori con i loro clienti. I venditori di stampa che non si concentrano sulla negoziazione, invece, non instaurano buone relazioni con i loro clienti. Questi clienti spesso vedono il venditore di stampa come una persona che può essere facilmente battuta sul prezzo. Le discussioni si concentrano solo sul prezzo. E i clienti sono pronti a passare ad altri fornitori di stampa. Per questo molti venditori faticano a raggiungere i propri obiettivi di vendita. Quindi, come è possibile ottenere i migliori risultati possibili dalle trattative? Ecco tre importanti strategie di contrattazione.
un lavoro in perdita. Né vi impegnereste su un programma di consegna che sapete di non poter rispettare. Ci possono poi essere altri fattori imprescindibili, come i termini di pagamento o certi requisiti progettuali. È importante capire esattamente quali sono tutti i punti di rinuncia. Ed è importante attenersi ad essi se i negoziati diventano difficili. Molti negoziatori sono così ansiosi di conquistare una commessa che si piegano a condizioni che non dovrebbero accettare, o che sono effettivamente impossibili da realizzare. Allo stesso modo, molti buyer spingeranno più che possono. Ma di
fronte a un venditore irremovibile su certi punti, spesso si arrenderanno improvvisamente. È anche importante avere un piano B, se vi sembra di essere vicini al vostro punto di rinuncia. Interromperete lì la trattativa? Oppure avrete una controproposta da mettere sul piatto? I punti di rinuncia dovrebbero sempre essere oggetto di indagine sin dalle prime fasi di un negoziato. Se davvero c’è un punto su cui voi e l’acquirente non sarete in grado di trovare un accordo, è importante scoprirlo il prima possibile. L’ultima cosa che volete che accada è investire molto tempo a cercare di negoziare un accordo
Molti venditori cedono troppo facilmente quando un acquirente glielo chiede. Può darsi che uno dei vostri clienti vi chieda un prezzo più basso, e che voi siate disposti ad accettare questo prezzo più basso. Ma questo non significa che dovreste cedere senza condizioni, e semplicemente accettare le richieste dell’acquirente. Un negoziatore esperto chiederà sempre qualcosa in cambio. Supponiamo che un cliente vi chieda un prezzo più basso. Potreste soddisfare la sua richiesta se accetta di stampare su una carta diversa, o se vi concede scadenze di consegna più favorevoli. Affinché questo funzioni, è necessario creare un elenco di risultati che si desidera ottenere dalla negoziazione, se tutto procede per il meglio. Ad esempio potreste puntare ad ottenere un’introduzione presso un altro potenziale cliente, migliori condizioni di pagamento, o la garanzia di avere più lavoro nel futuro. Tutto questo può rendere più digeribile cedere sul
Definite il vostro punto di rinuncia, e siate pronti ad attenervi ad esso Prima di iniziare una trattativa, è necessario fissare i propri obiettivi. Uno degli elementi più importanti della definizione degli obiettivi è sapere quando mollare. Non acconsentireste a stampare
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idee per crescere Questo dimostra che si può essere più duri quando si tratta di negoziare i prezzi. Non in un caso isolato, ma per la maggior parte delle trattative aperte. Ci sono molti casi in cui riuscirete ad ottenere lo stesso tipo di risultato per l’azienda se vi concentrate sulla negoziazione, piuttosto che cedere sul prezzo. Come si possono ottenere risultati simili?
prezzo, o aderire a un programma di consegna più complesso. Tuttavia, oltre a pensare a ciò che volete, è anche utile pensare a ciò che vuole l’acquirente.
ni sui prezzi. Tuttavia, molti venditori non preparano queste liste perché non credono di poter persuadere un cliente a cambiare le proprie richieste sul prezzo.
Siate creativi
I clienti spesso non sono così orientati al prezzo come potremmo pensare
Spesso si può ottenere un risultato molto migliore nelle trattative, se si trovano idee per aiutare il cliente. Vale sempre la pena investire un po’ di tempo, prima di una trattativa, per trovare soluzioni creative. Ecco alcuni esempi di come questo metodo può essere d’aiuto se il cliente richiede un prezzo più basso. In primo luogo, cosa potrebbe soddisfare maggiormente il cliente, anziché un prezzo più basso? Ecco alcune idee: a) una prova colore e la verifica del file grafico gratuite; b) l’upgrade a una carta più pregiata; c) un colore extra; d) una finitura più ricca; e) una consegna più veloce. La maggior parte di questi servizi vi costerà qualcosa. Tuttavia, è solitamente meno costoso dello sconto richiesto dal cliente. Queste opzioni, inoltre, hanno spesso un valore percepito più elevato che non una mera riduzione di prezzo. Come potete vedere, trovare idee creative come questa non richiede molto tempo. E spesso è possibile utilizzare lo stesso elenco per la maggior parte delle discussio-
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Ricordo l’incontro con il direttore di una tipografia. Mi aveva chiesto di formare il suo team di vendita sulle trattative. «Matthew», mi disse, «cedono troppo facilmente». Il direttore era stanco di vedere i lavori venduti sempre al prezzo più basso possibile, dato che i venditori erano autorizzati a trattare
fino a un certo limite. Il team di vendita aveva sempre affermato di dover scendere col prezzo a quei livelli per vincere i lavori, ma il direttore non ne era così convinto. Così, un giorno ha alzato il valore minimo che i venditori erano autorizzati a trattare del cinque per cento. Ma non l’ha detto al team di vendita. Il risultato è che hanno piazzato quasi tutti gli ordini che avevano concluso prima dell’aumento dei prezzi, ma con un cinque per cento di marginalità aggiuntiva. Un cinque per cento in più che è andato dritto a rimpolpare il margine di profitto. E tutto perché i venditori sono stati un po’ più duri nelle trattative.
Ecco tre passi da compiere per garantire profitti più alti quando i clienti spingono sul prezzo: 1. assicuratevi che tutti abbiano obiettivi di negoziazione chiari. Questo dovrebbe includere marginalità di profitto minime, e punti di rinuncia; 2. quando vi sfidano sul prezzo, assicuratevi di chiedervi WIIFM (“What’s in it for me?”) ovvero: quali benefit il cliente otterrà lavorando con me?; 3. create alcune liste di prodotti e servizi standard che siete disposti a concedere ai clienti per evitare di essere spinti sul prezzo, o contropartite da chiedere in cambio di una riduzione di prezzo. Non dovete cedere se vi chiedono un prezzo più basso. Siate pronti a tenere la posizione! E ricordate, se un cliente sta negoziando, è perché vuole comprare da voi e non dalla concorrenza.
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idee per crescere Per motivare i collaboratori e massimizzare le loro performance, occorre dedicarsi a loro in modo continuativo, utilizzando tecniche che assicurino il risultato atteso
Il coaching: uno strumento potente, a disposizione dei manager più lungimiranti di Davide Medri
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l tema della leadership è stato affrontato spesso negli ultimi decenni, e autorevoli esperti hanno scritto migliaia di pagine su di esso. All’atto pratico, però, c’è ancora molto da fare prima che i manager nell’ambito delle risorse umane arrivino ad applicare con profitto, e non solo su base istintiva, le tecniche indicate nei testi. Eppure, risulta chiaro da tempo che ciò che porta una persona dal fare il “minimo sindacale” al “get-
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tare il cuore oltre l’ostacolo” non viene dalle promesse di carriera o di guadagno, bensì dalle capacità del manager di guidarla e motivarla. Ecco perché il primo obiettivo di ogni manager dovrebbe essere guidare i suoi collaboratori verso il raggiungimento di un obiettivo comune, e di massimizzare le loro performance nel mediolungo periodo. In questo articolo non ci concentreremo sul leader imprenditore e “visionario”, ma sul capo che tra-
scorre ogni giorno a contatto con i suoi collaboratori. E ci focalizzeremo su una pratica particolarmente efficace per trarre il meglio dalle risorse umane a disposizione. Il coaching e i suoi principi Il termine “coaching” è entrato da anni nell’uso comune, sebbene talvolta sia stato male interpretato e confuso con pratiche differenti (vedi box a pagina seguente). Nella realtà, questa pratica virtuo-
Davide Medri è attualmente senior advisor in BIP (Business Integration Partners), con un percorso professionale misto tra marketing, vendite e formazione, sia all’interno di aziende multinazionali che nella libera professione. Tra le esperienze, dieci anni trascorsi nel mondo delle Arti Grafiche e del Digital Printing in HP Indigo e Xerox. Le competenze di Davide coprono due ambiti chiave: quello commerciale (vendite, negoziazione, account management, sales management) e quello della comunicazione interpersonale “allargata” (stili di comunicazione interpersonale, public speaking, coaching, gestione riunioni). In parallelo una passione per la fotografia, praticata e insegnata.
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Cos’è, e cosa non è, il coaching Addestramento Spiegazione di regole da eseguire, secondo la sequenza «te lo spiego, te lo mostro, eseguilo». Mentoring Insegnamento attraverso l’esempio, di ciò che io so fare, condividendo valori e convinzioni.
Counseling Relazione di aiuto, sostegno psicologico. Coaching Supporto nella fissazione di obiettivi, analisi dei gap, rimozione di barriere, elaborazione del piano di sviluppo. yy
sa e prodiga di risultati, viene applicata molto raramente e in modo parziale. Cerchiamo, quindi, di fare chiarezza sul tema. Il coaching è una metodologia di leadership volta a favorire la crescita di un collaboratore attraverso il suo coinvolgimento diretto nel processo di miglioramento delle sue performance. Affinché abbia successo, si devono rispettare i seguenti presupposti fondamentali. Si deve credere nel potenziale del collaboratore e avere l’intenzione di valorizzarlo. Il capo deve fare autoanalisi prima di iniziare: molti responsabili considerano i loro collaboratori come personale da dirigere e controllare, e la scarsa fiducia nelle loro capacità pregiudica il risultato finale. Il focus deve essere completamente sul collaboratore. Durante il coaching il capo non deve dare ordini, istruzioni o suggerimenti, ma deve concentrarsi sull’altro
e sulla sua crescita professionale e personale. Il collaboratore deve quindi essere condotto, attraverso una serie di domande organizzate secondo una sequenza precisa, ad analizzare: yy I suoi comportamenti relativi ad una specifica area. Può essere un comportamento di vendita, l’esecuzione di un compito tecnico, un modo di relazionarsi con i colleghi, etc. È fondamentale che tutto sia ricondotto a fatti oggettivi, evidenze, numeri dimostrabili, mettendo da parte opinioni e giudizi di valore («Spiegami cosa è successo», «Cosa intendi esattamente per…»”, «In quale specifica circostanza è accaduto...»”, «Quante volte…?», «Che parole ti ha detto...?»). yy Le sue aree di miglioramento, cioè quelle situazioni nelle quali riconosce un gap fra i risultati attesi a quelli effettivi («Dove
pensi di poter fare meglio…?», «In questo caso pensi di avere fatto la cosa migliore…?»). È importante considerare l’errore come un momento di crescita, e denominarlo come tale. Le difficoltà che incontra, cioè quegli elementi che gli proibiscono di performare nel modo più efficace: può essere una carenza di competenze specifiche, una scarsa chiarezza sul compito da eseguire, il timore di sbagliare, etc. («Come mai non sei riuscito a fare quello che avevamo concordato?», «Cosa pensi che ti abbia impedito di farlo?»).
Una volta effettuata questa analisi, il capo supporterà il collaboratore, sempre attraverso domande mirate, nel processo di: yy Assegnazione dei suoi obiettivi di miglioramento («Dove pensi di poter arrivare colmando le lacune di cui abbiamo parlato?», “Che risultato pensi di poter ottenere una volta superate le difficoltà?», «Quali sono i tuoi primi due obiettivi?»). yy Fissazione di una scadenza per il loro raggiungimento («Entro quanto tempo pensi di poter raggiungere il tuo obiettivo?», «Puoi porti delle scadenze in-
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termedie?»). Se il collaboratore è incerto si possono fornire dei suggerimenti sempre in forma interrogativa («Pensi che sia ragionevole puntare a…?»). Individuazione dei supporti necessari per raggiungerli. («Cosa pensi che ti possa servire per arrivare a…?», «Che tipo di supporto ti posso offrire per…?»).
Condizione necessaria per utilizzare questo approccio a domande è lo sviluppo da parte del capo di capacità di ascolto attivo, cioè di mostrare, con le proprie risposte e con il suo linguaggio del corpo, di avere assimilato quanto affermato dal collaboratore, dando seguito alle sue considerazioni («Mi stai quindi dicendo che…?», «Allora, riassumendo, ci siamo detti che…»). La fase finale, molto spesso trascurata quando il metodo viene applicato in modo parziale, sta nella condivisione di un piano d’azione, attraverso il quale vengono definite: yy La sequenza delle fasi e delle azioni da mettere in atto per raggiungere gli obiettivi prefissati. La convinzione che, una volta concordati gli obiettivi e la loro scadenza, il compito del
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idee per crescere
Misurare le azioni pianificate con i Key Performance Indicators yy
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capo sia esaurito è fallace. I criteri attraverso i quali si potranno misurare le azioni pianificate (tecnicamente si chiamano KPI: key performance indicators). Spesso i KPI vengono confusi con gli obiettivi. Sono invece solo dei misuratori che aiutano a monitorare il corso d’azione (vedi box in questa pagina). La tempificazione delle azioni, di sovente intervallata da check point che misurino lo stato di avanzamento (ad esempio su un obiettivo trimestrale si cadenzano e si misurano le attività su base mensile).
Naturalmente, non si deve pensare che questa attività si possa ridurre ad un episodio singolo nella vita del collaboratore. Occorrono bensì incontri periodici di feedback che assicurino una crescita organica su tutte le sue aree di competenza. Per gestire efficacemente un incontro di feedback è opportuno seguire alcune accortezze: yy Scegliere il momento, il contesto e un tempo adeguato. Uno dei valori aggiunti del coaching deriva dal fatto che il collaboratore sente di riceve-
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Se facciamo un esempio a proposito di una dieta alimentare, che si pone come obiettivo un dimagrimento di 10 kg, possiamo definire fra i tanti KPI il numero di grammi di pasta
re un’attenzione rivolta alla sua persona e non solo alle sue prestazioni. Quindi l’ambiente deve favorire il dialogo, e il tempo non deve essere limitato. Spesso la durata di questi incontri è quasi sempre superiore alle aspettative. Iniziare l’incontro, dopo i classici convenevoli, sottolineando subito un aspetto positivo del collaboratore. Questo genera disposizione all’ascolto da parte sua, che percepisce di non essere solo considerato per le cose che non vanno (vedi box in questa pagina). Terminare l’incontro raccogliendo le impressioni a caldo del collaboratore. Come si è sentito, cosa vorrebbe in più o di differente la volta successiva.
Per concludere, i risultati che possiamo conseguire utilizzando il coaching sono: yy Generare consapevolezza. Portare il collaboratore a tradurre in parole le sue azioni e le sue idee, gli consente di ragionare sui fatti, e comprendere meglio sia il contesto, sia i suoi comportamenti. yy Responsabilizzare. Le domande portano il collaboratore a
quotidiani, il numero di porzioni di frutta, e il numero di noci per settimana. Questa misurazione ci consentirà di legare il nostro risultato in modo preciso ai nostri comportamenti.
Predisporre all’ascolto, iniziando il dialogo da qualcosa di positivo
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È provato da numerosi studi psicologici che se l’apprezzamento sulla performance di un collaboratore produce un effetto positivo («Hai svolto molto bene quel compito.»),
l’apprezzamento diretto sulla persona («È veramente un piacere lavorare con te.») ha un effetto ancora più potente sul suo morale e sulla sua motivazione).
formulare risposte che contengano le sue opinioni, in modo che il raggiungimento dei suoi risultati risulti davvero “farina del suo sacco”. Motivare. La persona che si sente seguita resta più probabilmente fedele all’azienda, e contribuisce più proattivamente al raggiungimento degli obiettivi.
eseguite correttamente. Dato che sono sicuramente importanti per migliorare le performance individuali, e del team, ma non hanno una scadenza precisa, è facile che vengano rimandate sotto il facile pretesto del “mi piacerebbe fare così, ma non trovo il tempo!”. L’invito è quindi quello di allocare nella propria agenda il tempo necessario per effettuarle. I miglioramenti ottenuti utilizzando il coaching compiutamente, ripagano ampiamente il tempo dedicato per conseguirli.
Una doverosa precisazione: le pratiche descritte in questo articolo necessitano di metodo, e soprattutto richiedono tempo per essere