Italia Publishers - Anno XXXI - n° 07/2019 - Prezzo euro 10,00 - Iscrizione al ROC n° 26062 del 23/11/2015 Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LOM/MI
MEETING LEADERS
Con 50 anni di tradizione, tra taglio e cucitura, Matic ridisegna la finitura nel soft signage MEETING LEADERS
Jacob Aizikowitz, creatore di XMPie, passa la mano e riflette sul futuro del printing SPECIALE
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EDITORIALE Il grande formato pensa già da industria adulta
NEWS Novità, tecnologie e tendenze dai player del mercato digitale
MEETING LEADERS Con 50 anni di tradizione, Matic ridisegna la finitura nel soft signage Jacob Aizikowitz, creatore di XMPie, passa la mano e riflette sul futuro del printing
STRATEGIE 28 |
Innovazione, automazione e crescita globale per fare la differenza nella laminazione
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“Scodix as a service”: così Simeoni Arti Grafiche rende accessibile la nobilitazione
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Automazione e tessuto, priorità dei leader del wide format di oggi e di domani
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Da 90 anni di esperienza nelle arti grafiche, prende vita l’etichettificio digitale M51
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Lean production e un nuovo outfit, così Valiani si prepara alla competizione globale
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BiancoDigitale industrializza la nobilitazione a toner di Xerox in chiave open source
SPECIALE 50 |
Un workflow innovativo può aggiungere valore a qualsiasi azienda di stampa
EVENTI 56 |
A Labelexpo le macchine per etichette puntano su efficienza e ibridazione
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Per i big dell’ondulato la stampa digitale è sempre più funzionale alla supply chain
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Italia Publishers – Anno XXXI – n° 07 2019 Registrazione: Tribunale di Milano n. 74 del 12/2/94 Iscrizione al ROC n° 26062 del 23/11/2015 Direttore editoriale Lorenzo Villa
Collaboratori Dieter Finna Sean Smyth
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Italia Publishers rispetta l'ambiente. Stampiamo su carte certificate FSC, impiegando energia proveniente da fonti rinnovabili con garazia di origine. Spediamo utilizzando film biodegradabile in MATER-BI.
Editore Denstiy srl Via Thaon di Revel, 21 20159 Milano P.IVA 03454220124
EUROPEAN DIGITAL PRESS ASSOCIATION
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editoriale di Lorenzo Villa // lorenzo@densitymedia.com
Automatizzare per pianificare il futuro Il termine automazione è storicamente tra i meno popolari nella nostra industria. Sino ad oggi, la maggior parte degli stampatori si è preoccupata di acquisire le tecnologie di stampa e finitura più qualitative, veloci, blasonate; e di garantirsi una discreta compatibilità con supporti e metodi di nobilitazione. Parlando di processi produttivi, invece, tutto (o quasi) è da sempre affidato alla manualità, alla discrezionalità, alle mosse sapienti e all’occhio allenato di un operatore. Talvolta a fare la differenza è addirittura il titolare dell’azienda, con la sua esperienza sconfinata e multidisciplinare. Dalla formulazione del preventivo al setup della macchina da stampa, dalla pianificazione della produzione al controllo qualità, molti stampatori si improvvisano ogni giorno onniscienti, “uni e trini”. Inconsapevolmente, essi espongono le proprie aziende al rischio di improvvise influenze, cadute sugli sci o dipartite premature. Finché i fatturati crescevano e le marginalità erano favolose, ricevere una contestazione, rifare un lavoro, o assumere qualche operatore in più per svolgere operazioni manuali, faceva parte del gioco. Mentre l’industria manifatturiera già faceva i conti con la globalizzazione, le arti grafiche dormivano sugli allori. Almeno finché l’ultima crisi economica e l’avvento della stampa online non hanno portato a un crollo dei volumi e a una lotta al ribasso sui prezzi. Oggi è chiaro a tutti che automatizzare è un imperativo categorico. Non è casuale che i primi reparti coinvolti in questa evoluzione siano stati quelli a più alto impatto manuale, come stampa, legatoria e fustellatura, insieme alle aree della prestampa e della produzione, in cui un errore umano potrebbe rivelarsi molto costoso. Complice il piano Impresa 4.0, oggi il nostro mercato guarda all’automazione con occhi nuovi, e inizia a capire che essa non riguarda solo il velocizzare o il robotizzare; ma piuttosto l’integrare applicativi software e dispositivi in grado di linearizzare i workflow, stabilizzare la qualità, effettuare setup automatici e, non ultimo, restituire dati analitici su cui pianificare gli investimenti del futuro.
news Fedrigoni acquisisce Ritrama e cresce nel mercato dell'autoadesivo Nonostante i rumor, pochi avrebbero scommesso sulla finalizzazione di un’operazione che dà vita a un nuovo campione mondiale dell’autoadesivo, e vede protagonisti due prestigiosi brand italiani. Eppure, poche settimane dopo la chiusura di Labelexpo, la notizia è arrivata. Gruppo Fedrigoni ha sottoscritto il contratto per l’acquisizione di Ritrama, una family company che in poco più di cinquant’anni si è affermata come il principale produttore indipendente di materiali autoadesivi in
Europa, crescendo rapidamente grazie alla costruzione di siti produttivi e logistici all’avanguardia in Spagna, Gran Bretagna, Cina, Nord e Sud America. Con questa acquisizione, Fedrigoni rafforzerà la sua posizione nel business dell’autoadesivo, dove già opera con i suoi brand d’eccellenza Arconvert e Manter. La transazione, che si chiuderà nel primo trimestre 2020, non include le attività di Ritrama in Nord America, che resteranno in capo alla famiglia Rink. fedrigoni.com – ritrama.com
‖ Marco Nespolo è l’Amministratore Delegato di Gruppo Fedrigoni. In seguito all’acquisizione di Ritrama, il gruppo raggiungerà un fatturato di 1,6 miliardi.
NGW e Matic: obiettivi centrati nell’automazione del tessuto
‖ La nuova home page di edigit.it guida gli operatori verso aree specifiche per la propria attività, e include sezioni dedicate all’e-commerce e all’Industria 4.0.
NGW Group, che commercializza tecnologie per il grande formato a livello nazionale, negli ultimi due anni ha ampliato il proprio portfolio di soluzioni per prestampa, stampa e finitura tessile. Tra queste, le macchine da cucire automatiche Cronos e i sistemi di taglio laser Helios del costruttore spagnolo Matic, di cui NGW è distributore unico per l’Italia. «Servendo i distretti tessili italiani, abbiamo maturato competenze e formulato un’offerta verticale ed esclusiva, che oggi
mettiamo a disposizione degli stampatori digitali che percorrono la via del soft signage», spiega Fulvio Tatini, CEO di NGW Group. Il sodalizio con Matic, in particolare, si sta traducendo in numeri inattesi. «L’Italia si è affermata come il mercato più dinamico e ricettivo alla qualità e all’automazione del finishing tessile, tanto che in pochi mesi è diventata uno dei nostri mercati europei di punta», afferma Manuel Kalt, Sales Manager di Matic. ngwgroup.it
Stampa, packaging e Industria 4.0, pilastri del nuovo sito web di Edigit Oltre che una vetrina online, il sito web di un costruttore è oggi considerato alla stregua di un hub, in cui clienti e prospect possono reperire informazioni e risorse rilevanti per il business e gli investimenti. Forse anche per questo Edigit, forte di 30 anni di esperienza nell’elaborazione di piattaforme gestionali per la stampa e il packaging, ha completamente ridisegnato il proprio sito. Consultando edigit.it, gli imprenditori del printing sono guidati verso aree specifiche, dedicate alla pro-
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pria attività: stampa commerciale, packaging, etichette, stampa digitale. Ciascuna area è arricchita con approfondimenti sui singoli moduli disponibili (CRM, preventivistica, logistica, etc), mentre una sezione specifica è riservata alle soluzioni per l’e-commerce, sviluppate in collaborazione con VG7. Inedita anche l’area del sito dedicata all’Industria 4.0, che include un vasto elenco di attrezzature già pronte per l’interconnessione con i software Edigit. edigit.it
‖ Fulvio Tatini, CEO di NGW Group, nell’area dello stand dell’azienda dedicata alle tecnologie di cucitura, saldatura e taglio di Matic a Viscom 2019.
news
Fujifilm Jet Press 750S certificata da Fogra per le prove contrattuali Quello del proofing è da sempre un tema caldo, specie in settori esigenti come il packaging, l’editoria e la stampa commerciale di pregio. In queste applicazioni, una riproduzione fedele del risultato finale, meglio ancora se su carte e formati compatibili con il processo di stampa analogico, resta un’esigenza diffusa e una sfida tecnologica. Ebbene, seppur concepita per la produzione di basse e medie tirature, anche una macchina da stampa digitale può trasformarsi in un dispositivo di proofing. A dimostrarlo è Fujifilm, che ha sottoposto la nuova Jet Press 750S in formato B2 ai più severi test di validazione qualitativa e cromatica, ottenen-
do l’ambita certificazione Fogra per la stampa di prove contrattuali, che include l’accreditamento FOGRA51 e FOGRA52. I test, eseguiti su carta patinata. naturale, carte inkjet, tela e carta sintetica, si sono concentrati su color gamut, registro, resistenza a sbiadimento e sfregamento, ripetibilità nel breve e lungo termine e altri parametri critici. «Siamo rimasti colpiti dall’uniformità e dalla qualità dei risultati prodotti dalla Jet Press 750S», afferma Yuan Li del Fogra Research Institute for Media Technologies. «Solo i sistemi di stampa con un livello elevato di prestazioni possono superare test di questo calibro». fujifilm.com
‖ In alto, lo stacker e il pulpito di Jet Press 750S. Qui sopra, la B2 inkjet di Fujfilm, che raggiunge i 3.600 fogli/h (solo fronte), con un formato carta massimo di 750x585 mm.
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MILANO
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Una giornata per scoprire nuovi strumenti e nuove strategie del digitale per restare al passo e non essere spazzato via dalla concorrenza. Formazione Networking Realtà aumentata Intelligenza artificiale
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Prima rende la nobilitazione digitale più facile e accessibile Fedele alla mission di supportare la crescita del business di centri servizi e piccoli e medi stampatori, Prima non smette di ampliare il suo portafoglio di soluzioni di finishing. Partendo da una solida tradizione nella rilegatura, negli ultimi anni l’azienda milanese ha introdotto numerose soluzioni professionali compatte. Ormai affermate sono le plastificatrici Protopic (luce 540 mm) e Qtopic (luce 380 mm), la cui gamma include modelli con e senza alimentazione automatica. A questi si affiancano le plastificatrici compatte Excelam, compatibili con i film di nobilitazione Sleeking, che aderendo alle zone coperte dal toner consentono di realizzare lucidatu-
re, effetti metallizzati e olografici. Da qualche settimana, Prima ha poi introdotto JV240UV di GCC, una stampante inkjet flatbed progettata esclusivamente per creare effetti di lucidatura spot e a rilievo su una varietà di materiali, incluse carte, materie plastiche e metalli di spessore massimo 170 mm e formato massimo 380x530 mm. Anche la vernice di JV240UV è compatibile con i film Sleeking per creare effetti metallizzati. Per facilitare la messa a registro e ridurre le operazioni manuali, la stampante è dotata di una telecamera per la rilevazione dei crocini, e può essere equipaggiata con un mettifoglio automatico. primabind.com
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Con 50 anni di tradizione, tra taglio e cucitura, Matic ridisegna la finitura nel soft signage di Lorenzo Villa
Grazie alle sue ampie competenze in ambito tessile, Matic può trasferire ai professionisti della stampa digitale i segreti di una tradizione antica
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l cucito è considerato da molti non solo una tecnica, e una parte indissolubile della nostra tradizione, ma anche un’arte antica. Già millenni prima della tessitura e della filatura, si stima che l’uomo cucisse pellami per farne capi d’abbigliamento. La macchina per cucire, accessorio immancabile nelle case dei nostri nonni, è invece un’invenzione relativamente recente – i primi modelli, manuali o a pedale, risalgono alla fine del 1700. Ma è nella
prima metà del XX secolo che essa si diffonde in fabbriche, laboratori e abitazioni, rendendo la cucitura un processo accessibile e una professione diffusa. In questo contesto, nel 1969, Eudaldo Carbonell inizia a Barcellona la sua attività, fondando Matic. All’inizio degli anni Settanta, Matic è l’importatore spagnolo dei più prestigiosi marchi di macchinari da cucito, taglio e stiro tedeschi, americani e italiani, e si afferma come fornitore elettivo delle aziende di confezionamento del Paese iberico.
Tre decenni di successi e una crisi che cambia tutto A indurci a raggiungere Granollers, alle porte di Barcellona, non è però il glorioso passato di Matic, né lo sono le foto custodite nel piccolo “museo” aziendale, che raccontano i fasti dell’azienda, gli sterminati stand fieristici e le prestigiose collaborazioni. La curiosità nasce piuttosto dalla crescente presenza del brand catalano nelle aziende di stampa digitale europee e nordamericane. A partire da quelle
che per prime hanno abbracciato il soft signage; cui negli ultimi due anni si sono aggiunti numerosi follower, che hanno intuito il potenziale del tessuto come alternativa al PVC. Per molti di loro, quella di Matic è stata e resta la prima e unica tecnologia per cucire tessuti in poliestere, accoppiare bordini in silicone e nastri di velcro. Ad accoglierci in azienda è Jordi Carbonell, CEO di Matic e figlio del fondatore Eudaldo. Assunto il controllo dell’azienda a metà degli anni Novanta, l’allora ventiquat-
trenne Carbonell si trova a gestire una crisi industriale e riscrive il futuro di Matic, trasformandola da realtà commerciale a costruttore. Supportato da un team di giovani manager e ingegneri, già nel 2010 intravede nella stampa digitale un nuovo mercato da presidiare, e ci si getta a capofitto, ridefinendo R&D, produzione e portafoglio prodotti. Nel cuore della tecnologia Matic Con un’esperienza ventennale
nell’industria manifatturiera, dal 2016 Sergi Puig è l’Operations Manager di Matic. Se l’avvio della lean production in azienda risale al 2013, è lui il fautore di molte “good manufacturing practices” adottate in seguito. «La scheda Kanban che abbiamo alle spalle è il cuore pulsante dell’azienda. Lì ‖ In alto, il reparto di assemblaggio delle saldatrici Hera, disegnato secondi i criteri della lean production per produrre fino a tre macchine in contemporanea.
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meeting leaders
Sergi Puig Operations Manager di Matic
“Concentriamo gli sforzi sui progetti a valore aggiunto, che ci danno il migliore time to market. Così possiamo rilasciare almeno tre nuovi prodotti l’anno.” aggreghiamo tutte le nostre idee e proposte, quindi ne determiniamo la priorità, concentrando gli sforzi solo su ciò che può portarci il maggior valore aggiunto, o il miglior time to market», ci spiega Puig. «In ufficio tecnico e R&D abbiamo molti ingegneri, tanto che potremmo portare avanti anche cinque progetti in contemporanea. Ma ciascuno richiederebbe almeno 12 mesi per il lancio. Noi, invece, vogliamo rilasciare almeno tre nuovi prodotti l’anno». Un approccio ispirato
alla lean production che ha assunto una fisionomia più matura e sistematica nell’ultimo anno, portando vantaggi all’intera organizzazione e rendendo l’azienda più competitiva. Il quartier generale di Matic si sviluppa in verticale, su quattro livelli, collegati da montacarichi. Nell’open space che ospita l’ufficio tecnico, ingegneri e disegnatori CAD lavorano a stretto contatto con il team commerciale e con il management. La progettazione delle macchine, eseguita al
100% internamente, non riguarda solo la struttura meccanica, ma anche l’elettronica e il software di controllo. «Condividendo spazi e scambiando informazioni in modo bidirezionale, siamo in grado di analizzare in tempo reale le istanze dei clienti, ed elaborare soluzioni tecniche vincenti in tempi brevissimi», continua Puig. La produzione delle attrezzature è ripartita su due piani, entrambi organizzati all’insegna dell’ottimizzazione degli spazi, della riduzione degli sprechi,
della concentrazione su ciò che più ha valore per l’azienda e per il cliente finale. Il livello inferiore ospita la produzione delle linee di cucitura Cronos, e si articola su tre stazioni di assemblaggio gemelle, che consentono di costruire tre macchine in contemporanea. Seguendo una procedura guidata, un solo operatore è in grado di assemblare e testare un’intera macchina in pochi giorni. Tutti i componenti necessari sono ordinati sullo scaffale accanto alla sua postazione, così da ridurre al minimo percorsi e sprechi di tempo. Le parti meccaniche, elettriche ed elettroniche vengono riordinate ai fornitori automaticamente, attraverso il gestionale aziendale, senza che l’operatore o l’ufficio acquisti debbano farlo manualmente. Questo layout consente a Matic di produrre fino a 100 macchine di cucitura ogni anno, su due sole linee (la terza è di backup) e su un turno di lavoro, ma tutto è pronto per aumentare la capacità produttiva, fino a quadruplicarla. Nello stesso reparto vengono assemblate le linee Hercules e Orion per la cucitura di tende da sole e prodotti indu‖ In alto, uno scorcio dell’ufficio tecnico di Matic, dove vengono progettate le attrezzature. A sinistra, l’assemblaggio di una linea di saldatura Hera.
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meeting leaders
intervista a Jordi Carbonell Managing Director di Matic
“Ciò che raccogliamo oggi è frutto di ciò che abbiamo fatto nel passato. Non miriamo solo a soddisfare le esigenze che i clienti già hanno, ma ad anticipare quelle che avranno in futuro.”
Qual è la genesi di Matic? Mio nonno era un sarto, creava confezioni di alta gamma. La Catalogna ha una lunga tradizione di manifattura tessile. E la Spagna, fino agli anni Novanta, era uno dei Paesi europei con il costo del lavoro più basso in Europa. Così mio padre ha deciso di fornire tecnologia alle aziende del settore, importando da Germania, Olanda, Italia e Stati Uniti le macchine per confezionare camicie, pantaloni, jeans, giacche. All’inizio erano sistemi di taglio, poi cucitrici per fissare i layer di tessuto da tagliare, e macchine da stiro. Infine Matic è diventata importatore esclusivo per la Spagna delle macchine da cucire tedesche Dürkopp Adler. In che modo siete diventati costruttori? Nei primi anni Novanta la Catalogna attraversava una stagnazione economica. Il Paese stava perdendo il ruolo di fabbrica low-cost d’Europa. Matic era in ginocchio. Così abbiamo iniziato a identificare settori industriali estranei all’abbigliamento, che avessero esigenze di cucitura. Automotive, tessuti tecnici, teloni per camion, coperture per piscine, tende da sole. Per soddisfare applicazioni tanto diverse abbiamo dovuto adeguare le nostre tecnologie, e sviluppare
soluzioni specifiche. Nel 1998 abbiamo costruito la nostra prima macchina: una cucitrice per tende da sole da 16 metri. Ma abbiamo approcciato seriamente la produzione solo nel 2003. Cosa ti ha convinto a entrare in azienda? Avevo finito l’università, con un BBA [laurea in amministrazione aziendale, ndr] in tasca. Matic era in stato di insolvenza, molte proprietà di famiglia erano in azienda, e mio padre non aveva più l’entusiasmo per continuare. È stato prendere o lasciare, e ho fatto la mia scelta. Sei mesi dopo, a 60 anni, mio padre si è fatto da parte, e ho affrontato da solo un duro processo di rinnovo del management, risanamento e riposizionamento. Quali credi siano i valori che contraddistinguono Matic? Credo molto nell’umiltà, intesa come capacità di apprendere continuamente. Non si può vivere di rendita per ciò che si è fatto di buono. E nella perseveranza. Noi non molliamo mai, e sin qui abbiamo sempre rispettato il nostro obiettivo di sviluppare almeno tre nuovi progetti all’anno. Un altro valore importante è la fatica. Qui nessuno si tira indietro. Siamo “hard workers”, e i risultati arri-
vano grazie all’impegno, non alla fortuna. Infine, ho l’ambizione di raggiungere una grande empatia con il nostro mercato. È qualcosa che tocca il lato umano dell’azienda, dai venditori all’amministrazione, fino all’R&D e alla produzione. Ciò che raccogliamo oggi è frutto di ciò che abbiamo fatto nel passato. Non miriamo solo a soddisfare le esigenze che i clienti già hanno, ma ad anticipare quelle che avranno in futuro. Quanto conta l’R&D? Sempre di più. Ad esempio, non so quale sarà il ritorno dell’investimento su progetti come l’Industria 4.0, ma è un must che vogliamo perseguire. Dietro la mia scrivania c’è la scheda Kanban dei nostri progetti futuri. E nel mio ufficio, ogni giorno alle nove in punto, c’è una riunione con il team dell’R&D. Quanto sono importanti le persone per avere successo? Sono fondamentali. Non è tanto una questione di titoli di studio e curriculum; piuttosto, è importante che i collaboratori di Matic incarnino i valori in cui crediamo, che desiderino crescere qui dentro, dimostrando umiltà, perseveranza, fatica ed empatia. Il peggior collaboratore sulla carta, potrebbe rivelarsi il migliore nei fatti. striali. Tutte le risorse recuperate grazie al risparmio di risorse, vengono reinvestite in progetti di “continuous improvement” a favore dei dipendenti, come i sistemi di tracking della produzione con barcode. «L’ingrediente chiave per il successo sono le persone, dentro e fuori dall’azienda. Per reclutarle ci rivolgiamo a istituti professionali e università del territorio, o assumiamo tecnici già esperti. In entrambi i casi, offriamo loro la massima flessibiltà, per lavorare in autonomia e proporre miglioramenti», conclude Puig. Una seconda area produttiva, che include tre stazioni di assemblag‖ A sinistra, uno dei test che abbiamo effettuato sulle tecnologie Matic durante la nostra visita presso l’azienda.
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meeting leaders e PLC delle marche più rinomate. A completare il layout aziendale è il magazzino automatizzato verticale, dedicato alle parti di ricambio. Complessivamente, Matic conta circa 40 collaboratori, la metà dei quali impiegati in produzione. Cisco Galceran Sales Support Manager di Matic
“Abbiamo trasformato il centro demo di Matic in una vera accademia tessile, dove ospitiamo e formiamo gruppi di tecnici, venditori e utilizzatori finali.” gio ed è tuttora in fase di espansione, è dedicata alla produzione delle saldatrici della serie Hera. Anche qui gli spazi sono disegnati per produrre efficacemente il maggior numero di macchine, con i più elevati standard costruttivi e utilizzando componenti, motori
Trasferire competenze, per rendere la tecnologia fruibile Gli ultimi due piani dell’edificio sono occupati dai grandi centri dimostrativi, dove sono installate tutte le tecnologie progettate e prodotte da Matic, sempre aggiornate, operative e disponibili per clienti finali e rivenditori. Uno dei due livelli ospita anche un’aula dedicata alla formazione. A guidarci attraverso la grande area tecnica ed esperienziale è Cisco Galceran, Sales Support Manager di Matic. Alle sue spalle studi meccanici, e una relazione inscindibile con Matic, avviata da suo padre. Prima di passare alle soluzioni “digitali”, ci mostra orgoglioso il funzionamento di una linea di cucitura per tende da sole. «Quando,
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25 anni fa, la produzione tessile si è spostata a Est, molti clienti si sono ritrovati con ordini ridotti e stagionalizzati, e la difficoltà di garantire un impiego continuativo ai loro dipendenti», spiega Galceran. «Con le nostre linee di cucitura automatizzate abbiamo dato loro la possibilità di produrre on-demand, senza operatori specializzati». Proprio dall’esperienza di Matic nell’automazione dei processi nascono le cucitrici Cronos, cui è dedicata l’area centrale di questo livello del centro demo. Il piano superiore ospita invece le saldatrici Hera e le più evolute soluzioni di taglio a lama, a ultrasuoni e laser. Autentica regina del reparto è Helios Plus, la piattaforma flatbed con conveyor belt dedicata al taglio laser dei tessuti. La nuova macchina, presentata in anteprima a FESPA 2019, può essere abbinata all’unità di gestione delle bobine Atlas. Quest’ultima, disponibile sia in versione verticale (V) che orizzontale (H), svolge le funzioni di magazzino automatizzato di materie prime e semilavorati in bobina, e agevo2
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‖ 1) Cisco Galceran effettua una dimostrazione del sistema di gestione bobine Atlas. 2) e 3) Le saldatrici Hera sono dotate di un sofisticato sistema di controllo e sono progettate e costruite per la piena compatibiltà con i programmi di Industry 4.0.
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la l’alimentazione dei tessuti su qualsiasi plotter da taglio, anche di produttori terzi. Un corner è infine dedicato al software proprietario Athenea, un gestionale che consente di ottimizzare le lavorazioni di taglio, rilevare i dati di produzione e gestire le scorte di tessuto a magazzino, riducendo gli scarti e dialogando direttamente con le piattaforme MIS e ERP in uso in azienda. Tutte le aree dimostrative sono indipendenti, fruibili da più gruppi in contemporanea, e dotate di sistemi di videoconferenza ad alta definizione, per dimostrazioni e training in remoto. «Molti produttori e trasformatori di tessuto hanno una conoscenza superficiale o inesistente delle problematiche di produzione, taglio, cucitura, saldatura, applicazione. E si rivolgono spesso a noi quando ricevono domande o contestazioni», conclude Galceran. «Per questo abbiamo trasformato il centro demo di Matic in una vera academy tessile, dove ospitiamo e formiamo gruppi di tecnici, venditori e utilizzatori finali».
meeting leaders Ingegnere informatico in Scitex, co-autore del successo di EFI, fondatore di XMPie e suo presidente nell’era Xerox: il padre del dato variabile cross-media si racconta
Jacob Aizikowitz, creatore di XMPie, passa la mano e riflette sul futuro del printing di Lorenzo Villa
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a personalizzazione di massa è tra i temi tecnologici più controversi nell’industria della stampa. All’enorme potenzialità del dato variabile, infatti, si contrappone da sempre la sua difficile applicabilità. O meglio, la ritrosia di stampatori, creativi e brand owner a pensare, progettare, distribuire e vendere stampati variabilizzati. Recentemente l’argomento personalizzazione è però tornato di grande attualità, specie da quando costruttori e integratori hanno identificato nel software l’ingrediente per recuperare competitività. Dopo oltre vent’anni di maturità tecnica e di oggettivo sottoutilizzo di questa tecnologia, committenti, creativi e stampatori sono tornati a interrogarsi su come renderla un ingrediente chiave di campagne multicanale e progetti di consumer engagement, ma anche di più semplici commesse di stampa commerciale, mailing, etichette e packaging. I decani del settore sanno bene, e gli osservatori più attenti possono immaginarlo, che Israele non sia solo patria di alcune tra le principali innovazioni tecnologiche
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‖ Jacob Aizikowitz durante l’intervista con Italia Publishers a Herzliya, Israele.
meeting leaders ‖ A sinistra, una foto scattata a fine anni Settanta di Aizikowitz nei laboratori Scitex, su un HP 1000 Mini. In basso, Aizikowitz con Dan Doron al POD Show di New York, nel 2000.
non sul software applicativo. Le mie sfide sistemistiche riguardavano elaborazione, storage e recupero di grandi quantità di dati. Ho acquisito familiarità con le arti grafiche solo anni dopo, nei primi anni Novanta, quando sono diventato direttore della ricerca e sviluppo di EFI.
del printing, ma uno dei luoghi in cui il dato variabile affonda le sue radici. Quando negli anni Novanta le arti grafiche si sono digitalizzate, proprio da Israele hanno preso il via le storie imprenditoriali più incredibili, come quella di Benny Landa, fondatore di Indigo e poi di Landa Digital Printing, e quella di Efi Arazi, padre della leggendaria Scitex Corporation e di EFI. Sempre in Israele sono nati, cresciuti, emigrati o hanno subìto importanti influenze personaggi che hanno contribuito a cambiare questo settore. Tra loro c’è Jacob Aizikowitz, fondatore di XMPie, un’azienda e una piattaforma software legati in modo esclusivo e indissolubile alla stampa di dati variabili. Un uomo e un brand la cui notorietà è cresciuta da quando, nel 2006, Xerox Corporation ha acquisito la società per 54 milioni di dollari. Abbiamo sfruttato una delle nostre ultime incursioni in Israele per incontrare Aizikowitz, che proprio quest’anno ha deciso di ritirarsi e, in coordinamento con il management di Xerox, ha ceduto il testimone a Eran Baron, già CFO e Business Operations Leader di XMPie. Abbiamo chiesto ad Aizikowitz di ripercorrere con noi i momenti salienti della sua vita, a partire dagli studi in Informatica; e di accompagnarci lungo le tappe
più importanti della digitalizzazione della nostra industria.
un neolaureato in informatica possa sognare.
Studiare informatica negli anni Settanta non era una scelta ovvia... Dopo il diploma, nel 1969, avrei voluto studiare fisica. Ma in Israele, tipicamente, prima si presta il servizio militare. Dopo tre anni nell’esercito, con il consiglio di un compagno di scuola, ho deciso di studiare informatica al Technion, l’Istituto Israeliano di Tecnologia dove, nel 1977, mi sono laureato..
Durante quei primi anni parlavate già di stampa digitale? Oggi nelle arti grafiche l’uso di applicativi software è un fatto naturale e imprescindibile. Negli anni Settanta, invece, applicativi come Photoshop, Illustrator e InDesign non esistevano. In Scitex ero concentrato sui sistemi operativi e
Cosa ti ha portato in EFI? È una lunga storia, che inizia nel 1982, mentre ero ancora in Scitex. Quell’anno Efi Arazi, fondatore e capo dell’azienda, aveva organizzato un viaggio negli Stati Uniti. Efi credeva che i manager e gli sviluppatori dovessero percepire direttamente il mercato e il mondo fuori da Israele. L’itinerario comprendeva i laboratori di HP, il PARC di Xerox e la sede di Daisy Systems. Visitando il PARC ho visto il futuro in azione; le cose che leggevo su riviste e articoli scientifici erano lì, e funzionavano. Le workstation STAR con display bitmap WYSIWYG, e relativo software, erano connesse in Ethernet. Da lì è nata la consapevolezza
Come ti sei avvicinato alla nostra industria? Al Technion, ho incontrato Nava Hefetz. Anche lei studiava Informatica e, anni dopo, ha accettato di sposarmi. Un suo buon amico aveva contatti diretti con l’R&D di Scitex, e mi ha procurato un colloquio con Mini-Systems, la software house del gruppo. Avevo altre opportunità, tutte più tradizionali, mentre Mini aveva un’aura di innovazione, professionalità e freschezza. Col senno di poi, direi che aveva il sapore di una startup. Nella squadra di Mini-Systems lavoravano grandi professionisti. Tra loro c’era anche il professor Amir Pnueli, co-fondatore dell’azienda, con il quale ho svolto uno dei lavori più eccitanti, impegnativi e formativi che
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meeting leaders
che, mentre a Herzliya facevamo progetti di altissimo livello, là fuori c’era un mondo più vasto, e volevo sperimentarlo direttamente. Tuttavia mi è parso chiaro che, senza un dottorato di ricerca in un’area tecnologica, non avevo alcuna possibilità di entrare in laboratori come il PARC. Così ho lasciato Scitex e mi sono iscritto alla Cornell University di Ithaca (New York). Quando ho finito il dottorato in informatica, nel 1989, Efi Arazi era in procinto di trasferirsi negli Stati Uniti. Mi ha contattato, mi ha spedito delle ricerche sul color management, e mi ha invitato a San Francisco per discutere di quella che sarebbe poi diventata EFI. Una volta lì, mi ha persuaso ad abbandonare la carriera accademica, per unirmi alla sua startup. Quanto avevi percezione della visione tecnologica di Arazi? Il sogno di Arazi era portare il colore nel Desktop Publishing, democratizzarne la gestione, sottrarlo ai pochi maghi della “black art” e metterlo nelle mani di designer, creativi e creatori di contenuti. Per trasformare la visione in realtà, è stato costretto a trasferirsi nella Silicon Valley, dove c’erano leader come Adobe, Apple e Next. Questo ha permesso a EFI di avere interazioni con queste
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aziende. Il nostro focus iniziale era ampio e includeva la stampa a colori di alta qualità, software per la gestione della corrispondenza cromatica, e tecnologia per la compressioni delle immagini. Ma se il colore era l’anima di EFI, il progetto che è avanzato più rapidamente è stato un controller per stampanti a colori, che sarebbe poi diventato Fiery. Un computer collegato alla rete locale e al motore di stampa, capace di elaborare il PostScript ricevuto dalla rete e pilotare la macchina. L’intuizione è stata
che una copiatrice a colori Canon avesse un percorso dati digitale tra lo scanner e l’unità di stampa. Il reverse engineering di questi dati ha permesso di introdurre Fiery, trasformando le fotocopiatrici digitali in stampanti a colori. Questo ha scatenato conversazioni e relazioni commerciali con Xerox, Kodak, Adobe, e praticamente qualsiasi produttore di stampanti digitali. Qual è stata la ricetta vincente per EFI? Arazi era un ammiratore di Wil-
‖ Sopra, Aizikowitz nel 2004, con Anne Mulcahy, CEO di Xerox tra il 2001 e il 2009. In basso, una conversazione intima e informale tra Aizikowitz e il team di XMPie, nel 2004.
liam Schreiber, professore del MIT e proprietario del brevetto per un sistema di gestione del colore. Ha quindi negoziato con l’MIT la licenza del brevetto, e poi lo ha usato per costruire una relazione profonda con Adobe, Apple, Xerox, Canon, Kodak e altri. Queste relazioni, che sono state parzialmente
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meeting leaders ‖ A sinistra, nel 2006, Aizikowitz partecipa al meeting di fine anno di Xerox, per la prima volta come membro del management team. In basso, nel 2007, Aizikowitz parla alla conferenza annuale dell’XMPie Users Group.
forzate dall’uso del brevetto, sono state le pietre miliari del successo iniziale di EFI. Fiery divenne la punta di diamante, e alla fine trasformò EFI in un’azienda quasi esclusivamente focalizzata su di esso. L’eccellente engineering e le efficienze operative, insieme all’aura di leadership nel colore e al brevetto di Schrieber, convinsero quasi tutti i fornitori di hardware ad utilizzare Fiery. In pratica, EFI divenne l’Adobe della stampa a colori e, dato che Fiery utilizzava un RIP Adobe, i rapporti commerciali tra le due aziende erano ottimi, e proficui per entrambe. Dove, quando, e perché ti sei separato da EFI? Ci sono due ragioni principali: la prima è stata la nostra decisione di famiglia di tornare in Israele; la seconda era l’eccessiva focalizzazione di EFI su Fiery. Tornati in Israele, nel 1992, sia io che mia moglie siamo stati reclutati da IBM Research, ad Haifa. Lì ho contribuito a fondare un gruppo che si concentrava sulla ricerca di soluzioni commerciali per il mercato, sulla base di ricerche effettuate presso i nostri laboratori. Cosa ti ha convinto a tornare poi alle tue origini, in Scitex? Eliezer Lev, un collega molto
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vicino nei primi giorni di Scitex, e poi negli anni dell’esercito, guidava la Systems Division di Scitex. Stavano sviluppando workstation, soluzioni di storage, controller per la stampa commerciale e, sorprendentemente, controller per motori di stampa digitale. In particolare, stavano lavorando su un controller per Xerox DocuColor 40 e per quella che sarebbe diventata iGen; nonché su un controller per la macchina inkjet ad alte prestazioni che Scitex Digital Printing stava realizzando a Dayton, Ohio.
Avevano bisogno di una guida per le loro attività di ricerca e sviluppo, e per me è stato come tornare a casa, e lavorare con persone che conoscevo. Tralasciando i dettagli, la mia attenzione si è concentrata sui controller per la stampa digitale, un campo in rapida evoluzione. Ho sfruttato molta dell’esperienza maturata nella Silicon Valley, aiutando a portare il prodotto verso gli utenti, enfatizzando la facilità d’uso del desktop publishing. Ho anche sfruttato la mia formazione accademica, comprendendo la necessità di creare un linguaggio speciale, derivato dal PostScript, per specificare una stampa di dati variabili device independent. Così abbiamo creato VPS (Variable Print Specifications), che in seguito è diventata la base di PPML. Un’attività che ho svolto con Israel Roth e Reuven Sherwin, che sarebbero poi diventati i co-fondatori di XMPie. Quei giorni in Scitex mi hanno offerto spunti di riflessione su cosa significhi realmente la stampa di dati variabili e, mentre sviluppavamo quelli che sarebbero diventati i controller Creo, il soft-
ware Darwin e il linguaggio VPS, ci chiedevamo già quale sarebbe stata l’evoluzione. Perché avete creato XMPie? Insieme a Roth e Sherwin, avevamo il desiderio di fare qualcosa di nostro. Avevo iniziato a lavorare come CTO sotto la direzione di Miki Nagler, che gestiva tutti i prodotti Scitex. Miki ci aveva assicurato che, se avessimo trovato qualcosa di adatto a essere gestito esternamente, ci avrebbe sostenuti nello spin-off. Abbiamo visto l’opportunità di democratizzare la stampa di dati variabili e collegare il mondo della stampa con quello digitale, creando un’unica piattaforma per la personalizzazione. Volevamo offrire alla stampa di dati variabili ciò che il desktop publishing aveva offerto alle arti grafiche. Cosa ti rendeva così fiducioso di riuscire nell’intento? Semplicemente, aveva molto senso. Eravamo fiduciosi della nostra capacità di fare i necessari passi avanti tecnologici, e sapevamo che si trattava di un percorso collaudato. Avremmo applicato i paradigmi del desktop publishing alla stampa di dati variabili, ed eravamo persuasi che la personalizzazione dovesse essere indipendente dal media, ovvero non
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meeting leaders ‖ A sinistra, Aizikowitz nel 2007, alla premiazione dei DMA Awards. In basso, nel 2008, Aizikowitz e i cofondatori di XMPie, Reuven Shervin e Israel Roth, durante la conferenza annuale dell’XMPie Users Group.
quali la nostra visione non avrebbe ricevuto una validazione e, francamente, XMPie non sarebbe potuta esistere.
legata esclusivamente a Internet. Così, per la nostra startup abbiamo scelto il nome XMPie, l’acronimo di Cross-media Personalization in e-Business. Come vi siete mossi? Abbiamo incontrato alcune agenzie e ottenuto un riscontro positivo. Sherwin e Roth hanno creato i primi prototipi per mostrare cosa avevamo in mente. Dan Doron, che si è unito a noi più tardi, ci ha aiutati a raggiungere potenziali clienti e validatori. Quindi, i nostri colleghi di Scitex ci hanno introdotti a Larry Zusman, che guidava il team di comunicazione 1:1 di Xerox. Il suo parere sul valore e l'unicità della nostra proposta è stato molto positivo. Attraverso queste relazioni abbiamo potuto confrontare il nostro approccio con i principali influenzatori, incluse le agenzie. E avere conferma della fattibilità del nostro piano. Quali ostacoli avete affrontato? Il maggiore ostacolo iniziale è stato raccogliere fondi dagli investitori. Scitex, che ha permesso il distacco di XMPie, ha investito una cifra modesta, ma non ha dato seguito agli investimenti. Molti potenziali investitori ci hanno visti come un nuovo player nella stampa, e non hanno apprezzato che Scitex non fosse a bordo.
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Infine JVP, uno dei principali fondi di venture capital in Israele, è diventato nostro investitore. Hanno capito il valore di XMPie al di là del suo ruolo di abilitatore nel printing. Gli anni iniziali, dal 2000 al 2003, sono stati molto duri in termini di operativi ed economici. La crisi delle Dot-com ha portato alla chiusura di molte startup, e ha riportato l’attenzione sul business. Non senza qualche difficoltà, abbiamo concretizzato le prime installazioni, e questo ci ha conferito credi-
bilità e visibilità, incoraggiando ulteriori investimenti. È andato tutto secondo i piani? Assolutamente no. Il nostro focus iniziale, che mirava al coinvolgimento delle agenzie pubblicitarie, si è dimostrato improduttivo dal punto di vista commerciale. A tutti piacevano le funzioni creative del nostro software, e la possibilità di integrare stampa e media digitali. Ma non lo hanno acquistato. Mentre noi dovevamo conquistare clienti paganti, senza i
Come ne siete usciti? Abbiamo coinvolto gli stampatori. Li conoscevamo, principalmente tramite Xerox, grazie al nostro lavoro in Scitex. Tutti utilizzavano la stampa digitale; il dato variabile era una delle loro attività ed erano pronti a pagare. Abbiamo offerto loro una soluzione per dati variabili nuova e fresca, nonché strumenti per ampliare la propria visuale ed entrare in un territorio in cui la stampa è solo uno dei possibili canali. Quanto ha pesato l’acquisizione di Nuvisio? È stato soprattutto un catalizzatore per andare avanti, e un mezzo per aggiungere valore a XMPie. Inoltre, Nuvisio aveva grandi persone, e alcune di loro sono divenute centrali nel futuro di XMPie. Una di loro, Eran Baron, oggi occupa il mio posto alla guida dell’azienda.
meeting leaders Rivoluzionare una rivoluzione digitale: ecco come è andata Lo scanner a tamburo per la separazione dei colori è stato un elemento chiave per le arti grafiche. Una diapositiva a colori era posizionata sul dispositivo di lettura che, ruotando, creava una per una le quattro pellicole. Una per il Ciano, una per il Magenta, una per il Giallo e una per il Nero. Le pellicole, opportunamente assemblate agli altri elementi grafici, venivano poi utilizzate per esporre le quattro lastre offset e riprodurre l’immagine. Il risultato della combinazione di colori primari doveva riprodurre fedelmente la diapositiva di input. Rendendosi conto che il collegamento tra l’input e l’output dello scanner era (di fatto) digitale, il team di Scitex ha progettato il dispositivo al contrario. “Rompendo” la connessione, Scitex ha preso i dati digitali provenienti dall’input e li ha inviati ad un computer, creando così un file digitale dell’immagine e abilitando un Cosa è cambiato dopo l’acquisizione di XMPie da parte di Xerox? Xerox ci ha permesso di mantenere il nostro carattere unico e il nostro spirito innovativo, di prendere le nostre decisioni sollevandoci dalla scottante questione della sopravvivenza. Ad esempio, sappiamo tutti quanto il 2008 sia stato un anno problematico dal punto di vista del business. La mia valutazione personale è che, se non avessimo fatto parte di Xerox, in quel momento saremmo potuti sparire. Con loro avevamo più strade per approcciare il mercato, e la possibilità di coinvolgere grandi clienti enterprise. In questi casi, sapere che dietro al software c’è una grande entità, è un vantaggio. È straordinario vedere come la nostra squadra sia rimasta intatta per diversi anni: e ancora oggi in XMPie lavorano persone che fanno parte dell’azienda sin dall’i-
operatore (con l’ausilio di un monitor) a correggere i colori in modo interattivo, regolare la grafica, aggiungere testo, ritagliare, ruotare e assemblare immagini diverse. Il file del risultato finale era poi elaborato per creare i quattro file di separazione ed esporre le pellicole. Tutto questo, anni prima di Photoshop, Illustrator e dello stesso linguaggio PostScript. I sistemi Scitex hanno offerto ai professionisti della prestampa strumenti potenti e semplificato il loro lavoro, senza tuttavia cambiare gli equilibri tra “originatori” e “produttori” dell’immagine. Per Efi Arazi, fondatore di Scitex, decidere di fondare EFI per cambiare questo paradigma, focalizzandosi su soluzioni desktop publishing e mettendo fuori gioco i “maghi del colore”, è stata una mossa notevole, piuttosto rara. Una mossa che, in un certo senso, ha rivoluzionato la sua stessa rivoluzione.
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nizio. Credo ci sia molto spazio per crescere, e spero per il team e per Xerox che queste opportunità, benché rischiose, saranno esplorate con vigore e determinazione. Cosa vedi nel futuro della nostra industria? Il nostro settore è composto da fornitori di servizi di stampa, ma anche da centri di produzione inplant. Per Xerox e XMPie il mercato è anche al di fuori delle arti grafiche, e tocca la gestione della comunicazione, l’automazione del marketing e molti altri temi. I brand owner, le aziende piccole e grandi, i clienti dell’industria della stampa, stanno passando al digitale alla velocità della luce. Per avere successo, gli stampatori dovranno trasformarsi, diventando fornitori di servizi che vanno oltre la stampa. Se non lo faranno, smetteranno di essere rilevanti per i loro clienti; e il loro
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meeting leaders ‖ A sinistra, Aizikowitz con Dan Doron nel 2013 al Graphexpo di Chicago. In basso, nel corso dello Xerox Forum 2019, Aizikowitz (al centro) annuncia il suo ritiro e designa Eran Baron (a sinistra) come suo successore.
sacrificano la qualità alla velocità. Anche la ricchezza di substrati compatibili rende questa tecnologia rilevante per una vasta gamma di applicazioni, comprese etichette e packaging. Ma è fondamentale ricordare che, in quasi nessun settore applicativo, la stampa sopravviverà come supporto unico. La tendenza a comunicare combinando stampa e media digitali è in costante crescita. Inoltre, poiché non c’è più un compromesso tra velocità e qualità, il software deve abilitare il potenziale creativo nella sua interezza; ed è molto diverso dai tempi in cui l’unica priorità era produrre documenti transazionali ad alta velocità. C’è molto rumore attorno all’intelligenza artificiale. Quanto credi avrà ricadute sulla stampa? Intelligenza artificiale e machine learning saranno elementi chiave per generare applicazioni e opportunità. Data l’abbondanza di risorse informatiche e di rete che il cloud computing offre, l’adozione di queste tecnologie è incredibilmente accelerata. La mia sensazione è che vedremo presto intelligenza artificiale nel color management, nella marketing automation, nella selezione dei contenuti, e probabilmente anche nel servizio clienti. futuro sarà segnato. Al di là delle opportunità, quali sono i limiti? Mi permetto un’osservazione. So che è di parte, ma credo di essermi guadagnato il diritto di farla. Come settore industriale, dobbiamo andare oltre la necessità di sottolineare continuamente il ruolo della stampa nel media mix. Le osservazioni e gli articoli che puntano a dimostrare questo concetto sono importanti, e più ce ne sono, meglio è. Tuttavia, la vera
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sfida va oltre questo. Risiede nel modo in cui stampa e media digitali si combinano. È fondamentale capire che le tecnologie utilizzate nella personalizzazione di prodotti stampanti devono consentire un’integrazione fluida con quelle utilizzate nella personalizzazione di prodotti distribuiti tramite media digitali. Portare sul mercato tecnologie con queste caratteristiche, e padroneggiarle, è la chiave della trasformazione. Da quando abbiamo introdotto
XMPie, non abbiamo mai pensato di trattare stampa e media digitali come due silos separati. L’intera idea, e larga parte della sfida tecnologica, era ed è ancora oggi l’unione dei due mondi sotto un’unica piattaforma comune, senza togliere a ciascuno di essi le proprie peculiarità. Anche sul fronte dell’hardware ci sono grandi evoluzioni... La tecnologia inkjet avanza rapidamente, e dà modo di realizzare macchine da stampa che non
Perché ritirarti proprio ora? Credo sia il momento giusto. Gestire un business è faticoso. Voglio prendermi un po’ di spazi, trascorrere tempo con la famiglia, e sviluppare nuove visioni, che possano condurmi in differenti direzioni. Rivedremo Jacob Aizikowitz sul mercato nei prossimi anni? Continuerò ad essere coinvolto con varie aziende, ad aiutare startup e altri player dell’industria. Tanto che potrei elaborare nuovi orientamenti e innovazioni.
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strategie Fondata da quattro manager, disillusi dall’approccio dei big del settore, la spagnola Bagel Systems dimostra che nella termolaminazione c’è ancora tanto da raccontare
Innovazione, automazione e crescita globale per fare la differenza nella laminazione di Lorenzo Villa
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ntrare in un settore competitivo e apparentemente saturo, specie se con risorse economiche limitate e nessuna esperienza imprenditoriale, può apparire una mossa azzardata. Fondata nel 2011, Bagel Systems non è un gigante sotto il profilo industriale, e sul piano dell’innovazione non compete con certe startup israeliane e nordeuropee, impegnate sullo sviluppo di tecnologie futuribi-
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li. Eppure, il produttore catalano si è ritagliato spazi rilevanti nel campo della termolaminazione. Tanto che le sue tecnologie sono adottate con soddisfazione da alcuni dei tipografi, fotolaboratori e stampatori online di maggior successo. I suoi stessi partner commerciali, tra cui l’italiana Neopost Graphics (a breve Quadient Graphics), hanno identificato nei laminatori Digifav, Minilam e iLam una perfetta combinazione di qualità, produt-
tività e affidabilità. Per scoprirne la speciale ricetta, abbiamo incontrato il co-fondatore e Managing Director di Bagel Systems, Jordi Marti, insieme al giovane e dinamico team dell’azienda. Il costruttore che mancava Marti ci mostra il nuovo sito produttivo di 500 m2 che Bagel Systems condivide con la consociata Embalitec – un’azienda di ingegneria, specializzata in progetti
di automazione industriale. Al piano superiore ha sede l’ufficio tecnico e commerciale, dove vengono progettate le attrezzature, i loro componenti elettrici e il software. Al piano inferiore vengono eseguiti assemblaggio, testing, controllo qualità e spedizione. La dimestichezza dell’imprenditore e di tutti i membri del ‖ In alto, l’area di assemblaggio dei laminatori Bagel Systems presso la sede aziendale, a nord di Barcellona.
strategie 1
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‖ 1) Jordi Marti, co-fondatore e Managing Director di Bagel Systems, nel reparto di produzione. 2) L’assemblaggio di quadri elettrici e PLC è effettuato in azienda. 3) L’ufficio tecnico progetta tutte le componenti meccaniche ed elettroniche delle macchine.
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suo team con stampa e laminazione, inusuali per una startup, lasciano trasparire una insolita familiarità con il nostro mercato. «Dopo aver completato i miei studi in Commercio Internazionale, ho lavorato nelle vendite e nel marketing europeo per aziende dell’ICT, tra cui Acer. Poi, nel 2004, ho iniziato a collaborare con un costruttore spagnolo di laminatori, per sviluppare i mercati internazionali», racconta Marti. «C’era una forte domanda di laminazione in-house. Sempre più stampatori offset e digitali ci chiedevano macchine compatte e semplici da usare». Il manager esplora così sempre più a fondo il mercato del printing, sigla accordi con i più im-
portanti distributori nazionali, studia in dettaglio l’offerta dei suoi partner e concorrenti. Infine raggiunge la conclusione che c’è un gap da colmare, e spazi per crescere. Ma l’azienda per cui lavora tentenna, e lui non intende perdere l’occasione. «Insieme ai colleghi Gabriel Lozano, Julián Moreno e Iván Valdivia abbiamo capito che era il momento di agire; che si poteva fare di più e meglio. Sapevamo di non avere una reputazione, di non poter sfondare in un mercato dominato da grandi brand e produttori locali consolidati», continua Marti. «Così abbiamo deciso di lavorare da dietro le quinte, fornendo tecnologia a uno o più OEM».
L’azienda nasce come joint venture con la tedesca Ernst Nagel GmbH, cui il nome Bagel Systems è ispirato. Un lungo fidanzamento, che serve a Bagel Systems per verificare e garantire l’altro grado di automazione, qualità e affidabilità delle proprie attrezzature. «Per stimolare il business ho contattato i dealer con cui avevo lavorato in passato, ma la nostra piccola dimensione era incompatibile con i loro tempi fulminei», spiega Marti. «Così abbiamo ristretto il campo a pochi big, in grado di intuire il nostro potenziale e valorizzarlo nel mediolungo termine. Neopost in Italia, Duplo in Francia e Sagam in Belgio sono stati i primi a credere in noi, e a metterci le ali». Un mercato grande ed esigente La crescente domanda di soluzioni eco-sostenibili nella stampa e nel packaging non ha arrestato la corsa della plastificazione. Per uno stampatore commerciale, plastificare può tradursi in applicazioni inedite e redditizie, dal book-on-demand ai cataloghi,
fino al packaging e alle etichette per l’abbigliamento. In questo scenario, Bagel Systems ha scelto di concentrarsi sulle attrezzature industriali di fascia media; l’area meno affollata di fornitori asiatici e produttori locali. Da inizio 2020, inoltre, inizierà a testare film al 50% biodegradabili e al 50% riciclabili, adattando le proprie attrezzature di conseguenza. L’azienda sta poi investendo ingenti risorse nell’acquisizione di competenze sui supporti e sulle tecnologie di stampa. «Nell’offset sono diffusi film e laminazione liquida, ma nel digitale la compatibilità è un tema cruciale. Il toner di Xerox è diverso da quello di Konica Minolta, e la stampa di una HP Indigo reagisce al film diversamente dall’inkjet di una Fujifilm Jet Press. Nel campo dei fotoalbum, poi, ogni stampa è diversa da un’altra», sottolinea Jordi. «Questo ci ha costretti a eseguire centinaia di test per definire i parametri di temperatura e pressione. Ci ha fatti diventare degli esperti di tecnologie di stampa». Sì, temperatura e pressione. Due variabili che, in presenza di materiali e layer di colorante sensibili al calore (pensiamo ad esempio al toner, che si fissa per fusione), possono influenzare il risultato qualitativo, o compromettere irrimediabilmente una lavorazione. Senza contare i tempi e gli scarti di avviamento
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strategie
Jordi Marti Co-fondatore & Managing Director di Bagel Systems
“Molti ci dicono che pensiamo out of the box, che non siamo imitatori ma innovatori. Ne siamo lusingati.” che, specie nelle commesse brevi, influiscono negativamente sul conto economico. Per questo, Bagel Systems concentra sforzi e risorse nella ricerca e sviluppo di tecnologie che garantiscano un’applicazione del calore uniforme, e accorgimenti che consentano all’operatore di impostare i parametri di lavorazione in modo rapido e intuitivo. «Una volta c’erano service specializzati nella plastificazione e nella verniciatura, mentre oggi gli stampatori riducono al
minimo il ricorso all’outsourcing. Talvolta non hanno idea di cosa sia la laminazione, e impiegano operatori inesperti. Ma al tempo stesso pretendono tempi di setup e cambio lavoro rapidi, bassi consumi energetici e risultati qualitativi impeccabili», continua Marti. «Per dare loro tutto questo abbiamo sostituito i rulli tradizionali con cilindri riempiti di olio diatermico, progettiamo noi stessi i cilindri e le resistenze elettriche, sviluppiamo e implementiamo speciali sistemi di autoregolazione della pressione».
‖ In alto, la linea di assemblaggio dei laminatori Bagel Systems. In basso, una sessione di training su un laminatore della serie Digifav, organizzata per un partner commerciale dell’Est Europa.
Tecnologie interconnesse, intuitive, facili da manutenere
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L’Industria 4.0 è un tema chiave
anche per Bagel Systems, che utilizza PLC ed elettronica Omron, e si avvale dei migliori sviluppatori di applicativi. Le attrezzature del costruttore spagnolo sono così in grado di restituire dati di produzione a un MIS aziendale, e sono predisposte per la connessione remota. «Già oggi i nostri tecnici sono in grado di connettersi alle oltre 200 macchine installate nel mondo, per la diagnostica o per effettuare aggiornamenti software. Ma stiamo lavorando nella direzione della manutenzione preventiva, del controllo remoto e della produzione senza operatore», spiega Marti. A completare la value proposition del costruttore spagnolo, un programma di training rivolto a rivenditori e
partner, nonché la possibilità di realizzare configurazioni speciali e personalizzazioni sul software. Un futuro fondato su passione, persone e competenze Per un’azienda di dieci persone, pensare a un futuro basato sui grandi numeri è ancora difficile. Ma non è questa la priorità di Jordi Marti e dei suoi soci. Nonostante la dimensione, ogni anno Bagel Systems investe decine di migliaia di euro, viaggi, migliaia di ore di sviluppo, numerosi beta site per cogliere e soddisfare le esigenze di nuovi clienti. Quella tra una ridotta dimensione aziendale, la necessità di soddisfare un volume di ordini in continua crescita e la voglia di innovare è una battaglia quotidiana; una sfida che Bagel Systems combatte con un team di ingegneri e tecnici reclutato nelle migliori università e istituti tecnici della Catalogna, capace di pensare in modo libero e senza retaggi. «Molti ci dicono che pensiamo “out of the box”, che non siamo imitatori ma innovatori. Ne siamo lusingati, ma se produci in Spagna, e ti confronti con concorrenti asiatici, non è così facile coniugare competitività e redditività. Per questo raggiungere l’eccellenza e crescere, procura una soddisfazione ancora più grande», conclude Marti.
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strategie Con l’introduzione di una Scodix Ultra 202 Pro con Scodix Foil, l’azienda veronese completa la sua offerta di prodotti realizzati in digitale per stampatori e creativi
“Scodix as a service”: così Simeoni Arti Grafiche rende accessibile la nobilitazione di Lorenzo Villa
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a nobilitazione digitale, miraggio collettivo della nostra industria, resta appannaggio di grandi tipografie, cartotecniche blasonate e una manciata di stampatori online. Gli elevati costi di accesso a questa sofisticata tecnologia, infatti, sono difficilmente compresi da imprese più piccole. Così la maggior parte dei tipografi continua a rinunciare a commesse ad alta marginalità, o ricorre a soluzioni di compromes-
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so, spesso inefficaci sotto il profilo qualitativo ed economico. Da qui nasce l’intuizione che, nella primavera del 2019, ha indotto Simeoni Arti Grafiche ad investire su una Scodix Ultra 202 Pro completa di unità di foiling. Sei mesi dopo l’installazione, siamo tornati a Verona a verificare la bontà di questa decisione. Il modello di business dell’azienda veneta ‒ 21 collaboratori per oltre 2,5 milioni di fatturato ‒ si scosta sia da quello della classica
tipografia, che da quello del terzista “mero esecutore”. Piuttosto, Simeoni punta a confermarsi il collaboratore di fiducia degli stampatori e delle agenzie più esigenti. Un partner con cui condividere e sviluppare progetti ambiziosi, e trasformare idee creative in stampati di successo. Questa è la filosofia che guida l’azienda sin dagli anni Novanta, quando Silvano Simeoni, fondatore e titolare dell’azienda, introduce i primi servizi di fotolito conto terzi, prima
con CtF e poi con CtP. «Quando abbiamo acquistato la prima fotounità Scitex Dolev ci tremavano le gambe, ma supportando le tipografie più esigenti abbiamo ripagato rapidamente l’investimento. Lo stesso è avvenuto nel 1999 con il primo CtP Scitex Lotem», ‖ In alto, a sinistra, uno scorcio del reparto produzione di Simeoni Arti Grafiche, con la nuova Scodix Ultra 202 Pro; a destra un packaging nobilitato con la macchina.
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Paola Paglia Responsabile di produzione di Simeoni Arti Grafiche
“Scodix va oltre ciò che si può ottenere con un cliché, ma ancora pochi ne comprendono le reali potenzialità.” 3
spiega Simeoni. «Poi i tipografi hanno portato la prestampa in casa, talvolta accollandosi oneri e costi fissi irragionevoli. Così, noi ci siamo spostati sulla stampa digitale, continuando a offrire loro ciò che non erano in grado di realizzare internamente». Dal foglio al wide format Nel 2000 Simeoni introduce la prima stampante a foglio Xerox DocuColor 2060, e a stretto giro installa anche la sua prima HP Indigo 3050. Nel 2007 approda alla stampa di grande formato da 1,6 m e qualche anno più tardi, nel 2012, apre al 2 m con una EFI VUTEk QS2 Pro e una Zünd G3. Questa varietà di tecnologie e competenze consente al service veronese di fornire alle tipografie
‖ 1-3) Astucci promozionali stampanti, nobilitati e personalizzati con dati variabili da Simeoni Arti Grafiche per clienti diretti. 4) Un esempio di nobilitazione realizzata, su supporto plastico, con Scodix Ultra 202 Pro.
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del territorio servizi innovativi e complementari alla stampa offset. «La nostra carta vincente è sempre stata offrire ciò che i clienti non conoscono o non sono in grado di gestire internamente, talvolta anticipando di qualche anno i loro successivi investimenti», spiega Simeoni. «Così ci siamo smarcati dalla lotta sul prezzo, aiutando le aziende di stampa del territorio a delineare i propri futuri scenari di business. È una strategia winwin che ci ha sempre ripagati». Su questo stesso paradigma nasce l’idea di entrare nella nobilitazione digitale con Scodix. Un valore che va oltre il prezzo I sistemi di nobilitazione digitale vengono spesso descritti come macchine miracolose, che in
pochi click creano effetti magici e quadruplicano il prezzo di vendita di uno stampato. Una rappresentazione solo parzialmente veritiera. Se tecnologie come Scodix sono ormai stabili e userfriendly, per renderle redditizie servono competenze di prestampa e conoscenza delle tecnologie di stampa, carte, plastificazioni e verniciature, tecniche di fustellatura e legatoria. Parallelamente ai volumi di prodotti nobilitati per tipografie e cartotecniche di Veneto, Trentino, Emilia-Romagna e Lombardia, Simeoni ha sviluppato una propria offerta esclusiva nel campo del packaging vinicolo – in particolare quello correlato a promozioni ed eventi aziendali. Grazie al dipartimento grafico interno, Simeoni fornisce kit vinico-
li “chiavi in mano” stampando, nobilitando e fustellando carte, materiali autoadesivi e pregiati cartoncini Fedrigoni fino a 580 g/m2. Una strategia che, oltre a generare nuovo business, consente all’azienda di approfondire e divulgare “il verbo” della nobilitazione digitale. «Scodix va oltre ciò che si può ottenere con un cliché, ma pochi ne percepiscono la necessità e le reali potenzialità», spiega Paola Paglia, responsabile di produzione di Simeoni Arti Grafiche. «Per questo cerchiamo di estremizzarne l’utilizzo, interveniamo volentieri sui file dei clienti e mostriamo loro come ottenere il massimo mixando vernici spot, embossing, foil metallizzati, glitter e altri effetti». Proprio la quantità di effetti, gli elevati spessori alimentabili, l’ampio formato carta e l’elevata compatibilità della vernice con differenti materiali si stanno rivelando per Simeoni la chiave per estendere la nobilitazione digitale Scodix a prodotti di grande formato, come i display in metacrilato, targhe e orologi da parete stampati e fresati. Applicazioni ad alta marginalità, che ben si integrano con i tradizionali prodotti grafici e cartotecnici.
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Verso formati e volumi offset Con un formato carta massimo di 545x788 mm (B2+) e una produttività che tocca i 1.250 fogli/ ora, Scodix Ultra 202 è compatibile sia con i volumi della stampa tradizionale, che con quelli del digitale. «La vernice di Scodix aderisce perfettamente alla stampa offset e all’inkjet, e ha una discreta compatibilità con l’electroink di HP Indigo e con il toner. Ma questa flessibilità non sostituisce 25 anni di esperienza con supporti e tecniche di pre e post-stampa, sottolinea Simeoni». La nobilitazione inkjet continua a scontrarsi con la consueta ritrosia al digitale di un settore a tratti impoverito, commoditizzato e incapace di riconoscere il giusto prezzo per un prodotto innovati-
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vo e altrimenti irrealizzabile. Se il risultato tecnico ed estetico soddisfa e suscita entusiasmo, il limite più comunemente percepito è il costo della singola copia. A questo si aggiunge l’indisponibilità a riconoscere il valore della consulenza e della post-produzione dei file realizzati da grafici e agenzie. «Gestiamo già commesse di 6-8.000 fogli, su cui l’impatto del lavoro preparatorio è irrilevante. Ma la maggior parte dei lavori non supera le poche decine o centinaia di copie», continua Paglia. «Per questo non possiamo permetterci di procedere per tentativi, di accorgerci a lavorazione iniziata che il risultato non sarà coerente con l’aspettativa, e neppure di rinegoziare un preventivo». Una sfida tecnica e commerciale che il team di Simeoni affronta
quotidianemente, che si ripaga già grazie ai numerosi clienti che scelgono il service veronese per sviluppare progetti, prototipi ed eseguire i propri lavori più complessi. Creare valore per fare profitto Essere tra i primi ad adottare una nuova tecnologia suscita entusiasmo, ma anche il timore di non riuscire a sviluppare volumi, fatturati e marginalità adeguati a ripagare l’investimento. A soli sei mesi dall’installazione di Scodix, Simeoni ha già raggiunto i volumi necessari a coprire un intero turno di produzione. «Le attività di service coprono il 70% delle ore/ macchina, ma i nostri progetti nel campo promozionale sono in costante crescita», spiega Simeoni. «Per questo abbiamo dedicato un
‖ Qui sopra, la Scodix Ultra 202 Pro dell’azienda. In basso, da sinistra, Silvano Simeoni, Mauro Luini di Scodix, Rinaldo Mattera di Heidelberg, Nigel Tracey e Shay Mann di Scodix durante l’open house organizzato da Simeoni Arti Grafiche a giugno 2019.
operatore alla Scodix, e siamo diventati molto efficienti ed economici sia sui grandi volumi che sui piccoli lotti e sui singoli prototipi». Sebbene Scodix abbia formulato per la serie Ultra quattro differenti polimeri, ottimizzati per le diverse tipologie di stampa e per ottenere spessori più o meno elevati, Simeoni riesce a gestire la quasi totalità delle sue lavorazioni con un’unica chimica (Scodix PolySense PS520), dalle performance comparabili a una vernice serigrafica e in grado di garantire una straordinaria tenuta del foil. Il costo del consumabile, da sempre al centro del dibattito nel digitale, è l’ultima delle preoccupazioni. «Dopo qualche centinaio di commesse realizzate, abbiamo concluso che la maggior parte dei file ha coperture di vernice trascurabili», conclude Simeoni. «Otteniamo i risultati migliori, con i consumi minori, su supporti plastificati. Tuttavia, più che riducendo i costi, per fare soldi con la nobilitazione digitale è necessario interpretare le esigenze dei clienti, investire sulle competenze progettuali, educare i grafici e diventare loro consulenti. E, se necessario, rifiutare qualche lavoro per cercarne di più ricchi».
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strategie Maja Digital Printing abbraccia l’Industria 4.0 e investe sulla terna Matic, Monti Antonio e HP Stitch per industrializzare la sua offerta nella stampa tessile
Automazione e tessuto, priorità dei leader del wide format di oggi e di domani di Lorenzo Villa
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ilanese di nascita, brianzolo d’adozione, Arsenio Malossi avvia la sua attività di sign maker nel 1997, sotto l’insegna di Maja Digital Printing. Il suo primo laboratorio non è diverso da quello di altri “enfant prodige” della comunicazione visiva: una stanza, un Macintosh, un plotter da intaglio, una piccola stampante inkjet. Di lì a poco, la stampa di grande formato subisce
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una significativa accelerazione, e Malossi non sta a guardare. Già nei primi anni Duemila, Maja installa la sua prima Seiko mild solvent, poi una Mutoh ValueJet a solvente, due DraftStation per la stampa a base acqua su carta, e una Mutoh Osprey da 3,3 metri. Con il crescere dei volumi, nel 2008 arriva la prima Durst Rho 600 Pictor, rimpiazzata dopo due anni da una nuova Rho 750 Pac, abbinata a un sistema di taglio Esko Kongsberg XL44 e più tardi a un Kongsberg
XP. «Quando il cliente chiede, io sono sempre stato dell’idea di attrezzarmi», sintetizza Malossi. Dall’inizio della sua storia, Maja ha continuamente ampliato gli spazi produttivi, trasferendo la sua sede ben cinque volte, per approdare nel 2016 all’attuale unità produttiva a nord di Milano. Un edificio di 3.500 m2 in un’area exindustriale, ridisegnato per ospitare le tecnologie industriali più evolute. Negli ultimi anni, il parco macchine aziendale si è infatti ar-
ricchito di una HP Latex 1500, una Durst Rho P10 200 HS con carico e scarico automatici, un nuovo Kongsberg C64 i-BF e una Rho 312R, prima affiancata e poi rimpiazzata da una nuova Rho 512R. Con un team che conta ormai 15 persone, Maja è l’emblema di come il mercato del wide format sia cre‖ In alto, la sede di Maja Digital Printing, con tecnologie Durst Rho 312R, Rho 512R, Rho P10 200 HS, HP Latex 1500, Kongsberg XP e C64 i-BF.
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Arsenio Malossi Fondatore e CEO di Maja
“Stiamo entrando in un nuovo mondo, con spazi di crescita enormi. Sono certo che presto saremo a pieno titolo stampatori tessili.” 2
sciuto in modo rapido e inesorabile; e di come, di fronte alle sfide del futuro, sia spesso opportuno innovare in modo sostanziale, anziché giocare di rimessa e reiterare investimenti di piccolo cabotaggio. Antesignani dei materiali eco-sostenibili e riciclabili Nel 2008 Maja è stata una delle prime aziende italiane a unirsi al ristretto gruppo di licenziatari di Re-board, l’apripista dei pannelli alveolari in cartone. «Insieme ad alcuni colleghi e concorrenti sono andato a Norrköping per conoscere Re-board. Ho capito subito che avrebbe fatto la differenza nell’esperienza di utilizzo dei brand e dei retailer», racconta Malossi. Vent’anni dopo, l’uso di pannelli alveolari e cartone ondulato nella
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comunicazione visiva è arte nota, eppure Maja non ha mai smesso di concentrarsi sulla sostenibilità dei suoi processi, prodotti e servizi. In anticipo sui tempi, ad esempio, Malossi ha abbandonato il solvente in favore dell’UV, e ha creato le condizioni per convertire molte lavorazioni al Latex. Spianando così la strada a una rivoluzione tessile già pianificata da tempo. «Anni fa abbiamo identificato il poliestere come materiale elettivo per sostituire il PVC, e già da tempo proponiamo ai nostri clienti supporti alternativi come FILMOtex Capotoile, un tessuto ricavato dal riciclo delle bottiglie in PET», spiega Malossi. «Abbiamo una lunga esperienza nella realizzazione di lightbox e progetti di interior decoration su tessuto. Già cinque anni fa ci ingegnavamo per accoppia-
re il bordino in silicone alle nostre stampe su tessuto». La rivoluzione tessile Seppur preparata da tempo, Maja ha atteso il 2019 per avviare la decisiva trasformazione dei suoi processi di stampa in chiave tessile. «La sublimazione è una tecnica di stampa consolidata nell’industria tessile, e nota da decenni nell’inkjet. Ma sinora le stampanti di grandissimo formato con inchiostri sublimatici non erano totalmente affidabili», spiega Malossi. «Negli ultimi anni le cose sono cambiate, e a FESPA 2019 abbiamo capito che i tempi erano maturi per investire». Nell’ottica di un progetto di ampio respiro – supportata da NGW Group, il system integrator italiano specialista nel digital textile – lo
‖ 1) La calandra per sublimazione Monti Antonio 91-3600, scelta da Maja Digital Printing per la produzione tessile. 2) La linea di cucitura Matic Cronos. 3) Arsenio e Jacopo Malossi analizzano la qualità di bordatura di una stampa tessile per il retail.
scorso giugno Maja ha installato una Matic Cronos per la cucitura dei tessuti e l’accoppiamento con bordini in silicone e Velcro. Durante l’estate ha poi finalizzato l’ordine per una calandra Monti Antonio 91-3600 da 3,6 metri, equipaggiata con cilindro da 500 mm di diametro. Sul fronte della stampa sublimatica, complice la confidenza raggiunta con le piattaforme HP Latex, l’azienda ha optato per una nuova HP Stitch S1000. «HP è un marchio giovane nella sublimazione, ma a convincerci sono state la qualità, la produttività e
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strategie ‖ A sinistra, l’assembraggio di scritte tridimensionali, in materiale alveolare. In basso, la nuova linea di saldatura Matic Hera da 6 metri.
la possibilità di stampare sia su carta transfer che direttamente su tessuto», spiega Jacopo Malossi, responsabile di produzione di Maja. «Inoltre, sebbene Stitch lavori in CMYK, il suo gamut cromatico è ampio e sfiora le tinte fluorescenti». L’introduzione della tecnologia sublimatica consentirà a Maja di ampliare la gamma dei prodotti offerti, ed essere competitiva sugli alti volumi. «Fino a ieri realizzavamo intere campagne su poliestere stampato con il Latex. I risultati erano buoni ma avevamo tinte poco coprenti per la retroilluminazione, costi di produzione elevati e velocità insufficienti. Grazie ai suoi bassi costi di produzione, la sublimazione ci consente di essere più competitivi nella comunicazio-
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ne visiva e, in prospettiva, aprirci al tessile per la casa, alla decorazione, alla produzione di tende, carte da parati e imbottiti. Stiamo entrando in un nuovo mondo, con spazi di crescita enormi. Sono certo che presto saremo a pieno titolo stampatori tessili», spiega Malossi. Quando l’automazione si traduce in competitività L’ampliamento degli ecosistemi produttivi e applicativi mette quasi sempre in crisi l’efficienza e la linearità dei flussi di lavoro. Un dilemma che attanaglia quasi tutti gli operatori del wide format, costretti a decorare, sagomare e miscelare un’enorme quantità di materiali, nonché a gestire differenti tecno-
logie di stampa, taglio, saldatura, accoppiatura. Una sfida che Maja conosce bene, e ha sempre governato attraverso un rigido controllo di materie prime e semilavorati, una rilevazione accurata dei tempi di produzione, una preventivazione e consuntivazione gestita nei minimi dettagli. Per questo, nel 2015, l’azienda ha scelto di adottare il suo primo software gestionale dedicato, che entro la fine 2019 verrà completamente sostituito da Packway di B+B International per costruire un flusso integrato, dal preventivo alla spedizione, passando per il confezionamento degli ordini. Proprio su quest’ultimo fronte, Maja ha dovuto affrontare una delle sfide tecniche più delicate.
«Se fornisci prodotti standardizzati, non hai problemi. Gestendo progetti complessi nel settore del retail, invece, ogni giorno dobbiamo confezionare e spedire decine di differenti kit, il cui contenuto e la cui forma sono difficilmente prevedibili», spiega Malossi. «Per questo abbiamo iniziato a produrre confezioni ad-hoc per ogni commessa. Prima le realizzavamo con i tavoli da taglio Kongsberg, ma al crescere dei volumi di ci siamo attrezzati con Panotec Compack 2.5. Così ogni operatore, quando chiude la commessa, crea in autonomia un imballaggio coerente per la spedizione». L’obiettivo di Maja è applicare l’automazione e il controllo della produzione a tutte le stampanti e alle attrezzature di finishing e confezionamento. A cambiare le regole del gioco contribuiscono tecnologie di finishing di nuova generazione, come la saldatrice a impulsi da 6 metri Matic Hera, scelta dallo stampatore italiano per la saldatura e asolatura di banner in PVC di grandi dimensioni, e la produzione massiva di piccoli teli e gonfaloni saldati in testa e al piede. Oltre a consentire la produzione simultanea di più pezzi, la nuova saldatrice Matic è completamente programmabile ed è in grado di scambiare dati con il gestionale aziendale. «Non solo possiamo beneficiare degli sgravi fiscali per l’Industria 4.0, ma grazie ad attrezzature come quelle di Matic, Monti Antonio, HP, Esko, Durst e Panotec contiamo di avere presto un’azienda completemente interconnessa», conclude Malossi. «Dalla creazione della commessa, fino al confezionamento, alla spedizione e alla fatturazione, il nostro obiettivo è la piena tracciabilità dei tempi di esecuzione, degli scarti e del costo di produzione reale. Anche su lavorazioni piene di variabili inedite, come la stampa sublimatica. Solo così potremo essere competitivi, e pianificare con serenità i nostri prossimi investimenti».
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strategie Nata tra le mura di una storica tipografia, la realtà toscana utilizza tecnologie a bobina di Konica Minolta per creare nuovi scenari nella stampa di etichette di pregio
Da 90 anni di esperienza nelle arti grafiche, prende vita l’etichettificio digitale M51 di Lorenzo Villa
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a produzione di etichette è considerata un business promettente e redditizio da un numero crescente di stampatori commerciali, cartotecniche e neofiti del printing. La stampa digitale si sta rivelando per molti di essi la porta d’accesso a un’applicazione da sempre considerata complessa e specialistica. È il caso dei fondatori di M51, la startup toscana dedicata alla produzione di etichette,
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che lo scorso anno ha introdotto bizhub PRESS C71cf, antesignana dell’attuale piattaforma AccurioLabel di Konica Minolta. Per conoscerla siamo andati a Certaldo, a pochi chilometri da Firenze, dove abbiamo incontrato il co-fondatore dell’azienda, Matteo Pifferi. Con nostra sorpresa, non ci accoglie in un piccolo laboratorio, ma nel grande edificio di Federighi Colorgrafiche, tipografia fondata nel 1929. «Nel 2009 ho iniziato la mia col-
laborazione con Federighi come commerciale, vendendo cataloghi e stampati di lusso a brand dell’arredamento e della moda, aziende alimentari e cantine vinicole del territorio», racconta Pifferi. «Quella di Federighi è una clientela di fascia alta, abituata a carte di pregio, nobilitazioni, tecniche di legatoria raffinate. Dialoghiamo con agenzie e buyer che apprezzano il nostro approccio tecnico e consulenziale». Per soddisfare le esigenze di bassi
volumi e ampliare la gamma di servizi, già nei primi anni Duemila l’azienda affianca la tecnologia digitale all’offset, e sviluppa collaborazioni con altri operatori del territorio. Tra questi c’è Gianni Marradi, dinamico stampatore di Empoli, che con la sua società ‖ In alto, la sala produzione di M51, con la stampante digitale a toner Konica Minolta bizhub PRESS C71cf (a sinistra) e l’unità per foiling e fustellatura (a destra).
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Matteo Pifferi Co-fondatore di M51
“Alcuni etichettifici soffrono già di sovracapacità produttiva. Per questo puntiamo a diventare un riferimento per le micro-tirature.” 2
‖ 1) L’imposition di una microcommessa di etichette, realizzata con il software proprieario Konica Minolta AccurioPro Label Impose. 2) Il front end di bizhub PRESS C71cf, durante la stampa del lavoro. 3) Il prodotto finito, dopo la fustellatura eseguita su un’unità di finitura digitale Scorpio dell’italiana DPR.
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La sfida dei volumi e dei costi di produzione
Stampa 70 sceglie di focalizzarsi sul print-on-demand. Ne scaturisce una collaborazione leale e di successo, che consente alle due aziende di concentrarsi sui propri reciproci core business, utilizzando al meglio le proprie basi installate di macchine offset 70x100 e stampanti digitali a foglio. Da questo sodalizio, e dalle istanze di alcuni clienti comuni, nel 2013 prende corpo l’idea di produrre piccoli volumi di etichette. Il “pronto soccorso” della produzione di etichette A porre le basi logistiche e commerciali di M51 sono Gianni Federighi, esponente della quarta generazione della famiglia di ti-
pografi, Gianni Marradi e Matteo Pifferi. Quest’ultimo entra in società con il ruolo di amministratore e sviluppatore tecnico/commerciale. «Ci siamo resi conto che packaging ed etichette erano settori in crescita e ad alta marginalità. E che avevamo spazi, clienti, e buone competenze tecniche e commerciali. Così, a fine 2013, ci siamo decisi a partire, analizzando inizialmente le tecnologie più adatte allo scopo», racconta Pifferi. Incerti e cauti sul potenziale sviluppo del business, i tre soci acquistano una stampante inkjet compatta VIPColor VP700, basata su tecnologia Memjet, cui affiancano un sistema di fustellatura a lama e sfridatura DPR
Scorpio, e più tardi una stampante laser a bobina Primera. Il primo lavoro, costuito da microlotti di etichette in carta e PVC, arriva da un produttore locale di detergenti per animali domestici. Nei mesi successivi, grazie al dialogo quotidiano con le centinaia di clienti delle due aziende, le commesse si moltiplicano. Inizialmente M51 esegue lavorazioni semplici e senza nobilitazioni, puntando sulla velocità del servizio e su prezzi competitivi. «Non abbiamo mai pensato di competere con gli etichettifici tradizionali. Anzi, abbiamo capito subito di poter essere, per loro e per molti clienti finali, una sorta di pronto soccorso per le lavorazioni più urgenti».
I primi anni di attività fanno emergere tutto il potenziale della tecnologia, ma anche la criticità di poter stampare solo su carte pretrattate, con costi di produzione non sempre allineati alle aspettative di prezzo. Per questo nel 2017 l’azienda introduce un fustellatore meccanico. Di lì a poco, i frequenti picchi di produzione autunnali imposti dalle vendemmie e dalla stagione natalizia, portano M51 alla saturazione della capacità produttiva e all’avvio della collaborazione fissa con Daniele Pampaloni, attuale responsabile di produzione. «Avevamo velocità lineari ridotte, costi di produzione elevati, e non potevamo alimentare bobine ad alta capacità. Queste limitazioni tecniche ci stavano penalizzando», spiega Pampaloni. «Abbiamo capito che per realizzare un’etichetta professionale dovevamo dotarci di strumenti adeguati». M51 avvia così una valutazione delle principali piattaforme narrow web
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‖ 1) Una forma da stampa tipografica utilizzata da Federighi Colorgrafiche negli anni Trenta. 2) I tre soci di M51 – da sinistra, Gianni Marradi, Matteo Pifferi e Gianni Federighi – al loro primo Labelexpo, nel 2013. 3) Il responsabile di produzione dell’azienda, Daniele Pampaloni.
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inkjet e a toner, inclusa la stampante Konica Minolta, già vista in anteprima a Labelexpo nel 2015. «All’inizio avevamo dubbi su C71cf e sull’efficacia della tecnologia a toner per volumi medio-alti, ma dopo aver assistito a una demo e averne verificato la qualità e l’affidabilità, è stato un colpo di fulmine», continua Pifferi. «Ancora oggi, nella fascia tra i 100 e i 200mila euro non c’è molta scelta, specie se vuoi produrre stampe con dettagli molto fini, su carte naturali non trattate, evitando la finitura lucida tipica dell’inkjet UV». A far propendere M51 per la tecnologia a toner di Konica Minolta è la predominanza di clienti nel settore alimentare e vinicolo, e l’e-
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sigenza di realizzare per loro etichette sicure e prive di migrazione, impreziosite da testi e pattern, fondi pieni, neri coprenti ed opachi, spesso abbinati a numerose nobilitazioni. Altro argomento chiave, un costo di produzione prevedibile e competitivo. «I modelli a consumo sono molto validi per le macchine da stampa industriali, ma nei sistemi compatti è di gran lunga più vantaggioso avere un costo al metro lineare certo», afferma Pifferi. «Grazie all’engine di Konica Minolta, siamo competitivi da zero a 2-300 metri, abbiamo tempi e costi di avviamento ridottissimi, e possiamo produrre preventivi precisi e affidabili al centesimo».
Tra software e supporti, per servire un mercato che cresce L’esperienza pluridecennale nelle arti grafiche ha consentito al team di M51 di bruciare le tappe, e sfruttare al meglio le tecnologie hardware e software di Konica Minolta. Per le fasi di prestampa, M51 combina i più comuni applicativi Adobe (anzitutto Illustrator e InDesign) con AccurioPro Label Impose, l’intuitivo software sviluppato da Konica Minolta per gestire l’imposition, i tracciati fustella e l’integrazione dei dati variabili. Così l’azienda toscana può offrire ai suoi clienti micro-tirature, cambi di lingua per i lotti destinati ai mercati esteri, e una persona-
lizzazione spinta delle etichette di prodotti per il canale Horeca. «Se oggi ordini il vino della casa in un ristorante, o in un hotel di buon livello, non ti aspetti più una caraffa, ma una bottiglia con un’etichetta distintiva», spiega Pifferi. «Uno stesso vino, anche se prodotto in poche migliaia di bottiglie, può così arrivare ad avere cinque, dieci o cinquanta differenti etichette». Una varietà crescente di prodotti, mercati e differenti gusti, che ha imposto a M51 di ampliare progressivamente la gamma di carte, materiali, formati e tecniche di finitura applicabili alle etichette. Ogni giorno bizhub PRESS C71cf viene alimentata con innumerevoli tipi di carte naturali (lisce, vergate, martellate, grease proof) e patinate, ma anche supporti plastici come il polipropilene. «Anche stampando su supporti non certificati per il toner, abbiamo riscontrato una compatibilità pressoché totale», continua Pifferi. «Gli unici accorgimenti riguardano la scelta, l’applicazione e la sovrastampa del foil, ma è bastata qualche prova per ottimizzare il processo». M51 gestisce oggi una media di 15-20 commesse ogni giorno, ma punta a crescere, specializzandosi ulteriormente nei suoi settori di elezione, introducendo tecnologie più produttive e specialistiche, e aprendo alle applicazioni industriali. «Per alzare l’asticella, installeremo presto un nuovo finitore da 330 mm con moduli serigrafici. E stiamo già valutando l’investimento nella nuova AccurioLabel 230», conclude Pifferi. «Il mercato dell’etichetta di alto volume cresce, ma alcuni operatori soffrono già di sovracapacità produttiva. Per questo puntiamo ad affermarci nel segmento delle micro-tirature».
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Lean production e un nuovo outfit, così Valiani si prepara alla competizione globale di Lorenzo Villa
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on è facile per un’azienda familiare italiana pianificare il proprio futuro in un’ottica di innovazione e internazionalizzazione, specie se di dimensioni medio-piccole, situata fuori da una grande metropoli e concentrata sulla produzione di macchinari per l’industria. Anche a fronte di idee brillanti e prodotti validi, a remare contro sono un Sistema Paese debole, risorse economiche risica-
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te e modelli imprenditoriali “fai da te”. Eppure le eccezioni esistono, e la nostra industria ne è ricca. Costituita nel 1974 da Franco e Franca Valiani, e guidata oggi dal figlio Nico, l’azienda Valiani è l’emblema di come un piccolo brand possa affermarsi in un mercato maturo tecnologie ben costruite, ben assistite e al giusto prezzo. Dopo decenni di costante crescita, di cui spesso vi raccontiamo sulle nostre pagine, il costruttore toscano archivierà il 2019 con un
ulteriore incremento del giro d’affari, ma soprattutto con l’orgoglio di aver completato tre task strategici: la piena attivazione della lean production sulle due linee di produzione, un management rinnovato, e una brand identity completamente ridefinita. Tra uomini e tecnologie Ad illustrarci le novità sono Nico Valiani, il suo nuovo managing director Luca Brambilla, e il Prod-
uct Manager Luca Bartalini. A partire dalla più visibile, che nelle ultime settimane ha colpito i visitatori degli stand Valiani a Viscom Italia e al Printing UNITED di Dallas. A 45 anni dalla sua nascita, Valiani ha infatti deciso di ridefinire la propria brand iden‖ In alto, il sistema di taglio Maximus V di Valiani, a sinistra nella livrea in uso fino a ottobre 2019 e, a destra, nella nuova colorazione e con il nuovo brand aziendale.
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‖ 1 e 2) Le due linee di assemblaggio di Valiani sono progettate per aderire ai principi della lean production. 3 e 4) Optima V è il sistema di taglio multiutensile compatto dedicato ai mercati della grafica e del packaging.
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4 Nico Valiani CEO di Valiani
“Volevamo riposizionare il nostro brand, enfatizzando i valori unici di Valiani. E per farlo avevamo bisogno di un nuovo outfit.” tity, con un nuovo logo, ispirato all’Uomo Vitruviano di Leonardo da Vinci, un nuovo claim e una nuova livrea per le proprie attrezzature. «Volevamo riposizionare il nostro brand, enfatizzando i valori unici aziendali. E per farlo avevamo bisogno di un nuovo outfit», racconta Valiani. «Non è solo un nuovo abito, ma un’operazione di sostanza. Che parte dalla consapevolezza del nostro posizionamento unico, sia per prezzo che per affidabilità. Da oggi, inoltre, tutte le nostre macchine avranno cinque anni di garanzia sulla parte meccanica ed elettromeccanica». Quella di Valiani è una mossa strategica meditata da tempo, scaturita da anni di accurata analisi della propria base installata, che conta
ormai più di 4.000 macchine in 80 paesi del mondo. E dalla consapevolezza di poter offrire a clienti e rivenditori una qualità costruttiva d’eccellenza, unita a servizi postvendita e aggiornamenti software gratuiti e puntuali. «Ci impegniamo per rispondere alle richieste di assistenza entro 24 ore, dando a tutti i nostri clienti la certezza di una soluzione rapida e duratura. La prova è che, 45 anni dopo la sua installazione, la nostra macchina numero 2 è ancora perfettamente funzionante in Scozia», afferma orgoglioso Bartalini. Un nuovo modo di progettare, costruire e migliorare i prodotti Per sostenere l’aumento dei
volumi, migliorare ulteriormente la qualità e costruire macchine sempre più complesse, nel 2018 Valiani ha avviato una revisione completa dei propri processi produttivi, scommettendo sulla lean production e sulla filosofia del continuous improvement, mutuati dal “metodo Toyota”. 18 mesi dopo, le due nuove linee di assemblaggio sono in piena operatività, così come i processi di stoccaggio e riordino automatico dei componenti e dei ricambi. Ma Valiani guarda già al futuro e, nelle prossime settimane, l’azienda si prepara ad accogliere nuove risorse umane nei team di marketing e di vendita, e a colmare alcuni gap nella propria offerta, a partire da nuove macchine più automatizzate.
Verso l’espansione globale Sebbene l’export costituisca già la quota più rilevante del fatturato di Valiani, il 2020 sarà l’anno della decisiva affermazione nei più importanti mercati della stampa e del packaging. «Inizieremo dal Nord America, dove abbiamo assunto un business developer, e dove concentreremo sforzi e investimenti nei primi mesi dell’anno», afferma Brambilla. «Non intendiamo competere coi big del mercato, ma raccontare la nostra storia e affermarci per gli stessi valori e servizi che ci contraddistinguono in Europa. In primis qualità, prezzo, performance, affidabilità, assistenza e capacità dimostrativa».
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strategie Il brand italiano consolida la partnership industriale con Xerox e inaugura un sito produttivo di 3.500 m2 nel Centro Italia, da cui esporta i suoi kit in tutto il mondo
BiancoDigitale industrializza la nobilitazione a toner di Xerox in chiave open source di Lorenzo Villa
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ià due anni fa vi raccontavamo di MC System, e del suo brand BiancoDigitale, come di un’avvincente storia di ricerca e sviluppo. Erano trascorsi pochi mesi da drupa 2016, dove l’azienda italiana aveva timidamente introdotto una soluzione di stampa con toner bianco coprente. A renderla innovativa, l’impiego di una “normale” stampante a toner CMYK. Pochi avrebbero scom-
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messo che quella di MC System, nata e cresciuta come dealer regionale di Xerox, si sarebbe trasformata in un’innovazione destinata ad aprire nuovi scenari tecnologici per l’intera industria. Specie in un segmento ‒ la nobilitazione digitale ‒ dominato da tecnologie inkjet ultraperformanti come Scodix, MGI, Duplo, Steinemann e pochi altri. Eppure i fondatori dell’azienda italiana, abituati a elaborare soluzioni originali per i piccoli e medi stampatori, sognavano
di rendere questa opportunità accessibile a un pubblico più vasto. Tutto inizia nel 2014, quando il laboratorio di MC System, ai tempi dedicato all’assistenza tecnica, ottiene i primi (incoraggianti) risultati di stampa con un toner bianco di formulazione proprietaria, grazie a un kit di modifica installato su Xerox Phaser 6600 e 7100, seguite a breve da Phaser 7800. Convinti di poter fare la differenza, i soci di MC System gettano il cuore al di là dell’ostacolo e incari-
cano un team di giovani ingegneri, guidati da Lorenzo Lepri, di implementare la tecnologia. Perché BiancoDigitale? MC Sytem intuisce la potenzialità di utilizzare una stampante a toner per nobilitare carte e sup‖ In alto e nella pagina a fianco, la nuova sede di MC System a Umbertide (Perugia), da poco insediata nell’area dell’ex opificio tessile della Fagnus.
strategie
Enzo Lepri CEO di MC System
“Da tempo abbiamo superato i confini del bianco, ma abbiamo scelto di preservare questo nome per rendere la tecnologia unica e riconoscibile.” porti scuri, trasparenti, o normali stampe commerciali e packaging. E decide di investire ingenti risorse nella stabilizzazione del processo, nello sviluppo di nuovi colori e toner speciali, e nella collaborazione con software house in grado di pilotare un engine CMYK “modificato”. Tra il 2016 e il 2017 la reputazione di BiancoDigitale valica i confini nazionali, ponendo le basi per una produzione su larga scala. Al contempo, al bianco si sono progressivamente affiancati oro, argento, clear e una tricromia fluorescente (ulteriori cromie sono in via di sviluppo). Anche sul fronte dell’hardware, ai kit di modifica per Phaser 6600, 7100 e 7800, si sono aggiunte le versioni dedicate alle più produttive Xerox C60 e Versant 180. Nella primavera del 2018, la fiera Print4All è il palcoscenico che sancisce il debutto di BiancoDigitale sul mercato internazionale, attraendo la curiosità e l’attenzione commerciale dei partner Xerox di tutta Europa e d’oltreoceano. Tanto che la stessa Xerox si convince della bontà del progetto, e decide di renderlo parte della propria offerta di soluzioni production, coniando il brand “Adaptive CMYK Plus”. Un’innovazione premiata a Chicago, lo scorso settembre, durante la fiera Print 19, con un RED HOT Technology Award assegnato dalla Association for PRINT Technologies. BiancoDigitale si trasforma così in una ge-
niale opportunità di business per l’intera rete commerciale di Xerox, senza tuttavia perdere la sua identità. «BiancoDigitale è il nome di battesimo della nostra tecnologia proprietaria di nobilitazione digitale», spiega Enzo Lepri, CEO di MC System. «Da tempo abbiamo superato i confini del bianco, ma abbiamo scelto di preservare questo nome, orgogliosamente italiano, per renderla unica e riconoscibile». La sfida dei volumi e delle partnership tecnologiche Come ogni tecnologia di svolta, specie se partorita da una startup, BiancoDigitale muove i suoi primi passi in un clima di scetticismo e
di apprensione. La semplicità di utilizzo, accessibilità economica e affidabilità del sistema, tuttavia, si rivelano il grimaldello per convincere anche gli interlocutori più esigenti. Sin dagli esordi, le stampanti BiancoDigitale sono pilotate dal RIP dell’italiana DevStudio, software house fiorentina che ha saputo conquistare la fiducia di colossi dell’inkjet come HP, Canon ed Epson. Anche sul fronte del software, tuttavia, MC System è riuscita a legare il proprio sviluppo tecnologico a quello di un leader globale. Nella primavera del 2018, il costruttore italiano avvia con EFI lo sviluppo di una versione del controller Fiery dedicata ai modelli di Xerox C60 e Versant 80 equi-
paggiati con i kit di nobilitazione BiancoDigitale. Un progetto ambizioso, che vale a MC System la qualifica di Platinum Partner di EFI, e porta l’azienda tra gli espositori della conferenza EFI Connect 2019 a Las Vegas. Obiettivo: spalancare alla platea mondiale degli utenti Fiery le potenzialità di BiancoDigitale su piattaforma Xerox. La reazione entusiastica del mercato europeo, l’avvio delle vendite in Francia, Regno Unito, Portogallo, Olanda, Danimarca, Russia e altri Paesi europei, insieme ai primi positivi feedback provenienti dal Nord America, convincono ‖ In alto, da sinistra, Lorenzo Lepri, Paolo Fronduti, Enzo Lepri e Gaetana Fronduti, soci di MC System.
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strategie
MC System ad accelerare i processi di R&D e ad investire in nuova capacità produttiva. Verso la “fabbrica del bianco” Tra gli ingredienti del successo di BiancoDigitale ci sono la facilità di integrazione e la possibilità per l’utilizzatore finale di modificare la configurazione colori (acquistando differenti kit), o tornare in qualsiasi momento alla configurazione CMYK originale. «Da rivenditori Xerox, il nostro obiettivo era rendere il kit BiancoDigitale economico, facilmente installabile, aggiornabile e removibile», continua Lepri. «Per questo abbiamo progettato e brevettato un sistema di alimentazione che, in pochi minuti e senza apportare modifiche sostanziali all’hardware, consente di passare dai toner CMYK ai metallizzati e al clear, ai tre primari fluorescenti più il nero». Inizialmente costruita artigianalmente, l’invenzione di MC System ha presto dovuto fare i conti con il gradimento del mercato e le centinaia di ordinativi provenienti dai rivenditori Xerox che hanno sposato il progetto. Una sfida non più solo tecnica, ma industriale, che ha posto il management aziendale di fronte a un bivio: cederne la proprietà intellettuale, o sviluppare e scalare il progetto con proprie risorse. Così, il genuino spirito imprenditoriale, l’orgoglio e il desiderio di condividere nuove sfide
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con i propri collaboratori hanno convinto i soci di MC System al grande passo. Cambiare pelle, e trasformarsi da rivenditore a industria manifatturiera. Da sartoria d’eccellenza a fabbrica digitale del futuro In un tessuto produttivo legato all’agricoltura, all’industria alimentare e alla manifattura tessile, sviluppare sofisticate tecnologie di imaging per una clientela globale non è una sfida banale. A partire dal reperimento di risorse umane e spazi adatti a un traguardo così ambizioso. A giugno 2019, dopo un profondo intervento di recupero, MC System si è insediata nell’area già appartenuta a Fagnus, prestigisa azienda tessile, per decenni principale realtà produttiva della città di Umbertide. Un gioiello di archeo-
logia industriale degli anni Settanta, circondato da un parco secolare. «Avremmo potuto scegliere un capannone industriale più moderno e anonimo, ma abbiamo creduto che questo progetto meritasse un luogo emblematico. Che in piccolo ricordasse le sedi volute da Xerox, Kodak, IBM e Apple per i propri parchi tecnologici», conclude Lepri. «Recuperare un pezzo di archeologia industriale è stato un investimento gravoso, ma crediamo sia un passo imprescindibile per conferire un’identità forte a questa azienda, e poter soddisfare un trend di ordinativi che, dal 2016 a oggi, è cresciuto di oltre il 100% anno su anno». Il nuovo stabilimento ha una superficie di 3.500 m² ed è parte di un’area di 10.000 m² complessivi (di cui 2.500 m² edificabili). Esso accoglie la produzione, un edificio dedicato agli uffici, il centro di ri-
cerca e sviluppo, un’area dimostrativa e magazzini. Dall’inizio delle operazioni, lo scorso giugno, la fabbrica di MC System ha prodotto e consegnato oltre 500 kit BiancoDigitale per Xerox C60 e, allo stato attuale, è in grado di produrre fino a 150 kit al mese. Ma spazi e infrastrutture sono già dimensionati per sviluppare, produrre e spedire migliaia di pezzi ogni anno, suddivisi tra i diversi modelli di stampanti Xerox. Tra questi ci sono i sistemi BiancoDigitale C400WPs e WPs Fluo, C7000WPs e C8000 WhiteOn (con bianco e tricromia) basati su Xerox VersaLink, e i kit per le nuove Xerox PrimeLink C9065 e C9070, annunciati al Viscom Italia 2019. ‖ In alto, il reparto di assemblaggio dei kit Xerox Adaptive CMYK Plus. Sotto, l’area di imballaggio e spedizione dei kit BiancoDigitale completi.
speciale Automazione, vendita online, riduzione degli interventi manuali in prestampa e in amministrazione possono garantire nuova redditività agli stampatori
Un workflow innovativo può aggiungere valore a qualsiasi azienda di stampa di Sean Smyth
L
o sviluppo di un flusso di lavoro efficace dovrebbe essere in cima alle priorità di ogni azienda di stampa nel 2019. È essenziale garantire che i file grafici siano gestiti in modo efficiente e con il minimo intervento manuale, così da massimizzare la capacità disponibile e garantire, al contempo, una qualità ottimale nel più breve tempo possibile. La scelta del sistema, e il modo in cui
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questo viene utilizzato, determinerà l’efficienza di un reparto di produzione di stampa, mentre una vetrina online più attraente potrà aiutare a ridurre i costi di vendita e quelli amministrativi. Ma c’è anche un aspetto strategico nell’uso del flusso di lavoro, che può fornire un significativo vantaggio competitivo alle aziende, nonché aumentare significativamente il loro valore. Questa dovrebbe essere una considerazione per tutte le aziende di stampa,
che in alcuni casi potrebbe condizionare il loro futuro. Quali le applicazioni possibili? Oggi i produttori di stampa e packaging devono gestire molti lavori rapidamente, a basso costo e senza errori. C’è stato un grande sviluppo per semplificare l’evasione degli ordini e ottimizzare i layout grafici dei lavori da inviare in produzione. L’obiettivo è un sistema end-to-end completo,
Oltre a scrivere e tenere seminari, Sean Smyth è un analista di mercato attivo nelle industrie della stampa e della cartotecnica. È un tecnologo della stampa e ha lavorato in aziende grandi e piccole (anche come proprietario) dove ha utilizzato la tecnologia per un semplice scopo: fare soldi. Smyth è inoltre uno stratega aziendale; lavora con brand, costruttori di attrezzature, fornitori materiali di consumo e converter, cercando di dar loro strumenti ed indicazioni per sfruttare le tante opportunità derivanti dall’adozione della stampa digitale da parte di stampatori, etichettifici e cartotecniche. Smyth è infine ricercatore, consulente e direttore non esecutivo presso Smithers Pira.
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dall’ordine alla consegna, in un flusso integrato che connette in modo collaborativo clienti, fornitori e partner (comprese le aziende di logistica). Gli stampatori sanno di fare soldi solo quando le loro macchine da stampa sono in produzione. Oggi non c’è abbastanza tempo (o denaro) per
SERVIZIO DI STAMPA B2B
VENDITA CAPACITÀ PRODUTTIVA
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giustificare le stesse procedure amministrative, e lo stesso investimento nella prestampa, che era necessario un tempo. La necessità di gestire più commesse frammentate aggiunge nuovi livelli di complessità per gli stampatori. Ogni lavoro deve essere caricato nel sistema di produzione, appro-
vato, gestito in prestampa, stampato, finito e spedito. Il carico di lavoro amministrativo e di prestampa necessario per supportare un volume di stampa sufficiente a riempire la macchina, aumenta così a dismisura. Cercare di gestire questo volume senza aumentare il numero di dipendenti è
PIANIFICAZIONE
IN BASE ALLA SCADENZA, AL TIPO DI SUPPORTO, AL TIPO DI FINITURA
RAGGRUPPAMENTO LAVORI E IMPOSITION
un fattore chiave per il successo. Questo cambiamento si è già verificato nel settore della stampa commerciale, dove le aziende gestiscono regolarmente centinaia (talvolta migliaia) di lavori ogni giorno, utilizzando sistemi webto-print e flussi di lavoro automatizzati collegati ai loro MIS.
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speciale
Cos’è oggi un workflow?
I giganti della stampa automatizzata Una delle aziende di stampa oggi più rilevanti è Cimpress, proprietaria di Vistaprint. L’azienda è cresciuta rapidamente da quando è stata fondata nel 1995, con un fatturato che ha raggiunto i 2,75 miliardi di dollari nel 2019. Si tratta del 6% in più rispetto al 2018, quando la crescita era stata del 21% sul 2017, il 19% in più rispetto al 2016. Cimpress vende prodotti di stampa tradizionali (tra le altre cose), ma li commercializza in modo innovativo. Utilizza infatti il suo flusso di lavoro proprietario per ridurre al minimo i costi di vendita, amministrazione e prestampa, rendendo gli stampati sempre più accessibili ai consumatori. Il sistema gestisce quotidianamente svariate migliaia di commesse, assicurandosi che vengano indirizzate al sito di stampa più appropriato. Più lavori vengono
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raggruppati su un unico foglio, condividendo il processo di preparazione e ottimizzando l’utilizzo della carta. Cimpress ha la sua Mass Customisation Platform (MCP), un insieme di sofisticati strumenti di workflow, che comprende una gamma di micro-servizi modulari accessibili a molti fornitori e ai siti di produzione Cimpress. Ogni micro-servizio svolge funzioni uniche, ma è conforme a rigorosi standard correlati all’interfaccia, così da essere compatibile e scalabile. Cimpress non elenca pubblicamente tutti i servizi che sta sviluppando, ma un esempio riguarda la logistica. L’azienda è in grado di gestire diverse migliaia di commesse contemporaneamente, utilizzando il suo sistema per combinare insieme lavori simili e ridurre così al minimo i costi di configurazione. Consentendo al contempo una diversa finitura e il monitoraggio di ogni lavoro, per assicurarsi che venga consegnato in tempo. Un
Il flusso di lavoro descrive le attività che si svolgono dalla creazione alla consegna dei lavori di stampa o di imballaggio stampato. Di solito ci sono due serie distinte di attività: • produzione e ottimizzazione dei file grafici; • amministrazione e monitoraggio del lavoro. Nel corso degli anni queste attività sono passate da metodi manuali analogici a metodi digitali automatici. Un software specializzato controlla e automatizza la maggior parte delle funzioni di creazione, trasferimento e verifica dei file, gestione del colore, imposizione, materiali, stampa e finitura, per poi passare alla realizzazione e distribuzione. altro set di applicazioni sfrutta la rete logistica, consentendo l’accesso a tariffe di spedizione negoziate a livello globale e utilizzando la selezione automatica del vettore, così da garantire le consegne ai costi più bassi. L’obiettivo è quello di rendere disponibile l’MCP per introdurre nuovi prodotti e migliorare l’esperienza dell’utente attraverso scalabilità, qualità, consegna, velocità e soddisfazione del
Nel 2019 la gamma di funzionalità è più ampia, in quanto le aziende di stampa tendono ad andare oltre l’ottimizzazione della produzione di stampa, focalizzandosi su come rendere l’attività più redditizia e sostenibile. Vendite e preventivazione possono essere effettuate online, attraverso sistemi che ricevono gli ordini, caricano o generano i template grafici, effettuano controllo e approvazione, creano una coda di lavoro e organizzano materiali, stampa e finitura. Tutto automaticamente, senza alcun intervento umano, mentre i sistemi utilizzano algoritmi per determinare il sito produttivo e il metodo ottimali per ridurre sprechi e tagliare i tempi. cliente. Robert Keane, fondatore e CEO di Cimpress, afferma: «Investiamo nella nostra piattaforma di personalizzazione di massa per aiutare le nostre aziende ad aiutare i nostri clienti». Questo flusso di lavoro proprietario, di fatto un insieme di strumenti di workflow, è uno dei modi in cui Cimpress si è differenziata, consentendo all’azienda di crescere e di generare un valore molto elevato.
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speciale un’ampia varietà di funzionalità riassunte nella figura a pag. 47. Verso il web-to-print
L’automazione del workflow è davvero per tutti? Naturalmente non è possibile per ogni azienda emulare Cimpress, ma ci sono esempi di stampatori che sfruttano i propri workflow per modificare i processi aziendali. Se un’azienda svolge bene un particolare compito, allora altri potrebbero volerne beneficiare. Per questo, sempre più aziende evolute stanno commercializzando i loro sviluppi. HP, ad esempio, si è impegnata a creare un marketplace di soluzioni all’interno del suo PrintOS. PrintOS è un sistema operativo per la produzione di stampa, che include una serie di applicazioni create per aiutare gli utenti ad ottenere di più dalle loro macchine da stampa HP, semplificando e automatizzando i processi produttivi. Il marketplace consente a terzi, compresi i fornitori di stampa, di vendere le proprie soluzioni. Un esempio è Site Flow, una soluzione integrata per il flusso di lavoro che gestisce centinaia (o migliaia) di piccoli lavori al giorno. Il sistema pianifica e monitora gli ordini, stabilendo le priorità e riportan-
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do i livelli di servizio raggiunti. La piattaforma genera liste di lavori individuali in ogni fase della produzione, in modo che gli operatori abbiano visibilità totale sullo stato dei lavori e sui programmi di produzione. I codici a barre generati dal sistema combinano gli ordini, il che significa che più articoli di uno stesso ordine possono essere spediti insieme, ottimizzando i costi di distribuzione. Tramite un cruscotto, è possibile visualizzare gli indicatori chiave delle prestazioni, come la puntualità delle consegne, l’utilizzo della macchina, la capacità residua e molto altro. Questo applicativo è stato sviluppato originariamente presso un cliente HP Indigo, che ha fatto profitti vendendo la propria soluzione ad altri stampatori. Mentre HP ha dato ulteriore impulso al potenziale produttivo. Meno interventi manuali Altre aziende di stampa utilizzano il flusso di lavoro per automatizzare la produzione che in precedenza richiedeva un intervento manuale, creando flussi di lavoro a basso impatto o no-touch.
Alcune hanno cambiato il loro processo di business, ad esempio l’emergente community della stampa online ha introdotto la possibilità di combinare più lavori insieme, per ottimizzare ulteriormente la produzione. Un altro fenomeno indotto dal workflow è quello del web-toprint, che è cresciuto tra stampatori commerciali e operatori del grande formato. Le aziende forniscono sofisticati template di prodotto WYSIWYG (What You See Is What You Get), rendendoli molto facili da usare anche per print buyer inesperti. I sistemi generano PDF ottimizzati, che semplificano la produzione stampata e finalizzano il pagamento al momento dell’ordine, migliorando il flusso di cassa degli stampatori. La stampa on-line per i clienti finali, insieme alla fornitura di stampa B2B, ha portato a nuovi modelli di business, che si basano su una produzione altamente efficiente. Questa è possibile grazie a sistemi di workflow management agili, che hanno ridefinito le metodologie di produzione tradizionali. Ci sono molte categorie di sistemi web-to-print attivi, con
Il web-to-print sta crescendo rapidamente in tutta Europa, guidato da aziende tedesche, austriache e italiane che hanno creato siti di stampa di grandi volumi estremamente efficienti. Nell’Europa occidentale, i modelli di web-toprint nel campo grafico (stampa commerciale, pubblicitaria e marketing) rappresentava il 7,2% del mercato totale della stampa nel 2018, e raggiugerà l’8,8% entro il 2023, secondo uno studio pubblicato da Aptech negli Stati Uniti. Questo ha e avrà un impatto sulle aziende di stampa che non dispongono di piattaforme di vendita online, in quanto i prezzi e i tempi di consegna stanno subendo crescenti pressioni. Le tipografie hanno vissuto per anni con la pressione sui prezzi, e hanno adottato nuove tecnologie per ridurre i costi complessivi di produzione. I sistemi web-to-print possono eliminare i costi di vendita manuali e possono eliminare la gestione del servizio clienti e le operazioni di prestampa manuale, integrandosi con sistemi MIS e sistemi interni di workflow. Le aziende che utilizzano i loro sistemi in questo modo possono ridurre i costi correlati, trasferendo parte dei benefici ai print buyer, e diventando così più competitive rispetto ai concorrenti offline. Vendendo volumi ad altre aziende, uno stampatore può inoltre consentire ad altri operatori di ampliare la propria gamma di prodotti, e al contempo trarre profitto dalla capacità produttiva inutilizzata. Quindi, anche se non disponete di un flusso di lavoro snello, sarete sempre più influenzati dalle aziende che ce l’hanno. E se avete un flusso di lavoro snello e intelligente, che vi garantisce efficienza, questo potrebbe essere utile ad altri produttori di stampa. Imprenditori che potrebbero essere disposti a pagare per utilizzare la vostra tecnologia, garantendovi un’altra fonte di reddito.
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eventi Da una fitta agenda di incontri con gli innovatori presenti in fiera, emergono trend chiari sullo sviluppo delle tecnologie per la stampa e la finitura narrow web
A Labelexpo le macchine per etichette puntano su efficienza e ibridazione
Foto: pack.consult
di Dieter Finna
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econdo fonti del settore, dall’anno scorso le vendite dei sistemi di stampa digitale hanno superato quelle dei sistemi convenzionali di stampa di etichette. Ciò non significa, tuttavia, che le macchine da stampa convenzionali siano fuori dai giochi. Labelexpo di Bruxelles ha dimostrato che i progressi tecnologici nel campo delle macchine convenzionali e digitali stanno portando ad un ampliamento
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dei loro campi di applicazione. In molti casi tali macchine si trasformano in soluzioni ibride. Un buon motivo per chiedere ai principali produttori di macchine da stampa per etichette di commentare le ultime tendenze del settore. Le più recenti evoluzioni della tecnologia devono essere in grado di rispondere alle mutate esigenze dell’industria dell’etichetta. In particolare alla necessità di un numero crescente di varianti, con tirature di stampa sempre più pic-
cole e tempi di consegna sempre più brevi. Ciò dimostra chiaramente quanto sia importante poter disporre di tecnologie caratterizzate da elevata flessibilità ed efficienza. A Labelexpo, i principali costruttori hanno presentato un’ampia gamma di soluzioni, con diverse configurazioni, mirate a soddisfare queste esigenze. ‖ In alto, la linea ibrida di stampa e nobilitazione digitale di MPS con il modulo Kurz DM Jetliner.
Dieter Finna ha conseguito la laurea come Ingegnere della Stampa presso la Bergische Universität di Wuppertal (Germania). Nei suoi molti anni in Flint Group, ha ricoperto diverse posizioni nel settore delle lastre per la stampa e dell’inchiostro. Dieter ha una vasta esperienza nel settore della stampa e dell’imballaggio, e nel 2016 ha fondato pack.consult, una piattaforma per il content marketing e la consulenza nella stampa del packaging. pack.consult è specializzato in PR tecnologia, ricerche di mercato e consulenza nell’imballaggio e nella stampa digitale, con lo scopo di presentare contenuti tecnici complessi in modo chiaro, semplice e comprensibile, e supportare e supervisionare nuovi progetti e nuovi prodotti.
eventi ‖ A sinistra, Federico d’Annunzio di BOBST presenta l’integrazione con moduli inkjet Mouvent sulla linea MASTER DM5. In basso, nei moduli IoD (Ink-on-Demand) di BOBST il calamaio è sostituito da un tubo in gomma, che fornisce la quantità di inchiostro minima necessaria.
BOBST “digitalizza” la stampa flexo, e guarda all’inkjet «La decisione su quale tecnologia sia la migliore da utilizzare nella stampa di etichette risiede nei costi di processo», afferma Federico d’Annunzio, Senior Innovation Advisor e Program Manager Hybrid di BOBST. Da questo punto di vista, c’è una chiara tendenza verso l’automazione digitale e un flusso di lavoro digitale. Il controllo e l’automazione di ogni singolo processo è la chiave del concetto di macchina BOBST. L’azienda persegue costantemente la digitalizzazione delle proprie macchine e utilizza la tecnologia di stampa digitale abbinandola ai processi convenzionali. L’idea di base è che il vantaggio decisivo risieda nella digitalizzazione del flusso di lavoro, e si completi con l’integrazione di unità di stampa digitale. Costo e facilità d’uso sono argomenti che, secondo d’Annunzio, favoriscono le soluzioni ibride. Ad esempio, la macchina ibrida
BOBST MASTER DM5 combina la stampa digitale e la tecnologia di stampa DigiFlexo in un’unica linea, stabilendo un nuovo standard nella stampa di etichette. I cambi di lavoro ‒ compresa la
stampa flessografica e digitale, gli utensili per la fustellatura e lo stripping ‒ possono essere eseguiti on-the-fly su questa linea, senza fermare la macchina da stampa. La tecnologia di stampa DigiFlexo prevede un sistema di telecamere che imposta automaticamente la pressione dei cilindri di stampa e ne controlla il registro laterale. La completa automazione digitale di MASTER DM5 consente di affidare la produzione di piccole e medie tirature a un solo operatore. Questo anche grazie all’opzione Ink-on-Demand (IoD), per le unità di stampa DigiFlexo, una soluzione rivoluzionaria che sostituisce i tradizionali serbatoi di inchiostro con un unico tubo di gomma che eroga 30 grammi di inchiostro all’unità di stampa. Il sistema elimina i vassoi di inchiostro e le racle a camera ed esegue il lavaggio completamente automatico dell’unità di stampa in meno di un minuto. Sul sistema è poi possibile installare numerose unità di finitura in linea. Con una
larghezza di stampa di 370 mm, la macchina raggiunge una velocità di 100 m/min con un processo altamente digitalizzato. I sistemi ibridi Domino aumentano la disponibilità e la redditività dei sistemi Data la situazione delle commesse precedentemente descritta e la crescente varietà di prodotti offerti dalle marche, è sempre più frequente che la stampa di etichette avvenga mediante macchine ibride. «Con una macchina ibrida, la grafica base di un’etichetta può essere stampata in modo convenzionale, con la tecnologia flexo», spiega Peter Lewald, Key Account Director di Domino. Questo vale per tutti gli elementi grafici per i quali non siano previste variazioni, come il logo del produttore nel colore istituzionale, lo sfondo bianco o le aree su cui applicare un coating protettivo. Gli elementi variabili, come parti di immagini, testi o piccole grafiche, possono invece essere stampati in digitale. Per questo motivo, la macchina ibrida deve essere fermata solo quando si cambia materiale, bobina o fustella. «Le piattaforme ibride basate sulla macchina da stampa digitale Domino
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eventi ‖ A sinistra, Martin Leitner di Durst stima che i clienti con tirature fino a 3.000 metri possono ottenere il massimo dalle macchine digitali. In basso, Martin Leonhard di Gallus enfatizza l’importanza di combinare stampa e nobilitazione. digitale.
N610i sono efficienti e rispondono a una necessità economica, in quanto sono più convenienti delle macchine da stampa digitale e di quelle flessografiche per un’ampia gamma di applicazioni. Il loro valore aggiunto risiede nella combinazione di un’ampia gamma di soluzioni di stampa e finitura analogica con i vantaggi offerti dalla stampa digitale. Il costo complessivo e la velocità di produzione sono buone ragioni per usare macchine ibride», conclude Lewald. «Riguardo gli sviluppi futuri, la tendenza è che la parte di nobilitazione delle macchine ibride diventerà ancora più digitale, o ancora più veloce, e che i sistemi saranno più bilanciati in termini di stampa e finitura». Grazie ai buffer sviluppati da Domino, che consentono di integrare i propri engine digitali con unità convenzionali che lavorano a velocità differenti, è poi possibile ridurre significativamente gli scarti di materiale. Un ulteriore passo verso una produzione di etichette più eco-sostenibile. Tra soluzioni offline e ibride, Durst punta su flessibilità e integrazione tecnologica Forte della sua esperienza nell’inkjet, Durst ha sviluppato la sua
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piattaforma ibrida XJet integrando l’engine digitale di Tau 330 RSC con le unità convenzionali prodotte da Omet. «Le macchine stand-alone raggiungono i massimi livelli di efficienza su tirature fino a circa 3.000 metri lineari. Con fasi di stampa e finishing completamente separate, gli operatori possono concentrarsi totalmente su un unico processo», afferma Martin Leitner, Product Manager di Durst
Phototechnik AG. «Quando la stampa digitale raggiunge tirature di 10.000 e più metri lineari, però, le macchine ibride iniziano ad avere senso». Grazie alle configurazioni ibride, le modifiche al layout e i cambi di materiale sono minori, ed è possibile produrre efficacemente e in modo flessibile anche medie e alte tirature. Dato che i quantitativi medi tendono a diminuire, i sistemi ibridi devono aumentare il loro
grado di automazione, e i singoli processi devono essere bilanciati per lavorare in modo efficiente. Se questo accadrà, c’è la possibilità che in futuro le macchine ibride siano ancora più performanti. L’aumento delle larghezze di stampa delle attrezzature digitali e ibride, inoltre, ne lascia intravedere un utilizzo sempre più versatile nel campo delle etichette e degli imballaggi. Con sistemi che raggiungono una larghezza di stampa di stampa di 420 mm, Durst sta seguendo questo trend e a breve avvierà un field test per una macchina da 510 mm. Secondo Durst, oggi larga parte degli etichettifici non necessita di formati più grandi, e per i produttori di macchine digitali c’è un grande potenziale da cogliere nell’etichetta con le attuali larghezze di stampa. Gallus scommette sull’ibridazione modulare Gallus persegue il concetto di modularità, sia nelle macchi-
La tua stampa online.
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eventi ‖ A sinistra, Stépahen Royère di Kurz mostra innovative applicazioni di stampa e nobilitazione digitale. In basso, Jakob Landberg di Nilpeter delinea un trend verso macchine sempre più funzionali all’applicazione.
applicazioni ibride di nobilitazione dello stampato. L’ottimizzazione del flusso di lavoro è la ricetta del futuro per MPS
ne da stampa analogiche che in quelle ibride. Tutti i moduli sono posizionati sul medesimo livello, così che il setup possa essere eseguito nel più breve tempo possibile. A seconda della tipologia di macchina, un cambio lavoro su una macchina convenzionale (per esempio una Gallus RCS 430) richiede meno di cinque minuti, senza smontare la bobina di materiale. Il sistema ibrido per la stampa di etichette Gallus Labelfire 340 rappresenta oggi uno degli esempi più evoluti di versatilità applicativa. Labelfire include un’unità di stampa digitale a 7 colori più il bianco, integrata con un’unità di finitura digitale e più unità di stampa flessografica UV. Secondo Martin Leonhard, VP Business Development Digital di Gallus, è possibile combinare i bassi costi di produzione del metodo convenzionale con i vantaggi del digitale. Grazie all’unità di nobilitazione digitale inkjet Steinemann DPE, Gallus Labelfire consente di ottenere in un unico passaggio effetti di verniciatura spot opaca e lucida, ed effetti tattili di diverso spessore. Con l’introduzione della “Carton Edition”, Labelfire può essere impiegata anche nella stampa di cartone teso.
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Il processo digitale completa il foiling a caldo e a freddo Il modulo Kurz DM-Jetliner, che introduce la metallizzazione digitale in linea nell’etichetta, è solo l’ultima novità nel campo della nobilitazione digitale. Queste tecnologie sono sempre più utilizzate nelle configurazioni ibride, come quelle di MPS e HP Indigo. «Come fornitori tradizionali di foil per la nobilitazio-
ne, vediamo la necessità di poter offrire un sistema per la finitura digitale, ponendoci come fornitore unico», dichiara Stéphane Royère, responsabile Industrial Products di Kurz. Dopo l’acquisizione di Steinemann, Kurz è in grado di offrire una nuova unità di finitura digitale, che può essere utilizzata sia in linea che stand-alone, o come parte di una linea ibrida. Questo sta delineando nuovi trend nelle
Con il lancio della macchina MPS EF Symjet nel 2015, MPS e Domino sono diventati partner nella realizzazione di sistemi di stampa ibridi, capaci di combinare la tecnologia flexo MPS con l’engine digitale Domino N610i. Con il lancio della versione da 430 mm di luce, anche MPS segue il trend di ampliamento dei formati di stampa. La macchina ibrida è inoltre equipaggiata con la piattaforma di connettività MPS “Talk to me”. «MPS vuole aiutare i propri clienti a ottenere i migliori risultati per cambi lavoro, assistenza, formazione degli operatori e misurabilità dei risultati», spiega Eric Hoendervanger, co-fondatore di MPS. “Talk to me” collega la stampa ai Management Information Systems (MIS) aziendali, abilitando lo scambio e il
eventi ‖ Filip Weymans di Xeikon enfatizza l’importanza della digitalizzazione dell’intero workflow produttivo.
di applicazioni realizzabili sulla stessa macchina, dalle etichette acqua e colla, alle etichette autoadesive e wrap-around, ai film termoretraibili, alle buste, fino alle scatole in cartone teso. In generale, si può affermare che il maggior costo di una piattaforma ibrida rispetta a una interamente digitale si giustifica anche sulle tirature più basse, grazie alla riduzione degli scarti in fase di avviamento. Conclusioni
controllo dei dati di produzione in tempo reale. I dati scambiati dalle macchine da stampa vengono analizzati per migliorare i processi e i flussi di lavoro nell’azienda di stampa. L’analisi viene condotta per un periodo di tempo predefinito, in funzione del Service Level Agreement sottoscritto, e viene offerta come servizio di consulenza ai clienti. Nilpeter punta alle macchine indipendenti dall’applicazione, e ai grandi formati per l’imballaggio flessibile Sebbene il segmento di macchine per etichette con caratteristiche semplici sotto i 400mila euro sia fortemente presidiata, Jakob Landberg, Direttore Vendite e Marketing di Nilpeter, intravede una tendenza verso l’ibridazione. Tempi di avviamento sempre più brevi e una crescente attenzione alla riduzione degli sprechi di carta, spostano il break-even verso il basso. Secondo il manager di Nilpeter, le macchine saranno sempre meno correlate all’applicazione. Nel settore delle etichette, le nuove tecnologie dovranno coprire la più ampia gamma possibile di applicazioni, e avere la flessibilità di alimentare diversi
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materiali e inchiostri. La stampa flexo si espanderà ad altri segmenti, come i termoretraibili e il packaging, mentre la stampa digitale e ibrida si affermerà nelle lavorazioni clear-on-clear nel settore vinicolo, nei mercati dell’healthcare e della cosmesi. In questi segmenti, le macchine ibride potranno combinare l’affidabilità e l’economicità del processo convenzionale con le opportunità di variabilizzazione del digitale. La presenza di numerose opzioni di finitura in linea, poi, consentirà risparmi sui costi del personale, sui tempi di allestimento e sugli scarti. Secondo Nilpeter, nelle piattaforme digitali ibride occorre prestare attenzione a garantire una struttura aperta, poiché la vita utile delle unità analogiche e digitali differisce in modo significativo. In tempi relativamente brevi rispetto a quelli dell’analogico, i moduli digitali di una linea ibrida devono essere rimpiazzabili. Quella digitale, infatti, è una tecnologia ancora in rapida evoluzione. Per le applicazioni di packaging, Nilpeter realizza una macchina da 670 mm di larghezza, che prevede una varietà di configurazioni per le differenti applicazioni, dai film termoretraibili di
alta qualità alle etichette autoadesive, alla laminazione in linea per l’imballaggio alimentare. «Le macchine a banda più larga per l’imballaggio flessibile sono una chiara tendenza, che ci dà l’opportunità di servire nuovi mercati ed espandere la base di clienti», conclude Landberg. Xeikon punta sulla digitalizzazione dei processi «L’introduzione del digitale in un’azienda non si limita al processo di stampa», spiega Filip Weymans, Vice President Marketing di Xeikon. «Si tratta piuttosto della digitalizzazione della produzione, dell’intero processo produttivo. Ad oggi, il 60% delle aziende non ha ancora investito nella stampa digitale». Secondo Xeikon, quando si decide di investire su un sistema di produzione ibrido, dovrebbero essere perseguiti tre obiettivi. Il primo riguarda la configurazione della macchina, e la progettazione di un flusso operativo economico e personalizzato. Il secondo riguarda l’efficienza, ovvero l’automazione della prestampa, del color management, del setup delle attrezzature di stampa, finishing e converting. Il terzo obiettivo è l’ampliamento del numero
Tanto vaste e variegate sono le sfide produttive, tanto diverse sono le soluzioni possibili. Labelexpo ha mostrato diverse tendenze nell’ambito delle macchine per la stampa per etichette. Eccone alcune: • Macchine stand-alone per i neofiti della stampa digitale. • Nuove tendenze, soprattutto nei processi produttivi digitalizzati. Numerose innovazioni e un flusso di lavoro automatizzato aumentano notevolmente l’efficienza produttiva. Questo è vero sia nella stampa convenzionale che in quella digitale, che per le unità di nobilitazione e finitura. • I sistemi ibridi forniscono una piattaforma di produzione per numerose applicazioni, il che rende il processo produttivo molto più snello ed economico, grazie alla riduzione degli scarti e dei costi di manodopera, e a tempi di setup ridotti. • È evidente che numerosi produttori di macchine stanno ampliando la loro gamma di prodotti, introducendo macchine di formato più grande. Questo apre nuovi scenari applicativi per le macchine narrow web nell’imballaggio flessibile. Nel complesso, si può dire che la sovrapposizione tra applicazioni di stampa di etichette e packaging sullo stesso tipo di macchina sta aumentando in modo significativo.
eventi Tra i delegati del FEFCO Technical Seminar 2019 è emerso un approccio più riflessivo al digitale, che stimola i costruttori a formulare proposte più mature e integrate
Per i big dell’ondulato la stampa digitale è sempre più funzionale alla supply chain
L
’industria del cartone ondulato, quella “che conta”, si è riunita a Ginevra per il biennale FEFCO Technical Seminar, l’evento e il luogo in cui i costruttori e gli operatori chiave del settore si ritrovano per condividere innovazioni tecnologiche già percorse o futuribili. Tra queste, una delle più calde è senza dubbio la stampa digitale, che ha dapprima terrorizzato e poi affascinato l’intera industria del packaging.
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Tuttavia, quello che solo due anni fa sembrava un trend segnato e dominante, è parso quasi marginale a Ginevra, dove la larga maggioranza degli speaker si è concentrata sulla necessità di automatizzare i processi, efficientare la logistica, rispondere in modo consistente alle pressioni di una supply chain profondamente mutata. Sebbene stampa e converting digitale continuino a crescere, queste non hanno ancora neanche scalfito la superficie, a dimostrazione del ca-
rattere conservatore e non facile da influenzare o “rivoluzionare” dell’industria del corrugated. Questo, tuttavia, non ha impedito ai big del digitale di reiterare il loro messaggio di innovazione, presentando case study e messaggi di maturazione tecnica. In prima linea HP, Barberán e la nuova jointventure tra Durst e Koenig & Bauer, ma anche innovatori della fustellatura digitale come Elitron e Highcon. Da tutti loro un messaggio univoco e inequivocabile:
la stampa digitale non è un’isola, e l’obiettivo dei flussi di lavoro e dei dispositivi digitali è allinearsi rapidamente (e chissà, magari superare) i livelli di qualità, affidabilità ed efficienza cui i big dell’ondulato sono abituati e si affidano. ‖ In alto: a sinistra, Marcel Heller di Model Group riflette sulla coesistenza delle tecnologie analogiche e digitali. A destra, Ted Samotis di HP illustra l’efficacia tecnica ed economica della propria tecnologia inkjet PageWide nella stampa di imballaggi di qualità.