Italia Publishers 08/2019

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Italia Publishers - Anno XXXI - n° 08/2019 - Prezzo euro 10,00 - Iscrizione al ROC n° 26062 del 23/11/2015 Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LOM/MI

MEETING LEADERS

Memjet, da startup ad arma non convenzionale al servizio dell’inkjet industriale STRATEGIE

Per rilanciarsi nella decorazione d’interni, Barinsa sceglie Barberán Jetmaster 1260 SPECIALE

Riprodurre le tinte piatte con la quadricromia estesa: una sfida da (ri)valutare?



embrace the future Scoprite le innovazioni e le affascinanti tecnologie del futuro. Lasciatevi ispirare dai più importanti relatori e dalle tematiche che saranno affrontate a drupa. Entrate a far parte della trasformazione digitale, sfruttando questa opportunità per il vostro business. Incontrate il futuro alla fiera leader di settore per le tecnologie di stampa. drupa 2020 – embrace the future

16–26 giugno 2020 Düsseldorf/Germania HONEGGER GASPARE S.r.l. Via F. Carlini, 1 _ 20146 Milano Tel. +39 (02)47 79 141 _ Fax +39 (02)48 95 37 48 contact@honegger.it

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sommario 08

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EDITORIALE Industria e decorazione, chiavi del futuro?

NEWS Novità, tecnologie e tendenze dai player del mercato digitale

MEETING LEADERS Memjet, da startup ad arma non convenzionale dell’inkjet industriale

STRATEGIE

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La spagnola Barinsa sceglie Jetmaster 1260 per rilanciarsi nella decorazione d’interni

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Il big britannico dei display punta all’automazione dei flussi di stampa e finishing

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La tecnologia inkjet di Ricoh pronta a raccogliere la sfida della stampa industriale

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SPECIALE 36 |

Riprodurre le tinte piatte con la quadricromia estesa: una sfida da (ri)valutare?

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Verso nuovi standard per la simulazione dell’output finale, stampato o a monitor

EVENTI 48 |

ELC 2019: una sola voce per affermare che la stampa non è morta, va “solo” ripensata

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Un tour e una conferenza per studiare e costruire le aziende di stampa di domani

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Forte di visitatori soddisfatti e leali, FESPA affronta il 2020 senza temere i “megashow”

IDEE PER CRESCERE 62 |

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L’intelligenza emotiva è uno strumento chiave per migliorare le performance

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inserzionisti ATP Color B+B International Barberán Digital Publishing Explorers Drupa Durst Edigit Eurmoma Fenix DG

III cop. pag. 25 pag. 11 pag. 10 II cop. pag. 35 pag. 9 pag. 31 pag. 17

FESPA Fotoba Fujifilm International Paper M.C. System Mimaki-Bompan Textile Monti Antonio Onlineprinters Packaged

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Le parole valgono di più se espresse in argento?

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Italia Publishers – Anno XXXI – n° 08 2019 Registrazione: Tribunale di Milano n. 74 del 12/2/94 Iscrizione al ROC n° 26062 del 23/11/2015 Direttore editoriale Lorenzo Villa

Collaboratori Davide Medri Marco Olivotto Abhay Sharma

Direttore responsabile Gabriele Lo Surdo Pubblicità marketing@densitymedia.com Copertina Sara Ciprandi saraciprandi.com

Stampa Unigrafica (MI) unigrafica.it

Tiratura 4.500 copie In fase di certificazione secondo il Regolamento CSST

Postalizzazione ET System (BG) etsystembg.com

Prezzo: € 10,00 / Arretrati: € 20,00 Abbonamento 8 num: € 70,00 (Italia) / € 140,00 (estero) Uff. abbonamenti: abbonamenti@densitymedia.com

Italia Publishers rispetta l'ambiente. Stampiamo su carte certificate FSC, impiegando energia proveniente da fonti rinnovabili con garazia di origine. Spediamo utilizzando film biodegradabile in MATER-BI.

Editore Denstiy srl Via Thaon di Revel, 21 20159 Milano P.IVA 03454220124

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Tutti i diritti sono riservati. Notizie e articoli possono essere riprodotti solo con l’autorizzazione dell’Editore e in ogni caso citando la fonte. Manoscritti, disegni, foto e altri materiali inviati in redazione, anche se non pubblicati, non verranno, in nessun caso, restituiti. In particolare l’invio di articoli implica, da parte dell’autore, l’accettazione (in caso di pubblicazione) di un compenso puramente simbolico stabilito dall’Editore, salvo accordi preventivi sottoscritti e comunicati a mezzo R.R. Gli articoli firmati impegnano esclusivamente gli autori. Dati, caratteristiche e marchi sono generalmente indicati dalle Case Fornitrici (rispettivi proprietari); non sono comunque tassativi e possono essere soggetti a rettifiche in qualunque momento. Informativa ai sensi dell’art. 13, d. lgs 196/2003 I dati sono trattati, con modalità anche informatiche, per l’invio della rivista e per svolgere le attività a ciò connesse. Titolare del trattamento è: Density srl – Via Thaon di Revel, 21 – Milano (MI). Le categorie di soggetti incaricati del trattamento dei dati per le finalità suddette sono gli addetti alla registrazione, modifica, elaborazione dati e loro stampa, al confezionamento e spedizione delle riviste, al call center, alla gestione amministrativa e contabile. Ai sensi dell’art. 7, d. lgs 196/2003, è possibile esercitare i relativi diritti fra cui consultare, modificare, aggiornare o cancellare i dati, nonché richiedere l’elenco completo e aggiornato dei responsabili, rivolgendosi al titolare al succitato indirizzo. Spedizione in abbonamento a titolo oneroso Il ricevimento di questa rivista avviene a titolo oneroso secondo il tipo di abbonamento sottoscritto o tacitamente accettato. Chiunque desiderasse sospendere tale abbonamento ne avrà piena facoltà, senza alcun costo, e basterà darne comunicazione scritta all’ufficio abbonamenti.

editoriale di Lorenzo Villa // lorenzo@densitymedia.com

Industria e decorazione, chiavi del futuro? Per lunghi anni le tipografie hanno scelto di includere la dicitura “arti grafiche” o “industrie grafiche” nella propria denominazione, dove la seconda fattispecie identifica aziende un po’ più grandi, ricche o ambiziose. Oggi quel mondo è archiviato, e autoproclamarsi “industria” per il solo fatto di possedere un paio di macchine offset 70x100 sarebbe arrogante, se non anacronistico. L’aggettivo “industriale”, tuttavia, è tornato a farsi largo con significati nuovi e inattesi, correlati ad applicazioni che poco o nulla hanno a che fare con grafica, editoria e pubblicità. Se la serigrafia è da sempre il metodo di stampa che consente di decorare superfici “atipiche”, ed è per questo il processo più diffuso nell’industria manifatturiera, la tecnologia inkjet ha aperto inediti orizzonti di business per un vasto pubblico. Vent’anni fa mettere un pezzo di Forex sotto una stampante UV e tirarne fuori un’immagine pronta da esporre, era considerata magia. Oggi non esistono limiti tecnici e di immaginazione a ciò che si può stampare. Salvo, ovviamente, quelli dettati dal budget disponibile. La maggior parte dei costruttori di stampanti punta ad estendere la portata della propria tecnologia, così da intercettare nuovi gruppi di potenziali clienti. Allo stesso modo, quasi ogni stampatore punta ad ampliare la propria offerta di prodotti e servizi. Una dinamica che si traduce in un inconsueto attivismo tra gli addetti ai lavori. C’è da domandarsi quanto la decorazione di superfici, tessuti, carte da parati, complementi d’arredo o qualsiasi altro bene industriale possa rivelarsi una vena aurea miracolosa per gli stampatori. Certe analisi di settore, se interpretate ad arte, mostrano infatti un potenziale straordinario. Ma non sarebbe la prima volta che una previsione rosea si traduce in un “niente di fatto”. Per capire se e quanto l’industrial printing possa davvero impattare positivamente sul business, è consigliabile partire da un’attenta analisi delle competenze tecniche e commerciali esistenti (o sviluppabili rapidamente) in azienda. E verificare se e come queste potranno incrociarsi con i reali bisogni dei clienti.


news OKI festeggia i suoi (primi) 30 anni di tecnologia di imaging LED Qualcuno la descrive ancora oggi come una novità, ma la tecnologia di scrittura LED ha tagliato il traguardo dei tre decenni. Inizialmente accolta con scetticismo da un mondo abituato al laser, l’innovazione di OKI ha introdotto una serie di benefici pratici, a partire dalla semplicità e affidabilità dell’engine, che si riflette in minori costi di gestione. Anche le iniziali remore sulla qualità si sono rivelate inconsistenti, tanto che nel 1998 OKI ha lanciato la sua prima stampante a colori,

in un percorso che ha condotto all’ampliamento della gamma con stampanti e sistemi multifunzione sempre più performanti. Pur concentrato su macchine compatte, il costruttore giapponese è oggi impegnato nello sviluppo di piattaforme LED a foglio e a bobina per l’office, le arti grafiche e la produzione di etichette su supporti industriali. A tale scopo, ad esempio, negli ultimi anni OKI ha introdotto il quinto colore, per la stampa di toner bianco e clear. oki.it

GMG ed Esko si aggiudicano i Label Awards for Innovation

‖ Dirk Brouns, Vice President Large Format Graphics di Océ Technologies (azienda del Gruppo Canon) posa accanto alla piattaforma inkjet Colorado .

A testimonianza della crescente importanza del colore e del software nei processi di produzione delle etichette, la sedicesima edizione dei Label Industry Global Awards ha visto i due noti produttori premiati per le loro innovazioni. La software house tedesca, leader indiscussa nelle soluzioni di color management per la stampa professionale e il packaging, ha conquistato un Award For Innovation per la soluzione Calibration Creation Wizard, che consente di creare

facilmente mockup di etichette e packaging cromaticamente fedeli, su materiali simili a quelli utilizzati per la produzione finale. Il software GMG è abbinato a una stampante Epson SC-S80600. Esko si aggiudica il medesimo riconoscimento per il suo software Print Color Wizard, che introduce un approccio semplificato e standardizzato nella produzione di polimeri flexo, ottimizzando retinatura, applicazione delle curve e inchiostrazione. gmgcolor.com - esko.com

Canon Colorado supera quota 1000, e sdogana l'UVgel nel wide format Quella che molti hanno letto come la sfida di Canon al Latex di HP, si è tradotta in una crescita forse non esplosiva, ma costante e inarrestabile, che ha portato le stampanti wide format Colorado a sfondare il traguardo delle mille unità installate. Un numero rilevante, che assume maggior peso se si osservano i volumi di stampa complessivi, che toccano il milione di metri quadri mensili. Un dato che dimostra il gradimento e l’efficacia della tecnologia UVgel e dei due modelli Colorado 1640

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e 1650, entrambi in grado di produrre fino a 159 m²/h su differenti materiali in bobina di larghezza fino a 1.625 mm. Allo stesso modo, aumentano i clienti con installazioni multiple, tra cui spiccano realtà come l’americana The Freeman Company, che utilizza una flotta di dieci Colorado 1640 e dieci Colorado 1650. Quest’ultimo modello differisce dal precedente per la possibilità di produrre stampe con finitura lucida o opaca. canon.it

‖ Durante la premiazione dei Label Industry Global Awards 2019, Roger Albert di GMG ha ritirato il trofeo per GMG Calibration Creation Wizard.


Nessun altro può darti questa sicurezza! Heidelberg Italia inaugura il nuovo Digital Experience Center Da un paio d’anni vi raccontiamo con entusiasmo della crescente focalizzazione, degli investimenti e dei successi di Heidelberg nell’ambito delle tecnologie digitali. Sia nel campo del software che delle macchine da stampa, il costruttore tedesco ha infatti dimostrato una notevole capacità e velocità nello sviluppo e rilascio di soluzioni digitali efficaci e praticabili per stampatori commerciali e cartotecniche. Ovvero, le due comunità di imprenditori che, da decenni, considerano Heidelberg un punto di riferimento per i propri investimenti. Forte di competenze progettuali e costruttive con pochi eguali, concentrate nel quartier gene-

rale di Wiesloch, 15 km a sud di Heidelberg, già da tempo l’azienda ha scelto di essere più vicina ai clienti con personale tecnico e macchinari per attività dimostrative locali. A tal fine, a inizio dicembre 2019, è stato inaugurato presso la sede di Bollate (Milano) il nuovo Digital Experience Center di Heidelberg Italia. Il nuovo spazio è destinato ad ospitare i vari modelli di macchine da stampa digitale Versafire EV ed EP, ma anche l’intera gamma di soluzioni per l’automazione del flusso di lavoro Heidelberg Prinect, oltre che le applicazioni realizzate con i sistemi di nobilitazione digitale Scodix. heidelberg.com

‖ In alto, attività dimostrative presso il nuovo Digital Experience Center. In basso, il team di Heidelberg assiste all’esibizione dal vivo di un cliente nella giornata di inaugurazione.

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news Masserdotti scommette sul tessuto nel retail, e lancia il brand Onframe Il gradimento e la crescita di Dominodisplay, una delle pochissime startup di successo nel campo del digital signage, sono il miglior biglietto da visita di Onframe, la nuova divisione di Gruppo Masserdotti. Come il nome lascia intendere, il piatto forte di Onframe è la fornitura di cornici in alluminio da integrare in progetti di comunicazione visiva. L’idea è quella di offrire – a punti vendita in-

dipendenti, catene della grande distribuzione e agenzie – un servizio chiavi in mano, che va dalla progettazione alla realizzazione di strutture in alluminio e tessuto (con o senza retroilluminazione), personalizzabili e pronte per l’installazione. Sul piano tecnico, Onframe si avvale delle competenze e delle tecnologie di Gruppo Masserdotti, che nell’ultimo anno ha investito in una Durst Rhotex 325

per aumentare la sua capacità produttiva nell’ambito della stampa sublimatica. Questo consente a Onframe di riprodurre immagini di alta qualità su tessuti in poliestere, con cromie brillanti e con il vantaggio di poter fornire un prodotto leggero, economico da spedire, inodore e riciclabile. Contestualmente all’avvio della startup, da dicembre è online il sito di Onframe, dotato di un con-

figuratore che semplifica le fasi di progettazione e preventivazione delle strutture. Da qui è possibile ordinare strutture standard e di dimensioni personalizzate, nonché riordinare stampe per effettuare cambi di immagine per strutture acquistate in precedenza. on-frame.com ‖ Le soluzioni e i servizi di Onframe sono rivolti principalmente al settore retail.

La stampa in piano con performance superiori Onset X HS porta le prestazioni della stampa in piano ad un livello mai visto prima. Con velocità fino a 1.450 m2/h e il setup automatico della produzione in 30 secondi, i tempi di consegna dei lavori si riducono drasticamente. In combinazione con i nuovi inchiostri brevettati Uvijet OX, compatibili con innumerevoli materiali plastici rigidi (compreso il polipropilene), Onset X HS rappresenta un ulteriore passo avanti nell’ambito della stampa digitale in piano per alti volumi. Scopri di più su FujifilmOnsetXHS.com/IP

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news

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Bene InPrint Monaco 2019, e nel 2020 pronti per Milano con Viscom La fiera dedicata all’industrial printing, con le sue tre edizioni tra Germania, Italia e Nord America, può affermare di aver raggiunto la propria maturazione. Lo ha dimostrato l’edizione di Monaco dello scorso novembre a cui hanno partecipato 2.755 visitatori da 60 Paesi, che in tre giornate hanno potuto approfondire l’offerta di 136 espositori da 22 Paesi, nonché prendere parte a un programma di seminari tenuti da oltre 70 relatori. Ora gli occhi sono puntati sull’edizione di Milano del prossimo autunno (22 al 24 ottobre). Se in territorio tedesco la manifestazione organizzata da Mack Broos Exhibitions ha sempre

attratto l’interesse di grandi visitatori dell’industria, la tappa milanese si è caratterizzata sin dall’inizio per un pubblico più eterogeneo e orientato alla decorazione. È forse questa caratteristica, unita all’ingresso di Mack Broos Exhibitions nella famiglia di Reed Exhibitions, ad aver convinto gli organizzatori a combinare InPrint Milano con Viscom Italia. Una decisione che ha destato curiosità e qualche interrogativo tra gli espositori, alcuni di essi comuni ai due show. Che, tuttavia, dovrebbe aggiungere “sapore” e conferire una dimensione più rilevante alla kermesse milanese. inprintshow.com

www.edigit.eu

‖ In alto, uno scorcio del padiglione espositivo di InPrint 2019 a Messe München. In basso, una delle numerose integrazioni di tecnologia inkjet single-pass in mostra a InPrint.

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news

MILANO

4 APRILE 2020 UNIVERSITÀ BICOCCA

Una giornata per scoprire nuovi strumenti e nuove strategie del digitale per restare al passo e non essere spazzato via dalla concorrenza. Formazione Networking Realtà aumentata Intelligenza artificiale

Evento organizzato da:

Compie 35 anni il “color dream” italiano di Barbieri Electronic 35 anni e non sentirli, è il caso di dirlo! Eppure, anche la società altoatesina ha ormai da tempo archiviato il tempo della startup, ed è pronta a celebrare anniversari di peso sempre maggiore. Fondata nel 1984 da Siegfried Barbieri, l’azienda non ha mai modificato il suo status di family company, e non si è mai distratta dalla mission di sviluppare e produrre sistemi di misurazione del colore. Anche l’ingresso nel 1999 dei figli di Siegfried, Stefan e Markus, è stata all’insegna della continuità e del rilancio. Negli ultimi due decenni, Barbieri ha saputo affermarsi come la tecnologia di riferimento per gli stampatori digitali più esigenti, sia nella stampa

a foglio che nel grande formato, che nelle integrazioni industriali dell’inkjet e nei moderni ecosistemi di stampa tessili. «Siamo impegnati a continuare questa storia di successo. Con il nuovo Spectro LFP qb Textile Edition abbiamo una soluzione unica al mondo per la misurazione automatica del colore in sublimazione digitale e stampa diretta su carta», afferma Stefan Barbieri, CEO dell’azienda. Oltre che sull’eccellenza progettuale e costruttiva, il successo e la credibilità di Barbieri si fonda anche su una rete di partner competenti e appassionati, come Tecnologie Grafiche, distributore esclusivo del marchio in Italia. barbierielectronic.com

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‖ In alto, da sinistra Stefan, Siegfried e Markus Barbieri, rispettivamente CEO, fondatore e CTO di Barbieri Electronic. Qui sopra, lo Spectro LFP qb Texile Edition.


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meeting leaders

Memjet, da startup ad arma non convenzionale dell’inkjet industriale di Lorenzo Villa

Lanciando DuraFlex, l’azienda statunitense arricchisce la propria offerta con una nuova generazione di teste, e si mostra pronta a cambiare i paradigmi dell’integrazione inkjet

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a stampa digitale non è una novità, e sui suoi vantaggi è rimasto poco da dire. Allo stesso modo, il potenziale dell’inkjet è un tema trito e ritrito. Da un paio d’anni, tuttavia, sotto i riflettori c’è la trasformazione digitale dei processi di stampa in settori dove i volumi e i valori economici in gioco sono rilevanti. Sebbene sinora abbia eroso solo percentuali trascurabili dei volumi di etichette, packaging flessibile, cartone teso e ondula-

to, l’inkjet è ormai un imperativo categorico. E i costruttori si danno battaglia a suon di macchine digitali e ibride. Che si possano costruire piattaforme inkjet iperproduttive è un fatto noto, seppur non scontato. Finora a riuscirsi con successo sono stati per lo più giganti (Konica Minolta, Fujifilm, Ricoh, Canon, Heidelberg) o realtà più piccole come Durst, Barberán e Landa nel packaging, o MS e SPGPrints nel tessile. Per raggiungere questo obiettivo, talvolta hanno sfruttato tecnologia


proprietaria, in altri casi hanno integrato componenti di terze parti. Più di un costruttore si è poi cimentato nel tentativo di “ibridare” processi di stampa in cui è leader – basti pensare alle mosse di BOBST e Gallus. Per farla breve, la trasformazione digitale è un tema sempre più urgente. Cosa c’è dentro un sistema inkjet industriale? Tirature, marginalità e tempi di consegna ridotti, declino dei

modelli di business tradizionali, efficientamento del workflow, compatibilità con differenti materiali, eco-sostenibilità. Sono questi i temi che influenzano le decisioni d’acquisto di stampatori e converter. C’è da domandarsi, quindi, perché un imprenditore dovrebbe occuparsi di cosa c’è dentro la propria macchina da stampa. In fondo, “l’importante è che funzioni”. Eppure, in un settore profondamente tecnico come il nostro, questo assunto è condivisibile solo parzialmente. Se per decen-

ni gli stampatori hanno curato personalmente la scelta di attrezzature e materiali di consumo, è piuttosto ovvio che tendano a farlo anche con i loro nuovi “giocattoli” digitali. Nell’ultimo decennio, da quando l’inkjet ha raggiunto performance industriali, ciascun costruttore di macchinari ha fatto scelte più o meno originali riguardo teste di stampa, elettronica, software, inchiostri, sistemi di pretrattamento e asciugatura, unità di alimentazione di fogli, pannelli e bobine. Un ap-

proccio che per molti utilizzatori finali è determinante nella scelta del fornitore e del tipo di macchinario a cui affideranno la produzione digitale. È tra i fili di questa intricata matassa che, inaspettatamente, si aprono spazi per un game changer come Memjet. ‖ Nella foto, il laboratorio di testing presso la sede Memjet di San Diego, in California. Qui vengono realizzate campionature e validate le applicazioni su ogni tipologia di materiale.

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meeting leaders

Kim Beswick General Manager di Memjet

“DuraFlex è pensata per rispondere alle esigenze di qualità e affidabilità di utenti nella fascia media del commercial printing e del flexible packaging.” Una retrospettiva Chi si è imbattuto in Memjet a drupa 2012 ricorda un’azienda con un potere mediatico limitato, sul cui stand uno sparuto gruppo di OEM esponeva i propri macchinari. Giocattoli a basso costo, se comparati con le innovazioni introdotte dai grandi costruttori. Eppure, quella di Memjet è stata accolta come una piccola rivoluzione, sia qualitativa che di posizionamento. Ma facciamo un passo indietro. A porre le basi di Memjet, nel 1996, è Kia Silverbrook, contro-

verso inventore e imprenditore australiano, con quasi diecimila brevetti e domande di brevetto al suo attivo (in differenti Paesi). A trasformare Memjet in un player influente è invece il miliardario e filantropo americano George Kaiser, che dal 2004 diventa uno dei principali investitori dell’azienda. Grazie al suo contributo Memjet è in grado di sviluppare la prima generazione di teste di stampa “page width” (larghe quanto un A4) con cinque canali colore (tricromia e doppio nero) – dirompenti per l’altissima risoluzione e una

dimensione di goccia di poco superiore a un picolitro. Negli anni seguenti, anche grazie all’introduzione di un set componenti ausiliari, Memjet crea le condizioni per la nascita di nuove soluzioni di stampa compatte, il cui primo prototipo vede la luce nel 2009. Una successiva evoluzione di questa tecnologia avviene nel 2011, quando l’azienda rende possibile la configurazione a teste affiancate (fino a cinque), consentendone l’impiego anche in stampanti di grande formato. A partire dal 2013 viene poi introdotta la possibilità di utilizzare una testa

Memjet per ogni singolo colore. «Non era e non è sufficiente offrire a un OEM un’ottima testa di stampa e dirgli: “Ora facci qualcosa!”», spiega Gianluigi Rankin, Director of Product Marketing di Memjet. «Per questo Memjet ha elaborato un sistema completo, che include elettronica, software, alimentazione inchiostro, etc. Così abbiamo penetrato mercati professionali, tra cui quelli delle etichette e degli imballaggi». DuraLink: la svolta industriale L’i n nova z ione c he p or t a Memjet nel mondo industriale arriva nel 2017, con il lancio di DuraLink, una nuova generazione di teste – con un singolo canale colore e una goccia da 2,1 pl – accompagnate da un vasto set di componenti tra cui inchiostri dedicati, software, moduli di manutenzione, gestione dell’inchiostro di scarto, alimentazione inchiostri e alimentazione dati. DuraLink si distingue per le elevate prestazioni (possibilità di stampare fino a 203 metri lineari al minuto), per la ridondanza degli ugelli 5x, nonché per la possibilità di affiancare fino a 12 teste, raggiungendo larghezze di stampa di 2,5 metri. ‖ In alto, lo stand di Memjet a drupa 2012. A sinistra, un ingegnere di Memjet installa un modulo DuraLink.

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meeting leaders Sul piano tecnologico, il cambiamento principale riguarda la scelta dei materiali, e il posizionamento dell’elemento riscaldante (che abilita il getto d’inchiostro) sul tetto della camera, anziché al centro di essa. Fattori che aumentano la longevità della testa, portandola fino a 200 litri per la nuova versione DuraLink XL. Alla testa si combina una nuova generazione di inchiostri pigmentati, il cui prezzo è allineato alle aspettative di un pubblico abituato a consumi industriali. Contestualmente al lancio di DuraLink, Memjet decide di ribattezzare la sua prima generazione di teste con il nome di VersaPass. «L’impatto prodotto da DuraLink in due anni è maggiore di quello prodotto da VersaPass in dieci anni», continua Rankin. «Ci veniva riconosciuta una qualità di stampa eccellente, ma criticata la ridotta durata della testa e un costo di gestione elevato. Oggi, invece, la nostra tecnologia è interessante anche agli occhi di stampatori commerciali e converter che consumano centinaia di litri di inchiostro al mese». Quella che Memjet abbia colto nel segno non è solo una percezione; lo conferma l’interessamento di quasi 200 OEM, di cui circa 80 sono già in fase di testing avanzato della tecnologia, o in attesa di una quotazione per una configurazione specifica. In due anni, già 11 costruttori hanno presentato piattaforme basate su teste DuraLink; tra questi, anche MGI con il suo sistema di stampa e nobilitazione AlphaJET. La rivoluzione di DuraFlex Colmato il gap nella fascia industriale, a settembre 2019 Memjet lancia DuraFlex, la sua terza generazione di teste di stampa. Dotate di quattro canali colore e ridondanza degli ugelli 2x, le teste DuraFlex sono disponibili in due larghezze – A4 (222,8 mm) e A3+ (324,4 mm) – e sono anch’esse accompagnate da un sistema modulare di componenti. DuraFlex condivide con le altre teste Memjet numerose caratteristiche,

ma si distingue per alcune peculiarità, e si posiziona come una via di mezzo tra VersaPass e DuraLink. DuraFlex utilizza gli stessi inchiostri di ultima generazione creati per DuraLink; rispetto a quest’ultima ha però una velocità inferiore, e consente l’affiancamento di un massimo di quattro teste, per coprire larghezze di stampa fino a 1.270 mm. Il componente base di DuraFlex è un modulo che ospita la testa, l’elettronica, i sistemi di alimentazione, di capping e di wiping. Questo consente all’OEM di risparmiare tempo e investimenti nell’integrazione. «DuraFlex è tre volte più veloce di VersaPass, ma più economica di DuraLink. È una testa pensata per rispondere alle esigenze di qualità e affidabilità di costruttori e converter nella fascia media del commercial printing e del flexible packaging», spiega Kim Beswick, General Manager di Memjet. Grazie ai 1.600x1.600 dpi, alla goccia da 2,1 pl e agli inchiostri pigmentati di ultima generazione, DuraFlex offre risultati eccellenti dal punto di vista qualitativo, arrivando a riprodurre con precisione dettagli molto sottili e microtesti. Un ulteriore vantaggio di DuraFlex è il prezzo “flessibile” (basato sui consumi) degli inchiostri, che lascia a Memjet e al partner una certa libertà nel posizionamento del prodotto. Con un lavoro meticoloso su materie prime e processi costruttivi, Memjet mira a portare DuraFlex (ancora in fase di testing) a una durata di almeno 80 litri per la versione A4, e 200 litri per quella A3+. Una vera rivoluzione, se comparata con la manciata di litri gettabili dalla prima generazione di VersaPass. Verso nuovi orizzonti Il numero di nuovi partner e prodotti, e la decisione di alzare l’asticella delle performance, pongono importanti sfide tecnologiche per Memjet. Anzitutto sul fronte della formulazione, produzione e fornitura di inchiostri capaci di soddisfare i livelli di qualità, durata, volume e prezzo attesi dal mer-

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meeting leaders

Kevin Shimamoto Chief Marketing Officer di Memjet

“Vogliamo essere la Tesla dell’industrial printing, per questo investiamo risorse e creatività per rendere sexy ogni prodotto basato su tecnologia Memjet.” cato. Per questo, sin dal lancio di DuraLink, Memjet ha avviato una collaborazione con Kao Corporation, che si è già tradotta nella disponibilità di nuovi prodotti: inchiostri Orange, Green e Violet per DuraLink XL, e una nuova generazione di coloranti a pigmento incapsulati per DuraFlex. Questi ultimi promettono la piena com-

patibilità con carte naturali e patinate, cartone ondulato, autoadesivi, e film flessibili per il packaging. Sul fronte della sicurezza alimentare e dell’eco-sostenibilità, Memjet e Kao stanno lavorando per ottenere le principali certificazioni internazionali in materia, nonché rendere i loro inchiostri conformi alle linee guida Nestlé. La durata della stampa, basata su test di invecchiamento accelerati, si attesta già ad oltre 40 anni per lo sbiadimento alla luce, e 25 anni per l’esposizione all’ozono. Infine, Memjet sta mettendo a punto una chimica di pretrattamento dedicata, che in futuro sarà gettabile, per migliorare ulteriormente l’adesione su materiali critici. Il successo dei clienti, chiave di una crescita organica Memjet ha compreso prima di altri che, in un mercato maturo e competitivo, è fondamentale contribuire al successo dei propri clienti. Per questo ha avviato una strategia di coinvolgimento proattivo dei propri partner, e costituito un team dedicato. Il lavoro del Customer Success team di

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Memjet inizia dalla pre-vendita e include servizi quali: supporto tecnico alla progettazione e all’integrazione, analisi del ciclo di vita del prodotto, consulenza sullo sviluppo dell’applicazione. Parallelamente, il team si occupa di produrre campioni su specifiche del cliente. Una volta stabilizzata l’applicazione, si passa alle fasi di dimostrazione e di training. «In passato, i tempi di rilascio di un prodotto basato su VersaPass erano di due o tre anni. Con DuraLink abbiamo casi di successo che hanno richiesto meno di sei mesi per lo sviluppo», spiega Dave Gelvin, SVP Customer Success di Memjet. «In media, i progetti basati sulle nostre tecnologie vedono la luce in un anno. Con DuraFlex, puntiamo a far sì che questo tempo si riduca a tre o quattro mesi». Memjet è consapevole che l’incertezza dei costi, e la difficoltà di definire il ruolo e l’impegno degli investitori, siano i principali inibitori nell’avvio di un progetto di integrazione. Per questo, l’azienda ha formulato strumenti in grado di fornire al cliente una prospettiva chiara su costi e tempi di rilascio. «I con-

correnti con tecnologie piezo tendono a fornire testa di stampa e specifiche; noi puntiamo a risolvere i problemi del cliente con il minor sforzo possibile per la loro e la nostra R&D», conclude Gelvin. L’importanza di saper “raccontare” la tecnologia Se gli OEM più maturi hanno una visione chiara del mercato, la maggior parte degli integratori basa la propria offerta sulla crescente domanda di trasformazione digitale. Molti hanno un’idea piuttosto vaga delle esigenze, delle sfide applicative e del linguaggio utilizzato dal loro target di clienti. Di contro, sempre più professionisti del printing e del packaging fondano le proprie decisioni d’acquisto sulla reputazione del fornitore, sulle sue competenze e sull’aderenza a precisi modelli valoriali. Per questo Memjet ha costruito un team dedicato a supportare gli OEM nel vincere le sfide che affrontano ogni giorno nel presentarsi sul mercato. Il dipartimento di Marketing Services di Memjet, guidato dal Chief Marketing Officer dell’azienda,

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‖ 1) La testa di stampa Memjet VersaPass (lanciata nel 2009 e tuttora in produzione) con dei suoi componenti ausiliari; 2) Un modulo di stampa basato sulla testa Memjet DuraLink, per sistemi di stampa destinati a produzioni industriali di alto volume. 3) La nuova testa di stampa Memjet DuraFlex, lanciata a settembre del 2019. .

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‖ A sinistra, uno dei test che abbiamo effettuato sulle tecnologie Matic durante la nostra visita presso l’azienda.


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intervista a Len Lauer CEO di Memjet

“Oggi abbiamo un sottosistema completo, che offre agli OEM più velocità, qualità e costi più bassi del piezo. Quello che era uno svantaggio, ora è diventato un vantaggio.”

Dietro ogni azienda speciale, ci sono uomini speciali... Memjet è figlia di un gruppo di ingegneri estremamente lungimiranti, uniti dal desiderio di trasformare l’inkjet single-pass in un sogno fruibile all’intera industria. Per quanto mi riguarda, ho lavorato quarant’anni per aziende ICT, e dal 2010 sono al servizio di Memjet. Quali sfide stai affrontando? Nel mondo da cui provengo, i cicli di sviluppo erano di 3-6 mesi, fino a un massimo di 12 mesi. In questa industria si impiegano anche 24 mesi per avviare il dialogo con un OEM, e altri 24 prima di monetizzare. Per un costruttore, la decisione su un nuovo sistema di imaging è un processo di lungo termine, che viene soppesato attentamente. Qual è il legame tra

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Memjet e George Kaiser, il vostro finanziatore? Kaiser è focalizzato su attività filantropiche a favore dei bambini più poveri, che vivono lo svantaggio di non avere genitori, risorse economiche o stimoli culturali sufficienti. La sua mission è creare migliori condizioni per i ragazzi e le loro famiglie. A partire dall’educazione, dall’alfabetizzazione e riabilitazione, così che i genitori ritrovino i loro figli, che le famiglie più ricche interagiscano con quelle meno agiate. Tutto ciò che George fa, va in beneficienza, inclusa la ricchezza generata da Memjet. È motivante sapere che il frutto del proprio lavoro è anche destinato a fare qualcosa di buono per la società. Cosa rende unica Memjet? Siamo intraprendenti, veloci, appassionati e creativi. Diamo libertà alle persone di prendere decisioni chiave per supportare gli OEM. Ci piace lavorare in un contesto informale, stimolante aggregante. Velocità, semplicità e redditività sono la nostra value proposition. Quanto investite in R&D? Per anni gli investimenti in R&D hanno superato i profitti, ma con DuraLink e DuraFlex gli equilibri sono cambiati. Oggi siamo al 50-60% del fatturato, e tra due o tre anni contiamo di arrivare al 2025%, per stabilizzarci al 15%-18%. Anche con crescite molto forti, resteranno percentuali significative.

te e uno strumento di protezione; ne abbiamo registrati migliaia tra Stati Uniti, Europa e Asia. Ci servono a proteggere il nostro know-how, ma anche divulgare il messaggio del single-pass. Abbiamo discusso con HP, e abbiamo risolto con un accordo di cross-licensing, da cui traiamo vantaggio reciproco. Abbiamo annunciato qualcosa di simile con Canon, e lo faremo con altri brand. Il proliferare di prodotti basati su Memjet non rischia essere controproducente? Non l’ho mai creduto. Pensiamo al GoreTex nell’abbigliamento, o alla tecnologia Dolby negli hi-fi. A fronte di un’ottima tecnologia comune, è nelle prerogative di ogni brand rilasciare un prodotto unico. Perché offrire una soluzione chiavi in mano? Da quando abbiamo annunciato le potenzialità del single-pass, l’industria ci ha chiesto di provarne l’efficacia come sistema. Questo ha comportato un ritardo, e milioni di euro di investiti nello sviluppo di ink delivery, elettronica di controllo, manutenzione. Oggi abbiamo un sottosistema completo, che offre agli OEM più velocità, qualità e costi più bassi del piezo. Quello che era uno svantaggio, ora è diventato un vantaggio.

Quanto è importante la proprietà intellettuale? I brevetti sono un fattore abilitan-

È competizione a tutto campo? Sì, ma il nostro vantaggio è avere teste con cinque canali colore, mentre i brand del piezo devono costruire sistemi più complessi, molto più costosi, per arrivare alle stesse larghezze e performance.

Kevin Shimamoto, si pone l’obiettivo di sviluppare e divulgare contenuti mirati per i settori in cui è attivo ciascun OEM. Insieme a Oscar Ibarra, Director of Marketing Communications dell’azienda, Shimamoto ha costruito un team di esperti che elabora, per oltre trenta partner OEM, white paper, case study e campagne di comunicazione, nonché la documentazione a supporto del prodotto. «Il target di Memjet e dei nostri

OEM è estremamente diversificato per cultura, preparazione, sensibilità, specializzazione, percezione della qualità e del prezzo», spiega Shimamoto. «Per questo cerchiamo di formulare contenuti e messaggi specifici per i nostri partner in Nord America, Europa e Asia. Vogliamo essere la Tesla dell’industrial printing, per questo investiamo risorse e creatività per rendere sexy ogni prodotto basato su tecnologia Memjet».



strategie Dopo tre decenni di laccatura e stampa per l’arredamento, l'azienda ha riscritto il suo futuro, investendo in una macchina digitale single-pass inkjet di Barberán

La spagnola Barinsa sceglie Jetmaster 1260 per rilanciarsi nella decorazione d’interni di Lorenzo Villa

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ondata nel 1987, alle porte di Tarragona, Barinsa si afferma come terzista nell’ambito della produzione di materiali per l’arredamento e il contract. Per quasi vent’anni, l’azienda cresce incessantemente, beneficiando sia dello sviluppo del mercato dell’arredamento, sia di quello dei rivestimenti in laminato, trainati dal boom immobiliare spagnolo dei primi anni Duemila. Per affrontare al

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meglio questa sfida, Barinsa crea anche una società commerciale, Bariperfil, con cui promuove i propri prodotti, e avvia l’importazione dei prodotti KronoSwiss (noto produttore svizzero di materiali per arredamento). A imporre una battuta d’arresto è la crisi del mercato immobiliare spagnolo (2008-2015), che fa crollare gli ordinativi e costringe gli azionisti di Barinsa a una progressiva riduzione delle attività e del personale. Nel 2014 arriva il

momento di una decisione cruciale: chiudere l’azienda o investire in un nuovo progetto di più ampio respiro. A giocare a favore della seconda ipotesi è la vicinanza geografica con il costruttore di sistemi di laccatura e macchine da stampa inkjet single-pass Barberán. Questo, infatti, spalanca a Barinsa le porte della stampa digitale. L’azienda catalana diventa così uno dei primi utilizzatori al mondo di Jetmaster 1260, e grazie a questa tecnolo-

gia, negli anni seguenti, riscrive il proprio futuro. Dal mobile generalista all’interior decoration Ad indurci a visitare Barinsa non è stata la nostra sfrenata passione per l’arredamento, bensì il de‖ In alto, la linea di decorazione inkjet single-pass Jetmaster 1260, installata nel sito produttivo di Barinsa, alle porte di Terragona (Spagna).


strategie 1

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siderio di comprendere meglio le enormi potenzialità che ruotano attorno all’interior decoration. Un settore in cui unicità del design e ricercatezza delle superfici dettano le regole. Ma anche un settore in cui l’estetica del prodotto deve sottostare a non pochi compromessi. Le tecnologie di produzione più diffuse e l’organizzazione della supply chain sono infatti pensate per gestire grandi volumi, puntando alla massima economicità del prodotto finito. Per ottenere superfici decorative raffinate e preziose, infatti, si parte da materiali “poveri”, come pannelli in truciolare, espansi in PVC e compositi in alluminio. Ed è proprio questo che fa anche Barinsa ag-

giungendo però il valore portato dalla tecnologia digitale. Alla base di questi processi ci sono competenze e tecnologie uniche che riguardano il disegno, la digitalizzazione dei pattern materici, il pretrattamento delle superfici, la stampa, la funzionalizzazione e il converting. A guidarci attraverso questo affascinante ecosistema è Marc Barreno Sabaté, direttore commerciale di Barinsa.

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‖ 1) Il reparto di prestampa e prototipazione digitale di Barinsa. 2) e 3) Operazioni di scansione e mappatura 3D di una pietra naturale con uno scanner Metis DRS 2000 DCS. 4) Verifica e fotoritocco del file scansionato. 5) Proofing con stampante e carta certificata.

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strategie

‖ Sopra: a sinistra, il magazzino di Barinsa con pannelli di MDF e truciolare grezzi, in attesa di lavorazione; a destra, la laccatura dei pannelli in preparazione alla stampa. In basso: la linea di decorazione digitale Jetmaster 1260 di Barinsa è affiancata e interconnessa alla linea convenzionale.

La nostra visita inizia dal magazzino dove sono stoccati i materiali necessari alle varie produzioni. «Scegliamo il materiale strutturalmente più adatto alla sua applicazione finale», ci spiega Barreno. «Per esempio utilizziamo l’alluminio per riprodurre superfici di marmo, che necessitano di certificazioni e solidità estreme per piani lavabo, interni doccia, applicazioni architettoniche durevoli e arredi contract». La gamma di

materiali in stock è vastissima, e include ogni sorta di pannelli. Le lastre di MDF, OSB, chipboard e plywood vengono utilizzate per creare pavimentazioni e parti di arredi, mentre il PVC espanso è preferibile per rivestire superfici irregolari, specie in contesti “critici” dove le strutture sono soggette a torsioni e variazioni dimensionali. «Il nostro obiettivo è fornire un prodotto che combina caratteristiche ottiche e tattili con i requisiti tecnici richiesti, dalla resistenza all’umidità, all’autoestinguenza al fuoco», sottolinea Sabaté. Anche il design è “digitale” Nel reparto di produzione, la

prima cosa che colpisce è la “torre di controllo”, che ospita l’ufficio tecnico e il reparto prestampa. Qui, ogni giorno, un team di esperti dell’immagine e del colore crea e ottimizza i pattern che dovranno essere riprodotti sulle linee di stampa convenzionale e digitale. «Molto spesso il cliente arriva senza un progetto tecnico e decorativo. Per questo, negli ultimi tre anni, abbiamo costruito un portfolio vastissimo di pattern materici», spiega Barreno. «Per farlo selezioniamo, acquistiamo e digitalizziamo ogni genere di pietre naturali, essenze di legno, fino al sughero e ad altri materiali». L’operazione di digitalizzazione è eseguita con uno scanner DRS

2000 DCS dell’italiana Metis, che consente di acquisire non solo l’immagine del materiale, ma anche una dettagliata mappa 3D della sua superficie. Questo permette ai designer di Barinsa di creare innumerevoli varianti dello stesso pattern, evitando ripetizioni del soggetto e valorizzando le specificità della stampa inkjet. Una volta acquisiti, i file vengono elaborati su postazioni dotate di monitor professionali EIZO, e testati con un sistema di proofing certificato. L’eccellenza della decorazione inizia dal pretrattamento Partendo da materiali grezzi, è necessario lavorare ogni pannello affinché la sua superficie sia piana, liscia e colorimetricamente neutra. Per ottenere questo risultato, Barinsa ha messo a punto una linea automatizzata di pretrattamento, che include moduli di laccatura, asciugatura e carteggiatura. Sul pannello grezzo vengono stesi diversi strati di vernice a base acqua (bianca o color crema, in funzione dell’applicazione) e, se necessario, viene applicato un primer per ottimizzare l’adesione dell’inchiostro. Convenzionale e digitale, fianco a fianco Il mondo della decorazione industriale è caratterizzato da re-

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strategie ‖ A sinistra, un pannello stampato in uscita da Jetmaster. A destra, lo showroom di Barinsa, dove i designer possono ispirarsi per i propri progetti. In basso, Marc Barreno Sabaté nell’area dedicata ai campioni, tra la linea convenzionale e quella digitale.

opaca o satinata, in base alla necessità. Recentemente, Barinsa ha introdotto una nuovissima unità di coating di Barberán, che consente di ottenere effetti ultra-matt e high-gloss, che aprono nuove opportunità di business nel mercato della decorazione. Il time-to-market è la sfida

quisiti qualitativi e volumi di produzione elevati, oltre che da specifiche tecniche rigide. Fino ad appena qualche anno fa, esso era dominato dalle tecnologie di stampa tradizionali. Per decenni, Barinsa ha gestito le sue produzioni con macchine da stampa rotocalco – inclusa una storica Rotomec, oggi BOBST, e una più moderna linea pluricolore. Poi, nel 2015, è arrivata la Jetmaster 1260 di Barberán, che ha cambiato i paradigmi del processo di decorazione, efficientando la gestione delle basse tirature e rendendo possibili nuove applicazioni. Non è casuale che le due linee di stampa siano parallele, e che i pannelli pretrattati possano essere alimentati indistinta-

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mente sulla linea rotocalco o sulla stampante inkjet. «Nonostante la definizione molto elevata ottenibile con il processo convenzionale, il prodotto digitale è percepito come un upgrade qualitativo», rimarca Barreno. «La stampa analogica è straordinaria, ma ha molte limitazioni, a partire dalla scarsa flessibilità sui bassi volumi e l’impossibilità di creare rapidamente nuovi disegni. In un settore esigente come l’interior decoration, la ripetizione dei pattern è un limite che molti designer e architetti faticano ad accettare». La piattaforma inkjet di Barberán non solo ha introdotto in Barinsa un nuovo modo di produrre, ma ha anche cambiato l’approccio

dell’azienda al design, alla qualità, e al colore. Per le lavorazioni ricorrenti, ad esempio, oggi gli operatori conservano un campione di prodotto e lo utilizzano come riferimento per i successivi riordini. «Abbiamo testato sistemi automatici di controllo spettrofotometrico, ma la stabilità di Jetmaster è tale da renderli superflui», continua Barreno. La validazione cromatica avviene in fase di avvio della produzione, con l’ausilio di un visore illuminato con luce normalizzata. Il controllo di qualità, invece, viene effettuato otticamente dagli operatori all’uscita delle due linee di stampa. Dopo la stampa, ai pannelli viene applicata una finitura lucida,

La “mass customization” è l’imperativo categorico in quasi ogni settore, incluso quello della decorazione delle superfici. È questo ad aver spinto Barinsa a investire nello sviluppo di prodotti completamente nuovi, come gli esclusivi Kobert-in e Bright-in, realizzati combinando in modo dinamico substrati, chimiche di pre e posttrattamento, un design esclusivo e la tecnologia inkjet di Barberán. Entrambi i prodotti vengono veicolati attraverso la rete commerciale di Bariperfil, che oggi conta quattro hub logistici e oltre 3.500 clienti tra installatori, retailer, restauratori, negozi di materiali edili. «Il principale vantaggio dell’inkjet nel nostro settore non sono i micro-lotti o una personalizzazione spinta, ma un time-to-market molto veloce su volumi medi che restano industriali», conclude Barreno. «Stampare in digitale implica un costo al metro lineare leggermente superiore a quello dell’analogico, questo è vero. Ma se digitalizzi l’intero flusso di lavoro, e commercializzi prodotti a più alto valore aggiunto, il costo extra è compensato da marginalità nettamente più elevate». Così, con l’introduzione di Jetmaster 1260, e di un nuovo modello commerciale e produttivo, in pochi anni, Barinsa ha raddoppiato il suo giro d’affari, e sta progressivamente riducendo i tempi di realizzazione e consegna delle produzioni che le vengono affidate.



strategie Showcard rivede la sua struttura commerciale e organizzativa, e investe su stampa e taglio completamente automatizzati con Inca Onset ed Elitron Kombo TAV-R

Il big britannico dei display punta all’automazione dei flussi di stampa e finishing di Lorenzo Villa

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howcard è oggi uno degli stampatori di grande formato più osservati del Regno Unito. Per l’azienda britannica, lo scorso anno è stato un concentrato di cambiamenti (sul piano societario, organizzativo e tecnologico) che ha aperto nuovi scenari di crescita e sviluppo. A dare solidità al progetto industriale all’azienda – 140 collaboratori per 17 milioni di sterline

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di fatturato – è una squadra di manager competenti e appassionati. Grazie a loro, Showcard è entrata nell’orbita di Branded (un network di agenzie e realtà produttive al servizio di brand owner e retailer) e ha iniziato un processo di riorganizzazione della propria produzione per prepararsi ad affrontare nuove sfide. Dal 2018 l’azienda ha investito circa 3 milioni di sterline in attrezzature, in gran parte digitali, per stampa e finitura di alti

volumi. Tra le nuove macchine introdotte ci sono una Inca Onset X3 e una nuova Elitron Kombo TAV-R 32.22. Tutto ruota attorno al punto vendita Quello del retail è un mercato popolato da grandi marche e nuovi piccoli operatori, accomunati dall’obiettivo di catturare l’attenzione dei consumatori e influenzarne le decisioni d’acqui-

sto. Eppure, ad oggi, sono ancora pochi gli stampatori che hanno saputo abbracciare, in modo redditizio e industriale, la produzione di materiali per il punto vendita. Showcard è tra questi e ha costruito la sua leadership nell’ambito della stampa di display temporanei e durevoli. L’azienda si rivol‖ In alto, a sinistra la stampante inkjet Inca Onset X3 automatizzata installata da Showcard. A destra il sistema di taglio Elitron Kombo TAV-R 32.22.


strategie 1

Eliot Martin Manufacturing Director di Showcard Print

“Con costruttori come Elitron, abbiamo un rapporto speciale, basato sul desiderio di innovare e migliorare la tecnologia.” 2

ge una clientela mista, composta sia di multinazionali, sia di realtà locali. Punto di forza della strategia di Showcard è la capacità di offrire a ciascun cliente una soluzione ideale per le sue dimensioni, tasche e aspettative. Se i reparti di produzione e assemblaggio sono il cuore pulsante dell’azienda, entrare nell’area di progettazione e prototipazione dei display equivale a immergersi in un laboratorio di ricerca e sviluppo. Qui, una squadra di progettisti e tecnici lavora quotidianamente allo sviluppo di nuovi espositori. Avvalendosi di software CAD e per la progettazione grafica, i designer di Showcard producono numerose varianti dello stesso espositore – sia bian-

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che, che stampate –, destinate a test di ergonomia, nonché resistenza al carico e all’usura. «Sviluppiamo soluzioni espositive complete, partendo da zero», spiega Eliot Martin, Manufacturing Director e socio di Showcard. «Il tutto ha inizio da un intenso dialogo con il cliente. In primis analizziamo le sue esigenze, poi gli proponiamo un piano d’azione in linea con il suo budget. Così possiamo differenziarci da una concorrenza generalista, gestire grandi commesse e progetti complessi». Tecnologie analogiche e digitali vanno a braccetto I macchinari digitali sono cen-

trali nel reparto di produzione di Showcard e nella sua strategia di crescita, ma non ne sono l’unico ingrediente. Chi conosce il mondo delle grandi marche sa bene quanto sia importante, per un fornitore, saper rispondere adeguatamente sia agli interlocutori sensibili alla personalizzazione e al time-to-market, sia a quelli sensibili al prezzo. Per questo, la base installata di Showcard è equamente suddivisa tra tecnologie analogiche e digitali. Sul fronte analogico, l’azienda può contare sulla potenza di fuoco di una offset KBA Rapida 205 UV (formato 160x200 mm) e una Heidelberg Speedmaster (formato B1), cui si affiancano una linea serigrafica e due unità di lami-

‖ 1) La Inca Onset X3 con cui Showcard gestisce tirature medio-alte di espositori in cartone ondulato o materiali plastici. 2) La Inca Onset S50 utilizzata dall’azienda per tirature medio-piccole. 3) La KBA Rapida 205 UV (formato 120x160 cm) destinata alle alte tirature.

nazione e fustellatura per elevati volumi. L’area digitale, per sua natura più variegata, include una stampante Inca Onset S50 e la nuova Inca Onset X3, entrambe configurate per il carico e lo scarico automatico dei materiali. «La tecnologia offset UV ci consente di intercettare e gestire commesse uniche, e di stampare anche su materiali critici, come carte metallizzate e plastiche di ogni genere», spiega Martin. «Abbiamo inoltre scelto di preservare e rinnovare

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strategie

‖ Sopra, il sistema di taglio Kombo TAV-R installato da Showcard. L’azienda utilizza la macchina su tre turni per fustellare basse e medie tirature di display e scatole. A sinistra, una fustellatrice convenzionale è impiegata per le alte tirature stampate in offset.

il nostro reparto di prestampa e stampa serigrafica – una tecnologia che ci consente di aggiungere effetti speciali alle stampe offset e digitali». Visitando i reparti produttivi di Showcard, e osservando i progetti realizzati, appare chiaro che multimatericità ed effetti speciali sono una componente chiave del suo successo. Anche la finitura è sempre più digitale I fogli stampati in offset (e nobilitati in serigrafia, se necessario) vengono accoppiati al cartone ondulato mediante due linee di laminazione automatiche Lamina Systems, quindi vengono trasfor-

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mati con sistemi di fustellatura convenzionale. I fogli di cartone ondulato stampati con le due Inca Onset, invece, vengono processati con sistemi di taglio digitale. I piccoli quantitativi sono tagliati e cordonati con un sistema Esko Kongsberg, mentre i volumi medio/alti sono fustellati su una linea di taglio Elitron Kombo TAV-R completamente automatica. Quest’ultima lavora su tre turni, grazie al sistema di carico e scarico direttamente da pallet, ed è impiegata principalmente per la produzione di espositori e scatole. La terza Kombo-TAV La carriera di Eliot Martin nell’industria del printing inizia 25

anni fa presso Lauren Displays, prima come tecnico di prestampa offset, poi come responsabile di produzione. Martin sviluppa così competenze nell’ambito della serigrafia e della stampa inkjet di grande formato. Dal 2007 Martin entra a far parte della squadra di manager di Creo Retail Marketing – azienda che nove anni dopo, nel 2016, viene acquisita da DS Smith. Infine, nel 2019 Martin entra in Showcard nel ruolo di Manufacturing Director. «Con costruttori come Agfa, Inca e Elitron, abbiamo un rapporto speciale, basato sul desiderio di innovare e migliorare la tecnologia, nonché di renderla disponibile e remunerativa. Questo è uno dei principi che ci guidano nella scelta dei nostri partner», spiega Martin. Quando approda in Showcard, il manager è già un estimatore della tecnologia Elitron, tant’è che è già stato coinvolto in due installazioni di Kombo TAV. Non è un caso che Elitron Kombo TAV-R sia tra i fiori all’occhiello del reparto produzione di Showcard, dove è impiegata, oltre che per i volumi digitali, anche per fustellare le preserie di display stampati in offset. Come negli altri reparti aziendali, anche

nel taglio l’imperativo categorico di Showcard è automatizzare. Gli operatori di stampa digitale sono formati anche per utilizzare i sistemi di taglio. Sono loro che si occupano di rimuovere il materiale tagliato dallo stacker di Kombo TAV-R e posizionare il materiale da tagliare sul feeder della macchina – che poi lavora senza presidio fino al completamento del materiale caricato. Tra i plus che hanno indotto Showcard a scegliere il sistema Elitron c’è la tecnologia Airo Panel, l’esclusivo sistema aspirante in grado di prelevare il foglio fustellato e depositarlo sullo stacker, senza bisogno di tacche di tenuta. Un layout ultra-efficiente per un’azienda IT-oriented Nei prossimi anni Showcard si prepara ad affrontare due sfide che influiranno sul successo e sulla crescita aziendale. La prima riguarda le strategie commerciali e l’affermazione di un modello di business iper-specialistico. La seconda è legata all’efficientamento dei flussi produttivi. Un’operazione piuttosto complessa per un’azienda che opera in quattro edifici separati, con reparti che includono progettazione, prestampa, stampa offset e digitale, fustellatura analogica e digitale, e logistica. «Vogliamo rendere straordinaria l’esperienza dei nostri clienti, e per farlo


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è necessario che il nostro team lavori nelle migliori condizioni», sottolinea Martin. «Per questo stiamo ripensando il workflow produttivo, sviluppando un’infrastruttura MIS proprietaria, e riorganizzando completamente il layout dei reparti». Tra le priorità di Showcard c’è poi il lancio di un sistema di vendita online, che sarà di supporto alla forza commerciale dell’azienda, fornendo ai clienti la piena tracciabilità dei lavori commissionati, nonché funzionalità per gestire i riordini e definire massimali di spesa. Ogni singola tecnologia, sia essa hardware o software, giocherà un ruolo chiave nel processo di rinnovamento che impegnerà Showcard

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per i prossimi due anni. «La produzione digitale richiede meno interventi manuali e minori competenze specialistiche, al punto che un solo uomo è in grado di lavorare su più attrezzature, anche molto diverse tra loro», sottolinea Martin. «Ma restano numerose variabili che possono rallentare o fermare la produzione. I materiali, per esempio, non sono quasi mai perfetti. È fondamentale che i fornitori di tecnologia forniscano risposte immediate, dotino le loro macchine di sistemi per il controllo da remoto, effettuino interventi di manutenzione preventiva. Inoltre, la loro ricerca e sviluppo dovrebbe lavorare costantemente al miglioramento delle performance delle macchine già installate.

Questo è ciò che cerchiamo nei nostri partner, e che abbiamo trovato in Elitron». Efficienza ed ecosostenibilità per un mondo che cambia Nel Regno Unito c’è aria di Brexit: i consumi sono stagnanti e il mercato del retail affronta una fase di incertezza. Di conseguenza, le commesse sono diventate più frammentate, mentre i clienti cercano sempre più spesso soluzioni speciali e fornitori con dipartimenti logistici evoluti. Al contempo, l’ecosostenibilità dei materiali è diventata un argomento chiave. «Mai come negli ultimi sei mesi i clienti si stanno orientando verso materiali ecolo-

‖ 1 e 2) Nel reparto di logistica di Showcard gli espositori vengono assemblati, stoccati e spediti direttamente presso i punti vendita. 3) e 4) Tutti materiali per il punto vendita vengono testati e sottoposti a un rigido controllo di qualità.

gici, e finalmente sono disposti a pagare di più per averli. Tutti avvertono l’urgenza di agire, tanto che il PVC è ormai un ospite indesiderato in molti punti vendita», conclude Martin. Per far fronte a questi trend, Showcard sta sviluppando un’offerta sempre più ampia di soluzioni in PP, PE e cartone ondulato. Inoltre, l’azienda ha avviato progetti di ricerca e sviluppo con produttori di materie plastiche, cartiere e converter di ondulato.



strategie L’azienda giapponese rafforza l’offerta Industrial Printing e lavora allo sviluppo di soluzioni più produttive, efficienti, sicure e rispettose dell’ambiente

La tecnologia inkjet di Ricoh pronta a raccogliere la sfida della stampa industriale di Gabriele Lo Surdo

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embra ieri che i costr uttori di tecnolo g ie a ge tto d’inchiostro si interrogavano sulla possibilità di portare la stampa digitale nel mondo industriale. Era il 2014 e ricordo che, alla prima edizione di InPrint (la fiera dedicata all’innovazione nella stampa industriale) c’era una strana euforia nell’aria. In quei 3.000 m2 scarsi, si erano dati appuntamento alcuni tra i

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più importanti player globali del digitale, che, forse senza saperlo, avrebbero aperto di lì a poco un nuovo capitolo nella storia della stampa. Tra loro c’era anche Ricoh, al tempo nota nel professional printing solo per le sue macchine da stampa a toner di piccolo formato. Oggi, quello delle tecnologie digitali per stampa industriale è, per la multinazionale giapponese, un segmento di business in costante espansione, la cui crescita è sup-

portata da una solida strategia, cospicui investimenti in R&D, nonché importanti acquisizioni. Un progetto dirompente, sapientemente orchestrato

nel 2018 e denominata “Ricoh Ignite”, Yamashita ha infatti sottolineato come, solo nel 2020, l’azienda investirà 100 miliardi di yen (circa 900 milioni di dollari) nelle divisioni Commercial e

A confermare la centralità della stampa industriale nel futuro del gruppo giapponese è stato proprio Yoshinori Yamashita, presidente e CEO di Ricoh Company. All’interno dell’ambiziosa strategia di crescita, presentata

‖ In alto a sinistra, la nuova soluzione Ricoh Pro TF6250, con area di stampa da 2,5x1,3 m e inchiostri UV. A destra, una dimostrazione di come il RIP ColorGATE permetta di ottenere una perfetta corrispondenza cromatica anche utilizzando tecnologie di stampa differenti, su molteplici supporti.


strategie

Industrial Printing Business (Vision) Signage, Decoration and Painting

Textile

Labels, Packaging and Corrugated

Housing

Clothing

Food & Cosmetics

Ricoh's inkjet technology helps resolve social issues ‖ Sopra, la visione di Ricoh nell’industrial printing, descritta in un’infografica concessa in esclusiva a Italia Publishers da Tetsuya Morita, General Manager Industrial Printing Business Group di Ricoh Company. A destra, una testa di stampa Ricoh GEN5 della serie MH54.

Industrial Printing. Ma gli investimenti in ambito industrial sono iniziati già negli scorsi anni. Nell’autunno del 2018, Ricoh ha completato sia l’acquisizione della software house ColorGATE, che quella del costruttore di macchine per la stampa su veicoli e oggetti tridimensionali LAC Corporation. All’inizio del 2019, Ricoh ha inoltre ampliato il suo portfolio di teste di stampa ad alte prestazioni. Le nuove teste della serie MH53 sono in grado di gettare una vasta gamma di inchiostri, con una dimensione di goccia minima di 5 pl e una frequenza fino al 66% superiore rispetto a quella delle teste della serie precedente. Considerati i requisiti di qualità e produttività di molti dei settori industriali in cui oggi si stampa in analogico, queste nuove teste sembrano destina-

ta a diventare un vero e proprio “game changer”. L’inkjet come stumento per migliorare la società Da lungo tempo, Ricoh adegua i suoi piani di crescita ai principi della Responsabilità Sociale d’Impresa. Recentemente l’azienda ha poi scelto di aderire agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibi-

le definiti dalle Nazioni Unite. A tal proprosito, Tetsuya Morita, General Manager dell’Industrial Printing Business Group di Ricoh Company, ha chiarito che portare la stampa digitale nel mondo industriale è anche un’opportunità in un’ottica di sostenibilità ambientale. Per esempio, grazie ad essa è possibile realizzare capi di abbigliamento, packaging per alimenti e materiali decorati-

vi sicuri, ovvero privi di agenti nocivi. Essa permette inoltre di organizzare la produzione secondo la logica dell’on-demand, che nella maggior parte dei casi si traduce in una drastica riduzione degli sprechi sia nelle fasi di produzione che di commercializzazione dei beni: viene infatti meno la necessità di stoccare e distruggere i prodotti invenduti o in eccedenza.

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strategie ‖ A sinistra, la nuova soluzione roll-to-roll Ricoh Pro L5160, con inchiostri latex, disponibile nei formati da 130 cm e 160 cm. Sotto, David Sweetnam (a destra), Director of Research and Lab Services di Keypoint Intelligence – Buyers Lab, premia Ricoh con un Buyers Lab Award. A ricevere il premio, da sinistra, Christian Compera, Silvia Berti e Masahiro Nomura di Ricoh.

Cristian Compera alla guida del Ricoh Industrial Printing Business Group

Christian Compera Deputy General Manager Industrial Print Business Group di Ricoh Company

“Il nostro obiettivo è trovare aziende in cui l’inkjet possa creare valore e sviluppare soluzioni in linea con le loro necessità.”

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Non esiste strategia di business che possa avere successo senza adeguati investimenti nelle risorse umane. Così Ricoh, già dallo scorso anno, sta lavorando ad ampliare e riorganizzare il suo Industrial Printing Business Group. Tappa cruciale di questo percorso è stata l’assunzione, lo scorso aprile, di Christian Compera nel ruolo di Deputy General Manager. «Dopo i miei studi in ingegneria, ho lavorato nel mondo della stampa per oltre 25 anni, di cui 15 nel digitale», ci racconta Compera. «La mia esperienza più significativa è stata quella con Heidelberg.

Ho gestito per quasi 10 anni il progetto NexPress, dalla sua nascita fino a quando Heidelberg ne è uscita, lasciandolo a Kodak. Poi ho continuato a lavorare per Heidelberg in altre posizioni tra cui quella di responsabile dello sviluppo dell’area digitale». Il primo incontro tra Compera e Ricoh è avvenuto nei primi anni Duemila, mentre il manager era alla ricerca di un partner per inserire una macchina da stampa digitale nel portfolio prodotti di Heidelberg. In seguito, Compera ha lavorato in altri settori, come quello delle tecnologie per la lavorazione del legno destinato all’arredamento e quello delle tecnologie per l’imbottigliamento. Infine, anche grazie al know-how

maturato nel mondo industriale, Compera è stato scelto da Ricoh per occuparsi a livello globale della divisione Industrial Printing. «I nostri primi interlocutori sono gli stampatori di grande formato. Li conosciamo bene e loro conoscono già la tecnologia. Inoltre il nostro portfolio di prodotti per questa tipologia di cliente è completo e competitivo», prosegue Compera. «Chiaramente, per quando riguarda la stampa industriale di alti volumi, le più grandi opportunità sono nell’ambito del tessuto, del packaging e nella decorazione di materiali per arredamento. Ma nel dialogare con aziende di questi settori dovremo adottare un approccio diverso, non incentrato sulla tecnologia. Quest’ultima infatti ha delle potenzialità enormi ma non va bene per tutte le realtà produttive. Il nostro obiettivo è trovare aziende in cui l’inkjet possa creare valore e sviluppare soluzioni in linea con le loro necessità. Il valore che siamo in grado di offrire può riguardare una riduzione dei costi, minori sprechi, l’abbattimento dell’impatto ambientale della produzione o, ancora, nuove funzionalità del prodotto finito, non ottenibili con processi tradizionali». E riguardo i mercati in cui Ricoh conta di crescere più rapidamente in ambito industriale, Compera conclude: «L’Europa è forse il mercato più promettente per la nostre tecnologie digitali. I leader globali di industrie che fanno largo uso di stampa, come quelle del tessuto e del legno per arredamento, hanno sede qui. Inoltre le aziende Europee sono tecnologicamente molto avanzate, hanno una buona propensione a investire in innovazione, e sono particolarmente sensibili al tema della sostenibilità».


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speciale Uno studio sulle tecnologie hardware e software per la stampa a gamut esteso fa emergere evidenze rilevanti, soprattutto per i produttori di etichette ed imballaggi

Riprodurre le tinte piatte con la quadricromia estesa: una sfida da (ri)valutare? di Abhay Sharma // sharma@ryerson.ca

L

a stampa con gamut esteso richiede un nuovo approccio, sia a livello di software per la gestione del colore, sia, naturalmente, riguardo il numero di colori installati nella macchina da stampa. Ci sono molte soluzioni in questa nuova area tecnologica, ma c’è da chiedersi se sono davvero pronte per il grande pubblico. E che tipo di risultati è lecito aspettarsi. Spoiler: le soluzioni sono pronte! E i

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nostri dati mostrano che potete aspettarvi di riprodurre accuratamente il 90% di una libreria di tinte piatte. La stampa a gamut esteso amplia la gamma di colori riproducibili con un processo di stampa CMYK, attraverso l’uso di colori supplementari, come gli inchiostri arancio, verde e viola (OGV). Questa modalità di stampa può portare benefici anche nella riproduzione di immagini per stampa commerciale, ma offrirà il ritorno

dell’investimento più grande e immediato nell’ambito della stampa di etichette e packaging. Le tinte piatte sono generalmente utilizzate per riprodurre colori che sono al di fuori del gamut della stampa CMYK, tuttavia il ‖ In alto, sezione aperta di HP Indigo 7900, che mostra sette stazioni colore della macchina. Per i test effettuati, abbiamo utilizzato gli Electroink IndiChrome C-M-Y-K-O-G-V e la carta UltraDigital 100# Gloss Cover.

Abhay Sharma ha studiato nel Regno Unito, dove si è laureato in Imaging Sciences alla University of Westminster e ha conseguito un dottorato di ricerca in fisica al King’s College London (UK). Dopo gli studi, ha lavorato per anni come Senior Engineer nel gruppo di ricerca “Colour & Imaging Technology” di Fujifilm Electronic Imaging (ex Crosfield Electronics), prima di accettare una cattedra alla Western Michigan University, dove ha insegnato ingegneria dell'immagine e gestione del colore. Nel 2003, Sharma ha pubblicato il manuale “Understanding Color Management”, e dal 2005 è professore presso la School of Graphic Communications Management della Ryerson University di Toronto.


speciale

Epson SureColor P9000

HP Indigo 7900

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1 mm

loro impiego comporta una certa complessità. Per prima cosa, occorre stimare precisamente la quantità di inchiostro di cui si ha bisogno, poi si deve attendere che un fornitore esterno lo produca, utilizzando la corretta formulazione, e ce lo consegni. Lavorare con le tinte piatte impone inoltre l’utilizzo di più gruppi stampa separati, con gli appesantimenti correlati alla loro pulizia, nonché ai maggiori tempi e costi di cambio lavoro. L’inchiostro in eccesso dovrà quindi essere conservato, creando così una giacenza di magazzino, oppure smaltito in modo ecosostenibile. L’intero processo di stampa con tinte piatte è quindi inefficiente, costoso, impegnativo, ed è assimilabile a una produzione personalizzata, difficile da giustificare in un’economia sotto pressione. I vantaggi della stampa con gamut esteso includono la possibilità di riprodurre un gran numero di tinte piatte senza utilizzare inchiostri formulati ad-hoc, una migliore precisione sulla macchina

da stampa, la capacità di raggruppare più lavori sullo stesso foglio macchina, meno cambi d’inchiostro e lavaggi. Barbara BraunMetz, CEO di ColorLogic GmbH, afferma: «In sostanza, una macchina da stampa con gamut esteso permette di evitare i costi aggiuntivi connessi all’impiego delle tinte piatte, sostituendo queste ultime con un set fisso di inchiostri in grado di raggiungere comunque i colori richiesti dal cliente». Studio del gamut esteso In questo studio abbiamo valutato le seguenti soluzioni software: Alwan • Alwan ToolBox 1.0.3 • Alwan ColorHub 6.5 CGS • ORIS X GAMUT 2.0 ColorLogic GmbH • ColorAnt 5.1.1 • CoPrA 5 e ZePrA 7.04 GMG • Color OpenColor 2.2.1 • GMG ColorServer 5.0

Heidelberg • Prinect Color Toolbox 2019 • Prinect PDF Toolbox 2019 Kodak • Kodak Spotless Software 2.1 • Kodak Prinergy 8.3

‖ Viste al microscopio di stampe eseguite con Epson SureColor P9000 e HP Indigo 7900, utilizzando i colori Orange, Green e Violet. Si noti la retinatura chiaramente definita e più ampia di HP Indigo.

Nell’ambito di un’indagine più ampia, abbiamo testato anche PACKZ di Hybrid Software e i1Profiler di X‑Rite, nonché un RIP e DFE, rispettivamente EFI Fiery XF e HP SmartStream Production Pro.

7900, presso il Graphics Experience Centre di HP ad Alpharetta, in Georgia. Entrambi i sistemi di stampa dispongono di una configurazione CMYKOGV. A causa della nostra necessità di stampare molti piccoli lavori diversi, abbiamo utilizzato un sistema HP Indigo a foglio; tuttavia, la stessa tecnologia a 7 colori è disponibile anche su macchine HP Indigo a bobina per la stampa etichette, come la HP Indigo 6900.

Tutti i principali fornitori sono stati contattati e invitati a partecipare. Abbiamo contattato più volte Esko, ma non siamo riusciti a ottenere la loro partecipazione. Lo studio è stato essenzialmente una “dimostrazione di concetto” della stampa a gamut esteso, effettuata utilizzando due macchine da stampa digitale. I test sono stati condotti su una stampante a getto d’inchiostro Epson SureColor P9000, presso la Ryerson University di Toronto, e su una HP Indigo

Libreria PANTONE+ Solid Coated In un originale esperimento, abbiamo inserito, sotto forma di canali colore spot denominati, l’intera libreria PANTONE+ Solid Coated, composta da 1.846 colori, all’interno di un PDF di tre

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speciale ‖ L’intera libreria PANTONE+ Solid Coated inserita in un PDF e analizzata con l’editor PDF nativo PACKZ di HYBRID Software, specifico per la prestampa di imballaggi.

pagine e l’abbiamo analizzata utilizzando PACKZ. Abbiamo poi stampato il documento sulle due stampanti sopra descritte, utilizzando inchiostri CMYKOGV (ciano, magenta, giallo, nero, arancio, verde e viola). L’accuratezza cromatica di ogni sistema software è stata valutata utilizzando la formula CIEDE2000, tra i valori target L*a*b* della libreria digitale PANTONE e i valori rilevati sulle stampe effettuate. Le implicazioni della ricerca sono profonde: se una soluzione hardware-software fosse in grado di riprodurre il 90% delle tinte piatte PANTONE con un valore CIEDE2000 inferiore a 2, allora sarebbe possibile fare a meno di gestire le tinte piatte con l’approccio tradizionale, adottando una soluzione a gamut esteso. Il color management si basa su un processo di caratterizzazione che implica l’utilizzo di una tabella colori. Nella prima parte del test, la tabella di caratterizzazione di ciascun fornitore è stata stampata su Epson SureColor P9000 e HP Indigo 7900. Il numero di patch colore da utilizzare per caratterizzare una stampante a gamut esteso è ancora incerto, ovvero non esiste uno standard come per la stampa CMYK (IT8.7/4). La stampa flessografica a banda stretta ha delle limitazioni, e un numero eccessivo di patch sarebbe un incubo, sia da stampare che

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da misurare. Il nostro studio ha rilevato che i produttori di software utilizzano tabelle colori proprietarie, in cui il numero di patch varia da 875, per Alwan, fino a 3.528, per ColorLogic, e 3.536, per Kodak. Numerosi comitati e organizzazioni normative sono coinvolti nello sviluppo di una tabella colori standard per la stampa CMYKOGV – ci auguriamo che i risultati del nostro studio possano contribuire allo sviluppo dei lavori in tal senso. Centrare il 90% delle tinte piatte PANTONE Nella stampa di imballaggi, la distanza cromatica comunemente accettata è Delta E < 2, così abbiamo usato lo stesso criterio per definire la percentuale di tinte piatte che ciascuna accoppiata hardware-software è in grado di riprodurre (vedi figura a pagina seguente). La stampante Epson SureColor P9000 CMYKOGV ha un gamut piuttosto ampio, e i software testati sono stati in grado di modularne correttamente la risposta, nonché di determinare l’inchiostrazione appropriata per stampare i colori L*a*b* richiesti. I nostri test hanno dimostrato che, su questa stampante, i vari software utilizzati sono in grado di riprodurre, con un Delta E < 2, l’89-94% della li-

breria PANTONE+ Solid Coated. I risultati ottenuti con HP Indigo 7900 suggeriscono che, su questa stampante, i software testati sono in grado di riprodurre, con un Delta E < 2, il 77-87% della libreria PANTONE+ Solid Coated. Le percentuali più basse rispetto alla Epson SureColor P9000 sono al gamut più limitato della macchina da stampa HP Indigo 7900, nonché alla carta utilizzata. Comunque, si ricorda al lettore che differenze di così piccola entità non sono solitamente significative, specialmente date le variabili relative alla stampa e alla misurazione. Le combinazioni di inchiostri Nella stampa a gamut esteso, è possibile ottenere lo stesso colore combinando gli inchiostri in numerosi modi differenti. Ed è frequente che ci sia una notevole ridondanza in queste combinazioni di inchiostro – si pensi all’applicazione di tecniche di separazione come UCR (under color removal) o GCR (grey component replacement), ma con sette colori. La stampa a gamut esteso permette di creare un numero superiore combinazioni di inchiostri, alcune delle quali possono rilevarsi più stabili durante la stampa. Utilizzando i primari OGV per riprodurre un colore a loro vicino, si ottiene

che saranno meno evidenti le piccole variazioni di densità che tali inchiostri subiranno durante la stampa. Dunque, controllare il processo sarà più semplice. Alcune combinazioni di inchiostri possono implicare percentuali di inchiostro molto basse su alcuni canali, e ciò potrebbe renderne difficoltosa una corretta riproduzione con macchine da stampa flessografica. Per questo abbiamo valutato le separazioni proposte da ciascun software testato. Prendiamo ad esempio una tinta arancione PANTONE 2433 C. Alwan, GCS ORIS e ColorLogic hanno creato separazioni molto simili, con enfasi sull’arancione (O) e sul giallo (Y). Kodak e GMG Color hanno creato separazioni che utilizzano solo la quadricromia standard (CMYK). Heidelberg, violando la regola d’oro di limitare la combinazione di inchiostri a 3 soli canali, e ha usato 5 canali, ma con la TAC (total area coverage) inferiore. È interessante notare come le varie combinazioni di inchiostri di cui sopra, una volta stampate, hanno dato risultati identici tra loro, ovvero con CIEDE2000 < 1 rispetto alla tinta PANTONE 2433 C di partenza. La messa a terra del Boeing 737, e Adobe, e PANTONE Adobe e PANTONE offrono strumenti per lo sviluppo di progetti che sfruttino il gamut esteso. Tuttavia, il nostro studio ha identificato alcuni problemi con i prodotti di queste aziende, che potrebbero confondere un utente meno esperto, specie in un’azienda di stampa sotto pressione. Quando si apre un file con un gran numero di tinte piatte in Adobe Acrobat Pro, all’interno della finestra di dialogo “Anteprima output” vengono visualizzati solo i canali relativi alle prime 30 tinte (più o meno). Le ulteriori tinte presenti nel file non vengono scartate,


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speciale PANTONE+ Solid Coated Library < 2.0 CIEDE2000 100% 90%

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CGS ORIS

ColorLogic GmbH Epson SureColor P9000

ma vengono mostrate all’utente come fossero convertite in CMYK, creando una situazione estremamente confusa. Questo è stato portato all’attenzione di Adobe che “si aspetta che il problema venga risolto in una prossima versione di Acrobat”. Anche in Adobe Photoshop ci sono una serie di problemi ben noti legati alle tinte piatte, tra cui quelli relativi alla loro visualizzazione accurata a monitor. Per quanto riguarda i campionari PANTONE e le librerie digitali relative, essi sono stati a lungo fonte di confusione, a causa delle diverse versioni disponibili, nonché delle variazioni nei campionari stessi e nei valori cromatici utilizzati. Questa confusione ha afflitto anche noi durante la realizzazione di questo studio. Abbiamo infatti utilizzato un’applicazione che costa circa 100 euro, chiamata PANTONE Color Manager, per esportare una libreria digitale come file CxF. Ma il file CxF creato da questa applicazione conteneva un numero diverso di colori e diversi valori L*a*b* rispetto alla libreria digitale fornita direttamente ai produttori di software in base al loro contratto di licenza. Inoltre, tra le funzioni principali di PANTONE Color Manager c’è

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quella di mantenere aggiornate le proprie librerie digitali, ma il programma ha un bug e l’indicatore di avanzamento sembra non completare mai il proprio aggiornamento, lasciando l’utente nel dubbio se l’aggiornamento sia stato completato o meno. Durante la nostra ricerca, siamo incappati in diversi problemi legati ai prodotti Adobe e PANTONE, e siamo stati costretti a trovare delle soluzioni. In un contesto lavorativo come, per esempio, una tipografia affollata, questi problemi rappresenterebbero probabilmente una criticità assai più grande, specialmente per gli operatori meno esperti. Osserviamo anche che nessuno di questi prodotti è freeware, shareware o di pubblico dominio: sono tutti a pagamento. Se fossero il Boeing 737, verrebbero messi a terra. Costruire la fiducia nell’ECG Nonostante le evidenze contenute nel nostro studio, il mercato rimane “nervoso” rispetto all’ECG (expanded color gamut). L’assenza di un’adozione più ampia di questa tecnologia dimostra che molti stampatori ancora non percepiscono i vantaggi della tecnologia.

GMG Color

Heidelberg

Kodak

HP Indigo 7900

Il nostro studio – realizzato in maniera indipendente e corredato da esempi pratici – vuole essere un punto di riferimento per l’industria, un feedback per i produttori di tecnologia, nonché una raccolta di preziose informazioni per gli stampatori che potrebbero presto adottare l’ECG. I risultati dei nostri test dimostrano che la stampa con gamut esteso può sostituire gli ingombranti flussi di lavoro con colori spot convenzionali, creando notevoli risparmi e vantaggi, soprattutto per gli stampatori di etichette e imballaggi. In conclusione, le soluzioni a gamut esteso per la stampa a colori spot sono pronte. Marc Levine, uno dei consulenti coinvolti nello studio, nonché il direttore di Enterprise Print Quality per la Schawk Inc., osserva: «Molti stampatori vogliono passare all’ECG ma devono affrontare ostacoli legati a tecnologie sconosciute. Con questo studio, cerchiamo di

rimuovere alcune di queste incognite, così che gli stampatori che desiderano passare all’ECG siano più fiduciosi nel farlo». Riconoscimenti Un ringraziamento speciale va a David Palmieri di CGS ORIS per averci permesso di creare e analizzare, con il software ORIS X Gamut, la tabella delle tinte piatte utilizzata per il nostro test. Grazie a Paul McCarthy e Doug Blake, di HP, che hanno fornito accesso alla macchina da stampa digitale HP Indigo 7900. Grazie a Epson America per aver fornito i supporti in bobina che abbiamo utilizzato con Epson SureColor P9000. Grazie produttori di software che hanno partecipato a questo studio, e hanno permesso che i loro dati fossero resi pubblici e discussi apertamente. Grazie, infine ai consulenti coinvolti nello studio: Roger Breton, Marc Levine, Bill Pope e John Seymour.

Lo studio di 50 pagine “Expanded Gamut Study 2019” è scaricabile grauitamente inquadrando il QR code qui a fianco o visitando il sito: http://tinyurl.com/ExpandedGamut


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speciale La standardizzazione di un flusso di lavoro indipendente dalle condizioni di output passa necessariamente per un cambio di approccio, e prove colore certificate

Verso nuovi standard per la simulazione dell’output finale, stampato o a monitor di Marco Olivotto

A

ll’alba del 2020, il Sacro Graal cui l’industria della stampa ambisce si chiama “media independent workflow”. Un flusso di lavoro indipendente dal substrato (e quindi dalle condizioni finali di output) è ciò che tutti stanno cercando di raggiungere. Idealmente si tende a una soluzione “turnkey”, un termine che in italiano tradurremmo con “chiavi in mano”. Ovvero un sistema in

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grado di funzionare senza grattacapi, sin dal primo istante in cui l’operatore lo utilizza. Semplificando: abbiamo un documento digitale, una macchina da stampa, un substrato generico su cui il documento va riprodotto. Vorremmo essere in grado di premere un pulsante (o poco più) e ottenere un risultato di qualità il più possibile elevata, compatibilmente con la tecnologia e il supporto utilizzati. Più o meno tutti i produttori di tecnologia stanno andando in

questa direzione, ma c’è ancora della strada da fare. Tra gli altri, resta il problema di prevedere a priori il risultato finale attraverso la famigerata, fraintesa e spesso trascurata “contract proof”, che non è solo una “validation print”. Cerchiamo di fare chiarezza. RGB e CMYK Da molto tempo la stampa tradizionale si è assestata su una filosofia di lavoro ben chiara e tutto

Dopo la formazione classica, la laurea in fisica e vent’anni di produzione musicale, nel 2007 Marco Olivotto scopre le opere di Dan Margulis, padre della correzione del colore in Photoshop, e diventa suo allievo. Da sempre dedito all’insegnamento in diversi ambiti presso strutture private e pubbliche, dal 2011 dedica i propri sforzi alla diffusione delle tecniche della correzione del colore in Photoshop. Da allora organizza campus, workshop, attività formative on-demand in ambito fotografico e grafico, è speaker di FESPA, collabora con realtà didattiche di livello nazionale ed è autore di ben 25 videocorsi e seminari sulla correzione del colore. Dal 2015 è collaboratore fisso di Italia Publishers.


speciale Il recente passaggio a FOGRA53 è il più dirompente, perché questa caratterizzazione non descrive condizioni di output reali. Avete letto bene, ma è meglio ribadire: NON descrive condizioni di output reali. Il motivo è legato alla necessità di sciogliere il dubbio sul ruolo dello spazio colore citato alla fine della sezione precedente. ECI ritiene che la soluzione giusta sia quella di passare da uno spazio colore di produzione a uno spazio colore di scambio. Questo richiede una spiegazione.

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Un gamut improbabile

sommato semplice. Invece di partire a monte, proviamo a risalire il fiume dalla foce: consideriamo una determinata condizione di stampa, come quella descritta dalla ben nota caratterizzazione FOGRA39. Questa ci impone di utilizzare un profilo ICC basato su di essa, come ad esempio ISO Coated v2 (ECI). Appena definiamo le condizioni di stampa, esse sono descritte da un profilo ICC, e qualsiasi cosa vogliamo stampare dovrà prima o poi essere convertita in esso. A monte potremo avere una molteplicità di spazi colore; a valle dovremo necessariamente averne uno solo. A priori, il nostro documento potrebbe contenere immagini RGB in diversi spazi colore (sRGB, Adobe RGB, etc.), grafiche prodotte nativamente in CMYK (ISO Coated v2, ma potenzialmente anche altri spazi colore) e altre tipologie di materiali (immagini CMYK in spazi colore diversi quello di output, immagini Lab, etc). Ebbene, in qualche punto del

flusso di lavoro, i materiali non allineati al profilo ICC di output andranno convertiti. La conversione potrà avvenire a monte (early binding), o al momento dell’esportazione del PDF esecutivo di stampa (intermediate binding), oppure al momento della produzione delle lastre, a cura del RIP (late binding). Tutti questi approcci hanno pro e contro, ma la filosofia di base che emerge è chiara: “Fai ciò che ti pare, purché alla fine avvenga una conversione corretta nello spazio colore di output.” Lo spazio colore di output dipende dalla caratterizzazione. Se le condizioni di stampa venissero descritte dalla caratterizzazione FOGRA51, il profilo ICC dovrebbe essere diverso da ISO Coated v2 (che si rifà a FOGRA39), e dovremo sceglierne uno come PSO Coated v3. Quello che genera confusione è però un fatto ben noto: non è mai del tutto chiaro se lo spazio colore utilizzato vada considerato come riferimento assoluto. Ovvero, se è uno spazio colore di produzione, i cui

“numeri” vengono spediti direttamente in lastra, o come riferimento relativo. Ovvero se è uno spazio colore di scambio, i cui dati verranno poi convertiti nuovamente prima di realizzare materialmente le lastre). Un nuovo approccio Nel 2017, ECI ha definito lo spazio colore eciCMYK, descritto da un profilo ICC basato sulla caratterizzazione FOGRA53. Negli ultimi anni, la caratterizzazione di riferimento per la stampa offset a foglio piano su carta patinata è passata da FOGRA27 a FOGRA39, poi a FOGRA51 e ora a FOGRA53. Purtroppo una parte significativa della comunità professionale non ha compreso a fondo le implicazioni di questi cambiamenti, che si riflettono in ultima analisi sull’utilizzo di profili ICC diversi. Oggi, almeno metà dei reparti di prestampa si basa in maniera solida su FOGRA39, una caratterizzazione formalmente obsoleta.

La figura 1 mette a confronto il nuovo spazio colore eciCMYK (in chiaro) con lo spazio ISO Coated v2 (a colori) di cui abbiamo ampiamente parlato. È evidente che il primo sia più esteso del secondo. eciCMYK non solo copre il gamut degli spazi CMYK tradizionali, ma anche quelli della stampa ad alta densità e digitale, nonché quello di CMYKOGV, il sistema di stampa a sette colori. Un documento convertito in eciCMYK non è però adatto per la produzione diretta delle lastre di stampa. Va infatti convertito ulteriormente in uno standard reale, come ad esempio quello a cui si rifanno i profili ICC ISO Coated v2 e PSO Coated v3. Questa conversione avviene di norma per mezzo di un profilo ICC noto come device link: la sua caratteristica è quella di non utilizzare uno spazio colore intermedio (ad esempio, Lab) per la conversione, ma di passare direttamente dallo spazio sorgente allo spazio di destinazione. Di norma, il profilo ICC di destinazione in queste conversioni descrive le caratteristiche di una macchina da stampa reale, e nel nostro caso la conversione sarà da CMYK a CMYK, senza passare per un PCS intermedio. L’operazione ha senso per tre motivi. Il primo è che un gamut esteso permette di codificare colori disponibili in ambiti di stampa non tradizionali e ormai diffusi: una conversione in CMYK secondo gli standard tradizionali potrebbe escludere tali colori,

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speciale 2

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impedendo di sfruttare il gamut più esteso dei moderni sistemi di stampa. Il secondo è che eciCMYK è uno spazio colore adatto a effettuare prove colore su sistemi certificati, sui quali si possono simulare facilmente diverse condizioni di output, senza ricorrere a versioni diverse del lavoro. Infine,

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il comportamento di eciCMYK è sufficientemente simile a quello degli spazi colore CMYK tradizionali da non presentare particolari difficoltà per l’utente. Il sassolino nella scarpa Da un punto di vista teorico, il

discorso non fa una piega. Dal punto di vista pratico, bisogna invece confrontarsi con il fatto che non tutti gli stampatori sono ancora in grado di mettere in atto procedure di gestione del colore a prova di bomba. Conosco svariate realtà produttive in cui il controllo di qualità si riduce alla misurazio-

ne densitometrica, che non è in alcun modo sufficiente. A prescindere dal fatto che si possono effettuare misure ben più sofisticate, il vero controllo di qualità inizia nel momento in cui si crea un documento vuoto che sarà, infine, destinato alla stampa. Intendo dire che se un operatore sa esattamente cosa sta facendo, difficilmente commetterà errori irreparabili. Questo allarga enormemente il concetto di “controllo di qualità”: il termine “operatore” va inteso in senso ampio, perché include grafici, fotografi, impaginatori – non solo gli addetti alla prestampa. Spiegare a chi non conosce la gestione del colore cosa sia un device link richiede un investimento di tempo non secondario. Non è sufficiente dire “fai così”, perché manca un substrato culturale su cui innestare concetti che risultano poi importanti nella pratica. Le figure 2 e 3 sono un esempio di ciò che potrebbe accadere a seguito di un utilizzo ineducato delle raccomandazioni ECI, che spingono verso l’utilizzo del nuovo spazio colore eciCMYK. La figura 2 mostra il risultato della conversione di una fotografia da sRGB a ISO Coated v2: tutto ok, nell’ipotesi che le condizioni di stampa coincidano con quelle descritte dal profilo ICC. La figura 3 mostra invece il risultato della conversione della stessa fotografia da sRGB a eciCMYK, nel caso un operatore “dimenticasse” che è necessaria una conversione ulteriore allo spazio colore di output per mezzo di un profilo ICC device link. Lo spostamento cromatico, nonché di luminosità, è del tutto inaccettabile: in pratica, se si sbaglia flusso di lavoro, la catastrofe è dietro l’angolo. Il mio riassunto è il seguente: “FOGRA53 è un’ottima idea, se.” A quel “se” appendiamo molti e importanti significati. L’onere della prova Quella che in Italia viene spesso definita “prova colore”, nei paesi anglosassoni si chiama “contract proof”. È quindi un vero e proprio contratto tra stampatore e


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speciale ‖ A luglio 2019, Konica Minolta AccurioJet KM-1 è stata la prima macchina da stampa digitale a ottenere la certificazione FOGRA53.

cliente. Nel momento in cui si firma, lo stampatore si impegna a fornire un prodotto di aspetto analogo alla prova, entro le tolleranze previste da uno standard di riferimento. La situazione è abbastanza complessa; lo dimostra il fatto che ci sono due sigle diverse per identificare i sistemi in grado di produrre prove certificate: VPS (Validation Printing System) e CPS (Contract Proofing System). Le procedure relative vengono definite VPC (Validation Print Creation), CPC (Contract Proof Creation). Qual è la differenza tra una “validation print” e una “contract proof”? La questione della CPC (Contract Proof Creation) è scottante, soprattutto ora che molti stampatori offrono servizi sia di stampa tradizionale che di stampa digitale. La sfida è sempre più la realizzazione di macchine da stampa digitale in grado di fungere da CPS (Contract Proofing System), attendibili per una molteplicità di situazioni di stampa. Un CPS è soggetto a standard molto rigidi. Se certi criteri (dettati dalla norma ISO 12647-7) non vengono rispettati, la stampa prodot-

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ta non può essere considerata un riferimento. Essenzialmente, la verifica degli standard si basa sull’analisi della stampa del ben noto Ugra/Fogra Media Wedge, che deve rientrare all’interno delle tolleranze colorimetriche previste dalla norma. Un VPS (Validation Printing System) è invece soggetto a tolleranze più ampie (previste dalla norma ISO 12647-8), e produce una copia cromaticamente attendibile del lavoro da presentare, ad esempio, ad un cliente; ma non necessariamente buona al punto di fungere da riferimento per uno stampatore, e per le necessarie misure strumentali. VPC o CPC? Anche se in linea di principio è possibile accettare una validation print come contract proof, non si tratta di una buona prassi. Comprendere questo passaggio è importante anche per chi deve investire. A titolo di esempio, nel luglio 2019 Konica Minolta ha ottenuto la prima certificazione FOGRA53 con la sua AccurioJet KM-1. È stata la prima macchina

da stampa a raggiungere questo obiettivo, e lo stesso istituto di ricerca Fogra ha dichiarato che la macchina è compatibile con la certificazione per la VPC (prevista dallo standard ISO 12647-8) di tutte le caratterizzazioni principali: FOGRA53, ma anche 39, 47, 51 e 52. In aggiunta, la macchina risulta certificata per la verifica delle tirature secondo le prescrizioni del PSD (Process Standard Digital), ampiamente discusso in un articolo precedente. È indubbiamente un ottimo risultato, ma in senso stretto questa macchina non è un CPS. In altri termini, può produrre stampe molto accurate ma non abbastanza da fungere come riferimenti. Dal canto suo, a fine settembre 2019 Fujifilm ha ottenuto per Jet Press 750S la certificazione per la CPC relativa alle caratterizzazioni fino a FOGRA51 e FOGRA52. Ma non, purtroppo, fino a FOGRA53, il cui gamut è sensibilmente più esteso. Quindi è un CPS, ma non copre completamente lo standard attuale proposto da ECI. Sul versante del soft-proofing, ovvero la realizzazione di prove a monitor (senza l’utilizzo del

supporto fisico) Fogra ha assegnato al monitor EIZO ColorEdge CG391X la certificazione basata sulla norma ISO 12646-5, che definisce gli standard necessari per la realizzazione di una prova certificata a monitor (Certified Softproof). La prova a monitor è allettante: l’investimento è di gran lunga inferiore a quello necessario ad acquistare una macchina da stampa digitale di fascia alta, e il costo dei substrati è pari a zero. Inoltre, per veloce che sia il processo di stampa, la verifica delle prove a monitor è immediata, e si possono tenere sotto controllo in tempo reale le variazioni apportate a un’immagine da un operatore, eliminando la necessità di stampare ogni volta un copia. Resta da verificare sul campo l’effettiva adattabilità di questa tecnica alle esigenze quotidiane di produzione. Conclusioni L’intento dichiarato di ECI è lodevole: creare uno spazio di scambio CMYK che permetta di lavorare in un solo spazio di riferimento, andando a creare poi le versioni finali per la stampa tramite una conversione semplice via device link. Il problema, attualmente, è costruire macchine da stampa in grado di fungere da CPS in uno spazio colore che è necessariamente più ampio degli spazi standard ai quali siamo abituati. In subordine, è quello di formare una quantità non trascurabile di operatori, in modo che le procedure necessarie vengano implementate in maniera immacolata – pena risultati a dir poco deludenti. Per questo, all’inizio, affermavo che la strada non è stata percorsa interamente. Di certo i prossimi anni saranno un periodo chiave per comprendere bene quale direzione prenderà il mercato – e con esso le nostre amatissime stampe.


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eventi L’annuale summit dedicato ai partner di canale europei di Konica Minolta, è stato un’occasione per riflettere sulla trasformazione digitale della nostra industria

ELC 2019: una sola voce per affermare che la stampa non è morta, va “solo” ripensata di Lorenzo Villa

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ethink your scope” è lo slogan dell’edizione 2019 dello European Leadership Campus (ELC) dedicato ai partner di canale di Konica Minolta. Un evento che non esitiamo a definire straordinario, sia per la dimostrazione di forza offerta del brand giapponese, sia per la qualità del networking e degli argomenti toccati durante le varie sessioni. In un settore ancora fortemente inter-

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mediato, rivenditori e concessionari giocano un ruolo chiave nel dialogo con i clienti finali, e sono spesso i primi ambasciatori di un brand e dei suoi valori. Per questo Konica Minolta non si è limitata a presentare nuove tecnologe e prodotti, o raccontare meglio quelli già esistenti. Durante l’evento, il costruttore ha lanciato numerosi spunti di riflessione, coinvolgendo il management e la propria business community (noi influenzatori compresi) in una stimolan-

te conversazione sul futuro. Ripensare, anzitutto, se stessi Ad aprire l’ELC 2019 è stato Shoei Yamana, presidente e CEO di Konica Minolta, che ha condiviso con il pubblico due parole giapponesi a lui care: “mitai” e “ikigai”. La prima, sinonimo di “assomigliare” o “apparire”, è riferita ai valori unici che l’azienda continua ad incarnare da oltre 140 anni. La seconda è correlata alla

visione del futuro, non solo nel breve ma nei prossimi dieci, venti, trent’anni. Secondo Yamana, la ragione per esistere – “ikigai”, appunto – risiede nel modo di contribuire al benessere della società, rendendola sostenibile, se necessario ripensando se stessi e la propria identità. Un mix di ‖ In alto, il palco centrale del Konica Minolta European Leadership Campus 2019, tenutosi lo scorso ottobre in Danimarca, a Copenhagen.


eventi ‖ A sinistra, Federico d’Annunzio di BOBST presenta l’integrazione con moduli inkjet Mouvent sulla linea MASTER DM5. In basso, nei moduli IoD (Ink-on-Demand) di BOBST il calamaio è sostituito da un tubo in gomma, che fornisce la quantità di inchiostro minima necessaria.

DNA e cambiam­ento, di presente e futuro, che ha permeato tutto l’evento e che ha messo d’accordo collaboratori, partner e ospiti. Dello stesso tenore l’intervento di Keiji Okamoto, presidente di Konica Minolta Business Solutions Europe, che ha richiamato la sua business community alla necessità di trasformare il proprio business, creare valore per i clienti, riducendo la complessità dei workflow e stimolando la creatività. Un brand dal DNA digitale, che guarda ai mercati industriali

gamma AccurioLabel. L’ELC 2019 di Copenhagen è stato anche un’occasione per svelare (pochi giorni prima del lancio ufficiale al PRINTING United di Dallas) le nuove AccurioPress C14000 e C12000, rispettivamente da 140 e 120 A4/min. Basate su un engine di stampa completamente ridisegnato, le nuove ammiraglie della gamma production sono dotate di nuovi serbatoi per il toner e nuovi impilatori ad alta capacità; inoltre hanno una risoluzione equivalente a

3.600x2.400 dpi e possono gestire su supporti di grammatura compresa tra 52 e 450 g/m². Una novità rilevante, sia per il team di vendita diretta che per i partner di canale di Konica Minolta, che oggi hanno un’arma nuova. «L’obiettivo è collaborare sempre più con i nostri partner nel professional printing, perché la loro non sia una vendita transazionale, ma a valore», spiega Antonio Maiorano, Sales Director Professional Printing di Konica Minolta Business Solutions Italia.

‖ A sinistra, la nuova macchina da stampa AccurioPress C14000, svelata ai partner di canale durante ELC 2019. In basso, Hiroshi Yoshioka, Presidente di Konica Minolta Italia, e Antonio Maiorano, Sales Director Professional Printing.

«Contribuire a risolvere i problemi degli stampatori non riguarda più gettare inchiostro o toner su carta, ma rendere le loro aziende efficienti e competitive, anche sviluppando infrastrutture software compatibili con l’Industria 4.0». Una sfida apparentemente ardua, in un mondo di dealer storicamente concentrati su hardware, consumabili, installazione e assistenza, cui Konica Minolta sta dedicando investimenti e un’attenzione senza precedenti. «La nostra industria continua ad evolversi tra hardware e software, ma è necessario ripensare il modo di approcciare il mercato. Il digitale è esploso, e noi dobbiamo continuare a spingerlo con partner in grado di farlo. Ma la vera svolta, il vero fattore abilitante, è la diversificazione dell’offerta, lo sviluppo di nuove competenze e conoscenze», continua Maiorano. La trasformazione del canale indiretto è solo all’inizio, e il management di Konica Minolta sta dialogando con i partner per definire, modelli, azioni, strategie e livelli di investimento reciproci. Per

Sin dalla fusione dei leggendari marchi Konica e Minolta nel 2003, quando l’azienda ha assunto l’attuale denominazione, il costruttore giapponese ha preso molto seriamente la sfida della stampa professionale. L’accelerazione è arrivata nel 2010, con il lancio di bizhub PRESS C8000, ed è proseguita all’insegna del continuo rilancio su tutti i fronti, dalle teste di stampa inkjet alle stampanti tessili. Essa ha poi assunto una fisionomia ancora più chiara negli ultimi cinque anni, con l’investimento strategico in MGI, il lancio di AccurioJet KM-1 – la prima macchina da stampa inkjet B2+ con inchiostri UV-curable – e lo sviluppo della

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eventi Qual è la portata di ELC? European Leadership Campus non è solo un evento, ma un asset strategico per il business e i rivenditori di Konica Minolta in tutta Europa. Per l’Italia in particolare.

intervista a Alberto Steffenini Marketing Director di Konica Minolta Business Solutions Italia

“La tecnologia digitale è vantaggiosa solo quando contribuisce al rinnovamento e all’ottimizzazione dei processi interni.”

Cos’ha di speciale quest’area? L’economia europea è incentrata sulla piccola e media impresa. Una community enorme e variegata di imprenditori, cui vogliamo portare un messaggio profondo di trasformazione digitale, che oggi passa anche dai servizi. Ma non possiamo farlo da soli. Desideriamo che il nostro canale indiretto giochi un ruolo attivo in questo processo. In che modo ELC contribuisce a questa mission? Qui, per esempio, i rivenditori possono toccare con mano un nuovo modo di erogare formazione e assistenza tecnica, sfruttando tecnologie come il controllo remoto e la realtà aumentata. Così possono anche scoprire nuovi modi per portare benefici tangibili ai propri clienti finali. Quali i vantaggi pratici? L’obiettivo è che ogni soluzione di Konica Minolta sia sinonimo di accessibilità e semplificazione dell’IT, abbattendo le barriere tra le grandi imprese, dotate di enormi risorse e competenze, e le PMI. Il concetto di Workplace Hub ne è l’emblema, e desideriamo che il nostro canale indiretto possa beneficiarne.

usare le parole del direttore vendite di Konica Minolta nella stampa professionale, siamo di fronte a una nuova “startup dell’indiretta, in un mondo che è governato dalla vendita diretta”. Una nuova mission per i dealer italiani delle arti grafiche Per i grandi brand del digitale, l’attività svolta da rivenditori e concessionari ha un impatto determinante sulla percezione del brand e sulle vendite. Nel nostro Paese più che altrove. «Con il 75% del fatturato “production” veicolato attraverso il canale indi-

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retto, l’Italia è un caso singolare nella nostra organizzazione europea», spiega Alberto Steffenini, Marketing Director di Konica Minolta Business Solutions Italia. «È un grande risultato, costruito in pochi anni, che ora ci impone di fornire ai nostri partner nuovi strumenti e nuovi livelli di ispirazione». Uno degli obiettivi dell’azienda, che i partecipanti all’ELC 2019 hanno compreso forte e chiaro, ‖ A destra, Fabio Saini, Product Manager Industrial Printing di Konica Minolta, durante una demo del software Accurio Pro Variable Data, lanciato all’ELC.

Cosa ne pensano i partner? Sono con noi. Sono coscienti che l’industria sta vivendo una fase storica di cambiamento, che il loro stesso lavoro sta cambiando. Per questo hanno capito subito l’importanza di certi messaggi, che li toccano e li toccheranno da vicino. Poi è chiaro che ogni organizzazione è un caso a sé, ha clienti, risorse e velocità differenti. Lo sappiamo, e lavoriamo per non lasciare indietro nessuno, pur incentivando i più virtuosi a prendere velocità. Con quali iniziative? Da tre anni abbiamo costituito un’Academy dove eroghiamo formazione commerciale, tecnica, di pre-vendita e di management. Sappiamo che tutto parte dalla testa e per cambiare le aziende, dalla gestione delle risorse all’erogazione dei servizi, è fondamentale far evolvere titolari e direttori commerciali. I risultati ripagano gli sforzi? È un grande investimento, ma i riscontri sono straordinari. Sembra vogliate rendervi molto sexy agli occhi dei partner... È un aggettivo che mi piace, e rende l’idea. L’obiettivo, tuttavia, non è essere desiderabili tanto per esserlo. Piuttosto vogliamo fare ciò che reputiamo utile ed efficace. In un momento di trasformazione epocale, in cui l’innovazione tecnologica è lo strumento e non il fine,

formare e riqualificare il personale, elevandone le competenze, è la sfida più importante. In che modo questo si declina nel production printing? Il mercato della stampa di produzione resta uno dei nostri corebusiness. È un settore in cui gli investimenti in tecnologia sono grandi, ma non sempre lo sono i benefici che ne derivano. Temi come il just-in-time e il dato variabile, ad esempio, non bastano più a giustificare un passaggio al digitale. La tecnologia digitale è vantaggiosa solo quando contribuisce al rinnovamento e all’ottimizzazione dei processi interni. Ma servono competenze affinché questo processo si compia. Che contributo può dare Konica Minolta in tal senso? L’Italia è la ventiquattresima economia digitale in Europa, e una delle voci che influisce in questa graduatoria è il capitale umano. Ovviamente non possiamo colmare un gap di competenze diffuso, ma possiamo fornire tecnologie capaci di produrre efficacemente anche con personale meno esperto. Inoltre, possiamo offrire agli stampatori nuove leve di business, che consentano loro di differenziare la propria offerta. Nobilitazione digitale e realtà aumentata, ad esempio, non sono più solo idee futuribili, ma opportunità concrete da cogliere oggi.


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eventi ‖ A sinistra, Kevin Abergel, VP Sales & Marketing MGI USA, posa di fronte alla nuova piattaforma di nobilitazione digitale entry-level MGI JETvarnish 3D One, presentata in anteprima all’ELC 2019. In basso, una demo delle funzionalità Print Shop della suite AccurioPro Flux.

è incoraggiare i rivenditori a spingersi oltre, approfondendo e approcciando tecnologie e applicazioni nuove, anche in mercati complessi come quelli delle etichette e del packaging. «Oggi le macchine sono più semplici da utilizzare e manutenere. Di contro, l’IT ha un peso determinante. Per questo Konica Minolta investe in nuovi servizi e tecnologie futuribili, come la realtà aumentata», continua Maiorano. «Entrare su un canale consolidato con argomenti nuovi non è semplice, ma è una sfida imprescindibile per fornire risposte ai nostri clienti finali, siano essi le grandi organizzazioni, o la schiacciante maggioranza di PMI». Filo conduttore dell’ELC 2019 è stata la cosiddetta trasformazione digitale, che entusiasma e al contempo preoccupa imprenditori e stakeholder a tutti i livelli. Un tema difficile da trattare, specie se a farlo non è più solo il top management di una multinazionale, ma un network di rivenditori. «Il canale indiretto è un amplificatore del nostro messaggio verso un mercato che è diventato troppo vasto per poterlo coprire con le nostre sole forze», rimarca Maiorano. «Per questo motivo, oggi, la priorità è creare un percorso di conoscenza e di crescita condiviso su temi tecno-

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logici complessi, come la nobilitazione, il packaging, la possibilità per stampatori, creativi e brand owner di realizzare prodotti e offrire servizi unici, attraverso tecnologie differenzianti». Sempre più “industrial”, tra hardware e workflow Se il lancio delle due nuove nuove macchine da stampa AccurioPress C14000 e C12000 colma un gap nella parte alta della gamma a toner, la vera sfida è traghettare

sempre più operatori del commercial printing verso nuovi mercati ad alta marginalità. Per questo Konica Minolta è impegnata nello sviluppo di piattaforme sempre più verticali ma al tempo stesso accessibili, come la serie di stampanti a bobina per etichette AccurioLabel, e la nuova nobilitatrice entry level JETvarnish 3D One. «Volevamo offrire ai clienti medio-piccoli di AccurioPress la possibilità di approcciare la nobilitazione digitale, come primo step per ampliare le applicazioni

e aumentare le marginalità», ci spiega Edoardo Cotichini, Team Manager Industrial Printing di Konica Minolta. Una specializzazione, quella voluta da Konica Minolta, resa possibile non solo grazie a ottimo “ferro”, ma a un’offerta software che include già moduli di connessione, gestione della stampa, color management, imposition e un una nuova e potente piattaforma per la gestione dei dati variabili. «La maggior parte degli analisti parla delle acquisizioni e fusioni nel mondo dell’inkjet, ma ad emergere è quasi sempre l’hardware», conclude Cotichini. «Troppi trascurano che piattaforme di stampa rivoluzionarie necessitano di infrastrutture software potenti per essere usabili e ottimizzate. Per questo Konica Minolta sta mettendo a punto un ecosistema di soluzioni per la gestione del workflow complete, interconnesse, aperte alle terze parti, compatibili con JDF e compatibili con gli standard dell’Industria 4.0».


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eventi Alla guida di una piccola delegazione italiana, Density ha preso parte al VIGC Study Tour 2019 e al Workflow Summit, due occasioni preziose per confrontarsi sul futuro

Un tour e una conferenza per studiare e costruire le aziende di stampa di domani di Lorenzo Villa

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ondividere, imparare e migliorarsi continuamente dovrebbero essere priorità per qualsiasi imprenditore. Così come rispondere a queste istanze dovrebbe rientrare tra gli scopi di associazioni, organizzatori di eventi ed… editori! Ma, se a parole siamo tutti d’accordo, all’atto pratico sono pochi coloro che si impegnano seriamente per proporre attività formative e occasioni di networking

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di valore, e sono altrettanto pochi coloro che vi partecipano. Nei mesi scorsi abbiamo avuto modo di conoscere VIGC, un’organizzazione belga che promuove l’innovazione e la conoscenza nel printing, attraverso consulenze, corsi e progetti di efficientamento. Una delle più interessanti iniziative di VIGC è l’organizzazione di “Study Tour” annuali, ovvero esclusive trasferte di gruppo per visitare aziende ed eventi rilevanti nell’ambito del printing e del packaging. Così, lo

scorso novembre, ci siamo uniti a una trentina di membri di VIGC per una tre giorni in Svezia. Qui abbiamo potuto incontrare tre stampatori – diversi per core business, ma tutti emblematici per eccellenza e visione nei loro settori di riferimento – e partecipare al Workflow Summit 2019. Tessuto, fattore chiave per la sostenibilità del wide format A inizio 2019, vi abbiamo raccon-

tato di Big Image Systems e del suo originale utilizzo del tessuto come materiale elettivo per l’allestimento e la comunicazione visiva. Tornare a visitare lo stampatore wide format svedese, uno degli antesignani del soft signage a livello globale, è stata la conferma che poliestere e sublimazione possono rappresentare la chiave per il futuro di centinaia di ope‖ In alto, i delegati del VIGC Study Tour presso la sede di E-print a Stoccolma.


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ratori del grande formato. La potenza di un’immagine ingigantita, resa sostenibile dall’utilizzo di un materiale eco-sostenibile, è stato l’argomento più dibattuto della stimolante tavola rotonda con i membri di VIGC, cui Andreas Skantze (co-titolare dell’azienda) ha raccontato le conquiste tecnologiche e di business conseguite da Big Image negli ultimi 30 anni. Piccoli online printers crescono E-print non è uno dei pochi stampatori digitali che, bruciando le tappe, ha scalato il suo modello di business e decuplicato dimensione aziendale, base installata e

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fatturato. Piuttosto, è il prototipo di un fornitore di servizi che ha saputo coltivare e coccolare la propria clientela locale, diventandone un interlocutore insostituibile. Se a questo aggiungiamo la difficoltà per i brand internazionali di penetrare i mercati del Nord Europa, risulta evidente perché la piccola tipografia digitale nel centro di Stoccolma sia risultata appetibile per gruppo danese LaserTryk (recentemente acquisito dal gruppo tedesco Onlineprinters), che l’ha accorpata, pur conservandone intatta la fisionomia. Visitare E-print, e conoscere il suo team di professionisti appassionati, è stata l’occasione per

riflettere sulla coesistenza e sulla complementarietà di player globali e brand locali, specie (come in questo caso) se capaci di mettere a fattore comune prodotti, processi, livelli di eccellenza e reti commerciali. Il gigante del transazionale ha una visione “glocal” Con oltre 7.000 collaboratori in venti Paesi e quattro continenti, e un fatturato aggregato di 1,1 miliardi di euro, Elanders è qualcosa di più di uno stampatore. Eppure la società, nata in Svezia nel 1908 come tipografia incaricata della stampa dei primi elenchi telefo-

‖ La visita presso il sito produttivo Elanders di Vällingby. 1) Le macchine da stampa HP Indigo 7900 e 10000 utilizzate per i prodotti di più alta qualità. 2) Le linee di stampa inkjet continous feed Canon, equipaggiate con sbobinatori e finitori Tecnau. 3) L’area di stoccaggio delle bobine adiacente il reparto di stampa.

nici, ha l’inchiostro nel DNA e conserva nei servizi di stampa uno dei propri punti di forza. Il sito di Elanders di Vällingby, alle porte di Stoccolma, è specializzato nella stampa di prodotti di alta qualità, con l’ausilio di tecnologie digitali a foglio e a bobina. In Svezia, come in altri Paesi, l’azienda è in grado di fornire ad azien-

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de industriali e organizzazioni governative i volumi necessari di libri, cataloghi, manuali e altre tipologie di stampati, secondo un modello just-in-time fortemente interconnesso alla supply chain. Negli ultimi decenni Elanders è cresciuta soprattutto grazie ad acquisizioni strategiche, che hanno permesso di costruire un network produttivo capillare, in cui la prossimità ai siti produttivi dei clienti è uno dei principali fattori di competitività. Workflow Summit, l’evento che promuove l’automazione L’automazione è il fattore che, più

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di altri, può stimolare la crescita, i fatturati e le marginalità delle aziende di stampa (e non solo). Lo ripetiamo come un mantra, lo vediamo applicato nelle strategie dei costruttori più virtuosi, e nel prossimo futuro lo ribadiremo con sempre maggior forza. Per questo abbiamo scelto di partecipare al Workflow Summit 2019 organizzato da Grafkom (organizzazione svedese attiva nello sviluppo della conoscenza, delle competenze e del business nell’industria del printing, nella regione nordica e baltica). Dopo un debutto promettente nel 2018, l’edizione 2019 di Workflow Summit ha superato i

200 delegati tra stampatori, costruttori e sviluppatori da tutta Europa. L’evento, il cui tema portante è l’automazione dei flussi di lavoro, si focalizza sulle principali aree in cui questa è applicabile. Gli interventi, tenuti da esperti, utilizzatori finali e produttori, vertono su argomenti caldi come il color management, la prestampa, l’editing automatico di PDF, le soluzioni gestionali e il web-toprint. Nell’edizione 2019 le sessioni sono state 32, suddivise in quattro percorsi tematici. Molti i case study presentati dai vendor presenti, e soprendente la presenza di autentici guru del PDF, come David Van Driessche di Four Pees.

‖ 4) Andreas Skantze (a destra di spalle) accoglie i membri di VIGC nel reparto produttivo di Big Image Systems. 5) La presentazione della nuova piattaforma OctoBoost (startup sostenuta da Sappi) al Workflow Summit 2019. 6) Giorgio Grando di ABS Group è uno degli imprenditori italiani che hanno preso parte al VIGC Study Tour lo scorso novembre.

Interessante, inoltre, la presentazione di alcune soluzioni del tutto inedite, come quelle messe a punto da OctoBoost – una startup promossa da Sappi, la cui offerta è composta da software per l’e-commerce, la pianificazione della produzione, e il ganging delle commesse di stampa.



eventi La prossima edizione del FESPA Global Print Expo (Madrid, 24-27 marzo) sarà densa di novità volte ad arricchire i partecipanti e offrire loro occasioni di aggregazione

Forte di visitatori soddisfatti e leali, FESPA affronta il 2020 senza temere i “megashow” di Lorenzo Villa

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e fiere restano una componente rilevante nella vita degli imprenditori di ogni settore. Anzitutto per l’opportunità di conoscere nuovi prodotti e fornitori, incontrare quelli abituali, capire “che aria tira” nel mercato, completare le riflessioni su un possibile investimento. Però esse rappresentano anche, sia per i visitatori che (soprattutto) per gli espositori, un’importante allocazione di

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tempo e risorse umane, nonché una voce rilevante nei costi aziendali. Per questo c’è grande attenzione alla loro reale efficacia, ovvero alla loro capacità di attrarre pubblico, tanto più in un anno particolare, come il 2020, in cui un megashow, come drupa, tende ad attrarre visitatori e assorbire risorse da tutti i segmenti dell’industria di riferimento. Con la sua cadenza annuale e l’abituale localizzazione nelle maggiori città commerciali tedesche, FESPA ha

ormai raggiunto dimensioni considerevoli e una capacità di attrazione su scala europea. Anche per questo la fiera del digitale di grande formato è il vero osservato speciale tra gli eventi del printing. Tralasciando i giri di parole, gli interrogativi che il mercato si pone sono facilmente prevedibili. FESPA risentirà della vicinanza con drupa? Varrà la pena di esporre? Sarà il caso di fare un salto a Madrid, o meglio pianificare qualche giorno in più a Düsseldorf?

FESPA, oltre il format fieristico Più di qualcuno vede nella scelta di Madrid (e delle date di marzo) una manovra di recupero. Una lettura realistica, in parte condivisibile, ma non esauriente. Rispetto al 2016, anno dell’ultima drupa, FESPA è infatti cresciu‖ In alto, Ron Gilboa, Group Director presso Keypoint Intelligence, tiene una presentazione sulle tendenze del mercato durante un evento FESPA.


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ta e maturata, sia come evento, sia come organizzazione e centro di connessione di una dinamica comunità sovranazionale. Neil Felton, CEO di FESPA, e il suo gruppo di lavoro hanno infatti posto grande attenzione nel recuperare e rafforzare lo spirito fondante della federazione, che per qualche anno ci era parso si fosse affievolito. Una scelta che si è rivelata lungimirante e redditizia. “Profit for Purpose”, ma fino a che punto? In linea di principio, è chiaro a tutti

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che organizzare fiere e conferenze non è una missione caritatevole. C’è quindi la tendenza a guardare con sospetto chi, come FESPA, organizzando fiere costose e di alto profilo, si fregia di un’aurea da “nonprofit organization”. Eppure, con il suo slogan “Profit for Purpose”, FESPA afferma di reinvestire i propri profitti a favore della community dell’imaging, per un controvalore economico che supera il milione di euro l’anno. A spiegarci le azioni pratiche e gli investimenti della federazione è Sean Holt, Executive Director di FESPA. Anzitutto, le attività di FESPA

prendono corpo attraverso l’operatività di 37 associazioni nazionali (incluse le nuove arrivate Danimarca, Australia, Grecia e Bulgaria), 14 delle quali contengono il brand FESPA nel loro nome. Localmente, ogni associazione si occupa di organizzare congressi, ha in dotazione un fondo di sviluppo e finanzia un comitato incaricato di attivare progetti. Tra le iniziative lanciate più di recente c’è FESPA Club, pensato per garantire ai membri un trattamento preferenziale e un luogo di aggregazione esclusivo durante gli eventi. FESPA Direct è invece l’iniziativa

‖ 1) Da sinistra, Graeme RichardsonLocke, Neil Felton, Christian Duyckaerts, Sean Holt e Michael Ryan, rispettivamente Operations Manager, CEO, presidente, Executive Director, e Group Exhibition Manager di FESPA. 2) La stampa industriale è sempre più protagonista a FESPA. 3) Richardson-Locke con alcune delle guide tecnologiche già disponibili.

pensata per consentire l’adesione a FESPA anche a quegli utilizzatori finali dei Paesi in cui non è presente un’associazione locale, come già accade ad esempio in Canada e Cina. Una delle aree specifiche più rile-

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‖ 1) La competizione World Wrap Masters. 2) Marco Olivotto, esperto di colore e collaboratore di Italia Publishers, è tra gli speaker di FESPA. 3) Print Make Wear è l’iniziativa di FESPA per dare vita a una “micro factory” tessile completa.

vanti per FESPA è poi la formazione, intesa come occasione per condividere competenze tecniche e di gestione, nonché dati sugli scenari di mercato attuali e futuri. Questa viene erogata in varie modalità, inclusi i numerosi seminari durante le fiere. Altrettanto importante è la creazione di opportunità di network-

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ing e collaborazione tra i membri. Inoltre, FESPA si pone sempre più l’obiettivo di ispirare gli imprenditori, promuovere le best practice, aiutare la community e le associazioni locali a crescere in dimensioni e influenza. In ultimo, ogni anno FESPA destina una consistente percentuale dei propri profitti alla ricerca. Un esempio pratico dei risultati di questa attività è Print Census: uno studio approfondito (accessibile ai soli associati) che rileva i settori applicativi a più elevato potenziale, la propensione all’investimento degli operatori, le sfide di business

più urgenti, il tasso di ottimismo sul futuro e numerosi altri indicatori. Al suo interno trovano poi spazio alcuni focus, tra cui uno dedicato al Sud Europa. Costruire competenze sui “nuovi” temi chiave Il team di FESPA ha recentemente accolto nuove figure professionali, come quella di Graeme Richardson-Locke, oggi Operations Manager della federazione. Alle spalle una carriera come stampatore e responsabile di produzione tra stampa di grande formato,

tessile e industriale, RichardsonLocke ha la mission di accrescere le competenze dei membri di FESPA. Per farlo, insieme al suo team sviluppa documenti tecnici di indirizzo, destinati a essere divulgati durante gli eventi di FESPA, o sotto forma di guide/white paper. Proprio mentre scriviamo, sono il lavorazione le FESPA Technical Guides che saranno dedicate a 20 argomenti chiave del printing. Tra questi, figurano i tre temi che saranno sotto i riflettori a FESPA Madrid 2020: automazione, gestione del colore e sostenibilità ambientale.


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el 1984, Howard Gardner mise in luce come esistessero diverse forme d’intelligenza, alcune delle quali legate alla gestione delle emozioni, proprie ed altrui. Poi, nel 1998, Daniel Goleman pubblicò il suo libro “Lavorare con intelligenza emotiva”, un testo che prendeva le mosse dal suo precedente classico “Intelligenza emotiva” (1995), con l’obiettivo

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di declinarne i principi nel mondo del business. Nel suo testo, Goleman argomentava – portando a sostegno dati raccolti attraverso numerose ricerche e fornendo esaurienti spiegazioni – che l’intelligenza emotiva dei manager era tra i fattori maggiormente correlati al successo o al fallimento delle aziende. Successivamente le neuroscienze si sono interessate dell’argomento e, progressivamente, hanno fornito una base scientifica a queste

teorie. Fra i molti scienziati coinvolti in questi studi, è opportuno citare il portoghese Antonio Damasio, il quale ha dimostrato come senza emozioni diventiamo totalmente incapaci di compiere delle scelte. Nonostante la validità di questi argomenti, raramente le aziende si mostrano attente a questo tipo di competenze. Per questo, nel seguito di questo articolo, cercheremo di evidenziare l’importanza dell’intelligenza emotiva, fornen-

Davide Medri è attualmente senior advisor in BIP (Business Integration Partners), con un percorso professionale misto tra marketing, vendite e formazione, sia all’interno di aziende multinazionali che nella libera professione. Tra le esperienze, dieci anni trascorsi nel mondo delle Arti Grafiche e del Digital Printing in HP Indigo e Xerox. Le competenze di Davide coprono due ambiti chiave: quello commerciale (vendite, negoziazione, account management, sales management) e quello della comunicazione interpersonale “allargata” (stili di comunicazione interpersonale, public speaking, coaching, gestione riunioni). In parallelo una passione per la fotografia, praticata e insegnata.


idee per crescere do anche esempi pratici di come essa possa avere incidenza nella quotidianità della vita aziendale. Le cinque competenze di base Prima di tutto sgombriamo il campo da possibili equivoci: utilizzare l’intelligenza emotiva non significa essere compassionevoli, romantici o malati di “buonismo”. Significa invece fare uso di una serie di competenze che sono basate su cinque elementi fondamentali: • autoconsapevolezza, • autoregolazione, • motivazione, • empatia, • abilità sociali. L’insieme di queste competenze consente di gestire gli aspetti emotivi di ogni relazione interpersonale (sia a livello individuale che di gruppo), e risulta utile in numerosi contesti: dalla vendita, all’assistenza tecnica, nonché nella gestione delle riunioni, dei team, dei conflitti etc. Il primo passo: conosci te stesso e regola le tue risposte La capacità di riconoscere le nostre emozioni interne rappresenta il primo elemento della nostra intelligenza emotiva. Si tratta di un percorso di autoconsapevolezza, senza il quale non si può pensare di esercitare una qualsiasi forma di influenza sugli altri. Oggi, il ritmo accelerato delle interazioni, la continua distrazione provocata dai dispositivi mobili, la quantità aumentata di stimoli e di cose da fare concedono sempre meno tempo per assimilare e riflettere. Reagiamo spesso “in automatico”, senza fermarci ad analizzare cosa stiamo provando in una determinata circostanza e come ciò possa influenzare la nostra performance. A questa presa di coscienza deve fare seguito l’attenzione a regolare le proprie reazioni in funzione delle conseguenze che possono generare. In un contesto aziendale ad esempio, atteggiamenti e frasi aggressive possono avere come conseguenza un peggiora-

Alcune reazioni dovute all’uso l’intelligenza emotiva mento permanente del clima di lavoro, e la compromissione dei rapporti interni. Talvolta singole frasi – proferite in uno stato di alterazione emotiva – vengono ricordate dai propri collaboratori a distanza di anni. Dire “sei un incapace!” a un collaboratore che ha commesso un errore può ferire la sua autostima, indebolire la sua motivazione e ridurre la sua produttività. Per converso, un apprezzamento rivolto alla persona può avere un effetto fortemente motivante. Dire “sei stato bravo”, o “è un piacere lavorare con te” risulta molto più potente che “hai svolto bene questo compito”. Fa parte di questo ambito anche la capacità di gestire la propria risposta emotiva al cambiamento, evitando di opporre inutili resistenze, o interpretandolo come una minaccia invece che come un’opportunità.

Utilizzo corretto: - Autostima - Integrazione, inclusione, accettazione - Senso di appartenenza - Attenzione - Sicurezza - Gratificazione - Autoattivazione Motivazione come fattore trainante La tua motivazione, i tuoi comportamenti e la tua etica sono trainanti per i membri del tuo team. La coerenza e l’affidabilità costruiscono il clima di fiducia che spinge le risorse a essere collaborative. Guidare le persone essendo loro d’esempio, adottare gli stessi comportamenti che si richiedono loro, mostrare passione

Utilizzo scorretto: - Frustrazione - Senso di abbandono, svalutazione - Rifiuto - Paura - Inerzia - Ostilità - Rinuncia per il progetto che si sta seguendo, assumere un atteggiamento proattivo nella risoluzione dei problemi ha un influenza determinante nell’approccio al lavoro dei propri collaboratori. L’empatia Con il termine empatia, talvolta abusato, si fa riferimento alla capacità di comprendere le emozioni degli altri, nonché alla ca-

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idee per crescere

Cos’è l’ascolto attivo? Ascolto attivo non significa solo ascoltare attentamente l’interlocutore, comprendendo il senso del suo discorso, ma anche - fornire evidenza dell’ascolto con cenni di assenso, sia verbali sia con metacomunicazione (segnali del corpo come annuire con il capo) - utilizzando precisi comporpacità di modulare i nostri comportamenti in funzione della reazione che siamo capaci di prevedere nell’altro. Il medesimo approccio può risultare fortemente motivante o deprimente, a seconda dell’interlocutore a cui è rivolto. Per esempio, in un’organizzazione commerciale, stimolare un’accesa e spietata competizione fra venditori può generare motivazione negli individui propensi alla lotta e scoraggiamento in quelli con una ridotta autostima e una basso livello di resilienza. L’empatia è inoltre l’elemento che fa da contraltare alle nostre convinzioni. Spesso i tratti naturali della personalità e gli approcci appresi durante l’infanzia e l’adolescenza ci fanno maturare l’idea

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tamenti verbali che diano seguito alle affermazioni dell’interlocutore: • Richieste di chiarimento: “può spiegarmi meglio questo particolare…?” • Verifica della comprensione: “se ho capito bene intendi dirmi che…” • Riassunto: “allora, fin qui ci siamo detti che…” che esista un modo “migliore” per affrontare le situazioni. Per esempio pensare che “con le persone bisogna usare il bastone e la carota”. Tuttavia, se riusciamo a leggere con onestà l’emozione che generiamo negli altri con i nostri comportamenti possiamo anche superare gli stereotipi da cui siamo condizionati e adottare un atteggiamento più flessibile ed efficace. L’uso dell’empatia risulta poi fondamentale in alcuni contesti specifici: quando dobbiamo esercitare la leadership attraverso il coaching, concentrandoci sugli obiettivi e sul potenziale del collaboratore; nei contesti di assistenza tecnica, customer care, gestione reclami, nei quali è assolutamente

necessario mettersi nei panni dei clienti, comprendere le loro problematiche, i loro stati d’animo e i loro bisogni sottostanti; nella trattativa di vendita, durante la quale l’allineamento allo stile di relazione del cliente aumenta le probabilità di successo del venditore. In tutti questi casi una pratica fondamentale da adottare, che vede le sue radici proprio nell’empatia è quella dell’ascolto attivo (vedi box in questa pagina). Il potere moltiplicatore dei gruppi di lavoro La nostra capacità di influenzare il prossimo attraverso le competenze emotive ha un maggiore impatto quando è rivolta a gruppi di persone invece che a singoli individui. Questo perché le emozioni sono “contagiose”, e lo possiamo constatare nei più disparati contesti della vita quotidiana. La capacità di trasferire un messaggio nella maniera più adeguata ha un effetto determinante nel condizionare l’umore collettivo. Risulta quindi utile una riflessione preliminare in tutte quelle occasioni in cui si devono trasmettere

messaggi a forte impatto emotivo. Sia per motivare le persone, sia per rendere accettabile un eventuale disagio o sacrificio. Ad esempio in una situazione di criticità, nella quale si prospetta una riduzione del personale, risulta ben diverso dire “signori, l’azienda si trova nella condizione di ridurre il personale, le persone interessate saranno convocate” rispetto a “colleghi, ci troviamo in una situazione critica, è possibile che si debbano prendere decisioni spiacevoli, ma stiamo cercando di percorrere la via più indolore per tutti”. Il leader emotivo riesce ad ottenere performance di eccellenza dai suoi collaboratori, spingendoli a “lanciare il cuore oltre l’ostacolo”, non perché lo richieda l’azienda, ma perché è lui il primo a farlo. Dobbiamo tenere a mente che qualsiasi nostra comunicazione contiene una parte di contenuto e una parte di relazione. Se quest’ultima comunica alleanza, solidarietà, condivisione, il messaggio in sé sarà recepito meglio e risulterà più motivante. La leadership emotiva si declina anche attraverso comportamenti di condivisione. È necessario fornire motivazioni valide e accettabili – talvolta in maniera decisa e autorevole – per ottenere un determinato operato dai collaboratori. Questo in particolar modo durante i processi di cambiamento. In molti casi essi falliscono perché vengono “calati dall’alto” dal management, senza fornire una spiegazione, senza parlare direttamente con le persone, ma affidando la comunicazione ad una sterile e-mail con allegato un regolamento. Concludendo, è importante tener presente che, a differenza delle caratteristiche che definiscono il classico quoziente d’intelligenza, le competenze emotive possono essere apprese, modificate e migliorate con un consapevole allenamento. Per un manager, quindi, è importante riconoscerne l’utilità, evitando di gestire le sue risorse e la sua quotidianità lavorativa concentrandosi solo sulle sue competenze tecniche e sulla sua posizione gerarchica.


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