Uomini e Sport n.35

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Novembre 2021

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Numero | 35

Uomini S port

SPORT A TUTTO CAMPO La Mountain Bike, adrenalina pura

ALLA SCOPERTA DI NUOVE VIE In Groenlandia sulla “Siren Tower”

SPECIALE OLIMPIADI 2020 La storia e i suoi campioni

SPECIALE TREKKING Il Cammino di Oropa

IN COPERTINA:

Giada Specia, del KTM Protek Elettrosystem Torrevilla Bike


L’EDITORIALE

Le Olimpiadi sono il più grande evento globale, e l’imponente copertura mediatica è in grado di raggiungere oltre 4 miliardi di persone, circa il 60% della popolazione mondiale. Lo sport, infatti, è un potente catalizzatore di globalizzazione, che opera a più livelli, dalla costruzione di un immaginario collettivo alla creazione di legami fra nazioni, atleti, tifosi e alla concentrazione di risorse economiche. E’ la vetrina e la celebrazione per tutte le discipline sportive, anche per quelle che non hanno grande visibilità durante l’anno. Se c’è un sogno condiviso dalla maggior parte degli atleti agonisti è quello di partecipare ai Giochi Olimpici, una medaglia olimpica ha un sapore assolutamente diverso da qualsiasi altro successo sportivo. Dietro e dentro la competizione fra gli atleti, ci sono tutti i valori olimpici: fair play, partecipazione, amicizia, lealtà, solidarietà, impegno, rispetto, coraggio, miglioramento di sé, pace, uguaglianza e internazionalismo. Questo insieme di valori conferisce ai Giochi un’attrattiva capace di coinvolgere il mondo intero, a prescindere dalle differenze culturali, e che va oltre il puro spettacolo sportivo. I Giochi sono un processo organizzativo gigantesco e molto complesso: tra la data della candidatura della città, l’inizio della pianificazione e l’effettivo svolgimento della manifestazione passano almeno dieci anni. Una grande svolta nell’assegnazione dei Giochi avvenne nelle Olimpiadi di Sydney 2000 che presentò le proprie linee guida ambientali unitamente alla candidatura per ottenerne l’assegnazione. Così, il manuale del CIO per le città che si candidano a ospitare i Giochi dice espressamente: «È indispensabile che, dall’inizio della candidatura al periodo post-olimpico, siano prese tutte le misure necessarie per minimizzare o eliminare l’impatto ambientale e per contribuire a una armoniosa integrazione dei Giochi nell’ambiente».

Pensare che lo sport possa dare un importante contributo per la tutela e la salvaguardia del pianeta è sicuramente un compito che ci riguarda da vicino. Noi come Sport Specialist facciamo delle scelte precise sui prodotti che vendiamo nei nostri punti vendita, dando una grande attenzione alla scelta di materiali ecocompatibili e processi produttivi ecosostenibili. Ovviamente tutte le aziende del nostro settore hanno sempre di più nelle loro collezioni prodotti a basso impatto ambientale. Dopo le tante emozioni olimpiche che abbiamo vissuto con le innumerevoli medaglie vinte dai nostri atleti nelle più svariate discipline, sono tornato a notti insonni seguendo le Paralimpiadi. Le Paralimpiadi rappresentano un esempio concreto di accettazione delle differenti abilità e valorizzazione della diversità, a sfidarsi sono sempre atleti di altissimo livello, persone che con le loro potenzialità puntano a manifestare le proprie qualità. Le gare delle persone con disabilità sono quindi esempi di puro sport, praticato con passione e abnegazione. Queste Paralimpiadi ci insegnano tantissimo, ci emozionano e ci fanno capire ancora di più che occorre vedere la disabilità non come un limite ma come una risorsa da valorizzare in modo differente. Come ogni quattro anni, grazie ai Giochi Olimpici e Paralimpici, si apre una finestra e viene data visibilità ad ogni disciplina sportiva, perché lo sport, con i suoi sacrifici, le sue sconfitte e le sue vittorie è la più bella e importante scuola di vita. La nostra attività di sponsorizzazione con il sostegno alle le Società sportive che operiamo attraverso tutti i nostri punti vendita, è per favorire lo sviluppo dello sport, di atleti emergenti, appassionati e nuovi campioni che ogni anno sanno regalarci meravigliose emozioni.


NOVEMBRE 2021 - ANNO XII - N° 35

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“Uomini e Sport” è consultabile e scaricabile online sul sito www.df-sportspecialist.it Posta e risposta: Angolo dei lettori uominiesport@df-sportspecialist.it DF Sport Specialist Redazione “Uomini e Sport” Via Figliodoni, 14 - 23891 Barzanò - LC

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Il punto di vista Manifattura Valcismon

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I miei giorni nella valle degli sherpa

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Un nome da non dimenticare Vanni Santambrogio

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Outdoor Training a Chamonix con The North Face

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Staffetta bike + running DF Sport Specialist

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Accadeva nell’anno Bordin e l’impresa di Seul 1988

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Sport a tutto campo la mountain bike

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Speciale Olimpiadi 2020

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Alla scoperta di nuove vie Groenlandia, sulla “Siren Tower”

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Speciale trekking L’Italia dell’outdoor

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L’esperto consiglia Trekking

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Anche qui si trova DF Sport Specialist

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Ferrate lecchesi

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Run Walk Breakfast 5.45

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“A tu per tu con i grandi dello sport” Marco Milanese Marika Ciaccia Hervé Barmasse

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Abbiamo letto per Voi

In copertina: Giada Specia, del KTM Protek Elettrosystem Torrevilla Bike Credits: Emanuele Barbaro


IL PUNTO DI VISTA

Spirito di squadra, come nello sport, appartenenza, forte legame con il territorio e la sua gente e il valore della famiglia.

Nel 75° anniversario della nascita della Manifattura Valcismon, vi raccontiamo la storia di un’impresa che ha profonde radici e una chiara visione del futuro. a cura di Cristina Guarnaschelli

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Da sinistra: Steve Smith, Gioia, Alberto, Alessio, Dario Cremonese.

Per l’occasione abbiamo incontrato la terza generazione della famiglia Cremonese: Dario, Alessio, Gioia, Alberto con Steve Smith, socio dal 2009. Con loro abbiamo fatto un viaggio nel passato, laddove tutto è iniziato con Olindo e Irma, i nonni, e poi con il papà Giordano. In Manifattura Valcismon l’evoluzione è continua, quotidiana, sguardo fisso ai valori aziendali, famiglia e business etico, e slancio verso il futuro con ricerca e innovazione, dedizione costante allo sviluppo del prodotto e alla sua unicità. Siamo nel 1946: la storia della Manifattura Valcismon inizia da un’idea dai coniugi Olindo e Irma Cremonese. Ci raccontate qual era? Il periodo storico era quello dell’immediato dopo guerra: i consumi stavano ripartendo, nell’aria si respirava euforia e il ritorno ad una vita normale. L’idea, partendo dall’abbondante materia prima presente sul territorio – la lana delle pecore – era di realizzare una filatura tessile della lana a Lamon. L’idea incontrò il favore del mercato e iniziò a prendere forma, da Lamon l’attività si spostò più a valle a Fonzaso, tuttora sede della Manifattura Valcismon. L’attività fioriva, dalla filatura si passò a mettere le prime macchine per creare i tessuti e successivamente, grazie alla moglie Irma, Olindo completò la filiera comprando le macchine da cucire per iniziare a confezionare i primi capi. Fu proprio dalle esigenze della comunità che i nonni Olindo e Irma immaginarono i loro prodotti: una collezione di intimo uomo e donna, maglie e mutande di lana, per la vita quotidiana. Nel 1960 un primo ingrandimento con un nuovo capannone, un passo in avanti con una visione di crescita dell’azienda. Erano gli anni del boom economico. Giordano Cremonese, figlio di Olindo e Irma, laureato in Medicina lasciava la sua vita professionale in ospedale per rispondere all’appello del padre di entrare in

azienda: così inizia lentamente il primo passaggio generazionale. Negli anni ’70 il mercato fece registrare una crisi per l’intimo: lo spirito imprenditoriale della famiglia Cremonese trasformò quel momento di crisi in un’evoluzione, per ripartire mettendo al centro lo sport. Nel 1972 una tappa fondamentale: da Olindo e Irma a Giordano e la nascita del brand Sportful con una linea, che per i tempi rappresentava una rivoluzione nell’abbigliamento sportivo. Come è nata l’idea e qual era il primo capo che ha fatto da “apripista”? Da grande sportivo qual era, Giordano impresse una svolta importante all’azienda: fondista, velocista, rugbista, amante dello sport a 360°, decise di iscriversi alla Marcialonga del 1973. Non sapendo come vestirsi per affrontare la competizione, si lasciò ispirare dall’abbigliamento che aveva visto indossare ai fondisti norvegesi: decise così di prodursi una tuta con un tessuto elasticizzato che offriva libertà di movimento e calore per affrontare i 70 km della gara. Giordano non passò inosservato, il colore scelto era l’arancione che ben spiccava nel paesaggio innevato. I tempi erano quelli del passaparola, degli amici che videro la tuta, ne apprezzarono le caratteristiche e iniziarono a creare la domanda di un nuovo prodotto. Uomini&Sport | Novembre 2021 | 3


Dott. Giordano Cremonese, alla Marcialonga di Fiemme e Fassa del 1973.

Sportful, che significa Sportivamente, nacque così: da un’idea per soddisfare un bisogno personale che poi si allargò a macchia d’olio, dando vita al nuovo progetto imprenditoriale di maglieria sportiva. Quel colore arancione, così sgargiante e fuori moda per i tempi, è ancora oggi il colore del nostro brand. Dall’abbigliamento da sci al ciclismo: prima con la produzione interna nel 1983 e poi anche con l’acquisizione del brand Castelli nel 2003. La passione per lo sport era ed è tuttora l’anima e il motore di questi cambiamenti? Viviamo lo sport come stile di vita, una passione che abbiamo la fortuna di abbinare al nostro lavoro. Lo sci è indubbiamente lo “sport passione” per la nostra famiglia. Ai tempi era uno sport emergente, condizionato però da due fattori: la neve non sempre in quantità sufficiente, non c’erano ancora i cannoni come oggi, e la stagionalità. Per gli obiettivi di crescita della nostra azienda, produrre prodotti solo per lo sci era un limite. Che cosa avremmo potuto fare? Osservammo come si allenavano i fondisti in estate: andavano in bicicletta, così come molti ciclisti, nella stagione invernale, praticavano lo sci di fondo. Così Giordano decise di creare la prima collezione per il ciclismo a marchio Sportful: sfruttando la notorietà del brand incontrammo più facilmente la fiducia degli appassionati anche delle due ruote. Nella storia del nostro ingresso nel mondo del ciclismo, ci furono anche una serie episodi fortunati, come nel 1988 la prima sponsorizzazione dell’Alfa Lum – Legnano, squadra di Maurizio Fondriest, più giovane italiano a vincere un campionato del mondo. Poi la collaborazione con la Mapei, durata dal 1994 al 2001, con la personalizzazione dell’abbigliamento delle più grandi squa4 | Novembre 2021 | Uomini&Sport

dre di ciclismo, parliamo di Mapei, Ariostea, MG Boys con Cipollini, Chioccioli …. Erano anni in cui il ciclismo era uno sport che appassionava ed emozionava tutti noi. Un’altra tappa importante per l’espansione della vostra azienda è rappresentata dall’ingresso di Steve Smith, socio dal 2009. Avevamo bisogno di allargare gli orizzonti e la presenza su mercati internazionali: eravamo alla ricerca di una persona che avesse delle capacità di commercializzazione oltre oceano e in tutto il resto dell’Europa. Steve Smith ha interpretato, raggiunto e superato gli obiettivi di crescita internazionale, che l’azienda si era prefissata. In lui, l’azienda ha trovato la persona giusta per raggiungere i suoi obiettivi di espansione all’estero. Siamo passati da un 20% di vendite all’estero e 80% Italia, ad avere oggi il 17% in Italia e l’83% all’estero. Facendo un passo indietro, torniamo al 2003 con un’altra pietra miliare nella nostra storia: l’acquisizione di Castelli, marchio di ciclismo più antico al mondo, che stava vivendo un momento di crisi dopo la prematura morte di Maurizio Castelli. Era un marchio storico, riconosciuto e apprezzato dagli appassionati ma che aveva perso la fiducia dei distributori e dei negozianti. Fu una sfida riconquistarli, un lavoro instancabile ma che ci ha dato grosse soddisfazioni: oggi è il marchio di ciclismo più famoso al mondo e leader del mercato. Una storia imprenditoriale in continua evoluzione. Nel 2007 la nascita di Karpos. L’avete definita come la continuazione del vostro viaggio verso la cima. Che cosa vi ha spinto a creare un nuovo brand? La montagna fa parte del nostro DNA, viviamo alle porte del parco delle Dolomiti bellunesi, ci piace definirla la nostra palestra. I capi vengono testati sulle nostre montagne. Aero Race 6.0 - la maglia aerodinamica per il ciclismo su strada, ideata nel 2006, con il nome Split Second (frazione di secondo), è giunta alla sua sesta versione. Grazie ad accurati studi e simulazioni al computer dei flussi d’aria in posizione aerodinamica, scelta del tessuto e posizionamento delle cuciture, riesce ad essere sempre più performante e con una vestibilità migliore.


Le tute della Squadra Nazionale di Sci realizzate da Manifattura Valcismon.

Karpos è nato dall’osservazione delle tendenze in atto: ci accorgevamo che spesso gli appassionati sulle piste da sci non indossavano un abbigliamento tecnico ma sempre più capi outdoor. Erano anni in cui nascevano molti brand in questo segmento: è stata una nuova sfida per la nostra azienda. La prima collezione è nata all’interno di Sportful, poi l’evoluzione e la nascita del brand Karpos: per mantenere il legame, nel disegno del logo, la s di Karpos è quella di Sportful. Un piccolo dettaglio per dare ancora più credibilità al nuovo brand. Siamo partiti bene in Italia, grazie anche alla fiducia di DF Sport Specialist nell’accogliere i nostri prodotti nei punti vendita, e poi la distribuzione si è allargata all’arco alpino, Austria, Francia, Germania, Spagna: la sfida ora è nord Europa, mercati USA, Corea, Asia e Canada. Che cosa è cambiato in questi anni nella creazione e sviluppo dei prodotti? Abbiamo vissuto un’evoluzione dei materiali incredibile e velocissima. Se pensiamo che una volta le maglie da ciclismo erano in misto lana e non aveva nessuna caratteristica tecnica, se non tenere caldo, oggi realizziamo capi tecnici e performanti che allora sembravano impossibili. In azienda lavoriamo incessantemente allo sviluppo dei prodotti, mettendo grande cura in ogni piccolo dettaglio: non lasciamo nulla al caso ma studiamo ogni aspetto con i nostri team dedicati. Un esempio? Nella creazione del prodotto, studiamo il posizionamento del tessuto analizzando la reazione sul corpo: arriviamo ad utilizzare fino a 8 tessuti diversi su uno stesso capo per creare un prodotto funzionale, confortevole e tecnico.

Ci mettiamo passione, dedizione, creatività, tecnologia per creare capi che siano unici. Negli anni abbiamo fatto molte ricerche e studi sull’aerodinamicità: abbiamo rivoluzionato il modo di vestire nello sport, puntando sempre sull’innovazione e sull’introduzione di nuovi materiali. Abbiamo uno stretto e proficuo rapporto con il Politecnico di Milano e con l’Università di Trondheim in Norvegia. Con loro e i nostri atleti, facciamo test nelle gallerie del vento per analizzare l’impatto dell’aria sull’atleta. Studiamo come reagiscono i tessuti: un lavoro lungo che passa attraverso il test anche di dieci body diversi per arrivare a capire qual è il migliore e passare poi alla produzione. Quanto c’è ancora da scoprire? Tanto! Quando limiamo i watt su un body da ciclismo, ci sembra di aver fatto il massimo, poi con qualche intuizione riusciamo ad andare oltre. E così è anche nell’abbigliamento per l’outdoor. Per tutti i nostri brand lavoriamo a stretto contatto con atleti, Ambassador o ex professionisti interni alla nostra azienda: lo sviluppo del prodotto è il risultato del continuo lavoro e al loro prezioso contributo, strategico per soddisfare le richieste dei nostri clienti, permettendoci così di anticipare il mercato. Una qualità che ci ha sempre contraddistinto. Cosa c’è nel futuro della Manifattura Valcismon e dei suoi tre brand Sportful, Castelli e Karpos? Abbiamo realizzato molti sogni: per questo ci sentiamo fortunati. Negli ultimi anni abbiamo vissuto un’accelerazione importante ma ci siamo fatti trovare pronti. In un’azienda veneta non è scontato far entrare un manager straniero nel capitale: per la nostra famiglia è stato il modo per ringraziare Steve Smith per il suo contributo e farlo sentire parte del nostro progetto. La crescita è continua: siamo passati da 12 milioni di fatturato nel 2006 a 96 nel 2020, con una previsione di 130 milioni per quest’anno. Sapevamo che dovevamo strutturarci e per questo motivo abbiamo fatto entrare nella nostra compagine societaria un fondo di investimenti, Equinox, con una quota di minoranza. Un passo importante, necessario, al quale abbiamo guardato senza tralasciare il valore della famiglia che ha mantenuto il controllo di maggioranza. Abbiamo intrapreso un cammino di managerialità che se non avessimo iniziato, con l’accelerazione del fatturato post covid, grazie all’esplosione degli sport del ciclismo e dell’outdoor, non sarebbe stato semplice affrontare. Nel futuro vediamo un percorso aziendale in crescita ma fortemente legato ai valori della nostra famiglia: serietà, umanità ed etica.

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I miei giorni nella valle degli sherpa

Testi e foto di Floriano Castelnuovo

Nepal, terra di immense montagne, infinite vallate e grande alpinismo. Il mio primo contatto con questi luoghi risale a molti anni fa. Era il lontano 1983: ebbi la fortuna insieme ad altri amici di partecipare ad una spedizione alpinistica congiunta, CAI e gruppo Ragni di Lecco, ad una cima di 8.000 metri nelle regioni dell’Himalaya. In quel periodo, benché l’epoca di esploratori e pioneri fosse trascorsa da molto tempo, per noi di Lecco, giovani appassionati di montagna, non era così semplice poter raggiungere le lontane terre nepalesi. Pensare poi ad una scalata su queste cime, viste solo nelle immagini di famosi alpinisti, era un sogno all’apparenza irrealizzabile. Questione di soldi, di tempo e pure di rispettoso timore. In quegli anni, si stava uscendo dall’antica visione delle imponenti spedizioni nazionali: Messner prima di tutti, insieme ad altri, stavano seguendo la strada indicata da Buhl, molti anni prima, precursore dello «stile leggero» nelle spedizioni. Il nostro obiettivo era il Lhotse Shar, una montagna di 8.383 mt, vetta “secondaria” della cima principale del Lhotse nella regione del Khumbu. Dopo due mesi passati sulla parete, con vari tentativi, la spedizione non ebbe l’esito sperato: il tempo inclemente e una serie di problemi ci fecero desistere. Nonostante tutto fu un’esperienza positiva che aveva lasciato in me un segno. Ricordo in particolare una giornata trascorsa nel paese di Namche Bazar per

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migliorare il nostro acclimatamento alla quota: in compagnia di due amici, decidemmo di salire al villaggio di Khumjung situato più in alto. Allora i villaggi nella regione del Khumbu erano ben diversi da come li conosciamo oggi, dove ormai si trova di tutto. Al tempo della nostra spedizione, quasi 40 anni fa, non esisteva nemmeno la luce elettrica. Quel giorno salimmo al villaggio di Khumjung camminando tra dense nuvole ed una leggera e fastidiosa pioggia. Quando arrivammo in paese, con nostra grande sorpresa, fummo invitati in una casa privata per una tazza di tè, vicino al fuoco acceso per far asciugare i nostri vestiti bagnati. Da quel primo e cordiale contatto, ho imparato ad apprezzare la disponibilità e l’ospitalità del popolo Sherpa nei confronti degli stranieri. Quel primo viaggio mi aveva stregato e lasciato il desiderio di ritornare. Così fu, partecipai a diverse spedizioni alpinistiche e a lunghi trekking. Durante questi viaggi ho avuto modo di conoscere e fare amicizia con la popolazione locale, gli sherpa dei villaggi ai piedi delle grandi cime: con loro ho creato un forte legame che continua tuttora. Ho frequentato il paese anche negli anni della guerra civile, innescata dal movimento Maoista per rovesciare il sistema monarchico. Il turismo in quegli anni, fonte di reddito principale per il Nepal, era quasi completamente sparito. Non era semplice muoversi:


ricordo un’esperienza poco piacevole durante il percorso di avvicinamento al Makalu. Durante il cammino fummo bloccati da un gruppo di combattenti del popolo, così si chiamavano. In ogni villaggio avevano un informatore che li avvisava dell’arrivo di una spedizione: al paese successivo i “Maobadi”, come venivano definiti, uscivano dalla foresta e fermavano gli stranieri di passaggio. I posti di controllo di esercito e polizia erano stati abbandonati da tempo. Agli stranieri veniva richiesto un contributo obbligato in denaro a sostegno della loro causa, una rapina a tutti gli effetti. Quella volta al Makalu, a differenza di altre situazioni vissute in precedenza, si fecero avanti ragazzi esaltati, agitati e armati: ci rubarono soldi e macchine fotografiche che usarono non per scattare foto, ma per imbottirle di esplosivo e lanciarle contro luoghi presidiati da militari o polizia. Dopo questi anni scuri, il Nepal ritornò quello di sempre con molta povertà e tante contraddizioni ma bellissimo con i suoi spazi infiniti. È un paese che ha vissuto anche momenti difficili, con tragedie e catastrofi, come la sanguinosa guerra Maoista iniziata nel 1996 e durata circa un decennio. Il 18 aprile 2014 sulle pendici dell’Everest avvenne la più grande disgrazia di sempre: per il crollo di un enorme seracco persero la vita sedici scalatori Sherpa. Nel 2015 il terrificante terremoto distrusse molte zone del paese, compresa la capitale Kathmandu, mettendo di nuovo in ginocchio l’intero stato. Oggi la pandemia ha colpito pesantemente anche queste terre, minando l’economia legata al turismo. Nella regione dell’Everest, Khumjung era ed è tutt’ora la mia base d’appoggio, una sistemazione tutta per me, nel villaggio preferito. Un sogno maturato nel tempo e continuamente rimandato anche per via della situazione incerta del Nepal durante gli anni turbolenti del conflitto Maoista. A Khumjung ho conosciuto Doma, una ragazza che è diventata mia moglie: grazie al suo indispensabile aiuto ho realizzato il mio antico desiderio, una casa tutta per noi. Parte dell’anno la trascorro qui e col passare del tempo ho potuto apprezzare le usanze e la cultura del popolo Sherpa. La loro profonda fede verso il divino, il genuino rispetto per le terre che abitano è diventato anche mio. Sono affascinato dall’ascolto di storie e leggende tramandate dai vecchi. Nella valle, quando si conclude la movimentata stagione dei trekking e delle spedizioni alpinistiche, torna il consueto silenzio di un tempo, l’abituale lavoro nei campi diventa attività primaria e indispensabile per il sostentamento delle famiglie.

Durante questo periodo la comunità degli Sherpa rinnova le sue tradizioni, come gli esuberanti festeggiamenti per i matrimoni oppure per la fine della costruzione di una nuova casa. Sono molto sentite anche le feste religiose celebrate dai monaci, che dai tempi che furono si svolgono nei paesi Sherpa nella valle del Khumbu, con uomini e donne che indossano costumi tipici. In questi anni ho partecipato alla vita della comunità: un rito particolarmente sentito, è la processione dei “Lama” nei campi appena seminati, con la gente del paese che segue recitando “mantra” buddisti e suonando trombe e tamburi. Preghiere rivolte agli Dei ed alla terra affinché sia generosa con il raccolto. Qui vivo momenti di pace assoluta: in compagnia di amici spesso scaliamo piccole cime che fanno da corona al villaggio, per semplice e puro piacere oppure alla ricerca di yak scomparsi. Dalla cima, gli amici Sherpa, indicandomi le montagne, mi raccontano storie e momenti delle loro scalate accompagnando clienti stranieri. Mi raccontano del Khumbila, la Sacra montagna che sovrasta il paese: una cima che non raggiunge quote elevate e non è mai stata salita dall’uomo. È ritenuta dagli abitanti della valle residenza divina degli Dei protettori del Khumbu. Mi raccontano che sulla divina montagna vive lo Yeti: anche se nessuno l’ha mai visto, gli abitanti sono certi della sua presenza. Seduti al villaggio, gustando una tazza di “chang”, la saporita bevanda locale, le nostre riflessioni spaziano ai cambiamenti vissuti negli anni. Rispetto al passato il livello tecnico degli Sherpa è migliorato, mentre sono diventati tanti gli stranieri che arrivano per salire sul “Tetto del Mondo” o su altre cime, spesso senza alcun bagaglio di esperienza alpinistica e soprattutto la giusta dose di umiltà verso la montagna. Quando vedo le foto di alpinisti ammassati in cammino verso la vetta, come gitanti su una spiaggia, mi chiedo dove sia finito l’alpinismo degli straordinari esploratori di un tempo. Senza il fondamentale supporto degli sherpa, questi “turisti d’alta quota” avrebbero poche o forse nessuna speranza di arrivare in vetta. Il Nepal non è solo cime: è un paese che riserva molti percorsi di trekking che attraversano valli, villaggi e montagne dove il tempo sembra essersi fermato ai giorni dei primi storici esploratori. Naturalmente non dimentico che il turismo, che si svolge principalmente nelle alte terre dell’Himalaya, è vitale porzione di reddito per una nazione povera. La montagna è per tutti, basterebbe come nei tempi passati avvicinarsi con umiltà e rispetto verso la popolazione che abita questi spazi grandiosi.

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UN NOME DA NON DIMENTICARE

Vanni Santambrogio Un uomo di montagna un maestro di vita e un esempio per molti, che verrà ricordato per sempre. La primavera del 2021 sarà tristemente ricordata come il periodo segnato dalla terza ondata di contagi da Coronavirus. Nonostante le misure restrittive adottate, tra marzo e aprile, si sono verificate perdite improvvise e inattese, che hanno lasciato tutti sgomenti. All’età di 75 anni, il 3 aprile, Vanni Santambrogio è mancato. Il suo nome è riecheggiato per giorni non solo tra la Brianza lecchese e quella comasca, ma anche nel mondo alpinistico nazionale, nell’incredulità generale, fino a pochi giorni prima, infatti, lo si poteva incontrare ancora sui sentieri erbesi. Era istruttore nazionale di alpinismo e sci alpinismo e accademico del CAI. Era direttore della scuola di Alpinismo Alta Brianza, la stessa in cui mosse i primi passi nel mondo verticale, e aveva al suo attivo innumerevoli salite sulle principali montagne italiane. Varie anche le spedizioni internazionali tra le quali la partecipazione ad una spedizione scientifica durante

Da sinistra: Marco Ballerini, Antonio Peccati (Briciola), Vanni Santambrogio 8 | Novembre 2021 | Uomini&Sport

la quale si sottopose ad alcuni test per lo studio dell’ipossia ad alta quota, nel 2008, sul campo base dell’Everest curata dall’Istituto auxologico italiano e dall’Università degli Studi di Milano Bicocca. Dopo quattro anni di ricerche effettuate a 4.559 metri di quota, sul Monte Rosa, la ricerca arrivò anche nella zona himalayana fino a 5.300 metri di quota. Santambrogio rimase al campo base per circa un mese. Una passione infinita per la montagna: era un autentico punto di riferimento per intere generazioni. Numerose le ascensioni alle quali partecipò: dal Monte Bianco al Monte Rosa, alle Dolomiti, in particolare una via molto importante, il Crozzon del Brenta. Tra le sua salite si ricordano la NordEst del Badile a 20 anni, la Torre Trieste al Civetta lungo la via Cassin e ancora la Nord delle Grandes Jorasses sempre lungo la via Cassin. Nella sua carriera alpinistica andò anche in Himalaya sul Cho Oyu, nel Pamir sul Muztagata, in Turchia

Vanni Santambrogio al campo base dell’Everest


sull’Ararat, in Argentina sull’Aconcagua, in Grecia sul Monte Parnàso, in Sicilia sull’Etna, in Marocco a sciare sulle dune di sabbia e in Groenlandia per un’attraversata con i cani da slitta. Imprese ripetutamente balzate sulle pagine della stampa locale, come La Provincia di Como, e che lo aveva reso un uomo conosciuto, apprezzato e seguito da tutti gli amanti della montagna. Una passione infinita e smisurata per la montagna, coltivata sin da piccolo e che lo portò anche a gestire per ben 11 anni (dal 2006 al 2017), insieme alla moglie Hilda e ai figli Francesca, Mattia e Andrea, il rifugio Capanna Mara (1125 metri) situato tra i monti Bolettone e Palanzone. Chi lo ha conosciuto lo ricorda come un’alpinista d’altri tempi, con un’amore infinito e puro per la montagna, che non si vantava delle innumerevoli salite compiute. Era sempre disponibile, solare e sorridente. Era amato e ben voluto da tutti, impossibile contare gli amici e i conoscenti che aveva. Nella sua lunga carriera condivise ascensioni e viaggi con tantissimi compagni di cordata, impossibile elencarli tutti, per la parte alpinistica si ricorda però l’amico Antonio Peccati, mentre per quella scialpinistica l’amico Luciano Gilardoni. Negli ultimi anni seguiva con la stessa passione di sempre il gruppo Senior del Cai Erba, di cui era consigliere con incarico alle serate culturali.

Foto: archivio Famiglia Santambrogio

Vanni Santambrogio e la sua famiglia: la moglie Hilda e i figli (da sinistra) Andrea, Mattia, Francesca - a Fraciscio, (Campodolcino SO), dopo il Pizzostella skyrace 2019.

Vanni Santambrogio, a destra nella foto, con Antonio Peccati (Briciola).

Il Rifugio Capanna Mara che si trova nel triangolo lariano, sopra l’Alpe del Vicerè, tra i monti Bolettone e Palanzone e precisamente poco sotto il valico che mette in comunicazione la Val Bova e la Val di Gaggia. Una passeggiata adatta a tutti ,poco faticosa e veramente piacevole tra pini, faggi e betulle.

Vanni Santambrogio guarda il tramonto alla Capanna Mara Uomini&Sport | Novembre 2021 | 9


Il ricodo di Luciano Gilardoni

La sua testimonianza è un tuffo nel passato che ripercorre nella memoria, salite e discese immersi nel freddo, sferzati dal vento, circondati da vette maestose.

Da sinistra: Vanni Santambrogio con Luciano Gilardoni

Su richiesta dell’amico Sergio Longoni, traccio un breve ricordo del comune amico Vanni Santambrogio, il Vanni, per noi lombardi “El Vanni”, che ci ha lasciati in questo nefasto anno “2021”. Il ricordo dovrebbe riguardare Vanni come: • Uomo • Alpinista • Istruttore di alpinismo e sci-alpinismo Mi limiterò ad illustrare la sua attività di istruttore, lasciando ad altri di ricordarlo come uomo e come alpinista. Vanni inizia la sua attività come allievo alla Scuola di Alpinismo Alta Brianza, con sede presso il CAI di Caslino d’Erba. Superato il corso inizia la sua attività alpinistica con gli istruttori della Scuola e diventa presto anche lui istruttore della Scuola di Alpinismo Alta Brianza. All’inizio degli anni ‘70 inizia anche a svolgere l’attività nello sci-alpinismo come istruttore della Scuola Nazionale di Sci-alpinismo “Pietro Gilardoni” presso la sezione di Como. Innumerevoli sono stati i corsi condotti da Santambrogio come Direttore: • sia di alpinismo, nella Scuola Alta Brianza • sia di sci-alpinismo, nella Scuola P. Gilardoni Nel 1975 frequenta il Corso per Istruttori Nazionali di Sci-alpinismo ottenendo il titolo di I.N.S.A. Nel 1976 frequenta il Corso per Istruttori Nazionali di Alpinismo ottenendo il titolo di I.N.A. Negli anni successivi si può vedere un crescendo di attività per le Scuole del CAI, viene chiamato a far parte come Istruttore della Scuola Centrale di sci-alpinismo e della Scuola Centrale di alpinismo, e partecipa con assiduità e competenza in qualità di Istruttore ai corsi di formazione per ottenere la qualifica di • Istruttore Nazionale di sci-alpinismo • Istruttore Nazionale di alpinismo In seguito viene nominato componente della Commissione Nazionale Scuole di Alpinismo e Sci-alpinismo del CAI, incarico che ha svolto per parecchi anni. In questo lungo periodo in cui si è dedicato alle Scuole del CAI non ha mai cessato di svolgere un’intensa attività alpinistica e sci-alpinistica sulle Alpi e sulle montagne di quasi tutti i continenti, attività che gli ha permesso di entrare a far parte del CLUB ALPINO ACCADEMICO nel 1984. Vanni è stato un Istruttore preparato, su cui si poteva far affidamento, non si tirava mai indietro quando bisognava organizzare dei corsi; famoso il suo detto: “bisogna lavorà quand el ghè”. 10 | Novembre 2021 | Uomini&Sport


Foto: Jordan Manoukian

Outdoor Training a Chamonix con The North Face alla scoperta della nuova collezione Advanced Mountain Kit. C’eravamo anche noi! Chamonix, con il suo charme di villaggio di montagna, e la maestosità del Monte Bianco sono stati teatro dell’evento organizzato da The North Face per il lancio mondiale della nuova linea AMK, Advanced Mountain Kit. C’eravamo anche noi con i nostri tre venditori montagna, Beniamino Colombo del punto vendita di Bevera di Sirtori, Luca Brivio di Lissone e Antonio Ubbiali di Orio al Serio. Dal 12 al 15 settembre: un’esperienza vissuta tra momenti di formazione prodotto e test sui ghiacciai e sulle creste del Monte Bianco con l’accompagnamento delle guide francesi. “Un’organizzazione perfetta e un’accoglienza curata nei minimi particolari – così ci hanno raccontato i nostri venditori invitati all’evento. Una tre giorni intensa, estremamente utile per formarci sulla nuova collezione e sperimentare sul campo il valore tecnico dei nuovi prodotti.” Lo sviluppo di AMK, Advanced Mountain Kit, il top di gamma per l’alpinismo è partito nel 2017: è un sistema che coniuga traspirabilità, leggerezza e comprimibilità e si declina in 21 elementi progettati per integrarsi perfettamente, racchiudendo in sé innovazione, tecnologie rivoluzionarie, processi produttivi di ultima generazione e una nuova vestibilità. “La presenza all’evento degli alpinisti David Goettler e Hervé Barmasse, che ci hanno raccontato l’idea dalla quale sono partiti, insieme a The North Face, per la creazione di questa nuova linea per l’alpinismo d’alta quota, è stato un vero plus. Poter condividere con loro le nostre impressioni e scambiare le nostre opinioni è stato estremamente importante per capire in profondità la nuova collezione e poterne trasmettere il senso ai nostri clienti che verranno ad acquistarla.” Dalla formazione prodotto in aula alla prova in montagna, con l’accompagnamento delle giovani, ed estremamente preparate, guide di Chamonix, Antonio, Beniamino e Luca hanno provato

a cura di Cristina Guarnaschelli

i prodotti sul ghiacciaio del Bianco su percorsi adatti alle loro capacità alpinistiche. “Abbiamo vissuto due giorni sul ghiacciaio, trascorrendo una notte al rifugio Torino dove è stato ancora con noi Hervé Barmasse, un momento emozionante e intenso. L’esperienza alpinistica che abbiamo vissuto in quota ci ha dato la conferma diretta dell’elevata qualità tecnica della nuova collezione AMK – raccontano Luca, Antonio e Beniamino. Ci ha stupito l’aspetto dello studio approfondito effettuato da The North Face, con gli alpinisti, nella fasi di realizzazione della nuova linea. La qualità tecnica dei prodotti è eccezionale, un aspetto che ci ha conquistato è la compattezza dei materiali. Siamo riusciti a mettere nello zaino da 27 litri tutta l’attrezzatura necessaria per i due giorni in quota, un aspetto non di poco conto quando si va in montagna. Siamo sicuri che anche i nostri clienti apprezzeranno questa caratteristica, oltre a quelle della leggerezza, del calore e della traspirazione.” Il punto vendita DF Sport Specialist di Milano Palmanova è l’unico store in Italia ad essere stato scelto da The North Face per la vendita della nuova linea AMK Advanced Mountain Kit.

Luca Brivio, Beniamino Colombo, Antonio Ubbiali Uomini&Sport | Novembre 2021 | 11


I colori dell’autunno per i dieci anni della staffetta bike + running DF Sport Specialist Memorial Ermanno Riva e Piero Girani Domenica 10 ottobre è tornata la Staffetta DF Sport Specialist Bike+Run, da Pasturo al Bivacco Riva-Girani (loc. Comolli). L’evento quest’anno ha festeggiato un traguardo importante: la 10° edizione. Partita nel 2011 come evento aziendale DF Sport Specialist, la staffetta, memorial Ermanno Riva e Piero Girani, è stata successivamente aperta a tutti gli sportivi, trovando negli anni un crescente interesse tra gli appassionati di running e mountain bike. Il mese di ottobre accoglie ogni anno una nuova edizione per vivere tutti insieme una giornata di sport, divertimento e amicizia, alle pendici del Grignone. La macchina organizzativa è affiatata, grazie anche alla preziosa collaborazione della Sezione di CAI di Barzanò, del Comune di Pasturo, del Team Pasturo ASD, del Soccorso Alpino e Speleologico Lombardo e dell’Associazione di Promozione Sociale Giretto. Per l’edizione del decennale tempo incerto alla partenza per la prima frazione in mountain bike da Pasturo e arrivo all’Alpe Coa, dopo un percorso di circa 9 km.

12 | Novembre 2021 | Uomini&Sport

Seconda frazione di corsa fino al Bivacco Riva-Girani, (loc. Comolli, 1850 mt): con un percorso in salita di circa 500 mt di dislivello, che ha visto i partecipanti della seconda frazione svettare dal mare di nuvole del fondo valle per arrivare al sole e al cielo azzurro del traguardo. Nella staffetta singola maschile, la prima frazione in mountain bike è stata dominata da Michele Bonacina con un minuto e mezzo di vantaggio su Daniel Antonioli. A metà della salita verso il bivacco Riva-Girani, Antonioli ha raggiunto Bonacina e, dopo un testa a testa tra i due, Antonioli ha allungato il passo aggiudicandosi la vittoria. Nota di colore con l’ottimo risultato per l’intramontabile Paolo Riva, figlio di Ermanno a cui è stato dedicato il bivacco all’arrivo della gara: un 5° posto per il Coordinatore Logistica della Squadra nazionale di sci di fondo, che si è presentato alla premiazione con la nipotina. Il ricavato delle iscrizioni verrà devoluto da DF Sport Specialist in beneficenza.


L’edizione del decimo compleanno ha visto la partecipazione di 240 appassionati sportivi, 72 in singolo (maschile e femminile) e 84 in coppia (maschile e femminile o mista). CLASSIFICHE Singolo maschile 1° Daniel Antonioli* 54:14,81 2° Michele Bonacina* 54:34,95 3° Mattia Beretta 57:33,27

Nella pagina a lato: Daniel Antonioli, testimonial DF Sport Specialist e vincitore assoluto. Sotto: Sergio Longoni con Paolo Riva. Sopra: Il team DF Sport Specialist con i volontari e gli amici della manifestazione, della Sezione di CAI di Barzanò, Comune di Pasturo, Team Pasturo ASD, Soccorso Alpino e Speleologico Lombardo e Associazione di Promozione Sociale Giretto. [ Foto: Gianluigi Maggioni - Giretto.it / Domenico Tancredi Arrigo ]

Singolo femminile 1° Martina Brambilla 1:11:14,64 2° Barbara Sangalli 1:13:23,67 3° Cristina Sonzogni 1:19:46,97 Staffetta maschile 1° Eros Radaelli – Luca Del Pero 54:51,92 2° Giovanni Dedivittis – Andrea Rota 55:57,53 3° Giovanni Codeghini – Luca Gandola 56:34,12 Staffetta femminile 1° Martina Guerrera – Sabrina David 1:10:53,82 2° Sara Rosa – Irene Arlati 1:16:08,00 3° Aurora Invernizzi – Angelica Selva 1:16:37,00 Staffetta mista 1° Stefano Bonaiti – Daniela Gilardi* 1:07:06,48 2° Gabriele Alippi – Patrizia Rusconi 1:07:31,65 3° Luca Rusconi – Irene Girola 1:07:43,52 *testimonial DF Sport Specialist

Uomini&Sport | Novembre 2021 | 13


ACCADEVA NELL’ANNO: 1988

Bordin e l’impresa di Seul 1988 a cura della Redazione

A

lcune imprese rimangono indelebili nella memoria perché hanno fatto la storia dello sport. Una di queste è senza dubbio la prima medaglia d’oro olimpica italiana nella maratona. La maratona, che per tradizione è l’evento podistico più atteso di tutti i giochi olimpici, si corre per 42,195 km ed è pensata per rievocare la leggendaria corsa di Fidippide, che nel 490 a.C. si recò da Maratona ad Atene per annunciare la vittoria sui Persiani. Ogni maratona moderna mantiene in fondo quella epicità, un’aura quasi sacrale, espressione di tutta la potenzialità della resistenza umana. A questa battaglia sportiva contro i propri limiti per ogni italiano corrisponde un nome: Gelindo Bordin. Bordin nasce a Longare (Vicenza) il 2 aprile 1959, e nell’ottobre del 1984 esordisce nella maratona di Milano vincendola con il tempo di 2h13’20”. Nel 1985 ottiene il 7º posto nella Coppa Europa e il 12º nella Coppa del mondo a Hiroshima. Il salto di qualità è del 1986 quando vince la medaglia d’oro nella maratona ai Campionati europei. La sua successiva competizione internazionale è ai Campionati mondiali del 1987 a Roma. È un giorno molto caldo e umido e Bordin saggiamente si tiene discosto dai primi all’inizio della corsa; li raggiunge dopo il traguardo dei 35 chilometri e alla fine guadagna il terzo posto. Alle Olimpiadi di Seul 1988 Gelindo Bordin entra nello stadio con stampato in faccia il ghigno del vincitore. Comincia la volata finale della maratona olimpica: dal trentacinquesimo chilometro inizia la selezione decisiva, con il tanzaniano Ikangaa, il keniota Wakiihuri, il giapponese Nakayama, l’inglese

14 | Novembre 2021 | Uomini&Sport


Gelindo Bordin supera Ahmed Saleh durante la maratona di Seul 1988.

Gelindo Bordin è stato il primo italiano a vincere la maratona olimpica ed è l'unico italiano ad aver vinto la maratona di Boston.

Bordin bacia la pista dopo aver vinto la maratona.

Spedding, il gibutiano Saleh e Gelindo che staccano tutti gli altri. Gli ultimi venti minuti della maratona sono incerti e bellissimi: al chilometro 37 Saleh accelera, allungando ulteriormente il plotoncino di testa. Rispondono solo Bordin, pettorale 579 sulla canottiera bianca, e Wakiihuri. Un altro chilometro e il gibutiano piazza un’altra accelerazione: questa volta Gelindo non cambia passo, sembra accusare il colpo. Ma in realtà è la mossa giusta che lo farà arrivare dritto in testa. Una scelta tattica al chilometro 38. Eppure la sensazione di tutti lì a Seoul e davanti ai teleschermi, è che Bordin sia in difficoltà. Ma poi lo sguardo si sposta fisso sulla schiena di Wakiihuri, che sembra aver rallentato l’andatura. Bordin lo affianca e poi lo stacca a due chilometri dal traguardo. La scena si ripete quattrocento metri più avanti: questa volta è Saleh ad andare in crisi. Gelindo se ne accorge perché l’africano si volta continuamente. Bordin accelera con la forza del cuore, supera di slancio Saleh e vola verso l’oro. Lo raggiunge dopo un giro di pista nello stadio di Seoul e lo glorifica inginocchiandosi appena tagliato il traguardo e baciando il tartan della corsia: 2h 10’ 32’’, unico atleta non africano a vincere una gara di corsa nelle Olimpiadi coreane.

Uomini&Sport | Novembre 2021 | 15


SPORT A TUTTO CAMPO: LA MOUNTAIN BIKE

La Mountain Bike, adrenalina allo stato puro a cura della Redazione

A dominare la rubrica di “Sport a tutto campo” è la disciplina della mountain bike. Diventata molto popolare soprattutto tra i giovani in questo periodo, abbiamo assistito ad una vera e propria esplosione di piste di discesa nei maggiori impianti sciistici durante la stagione estiva. Pochi sanno però che la MTB nasce oltreoceano, più precisamente in California più di ben 40 anni fa. Ai tempi, le moderne biciclette erano “adattate” e si chiamavano clunker (in inglese, letteralmente catorcio) e che le bellissime discese a cui siamo abituati oggi erano strette stradine forestali. Nell’ottobre 1976 si diede vita alla prima gara di discesa in bicicletta, la “Repack”, organizzata Tamalplais a

Crediti: KTM Protek Elettrosystem Torrevilla Bike. 16 | Novembre 2021 | Uomini&Sport

Marin Country. Il nome della gara deriva dal verbo “to repack”, ovvero “riconfezionare”, nello specifico specificava l’operazione con la quale si lubrificavano i mozzi. Le continue frenate, infatti, rendevano necessario ingrassare più volte il tutto. La gara si svolse su un tracciato di 1800m di lunghezza e circa 400m di dislivello. Le bici utilizzate furono principalmente le Schwinn Excelsior, bici indistruttibile usata dai postini che consegnavano i giornali a domicilio negli anni ’30. Si capì, già dopo la prima edizione, che c’era bisogno di creare una bici più specifica per fare simili sentieri. Cominciò uno sviluppo più preciso della bici da MTB grazie anche a Joe Breeze, telaista che amava scendere


con la bici per i sentieri di Marin Country. Creò il primo telaio specifico e nacque nel 1977 il marchio Breezer. Il telaio era formato da due tubi trasversali che conferivano rigidità e stabilità, mentre il manubrio venne “rubato” dalla BMX. Successivamente, la bici venne alleggerita grazie a delle leghe in acciaio leggere e resistenti. Proprio in questo periodo, nacque anche il termine mountain bike e nel giro di due anni dalla prima edizione della Repack, la MTB aveva già un forte seguito ed era diventata un vero e proprio modo di vivere. Più tardi, nel 1981, Specialized creava il primo modello di mountain bike prodotta industrialmente e nel primo anno furono venduti 160 esemplari. Questa data sancisce l’inizio dell’era professionale. Negli Stati Uniti si sparse a macchia d’olio il fenomeno MTB, arrivando in Italia nel 1985 col termine “Rampichino”, costruito dalla Cinelli. Gary Fisher fu il primo distributore negli USA delle MTB della casa italiana. In Italia, prima degli anni ‘80, trovavamo le Saltafoss, prontamente uscite di scena con l’avvento delle mountainbike. Non erano altro che bici molto simili a delle moto: sospensioni, gomme dentate, cambio, grandi parafanghi, numero di gara e finto serbatoio. Si poteva viaggiare in due visto l’ampio sedile. Il nome Saltafoss? Derivava dallo stile intrinseco della bici nel saltare i fossi, essendo all’epoca l’unica bici con caratteristiche idonee a permettere piccoli salti. Tornando alle bici, all’epoca Specialized importava parti di ricambio per bici dall’Europa, in particolare dall’Italia, dove lavoravano tantissimi ottimi ricambisti e telaisti, precisi e specializzati. Specialized diede un impulso fondamentale al movimento essendo l’unica azienda in grado di sostenere economicamente il progetto su larga scala. Già nel 1982, si stimava che circolavano circa 15.000 mountain bike nei soli Stati Uniti. Al fallimento della sua vecchia azienda, “MountainBikes”, Gary Fisher decise di fondare un nuovo marchio “Fisher Mountain Bikes”. Fisher continuò a gestire il design ed il marketing, oltre a essere scopritore e mentore di nuovi talenti. Il più celebre fu la vincitrice della medaglia d’oro della mountain bike femminile alle olimpiadi del 1996 e 2000: Paola Pezzo. Negli ultimi anni, il prodotto è chiaramente cambiato sensibilmente. Oggi esistono bici innovative e moderne, i freni a disco, i telai in carbonio e componenti sempre più ricercate e sofisticate. Dagli anni ’90, la bici da “discesa” ha iniziato ad essere prodotta solo come Mountain Bike, senza più avere a che fare con i prodotti da asfalto o adattati.

La prima bici MTB in Italia, il Rampichino.

LE DISCIPLINE DELL’MTB La mountain bike è uno sport piuttosto vario che si presta a diverse interpretazioni. Il Cross Country viene chiamato anche XC, ed è l’unica disciplina della MTB a far parte delle Olimpiadi. Viene effettuato su percorsi ad anello, che possono essere lunghi tra i 4 e i 10 chilometri, caratterizzati da un elevato livello di sforzo, sia per quanto riguarda l’aspetto della velocità che per i passaggi tecnici. L’obiettivo è duplice: andare veloce e mantenere l’andatura. La disciplina All mountain, invece, viene effettuata in montagna, con lunghe escursioni in boschi e in mezzo alla natura. I dislivelli, nei percorsi all mountain, sono impegnativi, con sentieri stretti e difficili. L’Enduro è una delle discipline più amate, da chi desidera praticare MTB in montagna. Nell’Enduro ci sono tratti di pedalata e alcune discese, durante le gare l’avversario principale è il tempo, anche senza la presenza del cronometro. Infine, il Downhill viene effettuato percorrendo un tracciato in discesa, contraddistinto da un elevato tasso tecnico. Chi compie questa attività incarna l’atteggiamento dei pionieri della MTB, che si lanciavano a tutta velocità lungo le pendici del Monte Tamalpais con delle vecchie bici da postino a metà degli anni ’70. Infatti, la bici da downhill è progettata per fare discese veloci e in modo stabile.

Uomini&Sport | Novembre 2021 | 17


Dario Acquaroli Quando è iniziata la tua carriera sportiva? Sono sempre stato uno sportivo, dall’età di 6 anni sono stato avviato alla pratica dello sci (alpino) agonistico che ho praticato fino ai 15 anni. La bicicletta è arrivata a 13 anni, per un paio di stagioni sono stato uno sciatore agonista d’inverno e un biker agonista d’estate, ho dovuto poi scegliere tra le due attività perché diventava complicato poterle gestire entrambe. Com’è nata la passione per la mountain bike? Avevo 13 anni, in Italia a quell’epoca (1988) iniziavano a vedersi le prime Mountain Bike, come per tutti i ragazzini, quello diventò l’oggetto dei desideri. Ho lavorato nel periodo estivo nell’hotel di famiglia per racimolare qualche mancia e poterne comprare una. Sono riuscito con molto sacrificio a permettermene una usata. Da quel momento è stato amore alla prima pedalata, poco dopo sono stato coinvolto da un gruppo ciclistico del mio paese (San Pellegrino Terme) a partecipare ad una gara che ho vinto e da lì in poi è storia nota. A 23 anni hai vinto il secondo mondiale: cosa ricordi di quel periodo? È stata per me un’affermazione in campo internazionale. Avevo già vinto il Mondiale nella categoria Junior nel ’93 e due campionati Europei. In occasione di quella gara ho incontrato due antagonisti degni di nota: Miguel Martinez e Cadel Evans… Vincere è sempre bello ma con due avversari di quel calibro ha reso quel giorno indelebile, ancora oggi si può dire che ne traggo vantaggio in quel che faccio a livello lavorativo. Qual è stata la tua vittoria più bella? La prima vittoria in assoluto non la scordi mai come il primo amore. La vittoria che però mi commuove ancora quando ci penso è stata quella del Campionato del Mondo di Metabief ’93 (Francia). Quel giorno ho visto piangere di gioia anche Felice Gimondi che allora era mio presidente nel Team Bianchi. Hai ricevuto il Collare d’Oro al Merito Sportivo dal CONI: che cosa rappresenta per te questo riconoscimento? Il Collare d’oro è la massima onorificenza sportiva Italiana, viene consegnato dal Presidente della Repubblica e già questo dice tutto. Chiaramente sono molto orgoglioso di questo premio anche se non sono mai stato così attaccato ai “souvenir” come coppe e trofei. Chi viene a casa mia

18 | Novembre 2021 | Uomini&Sport

Acquaroli in gara a La Briglia (Prato) [Foto: Claudio Guidotti].


difficilmente, se non lo sa, può immaginare che sia stato un ciclista professionista perché non esibisco nulla di quei cimeli. Che cosa ti ha insegnato lo sport? Lo sport è sacrificio, fatica, dolore. Sicuramente ti prepara ad essere un uomo anche in età giovanile, a dover gestire grosse responsabilità con chi in quel momento ti supporta. Tutto ciò è un importante “imprinting” che ti forma alla vita e al mondo del lavoro. Dico sempre che la vita agonistica ha una durata che di solito è di un ventennio, se Dio vuole, c’è ancora tutto il resto da vivere e poterlo fare con una certa prontezza data dall’esperienza maturata nello sport rende tutto più superabile. Ci vuoi raccontare un aneddoto della tua carriera? Ce ne sarebbero molti legati a gare vinte e perse e sono più le gare che ho perso che vinto. Il ricordo più tenero è quello di una mattina quando mio padre venne a svegliarmi per poter andare a correre quella mia prima gara di mountain bike andando contro la volontà di mia madre che si opponeva. Papà è mancato la vigilia del mio debutto tra i “grandi” con il team Bianchi quindi non ha purtroppo visto nulla della mia carriera. Mia madre ne ha vista una, il mondiale del ’93. (la più bella) Oggi a chi pratica il tuo sport che cosa consiglieresti? Oggi ad un atleta in giovane età consiglierei in primis di divertirsi a fare sport, sempre più spesso si tende a bruciare le tappe e a voler fare i professionisti quando non si è pronti. Poi si deve imparare ad ascoltare se stessi, le proprie sensazioni prima di seguire tabelle di allenamento.

In alto, il podio del Mondiale 1996 Under23: Dario Acquaroli (Team Bianchi-Martini Racing), Miguel Martinez (Team Sunn-Chipie) e Cadel Evans (Team Diamondback Racing). Sopra, Acqueroli durante il Mondiale MTB di Cairns ’96.

Dario Acquaroli in Merida Italia, dall’aprile 2021 è il nuovo responsabile marketing. Uomini&Sport | Novembre 2021 | 19


Paola Pezzo

Atlanta, 30 luglio 1996. Paola Pezzo impegnata nella gara cross country che la portaterà a conquistare il suo primo oro Olimpico.

20 | Novembre 2021 | Uomini&Sport

Sei partita dallo sci di fondo e poi sei arrivata alla mountain bike: com’è stato il tuo inizio di carriera? Mi sono avvicinata alla pratica sportiva all’età di 8 anni, con lo sci da sci di fondo, che mi ha accompagnato per 12 anni. Come ti sei appassionata alle due ruote? Nel 1989, il Signor Peppo, grande appassionato di biciclette, mi regalò uno dei primi rampichino. Fino ad allora la bici fuoristrada in Italia era praticamente sconosciuta. Da lì è nato il connubio con la MTB che non ho più lasciato. Hai scritto la storia del cross country lanciando questo sport: è stato un periodo di grandi cambiamenti nel ciclismo. Ho contribuito alla crescita di questo sport, soprattutto del settore femminile, in particolare all’avvicinamento di molte ragazze e donne a questo mondo. Per quanto riguarda il mezzo meccanico c’è stata, sì, un grande evoluzione. Le tue Olimpiadi: un oro ad Atlanta nel 1996, esordio della mountain bike alle Olimpiadi, e poi Sidney nel 2000. Come ci sei arrivata e quali erano i tuoi obiettivi? Per uno sportivo è importante avere degli obiettivi chiari da voler raggiungere, e per me le Olimpiadi sono state un punto di riferimento. Con tanta determinazione e forza di volontà ho ottenuto i risultati che mi ero prefissata. Dopo la tua vittoria ad Atlanta hai dato il via alla creazione di una prima collezione di abbigliamento da donna per il ciclismo con Castelli Cycling: una rivoluzione che ha aperto la strada. La mountain bike è uno sport di fatica, tipicamente maschile, e l’abbigliamento adatto alla MTB, soprattutto quando ho iniziato a praticarla, si rivela scomodo per un corpo femminile. Non volevo perdere la mia femminilità. Per me il look era importante; dalla collaborazione con Castelli, è nata una linea di abbigliamento al femminile, una collezione donna che guarda alle forme, ai tessuti, ma anche ai colori, alla moda: la femminilità vista come un valore. Dal 1999 sei nella Hall of Fame della mountain bike a Fairfax in California: che cosa rappresenta per te questo riconoscimento?


Paola Pezzo sul podio con la medaglia d’oro, alle Olimpiadi Atlanta 1996 (sotto) e alle Olimpiadi Sydney 2000 (in basso). Sydney 2000 - l’esultanza al termine della gara.

È un risultato importante perché si entra tra le “leggende dello sport”. Anche se non sono stata inserita nella Walk of Fame del CONI al Foro Italico - un percorso stradale al Foro Italico, istitutito a maggio del 2015, che raccoglie i nomi di altri ex-atleti italiani di rilevanza internazionale - sono nella MTB Hall of Fame, ed è un grandissimo motivo di orgoglio. Un altro grande riconoscimento di cui vado molto fiera è l’Oscar come atleta dell’anno ricevuto a Londra. Qual è stata l’emozione più forte della tua carriera sportiva? Aver raggiunto tutti i miei obiettivi, ed essere ancora la prima donna ad avere vinto due edizioni olimpiche consecutive. Che cosa ti ha insegnato lo sport? È stato un insegnamento di vita che mi ha aiutato a crescere, e mi ha insegnato i valori dello sport.

La tua vita oggi è ancora il ciclismo: sei Istruttore Federale, hai una scuola e insegni mountain bike nel liceo sportivo di Castelletto di Brenzone sul lago di Garda. Quali messaggi e valori vuoi trasmettere alle nuove generazioni, forte della tua esperienza? Oltre che insegnare la tecnica corretta in MTB, mi piace trasmettere i valori dello sport, raccontando le mie esperienze di vita sportiva vissuta. Ci racconti un aneddoto della tua carriera? Dopo tante interviste fatte in America, i tifosi conoscevano perfettamente il mio debole per la Nutella... e così alla fine delle gare si presentavano con un vasetto di Nutella... una sorpesa graditissima perchè allora era davvvero difficile da reperire in USA.

Uomini&Sport | Novembre 2021 | 21


Juri Zanotti è medaglia d’argento ai Campionati del Mondo Come ti sei avvicinato a questo sport? È una passione che accomuna gran parte della mia famiglia, mio nonno in primis era un buon corridore, i suoi racconti mi facevano divertire, con lui ho dato le prime pedalate nel cortile di casa mia. Da quel giorno non ho più lasciato la bicicletta. All’età di 8 anni i miei genitori mi hanno iscritto per la prima volta a una scuola di mountain bike. Mi piaceva, e da cosa nasce cosa, ho fatto e vinto la prima gara da G2 a San Paolo D’Argon. Ai Campionati del Mondo di Cross Country hai ottenuto la medaglia d’argento categoria Under 23. Ci racconti com’è andata? Partivo con grandi ambizioni, sapevo di avere una buona condizione e volevo sfruttare il momento. La partenza stranamente l’ho sbagliata, dico stranamente perché è sempre stato il mio punto di forza. Ho dovuto fare un grosso sforzo per tornare nel gruppo di testa, mi trovavo intorno alle 30esima posizione e non era affatto un buon punto di partenza per costruire la gara. Sono riuscito a rimontare i primi in un giro e mezzo, ho tirato un po’ il fiato e in quel momento Vidaurre dal Cile tenta l’attacco e va via. Nella tornata successiva quasi a metà gara (terzo

Juri Zanotti a Leogang (Austria) 22 | Novembre 2021 | Uomini&Sport

giro su sei), decido di provare a fare il mio ritmo e rimango da solo con una ventina di secondi sul gruppetto del terzo quarto e quinto. Decido di tirare dritto e provare a rientrare sul cileno che però gira fortissimo e scava una cinquantina di secondi su di me, il fattore positivo era che io stavo guadagnando sul gruppo del terzo guidato dallo svizzero Joel Roth. Mi avvicino all’ultima tornata e sapevo che la mia corsa per l’oro era impossibile salvo imprevisti. Decido così di dare tutto e difendere il mio argento. Guido pulito senza commettere errori e finalmente vedo la linea d’arrivo. Preso dall’emozione incomincio a esultare e colgo una bandiera italiana dal pubblico. La sventolo orgoglioso e felicissimo del mio risultato. Era una bolgia la finish line, tutti che esultavano con me, è stato un momento magico che non dimenticherò mai nella mia vita. Sei Campione Italiano categoria Under 23, Campione europeo Team Relay, hai vinto la medaglia d’argento al campionato europeo e medaglia d’argento anche ai Campionati del Mondo, una stagione davvero eccezionale. Come ti sei preparato per la stagione? Ho iniziato a dicembre con un approccio leggero per poi


intensificare gli allenamenti a gennaio e a febbraio, sono stato in gran Canarie 15 giorni a gennaio e 15 giorni con la nazionale a febbraio all’isola d’Elba. Ero molto contento del mio inverno, ero pronto per il debutto a fine febbraio. La prima gara va benissimo poi mi ammalo di covid ed ho dovuto fermarmi per curarmi, ho perso 21 giorni di allenamento ed è stata dura dopo. Avevo dei problemi respiratori che per fortuna ora ho risolto, aprile e maggio ho faticato entrare in forma poi a giugno ho incominciato a sentirmi meglio e anche i risultati miglioravano. Sono stato un bel periodo in altura a Livigno per preparare Italiano, Europeo e Mondiale e devo dire che il lavoro ha dato i suoi frutti. Ora mi ritengo fortunato di essere tornato al 100% delle mie capacità. Mente e corpo: come si bilanciano nella tua attività sportiva? Ho la fortuna di non pretendere mai un risultato specifico, ma bensì la mia migliore forma fisica. Questo mi permette di arrivare alle gare più libero, senza lo stress del risultato. Ovvio che nella mia mente ss cosa posso aspirare, mi creo un obbiettivo e questo mi serve come motivazione in allenamento.

In gara quando ho dato tutto sono contento, indipendentemente dalla posizione. Quanto conta per te far parte di una squadra come il team KTM Protek Elettrosystem? Sono stati la mia salvezza nel 2019, hanno creduto in me dopo un anno che faticavo a trovare i risultati. Siamo ripartiti insieme e ora abbiamo fatto due anni da incorniciare. Un grazie non basta, è una grande famiglia, un ambiente che consiglio a qualsiasi giovane con la voglia affrontare le gare senza pressioni. Come vedi il tuo passaggio nel 2022 nella categoria Elite? Sarà un anno dove dovrò imparare a conoscere la categoria, cambiano le abitudini, i ritmi e le gare. Spero di dire la mia da subito ma sarà dura. Ci sarà il triplo della concorrenza rispetto alla categoria under 23. È stimolante e non vedo l’ora di confrontarmi contro i mostri sacri del mio sport. Un sogno nel cassetto? Il mio sogno nel cassetto è l’Olimpiade, nel 2024 ci sarà Parigi, punterò a qualificarmi, sarebbe un bel traguardo personale.

Juri Zanotti all’arrivo dei Campionati Mondiali in Val di Sole Uomini&Sport | Novembre 2021 | 23


Marika Tovo è medaglia d’oro ai Campionati Italiani Marathon

Marika Tovo in azione ad Albenga

24 | Novembre 2021 | Uomini&Sport

Com’è nata la passione? Ho iniziato ad andare in bici grazie a mio papà e a mia sorella che già praticavano questo sport. Quando avevo 12/13 anni, dopo anni dedicati al basket, ad un tratto, ho deciso di provare a salire in sella e non sono più scesa. Un quarto posto al Mondiale XC Under 23 in Val di Sole e solo una settimana dopo il titolo Italiano Marathon. Ci racconti come hai ottenuto questi incredibili risultati? Dietro a questi risultati ci sono tanti sacrifici, tanta passione e tanto impegno, ci sono stati parecchi momenti difficili in questa stagione, iniziata malissimo, continuata male, ma poi “finita” nel modo migliore. Sono contenta così. Quali sono i tuoi obiettivi futuri? Quello di continuare a divertirmi andando in bici e facendo gare, per il resto: mi impegno sempre al massimo e come va va. Hai un modello, un mentore al quale ti ispiri? In realtà non ho nessun modello o mentore, ho solo persone che ammiro e stimo, tra queste spiccano due nomi: Jenny Rissveds e Jolanda Neff. Qual è l’emozione più forte della tua carriera sportiva? Il ricordo più bello? Sicuramente il terzo posto al Campionato del Mondo nel 2018, e poi il secondo posto all’Europeo lo scorso anno. Un risultato importantissimo, ottenuto dopo un 2019 disastroso, segnato da due infortuni pesanti: rottura del ginocchio e della caviglia. Che cosa ti insegna lo sport?


A crederci e a non mollare mai! Ho momenti in cui magari vorrei mollare tutto perché non mi sento all’altezza, ma poi prevalgono gli insegnamenti ricevuti: non rinunciare senza prima aver provato davvero. Sicuramente la perseveranza è una delle cose che mi ha insegnato lo sport. Ci vuoi raccontare un aneddoto della tua carriera? Non ho nessun aneddoto in particolare o scaramanzia, ma di solito prima della partenza della gara faccio sempre tre volte il segno della croce e bacio la mia collana che metto sempre dove ci sono ciondoli che significano molto per me. Hai un sogno nel cassetto? Sicuramente sarebbe quello di partecipare alle Olimpiadi, il sogno di ogni atleta, ma anche quello di riuscire a vivere con la bici. Che diventi davvero il mio lavoro al 100%. Marika Tovo campionessa italiana Marathon 2021 a Casatenovo (LC) Foto: Emanuele Barbaro

Torrevilla Bike. Una “bella storia” che dura da più di 30 anni

Anno di nascita: 1988. Parola d’ordine: passione per la MTB! L’impegno a praticare e promuovere l’attività della mountain bike è sempre stato a 360° senza trascurare alcun aspetto agonistico, ludico, ricreativo e sociale. A livello agonistico Torrevilla Bike ha collezionato moltissime soddisfazioni. Molti premi e innumerevoli podi per i prestigiosi atleti che negli anni si sono succeduti nel Team. Citiamo solo il 2021: argento di Juri Zanotti ai Campionati del Mondo ed Europei, oro di Marika Tovo e J.Zanotti Team Relay agli Europei, 2 ori agli Italiani XCO U23 di J.Zanotti e Giada Specia, titolo XCM di M.Tovo e ben 7 atleti convocati alle competizioni europee e mondiali. Ma parliamo anche di escursionismo, la seconda anima di Torrevilla Bike che dall’iniziale gruppo di amici è arrivata agli oltre 150 soci di oggi, uniti dal medesimo spirito di divertirsi pedalando in compagnia e senza eccessi, privilegiando il contatto ed il rispetto della natura. Escursionisti esperti e Guide MountainRiders, diplomate AMI Bike, preparano le escursioni studiate nei minimi dettagli, principalmente nel territorio Brianzolo senza escludere itinerari fuori dalla Lombardia. Le escursioni del “Torre” hanno come denominatore comune l’amicizia e la voglia di condividere. Per questo sono aperte a tutti, anche a chi non si è ancora associato. Attiva nella promozione dell’uso corretto del mezzo, organizza corsi di MTB per bambini e ragazzi e dedicati donne, allo scopo di apprendere e consolidare tecnica e sicurezza. E poi c’è Pedala coi Lupi, l’evento più rappresentativo, cresciuto negli anni fino a diventare l’evento più atteso dell’estate! Adrenalinica pedalata notturna, imperdibile per le forti emozioni che riesce a suscitare. Torrevilla Bike ha fatto e continua a fare la storia della MTB. Una gran bella storia!

Uomini&Sport | Novembre 2021 | 25


SPECIALE OLIMPIADI 2020

Dopo Tokyo 2020, un passo indietro nella storia delle Olimpiadi a cura della Redazione

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opo un lungo stop forzato, quest’anno abbiamo potuto assistere ad uno degli eventi più incredibili e attesi da tutto il mondo sportivo: i Giochi olimpici. La squadra italiana a Tokyo è riuscita ad imporsi nel medagliere, portando a casa risultati importanti. Ciò a cui abbiamo assistito, risale addirittura al 776 a.C, quando, nella città di Olimpia, i Giochi si svolgevano tra gli Antichi Greci in onore del Dio Zeus, molto caro agli ellenici. Il nome Giochi olimpici è stato scelto proprio per ricordare questo evento, che inizialmente ebbe successo locale, ma poi si estese per tutto il confine dell’Antica Grecia, ammettendo già all’epoca discipline come corsa,

26 | Novembre 2021 | Uomini&Sport

pugilato, lotta e pentathlon. I Giochi olimpici dell’era moderna sono un evento sportivo quadriennale che prevede la competizione dei migliori atleti del mondo in quasi tutte le discipline sportive praticate nei cinque continenti. Sono comunemente chiamati anche Olimpiadi. È successo che alcune edizioni saltassero a causa di forza maggiore, come ad esempio nel 1916, 1940 e 1944 a causa delle guerre, si è continuato in ogni caso a conteggiare le Olimpiadi. I Giochi di Tokyo 2020, infatti, sono stati la trentaduesima edizione.


La cerimonia di apertura della prima edizione delle Olimpiadi estive moderne. Atene, 1896

Pietro Mennea vince l’oro nei 200 m alle Olimpiadi di Mosca nel 1980

La storia Nel 1892, Pierre De Coubertin chiese il rilancio dei Giochi olimpici, che ormai da tantissimo tempo non si svolgevano più, ma senza molto successo. Due anni dopo, ripropose l’idea durante un congresso presso l’università della Sorbona a Parigi. La proposta venne accolta con entusiasmo, così venne deciso che i primi Giochi olimpici dell’era moderna si sarebbero svolti nel 1896 ad Atene, in Grecia, la terra dove erano nati in antichità. Le prime Olimpiadi dell’era moderna furono un successo. Con 241 atleti, fu per l’epoca il più grande evento sportivo internazionale mai organizzato. Per l’occasione fu fondato il Comitato Olimpico Internazionale (CIO), sotto la presidenza del greco Demétrios Vikélas. La Grecia chiese di diventare sede permanente di tutti i futuri Giochi olimpici, ma il CIO decise che le Olimpiadi si sarebbero dovute tenere di volta in volta in una nazione diversa. Le seconde Olimpiadi furono assegnate a Parigi, Francia. Il Comitato Olimpico Internazionale fu fondato il 23 giugno 1894 dal barone francese Pierre De Coubertin, massima autorità del Movimento Olimpico. Il ruolo del CIO, ad oggi, è quello di promuovere lo sport, per tutti, e senza distinzioni. Inoltre, garantisce la regolare organizzazione dei Giochi e incoraggia fortemente la promozione dello sport maschile e femminile, dell’etica sportiva e dello sport pulito, senza doping. Le regole e le linee guida in base alle quali il CIO opera sono delineate nello Statuto Olimpico.

La Carta Olimpica è un documento ufficiale nel quale si spiegano i valori del Movimento olimpico, come si celebrano, si organizzano e si amministrano i giochi olimpici. Il Comitato Olimpico Internazionale è attualmente guidato dal tedesco Thomas Bach. Composto da 202 Comitati Olimpici Nazionali e 35 Federazioni Internazionali, la sede è a Losanna in Svizzera. La procedura di assegnazione prevede che a circa 10 anni dalla data delle competizioni si presentino davanti al CIO le città candidate, rappresentate dai comitati promotori, sottoponendo il loro programma sportivo e infrastrutturale e ponendolo al vaglio e allo studio del CIO.

Il barone Pierre De Coubertin

Uomini&Sport | Novembre 2021 | 27


Il simbolo delle Olimpiadi Il simbolo del Movimento Olimpico sono i cinque cerchi della bandiera olimpica, che viene issata ad ogni edizione dei Giochi a partire dal 1920. Essa raffigura cinque anelli, di diversi colori, intrecciati in campo bianco. Gli anelli sono cinque come i continenti: Oceania, Asia, Africa, Europa e America. L’intreccio degli anelli rappresenta l’universalità dello spirito olimpico. I colori scelti per i cinque cerchi sono rispettivamente: blu, giallo, nero, verde e rosso. Insieme al bianco dello sfondo, questi colori erano presenti nelle bandiere di tutte le nazioni del mondo nel momento in cui furono scelti. La combinazione dei colori simboleggia quindi

tutti i Paesi. Un altro simbolo è la fiamma olimpica, che viene accesa ad Olimpia e poi portata da una staffetta di tedofori, fino alla città che ospita i Giochi. Il motto olimpico ufficiale è stato fino al 19 luglio 2021 “Citius, Altius, Fortius”, un’espressione latina che significa “più veloce, più alto, più forte”. La frase fu usata per la prima volta in occasione di Parigi 1924. Il 20 luglio 2021, in occasione dei Giochi di Tokyo, il motto è stato ufficialmente aggiornato in “Citius, Altius, Fortius - Communiter”, traducibile in italiano come “più veloce, più alto, più forte - insieme”, con l’intenzione di sottolineare l’aspetto solidaristico dei Giochi nell’anno dell’emergenza sanitaria mondiale.

La cerimonia di apertura delle Olimpiadi

La cerimonia di apertura La cerimonia di apertura di un’Olimpiade prevede diversi momenti. Dopo il conto alla rovescia all’inizio dell’evento, si comincia con le attrazioni preparate dal Paese che ospita i Giochi. Si continua con la sfilata dei paesi partecipanti, con gli atleti che marciano nello stadio divisi per nazione. I paesi sfilano secondo l’ordine alfabetico della lingua del paese ospitante con due sole eccezioni: la Grecia entra per prima, mentre il paese ospitante entra sempre per ultimo nello stadio. Ogni delegazione nazionale è preceduta da un alfiere

28 | Novembre 2021 | Uomini&Sport

con la bandiera del paese. Al termine della sfilata, seguono i discorsi del presidente del Comitato Organizzatore dell’edizione dei giochi e del Presidente del Comitato Olimpico Internazionale. Quindi il capo di Stato del paese organizzatore apre formalmente l’Olimpiade. Viene suonato l’inno Olimpico e viene issata la bandiera olimpica vicino a quella del Paese ospitante. Successivamente, tutti i portabandiera si riuniscono attorno ad un podio, dove un rappresentante degli atleti e uno dei giudici di gara (entrambi del paese ospitante) pronunciano il giuramento olimpico, impegnandosi a nome di tutti a gareggiare e a giudicare secondo le regole che governano i Giochi olimpici. Infine, arriva il momento in cui la torcia con la fiamma olimpica entra nello stadio. All’ultimo tedoforo spetta il compito di accendere il braciere, in cui il fuoco olimpico arderà per tutta la durata dei Giochi. Contemporaneamente vengono liberate le colombe, simbolo di pace.


Gli sport olimpici Soltanto 5 sport sono sempre stati presenti alle Olimpiadi sin dal 1896: atletica leggera, ciclismo, scherma, nuoto, ginnastica. Negli ultimi anni il CIO ha inserito nuovi sport nel programma olimpico e dagli anni venti in poi, nessuna disciplina era mai stata tolta dal programma ma, viste le dimensioni ormai raggiunte dall’evento olimpico, dopo il 2004 il CIO si è riservato anche la possibilità di escludere alcuni sport con poco seguito di pubblico e di atleti praticanti. Secondo De Coubertin, gli atleti non dovevano gareggiare per denaro, e quindi fu deciso di non ammettere i professionisti ai Giochi olimpici. Nella storia delle

Olimpiadi moderne questa regola ha generato diverse controversie. Con il tempo molti si resero conto che la distinzione tra dilettanti e professionisti non aveva più senso. Per esempio, atleti dei Paesi dell’Europa orientale erano ufficialmente dipendenti statali (fenomeno dell’Atleta di Stato), ma in realtà erano stipendiati per allenarsi quotidianamente, quindi erano dilettanti di nome, ma non di fatto. Ciò nonostante, il CIO continuò ancora per anni a sostenere nominalmente lo sport dilettantistico. Negli anni ottanta le regole sul dilettantismo vennero allentate, e praticamente eliminate negli anni novanta.

Il corridore Jesse Owens, vincitore di 4 medaglie d’oro alle Olimpiadi di Berlino ne 1936 in 4 differenti gare

Michael Phelps, nominato “Miglior Atleta Olimpico di tutti i tempi”, vincitore di 23 ori, 3 argenti e 2 bronzi alle Olimpiadi di Atene 2004, Pechino 2008, Londra 2012, Rio 2016

La cerimonia di chiusura La cerimonia di chiusura è più semplice e meno formale di quella di apertura. Gli atleti entrano nello stadio, senza distinzione per nazione. Vengono issate tre bandiere con i rispettivi inni: quella del paese ospitante, quella della Grecia, quella del paese futuro ospitante dei giochi. La bandiera olimpica viene calata. Una sua versione è consegnata al sindaco della città che ospiterà la successiva edizione delle Olimpiadi, il quale deve sventolarla otto volte. Infine, la fiamma olimpica viene spenta.

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Il medagliere dei record dell’Italia a cura della Redazione

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okyo 2020 segna un momento di svolta per lo sport Olimpico azzurro, con un record di podi che non veniva eguagliato da Roma 1960. In totale, gli azzurri si aggiudicano 40 medaglie in 19 discipline. Tra le migliori nuoto e scherma per quantità di allori, ma è in atletica che quest’anno i nostri atleti si sono superati regalandoci 5 ori su 5 podi. Olimpiadi da record per l’Italia: è stato conquistato un podio praticamente ogni giorno per tutta la durata dei giochi. Non era mai successo! 40 sono i metalli portati a casa dalla squadra azzurra, tra cui 10 ori, 10 argenti e 20 bronzi, che ci ha permesso di arrivare decimi nel medagliere. Il precedente record di medaglie, 36 per l’esattezza, infatti apparteneva agli storici giochi di Los Angeles 1932 e Roma 1960. Tokyo 2020 ha superato ogni aspettativa e rotto qualsiasi precedente record. Ovviamente la speranza è quella di assistere ad un vero e proprio trend in ascesa per lo sport italiano, che quest’anno conta anche l’importante rinascita dell’atletica leggera,

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disciplina emblema dei Giochi. Senza dubbio, resterà nella storia il doppio oro conquistato a pochi minuti uno dall’altro di Gianmarco Tamberi nel salto in alto e Marcell Jacobs nei 100metri, coronato da uno splendido abbraccio tra i due, avvolti nel tricolore. Nella storia delle Olimpiadi italiane, non era mai successo che un azzurro vincesse ai Giochi in queste due discipline, potevamo vantare solo qualche finale. Stavolta, non solo una medaglia ma persino un oro. Tamberi ha compiuto il miracolo e come lui Jacobs, primo italiano a vincere una finale dei 100 con il quinti tempo Olimpico all time (9.80). In più, da non dimenticare la straordinaria rimonta di Tortu ai danni dell’Inghilterra nella 4x100 maschile, che anche qui ci fa guadagnare uno splendido oro. A queste tre imprese si sono aggiunte quelle dei due marciatori italiani, Massimo Stano e Antonella Palmisano, che nella 20 km hanno compiuto due assoli leggendari che hanno portato a 5 le medaglie totali nell’atletica, un successo che resterà per sempre nella storia.


MEDAGLIE D’ORO Vito Dell’Aquila (taekwondo, -58 kg) Federica Cesarini e Valentina Rodini (doppio pesi leggeri donne di canottaggio) Gianmarco Tamberi (salto in alto) Marcell Jacobs (100 metri) Ruggero Tita e Caterina Banti (vela, Nacra 17) F.Lamon, S.Consonni, J.Milan e F.Ganna (ciclismo su pista, inseguimento a squadre) Massimo Stano (marcia 20 km) Antonella Palmisano (marcia 20 km) Luigi Busà (karate) L.Patta, M.Jacobs, E.Desalu, F.Tortu (staffetta 4x100)

MEDAGLIE D’ARGENTO Luigi Samele (scherma, sciabola) A.Miressi, T.Ceccon, L.Zazzeri e M.Frigo (nuoto, 4×100 stile libero) Diana Bacosi (tiro a volo, skeet) Daniele Garozzo (fioretto individuale) Giorgia Bordignon (sollevamento pesi, categoria 64 kg) L.Curatoli, E.Berré, L.Samele, A.Montano (sciabola maschile a squadre) Gregorio Paltrinieri (800 metri stile libero nuoto) Mauro Nespoli (tiro con l’arco) Vanessa Ferrari (ginnastica, corpo libero) Manfredi Rizza (canoa sprint, K1 200 metri) Foto 2021 Getty Images

MEDAGLIE DI BRONZO I NUMERI Paesi partecipanti Discipline

206 46

Gare in programma 339 Atleti partecipanti 11656 Uomini

5853

Donne

5763

Atleti italiani

384

Donne

187

Uomini

197

Medaglie italiane

40

Medaglie d’oro

10

Medaglie d’argento

10

Medaglie di bronzo

20

Elisa Longo Borghini (ciclismo su strada, prova in linea) Odette Giuffrida (judo, -52 kg) Mirko Zanni (sollevamento pesi, 67 kg) Nicolò Martinenghi (nuoto, 100 rana) Maria Centracchio (judo, 63 kg) Squadra femminile spada (R.Fiamingo, F.Isola, M.Navarria, A.Santuccio) Quattro senza maschile canottaggio (Lodo, Vicino, Castaldo e Di Costanzo) Federico Burdisso (nuoto, 200 farfalla) Stefano Oppo e Pietro Willy Ruta (canottaggio doppio pesi leggeri uomini) Fioretto donne a squadre (A.Volpi, A.Errigo, M.Batini, riserva E.Cipressa) Lucilla Boari (tiro con l’arco) Simona Quadarella (nuoto, 800 stile libero) Irma Testa (pugilato) Nino Pizzolato (sollevamento pesi) T.Ceccon, N.Martinenghi, F.Burdisso e A.Miressi (nuoto, staffetta 4x100 misti) Gregorio Paltrinieri (10 chilometri di nuoto da fondo) Elia Viviani (ciclismo su pista, omnium) Viviana Bottaro (karate, kata) Abraham Conyedo (lotta libera, 97 kg) Centofanti, Duranti, Maurelli, Mogurean, Santandrea (ginnastica ritmica)

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Paralimpiadi La storia Le moderne Paralimpiadi hanno origine nel lontano 1948, quando il neurochirurgo tedesco Ludwig Guttmann, diventato direttore del centro delle lesioni spinali di Stoke Mandeville in Inghilterra alla fine della seconda guerra mondiale, nell’anno delle Olimpiadi di Londra, inaugurò i primi giochi per persone disabili mielolese. Quattordici uomini e due donne si confrontarono nella disciplina del tiro con l’arco. I giochi di Stoke Mandeville, come furono chiamati, divennero per la prima volta internazionali nel 1952 quando partecipò anche una delegazione olandese. È nell’edizione del 1960 che nascono le Paralimpiadi moderne, con l’edizione di Roma. Si tratta della prima volta nella storia che i giochi olimpici e paralimpici si svolgono nella stessa città. L’8 settembre, nello stadio dell’acqua acetosa, 400 atleti in carrozzina, in rappresentanza di 23 paesi, sfilano davanti a 5000 spettatori. La delegazione più numerosa è quella italiana. Tra le discipline che vengono praticate ci sono il biliardo, il lancio del giavellotto, la scherma, la pallacanestro, il tennistavolo ed il tiro con l’arco. L’Italia, per la cronaca, conquista 28 medaglie d’oro, 30 di argento e 24 di bronzo. Trischa Zorn è l’atleta paralimpica più titolata della storia degli sport paralimpici americani della California. Trischa è una persona non vedente dalla nascita, con 55 medaglie conquistate nel nuoto, tra il 1980 e il 2004, partecipando complessivamente a sette edizioni delle paralimpiadi. In Italia è Roberto Marson a essere l’azzurro più medagliato di sempre ai giochi paralimpici. Friulano di Pordenone, diventato paraplegico a causa di un incidente sul lavoro quando aveva solo 16 anni, conta ben 26 medaglie conquistate tra nuoto, scherma e atletica leggera. Alle paralimpiadi di Tel Aviv, nel

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1968, sarà eletto aleta della manifestazione. È al 7° posto nella IPC Paralympic Hall of Fame ed è stato inserito dal CONI nella Hall of Fame italiana, insieme a Paola Fantato (campionessa di tiro con l’arco e prima atleta a gareggiare con i normodotati alle olimpiadi) e Luca Pancalli (campione di nuoto e attuale presidente del Comitato Italiano Paralimpico, tra i 100 atleti più rappresentativi di sempre del nostro sport). Inoltre, è stato il primo presidente della Federazione italiana di sport per disabili (Fisha). Nella storia ci sono stati differenti loghi delle Paralimpiadi, nessuno con i classici cerchi delle Olimpiadi. Il logo utilizzato oggi fu creato ad Atene nel 2003. È costituito da 3 tre agitos dal latino agito, ovvero “io mi muovo” fatti con 3 linee curve in blu, rosso e verde. Lo slogan è “Spirito in movimento”. I colori, rosso, blu e verde, sono quelli più diffusi nelle bandiere nazionali. Così come i Giochi Olimpici standard, anche i Giochi Paralimpici si svolgono sia in inverno che in estate. Gli atleti sono suddivisi in 3 macro categorie: disabilità fisica, visiva e intellettiva. A sua volta la categoria della disabilità fisica è suddivisa in 8 tipologie: potenza muscolare, movimento ridotto, perdita o deficit di un arto, differenza di lunghezza delle gambe, statura bassa, ipertonia, atassia, atetosi. Una curiosità che caratterizza gli atleti con difficoltà visive è l’utilizzo delle guide. Si tratta di atleti normodotati che fanno da guida per i loro compagni, gareggiando insieme a loro. Il loro ruolo è fondamentale negli sport come l’atletica, o lo sci nelle gare invernali. In base alla disabilità dell’atleta si fa utilizzo di appositi ausili studiati per lo sport e conformi alle caratteristiche del IPC (International Paralympic Commetee).


Il Comitato Paralimpico

Il Comitato Italiano Paralimpico (CIP) è un ente autonomo di diritto pubblico costituito il 17 febbraio 2017, con lo scopo di curare, organizzare e potenziare lo sport italiano per disabili. È, di fatto e di diritto, la Confederazione delle Federazioni e Discipline Sportive Paralimpiche, sia a livello centrale che territoriale, alla stregua del CONI per le discipline olimpiche, e riconosciuta dal Comitato Paralimpico Internazionale (International Paralympic Committee, IPC). Il movimento paralimpico persegue l’ambizioso obiettivo di stimolare cambiamenti positivi della società tramite lo sport. In questa vision, lo sport rappresenta quindi uno strumento per cambiare la percezione dell’opinione pubblica nei confronti delle persone con disabilità concorrendo così a realizzare una società più inclusiva ed equa.

Gli Ambasciatori, tramite la loro personale testimonianza, sono a chiamati quindi a svolgere un’attività formativa nei confronti delle generazioni future verso una cultura della diversità e ad “ispirare” altre persone con disabilità ad intraprendere l’attività sportiva, nel rispetto delle aspirazioni personali e condizioni di ciascuno. Oggi le paralimpiadi sono il miglior ambasciatore per l’abbattimento delle barriere architettoniche e culturali, per l’inclusione e l’integrazione delle persone disabili nella società. Quando si parla dei giochi paralimpici ormai e per fortuna si parla di sport, si parla di abilità… non di disabilità…si parla di quello che le persone possono fare…non di quello che non possono…come grandi campioni nazionali ed internazionali stanno dimostrando in tutto il mondo.

Ambasciatori dello Sport Paralimpico Il Team degli Ambasciatori nasce con la finalità di promuovere i valori e gli ideali dello sport paralimpico sul territorio nazionale al fine di diffondere la cultura della “diversità” nella nostra società. Il Team è stato selezionato tra atleti di diverse discipline sportive che abbiano maturato una significativa esperienza in campo sportivo e, come tali, in grado di testimoniare come lo sport li abbia aiutati nell’affrontare le difficoltà, nella loro crescita individuale, nel rapporto con gli altri ed in quello con la società in generale.

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Tokyo 2020,

il medagliere più ricco della storia Alle Paralimpiadi di Tokyo l’Italia ha vinto da subito molte medaglie, superando in pochi giorni quelle ottenute a Rio 2016, per un totale di 69 che l’hanno fatta approdare al nono posto nel medagliere. La squadra italiana è salita almeno una volta sul podio in ben 11 discipline (tiro con l’arco, atletica leggera, canoa, ciclismo, equitazione,

judo, tiro a segno, nuoto, tennistavolo, triathlon e scherma). Il primo metallo è arrivato con Francesco Bettella, bronzo nei 100 dorso di nuoto categoria S1. Mentre il primo oro se l’è aggiudicato Carlotta Gilli che ha trionfato nei 100 delfino (categoria S13).

MEDAGLIE D’ORO Carlotta Gilli (nuoto 100 m delfino S13) Francesco Bocciardo (nuoto 200 m stile libero S5) Francesco Bocciardo (nuoto 100 m stile libero S5) Stefano Raimondi (nuoto 100 m rana Sb9) Bebe Vio (fioretto femminile B) Simone Barlaam (nuoto 50 m stile libero S9) Arjola Trimi (nuoto 50 m dorso S3) Xenia Francesca Palazzo, Vittoria Bianco, Giulia Terzi, Alessia Scortechini (nuoto staffetta 4 x 100 stile l.) Arjola Trimi (nuoto 100 m stile libero S3) Carlotta Gilli (nuoto 200 m misti Sm13) Giulia Terzi (nuoto 100 m stile libero S7) Antonio Fantin (nuoto 100 m stile libero S6) Luca Mazzone, Paolo Cecchetto, Diego Colombari (handbike, Team Relay) Ambra Sabatini (atletica 100 m classe t63)

ANTONIO FANTIN (nuoto): ORO (e record del mondo) 100 stile libero categoria S6 [Foto: Ansa]

MEDAGLIE D’ARGENTO Alessia Berra (nuoto 100 m delfino S12) Luigi Beggiato (nuoto 100 m stile libero S4) Carlotta Gilli (nuoto 100 m dorso S13) Giulia Terzi, Arjola Trimi, Luigi Beggiato, Antonio Fantin (nuoto staffetta mista 4 x 50 m) Carlotta Gilli (nuoto 400 m stile libero S13) Anna Barbaro, guida Charlotte Bonin (triathlon ptvi) Xenia Francesca Palazzo (nuoto 200 m misti Sm8) Giulia Terzi (nuoto 400 m stile libero S7) Giulia Ghiretti (nuoto 100 m rana SB4) Ionela Andreea Mogos, Loredana Triglia, Bebe Vio (fioretto femminile a squadre) Antonio Fantin, Simone Ciulli, Simone Barlaan, Stefano Raimondi (nuoto staffetta 4 x 100 stile l.)

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ANNA BARBARO (triathlon) ARGENTO classe PTVI [Foto: Getty]


MARTINA Assunta Legnante (lancio del disco F11) CAIRON T63 [Foto : Getty] I (atletica) ARGEN Fabrizio Cornegliani (ciclismo H1) TO 100m Luca Mazzone (ciclismo H2) Francesca Porcellato (ciclismo H1-3) Giorgio Farroni (ciclismo T1-2) Alberto Amodeo (nuoto 400 m stile libero S8) Stefano Raimondi (nuoto 100 m delfino S10) Luca Mazzone (ciclismo H1-2) Antonio Fantin (nuoto 400 m stile libero S6) Simone Barlaam (nuoto 100 m farfalla S9) Stefano Raimondi (nuoto 100 m dorso S10) Vincenza Petrilli (tiro con l’arco classe open W2) Arjola Trimi (nuoto 50 m stile libero S4) Martina Caironi (atletica salto in lungo T63) Assunta Legnante (getto del peso F12) Stefano Raimondi (nuoto 200 m misti Sm10) Elisabetta Mijno, Stefano Travisani (tiro con l’arco a squadre miste) Martina Caironi (atletica 100 m T63)

MEDAGLIE DI BRONZO Francesco Bettella (nuoto 100 m dorso S1) Monica Boggioni (nuoto 100 m stile libero S4) Monica Boggioni (nuoto 200 m stile libero S1) Sara Morganti (equitazione dressage grado 1) Veronica Yoko Plebani (triathlon pts2) Stefano Raimondi (nuoto 100 m stile libero S10) Giovanni Achenza (triathlon ptwc) Carlotta Gilli (nuoto, 50 m stile libero S13) Carlona Costa (judo +70 kg) Maria Andrea Virgilio (tiro con l’arco compound) Andra Liverani (carabina mista 10 m standing Sh2) Oney Tapia (atletica getto del peso F11) SaraMorganti (equitazione dressage freestyle grado 1) Xenia Palazzo (nuoto 400 m stile libero S8) Michela Brunelli, Giada Rossi (tennis tavolo) Katia Aere (ciclismo su strada H5) Xenia Palazzo (nuoto 50 m stile libero S8) Oney Tapia (lancio del disco F11) Francesco Bettella (nuoto 50 m dorso S1) Luigi Beggiato (nuoto 50 m stile libero S4) Ndiaga Dieng (atletica 1500 m T20) Federico Mancarella (kayak KL2) Giulia Terzi (nuoto 50 m farfalla S7) Monica Boggioni (nuoto 200 m misti Sm5) Riccardo Menciotti, Stefano Raimondi, Simone Barlaan, Antonio Fantin (nuoto staffetta mista 4 x 100) Monica Graziana Contrafatto (atletica 100 m T63)

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KATIA AERE (ciclismo): BRONZO gara su strada categoria H5 [Foto: Ansa]

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ALLA SCOPERTA DI NUOVE VIE

Groenlandia, una nuova via sulla “Siren Tower” a cura di Matteo Della Bordella

Foto: Archivio Matteo Della Bordella - Schüpbach

Si è conclusa con un successo la spedizione di Matteo Della Bordella, Silvan Schüpbach e Symon Welfringer. 350 chilometri in kayak per andare e tornare dal Mythics Cirque, due nuove vie, tra cui la seconda ascensione assoluta alla Siren Tower, e un’esperienza esplorativa in pieno stile “by fair means”. Questi i dati essenziali della spedizione vissuta da Matteo Della Bordella, Silvan Schüpbach e Symon Welfringer in Groenlandia. Superate le prime difficoltà burocratiche, legate al contenimento della pandemia da Coronavirus, che li ha bloccati per una settimana in Islanda tutto è andato per il verso giusto. La spedizione, riprogrammata con cambio di obiettivo, è stata un successo sotto tutti i fronti. Oltre 300 chilometri in kayak 350 i chilometri totali percorsi in kayak, tra andata e ritorno dal Mythics Cirque, un’area remota del Paese 36 | Novembre 2021 | Uomini&Sport

dove prima si sono avventurate solo poche spedizioni. Punto di partenza e di arrivo di questo lungo viaggio in totale autonomia è stato il villaggio di Tassilaq però, prima di prendere il largo i tre alpinisti si sono concessi un incontro con Robert Peroni, esploratore italiano che dal 1980 vive in Groenlandia impegnandosi nella salvaguardia dell’ambiente e dei suoi abitanti. “Era contentissimo della nostra presenza, siamo stati gli unici turisti dell’anno” spiega Matteo. “Quando gli abbiamo spiegato il nostro progetto si è esaltato ancora di più perché rispetto a una spedizione di sola arrampicata abbiamo inserito molte più variabili con la lunga traversata in kayak”. Fortunatamente per i tre durante la traversata tutto è andato per il meglio. “Abbiamo sempre trovato condizioni favorevoli, anche se è stato più difficile rispetto a sette anni fa”. Matteo si riferisce alla sua prima


Sopra: Matteo Della Bordella durante l’apertura di Forum sulla Siren Tower alla Mythics Cirque. A sinistra: Silvan Schüpbach e Symon Welfringer pagaiano nei fiordi verso il Mythics Cirque.

esperienza in Groenlandia, nel 2014, quando sempre con Silvan Schüpbach e con Christian Ledergerber ha realizzato una nuova via sullo Shark’s Tooth. “Nei tratti lungo la costa abbiamo avuto problemi con la risacca del mare, che destabilizzava e dovevi essere pronto a gestirla”. La preparazione dei mesi precedenti la spedizione è stata fondamentale per poter gestire al meglio il tragitto. “Siamo riusciti a tenere una media di 40 chilometri al giorno”. Tra le 8 e le 10 ore al giorno a pagaiare, “vivendo un ambiente spettacolare! Rispetto alla classica spedizione di sola arrampicata ci siamo veramente divertiti a esplorare, a scoprire, a vivere un territorio dove il paesaggio è in continua trasformazione, giorno dopo giorno”. Ma nel viaggio non mancano le sorprese: “arrivati al Mythics Cirque chi ci accoglie sulla riva? Nico Favresse e Sean Villanueva!”. Anche gli scalatori belgi, in spedizione con

il connazionale Jean-Louis Wertz e con lo svedese Aleksej Jaruta hanno pensato di guardare alle aree più remote e meno esplorate delle Groenlandia. “A incontrare qualunque altra persona ci sarei rimasto male” confida Matteo. “Trovare loro è stato bellissimo. Raggiungere un luogo remoto, incontrare qualcuno che vive la montagna e la scalata con il tuo stesso spirito, con gli stessi valori, è uno dei regali più belli offerti da queste esperienza”. Siren Tower – Forum (800 m, 22 tiri, 7c max) “Forum” è il nome della nuova via aperta da Matteo, Silvan e Symon sulla Siren Tower. “Siamo tre personalità forti e ogni decisione su cosa fare, dove andare, come organizzarsi ha richiesto sempre grandi discussioni. Momenti costruttivi che ci hanno permesso di portare a termine il nostro obiettivo, per questo abbiamo chiamato la via ‘Forum”’. Al loro arrivo al Mythics Cirque la Siren Tower risultava ancora inviolata. “Dopo averci salutati Nico, Sean e i compagni sono partiti per la parete” spiega Matteo. Hanno aperto un itinerario che corre 100 metri a destra rispetto a “Forum” e sono giunti in vetta tre giorni prima di Matteo, Silvan e Symon. “La Siren Tower è senza dubbio la più bella cima della zona, con questa parete verticale, ripida e strapiombante”. All’inizio è stata un’incognita per i tre, poi “si è rivelata super, con il minimo indispensabile per poter salire. Abbiamo impiegato 5 giorni per completare la via. Avendo tempo a disposizione abbiamo dedicato il sesto al superamento di alcuni tiri che prima non eravamo riusciti a salire in libera”. Il tiro chiave è rappresentato da una fessura che tocca il 7c, “uno dei più belli che abbia mai aperto”. Nel complesso si tratta Uomini&Sport | Novembre 2021 | 37


di “una via piuttosto psicologica da aprire, per le non evidenti possibilità di piazzare protezioni, con bellissimi tiri verticali o strapiombanti”. Tutta la via è stata salita utilizzando protezioni mobili, nut e friends. Le soste di calata sono state rinforzate con chiodi. Lungo l’itinerario sono stati lasciati due spit: uno per appendere la portaledge e uno per proteggere un passaggio, poi aggirato. Paddle Wall – La cene du renard (440m, 7a) Dopo la realizzazione sulla Siren Tower Matteo, Silvan e Symon hanno dedicato gli ultimi giorni ancora a disposizione, prima di iniziare il rientro verso la civiltà, per esplorare l’area alla ricerca di altri interessanti obiettivi. Questo si è materializzato a circa 12 chilometri di kayak dal Mythics Cirque su una parete battezzata da loro “Paddle Wall”. “Volevamo sfruttare al meglio i giorni a nostra disposizione. Non si tratta di una via super impegnativa, ma è stata una bella opportunità esplorativa. Con il kayak sei libero di muoverti come meglio preferisci, non sei ancorato a un posto. Puoi raggiungere la parte alta dei fiordi, dove con una barca avresti difficoltà a entrare. Così abbiamo trovato questa parete di 400 metri, soleggiata, piena di fessure. È stata veramente piacevole da scalare”. Il nome significa “la cena della volpe in italiano”. “L’unico animale incontrato durante la spedizione è stata una volpe, sotto la parete, che ci ha mangiato il formaggio”.

A lato: Symon Welfringer, Silvan Schüpbach, Matteo Della Bordella.

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SPECIALE TREKKING

L’Italia dell’outdoor. Il trekking è l’attività più praticata del 2020 Agli italiani piace camminare. Confermato il trend in crescita dei cammini a cura della Redazione

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ell’anno 2020, il trekking si è affermato come l’attività outdoor preferita dagli italiani. Tra i 27 milioni di vacanzieri dello scorso anno, ben il 39% ha deciso di partire per un’avventura zaino in spalla. Dati da record per l’Italia dei cammini in crescita ormai da 5 anni, tendenza confermata nonostante gli effetti della pandemia. Un cambiamento senza dubbio dettato dalla necessità di praticare distanziamento sociale, visitare luoghi poco affollati senza dover utilizzare mezzi di trasporto, ma anche per bisogno di movimento e di stare all’aria aperta. Inoltre, camminare è un’attività a basso impatto ambientale, tema molto caro di questi tempi, e coniuga il raggiungimento di una meta simbolica con la visita di luoghi storici di cui sicuramente l’Italia è veramente ricca. Il settore dei cammini è stato analizzato per il terzo anno di fila dalla ricerca “Cammini e camminatori in Italia”, curata da Terre di Mezzo. In generale, l’Italia ha retto molto bene l’urto della pandemia, registrando un numero di praticanti sempre in crescita, soprattutto nei percorsi brevi, che nel 2020 hanno attratto la maggior parte dei camminatori. In particolare, sono rimasti invariati i camminatori nei Cammini Francigeni di Sicilia e sono cresciuti nella Via degli Dei, Cammino Materano – Via Peuceta, Cammino di Oropa, Cammino minerario di Santa Barbara, Cammino

Via Francigena, Emilia Romagna Uomini&Sport | Novembre 2021 | 39


Credenziali distribuite nei principali cammini d’Italia (dal 2016 a novembre 2020) - Fonte: Terre di Mezzo

nelle Terre Mutate, Cammino dei Briganti e Cammino di Dante. La Via Francisca del Lucomagno, inaugurata a giugno del 2020, ha suscitato grande interesse tra il pubblico, registrando circa 400 camminatori. Più penalizzati i cammini più lunghi, come la Via Francigena, i cammini francescani e il Cammino di San Benedetto, che comunque restano tra i più frequentati. Vista la situazione di incertezza legata all’emergenza sanitaria, gli italiani hanno preferito cammini brevi e regionali, facilitati anche dal fatto che l’Italia è ricca di percorsi di pochi giorni e di diverse tipologie. In generale, il Covid ha solo rallentato un trend ormai in crescita dal 2016: nel 2019 aveva fatto registrare nel nostro paese 41 mila credenziali del pellegrino, l’attestato che viene vidimato ad ogni tappa del percorso. Dato il costante aumento di camminatori, il Ministero della Cultura ha pensato di valorizzare il ricco patrimonio composto dalla rete di Cammini – storici, naturalistici, culturali e religiosi – che, da nord a sud, attraversano il Paese rappresentando una fetta, magari poco conosciuta ma fondamentale nell’offerta del turismo lento italiano. Da qui l’impegno del Ministero di creare una rete di mobilità slow, una vera e propria infrastruttura di vie verdi per muoversi lungo l’Italia a piedi promuovendo una nuova dimensione turistica. Per raggiungere l’obiettivo, il Ministero si è fatto promotore dell’Atlante digitale dei Cammini d’Italia: un contenitore online di percorsi e vie pensato e realizzato sulle linee guida 40 | Novembre 2021 | Uomini&Sport

Fonte: Terre di Mezzo

indicate dalla direttiva ministeriale. Un’iniziativa importante che permette a tutti di informarsi più facilmente circa l’offerta del turismo lento in Italia, aumentando così esponenzialmente il numero di visitatori ma non solo: lo strumento permette a tutti i visitatori di essere a conoscenza dei gradi di difficoltà e il materiale necessario al viaggio, nonché la conoscenza di divieti e norme presenti nell’area. Vi ricordiamo che è sempre importante viaggiare informati, questo permetterà a chiunque di trascorrere un’esperienza sicura ed indimenticabile.


Il Cammino di Oropa Breve, semplice, intenso

Marika Ciaccia durante il Cammino di Oropa

UNA PANORAMICA

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i propongo il Cammino di Oropa, un cammino semplice che consiglio a chi desidera allenarsi o mettersi alla prova prima di affrontare percorsi più lunghi o complicati come il Cammino di Santiago o la Via Francigena. Il paesaggio è molto bello e si toccano diversi punti di interesse storico-culturale. La partenza è da Santhià in provincia di Vercelli e in 4 giorni si conclude al Santuario di Oropa. I primi 2 giorni si cammina lungo la Via Francigena lasciandola per abbracciare la Grande Traversata del Biellese e visitando i santuari di Graglia e Oropa, con la possibilità di proseguire anche verso l’Oasi Zegna. I paesaggi sono molto belli, ricchi di storia e cultura, ma anche spiritualità e curiosità gastronomiche. La classificazione di questo itinerario è di tipo E (escursionistico), quindi alla portata di tutti con la giusta preparazione tecnica di base. Le prime due tappe sono le più semplici e via via si sale di difficoltà non solo per la lunghezza ma soprattutto per i dislivelli e sul finire un sentiero dissestato a causa delle recenti piogge. È percorribile tutto l’anno grazie alle quote medio-basse ma lo sconsiglio vivamente nel periodo delle piogge a causa del fondo piuttosto fangoso e dei fiumi in piena.

Le tappe del Cammino di Oropa Le tappe sono piuttosto brevi, dai 16 ai 20 km, di difficoltà crescente. Per intraprendere il cammino occorre la credenziale del pellegrino che può essere richiesta all’Associazione Amici della Via Francigena, alla Casa del Movimento Lento oppure, come abbiamo fatto noi, all’ostello di Santhià: Santhià sulla Via Francigena, Via Madonnetta, 2 (di fianco al campanile della chiesa parrocchiale, in piazza Roma) o Corso Nuova Italia 134 (altro lato dell’edificio) – Tel. 366.4404253. Possibilità di pernotto a donativo, consegna e timbratura credenziali. (se lo si trova chiuso, basta chiedere al bar in piazza). Puoi arrivare al punto di partenza sia in treno, scendendo a Santhià, che in macchina e parcheggiando accanto alla stazione, dove troverai diverse possibilità gratuite. Il ritorno da Oropa può essere effettuato con i bus pubblici fino a Biella e da lì in treno fino a Santhià (mezz’ora circa). GIORNO 1: SANTHIA’ - ROPPOLO Si cammina lungo la Via Francigena, in senso opposto al normale corso, per questo motivo vedrai tanti pellegrini “nella direzione sbagliata”. Si passa l’abitato di Cavaglià nei pressi del Lago di Viverone e si giunge a Roppolo, con il suo bel castello e il pernotto dotato di ogni comfort alla Casa del Movimento Lento. La zona è molto famosa per il pesto all’aglio orsino, erba spontanea colta in giornata, che si trova facilmente passeggiando per i boschi. GIORNO 2: ROPPOLO – TORRAZZO La tappa ufficiale prevede come meta Sala Biellese ma noi non abbiamo trovato posto per dormire. Si cammina tra boschi e colline nella Serra d’Ivrea, l’anfiteatro morenico più grande d’Europa. Il primo centro abitato che si incontra è Ricetto di Viverone, si prosegue per Zimone (acqua e bar disponibili) e si arriva al Monastero di Bose, formato da monaci e monache appartenenti a due ordini cristiani diversi, che convivono insieme in questo luogo spirituale immerso nel verde. Poco accanto non perderti la Chiesa Romanica di San Secondo, del secolo XI. Rimane un esempio dell’architettura medievale e contiene degli antichi affreschi. Purtroppo noi l’abbiamo trovata chiusa ma anche dall’esterno emana una bellissima energia. In questa chiesa si tengono tanti concerti di musica antica a lume di candela. Si continua per Ricetto di Magnano, piccolo e caratteristico borgo dove ci si può concedere una pausa mangiando al Borgo Antico, e una visita al Mulino Ottino, risalente al Uomini&Sport | Novembre 2021 | 41


1938, quando Carrera Ottino, donna forte e determinata, fece installare un impianto innovativo per l’epoca. Oggi i discendenti diretti (Pietro e il figlio Ludovico) macinano e producono farine di alta qualità. Hanno anche dei locali molto belli e dotati di ogni comfort che mettono a disposizione per dormire. Si prosegue per boschi fino a Sala Biellese o Torrazzo. GIORNO 3: TORRAZZO – SANTUARIO DI GRAGLIA Anche in questa tappa si cammina per boschi e prati. Lo sfondo è di casolari in attività e più in lontananza le Alpi Biellesi. Nel primo abitato, Donato, si trovano fontanelle, bar e alimentari così da poter proseguire verso Graglia con le giuste scorte. Dormire al Santuario di Graglia è una bellissima esperienza. Loro stessi dicono: “il santuario propone soggiorni riposanti e carichi di spiritualità, in ambienti eleganti arredati con stile all’insegna della tranquillità. L’ambiente circostante il Santuario è sempre stato particolarmente accogliente. Luogo ideale per coloro che desiderano avere momenti

di serenità. Situato a ridosso delle Prealpi Biellesi a pochi chilometri da Biella, è uno dei più importanti santuari mariani del Piemonte.” Il silenzio e la vista panoramica fanno la differenza ristorando le fatiche di noi pellegrini dopo giorni di cammino. GIORNO 4: SANTUARIO DI GRAGLIA – SANTUARIO DI OROPA Si arriva alla meta finale e l’emozione si fa sentire. Il percorso non è semplice e consiglio di partire al mattino presto. Si prosegue su mulattiere, guadando fiumi che possono essere in secca o in piena a seconda del periodo stagionale scelto per intraprendere la Via. Si attraversa Sordevolo e si procede nella natura più bella, affrontando continui saliscendi. Da Favaro ci si immette sul sentiero D1 e si procede in continua salita fino al santuario, che sembra non arrivare mai. Il santuario di Oropa è davvero bello e ricco di storie interessanti. Non dimenticare di assaggiare la polenta concia alla latteria e, se ti fermi qualche giorno, ti consiglio

Lago di Viverone, foto di Surio 42 | Novembre 2021 | Uomini&Sport


di salire al Lago del Mucrone, uno Santuario di Graglia, foto di Surio dei trekking più belli della zona. Come detto, il sentiero non è semplice e noi abbiamo dovuto affrontarlo nel periodo delle piogge, con un fiume in piena difficile da attraversare. Il fango è tanto quindi consiglio ai meno allenati o ai più stanchi di immettersi sulla via alternativa: la variante della tramvia, che prevede sul finale 1 km di asfalto piuttosto trafficato. Una volta giunti al santuario non bisogna dimenticarsi di passare all’info Point per richiedere il testimonium e l’ultimo timbro sulla credenziale. Consigli tecnici per affrontare il Cammino di Oropa Oltre ai miei percorsi scaricabili sul mio sito, su Strava, esiste l’app ufficiale: Piemonte Ways. Di recente è uscita anche la guida cartacea edita da Terre di Mezzo. Un discorso a parte va fatto sulla segnaletica, che è inconfondibile per via di un simbolo nero, circolare, con scritta Cammino di Oropa su fondo giallo. Essendo fascette adesive può capitare che qualcuna si sia persa o che non si più ben visibile. Il team che se ne occupa tiene costantemente controllato il percorso ma se dovessi riscontrare alcune difficoltà puoi andare sul sicuro grazie alla tecnologia, con i tracciati messi a disposizione. In alcuni tratti la linea telefonica non prende bene, se puoi scaricati le mappe offline.

Visita il sito per maggiori info e curiosità www.mylifeintrek.it

La tipica segnaletica presente nel cammino Uomini&Sport | Novembre 2021 | 43


L’ESPERTO CONSIGLIA

Sei pronto a partire per il tuo trekking? a cura di Giuseppe Caligiori e Paola Radice

Il nostro team di esperti ha selezionato per voi i migliori prodotti del momento firmati DF Sport Specialist, indispensabili per ogni vostra nuova avventura DF MOUNTAIN

ZAINO ZEPHYR 36 Il migliore compagno di viaggio di ogni escursionista è senza dubbio lo zaino: Zephyr 36 sarà senza dubbio il vostro! Pratico zaino da escursionismo di medie dimensioni versatile e leggero, è ideale per trekking estivi di più giorni, oppure per escursioni invernali in giornata. La sua capienza è di 36 litri e le tantissime tasche esterne e il cappuccio superiore permettono di avere sempre a portata di mano tutto il necessario per le tue escursioni. Possiede spallacci ergonomici e cinturone in vita regolabile per distribuire meglio il carico durante le lunghe camminate, in più è dotato di due porta bastoni o porta picozza. Cinghie di compressione, fischietto e schienale con bastino in rete traspirante sono indispensabili, in più, lo zaino Zephyr 36 possiede un pratico coprizaino estraibile, ideale in caso di pioggia.

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SCARPONI HYBRID

Pedule da trekking con collarino in lycra e allacciatura alta per una buona tenuta della caviglia, occhielli in metallo. Un fascione gommato copre per intero il perimetro della calzatura, dando struttura alla scarpa e garantendo un’ottima protezione. Membrana interna traspirante e idrorepellente TEPOR DRY. Soletta Ortholite ergonomica e traspirante con ammortizzazione a lungo termine. Suola Vibram tassellata per una maggior tenuta su tutti i tipi di terreno.

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SCARPE OUTDOOR PHANTOM Scarpe outdoor basse e leggere con puntale protettivo in gomma, tomaia impermeabile waterproof. Ottime per terreni sconnessi. Il sistema di allacciatura rapida, garantisce una calzata precisa, pratica e sicura. Suola Vibram dotata di tasselli integrati.

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ideali per trekking impegnativi

BASTONI FLASH FOLDING CARBON EVO

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La nuova collezione di bastoni da trekking è stata arricchita anche dagli speed trek carbon evo, in carbonio ultraleggero, ancora più leggeri e performanti. Possiedono tre sezioni allungabili e regolabili a clip (da 100 a 130 cm) e impugnatura in schiuma ergonomica. Anche qui, troviamo il nuovo pratico sistema di chiusura pieghevole, che assicura compattezza nel trasporto e rapidità in fase di assemblaggio. Non può nemmeno mancare per questa versione l’ammortizzazione antishock nel puntale e l’apertura a scatto autobloccante. Sempre presenti, nella sacca di trasporto, puntali in gomma e rondelle estive facilmente cambiabili.

Perfetti per il trail running e il fast hiking, i bastoni flash folding sono in carbonio ultraleggero a tre sezioni, pieghevoli. Possiedono lunghezza fissa disponibile in tre misure: 110, 120, 130 cm. Il nuovo sistema di apertura a scatto autobloccante permette di montare e smontare il bastoncino in tempi rapidissimi, mentre il comodo sistema di chiusura con elastico manterrà perfettamente in ordine i bastoni quando riposti. Per la vostra comodità, anche qui è presente l’impugnatura in schiuma e una comoda sacca di trasporto completa di copripuntali in gomma e rondelle estive.

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Indispensabili per ogni camminata, i nuovi bastoncini firmati DF Sport Specialist vantano di un nuovissimo sistema di chiusura pieghevole che assicura compattezza e rapidità di assemblaggio a tre sezioni allungabili. Costruiti in alluminio 7075, i bastoni speed trek possiedono anche una comoda impugnatura in spugna ergonomica. L’apertura a scatto autobloccante e il sistema a clic, che permette di allungarli o accorciarli da 100 fino a 130 cm, permettono una facile e pratica regolazione. I bastoni sono dotati inoltre di ammortizzazione antishock nel puntale. Infine, nella pratica sacca da trasporto troverete puntali in gomma e rondelle estive per essere sempre pronti ad ogni avventura!

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SACCOLENZUOLO SLEEPING BAG Il nostro saccolenzuolo sleeping bag è ideato dai nostri esperti di montagna e trekking per dormire in rifugio o campeggio ed evitare troppi lavaggi al saccoletto o al sacco a pelo. La sua fodera è in tessuto ed è possibile utilizzarlo anche come lenzuolo. Leggero, compatto, il saccolenzuolo pesa solo 320 grammi ed è facile da lavare e veloce da asciugare. Le sue dimensioni: 74x206.

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ANCHE QUI SI TROVA DF SPORT SPECIALIST

Armuzzi e Guglielmetti “RunningEveresting” al Bollettone Si chiama “Everesting” e consiste nel compiere una salita, sullo stesso segmento, tante volte quante ne servono per arrivare ad un dislivello di 8.848, l’altezza dell’Everest, registrando l’intera attività con dispositivo gps. Il tentativo và fatto in singola attività senza limiti di tempo, sono ammesse pause ma non si può dormire. Antonio Armuzzi, 52 anni, ex nazionale italiana di pista, strada, cross e ultra maratona e responsabile dell’area running da DF Sport Specialist di Lissone (MB), nonchè testimonial DF Sport Specialist, e l’amico Luca Guglielmetti, 38 anni, appassionato di trail running, hanno concluso sabato 9 ottobre l’Everesting del Monte Bolettone, sul triangolo lariano, la montagna di casa dove sono soliti allenarsi. Sono partiti alle 21:00 di venerdì 8 ottobre e, dopo aver ripetuto 22 volte, in salita e discesa, il percorso della “direttissima” che porta dall’Alpe del Vicerè (Albavilla) fino alla croce del Monte Bolettone, hanno raggiunto gli 8.848 metri di dislivello positivo, concludendo la loro impresa alle 14:35 del pomeriggio seguente. Per un totale di 88km in 17ore 35minuti di corsa/camminata ininterrotta, probabilmente uno dei tempi più importanti in Italia per quanto riguarda gli Everesting della categoria running. Molti gli amici che si sono dati appuntamento per sostenere i due runner comaschi lungo il tragitto e che hanno condiviso con loro parte del viaggio. Per Luca e Antonio non si tratta della prima avventura insieme. Oltre ad allenarsi spesso insieme, a settembre 2020 avevano corso 115 km, lungo i sentieri delle montagne sopra al lago di Como avevano raggiunto, partendo da Cantù, dapprima Menaggio, traghettato a Bellagio per poi tornare verso casa dalla Dorsale del Triangolo Lariano. Nel luglio 2020 avevano corso durante la notte da Limone Piemonte (CN) a Ventimiglia (IM) attraverso la Via Del Sale. In assenza di gare causa pandemia, questo era stato il loro modo per avere nuovi obiettivi e non perdere la motivazione, ma ora sembrano averci preso gusto.

Luca Guglielmetti, a sinistra nellla foto e Antonio Armuzzi, a destra nella foto.

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DF Sport Specialist in pista con Mat#10 Mattia Lottaroli, 9 anni di Colle Brianza, ha una grande grandissima passione travolgente per le moto che ha contagiato anche DF Sport Specialist, diventata uno dei suoi sostenitori di rilievo per la prossima stagione. Talento emergente della SMC, scuola di Motociclismo di Como, sempre accompagnato da mamma Simona e papà Andrea, i suoi primi fans, il 16 ottobre ad Ortona (Chieti) ha conquistato il terzo posto nella finalissima del centenario del Campionato Italiano di Velocità. Un circuito molto tecnico e complesso, che ha messo in luce tutte le qualità e il talento del giovane centauro, che ha concluso con questo ottimo piazzamento una stagione fantastica.

Patrizia Pensa 5° nella classifica donne al TOR330 Patrizia Pensa si è classificata quinta tra le donne al Tor des Geants 2021, portando ancora una volta DF Sport Specialist ad un eccellente risultato. Il Tor des Géants (che significa giro dei giganti in patois valdostano) è una gara di trail di 330km, che si svolge in Valle d’Aosta nel mese di settembre. L’atleta brianzola che ha al suo attivo numerosi risultati di prestigio in questa manifestazione (2° nel 2012, 6° nel 2019), ha dimostrato anche quest’anno di essere in splendida forma.

Premiazioni - Foto: Pierre Lucianaz

Patrizia Pensa con il marito Franco Sironi Uomini&Sport | Novembre 2021 | 47


I campioni del mondo Beatrice Colli e Marco Radaelli sono il nostro orgoglio italiano Due importantissimi risultati a poca distanza uno dall’altro: Beatrice Colli si laurea campionessa del mondo di arrampicata categoria Under 18 nella disciplina Speed, mentre Marco Radaelli, 18 anni di Garlate, regala il titolo di campione del mondo juniores di BMX all’Italia. Il diciottenne lecchese, membro del team Quota 20 BMX Garlate, era già campione europeo cruiser nelle categorie giovanili. Ha però mostrato il meglio delle sue qualità sul tracciato di Papendal, in Olanda, e si è aggiudicato con grande consapevolezza le tre run della sua manche, volando in finale con altri due suoi compagni che rappresentano il futuro di questa specialità: Matteo Tugnolo e Leonardo Cantiero. Cantiero arriva fino alla semifinale ed esce di pista alla seconda linea. Tugnolo, invece, si ferma ai piedi del podio, mentre Radaelli sfida i favoriti: il neozelandese Bearman, i francesi Rousseau, Carlier e Geisse, l’americano Polk e il finlandese Lindberg.

Per Beatrice, invece, è una vittoria attesissima dopo numerosi successi e piazzamenti di livello internazionale tra Coppa Europa ed Europei. A Voronezh, in Russia, Beatrice ha colto la vittoria più importante della sua carriera, coronando un sogno nemmeno troppo nascosto nelle dichiarazioni pronunciate in un’intervista. Beatrice, che fa parte del gruppo dei Ragni di Lecco, ha ricevuto i complimenti anche dal suo allenatore Fabio Palma, che le dedica un messaggio su Facebook: “Grazie di averti incontrata”.

Beatrice Colli in gara e sul podio

Sopra e sotto: Marco Radaelli

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Pavan Free Bike, Karin Tosato vince i Mondiali Karin Tosato

L’edizione 2021 dei Campionati di cross coutry nella località di sport invernali delle Alpes-de-Haute-Provence, Francia, si è conclusa brillantemente per gli atleti Pavan Free Bike. Seconda vittoria consecutiva per Karin, che dopo essere diventata Campionessa Europea, è riuscita ad aggiudicarsi anche un titolo mondiale. Nel palmares della campionessa mancava proprio la medaglia d’oro che aveva visto da vicino nel 2019 in Canada. “Per me è un grande onore conquistare il titolo mondiale, è qualcosa che ho sempre sognato sin da quando i miei obiettivi si sono fatti sempre più alti. La tripletta è una sensazione straordinaria, ma conferma la grande stagione che ho fatto, è stato bellissimo”. L’atleta ha realizzato il sogno di poter indossare la maglia della categoria Women 40-44. Tre giri del circuito di Pra Loup con 200 metri di dislivello è stato ciò che le concorrenti hanno dovuto affrontare, consapevoli dell’asprezza del tracciato. Soffrendo, Karin ha trovato le forze per superare le sue avversarie dopo una partenza non del tutto brillante, finché non è riuscita ad arrivare prima. A coronare la fantastica rassegna, sono arrivati poi i due bronzi di Giorgio Redaelli e Alberto Riva nelle categorie Master.

Grigne skymarathon / Trofeo Davide “Lino” Invernizzi

Daniel Antonioli

Domenica 19 settembre, è tornata nel calendario agonistico dei “corridori del cielo” e tappa della Skyrunner World Series, la mitica cavalcata tra Grignetta e Grignone, una delle gare più tecniche e spettacolari dell’arco alpino, vinta da Daniel Antonioli (testimonial DF Sport Specialist) e Hillary Gerardi. Il pesante maltempo non ha permesso di correre sul tracciato del percorso originale che da Pasturo si inerpica sul massiccio delle Grigne, toccando entrambe le vette: meridionale “Grignetta” a 2.184m e settentrionale “Grignone”, a 2410m, per ridiscendere a Pasturo, per un totale di 42km con un dislivello positivo di 3890m, snodandosi tra carrarecce, sentieri attrezzati e passaggi in cresta. I concorrenti sotto una pioggia a tratti battente, sono saliti sino a località Grassi Lunghi, in un tratto che coincideva con il tracciato originale. Sono poi rientrati verso il Pialeral Vecchio in direzione Foppa del Ger, per imboccare la salita che li ha portati ai 1830 metri del bivacco Riva-Girani ai Comolli. Da qui sono ridiscesi sul percorso estivo del Grignone. Raggiunto il rifugio Antonietta al Pialeral, hanno puntato la chiesetta di San Calimero, il Rifugio Riva ed infine il traguardo di Pasturo sul quale la gara maschile si è risolta in volata.

Utlac Ultra Trail del Lago di Como Sono Lorenzo Rostagno e Valentina Michielli i vincitori dell’edizione 2021 della Utlac 40, il Gran Trail delle Grigne che si è corso sabato 19 giugno, giunti rispettivamente al traguardo in 5h 20’52” e 6h 25’09”. Una competizione impegnativa e mozzafiato, partita da Lecco fino a Esino Lario. Uomini&Sport | Novembre 2021 | 49


Marathon Bike della Brianza La Marathon Bike della Brianza, quest’anno anche Campionato Italiano Marathon, ha fatto registrare l’iscrizione di oltre 1.100 ciclisti giunti da tutte le regioni d’Italia, q. Una splendida giornata di fine estate, domenica 5 settembre, ha accolto i bikers che si sono dati battaglia sugli sterrati del Parco Regionale di Montevecchia e della Valle del Curone, del Monte di Brianza e del Monte San Genesio. Sul gradino più alto del podio, si sono seduti l’altoatesino Fabian Rabensteiner e la vicentina Marika Tovo, atleta del Team KTM Protek Elettrosystem Torrevilla MTB, sponsorizzato anche da DF Sport Specialist e Bicimania. Il percorso si è confermato di altissimo livello, l’organizzazione eccellente e il tempo soleggiato hanno dato vita ad un’edizione straordinaria. La gara femminile ha visto il dominio di Marika Tovo, vicecampionessa italiana XCO. Atleta azzurra del cross country, la 22enne di Arzignano ha affrontato per la prima volta la distanza marathon e subito ha confermato le sue qualità di atleta, come dimostrano le medaglie d’argento ai Mondiali XC 2000 e il bronzo in quelli disputati in Svizzera nel 2018. La campionessa, dopo la gara, ha fatto visita allo stand Bicimania / DF Sport Specialist. L’arrivo di Marika Tovo Campionessa Italiana Marathon Marika Tovo con lo staff Bicimania presente all’evento

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Il podio maschile Fabian Rabensteiner, Juri Ragnoli e Daniele Mensi


International Rosetta SkyRace William Boffelli ed Elisa Desco firmano la vittoria alla International Rosetta Skyrace, domenica 5 settembre. Per loro è titolo tricolore Fisky. Quasi 200 gli atleti sui 22,4 chilometri (1740 m di salita e altrettanti di discesa) disegnati tra gli alpeggi meravigliosi, famosi per la produzione del formaggio Bitto. William Boffelli ha vinto gara e titolo tricolore in 2h09’56”. Secondo posto per il testimonial DF Sport Specialist Daniel Antonioli (2h11’45”). Sul terzo gradino è invece salito l’altro lecchese Luca Del Pero (2h12’10”). Tra le donne il titolo tricolore va a Elisa Desco con il tempo di 2h37’28”, seconda la milanese Conti che ha fermato il cronometro a 2h44’37”, mentre terza la giovane Cumerlato (2h53’22”). Lo Sky Race Rosetta è una gara che piace ai campioni, ma anche a tutti gli appassionati. Il percorso alterna ripidi single track a tratti veramente corribili, regala scenari unici con panorami che dominano il Lago di Como con vista sul Pizzo Disgrazia, Bernina e il Ghiacciaio dell’Adamello. Un passaggio mozzafiato sul Pizzo dei Galli

Daniel Antonioli, William Boffelli e Luca Del Pero

1° Glacier Trail, in 265 di corsa tra i ghiacciai Grande partecipazione domenica 22 agosto, alla prima edizione della “Glacier Trail” di Lanzada (Sondrio), la corsa con vista sui ghiacciai Fellaria e Pizzo Scalino organizzata della Sportiva Lanzada. Nella 21 km vincono Marco Leoni e Lucia Moraschinelli, mentre sul tracciato breve vincono Pedroncelli e Cucchi. Il percorso in alta quota nel bellissimo scenario dell’Alta Valmalenco è stato apprezzato dagli atleti, che lo hanno definito molto ben tracciato e con un immenso panorama da ammirare. La zona di partenza e di arrivo, invece, è stata allestita sul muro della diga di Campo Moro, concessa da Enel Green Power. La gara di 21 kilometri ha previsto un traguardo volante in prossimità del Rifugio Bignami. A gara conclusa, il presidente della Sportiva Lanzada Serafino Bardea ha ringraziato tutti gli sponsor della competizione tra cui DF Sport Specialist.

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Pizzo Stella Sky Marathon In 170 gli atleti al via della 6ª edizione, domenica 11 luglio. La nebbia in quota ha costretto a ritardare il via di un’ora. Alle 8:30 showtime con la lunga schiera di corridori del cielo partiti alla volta della prima panoramica vetta di Sommavalle. La corsa tocca tre diversi Comuni della Valchiavenna: Campodolcino, San Giacomo Filippo e Piuro. Il percorso unico nel suo genere per bellezza e varietà dei paesaggi incontrati, si sviluppa attorno ad una delle cime più significative delle Alpi Retiche: il Pizzo Stella (3163m), sui più importanti scenari della Valle Spluga per 35 km e un dislivello totale di salita di circa 2650m. Firmano l’albo d’oro il lecchese del Team Scarpa e dei Falchi di Lecco Lorenzo Beltrami e la rumena della scuderia Merrel/Redbull Denisa Dragomir.

Il podio maschile, al centro il vincitore dei Falchi Lorenzo Beltrami

VUT Valmalenco Ultra Trail

Moreno Sala all’arrivo

Grande sport tra le montagne di confine tra Italia e Svizzera, dove hanno avuto luogo le gare Vut 90k, 100 Miglia del Bernina e 35k, il 15/16/17 luglio, per ripartire alla grande dopo un anno di stop forzato. Significativala risposta dei runner, accorsi in 500 da più di dieci nazioni diverse. La distanza dei 90k si conferma la regina: con seimila metri di dislivello positivo, in partenza da Chiesa Valmalenco. I vincitori sono stati il testimonial DF Sport Specialist Moreno Sala e Laura Besseghini, rispettivamente dopo 14h e 16h 15’. DF Sport Specialist è stato partner della gara.

Triathlon Città di Lecco

Il podio, terzo posto per Michele Bonacina

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750 metri a nuoto, 20 km in bicicletta e 5 km di corsa: sono gli elementi del Triathlon Città di Lecco che è partito domenica 4 luglio dal lungolago di Lecco, festeggiando la sua 20esima edizione. Circa 470 gli atleti iscritti e divisi in quattro batterie, di cui una al femminile, che si contenderanno il podio della manifestazione. Terzo posto per l’ambassador DF Sport Specialist, Michele Bonacina, che completa il giro in 53 minuti e 42.


I nuovi ambassador The North Face e DF Sport Specialist The North Face e DF Sport Specialist mettono a punto una nuova iniziativa per il lancio della collezione FW 21-22. Tra le tanti fasi del progetto, quella di ricercare due nuovi local ambassador tra gli alpinisti emergenti. Un’iniziativa che coinvolgerà anche i clienti organizzando con loro escursioni per testare le nuove collezioni.

Marco Milanese Marco Milanese è alpinista per passione e guida alpina per professione. Ha aperto vie di arrampicata su roccia e su ghiaccio e con gli sci ha sceso nuovi canali. Ha cominciato a staccare i piedi da terra praticando slackline e poi highline aprendo nuove linee tra le sue montagne di casa, in Friuli, fino alle cime più alte del Monte Bianco, addirittura camminando una fettuccia tesa tra due mongolfiere in Spagna. Dal 2014 si è spinto ancora più in alto, indossando una tuta alare e disegnando percorsi invisibili nell’aria sopra rocce e boschi. Anche attraverso il B.A.S.E. jump esprime la sua eterna ricerca di libertà e di connessione con la natura. Fa parte del team internazionale PhoenixFly, sempre pronto ad aprire nuovi salti.Vola anche in parapendio, con la speedride e pratica paracadutismo. Se nei suoi avventurosi viaggi finisce per raggiungere il mare prova a surfare qualche onda. Non importa dov’è o cosa fa, l’importante per lui è vivere la natura a 360 gradi entrando in profondo contatto con se stesso.

Marco Milanese

Giulia Venturelli Giulia Venturelli è Guida Alpina Maestro di Alpinismo UIAGM dal 2018, aspirante guida alpina dal 2015. Svolge questa professione a tempo pieno dal 2015, variando le attività in base alle stagioni. “Se mi chiedi cosa preferisco non ho una risposta, mi piace vivere la montagna in tutte le sue dimensioni: cascate, sci alpinismo, free ride, vie di roccia, falesie, vie di misto, creste... Seguendo le stagioni”. Sin da piccola frequenta la montagna insieme alla famiglia e agli amici, infatti: “La prima volta che ho detto di voler fare la guida avevo tredici anni, poi l’idea era stata messa in sordina… Oggi nasce dal desiderio di coniugare passione e lavoro: amo la vita all’aria aperta e la montagna. Mi piace stare con le persone, trasmettendo e condividendo con loro questa passione.” Nel curriculum numerose salite in tutte le Alpi, alcune prime ripetizioni femminili, una prima ripetizione Italiana sulla parete est delle Grand Jorasses, una nuova via sul Monte Bianco, vie di roccia in Marmolada, Tre Cime, Dolomiti, Monte Bianco, Val di Mello. Nel 2015 conclude l’ascensione delle tre Pareti Nord: Cervino, Eiger e Gran Jorasses. Due spedizioni in Patagonia, Giulia Venturelli Nepal e Perù. Uomini&Sport | Novembre 2021 | 53


Ferrate lecchesi

presto di nuovo percorribili al pubblico

Uno scorcio della ferrata Gamma

a cura di Riccardo Milani. Le foto sono del Gruppo Alpinistico Gamma di Lecco

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F sport specialist ha a cuore da sempre la cura e la manutenzione del territorio. Per questo motivo, ha deciso di dare il proprio sostegno all’iniziativa di intervento sulla ferrata Gamma 1, Gamma 2 e Medale. La Gamma 1 si sviluppa lungo l’imponente sperone roccioso del Pizzo d’Erna, mentre, la Gamma 2, è tra le più impegnative e tecniche dell’intero panorama italiano. Sale fino al Dente del Resegone e porta il nome, come la prima, del famoso gruppo alpinistico Gamma che l’ha creata. Infine, la ferrata del gruppo Alpini al Corno del Medale è la parete che caratterizza il monte San Martino: placche verticali, lisce e molto esposte. I tre itinerari, attrezzati fin dai primissimi anni ’80, sono fra i più apprezzati delle Prealpi, meta ogni anno di migliaia di frequentatori per la spettacolarità dei percorsi, che si snodano spesso su pareti calcaree di

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grande verticalità ed esposizione, nonché per i magnifici scorci panoramici, affacciati sul lago e sulla pianura. Attorno alla metà del 2019 le associazioni di montagna che si occupano della manutenzione delle tre ferrate si erano viste costrette, loro malgrado, a interdirne la frequentazione, a causa dell’inadeguatezza rispetto agli standard oggi previsti. Le nuove norme richiedevano, infatti, la realizzazione di interventi ingenti e onerosi, ormai non più prorogabili, come la sostituzione dei materiali considerati obsoleti e l’installazione di nuove linee di sicurezza indipendenti dai sistemi di progressione. I primi a farsi carico del progetto sono stati i soci del Gruppo Gamma, una delle associazioni alpinistiche lecchesi più conosciute. I lavori, iniziati ad aprile di quest’anno, puntano


Il tracciato della ferrata Gamma 1

rendere di nuovo agibile la zona per il pubblico dalla fine dell’anno. “Si tratta di tre percorsi attrezzati di difficoltà variabile e dagli scorci incantevoli, fra i più amati dagli appassionati di tutta Italia di trekking montano e di arrampicata sportiva”, sottolinea Antonio Rossi, sottosegretario regionale allo Sport alle Olimpiadi 2026 e ai Grandi eventi sportivi. «Abbiamo lavorato fin dall’autunno del 2019 con un’impegnativa opera di sensibilizzazione, volta a far comprendere come queste storiche vie rappresentino una risorsa straordinaria per l’economia turistica del territorio», commenta Riccardo Milani, il neoeletto presidente dei Gamma. Il gruppo Gamma di Lecco e gli Alpini Monte Medale si stanno occupando dell’intervento che prevede il posizionamento di una linea vita di sicurezza e il rifacimento della linea di progressione per circa 2.200 m di percorso. Questo comporta anche i relativi interventi di revisione, estensione, implementazione e adeguamento in parete. È prevista anche la sostituzione e l’integrazione delle attrezzature obsolete come chiodi, fittoni, catene, scale, staffe e ponti aerei. Visto il forte richiamo turistico internazionale e l’importanza escursionistica e alpinistica dei luoghi, sono previsti anche l’aggiornamento e il rifacimento dei cartelli, segnali turistici e pannelli descrittivi con le norme comportamentali, cartellonistica divulgativa e promozionale, sia a ridosso delle vie ferrate che per tutto il sentiero. Le ferrate, infatti, rappresentano per tutto il mondo della montagna lecchese un importante legame simbolico con le vicende e i protagonisti di una grande tradizione alpinistica. Fu, infatti, il celebre scalatore ed esploratore Carlo Mauri a suggerire al neonato Gruppo Gamma di legare il proprio nome alla montagna simbolo della città: il Resegone. Nacque così la ferrata Gamma 1 che si sviluppa lungo l’imponente sperone roccioso del Pizzo d’Erna, inaugurata alla vigilia del Natale del 1978 con una spettacolare fiaccolata. Poi fu la volta della Gamma 2, aperta nel 1982 e una delle vie più tecniche e spettacolari delle Alpi, che sale fino al Dente del Resegone. Infine, la ferrata del Gruppo Alpini del Medale, che sale a poca distanza dalla storica via aperta da Riccardo Cassin e Mario Dell’Oro nel 1931 sulla grande parete che incombe sopra la città.

Il tracciato della ferrata Gamma 2 Uomini&Sport | Novembre 2021 | 55


Elisa Pastorelli 1° donna qualificata

Run Walk Breakfast 5.45 Memorial Claudio Cappelli

a cura di Cristina Guarnaschelli

S

i è svolta l’8 luglio la quarta edizione della manifestazione Run Walk Breakfast Memorial Claudio Cappelli, vittima della strage di Dacca dell’1 luglio 2016, residente a Barzanò. Partenza alle 5:45, con arrivo presso il negozio di Bevera di Sirtori, dopo 5 km, con la voglia di dimostrare che si può ritornare a correre (rispettando le regole dettate dal protocollo FIDAL), insieme, per promuovere uno stile di vita sano e per far conoscere il piacere dell’esercizio fisico. Mentre la Brianza ancora dormiva, in moltissimi (quasi 600) hanno puntato la sveglia alle 4:30 per partecipare all’iniziativa (il cui ricavato sarà interamente devoluto in beneficenza) tinteggiando di arancione, il colore della t-shirt per questa edizione, l’alba di Bevera di Sirtori. L’organizzazione a cura di DF Sport Specialist e CAB Polidiagnostico, con la collaborazione di Beretta Salumi e Mizuno si è avvalsa del supporto di Torrevilla Mountain Bike, Spartacus, CAI di Barzanò, Croce Rossa sezione di Casatenovo, che con la loro vigile presenza, hanno garantito la sicurezza di tutti i partecipanti lungo un percorso, emozionante e mai scontato, che alternava strade cittadine asfaltate a sentieri sterrati all’interno del Parco del Curone. La manifestazione, non competitiva, prevedeva, un riconoscimento per il primo uomo e la prima donna giunti al traguardo. Doppia soddisfazione quest’anno per Sergio Longoni, che ha potuto premiare i “suoi” testimonial. A primeggiare, con tempo da far venire la pelle d’oca a tutti gli amanti del running, sono stati due atleti del team di ambassadors “DF Sport Specialist”: Michele Bonacina e Elisa Pastorelli, che ancora una volta hanno dimostrato di essere grandi campioni, a qualsiasi ora del giorno.

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Michele Bonacina 1° uomo qualificato

Elena Fustella, Anna Frigerio, Vittore Beretta, Sergio Longoni, Daniela Gilardi, Elisa Pastorelli, Stella Cappelli e Valeria Beretta

Sergio Longoni e Paolo Godina consegnano il ricavato alle associazioni. In foto, Galdino Maggioni e Maria Adele Corbetta a sx, Luigi Pirovano e Elio Penati a dx.

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“A TU PER TU CON I GRANDI DELLO SPORT”

Marco Milanese: «Volare le montagne» insieme alla sua tuta alare a cura di Cristina Guarnaschelli

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opo un anno, sono tornate le serate “A tu per tu con i grandi dello sport” nate nel 2005 da un’idea di Sergio Longoni, amante della montagna e dello sport. L’appuntamento di giovedì 15 luglio è stato con Marco Milanese, alpinista per passione e guida alpina per professione. Nel pieno rispetto delle normative sanitarie vigenti, la serata ha visto una viva ed emozionante partecipazione del pubblico sulle note della musica di Saule Kilaite, violinista, compositrice e scrittrice di origine lituana e brianzola d’adozione. Saule ha incantato il pubblico con brani eseguiti magistralmente, introdotti delle sue parole capaci di far vibrare le corde delle emozioni più profonde del pubblico. Attraverso la sua musica, Saule ha accompagnato il pubblico in un percorso attraverso i sogni di ciascuno, quei sogni che accendono l’energia, la passione, la forza di provarci e di crederci. Perché se puoi sognarlo, puoi farlo. La musica, nelle parole di Saule, ci aiuta a entrare in profondo contatto con noi stessi e a parlare il linguaggio dei sogni e allora via... tutti a sognare accompagnati da brani abbinati ad un sogno e ad un colore. A chiusura della sua esibizione Saule Kilaite ha chiamato sul palco Sergio Longoni per ringraziarlo per l’organizzazione della serata: “ci hai riuniti a festeggiare la vita”. La presentazione di Marco Milanese è stata introdotta dalla lettura di alcune frasi tratte dal suo libro “Volare le montagne. Di linee, equilibri e altre libertà”. “Non avere paura della paura ma accoglierla, questo è il segreto. Perché è inutile farsi travolgere, sopraffare e bloccare da lei. La nostra mente è uno strumento pieno di risorse che spesso ci dimentichiamo di usare. Siamo sicuri di vivere una vita che davvero ci appaga, che ci fa sentire

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davvero vivi? L’idea di morire senza aver vissuto davvero mi attanaglia… la vita è semplicemente una questione di qualità non di quantità. Ho scelto una vita per andare vicino a quella cosa che si chiama felicità.” Marco Milanese, alpinista per passione e guida alpina per professione, ha raccontato il suo percorso, sin da bambino, nella scoperta dello sport: dal tennis, judo, calcio al rugby, sport che gli ha insegnato la disciplina e il rispetto. La montagna agli inizi era solo una piccola parte della sua vita per poi crescere poco alla volta, grazie anche alla sua famiglia. Marco Milanese può essere definito un creativo della montagna. “Ho la possibilità di unire le attività di ogni disciplina per creare qualcosa di nuovo – così racconta. L’aspetto creativo lo sento forte, mi esprimo in montagna osservandola nei suoi diversi aspetti. Non guardo la montagna solo come una scalata ma anche come una discesa in volo, un salto con la tuta alare, una fettuccia tesa tra due cime per camminarci sopra. Tutto ciò mi affascina.” “Non mi piace essere etichettato – così racconta Marco – come uno sciatore, un volatore, uno scalatore, io sono semplicemente me stesso e quando ho voglia di fare un’attività la faccio, seguendo i ritmi della natura e la possibilità che essa mi offre”. Il suo racconto è stato alternato da filmati delle sue attività in montagna, un viaggio dal ghiaccio alla neve, dalla roccia all’aria. Marco Milanese ha aperto vie di arrampicata su roccia, ghiaccio e itinerari di sci e snowboard ripido, pratica slackline e highline, parapendio e vola con la tuta alare. Tante le attività outdoor nelle giornate di Marco Milanese: l’attività in sé non è lo scopo, il suo obiettivo è vivere la natura in tutte le sue forme e nella pienezza delle emozioni. In chiusura di serata Luca Schiera, alpinista e neo Presidente dei Ragni di Lecco, è salito sul palco per raggiungere Marco Milanese e raccontarsi nelle reciproche attività, che si incrociano con la passione per il volo che ha conquistato anche Luca. “Con una vela piccola e l’attrezzatura il più leggera possibile riesco ad arrampicare e alla sera a decollare e atterrare a valle. Per capire l’aria l’unica cosa è esserci dentro – racconta Luca. È un

modo anche per scoprire nuovi ambienti, cercare pendii dolci e prati, non solo pareti.” La serata si è chiusa con il saluto finale di Sergio Longoni che ha consegnato sul palco le piccozze dorate personalizzate DF Sport Specialist, un regalo in segno di stima, amicizia e gratitudine.

Marco Milanese, Sergio Longoni e Luca Schiera

Marco Milanese in azione

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“A TU PER TU CON I GRANDI DELLO SPORT”

Marika Ciaccia: «La felicità ai miei piedi» a cura della Redazione

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d una settimana di distanza dall’ultima serata con Marco Milanese che aveva incantato il pubblico con i suoi voli liberi in tuta alare e le sue scalate su ghiaccio, giovedì 22 luglio, torna una nuova serata “A tu per tu”. Sul piazzale del negozio DF Sport Specialist di Bevera di Sirtori, una platea di oltre 250 persone non ha perso l’appuntamento con la travel blogger e Guida Escursionistica Ambientale certificata, Marika Ciaccia. Ad introdurre le proiezioni dei cammini, tra la magica atmosfera delle luci del tramonto, è stata la musica di Saule Kilaite, violinista, compositrice e scrittrice di origine lituana e brianzola d’adozione, che ha incantato il pubblico con la sua musica che arriva nel profondo,

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introdotta da parole capaci di far vibrare le corde delle emozioni. Saule ha proposto al pubblico per l’occasione, una selezione di brani “romantici”, in onore alle donne che si sono susseguite sul palco, tenaci e romantiche. Con il primo buio della sera, su un palco abituato ad ospitare personaggi della portata di Reinhold Messner, ecco quindi fare capolino Marika Ciaccia con la sua storia di rivincita e determinazione, che ha fatto capire, ancora una volta, come anche le storie più semplici, di vita quotidiana, meritano di essere ascoltate. Creatrice di “My Life in Trek”, un progetto in continua crescita che si districa tra YouTube, Facebook, Instagram, Marika Ciaccia è una blogger, camminatrice compulsiva e una viaggiatrice “con lo zaino in spalla”.


“Ciao, sono Marika”, così ha scelto di raccontarsi al pubblico radunatosi a Bevera per ascoltarla. La passione per la camminata è nata dopo un evento traumatico, una malattia, che ha messo seriamente a repentaglio la sua salute. Quando è stata dimessa dall’ospedale con la prescrizione di “camminare sulle sue gambe” è passata in breve tempo dai percorsi in città fino alle grandi camminate nella natura. Tutto è iniziato nel 2016, col Cammino di Santiago, l’inizio del suo nuovo percorso, il primo che le ha “aperto la strada, e la mente”. Ai 250 presenti ha saputo trasmettere le difficoltà, sia fisiche sia mentali, nell’iniziare ma soprattutto la consapevolezza e il sentimento che maturava man mano che si avvicinava alla meta. Anziché gioia per la fine di un percorso, la malinconia e la tristezza che l’animava le stavano facendo maturare la consapevolezza di dover subito intraprendere un nuovo cammino. Da allora non si è più fermata, e ha iniziato a raccogliere i suoi racconti di viaggio nelle pagine del suo blog. Ha raccontato al pubblico quali devono essere le caratteristiche di un blogger, da dove si inizia per

“Arrivare alla meta è qualcosa di magico, ancora di più se con le persone giuste. Ognuno si porta sulle spalle il proprio bagaglio di emozioni, l’importante resta sempre una cosa: quando siete felici fateci caso.”

diventarlo, come interessare il pubblico, come mantenere l’interesse e in primis come essere credibile. La serata, con alcuni intermezzi di Luca Calvi, grande appassionato ed esperto di montagna, si è chiusa con il saluto finale di Sergio Longoni che ha consegnato sul palco la piccozza dorata personalizzate DF Sport Specialist, un regalo in segno di stima, amicizia e gratitudine. Tantissime le persone che si sono trattenute al termine della serata per farsi autografare dall’autrice il suo libro «La felicità ai miei piedi».

Sergio Longoni consegna la piccozza DF Sport Specialist a Marika Ciaccia

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Hervé Barmasse: «Una vita oltre gli 8000»

Foto: Claudio Scaccini

“A TU PER TU CON I GRANDI DELLO SPORT”

“Ognuno è alpinista a modo suo, è bello che sia così perché non c’è un modo migliore per andare in montagna. Oggi rispettare la montagna è l’unica cosa importante.”

a cura di Cristina Guarnaschelli

Il punto vendita di Milano Palmanova teatro della serata “Una vita oltre gli 8000” con l’alpinista Hervé Barmasse e palcoscenico per il lancio della nuova collezione The North Face “Advanced Mountain Kit”. Il punto vendita di Milano Palmanova teatro della serata “Una vita oltre gli 8000” con l’alpinista Hervé Barmasse e palcoscenico per il lancio della nuova collezione The North Face “Advanced Mountain Kit. A poche ore dalla messa online dei biglietti gratuiti, la serata era già sold out. Giovedì 7 ottobre, gli amanti delle storie di montagna non si sono lasciati sfuggire l’occasione di ascoltare Hervé Barmasse, alpinista valdostano e atleta del team The North Face. La serata, organizzata grazie alla collaborazione dei team DF Sport Specialist e The North Face è stata preceduta da un incontro riservato alla stampa. Barmasse ha regalato agli appassionati presenti, e chi ha seguito la serata in streaming, un incontro davvero emozionante, coinvolgente, tra storie e aneddoti. 62 | Novembre 2021 | Uomini&Sport

Le sue doti di narratore hanno affascinato il pubblico, rimasto incantato dalla sua umanità e dal suo sapersi raccontare sia nei momenti felici che in quelli difficili della sua vita e carriera di alpinista. Nella prima parte della serata, Barmasse ha dialogato con Elisa Calcamuggi, giornalista di Sky, facendo un viaggio nel significato del suo profondo amore per la montagna, del forte legame con il Cervino, che Barmasse chiama “il mio fratello maggiore”, che tanto gli ha insegnato nella vita, sin da quella prima scalata fatta con suo papà dopo l’incidente sugli sci. “Sto vivendo un sogno – racconta Hervé: un sogno nel quale c’è anche la mia vita normale, come per tutti noi, con i problemi quotidiani, quelli che ti mettono di fronte a momenti difficili, dove siamo noi a decidere come affrontarli. È da questi momenti che si impara tanto”. Il racconto di Hervé è proseguito poi in solitaria, come in alcune delle sue imprese, con il suo racconto personale, tra video e foto, del rapporto con la montagna. Per Hervé non deve regalare posti in classifica ma emozioni: che


A lato: il team DF Sport Specialist e il team The North Face

sia il semplice andare a camminare in un bosco o scalare un 8000, la montagna regala a ciascuno di noi emozioni vere, genuine. “Ognuno è alpinista a modo suo, è bello che sia così perché non c’è un modo migliore per andare in montagna. Oggi rispettare la montagna è l’unica cosa importante.” “La montagna è qualcosa che senti dentro, che fa parte di te. L’amore per la montagna lo riconosci da ciò che senti nel tuo cuore, mai da ciò che dicono gli altri”. Nella sua carriera di alpinista, Barmasse ha raccontato quanto si sia lasciato ispirare da Ueli Steck, alpinista e arrampicatore svizzero, famoso per le sue salite in solitaria e i record di velocità. “Da lui – racconta Hervé – ho imparato tanto, anche l’importanza di risparmiare ogni singolo grammo sull’attrezzatura”. Ed è proprio sulla leggerezza che si è concentrato Hervé nella collaborazione con The North Face per la creazione di AMK. La nascita e lo sviluppo di Advanced Mountain Kit ha visto Hervé coinvolto in prima persona insieme ad altri alpinisti, David Göttler, Andres Marin e gli sfortunati David Lama, Hansjörg Auer e Jess Roskelley, che hanno avuto un incidente mortale mentre scendevano dalla vetta dell’Howse Peak, in Canada e ai quali è andato il ricordo di tutti i presenti alla serata. Il nostro ruolo, ha ricordato Barmasse, è di essere a fianco dell’azienda nello sviluppo e nell’innovazione. “Noi atleti diamo la credibilità ad un prodotto, ci mettiamo del nostro con i test sul campo. In questo caso siamo partiti con l’idea di creare qualcosa che non esisteva, The North Face ci ha creduto sin dall’inizio.” Lo sviluppo di AMK è partito nel 2017: è un sistema che coniuga traspirabilità, leggerezza e comprimibilità e si declina in 21 elementi progettati per integrarsi perfettamente, racchiudendo in sé innovazione, tecnologie rivoluzionarie, processi produttivi di ultima generazione e una nuova vestibilità. La leggerezza è stato uno dei punti chiave per Barmasse nello sviluppo

Hervé Barmasse con Sergio Longoni

della nuova linea AMK, raccontata dalle parole di Adrian Martinez, Product Merchandiser The North Face Mountain Sports. “Per creare una collezione così tecnica abbiamo bisogno di alpinisti che vivono la montagna, che sono sul campo e soprattutto sono aperti al dialogo con il team che si occupa dello sviluppo del prodotto.” Dall’esperienza degli atleti The North Face, dai loro preziosi consigli, e dalla ricerca di qualcosa che ancora non esisteva sul mercato, è nata una linea adatta a tutti gli amanti dell’alta quota, alla ricerca di capi che sappiano unire le caratteristiche tecniche di calore, traspirabilità, impermeabilità e leggerezza. Il punto vendita DF Sport Specialist di Milano Palmanova è l’unico store in Italia ad essere stato scelto da The North Face per la vendita della nuova linea Advanced Mountain Kit.

L’esposizione dedicata alla nuova linea Advanced Mountain Kit presso il punto vendita DF Sport Specialist di Milano Palmanova


ABBIAMO LETTO PER VOI a cura della Redazione

“LA FELICITÀ AI MIEI PIEDI – L’AVVENTURA DI UNA TREKKER PER CASO” di Marika Ciaccia

128 pagine – Prezzo: Euro 14,00 Editore: Edizioni Terra Santa (Milano, 2021) Collana “Leggere e viaggiare” ISBN: 9788862408707

“La felicità ai miei piedi” racconta di una seconda opportunità di vita, quella di Marika Ciaccia, che rischia di non poter più camminare a causa di una grave malattia. L’unica medicina possibile? Camminare. Dalle prime cortissime passeggiate in paese, fino alla decisione di partire da sola per il Cammino di Santiago, il tutto raccontato con estrema semplicità anche su Youtube, dove la sua storia diventa a poco a poco virale. Prendere un aereo per la sua malattia è sconsigliato da tanti medici, ma Marika parte in cammino consapevole di dover ricercare la sua felicità, a ritmo lento come i suoi passi. La popolarità dei suoi racconti prende piede, perché Marika sa andare oltre la paura, oltre l’incertezza della malattia, è capace di raccontare ogni momento bello della sua vita come qualcosa di unico ed inestimabile, come un dono che la vita le ha voluto regalare per la seconda volta. La sua è una storia di resilienza, di coraggio e di riscatto. Il richiamo della montagna è stato più forte della sua malattia, quando è guarita non si è poi più fermata.

“LEPINI, CIRCEO E ISOLA ZANNONE” di Tommaso Funaro

250 pagine – Prezzo: Euro 29,00 Editore: Versante Sud Collana: Luoghi Verticali ISBN: 9788855470094

La guida escursionistica, che presenta 67 itinerari a piedi su tutte le cime del settore laziale indicato dal titolo, vede la luce per conto di Tommaso Funaro, un appassionato alpinista che è stato ispirato da un impulso irresistibile nella considerazione che l’ultimo libro, che illustrava questi splendidi percorsi, non era stato mai aggiornato dopo 16 anni della sua pubblicazione. È l’autore stesso che interviene a precisare i due motivi che l’hanno indotto ad affrontare questo compito impegnativo: vale a dire la forte attrazione che avverte per questi luoghi che lo hanno stregato fin da bambino, e l’opportunità di adeguare l’insieme preso in considerazione al criterio di suddivisione dei sentieri del Lazio nel relativo Catasto, che raggruppano nello stesso settore i Monti Lepini con il Monte Circeo, che comprende anche l’Isola di Zannone con il suo Monte Pellegrino. Con il suo lavoro, l’autore ha fatto tutto il possibile per descrivere al meglio la maggior parte dei luoghi, anche i più sconosciuti e selvaggi, delle cime e dei sentieri più interessanti, con l’intento di trasmettere le fantastiche sensazioni di pace e di selvatico, quali lui ha sperimentato in questi monti. Quello di Tommaso Funaro sembra un accorato appello che non può fare a meno di stuzzicare tutti coloro che amano le escursioni più emozionanti ed esclusive, come quelle che nella guida vengono descritte ed illustrate: anche a costo di non esitare, a causa di eventuali impegnative distanze, per giungere ai piedi di località dove ancora ci si può sentire avvolti dalle atmosfere dei tempi lontani.

“IL CERCATORE – LA MIA STORIA DI CRESCITA ATTRAVERSO LO SPORT NELLA NATURA SELVAGGIA” di Beppe Scotti, con Elisa Racchetti

256 pagine – Prezzo: Euro 16,50 Editore: Ultra Collana “Ultra Sport” ISBN: 9788892780545

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La storia di Beppe Scotti comincia con una grande delusione personale: a 42 anni è costretto ad abbandonare il suo grande amore, il rugby. Ed è proprio da questo finale che comincia un nuovo inizio, percorrendo una nuova strada, quella della corsa. Il messaggio è chiaro: da una delusione si deve ripartire. E così, Beppe Scotti, riempie quel vuoto che genera frustrazione attraverso un duro allenamento da autodidatta alle ultratrail. Ne “Il Cercatore”, l’autore narra del miracolo che il running ha compiuto nella sua vita. A soli tre mesi porta a termine una 50 km, dimostrando ancora una volta che la sconfitta non è nel suo DNA. Non si ferma, spinge il limite sempre più in là, raggiugendo le 100 km, le ultramaratone, gli ultra trail tra deserti e montagne, le ultra cycling e le scalate himalayane, adventure race, gare-spedizioni negli angoli più sperduti del mondo. Un libro entusiasmante e soprattutto d’ispirazione, che insegna come affrontare le delusioni ma soprattutto la più faticosa delle corse e la più impegnativa delle scalate: la vita.


“VOLARE LE MONTAGNE – DI LINEE, EQUILIBRI E ALTRE LIBERTÀ” di Marco Milanese

208 pagine – Prezzo: Euro 17,00 Editore: Edicicloeditore Collana “Ossigeno” ISBN: 9788865493533

Marco Milanese, classe 1987, è alpinista, guida alpina e tanto altro. Dal 2013 pratica nel tempo libero highline, paracadutismo, parapendio, speedride e base jumping. Oggi, si dedica al volo con la tuta alare e fa parte del team internazionale Phoenix Fly. “Volare le montagne” ci presenta la sua storia, la sua vita, le sue imprese, ma anche la sua idea di libertà. Attraverso il suo percorso di formazione tra le montagne, Marco riesce a capire che è proprio la sua passione per la montagna in tutte le sue discipline che lo fa sentire libero e lo spinge a non mollare. Dalla sua impresa alle Tre Cime di Lavaredo, Marco acquisisce nuova consapevolezza. Sale le montagne in 5 ore e 40 minuti, senza corde e chiodi, ed infine scende lanciandosi “come un’aquila”. In questo libro viviamo a pieno la sua costante necessità di confrontarsi con sé e con la natura, spingendosi sempre oltre i propri limiti. Ciò che rende Marco unico nella sua ricerca è la semplicità con cui realizza ogni impresa. L’originalità sta proprio nello sviluppo della sua storia e nella ricerca costante di ciò che è alternativo al canonico e allo scontato. Marco apre nuove vie in montagna e nella vita, disegnando la sua personale idea di libertà.

“SELVAGGIO DENTRO – SCALATE SULLE MONTAGNE PIÙ REMOTE ED ISOLATE DEL MONDO” di Simon Yates

“Selvaggio Dentro” è il terzo libro del grande alpinista britannico Simon Yates. Con il suo insaziabile appetito per l’avventura e l’esplorazione, Yates ci racconta di spedizioni uniche su montagne inesplorate come la Cordillera Darwin nella Tierra del Fuego, nelle catene WrangellSaint Elias sul confine tra Alaska e Yukon e in Groenlandia. Con “Selvaggio dentro”, però, Yates ci accompagna a tutti gli effetti all’interno della sua vita. Infatti, non è solo il mondo della montagna a cambiare con la rivoluzione della comunicazione, arrivata in fretta anche lì, ma da quando è diventato padre deve conciliare le sue spedizioni con i bisogni della sua famiglia, colpevole di lasciarla sola durante i suoi lunghi viaggi potenzialmente pericolosi. “Selvaggio dentro” ci accompagnerà all’interno della vita di un alpinista, non solo raccontandoci di vie ed imprese, ma anche trasportandoci all’interno dei suoi pensieri, tra il desiderio di partire e i limiti della vita. 288 pagine – Prezzo: Euro 18,50 Editore: Priuli e Verlucca –Traduttore Luca Calvi Collana: I Licheni ISBN: 9788880689775

“IL TEAM INVISIBILE”

di Simone Moro e Marianna Zanatta

192 pagine – Prezzo: Euro 17,00 Editore: Rizzoli ISBN: 9788817149433

Torna con una nuova pubblicazione l’alpinista dalle imprese impossibili, Simone Moro, insieme alla sua manager Marianna Zanatta. Abituati alle sue memorabili prime invernali o le sue imprese sulle vette himalayane, lo abbiamo sempre visto in veste di scrittore capace di descrivere i momenti più terribili ed emozionanti che si è ritrovato a vivere per riuscire a tagliare i suoi traguardi più impressionanti. Simone Moro e Marianna Zanatta, in questo nuovo libro “Il team invisibile” ci propongono un argomento molto delicato ed importante: la collaborazione, la gestione di un Team, le esigenze del business e delle rispettive ambizioni. In un periodo molto delicato per il mondo del lavoro, dove la pandemia ha portato moltissimi lavoratori ad avere a che fare con il “lavoro agile”, davanti al computer a casa e talvolta immersi nella solitudine, Simone Moro e Marianna Zanatta offrono la loro personale esperienza di team, fatta di scontri, crisi, ma anche di relazioni, condivisione e supporto, valorizzando una parte fondamentale del lavoro come nella vita che è la condivisione. Un libro fresco che ci presenta anche il mondo della comunicazione, diventato in questi ultimi anni fondamentale con l’avvento dei social. In generale, un’opera didattica che cattura l’attenzione di amanti della montagna e non.


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