Maggio 2022
Uomini
Numero | 36
Sport
NOTIZIE FLASH
Ore tragiche sul Cerro Torre, l’intervento di soccorso dei Ragni di Lecco
SPORT A TUTTO CAMPO Snowboard, uno sport in continua evoluzione
SPECIALE OLIMPIADI 2022 La storia e i suoi campioni
LE INTERVISTE
Cesare Pisoni, Roland Fischnaller e Michela Moioli
Numero | 36
Maggio 2022
LA REDAZIONE Fondatore: Sergio Longoni Coordinamento della pubblicazione: Giuseppe Zamboni Impaginazione e grafica: Miriana Tritico Hanno collaborato: Andrea Rusconi, Cesare Pisoni, Cristina Guarnaschelli, Renato Frigerio, Matteo Della Bordella. Numero chiuso in redazione: 04/05/2022 Diffusione: 8.000 copie Distribuzione : Presso i negozi DF Sport Specialist “Uomini e Sport” è consultabile e scaricabile online sul sito: www.DF-sportspecialist.it Posta e risposta: Angolo dei lettori uominiesport@DF-sportspecialist.it DF Sport Specialist Redazione “Uomini e Sport” Via Figliodoni, 14 - 23891 Barzanò - LC
In copertina: Cesare Pisoni Direttore Tecnico Nazionale Italiana di Snowboard e Campione Italiano di Snowboard Alpinismo.
Uomini
Sport
L’EDITORIALE coronamento di un sogno fatto di allenamenti, sacrifici, sfide con se stessi e con gli avversari. Salire sul podio è un privilegio di pochi ma la vera vittoria è di tutti: arrivare al traguardo di partecipare ad un evento come un’Olimpiade è un risultato di cui essere profondamente orgogliosi. Esserci e “comunque andrà, sarà un successo” è l’affermazione che ho sentito da molti atleti in gara. Ecco il vero significato e il senso dello sport su cui vorrei soffermarmi.
Scrivere l’editoriale di Uomini e Sport è per me un momento di intense emozioni, riflessioni e ricordi sul periodo trascorso tra un numero e l’altro. È un progetto a cui tengo molto: è la nostra rivista, fatta con la passione che ci contraddistingue da sempre. Una finestra per voi sul nostro mondo sportivo. Sono passati alcuni mesi dal precedente numero (35), dedicato alla disciplina della mountain bike con i suoi protagonisti del presente e del passato e alle Olimpiadi estive di Tokyo 2020. In questo nuovo numero, l’attenzione si è focalizzata su uno sport meraviglioso e di tendenza come lo snowboard e sull’ultima edizione dei Giochi Olimpici e Paralimpici invernali di Pechino. È stato avvincente assistere alle gare e vedere gli atleti competere nelle diverse discipline, tutti accomunati da un obiettivo: vincere una medaglia. Il
È il vero spirito dello sportivo, come affermava Pierre de Coubertin: “nello sport l’importante non è vincere ma partecipare”. Se ci pensiamo bene, questa frase ha un significato profondo che io ritengo importante anche al di là della prestazione sportiva, nella nostra vita di tutti i giorni. Ciò che conta non è trionfare ma combattere, sempre, non è vincere ma battersi per farlo: ognuno di noi ha le sue piccole o grandi imprese quotidiane, ogni giorno, e questa è la mentalità da mettere in campo.
prese sono andate a buon fine, spesso c’è una rinuncia a pochi metri dalla vetta, ma tutti affermano di ritenersi soddisfatti perché il loro sforzo è stato totale e questo conta più del risultato e del successo. Abbiamo visto e ammirato gli atleti alle Olimpiadi e Paralimpidi di Pechino, abbiamo applaudito le loro gesta e forse abbiamo anche sognato di essere al loro posto, per indossare con orgoglio i colori della nazionale italiana. Questo è anche il vero senso dello sport, il senso di appartenenza: essere fieri e consapevoli della grande responsabilità nel rappresentare una squadra, lo stesso si può affermare per un team di lavoro come il nostro in azienda. Mi ritengo fortunato perché la mia, e la nostra forza, è diventata una frase a cui tengo molto. “La nostra passione è fare sport. La nostra fortuna è fare dello sport il nostro lavoro”. Buona lettura!
È fondamentale investire tutta la nostra energia, competenza, capacità e impegno per affrontare qualsiasi sfida che siamo chiamati ad affrontare, senza indugi o temporeggiamenti. Con coraggio. Ogni volta che assisto ad una delle nostre serate “A tu per tu con i grandi dello sport”, sento raccontare dagli ospiti, grandi atleti e alpinisti di fama internazionale, che per raggiungere il loro obiettivo hanno dato fondo a tutte le loro energie. Non sempre le loro im-
INDICE: L’EDITORIALE IL PUNTO DI VISTA 4
Il futuro di SCARPA
UN NOME DA NON DIMENTICARE: 8
Marco Anghileri
NOTIZIE FLASH 10
Ore tragiche sul Cerro Torre, l’intervento di soccorso dei Ragni di Lecco
ACCADEVA NELL’ANNO 1984: 12
Un’invernale sul Pizzo Badile
VIE FERRATE DA ESPLORARE 14
Vie ferrate tra Lecco e Como da percorrere
SPORT A TUTTO CAMPO: 16 20 22 24
Snowboard, uno sport in continua evoluzione! Cesare Pisoni L’intervista a Roland Fischnaller L’intervista a Michela Moioli
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SPECIALE OLIMPIADI
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GARE E APPUNTAMENTI FIRMATI DF
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NUOVI PUNTI VENDITA DF SPORT SPECIALIST E BICIMANIA A TU PER TU CON I GRANDI DELLO SPORT
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Damiano Caruso | Un grande campione Matteo Della Bordella | La via meno battuta Franco Gionco, Simon Messner e Mario Panzeri protagonisti a Brescia di tre emozionanti serate A tu per tu con i grandi dello sport Marcin Tomaszewski | Bushido, la mia via per la montagna Tamara Lunger | Io, fragile e forte come il ghiaccio
L’ESPERTO CONSIGLIA 60
Parliamo di calzature: road e trail running
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ABBIAMO LETTO PER VOI
IL PUNTO DI VISTA
IL FUTURO DI SCARPA
si sviluppa attraverso un percorso di sostenibilità, innovazione e internazionalizzazione. Salde radici con il passato, con l’ambiente e la natura, campo di gioco per l’ideazione e lo sviluppo di calzature per gli appassionati di outdoor. Abbiamo fatto una piacevole chiacchierata con Sandro Parisotto, Presidente di SCARPA, che ci ha raccontato progetti, valori e visione di un’azienda che da più di 80 anni produce calzature da montagna. A cura di Cristina Guarnaschelli
Sandro Parisotto, Presidente SCARPA
Ci racconta le origini di Scarpa? Nella storia di SCARPA ci sono due date importanti, la data di costituzione che risale al 1938 e successivamente quella del 1956. Partiamo dalla prima e da Asolo, sede della nostra azienda: nel 1938, veniva qui in vacanza Lord Rupert Edward Cecil Guinness, membro della famosa famiglia di produttori di birra. Nel periodo estivo, Asolo era frequentata da lord inglesi, esponenti dell’imprenditoria e letterati: la frequentazione assidua di Asolo, ideale e apprezzato luogo di villeggiatura, aveva portato Lord Rupert Edward Cecil Guinness ad innamorarsi della città e al desiderio di darle un impulso imprenditoriale e industriale. Ecco, quindi, la sua idea di unire le eccellenze nella lavorazione delle scarpe in pelle, insieme alle figure più rappresentative di Asolo per quei tempi, sindaco e parroco: con loro diede vita a S.C.A.R.P.A., Società Calzaturieri Asolani Riuniti Pedemontana Anonima, per l’avvio della produzione di calzature da montagna. Poi arrivò la Seconda guerra mondiale: in quel periodo l’azienda fu obbligata a convertire la produzione per l’esercito tedesco. Fu difficile per l’azienda risollevarsi dal periodo bellico, ne uscì quasi sull’orlo del fallimento.
Ed è in quegli anni del dopoguerra che entra in gioco la famiglia Parisotto, con i tre fratelli Luigi, Francesco e Antonio che, già titolari di un loro piccolo calzaturificio – Sangiorgio -, sapendo della vendita dell’azienda fondata da Guinness, ne rilevarono la proprietà. Era il 2 agosto 1956 – ricorda Sandro Parisotto - la seconda data significativa nella storia della nostra azienda.
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Oggi SCARPA è guidata dalla seconda generazione di famiglia composta da Sandro, sua sorella Cristina e il cugino Davide. L’azienda è una consolidata realtà a livello internazionale con sedi commerciali negli Stati Uniti, Cina e Germania ed inoltre con sedi produttive dirette in Romania, Serbia e Cina: una presenza importante all’estero con un saldo legame con il territorio che ha dato vita all’azienda. Nella sede di Asolo, cuore pulsante delle attività, si realizza ancora oggi il 60% della produzione. Nel 2022 SCARPA ha varato un piano di investimenti da 12 milioni di euro destinati alla crescita del business con focus su sostenibilità, innovazione e internazionalizzazione.
Foto storica durante la produzione di calzature SCARPA
Sede del calzaturificio SCARPA ad Asolo
Oltre 80 anni di storia della vostra azienda. Facendo un viaggio a ritroso nel passato, oltre alle due date che ci ha indicato prima, ce ne sono altre che hanno determinato un cambiamento? Sicuramente il 1969, anno che ha visto l’ampliamento dell’azienda, permettendo il passaggio da una produzione artigianale ad una industriale con un conseguente aumento dei numeri, da 10.000 paia di calzature all’anno a oltre 100.000. Numeri crescenti che, grazie anche all’intuizione e alla lungimiranza dei fondatori, sostennero il percorso di apertura ai mercati esteri, che per noi hanno da sempre rappresentato uno sbocco importante e strategico. Sin dagli inizi, ma anche poi negli anni del boom economico, più del 50% del nostro business si è rivolto all’estero. Oggi siamo ad un 85% estero e 15% Italia. Torniamo alle date storiche per SCARPA Era il 1985 quando, con i nostri prodotti, fummo partner dell’Enea nella prima spedizione in Antartide, quando venne aperta la base BTN (Baia Terra Nova) ora stazione Mario Zucchelli. Un test e un’esperienza davvero importante per le nostre calzature! Nel 2005, dopo anni di distribuzione nel mercato statunitense, la decisione di aprire la nostra filiale commerciale: un grande passo in avanti per consolidare la presenza sul territorio in modo diretto. Poi arrivò l’apertura della filiale produttiva in Cina alla fine del 2011, seguita poco dopo anche da una presenza commerciale agli inizi del 2012. Ultimo passo, nel 2018 con un ridisegno delle quote societarie tra la famiglia e l’ingresso del Dott. Bolzonello nel ruolo di Amministratore Delegato. Ci racconta qualcosa sui prodotti che hanno segnato la storia della vostra azienda? Più di un prodotto è stato rappresentativo nella storia di SCARPA: siamo sempre stati un’azienda che si è dedicata alla montagna, nella sua completezza con tutte le attività che si posso-
no praticare: arrampicata, alpinismo, sci alpinismo, telemark, escursionismo, trail running e urban outdoor Negli anni abbiamo creato prodotti che hanno saputo delineare un cambiamento nell’utilizzo dei materiali e nel modo di andare in montagna. Ci piace ricordare Grinta, il primo scarpone da montagna in plastica, seguito da Pioneer, scarponcino da trekking leggero (prodotto che aveva ottenuto un brevetto: si poteva abbinare una ghetta che copriva interamente la calzatura rendendola completamente impermeabile). Poi Cinque Terre, che ha fatto da apripista a quel fenomeno, che poi è diventato di tendenza, della calzatura bassa, al di sotto della caviglia, per andare a camminare in montagna. Nel settore del telemark, abbiamo avuto Terminator, primo scarpone in plastica, che ha rappresentato il passaggio dalla pelle ad un nuovo materiale plastico, il Pebax, per la realizzazione di questi prodotti; poi Phantom Tech, l’evoluzione dello scarpone da montagna, leggero con la ghetta integrata costruita sulla tomaia. Negli anni più recenti, siamo nel 2017, ricordiamo Ribelle Tech, precursore degli scarponi leggeri che si usano oggi in montagna (fu premiato all’ISPO come prodotto dell’anno) e come ultimo Mojito, che ha aperto il filone dell’urban outdoor. La storia della nascita di questa scarpa vale la pena di essere brevemente raccontata. C’era l’idea di fornire ai nostri dipendenti una calzatura da poter utilizzare durante la settimana lavorativa. Serviva un prodotto comodo, flessibile e adatto a qualsiasi occasione, una scarpa da portare tutti i giorni. Mojito è stata la combinazione di una tomaia che arrivava dal climbing con una suola che veniva utilizzata nelle calzature per l’avvicinamento. Spesso ci chiedevano: è una calzatura per quale tipo di attività? Cristina, mia sorella, disse: per andare a bere un Mojito. Da una battuta è nato il nome del prodotto, oggi il nostro modello di punta nel segmento Urban Outdoor. Nel 2021 SCARPA ha lanciato Mojito Bio, la prima calzatura completamente biodegradabile, un altro passo verso l’impe-
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IL PUNTO DI VISTA gno che l’azienda ha preso nei confronti della sostenibilità con la pubblicazione del Green Manifesto. Un documento per raccontare i principi di sostenibilità ambientale dell’azienda. Con il lancio del Green Manifesto, l’acronimo SCARPA è diventato anche un acrostico: S sta per sostenibilità, C rappresenta la cura, A aria, R rispetto, P performance e la A finale torna ad uno dei valori dell’azienda, l’autenticità. Qual è l’impegno che avete preso con il Green Manifesto? È un cammino che ci siamo sentiti di intraprendere e abbracciare con entusiasmo perché sentiamo nostro. Per far sì che risultasse chiaro e comprensibile a tutti, abbiamo deciso di creare un Manifesto che enunciasse i principi sostenibili dell’azienda, un modo di comunicare ai nostri dipendenti e a tutti coloro che collaborano con noi. Il 100% dei personale della sede di Asolo è stato formato sui temi dell’innovazione sostenibile: abbiamo poi nominato un gruppo di 16 Sustainability Ambassador, in diverse funzioni aziendali che sono diventati portatori e diffusori di questo nostro percorso. Anche i nostri atleti sono impegnati con noi su questo fronte: il loro ruolo gioca una parte importante all’esterno nel coinvolgimento e nell’ascolto dei clienti, ci danno feedback sul miglioramento del prodotto, in termini di processo e sostenibilità. Sono osservatori del mercato, delle tendenze e delle richieste dei consumatori: il loro contributo è fondamentale per permetterci di implementare ulteriori azioni nella direzione di una sempre maggiore sostenibilità di prodotto. Qual è l’evoluzione delle calzature da montagna? Ogni anno cerchiamo nuove tecnologie e materiali, grazie al contributo dei nostri partner e fornitori. Per alcune soluzioni innovative, soprattutto su prodotti molto tecnici, abbiamo la necessità di eseguire molti test: in primis per dare sicurezza all’utilizzatore e a noi per avere dati sulla durabilità del materiale e della tecnologia impiegata. Abbiamo diverse innovazioni in corso (n.b. l’azienda dedica il 5% del fatturato in investimenti in Ricerca e Sviluppo), siamo aperti all’innovazione, alla sperimentazione di nuovi materiali e tecnologie. Certo, non è facile perché stiamo parlando di calzature tecniche da montagna, fatte da una combinazione di vari materiali: farli legare tra loro, combinare la pelle con il sintetico, la gomma con la plastica non è un processo facile, ha bisogno dei suoi tempi e delle sue fasi di sviluppo. I primi test vengono effettuati in azienda ad Asolo con dei macchinari che simulano il passo della camminata: da qui vediamo l’usura e l’utilizzo, poi vengono dati ai tester esterni. Alcuni fanno parte del nostro team di Ambassador mentre altri sono clienti che vanno quotidianamente in montagna. I loro consigli sono preziosi per lo sviluppo del prodotto. Quali sono le tendenze per il futuro? Il futuro della calzatura, sia nel segmento di prodotti tecnici che in quello dell’urban outdoor, va nella direzione della leg-
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gerezza, elemento richiesto come prioritario dai nostri atleti. Il nostro impegno è cercare un mix di leggerezza, durabilità, qualità e ovviamente sostenibilità. Siamo sempre in continua evoluzione e questa è la strada. Come sta cambiando il mondo dell’outdoor? Con la pandemia c’è stato un boom di fruitori che si è avvicinato al nostro mondo: non potendo viaggiare, c’è stata una riscoperta dei luoghi vicino a casa. Le persone si sono accorte che camminare anche solo un’ora al giorno porta benefici alla propria salute fisica e mentale. Abbiamo registrato un nuovo segmento di consumatori tra i giovani, che hanno scoperto il piacere di camminare e andare in montagna insieme, dimenticando il cellulare. Ci auguriamo che questo trend rimanga, e chi si è innamorato del mondo outdoor e della natura continui ad esserlo. Osservando questi nuovi clienti, abbiamo notato però che rispetto alla scelta della calzatura corretta, in base all’attività che si pratica, c’è ancora molto da fare, vediamo da parte degli utilizzatori poca cultura e conoscenza di prodotto.
Quanto c’è ancora da scoprire nel mondo della calzatura da montagna? Se ci si vuole impegnare, c’è qualcosa da scoprire ogni giorno: fra un paio di anni ci sarà un nuovo materiale, una nuova tecnologia. Ogni azienda deve guardare nel lungo periodo. Oggi i nostri partner ci fanno vedere materiali e tecnologie all’avanguardia che ad oggi non sappiamo ancora come utilizzare concretamente, tra alcuni anni entreranno magari in produzione diventando la normalità. Per ogni categoria di calzatura arriveremo ad un peso minimo che rappresenterà il limite, non credo ci saranno ulteriori grandi stravolgimenti: il cambiamento più importante lo vedremo con tutta probabilità nel mercato e nella figura di un consumatore diverso da quello di oggi. Una strada lunga e in continua evoluzione, passo dopo passo: non a caso, il payoff che caratterizza e distingue la comunicazione di SCARPA è Nessun luogo è lontano. Nirmal “Nims” Purja: l’uomo che ha scalato il K2 in inverno senza ossigeno supplementare
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UN NOME DA NON DIMENTICARE
Marco Anghileri
a cura di Renato Frigerio
Marco Anghileri, classe 1972, noto per le sue notevoli imprese alpinistiche, fu specialmente conosciuto ed apprezzato per le sue eccellenti qualità umane. In tanti, soprattutto nel gruppo Gamma, lo ricordano con sincera amicizia e sensibile affetto. Le commoventi testimonianze sono notevoli e tutti insistono sull’uomo quale amico, prima ancora che come alpinista. Per riflettere l’essenza di chi era Marco Anghileri, nel suo aspetto alpinistico, bastano poche parole a descrivere e distinguere questo rapporto di passione speciale, autenticamente condiviso, che ci unisce. E prima di tutto c’è l’espressione inebriante del senso di appartenenza al prestigioso alpinismo lecchese. Non è quindi un caso che dai primi passi ai successi sulle montagne del mondo questa forte tradizione sia fatta di persone, nella parte di validi protagonisti.
Non è solo per la stima e per l’affetto che ancora gli riservo, ma è anche per un doveroso senso di gratitudine per l’apporto da lui profuso verso la tradizione e la passione alpinistica nella nostra Lecco che ho inteso rievocare la scomparsa e la figura di Marco Anghileri in occasione dell’ottavo anniversario della sua morte. Penso che il suo ricordo possa influire efficacemente a rafforzare una tradizione che si è sviluppata nella nostra città grazie alle prestigiose conquiste di tanti alpinisti di cui ci sentiamo orgogliosi e che annoverano tra gli ultimi in ordine di data Riccardo Cassin, Carlo Mauri, Casimiro Ferrari e pure quello di Marco Anghileri. Proporre il suo nome proprio perché il più recente e pertanto conosciuto anche dai più giovani può costituire una suggestiva motivazione per un crescita di interesse e di passione perché questa tanto ammirata e invidiata tradizio-
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ne possa continuare a sopravvivere. 14 marzo non è una data del calendario che potrà facilmente scivolarmi via dalla mente dopo che l’accenno sussurrato circa un evento cui non volevo prestare fede, ebbe una straziante conferma già nelle ore del giorno seguente. Più che un colpo al cuore, lo posso ora identificare ad un trauma che toglie il respiro quello che mi colse quando fu giocoforza accettare la verità su ciò che era accaduto all’amico più caro e apprezzato. Marco Anghileri era precipitato sul versante Sud del Monte Bianco quando le sue mani si erano appigliate al granito sulla parete verso la cuspide della “Chandelle” per raggiungere il cornicione terminale del favoloso obiettivo di cui ormai sentiva di aver avuto ragione.
Mi sembra di immaginare il suo volto soddisfatto e sorridente nel momento che precede di poco quel terribile volo disperato. Lo stesso sorriso compiaciuto che gli deve essere brillato non so quando si affacciò da Entrèves e da Courmayeur, o forse meglio dalla Val Veny o dai campi di sci del Chècrouit, e vide, tra le frastagliate e spettacolari creste del Peutèrey e dell’Innominata, lo scenario dei Piloni del Freney. Fu allora che certamente si ricordò che sul celebre Pilone Centrale, che adesso si distingueva nettamente, tra il 10 e il 12 agosto del 1982, i tre alpinisti elvetici Michel Piola, Pierre-Alain Steiner e Jori Bardill avevano aperto una via diretta memorabile, con una scalata di concezione moderna e sportiva. Su quel Pilone si erano succedute nel tempo conquiste e tragedie, ma una salita solitaria, se è sempre un’impresa di valore superiore sui Piloni del versante del Freney, diventa un problema che ben pochi alpinisti si possono concedere, soprattutto se affrontato nel periodo invernale. Era un’occasione che Marco non poteva permettersi di lasciarsela sfuggire. L’idea nacque forse all’improvviso, ma divenne presto stimolante e irresistibile, tanto che la teneva gelosamente dentro di sé, fino alla soglia della sospirata partenza. Che potesse essere una decisione rischiosa per lui, non poteva venire presa in considerazione da nessuno di coloro che ne conoscevano l’accurata preparazione che precedeva ogni suo progetto e la scrupolosa prudenza con cui lo affrontava. Ma è appunto l’imprevedibile che può diventare fatale: e una disgrazia inimmaginabile lasciò ammutoliti ed esterrefatti tutti quanti lo conoscevano a puntino e gli volevano un mare di bene.
Simone Moro, Sergio Longoni, Marco Anghileri e Floriano Castelnuovo al Bivacco Riva Girani
A soffrire insieme a tutti questi suoi amici includo anche me stesso, che, nonostante la differenza generazionale, con Marco condividevo un’amicizia quasi fraterna. Frequentando insieme le consuete riunioni nella sede dei Gamma, prolungavamo spesso fino a tarda sera le nostre animate chiacchierate, che avevano come oggetto sia il racconto di molte sue avventure e conquiste di montagna, sia le tante storie che gli riferivo sui tanti alpinisti che non aveva potuto conoscere, specialmente se riferite alle imprese dei nostri concittadini. La sede era comunque da lui frequentata con senso di responsabilità anche per offrire interessanti proposte programmatiche e la relativa disponibilità per la loro attuazione. Otto anni sono volati via da quel tragico venerdì 14 marzo, ma per me è sempre un tormento ogni volta che mi vedo davanti agli occhi l’immagine di quel ragazzo di appena 41 anni, i 42 li avrebbe compiuti il 16 settembre del 2014.
Quanto tempo gli sarebbe rimasto per salire nuovi gradini della “Scala dei sogni” che porta sulle pareti e sulle vette solo i più audaci? Chi gli è stato a lungo insieme ha avuto la fortuna di conoscere una persona di ampia apertura mentale, dotato di lealtà, sincerità, gentilezza e di una simpatia innata. Con queste qualità e con il prorompente entusiasmo che gli brillava sul volto è riuscito a far accettare la sua superiorità e le sue eccezionali doti alpinistiche senza crearsi attorno quel solito cerchio di invidia e di gelosia che di normale abitudine si riscontra in questi casi. La sua scomparsa si è ripercossa non solo sentimentalmente in ambito personale, a partire ovviamente dai suoi familiari, ma ha privato il gruppo Gamma e la stessa città di Lecco di un alpinista che ancora stava sorreggendo la continuità di quella tradizione di cui ci sentiamo orgogliosi.
Marco Anghileri in azione
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NOTIZIE FLASH
ORE TRAGICHE SUL CERRO TORRE
L’intervento di soccorso dei Ragni di Lecco a cura di Matteo Della Bordella
A proposito del grave incidente con la valanga del Cerro Torre che ha coinvolto l’argentino Tomás Aguiló, fortunatamente soccorso, e l’italiano Korra Pesce, purtroppo risultato irraggiungibile in parete, ecco Il racconto di Matteo Della Bordella, che con David Bacci e Matteo De Zaiacomo ha salito contemporaneamente un’altra linea sul Cerro Torre. Una grande impresa messa in secondo piano dalla drammatica situazione che si stava vivendo. Matteo Della Bordella, che insieme ai suoi compagni aveva condiviso parte della scalata con Korra e Tomás, racconta l’arrivo in vetta, di come solo alla base della montagna abbia saputo dell’incidente, dei soccorsi a Tomás e del vano tentativo di soccorso a Korra. CORRADO KORRA PESCE NON CE L’HA FATTA: la salita, l’incidente e il tentativo di soccorso. “Alle 17 Tomy e Korra (Corrado Pesce) arrivano in cima al Cerro Torre, hanno aperto una via grandiosa sulla montagna più bella del mondo. Mezz’ora più tardi David, Giga ed io li raggiungiamo sulla vetta. Anche noi abbiamo aperto una nuova via sul leggendario Cerro Torre, non è solo un grande sogno questo, ma è sicuramente la via più bella, importante e difficile che abbiamo mai percorso nelle nostre vite. Pochi istanti dopo esserci congratulati gli uni con gli altri, le nostre strade si dividono. Tomy e Korra avevano pianificato la
Corrado Korra Pesce 10 | 2022 | Uomini&Sport
discesa notturna (per ridurre al minimo il pericolo di crolli e scariche) lungo la parete Nord. Noi invece abbiamo pianificato di bivaccare in cima e quindi scendere il giorno successivo lungo lo spigolo Sud Est, la cosiddetta “via del compressore”. Loro provano a convincere noi a scendere insieme a loro, noi viceversa proviamo a convincere loro a scendere con noi, ma tutti decidono di rispettare le proprie originarie intenzioni. Venerdì 28 gennaio. Tomy e Korra scendono al buio lungo la parete Nord e quando raggiungono il luogo dove avevano lasciato sacchi a pelo e materiale da bivacco decidono di riposarsi un paio di ore, prima di continuare la lunga discesa. In quelle due ore, mentre stavano riposando vengono travolti da un’enorme scarica di ghiaccio e sassi che ferisce gravemente Tomy e ancor più gravemente Korra, il quale rimane completamente paralizzato, impossibillitato a muoversi, per i traumi riportati. La montagna è enorme e noi dalla cima del Torre, dove stiamo passando la notte siamo assolutamente ignari dell’accaduto. La mattina iniziamo la lunga discesa a corde doppie per la via del compressore. Dopo circa 30 corde doppie, alle 17 raggiungiamo, al limite delle nostre forze, il ghiacciaio alla base del Cerro Torre. In quel preciso momento, capiamo che è successo qualcosa. Incontriamo sul ghiacciaio un team di alpinisti che ci comunica di un incidente avvenuto a Tomy e Korra. Dalle informazioni a nostra disposizione ci viene comunicato che Tomy è riuscito a
I Ragni di Lecco: Matteo Della Bordella, David Bacci e Matteo De Zaiacomo
scendere fino a circa 300 metri da terra, mentre Korra è ferito in maniera grave, non ha dato nessun segnale e non si hanno notizie certe sulla posizione in cui si trova. Grazie al nostro drone, individuiamo la posizione precisa di Tomy, ma purtroppo non siamo in grado di localizzare Korra. Quindi iniziamo le operazioni di soccorso a Tomy circa alle 18 di sera. Conoscendo bene quella parete e pur essendo estremamente provato dalla nostra salita, mi metto al comando della cordata di soccorso. Dietro a me l’alpinista svizzero Roger Schaeli, quindi il tedesco Thomas Huber, infine l’argentino Roberto Treu. In circa 3 ore ripercorriamo i 7 tiri della nostra via fino a nevaio triangolare, quindi con una traversata di 60 metri raggiungiamo Tomy. Quando finiamo di mettere in sicurezza Tomy e farlo scendere, accompagnato da Thomas Huber e Roberto, è già passata la mezzanotte. Si è alzato un vento fortissimo, la temperatura è precipitata. Io e Roger siamo soli sulla montagna con una sola corda a disposizione, cerchiamo di chiamare o avere notizie su Korra, ma non riceviamo alcun segnale. Tomy ci aveva comunicato che si trovava 300 metri sopra di lui e in condizioni estremamente gravi, tuttavia né tramite droni, né tramite i binocoli, nessuno durante la giornata è stato in grado di localizzarlo. Roger ed io aspettiamo fino alle 3 di notte al freddo e al vento sul nevaio triangolare in attesa di qualche risvolto positivo, che tuttavia non arriva. Quando, inizio ad avere alcuni svarioni, non sentire più i piedi dal freddo e sentire una musica nella mia testa, capisco che è il momento di scendere, perché a malapena potrei badare a me stesso in quelle condizioni. La decisione è amara, ma purtroppo siamo già ben oltre i nostri limiti fisici e psicologici, capiamo che Korra resterà per sempre su quella montagna. A posteriori ci verrà comunicato dall’equipe medica del soccorso che nelle condizioni di Korra, ogni speranza di trovarlo vivo sarebbe stata vana (dall’El Chaltén Alpine Rescue Center hanno informato che il corpo di Korra Pesce è stato infine individuato grazie ai droni circa 50 metri sotto il box degli inglesi e hanno spiegato che senza una adeguata protezione nelle condizioni atmosferiche di quella drammatica notte la morte per ipotermia sopravviene entro due ore). Un enorme ringraziamento va a tutti gli alpinisti coinvolti nel soccorso, in particolare a Thomas Huber, che con la sua visione lucida è stato in grado di coordinare le operazioni in parete. Ed anche a tutte le persone che hanno partecipato nel soccorso a Tomy, per trasportarlo dai piedi della parete fino all’accampamento Nipo Nino. É stato un lavoro di squadra incredibile con più di 40 persone coinvolte, sia argentine che di altre nazionalità, che per tutta la notte e a discapito di rischi personali, si sono mobilitate dal paese di El Chalten, stando per 40 ore di fila senza dormire, per portare Tomy in salvo. Una ennesima grandissima dimostrazione di solidarietà nel mondo alpinistico. Chiamiamo la via appena salita da David, Giga ed io, “Brothers in arms” in onore di Matteo Bernasconi, Matteo Pasquetto, Korra Pesce e tutti i nostri fratelli che sono mancati sulle montagne che tanto amiamo.
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ACCADEVA NELL’ANNO: 1984
UN’INVERNALE
nel
sul Pizzo Badile
e p re s alle e l ei a d n rd i uno l o C a d u ra n t e l e n A nto o r n e l lo cchi il f biva con ta nt i
1984
a cura di Renato Frigerio
La patere est del Pizzo Badile vista dall’attacco
Le festività natalizie hanno portato una grande soddisfazio-
difficoltà (1). Danilo Valsecchi, aspirante guida alpina, è un
ne per gli alpinisti lecchesi, che ritrovano sul Pizzo Badi-
alpinista già fatto ed ha al suo attivo anche la prima inverna-
le la gloria che rinverdisce il trionfo lì ottenuto da Riccardo
le alla via “del rifugio Croz dell’Altissimo” (Ndr – 1000 metri,
Cassin quando nel 1937 con Ginetto Esposito e Vittorio Ratti
V+, A2, aperta nel 1974 da Pilati, Chini, Spellini e Bonetti) nel-
vinse la parete Nordest.
le Dolomiti di Brenta, compiuta nel 1981 (2). La salita che intendono affrontare, 900 metri di parete stra-
Questa volta sono due giovani, Antonello Cardinale di 22
piombante, da superare nella parte centrale in artificiale,
anni della U.O.E.I. Sezione di Lecco e Danilo Valsecchi, di 24
con difficoltà che diventano sempre più impegnative fino
anni, del gruppo alpinistico lecchese Gamma, che vincono il
al termine, è stata aperta nel settembre del 1973 da Tiziano
pilastro Estnordest, con la prima invernale, terza ripetizione
Nardella, Elio Scarabelli, Daniele Chiappa e Giuliano Marti-
assoluta.
nelli. La prima ascensione assoluta ha richiesto 4 giorni di
Antonello Cardinale è un ragazzo di grandi promesse ed ha
salita, con 3 bivacchi in parete.
già al suo attivo una ventina di salite classiche di estrema
La prima ripetizione viene effettuata nell’agosto del 1974,
(1)= Ammesso nel gruppo Gamma nell’anno 1984. Il 31 marzo 1985 colpito da una pietra muore in Albigna. (2)= Nella storia del Badile questi due alpinisti lecchesi si sono resi protagonisti di altre imprese di rilievo. Si segnala in particolare: Antonello Cardinale l’1 settembre 1984 compie la terza ripetizione solitaria della “via degli inglesi” sulla parete Est, realizzata l’8 e 9 luglio 1968 da Mike Kosterliz e Dick Isherwood; mentre Danilo Valsecchi in cordata con Floriano Castelnuovo mette a segno un exploit straordinario, il 26 luglio 1986, con il concatenamento del pilastro Nord del Pizzo Cengalo, via Gaiser-Lehmann, cresta della via Marimonti alla Punta Sertori, discesa per lo spigolo Nord del Pizzo Badile, via Risch-Zuercher e risalita per la parete Nordest, via Cassin, in 16 ore!
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dalla cordata svizzera di Ruedi Homberger e Toni Holderer,
Dal tramonto all’alba sono costretti a bivaccare appesi sul-
e la seconda da altri due svizzeri di Coira, che purtroppo la
le staffe, e così dovranno passare la notte anche dopo il
schiodano notevolmente.
quarto e il quinto giorno di salita. Superano al quarto giorno
Danilo e Antonello iniziano il loro tentativo il 29 dicembre
altri 200 metri ed il quinto giorno i rimanenti 150 metri del
1983, dopo aver già preso visione il giorno di Santo Stefano,
pilastro. È il giorno più tremendo perché le più forti difficol-
quando però il brutto tempo li aveva consigliati all’attesa.
tà tecniche devono essere superate in mezzo alla tormenta
I primi due giorni vengono dedicati al rifornimento dei ma-
ed al freddo che si fa sempre più intenso. Durante l’ultimo
teriali.
bivacco la temperatura scende a -20 gradi ed i due giovani alpinisti si trovano bagnati e flagellati dalla tormenta.
L’attacco alla parete avviene il pomeriggio del giorno 31 di-
Il gelo causa loro anche un inizio di congelamento, e co-
cembre: in due giorni salgono 250 metri ed effettuano due
munque si vedono gonfiare le mani indolenzite, riempirsi
comodi bivacchi, si fa per dire, seduti in grotta.
di vesciche, spezzarsi qualche unghia, sia alle mani che ai
Si parla di metri e di bivacchi, e chi non l’ha mai sperimen-
piedi.
tato non si fa l’idea di che cosa significa arrampicare su pareti vertiginose, con una temperatura che è sempre sotto lo zero, in una zona dove non si vede mai il sole.
La via del ritorno viene affrontata a corda doppia sempre
Fare alpinismo in queste condizioni ha ormai il sapore di al-
sullo stesso versante settentrionale, per evitare di dover
tri tempi e merita l’applauso anche chi solo si decide at-
scendere dalla Val Masino, mentre la neve portata dalla tor-
tualmente a farlo. Si trovano però ancora dei ragazzi che
menta ha raggiunto il mezzo metro, ed avrebbe richiesto un
hanno tanta passione per la montagna da affrontare rischio
minimo di un giorno in più per la discesa.
e sacrifici di questo tipo, solo per soddisfare il loro ideale,
Alle antiche baite nei pressi dell’Alpe Laret (1377m), incon-
riempendo la loro vita con grande entusiasmo.
trano i familiari e gli amici che con trepidazione li hanno se-
Il terzo giorno procede l’ascesa per altri 150 metri, mentre il
guiti e che li possono finalmente abbracciare vittoriosi.
tempo comincia a peggiorare.
A nto n
ello C
a l l’a t t p o r ta e a n la tru l a s c ia te r ia l e e l a ma a rd in
acco
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Danilo Valsecc hi in sosta su staffe all ultimo tiro in cima al Pilastro
Uomini&Sport | 2022 | 13
VIE FERRATE DA ESPLORARE
3 VIE FERRATE TRA LECCO E COMO Le vie ferrate sono dei percorsi artificiali attrezzati con cavi metallici, ancoraggi fissi di vario genere, scalette e ponti sospesi che rendono praticabile agli alpinisti – più o meno esperti – una parete rocciosa, consentendo di percorrerla con maggiore facilità, di scalarne le pareti e di raggiungere vette più o meno elevate. Le vie ferrate rappresentano un’attività ricreativa accessibile agli sportivi di qualsiasi livello che consente di praticare l’arrampicata su falesie e pareti rocciose di diverso tipo. Scopriamone 3 situate fra Lecco e Como.
1. VIA FERRATA GRUPPO ALPINI – CORNO MEDALE Difficoltà: difficile la prima metà poi meno impegnativa. Tempo di percorrenza: - 2h la ferrata - 40 minuti di avvicinamento Si parte da Rancio, alla base del Monte San Martino, montagna che sovrasta Lecco, e con 40 minuti di avvicinamento si arriva all’attacco situato a un’altezza di 650 metri, su una placca inclinata. Grazie alla presenza di appoggi per i piedi abbastanza ampi, il percorso non è troppo difficoltoso anche se la continua verticalità ed esposizione ne aumentano il livello di difficoltà. La ferrata è attrezzata sia con il cavo metallico per i moschettoni che con la catena da utilizzare per tirarsi su in caso di necessità. Dopo la prima placca, ne seguono altre tre meno inclinate; superato questo pezzo si prosegue andando verso destra e incontrando alcuni terrazzini panoramici esposti verso il vuoto. La ferrata continua con il susseguirsi di diverse placche, alcune più complicate da scalare per la scarsa presenza di appigli e appoggi, altre più attrezzate, e balconcini dai quali è possibile ammirare il paesaggio sottostante con vista su Lecco e sul Monte Duemani. La caratteristica principale della ferrata del Corno Medale è la verticalità.
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2. VIA FERRATA GAMMA 1 - RESEGONE Difficoltà: moderatamente difficile, eccetto alcuni metri difficili prima del ponte a fune. Tempi di percorrenza: -3.30h la ferrata -20 minuti avvicinamento La Gamma 1 è forse la ferrata più frequentata delle quattro presenti sul Resegone. Dal piazzale della funivia che porta ai piani d’Erna in pochi minuti di sentiero si giunge all’attacco della ferrata. È impegnativo per la scarsa presenza di appoggi per i piedi, successivamente si guadagna velocemente quota grazie all’abbondante presenza di scale, talvolta molto esposte. A metà della ferrata è presente un sentiero d’uscita che in pochi minuti porterà al rifugio Stoppani, permettendo di accorciare l’escursione. Il secondo tratto è decisamente più divertente e meno monotono, permettendo di “arrampicare” di più sulla roccia. Il passaggio chiave, e più divertente, della ferrata è il ponte tibetano presente a ¾ della ferrata. Il passaggio è molto aereo, ma sicuramente è ricompensato per la magnifica vista sulla valle sottostante. Per i più allenati, ed esperti, è possibile concatenare la ferrata Gamma 1 alla ferrata Gamma 2. Questa è considerata una delle ferrate più impegnative, per la sua lunghezza e per i numerosi tratti dove si è costretti a “tirare” sulla catena. In più, non ci sono vie di fuga lungo il tragitto: di conseguenza, bisogna affrontarla solo se ben preparati. Questa vi condurrà in cima al Resegone, regalandovi una vista che spazia sui laghi e la val Sassina.
3. VIA FERRATA MONTE GRONA - MENAGGIO Difficoltà: difficile Tempi di percorrenza: -2.30h la ferrata -1.20h avvicinamento Splendida ferrata sulla sponda occidentale del lago di Como, dalla cima della quale si può godere del panorama che spazia dal lago di Como a quello di Lugano. Parcheggiata la macchina al temine della sterrata che si stacca frazione di Breglia, si imbocca il facile sentiero che conduce al Rifugio Menaggio e, lasciatoselo alle spalle, si prosegue fino all’attacco della ferrata. La ferrata risale i tre torrioni -Denti-, seguendone per lo più il filo di cresta. I recenti lavori di ristrutturazione hanno contribuito a mitigare le difficoltà con l’aggiunta di alcune staffe per i piedi. L’attacco è subito verticale, poi si prosegue più agevolmente. La ferrata si caratterizza per le 2 vie d’uscita presenti alla cima dei torrioni, che permettono di interrompere la ferrata a circa 1/3 e 2/3 del percorso. La via prosegue alternando placche di aderenza a tratti di salita divertente e panoramica, fino a giungere al terzo torrione dove si incontra il tratto più difficile ed esposto della ferrata. Uomini&Sport | 2022 | 15
SPORT A TUTTO CAMPO
SNOWBOARD, uno sport in continua evoluzione! a cura della Redazione e Cesare Pisoni
Il primo snowboard moderno è considerato lo snurfer (nome che fonde snow e surfer), costruito nel 1963 dall’ingegnere Sherman Poppen del Michigan per far divertire i figli. L’intento iniziale dell’ingegnere era di produrre una versione casalinga del monosci, ma i figli lo “cavalcavano” trasversalmente dando così l’idea di surfisti sulla neve e così l’inventore pensò di adattare un vero surf da onda aggiungendo dei bordi metallici e di brevettare l’attrezzo col nome, appunto, di snurfer. Più o meno nello stesso periodo anche Tom Sims appassionato di sci e di skateboarder, voleva creare uno skateboard che potesse usare in inverno, così arrivó lo skiboard. Lo skiboard era un lungo pezzo di legno rettangolare con un rivestimento di alluminio. Nel 1979 si tenne al Pando Ski Lodge, nel Michigan, il primo World Snurfing Championship (Campionato mondiale di snurfing) a cui partecipò anche Jake Burton Carpenter con una tavola di sua costruzione. Tuttavia ci furono molte proteste per la sua partecipazione alla gara con una tavo-
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la diversa dallo snurfer, venne perciò istituita una sezione a parte, che fu ovviamente vinta da Carpenter, in quanto unico partecipante. Quella gara è considerata la prima vera gara di snowboard. Durante gli anni settanta e ottanta diversi progettisti rimaneggiarono lo snurfer creando vari modelli con nomi diversi. Ma fu solo dopo anni di ricerche che il giocattolo diventò un vero attrezzo sportivo. Fu una visita di Burton in Austria ad alcune aziende sci che accese l’intuizione: la tavola doveva necessariamente prendere spunto da questa tecnologia per fare il passo decisivo. Soletta in P-Tex prima, costruzione sandwich e lamine poi, portarono lo snowboard verso l’età adulta e lo proiettarono al di fuori dei campi innevati e verso le stazioni sciistiche. Fondamentale fu l’invenzione di Jeff Grell, all’inizio anni ottanta, di uno spoiler posteriore per l’attacco, che permetteva la conduzione della tavola sulla neve ghiacciata, grazie ad un feeling e ad una risposta decisamente migliori. I primi marchi produttori di snowboard vennero fondati in
Photo: Jeff Curtes
America da personaggi come Dimitrije Milovich con Winterstick, Jake Burton Carpenter con Burton, Bob Webber e Chuck Barfoot con Barfoot, fra i primi in Europa ci fu Lucio Longoni con Funky. Altro nome legato indissolubilmente al mondo dello snowboard è quello di Tom SIMS che creò gli skiboard, tavole di plastica sagomate ed incollate su una base da skate con una pinna centrale di alluminio flessibile. Questi modelli erano piuttosto costosi e non ebbero grandissima fortuna a livello commerciale, ma contribuirono notevolmente alla nascita della moderna tavola da snowboard. Lo snowboard si conquista il titolo di sport a tutti gli effetti nel 1998, quando entra a far parte dei Giochi Olimpici. Lo snowboard fece il suo debutto nel 1998 ai Giochi Olimpici Invernali di Nagano, mentre nel 2006 ai Giochi Olimpici Invernali di Torino furono organizzate anche gare di snowboardcross maschile e femminile.
LE CARATTERISTICHE DELLO SNOWBOARD Esistono due fondamentali distinzioni che nascono dalla tipologia di attrezzatura utilizzata: il soft e l’hard.
STILE SOFT Lo stile soft implica l’uso di attrezzatura morbida. All’interno di questa categoria possiamo distinguere due principali specialità: il freestyle e il freeride. Il freestyle è la disciplina più spettacolare dello snowboard. L’obiettivo di questo stile è di eseguire manovre (trick) ed evoluzioni. Il freeride consiste nello scendere un pendio in neve fresca seguendo liberamente una propria linea.
STILE HARD È la disciplina maestra dello snowboard a livello di tecnica e conduzione della tavola in pista. Praticato su neve ben battuta, questo stile implica l’uso di attrezzature rigide. Esistono due modi di scendere con una tavola. L’impostazione regular è caratterizzata dal fatto che il piede sinistro, in una normale discesa, si trova davanti, vicino alla punta della tavola, mentre il piede destro si troverà dietro, vicino alla coda. L’impostazione goofy è l’inversa della regular: piede destro davanti e piede sinistro dietro.
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SPORT A TUTTO CAMPO
GLI STILI DI SNOWBOARD Lo snowboard è uno sport di “libera interpretazione” poiché ogni atleta può adattare un suo stile personalizzato, per questo motivo è indicato per gli “spiriti liberi”. Si possono individuare tre stili di snowboard: Freeride: discese fuori pista; Freestyle: discese con evoluzioni ed acrobazie su aree attrezzate; Snowboard alpino: discese su piste con neve battuta (in tal caso si utilizzano tavole più dure). Lo snowboarder più celebre è sicuramente Shaun White! Da tutti soprannominato The Flying Tomato (Il Pomodoro Volante) a causa dei suoi lunghi capelli rossi, ha saputo conquistare sia gli addetti ai lavori che le grandi masse.
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Specialista dell’half pipe, ha vinto la medaglia d’oro in questa specialità alle Olimpiadi Invernali di Torino nel 2006, di Vancouver nel 2010 e di Pyeongchang nel 2018. Il suo successo è stato tale che gli sono addirittura stati intitolati due videogame. Ma non solo! Shaun è l’esempio vivente di come lo sport può cambiare la vita, forse non tutti sanno che è nato con una malformazione cardiaca molto grave, a causa della quale nei primi mesi di vita è stato sottoposto a due operazioni a cuore aperto. Per fortuna tutto si risolse per il meglio già nei primi anni di vita e, all’età di 6 anni, era già sulla tavola da snowboard per compiere le sue prime acrobazie.
GLI SNOWBOARDER PIÙ FAMOSI Vediamo insieme gli snowboarder più celebri ed amati dagli appassionati degli sport invernali: Shaun White Da tutti soprannominato The Flying Tomato (Il Pomodoro Volante) a causa dei suoi lunghi capelli rossi, ha saputo conquistare sia gli addetti ai lavori che le grandi masse. Specialista dell’half pipe, ha vinto la medaglia d’oro in questa specialità alle Olimpiadi Invernali di Torino nel 2006, di Vancouver nel 2010 e di Pyeongchang nel 2018. Shaun è l’esempio vivente di come lo sport può cambiare la vita. Roland Fischnaller É lo snowboarder italiano più vincente di sempre con 19 vittorie e 43 podi in Coppa del Mondo Ha vinto 6 Coppe del mondo di cui una Generale 2 di Gigante Parallelo e 3 di Slalom Parallelo oltre che 6 medaglie mondiali: 1 oro 3 argenti e 2 bronzi. Originario di Funes è un grande appassionato di Montagna in tutte le sue forme dall’arrampicata allo scialpinismo. Michela Moioli É il primo Oro olimpico ello Snowboard Italiano, ha nel suo palmares 42 podi in coppa del mondo con 19 vittorie. Ai Mondiali ha vinto 6 medaglie 3 argenti e 3 bronzi. Bergamasca doc di Alzano Lombardo è cresciuta surfisticamente a Colere con lo Scalve Boarder Team. Hannah Teter Dagli Stati Uniti arriva anche Hannah Teter, vincitrice del titolo olimpico ai Giochi Invernali di Torino 2006 e medaglia di argento a quelli di Vancouver quattro anni dopo. Dà il meglio di sé nella specialità dell’half pipe.
Seth Wescott Seth Wescott (Durham, 28 giugno 1976) è uno snowboarder statunitense, due volte campione olimpico e una volta campione mondiale nello snowboard cross. Specialista dello snowboard cross, ha esordito in Coppa del Mondo di snowboard il 28 novembre 1999 a Tignes, in Francia. Torah Bright Pratica slopestyle e half pipe. Nel corso della sua carriera sportiva ha vinto una medaglia d’oro a Vancouver 2010 nell’half pipe e un secondo posto a Sochi, sempre nell’half pipe, oltre a un bronzo ai Mondiali di Stoneham del 2013. Estelle Balet Nazionalità svizzera per la campionessa del mondo di snowboard Freeride, la versione più estrema di questo sport, nel 2015. Sfortunatamente è morta l’anno successivo travolta da una valanga proprio mentre girava un video sulla sua tavola. Torstein Horgmo Torstein Horgmo è uno degli snowboarder più amati dell’ultimo decennio. La sua specialità è lo slopestyle, ma si cimenta anche in altre discipline. dello snowboarder norvegese. Gretchen Bleiler Nata il 10 aprile del 1981 a Toledo, nell’Ohio, è una snowboarder americana che ha conquistato una medaglia di argento nell’half pipe alle Olimpiadi di Torino del 2006. Gretchen è divenuta celebre per essere stata la prima snowboarder a usare una Crippler 540 in gara.
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SPORT A TUTTO CAMPO
CESARE PISONI Lo sport è la mia vita, come atleta, come allenatore e laureato in scienze motorie mi piace mettermi in discussione e “studiare” gli sport outdoor a 360°: Snowboard Freeride, Snowboard Alpinismo, Sci Alpinismo , Skyrunning, Mountain Bike, Ciclismo e Kitesurfing sono le attività che svolgo sia a livello professionale che da appassionato e che continuo a praticare seguendo il ciclo delle stagioni. Nel lontano 1996 Sergio Longoni iniziò a Sponsorizzarmi come Atleta dello Snowboard Alpino... il prossimo anno saranno 25 anni di collaborazione e di amicizia condividendo una grande conquista, il titolo di sport a tutti gli effetti nel 1998. Dopo aver gareggiato nelle principali competizioni Europee di Snowboard Alpino tra il 1990 e il 1998 nel 2006 ho iniziato a competere nelle gare di Snowboard Alpinismo dove negli anni ho ottenuto: 8 titoli di Campione Italiano, 3 Coppe Italia Generali, Vittoria nello European Freeride Festival
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di Livigno il 1 febbraio 2015, Vittoria nella più importante gara al mondo di Splitboard: la SPLITBOARD ARTIC CHALLENGE in Norvegia a Tromso il 27 aprile 2019. Dal 1998 lavoro per la Federazione Italiana Sport Invernali, prima come Allenatore e Preparatore atletico e dal 2010 come Direttore Sportivo di Snowboard e Freestyle. Nel ruolo di Direttore Sportivo ho ottenuto: L’Oro Olimpico con Michela Moioli nello Snowboardcross ai giochi di PyeongChang 2018. Due Ori Mondiali a Kreischberg 2015 con Roland Fischnaller nel PSL e Luca Matteotti nello SBX. Tre Argenti e sei Bronzi nei Mondiali di La Molina 2011, Stoneham 2013, Kreischberg 2015, Sierra Nevada 2017, Park City 2019. Come Istruttore Nazionale di Snowboard mi occupo della Formazione dei Maestri di Snowboard. Collaboro regolarmente con la Rivista Orobie per tutto quello che riguarda lo Sci/Snowboard Alpinismo.
Cesare Pisoni in azione
Quando nel 1989 decisi di lasciare lo sci per lo snowboard feci una scelta radicale che mi ha portato a vivere questo Sport in tutte le sue declinazioni. Dopo un decennio come atleta nel quale mi dedicai alle principali competizioni di snowboard alpino e qualche snowboardcross, nel 1998 iniziai a lavorare per la Federazione Italiana Sport Invernali come allenatore dei giovani delle squadre di snowboard alpino. A livello di formazione tutte e tre le tesi di laurea, correlate con le scienze motorie, le ho fatte con studi applicati a conoscere meglio lo snowboard. In 24 anni di attività con la FISI moltissime sono state le soddisfazioni e sicuramente quelle più significative sono l’Oro Olimpico con Michela Moioli nel 2018 e l’oro Mondiale con Roland Fischnaller nel 2015. Nel 2006 iniziai poi con una passione che dura tuttora, le gare di Snowboard Alpinismo. Partecipai per la prima volta alla International Monviso Backcountry Race a Crissolo (CN) e la vinsi subito davanti a Giancarlo Costa, che fino all’epoca era il dominatore di questo tipo di competizioni. Lo snowboard alpinismo è una specialità che, nonostante l’età, mi permette di essere tuttora competitivo e negli anni le soddisfazioni maggiori sono state: - L’Artic Splitboard Challenge a Tromso in Norvegia nel 2019(la gara più importante al mondo di splitboard); - L’European Freeride Festival a Livigno nel 2015; - 8 titoli italiani. Lo snowboard alpinismo rappresenta, per me, l’essenza dello snowboard, muoversi ed esplorare, in modo sostenibile, la montagna con lo Snowboard variando attrezzo in funzione delle
condizioni e degli itinerari. Lo snowboard alpinismo può essere praticato con 3 diversi attrezzi per la risalita: - Le ciaspole (tenendo la tavola sullo zaino) - Gli Scietti (tenendo la tavola sullo zaino) - La Splitboard (una tavola divisibile in due per la risalita) Le ciaspole sono state il primo attrezzo usato dall’uomo per muoversi sulla neve e per lo snowalp sono il modo più economico di approcciarsi a questo tipo di attività (con 80 euro si può avere un discreto materiale) e non è necessario cambiare l’attrezzatura per la discesa. Gli scietti sono il modo di muoversi in montagna, con lo snowboard, più efficace. É il metodo principale utilizzato nelle competizioni e normalmente si pratica con l’uso degli scarponi di scialpinismo (che sono stati tra l’altro i primi scarponi da snowboard agli albori dello sport) La splitboard è molto promossa dalla maggior parte delle case produttrici di snowboard e può essere interpretata sia con la scarpa soft che con quella da scialpinismo. Sono una decina i produttori di attacchi dedicati sia soft che hard per la risalita e moltissime persone si stanno sempre più orientando ad un set up hard per la facilità nelle transizioni e nei cambi di assetto. (nonché per la sicurezza nel potersi muovere e calzare facilmente i ramponi automatici) Sono convinto che lo snowboard sia il modo più semplice per muoversi in montagna in fuoripista. Un solo attrezzo da gestire permette di essere più versatili in funzione del tipo di neve che si incontra (soprattutto quella crostosa)
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SPORT A TUTTO CAMPO
ROLAND FISCHNALLER È lo snowboarder italiano più vincente di sempre con 19 vittorie e 43 podi in Coppa del Mondo Ha vinto 6 Coppe del mondo di cui una Generale, 2 di Gigante Parallelo e 3 di Slalom Parallelo, oltre 6 medaglie mondiali: 1 oro 3 argenti e 2 bronzi. Originario di Funes è un grande appassionato di montagna in tutte le sue forme dall’arrampicata allo scialpinismo. Noi gli abbiamo posto qualche domanda.
A che età hai deciso che saresti diventato uno snowboarder? Ho capito di voler diventare uno snowboarder a 8 anni vedendo Erich Pramsholer in Val di Funes. Un anno dopo ho iniziato a salire sulla tavola e a oggi sono più di 30 anni che pratico questa disciplina.
Perché hai voluto scegliere questa disciplina? Principalmente per la bellezza del gesto tecnico e perché è un continuo mettersi a confronto con i propri limiti e superarli diventa eccezionale.
Quali valori dello sport hai fatto tuoi? La perseveranza e la cura dei partico-
Roland Fischnaller e Cesare Pisoni
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lari. Lo snowboard ha molti vantaggi, uno dei quali è che quasi tutti possono padroneggiarlo, ciò che conta è il desiderio, il tempo da dedicare alla preparazione, e soprattutto la perseveranza nel raggiungimento del proprio obiettivo.
Tra mente e corpo cosa conta di più? La mente è fondamentale per gestire tutte le situazioni, gli imprevisti sono dietro l’angolo ed è per questo che è importante non lasciarsi prendere dallo sconforto, anzi bisogna prendere in mano la situazione e rialzarsi. Penso che per una buona riuscita della performance sia necessaria una stretta connessione tra mente e corpo.
Ci vuoi raccontare un aneddoto della tua carriera? La sera prima di vincere l’Argento ai Mondiali di Park City sono andato a un concerto di Martin Garrix, sono un appassionato di musica elettronica e ascoltarla mi carica di energie.
Un punto di forza e uno di debolezza?
Il tuo sogno realizzato e uno Vincere la Coppa Generale è stato il da realizzare?
segno che non ho mai mollato e che con i nuovi tecnici abbiamo lavorato Vincere la Coppa molto bene. È stata una grande emogenerale è stato segnoinvezione. Il mio sogno nel cassetto ce èche quello di ho vincere medaglia non maiuna mollato. Olimpica, sarebbe un bel traguardo Il mio sogno nel cassetto personale.
Il punto di forza è la cura nei particolari e dei materiali, invece un’area di miglioramento è sicuramente la burocrazia.
invece è quello di vincere una medaglia Olimpica, sarebbe un bel traguardo personale.
Un consiglio per chi intraprende la tua attività?
La tua canzone preferita, colonna sonora dei tuoi successi?
Direi semplicemente divertirsi, sentire il piacere di praticare questo sport, che aiuta a distrarsi dai pensieri di tutti i giorni.
Tutte le canzoni di Martin Garrix. Come già detto la musica elettronica mi appassiona e mi accompagna sempre.
Successi e insuccessi: che cosa ti hanno insegnato?
Cosa ti piace fare nel tempo libero?
A vivere e a superare tutte le difficoltà, ogni battuta d’arresto è un’occasione per imparare qualcosa di nuovo.
Sono un appassionato della montagna in tutte le sue forme, amo arrampicare e fare sci alpinismo, oltre che seguire le mie mucche in malga.
Roland Fischnaller e Cesare Pisoni
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SPORT A TUTTO CAMPO
MICHELA MOIOLI È il primo Oro olimpico dello Snowboard Italiano, ha nel suo palmares 42 podi in coppa del mondo con 19 vittorie. Ai Mondiali ha vinto 6 medaglie 3 argenti e 3 bronzi. Bergamasca doc di Alzano Lombardo è cresciuta surfisticamente a Colere con lo Scalve Boarder Team. È una grande appassionata di Outdoor praticando a buon livello surf da onda, skateboarding, splitboarding, ciclismo e mountain bike. Noi le abbiamo fatto qualche domanda.
A che età hai deciso che saresti diventata una snowboarder? Io ho iniziato a due anni e mezzo con gli sci e a otto con lo snowboard. Da bambina ero una pazza scatenata e lo snowboard mi sembrava uno sport molto divertente e spericolato, perfetto per me.
Perché hai scelto questa disciplina? Da piccola con gli sci, mi piaceva saltare e fare un po’ di rail, però non ero portata e soprattutto, nella bergamasca dove sono cresciuta, c’era solo
Michela Moioli e Cesare Pisoni
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la tradizione dello snowboard cross, quindi mi sono indirizzata fin da subito in quello.
Quali valori dello sport hai fatto tuoi? Il sacrificio, l’impegno costante, la dedizione e la fatica. Ho anche imparato ad apprezzare ogni piccolo gesto e l’aiuto delle persone che mi affiancano nel mio percorso.
Tra mente e corpo cosa conta di più? Il corpo può essere allenato e pronto
al 100%, ma se la mente non è pronta ad affrontare le sfide e le pressioni, difficilmente si raggiunge un risultato. Quindi per la mia esperienza la mente conta all’80% e il corpo al 20% per una performance ottimale.
Ci vuoi raccontare un aneddoto della tua carriera? Quando avevo dieci anni mi è capitato di andare fuoripista e a fare un volo di tre-quattro metri da una roccia. Per fortuna sono atterrata nella neve fresca. Mio padre si era molto preoccupato. Ho fatto un bel pianto e poi sono ripartita. Qualche botta comunque è da mettere sempre in conto.
Un punto di forza e uno di debolezza? Sono molto determinata e voglio sempre raggiungere i miei obbiettivi a qualunque costo. A volte però mi carico di aspettative e ansie che non mi aiutano e mi rendono debole.
Un consiglio per chi intraprende la tua attività?
un giovane che sceglie di fare l’atleta professionista la strada non è delle più facili. Spesso, soprattutto all’inizio, le rinunce e le sconfitte sono maggiori delle vittorie. Bisogna avere pazienza e perseveranza, poi arrivano le soddisfazioni.
Successi e insuccessi: che cosa ti hanno insegnato? Insegnano più le sconfitte delle vittorie. Imparare dai propri errori e continuare il proprio percorso senza mai mollare. Cosa ti piace fare nel tempo libero? Mi piace andare al mare a surfare e andare in bici da corsa. Mi riposo, che è una parte fondamentale per ogni atleta. Da poco inoltre, mi sono iscritta a Scienze motorie a Bergamo e quando non ho gli allenamenti cerco di stare sui libri.
Divertirtimento e passione sono le parole chiavi. Tenendo conto che per
Michela Moioli e Cesare Pisoni
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SPECIALE OLIMPIADI INVERNALI 2022
La cerimonia di chiusura delle Olimpiadi di Torino 2006
La storia delle Olimpiadi Invernali a cura della Redazione
La storia dei giochi olimpici invernali comincia con la prima edizione ufficiale nel 1924, la località prescelta fu ChamonixMont Blanc. Le discipline ammesse erano solo 5 e le competizioni 14. Erano presenti più di 258 atleti, 245 uomini e 13 donne rappresentativi di 16 nazioni, alla sfilata della cerimonia inaugurale il tricolore fu portato con orgoglio da Leonardo Bonzi, abile bobista, in rappresentanza di 14 atleti tutti uomini.
fu Enrico Colli, che arrivò nono mentre Giuseppe Ghedina decimo e il fratello di Colli Vincenzo si piazzò undicesimo. Quarto italiano in pista, e ottimo tredicesimo al traguardo, fu Benigno Ferrera, piemontese della Val Formazza. Il vincitore, fu il norvegese Thorleif Haug, gli italiani si distinsero anche nella 18 km, dodicesimo Enrico Colli, tredicesimo e sedicesimo i valdostani Antonio Herin e Daniele Pelissier, e ventiduesimo Achille Bacher, anch’egli della Val Formazza.
Bonzi era il più giovane degli atleti azzurri, peraltro rimasto poi senza un risultato perché il suo bob si ribaltò e non giunse al traguardo. Le discipline furono: sci nordico, pattinaggio, hockey, bob e il salto. Un equipaggio italiano si classificò sesto nella gara di bob e gli altri italiani parteciparono soltanto alle gare di sci, con risultati onorevoli. Soprattutto nella 50km, dove il migliore
Due italiani parteciparono anche alla gara di salto, le misure di allora, veramente modeste, sfioravano i 50 m, importantissimi erano l’eleganza e lo stile. Medaglia d’oro e d’argento furono due norvegesi, i due italiani Luigi Faure e Mario Cavalla si piazzarono diciassettesimo e diciannovesimo con lunghezze di 34 e 32 m. I norvegesi furono i dominatori del fondo e del salto, infatti
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Il Norvegese Jacob Tullin Thams medaglia d’oro nel salto alle prime Olimpiadi di Chamonix
Thorleif Haug Foto: SCANPIX / Arkiv
conquistarono 11 medaglie, una sola andò a un finlandese, Tapani Niku, terzo nella 18 km. Il campione assoluto fu lo sciatore norvegese Thorleif Haug, che vinse tre ori, nelle due prove di fondo e nella combinata, e salì anche sul podio, terzo, nel salto speciale (cinquant’anni dopo, tuttavia, nel 1974, si scoprì che c’era stato un errore di calcolo, e il bronzo fu consegnato all’atleta americano Anders Haugen, che aveva ormai 83 anni). Nel pattinaggio, il fuoriclasse fu il finlandese Clas Thunberg, che guadagnò due ori, nei 1500 e nei 5000 m, un argento nei 10.000 m e un bronzo, a pari merito con il norvegese Roald Larsen, nei 500 m. Ebbe anche un’altra medaglia d’oro nella grande combinata delle quattro prove, graduatoria olimpica che oggi non esiste più. Il pattinaggio artistico fu caratterizzato dalla speciale atmo-
Sonja Henie: pattinatrice artistica su ghiaccio, vincitrice di tre ori olimpici, considerata una delle più grandi campionesse di pattinaggio di figura di tutti i tempi.
sfera creata dalla musica affascinante che accompagnava gli eleganti esercizi di donne e uomini. È in questo contesto che fece la sua apparizione sulla scena la norvegese Sonja Henie, appena tredicenne, che si classificò ottava, ovverosia ultima pare per l’eccessiva severità dei giudici, ma che successivamente sarebbe diventata regina incontrastata di questa disciplina. Vinse in tre successive edizioni dei Giochi e probabilmente avrebbe guadagnato anche il quarto oro nel 1940 se non ci fosse stata la guerra. Per quanto riguarda l’hockey vinse il Canada e secondi gli Stati Uniti, con alcuni clamorosi risultati durante gli incontri, come Canada-Svizzera 33-0, Canada-Cecoslovacchia 30-0, Canada-Svezia 22-0. Il bob premiò invece l’equipaggio elvetico, con l’argento agli inglesi e il bronzo ai belgi.
La locandina ufficiale delle Olimpiadi di Chamonix del 1924
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SPECIALE OLIMPIADI INVERNALI 2022
I loghi di tutte le
OLIMPIADI INVERNALI
1924 Chamonix
1928 St. Moritz
1932 Lake Placid
1936 Garmish
1948 St. Moritz
1952 Oslo
1956 Cortina
1960 Squaw Valley
1964 Innsbruck
1968 Grenoble
1972 Sapporo
1976 Innsbruck
1980 Lake Placid
1984 Sarajevo
1988 Calgary
1992 Albertville
1994 Lillehammer
1998 Nagano
2002 Salt Lake City
2006 Torino
2010 Vancouver
2014 Sochi
2018 PyeongChang
28 | 2022 | Uomini&Sport
L’ITALIA AI GIOCHI OLIMPICI INVERNALI Sono 124 le medaglie che gli atleti italiani hanno conquistato nelle varie edizioni dei giochi invernali: 40 ori, 36 argenti e 48 bronzi che nel corso di settant’anni, dal 1948 (Olimpiadi invernali di Sankt Moritz) al 2018, l’Italia ha portato a casa nelle competizioni su neve e ghiaccio. Lillehammer 1994 rimane, per il nostro Paese, l’edizione di maggior successo. Infatti, gli atleti si sono guadagnati il 4^ posto nel medagliere complessivo della manifestazione (risultato migliore mai raggiunto fino ad ora) oltre al numero più alto di ori conquistati: ben 7.
1. Arianna Fontana Categoria: short track Totale medaglie: 11
2
4
5
2
3
5
2
2
3
2. Stefania Belmondo Categoria: sci di fondo Totale medaglie: 10
3. Manuela Di Centa Categoria: sci di fondo Totale medaglie: 7 4.
Eugenio Monti – bob: 6 medaglie (2 ori, 2 argenti e 2 bronzi);
5.
Armin Zöggeler – slittino: 6 medaglie (2 ori, 1 argento e 3 bronzi);
6.
Alberto Tomba – sci alpino: 5 medaglie (3 ori e 2 argenti);
7.
Marco Albarello – sci di fondo: 5 medaglie (1 oro, 3 argenti e 1 bronzo);
8.
Silvio Fauner – sci di fondo: 5 medaglie (1 oro, 2 argenti e 2 bronzi);
9.
Gabriella Paruzzi – sci di fondo: 5 medaglie (1 oro e 4 bronzi);
10.
Deborah Compagnoni – sci alpino: 4 medaglie (3 ori e 1 argento).
Uomini&Sport | 2022 | 29
SPECIALE OLIMPIADI INVERNALI 2022
IL MEDAGLIERE: Olimpiadi invernali di Pechino 2022 Si chiudono le Olimpiadi Invernali 2022 a Pechino: definito il medagliere finale che vede l’Italia posizionarsi in tredicesima posizione con 17 medaglie. L’ultimo successo quello di Francesca Lollobrigida che si è aggiudicata la medaglia di bronzo nella mass start di speed skating. Due le medaglie d’oro, quella di Constantini-Mosaner nel doppio misto di curling e l’oro di Arianna Fontana nei 500m di short
track. La classifica per nazioni vede la Norvegia prima con 37 medaglie totali vinte di cui 16 d’oro Buoni i risultati per azzurri che hanno superato il numero di podi vinto a Pyeongchang nel 2018, quando i podi furono 10. Record storico resta quello di Lillehammer nel 1994, quando gli atleti azzurri conquistarono 20 medaglie.
MEDAGLIE D’ORO 1.
Arianna Fontana (short track 500 metri donne)
2.
Stefania Constantini e Amos Mosaner (curling, torneo di doppio misto)
MEDAGLIE D’ARGENTO 1.
Francesca Lollobrigida (pattinaggio di velocità 3.000 metri)
2.
Staffetta mista di short track (Arianna Fontana, Arianna Valcepina, Andrea Cassinelli e Yuri Confortola)
3.
Federica Brignone (sci alpino, gigante femminile)
4.
Federico Pellegrino (sprint tecnica libera dello sci di fondo)
5.
Michela Moioli e Omar Visintin (snowboard cross a squadre misto)
6.
Sofia Goggia (sci alpino, discesa libera);
7.
Arianna Fontana (short track, 1500 m).
30 | 2022 | Uomini&Sport
MEDAGLIE DI BRONZO 1.
Dominik Fischnaller (slittino maschile)
2.
Omar Visintin (snowboard cross)
3.
Davide Ghiotto (speed skating)
4.
Dorothea Wierer (biathlon)
5.
Nadia Delago (sci alpino, discesa libera);
6.
Pietro Sighel, Yuri Confortola, Tommaso Dotti e Andrea Cassinelli (short track, 5000 m staffetta).
7.
Federica Brignone (combinata sci alpino)
8.
Francesca Lollobrigida (mass start di pattinaggio di velocità)
I NUMERI
Norvegia: 16 ori, 8 argenti, 13 bronzi (37 totali) Germania: 12 ori, 10 argenti, 5 bronzi (27 totali) Cina: 9 ori, 4 argenti, 2 bronzi (15 totali) Stati Uniti: 8 ori, 10 argenti, 7 bronzi (25 totali) Svezia: 8 ori, 5 argenti, 5 bronzi (18 totali) Paesi Bassi: 8 ori, 5 argenti, 4 bronzi (17 totali) Austria: 7 ori, 7 argenti, 4 bronzi (18 totali) Svizzera: 7 ori, 2 argenti, 5 bronzi (14 totali) ROC: 6 ori, 12 argenti, 14 bronzi (32 totali) Francia: 5 ori, 7 argenti, 2 bronzi (14 totali) Canada: 4 ori, 8 argenti, 14 bronzi (26 totali) Giappone: 3 ori, 6 argenti, 9 bronzi (18 totali) Italia: 2 ori, 7 argenti, 8 bronzi (17 totali)
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SPECIALE OLIMPIADI INVERNALI 2022
La storia e le discipline delle
PARALIMPIADI INVERNALI A cura della redazione
I primi Giochi invernali veri e propri, si tennero a Örnsköldsvik, in Svezia, nel 1976: qui lo sci alpino e lo sci nordico per amputati e atleti ipovedenti furono gli eventi principali ma furono incluse anche le gare di slittino in qualità di eventi dimostrativi. Vi parteciparono 98 atleti provenienti da 16 nazioni e fu la prima volta in cui si permise la partecipazione ad atleti con altre menomazioni, oltre a quelli in sedia a rotelle. A seconda della categoria, è possibile utilizzare diversi aiuti. Le persone con disabilità visive, ad esempio, hanno una guida che scia con loro e dà loro istruzioni verbali. I partecipanti con paraplegia usano un sedile da sci, chiamato anche monosci. I loro bastoncini da sci si adattano alla loro altezza e li aiutano a manovrare attraverso il terreno.
LA LISTA DEGLI SPORT PARALIMPICI INVERNALI: Sci alpino paralimpico: sono previste due specialità, ovvero slalom e slalom gigante. Lo sci alpino accoglie atleti con limitazioni fisiche quali danni spinali, paralisi cerebrale, amputazioni, cecità/ipovisione. Esistono undici classificazioni, definite dal grado delle funzioni dell’atleta e dalla necessità di ausili (protesi, bastoncini da sci, ecc). Biathlon paralimpico: questo sport è una combinazione dello sci di fondo con il tiro a se-
gno. Richiede resistenza fisica e accurata mira. Gli eventi sono aperti ad atleti con disabilità fisiche e visive. Sono previste quindici categorie nelle quali gli atleti sono divisi in base al loro livello di disabilità. Gli atleti con disabilità visive possono competere attraverso l’uso di un segnale acustico. L’intensità del segnale dipende dalla vicinanza della mira al centro del bersaglio. Sci di fondo paralimpico: è aperto ad atleti con paralisi cerebrale, amputazioni, sedia a rotelle, disabilità visive e intellettuali. Le divisioni sono simili a quelle dello sci alpino, prestando attenzione al livello di disabilità e la necessità di ausili. Hockey su slittino: è aperto solo ai concorrenti di genere maschile aventi una disabilità fisica alla parte inferiore del corpo. Gli atleti siedono su una slitta con due lame che consentono al disco di passare sotto la slitta e si utilizzano due bastoncini che nella parte finale hanno uno spuntone per spingere e una lama per tirare. Gli atleti sono suddivisi in baso al loro livello di equilibrio. Curling in carrozzina: si tratta di una gara a squadre per atleti con disabilità permanenti agli arti inferiori costretti all’uso della sedia a rotelle. Il passaggio della pietra può avvenire con le mani o attraverso una mazza. Il solo il vincolo è l’utilizzo della sedia a rotelle sia nella vita quotidiana sia in gara. Snowboard paralimpico: il 2 maggio 2012, il Comitato Paralimpico Internazionale ha ufficializzato l’introduzione del “para-snowboard. Ci sono competizioni sia maschili che femminili. Il CPI riconosce due ampie classi sportive, una per gli atleti con deficit agli arti inferiori e una per quelli con deficit agli arti superiori.
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Giacomo Bertagnolli (oro nello slalom gigante e nello slalom speciale, argento nel SuperG e bronzo nella discesa libera) Giochi Invernali Paralimpici di PyeongChang. Foto Getty Images
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SPECIALE OLIMPIADI INVERNALI 2022
Le Paraolimpiadi di Pechino 2022 IL MEDAGLIERE PIÙ RICCO DELLA STORIA Sette medaglie, di cui due ori, tre argenti e due bronzi. Si sono chiuse con questo bilancio le Paralimpiadi invernali di Pechino per la spedizione azzurra, che ha fatto meglio di due podi rispetto all’edizione di PyeongChang 2018. Il risultato più brillante resta quello ottenuto a Lillehammer 1994 con 13 medaglie (ma nessuna del metallo più prezioso). Protagonista assoluto Giacomo Bertagnolli, che in Cina è salito per quattro volte sul podio, l’ultima volta nella giornata di chiusura dei Giochi. Due i primi posti, il secondo dei quali ottenuto nello slalom maschile categoria vision impaired, prova in cui era campione uscente. Dopo aver terminato la
prima manche il portabandiera azzurro ha trionfato con il tempo di 1:26.82. Con già un argento al collo nel gigante, il 25enne nativo di San Candido si è classificato al terzo posto nello slalom seduto maschile, fermando il cronometro a 1:38.44 e arrendendosi solo al norvegese Jesper Pedersen, primo, e all’olandese Niels De Langen, secondo. Con questo risultato, l’Italia ha quindi concluso le Paralimpiadi invernali con l’11esima posizione nel medagliere: in testa si è piazzata la Cina con 61 medaglie con 18 ori davanti all’Ucraina, seconda con 29 podi (11 primi posti).
MEDAGLIE D’ORO 1.
Giacomo Bertagnolli assieme alla sua guida Andrea Ravelli (sci alpino combinata)
2.
Giacomo Bertagnolli assieme alla sua guida Andrea Ravelli (sci alpino slaom speciale)
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MEDAGLIE D’ARGENTO 1.
Giacomo Bertagnolli assieme alla sua guida Andrea Ravelli (sci alpino slaom gigante)
2.
Giacomo Bertagnolli assieme alla sua guida Andrea Ravelli (sci alpino super gigante)
3.
René De Silvestro (Slalom gigante categoria Sitting)
MEDAGLIE DI BRONZO 1.
Giuseppe Romele (sci nordico middle distance categoria setting)
2.
René De Silvestro (Slalom speciale categoria Sitting)
I NUMERI Cina: 18 ori, 20 argenti, 23 bronzi (61 tot) Ucraina 11 ori, 10 argenti, 8 bronzi (29 tot) Canada 8 ori, 6 argenti, 11 bronzi (25 tot) Francia 7 ori, 3 argenti, 2 bronzi (12 tot) USA 6 ori, 11 argenti, 3 bronzi (20 tot) Austria 5 ori, 5 argenti, 3 bronzi (13 tot) Germania 4 ori, 8 argenti, 7 bronzi (19 tot) Norvegia 4 ori, 2 argenti, 1 bronzi (7 tot) Giappone 4 ori, 1 argenti, 2 bronzi (7 tot) Slovacchia 3 ori, 0 argenti, 3 bronzi (6 tot) Italia 2 ori, 3 argenti, 2 bronzi (7 tot)
René De Silvestro
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GARE E APPUNTAMENTI FIRMATI DF
CON DF SPORT SPECIALIST E THE NORTH FACE, due esperienze in montagna con le guide alpine Giulia Venturelli e Marco Milanese Nell’ambito del progetto The North Face Summit Ambassador, con l’obiettivo di fare cultura e sensibilizzare sul tema della sicurezza, DF Sport Specialist ha organizzato due escursioni in montagna. Passo della Presolana e Aprica sono state le località scelte per le due esperienze che hanno visto coinvolti Giulia Venturelli e Marco Milanese, rispettivamente Ambassador DF Sport Specialist e Summit Ambassador The North Face. Sabato 11 dicembre, l’appuntamento è stato al Passo della Presolana per un’uscita di alpinismo base, in direzione del rifugio Carlo Medici Cassinelli a 1.568 mt, con 1 ora di camminata e 300 metri di dislivello. Sabato 19 febbraio, è andato invece in scena il secondo appuntamento dedicato agli appassionati di scialpinismo, che si sono ritrovati all’Aprica per un’uscita notturna sulla pista illuminata del Baradello, la più lunga d’Europa. Prima della partenza per l’escursione e la salita con le pelli, le guide hanno sottolineato l’importanza della giusta attrezzatura, della preparazione e della consapevolezza dei propri limiti durante le attività outdoor. Le due esperienze si sono concluse con un pranzo e una cena in compagnia, nel perfetto spirito di condivisione e simpatia che caratterizza gli eventi DF Sport Specialist.
Durante la salita verso il Rifugio Carlo Medici ai Cassinelli
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Marco Milanese e Giulia Venturelli Brand Ambassador DF Sport Specialist e Summit Ambassador The North Face
6 COMUNI PRESOLANA TRAIL Domenica 24 ottobre in 180 atleti hanno dato vita alla settima edizione della Sei Comuni Presolana Trail, un evento suggestivo e un appuntamento immancabile per tutti gli atleti di questa disciplina. I concorrenti sono partiti puntuali alle ore 9.30 da piazza Martiri della Libertà di Cerete Alto e hanno attraversato, nell’ordine, i comuni di Cerete, Onore, Castione della Presolana, Fino del Monte, Rovetta e Songavazzo. In campo maschile Eugenio Bianchi del team Scott, ha vinto dopo una gara che ha visto molti colpi di scena, infatti l’esito della Sei Comuni Presolana Trail si è deciso nell’ultima salita che da Cerete Basso porta al traguardo di Cerete Alto dove Eugenio Bianchi ha allungato sui rivali Cristian Terzi e Paolo Poli, da sottolineare anche l’ottima quinta posizione dell’atleta testimonial DF Sport Specialist Danilo Bosio. Tra le donne ha primeggiato Martina Tognin, originaria di Milano e trasferitasi di recente proprio a Cerete. La portacolori del team Sport Evolution ha chiuso con il tempo di 1h58’38”. Alle sue spalle è giunta Ivonne Buzzoni del team Carvico Skyrunning, seguita da Roberta Feliciani della Podisti Due Castelli. Al termine della premiazione, Mario Poletti ha voluto ringraziare tutti i volontari che da sette stagioni danno il loro fondamentale contributo alla buona riuscita della manifestazione. Quest’anno la premiazione si è svolta nella tensostruttura intitolata a Danilo Fiorina, miglior amico di Poletti e socio fondatore di Fly-Up.
Il vincitore Eugenio Bianchi (Photo: Cristian Riva)
Mario Poletti con il vincitore Eugenio Bianchi (Photo: Cristian Riva)
Martina Tognin vincitrice tra le donne (Photo: Cristian Riva)
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GARE E APPUNTAMENTI FIRMATI DF
TEST SCARPA CON MARCO DE GASPERI Sabato 16 Ottobre presso il negozio di Bevera di Sirtori si è svolto il test della nuova collezione di calzature da trail di SCARPA insieme a Marco De Gasperi e agli Ambassador Lorenzo Beltrami team trail running SCARPA, Daniel Antonioli, Paolo Bonanomi, Fabio Ruga ambassador DF Sport Specialist per un test di gruppo.
Lo staff SCARPA che ha partecipato allo stage
UN SABATO DI CORSA CON HENRI AYMONOD! Insieme per testare la nuova collezione footwear VECTIV™ di The North Face Un evento che gli appassionati di trail running non si sono lasciati sfuggire: l’occasione di correre con un campione del mondo e, al contempo, testare le scarpe THE NORTH FACE VECTIV™ che accompagnano Henri nelle sue straordinarie imprese. L’evento organizzato, in collaborazione con The North Face, si è svolto sabato 13 novembre nel negozio di Bevera di Sirtori. Un’esperienza unica che ha richiamato un nutrito gruppo di appassionati runner, a partire da alcuni testimonial DF Sport Specialist, come Monica Casiraghi, Daniela Gilardi, Antonio Armuzzi e Pietro Ceriani. A guidare la testa del gruppo Henri Aymonod insieme a Marco Redaelli, responsabile scarpe running, e in chiusura Rosangela Di Maro, responsabile abbigliamento, entrambi del negozio di Bevera di Sirtori. Recentemente entrato nel Team The North Face, l’atleta valdostano Henri Aymonod ha dedicato l’inizio della giornata alle interviste con i giornalisti per raccontare i suoi successi della stagione e gli obiettivi futuri. Ai piedi di tutti i partecipanti, 70 persone, le scarpe della nuova collezione footwear VECTIV™, sviluppata da The North Face e perfetta per rispondere alle specifiche esigenze di running e hiking sui percorsi off road. La running session, durata un’ora, ha portato i partecipanti sui sentieri del Parco del Curone, a pochi passi dal negozio, dove al rientro li attendeva un caldo ristoro. A tutti è stata regalata una sacca DF Mountain, contenente una pratica borraccia morbida The North Face, un buono acquisto e una calda coperta in pile Sport Specialist.
i tanti runner presenti all’evento
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Henri Aymonod Campione del mondo di corsa in montagna
NIGHT CHRISTMAS RUN 2021 Un successo davvero entusiasmante quello riscosso dalla Night Christmas Run, lo spettacolare evento natalizio promosso da DF Sport Specialist e Cab Polidiagnostico. La serata di sabato 4 dicembre 2021 è stata infatti illuminata e resa magica dai 600, tra podisti e ciclisti, che si sono ritrovati per una “corsa” davvero indimenticabile. Armati di frontalino, led, braccialetti fluorescenti e cappellino di Babbo Natale d’ordinanza e tanto tanto entusiasmo, i partecipanti alla corsa si sono dati appuntamento intorno alle 19.30 a Sirtori, nel piazzale del negozio. A rendere ancora più speciale il percorso di 5 chilometri sono state le speciali installazioni luminose che hanno regalato una scenografia davvero suggestiva. Un evento ben riuscito e con un’importante finalità: l’intero ricavato della manifestazione è stato infatti devoluto in beneficenza al Comitato Maria Letizia Verga di Monza.
Nella foto: la consegna dell’assegno. Paolo Godina (CAB Polidiagnostico) Lorella Marcantoni (Comitato Maria Letizia Verga) e Sergio Longoni (DF Sport Specialist)
COMPLIMENTI A BEATRICE COLLI,
non smette di stupirci con i suoi successi! La nostra testimonial, che ci ha abituato a vittorie anche Senior nella Speed, a vittorie internazionali, alle salite di 8b a 15 anni in falesia e a grandi prestazioni in boulder nelle gare, è arrivata al 2° posto nella finale di Coppa Italia senior. È stata una gara molto dura quella che si è svolta a marzo a Prato ma Beatrice, climber dei Ragni di Lecco, ha dimostrato tutta la sua determinazione arrivando ad un bellissimo 2° posto, dietro la vice Campionessa Mondiale Camilla Moroni e davanti alle fortissime nazionali senior Laura Rogora e Giorgia Tesio. Tutto questo a soli pochi giorni di distanza dal suo personale Speed di 7”69 in Coppa Italia Speed
Beatrice Colli in azione nella Coppa Italia senior
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GARE E APPUNTAMENTI FIRMATI DF
ANCHE QUEST’ANNO DF SPORT SPECIALIST ALLA CINQUE MULINI Novanta anni di sport all’insegna del Cross mondiale. Anche questa edizione, commemorativa per la Cinque Mulini, ha regalato un grande pomeriggio dal sapore africano a San Vittore Olona! Ancora una volta è Nibret MELAK a scrivere il proprio nome sul gradino più alto della decana delle campestri internazionali. Dopo essere scivolato nel corso dell’ultimo giro, ha ripreso il gruppo dei migliori e, con un impressionante rush finale, si è imposto con uno scatto finale per la seconda volta in due anni sui campi di San Vittore Olona. Subito alle sue spalle il keniano Levy KIBET e terzo l’etiope Tadese WORKU, campione del mondo under 20 nei 3000 metri. L’Etiopia passa in testa alla classifica delle nazioni più vincenti alla Cinque Mulini con 17 successi. Dovrà farsi ancora attendere un podio azzurro, assente dagli albi della Cinque Mulini dal 2005. Il migliore atleta italiano è stato Luca ALFIERI, tredicesimo a 1 minuto e 24 secondi dal vincitore. Entusiasmante la limpida vittoria della keniana Teresiah Muthoni GATERI che ha preceduto la connazionale Zenah Jemutai YEGO, seconda classificata con 5 secondi di distacco, ed una strepitosa Klara LUKAN. La slovena si piazza al terzo posto a soli 13 secondi dalla prima classificata. L’atleta classe 2002 del Kenia, con questa nuova vittoria, si conferma ai vertici della specialità.
Prima azzurra in gara Anna ARNAUDO, arrivata quinta al traguardo con soli 40 secondi di distacco dalla keniana vincitrice. Si ferma all’ingresso del mulino nel corso del secondo giro Nadia BATTOCLETTI, che ha dovuto quindi dare forfait. Vittoria di Stefano BENZONI nella gara Juniores Internazionale. Seguono sul podio Elia MATTIO, secondo classificato, e Matteo BARDEA, terzo classificato. L’UNIONE SPORTIVA SAN VITTORE OLONA 1906 intende vivamente ringraziare tutti coloro che l’hanno accompagnata nella realizzazione di questo importante evento. In primo luogo, WORLD ATHLETICS, FIDAL, Regione Lombardia, e l’Amministrazione Comunale di San Vittore Olona. Tra gli sponsor principali, il nostro ringraziamento va a Banco BPM, a Sport Specialist, a Ceriani Auto, a Cinzia Soft, ad Ottica Cheroni, a Roveda Assicurazioni, a Enervit e ad Acqua Maniva; tra gli sponsor tecnici, ricordiamo Karhu, Shade Pro e Class Eventi. Un grazie particolare all’innumerevole numero di volontari, da sempre accanto alla Società giallorossa presieduta da Giuseppe GALLO STAMPINO. Appuntamento al prossimo anno con l’edizione numero novantuno del “Cross più bello del mondo”.
Il podio femminile della Cinque Mulini
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Il tour degli SKI TEST targati DF SPORT SPECIALIST COM’È ANDATA? “È stata sicuramente un’edizione speciale, una di quelle che ti porti nel cuore perché l’emozione di ritrovarci e poter condividere sei giornate sulla neve con i nostri clienti appassionati di sci alpino è stato un momento di condivisione importante”.
i brand protagonisti. Grazie a loro, gli sciatori presenti nelle tre località hanno potuto lasciare “ai box” i propri sci e approfittare delle novità della stagione, perfettamente preparate e raccontate dai tecnici specializzati e dai professionisti presenti negli stand.
Nelle parole di Giuseppe Zamboni, il nostro responsabile Marketing, alla regia di un evento che è diventato un appuntamento fisso nel calendario degli amanti degli sport invernali, il senso dell’evento arrivato alla 15° edizione.
Non solo sport! Il villaggio DF Sport Specialist è stato anche il fulcro di tre weekend all’insegna del divertimento e dell’animazione con gadget per tutti!
Rimettere gli sci ai piedi, dopo il lungo stop, scendere di nuovo in pista, ritrovarsi con i brand più importanti del settore è stato emozionante. Tre weekend sulla neve nelle località sciistiche di Aprica Palabione, Bormio e Piani di Bobbio, partner dello Ski Tour DF Sport Specialist.
Noi ci siamo divertiti … e voi? Appuntamento al prossimo anno!
Un’esperienza unica e un’edizione da record, con più di più di 3000 prove effettuate nelle tre tappe del Tour, partito il 19 e 20 febbraio all’Aprica Palabione, poi il 26 e 27 febbraio a Bormio 2000 e il 5 e 6 marzo ai Piani di Bobbio. Il Tour ha riunito i più importanti e prestigiosi brand del settore dell’attrezzo pronti a mettere a disposizione gratuitamente le novità prodotto delle collezioni 2021/22. Atomic, Blizzard, Dynastar, Elan, Fischer, Head, Nordica, Rossignol, Salomon, Völkl sono stati
LA CORSA ROSA 2022 L’8 marzo DF Sport Specialist ha festeggiato la Giornata Internazionale della Donna insieme al Comitato Territoriale UISP di Brescia, con la CORSA ROSA. Hanno voluto dedicare un momento di riflessione sulle conquiste sociali, politiche, lavorative, sportive che le donne hanno raggiunto con fatica ed impegno nel corso degli anni. Non solo le conquiste sociali ma anche la battaglia per la Prevenzione alla Salute e la lotta contro le discriminazioni e le violenze che le donne hanno subito e subiscono ancora oggi nella nostra città, nel nostro stato e in molte parti del Mondo. Il ritrovo, è stato dalle 8:30, con partenza alle ore 10:00 da Corso Zanardelli a Brescia. L’arrivo in Piazza Vittoria, dove li attendeva un caldo ristoro e le premiazioni.
I numerosi partecipanti alla corsa Rosa organizzata dalla UISP di Brescia
Uomini&Sport | 2022 | 41
GARE E APPUNTAMENTI FIRMATI DF
LENAH JEROTICH VINCE LA MARATONA DI PISA Un’altra grande prestazione per la testimonial DF Sport Specialist Lenah Jerotich, che si aggiudica la maratona di Pisa con l’ottimo tempo di 2 h 37:28 precedendo l’atleta della republica Ceca Pastorova Petra e l’inglese Gibson Melissah. Questo tempo le vale il primato personale, migliore di ben sei minuti, rispetto a quello ottenuto lo scorso ottobre a Venezia, dove era giunta quarta.
“È la mia seconda maratona, mi è piaciuto molto il percorso, molto pianeggiante, sono felice del mio miglioramento, il mio crono ne è testimone” - Lenah Jerotich
Lenah Jerotich all’arrivo della Maratona di Pisa
Gibson Melissah, Lenah Jerotich e Pastorova Petra
PINK XMAS UNA CORSA A SCOPO BENEFICO Il 18 dicembre presso il punto vendita di Milano, in collaborazione con L’Officina della Corsa, si è svolta una corsa di 5 km presso il Parco Lambro. Un evento a scopo benefico, che ha visto la partecipazione delle Pink Ladies e di tanti apppassionati: il ricavato è stato devoluto alla Fondazione Umberto Veronesi, ente nato nel 2003 per volontà di Umberto Veronesi, con la finalità di promuovere il progresso scientifico attraverso l’erogazione di borse di ricerca per medici e ricercatori e il sostegno a progetti di altissimo profilo.
Alcuni partecipanti alla Pink Xmas davanti al punto vendita di Milano
42 | 2022 | Uomini&Sport
LA 16° EDIZIONE DEL TROFEO DARIO&WILLY A cura di Andrea Rusconi
Dopo due anni di assenza causa emergenza sanitaria nella giornata di domenica 1° maggio si è svolta la 16° edizione del Trofeo Dario&Willy. Evento, molto sentito dalla società organizzatrice O.S.A. Valmadrera, dedicato a due ragazzi scomparsi tragicamente nell’inverno del 2003. Nonostante il tempo incerto, contornata da qualche pioggerellina, la manifestazione è stata un successo con più di 300 atleti al via. La gara inserita nel circuito nazionale fisky si è svolta sulle Prealpi Lecchesi su un tracciato di 25 km un dislivello positivo di 2010 metri che mette a dura prova le gambe degli skyrunners. Al maschile vince l’edizione 2022 della Dario&Willy Luca del Pero, fresco campione del mondo di Skysnow. L’atleta dei Falchi di Lecco ha fermato il cronometro, al traguardo del pratone di Parè di Valmadrera, sullo stratosferico tempo record di 2h17’59”. Alle sue spalle, chiude in seconda posizione Martir Lorenzo Rota (Hoka Karpos) col tempo di 2h19’19”; al terzo posto l’atleta di casa Andrea Rota (OSA Valmadrera), in costante crescita, col tempo di 2h20’02”. Sotto il podio Mattia Gianola (Team Crazy) e Lorenzo Beltrami. Sesto il vincitore dell’edizione 2019 Jean-Baptiste Simukeka (Team Pegarun), ex detentore del record precedente e neovincitore della 50 km di Romagna di settimana scorsa. Al femminile vince la 24enne veneta Martina Cumerlato (Team La Sportiva) con un ottimo tempo di 2h57’38”, laureata poche settimane fa (come Martir Lorenzo Rota) campionessa italiana Skysnow Vertical. Al secondo posto del podio Elisa Pallini (Pegarun) col tempo di 3h11’04”, al terzo posto troviamo Daniela Rota
I numerosi partecipanti alla
(La Sportiva) col tempo di 3h13’52”. Nella top five anche Sara Toloni e la bergamasca Melissa Paganelli (Elle Erre ASD). Sesta posizione per Francesca Crippa (GEFO K-team). La skyrace ha visto 330 runners partire alle 9 dal Pratone di Parè per iniziare l’ascesa salendo sul sentiero n.7 passando dal fontanino di Sambrusera verso il rifugio Sev in località Pianezzo. Da qui in discesa verso Terz’Alpe, per poi risalire alla Colma, Monte Prasanto e quindi raggiungere il Rifugio SEC. Dove con un ultimo sforzo scavalcare la vetta del Monte Rai e iniziare la lunga discesa verso San Tomaso. Ultimo traverso e un leggero strappo di salita per arrivare allo Zocun, dove un infuocato tifo aspetta ogni atleta esausto, per poi incominciare la verticale volata a picco sul lago verso il traguardo di Parè. Grande soddisfazione di tutti gli atleti che hanno apprezzato l’organizzazione dell’O.S.A. Valmadrera, capace di trasformare questo scorcio sul ramo di Lecco in una festa per tutti gli sportivi e non. La presidente Laura Valsecchi e il consiglio O.S.A. ringraziano tutti gli sponsor e i volontari che hanno permesso la realizzazione di questa manifestazione. Un ringraziamento speciale agli amici di Parè al Presidente Renato Colombo che ha ospitato questa manifestazione nella loro bellissima location, sulle rive del Lario. Grazie al Centro Fotografico, alla Croce Rossa, al Soccorso Alpino, al Centro Oltre Noi, alla SEV, alla SEC di Civate, agli Amici di Preguda, a Terz’Alpe, alla Sec, alla Protezione Civile, ai Vigili e all’Amministrazione Comunale per la collaborazione svolta. Prossimo appuntamento il chilometro verticale VK70 ad ottobre!
16° edizione del Trofeo Dario&Willy
Uomini&Sport | 2022 | 43
GARE E APPUNTAMENTI FIRMATI DF
PINELLO E GRAZIA VANNO IN PENSIONE Dopo 45 anni di collaborazione con Sergio Longoni, prima in Longoni Sport, poi in DF Sport Specialist, con l’importantissimo ruolo di Buyer del mondo montagna, Giuseppe Caligiore, conosciuto da tutti come Pinello, il 31 gennaio è andato in pensione. Sicuramente una figura importantissima per l’azienda, esperto di montagna e conosciutissimo da tutti i rappresentanti e imprenditori del mondo dell’outdoor. Un punto di riferimento anche per tutte le Guide Alpine, responsabili dei CAI e da tutti gli appassionati che gli hanno sempre chiesto consigli utili prima di ogni acquisto. Nella stessa giornata anche Grazia Cazzaniga dell’ufficio commerciale mondo neve e ciclismo, ha festeggiato la pensione insieme a Sergio Longoni, la moglie Silvana, alcuni collaboratori e direttori di negozio.
A loro i nostri migliori Auguri.
Grazia Cazzaniga, Sergio Longoni e Giuseppe Caligiore (Pinello)
Festa a sorpresa per Grazia e Pinello con Sergio Longoni, Silvana Longoni e alcuni collaboratori
44 | 2022 | Uomini&Sport
GIUSEPPE CALIGIORE Giuseppe Caligiore, per tutti noi di DF Sport Specialist e per i clienti è conosciuto come “Pinello”. Una figura di riferimento nel mondo dell’alpinismo, conosciuto da Guide Alpine, soci e Presidenti di tutti i CAI della Lombardia, alpinisti e soprattutto da tutti gli imprenditori, addetti ai lavori e clienti. Collaboratore di Sergio Longoni da oltre 40 anni, Buyer di tutto il mondo Outdoor, grande esperto di materiali da montagna. La domanda più ricorrente da parte dei clienti più esigenti del punto vendita di Bevera è stata in tutti questi anni: “c’è il Pinello che volevo chiedergli un consiglio?”. Il suo parere su un’attrezzatura o un accessorio di montagna è sempre stato fondamentale ed era un valore aggiunto di fiducia e sicurezza per il cliente nel corso dell’acquisto. Appassionato di sci, trekking, mountain bike e grandi escursioni, Pinello non disdegna di salire in sella alla sua moto per girare le valli più belle delle nostre montagne in compagnia di sua moglie Antonella. Con la sua lunga esperienza in azienda, Pinello ha conosciuto l’evoluzione del mondo outdoor, i cambiamenti dei materiali e le nuove tendenze.
“Fu dal lontano ‘79, quando è iniziata la mia avventura lavorativa, sono sempre stato alle dipendenze di Sergio Longoni che è stato esempio di serietà e dedizioe al lavoro, inserendomi nell’affascinante mondo dello sport attivo. Spero di aver lasciato un esempio altrettanto valido ai miei colleghi a cui auguro di proseguire con entusiasmo il loro lavoro a DF Sport Specialist. Grazie a tutti!” - così Pinello ha raccontato la sua esperienza.
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NUOVI PUNTI VENDITA DF SPORT SPECIALIST e BICIMANIA
DOPPIA APERTURA A BRESCIA A ridosso del Natale è arrivata una bella novità per gli appassionati sportivi bresciani con la doppia apertura dei negozi DF Sport Specialist e Bicimania, all’interno del Centro Commerciale Nuovo Flaminia. L’inaugurazione venerdì 4 dicembre alla presenza di due grandi campioni del ciclismo: Sonny Colbrelli, Team Bahrain-Victorious, campione Italiano ed Europeo, vincitore della ParigiRoubaix e Marco Radaelli, Team Bmx Garlate, vincitore del Campionato del Mondo 2021. Sergio Longoni ha presentato al pubblico i due campioni, ringraziandoli per le emozioni che ci hanno fatto vivere quest’anno con le loro imprese sportive. Il ringraziamento di Longoni è andato poi a tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione dei due nuovi punti vendita, collaboratori interni ed esterni, al Centro Commerciale Nuova Flaminia che ha accolto i nuovi negozi. All’evento era presente anche Valter Muchetti, Assessore alla Rigenerazione urbana e Politiche per una città si-
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cura di Brescia, che ha salutato l’arrivo di DF Sport Specialist e Bicimania con queste parole: “C’è l’Italia in questa impresa, un’impresa famigliare che ha seminato bene. I negozi si sviluppano su una superficie di 2.500 metri quadrati per DF Sport Specialist, con un focus commerciale dedicato alle attività sportive indoor e outdoor, e 1.000 metri quadrati per il mondo della bicicletta con Bicimania. “DF Sport Specialist e Bicimania sono considerate due case dello sp ort – afferma Sergio Longoni, Presidente delle due insegne: non ci fermiamo mai, seguiamo costantemente l’evoluzione del mercato sportivo per offrire le migliori proposte. Attenzione, ascolto, dedizione, competenza: ci piace mettere in campo sempre il massimo per ogni nostro cliente in un clima familiare, di amicizia, di fiducia e di scambio reciproco”. Fondata nel 2002 da Sergio Longoni, oggi DF Sport Specialist, con la nuova apertura di Brescia, raggiunge quota 14 negozi, situati tra Lombardia, Emilia Romagna e Svizzera. Il nuovo punto vendita di Brescia pro-
pone un’offerta commerciale molto ampia che copre 24 discipline sportive: sono presenti prodotti di prestigiose marche nazionali ed internazionali alle quali si aggiungono i prodotti esclusivi firmati DF Sport Specialist. Su tutti, il brand DF Mountain, nato dalla passione per l’outdoor e la montagna. Sviluppato internamente in azienda, DF Mountain cresce di anno in anno grazie al contributo di buyers, atleti, alpinisti e testimonial, che progettano e testano i prodotti. Accanto a DF Mountain ci sono i prodotti a firma Sport Specialist, DF City Wear per la città, DF Snow per il mondo della neve e DF Bike per l’universo bicicletta. Il nuovo punto vendita di Brescia ha l’ambizione di diventare per gli sportivi del territorio anche un punto di riferimento per i servizi che offre: assistenza post vendita, noleggio sci e ciaspole, preparazione sci gara, riparazione e termoformatura scarponi da sci, clinics sui materiali, incordatura racchette e manici su misura, risuolatura calzature, laboratorio fondo lamine e sciolinatura, modifiche sartoriali, eventi sportivi, forniture per società sportive e convenzioni, personalizzazione abbigliamento, consegne a domicilio, pagamenti rateali, convenzioni. Bicimania, insegna del gruppo
Longoni dal 2002, si caratterizza per il forte desiderio di creare un centro specializzato per gli appassionati della bicicletta. Il personale è il fiore all’occhiello dell’azienda con la presenza di ex professionisti di ciclismo su strada, oggi appassionati praticanti. Con l’apertura di Brescia, l’insegna Bicimania arriva al quarto negozio, dopo Lissone, Legnano e Lugano. La gamma è ampia per soddisfare le esigenze di tutti gli appassionati: mountain bike, corsa, city bike, urban, trekking, gravel, bimbo, elettriche. I modelli di tendenza del momento dai brand più prestigiosi. Accanto alle biciclette, un’offerta completa che comprende abbigliamento, caschi, scarpe accessori e nutrizione: diverse le fasce di prezzo per incontrare le necessità di tutti gli appassionati. Non solo prodotti! Il nuovo spazio Bicimania punta anche ad offrire una serie di servizi, integrati nel puro concetto di punto vendita con l’officina specializzata. Dal lavaggio, all’aggiornamento del gruppo elettronico, alle riparazioni, al laboratorio di posizionamento biomeccanico in sella con il servizio Bikefitting.
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NUOVI PUNTI VENDITA DF SPORT SPECIALIST e BICIMANIA
L’Assessore del Comune di Brescia Valter Muchetti
Sonny Colbrelli
Sergio Longoni e Marco Radaelli campione del mondo BMX
Sergio Longoni e Sonny Colbrelli, campione d’Europa di ciclismo su strada
Il responsabile Complessi Commerciali COOP
Sergio Longoni con le figlie Daniela e Francesca, la moglie Silvana e i collaboratori storici Eugenio e
Angelo Ferri
Pinello
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DF SPORT SPECIALIST la nuova sede
A Lissone il futuro dello storico edificio che si affaccia sulla
anche alle attività del terziario che si svilupperanno al quarto
Valassina, un tempo simbolo della tradizione mobiliera della
piano.
città, sta per cambiare pelle.
Ci saranno circa 300 posti auto con un posteggio articolato su pluripiano. Gli spazi dedicati alla vendita DF Sport Specialist sa-
Il palazzo del mobile è stato realizzato tra gli anni Cinquanta e
ranno dislocati su 3 piani per un totale di 3500 m².
Sessanta ed è stato per decenni il punto di accesso alla città
All’interno verranno create delle ambientazioni particolari adi-
per chi arrivava da Milano e dalle Province comasca e lecchese.
bite alla prova di attrezzature, con l’obiettivo di fornire un’espe-
Durante il boom economico è stato adibito a esposizioni e fie-
rienza d’acquisto unica. Un investimento importante che vedrà
re delle imprese artigiane del territorio, fino agli anni Duemila
riportare al suo antico splendore questa meravigliosa struttura,
quando è iniziato un lento e inesorabile declino che lo ha porta-
che sarà il nuovo punto di riferimento per tutti gli appassionati di
to alla chiusura.
sport in un grandioso e innovativo spazio.
Grazie all’investimento della società, l’edificio avrà una nuova vita e verrà trasformato in un nuovo megastore DF Sport Spe-
Stiamo già lavorando per un’inaugurazione che vedrà arrivar i
cialist.
più grandi campioni, alpinisti e imprenditori dello sport. Inoltre,
L’immobile sarà dotato di 3 ascensori panoramici, 2 esterni e 1
verranno organizzati tanti appuntamenti “A tu per tu con i grandi
interno, oltre ad un altro ascensore di servizio. Saranno allesti-
dello sport”, le mitiche 238 serate già organizzate da DF Sport
te 6 scale mobili che garantiranno un collegamento verticale
Specialist.
Sergio Longoni insieme ai suoi collaboratori in visita durante i lavori di costruzione del negozio
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A TU PER TU CON I GRANDI DELLO SPORT
DAMIANO CARUSO:
«Un Grande Campione» a cura di Giorgia Monguzzi - fonte: TUTTOBICIWEB.it
Il 28 di ottobre a Lissone Damiano Caruso è stato il grande pro-
Quando sono passato alla Mastromarco ho dovuto lasciare un
tagonista della rassegna “a tu per tu con i grandi dello sport”
po’ tutto, sono partito all’arrembaggio con tanta voglia di fare,
organizzata dal negozio Bicimania di patron Sergio Longoni. Il
soltanto più avanti quando sono cresciuto è iniziata a mancarmi
corridore ragusano, in forza al team Bahrain Victorius è stato
casa e ho sentito l’esigenza di tornare, infatti ho deciso di vivere
accolto da un fragoroso applauso da parte dei tifosi presenti
in Sicilia con tutta la mia famiglia.
che hanno mandato l’evento sold out. Durante la serata, abilmente condotta da Alessandro Brambilla,
Poi è arrivato l’esordio in Liquigas, una squadra italiana, una
c’è stato un vero e proprio tuffo nel passato per Caruso che ha
specie di grande famiglia. In BMC ho fatto la mia prima espe-
ripercorso la sua carriera sin dagli esordi in Liquigas fino al gran-
rienza all’estero, mi ricordo che mi avevano dato sia la bici da
de successo di questa stagione.
strada che quella da crono, ero un po’ spaesato, poi ho iniziato
Da bambino giocavo a calcio, ma non ero fortissimo, poi è arrivato il ciclismo e me ne sono innamorato.
ad usare quella da crono una volta alla settimana per gli allena-
Non avevo un vero e proprio modello, ho iniziato a pedalare
Il campione ragusano ha vissuto un 2021 pazzesco che ha riac-
perché mi divertivo. A Ragusa, dove abito io, si trova su una spe-
ceso la passione dei tifosi, la vittoria in cima all’Alpe Motta è una
cie di collinetta, in pratica tutte le volte che esco in bici sono
perla che è ormai entrata nella storia del ciclismo.
costretto a fare un po’ di salita, ma è sempre stato divertimento. 50 | 2022 | Uomini&Sport
menti, mi hanno fatto crescere davvero tanto».
Si emoziona ancora a ricordarla e così
perato i trenta abbiamo dimostrato che
succede a tutti i presenti, una giornata
siamo molto competitivi.
storica impreziosita poi con un bellissimo secondo posto nella classifica finale del Giro. «Quel giorno ho fatto qualcosa di pazzesco, ma sinceramente non mi sarei mai
«Penso che ognuno abbia bisogno del suo tempo,
alcuni vincono subito, altri no, ma questo non significa che siamo meno forti, con la dedizione ben presto tutto va al suo posto»
aspettato di vincere in quel modo - prosegue il campione siciliano - Il mio obiet-
In Bahrain aruso ha trovato una casa e
tivo era fare di tutto per mettere in diffi-
il luogo giusto dove potersi esprimere
coltà i miei avversari, volevo finire il Giro
al meglio, è diventata una specie di fa-
senza rimpianti, sul momento ho capito
miglia con l’ex compagno di squadra e
che quella era la mia occasione. Ne è
amico Franco Pellizotti a guidarli in am-
uscito fuori un bel capolavoro, per certi
miraglia.
versi è stata la mia giornata alla Pantani, me lo hanno detto in vari, ma io con que-
La stagione è appena finita, ma dopo un
sto paragone ci vado molto piano, per
attimo di pausa è già tempo di pensa-
me marco è un mito.
re alla prossima. «Devo già ad iniziare a prepararmi per il 2022, in gruppo abbia-
Sono abituato a lavorare per gli altri e
mo dei giovani talenti che ci danno ve-
non mi era mai capitata una situazione
ramente filo da torcere». Damiano non
del genere, non è stato nemmeno faci-
ha ancora definito i suoi piani, ma di una
le gestirla, ma penso di esserci riuscito
cosa siamo certi: ci regalerà ancora tan-
alla grande».
te emozioni.
In questa stagione gli italiani sono andati
Durante la serata sono intervenuti an-
fortissimo, in particolare Damiano Caru-
che ex corridori ora impiegati presso
so con il compagno Sonny Colbrelli. È
BiciMania che hanno portato interessanti
l’Italia che ci piace, quella di corridori ta-
aneddoti sul loro passato: Gabriele Bosi-
lentuosi che non hanno paura di darsi da
sio, Giairo Ermeti, Cristiano Frattini, Oscar
fare, ogni traguardo è raggiunto con fati-
Mason ed Enrico Bonetti. Per il campione
ca e soddisfazione. «Sonny ed io siamo
ragusano è arrivato anche un importante
due persone che non hanno mai smesso
riconoscimento: la piccozza d’oro conse-
di sognare - ci racconta Caruso - oggi si
gnata dal patron Sergio Longoni.
parla sempre di più di fenomeni giovanissimi, ma anche noi che abbiamo su-
Sergio Longoni consegna la piccozza DF sport specialist a Damiano Caruso con loro sul palco il giornalista Alessandro Brambilla
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A TU PER TU CON I GRANDI DELLO SPORT
MATTEO DELLA BORDELLA:
«La via meno battuta» a cura di Cristina Guarnaschelli
Il negozio DF Sport Specialist di Bevera di Sirtori, cuore delle
“La via meno battuta” è anche il titolo del libro scritto da Mat-
serate A tu per tu con i grandi dello sport, ha aperto le porte
teo sulla sua storia di montagna, fatta di amicizia, sfide, scon-
giovedì 11 novembre alla serata con Matteo Della Bordella,
fitte e successi. È il suo modo di vivere una forte passione per
alpinista, arrampicatore ed esploratore.
la verticalità, alla ricerca di nuove vie, di terre inesplorate e sconosciute con un approccio “by fair means”.
È un legame di lunga data quello di Matteo con Df Sport Specialist: “Era già un talento nel 2009 quando ci siamo conosciuti,
Durante la serata, Matteo ha ricordato tre momenti importanti
- ricorda Sergio Longoni - le sue imprese alpinistiche erano
della sua carriera di alpinista: il primo, a 20 anni con suo padre,
famose. È stato, e lo è tuttora, un grande orgoglio per me po-
sulla parete sud della Marmolada in arrampicata libera sulla
terlo avere nella nostra squadra di atleti”.
Via Attraverso il Pesce. Il secondo momento significativo è stato il suo ingresso nel
“È un grande piacere per me essere qui – ha esordito Matteo
Gruppo dei Ragni di Lecco: il fatto di essere stato accolto da
Della Bordella. È un po’ come essere a casa, e in particolare in
un gruppo così prestigioso, fatto da persone che hanno scritto
questo negozio. Queste serate sono speciali perché riescono
pagine della storia dell’alpinismo, è stato un grande onore e
a riunire le persone e far vivere la passione per la montagna”.
un punto di partenza verso nuove sfide.
Ed è grazie a personaggi come Matteo Della Bordella che le
E poi l’innamoramento con la Patagonia, che lui definisce la
serate sono davvero dei momenti speciali, dei viaggi emozio-
sua seconda casa: “ho trovato un fascino particolare in queste
nanti tra immagini e filmati dei racconti delle sue spedizioni.
cime, e su queste pareti – racconta Matteo”.
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Tra le salite più significative in Patagonia, c’è indubbiamente la Torre Egger. È tornato per tre anni, con i suoi compagni di scalata, prima di riuscire ad arrivare in cima. È stata una scuola di montagna ma anche di vita, che ha insegnato a non mollare mai, a riprovarci, ad attendere per arrivare alla conquista. Il Cerro Torre è stato un richiamo irresistibile per Matteo: con Silvan Schüpbach, l’ha scalato per la prima volta nel 2016 lungo la via del compressore, aperta da Cesare Maestri nel 1970. La sua seconda volta sul Cerro Torre è stata lungo la via aperta dai Ragni di Lecco nel 1974, una via unica, scalata con Nicola Lanzetta, figlio di Mimmo che allora era il cuoco del gruppo. Non è mancato poi, durante la serata, il ricordo degli amici scomparsi, Matteo Bernasconi e Matteo Pasquetto, con i quali è stato in Patagonia per l’apertura della nuova via Aguja Stanhardt. quello vissutocon con loro un regalo gran“Tutto “Tutto quello cheche hoho vissuto loroè èstato stato un regalo dissimo, qualcosa cheche nessuno mi toglierà. È giusto È pensare grandissimo, qualcosa nessuno mi toglierà. giustoa quello che abbiamo avuto e non a quello cheaciquello è stato tolto” pensare a quello che abbiamo avuto e non che – cosìtolto” Matteo ricordato i suoi ci è stato – ha così Matteo haamici. ricordato i suoi amici. La serata ha visto il racconto anche dell’ultima spedizione, insieme ai compagni Silvan Schüpbach e Symon Welfringer: 350 km di kayak per arrivare a scalare la Siren Tower.
Matteo Della Bordella
Dopo quattro giorni in acqua e 170 km, finalmente l’arrivo alle pareti. Qui c’è stata una sorpresa inaspettata: un incontro casuale con gli amici belgi Nico Favresse, Sean Villanueva che insieme ad altri due compagni erano lì in quei luoghi sperduti con una loro spedizione. La Siren Tower è stata l’obiettivo di Matteo e dei suoi compagni: si è rivelata un’arrampicata psicologica, con diverse difficoltà che li ha impegnati per sei giorni in parete. Con alcuni filmati, Matteo ha infine ricordato anche la spedizione all’isola di Baffin con gli amici belgi e la salita al Bhagirathi IV (6193m) nell’Himalaya indiano, nel 2019, con Luca Schiera e Matteo De Zaiacomo per l’apertura della via “Cavalli Bardati”. La via meno battuta è la strada che non sai dove ti porterà: è il bello dell’andare in montagna, secondo Matteo Della Bordella. E per il pubblico di Sirtori è stato indubbiamente un viaggio emozionante tra le montagne più belle del mondo.
Sergio Longoni con Matteo Della Bordella
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A TU PER TU CON I GRANDI DELLO SPORT
Franco Gionco, Simon Messner e Mario Panzeri protagonisti a Brescia di tre emozionanti serate A tu per tu con i grandi dello sport a cura di Cristina Guarnaschelli
Il ciclo di serate A tu per tu con i grandi dello sport ha fatto il
zioni che vive e sperimenta nel suo cammino di esplorazione.
suo esordio nel nuovo negozio di Brescia con tre serate, a cavallo tra gennaio e febbraio.
Il 28 gennaio abbiamo incontrato Simon Messner, ambassador
Tre incontri davvero speciali e intensi che hanno richiamato un
Salewa, che ha presentato una serata dal titolo “Respirare il
gran numero di appassionati, facendo registrare sempre il sold
freddo”.
out.
Figlio di Reinhold, Simon, classe 1990, si è avvicinato all’arrampicata e all’alpinismo solo all’età di 16 anni, forse perché «il tema
Siamo partiti venerdì 21 gennaio con “Dalla Paganella a tutte
della montagna è sempre stato molto presente nella nostra fa-
le nevi del mondo” di Franco Gionco, fotografo e reporter noto
miglia. Era una vita quasi quotidiana e quindi troppo naturale
al pubblico per i suoi viaggi e avventure sportive.
per essere interessante per me».
Franco è un amico di lunga data di DF Sport Specialist, nume-
Oggi per Simon Messner lo stile, il modo in cui si apre una via,
rose sono le sue serate con noi, sempre appassionanti ed emo-
è importante tanto quanto l’arrampicata stessa. Lasciare meno
zionanti.
materiale possibile ed esplorare zone e percorsi remoti, carat-
Con Franco si viaggia in tutto il mondo: la sua passione per lo
terizzano il suo modo di vivere la passione per la montagna.
scialpinismo, abbinato ai viaggi, è un vero e proprio stile di vita che lo ha portato a scoprire gli angoli più nascosti e affascinanti
L’ultima serata di questo primo ciclo del nuovo anno si è con-
del nostro pianeta.
clusa venerdì 4 febbraio con Mario Panzeri e il suo racconto “I
Il senso dell’avventura va oltre lo sport, e rappresenta per
miei 14 – 8.000”.
Gionco un modo per raccontare l’ambiente attraverso le emo-
L’alpinista, originario di Lecco, è uno dei pochi ad avere al suo
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attivo tutti i 14 ottomila, scalati senza l’ausilio di ossigeno. Un’impresa che Panzeri ha realizzato tra il 1988, a 24 anni, con il primo ottomila sul Cho Oyu, sesta montagna più alta della terra, e il 2012 con l’ultima salita sul Dhaulagiri. Anche Mario è un amico di lunga data di DF Sport Specialist: le sue imprese alpinistiche sono state protagoniste delle nostre serate a Bevera di Sirtori, in più di un’occasione e sempre con grandi emozioni. Classe 1964, Panzeri racconta con semplicità e umiltà le sue imprese alpinistiche: determinato, concentrato sull’obiettivo, Mario ha coronato il suo sogno di aria sottile, sapendo anche quando era tempo di rinunciare per riprovarci in condizioni migliori. Durante la serata Panzeri ha portato il pubblico, con la sapiente regia del fotografo Gianmario Besana, lungo la salita di tre dei suoi quattordici ottomila, a partire dal Gasherbrum II: «una gior-
Sergio Longoni consegna la piccozza a Franco Gionco
nata bellissima, dalla cima mi sembrava di toccare con la mano il K2» – così ricorda Panzeri. Dal Gasherbrum II al Shisha Panga, un racconto emozionante con immagini dei trekking di avvicinamento, la vita al campo base, in attesa della fatidica finestra di tempo buono per tentare la cima, le disavventure, come la volta che i membri di un’altra spedizione, per errore, hanno smontato le tende portando via tutta l’attrezzatura. Nel suo racconto, Mario ha ricordato gli ottomila “semplici”, che non significa facili, e gli ottomila più complicati, che hanno richiesto più tentativi, pazienza, determinazione, resistenza alla fatica per arrivare in cima. Il Dhaulagiri, con cui si è chiusa la serata con un video girato in prima persona dall’alpinista, è stato uno di questi, insieme all’Annapurna che Mario ricorda come uno dei più pericolosi. Il racconto è stato arricchito dal commosso ricordo dell’amico Lorenzo Mazzoleni, insieme a Mario nella spedizione dei Ragni
Simon Messner
di Lecco nel 1996 sul K2, nella quale durante la discesa, ha perso la vita: da allora l’alpinista è ricordato con l’Associazione Amici di Lorenzo che ha dato vita ad un presidio medico ad Askóle, l’ultimo villaggio nella valle che porta al K2. A chiudere l’evento le parole di Sergio Longoni, che ha ricordato un Mario Panzeri ragazzino, insieme a lui, alle prese con le prime uscite di sci alpinismo. «Mario è sempre stato una persona modesta e lo è tuttora – ha affermato Longoni. È il terzo italiano ad aver fatto tutti gli ottomila senza ossigeno. Mario non è un professionista, tornava dalle spedizioni, andava a lavorare e trovava il tempo per prepararsi a quella successiva. Un alpinista straordinario e speciale». Oggi Mario Panzeri continua a vivere la sua passione per la montagna con la partecipazione alle gare di trail running. La consegna della piccozza dorata, in segno di stima e amicizia, ha concluso una serata che rimarrà nel cuore del pubblico per l’autenticità del racconto di un sogno che si è avverato.
Mario Panzeri
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A TU PER TU CON I GRANDI DELLO SPORT
L’alpinista polacco MARCIN TOMASZEWSKI si racconta a Bevera di Sirtori a cura di Cristina Guarnaschelli
Una serata intensa e ricca di sorprese, parlando di alpinismo e
racconto la storia di un ragazzo nato sul mare che cercava un
di storie di vita, con un finale in musica. Un mix che ha conqui-
modo per combattere le sue debolezze».
stato il pubblico degli appuntamenti “A tu per tu con i grandi
Introverso e riflessivo, ha sempre affrontato i temi essenziali del-
dello sport”, giovedì 11 marzo, con l’alpinista polacco Marcin To-
la vita come una sfida per il miglioramento, per la sua crescita
maszewski, detto Yeti.
personale.
La serata dal titolo Bushido, la mia via per la montagna è stata
Alpinista e scrittore, anche di fiabe per bambini, Tomaszewski
condotta e tradotta da Luca Calvi, dopo l’introduzione di Giu-
ha scritto tre libri, tra i quali Tato, edito da Versante Sud, tradotto
seppe Zamboni che ha fatto gli onori di casa.
da Luca Calvi e presentato durante la serata.
Tra i più forti alpinisti al mondo, Marcin Tomaszewski è nato a
Ha raccontato la sua storia, partendo dal modo di andare in
Stettino, in Polonia, nel 1975.
montagna cercando sempre un punto di equilibrio tra questa
Il suo racconto parte dagli inizi delle sue prime scalate in patria
sua grande passione e il desiderio di essere presente per la fa-
per spingersi poi in terre lontane, allargando gli orizzonti: Gro-
miglia.
enlandia, Pakistan, Canada, Alaska, Norvegia, Nepal, India, Stati Uniti, Cina, Patagonia, Venezuela ... un alpinismo senza confini.
La sua specialità sono le big wall, non solo per le difficoltà tecni-
Nella sua carriera ha scalato pareti di elevata difficoltà, alla ri-
che che presentano ma anche per le condizioni particolari che
cerca delle sfide più estreme e spesso su linee completamente
possono richiedere ancora maggiore impegno.
sconosciute. Dalle prime salite invernali, alle solitarie, alle aper-
Una sfida continua soprattutto con se stesso. Un modo di an-
ture di nuove vie: il curriculum dell’alpinista polacco è di altissi-
dare in montagna caratterizzato dalla ricerca di quel senso di
mo livello.
libertà che Tomaszewski ricorda nelle sue letture da bambino, nelle storie dei grandi avventurieri.
La serata è stata per Tomaszewski l’occasione per raccontarsi non solo come alpinista ma soprattutto come uomo. «Vi
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Disconnettersi dal mondo, vivere profondamente il senso dell’e-
splorazione, sono spesso le modalità del suo alpinismo, affrontare in solitaria la montagna per connettersi con se stesso. In molte occasioni, come compagni di avventura, i suoi diari, che hanno dato vita ai tre libri che ha scritto: Yeti 40, un’autobiografia, Tato, che significa papà, e da ultimo un manuale di arrampicata, pensato per avvicinare le persone a questo sport. «Tra i valori fondamentali ho capito che non c’è solo l’alpinismo ma anche la famiglia» – così commenta Tomaszewski” che era presente in sala con la moglie e uno dei figli. Onesto, trasparente e diretto, l’alpinista polacco ha raccontato il suo percorso che l’ha portato alla montagna, partendo dalla sua infanzia, dalle difficoltà che ha vissuto e dal suo desiderio di inseguire i sogni. La ricerca persistente di un punto di equilibrio, tra il suo essere padre e alpinista: individuare il limite, e non andare oltre per non mettere a repentaglio la propria vita e quella della sua famiglia. Il punto di svolta – raccontato nel prologo del libro Tato - la caduta nel crepaccio di un ghiacciaio: convinto di non riuscire più ad uscirne, da quell’esperienza traumatica, Tomaszewski matura una serie di pensieri che lo portano a riflettere sul senso della vita, dei valori che contano e del proprio ruolo nella comunità.
Sergio Longoni consegna la piccozza a Marcin Tomaszewski
«L’arrampicata mi ha dato tanto ed io mi sono sentito in dovere di restituire agli altra qualcosa, attraverso le mie attività». Il solo gesto di scalare è egoistico secondo la visione di Tomaszewski, il suo bisogno di restituire alla società è stato, ed è tuttora, molto presente nella sua vita. Ridare qualcosa soprattutto alle nuove generazioni che rappresentano il futuro. Per loro ha scritto favole durante le sue spedizioni, oggi sta dando vita ad un parco, con granito e pietra arenaria, dedicato all’arrampicata nella sua città. «Il mio sogno è che i ragazzi possano far nascere qui la loro passione per l’arrampicata». La serata è stata allietata dalla sorpresa di una superlativa performance canora di Sylwia Rõžycka, moglie di Tomaszewski, attrice e cantante molto conosciuta in Polonia. Ma le sorprese non sono finite qui: Marcin ha fatto dono a Sergio Longoni e a Luca Calvi di due quadri dipinti da sua figlia Maja. Prima della tradizionale consegna della piccozza all’ospite della serata, in segno di ringraziamento e stima, Sergio Longoni ha chiamato a salire sul palco due amici di lunga data. Guido Maggioni, classe 1937 e iscritto al CAI di Barzanò da sessantasei anni, per la consegna della piccozza dorata e Luigi Bosisio, conosciuto da tutti come “Bis”, accademico del CAI e veterano dell’alpinismo lecchese. A lui è stato regalato un quadro che lo ritrae, realizzato da un pittore dell’associazione Artee20 che, per l’occasione, ha allestito in negozio una mostra di quadri dal titolo “Inverno”, con 30 tele ispirate alla montagna e alla stagione fredda.
Luca Calvi e Marcin Tomaszewski
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A TU PER TU CON I GRANDI DELLO SPORT
“IO, fragile e forte come il ghiaccio” Tamara Lunger racconta al pubblico di Brescia e Gerenzano il suo rapporto con la montagna dopo l’esperienza sul K2 A cura di Cristina Guarnaschelli
Con il suo 238° evento, il tour A tu per tu con i grandi dello sport è tornato a Brescia, dopo la serata a Bevera di Sirtori con Marcin Tomaszewski, per presentare il ritorno di una grande alpinista, già nostra ospite nel 2017: Tamara Lunger. L’alpinista altoatesina è salita sul palco del nuovo negozio per raccontare, con il cuore in mano, tutta la sua forza e, al contempo, la sua fragilità, e la ricerca di un senso ai tragici avvenimenti che l’hanno vista coinvolta nelle spedizioni invernali al Gasherbrum nel 2020 e al K2 nel 2021. Nata a Bolzano nel 1986, Tamara vive tra le sue montagne, diventate sin da bambina la sua grande passione. Alpinista, scialpinista ed esploratrice, nel 2010 è stata la donna più giovane a raggiungere la vetta del Lhotse in Himalaya. Nel 2014 ha scalato il K2 senza ossigeno, seconda donna italiana nella storia dell’alpinismo dopo Nives Meroi. Nel 2015 la sua prima spedizione invernale con Simone Moro: l’obiettivo prevedeva la vetta del Manaslu e il concatenamento con l’East Pinnacle, pilastro di 7992 metri a fianco dell’8000. Condizioni meteo avverse impedirono di raggiungere l’obiettivo che venne rivisto con l’apertura di una nuova via in stile alpino sulla parete nord dell’Island Peak (6.182 m).
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Nel 2016 un’altra spedizione invernale sempre con Moro sul Nanga Parbat che, per Tamara, finisce a soli 70 metri dalla cima. Nel 2018 è la volta della vetta del Pik Pobeda (3003 m), la montagna più alta in Siberia, uno dei luoghi più freddi della terra. A gennaio 2020, di nuovo con Simone Moro nel tentativo di traversata invernale del Gasherbrum I e II: la caduta nel crepaccio di Simone e il ferimento alla mano di Tamara, con la corda con cui stava assicurando il compagno, ha segnato la fine della spedizione e un ritorno a casa difficile. «Mi sentivo completamente persa, come caduta in un buco nero, non sapevo più cosa sarebbe stato del mio futuro: dopo tre spedizioni invernali sugli 8000, in due delle quali ho rischiato la vita, mi chiedevo qual era il messaggio che dovevo cogliere da queste situazioni». Il periodo del lockdown è stato un periodo di riflessione, di meditazione per Tamara ed è proprio allora che, in quei momenti di introspezione, ha sentito forte il richiamo del K2 per un ritorno in inverno. «Sapevo che volevo salire in cima e che ero in grado di farlo». «Quell’immensità e perfezione. Quell’assenza di lati debo-
li. Ne avevo timore e ne ero irresistibilmente attratta. Lei, la Montagna Grande, il Chogori in lingua balti. Mi sembrava così inarrivabile che divenne subito il mio ideale». Tratto dal libro “Il richiamo del K2. La dura lezione della montagna”. Il racconto di Tamara al pubblico bresciano è partito proprio dall’incidente al Gasherbrum che tanto l’aveva provata, fisicamente ed emotivamente, per poi arrivare al sogno della spedizione invernale al K2 nel 2021. Con una narrazione intensa ed emozionante, Tamara ha raccontato anche la spedizione più importante che sta compiendo in questi mesi, un viaggio interiore, alla ricerca di un senso e un significato ai tragici avvenimenti. Dopo il Gasherbrum, nel 2021 la dura lezione del K2, montagna che, nelle sue parole, l’ha resa molto fragile e allo stesso tempo molto forte. La grande dea, una montagna che l’aveva sempre attratta, con il fascino di una verticalità che si era fatta spazio nel suo cuore e nei suoi sogni. Una spedizione purtroppo però che l’ha messa di fronte alla morte di cinque amici e compagni di scalata: Sergi Mingote, John Snorri, Alì Sadpara, Atanas Skatov e Juan Pablo Mohr. Con tutti loro ma, con JP in particolare, il legame e l’affiatamento che si era creato era davvero forte e speciale: «mi sentivo bene con loro, ero felice» così ha ricordato Tamara. Dopo aver concordato la fine della sua spedizione con Alex Galvan, alpinista romeno con il quale era arrivata al K2, Tamara si unisce agli altri. La felicità di far parte della cordata di Sergi Mingote svanisce poco dopo, proprio con l’incidente mortale che ha coinvolto
l’alpinista spagnolo. Una tragedia che sconvolge tutti, Tamara per prima. Ed è con Juan Pablo Mohr che, nonostante tutto, Tamara decide di proseguire: c’è sintonia e connessione, il tentativo di vetta sarà insieme. Provarci anche per chi non c’era più ed aveva il loro stesso sogno. Il 4 febbraio a mezzanotte Juan Pablo Mohr si mette in cammino verso la cima e da allora Tamara non lo vedrà più, così come non rivedrà più John Snorri, Alì Sadpara e Atanas Skatov, quest’ultimo ricordato da Tamara come la persona più connessa con l’universo. «Tutti quanti hanno momenti difficili nella vita – racconta Tamara - non soltanto chi fa alpinismo ma anche nella vita quotidiana: in famiglia, con i figli, al lavoro. Tante sono le difficoltà che ti presenta la vita e che possono essere difficili da superare. Ognuno di noi però ha sempre la possibilità di vedere il bicchiere mezzo pieno. Dal mio passato avevo già capito che ogni brutta esperienza che vivevo mi portava un insegnamento che non avrei avuto se non avessi vissuto quel momento difficile». Oggi Tamara è alla ricerca di un nuovo significato da dare al suo andare in montagna, pensando di fare qualcosa per gli altri, com’era anche nei progetti e nei sogni di Juan Pablo Mohr. A luglio 2021 è tornata in Pakistan con La Sportiva per portare avanti l’iniziativa “Climbing for a Reason”: insegnare ai bambini e alle bambine pakistane ad arrampicare, partendo dalla costruzione di una parete sulla quale fare pratica. Un modo per ricordare chi non c’è più e trasformare il dolore in speranza e nuova vita.
Luisella Nava (responsabile commerciale abbigliamento DF Sport Specialist) Tamara Lunger e Sergio Longoni
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L’ESPERTO CONSIGLIA
Parliamo di calzature: road e trail running Il nostro team di esperti ha selezionato per voi i migliori prodotti del momento indispensabili per ogni vostra nuova avventura. a cura Alberto Brambilla
ROAD UOMO
ASIS
BROOKS
GEL NIMBUS 24
ADRENALINE GTS 22
COLORE: Lake Drive/Hazard Green
COLORE: Peacoat/Ink/Grenadine
La scarpa G EL-NIMBUS™ 24 garantisce un’eccellente protezione dagli impatti per il tuo allenamento sulle lunghe distanze. Garantendo un appoggio più morbido ad ogni passo, la scarpa è inoltre più leggera di 10 grammi rispetto alla sua versione precedente.
Le scarpe running Brooks Adrenaline GTS 22 da uomo sono il perfetto mix tra supporto e ammortizzazione, uno dei modelli più amati del brand americano dai runner pronatori.
CODICE: 98421695
CODICE: 98422816
ROAD DONNA
HOKA ONE ONE
BONDI 7 W
COLORE: Bfbg Blue Fog / Blue Glass
DIADORA
MYTHOS BLUSHIELD 7 VORTICE HIP W COLORE: C7406 Black / White
Le Hoka One One Bondi 7 sono scarpe da running per donna ideali per le runner con passo medio-lento e peso mediopesante che cercano il massimo dell’ammortizzazione su ogni distanza nella corsa su strada.
È tempo di esecuzione! Indossa il tuo vortice Mythos Blushield 7 con la tomaia in nylon air mesh ingegnerizzato bicolore e dettagli in TPU e 3 m, soletta interna in elastomero EVA e plantare ortholite rimovibile .
CODICE: 98422031
CODICE: 98420872
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TRAIL RUNNNG UOMO
SCARPA
LA SPORTIVA
GOLDEN GATE ATR
CYKLON
COLORE: Acid Lime/Black
COLORE: Black/Yellow
GOLDEN GATE ATR è la scarpa dedicata ai terreni off-road misti, compresi i tratti asfaltati, di media/lunga distanza. Questo modello ben si adatta ad atleti di qualsiasi peso e dal differente livello di esperienza, che cercano una scarpa affidabile e comoda per i propri allenamenti quotidiani.
Calzatura performance ideale per skyraces e corse off-road su terreni tecnici a medie distanze. Frutto del lavoro di ricerca e sviluppo tra La Sportiva e BOA®, è un prodotto che garantisce stabilità, precisione ed una perfetta avvolgenza grazie al nuovo sistema di chiusura Dynamic Cage™.
CODICE: 98406045
CODICE: 98425358
TRAIL RUNNNG DONNA
SCARPA
LA SPORTIVA
GOLDEN GATE ATR
CYKLON
COLORE: Oasis-Deep Green
COLORE: Hibiscus/Malibu Blu
GOLDEN GATE ATR WMN è la scarpa dedicata ai terreni offroad misti, compresi i tratti asfaltati, di media/lunga distanza. Questo modello ben si adatta ad atlete di qualsiasi peso e dal differente livello di esperienza, che cercano una scarpa affidabile e comoda per i propri allenamenti quotidiani.
Calzatura performance ideale per skyraces e corse off-road su terreni tecnici a media distanza. Frutto del lavoro di ricerca e sviluppo tra La Sportiva e BOA®, è un prodotto che garantisce stabilità, precisione e una perfetta avvolgenza e fasciatura del piede per una corsa in discesa sicura.
CODICE: 98406046
CODICE: 98425359
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ABBIAMO LETTO PER VOI a cura di Renato Frigerio e Cristina Guarnaschelli
“PIETRA di BISMANTOVA – Vie e falesie” di Diego Filippi e Matteo Bertolotti Ci vuole del coraggio non comune, oppure bisogna sentirsi perdutamente innamorati di quella strana montagna dell’Appennino Tosco-Emiliano che porta il nome di “Pietra di Bismantova”, perché i due provetti alpinisti Diego Filippi e Matteo Bertolotti vengano a proporre una seconda edizione della loro Guida a distanza di soli sei stagioni dalla prima. Forse entrambi sono stati incentivati dalla percezione che la loro “Pietra” possa accogliere e soddisfare ancora numerosi climber, ai quali questa montagna risulta fuori dai loro orizzonti, nonostante le sue caratteristiche che la rendono unica nella sua diversità. Questa non era sfuggita ad un alpinista riflessivo come Alessandro Gogna, che così ne scriveva su “Cento Nuovi Mattini”: “La prima volta, arrampicare in Pietra può risultare goffo. Si ha la paura che la roccia si rompa. Il conglomerato esige infatti una progressione assai delicata, non ci sono prese nette, neppure appigli piccoli: solo cose arrotondate. Ma, come possono testimoniare i frequentatori abituali, ci si fa l’abitudine e la scalata presto diventa un piacevole movimento, diverso dal solito. Anche la geometria della roccia è articolata in modo particolare: per “vedere” la salita occorre 446 pagine copertina a colori con risvolti fotografie e disegni a colori Formato cm. 21x15 Euro 35,00 Collana “Luoghi Verticali” Edizioni Versante Sud
esperienza. Secondo me, comunque, è il posto ideale per imparare ad arrampicare, e le vie facili non mancano”. Questa comunque è anche una “Guida” del tutto inconsueta, perché, oltre alle canoniche istruzioni per salire sui cinque sentieri indicati e per affrontare sia le numerose vie lunghe proposte, sia per sbizzarrirsi su tante falesie, il volume inserisce di proposito un notevole spunto culturale nella cinquantina di briosi racconti offerti da altrettanti geniali autori.
“SCIALPINISMO sulle OROBIE” di Maurizio Panseri
Come viene spiegato nel sottotitolo, l’autore, una persona che si rivela apertamente paragonabile ad un fedelissimo innamorato della montagna nello splendore del suo candido manto innevato, in un volume certamente unico nel suo genere, presenta irresistibili traversate e suggestivi itinerari di scialpinismo, tra Bergamo, Lecco, Sondrio e Brescia. Il volume nasce come un lavoro solo all’apparenza impegnativo, risolto com’è dopo ben 544 pagine tra descrizioni, cartine e fotografie, che gli suggeriscono brevi e coinvolgenti riflessioni, perché qui di getto Maurizio Panseri ha potuto riversare tutto quanto di esperienza e di amore per lo scialpinismo ha riempito per lungo tempo la sua mente e il suo cuore. Tenendo conto anche di una sua autorevole convinzione, che cioè per ogni scialpinista è sommamente utile, prima di intraprendere una traversata, farsene un’idea il più possibile precisa, onde gustarla interamente ed effettuarla in maggiore sicurezza. Nella realizzazione di una Guida di scialpinismo nell’ampio e diversificato territorio delle Orobie, di cui in certo modo si è accreditato l’esclusiva di selezionare gli itinerari 544 pagine copertina a colori con risvolti fotografie e cartine a colori formato cm.21x15 Euro 34,00 Collana “Luoghi Verticali” Edizioni Versante Sud
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maggiormente in grado di interessare e ammaliare ogni scialpinista, l’autore è stato certamente facilitato dal fatto che, oltre ad essere qui nato e cresciuto, continua a sentirsi stupito della sua bellezza invernale.
“TATO” di Marcin Tomaszewski - Traduzione di Luca Calvi Non potrà che andare a ruba, tra gli appassionati d’alpinismo, un nuovo libro firmato da Marcin “Yeti” Tomaszewski. E conterà ben poco che il suo “Tato” non venga a trattare delle sensazionali conquiste dell’uomo delle big wall rocciose ad alto tessuto tecnico, dove ha realizzato alcune delle scalate più impressionanti degli ultimi anni. Nel suo volume il prestigioso alpinista polacco svolge infatti una parte appena modesta nel team della spedizione che ha per obiettivo un’ambiziosa quanto altrettanto rischiosa conquista su una delle più tremende vette himalayane. Anzi, a causa di una dolorosa infezione ad una gamba, è costretto addirittura ad abbandonare l’impresa. Subentra comunque un fattore nuovo perché il libro, già piacevolmente scorrevole nella sua forma di diario giornaliero, dal capovolgimento che non era prevedibile acquista degli elementi interiori che certamente coinvolgeranno anche chi si è tenuto finora lontano dalla letteratura alpinistica. La cronaca stretta e avvincente, che ci introduce in un paesaggio dove si perde il senso delle dimensioni, ci fa toccare con mano i costumi, i valori e il carattere di una popolazione che sta stringendo i denti per uscire 144 pagine copertina con risvolti 52 fotografie a colori formato cm. 23x15,50 Euro 20,00 Collana “I Rampicanti” Edizioni Versante Sud
da una condizione a dir poco misera. Il racconto vero e proprio è però quello che si inserisce brillantemente in ogni pagina, occupando lo spazio più ampio, dove il testo diventa come una toccante autobiografia, con ricordi di emozionante intensità, che si alternano a tormentate riflessioni.
“DAONE BOULDER” di Stefano Montanari Prima di avvicinarci a questo nuovo volume che le Edizioni Versante Sud hanno incluso nella loro collana Luoghi Verticali, può giovare conoscere qualcosa su colui che lo ha scritto. Stefano Montanari, che attualmente tra l’altro gestisce a Brescia una splendida sala boulder, è stato travolto dalla passione per l’arrampicata sui massi, strappato di colpo da un’attività alpinistica che lo vedeva alle prese con pareti e falesie. Questo è diventato un amore prepotente e costante, agevolato dal suo incontro con una valle dove i massi di ogni forma e dimensione venivano scoperti come si trattasse di una favolosa miniera. È stato grazie soprattutto alla sua passione e al suo indefesso lavoro per scoprire, pulire e catalogare ogni masso di particolare interesse che la Valle di Daone è diventata uno dei ritrovi più apprezzati e frequentati da coloro che si dedicano al bouldering. Bisogna dare atto al suo fiuto, alla sua meticolosità e alla sua precisione se ora, avendo a disposizione la sua inappuntabile Guida, ci si può inoltrare nella valle con la certezza di incontrare quei massi che ci hanno fatto più gola, superando un labirinto che anno446 pagine copertina a colori con risvolti fotografie e disegni a colori Formato cm. 21x15 Euro 35,00 Collana “Luoghi Verticali” Edizioni Versante Sud
vera la bellezza di 1800 possibili passaggi. Saremo infatti condotti come per mano nel settore dove si trova il blocco o i blocchi ai quali siamo interessati, e qui sarà ancora più facile individuare le linee di arrampicata corrispondenti perfettamente a quelle indicate sulle relative fotografie.
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ABBIAMO LETTO PER VOI
“IL RICHIAMO DEL K2. LA DURA LEZIONE DELLA MONTAGNA ” di Tamara Lunger
Che cosa insegna la montagna? Ad ascoltare se stessi e a connettersi con le proprie emozioni, quelle più profonde che guidano le scelte quando si tratta di decidere se continuare a salire o rinunciare perché ci si sente respinti. Tamara Lunger accompagna il lettore passo dopo passo nel racconto delle sue spedizioni invernali più dure e impegnative: Gasherbrum nel 2020 e K2 nel 2021. Una storia autentica, diretta, scritta con Vinicio Stefanello, che descrive i tragici fatti accaduti durante le due spedizioni. Un viaggio interiore che Tamara condivide con il lettore, mettendosi a nudo con tutta la sua fragilità ma anche la sua forza: fragile e forte come il ghiaccio, così si definisce l’autrice. Pagine toccanti che raccontano il suo desiderio di scalare la grande dea, il K2, una montagna che l’aveva sempre attratta, con il fascino di una verticalità che si era fatta spazio nel suo cuore e nei suoi sogni ma che la mette di fronte ad una tragica realtà. La morte dei suoi compagni e amici di spedizione: Sergi Mingote, John Snorri, Alì 256 pagine copertina rigida a colori format libro 21.7x14.2x2.1 euro 17,10 Editore Rizzoli
Sadpara, Atanas Skatov e Juan Pablo Mohr. Chiedersi perché, cercando di ascoltare e leggere i segnali che la natura e la montagna le manda. Tamara Lunger nella sua spedizione più impegnativa, un viaggio interiore, alla ricerca di senso e significato ai tragici avvenimenti.
“IN MONTAGNA ANDAVAMO COSI” di Giancelso Agazzi
È un volumetto che riserva alle fotografie la parte preponderante quello che esce ora a cura di Giancelso Agazzi, persona che vive con una passione straripante per la montagna, come evidenziano i suoi articoli che corredano il libro. Non è lui comunque il vero autore del libro, che ha invece come titolare, Guido FerrarI, un suo prozio, che è stato un pioniere dell’alpinismo bergamasco. L’idea del libro nasce quando l’Agazzi, curiosando nell’archivio fotografico del prozio si imbatte in una fotografia che lo ritrae sulle vetta della Punta di Scais, una montagna al confine tra l’Alta Valle Seriana e la Valtellina. È un colpo di fulmine, che lo fa precipitare all’assalto di quell’archivio, dove le fotografie abbondano nel presentare la storia di chi tre generazioni prima di lui amava frequentare la montagna. Anche se si tratta di sole immagini in bianco e nero, è impressionante trovarsi di fronte persone che salgono su ripide montagne innevate con lo stesso abbigliamento indossato nel loro vivere quotidiano. Ma è anche l’espressione del loro volto che ce li fa sentire come appartenenti ad un mondo lontano, che proprio non potrebbe più essere il nostro. Se è davvero difficile trovare a portata di mano fo96 pagine copertina in b/n con risvolti fotografie d’epoca in b/n formato cm 21,5x21,5 euro 18.00 Collana “Impressioni di luce” Lyasis Edizioni
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tografie che superano l’immaginazione, in questo libro, dove non mancano anche testimonianze e documentazioni, potremo trovare un aspetto inconsueto e impensabile di tutto ciò che riguardava il mondo della montagna di un’epoca che ci ha preceduto, nella normalità dell’esistenza e nella particolarità di trovarsi sul fronte bellico della prima guerra mondiale.
“STAMBECCHI, IMMAGINI ED EMOZIONI” di Luca Pelliccioli
Il consuntivo di un impegno iniziato 30 anni or sono per la introduzione dello stambecco nelle Alpi Orobie, e concluso con il progetto culturale triennale “Citizen science: Stambecco Orobie e Lombardia 2017-2019”, non poteva disporre di migliore visibilità e duratura concretezza che con la realizzazione dello splendido volume “Stambecchi: immagini ed emozioni”. È un libro che non nasconde l’esigenza di sfogliare lentamente ogni pagina, nella quale si scorge la passione di Luca Pelliccioli, il medico veterinario, coordinatore scientifico del progetto, che ne ha curato l’edizione. L’importanza di aver riportato lo stambecco a vivere nelle nostre montagne viene acquisita anche attraverso l’affascinante presentazione di questo animale selvatico che può venire considerato come il simbolo delle Alpi e della bellezza della montagna. Questo ungolato, appartenente alla
156 pagine copertina rigida a colori fotografie a colori formato cm 17,5x24,5 Edizioni Parco delle Orobie Bergamasche
famiglia dei bovidi, che qui viene ripreso nei suoi vari aspetti dalle 52 fotografie, che insieme alle considerazioni e alle testimonianze riportate a lato compongono quasi totalmente le pagine del libro. L’essenza del volume è data infatti dalle magiche ed artistiche fotografie selezionate tra le altre numerose che sono state scattate e trasmesse da una nuova generazione di fotografi naturalisti appassionati, i quali sono stati capaci di cogliere le particolarità più avvincenti dello stambecco e dell’ambiente in cui vive. Nel suo insieme il volume può risultare interessante e piacevole anche per chi non ha mai pensato alla fauna delle nostre montagne e alle conseguenze del suo depauperamento, che si riflette inevitabilmente nella privazione di molti aspetti ambientali e culturali che riguardano l’uomo.
“SENTIERO ITALIA VOL. 10 – LOMBARDIA. DA COMO ALLA CONCA DEL MONTOZZO” Di Stefania Bonomini, Roberto Ciri, Giovanna Prennushi, Franz Rossi
Con oltre 7600 km di sviluppo e quasi 350mila metri di dislivello, il Sentiero Italia è di gran Roberto Ciri Giovanna Prennushi Stefania Bonomini Franz Rossi
SENTIERO ITALIACAI Como D Conca del Montozzo
lunga il cammino a tappe più lungo del mondo. Ed anche la sua guida, divisa in 12 volumi, potrebbe entrare nel Guinness dei Primati. A fine marzo è stato pubblicato l’ultimo volume della collana, che descrive le tappe lombarde. Qui il SICAI prevede due varianti, una settentrionale che da Como si innalza tra le colline del lungo lago fino a giungere a lambire i grandi ghiacciai alpini del Disgrazia, del Bernina e dell’Ortles-Cevedale, ed una meridionale che attraversa dapprima le Prealpi fino a giungere alle erte cime delle Orobie. “Siamo persone con competenze molto diverse – ci raccontano gli autori – eppure percor-
VOLUME
rere i vari tratti del cammino ci ha fatto scoprire una vicinanza che crediamo si rifletta anche
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nel volume. In fondo la passione per il turismo lento, per l’ambiente montano, il rispetto per
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LOMBARDIA
la Natura, sono tutti valori che accomunano noi e tutti coloro che si muovono nelle Terre Alte”.
Sentiero Italia CAI Club Alpino Italiano
idea Montagna editoria e alpinismo
Il tratto lombardo del Sentiero Italia ha uno sviluppo di 750 km che sono divise in 51 tappe, una bella sfida se pensata in un’unica soluzione.
448 pagine – Prezzo: Euro 31,00 Editore: Idea Montagna Collana: Sentiero Italia CAI ISBN: 979-12-80483-28-7
“Abbiamo cercato di descrivere ogni tappa in modo da garantirne una fruizione per tutti: per coloro che, zaino in spalla, vogliono percorrere l’intero territorio, ma anche per chi cerca delle gite da una giornata o da un weekend. Oltre a spiegare il percorso e a fornire tutte le informazioni utili, abbiamo voluto aggiungere una nota sul particolare che ci aveva colpito di più, che fosse un aspetto naturalistico, architettonico o una leggenda locale”
I NEGOZI DF SPORT SPECIALIST BELLINZAGO LOMBARDO (MI) Centro Commerciale La Corte Lombarda Strada Padana Superiore, 154 Tel. 02-95384192
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BRESCIA Centro Commerciale Nuovo Flaminia Via Sorelle Ambrosetti, 10 Tel. 030-3376755
MILANO Via Palmanova, 65 (Ampio parcheggio - ingresso da Via Cesana, 4) MM2 UDINE/CIMIANO Tel. 02-28970877
CREMONA Centro Commerciale Cremona Po Via Castelleone, 108 Tel. 0372-458252 DESENZANO DEL GARDA (BS) Centro Commerciale Le Vele Via Marconi, angolo Via Bezzecca Tel. 030-9911845 GRANCIA / LUGANO (Svizzera) Parco Commerciale Grancia Via Cantonale, Grancia Tel. 0041-919944030 LISSONE (MB) Multisala UCI Cinema Via Madre Teresa / SS36 - Uscita Seregno SUD Tel. 039-2454390 MAPELLO (BG) Centro Commerciale Il Continente Via Strada Regia, 4 Tel. 035-908393
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