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Dinamismo del commercio
Dinamismo del commercio I nuovi mercati coperti non hanno ricevuto un’adeguata considerazione1, sia negli studi di storia dell’architettura sia in quelli di storia urbana, forse perché non apparivano abbastanza significativi sotto il profilo architettonico rispetto ad altre tipologie di edifici commerciali (passages, gallerie, grandi magazzini, shopping centers), né abbastanza rappresentativi delle dinamiche di trasformazione della città proprie dell’Europa del secondo Ottocento2 . A trattare il tema dei mercati in ferro e vetro sono stati gli studi sulla diffusione delle nuove tecnologie costruttive. La letteratura tecnica, in particolare, è stata da subito disponibile a recepire l’attenzione che i governi locali e i professionisti riservavano alla questione nella gestione dei programmi di ammodernamento delle città3 . Gli anni Cinquanta-Sessanta del «lungo Ottocento»4 si configurano fra i più interessanti del secolo per il rapporto che si instaura tra arte e tecnica, sotto la spinta delle nuove esigenze sociali, economiche, politiche e di igiene pubblica che la borghesia liberale e l’ambiente medico-scientifico impongono all’architettura e all’amministrazione delle città in nome del «progresso», la parola-chiave dell’epoca. Un’epoca segnata da forti contraddizioni, dove al capitalismo che si diffonde su scala mondiale si oppongono problemi di instabilità politica interna. Gli sviluppi della ricerca applicata ai materiali e agli
1 M. Guardia, J.L. Oyón (ed. por), Hacer ciudad a través de los mercados Europa, siglos XIX Y XX, Ajuntament de Barcelona/Institut de Cultura, Barcelona 2010; M. Guàrdia, J. Luis Oyón, S. Garriga, Markets and Market Halls, in J. Stobart, V. Howard (eds.), The Routledge Companion to the History of Retailing, Routledge, Abingdon-New York 2019, pp. 101-118. Cfr. T.A. Markus, Buildings and Power: Freedom and Control in the Origin of Modern Building Types, Routledge, London-New York 1993, pp. pp. 300-316 (Chapter 11 Exchange). 2 Lo studio si concentra sull’Europa occidentale; sul resto del continente vedi M. Omilanowska, Warszawskie hale targowe z drugiej połowy XIX i pocza¸tku XX wieku, in T. Grygiela (ed.), Architektura XIX i pocza¸tku XX wieku, [u.a.] Wroclaw 1991, pp. 56-69; Ead., Los mercados cubiertos en Escandinavia, Russia, Europa central y del Este, in Guardia, Oyón (ed. por), Hacer ciudad, cit., pp. 405-434. 3 Dopo la Monographie des Halles centrales de Paris, construites sous le règne de Napoléon III et sous l’administration de M. le baron Haussmann di Victor Baltard e Felix Callet (A. Morel, Paris 1863), preceduta da una prima edizione del 1862 per lo stesso editore e seguita dal Complément de la monographie des halles centrales de Paris del solo Baltard (Ducher, Paris 1873), si segnalano i rapporti richiesti dagli organi governativi e i manuali: J. Robert de Massy, Des halles et marchés et du commerce des objets de consommation a Londres et a Paris: rapport à S. Exc. M. le ministre de l’agriculture, du commerce et des travaux publics, Imprimerie Impériale, Paris 1861-1862; T. Risch, Bericht über Markthallen in Deutschland, Belgien, Frankreich, England und Italien, Im Selbstverlage des Magistrats/Wolf Peiser, Berlin 1867; J. Hennicke, Mitteilungen über Markthallen in Deutschland, England, Frankreich, Belgien und Italien, Ernst & Korn, Berlin 1881; G. Osthoff, Die Markthallen für Lebensmittel, Karl Scholtze, Leipzig 1894, cui seguirà G. Osthoff, E. Schmitt, Markthallen und Marktplätze, in Handbuch der Architektur: Gebäude füe die Zwecke der Landwirtschaft und der Lebensmittelversorgung, vol. IV, Alfred Kröner, Leipzig 1909 (3rd ed.), pp. 295-429. 4 E.J. Hobsbawm, Il Secolo breve, Rizzoli, Milano 2016 (ed. orig. 1994), p. 18.
pagina a fronte Fig. 1 Charles Fowler, Covent Garden Market, 1827-1830, Londra, vista dell’esterno, cartolina (Collezione privata, 1910 ca). Fig. 2 Charles Fowler, Covent Garden Market, 1827-1830, Londra, vista dell’interno (Collezione privata, 1920 ca).
aspetti funzionali, tecnici e formali del manufatto architettonico, dalle aree più avanzate di influenza anglosassone e francese si diffondono nei centri maggiori dell’Europa5, che si modernizzano attraverso i rapporti diplomatici, culturali e commerciali, stabiliti con gli epicentri dell’innovazione, e la propaganda nazionale, offerta dalle esposizioni universali, documentata dalle riviste e dalle fotografie e amplificata dalle politiche colonialiste. Nel quadro delle trasformazioni che investono le città il commercio è il campo che mostra il maggiore dinamismo con lo sviluppo di nuove tipologie architettoniche direttamente o indirettamente legate a esso, come le gallerie commerciali, le stazioni ferroviarie, i padiglioni espositivi e i mercati coperti6 , tipologie visibilmente influenzate dal Crystal Palace7: il gigantesco padiglione che si impone quale espressione della modernità, sebbene il processo di copertura dei grandi spazi pubblici con elementi standardizzati in ferro e vetro sia già avviato quando l’opera irrompe sulla scena internazionale nel 1851. Si tratta di attrezzature urbane di uso collettivo, che si legano fra loro anche sotto l’aspetto costruttivo e che Walter Benjamin legherà indissolubilmente al concetto di transito8. Luoghi di socializzazione e di specializzazione, dove lo spazio è estremamente pianificato, in un’epoca in cui dominano il razionalismo, la riflessione, l’analisi9, anche se Émile Zola descrive le Halles centrales di Parigi come un labirinto10, dove le cibarie si mostrano opulente al pari degli articoli di lusso delle gallerie, quasi a ostentare la ricchezza della nuova élite borghese che sta consolidando la propria ascesa in tutto il mondo occidentale. Ma rispetto alle gallerie, sublimate da Benjamin, i mercati assolvono a una funzione primaria per la società urbana: la vendita di alimenti; ciò spiega la secolare posizione al centro della città e la moderna elevazione allo status di architettura di questi edifici, di concezione semplice in passato e ora ammantati di decoro e di rappresentatività, capaci di competere per monumentalità con altre categorie di edifici pubblici. I nuovi mercati si collocano fra gli emblemi della Rivoluzione industriale, da cui dipendono la straordinaria crescita demografica e urbana, l’economia capitalistica e l’incremento dei sistemi di trasporto e di comunicazione, che favoriscono gli scambi e quindi la maggiore varietà di prodotti, fra i quali il cibo. Dopo ‘progresso’, un’altra parola-chiave sarà dunque ‘grandezza’: grandi spazi da coprire, per vendere grandi quantità di commestibili, per città sempre più grandi. Obiettivo raggiungibile grazie al nuovo binomio ferro-vetro, la tecnologia più avanzata dell’epoca.
5 Cfr. D. Brianta, Europa mineraria. Circolazione delle élites e trasferimento tecnologico (secoli XVIII-XIX), Franco Angeli, Milano 2007. 6 N. Pevsner, Storia e caratteri degli edifici, Fratelli Palombi, Roma 1986 (ed. orig. 1976). In letteratura si segnalano i ‘romanzi architettonici’ di Émile Zola, Au Bonheur des Dames (Paris 1883) e Le Ventre de Paris (Paris 1873), dove la costruzione della trama ruota intorno alla descrizione analitica e percettiva insieme delle moderne architetture di servizio rese possibili dall’impiego del ferro e vetro prodotti in serie: il grande magazzino e il mercato coperto. 7 E. Schild, Dal Palazzo di Cristallo al Palais des Illusions, Vallecchi, Firenze 1971, pp. 33-54. Cfr. C. Hobhouse, 1851 and the Crystal Palace, Murray, London 1950; P. Beaver, The Crystal Palace: 1851-1936 a portrait of Victorian enterprise, H. Evelyn, London 1970; J. McKean, Crystal Palace: Joseph Paxton and Charles Fox, Phaidon, London 1994; G. Brino, Crystal Palace: cronaca di un’avventura progettuale, Sagep, Genova 1995. 8 W. Benjamin, I «passages» di Parigi, a cura di R. Tiedemann, Einaudi, Torino 2010 (ed. orig. 1982), vol. I, pp. 159-178: 163. 9 Cfr. A. Hauser, Storia sociale dell’arte, vol. IV, Einaudi, Torino 2001 (ed. orig. 1956), pp. 60-103. 10 E. Zola, Il ventre, in Id., Taccuini, a cura di H. Mitterand, Bollati Boringhieri, Torino 1987 (ed. orig. 1986), pp. 275-326.
Se le peculiarità del ferro si apprezzano particolarmente nei ponti sospesi, dove si enfatizzano la leggerezza e l’eleganza delle forme, inconcepibili con i metodi costruttivi tradizionali, le qualità del vetro si rivelano nelle serre11: due costruzioni nuove, che si legano all’Inghilterra e alla Francia, al paese dove la Rivoluzione industriale ebbe inizio e a quello dove le opportunità cui la stessa diede corso in forma empirica furono indagate e trasmesse scientificamente. La funzione dei ponti si collega al concetto di movimento, quella delle serre alle nozioni di esposizione e protezione, finalità che si riscontrano comunemente nei nuovi mercati, dove la circolazione di mezzi e persone e l’esibizione protetta dei viveri definiscono le linee guida della progettazione. Eppure l’adozione dei nuovi materiali suscita notevoli perplessità, sia in tema di affidabilità, sia in merito a questioni di forma, perciò si decide di mascherarli o di forgiarli secondo linguaggi tipici della tradizione costruttiva dando origine alle «costruzioni miste», per le quali le grandi stazioni di testa (soprattutto francesi) fungeranno da modello nel passaggio dalla stereotomia alla tettonica12. Nel fabbricato viaggiatori, concepito come un monumento in pietra e muratura a mediare il passaggio dalla città alla galleria dei treni, gli architetti restano ancorati agli stili del passato, laddove nell’ampio vano in ferro e vetro a copertura dei binari gli ingegneri sperimentano sistemi costruttivi via via più innovativi, che finiranno per erodere lo spessore delle masse nel tentativo di armonizzare lo spazio architettonico con quello industriale sublimando la struttura metallica13. La
11 N. Pevsner, I pionieri dell’architettura moderna. Da William Morris a Walter Gropius, Garzanti, Milano 1999 (ed. orig. 1936), pp. 139-174. 12 R. Gargiani, L’origine tessile della parete e il principio del rivestimento da Gottfried Semper alla Neue Sachlichkeit, in G. Fanelli, R. Gargiani, Il principio del rivestimento, Laterza, Roma-Bari 1994, pp. 3-14. Cfr. K. Frampton, Tettonica e architettura: poetica della forma architettonica nel XIX e XX secolo, Skira, Milano 2007, pp. 19-52. 13 A. Colquhoun, XIX secolo: l’architettura delle stazioni in Francia e in Inghilterra, «Casabella», 624 (1995), pp. 46-51.
Fig. 3 Charles Fowler, Hungerford Market, 1830-1833, Londra, facciata sul Tamigi, incisione (Collezione privata).