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Il trasferimento della capitale: un’occasione da non perdere

dalla scelta di un sistema di mercati per firenze capitale alla chiamata di giuseppe mengoni

Il trasferimento della capitale: un’occasione da non perdere L’approvazione da parte della Camera del progetto di legge per il trasferimento della capitale da Torino a Firenze accelera in città i programmi di trasformazione e ampliamento che erano già stati posti all’ordine del giorno dopo l’alluvione dell’Arno con l’istituzione di una commissione per i lavori straordinari (Straordinaria) e, successivamente, con l’affidamento a Poggi dell’incarico di approntare il piano di ingrandimento della città. Un mandato reso possibile grazie a due provvedimenti, appena deliberati dal Consiglio Generale, che prevedono di sollecitare il Governo a promulgare la legge sull’esproprio per opere pubbliche e di autorizzare la commissione Straordinaria a conferire incarichi a professionisti esterni all’Amministrazione comunale per accelerare i progetti in funzione di quello spostamento1 . Ratificati i termini della ‘Convenzione di Settembre’, il Consiglio Generale si aduna un’ultima volta prima che la fine dell’anno segni per Torino l’avvio dei preparativi per il trasloco del Governo e della Corte2 e per Firenze l’apertura dei lavori, nella consapevolezza che l’inedita veste politica sarebbe stata sì provvisoria ma senza immaginare che lo sarebbe stata per un tempo così breve! Il trasferimento della capitale a Firenze, già ventilato nel 1861, nel 1864 diventa dunque ufficiale e, per la rapidità con cui viene attuato, produce un effetto sconvolgente sugli equilibri urbani preesistenti, già messi in discussione dall’arrivo ‘in città’ della ferrovia. Ciò accadrà non solo a causa della nuova mole di lavori pubblici ma anche per il repentino aumento della popolazione in una città che non è né grande, né ricca, né popolosa3 . I fiorentini che si trovano a rappresentare insieme Governo, Parlamento e Municipalità non possono perdere l’occasione di rivedere l’assetto urbano e il peso complessivo della loro città4. L’operazione urbanistica si imposta allora come parte di un piano più generale di ristrutturazione urbana, che intende includere Firenze nel circuito delle grandi capitali europee, ugualmente segnate dall’avvento al

1 ASCFi, Comunità di Firenze, Deliberazioni Consiliari, CA 102, Ad. 17 novembre 1864. Il provvedimento consentirà più avanti di chiedere una consulenza all’architetto Giuseppe Mengoni. 2 P. Roselli et al., Nascita di una Capitale, Alinea, Firenze 1985. Cfr. C. Paolini, La nuova Corte sabauda e L. Zingoni, Le sedi della Pubblica Amministrazione, in Maccabruni, Marchi (a cura di), Una Capitale e il suo Architetto, cit., pp. 49-66 e 79-93; C.M. Fiorentino, Firenze capitale e la corte di Vittorio Emanuele II e S. Manassero, Tra emergenze nazionali e esigenze locali: il trasferimento delle sedi ministeriali da Torino a Firenze, in Chiavistelli (a cura di), Una città per la nazione?, cit., pp. 45-63 e 267288. 3 A. Mari, La questione di Firenze trattata dal deputato Adriano Mari, Libreria Paggi, Firenze 1878. 4 Pellegrino, La città più artigiana d’Italia, cit., pp. 233 ss.

pagina a fronte Fig. 30 Veduta panoramica di Firenze (©giado123, 123RF).

potere delle borghesie liberali5. Nondimeno, lo stato provvisorio della nuova condizione politica e l’aver confidato troppo a lungo sulla protezione di Napoleone III, dopo i moti del 1848, ma soprattutto la mancanza di una consolidata classe dirigente saranno alla base del fallimento del programma fiorentino al contrario di quanto accadrà al modello d’Oltralpe. Parigi sarebbe rimasta la capitale francese al di là dell’uscita di scena dei principali artefici della sua metamorfosi, il prefetto Haussmann e l’Imperatore (1870), potendo così assistere al compimento dei cantieri da loro avviati6. L’abbattimento delle mura e la realizzazione al loro posto di grandi viali suggellano il passaggio da città medievale a città moderna che Firenze sta compiendo, ma rispondono in primo luogo al bisogno urgente di ampliare i confini del centro urbano7, che si troverà ad avere i nuovi quartieri residenziali a ridosso dei grandi tracciati viari come nel modello parigino, laddove il processo di formazione di una periferia è ancora incerto e la più complessa riqualificazione del nucleo urbano antico si attuerà parzialmente molto più tardi: quando il decretato smantellamento del Mercato Vecchio determinerà l’effettiva entrata in funzione del nuovo mercato Centrale (1881). Su questa incongruenza si condividono le riflessioni di Guido Zucconi:

[…] I piani per le città-capitali, scaturiti da situazioni eccezionali, contribuiscono ben poco alla definizione di tecniche e di procedure necessarie ad una prassi quotidiana di pianificazione urbana. Del piano del Poggi per Firenze, degli elementi che lo compongono (i grandi viali di circonvallazione, il viale dei colli, i quartieri extra-moenia) è stato ampiamente scritto, date le fortune critiche di cui esso ha goduto, va però sottolineato il fatto che già negli stessi anni in cui il Poggi redige il piano di ingrandimento, l’Ufficio d’arte municipale appronta lo studio per il riordinamento del Mercato vecchio, l’area sulla quale vent’anni dopo “il piccone” infierirà con particolare ferocia. Il piano del Poggi e il riordinamento del Mercato vecchio sembrano appartenere a due livelli distinti: come se l’effimera vicenda di Firenze capitale si sovrapponesse, senza intaccarne il profilo, alla continuità della politica comunale in materia di edilizia cittadina8 .

Come più volte emergerà dalle sedute del Consiglio e della Giunta comunali, fino a quando nel «centro» sarebbe rimasto il Mercato Vecchio ‘grandi lavori’ non avrebbero potuto avere luogo, individuando in quell’antica presenza sia un ostacolo per le trasformazioni urbanistiche sia un freno per le speculazioni edilizie. Intervenire all’interno della città avrebbe significato demolire abitazioni in un momento in cui c’era più bisogno di costruire alloggi.

5 P. Macry, R. Romanelli (a cura di), Borghesie urbane dell’Ottocento, «Quaderni Storici», n. 56, 2 (1984). 6 G. Spini, Prefazione, in Fei, Nascita e sviluppo di Firenze, cit., pp. V-IX. 7 Firenze fu ampliata aggregandole porzioni del territorio di diversi comuni limitrofi, in parte soppressi (Legnaia, Pellegrino, Rovezzano), in parte ridisegnati (Bagno a Ripoli, Fiesole, Galluzzo), vedi M. Laguzzi, La Convenzione di settembre, le reazioni, la situazione socio-economica della città, in Maccabruni, Marchi (a cura di), Una Capitale e il suo Architetto, cit., pp. 29-46 (scheda 2.18); C. Pazzagli, S. Soldani, Lineamenti e scansioni di un territorio regionale. La Toscana amministrativa da Pietro Leopoldo a oggi, in La Toscana dal Granducato alla Regione. Atlante delle variazioni amministrative territoriali dal 1790 al 1990, Marsilio, Venezia 1992, vol. I, pp. 15-155, tav. 22. 8 G. Zucconi, La città contesa, Jaca Book, Milano 1999, p. 27.

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