11 minute read

impronte allusive sul terreno

Next Article
geotessili

geotessili

Frequenti sono interventi che si basano sull’allestimento delle “impronte” di un edificio i cui resti materiali restano interrati. Tali allusioni possono essere realizzate lasciando in vista le creste originali a livello del terreno circostante (o leggermente rialzate) oppure, più frequentemente, collocando lastre di pietra, laterizi o siepi/tessuti erbosi1 per suggerire la planimetria semplificata dell’edificio. Allo stesso modo è possibile offrire suggestioni su alcuni volumi murari scomparsi e organizzare un sistema efficiente di percorsi per i visitatori.

1 “… esplorato il sepulcretum […] ne furono colmate di terra le fosse; e spianato il terreno fino al livello della Via Sacra, vi fu tracciata la planimetria delle tombe, segnandone la cavità con verde tappeto di lippia repens” (Boni 1913).

Le murature non più esistenti sono rievocate con nuovi volumi realizzati con reti metalliche o segnalazioni a terra.

Segnalazione di muri scomparsi con un nuovo volume neutro o con un signacolo pavimentale.

Il consolidamento precauzionale ha lo scopo di contribuire a contenere le sollecitazioni più pericolose a cui un muro o un fronte di scavo possono essere soggetti nelle diverse fasi di cantiere. Gli interventi conservativi, e quelli di protezione delle creste in particolare, d’abitudine vengono eseguiti a conclusione degli scavi, ad esclusione di quelli che pericolosi rischi di crolli rendono inderogabili. È noto che lo scavo può essere una delle cause di degrado e dissesto e che lo stesso restauro può attivare nuovi cicli degenerativi. Per questo è opportuno che un reale interesse per gli aspetti conservativi trovi spazio con un giusto anticipo (prevenzione) in maniera da attivare atteggiamenti di cautela e provvedimenti di preallarme. Una raccolta dei diversi tipi di intervento e le indicazioni per i probabili adeguamenti a nuove condizioni costituiscono il riferimento (manuale di pratica costantemente aggiornabile) per la preparazione e la successiva conduzione del cantiere.

I sintomi dei danni che potrebbero presentarsi in seguito sono quasi sempre avvertibili già nelle prime fasi di scavo e, in particolare, nelle parti che per prime emergono e che sono destinate, in tempi successivi, a manifestare le vulnerabilità più gravi.

• Azione dell’acqua di infiltrazione da terra: è necessario regimare le acque superficiali facilitandone un corretto defluire ed evitando fenomeni di ruscellamento. La formazione di canalette può essere realizzata provvisoriamente (cercando di assicurare il massimo rispetto delle caratteristiche delle sezioni di scavo) tramite teli di plastica e localizzati riporti di terra o altro materiale.

• Azione dell’acqua dall’alto: lo scopo principale è quello di proteggere gli elementi di apparecchio della cresta del muro per il tempo sufficiente a completare lo scavo e predisporre interventi più adeguati. Sarà necessario realizzare strategici volumi di sacrificio sulle creste nel rispetto delle caratteristiche della muratura prevedendo la reversibilità totale. Bisognerà tener conto della destinazione futura del muro, in particolare se sarà o meno calpestabile. Una copertina provvisoria può essere facilmente confezionata con assi di legno o pannelli appoggiati direttamente sulle murature, meglio se da queste distanziate di qualche centimetro, oppure retti da un telaio autonomo poggiato a terra. In condizioni di emergenza è sufficiente utilizzare anche solo teli di plastica ben posizionati a condizione che vengano tolti appena possibile per evitare condense.

La capacità di prevedere i futuri sviluppi dello stato di salute di un sito è la base indispensabile per la sua tutela.

Gli interventi d’emergenza devono risolvere esigenze immediate ma devono essere seguite da interventi ordinari.

• Spinte orizzontali: l’eliminazione del terreno può provocare danneggiamenti nei muri. Le irregolarità delle creste, in molti casi, sono un sintomo significativo di cedimenti avvenuti in altre parti della struttura e tali da confondere la situazione attuale. Fondamentale risulta, in tali casi, una preventiva campagna di documentazione di emergenza. Il comportamento dei muri può variare in maniera sensibile a seconda che la cresta sia a livello del terreno (muro non ancora scavato), parzialmente rilevata (muro scavato solo in parte) oppure risulti emergente (muro scavato oppure da tempo fuori terra). Diverse possono essere le evidenze nelle creste di muri scavati su tutti i lati da quelle presenti invece su un muro scavato solo su un lato. In questi casi è necessario puntellare il muro lasciando, se possibile, un po’ di spessore del terreno a ridosso del muro. Uno scavo “a cantieri” (con saggi di sicurezza discontinui da ricomporre in seguito) potrebbe essere una buona soluzione perché permette il controllo delle operazioni di scavo e di consolidamento ma non è ben visto da molti archeologi che preferiscono operare in open area. Una opera di sbadacchiatura preventiva o quando lo scavo è profondo solo un paio di decimetri è sufficiente per contenere facilmente possibili cedimenti ed espulsioni di parti in futuro. Il più delle volte sono sufficienti un paio di assi contrastate da sergenti di metallo (strettoi, morsetti) o di legno (listelli, moraletti). È opportuno che le sponde di legno non tocchino direttamente il muro ma il contatto sia ammortizzato (per esempio con una tela di sacco più volte piegata o pezzi di gomma).

Una utile soluzione, soprattutto in condizioni di emergenza, può essere l’impiego di pallets che bene si prestano all’allestimento di efficaci strutture protettive provvisorie.

La struttura di legno può essere protetta all’occasione da un telo impermeabile per il tempo necessario. In alcuni casi si può utilizzare una rete metallica (per esempio una rete elettrosaldata di sezione e maglia adeguate) sagomata sulle caratteristiche del muro da contenere. Un’altra soluzione (certo poco ortodossa ma comunque efficace e meno invasiva di quanto non si creda) prevede che gli elementi di apparecchio vengano legati tra loro in una rete a maglia triangolare. Nel baricentro di alcune pietre si esegue un forellino nel quale trova posto un tassello a espansione di plastica. Le teste delle vite infisse vengono legate con un filo metallico a formare tanti triangoli tendenzialmente equilateri. Tutta la superfice può essere coperta da un telo1 a sua volta protetto da zolle di terra possibilmente argillosa, malta o con altro sistema. Copertina e maglia, esaurita la loro funzione, possono essere facilmente eliminate così come i tasselli mentre i forellini possono essere fatti scomparire riempiendoli con malta.

1 Per un intervento a tempo - protezione stagionale si può utilizzare uno strato di sabbia oppure di argilla espansa, facilmente reversibile e riutilizzabile.

Le motivazioni che più frequentemente vengono portate a giustificazione di una mancata azione conservativa sono legate a mancanza di fondi, anche quando per gli scavi si è reso disponibile un budget di tutto rispetto. Nel campo del restauro, in analogia con quanto avviene ormai da qualche decennio nella nuova edilizia, si possono utilizzare materiali di rifiuto che oltre ad assicurare buoni risultati hanno il vantaggio di avere costi molto ridotti. Nell’architettura antica è frequente che edifici diventino cave di materiali da costruzione. Dopo alcuni cataclismi i “restauri di necessità” hanno dimostrato l’importanza del “costruire la prevenzione” a cataclismi successivi. Recentemente una maggiore sensibilità provoca forti prese di posizione nei confronti del reimpiego dei rifiuti in quel delicato equilibrio che sta diventando uno dei principali problemi mondiali. Sempre più frequentemente si rendono note esperienze di interventi nei quali un ruolo importante, talvolta determinante, è svolto proprio da materiali di riciclo. In un cantiere di restauro si possono utilizzare materiali edili provenienti da demolizioni selettive1 (laterizi, pietrame lavorato o meno, legnami e metalli) ma anche materiali non edili. Nei Programmi Europei per la competitività e l’innovazione, sia pure con non poche resistenze, il materiale di scarto può essere considerato una nuova e conveniente materia prima seconda con un sensibile ampliamento dei campi di applicazione e riduzione dei costi. Alcuni interventi con materiali riciclati non di rado geniali (ma per molti solo follie da architetti) sono diventati prototipi destinati a essere riprodotti. Il restauro archeologico rappresenta un promettente campo di ricerca e di intervento anche da questo punto di vista. Il caso più frequente è costituito da sacchetti riempiti con terra di scavo e cassette con i relitti murari posti a protezione delle creste e a contrasto di pareti spingenti oppure come ricarico di strutture. I materiali recuperati possono essere stivati in un luogo non distante per essere reimmessi in un nuovo ciclo produttivo. Nel cantiere di restauro, soprattutto quando si interviene in condizioni di emergenza, si possono utilizzare materiali non specifici dell’edilizia ma che, a certe condizioni, possono essere riutilizzati con vantaggi pratici e a costi irrisori: elementi di legno (pali, assi e bambù possono servire per puntellare e allestire tettoie provvisorie2); avvolgibili di legno (diventano efficaci passerelle in terreni dissestati o fangosi); cassette di plastica per bottiglie (impilate e legate tra loro costituiscono strutture drenanti e gabbionate, contenitori di vegetazione -architettura vegetale- per proteggere le creste o suggerire murature scomparse); tappi di plastica e sughero (possono diventare l’aggregato al posto di argilla espansa per sottofondi e strati protettivi); bancali di legno (strutture per protezioni stagionali, elementi protettivi); pneumatici (strutture drenanti, contenimento di scarpate, microfrane e fenomeni erosivi. Tagliati a metà e legati in verticale diventano efficaci gattaiolati per protezioni stagionali); tubi di cartone (protetti da due mani di bitume possono essere impiegati come sostegni); coperte (protezione contro le variazioni termiche e controllo dell’umidità di condensa). Queste soluzioni sono una possibile alternativa al non fare niente e alle improvvisazioni (comunque costose) a cui spesso si fa ricorso. protezione delle creste e didattica

1 Nelle voci di capitolato l’indicazione “demolizione andante” va evidentemente sostituita da quella di “cauto smontaggio” con indicazioni conseguenti relative allo stivaggio e la preparazione per ulteriori usi. Il materiale può essere trattato, in ordine decrescente: riduzione alla fonte, riutilizzo, reimpiego, riciclo in situ, riciclo della materia, riciclo organico, valorizzazione, abbandono.

Una caratteristica che sembra ricorrente della protezione delle creste, indipendentemente dalla soluzione protettiva adottata, è la tendenza a omogeneizzare le sommità dei muri. Di solito il trattamento deciso viene esteso a gran parte delle creste senza tener conto delle caratteristiche d’apparecchio dei muri, delle diverse datazioni delle stratigrafie superstiti, delle tracce di crolli e/o demolizioni, rifacimenti antichi e interventi recenti che diventano strumento di interpretazione e di informazione. La conoscenza consapevole dello sviluppo nel tempo di un monumento si basa anche, e soprattutto, sulla capacità di analisi delle tracce superstiti ma anche la possibilità che altri, in tempi successivi possano svolgere nuove e aggiornate indagini. La “ricostruzione” è frutto di una interpretazione, sempre correggibile, e costituisce uno strumento di comunicazione di grande efficacia che può essere sfruttato a fini educativi soprattutto per fasce di utenza meno preparate1. Le creste scoperte dei muri e le copertine che le sostituiscono possono svolgere una buona funzione informativa se presentano le differenze tra le parti con chiarezza facilitando le osservazioni2. In pratica differenziare le creste, e quindi renderle “leggibili”, non è difficile. Scelta una soluzione basterebbe utilizzare inerti di colori differenti. Si possono bordare i singoli tratti di copertine con nastri colorati oppure impiegare dei signacoli facilmente riconoscibili. La chiave di lettura è costituita da rilievi o modelli in scala, opportunamente posizionati, nei quali le singole murature sono segnalate con gli stessi colori3.

1 “… Le date e la cronologia oggi non sono affascinanti […] la natura lineare della narrativa limita la comprensione della storia […] mentre la narrazione storica è unidirezionale, il passato è multiforme, molto più complesso di qualsiasi linea storica sequenziale” (L.Lowenthal, 1985).

2 “Per intrattenere, informare, educare il presente, il passato deve essere presentato in un modo accessibile” (M.ShanksCh.Tilley,1996)

3 A queste soluzioni che si possono ormai ritenere tradizionali si sono aggiunte, nei tempi più recenti, proposte nuove basate prevalentemente sull’informatica. Di grande interesse sono i volumi “suggeriti” da proiezioni video direttamente sulle murature originali oppure da giochi di luci opportunamente direzionate. Non si può non riconoscere a queste soluzioni una grande efficacia e una totale reversibilità ma, allo stesso tempo, va evidenziato il rischio che la suggestione che ne deriva possa prendere il sopravvento. Soprattutto negli utenti meno preparati e, perciò, potenzialmente più vulnerabili.

BONI G., La conservazione dei ruderi ed oggetti di scavo, GIOVANNONI G., Il restauro dei monumenti, Primo Convegno degli Ispettori onorari dei monumenti e scavi (Roma, 1912) in “Bollettino d’Arte”, VII, 1913, 1-2.

CALZA G., Scavo e sistemazione delle rovine: a proposito di un carteggio inedito di P.E.Visconti sugli scavi di Ostia, in “Bullettino della Commissione Archeologica Comunale”, Roma 1916.

CALZA G., Restauri di antichi edifici in Ostia, in “Bollettino d’Arte” 1929, p.300.

GASPARI L., Ricettario pratico per l’edilizia, Torino 1947.

GAZZOLA P., La conservazione e il restauro dei castelli alla luce della Carta di Venezia, in “Castellum” 8, 1968.

VLAD BORRELLI L., Problemi di restauro archeologico, in “Quaderni della Pianura”, Ferrara 1977.

DRURY P.J., (a cura), Structural reconstruction. Approaches to the interpretation of the excavated remains of buildings, Oxford 1982.

LOWENTHAL D., The Past is a foreign Country, Cambridge University 1985.

TUFANI A., Le malte nel restauro. Studi, ricerche e operatività, 1987.

ASHURT J. e N., Practical Building Conservation, I-V, Aldershot 1988.

GIZZI S., Le reintegrazioni nel restauro, Roma 1988.

Progetto Pompei primo stralcio, Napoli 1988.

D’AGOSTINO S., Il contributo dell’ingegneria strutturale alla conservazione dei siti archeologici, in Atti del Convegno nazionale sulle Tecniche per il restauro archeologico, in “Restauro” 110, 1990, pp. 40-57.

Restaurare Pompei, Milano 1990.

BALFET H., Observer l’action technique: des chaînes opératoires, pour quoi faire? CNRS Edition, 1991.

BERDOCOU M-C., La conservation en archéologie, Paris 1992.

SEASE C., A conservation manual for the field archaeologists, University of California, Los Angeles 1992.

GIZZI S., Reintegrazioni in cemento nel restauro archeologico: aspetti descrittivi e riscontro di dannosità, in Scienza e beni culturali IX, calcestruzzi antichi e moderni. Atti del convegno (Bressanone 6-9 luglio 1993) a cura di G.Biscontin e D.Mietto, Padova 1993, pp. 315-28.

MARINO L., La conservazione di manufatti edili ridotti allo stato di rudere, protezione delle creste e integrazione delle lacune, in L.Masetti Bitelli (a cura), Archeologia recupero e conservazione, Istituto per i beni artistici, culturali e naturali della regione Emilia Romagna, Firenze 1993.

SHANKS M., TILLEY Ch., Re-Constructing Archaeology, London 1996.

SEGARRA LAGUNES M.M. (a cura), La reintegrazione nel restauro dell’antico. La protezione del patrimonio dal rischio sismico, Atti del Seminario (Paestum 11-12 aprile 1997), Roma 1997.

RADI L, RADI L., Foligno in particolare. Elementi tipologici dell’edificazione storica, Comune di Foligno 1997.

TEUTONICO J.M., PALUMBO G., (a cura), Management Planning for Archaeological Sites, International Workshop by Getty Conservation Institute and the Loyola Marymount University (Corinth, 19-22 may), Los Angeles 2000.

GAUDIO R., MARINO L., La conservation par le vegétal. Fiabilité didactique et réversibilité in Atti del Convegno Les vestiges archéologiques en milieu extrême: étude et conservation (Clermont-Ferrand, ottobre 2000) a cura dell’Ecole nationale du patrimoine, Paris 2003, pp. 192207.

TRECCANI G., La prova del tempo tra errori ed omissioni, in G. Biscontin, G.Driussi (a cura), La prova del tempo. Verifiche degli interventi per la conservazione del costruito, Padova 2000, p. 65.

PEDELÌ C., PULGA S., Pratiche conservative sullo scavo archeologico. Principi e metodi. Museo Internazionale delle Ceramiche, Firenze 2002.

BRUNELIERE C., Coscienza e percezione del rischio, in “Vol a voile” 105, 2002.

PULGA S., Malte e inerti per le copertine di protezione per le creste dei muri, in “Restauro Archeologico”, Bollettino del Gruppo di ricerca sul restauro archeologico, Università di Firenze 2004.

FERRIGNI F., Alla ricerca delle ‘anomalie’ che proteggono: suggerimenti e indicazioni operative, in XV Corso Retrofitting dell’edificato storico non monumentale e culture sismiche locali, (Ravello, 9-14 novembre 2005), 2005.

ASHURST J., Conservation of Ruins, London 2006.

PULGA S., La conservazione delle strutture archeologiche: storia, problematiche e materiali, Verona-Firenze 2008.

MARINO L., Restauration à ciel ouvert de l’architecture à l’état de ruine: la protection des crêtes, in “Minbar Al Jamiaa”, Proceeding of International Meeting Mediterranean Architectural Heritage (RIPAM 2 – Université Moulay Ismail, Meknès“), 2010, pp. 150-162.

MARINO L., La spazzatura di qualcuno è il tesoro di qualcun altro”. L’impiego di materiali di risulta per il restauro (“For Someone it’s Rubbish, for Others it’s a Treasure”. Employment of Waste Materials in the Architectural Restoration), in L.Rami Ceci (ed.), Luoghi e oggetti della memoria. Valorizzare il Patrimonio culturale. Studio di casi in Italia e Giordania (Places and Objects of the Memory. Valorization of Italian and Jordanian Cultural Heritage. Case Studies), Roma 2011, pp. 37-50.

MARINO L., Il restauro archeologico, Firenze 2016.

MARINO L., Le médecin des monuments. Y a-t-il des analogies entre l’architecte-conservateur et le médecin?, in Actes XIII Congreso internacional de rehabilitación del patrimonio arquitectónico y edificación (Tetuán, 10-12 ottobre), 2016.

MEGNA C., SABA A., SANNA N., SCHIRRU D., Il nuraghe Is Paras di Isili (Ca). Notizie sul restauro di un complesso stratificato dall’età del bronzo recente all’alto medioevo, in “Quaderni” 27, 2016, pp. 201-226.

D’AGOSTINO S., (a cura), Ingegneria e Beni Culturali, Bologna 2018.

MARINO L., Il restauro di siti archeologici e manufatti allo stato di rudere, Firenze 2019.

OLIVIER L., PRIEUR J., Où est passé le passé. Traces, archives,images, Paris 2022.

This article is from: