Numero 18 settembre 2013

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Da Rimini a Piacenza, una rete antimafiosa tiene unita l’Emilia Romagna di Salvo Ognibene RETE NO-NAME: La forza di un nome

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DE ANTIMAFIAE STUDIORUM

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Caracò editore: intervista a Maria Cristina Sarò di Valeria Grimaldi 100 X 100 IN MOVIMENTO

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GRUPPO DELLO ZUCCHERIFICIO

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GAP: Gruppo Antimafia Pio La Torre

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I beni confiscati in Emilia-Romagna di Salvo Ognibene Diario di una rete

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La redazione: redazione@diecieventicinque.it http://www.diecieventicinque.it/

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di nessun veicolo, mentre circa 900 imprese risultano “non titolate a poter svolgere questa attività”. Un settore, quello del trasporto merci, spartito soprattutto tra ‘ndranghetisti e casalesi. A Reggio Emilia gli incendi dolosi “da novembre sono stati oltre 30 ” dice Elia Minari, del giornale studentesco Cortocircuito di Reggio Emilia che lo scorso 30 luglio, dopo l’ennesimo incendio in un cantiere, si è recato sul posto insieme agli altri giovani cronisti per fare qualche domanda. Risultato? Minacciati e cacciati e le loro attrezzature prese a manate. Un processo di radicamento lento e costante, silenzioso, che ha portato 1

Da Rimini a Piacenza, una rete antimafiosa tiene unita l’Emilia Romagna

di Salvo Ognibene L’Emilia-Romagna è quella regione che va da Rimini a Piacenza, una regione da sempre multiculturale con in testa il suo capoluogo, Bologna. E’ qui che dagli anni ’50 in poi, sono stati portati a “svernare”, boss del calibro di Procopio Di Maggio e Tano Badalamenti, è da qui che parte tutto, il resto è storia dei giorni nostri: otto mafie straniere radicate, con la ‘ndrangheta e le altre organizzazioni criminali “autoctone”, cosa nostra e camorra in particolare, a comandare tutto. Pippo Fava la definiva la più grande “lavanderia” d’Italia ma sono occorsi più di trent’anni affinchè politica, istituzioni e gente comune iniziassero ad occuparsi realmente del fenomeno criminale e mafioso in una delle regione più ricche d’Italia. E’ stato “necessario”, tra le altre cose, che un giornalista venisse minacciato di morte (Giovanni Tizian, qui la sua storia http://ctzen.it/2012/01/11/ndrangheta-un-a ltro-giornalista-sotto-scorta-la-storia-di-gi ovanni-tizian) e che degli studenti (coordinati da Gaetano Alessi, Premio Fava giovani 2011) in collaborazione con l’Università di Bologna, scrivessero due dossier (puro volontariato ovviamente, Scaricali qui

www.diecieventicinque.it/2012/08/07/ii-d ossier-sulle-mafie-in-emilia-romagna). Le mafie in Emilia-Romagna si sono radicate ma questa è una regione che è riuscita anche a farsi, in parte, dei buoni anticorpi. Esiste una rete di associazioni totalmente libere che all’interno dei loro manifesti hanno messo in chiaro una cosa: “La mafia è una montagna di merda”. Addirittura l’Università di Bologna, grazie, soprattutto, all’impegno e alla dedizione della Prof.ssa Stefania Pellegrini, ha istituito un corso, “mafie e Antimafia”; un vero e proprio insegnamento a scelta dello studente ed ha dato vita al primo Master annuale in gestione e riutilizzo di beni e aziende confiscati alle mafie, intitolato a Pio La Torre. www.mafieeantimafia.it I beni confiscati ad oggi sono 112, con buona parte a Bologna e in provincia, e almeno l’8,6 % tra commercianti e imprenditori è coinvolta in attività di prestiti a strozzo. Una terra non di mafie ma per le mafie e parlare organizzazioni criminali in Emilia-Romagna vuol dire, soprattutto, parlare di grande economia. Significa parlare di un fatturato annuo di 20 miliardi di euro, quasi il 10 % rispetto a quello di tutta Italia Una regione, l’Emilia-Romagna, prima in Italia per i lavoratori “in nero” e seconda sul fronte dei lavoratori irregolari: sono rispettivamente 7.849 e 16.586. (leggi qui il resto del dossier, www.diecieventicinque.it/2012/08/07/ii-d ossier-sulle-mafie-in-emilia-romagna) Il 30% delle imprese di autotrasporti (2.599 su 9.083) non risultano proprietarie

1 http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/07/31/reggio-emilia-incendio-in-cantiere-studenti-giornalisti-minacciati-video/672365/

singoli, associazioni ed enti pubblici ad occuparsi del fenomeno direttamente. La regione Emilia-Romagna, tra le varie attività di contrasto alle organizzazioni criminali e l’ultima legge sul gioco d’azzardo ha costruito, il progetto “Concittadini”, un percorso mirato a diffondere la cultura della legalità tra memoria e informazione. Una regione, questa, dove si è formata una piccola rete di singoli e associazioni che collaborano, si scambiano le informazioni, fanno inchieste, vanno nelle scuole a raccontare le mafie. Da Rimini a Piacenza, dicevamo, dal Gruppo Antimafia Pio La Torre a 100 x 100 in movimento, dalla Rete Noname al Presidio Universitario di Libera, dal Gruppo dello Zuccherificio ai progetti di Caracò editore. Una casa editrice di impegno civile dislocata tra Napoli e Bologna e che proprio qui, grazie a dei percorsi di informazione e teatro riesce a far raccontare ai ragazzi cosa sono le mafie e come operano. Dalla prostituzione allo spaccio di droga, dall’edilizia al riciclaggio. Questo e tanto altro racconteranno, Alessandro Gallo e Giulia Di Girolamo, nel loro libro. L’antimafia n Emilia-Romagna non è soltanto quella che si oppone alle mafie, quella fatta da giovani e associazioni che stimolano comunità e istituzioni, è gioia di vivere, è una forte presa di posizione per provare a essere “militanti, attori, non spettatori”.

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RETE NO-NAME: La forza di un nome Siamo un gruppo di ragazzi, studenti fuori sede, lavoratori e non solo, provenienti da tutta Italia, che un po’ per caso un po’ per sfida, abbiamo deciso di mettere insieme le forze per dimostrare che anche in un Paese come il nostro credere in qualcosa, in un cambiamento è ancora possibile, anzi necessario. Così ormai da cinque anni è nata l’esperienza della RETE NO-NAME ANTIMAFIA IN MOVIMENTO e ci piace pensare che il nostro nome a distanza di tempo rappresenti ancora l’animo e l’essenza che sta alla base della nostra Associazione. partendo dalla conoscenza, dalla presa di coscienza, concretizzandola poi in azioni concrete. ANTIMAFIA IN MOVIMENTO: perché l’antimafia che cerchiamo di portare avanti, quella in cui vogliamo RETE: perché in Italia il fenomeno credere, è fatta di dati concreti, di mafioso non è mai stato così lontano formazione è fatta di voglia di dall’essere circoscritto e relegato solo in cambiamento, concreta, con poche alcune zone del meridione e, in immagini stereotipate e tanta voglia di particolare, in alcune città ma è presente vedere in maniera nitida la realtà che ci ovunque, concretizzandosi in azioni ed circonda, farne parte e renderla un po’ più attività che, seppur “invisibili” ci sono e si nostra. Ed inoltre i nostri progetti sono alimentano dalla mancata conoscenza del sempre in cammino sia nel tempo sia fenomeno. In risposta alla capacità nello spazio, sempre alla ricerca di mafiosa di assumere una natura poliedrica persone che vogliano ascoltare, informarsi e ramificata, anche noi per contrasto nel e prendere parte attiva nella società. nostro piccolo facciamo Rete unendo tutte le forze a disposizione: non solo LE NOSTRE ATTIVITA’ collaborando con realtà che si occupano Le attività portate avanti da NoName in di tali tematiche, ma anche e soprattutto questi anni sono state diverse. facendo in modo che possano sentire la Fondamentalmente è possibile tracciare nostra voce tutti quelli che hanno voglia tre linee di sviluppo dei nostri progetti: di ascoltarla in particolar modo attraverso le scuole e l’università, per fare in modo •Organizzazione di incontri formativi che di mafia si parli ovunque. riguardanti tematiche attuali come trattative stato mafia, mafia e giornalismo, NONAME: perché il problema della lotta concorso esterno avvalendosi della alla mafia e all’illegalità coinvolge ogni partecipazione di ospiti rappresentativi singolo cittadino e non è prerogativa rispetto ai temi in questione: da giornalisti soltanto di alcuni. Siamo nessuno ma e scrittori quali Pino Finocchiaro, Benny insieme possiamo fare la differenza, Calasanzio, Giulio Cavalli, a magistrati

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quali Raffaele Cantone, Francesco Iacoviello, Giovanni Fiandaca e tanti altri. • Negli anni 2011-2012; in collaborazione con la cattedra di Stefania Pellegrini “mafia e antimafia” presso la Facoltà di Giurisprudenza e Scienze Politiche, abbiamo realizzato due dossier sulle mafie in Emilia Romagna con un focus specifico su alcune tematiche : racket e usura, infiltrazioni nel settore degli appalti, trasporto e movimento terra, traffici di armi e droga, mafie straniere e prostituzione. Sulla base di ciò, stiamo procedendo in un ottica di approfondimento e aggiornamento riguardo nuovi argomenti di grandi attualità (ad esempio le infiltrazione mafiose nelle ricostruzioni post-terremoto). •Attività di dialogo diretto con i ragazzi nelle scuole e raccolta di tesi di laurea inerenti al fenomeno mafioso sottoforma di banca dati, liberamente accessibile.

Rete No Name ha organizzato questo inverno una coppia di incontri sul tema del concorso esterno in associazione mafiosa alla Facoltà di Giurisprudenza di Bologna. Nella foto, l'incontro con il magistrato del processo Spartacus Raffaele Cantone.


I ragazzi del Presidio Univeristario Libera Bologna, hanno organizzato lo scorso maggio una serie di incontri per festeggiare il loro primo anno di attività!

DE ANTIMAFIAE STUDIORUM: COSÌ È IL PRESIDIO UNIVERSITARIO DI LIBERA A BOLOGNA avanti prima di tutto noi, i nostri visi, i Raccontare in una calda giornata d’agosto cosa ha rappresentato un anno di avventure per un gruppo di giovani universitari non è sicuramente impresa facile, già solo per la nostalgica distanza che li separa in questi ultimi giorni d’estate. Sono tante infatti le aspettative per il nuovo anno che sta per cominciare e relativamente poche le settimane che ci separano da quei momenti di giovane antimafia, di incontro e condivisione, di lacrime e sorrisi. Il presidio universitario di Libera a Bologna è una realtà nata poco più di un anno fa con l’esigenza forte di portare le tematiche della legalità e della lotta alle mafie all’interno del contesto universitario. Un gruppo di ragazzi legati da un ideale che sempre di più si è trasformato in una concreta consapevolezza: l’obbiettivo di poter migliorare il mondo che li circonda con la pazienza e l’ostinazione di poterlo fare a piccoli passi. Da qui nascono sogni entusiasmanti e tanti progetti messi alla prova dalla poca esperienza e da una strada tutta in salita per chi vuol fare della propria formazione universitaria uno strumento di coscienza oltre che di conoscenza. Fin dall’inizio ci si è posti un impegno importante: riuscire ad aprire le frontiere del dialogo con generazioni che oggi ancora più di ieri devono scontrarsi con il radicamento mafioso che via via attecchisce nel nord Italia. E’ cosi quindi che si parte da giurisprudenza, roccaforte di un’antimafia che non può appartenere solo al diritto ma alla società tutta... E da lì a seguire passo dopo passo conoscendo

gli studenti di medicina, lettere o perfino chimica industriale. Non è più la solita storia, la solita veste con la quale bisogna descrivere l’icona mafiosa affastellandola di tutti i suoi stereotipi. Ecco perché dovendo dedicare il presidio alla memoria di una vittima di mafia si è scelto di ricordarci e ricordare i ragazzi morti a L’Aquila durante il terremoto del 6 aprile 2009 presso la casa dello studente di via XX settembre. Vittime di mafia? Non di certo nel senso più classico del termine, ma sicuramente vittime di un sistema mafiogeno e marcio, come marcio era il cemento che le ha sepolte. Sembra quasi un ritornello ormai, una giustificazione per drammi più grandi e sconvolgenti di noi, ma autentica è la necessità e la voglia di accostarsi a chi in questa vicenda si è ritrovato ad essere l’inerme protagonista. Lo strumento più efficace, la bussola che ci ha orientato e stimolato ha trovato una sua ragione d’esistere nella creazione di momenti di memoria condivisa che ci permettano di ammonire quella profonda ingratitudine a una storia dalla quale il popolo italiano non è mai riuscito ad apprendere qualcosa. Un accostamento tristemente scoperto così simile e immediato fra le lacrime di chi chiede verità e giustizia perché familiare di una vittima di mafia e chi ha perso uno o più dei suoi cari in una catastrofe naturale dagli effetti ridimensionabili. Entrambi accomunati dalla stessa forza di reagire e lottare. Entrambi accomunati dalla stessa forza di reagire e lottare. E’ così che ci si ritrova, fra le strade della Dotta, a portar

nostri difetti ma ancora di più la nostra sete di conoscenza e la voglia di parlare di racket e di estorsione sotto le fronde umide e ventose del parco della Montagnola, magari in compagnia degli amici di Addiopizzo per poi scribacchiare qualche articolo su di un foglio, pur con l’amara sensazione di non riuscire a descrivere fino in fondo ciò che quell’esperienza ti ha lasciato dentro. E ancora, radunarsi, sotto l’imponenza del Nettuno per ricordare, una dopo l’altra, le oltre 900 vittime di mafia in occasione della Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti di tutte le mafie lo scorso 21 marzo. Memoria e Impegno: due pilastri importanti alimentati da un collante che, per ragazzi di vent’anni, non può che chiamarsi Formazione: contro l’annichilimento del sapere prima ancora di quello della coscienza. In un mondo in cui l’unico regime di concorrenza permanente sembra essere quello fra l’economia legale dello spread e dei pallidi tigì e, dalla parte opposta, l’economia sommersa del malaffare, della corruzione; non può certo mancare l’efficacia e l’efficienza di chi vuol dare una statura accademica al proprio sapere. E allora sì, potremo cominciare un nuovo anno con la grinta e la prontezza giusta per contraddire in buona fede il maestro Sciascia, (sperando non ce ne voglia!) con la consapevolezza che di professionisti di un’antimafia globale ce n’è davvero bisogno, oggi più che mai. Per il presidio universitario di Libera a Bologna,

Peppe Rizzo

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Maria Cristina è dottoressa in Lettere (2006 all'Università di Messina) e Discipline Teatrali (2009 all'Università di Bologn). Autrice e regista di racconti e spettacoli teatrali, ci racconta come nasce, è cresciuta e continua a crescere la casa editrice Caracò. La prima domanda è scontata: perché Caracò?E come nasce questo vostro progetto? Caracò è stata la nostra idea comune (quindi di un gruppo di persone ed operatori culturali) di voler portare avanti un progetto editoriale che potesse includere e dare spazio alle nostre competenze artistiche.

che abbiamo creato tra la Letteratura e il Teatro. Un binomio che ci ha permesso di affascinare, ed esplorare, il pubblico a 360 gradi. La rete è la ricerca e l'attenzione che abbiamo avuto non delimitando nessuno spazio, ma facendo delle scelte salde e chiare nel tempo.

possa definire l'antimafia, per quanto ora sia un 'comparto' definito e limitato, perché nel momento in cui si fornisce una definizione si corre il rischio di considerarla un commercio e una croce alla quale essere devoti e discepoli. La stessa cosa vale per la legalità che non è una parola ed è e dovrebbe essere il sesto Seconda parola chiave è "antimafia". senso di una società civile. Io credo Voi avete creato una collana, fortemente che l'antimafia non è e non denominata "testimoni", formata da due può essere un valore aggiunto e disgiunto libri "Dove Eravamo: vent'anni da da una pratica quotidiana. La nostra Capaci e Via D'Amelio" e "La giusta collana Testimoni nasce non da una parte: Testimoni e storie dell'antimafia". posizione, ma da una scelta. Una scelta di Cosa intendete voi per antimafia, e in vita che non coincide con il senso tragico generale, per legalità? Non credo si dei cantastorie o dei discepoli, ma con il

Caracò editore: intervista a Maria Cristina Sarò

di Valeria Grimaldi Caracò è per noi un grande contenitore di idee e di coraggio. Le idee taglienti e precise che convogliamo nel nostro modo di fare veramente letteratura, cercando di utilizzare gli strumenti più contemporanei e più idonei per una comunicazione libera ed efficace; il coraggio di raccontare storie ai margini, storie poche conosciute e di dare spazio ad autori, professionisti e operatori che si ritrovano nella nostra idea di presente, un'idea che non si limita ad un tempo ma allo spazio delle idee, appunto. Caracò, hai detto bene, è un progetto anzi una progettualità in quanto ogni libro è legato ad una pratica della condivisione e delle arti. Molti progetti teatrali nascono dai libri e viceversa. Ci sembra che sia un'ottima modalità del fare e dell'arte. In questo numero la prima parola chiave è "rete". Anche voi lo siete in un certo senso. Sul vostro sito (www.caraco.it) si legge "Editore Caracò Napoli Bologna": una reta tra Nord e Sud insomma... Abbiamo due sedi: Napoli e Bologna. Quindi due redazioni operative. Questo ci ha permesso di creare molte sinergie e sviluppare le nostre idee con ampio raggio. La rete di Caracò consiste poi in questo circuito di prassi e combinazioni

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Se questi strumenti sono vivi e la vita coincide con l'impegno di essere presente per la vita stessa, allora non importano i filtri non importano le categorie non importano i costi. Importa solo la libertà che abbiamo scelto, e quando questa viene vissuta e riconosciuta diventa un'altra azione. Più azioni si chiamano coraggio. E dare nomi alle cose non serve a niente, se dentro il mare non sei stato mai felice non ti sei mai tuffato e ti sei perso. Il valore della semplicità e della verità è un mare che fa paura. "Mafia pop, stop!", lo spettacolo condotto all'interno del laboratorio di giornalismo di inchiesta portato avanti da Caracò Editore. Qui una foto dei ragazzi dell'Istituto ITCS G. Salvemini.

miracolo dell'umanità che ogni uomo e ogni storia possiede. E aggiungo, non chiamandola polemica, ma poesia che non è possibile in una società civile strumentalizzare il dolore e la vergogna per essere liberi, non è possibile inseguire la mafia chiamandola antimafia, come non è possibile in Sicilia chiamare l'amuri, amore. Le parole sono importanti e sono così importanti tanto da custodire sempre l'azione e la verità dell'uomo. Vi impegnate anche in progetti di legalità con le scuole. Quest'anno avete portato avanti un laboratorio di giornalismo di inchiesta e teatro "Il viaggio legale, da Emilia a Romagna", che ha prodotto lo spettacolo "Mafia pop, stop!". Ci racconti questa esperienza? Mafia pop, stop! segna la prima tappa di un bellissimo percorso di vita e di lavoro iniziato quattro anni fa. Esattamente è accaduto questo: io e Alessandro abbiamo iniziato a parlare col cuore, a fare teatro con la competenza e con l'amore giusto, a imparare e ad insegnare, a far giocare i ragazzi, a piangere con loro, a voler imparare ed amare assieme. Questo è accuduto. La magia che solo le storie e le persone hanno il coraggio di regalarsi e regalare. Alessandro ha donato la sua storia, la sua amicizia il suo coraggio a circa 10000 studenti in quattro anni. Questi ragazzi ci hanno donato la voglia di fare, di essere Vita e Teatro. La voglia di combattere, di cambiare idea di difendersi e vincere. Vincere con la conoscenza con la competenza e con la vita stessa. Mafia pop, stop! è l'ultimo dei nostri spettacoli ma è anche la gioia di poter avere come spettatori i ragazzi di quattro anni fa, di averli come amici e di vederli crescere come hanno scelto. Poi io

ho solo cercato ciò che nel buio si può colorare, può essere vita e può essere realtà. Uno spettacolo che affronta tematiche importanti ma che attraversa tutti noi e tutto il pubblico che ha assistito alla forza della difesa che questi ragazzi hanno trovato grazie al Teatro. Uno spettacolo che ci ha regalato, e continua a regalarci grandi soddisfazioni e grandi umanità, dal Premio come miglior spettacolo a sfondo sociale al Festival internazionale delle scuole di Novellara alla Menzione speciale del Premio Cevenini assegnato dal Comune di Bologna. Il viaggio legale è stato veramente un viaggio, una relazione, una scoperta. Un modo per non fermarsi per continuare a muovere la testa l'anima e le persone. "Nella mia esperienza, quando sono andato nelle carceri a dire che avevamo intenzione di fare antimafia attraverso i libri, ci guardavano storto. E io chiesi 'Perchè storcete il naso?' 'Un conto è parlare di mafia sui giornali, quelli il giorno dopo li butti via: ma con un libro è diverso." Questo disse il vostro Alessandro Gallo alla presentazione che abbiamo curato insieme del libro "Dove Eravamo: vent'anni da Capaci e Via D'Amelio". Quindi voi credete che da un libro, anche a prescindere dall'antimafia, possa scaturire un potere di influenza sulla società e il modo di comportarsi delle persone? Da un libro da una canzone da una parola da un fiore dall'orrore, può scaturire da tutto. L'importante è che nasca qualcosa per noi per gli altri da noi e dagli altri. Non esiste un modo di comportarsi delle persone. Esistono le persone ed esiste la loro azione attraverso degli strumenti.

Vostri progetti futuri?Ci puoi dare qualche anticipazione? Continueremo i nostri progetti sulla legalità e ci sono altri progetti che prenderanno vita nel 2014. Progetti che ora diventano scambi tra scuole diverse in regioni diverse dell'Italia. Un esempio: i ragazzi del progetto ‘Un viaggio legale’ andranno a Napoli ospitati dal Nuovo Teatro Sanità (www.nuovoteatrosanita.itwww.nuovoteat rosanita.it) e i giovani attori della compagnia NTS' (Nuovo Teatro Sanità) debutteranno assieme a tre studenti del Salvemini con uno spettacolo in cartellone a Politicamente Scorretto "La giusta parte”. A Gennaio invece, per Caracò , è prevista l’uscita del libro "Io resisto" viaggio dall'Emilia alla Romagna sulle tracce indelebili di mafia, camorra e 'ndrangheta di Alessandro Gallo e Giulia di Girolamo. Una rete che si amplia e si arricchisce di sforzi di esempi e di coraggio, infatti i diritti del libro saranno dati in beneficenza alla RETE NO NAME e al GRUPPO DELLO ZUCCHERIFICIO di Ravenna. Abbiamo in cantiere altri spettacoli che debutteranno nel marzo 2014. Dopo ‘di carne’, spettacolo tratto dal romanzo Scimmie di Alessandro Gallo che affrontava il tema dell’adolescenza e della camorra, sempre insieme e in scena Alessandro Gallo e Miriam Capuano, debutterò con un nuovo testo teatrale e la regia ‘di sangue’ , ispirato al romanzo L’osso di Dio di Cristina Zagaria. Questa volta è una storia che parla di ‘ndrangheta. La storia di Angela Donato, la lotta di una madre sulla riva di un fiume, lontana dal corpo di un figlio, vicina alla libertà di essere donna e madre in una terra chiamata Calabria… Abbiamo in cantiere anche un nuovo libro su testimonianze di coraggio e di impegno…. Abbiamo deciso di non fermarci e abbiamo scelto questa vita. Scegliere ci sembra già una grande responsabilità, una grande preghiera. Ogni giorno è il primo tuffo dentro un mare pulito che vogliamo continuare a vedere.

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100 X 100 IN MOVIMENTO

L’ Associazione di promozione sociale "100X100 in movimento” ha sede legale a Palermo in Via G. Sgarlata nr. 22. Fa parte della “Rete 100 passi”. E’ una libera Associazione di fatto, apartitica e non politica, con durata illimitata nel tempo e senza scopo di lucro. Tra i suoi obiettivi principali la promozione e diffusione della cultura della legalità, della solidarietà e dell’ambiente, basata sui principi della Costituzione e la valorizzazione della memoria storica di chi ha operato contro le mafie ed ogni forma di criminalità organizzata. Agisce in tutti gli ambiti della società civile ed Istituzionale, con particolare attenzione al mondo giovanile ed agli spazi deputati alla formazione, dalle Scuole ai luoghi di aggregazione, in rete con altri gruppi di lavoro.

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Presidente è il dr. Ivan D’Anna e dell’associazione fanno parte cittadini impegnati in ogni ambito della società civile (poliziotti, agronomi, chimici, biologi, educatori, musicisti). Socio Fondatore è I.M.D., scrittore e Sovrintendente della Polizia di Stato, che ha fatto parte della Squadra Catturandi di Palermo partecipando, nei suoi oltre quindici anni di investigazioni, alle più importanti indagini antimafia, come quella che ha portato alla cattura del boss Bernardo Provenzano.

Il gruppo di lavoro di Piacenza è composto da Rossella Noviello, Fabrizio Statello, Eliana Cruz, Andrea Fossati.

Foto: Si può vincere. Il coraggio di dire no alla mafia 24/06/2013 Bologna, Facoltà di Giurisprudenza. Evento organizzato da 100 x 100 in movimento.

Mail: centopercentoinmovimentopiacenza@yahoo.it Sito in costruzione: 100x100inmovimentopiacenza.org Pagina facebook: www.facebook.com/100x100inMovimento


La brocca dell´acqua di Giorgio, il tavolino di Alessandro, le sedie di casa di Ambra, il faretto di Andrea, la prolunga di Fabio, i foglietti stampati da Silvia, le birre comprate da Canto, i bicchieri lavati con Enrico, i fili colorati appesi da Ale, gli spessori per il palco disposti da Massimo, i twitter inviati da Claudia. Forse partirei proprio da tutto ciò per raccontare del "Gruppo Dello Zuccherificio", dalla cura dei dettagli di ogni ragazzo dell'associazione per la realizzazione del"Grido Della Farfalla", meeting dell'informazione libera che da 5 anni viene programmato in romagna portando giornalisti, magistrati, artisti da

attraverso l'analisi (anche storica) della gestione delle bische clandestine, delle attività di centri massaggi e compro oro, del nuovo gioco d'azzardo, si è riusciti a creare una sensibilità diversa e ora si inizia a parlare in modo concreto del problema. Tutto ciò si concretizza in molte attività divulgative oltre a quelle di ricerca (sulle quali rimandiamo al sito gruppodellozuccherificio.org ). Primo fra tutti un percorso sulla legalità che da tre anni attraversa le scuole superiori di Ravenna coinvolgendo centinaia di ragazzi e cercando di dare loro strumenti necessari per analizzare la società che li

che, negli ultimi anni, utilizza anche come strumento nelle scuole superiori. Pasolini, Flaiano, De Tocqueville, Levi, Bradbury, Calamandrei, Orwell, Galeano, Gaber, Einstein, Manganelli, Alfieri, Steinbeck, per non dire di Tucidide e Ovidio, tra gli altri: le loro parole, a risentirle oggi, ci offrono una chiave di lettura – sorprendente e quasi umiliante nella sua preveggenza – sulla realtà sociale e politica che stiamo vivendo attualmente. Frammenti di libertà di pensiero, messaggi in bottiglia affidati alle correnti del tempo, nello spettacolo vengono recuperati per dare loro nuova voce, mettendoli in relazione attraverso la

GRUPPO DELLO ZUCCHERIFICIO tutta Italia. La stessa cura e passione che viene messa durante l'anno nelle attività del gruppo, siano esse di ricerca e approfondimento o divulgazione o artistiche. Prima di raccontare cosa facciano oggi, è il caso di fare un prima un salto indietro di 5 anni. Febbraio, nebbia folta, sigarette e vino, un gruppo di ragazzi attorno a un tavolo di legno in un appartamento degli operai dell'ex zuccherificio (ed ecco la spiegazione del nome scelto per il collettivo) di Mezzano (Ra) discute di attualità e politica e di come sia difficile trovare tante notizie sui media tradizionali. É quello il punto di partenza dal quale nasce tutta l'attività come si legge nel manifesto dell'associazione: "Il nostro senso di sconforto è soprattutto frutto di una situazione di disinformazione diffusa che permette a chi governa il paese di fare sempre il bello ed il cattivo tempo. Il senso di sconforto si è poi trasformato in impotenza e rabbia, le stesse sensazioni condivise da molte persone oggi in Italia. E’ giunto il momento di fare qualcosa." Tutti i lunedì, durante l'anno, i ragazzi continuano a incontrarsi, qualcuno dopo 5 anni ha lasciato l'attività ma altri sono arrivati, per discutere del mondo che li circonda, scrivere articoli, perché informare è il seme della coscienza critica da installare nella mente di ciascun cittadino italiano. In questo contesto si inserisce l'attività di antimafia sociale portata avanti nella provincia di Ravenna. Fino a pochi anni fa quando si parlava di infiltrazioni pochi erano disposti a credere fosse un problema del territorio, ma

Ogni anno il Gruppo dello Zuccherificio organizza "Grido della Farfalla", Festival dell'informazione libera, arrivato alla sua quinta edizione. All'interno del Meeting si trova il prestigioso Premio del Giornalismo d'Inchiesta.

circonda. L'obiettivo è far proseguire le 8 ore frontali con ogni classe in attività pomeridiane i serali. Così alcuni ragazzi del liceo classico hanno invitato Gaetano Alessi e Gaetano Saffioti in un incontro pubblico per parlare della cultura mafiosa e di come essa sia salita da Sicilia e Calabria fino al nostro territorio, altri hanno realizzato un dibattito con Enrico Bini, presidente della camera di commercio di Reggio Emilia che da anni combatte le infiltrazioni, altri ancora hanno realizzato opere artistiche da consegnare agli ospiti del meeting dell'informazione libera, e così via. In parallelo il "Gruppo Dello Zuccherificio" porta avanti altre tematiche, dall'ambiente ai diritti, cercando di sfruttare molti mezzi comunicativi come proiezione documentari, cineforum, blog, realizzazione di incontri e dibattiti, mostre fotografiche, spettacoli teatrali. "Voci nel Deserto" è un rave teatrale, un format nato da attori romani, che l'associazione realizza in Romagna e

musica, i suoni e le immagini del presente e del passato.Se la potenza del giornalismo sta nel rendere le persone più libere, attraverso il linguaggio, che è anche pensiero, allora l'informazione è cultura. E' la forza del linguaggio a rivelare la realtà, anche per il solo fatto di averla nominata. Comunicare. Essere. Esistere. Per Resistere. Massimo - GDZ -

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GAP: Gruppo Antimafia Pio La Torre “Cosa sta facendo quella gente seduta in mezzo alla piazza?” “Credo parlino di mafia a Rimini..” “Ah...” Questa potrebbe essere un’ipotetica conversazione, non molto lontana da altre realmente avvenute, sospese tra il dubbio e la curiosità, circa i periodici incontri che organizziamo nel cuore della città, a Rimini, per parlare di mafie. Mafie a casa nostra. E’ il novembre del 2010, quando in una piazza Cavour di passanti stretti nei capotti per il freddo, il giornalista Giovanni Tizian parla ad un gruppo di persone della presenza delle organizzazioni criminali sul questo territorio, elargendo dati e facendo nomi di mafiosi, mafie, affari. Si tratta della nostra prima “Lezione in piazza”, questo il nome che abbiamo scelto per identificare il format di incontri che privilegiamo. Dare una dimensione partecipata a queste tematiche: non bisogna chiudersi all’interno, fra 4 mura, lontani dal cuore pulsante della città. Ma il Gruppo Antimafia Pio La Torre non comincia la sua attività a Rimini, bensì 1000 km più distante, precisamente in Sicilia, a Corleone. Il GAP nasce idealmente qui, tra le terre confiscate ai

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più importanti boss di Cosa Nostra: Totò Riina, Bernardo Provenzano, Giovanni Brusca. Nel 2008 LiberArci dalle spine è un progetto relativamente giovane, il cui percorso è iniziato nel 2006. Ma il 2008 è un anno importante perché la Cooperativa “Lavoro e non solo”, presso la quale si svolgono i campi antimafia di lavoro e studio, si trasferisce finalmente nella nuova sede operativa, nel centro di Corleone. E’ il bene confiscato ai fratelli Grizzaffi, nipoti di Totò Riina, ora giustamente ribattezzato “Casa Caponnetto”. Chi ha visto crescere questo santuario dell’antimafia ricorda bene lo stato in cui versava inizialmente l’immobile, privo di cucina e addirittura di pavimentazione. Lavoriamo duramente in quelle due settimane: vigne, pomodori e zappe sotto il sole cocente. Visitiamo Cinisi, Via D’Amelio, Capaci, Portella della Ginestra. Conosciamo Elena Fava, Rita Borsellino, il giudice Pristipino. Da questa prima esperienza impariamo il significato del sacrificio e del coraggio di chi sceglie di mettere la propria faccia contro la mafia. Partecipiamo in tre nel 2008. Decidiamo di tornarci l’anno dopo, e l’anno dopo ancora. Siamo sempre di più, da Rimini. Benché nasca dalla Toscana, il progetto LiberArci dalle spine si diffonde come una macchia d’olio in tutta Italia. Tutti diretti a Corleone, uniti.

Nel frattempo cominciamo a percepire l’esigenza di fare di più. Dobbiamo sostenere o quantomeno “ricambiare” la Cooperativa per quanto ci ha dato, umanamente parlando. Nel 2009 organizziamo pertanto una prima Cena della Legalità, al Centro Sociale Grottarossa di Rimini. Partecipano i soci della Cooperativa, le cuoche e i volontari toscani che abbiamo conosciuto, amici ma soprattutto persone incuriosite dal progetto e altre che vogliono semplicemente aiutarci a sostenere in termini economici questa piccola splendida realtà. Passa un altro anno e parallelamente alle attività per far conoscere la Coop. Lavoro e non solo, non si esaurisce l’esigenza di costruire qualcosa di più grande. Cominciamo, in buona sostanza, a volgere lo sguardo al nostro territorio. Realizziamo che il nostro impegno deve essere rivolto anche e soprattutto a casa nostra, nel cuore della riviera romagnola. E’ qui che le mafie di ogni estrazione geografica, nostrane ed internazionali, negli ultimi quarant’anni si sono divise il territorio e le rispettive vittime, saccheggiando letteralmente ciò che trovavano, a sbeffo delle istituzioni locali. In questo territorio, da un lato bagnato dal mare e dall’altro confinante con la


Contatti: sito: www.gruppoantimafiapiolatorre.it Twitter: @GapRimini Repubblica di San Marino, le organizzazioni criminali sono riuscite a radicarsi nel tempo. Prima con l’invasione dei soggiornanti obbligati (molti dei quali con cognomi “noti”), poi con l’immissione dei capitali illeciti nel tessuto economico della zona, economicamente florida. Bische clandestine, night-club, alberghi, banche, finanziarie, fiduciarie, grigi prestanome e insospettabili professionisti. Nella patria per eccellenza dell’evasione fiscale, le mafie hanno trovato terreno fertile per proliferare ed espandersi. Per anni il leit-motiv imperante è stato (ed è per certi versi, a sfregio dell’evidenza) quello degli anticorpi: a Rimini avremmo i famosi anticorpi democratici che impediscono alle organizzazioni criminali di penetrare nel territorio. Fare antimafia a Rimini non è semplice: omertà, indifferenza, individualismo, incapacità di cogliere la gravità del problema. Altrove, in realtà culturalmente più contaminate, è più facile radunare forze umane consapevoli della necessità di far fronte comune contro le mafie. Qui no. La situazione che troviamo quando cominciamo a fare attività a Rimini è questa. L’operazione Vulcano1 non è ancora scoppiata, quando a novembre 2010 organizziamo la seconda Cena della Legalità, che, ormai giunta alla quarta edizione, diventerà l’occasione per fare il punto della situazione, per ritrovare vecchi e nuovi amici da tutta Italia, ma soprattutto per abbracciare idealmente la cittadinanza riminese e metterla a conoscenza della realtà della Cooperativa “Lavoro e non solo”, alla quale viene puntualmente destinato il ricavato della

Mail: gap.rimini@gmail.com Facebook: Gruppo Antimafia Pio La Torre Cena. E’ durante questi appuntamenti annuali che abbiamo il piacere di portare a Rimini ospiti come Pino Maniaci e Maurizio Torrealta.

e carico di strumenti e sei musicisti. Il tutto si conclude, dopo 3 date, il 31 dicembre nella piazza “Falcone e Borsellino” di Corleone, con gli amici della Cooperativa corleonese. Da quel momento cominciamo pertanto a Nel novembre 2012, data la desolante lavorare su due fronti: da un lato assenza di un qualsivoglia proposta di organizzando incontri e lezioni in piazza contrasto alle mafie nei programmi dei 5 in tutta la provincia con vari ospiti (tra i candidati alle primarie del tanti, Piergiorgio Morosini, Nando dalla centro-sinistra, promuoviamo l’appello Chiesa, la “iena” PIF, Gaetano Alessi, “Ri-costruire l’antimafia”, con il quale Giovanni Tizian, Giovanni Spampinato, lanciamo la sfida ad inserire 5 semplici Salvatore Borsellino, Giulio Cavalli, punti, concreti e realizzabili, nel Franco La Torre, i Modena City programma dei candidati. Beni confiscati, Ramblers, Dario Vassallo); dall’altro riforma del 416 ter, sgravi fiscali per scrivendo articoli, dossier, facendo attività che utilizzano prodotti dai ricerche sul campo in tutta la provincia e campi confiscati. Alcuni dei punti a San Marino (conoscere il territorio è vengono poi specificamente ripresi da fondamentale), studiando le carte, diversi candidati nei propri programmi seguendo in aula l’evoluzione giudiziaria elettorali, oltre che da successive dei processi (la maggior parte dei quali campagne contro la corruzione. partirà a breve) che seguono alle operazioni condotte dalle Forze Nel giugno 2013 rendiamo finalmente dell’Ordine in questa zona. pubblico il dossier sui beni confiscati nella provincia di Rimini. Si tratta di un Alcune delle attività intraprese negli anni lavoro di ricerca sia sul campo che sulle vengono definite addirittura “folli”. Il carte, con il quale per primi censiamo i riferimento è a quello che nell’autunno beni presenti nel territorio riminese, del 2010 chiamiamo Tour della Legalità. ripercorrendo tutto l’iter che ne porta al Dieci date, tra Nord e Sud Italia, per far sequestro prima e alla confisca poi, conoscere la realtà della Cooperativa evidenziandone le difficoltà legate al “Lavoro e non solo”, grazie alla musica recupero e al riutilizzo. Per renderlo più dei Folli Folletti Folk, gruppo folk-rock completo all’interno sono presenti anche riminese che si rende disponibile a contributi di amici e conoscenti, che si partecipare a sue spese al progetto. Ed è sono occupati e si occupano di questa così che tra novembre e dicembre ci tematica: tra tutti il pezzo di Giovanni troviamo a Bologna, Forlì, Milano, Tizian sull’Agenzia Nazionale dei Beni Fano, Firenze, Pisa (queste ultime due Sequestrati e Confiscati. purtroppo annullate causa neve, ma questa è un’altra storia), per poi scendere fino in Diversi progetti in cantiere, molta strada Sicilia a Capodanno, a bordo di un fatta fino ad ora, ma la fine del percorso è furgone preso a noleggio e carico di ancora tanto, troppo lontana.

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I beni confiscati in Emilia-Romagna

di Salvo Ognibene Appartamenti, ville e aziende. Ma anche garage, capannoni e terreni edificabili, un patrimonio che rischia l’abbandono: sono quei beni confiscati alle mafie e condannati al degrado dalla burocrazia. Quella che Pippo Fava definiva “la più grande lavanderia d’Italia” è l’ottava regione in Italia per beni confiscati, beni riconducibili a proprietà, attività o proventi di stampo mafioso. Sui 112 beni confiscati, la situazione appare piuttosto differenziata e le province interessate maggiormente sono quelle di Bologna (40), Forlì-Cesena (28) e Ferrara (16).

Diario di una rete Fabio D'Urso e Luciano Bruno con Salvo Ognibene, Andrea Mignozzi, Silvia Occhipinti, Massimo Manzoli, Paola Resta, Giorgio Zattini, Alessandro Spazzoli, Alessandro Romolo, Francesca Cantoni, Fabio Tonnini, Enrico De Sanso, Ambra Scandura, Nando D'Ambrosio, Raffaella Carrara, Daniela Tomasino e Sabina Longhitano. Lettere all'Italia/ Un viaggio Diario dalla rete dei Siciliani giovani Da Ravenna a Ragusa, un diario collettivo sull'informazione, il territorio, la cosa pubblica e i ragazzi di Falcone

“Posso rubare questi pennini ai bambini, per scriverci sul mio quaderno?”. Scendiamo le scale, dalla stanzetta della foresteria del Gapa, dove né finita la A Bologna è stato riassegnato soltanto un riunione della redazione catanese dei Siciliani Giovani, mentre lo chiedo bene, rientrato nella disponibilità del timidamente a Paolo e Marcella. In fila giù per le scale ci sono Vincenzo, Ministero dell’Interno e negli ultimi Riccardo, Alessandro, Luciano e Giovanni. Paolo mi guarda infastidito. tempi, soprattutto, si è discusso, de “La "I pennini sono dei bambini” fa. E giù. Al Gapannone oggì c'é festa di fine anno Celestina”, una villa di tre piani delle attività del Gapa. Un centinaio di ragazzetti, di volontari, le famiglie felici che distribuita su 800 metri quadrati, oggi si riuniscono attorno al Gapa da due decenni. fatiscente e abbandonata. Un bene che sta In foresteria mentre discutiamo gli articoli, Vincenzo accenna a organizzare a andando perduto, giorno dopo giorno. Catania un festival dell'Informazione. Non ha detto molto, quando l'idea è già stritolata da un’osservazione. Ci vorrebbe un investimento milionario "Dovremmo contattare i ragazzi di Ravenna, oltre a quelli del Clandestino di (circa 3-4 milioni di euro) per rimetterla Ragusa”. in sesto, sacrificio che andrebbe fatto - Quelli dello Zuccherificio, come lo hanno organizzato? Quali contenuti? Chi visto l’enorme potenziale ma data la hanno invitato? scarsità di risorse per le manutenzioni "Sarebbe utile metterci in contatto con loro, coinvolgerli in una rete più stretta, ordinarie è inimmaginabile un intervento che ne dite?”. di ristrutturazione, quanto meno a breve. - Guarda qui, è il dépliant del convegno, l'hanno intitolato il Grido della Farfalla. La riunione di redazione Così sui beni confiscati a perdere è lo La riunione della redazione è stato il pretesto per conoscere i nuovi redattori, Stato ma pare che sia una battaglia che perché da un pezzo avevo deciso di staccare. Passati tanti mesi, ora mi ritrovo a non vuole proprio vincere. discutere le pagine del giornale. Il gruppo si sta formando attorno al coordinamento di Giovanni, che da un angolo della stanza ascolta gli interventi e Leggi qui tutto il dossier sui beni risponde e chiede. Le tante stagioni, e le tante lotte non gli hanno diminuito la confiscati in Emilia-Romagna resistenza. http://www.gruppoantimafiapiolatorre.it/si “Alessandro, pensi di riuscire a trovare delle testimonianze da Istanbul, per il to/beni-confiscati/dossier-beni-confiscati. fotografico?”. E Alessandro ci spiega in due parole. Poi Giovanni riparte: html “Vincenzo, sei riuscito a trovare quella fonte per il pezzo su Catania?”. In tutti loro c'é voglia di mettersi a lavoro presto. Mentre discutiamo, mi viene in

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il vecchio gruppo di redattori, di Lavori in corso, che ormai ha preso una piega diversa. Sta lavorando a un paio di dossier. I gruppi cambiano, in questo ci sono le sconfitte e le elaborazioni, le distinzioni, e le idee diverse. Restano le relazioni. Luca da Roma, con ordinaria precarietà, aiuta Riccardo. Riccardo litiga periodicamente con Piero. Maurizio e Cono e le foto che mandano di tanto in tanto per il giornale. Sonia continua con i video sociali. Rosalba, e Giuseppe, e Massimiliano, a capo della fitta traverse da cui sono venuti, e con coerenza. Il più disgraziato e incoerente, io, nella schiavitù della distribuzione pubblicitaria. Volantini, per intenderci. Per fare dalle venti alle quaranta euri al giorno, e prima o poi andare a fare la maradona di New York. Ma alienato molto. Quanto basta per leggere il giornale troppo velocemente. Per smettere di leggere un articolo. Per fare una telefonata. Per andare ad un incontro cittadino. Per fare la foto di una strada, o scrivere un pezzo un paio di volte. Può succedere di svoltare pericolosamente a destra, senza accorgersene. Ma peggio se c'é consapevolezza e dolore, quando ti accorgi che lottare un sistema può farti diventare irrevocabilmente povero. “Hai vinto un premio, andiamo!” Un giorno poi era arrivata una telefonata. E' Riccardo: "Telefona a Norma, puoi?”. - Perché? "Ti hanno dato un premio per il giornalismo”. - A me? Ma chi? Ho litigato furiosamente con Riccardo quel giorno. Ma lasciamo stare. In un paio di giorni avevo raccolto i soldi per partire. Complice mio fratello: "Ma come non vai, vuoi smetterla con questa storia del lavoro?”. - Ma... "I soldi non sono un problema. - Ah si! "Hai vinto un premio, andiamo!". Così comincia quella “vacanza” concessa da un gruppo di amici. Passare qualche giorno a Ravenna, per partecipare al Festival sull'informazione libera, e poi a Bologna, a Firenze e al ritorno a Bagheria, vicino Palermo, per infliggermi “un 'ultimissima” crisi, necessaria per ritornare a ragionare sulla cose di tutti.

Partendo, e “regredendo” dalla vita privata a quella pubblica, mi pongo delle domande. Il progetto del giornale, ad esempio? E la mia vita, il lavoro? Come faccio a mettere insieme le cose? Il giornale vuol mettere in rete, i gruppi di informazione locali. Ma io ci credo? Quanto è difficile quell'aderenza alla precarietà delle singole persone, dei singoli gruppi, dei giornali dell'informazione diversa e ribelle? L'informazione ribelle Arriviamo a Ravenna. Tra i turisti alla ricerca di Dante, e gli immigrati della stazione, ci siamo Luciano ed io. Anche Luciano è perso come me tra le difficoltà del lavoro e in più ne ha altre che riguardano la vita con Raffaella. Stanno passando un periodo difficile, e vanno avanti forti del loro amore. Ora siamo qui, a darci una mano come fratelli miracolosamente indivisibili; osando uscire da Catania, a confrontare la “nostra” mafia con la resistenza al nord, le nostre vite con quelle di altri esseri umani. Perciò, più che un viaggio, questa si presenta come una sfida a noi stessi. Ci portiamo dappresso le periferie, Librino, San Cristoforo e la liturgia ordinata dei nostri amici del Gapa; e andiamo a confrontarla con la mafia del nord, neanche troppo sommersa, che ha una sua vita e un suo radicamento, anche qui; che giornali e i gruppi locali, organizzati da giovani trentenni, lottano e denunciano, dichiarando con coraggio di avere come modello Enzo Biagi, e Pippo Fava. E lavorando nella rete dei Siciliani Giovani. http://www.flickr.com/photos/79269131@N08/sets/7215 7632152310538/ C'é Dieci e venticinque, che è un giornale di inchieste contromafie. http://www.diecieventicinque.it/chi-siamo-2/ Ci sono i ragazzi del collettivo antimafia Pio La Torre di Rimini www.gruppoantimafiapiolatorre.it/sito/beni-confiscati/do ssier-beni-confiscati.html E quelli di No Name. http://retenonamebologna.wordpress.com Oltre ai ragazzi del gruppo dello Zuccherificio di Ravenna. http://gruppodellozuccherificio.org Nel viaggio alla scoperta dalle periferie alle città, dalla illegalità alla legalità, tra le città dell'Emilia Romagna”, essi si

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dichiarano disposti a tessere umilmente la rete con tutti gli altri gruppi che fanno dell'azione civile, della cooperazione e della lotta contro le mafie, i valori costitutivi del paese. *** Ravenna. Alla stazione, qualche ora prima dell'incontro sul giornalismo antimafia in Italia. Abbiamo qualche ora libera, e possiamo cercare di guardare attorno. Il pretesto è il pranzo al McDonald, dove incontriamo un uomo trentanovenne del Marocco. Come si vive di lavoro manuale al nord, e come al sud? Parlandoci, come si fa tra operai. "Quanto si paga una casa al nord, e quanta libertà hai di passeggiare, ma anche di vivere liberamente la tua vita?" Non solo soltanto i soldi a fare la differenza, ma anche la propensione a farti rispettare. Il nostro amico è chiaro: “Ho spaccato la faccia ad un padroncino che mi sfruttato fino al momento in cui ho ricevuto i documenti per partire e ritornare. Non gli ho fatto tanto male, ma quanto basta!”, dice guardandoci. Ci salutiamo, le strade si separano, non prima che l'amico si premurasse di offrire un caffé, per affermare una simpatia. Quindi il tempo di posare i vestiti in camera, e ci avviamo verso Piazza San Francesco. Dei fili per collegare Di passaggio a Piazza del Popolo Qualche giorno prima i ragazzi dello Zuccherificio hanno organizzzato una rappresentazione civile della rete. Da una parte all'altra delle case hanno fatto passare dei fili per collegare, gli appartamenti, i monumenti, le finestre e le porte della città. “Lo scopo è far sorridere, colorare la città, ristrutturare il senso di comunità”. Ora passando da questa piazza, penso, mi devo portare appresso il sentimento del giovane lavoratore del Marocco, oltre che la voglia di raccontare la marginalità di Catania. Fare della traduzioni, da un mondo all'altro, da una vita ad un’ altra, da una esperienza all'altra. Questa è la sfida; parlare senza paura di essere vero. Notti insonni, articoli, litigate... Mettiamola così. Non stiamo andiamo a un festival organizzato da persone importanti. Ma a un incontro civile e umanissimo. Alessandro dice: "Ci sono giorni in cui nel volto di ogni persona che incontri per strada vedi l’indifferenza, la rassegnazione. Altri giorni in cui al posto del grigio vedi una luce. La speranza, la consapevolezza, l’energia. La voglia e il coraggio del riscatto. Senti che si è tutti la stessa cosa, che il tuo cuore batte esattamente allo stesso ritmo dei loro. Che si va tutti nella stessa direzione: in questi giorni le persone si incontrano, si siedono, ascoltano, ridono e si commuovono”. E Paola ci spiega come hanno organizzato il festival: "Il Grido della Farfalla è cura per i dettagli. Come dire la brocca dell´acqua di Giorgio, il tavolino della mamma di Alessandro, le sedie di casa di Ambra, il faretto di Andrea, la prolunga di Fabio, i foglietti stampati da Silvia, le birre comprate da Canto, i bicchieri lavati con Enrico, i fili colorati appesi da Ale, gli spessori per il palco disposti da Massimo, i twitter inviati da Claudia, e tanto altro ancora”. "C´è un lavoro certosino di comunicazione, burocrazia, notti insonni, articoli, telefonate e litigate. E alla fine c´é la fiducia in gruppo di persone”. Chi partecipa a queste giornate in cui ci si scambia

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informazioni sul giornalismo in Italia? Mila Spicola, Girolamo De Michele, Maurizio Fiasco, Gianfranco Pasquino, Luca De Biase, Maria Pia Passigli ed Antonio Mumolo, Walter Passerini, Nadia Somma, Alessandra Bagnara, Claudio Lanconcelli, Marta Gatti, Fulvio Di Giuseppe, David Oddone, Gaetano Alessi, Loris Mazzetti, Carla Baroncelli. Il Grido della Farfalla porta con l'informazione libera un confronto tra le persone - spiega Andrea - Il nostro Paese in questi anni viene tirato da ogni parte in cerca di strappi e per qualche giorno di maggio, in una piazza, si possono conoscere persone che quotidianamente agiscono per ricucire. Tirano i razzisti, tirano coloro che abbattono la cultura e la scuola, tirano i corrotti e i collusi. Il Grido riunisce giornalisti e professori che non si chiudono nel loro interesse privato, con la speranza di contaminare impegno civile e personale”. Il premio per il giornalismo d'inchiesta lo vincono Andrea Palledino e Luciano Scaletteri con “L'ultimo viaggio di Ilaria Alpi e Miran”, e Antonio Mazzeo per “Mafia-Stato: la trattativa continua ora”, un'inchiesta dei Siciliani giovani. Altri premi li vincono Claudia Campese di Ctzen, con “Confiscate e abbandonate”, e la redazione del Clandestino con “Amici strozzini”. A David Oddone, Luciano Bruno e a me premi honoris causa. *** A Ravenna, a Piazza Garibaldi ogni domenica fanno un mercatino dell'antiquario e dei libri usati. C'é un'associazione che si occupa di raccogliere i vecchi libri, catalogarli, e rivenderli. Chi li ordina e li cataloga? Dei ragazzini seguiti da volontari. Ragazzini con problemi di inserimento. Ci trovo una prima edizione della Lettere di Don Milani. Le rileggiamo con Luciano, e pensiamo al legame tra quella esperienza e ogni altro tassello di esperienze di gruppo, da Barbiana a Raffadali, o da Bologna a Catania, o da Ravenna a Ragusa e a Modica. E ai ragazzi dello Zuccherificio, col loro “cercare altre persone che conoscono” uscendo da un’insofferenza generalizzata. Non sia mai che “leggendo il giornale si prende la prima pagina ed il titolo e basta.” Il giorno prima a Palermo Il giorno prima a Palermo. Andando dall'autostrada verso Capaci, fino all'aeroporto. In macchina, stiamo attraversando il luogo della strage. In silenzio a chiederci, cosa significa avere coraggio da spendere una vita, da usarla sino in fondo. Andiamo a prendere un premio, il dono di parole accolte e restituite e siamo felici di esser stati scelti. Andiamo a testimoniare una responsabilità, una posizione che forse non siamo capaci di gestire. Portiamo con noi delle consapevolezze e delle ferite. Sappiamo perfettamente che c'è chi ride di questo, ma – insieme possiamo andare. Con la nostra pazzia, possiamo riprendere la penna, e la parola. *** Andare a Ravenna è un passaggio, un movimento in cui ciò che conta è la possibilità di collegare delle storie, di mettere insieme dei cocci, di portarsi indietro con la memoria per non dimenticare. Un famoso giornalista in questi giorni viene a spiegarci in televisione, come la Sicilia sia una fogna del potere. Non è una gran constatazione, né gran giornalismo. La denuncia vera invece è quella fatta da quel giornalista


che da una cittadina del messinese pazientemente va e viene da Niscemi, a dare una mano alla gente dei No Muos. Oppure la sovraesposizione della vita quotidiana in un piccolo paese, il giorno dopo avere denunciato i brogli. O llavorare a un giornale senza avere i soldi per pagarsi l'assicurazione e la benzina della moto. Metterci la faccia e la passione per organizzare un giornale e un festival del giornalismo a Ragusa, come i ragazzi del Clandestino. Oppure stare su al nord come Ester a lottare tra i testi antichi e i poteri che ti vogliono cambiare. *** Così oltre il silenzio, oltre le parole, anche noi osiamo ridere allegramente, alla Totò e Peppino. Ma solo una volta percorso il tratto da Capaci all'aeroporto, solo dopo che il check ci ha fatto pagare la multa per esserci portati appresso troppi giornali, quei "Casablanca" e quei fogli dei Siciliani giovani, quel disegno di legge di Giovanni Campo dimenticato - sul riordino del territorio italiano, e la prima biografia di Pippo Fava scritta da Rosalba Cannavò troppi anni fa. Eccovi il promemoria Poi comincia il convegno, e qui abbiamo segnato dei contenuti da non dimenticare. Eccovi il promemoria. E' un modo di passarvi la palla... Parlar e del grido della farfalla è parlare dei “senza potere e senza voce” che sono facilmente schiacciati. L’obiettivo è far uscire dal silenzio i temi dimenticati. Il gior nalismo, nella crescita democratica di un paese, ha un ruolo attivo nel renderci consapevoli e responsabili. Sono lontani i tempi delle grandi inchieste di Ennio Remondino e Roberto Morrione. Nei giornali, invece i giornalisti sono spesso precari, difficilmente trovano spazi ed energie per realizzare inchieste. Fare il giornalista giornalista come Giancarlo Siani è diventato una missione invece di una professione I giovani non vogliono imparar e niente? Fare il confronto tra la scuola di ieri e quella odierna, non considerando come è cambiata la società, la famiglia, la televisione, la stampa e il web è un esercizio inutile. V ero è che viviamo una crisi nell'educazione, ma se c'é una via per il riscatto questa passa attraverso la scuola pubblica. Giovani ventenni: una generazione divisa in due; chi si attiva, lotta e spesso in fuga all’estero, e chi si lascia trascinare dal vortice del consumismo selvaggio. Tra attivi in fuga e animali consumatori c'é una terza via? Chi sta al centr o della società ? Senza giovani non c'é futuro. E’ banale a dirlo, ma non è chiaro ai giovani. Il gioco è la prima forma di dipendenza in Italia. Lo sapete? O lo fate? Perché fino ad ora non c'é mai stato da parte della politica un contrasto forte e un’opposizione seria? Indifferenza o Incompetenza? Oppure? Partecipar e è una prerogativa di tutti. Partecipare nelle assemblee, nelle piazze, nei partiti e nelle associazioni. La democrazia vive di partecipazione e la partecipazione vive di noi cittadini. Ma come si fa? La fotografia del paese è quella in mano alla cattiva politica. Da una parte i partiti in crisi non più capaci di far partecipazione: i nuovi media, spesso sono uno strumento di comunicazione non democratica. Partecipar e significa trovare un antivirus a questa situazione storica. Se cambiare si può, come e perché?

Residenza è esistenza: dall'aver e o no un indirizzo di abitazione sulla nostra carta di identità dipende il posto di lavoro, o la pensione, o l'assistenza sanitaria. Chi ha perso la casa, non deve perdere la dignità. Informar e significa denunciare gli imbrogli del potere. Informare significa testimoniare a fianco dei poveri, e dei senza potere. Per ché le televisioni limitano l'informazione sulle guerre dimenticate? Perché si limitano a parlare del caduto e della sua famiglia in Italia. Questo è parlare di guerra?” Quale gior nalismo critica le ragioni degli interessi economici dei terzi, nelle guerre dimenticate? Quale giornalismo ci porta lontano anche geograficamente? “Mettersi in cer chio” per capire, farsi domande, essere compagnia l'uno all'altro. Che cosa è poi antimafia sociale? Uscire dall'indifferenza è una delle risposte, se non la risposta, emersa dall'incontro sulla lotta alle mafie. Il dossier 2012 sulle Mafie in Emilia Romagna, utilizzato come fonte anonima da Repubblica è uno degli esempi di come i grandi giornali usano il giornalismo di base senza citare la fonte Far bene il mestier e di giornalista comporta spesso conseguenze pesanti. Oltre le minacce fisiche, esistono le querele, efficacissimi bavagli. Ce lo hanno ricordano Davide Oddone e Gaetano Alessi. La geografia economica e criminale della mafia non è divisa per regioni; lo si sa da tempo. Ecco perché oggi non possiamo più parlare di infiltrazioni, bensì di radicamento delle mafie. Le palazzine colorate nella pianura padana non sono poi così lontane dai marciapiedi sconnessi e le fogne inesistenti di Librino, il quartiere catanese raccontato nel monologo omonimo da Luciano Bruno. La vera evoluzione del gior nalismo parte dalle parole giuste, bisogna usare correttamente la lingua. L'italiano non ha il neutro, ma maschile e femminile. Nei nostri vocabolari le definizioni sono tutte al maschile, perché non rispettare la nostra ricca grammatica, e coniugare i generi quando si scrive? Non è per una questione lessicale, ma perché le parole rafforzano gli stereotipi e il linguaggio è alla base dei nostri comportamenti. Se il linguaggio che si usa non nomina le donne, le cancella. Chi non è nominata non esiste. L'oscuramento delle donne cancella la figura femminile, come, al contrario, l'enfatizzazione la distorce. Se non si usa il linguaggio in modo corr etto, gli stereotipi resteranno un riflesso condizionato da cui non riusciremo a liberarci. Questo nodo va sciolto se si vuol comprendere e definire la realtà, altrimenti, il femminicidio rimarrà per sempre un delitto passionale. un linguaggio corretto significa sostenere una cultura che ha rispetto dei generi. Ce lo ha ricordato Carla Baroncelli. Ritornando al Sud Bene, finisce il festival, salutiamo gli amici. Comincia il viaggio di ritorno. Col treno ritorneremo da Ravenna fino a Bologna. La mattina trascorre velocemente, rimaniamo qualche ora dentro il centro e poi torniamo a Piazza San Francesco. "Ieri, durante il dibattito, il parroco chiedeva di abbassare il volume.”. - Non sapevo.

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"Non te ne sei accorto!” fa Luciano - Ma non hanno gradito? "Boh, non s'è capito!”. - Ma guarda, siamo stati premiati, appresso a Dante; che onore” "E ora?”. - Ora, ricominciamo a lavorare, a Bologna ci aspetta Salvo. Ma io vado a Firenze a casa di Nando, e domani ci rivediamo alla stazione. "Buono che mi ospita Salvo, mi scocciava a venire con te a Firenze!”. - Nando aveva preparato anche per te. "Mi sarei annoiato, ma che lavoro fa?”. - Insegna spagnolo in scuola, in un paesino alla periferia di Firenze, vicino a Barbiana. "Professore? Mizzica, come Raffaella. Sai cosa che dovremmo approfondire, indovina?!” *** La parola a Nando, che ci racconta una giornata fiorentina a scuola: "Oddìo, sono le nove e trentacinque, speriamo di farcela. Quasi perdo il treno, se penso a quello che mi aspetta. Arriva a scuola e mi dirigo verso la Prima C. E' un giorno in cui entro alla quarta ora. Non faccio in tempo a svoltare l’angolo che vedo mezza classe fuori che mi urla: “Mitico, prof, lei è il meglio” Quanti ragazzi in ogni classe, quant'è difficile lavorare in classi così numerose. In Seconda I, la più difficile delle mie classi, impera una sorta di bullismo al femminile. Si arriva alle minacce :“Se fai la spia al prof giuro che t’aspetto fuori.”. "Appunto, il problema è sempre la fuori” - La relazione con quel che i ragazzi vivono fuori, vuoi dire? " La vita per quel che è, oltre al fatto che la scuola ha sempre meno risorse” *** La parola a Raffaella e alla scuola di Librino: "Qualche anno fa ero un'insegnante precaria, lavoravo in una scuola media di Librino a Catania. A settembre del 2009 era cominciata l’occupazione del Provveditorato, la protesta. Quello che mi colpiva degli studenti di quel quartiere era proprio la loro vivacità. Ma fuori della scuola, nel quartiere ci sono tante forze che remano contro. E' stato davvero ostico per me insegnare lì. Gli atteggiamenti di sfida erano all’ordine del giorno”. "Ora, per la salute - continua - sono impossibilitata a lavorare. La scuola mi manca, mi mancano gli alunni e mi mancano i colleghi. Sono passata da una fase “pubblica” ad una in cui purtroppo dovrò stare per un periodo lontana. Ma continuerò a riflettere sul perché di tante cose. Spero solo in una maggiore unità tra le varie forze che operano sul campo, non solo per la scuola, ma anche per l’intervento nei quartieri in cui la scuola opera. E’ chiedere troppo? Forse si!”. Come viaggia l'antimafia "L'antimafia viaggia con l'educazione scolastica, al nord come al sud”. - Qui, a Bologna, ho letto su Dieci e venticinque, ci sono esperienze significative. "Quali?”. - Alessandro Gallo fa un laboratorio di teatro nelle scuole superiori. "Che insegna?”.

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- A riconoscere le mafie. "Beh!”. - Non solo lui, è un lavoro condotto da un gruppo: Maria, Giulia, Salvo. http://salvatoreognibene.blogspot.it/2013/06/il-viaggio-leg ale-da-emilia-romagna.html "Ma che fanno?”. - Lavorano sui problemi sociali, la prostituzione, le mafie, il gioco d'azzardo. Fanno una specie radiografia dei problemi sociali della città. Lo spettacolo lo portano nei teatri. "Chi sono i protagonisti?”. - I ragazzi che raccontano vite e i problemi di mafie. E' un teatro che parte dall'ascolto e collega le scuole e il territorio; dà voce ai ragazzini. www.youtube.com/watchfeature=player_embedded&v=Z2 Rgx0pL7Usutube.com/watch? "Come si intitola?”. - Mafia Stop, Pop! "Bello, è proprio un grido!”. - Dalla prostituzione della parola alla minaccia del gesto, dal gioco di mani e d’azzardo al veleno della calce, dalla conferma alla negazione, dalla lingua al cuore di un altro. Diventare un esercito di soldati hip hop contro le mafie. www.youtube.com/watch? Ospite dei francescani Palermo, il nostro viaggio, il viaggio di Luciano e mio quasi sta terminando. Luciano deve ritornare assolutamente a casa prima di me, io mi fermo a Bagheria, ospite dei frati francescani. La loro parrocchia è confinante con quella di padre Stabile, che dagli anni Settanta spiega i rapporti tra Chiesa e Mafia, analizzando in termini storici la geografia del mondo democristiano in Sicilia. Lo sento di tanto in tanto. Da una decina di anni sta qui a Bagheria. Gli telefono, ma non riesco ad andarlo a trovare. “Sai, non riesco neanche ad andare al Centro San Saverio, dove Scordato sta presentando la biografia su padre Puglisi scritta da Deliziosi” mi dice lui. Palermo di Padre Puglisi Passano i giorni. La settimana che seguirà a Palermo ci sarà la beatificazione di Padre Puglisi, e un mese dopo il gay pride. Così la città in due momenti ospiterà un centinaio di migliaia di persone. Ognuna di esse ha la sua forma di dovere civile. E' molto probabile che il giovane cattolico che arriva a Palermo sia differente dal giovane laicissimo del pride. Probabilmente uno si sarà portato il capellino col volto di papa Francesco e l'altro la maglietta di mille colori. Ma la responsabilità di voler vivere in un paese civile è comune. Viva padre Puglisi, ma viva anche i ragazzi sereni in Italia. Palermo del gay pride Daniela ci racconta Palermo nei giorni del pride: "La sera ti fermi un attimo e ti guardi in giro. Migliaia di persone che si riversano ai Cantieri tutte le sere. Gente di tutti i tipi, le estrazioni sociali, le etnie, gli orientamenti sessuali, le identità di genere. E' uno spazio pubblico, una casa comune in cui tutti sono a casa propria. In cui nonni e nipoti passeggiano il pomeriggio fra i manifesti mentre senti dalle loro voci che"i diritti lgbt sono diritti umani", in cui un signore dice al proprio figlio "se non la smetti di piangere non ti ci porto più 'u pride!". Rileggendo don Milani


Evento svoltosi il 28 novembre 2012 "Antimafia al nord: facciamo rete", all'interno della rassegna "Dieci e Venticinque: un anno dopo!" (nella foto, da sinistra a destra: Gaetano Alessi, Silvia Rigo della Rete No Name, Patrick Wild del GAP, Alessandrò Gallo di Caracò, Giacomo di Girolamo, Stampo Antimafioso, Massimo Manzoli del Gruppo dello Zuccherificio)

Catania, il viaggio è finito. Comincia il caldo, e in questi giorni sudando mi rileggo don Milani. Penso a padre Stabile, rimasto senz'armi prigioniero a Bagheria, e mentre gira per quel paese, invaso dalla spazzatura, ripenso anche ai ragazzini. A quelli di San Cristoforo, fra le vie strette del quartiere, a quei pochi che i miei amici del Gapa riusciranno a salvare. O ai ragazzini di Salvo, a quelli che vivono tra le periferie di Bologna, o nella città benestante. O ai ragazzini gay italiani, alle nuove generazioni imprigionate tra le disco e le chat per anni, perché fuori la politica tarda a dargli dei diritti.

Penso ai nuovi italiani, alla loro paziente vita da cittadini di serie altra. Penso ai ragazzi di Nando alla periferia di Firenze e a quelli di Raffaella. Penso a Salvo, che vorrebbe fare il giornalista dee-jay. A Riccardo alla ricerca di un lavoro come volantinatore. A Giuseppe, uscito dal carcere, che vuole un'altra possibilità. Al figlio della mia amica, che non riesce a scuola perché ha il padre lontano, al lavoro al nord, e questo lo mette in crisi. Al figlio di Barbara, che vive al Pigno e si domanda cosa fare dopo la maturità. Pensiamo, Luciano ed io, che oggi è il momento di rimetterci pazientemente a raccontare.

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Stazione Bologna Centrale

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