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E’ nel cuore torbido delle istituzioni che vanno ricercati i mandanti. di Salvo Ognibene
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Intervista a PAOLO BOLOGNESI, Presidente dell’associazione delle vittime della strage di Bologna di Beniamino Piscopo e Salvo Ognibene
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La verità, quella giudiziaria. di Valeria Grimaldi
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2 Agosto 1980. In attesa della storia di Danilo Palmeri
La redazione: redazione@diecieventicinque.it http://www.diecieventicinque.it/
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di Salvo Ognibene Stazione di Bologna: 2 agosto 1980, ore 10:25, nella sala d'aspetto di 2ª classe della stazione di Bologna, un ordigno a tempo, contenuto in una valigia abbandonata, esplose. Un boato , 85 morti, 200 feriti e le lancette di quell’orologio che si fermarono. Per la Strage politica di Bologna esiste una verità giudiziaria. Condannati come autori materiali della strage i terroristi di destra Giuseppe Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, che, ad ogni modo, continuano a dichiararsi innocenti. Sui mandanti, invece, non esistono certezze. “E’ nel cuore torbido delle istituzioni che vanno ricercati i mandanti” recita il manifesto dell’associazione delle vittime del 2 agosto per il 32° anniversario ricorso ancora senza verità. L’associazione dei parenti delle vittime nata con lo scopo di "ottenere con tutte le iniziative possibili la giustizia dovuta”. DIECIeVENTICINQUE a Bologna vuol dire qualcosa. E’ un simbolo, un orologio interrotto con
quelle ferme lancette che stiamo provando a rimettere in moto. Quell’orologio è il simbolo di una storia, che ci unisce e che da nord a sud ci rende uguali. Bologna come Palermo. Palermo come Bologna. Due città tanto vicine quanto lontane, vicine come le verità mancanti, lontane come quell’aereo che non arrivò mai a destinazione ma che si squarciò in volo e scomparve in mare, nei pressi di Ustica. Verità che mancano, troppe. Pezzi dello Stato che segnano la storia, negativamente, tra depistaggi, servizi segreti , piani oscuri e un popolo, un paese, da sud a nord che lotta insieme ricercando sempre la pubblica verità. Nord e sud, partigianeria e rivoluzione antimafia, unite da un’unica resistenza. Pertini, che in quel tragico sabato si recò subito nella città felsinea, in lacrime affermò: “non ho parole, siamo di fronte all’impresa più criminale che sia avvenuta in Italia”. Dopo due anni di assenza, le istituzioni nazionali tornano a Bologna ma soltanto in parte. Non si presenteranno sul luogo della strage ma presenzieranno soltanto alla ricorrenza in Comune. Come a dire, lo Stato c’è ma non troppo.
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Intervista a
PAOLO BOLOGNESI
Presidente dell’associazione delle vittime della strage di Bologna
di Beniamino Piscopo e Salvo Ognibene
Creare una situazione di tensione, affinché l’opinione pubblica fosse orientata verso un blocco moderato. Noi abbiamo avuto un periodo piuttosto lungo in cui il regolare corso democratico del nostro paese è stato condizionato da stragi e terrorismo. Prima c’è stata la strategia della guerra rivoluzionaria promossa dall’istituto Pollio, quella che considerava qualsiasi metodo, anche il più riprovevole, lecito e giusto purché il partito comunista non andasse al governo . Poi c’è stata la strategia della loggia P2 che prevedeva lo svuotamento dall’interno delle istituzioni attraverso il controllo di quest’ultime: il cosiddetto “ piano di rinascita”. Non è un caso che nel
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periodo della strage di Bologna, tutti i vertici dei servizi fossero iscritti alla P2. Chi è stato? Facciamo un discordo molto chiaro. In Italia ci sono state tredici stragi, escluse quelle di mafia. In tutte non si è arrivati ai mandanti, in tutte abbiamo avuto i servizi segreti che hanno cercato di depistare, proteggendo gli esecutori materiali. In alcuni casi si è arrivati a trovare gli autori materiali attraverso i collaboratori di giustizia. Una sola volta per via giudiziaria: nel caso della strage di Bologna. Ora, i vertici dei servizi sono nominati dalla presidenza del consiglio, quindi è lì che bisogna cercare i mandanti, quelli che hanno la responsabilità politica delle stragi. Una prova che non si sta parlando di fantapolitica ne è la trattativa tra Stato e mafia nei primi anni novanta, che oggi è ormai un fatto indiscutibile. Joseph Turner, Ulisse, 1829
La domanda che credo tutti si siano fatti ripensando al 2 Agosto è “perché?”. Tutti gli atti, anche i più brutali, hanno uno scopo o una logica seppur orribile. Qual è il senso di quella bomba?
Da allora la fiducia nello Stato nel corso degli anni è diminuita o aumentata? Per quanto riguarda noi, senza fiducia nelle istituzioni non avremmo nemmeno un senso da dare a quest’associazione. Con la nostra presenza e la nostra ricerca noi vogliamo dare una mano alle istituzioni. Un conto è lo Stato, fare valutazioni su chi ne ricopre le cariche è un altro. Qualcuno dice cinicamente che lo Stato non può condannare se stesso. Lei è d’accordo con questa affermazione? Questa è un’affermazione generica che semplifica troppo le cose. Ricollegandomi
La Corte definisce la sentenza pronunciata dalla Corte d'Assise di Bologna quale "illogica, priva di coerenza, non ha valutato in termini corretti prove e indizi, non ha tenuto conto dei fatti che precedettero e seguirono l'evento, immotivata o scarsamente motivata, in alcune parti i giudici hanno sostenuto tesi inverosimili che nemmeno la difesa aveva sostenuto". Il nuovo processo d'appello, con sentenza del 16 maggio 1994, conferma l'impianto accusatorio ricostruito nel processo di primo grado, salvo l'assoluzione degli al discorso di prima, io credo nelle costantemente, senza arrivare alla parola istituzioni, la valutazione su chi ricopre le fine su questa strategia che ha frenato lo cariche è un altro conto. sviluppo democratico del nostro paese. Crede che un periodo difficile, pieno di tensioni sociali come questo, possa ricreare le condizioni che portarono alle stragi? Oggi sarebbe possibile un nuovo 2 Agosto? È un momento che può portare a rivivere situazioni molto tragiche. Ovviamente il quadro è molto diverso da allora, tuttavia oggi c’è un movimento tra i partiti e un rimescolamento che può scombussolare le carte, creare dei vuoti di potere a cui bisogna stare molto attenti. Inoltre oggi con la rete è molto più semplice organizzarsi. Qual è lo scopo dell’associazione? Avere giustizia, che per noi significa sapere la verità. Conoscere gli esecutori materiali è importante ma il cerchio si chiuderà quando e se si arriverà ai mandanti. O arrivi a svelare e punire determinate azioni in via giudiziaria, oppure sei condannato a riviverle
Dopo dieci anni è arrivata la sentenza definitiva della cassazione sui fatti della Diaz, che ha decapitato i vertici della polizia. È un segnale positivo? Può fare da caso apripista per avere in Italia una giustizia vera e terza? Certo, secondo me si. È solo un fatto positivo che ci sia stato un riconoscimento delle responsabilità di alti vertici delle istituzioni. Anche qui però mancano i politici.
ha dato il suo impegno nell’associazione? Vedere che l’associazione è diventata un punto di riferimento a livello internazionale, anche per studiosi esterni. A volte capita che le ambasciate che hanno visto i propri concittadini coinvolti in incidenti qui in Italia, chiamino prima noi e poi il ministero degli interni. Questo giornale si chiama Diecieventicinque perché crediamo che il modo migliore per evitare che simili fatti si ripetano sia conservarne la memoria. Lei vede questa consapevolezza nelle nuove generazioni?
Crede sul serio che potrà mai venire a galla la verità sulle stragi?
Si, la vedo. Facciamo molta attività nelle scuole ed è bello vedere i ragazzi reagire Perché no? Noi ci proviamo. Ci con partecipazione alle nostre iniziative. impegneremo affinché si rendano pubblici Penso anche alle commemorazioni che i documenti dei tribunali e continueremo a ogni anno celebriamo il 2 Agosto qui a portare avanti la nostra battaglia per Bologna in ricordo della strage. Ogni l’abolizione del segreto di Stato. Sono anno di giovani ne vedo sempre di più e sfide proibitive ma se non ci provi non sempre più consapevoli. Lo considero un potrai mai vincerle. segnale importante: vuol dire voler esserci. Qual è la soddisfazione più grande che le
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La verità, quella giudiziaria. di Valeria Grimaldi
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anche'essi parte del movimento "Ordine Nuovo"; Sergio Picciafuoco, un pregiudicato per delitti comuni, da più anni latitante, legato ai movimenti di destra eversiva, in particolare al movimento dei NAR e all'organizzazione denominata "terza posizione". Il primo grado, con sentenza dell'11 luglio 1988 porta alla formula dubitativa dei maggiori imputati in relazione ai delitti di costituzione, organizzazione e partecipazione relativa ad un’associazione con fine di terrorismo ed eversione (art. 270 bis c.p.); alla condanna degli imputati Fachini, Fioravanti, Mambro, Signorelli, Cavallini e Giuliani, Picciafuoco e Rinani in relazione ai delitti di costituzione, organizzazione e partecipazione relativi a una banda armata (art. 306 c.p.); all'assoluzione con formula dubitativa gli imputati Signorelli e Rinani e alla condanna di Fachini, Fioravanti, Mambro e Picciafuoco in relazione al reato di strage; alla condanna di Gelli, Pazienza, Musumeci e Belmonte in relazione al delitto di calunnia, con l'aggravante della finalità di eversione e terrorismo. Joseph Turner, Ulisse, 1829
L'iter giudiziario della Strage alla stazione di Bologna fu tutt'altro che fluido e lineare. La condotta delle indagini si mosse su tre filoni: il primo riguardante l'evento bolognese, la bomba esplosa alle 10:25 di sabato 2 agosto 1980, provocando 85 vittime e 200 feriti; il secondo riguardante il depistaggio che ha coinvolto le indagini; il terzo riguardante l'accertamento di una strategia eversivo-terroristica dispiegatasi nel corso di più anni. Sin dalle prime fasi subito dopo la tragedia, si cercano di raggirare sul vero movente e sui soggetti che l'avevano messo in atto. Si era cominciata ad avvallare l'ipotesi di un caso fortuito, lo scoppio di una caldaia, ma a seguito delle dovute ispezioni e rilievi effettuati, la natura dolosa dell'atto prende corpo palesando la natura terroristica. Le indagini si indirizzano verso l'area del terrorismo nero: il lavoro svolto dalla Procura della Repubblica di Bologna aveva portato, già a fine Agosto, ad un quadro accusatorio verso ideatori e depistatori; ma l'indagine viene trasferita all'ufficio istruzioni e da lì spezzata, con una parte dell'inchiesta (quella relativa all'indagine sull'associazione eversiva) inviata per competenza a Roma. Si cercò di depistare ulteriormente le indagini seminando l'ipotesi, ripresa anche dalla stampa nazionale, della pista internazionale: il più grave atto di depistaggio fu quello messo in atto dai vertici del SISMI che fecero porre in un treno a Bologna una borsa contentente lo stesso esplosivo utilizzato per la strage del 2 agosto e oggetti personali di due estremisti di destra, uno francese e uno tedesco. Il 19 gennaio 1987 comincia il processo di primo grado: i maggiori imputati dell'intero processo sono Giuseppe Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, neofascisti dei NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari); Licio Gelli, ex capo della P2; Francesco Pazienza, ex capo del Sismi; gli ufficiali del servizio segreto militare Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte; Paolo Signorelli, Massimiliano Fachini, esponenti di spicco del movimento eversivo "Ordine Nuovo"; Roberto Rinani e Giovanni Melioli ,
all’isolamento: è una castrazione, è la rinuncia a una parte importante dei sentimenti e della vita di relazione. Alla luce di tutto questo vi starete chiedendo: lo rifaresti? Sì, lo rifarei. E il mio gesto è la mia eredità per i miei Però, davanti alla Corte d'Assise di figli, i miei genitori, i miei amici. Io sono Bologna, il quadro dell'esito cambia: un uomo onesto. Incensurato, se questo vengono assolti tutti gli imputati dal reato serve per confermare il mio stato. Non di costituzione, organizzazione e parteci- sono diventato testimone di giustizia pazione ad un'associazione con fine di masticando certe terminologie, certi terrorismo ed eversione; assolti per il codici, stringendo talvolta o per sbaglio delitto di banda armata gli imputati qualche mano collusa. Non avevamo in Signorelli, Picciafuoco, Melioli, Rinani e famiglia nessun mafioso. Fachini; assolti per il reato di strage per Ecco perché quando nel gennaio del 1995 mi han chiesto di sottoscrivere il docuNella foto: Francesca Mambro e Giuseppe Valerio Fioravanti mento per la richiesta di un protocollo definitivo, sono rimasto senza parole. Anzi, a bocca chiusa. Come quando non si ha nemmeno più la forza di controbattere. Il documento era lo stesso che usavano i pentiti. Il primo punto richiedeva di impegnarsi a non commettere più reati. Reati, ma quale reati? Li ho denunciati, non commessi. Per non rimanere senza protezione ed essere costretti a tornare a casa con tutti i rischi che ciò avrebbe comportato, fui costretto a firmare, ma con un senso di nausea. Giuro che questa è stata tra le peggiori cose che mi sono capitate. La domanda di protezione firmata avrebbe dovuto avere una durata annuale
La Corte definisce la sentenza pronunciata dalla Corte d'Assise di Bologna quale "illogica, priva di coerenza, non ha valutato in termini corretti prove e indizi, non ha tenuto conto dei fatti che precedettero e seguirono l'evento, immotivata o scarsamente motivata, in alcune parti i giudici hanno sostenuto tesi inverosimili che nemmeno la difesa aveva sostenuto". Il nuovo processo d'appello, con sentenza del 16 maggio 1994, conferma l'impianto accusatorio ricostruito nel processo di primo grado, salvo l'assoluzione degli imputati Massimiliano Fachini e Roberto Rinani per il reato di banda armata e strage. La Cassazione, con sentenza del 23 novembre 1995, chiude il difficile ed altalenante iter giudiziario riguardante la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, confermando il quadro costruito nel processo di primo grado e confermato dal processo di rinvio della Corte d'Assise di Bologna. Nonostante questa vittoria (se così possiamo definirla), della giustizia contro uno dei momenti più bui della nostra storia, purtroppo il processo della Strage di Bologna costituisce uno dei rari spiragli di luce all'interno del quadro che ha caratterizzato quegli anni. Insieme a questo, sono state pronunciate condanne definitive solo per la strage alla Questura di Milano e per la strage del rapido 904. Le stragi che hanno caratterizzato la cosidetta strategia della tensione, rimarranno senza colpevoli? "Una delle cause, per cui i processi nelle altre stragi si sono chiusi con un nulla di fatto, è da ascriversi ai depistaggi che hanno avuto successo e ai collegi di difesa che si sono divisi affermando, molte volte, convinzioni di singoli avvocati. I depistaggi arrivarono a volte a provocare perfino la divisione all'interno dei collegi di difesa delle parti civili."
non aver commesso il fatto tutti gli imputati; assolti con stessa formula dal reato di calunnia gli imputati Gelli e Pazienza, ed invece vengono confermate Associazione tra i familiari delle vittime le responsabilità degli imputati Musumeci della strage alla Stazione di Bologna del 2 e Belmonte, escludendo però l'aggravante agosto 1980 della finalità terroristico-eversiva. La Corte di Cassazione, ultimo grado di giudizio, respinge l'esito del processo d'appello: con sentenza del 12 febbraio 1992 annulla e rinvia gli imputati per i reati di strage e loro connessi, per il reato di banda armata e per il reato di calunnia, compresa l'aggravante della finalità terrosistico-eversiva.
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2 Agosto 1980. In attesa della storia di Danilo Palmeri tendeva a controllare e condizionare la politica, tramite una drammatica sequenza di eventi. Roba vecchia, storia del secolo scorso. Obiettivo delle stragi che falcidiarono l’Italia dal 1969 era quello di turbare l’ordine pubblico per poi trovarsi legittimati nel ristabilirlo con metodi poco ortodossi e ancora meno democratici. A conferma di tale ipotesi nei primi mesi di marzo del 1981, veniva a galla la storia della Loggia Massonica Coperta Propaganda 2. Licio Gelli si materializzava al grande pubblico. Un pubblico fatto di sudditi, impotente. Gente poco importante. Di persone importante, invece, Gelli ne conosceva tante. Da tempo. Negli elenchi della P2 c’erano i nomi di Magistrati, alti ufficiali, parlamentari, ministri. E poi: imprenditori, direttore di giornali, giornalisti ecc. Scusate se è poco. Joseph Turner, Ulisse, 1829
Il 2 agosto 1980 un’Italia ancora scossa dalla strage aerea di Ustica si preparava alle immeritate vacanze. Radio Vaticana passava la voce di un Papa giovane e straniero, eletto due anni prima, dopo 456 anni di privativa italiana. Pertini era Presidente della Repubblica. Cossiga presiedeva il suo secondo governo sostenuto da DC, Psi e PRI. Alle 10.25 un ordigno a tempo, piazzato nella sala d’aspetto di seconda classe della stazione di Bologna, compiva un atroce dovere. Nel pomeriggio, l’onnipresente Pertini, visitava l’ospedale Maggiore dove era stata allestita una delle tre camere mortuarie. Applauditissimo, naturalmente. In quei momenti concitati Pertini dichiarava: "Signori, non ho parole, siamo di fronte all'impresa più criminale che sia avvenuta in Italia". Impresa criminale, è vero. Ma non unica. Infatti la strage di Bologna può essere inquadrata in una prospettiva che porta il nome di strategia della tensione. In un’epoca in cui il mondo era diviso in due blocchi, esisteva un meccanismo, non sempre univoco, che
Per la Strage politica di Bologna esiste una verità giudiziaria. Condannati come autori materiali della strage i terroristi di
Nella foto: Francesca Mambro e Giuseppe Valerio Fioravanti
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destra Giuseppe Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, che continuano a dichiararsi innocenti. Sui mandanti, invece, come spesso accade in Italia, non esistono certezze. In compenso, non mancano supposizioni, dichiarazioni, depistaggi che si susseguirono dal giorni dopo la strage e non intendono fermarsi. E pensare che c’è chi, come L’Associazione delle vittime delle stragi, si batte per ottenere la “giustizia dovuta”. C’è stato pure chi, come Cossiga, in una lettera al Corriere della sera del 2008, ha dichiarato convinto che la strage non sarebbe imputabile al terrorismo nero, ma ad un “incidente” di gruppi della resistenza palestinese operanti in Italia. Tesi demolita dal “comandante Carlos” che tira in ballo in ballo addirittura la Cia. Anni di fango. Così vennero ribattezzati gli anni che seguirono gli anni di piombo. E dal fango di quegli anni un’altra vittima, la più illustre, si aggiunge alle 85 che provocò quella bomba: la verità. Perché a più di 30 anni di distanza non si riesce a far luce, fino in fondo, su questa brutta vicenda. La parola fine a questo caso tutto italiano la porrà la Storia. Storia che di certo non disdegnerebbe un aiuto da parte dello Stato, per chiarire le zone d’ombra. Stato che troppo spesso ha preferito, tradendo un principio evangelico, tacere. Perché la verità rende liberi. Non sia mai.
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Stazione Bologna Centrale
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