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Giovanni Canali
Parliamo dell’Agata
di GIOVANNICANALI, foto F.O.I. e E. DELPOZZO
L’agata nel campo dei melanici è la mutazione più importante; la ragione è che l’agata ha dato il via alla selezione dei diluiti, che comprende anche l’isabella che altro non è che l’interazione di bruno ed agata. L’agata è mutazione recessiva e legata al sesso, molto sensibile a geni modificatori autosomici. L’agata agisce riducendo le melanine in misure diverse, a seconda del maggiore o minore apporto di geni modificatori codificanti in modo utile. L’azione della mutazione agata è a tutto campo; infatti agisce non solo sulle penne, ma anche su: becco, zampe, pelle ed occhio, anche se l’aspetto dell’occhio lo si deduce solo dall’interazione con altre mutazioni, non essendo rilevabile alla vista (nell’agata classico), è logico ritenere che lo sarebbe al microscopio. Incredibile a dirsi, alcuni in passato hanno cercato di negare la natura di mutazione dell’agata, parlando di mera selezione. La natura di mutazione è evidente, anzi lampante. Già il comportamento genetico ed i risultati degli accoppiamenti lo indicano in modo certo. Un’agata maschio accoppiato con femmina nera, produce figli maschi neri/agata e femmine agata, certo atipici ma riconoscibili. Se si trattasse di selezione avremmo solo intermedi di entrambi i sessi. Come se non bastasse, alcune interazioni con tipi aggiunti evidenziano la natura di mutazione. I phaeo agata maschi, se ottimi, sono simili a dei lipocromici; impossibile con dei neri phaeo avere soggetti così atipici da annullare tutta la feomelanina. Aspetto anche più importante è l’occhio che nell’agata phaeo è rosso anche nell’adulto, mentre nel nero phaeo è rossiccio in modo percettibile solo nel pulcino di pochi giorni.
Agata intenso rosso, foto: E. del Pozzo
Agata intenso giallo, foto: E. del Pozzo
Anche l’interazione con il bruno che genera l’isabella evidenzia la natura di mutazione dell’agata per vari motivi; infatti l’occhio dell’isabella da pulcino è rosa, mentre nel bruno è rossiccio, inoltre anche la pars plumacea (il cosiddetto “sotto piuma”) nell’isabella è diversa da quella del bruno, apparendo bruna invece che nera. L’evidenza più lampante la troviamo negli jaspe; infatti mentre il nero jaspe singolo fattore ha una bifora nella stria, vale a dire contorno e rachide scure, con parti interne più chiare, l’agata jaspe singolo fattore ha la stria allargata ma di colore uniforme. Evidentemente, per ragioni non note, esiste un antagonismo fra agata e jaspe. Antagonismo non prospettabile se vi fosse solo un fatto selettivo. Segnalo che a volte le linee scure al margine della stria e la rachide pure scura del nero jaspe singolo fattore, vengono definite binari, evidentemente dimenticando che i binari sono paralleli, mentre nella bifora vi è convergenza apicale come nella stria degli jaspe neri singolo fattore. Pensate a quanti deragliamenti vi sarebbero con binari convergenti! Molto meglio parlare di bifora, anche se ha il peccato originale di essere stata proposta da me. Inoltre ad abundantiam segnalo che nei nidi misti il colore della pelle e la riduzione dell’eumelanina nera su becco e zampe consentono di distinguere i pulcini agata dai neri. Certo sono situazioni anomale visto che non si deve accoppiare nero x agata, tuttavia accade. Ricordo che da ragazzo mi venne rifilato un nero che portava l’agata e che accoppiai con femmina nera. Ebbene la metà delle figlie che erano agata si palesavano come tali anche nel nido, per la pelle più chiara e per la situazione del becco che aveva solo la punta nera (comunque difetto), non ricordo le unghie ma presumo pure difettose. Demolita, spero in modo sufficientemente drastico, la strana idea della selezione, passo a considerare le diverse espressioni dell’agata. Il tipo agata è anche stato definito come “nero diluito” il che è abbastanza corretto. Taluno ha criticato l’espressione diluito poiché le melanine dal punto di vista chimico si riducono ma non si diluiscono se non pochissimo. Tuttavia l’aspetto esteriore è quello tipico di una diluizione. Inoltre usando il termine tradizionale di diluizione ci si distacca da altre riduzioni od inibizioni dei vari tipi aggiunti. A mio parere l’espressione diluizione è quindi accettabile. L’azione dell’agata riduce notevolmente la feomelanina, creando in periferia un alone detto in gergo “mandorla”. Alcuni asseriscono che questo aspetto sia il maggiore, dicendo anche che l’azione dell’agata sarebbe la più efficace proprio sulla feomelanina. Personalmente non condivido affatto questa tesi. L’azione è rilevante anche sull’eumelanina. Il disegno di eumelanina nera è ridotto, in apparenza concentrato e reso sottile, nonché spezzato. Vale a dire che non si ha l’apparenza del binario o rigone che si ha nei neri spinti di selezione. L’alone periferico segna la diversità delle varie strie rispetto alle successive. La situazione del disegno è stata descritta “a chicco di riso”. Personalmente non amo molto questa descrizione, visto che il disegno è più sottile di un chicco di riso, almeno nei soggetti tipici. A me non dispiace dire come “un’unghiata”, almeno parlando e riferendomi ai più tipici, mi pare renda bene l’idea. Le descrizioni ufficiali hanno spesso parlato di: massima diluizione del bruno e massima concentrazione del nero. È una descrizione che io apprezzo. Rende bene l’idea, anche se ad essere precisi non si ha una vera concentrazione del nero ma una sua riduzione che rende più sottile la stria. Tuttavia quando il nero si mantiene evidente e lucido l’im-
pressione è quella di una concentrazione. Ritengo perfino utile dire così per evitare che vengano accettati disegni grigiastri. Un ottimo agata non va considerato come un pessimo nero, bensì come un ottimo nero fortemente modificato. Nei soggetti tipici l’alone periferico è ampio e quasi biancastro - ribadisco il "quasi" (carotenoidi a parte) per la fortissima diluizione della feomelanina. Questo alone o mandorla mette in evidenza la stria sottile nera lucida, ove il nero sembra concentrato, questo nei soggetti ottimi. L’azione dell’agata agisce anche su becco e zampe. Becco e zampe nei soggetti tipici sono carnicini. Tracce nere sono difetto; tali tracce attengono facilmente alla punta del becco e più raramente all’inizio dello stesso, nel qual caso è difetto ancora più grave. Per quanto riguarda le zampe, si notano tracce nere spesso sulle unghie, molto raramente sulle squame dei tarsi - metatarsi, nel qual caso è difetto gravissimo. Pelle e occhi sono pure interessati, la pelle è più chiara, direi grigiastra, mentre gli occhi sembrano normali ma così non è, come evidenziano le mutazioni: bruno, phaeo e forse altre in interazione. Ne ho già parlato prima. Difetti del disegno sono dovuti spesso a scarsa diluizione, nel qual caso possiamo avere: disegno largo, lungo, tracce di bruno eccessive, aloni (mandorle) poco evidenti; diverso il caso del nero sbiadito, tendente al grigiastro. Altri difetti possono essere comuni al tipo nero, quindi non propri dell’agata ma di tutti i tipi, che derivano tutti dal nero, o meglio - nero bruno, tipo originale, mi piace chiamarlo il “tipo dei tipi”. Questi difetti sono: carenze di strie su testa, fianchi, petto e scarso apporto di eumelanina nera. Ovviamente nell’agata non è difetto la carenza di feomelanina bruna, che invece lo sarebbe nei bruni, come pure nei nero – bruni di tradizionale concezione. La selezionedell’agata, essendo un diluito, esclude accoppiamenti con ossidati, vale a dire neri e bruni; essendo linee opposte: massima ossidazione negli ossidati, cioè espressione delle melanine e massima diluizione nell’agata ed isabella, forme diluite. L’agata ha nell’accoppiamento in purezza cioè agata x agata la migliore soluzione. Si scelgono i migliori agata da accoppiare fra di loro. Se vi è qualche difetto non grave, si va in compensazione accoppiando con soggetti ottimi dove l’altro è carente.
Agata brinato rosso, foto: E. del Pozzo Agata brinato giallo, foto: E. del Pozzo
Difetti gravi che suggeriscono l’esclusione dalla riproduzione sono legati alla molto scarsa diluizione, che comporta in modo variabile: disegno lungo e largo, tendente al tipo nero, elevata quantità di feomelanina bruna specialmente nei maschi, punta del becco molto nera ed unghie molto nere, gravissimi difetti sono le tracce di nero sui tarsi - metatarsi e alla radice del becco. Ulteriori gravi difetti comuni a tutti i tipi, sono: strie dei fianchi molto deboli o assenti, testa pochissimo striata, anche il petto pochissimo segnato è difetto grave. In effetti il tipo agata si esprime in modo variabile, ma non si tratta di espressività variabile in senso stretto, che sarebbe pochissimo o per nulla controllabile, ma si tratta di diverso apporto di geni modificatori, che si selezionano come le caratteristiche poligeniche e rispondono bene alla selezione. Da considerare che se il gene dell’agata è legato al sesso, i geni modificatori sono autosomici, quindi sono trasmessi indifferentemente dal maschio come dalla femmina. Un aspetto particolare è che la feomelanina è certo ridotta dai geni modificatori con corrispondente mandorla, ma vi può essere una selezione ulteriore contro la feomelanina in quanto tale. In altri termini, la stessa riduzione che si ricerca nei neri di attuale concezione. Nel qual caso certi agata possono avere pochissima feomelanina, ma disegno lungo per carenza di mandorla. Ricordo di aver allevato un soggetto scadente con disegno lungo ma con minima feomelanina bruna, somigliava ad un nero eumo scarso. La complessa condizione poligenica del tipo può indurre moltissime variazioni. L’accoppiamento con isabella è fattibile, purché l’isabella provenga da ottimi agata e quindi sia esso stesso ottimo. L’accoppiamento agata x isabella è un classico che giova all’isabella poiché aiuta a mantenere un buon disegno. Tuttavia non ha aspetti di aiuto nei confronti dell’agata, anche se accettabilissimo. Una precauzione quando si accoppia isabella x agata è quella di considerare che certi difetti nell’isabella potrebbero essere occulti. Tracce di eumelanina sul becco o sulle zampe non sono visibili nell’isabella ma potrebbero emergere nella prole agata. La qualità del disegno la si può valutare bene negli isabella, ma qualche dubbio potrebbe esserci per l’espressione dell’eumelanina che negli isabella è bruna. Si tenga presente quindi che l’espressione giusta del disegno isabella è nocciola, di una tonalità palesemente più scura rispetto al caffelatte della feomelanina. Un disegno bruno troppo chiaro può corrispondere ad un grigiastro nell’agata. Per quanto riguarda gli accoppiamenti misti con ossidati neri e bruni, ho già detto che sono da escludere per via delle linee selettive opposte. Ora che gli ossidati danneggiano i diluiti è ovvio, poiché i geni modificatori, comunque
Agata mosaico rosso maschio, foto: E. del Pozzo
presenti, non codificano in modo utile all’espressione dell’agata. Invece non è affatto ovvio che anche gli ossidati subiscano un danno nella loro espressione; infatti questo non succede normalmente, come ad esempio con il pastello ali grigie, che pure ha geni modificatori, ma del tutto inefficaci sul classico, secondo la regola generale. Difronte a questa particolarità, in passato ho pensato che i geni modificatori codificanti in modo utile per all’agata potessero agire in modo, questa volta, non utile ma dannoso almeno per i nostri parametri, nei confronti delle forme ossidate. Quindi con un’azione anche in assenza del carattere prodotto dal gene maggiore. Mi sono permesso di ipotizzare un fenomeno di “geni modificatori forti”, mai descritto in letteratura scientifica e l’ho fatto anche in qualche altro caso. Ora io sono un critico severo con gli altri e severissimo con me stesso, di conseguenza mi sono posto e mi pongo Agata mosaico giallo maschio, foto: E. del Pozzo
Agata bianco, foto: E. del Pozzo
sempre alcuni interrogativi. Mi sono detto, se per caso i geni modificatori, la cui presenza è evidente, direi quasi certa, siano geni modificatori non tanto dell’agata bensì del nero, tesi a ridurre il disegno per ragioni mimetiche in natura. Nel qual caso sarebbero nocivi per le nostre selezioni domestiche del nero, che vogliamo a disegno lungo, non avendo esigenze mimetiche ma solo estetiche, ed utili nell’agata, ove cerchiamo l’opposto, cioè disegno spezzato. Un rovesciamento della frittata. Tuttavia la presenza di “mandorle” così tipiche (aloni periferici) che attengono al bruno, oltre all’aspetto generale, mi induce a mettere in dubbio, ma non ad escludere del tutto, l’esattezza della mia impressione iniziale. Valuti il lettore, se crede, questo aspetto. Colgo l’occasione per ribadire che una tesi secondo la quale vi sarebbe anche una feomelanina gialla, è destituita di ogni fondamento (dico così per non essere troppo pesante). Che esista feomelanina gialla è certo, ma non nel canarino, ove è bruna. Secondo la tesi suddetta l’agata inibirebbe la feomelanina gialla. E questo sarebbe il motivo del fatto che alcuni lipocromici rossi con l’ala bianca sarebbero geneticamente agata. La tesi suddetta non tiene conto del fatto che l’acianismo, inibendo tutte le melanine, inibirebbe anche quella gialla, se ci fosse, per giunta le macchie melaniche non confermano la tesi che sto confutando. Inoltre, chi dice ciò evidentemente non si è dato la pena di guardare l’ala degli agata melanici, i quali se a fattori gialli hanno il bordo giallo come tutti gli altri canarini. Se a fattori rossi hanno pure l’ala a bordo giallo, poiché nei melanici la varietà è meno selezionata rispetto ai lipocromici. L’ala bianca è propria dei rossi migliori con più fattori per il rosso; avendo poco giallo, l’ala rimane biancastra poiché i carotenoidi rossi si formano più lentamente e non fanno in tempo a pigmentare le remiganti ed altre penne forti che si formano prima e sono più grandi. Nei melanici di tutti i tipi, non ho ancora visto un soggetto ad ala bianca, ma non dispero. L’ala sotto questo aspetto è uguale in tutti i tipi, ed il biancastro può essere solo una questione di varietà ottima nei rossi. C’è il problema delle interferenze da considerare. La prima interferenza è data dell’intenso; il restringimento del vessillo causa l’accorciamento delle barbe e restringe il disegno, favorendo gli intensi. Nei brinati la stria è leggermente più larga, anche se in modo poco rilevante nei migliori brinati. Stria più larga in modo rilevante nei mosaico poiché si accoppia quasi sempre mosaico x mosaico allargando il vessillo. Un aspetto apparentemente migliorativo, ma solo apparentemente, è dato dal satiné latente che essendo allelico all’agata schiarisce l’agata. I brinati e i mosaico portatori di satiné somigliano a degli agata pastello e non sono utilizzabili da mostra. Gli intensi invece reggono, avendo il vessillo ristretto che restringendo il disegno lo mantengono da agata classico. Semmai l’ulteriore riduzione della feomelanina conferisce un pregio non proprio genuino di cui è bene tener conto. C’è poi il problema del mono melanico che inibendo la feomelanina potrebbe dare un effetto superiore; c’è da sperare che il disegno non subisca danno, ma non sono in grado di dirlo, non avendo osservato agata mono melanici sicuri, spero intervenga chi lo avesse fatto. Sia con il satiné latente che con il mono melanico sarà bene non farsi ingannare dalle apparenze. C’è poi l’aspetto del fondo bianco ed avorio che mettono in evidenza la feomelanina. È perentorio tenerne conto per non penalizzarli ingiustamente. È successo ed è bene che non si ripeta.