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Commento all’articolo “La mutazione Azul”
di GIOVANNI CANALI, foto E. DEL POZZO
Ho visto con interesse l’articolo
“La mutazione Azul” (I.O. 12/2022) di Alberto Santafé Pastor, con introduzione di Gaetano Zambetta pure interessante.
Anni or sono ho avuto occasione di vedere i primi azul, in Italia chiamati monomelanici. All’epoca si discuteva se si trattasse di selezione o di mutazione. Io fin dall’inizio mi sono schierato per la mutazione. In effetti, avendo osservato la totale assenza di feomelanina espressa, mi è sembrato subito essere un risultato non raggiungibile con la sola selezione. Ricordo di aver osservato con particolare attenzione un soggetto nero bianco ed anche un nero giallo avorio, varietà che sottolineano la presenza di feomelanina, ma non si vedeva nulla. Successivamente è emerso che anche gli immaturi non presentano feomelanina, direi fatto determinante. Gli allevatori qualificati che ho contattato mi dicevano trattarsi di mutazione recessiva autosomica, circostanza oggi accettata quasi da tutti. Personalmente preferisco di gran lunga la definizione monomelanico invece di azul, che significa azzurro. Per me l’azzurro è altra cosa; quando tanti anni or sono criticavo i discorsi che si facevano su di un fantomatico “fattore ottico del blu”, cosa diversa dal monomelanico, citavo il pap- pagallino ondulato azzurro cielo come vero azzurro, o il cobalto come vero blu. Certo non si può negare che i canarini nero bianco presentino riflessi metallico bluastri, ma secondo me è poca cosa per poter parlare di blu o di azzurro. Semmai è molto importante notare che questi riflessi ci sono sempre con qualche modesta variazione. La circostanza può essere spiegata con il fatto che l’eumelanina non è tutta concentrata nel disegno (striature, vergature e marcature) ma è presente in tracce anche fuori dai centri di convergenza suddetti. C’è da presumere in granuli abbastanza fini, tali da generare l’effetto metallico bluastro, in assenza di carotenoidi espressi che altrimenti interferiscono.
Si deve sempre ricordare che blu, azzurro e violetto sono colori strutturali a base di eumelanina, di regola a granuli ridotti, altrimenti si ha facilmente il nero, il marrone scuro o tuttalpiù il grigio. La presenza di eumelanina fuori dal disegno che costituisce il suo centro di convergenza è stata rilevata in Italia da Diego Crovace con l’adesione di altri tecnici. Il monomelanico non aumenta in modo rilevante i suddetti effetti ottici, quindi secondo me è meglio chiamarlo appunto monomelanico e non azul; fra l’altro l’agata opale è ben più azzurro dell’azul. Osservando i mono- melanici ho avuto l’impressione che anche l’eumelanina sia intaccata, anche se in modo modesto. Comunque mi pare che il disegno dei neri classici sia meglio espresso di quello dei monomelanici. In seguito a ragionamenti logici e soprattutto al confronto con allevatori qualificati, ritengo che il monomelanico inibisca ma non distrugga la feomelanina. Quindi non possiamo sapere quanta ne nasconda. Da qui il fatto che accoppiando un monomelanico con un classico c’è il rischio di vedere aumentare e non ridurre la feomelanina stessa. Dipende da quanta è stata inibita. Una si- tuazione simile a quella del bianco recessivo, che non distrugge ma solo inibisce i carotenoidi, e quindi può fare sorprese di ogni genere. A suo tempo, ed anche in seguito, ho segnalato l’importanza di considerare che la mutazione monomelanico rischia di diventare prevalente nei ceppi nei quali la feomelanina è considerata difetto. A livello di agata ed isabella ho fatto un parallelo con i potatori di satiné, anche se si tratta di fenomeno diverso.
L’articolo di Alberto Santafé Pastor è valido e con un’ottima documentazione fotografica alquanto indicativa. Bene ha fatto Zambetta a sollecitarlo. Trovo un solo punto non condivisibile, anche se solo ipotetico, e cioè quello in cui ipotizza che la feomelanina potrebbe trasformarsi in feomelanina grigio ferro. Nero e grigio sono colori da eumelanina, quindi si deve pensare alle tracce di eumelanina preesistenti anche nei classici. I colori della feomelanina vanno dal giallo al marrone, passando attraverso l’arancio ed il rosso. Riflessi o comunque percezioni di colori aventi natura strutturale: blu, azzurri e violetti presuppongono base di eumelanina, come dicevo sopra. Verde e viola sono pure strutturali e richiedono oltre all’eumelanina anche pigmenti gialli o rossi, di solito lipocromici. Mi sembra quindi che se un aumento di tali effetti metallico bluastri ci fosse, potrebbe essere spiegato con una maggiore evidenza dovuta all’inibizione della feomelanina, ipotesi pure considerata, ma anche e direi forse più probabilmente con fattori di inscurimento sopraggiunti di cui parla Zambetta nell’introduzione, aspetto che considererò in seguito.
Ora ci sarebbe da chiedersi il da farsi. Da riconoscere o no i monomelanici? Confesso di aver avuto sempre dubbi, non del tutto superati neppure ora, tanto da non aver mai fatto proposte, almeno fino ad oggi.
In particolare rilevo che le differenze fra i neri monomelanici ed i neri attuali selezionati contro le feomelanine sono poca cosa, anche se i classici hanno disegno migliore. Se non avessimo abbandonato la giusta selezione per i nero-bruni, cioè con nero e bruno, le differenze sarebbero maggiori. Inutile piangere sul latte versato. Qualcuno però (Iannuccilli) mi ha suggerito che, nel caso dovesse essere eventualmente riconosciuto il monomelanico, si potrebbe addirittura ipotizzare di ritornare al nero-bruno per distinguere maggiormente i due tipi. Mi sembra un’idea non male, tuttavia difficilmente accettabile dai più. Problema maggiore ci può essere nei diluiti. Evidenza maggiore nei bruni.
In effetti, oggi c’è chi vorrebbe avere anche i bruni senza bruno da feomelanina, ma solo da eumelanina; idea pessima, forse il riconoscimento dei bruni monomelanici potrebbe scongiurare questo pericolo. Di conseguenza non posso non dire che gradirei un riconoscimento dei bruni monomelanici.
In questo caso ritengo che non potremmo non riconoscere anche i neri monomelanici. I neri monomelanici si differenziano poco dai neri classici selezionati contro la feomelanina, tuttavia sono riconoscibili.
Vengono in aiuto le ali, o per meglio dire le penne che non sono mai mutate sulle ali: remiganti primarie, secondarie e grandi copritrici delle primarie, spesso mutate le terziarie e quelle dell’alula, le quali conservano almeno la feomelanina propria dei novelli. Fuori dall’ala, le timoniere mutate con media frequenza.
Un problema difficile da affrontare sa- rebbe dato dai diluiti agata ed isabella; tuttavia anche qui tracce di feomelanina, pur diluitissima, sono percepibili nelle penne suddette anche dei soggetti migliori, nei difettosi ampiamente. Si potrebbe considerare quindi un riconoscimento pure in questo caso, anche se difficile. Altrimenti si imporrebbe dare già da ora l’indicazione perentoria che nei neri, come soprattutto nei diluiti (agata ed isabella), si dia l’ottimo anche in presenza di feomelanina visibile purché minima e non solo se totalmente inibita. Direi provvedimento necessario, altrimenti i monomelanici rischiano di diventare onnipresenti. Semmai da valutare bene l’interferenza sia pure modesta che il monomelanico ha sull’eumelanina. In presenza di altre ulteriori interazioni, dubito che si possa fare un discorso ampio, magari caso per caso. In un allevamento ho visto un nero pastello ali grigie molto “slavato”, quasi irriconoscibile. Ebbene in quel ceppo c’era finito anche qualche monomelanico; suppongo che l’ali grigie suddetto fosse un’interazione con il monomelanico, con pessimo risultato. Nell’introduzione di Zambetta ci sono spunti molto interessanti che non riguardano soltanto il monomelanico bensì fattori di inscurimento che potrebbero riguardare anche altri fenomeni, direi forse anche l’all black.
In effetti è possibile la presenza di piccole mutazioni eventualmente in concorso fra di loro, e non si può neppure escludere l’acquisizione di fattori di inscurimento dagli Spinus, sempre come ipotizzato da Zambetta. Forse un po’ meno probabile l’origine Spinus, visto che il cardinalino del Venezuela non ha trasmesso nulla a livello di disegno, nonostante reiterate ibridazioni; comunque altri Spinus potrebbero averlo fatto, avendo qualcosa in più come melanine. Penso quindi che il discorso su questi fattori di inscurimento richieda approfondimenti, e non solo per il monomelanico. Certo da non confondere i vari casi possibili. Da non dimenticare comunque l’importanza del tipo base, appunto basilare in tutte le interazioni. Suggerisco attenzione nei paragoni che in seguito potrebbero essere fatti riguardo i fattori di inscurimento da mutazione, come quello del pappagallino ondulato che trasforma il verde chiaro in oliva quando è omozigote ed in verde scuro l’eterozigote (intermedio). Questo anche per altri fattori di inscurimento noti nell’organetto, poiché sembrano piuttosto diversi e di netta espressione rispetto a quelli sopra ipotizzati.
Esprimo apprezzamento per la pubblicazione in oggetto, introduzione compresa, che merita attenzione.