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Sul Diamante fetonte Neochmia phaeton (Hombron e Jacquinot, 1841)
Cenni di tassonomia
La specie in esame fu segnalata per la prima volta nel 1841 (Annales des Sciences serie II, vol. XVI, pagg. 314-315) con il nome scientifico di Fringilla phaeton e quello volgare di Bengalin phaethon. Nella descrizione vengono indicati i caratteri fenotipici di un esemplare maschio proveniente dalla Baia di Bay (Territorio del Nord, Australia).Gli autori, Jaques Bernard Hombron (17981852) e Charles Hector Jacquinot (1796-1879), rispettivamente medico e capitano di vascello, scoprirono questa specie (e molte altre) in occasione di un avventuroso viaggio nel Polo Sud e nell’Oceania, realizzato con le corvette Astrolabe e Zélée (quest’ultima comandata da Jacquinot).
Nel 1845 i suddetti esploratori e naturalisti proposero, sul volume Voyage au Pole Sud e dans l’Océanie, un’ornitografia (la tavola n. 22) che raffigura anche il Diamante fetonte, indicato col nome Neochmie phaethon. La scelta di tale francesismo ha naturalmente destato qualche perplessità, in quanto non rispettosa della sintassi latina che avrebbe imposto la lettera finale “a” (Neochmia). Ma le trasformazioni nomenclaturali degli autori non finirono qui. Nel
1853, infatti, venne proposta la denominazione di Erythrura phaeton, argomentando sul fatto che le peculiarità fenotipiche del volatile (grossezza del becco e brevità dei tarsi) imponessero un distacco tassonomico dalle specie simili e che, dunque, il genere Neochmia non dovesse essere adottato: favorendo, così, la scelta del taxon Erythrura
Va inoltre evidenziato che, ancor prima di tale data (1853), ornitologi come G.R.Gray (The Genera of Birds, 1849) e L. Bonaparte (Conspectus Generum Avium, 1850) indicavano l’attuale nome generico di Neochmia. Un’altra tappa importante nella storia tassonomica del Diamante fetonte fu raggiunta nel 1879, allorquando Luigi Maria D’Albertis (1844-1901) e Tom-
Nel 1879 Luigi Maria
Naturale di Genova” maso Salvadori (1835-1923) descrissero un taxon con il nome di Neochmia evangelinae sugli “Annali del Museo Civico di Storia Naturale di Genova” (vol. XIV, pagg. 88-89). Vennero rappresentati due soggetti catturati il 30 ottobre 1877 nei pressi del fiume Fly (uno dei più importanti corsi d’acqua della Papua Nuova Guinea) in occasione della terza e ultima spedizione effettuata dal D’Albertis nella parte meridionale di tale regione. Nella descrizione gli autori non nascondono le loro perplessità sull’attribuzione tassonomica dei volatili e così scrivono: “Siamo incerti se questi due esemplari siano da riferire veramente alla N. phaeton o ad una nuova specie”. Ma dopo aver valutato i dati biometrici, forniti dal Conte Tu- rati, di un esemplare catturato nella penisola di Capo York, i due si avventurarono a proporre il nome di Neochmia evangelinae,in parte rassicurati dal fatto che i due specimina in loro possesso avessero dimensioni più ridotte e sostanzialmente poiché la regione ventrale era caratterizzata da cromie chiare.La loro intuizione si rivelerà arguta e fortunata, poiché attualmente gli studiosi sono concordi nel ritenere che i volatili descritti costituiscano una delle due sottospecie riconosciute (Neochmia phaeton evangelinae).
Tuttavia, fino a un recente passato, al D. fetonte venivano attribuite tre sottospecie. Detto altrimenti, era preso in considerazione anche il taxonalbiventer, descritto dall’austra- liano Gregory M. Mathews nel 1914 (South Australian Ornithology, vol. I, pag. 13), ma la comunità scientifica considerò tale sottospecie come un sinonimo di evangelinae. Purtroppo, questo pregevole personaggio, che pur non essendo uno zoologo di professione maturò una cultura non comune che gli consentì di realizzare diverse monografie e di far parte di vari organismi scientifici, ricoprendone pure importanti incarichi, conobbe altre “bocciature ornitologiche”. Infatti, propose anche le razze geografiche iredalei e fitzroyi (entrambe segnalate nel 1912 e, naturalmente, relative alla specie Neochmia phaeton), che però non furono riconosciute. Molto verosimilmente l’errore scaturì, in particolar modo per la sottospecie evan- gelinae, dal fatto che esista una variabilità individuale nelle cromie, seppur lieve, la quale potrebbe essere accentuata sia dall’età dei volatili sia dall’abrasione del piumaggio. Negli anni Sessanta del secolo scorso altri due tentativi di revisione tassonomica del D. fetonte non furono accolti dalla comunità scientifica, pur offrendo interessanti informazioni e spunti di riflessione. In estrema sintesi, un autore, I. G. Mitchell (1962), propose d’includere il D. fetonte nel genere Lagonosticta poiché la somiglianza cromatica ed etologica con alcuni esponenti di questo taxon è notevole (The taxonomic position of the Crimson Finch, Emu 62: 115-125). L’altro ornitologo è C. J. O. Harrison (1963) che, prendendo in esame le cromie della livrea di entrambi sessi, la dimensione e la forma allungata del corpo, considerò la specie in esame molto affine al Granatino purpureo
Granatina granatina (Taxonomy of the Crimson Finch and Red-Browed Finch, Emu 63: 48-56).
Per diverso tempo gli studiosi sono stati pressoché concordi nel ritenere che al genere Neochmia (questa parola deriva dal greco Neokmia e significa “innovazione, cambiamento”) dovessero essere ascritti anche il Diamante codarossa, il D. modesto e l’Astro di Sidney. Il primo passo verso questo raggruppamento tassonomico si ebbe negli anni 1962 e 1965, allorquando il tedesco K. Immelmann ritenne che a tale taxon, oltre al D. fetonte, dovesse appartenere anche il D. codarossa poiché vari aspetti comportamentali e fenotipici sono simili, soprattutto se si prendono in esame le femmine e i giovani. Orientamento condiviso nel 1968 anche da E. Mayr (The sequence of genera in the Estrididae, Breviora 287: 114). Ma si dovette attendere l’anno 1987 per raccogliere le quattro specie in questo genere, allorquando L. Christidis, in base ai suoi studi cromosomiali ed elettroforetici, giunse a siffatta conclusione (Phylogeny and Systematics of EstrildineFinches and their relationships to Other Seed-eating Passerines, Emu 87: 119-123).
Tale “condivisione tassonomica” è attualmente contestata da un recente studio realizzato da U. Olsson e P. Alström (A comprehensive phylogeny and taxonomic evaluation of the waxbills -Aves: Estrildidae), reso disponibile onlineil 3 febbraio 2020 dalla Elsevier Inc. I due ricercatori, infatti, dopo accurati e numerosi esami genetici, sono giunti alla conclusione che il D. codarossa vada collocato nel genere Bathilda e il D. modesto nel genere Aidemosyne, mentre hanno inserito nel taxonNeochmia solo l’Astro di Sidney e il D. fetonte. Questa proposta è stata accolta pressoché unanimemente dalla collettività scientifica.
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