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Il Diamante di Gould a groppone giallo
Genetica, sviluppi e selezione
di FRANCESCO FAGGIANO, foto F. FAGGIANOE M. DE FREITAS
Introduzione
Quattro o cinque anni fa, in un mondo molto diverso da quello di oggi, ho avuto la fortuna di incontrare un grande ornicoltore innamorato del Diamante di Gould. Il Signor Manny
De Freitas, uomo di grande esperienza orniculturale, esperienza ben diversa dalla nostra perché realizzata in un paese molto lontano dall’ Europa: il Sudafrica. Come già scritto in un precedente articolo sempre su I.O., il signor Manny da qualche anno si è trasferito a Lanciano, nel cuore dell’Italia, scelta fatta anche dopo aver conosciuto il gruppo ornitologico di Erythruria, che organizza ogni anno una delle più belle manifestazioni europee sul Diamante di Gould. Nel suo trasferimento, quest’uomo silenzioso ed attento, tra mille difficoltà è riuscito a portare con sé i suoi amati Diamanti di Gould, ma in particolare ha portato in Italia un’interessante mutazione definibile “Groppone Giallo”.
Perché groppone e non codione… il nome giusto alla mutazione
In ornicoltura, cercando di dare un senso logico e un riferimento tecnico alle cose che ci riguardano, in primo luogo si cerca di denominare ogni mutazione con una definizione che indichi il principale effetto mutante sul fenotipo, il colore richiesto dalla logica selettiva e possibilmente la trasmissione ereditaria. Nel caso specifico evidenzieremo come l’effetto più
Questa variante genetica presenta una trasmissione ereditaria dominante significativo della mutazione sia la perdita del calzone, ovvero dell’area compresa tra il dorso e il codione, che scende sui fianchi sotto le ali. In zoologia (vocabolario Treccani) questa porzione, ovvero la parte estrema dorsale posteriore del tronco degli uccelli, che confina col sopraccoda, è chiamata groppone. Partendo da questo termine, per dare una nomenclatura tecnicamente efficace e corretta, sarebbe opportuno usare il termine “Groppone Giallo” per denominare il fenotipo, usando le due maiuscole per evidenziare la trasmissione dominante della mutazione. Va detto che anche il codione diventa lipocromico, ma rispetto alla perdita del calzone è sicuramente un fenomeno meno rilevante e già presente in altri fenotipi.
La genetica del nuovo fenotipo Questa variante genetica del Diamante di Gould presenta una trasmissione ereditaria dominante, per cui la sua stabilizzazione non ha comportato particolare difficoltà, considerando che l’effetto metabolico pare non essere fisiologicamente debilitante. Va evidenziato che lo stesso ornicoltore titolare della mutazione ci descrive come indistinguibili i soggetti omozigoti da quelli eterozigoti. Il signor Manny ci racconta che nei primi anni d’allevamento ha approntato solo coppie tra mutato x classico presunti portatori, ottenendo statistica- mente il 50% di figli classici e il 50% di figli mutati, pensando che la mutazione fosse recessiva, ma i risultati di queste coppie, troppo statici per una mutazione recessiva, non convincevano statisticamente. Per questo ad un certo punto ha accoppiato esemplari mutati con soggetti estranei alla stirpe, evidenziando la dominanza netta del carattere perché accoppiando un mutato con un classico non imparentato col suo ceppo ha ottenuto già in prima generazione figli mutati. Così facendo ha irrobustito il ceppo e determinato esattamente la peculiarità della trasmissione genetica. Con questo nuovo accoppiamento non poteva però sapere se eventuali soggetti omozigoti palesassero un fenotipo differente.
Considerando la peculiarità del carattere, ha pensato che probabilmente un eventuale doppio fattore potesse avere un fenotipo più caratterizzato e spinto del singolo fattore; ha quindi accoppiato un presunto mutato eterozigote con un altro presunto mutato eterozigote da cui ha ottenuto il 75% dei soggetti a “Groppone Giallo” ed il 25% dei soggetti a fenotipo Classico. Le leggi della genetica ci insegnano che già in questo primo accoppiamento il 25% dei mutati, sempre statisticamente, è omozigote, ma tutti i soggetti a “Groppone Giallo” erano fenotipicamente sovrapponibili, nessuno evidenziava l’immaginata amplificazione dell’effetto mutante. Questo ha richiesto all’allevatore un’ulteriore indagine a conferma che il fenotipo degli eterozigoti e quello degli omozigoti fosse sovrapponibile. La possibilità che di circa 15 soggetti nati dall’accoppiamento tra mutanti eterozigoti non fosse nato nemmeno un doppio fattore era veramente bassa. Due le possibilità più realistiche: o il doppio fattore era fenotipicamente uguale agli eterozigoti, oppure esisteva una letalità dell’embrione omozigote (cosa ancora tecnicamente non provata), cosa però non soste- nuta dalla buona schiusa media registrata nella stagione riproduttiva. A questo punto il signor Manny, da vero ornicoltore consapevole e capace, per verificare che la deduzione sull’unicità del fenotipo di questo mutante fosse vera, ha accoppiato tutti i figli mutati nati da genitori eterozigoti con esemplari a fenotipo classico. In questo modo ha evidenziato che in effetti 5 esemplari accoppiati con esemplari a fenotipo classico hanno prodotto il 100% della figliolanza mutata, stabilendo che in effetti il genitore a “Groppone Giallo” fosse un omozigote, ma indistinguibile da un singolo fattore. Da attento e meticoloso selezionatore, Il signor Manny oggi riporta che i soggetti doppio fattore presentano da pulli aree acianiche più estese, cosa che non è però rilevabile nei soggetti adulti.
L’azione sul fenotipo Nel descrivere l’effetto sul fenotipo di questa caratteristica mutazione, dobbiamo riferirci al fatto che la livrea del Diamante di Gould non si compone semplicemente attraverso il deposito stratificato e uniforme delle melanine e dei lipocromi. Nel Diamante di Gould, come in molte altre specie, la disposizione di questi pigmenti è fortemente organizzata da più geni regolatori e non solo da quelli produttori del pigmento. Sono questi geni regolatori che permettono ad esempio di modulare la qualità del lipocromo, rosso o arancio, nella maschera o addirittura la sua sostituzione con l’eumelanina nella varietà testanera. È questa complessa relazione tra molti geni con funzioni ed attività differenti che determina l’effetto fenotipico finale di ogni mutazione. Ogni fenotipo classico dipende da una sequenza di geni (ognuno dei quali implementa su uno o più passaggi della determinazione del fenotipo) che interviene nella fase di accrescimento del piumaggio secondo una cronologia e una modalità modulata e gestita da tutta una serie di interazione. Questo pool genico è organizzato per esprimersi durante la crescita delle piume in una sequenza temporale, ma non lineare, perché i vari geni possono avere azione sequenziale, congiunta o intermittente, regolata da altri geni modulatori e/o regolatori, che permettono di realizzare differenze di colore, intensità, sfumature, disegni ecc. anche in base all’area anatomica in cui si esprimono. Se una mutazione interessa un gene all’inizio di questa cronologia, che possiamo definire come una “rete tridimensionale” di eventi, è chiaro che tutto il processo si modifica o addirittura si interrompe. Ad esempio le varie forme di albinismo intervengono all’inizio del processo di melanogenesi inibendo la tirosinasi… così tutto il processo legato alla melanizzazione è inficiato in rapporto al deficit iniziale. Analizzando il nuovo fenotipo del Diamante di Gould, notiamo che sul tipo classico il target principale su cui incide la nuova mutazione si riduce essen- zialmente, come abbiamo evidenziato, in primis al groppone, parte distale del dorso che si attacca al sovracoda anch’esso demelanizzato. Determinando la perdita del calzone all’altezza della groppa e del codione, andando a realizzare così un’ampia zona acianica, leggermente interessata soprattutto nella parte superiore da soffuso lipocromo giallo, da cui il nome della mutazione. Altre caratteristiche vanno a completare questo particolare fenotipo: una depigmentazione periferica dall’apice verso il rachide delle timoniere, una modifica del collarino che appare più ampio e sfumato, ma soprattutto di un colore più tendente al violetto e non al turchese, ed infine la comparsa di una tenue banda alare all’apice delle copritrici primarie e secondarie di colore bianco giallastro. Su questo particolare carattere faremo di seguito una riflessione accurata che potrebbe portare anche a dovuti spunti sulla selezione dei tipi classici. Queste peculiari caratteristiche presenti sul fenotipo dei Diamanti di Gould a “Groppone Giallo” ci indicano un’azione che riduce localmente la pigmentazione melanica delle piume durante la prima fase di crescita delle stesse considerando che ad esempio le timoniere presentano l’apice apigmentato, così come le piume del co- dione che presentano melanina localizzata solo nella parte mediale e bassa. Questa precisa localizzazione della melanina ci indica un avvio ritardato della melanizzazione almeno nel terzo inferiore del corpo, ma con un proseguimento presumibilmente adeguato nel resto del corpo. Questo ci evidenzia che così come per il petto esistono uno o più geni che regolano la pigmentazione di queste specifiche aree.
Un parallelismo tra mutazioni: groppone giallo versus pettonero Il mondo dei fenotipi mutatici riserva spesso novità impensabili, tranne che nel Diamante mandarino; fino a pochi anni fa, non conoscevamo ancora mutanti genici capaci di modificare il disegno di una specie o per lo meno non ne avevamo consapevolezza. Eppure, sarebbe bastato guardare un po’ meglio il mondo circostante per capire immediatamente che in tutti gli animali parti diverse del corpo possono essere diversamente interessate da una mutazione e presentare colori e/o disegni diversi dalle altre. È questo il caso ad esempio della mutazione “opalino”, oggi ampiamente diffusa negli psittacidi, dove la muta- zione di un singolo gene sessolegato produce una modificazione sostanziale del disegno e del colore della specie. Forse meno evidente ma comunque indicativo a tal proposito poteva essere addirittura lo stesso policromismo della maschera nel Diamante di Gould, dove due distinti geni determinano modificazioni precise del colore di quell’area. Ancor più significativo per la mutazione in questione è il caso della tortora diamantina (Geopelia cuneata) che nel suo panorama selettivo ci propone una mutazione a dominanza incompleta, che produce un fenotipo assimilabile detto a “Groppone Bianco”. La mutazione in eterozigosi determina la depigmentazione del groppone e dell’apice delle timoniere, fenotipo sovrapponibile a quello del Gould a “Groppone Giallo”, mentre in omozigosi tutta la porzione posteriore comprese le timoniere diventa acianica e questo sostiene l’ipotesi di una eventuale letalità degli omozigoti nel Gould.
Questo breve excursus ci mette nuovamente in evidenza come lo stesso gene sia spesso presente in molte specie e come sempre un singolo gene può determinare effetti macroscopici localizzati in porzioni somatiche isolate. Questo perché ogni gene può subire mutazioni che, pur sviluppando fenotipi simili o addirittura sovrapponibili, non sempre corrispondono, perché date da cambiamenti tecnicamente diversi, ovvero lo stesso gene può presentare mutazioni distinte. Tali comparazioni sono importanti perché ci permettono di interpretare meglio ogni nuovo fenotipo e di orientarci adeguatamente ed in modo uniforme nella selezione. Proprio osservando e comparando questi interessanti soggetti esposti anche a “Gould mania” di Cesena in occasione di “Piume”, eccellente Expo ornitologica, abbiamo ipotizzato che la mutazione in questione potrebbe essere geneticamente riconducibile al gene che determina il pettonero nel Diamante mandarino; ovviamente questa è un’ipotesi basata su alcuni indizi, primo tra tutti la perdita del calzone, elemento non da poco. Altro indizio interessante è la tendente localizzazione della melanina sull’asse centrale della piuma con la comparsa di orlature/perlatura sulle penne forti e sulle copritrici alari. Chiaramente poi il mutante si esprime in modo differente in quanto la sopraindicata “rete tridimensionale” di geni regolatori della disposizione dei pigmenti tra Diamante di Gould e Diamante mandarino è ben diversa, ma gli indizi di un gene condiviso ci sono. Certo, questo poco ci aiuta nello stabilire l’espressione più corretta per questo mutante e l’ipotesi rimane più come informazione a sé che altro.
Prospettive della selezione
Anche se siamo ancora agli esordi della selezione di questa inedita mutazione del Diamante di Gould, possiamo certamente indicarne come punti salienti per il miglioramento fenotipico l’enfatizzazione dei tre elementi caratterizzanti la stessa: groppone, banda alare e collarino. A nostro parere dovremmo cercare con la selezione di ampliare il groppone depigmentato, intensificando la pigmentazione lipocromica, rinforzare e rendere regolare e ben evidente la banda alare e stabilizzare l’espressione cromatica violacea del collarino e dell’area retrostante che tende al dorato. La trasmissione dominante della mutazione agevolerà sicuramente la selezione, perché ci permette di giocare a carte scoperte sia con gli eterozigoti che con gli omozigoti, così come ha fatto finora il si- gnor Manny, che ad oggi ha già sovrapposto questo fenotipo praticamente a tutti quelli già fissati compreso il bruno. Interessante è notare la stabilità espressiva della mutazione, che ovviamente diventa quasi insignificante sui fenotipi più schiariti come il lutino e ancor più sul pastello, dove poco si evidenzia per ovvi motivi. Molto interessante è la combinazione con il pettobianco, dove la sovrapposizione dei fenotipi enfatizza il contrasto tra dorso e testa pigmentati e lo schiarimento del groppone che, senza soluzione di continuità, si lega al ventre limpido che sale fino al candido petto. In questa combina- zione migliora anche la banda alare che appare appena più accentuata, probabilmente per un sinergismo tra il ritardato inizio della melanizzazione, l’azzeramento della feomelanina e l’ingerenza del pettobianco sul deposito eumelanico. La combinazione a nostro parere più suggestiva è quella col blu pettobianco, tanto più nel testanera, dove il contrasto tra bianco delle parti inferiori e celeste del dorso contrasta in modo suggestivo, il tutto enfatizzato dallo stacco del nero della testa rotto dal becco color bianco perla. Dall’approfondimento e lo studio di questo nuovo fenotipo possiamo però co- gliere l’occasione per sviluppare e rivedere forse alcuni presupposti granitici inerenti la selezione classica del Diamante di Gould, che forse oggi, anche grazie a questa nuova mutazione, possiamo considerare diversamente. In particolare la mutazione a “Groppone Giallo” mette in evidenza come il presupposto dell’uniformità del colore delle ali sia da rivalutare attentamente, alla luce della “comparsa” della banda alare in questi soggetti. È questo un ornamento caratterizzante e piacevole della mutazione?
Probabilmente sì, che si basa essenzialmente su una predisposizione atavica della specie, fortemente contrastata dalla selezione domestica, però ancor oggi presente sia nei soggetti selvatici che in quelli domestici. In effetti, nei primi soggetti a “Groppone Giallo”, derivanti da un ceppo sudafricano non assoggettato alla selezione europea, che di contro richiede una colorazione verde uniforme del dorso e delle ali, penalizzando l’orlatura bluastra delle copritrici, la banda alare gialla era molto più uniforme ed espressiva. Nei soggetti esposti alle specialistiche del 2022 questo carattere è molto meno evidente pro- babilmente perché l’ornicoltore, nell’intento di migliorare il suo ceppo, negli ultimi tre anni ha più volte usato ottimi soggetti italiani, assoggettati da più generazioni ad una selezione che spinge sull’azzeramento del carattere, premiando i soggetti con ali verdi uniformi. È pur vero che nonostante i 50 anni di selezione domestica questo carattere è ancora fortemente presente nei nostri aviari, dove almeno il 30 % dei soggetti lo mostra.
Questo dovrebbe forse indurci a rivedere anche l’orientamento selettivo delle forme classiche del Gould, in virtù dell’attuale possibilità di osservare anche soggetti selvatici in ambiente naturale, dove è palese la presenza ubiquitaria della suddetta banda alare bluastra. Se noi come zootecnici dobbiamo stabilire le caratteristiche del fenotipo domestico di una specie sulle basi generali dell’ingentilimento fenotipico, ovvero migliorando parametri come intensità, uniformità, precisione del colore e del disegno, è altrettanto vero che dobbiamo preservare l’identità della specie, in particolare mantenendo e migliorando quelle “caratteristiche ornamentali” anche minori come la soffusione blu dell’apice delle copritrici alari. Perché se è assolutamente corretto selezionare un dorso uniforme intenso e brillante, potrebbe essere anche corretto considerare la banda alare bluastra un disegno ornamentale e quindi selezionabile verso parametri di precisione e non cercare di eliminarla.
Conclusioni
L’ornicoltura amatoriale diventa una disciplina sempre più complessa e competente, eppure a fronte di questa sua evoluzione tecnica è vessata da pressioni estranee a questo mondo, perché si crede ancora che i cattivi della favola siano gli allevatori. Per questo, la conoscenza e la divulgazione di ciò che facciamo e proteggiamo attraverso la selezione domestica devono essere l’arma e lo scudo a difesa del nostro fragile mondo, dove dietro i tavoli del mercato della domenica mattina si cela un impegno impagabile di risorse e amore, che non può più rimanere conoscenza solo degli addetti ai lavori. Dobbiamo abbandonare le opinioni ed alzare la nostra competenza media per avere strumenti oggettivi che evidenzino in primis la distanza tra i nostri uccelli domestici e le stirpi selvatiche e poi l’importanza che queste razze domestiche hanno nella difesa della biodiversità di un pianeta che vive ufficialmente la sesta grande estinzione di massa. Per questo, ogni ceppo, ogni selezione e ancor più ogni nuovo mutante che compare in una specie allevata assume oggi un valore universale e non solo estetico... in un mondo dove non c’è più la possibilità che nuove creature viventi prendano forma spontaneamente a causa della devastazione degli habitat.