AeC2/2020

Page 1

INDICE

Osservatorio normativo Adriano Simonetti - Natalia Furfaro - Salvatore Ricci, Profili di criticità nel procedimento sanzionatorio amministrativo in materia di antiriciclaggio (focus operazioni sospette) p.

229

Bruno Maria Balletti, La differenziazione dei titoli di reato tra autoriciclatore e riciclatore

»

251

Armando Tadini, La buona fede dell’intermediario creditore nel procedimento di prevenzione patrimoniale: l’importanza dell’adeguata verifica della clientela

»

273

Raffaele Lorenzetto, Frodi alimentari e responsabilità penali

»

287

Marco Letizi, Come cambierà il dispositivo europeo antiriciclaggio alla luce del recentissimo Action Plan lanciato dalla Commissione?

»

309

Filippo Bosi, Riciclaggio, Money muling e The Onion Router: l’attività di polizia al tempo delle cripto-valute e del Dark web

»

315

Benedetto Palombo, Considerazioni sulla de-radicalizzazione dei terroristi jihadisti

»

325

Fulvio Fontana, Criptovalute e rischi di riciclaggio

»

355

Ancora aperta la questione dell’applicabilità delle sanzioni interdittive ex d.lgs. 231/2001 alla corruzione internazionale, di Maurizio Arena

»

383

Consiglio di Stato, sez. III – 13/05/2020, n. 3030, (con nota di Armando Tadini)

»

395

Cassazione penale, sez. IV – 13/05/2020, n. 14800, (con nota di Armando Tadini)

»

403

Approfondimenti

Giurisprudenza


indice

Documentazione

228

Greco, Corruption Risks and Useful Legal References in the context of COVID-19

»

411

Cndcec, Vigilanza e modello di organizzazione, gestione e controllo ex D.Lgs 231/2001 nell’emergenza sanitaria

»

419

Gafi, COVID-19-related. Money Laundering and Terrorist Financing

»

433

Commissione europea, Comunicazione in materia di prevenzione del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo

»

469


OSSERVATORIO NORMATIVO

Profili di criticità nel procedimento sanzionatorio amministrativo in materia di antiriciclaggio (focus operazioni sospette)

Adriano Simonetti - Natalia Furfaro - Salvatore Ricci

Come evidenziato dalla Banca d’Italia/UIF nella sua circolare del 14 aprile, l’attuale situazione di emergenza sanitaria espone il sistema economico a “rilevanti rischi di comportamenti illeciti” dovuti a “truffe”, a “fenomeni corruttivi” e a “possibili manovre speculative anche a carattere internazionale”. Da qui la necessità che gli intermediari, i professionisti e gli altri operatori qualificati comunichino tempestivamente “tutte le situazioni sospette” connesse “con l’emergenza epidemiologica da CONVID-19”. Il prospettabile aumento dei casi di contenzioso in materia di “operazioni sospette” a rischio di riciclaggio impone una riflessione sul procedimento di contestazione e definizione di tale illecito, sia presso il MEF che in sede giudiziaria, in relazione alle varie criticità in esso presenti.

Sommario: 1. Premessa. – 2. Procedimento di contestazione e di opposizione presso il MEF. – 3. Imparzialità e trasparenza dell’attività istruttoria del MEF. – 4. Procedura dell’audizione. – 5. Parere della Commissione Consultiva Antiriciclaggio. – 6. Procedimento in materia di infrazioni sulla Borsa di Parigi. – 7. Opposizione al decreto del MEF di condanna al pagamento di una sanzione pecuniaria. – 8. Nuove linee guida della Banca d’Italia in materia di organizzazione e controlli interni.


OSSERVATORIO NORMATIVO

La presente grave “situazione di emergenza sanitaria”, a causa del convid-19, ha formato oggetto di immediata attenzione da parte di Banca d’Italia/UIF1, che avendo paventato il rischio che il sistema finanziario sia esposto a crescenti “comportamenti illeciti e a possibili manovre speculative anche internazionali” nonché a “infiltrazioni criminali….con finalità di riciclaggio”, ha subito provveduto a raccomandare, con una propria circolare del 14 aprile, “agli intermediari, ai professionisti, agli altri operatori qualificati e alle pubbliche amministrazioni” un impegno particolare nel valutare le imprese clienti, al fine di “intercettare ipotesi di abusi”, dando con la massima tempestività la prescritta segnalazione all’UIF di “eventuali operazioni sospette”, riferibili a transazioni di denaro “anomale”. Considerata, pertanto, l’attuale rilevanza dell’argomento delle “operazioni sospette” (SOS) e del suo contenzioso, riteniamo opportuno evidenziarne con il nostro scritto alcune criticità, riguardanti sia la fase di accertamento dell’illecito che la sua definizione

sanzionatoria, sia in sede amministrativa che giudiziaria. Il contenzioso relativo alle SOS si esplica attraverso una procedura complessa, che ha inizio con la contestazione della presunta infrazione tramite un verbale amministrativo redatto dagli organi investigativi, in genere Guardia di Finanza e Banca d’Italia, a fronte del quale gli interessati possono proporre opposizione al Ministero dell’Economia e della Finanze (MEF) che, previo parere obbligatorio ma non vincolante di un’apposita Commissione, decide per l’archiviazione del procedimento, ovvero (prevalentemente) di irrogazione a carico degli stessi di una sanzione pecuniaria. La violazione derivante da questo comportamento omissivo costituisce, infatti, sul piano repressivo, la fattispecie di maggiore rilievo per tutti gli organi preposti alla prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario per scopi illegali, ossia riciclaggio2, in considerazione della qualificazione delle persone imputabili di tale infrazione (dipendenti e dirigenti di intermediari finanziari, nonché professionisti) e, soprattutto, a causa della sospetta origine dei

L’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) è stata istituita con decreto legislativo del 21 novembre 2007 n. 231 presso la Banca d’Italia, in posizione di indipendenza e autonomia funzionale, subentrando al soppresso Ufficio Italiano dei Cambi nel ruolo di Autorità Centrale Antiriciclaggio. Recentemente la Commissione UE ha annunciato l’intenzione di trasferire a livello comunitario la sorveglianza contro il riciclaggio, tramite un’apposita autority.

Secondo Ranieri Razzante in Riciclaggio e finanziamento del terrorismo due vie un solo risultato, del 14 marzo 2020, “con il termine riciclaggio si fa riferimento ad un processo attraverso il quale i criminali tentano di nascondere la vera origine dei proventi ricavati dalle attività illegali, pertanto il suo successo implica che il denaro perda la sua identità criminale, finendo per sembrare legittimo e consentire l’utilizzo senza sospetti”.

1. Premessa

230

1

2


Profili di criticità nel procedimento sanzionatorio amministrativo in materia di antiriciclaggio

proventi ad esse presupposto – fattispecie delittuose non colpose – che, tramite il sistema finanziario, vengono indirizzati verso finalità di riciclaggio o, in misura molto minore, di terrorismo internazionale. È notorio che l’ammontare dei “fondi provenienti da attività criminose” (droga, prostituzione, usura, finanziamento del terrorismo internazionale, etc.) risulta di proporzioni ingenti, con una cifra stimabile in oltre 100 miliardi di euro, a cui si aggiungono i cespiti derivanti da evasione fiscale e da corruzione, essendo queste ultime le fattispecie più diffuse nell’ambito della criminalità dei c.d. colletti bianchi La movimentazione di tale massa monetaria si realizza, prevalentemente, tramite il sistema bancario-finanziario, per cui, allo scopo di prevenire la destinazione di tali capitali (“sporchi”) per gli ipotizzabili fini illegali, le relative operazioni presupposto, in quanto sospettabili di rischio di riciclaggio, devono essere oggetto di monitoraggio e specifica sorveglianza, che per effetto di una normativa che risale al lontano 1991 ha, ora, la sua più completa disciplina con il D.Lgs. 90/2017 nonché con il D.Lgs 4 ottobre 2019 n. 125. Punto centrale di questa attività di controllo facente capo all’UIF è il suo affidamento, in via anticipata, alle persone materialmente incaricate di procedere direttamente o indirettamente alla richiesta operazione, imponendo ad esse di segnalarne immediata-

ADRIANO SIMONETTI SALVATORE RICCI

mente il contenuto al menzionato UIF, quando, sulla base di “Indici di anomalia”, determinati ed aggiornati da questa stessa Autorità, tale transazione è possibile qualificarla come “sospetta”3, tenuto anche conto delle ulteriori indicazioni contenute nelle circolari esplicative della Banca d’Italia (provvedimento del 5 marzo 2020, relativo alla adeguata verifica della clientela) e del MEF (circolare del 5 marzo 2017) (3). I richiamati “indici di anomalia” possono essere definiti come “norme tecniche di rango secondarie”, equiparabili, in pratica, ad un atto normativo, per effetto delle quali il responsabile dell’operazione è obbligato a subordinarne l’esecuzione ad una preventiva verifica del cliente, la quale deve avere riguardo alla sua condizione economico-sociale e a quella del beneficiario della rimessa, prestando, inoltre particolare attenzione alle modalità di esecuzione della transazione, in specie se il suo regolamento sia effettuato tramite versamenti con biglietti di banca di grosso taglio (cfr. Bankitalia-UIF: da settembre 2019 vengono monitorate le segnalazioni su movimenti di contante di più di diecimila euro) L’obbligo di segnalare l’operazione sospetta è stato introdotto dal decreto legislativo 90/2017, in quanto nella normativa previgente la SOS andava effettuata genericamente “senza ritardo” e solo “ove possibile” prima di dar corso all’operazione (cfr. R. Razzante, in “codice della normativa antiriciclaggio”. Maggioli, 2018”). 3

231


OSSERVATORIO NORMATIVO

232

Per dare un’idea del fenomeno delle “operazioni sospette”, e delle sue sempre più stringenti regole applicative, sono significative le cifre contenute nei documenti dell’UIF, in cui si precisa che nel 2019 sono pervenute n. 105.789 segnalazioni di transazioni “anomale”, per un valore complessivo di oltre 90 miliardi di euro, provenienti dai soggetti obbligati a tale adempimento, per lo più a cura degli intermediari bancari e finanziari, e, tra i professionisti, dei notai. L’UIF, esaurita la sua attività di analisi delle segnalazioni ricevute, dopo avere archiviato – mediamente nella misura del 50% – quelle ritenute prive o a basso rischio di riciclaggio, dispone la trasmissione dei contesti suscettibili di allarme riciclaggio agli Organi investigativi, normalmente Guardia di Finanza e Banca d’Italia, i quali effettuano relative verifiche ispettive, anche in via autonoma, a seguito delle quali constatano e contestano ai soggetti obbligati alla segnalazione SOS l’eventuale omessa comunicazione all’UIF, per una o più operazioni sospette, in violazione dell’art. 35 del D.Lgs. 24 novembre 2007 e ss.mm. e, quindi, punibili ai sensi dell’art. 65 del predetto “decreto riciclaggio”. Sull’accertamento della fondatezza di questa addebitata violazione e sulla determinazione della conseguente misura sanzionatoria è competente a pronunciarsi il Ministero dell’Economia e del-

le Finanze (MEF)4 che, al termine della sua istruttoria, dispone l’archiviazione del procedimento, in caso, ad esempio, di mancanza di prova sulla responsabilità Il potere di irrogare le sanzioni per omessa segnalazione di operazioni sospette è ripartito tra le Autorità di Vigilanza (se la violazione è ascrivibile all’intermediario) e il MEF (quando la violazione è imputabile a persone fisiche), a loro volta le Autorità di Vigilanza sono competenti per la eventuale sanzione accessoria dell’interdizione a cariche e funzioni nei confronti degli intermediari vigilati, poiché, secondo la Banca d’Italia “questo assetto sta generando notevoli difficoltà”, per cui l’Istituto aveva avanzato proposta in una recente audizione in Parlamento, “di trasferire alle Autorità di Vigilanza di settore il potere di sanzionare le violazioni in materia di SOS imputabili ai singoli soggetti apicali degli intermediari vigilati”. 4

A tale riguardo il Consiglio di Stato, con parere n. 669/2018, sollecitato dalla stessa Banca d’Italia, aveva, peraltro, ritenuto la competenza sanzionatoria di tale Istituto negli illeciti in materia di riciclaggio rilevati dai suoi ispettori, salvo per le “operazioni sospette”, relativamente alle quali sussiste una competenza esclusiva del MEF. I Giudici di Palazzo Spada hanno fondato il loro parere osservando che “pure affermandone la natura di organismo autonomo ed operativamente indipendente dalla Banca d’Italia, la legge prevede un forte rapporto di compenetrazione dell’UIF con Banca d’Italia… È allora possibile che il legislatore abbia ritenuto che l’eventuale attribuzione alla Banca d’Italia del potere di sanzionare le condotte del personale (anche di quello proprio) inosservanti dell’obbligo di segnalazione di operazione sospetta alla UIF potesse in qualche modo risentire dei cennati rapporti dell’UIF con Banca d’Italia”.


Profili di criticità nel procedimento sanzionatorio amministrativo in materia di antiriciclaggio

dell’incolpato o per intervenuta prescrizione del diritto a riscuotere le somme dovute (art. 27 della L. 689/1981) , ovvero, più spesso, la condanna al pagamento di una sanzione pecuniaria. In relazione alla dimensione qualitativa e quantitativa di tale illecito e dei conseguenti procedimenti sanzionatori, rappresentiamo le criticità, anche procedurali, che emergono nel contenzioso relativo alle SOS, sia per quanto riguarda l’attività istruttoria svolta dagli uffici del menzionato Dicastero (Direzione V del Dipartimento del Tesoro), preposti alla “Prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario per fini illegali”, che per quella decisoria di pertinenza della collaterale Commissione. Tali criticità, peraltro, si evidenziano anche nella fase di opposizione al decreto di condanna presso il Tribunale, al punto da far ritenere illusoria la c.d. “tutela differita” esperibile in quella sede giudiziaria, in cui sarebbe possibile compensare le minori garanzie del procedimento amministrativo. La dottrina è concorde nel ritenere che la disciplina del procedimento amministrativo registri un carente o, comunque, insufficiente rispetto del principio del contraddittorio e tale menomazione si evidenzia, soprattutto (ma non solo), in conseguenza della perdurante inibizione all’incolpato di rappresentare le sue ragioni attraverso una sua audizione orale dinanzi all’Organo istituzionalmente competente all’irrogazione della sanzione.

ADRIANO SIMONETTI SALVATORE RICCI

Il diritto di essere uditi (audi alteram partem), fulcro del principio del contraddittorio, ha radici giuridiche profonde, in quanto la sua esplicazione consente che sia attuato il necessario contraddittorio verticale tra l’Organo della Pubblica Amministrazione e il cittadino, al fine di ottenere una auspicabile “giusta” decisione della vertenza. Tale diritto, riconosciuto come fondamentale nell’ordinamento sovranazionale del CEDU, trova, altresì rilievo nell’ordinamento comunitario, dove ne viene ammesso l’ambito di applicazione non solo nel processo giudiziario, ai sensi dell’art. 47 della Carta di Nizza, ma anche in sede amministrativa, con riferimento all’art. 41. In proposito i Giudici della Corte di Giustizia, nella causa Sabou del 23 ottobre 2013 (C-276/12) hanno avuto modo di precisare che “il diritto ad una buona amministrazione”, stabilito dall’art. 41, va inteso come “il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio” e, in tal senso, “la Corte ha già dichiarato che il rispetto dei diritti della difesa costituisce un principio generale del diritto di manifestare il loro punto di vista in merito agli elementi quali l’amministrazione intende fondare la sua decisione”. Nonostante la indubbia autorevolezza di tale pronuncia, l’interlocuzione tra l’autorità che esercita il potere sanzionatorio e il soggetto destinato a subirlo

233


OSSERVATORIO NORMATIVO

234

risulta ancora “più difficile da attuare correttamente in senso garantistico” a beneficio di quest’ultimo, poiché l’autorità cui fa capo la decisione non si configura come “parte imparziale”, alfine di valutare con altrettante pari attenzioni sia le istanze degli organi procedenti che le ragioni della difesa dell’incolpato. Da qui si prospetta l’esigenza che il tema del contraddittorio, anche sulla base dei richiamati spunti sovranazionali, possa costituire oggetto di un ripensamento da parte del legislatore, estendendo il novero dei provvedimenti sanzionatori che ammettono il contraddittorio anche orale o di introdurlo pure in talune attività preistruttorie (cfr. M. Clarich in “Le prospettive di sviluppo del sistema sanzionatorio nell’ottica del diritto amministrativo”, nonché in “Garanzia del contraddittorio del procedimento” in Dir. Amm. 2004; S. Cassese in “Negoziazione e trasparenza nel procedimento. L’obbligo di segnalare l’operazione sospetta è stato introdotto dal decreto legislativo 90/2017, in quanto nella normativa previgente la SOS andava effettuata genericamente “senza ritardo” e solo “ove possibile” prima di dar corso all’operazione (cfr. R. Razzante in Codice della normativa antiriciclaggio, Maggioli, 2018. (4) Il potere di irrogare le sanzioni per omessa segnalazione di operazioni sospette è ripartito tra le Autorità di Vigilanza (se la violazione è ascrivibile all’intermediario) e il MEF (quando la violazione

è imputabile a persone fisiche), a loro volta le Autorità di Vigilanza sono competenti per l’eventuale sanzione accessoria dell’interdizione a cariche e funzioni a carico degli intermediari vigilati, Poiché, secondo la Banca d’Italia “questo assetto sta generando notevoli difficoltà”, l’Istituto ha avanzato la proposta, in una sua recente audizione al Parlamento, “di trasferire alle Autorità di vigilanza di settore il potere di sanzionare le violazioni in materia di SOS imputabili ai singoli soggetti apicali degli intermediari vigilati”. Il Consiglio di Stato, con parere n. 669/18, sollecitato dalla Banca d’Italia, ha, peraltro, ritenuto la competenza sanzionatoria di tale Istituto negli illeciti materia di riciclaggio rilevati dai suoi ispettori salvo per le “operazioni sospette”, relativamente alle quali sussiste una competenza esclusiva del MEF: I giudici di Palazzo Spada hanno fondato il loro parere osservando che “pure affermandone la natura di organismo autonomo e operativamente indipendente dalla Banca d’Italia, la legge prevede un forte rapporto di compenetrazione della UIF con Banca d’Italia… È allora possibile che il legislatore abbia ritenuto che l’eventuale attribuzione alla Banca d’Italia del potere di sanzionare le condotte del personale (anche di quello proprio) inosservanti dell’obbligo di segnalazione di operazione sospetta alla UIF potesse in qualche modo risentire dei cennati rapporti dell’UIF con Banca d’Italia alle Autorità Indipendenti”, Torino, 1999).


Profili di criticità nel procedimento sanzionatorio amministrativo in materia di antiriciclaggio

L’ulteriore attenta dottrina ha, altresì, ricordato che garantire il contraddittorio e la partecipazione del cittadino alla fase procedimentale che precede l’eventuale irrogazione della sanzione significa favorire una più precoce emersione delle possibili ragioni difensive,mettendo così la stessa Autorità in condizione di tenerne conto ai fini della propria decisione, la quale, anche nel caso in cui sia comunque sfavorevole, potrà risultare più ponderata e, verosimilmente, meglio motivata (R. Rodorf, Sanzioni amministrative e tutela dei diritti dei mercati) (6). Premesse queste considerazioni di carattere generale, vediamo ora, in dettaglio, in che misura gli evidenziati aspetti di criticità, suscettibili di dubbi e censure pure sul piano della costituzionalità, assumano rilevanza nel procedimento sanzionatorio presso il MEF, osservando, peraltro, come analoghe perplessità possano riscontrarsi in altri similari contenziosi, con riferimento, ad esempio, a quelli riguardanti la definizione amministrativa degli illeciti stradali o degli assegni bancari privi di copertura o di autorizzazione (L. 386/1999), nonché a quelli in materia di infrazioni bancarie o assicurative di pertinenza rispettivamente della Banca d’Italia e dell’IVASS (7).

ADRIANO SIMONETTI SALVATORE RICCI

2. Procedura di accertamento dell’illecito e di opposizione presso il MEF Il contenzioso amministrativo presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), relativo alla definizione degli illeciti per omessa segnalazione di “operazione sospetta”, di cui all’art. 35 del D.L.gs. 231/2007 e ss.mm., viene attivato sotto forma di scritti difensivi (art. 18 della L. 689/1981) dai soggetti destinatari di un verbale di constazione/ contestazione di un’infrazione amministrativa consistente nel rilevato comportamento omissivo da parte di un operatore, a cui viene addebitato di non aver dato corso all’obbligatoria segnalazione all’Autorità competente (UIF) di una transazione anomala, oggettivamente qualificabile come “sospetta”. Il verbale in questione, quale atto presupposto, viene redatto dagli Organi investigativi, normalmente la Guardia di Finanza o la Banca d’Italia, quest’ultima anche tramite la sua branch dell’UIF, in relazione alle loro rispettive competenze. (5) In materia di carenza di contraddittorio nei procedimenti sanzionatori amministrativi è di rilievo la pronuncia del Consiglio di Stato (sentenza del 25 maggio 2015 n. 1595), in cui, con riguardo al regolamento Consob, afferma che “l’iter procedimentale disegnato nel regolamento impugnato determina una violazione del contraddittorio voluto dal legislatore nazionale” in quanto “man-

235


OSSERVATORIO NORMATIVO

236

ca qualunque interlocuzione tra l’ufficio titolare del potere finale e il soggetto che quella decisione subirà, mentre in un procedimento ispirato a tale principio il contradditorio dovrebbe esplicarsi in ogni fase del procedimento, prima, durante e dopo il compimento dell’attività istruttoria preordinata alla decisione finale”. Lo stesso Consiglio di Stato precisa, inoltre, che “una separazione oggettiva tra funzione istruttoria e funzione decisoria… non è praticabile de iure condido nel nostro ordinamento. Essa richiederebbe un radicale ripensamento delle Autorità indipendenti”. Viene fatto riferimento per il legislatore nazionale ai sistemi alternativi presenti in altri Paesi: Stati Uniti, dove l’Amministrative Procedure Act stabilisce che le Agencies svolgano in gran parte una funzione istruttoria, mentre quella decisoria è affidata ai c.d. Admistrative Law Judges; Francia, l’Autoritè de control Prudential sovraintende al controllo del sistema bancario ed esercita la sua attività tramite due organismi, uno per la fase istruttoria e l’altro per quella decisoria; Gran Bretagna, in cui la Finacial Conduct Agency ha funzioni istruttorie, distinte dai c.d. Regulatory Decision Committee, cui è demandata l’attività decisionale. La richiamata norma dell’art. 35 obbliga, infatti, i soggetti preposti a tale adempimento (intermediari bancari e finanziari, operatori qualificati, professionisti, case da

gioco, etc.) a segnalare all’UIF “quando sanno, sospettano, o hanno buoni motivi per sospettare che siano in corso o che siano compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento di terrorismo”, e tale “sospetto è desunto dalle caratteristiche, entità, natura dell’operazione o da qualsiasi altra circostanza conosciuta in ragione delle funzioni esercitate, tenuto conto anche della capacità economica e dell’attività svolta dal soggetto cui è riferita”. Si sottolinea, infine, che “il ricorso frequente o ingiustificato ad operazioni in contante di importi anche non eccedenti la soglia di cui all’art. 49 e, in particolare, il prelievo o il versamento in contante di importi non coerenti con il profilo di rischio del cliente, costituiscono elementi di sospetto”. Al fine di agevolare “l’individuazione di operazioni sospette” i soggetti responsabili delle loro segnalazioni debbono avvalersi degli “indicatori di anomalia” che l’UIF “emana ed aggiorna periodicamente” (8). Questo obbligo di segnalazione viene interpretato dalla giurisprudenza di merito e di legittimità in maniera molto estensiva e, soprattutto, in senso molto repressivo, al punto di ritenere che “per l’insorgenza dell’obbligo di segnalazione di operazione sospetta non è necessario che l’intermediario acquisisca prova della provenienza del delitto del denaro o del bene, essendo sufficiente il solo sospetto. Sospetto


Profili di criticità nel procedimento sanzionatorio amministrativo in materia di antiriciclaggio

che muovendo dalle caratteristiche oggettive delle operazioni si proietti sui profili soggettivi del cliente al fine di verificare la congruenza delle stesse rispetto al profilo economico-finanziario di quest’ultimo” (Trib. Lanciano sent. 10 aprile 2007). Ne consegue che il singolo operatore è tenuto ad esercitare solo “un mero giudizio di possibilità” sulla ipotizzabile provenienza delittuosa (non colposa) dei fondi e sulla eventuale illecita destinazione, in quanto ove ne avesse diretta conoscenza si esporre non già alla contestata responsabilità amministrativa, bensì a quella più grave di favoreggiamento di sicura rilevanza penale. (7) In merito al provvedimento sanzionatorio Bankitalia, in materia di illeciti bancari, la Cassazione (sent. 3656/2018), pronunciandosi in merito all’eccezione degli incolpati per mancata loro audizione da parte del Direttorio, aveva ritenuto che l’art. 24 della L. 689/1981 “non comporta la necessità che incolpati vengano ascoltati durante la discussione orale innanzi all’organo decidente…essendo sufficiente che a quest’ultimo vengano rimesse le difese scritte degli incolpati e i verbali delle dichiarazioni rilasciate quando gli stessi chiedono di essere sentiti personalmente”. Per quanto riguarda la natura delle sanzioni comminate da Bankitalia, la giurisprudenza è concorde nell’escludere la loro equiparazione a quelle penali, come si verifica, invece, per quelle similari della Consob (Cass.

ADRIANO SIMONETTI SALVATORE RICCI

sentenza del 24 febbraio 2016 n. 3656, in dottrina si veda Federico Urbani in “La natura delle sanzioni amministrative commesse nei confronti degli esponenti aziendali ai sensi del TUB”). (8) Nell’attuale nuovo regolamento Bankitalia (21 gennaio 2019) all’incolpato viene comunicata la proposta di sanzione e gli è consentito ora di presentare controdeduzioni su di esse. al Direttorio, competente per la decisione finale. Il similare procedimento sanzionatorio dell’IVASS, branch di Bankitalia, è disciplinato dal regolamento del 19 maggio 2019, adottato a seguito di una censura da parte del Consiglio di Stato (sentenza del 28.03.2019 n. 2043) nei confronti di quello previgente, in quanto la potestà sanzionatoria dell’Istituto, attesa la natura penale delle sue sanzioni, non si esplicava in modo rispettoso dei principi del contraddittorio e della piena conoscenza degli atti da parte degli incolpati. Questo obbligo di segnalazione secondo la giurisprudenza di legittimità “non è subordinato all’evidenziazione delle indagini preliminari dell’operatore o degli intermediari di un quadro indirizzario di riciclaggio e neppure all’esclusione, in base al loro personale convincimento, dell’estraneità delle operazioni ad un’attività delittuosa, ma ad un giudizio obiettivo sulla idoneità di essa, valutati gli elementi oggettivi e soggettivi che la caratterizzano, ad essere strumento di elusione alle disposizioni dirette a preve-

237


OSSERVATORIO NORMATIVO

238

nire e punire l’attività di riciclaggio…” (Cass. 10.04.2007, n. 8699). La stessa Suprema Corte con sentenza dell’8 agosto 2018 n. 20637, afferma “che la normativa in base alla quale il Ministero ha agito non postula necessariamente la compresenza di un reato di riciclaggio, ma sanziona anche la sola omessa segnalazione di operazione comunque ritenute sussistenti per l’accennato vorticoso giro di operazioni, così come valutato dalla Giudice di merito (Corte di Appello di Torino) alla stregua del proprio logico assunto motivazionale”. Ove pure si accerti successivamente in sede penale la regolarità dell’atto presupposto alla contestata operazione sospetta, di cui era stata omessa la prescritta segnalazione, sussiste, comunque, l’illecito addebitato a tale titolo, a causa della rilevata mancata osservanza dell’obbligo di riferire all’UIF gli estremi della transazione che, sulla base dei richiamati indici di anomalia era da considerarsi oggettivamente “anomala”. È indubbio che le caratteristiche di questo illecito comportino un alto indice di rischio di punibilità a carico dei soggetti incaricati di gestire operazioni monetarie, in quanto dalle loro errate valutazioni – anche in buona fede – sulla sussistenza dei presupposti per le loro segnalazioni può derivare, in caso di accertamenti ispettivi, l’instaurazione di procedimenti sanzionatori che possono concludersi con l’adozione di pene pecuniarie di notevole importo, la cui misura, ai sensi dell’art. 28,

commi 1 e 2, del decreto “riciclaggio”, ragguagliata al tipo e gravità dell’operazione non segnalata, va da un minimo di 3000 euro al massimo di 1 milione di euro (Circolare esplicativa del MEF del 6 luglio 2017) (10). Nello svolgimento della loro attività investigativa, è compito degli agenti verbalizzanti ricostruire dettagliatamente i comportamenti illeciti sui quasi si fondano le violazioni contestate, dando particolare rilevanza agli elementi informativi necessari per una corretta determinazione dell’importo della sanzione comminabile. (9) Secondo l’UIF “gli indicatori di anomalia (art. 6, comma 4, lettera e), consistono in una elencazione di carattere esemplificativo di connotazioni di operatività ovvero di comportamenti della clientela ritenuti ‘anomali’ e potenzialmente caratterizzanti intenti di riciclaggio e finanziamento internazionale. Gli indicatori hanno la funzione di ridurre i margini di sicurezza connessi con valutazioni soggettive o con comportamenti discrezionali e contribuiscono altresì al contenimento degli oneri e al corretto e omogeneo adempimento degli obblighi di segnalazione di operazione sospetta da parte dei soggetti obbligati”. Al termine di questo accertamento ispettivo, nei successivi 90 giorni l’Organo investigativo constata e contesta all’incolpato l’omessa segnalazione di una o più operazioni sospette, per ciascuna delle quali, in relazione alla loro


Profili di criticità nel procedimento sanzionatorio amministrativo in materia di antiriciclaggio

tipicità, evidenzia un arco di possibili sanzioni pecuniarie, la cui determinazione è di competenza del MEF. A fronte di tale verbalizzazione l’interessato può presentare, entro 30 giorni (60 giorni per i residenti all’estero) dalla notifica del predetto verbale, sostanzialmente un ricorso/opposizione al MEF, la cui definizione, ai fini della eventuale determinazione di una sanzione pecuniaria, avviene sulla base del preventivo parere (obbligatorio ma non vincolante) da parte della “Commissione Consultiva per le infrazioni valutarie e antiriciclaggio”, avente sede presso lo stesso Dicastero di via XX Settembre, che per l’istruttoria di tali contenziosi si avvale di impiegati sempre del predetto MEF5 (11). (10) Inosservanza degli obblighi di segnalazione di operazione sospetta (art. 58). La norma dispone l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria. – euro 3.000, come violazione base – Da a euro 30.000 a euro 300.000, nelle ipotesi di violazioni gravi, ripetute, sistematiche e plurime. In merito alla determinazione della sanzione da applicare in caso di violazione qualificata si individuano tre intervalli: 5

1, da 30.000 a 120.000 2, da 120.000 a 210.000 3, da 210.000 a 300.000 Il grado di intensità della violazione da sanzionare sarà individuato in base al numero, alla qualità della fattispecie “qualificata” (carattere “grave”, “ripetuto”, “plurimo”, “sistematico” della violazione). – Il massimo edittale è elevato fino al doppio dell’ammontare del vantaggio illecitamente conseguito dal sog-

ADRIANO SIMONETTI SALVATORE RICCI

L’art. 67 del Decreto prevede, inoltre, che, in caso di violazioni qualificate, ossia gravi, ripetute, sistematiche, ovvero plurime, per le quali è emesso un decreto sanzionatorio, il MEF informi le competenti amministrazioni e gli organismi di autoregolamentazione (ordini professionali) ai fini dell’adozione di atti idonei ad intimare ai responsabili dell’accertata violazione di porne termine. Le medesime violazioni costituiscono, inoltre, presupposto per l’applicazione delle sanzioni disciplinari, tenuto conto che l’eventuale interdizione dallo svolgimento della funzione, dell’attività o dell’incarico non può essere inferiore a due mesi e superiore a cinque anni. (12) Con riguardo alle SOS è, infine, stabilita a carico dei trasgressori la ulteriore sanzione accessoria della pubblicazione del decreto, in cui è indicata la pena ad essi comminata sul sito web del MEF ovvero delle Autorità di vigilanza del settore. Tale pubblicazione, peraltro, è esclusa se da essa possano derivare rischi per la stabilità dei mercati finanziari ovvero siano pregiudicate le indagini in getto obbligato, qualora determinato e determinabile e3 comunque non inferiore ad euro ad euro 450.000 - elevato fino ad euro 1.000.000 ove il vantaggio non sia determinato o determinabile - da euro 5.000 ad euro 50.000 in caso di violazione degli obblighi di esecuzione al provvedimento di sospensione dell’operazione sospetta.

239


OSSERVATORIO NORMATIVO

corso nei confronti del soggetto sanzionato. Peraltro il sanzionato ha facoltà, ai sensi del richiamato art. 68, di chiedere l’applicazione della sanzione in misura ridotta, pari a 2/3 della somma irrogata, sempreché costui non abbia già beneficiato di tale “facoltà” nei cinque anni precedenti. Gli viene, pertanto, concesso uno sconto di appena 1/3 della sanzione originaria. L’avvenuto pagamento dell’importo comminatogli in misura ridotta esclude, ovviamente, la possibilità di impugnare il decreto.

240

3. Imparzialità e trasparenza nell’attività istruttoria del MEF Poiché i soggetti destinatari di una verbalizzazione amministrativa per SOS sono esposti a sanzioni di notevole impatto, non solo economico ma anche disciplinare, è sentita l’esigenza che la gestione del procedimento in questione sia svolta dal personale addetto in modo da assicurare il rispetto dei fondamenti principi di imparzialità e trasparenza. A tale riguardo si osserva come l’attività istruttoria, propedeutica alla trattazione dei singoli contesti da parte della Commissione, venga espletata dagli stessi dipendenti ministeriali dell’Ufficio del Dipartimento del MEF presso cui ha sede la predetta Commissione che, sulla base dei dossier predisposti da tale personale,

emette i suoi pareri/decisioni relativamente ai singoli contesti. Al fine di garantire la dovuta imparzialità di questo personale nell’espletamento delle sue delicate funzioni, sarebbe auspicabile che esso appartenga ad un’altra Amministrazione, ad esempio Prefettura o Banca d’Italia, come si verificava prima dell’entrata in vigore del T.U. della disciplina valutaria (D.P.R. 148/1988), quando i dipendenti della segreteria della Commissione appartenevano ai ruoli dell’allora Ufficio Italia dei Cambi. Si fa presente che l’attività di tali ministeriali non sia solo burocratica di segreteria ma si esplichi, in particolare, nella significativa funzione di sentire i ricorrenti raccogliendone le dichiarazioni e, infine, di redigere, al termine dell’istruttoria, una relazione, in cui sono riassunti i punti principali della vertenza. Indubbiamente il contenuto della richiamata relazione è suscettibile di avere riflessi sulla posizione degli incolpati, per cui appare per lo meno irragionevole la norma di cui all’art. 35, commi 5 e 6, del decreto “riciclaggio”, inserita per effetto del decreto n 90/2017, che ha riconosciuto al personale del MEF il diritto di beneficiare delle “spese liquidate in favore dall’Amministrazione” nel giudizio di opposizione presso il Tribunale di Roma – nei successivi gradi di giudizio vengono liquidate all’Avvocatura di Stato che patrocina le relative cause – e di quelle riscosse a titolo di sanzione, ancorché la legge di supporto


Profili di criticità nel procedimento sanzionatorio amministrativo in materia di antiriciclaggio

(L. 10 dicembre 1051 n. 168) le attribuisca solo a favore degli agenti “accertatori e del loro fondo di quiescenza”, con riferimento al personale che ha proceduto a scoprire il presunto illecito, dal momento che a quello del MEF non compete tale funzione investigativa. La rilevanza del requisito dell’imparzialità nei dipendenti pubblici addetti a funzioni contenziosi trova riscontro nell’ormai storico art. 1 del D.Lg.C.P.S. del 10 dicembre 1947 n. 1511, per effetto del quale era stabilita la devoluzione delle somme riscosse per le sanzioni valutarie unicamente al fondo di quiescenza dell’UIC con riguardo a quelle derivanti da accertamenti dei suoi funzionari. La questione meriterebbe ora un intervento normativo, anche a carattere amministrativo, affinché tali somme siano versate ad un eventuale fondo pensionistico integrativo onde evitare a carico del MEF questi sospetti di criticità analoghi a quelli già ipotizzati nei confronti del suo personale amministrativo impiegato nell’attività di cancelleria e segreteria delle Commissioni Tributarie.

4. Procedura dell’audizione Il fatto che al ricorrente, ai sensi dell’art. 18 della L. 689/1981, è riconosciuto il diritto all’audizione presso il MEF non sembra di per se idoneo a garantire il rispetto dei richiamati principi del “contraddittorio” e del “giu-

ADRIANO SIMONETTI SALVATORE RICCI

sto processo” (artt. 24 e 111 della Costituzione)6 (12), in quanto la richiesta audizione degli interessati si svolge, come si è fatto cenno, unicamente davanti ad un funzionario ministeriale dello stesso MEF, che, come un notaio, si limita a raccoglierne le dichiarazioni e ad acquisirne eventuali scritti difensivi e documenti Non esiste, quindi, per il ricorrente la possibilità di una discussione orale davanti alla Commissione, allo scopo di rappresentare in tale sede le sue tesi difensive e, quindi, di interloquire con Collegio, quale effettivo organo giudicante, essendo i suoi pareri sostanzialmente assimilabili ad una decisione.

5. Parere della Commissione Consultiva Antiriciclaggio Il parere della Commissione – mai disatteso dall’Autorità preposta o delegata alla decisione – non viene neppure portato a conoscenza del ricorrente, prima di essere trasmesso al Ministro (o (11) Sono state ritenute inammissibili le questioni di illegittimità costituzionale sull’ordinamento e l’organizzazione della giustizia tributaria sollevate dalla Commissione provinciale di Reggio Emilia riguardanti l’inquadramento degli uffici della segreteria delle Commissioni tributarie all’interno della stessa Amministrazione finanziaria. La Corte, con ordinanza del 20.10.2016 n. 227, ha stabilito che a causa dell’indeterminatezza e dell’ambiguità delle doglianze, non è stata posta nelle condizioni di pronunciare, da qui l’inammissibilità delle questioni sottoposte alla Consulta. 6

241


OSSERVATORIO NORMATIVO

242

al suo delegato) per l’emanazione del relativo decreto, e, quindi, su di esso non è ammessa la presentazione di eventuali memorie difensive, facoltà, invece, consentita nell’ambito del procedimento sanzionatorio della Banca d’Italia, in cui gli incolpati hanno possibilità di replicare alla proposta sanzionatoria redatta nei loro confronti prima che questa sia trasmessa al Direttorio competente per la decisione finale. Con riferimento a tale criticità procedurale, si osserva come il Consiglio di Stato in un suo parere del 24 ottobre 2019 (affare n. 01277/2019), relativo allo “regolamento in materia di revisione legale dei conti annuali e dei conti consolidati”, riguardante le sanzioni amministrative di competenza del MEF a carico di tali professionisti, abbia richiamato la sentenza della Corte Costituzionale del 29 maggio 2019 n. 139, laddove si afferma che “il principio di legalità prevedibilità e accessibilità della condotta sanzionabile e della sanziona avente aventi carattere punitivo-afflittivo, qualunque si il nomen ad essa attribuito dall’ordinamento... non può, ormai, considerarsi patrimonio derivato non soltanto dai principi costituzionali, ma anche da quelli di diritto costituzionale e sovranazionale europeo, in base al quale è illegittimo sanzionare comportamenti posti in essere da soggetti che non siano stati messi in condizione di ‘conoscere’, in tutto le sue dimensioni tipizzate, la illiceità della condotta omissiva o

commissiva concretamente realizzate”. Supportato da tali autorevoli considerazioni della Consulta, il Consiglio di Stato sottolinea che “è opportuno che l’amministrazione rivaluti tutte le norme che escludono l’audizione personale dell’interessato, attesa la natura afflittiva delle sanzioni che potrebbero essere irrogate”, non ritenendo, pertanto, meritevole di attenzione le osservazioni dei rappresentati del ministero, secondo cui l’audizione personale renderebbe particolarmente complesso lo svolgimento del procedimento sanzionatorio, tenuto conto del numero particolarmente elevato di infrazioni e di procedimenti che ne conseguirebbero e dovrebbero, pertanto, essere gestiti. La Sezione consultiva del CdS dichiara, infine, di essere “consapevole delle difficoltà ma ritiene tuttavia che, almeno per le infrazioni più severamente, debba essere garantita la possibilità di audizione personale, sia perché tale regola è la più rispettosa del principio del contraddittorio tra privato e amministrazione sia perché potrebbe derivare benefici effetti deflattivi del contenzioso”. A tale riguardo si fa presente che l’audizione personale, nell’ambito del procedimento amministrativo, era già prevista, in particolare, nell’antica procedura della definizione degli illeciti valutari, risalente nel lontano 1938 (R.D.L. 12 maggio 1938 n. 794 e R.D.L. 5 dicembre 1938, n. 1928), epoca in cui i diritti della difesa erano meno garantiti dall’allora statuto al-


Profili di criticità nel procedimento sanzionatorio amministrativo in materia di antiriciclaggio

bertino, per effetto della quale gli incolpati potevano essere sentiti, personalmente o tramite un loro legale, dalla predetta Commissione, che disponeva della facoltà di ammettere gli interessati, su loro richiesta, anche al beneficio dell’oblazione, ai sensi dell’art. 8 del R.D.L.5 dicembre 1938 n. 1928, “in misura non eccedente il 25 per cento del valore delle divise”. Si sottolinea come prima dell’entrata in vigore dell’attuale testo unico della disciplina valutaria (D.P.R. 148/1988), l’art. 6 del R.D.L. 12 maggio 1938 n. 794 disciplinava la stessa organizzazione della segreteria della Commissione era stabilita con regole indubbiamente garantistiche, dal momento che il “segretario” era nominato dall’allora Ministro del Tesoro scegliendolo tra i dirigenti/funzionari dell’Ufficio Italiano dei Cambi, distaccati presso l’allora Ministero del Tesoro, ad alcuni dei quali il “segretario” attribuiva il compito di redigere, in qualità di “relatori” la “relazione illustrativa” sui contesti ad essi affidati, ossia di riassumerne il contenuto, con riguardo sia alla contestazione dell’illecito che alle eventuali memorie difensive, dandone, infine , una sintetica comunicazione oralmente in Commissione, nel corso dell’udienza di trattazione, alla quale, come si è detto, potevano partecipare anche i ricorrenti, con la possibilità di un rapporto di interlocuzione con i membri della Commissione. Ribadito come attraverso il filtro di questa “relazione” la predetta Commissione determina la

ADRIANO SIMONETTI SALVATORE RICCI

natura dell’infrazione e l’eventuale sanzione da irrogare, appare indubbiamente censurabile l’assenza ora di una qualsiasi forma di contraddittorio presso tale Organismo , tanto più necessario proprio relativamente agli illeciti di “operazioni sospette”, tenuto conto che la loro concreta individuazione è normalmente effettuata sulla base dei richiamati indici di anomalia, la cui valutazione richiederebbe di riscontrare anche il grado di capacità e idoneità professionale dell’incolpato e, quindi, la sua attitudine a rendersi conto, in concreto, delle supposte discrepanze inerenti alla transazione in contestazione. Trattasi di valutazioni estremamente tecniche in ordine alle quali la difesa dell’opponente avrebbe diritto di esprimersi in maniera “effettiva” solo rappresentando le proprie ragioni non solo in senso documentale ma anche, come si è detto, oralmente proprio dinnanzi all’Organo collegiale preposto all’adozione del provvedimento, in quanto la qualificazione tecnica dei suoi membri (il Presidente è normalmente un Consigliere di Stato) è tale da permettere un esame più completo e rigoroso del contenzioso7. (13) Il Consiglio di Stato in suo parere reso all’allora Ministero del Tesoro (C.d. Sez. III, parere 13 aprile 1999, n. 485) aveva affermato che il pieno esercizio dei diritti della difesa dovesse necessariamente esplicarsi attraverso l’audizione dell’interessato, non soltanto da parte del soggetto che propone la sanzione, ma anche davanti al soggetto cui spetta l’adozione del 7

243


OSSERVATORIO NORMATIVO

La richiesta audizione orale consentirebbe, in concreto, un contraddittorio di matrice procedimentale, di tipo “verticale”, tra l’interessato e l’amministrazione titolare del potere, e, per questa ragione, dovrebbe essere riconosciuta al procedimento sanzionatorio una natura almeno in parte paragiurisdizionale, contraddistinto da un contraddittorio “rafforzato”, poiché essenzialmente destinato a finalità difensive e non partecipativo o di rappresentanza degli interessi in discussione (cfr. B. Raganelli, in Sanzioni consob e tutela del contraddittorio procedimentale, in Giornale di diritto amministrativo, 2015).

244

6. Procedimento sanzionatorio in materia di infrazioni sulla Borsa di Parigi Sotto tale aspetto è significativo il procedimento sanzionatorio francese in materia di infrazioni sulla Borsa, alle cui caratteristiche i nostri procedimenti dovrebbero/potrebbero ispirarsi per garantire l’obbligo del rispetto dei fondamentali principi del processo equo anche in ambito amministrativo. Proprio in conseguenza di una sentenza della Corte d’Appello di Parigi dell’agosto 2000, sono state apportate rilevanti modifiche alle pregresse procedure sanzionatorie alfine di assicurare una “imparzialità effettiva” all’Organo potere sanzionatorio.

preposto all’esame dei contenziosi, tutto ciò in sintonia con la Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo. Davanti, infatti, alla competente Commissione, il soggetto chiamato in causa, ed eventualmente il suo rappresentante, ha il diritto di difendersi oralmente e di avere l’ultima parola, prima che la Commissione decida di trattenere il contesto per la decisione. Per di più le funzioni di “relatore” del funzionario incaricato dell’istruttoria sono indicate con notevole precisione e la relazione di quest’ultimo, prima di essere trasmessa al Collegio, deve essere comunicata al soggetto contro il quale si procede.

7. Opposizione al decreto di condanna al pagamento di una sanzione pecuniaria davanti all’Autorità Giudiziaria La minore tutela nel procedimento sanzionatorio viene giustificata in considerazione del fatto che il provvedimento del Ministero è, comunque, suscettibile di sindacato da parte del giudice ordinario, dove alla difesa è possibile esperire tutti i suoi diritti, compresi quelli relativi al contraddittorio e all’esposizione orale delle proprie tesi in una pubblica udienza8 (13) (14) (15)

(13) Per la giurisprudenza della Suprema Corte, la lamentata carenza dei diritti della difesa nel procedimento amministrativo non può essere colmata ricorrendo ai 8


Profili di criticità nel procedimento sanzionatorio amministrativo in materia di antiriciclaggio

Ma questa ipotizzata/ipotizzabile “tutela posticipata” esperibile presso la giustizia ordinaria è attuabile solo successivamente al propedeutico contenzioso amministrativo presso il MEF, il cui espletamento presso il Tribunale romano ha di per se, comunque, un costo economico per i ricorrenti. Per di più si osserva come non sempre la fase processuale costituisca il luogo di un compiuto riesame della scelta amministrativa, specialmente nella materia delle “operazioni sospette”, dove potrebbe apparire per lo meno difficile verificare se, in rapporto alle circostanze del caso concreto, l’autorità amministrativa abbia fatto un uso appropriato dei suoi

principi generali previsti dall’art. 111 della Costituzione, perché rivolti al solo processo dinanzi al giudice (Cass. Sez. 1°, 22 dicembre 2004, n. 23782 e Cass. Sez. 1°, 18 aprile 2002, n. 6307). A sua volta il Consiglio di Stato nelle richiamate sentenze del 26 marzo 2015, nn. 1595 e 1596 ha ritenuto che le norme della Costituzione che garantiscono il diritto di difesa e il “giusto processo” riguardano espressamente il giudizio e non il procedimento amministrativo.

Nello stesso senso anche la Suprema Corte a SS.UU. nella sua sentenza dell’8 dicembre 2015 n. 2483 e, più recentemente gli stessi ermellini, con sentenza n. 9906 del 9 aprile 2019, secondo cui “le carenze di tutela del contraddittorio che caratterizzino un procedimento amministrativo sanzionatorio non consentono di ritenere violato l’art. 6 della Convenzione EDU quando il provvedimento sanzionatorio sia impugnato davanti ad un giudice indipendente ed imparziale”.

ADRIANO SIMONETTI SALVATORE RICCI

poteri, con riguardo, quindi, alla fondatezza delle scelte adottate, trattandosi, tra l’altro, di valutazioni essenzialmente tecniche. Non si può escludere che la enfatizzata sede giurisdizionale potrebbe non assicurare al cittadino un’adeguata tutela dei suoi diritti di difesa, per cui non si attuerebbe quella compensazione “differita” delle garanzie dell’equo processo che la Corte di Strasburgo ritiene ammissibili in tale fase, ma solo nel caso in cui la vertenza riguardi sanzioni di “modesta entità”, ciò che è da escludersi per le “operazioni sospette”, in relazione alle gravi sanzioni pecuniari e disciplinari cui sono esposti gli incolpati. In particolare, per quanto riguarda il Tribunale in cui si radica il giudizio di opposizione avverso i decreti del Ministero dell’Economia, esso, come si è detto, si individua in Roma, i cui magistrati preposti a questi contenziosi sono più spesso dei Got per importi fino a 100.000 euro, ossia dei giudici non togati, la cui nota precarietà economica e di stabilità nel ruolo ad essi assegnato – evidenziata dalla stessa Associazione dei magistrati togati e pure da un Ministro della Giustizia che è giunto addirittura ad escludere per gli stessi la qualifica di “magistrati” –, potrebbe riflettersi sulla imparzialità delle loro decisioni. Statisticamente risulta, infatti, che tali giudici siano soliti accogliere molto raramente i ricorsi dei sanzionati, e non si esclude che questo atteggiamento sfavorevole nei loro confronti derivi

245


OSSERVATORIO NORMATIVO

246

dal perdurante timore di mettere in discussione i provvedimenti del Ministro dell’Economia, tanto più se adottati a seguito di ispezioni della Bankitalia o dell’UIF, poiché la presunta autorevolezza di queste Amministrazioni induce a privilegiare di per se la validità dei loro atti, in quanto ritenuti improntati alla cura del prevalente interesse pubblico9 (16) Nella circostanza si verifica che gli incolpati, penalizzati già da una sostanziale presunzione di colpevolezza nell’ambito dell’originaria procedura amministrativa e da un indubbio minore impatto garantistico, non possono poi fare affidamento sulla presunta superiore giustizia dei tribunali per rappresentare compiutamente le loro ragioni, dal momento che anche qui l’istruttoria è generalmente minimale, poiché il giudice adito, per effetto del rito del lavoro, di cui al D.L. vo 1° dicembre 2011,

(16) Si suppone nell’onda del positivismo giuridico e della fiducia della professionalità del magistrato che attraverso la triplice garanzia del presupposto processuale riguardante l’indipendenza e l’imparzialità del giudice; della regola fondamentale del contraddittorio (riconosciuta esplicitamente anche dall’art. 24 della Costituzione italiana, ed infine attraverso la ragionevole rapidità del processo (seguendo quelle dottrine che iscrivono la rapidità negli elementi non solo della certezza dei rapporti giuridici, ma anche nella loro giustizia), quasi automaticamente il processo metta capo ad una sentenza giusta. Che si tratti di un’ILLUSIONE lo dimostra l’esperienza professionale di qualsiasi avvocato privo di pregiudizi” (E. Picozza, in Processo amministrativo e diritto comunitario, Padova, 2003). 9

n. 150, si è solito imporre la discussione orale della causa – pratica notoriamente puramente formale – nella stessa (unica) udienza, vanificando anche la possibilità per le parti di presentare ulteriori memorie, allineandosi così alla procedura sommaria prevista dall’art. 286-sexies c.p.c. del rito ordinario. Tra l’altro il foro esclusivo del Tribunale di Roma, accentrato presso la seconda sezione per i contenziosi in questa materia, rende indubbiamente gravosa l’attività difensiva dei sanzionati, in specie per quelli residenti in città lontane, mentre risultano essere sicuramente avvantaggiate le locali Autorità Amministrative che possono fruire di un più diretto contatto con le strutture giudiziarie romane. È diffusa, infine, la sensazione che sia in sede amministrativa che dinanzi all’A.G. la definizione delle “operazioni sospette” sia effettuata con ridotta tutela dei diritti difensivi del ricorrente, trovandosi costui in una condizione di palese inferiorità, dal momento, in quanto “presunto colpevole”, ancorché a norma dell’art. 6 del richiamato D.L vo. 1° settembre 2011 n. 150, graverebbe piuttosto sull’Amministrazione resistente l’onere della prova in ordine alla sussistenza della responsabilità dell’autore nella commissione del contestato illecito. È prassi che l’elemento soggettivo, ai fini dell’imputabilità dell’illecito contestato, sia stato interpretato dalla Cassazione (sentenza n. 25735 del 30 ottobre 2017) in senso negativo e, quindi,


Profili di criticità nel procedimento sanzionatorio amministrativo in materia di antiriciclaggio

a sfavore, quindi, dell’incolpato, ritenendo che “il principio posto dalla L. n. 689 del 1981, art. 3, in virtù del quale per le violazioni colpite da sanzioni amministrative è richiesta la coscienza e volontà della condotta attiva od omissiva, sia essa dolosa o colposa, deve essere inteso nel senso della sufficienza dei suddetti estremi, senza che occorra la concreta dimostrazione del dolo o della colpa, atteso che la norma pone una PRESUNZIONE DI COLPA in ordine al fatto vietato a carico di colui che lo abbia commesso, riservando poi a quest’ultimo l’ONERE DI PROVARE di avere agito incolpevolmente…in questi termini non si giustificano le prospettazioni del ricorrente secondo cui la pubblica amministrazione è tenuta rigorosamente a PROVARE la sussistenza della violazione e l’imputabilità in capo al ricorrente”. La stessa Cassazione, in un’altra sentenza in tema di sanzioni amministrative per violazioni di disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, conferma questo suo orientamento, precisando che “una volta integrata e provata dall’Autorità amministrativa la fattispecie tipica dell’illecito, grava sul trasgressore, in virtù della presunzione di colpa posta dall’art. 3 L. 24 novembre 1981 n. 689 l’onere di provare di avere agito in assenza di colpevolezza” (Cass. Sez. Un. n. 20930/09). Da ultimo, sempre la Suprema Corte (sentenza 18 aprile 2018) dichiara che “l’onere di provare i fatti costitutivi della pretesa sanzionatoria è a carico dell’Ammini-

ADRIANO SIMONETTI SALVATORE RICCI

strazione, la quale è tenuta a fornire la prova della condotta illecita, che può essere offerta presunzioni semplici, per effetto delle quali, nel caso di illecito omissivo ricade sull’intimato l’onere di fornire la prova di aver tenuto la condotta attiva richiesta, ovvero della sussistenza di elementi tali da renderla ineseguibile. L’intimato è facoltizzato a dare la prova di fatti impedienti, cioè che la piena osservanza e il dovere di controllo non sarebbe servita a conoscere ed evitare le condotte trasgressive altrui, ma deve trattarsi di fatti non smascherabili attraverso gli ordinari ‘flussi informativi’; inoltre i sindaci hanno l’onere di provare che l’inosservanza dell’obbligo di comunicare senza indugio e in modo completo alla Banca d’Italia le irregolarità riscontrate sia dipesa da impossibilità dovuta a caso fortuito o forza maggiore, prova che non è stata fornita”. Relativamente alla rilevanza dell’elemento soggettivo, ai fini della punibilità del trasgressore, segnaliamo un’autorevole dottrina (F. Bertolini “codice delle opposizioni alle sanzioni amministrative”), secondo cui “l’accollo della prova all’autorità che ha emesso il provvedimento amministrativo ha trovato un riferimento di diritto positivo nella norma che impone l’accoglimento del ricorso in opposizione per il caso in cui la PROVA della responsabilità che gli è attribuita non viene raggiunta pienamente. Già con l’articolo 23 della L. 689/1981 si era disposto che il giudice deve accogliere l’opposizione quando non si sono

247


OSSERVATORIO NORMATIVO

248

raggiunte prove sufficienti della responsabilità dell’opponente”. Va, infine, detto che l’azione repressiva e sanzionatoria contro le SOS riguardi non solo le banche o le finanziarie, potenzialmente in grado di far fronte al richiesto pagamento, ma anche i loro dipendenti, spesso semplici impiegati, i quali ove sanzionati per tale illecito ne devono rispondere di propria tasca, e, in caso di inadempienza nel pagamento della somma comminata, subiscono la gravosa procedura della riscossione tramite la cartella esattoriale, ad opera di un ente (Agenzia della riscossione ex Equitalia), tra l’altro, di diretta pertinenza dello stesso MEF, per effetto della quale viene addebitato al sanzionato moroso l’ulteriore gravame delle notoriamente vessatorie maggiorazioni ex art. 27 della L. 689/1981, che si aggiungono all’aggio di riscossione (17). Trattasi di ulteriori aspetti di criticità, suscettibili di censure di costituzionalità, che indubbiamente inficiano la correttezza e ragionevolezza del procedimento sanzionatorio. C’è da chiedersi, altresì, se, nel corso della loro attività ispettiva, gli ispettori di Bankitalia o i militari della Guardia di Finanza abbiano cura di “analizzare” con il presunto indagato di illecito, le ragioni che hanno causato un determinato disservizio, così come stabilisce la direttiva del 2 luglio 2002 della Presidenza del Consiglio dei Ministri sull’attività ispettiva, le cui regole potrebbero avere rilevanza anche nei loro confronti, onde in-

durli a verificare in concreto se il comportamento omissivo di tali dipendenti, in specie nell’ambito delle “operazioni sospette”, possa essere stato determinato, in specie nell’ambito delle piccole banche, da istruzioni – solitamente “verbali” – ricevute dai propri dirigenti che, in maniera più o meno esplicita, potrebbero aver “consigliato” gli addetti allo sportello di non essere troppo fiscali con certa clientela. È, altresì, notorio che la banca, in sede giudiziaria, sia solita giustificarsi, per quanto riguardo la sua diretta responsabilità, asserendo di non essere stata messa a conoscenza della negligente omissione del suo dipendente, scaricando, quindi, su di esso la colpa dell’illecito, il quale, in conseguenza della sanzione comminatagli, nei casi più gravi, può subire addirittura la procedura del licenziamento. Recentemente la Suprema Corte ha ritenuto legittimo il licenziamento deciso nei confronti di un dipendente della banca, in quanto ritenuto responsabile di omessa segnalazione di operazione sospetta. Nella circostanza il ricorso del predetto dipendente era stato rigettato poiché la dedotta sua assoluzione in sede penale non lo scagionava dal contestato illecito amministrativo, tenuto conto che la causale “perché il fatto non sussiste” era dovuta da rilevato difetto dell’elemento psicologico nei suoi confronti, e cioè della mancata consapevolezza della origine illecita delle somme di denaro


Profili di criticità nel procedimento sanzionatorio amministrativo in materia di antiriciclaggio

connesse ai movimenti operati sui conti correnti che egli aveva, comunque omesso di segnalare, circostanza questa che giustificava di per sé l’adozione del provvedimento di licenziamento disposto dal suo datore di lavoro (Cass. Sez Lavoro, 21.08.2019, sent. n. 21548).

8. Nuove linee guida di Bankitalia in materia di organizzazione e controlli interni La Banca d’Italia, forse anche allo scopo di assicurare maggiori garanzie nei confronti del personale dipendente degli intermediari finanziari incaricato di effettuare transazioni di denaro, ha emanato in data 26 marzo 2019 un complesso di nuove regole antiriciclaggio (“disposizioni in materia di organizzazione, procedure e controlli interni volti a prevenire l’utilizzo degli intermediari a fini di riciclaggio e finanziamento del terrorismo”), per effetto delle quali sono stati disciplinati “gli assetti organizzativi a salvaguardia dei rischi di riciclaggio”, delineando, in particolare, le competenze del “responsabile Sos”, il quale, ai sensi dell’art. 36 del decreto antiriciclaggio, viene individuato come il soggetto responsabile delle segnalazioni sospette e che a tale scopo deve essere in possesso “di adeguati requisiti di indipendenza, autorevolezza e professionalità” in modo da poter svolgere la sua attività “con autonomia di giudizio e nel rispetto degli obblighi di riservatezza previsti dal

ADRIANO SIMONETTI SALVATORE RICCI

decreto antiriciclaggio, anche nei confronti degli esponenti e delle altre funzioni aziendali”. Particolare rilievo ha l’obbligo imposto all’intermediario finanziario e bancario di provvedere alla formazione del personale, che dovrà essere soggetto a specifici corsi di addestramento, con riguardo proprio al “personale a più diretto contatto con la clientela e a quello addetto alla funzione antiriciclaggio”. Tale nuova normativa valorizza il ruolo del responsabile SOS, rendendola così una figura professionale fondamentale nell’ambito della funzione antiriciclaggio e, conseguentemente, stabilisce la necessità di promuovere nei suoi confronti, a cura del datore di lavoro, una prescritta adeguata preparazione. In proposito si osserva come la richiamata Circolare del MEF del 2017 dia particolare risalto, in sede di accertamento dell’infrazione, al grado di diligenza, di attenzione e di perizia esigibile dal soggetto obbligato, che deve essere valutato in base anche alle competenze e alle qualifiche professionali dallo stesso possedute, tutto ciò con riflessi sulla sussistenza, in concreto, della specifica gravità della violazione addebitata (cfr. circolare Assofiduciaria 27 luglio 2017) (17)10. (18) con D. Lgs 4.10.2019 n. 125 è stato ampliato il rischio di riciclaggio estendendolo alle operazioni riguardanti il petrolio, armi, materiali preziosi, manufatti culturali, religiosi o di valori scientifico, nonché all’avorio e alle specie protette. 10

249


OSSERVATORIO NORMATIVO

250

Nel regolamento sanzionatorio Bankitalia, alla voce “pagamento della sanzione” sono qualificate come “interessi” le somme che vengono ulteriormente pretese dall’Amministrazione nei confronti dei soggetti morosi alla richiesta di pagamento della sanzione. Trattasi di una evidente improprietà terminologica in quanto l’importo in questione non è imputabile ad interesse per ritardato adempimento ma è configurabile come una vera e propria sanzione che si aggiunge a quella originaria, come riconosciuto dalla Consulta in una lontana sua sentenza del 1999, e che ha la sua fonte normativa nell’art. 27 della L. 689/1981, dove è indicato che “in caso di ritardo nel pagamento la somma dovuta è maggiorata di un decimo per ogni semestre a decorrere da quello in cui la sanzione è divenuta esigibile fino a quello in cui il ruolo è trasmesso all’esattore. La maggiorazione assorbe gli interessi eventualmente previsti”. Per effetto di questa maggiorazione di legge il tasso applicato sull’importo della sanzione originaria è del 20 % annuo, per cui tale somma lievita a dismisura per tutto il periodo che intercorre dalla data di notifica del provvedimento a quello – a volte anni – in cui l’Amministrazione consegna la pratica all’esattore. A differenza dell’analogo procedimento tributario, non esiste un termine perentorio per reclamare tale credito, salvo quello della sua prescrizione (5 anni), di cui molte Amministrazioni approfittano, abusando del loro diritto,

per cui la cifra finale che viene pretesa dall’Esattore può anche raddoppiare. Si segnala il comportamento del Comune di Roma che per le sue sanzioni inevase, al fine di limitare la riconosciuta onerosità delle predettre “maggiorazioni”, invia agli interessati un bonario sollecito di pagamento, in cui dichiara di procedere all’iscrizione a ruolo nel termine massimo di 2 anni. Sarebbe per lo meno doveroso che Bankitalia, nella sua funzione istituzionale di repressione dell’usura, provveda ad eliminare la parola interessi, in considerazione dell’irragionevolezza del menzionato tasso applicato nei confronti dei morosi del 20 % annuo, usando, al suo posto, il più appropriato termine di maggiorazioni.


osservatorio normativo

La differenziazione dei titoli di reato tra autoriciclatore e riciclatore

Bruno Mattia Balletti

Uno dei dubbi interpretativi legati all’introduzione della figura delittuosa di cui all’art 648 ter.1 c.p. si manifesta nell’ipotesi di realizzazione plurisoggettiva del delitto di autoriciclaggio quando i fatti di ripulitura siano commessi, in concorso, dall’autore del delitto presupposto e da un terzo. Ove, considerata l’ammissibilità del concorso nel reato proprio, sembrerebbe essersi palesato un effetto paradossale nella misura in cui i c.d. riciclatori professionali è opinabile che possano ora concorrere nel delitto di cui all’art. 648-ter.1 c.p., beneficiando di un trattamento sanzionatorio più mite rispetto a quello loro riservato dall’art. 648-bis c.p. Nel presente scritto è esaminato in che misura sia prefigurabile una soluzione giuridicamente adeguata in relazione alla tematica in discorso: al cospetto delle interpretazioni sulle quali è andata attestandosi la dottrina, talvolta peraltro alla ricerca di una soluzione “politicamente corretta”, nonché alla luce della presa di posizione al riguardo da parte dei Giudici di legittimità.

Sommario: 1. L’introduzione del delitto di autoriciclaggio (art. 648-ter.1) ed un possibile effetto paradossale. – 2. Il concorso in autoriciclaggio alla luce del nostro sistema penale. – 3. La ricerca di una soluzione “politicamente corretta”. – 4. La lettura dei Giudici di legittimità. – 5. La differenziazione dei titoli del reato, tra sostenibilità di una scelta e ragioni di politica criminale.


Osservatorio normativo

1. L’introduzione del delitto di autoriciclaggio (art. 648ter.1) ed un possibile effetto paradossale

252

Mediante l’introduzione della fattispecie di autoriciclaggio ex art. 648-ter.1 c.p. (art. 3 della legge 15 dicembre 2014, n. 186, rubricata “Disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero nonché per il potenziamento della lotta all’evasione fiscale”1) il legislatore ha inteso superare quella che, sin dall’introduzione della figura delittuosa di cui all’art. 648 bis c.p. (“riciclaggio”), era stata una delle caratteristiche essenziali della normativa antiriciclaggio complessivamente intesa: vale a dire, il c.d. “privilegio di autoriciclaggio”. Privilegio di autoriciclaggio la cui fonte normativa era da rinvenirsi nella clausola di riserva contenuta nell’incipit dell’art. 648-bis c.p. (“fuori dai casi di concorso nel reato”), implicante la delimitazione del novero dei soggetti attivi del reato di riciclaggio a coloro che non avessero partecipato alla commissione del delitto presupposto. E tanto con conseguente esclu-

sione della punibilità ai sensi degli artt. 648-bis c.p. e 648 ter c.p. del c.d. intraneus, cioè dell’autore del delitto a monte, ovvero di chi abbia concorso nella realizzazione di quest’ultimo con un contributo causalmente rilevante. La scelta di procedere all’incriminazione dell’autoriciclaggio mediante la creazione di un autonomo titolo di reato è in particolare sembrata essere frutto di un compromesso politico-criminale tra esigenze contrapposte: da un lato, l’esigenza, ormai largamente condivisa, del superamento del c.d. privilegio di autoriciclaggio, dall’altro, quella di riservare all’autoriciclatore (e cioè al soggetto autore del delitto a monte) un trattamento sanzionatorio più leggero rispetto a quello previsto dall’art. 648 bis per chi ricicla ex novo2. È così che è stata prevista per la fattispecie di cui all’art. 648-ter.1 c.p. la pena della reclusione da due a otto anni e la multa da 5.000 a 25.000 euro, in senso evidentemente più lieve rispetto al più grave delitto di riciclaggio, punito invece con la reclusione da quattro a dodici anni

In questo senso, D. Brunelli, Autoriciclaggio: profili del concorso di persone, in AA.VV., Punire l’autoriciclaggio, come, quando e perché, a cura di E. Mezzetti, D. Piva, G. Giappichelli, 2016, 19 ss., il quale, peraltro, sottolinea la contraddittorietà delle due esigenze che hanno ispirato il legislatore del 2014. La prima, invero, presuppone il superamento del ne bis in idem, la seconda, invece, sembra fare un passo indietro sul medesimo versante, implicitamente richiamando un’afferenza assiologica tra reato fonte e reato di riciclaggio. 2

Si tratta della legge sul rimpatrio dei capitali esteri, vale a dire un provvedimento normativo volto alla regolarizzazione sul piano fiscale di somme detenute all’estero. Sul punto, diffusamente, v. M. Lanzi, Autoriciclaggio, in AA.VV., Riciclaggio e reati nella gestione dei flussi di denaro sporco, a cura di V. Maiello, L. Della Ragione, Giuffrè, 2018, 332 ss., il quale ritiene che, attraverso questo complesso di norme, si sia operato, sul fronte penale, secondo il classico schema “del bastone e della carota”. 1


La differenziazione dei titoli di reato tra autoriciclatore e riciclatore

e sempre con la multa da 5.000 a 25.000 euro. Ciò anche quale probabile conseguenza della teoria del post factum non punibile e delle preoccupazioni espresse nel periodo antecedente la riforma circa l’eventuale frizione con il principio di proporzionalità della pena. Mentre è pacifico che in questo modo si sia ritenuta espressiva di un minor disvalore la condotta di chi ricicla i proventi di un delitto che ha commesso egli stesso rispetto a quella del riciclatore. Benché valutazioni di tal genere possano anche essere reputate politicamente opportune, permangono tuttavia prive di un fondamento giuridico solido, soprattutto in considerazione dell’eterogeneità del bene giuridico tutelato dal delitto di autoriciclaggio rispetto a quello proprio del delitto a monte e dunque della meritevolezza di un’autonoma sanzione per le condotte di selflaundering. Resta il dato della scelta di fondo del legislatore consistente nella previsione di una fattispecie autonoma di reato, con l’introduzione nel tessuto normativo del codice penale dell’art. 648-ter.1 c.p. Senza che in questo modo siano pertanto risultate recepite le diverse indicazioni provenienti dalle commissioni di tecnici espressesi al riguardo. Si pensi, ad esempio, alla proposta della cd. Commissione Fiandaca3 di pro-

3 Relazione finale consultabile su www. penalecontemporaneo.it

Bruno Mattia balletti

cedere all’incriminazione dell’autoriciclaggio con un intervento modificativo dell’art. 648 bis c.p., segnatamente eliminando la clausola di riserva “fuori dei casi di concorso nel reato”, per poi affidare ad un’esplicita previsione, inserita nel corpo della norma, la diversificazione del trattamento sanzionatorio riservato all’autore del delitto presupposto, la quale, come si è accennato, rappresentava una delle esigenze che il legislatore non era disposto a tradire4. Sebbene possa apparire scontato, giova rimarcare che, se fosse stato dato seguito ad un’indicazione di tal fatta, comunque avrebbero trovato composizione, per un verso, l’ultima esigenza richiamata e, per altro verso, ovviamente, quella del superamento del beneficio di autoriciclaggio, che si presentava come la novità sostanziale della riforma. In buona sostanza, l’aver ricostruito le

Tuttavia, in dottrina vi è chi ha puntualmente evidenziato le possibili ragioni che hanno distolto il legislatore dall’optare per l’introduzione dell’autoriciclaggio mediante il solo intervento di soppressione della clausola di riserva di cui all’art. 648 bis c.p. In particolare, R. Razzante, L’autoriciclaggio si misura con il principio di irretroattività della legge penale, in Archivio Penale, n. 2/2016, cit., 2., segnala che «il rischio era di assoggettare alle più aspre pene previste per i reati di riciclaggio e reimpiego tutti coloro che si fossero macchiati di reati c.d. bagatellari o comunque puniti con pene irrisorie rispetto a quelle previste dagli artt. 648 bis e ter c.p. Inoltre, si sarebbe potuta contestare all’autoriciclatore la continuazione ex art. 81, co. 2, c.p., con il rischio di un ulteriore aggravamento della pena». 4

253


Osservatorio normativo

254

ragioni che hanno determinato il legislatore ad optare per l’introduzione di un’autonoma fattispecie di reato non deve indurre a ritenere che la strada che si è scelta fosse l’unica percorribile, proprio perché tali ragioni avrebbero potuto trovare soddisfazione con una soluzione più semplice, quale, ad esempio, la secca eliminazione della clausola di riserva di cui all’art. 648-bis c.p., con contestuale inserimento di una clausola attenuante per il caso in cui a compiere le operazioni di riciclaggio fosse l’intraneus. Stupisce, inoltre, che l’opzione di far coesistere due norme, destinate a tipizzare e incriminare autonomamente la condotta dell’autore del reato presupposto e quella del terzo, sia probabilmente figlia di quella che in dottrina si è efficacemente definita essere «una visione del fenomeno oltremodo parcellizzata (riciclaggio vs. autoriciclaggio) e priva di sostrato empirico»5. Ove, a ben vedere, il dato empirico offre indicazioni di segno opposto, dimostrando come sia priva di riscontro l’idea, da un lato, di condotte di autoriciclaggio che non coinvolgano un soggetto terzo e, dall’altro, di condotte di riciclaggio che si realizzino senza l’apporto dell’autore del reato presupposto. Infatti, spesso l’autore del delitto a monte non è in grado

Così, A.M. Dell’Osso, Il reato di autoriciclaggio: la politica criminale cede il passo a esigenze mediatiche ed investigative, in Riv. it. dir. proc. pen., 2015, 812. 5

di portare a termine un’attività di ripulitura, necessitando dunque dell’apporto fornito da chi sia in possesso di particolari competenze tecniche, vale a dire di un c.d. riciclatore professionale. Ma a questo punto il risvolto della medaglia sarà che il riciclatore avrà agito su input del soggetto che ha bisogno del “servizio di ripulitura” per le utilità delittuose di cui dispone6. Ed invero, va tenuto presente che il terzo riciclatore avrà pressoché sempre bisogno del contributo causale dell’autore del delitto presupposto, quand’anche consistente nella mera messa a disposizione delle disponibilità illecite da ripulire7. In questo senso, A.M. Dell’Osso, ibidem, 812. Del resto, la rilevanza del dato empirico è sottolineata in maniera pressoché unanime in dottrina: cfr. M. Lanzi, Autoriciclaggio, cit., 367; F. D’Alessandro, Il delitto di autoriciclaggio (art. 648-ter.1 c.p.), ovvero degli enigmi legislativi riservati ai solutori più che abili, in AA.VV., Il nuovo volto della giustizia penale: autoriciclaggio, difesa d’ufficio, misure di contrasto al terrorismo, ordine di protezione europeo, particolare tenuità del fatto, modifiche in materia di misure cautelari e di ordinamento penitenziario, a cura di G. Baccari, K. La Regina, E. Mancuso, Cedam, 2015, 39; S. Cavallini, L. Troyer, Apocalittici o integrati? Il nuovo reato di riciclaggio: ragionevoli sentieri ermeneutici all’ombra del “vicino ingombrante”, in www.penalecontemporaneo.it, 2015, 104. 7 In questo senso, S. Cavallini, L. Troyer, Apocalittici o integrati? Il nuovo reato di riciclaggio: ragionevoli sentieri ermeneutici all’ombra del “vicino ingombrante”, cit., 104. Gli autori, infatti, evidenziano che sotto un profilo fattuale «va registrato che pressoché sempre, per poter ripulire il provento illecito, l’eventuale terzo (riciclatore) necessita del contributo – quanto meno 6


La differenziazione dei titoli di reato tra autoriciclatore e riciclatore

Dunque, seguendo lo schema che la prassi di sovente propone, si è di fronte ad un’unica attività di riciclaggio, frutto dell’interazione tra le condotte poste in essere dall’autore del delitto a monte e da un soggetto terzo. Ed è proprio rispetto a suddetto schema che sembra palesarsi un possibile effetto preterintenzionale dell’introduzione della figura delittuosa di cui all’art. 648-ter.1 c.p. Ci si è chiesti, infatti, cosa accada in caso di realizzazione plurisoggettiva del delitto di autoriciclaggio, quando i fatti di ripulitura siano commessi, in concorso, dall’autore del delitto presupposto e da un terzo. E tanto in quanto potrebbe registrarsi un effetto paradossale: vale a dire, la possibilità che i c.d. riciclatori professionali concorrano nel delitto di autoriciclaggio, beneficiando di un trattamento sanzionatorio più mite rispetto a quello loro riservato dall’art. 648-bis c.p., con il relativo fronteggiarsi, su questo terreno, delle ragioni della politica e del diritto, in tal modo profilandosi il rischio concreto dell’adozione di soluzioni incoerenti da un punto di vista sistemico. La contraddizione rispetto agli scopi di politica criminale legati all’introduzione del delitto di autoriciclaggio è evidente: con quest’ultima si intendeva, difatti, rendere complessivamente più efficace la repressione del riciclaggio, e non certo creare un

morale, ma in sostanza anche materiale – dell’autore del reato presupposto».

Bruno Mattia balletti

vantaggio per i professionisti del riciclaggio, rispetto ai quali si potrebbe dire esser sorto un nuovo beneficio di autoriciclaggio. Ad ogni modo, il legislatore ha optato per l’introduzione di una fattispecie autonoma di autoriciclaggio ed all’interprete non resta che destreggiarsi tra i problemi naturalmente generati dalla coesistenza di due norme finitime. Tra questi, rientra chiaramente l’ipotesi di commissione plurisoggettiva, allorquando i fatti di ripulitura siano commessi in concorso dall’autore del delitto presupposto e dal terzo. Una vicenda, questa, talmente frequente da poter essere considerata la regola. Si pensi all’ipotesi dell’autore del delitto a monte che istighi il terzo al compimento dell’attività di riciclaggio oppure a quella del terzo che si limiti a studiare un progetto di “ripulitura”, realizzato poi materialmente dall’intraneus8. In tali casi vi sono due condotte individuali che, una volta sommate, danno vita ad «un fatto di reato simultaneamente riconducibile, a seconda del versante soggettivo assunto a riferimento tanto all’art. 648-bis c.p. quanto all’art. 648ter.1 c.p. In entrambi i casi, chiaramente, la punibilità delle condotte atipiche esige l’affermazione di

A.M. Dell’Osso, Il reato di autoriciclaggio: la politica criminale cede il passo a esigenze mediatiche ed investigative, cit., 813. Sulla scorta dei medesimi esempi si sviluppano le riflessioni anche di F. D’Alessandro, Il delitto di autoriciclaggio (art. 648-ter.1 c.p.), ovvero degli enigmi legislativi riservati ai solutori più che abili, cit., 38 ss. 8

255


Osservatorio normativo

una responsabilità penale a titolo di concorso, dovendo piuttosto sciogliere i dubbi in ordine al reato che polarizzi ed aggreghi le due condotte»9. Una scelta praticamente obbligata, se si considera la persistente vigenza delle clausole di riserva di cui agli artt. 648-bis e -ter c.p.: non resta dunque che verificare la possibilità di configurare un concorso di persone nel reato di autoriciclaggio, partendo anzitutto dalla considerazione della natura giuridica della fattispecie di cui all’art. 648ter.1 c.p.

2. Il concorso in autoriciclaggio alla luce del nostro sistema penale 256

Il primo aspetto da considerare quando ci si imbatte nella realizzazione plurisoggettiva di fatti di ripulitura, nell’ipotesi di coinvolgimento dell’autore del reato presupposto, è che il delitto di autoriciclaggio integra un reato proprio. Come evidenziato da autorevole dottrina10, rispetto al reato proprio si pongono essenzialmente tre problemi: a) se possano concorrere esclusivamente i soggetti che hanno la qualifica richiesta dalla legge (intranei) ovvero anche quelli che ne so Così, A.M. Dell’Osso, Il reato di autoriciclaggio: la politica criminale cede il passo a esigenze mediatiche ed investigative, cit., 813. 10 F. Mantovani, Diritto penale. Parte generale, 8a ed., Cedam, 2013, 550 ss. 9

no sprovvisti (extranei); b) se è imprescindibile che l’esecuzione materiale del reato avvenga per mano dell’intraneus; c) se l’extraneus, che ignora la qualifica dell’intraneus, risponda del reato proprio. Con riguardo alla possibilità che l’extraneus concorra in un reato proprio, tanto in dottrina11, quanto in giurisprudenza12 v’è unanimità di vedute nel senso dell’ammissibilità della stessa. Ove il fondamento normativo di tale assunto è da individuarsi nell’art. 110 c.p., in quanto il soggetto privo della qualifica richiesta dalla legge contribuisce col suo comportamento di partecipe alla lesione del bene protetto. V’è poi da considerare l’ulteriore quaestio della necessità che sia l’intraneus ad eseguire la condotta materiale del reato: secondo l’orientamento maggioritario13, siffatta necessità non sussiste, osservandosi al riguardo che «la dottrina e la giurisprudenza maggioritaria ritengono che, ove uno dei concorrenti sia un soggetto qualificato, tutti rispondano della fattispecie propria e non già di quella comune (in ipotesi pure

Cfr. F. Mantovani, ibidem, 550; M. Pelissero, Il concorso nel reato proprio, Giuffrè, 2004, 24 ss.; A. Gullo, Il reato proprio. Dai problemi «tradizionali» alle nuove dinamiche d’impresa, Giuffrè, 2005, 237 ss.; S. Camaioni, Il concorso di persone nel reato, Giuffrè, 2009, 240 ss. 12 Cfr., tra le più recenti, Cass. pen., sez. VI, 25 gennaio 2013, n. 21192; Cass. pen., sez. I, 23 settembre 2008, n. 39292. 13 Per tutti, v. F. Mantovani, Diritto penale. Parte generale, cit., 551. 11


La differenziazione dei titoli di reato tra autoriciclatore e riciclatore

configurabile), indipendentemente dal fatto che l’intraneus ponga in essere la condotta o si limiti ad offrire un contributo causalmente efficiente alla commissione del reato»14. Eppure, sul tema della distribuzione dei ruoli tra intraneo ed estraneo non v’è unanimità di vedute15. Autorevole dottrina16 ha infatti ritenuto che il principio di legalità imporrebbe che autore di un reato proprio possa essere

Così, S. Cavallini, L. Troyer, Apocalittici o integrati? Il nuovo reato di riciclaggio: ragionevoli sentieri ermeneutici all’ombra del “vicino ingombrante”, in www.penalecontemporaneo.it, 2015, 104. In senso analogo, M. Romano, G. Grasso, Commentario sistematico al codice penale, II, 2012, 269, ove si afferma che «eccettuati i casi in cui la realizzazione del reato richieda un’attività insostituibilmente personale di un soggetto determinato (ciò che si verifica nei reati c.d. di mano propria, come l’incesto o la falsa testimonianza), si deve ammettere il concorso di persone nel reato proprio anche quando l’extraneus esegua la condotta tipica e il soggetto qualificato fornisca invece un contributo atipico». 15 Per una trattazione diffusa di questo tema, v. A. Gullo, Il reato proprio. Dai problemi «tradizionali» alle nuove dinamiche d’impresa, Giuffrè, 2005, 288. 16 G. Marinucci, E. Dolcini, Manuale di diritto penale. Parte generale, 4a ed., Giuffrè, 2012, 430, secondo i quali «la soluzione affermativa sembra muovere dalla preoccupazione di reprimere con adeguata severità fatti che sarebbero comunque punibili, anche se in modo meno severo. A nostro avviso, invece, autore di un reato proprio può essere solo l’intraneo: lo impone il principio di legalità». In senso analogo, D. Falcinelli, Reato d’autore e tecniche di frammentazione penale, Pisa, 2014, 99 ss. Sembrano invece attestarsi su di una posizione mediana G. Fiandaca, E. Musco, Diritto Penale. Parte generale, 7a ed., Zanichelli, 2014, 519. 14

Bruno Mattia balletti

solo l’intraneus, vale a dire quel soggetto cui la fattispecie criminosa riserva di compiere la condotta tipica17. Pertanto, sarebbe responsabile ex art. 648-bis c.p., e non dunque ai sensi del combinato disposto degli artt. 110 e 648ter.1 c.p., il soggetto che realizzi interamente un’attività di riciclaggio, anche se istigato dall’autore del delitto presupposto, il quale avrebbe dunque offerto, in questo modo, un contributo atipico alla realizzazione della condotta tipica di riciclaggio. Ma tale esemplificazione suggerisce un’obiezione: una volta ricostruita la responsabilità dell’eteroriciclatore per riciclaggio (escludendosi il concorso in autoriciclaggio), a che titolo potrebbe essere penalmente perseguibile l’autore del delitto presupposto per il suo contributo causalmente rilevante alla realizzazione del fatto tipico di cui all’art. 648-bis c.p.? La risposta è semplice: la permanente vigenza delle clausole di riserva di cui agli artt. 648-bis e -ter c.p. esclude la rilevanza penale della condotta dell’autoriciclatore concorrente. Pertanto, il risultato sarebbe quello dell’impunità dell’autoriciclatore che non realizzi materialmente la condotta di self-laundering, determinando così l’ineffettività dell’art. 648-ter.1 c.p. e vanificando l’obiettivo di politica criminale della riforma del 2014, vale a dire 17 Così, D. Brunelli, Autoriciclaggio: profili del concorso di persone, in AA.VV., Punire l’autoriciclaggio, come, quando e perché, a cura di E. Mezzetti, D. Piva, G. Giappichelli, 2016, 26.

257


Osservatorio normativo

258

il superamento del c.d. privilegio di autoriciclaggio. Infine, resta da chiarire cosa accada quando l’extraneus ignori la qualifica dell’intraneus. Si tratta di un problema che investe l’elemento soggettivo e va dunque premesso che, in accordo con i principi generali dell’imputazione dolosa, la responsabilità dell’extraneus presuppone la consapevolezza di concorrere in un reato proprio e di conseguenza la conoscenza della qualifica dell’intraneus18. Tuttavia, può verificarsi l’ipotesi in cui, piuttosto che essere determinante ai fini dell’esistenza di un reato, la qualifica di uno dei concorrenti comporti solo una diversa qualificazione giuridica di un fatto che altrimenti costituirebbe reato ad altro titolo. Rispetto a tale ultima evenienza, quando l’estraneo ignori la qualifica posseduta dal concorrente, può apprezzarsi quella che, secondo la comune interpretazione, è la funzione dell’art. 117 c.p., a tenore del quale “se, per le condizioni o le qualità personali del colpevole, o per i rapporti tra il colpevole e l’offeso, muta il titolo del reato per taluno di coloro che vi sono concorsi, anche gli altri rispondono dello stesso reato”. Pertanto, si può ritenere che in caso di muta-

Cfr. G. Fiandaca, E. Musco, Diritto Penale. Parte generale, cit., 545, ove si afferma, a titolo esemplificativo che «la responsabilità a titolo di concorso nel caso preveduto dall’art. 326 c.p. esulerà nel caso di chi istighi un pubblico ufficiale a rivelare un segreto, senza sapere che l’istigato riveste la qualifica predetta». 18

mento del titolo del reato l’extraneus risponderà del reato a prescindere dalla conoscenza della qualifica dell’intraneus19. Ebbene, tornando al quesito di partenza, è da convenire che, se è ammissibile il concorso dell’extraneus nel reato proprio, allora nel caso in cui i fatti di laundering siano commessi in concorso dall’autore del delitto presupposto e da un terzo, quest’ultimo risponde di concorso in autoriciclaggio. Il paradosso è evidente: il terzo extraneus, che fino a ieri rispondeva del più grave reato di riciclaggio, si troverebbe oggi ad essere responsabile di concorso nel reato meno grave di autoriciclaggio, beneficiando così di un trattamento sanzionatorio più mite. È questo un effetto che si pone in chiara contraddizione con gli scopi di politica criminale che hanno ispirato la riforma del 2014, la quale si proponeva, per il tramite dell’introduzione del delitto di autoriciclaggio, di rendere complessivamente più efficace la repressione del riciclaggio, e non certo di creare un vantaggio per i professionisti del riciclaggio, rispet-

Emblematico in tal senso quanto osservato da G. Fiandaca, E. Musco, ibidem, 546: «si tratta di una disciplina che persegue l’obiettivo di estendere l’incriminazione a titolo di reato proprio anche a soggetti che non potrebbero risponderne in base ai principi generali, e ciò sul presupposto che sia opportuno evitare che alcuni concorrenti rispondano di un certo reato e altri di un reato diverso, solo perché interferiscono particolari qualità o particolari rapporti di un concorrente con la persona offesa». 19


La differenziazione dei titoli di reato tra autoriciclatore e riciclatore

Bruno Mattia balletti

to ai quali si potrebbe dire esser sorto un nuovo beneficio di autoriciclaggio, non più consistente nell’impunità garantita all’autore del delitto a monte, quanto piuttosto nella possibilità per il riciclatore terzo di vedersi applicata una pena più lieve per il solo fatto di aver agito in concorso con l’autoriciclatore20. Così l’extraneus che fino a ieri era incentivato a proclamarsi concorrente nel reato presupposto, in considerazione della frequente maggiore afflittività del riciclaggio rispetto al reato matrice, oggi avrà vita facile nell’affermare che, ai fini della realizzazione della condotta di laundering, essenziale è stato il contributo dell’intraneus, suo concorrente. Con il rischio concreto che potrebbe così calare «il sipario sulle fattispecie comuni di riciclaggio e re-impiego, a tutto ‘vantaggio’ della nuova e meno grave incriminazione»21. Sicché a

prodursi è una vera e propria distonia sistemica: un effetto preterintenzionale verosimilmente sfuggito al legislatore22. D’altro canto, attenendosi alle regole generali in materia di concorso e considerata la persistente vigenza delle clausole di cui agli artt. 648-bis e -ter c.p., non sembrerebbe esserci una strada alternativa rispetto a quella che conduce al paradossale effetto della configurabilità della responsabilità a titolo di concorso in autoriciclaggio per il terzo riciclatore. Non senza un’ulteriore conferma di questa lettura che deriva dall’ostacolo che un’ipotizzata responsabilità concorsuale per titoli diversi di reato troverebbe nel dogma dell’unitarietà del titolo del reato. Nel nostro sistema penale, infatti, quando più condotte, tipiche e atipiche, confluiscano in un medesimo fatto di reato, quest’ultimo giammai potrà

Questo rischio è stato segnalato in maniera pressoché unanime in dottrina. Ex multis, v. D. Brunelli, Autoriciclaggio: profili del concorso di persone, cit., 22, che afferma: «Altro che giro di vite al fenomeno della circolazione del denaro sporco! Il legislatore avrebbe fatto un favore ai riciclatori professionali, ottenendo come unico risultato concreto quello di un aumento della pena per gli autori dei reati-presupposto, in ciò risolvendosi di fatto l’affermazione di responsabilità di costoro (oltreché per i reati-presupposto) anche per il nuovo delitto di autoriciclaggio. Il gioco non valeva la candela: il “beneficio” di autoriciclaggio risorgerebbe a nuova vita, stavolta a tutto vantaggio del riciclatore professionale». 21 Così, S. Cavallini, C. Troyer, Apocalittici o integrati? Il nuovo reato di riciclaggio: ragionevoli sentieri ermeneutici all’ombra del

“vicino ingombrante”, cit., 105. Gli Autori, peraltro, sottolineano con efficacia che «si tratta, com’è ovvio, di una conseguenza non voluta dal legislatore, connessa alla scelta di tipizzare ex novo il delitto di autoriciclaggio, invece di rendere penalmente rilevanti le medesime condotte attraverso una rimodulazione del tessuto normativo esistente (su tutti mediante un intervento diretto nella sfera dell’art. 648 bis c.p., con contestuale soppressione dell’art. 648 ter c.p.): per dirla con Ockham, anche nel diritto penale entia non sunt moltiplicanda praeter necessitatem». 22 Ciò che lascia perplessi, come si è accennato sopra, è che un simile e paradossale effetto sarebbe stato facilmente prevedibile alla luce delle indicazioni provenienti dal sostrato empirico concernente il fenomeno riciclatorio.

20

259


Osservatorio normativo

260

dare luogo all’imputazione di due distinti titoli di reato. Una soluzione diversa risulterebbe infatti inconferente rispetto alla disciplina generale del concorso di persone contenuta negli artt. 110 ss. del codice penale, avendo il legislatore italiano optato per il modello unitario di disciplina, preferendosi così la c.d. tipizzazione causale alla c.d. tipizzazione differenziata23. Per questi motivi, nonostante il “fascino politico” di una responsabilità differenziata per i due soggetti (l’autore del reato presupposto per autoriciclaggio, il terzo per riciclaggio o impiego), l’unica strada razionalmente percorribile appare essere quella che porta alla costruzione di un titolo unico di responsabilità per tutti quelli che, intranei o estranei, prendano parte all’autoriciclaggio. Con la conseguente configurabilità del concorso da parte del terzo sprovvisto della qualifica soggettiva tipica (cioè, l’essere autore del delitto a monte) nel reato “proprio” di autoriciclaggio anche quando la condotta sia materialmente eseguita dall’extraneus, e ciò a norma degli artt. 110 o 117 c.p. (a seconda che il terzo abbia, o meno, consapevo-

23 Sul punto, G. Fiandaca, E. Musco, Diritto Penale. Parte generale, cit., 513 osservano che «in questo senso sono riconducibili alla fattispecie concorsuale tutte le condotte dotate di efficacia eziologica nei confronti dell’evento lesivo, e non assume più importanza la precisa demarcazione, sul terreno della tipicità, fra forme “primarie” e “secondarie” di partecipazione».

lezza della qualifica posseduta dall’intraneus)24.

3. La ricerca di una soluzione “politicamente corretta” Dal punto di vista politicocriminale la soluzione a cui si è giunti, per il caso in cui i fatti di laundering siano commessi in concorso dall’autore del delitto presupposto e da un terzo, sembra essere poco soddisfacente. In particolare, è stato messo in luce l’effetto preterintenzionale della riforma del 2014, il quale consentirebbe ai c.d. riciclatori professionali di poter godere del beneficio di un trattamento sanzionatorio meno grave rispetto a quello che sarebbe stato loro applicato nel periodo antecedente la riforma per gli stessi fatti di “ripulitura”. Un effetto, dunque, incoerente rispetto alla ratio della riforma, che si propone di realizzare, invece, un più efficace contrasto del fenomeno riciclatorio. Invero, bisogna considerare che la costante crescita del fenomeno “riciclaggio” è relazionata al significativo know how dei c.d. riciclatori professionali, e cioè al loro bagaglio di conoscenze tecniche, che, in continua crescita e capace di aggiornarsi rapidamente, determina un rischio costante di obsolescen-

In senso analogo, cfr. S. Cavallini, L. Troyer, Apocalittici o integrati? Il nuovo reato di riciclaggio: ragionevoli sentieri ermeneutici all’ombra del “vicino ingombrante”, cit., 105. 24


La differenziazione dei titoli di reato tra autoriciclatore e riciclatore

za per la normativa antiriciclaggio lato sensu intesa. Pertanto, l’aver introdotto un vantaggio in termini di trattamento sanzionatorio per questi soggetti, pur di incriminare l’autoriciclaggio, sembra potersi tradurre in un incentivo indiretto a riciclare di più. Sono queste probabilmente le ragioni che hanno indotto in dottrina alla ricerca di una soluzione “politicamente corretta”. Anche se è poi proprio la stessa precarietà delle soluzioni alternative proposte al riguardo a svelare i contorni di una situazione paradossale nella quale viene a trovarsi l’interprete25: come dimostrato dagli iter argomentativi svolti in dottrina per tentare di uscire dall’impasse in cui ci si viene in questo senso a ritrovare. Detto di come tra le problematiche che si pongono rispetto alla categoria dei reati propri rilevi l’eventualità che il reato venga materialmente eseguito dall’intraneus26, nel solco di un’impostazione delineata in dottrina27, sarebbe possibile distinguere tra reati propri “esclusivi” e “non esclusivi”, laddove solo rispetto ai primi si deve riconoscere la necessità che l’intraneus realizzi in Quest’ultimo, infatti, di fronte ad una tecnica normativa quantomeno discutibile è per sua natura portato alla ricerca di un equilibrio esegetico, che sia in grado di restituire coerenza ad un sistema di incriminazioni che appare sempre più in balia di effetti distorsivi generati da un’irragionevolezza di fondo 26 V. supra sub. § 2. 27 F. Mantovani, Diritto penale. Parte generale, 8a ed., Cedam, 2013, 550. 25

Bruno Mattia balletti

prima persona la condotta tipica del reato proprio. Con i reati propri “esclusivi” che per loro natura, sono “reati cd. di mano propria o di attuazione personale, e pertanto non possono essere realizzati per interposta persona (es. falso giuramento, incesto)”28. Viceversa i reati propri “non esclusivi” ammetterebbero la realizzazione per mano di terzi. Così, sulla base di tale distinzione, un autore ritiene che il delitto di autoriciclaggio andrebbe ricondotto entro la categoria dei reati propri c.d. di mano propria29. È evidente che, se si accedesse ad un simile lettura, si potrebbe escludere, il più delle volte, il concorso dell’extraneus nel reato di cui all’art. 648 ter.1 c.p. Nella prassi, infatti, quando v’è concorso di intraneus ed extraneus, è il secondo ad eseguire materialmente la condotta tipica di cui all’art 648 bis c.p., limitandosi, invece, l’autore del delitto presupposto alla mera istigazione o alla messa a disposizione dei proventi illeciti. Di conseguenza, mancando la condotta tipica del soggetto qualificato di cui all’art. 648-ter.1, l’eteroriciclatore non potrà concorrere nei fatti di autoriciclaggio, restando perciò configurabile esclusivamente uno tra i delitti di cui agli artt. 648-bis e 648-ter c.p.

Così F. Mantovani, ibidem, 550. Cfr. C. Piergallini, Autoriciclaggio, concorso di persone e responsabilità dell’ente: un groviglio di problematica ricomposizione, in AA.VV., Scritti in onore di Luigi Stortoni, a cura di Mantovani, Curi, Tordini, Cagli, Torre, Caianiello, 2016, 551 ss. 28

29

261


Osservatorio normativo

262

In tal modo, però, pur di neutralizzare l’effetto paradossale derivante dalla scelta di introdurre una fattispecie autonoma di autoriciclaggio, si giunge ad una situazione ancor più irrazionale: il “prezzo da pagare” sarebbe quello della perdita di effettività dell’art. 648 ter.1 c.p. e della non punibilità, in ogni caso, dell’autore del delitto presupposto, che nella maggior parte dei casi “la farebbe franca”. Infatti se, per un verso, l’autore del delitto presupposto non realizza materialmente la condotta tipica e, per altro verso, si intende l’autoriciclaggio quale reato proprio c.d. di mano propria, viene dunque esclusa la configurabilità della fattispecie di cui all’art. 648-ter.1 c.p. Resta “in gioco” quindi il binomio normativo di cui agli artt. 648-bis e -ter c.p., ma con una conseguenza ben precisa: l’impunità dell’autoriciclatore, il quale non potrà concorrere nel fatto di riciclaggio (o di reimpiego) dell’eteroriciclatore, in virtù della persistente vigenza delle clausole di riserva presenti nell’incipit della fattispecie di riciclaggio e di reimpiego. Ancora, si è avanzata la proposta di risolvere l’impasse mediante il richiamo al concorso apparente di norme30. A tal proposito

Cfr. F. D’Alessandro, Il delitto di autoriciclaggio (art. 648-ter.1 c.p.), ovvero degli enigmi legislativi riservati ai solutori più che abili, in AA.VV., Il nuovo volto della giustizia penale: autoriciclaggio, difesa d’ufficio, misure di contrasto al terrorismo, ordine di protezione europeo, particolare tenuità del fatto, modifiche in materia di misure 30

si ritiene così sussistere una pluralità di reati (da ricondurre entro il concorso apparente di norme) e non solo di titoli di reato, con un vantaggio messo in luce da un autore: non dover «rispolverare ricostruzioni tanto raffinate quanto poco praticabili nel nostro ordinamento, volte a teorizzare la possibilità di responsabilità concorsuali fondate su diversi titoli di reato per i vari compartecipi»31. In particolare, si sostiene che quando la condotta del terzo extraneus sia astrattamente sussumibile nella fattispecie di riciclaggio (integrata monosoggettivamente), ma rilevi anche quale contributo causale all’autoriciclaggio realizzato dall’autore del delitto a monte (dunque integrando plurisoggettivamente anche la fattispecie di cui all’art. 648-ter.1 c.p.), sarà possibile scindere le conseguenze sanzionatorie solo ove si ravvisi un concorso apparente di norme, ritenendo che per il terzo prevalga gerarchicamente il reato di riciclaggio. In questo modo si fa applicazione del principio di consunzione (o assorbimento), per il quale, ricadendo la condotta del terzo sotto le due norme incriminatrici

cautelari e di ordinamento penitenziario, a cura di G. Baccari, K. La Regina, E. Mancuso, Cedam, 2015, 42; A.M. Dell’Osso, Il reato di autoriciclaggio: la politica criminale cede il passo a esigenze mediatiche ed investigative, in Riv. it. dir. proc. pen., 2015, 815. 31 Così F. D’Alessandro, ibidem, 42. In particolare, l’autore si riferisce alla tesi di M. Gallo, Appunti di diritto penale, G. Giappichelli, 2003, 190 ss.


La differenziazione dei titoli di reato tra autoriciclatore e riciclatore

richiamate e non essendo ravvisabile né un rapporto di specialità strutturale tra le due, né la sussistenza di clausole di sussidiarietà espressa, dovrà ritenersi che per il terzo extraneus prevalga il reato di riciclaggio: quest’ultimo, infatti, essendo più grave ed in grado di esaurire l’intero disvalore del fatto, assorbe il meno grave delitto di autoriciclaggio. Resta ferma invece la rilevanza penale della condotta dell’autoriciclatore ai sensi dell’art. 648-ter.1 c.p., non potendosi ritenere la sua condotta penalmente rilevante per la realizzazione in concorso del fatto tipico previsto dalla norma di cui all’art. 648-bis c.p., in ragione della clausola di riserva posta nell’incipit di quest’ultima. Senza che siano peraltro da sottovalutare i timori espressi proprio da chi ha condiviso una simile impostazione: «lo sforzo interpretativo fin qui svolto appare poco più di un tentativo di sistematizzare un assetto normativo che si articola pericolosamente sul crinale dell’irragionevolezza e dell’incoerenza»32. Innegabile è infatti il rilievo di tali preoccupazioni, specie se si considerano i rischi

In questi termini, A.M. Dell’Osso, Il reato di autoriciclaggio: la politica criminale cede il passo a esigenze mediatiche ed investigative, in Riv. it. dir. proc. pen., 2015, cit., 815. L’Autore, peraltro, sottolinea un’ulteriore implicazione dello sforzo interpretativo de quo: «una rilettura della clausola di non punibilità prevista dall’art. 648 bis c.p. in chiave di restrizione dei soggetti attivi, divenendo assai arduo pensare a un gioco di rimandi tra postfatto non punibile e sussidiarietà». 32

Bruno Mattia balletti

insiti nel riporre delle aspettative nel principio di consunzione (o di assorbimento), il quale, a differenza del criterio di specialità, risulterebbe carente di un fondamento normativo, come di recente sottolineato dalla giurisprudenza di legittimità33. Oltretutto, potrebbe altresì porsi l’accento sull’eterogeneità dei beni giuridici tutelati dalla fattispecie di cui agli art. 648-bis c.p. e 648-ter.1 c.p., la quale sarebbe di per sé ostativa alla configurabilità di un rapporto di sussidiarietà nell’ottica di progressione criminosa.

4. La lettura dei Giudici di legittimità Al cospetto delle riepilogate diverse posizioni su cui si è attestata la dottrina con riguardo al tema della realizzazione plurisoggettiva dell’autoriciclaggio, si è detto delle ragioni alla luce delle quali si ritiene di propendere per l’impostazione che vede il terzo extraneus rispondere di concorso in autoriciclaggio, con il conseguente beneficio di un trattamento sanzionatorio meno incisivo rispetto a quello previsto dall’art. 648-bis c.p. D’altro canto, però, in considerazione del breve arco temporale intercorso a partire dall’entrata

Cass., Sez. Un., 23 febbraio 2017, n. 20664. Con nota di S. Finocchiaro, Il buio oltre la specialità. Le Sezioni Unite sul concorso tra truffa aggravata e malversazione, in www.penalecontemporaneo.it, 2017. 33

263


Osservatorio normativo

264

in vigore della fattispecie di cui all’art. 648-ter.1 c.p. (1° gennaio 2015), permane comunque da valutare l’evoluzione del diritto vivente, e segnatamente la posizione espressa al riguardo dai Giudici di legittimità. Con la recentissima sentenza n. 6988/2020 la Suprema Corte ha infatti precisato che «in tema di autoriciclaggio, il soggetto che, non avendo concorso nel delittopresupposto non colposo, ponga in essere la condotta tipica di autoriciclaggio o contribuisca alla realizzazione da parte dell’autore del reato-presupposto delle condotte indicate dall’art. 648-ter.1. cod. pen., risponde di riciclaggio e non di concorso nel delitto di autoriciclaggio essendo questo configurabile solo nei confronti dell’intraneus»34. A far propendere per tale soluzione, secondo i Giudici di legittimità, vi sarebbe la ratio istitutiva del delitto di autoriciclaggio, vale a dire la volontà di «colpire quelle condotte poste in essere dall’autore del delitto presupposto e che potessero avere effetti pregiudizievoli rispetto al bene giuridico ordine pubblico economico» e non certo di punire più lievemente le condotte precedentemente incriminabili ex art. 648-bis c.p., altrimenti mortificandosi lo scopo dell’intervento riformatore. Pertanto, «in caso di attività di sostituzione od occultamento del profitto illecito posta in essere da un terzo su mandato

Cass. pen., sez. II, udienza 13 novembre 2019, n. 6988/2020.

34

dell’autore del delitto presupposto, questi risponde del “nuovo” delitto di autoriciclaggio ex art. 648 ter.1. cod. pen. ed il primo continua a rispondere del più grave delitto di riciclaggio ex art. 648 bis cod. pen. e ciò anche per la fondamentale considerazione che una sanzione più lieve nei suoi confronti non è spiegabile in termini di minore rilevanza penale della condotta, rimasta identica anche seguito della modifica normativa»35. Tuttavia, l’affermazione della possibilità di differenziare i titoli di reato tra autoriciclatore ed etero riciclatore non va intesa come un elemento di novità, ma piuttosto come la reiterazione di quanto già statuito in precedenza: come del resto dimostrato dal richiamo nella motivazione della sentenza in parola della Suprema Corte a due precedenti pronunce di legittimità del medesimo tenore, quali, in particolare, Cass. Pen, Sez. II, n. 22020/2019 e Cass. pen. Sez. II, n. 17235/2018. Ove con la sentenza n. 22020/2019 la Suprema Corte ha sostanzialmente esteso la differenziazione dei titoli di reato tra autoriciclatore ed eteroriciclatore anche alle misure ablative, disapplicando il meccanismo di solidarietà passiva tra correi36.

Cass. n. 6988/2020, cit. Cfr. E. Basile, Autoriciclaggio: prime applicazioni dell’art. 648 ter.1 c.p., in Giurisprudenza Italiana, 2019, 2564. Resta ferma però l’evenienza «che gli importi dell’autoriciclaggio e del riciclaggio possano coincidere, nei casi in cui l’autore del 35

36


La differenziazione dei titoli di reato tra autoriciclatore e riciclatore

Ma è forse il richiamo alla sentenza n. 17235/201837 che meglio può consentire di comprendere le ragioni che hanno spinto la Cassazione ad orientarsi nel senso della differenziazione dei titoli di reato tra autoriciclatore ed eteroriciclatore. Con suddetta pronuncia, infatti, i Giudici di legittimità si sono misurati per la prima volta con la questione della realizzazione plurisoggettiva del delitto di autoriciclaggio, ritenendo di intraprendere il cammino che porta al superamento del dogma dell’unitarietà del titolo del reato, con ciò ammettendosi la possibilità che un episodio plurisoggettivo eventuale possa dar luogo ad una differenziazione dei titoli di responsabilità. Con riguardo al percorso argomentativo seguito dalla Suprema Corte, si può osservare come, dopo una ricognizione delle diverse posizioni espresse dalla dottrina (che in questa sede si omette di ripercorrere, rinviando a quanto osservatosi in precedenza: v. supra sub § 3), si arrivi al punto no-

delitto presupposto abbia trasferito l’intero profitto illecito ad un solo soggetto incaricandolo di compiere le operazioni decettive, sicché questi risponde di 648 bis c.p. per importi corrispondenti all’imputazione di 648 ter.1 c.p.» (Cass. pen., n. 22020/2019, cit.). 37 Cass. pen., sez. II, 17 gennaio 2018, n.17235 (dep. 18 aprile 2018). Si segnala, inoltre, che la Suprema Corte ha avuto modo di confermare la linea adottata, con le seguenti sentenze: Cass. pen., sez, VI, 07 giugno 2018, n. 3608 (dep. 24 gennaio 2019); Cass. pen., sez. II, 10 settembre 2019, n. 41084 (dep. 7 ottobre 2019).

Bruno Mattia balletti

dale del ragionamento sviluppato dal collegio: la ratio della riforma del 2014. L’interprete, infatti, deve partire dalla premessa che «la nuova incriminazione è stata concepita, in ossequio agli obblighi internazionali gravanti pattiziamente sull’Italia, essenzialmente, se non unicamente, al fine di colmare la lacuna riguardante l’irrilevanza penale delle condotte di c.d. “auto riciclaggio”»38. Così, viene dunque negata la possibilità di interpretare la normativa vigente tanto «nel senso della attuale previsione di un trattamento sanzionatorio più favorevole di quello precedente, per il soggetto che non abbia preso parte al reato presupposto, ed abbia successivamente posto in essere una condotta lato sensu riciclatoria (tipica, ex art. 648 ter.1 c.p., od anche atipica), agendo in concorso con l’extraneus chiamato a rispondere di autoriciclaggio», quanto «nel senso della perdurante irrilevanza della condotta dell’intraneus […] che si sia limitato a mettere a disposizione il provento […] nelle mani del terzo, perché lo reimpieghi, senza compiere in prima persona la condotta tipica di autoriciclaggio». E, proseguendo il proprio iter argomentativo, dopo aver scartato la configurabilità di un concorso apparente di norme tra le fattispecie di riciclaggio ed autoriciclaggio, il Supremo Collegio arriva quindi a statuire un principio chiaro, affermando che,

Cass. pen., sez. II, 17 gennaio 2018, n.17235, cit.

38

265


Osservatorio normativo

266

per non tradire la ratio che ha ispirato la riforma, «il soggetto il quale, non avendo concorso nel delitto-presupposto non colposo, ponga in essere la condotta tipica di autoriciclaggio, o comunque contribuisca alla realizzazione da parte dell’intraneus delle condotte tipizzate dall’art. 648-ter.1 c.p., continui a rispondere del reato di riciclaggio ex art. 648-bis c.p. (ovvero, ricorrendone i presupposti, di quello contemplato dall’art. 648-ter c.p.) e non di concorso (a seconda dei casi, ex art. 110 o 117 c.p.) nel (meno grave) delitto di autoriciclaggio ex art. 648-ter.1 c.p.»39. Nella situazione descritta, quindi, l’unico che potrà rispondere del delitto di autoriciclaggio è l’intraneus. A fronte di simili prese di posizione, ci si sarebbe aspettati la costruzione di un impianto argomentativo solido a sostegno della possibilità di diversificare i titoli di reato in relazione ad un episodio plurisoggettivo eventuale, così giustificando l’adozione di un’impostazione diversa da quella che propende per l’inquadramento della questione entro lo schema concorsuale, ma in prospettiva unitaria (come richiederebbero, del resto, le ordinarie regole in materia di concorso). Ed invece, i Giudici di legittimità si limitano ad affermare che «la diversificazione dei titoli di reato in relazione a condotte lato sensu concorrenti non deve meravi Cass. pen., sez. II, 17 gennaio 2018, n.17235, cit.

39

gliare, non costituendo una novità per il sistema penale vigente, che ricorre a questa soluzione in alcuni casi di realizzazione plurisoggettiva di fattispecie definite dalla dottrina “a soggettività ristretta”»40. Ove ciò che risulta poco convincente è il compendio di casi esemplificativi che seguono siffatta asserzione, e nei quali l’ordinamento contempla pene diverse per i vari concorrenti nella vicenda plurisoggettiva di riferimento. Segnatamente vengono richiamate l’interruzione volontaria di gravidanza in violazione dei limiti di liceità (ex art. 19 l. n. 194 del 1978)41 e le fattispecie di infanticidio (art. 578 c.p.)42 e di evasione (art. 385 c.p.), quest’ultima in rapporto a quella di procurata evasione (art. 386 c.p.): cioè, tutte ipotesi in cui vi è una differenziazione dei titoli di responsabilità, ma sulla base di una previsione esplicita del legislatore in tal senso.” Per quanto concerne in particolare l’ipotesi di evasione (art. 385 c.p.), andrebbe, invero, con Cfr. A. Gullo, Realizzazione plurisoggettiva dell’autoriciclaggio: la cassazione opta per la differenziazione dei titoli di reato, in www.penalecontemporaneo.it, 2018, il quale sottolinea come in questa asserzione sia da individuarsi “il cuore del ragionamento della Corte”. 41 In tale fattispecie v’è la previsione di un’autonoma cornice edittale per la donna, la quale è significativamente più mite. Tale disciplina troverebbe, secondo la Suprema Corte, la sua ragion d’essere nella «considerazione del giudizio di minore riprovazione morale del fatto della gestante». 42 V. anche supra sub § 3.2. 40


La differenziazione dei titoli di reato tra autoriciclatore e riciclatore

siderato che si tratta di una fattispecie che ricalca chiaramente un’ipotesi di reato proprio: chi può evadere, infatti, se non il detenuto? Ci si aspetterebbe quindi che il concorrente nel reato di evasione si veda applicata la stessa pena prevista dall’art. 385 c.p., in ossequio alla disciplina generale in materia di concorso di persone. E così sarebbe, se non fosse per il fatto che il legislatore all’articolo successivo incrimini autonomamente la condotta di chi offra un contributo causale alla realizzazione del reato in esame. L’art. 386 c.p., difatti, prevede per la fattispecie della procurata evasione una cornice edittale più ampia di quella propria dell’art. 385 c.p. L’impianto argomentativo della Cassazione, però, non sembra poter andar esente da rilievi critici. Infatti, attenta dottrina ha sottolineato come siano poco persuasivi i riferimenti da parte della Suprema Corte, nella misura in cui si tratterebbe comunque di esiti interpretativi resi possibili solo alla luce di opzioni di politica criminale tradottesi in disposizioni ad hoc. Basti pensare che, nel caso dell’evasione e della procurata evasione, se un terzo istigasse il recluso ad evadere, risponderebbe di concorso in evasione in virtù del combinato disposto degli artt. 110 e 385 c.p., e non di procurata evasione, con l’applicazione di una pena più mite43. Dunque, In questo senso A. Gullo, Realizzazione plurisoggettiva, cit., 266, che eviden43

Bruno Mattia balletti

mancando l’esplicita opzione normativa nel senso della diversificazione del titolo del reato, operano le normali dinamiche concorsuali: perché non dovrebbe avvenire lo stesso nel caso del delitto di autoriciclaggio, posto che l’art. 648 ter.1 c.p. non contempla alcuna previsione specifica in funzione incriminatrice?44 Così come senz’altro manca un’esplicita previsione in funzione di disciplina, differentemente da quanto avviene con riguardo alla fattispecie di infanticidio ex art. 578 c.p., dove al secondo comma è prevista espressamente una pena diversa per i concorrenti estranei. Eppure, nonostante le premesse poco solide, il percorso argomentativo della Suprema Corte si conclude con la considerazione che la giustificazione del trattamento sanzionatorio meno grave per il delitto di autoriciclaggio è da individuarsi esclusivamente nel minor disvalore della condotzia infatti che «nelle ipotesi in questione è infatti il legislatore che in modo chiaro ed inequivoco ha tipizzato autonomamente una condotta di partecipazione – il procurare l’evasione nel caso di cui all’art. 386 c.p. – assoggettandola a un più grave trattamento sanzionatorio, oppure ha espressamente, nel corpo dell’art. 578 c.p., preso in considerazione, sotto il profilo del quantum di pena, la posizione dei concorrenti nell’infanticidio, sottoponendoli alle pene previste per l’omicidio – salva la possibilità, qualora abbiano agito al solo scopo di aiutare la madre, di una riduzione della pena da un terzo a due terzi». 44 In questo senso, A.M. Dell’Osso, Riciclaggio di proventi illeciti e sistema penale, G. Giappichelli, 2017, 226.

267


Osservatorio normativo

268

ta lato sensu riciclatoria posta in essere dall’autore del reato presupposto. Ciò renderebbe possibile affermare in chiusura che «le condotte concorsuali poste in essere da terzi extranei per agevolare la condotta di autoriciclaggio posta in essere dal soggetto che abbia commesso o concorso a commettere il delitto non colposo presupposto, titolare del bene di provenienza delittuosa “riciclato”, conservano rilevanza penale quale fatto di compartecipazione previsto e punito dall’art. 648 bis c.p. più gravemente di quanto avverrebbe in applicazione delle norme sul concorso di persone nel reato, ex artt. 110/117 e 648ter.1 c.p.»45. Pertanto, secondo la chiave di lettura offerta dalla Suprema Corte, non può ritenersi che la riforma abbia inciso «sulla rilevanza penale delle condotte di riciclaggio poste in essere dall’extraneus, sia quanto al titolo, sia quanto al conseguente trattamento sanzionatorio»46. Così, Cass. n. 17235/2018, cit. Il Supremo Collegio ha così invitato l’interprete, da un lato, a non operare una lettura meramente formalistica della normativa antiriciclaggio nel suo complesso e, dall’altro, a valorizzare l’intentio legis, quest’ultima da individuarsi esclusivamente nell’incriminazione dell’autoriciclaggio, al fine di colmare l’anacronistica lacuna evidenziata in sede internazionale. 46 Così, ancora, Cass. pen., sez. II, 17 gennaio 2018, n.17235, cit. 45

5. La differenziazione dei titoli del reato, tra sostenibilità di una scelta e ragioni di politica criminale Nel complesso, la soluzione offerta dai Giudici di legittimità presta il fianco a significativi rilievi critici. Anzitutto, in virtù dei motivi di cui sopra (v. supra sub § 4), il parallelo con i delitti di evasione ed infanticidio, oltre che con l’art. 19, l. n. 194 del 1978, non convince. Sotto altro profilo, poi, la marcata sottolineatura del fondamento giustificativo del nuovo art. 648 ter.1 non sembra dirimente, come invece quanto opinato dalla Suprema Corte lascerebbe indendere. Invero, se, per un verso, è fisiologico che l’individuazione dell’intentio legis rappresenti un importante ausilio per l’interprete, per altro verso, è necessario che questa trovi riscontro nell’assetto normativo delineato dal legislatore. Mentre quest’ultimo, nel caso di specie, risulta essere caratterizzato esclusivamente dall’introduzione di una fattispecie di reato autonoma all’art. 648-ter.1 c.p., corredata da una cornice edittale meno incisiva di quella prevista all’art. 648-bis c.p., e senza che siano previste specifiche indicazioni per il pur prevedibile caso di realizzazione plurisoggettiva dei fatti di autoriciclaggio. Il dato positivo non sembra lasciare spazio dunque all’interpretazione offerta dai Giudici di legittimità e l’apparente linearità della soluzione offerta risente della mancanza di un fondamento normativo solido.


La differenziazione dei titoli di reato tra autoriciclatore e riciclatore

A rivelarsi più consona al riguardo potrebbe probabilmente essere una lettura della norma in discorso in linea con le normali dinamiche concorsuali, senza che sia così intrapreso l’accidentato cammino del superamento del dogma dell’unitarietà del titolo di reato. A tal proposito giova richiamare quanto osservato in dottrina47, evidenziando che se è vero che tale dogma è già stato incrinato da raffinate ricostruzioni dottrinali e da una parte della giurisprudenza, è altresì da considerare che ciò si è verificato quasi con esclusivo riguardo all’elemento soggettivo del reato, come, ad esempio, nel caso di concorso colposo in un delitto doloso. Per converso, allo stato, sembra ancora lontana la disarticolazione completa dell’unitarietà del titolo di reato quale predicato oggettivo. D’altro canto, con tali considerazioni non si intende sminuire il dibattito che ruota intorno alla sostenibilità della teoria dell’unitarietà del reato, ma semplicemente sottolineare il dato di fatto dell’opzione del legislatore in questo senso, alla luce di indici normativi inequivoci48. A.M. Dell’Osso, Il reato di autoriciclaggio: la politica criminale cede il passo a esigenze mediatiche ed investigative, in Riv. it. dir. proc. pen., 2015, 813. 48 In questo senso è emblematica la disciplina contenuta negli artt. 110 ss. del codice penale. In particolare, l’art 110 c.p. statuisce che «quando più persone concorrono ne medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita, salve le disposizioni degli articoli seguenti». Ebbe47

Bruno Mattia balletti

Non si vuole negare, infatti, che l’istituto del concorso di persone sia fonte di problemi di ricostruzione dogmatica, regolamentazione legale e prassi applicativa, così come dimostrato anche dagli interrogativi che la dottrina si è posta in merito al concorso di persone nel reato proprio: «come conciliare, infatti, l’imputazione di un fatto unitario con la parcellizzazione dei contributi in un sistema di responsabilità penale personale? Già Beling si domandava: per quale ragione “la condotta di un soggetto non viene punita, isolandola da quella degli altri, come reato a sé stante? La risposta può essere una sola: perché lo stesso accadimento, sebbene prodotto da più soggetti, costituisce un tutto unitario, del quale gli elementi sono le ‘parti’, che i soggetti ‘prendono’”»49. Ma cercare una risposta a simili quesiti, significherebbe sviare l’attenzione dal campo di interesse, e cioè dall’ipotesi di realizzazione plurisoggettiva dell’autoriciclaggio. Invero, questa rappresenta una questione “particolare” che, in quanto tale, andrebbe ricone, la terminologia utilizzata dal legislatore (“medesimo reato”) è un chiaro indice nel senso della centralità del fatto tipico, pur nella dimensione plurisoggettiva: quest’ultimo rappresenta il baricentro verso il quale i diversi contributi convergono e si fondono. Così, singole condotte, che di per sé avrebbero una determinata valenza giuridica, ne assumono una diversa perché confluite in un fatto tipico unico. 49 Così, M. Pelissero, Il concorso nel reato proprio, Giuffrè, 2004, cit., 12, che richiama fedelmente E. Beling, Die Lehre, 390.

269


Osservatorio normativo

270

struita alla luce della sistematica generale: nel caso di specie, pertanto, se si vuole offrire una soluzione coerente da un punto di vista sistemico, è necessario che abbia luogo una rigorosa applicazione delle regole del concorso di persone. Così, alla luce delle considerazioni svolte, e tenuto conto delle poco convincenti motivazioni offerte dai Giudici di legittimità, non pare fuori luogo avanzare il dubbio che questi ultimi, nell’optare per la differenziazione dei titoli di reato, si siano lasciati guidare dalle ragioni della politica criminale. In particolare, aver rimarcato con tanta insistenza la ratio dell’introduzione del delitto di autoriciclaggio lascia intendere che si sia voluto salvaguardare l’effettività dell’intervento riformatore del 2014. Con la Suprema Corte che in buona sostanza non avrebbe fatto altro che tentare di porre vanamente rimedio ad una sorta di gaffe legislativa. Non v’è dubbio infatti che risulti criminologicamente poco opportuno garantire uno sconto di pena per i c.d. riciclatori professionali, mentre l’assetto normativo delineato dal legislatore sembra viceversa orientato proprio in tale direzione. Per “soccorrere” ancora una volta il legislatore, si è forse persa l’occasione di avviare una riflessione esaustiva in ordine alla scelta di incriminare l’autoriciclaggio mediante l’introduzione di un autonomo titolo di reato, oltre che ai profili critici della normativa an-

tiriciclaggio nel suo complesso50. Cosa che probabilmente sarebbe avvenuta laddove si fosse ratificato che il “prezzo da pagare” per la punibilità dell’autoriciclatore fosse proprio, alla luce del vigente assetto normativo, un sostanziale sconto di pena per i professionisti del riciclaggio. Era questa la naturale, e soprattutto prevedibile, conseguenza dell’assetto normativo delineato dalla riforma del 2014, in virtù del principio di unicità del fatto e della responsabilità concorsuale. Alle conseguenze criminologicamente inopportune di un simile scenario avrebbe dovuto pensare il legislatore a monte, e non la Suprema Corte di Cassazione a valle. In conclusione, oltre a reputare la soluzione offerta nella pronuncia in esame inconferente rispetto al dato positivo, così come calato nelle ordinarie dinamiche concorsuali del nostro sistema penale, si ritiene che questa vicenda fornisca dei validi spunti di riflessione in merito alle possibili interazioni tra politica e diritto. V’è il dubbio, infatti, che si sia andati alla ricerca di una soluzione “politicamente corretta”, come implicitamente potrebbe dedursi dal monito lanciato da un autore: «la questione qui in gioco non è […] se la scelta legislativa sia sostenibile o meno, Sono gli stessi Giudici di legittimità a sottolineare infatti che «la normativa di settore è in più punti viziata da una frammentarietà sulla cui effettiva proficuità sarebbe opportuno avviare una seria riflessione» (così Cass. n. 17835/2018). 50


La differenziazione dei titoli di reato tra autoriciclatore e riciclatore

quanto quella di offrirne una lettura in linea con il dato positivo»51. Spesso, infatti, le ragioni della politica incoraggiano audaci letture del dato positivo, al fine di salvaguardare l’effettività di assetti normativi rivedibili. È questa una linea di tendenza che potrebbe assumere contorni ancor più preoccupanti laddove il custode della funzione nomofilattica si abbandonasse definitivamente ad un atteggiamento fin troppo “comprensivo” nei confronti del legislatore, ponendo costantemente rimedio alle sue “mancanze”. E ciò perché in tal modo, da un lato, si disincentiva la ricerca di una tecnica legislativa adeguata e, dall’altro, si spiana la strada affinché si faccia concreto il rischio di un’inaccettabile compromissione del principio di certezza del diritto. Del resto, in relazione alla tecnica legislativa scelta per procedere all’incriminazione dell’autoriciclaggio, sorgono spontanei alcuni interrogativi. Si è valutata in maniera ponderata l’effettiva sussistenza di un obbligo di criminalizzazione dell’autoriciclaggio? È stato possibile prendere le distanze da pressioni politiche e mediatiche con le quali veniva denunciata una presunta arretratezza dello

Bruno Mattia balletti

stato dell’arte della normativa antiriciclaggio italiana? Ancora, si è tenuto conto di profili comparatistici che, a loro volta, consentono di desumere che la punibilità dell’autoriciclaggio sia tutt’altro che un dato acquisito nel panorama internazionale? Senza in questa sede pretendere di voler dare risposta a simili quesiti, e comunque a prescindere dall’esame di ulteriori profili problematici correlati, appare ragionevole avanzare il dubbio che il contesto politico-mediatico da cui è nato il germe della riforma del 2014 abbia inciso negativamente sull’aspetto qualitativo della riflessione relativa agli aspetti tecnico-giuridici della riforma stessa, oltre che sull’indagine empirico-criminologica del fenomeno, la quale deve imprescindibilmente collocarsi a monte di un provvedimento di riforma: sono state poste, così, le basi per la redazione di una norma incriminatrice intrisa di molteplici problematiche interpretative. Non meraviglia dunque che, anche da parte di chi si è detto favorevole all’introduzione del delitto di autoriciclaggio, la legge n. 186/2014 sia stata definita come «una riforma che coniuga buone ragioni e cattivi risultati»52. Così, F. D’Alessandro, Il delitto di autoriciclaggio (art. 648-ter.1 c.p.), ovvero degli enigmi legislativi riservati ai solutori più che abili, in G. Baccari-K. La Regina-E. Mancuso (a cura di), Il nuovo volto della giustizia penale: autoriciclaggio, difesa d’ufficio, misure di contrasto al terrorismo, ordine di protezione europeo, particolare tenuità del 52

Così, A. Gullo, Realizzazione plurisoggettiva, cit., 267, riprendendo le considerazioni svolte D. Brunelli, Autoriciclaggio: profili del concorso di persone, in AA.VV., Punire l’autoriciclaggio, come, quando e perché, a cura di E. Mezzetti, D. Piva, G. Giappichelli, 2016, 40. 51

271


Osservatorio normativo

A titolo meramente esemplificativo, basti pensare al dibattito che ha generato, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, l’introduzione della clausola di non punibilità al quarto comma dell’art. 648 ter.1 c.p., specialmente con riguardo alle locuzioni “mera utilizzazione” e “godimento personale” e dunque all’esatta delimitazione delle condotte escluse dall’applicabilità della norma53. Ove proprio in relazione a tale clausola si è infatti reso necessario l’intervento della Suprema Corte della sua funzione nomofilattica, tuttavia stimolata dalla suaccennata esigenza di sopperire alle carenze del legislatore54.

272

fatto, modifiche in materia di misure cautelari e di ordinamento penitenziario, Cedam, 2015, cit., 3. 53 Sul punto, cfr. R. Razzante, Tracciabilità e riciclaggio: binomio indissolubile tra gli artt. 648-bis e 648-ter c.p. e la recente entrata in vigore del delitto di autoriciclaggio, in Archivio Penale, n. 3/2014; R. Razzante, L’autoriciclaggio si misura con il principio di irretroattività della legge penale, in Archivio Penale, n. 2/2016. 54 V. Cass. pen., Sez. V, 5 febbraio 2019, n. 5719. Tale pronuncia è stata oggetto di commento da parte di R. Razzante, La corretta negazione della causa di esclusione di cui al 4° c. dell’art. 648-ter.1 c.p., in Giurisprudenza Italiana, 2019, 1653 ss.


osservatorio normativo

La buona fede dell’intermediario creditore nel procedimento di prevenzione patrimoniale: l’importanza dell’adeguata verifica della clientela

Armando Tadini

Nel procedimento per l’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali previste dal Decreto Legislativo n. 159/2011, una particolare rilevanza assume la tutela del terzo creditore, quasi sempre rappresentato da un intermediario bancario o creditizio già concedente a favore del proposto mutui o finanziamenti assisti da garanzie reali iscritte su beni immobili oggetto di sequestro. Ai fini del riconoscimento del proprio diritto, l’articolo 52 del Codice Antimafia impone al terzo creditore di provare la sua buona fede e l’inconsapevole affidamento. La verifica dell’esistenza di tali requisiti, condotta prima dall’Autorità proponente, tramite la polizia giudiziaria operante, e poi dal Giudice della prevenzione comporta anche l’accertamento del rispetto da parte dell’intermediario delle norme contenute del Decreto Legislativo n. 231/2007, con particolare riguardo all’esecuzione dell’adeguata verifica della clientela nel corso delle procedure appunto finalizzate alla concessione di tali mutui e finanziamenti.

Sommario: 1. Premessa. – 2. La tutela del terzo creditore nel procedimento di prevenzione patrimoniale. – 3. Due casi concreti.


Osservatorio normativo

1. Premessa

274

L’azione che, tramite numerosi ed eterogeni strumenti, lo Stato pone in essere per il contrasto patrimoniale a tutte le forme di criminalità da profitto ha sempre reso necessario un intervento legislativo finalizzato alla tutela sia di chi (indagato, condannato o proposto) viene direttamente colpito da un provvedimento ablativo (sequestro o confisca penale e sequestro o confisca di prevenzione o per sproporzione), sia, soprattutto, del cosiddetto “terzo”, persona che, pur estranea ai fatti reato, può vedere i propri diritti patrimoniali fortemente colpiti e ridotti dall’esecuzione del provvedimento. All’interno della categoria dei “terzi”, composta da differenti soggetti, spiccano, per importanza e rilevanza, i creditori, ossia coloro che, pur non essendo titolari del bene o dei beni oggetto del sequestro e/o della confisca, vantano sugli stessi una garanzia patrimoniale, tutelata dalla legge in quanto conseguente all’adempimento di un contratto stipulato con l’indagato, il condannato, il proposto oppure con un altro “terzo” (ad esempio un familiare di quest’ultimo, emerso nel corso delle indagini quale suo prestanome) Senza tale tutela, il sequestro e/o la confisca, il cui scopo è sempre quello di privare l’indagato, il condannato o il proposto della disponibilità di un bene acquisito grazie ai proventi di attività illecite (con la conseguenza di ricon-

durlo così all’interesse collettivo)1, comporterebbero per il “terzo” la perdita totale di un diritto legittimamente acquisito prima all’intervento degli organi giudiziari. L’esigenza del legislatore è stata sempre quella di garantire simultaneamente l’efficacia dell’azione di contrasto ai patrimoni illeciti, facendo così rientrare al patrimonio dello Stato i beni acquisiti grazie al reinvestimento dei profitti criminali, e la necessaria protezione ai legittimi interessi di coloro che, senza colpa e senza alcun coinvolgimento con tali attività, vantano sugli stessi beni diritti di garanzia, quali principalmente quello di pegno ed ipoteca2.

Secondo le S.U. (n. 9 del 28.04.1999) non può, infatti, considerarsi estraneo al reato il soggetto che da esso ne abbia ricavato vantaggi ed utilità, osservando che “non può privilegiarsi la tutela del terzo allorquando costui abbia tratto vantaggi dall’altrui attività criminosa e dovendo anzi, riconoscersi, la sussistenza, in una simile evenienza, di un collegamento tra la posizione del terzo e la commissione del fatto reato”. 2 Cassazione, Sez. I, n. 34039\2014: “Quanto alla funzione della confisca, la sua causa giuridica non è costituita dall’acquisizione del bene al patrimonio dello Stato, con il sacrificio dei diritti dei terzi, ma è identificabile, invece, nell’esigenza, tipicamente preventiva, di interrompere la relazione del bene stesso con l’autore del reato e di sottrarlo alla disponibilità di quest’ultimo. Va riconosciuto, pertanto, che l’acquisizione del bene allo Stato è una conseguenza della sottrazione, non già l’obiettivo della confisca, il cui fine primario e immediato è la spoliazione del reo dei diritti che gli ha sulla cosa… e l’acquisto di tali diritti da parte dello Stato costituisce 1


La buona fede dell’intermediario creditore nel procedimento di prevenzione patrimoniale

È di tutta evidenza come all’interno dei “creditori” un peso preponderante sia assunto dagli intermediari bancari e finanziari, in relazione proprio allo svolgimento della loro attività istituzionale di concessione di prestiti e finanziamenti.

2. La tutela del terzo creditore nel procedimento di prevenzione patrimoniale Il tema della tutela dei diritti dei terzi è ben noto nell’ambito applicativo delle misure di prevenzione patrimoniali, disciplinate dal Decreto Legislativo n. 159/2011 (Codice Antimafia), che, oggi, senza dubbio, rappresentano uno degli strumenti più efficienti ed efficaci per l’aggressione ai patrimoni criminali detenuti non soltanto da chi è contraddistinto da una “pericolosità qualificata” (indiziati di appartenenza ad associazione mafiosa ed indiziati della commissione di uno dei reati di cui all’articolo 51 comma 3-bis C.P.P.) ma anche da coloro che sono caratterizzati da una “pericolosità comune”, come gli “evasori fiscali socialmente pericolosi” o i cosiddetti “bancarottieri seriali”. La comune esperienza insegna come tutti questi soggetti siano soliti acquistare immobili, anche di rilevante valore, o finanziare complessi ed attività aziendali grazie al ricorso al credito banca-

soltanto una conseguenza necessaria di tale spoliazione”.

armando tadini

rio, per poi rimborsarne gli oneri reimpiegando i proventi illeciti derivanti sia da attività “qualificate”, quali il traffico di droga, di armi, di rifiuti, di esseri umani, sia da attività “comuni”, al pari redditizie delle prime ma sicuramente meno rischiose in termine di pene edittali, quali le frodi fiscali, l’emissione di false fatturazioni, le bancarotte fraudolente, le frodi bancarie e quelle assicurative, le truffe su larga scala. La Legge n. 161/2017 ha introdotto nel Codice Antimafia importanti modifiche sul tema in argomento, stabilendo alla lettera b) del primo comma dell’articolo 523, che i terzi non vedono pregiudicati i loro diritti di credito o di garanzia reale, costituitisi in epoca antecedente al sequestro, 275 Decreto Legislativo n. 159/2011. Articolo 52 (Diritti dei terzi) 1. La confisca non pregiudica i diritti di credito dei terzi che risultano da atti aventi data certa anteriore al sequestro, nonché i diritti reali di garanzia costituiti in epoca anteriore al sequestro, ove ricorrano le seguenti condizioni: a) che il proposto non disponga di altri beni sui quali esercitare la garanzia patrimoniale idonea al soddisfacimento del credito, salvo che per i crediti assistiti da cause legittime di prelazione su beni sequestrati; b) che il credito non sia strumentale all’attività illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, sempre che il creditore dimostri la buona fede e l’inconsapevole affidamento; c) nel caso di promessa di pagamento o di ricognizione di debito, che sia provato il rapporto fondamentale; d) nel caso di titoli di credito, che il portatore provi il rapporto fondamentale e quello che ne legittima il possesso. 3


Osservatorio normativo

quando essi non siano strumentali all’attività illecita del proposto o a quella che ne costituisce il reimpiego o il frutto, e sempre che gli stessi dimostrino4 la propria buona fede e l’inconsapevole affidamento. La valutazione della buona fede è rimessa al giudice delegato, il cui giudizio deve tenere conto delle condizioni delle parti, dei loro rapporti personali e patrimoniali, del tipo di attività svolta dal creditore e della sussistenza di particolari obblighi di diligenza a cui egli è tenuto già durante la fase precontrattuale. È proprio da tale previsione, oggetto del comma 3 del citato articolo 525, che si rileva l’im-

276

Secondo le S.U. (n. 9 del 28.04.1999) “è necessario precisare che i terzi che vantino diritti reali hanno l’onere di provare i fatti costitutivi della pretesa fatta valere sulla cosa confiscata, essendo evidente che essi sono tenuti a fornire la dimostrazione di tutti gli elementi che concorrono ad integrare le condizioni appartenenza e di estraneità al reato, dalle quali dipendente l’operatività della situazione impeditiva o limitativa del potere di confisca esercitato dallo Stato. Ai terzi fa carico, pertanto, l’onere della prova sia relativamente alla titolarità dello “ius in re alinea”, il cui titolo deve essere costituito da un atto di data certa anteriore alla confisca…, sia relativamente alla mancanza di collegamento del proprio diritto con l’altrui condotta delittuosa o, nell’ipotesi in cui un simile nesso sia invece configurabile, all’affidamento incolpevole generato da una situazione di apparenza che rendeva scusabile l’ignoranza o il difetto di diligenza”. 5 Decreto Legislativo n. 159/2011. Articolo 52 (Diritti dei terzi) 3. Nella valutazione della buona fede, il tri4

portanza che, ai fini dell’accertamento della buona fede, assume la verifica da parte degli organi giudiziari ed investigativi di come l’intermediario abbia rispettato sia le norme e le prassi in tema di valutazione del merito creditizio, sia, soprattutto, le regole contenute nel Decreto Legislativo n. 231/2007, ed in particolare quelle sull’adeguata verifica della clientela. Collegata a tale modifica, è anche l’introduzione, al quarto comma dell’articolo 23 dello stesso Codice Antimafia, dell’obbligo della citazione in udienza, oltre che dei “terzi interessati” (ad esempio l’intestatario formale dell’immobile ritenuto invece di proprietà del proposto), anche di coloro che, sui beni in sequestro, vantano diritti reali o personali di godimento o diritti reali di garanzia6.

bunale tiene conto delle condizioni delle parti, dei rapporti personali e patrimoniali tra le stesse e del tipo di attività svolta dal creditore, anche con riferimento al ramo di attività, alla sussistenza di particolari obblighi di diligenza nella fase precontrattuale nonché, in caso di enti, alle dimensioni degli stessi. 6 Decreto Legislativo n. 159/2011. Articolo 23 (Procedimento applicativo) 1. Salvo che sia diversamente disposto, al procedimento per l’applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dettate dal titolo I, capo II, sezione I. 2. I terzi che risultino proprietari o comproprietari dei beni sequestrati, nei trenta giorni successivi all’esecuzione del sequestro, sono chiamati dal tribunale ad intervenire nel procedimento con decreto


La buona fede dell’intermediario creditore nel procedimento di prevenzione patrimoniale

L’obiettivo del legislatore è stato evidentemente duplice: escludere dalla legittima tutela quei crediti scaturiti da prestazioni contrattuali connesse alle attività criminali del proposto, o a quelle che ne costituiscono il frutto e/o il reimpiego, ed impedire che quest’ultimo sia in grado, tramite la creazione di crediti artificiosi o di comodo (ad esempio derivanti da fatturazione di prestazioni inesistenti), di precostituirsi garanzie e diritti annullando così gli effetti della confisca7. L’ulteriore precisazione di cui alla lettera a) dello stesso primo comma, relativo alla preventiva escussione di altri beni del proposto non colpiti dall’azione ablatoria, impedisce poi che quest’ultimo possa utilizzare i proventi illeciti per sgravare dai debiti il proprio restante patrimonio personale, sempre al fine ultimo di

motivato che contiene la fissazione dell’udienza in camera di consiglio. 3. All’udienza gli interessati possono svolgere le loro deduzioni con l’assistenza di un difensore, nonché chiedere l’acquisizione di ogni elemento utile ai fini della decisione sulla confisca. Se non ricorre l’ipotesi di cui all’articolo 24 il tribunale ordina la restituzione dei beni ai proprietari. 4. Il comma 2 si applica anche nei confronti dei terzi che vantano diritti reali o personali di godimento nonché diritti reali di garanzia sui beni in sequestro. Se non ricorre l’ipotesi di cui all’articolo 26, per la liquidazione dei relativi diritti si applicano le disposizioni di cui al titolo IV del presente libro. 7 F. Menditto, L’attività delle banche dal punto di vista del giudice delle misure di prevenzione.

armando tadini

ridurre l’efficacia dell’intervento ablativo. Verificati la sussistenza dei citati presupposti, il giudice ammette l’inserimento del creditore nell’elenco ai fini della fissazione dell’udienza per la verifica crediti, nei termini previsti dall’articolo 57 dello stesso Decreto Legislativo n. 159/20118. Premesso quanto sopra, è ora necessario comprendere quali contenuti la giurisprudenza ha attribuito ai concetti di “non strumentalità del credito”, “buona fede” ed “inconsapevole affidamento”. Secondo l’interpretazione della Corte di Cassazione, la stru-

Decreto Legislativo n. 159/2011. Articolo 57 (Elenco dei crediti. Fissazione dell’udienza di verifica dei crediti) 1. L’amministratore giudiziario allega alle relazioni da presentare al giudice delegato l’elenco nominativo di tutti i creditori anteriori al sequestro, ivi compresi quelli di cui all’articolo 54 bis, l’indicazione dei crediti e delle rispettive scadenze e l’elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali di godimento o garanzia o diritti personali sui beni, con l’indicazione delle cose stesse e del titolo da cui sorge il diritto. 2. Il giudice delegato, dopo il deposito del decreto di confisca di primo grado, assegna ai creditori un termine perentorio, non superiore a sessanta giorni, per il deposito delle istanze di accertamento dei rispettivi diritti e fissa la data dell’udienza di verifica dei crediti entro i sessanta giorni successivi. Il decreto è immediatamente notificato agli interessati, a cura dell’amministratore giudiziario. 3. Il giudice delegato fissa per l’esame delle domande tardive di cui all’articolo 58, comma 6, un’udienza ogni sei mesi, salvo che sussistano motivi d’urgenza. 8

277


Osservatorio normativo

278

mentalità emerge in modo evidente quando il finanziamento è coevo alle manifestazioni di pericolosità sociale del soggetto, e l’analisi della condizione di buona fede è suscettibile di considerazione in quanto si riferisca all’erogazione di crediti che risultano essere stati oggettivamente funzionali all’attività illecita di colui che è stato sottoposto alla misura di prevenzione9. Ai fini della configurabilità del nesso di strumentalità è necessaria, pertanto, la verifica della corrispondenza temporale tra l’insorgenza del credito e l’accertata pericolosità sociale del debitore/proposto, nesso che ben può presumersi, salva la prova contraria, nell’ipotesi in cui il credito sia stato erogato entro lo spazio temporale in cui si manifesta ed è attuale la pericolosità sociale dello stesso debitore/proposto, dovendosi ritenere che la concessione di un mutuo o di un finanziamento sia senz’altro idonea, in tal caso, ad agevolarne anche indirettamente la realizzazione delle attività illecite in conseguenza dell’incremento di disponibilità che deriva dall’erogazione di mezzi finanziari10. La condizione soggettiva di buona fede, sempre secondo la Suprema Corte: • deve essere verificata con riguardo al momento in cui il contratto da cui origina il cre-

Cassazione Sez. I, n. 42084/2014. Cassazione Sez. I, n. 42084/2014.

9

10

dito è stato stipulato, e l’onere di dimostrazione della sua esistenza grava, come indicato dall’articolo 52, sul creditore istante11; • può essere ravvisata solo nel caso in cui risulti dimostrata a) l’estraneità del terzo a qualsiasi collusione o compartecipazione all’attività criminosa del proposto, b) la sua inconsapevolezza credibile in ordine alle attività svolte dal prevenuto e, c) un errore scusabile sulla situazione apparente dello stesso12; • deve, invece, esclusa non solo nell’ipotesi di un atteggiamento doloso del terzo, inteso come collusione e adesione volontaria alle attività illecite del proposto, ma anche in presenza di suoi comportamenti qualificabili come dì mera colpa, intesa come difetto delle regole di diligenza, prudenza e perizia nei rapporti commerciali e finanziari. Con specifico riferimento ai finanziamenti bancari, la Suprema Corte ha, altresì, osservato che non può dirsi realizzata in buona fede un’operazione bancaria certamente vantaggiosa, condotta con il rispetto formale delle

Cassazione Sez. II, n. 2894/2015. Cassazione Sez. I, n. 34039/2014: “il diritto reale di garanzia può sopravvivere alla confisca della cosa soltanto in presenza di affidamento incolpevole generato da una situazione di apparenza che rendeva scusabile l’ignoranza o il difetto di diligenza”. Cassazione Sez. VI, n. 2334/2014. 11

12


La buona fede dell’intermediario creditore nel procedimento di prevenzione patrimoniale

procedure13, garantita per l’intermediario sotto il profilo economico, ma effettuata nella consapevolezza della evidente opacità del contraente ed, in definitiva, dell’alto rischio di collisione del privato interesse della banca con il prevalente interesse pubblico alla prevenzione criminale14. Ciò che rileva è, quindi, la capacità dell’intermediario di dimostrare di avere svolto un serio accertamento sulla capacità finanziaria/reddituale e sulle condizioni patrimoniali del debitore/ proposto e della sua famiglia, condizioni che debbono risultare adeguate ad assicurare sia il mantenimento in vita sia la restituzione del finanziamento ricevuto. Ancora secondo la Cassazione tali elementi possono essere acquisiti “esemplificativamente, mediante le dichiarazioni dei redditi relative ad un adeguato ambito temporale, le usuali informazioni commerciali, finanziarie e l’esame delle fonti aperte (giornali e altri media) nonché per mezzo delle ulteriori informazioni specifiche acquisibili nelle ristrette realtà territoriali in cui opera il soggetto mediante la clientela e il contesto socio-economico di riferimento”15. Altro punto cardine dell’orientamento della Suprema Corte è

Il mero rispetto formale delle procedure di settore attinenti all’erogazione del credito è stato ritenuto dalla Suprema Corte “del tutto ininfluente rispetto alla dimostrazione della buona fede richiesta” (Cassazione Sez. I n. 9677/2017). 14 Cassazione Sez. VI, n. 32524/2015. 15 Cassazione Sez. VI, n. 9677/2017. 13

armando tadini

quello per cui il difetto di diligenza dell’istituto bancario non può essere in qualche modo compensato dalla considerazione dell’iscrizione ipotecaria sull’immobile rimesso a garanzia dei credito e della capienza di tale ipoteca rispetto all’importo mutuato, perché tale circostanza, certamente significativa dell’oculatezza di quel prestito nella prospettiva di un eventuale recupero coatto del relativo credito, appare, nella migliore delle ipotesi, neutra rispetto alla (fallita) dimostrazione dell’ordinaria diligenza nella valutazione reddituale e patrimoniale dei proposti ai finì della concessione in loro favore dell’affidamento in questione16. Indice negativo è, invece, costituito dalla mancata presentazione in giudizio della perizia di stima del bene sul quale viene iscritta l’ipoteca a seguito della concessione di un mutuo immobiliare17. Ciò premesso, ecco che allora la valutazione della ricorrenza della buona fede, da condursi caso per caso, deve avere particolare riguardo al rispetto da parte dell’intermediario sia alla normativa tecnica di settore, sia soprattutto, ed a maggior ragione, dei contenuti delle disposizioni del Decreto Legislativo n. 231/2007, volte proprio a scongiurare il pericolo di riciclaggio di proventi

Cassazione Sez. VI n. 7136/2016. Cassazione Sez. II, n. 2894/2015.

16 17

279


Osservatorio normativo

illeciti attraverso operazioni bancarie e finanziarie18. Fin dal primo decalogo emesso dalla Banca d’Italia nell’anno 2001, è ben chiaro che il pilastro su cui si fonda l’intera normativa antiriciclaggio è quello della “conoscenza della clientela”, ovvero della loro adeguata verifica, da condursi nel rispetto dei contenuti dell’articolo 17 del Decreto Legislativo n. 231/2007, modificati nell’anno 2017 a seguito del recepimento della IV Direttiva CEE19. Le modalità con cui alcuni soggetti obbligati si sono rapportati alle norme antiriciclaggio sono state, in più casi, valutate nei diversi gradi di giudizio anche in relazione ad imputazione di riciclaggio e di reimpiego rivolte nei loro confronti in alcuni procedimenti penali coinvolgenti la criminalità organizzata. Si può citare il caso di un funzionario di un istituto di credito condannato, in via definitiva, alla pena di anni due e mesi otto di reclusione per violazione dell’articolo 648 bis C.P., e nello specifico per avere, con la propria condotta anche omissiva, facilitato gli appartenenti di una nota cosca dell’ndrangheta nel reinvestire i proventi derivanti dall’emissione di false fatturazioni (cooperative di produzione e lavoro) in un traffico internazionale di stupefacenti. Il comportamento del funzionario, dichiaratosi all’oscuro delle finalità dei suoi clienti, è stato valutato anche alla luce di come egli non abbia rispettato, oltre alle norme ed alle regole tecniche sull’affidamento, anche le norme sull’adeguata verifica, concedendo affidamenti ingenti a cooperative neo costituite, senza valutare il cosiddetto rischio di gruppo ed agevolando, ovviamente senza procedere all’obbligatoria segnalazione, l’esecuzione di ingenti operazioni di prelievo per contanti dai conti correnti delle stesse cooperative affidate ed emittenti le false fatturazioni. 19 Recepimento avvenuto con il Decreto Legislativo n. 90/2017. 18

280

Oltre alle già consolidate disposizioni relative all’accertamento della “personalità” del richiedente20, assume oggi particolare riguardo il terzo comma dello stesso articolo 17, che richiede agli intermediari, non solo di dimostrare alle Autorità di avere adottato adeguate misure di comprensione del rischio riciclaggio/finanziamento del terrorismo, ma, soprattutto, di valutare la ragionevolezza e l’adeguatezza dell’operazione o del rapporto continuativo intrattenuto con il cliente, in rapporto all’attività svolta ed all’entità delle risorse a sua disposizione21. Con il termine adeguatezza si intende il confronto delle risorse che il cliente ha nella sua disponibilità, o meglio che l’intermediario conosce come essere nella sua disponibilità, con il volume della prestazione o dell’operazione richiesta22, mentre con la locuzione

Cassazione Sez. I, n. 44234/2014. Le plurime vicende giudiziarie del cliente richiedono l’esecuzione di una particolare cautela nella valutazione della concessione degli affidamenti richiesti. 21 Cassazione Sez. I, n. 17015/2014. Secondo tale sentenza, il difetto di adeguatezza dell’istruttoria tale da escludere la buona fede del concedente può desumersi dall’evidente sproporzione tra il tenore di vita del beneficiario e la totale assenza di redditività lecita negli anni antecedenti alla richiesta di mutuo, ciò a maggior ragione, quando il destinatario si riveli una società “schermo”. 22 Cassazione Sez. V, n. 13330/2013. Secondo tale sentenza, costituisce insufficiente valutazione del merito creditizio la concessione di un mutuo ad una persona giovanissima priva di redditi leciti, ed as20


La buona fede dell’intermediario creditore nel procedimento di prevenzione patrimoniale

ragionevolezza si intende, invece, la non usualità dell’operazione o della prestazione richiesta perché non compatibile con la storia, la struttura societaria del cliente o l’attività da lui svolta (operazione finanziarie particolarmente complesse per imprese di piccole dimensioni, operazioni non giustificabili o eccessivamente costose, o finalizzate alla creazione di strutture proprietarie eccessivamente complicate o ridondanti).

3. Due casi concreti Prima di concludere, si ritiene utile commentare brevemente il

sisto da due garanti anch’essi dotati di un reddito molto limitato ed insufficiente a far fronte al rimborso del finanziamento ricevuto. Cassazione Sez. VI, n. 10999/2014. Secondo tale sentenza, il mancato accertamento della solvibilità dei debitori e dei fideiussori non consente il riconoscimento della buona fede. Cassazione Sez. VI, n. 32524/2014. La consapevolezza dell’elevata opacità del contraente e, in definitiva, dell’alto rischio di collisione dell’interesse dell’intermediario con il prevalente interesse pubblico della prevenzione criminale, esclude la buona fede anche se l’operazione è certamente vantaggiosa e garantita per la banca sotto il profilo economico. Indici di tale situazione sono, ad esempio, la manifesta eccessività dell’importo finanziato rispetto all’entità della base reddituale del beneficiario, ovvero la definizione dell’operazione entro contesti locali o territoriali di non rilevanti dimensioni o, infine, il profilo di soggetti da tempo in rapporti con l’istituto bancario (F. Menditto, L’attività delle banche dal punto di vista del giudice delle misure di prevenzione).

armando tadini

contenuto di due diversi decreti di sequestro (ormai giunti a confisca definitiva) relativi entrambi al mancato riconoscimento della buona fede di alcuni intermediari bancari già concedenti mutui a favore, nel primo caso, di diverse imprese controllate da appartenenti ad una nota cosca calabrese operante nella provincia di Milano e, nell’altro, ad un gruppo d’imprese facenti capo ad un imprenditore del settore immobiliare, attinto da misura di prevenzione patrimoniale in quanto ritenuto “socialmente pericoloso”, poiché stabilmente dedito, per più di un decennio, alla commissione di frodi fiscali. Contestualmente all’esecuzione di diverse ordinanze di custodia cautelare emesse anche (ma non solo) per violazione dell’articolo 416-bis C.P., la DDA milanese chiedeva ed otteneva dal competente Tribunale Distrettuale il sequestro ex articolo 20 del Codice Antimafia di numerosi immobili intestati a soggetti prestanome della cosca. Alcuni di quegli immobili erano stati acquistati a seguito della concessione di mutui ipotecari, altri invece, già di proprietà, erano stati posti a garanzia per l’ottenimento di finanziamenti, i cui proventi erano stati impiegati dagli affiliati per la concessione di prestiti usurari. Le erogazioni sono avvenute sempre da parte della stessa agenzia territoriale di un noto intermediario, il cui responsabile, era di fatto “a disposizione” della cosca, ignorando, con eviden-

281


Osservatorio normativo

282

te mala fede, sia le regole per la valutazione del merito creditizio (avvallando, per esempio, perizie immobiliari evidentemente sovrastimate) sia quelle previste dalle norme antiriciclaggio. In sede di mancato riconoscimento della buona fede e dell’affidamento incolpevole, i giudici hanno ampiamente richiamato, oltre al materiale d’indagine (tra i quali i contenuti delle intercettazioni telefoniche tra il funzionario e gli affiliati) anche i risultati di un’ispezione condotta, su richiesta dell’AG procedente, dai funzionari della Banca d’Italia. Con riferimento a tutte le istruttorie dei mutui, tale ispezione accertò: • criticità nelle modalità di apertura delle pratiche di finanziamento, tutte “veicolate” tramite la medesima “rete terza”, già in passato promotore di altre richieste di affidamento di cui, per altro, ben più della metà già passate “in sofferenze”; • incompletezza delle relative istruttorie; • mancanza della necessaria documentazione relativamente sia agli immobili costituenti la garanzia (assenza della perizia di valutazione) sia alla capacità di rimborso del debitore; • scarsa attenzione e valutazione delle modalità di pagamento degli immobili, alcuni dei quali pagati per contanti e per importi assolutamente difformi dalla valutazione peritale; • mantenimento, nella fase delle trattative, di rapporti diretti con persone formalmente

estranee all’operazione, all’esito delle indagini rivelatesi appartenenti alla cosca indagata; • omessa segnalazione di diverse operazioni di rimborso, avvenute con versamenti di contanti in contestualità con la scadenza delle rate. Tali diffuse carenze, sicuramente prodotto della complicità del funzionario infedele, hanno, tuttavia, investito anche i superiori livelli decisionali dell’intermediario. All’intero istituto sono stati, infatti, contestati “evidenti lacune e disfunzioni in tutte le fasi del processo di adeguata verifica della clientela, ipotesi di omesso e/o incompleta registrazione in AUI di rapporti ed operazioni … carenze nel processo di rilevazione di operazioni sospette” ed ancora “insufficienti controlli di terzo livello … atteso che nessuna verifica è stata effettuata nell’arco degli ultimi cinque anni … nessuna comunicazione è stata inoltrata agli organismi di vigilanza da parte del Collegio Sindacale anche dopo la pubblicazione della vicenda che ha riguardato la famiglia XX … neppure dopo i provvedimenti di sequestro dei conti e dei beni sui quali erano stati concessi i finanziamenti”. Ancora più esplicita è stata la Corte di Appello nella sentenza emessa nell’ambito del connesso procedimento penale: “L’ispezione ha evidenziato la presenza di lacune e disfunzione in tutte le fasi del processo di adeguata verifica della clientela. Sono anche state riscontrate ipotesi di omes-


La buona fede dell’intermediario creditore nel procedimento di prevenzione patrimoniale

sa e/o incompleta registrazioni in AUI di rapporti e operazioni. Carenze sono emerse nel processo di rilevazioni e segnalazioni di operazioni sospette. Nel delineato contesto, particolarmente rilevanti sono risultate le irregolarità e le anomalie riscontrate nei rapporti con il Gruppo XXX, ascrivibili agli organi istruttori, deliberanti, gestori e di monitoraggio protempore competenti sulle singole posizioni”. Si tratta di carenze e lacune su plurimi fronti e a plurimi livelli. Ancora: “Insufficienti i controlli di terzo livello sulla filiale AAA di Milano atteso che nessuna verifica di audit è stata effettuata nell’arco degli ultimi cinque anni. Nessuna comunicazione risulta inviata all’Odv dal collegio sindacale in merito alla vicenda che ha riguardato il Gruppo XXX, ripetutamente trattata dal comitato per il controllo interno, neppure dopo i provvedimenti di sospensione dall’amministrazione dei rapporti, il sequestro dei conti e dei beni ascrivibili al Gruppo, nonché un’intesa attività di indagine da parte di diverse direzioni della banca”23. In conseguenza di questi comportamenti, l’intermediario è stato oggetto, per un periodo di tempo di circa sei mesi, di un provvedimento di sospensione temporanea dell’attività d’impresa e di amministrazione giudiziaria, ovviamente limitato alla gestione dei rapporti relativi ai

Sentenza V Penale del 04.03.2016.

23

armando tadini

clienti mutuati e radicati sulla filiale incriminata. Sul punto, il Tribunale di Milano nel provvedimento di confisca (come premesso, confermato nei diversi gradi di giudizio) ha, infatti, ritenuto tutte quelle lacune idonee a superare la “soglia” della buona fede, disponendo, conseguentemente, la cancellazione delle ipoteche già iscritte sui beni oggetto di finanziamento. Sul punto, quell’Autorità Giudiziaria così argomentava “In linea di principio non potrebbe valere, ad avviso del Consiglio, un’argomentazione difensiva secondo cui, tutte le volte in cui ci si trovi di fronte ad un funzionario infedele, la banca rivesta necessariamente la posizione di vittima di una condotta illecita. Infatti, tutte le volte che la concessione di un mutuo è frutto di una decisione collegiale, è evidente che i componenti del collegio sono chiamati a compiere le stesse verifiche e valutazioni del funzionario infedele e, in definitiva, a esercitare tra loro un reciproco controllo: se questo manca, anche solo per mera negligenza, la banca non potrà dirsi in “buona fede”. Quanto ai casi nei quali l’erogazione del mutuo avviene da parte di un solo funzionario, sospetto di infedeltà, occorre invece valutare se l’ordinamento interno all’istituto prevedesse un adeguato sistema di controllo e se tale sistema sia stato effettivamente attivato: circostanza questa che sembra doversi escludere nei casi in cui non è stato reperito il fa-

283


Osservatorio normativo

284

scicolo relativo all’istruttoria del mutuo”24. La seconda vicenda riguarda, come premesso, un imprenditore titolare di un gruppo d’imprese operante sia nel settore immobiliare che nel settore dell’informatica e della tecnologia di largo consumo, dedito per molti anni alla commissione, anche in forma associata, di reati penal-tributari e titolare di un ingente patrimonio immobiliare per un valore del tutto sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati. Tali immobili, alcuni dei quali di notevole pregio, erano stati acquistati grazie alla concessione di finanziamenti (rimborsati, anche solo in parte, con i proventi dei reati sopra indicati) oppure impiegati (sebbene già ipotecati in primo grado), quale garanzia per l’ottenimento di ulteriori aperture o linee di credito. Conseguentemente alla notifica del decreto di sequestro, le tre banche mutuatarie proponevano ricorso al fine del riconoscimento della loro buona fede e del loro affidamento incolpevole, condizioni che (salvo che per un solo istituto di credito tra l’altro limitatamente esposto) non venivano riconosciute dai giudici, con la conseguente cancellazione, anche in questo caso, di tutti i precedenti privilegi. Per uno degli intermediari, ovvero quello maggiormente esposto, la valutazione dei giudici ha

Decreto n. 220/2012 Sezione Autonoma Misure di Prevenzione Tribunale di Milano. 24

trovato fondamento dalle risultanze dell’analisi che gli investigatori hanno condotto sul contenuto di un documento ispettivo redatto alcuni anni prima dai funzionari della Banca d’Italia, e nel quale già si rilevavano una serie evidente di anomalie nella complessiva gestione del rapporto creditizio. Gli ispettori avevano, come detto già antecedentemente all’apertura del procedimento di prevenzione, già accertato: • la presenza di affidamenti concessi fin dal principio nonostante la presenza sul conto del proposto di pregiudizi facilmente conoscibili (già all’epoca, egli era stato attinto da condanne definitive per frode fiscale per fatti, tra l’altro, ben noti alla stampa); • l’approvazione di successive erogazioni, in alcuni casi concesse dagli organi direttivi nonostante il parere negativo del competente servizio tecnico, in larga parte destinate alla copertura dei precedenti finanziamenti, facendo così aumentare, in soli sei anni, la complessiva esposizione da euro 2,3 milioni ad euro 51,1 milioni. Nell’esame delle istruttorie, i funzionari dell’Istituto di Emissione accertarono altresì un evidente superamento delle deleghe interne, e l’assoluta mancanza di valutazione del cosiddetto “rischio di gruppo”; • l’accettazione di garanzie, di fatto, inesistenti, come nel caso di un affidamento di circa 7 milioni di euro concesso ad una società neo costituita, e, quindi,


La buona fede dell’intermediario creditore nel procedimento di prevenzione patrimoniale

priva di ogni reale consistenza, se non la firma di contratti di futura distribuzione dei beni da produrre (e, poi, mai effettivamente immessi sul mercato); • l’esistenza di gravi e continue irregolarità nella gestione delle relazioni, omettendo di rilevare come la movimentazione dei conti fosse riconducibile quasi esclusivamente a trasferimenti dì fondi tra le diverse società del gruppo, e solo marginalmente alla dichiarata attività commerciale. La liquidità derivante dai finanziamenti, dopo diversi passaggi sui vari conti delle imprese del gruppo e dei suoi soci (movimenti, infatti, contabilmente giustificati quali finanziamenti o resi finanziamenti) veniva prelevata con bonifici, assegni e, talora, in contante, senza che ciò abbia comportato (se non in due soli casi) l’invio all’UIF di una segnalazione per sospetto riciclaggio; • la presenza di carenze nel monitoraggio degli incagli e delle sofferenze, nonostante le procedure interne di controllo avessero, già dai primi anni, suggerito la classificazione ad incaglio della posizione della stessa capogruppo;

armando tadini

• l’inadeguatezza degli organi di direzione e di controllo, il collegio sindacale, per esempio, non mai approfondito la situazione del gruppo delle imprese debitrici nonostante le segnalazioni di anomalie generate in automatico dai sistemi di controllo. In sede di giudizio, come anticipato, tale relazione è stata ritenuta dai giudici assai significativa ed emblematica nell’evidenziare l’inosservanza delle corrette procedure adottate da parte dell’istituto di credito per erogare un finanziamento di elevatissimo importo. Valenza assoluta è stata attribuita alla circostanza relativa a più finanziamenti consecutivamente concessi ad un cliente già ampiamente inadempiente nella restituzione di quelli precedentemente erogati a favore di altre società appartenenti sempre al gruppo d’imprese da lui controllato. Come sopra evidenziato, tali fondi erano stati marginalmente utilizzati per gli scopi aziendali, essendo, in realtà, stornati ad altre società facenti capo sempre al proposto, e poi polverizzati con l’emissione di assegni e con prelievi di contante, raramente oggetto di segnalazione.

285



osservatorio normativo

Frodi alimentari e responsabilità penali

Raffaele Lorenzetto

La criminalità che colpisce il sistema agroalimentare si manifesta come un complesso fenomeno, capace di svilupparsi ed evolversi al pari del comparto economico che infetta, raggiungendo dimensioni che erompono dal territorio nazionale. In particolare, le frodi alimentari si manifestano come un coacervo di attività illecite che consentono alla criminalità organizzata di sostenersi economicamente attraverso forme di riciclaggio di proventi illeciti, al fine di controllare settori “puliti” quali la ristorazione, la grande distribuzione e persino il turismo agricolo, accanto alle ingerenze illegali in settori già consolidati come il ciclo dei rifiuti, le coltivazioni e la distribuzione dei prodotti ortofrutticoli. Tale struttura criminale si è consolidata nel tempo al punto di potersi parlare di Agromafie. Si tratta, pertanto, di un problema capace di insinuarsi in modo infimo e di ledere l’economia del Paese, quanto la sicurezza e la salute della collettività.

Sommario: 1. Inquadramento normativo. – 2. Influenza del Diritto di origine europea. La sicurezza alimentare. – 3. Eterogeneità di un sistema. – 4. Modernità e prospettive future di tutela. – 5. La proposta di riforma della Commissione Caselli. – 6. Il sistema dei controlli.


Osservatorio normativo

1. Inquadramento normativo

288

La normativa alimentare in ambito penale si presenta, ad oggi, come un insieme disomogeneo di norme, risultato di una stratificazione avvenuta negli anni e che risulta essere figlia di un’eterogeneità di fonti molto spesso non armonizzate tra loro. L’utilizzo dell’espressione “Diritto alimentare” è generalmente ammesso per la peculiarità di ciò che va a disciplinare, pur non rappresentando una branca autonoma del diritto. L’apparato sanzionatorio è tutt’oggi sostanzialmente strutturato in tre livelli: – il primo, rappresentato dai delitti previsti all’interno del codice penale, è rimasto invariato dopo la depenalizzazione avvenuta ad opera del D.Lgs. n. 507 del 1999 ed è composto da due diversi gruppi, collocati rispettivamente nel titolo VI (Dei delitti contro l’incolumità pubblica), capo II (Dei delitti di comune pericolo mediante frode) del libro II e nel titolo VIII (Dei delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio), capi I (Dei delitti contro l’economia pubblica) e II (Dei delitti contro l’industria e il commercio) del libro II; – il secondo, rappresentato dalla L. 283/1962 (Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande), i cui artt. 5-6 sono sopravvissuti alla depenalizzazione rappresentando delle contravvenzioni a carattere sostanzialmente sus-

sidiario rispetto ai delitti della prima categoria; – il terzo, rappresentato da una normativa c.d. “settoriale”, che va a disciplinare in modo verticale determinate categorie di alimenti (a differenza della L. 283/1962 che viene definita come “legge quadro”) e che è stato, successivamente alla depenalizzazione avvenuta nel 1999, trasformato in un insieme di norme a carattere amministrativo. L’importanza, ma soprattutto l’estrema delicatezza del settore qui oggetto di trattazione, è denotata dal fatto che nel diritto penale agroalimentare il termine “frode” non rappresenta il sinonimo dell’accezione tecnica di artificio ingannatorio, ma assume un significato alquanto sui generis. Sta infatti ad indicare un pericolo insito nell’insidiosità del mezzo che veicola la minaccia per la salute umana o che va a ledere l’economia e il commercio, ossia generi di largo impiego e consumo, quali acque, alimenti e farmaci; ciò comporta la non immediata, evidente riconoscibilità del pericolo da parte del consumatore, il quale confida nella genuinità ovvero nella corrispondenza a quanto dichiarato dei prodotti. I beni giuridici protetti vengono perciò attaccati in maniera più subdola, il pericolo si indirizza verso una cerchia indeterminata di persone ed è generalmente occulto, nel senso che non appare immediatamente riconoscibile dalle potenziali vittime e, in molti casi, è caratterizzato da una potenziale


Frodi alimentari e responsabilità penali

elevata diffusività dei prodotti o delle sostanze incriminate. Possiamo quindi generalmente affermare che la frode alimentare si verifica ogniqualvolta ci sia la produzione, commercializzazione e distribuzione di sostanze alimentari non conformi alle normative vigenti, ledendo direttamente o indirettamente beni giuridici riconducili non solo alla salute pubblica, ma anche solamente di natura patrimoniale come l’industria e il commercio (nello specifico i Reati di cui al Libro II – Titolo VIII – Capo II del Codice Penale). A livello nazionale, l’attuale impianto del Codice penale prevede gli articoli 439 s., inseriti nel Titolo VI (“Dei delitti contro l’incolumità pubblica”) del Libro II, Capo II (“Dei delitti di comune pericolo mediante frode”), rivolti alla tutela del bene rappresentato dalla salute pubblica, caratterizzando, insieme alle contravvenzioni ex artt. 5-6 della Legge 283/1962 a presidio dell’igienicità (“Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande”), la sottocategoria delle “frodi sanitarie”, riconducibili alle più ampie frodi alimentari. Quelle codicistiche sono fattispecie delittuose che figurano come reati di pericolo concreto; secondo la norma si configurerebbe, ad esempio, un delitto ex artt. 440 s. c.p. solo nel caso in cui il giudice verificasse la sussistenza di un pericolo effettivo per la salute non limitato a singoli cittadini, bensì incombente su di una collettività indeterminata. Il fatto,

Raffaele Lorenzetto

però, che la Giurisprudenza abbia negli anni allargato la tutela, rendendo sufficiente la presenza di un pericolo per una persona soltanto o di una ristretta cerchia, è un sintomo evidente dell’estrema necessità di saper rendere più operative le incriminazioni, anche ove non si verifichino macroeventi.

2. Influenza del Diritto di origine europea. La sicurezza alimentare Le fattispecie individuate dalle fonti del diritto nazionale necessitano, anzitutto, di un coordinamento con le spinte ricevute dalla legislazione comunitaria, la quale si è spinta verso la valorizzazione del concetto di “rischio”, privilegiando logiche precauzionali ove non vi fosse la certezza sulla non pericolosità di determinati alimenti: l’entrata in vigore dell’Atto Unico Europeo, prima, e del Trattato di Maastricht, poi, hanno consentito di innalzare il livello di protezione dei consumatori al rango di politica comunitaria e di proporre misure atte ad elevare il livello di sicurezza. I nuovi piani di azione, i c.d. Libri Verdi, in particolare quello sulla legislazione alimentare, emanati dalla Commissione Europea, hanno quindi posto l’accento sulla necessità di migliorare la tutela e la fiducia dei consumatori. L’adozione nel 1997 di un Libro Verde sui principi generali della legislazione alimentare europea,

289


Osservatorio normativo

290

costituisce l’intento da parte della Commissione europea di stabilire in che misura le disposizioni normative esistenti in materia di prodotti alimentari rispondano alle esigenze e alle attese dei consumatori, produttori, trasformatori e commercianti. Inoltre, volle stabilire in che misura le azioni volte a garantire l’indipendenza, l’obiettività, l’equivalenza e l’efficacia dei sistemi di sorveglianza e di ispezione raggiungono il loro scopo, ovvero garantire un approvvigionamento di prodotti alimentari inoffensivi, e infine in che modo la legislazione dei prodotti alimentari potrebbe essere elaborata in futuro. Tutto ciò in modo da far sì che il quadro giuridico comprenda l’intera catena alimentare, secondo il principio dai “campi al piatto”. Il raggiungimento degli obiettivi del Libro Verde trova il suo fondamento nell’esistenza di una legislazione efficace, chiara e facilmente applicabile1.

Per tale motivo la Commissione ha condotto uno studio per individuare quelle misure che consentono di semplificare e razionalizzare la legislazione comunitaria in materia alimentare e ne ha illustrato le principali caratteristiche, individuando i possibili miglioramenti: – è necessaria un’adeguata consultazione delle parti sociali durante l’elaborazione degli atti legislativi, per garantire la trasparenza; – è preferibile ricorrere ai regolamenti piuttosto che alle direttive, per evitare ritardi nel recepimento; – è necessaria l’adozione di procedure semplificate nell’aggiornamento della legislazione al progresso tecnologico; – mancando alcune definizioni applicate

Con la Comunicazione del 30 aprile 1997 la Commissione, facendo seguito alle indicazioni contenute nel Libro Verde, illustrò la nuova strategia in materia di salute dei consumatori e sicurezza alimentare. Questa si basa su tre principi generali che riguardano: la separazione delle responsabilità legislative da quelle relative alla consultazione scientifica, la separazione delle responsabilità legislative da quelle relative al controllo ed infine, il rafforzamento della trasparenza e della diffusione dell’informazione, sia nel processo decisionale che nelle attività di controllo. L’aspetto della Sicurezza Alimentare ha assunto quindi una duplice valenza: condizione base per la salute dei consumatori e caratteristica essenziale per un corretto funzionamento del mercato. La Commissione Europea, a tal fine, ha previsto tre strumenti complementari, i quali consentono di raggiungere l’obiettivo appena detto: analisi dei rischi,

1

in via generale a tutta la legislazione “alimentare”, è preferibile proporle, affinché possano essere applicate in modo univoco; – è necessario, per quanto riguarda l’etichettatura dei prodotti alimentari, trovare un equilibrio che permetta ai consumatori di aver tutte le informazioni utili, evitando norme inutilmente dettagliate. – In sintesi, la Commissione evidenzia come, in materia di controlli, il ruolo della comunità europea non sia quello di sostituirsi agli stati membri, ma bensì quello di verificare che i controlli necessari siano effettuati in tutto il mercato interno in modo efficace ed equivalente, e principalmente nei confronti delle attività più rischiose.


Frodi alimentari e responsabilità penali

competenza della Commissione e legata al principio di precauzione in caso di incertezza delle indagini scientifiche; pareri scientifici, adottati dai comitati scientifici, sono la base per le misure e interventi a favore della salute dei consumatori; controlli e ispezioni, per i quali la comunicazione del 1997 indica alcuni orientamenti relativi alla valutazione dei rischi e alle operazioni di controllo. Un serie di eventi successivi riguardanti l’alimentazione umana e animale (ad es.: mucca pazza, polli alla diossina, influenza aviaria) misero in evidenza alcune carenze nella legislazione alimentare in seno alla Comunità Europea. Come fu sottolineato anche dal Consiglio di Stato nel dicembre del 1999, era necessario completare e modernizzare la legislazione alimentare per consentirne una migliore applicazione e rafforzare i controlli. Il Libro Bianco sulla Sicurezza Alimentare del 12 gennaio 2000 ha costituito la sintesi di tale indirizzo, stabilendo i piani e i principi generali per una nuova politica alimentare europea ed evidenziando quelle caratteristiche atte a trasformare la politica alimentare dell’Unione Europea verso l’obiettivo di assicurare un elevato livello di tutela della salute e di protezione dei consumatori. Questo nuovo approccio coinvolge l’interessamento dell’intera “catena alimentare”, definendo i ruoli all’interno della filiera: produttori di mangimi, agricoltori e gli altri operatori del settore hanno una responsabilità primaria in

Raffaele Lorenzetto

tema di sicurezza degli alimenti; le autorità competenti degli stati membri hanno il compito di monitoraggio e devono far rispettare tali responsabilità, mettendo in atto sistemi di controllo e sorveglianza. Anche i consumatori sono responsabili di un’adeguata conservazione, manipolazione e cottura degli alimenti. “Politica dal produttore al consumatore”, che copre quindi tutti i settori della catena alimentare. In particolare, l’istituzione di un’Autorità alimentare europea indipendente costituì, secondo la Commissione, la risposta più adeguata all’esigenza di garantire di un elevato grado di sicurezza. Sarà però il Regolamento 178/2002/ CE ad introdurre l’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare). Essa rappresenta tuttora una fonte indipendente d’informazioni e garantisce la comunicazione dei rischi al pubblico. La partecipazione all’Autorità è aperta a tutti gli stati membri dell’Unione Europea, nonché ai paesi che applicano la legislazione comunitaria in materia di sicurezza alimentare. Quanto al “Principio di Precauzione”, di applicazione generale nella legislazione comunitaria, la Commissione delle Comunità europee ritenne, con la Comunicazione del 2 febbraio 2000, di “informare tutte le parti interessate, e in particolare il Parlamento europeo, il Consiglio e gli Stati membri, sul modo in cui la Commissione applica o intende applicare il principio di precauzione al momento di adottare de-

291


Osservatorio normativo

292

cisioni collegate alla limitazione dei rischi”. Attualmente rientrano in tale logica le lettere g) (aggiunta di additivi chimici) e h) (residui di prodotti usati in agricoltura) dell’art. 5, L. 283/1962 che fanno riferimento ad una “lista positiva” e la lettera c) (cariche microbiche superiori ai limiti). La Sicurezza Alimentare è intesa, al livello più alto possibile, come protezione della vita e della salute umana. Ritroviamo questo concetto nell’art. 5 del Regolamento (CE) n. 178/20022 che, oltre ad istituire l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e a stabilire i principi e i requisiti della legislazione alimentare, fissa importanti procedure nel campo della sicurezza alimentare. In tal senso, la sicurezza alimentare si pone quale interesse funzionale alla salute, trattandosi di un bene giuridico intermedio, a carattere strumentale, ponendosi tra la sfera di tutela della salute pubblica intesa come bene di categoria e la salute individuale, che rappresenta lo scopo ultimo della stessa. Nella società moderna, la soglia del pericolo non coincide affatto con la soglia del rischio.

La “sicurezza alimentare” è una materia trasversale, che coinvolge diverse questioni, quali la definizione di alimento, l’analisi del rischio nelle sue diverse fasi e il principio di precauzione. Abbraccia anche ulteriori profili, quali ad esempio l’ordine pubblico, la profilassi internazionale, la libera circolazione degli alimenti e la libertà degli scambi commerciali, la lealtà commerciale, gli interessi collegati alla produzione degli alimenti, lo sviluppo dell’economia, la protezione dell’ambiente, ecc.

Quest’ultima si colloca in un ambito prodromico (spesso di molto) rispetto al pericolo, che ne rappresenta spesso una potenziale conseguenza offensiva. Le istanze di prevenzione della società moderna mirano a delimitare le possibilità dell’insorgere dei pericoli: le fattispecie del codice penale guardano al pericolo, il modello di tutela di cui agli artt. 5 e 6 della Legge 283/1962 è agganciata al concetto di rischio.3 Come abbiamo già osservato, le istanze di tutela della salute spingono il legislatore fino alla previsione di discipline basate sul principio di precauzione (si pensi alle fattispecie costruite secondo il principio della “lista positiva” o del superamento dei limiti-soglia nella Legge 283/1962, o ancora alla disciplina degli OGM). Entrambe le logiche, Prevenzione e Precauzione, ricorrono al concetto del rischio, inteso quale potenziale offensivo. Se la più sperimentata logica della prevenzione, però, mira all’eliminazione o riduzione dei rischi nomologicamente noti (effetti prevenibili in quanto prevedibili), la più innovativa logica della precauzione si interessa di rischi

2

Il concetto di rischio emerge quale “referente” di discipline mirate a prevenire l’insorgere di interazioni non ancora suscettibili di evolvere in modo certo e lineare verso l’offesa, ma che si prestano ad essere attivate ed orientate in senso pericoloso, sia pure nel concorso di ulteriori fattori. In questo senso, il rischio evoca una rete causale, un complesso di fattori contestuali, che fungono da presupposti per l’innesco di possibili dinamiche causali. 3


Frodi alimentari e responsabilità penali

ignoti ma che allo stato delle conoscenze non si possono ragionevolmente escludere. L’incertezza esclusivamente fattuale, tipica della logica preventiva (si pensi ai reati di pericolo astratto), riguarda il realizzarsi di fattori e circostanze che possono causare un danno (limite predittivo apprezzabile ex ante), ma non le basi scientifiche che fanno considerare una data condotta tipicamente pericolosa. Si basano quindi su leggi scientifiche e regole di esperienza consolidate. Nelle logiche precauzionali, invece, emergono situazioni caratterizzate da un’incertezza, anche nomologica, sul verificarsi di effetti avversi per il bene giuridico oggetto di tutela e che denotano un tendenziale carattere provvisorio e dinamico. Viene censurata una condotta di cui, secondo le conoscenze disponibili, non è predicabile la innocuità, fondandosi su una base epistemologica rovesciata. Il rischio è solamente ipotizzabile (ignoto). Si tratta di una tutela quindi anticipata rispetto al modello di pericolo astratto o presunto, prossima al modello di reati di mera obbedienza (si pensi, a titolo di esempio, alle fattispecie strutturate sull’inosservanza di regolamenti, di provvedimenti amministrativi e di procedure di autorizzazione).

3. Eterogeneità di un sistema Come già anticipato, le Frodi in ambito alimentare sono con-

Raffaele Lorenzetto

siderate lesive anche sotto altri aspetti. Il Codice Penale, agli artt. 515 ss., prevede altresì delle fattispecie delittuose che tutelano precipuamente l’economia e l’industria, ossia incriminano condotte che vanno a danneggiare la regolarità dei commerci, gli interessi economici di produttori e consumatori, nonché la fiducia di questi ultimi nel commercio consistente negli scambi economici (c.d. “Frodi commerciali”). Questa tipologia di reati tutela il consumatore dall’inganno dell’aliud pro alio e rappresenta il cuore della tutela della produzione agroalimentare nazionale, ma nonostante ciò, molte volte e per diversi fattori, si caratterizza per una difficile applicabilità, nonché per una complessità sul versante del coordinamento con la folta legislazione di carattere amministrativo. A dimostrazione di quanto appena affermato, è sufficiente ricordare che l’art. 517-quater c.p. (“Contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari”), ritenuto il baluardo della tutela della produzione Made in Italy4, ha visto il primo collaudo, È necessario parlare anche della L. 350/2003 (Legge finanziaria 2004), all’art. 4, comma 49, successivamente integrata e modificata dal d.l. n. 35/2005, L. n. 99/2009 e d.l. n. 135/2009, in base alla quale sono state adottate misure per la tutela del marchio “Made in Italy”, allo scopo primario di proteggere il consumatore e fornire precise informazioni sull’effettiva origine del prodotto che viene posto in vendita. 4

293


Osservatorio normativo

nonché la prima vera e propria definizione nella Sentenza n. 28354 della Cassazione Penale sez. III dell’08.07.2016, anni dopo la sua introduzione avvenuta con la L. 99/2009 (“Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia”). Si tratta di un’incriminazione con potenzialità vastissime, basti pensare che l’Italia è la nazione che può vantare il maggior numero di prodotti a denominazione di origine e indicazione geografica, i quali rappresentano buona parte della produzione totale nel settore5. Questo è il motivo per il quale una pronuncia chiarificatrice come quella suddetta ad ope294

A tal fine i singoli prodotti devono essere individuati con marchi ed etichette che ne garantiscono l’origine, la provenienza, il luogo e le modalità di produzione. Il D.L. 135/2009, convertito con modifiche dalla Legge 223/2009, all’art. 16, comma 1, ha precisato che è classificabile come “Made in Italy” il prodotto realizzato interamente in Italia e “per il quale il disegno, la progettazione, la lavorazione ed il confezionamento, sono compiuti esclusivamente sul territorio italiano”. I prodotti con le medesime peculiarità possono essere classificati ed etichettati con le diciture “100% Made in Italy”, “100% Italia”, “tutto italiano”. Il successivo comma 4 ha previsto che l’uso di tali indicazioni al di fuori dei limiti innanzi descritti, che possono indurre il consumatore in convinzioni ingannevoli, è sanzionato per violazione dell’art. 517 del Codice penale. 5 Su un totale di 1209 iscrizioni di prodotti DOP, IGP e STG (15 anche da parte di Paesi extra UE), ben 261 riguardano l’Italia: Cfr. 11° Rapporto 2013 sulle produzioni agroalimentari italiane DOP, IGP, STG, a cura di Fondazione Qualivita-ISMEA.

ra della Suprema Corte era attesa da anni, a rappresentare un punto di svolta dopo un periodo in cui la tutela della tipicità è stata seriamente messa in pericolo. La procedibilità d’ufficio e la collocazione sistematica del nuovo reato (art. 517-quater c.p.) all’interno del capo II del titolo VIII nel libro II del Codice penale, intitolato “Dei delitti contro l’industria ed il commercio” sono conseguenza della possibile incidenza sul sistema economico nazionale delle condotte ingannatorie qui sanzionate, del pari ritenute idonee a cagionare un danno significativo anche agli acquirenti dei prodotti agroalimentari aventi caratteristiche e qualità inferiori rispetto a quanto rappresentato. La diffusione a larga scala della contraffazione e della pirateria è in grado di pregiudicare una molteplicità di interessi individuali e superindividuali: da quelli personali e patrimoniali dei singoli consumatori finali del prodotto contraffatto, a quelli patrimoniali del titolare del diritto di privativa industriale e intellettuale violato, fino alla sicurezza ed all’economia pubblica. Nel caso di specie, i giudici, escludendo la ravvisabilità dell’art. 517-quater c.p. in una fattispecie cautelare, riqualificata in frode in commercio tentata, individuarono i profili differenziali di questa fattispecie, nuova per la Giurisprudenza di legittimità, rispetto agli altri delitti rientranti nelle “frodi commerciali”, affermando inoltre il concorso con i reati ex artt. 473 e 474 c.p. riferibili ai marchi registrati.


Frodi alimentari e responsabilità penali

La sentenza in commento è la prima in cui la Cassazione affronta l’esegesi sostanziale del reato ex art. 517-quater, sancendo alcuni principi di diritto sintetizzati nelle massime6. Il delitto oggetto della pronuncia in esame è stato introdotto dall’art. 15, comma

“Il nuovo reato di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari (art. 517 quater c.p.) appresta una tutela più ampia del delitto di cui all’art. 517 c.p., poiché non richiede l’idoneità delle indicazioni fallaci ad ingannare il pubblico dei consumatori, essendo finalizzato a proteggere gli interessi economici dei produttori titolati a utilizzare le indicazioni geografiche o le denominazioni d’origine. Il delitto di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni d’origine dei prodotti agroalimentari, la cui punibilità è comunque condizionata al rispetto della normativa interna, comunitaria ed internazionale posta a tutela dei segni distintivi – non esige che l’origine dei prodotti stessi sia tutelata, ai sensi dell’art. 11, d.lgs. n. 30/2005 (Codice della proprietà industriale), attraverso la registrazione di un marchio collettivo, la cui contraffazione può pertanto integrare, attesa la diversità dei beni giuridici tutelati e la mancata previsione nell’art. 517-quater di clausole di riserva, anche i reati di cui agli artt. 473474 c.p. Ai fini del fumus del reato di tentativo di frode in commercio – ravvisabile in luogo dell’art. 517 quater c.p. in ipotesi di detenzione per la messa in commerci odi vino privo di denominazione di origine o di indicazioni geografiche protette – è irrilevante la mancata effettuazione di indagini chimico-fisiche sulla composizione della sostanza, ben potendosi nella fase delle indagini preliminari desumere i gravi indizi desumere i gravi indizi di responsabilità in ordine alle caratteristiche di provenienza di un prodotto dalle sole fallaci indicazioni ricavabili dalle etichette apposte sulle bottiglie in sequestro. 6

Raffaele Lorenzetto

1, lett. e), della L. 23 luglio 2009, n. 99, che ha operato l’innesto al codice penale dell’art. 517-quater, unitamente all’art. 517-ter7, nel quadro dell’evoluzione normativa della legislazione penale sui marchi e sui segni distintivi. In precedenza, la repressione penale delle frodi agroalimentari sotto questo versante era affidata alla sola circostanza aggravante speciale prevista dall’art. 517-bis, comma 1 c.p., recante l’aumento delle pene stabilite dagli artt. 515, 516 e 517 c.p. per i fatti aventi ad oggetto “alimenti o bevande la cui denominazione di origine o geografica o le cui specificità sono protette dalle norme vigenti”8. Nonostante la dottrina individui il bene giuridico protetto dall’art. 517-quater nella fiducia riposta dalla generalità dei consumatori nella genuinità e provenienza dei prodotti agroalimentari qualificati, in quanto sottoposti ad una specifica disciplina in ordine alla loro origine geografica, svolgendo la precipua funzione di indicare la derivazione da un luogo determinato, accostandolo quindi ai delitti di falsità; la Suprema Corte ha ampliato la

Incriminante la fabbricazione ed il commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale, in sostituzione del previgente art. 127, comma 1, d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 (Codice della proprietà industriale). 8 La dottrina è concorde nel comprendere in tale definizione qualsiasi prodotto di denominazione protetta o con attestazione di specificità, purché la tutela sia equivalente a quella prevista per le categorie espressamente menzionate. 7

295


Osservatorio normativo

296

prospettiva “consumieristica” riconoscendo, rispetto al delitto ex art. 517 c.p., una tutela anche più estesa, perché “non richiede l’idoneità delle indicazioni fallaci a ingannare il pubblico dei consumatori, orientando all’evidenza la tutela verso gli interessi economici dei produttori titolati a utilizzare le indicazioni geografiche o le denominazioni d’origine”9. Ne deriva perciò la natura di pericolo dell’incriminazione de qua, non richiedendo né l’idoneità ad ingannare delle dichiarazioni, né il concreto inganno. Risulta pertanto sufficiente procedere all’accertamento della dolosa e integrale riproduzione, ovvero imitazione abusiva, di una denominazione di origine protetta o di una indicazione geografica protetta. La norma descritta in sentenza, rispetto all’art. 517 c.p., protegge direttamente i diritti di esclusiva industriale del titolare nella prospettiva della tutela dell’economia pubblica; per loro tramite la norma tutela inoltre gli stessi pro-

Così come nell’art. 474 c.p. la realizzazione dell’inganno non è elemento integrativo della fattispecie, per la quale rilevano solamente le condotte di contraffazione e adulterazione ritenute dal legislatore pericolose ex se. La norma che incrimina l’introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi tutela, quindi, il bene della pubblica fede, intesa come affidamento collettivo nei marchi o segni distintivi, sicché la realizzazione di un inganno nel singolo acquisto non è elemento integrativo della fattispecie, Cfr. Cass. Pen., sez. II, 27.09.2005, n. 34652, Mbaye, rv. 232.051. 9

dotti costituenti il Made in Italy alimentare. La seconda massima estraibile dalla sentenza in questione appare di particolare rilievo laddove si sancisce che, per la sussistenza del reato di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari “non è richiesto che anche l’origine dei prodotti stessi sia tutelata, ai sensi dell’art. 11, D.lgs. n. 30/2005 (Codice della proprietà industriale), attraverso la registrazione di un marchio collettivo, la cui contraffazione potrà, dunque, integrare anche i reati di cui agli artt. 473 o 474 c.p., attesa la diversità dei beni giuridici tutelati e la mancata previsione nell’art. 517-quater c.p. di clausole di riserva”. Risulta necessario avere chiaro un determinato aspetto tecnico: le tipicità DOP e IGP, pur essendo “protette” ai sensi degli artt. 29 e 30, D.lgs. 30/200510 come veri e propri diritti di esclusiva industriale, non possono essere brevettate o registrate come marchi in senso stretto perché non rappresentano specificatamente un segno distintivo legato ad una specifica azienda produttrice, ma si limitano ad indicare una parti-

Art. 29, D.lgs. 30/2005. “Sono protette le indicazioni geografiche e le denominazioni di origine che identificano un paese, una regione o una località, quando siano adottate per designare un prodotto che ne è originario e le cui qualità, reputazione o caratteristiche sono dovute esclusivamente o essenzialmente all’ambiente geografico d’origine, comprensivo dei fattori naturali, umani e di tradizione”. 10


Frodi alimentari e responsabilità penali

colare caratteristica qualitativa del prodotto legata alla sua origine geografica e/o a determinati procedimenti. Nondimeno, per evidenti ragioni industriali, molte denominazioni protette sono spesso accompagnate dai relativi marchi di origine del prodotto. La fattispecie in esame risulta nella pratica “affossata” dai coesistenti illeciti amministrativi previsti11. La riserva penale formalmente garantita da questi illeciti amministrativi mediante la clausola “salva l’applicazione delle norme penali vigenti”, è clamorosamente smentita, nei fatti, dall’enorme divario registrato tra le sanzioni amministrative elevate ai sensi dei D.Lgs. n. 297/2004 e n. 61/2010 e le notizie di reato trasmesse alle competenti Procure della Repubblica per violazione dell’art. 517-quater c.p. Sotto il profilo quantitativo, il primo baluardo della repressione degli abusi sulle produzioni a DOP e Parliamo di: Art. 2 del D.Lgs. 19 novembre 2004, n. 297 recante “Disposizioni sanzionatorie in applicazione del Regolamento (CEE) n. 2081/1992, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli e alimentari”, che, nei vari commi, sanziona a diverso titolo le violazioni al Reg. 1151/2012 in materia di denominazioni di origine dei prodotti agricoli ed alimentari con denominazione di origine e indicazione geografica protetta; Artt. 20 e 23, comma 3, del D.Lgs. 8 aprile 2010, n. 61 recante “Tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini, in attuazione dell’art. 15 della L. 7 luglio 2009, n. 88”, che sanzionano “imitazione”, “usurpazione” ed “evocazione” di denominazioni dei vini. 11

Raffaele Lorenzetto

IGP è costituito dalla sanzione amministrativa, la quale reprime dal basso ogni forma di “attacco” (fonetico, concettuale, visivo) al prodotto agroalimentare che non assurga a vere e proprie forme di contraffazione o adulterazione. In particolare, il primo fronte di tutela extrapenale concerne qualsiasi “usurpazione”, “imitazione” o “evocazione”, anche se l’origine vera e propria del prodotto è indicata o se la denominazione protetta è una traduzione oppure è accompagnata da espressioni quali “genere”, “tipo”, “metodo”, “alla maniera” o simili, come pure qualsiasi altra indicazione falsa o ingannevole relativa alla provenienza, all’origine, alla natura o alle qualità essenziali dei prodotti usata sulla confezione o sull’imballaggio, nella pubblicità o sui documenti relativi ai prodotti considerati nonché l’impiego, per la confezione, di recipienti che possono indurre in errore sull’origine. L’evanescenza dei suddetti concetti di imitazione, usurpazione ed evocazione determina la conseguenza per cui sovente, nella prassi operativa, taluni fatti astrattamente riconducibili al reato di cui all’art. 517-quater c.p. rifluiscono nella dimensione amministrativa.

4. Modernità e prospettive future di tutela La difficoltà riscontrata nella delimitazione della fattispecie di contraffazione di indicazioni geo-

297


Osservatorio normativo

298

grafiche o denominazioni di origine di prodotti agroalimentari, pur introdotta in tempi relativamente recenti, è sintomatica dell’esistenza di una chiara necessità, ossia quella di giungere, attraverso la norma, ad un maggior grado di tassatività e determinatezza, tale da rendere chiari concetti che sono sempre stati ambigui o fumosi per la Giurisprudenza, creando molto spesso opinioni discordanti. A titolo esemplificativo si riporta il delitto di “commercio di sostanze alimentari nocive” ex art. 444 c.p., in cui si equiparano concetti quali la “nocività” e la “pericolosità”, ritenuti dalla maggior parte di dottrina e Giurisprudenza non equivalenti. Il DDL strutturato dalla Commissione per elaborare proposte di intervento sulla riforma dei reati in materia agroalimentare (c.d. “Commissione Caselli”), nel tracciare le linee di riforma della materia agroalimentare, ha proposto, per far fronte a tali problematiche, alcuni accorgimenti al fine di rendere più chiare alcune fattispecie (ad esempio unificando in un’unica fattispecie gli artt. 440, 442 e 444 c.p.) ed introdurne altre, volendo andare a colpire condotte, o modalità di esse, che attualmente non sono comprese nel fuoco della tutela o che risultano punibili solo a titolo di tentativo. Un chiaro esempio è dato dal modificando art. 516 c.p. “Frode in commercio di prodotti agroalimentari”, in base al quale si estenderebbe l’area di punibilità a condotte che prescindono dalla fase di negoziazione, prodromi-

che rispetto alla vera e propria consegna; dall’altra parte, per il tramite del riferimento all’alterità degli alimenti rispetto a quanto dichiarato o pattuito sotto il profilo dell’origine, provenienza, qualità o quantità, si allarga la platea dei soggetti tutelati, includendo pluralità indeterminate di consumatori, prima ancora che l’offesa possa individualizzarsi. È importante inoltre auspicare che, in una prospettiva futura, sicurezza alimentare e lealtà economica, i due cardini classici della tutela di settore, non siano più trattati come beni separati e distanti, giacché finiscono per intersecarsi nell’obiettivo comune (in un caso in primo piano, nell’altro sullo sfondo) di tutelare e garantire il consumatore e dunque il singolo individuo (e cioè ciascuno di noi). L’alimento andrebbe considerato come “merce” o “bene economico” solamente dopo aver raggiunto la sicurezza di una sua sanità, dovendo le fattispecie rientranti nelle “frodi commerciali” protendere, in definitiva, verso il raggiungimento di una fiducia del consumatore nei confronti della qualità di ciò che acquista, che non sia solamente la corrispondenza a ciò che viene ad egli rappresentato, superando la mera logica dell’aliud pro alio. Non è solo retorica sostenere che gli operatori che utilizzano un alimento per finalità frodatorie non potranno mai averne il rispetto necessario, non potranno mai essere totalmente accorti del percorso che esso ha svolto e di quello che ancora è necessario fargli


Frodi alimentari e responsabilità penali

percorrere. È un modo differente di approcciare al proprio compito, quella che si chiede è una presa di coscienza verso l’importanza che la materia in questione rappresenta in un mondo dove l’artificialità domina e gli affari sovrastano, o assorbono addirittura, il concetto di vita sana. Per questo motivo è necessario riuscire a colpire condotte criminogene pregresse alla consegna, coprendo l’intera catena alimentare, introducendo norme a livello penale che sostengano e lavorino in maniera coordinata con gli obblighi di controllo interno rappresentati, ad esempio, dal sistema Haccp. Le frodi alimentari riscontrabili nella società contemporanea, oltre ad essere in costante crescita12, si sono sviluppate con fenomenologie sconosciute per il passato e che si affacciano oggi quale conseguenza della maggiore attenzione, nel bene e nel male, che il comparto agroalimentare ha attirato in modo crescente su di sé, in ragione del valore aggiunto economico che riesce a generare. Va rivolta un’attenzione nuova verso strutture organizzate quali le società e gli enti, ad oggi i veri protagonisti del sistema economico che ruota intorno al settore. Grandi assenti risultano

Prendendo come paradigma il settore vinicolo, nel 2015 (anno di EXPO) i fenomeni frode e “Vinopirateria” hanno portato ad ingenti sequestri da parte dei Carabinieri NAS, stimabili nell’ordine di 41 milioni di euro. 12

Raffaele Lorenzetto

tuttora le fattispecie a tutela della salute pubblica all’interno della lista dei reati presupposto per la configurazione della responsabilità amministrativa ex D.Lgs. 231/2001 (lista che il DDL della “Commissione Caselli” vuole andare ad implementare, colmando tale lacuna, prevedendo altresì l’introduzione di un Modello di Organizzazione e Gestione ad hoc per il settore agroalimentare13), come pure una reale presa di

Previsione di una peculiare figura di Modello di Organizzazione e Gestione, idoneo a escludere o attenuare la responsabilità delle imprese alimentari costituite in forma societaria. Sul piano pratico, viene in sostanza riconosciuta una sorta di presunzione (non assoluta) di idoneità del modello organizzativo, che ha l’indiscutibile pregio di ridurre il margine di discrezionalità che accompagna, da sempre, l’applicazione della normativa. Ai fini del riconoscimento di una capacità esimente (o comunque attenuante) per il modello, percorrendo la strada già intrapresa in materia di sicurezza sul lavoro dall’art. 30 del D.Lgs. n. 81/2008, sono state individuate talune caratteristiche ben precise, sostanzialmente riconducibili: a) all’adempimento di obblighi giuridici, sanciti sia a livello nazionale che sovranazionale, relativi al rispetto degli standard di fornitura di informazioni sugli alimenti, alle attività di verifica sui contenuti delle comunicazioni pubblicitarie, di vigilanza e di controllo sui prodotti alimentari, alle procedure di ritiro o di richiamo dei prodotti alimentari importati, prodotti, trasformati, lavorati o distribuiti non conformi ai requisiti di sicurezza degli alimenti, alle attività di valutazione e di gestione del rischio e alle periodiche verifiche sull’effettività e sull’adeguatezza del modello stesso; b) alla presenza, all’interno del modello, di idonei sistemi di registrazione delle attività prescritte, di un’articolazione di funzioni tale da garantire adeguate competenze tec13

299


Osservatorio normativo

coscienza nei confronti di recenti realtà criminose denominate “Agromafie” e, più nello specifico, delle “Agropiraterie”14. Sulla scia di alcuni precedenti legislativi15,

300

niche e necessari poteri per le attività di verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio, di un adeguato sistema disciplinare e soprattutto un idoneo sistema di vigilanza e controllo sull’attuazione del modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate. Nei confronti di piccole e medie imprese si prevede una notevole semplificazione, con la possibilità che il compito di vigilanza possa essere assegnato a un solo soggetto, purché dotato – oltre che di autonomi poteri di iniziativa e di controllo – di adeguata professionalità e specifica competenza anche (ma non solo) nel settore alimentare, individuato nell’ambito di un elenco nazionale appositamente istituito. Sempre in chiave semplificatoria, è consentito al titolare di imprese alimentari aventi meno di dieci dipendenti e un volume d’affari annuo inferiore a 2 milioni di euro di svolgere direttamente i compiti di prevenzione e tutela della sicurezza degli alimenti o mangimi e della lealtà commerciale (sempre che abbia frequentato corsi di formazione adeguati alla natura dei rischi correlati alla propria attività produttiva), venendo meno l’obbligo di designare l’operatore del settore degli alimenti o dei mangimi, il responsabile della produzione e il responsabile della qualità. 14 Date dall’impiego, all’interno di una struttura organizzata, di metodiche frodatorie. A differenza dell’associazione per delinquere però, quando si parla di Agropiraterie, sussiste un accordo limitato alla commissione di più reati determinati e non vi è un’organizzazione ad hoc costituita per delinquere. Il tutto avviene perciò all’interno dello svolgimento di un’attività imprenditoriale. 15 Ad esempio, l’art. 53 bis del Testo Unico Ambientale, per quel che concerne le condotte illecite di gestione e smaltimento

appare evidente la necessità di introdurre delle incriminazioni in grado di prevenire l’impiego stabile di metodiche frodatorie all’interno di contesti imprenditoriali organizzati appartenenti al settore alimentare, con particolare riferimento alle ipotesi associative. Sul punto chiariscono le Linee guida al DDL di riforma dei reati in materia agroalimentare, sostenendo che “la sistematicità della commissione di delitti di frode in commercio di prodotti alimentari e l’allestimento di mezzi e attività organizzate dovrebbero essere interpretate nel senso di postulare un accordo tra i partecipi circa la commissione di più delitti ed un’organizzazione dell’attività al di sotto di quella soglia che dottrina e giurisprudenza ritengono rilevante per determinare il passaggio dal mero concorso di persone nel reato ad una associazione per delinquere di per sé punita all’art. 416 c.p. (o all’art. 416-bis, in presenza del metodo mafioso)”. Si è dunque al cospetto di situazioni in cui l’accordo è circoscritto alla commissione di più reati determinati (frode in commercio et similia) in cui l’organizzazione e l’allestimento dei mezzi non presenta quelle caratteristiche di stabilità e permanenza proprie di una struttura capace di perpetuarsi nel tempo, ma strettamente connessa alla realizzazione delle attività preparato-

di rifiuti, poste in essere con plurime operazioni, nel contesto di strutture organizzate.


Frodi alimentari e responsabilità penali

rie ed esecutive dei singoli delitti contraffattivo-usurpativi. Per quel che riguarda la delega delle funzioni all’interno di strutture organizzate, anche in tal caso si denota un’esigenza di apportare una maggiore chiarificazione, imponendo dei requisiti formali che vadano a favorire la corretta e uniforme allocazione di compiti e funzioni, nonché una coerente e personale attribuzione delle conseguenti responsabilità penali. Sul fronte della responsabilità penale delle persone fisiche, l’analisi della Giurisprudenza, nel tempo, ha di fatto messo in luce controproducenti disorientamenti nell’individuazione di tali soggetti, mostrando talvolta la tendenza a identificare la responsabilità ai livelli più bassi dell’organigramma aziendale. Le realtà complesse ed organizzate, come prima anticipato, all’interno del comparto di cui ci si occupa, svolgono un ruolo fondamentale e dominante, avendo raggiunto dimensioni e destinazioni transnazionali. Risulta forse d’obbligo allora ragionare su quale debba essere la strategia da seguire, suddividendola in tre scenari. – In primis, la cooperazione internazionale: non può pensarsi, infatti, che all’operatività di centinaia di soggetti e società, stabilmente dediti nel mondo e nei traffici illeciti di ogni natura, si possa fare fronte con risposte singole e prive di una cornice organica di interventi. Lo spazio giuridico europeo

Raffaele Lorenzetto

consente di poter individuare norme e personale di polizia che in campo internazionale apprestino le più efficaci risposte preventive e repressive, al fine di analizzare e stroncare il fenomeno delle Agromafie. Le Agropiraterie si combattono, soprattutto, colpendo le illegalità nei luoghi lontani da quelli di produzione finale del cibo, dove vengono commercializzati illegalmente i prodotti contraffatti. L’Interpol ogni anno coordina attività operative nel campo della lotta alla contraffazione dei prodotti agroalimentari a DOP e IGP. A tali operazioni, denominate “OPSON International week of action”, aderiscono Paesi in numero sempre maggiore. – Il cittadino, in qualità di consumatore, deve sempre più privilegiare consumi intelligenti e valorizzare le produzioni a chilometro zero, acquistando direttamente presso le aziende agricole o partecipando a gruppi di acquisto che si interfaccino e stabiliscano dialoghi permanenti con i produttori, oltre che aumentando la consapevolezza dell’importanza di ogni gesto ed euro speso per contribuire all’edificazione di uno scenario di sviluppo e legalità. Sono necessarie, infine, riforme nazionali che aggiornino l’ordinamento giudiziario e operino un’armonizzazione tra i delitti previsti all’interno del codice penale e le contravvenzioni derivanti dalla normativa speciale, intro-

301


Osservatorio normativo

302

ducendo, ove opportuno, nuove forme di tutela: significativa in tal senso l’istituzione della “Commissione per l’elaborazione di proposte di intervento sulla riforma dei reati in materia agroalimentare”, che ha elaborato uno schema di Disegno di Legge (recepito, di fatto, con il DDL n. 283 approvato dal Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della Giustizia e del Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali) recante “Nuove norme in materia di reati agroalimentari”, sorretto da quattro pilastri: 1) la riforma dei reati del Codice Penale; 2) le modifiche al Codice di procedura penale; 3) l’integrazione del catalogo dei reati presupposto per la configurazione della responsabilità amministrativa degli enti per la commissione dei reati ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001; 4) la revisione di alcune Leggi complementari, su tutte la Legge 283/1962.

5. La proposta di riforma della Commissione Caselli Sul piano tecnico, la proposta della Commissione Caselli è stata modulata attraverso previsioni ben attente a scandire, differenziando nel trattamento sanzionatorio, i vari livelli di offensività: l’innovativa scalarità della tutela, che fonda la ridefinizione dei confini tra ipotesi delittuose, contravvenzionali e amministrative, tra codice penale e legislazione speciale, ne è testimonianza evidente.

Non mancano scelte innovative, seppure attese, come l’ipotesi di “omesso ritiro di alimenti pericolosi” (art. 442 c.p., come da proposta di modifica) o di “informazioni commerciali ingannevoli pericolose” (art. 444 c.p., come da proposta di modifica), ovvero peculiari, quale indubbiamente può ritenersi la fattispecie di “Agropirateria” (art. 517-quater.1 c.p., come da proposta di modifica). Va inoltre rilevato il più elevato grado di tassatività e determinatezza che caratterizza molte delle nuove fattispecie, come l’autonomo e più tassativo delitto di “disastro sanitario”. Questa intenzione è esemplificata in maniera lampante dallo sforzo definitorio contenuto in varie disposizioni del testo di riforma, quali ad esempio: l’art. 445-ter c.p., ove al primo comma si chiarisce che “l’evento di pericolo per la salute pubblica comprende anche quello derivante da consumi cumulativi in quantità normali delle acque o dei prodotti o sostanze alimentari già distribuite o vendute ed è accertato con riferimento al tempo della loro distribuzione, vendita o messa in circolazione per il consumo” (ancorando il pericolo a un parametro quanto più possibile concreto e misurabile) e al secondo si aggiunge che “per alimenti si intendono prodotti o sostanze alimentari ovvero mangimi destinati alla nutrizione degli animali”; l’art. 5-bis della legge n. 283 del 1962 (con riferimento alle nozioni di “alimenti non sicuri,


Frodi alimentari e responsabilità penali

pregiudizievoli per la salute o inadatti al consumo umano”16). Nella medesima luce vanno inquadrati i vari rinvii, in termini di integrazione tecnica, a fonti extrapenali interne (si pensi all’espresso richiamo, ai fini della distinzione tra commercio al dettaglio e all’ingrosso, all’art. 4, lett. a) del D.Lgs. n. 114 del 1998) o sovranazionali (anche in prospettiva di armonizzazione). Sempre sul versante delle modalità di tutela anticipata, va considerata la cautela che ha accompagnato l’apertura al principio di precauzione, testimoniata dall’accoglimento di una definizione (quella di cui al co. 2 del nuovo art. 5-ter della Legge n. 283 del 1962), anche se restrittiva e in ogni caso pienamente rispettosa del principio della riserva di legge, che ne connette la rilevanza a una valutazione normativa sulla nocività per la salute, seppure le conoscenze scientifiche po Si tratta di alimenti “non sicuri”, considerati tali quando risultano, anche in relazione a ingredienti, componenti o mangimi per animali utilizzati, in contrasto con i requisiti stabiliti dalla normativa vigente per la prevenzione di danni alla salute; “pregiudizievoli per la salute”, definiti tali quando la loro nocività, o quella dei singoli ingredienti, componenti o mangimi per animali utilizzati, pur non emergendo in base alla normativa vigente, è comunque accertata e conosciuta dal produttore o dall’operatore alimentare; “inadatti al consumo umano” valutati in questo modo quando, in seguito a contaminazione dovuta a materiale estraneo o ad latri motivi, o in seguito a putrefazione, deterioramento o decomposizione, il loro uso risulti inaccettabile. 16

Raffaele Lorenzetto

ste alla base della stessa non presentino il carattere della certezza. I rischi di “pan-penalizzazione” della riforma, ossia di un eccessivo sbilanciamento sul fronte penalistico della tutela del settore agroalimentare, possono essere superati ricordando come il mandato della Commissione sia, a differenza del passato, espressamente finalizzato a rafforzare il versante penalistico di tutela e non già a depotenziarlo o a incanalarlo su binari alternativi, siano essi civilistici o amministrativi (senza tralasciare che, in ogni caso, si è comunque provveduto ad alcune depenalizzazioni nel quadro della riscrittura dell’art. 5 della legge n. 283 del 1962). La temuta “penalizzazione a tappeto” può dirsi smentita, nella sostanza, considerando: in generale, il maggiore tasso di offensività che connota le nuove ipotesi, pur se in generale vengono comprese un maggior numero di condotte e viene aumentato il numero dei destinatari tutelati; ma anche valutando, nel particolare, come sia stato ridotto, attraverso la nuova e più specifica ipotesi di “contaminazione o corruzione di acque o di alimenti” (art. 439-bis), l’impatto applicativo dell’attuale art. 439 c.c. (“avvelenamento di acque o alimenti”); oppure ricordando come, sul versante delle frodi commerciali, pur procedendosi ad un incremento delle pene, si sia mantenuta una tendenziale proporzione da uno a quattro tra minimo e massimo edittale, in modo da consentire al giudice di adeguare la pena alla specifici-

303


Osservatorio normativo

tà del caso concreto e, al tempo stesso, di non divaricare troppo lo spazio edittale, in nome del principio (costituzionale) della determinatezza della pena. Va pure ricordata l’importante previsione di meccanismi premiali idonei a temperare il potenziale effetto espansivo17.

6. Il sistema dei controlli

304

Anche l’apparato sanzionatorio più moderno ed efficace postula un efficace sistema di controlli, siano essi controlli interni, ossia quelli che ogni operatore del settore di nostro interesse è obbligato ad effettuare nella propria attività, emblematico il sistema HACCP18; ovvero controlli ufficia In questa direzione emblematico è il peso attribuito al meccanismo estintivo delle contravvenzioni in materia di sicurezza alimentare e l’estensione della non applicabilità delle sanzioni interdittive di cui al D.Lgs. n. 231 del 2001 in caso di riparazione delle conseguenze del reato anche nel caso di accettazione delle prescrizioni impartite dall’autorità giudiziaria ai sensi dell’art. 85 c.p.p. 18 Proprio la tutela della c.d. sicurezza alimentare è la priorità perseguita dalla legislazione europea ed italiana per accrescere la fiducia dei consumatori e assicurare la fruizione di alimenti sicuri. Il sistema principale su cui entrambe si fondano è il metodo HACCP, relativo alle norme di autocontrollo dei prodotti alimentari e modalità di verifica dell’osservanza delle norme generali di igiene, attraverso il sistema di analisi dei rischi e di controlli dei punti critici del sistema di preparazione, trasformazione, confezionamento, trasporto, distribuzione, manipolazione, vendita, compresa la somministrazione, dei 17

li19, svolti dalle innumerevoli Autorità incaricate a tale scopo (si se-

prodotti alimentari; introdotto in Europa esplicitamente con la direttiva 43/93/CEE e recepita in Italia con il D.Lgs. n. 155/1997, abrogato definitivamente dall’art. 3, comma 1, lett. o) del D.Lgs. n. 193/2007, anche se la normativa era già stata sostituita dal Regolamento 852/2004/CE il quale richiama l’attenzione sull’applicazione dei principi del sistema dell’analisi dei pericoli e dei punti critici di controllo (HACCP). Si tratta di un sistema rivolto alla individuazione e prevenzione di malattie infettive e tossiche di natura alimentare a tutela della salute dei consumatori, nonché alla valutazione dei requisiti igienici dei locali, delle attrezzature utilizzate e degli alimenti. 19 Il Regolamento CE n. 882/2004 definisce i controlli ufficiali da effettuare in materia di mangimi e alimenti e delle condizioni di salute e benessere degli animali allevati. Gli obiettivi restano quelli di prevenire o ridurre ad un livello accettabile i rischi per la salute umana e animale, siano essi rischi diretti o veicolati dall’ambiente; inoltre di garantire la trasparenza del mercato degli alimenti e dei mangimi, oltre che la tutela degli interessi dei consumatori. Sono specificate varie definizioni, tra cui quelle di: controllo ufficiale, verifica, autorità competente, organismo di controllo. Il Regolamento in esame “fissa le regole generali per l’esecuzione dei controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alle normative volte segnatamente a: prevenire, eliminare o ridurre a livelli accettabili i rischi per gli esseri umani e gli animali, siano essi rischi diretti o veicolati dall’ambiente; garantire pratiche commerciali leali per i mangimi e gli alimenti e tutelare gli interessi dei consumatori, comprese l’etichettatura dei mangimi e degli alimenti e altre forme di informazione dei consumatori”. Sancisce, inoltre, che gli Stati membri debbano garantire che i controlli ufficiali siano eseguiti periodicamente, in base ad una valutazione dei rischi e con frequenza appropriata, con il fine di raggiungere gli obiettivi posti dal Regolamento.


Frodi alimentari e responsabilità penali

gnalano le principali: Carabinieri NAS; Corpo Forestale dello Stato ora accorpato in seguito alla riforma Madìa all’Arma dei Carabinieri; Guardia di Finanza; Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali che opera anche attraverso l’ICQRF; il Ministero della Salute), le quali non solo possiedono le capacità tecniche e coordinamento per svolgere il proprio compito con efficacia, ma vantano anche un fitta ramificazione sul territorio, rappresentando anche un punto di riferimento affidabile e concreto per chi, in qualunque modo e dimensione, si affaccia al complesso ma altrettanto interessante mondo Agroalimentare. Un piccolo approfondimento, sicuramente necessario, va fatto in merito all’organizzazione dell’attività dell’ICQRF (Ispettorato Centrale della Tutela della Qualità e Repressione Frodi), organismo noto nel settore alimentare, segnatamente in quello vitivinicolo, che dalle statistiche appare nettamente il più colpito dalle attività illecite. L’ICQRF si distingue per l’intensità della sua attività di controllo, la quale ricopre l’intero territorio nazionale attraverso le proprie sedi territoriali. Istituito20 in seguito ai tragici eventi causati dall’impiego di alcol metilico nel vino, ad esso è stato affidato il compito di realizzare, attraverso il suo operato, i compiti in materia di prevenzione e repressione Istituito presso l’allora Ministero dell’agricoltura e foreste, attraverso la Legge 07.08.1986, n. 462. 20

Raffaele Lorenzetto

delle frodi agroalimentari21. L’Ispettorato possiede competenze in materia di: “prevenzione e repressione delle infrazioni nella preparazione e nel commercio dei prodotti agroalimentari e dei mezzi tecnici di produzione per il settore primario”; “vigilanza sulle produzioni di qualità registrata che discendono dalla normativa comunitaria e nazionale”; per la “redazione di programmi di controllo per contrastare l’irregolare commercializzazione dei prodotti agroalimentari introdotti da stati membri o paesi terzi e dei fenomeni fraudolenti che generano situazioni di concorrenza sleale tra gli operatori”; “supporto degli interventi a sostegno delle produzioni colpite da crisi di mercato”. Ai fini dello svolgimento della propria attività, esso opera con organico proprio e propria orga La recente evoluzione del comparto agroalimentare e la necessità di armonizzazione a livello europeo del controllo ufficiale dei prodotti agroalimentari, hanno evidenziato l’esigenza di riorganizzare tale organismo. Con Dm 13.02.2003, n. 44, si è provveduto alla riorganizzazione della struttura operativa, dando così vita all’attuale Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf). Tale processo si è concluso con l’emanazione della Legge 11.11.2005, n. 231, con la quale l’Ispettorato è stato organizzato in Dipartimento, e con il successivo decreto attuativo, il Dm 19.12.2005, di revisione degli Uffici e dei laboratori di livello dirigenziale non generale. Successivamente, nell’ambito della riorganizzazione del Mipaaf, realizzata con DPR. 22.07.2009, anche l’Icqrf è stato oggetto di un nuovo assetto, cioè quello contemporaneo. 21

305


Osservatorio normativo

nizzazione amministrativa e contabile, avvalendosi, inoltre, di una gestione unitaria assicurata dalla Direzione Generale. Sul territorio operano 12 uffici dirigenziali periferici, con sedi distaccate. La circoscrizione territoriale dei nuovi Uffici è stata notevolmente ampliata, in modo da consentire di operare in grandi aree omogenee, tenendo conto del numero di aziende e del tipo di produzione diffuso, nonché del rischio più o meno elevato di frodi nel comparto agroalimentare in una determinata zona. L’Ispettorato è dotato di laboratori di analisi a livello interregionale e uno a livello centrale, con sede a Roma, per lì espletamento delle analisi di revisione22. 306 I metodi di analisi per determinare la composizione dei prodotti vitivinicoli e le regole per stabilire se tali prodotti siano stati sottoposti a trattamenti in violazione delle pratiche enologiche autorizzate sono quelli raccomandati e pubblicati dall’OIV (Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino). In assenza di metodi o di regole per raccomandati e pubblicati dall’OIV, metodi e regole corrispondenti sono adottati secondo la procedura di cui all’art. 195, paragrafo 4 del Reg. CE 1234/2007 (Comitato gestione vino). Presso il Mipaaf opera, altresì, un’apposita Commissione di esperti, appartenenti alle Amministrazioni interessate alla prevenzione delle frodi alimentari (Ministeri: per le politiche agricole, economia e delle finanze, sanità e dello sviluppo economico), nonché a Enti o Istituti specializzati (Università degli studi, Istituti di sperimentazione agraria, ecc.), che provvede all’elaborazione dei metodi ufficiali di analisi (Art. 44, Legge 82/2006). Per quanto concerne il settore del vino, da quando è stata realizzata l’Organizzazione comune di mercato (OCM), l’attivi22

L’attività svolta dall’Ispettorato centrale repressione frodi del Ministero delle politiche agricole e forestali si realizza attraverso controlli articolati lungo tutta la filiera agroalimentare, volti ad accertare la qualità e la genuinità dei vari prodotti (ad esempio quelli vitivinicoli, gli oli, i prodotti lattiero caseari, gli agrumi, le conserve), oltre che dei mezzi tecnici di produzione agricola (come i mangimi, le sementi, i fertilizzanti, i prodotti fitosanitari). L’attività di controllo viene effettuata in qualunque ora del giorno e della notte, senza alcun preavviso, presso le cantine, gli stabilenti ove si producono prodotti alimentari, i magazzini di deposito portuali o doganali, gli esercizi di vendita. Gli accertamenti sono diretti sia alla verifica della regolarità intrinseca dei prodotti e della loro qualità, ossia della loro composizione, sia tà della suddetta Commissione di esperti può espletarsi solamente per la messa a punto di metodiche analitiche diverse da quelle approvate in sede CE (Art. 15, Reg. CE 606/2009). I metodi ufficiali italiani di analisi dei mosti, vini e aceti sono stati approvati con Dm del Ministro dell’agricoltura 12.03.1986, successivamente modificato con Dm 30.12.1986 e con Dm 16.02.1993. In Italia, secondo la Giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione (tra tutte, sent. Del 09.10.1957, SEZ. VI e successive), qualora non esistano metodi ufficiali, gli analisti degli Uffici periferici dell’Icqrf possono far ricorso anche ad altri metodi di ricerca, per dimostrare la non genuinità di una sostanza alimentare, purché scientificamente ritenuti validi. In quest’ultimo caso il giudice ha l’obbligo di motivare il proprio convincimento in modo più esauriente che nei casi normali.


Frodi alimentari e responsabilità penali

alla verifica della loro regolarità formale, per quanto attiene alle indicazioni prescritte (etichettatura), ai documenti di accompagnamento, alle varie registrazioni. Importanza primaria, come è stato già accennato, è attribuita al Controllo del Settore Vitivinicolo, destinandovi una parte rilevante delle risorse umane e materiali disponibili da parte dell’Organismo, visto il peso che esso assume nel comparto agroalimentare nazionale, avuto riguardo non solo alla quantità, ma anche qualità delle produzioni e del numero di operatori interessati. Durante il periodo vendemmiale, cioè il momento che rappresenta l’occasione più allettante per la sofisticazione dei vini, considerata soprattutto la quantità di operazioni effettuate in un periodo di tempo abbastanza ridotto, l’attività di controllo viene intensificata. Il fine è sempre quello di assicurare il pieno rispetto delle norme, sia nazionali che europee, poste a salvaguardia della genuinità23. In particolare, vengono effettuati controlli per garantire il rispetto delle rese per ettaro, per quanto concerne i vini IGT e a denominazione di origine; vengono svolti altresì accertamenti per verificare se gli eventuali “arricchimenti” dei prodotti a monte del vino (mosto o mosto parzialmente fermentato) siano effettuati nel rispetto delle norme vigenti. Nella vasta gamma dei mezzi predisposti per prevenire o, quanto meno, rendere più difficile il compimento delle frodi, rientrano anche i controlli svolti dagli addetti alla vigilanza per garantire il rispetto del divieto di detenere nelle cantine ovvero nei locali ove si lavorano o detengono prodotti vinosi, sostanze zuccherine, alcol, antifermentati23

Raffaele Lorenzetto

Particolare attenzione viene posta, poi, al controllo amministrativo delle documentazioni, in quanto, a volte, i sofisticatori tendono a “legalizzare” carichi di prodotti inesistenti o ottenuti con frode (ad esempio, vini generici presentati in etichetta come vini a DO). L’esame approfondito delle dichiarazioni di produzione, nonché l’istituzione dello schedario viticolo e la dotazione agli Uffici repressione frodi di apparecchiature informatiche per l’acquisizione e la gestione dei dati relativi a ciascuna azienda vitivinicola, consentono di effettuare controlli incrociati e di individuare facilmente abusi. Anche il controllo dei vari registri risulta quanto mai utile per combattere le frodi vinicole, in quanto attraverso l’esame dei documenti in questione è possibile accertare la regolarità dei movimenti aziendali, nonché delle varie operazioni di cantina24. vi o altre sostanze atte a sofisticare i vini. Spesso vengono effettuati blocchi stradali per controllare i prodotti in circolazione. Il personale addetto ai controlli è dotato di u contrassegno di stato, che lo abilita a fermare i veicoli di ogni specie (Art. 10, Legge 462/1986 e Dm 11.09.1997). 24 Il 2017 rappresenta un anno di svolta per quanto riguardo la tenuta dei Registri delle operazioni di cantina, stiamo assistendo, infatti, alla dematerializzazione dei registri nel settore vitivinicolo ai sensi dell’art. 1 bis, comma 6 del D.L. 91/2014. Quando il sistema sarà entrato in funzione, le operazioni di carico e scarico verranno inserite nel sistema ed inviate direttamente al Mipaaf, favorendo quindi i controlli, una visione più unitaria della produzione nazionale e l’individuazione di eventuali anomalie. Il problema ad oggi (marzo 2017) è

307


Osservatorio normativo

Sono, altresì, oggetto di attento esame anche la presentazione dei prodotti nella pubblicità che viene effettuata tramite i mass-media, nonché le etichette applicate sui recipienti contenenti vini, al fine di impedire che il consumatore sia tratto in confusione sulla natura, origine e qualità del prodotto, attraverso una pubblicità ingannevole o mediante indicazioni non veritiere. Ai sensi dell’articolo 146 del Regolamento (UE) n. 1308/2013, il Mipaaf è designato quale autorità nazionale competente incaricata di controllare l’osservanza delle norme dell’Unione Europea nel settore vitivinicolo. Il Ministero designa i laboratori autorizzati

a eseguire le analisi ufficiali nel settore vitivinicolo, i quali devono soddisfare i requisiti generali per il funzionamento dei laboratori di prova contenuti nella norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025:200525. Il sistema si completa efficacemente con l’attività di vigilanza, prevalentemente nella fase del commercio, svolta, anche dai Consorzi di Tutela, così come recentemente disciplinata, per il settore vitivinicolo, dal c.d. “Testo Unico della Vite e del Vino”26, e dagli Organismi di certificazione e controllo, istituiti a norma dell’art. 27 del Reg. CE 834/07, che esercitano fondamentali funzioni di controllo in vigneto e in cantina.

308

rappresentato dal fatto che i vecchi registri cartacei, dal 1° gennaio 2017, hanno perso ogni validità ed il termine per effettuare i primi invii attraverso il nuovo sistema telematico continua ad essere prorogato, causa di ciò sono i numerosi problemi tecnici incontrati dagli operatori del settore per il suo utilizzo. Ci troviamo, quindi, in un periodo di transizione che potrebbe favorire il diffondersi di frodi e complicare, almeno momentaneamente, il lavoro dell’ICQRF.

Art. 62, Legge 12 dicembre 2016, n. 238 “Disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino”. 26 Art. 41, Legge 12 dicembre 2016, n. 238. 25


approfondimenti

Come cambierà il dispositivo europeo antiriciclaggio alla luce del recentissimo Action Plan lanciato dalla Commissione?*

Marco Letizi

Sommario: 1. Inquadramento giuridico del sistema europeo antiriciclaggio. – 2. Action Plan della Commissione Europea del 7 maggio 2020. – 3. Le principali novità introdotte dal Piano d’azione della Commissione Europea.

1. Inquadramento giuridico del sistema europeo antiriciclaggio Il Piano di Azione pubblicato dalla Commissione Europea il 7 maggio 20201 completa una prolifica produzione normativa dell’Unione, che si fonda sulle ben note tre Direttive antiriciclaggio, emanate nel giro di quattro anni (la sesta direttiva, deve ancora essere trasposta nell’ordinamento nazionale, i Pa-

esi membri hanno tempo sino a dicembre 2020). A questo nucleo centrale, si aggiungono alcune recenti direttive, che rafforzano taluni aspetti del dispositivo complessivo di contrasto dell’Unione. In particolare, la Direttiva n. 2019/878 del 20 maggio 20192, in materia di rafforzamento della cooperazione tra le autorità e gli organismi responsabili del rispetto delle norme antiriciclaggio e le

Cfr. Direttiva (UE) 2019/878 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 maggio 2019 che modifica la direttiva 2013/36/ UE per quanto riguarda le entità esentate, le società di partecipazione finanziaria, le società di partecipazione finanziaria mista, la remunerazione, le misure e i poteri di vigilanza e le misure di conservazione del capitale. 2

Il documento è presente nella sezione Appendice di questo fascicolo. 1 Communication from the Commission “on a Action Plan for a comprehensive Union policy on preventing money laundering and terrorist financing” del 7 maggio 2020. *


approfondimenti

310

autorità competenti responsabili dell’autorizzazione e della vigilanza prudenziale presso gli enti creditizi e gli istituti finanziari e che consolida il ruolo dell’Autorità Bancaria Europea (ABE) nella sua attività di vigilanza in materia di compliance e di intensificazione della cooperazione su temi afferenti all’antiriciclaggio e di finanziamento al terrorismo; la Direttiva n. 2019/1153 del 20 giugno 20193 (che dovrà essere trasposta dagli Stati membri entro il 1 agosto 2021), che faciliterà l’accesso ai registri centralizzati dei conti bancari e dei conti di pagamento da parte delle autorità degli Stati membri impegnate nella lotta al riciclaggio e, infine, la Direttiva n. 2019/1937 del 23 ottobre 20194, in materia di whistleblowing, che introduce una serie di misure poste a protezione delle persone che lavorano in determinati settori, pubblici o privati, e che rendono note violazioni del diritto dell’Unione afferenti al loro contesto lavorativo. A rafforzare l’articolato dispositivo di contrasto, la Com-

Direttiva (UE) 2019/1153 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 che reca disposizioni per agevolare l’uso di informazioni finanziarie e di altro tipo a fini di prevenzione, accertamento, indagine o perseguimento di determinati reati, e che abroga la decisione 2000/642/ GAI del Consiglio. 4 Direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2019 riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione. 3

missione ha pubblicato, il 24 luglio 2019, un pacchetto di comunicazioni5 che stabiliscono una serie di misure che tentano di mitigare i punti di debolezza del sistema europeo antiriciclaggio e che evidenziano la necessità di una migliore implementazione e armonizzazione delle norme esistenti anche mediante l’introduzione di un regolamento europeo, l’interconnessione di database centralizzati relativi alle informazioni sui conti correnti bancari, la previsione di istituire un organismo europeo con compiti di vigilanza in materia di antiriciclaggio e di finanziamento del terrorismo nel settore finanziario e un organismo di coordinamento e supporto delle attività delle Unità d’Informazione Finanziaria degli Stati membri.

2. Action Plan della Commissione Europea del 7 maggio 2020 La Commissione Europea ha ulteriormente consolidato il sistema di contrasto al riciclaggio e finanziamento del terrorismo, con l’obiettivo di sovrintendere e coordinare le norme europee nello specifico settore, nonché di superare gli esistenti elementi di criticità che indeboliscono il siste Cfr. Communication from the Commission to the European Parliament and the Council “Towards better implementation of the EU’s anti-money laundering and conutering the financing of terrorism framework” (24 luglio 2019). 5


Come cambierà il dispositivo europeo antiriciclaggio

ma normativo nel suo complesso. È quanto prevede il Piano d’Azione della Commissione, pubblicato lo scorso 7 maggio, contenente misure volte a contrastare più efficacemente tali fenomenologie criminali, concepito in risposta alla risoluzione del Parlamento Europeo del 19 settembre 20196, che sollecitava la Commissione ad una maggiore incisività delle misure antiriciclaggio a livello europeo e ad un veloce recepimento delle direttive già emanate da parte degli Stati membri e della posizione assunta da Ecofin il 5 dicembre 20197, che invitava la Commissione ad esplorare azioni volte ad un rafforzamento del vigente apparato normativo.

3. Le principali novità introdotte dal Piano d’azione della Commissione Europea Anzitutto, viene previsto il monitoraggio della corretta implementazione della IV e V direttiva da parte degli Stati membri. Al riguardo, la Commissione sta completando uno studio sull’effettiva applicazione della IV direttiva, che verrà ultimato a metà del 2021 e i cui risultati verranno Risoluzione del Parlamento europeo del 19 settembre 2019 sullo stato di attuazione della legislazione antiriciclaggio dell’Unione (2019/2820(RSP). 7 Cfr. conclusioni sulle priorità strategiche in materia di antiriciclaggio e di contrasto del finanziamento del terrorismo del Consiglio dell’Unione Europea del 5 dicembre 2019. 6

compendiati in una specifica relazione della Commissione. Con riferimento al recepimento della V direttiva, la Commissione ha già lanciato una serie di procedure di infrazione contro gli Stati membri che si sono resi inadempienti circa l’obbligo di comunicare le relative misure di attuazione. La seconda novità riguarda l’ipotesi di rendere immediatamente applicabili, sotto forma di regolamento, le norme europee concernenti la lista dei soggetti obbligati, i requisiti dell’adeguata verifica della clientela, i controlli interni, la segnalazione di operazioni sospette, i meccanismi relativi all’accesso alle informazioni sui conti correnti bancari e titolari effettivi contenuti nei database centralizzati e una più armonizzata procedura di identificazione dei soggetti PEP. La terza novità, in realtà già anticipata nel pacchetto di comunicazioni del 24 luglio 2019, riguarda l’istituzione di un organismo europeo di supervisione, avente competenza su tutti i settori di rischio (finanziari e non finanziari), con il compito di integrare e supportare direttamente i sistemi di vigilanza nazionali, garantire l’applicazione armonizzata delle norme dell’Unione in materia di antiriciclaggio e di finanziamento del terrorismo, assicurare un costante flusso informativo concernente le vigenti procedure di compliance e le principali lacune nel sistema ed intensificare il coordinamento con le autorità di vigilanza dei Paesi terzi. Il Piano di Azione delinea, altresì, un’ipotesi

Marco Letizi

311


approfondimenti

312

alternativa, prevedendo che l’organismo di supervisione europeo possa avere una responsabilità diretta sul settore finanziario e indiretta sul settore non finanziario, ovvero limitata al solo settore finanziario. La Commissione precisa che i compiti di supervisione a livello europeo potrebbero essere affidati ad una Agenzia di nuova istituzione oppure all’Autorità Bancaria Europea, il cui ruolo è stato di recente rafforzato dalla Direttiva n.2019/878 del 20 maggio 20198. Ulteriore novità riguarda la previsione di istituire un organismo di coordinamento e supporto al sistema delle UIF nazionali, con una particolare attenzione all’individuazione di operazioni sospette aventi una dimensione transazionale e allo sviluppo di analisi congiunte relative a casi transfrontalieri. Nel Piano di Azione si ipotizza di affidare detto ruolo di supporto e coordinamento ad una Agenzia Europea già esistente, come ad esempio la piattaforma europea delle UIF, o ad un indipendente organismo di nuova istituzione. Il Piano di Azione si concentra, altresì, sul rafforzamento della cooperazione giudiziaria e di polizia

Direttiva (UE) 2019/878 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 maggio 2019 che modifica la direttiva 2013/36/UE per quanto riguarda le entità esentate, le società di partecipazione finanziaria, le società di partecipazione finanziaria mista, la remunerazione, le misure e i poteri di vigilanza e le misure di conservazione del capitale.

a livello europeo, mediante l’introduzione di nuove norme atte a rendere più speditiva l’individuazione, il sequestro e la confisca degli asset criminali a livello europeo9, l’istituzione del Centro Europeo per i crimini economici e finanziari istituito presso Europol10, la realizzazione di un nuovo network operativo in materia di antiriciclaggio (AMON), che faciliterà le indagini finanziarie transfrontaliere tra le competenti autorità e, infine, l’Ufficio del Procuratore Europeo competente in materia di reati contro le frodi in danno del bilancio dell’Unione Europea (operativo dalla fine del 2020). Infine, la Commissione delinea una nuova metodologia di identificazione dei Paesi terzi, aventi deficienze strategiche nei rispettivi regimi antiriciclaggio e di finanziamento al terrorismo che si basa sull’interazione tra l’Unione e il GAFI nel processo di elaborazione delle liste, sulla consultazione degli esperti nei Paesi membri e su una maggiore interlocuzione con i Paesi terzi da svilupparsi in cooperazione con il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE). Quale membro del GAFI, la Commissione continuerà a tenere conto delle raccomandazioni del GAFI per affrontare i rischi deri-

8

Cfr. Regolamento (UE) 2018/1805 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 14 novembre 2018 relativo al riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e di confisca. 10 L’istituzione dell’organismo cui si fa riferimento è stata ufficializzata da Europol il 5 giugno 2020. 9


Come cambierà il dispositivo europeo antiriciclaggio

vanti dalle operazioni che coinvolgono i Paesi terzi pur tuttavia ritenendo anche la capacità di applicare misure adeguate indipendentemente dalle raccomandazioni adottate dal GAFI. In tale contesto, l’individuazione dei menzionati due nuovi organismi europei, rispettivamente, di supervisione e di coordinamento e supporto al sistema delle UIF nazionali, potrebbero essere funzionali a mitigare il rischio derivante dai Paesi terzi attraverso l’adozione di opportune misure in capo ai soggetti obbligati, in relazione al tipo e gravità delle deficienze strategiche dei sistemi antiriciclaggio di quei Paesi. Nell’ambito delle misure volte a gestire i rischi derivanti dai rapporti con i Paesi terzi, il Piano di Azione della Commissione individua anche uno strumento di assistenza tecnica in favore dei Paesi terzi volto a migliorare la loro capacità di individuare e superare gli elementi di criticità dei loro sistemi nazionali antiriciclaggio e di finanziamento al terrorismo. I Paesi terzi che sono stati inseriti nella lista: Bahamas, Barbados, Botswana, Cambogia, Ghana, Giamaica, Mauritius, Mongolia, Myanmar, Nicaragua, Panama e Zimbawe. I Paesi terzi che sono stati esclusi dalla lista: Bosnia- Herzegovina, Etiopia, Guyana, Repubblica Democratica di Lao, Sri Lanka e Tunisia. La lista aggiornata dei Paesi a rischio, adottata dalla Commissione con un regolamento

delegato, dovrà essere recepita dai Paesi membri dal 1° ottobre 2020. In ultima analisi, la Commissione europea rivendica un ruolo di maggiore incisività e autonomia a livello globale nella lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo, anche in ragione del nuovo rafforzato sistema di contrasto sempre più proiettato in una dimensione transnazionale. In tal senso, la Commissione sottolinea la necessità di rappresentare l’Unione Europea, a livello globale, in materia di contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo, in linea con le disposizioni del Trattato. Un passo significativo in questa direzione sarebbe quello di assumere una posizione unica anche all’interno del GAFI, ipotizzando di poter avocare a sé la funzione di coordinamento delle posizioni degli Stati Membri dell’Unione Europea che sono anche Paesi membri del GAFI.

Bibliografia Communication from the Commission “on a Action Plan for a comprehensive Union policy on preventing money laundering and terrorist financing” del 7 maggio 2020. h t t p s : // e c . e u r o p a . e u / i n f o / publications/200507-anti-money-laundering-terrorism-financing-action-plan_en Direttiva (UE) 2019/878 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 maggio 2019 che modifica la direttiva 2013/36/ UE per quanto riguarda le entità esentate, le società di partecipazione finanziaria, le società di partecipazione finanziaria mista, la remunerazione, le misure e i poteri

Marco Letizi

313


approfondimenti

314

di vigilanza e le misure di conservazione del capitale. Direttiva (UE) 2019/1153 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 che reca disposizioni per agevolare l’uso di informazioni finanziarie e di altro tipo a fini di prevenzione, accertamento, indagine o perseguimento di determinati reati, e che abroga la decisione 2000/642/ GAI del Consiglio. Direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2019 riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione. Communication from the Commission to the European Parliament and the Council “Towards better implementation of the EU’s anti-money laundering and conutering the financing of terrorism framework” (24 luglio 2019) https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/ communication_from_the_commission_ to_the_european_parliament_towards_ better_implementation_of_the_eus_antimoney_laundering_and_countering_the_ financing_of_terrorism_framework.pdf Report from the Commission to the European Parliament and the Council on the assessment of the risk of money laundering and terrorist financing affecting the internal market and relating to cross-border activities (24 luglio 2019). h t t p s : //o p . e u r o p a . e u /e n /p u b l i c a tion-detail/-/publication/0b2ecb04aef4-11e9-9d01-01aa75ed71a1/language-en Report from the Commission to the European Parliament and the Council assessing the framework for cooperation between Financial Intelligence Units (24 luglio 2019)

https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/ report_assessing_the_framework_for_financial_intelligence_units_fius_cooperation_with_third_countries_and_obstacles_and_opportunities_to_enhance_cooperation_between_financial_intelligence_units_with.pdf Report from the Commission to the European Parliament and the on the interconnection of national centralised automated mechanisms (central registries or central electronic data retrieval systems) of the Member States on bank accounts (24 luglio 2019) h t t p s : //o p . e u r o p a . e u / i t / p u b l i c a tion-detail/-/publication/0927d773aef4-11e9-9d01-01aa75ed71a1/languageen/format-PDF/source-118105366 Risoluzione del Parlamento europeo del 19 settembre 2019 sullo stato di attuazione della legislazione antiriciclaggio dell’Unione [2019/2820 (RSP)]. Conclusioni sulle priorità strategiche in materia di antiriciclaggio e di contrasto del finanziamento del terrorismo del Consiglio dell’Unione Europea del 5 dicembre 2019. Direttiva (UE) 2019/878 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 maggio 2019 che modifica la direttiva 2013/36/ UE per quanto riguarda le entità esentate, le società di partecipazione finanziaria, le società di partecipazione finanziaria mista, la remunerazione, le misure e i poteri di vigilanza e le misure di conservazione del capitale. Regolamento (UE) 2018/1805 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 14 novembre 2018 relativo al riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e di confisca.


approfondimenti

Riciclaggio, Money muling e The Onion Router: l’attività di polizia al tempo delle cripto-valute e del Dark web

Filippo Bosi

Commissario della Polizia di Stato

Sommario: 1. Una forma moderna di riciclaggio, i c.d Money mules. – 2. Riciclaggio e cripto-valute. – 3. Dark web e TOR, il riciclaggio a portata di click. – 4. Attività operativa e cooperazione internazionale. – 5. Conclusioni.

1. Una forma moderna di riciclaggio, i c.d Money mules L’Enciclopedia Treccani definisce il riciclaggio come l’“impiego in attività economiche o finanziarie lecite dei profitti realizzati mediante condotte delittuose (sequestro di persona, traffico di sostanze stupefacenti, usura, ecc.) o comunque illecite1”. In termini simili il codice penale italiano, ai sensi dell’art. 648 bis, dispone che “chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identifica Per la definizione v. http://www.treccani.it/vocabolario/riciclaggio/. 1

zione della loro provenienza delittuosa, è punito (…)”. Com’è noto, alla fattispecie originaria si sono affiancate nel corso del tempo delle nuove formule di reato, tendenzialmente riconducibili alle caratteristiche fondamentali del medesimo illecito. Basti pensare all’impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (648-ter c.p.), all’autoriciclaggio (648-ter.1 cp) o al trasferimento fraudolento di valori (512-bis cp., inserito dall’art. 4, comma 1, lett. b), D.Lgs. 1° marzo 2018, n. 21). Al di là di queste ipotesi codificate, la condotta di riciclaggio può declinarsi secondo dei modelli piuttosto complessi elaborati dalla prassi criminale internazionale.


approfondimenti

316

Tra questi, le autorità di law enforcement si sono interessate in particolare dell’attività dei c.d. money mules. Si definisce money mule un soggetto che, consapevolmente (perché membro di un’organizzazione criminale, o perché in stato di bisogno) o inconsapevolmente (perché attratto da false offerte di lavoro pubblicate sul web), offre la propria identità per l’apertura di conti correnti, carte di credito e altri strumenti di pagamento, sui quali vengono poi accreditate somme di denaro ricavate da attacchi informatici e finanziari. Per comprendere la rilevanza del fenomeno, basti pensare che l’operazione “EMMA 5”, condotta dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni e conclusasi nel dicembre del 2019, ha portato all’identificazione di 170 money mules su tutto il territorio nazionale, responsabili di 374 transazioni fraudolente per un totale di oltre 10 milioni di euro2. È opportuno evidenziare che, anche se costoro non sono direttamente coinvolti nei crimini che generano denaro (criminalità informatica, pagamenti e frodi online, droghe, traffico di esseri umani, ecc.), sono comunque dei complici, poiché riciclano i proventi di tali crimini. Semplificando, essi aiutano le organizzazioni criminali a rimanere anonime nonostante lo sposta-

Sull’operazione v. https://www.poliziadistato.it/articolo/385deb76d55b5 7d442129245. 2

mento di ingenti somme di denaro in tutto il mondo. I money mules, infatti, a differenza delle loro controparti nel commercio di droga, non trasportano beni illeciti oltre un confine fisico. Essi, prendono parte alle attività di riciclaggio ricevendo e trasferendo il denaro ottenuto illegalmente tra conti bancari e/o Stati diversi. I reclutatori di tali soggetti inventano modi sempre più ingegnosi per attirare dei candidati3. Capita che i criminali ingaggino su siti di incontri online, persuadendo le loro vittime ad aprire conti bancari per inviare o ricevere fondi. Anche l’utilizzo dei social media si presta a reclutare nuovi complici, attraverso annunci online che pubblicizzano un profitto semplice e rapido. Questa tecnica è particolarmente popolare quando si tratta di prendere di mira studenti e giovani. I soggetti più appetibili sono coloro che si siano trasferiti da poco in un nuovo Stato, i disoccupati e, in generale, le persone in difficoltà economica. Sotto il profilo anagrafico, gli obiettivi più probabili sono le persone di età inferiore ai 35 anni ma, di recente, le associazioni crimi-

Quanto alle modalità di reclutamento v. 228 arrests and over 3800 money mules identified in global action against money laundering, in Europol Press, 4 dicembre 2019, https://www.europol.europa.eu/newsroom/news/228-arrests-andover-3800-money-mules-identified-inglobal-action-against-money-laundering. 3


Riciclaggio, Money muling e The Onion Router

nali hanno iniziato a reclutare anche soggetti più giovani (dai 12 ai 21 anni)4. Per aumentare la consapevolezza in merito a questo tipo di frode, la campagna di sensibilizzazione “#DontbeaMule” è stata sostenuta da tutti gli Stati europei5. Oltre il 90% delle transazioni imputabili ai money mules sono collegate al crimine informatico6. Il denaro illegale proviene spesso da attività illecite come il phishing, gli attacchi di malware, le frodi nelle aste online, le truffe in e-commerce e molte altre. I c.d. cyber-criminali tentano di ridurre la tracciabilità del denaro ricavato dalle attività illecite. I trasferimenti dei profitti, infatti, lasciano delle tracce che possono essere usate dalle forze dell’ordine per risalire ai criminali. Per evitare che ciò avvenga, si è diffusa la prassi di ricorrere a degli specialisti del Dark web (vd. infra) che offrono appositi servizi di money muling. Un cyber-criminale, evidentemente, non può andare in banca a ritirare il denaro che ha rubato a una vittima. Per questo motivo

Dati tratti da https://www.europol.europa.eu/activities-services/public-awareness-and-prevention-guides/money-muling. 5 Per un approfondimento v. https:// www.intesasanpaolo.com/it/notizie/all/ avvisi/03069/2018/dicembre/dont-be-amule.html. 6 Dati dratti da https://www.europol.europa.eu/activities-services/public-awareness-and-prevention-guides/money-muling. 4

Filippo Bosi

si ricorre a un money mule con il compito di facilitare lo spostamento delle somme dal conto dove sono state depositate alla piattaforma dove operano gli hacker specializzati nelle attività di “pulizia”. Questi “servizi di pulizia7” sono quelli che consentono la rimozione delle tracce lasciate dal denaro. Le cripto-monete (vd. infra) sono comunemente utilizzate a tal fine, peraltro il money mule può convertire quanto rubato da una cripto-moneta a un’altra, complicando ulteriormente le attività di indagine. Egli può anche comprare dei prodotti con quel denaro, per poi rivenderli rendendo il ricavato “pulito” ai cyber-criminali. Questo iter criminis è una delle ragioni per le quali è talvolta particolarmente difficile recuperare il denaro sottratto.

2. Riciclaggio e cripto-valute Per proseguire nella trattazione, sembra opportuno soffermarsi sulle cripto-monete, evidenziandone sommariamente alcune caratteristiche. Sulla base delle dichiarazioni della Banca Centrale Europea8, del documento di discussione della Task force sull’azione finan-

Per un’esauriente trattazione del tema v. E. Ozkaya, R. Islam, Inside the Dark Web, in CRC Press, 2019. 8 https://www.ecb.europa.eu/pub/pdf/ other/virtualcurrencyschemes201210en. pdf.

7

317


approfondimenti

318

ziaria del GAFI9 e della relazione del Fondo Monetario Internazionale10, ci sono quattro tipi di valute virtuali: – Centralizzate; – Decentralizzate; – Aperte o convertibili; – Chiuse o non convertibili. La differenza principale tra le valute virtuali centralizzate e decentralizzate è l’esistenza di un amministratore. Negli schemi centralizzati esiste un’entità centrale che ha il controllo del sistema – compresa l’emissione – mentre nel sistema decentralizzato non è necessario un amministratore, grazie alla rete peer-to-peer e a l’utilizzo di un algoritmo open source. Le valute virtuali aperte (convertibili) hanno un valore equivalente in valuta statale e possono essere scambiate molto facilmente. Bitcoin, Litecoin, Ethereum, Monero, Zcash, Dash e Second Life Linden Dollar sono convertibili. Le valute virtuali chiuse (non convertibili) possono essere utilizzate all’interno di determinate comunità virtuali ma non possono essere scambiate direttamente con una valuta statale, per es. World of Warcraft Gold e Q-Coin. Il Bitcoin11 è attualmente la valuta virtuale decentralizzata più utilizzata.

http://www.fatf-gafi.org/media/fatf/ documents/reports/Virtual-currency-keydefinitions-and-potential-aml-cft-risks.pdf. 10 https://www.imf.org/external/pubs/ft/ sdn/2016/sdn1603.pdf. 11 Per un approfondimento v. https://bitcoin.org/bitcoin.pdf. 9

Ci sono molti luoghi in tutto il mondo in cui queste cripto-monete sono accettate. Ad esempio, in Polonia è possibile acquistare dei biglietti aerei, in Svizzera si possono comprare dei biglietti per treni e autobus e nel Regno Unito diversi studi legali li accettano12. A causa del metodo di lavoro decentralizzato, ogni transazione è visibile sulla blockchain del Bitcoin e ci sono diversi siti per il monitoraggio delle transazioni, come: www.blockchain.info. Ciò significa che la cripto-valuta non è anonima, ma pseudonima: ci sono, infatti, dei servizi a pagamento che possono mostrare la storia di qualsiasi Bitcoin. Sapendo questo fatto, i criminali riciclano le monete virtuali. A tale scopo, usano mixer, miscelatori o siti di gioco online, che possono nascondere il percorso dei Bitcoin. Questi possono, altresì, essere riciclati tramite la commutazione in un’altra valuta virtuale. I servizi di miscelazione (tumbler) mescolano le somme di cripto-valuta potenzialmente identificabili con delle altre, in modo da oscurare le loro tracce di provenienza. Tali meccanismi sono nati per aumentare l’anonimato delle cripto-monete, poiché esse, in quanto tali, consentirebbero di risalire a tutte le transazioni che le hanno interessate.

A tal proposito, v. https://coinmap. org/.

12


Riciclaggio, Money muling e The Onion Router

I miscelatori prendono una commissione di transazione percentuale sul totale delle monete mescolate, in genere dall’1 al 3%13. Tramite numerose operazioni delle forze dell’ordine europee è stato possibile comprendere a pieno la rilevanza del ruolo delle cripto-monete nelle attività di riciclaggio. Così, per esempio, nell’operazione “Tulipan Blanca”, coordinata da Europol e condotta dalla Guardia Civil spagnola, con il sostegno delle autorità finlandesi e degli USA, si è individuato un gruppo criminale dedito al riciclaggio del denaro guadagnato da altre associazioni impegnate nella vendita di sostanze stupefacenti, tramite l’utilizzo di carte di credito e cripto-valute14. L’organizzazione criminale, con sede in Spagna, utilizzava il sistema di cambio finlandese per convertire i loro proventi illeciti in Bitcoin, per poi commutare la cripto-valuta in pesos colombiani da depositare su conti bancari colombiani nello stesso giorno. I criminali raccoglievano i proventi illeciti in contanti, suddividendoli in piccole quantità da depositare in centinaia di conti Sulle commissioni di transazione, v. https://scramblerz.com/bitcoin-tumblerservices/. 14 Sull’operazione v. Illegal network used cryptocurrencies and credit cards to launder more than eur 8 million from drug trafficking, in Europol Press, 9 aprile 2018, https://www.europol.europa.eu/newsroom/news/illegal-network-used-cryptocurrencies-and-credit-cards-to-launder-more-eur-8-million-drug-trafficking. 13

Filippo Bosi

bancari riconducibili a terzi: un metodo criminale noto con il nome di “smurfing15”. Le indagini hanno dimostrato che i sospettati hanno depositato oltre 8 milioni di euro, utilizzando 174 conti bancari localizzati in diversi Stati. Ancora, in un’altra operazione Europol ha sostenuto nuovamente la Guardia Civil spagnola e la Polizia nazionale della Colombia per smantellare due organizzazioni criminali coinvolte nel riciclaggio di denaro su vasta scala. Si stima che 2,5 milioni di euro siano stati riciclati utilizzando diversi metodi, come lo smurfing e gli scambi in cripto-valuta16. Europol ha supportato l’operazione facilitando lo scambio di informazioni e inviando quattro 319 15 “Lo smurfing consiste nell’effettuare versamenti o operazioni di cambio regolari e ripetute in relazione a somme di denaro legate tra di loro e al di sotto della soglia fissata per l’identificazione. Con questa tecnica si mira ad evitare qualsiasi monitoraggio delle operazioni bancarie. In genere lo smurfing si realizza attraverso la rete dei money transfer, un sistema di invio di denaro, che si sovrappone, se non si sostituisce completamente, ai canali finanziari ufficiali. Viene utilizzato soprattutto dai lavoratori stranieri emigrati nei paesi più ricchi per trasferire disponibilità alle famiglie rimaste a casa.” Definizione tratta da https://argomenti.ilsole24ore.com/parolechiave/smurfing.html?refresh_ce=1. 16 Sull’operazione v. “Two criminal groups dismantled for laundering eur 2.5 million through smurfing and cryptocurrencies”, Europol Press, 11 luglio 2018, https://www. europol.europa.eu/newsroom/news/twocriminal-groups-dismantled-for-laundering-eur-25-million-through-smurfingand-cryptocurrencies.


approfondimenti

320

esperti in Spagna dotati di un ufficio mobile e di un dispositivo universale di estrazione forense (UFED). L’organizzazione criminale spagnola ha utilizzato gli scambi in cripto-valuta per convertire grandi quantità di denaro contante in Bitcoin e Altcoin, trasferendoli successivamente in altri portafogli virtuali controllati dal gruppo colombiano, permettendo il ritorno dei proventi illeciti in Sud America e nascondendo così l’origine illecita del denaro. Infine, pare opportuno citare l’operazione condotta dal Servizio di Informazione e Investigazione Fiscale olandese (FIOD), in stretta collaborazione con Europol e le autorità lussemburghesi, con cui è stato smantellato il servizio di mixer di cripto-valuta, leader a livello mondiale, Bestmixer.io17. L’indagine, avviata nel giugno 2018 dal FIOD, con il supporto della società di sicurezza Internet McAfee, ha portato al sequestro di sei server nei Paesi Bassi e in Lussemburgo. Bestmixer.io è stato uno dei tre più importanti servizi di mixer per cripto-valute, interessando Bitcoin, Bitcoin cash e Litecoin. L’attività della piattaforma è iniziata a maggio 2018 e ha raggiunto un fatturato di almeno 200

Sull’operazione v. “multi-million euro cryptocurrency laundering service Bestmixer.io taken down”, Europol Press, 22 maggio 2019, https://www.europol.europa.eu/ newsroom/news/multi-million-euro-cryptocurrency-laundering-service-bestmixerio-taken-down. 17

milioni di dollari, garantendo l’anonimato dei clienti.

3. Dark web e TOR, il riciclaggio a portata di click Dal quadro sopra descritto emerge la necessità per le forze dell’ordine di approfondire costantemente le caratteristiche delle minacce criminali che si muovono nella realtà digitale. In particolare, l’ambito che più si presta ad accogliere le attività illecite è quello del c.d. Dark web. Internet è diviso in tre parti distinte18: – Surface web (open web o clear web): la parte di Internet che normalmente utilizziamo; – Deep web: la maggior parte di Internet, i cui contenuti non sono indicizzati dai motori di ricerca standard; – Dark web: la parte meno accessibile di Internet, che richiede un software speciale per navigarvi. Il Dark web è una piccola porzione del Deep web che è stata intenzionalmente nascosta. Alcune parti sono inaccessibili tramite browser web e motori di ricerca standard ed è necessario utilizzare software, configurazioni o tipi di autorizzazione particolari (ad esempio Tor, Freenet o I2P). Anche se supporta alcune iniziative legali, esso è più noto per le attività illecite che si svolgono

Sulla tripartizione v. https://www.certpa.it/glossario/deep-dark-web/.

18


Riciclaggio, Money muling e The Onion Router

Filippo Bosi

al suo interno, a causa dell’anonimato che offre agli utenti. A tal proposito lo IOCTA (Internet Organised Crime Threat Assessment) 2019 di Europol afferma che “Il Dark web rimane il fattore online chiave per lo scambio di una vasta gamma di prodotti e servizi criminali ed è una minaccia prioritaria per le forze dell’ordine19”. Il router Onion20 (The Onion Router) è una rete open source che si basa su un protocollo noto come “onion routing”, utilizzato per la comunicazione anonima tra computer. Tor è la più grande piattaforma utilizzata nel Dark web. È possibile navigare all’interno di questa rete peer-to-peer utilizzando un browser web specifico chiamato “Tor Browser21”. Questo offre la possibilità di ospitare pagine e navigare su Internet in modo anonimo, all’interno di un vasto spazio di indirizzi noto come “servizi nascosti”. I siti web, i forum e i mercati online criminali sono comunemente definiti “servizi nascosti”. Gli utenti della rete Tor possono visitare qualsiasi sito web nascosto a un indirizzo “onion”. Questi indirizzi non sembrano URL ordinari, sono composti da una stringa dall’aspetto casuale di 16 o 56 caratteri seguita da “onion”.

I Bitcoin sono impiegati in tutti gli scambi nei servizi nascosti di Tor, spesso utilizzando forme di “deposito a garanzia” di terze parti per compensare l’anonimato delle transazioni. Il deposito a garanzia è un servizio online che detiene un pagamento in Bitcoin per le due parti coinvolte in una determinata transazione, rendendo le somme effettivamente disponibili solo nel momento in cui vengano rispettati tutti i termini dell’accordo tra i contraenti. Tor consente ai criminali di acquistare Bitcoin in modo anonimo con moneta statale rubata o di provenienza illecita. In tal modo è possibile nascondere le somme alle forze dell’ordine e alle autorità fiscali. Sarà poi possibile usare questi Bitcoin per acquistare beni o scambiarli con euro o dollari, senza mai rivelare il proprio indirizzo IP22. Per meglio comprendere la pericolosità del fenomeno è bene evidenziare che, purtroppo, navigare nel Dark web è molto semplice. Una volta scaricato il browser di Tor si noterà come le funzionalità siano piuttosto similari a quelle di Firefox. Sulla sinistra c’è una piccola icona che appare come una cipolla verde, cliccando su di essa sarà possibile cambiare le impostazioni di sicu-

Per leggere lo IOCTA 2019 v. https:// www.europol.europa.eu/iocta-report. 20 https://www.torproject.org/. 21 https://www.torproject.org/projects/ torbrowser.html.en.

Per un approfondimento v. K. Singh, The New Wild West: Preventing Money Laundering in the Bitcoin Network, in Northwestern Journal of Technology and Intellectual Property, 2015.

19

22

321


approfondimenti

rezza rendendo anonima la propria connessione. Fatto ciò si potrà accedere a uno dei maggiori motori di ricerca sul Dark web, come Torch, e cercare “Laundry” o “Mixer” per reperire delle piattaforme Torbased che offrano dei servizi di riciclaggio online23.

4. Attività operativa e cooperazione internazionale

322

Le difficoltà investigative che vengono poste dalle nuove tecnologie, tuttavia, non hanno impedito alle forze di polizia nazionali e agli enti di cooperazione internazionale di predisporre un novero di strumenti e di organismi per far fronte alle minacce sopra descritte. L’efficacia dell’apparato di polizia, del resto, è suffragata dalle operazioni che sono state in precedenza citate, dove si è dimostrata la capacità delle forze dell’ordine di reprimere fenomeni criminali quanto mai complessi e articolati. A livello nazionale, deve evidenziarsi la rilevanza del lavoro svolto dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni24 che rappresenta una realtà di alto profilo tecnico, capa-

Per una più ampia trattazione v. N. Furneaux, Investigating Cryptocurrencies: Understanding, Extracting, and Analyzing Blockchain Evidence, 2018. 24 Per approfondire le attività svolte dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni, v. https://www.poliziadistato.it/articolo/23393.

ce di interfacciarsi celermente con il cittadino, tramite le piattaforme online appositamente predisposte (si pensi per esempio a https:// www.commissariatodips.it). A livello Europeo, l’European Cybercrime Centre – EC3 costituisce l’unità specialistica di Europol per far fronte alla minaccia della cyber-criminalità25. Sin dalla sua istituzione, l’EC3 ha dato un contributo significativo alla lotta contro il crimine informatico. Ogni anno esso pubblica l’Internet Organized Crime Threat Assessment (IOCTA), il rapporto strategico sui risultati investigativi e sulle minacce nell’ambito crimine informatico. Europol ha inoltre istituito un Dark web Team26 dedicato alla collaborazione con i partner europei e con le forze dell’ordine a livello globale per contrastare questa forma di economia clandestina. La volontà è quella di fornire un approccio completo e coordinato, condividendo informazioni, offrendo supporto operativo e competenze, sviluppando strumenti, tattiche e strategie per condurre indagini sul Dark web e identificare gli autori dei reati. Interpol, invece, ha istituito un gruppo di lavoro su Dark web e

23

Si rinvia alla pagina istituzionale, v. https://www.europol.europa.eu/about-europol/european-cybercrime-centre-ec3. 26 A tal proposito, v. https://www.europol. europa.eu/newsroom/news/crime-darkweb-law-enforcement-coordination-onlycure. 25


Riciclaggio, Money muling e The Onion Router

cripto-valute per realizzare una piattaforma internazionale per facilitare il dialogo tra le forze dell’ordine, il settore privato e il mondo accademico27. Il risultato di tale attività si sostanzia nella stesura di linee guida su come individuare le condotte criminali nel cyberspazio. Il gruppo di lavoro è organizzato dal Cyberspace and New Technologies Lab e si riunisce ogni anno. Indipendentemente da ciò, se le autorità statali dovessero rinvenire degli elementi rilevanti inerenti al Dark web nel corso di un’indagine e desiderassero assistenza o intendessero condividere dati o informazioni, potranno contattare il Centro di innovazione per favorire il confronto e lo scambio di intelligence. Il progetto Titanium28, finanziato dal programma Horizon 2020 dell’Unione Europea29, mira a sostenere le forze dell’ordine nelle indagini relative alle attività criminali o terroristiche che coinvolgano valute virtuali e/o mercati clandestini nel Dark web, attraverso la ricerca e lo sviluppo di tecniche info-investigative.

Si veda https://www.interpol.int/fr/Actualites-et-evenements/Actualites/2018/ INTERPOL-holds-first-DarkNet-and-Cryptocurrencies-Working-Group. 28 https://www.titanium-project.eu/. 29 Sul programma Horizon 2020 v. https://ec.europa.eu/programmes/horizon2020/sites/horizon2020/files/H2020_ IT_KI0213413ITN.pdf. 27

Filippo Bosi

Titanium include una serie di servizi e strumenti forensi, utilizzabili dagli investigatori per: – Monitorare le tendenze in atto negli ambienti del Dark web; – Analizzare le transazioni attraverso appositi registri di valuta virtuale; – Raccogliere le prove in modo corretto, per poter garantire le genuinità delle stesse in sede processuale. Infine, merita di essere citata la guida pratica per la richiesta di prove elettroniche attraverso le frontiere (The Practical Guide for Requesting Electronic Evidence Across Borders) che mira facilitare il dialogo tra gli investigatori di tutto il mondo30. Il documento è stato sviluppato congiuntamente dall’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC), dalla direzione esecutiva del Comitato Antiterrorismo delle Nazioni Unite (CTED) e dall’International Association of Prosecutors (IAP). La guida fornisce agli operatori le best practices indicate dagli esperti del settore e riporta le procedure su come richiedere le prove elettroniche in oltre 20 paesi. Essa comprende una raccolta dei focal points di ogni Stato, una mappatura dei principali fornitori di servizi di comunicazione, i quadri giuridici e requisiti pratici Disponibile sul sito https://www.unodc. org/unodc/en/frontpage/2019/January/ unodc-and-partners-release-practicalguide-for-requesting-electronic-evidenceacross-boarders.html.

30

323


approfondimenti

per la cooperazione informale e formale di polizia.

5. Conclusioni

324

Nelle pagine precedenti si è cercato di descrivere alcune declinazioni particolarmente complesse che il fenomeno del riciclaggio assume per mezzo di Internet. Le organizzazioni criminali, da sempre particolarmente attente allo sviluppo della scienza e della tecnica, non hanno sottostimato l’utilità del Dark web e delle cripto-monete e sono riuscite ad attrarre nelle profondità della rete navigatori poco avveduti, così come avviene con il proselitismo dei money mules: rari nantes in gurgite vasto31. L’accesso alle piattaforme illecite viene semplificato da realtà come quella di Tor.net e le intermediazioni criminali sono agevolate grazie alle cripto-valute.

Eneide (I, 118).

31

Nonostante la complessità della materia, innanzitutto sotto il profilo terminologico, le forze di polizia hanno reagito in modo sinergico ed efficace, intessendo rapporti interstatali sempre più stretti e favorendo lo scambio di informazioni e di tecniche operative. A tal fine è necessario collazionare le migliori risorse delle autorità di law enforcement, dell’accademia e dell’imprenditoria per individuare nuovi schemi d’azione e garantire una vera e propria sicurezza cybernetica a beneficio di tutti i cittadini. Si muovono in tal senso le numerose iniziative di formazione e condivisione organizzate, a livello nazionale, dal Dipartimento di Pubblica Sicurezza e, a livello europeo, da Cepol (European Union Agency for Law Enforcement Training). Lo studio e il confronto su tali temi, d’altronde, costituisce l’unico modo per comprendere il fenomeno e, quindi, per controllarlo.


approfondimenti

Considerazioni sulla de-radicalizzazione dei terroristi jihadisti

Benedetto Palombo

Sommario: Parte prima. – 1. Introduzione. – 2. Nota lessicale necessaria. – 3. Situazioni-tipo. – 4. Alcuni concetti preliminari. – 5. Introduzione ai programmi di de-radicalizzazione. – Parte seconda. – 1. Tre casi studio: i programmi di de-radicalizzazione in Marocco, in Arabia Saudita e nel Regno Unito. – 2. L’Italia. – 3. Il caso Santamato. – 4. L’Islâm politico in Italia.

Parte prima

1. Introduzione Prima di accennare alla complessa “operazione” di de-radicalizzazione e ad alcuni “programmi” volti alla stessa, riteniamo necessario, soprattutto nello scenario italiano, sottolineare un elemento che, a nostro avviso, precede – o meglio, dovrebbe precedere – di gran lunga la “de-radicalizzazione”: una politica nazionale chiara e coraggiosa, volta a ripulire il territorio dai numerosissimi radica-

lizzati, alcuni dei quali presenti in Italia dalla fine degli anni Sessanta e inizi degli anni Settanta. Molti anni fa, quando il terrorismo jihadista non era ancora sbarcato in Europa in maniera minacciosa e, poi, distruttiva, l’Italia ha adottato una “politica” forse comprensibile o giustificabile (non da parte nostra) in quel periodo, ma che ha portato, come frutto successivo e velenoso, alla consegna del proprio territorio nelle mani di dubbie associazioni che avevano e hanno loro interessi – che spesso non coincidono affatto con quelli italiani – e che


approfondimenti

326

perseguono politiche non aggressive nel senso comune del termine, ma non per questo meno pericolose. Anzi! Basti pensare alla strisciante e neanche troppo velata circolazione di “personaggi” e “fedeli” di centri di preghiera, centri “culturali”, moschee più o meno “a norma”, ma comunque molto presenti sul territorio nazionale, dove si incontrano ideologie legate a letture POLITICHE della religione islamica. Dovrebbe essere giunto da molti anni il momento di rispettare i veri credenti musulmani, distinguendoli da coloro che usano l’Islâm solo come “cornice” per promuovere sé stessi, rivendicare diritti inesistenti e incitare allo scontro. A nostro giudizio, da troppi anni, l’Italia è nelle mani della “Fratellanza musulmana globale” e delle sue aspirazioni. Quanto ora detto, naturalmente, in nulla confligge con i programmi di de-radicalizzazione in quanto rappresenta l’humus che facilita la radicalizzazione, rendendo – a sua volta – necessaria la de-radicalizzazione, che, tuttavia, si svolge solo dopo aver commesso reati di natura terroristica. I luoghi cui ci riferiamo (non tutti naturalmente), hanno la funzione di corroborare il radicalismo di alcuni, e iniziare i neofiti alla radicalizzazione. A scopo esplicativo, riportiamo le parole di un imam egiziano, titolare di una piccola ma attiva moschea nel nord Italia, riguardanti la circoncisione. Le parole pronunciate durante il “sermo-

ne” del 7 febbraio 2020 sono le seguenti: “… È parte integrante della “Sunna” che circoncidiamo i nostri figli maschi. Quanto alle femmine, la circoncisione è cosa mustaḥabb, lo fa chi vuole …”. Tale pratica non è mai citata nel Corano, tuttavia è frutto di regole stabilite successivamente in base alle raccolte dei detti e delle azioni di Muḥammad (Ḥadîth). Tali regole integrano quelle coraniche e fanno parte della Sharî’a. Le norme della Sharî’a ricadono in una delle cinque categorie note come “le cinque norme” (‫األحكام اخلمسة‬, al-aḥkām al-khamsa): farḍ / wājib (‫ فرض‬/ ‫)واجب‬: obbligatorio; mustaḥabb (‫)مستحب‬: raccomandato mubāḥ (‫)مباح‬: neutrale, senza coinvolgere il giudizio di Allâh makrūh (‫)مكروه‬: detestabile, riprovevole ḥarām (‫)حرام‬: proibito È un peccato (un crimine secondo la Sharî’a) compiere un’azione proibita o non compiere un’azione obbligatoria. Gli atti censurabili dovrebbero essere evitati, ma non sono considerati peccaminosi (o punibili in una corte sciaraitica). Evitare gli atti riprovevoli e compiere gli atti raccomandati è ritenuto oggetto di ricompensa nell’aldilà, mentre le azioni consentite non comportano alcun giudizio da parte di Allâh. Nelle parole riportate sopra, dette dall’imam, compare anche l’infibulazione (circoncisio-


Considerazioni sulla de-radicalizzazione dei terroristi jihadisti

ne femminile) che viene fatta rientrare – conformemente alla giurisprudenza islamica – tra le azioni mustaḥabb, che, come visto sopra, significa “raccomandata”. Per essere ancora più precisi, la Sharî’a definisce un’azione mustaḥabb come segue: “Chi compie l’azione sarà ricompensato [nell’aldilà], chi non la compie non sarà punito”. Dunque l’imam in questione dice assolutamente il vero sull’infibulazione, visto che la definisce secondo Sharî’a. Tuttavia, essendo pratica proibita, in Italia ai sensi dell’art. 583 bis c.p. recante “Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili”, e a livello globale a partire dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, fino alla Risoluzione 67/146 adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20.12.2012, avrebbe dovuto avvertire che tale pratica, nel Paese in cui ci si trova, è vietata. Riteniamo, pertanto, che fatto salvo l’esercizio della propria funzione di imam (in un Paese non a maggioranza islamica e dove tali pratiche sono vietate) avrebbe avuto il dovere di sottolineare che ci si trova in un Paese dove è SANCITA PENALMENTE la pratica della mutilazione dei genitali femminili. Nel 2019, come sottolineato dal dottor Aldo Morrone sul quotidiano La Stampa, in Italia ci sarebbero [state] almeno 80 mila donne mutilate1.

1

La Stampa, “topnews”, 02.12.2019.

Benedetto Palombo

Alcuni di questi orribili interventi vengono praticati in Italia da personale non medico, clandestinamente e in totale assenza della necessaria asepsi. La maggior parte, vengono praticati nei paesi d’origine durante la permanenza per le vacanze o altro. Il periodo più “adatto” è ritenuto quello che precede il mese sacro di Ramaḍân. Ma questo è soltanto un esempio, gravissimo sotto l’aspetto dei diritti umani, ma ve ne sarebbero una quantità inaudita di altra natura non meno preoccupanti. Tuttavia non è questo il luogo per discettarne.

2. Nota lessicale necessaria Dovendosi confrontare con il concetto di “de-radicalizzazione” ed eventuali misure (più o meno efficaci) per metterla in atto, si impone una piccola nota lessicale sul termine in oggetto, sia nella sua versione in lingua italiana che in quella in lingua araba. Ovvero è doveroso essere “consci” del significato e dell’etimologia del lemma che viene usato anche perché da ciò scaturiscono le aspettative e si valutano i risultati. Il lemma “de-radicalizzazione” è formato dal prefisso (di origine latina) “de” e dal preesistente lemma “radicalizzazione”, nomen actionis del verbo “radicalizzare”. Il prefisso “de” può indicare “allontanamento” (per es. deviare, deportare), può indicare “abbassamento” o “movimento

327


approfondimenti

328

dall’alto in basso” (per es. degradare, deprimere), o anche “privazione” (per es. dedurre, detrarre). In altri casi ha valore negativo (per es. decrescere). Dunque il senso del prefisso che riguarda il sostantivo in oggetto è quello di “privazione”, ovvero privare un individuo degli effetti e delle modificazioni (psicologiche, psichiatriche, aggressività, ricerca/ perdita d’identità, ego-sintonia/ ego-distonia etc.) che ha ricevuto (precedentemente) ad opera della “radicalizzazione”, auto-imposta o subita. In arabo la “de-radicalizzazione” ha due nomi che di poco differiscono nel profondo: Izâlat al-taṭarruf oppure Naz’ al-taṭarruf. Il termine taṭarruf indica la “radicalizzazione”, mentre i due lemmi che precedono taṭarruf sono: 1) Izâlat e 2) Naz’. Guardiamo più da vicino i due termini arabi citati. Entrambi sono nomines actionis di relativi verbi, e più specificamente: 1) Izâlat in italiano corrisponde a sostantivi come “allontanamento”, “rimozione”, “eliminazione”, “cancellazione”, “annullamento”; 2) Naz’ in italiano corrisponde a sostantivi come “eliminazione”, “soppressione”, “rimozione”. Le due espressioni arabe per indicare la “de-radicalizzazione”, come accennato, differiscono di poco nell’essenza; l’unica differenza è quella semantica, laddove la prima parola della seconda espressione, ovvero Naz’, deriva da una radice (naza’a) che con-

tiene anche una sfumatura di “dolore”, “costrizione”. A riprova di quanto affermato si ricorda che il verbo naza’a si usa correntemente anche per indicare “estrarre” un dente etc. Sicuramente nella letteratura araba di settore viene usata di più la prima espressione, semanticamente meno “forte”. Questa modesta premessa lessicale pone immediatamente almeno due implicazioni fondamentali: 1) Cosa sente, cosa prova il destinatario di un processo di deradicalizzazione; 2) La complessità (talvolta l’impossibilità) di ottenere i risultati desiderati. Il primo punto è di interesse unicamente per mettere in luce che a seconda di come viene chiamato il processo di de-radicalizzazione, il destinatario avrà una compliance minore o maggiore, dunque sarà più o meno collaborativo; Il secondo punto, invece, mette in evidenza che una “operazione” di de-radicalizzazione dovrebbe prevedere dei sistemi atti ad indebolire ed eliminare le componenti radicali e violente dal terrorista trattato.

3. Situazioni-tipo Per iniziare ad affrontare l’argomento de quo, è imprescindibile isolare – seppur sommariamente – le condizioni in cui il


Considerazioni sulla de-radicalizzazione dei terroristi jihadisti

radicalizzato violento è giunto a tale disonorevole condizione. Per ragioni di brevità, si prenderanno in esame solo alcune situazioni-tipo, onde mostrare le diversità dei percorsi e dunque le diversità di approccio necessarie ad ottenere dei risultati. Restando in Italia, ma con similitudini anche in altri Paesi d’Europa, sappiamo che i primi flussi migratori dal Nord Africa, soprattutto dal Marocco, risalgono agli anni Sessanta-Settanta. In quegli anni sono arrivate migliaia di persone in cerca di futuro, che si possono dividere in due macro categorie: 1) persone oneste alla ricerca di un lavoro per poter mantenere sé stessi e la famiglia rimasta nel luogo di provenienza; 2) studenti (e qui la categoria si allarga anche e soprattutto al Medio Oriente) che aspiravano a laurearsi per migliorare la propria condizione. All’interno di questa seconda categoria c’è una sottocategoria che è rappresentata da persone che sono arrivate in Italia negli anni Settanta, si sono laureate e hanno cominciato la carriera di “padri fondatori” e fondamentalisti dell’opposizione all’estero nei confronti degli scenari di provenienza. Queste persone sono vive, benestanti, hanno molti figli, oltretutto impegnati nelle stesse cause ma con un “valore aggiunto”, quello di trovarsi in una situazione comoda in quanto molti nati in Italia e di cittadinanza italiana. Alcuni di questi studenti “modello” sono arrivati in Italia, sempre negli anni Settanta, dalla Siria, dalla Giordania, dai Territori

Benedetto Palombo

contesi etc. Un caso eclatante è rappresentato da un personaggio siriano che, arrivato in Italia, ha ottenuto lo status di “rifugiato” poiché perseguitato dal regime di Asad padre. La piccola cosa da osservare è che la cosiddetta “persecuzione” veniva posta in essere dal regime in quanto il personaggio era già esponente di spicco dei “Fratelli musulmani”, movimento politico-religioso bandito in Siria. Attualmente è “Presidente emerito” di una entità islamica con cui alcune Istituzioni italiane (Ministero dell’Interno e della Giustizia) si interfacciano per le “questioni” legate all’Islâm. La prima categoria di immigrati cui si faceva cenno sopra si è integrata, ha lavorato, ha accolto i “costumi” italiani e ha educato i figli in maniera fondamentalmente laica, pur nella consapevolezza di essere musulmani di nascita. Ebbene, all’interno di questa categoria, moltissimi genitori, soprattutto dal 2011, con picchi ovvi in corrispondenza della fondazione di quell’entità autodefinitasi “Stato islamico”, si sono ritrovati con dei figli che cominciavano ad avere strani comportamenti, fino ad arrivare ad insultare e rinnegare la propria famiglia in quanto “infedele”, “apostata” (insulto pesantissimo e gravissimo in ambito islamico, visto che il Corano vieta di abbandonare la religione e di convertirsi ad altra fede2). Questi giovani hanno rappresentato e 2

Cfr. Corano, Sûra 3, versetto 102.

329


approfondimenti

330

rappresentano la categoria di coloro che hanno “ritrovato” l’Islâm (in quanto nati musulmani) che differisce solo nella denominazione da coloro che hanno “trovato” l’Islâm, ovvero i convertiti, non nati musulmani. Tale fenomeno ha riguardato tutto il mondo occidentale. Dunque, a partire da questi risultati, si dovrebbe dedurre che coloro che si sono “occidentalizzati”, pur senza rinnegare l’Islâm, abbiano fallito grandemente nel loro approccio educativo. Inoltre questo fenomeno sembrerebbe negare l’importanza dell’ambiente di provenienza, ovvero provenire da ambienti radicalizzati o che incitano alla radicalizzazione. In realtà il fenomeno accennato dimostra soltanto che i meccanismi di radicalizzazione sono molto diversificati, dunque non esclude affatto l’importanza del livello di alfabetizzazione, l’humus in cui si vive, le amicizie, i reclutatori, gli arruolatori, i facilitatori dei viaggi, la propaganda reiterata all’infinito durante le “allocuzioni” del venerdì fatte molto spesso da imâm che declinano l’Islâm in maniera “politica”, il ruolo dei social network etc… Un’altra vasta categoria di giovani radicalizzati residenti in Europa emersa tra i Musulmani che poco o nulla sapevano della loro religione e tra i convertiti è rappresentata dagli adolescenti e dai giovani (maschi e femmine) con qualche problema di identità o alla ricerca di un ruolo attivo, ma che poteva essere inquadrato tranquillamente in problematiche

tipiche di cui si occupa la psicologia dell’età evolutiva. Purtroppo è arrivato prima il messaggio radicale. Perché questi giovani hanno scelto la strada della radicalizzazione pur essendo spesso all’oscuro dei fatti politico-religiosi e avendoli, in ogni caso, ignorati fino a quel momento? La risposta è – purtroppo – tanto semplice quanto dolorosa. Nel lontano 2003, Malcolm Clark ha scritto un manualetto dal titolo originale “Islam for dummies”, tradotto successivamente in una marea di lingue e diffusosi in maniera virale (versioni PDF e eBook gratuiti in rete ancora oggi). Il testo citato è stato trovato in possesso dei foreign fighters dell’ISIS. È sempre stato acquistabile su “Amazon”, anche nella sua versione italiana dal titolo “Islam per negati” e lo è tuttora al seguente link: https://www.amazon. it/Islam-negati-Malcolm-Clark/ dp/8804568089. Per decenza si evita di citare i link da dove può essere scaricato gratis in diversi formati. Il motivo per cui viene citato questo infausto manualetto è il seguente: vi si trovano i fondamenti del l’Islâm semplificati, il culto, come fare la preghiera etc. Per fornire una risposta alla domanda posta sopra era importante citare il manualetto or ora ricordato in quanto i giovani che ne hanno fatto uso, oltre ad avere l’illusione di sapere tutto della religione islamica, hanno ricevuto un insegnamento semplificato degli obblighi individuali del mu-


Considerazioni sulla de-radicalizzazione dei terroristi jihadisti

sulmano (farḍ ‘ayn) e di quelli che ricadono sulla comunità islamica (farḍ kifâya). Essendo il testo fondamentalmente strutturato in “lecito” o “illecito”, seguendo dunque un sistema binario semplicissimo che non richiedeva riflessione sulla possibilità di compiere un atto o meno, si è assistito, in un gran numero di casi, ad una “ricompattazione” della personalità del giovane lettore il quale, come detto, spogliato ormai di ogni responsabilità, di ogni complessità, di libero arbitrio, dalla necessità di compiere scelte etc., si è sentito forte e capace di affrontare tutto. Questo risultato naturalmente fallace e mortifero non è altro che la versione fraudolenta e distruttiva di un risultato ottenibile in maniera positiva e costruttiva attraverso una sana terapia psicologica. Naturalmente le modalità per radicalizzarsi o venire radicalizzati, come accennato, sono estremamente eterogenee tra loro. Infatti abbiamo citato, per brevità, solo due macro “modalità” per arrivare al radicalismo violento, non riportando – almeno per ora – la miriade di altre modalità. Già questa ristrettissima panoramica dovrebbe essere sufficiente a far comprendere la complessità degli approcci alla de-radicalizzazione.

Benedetto Palombo

4. Alcuni concetti preliminari L’aggressività Come noto, si tratta di una tendenza che può esistere in ogni comportamento e in ogni fantasia volta all’eterodistruzione o all’autodistruzione oppure, infine, all’autoaffermazione. Da un punto di vista scientifico, distinguiamo la reazione di rabbia primitiva che si ha con la stimolazione dell’ipotalamo posteriore e la reazione di collera più completa che si ha con la stimolazione dei nuclei dell’amigdala e delle strutture ippocampiche. Tuttavia questo chiarimento neuro-fisiologico è insufficiente, in quanto identiche stimolazioni possono produrre reazioni diverse in funzione delle variazioni del contesto, il che porta le neuroscienze a pensare ad un confronto operato dalla corteccia tra ciò ve viene appreso attraverso le vie sensoriali e lo stato eccitatorio centrale ad esso connesso, da cui dipende la maggiore o minore probabilità che uno stimolo promuova processi orientati verso un ordinato filtro periferico di nuovi afflussi sensoriali, o apra gli argini ad un loro caotico afflusso, a causa di cortocircuiti riflessi3. Queste righe a carattere scientifico non vogliono rappresentare una “psichiatrizzazione” del fenomeno “radicalizzazione/de-

Per approfondire questi aspetti si veda, ad esempio, A. Bianchi, G. Gulotta, G. Sartori (a cura di), Manuale di neuroscienze forensi, Giuffrè, 2009. 3

331


approfondimenti

332

radicalizzazione”, pur tuttavia forniscono un brevissimo ed incompleto quadro di alcuni meccanismi che entrano in gioco, insieme ad altri, nelle condotte terroristiche. Un esempio può rivelarsi utile per sottolineare la complessità del processo di “eradicazione” – o forse sarebbe più opportuno parlare di “mitigazione” – delle tendenze violente a carattere terroristico. Sopra, la tendenza all’aggressività è stata ripartita in tre categorie fondamentali: 1) eterodistruzione, 2) autodistruzione, 3) autoaffermazione. Se prescindiamo, in parte, dalla tendenza recente dei terroristi a commettere attentati per poi darsi alla fuga, lo scenario precedente era caratterizzato dall’attentatore suicida. Se richiamiamo in causa la tripartizione della tendenza all’aggressività, nel caso degli attentatori suicidi ci si trova di fronte ad un cortocircuito in quanto la commissione di reati di terrorismo violento rientra nella categoria dell’eterodistruzione, ma anche in quella dell’autodistruzione. È fin troppo chiaro che le due tendenze dovrebbero essere incompatibili, pur tuttavia in migliaia di terroristi nel mondo è esistita ed esiste la compresenza di queste due istanze opposte. Dunque, come spiegare questo cortocircuito? Rispondere a questa domanda (tra le tante) significherebbe anche essere in grado di deradi-

calizzare efficacemente un terrorista. Nelle discipline coinvolte nel tentativo di definire la radicalizzazione, si è soliti – giustamente – distinguere la radicalizzazione in genere dalla radicalizzazione violenta. Quest’ultima rappresenta il versante estremistico e terroristico. Sarebbe gravissimo, da tutti i punti di vista, confondere una persona integralista con un terrorista! Accusare o sospettare infondatamente una persona di appartenere – a qualsiasi titolo – al mondo del terrorismo può addirittura tradursi in “moventi” per avvicinarsi alla scelta jihadista a causa della frustrazione, del risentimento, della vergogna, dell’umiliazione. Certamente anche la radicalizzazione non violenta rappresenta un nodo non indifferente, ad esempio per la laicità dello Stato, il principio dell’uguaglianza di genere etc. Bisognerebbe riuscire a far entrare nel novero dei “tabù” l’appartenenza ad un gruppo terroristico, del pari dell’incesto, del razzismo et similia. Ma anche ciò non basterebbe affatto a sconfiggere il fenomeno della radicalizzazione violenta e della sua traduzione in atti terroristici. Fortunatamente l’Italia, con il Decreto Antiterrorismo del 2015 inasprisce le pene di alcune fattispecie. Inoltre l’aggiornamento dell’Art. 270-bis con il -bis 1, -ter, -quater, -quater 1, -quinquies, -quinquies 1, -quinquies 2, -sexies, -septies, rappresenta un


Considerazioni sulla de-radicalizzazione dei terroristi jihadisti

grande passo verso una completezza, certamente perfettibile. Purtroppo, il fenomeno del jihadismo non conosce declinazioni non sanguinarie contro l’Occidente e ciò e chi è ritenuto “occidentale” oppure occidentalizzato.

5. Introduzione ai programmi di de-radicalizzazione In tutto il mondo sono stati messi a punto dei programmi di de-radicalizzazione. In genere – e semplificando – sono costituiti da diversi consulenti qualificati che tentano di 1) persuadere i terroristi che le loro opinioni religiose non si fondano su una corretta lettura della teologia islamica; 2) trattare l’estremismo del soggetto con approccio psicologico; 3) allontanare dalla violenza il sistema di valori del terrorista. La nascita di numerosissimi programmi, a volte anche diversissimi l’uno dall’altro, deriva dal fatto che è diventato sempre più chiaro che, pur riuscendo a sconfiggere militarmente i gruppi terroristici, il loro “messaggio” resta intatto o addirittura rafforzato. Certamente l’uso di metodi errati potrebbe causare molti danni. Ad esempio, un terrorista che partecipi a un programma di de-radicalizzazione non sperimentato, potrebbe essere ritenuto meno pericoloso agli occhi della comunità, pur continuando a sussistere la sua pericolosità.

Benedetto Palombo

Valutare l’efficacia dei programmi di de-radicalizzazione pone diversi problemi. Innanzitutto, non ci sono definizioni e concetti generalmente utilizzati nel campo, il che rende difficile persino scoprire se tutti parlano della stessa cosa. La “de-radicalizzazione” rispetto al “disimpegno”, ad esempio, sono concetti che a volte vengono utilizzati per indicare la stessa cosa, a volte no. Inoltre, non si sa quando un caso di de-radicalizzazione è considerato concluso, o come misurare la recidiva. Quindi si ha bisogno di standardizzazione nelle definizioni di base. In ogni programma, ci sono diversi fattori, come formazione del personale, valutazione del rischio, classificazione dei casi, metodi di trattamento adattati individualmente, revisione paritaria in doppio cieco, ecc. Ognuno può essere valutato da un “valutatore” e un punteggio complessivo può fornire una misura che viene chiamata integrità strutturale. Questa non misura necessariamente l’impatto di un programma in un caso particolare, ma piuttosto se è in grado di avere un impatto positivo. Qualsiasi risultato individuale dipende da tantissime variabili aggiuntive non controllabili, ma l’integrità strutturale di un programma dice, fondamentalmente, se esso può funzionare. Ciò che la de-radicalizzazione dovrebbe prevedere è un programma che agisca come una sorta di ponte comunicativo tra

333


approfondimenti

334

Forze dell’Ordine, membri della famiglia e comunità. Anche nel caso dei “lupi solitari”, il meccanismo di base è lo stesso in tutti i gruppi: è necessario avere accesso alla persona radicalizzata, identificare i fattori alla base della loro ideologia, progettare un piano di intervento e quindi seguirne l’impatto. Trattandosi di terroristi di “matrice islamica”, definizione utile perché breve, ma poco corretta in quanto non restituisce la complessità dei fatti, sicuramente il fattore religione deve essere tenuto nel giusto conto. Questo punto è, forse, il più importante e il meno chiaro al contempo. Un distinguo si impone qui per non incorrere in un macroscopico errore: non tutti gli Arabi sono musulmani e non tutti i Musulmani sono arabi! Qualche dato percentuale può contribuire a chiarire la distribuzione dell’Islâm nel mondo e a corroborare l’affermazione fatta sopra. Senza scendere in particolari riguardanti le etnie, basta – ad esempio – ricordare che il Medio Oriente sommato ai Paesi del Maghreb arabo (Nord Africa) ospitano circa il 20% dei Musulmani nel mondo. Queste popolazioni vengono considerate arabe. Ciò vuol dire che l’altro 80% dei musulmani sono sparsi in luoghi che normalmente non sono nell’immaginario comune. La maggioranza dei musulmani (62%) vive nella regione AsiaPacifico, che comprende grandi

paesi come Indonesia, India, Pakistan, Bangladesh, Iran, Turchia. l’Indonesia è il paese con la più grande popolazione musulmana nel mondo4. Questi pochi dati servono a comprendere la portata mondiale di qualunque fenomeno che si definisca “islamico”. Quanto ora affermato implica una differenziazione, a volte abissale, tra soggetti AS2 che spesso non condividono neanche la lingua per comunicare, le abitudini, la gestualità etc. Infatti, in Italia, la lingua spesso usata dagli AS2 per comunicare è proprio l’italiano. Naturalmente gli arabofoni comunicano in arabo. Questa semplice osservazione mette in luce l’importanza dell’Islâm più come background comune che come “movente” dei reati perpetrati. Il sedicente ex “Stato islamico” ha dimostrato, attraverso le pubblicazioni, i manuali e tutta l’altra vergognosa “letteratura” che ha prodotto, che l’Islâm rappresenta soprattutto una “narrativa”, una “lettura”, uno pseudo-collante tra i terroristi. La riprova di ciò si ha nel fatto che la maggior parte delle fonti usate non è rappresentata dal Corano, bensì da Ḥadîth (detti del Profeta riportati da altri) e tafsîr (commenti coranici) di dubbia attendibilità. Si citerà un caso su tutti: nella storia dei Paesi islamici – a partire dal VII secolo – il comando del 4 I dati riportati sono pubblicati dal Pew Research Center di Washington.


Considerazioni sulla de-radicalizzazione dei terroristi jihadisti

“jihâd” era riservato ad un imâm, sia nel dichiararlo che nel metterlo in atto. I capi politici dell’IS hanno reso “lecito” il compimento del jihâd da parte di ogni singolo musulmano, anzi hanno posto il jihâd all’interno degli obblighi del singolo, non della comunità – atto del tutto contrario ai testi islamici dalle origini ad oggi -, basandosi su un caso occorso poco dopo l’anno 1000 d.C. e riportato nell’opera di Ibn Ḥazm al-Andalusî (994-1064) dal titolo “Al-kitâb almuḥallâ bi-l-athâr”. Ciò dovrebbe dimostrare in modo assoluto che l’Islâm ufficiale e seguito dalla stragrande maggioranza dei fedeli non è quello dei terroristi. Si può affermare senza tema di smentita che il cosiddetto “terrorismo di matrice islamica” ha poco a che fare con la religione così come viene vissuta da secoli dai più; ha invece a che fare con l’Islâm politico, politicizzato ad usum Delphini, con interessi economici, petroliferi, espansionistici, imperialistici etc. La parte imperialistica e nostalgica è, d’altronde, ben rappresentata, ad esempio, dalla politica posta in essere da qualche anno dal “Presidente” turco Erdoǧan nel momento in cui vagheggia – cosa non del tutto impossibile – il cosiddetto “Yeni Osmanlıcılık”, ovvero il Neo-Ottomanesimo. I risultati sono ben visibili già con l’ingombrante e pericolosa presenza turca nell’attuale crisi libica.

Benedetto Palombo

Parte seconda 1. Tre casi studio: i programmi di de-radicalizzazione in Marocco, in Arabia Saudita e nel Regno Unito Una premessa sull’anti-radicalizzazione e la de-radicalizzazione. I programmi di Anti-radicalizzazione cercano di affrontare i problemi prima che inizino. Quindi si concentrano sul rafforzamento della comunità da cui potrebbero emergere ed emergono terroristi avendo quindi una prospettiva “anticipatoria”. L’assunto di base dell’anti-radicalizzazione è che la società, il Governo e le comunità condividono l’interesse nel prevenire attacchi terroristici e che le comunità bersaglio di radicalizzazione e reclutamento da parte di terroristi devono essere protette, rafforzate e messe in grado di resistere all’estremismo violento. Questi programmi cercano di indirizzarsi verso le questioni che gli estremisti usano per radicalizzare gli individui. Ciò significa anche che i governi, talvolta, devono affrontare di petto l’ideologia da combattere, mettendo in evidenza le contraddizioni del “credo” estremistico, sfidando gli assunti e le credenze che sono alla base o dietro l’ideologia stessa. Si tratta di punti-chiave di questo approccio. Si può affermare che i cardini di questo tipo di programmi sono: 1) l’istruzione e la formazione; 2) la messaggistica multimediale; 3) lo sviluppo giovanile;

335


approfondimenti

4) la sensibilizzazione pubblica.

336

La de-radicalizzazione Nonostante studiata da decenni, tuttora vi è una “deficienza di chiarezza concettuale”5 quando si parla e si studia la de-radicalizzazione. La UN Counter-Terrorism Implementation Task Force Working Group of Radicalisation and Extremism ha adottato la seguente definizione di de-radicalizzazione: “Programmi generalmente indirizzati a individui che si sono radicalizzati affinché siano reintegrati nella società o, almeno, dissuadano loro dalla violenza”6. Dunque la de-radicalizzazione dovrebbe consistere sia nel processo tramite cui l’adesione di un individuo ad una ideologia radicale venga dissipata, sia nelle iniziative intraprese dai Paesi onde ottenere una riduzione del rischio e della recidiva, affrontando questioni specifiche e rilevanti per il “disengagement”7. In queste pagine il processo di de-radicalizzazione sarà ritenuto molto più importante del “disengagement”.

Tore Bjørgo e John Horgan, Introduction, in Leaving Terrorism Behind: Individual and collective disengagement, eds. Tore Bjørgo and John Horgan (New York: Routledge, 2009), 3. 6 A.P. Schmid, Radicalisation, De-Radicalisation and Counter-Radicalisation. The Hague: ICCT, March 2013, 41. 7 Per “disengagement” si intende qui l’atto di abbandonare un gruppo violento pur continuando a credere nell’ideologia radicale del gruppo.

Come noto, i programmi di deradicalizzazione si svilupparono quando vari governi nel mondo, in special modo in Medio Oriente e Nord Africa, si trovarono con una ingente popolazione carceraria di terroristi senza riuscire in alcun modo a reinserirli nella società. Nacquero, dunque, programmi di de-radicalizzazione a spese dello Stato in paesi come Yemen, Egitto, Giordania, Algeria e Malaysia8. La maggioranza di questi programmi, che prevedono la rieducazione e la riabilitazione, hanno un fondamento ideologico usato allo scopo di argomentare e delegittimare l’ideologia radicale del terrorista partecipante. I Paesi incoraggiano le figure religiose più rispettate nell’affrontare coloro che professano una ideologia radicale. I risultati provano che la maggior parte dei radicalizzati manca di una buona educazione religiosa9. Il Marocco

Il Marocco non è stato un Paese famoso per il numero di attacchi terroristici, eccezion fatta per gli attentati di Casablanca del 16

5

D.M.E. Noricks, Disengagement and Deradicalization: Processes and Programs, in Social Science for Counterterrorism, eds. Paul K. Davis and Kim Cragin (Santa Monica, CA: The RAND Corporation, 2009), 306. 9 C. Boucek, Saudi Arabia’s ‘Soft’ Counterterrorism Strategy: Prevention, Rehabilitation, and Aftercare, in Carnegie Endowment for International Peace, (September 2008), 14. 8


Considerazioni sulla de-radicalizzazione dei terroristi jihadisti

maggio 2003, tuttavia cittadini marocchini sono stati e sono tuttora coinvolti nel terrorismo internazionale, oltre che in attacchi contro vari target e nel reclutamento di persone da inviare in zone di conflitto come la Bosnia, la Cecenia, l’Indonesia, l’Afghanistan etc., altamente influenzati dal movimento jihadista globale. A seguito di ciò, lo Stato ha messo in campo programmi di anti-radicalizzazione/de-radicalizzazione tra i più completi e comprensivi all’interno dei Paesi a maggioranza islamica. – Parte del programma prevede la prevenzione della diffusione delle forme più radicali di Salafismo, grazie a forme di monitoraggio “in the field”, nelle allocuzioni del venerdì e ad uno standard creato per “misurare” la compliance delle oltre 30.000 moschee sul territorio. – Altro punto importante è il training degli imâm. Infatti il re Mohamed VI ha creato un vasto centro a Rabat per formare gli imâm e i leader della prossima generazione, sia in Marocco che all’estero. Questo Istituto per il training degli imâm è un buon successo, sia perché ha formato quasi 500 imâm stranieri, sia perché ha ricevuto richieste e stretto accordi con la Federazione russa e il Senegal affinché formi gli imâm di questi Paesi stranieri. – Punto di forza dell’Istituto ora citato è anche la formazione di circa 1.400 persone distribuite equamente tra maschi e femmine.

Benedetto Palombo

– L’introduzione di un programma per donne-guida spirituale (Murshidât) onde sfruttare le caratteristiche delle donne per prevenire la violenza prima che accada. Costoro, una volta formate, vengono mandate per tutto il Paese come consulenti per insegnare la tolleranza, sconfiggere pensieri estremistici, condurre discussioni e rispondere a domande inerenti alla fede islamica. Vista la quantità e l’importanza delle donne nell’ex IS, questo coinvolgimento delle donne può ben dirsi un punto di grande forza del programma marocchino. Inoltre, nel 2016, il re del Marocco ha inaugurato la “Mohammed VI Foundation for African Oulema”, una Istituzione a supporto dei teologi marocchini e africani per promuovere la tolleranza religiosa e la moderazione nel grande continente. – I mass-media visti cove vettori strategici per promuovere una versione pacifica dell’Islâm. Dal 2003 è stata autorizzata l’apertura di 28 stazioni radio, compresa la “Stazione Radio Muhammad VI”, che ospitano centinaia di discussioni a carattere religioso. La “King Muhammad VI television channel”, specializzata in educazione religiosa, nella sua programmazione giornaliera, prevede anche una parte dedicata alle domande dei telespettatori e alle risposte dei teologi10. Hamed El-Said, De-Radicalising Isla-

10

337


approfondimenti

338

La de-radicalizzazione dei detenuti Secondo fonti governative e gruppi per i diritti umani, oltre 3000 persone sono imprigionate in Marocco per attività estremistiche. Nel sistema penitenziario, la de-radicalizzazione viene effettuata da autorità del Ministero degli Affari Islamici e membri di Consigli regionali e locali11. La “Delegazione Generale per l’Amministrazione Penitenziaria e il Reinserimento” (DGAPR) ha formalmente lanciato, nel 2016, il programma di de-radicalizzazione dei detenuti, chiamato “Moussalaha” (termine arabo che corrisponde, grosso modo, all’italiano “Riconciliazione”). L’ex vice Ministro per gli Affari Esteri, Bouaida, afferma che, nonostante un certo tasso di recidive, il programma ha aiutato molto a ridurre l’intensità della minaccia dei gruppi terroristici e dell’ideologia terroristica12. Una parte del programma prevede l’assistenza economica per il reinserimento, lo studio di materie verso cui l’ex detenuto è portato e l’istruzione universitaria. Uno dei maggiori successi della de-radicalizzazione dei detenuti in Marocco è rappresentato da Mohamed Fizazi, un salafita radimists: Programmes and their Impact in Muslim Majority States, in The International Centrefor the Study of Radicalisation and Political Violence, January 2012, 32. 11 Ibidem. 12 Mohammed Masbah and Souad Ahmadoun, Morocco’s Failure to Reintegrate Former Jihadis, in Carnegie Endowment for International Peace, 6 February 2019.

cale che ha ispirato generazioni ad unirsi al jihâd e con responsabilità negli attacchi di Casablanca del 2003. Questi ha mostrato una notevole trasformazione, al punto da chiedergli di guidare la preghiera del venerdì al cospetto del Re. Il primo ciclo del programma “Moussalaha” si è concluso nel 2017 ed è stato giudicato un successo; infatti per la partecipazione al programma iniziato nel 2018 vi erano 300 domande a fronte di soli 25 posti disponibili. Sicuramente il punto debole degli sforzi marocchini in tal senso è rappresentato dal mancato aiuto degli ex detenuti a reinserirsi nella società. Una eventuale valutazione dell’efficacia del programma marocchino è difficile da esprimere in quanto gli sforzi messi in campo hanno un respiro a lungo termine, quindi un “gauging” realistico e attendibile potrà essere eseguito soltanto tra molti anni. L’Arabia Saudita

Prima di osservare l’approccio saudita alla de-radicalizzazione, è d’obbligo fare solo un cenno al fatto che questo Paese e i suoi regnanti si sono sempre basati sull’appoggio del “clero” wahhabita e hanno esportato la lettura letteralista e radicale propria della dottrina wahhabita. Alla luce di ciò, potrebbe quasi sembrare un ossimoro che l’Arabia Saudita metta in campo un programma di de-radicalizzazione.


Considerazioni sulla de-radicalizzazione dei terroristi jihadisti

Benedetto Palombo

Inoltre si tratta di un Paese con forti contraddizioni interne, in guerra contro il Yemen etc. Il Principe Ereditario Muhammad bin Salman ha sicuramente compiuto sforzi di apertura e ha preso fortemente le distanze dai wahhabiti, tuttavia restano molte questioni insolute e potenzialmente pericolose. È proprio alla luce di questa situazione contraddittoria e complessa che va dato uno sguardo al programma di de-radicalizzazione saudita. Va ricordato che il programma è stato sviluppato inizialmente in segreto onde restasse lontano dall’attenzione dei media. Il pilastro su cui si basa la strategia del programma anti-radicalizzazione/de-radicalizzazione saudita, è quello di “eliminare il supporto intellettuale nei confronti dell’estremismo islamico” rinforzando “l’interpretazione tradizionale saudita dell’Islâm, che enfatizza l’obbedienza e la lealtà allo Stato e ai suoi leader”13. Un assunto principale è quello secondo cui i terroristi predano individui ingenui, compresi coloro che cercano solo di diventare più pii, usando la scarsa conoscenza della religione, la non alta istruzione e la comprensione della preda per distorcere la fede islamica in qualcosa che supporta il terrorismo. Il programma saudita per l’anti-radicalizzazione e la de-radi-

calizzazione è noto come “PRAC Strategy”, ovvero Prevenzione, Riabilitazione e Monitoraggio post-programma. La prevenzione si basa soprattutto sull’istruzione. Il Ministero dell’Istruzione ha preparato lezioni e programmi rivolti a studenti di ogni età, focalizzati sui pericoli dell’estremismo e gli effetti del terrorismo e la violenza. Lo stesso Ministero ha inoltre introdotto un training estensivo per gli insegnanti, specialmente nelle scuole religiose, e ha determinato il cambiamento dei programmi scolastici e dei libri di testo. È stato introdotto il divieto per gli imâm di incitare all’intolleranza e anche solo di parlarne. Il Ministero per gli Affari Islamici monitora continuamente le moschee e le scuole religiose per epurarle da eventuali insegnanti che parlino di estremismo e intolleranza. Le scuole saudite hanno organizzato concorsi artistici e “contest” in stile americano per incoraggiare gli studenti a comprendere gli effetti del terrorismo e promuovere il nazionalismo. Il Governo ha anche intrapreso delle misure affinché i giovani maschi – prima fonte di reclutamento da parte degli estremisti – siano occupati e fuori dalla portata dei radicalizzati. Inoltre ha organizzato gare automobilistiche, eventi sportivi e viaggi avventurosi nel deserto per contrastare i “campi estivi” organizzati da gruppi estremistici.

Boucek, Saudi Arabia’s ‘Soft’ Counterterrorism Strategy, 3.

Riabilitazione e Programma di sostegno psicologico

13

339


approfondimenti

340

Il programma di sostegno psicologico, noto come “Al-Munasahah” (termine arabo corrispondente, grosso modo, all’italiano “dare consigli”), fu istituito dall’allora Vice Ministro dell’Interno Principe Muhammad bin Nayef e si rivolge ai detenuti che simpatizzino o supportino gli estremisti. Questo è un aspetto chiave della strategia saudita del “PRAC. L’assunto di partenza scelto è la “presunzione di benevolenza” e non la vendetta o la remunerazione, ed inizia con la presunzione che i partecipanti siano stati ingannati o fuorviati dagli estremisti per essere condotti fuori dall’Islâm. Il programma di sostegno è gestito dal Comitato Consultivo e ha quattro sotto-comitati: quello “Religioso”, quello “Psicologico e Sociale”, quello della “Sicurezza” e quello dei “Media”. Il sotto-comitato “Psicologico e Sociale” è formato da 50 psicologi, psichiatri, sociologi e ricercatori ed è responsabile di diagnosticare qualsiasi disturbo psicologico e valutare il comportamento del detenuto e la compliance con il programma. Questo sotto-comitato è responsabile anche di valutare se la riabilitazione è sincera e stabilire di cosa il detenuto e la sua famiglia avranno bisogno al momento della scarcerazione onde evitare recidive. Il sotto-comitato per la “Sicurezza” è l’organismo di cui si conosce meno, tuttavia ciò che è certo è che si occupa di giudicare se un detenuto può rappresentare un rischio alla sicurezza una volta scarcerato.

Il sotto-comitato “Media” è incaricato della produzione di tutto il materiale usato durante il programma. Il sotto-comitato “Religioso” è il più imponente ed è anche quello coinvolto nell’affrontare direttamente i detenuti; questa sezione è composta di 150 studiosi, religiosi e professori. Altro elemento chiave di questo sub-comitato e del programma tutto, è l’approccio dialogico. Gli esperti religiosi sono formati non per tenere lezioni, ma per intessere un dialogo. Il programma di sostegno

I membri del Comitato Consultivo che incontrano i detenuti, mettono subito l’accento sul fatto di non essere del Ministero dell’Interno né dell’Intelligence onde creare un dialogo aperto14. Il primo incontro tra detenuto ed esperto religioso viene condotto one-on-one e i membri del Comitato vengono incoraggiati ad ascoltare e chiedere al detenuto “cosa ha fatto, perché lo ha fatto e le circostanze che lo hanno portato in prigione”15. Durante il processo di riabilitazione, gli studiosi affrontano e discutono le varie sfaccettature delle credenze del detenuto e cercano di mostrargli che ha ricevuto e appreso interpretazioni erronee della fede.

Boucek, Extremist re-education and rehabilitation in Saudi Arabia, 220. 15 Ibidem, 221. 14


Considerazioni sulla de-radicalizzazione dei terroristi jihadisti

Per ogni fase del percorso è previsto un test per avanzare alla fase successiva. Il monitoraggio post-programma

Una volta che i detenuti hanno completato il programma e vengono ritenuti opportunamente de-radicalizzati e, dunque, in grado di “rientrare” nella società, vengono inseriti in uno dei progetti “Post-programma” gestiti dal Ministero dell’Interno. Più di recente, i familiari del detenuto sono divenuti parte integrante della progettazione di un programma ad hoc per il detenuto ai quali sono legati da vincoli di parentela16. Dopo la riabilitazione del detenuto, questi viene trasferito al “Care Rehabilitation Center” a Riyad. La struttura, più simile ad un college che ad un penitenziario, prevede molte attività ricreative e collettive come lo sport, ma anche una educazione religiosa, che altro non è se non la continuazione di quanto iniziato e sviluppato nel penitenziario vero e proprio. Terminata anche questa fase a Riyad, gli ex detenuti vengono aiutati a trovare lavoro, ad acquistare un’automobile ed un appartamento. A causa di una iniziale scarsa attenzione al follow-up, si sono avuti vari episodi di recidiva. Ora M.L. Porges, The Saudi Deradicalization Experiment, in Council on Foreign Relations, 22 January 2010. 16

Benedetto Palombo

vengono richieste valutazioni documentate e regolari controlli da parte dei membri dello staff. La valutazione dell’efficacia del Programma (Gauging) Il programma saudita di de-radicalizzazione è più valutabile di altri in quanto si è in possesso di dati statistici. I rapporti iniziali sono stati entusiasmanti con un tasso di successi del 100%. Successivi risultati hanno riportato che “soltanto 9 ex detenuti su 700 sono tornati alle proprie ideologie pre-trattamento”17. Nel 2009 è stato reso noto che almeno 11 persone che avevano seguito il programma dopo il ritorno da Guantanamo Bay sono tornati al terrorismo18. Le Autorità saudite hanno rivisto i dati sui fallimenti tra il 10 e il 20%. Nel 2014 il portavoce del Ministro dell’Interno, Mansour AlTurki, ha dichiarato che “il 12% di coloro che hanno seguito il programma sono tornati ad attività terroristiche”19. Dati successivi vengono forniti dal Governo, ma sono impossibili da verificare in maniera indipendente.

Abdullah F. Ansary, Combating Extremism: A Brief Overview of Saudi Arabia’s Approach” Middle East Policy, 15 n. 2 (summer 2008), 111. 18 M.L. Porges, J. Stern, Getting the Deradicalization Right, Foreign Affairs, May/ June, 2010. 19 12% of rehab terrorists relapse, in Arab News, 28 November 2014. 17

341


approfondimenti

Regno Unito

342

Il primo sforzo britannico per rispondere alla emergente minaccia del terrorismo jihadista fu un tentativo di coordinare una risposta che comprendesse tutte le forze governative: si chiamò CONTEST20. Si basava su quattro “filoni” che ne erano il cuore: Perseguire, Prevenire, Proteggere, Prepararsi. Perseguire era la fase per fermare attacchi terroristici; Prevenire era la fase in cui si mitigavano gli impatti di un attacco terroristico; Proteggere corrispondeva al rafforzamento della protezione anti-terroristica; Prevenire era la fase per fermare individui che supportavano o si univano a gruppi terroristici. Fu negli attacchi terroristici del 7 luglio del 2005 che si ebbe realmente bisogno di un tale programma. Un fattore basilare di differenziazione degli attacchi del 7 luglio da quelli del 2001 negli Stati Uniti – e anche un punto di volta per comprendere la reinvenzione di CONTEST – era rappresentato dai perpetratori degli attacchi. I dirottatori dell’11 settembre erano tutti stranieri vissuti per breve tempo negli USA, prima degli attacchi. Dunque è impossibile ritenere quegli individui come “home House of Commons Home Affairs Committee, Protect CONTEST: The Government’s Counter-Terrorism Strategy, Ninth Report of Session 2008-2009, London: The Stationery Office Limited, 2009.

grown” o frutto della “fabbrica” locale statunitense. Gli aggressori londinesi del 7 luglio 2005 avevano vissuto gli anni della loro formazione in Inghilterra ed erano ritenuti “colti, ben integrati, non particolarmente devoti, padri di famiglia”21, che ad un certo momento si erano radicalizzati vivendo in Inghilterra. Alla luce di ciò, il “filone” della Prevenzione nel CONTEST citato sopra, diventò sempre più importante. Il “filone” Prevenzione non si occupa solo di de-radicalizzazione, ma in primo luogo cerca di prevenire la radicalizzazione. Prevenzione ha tre obiettivi chiave: 1) rispondere alla sfida ideologica del terrorismo e alla minaccia che proviene da chi lo promuove; 2) prevenire la “caduta” delle persone nel terrorismo, assicurandosi che ricevano il dovuto supporto; 3) lavorare insieme ai settori e le Istituzioni laddove ci siano rischi di radicalizzazione da affrontare. Il programma Channel rappresenta il cuore dei programmi di de-radicalizzazione insieme a CONTEST e il “filone” Prevenire. Channel è stato lanciato come programma-pilota nel 2007 e non su tutto il territorio nazionale. Arrivò a coprire l’intero territorio sol nel 2012. Questo programma, nonostante sia governativo, vede la delega

20

21 Akil Awan, The 7/7 attacks and a new type of terrorism, in New Internationalist, July 7 2015.


Considerazioni sulla de-radicalizzazione dei terroristi jihadisti

Benedetto Palombo

Fonte: Home Office Data On Prevent Programme, April 2017-March 2018, Annex A & B

dei poteri maggiori e della presa di decisioni alle Autorità locali. Identificata una persona come potenzialmente a rischio, questa viene valutata in base a tre criteri: 1) appartenenza ad un gruppo, una causa o ideologia; 2) intento di causare danni; 3) capacità di causare danni. Con il “Counter-Terrorism and Security Act” del 2015, venivano aggiunti altri “soggetti” di riferimento, come organizzazioni pubbliche, scuole, la Polizia e il Sistema Sanitario Nazionale (NHS), onde prevenire la “caduta” nel terrorismo22. I dati pubblicati dal Governo britannico che coprono il periodo Aprile 2017-Marzo 2018 indicano che alcuni hanno completato il programma – ma con poche informazioni su chi è tornato all’ideologia terroristica –, alcuni hanno Parliament of the United Kingdom, Counter-Terrorism and Security Act 2015, London: The Stationery Office, 2015. 22

abbandonato il programma prima di concluderlo23 24. Siccome la partecipazione al programma è volontaria, è ovvio che ci siano difficoltà giuridiche nel monitorare tali individui. Ciò ha fatto sostenere ad alcuni che il programma non fosse più uno strumento efficace, visto che gran parte della popolazione a rischio si rifiutava di partecipare. In alto si riporta la tavola pubblicata di cui alle note 21 e 22: I dati ufficiali riportati sopra indicano che si è avuta una crescita significativa del numero di casi considerati “In corso”; una crescita del 140% fra il 2016-2017 e il 2017-2018. I tentativi di preservare la privacy dei partecipanti al 23 Home Office, Individuals Referred to as Supported through Prevent Programme, April 2017 to March 2018; Annex B: Previous Channel data, April 2012 to March 2017, 13 December 2018 24 Home Office, Individuals Referred to as Supported through Prevent Programme, April 2017 to March 2018; Annex A: Prevent statistics, April 2017 to March 2018,” 13 December 2018.

343


approfondimenti

344

programma Channel restringono la possibilità di interpretare questo incremento. Non si sa se la grande crescita della categoria “In corso” sia dovuta al monitoraggio di individui per verificare se sono candidati al programma, oppure i partecipanti restano nel programma più a lungo che negli scorsi anni o altri fattori ignoti. In ogni caso, la base “volontaria” della partecipazione al programma rappresenta sicuramente un grande limite di questo sistema, almeno per quanto concerne le persone già “catalogate” come una minaccia. Va ricordato che con la revisione della strategia governativa antiterrorismo del Giugno 2018, un altro programma, sempre parte di “Prevenzione”, ha visto la luce: il Distance and Disengagement Programme (DDP), lanciato come programma-pilota già dall’Ottobre del 2016, su un numero limitato di individui. Poi è stato annunciato che si voleva incrementare il numero dei partecipanti, ma si è dovuto attendere i primi di Aprile del 2019 per sapere che gli individui parte del DDP nell’anno finanziario 2016-2017 sono stati 30 e nel 2017-2018 sono stati 86. A differenza di Channel che, come detto, è su base volontaria, il DDP è obbligatorio per i returnees dalle zone di conflitto in Siria e Iraq soggetti a “Ordine di esclusione temporanea” (TEO) o “Sottoposti a misure di antiterrorismo e indagine”. A proposito del “TEO” si impone la traduzione di parte dell’”UK Public General Acts 2015, c. 6,

PART 1, CHAPTER 2, “Imposition of temporary exclusion...” facente parte del “Counter-Terrorism and Security Act 2015”: “Un ‘ordine di esclusione temporanea’ è un ordine che richiede ad un individuo di non tornare nel Regno Unito a meno che: a) il rimpatrio è conforme a un permesso in tal senso rilasciato dal Segretario di Stato prima che l’individuo abbia iniziato a rientrare, oppure (b) il ritorno è il risultato della deportazione dell’individuo nel Regno Unito. (2) Il Segretario di Stato può imporre un ordine di esclusione temporanea a una persona se sono soddisfatte le condizioni da A a E. (3) Condizione A è che il Segretario di Stato sospetti ragionevolmente che la persona sia, o sia stata, coinvolta in attività legate al terrorismo al di fuori del Regno Unito. (4) Condizione B è che il Segretario di Stato ritenga ragionevolmente necessario, ai fini connessi alla protezione della popolazione nel Regno Unito da un rischio di terrorismo, che un ordine di esclusione temporanea sia imposto all’individuo. (5) Condizione C è che il Segretario di Stato ritenga ragionevolmente che l’individuo sia al di fuori del Regno Unito. (6) Condizione D è che l’individuo ha il diritto di risiedere nel Regno Unito. (7) La condizione E è che — a) l’Autorità giudiziaria concede l’autorizzazione al segretario


Considerazioni sulla de-radicalizzazione dei terroristi jihadisti

di Stato, ai sensi della Sezione 3, oppure b) il Segretario di Stato ritiene ragionevolmente che l’urgenza del caso richieda un ordine di esclusione temporanea da imporre senza ottenere tale autorizzazione. (8) Durante il periodo in cui è in vigore un ordine di esclusione temporanea, il Segretario di Stato deve controllare se la condizione B è soddisfatta”. Il Governo britannico descrive il DDP in maniera molto generica, applicabile un po’ a qualsiasi programma di de-radicalizzazione. Il DDP “fornisce un ampio raggio di interventi su misura e supporto pratico per contrastare i “moventi” della radicalizzazione, come il bisogno di identità, l’autostima, il senso e gli obiettivi e affrontare i risentimenti personali che la narrativa estremistica ha esacerbato. Il supporto può includere il tutoraggio, il sostegno psicologico e consigli teologici e ideologici”25. I successi e i fallimenti di tale misura non sono noti, tuttavia si può ipotizzare che abbia avuto almeno un iniziale successo visto che il Governo lo ha ampliato e ha raddoppiato il numero dei partecipanti. Le donne, spesso chiamate “Spose dell’ISIS”, che tentano di tornare con i figli in Gran Bretagna, sono tenute a partecipare al DDP. In ogni caso, data la scarsità di notizie ufficiali, è troppo presto 25

HM Government, CONTEST, 40.

Benedetto Palombo

per esprimere una solida valutazione del DDP. Sebbene i programmi del Marocco e dell’Arabia Saudita siano stati solo sommariamente analizzati, ciò che risulta evidente è l’importanza tributata alle diverse interpretazioni dell’Islâm. È anche ovvio che i Paesi non a maggioranza islamica, come l’Europa e l’“Occidente” in generale, devono mettere in campo strumenti in larga parte destinati a musulmani non “indigeni” e a convertiti locali. Dunque tutt’altro target.

2. L’Italia Breve premessa

Il termine “de-radicalizzazione”, come accennato, è polisemico. Si tratta di un processo di reversione dal radicalismo violento che può significare l’abbandono dell’ideologia e della prassi terroristica, l’abbandono della prassi ma non dell’ideologia terroristica [in questo ultimo caso sarebbe più corretto parlare di disengagement (disimpegno) piuttosto che di de-radicalizzazione]. Il disengagement può avvenire per svariate ragioni (corruzione dei leader, disaccordi sugli obiettivi, carcerazione, nascita di una famiglia etc.). Dunque la “de-radicalizzazione” e il disengagement possono derivare da processi biografico-personali, scelte individuali o addirittura da scelte dei

345


approfondimenti

346

“dirigenti” del sodalizio di appartenenza. Nel caso in cui si mettano in campo misure tese a “sopprimere” l’ideologia che ha portato il soggetto a porre in essere condotte terroristiche armate, si dovrebbe parlare di “dis-indottrinamento”; se si mira a provocare l’abbandono delle azioni violente senza l’abbandono dell’ideologia, si dovrebbe parlare di “disimpegno”. Esiste poi l’approccio cognitivo-comportamentale, adottato in alcuni Paesi islamici dell’Asia, che tende unicamente a modificare i comportamenti che rechino nocumento, onde “eliminare” le facoltà di mettere a repentaglio la società. In Italia, gli strumenti che sono stati utilizzati per rispondere al fenomeno jihadista sono consistiti spesso nell’arresto, nel monitoraggio e nell’espulsione. Tuttavia sono state messe in atto anche misure di “de-radicalizzazione” nei confronti degli AS2 all’interno dei penitenziari. In ogni modo, da un punto di osservazione “privilegiato” dovuto alla collaborazione con le Istituzioni di competenza sul fenomeno (Reparto Operativo Speciale dei Carabinieri e NIC della Polizia penitenziaria) e alla conoscenza della lingua araba in quanto madrelingua, risulta abbastanza poco verosimile che un jihadista “di caratura” o un leader carismatico, che svolgono continuamente proselitismo in carcere, possano essere scalfiti da programmi riabilitativi. Inoltre è ben noto che più

il “curriculum actionum” dell’AS2 è ricco di atti violenti e di stragi, più “gli altri” lo rispetteranno, ne faranno un “capo”, cercheranno la sua protezione, i suoi insegnamenti etc. In tal senso alcuni penitenziari possono essere definiti fabbriche di radicalizzazione violenta, purtroppo.

3. Il caso Santamato Vorremmo menzionare in questo luogo il caso di un convertito italiano: Alfredo Santamato. Trattasi di un camionista italiano approdato all’Islâm e radicalizzatosi nel 2016. Intratteneva rapporti via web con sospetti jihadisti e altre persone sottoposte a sorveglianza speciale per terrorismo; aveva costretto la moglie ad indossare il niqâb e aveva palesato pubblicamente – in televisione – la volontà di far infibulare le figlie. Urge qui chiarire che l’infibulazione non è una pratica di origine islamica; non esiste nel Corano, ma viene citata negli Hadîth, come pratica mustaḥabb. Questa è eminentemente tipica di molti Paesi dell’Africa islamica e non islamica. Ciò non significa, come già accennato, che alcuni musulmani africani e, per estensione, altri musulmani disturbati ed ignoranti non pretendano tale pratica offensiva, lesiva dei diritti umani e della dignità delle donne. La pratica islamica obbligatoria, derivata dalla tradizione ebraica, è – invece – quella della circoncisione dei neonati maschi.


Considerazioni sulla de-radicalizzazione dei terroristi jihadisti

Tornando al Santamato, aveva anche commentato l’attentato al mercatino natalizio di Berlino del 2016 definendolo un incidente stradale; aveva pubblicamente dichiarato di essere favorevole alla distruzione delle chiese in Arabia Saudita e che il cosiddetto “Islâm moderato” è venuto dal fuoco e nel fuoco sarebbe finito. Quest’ultima affermazione viene “giustificata” dal Santamato con il fatto che questo concetto non esiste, è una invenzione o innovazione (Bid’a), e come tale condannata dalla teologia islamica. In realtà l’Islâm condanna qualsiasi innovazione in campo teologico. Tutto ciò non è stato sufficiente a farlo condannare, in quanto le sue erano “mere posizioni ideologiche”, dunque, non punibili. Tuttavia il convertito ha commesso l’errore di pubblicare su Facebook una sua foto a bordo del suo camion in cui preannunciava il suo sacrificio da martire dell’Islâm. Constatata, a questo punto, la effettiva pericolosità del Santamato, gli inquirenti hanno richiesto al Tribunale per le Misure di Prevenzione l’applicazione dell’obbligo di soggiorno, il ritiro del passaporto, il divieto di utilizzare qualunque mezzo per inviare o ricevere messaggi o intrattenere rapporti virtuali; tra le misure di sorveglianza è stato previsto anche un percorso di de-radicalizzazione con un mediatore scelto dalla Procura onde rieducare il soggetto. Il percorso prevede lezioni quindicinali sui diritti costituzionali, sull’uguaglianza dei cit-

Benedetto Palombo

tadini nel rispetto della diversità culturale e religiosa, sulla condizione femminile. Alla luce di questi fatti, seppur riassunti per brevità, sembrerebbe difficile de-radicalizzare un soggetto che esprime pubblicamente opinioni come quelle riportate sopra e ricondurlo alla moderazione, al pluralismo e ciò per due ordini di ragioni: 1) Di principio, poiché neanche in presenza di opinioni riprovevoli e devianti uno Stato democratico può permettersi di rieducare ideologicamente i cittadini, finché non si traducano in atti antigiuridici; 2) Di effettività, poiché supporre di poter sconfiggere il fanatismo soltanto o principalmente attraverso il dialogo, la razionalità comunicativa, significherebbe avere delle velleità al di là del possibile. Come notato nei differenti programmi brevemente analizzati sopra, è necessario conoscere il soggetto in modo più completo possibile. Ordunque il Santamato proviene da una comune famiglia della media borghesia, con infanzia serena, genitori commercianti, sorella laureata in Economia e dirigente di una azienda. Egli, invece, dopo la maturità scientifica, si iscrisse all’università ma la abbandonò presto volendo entrare nel mondo delle gare automobilistiche, ma dovette desistere anche per impossibilità finanziaria della famiglia. Questa rinuncia è una fonte di frustrazione ancora dopo molti anni. Ha lavorato presso una

347


approfondimenti

348

concessionaria di automobili, poi ha conseguito la patente di guida per camion e cominciato a lavorare per una ditta di autotrasporti. Dapprima sposato con una nigeriana con cui aveva avuto due figli, poi convivente con una donna ivoriana con la quale ha avuto due figlie. Questi fatti – che esulano completamente dall’ambito giudiziario – potrebbero suggerire che dal punto di vista psico-sociale il soggetto sia sradicato dall’ambiente originario, viva il confronto con la sorella in maniera problematica e, come conseguenza, eviti rapporti alla pari con le donne italiane. In ogni caso, la sua estrazione, la sua scolarizzazione, il suo lavoro di venditore etc. sembrerebbero dimostrare la scarsa utilità di apprendere il funzionamento della società occidentale, il concetto di pluralismo e di rispetto delle diversità religiose. L’Università di Bari, cui è stata affidata la de-radicalizzazione del Santamato, riporta l’atteggiamento di “critica e chiusura verso tutti coloro che non sono islamici (…) l’intolleranza nei confronti di coloro che sembrano non condividere le sue scelte religiose radicali e non si conformano alla Shari’a (…) la resistenza verso la diversità di chi non si orienta secondo Shari’a”26. Il credo islamico esposto ai docenti dell’Università appare del tutto superficiale, non basato sul Corte di Appello di Bari, quarta sezione penale, Proc. n. 22/18, Provv. n. 4/19.

26

la lettura dei Testi, ma formatosi tramite ricerche su Internet. Dunque oltre non conoscere la propria fede, dichiarando pubblicamente la volontà di sottoporre le figlie ad infibulazione, ha dimostrato anche di ignorare le sanzioni previste dall’Art. 583-bis del Codice Penale sulle mutilazioni ai genitali femminili. La pericolosità del soggetto, come diffusore e propugnatore di discorsi di odio, non appare per niente mitigata o venuta meno. Il programma si è dimostrato utile nel permettere un effettivo controllo sugli sviluppi delle credenze fanatiche del sorvegliato, in circostanze in cui il divieto dell’uso di smartphone e di servirsi del web riduce di certo eventuali comportamenti pericolosi, ma al contempo ostacola la possibilità di controllare quegli sviluppi. L’esempio riportato è stato scelto appositamente per stare in una circostanza particolare, ovvero quella di un cittadino italiano, convertito, radicalizzato e sottoposto a programma di de-radicalizzazione. Ciò vuol dire che il soggetto non è nato musulmano, non è cresciuto in ambienti radicali, non ha vissuto nessuna delle situazioni tipiche delle zone di conflitto a sfondo terroristico, non può, pertanto, essere affetto da PTSD. Non sembra aver avuto problematiche esistenziali molto maggiori della media delle persone. Forse l’unico tratto di reale rilevanza, ai fini di queste pagine, può essere rappresentato da un eventuale “complesso di inferiori-


Considerazioni sulla de-radicalizzazione dei terroristi jihadisti

tà” che risulterebbe dalla scelta di donne straniere musulmane nelle quali spesso è presente la falsa consapevolezza di “inferiorità” o, comunque, di “disuguaglianza” rispetto all’uomo. Ciò potrebbe essere confermato anche dai rapporti conflittuali con la sorella in quanto donna laureata, solida, in carriera e madre. Ancora una volta ci si chiede quali e quanti siano i driver che portano alla radicalizzazione e quanto possano incidere i programmi di de-radicalizzazione su una “popolazione” carceraria AS2 numerosa, sapendo che dietro ognuno di costoro c’è una “storia” assolutamente personale, si direbbe una “anamnesi” del tutto personale, dei driver che sono stati “efficaci” per qualcuno e del tutto ininfluenti per altri, provenienze geograficamente disparate quindi anche usi e costumi diversi etc. L’unico punto comune a tutti è l’Islâm. Ma è qui, proprio in questo fattore comune, che si annida la trappola. In primis l’Islâm non è identico in ogni parte del globo in quanto, salvo i 5 pilastri e le prescrizioni coraniche e della sunna, viene declinato in diversi modi legati al luogo geografico, ad alcune tradizioni locali e, soprattutto, legati alla “lettura” di questa religione. In secundis, la fede islamica, a seconda dei commentari scelti, delle allocuzioni degli imâm, della propaganda e delle condizioni di un paese e, soprattutto, della volontà POLITICA, può risultare una fede irriconoscibile.

Benedetto Palombo

Dunque la parola “magica” non è tanto Islâm, quanto LA POLITICA. Infatti le letture ideologiche di questa fede hanno dato origine, un secolo fa, all’espressione Islâm politico. Per ragioni di brevità bisogna arrestare una disamina dell’Islâm politico, per arrivare alla reale situazione italiana, rappresentata dalla soverchiante preponderanza di una specifica lettura della fede islamica.

4. L’Islâm politico in Italia La situazione italiana, determinatasi ormai da molti anni, ha delle caratteristiche specifiche che concernono l’appartenenza – più o meno diretta e profonda – di una larga parte delle moscheegarage e dei loro imâm all’ideologia POLITICA della “Fratellanza Musulmana” o della sua filiazione diretta, ovvero quella di “Ḥamâs”. Questa affermazione, all’apparenza azzardata e fantasiosa, è suffragata da centinaia di video relativi alle “allocuzioni” del venerdì, da grande quantità di post Facebook in chiaro etc. L’Italia ha compiuto e compie molti sforzi in direzione della de-radicalizzazione. Tuttavia, si dovrebbe discutere a lungo e in profondità su alcuni soggetti terzi, cui vengono affidate alcune mansioni all’interno dei penitenziari proprio in ottemperanza agli accordi siglati.

349


approfondimenti

350

Come sarà risultato chiaro fin dall’inizio di queste pagine, qualsiasi processo di de-radicalizzazione passa obbligatoriamente e giustamente anche attraverso figure religiose che dovrebbero ri-educare i detenuti musulmani AS2 ad una fede più “mite”. Da un lato, l’Islâm in sé, ha, fondamentalmente, il ruolo di cornice di una “narrativa” fatta di versetti e di Ḥadîth la cui interpretazione è nelle mani del “personaggio” di turno, ma comunque una “narrativa” (in molti casi) terroristica e violenta che può arrivare a tutti; dall’altro, l’utilizzo dell’Islâm POLITICO, come quello ben presente in Italia nella sua versione della “Fratellanza”, ha mire molto più alte e velleitarie rispetto al compimento di attentati e atti terroristici violenti. Non sono mancate polemiche sui finanziamenti alle moschee e ai centri islamici; si può anche segnalare che il “Patto nazionale per un islam italiano”, siglato in data 1 febbraio 2017 dall’ex Ministro dell’Interno Marco Minniti con dieci associazioni islamiche importanti in Italia, prevede – tra l’altro - che il sermone del venerdì debba essere tenuto, oltre che in arabo, anche in italiano; ma questa regola viene spessissimo disattesa e, quando non viene disattesa, si assiste ad un riassunto, non sempre fedele all’originale, di quanto detto in arabo. Non c’è bisogno di conoscere l’arabo per notare che il sermone originale ha una certa durata, mentre quello “tradotto” in italiano ha una durata ben inferiore.

Quanto ai finanziamenti, si può citare come esempio e per brevità, che la costruzione della Moschea di Ravenna, è stata realizzata anche grazie a una importante donazione arrivata dalla Qatar Charity, cosa confermata dallo stesso direttore della moschea al quotidiano “Il Resto del Carlino” a cui ha detto che «il centro è costato più di un milione, in buona parte finanziato da Qatar Charity attraverso l’UCOII». Si ricorda che il 24 maggio 2016, il Principe Hamad Bin Nasser Al Thani – appartenente alla famiglia reale del Qatar – era a Piacenza per inaugurare un nuovo centro islamico; nello stesso giorno si è recato a Brescia in occasione dell’ampliamento della moschea; il 26 maggio era a Mirandola per inaugurare un nuovo centro di preghiera; il 28 maggio era a Vicenza per l’apertura di un centro islamico; il 5 giugno era a Saronno per inaugurare un complesso per la preghiera e una scuola coranica. Il summenzionato Principe è il “capo” della Qatar Charity Foundation, una sorta di “banca” per finanziare l’Islâm “tradizionale” nel mondo. Prima dell’arrivo del Principe in Italia, erano già giunti i finanziamenti, da parte della citata “Fondazione”, per le comunità di Bergamo, Centocelle (Roma), Ravenna e varie città della Sicilia. Secondo quanto affermato dall’UCOII, il piano della Qatar Charity Foundation è quello di finanziare la realizzazione di 33


Considerazioni sulla de-radicalizzazione dei terroristi jihadisti

centri di preghiera con una cifra pari a 25 milioni di euro. È sufficiente consultare il web, i giornali, ascoltare l’impostazione “teologica” dell’Islâm diffuso in alcuni dei centri sopra citati e in tanti altri non citati, per rendersi conto che i finanziamenti ricordati hanno un forte “sapore” di “Fratellanza Musulmana”. Il Centro di Ricerca sulla Sicurezza e il Terrorismo è in possesso di materiale audio, video e fotografico, proveniente rigorosamente da fonti aperte, che può suffragare quanto si afferma. Anche in questo caso, ovvero della presenza soverchiante della “Fratellanza musulmana” (finanziata dalla “Fondazione” qatarina citata e veicolata attraverso l’UCOII) nelle moschee e i centri islamici italiani. Il giorno 18 giugno 2019, presso la moschea “Omar”, sita in via Saluzzo a Torino, l’imâm Mohamed Shahin, in una sala in cui campeggia la foto dell’ex Presidente egiziano e Capo dei “Fratelli Musulmani” Mohamed Mursi, presenta un certo “Professor Usama” al quale dà la parola. Quest’ultimo, prima di iniziare il suo intervento, declama il poco rassicurante motto dei “Fratelli Musulmani”, che riportiamo di seguito in italiano: “Allah è il nostro obiettivo, Il Profeta è il nostro leader, Il Corano è la nostra costituzione, Il jihâd è la nostra via, Morire sulla via di Allâh è la nostra più alta aspirazione”.

Benedetto Palombo

Tali accadimenti sono immortalati su supporti di cui il C.R.S.T. è in possesso. Avviandosi verso la conclusione, si torna sul tema centrale della de-radicalizzazione. È nostro avviso che i maggiori sforzi debbano concentrarsi sulla prevenzione della radicalizzazione violenta, ricordando sempre che si tratta di mettere in atto delle POLITICHE a 360 gradi. Proprio come visto nei diversi programmi di de-radicalizzazione, la probabilità maggiore di successo è rappresentata dall’approccio olistico; allo stesso modo, delle politiche olistiche che vedono impegnate le scuole, gli insegnanti, gli ambienti sportivi, incontri tra giovani e diverse figure delle Istituzioni etc., garantirebbero una maggiore probabilità di successo. Chiaramente l’elenco dei soggetti da inserire in queste politiche è molto più vasto di quanto riportato sopra a mero scopo di esempio. In fondo, le politiche volte a scoraggiare e prevenire la radicalizzazione, hanno molti punti di intersezione con le Politiche Sociali, che di certo non brillano per efficacia ed efficienza. Naturalmente, all’interno di queste eventuali politiche, un ruolo fondamentale e imprescindibile è riservato alle Forze dell’Ordine tutte. Dunque anche il vigile urbano, che opera sul territorio e conosce, spesso, proprietari di negozi, bar, discoteche, palestre etc. può rendersi utile segnalando un comportamento sospetto, flussi di persone che frequentano uno

351


approfondimenti

352

stesso luogo sempre e soltanto in determinati orari etc. Attraverso le segnalazioni integrate, i Reparti di competenza possono così essere allertati per accertare la liceità o meno delle condotte poste in essere di volta in volta. Riteniamo che i programmi di de-radicalizzazione indirizzati agli AS2 all’interno dei (pochi) penitenziari attrezzati siano certamente utili e possano dare dei frutti, anche se una valutazione quali-quantitativa resterà sempre difficile, poiché molti detenuti sanno che bisogna mostrarsi sempre collaborativi, pentiti e ormai distanti dalla radicalizzazione violenta che li aveva condotti in carcere. Inoltre, come accennato, è nostro avviso che le mansioni da affidare a figure religiose – anche quelle cosiddette “accreditate” – debbano essere riviste in quanto il canale preferenziale e referenziale è rappresentato dall’UCOII, potente organizzazione con legami in tutto il mondo e chiare inclinazioni, almeno di alcuni membri, verso la “Fratellanza Musulmana”. I fondatori di questa “Unione” sono personaggi noti per alcune loro peculiarità non sempre positive. Di seguito qualche nota rapidissima proprio su questi fondatori. Il Sig. Hamza Roberto Piccardo, uno dei fondatori della “Unione delle Comunità e Organizzazioni Islamiche in Italia” (UCOII), il giorno 6 agosto 2016 alle ore 02:27, ha pubblicato sulla sua pagina FB la seguente frase: “Se è

solo una questione di diritti civili, ebbene la poligamia è un diritto civile27”. Questa rivendicazione della poligamia ha una storia dietro impossibile da esporre in questa sede. In ogni caso, sembrerebbe un “diritto” che la Sharî’a assicura, lo Stato italiano no. Il Sig. Mohamed Nour Dachan - siriano dovuto scappare dalla Siria di Hafiz al-Asad in quanto membro dei “Fratelli Musulmani”, ovvero di un movimento bandito in Siria –, altro fondatore dell’UCOII, ha trascorso il giorno di San Valentino del 2007 davanti al Procuratore capo, Dr. Ferrara, e all’Aggiunto, Dr. Cordova, per essere interrogato, a conclusione delle indagini condotte dalla Digos. L’accusa riguardava un’inserzione a pagamento fatta pubblicare su diversi giornali nell’agosto del 2006 dal titolo «Ieri stragi naziste, oggi stragi israeliane» che gli inquirenti imputano a Dachan in quanto legale rappresentante dell’Ucoii, nella sua qualità di presidente28. Quel manifesto affermava che «lo sta27 Cfr. Imolaoggi del 06.08.2016 (https:// www.imolaoggi.it/2016/08/06/islamiciditalia-fondatore-dellucoi-la-poligamiae-un-diritto/); Il Fatto Quotidiano del 06.08.2016 (https://www.ilfattoquotidiano. it/2016/08/06/poligamia-piccardo-ucoiie-un-diritto-civile-non-condivido-le-relazioni-gay-eppure-sono-lecite/2960482/) e la maggior parte dei quotidiani del 06.08.2016. 28 La Repubblica, 04.01.2010 (link: https://www.repubblica.it/2007/02/sezioni/cronaca/ucoii-indagati/ucoii-indagati/ ucoii-indagati.html).


Considerazioni sulla de-radicalizzazione dei terroristi jihadisti

to d’Israele è nato dalla pulizia etnica» e terminava con l’equazione «Marzabotto=Gaza=Fosse Ardeatine=Libano»29. Ovviamente le vicissitudini da ricordare sarebbero tante, ma lo spazio lo impedisce. Il Sig. Ali Abu Shwaima, giordano con nazionalità italiana dal 1986, oltre ad essere un altro fondatore dell’UCOII, era anche un “bigamo” praticante. Sposato con effetti civili con una donna italiana (venuta a mancare) e in moschea con un’altra donna, padre di 7 figli, ha trascorso parte della sua vita, fino alla scomparsa della moglie italiana, con entrambe le donne e i 7 figli tranquillamente nella stessa casa30. Inoltre è assurto alle cronache in occasione della sua dichiarazione secondo cui le donne non possono andare in bicicletta31 (ovviamente per una questione di decoro). Ciò che potrebbe preoccupare un po’ è che nei Paesi islamici questa regola esiste davvero, e non si capisce perché dovrebbe

Per informazioni più dettagliate si rimanda al documento “Senato della Repubblica, XV legislatura, 33ª Seduta, Assemblea – Allegato B, 19 settembre 2006, pagg. 82-87 (link: http://www.senato.it/ service/PDF/PDFServer/BGT/00219644. pdf). 30 Cfr. Il Giornale, 16.11.2015 (link: https:// www.ilgiornale.it/news/bigami-ditaliasono-20mila-fuorilegge-e-mai-puniti-1194779.html). 31 Cfr. Il Giornale, 25.02.2016 (link: https:// www.ilgiornale.it/news/cronache/islamicicontro-donne-bici-restiamo-allibiti-dalleitaliane-1229214.html). 29

Benedetto Palombo

esistere anche in Italia, seppur limitatamente alle musulmane. Questa piccola presentazione (molto incompleta) dei fondatori dell’UCOII vuole mettere in evidenza alcuni fatti non edificanti riguardanti questi “padri fondatori”, onde suscitare una riflessione più attenta sulla reale affidabilità dell’Unione o meno. Allo stesso tempo, ci sentiamo anche in dovere di segnalare che molte “figure” storiche dell’UCOII sono state sostituite da altri, e che la citata Unione non è l’unica realtà che pretende rappresentare i Musulmani in questo Paese.

Conclusioni I programmi di de-radicalizzazione sono ovviamente i benvenuti e speriamo siano sempre più efficaci, ma con la consapevolezza che de-radicalizzare alcuni individui ospiti di determinati penitenziari italiani è cosa – forse – impossibile. Inoltre i programmi, nelle loro parti da affidare a figure terze rispetto allo Stato, devono essere assolutamente messi nelle mani di persone preparate, di valore e leali verso lo Stato italiano.

353



approfondimenti

Criptovalute e rischi di riciclaggio

Fulvio Fontana

Sommario: Informazioni preliminari. – 1. Valuta e Criptovalute. – 2. Bitcoin come ‘asset’. – 3. Bitcoin e Blockchain, come funziona? – 4. Aspetti positivi legati all’uso delle criptovalute. – 5. Profili problematici evidenziati da autorità competenti in materia. – 5.1. Considerazioni del GAFI/FATF. – 5.2. Considerazioni dell’Autorità Bancaria Europea (EBA). – 5.3. Considerazioni EUROPOL/ EUROJUST. – 5.4. Considerazioni Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo. – 6. Inquadramento giuridico del fenomeno delle criptovalute. – 7. Normativa antiriciclaggio. – 8. Prevenzione e contrasto del fenomeno. – Considerazioni alla luce di quanto rappresentato.

Informazioni preliminari Le nuove tecnologie, supportate dalla continua ed inarrestabile evoluzione che viene resa possibile dalla rete Internet, nel corso degli ultimi anni hanno spianato la strada ad un fenomeno che ha comportato un cambiamento radicale nell’economia globale: le Criptovalute, la più nota delle quali risulta essere Bitcoin (nonché la prima in ordine di nascita, nel 2009), tutte basate sulla crittografia, ossia sull’applicazione di metodi che servono a rendere un messaggio intelligibile solo ai

soggetti espressamente autorizzati a leggerlo. Il fenomeno delle criptovalute è stato sotto i riflettori sin dalla sua nascita nel 2009, quando Bitcoin fece il suo ingresso come nuovo sistema elettronico di pagamento, accompagnato dal whitepaper del fondatore1, Satoshi Nakamoto2, che ha cercato di spiegare le finalità dietro la creazione del suo prodotto.

https://bitcoin.org/bitcoin.pdf. Pseudonimo dietro il quale non è ben chiaro chi si celi, se una singola persona o un gruppo.

1

2


approfondimenti

356

Le criptovalute, variamente intese, hanno come obiettivo quello di introdurre dei sistemi di pagamento che si affranchino dall’egemonia dei sistemi bancari tradizionali, interposti come soggetto terzo a garanzia del buon andamento dei pagamenti, basando tutto il loro sistema di funzionamento su due capisaldi: la crittografia e la tecnologia del registro pubblico distribuito (DLT Distributed Ledger Technology). Ma non è tutto oro quel che luccica, infatti seppure questi nuovi prodotti hanno sicuramente raggiunto in certo modo il risultato di gestire autonomamente la validazione dei pagamenti effettuati tra utilizzatori (che li accettano solo ed esclusivamente su base volontaria, dal momento che non hanno corso legale), allo stesso tempo sono state riscontrate alcune problematiche che li rendono permeabili a tentativi di uso degli stessi con finalità di riciclaggio, di finanziamento del terrorismo o di acquisto di prodotti illegali. In questo lavoro si prenderà spesso come esempio, sia a livello pratico che teorico, la prima e più famosa delle criptovalute, ossia Bitcoin, in quanto maggiormente conosciuta dal grande pubblico (con la consapevolezza e la precisazione che esistono una moltitudine di criptovalute differenti) e in quanto risulta molto ben esplicato il relativo principio di funzionamento a mezzo della tecnologia c.d. “Blockchain”. Ma andiamo con ordine, sono infatti necessari alcuni chiarimen-

ti concettuali preliminari al fine di meglio inquadrare il fenomeno di cui stiamo parlando.

1. Valuta e Criptovalute Per meglio comprendere le criptovalute bisogna, innanzitutto, precisare che prima delle valute basate sulla tecnologia crittografica si è avuta la distinzione tra: moneta “fisica” ed “elettronica”. La moneta “fisica” (monete metalliche o banconote) è quella che risulta di più immediata intelligibilità, è la moneta che tutti noi conosciamo e che usiamo ogni giorno, è una moneta anonima, accessibile a chiunque ed immediata nella percezione della sua materialità. Diversamente la moneta “elettronica” non è immediatamente percepibile in quanto immateriale, ma nonostante questo è utilizzabile con molta facilità, in quanto consente di effettuare pagamenti a distanza senza la necessità di avere con sé la quantità di moneta/cartamoneta necessaria a finalizzare il pagamento, rimanendo pur sempre la trasposizione elettronica di moneta a valore corrente che viene depositata su un apposito rapporto di conto corrente con un istituto bancario (altro non è se non la rappresentazione digitale di moneta reale). La valuta ha tradizionalmente delle funzioni che si reputano coessenziali alla stessa, che possono essere indicate in:


Criptovalute e rischi di riciclaggio

• UNITÀ DI CONTO – in quanto la moneta si utilizza per confrontare in maniera omogenea il valore di prodotti e servizi anche molto diversi tra di loro; • RISERVA DI VALORE – in quanto consente di conservare nel tempo la quota di reddito che non viene utilizzata nell’immediato per consumare beni/servizi, permettendo di accumulare una quota di “ricchezza” per spenderla in futuro; • MEZZO DI PAGAMENTO – la moneta a corso legale può essere scambiata istantaneamente con beni e servizi, consentendo l’estinzione delle obbligazioni pecuniarie con obbligo di accettazione della controparte3 per il valore nominale indicato dalla stessa. La “criptovaluta” o “valuta virtuale” si innesta in questa bipartizione, cercando di acquisire le positività di una e dell’altra, a suo modo realizzando questo obiettivo in quanto crea un sistema di pagamento che da una parte consente di effettuare pagamenti a distanza (in questo ricalcando le caratteristiche della moneta elettronica), garantendo dall’altra una certa forma di anonimato (che è meglio definire “pseudonimato”, ossia il wallet che ha disposto/ ricevuto l’operazione rimane noto, senza che ne sia automaticamente svelato il possessore) similmente a quanto avviene per il contante.

3

Rif. art. 1277 c.c.

Fulvio Fontana

A livello tecnico le criptovalute non possono considerarsi quali valute o monete, in quanto non assicurano le tre funzioni che precipuamente corrispondono a quelle di una moneta, poco sopra indicate (riserva di valore, mezzo di pagamento e unità di conto). Il punto centrale, vero e proprio obiettivo del sistema delle criptovalute, è quello di costituire in tutto e per tutto un nuovo sistema economico basato su di una nuova moneta sottratta all’esistenza di un’autorità centrale che la emetta o ne tracci/validi le transazioni. Le funzioni da ultimo individuate (emissione di nuova moneta e sistema di validazione dei pagamenti) sono infatti svolte dagli stessi utenti della “catena di blocchi”, sulla base di quanto previsto dall’algoritmo di funzionamento della Blockchain. A maggior conferma di quanto indicato finora, va parimenti precisato che la natura delle criptovalute si basa su una “peer-topeer network”4, dove ognuno dei computer collegati ha accesso alle risorse comuni, senza che vi sia un server centrale che contiene le informazioni rilevanti rendendole

Nella teoria informatica una rete “peer to peer” è un’architettura di sistema nella quale tutti i computer connessi svolgono la funzione sia di client che di server, più comprensibilmente vuol dire che nessuno dei nodi della rete (gli utenti) ha un peso specifico maggiore degli altri, hanno tutti pari posizione senza che vi sia un server centrale che certifica la bontà delle informazioni che circolano sulla rete. 4

357


approfondimenti

disponibili (a richiesta) nei confronti degli altri utenti.

2. Bitcoin come ‘asset’

358

Per fare una precisazione dal punto di vista teorico le Criptovalute (tra cui la più famosa Bitcoin), più che essere poste a confronto con la moneta avente corso legale, possono essere definite come un “asset”; invero i Bitcoin sono più facilmente assimilabili ad una risorsa come l’oro che non alle monete variamente emesse dalle Banche Centrali, questo in quanto: • entrambi sono “limitati” (l’oro dal punto di vista geologico, mentre Bitcoin viene limitato in maniera artificiale nella sua emissione ad una somma pari a 21 milioni di Bitcoin); • entrambi costituiscono un “attivo” per chi li detiene senza essere passivo di nessun altra entità (come, invece, accade nel classico sistema del credito bancario); • ancora, entrambi sono assolutamente “sovranazionali” e non direttamente spendibili in quanto non vi sia qualcuno espressamente disposto ad accettarli come mezzo di scambio (altrimenti detto: non hanno corso legale). Per “asset”, dal punto di vista della teoria economica, si intende univocamente5 ogni entità

5 http://www.treccani.it/enciclopedia/ asset_%28Dizionario-di-Economia-e-Finanza%29/

(sia essa materiale o immateriale) suscettibile di una valutazione economica soggettiva, tuttavia in questo settore dobbiamo spingerci ancora un passo in avanti e definire le criptovalute come dei “criptoasset”, ossia una rappresentazione digitale di valore che sia resa univoca grazie all’impiego di meccanismi crittografici6; la specificazione risulta di fondamentale importanza in quanto, mentre un asset “classico” (sia esso materiale o immateriale) può essere scambiato sui classici mercati finanziari, i criptoasset possono essere depositati e scambiati solo su piattaforme DLT, rispettando le regole del protocollo Blockchain. Ulteriore caratteristica del tutto peculiare della criptovaluta è la sua divisibilità, infatti, mentre le classiche valute sono divisibili al centesimo, i Bitcoin possono essere frazionati fino al centomilionesimo (unità che è stata denominata, in onore del suo creatore, “Satoshi”) e tale fattore, unitamente ai bassi costi di transazione, permette teoricamente di utilizzare questo metodo di pagamento anche per piccoli scambi a differenza di quanto avviene con i pagamenti in moneta elettronica, i quali per importi ridotti risultano sconvenienti. I principi alla base dell’idea di Bitcoin (che ripetiamo essere utilizzata come metro di paragone

Vds. R. Garavaglia, Quaderno di Ricerca Giuridica della Banca d’Italia, n. 87, settembre 2019, 168.

6


Criptovalute e rischi di riciclaggio

del presente lavoro in quanto prima e più diffusa tra le differenti tipologie di criptovalute esistenti), sono ben enucleati nelle prime pagine del white paper di Satoshi Nakamoto7. Nei piani del fantomatico fondatore di questa avveniristica realtà digitale, il prodotto creato avrebbe la medesima funzione che si ottiene con il denaro contante, il tutto messo a disposizione per i pagamenti operati mediante sistemi di comunicazione basati sulla rete internet. A detta di Nakamoto, infatti, il commercio su internet fa affidamento quasi esclusivamente sulle istituzioni finanziarie canoniche (gli istituti bancari in primis), che servono come terze parti di fiducia per elaborare i pagamenti elettronici, per via di ciò il sistema soffre ancora di alcune debolezze causate dal suo essere basato sulla fiducia, ossia: impossibilità di transazioni che siano totalmente irreversibili, alti costi di transazione dati dall’intermediazione e tempi lunghi connessi all’uso dei classici canali di pagamento.

3. Bitcoin e Blockchain, come funziona? Ma come funziona materialmente il sistema di pagamento Bitcoin? Innanzitutto è necessario, per chiunque voglia iniziare a possedere/scambiare Bitcoin, avere un proprio wallet (porta https://bitcoin.org/it/documento-bitcoin. 7

Fulvio Fontana

foglio) personale, il quale contiene due chiavi, una pubblica, che identifica univocamente il wallet e funge da “indirizzo”, e una chiave “privata”, che consente al titolare del wallet di disporre della criptovaluta che sullo stesso viene depositata o inviata. Al fine di semplificare ulteriormente, ciò significa che per inviare criptovaluta ad un soggetto sarà necessario conoscere la chiave pubblica del suo portafoglio (l’indirizzo, che per semplicità di rappresentazione può essere paragonato all’IBAN di un conto corrente bancario), mentre perché il proprietario di un wallet possa disporre della criptovaluta in esso contenuta, ad esempio al fine di effettuare un pagamento, sarà per lui necessario essere a conoscenza della chiave privata del portafoglio stesso. Ci sono due diverse tipologie di wallet: • HOT WALLET – ossia un software messo a disposizione dell’utente nei modi più disparati (app per cellulare, pagina internet o programma per computer) che permette di inviare/ricevere criptovaluta per mezzo di una connessione ad internet, consentendo la custodia di entrambe le chiavi (pubblica e privata) relative al wallet; chiaramente questo tipo di wallet è maggiormente esposto a rischi soprattutto di matrice informatica (qualora i server ove sono memorizzati i dati subissero un “data breach”, potrebbero essere trafugate le criptovalute dete-

359


approfondimenti

360

nute nei wallet dei quali custodiscono i dati di accesso, ossia le chiavi pubblica e privata). • COLD WALLET – in tal caso ci si riferisce ad un portafoglio digitale le cui chiavi (pubblica ma soprattutto privata) sono memorizzate e custodite in un luogo sicuro ma non connesso alla rete (l’esempio classico è quello di un pezzo di carta ove le stesse siano trascritte, spesso sotto forma di codice QR); ciò che cambia sostanzialmente risiede nel fatto che la chiave privata (che ricordiamo essere necessaria al fine di disporre del saldo del wallet) non è memorizzata sui sistemi di alcun software, ma sta solo all’accortezza del suo possessore diretto tenerla celata e tenerne traccia al fine di poter disporre del saldo del proprio portafoglio digitale. Il problema da risolvere, per qualsiasi mezzo di pagamento, è quello di evitare che si verifichino casi di doppia spesa, ossia che un utente malintenzionato possa utilizzare per più di una volta le medesime criptovalute dallo stesso detenute. Per eliminare questa possibilità Bitcoin usa la Blockchain, la quale può essere indicata come il libro mastro di Bitcoin8, che altro non è se non un database distribuito permissionless (DLT – distributed ledger technology) che utilizza

https://www.eticaeconomia.it/una-descrizione-quasi-informatica-del-funzionamento-di-bitcoin/. 8

la tecnologia peer-to-peer, al cui interno sono memorizzate tutte le transazioni in Bitcoin poste in essere dal 2009 ai giorni nostri, operazioni che si perfezionano solo nel caso in cui vengano validate da più del 50% della potenza computazionale presente nella rete che supporta Bitcoin. In pratica ogni nuovo utente della rete Blockchain di Bitcoin (nodo) riceve tutti i blocchi di operazioni fino a quel momento validati9 in copia e per intero cosicché, al momento di comprendere se un’operazione può essere o meno accettata come valida (procedimento di validazione delle operazioni), lo stesso invia in broadcast10 la possibile transazione nella quale è implicato, chiedendo agli altri utenti di verificarne la legittimità. Quando una quantità di partecipanti pari a più del 50% della potenza computazionale disponibile assicura che, dai dati in proprio possesso, effettivamente i Bitcoin appartengono all’indirizzo che dispone l’operazione, e il destinatario della transazione accetta il pagamento, sarà allora che tutti gli utenti aggiorneranno la Blockchain con la nuova transazione11. Ognuno di questi blocchi viene sviluppato dalla comunità dei miner, che alla fine ottengono una Proof of Work facilmente verificabile senza necessità di particolare potenza computazionale da parte di qualsiasi utente della rete Blockchain. 10 Indistintamente a tutti i componenti della rete (i nodi della rete Bitcoin, ad esempio). 11 Per un’ulteriore descrizione può leggersi anche l’EBA Report del 9 Gennaio 9


Criptovalute e rischi di riciclaggio

Volendo ulteriormente estremizzare, ogni singola unità di valore Bitcoin può essere paragonato ad un titolo al portatore, in calce al quale viene riportata tutta la serie delle girate che lo stesso ha subito passando da un proprietario (magari originario) ad un altro. Sarà proprio la verifica della coerenza di tutte queste girate con i dati memorizzati nella DLT Blockchain, posseduta indistintamente da tutti i nodi della rete, che consentirà al proprietario di disporre di quell’unità di valore in futuri scambi. Se ne deduce, quindi, che ogni nodo della rete Bitcoin può gestire operazioni in proprio avendo la disponibilità dell’intero storico della Blockchain sviluppatasi nel tempo, mentre vi saranno alcuni nodi della rete che si impegneranno anche in attività di mining (estrazione) di nuovi Bitcoin, chiamati miner. L’attività dei miner consiste nel prendere un blocco di transazioni come base per la soluzione di un complesso problema di calcolo che, una volta risolto, comporta la formazione di un nuovo blocco che viene aggregato alla Blockchain, registrando in maniera perpetua le transazioni fino a quel momento avvenute e fungendo da base di calcolo per le successive; in chiave di ricompensa il miner riceverà anche una certa quantità di Bitcoin ed altri

2019 Report with advice for the European Commission, p. 8.

Fulvio Fontana

tipi di incentivi (come dei costi di transazione che vengono sostenuti dagli utilizzatori). La presenza di questi incentivi12 servirebbe anche a determinare una ricaduta positiva che aiuti i nodi a rimanere “onesti”, poiché se anche alcuni utenti malintenzionati riuscissero ad aggregare tanta potenza di CPU da superare quella degli operatori “onesti”, dovrebbero scegliere tra un utilizzo della stessa volto a minare il corretto funzionamento dell’infrastruttura ovvero usarla al fine di coniare nuove monete (o essere interamente ricompensati con costi di transazione laddove la totalità dei Bitcoin fosse già stata coniata). Secondo la convinzione del fondatore tanto basterebbe a rendere più conveniente per chiunque “giocare secondo le regole”, in quanto ciò risulta più redditizio, dato che consente di ottenere più monete nuove oltre ad un diretto ristoro mediante costi di transazione da parte di chi dispone le operazioni, piuttosto che minare la sicurezza del sistema e, in fin dei conti, la validità stessa della propria ricchezza.

4. Aspetti positivi legati all’uso delle criptovalute Volendo, quindi, riepilogare quelli che vengono definiti come gli aspetti positivi dell’uso del-

Vds. p. 4 del citato whitepaper Bitcoin.

12

361


approfondimenti

362

le nuove valute crittografiche si hanno alcuni profili. Una delle principali caratteristiche di questi sistemi di pagamento è quella che ne prevede una “scarsità artificiale” (ricordiamo come l’emissione di Bitcoin si arresterà arrivati alla somma di 21 milioni totali), la quale teoricamente permetterebbe anche di trovare una soluzione al problema della “trappola della liquidità” in cui incorrono normalmente le valute emesse dalle banche centrali. Come noto, anche a seguito delle politiche di quantitative easing poste in essere dalla Banca Centrale Europea (sotto l’egida di Mario Draghi prima e, nonostante qualche tentennamento, anche sotto la guida di Christine Lagarde) e da altri istituti finanziari, la quantità di moneta emessa è certamente aumentata; tuttavia a fronte dell’immissione di queste grandi quantità di moneta nel sistema, spesso le economie non registrano un aumento proporzionale della spesa sul mercato (viene posta in essere un’opera di accumulo che non serve a far ripartire il ciclo dei consumi), determinando un’ulteriore contrazione dell’economia reale. Tali fenomeni sono influenzati sicuramente da più fattori, come l’assenza di politiche che determinino un surplus di moneta con riferimento ai soggetti che abbiano un’alta propensione al consumo ovvero la presenza di politiche restrittive sulla concessione del credito da parte degli istituti bancari o, ancora, le semplici aspettative negative degli operatori econo-

mici che accumulano liquidità anziché spendere. Tali fenomeni non vedrebbero la luce nel sistema di criptovaluta singolarmente inteso13 (vds. Bitcoin), in quanto la quantità di criptovaluta potenzialmente a disposizione viene limitata a monte ad un quantitativo specifico, oltre a non essere presente alcuna autorità centrale che ne possa determinare la nuova emissione. Come dato positivo per gli utilizzatori si ha anche l’uso delle Criptovalute come modalità di finanziamento in crowdfunding di nuove iniziative imprenditoriali senza passare necessariamente da una quotazione in Borsa. In questo caso il finanziamento si ottiene, a livello tecnico, mediante una ICO14, in occasione della quale le imprese che la lanciano entrano in contatto diretto con i soggetti che hanno intenzione di sostenere la loro iniziativa. In tali casi siamo in presenza di una forma di crowdfunding decentralizzato, che non necessita di una piattaforma terza (ad esempio come “Kickstarter” o altre) che funga da abilitatore della transazione. Tale affermazione, se può apparire veritiera considerando in ottica di “sistema” una singola criptovaluta, non pare essere corretta guardando al mondo delle criptovalute complessivamente inteso, che vede una continua espansione con il lancio di nuove tipologie di prodotti con nomi e algoritmi di funzionamento potenzialmente diversi. 14 Acronimo di Initial Coin Offering. 13


Criptovalute e rischi di riciclaggio

Questo in quanto il crowdfunding e i Bitcoin (ma in generale tutte le criptovalute) condividono la medesima filosofia di fondo, che consiste nella disintermediazione dei flussi finanziari rendendo i meccanismi di controllo e finanziamento più trasparenti e democratici. Esistono diversi modelli di crowdfunding che si servono dell’idea di Blockchain e del concetto di criptovaluta: • l’erogazione di token ai sostenitori in misura dipendente dalla somma di finanziamento elargita; questi potranno successivamente essere usati in modi diversi, a partire dall’accesso a edizioni speciali, eventi o semplicemente per mezzo della possibilità di scambiarli con altri utenti. • altra tipologia di progetto di crowdfunding che coinvolge le criptovalute può essere, molto semplicemente, quello di ottenere il finanziamento di un progetto imprenditoriale a mezzo di rimesse in criptovalute altre rispetto la nuova che si vuole lanciare sul mercato; in tal caso spesso avviene che i sostenitori di tali progetti siano già utilizzatori delle criptovalute che sperano, finanziando ancora il settore, che il valore dei loro asset aumenti ulteriormente per mezzo della diffusione di questo tipo di prodotti. • ulteriore ipotesi di critpofunding è quello delle cc.dd. “Appcoin”, ossia app o servizi online che attribuiscono dei token ai finanziatori, che gli stes-

Fulvio Fontana

si potranno successivamente utilizzare all’interno della medesima app o di uno specifico ecosistema per il pagamento dei beni/servizi offerti. • l’ipotesi più conforme al concetto base di ICO, tuttavia, rimane quella della richiesta di finanziamento di un nuovo progetto di criptovaluta, creandone una quantità che i creatori tengono per sé, distribuendo il resto in percentuale alla quota di sostegno ricevuta; i sostenitori diventano per ciò stesso degli investitori e possono raggiungere, a seguito di un eventuale successo del progetto, un aumento del valore delle loro monete digitali (monetizzando il guadagno mediante la cessione delle stesse o mediante il pagamento di beni o servizi in un momento successivo). Altro aspetto che viene ritenuto di fondamentale importanza per i sostenitori delle criptovalute è la grande diminuzione dei costi di transazione. Dal momento che non ci sono più soggetti terzi a fungere da intermediario per la buona riuscita della transazione (funzione sostituita dalla tecnologia peer-to-peer e dall’algoritmo di funzionamento del registro pubblico distribuito), i costi di transazione si azzerano quasi del tutto, anche se gli utenti sono invogliati a pagare dei costi di transazione su base volontaria, con la doppia finalità di ricompensare gli utenti “miners” per il dispendio di risorse in termini di capacità computazionale e potenza di calcolo

363


approfondimenti

364

(e di energia elettrica), oltre che a scopo di protezione nei confronti di eventuali utenti malevoli che utilizzino una grande quantità di micro transazioni al fine precipuo di intasare la rete, i quali sarebbero scoraggiati dall’immettere una grande quantità di micro-transazioni se dovessero pagare per le stesse. In tale ipotesi incide sul costo della transazione la quantità di dati inclusi nella stessa, oltre al numero degli indirizzi fra i quali è suddiviso l’importo da inviare. Ulteriore termine di paragone importante per i sostenitori del fenomeno è la rapidità riconnessa alle transazioni, che impiegano in media dieci minuti per la relativa esecuzione. Se si confronta questo dato con i tempi del sistema bancario classico, soprattutto per quanto concerne i trasferimenti internazionali di fondi (che impiegano di norma più giorni lavorativi) si comprende quale possa essere la reale differenza tra questo sistema di pagamento e il circuito bancario tradizionale. Ai profili già delineati si connette una irreversibilità dei pagamenti effettuati, ossia una volta che viene disposto il trasferimento di una certa quantità di criptovaluta da un wallet ad un altro, la transazione non può essere reversibile neanche nel caso in cui sia stata effettuata per errore (e d’altro canto non potrebbe accadere diversamente in un sistema di pagamento privo di un’apposita autorità centrale che possa assumere determinazioni in merito ai

pagamenti che avvengono sulla piattaforma).

5. Profili problematici evidenziati da autorità competenti in materia Nel tempo l’ampia platea di autorità nazionali e internazionali competenti in materia si è variamente pronunciata su rischi e opportunità offerte dalle innovazioni nel settore delle valute basate su tecnologia crittografica. 5.1. Considerazioni FATF

del

GAFI/

Una delle prime, e più importanti, istituzioni internazionali a pronunciarsi sulla materia fu il Gruppo di Azione Finanziaria – GAFI/FATF (Financial Action Task Force), che in occasione della pubblicazione di un Report del giugno 201415 coniò anche la prima definizione di criptovaluta, indicata come una rappresentazione digitale di valore che può essere ceduta/scambiata digitalmente e funzionare come mezzo di scambio, unità di conto e riserva di valore, che tuttavia non ha corso legale in alcuna giurisdizione; non è emessa o garantita da alcuna giurisdizione, riuscendo a Fatf report on virtual currencies – key definitions and potential AML/CTF risks (june 2014): http://www.fatf-gafi.org/media/fatf/documents/reports/Virtual-currency-key-definitions-and-potential-amlcft-risks.pdf. 15


Criptovalute e rischi di riciclaggio

soddisfare le predette condizioni solo attraverso l’accordo che intercorre tra la comunità degli utilizzatori della valuta virtuale. Sempre stando a quanto espressamente indicato dal GAFI la valuta virtuale differisce da quella avente corso legale in uno Stato, consistente nella moneta e cartamoneta emessa da una banca centrale, individuata come mezzo di scambio nello Stato che la rilascia, oltreché dalla valuta elettronica, che è una rappresentazione digitale di valuta a corso legale utilizzata per operare pagamenti in via elettronica. In effetti la moneta elettronica è un meccanismo digitale per trasferire moneta avente corso legale. Già in occasione di questo primo report del GAFI vennero palesati quelli che ancora oggi, per la maggior parte, vengono ritenuti alcuni dei più rilevanti rischi connessi all’uso delle criptovalute. In particolare vennero individuate varie possibili fonti di rischio, distinguendole in relazione ai diversi soggetti che, a vario titolo, partecipano al complessivo mercato delle criptovalute. Di seguito vengono riepilogati alcuni dei più rilevanti rischi che si pongono a carico degli utenti genericamente intesi come proprietari di un qualsiasi ammontare di criptovalute. Primo fra tutti i rischi, quello che vede un forte anonimato rispetto quanto non accade con i tradizionali metodi di pagamento che non si basano sui contanti (moneta elettronica, carte di pagamento, bonifici bancari, ecc…).

Fulvio Fontana

Secondariamente, queste modalità di pagamento sono caratterizzate da un rapporto che, svolgendosi integralmente sulla rete internet, avviene nella quasi totalità dei casi “non in presenza” del cliente, potendo anche consentire di operare dei finanziamenti in maniera del tutto anonima. Parimenti possono permettere dei trasferimenti anonimi se chi invia il pagamento e il ricevente non sono adeguatamente identificati. I sistemi di criptovaluta decentralizzati sono particolarmente vulnerabili ai rischi di anonimato (si dà il caso che un indirizzo/ wallet Bitcoin non sia immediatamente ricollegabile ad alcuna specifica entità personale, fisica o giuridica, o ad un nome); oltretutto il sistema non ha un server centrale o un fornitore del servizio che possano agire in tal senso, ponendo in essere una precisa identificazione del possessore del singolo wallet Bitcoin (specialmente se si tratta di un c.d. “cold wallet”). Il protocollo della Blockchain Bitcoin, infatti, non richiede l’identificazione e verifica dei partecipanti, non fornendo uno storico delle movimentazioni avvenute che si riconnettano a soggetti necessariamente esistenti nel mondo reale. Non esiste, attualmente, un corpo centrale che possa essere qualificato come responsabile e incaricato di gestire determinati rischi o l’identificazione della clientela, né tantomeno sono presenti delle funzionalità software che consentano di identificare

365


approfondimenti

366

le transazioni che, per varie motivazioni, potrebbero essere evidenziate come sospette (perché connesse a possibili episodi di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo). La crescita globale del fenomeno delle criptovalute non fa altro che incrementare queste tipologie di rischi, peraltro tali modalità di pagamento permettono, con un semplice accesso via internet, di disporre velocemente di un mezzo che consente di effettuare pagamenti tra differenti paesi, senza tenere alcun conto delle distanze e dei confini. Continuando, tra i fattori di rischio, si tenga presente come le modalità di funzionamento delle criptovalute spesso si basano su una moltitudine di infrastrutture informatiche, localizzate anche in paesi esteri; la presenza di una pluralità di soggetti frammentati, e spesso localizzati in paesi differenti, rende molto più difficile per le autorità di regolazione e di polizia l’accesso a questo genere di informazioni. Ancora, bisogna ricordare come alcune delle giurisdizioni dove hanno sede i soggetti (componenti a vario titolo dei nodi di queste reti distribuite di operatori) non rispettano, a livello di legislazione, degli standard minimi in termini di prevenzione dell’uso del sistema finanziario con finalità di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo. Da ultimo può dirsi proprio che le criptovalute decentralizzate consentano di finalizzare delle transazioni anonime da soggetto

a soggetto, e sembra che questa dimensione di scambio si realizzi al di fuori del perimetro di una particolare giurisdizione, in un territorio cibernetico del tutto dematerializzato ed impercettibile. 5.2. Considerazioni dell’Autorità Bancaria Europea (EBA)

Appena un mese dopo la pubblicazione del citato documento da parte del GAFI, anche l’Autorità Bancaria Europea (EBA – European Banking Authority) si è pronunciata sul tema16. In realtà già nel corso del 2013 l’Autorità bancaria europea aveva diramato un’allerta pubblica17, per mezzo della quale, in sostanza, riferiva ai consumatori di operare con prudenza nel settore delle criptovalute in quanto le stesse facevano parte di un campo di attività non regolato, determinandosi come conseguenza una mancata “mitigazione” dei rischi alle stesse connessi. Con il suo lavoro l’EBA aveva suggerito, precorrendo i tempi del legislatore europeo, che i soggetti partecipanti al mercato delle criptovalute, che fungono da interfaccia tra queste e il classico sistema delle valute aventi corso legale, divenissero a tutti gli ef h t t p s : // e b a . e u r o p a . e u / s i t e s /d e f a u l t /d o c u m e n t s /f i l e s / documents/10180/657547/81409b944222-45d7-ba3b-7deb5863ab57/EBAOp-2014-08%20Opinion%20on%20Virtual%20Currencies.pdf?retry=1. 17 https://eba.europa.eu/eba-warns-consumers-on-virtual-currencies. 16


Criptovalute e rischi di riciclaggio

fetti “soggetti obbligati” ai sensi della normativa riguardante la prevenzione dell’uso del sistema finanziario con finalità di riciclaggio e/o di finanziamento del terrorismo. Sempre all’interno del medesimo studio, l’EBA faceva presente come fosse oggettivamente difficile comprendere le reali dimensioni economiche del fenomeno delle criptovalute nella loro globalità a causa di svariati fattori, come la molteplicità di criptovalute in circolazione e la non completa affidabilità delle statistiche prodotte in merito. Questo studio ha avuto l’ottimo risultato di elaborare alcune definizioni che sono state a più tempi riprese al fine di delimitare il campo concettuale in un settore del tutto nuovo, nato al di fuori di qualsiasi schema normativo, che quindi deve essere regolamentato ex-post. Una prima definizione, sulla falsariga di quella dettata anche dal GAFI, è stata quella di criptovaluta, ossia: una rappresentazione digitale di valore, che non viene emessa da una banca centrale o altra pubblica autorità, non necessariamente collegata ad una valuta avente corso legale, ma che viene accettata come mezzo di pagamento sia da parte di persone fisiche che giuridiche, e può essere trasferita, conservata o scambiata elettronicamente. Peraltro la definizione appena indicata viene ripresa dal legislatore europeo come quella ufficiale di “valuta virtuale” contenuta

Fulvio Fontana

nella Direttiva UE nr. 2015/84918, come modificata da parte della Direttiva nr. 2018/843 del 30 maggio 201819. Proprio quest’ultima direttiva ha un contenuto normativo rilevante nella materia che stiamo analizzando, in quanto determina di inserire nel novero dei soggetti obbligati ai sensi della normativa antiriciclaggio anche i cc.dd. “exchangers”, ossia i fornitori di servizi di cambio tra valute virtuali e valute aventi corso legale, nonché i prestatori di servizi di portafoglio digitale cc.dd. “wallet providers”. Anche le autorità europee, tuttavia, paiono consapevoli dei limiti tecnici legati a questo sviluppo normativo, che di certo non è la svolta per contrastare l’anonimato nel campo delle criptovalute, in quanto l’anonimato è e resta una prerogativa degli scambi diretti, cc.dd. peer-to-peer, con la conseguenza che la gran parte dell’ambiente (e degli utilizzatori) delle criptovalute rimarrà tranquillamente caratterizzato dall’anonimato. Per questo il legislatore europeo auspica l’introduzione di strumenti che consentano di svelare l’identità del singolo titolare del portafoglio digitale anche a prescindere dall’uso di tali canali di intermediazione20. https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:32015L08 49&from=IT. 19 https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:32018L08 43&from=IT. 20 Dimostrando, in parte, di non tenere 18

367


approfondimenti

368

L’EBA ha ritenuto necessario precisare come in Europa le criptovalute non possono avere corso legale in quanto, prima di qualsiasi problema tecnico, l’unico soggetto autorizzato all’emissione di moneta è la Banca Centrale Europea, secondo quanto stabilito dal TFUE. I rischi che vengono indicati per l’integrità del sistema finanziario nel suo complesso comprendono al loro interno sia quelli che possono portare all’uso del sistema finanziario con finalità di riciclaggio e finanziamento del terrorismo, che quelli relativi ad eventuali crimini finanziari che possono perpetrarsi per mezzo di questo strumento. In ogni caso va tenuto presente come questi rischi siano principalmente collegati all’anonimato riconnesso all’uso delle criptovalute e alla loro natura di strumenti di pagamento che non tengono conto di confini nazionali. Intanto bisogna considerare come eventuali criminali potrebbero essere in grado di compiere attività di riciclaggio di proventi illeciti a causa del fatto che possono sia depositare che trasferire criptovaluta in maniera completamente anonima; ciò e reso possibile da un lato dallo pseudonimato connesso ai wallet (che non identificano direttamente il possessore dello stesso) e, dall’altro, dal fatto che sono possibili conto del concreto meccanismo di funzionamento della maggior parte delle criptovalute.

trasferimenti di criptovaluta senza passare per alcun tipo di intermediario che abbia l’obbligo di segnalare alle autorità eventuali transazioni che siano “a rischio”. Il presente fattore di rischio, invero, aumenta ancora di più se si tiene conto del fatto che i depositi in criptovaluta (ipoteticamente proventi di reato) possono essere facilmente e rapidamente trasferiti in tutto il mondo semplicemente mediante l’accesso alla rete internet. Attraverso l’uso delle criptovalute è tecnicamente possibile commerciare prodotti illegali senza essere scoperti, soprattutto per mezzo dell’uso del dark web; a ciò va aggiunto che non è difficile immaginare come possano esservi soggetti partecipanti, a vario titolo, al mercato delle criptovalute che siano a loro volta controllati da parte sia di organizzazioni criminali che da parte di singoli che vogliono rimanere ignoti. Tecnicamente, attraverso l’uso di questi mezzi di pagamento, viene reso difficile (se non talora impossibile) il reperimento di patrimoni illegalmente formati, una volta che essi siano transitati all’interno del sistema della criptovalute, e la sottoposizione degli stessi a misure ablative di vario tipo per ragioni di sanzione o di ristoro delle vittime di crimini. Nonostante i teorici rischi delineati, l’EBA ha comunque precisato che, sulla base dei dati in suo possesso al momento della stesura del rapporto, le attività economiche relative alle criptovalute, in quanto “relativamente limitate”,


Criptovalute e rischi di riciclaggio

non costituiscono una minaccia per la stabilità finanziaria dell’eurozona. 5.3. Considerazioni EUROPOL/EUROJUST

Le autorità europee preposte al contrasto del crimine dal punto di vista della cooperazione giudiziaria e di polizia hanno formulato un report21 nel giugno dell’anno scorso evidenziando, tra gli altri, i rischi connessi all’uso dei cryptoasset in una prospettiva di contrasto giurisdizionale e di polizia del loro uso con finalità criminali. Viene posto in evidenza come le criptovalute siano state portate all’attenzione pubblica alla fine del 2017, in corrispondenza con un forte aumento del loro valore; a partire da quel momento gli investitori si sono interessati al fenomeno. La criminalità, da sempre pronta ad utilizzare nuove opportunità, ha iniziato ad inserirsi nel settore cercando di comprendere come utilizzare l’aumento di valore di questi prodotti e la loro diffusione al fine di porre in essere transazioni illecite. In tal senso l’attenzione della criminalità sembra essersi concentrata sulle criptovalute basate su sistemi “decentralizzati”22. EUROPOL-EUROJUST, June 2019, Common Challenges in combating cybercrime. 22 Per intendersi Bitcoin è una criptovaluta decentralizzata, in quanto non ha un’autorità centrale che la controlla.

Fulvio Fontana

Unitamente a quanto appena indicato la maggior parte dei criminali appaiono abusare dei cc.dd. “mixers” e “tumblers”, rendendo molto difficoltose anche dal punto di vista tecnico (oltre che pratico) sia la prevenzione di attività fraudolente che la possibilità di individuare e sottoporre a sequestro le varie quantità di criptoasset movimentate. Sulla base delle esperienze pratiche è risultato come Bitcoin sia la criptovaluta di riferimento per quanto riguarda il cyber crime, venendo richiesta in pagamento nel caso di tentativi di cyber extortion o, ancora, nel caso di attacchi DDoS e Ransomware. Altri trend indicano come molti criminali facciano largo ricorso agli ATM Bitcoin, il cui numero risulta in costante aumento, oltre a mettere in evidenza l’incremento di attacchi nei confronti di chi faccia uso lecito di Bitcoin, sia come persona fisica che come persona giuridica. Viene anche posta in evidenza la necessità di adeguare sia le competenze che gli strumenti a disposizione delle autorità (sia di polizia che giudiziarie), anche attraverso partnership con soggetti privati operanti nel settore, non limitando la conoscenza soltanto a Bitcoin23 .

21

23 Perdendo di vista altre criptovalute emergenti che le organizzazioni criminali possono sfruttare in quanto poco conosciute e attenzionate dalle autorità.

369


approfondimenti

370

Uno dei punti di difficoltà più grandi che incontrano le autorità è poi quello della mancanza di una vera e propria localizzazione fisica delle attività criminali che vengono eventualmente poste in essere; in particolare spesso non è chiaro ove siano localizzate le persone, le infrastrutture oltre che le prove elettroniche eventualmente necessarie. Ciò comporta evidenti difficoltà nell’individuare quale sia l’autorità nazionale con giurisdizione sul caso, oltre a determinare anche delle difficoltà nell’identificare quale sia il quadro normativo di contrasto applicabile al caso di specie; conseguentemente si pone come necessaria una sempre maggiore cooperazione e collaborazione tra le varie autorità dei paesi europei, mediate proprio attraverso i canali Eurojust ed Europol. Per quanto riguarda le iniziative poste in essere si annoverano la crescente collaborazione con le aziende del settore (soprattutto wallet provider ed exchanger), cercando di utilizzare i dati in possesso degli stessi al fine di identificare i sospettati e sequestrare i proventi criminali dagli stessi detenuti. Viene inoltre organizzata, con cadenza annuale, una Virtual Currencies Conference cui partecipano soggetti del settore privato e rappresentanti dei sistemi europei di law enforcement per fare il punto della situazione e garantire una visuale sulla materia che sia al passo con i tempi.

5.4. Considerazioni Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo

Da sempre la Direzione Nazionale Antimafia è impegnata in prima linea nel contrasto ai fenomeni di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, funge infatti da soggetto privilegiato nei flussi di lavorazione delle segnalazioni di operazioni sospette che vengono trasmesse dalla UIF da una parte alla Direzione Investigativa Antimafia e dall’altra al Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza per i rispettivi campi di interesse. Nella sua posizione di osservazione, anche grazie ad una fruttuosa collaborazione con le principali autorità nazionali, europee ed internazionali che operano nello specifico settore, ha anch’essa provveduto a dedicare parte della sua attenzione ai possibili rischi di utilizzo delle criptovalute in seno a svariati fenomeni criminali. Nell’ultima relazione annuale prodotta dalla DNA viene inquadrato il fenomeno dal punto di vista del suo impatto sul sistema finanziario nazionale. Dai dati fortemente volatili sull’andamento del prezzo dei Bitcoin, presi come esempio in quanto la più diffusa criptovaluta, viene desunto un carattere fortemente speculativo dell’impiego che è stato fatto delle valute virtuali negli ultimi anni. Tralasciando quanto precisato sui rischi per consumatori e investitori, ciò che viene rilevato come “rischio di sistema” deriva essenzialmente dal regime di anoni-


Criptovalute e rischi di riciclaggio

mato che connota le transazioni della specie, precisando come questo genere di rischi aumentino qualora le transazioni vengano effettuate senza il coinvolgimento di soggetti terzi come exchanger o wallet provider (obbligati a porre in essere gli adempimenti antiriciclaggio secondo la disciplina normativa attualmente in vigore). Viene indicato come uno dei rischi principali quello della creazione in via di fatto nel web di un vero e proprio “paradiso finanziario virtuale”, fenomeno che viene agevolato da una serie di fattori rilevanti quali: • la natura decentralizzata del sistema delle criptovalute; • la possibilità che le transazioni non avvengano tra soggetti residenti in Stati diversi, ma anche in riferimento ad una pluralità di account che, in realtà, facciano riferimento ad una medesima persona (un unico utente è titolare di più accoun/ wallet contemporaneamente); • l’esistenza di sempre maggiori espedienti che consentono di assicurare un crescente grado di anonimato degli utenti che operano in criptovaluta, con un particolare focus sui tumbler24. Ancora una volta proprio i Bitcoin si confermano essere la prima moneta per i pagamenti posti in essere sul dark web, per episo Dei sistemi mediante i quali la transazione non è ricondotta all’account del soggetto agente, ma viene spezzettata tra una molteplicità di account, celando in via di fatto i due soggetti di riferimento tra i quali avviene lo scambio di criptovalute. 24

Fulvio Fontana

di di commercio illegale, di truffe e reati online di vario genere. Parimenti viene indicato come concreto il rischio che possano ricorrere ad un utilizzo massiccio delle criptovalute anche le organizzazioni criminali di matrice mafiosa al fine di ripulire somme consistenti di proventi illeciti ovvero che alle stesse facciano ricorso coloro i quali dovessero decidere di occultare i proventi di evasione fiscale.

6. Inquadramento giuridico del fenomeno delle criptovalute Di pari passo con la crescente digitalizzazione del mondo economico e finanziario, il fenomeno delle criptovalute ha visto una forte espansione. Per il mondo giuridico il tema si pone come particolarmente complesso, in quanto spesso si tratta di assoggettare a disciplina normativa un fenomeno che nasce proprio con la volontà di sottrarsi al controllo e alla regolamentazione degli attuali sistemi giuridico/finanziari. Per l’operatore del diritto il tema è difficoltoso anche a causa della continua proliferazione di criptovalute diverse (di cui pare che ne esistano più di due migliaia), e del fatto che non esiste una definizione che possa essere intesa come “scientificamente condivisa” del concetto di criptovaluta. Prima dell’emanazione della IV e V Direttiva antiriciclaggio, che hanno innovato il panorama

371


approfondimenti

372

normativo per quanto riguarda gli adempimenti antiriciclaggio connessi al mondo delle criptovalute, vi è stata un’interlocuzione con varie autorità europee; tra queste anche la BCE25, la quale ha più volte sostenuto come lo stesso uso del termine “criptovaluta” possa essere foriero di fraintendimenti in quanto l’unica “valuta” in senso proprio è quella che viene emessa dalla Banca Centrale. Riferendosi a quanto indicato dal legislatore europeo, in ogni caso, si nota come la scelta definitoria fatta consenta di inquadrare un asset come “criptovaluta” soltanto per il fatto di essere “accettata come mezzo di scambio”, con la conseguenza di individuare cosa possa definirsi come criptovaluta, a ben vedere, sulla base di una considerazione che deriva dal suo uso di fatto (a prescindere da caratteristiche oggettive e intrinseche). Tale modalità definitoria rischia di ingenerare confusione negli operatori in sede applicativa, infatti non è chiarito quali sono i requisiti minimi richiesti perché una criptovaluta si intenda “accettata come mezzo di scambio”26. Stante il loro inquadramento (dal punto di vista economico), come criptoasset, va parimenti indicato che se la loro classificazione come monete o valute è messa in dubbio, non si può certamente Banca Centrale Europea. Ci sono volumi di scambi minimi? Un solo scambio basta? Sono tutti interrogativi sprovvisti di risposta certa. 25

26

negargli una qualificazione giuridica come “beni” ai sensi dell’art. 810 c.c.27, in quanto cose che possono formare oggetto di diritti. In particolare questa classificazione giuridica si mostra conforme anche a quanto indicato dal legislatore europeo nella V Direttiva antiriciclaggio, la quale definisce le valute virtuali come “rappresentazione di valore”, quindi come un bene che conserva un valore nel tempo e può essere oggetto di scambio28.

7. Normativa antiriciclaggio Dal punto di vista dell’assetto normativo i punti di arrivo della disciplina in materia sono da ritrovarsi nella c.d. V Direttiva Antiriciclaggio – Direttiva UE nr. 2018/843 del Parlamento Europeo e de Consiglio del 30 maggio 2018, che ha modificato la Direttiva UE nr. 2015/849 – in relazione alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo. La particolarità di questa direttiva, volta a consentire l’armo Art. 810 c.c. “Sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti”. 28 “È chiaramente una soluzione intermedia che propende per una definizione delle valute virtuali come ‘beni’ di valore (e non beni di consumo), ma che lascia ampi margini per intercettare modifiche comportamentali e fenomeni simili, economicamente rilevanti”, E.M. Mastropaolo, Criptovalute e l’applicazione della normativa antiriciclaggio, in Quaderni di ricerca giuridica e della Consulenza Legale, n. 87 della Banca d’Italia, settembre 2019, 236. 27


Criptovalute e rischi di riciclaggio

nizzazione delle discipline antiriciclaggio dei paesi europei, è di intervenire a soli tre anni dall’emanazione della precedente recando solo alcune modifiche alla IV direttiva. Nella prassi consolidata, che ha portato all’emanazione delle precedenti quattro direttive AML in ambito europeo, la cadenza temporale tra una direttiva e la successiva è stata di solito abbastanza ampia (1991, 2001, 2005 e 2015); peraltro l’emanazione di una direttiva da parte delle competenti autorità europee si vedeva come aggiornamento normativo necessario alla luce di una nuova edizione o revisione delle Raccomandazioni che, in materia, vengono emanate dal GAFI/FATF. Difatti le raccomandazioni del GAFI costituiscono gli standard sovranazionali per il contrasto al fenomeno del riciclaggio, del finanziamento del terrorismo. La citata V Direttiva, quindi, segue solo di tre anni la precedente, in assenza di una modifica o revisione delle Raccomandazioni del GAFI. Posto che le necessità emerse furono anche altre, per la tematica in oggetto si pose come necessario stabilire, in maniera omogenea per tutto il territorio dell’Unione, l’assoggettamento agli adempimenti previsti dalla disciplina antiriciclaggio per i soggetti che eroghino servizi di piattaforme di scambio di valute virtuali (exchangers) ed i prestatori di servizi di portafoglio digitale (wallet service providers).

Fulvio Fontana

All’interno della stessa vengono anche fornite delle definizioni sia del concetto di valuta virtuale29, che di exchanger30 e di wallet service provider31. In tal senso bisogna ammettere che il legislatore italiano aveva precorso i tempi inserendo già nel d.lgs. n. 90 del 2017 – di recepimento della IV Direttiva UE – tra i soggetti obbligati a porre in essere l’adeguata verifica della clientela i prestatori di servizi di valuta virtuale, limitatamente allo svolgimento dell’attività di conversione di valute virtuali in valute a corso forzoso (e viceversa); contestualmente venne previsto uno specifico obbligo di iscrizione, per i prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale, in una sezione speciale del registro dei cambiavalute tenuto presso l’Organismo degli Agenti e Mediatori32 (OAM).

Rappresentazione di valore digitale che non è emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico, non è necessariamente legata a una valuta legalmente istituita, non possiede lo status giuridico di valuta o moneta, ma è accettata da persone fisiche e giuridiche come mezzo di scambio e può essere trasferita, memorizzata e scambiata elettronicamente. 30 Prestatori di servizi la cui attività consiste nella fornitura di servizi di cambio tra valute virtuali e valute aventi corso forzoso. 31 Un soggetto che fornisce servizi di salvaguardia di chiavi crittografiche private per conto dei propri clienti, al fine di detenere, memorizzare e trasferire valute virtuali. 32 Competente per la gestione degli elenchi degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi. 29

373


approfondimenti

374

In tal senso, quindi, il recepimento della V Direttiva antiriciclaggio da parte del legislatore italiano è stata (tra l’altro) l’occasione per ampliare il novero dei soggetti obbligati ai sensi della normativa antiriciclaggio, includendo tra gli stessi anche i prestatori di servizi di portafoglio digitale; nel nostro Paese tale recepimento è avvenuto per mezzo del d.lgs. n. 125 del 2019. Alla luce di queste innovazioni sono stati ricompresi gli exchanger e i wallet service providers nella categoria degli altri operatori non finanziari ex art. 3, comma 5, d.lgs. n. 231 del 2007; all’esito di quanto rappresentato, quindi, tali soggetti saranno obbligati a porre in essere, tra gli altri adempimenti, anche quelli di: • Adeguata verifica della clientela (Capo I, Titolo II, d.lgs. n. 231/2007); • Conservazione dei dati (Capo II, Titolo II, d.lgs. n. 231/2007); • Segnalazione di operazioni sospette (Capo III, Titolo II, d.lgs. n. 231/2007); • Divieto di ricevere contanti per importi superiori ai limiti di legge (Titolo III d.lgs. n. 231/2007). La inclusione di questi soggetti nel novero degli obbligati, alla luce della conoscenza tecnica del funzionamento delle criptovalute decentrate, tuttavia non deve condurre a pensare che tutti i problemi possano dirsi risolti, pensando che in tal modo si possa agevolmente giungere a mantenere sotto controllo il fenomeno delle criptovalute (o quantomeno

la parte del relativo giro d’affari che va ad alimentare i canali del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo). Difatti, nonostante l’ampliamento della platea degli operatori professionali in criptovalute tenuti all’osservanza degli adempimenti antiriciclaggio, rimarranno prive di monitoraggio le transazioni in valuta virtuale che avvengano in via di scambio diretto tra utenti che non si servono né di exchangers e tantomeno di wallet service providers. Gli scambi citati possono facilmente avvenire per mezzo di piattaforme di commercio online fra soggetti privati, per mezzo dei canali di comunicazione messi a disposizione attraverso il deep web ovvero ancora attraverso piattaforme web di soggetti terzi che operino come intermediari in via di fatto.

8. Prevenzione e contrasto del fenomeno Senza girarci intorno bisogna ammettere che, all’esito dello sforzo di comprensione e di disciplina da parte del legislatore, sia comunitario che nazionale, e delle autorità sovranazionali, il vero punto dolente di Bitcoin e dei fenomeni criptovalutari ad esso affini (che abbiano in comune gestione decentrata e convertibilità in valuta avente corso legale) si rinviene nell’anonimato delle relative transazioni.


Criptovalute e rischi di riciclaggio

Basandosi sull’esempio di Bitcoin, nonostante ogni singola operazione venga registrata sulla Blockchain, la stessa natura dell’infrastruttura e dell’algoritmo di funzionamento trova la sua base nella rapidità delle transazioni e nella totale libertà degli utenti che, gestendo in proprio un wallet potrebbero, in ipotesi, non rivelare mai la propria identità reale. Ad aumentare la problematica identificazione dei soggetti che si possono celare dietro una transazione intervengono ulteriori elementi, il riferimento è ai servizi di mixers/tumblers. I servizi appena nominati permettono di aumentare la opacità delle operazioni in criptovaluta, consentendo ad un utente di inviare una quantità di criptovaluta al mixer prescelto, comunicando a sua volta l’indirizzo di uno o più wallet “puliti” presso i quali il servizio di mixing farà pervenire la stessa quantità di criptovaluta, frazionandola però in una moltitudine di microtransazioni, di modo che risulti quasi impossibile stabilire origine e destinazione della transazione originaria. Inutile stare anche solo a sottolineare come, nell’ottica del contrasto patrimoniale ai fenomeni criminali e di finanziamento del terrorismo, quelli indicati si staglino come ostacoli quasi insormontabili per qualsiasi autorità di law enforcement che si scontri con questi fenomeni. Dal punto di vista delle condotte di riciclaggio bisogna ricordare come le fattispecie incriminatrici che puniscono le ipotesi di

Fulvio Fontana

riciclaggio e autoriciclaggio sono previste rispettivamente dagli artt. 648-bis e 648-ter.1 c.p., indicando le condotte come quelle di chi: • sostituisce, trasferisce o compie altre operazioni su denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa; • impiega, sostituisce o trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, denaro, beni e altre utilità provenienti da delitto non colposo, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa. Come già detto (V. supra par. 6), la criptovaluta può ben includersi nella categoria dei “beni” ex art. 810 c.c. Da un punto di vista maggiormente “pratico” ci si potrà trovare in due diverse situazioni: • l’azione criminale si svolge direttamente e interamente online (l’ampia area del c.d. cybercrime), cosicché sia il reato presupposto che il successivo delitto di riciclaggio/auto riciclaggio avvengono nel cyberspazio – per tale azione di dissimulazione del profitto del reato presupposto mediante ulteriori operazioni di sostituzione e di trasferimento si può considerare integrata la condotta prevista e punita dall’art. 648-ter. 1 c.p. • le condotte criminali avvengono offline per mezzo di quelle

375


approfondimenti

376

che possono essere definite come le classiche attività criminali, mentre la parte relativa al delitto di riciclaggio o autoriciclaggio avviene online per mezzo del ricorso al cambio della valuta avente corso legale in criptovaluta – in tal caso la conversione di moneta legale in valuta virtuale (e viceversa) può considerarsi una condotta di sostituzione, di conseguenza risultare punibile come riciclaggio/autoriciclaggio (al ricorrere dei presupposti previsti) qualora il denaro abbia origine delittuosa. Da quanto esposto, senza voler demonizzare l’intero fenomeno, emerge con forza il dirompente potenziale dissimulatorio delle criptovalute, le quali sono potenzialmente in grado di ostacolare l’individuazione dell’origine delittuosa di profitti illeciti. Chi ricicla ha un’unica esigenza che corrisponde alla necessità di nascondere la vera titolarità del bene, diminuire il rischio che l’intero prezzo o la refurtiva, anche se convertiti, siano intercettati o ancora di celare l’origine criminale dei fondi impiegati per acquistare criptovaluta o l’origine criminale della stessa (laddove il profitto del reato si produca direttamente in criptovaluta). È chiaro come le valute virtuali possiedano tutte le caratteristiche necessarie. I fattori di rischio individuati rendono oggettivamente appetibile il ricorso alle criptovalute per diverse forme di criminalità, tentate dalla possibilità di usufruire della scarsa tracciabilità

delle transazioni. Concretamente, dietro lo “pseudonimato” della Blockchain si cela un anonimato vero e proprio, dal momento che il singolo indirizzo di un wallet, una volta rintracciato, non consente comunque di risalire oltre, permettendo così di celare la reale identità dell’utilizzatore. Gli attuali presidi antiriciclaggio, in fin dei conti, si riferiscono a soggetti “eventuali” e non già “necessari” per porre in essere transazioni in criptovaluta, anche se è innegabile come, allo stato attuale, l’attenzione e la vigilanza nei confronti di soggetti che operano in chiave di “collettori” tra il sistema finanziario e il mondo delle criptovalute sia la strada più proficua da seguire (il riferimento è da intendersi sia ai wallet service providers che, soprattutto, agli exchangers). Stante il continuo progresso tecnologico e le occasioni di potenziale impunità dallo stesso fornite, infatti, non tutti i criminali o le organizzazioni criminali si accontentano di permanere sul web, ma necessitano (prima o poi) di godere in qualche forma della ricchezza accumulata, trovandosi in tali ipotesi i casi di emersione dei capitali. Chiaramente possono verificarsi dei casi limite ove soggetti particolarmente avveduti pongano in essere accorgimenti come l’uso di exchangers localizzati in paesi sprovvisti di adeguata normativa AML, adottando ulteriori e successivi espedienti per rientrare nel possesso materiale delle somme illecitamente accumulate;


Criptovalute e rischi di riciclaggio

tuttavia in una buona parte dei casi i proventi dei delitti si formano ancora in maniera del tutto “analogica”33, trovando facile via d’uscita per mezzo dell’acquisto di criptovaluta. È opportuno, anche se non corrisponde direttamente al focus del presente elaborato, fare qualche riferimento al potenziale uso delle criptovalute con finalità di finanziamento del terrorismo. In queste ipotesi l’uso di tali strumenti risponde ad esigenze diverse, in quanto i trasferimenti di denaro possono essere votati da una parte al finanziamento dell’organizzazione nei territori di provenienza, mentre dall’altra può sorgere la necessità di utilizzare dei fondi per l’organizzazione di attentati nei paesi occidentali da parte di singoli. A prima vista c’è da rilevare una forte differenza in quanto, se il finanziamento dell’organizzazione nei paesi di provenienza necessita di spostare ingenti volumi di ricchezza, trovando nella criptovaluta un possibile mezzo per aggirare embarghi o controlli sui soggetti finanziatori, nel caso opposto del finanziamento di azioni terroristiche di “lupi solitari” in territorio occidentale le risorse necessarie non sono così elevate (è noto che per organizzare un atto terroristico da parte di un lupo solitario il budget necessario è molto ridotto). Proventi di spaccio, usura, estorsione, sfruttamento della prostituzione, ecc…

33

Fulvio Fontana

È tuttavia da rilevare come l’impiego di criptovalute, unitamente all’uso di market illegali sul dark web, può offrire più di una occasione di acquisto di merce utile e non facilmente reperibile altrimenti (come armi, esplosivi o altro), sfuggendo in questo caso a qualsiasi possibile canale di individuazione preventivo. Anche se preme evidenziare che una parte cospicua dei movimenti di denaro nei confronti delle organizzazioni terroristiche, e non solo, nel mondo islamico viene posta in essere per mezzo dell’hawala34. Questi interrogativi interessano anche gli esperti del settore, è il caso un report pubblicato da un sito specializzato35 che analizza le caratteristiche del fenomeno del riciclaggio nel mondo delle criptovalute. Gli exchanger si confermano essere una strada già battuta da parte di chi si trovi ad aver accumulato ricchezza illecita in criptovalute, infatti risulterebbe un giro d’affari di 2.8 miliardi di dollari trasferiti da parte di sogget Sistema di rimesse di denaro basato sulla fiducia e sull’onore di una serie di soggetti “hawaladar”; questo consente di trasferire ricchezza senza, di fatto, movimentare denaro, in quanto le somme vengono gestite attraverso una sorta di “contabilità” interna tra gli stessi. I soggetti che decidono di avvalersene sono tenuti a pagare una commissione, e il profitto per gli hawaladar è dato anche dal tasso di cambio che applicano nella conversione (chiaramente diverso rispetto quello legale). 35 https://blog.chainalysis.com/reports/ money-laundering-cryptocurrency-201934

377


approfondimenti

378

ti criminali nei confronti di vari exchangers. Alla luce delle analisi poste in essere risulta che gran parte di questi movimenti vengono realizzati da parte di soggetti che operano in maniera autonoma e fuori dal mercato, tali soggetti consentono lo scambio tra venditori/acquirenti di criptovalute che non vogliano operare direttamente su una piattaforma di scambio. Spesso accade che gli stessi vengano utilizzati per negoziare lo scambio di grandi quantità di criptovalute per un prezzo predefinito e negoziato a priori. Quindi, benché i servizi di exchange vengano sottoposti agli obblighi di adeguata verifica, può facilmente aggirarsi il necessario controllo rivolgendosi ad operatori che fungono da prestanome; ciò conferma come sia giusto che l’attenzione delle autorità sia volta in particolar modo ai soggetti che operano in entrata e in uscita dal mondo delle criptovalute, come punti di collegamento tra il mondo delle fiat e quello delle virtual currencies. Al momento i casi concreti in cui le autorità hanno avuto a che fare con il mondo delle criptovalute vede fenomeni che possono inquadrarsi come: • casi di accumulazione dei proventi criminali attraverso le comuni condotte criminali fisiche (come possono essere traffico e spaccio di stupefacenti o sfruttamento della prostituzione), che successivamente vengono trasferiti verso wallet di criptovalute direttamente o,

in taluni casi, frazionando artatamente i trasferimenti per piccoli importi e avvalendosi di prestanome; • casi di compimento di condotte criminali interamente online (immissione di malware finalizzati ad estorsione) con profitto direttamente prodotto in criptovaluta; • in altri casi le criptovalute vanno a braccetto con i black market sul deep web, il tutto finalizzato all’acquisto di partite di droga dall’estero o per lo spaccio al minuto, rendendo in questo caso complessa tanto la rilevazione stessa delle condotte che il perseguire le condotte illecite dal punto di vista patrimoniale (in quanto lo stesso pagamento delle merci illecite viene corrisposto in criptovaluta). In ogni caso bisogna tenere alta la guardia, in quanto le organizzazioni criminali si dimostrano capaci di correre al fine di stare al passo con i tempi, a conferma di ciò quanto dichiarato dal Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, Federico Cafiero de Raho che, in occasione di una conferenza stampa, ha ammesso come nel corso di alcune indagini condotte negli anni passati sia emerso come dei clan di ‘ndrangheta volessero pagare in Bitcoin una partita di cocaina acquistata in Brasile, e che la transazione non si sia realizzata in questo modo non per diffidenza nei confronti degli acquirenti, quanto piuttosto per l’impreparazione dei venditori


Criptovalute e rischi di riciclaggio

a gestire una transazione del genere.

Considerazioni alla luce di quanto rappresentato Prendendo spunto da quanto detto finora, risulta chiaro come le Criptovalute, nella massima parte dei casi, vengano utilizzate essenzialmente per due motivi: il primo è come mezzo di pagamento, considerando tutta una serie di motivi quali la velocità, i bassi costi di transazione, l’anonimato e la facilità di scambio anche per chi sia al di fuori dei classici canali bancari; il secondo è la detenzione di criptovaluta ai fini di investimento, dati i fenomeni di aumento di valore di scambio delle criptovalute nel tempo verificatisi (ricordiamo l’esponenziale aumento di valore subito proprio dalla più famosa delle criptovalute, il Bitcoin, arrivato a picchi di valore superiori ai 10.000 dollari per singolo Bitcoin), che hanno anche portato al veloce arricchimento di taluni soggetti che hanno investito nel possesso di criptovalute interpretando le tendenze del futuro. Ci sono tuttavia una serie di rischi che circondano la galassia delle Criptovalute, che difficilmente possono essere risolti in poche battute: si tratta di rischi afferenti alla volatilità, al possibile uso ai fini di riciclaggio e al forte anonimato, nonché la vulnerabilità ai cyber attacchi per i wallet (hot wallet) ed i sistemi di gestio-

Fulvio Fontana

ne di una moltitudine di portafogli clienti. Il sistema di gestione delle criptovalute (soprattutto quelle decentralized) non rende possibile operare una serie di presidi tradizionalmente usati nella lotta all’uso del sistema finanziario con finalità di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo (il riferimento principale è all’identificazione del cliente e segnalazione delle operazioni finanziarie sospette). Per fare alcuni esempi, non essendoci un organo terzo che operi in funzione di garanzia delle transazioni, non sarà possibile (almeno rispetto a quelle che avvengono in forma totalmente peer-to-peer, ossia senza passare da exchangers o sistemi di gestione di portafogli elettronici) operare una segnalazione delle operazioni finanziarie sospette, ovvero operare ispezioni e controlli nei confronti dei soggetti obbligati rispetto la normativa antiriciclaggio (possibile, all’esito delle varie innovazioni legislative apportate con il recepimento della IV e V Direttiva europea antiriciclaggio, solo nei confronti di exchangers e di gestori di portafogli elettronici). Il punto veramente oscuro resta proprio il mondo riconnesso agli scambi peer-to-peer, ancor di più se questi scambi vengono preceduti da contatti sul deep (o dark che dir si voglia) web. In questi casi, come testimoniato da alcuni episodi balzati agli onori della cronaca internazionale (famosissimo il caso del sito “silk road” che consentiva l’incontro tra

379


approfondimenti

380

domanda e offerta rispetto a prodotti di cui è assolutamente vietato il commercio come droga, armi o altro), è quasi del tutto impossibile risalire ai soggetti operando i classici controlli antiriciclaggio. A quanto pare anche i fondamentalisti dell’Isis, accanto a rodati metodi di pagamento che fanno a meno (del tutto o in parte, secondo la preferenza) dei canali del sistema bancario (il riferimento è all’hawala), sono stati tra i primi a prendere atto di quanto potessero essere efficaci per le loro finalità le nuove possibilità offerte da questi innovativi sistemi di pagamento. Sarebbe quindi risultato come, in taluni casi, alcune cellule terroristiche avrebbero fatto ricorso proprio ai Bitcoin come modalità di raccolta fondi per le rispettive necessità criminali. Di certo spaventa l’estrema facilità con la quale anche soggetti sprovvisti di particolari conoscenze e competenze possano facilmente riuscire a schermare i proventi illecitamente conseguiti; ponendo dei seri interrogativi su quali possano essere gli approcci utili per le autorità di law enforcement per poter aggredire un patrimonio illecitamente accumulato che abbia percorso la via dell’investimento in criptovaluta. Per meglio comprendere il concetto, in buona parte dei casi concreti, al fine di riciclare grandi quantità di capitali illecitamente accumulati bisogna rivolgersi ai cc.dd. “colletti bianchi”; per mezzo di questi professionisti (avvocati, commercialisti, consulenti

aziendali, ecc…) si perviene al risultato di reimmettere la liquidità accumulata illecitamente (altrimenti non fruibile) all’interno del circuito economico legale, al fine di poterne disporre ed, in ultima analisi, godere. Proprio tali soggetti, fungendo da collettore, sono spesso la spia alla quale guardare per individuare degli anomali flussi di liquidità; si può pensare a questi come un’intermediazione non strettamente necessaria, seppur statisticamente significativa, per l’utilizzo di capitali illeciti. Viceversa, disintermediando tali capitali dal passaggio (ancorché, lo si è detto, non obbligato) rispetto ai white collar crimes, si nota come sarà più facile per i criminali di qualsiasi livello far perdere le tracce dei propri capitali. In tal senso si auspica una stimolazione continua dell’opera di studio e approfondimento su quali siano gli strumenti possibili da mettere in campo al fine di rintracciare tali capitali, non vanificando l’apparato di misure di prevenzione patrimoniale messe in campo da parte del legislatore italiano. Arrivati a questo punto dovrebbe essere chiaro come la filosofia insita negli algoritmi di funzionamento del sistema delle criptovalute si sposa con la non centralizzazione nella gestione dei registri; diversamente non si farebbe altro che replicare l’attuale sistema di circolazione della valuta a corso legale (che fa riferimento alle banche centrali).


Criptovalute e rischi di riciclaggio

La previsione di un registro centralizzato di sicuro può sposarsi con altri usi, potenzialmente compatibili anche con delle criptovalute che siano emesse e gestite da una Banca Centrale, progetto che pare sia anche in valutazione da parte delle banche centrali di più di un Paese. In un contesto caratterizzato da una notevole complessità tecnica, unita ad una velocità di sviluppo che va di pari passo con quella della tecnologia digitale, per le autorità di law enforcement si pone la necessità di porre in essere una costante opera di aggiornamento

Fulvio Fontana

e studio del fenomeno che, di sicuro, vede avanti a sé un’ulteriore e continua espansione. L’ingresso in questo mercato da parte dei giganti dell’industria IT (ne è un esempio il progetto di “Libra”, la criptovaluta di Facebook), oltre ad una crescente attenzione al fenomeno da parte delle banche centrali con le indiscrezioni su svariati progetti di CBDC36, non fa altro che stimolare la volontà di connessioni di questi fenomeni con l’economia reale; motivo per cui va tenuta alta l’attenzione da parte di tutti gli attori istituzionali.

381

Acronimo di Central Bank Digital Currencies. 36



giurisprudenza

Ancora aperta la questione dell’applicabilità delle sanzioni interdittive ex d.lgs. 231/2001 alla corruzione internazionale Maurizio Arena

Sommario: 1. La corruzione internazionale. – 2. La punibilità della corruzione internazionale nel d.lgs. 231/2001. – 3. La tesi favorevole alle interdittive. – 4. La posizione del Tribunale di Milano del 2010. – 4.1. La natura della fattispecie. – 4.2. Ulteriori argomenti contrari all’applicabilita’ delle interdittive. – 4.3. Le ragioni che ostano al ricorso alla Corte Costituzionale. – 5. La pronuncia della Cassazione del 2010. – 6. La sentenza del Tribunale di Milano del 2018.

Numerosi spunti di interesse sono rinvenibili nella sentenza resa in grado di appello1 nell’ambito di una nota vicenda che ha coinvolto due multinazionali italiane dell’energia per fatti di corruzione internazionale asseritamente commessi in Algeria. La sentenza ha escluso il reato e, di conseguenza, è venuta meno pure la condanna pronunciata in primo grado a carico di una delle due società2. Corte di appello di Milano, II penale, 15 aprile 2020 (15 gennaio 2020), n. 286, pubblicata su Giurisprudenza penale Web, 23 aprile 2020. 2 Sul tema: Scollo, I limiti sostanziali e processuali del reato di corruzione internazionale. Note a margine della sentenza della Corte d’Appello di Milano sul caso 1

Il presente commento si incentra sulla questione dell’applicabilità ai fatti di corruzione internazionale delle sanzioni interdittive previste dal d.lgs. 231/2001, all’art 25. Tale questione è stata già affrontata dalla Cassazione dieci anni fa (tra l’altro in sede di ricorso avverso ordinanza del Tribunale di Milano, sezione per il riesame) ma, evidentemente, in maniera non risolutiva, posto che, anche in questa occasione, il Tribunale di Milano, giudicando in prime cure la vicenda de qua, non aveva disposto sanzioni interdittive nonoENI-Saipem in Algeria, in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 5.


GIURISPRUDENZA

stante la richiesta in tal senso del Pubblico Ministero3.

1. La corruzione internazionale

384

Fino all’entrata in vigore della legge 3/2019 (c.d. “spazzacorrotti”), la descrizione normativa della corruzione internazionale era caratterizzata dalla specifica finalità di “procurare a sé o ad altri un indebito vantaggio in operazioni economiche internazionali” ovvero “al fine di ottenere o di mantenere un’attività economica finanziaria”: tali finalità non sono ora più previste. In definitiva, trattasi di fattispecie volta a tutelare non la Pubblica Amministrazione straniera, ma la libera competizione in ambito internazionale: è infatti esclusa la punibilità del pubblico funzionario corrotto4.

Secondo l’art 322-bis, comma 2, c.p., per quel che qui interessa, le disposizioni degli articoli 319-quater, comma 2 (induzione indebita a dare o promettere utilità), 321 (corruzione attiva) e 322, commi 1 e 2 (istigazione alla corruzione passiva, impropria e propria), codice penale, si applicano anche se il denaro o altra utilità è dato, offerto o promesso “a persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell’ambito di altri Stati esteri”. Trattasi di norma introdotta dalla legge n. 300/2000, al fine di consentire la punibilità di fatti di corruzione nei confronti di soggetti muniti di qualifica pubblicistica all’estero, ma non in Italia. Si noti, inoltre, che viene punito il solo corruttore e non anche il soggetto estero corrotto, contrariamente ai desiderata della Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio d’Europa del 1999 (ratificata con legge n. 110/2012), che richiede una repressione generalizzata della corruzione passiva di pubblici ufficiali stranieri.

L’art 25, comma 5, del d.lgs. 231 prevede l’applicabilità delle sanzioni interdittive in relazione ai delitti previsti nei commi 2 e 3. Il rinvio copre, precisamente le fattispecie di cui agli artt. 319 (corruzione c.d. propria), 319-ter, comma 1 (corruzione in atti giudiziari), 321 (corruzione attiva), 322, commi 2 e 4 (istigazione alla corruzione passiva propria e istigazione alla corruzione attiva propria), codice penale (comma 2) e

Ho affrontato, a suo tempo, il tema in esame: Corruzione internazionale e d.lgs. 231/2001: il problema delle sanzioni interdittive, in reatisocietari.it, 20 febbraio 2013.

Sulle numerose questioni – sostanziali e procedurali – poste dalla norma in commento, cfr. Mongillo, La corruzione tra sfera interna e dimensione internazionale, ESI, 2012.

3

2. La punibilità della corruzione internazionale nel d.lgs. 231/2001

4


Ancora aperta la questione dell’applicabilità delle sanzioni interdittive ex d.lgs. 231/2001 alla corruzione internazionale

di cui agli artt. 317 (concussione), 319, aggravato ai sensi dell’articolo 319-bis, quando dal fatto l’ente ha conseguito un profitto di rilevante entità, 319-ter, comma 2, 319-quater (induzione indebita a dare o promettere utilità) e 321, codice penale (comma 3). Si noti che l’elencazione dei reati menzionati, che consentono le interdittive – invariata per circa dieci anni, a decorrere dall’entrata in vigore del d.lgs. 231 – è stata integrata nel 2012, dalla legge n. 190, con il delitto di induzione indebita ex art 319-quater c.p. Ancora: il comma 5 è stato di recente oggetto di importante modifica, ad opera della legge n. 3/2019, per quanto concerne la durata delle interdittive5. Ebbene: nei commi 2 e 3 non v’è alcun richiamo all’art 322-bis c.p. Tale ultima disposizione è contemplata solo nel comma 4, secondo cui “la sanzione pecuniaria può essere comminata anche quando i delitti di corruzione sono commessi dalle persone indicate nell’art 322-bis c.p.” La risposta alla domanda se alla corruzione c.d. internazionale si applichino le sanzioni interdittive 5 Per i delitti richiamati viene disposto un rilevante aumento della durata delle sanzioni interdittive, rispetto a tutti gli altri reati-presupposto previsti dal d.lgs. 231: – se il reato è commesso dal soggetto apicale, la durata delle sanzioni interdittive è compresa tra 4 e 7 anni; – se il reato è commesso dal soggetto “sottoposto”, la durata delle sanzioni interdittive è compresa tra 2 e 4 anni.

Maurizio Arena

previste nell’art 25 dovrebbe trovare sicura risposta negativa.

3. La tesi favorevole alle interdettive Si possono tuttavia enucleare alcuni argomenti di segno contrario, il che è puntualmente accaduto nel procedimento penale del 2010 sul quale ci si soffermerà nel prosieguo. Argomenti che possono sintetizzarsi nelle seguenti domande: – si può intendere l’art 322-bis c.p. quale circostanza aggravante e non quale fattispecie autonoma? – sono rinvenibili nella relazione governativa al d.lgs. 231 o nella stessa legge-delega n. 300/2000 elementi favorevoli alla configurabilità di tale tipo di sanzioni in tema di corruzione internazionale? - l’esclusione delle interdittive in tali casi contrasta con gli obblighi internazionali sanciti nella Convenzione OCSE del 1997 recepita in Italia con la legge n. 300? Da ultimo, ma non certo per importanza: si può sollevare questione di legittimità costituzionale del comma 5?

4. La posizione del Tribunale di Milano del 2010 Nell’ambito di un incidente cautelare per fatti di corruzione internazionale, il GIP rigettava la

385


GIURISPRUDENZA

386

richiesta di applicazione di sanzione interdittiva avanzata dal PM. In sede di richiesta di riesame proposta dallo stesso PM, il Tribunale di Milano6 ha avuto modo di affermare che per il reato di corruzione c.d. internazionale di cui all’art. 322-bis c.p. sono previste soltanto sanzioni pecuniarie, in quanto il comma 5 dell’art. 25 commina le sanzioni interdittive solo per i reati indicati nei precedenti commi 2 e 3, senza fare alcun riferimento all’art. 322-bis c.p. Il ragionamento muove dal principio di tassatività degli illeciti – in forza del quale la responsabilità dell’ente può essere configurata solo per i reati in relazione ai quali essa è espressamente prevista (art. 2) – in una con il principio di tassatività dell’applicazione delle sanzioni interdittive, nel senso che esse sono applicabili non in relazione a tutti i reati per i quali è previsto l’illecito a carico dell’ente, ma solo per quei reatipresupposto peri quali sia prevista espressamente l’applicabilità delle medesime sanzioni (art. 13 comma 1). Di conseguenza, ai sensi degli artt. 46 comma 2 e 13 comma 1, non si possono applicare “misure cautelari” interdittive per illeciti dipendenti da reati per i quali non sono previste le corrispondenti “sanzioni” interdittive. Sezione per il riesame, ordinanza del 19 Gennaio 2010. Consultabile a questo link: http://www.assonime.it/sezioni/ Documents/49%20TRIBUNALE_MILANO_19-01-10.pdf 6

Secondo il Tribunale, «per gli illeciti dipendenti dal reato di corruzione internazionale ai sensi dell’art. 322-bis c.p. non è prevista l’applicazione di sanzioni interdittive e, pertanto, ciò preclude in radice l’applicazione di misure cautelari interdittive sulla base di un mero rilievo in diritto. Invero simile esclusione di sanzioni (e, quindi, misure cautelari) interdittive, risulta chiaramente dal tenore letterale della norma di cui all’art. 25 d.lgs. n.231/2001, che è utile riportare per consentirne l’immediata verifica: … Orbene, proprio a fini sanzionatori e con espresso riferimento al tipo di sanzioni da infliggere, l’art. 25 comma 4 richiama la corruzione internazionale come reato presupposto per l’applicazione di sanzioni pecuniarie (consentendo così di configurare l’illecito a carico dell’ente, altrimenti non possibile, in forza del principio di tassatività degli illeciti di cui all’art. 2 d.lgs. n.231/2001), mentre non la richiama al comma 5 della stessa disposizione per l’applicazione di sanzioni interdittive. Vigendo in materia anche il principio di tassatività dell’applicazione di sanzioni interdittive e non potendosi ritenere che dette sanzioni interdittive siano “espressamente” previste nel caso di corruzione internazionale, l’inevitabile conclusione è che non sono applicabili nel caso in esame sanzioni interdittive e, quindi, per quanto sopra detto, neppure risultano applicabili misure cautelari interdittive».


Ancora aperta la questione dell’applicabilità delle sanzioni interdittive ex d.lgs. 231/2001 alla corruzione internazionale

4.1. La natura della fattispecie

Secondo il Tribunale, l’ipotesi di cui all’art. 322-bis c.p. non configura una mera estensione soggettiva della corruzione ordinaria interna, ma un’autonoma fattispecie di reato, ciò che a maggior ragione avvalora la conclusione dell’inapplicabilità di sanzioni (e quindi misure cautelari) interdittive nella specie. La fattispecie prevede alcuni “elementi aggiuntivi specializzanti”. Riporto quelli indicati dal Tribunale nell’ordinanza del 2010: 1. è richiesto che la condotta sia realizzata in operazioni economiche o finanziarie internazionali, di tal che non rileva ogni atto contrario ai doveri d’ufficio, ma solo quelli perpetrati in simili operazioni; 2. è prevista la responsabilità dei soli privati; 3. è richiesto un dolo specifico (per procurare vantaggio, ciò che esclude la cd. corruzione propria susseguente); 4. è richiesto il carattere indebito dell’atto (ciò che esclude la corruzione impropria antecedente); 5. cambia ovviamente il bene giuridico tutelato (che non è più il buon andamento e l’imparzialità della PA, ma la leale concorrenza tra competitori su mercati esteri). È importante precisare che le recenti modifiche all’art 322-bis c.p. rendono non più corrette le affermazioni sub 1 (perché non è più richiesto che la condotta sia

Maurizio Arena

realizzata in operazioni economiche o finanziarie internazionali) e sub 3 (perché non è più richiesto un dolo specifico). 4.2. Ulteriori argomenti contrari all’applicabilità delle interdettive

Nella Relazione governativa non vi è alcuna affermazione espressa in ordine al fatto che siano state previste sanzioni interdittive per il reato di corruzione internazionale. In ogni caso, secondo il Tribunale «le relazioni governative o ministeriali ai testi di legge, così come i lavori parlamentari, rappresentano solo eventuali sussidi per orientare l’interpretazione verso la scelta di differenti opzioni tutte ugualmente consentite ma, come sopra si è rilevato, il tenore delle disposizioni in esame non consente tale opzione che si palesa quindi come interpretazione “contra legem”, mai ammissibile per il giudice e ancor meno in materia penale dove vigono le garanzie di cui all’art. 25 Cost.». Per la corruzione internazionale, l’esclusione delle sanzioni interdittive non è dovuta a ragioni connesse alla gravità dell’illecito, ma a ragioni di opportunità relative alle relazioni internazionali, posto che l’adozione di misure cautelari che precludono attività in cui sono coinvolti enti pubblici di Stati stranieri, inciderebbero indirettamente sull’operato di tali enti pubblici e potrebbero creare pericoli di incidenti diplomatici che, in base a proprie valutazioni discrezionali (di competenza

387


GIURISPRUDENZA

388

esclusivamente politica), il legislatore ben può volere escludere. Ciò dà conto anche della ragionevolezza dell’esercizio della discrezionalità legislativa, che non palesa perciò una manifesta illogicità, contraddittorietà o irragionevolezza. Dal canto suo, l’art. 11 comma 1 lett. m) legge n. 300/2000 si è limitato a individuare il quadro delle sanzioni tra le quali il legislatore delegato poteva scegliere in relazione agli illeciti dipendenti da determinati reati, tra i quali la corruzione internazionale, senza peraltro imporre in alcun modo che dovessero essere previste tutte le sanzioni consentite dalla delega: in altre parole il legislatore delegante ha consentito al delegato di prevedere anche sanzioni interdittive, senza peraltro imporne la previsione. L’esercizio incompleto della delega è stato del resto ritenuto legittimo dalla Corte costituzionale in numerose occasioni7 e, in ogni caso, per quanto si dirà successivamente, risulterebbe comunque interdetto qualsiasi intervento additivo in pejus da parte della Corte costituzionale. Infine, la Convenzione OCSE non menziona in alcun modo la necessità di applicare sanzioni o misure cautelari “interdittive” dell’attività di un ente, ma stabi-

Cfr. Corte cost. n. 56/1971; Corte cost. n. 156/1987; Corte cost. n. 198/1998; Corte cost. n. 456/1998; Corte cost. n. 141/1993; Corte cost. n. 335/1993; Corte cost. n. 4/1992; Corte cost. n. 15/1999; Corte cost. n. 149/2005.

7

lisce soltanto, nell’art. 3, la necessità di applicare agli enti responsabili della corruzione di pubblici funzionari stranieri, sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive. Orbene, il d.lgs. 231 prevede il sequestro e la confisca del prezzo e del profitto della corruzione, nonché, in aggiunta, l’applicazione di rilevanti sanzioni pecuniarie (anche superiori ad un milione di euro): tale apparato sanzionatorio, secondo l’ordinanza milanese «assicura una consistente controspinta economica all’illecito per l’ente, per il quale la corruzione del pubblico ufficiale straniero si traduce in un costo tale da sopravanzare in modo nettissimo i vantaggi che possono all’ente derivare dalla corruzione, così da rappresentare certamente la scelta discrezionale da parte dello Stato di un apparato sanzionatorio efficace, dissuasivo e proporzionato». La stessa Convenzione prevede la “considerazione” da parte dello Stato anche di sanzioni civili o amministrative, ma non stabilisce in alcun modo l’obbligo di prevedere sanzioni interdittive per l’ente in dipendenza di illeciti dipendenti dalla corruzione di pubblici funzionari stranieri. 4.3. Le ragioni che ostano al ricorso alla Corte Costituzionale

Il Tribunale ha ritenuto, infine, di non poter sollevare alcuna questione di costituzionalità, per il divieto ex art. 25 comma 2 Cost. di incidere in pejus sulla risposta punitiva dello Stato.


Ancora aperta la questione dell’applicabilità delle sanzioni interdittive ex d.lgs. 231/2001 alla corruzione internazionale

Il Giudice delle leggi ritiene di poter sindacare le sole cd. “norme penali di favore”, cioè quelle norme in rapporto di cd. “specialità sincronica” con altre norme penali. In questi casi, infatti, si verifica la contemporanea vigenza di una norma penale generale più severa e di una norma penale speciale che sottrae alcuni casi alla disciplina generale, sottoponendoli (in ipotesi illegittimamente) ad un trattamento più favorevole; la Corte costituzionale non aggrava od estende il trattamento punitivo ma, rimuovendo un ostacolo illegittimo all’applicazione di una norma generale vigente, ne consente la “riespansione”8. Nel caso di specie, invece, non esiste alcuna norma penale generale in materia di sanzioni interdittive di cui la pronuncia della Corte costituzionale consenta la “riespansione” ma si versa in un caso in cui, per asserite ragioni di perequazione di situazioni consimili, ragionevolezza ed affermate esigenze di non esporre lo Stato a pretesi inadempimenti ad obblighi internazionalmente assunti, la Corte costituzionale dovrebbe introdurre una sanzione interdittiva Cfr. Corte cost. n. 394/2006 che ha dichiarato l’illegittimità della norma penale speciale sul falso elettorale, consentendo la “riespansione” della norma penale generale contestualmente vigente del falso; Corte cost. n. 28/2010, che ha dichiarato l’illegittimità della norma che includeva le ceneri di pirite tra i sottoprodotti così consentendo la “riespansione” della norma generale sui rifiuti. 8

Maurizio Arena

in precedenza non prevista da alcuna norma contemporaneamente vigente. La Corte costituzionale ha comunque ribadito che la discrezionalità legislativa in materia di scelte sanzionatorie può essere censurata dalla medesima Corte solo ove si palesi “manifestamente” irragionevole, arbitraria e radicalmente ingiustificata9 ciò che, ad avviso del Tribunale, non avviene nella specie dove la scelta legislativa «risulta spiegabile in termini di valutazioni di opportunità connesse alla specificità della fattispecie di corruzione internazionale che presenti rischi di contrasti diplomatici e ingerenze nelle attività di enti pubblici stranieri o di organismi sovranazionali, approntando peraltro un sistema sanzionatorio (composto da sanzioni pecuniarie e confisca del prezzo o del profitto della corruzione a carico dell’ente, oltre che da sanzioni limitative della libertà personale per i privati, persone fisiche non pubblici ufficiali stranieri, del tutto in linea con le indicazioni della Convenzione OCSE in materia)». Del resto, anche la giurisprudenza della Corte di Giustizia che quella della Corte EDU hanno precisato che in nessun caso il diritto internazionale o sovranazionale può avere l’effetto di peggiorare la situazione punitiva di una persona, secondo una accezione del diritto punitivo che gli stessi organi di giurisdizione sovranazio

9

Corte cost. n. 161/2009.

389


GIURISPRUDENZA

nale intendono non vincolata alla qualifica interna o all’“etichetta” penale data dallo Stato membro, ma collegano a indici sostanziali. E tali indici sono «pienamente ricorrenti nel caso della responsabilità degli enti disciplinata dal d.lgs. n. 231/2001: sanzione grave, inflitta da un giudice penale in un procedimento in cui devono essere salvaguardate le garanzie approntate nel processo penale, connesso ad un reato che costituisce presupposto dell’illecito e della sanzione all’ente».

5. La pronuncia della Cassazione del 2010

390

La Suprema Corte10, adita in sede di ricorso avverso l’ordinanza del Tribunale di Milano, non ha condiviso questo orientamento: «Nel caso in esame il ricorso ad un’interpretazione restrittiva sembra mostrare tutti i suoi limiti dal momento che la disposizione in questione può essere interpretata dal punto di vista letterale in maniera del tutto coerente con il suo scopo di tutela, trovando conferma tale lettura attraverso l’utilizzo del metodo interpretativo di tipo sistematico. La lettura che della norma ha dato il Tribunale finisce per comportare un sacrificio alle reali esigenze di tutela poste dal Cass., VI, 1° dicembre 2010, n. 42701. Pubblicata su Diritto penale contemporaneo, 13 dicembre 2010, con nota di Trinchera, Applicabili all’ente le misure cautelari interdittive in relazione ai delitti di corruzione internazionale. 10

legislatore, senza che tale interpretazione sia giustificata né dal significato delle parole impiegate, né dalla intentio legis». Diversamente opinando, secondo la Suprema Corte, l’art. 25 introdurrebbe un sistema sanzionatorio “con caratteri di irragionevolezza”, non solo perché le ipotesi di corruzione internazionale, da ritenere per lo meno analoghe, sotto il profilo della gravità, a quelle della corruzione domestica, non sarebbero assoggettate a sanzioni interdittive e, conseguentemente, private della tutela cautelare, ma soprattutto perché risulterebbero inspiegabilmente inapplicabili le stesse sanzioni interdittive nei confronti della persona incaricata di pubblico servizio: «Con riferimento a quest’ultimo aspetto, che rende evidente come l’interpretazione proposta dal Tribunale di Milano porterebbe alla conseguenza, davvero irragionevole, di rendere inapplicabili, sempre e comunque, le sanzioni interdittive quando il corrotto sia un incaricato di pubblico servizio, non vale osservare che nel sistema del codice le pene previste per l’incaricato di pubblico servizio sono diminuite rispetto a quelle previste per il pubblico ufficiale, in quanto nell’art. 25 d.lgs. 231 del 2001 la graduazione sanzionatoria risulta effettuata nei primi tre commi, in cui si prevedono livelli progressivamente più gravi di sanzioni pecuniarie in relazione alle figure basilari di corruzione, con una forbice edittale particolarmente ampia, anche per effetto del siste-


Ancora aperta la questione dell’applicabilità delle sanzioni interdittive ex d.lgs. 231/2001 alla corruzione internazionale

Maurizio Arena

ma per quote previsto dal d.lgs. 231/2001, che consente al giudice la necessaria discrezionalità nella dosimetria sanzionatoria, idonea a prendere in considerazione il caso concreto in cui la corruzione riguardi l’incaricato di pubblico servizio». In altri termini, secondo la Corte, il comma 4 non è diretto a prevedere ipotesi attenuate nel trattamento sanzionatorio per alcune figure dì reati, ma ad estendere le sanzioni pecuniarie, già differenziate in rapporto alla gravità delle singole ipotesi delittuose prese in considerazione, alle figure soggettive dell’incaricato di pubblico servizio e del “funzionario internazionale”. In dottrina è stato rilevato che, sempre stando al testo dell’art 25, le sanzioni interdittive ex d.lgs. 231 non sarebbero irrogabili nell’ipotesi di commissione di un reato di corruzione impropria “domestica” (il comma 5 infatti non richiama il comma 1), mentre lo sarebbero – stando alla tesi della funzione estensiva del comma 4, sostenuta dalla Cassazione – in presenza di una corruzione impropria internazionale11. Sarebbe singolare, secondo la Corte, che nel momento in cui con la legge n. 300 del 2000, che recepisce e attua una serie di Convenzioni, tra cui principalmente la Convenzione OCSE del 17 dicembre 1997, ispirate al di-

chiarato intento di rinforzare la lotta alla corruzione, tra l’altro introducendo per la prima volta in Italia una forma di responsabilità delle società derivante dai reati di corruzione, si escludesse che le sanzioni più efficaci e temibili possano essere applicate, da un lato, all’incaricato di pubblico servizio, dall’altro, al funzionario internazionale, rispetto al reato di corruzione internazionale. Tuttavia, una volta riconosciuta la astratta possibilità di applicare le sanzioni interdittive (e le misure cautelari) anche nei confronti degli enti responsabili degli illeciti derivanti dal reato di corruzione internazionale, si pone l’ulteriore questione della applicabilità in concreto di tali sanzioni: «È evidente che la sanzione interdittiva, anche quando è applicata in via cautelare, debba rivolgersi esclusivamente all’ente che abbia avuto interesse ovvero conseguito vantaggi dal reato di corruzione nei confronti di un “funzionario straniero”, ma deve rilevarsi che alcune delle sanzioni previste dall’art. 9 comma 2 d.lgs. 231/2001 possono comportare, anche solo indirettamente, il coinvolgimento delle amministrazioni pubbliche straniere, talvolta delle stesse amministrazioni con cui i rappresentanti o i dipendenti dell’ente imputato sono venuti in contatto12. In questi casi per l’esecuzio-

11 Domeniconi, Corruzione internazionale e responsabilità amministrativa degli enti, citato da Mongillo, op. cit., 345.

12

Così, ad esempio, sembra scontato che non possa disporsi la sospensione o la revoca di autorizzazioni o licenze (art. 9

391


GIURISPRUDENZA

392

ne della sanzione sarebbe necessario il coinvolgimento dello Stato estero – anche attraverso forme di cooperazione – su cui il giudice penale italiano non ha giurisdizione, né alcuna possibilità di imporre condotte particolari né di realizzare controlli. Invero, sebbene le sanzioni indicate nell’art. 9 comma 2 d.lgs. 231/2001 sono state pensate in rapporto a soggetti che operano all’interno del territorio dello Stato, tuttavia non può ritenersi che siano tutte inidonee ad intervenire su situazioni relative a fatti di corruzione internazionale: spetterà comunque al giudice verificare in concreto se la sanzione, anche quando è chiesta in via cautelare, può essere effettivamente applicata all’ente senza che ciò comporti, da un lato, il coinvolgimento, seppure solo nella fase esecutiva, di organismi stranieri, dall’altro, l’impossibilità di controllare il rispetto del divieto imposto».

6. La sentenza del Tribunale di Milano del 2018 Il Tribunale di Milano aveva condannato una delle due società imputate per corruzione internazionale, tuttavia applicandole la sola sanzione pecuniaria, in ciò

ponendosi evidentemente in dissenso rispetto al precedente di legittimità del 201013. Dalla motivazione della sentenza di appello risulta che il PM aveva richiesto pure l’applicazione delle sanzioni interdittive, tuttavia con l’espressione “ritenute di giustizia”, senza esplicitarne il tipo e la durata. Nell’atto di appello il PM richiama, innanzitutto, il precedente di legittimità del 2010, a suo dire richiamato pure in sede di valutazione da parte dell’OCSE della normativa anticorruzione italiana14. Secondo la difesa, invece, tale ultimo argomento consisteva – ed in effetti così è – in una mera presa d’atto da parte dei valutatori internazionali dell’intervenuta pronuncia della Cassazione sul tema in questione. Convincente, a mio avviso, il rilievo difensivo secondo cui si tratterebbe di una scelta consapevole del Legislatore: nelle due recenti riforme anticorruzione (legge 103/2017 e legge 3/2019) non si è in alcun modo posto rimedio al “problema”. E, come detto, e in particolare, la legge 3/2019 è intervenuta specificamente sul comma 5 e sulla durata delle interdittive, inserendo inoltre un nuovo reato (traffi Sentenza n. 10074 del 19 settembre 2018. 14 Il riferimento è al “Rapporto sulla Fase 3 dell’applicazione della Convenzione anticorruzione dell’OCSE in Italia – Dicembre 2011”, reperibile sul sito del Ministero della Giustizia. 13

comma 2 lett. b) rilasciate da Stati esteri e lo stesso dovrebbe valere per l’esclusione da agevolazioni o da finanziamenti (art. 9 comma 2 lett. d) qualora siano concessi da organismi pubblici stranieri.


Ancora aperta la questione dell’applicabilità delle sanzioni interdittive ex d.lgs. 231/2001 alla corruzione internazionale

co di influenze illecite) nel comma 1, tra le fattispecie alle quali non sono applicabili sanzioni interdittive. Ma – aggiungo – già la legge n. 190/2012 aveva previsto esplicitamente (nel primo intervento integrativo dell’art 25) le sanzioni interdittive per il delitto di induzione indebita a dare o promettere utilità.

Maurizio Arena

Purtroppo, la sentenza della Corte di appello di Milano non ha preso posizione sulla vexata quaestio, avendo escluso la sussistenza del fatto di reato. Mi sembrava comunque opportuno evidenziare nuovamente l’esistenza e la rilevanza della questione: vedremo, se si arriverà in Cassazione, quali saranno gli approdi ermeneutici e decisori.

393



giurisprudenza

Consiglio di Stato sez. III, ud. 30/04/2020, dep. 13/05/2020, n. 3030, Pres. Franco Frattini, Cons. est. Giulia Ferrari

La natura dell’informazione antimafia, provvedimento finalizzato ad interdire in via preventiva, immediatamente, qualsiasi rapporto pubblicistico con il soggetto “inquinato” dai legami con la mafia, il contesto in cui nasce, costituito solitamente da complesse indagini di polizia giudiziaria contro le consorterie mafiose o da atti dei processi penali che ne seguono, rende indispensabile un continuo coordinamento tra le sedi della Prefettura perché non vadano disperse le lunghe indagini effettuate da una Prefettura, che la consorteria mafiosa cerca abilmente di paralizzare.

(Omissis) Fatto 1. In data 16 marzo 2018 è stata emessa dalla Prefettura – UTG di Napoli un’informazione antimafia interdittiva (prot. n. Omissis) nei confronti della – Omissis – s.p.a. (d’ora in poi “Omissis”), società dedita alla fornitura di servizi nel settore delle pulizie, del giardinaggio, della disinfestazione e del facchinaggio. In particolare, il provvedimento ha tratto fondamento dalla circostanza che la Omissis, già socio unico della società Omissis s.r.l. (d’ora in poi “Omissis”), ha acquisito un ramo d’azienda di quest’ultima; che la Omissis è risultata gravata, in esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare n. – Omissis – dell’8 giugno 2016 (emessa dal GIP del Tribunale di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia

di Napoli), da sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p. del complesso aziendale, delle quote e del patrimonio, con contestuale nomina di amministratori giudiziari; che il capitale della – Omissis – era principalmente detenuto dal signor – Omissis –, gravato dal procedimento penale nel quale era stata emessa la predetta ordinanza di sequestro; che in tale procedimento gli è stato contestato il reato di cui all’art. 416-bis c.p. unitamente, tra gli altri, al signor Omissis – direttore generale e procuratore speciale della Omissis, destinatario di ordinanza cautelare in carcere e rinviato a giudizio per i reati, tra gli altro, di associazione mafiosa – e ad esponenti del clan camorristico Omissis; che in data 11 luglio 2017, le quote di – Omissis – sono state trasferite alla figlia Omissis; che il signor Omissis, anch’egli coinvolto nel proce-


GIURISPRUDENZA

396

dimento penale, sarebbe coniuge di una nipote di Omissis. La Prefettura di Napoli, valorizzando queste circostanze, ha concluso che la Omissis è strettamente collegata alla Omissis e che entrambe le società sono riferibili ad un unico centro di interesse riconducibile alla famiglia Omissis e ad esponenti del clan camorristico Omissis, che ne hanno condizionato nel tempo le scelte e gli indirizzi, allo scopo di consentire alle stesse l’accaparramento di appalti pubblici. 2. Con atto introduttivo del giudizio, proposto innanzi al Tar Campania, sede di Napoli, sez. I, la Omissis ha avversato l’informazione interdittiva antimafia. Con successivo atto di motivi aggiunti, ha impugnato gli atti presupposti all’emanazione della misura interdittiva, depositati in giudizio dalla Prefettura di Napoli. In particolare, la Omissis, previa richiesta di sospensione cautelare, ha contestato l’incompetenza territoriale del Prefetto di Napoli all’adozione dell’informazione interdittiva e tutti i presupposti assunti a fondamento dell’atto avversato, evidenziando come l’Amministrazione avesse omesso di valutare l’elemento dell’attualità della permeabilità della società a tentativi di infiltrazione mafiosa, tanto alla luce degli sviluppi del procedimento penale che ha coinvolto i vertici della società, quanto a fronte della misure di self cleaning adottate dalla Omissis. Con ordinanza n. Omissis del 18 aprile 2018, il Tar ha respinto l’istanza di sospensione cautelare. Tale decisione è stata confermata in sede di appello cautelare con ordinanza di questa Sezione, n. Omissis del 28 maggio 2018. 3. Con sentenza n. Omissis del 20 maggio 2019 il Tar Napoli ha respinto integralmente il ricorso.

In particolare, il primo giudice ha rigettato l’eccezione di incompetenza della Prefettura di Napoli evidenziando che fino al 20 marzo 2018 la sede legale della ricorrente fosse ancora attiva a Napoli e che, comunque, la Omissis avesse conservato una sede secondaria nella Provincia napoletana, da considerare quale centro di imputazione di rapporti giuridici. Quanto agli ulteriori profili di doglianza, il Tar li ha reputati infondati valorizzando le risultanze investigative del G.I.A. e i gravi elementi di colpevolezza, emersi dall’ordinanza di custodia cautelare n. Omissis, a carico degli organi di vertice della Omissis, il cui compendio aziendale è transitato nel patrimonio della Omissis. Il Tar ha, in aggiunta, ritenuto che l’ordinanza emessa dal GIP presso il Tribunale di Napoli del 6 marzo 2017 – con la quale è stato disposto il dissequestro e la restituzione agli aventi diritto del complesso aziendale della Omissis – avrebbe espresso un giudizio di mera attenuazione del pericolo di infiltrazione mafiosa e che gli sviluppi del procedimento penale, avviato nei confronti del signor Omissis e del signor Omissis, non avrebbero fatto venir meno il requisito dell’attualità del pericolo mafioso, dal momento che la Omissis sarebbe rimasta comunque nell’ambito dell’influenza della famiglia Omissis. 4. La citata sentenza n. Omissis del 20 maggio 2019 è stata impugnata con appello notificato il 1° ottobre 2019, riproducendo sostanzialmente le censure non accolte in primo grado e ponendole in chiave critica rispetto alla sentenza avversata. In particolare: a) il Tar avrebbe errato nel ritenere competente la Prefettura di Napoli. Al contrario, l’Omissis avrebbe trasferito la propria sede legale in Roma


Commento

a far data dal 19 febbraio 2018, con la conseguenza che, alla data di adozione dell’informazione antimafia, la Prefettura competente sarebbe stata quella di Roma; b) il primo giudice avrebbe erroneamente ritenuto insussistenti il difetto di istruttoria e di motivazione, che inficerebbero il provvedimento avversato. Al contrario, il signor Omissis – unico soggetto a cui sarebbe possibile imputare responsabilità e condotte di favoreggiamento della criminalità organizzata – sarebbe stato repentinamente allontanato dalla società, con provvedimento di licenziamento confermato dal giudice del lavoro; la citata ordinanza n. Omissis del 2016 avrebbe escluso qualsiasi partecipazione del signor Omissis ad ambienti malavitosi; l’ordinanza di dissequestro della società Omissis avrebbe messo in luce come, per effetto del mutamento della compagine societaria, il pericolo di condizionamento mafioso si fosse sensibilmente attenuato; l’affitto del ramo d’azienda della Omissis da parte della Omissis sarebbe stato approvato dal GIP; il signor Omissis avrebbe ceduto le proprie quote alla figlia non convivente, estraniandosi dalla Omissis; il rapporto di parentela con il signor Omissis sarebbe stato richiamato in maniera apodittica senza chiarire come detto rapporto abbia fatto deporre nel senso di ritenere possibile un inquinamento mafioso della compagine societaria oggi appellante; c) il Tar avrebbe fornito un’interpretazione della normativa applicabile non conforme agli ultimi approdi giurisprudenziali della Corte EDU e della Corte costituzionale. L’adozione di una misura afflittiva, come l’informazione interdittiva antimafia, non dovrebbe essere affidata ad una valutazione eccessivamente

Armando Tadini

discrezionale e arbitraria dell’Autorità prefettizia. La giurisprudenza avrebbe chiarito che, nell’ambito di qualsiasi misura di prevenzione, occorre che il legislatore circoscriva a monte in via normativa la discrezionalità dell’Autorità competente ed indichi specificamente i presupposti necessari ai fini dell’adozione della misura afflittiva. L’appellante, per tali ragioni, ha chiesto la rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimità dell’art. 84, comma 4, lettere d) ed e), d.lgs. n. 159 del 2011 per violazione degli artt. 2, 3, 4, 24, 27, 41, 97 e 117 (in relazione all’art. 1, Protocollo 1 Add. CEDU) della Costituzione. 5. Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Interno e la Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Napoli, sostenendo l’infondatezza dell’appello. 6. Alla pubblica udienza del 26 marzo 2020 la causa è stata rinviata ad altra data. 7. Alla udienza del 30 aprile 2020 la causa è stata trattenuta in decisione. Diritto 1. Come esposto in narrativa è impugnata la sentenza del Tar Napoli, sez. I, n. Omissis del 20 maggio 2019, che aveva respinto il ricorso proposto per l’annullamento dell’informazione antimafia interdittiva, adottata in data 16 marzo 2018 nei confronti della Omissis s.p.a. (d’ora in poi “Omissis”), società dedita alla fornitura di servizi nel settore delle pulizie, del giardinaggio, della disinfestazione e del facchinaggio. L’interdittiva si fonda sul rilievo che la “ditta Omissis è strettamente collegata alla società Omissis ovvero ne è l’espressione imprenditoriale, avendo entrambe nel tempo assunto una diversa ragione sociale che è apparsa meramente fluttuante in quanto riferibili entrambi ad un unico centro di direzione riconduci-

397


GIURISPRUDENZA

398

bile alla famiglia Omissis e ad esponenti del clan camorristico Omissis che ne hanno condizionato nel tempo le scelte e gli indirizzi allo scopo di consentire alle stesse l’accaparramento di appalti pubblici”. 2. Con un primo motivo l’appellante deduce l’incompetenza della Prefettura di Napoli ad adottare l’interdittiva avendo la stessa società – da sempre già operativa a Roma a livello amministrativo – trasferito anche la propria sede legale nella capitale in data 19 febbraio 2018, mentre il provvedimento impugnato era stato adottato il successivo 16 marzo 2018, in violazione dell’art. 90, d.lgs. n. 159 del 2011 e dei principi generali in materia di competenza all’adozione degli atti amministrativi. Giova premettere che l’art. 90, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011 prevede che “Nei casi di cui all’art. 92, commi 2 e 3, l’informazione antimafia è rilasciata dal Prefetto della provincia in cui le persone fisiche, le imprese, le associazioni o i consorzi risiedono o hanno la sede legale” ovvero, per le società con sede all’estero ex art. 2508 cod. civ., dal Prefetto della provincia in cui è stabilita una sede secondaria con rappresentanza stabile nel territorio dello Stato. Al fine del decidere è dunque necessario verificare dove era posta la sede legale della Omissis alla data di adozione dell’interdittiva, id est il 16 marzo 2018. Il Tar ha giudicato non fondato il motivo sul rilievo che solo in data 20 marzo 2018 sono stati registrati gli atti prot. Omissis di cessazione di attività nella sede legale della Omissis s.p.a., con la conseguenza che fino a tale data la sede legale della società risultava ancora attiva a Napoli. Il Collegio ritiene invece il motivo fondato ed assorbente di ogni altra

questione di merito, sollevata dall’appellante al fine di scardinare, in fatto e in diritto, le ragioni poste a base della interdittiva. In punto di diritto va in primo luogo rilevato che la norma, al fine di individuare il Prefetto competente ad adottare l’informativa, fa riferimento al luogo in cui era la sede legale della società al momento dell’adozione del provvedimento interdittivo e non alla data di avvio del relativo procedimento (nella specie, 27 giugno 2017). Corollario obbligato di tale premessa è che il Prefetto che ha avviato il procedimento e raccolto elementi ritenuti sufficienti a supportare il provvedimento cautelare, avvedutosi del trasferimento della sede legale in altra Provincia, è tenuto a trasmettere nell’immediatezza gli atti istruttori al Prefetto di tale Provincia, avendo perso la competenza a decidere. Emerge poi evidente che la sede secondaria con rappresentanza stabile nel territorio dello Stato è indicata dal legislatore solo con riferimento alla società che ha la sede all’estero ex art. 2508 cod. civ. Ciò chiarito e superate dunque le difese delle Amministrazioni resistenti, al fine del decidere va dunque verificata, questa volta in punto di fatto, la data in cui è effettivamente avvenuto il trasferimento della sede legale, e cioè se solo il 20 marzo 2018 allorché sono stati registrati gli atti prot. Omissis di cessazione di attività nella sede legale della Omissis s.p.a., sicché fino al 20 marzo 2018 la sede legale della ricorrente risultava ancora attiva a Napoli. Diversamente da quanto assume l’Amministrazione resistente dall’estratto del registro delle imprese del 21 marzo 2018 emerge che gli atti prot. Omissis del 20 marzo 2018 attengono a “acquisizione d’ufficio certificazioni


Commento

di qualità, ambientali ed altro su comunicazione Omissis”, mentre il trasferimento della sede legale da Napoli a Roma risulta inequivocabilmente avvenuto il 28 febbraio 2018. Sul punto l’appellata non si è difesa, smentendo il contenuto delle due note, ma si è limitata a ribadire le argomentazioni del Tar Napoli in ordine alla circostanza che il procedimento fosse iniziato quando la sede legale era ancora a Napoli e all’esistenza di sedi secondarie, motivazioni entrambe non condivise, come si è detto, dal Collegio. Giova aggiungere che poiché il trasferimento della sede legale è opponibile dalla sua iscrizione nel Registro delle imprese e poiché l’iscrizione è stata effettuata il 28 febbraio 2018, diventa irrilevante anche la circostanza, dedotta dalla appellata, che non le fosse stata comunicata tale variazione di sede. Ed infatti, qualora la sede legale sia traferita in un altro Comune, la modifica deve essere adottata con delibera dall’assemblea dei soci, verbalizzata da un notaio, ai sensi dell’art. 2436 cod. civ., e presentata per l’iscrizione nel Registro delle imprese dallo stesso notaio verbalizzante. La deliberazione produce effetti con l’iscrizione. Per le ragioni sopra esposte, il motivo deve essere accolto. 3. Il Collegio non può peraltro esimersi dall’evidenziare come il vizio riscontrato ed il conseguente annullamento di una misura cautelare di così tale importanza per la difesa dell’ordinamento democratico avrebbero potuto essere evitati ove il Prefetto di Napoli, raccolti gli elementi indiziari di inquinamento mafioso, avesse verificato dal Registro delle imprese la permanenza della sede legale della società a Napoli e, accertatone il trasferimento, avesse subito trasmesso alla Prefettura

Armando Tadini

di Roma, divenuta ex lege competente, l’intera istruttoria. Tale modus operandi si rende necessario ove si consideri che sempre più spesso le associazioni a delinquere di stampo mafioso fanno ricorso a tecniche volte a paralizzare il potere prefettizio di adottare misure cautelari (Cons St., sez. III, 6 maggio 2020, n. 2854). Di fronte al “pericolo” dell’imminente informazione antimafia di cui abbiano avuto in quale modo notizia o sentore, reagiscono mutando sede legale, assetti societari, intestazioni di quote e di azioni, cariche sociali, soggetti prestanome, cercando comunque di controllare i soggetti economici che fungono da schermo, anche grazie alla distinta e rinnovata personalità giuridica, nei rapporti con le pubbliche amministrazioni. Proprio la natura del provvedimento, finalizzato ad interdire in via preventiva, immediatamente, qualsiasi rapporto pubblicistico con il soggetto “inquinato” dai legami con la mafia, il contesto in cui nasce, costituito solitamente da complesse indagini di polizia giudiziaria contro le consorterie mafiose o da atti dei processi penali che ne seguono, rende indispensabile un continuo coordinamento tra le sedi della Prefettura perché non vadano disperse le lunghe indagini effettuate da una Prefettura, che la consorteria mafiosa cerca abilmente di paralizzare. Ciò soprattutto nel caso – come quello di specie – in cui evidenti sono gli indizi che supportavano la misura interdittiva, adottata a tutela di diritti aventi rango costituzionale, come quello della libera iniziativa imprenditoriale (art. 41 Cost.), nel necessario, ovvio, bilanciamento con l’altrettanto irrinunciabile, vitale, interesse dello Stato a contrastare l’insidia delle mafie. Come più volte ribadito dalla Sezione

399


GIURISPRUDENZA

400

(5 settembre 2019, n. 6105), la libertà “dalla paura”, obiettivo al quale devono tendere gli Stati democratici, si realizza però anche, e in parte rilevante, smantellando le reti e le gabbie che le mafie costruiscono, a scapito dei cittadini, delle imprese e talora anche degli organi elettivi delle amministrazioni locali, imponendo la legge del potere criminale sul potere democratico – garantito e, insieme, incarnato dalla legge dello Stato – per perseguire fini illeciti e conseguire illeciti profitti. 4. Per tutte le ragioni sopra esposte l’appello deve pertanto essere accolto, con conseguente annullamento della sentenza del Tar Campania, sede di Napoli, sez. I, n. Omissis del 20 maggio 2019. Resta fermo – e doveroso – il potere della Prefettura di Roma, di verificare l’esistenza die presupposti per adottare la nuova interdittiva antimafia alla luce degli elementi raccolti dalla Prefettura di Napoli 5. Considerata la novità della vicenda contenziosa, sussistono giusti moti-

vi per disporre la compensazione delle spese e degli onorari del giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla la sentenza del Tar Campania, sede di Napoli, sez. I, n. Omissis del 20 maggio 2019. Compensa tra le parti in causa le spese e gli onorari del giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, commi 1 e 2, d.lgs. n. 196 del 2003 (e degli artt. 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità della parte appellata e di tutti i riferimenti che rendono la vicenda contenziosa alla stessa riconducibile.


Commento

Armando Tadini

Commento

di Armando Tadini

La recente sentenza n. 3030 della III Sezione del Consiglio di Stato del 13.05.2020, pur accogliendo il ricorso di una società attinta da interdittiva antimafia, ne ha censurato il comportamento – tra l’altro prassi elusiva posta frequentemente in essere da imprese collegate e/o contigue alla criminalità organizzata – consistente nell’aver trasferito, approfittando delle lentezze della burocrazia e della scarsa tempestività delle comunicazioni tra le diverse Prefetture, la propria sede sociale subito dopo aver avuto il minimo sentore del rischio di poter essere attinta (come poi è effettivamente accaduto) dal citato provvedimento, quale conseguenza di fatti penali che hanno riguardato i suoi soci ed amministratori. Il superamento di tale prassi, che, in sostanza, si fonda sul principio statuito nel Codice Antima-

fia che assegna il potere di emissione dell’interdittiva al Prefetto del luogo ove risiede la sede sociale dell’impresa, rende, secondo il Consiglio di Stato, sempre più indispensabile il coordinamento tra le varie Prefetture, coordinamento che, secondo lo stesso Consiglio è stato (purtroppo) in quell’occasione del tutto assente. La paralisi dell’azione preventiva può, anzi deve, allora essere superata solo mantenendo e promuovendo incessantemente un veloce e costante scambio informativo tra le Prefetture coinvolte, impedendo la dispersione degli elementi raccolti nel corso delle indagini penali e dei relativi approfondimenti svolti dai locali G.I.A., elementi che sono proprio alla base dei provvedimenti interdittivi che le consorterie mafiose cercano di aggirare e di fermare.

401



giurisprudenza

Cassazione penale sez. VI, ud. 23/01/2020, dep. 13/05/2020, n. 14800, Pres. Dott. Fidelbo Giorgio, Rel. Dott. Mogini Stefano

In tema di riciclaggio ed autoriciclaggio, non è necessario che la sussistenza del delitto presupposto sia stata accertata da una sentenza di condanna passata in giudicato, essendo sufficiente che il fatto costitutivo di tale delitto non sia stato giudizialmente escluso, nella sua materialità, in modo definitivo, e che il giudice procedente per il riciclaggio ne abbia incidentalmente ritenuto la sussistenza; in difetto, venendo meno uno dei presupposti del delitto di riciclaggio, l’imputato deve essere assolto perché il fatto non sussiste.

(Omissis) Ritenuto in fatto 1. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Arezzo e M.C.A.F., quest’ultimo per mezzo dei suoi difensori di fiducia, ricorrono avverso l’ordinanza in epigrafe, con la quale il Tribunale di Arezzo, in sede di rinvio ed in parziale accoglimento delle richieste di riesame presentate ai sensi degli artt. 322 e 324 c.p.p., da M.C.A.F., M.C.A., I.M., M.C.M. e L.F.L., ha annullato parzialmente il decreto di sequestro preventivo funzionale alla confisca diretta – ovvero, in mancanza, per equivalente – di disponibilità liquide, beni mobili e immobili fino alla concorrenza di Euro 25.529.409,00 emesso in data 6/11/2018 dal G.i.p. del medesimo Tribunale con riferimento ai delitti di riciclaggio e autoriciclaggio rispettivamente contestati (a seguito di parziale

riqualificazione operata dallo stesso Tribunale e ritenuta corretta da questa Corte) a M.C.A.F., M.C.A., F.P., I.M., M.C.A., M.C.A., M.C.G., M.C.M., L.F.L., P.C., C.P., V.S., C.S. e R.S., ordinando la decurtazione dal totale della somma oggetto del disposto sequestro di Euro 2.312.497,05 per M.C.A.F. e di Euro 3.945.638,86 per M.C.A.. Con rigetto nel resto delle richieste di riesame. 2. Con ordinanza in data 13/12/2018 il Tribunale di Arezzo, adito ex art. 324 c.p.p., aveva parzialmente annullato il provvedimento genetico del sequestro preventivo del 6/11/2018. In particolare, il Tribunale, premesso che i fatti oggetto d’imputazione provvisoria integrano il delitto di concorso in autoriciclaggio nei confronti dei soli M.C.A.F., M.C.A. e M.C.A., ed il delitto di concorso in riciclaggio nei confronti degli altri indagati, aveva disposto la decurtazione dal pre-


GIURISPRUDENZA

404

detto importo di Euro 25.529.409,00 delle seguenti somme: – Euro 2.312.497,05 per M.C.A.F.; – Euro 3.945.638,86 per M.C.A.; – Euro 173.141 per M.C.A. (che non aveva proposto istanza di riesame). 3. Con sentenza n. 45052/2019 la Seconda Sezione Penale di questa Corte ha annullato la prima ordinanza del Tribunale del riesame di Arezzo, in accoglimento del ricorso del P.M., limitatamente alla disposta decurtazione delle somme di denaro da sottoporre a sequestro, e, in accoglimento dei ricorsi degli indagati, limitatamente all’individuazione, come reati-presupposto dei delitti in contestazione, dei reati in ordine ai quali M.C.A.F. è stato assolto dalla Corte d’appello di Firenze con sentenza in data 16.2.2017, disponendo i(rinvio a(Tribunale di Arezzo per nuovo esame sui predetti punti e dichiarando inammissibili ne(resto i ricorsi. In particolare, la Seconda Sezione Penale ha ritenuto fondato il ricorso del P.M. nella parte in cui ha dedotto violazione di legge relativamente alla parziale decurtazione del quantum sequestrabile, per erroneità della conclusiva affermazione circa l’impossibilità di valorizzare i reati-presupposto allo stato non ancora oggetto di indagini preliminari, o comunque per i quali pendono mere indagini preliminari, essendo anche per essi consentito l’accertamento incidentale, con valenza unicamente ai fini de quibus nell’ambito dell’odierno procedimento. Ha poi rilevato che, non avendo M.C.A. proposto istanza di riesame, la decurtazione d’ufficio dell’importo confiscabile/sequestrabile operata dal Tribunale in suo favore è del tutto arbitraria ed illegittima. La Seconda Sezione Penale ha al proposito affermato il seguente principio di diritto: “In tema di riciclaggio ed autoriciclaggio, non è necessario che

la sussistenza del delitto presupposto sia stata accertata da una sentenza di condanna passata in giudicato, essendo sufficiente che il fatto costitutivo di tale delitto non sia stato giudizialmente escluso, nella sua materialità, in modo definitivo, e che il giudice procedente per il riciclaggio ne abbia incidentalmente ritenuto la sussistenza; in difetto, venendo meno uno dei presupposti del delitto di riciclaggio, l’imputato deve essere assolto perché il fatto non sussiste”. In applicazione di tale principio di diritto, la Seconda Sezione Penale ha ritenuto fondata anche la doglianza delle parti private ricorrenti riguardante l’individuazione, come reati-presupposto dei reati di riciclaggio/autoriciclaggio in contestazione, dei reati in ordine ai quali M.C.A.F. è stato assolto dalla Corte d’appello di Firenze con sentenza in data 16/2/2017: il giudicato assolutorio precludeva, infatti, ogni diversa valutazione incidentale in peius. La Seconda Sezione Penale di questa Corte ha poi osservato che il G.I.P., nell’originario decreto, aveva compiutamente illustrato le ragioni per le quali aveva incidentalmente ritenuto la configurabilità del necessario “fumus” dei reati – presupposto dei reati di riciclaggio/autoriciclaggio provvisoriamente contestati ai coindagati. 4. Con il provvedimento impugnato il Tribunale di Arezzo – dopo aver premesso che l’accoglimento del ricorso proposto dal pubblico ministero avverso il primo provvedimento dello stesso Tribunale impone che il Tribunale non potrà adottare una determinazione, in punto di decurtazioni, sfavorevole alla parte pubblica – ha affermato che, poichè il profitto del reato di autoriciclaggio è diverso da quello dei reati-presupposto, in realtà ove si fosse fin dal principio esteso, come indicato da que-


Commento

sta Corte, l’elenco dei reati-presupposto, ciò avrebbe necessariamente comportato lo scorporo del relativo profitto da quello delle condotte di riciclaggio e autoriciclaggio. Per la medesima ragione, e specularmente, il Tribunale ha ritenuto che se si dovesse escludere dal novero dei delitti-presupposto quelli oggetto della sentenza irrevocabile di assoluzione pronunciata dalla Corte di appello di Firenze nei confronti di M.C.A.F. per difetto dell’elemento soggettivo, andrebbe eliminata la decurtazione del profitto già operata, il che si risolverebbe in una modifica in peius nei confronti dell’indagato-ricorrente, vittorioso in parte qua. Sicchè il Tribunale ha confermato le decurtazioni già operate con la prima ordinanza di riesame per Euro 2.312.497,05 nei confronti di M.C.A.F. e per Euro 3.945.638,86 per M.C.A., escludendo solo quella a suo tempo operata in favore di M.C.A., perchè estranea a quanto devoluto in sede di riesame in quanto l’interessato non ha presentato richiesta in tal senso. 5. Il pubblico ministero ricorrente deduce con unico motivo di ricorso inosservanza e erronea applicazione di legge penale in relazione alla quantificazione del profitto dei contestati delitti di autoriciclaggio. Il G.i.p. ha correttamente ritenuto che il profitto totale dei reati di autoriciclaggio contestati a M.C.A.F. e M.C.A. ammonta a Euro 25.529.409,00, corrispondente al valore delle condotte di impiego in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali e speculative descritte nel capo B dell’imputazione, atteso che nel caso di specie, nel quale si tratta di impiego di beni e somme di denaro in modo da ostacolare l’individuazione della relativa provenienza delittuosa, non viene in rilievo il profitto civilisticamente inteso, consistente nel margine di guadagno ottenuto dalla differenza tra il prezzo

Armando Tadini

di acquisto e quello di vendita del bene di origine delittuosa, dovendosi procedere a confisca (e sequestro) del valore dell’intera somma movimentata e non del mero margine di guadagno, trattandosi di contratti nulli perchè aventi causa illecita. L’eventuale violazione del ne bis in idem potrebbe quindi prospettarsi solo per i reati-presupposto per i quali è intervenuta nei confronti degli indagati sentenza di condanna con conseguente confisca del relativo profitto. 6. Col ricorso proposto nell’interesse di M.C.A.F. si deducono i seguenti motivi. 6.1. Violazione dell’art. 627 c.p.p., comma 3, per inosservanza dell’obbligo di conformarsi alla decisione di annullamento in relazione alla disposta decurtazione di Euro 2.312.497,05 in favore del ricorrente dall’ammontare del totale sequestrato, essendosi in tal modo replicata sul punto la prima ordinanza del Tribunale del riesame, pure a seguito del suo intervenuto annullamento con rinvio, senza che sia stato accertato, come richiesto dal ricorrente con memoria depositata dinanzi al giudice di rinvio, se e come una descrizione dei presupposti dell’autoriciclaggio eventualmente diversa da quella censurata da questa Corte determinasse ricadute sull’individuazione delle condotte contestate e del relativo profitto suscettibile di sequestro. Pur partendo dalla corretta considerazione secondo cui il profitto dell’autoriciclaggio è cosa diversa dal profitto dei relativi reatipresupposto e l’inclusione di ulteriori delitti-presupposto implicherebbe la necessità di decurtare i relativi profitti dall’ammontare sequestrabile e confiscabile a titolo di autoriciclaggio, l’ordinanza impugnata ha errato nel voler garantire in ogni caso al p.m. un risultato, in termini di ricchezza sequestrata,

405


GIURISPRUDENZA

406

almeno pari a quello conseguito per effetto del parziale accoglimento del suo ricorso in sede di legittimità. Con la paradossale conseguenza di vanificare la pronuncia di questa Corte che impone, in accoglimento di specifico motivo di ricorso, di espungere dai reati-presupposto delle contestate condotte di autoriciclaggio quelli per i quali il ricorrente è stato definitivamente assolto, dando corso alla necessaria delibazione incidentale in ordine alla sussistenza di delitti produttivi di un profitto economico cui eventualmente riservare il rango di presupposti del reato di cui all’art. 648-ter c.p., comma 1. 6.2. Violazione dell’art. 648-ter c.p., comma 1, e art. 648-quater c.p., con riguardo all’errata determinazione del profitto del delitto di autoriciclaggio e, conseguentemente, del quantum sequestrabile, avuto riferimento alla somma del valore di ciascuna delle contestate operazioni di reinvestimento e non già al profitto maturato per effetto delle attività di reimpiego. Viziata è anche l’affermazione secondo cui al crescere dei reati-prosupposto dell’autoriciclaggio e dei relativi profitti corrisponde immancabilmente un’identica diminuzione del profitto sequestrabile ex art. 648-ter c.p., comma 1, e art. 648-quater c.p. 6.3. Violazione dell’art. 125 c.p.p., difetto assoluto di motivazione ed inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 627 c.p.p., comma 3, con riferimento alle censure dedotte con memoria difensiva 13/11/2019 sui limiti del giudizio di rinvio in ordine alla possibile individuazione di altri illeciti o alla necessaria esclusione di alcuni di quelli considerati quali presupposti del contestato delitto di autoriciclaggio, nonchè in ordine alla concreta idoneità di tali delitti a generare risorse economiche suscettibili di reimpiego e idonee

per tale via a produrre ulteriori profitti sequestrabili a fini di futura confisca. 6.4. Violazione dell’art. 321 c.p.p., in relazione all’art. 648-ter c.p., comma 1, e art. 648-quater c.p., con riferimento alla determinazione del profitto sequestrabile e confiscabile, poichè dall’ordinanza impugnata si evince che i delitti presupposto hanno generato un profitto complessivo pari a 6.258.135,91 Euro – importo ottenuto sommando le decurtazioni operate dal Tribunale – mentre il profitto delle attività di autoriciclaggio sottoposto a sequestro è superiore al quadruplo di quell’importo. 6.5. Violazione ed erronea applicazione dell’art. 110 c.p., art. 648-ter c.p., comma 1, e art. 648-quater c.p., con riguardo alla solidarietà passiva tra i concorrenti in autoriciclaggio in ordine al quantum sequestrabile e confiscabile. Anzichè ridurre il sequestro sino alla concorrenza di 19.271.273,10 Euro, risultante dalla sottrazione dalla somma totale reinvestita (pari a 25.529.409,00) dei proventi dei reati-presupposto (pari a complessivi 6.258.135,91 Euro), l’ordinanza impugnata attribuisce ciascuna singola decurtazione ad un singolo concorrente, sicchè le decurtazioni operate in sede di rinvio, lungi dal diminuire complessivamente la somma oggetto di sequestro per tutti i coindagati in applicazione del principio solidaristico che regge la materia, reagisce, per di più in modo asimmetrico, solo su due dei soggetti indiziati di autoriciclaggio. Considerato in diritto 1. Il ricorso proposto dal Pubblico ministero in relazione alla quantificazione del profitto dei contestati delitti di autoriciclaggio suscettibile di sequestro a fini di confisca è fondato, nei termini di seguito indicati.


Commento

Il provvedimento impugnato viola infatti, da un lato, l’obbligo, imposto dall’art. 627 c.p.p., comma 3, al Tribunale – giudice di rinvio, di uniformarsi alla sentenza di annullamento pronunciata dalla Seconda Sezione Penale di questa Corte per ciò che concerne ogni questione di diritto con essa decisa e, dall’altro, il giudicato cautelare formatosi in punto di quantificazione del profitto dei contestati delitti di autoriciclaggio suscettibile di sequestro a fini di confisca a seguito della dichiarata inammissibilità dei motivi di ricorso proposti al riguardo in quella sede nell’interesse degli indagati, ed in particolare dell’odierno ricorrente. In primo luogo, l’ordinanza impugnata ha ignorato tanto il principio di diritto affermato dalla Seconda Sezione Penale (secondo il quale, “In tema di riciclaggio ed autoriciclaggio, non è necessario che la sussistenza del delitto presupposto sia stata accertata da una sentenza di condanna passata in giudicato, essendo sufficiente che il fatto costitutivo di tale delitto non sia stato giudizialmente escluso, nella sua materialità, in modo definitivo, e che il giudice procedente per il riciclaggio ne abbia incidentalmente ritenuto la sussistenza; in difetto, venendo meno uno dei presupposti del delitto di riciclaggio, l’imputato deve essere assolto perchè il fatto non sussiste”), che la espressa indicazione, conseguentemente enunciata dalla stessa Seconda Sezione, in ordine alla compiuta illustrazione, nel decreto genetico del G.i.p., delle ragioni per le quali questi aveva incidentalmente ritenuto la configurabilità del necessario “fumus” dei reati-presupposto dei reati di riciclaggio/autoriciclaggio provvisoriamente contestati ai coindagati. Sicchè la circostanza che alcuni di tali reati non fossero ancora oggetto di indagini

Armando Tadini

preliminari, in difetto della necessaria iscrizione nell’apposito Registro delle notizie di reato, o che comunque per alcuni di essi pendessero mere indagini preliminari, non impediva di accertarne incidentalmente la configurabilità, ai fini di cautela reale, nell’ambito del presente procedimento. Ciò che aveva determinato, in accoglimento del ricorso proposto sul punto dal P.M., l’annullamento dell’ordinanza impugnata limitatamente alla decurtazione delle somme di denaro da sottoporre a sequestro disposta dal Tribunale in favore di M.C.A.F., M.C.A. e M.C.A. Non era pertanto consentito al giudice di rinvio di sottrarsi all’obbligo – a lui imposto da questa Corte e su di lui incombente ai sensi dell’art. 627 c.p.p., comma 3, – di considerare quali reatipresupposto dei delitti di riciclaggio/ autoriciclaggio contestati agli indagati quelli non ancora oggetto di accertamento in sede processuale e per i quali purtuttavia, come indicato nella stessa sentenza, i giudici del merito cautelare avevano correttamente ritenuto sussistente il fumus commissi delicti. Inoltre, la sentenza di annullamento pronunciata dalla Seconda Sezione Penale di questa Corte ha dichiarato inammissibili i motivi dedotti da tutti gli indagati ricorrenti, tanto in ordine alla ricostruzione del quadro indiziario relativo all’imputazione provvisoria oggetto di cautela che all’individuazione del conseguente profitto confiscabile e, quindi, suscettibile di sequestro (si vedano in particolare i punti 5.2. e 5.3. del Considerato in diritto, anche con specifico riferimento al quinto e sesto motivo del ricorso proposto con unico atto da M.C.A.F. e I.M., come descritti alle pp. 4-5 della sentenza). Ne consegue che il concorde accertamento operato su tali punti nel provvedimento genetico della disposta

407


GIURISPRUDENZA

408

cautela reale e nella prima ordinanza emessa in sede di riesame, al riguardo andata immune da rilievi ad esito del relativo giudizio di legittimità, deve ritenersi coperto da giudicato cautelare là dove è stato determinato in Euro 25.529.409 il profitto del contestato delitto di autoriciclaggio e, conseguentemente, il quantum sequestrabile a fini di confisca, con evidente riferimento alla somma aritmetica del valore di ciascuna delle operazioni contestate al capo B – il cui risultato è, appunto, Euro 25.529.409 – e non già al profitto maturato per effetto di quelle attività di reimpiego. La descritta pronuncia di annullamento è stata infatti limitata, in accoglimento del ricorso del P.M., alla decurtazione delle somme di denaro da sottoporre a sequestro disposta dal Tribunale, sull’importo totale come sopra determinato, per i reati non ancora oggetto di accertamento in sede processuale, e, in accoglimento dei ricorsi degli indagati, all’individuazione, come reati-presupposto, di quelli per i quali M.C.A.F. è stato assolto dalla Corte d’appello di Firenze con sentenza in data 16.2.2017. Quant’altro dedotto o deducibile dinanzi alla Seconda Sezione di questa Corte è ormai coperto da giudicato cautelare. Sicchè lo scorporo del profitto dei reati-presupposto da quello delle condotte di riciclaggio e autoriciclaggio disposto dall’ordinanza impugnata deve ritenersi effettuato, sotto i profili testè illustrati, in chiara violazione di legge. L’ordinanza impugnata va, pertanto, annullata, in accoglimento del ricorso del P.M., limitatamente alla decurtazione delle somme di denaro, da sottoporre a sequestro, disposta dal Tribunale in favore di M.C.A.F. e M.C.A., con rinvio per nuovo esame sul punto al Tribunale di Arezzo, che si conforme-

rà al principio di diritto già enunciato nel p. 3.3.2.2. della più volte richiamata sentenza di annullamento con rinvio pronunciata dalla Seconda Sezione Penale di questa Corte. 2. Il ricorso proposto nell’interesse di M.C.A.F. è, specularmente, fondato limitatamente alla omessa esclusione dal novero dei delitti-presupposto del reato di autoriciclaggio contestato al capo B di quelli oggetto della sentenza irrevocabile di assoluzione pronunciata dalla Corte di appello di Firenze nei confronti di M.C.A.F. in data 16/2/2017. Il provvedimento impugnato elude infatti platealmente l’obbligo, incombente sul Tribunale – giudice di rinvio ai sensi dell’art. 627 c.p.p., comma 3, di uniformarsi alla sentenza di annullamento pronunciata dalla Seconda Sezione Penale di questa Corte che ha imposto di espungere dai reati-presupposto delle contestate condotte di autoriciclaggio quelli per i quali il ricorrente è stato definitivamente assolto e, conseguentemente, di eventualmente ridurre il quantum sequestrato in misura corrispondente all’importo di quelle operazioni. L’ordinanza impugnata va, pertanto, annullata, in accoglimento del ricorso proposto nell’interesse di M.C.A.F., limitatamente alla mancata eliminazione dal novero dei reati-presupposto rilevanti ai fini della quantificazione del sequestro in esame di quelli per i quali il ricorrente è stato definitivamente assolto, con rinvio per nuovo esame sul punto al Tribunale di Arezzo, che si conformerà al principio di diritto già enunciato nel p. 3.3.2.2. della più volte richiamata sentenza di annullamento con rinvio pronunciata dalla Seconda Sezione Penale di questa Corte. 3. Il ricorso di M.C.A.F. è, nel resto, inammissibile. Esso si palesa infatti inesorabilmente precluso in questa sede


Commento

allorché reitera censure già dichiarate inammissibili dalla citata sentenza della Seconda Sezione Penale di questa Corte, tanto in ordine alla ricostruzione del quadro indiziario relativo all’imputazione provvisoria oggetto di cautela, che all’individuazione del conseguente profitto confiscabile e, quindi, suscettibile di sequestro, che, infine, alla perimetrazione della solidarietà tra i concorrenti nei reati di autoriciclaggio, o di riciclaggio quanto agli effetti del sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta o per equivalente (si vedano in particolare i punti 5.2. e 5.3. del “Considerato in diritto” della sentenza n. 42052/19, ove tutti i motivi dedotti dai coimputati e diversi da quello cui si riferisce l’annullamento disposto al precedente paragrafo 2. di questa sentenza, sono stati dichiarati inammissibili, ivi compresi i sei motivi proposti nell’interesse dell’attuale ricorrente, ed in particolare quelli di cui al quinto e

Armando Tadini

sesto motivo del ricorso proposto con unico atto da M.C.A.F. e I.M., come descritti alle pp. 4-5 della citata sentenza n. 42052/19). Ne consegue che, salvo l’annullamento con rinvio disposto ai precedenti paragrafi 1. e 2., l’accertamento operato su detti punti nel provvedimento genetico della disposta cautela reale e nella prima ordinanza emessa in sede di riesame, al riguardo andata immune da rilievi ad esito del relativo giudizio di legittimità, deve ritenersi coperto da giudicato cautelare (si veda quanto esposto al precedente p. 1.). P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Arezzo. Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2020. Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2020

409


GIURISPRUDENZA

Commento

di Armando Tadini

410

Con la recente sentenza n. 14800 del 13 maggio 2020, la VI Sezione Penale della Corte di Cassazione ha confermato un decreto di sequestro per autoriciclaggio anche per quei reati presupposto su cui non vi era stato alcun accertamento di responsabilità, siano o meno state le relative indagini nelle fasi delle investigazioni preliminari. Sulla scia della precedente decisione n. 45052 dell’anno 2019 (II Sezione Penale), i giudici della Suprema Corte hanno ribadito che, in ordine all’accertamento dei reati di cui agli articoli 648-bis e 648-ter 1 C.P., non è necessario che il reato presupposto sia stato già oggetto di una sentenza di condanna passata in giudicato, essendo, invece, sufficiente che il fatto costitutivo di quest’ultimo non sia stato già giurisdi-

zionalmente escluso nella sua materialità in via definitiva, e che il giudice procedente per riciclaggio ne abbia incidentalmente considerato l’esistenza. Nello specifico, i giudici della IV Sezione hanno messo in evidenza che, trattandosi di un procedimento di natura cautelare – e, quindi, caratterizzato dall’individuazione non di prove certe in ordine alla commissione del delitto presupposto – la circostanza che taluni di essi fossero ancora oggetto di indagini preliminari, oppure addirittura privi di specifica iscrizione nel Registro Generale delle notizie di reato, non impediva di accertarne, anche in modo incidentale, la loro configurabilità, giustificando così la legittimità del provvedimento di sequestro per autoriciclaggio.


documentazione

Strasbourg, 15 April 2020

Greco(2020)4

Corruption Risks and Useful Legal References in the context of COVID-19 Issued by Mr Marin MrÄ?ela, GRECO President Introduction As countries face undeniable emergencies, concentration of powers, derogations from fundamental rights and freedoms, and as large amounts of money are infused into the economy to alleviate the crisis (now and in the near future), corruption risks should not be underestimated. It is therefore most important that anti-corruption is streamlined in all COVID-19, and more generally, pandemic-related processes. GRECO has consistently recommended specific anti-corruption and governance tools. These include transparency, oversight and accountability. In a time of extraordinary circumstances because of the pandemic, those tools are more important than ever. They are relevant for the central level, but also the local level in the context of any form of devolution of powers. The Council of Europe Criminal Law1 and Civil Law2 Conventions on Corruption are particularly relevant in this context, as are the Twenty Guiding Principles for the Fight against Corruption and other anti-corruption standards of the Council of Europe. GRECO’s evaluations in respect of corruption prevention in the legislative, executive and judiciary branches should also be taken into account. Transparency in the public sector is one of the most important means for preventing corruption, whatever form it takes. The need for regular and reliable information from public institutions is crucial in times of emergency. Bribery in the health care sector makes medical services more expensive and of a lower quality. It leads to unequal access to medical care especially by the more vulnerable. It also undermines patients' trust in the health services and may cause serious harm to individuals (e.g., through the use of substandard medical products). In addition, it distorts competition and has serious financial consequences for public health care insurers, and thus for the state budget.

See https://www.coe.int/en/web/conventions/full-list/-/conventions/treaty/173 See https://www.coe.int/en/web/conventions/full-list/-/conventions/treaty/174. Countries which have not yet done so are encouraged to sign and/or ratify this Convention as soon as possible. 1 2


documentazione

2

The COVID-19 outbreak increases corruption risks. The health sector is particularly exposed, because of the immediate need for medical supplies (and hence simplification of procurement rules), overcrowded medical facilities and overburdened medical staff. Various typologies of corruption in the health sector include, but are not limited to, the procurement system, bribery in medical-related services, corruption in new product research and development (R&D), including conflicts of interest and the role of lobbying, COVID-19related fraud. An issue of relevance is oversight and, relatedly, the protection of whistleblowers in the health sector. Finally, the private sector is also exposed to considerable corruption risks. This document addresses in turn the above issues. (i)

Procurement systems

Guiding Principle 14 of the Twenty Guiding Principles for the Fight against Corruption3 calls on GRECO member States “to adopt appropriately transparent procedures for public procurement that promote fair competition and deter corruptors”. The Council of Europe Civil Law Convention on Corruption requires States Parties to provide for effective remedies for persons, both natural and legal persons, who have suffered damage as a result of acts of corruption, to enable them to defend their rights and interests, including the possibility of obtaining compensation for damage.

412

Governments around the world enact legislation to respond to COVID-19 by ensuring that their health systems are properly equipped. However, while emergency legislation is timeefficient to procure critical medical supplies, it may soften the necessary “checks and balances” on public spending. Procurement systems can also become vulnerable targets for lobbyists. GRECO had identified the need for a more systematic analysis of the sectors exposed to corruption. This includes public procurement in the health care sector. Greater transparency is key to preventing corruption. Procurement officials should be prohibited from being employed by any businesses with contracts with the officials exercising supervision or control. (ii)

Bribery in medical-related services

Corruption risks can be a major concern for hospitals and other medical or medicalised structures struggling to cope with COVID-19, since they face shortages in staff and equipment. Confronted with competing needs and emergencies, corruption may become part of the equation, damaging the individuals concerned and society as a whole. It should be recalled that the Council of Europe Criminal Law Convention on Corruption requires States Parties to criminalise active and passive bribery in the private sector (Articles 7-8) and covers also private healthcare providers. Furthermore, this Convention inspired the provisions criminalising bribery of healthcare professionals and persons working for the private sector in the context of trafficking in human organs.4

3 Committee of Ministers Resolution CM/Res(97)24 on the Twenty Guiding Principles for the Fights against Corruption, adopted on 6 November 1997. 4 Article 7, paragraphs 2 and 3 of the Council of Europe Convention against Trafficking in Human Organs (CETS No. 216). See https://www.coe.int/en/web/conventions/full-list/-/conventions/treaty/216


GRECO

documentazione

3

Petty bribery is also an issue that has emerged again in the pandemic context (for access or priority access to medical services, tests and equipment, body collection and burial procedures, circumventing quarantine rules, etc.) even in countries where this was very uncommon. In this context, countries are reminded of the relevant provisions of the Criminal Law Convention on Corruption, Guiding Principle 2 on criminalisation of national and international corruption, and the findings of GRECO’s 3rd Evaluation Round on incrimination of corruption which are particularly relevant. Finally, it should also be recalled that Council of Europe Parliamentary Assembly Resolution 1946 (2013) on “Equal access to health care” calls on member States to “introduce measures to combat corruption in the health sector, in close co-operation with the Group of States against Corruption (GRECO)”.5 GRECO stands ready to support its members in this regard, including through its recently developed advisory tools. (iii)

Corruption in new product research and development (R&D)

Another process vulnerable to corruption is the investment in research and development of drugs and vaccination against COVID-19. Researchers and scientists are preparing to develop drugs and vaccines against COVID-19. Huge amounts of money are being invested in research and development (R&D). Therefore, it would be necessary to increase the capacity, authority and public accountability of State institutions entrusted with regulatory and control functions in relation to the management of public resources. The same can be said of greater risks of conflicts of interest, when health or economic interests are at major stake, e.g. preferential treatment in delivery of services for friends or family members, cronyism, nepotism and favouritism in the recruitment, and more generally, the management of the health care workforce. GRECO recommendations on merit-based recruitment and promotion, working conditions and means, codes of conduct and conflict of interest prevention/integrity enhancing mechanisms are relevant here. GRECO has often recommended developing a strategy to improve integrity and the management of conflicts of interest with respect to persons entrusted with top executive functions, including through responsive advisory, monitoring and compliance mechanisms. Committee of Ministers Recommendation No. R (2000) 10 on Codes of conduct for public officials is also of relevance. As regards lobbying, countries should be guided by Committee of Ministers Recommendation No. R (2017) 2 on the legal regulation of lobbying activities in the context of public decision making, and the extensive volume of GRECO recommendations in this area6. GRECO also recommends ensuring that all contacts of persons entrusted with top executive functions with lobbyists and other third parties who seek to influence government decision-making are duly reported, including contacts with the legal and authorised representatives of companies and interest groups, and made public. Lobbying transparency is important in relation to both See http://assembly.coe.int/nw/xml/XRef/Xref-DocDetails-EN.asp?FileID=19991&lang=EN Summarised here : https://rm.coe.int/corruption-prevention-members-of-parliament-judges-andprosecutors-con/16807638e7 5 6

413


documentazione

4

the decisions taken by public authorities and the dissemination of information linked to the pandemic. Insider trading is also an area of risk and is particularly important for those who, because of their position, have access to privileged information. GRECO’s recommendations on declaration of assets, income, liabilities and interests are particularly relevant here, including the need for declarations to be comprehensive, timely and accessible in order to help identify dubious operations, e.g. off-loading stocks, investments in emerging industries during the pandemic) or prevent undue influence on public decision making. (iv)

Risks of COVID-19-related fraud

Several international (such as Interpol and the Financial Action Task Force (FATF)) and national (such as FinCen) bodies have issued warnings concerning financial scams related to COVID-19,7 including in relation to falsified medical products. With masks and other medical supplies in high demand yet difficult to acquire as a result of the COVID-19 pandemic, the offer from fake shops, websites, social media accounts and email addresses claiming to sell these items has grown exponentially online. Unsuspecting victims have seen their money disappear into the hands of the criminals involved. This money is thereafter laundered. The Council of Europe MEDICRIME Convention8 requires States to criminalise: -

414

manufacturing of counterfeit medical products; supplying or offering to supply, and trafficking of counterfeit medical products; falsification of documents; manufacturing, the keeping in stock for supply, importing, exporting, supplying, offering to supply or placing on the market of medicinal products without authorisation and medical devices without being in compliance with the conformity requirements.

In addition, the Council of Europe National AML/CFT Risk Assessment Methodology offers a unique tool to mitigate money laundering risks, including when linked to corruption in the health sector. (v)

Oversight and the protection of whistleblowers in the health sector

As emergency legislation shifts power towards the executive, the oversight role of the other branches of power (legislative, judiciary), institutions (ombudsman, anticorruption agencies and other specialised bodies dealing with corruption) and civil society (e.g. community-based responses, information sharing and tracking measures systems, establishment of hotlines for public reporting, etc.) is key. Media have a particular role to play and a specific responsibility. In this regard, I wish to draw attention to the guidance to governments on respecting human

See, in particular, a Statement by the FATF President: COVID-19 and measures to combat illicit financing, accessible via the following link: http://www.fatf-gafi.org/publications/fatfgeneral/documents/statementcovid-19.html 8 https://www.coe.int/en/web/medicrime/home 7


GRECO

documentazione

5

rights, democracy and the rule of law issued by the Council of Europe’s Secretary General on 8 April 2020.9 Of particular importance is the need to ensure the protection of persons (whistleblowers) reporting suspicions of corruption, irrespective of the reporting lines they choose to pursue (e.g. directly to law enforcement, other designated public bodies, or the media, without first informing their immediate superiors, or administrative hierarchy they are part of). Whistleblowing can be key in the fight against corruption and tackling gross mismanagement in the public and private sectors, including the health sector. The Council of Europe recognises the value of whistleblowing in deterring and preventing wrongdoing, and in strengthening democratic accountability and transparency. States should be guided by Committee of Ministers Recommendation CM/Rec(2014)7 on the Protection of Whistleblowers10, as well as by GRECO’s recommendations in this area, in order to create a favourable environment for whistle-blowers in such critical times. (vi)

The private sector

The private sector faces increased corruption risks during this crisis. These risks include facilitation payments/bribes to push ahead processes that may have stalled due to shortages of staff or closure of public offices, falsification of documents to meet the conditions of State aid schemes for pandemic relief measures, bypassing product certification requirements, non-certification of alternative supply chains, donations, lack of resources to supervise misconduct by individual employees, etc. For this sector, reference should be made to the relevant provisions of the Criminal Law Convention on Corruption11, Guiding Principle 5 on the need to prevent the misuse of legal persons to shield corruption, and GRECO’s recommendations to the private sector during its 2nd Evaluation Round, e.g. on accounting and auditing, corporate liability and compliance programmes, and due diligence obligations. We are facing extraordinary circumstances during the COVID-19 crises. These are not and should not be a justification to circumvent or abandoning anti-corruption standards. Quite the opposite. Now more than ever we must do our best to maintain and increase measures aiming at preventing corruption and any other unethical behaviour. The key tool is transparency. We owe that to our citizens in order to make our fight against COVID-19 credible and trustworthy. Link: www.coe.int/greco

https://www.coe.int/en/web/human-rights-rule-of-law/-/coronavirus-guidance-to-governments-onrespecting-human-rights-democracy-and-the-rule-of-law 10 https://search.coe.int/cm/Pages/result_details.aspx?ObjectID=09000016805c5ea5 11 See Articles 7 and 8 in particular. 9

415


documentazione

Commento

416

Il Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO) del Consiglio d’Europa ha pubblicato delle linee guida indirizzate ai suoi 50 Stati membri, volte a prevenire la corruzione nel contesto dell’emergenza sanitaria causata dalla pandemia di Covid-19. Le linee guida, emanate dal presidente del GRECO, Marin Mrčela, sottolineano che l’epidemia Covid-19 aumenta i rischi di corruzione. il settore sanitario in particolare è il più esposto, a causa di un incremento esponenziale nel breve periodo del fabbisogno di forniture mediche, una semplificazione delle norme sugli appalti, un sovraffollamento delle strutture mediche e un sovraccarico del personale medico. Il documento raccoglie alcune raccomandazioni per gli Stati membri (5) e per il settore privato (1).

Sistemi di approvvigionamento Il GRECO ha da tempo identificato la necessità di un’analisi più sistematica dei settori esposti alla corruzione. Ciò include gli appalti pubblici nel settore sanitario. Una maggiore trasparenza è la chiave per prevenire la corruzione.

Corruzione nei “servizi medici” Viene ricordato che la Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio d’Europa impone agli Stati parte di criminalizzare la corruzione attiva e passiva nel settore privato (articoli 7-8) che ricomprende anche i fornitori di servizi sanitari privati. Inoltre, la Convenzione ha ispirato le disposizioni che criminalizzano la corruzione degli operatori sanitari delle persone che lavorano per il settore privato nel contesto della tratta di organi umani.

Corruzione nella ricerca e sviluppo di nuovi prodotti (R&S) Il GRECO ha spesso raccomandato di sviluppare una strategia per migliorare l’integrità e la gestione dei conflitti d’interesse rispetto alle persone incaricate delle funzioni esecutive più elevate, anche attraverso adeguati meccanismi di consulenza, monitoraggio e conformità. Per quanto riguarda il lobbying, i Paesi dovrebbero essere guidati dalla Raccomandazione del Comitato dei Ministri n. R (2017) 2 sulla regolamentazione legale delle attività di lobbying, nel contesto del processo decisionale pubblico e dall’ampio volume di raccomandazioni GRECO in questo settore. Il GRECO raccomanda, inoltre, di assicurare che tutti i contatti delle persone incaricate delle funzioni esecutive più elevate con i lobbisti e altre terze parti, che cercano di


GRECO

influenzare il processo decisionale del governo, siano debitamente segnalati, compresi i contatti con i rappresentanti legali e firmatari di società e gruppi di interesse, e resi pubblici.

Rischi di frode correlata a Covid-19 Il GRECO richiama gli Stati sull’importanza di criminalizzare: – fabbricazione di prodotti medici contraffatti; – fornitura o offerta di fornitura e traffico di prodotti medici contraffatti; – falsificazione di documenti; – produzione, immagazzinamento per fornitura, importazione, esportazione, fornitura, offerta di fornitura o immissione sul mercato di medicinali senza autorizzazione e dispositivi medici senza essere conformi ai requisiti di conformità.

Sorveglianza e protezione dei whistleblower nel settore sanitario Le segnalazioni possono essere fondamentali nella lotta alla corruzione e nella lotta alla catti-

documentazione

va gestione nei settori pubblico e privato, compreso il settore sanitario. Il Consiglio d’Europa riconosce il valore delle denunce nel dissuadere e prevenire azioni illecite e nel rafforzare la responsabilità e la trasparenza democratica. Gli Stati dovrebbero essere guidati dalla Raccomandazione del Comitato dei Ministri CM / Rec (2014) 7 sulla protezione degli informatori, nonché dalle raccomandazioni del GRECO in questo settore, al fine di creare un ambiente favorevole per gli informatori in tempi così critici.

Il settore privato Per questo settore, è opportuno fare riferimento alle pertinenti disposizioni della Convenzione penale sulla corruzione, Principio guida 5 sulla necessità di impedire che le persone giuridiche vengano utilizzate come schermo per proteggersi dalle accuse di corruzione, e le raccomandazioni del GRECO al settore privato durante la sua seconda tornata di valutazione (per esempio in materia di contabilità e revisione contabile, programmi di responsabilità civile e compliance e obblighi di due diligence).

417



documentazione

CNDCEC - CNDCEC Prot. 4969 del 27/04/2020 - Uscita Impronta informatica: 480752228749494abbef92373328d21e32fa87fcf137f5b2ea50dfdba6ba0763 Sistema Protocollo - Riproduzione cartacea di documento digitale

ŽĐƵŵĞŶƚŽ

sŝŐŝůĂŶnjĂ Ğ ŵŽĚĞůůŽ Ěŝ ŽƌŐĂŶŝnjnjĂnjŝŽŶĞ͕ ŐĞƐƚŝŽŶĞ Ğ ĐŽŶƚƌŽůůŽ Ğdž ͘>ŐƐ͘ ϮϯϭͬϮϬϬϭ ŶĞůl’emergenza ƐĂŶŝƚĂƌŝĂ

WZ/> ϮϬϮϬ


documentazione CNDCEC - CNDCEC Prot. 4969 del 27/04/2020 - Uscita Impronta informatica: 480752228749494abbef92373328d21e32fa87fcf137f5b2ea50dfdba6ba0763 Sistema Protocollo - Riproduzione cartacea di documento digitale

CONSIGLIERI NAZIONALI DELEGATI PER AREA

Diritto Societario Massimo Scotton Lorenzo Sirch

Sistemi di Amministrazione e controllo Raffaele Marcello

RICERCATORI Roberto De Luca Annalisa De Vivo 420

Ï­


Vigilanza e modello di organizzazione, gestione e controllo ex D.Lgs 231/2001 nell’emergenza sanitaria

documentazione

CNDCEC - CNDCEC Prot. 4969 del 27/04/2020 - Uscita Impronta informatica: 480752228749494abbef92373328d21e32fa87fcf137f5b2ea50dfdba6ba0763 Sistema Protocollo - Riproduzione cartacea di documento digitale

^KDD Z/K WZ D ^^ ͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘ ϯ ϭ͘ / Z/^ ,/ KEE ^^/ >>’ D Z' E Ks/ Ͳϭϵ ͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘ ϰ ϭ͘ϭ͘

/ů ƌŝƐĐŚŝŽ ƐĂŶŝƚĂƌŝŽ ͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘ ϰ

ϭ͘Ϯ͘

/ů ƌŝƐĐŚŝŽ Ěŝ ŝŶĨŝůƚƌĂnjŝŽŶŝ ĐƌŝŵŝŶŽƐĞ ͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘ ϱ

Ϯ͘ > s/'/> E ^h> DK >>K / KZ' E/ /KE ͕ ' ^d/KE KEdZK>>K ͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘ ϴ Ϯ͘ϭ͘

/ŶĚŝĐĂnjŝŽŶŝ ŽƉĞƌĂƚŝǀĞ ƐƵůůŽ ƐǀŽůŐŝŵĞŶƚŽ ĚĞůůĂ ǀŝŐŝůĂŶnjĂ ͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘ ϵ

Ϯ͘Ϯ͘

Profili di responsabilità dell’OdV ͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘ ϭϬ

/ >/K'Z &/ ^^ E / > ͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘​͘ ϭϭ

Ϯ

421


documentazione

CNDCEC - CNDCEC Prot. 4969 del 27/04/2020 - Uscita Impronta informatica: 480752228749494abbef92373328d21e32fa87fcf137f5b2ea50dfdba6ba0763 Sistema Protocollo - Riproduzione cartacea di documento digitale

WƌĞŵĞƐƐĂ L’emergenza epidemiologica in atto impone una riflessione sui rischi ĂƚƚƵĂůŵĞŶƚĞ ŐƌĂǀĂŶƚŝ ƐƵůůĞ imprese esposte, da un lato, ad evidenti problemi di natura sanitaria, e, dall’altro, a ƉŽƐƐŝďŝůŝ ĨĞŶŽŵĞŶŝ Ěŝ ŽƌŐĂŶŝnjnjĂnjŝŽŶĞ ĐƌŝŵŝŶĂůĞ͘ ^ŽƚƚŽ ŝů ƉƌŝŵŽ ĂƐƉĞƚƚŽ͕ ůĂ ŶĞĐĞƐƐŝƚă Ěŝ ĐŽŶƚĞŶŝŵĞŶƚŽ ĚĞů ƌŝƐĐŚŝŽ ĞƉŝĚĞŵŝŽůŽŐŝĐŽ ŚĂ ĐŽŶĚŽƚƚŽ ĂůůĂ sottoscrizione del “Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento ĚĞůůĂ ĚŝĨĨƵƐŝŽŶĞ ĚĞů ǀŝƌƵƐ ŽǀŝĚͲ19 negli ambienti di lavoro”͕ ĐŽŶ ŝů ƋƵĂůĞ ŝů 'ŽǀĞƌŶŽ Ğ ůĞ WĂƌƚŝ ƐŽĐŝĂůŝ hanno condiviso le Linee guida per agevolare le imprese nell’adozione di protocolli di sicurezza antiͲ ĐŽŶƚĂŐŝŽϭ͘ ŽŶ ƌŝĨĞƌŝŵĞŶƚŽ Ăŝ ƌŝƐĐŚŝ Ěŝ ĐƌŝŵŝŶĂůŝƚă ĨŝŶĂŶnjŝĂƌŝĂ͕ ŝŶǀĞĐĞ͕ ğ ĞǀŝĚĞŶƚĞ ĐŽŵĞ ůĞ ŵŝƐƵƌĞ Ěŝ ůŽĐŬĚŽǁŶ imposte al Paese per il contenimento dell’epidemia ĂďďŝĂŶŽ ƉƌŽǀŽĐĂƚŽ ƵŶ ŝŶĚĞďŽůŝŵĞŶƚŽ Ěŝ ŐƌĂŶ ƉĂƌƚĞ ĚĞů ƚĞƐƐƵƚŽ ĞĐŽŶŽŵŝĐŽ͕ ĂƉƌĞŶĚŽ ƵŶĂ ǀĞƌĂ Ğ ƉƌŽƉƌŝĂ ĨĂůůĂ ƌŝƐƉĞƚƚŽ Ă ƉŽƐƐŝďŝůŝ ĨĞŶŽŵĞŶŝ Ěŝ organizzazione criminale. Non è un caso che l’Unità di Informazione &ŝŶĂŶnjŝĂƌŝĂ ĂďďŝĂ ƌŝƚĞŶƵƚŽ ŽƉƉŽƌƚƵŶŽ ƐŽůůĞĐŝƚĂƌĞ ƚƵƚƚŝ ŝ ĚĞƐƚŝŶĂƚĂƌŝ ĚĞůůĂ ŶŽƌŵĂƚŝǀĂ ĂŶƚŝƌŝĐŝĐůĂŐŐŝŽ Ěŝ ĐƵŝ Ăů ͘>ŐƐ͘ ϮϯϭͬϮϬϬϳ Ăů ƌŝƐƉĞƚƚŽ ĚĞŝ ƌĞůĂƚŝǀŝ ŽďďůŝŐŚŝ͕ ƌŝĐŽƌĚĂŶĚŽ ŝŶ ƉĂƌƚŝĐŽůĂƌĞ ĂŐůŝ ŝŶƚĞƌŵĞĚŝĂƌŝ ďĂŶĐĂƌŝ Ğ ĨŝŶĂŶnjŝĂƌŝ Ğ Ăŝ ƉƌŽĨĞƐƐŝŽŶŝƐƚŝ ĐŚĞ ŝů ůŝǀĞůůŽ Ěŝ ŐƵĂƌĚŝĂ ŝŶ ƋƵĞƐƚŽ ŵŽŵĞŶƚŽ ƐƚŽƌŝĐŽ ĚĞǀĞ ĞƐƐĞƌĞ ĂůƚŝƐƐŝŵŽ Ϯ͘ ŶƚƌĂŵďĞ ůĞ ĨĂƚƚŝƐƉĞĐŝĞ͕ ƌŝƐĐŚŝŽ ƐĂŶŝƚĂƌŝŽ Ğ ƌŝƐĐŚŝŽ Ěŝ ŝŶĨŝůƚƌĂnjŝŽŶĞ ĐƌŝŵŝŶŽƐĂ͕ ĐŽŵƉŽƌƚĂŶŽ ĐŽŶƐĞŐƵĞŶnjĞ ŶŽŶ ƐŽůŽ ƐƵů ƉŝĂŶŽ ĚĞůůĂ ƌĞƐƉŽŶƐĂďŝůŝƚă ƉĞŶĂůĞ ŝŶĚŝǀŝĚƵĂůĞ͕ ŵĂ ĂŶĐŚĞ ŝŶ ƌĞůĂnjŝŽŶĞ ĂĚ ƵŶ ƉŽƐƐŝďŝůĞ coinvolgimento dell’impresa ai sensi del D.Lgs. 231/2001 (di seguito anche “Decreto”)͘ DŽůƚŝ ĚĞŝ ƌĞĂƚŝ

422

connessi ai suddetti rischi sono infatti contemplati nell’elenco dei reati presupposto che, al ricorrere Ěŝ ĚĞƚĞƌŵŝŶĂƚĞ ĐŽŶĚŝnjŝŽŶŝ͕ ŐĞŶĞƌĂno la responsabilità dell’ente. /Ŷ ƚĂůĞ ƐŝƚƵĂnjŝŽŶĞ͕ ŶĞŐůŝ ĞŶƚŝ ĐŚĞ ŚĂŶŶŽ ĂĚŽƚƚĂƚŽ ƵŶ ŵŽĚĞůůŽ Ěŝ ŽƌŐĂŶŝnjnjĂnjŝŽŶĞ͕ ŐĞƐƚŝŽŶĞ Ğ ĐŽŶƚƌŽůůŽ Ăŝ ƐĞŶƐŝ ĚĞů ĞĐƌĞƚŽ (di seguito “modello 231”)͕ diviene centrale il ruolo dell’Organismo di Vigilanza ;Ěŝ seguito “OdV”) al quale, ai sensi dell’art. 6, co. 1, lett. b.), è affidato il compito di vigilare sull’adeguatezza e sul corretto funzionamento del modello ƐƚĞƐƐŽ e di curarne l’aggiornamento. WĂƌƚŝĐŽůĂƌĞ ĂƚƚĞŶnjŝŽŶĞ ĚĞǀĞ ĞƐƐĞƌĞ ƉŽƐƚĂ Ăŝ ƌĂƉƉŽƌƚŝ ŝŶƚƌĂƚƚĞŶƵƚŝ ĐŽŶ ĂnjŝĞŶĚĞ ĐŚĞ ŽƉĞƌĂŶŽ ŶĞŝ ƐĞƚƚŽƌŝ ĚĞůůĂ ƐĂŶŝƚă͕ ŽǀǀĞƌŽ ŝŶ ƐĞƚƚŽƌŝ ĂƚƚŝŐƵŝ͕ ŶŽŶĐŚĠ Ăŝ ĨŝŶĂŶnjŝĂŵĞŶƚŝ ĞƌŽŐĂƚŝ ĐŽŶ ŐĂƌĂŶnjŝĞ ĚĂůůŽ ^ƚĂƚŽ͕ ƐŝĂ ŝŶ ƐĞĚĞ Ěŝ ŝƐƚƌƵƚƚŽƌŝĂ͕ ƐŝĂ ŝŶ ĨĂƐĞ Ěŝ ƵƚŝůŝnjnjŽ ĚĞŝ ĨŽŶĚŝ͘ EĞů ƉƌĞƐĞŶƚĞ ĚŽĐƵŵĞŶƚŽ ƐŽŶŽ ĞƐƉŽƐƚŝ ƐŝŶƚĞƚŝĐĂŵĞŶƚe i principali “rischi 231” connessi all’emergenza ƐĂŶŝƚĂƌŝĂ Ğ ƐŽŶŽ ĨŽƌŶŝƚĞ ĂůĐƵŶĞ ŝŶĚŝĐĂnjŝŽŶŝ ŽƉĞƌĂƚŝǀĞ Ěŝ ĐŽŵƉŽƌƚĂŵĞŶƚŽ Ăŝ ƉƌŽĨĞƐƐŝŽŶŝƐƚŝ ĐŚĞ Ă ǀĂƌŝŽ ƚŝƚŽůŽ – ĐŽŵĞ ĐŽŵƉŽŶĞŶƚŝ Ěŝ KĚs ƉůƵƌŝƐŽŐŐĞƚƚŝǀŝ Ž ŶĞůůĂ ƋƵĂůŝƚă Ěŝ KƌŐĂŶŝƐŵŝ Ěŝ sŝŐŝůĂŶnjĂ ŵŽŶŽĐƌĂƚŝĐŝ – ƐŽŶŽ ĐŚŝĂŵĂƚŝ Ă ŵĞƚƚĞƌĞ ůĞ ƉƌŽƉƌŝĞ ĐŽŵƉĞƚĞŶnjĞ ƚĞĐŶŝĐŚĞ Ă ĚŝƐƉŽƐŝnjŝŽŶĞ ĚĞůůĞ ŝŵƉƌĞƐĞ ŝŶ ƋƵĞƐƚĂ ĨĂƐĞ ĐŽƐŞ ĚĞůŝĐĂƚĂ͘ ϭ Il

14 marzo 2020 è stato sottoscritto il “Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento ĚĞůůĂ ĚŝĨĨƵƐŝŽŶĞ ĚĞů ǀŝƌƵƐ ŽǀŝĚͲ19 negli ambienti di lavoro”, su invito del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro dell’economia, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro della salute, che hanno promosso l’incontro tra le parti sociali, in attuazione della misura, contenuta all’art͘ ϭ͕ ĐŽ͘ ϭ͕ Ŷ͘ ϵͿ͕ ĚĞů W D ϭϭ ŵĂƌnjŽ ϮϬϮϬ͕ ŽǀĞ – ŝŶ ƌĞůĂnjŝŽŶĞ ĂůůĞ Ăƚƚŝǀŝƚă ƉƌŽĨĞƐƐŝŽŶĂůŝ Ğ ĂůůĞ Ăƚƚŝǀŝƚă ƉƌŽĚƵƚƚŝǀĞ – ƐŽŶŽ ƌĂĐĐŽŵĂŶĚĂƚĞ ŝŶƚĞƐĞ ƚƌĂ ŽƌŐĂŶŝnjnjĂnjŝŽŶŝ ĚĂƚŽƌŝĂůŝ Ğ ƐŝŶĚĂĐĂůŝ͘ /ů ƐƵĚĚĞƚƚŽ WƌŽƚŽĐŽůůŽ ğ ƐƚĂƚŽ ŝŶƚĞŐƌĂƚŽ ůŽ ƐĐŽƌƐŽ Ϯϰ ĂƉƌŝůĞ͘ Ϯ UIF, “Prevenzione di fenomeni di criminalità finanziaria connessi con l’emergenza da COVIDͲ19”, Comunicato del 16 aprile ϮϬϮϬ͘


Vigilanza e modello di organizzazione, gestione e controllo ex D.Lgs 231/2001 nell’emergenza sanitaria

documentazione

CNDCEC - CNDCEC Prot. 4969 del 27/04/2020 - Uscita Impronta informatica: 480752228749494abbef92373328d21e32fa87fcf137f5b2ea50dfdba6ba0763 Sistema Protocollo - Riproduzione cartacea di documento digitale

ϭ͘ / ƌŝƐĐŚŝ connessi all’emergenza COVIDͲϭϵ ϭ͘ϭ͘ /ů ƌŝƐĐŚŝŽ ƐĂŶŝƚĂƌŝŽ ŽŶ ŝl “Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il ĐŽŶƚƌĂƐƚŽ Ğ ŝů ĐŽŶƚĞŶŝŵĞŶƚŽ ĚĞůůĂ ĚŝĨĨƵƐŝŽŶĞ ĚĞů ǀŝƌƵƐ ŽǀŝĚͲ19 negli ambienti di lavoro”͕ ƐŽƚƚŽƐĐƌŝƚƚŽ ŝů ϭϰ ŵĂƌnjŽ ϮϬϮϬ Ğ ŝŶƚĞŐƌĂƚŽ ůŽ ƐĐŽƌƐŽ Ϯϰ ĂƉƌŝůĞ͕ ŝů 'ŽǀĞƌŶŽ Ğ ůĞ WĂƌƚŝ ƐŽĐŝĂůŝ ŚĂŶŶŽ ŝŶĚŝǀŝĚƵĂƚŽ ůĞ ůŝŶĞĞ ŐƵŝĚĂ ƉĞƌ ĂŐĞǀŽůĂƌĞ ůĞ ŝŵƉƌĞƐĞ nell’adozione Ěŝ ƉƌŽƚŽĐŽůůŝ Ěŝ ƐŝĐƵƌĞnjnjĂ ĂŶƚŝͲĐŽŶƚĂŐŝŽ͘ L’attivazione delle ŝŵƉƌĞƐĞ in tal senso trova il suo fondamento normativo sia nell’art. 2087 c.c. ;dƵƚĞůĂ ĚĞůůĞ ĐŽŶĚŝnjŝŽŶŝ Ěŝ ůĂǀŽƌŽͿ ĐŚĞ ŶĞů dĞƐƚŽ hŶŝĐŽ ŝŶ ŵĂƚĞƌŝĂ Ěŝ ƐĂůƵƚĞ Ğ ƐŝĐƵƌĞnjnjĂ ƐƵŝ ůƵŽŐŚŝ Ěŝ ůĂǀŽƌŽ ; ͘>ŐƐ͘ ϴϭͬϮϬϬϴͿ͗ ƚĂůŝ ŶŽƌŵĞ ƉŽŶŐŽŶŽ ŝŶ ĐĂƉŽ Ăů ĚĂƚŽƌĞ Ěŝ ůavoro l’obbligo di adottare tutte le misure atte a tutelare i propri dipendenti e collaboratori anche dal c.d. “rischio biologico”. ƚĂů ĨŝŶĞ͕ ůĞ ŝŵƉƌĞƐĞ ĚĞǀŽŶŽ ŝŶ ƉƌŝŵŽ ůƵŽŐŽ ǀĂůƵƚĂƌĞ ŝ ƌŝƐĐŚŝ Ěŝ ĐŽŶƚĂŐŝŽ ŝŶ ĂnjŝĞŶĚĂ Ğ ĂŐŐŝŽƌŶĂƌĞ ŝů ŽĐƵŵĞŶƚŽ sĂůƵƚĂnjŝŽŶĞ ZŝƐĐŚŝ ; sZͿ͕ ŝŶĚŝǀŝĚƵĂŶĚŽ͕ ƐĞ ƉŽƐƐŝďŝůĞ͕ ƵŶĂ ĨŝŐƵƌĂ ĂnjŝĞŶĚĂůĞ ŽǀǀĞƌŽ ƵŶ ĐŽŵŝƚĂƚŽ ĂĚ ŚŽĐ͕ ƉƌĞƉŽƐƚŽ Ă ŵŽŶŝƚŽƌĂƌĞ Őůŝ ĂŐŐŝŽƌŶĂŵĞŶƚŝ ŝŶĞƌĞŶƚŝ Ăůů’ĞǀĞŶƚŽ͖ ŝŶŽůƚƌĞ͕ ğ ŶĞĐĞƐƐĂƌŝŽ ĂƚƚƵĂƌĞ ƵŶĂ ĐĂƉŝůůĂƌĞ ĞĚ ĞĨĨŝĐĂĐĞ ĐĂŵƉĂŐŶĂ ŝŶĨŽƌŵĂƚŝǀĂ ǀŽůƚĂ Ă ŐĂƌĂŶƚŝƌĞ ůĂ ĚŝĨĨƵƐŝŽŶĞ ŝŶƚĞƌŶĂ ĚĞůůĞ ŶŽƌŵĞ ĐŽŵƉŽƌƚĂŵĞŶƚĂůŝ Ğ ĚĞůůĞ ƌĂĐĐŽŵĂŶĚĂnjŝŽŶŝ Ăů ĨŝŶĞ Ěŝ ĐŽŶƚĞŶĞƌĞ ůĂ ĚŝĨĨƵƐŝŽŶĞ ĚĞů ǀŝƌƵƐ͘ Wŝƶ ƐƉĞĐŝĨŝĐĂŵĞŶƚĞ͕ ůĞ ŝŵƉƌĞƐĞ ƐŽŶŽ ƚĞŶƵƚĞ Ăů ƌŝƐƉĞƚƚŽ ĚĞŐůŝ ŽďďůŝŐŚŝ ƉƌĞǀŝƐƚŝ ĚĂůůĞ ƐĞŐƵĞŶƚŝ ĚŝƐƉŽƐŝnjŝŽŶŝ ĞŵĂŶĂƚĞ ƉĞƌ ŝů ĐŽŶƚĞŶŝŵĞŶƚŽ ĚĞů Ks/ Ͳ19 dal DPCM dell’11 marzo 2020, nel quale per le attività ƉƌŽĚƵƚƚŝǀĞ Ğ ƉƌŽĨĞƐƐŝŽŶĂůŝ Ɛŝ ĚŝƐƉŽŶĞ ĐŚĞ͗ -

ƐŝĂ ĂƚƚƵĂƚŽ ŝů ŵĂƐƐŝŵŽ ƵƚŝůŝnjnjŽ ĚĂ ƉĂƌƚĞ ĚĞůůĞ ŝŵƉƌĞƐĞ Ěŝ ŵŽĚĂůŝƚă Ěŝ ůĂǀŽƌŽ ĂŐŝůĞ ƉĞƌ ůĞ Ăƚƚŝǀŝƚă ĐŚĞ ƉŽƐƐŽŶŽ ĞƐƐĞƌĞ ƐǀŽůƚĞ Ăů ƉƌŽƉƌŝŽ ĚŽŵŝĐŝůŝŽ Ž ŝŶ ŵŽĚĂůŝƚă Ă ĚŝƐƚĂŶnjĂ͖

-

ƐŝĂŶŽ ŝŶĐĞŶƚŝǀĂƚĞ ůĞ ĨĞƌŝĞ Ğ ŝ ĐŽŶŐĞĚŝ ƌĞƚƌŝďƵŝƚŝ ƉĞƌ ŝ ĚŝƉĞŶĚĞŶƚŝ ŶŽŶĐŚĠ Őůŝ Ăůƚƌŝ ƐƚƌƵŵĞŶƚŝ ƉƌĞǀŝƐƚŝ ĚĂůůĂ ĐŽŶƚƌĂƚƚĂnjŝŽŶĞ ĐŽůůĞƚƚŝǀĂ͖

-

ƐŝĂŶŽ ƐŽƐƉĞƐĞ ůĞ Ăƚƚŝǀŝƚă ĚĞŝ ƌĞƉĂƌƚŝ ĂnjŝĞŶĚĂůŝ ŶŽŶ ŝŶĚŝƐƉĞŶƐĂďŝůŝ ĂůůĂ ƉƌŽĚƵnjŝŽŶĞ͖

-

Ɛŝ ĂƐƐƵŵĂŶŽ ƉƌŽƚŽĐŽůůŝ Ěŝ ƐŝĐƵƌĞnjnjĂ ĂŶƚŝͲĐŽŶƚĂŐŝŽ Ğ͕ ůĂĚĚŽǀĞ ŶŽŶ ĨŽƐƐĞ ƉŽƐƐŝďŝůĞ ƌŝƐƉĞƚƚĂƌĞ ůĂ ĚŝƐƚĂŶnjĂ ŝŶƚĞƌƉĞƌƐŽŶĂůĞ Ěŝ ƵŶ ŵĞƚƌŽ ĐŽŵĞ ƉƌŝŶĐŝƉĂůĞ ŵŝƐƵƌĂ Ěŝ ĐŽŶƚĞŶŝŵĞŶƚŽ͕ Ɛŝ ĂĚŽƚƚŝŶŽ ĂĚĞŐƵĂƚŝ ƐƚƌƵŵĞŶƚŝ Ěŝ ƉƌŽƚĞnjŝŽŶĞ ŝŶĚŝǀŝĚƵĂůĞ͖

-

ƐŝĂŶŽ ŝŶĐĞŶƚŝǀĂƚĞ ůĞ ŽƉĞƌĂnjŝŽŶŝ Ěŝ ƐĂŶŝĨŝĐĂnjŝŽŶĞ ŶĞŝ ůƵŽŐŚŝ Ěŝ ůĂǀŽƌŽ͕ ĂŶĐŚĞ ƵƚŝůŝnjnjĂŶĚŽ Ă ƚĂů ĨŝŶĞ ĨŽƌŵĞ Ěŝ ĂŵŵŽƌƚŝnjnjĂƚŽƌŝ ƐŽĐŝĂůŝ͖

-

ƐŝĂŶŽ ůŝŵŝƚĂƚŝ Ăů ŵĂƐƐŝŵŽ͕ ƉĞƌ ůĞ ƐŽůĞ Ăƚƚŝǀŝƚă ƉƌŽĚƵƚƚŝǀĞ͕ gli spostamenti all’interno dei Ɛŝƚŝ Ğ ƐŝĂ contingentato l’accesso agli spazi comuni;

-

ƐŝĂ ŶĞĐĞƐƐĂƌŝŽ ĨĂǀŽƌŝƌĞ͕ ůŝŵŝƚĂƚĂŵĞŶƚĞ ĂůůĞ Ăƚƚŝǀŝƚă ƉƌŽĚƵƚƚŝǀĞ͕ ŝŶƚĞƐĞ ƚƌĂ ŽƌŐĂŶŝnjnjĂnjŝŽŶŝ ĚĂƚŽƌŝĂůŝ Ğ ƐŝŶĚĂĐĂůŝ.

ůůĞ ŝŵƉƌĞƐĞ ;ŝŶ ŵŽĚŽ ƉĂƌƚŝĐŽůĂƌĞ ĂůůĞ Ăƚƚŝǀŝƚă Ěŝ ƉƌŽĚƵnjŝŽŶĞͿ ğ ŝŶŽůƚƌĞ ƌĂĐĐŽŵĂŶĚĂƚŽ Ěŝ ĂĚŽƚƚĂƌĞ ůĞ ƵůƚĞƌŝŽƌŝ ŵŝƐƵƌĞ Ěŝ ƉƌĞĐĂƵnjŝŽŶĞ ĞůĞŶĐĂƚĞ ŶĞů ĐŝƚĂƚŽ WƌŽƚŽĐŽůůŽ Ěŝ ŐĞƐƚŝŽŶĞ ĚĞůůĞ ĞŵĞƌŐĞŶnjĞ Ğ Ěŝ ƐĞŐƵŝƚŽ ƐŝŶƚĞƚŝĐĂŵĞŶƚĞ ƌŝĞƉŝůŽŐĂƚĞ͗ ϭ͘ ƉƵŶƚƵĂůĞ ŝŶĨŽƌŵĂnjŝŽŶĞ Ă ƚƵƚƚŝ ŝ ůĂǀŽƌĂƚŽƌŝ Ğ Ă ĐŚŝƵŶƋƵĞ ĞŶƚƌŝ ŝŶ ĂnjŝĞŶĚĂ ĐŝƌĐĂ ůĞ ĚŝƐƉŽƐŝnjŝŽŶŝ ĚĞůůĞ ƵƚŽƌŝƚă͖

ϰ

423


documentazione CNDCEC - CNDCEC Prot. 4969 del 27/04/2020 - Uscita Impronta informatica: 480752228749494abbef92373328d21e32fa87fcf137f5b2ea50dfdba6ba0763 Sistema Protocollo - Riproduzione cartacea di documento digitale

Ϯ͘ ĚĞĨŝŶŝnjŝŽŶĞ ĚĞůůĞ modalità di ingresso in azienda (es. prima dell’accesso al luogo di lavoro ŝů ůĂǀŽƌĂƚŽƌĞ ƉŽƚƌă ĞƐƐĞƌĞ ƐŽƚƚŽƉŽƐƚŽ Ăů ĐŽŶƚƌŽůůŽ ĚĞůůĂ ƚĞŵƉĞƌĂƚƵƌĂ ĐŽƌƉŽƌĞĂͿ͖ ϯ͘ ŝŶĚŝǀŝĚƵĂnjŝŽŶĞ Ěŝ ƉƌŽĐĞĚƵƌĞ Ěŝ ŝŶŐƌĞƐƐŽ͕ ƚƌĂŶƐŝƚŽ Ğ ƵƐĐŝƚĂ ĚĞŝ ĨŽƌŶŝƚŽƌŝ ĞƐƚĞƌŶŝ ŵĞĚŝĂŶƚĞ ŵŽĚĂůŝƚă͕ ƉĞƌĐŽƌƐŝ Ğ ƚĞŵƉŝƐƚŝĐŚĞ ƉƌĞĚĞĨŝŶŝƚĞ͕ Ăů ĨŝŶĞ Ěŝ ƌŝĚƵƌƌĞ ůĞ ŽĐĐĂƐŝŽŶŝ Ěŝ ĐŽŶƚĂƚƚŽ ĐŽŶ ŝů ƉĞƌƐŽŶĂůĞ ŝŶ ĨŽƌnjĂ ŶĞŝ ƌĞƉĂƌƚŝͬƵĨĨŝĐŝ ĐŽŝŶǀŽůƚŝ͖ ϰ͘ ŐĂƌĂŶnjŝĂ Ěŝ ƉƵůŝnjŝĂ ŐŝŽƌŶĂůŝĞƌĂ Ğ ƐĂŶŝĨŝĐĂnjŝŽŶĞ ƉĞƌŝŽĚŝĐĂ ĚĞŝ ůŽĐĂůŝ͕ ĚĞŐůŝ ĂŵďŝĞŶƚŝ͕ ĚĞůůĞ ƉŽƐƚĂnjŝŽŶŝ Ěŝ ůĂǀŽƌŽ Ğ ĚĞůůĞ ĂƌĞĞ ĐŽŵƵŶŝ Ğ Ěŝ ƐǀĂŐŽ͖ ϱ͘ ŵĞƐƐĂ Ă ĚŝƐƉŽƐŝnjŝŽŶĞ Ěŝ ŝĚŽŶĞŝ ŵĞnjnjŝ ĚĞƚĞƌŐĞŶƚŝ ƉĞƌ ůĞ ŵĂŶŝ Ğ ƉƌĞĐĂƵnjŝŽŶŝ ŝŐŝĞŶŝĐŚĞ ƉĞƌƐŽŶĂůŝ͖ ϲ͘ ĚŽƚĂnjŝŽŶĞ Ěŝ ĚŝƐƉŽƐŝƚŝǀŝ Ěŝ ƉƌŽƚĞnjŝŽŶĞ ŝŶĚŝǀŝĚƵĂůĞ ;ĞƐ͘ ŐƵĂŶƚŝ͕ ŵĂƐĐŚĞƌŝŶĞ͕ ĞĐĐ͘Ϳ ƉĞƌ ŝů ƉĞƌƐŽŶĂůĞ͖ ϳ͘ ĂĐĐĞƐƐŽ ĐŽŶƚŝŶŐĞŶƚĂƚŽ ĂŐůŝ ƐƉĂnjŝ ĐŽŵƵŶŝ ;ŵĞŶƐĂ͕ ƐƉŽŐůŝĂƚŽŝ͕ ĂƌĞĞ ĨƵŵĂƚŽƌŝ͕ ĚŝƐƚƌŝďƵƚŽƌŝ Ěŝ ďĞǀĂŶĚĞ ĞͬŽ ƐŶĂĐŬͿ͖ ϴ͘ ĚĞĨŝŶŝnjŝŽŶĞ Ěŝ ƵŶĂ ĚŝǀĞƌƐĂ ŽƌŐĂŶŝnjnjĂnjŝŽŶĞ ĂnjŝĞŶĚĂůĞ ;ƚƵƌŶĂnjŝŽŶĞ͕ ƚƌĂƐĨĞƌƚĞ Ğ ƐŵĂƌƚ ǁŽƌŬ͕ ƌŝŵŽĚƵůĂnjŝŽŶĞ ĚĞŝ ůŝǀĞůůŝ ƉƌŽĚƵƚƚŝǀŝͿ͖ ϵ͘ ŝŶĚŝǀŝĚƵĂnjŝŽŶĞ Ěŝ ŽƌĂƌŝ Ğ ŵŽĚĂůŝƚă Ěŝ ĞŶƚƌĂƚĂ Ğ ƵƐĐŝƚĂ ĚĞŝ ĚŝƉĞŶĚĞŶƚŝ͖ ϭϬ͘ ůŝŵŝƚĂnjŝŽŶĞ ĚĞŐůŝ ƐƉŽƐƚĂŵĞŶƚŝ ŝŶƚĞƌŶŝ͕ ƌŝƵŶŝŽŶŝ͕ ĞǀĞŶƚŝ ŝŶƚĞƌŶŝ Ğ ĨŽƌŵĂnjŝŽŶĞ͖ ϭϭ͘ ŐĞƐƚŝŽŶĞ ĚĞŝ ĐĂƐŝ Ěŝ ƉƌĞƐĞŶnjĂ Ěŝ ƵŶĂ ƉĞƌƐŽŶĂ ƐŝŶƚŽŵĂƚŝĐĂ ŝŶ ĂnjŝĞŶĚĂ͖ ϭϮ͘ ƉƌŽƐĞĐƵnjŝŽŶĞ ŶĞůůĂ ƐŽƌǀĞŐůŝĂŶnjĂ ƐĂŶŝƚĂƌŝĂ ;ĂƚƚƌĂǀĞƌƐŽ ǀŝƐŝƚĞ ƉƌĞǀĞŶƚŝǀĞ͕ ǀŝƐŝƚĞ Ă ƌŝĐŚŝĞƐƚĂ͕ ǀŝƐŝƚĞ ĚĂ ƌŝĞŶƚƌŽ ĚĂ ŵĂůĂƚƚŝĂͿ ŝŶ ĐŽůůĂďŽƌĂnjŝŽŶĞ ĐŽŶ ŝů Z>^͖ ϭϯ͘ ĐŽƐƚŝƚƵnjŝŽŶĞ Ěŝ un Comitato per l’applicazione e la verifica delle regole del ƉƌŽƚŽĐŽůůŽ Ěŝ ƌĞŐŽůĂŵĞŶƚĂnjŝŽŶĞ ĐŽŶ ůĂ ƉĂƌƚĞĐŝƉĂnjŝŽŶĞ ĚĞůůĞ ƌĂƉƉƌĞƐĞŶƚĂŶnjĞ ƐŝŶĚĂĐĂůŝ ĂnjŝĞŶĚĂůŝ Ğ ĚĞů Z>^͘

424

EĞůůĞ ŝŵƉƌĞƐĞ ĐŚĞ ŚĂŶŶŽ ĂĚŽƚƚĂƚŽ ƵŶ ŵŽĚĞůůŽ Ěŝ ŽƌŐĂŶŝnjnjĂnjŝŽŶĞ͕ ŐĞƐƚŝŽŶĞ Ğ ĐŽŶƚƌŽůůŽ Ăŝ ƐĞŶƐŝ ĚĞů ͘>ŐƐ͘ ϮϯϭͬϮϬϬϭ͕ Ăů ĨŝŶĞ Ěŝ ƉƌĞǀĞŶŝƌĞ ŝů ƌŝƐĐŚŝŽ Ěŝ ĐŽŶƚĂŐŝŽ ƉĞƌ ŝ ƉƌŽƉƌŝ ĚŝƉĞŶĚĞŶƚŝ ;Ğ ŶŽŶ ƐŽůŽͿ Ğ ŝů ĚŝĨĨŽŶĚĞƌƐŝ ĚĞů ǀŝƌƵƐ Ks/ Ͳϭϵ ğ ŶĞĐĞƐƐĂƌŝĂ l’adozione di ŵŝƐƵƌĞ ƐƉĞĐŝĨŝĐŚĞ Ğ l’efficace ĂƚƚƵĂnjŝŽŶĞ Ěŝ adeguati protocolli di prevenzione dei reati contemplati dall’art. 25ͲƐĞƉƚŝĞƐ ĚĞů ĞĐƌĞƚŽ͕ ǀĂůĞ Ă ĚŝƌĞ Ěegli illeciti penali commessi in violazione della normativa a tutela dell’igiene e della sicurezza sul ůĂǀŽƌŽ Ěŝ ĐƵŝ ĂŐůŝ Ăƌƚƚ͘ ϱϴϵ ;ŽŵŝĐŝĚŝŽ ĐŽůƉŽƐŽͿ Ğ ϱϵϬ ;ůĞƐŝŽŶŝ ƉĞƌƐŽŶĂůŝ ĐŽůƉŽƐĞͿ ĚĞů ĐŽĚŝĐĞ ƉĞŶĂůĞ͘ /Ŷ ĐĂƐŽ Ěŝ ŝŶĂĚĞŵƉŝŵĞŶƚŽ͕ ůĂ ƌĞƐƉŽŶƐĂďŝůŝƚă ĂŵŵŝŶŝƐƚƌĂƚŝǀĂ dell’ente Ğdž ͘>ŐƐ͘ ϮϯϭͬϮϬϬϭ ƉŽƚƌĞďďĞ ĐŽŶĨŝŐƵƌĂƌƐŝ ĂůůŽƌƋƵĂŶĚŽ ŝů ĐŽŵƉŽƌƚĂŵĞŶƚŽ ĚĞŝ ƐŽŐŐĞƚƚŝ ĐŚĞ ĐŽŵŵĞƚƚŽŶŽ ŵĂƚĞƌŝĂůŵĞŶƚĞ l’illecito abbia procurato all’ente ƵŶ ǀĂŶƚĂŐŐŝŽ Ž ĐŽŵƉŽƌƚĂƚŽ ĐŽŵƵŶƋƵĞ ŵŝŶŽƌŝ ŽŶĞƌŝ͘ EĞů ĐŽŶƚĞƐƚŽ ůĞŐĂƚŽ all’emergenza COVIDͲϭϵ͕ ŝů ǀĂŶƚĂŐŐŝŽ ƉŽƚƌĞďďĞ ĚĞƌŝǀĂƌĞ ĚĂ ƵŶ ƌŝƐƉĂƌŵŝŽ ƐƵŝ ĐŽƐƚŝ ĐŽŶŶĞƐƐŝ Ăŝ ĚŝƐƉŽƐŝƚŝǀŝ Ěŝ ƉƌŽƚĞnjŝŽŶĞ ĞͬŽ ĚĂůůĂ ĚĞĐŝƐŝŽŶĞ Ěŝ ƉƌŽƐĞŐƵŝƌĞ ůŽ ƐǀŽůŐŝŵĞŶƚŽ ĚĞůůĂ ƉƌŽƉƌŝĂ Ăƚƚŝǀŝƚă ƐĞŶnjĂ ĂĚŽƚƚĂƌĞ ůĞ ŵŝƐƵƌĞ Ěŝ ƉƌŽƚĞnjŝŽŶĞ ĂĚĞŐƵĂƚĞ ƉĞƌ ŝ ƉƌŽƉƌŝ ĚŝƉĞŶĚĞŶƚŝ͘ ϭ͘Ϯ͘ /ů ƌŝƐĐŚŝŽ Ěŝ ŝŶĨŝůƚƌĂnjŝŽŶŝ ĐƌŝŵŝŶŽƐĞ L’emergenza CovidͲϭϵ ĞƐƉŽŶĞ ĞǀŝĚĞŶƚĞŵĞŶƚĞ ůĞ ŝŵƉƌĞƐĞ ĂŶĐŚĞ Ă ĨĞŶŽŵĞŶŝ Ěŝ ĐƌŝŵŝŶĂůŝƚă ĨŝŶĂŶnjŝĂƌŝĂ͘ /ů ďůŽĐĐŽ Ěŝ ŵŽůƚĞ Ăƚƚŝǀŝƚă ŝŶĚƵƐƚƌŝĂůŝ Ğ ĐŽŵŵĞƌĐŝĂůŝ ƐƚĂ ŝŶĚĞďŽůĞŶĚŽ ůĞ ŝŵƉƌĞƐĞ ĚĂů ƉƵŶƚŽ Ěŝ ǀŝƐƚĂ ĞĐŽŶŽŵŝĐŽ Ğ ĨŝŶĂŶnjŝĂƌŝŽ͕ ĐŽƐƚƌŝŶŐĞŶĚŽ ƐŽƉƌĂƚƚƵƚƚŽ ƋƵĞůůĞ ŵĞŶŽ ƐŽůŝĚĞ ƐŽƚƚŽ ŝů ƉƌŽĨŝůŽ ƉĂƚƌŝŵŽŶŝĂůĞ Ă ricorrere all’indebitamento per fronteggiare le crescenti difficoltà. In tale situazione cresce il rischio ůĞŐĂƚŽ Ăů ĐŽŵƉŝŵĞŶƚŽ Ěŝ ƌĞĂƚŝ Ěŝ ƵƐƵƌĂ͕ ƉŝƵƚƚŽƐƚŽ ĐŚĞ Ěŝ ĂĐƋƵŝƐŝnjŝŽŶĞ ĚŝƌĞƚƚĂ Ž ŝŶĚŝƌĞƚƚĂ Ěŝ ŝŵƉƌĞƐĞ ĚĂ

ϱ


Vigilanza e modello di organizzazione, gestione e controllo ex D.Lgs 231/2001 nell’emergenza sanitaria

documentazione

CNDCEC - CNDCEC Prot. 4969 del 27/04/2020 - Uscita Impronta informatica: 480752228749494abbef92373328d21e32fa87fcf137f5b2ea50dfdba6ba0763 Sistema Protocollo - Riproduzione cartacea di documento digitale

ƉĂƌƚĞ Ěŝ ŽƌŐĂŶŝnjnjĂnjŝŽŶŝ ĐƌŝŵŝŶĂůŝ͘ / ƉĞƌŝĐŽli latenti connessi all’emergenza sono stati più volte ƐŽƚƚŽůŝŶĞĂƚŝ da Banca d’/ƚĂůŝĂ ĐŚĞ͕ ŝŶ ƵŶĂ ƉƌŝŵĂ ZĂĐĐŽŵĂŶĚĂnjŝŽŶĞ ƌŝǀŽůƚĂ ĂŐůŝ ŝŶƚĞƌŵĞĚŝĂƌŝ ǀŝŐŝůĂƚŝ ϯ͕ ŚĂ posto l’attenzione ƐƵůůĞ ŵŝƐƵƌĞ ƉƌĞĚŝƐƉŽƐƚĞ ĚĂů 'ŽǀĞƌŶŽ ƉĞƌ ĐŽŶƐĞŶƚŝƌĞ ĂůůĞ ŝŵƉƌĞƐĞ Ěŝ ĨƌŽŶƚĞŐŐŝĂƌĞ l’emergenzaϰ Ğ͕ ŝŶ ƉĂƌƚŝĐŽůĂƌĞ͕ ƐƵŝ ĨŝŶĂŶnjŝĂŵĞŶƚŝ ĂůůĞ ŝŵƉƌĞƐĞ ŐĂƌĂŶƚŝƚŝ ĚĂůůŽ ^ƚĂƚŽ͕ ŝů ĐƵŝ ĨŝŶĞ ğ ƋƵĞůůŽ Ěŝ ĨŽƌŶŝƌĞ ĂůůĞ ŝŵƉƌĞƐĞ ůĂ ƉƌŽǀǀŝƐƚĂ ŶĞĐĞƐƐĂƌŝĂ ƉĞƌ ĨĂƌ ĨƌŽŶƚĞ Ăŝ ĐŽƐƚŝ Ěŝ ĨƵŶnjŝŽŶĂŵĞŶƚŽ Ž ƉĞƌ ƌĞĂůŝnjnjĂƌĞ ƉŝĂŶŝ Ěŝ ƌŝƐƚƌƵƚƚƵƌĂnjŝŽŶĞ ŝŶĚƵƐƚƌŝĂůĞ Ğ ƉƌŽĚƵƚƚŝǀĂ͘ dĂůŝ ĞůĞŵĞŶƚŝ, ribadisce Banca d’Italia, ĚĞǀŽŶŽ essere considerati ai fini dell’adeguata verifica della clientela ĐŚĞ ůĞ ďĂŶĐŚĞ ƐŽŶŽ ƚĞŶƵƚĞ ĂĚ ĞĨĨĞƚƚƵĂƌĞ Ăŝ ƐĞŶƐŝ ĚĞůůĂ ǀŝŐĞŶƚĞ ŶŽƌŵĂƚŝǀĂ ĂŶƚŝƌŝĐŝĐůĂŐŐŝŽ, nell’ambito della quale ĂƐƐƵŵŽŶŽ ƉĂƌƚŝĐŽůĂƌĞ ƌŝůŝĞǀŽ Őůŝ ĞůĞŵĞŶƚŝ ŝŶĨŽƌŵĂƚŝǀŝ ĚŝƐƉŽŶŝďŝůŝ ƐƵů ƉƌŽĨŝůŽ Ěŝ ƌŝƐĐŚŝŽ ĚĞŝ ƌŝĐŚŝĞĚĞŶƚŝ ŝ ĨŝŶĂŶnjŝĂŵĞŶƚŝ͕ ƐŝĂ ŝŶ ƐĞĚĞ Ěŝ ĐŽŶĐĞƐƐŝŽŶĞ ĚĞů ĨŝŶĂŶnjŝĂŵĞŶƚŽ͕ ƐŝĂ ŶĞůůĂ ĨĂƐĞ Ěŝ ŵŽŶŝƚŽƌĂŐŐŝŽ ĚĞůůŽ ƐƚĞƐƐŽ͘ >Ğ ƉƌĞĚĞƚƚĞ ZĂĐĐŽŵĂŶĚĂnjŝŽŶŝ ƐŽŶŽ ƌŝƉƌĞƐĞ Ğ ĂƉƉƌŽĨŽŶĚŝƚĞ ŝŶ ƵŶĂ ƐƵĐĐĞƐƐŝǀĂ ŽŵƵŶŝĐĂnjŝŽŶĞ ŝŶ ĐƵŝ ğ l’Unità di Informazione &ŝŶĂŶnjŝĂƌŝĂ per l’Italia a chiedere espressamente a tutti i ĚĞƐƚŝŶĂƚĂƌŝ ĚĞůůĂ ŶŽƌŵĂƚŝǀĂ ĂŶƚŝƌŝĐŝĐůĂŐŐŝŽ Ěŝ ĐƵŝ Ăů ͘>ŐƐ͘ ϮϯϭͬϮϬϬϳ un impegno particolare nell’intercettare e ƐĞŐŶĂůĂƌĞ ƚĞŵƉĞƐƚŝvamente alla UIF tutte le situazioni sospette in modo da consentire a quest’ultima Ěŝ ĂƚƚŝǀĂƌĞ ŝŵŵĞĚŝĂƚĂŵĞŶƚĞ Őůŝ ŽƉƉŽƌƚƵŶŝ ŵĞĐĐĂŶŝƐŵŝ Ěŝ ĂƉƉƌŽĨŽŶĚŝŵĞŶƚŽ ϱ͘ WĞƌ ĂŐĞǀŽůĂƌĞ l’intercettazione di tali situazioni sospette, l’UIF individua alcuni ĐŽŵƉŽƌƚĂŵĞŶƚŝ ĐŚĞ ƉŽƚƌĞďďĞƌŽ denotare l’esistenza di un rischio di infiltrazione criminale connesso all’ĂƚƚƵĂůĞ ĞŵĞƌŐĞŶnjĂ epidemiologica e che, di conseguenza, costituiscono veri e propri “indicatori di anomalia”. dƌĂƚƚĂƐŝ Ěŝ ĐŽŵƉŽƌƚĂŵĞŶƚŝ ůĞŐĂƚŝ ĂůůĂ ŐĞƐƚione dell’emergenza sanitaria, ĂůůĞ ƐŝƚƵĂnjŝŽŶŝ Ěŝ ĚŝĨĨŝĐŽůƚă ĨŝŶĂŶnjŝĂƌŝĂ Ğ ĂůůĞ Ăƚƚŝǀŝƚă Ă ĚŝƐƚĂŶnjĂ ;ŽŶ ůŝŶĞͿ͘ Nel delineare tali indicatori di anomalia, l’UIF ŝŶĚŝǀŝĚƵĂ Őůŝ ŝůůĞĐŝƚŝ ĐŚĞ ϲ ƉŽƚƌĞďďĞƌŽ ǀĞƌŝĨŝĐĂƌƐŝ ;ƌŝĐŝĐůĂŐŐŝŽ͕ ĐŽƌƌƵnjŝŽŶĞ͕ ŝŶĚĞďŝƚĂ ƉĞƌĐĞnjŝŽŶĞ Ěŝ ĞƌŽŐĂnjŝŽŶŝ ƉƵďďůŝĐŚĞ͕ ŵĂůǀĞƌƐĂnjŝŽŶĞ͕ ƌĞĂƚŝ ŝŶĨŽƌŵĂƚŝĐŝ͕ ĞĐĐ͘Ϳ ĞĚ ĞƐĞŵƉůŝĨŝĐĂ ůĞ ƐŝƚƵĂnjŝŽŶŝ ŶĞůůĞ ƋƵĂůŝ Őůŝ ƐƚĞƐƐŝ ƉŽƚƌĞďďĞƌŽ ĞƐƐĞƌĞ ĐŽŵŵĞƐƐŝ͘ YƵŝŶĚŝ͕ ǀŝĞŶĞ ƌĂĐĐŽŵĂŶĚĂƚŽ ĂŐůŝ ŝŶƚĞƌŵĞĚŝĂƌŝ Ğ Ăŝ ƉƌŽĨĞƐƐŝŽŶŝƐƚŝ Ěŝ ǀĂůƵƚĂƌĞ ĐŽŶ ůĂ ĚŽǀƵƚĂ ĂƚƚĞŶnjŝŽŶĞ ůĞ ŝŶĨŽƌŵĂnjŝŽŶŝ ĨŽƌŶŝƚĞ ĚĂůůĂ ĐůŝĞŶƚĞůĂ͕ ŝŶ ƉĂƌƚŝĐŽůĂƌĞ ƋƵĞůůĞ ƌĞůĂƚŝǀĞ ĂůůĂ provenienza dei fondi e alla destinazione delle risorse, e di calibrare l’adeguata verifica in relazione al ƌŝƐĐŚŝŽ ƌŝƐĐŽŶƚƌĂƚŽ͕ ƌĂĨĨŽƌnjĂŶĚŽůĂ ůĂĚĚŽǀĞ ŶĞĐĞƐƐĂƌŝŽ͘ DŽůƚŝ ĚĞŐůŝ ŝůůĞĐŝƚŝ richiamati dall’UIF costituiscono reati presupposto anche ai fini della responsabilità ĂŵŵŝŶŝƐƚƌĂƚŝǀĂ ĚĞŐůŝ ĞŶƚŝ͘ on riferimento alla gestione dell’emergenza sanitaria͕ ĂĚ ĞƐĞŵƉŝŽ͕ ŽůƚƌĞ Ăů ƌŝƐĐŚŝŽ ƌŝĐŝĐůĂŐŐŝŽ Ɛŝ ƌŝƚŝĞŶĞ ƐƵƐƐŝƐƚĞŶƚĞ ĂŶĐŚĞ ƋƵĞůůŽ ĐŽƌƌƵƚƚŝǀŽ͕ ƐƉĞĐŝĞ ĐŽŶ ƌŝĨĞƌŝŵĞŶƚŽ ĂŐůŝ affidamenti per l’approvvigionamento delle forniture e dei servizi necessari per l’attività di assistenza Ğ ƌŝĐĞƌĐĂ͘ hŶ ĂůƚƌŽ ƉƌŽĨŝůŽ ƌŝŐƵĂƌĚĂ ŝů ƌŝƐĐŚŝŽ ĐŽŶŶĞƐƐŽ ĂůůĂ ĐŝƌĐŽƐƚĂŶnjĂ ĐŚĞ ŽƌŐĂŶŝnjnjĂnjŝŽŶŝ ĐƌŝŵŝŶĂůŝ ďĞŶ ƌĂĚŝĐĂƚĞ ƐƵů ƚĞƌƌŝƚŽƌŝŽ ƉŽƐƐĂŶŽ ŝŶĐƌĞŵĞŶƚĂƌĞ Ăƚƚŝǀŝƚă ƵƐƵƌĂƌŝĞ Ğ ƌŝůĞǀĂƌĞͬŝŶĨŝůƚƌĂƌĞ ŝŵƉƌĞƐĞ ŝŶ ĐƌŝƐŝ Ă ĨŝŶŝ Ěŝ ƌŝĐŝĐůĂŐŐŝŽ͖ ŝŶ ƚĂů ƐĞŶƐŽ ǀĞŶŐŽŶŽ ŝŶ ƌŝůŝĞǀŽ ƚƵƚƚĞ ůĞ ŽƉĞƌĂnjŝŽŶŝ ƌĞůĂƚŝǀĞ ĂŐůŝ ĂƐƐĞƚƚŝ ƐŽĐŝĞƚĂƌŝ͕ ŵĂ ĂŶĐŚĞ ŝ ƚƌĂƐĨĞƌŝŵĞŶƚŝ ĂŶŽŵĂůŝ Ěŝ ƉĂƌƚĞĐŝƉĂnjŝŽŶŝ͕ ůŽ ƐŵŽďŝůŝnjnjŽ Ěŝ ďĞŶŝ ĂnjŝĞŶĚĂůŝ Ă ĐŽŶĚŝnjŝŽŶŝ ƉĂůĞƐĞŵĞŶƚĞ ĚŝĨĨŽƌŵŝ ĚĂ ƋƵĞůůĞ Ěŝ ŵĞƌĐĂƚŽ͕ ŝů ƌŝůĂƐĐŝŽ Ěŝ ŐĂƌĂŶnjŝĞ Ğ ĐŽƐŞ ǀŝĂ͘ >Ž ƐƚĂƚŽ Ěŝ ĚŝĨĨŝĐŽůƚă ĨŝŶĂŶnjŝĂƌŝĂ ƉƌĞƐƚĂ ŝů ĨŝĂŶĐŽ ĂůƚƌĞƐŞ Ăů ƌŝƐĐŚŝŽ Ěŝ ĂďƵƐŝ ƌĞůĂƚŝǀŝ all’intervento pubblico finalizzato ad ϯ Raccomandazione

della Banca d’Italia su tematiche afferenti alle misure di sostegno economico predisposte dal Governo per l’emergenza CovidͲϭϵ͕ ϭϬ ĂƉƌŝůĞ ϮϬϮϬ͘ ϰ Si fa riferimento ai decreti legge 17 marzo 2020, n. 18 (cd. “Cura Italia”) e 8 aprile 2020, n. 23 (cd. “Liquidità”). ^Ƶů ƉƵŶƚŽ͕ Ɛŝ ǀĞĚĂ E ͲFNC, “Le novità dei decreti sull’emergenza da COVIDͲ19 (D.L. “Cura Italia” n. 18/2020 e D.L. “Liquidità” n. Ϯ3/2020)”, marzo 2019. ϱ ŝ Ɛŝ ƌŝĨĞƌŝƐĐĞ ĂůůĂ ĐŝƚĂƚĂ ŽŵƵŶŝĐĂnjŝŽŶĞ h/& ĚĞů ϭϲ ĂƉƌŝůĞ ϮϬϮϬ͘

425


documentazione CNDCEC - CNDCEC Prot. 4969 del 27/04/2020 - Uscita Impronta informatica: 480752228749494abbef92373328d21e32fa87fcf137f5b2ea50dfdba6ba0763 Sistema Protocollo - Riproduzione cartacea di documento digitale

ĂŐĞǀŽůĂƌĞ ůĂ ĐŽŶƚŝŶƵŝƚă ŽƉĞƌĂƚŝǀĂ ĚĞůůĞ ŝŵƉƌĞƐĞ͕ ƉĞƌƉĞƚƌĂďŝůŝ ƐŝĂ ŶĞůůĂ ĨĂƐĞ Ěŝ ĂĐĐĞƐƐŽ Ăů ĐƌĞĚŝƚŽ ŐĂƌĂŶƚŝƚŽ ƐŝĂ ŝŶ ƋƵĞůůĂ Ěŝ ƵƚŝůŝnjnjŽ ĚĞůůĞ ƌŝƐŽƌƐĞ ĚŝƐƉŽŶŝďŝůŝ͗ ƌŝƐƉĞƚƚŽ Ă ƚĂůŝ ŝƉŽƚĞƐŝ ƉŽƚƌĞďďĞ ĐŽŶĨŝŐƵƌĂƌƐŝ͕ ƚƌĂ Őůŝ Ăůƚƌŝ͕ ŝů ƌĞĂƚŽ Ěŝ ƚƌƵĨĨĂ ĂŐŐƌĂǀĂƚĂ ƉĞƌ ŝů ĐŽŶƐĞŐƵŝŵĞŶƚŽ Ěŝ ĞƌŽŐĂnjŝŽŶŝ ƉƵďďůŝĐŚĞ Ğ Ěŝ ŝŶĚĞďŝƚĞ ƉĞƌĐĞnjŝŽŶŝ Ă ĚĂŶŶŽ ĚĞůůŽ ^ƚĂƚŽ͘ Infine, sotto la lente d’ingrandimento dell’UIF ci sono anche gli ƐƚƌƵŵĞŶƚŝ Ěŝ ƉĂŐĂŵĞŶƚŽ ĞůĞƚƚƌŽŶŝĐŝ͕ Őŝă Ă ƌŝƐĐŚŝŽ ƉĞƌ ĚĞĨŝŶŝnjŝŽŶĞ͕ ŝů ĐƵŝ ƵƚŝůŝnjnjŽ ğ ĚĞƐƚŝŶĂƚŽ ĂĚ ĂƵŵĞŶƚĂƌĞ ĂŶĐŚe una volta superato il momento dell’emergenza, a causa delle misure di ĚŝƐƚĂŶnjŝĂŵĞŶƚŽ ƐŽĐŝĂůĞ͘ ĞǀŝĚĞŶƚĞ ĐŚĞ ƚĂůŝ ƐƚƌƵŵĞŶƚŝ Ɛŝ ƉƌĞƐƚĂŶŽ Ă ĨŝŶĂůŝƚă ƚƌƵĨĨĂůĚŝŶĞ ŵĞĚŝĂŶƚĞ ŝů ƐŝƐƚĞŵĂ ĚĞůůĂ ĐŽŵƉƌĂǀĞŶĚŝƚĂ Ěŝ ďĞŶŝ ŝŶĞƐŝƐƚĞŶƚŝ Ž ĐŽŶƚƌĂĨĨĂƚƚŝ͕ Ž ĐŽŵƵŶƋƵĞ Ă ƉƌĞnjnjŝ ŶŽŶ Ěŝ ŵĞƌĐĂƚŽ͘ /ŶŽůƚƌĞ͕ ŝů ƌŝĐŽƌƐŽ Ɖŝƶ ĨƌĞƋƵĞŶƚĞ ĂůůĞ ƚƌĂŶƐĂnjŝŽŶŝ ŽŶ ůŝŶĞ ĚĞƚĞƌŵŝŶĂ ŝŶŽůƚƌĞ ƵŶ ŝŶĐƌĞŵĞŶƚŽ ĚĞů ƌŝƐĐŚŝŽ Ěŝ ƌĞĂƚŝ ŝŶĨŽƌŵĂƚŝĐŝ Ă ĚĂŶŶŽ Ěŝ ƐŝŶŐŽůŝ ƵƚĞŶƚŝ͕ ŵĂ ĂŶĐŚĞ Ěŝ ŝŵƉƌĞƐĞ Ž ĞŶƚŝ͘ ůƚƌŝ ƌĞĂƚŝ ĐŽŶĨŝŐƵƌĂďŝůŝ ƉŽƚƌĞďďĞƌŽ ĞƐƐĞƌĞ i delitti contro l’industria e il commercio͕ ƐŽƉƌĂƚƚƵƚƚŽ ƉĞƌ ŝ ďĞŶŝ ĐĂƌĂƚƚĞƌŝnjnjĂƚŝ ĚĂ ĞůĞǀĂƚĂ ĚŽŵĂŶĚĂ ŶĞůůĂ ĂƚƚƵĂůĞ ĨĂƐĞ ƐƚŽƌŝĐĂ ;ĞƐ͘ W/Ϳ͕ ĐŚĞ ƉŽƚƌĞďďĞƌŽ ĞƐƐĞƌĞ ĐŽŶƚƌĂĨĨĂƚƚŝ͕ ŽƉƉƵƌĞ ĂǀĞƌĞ ŽƌŝŐŝŶĞ͕ ƉƌŽǀĞŶŝĞŶnjĂ͕ ƋƵĂůŝƚă͕ ŵĂƌĐŚŝŽ Ž ƐĞŐŶŝ ĚŝƐƚŝŶƚŝǀŝ ĚŝǀĞƌƐŝ ĚĂ ƋƵĞůůŝ ƉĂƚƚƵŝƚŝ͘ L’esigenza di liquidità che ĂƚƚĂŶĂŐůŝĂ ůĞ ŝŵƉƌĞƐĞ͕ ƉŽŝ͕ ƉŽƚƌĞďďĞ ĨĂǀŽƌŝƌĞ ůĂ ĚŝĨĨƵƐŝŽŶĞ Ěŝ ƌĞŶĚŝĐŽŶƚŝ ĨŝŶĂŶnjŝĂƌŝ ŶŽŶ ǀĞƌŝƚŝĞƌŝ ĞͬŽ ƐŝƚƵĂnjŝŽŶŝ ĐŽŶƚĂďŝůŝ ŶŽŶ ĐŽƌƌŝƐƉŽŶĚĞŶƚŝ ĂůůĞ ŶŽƌŵĞ ƐƵůůĂ ĐŽŶƚĂďŝůŝƚă͕ l’ĞĨĨĞƚƚƵĂnjŝŽŶĞ Ěŝ ŽƉĞƌĂnjŝŽŶŝ ŶŽŶ ƌĞŐŝƐƚƌĂƚĞ Ž ŶŽŶ ĂĚĞŐƵĂƚĂŵĞŶƚĞ ŝĚĞŶƚŝĨŝĐĂƚĞ͕ ů’ŝƐĐƌŝnjŝŽŶĞ Ěŝ ƉĂƐƐŝǀŝƚă ŝů ĐƵŝ ŽŐŐĞƚƚŽ ƐŝĂ ŝŶĚŝĐĂƚŽ ŝŶ ŵŽĚŽ ƐĐŽƌƌĞƚƚŽ Ğ ů’ƵƐŽ Ěŝ ĚŽĐƵŵĞŶƚŝ ĨĂůƐŝ ĂůůŽ ƐĐŽƉŽ Ěŝ ŽƚƚĞŶĞƌĞ ĚĂŐůŝ ŝƐƚŝƚƵƚŝ ďĂŶĐĂƌŝ ĨŝŶĂŶnjŝĂŵĞŶƚŝ ŐĂƌĂŶƚŝƚŝ ĚĂůůĞ ŝƐƚŝƚƵnjŝŽŶŝ͘ ůůĂ ůƵĐĞ ĚĞůůĞ ĐŽŶƐŝĚĞƌĂnjŝŽŶŝ ĨŝŶŽƌĂ ƐǀŽůƚĞ͕ ŶĞůůĂ ƐĞŐƵĞŶƚĞ ƚĂďĞůůĂ ǀĞŶŐŽŶŽ ƌŝƉŽƌƚĂƚŝ ŝ ƉƌŝŶĐŝƉĂůŝ ƌĞĂƚŝ ϳ

426

ƉƌĞƐƵƉƉŽƐƚŽ di cui al D.Lgs. 231/2001 di possibile rilievo nella fase dell’emergenza epidemiologica. ZĞĂƚŝ Ěŝ ĐƵŝ Ăů ͘>ŐƐ͘

&ĂƚƚŝƐƉĞĐŝĞ

ϮϯϭͬϮϬϬϭ /ŶĚĞďŝƚĂ ƉĞƌĐĞnjŝŽŶĞ Ěŝ ĞƌŽŐĂnjŝŽŶŝ͕ ƚƌƵĨĨĂ ŝŶ ĚĂŶŶŽ ĚĞůůŽ ^ƚĂƚŽ Ž Ěŝ ƵŶ ĞŶƚĞ ƌƚ͘ Ϯϰ

ƉƵďďůŝĐŽ Ž ƉĞƌ ŝů ĐŽŶƐĞŐƵŝŵĞŶƚŽ Ěŝ ĞƌŽŐĂnjŝŽŶŝ ƉƵďďůŝĐŚĞ Ğ ĨƌŽĚĞ ŝŶĨŽƌŵĂƚŝĐĂ ŝŶ ĚĂŶŶŽ ĚĞůůŽ ^ƚĂƚŽ Ž Ěŝ ƵŶ ĞŶƚĞ ƉƵďďůŝĐŽ

ƌƚ͘ ϮϰͲďŝƐ

Ğůŝƚƚŝ ŝŶĨŽƌŵĂƚŝĐŝ Ğ ƚƌĂƚƚĂŵĞŶƚŽ ŝůůĞĐŝƚŽ Ěŝ ĚĂƚŝ

ƌƚ͘ ϮϰͲƚĞƌ

Ğůŝƚƚŝ Ěŝ ĐƌŝŵŝŶĂůŝƚă ŽƌŐĂŶŝnjnjĂƚĂ

ƌƚ͘ Ϯϱ ƌƚ͘ ϮϱͲďŝƐ ƌƚ͘ ϮϱͲďŝƐ͘ϭ ƌƚ͘ ϮϱͲƚĞƌ

ŽŶĐƵƐƐŝŽŶĞ͕ ŝŶĚƵnjŝŽŶĞ ŝŶĚĞďŝƚĂ Ă ĚĂƌĞ Ž ƉƌŽŵĞƚƚĞƌĞ Ƶƚŝůŝƚă Ğ ĐŽƌƌƵnjŝŽŶĞ &ĂůƐŝƚă ŝŶ ŵŽŶĞƚĞ͕ ŝŶ ĐĂƌƚĞ Ěŝ ƉƵďďůŝĐŽ ĐƌĞĚŝƚŽ͕ ŝŶ ǀĂůŽƌŝ Ěŝ ďŽůůŽ Ğ ŝŶ ƐƚƌƵŵĞŶƚŝ Ž ƐĞŐŶŝ Ěŝ ƌŝĐŽŶŽƐĐŝŵĞŶƚŽ Ğůŝƚƚŝ ĐŽŶƚƌŽ ůΖŝŶĚƵƐƚƌŝĂ Ğ ŝů ĐŽŵŵĞƌĐŝŽ ZĞĂƚŝ ƐŽĐŝĞƚĂƌŝ

ƌƚ͘ ϮϱͲƐĞdžŝĞƐ

ďƵƐŝ Ěŝ ŵĞƌĐĂƚŽ

ƌƚ͘ ϮϱͲƐĞƉƚŝĞƐ

KŵŝĐŝĚŝŽ ĐŽůƉŽƐŽ Ž ůĞƐŝŽŶŝ ŐƌĂǀŝ Ž ŐƌĂǀŝƐƐŝŵĞ ĐŽŵŵĞƐƐĞ ĐŽŶ ǀŝŽůĂnjŝŽŶĞ


Vigilanza e modello di organizzazione, gestione e controllo

D.Lgs 231/2001 nell’emergenza sanitaria CNDCEC -ex CNDCEC Prot. 4969 del 27/04/2020 - Uscita Impronta informatica: 480752228749494abbef92373328d21e32fa87fcf137f5b2ea50dfdba6ba0763 Sistema Protocollo - Riproduzione cartacea di documento digitale

documentazione

ZĞĂƚŝ Ěŝ ĐƵŝ Ăů ͘>ŐƐ͘

&ĂƚƚŝƐƉĞĐŝĞ

ϮϯϭͬϮϬϬϭ ĚĞůůĞ ŶŽƌŵĞ ƐƵůůĂ ƚƵƚĞůĂ ĚĞůůĂ ƐĂůƵƚĞ Ğ ƐŝĐƵƌĞnjnjĂ ƐƵů ůĂǀŽƌŽ ƌƚ͘ ϮϱͲŽĐƚŝĞƐ ƌƚ͘ ϮϱͲ ƋƵŝŶƋƵŝĞƐĚĞĐŝĞƐ

ZŝĐĞƚƚĂnjŝŽŶĞ͕ ƌŝĐŝĐůĂŐŐŝŽ Ğ ŝŵƉŝĞŐŽ Ěŝ ĚĞŶĂƌŽ͕ ďĞŶŝ Ž Ƶƚŝůŝƚă Ěŝ ƉƌŽǀĞŶŝĞŶnjĂ ŝůůĞĐŝƚĂ͕ ŶŽŶĐŚĠ ĂƵƚŽ ƌŝĐŝĐůĂŐŐŝŽ ZĞĂƚŝ ƚƌŝďƵƚĂƌŝ

Ϯ͘ >Ă ǀŝŐŝůĂŶnjĂ ƐƵů ŵŽĚĞůůŽ Ěŝ ŽƌŐĂŶŝnjnjĂnjŝŽŶĞ͕ ŐĞƐƚŝŽŶĞ Ğ ĐŽŶƚƌŽůůŽ WĞƌ ůĞ ŝŵƉƌĞƐĞ Őŝă ĚŽƚĂƚĞ Ěŝ ƵŶ ŵŽĚĞůůŽ Ěŝ ŽƌŐĂŶŝnjnjĂnjŝŽŶĞ͕ ŐĞƐƚŝŽŶĞ Ğ ĐŽŶƚƌŽůůŽ Ğdž ͘>ŐƐ͘ ϮϯϭͬϮϬϬϭ͕ l’attività di ƌŝƐŬ ĂƐƐĞƐƐŵĞŶƚ ŝŶ ƌĞůĂnjŝŽŶĞ Ăŝ ƌĞĂƚŝ ƐŽƉƌĂ ĞůĞŶĐĂƚŝ ğ ;ƌĞĐƚŝƵƐ͗ ĚŽǀƌĞďďĞ ĞƐƐĞƌĞͿ Őŝă ƐƚĂƚĂ svolta, nel qual caso l’emergenza epidemiologica ĐŽƐƚŝƚƵŝƐĐĞ ƵŶ ǀĞƌŽ Ğ ƉƌŽƉƌŝŽ “banco di prova” ƌŝƐƉĞƚƚŽ ĂůůĂ ƚĞŶƵƚĂ ĚĞů ŵŽĚĞůůŽ͘ EŽŶĚŝŵĞŶŽ͕ ůĞ ŝŶĚŝĐĂnjŝŽŶŝ ĨŽƌŶŝƚĞ ŶĞů WƌŽƚŽĐŽůůŽ ŐŽǀĞƌŶĂƚŝǀŽ ƉŽƚƌĞďďĞƌŽ ƌŝĐŚŝĞĚĞƌĞ ƵŶ ƵƉŐƌĂĚĞ ĚĞŝ ƉƌĞƐŝĚŝ Ěŝ ĐŽŶƚƌŽůůŽ ƉƌĞǀŝƐƚŝ ŶĞů ŵŽĚĞůůŽ Ϯϯϭ Őŝă ĂĚŽƚƚĂƚŽ ϲ͘ WĞƌ ƚĂůĞ ŵŽƚŝǀŽ͕ anche in questa fase, ai fini dell’accertamento dell’adeguatezza e della effettiva ĂƚƚƵĂnjŝŽŶĞ ĚĞů ŵŽĚĞůůŽ Ϯϯϭ ĚŝǀŝĞŶĞ ĨŽŶdamentale il ruolo dell’OƌŐĂŶŝƐŵŽ Ěŝ sŝŐŝůĂŶnjĂ͘ ŽŶ ƌŝĨĞƌŝŵĞŶƚŽ Ăŝ ƌĞĂƚŝ ŝŶ ŵĂƚĞƌŝĂ Ěŝ ƐŝĐƵƌĞnjnjĂ ƐƵů ůĂǀŽƌŽ͕ ĂĚ ĞƐĞŵƉŝŽ͕ l’OdV ĚĞǀĞ ŝŶƐƚĂƵƌĂƌĞ ƵŶ costante flusso informativo bidirezionale con l’organo amministrativo e con i soggetti aziendali ϴ ƉƌĞƉŽƐƚŝ Ă ĐŽŶƚĞŶĞƌĞ ůĂ ĚŝĨĨƵƐŝŽŶĞ ĚĞů Ks/ Ͳϭϵ͕ ŝŶ ƉƌŝŵŝƐ ŝů ZĞƐƉŽŶƐĂďŝůĞ ĚĞů ^ĞƌǀŝnjŝŽ Ěŝ WƌĞǀĞŶnjŝŽŶĞ Ğ WƌŽƚĞnjŝŽŶĞ ;Z^WWͿ͕ ĐŽŶ ŝů ƋƵĂle l’interazione deve essere continua per tutta la durata dell’emergenza sanitaria. Il flusso informativo deve altresì essere mantenuto con ŝů ĚĂƚŽƌĞ Ěŝ ůĂǀŽƌŽ͕ ŝů ŵĞĚŝĐŽ ĐŽŵƉĞƚĞŶƚĞ͕ ŝů ^ĞƌǀŝnjŝŽ Ěŝ WƌĞǀĞŶnjŝŽŶĞ Ğ WƌŽƚĞnjŝŽŶĞ Ğ Őůŝ ĂĚĚĞƚƚŝ Ăů ƉƌŝŵŽ ƐŽĐĐŽƌƐŽ Ğ ĂůůĂ gestione delle emergenze, insomma con i soggetti in prima linea nel contenimento dell’epidemia. /Ŷ questa specifica circostanza, l’OdV devĞ ŝŶĨĂƚƚŝ vigilare sul funzionamento e sull’osservanza del ŵŽĚĞůůŽ Ϯϯϭ Ğ ĚĞůůĞ ŵŝƐƵƌĞ Ěŝ ƉƌĞǀĞŶnjŝŽŶĞ ŝŵƉůĞŵĞŶƚĂƚĞ Ăů ĨŝŶĞ Ěŝ ƉƌĞǀĞŶŝƌĞ ŝů ƌŝƐĐŚŝŽ Ěŝ ůĞƐŝŽŶŝ Ž ŵŽƌƚĞ ĚĂ ŝŶĨĞnjŝŽŶĞ ĚĂ ŽƌŽŶĂǀŝƌƵƐ͕ ŝŶ ƋƵĂŶƚŽ ƚĂůŝ ĐŽŵƉŽƌƚĂŵĞŶƚŝ ƉŽƐƐŽŶŽ ƉŽƚĞŶnjŝĂůŵĞŶƚĞ ĐŽŶĨŝŐƵƌĂƌĞ ƵŶĂ ĚĞůůĞ ĨĂƚƚŝƐƉĞĐŝĞ Ěŝ ĐƵŝ all’Ăƌƚ͘ ϮϱͲƐĞƉƚŝĞƐ ĚĞů ĞĐƌĞƚŽ͘ ĚƵŶƋƵĞ ŽƉƉŽƌƚƵŶŽ Ğ ĐŽŶƐŝŐůŝĂďŝůĞ ĐŚĞ ů’OdV ƌŝĐŚŝĞĚĂ ŝŶĨŽƌŵĂnjŝŽŶŝ ŝŶ ŵĞƌŝƚŽ ĂůůĞ ŵŝƐƵƌĞ ĂĚŽƚƚĂƚĞ͕ ƐĂůǀŽ ǀĞƌŝĨŝĐĂƌĞ ƐĞ ůĞ stesse rispettino la “ĐŽŵƉůŝĂŶĐĞ 231”͕ ǀĞƌďĂůŝnjnjĂŶĚŽ ŝů ƚƵƚƚŽ ĂůůĂ ƉƌŝŵĂ ŽĐĐĂƐŝŽŶĞ ƵƚŝůĞ ;ĂŶĐŚĞ ŝŶ ǀŝĚĞŽ Ž ĂƵĚŝŽĐŽŶĨĞƌĞŶnjĂͿ͘ In relazione ai rischi di infiltrazione criminale, l’OdV ĚĞǀĞ ĐŽŶƚŝŶƵĂƌĞ Ă ƐǀŽůŐĞƌĞ ůĂ ƐƵĂ ĐŽŶƐƵĞƚĂ Ăƚƚŝǀŝƚă Ěŝ ŵŽŶŝƚŽƌĂŐŐŝŽ ĚĞŝ ƉƌŽƚŽĐŽůůŝ ƉƌĞǀĞŶƚŝǀŝ͕ ǀĞƌŽƐŝŵŝůŵĞŶƚĞ ĐŽŶ ƵŶ ŵĂŐŐŝŽƌĞ ůŝǀĞůůŽ Ěŝ attenzione rispetto alla casistica in precedenza descritta, comunicando all’organo amministrativo le ĞǀĞŶƚƵĂůŝ ĐƌŝƚŝĐŝƚă ƌŝƐĐŽŶƚƌĂƚĞ Ğ ƐŽůůĞĐŝƚĂŶĚŽŶĞ͕ ŽǀĞ ŶĞĐĞƐƐĂƌŝŽ͕ ŝů ƚĞŵƉĞƐƚŝǀŽ ŝŶƚĞƌǀĞŶƚŽ͘ /ů ĨůƵƐƐŽ ŝŶĨŽƌŵĂƚŝǀŽ ďŝĚŝƌĞnjŝŽŶĂůĞ ƌŝŐƵĂƌĚĞƌă͕ ŝŶ ƋƵĞƐƚŽ ĐĂƐŽ͕ ůĞ ĨƵŶnjŝŽŶŝ ĂnjŝĞŶĚĂůŝ ƉƌĞƉŽƐƚĞ ŶĞůůĞ ĂƌĞĞ Ă rischio reati finanziari e societari, come ad esempio l’amministrazione, ĐŽŶƚĂďŝůŝƚă͕ ĨŝŶĂŶnjĂ͕ l’ufficio acquisti, l’ufficio legale͘ ϲ Resta

inteso che nel caso in cui i rischi connessi ai reati di cui si discute non siano stati mappati, l’ente dovrà procedere ƚĞŵƉĞƐƚŝǀĂŵĞŶƚĞ ĂĚ ƵŶ ƵůƚĞƌŝŽƌĞ ƌŝƐŬ ĂƐƐĞƐƐŵĞŶƚ ƉĞƌ ĞĨĨĞƚƚƵĂƌĞ ůĂ ƌĞůĂƚŝǀĂ ǀĂůƵƚĂnjŝŽŶĞ͘

427


documentazione CNDCEC - CNDCEC Prot. 4969 del 27/04/2020 - Uscita Impronta informatica: 480752228749494abbef92373328d21e32fa87fcf137f5b2ea50dfdba6ba0763 Sistema Protocollo - Riproduzione cartacea di documento digitale

WĞƌ ůĂ ŐĞƐƚŝŽŶĞ Ěŝ ĞŶƚƌĂŵďŝ ŝ ƌŝƐĐŚŝ͕ ƐĂŶŝƚĂƌŝŽ Ğ ĨŝŶĂŶnjŝĂƌŝŽ͕ ůĂ ĐŽŶƚŝŶƵŝƚă Ěŝ ĂnjŝŽŶĞ ŐĞŶĞƌĂůŵĞŶƚĞ richiesta all’Organismo ĚŝǀŝĞŶĞ ĂŶĐŽƌ Ɖŝƶ ĞƐƐĞŶnjŝĂůĞ ŝŶ ƋƵĞƐƚĂ ĨĂƐĞ͕ ĂŶĐŚĞ ƉĞƌ ŐĂƌĂŶƚŝƌĞ ĐŽĞƌĞŶnjĂ ƚƌĂ ŝ protocolli adottati dall’impresa e i divĞƌƐŝ ƉƌŽǀǀĞĚŝŵĞŶƚŝ ĞŵĞƌŐĞŶnjŝĂůŝ ; W D Ğ ƉƌŽǀǀĞĚŝŵĞŶƚŝ regionali in continua emanazione), rispetto ai quali l’OdV deve chiedere informazioni alla struttura Ğ ǀĂůƵƚĂƌĞ ůĂ ƚĞŶƵƚĂ ĚĞů ŵŽĚĞůůŽ Ϯϯϭ, ovvero sollecitarne tempestivamente l’adeguamento͘ Quest’ultimo, peraltro, potrebbe non rappresentare una soluzione adeguata, quanto meno sotto il profilo della tempistica; in tal senso la gestione dell’emergenza ƉƵž ƌŝƐƵůƚĂƌĞ Ɖŝƶ ĞĨĨŝĐŝĞŶƚĞ ĂƚƚƌĂǀĞƌƐŽ ů’introduzione, tempo per tempo, di presidi di controllo “provvisori”, fermo restando il monitoraggio sull’efficace attuazione del modello. ĞǀŝĚĞŶƚĞ ĐŚĞ ƚĂůŝ ƉŽůŝĐŝĞƐ ĚĞǀŽŶŽ ĞƐƐĞƌĞ ƌŝƐƉĞƚƚĂƚĞ ĚĂ ƚƵƚƚŝ ŝ ĚĞƐƚŝŶĂƚĂƌŝ ĚĞů ŵŽĚĞůůŽ͕ ŝǀŝ ĐŽŵƉƌĞƐŝ ŝ ĐůŝĞŶƚŝ Ğ ŝ ĨŽƌŶŝƚŽƌŝ͕ ŶĞŝ ĐŽŶĨƌŽŶƚŝ ĚĞŝ ƋƵĂůŝ ğ ŽƉƉŽƌƚƵŶŽ ĐŚĞ ǀĞŶŐĂ ƌŝĐŚŝĞƐƚŽ ĞƐƉƌĞƐƐĂŵĞŶƚĞ ƵŶ ŝŵƉĞŐŶŽ ŝŶ ƚĂů ƐĞŶƐŽ͘ L’Ăƚƚŝǀŝƚă Ěŝ ŵŽŶŝƚŽƌĂŐŐŝŽ ĚĞƐĐƌŝƚƚĂ ƐĂƌă ĂŶĐŽƌĂ Ɖŝƶ ŝŶƚĞŶƐĂ Ğ ŝŶĐŝƐŝǀĂ ƋƵĂůŽƌĂ ůe funzioni dell’KĚs ƐŝĂŶŽ ƐǀŽůƚĞ ĚĂů ĐŽůůĞŐŝŽ ƐŝŶĚĂĐĂůĞ Ăŝ ƐĞŶƐŝ ĚĞůů’art. 6, co. 4ͲďŝƐ ĚĞů ĞĐƌĞƚŽ͕ ŶĞů ƋƵĂů ĐĂƐŽ ğ ĞǀŝĚĞŶƚĞ ĐŚĞ ŝů ƉĞƌŝŵĞƚƌŽ ĚĞůůĂ ǀŝŐŝůĂŶnjĂ ŶŽŶ ğ ĚĞůŝŵŝƚĂƚŽ Ăů ƐŽůŽ ŵŽĚĞůůŽ ŽƌŐĂŶŝnjnjĂƚŝǀŽ͕ ŵĂ Ɛŝ ĞƐƚĞŶĚĞ Ăů ƌŝƐƉĞƚƚŽ ĚĞůůĂ ůĞŐŐĞ ŝŶ ŐĞŶĞƌĂůĞ͘ /Ŷ ŽŐŶŝ ĐĂƐŽ͕ ŝŶ ƋƵĞƐƚĂ ĨĂƐĞ Ěŝ ĞŵĞƌŐĞŶnjĂ ĚŽǀƌă ĞƐƐĞƌĞ ŝŶƚĞŶƐŝĨŝĐĂƚŽ ůŽ ƐĐĂŵďŝŽ Ěŝ ŝŶĨŽƌŵĂnjŝŽŶŝ ƚƌĂ l’OdV e le altre funzioni di controllo (collegio sindacale e revisore legale, se nominato). Ϯ͘ϭ͘ /ŶĚŝĐĂnjŝŽŶŝ ŽƉĞƌĂƚŝǀĞ ƐƵůůŽ ƐǀŽůŐŝŵĞŶƚŽ ĚĞůůĂ ǀŝŐŝůĂŶnjĂ ^ŽƚƚŽ ŝů ƉƌŽĨŝůŽ ŽƉĞƌĂƚŝǀŽ͕ ğ ƉŽƐƐŝďŝůĞ ŝŶĚŝǀŝĚƵĂƌĞ ƵŶĂ ĐŚĞĐŬ ůŝƐƚ ĚĞůůĞ Ăƚƚŝǀŝƚă Ěŝ ǀŝŐŝůĂŶnjĂ ĐŚĞ Ɛŝ ƌĞŶĚŽŶŽ ĐŽŶƐŝŐůŝĂďŝůŝ ĂůůĂ ůƵĐĞ Ěŝ ƋƵĂŶƚŽ ŝŶŶĂŶnjŝ ĚĞƐĐƌŝƚƚŽ͘ ϭͿ /Ŷ ƉƌŝŵŽ ůƵŽŐŽ͕ ğ opportuno (laddove non sia già stato fatto) che l’OdV trasmetta all’organo

428

amministrativo e al RSPP una informativa in merito all’emergenza epidemiologica in atto, ĞǀŝĚĞŶnjŝĂŶĚŽ ŝ ƌŝƐĐŚŝ ĂĚ ĞƐƐĂ ĐŽŶŶĞƐƐŝ Ğ ůĂ ůŽƌŽ ƌŝůĞǀĂŶnjĂ ĂŶĐŚĞ Ăŝ ĨŝŶŝ ĚĞůůĂ ƉƌĞǀĞŶnjŝŽŶĞ ĚĞŝ ƌĞĂƚŝ Ěŝ ĐƵŝ Ăů ͘>ŐƐ͘ ϮϯϭͬϮϬϬϭ͕ ĐŚŝĞĚĞŶĚŽ ƋƵĂůŝ ƐŽŶŽ ůĞ ƉƌŽĐĞĚƵƌĞ ĂĚŽƚƚĂƚĞ Ğ ůĞ ŵŝƐƵƌĞ ĐŽŶĐƌĞƚĞ ƉŽƐƚĞ ŝŶ ĞƐƐĞƌĞ Ă ƚƵƚĞůĂ ĚĞůůĂ ƐĂůƵƚĞ Ğ ƐŝĐƵƌĞnjnjĂ ĚĞŝ ĚŝƉĞŶĚĞŶƚŝ ŝŶ ƋƵĞƐƚĂ ƐŝƚƵĂnjŝŽŶĞ ŽŐŐĞƚƚŝǀĂŵĞŶƚĞ ƐƚƌĂŽƌĚŝŶĂƌŝĂ͘ ϮͿ Successivamente, l’OdV dovrà esaminare lĂ ĚŽĐƵŵĞŶƚĂnjŝŽŶĞ ƌŝĐĞǀƵƚĂ Ğ ǀĞƌŝĨŝĐĂƌĞ l’adeguatezza delle misure straordinarie adottate dall’ente, nonché la conformità delle stesse al Protocollo governativo. Oggetto della verifica dovrà essere l’adeguatezza dei protocolli ƐƚƌĂŽƌĚŝŶĂƌŝ ƉƌĞĚŝƐƉŽƐƚŝ ĚĂůůĞ ĨƵŶnjŝŽŶŝ ĂnjŝĞŶĚĂůŝ Ă Đŝž ƉƌĞƉŽƐƚĞ Ğ͕ ŝŶ ƉĂƌƚŝĐŽůĂƌĞ͕ ĚĂů ĚĂƚŽƌĞ Ěŝ ůĂǀŽƌŽ͕ ĚĂů Z^WW Ğ ĚĂů ŵĞĚŝĐŽ ĂnjŝĞŶĚĂůĞ͘ ϯͿ >Ă ƌŝƵŶŝŽŶĞ ƉĞƌ ůĂ ǀĞƌďĂůŝnjnjĂnjŝŽŶĞ Ěŝ ƚĂůĞ Ăƚƚŝǀŝƚă Ěŝ ǀĞƌŝĨŝĐĂ ƉŽƚƌă ĂǀǀĞŶŝƌĞ ŝŶ ĂƵĚŝŽͲ ǀŝĚĞŽĐŽŶĨĞƌĞŶnjĂ͕ ĂƚƚĞƐĞ ůĞ ĂƚƚƵĂůŝ ůŝŵŝƚĂnjŝŽŶŝ ĂŐůŝ ƐƉŽƐƚĂŵĞŶƚŝ Ğ ŝů ǀŝŐĞŶƚĞ ĚŝǀŝĞƚŽ Ěŝ ƌŝƵŶŝŽŶŝϳ͖ nell’ipotesi di OdV plurisoggettivo͕ Ɛŝ ƌŝƚŝĞŶĞ ĐŚĞ ŝů ǀĞƌďĂůĞ ƉŽƐƐĂ ĞƐƐĞƌĞ ĨŝƌŵĂƚŽ ĂŶĐŚĞ ƐŽůŽ ĚĂů WƌĞƐŝĚĞŶƚĞϴ͘ ϳ Ai

sensi dell’art. 1, co. 1, lett. q) del provvedimento d’urgenza adottato dal Governo con il Dpcm ϴ ŵĂƌnjŽ ϮϬϮϬ ğ ƉƌĞǀŝƐƚĂ l’adozione, in tutti i casi possibili, nello svolgimento di riunioni, di modalità di collegamento da remoto. ϴ In tal senso è ipotizzabile una estensione interpretativa dell’art. 106 (Norme in materia di svolgimento delle assemblee Ěŝ società) del D.L. 17 marzo 2020, n. 18. Conformemente, nel documento “La relazione unitaria di controllo societario del collegio sindacale incaricato della revisione legale dei conti”, diffuso dal CNDCEC lo scorso mese di marzo, si legge “In ĐŽŶƐŝĚĞƌĂnjŝŽŶĞ ĚĞůůĞ ĚŝĨĨŝĐŽůƚă ŽƉĞƌĂƚŝǀĞ ůĞŐĂƚĞ ĂůůĂ ĚŝĨĨƵƐŝŽŶĞ ƉĂŶĚĞŵŝĐĂ ĚĞů ŽǀŝĚͲϭϵ Ğ ĚĞŝ ƉƌŽǀǀĞĚŝŵĞŶƚŝ ŶŽƌŵĂƚŝǀŝ ƌĞƐƚƌŝƚƚŝǀŝ ĐŚĞ ĐŽŶĚŝnjŝŽŶĂŶŽ ůĂ ůŝďĞƌĂ ĐŝƌĐŽůĂnjŝŽŶĞ ĚĞůůĞ ƉĞƌƐŽŶĞ͕ ŝŶ ǀŝĂ ĞĐĐĞnjŝŽŶĂůĞ͕ ůĂ ƌĞůĂnjŝŽŶĞ ĚĞů ĐŽůůĞŐŝŽ ƐŝŶĚĂĐĂůĞ Ăů

ϵ


Vigilanza e modello di organizzazione, gestione e controllo ex D.Lgs 231/2001 nell’emergenza sanitaria

documentazione

CNDCEC - CNDCEC Prot. 4969 del 27/04/2020 - Uscita Impronta informatica: 480752228749494abbef92373328d21e32fa87fcf137f5b2ea50dfdba6ba0763 Sistema Protocollo - Riproduzione cartacea di documento digitale

ϰͿ /Ŷ ƉƌĞƐĞŶnjĂ Ěŝ ĐƌŝƚŝĐŝƚă͕ ů’KĚs ĚŽǀƌă ĚĂƌŶĞ ƐĞŶnjĂ ŝŶĚƵŐŝŽ ŶŽƚŝnjŝĂ all’organo amministrativo, al ĨŝŶĞ Ěŝ consentire a quest’ultimo ƵŶ ŝŶƚĞƌǀĞŶƚŽ ƚĞŵƉĞƐƚŝǀŽ͘ ϱͿ >Ğ ǀĞƌŝĨŝĐŚĞ ƉĞƌŝŽĚŝĐŚĞ ƉŽƚƌĂŶŶŽ ĐŽŶƚŝŶƵĂƌĞ ŝŶ ŵŽĚĂůŝƚă ƐŵĂƌƚǁŽƌŬŝŶŐ: l’OdV ĚŽǀƌă ƌŝĐŚŝĞĚĞƌĞ ůĂ ĚŽĐƵŵĞŶƚĂnjŝŽŶĞ Ěŝ ǀŽůƚĂ ŝŶ ǀŽůƚĂ ŽĐĐŽƌƌĞŶƚĞ ƉĞƌ ůĞ Ăƚƚŝǀŝƚă Ěŝ ĂƵĚŝƚ Ăů Responsabile 231 dell’ente, ove nominato, oppure ai responsabili di funzione di volta in volta individuati. Nel perdurare dell’emergenza, la verbalizzazione delle attività di ĂƵĚŝƚ ĂǀǀĞƌƌă ƐĞĐŽŶĚŽ ůĞ ŵŽĚĂůŝƚă ĚĞƐĐƌŝƚƚĞ ŶĞů ƉƵŶƚŽ ϯͿ͘ ϲͿ ^ĞĐŽŶĚŽ ůĂ ĐĂĚĞŶnjĂ ŝŶĚŝǀŝĚƵĂƚĂ ŶĞů ŵŽĚĞůůŽ Ϯϯϭ Ğ ŶĞů ƌĞŐŽůĂŵĞŶƚŽ Ěŝ ĨƵŶnjŝŽŶĂŵĞŶƚŽ, l’OdV trasmetterà all’organo amministrativo il report periodico sulle attività svolte e sullo stato di ĂƚƚƵĂnjŝŽŶĞ ĚĞů ŵŽĚĞůůŽ͘ Ϯ͘Ϯ͘ Profili di responsabilità dell’OdV ^ŝ ğ ĚŝƐĐƵƐƐŽ ĨŝŶŽƌĂ ĚĞŝ ƉŽƚĞƌŝͲdoveri di attivazione dell’KĚs rispetto ai rischi derivanti dall’emergenza ƐĂŶŝƚĂƌŝĂ ŝŶ ĐŽƌƐŽ͘ KƌďĞŶĞ͕ ŐŝŽǀĂ ƌŝďĂĚŝƌĞ ƋƵĂŶƚŽ ƉĂĐŝĨŝĐĂŵĞŶƚĞ ĂƐƐĞƌŝƚŽ ŝŶ ĚŽƚƚƌŝŶĂ Ğ ŐŝƵƌŝƐƉƌƵĚĞŶnjĂ ŝŶ ŵĞƌŝƚŽ all’assenza di poteri gestori in capo all’OdV͕ ĐŚĞ ŶŽŶ ŚĂ ůĂ ƉŽƐƐŝďŝůŝƚă Ěŝ ŝŶƚĞƌǀĞŶŝƌĞ ĚŝƌĞƚƚĂŵĞŶƚĞ ƐƵů modello adottato dall’ente Ğ ƉĞƌƚĂŶƚŽ͕ ĂŶĐŚĞ ůĂĚĚŽǀĞ ŶĞůůĂ ŐĞƐƚŝŽŶĞ ĚĞů ƌŝƐĐŚŝŽ Ks/ Ͳϭϵ ƌĂǀǀŝƐŝ ůĂ ŶĞĐĞƐƐŝƚă Ěŝ ŵŽĚŝĨŝĐĂƌĞ ůĞ ƉŽůŝĐŝĞƐ ĞƐŝƐƚĞŶƚŝ Ž ŝŶƚƌŽĚƵƌŶĞ Ěŝ ŶƵŽǀĞ, può solo sollecitare l’organo ĂŵŵŝŶŝƐƚƌĂƚŝǀŽ ĂĚ ĂƐƐƵŵĞƌĞ ůĞ ĚĞĐŝƐŝŽŶŝ ĐŽŶƐĞŐƵĞŶƚŝ͘ /Ŷ ĂůƚƌĞ ƉĂƌŽůĞ͕ l’OdV non è tenuto a ƐŽƐƚŝƚƵŝƌƐŝ ĂůůĞ ĨƵŶnjŝŽŶŝ ĂnjŝĞŶĚĂůŝ ƉƌŝŶĐŝƉĂůŵĞŶƚĞ ĐŽŝŶǀŽůƚĞ ŶĞůůĂ gestione dell’emergenza epidemiologica, né a svolgere compiti spettanti alle funzioni di controllŽ interno, né tantomeno ad adottare scelte che evidentemente competono esclusivamente all’organo ĂŵŵŝŶŝƐƚƌĂƚŝǀŽ͘ WĞƌƚĂŶƚŽ͕ ĂŶĐŚĞ ŝŶ ƋƵĞƐƚĂ ĨĂƐĞ ĐŽƐŞ ĚĞůŝĐĂƚĂ͕ ů’OĚs ŶŽŶ ƉƵž ĐŚĞ ĐŽŶƚŝŶƵĂƌĞ Ă ƐǀŽůŐĞƌĞ ůĞ ĨƵŶnjŝŽŶŝ ĐŚĞ ůĂ ůĞŐŐĞ Őůŝ ĂƚƚƌŝďƵŝƐĐĞ͗ vigilanza sull’ĂĚĞŐƵĂƚĞnjnjĂ ĚĞů ŵŽĚĞůůŽ Ğ ŵŽŶŝƚŽƌĂŐŐŝŽ ƐƵůůĂ ĞĨĨŝĐĂĐĞ ĂƚƚƵĂnjŝŽŶĞ ĚĞůůŽ ƐƚĞƐƐŽ͘ ^ĞŶnjĂ ĂĚĚĞŶƚƌĂƌƐŝ ŶĞů ŵĞƌŝƚŽ ĚĞůůĂ ƋƵĞƐƚŝŽŶĞ͕ Đŝ Ɛŝ ůŝŵŝƚĂ Ă ƌŝĐŽƌĚĂƌĞ ŝŶ ƋƵĞƐƚĂ ƐĞĚĞ ĐŚĞ la posizione dell’OdV all’interno dell’ente ŶŽŶ ƌŝƐƵůƚĂ ĨƵŶnjŝŽŶĂůĞ ĂĚ ƵŶĂ ŐĞƐƚŝŽŶĞ ĚĞů ŵĞĚĞƐŝŵŽ͕ ŶĠ Őůŝ ĐŽŶƐĞŶƚĞ Ěŝ ŝŶƚĞƌǀĞŶŝƌĞ nelle scelte dell’imprenditore circa le modalità di conduzione dell’impresa stessa͘ ĐĐŽ ƉĞƌĐŚĠ ůĂ ĚŽƚƚƌŝŶĂ Ğ ůĂ ŐŝƵƌŝƐƉƌƵĚĞŶnjĂ ƉĞŶĂůĞ ĞƐĐůƵĚŽŶŽ pressoché unanimemente l’esistenza, in capo a tale organo, di ƵŶ ŽďďůŝŐŽ ŐŝƵƌŝĚŝĐŽ Ěŝ ŝŵƉĞĚŝƌĞ ŝů ƌĞĂƚŽ Ğ͕ Ěŝ ĐŽŶƐĞŐƵĞŶnjĂ͕ Ěŝ ƵŶĂ ĞǀĞŶƚƵĂůĞ ƌĞƐƉŽŶƐĂďŝůŝƚă ƉĞŶĂůĞ ƉĞƌ ŽŵĞƐƐŽ ĐŽŶƚƌŽůůŽ ai sensi dell’art. ϰϬ͕ ĐŽ͘ Ϯ͕ ĚĞů ĐŽĚŝĐĞ ƉĞŶĂůĞ͘

ďŝůĂŶĐŝŽ Ěŝ ĞƐĞƌĐŝnjŝŽ ϮϬϭϵ͕ ĂŶĐŚĞ ŝŶ ĐĂƐŽ Ěŝ ĂƉƉƌŽǀĂnjŝŽŶĞ ŶŽŶ ƵŶĂŶŝŵĞ͕ ƉƵž ĞƐƐĞƌĞ ƐŽƚƚŽƐĐƌŝƚƚĂ ƐŽůŽ ĚĂů ƉƌĞƐŝĚĞŶƚĞ͕ Ă ŶŽŵĞ del collegio, precisando tale circostanza”.

ϭϬ

429


documentazione

CNDCEC - CNDCEC Prot. 4969 del 27/04/2020 - Uscita Impronta informatica: 480752228749494abbef92373328d21e32fa87fcf137f5b2ea50dfdba6ba0763 Sistema Protocollo - Riproduzione cartacea di documento digitale

ŝďůŝŽŐƌĂĨŝĂ ĞƐƐĞŶnjŝĂůĞ Ͳ

AODV231, “Doveri e ambiti di attivazione dell’OdV in relazione al rŝƐĐŚŝŽ Ěŝ ĐŽŶƚĂŐŝŽ ĚĂ ŽǀŝĚͲ19 nelle aziende”, Position Paper, 27 marzo 2020

Ͳ

^^KE/D , “COVIDͲϭϵ Ğ ĐŽŵƉůŝĂŶĐĞ al d.lgs. 231/01. Prime indicazioni”, Caso n. 4/2020

Ͳ

E Ͳ /Ͳ E&Ͳ KE&/E h^dZ/ ͕ “WƌŝŶĐŝƉŝ ĐŽŶƐŽůŝĚĂƚŝ ƉĞƌ ůĂ ƌĞĚĂnjŝŽŶĞ ĚĞŝ ŵŽĚĞůůŝ organizzativi e l’attività dell’organismo di vigilanza e prospettive di revisione del d.lgs. 8 ŐŝƵŐŶŽ ϮϬϬϭ͕ Ŷ͘ Ϯϯϭ”͕ ĚŝĐĞŵďƌĞ ϮϬϭϴ

Ͳ

E ͲFNC, “WƌŝŶĐŝƉŝ Ěŝ ƌĞĚĂnjŝŽŶĞ ĚĞŝ ŵŽĚĞůůŝ Ěŝ ŽƌŐĂŶŝnjnjĂnjŝŽŶĞ͕ ŐĞƐƚŝŽŶĞ Ğ ĐŽŶƚƌŽůůŽ Ğdž ͘>ŐƐ͘ ϮϯϭͬϮϬϬϭ”, luglio 2016

Ͳ

KE&/NDUSTRIA, “>ŝŶĞĞ ŐƵŝĚĂ ƉĞƌ ůĂ ĐŽƐƚƌƵnjŝŽŶĞ ĚĞŝ ŵŽĚĞůůŝ Ěŝ ŽƌŐĂŶŝnjnjĂnjŝŽŶĞ͕ ŐĞƐƚŝŽŶĞ Ğ ĐŽŶƚƌŽůůŽ Ăŝ ƐĞŶƐŝ ĚĞů ĚĞĐƌĞƚŽ ůĞŐŝƐůĂƚŝǀŽ ϴ ŐŝƵŐŶŽ ϮϬϬϭ͕ Ŷ͘ Ϯϯϭ”, ult. agg. marzo 2014

Ͳ

FNC, “Linee guida per l’organismo di vigilanza ex d.lgs. 231/2001 e per il coordinamĞŶƚŽ ĐŽŶ ůĂ ĨƵŶnjŝŽŶĞ Ěŝ ǀŝŐŝůĂŶnjĂ ĚĞů ĐŽůůĞŐŝŽ ƐŝŶĚĂĐĂůĞ”, Documento n. 18/2013

ϭϭ

430


Proroga dei termini e altre misure temporanee per mitigare l’impatto del Covid-19

Commento Dai commercialisti italiani delle buone prassi sul coronavirus. Ovviamente non sono di natura medico scientifica, ma un utile paper, denominato “Vigilanza e modello di organizzazione, gestione e controllo ex D.Lgs. 231/2001 nell’emergenza sanitaria”, pubblicato il 26 aprile scorso sul sito del Consiglio Nazionale, e diramato a tutti i Consigli, declina il rischio da Covid-19 come “rischio d’impresa”, e ne suggerisce la mitigazione attraverso una serie di prassi operative da adottare da parte degli iscritti agli ordini, a favore dei loro clienti. Ciò altresì tenendo conto che anche il ruolo degli organi di controllo societari si è modificato, essendo questi chiamati ora più che mai a monitorare costantemente il processo di adeguamento delle imprese alle esigenze generate dalla pandemia. Di conseguenza, i protocolli di gestione dei rischi da reato previsti dal decreto 231 del 2001, in tema di responsabilità penale delle persone giuridiche, devono essere opportunamente riorientati, partendo, non paia scontato, proprio dal rischio sanitario. Qui può annidarsi l’eventualità di reati in materia di sicurezza sul lavoro (esempio classico, come conseguenze del mancato o incompleto apprestamento di misure di protezione per i dipendenti e collaboratori, al fine di contenere i costi di gestione), classicamente – ricorda il Documento – l’omi-

documentazione

cidio colposo o le lesioni (gravi o gravissime) commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Ma il lockdown ha soprattutto, e come noto, generato una crisi economico-finanziaria senza precedenti, favorendo l’infiltrazione della criminalità organizzata nel comparto imprenditoriale. Anche in questo caso, nelle imprese dotate di modello 231, deve essere verificata la tenuta delle misure di prevenzione collegate ai reati societari, informatici, tributari, nonché agli artifici finalizzati all’indebito ottenimento, nonché utilizzo (che, ricordiamo, possono essere anche scissi) di finanziamenti con garanzia pubblica o di sovvenzioni di vario genere, che magari vengano previsti ad hoc – come sta accadendo – al fine di mitigare gli effetti pandemici. L’attivazione immediata dell’Odv avverrà, intanto, attraverso la richiesta di informazioni alla direzione all’ente in merito alle iniziative intraprese. A ciò non ci si limiterà burocraticamente, ma si inaugurerà una costante interazione non solo con l’organo amministrativo, ma anche con RSPP, medico competente, addetti al primo soccorso e alla gestione delle emergenze, nonché responsabili di funzione nelle aree più esposte al rischio di infiltrazione criminale (es. ufficio gare, finanza, rapporti con la clientela e con i fornitori, ecc.). La continuità di azione dell’Odv, già prevista dalla legge in discorso, qui diviene particola-

431


documentazione

re, e deve garantire coerenza tra i protocolli adottati dall’impresa e i diversi provvedimenti emergenziali (DPCM e provvedimenti regionali in continua emanazione); nel frattempo, l’emergenza potrebbe essere gestita in modo più efficiente con presidi di controllo “provvisori”, fermo rimanendo che non bisogna esporsi a contestazioni del modello in prospettiva. Agli OdV stessi viene raccomandato di verbalizzare tutto quanto venga adottato e deliberato, mediante apposite riunioni in audio/videoconferenza.

432

Non si potrà peraltro configurare, tranquillizza il Cndec (ricordando giurisprudenza e dottrina consolidate), nessun obbligo di impedire materialmente un evento dannoso (previsto dall’art. 40 cpv del codice penale), dato che all’OdV non sono attribuiti poteri gestori, ed essendo altresì vietato il diretto intervento sul modello adottato dall’ente. Il suo compito sarà – anche in questo periodo – di pungolo e sollecito all’adozione di misure opportune nel senso del contenimento (mai termine fu più appropriato) di un rischio, in questo caso, assai più insidioso.


documentazione

COVID-19-related Money Laundering and Terrorist Financing Risks and Policy Responses May 2020


documentazione

The Financial Action Task Force (FATF) is an independent inter-governmental body that develops and promotes policies to protect the global financial system against money laundering, terrorist financing and the financing of proliferation of weapons of mass destruction. The FATF Recommendations are recognised as the global anti-money laundering (AML) and counter-terrorist financing (CFT) standard.

For more information about the FATF, please visit www.fatf-gafi.org

This document and/or any map included herein are without prejudice to the status of or sovereignty over any territory, to the delimitation of international frontiers and boundaries and to the name of any territory, city or area.

434

Citing reference:

FATF (2020), COVID-19-related Money Laundering and Terrorist Financing – Risks and Policy Responses, FATF, Paris, France, www.fatf-gafi.org/publications/methodandtrends/documents/covid-19-ML-TF.html

© 2020 FATF/OECD. All rights reserved. No reproduction or translation of this publication may be made without prior written permission. Applications for such permission, for all or part of this publication, should be made to the FATF Secretariat, 2 rue André Pascal 75775 Paris Cedex 16, France (fax: +33 1 44 30 61 37 or e-mail: contact@fatf-gafi.org) Photocredits coverphoto ©Gettyimages


COVID-19-related. Money Laundering and Terrorist Financing

documentazione

COVID-19-related Money Laundering and Terrorist Financing Risks and Policy Responses

435


documentazione

2|

Foreword The COVID-19 pandemic has led to unprecedented global challenges, human suffering and economic disruption. This paper identifies challenges, good practices and policy responses to new money laundering and terrorist financing threats and vulnerabilities arising from the COVID-19 crisis.

It is based on papers shared on 7 and 23 April with the FATF Global Network of FATF Members and FATF-Style Regional Bodies (FSRBs), together making up more than 200 jurisdictions. The authors thank the FATF members, observers, the FSRB Secretariats and their members for their contribution to the report. This report was written by Kristen Alma, Shana Krishnan, Colby Mangels and Mei-Lin Wang from the FATF Secretariat. This paper is for information and does not constitute the official view of the FATF. It does not imply or constitute any changes to the FATF Standards. The measures cited, and taken by some FATF members’ authorities, have not been reviewed or considered by the FATF membership as a whole.

436

COVID-19-RELATED ML/TF RISKS AND POTENTIAL POLICY RESPONSES | Š FATF


COVID-19-related. Money Laundering and Terrorist Financing

documentazione

|3

Table of contents

1. Introduction

5

2. Evolving ML/TF risk picture

5

2.1. Increased ML Threats 2.2. Other Contextual Factors and ML Vulnerabilities 2.3. Financing of Terrorism 2.4. Summary of Potential ML/TF Risks

5 8 10 11

3. Current COVID-19 impact on AML/CFT regimes

11

4. Potential AML/CFT Responses for consideration

13

Annex A. Statement by the FATF President

17 437

Annex B. Statement or guidance issued by authorities in response to COVID-19

19

References

29

COVID-19-RELATED ML/TF RISKS AND POTENTIAL POLICY RESPONSES | © FATF


documentazione

4|

Key findings •

The increase in COVID-19-related crimes, such as fraud, cybercrime, misdirection or exploitation of government funds or international financial assistance, is creating new sources of proceeds for illicit actors.

Measures to contain COVID-19 are impacting on the criminal economy and changing criminal behaviour so that profit-driven criminals may move to other forms of illegal conduct.

The COVID-19 pandemic is also impacting government and private sectors’ abilities to implement anti-money laundering and counter terrorist financing (AML/CFT) obligations from supervision, regulation and policy reform to suspicious transaction reporting and international cooperation. These threats and vulnerabilities represent emerging money laundering (ML) and terrorist financing (TF) risks. Such risks could result in: o o o o o

438

o •

Criminals finding ways to bypass customer due diligence measures;

Increased misuse of online financial services and virtual assets to move and conceal illicit funds;

Exploiting economic stimulus measures and insolvency schemes as a means for natural and legal persons to conceal and launder illicit proceeds; Increased use of the unregulated financial sector, creating additional opportunities for criminals to launder illicit funds; Misuse and misappropriation of domestic and international financial aid and emergency funding;

Criminals and terrorists exploiting COVID-19 and the associated economic downturn to move into new cash-intensive and high-liquidity lines of business in developing countries.

AML/CFT policy responses can help support the swift and effective implementation of measures to respond to COVID-19, while managing new risks and vulnerabilities. These include: o o o o

Domestic coordination to assess the impact of COVID-19 on AML/CFT risks and systems; Strengthened communication with the private sector;

Encouraging the full use of a risk-based approach to customer due diligence; Supporting electronic and digital payment options.

COVID-19-RELATED ML/TF RISKS AND POTENTIAL POLICY RESPONSES | © FATF


COVID-19-related. Money Laundering and Terrorist Financing

documentazione

|5

1. Introduction This paper is part of a coordinated and timely response to the impact of the COVID-19 crisis on global anti-money laundering (AML) and counter terrorist financing (CFT) efforts and the application of the FATF Standards in this context. This response also includes a Statement from the FATF President, issued on 1 April, on how the risk-based approach of the FATF Standards provides for emerging threats and vulnerabilities to be managed effectively and in support of COVID-19 aid and containment efforts (see Annex A).

A list of statements and guidance issued by authorities in response to COVID-19 is included in Annex B, for reference.

This paper was developed in response to the unprecedented and rapidly evolving COVID19 public health crisis. The findings contained within are likely to evolve as this crisis further develops.

This paper is informed by open-source research, and information received from member countries of the FATF and FATF-style regional bodies (FSRBs) and observer organisations such as the International Monetary Fund (IMF), World Bank and United Nations.

The focus of this paper relates to three broad themes: •

• •

New threats and vulnerabilities stemming from COVID-19-related crime and impacts on ML and TF risks; Current impact on AML/CFT efforts by governments and the private sector due to COVID-19;

Suggested AML/CFT policy responses to support the swift and effective implementation of measures to respond to COVID-19, while managing new risks and vulnerabilities identified, including: charitable activity and economic and fiscal stimulus and financial rescue packages for firms and individuals.

2. Evolving ML/TF risk picture 2.1. Increased ML Threats

The COVID-19 pandemic has generated various government responses, ranging from social assistance and tax relief initiatives, to enforced confinement measures and travel restrictions. While unintended, these measures may provide new opportunities for criminals and terrorists to generate and launder illicit proceeds.

While the precise situation and public health responses in each country varies according to the impact of COVID-19, the evolving risk picture detailed in this section is based on the following general assumptions: •

Governments, businesses and individuals are increasingly turning to online systems to enable remote work. Individuals under “lockdown” (or other movement restriction measures) are also increasingly turning to online platforms for social interaction. Businesses that are classified as non-essential have physically closed. Both essential and non-essential business are seeing increased online sales.

COVID-19-RELATED ML/TF RISKS AND POTENTIAL POLICY RESPONSES | © FATF

439


documentazione

6| •

• •

• •

The COVID-19 pandemic has driven significant demand for medical supplies, such as personal protective equipment, ventilators and medicines and there is a global shortage of such goods due to the overwhelming demand. Banks and financial institutions remain in operation with some offering more limited services and restricting in-person banking.

The closure of many businesses due to “lockdown” measures and other restrictions on trade and travel has led to mass unemployment or the furloughing of workers, loss of government revenue and a general economic recession that will impact the financial and social behaviour of businesses and individuals. Government resources have been reprioritised towards responding to COVID-19, taking resources away from other areas of work.

With global trade volumes in decline and individual travel at a near standstill, conventional transnational organised crime schemes that take advantage of global supply chains and the traditional illicit revenue schemes of organised crime groups are impacted by COVID-19.

Increased Fraud

Reporting from FATF members, observers, and open sources indicates that criminals have attempted to profit from the COVID-19 pandemic through increased fraudulent activities. At the time of writing, the primary fraudulent activities include: •

440

1 2

Impersonation of officials: In such cases, criminals contact individuals (in person, email or telephone) and impersonate government officials with the intent of obtaining personal banking information or physical cash. In some cases, criminals impersonate hospital officials who claim a relative is sick and require payment for treatment (Interpol, 2020[1]), or government officials requesting personal banking information for tax relief purposes (US Treasury, 2020[2]). Cases involving government impersonation are likely to increase as governments around the world disburse grants and tax relief payments to their citizens, with criminals attempting to profit from these payments.

Counterfeiting, including of essential goods (such as medical supplies and medicines): Given the high demand, there is a significant increase in online scams involving certain medical supplies, personal protective equipment and pharmaceutical products. In such cases, the suspects claim to be employees of businesses, charities, and international organisations offering masks, testing kits and other products, and request credit card information for payment or a shipping fee but never deliver the goods. (US FDA, 2020[3]) In some scenarios, victims were asked to make payment in advance via bank transfers and then directed to collect goods from various locations, but were then subsequently informed that there were no such arrangements. (Singapore Police Force, 2020[4]) In similar scams, the goods are delivered to the consumer but are counterfeit or ineffective. 1 Such scams target both individual consumers and businesses. FATF members are also seeing an increase in false and misleading COVID-19 treatment claims and vendors selling illegal products marketed as “miracle” cures. 2

Fundraising for fake charities: FATF members highlight an increase in fundraising scams. In such cases, criminals posing as international organisations or charities circulate emails requesting donations for COVID-19-related

(European Commission, 2020[28]) (Cellule de Renseignement Financier Luxembourg, 2020[6]) (Interpol, 2020[7]) (Europol, 2020[8])

(US Justice Department, 2020[9]) (US ICE, 2020[10])

COVID-19-RELATED ML/TF RISKS AND POTENTIAL POLICY RESPONSES | © FATF


COVID-19-related. Money Laundering and Terrorist Financing

documentazione

|7

fundraising campaigns (purportedly for research, victims and/or products). Recipients of these emails are then directed to provide credit card information or make payments through the suspect’s secure digital wallet.

Fraudulent investment scams: The economic crisis resulting from COVID-19 has led to an increase in investment scams, such as promotions falsely claiming that products or services of publicly traded companies can prevent, detect or cure COVID-19. (Europol, 2020[5]) Reporting by FATF members highlighted that microcap stocks, typically issued by the smallest companies, may be particularly vulnerable to fraudulent investment schemes as they are low-priced stocks with often limited publicly-available information. This facilitates the spread of false information about the company. (US Securities and Exchange Commission, 2020[6])

Cyber Crime

There has been a sharp rise in social engineering attacks, specifically phishing email and mobile messages through spam campaigns. These attacks use links to fraudulent websites or malicious attachments to obtain personal payment information. •

Email and SMS phishing attacks: Criminals are exploiting concerns about COVID-19 to insert malware on personal computers or mobile devices. In one example, cybercriminals posed as the World Health Organization (WHO) and sent email and mobile messages to lure individuals into clicking malicious links or opening attachments, which subsequently reveal the individual’s user name and password. (WHO, 2020[7]) Various versions of these phishing attacks are currently being reported. Other examples include government impersonation via SMS to lure individuals to fraudulent government websites to obtain personal account information and/or sensitive usernames and passwords. (CISA, 2020[8])

Business email compromise scams: Amid a sharp rise in global remoteworking, cybercriminals are also exploiting weaknesses in businesses’ network security to gain access to customer contact and transaction information. This information is then used in targeted phishing emails whereby the criminals pose as the compromised business and request payment for legitimate goods and/or services but instead direct this payment into their illicit accounts. (FBI, 2020[9]) In another example, a company received spoofed emails similar to those sent by their business partner to redirect payment transfers to scammers’ controlled bank accounts, under the pretext of paying for large supplies of surgical masks and hand sanitiser.

Ransomware attacks: Reports also indicate that cybercriminals are using different methods to insert ransomware on personal computers and mobile devices. For example, some FATF members report that cybercriminals are using malicious websites and mobile applications that appear to share COVID-19related information to gain and lock access to victims’ devices until payment is received. Organisations at the forefront of the COVID-19 response can be heightened targets for cybercriminals. Specifically, hospitals and other medical institutions have increasingly become targets of cybercriminals for ransomware attacks. (Interpol, 2020[10])

COVID-19-RELATED ML/TF RISKS AND POTENTIAL POLICY RESPONSES | © FATF

441


documentazione

8|

Impact on Other Predicate Crimes •

Human Trafficking 3 and Exploitation of Workers: Criminals may take advantage of the pandemic to exploit vulnerable groups. This may lead to an increase in the exploitation of workers and human trafficking. (Council of Europe, 2020[11]) The suspension or reduced activity of government agencies regularly engaged in detecting human trafficking cases and identifying victims of trafficking (including workplace inspectors and social and health care workers) means that cases may go undetected. (WEF, 2020[12]) The shutdown of workplaces, slowdown in the economy, rising unemployment, and financial insecurity are factors that could result in an increase in human exploitation. One FATF member has advised reporting entities to be increasingly alert to the exploitation of workers and trafficking in vulnerable persons. (Austrac, 2020[13])

Online Child Exploitation: There are reports from some members of a rise in the production and distribution of online child exploitation material, often for profit. With the closure of schools, children are increasingly using the internet during “lockdown” periods, which could lead to an increase in online child exploitation. (FBI, 2020[14]) There are also reports that “lockdowns” and travel bans are increasing demand for this material. (Austrac, 2020[13])

Organised Property Crime: With many properties currently uninhabited due to COVID-19, there are reports of an increase in organised property crime/theft. (Europol, 2020[15])

2.2. Other Contextual Factors and ML Vulnerabilities Changing Financial Behaviours 442

Reporting indicates significant changes in financial behaviours and patterns in light of COVID-19. Many bank offices and branches are closed due to public health and “lockdown” measures. Customers are therefore carrying out more transactions remotely. Over the medium to long-term, an economic downturn could further alter financial activities and result in individuals seeking financing outside the formal economy. •

Increased remote transactions: FATF and FSRB members report that some banks have closed their physical branches, reduced opening hours or restricted the services available in-person. Members also report increased online banking activities, including customer on-boarding and identity verification. Some supervisors have clarified that, in line with a risk-based approach, banks can postpone certain elements of customer identity verification during confinement periods. However, FATF and FSRB members note that some financial institutions may not be equipped to verify customers’ identity remotely.

Unfamiliarity with online platforms: Certain population segments (e.g., the elderly, low-income groups, and remote or indigenous communities) may be less familiar with using online banking platforms, and therefore more susceptible to fraud. Reports indicate that online bank fraud targeting financial or account

3 Human trafficking is defined in the Protocol to Prevent, Suppress and Punish Trafficking in Persons, Especially Women and Children, supplementing the United Nations Convention against Transnational Organized Crime as: the recruitment, transportation, transfer, harbouring or receipt of persons, by means of the threat or use of force or other forms of coercion, of abduction, of fraud, of deception, of the abuse of power or of a position of vulnerability or of the giving or receiving of payments or benefits to achieve the consent of a person having control over another person, for the purpose of exploitation. Exploitation shall include, at a minimum, the exploitation of the prostitution of others or other forms of sexual exploitation, forced labour or services, slavery or practices similar to slavery, servitude or the removal of organs.

COVID-19-RELATED ML/TF RISKS AND POTENTIAL POLICY RESPONSES | © FATF


COVID-19-related. Money Laundering and Terrorist Financing

documentazione

|9

information is on the rise. (Cellule de Renseignement Financier Luxembourg, 2020[16])

Unregulated financial services: Citing correlations with past economic downturns, both FATF and FSRB members note that, in a prolonged economic recession, those with financing needs may seek out non-traditional or unlicensed lenders, which may include criminal groups. Members also indicate that traditional financial gatekeepers may become pre-occupied with business continuity issues while still having to cope with monitoring suspicious transactions.

Misdirection of Government Funds or International Financial Assistance and Increased Risks of Corruption

Many governments are providing stimulus funds to mitigate the economic impact related to COVID-19. FATF and FSRB members report that criminals may try to fraudulently claim or misdirect such funds. Corruption in procurement or aid delivery channels could also impact international financial assistance. •

Exploiting stimulus measures: FATF and FSRB members report that a small proportion of economic support directed to businesses and individuals may present potential fraud risks, and consequent ML. In particular, criminals can falsely claim to provide access to stimulus funds to obtain personal financial information. (US IRS, 2020[17]) FATF members report that criminals may use legal persons to make fraudulent claims on government stimulus funds by posing as legitimate businesses seeking assistance. Some FATF members reported taking steps to reduce risks, such as disbursing aid to people and businesses via existing government accounts for receiving social benefits. (Australian Ministers for the Department of Social Services, 2020[18]) Stimulus measures that involve loan schemes may also be abused by criminals to launder funds.

International financial assistance and increased risks of corruption: Many countries have an immediate need for emergency financial assistance to respond to COVID-19. However, international financial institutions report that there is a risk that emergency financial aid provided to countries can be misappropriated by corrupt officials, particularly in countries where the rule of law is weak and there are poor transparency and accountability measures. FSRB members also report that government contracts to purchase large amounts of COVID-19-related medical supplies provide opportunities for corruption and the misappropriation of public funds. This activity may become more prevalent if there is a perception of decreased financial oversight on government procurement and spending. FSRB members also indicate that individuals could use corruption or informal channels to obtain lucrative government contracts outside standard procurement procedures.

Increased Financial Volatility

Recent financial and economic volatility reflects uncertainties associated with COVID-19. In this context, opportunistic criminals may shift their activities to exploit new vulnerabilities. •

Economic downturn: In an economic downturn, criminals may seek to invest in real estate or troubled businesses to generate cash and mask illicit proceeds. Criminal groups can also introduce illicit proceeds into the financial system by restructuring existing loans and lines of credit. In addition, corporate insolvency proceedings can free up illicit cash contained in businesses whilst masking the

COVID-19-RELATED ML/TF RISKS AND POTENTIAL POLICY RESPONSES | © FATF

443


documentazione

10 |

funds’ origins. FATF members highlight that tax evasion and related crimes may increase as individuals and companies facing economic difficulties look to reduce their fiscal burdens. A prolonged economic downturn could result in private sector entities having fewer resources to combat ML/TF, thereby increasing their risks. Finally, increases in financial hardship due to an economic slowdown could lead to a rise in certain types of subsistence crimes in developing countries (e.g., burglary, theft and wildlife poaching).

Increased physical cash transactions: FATF members report that recent swings in securities values are resulting in individuals liquidating their portfolios and transferring large amounts of funds electronically. FATF and FSRB members reported an overall increase in banknote withdrawals, with some FATF members raising cash withdrawal limits. FATF and FSRB members highlight that increased use of banknotes can mask ML/TF activities in the following ways: o

o o o •

444 •

When financial markets stabilise, large movements to re-deposit funds could provide cover to efforts at laundering illicit funds, including banknotes;

Banknotes can be used to purchase safe haven assets (e.g., gold), which are less easily traceable;

An increased risk of cash-out schemes, where criminals obtain access to an individual’s bank account and withdraw funds in banknotes from an ATM; and

Customers involved in suspicious banknote withdrawals or transactions reference “COVID-19” as the transaction purpose, thereby masking potential illicit activities.

Virtual assets: FATF and FSRB members highlighted the continuing ML/TF risks associated with virtual assets. In one recent case, an individual used virtual assets to launder proceeds earned from selling fraudulent COVID-19 medicine. (US Justice Department, 2020[19])

Insider trading: Reporting indicates an increase in investor fraud due to increasingly volatile financial markets. Wholesale financial service providers are transferring or liquidating assets in securities markets in response to COVID-19related uncertainties. These large value shifts in markets can potentially increase the risk of illicit financial market activities, such as insider trading that seeks to profit from large value swings. FATF members also report individuals using securities offerings to raise capital on fake products or medicines.

2.3. Financing of Terrorism

The United Nations has warned that threats related to terrorism remain and that terrorist groups may see opportunities for increased terrorist and terrorist financing activity while government attention is focused on COVID-19. (UN, 2020[20]) This is a particular concern in the Sahel region. One FSRB Secretariat and one FSRB member raised concerns about terrorist groups using the COVID-19 crisis to raise and move funds and increase existing illicit activity to finance their operations. As international humanitarian and aid responses to COVID-19 increase, governments should emphasise the importance of implementing the risk-based approach when mitigating the risk of funds being diverted to support terrorists and terrorist groups. (US Treasury, 2020[21])

COVID-19-RELATED ML/TF RISKS AND POTENTIAL POLICY RESPONSES | © FATF


COVID-19-related. Money Laundering and Terrorist Financing

documentazione

| 11

2.4. Summary of Potential ML/TF Risks Given the relatively early stages of the health and economic crisis, the majority of risks currently reported relate to proceeds generating predicate offences. ML/TF-specific trends or typologies emerging from COVID-19 are still in the early stages of identification. Nevertheless, some national authorities have indicated that their FIUs have begun issuing COVID-19-related typologies and indicators to their private sector.

At the time of writing, ML typologies relate to misuse of virtual assets to launder illicit proceeds and misuse of the formal banking system. No specific TF typologies related to COVID-19 have been reported by FATF or FSRB members. In summary, and as outlined in the key findings, the potential ML/TF risks emerging from the aforementioned threats and vulnerabilities could be: •

• • •

Criminals finding ways to bypass CDD measures by exploiting temporary challenges in internal controls caused by remote working situations, in order to conceal and launder funds;

Increased misuse of online financial services and virtual assets to move and conceal illicit funds;

Exploiting economic stimulus measures and insolvency schemes as a means for natural and legal persons to conceal and launder illicit proceeds;

As individuals move money out of the banking system due to financial instability, this may lead to an increased use of the unregulated financial sector, creating additional opportunities for criminals to launder illicit funds;

Misuse and misappropriation of domestic and international financial aid and emergency funding by avoiding standard procurement procedures, resulting in increased corruption and consequent ML risks;

Criminals and terrorists exploiting COVID-19 and the associated economic downturn to move into new cash-intensive and high-liquidity lines of business in developing countries, both for the laundering of proceeds as well as to fund their operations, as well as fraudulently claiming to be charities to raise funds online.

3. Current COVID-19 impact on AML/CFT regimes

Open source research, as well as feedback received from members and FSRB Secretariats indicate that the COVID-19 pandemic is impacting government and private sectors’ abilities to implement AML/CFT obligations. This is primarily due to confinement and social distancing measures introduced to contain the COVID-19 virus. Many AML/CFT government and private sector employees are now working remotely, have been redeployed to COVID-19 responses, or are not working at all. To some extent, especially for countries with more limited resources and less advanced business continuity planning, re-prioritisation efforts by governments are likely to result in a reallocation of resources away from AML/CFT activities to other areas, such as financial stability, and humanitarian and economic recovery efforts. There have been indications that some countries with less resilient AML/CFT regimes or resources may be unable to maintain AML/CFT operations while they prioritise responding to COVID-19. The COVID-19 crisis appears to affect the following key areas, depending on the magnitude of a country’s COVID-19 outbreak at the time of writing.

COVID-19-RELATED ML/TF RISKS AND POTENTIAL POLICY RESPONSES | © FATF

445


documentazione

12 | Supervision: The majority of FATF members indicate that their AML/CFT onsite inspections have been postponed or substituted with desk-based inspections (including the use of video conferencing). In some instances, onsite inspections are only conducted for high-risk sectors or entities. Respondents indicated that banks, financial institutions and other reporting entities continue to implement their AML/CFT requirements and provide requested information to their supervisors. Some supervisory authorities have indicated that they have provided risk-based flexibility on the filing of annual reports, and have delayed issuing new licenses, particularly for some sectors that may have been shut down, such as casinos (excluding online casinos). Regarding sanctions and other remedial actions, a number of countries have introduced suspensions on decisions, including imposing monetary penalties for AML/CFT violations. Registering new companies in registries is also delayed. Regulation and policy reform: Many national, supranational and international policy departments have activated business continuity plans, with most or all staff working remotely or redeployed to respond to COVID-19. This has, in some jurisdictions, resulted in a significant pause in new AML/CFT policy and legislatives initiatives. This is further compounded by the suspension of meetings of some legislative decision-making bodies, or their prioritisation and focus on COVID-19 emergency matters.

446

Suspicious transaction reports (STRs): Banks and other reporting entities continue to file STRs. Some members indicated that financial institutions have not encountered delays or difficulties to analyse and file STRs. Other members are providing reporting entities extensions to submit STRs (except in the case of high-risk areas, such as TF) and threshold-based reports. In many cases, authorities have instructed reporting entities to expeditiously notify supervisors and/or financial intelligence units (FIU) if they encounter any delays or barriers to reporting. Jurisdictions that still rely on paper-based reporting systems, or that have inadequate database software, may face delays in receiving and processing reports.

FIU analysis: FIUs of FATF members, and FSRB members who responded are operational, even in those countries severely affected by COVID-19 at present. FIU staff are working remotely to the extent that information technology systems and security allow. There are some anecdotal reports that some FIUs in lower capacity countries are significantly reducing their operations or even shutting down completely. International cooperation: There are mixed reports about the impact on operational cooperation due to the COVID-19 crisis. Some delegations expressed concern that delays in cooperation could be exacerbated over time due to remote working of FIU staff, and potential re-prioritisation efforts of law enforcement and supervisory authorities and within the private sector. Formal cooperation, such as mutual legal assistance and extradition are already impacted by the crisis due to the limitation or suspension of court operations, and the delayed execution of extradition orders caused by travel restrictions. Some delegations have reported that the provision of AML/CFT technical assistance has also been reduced or suspended.

Law Enforcement Authorities (LEAs): Limited feedback indicates that LEAs in FATF member countries continue to prioritise AML/CFT efforts, with a heightened focus on emerging COVID-19 predicate offences. Some prosecutions may be postponed or delayed due to the suspension of trials, hearings, and other in-person proceedings. There are some reports that the diversion of law enforcement and security resources to COVID-19 responses in high-risk, poorly resourced countries, may embolden terrorists and terrorist financiers in their activities. Private Sector: Respondents noted that financial institutions have initiated business continuity plans in response to the crisis. Some banks are closing branches, facing

COVID-19-RELATED ML/TF RISKS AND POTENTIAL POLICY RESPONSES | Š FATF


COVID-19-related. Money Laundering and Terrorist Financing

documentazione

| 13 challenges at outsourcing centres, limiting their services and redeploying staff. There are reports from a few less affected countries that their banks are indirectly impacted and raised concerns about accessing information to conduct due diligence on foreign customers and foreign business relationships. Some members have flagged that there is increased activity in non-banking sectors like online gambling, the insurance sector, dealers in precious metals and stones and securities, while there is decreased activity in other sectors like casinos and real estate. The money value transfer service sector faces particular disruption as migrant workers have been affected by confinement measures and company shutdowns, and much of their business is done face-to-face. Should the current economic situation further deteriorate, there is a risk that financial institutions may re-prioritise their AML/CFT efforts and focus on broader prudential and stability measures.

4. Potential AML/CFT Responses for consideration

This section sets out a range of actions that jurisdictions are taking or could consider taking in response to these challenges, from dealing with new risks and/or reduced operational capacity to facilitating charitable activity, economic and fiscal stimulus and financial relief packages. It provides practical examples of responses taken by authorities.

Coordinate domestically to assess the impact of COVID-19 on AML/CFT risks and systems, to develop responses and engage with the private sector. •

Response teams are working with stakeholders to assess private and public sector resilience on a continuing basis (e.g., weekly situation reports). Supervisors, FIUs and LEAs are working together to identify, monitor and communicate the changing risk landscape (see Section 3) and provide guidance to the private sector.

AML/CFT supervisors are engaging with prudential supervisors to ensure the appropriate prioritisation of AML/CFT measures to address potential illicit activity related to COVID-19 and its impact.

Strengthen communication with the private sector by proactively engaging on the application of their AML/CFT measures and working constructively with them to minimise potential impact. •

Supervisors and/or FIUs are providing regulated entities with a contact point where they face serious difficulties in meeting regulatory requirements and requiring them to keep relevant records and develop a plan to clear the backlog as the situation improves. Importantly, some countries are communicating beyond the financial sector, to designated non-financial businesses and professions, other trusted partners and industry associations, to address sectors that may have lower resilience.

There are examples of some countries engaging proactively with the non-profit organisations (NPO) sector. Countries and financial institutions should apply a risk-based approach to ensure that legitimate NPO activity is not unnecessarily delayed, disrupted or discouraged. (FATF, 2015[22]) In one jurisdiction, the government has designated channels for COVID-19 donations.

Encourage full-use of a risk-based approach to CDD and address practical issues. •

Some supervisors are communicating with reporting entities about the importance of continuing to provide essential financial services while also

COVID-19-RELATED ML/TF RISKS AND POTENTIAL POLICY RESPONSES | © FATF

447


documentazione

14 | mitigating ML/TF risks by using the full range of tools at their disposal. In relation to CDD, supervisors have put in place some of the following measures: o

o

o o

Applying simplified due diligence measures where lower risks are identified, for example, accounts created specifically to facilitate government payments to individuals or businesses and offering access to digital/contactless payment solutions. 4 See below section on economic relief packages.

Providing guidance that there may be legitimate reasons for customers not providing information for ongoing due diligence or ‘know-your-customer (KYC) refreshers’ (e.g., if they are confined, under quarantine or ill) and that the usual processes for dealing with these situations (including exiting the customer relationship) may not be appropriate at this time. 5 Allowing reporting entities to accept recently expired government-issued identification until further notice in order to verify the identity of an individual (although still required to determine the authenticity of the identification).

Considering the application of delayed verification provisions for new business relationships in line with the FATF Standards (e.g., by implementing transaction limits). Reporting entities can accept digital copies of documents as an interim measure, with the originals to be sighted in due course.

Encouraging the use of responsible digital identity and other responsible innovative solutions for identifying customers at onboarding and while conducting transactions. See the recent FATF Digital ID Guidance (FATF, 2020[23]) that highlights that non-face-to-face onboarding and transactions conducted using trustworthy digital ID are not necessarily high-risk and can be standard or even lower-risk.

Support electronic and digital payment options. •

448

More broadly, supervisors are encouraging the full use of electronic and digital channels to continue payment services while maintaining social distancing. Some examples include increasing contactless limits, increasing point of sale purchase limits, raising maximum limits for e-wallets and reducing charges for domestic money transfers between banks to encourage the use of contactless payment methods in order to reduce the spread of the virus.

Undertake pragmatic, risk-based AML/CFT supervision. •

All supervisors have continued AML/CFT supervisory activities, although practices are adapted to be more pragmatic in the current situation (see Section 4).

Supervisors continue to monitor the business continuity plans put in place and operationalised by financial institutions in order to ensure their sound operations, including implementation of AML/CFT measures. Some supervisors are adjusting their focus as relevant. For example, they are putting greater focus on online casinos and gambling platforms considering regular casinos and gambling arcades are closed, and more focus on dealers in precious metals and stones with greater investment in gold.

4FATF

Interpretative Note to R.10 notes that “financial products or services that provide appropriately defined and limited services to certain types of customers, so as to increase access for financial inclusion purposes” are an example of a lower risk scenario.

5More

information on how such measures can be implemented is set out in the 2017 FATF guidance on AML/CFT measures and financial inclusion, with a supplement on customer due diligence. COVID-19-RELATED ML/TF RISKS AND POTENTIAL POLICY RESPONSES | © FATF


COVID-19-related. Money Laundering and Terrorist Financing

documentazione

| 15 •

Conversely, there is potentially less focus on lower risk areas such as cash-intensive businesses that have halted trading. All supervisors should consider reviewing their supervisory priorities and plans and adjust these to emerging risks, as necessary.

Understand new risks and adapt operational responses. •

• •

Authorities are working with relevant partners, domestically and internationally, to understand and monitor the evolving risk environment (see Section 3). This requires liaising with a broad range of stakeholders. Countries with existing public/private partnerships are harnessing these forums to obtain the latest information.

A number of countries have introduced special taskforces or other operational coordination measures to deal with COVID-19-related crime, particularly in relation to fraud.

In some countries, authorities have issued advice to relevant agencies on the prioritisation of investigations and prosecutions.

Some FIUs have asked regulated entities to use a keyword in their reports to triage and prioritise incoming STRs. FIUs are developing strategic analysis based on review of available bulk data and adapting STR prioritisation and analysis.

Agencies are considering pooling available resources, including repurposing assets confiscated or forfeited from criminals to assist in COVID-19 responses (e.g., using confiscated properties as temporary/emergency hospital facilities).

Clarify AML/CFT requirements in the context of economic relief measures. • •

Authorities are providing clarity on how to apply AML/CFT requirements in the context of economic relief packages for individuals and businesses. To facilitate the smooth processing of applications, some supervisors have approved simplified due diligence measures (including for customer verification) for transactions under government assistance programs where they are assessed to present lower risks. They include obligations for regulated entities to put in place mitigation measures, such as ongoing due diligence and to review CDD if other risks are later detected.

One country has implemented measures to identify risk indicators, and implemented processes and controls to prevent the misuse of the aforementioned assistance packages for ML/TF purposes. These measures will likely vary depending on the scope and delivery of the relief package and contextual factors, including corruption issues.

Countries receiving economic stimulus by international organisations such as the IMF may receive additional guidance to implement targeted AML/CFT measures to ensure those funds are not diverted for other purposes (such as corruption or ML). All countries should guide regulated entities to remain vigilant to detect suspicious financial transactions, particularly in the context of cross-border flows from countries that are receiving emergency COVID-19-related funding from international organisations and other donors.

COVID-19-RELATED ML/TF RISKS AND POTENTIAL POLICY RESPONSES | © FATF

449


documentazione

16 | Continue cooperating across borders. •

FIUs should keep the Egmont Group Secretariat appraised of any developments, including any operational disruptions that could impact international cooperation responses and provide a key contact point.

Increased communication may be required, particularly on group-wide supervision.

Monitor the impact of COVID-19 on the private sector. • •

FIUs and supervisors should continue to monitor the impact on reporting entities, as the COVID-19 situation continues. Prolonged economic disruption may force some regulated entities to close down. Disorderly shutdowns may leave significant ML/TF vulnerabilities.

450

COVID-19-RELATED ML/TF RISKS AND POTENTIAL POLICY RESPONSES | © FATF


COVID-19-related. Money Laundering and Terrorist Financing

documentazione

| 17

Annex A. Statement by the FATF President COVID-19 and measures to combat illicit financing 6 Paris, 1 April 2020 - The members of the FATF, both domestically and multilaterally, are applying every available resource to combat the COVID-19 pandemic. As the global standard-setter for combating money laundering (ML) and the financing of terrorism (TF) and proliferation, the FATF encourages governments to work with financial institutions and other businesses to use the flexibility built into the FATF’s risk-based approach to address the challenges posed by COVID-19 whilst remaining alert to new and emerging illicit finance risks. The FATF encourages the fullest use of responsible digital customer onboarding and delivery of digital financial services in light of social distancing measures. At a time when critical relief is needed in-country and beyond, effective implementation of the FATF Standards fosters greater transparency in financial transactions, which gives donors greater confidence that their support is reaching their intended beneficiaries. The continued implementation of the FATF Standards facilitates integrity and security of the global payments system during and after the pandemic through legitimate and transparent channels with appropriate levels of risk-based due diligence.

Addressing COVID-19-related financial crime risks by remaining vigilant

Criminals are taking advantage of the COVID-19 pandemic to carry out financial fraud and exploitation scams, including advertising and trafficking in counterfeit medicines, offering fraudulent investment opportunities, and engaging in phishing schemes that prey on virus-related fears. Malicious or fraudulent cybercrimes, fundraising for fake charities, and various medical scams targeting innocent victims are likely to increase, with criminals attempting to profit from the pandemic by exploiting people in urgent need of care and the goodwill of the general public and spreading misinformation about COVID19. National authorities and international bodies are alerting citizens and businesses of these scams, which include impostor, investment and product scams, as well as insider trading in relation to COVID-19. Like criminals, terrorists may also exploit these opportunities to raise funds. Supervisors, financial intelligence units and law enforcement agencies should continue to share information with the private sector to prioritise and address key ML risks, particularly those related to fraud, and TF risks linked to COVID-19. Additionally, criminals and terrorists may seek to exploit gaps and weaknesses in national anti-money laundering/counter-financing of terrorism (AML/CFT) systems while they assume resources are focused elsewhere, making risk-based supervision and enforcement activity more critical than ever. Financial institutions and other businesses should remain vigilant to emerging ML and TF risks and ensure that they continue to effectively mitigate these risks and are able to detect and report suspicious activity.

Digital onboarding and simplified due diligence

6

With people around the world facing confinement or strict social distancing measures, inperson banking and access to other financial services is difficult, and unnecessarily exposes people to the risk of infection. Use of digital/contactless payments and digital onboarding reduce the risk of spreading the virus. As such, the use of financial technology (Fintech) provides significant opportunities to manage some of the issues presented by COVID-19. In line with the FATF Standards, the FATF encourages the use of technology, including Fintech, Regtech and Suptech to the fullest extent possible. The FATF recently

www.fatf-gafi.org/publications/fatfgeneral/documents/statement-covid-19.html

COVID-19-RELATED ML/TF RISKS AND POTENTIAL POLICY RESPONSES | Š FATF

451


documentazione

18 | released Guidance on Digital ID, which highlights the benefits of trustworthy digital identity for improving the security, privacy and convenience of identifying people remotely for both onboarding and conducting transactions while also mitigating ML/TF risks. The FATF calls on countries to explore using digital identity, as appropriate, to aid financial transactions while managing ML/TF risks during this crisis.

When financial institutions or other businesses identify lower ML/TF risks, the FATF Standards allow them to take simplified due diligence measures, which may help them adapt to the current situation. The FATF encourages countries and financial service providers to explore the appropriate use of simplified measures to facilitate the delivery of government benefits in response to the pandemic.

Delivery of aid through non-profit organisations

This global public health emergency has highlighted the vital work of charities and NPOs to combat COVID-19 and its effects. The FATF has long recognised the vital importance of NPOs in providing crucial charitable services around the world, as well as the difficulties in providing that assistance to those in need. The FATF has worked closely with NPOs over the years to refine the FATF Standards to provide flexibility to ensure that charitable donations and activity can proceed expeditiously through legitimate and transparent channels and without disruption. It is important to recognise that FATF Standards do not require that all NPOs be considered high-risk and that most NPOs carry little or no TF risk. The aim of the FATF Standards is not to prevent all financial transactions with jurisdictions where there may be high ML/TF risks, but rather to ensure these are done through legitimate and transparent channels and money reaches its legitimate intended recipient. National authorities and financial institutions should apply a risk-based approach to ensure that legitimate NPO activity is not unnecessarily delayed, disrupted or discouraged. FATF encourages countries to work with relevant NPOs to ensure that much needed aid is getting to its intended recipients in a transparent manner.7

Ongoing outreach and advice

452

Regulators, supervisors, financial intelligence units, law enforcement authorities and other relevant agencies can provide support, guidance and assistance for the private sector on how national AML/CFT laws and regulations will be applied during the current crisis. Such guidance can give financial institutions and other businesses reassurance that the authorities share their understanding of challenges and risks involved in the current situation, and of the appropriate actions to take. Authorities in some countries have already taken swift action and provided this type of advice. Mechanisms by which victims, financial institutions, and other businesses can report COVID-19 related fraud may be especially useful.

At the international level, the FATF is working with the Committee on Payment and Market Infrastructures and the World Bank to help ensure coordinated policy responses for the continued provision of critical payment services against the backdrop of the COVID-19 crisis. The FATF, International Monetary Fund, World Bank, and United Nations are working with their membership to mitigate the impacts of the COVID-19 crisis, including through the use of AML/CFT measures, where relevant. In addition, the FATF is working with its members and the FATF-Style Regional Bodies to identify and share good practices in response to common issues faced in many affected countries.

FATF’s commitment to support efforts to address COVID-19 issues

7

The FATF stands ready to provide further AML/CFT guidance to support the current global efforts to tackle the COVID-19 crisis and its effects, and welcomes feedback.

See 2015 Best Practices Paper on Combating the Abuse of Non-Profit Organisations

COVID-19-RELATED ML/TF RISKS AND POTENTIAL POLICY RESPONSES | Š FATF


COVID-19-related. Money Laundering and Terrorist Financing

documentazione

| 19

Annex B. Statement or guidance issued by authorities in response to COVID-19 Below are statements and guidance issued by FATF and FSRB members in response to COVID-19. The measures cited, and taken by FATF members’ authorities, have not been reviewed or considered by the FATF membership as a whole, and therefore do not constitute the official view of the FATF. •

Anguilla –The FIU has issued a public release to the reporting entities as well as the general public on the risk of potential scams/fraud.

Australia – AUSTRAC updates to reporting entities on COVID-19 including advice and guidance on: working with reporting entities during COVID-19 pandemic, extension on annual compliance reporting, advice on rule changes for early access to superannuation funds, suspicious matter reporting and advice on meeting KYC requirements: https://www.austrac.gov.au/covid-19-updates.

Bolivia – The UIF (FIU Bolivia) issued an official communication addressed to reporting entities on COVID-19 pandemic risk on ML/TF to advise them on how to better comply with their AML/CTF obligations.

http://www.uif.gob.bo/.

https://www.fazenda.gov.br/orgaos/coaf/publicacoes/comunicado-dopresidente-do-gafi-sobre-covid-19-e-medidas-de-combate-ao-financiamentoilicito

https://www.fintrac-canafe.gc.ca/covid19/covid19-eng

Brazil – COAF has replicated the FATF and GAFILAT communiqués in Portuguese and published in its web-site. Furthermore, it addressed these statements together with red flags to all reporting entities, supervisors and other competent authorities. Canada – FINTRAC message to all reporting entities in light of COVID-19:

Cayman Islands –The FRA (FIU) has published and circulated notices regarding the physical closure of the office and guidance on how reporting entities should submit reports during the physical closure of the office.

Chile – UAF has issued several communiqués and press release addressed to the reporting entities in order to inform and guide them to better comply with the AML/CTF obligations during this COVID-19 pandemic situation. This agency also issue communiqués addressed to all relevant authorities, and a social media campaign to raise awareness on the ML/TF risk associated to the pandemic was also launched (https://twitter.com/UAF_Chile).

https://www.uaf.cl/ArchivoEstatico/carta_so_covid.pdf https://www.uaf.cl/prensa/archivo_det.aspx?id=576

https://www.uaf.cl/prensa/archivo_det.aspx?id=574 •

https://www.uaf.cl/prensa/archivo_det.aspx?id=573

People’s Republic of China – The Peoples Bank of China (PBC) has issued Notices on AML/CFT requirements in responding to the COVID-19 pandemic to all its branches on 5th Feb 2020. All branches of PBC should continue more pragmatic

COVID-19-RELATED ML/TF RISKS AND POTENTIAL POLICY RESPONSES | © FATF

453


documentazione

20 | AML/CFT supervisory activities adapted to local situation and provide necessary guidance to local regulated entities when they face difficulties in meeting regulatory requirements;

PBC has also issued Guidance on how to meet the AML/CFT requirements in responding to the COVID-19 pandemic to regulated entities on 5th Feb 2020. All regulated entities are encouraged to develop contingency program meeting the AML/CFT requirements by using the full range of tools at their disposal. To support charitable activity and medical aid, simplified due diligence measures are allowed but the STR of TF and the other high-risk areas should be maintained overall. Colombia – UIAF issued a press release sent to all compliance officers and published it on its website, requesting greater rigor in CDD measures, in the context of the health emergency caused by COVID-19 pandemic. UIAF has also replicated the GAFILAT communiqué in its web-site and carried out a social media campaign to boost all the stakeholders to continue to rigorously implement AML / CFT risk management systems (https://twitter.com/UIAFColombia #YoNoBajoLaGuardia). https://www.uiaf.gov.co/caracterizacion_usuario/slide_home/_30420

https://www.uiaf.gov.co/sala_prensa/noticias_comunicados/la_actual_coyuntur a_exige_se_sigan_30457 •

https://www.uiaf.gov.co/sala_prensa/noticias_comunicados/comunicado_gafila t_covid_19_sus_30438

http://www.icd.go.cr/portalicd/images/docs/uif/ALACFT/Comunicado_a_la_Re d_Global_ALACFT.pdf.

454

Costa Rica – The FIU/ICD issued a statement to all relevant authorities and the reporting entities to guide them on the ML/TF risk associated with COVID-19 and to advise them on possible good practices: Cuba – The Central Bank of Cuba has issued communiqués in line with the FATF’s and GAFILAT’s statement on COVID-19 and its associated ML and FT risks to raise awareness of the reporting entities and the public sector on this matter.

Denmark, Kingdom of – FSA Fighting money laundering and terrorist financing must continue during the Covid-19 crisis: https://www.dfsa.dk/News/Pressreleases/2020/Fighting_money_laundering_covid19.

Dominican Republic – To prevent citizens from being scammed during the Covid-19 emergency, information campaigns are carried out in order to inform the population about the channels and mechanisms to receive financial aid programs. In the official websites of the relevant organizations, specific sections have been created for said programs, which are reported by press and social media. https://www.hacienda.gob.do/ministerio-de-hacienda-informa-cambio-paraaplicar-al-fase/ https://www.quedateencasa.gob.do

http://vicepresidencia.puntosolidario.gob.do/

EGMONT Group - The ECOFEL eLearning platform - accessed by FIUs and other competent authorities from all over the world - now hosts a large quantity of COVID-19-RELATED ML/TF RISKS AND POTENTIAL POLICY RESPONSES | © FATF


COVID-19-related. Money Laundering and Terrorist Financing

documentazione

| 21 reports and other content related to ML/TF threats and vulnerabilities arising from COVID-19 outbreak, including the online course “COVID-19 emerging risks”.

• •

• •

Furthermore, the ECOFEL will soon start organizing round-table discussions that will bring together the FIUs from jurisdictions that are experiencing different stages of COVID-19 outbreak, in order to share their experiences and lessons learned as to how to tackle the relevant managerial and operational issues they face and prepare the FIUs to efficiently return to a normal operational routine once the lockdown decisions by governments are lifted. Egypt – Guidance issued by the Central Bank of Egypt on bank operations during COVID-19 on 20 March 2020.

European Banking Authority – Statement on actions to mitigate financial crime risks in the COVID-19 pandemic:

https://eba.europa.eu/eba-provides-additional-clarity-on-measures-mitigateimpact-covid-19-eu-banking-sector.

Europol – press release and report on pandemic profiteering: how criminals exploit the COVID-19 crisis: https://www.europol.europa.eu/newsroom/news/how-criminals-profit-covid19-pandemic.

Finland – FIU-FI disseminated an alert to reporting entities concerning the possible typologies related to COVID -19 on 26 March 2020.

France – Joint communiqué by financial supervisor (ACPR-AMF) on the scam financial risks related to Covid-19 (in French):

https://www.amf-france.org/fr/actualitespublications/communiques/communiques-de-lamf/lamf-et-lacpr-mettent-engarde-le-public-contre-les-risques-darnaques-dans-le-contexte-de-lepidemie.

Statement of ACPR (France’s main financial supervisor) as regards the continuity of its mission and adaptation during the crisis (in French): https://acpr.banque-france.fr/communique-de-presse/lautorite-de-controleprudentiel-et-de-resolution-assure-la-continuite-de-ses-missions-durant-la.

Confirmation that asset freezing obligations and STR reporting cannot be granted any exceptions during the crisis (bill) (in French):

https://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000041800 899&categorieLien=id.

Statements issued on extension of deadlines for reporting AML-CFT obligations for: Banking sector (in French):

https://acpr.banque-france.fr/communique-de-presse/lautorite-de-controleprudentiel-et-de-resolution-annonce-un-assouplissement-des-modalites-deremise; Insurance sector (in French):

https://acpr.banque-france.fr/communique-de-presse/lautorite-de-controleprudentiel-et-de-resolution-annonce-un-assouplissement-des-dates-de-remisedes; Portfolios management sector (in French):

COVID-19-RELATED ML/TF RISKS AND POTENTIAL POLICY RESPONSES | © FATF

455


documentazione

22 |

https://www.amf-france.org/fr/actualites-publications/actualites/continuitedes-activites-de-gestion-en-periode-de-coronavirus.

GAFILAT– The heads of delegations, together with the Presidency and the Executive Secretariat of GAFILAT, approved an official statement on COVID-19 and its associated ML and FT risks. The document was developed with the inputs received from the member countries and in accordance with the measures reported by FATF. This statement attempts, on the one hand, to alert the authorities of the member countries and the private sector about possible emerging risks and, on the other hand, to share good practices and mitigating measures identified in response to the common problems faced by the GAFILAT’s member countries and the international community.

https://www.gafilat.org/index.php/es/biblioteca-virtual/gafilat/documentosde-interes-17/3823-gafilat-covid19-en-gafilat/file

Germany – BaFin information on new developments and key points on the COVID-19 situation (in English and German):

https://www.bafin.de/EN/Aufsicht/CoronaVirus/CoronaVirus_node_en.html; •

https://www.bafin.de/DE/Aufsicht/CoronaVirus/CoronaVirus_node.html.

Guatemala – SIB, (FI’s regulator) issued statements related to financial supervision on AML/CTF and to the use of cash in order to prevent and mitigate the possible ML/TF risk emerging from the CODIV-19 pandemic situation.

https://www.sib.gob.gt/c/document_library/view_online_get_file?folderId=676 2386&name=DLFE-35734.pdf

456

https://www.sib.gob.gt/c/document_library/view_online_get_file?folderId=676 2638&name=DLFE-35740.pdf

Guernsey - The Guernsey Financial Services Commission has issued press releases emphasizing to the financial services and DNFBP community the importance of operational resilience in the face of increased fraud risk (including cybercrime) arising from Covid-19 measures being taken domestically and worldwide, and on encouraging regulated firms to move to electronic customer verification measures. Consumers have also been alerted to various types of potential Covid-19 scams.

https://www.gfsc.gg/news/article/commission-warns-licensees-increased-riskfraud-arising-covid-19 •

https://www.gfsc.gg/news/article/coronavirus-update-2-–-commissionsupport-financial-services-industry

Honduras – UIF, has published on its website, the statement issued by GAFILAT in this regard, as well as the document issued by the United Nations Office on Drugs and Crime (UNODC) on Cybercrime and COVID-19. These documents were shared with the compliance officers of the reporting entities, so that they can use them as a tool to identify possible risks.

http://pplaft.cnbs.gob.hn/blog/2020/04/30/el-covid-19-problemas-actuales-yfuturos/ •

http://pplaft.cnbs.gob.hn/

Hong Kong, China – Hong Kong Monetary Authority guidelines for financial institutions: COVID-19-RELATED ML/TF RISKS AND POTENTIAL POLICY RESPONSES | © FATF


COVID-19-related. Money Laundering and Terrorist Financing

documentazione

| 23 https://www.hkma.gov.hk/media/eng/doc/key-information/guidelines-andcircular/2020/20200407e1.pdf; •

https://www.hkma.gov.hk/media/eng/doc/key-information/guidelines-andcircular/2020/20200407e2.pdf.

Isle of Man - The regulators and the financial intelligence unit in the Isle of Man have published statements providing guidance to the regulated sector on potential risks, and also setting out expectations of the regulators, during COVID19: https://www.iomfsa.im/covid-19/

https://www.gov.im/categories/business-and-industries/gambling-and-egaming/

https://www.fiu.im/fiu-covid-19-response/

Israel - The Israeli National Police, IMPA (the Israeli FIU), the Bank of Israel (Banking Supervision Division), the Israel Securities Authority and the Israeli Capital Markets, Insurance and Savings Authority have published notices to reporting entities and the public, concerning specific risks arising in connection with the COVID-19 crisis.

Italy – At the outset of the lockdown, Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia – UIF provided obliged entities in all relevant sectors with indications on how to maintain appropriate contacts for any communications, disclosures or requests and for facilitating compliance: https://uif.bancaditalia.it/pubblicazioni/comunicati/documenti/Contatti_lavoro _a_distanza.pdf.

With a second Communiqué UIF indicated the need to leverage IT tools to identify suspicions through remote screening. Also, based on an assessment of the impacts of the emergency, the terms for the filing of certain data related to threshold-based disclosures have been prolonged: https://uif.bancaditalia.it/pubblicazioni/comunicati/documenti/Comunicato_UI F_Covid19.pdf.

Furthermore, UIF has set out to monitor developing trends and identify emerging threats and vulnerabilities, with a view to highlighting areas of risk and providing obliged entities with indicators for the detection of suspicious transactions in the context of the emergency. In the wake of initiatives undertaken by the FATF and European bodies and of similar measures adopted by counterparts in other jurisdictions, UIF issued on 16 April a Communiqué drawing the attention of AML/CFT obliged entities and their staff to the new threats and risks to which they may be exposed and to the need to promptly detect suspicions related to the Covid-19 emergency and report them: https://uif.bancaditalia.it/normativa/norm-indicatorianomalia/Comunicazione-UIF-16.04.2020.pdf.

On April 10, 2020 Banca d’Italia issued a communication to banks and financial intermediaries drawing the attention on the central role of the financial system to transmit the effects of governmental measures, and to avoid detrimental impacts on clients. In this framework, Banca d’Italia also issued recommendations on the implementation of anti money laundering safeguards, recalling to calibrate AML obligations according to the emerging ML/TF risks associated with COVID-19. In this respect, specific attention is requested in order to prevent misuse of financial public aid to individuals and corporations:

COVID-19-RELATED ML/TF RISKS AND POTENTIAL POLICY RESPONSES | © FATF

457


documentazione

24 |

https://www.bancaditalia.it/compiti/vigilanza/normativa/orientamentivigilanza/Comunicazione-intermediari-aprile.pdf

https://www.caa.go.jp/policies/policy/consumer_policy/information/notice_20 0227.html.

Japan – Consumer Affairs Agency & National Police Agency advice public to be aware of COVID-19 related frauds (in Japanese):

https://www.npa.go.jp/bureau/soumu/corona/index_corona_special.html;

Jersey - The Jersey FSC has issued guidance and launched a series of webinars about working in the pandemic, including a specific webinar on the subject of customers due diligence.

https://www.jerseyfsc.org/news-and-events/webinar-covid-19-implicationson-customer-due-diligence/ • •

458

https://player.vimeo.com/video/411514721?autoplay=0&loop=1

Republic of Korea – KoFIU has issued guidance for reporting entities on STR reporting requirements during the crisis.

Luxembourg – the FIU (CRF) has published a COVID-19 typologies report: https://justice.public.lu/dam-assets/fr/organisation-justice/crf/2020-04-02COVID19-EN.pdf (in English); https://justice.public.lu/dam-assets/fr/organisation-justice/crf/note-covid191.pdf (in French).

Mexico – FIU and the National Banking and Securities Commission (CNBV) Joint statement to regulated entities; CNBV statement on prudential and AML/CFT requirements; FIU and Tax and Customs Authority joint statement for DNFBPs (all public documents and in Spanish). In addition, the FIU and the CNBV shared with the financial entities a non-public document about the ML and TF Risks related to COVID-19: https://uif.gob.mx/work/models/uif/imp/AVISO_UIFMARZO.pdf;

https://www.dof.gob.mx/nota_detalle.php?codigo=5590567&fecha=26/03/202 0; • •

https://uif.gob.mx/work/models/uif/imp/ComunicadoCOVID19.pdf.

Morocco – Bank Al-Maghrib has issued a press release on measures taken during COVID-19 on 29 March 2020.

Namibia – FIU public statement on COVID-19 lockdown and public alert on COVID-19 scams:

https://www.fic.na/uploads/Public_Awareness/General_Publications/COVID19%20%E2%80%93%20National%20Lockdown.pdf; •

https://www.fic.na/index.php?mact=News,cntnt01,detail,0&cntnt01articleid=3 21&cntnt01showall=&cntnt01pagelimit=25&cntnt01returnid=76.

Netherlands, Kingdom of – The FIU has issued an information leaflet to all reporting entities, informing them on how they can identify specific financial COVID-benefits paid by the Dutch government, on possible misuse situations and on possible red flags related to COVID-19 fraud cases. These red flags have been developed in cooperation with the several public authorities (Anti Money Laundering Centre, Inspectorate SZW (Social Affairs and Employment) and Public COVID-19-RELATED ML/TF RISKS AND POTENTIAL POLICY RESPONSES | © FATF


COVID-19-related. Money Laundering and Terrorist Financing

documentazione

| 25 Prosecutors Office). An interview with more details on the information leaflet can be found here: https://www.moneylaundering.com/news/dutch-fiu-chiefwarns-of-covid-19-fraud-and-money-laundering/?type=free.

DNB (the central bank) and AFM (the Dutch Financial Markets Authority) have issued several notifications: https://www.dnb.nl/consumenten/corona/dnb388001.jsp page)

(DNB,

https://www.dnb.nl/en/news/dnb-nieuwsbrieven/nieuwsbriefbanken/nieuwsbrief-banken-april-2020/index.jsp (DNB, April 6, 2020)

overview

https://www.afm.nl/nl-nl/nieuws/2020/april/eba-witwassen (AFM, April 1, 2020).

Dutch National Police has issued a warning on cybercriminals taking advantage of corona-related measures: •

https://www.politie.nl/nieuws/2020/maart/17/cybercriminelen-misbruikenmaatregelen-rondom-corona.html.

https://www.dia.govt.nz/diawebsite.nsf/Files/AML-CFT-2020/$file/aml-cftsupervisor-guidance-covid-19-alert-26-march-2020.pdf.

New Zealand – Joint guidance by three supervisory agencies:

Nicaragua – The AML/CTF/PF National Committee has replicated the public documents that the FATF / GAFILAT have published on COVID-19 and its risks associated with ML/TF in order to analyze and evaluate the emerging risks that may result in this context.

Palestinian Authority – Palestine Monetary Authority issued Circulate No. (84/2020) for Specialized Lending Institutions Operating in Palestine; Circulate No. (85/2020) for Banks Operating in Palestine; Circulate No. (86/2020) for Money Exchangers Operating in Palestine on 26 March 2020.

Paraguay – SEPRELAD issued a press release and guidance addressed to the relevant private and public sector in order to alert them on ML/TF related emerging risks. http://www.seprelad.gov.py/gafilat-informa-sobre-el-covid-19-y-sus-riesgosasociados-de-lavado-de-activos-y-financiamiento-del-terrorismo-n108

Peru – The SBS published several communiqués and press release addressed to reporting entities and the public, concerning specific risks arising connected with the COVID-19 pandemic.

https://www.sbs.gob.pe/prevencion-de-lavado-activos/Noticias-ComunicadosSBS/noticia/gafilat-difunde-comunicado-sobre-covid19--y-sus-riesgosasociados-de-lavado-de-activos-y-financiamiento-del-terrorismo/id/1607 https://www.sbs.gob.pe/prevencion-de-lavado-activos/boletines-informativos •

https://www.sbs.gob.pe/Portals/5/jer/BOLETININFORMATIVOS/2020/Boletin_covid19.pdf Portugal – Statements by supervisors:

https://www.bportugal.pt/sites/default/files/anexos/pdfboletim/bo3_2020_s.pdf; COVID-19-RELATED ML/TF RISKS AND POTENTIAL POLICY RESPONSES | © FATF

459


documentazione

26 | https://www.bportugal.pt/comunicado/comunicado-sobre-os-documentosemitidos-pela-eba-e-pelo-gafi-no-contexto-da-pandemia; https://www.bportugal.pt/sites/default/files/anexos/pdfboletim/bo_4_2020s.pdf;

https://www.cmvm.pt/en/Comunicados/communiques/Pages/20200320mc3.a spx?v=; https://www.cmvm.pt/pt/Legislacao/Legislacaonacional/Circulares/Document s/Circular_PAI_covid_20200330.pdf;

https://www.cmvm.pt/pt/Legislacao/Legislacaonacional/Recomendacoes/Page s/rec_auditoria_2020.aspx?v=; https://www.asf.com.pt/NR/exeres/DCEA4D59-33B9-4149-91A3384160BDC805.htm; • •

https://www.asf.com.pt/NR/rdonlyres/58DAE1BA-D274-4C2D-87C5ED043E9A0784/0/CartaCircularnr42020.pdf. Saudi Arabia – SAMA provided guidance to regulated entities.

Seychelles – Advisory from the FIU and Financial Services Authority statement on COVID-19 to reporting entities: https://www.seychellesfiu.sc/FIU/?p=1109;

460

https://www.fsaseychelles.sc/wp-content/uploads/2020/03/CommuniqueCOVID19.pdf.

Singapore – The Singapore Police Force (SPF) and AML/CFT authorities (e.g. Monetary Authority of Singapore) have provided guidance and advisories to regulated entities and the public respectively. SPF has issued an advisory warning of a new type of e-commerce scam involving sale of face masks: https://www.police.gov.sg/mediaroom/news/20200222_others_new_type_of_ecommerce_scams_involving_the_sa le_of_face_masks.

SPF also regularly shares news on types of scams, including those relating to COVID-19, via www.scamalert.sg/news. 8 The Ministry of Law has issued a statement to all Registered Dealers, describing government-wide measures taken in response to Covid-19: https://acd.mlaw.gov.sg/news/notices/remain-vigilant-during-covid-19.

The Monetary Authority of Singapore has been providing guidance to financial institutions on risks and expectations of regulators and supervisors during COVID-19: •

https://www.mas.gov.sg/news/media-releases/2020/mas-takes-regulatoryand-supervisory-measures-to-help-fis-focus-on-supporting-customers. Spain – SEPBLAC public message:

https://www.sepblac.es/en/2020/03/18/covid-19/. Recent advisories on scams include one where Singapore Prime Minister Lee Hsien Loong warns of fake COVID-19 emails purportedly sent by him asking for “contributions” and the Ministry of Health’s warning of scammers impersonating its COVID-19 contact tracing personnel to request for personal information and financial details.

8

COVID-19-RELATED ML/TF RISKS AND POTENTIAL POLICY RESPONSES | © FATF


COVID-19-related. Money Laundering and Terrorist Financing

documentazione

| 27 Bank of Spain public releases on COVID 19:

https://www.bde.es/bde/en/Home/Noticias/covid-19/ CNMV public releases on COVID 19: •

http://www.cnmv.es/portal/gpage.aspx?id=COVID19

https://polisen.se/aktuellt/nyheter/2020/mars/forandrade-brottsmonster-tillfoljd-av-coronaviruset/.

Sweden – Police advice to general public:

Trinidad and Tobago – Guidance has been issued to reporting entities on filing STRs using online secure reporting solutions and on CDD for on-boarding customers using digital identification (online at: www.fiu.gov.tt) and ( issued notifications on COVID-19 scams (online at: https://www.fiu.gov.tt/wpcontent/uploads/COVID19-SCAM.pdf). United Kingdom –

Law Enforcement Agencies have produced threat assessment and published advice on the risk of Covid-19 fraud:

https://nationalcrimeagency.gov.uk/news/fraud-scams-covid19.

The Financial Conduct Authority (FCA) CEO has written to the CEOs of firms providing services to retail investors with advice and detail of the FCA’s response to Covid-19: https://fca.org.uk/publication/correspondence/dear-ceo-letter-coronavirusupdate-firms-providing-services-retail-investors.pdf.

The Institute for Chartered Accountants of England and Wales (ICAEW) has published advice for its firms on how they can continue to meet their AML/CTF obligations: •

https://www.icaew.com/-/media/corporate/files/technical/legal-andregulatory/money-laundering/coronavirus-guide-aml-responsibilities.ashx. United Nations Office on Drugs and Crime –

Money Laundering and Covid-19: Profit and Loss:

https://www.unodc.org/documents/Advocacy-Section/UNODC__MONEY_LAUNDERING_AND_COVID19_-_Profit_and_Loss_v1.1_-_14-04-2020__CMLS-COVID19-GPML1_-_UNCLASSIFIED_-_BRANDED.pdf United States –

FBI’s coronavirus reference site urging diligence (continually updated): https://www.fbi.gov/coronavirus

FinCEN press release, FinCEN Encourages Financial Institutions to Communicate Concerns Related to COVID-19 and to Remain Alert to Related Illicit Financial Activity: https://www.fincen.gov/news/news-releases/financial-crimes-enforcementnetwork-fincen-encourages-financial-institutions; https://www.fincen.gov/news/news-releases/financial-crimes-enforcementnetwork-provides-further-information-financial. US Department of Justice memorandum and press release: COVID-19-RELATED ML/TF RISKS AND POTENTIAL POLICY RESPONSES | © FATF

461


documentazione

28 | https://www.justice.gov/ag/page/file/1258676/download;

https://www.justice.gov/opa/pr/attorney-general-william-p-barr-urgesamerican-public-report-covid-19-fraud.

FDIC Chairman’s Statement, FDIC Chairman Addresses FSOC; Underscores Banks and Deposits Remain Safe; FDIC Frequently Asked Questions, For Financial Institutions and Consumers Affected by the Coronavirus: https://www.fdic.gov/news/news/press/2020/pr20040.html;

https://www.fdic.gov/news/news/financial/2020/fil20018.pdf.

Federal Reserve Board Press Releases: Federal Reserve Statement on Supervisory Activities, Federal Reserve provides additional information to financial institutions on how its supervisory approach is adjusting in light of the coronavirus: https://www.federalreserve.gov/newsevents/pressreleases/files/bcreg202003 24a1.pdf;

https://www.federalreserve.gov/newsevents/pressreleases/bcreg20200324a.h tm

Office of the Comptroller of the Currency Bulletin 2020-34: Bank Secrecy Act/Anti-Money Laundering, OCC Supports FinCEN’s Regulatory Relief and RiskBased Approach for Financial Institution Compliance in Response to COVID-19: https://www.occ.gov/news-issuances/bulletins/2020/bulletin-2020-34.html.

US Department of the Treasury, press release, Treasury Underscores Commitment to Global Flow of Humanitarian Flow of Humanitarian Aid in Face of COVID-19 Pandemic: https://home.treasury.gov/news/press-releases/sm969

462

U.S. Department of the Treasury, Fact Sheet, Provision of Humanitarian Assistance and Trade to Combat COVID-19: https://www.treasury.gov/resource-center/sanctions/OFACEnforcement/Pages/20200416.aspx

U.S. Department of the Treasury, Statement, Office of Foreign Assets Control (OFAC) Encourages Persons to Communicate OFAC Compliance Concerns Related to the Coronavirus Disease 2019 (COVID-19): https://www.treasury.gov/resource-center/sanctions/OFACEnforcement/Pages/20200420.aspx U.S. Department of the Treasury, Information and FAQs for lenders of relief packages: •

https://home.treasury.gov/policy-issues/cares/assistance-for-small-businesses

https://www.gub.uy/secretaria-nacional-lucha-contra-lavado-activosfinanciamiento-terrorismo/comunicacion/noticias/comunicado-del-gafilatsobre-covid-19-riesgos-asociados-lavado-activos

Uruguay – SENACLAFT has published the GAFILAT statements on the ML/TF risks emerging from the COVID-19 pandemic and the possible measures to mitigate them. Zimbabwe – FIU notice to banks on business continuity arrangements during the national ‘lockdown’. COVID-19-RELATED ML/TF RISKS AND POTENTIAL POLICY RESPONSES | © FATF


COVID-19-related. Money Laundering and Terrorist Financing

documentazione

| 29

References

Austrac (2020), Fighting Financial Crime Together – SMRs during the COVID-19 Pandemic, https://www.austrac.gov.au/smrs-during-covid-19.

[13]

Cellule de Renseignement Financier Luxembourg (2020), Typologies COVID-19., https://justice.public.lu/dam-assets/fr/organisation-justice/crf/2020-04-02-COVID19-EN.pdf.

[16]

Council of Europe (2020), In Time of Emergency the Rights and Safety of Trafficking Victims Must be Respected and Protected, https://rm.coe.int/greta-statement-covid19-en.

[11]

Europol (2020), Catching the Virus: Cybercrime, Disinformation and the COVID-19 Pandemic., https://www.europol.europa.eu/sites/default/files/documents/catching_the_virus_cybercrime_ disinformation_and_the_covid-19_pandemic_0.pdf.

[25]

Europol (2020), How Criminals Profit From The COVID-19 Pandemic., https://www.europol.europa.eu/newsroom/news/how-criminals-profit-covid-19-pandemic.

[15]

FATF (2015), Combating the Abuse of Non-Profit Organisation (Recommendation 18), https://www.fatf-gafi.org/publications/fatfrecommendations/documents/bpp-combatingabuse-npo.html.

[22]

FBI (2020), School Closings Due to COVID-19 Present Potential For Increased Risk of Child Exploitation, https://www.fbi.gov/news/pressrel/press-releases/school-closings-due-to-covid-19-presentpotential-for-increased-risk-of-child-exploitation.

[14]

Australian Ministers for the Department of Social Services (2020), Economic Stimulus Scammers Will Be Caught, https://ministers.dss.gov.au/media-releases/5636. CISA (2020), COVID-19 Exploited By Malicious Cyber Actors, http://www.uscert.gov/ncas/alerts/aa20-099a.

European Commission (2020), Launches Enquiry into Fake COVID-19 Related Products, https://ec.europa.eu/anti-fraud/media-corner/news/20-03-2020/olaf-olaf-launches-enquiryfake-covid-19-related-products_en.

Europol (2020), COVID-19: Fraud, http://www.europol.europa.eu/covid-19/covid-19-fraud. FATF (2020), Guidance on Digital ID, http://www.fatfgafi.org/publications/fatfrecommendations/documents/digital-identity-guidance.html.

FBI (2020), FBI Anticipates Rise In Business Email Compromise Schemes Related To The COVID-19 Pandemic, http://www.fbi.gov/news/pressrel/press-releases/fbi-anticipates-rise-in-businessemail-compromise-schemes-related-to-the-covid-19-pandemic.

Interpol (2020), Global Operation Sees a Rise in Fake Medical Products Related to COVID-19, https://www.interpol.int/en/News-and-Events/News/2020/Global-operation-sees-a-rise-infake-medical-products-related-to-COVID-19.

COVID-19-RELATED ML/TF RISKS AND POTENTIAL POLICY RESPONSES | Š FATF

[18]

[8]

[28]

[5]

[23]

[9]

[24]

463


documentazione

30 | Interpol (2020), Cybercriminals Targeting Critical Healthcare Institutions with Ransomware., https://www.interpol.int/fr/Actualites-et-evenements/Actualites/2020/Cybercriminalstargeting-critical-healthcare-institutions-with-ransomware

Interpol (2020), INTERPOL Warns of Financial Fraud Linked to COVID-19. [online], http://www.interpol.int/en/News-and-Events/News/2020/INTERPOL-warns-of-financial-fraudlinked-to-COVID-19.

[1]

Singapore Police Force (2020), New type of e-commerce scams involving the sale of face masks,, http://www.police.gov.sg/mediaroom/news/20200222_others_new_type_of_ecommerce_scams_involving_the_sale_of_face_masks .

[4]

Interpol (2020), Unmasked – International Covid-19 fraud exposed. [online] Available at: https://www.interpol.int/News-and-Events/News/2020/Unmasked-International-COVID-19fraud-exposed.

UN (2020), Secretary-General’s Remarks to the Security Council on the COVID_19 Pandemic, https://www.un.org/sg/en/content/sg/statement/2020-04-09/secretary-generals-remarks-thesecurity-council-the-covid-19-pandemic-delivered. U.S. Cybersecurity and Infrastructure Security Agency (2020), COVID-19 Exploited By Malicious Cyber Actors | CISA, www.us-cert.gov/ncas/alerts/aa20-099a. US FDA (2020), There Are No FDA-Approved Drugs Or Vaccines To Treat COVID-19, http://www.fda.gov/consumers/consumer-updates/beware-fraudulent-coronavirus-testsvaccines-and-treatments.

464

[10]

[20]

[3]

US ICE (2020), ICE HSI arrests Georgia resident for selling illegal pesticide, claiming it protects against coronavirus, https://www.ice.gov/news/releases/ice-hsi-arrests-georgia-resident-selling-illegalpesticide-claiming-it-protects.

[27]

US Justice Department (2020), Darknet Vendor Arrested on Distribution and Money Laundering Charges, https://www.justice.gov/usao-edva/pr/darknet-vendor-arrested-distribution-andmoney-laundering-charges.

[19]

US IRS (2020), IRS issues warning about Coronavirus-related scams; watch out for schemes tied to economic impact payments., https://www.irs.gov/newsroom/irs-issues-warning-aboutcoronavirus-related-scams-watch-out-for-schemes-tied-to-economic-impact-payments.

[17]

US Justice Department (2020), Justice Department Seeks to End Illegal Online Sale of Industrial Bleach Marketed as “Miracle” Treatment for COVID-19, https://www.justice.gov/opa/pr/justicedepartment-seeks-end-illegal-online-sale-industrial-bleach-marketed-miracle-treatment.

[26]

US Treasury (2020), COVID-19 Scams, https://home.treasury.gov/services/report-fraud-waste-andabuse/covid-19-scams.

[2]

US Securities and Exchange Commission (2020), Look Out For Coronavirus-Related Investment Scams - Investor Alert. [online] Available at:, http://www.sec.gov/oiea/investor-alerts-andbulletins/ia_coronavirus.

[6]

US Treasury (2020), Treasury Underscores Commitment to Global Flow of Humanitarian Aid in Face of COVID-19 Pandemic, https://home.treasury.gov/news/press-releases/sm969.

[21]

COVID-19-RELATED ML/TF RISKS AND POTENTIAL POLICY RESPONSES | © FATF


COVID-19-related. Money Laundering and Terrorist Financing

documentazione

| 31 WEF (2020), This is the Impact of COVID-19 on Modern Slavery, https://www.weforum.org/agenda/2020/04/covid19-modern-slavery/. WHO (2020), Cybersecurity. [online] Available at:, http://www.who.int/about/communications/cyber-security.

[12] [7]

465

COVID-19-RELATED ML/TF RISKS AND POTENTIAL POLICY RESPONSES | © FATF


documentazione

466

www.fatf-gafi.org May 2020

FINANCING OF RECRUITMENT FOR TERRORIST PURPOSES Terrorist organisations have different recruitment techniques, depending on whether they are large, small or a dispersed network of individuals. This report identifies the most common methods of recruitment used by terrorist organisations and terrorist cells (and their related funding needs) and the costs associated with these different methods and techniques of terrorist recruitment. This report will help authorities detect and disrupt recruitment activities for terrorist purposes.


COVID-19-related. Money Laundering and Terrorist Financing

Commento Sulla base delle informazioni fornite dai membri del Global Network GAFI, il 7 e 23 aprile, l’Organismo ha pubblicato un documento che identifica le sfide, le buone prassi e le risposte politiche alle nuove minacce di riciclaggio e finanziamento del terrorismo derivanti dalla crisi Covid-19. Mentre il mondo si sta concentrando sulla risposta alla pandemia di Covid-19, si presenta un’ulteriore sfida per i governi e il settore privato sul fronte dell’adeguata applicazione degli obblighi di lotta al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo (AML/CFT), in ambiti come: vigilanza, regolamentazione, segnalazione delle operazioni sospette e cooperazione internazionale. Ciò potrebbe comportare l’emersione di vulnerabilità dei presidi che potrebbero indurre i criminali a trovare modi per: – bypassare le misure di adeguata verifica della clientela; – aumentare l’uso improprio di servizi finanziari online e risorse virtuali per spostare e nascondere fondi illeciti; – sfruttare le misure di incentivazione economica e i regimi di insolvenza come mezzo per consentire alle persone fisiche e giuridiche di nascondere e riciclare i proventi illeciti; – aumentare l’uso del settore finanziario non regolamentato, creando ulteriori opportunità per i criminali di riciclare fondi illeciti;

documentazione

– appropriarsi indebitamente di aiuti finanziari nazionali e internazionali e finanziamenti di emergenza; – sfruttare la pandemia Covid19e la recessione economica associata per passare a nuove linee di business ad alti livelli di liquidità nei paesi in via di sviluppo. Le soluzioni delle policy AML/ CFT possono aiutare a supportare l’implementazione rapida ed efficace delle misure per rispondere alla crisi Covid-19, gestendo al contempo nuovi rischi e vulnerabilità. Questo documento fornisce esempi di tali risposte, che includono: – coordinamento nazionale per valutare l’impatto di Covid-19 su rischi e sistemi AML/CFT; – comunicazione rafforzata con il settore privato; – incoraggiamento del pieno utilizzo di un approccio basato sul rischio all’adeguata verifica della clientela. In particolare, il GAFI incoraggia l’uso di tecnologie che sfruttino l’identità digitale e altre soluzioni innovative affidabili per identificare i clienti ed eseguire le operazioni a distanza. Da consultare anche la recente guida GAFI sull’ID digitale GAFI che evidenzia che l’onboarding e le operazioni non vis-à-vis, condotte utilizzando un ID digitale affidabile non sono necessariamente ad alto rischio e possono anzi essere standard addirittura a rischio inferiore. - Supporto delle opzioni di pagamento elettronico e digitale.

467



documentazione

13.5.2020

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 164/21

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE relativa a un piano d’azione per una politica integrata dell’Unione in materia di prevenzione del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo (2020/C 164/06)

I.

Introduzione

La Commissione è fortemente impegnata nella lotta contro il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo, sia all’interno dell’UE che a livello mondiale. Nell’Unione europea è necessario praticare la tolleranza zero contro il denaro illecito. Il recente aumento delle attività criminose nel contesto della pandemia di Covid-19 (1) ci ricorda che i criminali sfrutteranno tutte le possibilità per perseguire le loro attività illecite a detrimento della società. L’UE deve mostrare altrettanta determinazione per fare in modo che essi non beneficino dei proventi di tali attività criminose. Nell’arco di trent’anni, l’UE ha elaborato un solido quadro normativo per prevenire e combattere il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo, che è stato confermato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’UE (2). Le norme dell’UE sono di ampia portata e vanno oltre le norme internazionali adottate dal Gruppo di azione finanziaria internazionale (GAFI) (3). Il numero di imprese e professioni soggette a tali norme è aumentato costantemente. Recenti sviluppi in ambito legislativo hanno avuto per obiettivo il rafforzamento del quadro dell’UE in materia di lotta al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo (AML/CFT). Tra questi si possono citare le modifiche apportate alla 4a direttiva antiriciclaggio dalla 5a direttiva antiriciclaggio (4), il rafforzamento del mandato dell’Autorità bancaria europea (5), le nuove disposizioni che si applicheranno ai controlli sul denaro contante (6) a partire dal giugno 2021, le modifiche apportate alla direttiva sui requisiti patrimoniali (7), le nuove norme in materia di accesso alle informazioni finanziarie da parte delle autorità di contrasto (8) e una definizione armonizzata dei reati e delle sanzioni relativi al riciclaggio di denaro (9). L’UE ha inoltre istituito un regime completo di protezione degli informatori che dovrà essere recepito entro dicembre 2021 (10), che integra le norme vigenti in materia di protezione degli informatori stabilite dalla 4a direttiva antiriciclaggio. Il nuovo regime rafforzerà la capacità delle autorità nazionali e dell’UE di prevenire, individuare e contrastare le violazioni, tra l’altro, delle norme contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo. (1) Europol, «Speculazione pandemica: come i criminali sfruttano la crisi provocata dalla Covid-19», marzo 2020. Anche l’Autorità bancaria europea ha ricordato agli istituti finanziari e creditizi l’importanza di sistemi e controlli efficaci e ha invitato le autorità competenti a sostenerli in questo ambito. Si veda la dichiarazione dell’ABE sulle azioni per attenuare i rischi di criminalità finanziaria nel contesto della pandemia di Covid-19. (2) La Corte ha riconosciuto che l’obiettivo della lotta contro il riciclaggio di denaro è una questione di protezione dell’ordine pubblico e può giustificare una restrizione alle libertà fondamentali garantite dal trattato, tra cui la libera circolazione dei capitali. Le restrizioni devono essere proporzionate (cfr. Jyske Bank Gibilterra, C 212/11 e LHU Zeng, C– 190/17). (3) Il GAFI è un organismo intergovernativo che fissa norme e promuove un’attuazione efficace delle misure di lotta al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo. La Commissione, 14 Stati membri dell’UE e due Stati EFTA-SEE sono membri del GAFI, mentre 13 Stati membri sono membri di Moneyval, un’organizzazione regionale. (4) Direttiva (UE) 2018/843 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, che modifica la direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo e che modifica le direttive 2009/138/CE e 2013/36/UE (GU L 156 del 19.6.2018, pag. 43). (5) Regolamento (UE) 2019/2175 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2019, che modifica il regolamento (UE) n. 1093/2010, che istituisce l’Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea), il regolamento (UE) n. 1094/2010, che istituisce l’Autorità europea di vigilanza (Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali), il regolamento (UE) n. 1095/2010, che istituisce l’Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati), il regolamento (UE) n. 600/2014, sui mercati degli strumenti finanziari, il regolamento (UE) 2016/1011, sugli indici usati come indici di riferimento negli strumenti finanziari e nei contratti finanziari o per misurare la performance di fondi di investimento, e il regolamento (UE) 2015/847, riguardante i dati informativi che accompagnano i trasferimenti di fondi (GU L 334 del 27.12.2019, pag. 1). (6) Regolamento (UE) 2018/1672 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nell’Unione o in uscita dall’Unione e che abroga il regolamento (CE) n. 1889/2005 (GU L 284 del 12.11.2018, pag. 6). (7) Direttiva (UE) 2019/878 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2019, che modifica la direttiva 2013/36/UE per quanto riguarda le entità esentate, le società di partecipazione finanziaria, le società di partecipazione finanziaria mista, la remunerazione, le misure e i poteri di vigilanza e le misure di conservazione del capitale (GU L 150 del 7.6.2019, pag. 253). (8) Direttiva (UE) 2019/1153 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, che reca disposizioni per agevolare l’uso di informazioni finanziarie e di altro tipo a fini di prevenzione, accertamento, indagine o perseguimento di determinati reati, e che abroga la decisione 2000/642/GAI del Consiglio (GU L 186 dell’11.7.2019, pag. 122). (9) Direttiva (UE) 2018/1673 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla lotta al riciclaggio mediante il diritto penale (GU L 284 del 12.11.2018, pag. 22) (10) Direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione (GU L 305, del 26.11.2019, pag. 17).


documentazione

C 164/22

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

13.5.2020

Vi è tuttavia un consenso crescente sul fatto che il quadro debba essere notevolmente migliorato. Occorre affrontare le profonde divergenze nelle sue modalità di applicazione e le gravi carenze riscontrate nell’applicazione delle norme. Nella sua comunicazione Verso una migliore attuazione del quadro dell’Unione in materia di lotta al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo (11) e nelle relazioni di accompagnamento del luglio 2019, la Commissione ha stabilito le misure necessarie per garantire una politica organica dell’UE in materia di prevenzione del riciclaggio di denaro e di lotta al finanziamento del terrorismo (AML/CFT). Tra esse figurano una migliore applicazione delle norme in vigore, un corpus normativo più dettagliato e armonizzato, una vigilanza coerente e di elevata qualità, anche mediante il conferimento di compiti specifici a un organismo dell’UE, l’interconnessione dei registri centralizzati dei conti bancari e un meccanismo rafforzato per coordinare e sostenere l’operato delle unità di informazione finanziaria. Questa impostazione ha il sostegno del Parlamento europeo e del Consiglio. Nella sua risoluzione del 19 settembre 2019 (12) il Parlamento europeo ha invitato a dare maggior impulso alle iniziative che potrebbero rafforzare le azioni di prevenzione del riciclaggio di denaro e di lotta al finanziamento del terrorismo a livello dell’UE e ha esortato gli Stati membri a recepire in tempi rapidi le norme dell’UE. Il 5 dicembre 2019 il Consiglio «Economia e finanza» ha adottato le conclusioni sulle priorità strategiche in materia di antiriciclaggio e di contrasto del finanziamento del terrorismo (13), invitando la Commissione a esaminare azioni che potrebbero migliorare il quadro esistente. La Commissione intende attuare una politica organica in materia di antiriciclaggio e di contrasto del finanziamento del terrorismo adeguata ai rischi, minacce e vulnerabilità specifiche cui è confrontata l’UE (14), definendola in modo tale da renderne possibile un’evoluzione efficace che tenga conto dell’innovazione. Un quadro rafforzato in materia di antiriciclaggio e di contrasto del finanziamento del terrorismo permetterà di favorire ulteriormente l’integrità del sistema finanziario dell’UE, elemento necessario per completare l’attuazione dell’Unione bancaria e dell’Unione economica e monetaria.

470

Si dovrebbe porre in essere un sistema AML/CFT integrato dell’UE sulla base di una valutazione d’impatto approfondita, anche per quanto riguarda l’incidenza sui diritti fondamentali. Prendendo esempio dalle riforme introdotte nel campo della regolamentazione e della vigilanza bancaria prudenziale, il sistema dovrebbe basarsi su un corpus normativo armonizzato e su un organismo di vigilanza a livello dell’UE che operi in stretta cooperazione con le autorità nazionali competenti allo scopo di garantire una vigilanza di elevata qualità e coerenza all’interno del mercato unico. A ciò dovrebbe aggiungersi l’istituzione di un meccanismo di sostegno e coordinamento dell’UE per le unità di informazione finanziaria, al fine di migliorarne l’efficacia e procedere all’interconnessione dei registri nazionali centralizzati dei conti bancari, consentendo un accesso transfrontaliero più rapido alle informazioni sui conti bancari da parte della autorità di contrasto e delle unità di informazione finanziaria. Il presente piano d’azione illustra in che modo la Commissione intenda realizzare questi obiettivi basandosi su sei pilastri: — garantire l’effettiva attuazione del quadro esistente dell’UE in materia di antiriciclaggio e contrasto del finanziamento del terrorismo; — istituire un corpus normativo unico dell’UE in materia di antiriciclaggio e di contrasto del finanziamento del terrorismo; — realizzare a livello UE la vigilanza in materia di antiriciclaggio e di contrasto del finanziamento del terrorismo; — istituire un meccanismo di sostegno e cooperazione per le unità di informazione finanziaria; — attuare le disposizioni di diritto penale e lo scambio di informazioni a livello unionale; — rafforzare la dimensione internazionale del quadro in materia di antiriciclaggio e contrasto del finanziamento del terrorismo.

II.

Garantire l’effettiva attuazione del quadro esistente dell’UE in materia di antiriciclaggio e contrasto del finanziamento del terrorismo

La prima priorità è assicurare che le norme dell’UE in materia di antiriciclaggio e di contrasto del finanziamento del terrorismo siano attuate in modo rigoroso ed efficace dagli Stati membri, dalle autorità competenti e dai soggetti obbligati. Ciò richiede un intervento su più fronti. (11) COM(2019) 360 final. (12) Risoluzione del Parlamento europeo del 19 settembre 2019 sullo stato di attuazione della legislazione antiriciclaggio dell’Unione (2019/2820(RSP)) (13) Conclusioni del Consiglio, del 5 dicembre 2019, sulle priorità strategiche in materia di antiriciclaggio e di contrasto del finanziamento del terrorismo (14823/19). (14) Come illustrato nella più recente valutazione sovranazionale del rischio nell’Unione, la relazione della Commissione sulla valutazione dei rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo che incidono sul mercato interno e sono connessi ad attività transfrontaliere, COM(2019) 370 final.


Comunicazione della Commissione in materia di prevenzione del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo

13.5.2020

IT

documentazione

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 164/23

Garantire il recepimento e l’attuazione efficaci della direttiva antiriciclaggio Per quanto riguarda la 4a direttiva antiriciclaggio, la Commissione ha avviato una procedura d’infrazione nei confronti di tutti gli Stati membri per il mancato recepimento integrale della stessa. Diversi Stati membri hanno reagito adottando nuove leggi che hanno determinato la conseguente chiusura delle relative procedure d’infrazione. Sono tuttora in corso procedure di infrazione nei confronti di altri Stati membri. Entro la metà del 2021 sarà completato uno studio sull’effettiva applicazione della 4a direttiva antiriciclaggio, che sarà utilizzato dalla Commissione per la stesura della pertinente relazione che essa è tenuta a presentare (15). Per quanto riguarda il recepimento della 5a direttiva antiriciclaggio, il cui termine ultimo era il 10 gennaio 2020, la Commissione ha già avviato una serie di procedure di infrazione nei confronti degli Stati membri che non hanno notificato alcuna misura di recepimento. La Commissione effettuerà un attento monitoraggio dell’istituzione, da parte degli Stati membri, dei registri centralizzati dei conti bancari e dei registri sulla titolarità effettiva, per garantire che vi siano immessi dati di elevata qualità. I lavori sull’interconnessione dei registri sulla titolarità effettiva sono già cominciati e l’interconnessione sarà operativa nel 2021. Nel 2021 la Commissione pubblicherà anche la 3a valutazione sovranazionale del rischio al fine di raccogliere le informazioni necessarie per un approccio basato sul rischio.

Monitoraggio della capacità degli Stati membri di prevenire e combattere il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo Il riciclaggio di denaro è dannoso non solo per la stabilità del sistema finanziario dell’UE, ma anche per l’economia, la buona governance e la fiducia degli investitori. Nel ciclo del semestre europeo la Commissione analizza in che modo le norme in materia di antiriciclaggio e di contrasto del finanziamento del terrorismo siano applicate in pratica negli Stati membri e su tale base il Consiglio adotta quindi raccomandazioni specifiche per paese in materia. La Commissione, tramite il suo programma di assistenza per le riforme strutturali, fornisce inoltre assistenza tecnica agli Stati membri nell’attuazione delle riforme necessarie al fine di colmare alcune delle principali lacune del sistema AML/CFT dell’UE. Tra esse figurano l’organico insufficiente delle autorità competenti, le carenze nell’applicazione dell’approccio basato sul rischio e nell’attenuazione dei rischi di abusi delle società di comodo, dei visti d’oro e dei programmi di cittadinanza.

Autorità bancaria europea (ABE) Il mandato dell’ABE è stato recentemente rafforzato dal regolamento (UE) 2019/2175 (16), che le ha conferito la responsabilità di guidare, coordinare e monitorare l’operato in materia di AML/CFT di tutti i fornitori di servizi finanziari dell’UE e delle autorità competenti. L’ABE ha inoltre il potere di istituire una banca dati AML/CFT dei rischi e delle azioni di vigilanza a livello dell’UE, effettuare valutazioni del rischio sulle autorità competenti e, se necessario, chiedere alle autorità di indagare e prendere provvedimenti nei confronti dei singoli istituti finanziari. La Commissione si aspetta che l’ABE utilizzi appieno i suoi poteri rafforzati, in particolare per accertare se un’autorità nazionale di vigilanza abbia violato il diritto dell’Unione nello svolgimento dei suoi compiti. L’ABE ha già iniziato a effettuare i riesami dell’attuazione e ha pubblicato una prima relazione nel febbraio 2020 (17), nella quale ha messo in evidenza una serie di problemi, sottolineando che le «metodologie impiegate dalle autorità competenti per quanto riguarda la vigilanza AML/CFT delle banche non sempre si sono rivelate efficaci». Come indicato nella sezione IV, l’istituzione di un’autorità di vigilanza a livello dell’UE rafforzerà il rispetto delle norme. Si garantirà così che siano adottate misure adeguate per prevenire in primo luogo il riciclaggio di denaro e, laddove ciò non sia possibile, che siano imposte sanzioni efficaci. La nuova autorità di vigilanza a livello dell’UE sarà concepita in modo tale da garantire che disponga delle necessarie competenze, capacità investigative e poteri in materia di AML/CFT, nonché di una struttura decisionale tale da garantire una migliore attuazione delle norme, agendo in modo preventivo in caso di sospetti, così da garantire l’applicazione effettiva del corpus normativo unico. La Commissione ritiene che le ispezioni in loco per valutare l’efficacia del quadro AML/CFT negli Stati membri saranno essenziali per garantire elevati standard di qualità in tutta l’Unione. (15) Articolo 65, paragrafo 1, della 4a direttiva antiriciclaggio. (16) Cfr. la nota 3. (17) Relazione dell’ABE sulle metodologie impiegate dalle autorità competenti alla vigilanza delle banche per quanto riguarda la lotta contro il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo, EBA/Rep/2020/06

471


documentazione

C 164/24

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

13.5.2020

La Commissione continuerà a garantire il recepimento completo e corretto delle norme AML/CFT e proporrà raccomandazioni specifiche per paese in questo ambito nel secondo trimestre del 2020.

III.

Creare un corpus normativo rafforzato

Il quadro giuridico dell’UE è di ampia portata e ha progressivamente ampliato il numero dei cosiddetti soggetti obbligati (18) e l’elenco dei reati presupposto, ha dato un’importanza maggiore alla titolarità effettiva e alle metodologie basate sul rischio, eliminando in gran parte gli ostacoli alla comunicazione e cooperazione tra le autorità competenti. Tale quadro fornisce agli Stati membri un contesto normativo organico per combattere il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo.

Tuttavia, l’attuale approccio alla legislazione dell’UE si è tradotto in un’applicazione divergente del quadro nei diversi Stati membri e, in parte, nella fissazione di ulteriori requisiti che vanno oltre quanto previsto dal diritto dell’UE. Esempi di tali misure sono l’individuazione di altri soggetti obbligati, quali le piattaforme di crowdfunding, i commercianti di diamanti, i poteri concessi alle unità di informazione finanziaria ai fini del congelamento dei beni e l’introduzione di limitazioni ai pagamenti in contanti (19). Il risultato è un paesaggio legislativo frammentato nell’UE, che determina costi e oneri aggiuntivi per coloro che forniscono servizi transfrontalieri o che determina lo «shopping normativo», con le imprese che si registrano dove le norme sono più flessibili.

472

La mancanza di dettagli nelle norme applicabili e nell’attribuzione delle responsabilità in relazione ai problemi a livello transfrontaliero si traduce in interpretazioni divergenti della direttiva nei diversi Stati membri. Una cooperazione inadeguata tra le autorità competenti (unità di informazione finanziaria, autorità di vigilanza, autorità di contrasto e autorità fiscali), sia a livello nazionale che transfrontaliero, crea potenziali lacune che possono essere sfruttate dai criminali. Le autorità europee di vigilanza hanno inoltre rilevato (20) che le divergenze nell’approccio normativo alla vigilanza e nell’applicazione dell’approccio basato sul rischio ostacolano la fornitura di servizi transfrontalieri e aumentano i costi per le imprese, compromettendo anche il buon funzionamento del quadro AML/CFT dell’UE. Poiché la questione è particolarmente rilevante nel settore della tecnologia finanziaria, l’ABE ha raccomandato alla Commissione di armonizzare i requisiti da applicare a tali imprese (21), quando sussistono rischi di riciclaggio di denaro e finanziamento del terrorismo.

La legislazione dell’UE in materia di AML/CFT deve farsi più articolata, precisa e meno soggetta a un’attuazione divergente. Alcuni requisiti supplementari imposti dagli Stati membri nel recepimento delle direttive antiriciclaggio potrebbero tuttavia contribuire a rafforzare il quadro AML/CFT e potrebbero essere integrati nel futuro corpus normativo dell’UE. Per limitare le divergenze nell’interpretazione e nell’applicazione delle norme, talune parti della direttiva antiriciclaggio dovrebbero essere trasformate in disposizioni direttamente applicabili stabilite da un regolamento. Come minimo ciò dovrebbe includere le disposizioni che stabiliscono l’elenco dei soggetti obbligati, i requisiti di adeguata verifica della clientela, i controlli interni, gli obblighi di segnalazione, come pure le disposizioni relative ai registri sulla titolarità effettiva e ai registri centralizzati dei conti bancari. Inoltre dovrebbe essere preso in considerazione un approccio più armonizzato all’individuazione delle persone politicamente esposte. Particolare attenzione dovrebbe essere prestata a garantire l’efficacia del sistema, fornendo maggiori informazioni sulla struttura e i compiti della vigilanza in relazione a tutti i soggetti obbligati e ai compiti delle unità di informazione finanziaria (si vedano le sezioni successive). Un sistema integrato UE di lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo richiederà inoltre un corpus normativo sufficientemente dettagliato per facilitare la vigilanza diretta.

Inoltre, per quanto riguarda le norme specifiche, si potrebbe ottenere un’ulteriore armonizzazione conferendo il potere di adottare norme più dettagliate mediante atti delegati o atti di esecuzione, per adeguarsi all’andamento della situazione. (18) Oltre al settore finanziario, ai professionisti del settore legale e ai contabili, il quadro dell’UE si applica anche agli agenti immobiliari, ai servizi di gioco d’azzardo, alle persone che negoziano beni, ai prestatori di servizi di cambio tra valute virtuali e valute legali, ai prestatori di servizi di portafoglio digitale e alle persone che commerciano in opere d’arte. (19) Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulle restrizioni ai pagamenti in contanti, COM(2018) 483 final. Nel corso del 2021 sarà presa in considerazione la possibilità di effettuare un’ulteriore valutazione mirata di tali aspetti. (20) Parere congiunto delle autorità europee di vigilanza sui rischi di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo che interessano il settore finanziario dell’Unione europea, 4 ottobre 2019 (21) Relazione dell’ABE sui potenziali ostacoli alla prestazione transfrontaliera di servizi bancari e di pagamento, 29 ottobre 2019.


Comunicazione della Commissione in materia di prevenzione del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo

13.5.2020

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

documentazione

C 164/25

? Il GAFI definisce le attività virtuali come rappresentazioni digitali di valore che possono essere negoziate o trasferite in modo digitale e che possono essere utilizzate per pagamenti o investimenti. Tra le attività virtuali non rientrano le rappresentazioni di valore digitale di valute legali, titoli e altre attività finanziarie già contemplate dalle sue norme.. Tra gli altri provvedimenti potrebbero figurare misure per rendere più agevole l’uso dell’identificazione digitale per accertare e verificare a distanza l’identità dei clienti come pure per stabilire relazioni commerciali a distanza o l’introduzione di un massimale per i pagamenti in contanti di grossa entità. È inoltre necessaria un’interconnessione a livello dell’UE dei registri centrali dei conti bancari per accelerare l’accesso alle informazioni finanziarie da parte delle autorità di contrasto e delle unità di informazione finanziaria e facilitare la cooperazione transfrontaliera.<appli:NextPage Tenuto conto dell’aumento, in particolare, della criminalità finanziaria e delle frodi informatiche, si potrebbero considerare disposizioni per facilitare il congelamento amministrativo per le unità di informazione finanziaria e obbligare le istituzioni finanziarie a dar seguito ed eseguire le richieste di richiamo. Ulteriori rischi derivano dai programmi di cittadinanza e residenza per investitori. Sarà necessario esaminare le modalità per attenuare tali rischi, tenendo conto, inoltre, dei settori a rischio individuati dalla la valutazione sovranazionale del rischio. Lavorando all’adozione di queste nuove misure, sarà importante ridurre al minimo gli oneri finanziari e amministrativi aggiuntivi per gli Stati membri e i soggetti obbligati e di seguire un approccio basato sul rischio. A fronte di un aumento delle sanzioni per le carenze in materia di AML/CFT, i soggetti obbligati hanno esplorato modalità per rafforzare la conformità, dall’assegnazione di risorse supplementari e l’istituzione di ampi programmi di risanamento, al fine di rivedere radicalmente i loro modelli imprenditoriali e di abbandonare alcuni prodotti, clienti o mercati, compresa l’attività bancaria corrispondente. Ciò potrebbe comportare conseguenze indesiderate per la fornitura di servizi finanziari e per il finanziamento dell’economia. Le soluzioni tecnologiche, che potrebbero contribuire a migliorare l’individuazione di transazioni e attività sospette, devono essere conformi alle norme internazionali e dell’UE in materia di AML/CFT e ad altre norme dell’UE, tra cui la protezione dei dati e l’antitrust. Poiché le norme dell’Unione in materia AML/CFT non hanno l’obiettivo di negare l’accesso ai servizi finanziari legittimi, è necessaria maggiore chiarezza su come tali norme si colleghino ad altre disposizioni legislative nel settore finanziario (22). Si dovrebbe valutare se e in quali circostanze il riciclaggio di denaro o il finanziamento del terrorismo possano portare alla dichiarazione di dissesto o di rischio di dissesto e condurre alla risoluzione di una banca a norma della direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche (23) o alla liquidazione di una banca e all’obbligo di rimborsare i depositanti. La direttiva sui sistemi di garanzia dei depositi (24) potrebbe essere migliorata mediante disposizioni più chiare per ridurre ulteriormente il rischio che i depositanti sospettati di attività di riciclaggio di denaro e finanziamento del terrorismo (ML/ TF) siano rimborsati mediante un pagamento erogato da sistemi di garanzia dei depositi, chiarendo al contempo anche il ruolo di tali sistemi e di altre autorità competenti in materia di AML/CFT. Meritano inoltre di essere ulteriormente esaminate le modalità per conciliare l’obbligo previsto dalla direttiva sui conti di pagamento (25) (fornire un conto di pagamento con caratteristiche di base a qualsiasi cliente) con l’obbligo previsto dalle norme in materia di AML/CFT di porre fine al rapporto d’affari se i soggetti obbligati nutrono sospetti sui clienti o non sono in grado di ottenere informazioni aggiornate sugli stessi. Infine, sarà necessario un riesame per valutare l’adeguatezza delle categorie di prestatori di servizi di pagamento attualmente contemplate dalla normativa in materia di AML/CFT. I quadri in materia di servizi finanziari potrebbero essere ulteriormente elaborati per garantire che le autorità di vigilanza prudenziale siano tenute a condividere le informazioni con le loro controparti competenti in materia di AML/CFT. I requisiti e criteri di idoneità previsti dalla legislazione sui servizi finanziari dovrebbero applicare condizioni più rigorose in materia di AML/CFT. I soggetti obbligati, quando accedono alle informazioni pertinenti per assolvere l’obbligo di adeguata verifica della clientela, e le autorità pubbliche che scambiano informazioni tra loro, anche al di fuori dell’UE, devono rispettare pienamente la legislazione dell’UE in materia di protezione dei dati. Ad esempio, fornire ai soggetti obbligati l’accesso a determinati registri pubblici potrebbe sollevare preoccupazioni in materia di protezione dei dati. Nel contesto dello scambio di informazioni tra autorità competenti è stata inoltre menzionata la difficoltà di garantire il rispetto della protezione dei dati e della riservatezza. Tali questioni dovrebbero essere debitamente affrontate. (22) Si veda anche l’annuncio contenuto nel programma di lavoro della Commissione, secondo cui la Commissione presenterà un quadro legislativo sulle cripto-attività. (23) Direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento (GU L 173 del 12.6.2014, pag. 190). (24) Direttiva 2014/49/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi (GU L 173 del 12.6.2014, pag. 149). (25) Direttiva 2014/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014, sulla comparabilità delle spese relative al conto di pagamento, sul trasferimento del conto di pagamento e sull’accesso al conto di pagamento con caratteristiche di base (GU L 257 del 28.8.2014, pag. 214).

473


documentazione

C 164/26

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

13.5.2020

Nel primo trimestre del 2021 la Commissione presenterà proposte legislative con l’obiettivo di proporre un corpus normativo unico in ambito AML/CFT sulla base di un’approfondita valutazione d’impatto.

IV.

Realizzare a livello UE la vigilanza AML/CFT

La vigilanza costituisce il fulcro di un efficace quadro AML/CFT. L’importanza di un’adeguata vigilanza è stata confermata nel pacchetto antiriciclaggio del luglio 2019, in cui l’analisi di diversi casi di riciclaggio ha evidenziato significative carenze per quanto riguarda la gestione del rischio da parte degli enti creditizi e la loro sorveglianza, sia da parte delle autorità di vigilanza AML/CFT sia da parte delle autorità di vigilanza prudenziale. Al tempo stesso, i recenti presunti casi di riciclaggio di denaro portati alla luce da organi di informazione investigativi hanno inoltre indicato lacune nella vigilanza delle entità non finanziarie.

Questi aspetti problematici sono il risultato sia della definizione del quadro di vigilanza, sia della sua attuazione. Attualmente la vigilanza in materia di AML/CFT all’interno dell’UE è esercitata dagli Stati membri. La sua qualità ed efficacia non sono uniformi in tutta l’UE a causa delle notevoli differenze in termini di risorse umane e finanziarie, di competenze e del grado di importanza assegnato a questo compito. L’Unione non dispone di meccanismi sufficientemente efficaci per gestire la lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo con implicazioni transfrontaliere. Il quadro AML/ CFT dell’UE ha la stessa forza del suo anello più debole e le carenze di un’autorità nazionale competente generano rischi per l’intero mercato unico. Di conseguenza l’UE nel suo insieme ne patisce i danni a livello finanziario, economico e di reputazione.

474

L’UE non può permettersi di aspettare che emergano altri problemi per creare n efficace sistema di vigilanza AML/CFT che contribuisca al buon funzionamento del mercato unico e dell’Unione bancaria. Una vigilanza AML/CFT di elevata qualità in tutta l’UE è indispensabile per ripristinare la fiducia dei suoi cittadini e della comunità internazionale.

Vi è la chiara e comprovata necessità di dotarsi di un sistema integrato per la vigilanza AML/CFT a livello dell’UE che garantisca un’applicazione coerente e di alta qualità delle norme in materia di AML/CFT in tutta l’UE e promuova una cooperazione efficiente tra tutte le pertinenti autorità competenti. Anche se i settori e le problematiche in gioco possono essere molto diversi, utili indicazioni possono venire dall’esperienza maturata con l’istituzione e il funzionamento dei meccanismi esistenti a livello di UE per i compiti di vigilanza centralizzati, come il meccanismo di vigilanza unico, il Comitato di risoluzione unico e il Sistema europeo delle autorità di vigilanza finanziaria.

La creazione di un sistema di vigilanza AML/CFT a livello dell’UE, a integrazione e completamento di quelli nazionali, permetterà di affrontare il problema della frammentazione della vigilanza, garantirà l’attuazione armonizzata delle norme in materia di AML/CFT nell’UE e la loro effettiva applicazione, offrirà sostegno alle attività di vigilanza in loco e garantirà un flusso costante di informazioni sulle misure in corso e sulle carenze significative individuate. Le autorità di vigilanza nazionali continueranno ad essere un elemento fondamentale di questo sistema e resteranno responsabili della maggior parte della vigilanza quotidiana. La creazione del nucleo centrale UE di questo sistema è una priorità e le sue funzioni, competenze e interazioni con le autorità nazionali di vigilanza dovranno essere chiaramente definite in una proposta legislativa.

Funzioni della vigilanza a livello dell’UE in materia di AML/CFT

L’autorità di vigilanza AML/CFT dell’UE dovrà disporre di poteri molto chiari per esercitare la supervisione sulle autorità nazionali e incaricarle di svolgere diversi compiti in ambito AML/CFT e per migliorare il coordinamento con le autorità di vigilanza al di fuori dell’UE. Per definire le interazioni e i rispettivi poteri delle autorità di vigilanza dell’UE e nazionali sarà necessario un processo formalizzato.


Comunicazione della Commissione in materia di prevenzione del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo

13.5.2020

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

documentazione

C 164/27

La necessità di garantire una vigilanza di elevata qualità nei casi transfrontalieri e di evitare che vi siano anelli deboli nel quadro di vigilanza dell’UE costituisce un valido motivo per assegnare a un organo dell’UE compiti diretti di vigilanza AML/CFT su determinati soggetti obbligati, in relazione ai quali potrebbe avere responsabilità esclusiva o congiunta. Ciò implica la capacità di riesaminare le politiche, le procedure e i controlli interni, nonché la loro effettiva attuazione da parte dei soggetti sottoposti a vigilanza, nonché la revisione della documentazione relativa alle transazioni e ai clienti. L’autorità di vigilanza dell’Unione potrebbe essere incaricata, da sola o in cooperazione con le autorità di vigilanza nazionali, di esercitare per un determinato periodo di tempo la vigilanza su soggetti obbligati o tipi di attività chiaramente definiti, in funzione del grado di rischio. Un’autorità di vigilanza dell’UE apporterebbe un valore aggiunto, monitorando e valutando i rischi in tutta l’Unione. Ispirandosi all’istituzione di organi dell’UE attivi in altri settori, la vigilanza dell’UE potrebbe essere assicurata da un meccanismo che preveda l’adozione di decisioni a livello dell’UE e la loro applicazione da parte di uffici dell’UE negli Stati membri. Un’altra opzione potrebbe consistere nella combinazione di poteri di vigilanza diretta per alcuni tipi di soggetti obbligati, da effettuarsi in coordinamento con gli Stati membri, con poteri di coordinamento e sorveglianza per altri soggetti. La Commissione proporrà un meccanismo di vigilanza che tenga conto dei principi di proporzionalità e sussidiarietà e che rispetti la giurisprudenza esistente in materia di competenze che possono essere conferite alle agenzie dell’Unione. Ambito di applicazione della vigilanza a livello dell’UE I rischi di riciclaggio sono presenti sia all’interno che all’esterno del settore finanziario e sono soggetti a cambiamenti sia nel corso del tempo che da uno Stato membro all’altro. Per mettere in atto una vigilanza più efficace sarebbe necessario assegnare a un’autorità di vigilanza dell’UE in materia di AML/CFT un mandato per coprire fin dall’inizio tutte le aree a rischio, riconoscendo la gravità dei rischi incorsi da tutti i settori. Ciò garantirebbe all’autorità di vigilanza dell’UE di disporre fin dall’inizio di tutti gli strumenti necessari per armonizzare le pratiche all’interno dell’UE e garantire un elevato livello di vigilanza in tutti i settori. Data la complessità dei compiti e il numero elevato di soggetti obbligati nell’UE, l’autorità di vigilanza in materia di AML/CFT potrebbe acquisire competenze in modo progressivo, per arrivare a coprire tutti i settori (finanziari e non finanziari) soggetti agli obblighi in materia di AML/CFT, una volta che si sia consolidata e abbia dimostrato la propria efficacia. In alternativa, l’autorità di vigilanza dell’UE potrebbe essere investita della responsabilità diretta del settore finanziario, come parte di un sistema integrato con l’autorità di vigilanza nazionale, ed esercitare la vigilanza indiretta del settore non finanziario. La vigilanza indiretta del settore non finanziario consentirebbe all’organo dell’UE di intervenire ove ritenuto necessario per garantire una vigilanza di elevata qualità del settore non finanziario dell’Unione. Altre opzioni, con un ambito di applicazione più limitato, vedrebbero affidato all’autorità di vigilanza dell’UE il solo controllo delle istituzioni finanziarie, responsabili della parte più consistente di tutte le transazioni finanziarie. Una vigilanza centralizzata in questo settore potrebbe essere conseguita più agevolmente, trattandosi di un settore in larga misura già regolamentato e soggetto a vigilanza. Questa opzione, tuttavia, indebolirebbe il quadro di vigilanza nell’UE e non consentirebbe di istituire un sistema efficace di lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo. In tutti i casi, un approccio alla vigilanza AML/CFT basato sul rischio, sancito sia dal diritto dell’Unione che dalle norme internazionali, impone di identificare tutti i fattori di rischio di riciclaggio/finanziamento del terrorismo e di assegnare le risorse per la vigilanza sulla base dei risultati di una specifica valutazione del rischio. La vigilanza a livello dell’UE deve essere concepita in modo da tener conto dei rischi e da sviluppare ulteriormente le competenze acquisite a tale ambito dalle autorità nazionali di vigilanza. Infine si potrebbe anche valutare se a tale autorità di vigilanza debbano essere conferiti determinati poteri per monitorare e appoggiare l’attuazione di decisioni di congelamento di beni nell’ambito di misure restrittive dell’UE (sanzioni) in tutti gli Stati membri. Benché, da un lato, i compiti e i problemi in questione possano differire per molteplici aspetti tra misure AML/CFT e misure restrittive, vi sono, dall’altro, alcuni problemi e sinergie comuni che meritano di essere valutati. Quale organo dell’UE? Il compito di garantire la vigilanza a livello dell’UE può essere assegnato a un’agenzia esistente dell’UE, ovvero l’ABE, o a un nuovo organismo istituito ad hoc. La legislazione approvata di recente impone all’ABE di guidare, coordinare e monitorare gli interventi per rafforzare le misure AML/CFT all’interno dell’UE in relazione alle istituzioni finanziarie. Assegnare all’ABE responsabilità supplementari di vigilanza in materia di AML/CFT presenterebbe chiari vantaggi per quanto riguarda la continuità e la rapidità di intervento. Questa opzione, tuttavia, richiederebbe anche una riforma profonda dell’ABE, come pure un significativo sviluppo delle conoscenze e competenze in materia di AML/CFT. Dovrebbero esserne rivisti in modo significativo la governance e i processi decisionali per garantire che le decisioni in materia di vigilanza siano sempre adottate in tutta indipendenza e nel solo interesse dell’UE. L’ABE dovrebbe inoltre rafforzare la sua capacità e i suoi poteri di indagine. Dato il suo mandato e le sue capacità, per l’ABE potrebbe rivelarsi difficile effettuare la vigilanza dei soggetti obbligati al di fuori del settore finanziario.

475


documentazione

C 164/28

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

13.5.2020

In alternativa, si potrebbe istituire un nuovo organismo ad hoc per la vigilanza antiriciclaggio dell’UE competente per la vigilanza dei soggetti obbligati nel settore sia finanziario che non finanziario. Ciò consentirebbe la massima flessibilità per mettere a punto un sistema su misura in termini di organizzazione e governance, con processi decisionali semplificati e rapidi per reagire velocemente ai rischi, come pure le sinergie con il meccanismo di coordinamento e di sostegno per le unità di informazione finanziaria (si veda la sezione seguente). Tuttavia, per rendere operativo un nuovo organismo potrebbe essere necessari più tempo e costi relativamente più elevati e si dovrebbe tenere conto dei rischi di esecuzione. In funzione dei compiti assegnati a questo organismo, si dovrebbe evitare il rischio di inutili sovrapposizioni e/o di incongruenze con l’operato di altre autorità di vigilanza quali l’ABE.

L’impatto sul bilancio delle diverse opzioni costituirà un criterio fondamentale. In particolare, nell’attuale contesto economico, vi sono ottime ragioni per garantire il finanziamento delle attività di vigilanza tramite contributi dei soggetti del settore privato sottoposti a vigilanza, come già avviene per diversi organismi dell’UE. La Commissione presenterà proposte per l’istituzione di un’autorità di vigilanza AML/CFT a livello dell’UE nel primo trimestre del 2021, sulla base di un’approfondita valutazione d’impatto delle opzioni relative alle funzioni, l’ambito di attività e la struttura.

V.

476

Istituire un meccanismo di coordinamento e sostegno per le unità di informazione finanziaria

L’attuale quadro dell’UE impone ai soggetti obbligati di segnalare tutte le operazioni sospette all’unità di informazione finanziaria nazionale. Le segnalazioni dei soggetti obbligati e i dati relativi al contante forniti dalle autorità doganali costituiscono la base utilizzata dalle unità di informazione finanziaria per produrre analisi finanziarie, che sono poi trasmesse alle autorità di contrasto, alle autorità di vigilanza, alle autorità fiscali o ad altre unità di informazione finanziaria e sono utilizzate, ad esempio, dalle autorità di contrasto nel contesto di indagini penali. L’analisi strategica di tendenze e modelli da parte delle unità di informazione finanziaria è inoltre utilizzata per fornire orientamento e riscontro ai soggetti obbligati per aiutarli a individuare modelli di riciclaggio di denaro e di finanziamento del terrorismo.

Diverse carenze sono state individuate nelle modalità con cui esse applicano le norme e cooperano tra di loro e con altre autorità a livello nazionale e unionale.

A livello nazionale l’uso di modelli per la segnalazione da parte dei soggetti obbligati è ancora limitato e i modelli sono spesso redatti su misura per le esigenze di imprese specifiche (ad esempio, le banche). Diverse unità di informazione finanziaria non dispongono ancora degli strumenti informatici necessari per trattare e analizzare in modo efficace le informazioni.

Le unità di informazione finanziaria sono tenute a dare un riscontro ai soggetti obbligati per quanto riguarda le relazioni trasmesse da questi ultimi. Tale riscontro resta tuttavia limitato, per non dire inesistente quando le relazioni dei soggetti obbligati riguardano un altro Stato membro. Questa mancanza di riscontri priva i soggetti obbligati degli strumenti necessari per adeguare o affinare le loro misure preventive.

Lo scambio limitato di informazioni tra le unità di informazione finanziaria e le altre autorità competenti è estremamente preoccupante dato il carattere transfrontaliero di gran parte delle attività di riciclaggio di denaro e finanziamento del terrorismo. Ad esempio, anche se le autorità doganali dell’UE forniscono periodicamente alle unità di informazione finanziaria dati relativi al contante, raramente ricevono un riscontro da quest’ultime, benché ciò sia di fondamentale importanza per un’analisi dei rischi più concreta ed efficace.

Anche i problemi di funzionamento e hosting di FIU.net — il sistema dell’UE per lo scambio di informazioni tra le unità di informazione finanziaria — impongono di intervenire, dal momento che si tratta di un vecchio strumento informatico, che necessità di sostanziali aggiornamenti di software e hardware, come pure dello sviluppo di nuove funzionalità per facilitare la cooperazione.


Comunicazione della Commissione in materia di prevenzione del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo

13.5.2020

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

documentazione

C 164/29

La maggior parte delle operazioni sospette segnalate alle unità di informazione finanziaria ha una dimensione transfrontaliera, ma l’analisi congiunta resta limitata, determinando lacune nell’individuazione dei casi transfrontalieri. È necessario disporre di capacità avanzate per analizzare tali informazioni in un contesto transfrontaliero, in particolare alla luce della crescente complessità dei casi di riciclaggio di denaro. Ruolo di un meccanismo di coordinamento e di sostegno a livello dell’UE Un meccanismo di coordinamento e di sostegno delle unità di informazione finanziaria a livello dell’UE permetterebbe di ovviare alle carenze citate e rivestirebbe un ruolo di primo piano per coordinare l’operato delle unità nazionali di informazione finanziaria. Il meccanismo dovrebbe comprendere l’individuazione di transazioni sospette aventi una dimensione transfrontaliera, l’analisi congiunta dei casi transfrontalieri, l’individuazione delle tendenze e dei fattori pertinenti per valutare i rischi di riciclaggio di denaro e di finanziamento del terrorismo a livello nazionale e sovranazionale. Il meccanismo dovrebbe inoltre adottare o proporre misure o norme di esecuzione, come previsto dalle disposizioni più armonizzate delle norme in materia di obblighi di segnalazione delle unità di informazione finanziaria e delle loro caratteristiche, attività, cooperazione, modelli, nonché promuovere la formazione e lo sviluppo di capacità per le stesse unità. Il meccanismo di coordinamento e di sostegno a livello dell’UE dovrebbe inoltre permettere di rafforzare la cooperazione tra le autorità competenti (unità di informazione finanziaria, autorità di vigilanza, autorità di contrasto e doganali e autorità fiscali), sia a livello nazionale che a livello transfrontaliero, e con le unità di informazione finanziaria al di fuori dell’UE. La creazione di una capacità più centralizzata, basata su strumenti informatici, avrebbe il merito di permettere l’identificazione di transazioni transfrontaliere sospette e l’individuazione delle tendenze. In questo contesto è inoltre importante la sostenibilità della rete FIU.net, attualmente gestita da Interpol, nel cui sviluppo è urgente investire per superare gli attuali problemi che ostacolano lo scambio di informazioni e la verifica della corrispondenza dei dati. Dato il previsto trasferimento da Europol dell’amministrazione tecnica del sistema, occorre individuare una soluzione adeguata e finanziariamente sostenibile. Nel breve termine la Commissione si farà carico della gestione di FIU.net al fine di garantire il funzionamento continuo e ininterrotto del sistema (26). Nel lungo termine, il meccanismo di coordinamento e sostegno dell’UE potrebbe fungere da host del sistema FIU.net o del suo successore. Ma potrebbero essere valutate altre opzioni adeguate. Organismo responsabile di un meccanismo di coordinamento e di sostegno a livello dell’UE Il compito di assicurare un meccanismo di sostegno e coordinamento per le unità di informazione finanziaria dipenderà dal ruolo previsto per tale meccanismo. In linea con l’obiettivo di assegnare a tale meccanismo di coordinamento e di sostegno un ruolo ampio tale da far fronte a tutti gli elementi sopra analizzati, la sua gestione potrebbe essere assegnata a un’agenzia esistente dell’UE o un nuovo organismo istituito ad hoc. Qualora sia creato un nuovo organismo dell’UE per le questioni della vigilanza, esso potrebbe assumersi anche il compito di gestire il meccanismo in questione. A tale proposito vale la pena di notare che attualmente nell’UE dodici unità di informazione finanziaria svolgono compiti di vigilanza quantomeno per il settore non finanziario, mentre alcune di esse eseguono attività di vigilanza per tutti i settori. Limitare il ruolo del meccanismo di coordinamento e di sostegno permetterebbe di affrontare alcune delle carenze individuate, ma non garantirebbe un meccanismo efficace a livello dell’UE. In tali circostanze si possono valutare diverse opzioni. Ad esempio, se i suoi compiti si limitano all’elaborazione di progetti di norme e orientamenti normativi, l’obiettivo potrebbe essere conseguito trasformando la piattaforma FIU, attualmente un comitato informale della Commissione, in un comitato di comitatologia, lasciando alla Commissione l’incarico di adottare i risultati dei suoi lavori mediante atti delegati o atti di esecuzione. Un’alternativa potrebbe essere una rete ufficiale di unità di informazione finanziaria dotata di un mandato e di compiti propri. A prescindere forma che assumerà il meccanismo di coordinamento e di sostegno, i suoi processi decisionali e di governance dovranno essere sufficientemente indipendenti e dovrà operare come rete di unità di informazione finanziaria con un centro UE. La Commissione presenterà, nel primo trimestre del 2021, proposte per l’istituzione di un meccanismo coordinamento e di sostegno a livello dell’UE, sulla base di un’approfondita valutazione d’impatto delle opzioni relative al suo ruolo e struttura. La Commissione assumerà la gestione di FIU.net nel quarto trimestre del 2020.

(26) Nel dovuto rispetto della natura delle pertinenti informazioni.

477


documentazione

C 164/30

VI

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

13.5.2020

Attuare le disposizioni di diritto penale e lo scambio di informazioni a livello unionale

Diversi strumenti legislativi e istituzionali facilitano l’applicazione delle disposizioni di diritto penale e lo scambio di informazioni a livello dell’UE. Misure di recente adozione hanno permesso di colmare le lacune in materia di definizione e sanzione del riciclaggio di denaro nell’UE e di agevolare la cooperazione giudiziaria e di polizia (27) e la Commissione ne verificherà il recepimento e l’applicazione tempestivi. L’uso di informazioni finanziarie per i reati gravi è stato inoltre potenziato, garantendo alle autorità di contrasto l’accesso diretto al registro centrale dei conti bancari e migliorando al contempo la cooperazione tra le autorità di contrasto, le unità di informazione finanziaria e Europol per tali reati gravi (28). Tali misure permetteranno di accelerare le indagini penali, consentendo alle autorità di combattere più efficacemente la criminalità transfrontaliera. Un’interconnessione a livello dell’UE dei registri centrali dei conti bancari permetterà di accelerare — per le autorità di contrasto e le unità fi informazione finanziaria — l’accesso alle informazioni finanziarie e di agevolare la cooperazione transfrontaliera e dovrebbe in ogni caso coinvolgere le autorità di contrasto. Tale interconnessione dovrebbe essere considerata prioritaria. Sono state definite norme fondamentali per il recupero dei proventi di reato (29). Nel 2020 la Commissione pubblicherà una relazione per fare il punto sull’attuazione di tali norme e presentare modalità per migliorare il ruolo degli uffici per il recupero dei beni. Le nuove misure, applicabili a partire dal dicembre 2020 (30), faciliteranno il recupero transfrontaliero dei beni e renderanno più rapido e semplice il congelamento e la confisca dei proventi di reato in tutta l’UE. Al contempo è inoltre fondamentale creare a livello UE la capacità indagare e perseguire i reati finanziari.

478

Europol ha intensificato gli sforzi per di contrastare la criminalità economica e finanziaria grazie al nuovo Centro europeo per la criminalità finanziaria ed economica (EFCEC), che dovrebbe avviare le operazioni nel corso del 2020. Il centro permetterà di concentrare in un unico organismo tutte le capacità di Europol per il contrasto della criminalità economica e finanziaria e cercherà di rafforzare l’efficacia di intervento, aumentare la visibilità operativa e migliorare la gestione dei portatori di interessi e le opportunità di finanziamento La Commissione sostiene pienamente l’istituzione dell’EFCEC, ritenendo che così venga ribadita l’importanza delle indagini di tipo finanziario in tutti le aree della criminalità per le quali Europol è competente. La Commissione ritiene che il centro potrebbe fungere da naturale controparte del meccanismo di sostegno e coordinamento dell’UE per le unità di informazione finanziaria e che le due entità potrebbero elaborare soluzioni per promuovere lo scambio di informazioni, in particolare nei casi transfrontalieri. Al fine di migliorare le attività investigative e l’azione penale nei casi di riciclaggio di denaro in tutta l’UE, la Commissione finanzia (31) la rete operativa contro il riciclaggio di denaro (AMON) che mette in collegamento le pertinenti autorità di contrasto. La rete, che facilita le indagini finanziarie transfrontaliere, ha portata globale. È necessario rafforzarne e promuovere l’operato della rete e dotarla di un bilancio operativo perché possa intervenire in casi concreti. Tutti gli Stati membri dell’UE dovrebbero aderirvi. Gli Stati membri, inoltre, dovrebbero continuare ad avvalersi del sostegno di Eurojust per agevolare la cooperazione transfrontaliera a sostegno dei procedimenti giudiziari contro il riciclaggio di denaro. Infine, la Procura europea, che dovrebbe entrare in funzione alla fine del 2020, sarà competente per indagare e perseguire i reati di riciclaggio collegati a reati a danno del bilancio dell’UE. Esistono ancora margini per migliorare e promuovere lo scambio di informazioni tra tutte le autorità competenti (unità di informazione finanziaria, autorità di vigilanza, autorità di contrasto e autorità doganali e fiscali), sia a livello nazionale che transfrontaliero. Nel contesto di un migliore utilizzo dell’intelligence finanziaria, dovrebbe essere promosso nella misura del possibile il ruolo dei partenariati pubblico-privato, dato che in alcuni casi la natura delle informazioni potrebbe limitarne la condivisione e che tale condivisione deve essere conforme alla normativa in materia di protezione dei dati. I partenariati pubblico-privato prevedono la condivisione delle informazioni tra le autorità di contrasto, le unità di informazione (27) Cfr. la nota 8. (28) Cfr. la nota 7. (29) Direttiva 2014/42/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell’Unione europea (GU L 127 del 29.4.2014, pag. 39). (30) Regolamento (UE) 2018/1805 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 novembre 2018, relativo al riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e di confisca (GU L 303 del 28.11.2018, pag. 1). (31) Fondi dello strumento ISF-Polizia.


Comunicazione della Commissione in materia di prevenzione del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo

13.5.2020

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

documentazione

C 164/31

finanziaria e il settore privato. Essi possono assumere forme diverse. Alcuni si limitano alla comunicazione di informazioni sulle tipologie e sulle tendenze da parte delle unità di informazione finanziaria e delle autorità di contrasto ai soggetti obbligati. Altre forme di partenariato comportano la comunicazione — da parte delle autorità di contrasto ai soggetti obbligati — di informazioni operative sui soggetti sospettati, ai fini del controllo delle transazioni di tali soggetti. L’eventuale condivisione di informazioni contenenti dati personali deve essere pienamente conforme alla normativa in materia di protezione dei dati e rispettare il mandato delle autorità interessate. L’attuale quadro dell’UE in materia di AML/CFT già impone alle unità di informazione finanziaria di condividere con il settore privato informazioni su tipologie e tendenze. Tale obbligo potrebbe essere chiarito e rafforzato per agevolare alcuni tipi di partenariati pubblico-privato e migliorare la condivisione delle informazioni. Allo stesso tempo, date le differenze tra i quadri giuridici e le disposizioni pratiche nei diversi Stati membri, la Commissione ritiene essenziale disporre di orientamenti e condividere buone pratiche per i partenariati pubblico-privato per quanto riguarda, in particolare, le norme antitrust, le garanzie e le limitazioni in materia di protezione dei dati e di garanzie sui diritti fondamentali. La Commissione pubblicherà orientamenti sui partenariati pubblico-privato entro il primo trimestre del 2021. Per quanto riguarda gli aspetti relativi alla protezione dei dati dei partenariati pubblico-privato, la Commissione valuterà la possibilità di chiedere il parere del comitato europeo per la protezione dei dati. Saranno valutate opzioni per rafforzare la rete AMON e per migliorare lo scambio di informazioni a livello nazionale e transfrontaliero tra tutte le autorità competenti.

VII. Rafforzare la dimensione internazionale del quadro in materia di antiriciclaggio e contrasto del finanziamento del terrorismo Il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo sono minacce di portata mondiale, che l’UE è determinata a combattere in cooperazione con i suoi partner internazionali. Il GAFI, in quanto autorità di normazione a livello mondiale, ha guidato la lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo a livello globale. La Commissione contribuisce attivamente ai lavori del GAFI e ribadisce il proprio impegno ad attuare le norme da esso adottate e a promuovere la conformità a livello mondiale. Tuttavia, il nuovo approccio globale in materia di AML/CFT, di cui l’UE ha bisogno, impone a quest’ultima di assumere un ruolo più marcato nella definizione di tali norme internazionali. La Commissione ha approvato, a nome dell’UE, il nuovo mandato del GAFI (32) e intende svolgere un ruolo di primo piano per rafforzare le norme di portata mondiale, portandole al livello di quelle dell’UE in settori fondamentali. A titolo di esempio si può citare la trasparenza della titolarità effettiva, in relazione alla quale l’UE ha adottato un approccio ambizioso per affrontare il rischio posto dalle strutture opache. Analogamente, la Commissione sosterrà attivamente gli interventi mirati ad affrontare i rischi nuovi ed emergenti a livello mondiale. Per avere successo è essenziale che l’UE parli con una sola voce in seno al GAFI. Tale obiettivo potrebbe essere conseguito assegnando alla Commissione il compito di rappresentare l’Unione europea in seno al GAFI, in linea con le disposizioni del trattato. Come primo passo è necessario istituire un meccanismo rafforzato di coordinamento tra la Commissione e gli Stati membri per disporre in seno al GAFI di rappresentanti dell’UE che esprimano posizioni coordinate. Le valutazioni reciproche condotte dal GAFI contribuiscono ad aumentare la conformità con le norme internazionali a livello mondiale, in quanto la pressione tra pari resta un fattore determinante per il cambiamento. Finora le valutazioni dei quadri AML/CFT degli Stati membri dell’UE non hanno tenuto adeguatamente conto della natura sovranazionale della normativa dell’UE. Tale problema sarà ancora più acuto, qualora vengano create nuove strutture, quali la vigilanza AML/ CFT a livello dell’UE e il meccanismo di coordinamento e di sostegno delle unità di informazione finanziaria. La Commissione ha l’obiettivo di garantire che le norme, quando sono attuate a livello dell’UE, siano valutate in modo uniforme. In tale contesto, si potrebbe inoltre considerare l’ipotesi di far valutare dal GAFI le norme dell’UE a livello UE. La Commissione deve inoltre poter continuare ad attuare una politica autonoma nei confronti dei paesi terzi per tutelare il sistema finanziario dell’UE. I soggetti obbligati devono adottare misure di mitigazione basate su fattori di rischio geografici ed altri fattori di rischio pertinenti. Sono inoltre tenuti ad applicare una vigilanza rafforzata nel caso di transazioni o rapporti economici che coinvolgono paesi con carenze strategiche nei rispettivi quadri AML/CFT. A norma della 5a direttiva antiriciclaggio, la Commissione è tenuta a creare una capacità autonoma per individuare i paesi che presentano tali carenze strategiche (33). (32) Approvato dai ministri e dai rappresentanti del Gruppo di azione finanziaria internazionale il 12 aprile 2019. (33) Si veda https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?qid=1581497419034&uri=CELEX:02016R1675-20181022

479


documentazione

C 164/32

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

13.5.2020

La Commissione individuerà i paesi che rappresentano una minaccia specifica per il sistema finanziario dell’Unione, utilizzando una metodologia autonoma che tenga debitamente conto della sinergia con il processo GAFI di elaborazione delle liste, un dialogo rafforzato con i paesi terzi condotto in cooperazione con il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) e una consultazione costante degli esperti degli Stati membri. Sulla base della metodologia rivista (34), pubblicata contestualmente al presente piano d’azione, in tale processo la Commissione, in cooperazione con il SEAE, interagirà in con i paesi terzi nei quali sono individuate carenze, al fine di elaborare, ove possibile, un piano d’azione per rispondere alle preoccupazioni suesposte. Trascorso un periodo di osservazione la Commissione valuterà i progressi compiuti nell’attuazione di tali impegni per finalizzare le sue valutazioni.

L’elenco UE dei paesi terzi ad alto rischio fornisce uno strumento fondamentale per i soggetti obbligati e le autorità pubbliche, ma potrebbe incidere anche al di fuori del quadro AML/CFT. La Commissione è impegnata a verificare se tale elenco abbia un impatto sulle decisioni di equivalenza (35) e a garantire che siano applicate adeguate misure di salvaguardia in relazione agli strumenti finanziari in linea con l’articolo 155 del regolamento finanziario (36).

480

L’esperienza acquisita nel processo di inserimento nell’elenco UE e la definizione di nuove funzioni di AML/CFT a livello dell’UE potrebbe determinare una revisione dell’approccio ai rischi presentati dai paesi terzi. In quanto membro del GAFI, la Commissione dovrebbe continuare a tener conto dell’invito del GAFI ad agire per far fronte ai rischi posti dai paesi terzi, mantenendo inoltre la capacità di applicare misure appropriate anche indipendentemente da tale invito, come previsto dalle norme internazionali. In tale contesto, un’autorità di vigilanza a livello dell’UE potrebbe contribuire inoltre a mitigare i rischi posti dai paesi terzi, mettendo a punto misure adeguate di riduzione dei rischi per i soggetti obbligati in funzione del tipo e della gravità delle carenze. A tal fine sarebbero necessarie misure più specifiche e basate sul rischio per far fronte ai rischi determinati dal quadro in materia di AML/CFT di altre giurisdizioni. Un tale processo potrebbe essere integrato da un approccio basato sulle operazioni, dato che nessuna giurisdizione è immune ai nuovi rischi di riciclaggio/finanziamento del terrorismo. Analogamente, una funzione di coordinamento e di sostegno per le unità di informazione finanziaria potrebbe dare un valido contributo all’individuazione dei nuovi rischi e tendenze posti da paesi terzi — come pure di eventuali problemi nella cooperazione internazionale.

Nell’ambito di questa serie di misure per gestire i rischi esterni, la Commissione sta mettendo a punto uno strumento (37) di assistenza tecnica ai paesi terzi per consentire a quest’ultimi di aumentare le loro capacità e ovviare alle carenze dei rispettivi quadri nazionali di AML/CFT. Essendo uno dei principali donatori internazionali in questo ambito, e grazie alla sua estesa rete diplomatica, l’UE potrebbe valorizzare questa capacità per potenziare a livello mondiale le barriere contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo. La politica commerciale contribuisce inoltre a sviluppare adeguate misure di salvaguardia per quanto riguarda gli investimenti (38) e i flussi commerciali. La Commissione cercherà di fare sì che i partner commerciali dell’UE si impegnino ad attuare le misure in materia di AML/CFT e manterrà un margine di manovra normativo per intervenire qualora il sistema finanziario dell’UE debba far fronte a rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo. Contestualmente al presente piano d’azione viene pubblicata una nuova metodologia per la valutazione dei paesi terzi ad alto rischio. La Commissione continuerà a collaborare con gli Stati membri e intensificherà la sua partecipazione al GAFI, affinché l’UE possa svolgere un ruolo più incisivo a livello mondiale.

VIII. La via da seguire: una tabella di marcia

Come specificato nel presente piano d’azione, la Commissione proporrà diverse misure per rafforzare il quadro AML/CFT. Sarà predisposta una valutazione d’impatto — anche per quanto riguarda l’impatto sui diritti fondamentali e in particolare il diritto alla protezione dei dati personali — per valutare le diverse opzioni in termini di modifiche della legislazione: (34) SWD(2020)99 (35) Cfr. COM(2019) 349 final del 29.7.2019 (36) Regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione (GU L 193 del 30.7.2018, pag. 1). (37) Strumento globale dell’UE per la lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo (38) Cfr. regolamento (UE) 2019/452 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2019, che istituisce un quadro per il controllo degli investimenti esteri diretti nell’Unione (GU L 79I del 21.3.2019, pag. 1).


Comunicazione della Commissione in materia di prevenzione del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo

13.5.2020

documentazione

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

IT

C 164/33

Azione

Strumenti

Tempistica

Effettiva attuazione del quadro esistente dell’UE in materia di AML/CFT

Infrazioni/procedimenti giudiziari Studio sull’applicazione della 4a direttiva antiriciclag­ gio

Tutte le misure in corso

3a valutazione sovranazionale del rischio Lavoro sull’interconnessione dei registri sulla titolarità effettiva Raccomandazioni specifiche per paese/Semestre eu­ ropeo Lavoro svolto attualmente dall’ABE Rafforzare e sviluppare il corpus unico di norme AML/CFT dell’UE

Proposta legislativa: — individuare i settori da disciplinare mediante un regolamento unitamente a una direttiva modifica­ ta — definire nuovi settori da disciplinare a livello del­ l’UE — individuare le modifiche necessarie in relazione ad altre normative vigenti

Primo trimestre 2021

Realizzare a livello UE la vigilanza AML/CFT

Proposta legislativa

Primo trimestre 2021

Istituire un meccanismo di sostegno e coordinamento per le unità di informa­ zione finanziaria

Proposta legislativa

Primo trimestre 2021

Trasferire alla Commissione la gestione tecnica di FIU. net

Quarto trimestre 2020

Applicazione delle disposizioni di dirit­ to penale e scambio di informazioni

Istituzione dell’EFCEC

Secondo trimestre 2020

Orientamenti sui partenariati pubblico-privato ed eventuale parere del comitato europeo per la prote­ zione dei dati (EDPB)

Primo trimestre 2021

Monitoraggio del recepimento e dell’attuazione delle direttive in materia di diritto penale e cooperazione in materia di applicazione della legge Opzioni per migliorare lo scambio di informazioni transfrontaliere tra tutte le autorità competenti Rafforzamento della dimensione inter­ nazionale

Metodologia perfezionata della Commissione per l’individuazione di paesi terzi ad alto rischio

Primo trimestre 2020

Atti delegati

Se del caso (program­ mazione di massima per il 2020: primo, terzo e quarto trimestre)

La Commissione accoglie con favore le opinioni dei portatori di interessi sulla via da seguire illustrata nel presente piano d’azione e ne sollecita i contributi da inviare entro il 29 luglio 2020, rispondendo al questionario disponibile su portale «Di’ la tua».

481


documentazione

Commento Per il commento al Piano d’azione si rimanda all’articolo di Marco Letizi, contenuto nel presente fascicolo.

482


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.