Diritto della banca e del mercato finanziario 1/2010

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ISSN 1722-8360

Periodico Trimestrale - POSTE ITALIANE SPA - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 Conv. il L. 27/02/2004 - n. 46 art.1, comma 1, DCB PISA - Aut. Trib. di Pisa n. 9/2009 del 8/5/2009

Diritto della banca e del mercato finanziario

1/2010

Diritto della banca e del mercato finanziario

di particolare interesse in questo fascicolo

• Fondi sovrani • Riciclaggio e segnalazione di operazioni sospette • La trasparenza nelle operazioni bancarie • Sintesi di giurisprudenza

gennaio-marzo

Pacini Editore

1/2010 anno xxiv





gennaio-marzo

Pacini Editore

1/2010 anno XXIV



Diritto della banca e del mercato finanziario Rivista trimestrale del Ce.Di.B. Centro studi di diritto e legislazione bancaria

Comitato di direzione Carlo Angelici, Franco Belli, Mario Bussoletti, Gino Cavalli, Salvatore Maccarone, Fabrizio Maimeri, Alessandro Nigro, Mario Porzio, Niccolò Salanitro, Vittorio Santoro, Luigi Carlo Ubertazzi. Comitato di redazione Sido Bonfatti, Antonella Brozzetti, Vincenzo Caridi, Ciro G. Corvese, Giovanni Falcone, Elisabetta Massone, Francesco Mazzini, Filippo Parrella, Gennaro Rotondo. Segreteria di redazione Daniele Vattermoli Direttore responsabile Alessandro Nigro La sede della rivista è presso la Segreteria del Ce.Di.B. Via dei Crociferi, 44 - 00187 Roma L’amministrazione è presso: Pacini Editore SpA Via Gherardesca - 56121 Ospedaletto - Pisa Tel. 050 313011 - Fax 050 3130300 www.pacinieditore.it - info@pacinieditore.it

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Sommario 1/2010

PARTE PRIMA Saggi Limiti soggettivi all’acquisto di assets fallimentari, di Mario Bussoletti....................................................................

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Investimenti di “fondi sovrani” e tutela degli “interessi nazionali”. Spunti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia in tema di “interesse generale” e di limiti alla libertà di movimento dei capitali e di stabilimento: a volte “non è tutto oro quello che luccica”, di Felice Santonastaso...........

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La proposta di riforma della disciplina dei derivati OTC negli USA, di Raffaele Scalcione...........................................

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Commenti Segnalazione di operazioni sospette – Cass., 30 ottobre 2009, n. 23017....................................................................... La responsabilità dei soggetti coinvolti nella segnalazione delle operazioni sospette di riciclaggio di denaro “sporco”, di Marco Pistritto................................................................. Amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi – Cass. SS.UU., 27 maggio 2009, n. 12247, con osservazioni di V.C...............................................................

Rassegne Sintesi di giurisprudenza (I trimestre 2009).......................


PARTE SECONDA Documenti e informazioni Banca d’Italia – Provvedimento 29 luglio 2009 sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari e sulla correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti.....................................................................................

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Il provvedimento della Banca d’Italia del 29 luglio in tema di trasparenza bancaria di Marco Palmieri - Francesco Vella......................................

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Norme

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redazionali..................................................................

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PARTE PRIMA Saggi, commenti, fatti e problemi della pratica, rassegne, miti e realtĂ



saggi

Limiti soggettivi all’acquisto di assets fallimentari * Sommario: 1. I termini del problema. – 2. Il puro e semplice acquisto di crediti pro soluto non è attività finanziaria. – 3. I d.m. del 1994 e del 2009, ambedue attuativi dell’art. 106 t.u.b., non considerano il puro e semplice acquisto di crediti pro soluto in termini di finanziamento. – 4. L’orientamento contrario di alcune istituzioni. – 5. Libertà di iniziativa economica e attività di assunzione di concordati.

1. I termini del problema. Va premesso un enunciato banale: che chiunque, in linea di principio, può acquistare dalle procedure concorsuali qualunque asset; e chiunque può essere assuntore di un concordato fallimentare. La dimostrazione dell’enunciato è altrettanto banale. A maggior ragione tenendo conto della cornice espressa dal principio di libertà di iniziativa economica sancito dall’art. 41 Cost., non solo non è dato rinvenire nella legge fallimentare, nel codice di rito o nel codice civile norme che introducano limiti soggettivi all’acquisto di assets fallimentari, in particolare crediti, eccezion fatta per quelle norme volte a garantire interessi generali come l’imparzialità della pubblica amministrazione, ovvero a tutelare soggetti impossibilitati all’amministrazione dei propri beni 1;

* Rielaborazione della relazione presentata al convegno organizzato da Unicredit Credit Management Bank il 23 giugno 2009 su La nuova disciplina della liquidazione dell’attivo: il rispetto dell’obiettivo di efficienza e rapidità alla base di scelte strategiche ed aziendalistiche. Il saggio è destinato agli Scritti in onore di Marcello Foschini. 1 Si vedano, ad esempio, l’art. 1471, co. 1, c.c. («Non possono essere compratori nemmeno all’asta pubblica, né direttamente né per interposta persona: 1) gli amministratori dei beni dello Stato, dei comuni, delle province o degli altri enti pubblici, rispetto ai beni affidati alla loro cura; 2) gli ufficiali pubblici, rispetto ai beni che sono venduti per loro ministero; 3) coloro che per legge o per atto della pubblica autorità amministrano beni altrui, rispetto ai beni medesimi; 4) i mandatari, rispetto ai beni che sono stati incaricati

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Saggi

ma, perdippiù, è dato rinvenire norme che, in positivo, predicano assoluta indifferenza con riguardo a eventuali requisiti soggettivi degli acquirenti. Si veda, nell’area che rileva ai fini della presente relazione, l’art. 124 l.fall., secondo cui la proposta di concordato, e la parallela assunzione del concordato, può essere presentata da «uno o più creditori o da un terzo» [oltre che dal fallito, da società da esso partecipate o sottoposte a suo controllo, in tali ultimi casi solamente a condizione che: a) sia trascorso un anno dalla dichiarazione di fallimento; b) non siano trascorsi due anni dal decreto che rende esecutivo lo stato passivo]. Data la portata generale dell’enunciato che precede, è dunque necessaria molta cautela quando si affronti l’interrogativo in ordine all’esistenza di limiti soggettivi impliciti nel sistema. In quali casi allora tale regola generale potrebbe subire eccezioni? Il problema in concreto potrebbe porsi in due casi. Il primo caso riguarda l’acquisto pro soluto dal fallimento di crediti, di diritti controversi e di azioni giudiziarie; il secondo caso riguarda l’assunzione di concordati fallimentari. Ma in ambedue i casi il problema si pone solo ove ricorra un ulteriore requisito: quando l’acquisto/assunzione sia effettuato nell’esercizio di una attività che rappresenta direttamente l’oggetto dell’ impresa. In definitiva, premesso che le procedure fallimentari devono consentire a chiunque di concorrere all’acquisizione degli assets in questione, si tratta di comprendere se la procedura debba rifiutare le proposte di acquisto di aspiranti acquirenti e aspiranti assuntori, qualora ricorrano congiuntamente due condizioni: a) l’operazione rientri in un’attività imprenditoriale svolta da costoro nei confronti del pubblico, ovvero in un’attività imprenditoriale non nei confronti del pubblico ma prevalente rispetto all’attività industriale o commerciale; b) e in tal caso gli operatori non siano iscritti nell’elenco degli intermediari finanziari o nella sezione speciale dell’elenco rispettivamente previsti dagli artt. 106 e 113 del testo unico bancario (t.u.b). Se nei casi in questione l’esercizio dell’attività di acquisto in forma di impresa fosse riservato agli intermediari finanziari di cui agli artt. 106 ss.

di vendere, salvo il disposto dell’art. 1395») e l’art. 1261, co. 1, c.c. («I magistrati dell’ordine giudiziario, i funzionari delle cancellerie e segreterie giudiziarie, gli ufficiali giudiziari, gli avvocati, i procuratori, i patrocinatori e i notai non possono, neppure per interposta persona, rendersi cessionari di diritti sui quali è sorta contestazione davanti l’autorità giudiziaria di cui fanno parte o nella cui giurisdizione esercitano le loro funzioni, sotto pena di nullità e dei danni»).

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Mario Bussoletti

t.u.b., in caso di omessa iscrizione dell’operatore, la violazione sarebbe sanzionata penalmente dall’art. 132 t.u.b. (rubricato «Abusiva attività finanziaria»). L’interprete dovrebbe altresì, se fosse vera la premessa, interrogarsi sull’eventuale nullità degli atti compiuti in violazione degli artt. 106 ss. e 132 t.u.b. Ritengo peraltro che un problema di nullità non dovrebbe porsi, dal momento che, secondo una giurisprudenza che mi sembra possa definirsi in via di definitivo consolidamento, nelle fattispecie quale quella in questione la nullità virtuale propria del “reato – contratto” fulmina il contratto solo nel caso in cui ambedue le parti siano destinatarie della normativa violata 2. È allora evidente che il problema nella specie non si pone, poiché solo gli operatori, e non anche le loro controparti, sono destinatari degli artt. 106 ss. t.u.b., e della corrispondente norma sanzionatoria. Nonostante la validità dei contratti, dovremmo però domandarci se, già solo in presenza di una violazione dell’art. 132 t.u.b. da parte di un aspirante acquirente, la procedura abbia il dovere, preliminarmente, di verificare un’eventuale violazione della norma citata, e conseguentemente, di astenersi dal negoziare con intermediari in ipotesi abusivi. Ma il tema non merita di essere approfondito perché, come mi propongo di dimostrare, la premessa non è corretta: infatti, a mio avviso sia l’acquisto, sia l’assunzione tramite concordato, di assets fallimentari non sono riservati agli intermediari finanziari, neppure se tali operazioni siano svolte nell’esercizio di un’attività che rappresenta direttamente l’oggetto dell’impresa.

2. Il puro e semplice acquisto di crediti pro soluto non è attività di finanziamento. L’attività di acquisto di crediti pro soluto va dunque confrontata con le attività previste dall’art. 106 t.u.b. («l’esercizio nei confronti del pubblico delle attività di assunzione di partecipazioni, di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, di prestazione di servizi di paga-

2 In argomento v., espressamente in tema di validità dei contratti stipulati con intermediari abusivi, Colavolpe, Se in caso di accollo, a scopo di finanziamento, si applichi la disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, in Riv. dir. priv., 2008, p. 446 ss., ove ulteriori riferimenti specifici.

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mento e di intermediazione in cambi»), onde verificare se possa essere sussunta all’interno delle attività ivi prese in considerazione. È evidente che il termine di confronto da assumere è quello dell’attività di finanziamento. Prima però di procedere a tale confronto occorrerà, anche se solo brevemente, accennare all’ulteriore requisito richiamato dal citato art. 106: l’esercizio nei confronti del pubblico (come già ricordato al precedente paragrafo 1, in difetto di esercizio nei confronti del pubblico l’iscrizione nella sezione speciale dell’elenco di cui all’art. 113 t.u.b. sarà obbligatoria solamente se l’attività finanziaria sia prevalente rispetto all’attività industriale o commerciale). Va osservato che nella materia dell’intermediazione creditizia e finanziaria né la giurisprudenza, né la normativa primaria né la normativa secondaria sono riuscite a elaborare linee guida chiare e affidabili in ordine al requisito del “pubblico” 3. In particolare, in argomento occorrerebbe prendere posizione con riguardo al conflitto fra quelle che appaiono le due principali posizioni 4: da un lato, quella che ritiene l’esercizio nei confronti del pubblico, perché ad incertam personam, anche ove l’attività fosse esercitata solamente nei confronti di procedure concorsuali, potendosi anche in tal caso ritenere l’irrilevanza delle condizioni e delle qualità personali dei soggetti cui l’intermediario si rivolge; dall’altro lato, quella che, recuperando anche in questa sede la categoria nata con la disciplina della sollecitazione del pubblico risparmio, esclude la ricorrenza del “pubblico” tutte le volte che non sussista il need of protection in capo ai soggetti cui l’intermediario si rivolge. Peraltro il co. 1 dell’art. 9 d.m. 17 febbraio 2009, n. 29, normativa su cui tornerò in seguito, sembra adottare un criterio ancora diverso, rappresentato dallo svolgimento dell’attività nei confronti di terzi con professionalità. Ma, ancora una volta, la questione non merita di essere approfondita ai fini che in questa sede rilevano, perché è da escludere che l’attività di acquisto di crediti pro soluto possa essere qualificata in termini di concessione di finanziamento.

3 Per ogni riferimento v. Bussoletti, La raccolta del risparmio fra il pubblico, in Dir. banc., 1996, I, in specie p. 9 ss.; Volpe, L’esercizio nei confronti del pubblico dell’attività finanziaria, in Banca, borsa tit. cred., 2000, I, p. 643 ss.; Colavolpe, op. cit., p. 440 ss., ove anche un dettagliato esame dello stato della normazione secondaria in materia. 4 In argomento v. Volpe, op. loc. cit.; Carbonetti, La raccolta del risparmio da parte delle imprese non bancarie, in Il testo unico bancario: esperienze e prospettive, Roma, s.d. (ma 1995), p. 235 ss.

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Mario Bussoletti

Nell’ambito delle tradizionali discussioni intorno alla natura delle operazioni di “finanziamento” o di “credito” (impregiudicata ogni questione in ordine alla eventuale differenza tra questi due termini) un punto fermo, per quanto qui interessa, è dato dall’individuazione di uno dei caratteri essenziali di tali operazioni (tale da distinguerle da negozi di scambio), rappresentato dalla concessione di una disponibilità di ricchezza contro l’obbligo di restituire l’equivalente (tantundem), eventualmente maggiorato di un margine, in un momento futuro 5. L’obbligo di restituzione di quanto ricevuto è peraltro intimamente connesso con il carattere di temporaneità dell’incremento delle risorse procurato al soggetto beneficiario del finanziamento/credito 6. Il rapporto di finanziamento si caratterizza dunque per la sequenza denaro (acquisizione o concessione della disponibilità di) => tempo => denaro (restituzione del), denaro => spazio => denaro, o comunque denaro => denaro. Il denaro è pertanto l’inizio e il termine dell’operazione 7. Anche l’evoluzione dell’ordinamento in materia di intermediazione finanziaria e creditizia è nel senso di valorizzare il requisito della rimborsabilità dei fondi, elemento che contrappone le operazioni di credito agli investimenti “a rischio”, cioè senza obbligo di restituzione. Si consideri, al riguardo, lo stesso t.u.b., che ha qualificato l’attività di raccolta del risparmio fra il pubblico definitivamente chiarendo, in ottemperanza alla seconda direttiva comunitaria in materia creditizia, che essa consiste esclusivamente nella «acquisizione di fondi con obbligo di rimborso» 8 (art. 11).

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Cfr. Clarizia, La causa di finanziamento, in Banca, borsa tit. cred., 1982, I, p. 612 ss., seguito, ex multis, da Colavolpe, op. cit., p. 451, ove ulteriori riferimenti, cui adde Carbonetti, op. cit., p. 234, nota 14. 6 Cfr. sul punto Fragali, voce Finanziamento (diritto privato), in Enc. dir., vol. XVII, Milano, 1968, p. 605 ss. 7 Per tutti vedi Ferro-Luzzi, Lezioni di diritto bancario, Torino, 1995, p. 94; Carbonetti, op. loc. ult. cit.; Allegri, L’attività di intermediazione finanziaria e la sua disciplina, in Dir. banc., I, I soggetti, a cura di Allegri e altri, Bologna, 2000, p. 3; Foschini, Il diritto del mercato finanziario, Milano, 2008, p. 7. Nello stesso senso, con riguardo soprattutto al fronte della raccolta del risparmio, su cui v. infra nel testo e alla nota seguente, F. Giorgianni, Definizione di attività bancaria e analisi del linguaggio, in Riv. dir. comm., 2005, I, p. 906, ove ulteriori riferimenti. 8 Carbonetti, op. cit. p. 235; Bussoletti, La raccolta del risparmio tra il pubblico, cit., p. 7, ove si osserva come in tal modo fuoriescano dall’area dell’intermediazione creditizia forme di raccolta in precedenza suscettibili di rientrarvi. In particolare, prima

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L’elemento della rimborsabilità determina dunque in capo al finanziatore l’assunzione del rischio che il finanziato non onori, eventualmente perché insolvente, l’obbligo di rimborso. Non potrà allora definirsi “finanziamento” una attribuzione patrimoniale di cui non sia prevista, prima o poi, anche come semplice eventualità, la restituzione 9. E del resto la normativa secondaria (su cui v. al successivo par. 3) inequivocabilmente recita: «Per attività di concessione di finanziamento sotto qualsiasi forma si intende la concessione di crediti… ». A differenza che nelle ipotesi di finanziamento, nel caso dell’acquisto di crediti pro soluto il flusso di denaro è unidirezionale: il cedente del credito riceve denaro irreversibilmente ed incondizionatamente, “vende” in senso tecnico, e il cessionario paga un corrispettivo per la cessione, che rappresenta il prezzo di quanto definitivamente acquisito dal cedente. In assenza dell’elemento della rimborsabilità, e quindi a condizione che la cessione del credito sia una vera e propria vendita, una cosiddetta true sale 10 (formula coniata proprio nel mondo della finanza), l’acquisto di crediti è un contratto di scambio. Evidente è a questo proposito la distinzione fra cessione pro soluto da un lato (che importa la derecognition nel bilancio del cedente e la recognition nel bilancio dell’acquirente) e, dall’altro lato, cessioni pro

dell’adeguamento alla seconda direttiva bancaria (lungi dal poter essere considerato concessione di finanziamento l’acquisto di crediti) la vendita di crediti avrebbe potuto essere considerata raccolta del risparmio (non rimborsabile). 9 Inaccettabile la tesi di G. Desiderio, L’attività bancaria, Milano, 2004, p. 120, che il finanziamento ricorrebbe comunque, perché il ceduto ‹‹anticipa liquidità al cedente e risulta sistematicamente esposto al rischio di credito, cioè di mancato adempimento dell’obbligazione pecuniaria di restituzione della somma, con la particolarità che tale obbligazione non va riferita al cedente bensì al debitore ceduto››. La tesi prova troppo, perché dovrebbe allora, ad esempio considerarsi finanziamento l’acquisto sul mercato di obbligazioni emesse da società. Se il finanziamento comporta sempre un rischio, non è tuttavia vero il reciproco: non è detto che tutte le volte che ricorra un rischio, speculativo o da inadempimento, ricorra un finanziamento. 10 La questione è divenuta particolarmente attuale a seguito dell’applicazione dei principi contabili internazionali IAS/IFRS: a norma dello IAS 39 il cedente pro soluto può procedere alla derecognition del credito ceduto solamente se nella sostanza non è più coinvolto ne(lla maggior parte de)i rischi relativi alle vicende successive alla vendita, attinenti la sorte del credito e dell’incasso (è peraltro considerata non incompatibile con la derecognition la conservazione del rischio rappresentato dalla garanzia dell’esistenza del credito).

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solvendo, sconto, factoring, e in genere i contratti di liquidità 11. In conclusione, ricorre nella specie il sinallagma tipico dei contratti di scambio, ed in specie della compravendita; e del contratto di compravendita (e non di un contratto di finanziamento) ricorre la causa tipica 12. Né ai fini dell’interpretazione dell’art. 106 t.u.b., e in particolare allo scopo di estendere la fattispecie “finanziamento” contemplata in quella norma fino a ricomprendervi l’acquisto pro soluto, può essere usata la definizione adottata dall’art. 1, co. 2, lett. f) t.u.b., secondo cui «si intendono per: f) attività ammesse al mutuo riconoscimento: le attività di: […] 2) operazioni di prestito (compreso in particolare il credito al consumo, il credito con garanzia ipotecaria, il factoring, le cessioni di credito pro soluto e pro solvendo, il credito commerciale incluso il forfaiting). Infatti tale definizione serve solamente (non a interpretare l’art. 106, bensì) a individuare quali sono le attività ammesse al beneficio del mutuo riconoscimento ai sensi degli artt. 16 ss. del t.u.b., e che le banche possono svolgere come attività accessorie, se non altro in un sistema come il nostro (nonché in quello comunitario), nel quale tuttora l’esercizio congiunto della raccolta del risparmio fra il pubblico e della concessione del credito è requisito essenziale della fattispecie “banca” 13. Ancora, la considerazione da parte del secondo comma dell’art. 1 è rilevante anche allo scopo di attrarre nella vigilanza su base consolidata le società facenti parte di un gruppo bancario che esercitino tali attività

11 E v. infatti Carbonetti, op. loc. ult. cit., il quale ricorda che la distinzione era stata a suo tempo accolta dalla Banca d’Italia, e richiama l’impatto che tale distinzione esercita sul bilancio del cedente. 12 La questione è tornata all’interesse della dottrina a proposito della qualificazione del forfaiting (su cui v. infra, nel testo), ed è quasi pacificamente risolta nel senso che tale operazione (species della vendita pro soluto di crediti originati da operazioni di commercio internazionale) sia una vendita a tutti gli effetti. V. Pittalis, Credito all’esportazione e forfaiting, Padova, 1994, p. 82. Particolarmente rilevante è la qualificazione in termini di compravendita se si considera che il forfaiting si caratterizza per essere il credito ceduto garantito da banche, in genere con garanzie a prima richiesta (Bauli, Il forfaiting, in I nuovi contratti nella prassi civile e commerciale, XII, Finanziamento alle imprese, Torino, 2005, p. 329). La componente di rischio propria del pro soluto è quindi in fatto quasi del tutto azzerata. 13 Per una sintetica rassegna delle posizioni dei vari ordinamenti sul punto v. Santoro, Le società finanziarie: un tentativo di ricostruzione, in Il testo unico bancario: esperienze e prospettive, cit., p. 207, nota 15.

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[art. 59, b) T.U.B.], e che a questi, e solo a questi fini, vengono tutte collettivamente definite “società finanziarie”, senza che l’acquisto pro soluto di crediti “si trasformi” in finanziamento. Del resto nell’ordinamento tedesco, nel quale si ripropone tale solo parziale sovrapposizione, è pacifico che un’attività che sia limitata all’acquisto pro soluto non è in quanto tale sottoposta a vigilanza 14. Ma, indipendentemente dalla ingannevolezza della terminologia adottata, fra i “mondi” dell’art. 59 e dell’art. 106 t.u.b. non esiste corrispondenza biunivoca, tanto che gli intermediari mobiliari regolati dal t.u.f. non sono intermediari finanziari per espressa disposizione del capoverso dell’art. 106 t.u.b., mentre sono società finanziarie ai sensi del citato art. 59 15: insomma, mentre l’area dell’intermediazione finanziaria in senso stretto è ricompresa per intero nell’area della fattispecie società finanziaria 16, non è vero il reciproco.

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Il legislatore tedesco con il termine Finanzunternehmen, contenuto nel § 1, 3° comma, KWG, dà origine ad una categoria di chiusura che ricomprende al suo interno tutte le imprese del settore finanziario. Queste, pur disciplinate dalla legge bancaria, non necessitano di alcuna autorizzazione e non sono sottoposte al controllo dell’autorità di vigilanza. Tuttavia, agli enti finanziari che sono società figlie di un istituto di credito o di un ente di gestione e negoziazione di valori mobiliari oppure fanno parte di una holding si applica la disciplina di controllo contenuta nella Kreditwesengesetz sull’adeguatezza patrimoniale e sui grandi fidi (art. 19 KWG). In tal senso, Beck, Samm e Kokemoor, Gesetz über das Kreditwesen, Heidelberg, 2007, p. 40; Schäfer, Begriffsbestimmungen, in Boos, Fischer e Schulte Mattler, Kreditwesengesetz, 3. Aufl., München, 2008, p. 100; Claussen, Bank- und Börsenrecht für Studium und Praxis, München, 2008, p. 272; Martinek e Oechsler, Bankrechts- Handbuch, 2. Aufl., München, 2001, § 102, Rnd. 85. Secondo Kümpel., Bank-und Kapitalmarktrecht, Köln, 2004, p. 821, si raggiunge il risultato di sottoporre al controllo bancario tutte quelle operazioni, svolte da un istituto di credito, che presentano i tipici rischi di credito, senza però trasformarle in operazioni bancarie. Così, le imprese di factoring la cui attività consista nell’acquisto pro soluto di crediti pecuniari verso corrispettivo, se non svolgono ulteriori attività bancarie, non sono sottoposte alla vigilanza esercitata della BaFin e non necessitano di autorizzazioni. Diversamente, l’attività di acquisto pro soluto di crediti svolta da un’impresa che appartenga ad un gruppo bancario, consiste di operazioni che pur non rientrando nell’elenco delle operazioni espressamente definite bancarie dal legislatore tedesco contenuto nel § 1, comma 1, KWG, è considerata operazione di credito ex § 19 KWG. Glomb, Finanzierung durch Factoring, Köln, 1969, p. 93; Derleder, Knops e Bambaerger, Handbuch zum deutschen und europäischen Bankrecht, Berlin, 2009, p. 912; Brink, Factoringvertrag, Köln, 1998, p. 8; Schwarz, Factoring, Stuttgart, 1993, p. 109. Sulla base di queste premesse, la dottrina citata ritiene che l’attività limitata all’acquisto pro soluto di crediti non è attività di “finanziamento” e, quindi, non è in quanto tale sottoposta a vigilanza. 15 Per una diffusa quanto attenta analisi della questione v. Santoro, op. cit., p. 203 ss. 16 Santoro, op. cit., p. 216.

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Si noti peraltro che davvero scarsa è stata, dal punto di vista della tecnica legislativa, la considerazione riservata alla norma di cui all’art. 1, co. 2, lettera f). In essa infatti vengono ricomprese fra le operazioni di prestito addirittura non già, come dovrebbe essere, gli acquisti di credito pro soluto e pro solvendo, bensì, impropriamente, le cessioni pro soluto e pro solvendo 17. È evidente che una “cessione” di credito, un’operazione cioè riguardata dal punto di vista del cedente, non potrebbe essere considerata concessione di credito neppure ricorrendo alla più sfrenata fantasia giuridica. Se mai, al più e al contrario, una simile attività potrebbe essere considerata raccolta del risparmio 18. Come si vedrà nel paragrafo seguente, le conclusioni che precedono sono in larga misura confermate anche dalla normativa secondaria. Devo peraltro fare presente che, ove pure qualche passaggio di tale normativa si mostrasse in controtendenza, come si vedrà essere effettivamente accaduto, in ogni caso la normativa secondaria non sarebbe autorizzata a restringere in questa materia gli spazi lasciati aperti dalla normativa primaria.

3. I d.m. del 1994 e del 2009, ambedue attuativi dell’art. 106 t.u.b., non considerano il puro e semplice acquisto di crediti pro soluto in termini di finanziamento. Come anticipato, la riprova dell’assunto di cui al paragrafo precedente, inclusa l’irrilevanza della definizione di cui all’art. 1, co. 2, lett. f) t.u.b., è data anche dal d.m. Tesoro 6 luglio 1994 (pubblicato in G.U. 22 luglio 1994, n. 170), emanato ai sensi dell’art. 106. comma 4, del t.u.b., secondo cui per attività di finanziamento sotto qualsiasi forma non si ricomprende, né genericamente, né tout court, il mero acquisto di crediti, bensì solamente «ogni tipo di finanziamento connesso con operazioni di: [...] b) acquisto di credito». Ed infatti, è netta in dottrina l’esclusione di ogni dubbio, dandosi la questione quasi per scontata, «sul fatto che l’attività di acquisto di crediti, di cui parla l’art. 2), lett. c) [rectius: b)], del decreto del Ministro del tesoro del 6 luglio 1994 sia un acquisto con funzione di finanziamento» 19.

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L’equivoco del resto ha origine comunitaria, e si ripresenta anche nell’ordinamento tedesco. V. supra, alle note 7 e 8. 19 U. Belviso, Le modifiche alla legge sulla cessione dei crediti d’impresa, in Banca, borsa tit. cred., 1996, I, p. 471, nota 36, sulla scia di Costi, da ultimo in L’ordinamento 18

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In proposito l’unico precedente a me noto, una inedita decisione del tribunale penale di Milano, esclude che ricorra la fattispecie criminosa di abusivismo finanziario quando l’oggetto sociale dell’operatore si limiti a contemplare l’acquisto pro soluto di crediti in sé e per sé. È interessante osservare che, a riprova dell’apparente assenza di rilevanza del problema in esame, la medesima formulazione adottata dal decreto ministeriale del 1994 è stata ora adottata anche dal decreto ministeriale che lo ha sostituito, il d.m. 17 febbraio 2009, n. 29 (pubblicato in G.U. 3 aprile 2009, n. 78) Come anticipato, però, la citata normativa secondaria contiene anche due prese di posizione in controtendenza rispetto a quanto sin qui osservato. In particolare, il d.m. 17 febbraio 2009, n. 29 20 (che insieme al citato d.m. del 1994 accorpa altri due decreti ministeriali del 1994, tutti datati 6 luglio), reca due norme che fanno riferimento all’acquisto di crediti non più connessi all’attività di finanziamento, anche se al limitato scopo di stabilire quando ricorra l’esercizio di attività nei confronti del pubblico. Così il secondo comma dell’art. 9, dopo aver dato atto che le attività esercitate esclusivamente nei confronti del gruppo di appartenenza non si considerano svolte nei confronti del pubblico, precisa che tale «deroga», che è peraltro difficile definire deroga, «non trova applicazione per gli acquisti di crediti da intermediari finanziari del gruppo medesimo». E ancora, il successivo co. 3 precisa: «Non costituisce attività di finanziamento nei confronti del pubblico l’acquisto di crediti vantati da terzi nei confronti di società del gruppo medesimo». La prima presa di posizione ha una giustificazione tecnica molto interessante: in sostanza, si vuole che il debitore ceduto, una volta che sia censito nella centrale dei rischi relativi alla esposizione nei confronti degli intermediari non bancari 21, non cessi di essere censito per il semplice fatto che cambia la persona del creditore. L’obiettivo è lodevole, ma a questo scopo non è necessario qualificare il cessionario del credito in termini di intermediario finanziario. La seconda presa di posizione, che ribalta la scelta più rigorosa effet-

bancario, Bologna, 2007, p. 222 ss., e già in Il factoring nella prospettiva del testo unico del credito, in ABI-ASSIFACT, Roma, 1994, p. 41, cit. da Mecatti, Le società di factoring, in Le società finanziarie, a cura di Santoro, Milano, 2000, p. 597 ss. 20 Su cui v. Colavolpe, Il c.d. decreto unificato sugli intermediari finanziari non bancari, in Società, 2009, p. 1153 ss. 21 Introdotta con la deliberazione C.I.C.R. 29 marzo 1994 e con il successivo provvedimento della Banca d’Italia del 10 agosto 1995.

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tuata dal decreto del 1994, determina la migrazione del “factor di gruppo” dalla categoria ex art. 107 t.u.b. alla categoria ex art. 113 22. Fino a che punto le due norme ora citate possono ritenersi in contraddizione con la proposta interpretazione del citato art. 2? Da un lato le norme in questione contengono un riferimento generico all’acquisto di crediti, senza menzionare l’acquisto pro soluto; dall’altro lato a proposito del comma 3 il collegamento con il finanziamento non è pretermesso, in quanto la norma esordisce precisando che l’acquisto di crediti è tuttora legato al finanziamento («non costituisce attività di finanziamento… »). In ogni caso, come già osservato in precedenza, una normativa secondaria che ampli le limitazioni alla libertà di iniziativa economica dettate dagli artt. 106 ss. t.u.b. non sarebbe legittima 23. 4. L’orientamento contrario di alcune istituzioni. Nonostante la riferita posizione della dottrina dominante, che confido di aver ulteriormente approfondito, la tesi contraria è sostenuta da autorevoli istituzioni: la Banca d’Italia, il Comitato antiriciclaggio costituito con il decreto ministeriale n. 209538 dell’ 8 giugno 1993 (composto di esponenti della Banca d’Italia e del soppresso UIC) e, come preciserò in seguito, il Tribunale fallimentare di Milano. Del Comitato antiriciclaggio sono note, nel senso che sono riportate in

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Così Colavolpe, op. ult. cit, p. 1160. Considero irrilevanti ai fini della soluzione del problema eventuali interventi legislativi estemporanei frutto della legislazione dell’emergenza. Si consideri ad esempio l’art. 9 del d.l. 29 novembre 2008, n. 185 (‹‹Rimborsi fiscali ultradecennali e velocizzazione, anche attraverso garanzie della Sace s.p.a., dei pagamenti da parte della p.a.››), cui la legge di conversione (28 gennaio 2009, n. 2) ha aggiunto un comma 3-bis. In detto comma si prevede che, per il solo anno 2009, le regioni e gli enti locali (per lo Stato la normativa è più sfumata) ‹‹possono›› (?) certificare, le somme dovute per somministrazioni, forniture e affitti i crediti vantati nei loro confronti ‹‹al fine di consentire al creditore la cessione pro soluto a favore di banche o intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente››; e ciò anche quando il contratto fonte del credito escluda la cedibilità del medesimo. La norma, in questi termini, lungi dal poter essere interpretata nel senso che l’attività di acquisto pro soluto è riservata agli intermediari finanziari, è piuttosto contraria all’art. 3 Cost. se non altro nella parte in cui riconosce le agevolazioni ivi previste solo quando l’acquisto sia effettuato da banche o intermediari finanziari. Dal momento che comunque l’iscrizione nell’elenco degli intermediari finanziari non è richiesta in capo a chi procede a acquisti saltuari, l’esclusione di simili ipotesi dall’accesso all’agevolazione è irragionevole, perché nessun collegamento ha con la ratio dell’art. 9, desumibile dalla sopra riferita rubrica della norma. 23

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pubblicazioni, due posizioni 24: nel parere n. 38 dell’11 marzo 1996 25 il Comitato ha escluso che sia attività finanziaria l’acquisto di crediti in una procedura di concordato stragiudiziale, ma soltanto in ragione dell’occasionalità dell’operazione e del fatto che, trattandosi di una procedura di tipo fallimentare, ricorrerebbe nella specie una cessio bororum o una cessione di ramo d’azienda; e tutto ciò nel presupposto che sia in vigore il «principio dell’esclusività dell’attività di acquisto crediti»; e in un altro parere, la cui data non è nota 26, ha dato per scontato che anche la “cessione” (si rinnova l’equivoco segnalato in precedenza) pro soluto integra un’attività di factoring ed è riservata agli intermediari finanziari iscritti nell’elenco generale di cui all’art. 106 t.u.b.. Come si vede, nessuna dimostrazione dell’assunto viene svolta 27. La medesima critica, riferita all’assenza di motivazione, può rivolgersi alla posizione assunta in argomento dalla Banca d’Italia. E in effetti, ancora oggi, talvolta, la Banca d’Italia comunica per le vie brevi che certe attività “non si possono fare”, ma si astiene dall’assumere una posizione ufficiale sul punto, così anche sottraendosi alla motivazione della propria posizione. A proposito del medesimo tipo di atteggiamento, merita di essere ri-

24 Si riscontra anche la seguente ulteriore presa di posizione. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha affrontato con il provvedimento n. 5947, consultabile in Bollettino, 8 maggio 1998, VII, n. 18, 37 il tema della cessione pro soluto a titolo oneroso di crediti di difficile esigibilità. L’Autorità afferma che ‹‹la funzione di finanziamento è svolta dal corrispettivo della cessione del credito e, quindi, tale funzione è assente soltanto negli specifici casi in cui il corrispettivo manca o è di valore tanto modesto da non poter assolvere in nessuna misura tale funzione. Ne consegue che soltanto questo tipo di cessioni sono effettuabili liberamente››. L’Autorità ritiene verosimile che la causa di finanziamento ‹‹ricorra molto frequentemente quando il cedente è un’impresa, che ha tutto l’interesse a trasformare in liquidità crediti difficilmente esigibili››. L’Autorità garante ha richiesto un parere all’Ufficio Italiano Cambi che ha ritenuto che l’attività consistente nell’acquisto di crediti, se svolta con carattere di professionalità, rileva ai fini della riserva di cui all’art. 106 t.u.b., ‹‹senza che assumano particolare rilievo l’esistenza di garanzie sull’adempimento ovvero il grado di esigibilità del credito acquistato››. Inoltre – si legge sempre nel parere – ‹‹la causa di finanziamento, ove in concreto sussistente, è insita nello stesso contratto di cessione di crediti e non necessita, per assumere rilevanza, di autonoma collocazione in un distinto contratto, al primo funzionalmente collegato. Poiché la finalità di finanziamento viene perseguita attraverso la prestazione del corrispettivo del credito ceduto, vengono in considerazione, per la disciplina in esame, unicamente le cessioni effettuate a titolo oneroso››. 25 Riferito da Mecatti, op. cit., p. 114 ss. 26 Ma trascritto da Mecatti, op. cit., p. 604 ss. 27 La medesima critica può muoversi a Mecatti, op. cit., p. 597, la quale si limita a dare per scontato che l’attività di «cessione dei crediti di impresa, poiché rientra nell’attività concessione finanziamenti di cui al 1° co. dell’art. 106… ».

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cordata la posizione della Vigilanza in tema di raccolta del risparmio fra il pubblico nel vigore della legge bancaria. La Banca d’Italia riteneva l’illegittimità della raccolta del risparmio fra il pubblico sganciata dall’esercizio del credito, salvi i casi previsti dalla legge, ma introduceva una distinzione, all’epoca priva di fondamento normativo, fra raccolta del risparmio di rischio, da ritenersi libera, e raccolta del risparmio di credito, da ritenersi consentita nei soli casi previsti dalla legge. Che de iure condendo questa dovesse essere la soluzione più corretta, è conclusione che può essere sposata da molti o addirittura da tutti, tanto che poi essa è stata adottata dalla seconda direttiva comunitaria; ma nel sistema normativo della legge bancaria una distinzione di trattamento fra risparmio di credito e risparmio di rischio era incompatibile con l’art. 2 della legge. Lo stesso dicasi per il tentativo interpretativo degli organi di governo del credito di ritenere l’attività finanziaria sganciata dalla raccolta del risparmio fra il pubblico riservata ai soggetti iscritti in un elenco da tenersi da parte dell’Ispettorato, in assenza di previsioni della legge bancaria che consentissero un simile approdo 28. Sorprendente è poi che la Vigilanza non abbia pensato di orientare verso la propria tesi il tenore della citata normativa secondaria, su cui notoriamente ha forte capacità di influenza. Se non si assumono posizioni ufficiali allo studioso non è dato conoscere gli argomenti a sostegno della rigorosa posizione adottata. Egli pertanto è costretto a procedere alla cieca. Una volta escluso che l’acquisto di crediti pro soluto possa essere considerato finanziamento, una alternativa possibile è che la ipotetica riserva in favore degli intermediari finanziari possa essere ricondotta a un’esigenza di professionalità nel recupero dei crediti. Ma da un lato non v’è alcuna traccia di tale attività nel novero delle attività riservate – e infatti in dottrina si precisa che il factor che si limiti alle attività di gestione e incasso di crediti non è tenuto a iscriversi nell’elenco degli intermediari finanziari a norma dell’art. 106 t.u.b. 29. – e dall’altro lato i regolamenti ministeriali precisano che il recupero dei crediti non rientra – neppure - nel novero dei servizi di pagamento: si veda

28 V. Porzio, La legge bancaria: un tentativo di intervento globale sul mercato del credito, in La legge bancaria. Note e documenti sulla sua “storia segreta”, a cura di Porzio, Bologna, 1981, p. 23 ss. Tracce di “cronaca” di questa problematica anche in Molle-Maimeri, La banca nell’ordinamento giuridico italiano, Milano, 1987, p. 10, nota 8. 29 Clarizia, I contratti di finanziamento – leasing e factoring, Torino, 1989, p. 232; Costi, L’ordinamento bancario, cit., p. 222 ss.

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l’art. 5.2. del nuovo regolamento (art. 4.2 del precedente regolamento), sull’esenzione relativa al recupero dei crediti. Del resto, quando si tratta di gestire e incassare crediti (diventati) propri, sarebbe ben singolare che l’operazione non possa essere condotta in proprio, ma debba essere affidata a un intermediario finanziario. Per completezza di esposizione, potrebbe osservarsi che un gestore professionale di crediti sia in grado di procedere a una più redditizia realizzazione del credito. Ma l’argomento evidentemente non può valere a escludere dall’asta competitiva altri soggetti che in ipotesi siano meno professionali. Chi ritiene di poter incassare di più sarà probabilmente in grado di offrire di più, e di aggiudicarsi in tal modo l’asset; ma se il prezzo più elevato fosse offerto da un quisque de populo (si ricorda che il problema in esame si pone solamente quando l’acquisto pro soluto corrisponda a un’attività di impresa) ciò dovrebbe essere irrilevante per la procedura. Alla procedura infatti interessa la massima possibile realizzazione dell’attivo fallimentare; e non che il credito, una volta uscito dall’attivo fallimentare, venga realizzato nella misura massima possibile. Sulla base delle considerazioni che precedono, deve concludersi che ancora più torto ha il “decalogo” del Tribunale fallimentare di Milano del 6 giugno 2008 30, quando a carico degli aspiranti acquirenti di crediti e di azioni giudiziarie richiede il requisito dell’iscrizione nel registro degli intermediari finanziari da almeno tre anni, e ciò anche a carico di chi presenti proposte di acquisto (anche solo) di «una o più azioni revocatorie». A proposito di questa scelta il “decalogo” ha torto tre volte: a) ha torto, come sopra chiarito, in quanto muove dal presupposto che l’attività di acquisto dei crediti pro soluto sia riservata; b) in aggiunta, ha torto perché introduce l’ulteriore limitazione dell’anzianità dell’intermediario: non si vede perché un intermediario finanziario iscritto da due anni nel registro degli intermediari, se in grado di pagare il prezzo che offre, non possa partecipare a un’asta competitiva; c) infine, ha torto perché, in violazione dello stesso art. 106, sia pure in ipotesi estensivamente interpretato, penalizza chi, volendo concorrere a un singolo acquisto, e quindi al di fuori dell’esercizio di un’attività nei confronti del pubblico, non sarebbe comunque soggetto al citato art. 106.

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Consultabile sul sito internet Circolare/Circolari/cessionepro-soluto.pdf.

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http://www.tribunale.milano.it/documenti/


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Ancora di più, viene trascurato l’obiettivo principale della procedura, quello dell’efficienza: realizzare il massimo possibile in sede di liquidazione dell’attivo. Per la verità, anche siffatto obbiettivo potrebbe essere compresso in vista della tutela di un interesse ancora più rilevante, ad esempio contrastare il riciclaggio. Ma da un lato scelte simili competono al legislatore 31, e non ad acrobatiche interpretazioni; e dall’altro lato è agevole osservare che i riciclatori comprano aziende, più ancora che crediti. E allora che faremo? Apriremo una sezione speciale dell’elenco degli intermediari finanziari in cui debbano iscriversi gli acquirenti di aziende? E poi anche gli acquirenti di società, in quanto proprietarie di aziende? A prescindere dall’interrogativo sull’opportunità di una simile scelta normativa, tale scelta può essere effettuata solo da una norma di legge primaria.

5. Libertà di iniziativa economica e attività di assunzione di concordati. Non incorre nel medesimo equivoco il decalogo del Tribunale di Milano, con riferimento alla legittimazione a candidarsi all’assunzione del concordato. A questo proposito il documento, sulla scorta dell’art. 124 l.fall., in nessun caso assoggetta a requisito soggettivo alcuno la candidatura a assuntore di concordato. Il problema però risulta sollevato da alcune camere di commercio, ai fini dell’iscrizione nel registro delle imprese (per la precisione, nel R.E.A.) di operatori che intendano esercitare l’attività di assunzione di concordati, e non siano iscritti nell’elenco degli intermediari finanziari.

31 L’originario art. 2 della legge 21 febbraio 1991, n. 52 che prevedeva un albo delle società esercenti attività di cessione dei crediti di impresa tenuto dalla Banca d’Italia quale autorità di vigilanza, è stato abrogato con l’entrata in vigore del t.u.b. In tal modo, il legislatore ha dato risposta all’esigenza di omogeneizzazione della disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, in quanto, mentre la legge n. 52 non creava alcuna riserva di attività (essendo libere le imprese di acquistare crediti, anche di impresa, senza avvalersi dei benefici della legge speciale), la legge n. 197 del 1991 (prima legge antiriciclaggio) trattava l’iscrizione nell’elenco come un provvedimento avente effetti autorizzativi e abilitativi all’esercizio delle attività ivi elencate. Sicché era venuta a configurarsi una particolare situazione, in cui tutti gli intermediari finanziari non bancari erano assoggettati alla disciplina di cui alla legge antiriciclaggio e solo le società che esercitavano acquisto di crediti di impresa ad una disciplina diversa. Se però l’intenzione del legislatore era di assumere nell’area degli intermediari finanziari tutte le imprese esercenti qualunque tipo di acquisto di crediti (di impresa), tale intenzione non ha trovato riscontro nel tenore letterale delle norme interessate.

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Con riguardo all’attività di assunzione di concordati la tesi restrittiva è ancora più insostenibile. Non solo è errata la premessa implicita, che se per l’acquisto pro soluto di crediti è necessaria l’iscrizione nell’elenco degli intermediari finanziari, tale regola deve valere anche per il ruolo di assuntore di concordato. Ma se anche fosse vera la premessa, sarebbe errata la conclusione. La presenza di crediti e azioni giudiziarie nell’attivo fallimentare infatti, anche se probabile, è comunque eventuale, e per di più non è detto che il peso di tali assets sia preponderante. Basti pensare alla ricorrente eventualità che l’attivo sia rappresentato da un’azienda. Un simile atteggiamento interpretativo, peraltro in questo caso del tutto privo di fondamento normativo, e anzi smentito dal dettato normativo, confonde l’intermediazione finanziaria con la natura speculativa e aleatoria propria dell’attività in questione. Se banche e intermediari finanziari possono svolgere questa attività ai sensi dell’art. 1 t.u.b., ma come attività accessoria, ciò non comporta che nessun altro possa svolgere tale attività. Esattamente come se si volesse concludere che, poiché le banche sono autorizzate a svolgere il servizio di “locazione” delle cassette di sicurezza, lo svolgimento di questo servizio dovrebbe ritenersi precluso agli altri intermediari finanziari e a qualunque altro operatore. O se vogliamo esser più vicini ai nostri tempi, sarebbe come se si dicesse che chi organizza scommesse, svolgendo attività speculativa, dovrebbe essere considerato intermediario finanziario 32. E tutto ciò, ancora una volta pregiudicando l’interesse della procedura alla massimizzazione del ricavo; interesse già evidente nell’ampliamento della legittimazione a presentare proposte concordatarie disposto dalla riforma della legge fallimentare. Si noti fra l’altro che su tale interesse ancora una volta il legislatore ha posto l’enfasi, se si considera che con legge 18 giugno 2009, n. 69, sono stati integrati gli artt. 125 e 128 l.fall. 33, allo scopo di consentire, nell’interesse della massimizzazione del ricavo, la massima concorrenza possibile in caso di pluralità di proposte concordatarie.

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V. infra, alla nota 9 la critica a G. Desiderio, op. loc. cit. Si vedano in argomento i primi commenti di G. Tarzia, Le norme integrative degli artt. 125 e 128 l.fall.; Risolo, La novella sul concordato fallimentare: la prospettiva del Legislatore e i risvolti applicativi, ambedue in Fallimento, 2009, rispettivamente p. 914 ss. e 918 ss. 33

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Investimenti di“fondi sovrani”e tutela degli “interessi nazionali”. Spunti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia in tema di “interesse generale” e di limiti alla libertà di movimento dei capitali e di stabilimento: a volte “non è tutto oro quel che luccica”* Sommario: 1. Premessa. – 2. Libertà di movimento dei capitali e libertà di stabilimento nella più recente giurisprudenza della Corte di giustizia sui c.d. “poteri speciali”. – 3. Reazioni all’attività dei fondi sovrani. – 4. Investimenti dei fondi sovrani… – 5. … e reazioni nazionali per limitare l’afflusso di capitali. – 6. La c.d. “golden share virtuosa” e gli “interessi fondamentali della collettività”. – 7. I poteri speciali nella tutela dell’ordine pubblico e della pubblica sicurezza. – 8. La decisione della Corte di giustizia nel caso Campus Oil limited del 10 luglio 1984 (causa C-72/83). – 9. La decisione della Corte di giustizia del 4 giugno 2002 (causa C-503/99) sui poteri speciali del governo belga. – 10. Le riserve della Corte di giustizia (causa C-326/07 del 26 marzo 2009) sul regime italiano dei “poteri speciali” nella prospettiva di una ricostruzione a sistema dei possibili vincoli agli interventi dei fondi sovrani.

* Utilizza questa espressione l’avvocato generale Dàmaso Ruiz-Jarabo Colomer in apertura delle conclusioni (punto 1) nella causa C-326/07 (Commissione c. Repubblica italiana) sulle modalità d’esercizio dei c.d. “poteri speciali” che si è conclusa con la condanna dell’Italia con sentenza del 26 marzo 2009. Richiamandosi all’espressione contenuta nel Mercante di Venezia, entrata nel comune commento all’orientamento della Corte sulla golden share (v. prima, Looijestjn-Clearie, All that glitters is not gold: European Court of Justice strikes down golden share in two dutch companies, in Eur. Bus. Org. L Rev, 2007, p. 429, ed ora Colangelo, Golden shares, diritto comunitario e i mercanti di Venezia, in Foro it., 2009, IV, p. 221; Nascimbene, Norme nazionali sulle golden shares e diritto comunitario, in Corr. giur., 2009, p. 1017), l’avvocato generale ha sottolineato che “tale proverbio dovrebbe essere ben noto agli Stati membri, che alla stregua di re Mida, si impegnano a trasformare in un surrogato del prezioso metallo le partecipazioni nel capitale di imprese che operano in settori strategici o che prestano servizi pubblici”. Il presente lavoro rappresenta, rielaborato, il testo di un intervento al 55° Convegno di Studi amministrativi di Varenna (24-26 settembre 2009) dedicato al tema Nuovi poteri e dialettica degli interessi ed è destinato agli Studi in onore di Alessandro Pace.

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1. Premessa. Fra le soluzioni prospettate per prevenire un intervento dei fondi sovrani effettuato, non in base a “considerazioni di tipo puramente economico o commerciale ma allo scopo “politico” di consentire all’investitore effettivo (i.e. i governi dei paesi di cui gestiscono risorse naturali) di esercitare un’influenza notevole o dominante nell’ambito “settori sensibili” o d’interesse strategico di altri Stati…” 1, merita di essere riconsiderata la possibilità di introdurre, in sede comunitaria e nei singoli ordinamenti nazionali, una disciplina informata al regime della c.d. golden share o, per il nostro ordinamento, dei c.d. “poteri speciali”. Nell’esame dei limiti al potere di intervento degli Stati in materia economica 2 un ruolo fondamentale, nella distinzione tra “libertà del mercato” e “libertà di mercato” 3 è stato svolto, in un modello di mercato

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Da ultimo, Mezzacapo, Law § Economics dei c.d. “Fondi sovrani” d’investimento nell’ordinamento comunitario e nazionale, in questa Rivista, 2009, p. 70 che richiama sul punto le valutazioni della Banca Centrale Europea riportate nel numero di dicembre 2007 della Financial Stability review, p. 23. Solo in sede di correzione di bozze si è potuto tener conto del lavoro di Carbone, Golden share e fondi sovrani: lo Stato nelle imprese tra libertà comunitaria e diritto statale, in Dir. comm.int., 2009, p. 503 ss. Per un ampio panorama delle soluzioni offerte nelle diverse realtà economiche, Guaccero, Pan e Chester, Investimenti stranieri e fondi sovrani: forme di controllo nella prospettiva comparata USA- Europa, in Riv. soc. 2008, p. 1359 ss. per un esame, oltre che dei problemi posti dalle golden shares, dell’utilizzo della clausola di reciprocità e della disapplicazione delle regole di passività e di neutralizzazione nella direttiva sulle offerte pubbliche. 2 Sul tema, per un’indagine di carattere generale Picone, Diritto internazionale dell’economia e costituzione economica dell’ordinamento internazionale, in Picone e Sacerdoti, Diritto internazionale dell’economia, Milano, 1982, p. 62 ss. ripubblicato in Picone, a cura di, Comunità internazionale e obblighi “erga omnes”, Napoli, 2006, p. 162 ss. e in Diritto internazionale privato comunitario e pluralità dei metodi di coordinamento tra ordinamenti, a cura di Picone, Diritto internazionale privato e diritto comunitario, Padova, 2004, p. 488 ss. 3 Per tutti, nell’interpretazione dell’art. 41 Cost. v. nel tempo Pace, Libertà “del” mercato e “nel” mercato, in Pol. dir., 1993, p. 328, che contrappone al primo concetto, privo di garanzia costituzionale, la “libertà nel mercato” intesa come “la risultante della convergente presenza, in un dato settore, di una pluralità di operatori e di una disciplina giuridica che predetermini le regole del gioco, valide per tutti nella stessa maniera” ed ora Argentati, Il principio di concorrenza e la regolazione amministrativa dei mercati,Torino, 2008, p. 141 ss e ivi ampie citazioni cui si rinvia oltre che per un’applicazione della distinzione tra concorrenza nel mercato e concorrenza per il mercato in tema di affidamenti diretti di servizi e dell’in house providing, ivi, p. 327 ss. Per una significativa e attuale valutazione nella stampa economica finanziaria di al-

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concorrenziale che richiede, a sua garanzia, interventi dei pubblici poteri, dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. Regolando le condizioni che devono caratterizzare il regime delle privatizzazioni per consentire il passaggio allo “Stato del mercato” 4 la Corte ha ritenuto ammissibile, nel contrasto fra la tutela del mercato e la difesa di interessi generali, l’intervento dello stato nazionale ma solo se “limitato a talune decisioni riguardanti gli attivi strategici delle società….in particolare le reti dell’energia, nonché alle relative decisioni di gestione specifiche che possono essere puntualmente messe in questione” 5. Anche se l’adozione di questa tecnica difensiva appare cautamente contrastata dalla Commissione nella Comunicazione (n. 115 del 27 feb-

cune delle conseguenze della “politicisation” delle società che operano “in the grey area between the public and private sector” e della sottovalutazione dei problemi che ne possono derivare cfr. il commento “Schumpeter: the rise of the hybrid company” in «The Economist» del 5 dicembre 2009, 69 che conclude “This politicisation is particularly troublesome when it comes to expanding abroad. �������������������������������������� State – supported companies often conjure up images of imperialism”, sottolineando “It is hard to read about CNPC’promises to build roads in Africa in exchange for oil without thinking of the East India Company” (enfasi aggiunta) 4 Merusi, Certezza dell’amministrazione tra spazio e tempo, in Sentieri interrotti della legalità, Bologna, 2007, p. 45, nel proporre questa locuzione in sostituzione di stato regolatore, sottolinea la minor valenza di quest’ultima espressione in quanto essenzialmente politologica. 5 Corte giust. 4 giugno 2002, causa C-503/99, (p.ti 49-50). Per un quadro dei principi guida enunciati dalla Corte nei confronti delle diverse legislazioni nazionali, v. Santa Maria, Diritto commerciale europeo, Milano, 2008, p. 318 ss. e, per una prima lettura, A.F. Esposito, La libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali, in Cofrancesco, a cura di, Il diritto comunitario tra liberismo e dirigismo, Roma, 2009, p. 123 ss. Sull’organizzazione e la disciplina del mercato delle strutture di rete, considerate dalla normativa nazionale condizione per l’esercizio dei poteri speciali in caso di “grave ed effettivo pericolo per la sicurezza degli impianti e delle reti nei servizi pubblici essenziali” (art. 2, comma secondo, lett. c) d p. c. m. del 10 giugno 2004), v. i contributi in tema di impresa, energia e telecomunicazione in Predieri e Morisi, a cura di, L’Europa delle reti, Torino, 2001, p. 93 ss.; M. Grillo, Infrastrutture a rete e liberalizzazione delle public utilities in De Vincenti e Vigneri Le virtù della concorrenza (regolazione e mercato nei servizi di pubblica utilità), Bologna, 2006, p. 281; V. Minervini, Pubblico e privato nei contratti di interconnessione tra reti (con particolare riferimento al settore delle comunicazioni). Prime riflessioni, in Dir. comm. int., 2007, p. 328 ss.; con particolare riguardo al settore dell’energia elettrica v. Bruti liberati, La regolazione pro concorrenziale dei servizi pubblici a rete, Milano, 2006, specie p. 99 ss. e le conclusioni di Merusi, Nuove problematiche nei rapporti tra regolamentazione e concorrenza, in. Bruti Liberati e Donati, a cura di, Il nuovo diritto dell’energia tra regolazione e concorrenza, Torino, 2007, p. 261 ss.

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braio 2008) intitolata Un approccio comune europeo ai fondi sovrani quando sottolinea il rischio, nel caso dell’adozione di una forma di tutela ispirata alla golden share, di un’abdicazione dell’Unione europea “al suo impegno per un regime di investimento aperto… difficile da conciliare con il diritto e gli impegni internazionali della Comunità”, non sono mancate valutazioni, indicative di un diverso approccio. Si possono ricordare al riguardo sia la dichiarazione (23 luglio 2007) dell’allora commissario Mandelson sul ricorso ad una tutela informata alle regole della golden share per contrastare l’attività di “state-controlled funds… to buy european companies in sensitive industry that the buying country protect domestically”, ma sempre in modo da garantire il rispetto di una “reciprocal market openness not reciprocal protectionism”, 6 sia la più recente presa di posizione del commissario Barroso che, anche se su di un piano diverso, precisa: “We will not propose European legislation, though we reserve the right to do so if we cannot achieve transparency through voluntary means” 7. Il cambiamento di prospettiva, imputabile probabilmente oltre che alla ricerca di soluzioni di “soft law” 8 per sopperire alla “opacità gestionale” 9degli obiettivi dell’investimento, agli orientamenti maturati da alcuni governi nazionali (ad esempio Francia e Repubblica federale

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V., ad esempio, “State-backed funds force EU shift on golden shares” in Financial Times del 23 luglio 2007 e le dichiarazioni di Mandelson riportate nella stessa data in Le monde, nell’ambito di un’intervista sui problemi con l’OMC: “L’émergence de ces fonds est un phénomène nouveau qui pose question surtout si ces investissements sont menés avec des arrière-pensées politiques. Notre réponse immèdiate ne doit pas être de les interdire. Il sera en outre difficile de dèfinir des secteurs stratégiques au sein de l’Ue. Nous devono donc imaginer des dispositifs qui garantissent le contrôle européen sur des secteurs vitaux, comme une “golden share” européenne. L’usage de cette action privilegiée pourrait être une compétence partagée entre la Commission et les Etats membre, au nom de l’intérêt européen, et pas seulement d’un intérêt national spécifique”. 7 Intervento ricordato da Bahgat, Sovereign wealth funds: dangers and opportunities, in International Affairs, 2009, p. 1202.; sull’esame di compatibilità della previsione di una golden share comunitaria sul mercato di distribuzione del gas naturale con la normativa multilaterale in tema di servizi, v. Moschetta, Il mercato comunitario del gas naturale (investimenti esteri diretti e diritto internazionale), Milano, 2009, 134 ss. 8 Sul tema generale della soft law e della responsabilità sociale delle imprese, da ultimo, Conte, Vincoli giuridici, principi economici e valori etici nello svolgimento dell’attività d’impresa in Contr. e impr., 2009, p. 687 ss. e ivi ampie richiami fra cui si ricordano i diversi contributi in Conte, a cura di, La responsabilità sociale dell’impresa, Roma-Bari, 2008, passim. 9 Guaccero, Pan, Chester, op. cit., p. 1377.

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tedesca) 10, non esclude l’opportunità di un riesame delle condizioni che legittimano l’adozione,anche nella giurisprudenza della Corte, di provvedimenti in grado di limitare le libertà di movimento dei capitali e di stabilimento. Vanno tenute presenti in questa prospettiva le variabili che concorrono nella rappresentazione del pubblico interesse a definire il contenuto della nozione di “politica industriale” 11 e le differenti situazioni richiamate per giustificare interventi protezionistici 12. Spunti per una valutazione del contemperamento dei diversi assetti d’interesse sono forniti dall’apertura, presente nella giurisprudenza comunitaria fin dalla causa contro il Belgio (C-503/99) e sempre ribadita in linea di principio nelle successive decisioni, anche quando hanno negato con decisione ogni legittimità a regimi nazionali di golden shares, e dalle conclusioni dell’avvocato generale Dàmaso Ruiz-Jarabo Colomer (6 novembre 2008, causa C-326/07) sull’esercizio nel nostro sistema dei poteri speciali (art. 1, d.p.c.m. del 10 giugno 2004). In questa occasione, in risposta alle preoccupazioni dello stato membro nei confronti degli investitori di paesi terzi (v. infra sub n. 6) l’avvocato generale ha, prima, sottolineato (p.to 92) che “i governi conservano un certo margine di manovra per frenare gli investitori al di fuori dei confini della Comunità che abbiano intenzioni discutibili, ponendo limiti alle loro operazioni… ” per poi affermare,una volta inquadrati “i poteri speciali nell’ambito dell’art. 43 CE… ”, che “l’incompatibilità con la libertà di stabilimento del potere di opporsi a tali

10 Oltre alla stampa finanziaria internazionale per la quale si segnalano, in via d’esempio, “Germany prepares law to block unwelcome sovereign funds”, in Financial Times del 10 aprile 2008; “France warms to sovereign wealth”, ivi, 23 maggio;”L’Allemagne contre le fonds souverains” in Le monde del 24 maggio successivo, v. Posner, A failure of capitalism, Harvard University Press, 2009, 38-39 sull’intervento dei fondi sovrani, unitamente alle altre componenti del mondo finanziario, nell’investire, prima della crisi, i loro large dollar surpluses per sopperire alla diminishing source of funds for lending. 11 Ghezzi, La disciplina delle concentrazioni e la promozione dei campioni nazionali tra diritto comunitario e normative nazionali antitrust, in Riv. soc., 2003, p. 1109. 12 Comba, Neo liberismo e globalizzazione dell’economia, in Comba, a cura di, Neoliberalismo internazionale e Global Economic Governance (Sviluppi istituzionali e nuovi strumenti), Torino, 2008, p. 32 ss. che, come esempio, richiama gli acquisti dei fondi sovrani che, effettuati al fine di ottenere il controllo di società, possono dar luogo a forme di protezionismo (il c.d. protezionismo finanziario) fondate “essenzialmente sul principio generale della salvaguardia della sovranità dei singoli Stati in tutte le sue diverse espressioni”.

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decisioni fondamentali per la vita dell’impresa non impedisce agli Stati membri di mantenere il veto nei confronti dei grandi azionisti extracomunitari, che non godono della libertà fondamentale del diritto di stabilimento”. I termini del dibattito richiamano l’osservazione, ben più generale, che “la sovranità del mercato, proprio attraverso il diritto e i processi ricorsivi che esso attiva, rischia di andare oltre l’economia e di farsi minacciosa per l’autonomia delle altre comunicazioni sociali” 13, sì che appare opportuno rileggere le conclusioni dell’avvocato generale nel quadro della complessiva giurisprudenza della Corte di giustizia sia per la delicatezza dei problemi posti dal richiamo alla “sicurezza pubblica” che per l’assenza di un generale “agreement on what constitutes ‘economic security’ or how to identify a ‘strategic’ industry” 14. Se non può essere trascurato il rilievo che “da un lato il rischio viene spesso invocato in modo implicito e, dall’altro il limite della sicurezza pubblica è applicabile da ciascuno stato in modo diverso, seppure nel rispetto (per gli Stati che appartengono all’Ocse) di alcuni principi generali: proporzionalità, non discriminazione, trasparenza, responsabilità delle autorità di regolazione, prevedibilità dell’evento” 15, occorre d’altro canto valutare l’incidenza sul concetto di “investitore” delle caratteristiche istituzionali dei fondi sovrani ai fini di permettere un controllo dei loro investimenti che sia “componente essenziale della sovranità statale e del principio di autodeterminazione in ambito economico” 16.

13

M. Barcellona, L’interventismo europeo e la sovranità del mercato, in P. Barcellona, a cura di, La società europea. Identità, simboli, politiche, Torino, 2009, p. 66. 14 Cohen, Sovereign wealth funds and National security: the Great Tradeoff, in International Affairs, 2009, p. 723. 15 Bassan, Una regolazione per i fondi sovrani, in AGE, 2009, p. 104. 16 Sulla definizione di investitore straniero in funzione dell’intervento dei fondi sovrani, quando utilizzati come strumento di politica estera, Costamagna, Promozione e protezione degli investimenti esteri nel diritto internazionale, in Neoliberismo internazionale, cit., p. 255 ss.; per uno spunto v. anche Sciso, Appunti di diritto internazionale dell’economia, Torino, 2007, p. 183; sulla nozione di investimento all’estero e sul diverso comportamento degli Stati v. ora Orlandi, Lezioni di diritto internazionale dell’economia, Napoli, 2009, p. 111 ss.

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2. Libertà di movimento dei capitali e libertà di stabilimento nella più recente giurisprudenza della Corte di giustizia sui c. d. “poteri speciali”. La discussione cui ha dato luogo la decisione “Volkswagen” (causa C-112/05 del 23 ottobre 2007) sull’illegittimità di una normativa nazionale che aveva introdotto un tetto al voto e la previsione di una minoranza di blocco, oltre ad identificare un’apertura nella “curtain for the Renish model of capitalism” 17 e a sottolineare,ancora una volta, il ruolo della giurisprudenza comunitaria “… as a part of a contemporary corporate law making in progress” 18, ha messo in evidenza le conseguenze, sotto il profilo societario 19, del principio per il quale “tutte le norme nazionali che dissuadono dallo stabilire ‘legami durevoli’ rappresentino restrizioni alla libera circolazione dei capitali”se non ne siano state prima individuate le condizioni di applicazione.20 I riflessi della pronunzia comunitaria, condotta,ancora una volta, con un’esclusiva considerazione del regime della libertà di movimento dei capitali (art. 56 del Trattato) 21 vanno ora confrontati, ai fini di ricostruire l’evoluzione dell’indirizzo della Corte di giustizia, sia con

17 Zumbansen-Saam, The ECJ, Volkswagen and European Corporate Law, Reshaping the European Varieties of Capitalism, in GLJ (German Law Journal), 2007, p. 1033;con taglio critico dell’impostazione della Corte, Spattini, “Vere” e “false” “Golden shares” nella giurisprudenza comunitaria. La “deriva sostanzialista” della Corte di giustizia, ovvero il “formalismo” del principi della “natura della cosa : il caso Volkswagen,e altro…” in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2008, p. 35 ss. Per un’indagine sulla più recente evoluzione dei cambiamenti nel sistema tedesco di finanziamento delle imprese v. ora Glassmann, Spiegare il cambiamento istituzionale nel capitalismo tedesco, in Stato e mercato, 2009, p. 192 ss. 18 Zumbansen-Saam, op. cit., 1046; Teichmann-Heise, Das VW-Urteil des EuGH und seine Folgen, in BB (Betriebs Berater), 2007, p. 2582; Kilian, Vereinbarkeit des VW- Gesetzes mit Europarecht, in NJW (Neue Juristische Wochenschrift), 2007, p. 3469. 19 Lider, Staaatliche Sonderrechte in Aktiengesellschaft.Zulässigkeit nach deutschem Aktienrecht und europäischem Gemeinschaftsrecht, in ZHR (Zeitschrift für das gesamte Handelsrecht und Wirtschaftsrecht), 2008, p. 306 ss.; SANDERS, Höchstimmrechte und Kapitalverkehrsfreiheit nach der VW-gesetz-Entscheidung- Psychologisiert der EuGh den Schutzbereich des Art. 56 EG?, in EuZW, 2008, p. 33 ss. 20 Mucciarelli, La sentenza “Volkswagen” e il pericolo di una”convergenza” forzata tra gli ordinamenti societari, in Giur. comm., 2009, II, p. 281. 21 Conduce l’esame dei vari temi con esclusivo riferimento all’art. 56 del Tratt. Lider op. cit., rispettivamente, pp. 310, 326 e 332. Nella nostra esperienza per un’approfondita riflessione sugli effetti del principio stabilito dalla giurisprudenza comunitaria sulla disciplina del diritto societario, Portale, La riforma delle società di capitali tra diritto comunitario e diritto internazionale privato, in Scritti in onore di Vincenzo Buonocore. Diritto commerciale. Società, vol. III, tomo III, Milano, 2005, p. 3505 ss.

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la successiva decisione (causa C-326/07) del 26 marzo 2009 22 che ha applicato nel giudizio sull’esercizio dei c.d. poteri speciali il principio della libertà di stabilimento (art.43) 23, sia con le conseguenze che nell’attuazione di questo principio potrà avere la decisione “Cartesio” (Causa C-210/06 del 16 dicembre 2008) sul trasferimento della sede reale della società 24.

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Pubblicata in Giur. comm., 2009, II, 629 ss. con nota di Demuro, La necessaria oggettività per l’esercizio dei poteri previsti dalla golden share, che conclude correttamente: “solo in relazione al caso concreto si potrà stabilire la sussistenza del ‘grave ed effettivo pericolo’ posto alla base dell’esercizio (necessariamente: debitamente motivato) dei diritti speciali a tutela di situazioni di ordine pubblico e sicurezza pubblica”. Sussisterà, quindi, un possibile “rischio” di un utilizzo non “virtuoso” della golden share che, non diversamente dagli altri abusi del diritto, potrà avere una tutela giudiziale ex post e non ex ante”. Per un quadro più generale v. dello stesso A. Introduzione alla disciplina delle società in mano pubblica, in Il nuovo diritto societario nella dottrina e nella giurisprudenza: 2003-2009, Comm. Cottino, Bologna, 2009, p. 865 ss. 23 Sull’incertezza interpretativa dei precisi confini dei controlli in materia di diritto di stabilimento e di libera circolazione dei capitali e sulla sovrapposizione che ne può conseguire, Carbone, op. cit., p. 517. 24 Fra i primi commenti su questa decisione v. Parleani, L’arrêt Cartesio, ou l’ingénieuse incitation à la migration intra communautaire des sociétés, in Droit comm.. soc, 2009, 150 ss.; Autenne, Cartesio-Les contours incertains de la mobilité transfrontalière des societés revisitès, in Cahier droit eur., 2009, 92 ss. e nella nostra esperienza DELIPernazza, Trasferimento della sede delle società tra libertà di stabilimento e norme internazionalprivatistiche, in Le società, 2009, specie 1440 ss. Sulle conseguenze del filone interpretativo seguito dalla Corte di giustizia sul diritto internazionale societario prima del caso Cartesio v. ex multis, oltre il contributo di Benedettelli, Diritto internazionale privato delle società e ordinamento comunitario in Diritto internazionale privato e diritto comunitario, cit., 205 ss., l’analisi di Portale, op. cit., p. 3507 che si conclude, nel richiamo alla sintesi di Muir Watt, Note à Cour de justice des Communautés européennes du 30 Septembre, in Rev. crit. droit int. priv., 2004, 177, con l’affermazione che la giurisprudenza comunitaria consente “ai fondatori della società di trasformare una situazione puramente interna in situazione intracomunitaria e di appellarsi successivamente alla libertà di stabilimento per neutralizzare le disparità di legislazione tra lo stato dell’incorporazione (più liberale) e lo stato di accoglienza (che in mancanza della scelta del luogo straniero di costituzione, avrebbe imposto degli obblighi sostanziali gravosi)”. Ricorda ora, con particolare vivezza d’accento, la legittimità della ponderazione nell’esperienza giuridica degli affari nella scelta dello “stabilimento” come dato acquisito del diritto comunitario Spada, Regole e giurisdizioni in concorrenza: il crepuscolo della sovranità. Napoli, 2009, p. 14, ma richiamando anche la conclusione di Viola, La concorrenza degli ordinamenti e il diritto come scelta, Napoli, 2008, p. 56 che “il contenuto normativo… è quello che permette ad una norma di materializzarsi nei contesti delle pratiche sociali e in qualche misura rende gli utenti del diritto partecipi e responsabili del processo di concretizzazione delle norme a condizione che vi siano adeguati controlli, affinché ciò non si risolva in uno sfruttamento delle risorse giuridiche a proprio esclusivo vantaggio”.

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Nella sentenza del 26 marzo 2009 la Corte, accogliendo nei confronti della Repubblica italiana le indicazioni dell’avvocato generale sull’incidenza del “potere di veto del ministro dell’economia” nella gestione delle società privatizzate (p.ti 77-81) 25, ha analizzato le condizioni di legittimità per l’esercizio dei c.d. “poteri speciali”, già oggetto di critica per la loro discrezionalità 26, anche sotto il profilo della libertà di stabilimento come era stato richiesto fin dai primi commenti alle decisioni iniziali della Corte 27. Con l’ultima pronunzia la Corte di giustizia ha riconosciuto (p.to 56) che è la libertà di stabilimento ad essere limitata quando “l’esercizio dei poteri di opposizione riguarda anche partecipazioni che conferiscono ai loro detentori il potere di esercitare una sicura influenza sulla gestione delle società… nonché di indirizzarne l’attività” (enfasi aggiunta). Merita ricordare che già nei commenti alla decisione “Volkswagen” era stato osservato con riguardo al profilo dell’interesse generale, peraltro sempre da identificare nel suo contenuto concreto, “ce n’est pas la necessitè ou la proportionnalitè qui furent discutés dans l’arrêt Volkswagen, mais l’existance possible d’intérêts gènèraux spécifiques au droit des societés” 28.

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Sul regime speciale dell’intervento pubblico nelle imprese interessate dal processo di privatizzazione nei confronti delle delibere di scioglimento, di trasferimento dell’azienda, di fusione e trasferimento della sede sociale all’estero, di cambiamento dell’oggetto sociale o di soppressione e modifica del regime stesso v. per tutti Angelici, L’autonomia nella disciplina societaria delle società “privatizzate”, in Studi in onore di Gustavo Romanelli, Milano, 1997, ora ripubblicato in Attività e organizzazione. Studi di diritto delle società, Torino, 2007, 52 da cui si cita e per la dottrina pubblicistica Spattini, Poteri pubblici dopo la privatizzazione (Saggio di diritto amministrativo dell’economia), Torino, 2006, specie p. 240 ss. 26 Spattini, op. cit., p. 242 ha osservato come la discrezionalità riconosciuta dal legislatore nazionale “pare contrastare comunque con le “leggi del mercato”, la libertà delle imprese pur in ambiti concorrenzialmente regolati, ovvero la “natura delle cose”.” 27 Avevano indicato la necessità dell’esame sotto il profilo dell’art. 43 Tratt. BallarinoBellodi, La golden share nel diritto comunitario, in Riv. soc., 2004, 37 ss. 28 � Parleani, Aprés l’arrêt Volkswagen du 23 octobre 2007 quelle liberté pour les États actionnaires? in Rev. soc., 2007, 868 ss. Per una recente ricerca sul comportamento degli Stati nel quadro degli accordi internazionali, con particolare attenzione alla giurisprudenza arbitrale,v. Ben Hamida, La prise en compte de l’intérêt general et des impératifs de développement dans le droit des investissement, in Journ. droit intern., 2008, p. 999, ss, specie con riguardo agli aspetti della “Corporate social responsability” (p. 1010) e al trasferimento di tecnologie (p. 1015).

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Si pone in tal modo in evidenza un tema in grado di influire sulla condotta degli Stati della Comunità sia sul piano interpretativo della normativa comunitaria che sui futuri interventi legislativi. Sia che gli Stati nazionali siano azionisti in società attive “in settori sensibili per l’economia o gli interessi nazionali” tali da giustificare un condizionamento del principio di eguaglianza tra i soci 29, sia che tali interessi debbano essere tutelati indipendentemente dalla presenza dello Stato imprenditore 30, si pone il problema della tutela nell’ordinamento, comunitario e nazionale, di un interesse pubblico (“generale”) in funzione dell’attività della società, come può avvenire con l’intervento dei fondi sovrani se ritenuto “in contrasto con l’interesse nazionale dello Stato in cui avviene l’investimento” 31.

3. Reazioni all’attività dei fondi sovrani. Nell’attuale fase di congiuntura economica l’attenzione sulla natura degli interessi coinvolti dagli investimenti dei fondi sovrani(il cui acronimo – Fos o Swf – corrisponde all’espressione anglosassone “Sovereign Wealth Funds”) 32 è stato accentuato da una ripresa della loro attivi-

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D’attorre, Il principio di eguaglianza tra soci nelle società per azioni, Milano, 2007, p. 137; Stanghellini, sub art. 2355, bis in Commentario Marchetti, Azioni (artt- 23462362), a cura di Notari, Milano, 2008, p. 576 e p. 604. 30 Con particolare riguardo alla parziale “soziale Privatisierung” della Volkswagen effettuata nel 1960 in attuazione della politica della “sozial-liberalen Koalition” v. Storr, Der Staat als Unternehmer, Tübingen, 2001, p. 21 ss.; Kämmarer, Privatisierung (TypologieDeterminanten-Rechtspraxis-Folgen), Tübingen, 2001, p. 426 ss. 31 Comba, op. cit., p. 33; di interesse per una valutazione complessiva del fenomeno sono anche le valutazioni contenute nell’intervista a Bremmer, dal titolo Il capitalismo di stato, in Aspenia, 2009, specie p. 174. Per un quadro del dibattito sulla configurazione della nozione di “interesse nazionale” nel nostro ordinamento v. Palazzi, Interesse nazionale (nella Cost. 1948) in Enc. dir., Annali II, t. secondo, Milano, 2008, p. 730 ss. e Vandelli, voce Interesse nazionale (dopo riforma 2001), ivi, p. 739 ss. 32 Sulle possibili classificazioni dei fondi sovrani è sempre opportuno partire dalla definizione data dal FMI nel documento alla base dei c.d. principi di Santiago, 2008 “Sovereign Wealth Funds-Generally Accepted Principles and Practices”. Per questa definizione e per l’interpretazione di una serie di dati recenti, oltre le rilevazioni presenti nel bollettino del mese di gennaio 2009 della Banca centrale europea 83 ss., v. specialmente Quadrio Curzio e Miceli, I fondi sovrani, Bologna, 2009, p. 45 ss cui si possono aggiungere, per il periodo successivo, gli elementi ricavati dalle ricerche del Monitor Group e e della Fondazione Eni Enrico Mattei esposti in “Wealth funds return to the fray” in Financial Times del 3 agosto 2009.

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tà che, pur presentando un’incidenza sul mercato finanziario inferiore ad altre componenti 33, ha riconfermato la delicatezza di profili che,già emersi in passato, sono stati risolti in modo diverso nei singoli ordinamenti nazionali a seconda che si considerasse prevalente il risultato della liquidità finanziaria ottenuta con il loro intervento ovvero si valutasse preponderante il profilo della stabilità degli “asset” strategici degli Stati occidentali 34. Si sono così riproposti, nel richiamo alla tutela dell’interesse nazionale 35 e del rispetto delle regole di mercato, gli interrogativi collegati alla natura pubblica dei fondi sovrani e alla necessità di una risposta che trovasse spazio fra soluzioni di segno diverso a seconda che prevalgano “reazioni (neo)protezionistiche…nei confronti dell’attività di tali… “veicoli d’investimento” di risorse statuali” 36 o, all’opposto, aperture nella politica economica come è avvenuto nel corso della recente crisi internazionale 37 per gli aumenti di capitale delle banche di rilevanza internazionale 38.

33 � V. ad esempio quanto hanno osservato da ultimo gli analisti della Deutsche Bank in “Sovereign wealth funds suffer sharp falls” in Financial Times del 21 luglio 2009 sui risultati di una ricerca che “makes clear that sovereign wealth funds are far less important in the financial market than banks, investment funds, insurance companies and pension funds, which have much bigger holdings”. 34 Napolitano, Il nuovo Stato salvatore: strumenti di intervento e assetti istituzionali a commento dell’Emergency Economic Stabiliztion Act del 2008 e dei dd. ll. 9 ottobre 2008, n.155 e 13 ottobre 2008, n. 157, in Giorn. dir. amm., 2008, 1091. 35 Fondi sovrani e sovranità nazionale in Gnosis, Rivista italiana di Intelligence, AISI, n. 1, 2008, citato da G.E. Valori, Il futuro è già qui, Milano, 2009, p. 91. Per una ricostruzione dell’evoluzione della nozione di interesse nazionale nell’ottica della politica dei campioni nazionali, sia permesso rinviare a quanto detto in Santonastaso, Le società di interesse nazionale, Milano, 2002, p. 32 ss.. Richiama ora la disciplina dell’art. 2451 c.c., ricollegandosi a Amorosino, Tipologie e funzioni delle vigilanze in Le vigilanze economiche. Regole ed effetti a cura di Bani e Giusti, Padova, 2004, 31, Mezzacapo, op. cit., p. 72, sub nota 56. Per un esame sistematico dei “campioni nazionali” sotto il profilo della tutela della concorrenza Ghezzi, La disciplina delle concentrazioni e la promozione dei campioni nazionali tra diritto comunitario e normative nazionali antitrust,in Riv. soc. 2003, p. 1099 ss. 36 � Mezzacapo, op. cit., p. 77. 37 Posner, op. cit., p. 54 ss.; per una brillante sintesi descrittiva sulla “rational irrationality” del sistema finanziario,v. Cassidy, How Markets Fail, (The Logic of Economic Calamities), Allen Lane, 2009, p. 22 ss. 38 � V. l’editoriale “The Competition Rules’ Framework of the Financial Crisis in Legal Issues of Economic Integration, 2009, p. 5; Siniscalco, Governi alle porte. Crisi del credito e fondi sovrani, AGE, 2008, p. 82 ss. ma già Tremonti, La paura e la speranza. Europa: la

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Le indicazioni da rispettare in tema di trasparenza (c.d. Santiago rules) nell’ambito dei risultati ad oggi raggiunti in via convenzionale 39, e il persistente richiamo alla necessità di un accordo “volontario su questioni di governance e accountability, oltre che su un codice di condotta per i SWFs” 40 vanno ora integrati tenendo presenti, da un lato, le risposte dei governi nazionali che, in relazione alle scelte di politica economica che ne sono alla base, rendono palese nella loro alternanza il fluttuante condizionamento imposto dalle esigenze del momento e, dall’altro, gli effetti su questi comportamenti della giurisprudenza della Corte di giustizia. La ripresa di investimenti da parte dei fondi sovrani, se ripropone in termini di attualità le riserve sulla loro vera natura, per essere “espressione di un nuovo capitalismo di stato… ” e il sospetto di essere “a ragione o torto…, portatori di interessi che vanno al di là della dichiarata massimizzazione dei rendimenti finanziari” 41, rinnova anche la critica sulla

crisi globale che si avvicina e la via per sottolinearla, Milano, 2008, p. 42 aveva richiamato l’attenzione sulla varietà dei profili interessati, dal protezionismo alla tutela del mercato e sulla circostanza che, nel rispetto di un equilibrato “colbertisme”, i fondi “diretta proiezione di governi stranieri… possono esercitare… la loro influenza politica soprattutto nel caso che investano,come già stanno facendo in un tipo di industria che è sempre più strategica: l’industria bancaria”. Merita ricordare che nel d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito con l. 6 agosto 2008, n. 133, l’art. 83 (comma venticinquesimo) dopo aver istituito un “Comitato strategico per lo sviluppo e la tutela all’estero degli interessi nazionali in economia” riconosce allo stesso comitato la competenza “anche al fine di farne oggetto di pareri al Governo” della “analisi di fenomeni propri della globalizzazione, quali l’influenza dei fondi sovrani… ” (corsivo aggiunto). 39 � Per un quadro, a questo momento il più aggiornato, è utile consultare il IMF Working Paper del Monetary and capital markets Department, intitolato “Setting up a Sovereign Wealth Fund: Some Policy and Operational Considerations” curato da Das-Lu-Mulder-Sy, dell’agosto 2009 e considerato dagli A. (p. 19) alla stregua di “a ‘roadmap’ to policymakers considering setting up an SWF and would be of interest to policymakers in countries where SWFs are already in place to review their existing policies and operations”. 40 Per tutti Bertone, Fondi sovrani e processo di integrazione finanziaria internazionale: Stepping Stones o Stumbling Blocks? in Osservatorio monetario a cura del Laboratorio di analisi monetaria dell’Università Cattolica di Milano, 2008, n. 3,, p. 31 ss;.V. da ultimo anche quanto ha osservato Alphandéry, A note on the long term financial flows between emerging and industrialized countries nel corso della Paris Conference for long-term value § Economic Stability, tenuta il 22 giugno 2009 (p. 7 del dattiloscritto). 41 Quadrio Curzio - Miceli, op. cit., p. 8, in una ricerca che allo stato rappresenta il contributo più significativo sia sotto l’aspetto economico che dell’analisi del portafoglio dei singoli fondi. Un’indagine curata,ricca di dati significativi per la comprensione e la rilevanza del fenomeno è anche in Pasca di Magliano, Fondi di ricchezza sovrana, Milano, 2009, p. 23 ss.

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loro governance in quanto i fondi – con alcune significative eccezioni quali la Norvegia e l’Alaska – non hanno “trasparenza, non comunicano ai mercati i loro bilanci, non esplicitano sino in fondo le loro strategie” 42, circostanze tutte che non vanno trascurate nel valutare la legittimità delle restrizioni nazionali ad un loro intervento. Di qui l’esigenza di richiamare l’attenzione sulla necessità di adottare una regolazione dove la “tutela degli interessi strategici e fondamentali dello Stato ospite deve contemperarsi con l’esigenza di libertà di investimento dei fondi. L’investimento non può pertanto essere negato in radice ma, eventualmente, può essere sottoposto a condizioni specifiche, purché proporzionali” 43.

4. Recenti investimenti dei fondi sovrani… La crescente importanza degli interventi dei fondi d’investimento sovrani, segnalata dall’acquisto di partecipazioni significative in banche

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Sapelli, La crisi economica mondiale. Dieci considerazioni. Postfazione di De Lucia Lumeno, Torino, 2008, p. 34. Per un richiamo, anche se incidentale, alla possibilità che l’attuale crisi dei mercati consenta a chi ha liquidità di investire nelle grandi imprese nazionali, acquisendone il controllo anche se non è detto che dietro tali investimenti vi siano necessariamente “fondi sovrani o capitali di illecita provenienza” v. la lettera del presidente della Consob al direttore di “La Repubblica” del 21 aprile 2009, in risposta a M. Giannini, La Consob e le urla del silenzio, ivi, 20 aprile2009, ricordata da LENER, L’OPA obbligatoria dinanzi alla crisi dei mercati in Un anno con tredici lune: crisi e diritto, AGE, 2009, p. 64. Di particolare significato appare il comportamento del fondo sovrano norvegese che,oltre ad essere caratterizzato da una sostanziale ed effettiva trasparenza, si è recentemente caratterizzato per una politica di acquisti e disinvestimenti di carattere ambientale ed “etico” (v. ad esempio rispettivamente quanto ricordato da Bahgat, op. cit., p. 1199, nel riportare le dichiarazioni del ministro per le finanze e in “Norway’s fund wise to water risk” e “Norwegian state fund in $4bn green push”, in Financial Times del 24 agosto e 1 settembre 2009 e in The Lex Column, ivi, 3 settembre e in Il sole 24 ore del 4 settembre a seguito del disinvestimento della partecipazione nella società israeliana Elbit, specializzata in componentistica per la difesa e coinvolta nella costruzione della barriera tra Israele e Cisgiordania. 43 � Bassan, op. cit., p. 95 ss. Sul corrispondente aspetto rappresentato dall’esigenza per le autorità di vigilanza di trovare il giusto equilibrio tra tutela degli interessi pubblici e garanzia della libertà d’iniziativa economica privata sul libero mercato “in una concezione della libertà economica sospesa tra garanzia di un contenuto minimo inviolabile e prevalenza di fini pubblici” v. anche Siclari, Crisi dei mercati finanziari, vigilanza, regolamentazione in Riv. trim. dir. pubbl., 2009, p. 53.

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europee e degli Stati Uniti 44 è stata sottolineata più volte nel corso degli ultimi mesi dalla stampa, anche se a volte con titoli immaginificativi (“Les fonds d’État effacent leur pertes avec la reprise de Bourses”) 45, ed è confermata dalla ripresa di investimenti e di accordi commerciali con i paesi dell’area occidentale 46. Da ultimo, in aggiunta ai dati illustrati dalle ricerche più recenti sull’attività dei fondi sovrani 47, si possono ricordare, in via del tutto esemplificativa, fra i casi ai quali la stampa internazionale finanziaria ha dato ampio risalto, l’acquisto dopo la riforma della legge VW dell’11 dicembre 2008 tuttora soggetta al vaglio comunitario 48, di una quota della Volkswagen s.p.a. (ora del 6,7% disponibile a salire al 17%) da parte del fondo del Quatar. Con tale operazione il fondo è divenuto “un actionnaire de référence” 49 a seguito dell’indebolimento del c.d. “convitato di pietra” 50 (il gruppo Porsche), obbligato a trasferire ad un prezzo dimezzato i diritti

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Per una minuziosa informativa, Pasca di Magliano, op.cit., p. 70 ss. Da ultimo oltre a Wealth funds return to the fray in Financial Times del 3 agosto 2009, cit. e “Market rally boosts Temasek’s porfolio” ivi, 18 settembre 2009, sull’attività del fondo di Singapore, v. Le retour des milliards des fonds souverains, in Le Figaro (Economie) del 19 agosto; Locatelli, Il ritorno dei fondi sovrani, in Il sole 24 ore del 30 luglio e, su un piano più generale, quanto osserva Mucchetti, “Le briglie dell’Europa sulla nuova finanza” in Il corriere della sera nella stessa data. 46 Per un’illustrazione delle caratteristiche dei fondi sovrani più rappresentativi dal punto di vista patrimoniale in una valutazione sia territoriale che finanziario v. Quadrio Curzio-Miceli, op. cit., p. 34 ss. Per il periodo precedente è sempre attuale il commento “The new Rotschild. State-run funs are pumping money into financial sector”, in The Economist del 29 settembre 2007. 47 Quadrio Curzio-Miceli, op. cit., p. 41 ss.; Pasca di Magliano, op. cit., p. 69 ss. 48 Non manca infatti di rilevare The Economist del 25 luglio 2009 sotto il titolo Upheaval at Porsche. Exit Wiedeking, che “Angela Merkel, the German chancellor, risked the wrath of the European Commission by refusing to end the state’s blocking minority”. 49 Per tutti v. in Le monde del 15 agosto “En 2011, Volkswagen absorbera Porsche, dont il prenda 42% du capital pour 3,3 milliards d’euros”. 50 Mucciarelli, op. cit., p. 282. I primi risultati sul mercato finanziario non sono stati tuttavia brillanti (Volkswagen plunges after Qatar deal, in Financial Times del 20 agosto 2009) anche se l’intervento del fondo estero era stato considerato un rimedio per “éviter que ne se reproduise un conflit familial aussi virulent” (così Briançon, La gouvernance chez Porsche est celle d’une PME de province, in Le monde del 25 luglio 2009. Al contempo la procura ha aperto un’indagine “alleging market manipulation and the leaking of inside information in the failed takeover attempt of Volkswagen” (così in Porsche raided in insider inquiry del Financial Times del 21 agosto, e per altre notizie v. anche La justice allemande enquête sur des délits d’initiés chez Porsche in Le monde del 22 agosto e La procura indaga su Porsche-VW in Il sole 24 ore del 21 agosto). 45

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d’opzione su VW, considerati “the passport into Germany’s industrial heartland” 51. Ancora nella Repubblica federale tedesca va ricordata, contestualmente alla predisposizione di una normativa intesa ad ostacolare investimenti in grado di minacciare la sicurezza nazionale assai simile al regime adottato negli Usa 52, la partecipazione del fondo “Aabar” d’Abu Dhabi, a seguito di “un virage spectaculaire” del governo Merkel 53, all’aumento di capitale della Daimler. Sempre da parte di quest’ultimo fondo va segnalato l’acquisto, nel quadro di una politica d’investimento nell’alta tecnologia nel settore delle comunicazioni satellitari, del 32% della Virgin Galactic 54 cui corrisponde, per quanto riguarda la nostra esperienza 55, la stipula di un accordo fra la Lybian investment authority e Finmeccanica s.p.a 56 e l’interesse libico ad una partecipazione azionaria nell’holding di settore che si dovrebbe confrontare con l’esercizio da parte dell’esecutivo dei poteri speciali, ancorché mutilati dopo la decisione della Corte di giustizia del 26 Marzo 2009 e la conferma dell’interesse del fondo libico a partecipare al capitale di banche nazionali e dell’Eni, investimenti tutti che troverebbero negli accordi fra Italia e Libia (ratificati con l. 6 febbraio 2009, n. 7) la “garanzia di tutela degli interessi di entrambe le parti” 57e le condizioni per valutare le scelte politiche che li informano. Da ultimo, notevole interesse per il suo significato nelle politiche di mercato delle fonti di energia, presenta la strategia della Repubblica po-

51 È l’espressione utilizzata in The Lex Column in Porsche’s dealership in Financial Times del 24 luglio 2009 anche se dopo l’operazione il titolo VW ha perso oltre il 16% (Volkswagen plunges after Qatar deal in Financial Times del 20 agosto). 52 Guaccero-Pan-Chester, op. cit., p. 1383. 53 � Bayart, L’argent des fonds souverains ne fait plus peur”, in Le Figaro del 19 agosto 2009. 54 Il Financial Times del 29 luglio 2009, così intitola il commento all’iniziativa economica: Abu Dhabi company has stellar vision for Virgin Galactic stake. 55 Per una sintesi degli investimenti dei fondi sovrani in Italia, v. Pasca di Magliano, op. cit., p. 75 ss. 56 Il sole 24 ore del 29 luglio titola “Parte l’asse Finmeccanica-Libia” sulla costituzione di una “joint venture paritetica con il Fondo sovrano di Tripoli”. In tema v. il commento di Betts, Finmeccanica ends first half with a Lybian away goal in Financial Times del 31 luglio 2009 e, successivamente, gli spunti critici con la consueta ricchezza di informazione di Mucchetti, I tanti rischi della Libia nell’Eni, in Corriere della sera del 6 settembre 2009. 57 Quadrio Curzio-Miceli, op. cit., p. 54.

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polare cinese 58 che,dopo il fallimento nel 2005 dell’offerta di acquisto da parte della China National Offshore Oil Company (CNOOC) della società petrolifera statunitense Unolocal per l’opposizione incontrata localmente 59 come sarebbe avvenuto l’anno successivo per il tentativo del fondo di Dubai di prendere il controllo di una società (“the –British-based P§ O”),considerata una delle chiavi della gestione del sistema della gestione portuale negli Stati Uniti 60, ha costituito nel 2007 un nuovo fondo (“China Investment Corporation”) recentemente oggetto di una robusta ricapitalizzazione 61. Con l’avvenuta contestuale scissione per la Russia dello “Stabilization Fund” costituito nel 2004 in due diversi fondi (“Reserve Fund” e “National Welfare Fund”), si conferma nella sua attualità il giudizio, per entrambi gli Stati, di essere “countries with unmistakable geopolitical ambitions” 62.

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V. ad esempio le operazioni illustrate nel Financial Times del 20 luglio 2009, Chinese groups to buy oil field stake e del 4 settembre China predicts rare earths shortage del 15 ottobre, State funds cast their nets across the globe del 4 novembre con l’articolo di Hoyos, Burning ambition dal significativo sottotitolo Energy. ����������������������� As China’state oil companies seek ever bigger foreign deals, fears are growing at the extent of the sway it holds in the developing world – but the reality is rather more complex; in Le Figaro del 2 settembre, La Chine convoite le pétrol canadien e in The Economist del 5 settembre China invests in Canada’s tar sands. Per una prima informativa v. La Chine multiplie ses achats d’entreprises dans l’énergie et le minerais in Le monde del 18 agosto dopo la conclusione, ma sembra solo per il momento, della vicenda “Rio Tinto” dove Chinalco possiede il 9% della partecipazione azionaria. Recente, anche se anticipato al solo livello delle comunicazioni giornalistiche, è l’interesse manifestato dalla China Investment Corp. di partecipare al capitale della Areva, la società a maggioranza pubblica francese operante nel settore nucleare di cui era stata annunciata la disponibilità a cedere una quota del 15% a “partenaires stratégiques et industriels” stranieri (La Chine cherche à entrer dans le capital d’Areva in Le monde dell’8 settembre 2009). 59 Sulla vicenda v. ampiamente Cohen, op. cit., p. 721. 60 Guaccero-Pan-Chester, op. cit., p. 1369; Siniscalco, op. cit., p. 82 ricorda al riguardo, gli interventi svolti dall’amministrazione statunitense per tranquillizzare l’opinione pubblica sia in sede istituzionale che tramite i media dell’informazione. 61 V. i dati esposti in China considers extra $200bn for CIC sovereign wealth fund in Financial Times del 21 dicembre 2009. 62 Cohen, op. cit., p. 719; per una sintesi degli interventi della Repubblica popolare cinese nei paesi in via di sviluppo v. Hoyos, Burning ambition in Financial Times del 4 novembre 2009 e,ivi, l’intervista dal titolo Profits first, national interest second a E. Rahm, “the White House chief of staff” a cui avviso “China’s Energy planners do not want a ‘serious crisis to go to waste’”. Sulla politica seguita nel campo dell’energia dalla Russia v., da ultimo, la Prefazione di Sapelli al lavoro di Casertano, Sfida all’ultimo barile Milano, 2009, p. VII ss. e i dati (p. 279) che concludono la ricerca.

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5. … e reazioni nazionali per limitare l’afflusso di capitali. La preoccupazione della dottrina economica per le operazioni di fondi sovrani “non sottoposti ad alcuna autorità di vigilanza” 63 oltre a trovare riscontro nella rilevanza comunitaria di scelte di carattere politico in grado di incidere sulla libertà di trasferimento dei capitali 64 e nel mutevole atteggiamento dei governi nazionali, hanno suggerito l’istituzione di “un fondo sovrano europeo” per realizzare le politiche generali infrastrutturali 65. Senza considerare in questa sede la normativa degli Stati Uniti (Foreign Investment and National Security Act del luglio 2007) e l’operatività di un organismo interagency, quale il Committee on Foreign Investment (CFIUS) 66 in un sistema caratterizzato,fin dalle sue origini, dalla richiesta di una credible evidence per la minaccia alla sicurezza nazionale, dall’assenza di norme per affrontarla adequately and appropriately, in un’interpretazione della stessa nozione di “sicurezza nazionale” condotta broadly and without limitation to particolar industries 67, è opportuno effettuare una prima rassegna dei più recenti interventi in alcuni stati della Comunità dai quali si trae talvolta l’impressione di una frequente contraddizione tra regole nazionali e regime comunitario 68.

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Per tutti v. Quadrio Curzio-Miceli, op. cit., p. 68 ss. Cfr. l’editoriale di Goldschmidt, in Cahiers droit européen, 2007, p. 297, quando si sottolinea la rilevanza che “furthemore, ‘political’ considerations might weigh heavily in a decision to grant or not permission for foreign ownership in certain sectors, the implications of which might overrule a simple ‘reciprocity’ test”. Sul punto v. anche le conclusioni di Lamandini, Legiferare per illusione ottica? OPA e reciprocità “italiana” in Giur.comm., 2008, I, p. 297 e di Spattini, op. cit., p. 307. Di notevole interesse sotto l’aspetto informativo è l’intervento di Warde, Prédateurs, sauveurs ou dupes? in Le monde diplomatique, maggio 2008. 65 Bassan, op. cit., p. 150. 66 Per un’ampia esposizione del sistema statunitense Guaccero-Pan-Chester, op. cit., p. 1360 ss e, per la definizione di “investitore straniero”, Costamagna. op. cit., p. 256 ss. e p. 276 ss. Per l’attuale orientamento negli Stati Uniti v. le dichiarazioni del Segretario al Tesoro Summers in Catá Backer, The Private Law of Public Law: Public Authorities as Shareholders, Golden Shares, Sovereign Wealth Funds, and the Public Law Element in Private Choice of Law, in 82 Tul. L. Rev., (2007-2008), p. 1860; Gilson-Milhaupt, Sovereign Wealth Funds and Corporate Governance: a Minimalist Response to the new Mercantilism, in 60 Stan. L. Rev. (2007-2008), p. 1363, che osservano “the European comply or disclose approach, from which the SWF disclosure approach is derived, assumes that the market will enforce the voluntary standards if a company does not comply”. 67 Guaccero-Pan-Chester, op. cit., p. 1364. 68 Sul tema Petriccione, Les mutations des investissements internationaux, la question 64

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Per il Regno Unito basti ricordare come si sia andati, in passato, da un comportamento del governo, contrario nel 1982 ad un take over sulla Britoil nel corso della sua privatizzazione per la concentrazione che ne sarebbe seguita di “most of Britain’s offshore oil expertise in one company” 69 ad una successiva politica che, pur caratterizzata sempre dal potere di controllo e da un potere di veto ad acquisizioni estere (“Industry Act” 1975) di “important manufacturing undertaking”, non sembra essere stata mai utilizzata in concreto 70, realizzando in via di fatto una forma di mercato caratterizzato da una generalizzata apertura. In Francia, già accusata da una “survivance d’un colbertisme moderne” 71, è stata introdotta, prima,una normativa (décret n. 2005-1739 del 30 dicembre 2005) intesa ad assoggettare ad una “autorisation préalable” gli investimenti di provenienza extracomunitaria per una serie di attività giudicate di interesse nazionale (art. 2) e ad una particolare procedura gli investimenti nell’area comunitaria (art. 3), per poi regolare, con legge 7 dicembre 2006, n. 1537 (art. 10), nell’ambito della riforma del settore dell’energia, la partecipazione obbligatoria della Stato nella misura di “plus de 70% du capital d’Electricité de France et plus du tiers du capital de Gaz de France”, trasformate in società per azioni contestualmente all’introduzione, nella privatizzazione di GdF, di una “action spécifique” al fine “de préserver les intérêts essentiels de la France dans le secteur de l’énergie, et notamment la continuité et la sécurité d’aprovisionnement en energie” (art.1 décret n. 2007-1790 del 20 dicembre). Se la formula utilizzata manifesta chiaramente il collegamento con il principio della “golden share virtuosa” affermato dalla Corte di giustizia nella controversia che opponeva la Commissione al Belgio (causa C503/99 del 4 giugno 2002) 72, la nuova normativa si colloca nell’ambito

des fonds souverains et les politiques de l’Union, in Herzog, a cura di, A la recherché de l’intérêt européen, Paris, 2008, p. 297 ss. 69 � Graham, Prosser, Privatizing public entreprises, Oxford, 1991, p. 148. 70 � Oecd, National Treatment for Foreign-Controllated Enterprises. List of Measures Reported for Transparency, 11 luglio 2007, cit. da Guaccero- Pan-Chester, op. cit., p. 1382. 71 � Gippini Fournier-Rodriguez Miguez, Actions spécifiques dans les sociétés privatisées:le beurre ou l’argent du beurre,in Rev. droit un. eur., 2003, p. 42. 72 � Sulla rilevanza delle affermazioni della Corte in favore della legislazione belga in quanto i poteri speciali “sont licites au regard du droit communautaire et peuvent déroger aux regles fondamentales du Traité (notamment en ce qui concerne le grandes libertés d’établissement et de circulation) pour peu qu’elles respectent des critères précis”, v. Carreau, Privatisations et droit communautaire: la validation conditionnelle des actions spècifiques (ou “Golden Shares”), in CI-E, 2002, p. 1201; Parleani, L’action spécifique

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di una difesa nazionale di settori sensibili, che le ha fatto guadagnare l’appellativo di “decreto anti-opa” 73, nell’ambito di un sistema verso il quale appare orientata anche la disciplina in corso di introduzione nella Repubblica federale tedesca. A differenza di questi regimi, caratterizzati dall’ampia portata di normative restrittive, la tutela nel nostro sistema di “interessi generali” è stata affidata, sia pur con alcune incertezze per quanto attiene l’ambito della valutazione discrezionale, a clausole riconducibili alle regole di salvaguardia comunitaria (“motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza”), formulate tuttavia, secondo il giudizio della Corte di giustizia, in modo generico ed impreciso per la mancata individuazione nell’esercizio dei relativi poteri delle “circostanze specifiche ed obiettive” in modo da creare un ostacolo all’esercizio delle libertà comunitarie 74. La disciplina dei “poteri speciali”, giudicata ora in parte illegittima, era già stata integrata nel nostro sistema, prima con l. 23 dicembre 2005, n. 266 (comma 381°-384°) 75 e poi con la riforma dell’art. 2449 c.c. 76 ma con formulazioni soggette a gravi dubbi di legittimità comunitaria.

“à la française” est morte; vive l’action spécifique “à l’européenne!”, in Rev. soc., 2002, p. 519. Di particolare attualità il commento, anche se parzialmente critico, di BallarinoBellodi, op. cit., p.12 ss.; di Gobbato, Golden share ed approccio uniforme in materia di capitali nella recente giurisprudenza comunitaria, in Riv it. dir. pubbl. comun., 2004, p. 427 ss ed ora di Ajello, Le golden shares nell’ordinamento comunitario: certezza del diritto, tutela dell’affidamento degli investitori e “pregiudiziale” nei confronti dei soggetti pubblici”, in Dir. un. eur., 2007, p. 802 ss. 73 Guaccero-Pan-Chester, op. cit., p. 1383. A ciò si aggiunga la costituzione, sempre in Francia, di un Fondo (“Strategic Investment Fund”) destinato ad investire nell’azionariato di piccole e medie imprese e nelle imprese considerate strategiche per proteggerle da acquisizioni estere ostili. Sul punto Quadrio Curzio-Miceli, op. cit., p. 115 ricordano l’esortazione del Presidente Sarkozy, condivisa dal ministro Tremonti, alla costituzione di un fondo sovrano europeo. 74 Corte di giustizia 26 marzo 2009 p.ti 49-50 cit. con una decisione che, come è stato osservato, sembra dettata, in presenza di un ricorso della Commissione basato sul formale inadempimento dei presupposti per l’esercizio dei poteri speciali previsti dal d. p. c. m. del 10 giugno 2004, piuttosto che sul loro contenuto, “dalla necessità di “salvare” il ricorso…. e al tempo stesso di non dar luogo ad un (altro) precedente a favore della compatibilità con l’ordinamento comunitario della golden share, Demuro, op. cit., p. 649. 75 Da ultimo D’attorre, op. cit., p. 137. 76 Ibba, Sistema dualistico e società a partecipazione pubblica, in Riv.dir. civ., 2008, I, p. 586; su entrambi gli aspetti v. ampiamente Pecoraro, Privatizzazione dei diritti speciali di controllo dello Stato e dell’ente pubblico nelle s.p.a.: il nuovo art. 2449 c.c., in Riv. soc., 2009, p. 985 ss.

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Analogamente in Spagna la decisione della Corte di giustizia del 13 maggio 2003 (causa C-463/00) che aveva portato all’abrogazione (legge 26 maggio 2006, n. 13) del sistema di protezione rappresentato dalla c.d. “acción de oro” introdotto con l. 23 marzo 1995, n. 5 77, è stata seguita da altre decisioni della Corte europea (cause C-274/06 del 14 febbraio 2008 e C-207/07 del 17 luglio 2008) che hanno ritenuto in contrasto con gli artt. 43 e 56 del Trattato sia le limitazioni introdotte all’esercizio del diritto di voto in imprese del settore energetico sia la richiesta dell’autorizzazione preliminare della Commissione nazionale dell’energia per l’acquisto di una determinata partecipazione in società “exerçant certaines activités réglementés dans le secteur de l’énergie ainsi que l’acquisition des actifs nécessaires à l’exercice de ces activités” (v. infra sub n. 8). È dunque nel quadro di orientamenti nazionali, certo non ancora armonizzati e caratterizzati dal riemergere di tendenze protezionistiche 78, che va interpretata la cautela della Commissione quando critica la proposta della “istituzione di un comitato UE sugli investimenti esteri analogamente a quanto avviene negli Usa, di un meccanismo europeo di controllo o di un meccanismo basato sulle “golden share” per gli investimenti esteri non UE” per poi concludere- in modo forse troppo salomonico ma indicativo della difficoltà del problema e dei condizionamenti di politica economica- in favore di un “approccio bidimensionale” rappresentato, da un lato, dall’impegno dei fondi al rispetto delle regole in materia di trasparenza e governance e, dall’altro, da un “contributo della UE agli sforzi in atto a livello internazionale per definire un quadro finalizzato a migliorare la trasparenza, la prevedibilità e la responsabilità dei fondi sovrani”(p. 9-10). A questo primo approccio ha corrisposto, nel corso degli ultimi mesi, un segnale rappresentato dall’allargamento del Club degli investitori di lungo periodo che, fondato nel 2008 con la partecipazione iniziale della Cassa depositi e prestiti s.p.a. per l’Italia, della Caisse des dépôts et consignations (CDP) per la Francia, della Kreditanswalt für Wiederaufbau (KfW) per la Repubblica federale dalla Bei, ha visto l’ingresso, in una scelta che sembra essere la premessa per futuri sviluppi di politica eco-

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Salazar Martinez Conde-Hernandez, La acción de oro del estado en las empresas privatizadas, in Rev.der. banc.y burs., 2005, p. 130; Del Mar Bustillo Saiz, Notas sobre la privatización de impresa que realizan actividades de interés publico y sobre la “doctrina” de la acción de oro, Der.merc., 2006, p. 7 ss. 78 Comba, op. cit., p. 33.

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nomica, dei fondi sovrani di Abu Dhabi e Dubai, della Banca di sviluppo della Federazione russa, della China development bank, della Caisse de dépôt del Marocco e del fondo pensionistico canadese Omers 79, in quello che sembra rappresentare un esempio concreto “per la definizione della nuova architettura dei mercati finanziari internazionali” 80.

6. La c.d. “golden share virtuosa” e gli “interessi fondamentali della collettività”. La complessità della situazione dovuta, da un lato, all’articolata tipologia dei fondi sovrani e dei loro obiettivi con “diversi orizzonti temporali di investimento, diversi trade off rischio-rendimento e…diverse strategie di gestione degli attivi” 81 e dall’altro alle scelte contingenti dei singoli governi nazionali, suggerisce, in presenza della caratterizzazione della titolarità pubblica dei fondi sovrani 82, una rilettura della giurisprudenza della Corte di giustizia sulla c.d. “golden share virtuosa” 83 nell’ambito

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Per una più ampia notizia v. le dichiarazioni dei presidenti della Cassa depositi e prestiti s.pa. e del presidente della Bei, v. “Le casse depositi europee arruolano i fondi sovrani” in Il sole 24 ore del 23 giugno 2009, nonché la relazione di Bassanini-Reviglio, Towards a New European Policy of Value Creation for Future Generations: the “Margherite” Network tenuta a Parigi il 22 luglio 2009. nell’ambito della Conferenza di Parigi dedicata al tema “Long Term Investments. The European Answer to the crisis”. 80 Si era così espressa la BCE, I flussi di capitale verso le economie emergenti : nuove caratteristiche e sviluppi recenti, in Bollettino, gennaio 2005, 63 ricordata da Sabbatelli, La supervisione sulle banche, Padova, 2009, p. 25. V. ora sulla stampa finanziaria nazionale del 21 novembre 2009 i primi contatti del ministro Tremonti con il presidente del China Investment Corp. per lo studio di eventuali investimenti in Italia. 81 Quadrio Curzio-Miceli, op. cit., p. 31. 82 Il bollettino del gennaio 2009 della BCE (nt 31) 83 sottolinea, con specifico riguardo ai fondi sovrani, definiti come agenzie pubbliche di investimento che gestiscono parte delle attività estere dei governi, come “sebbene non esista una definizione comunemente accettata di fondo sovrano, è possibile individuare tre elementi che accomunano tutti i fondi di questo tipo. In primo luogo, i fondi sovrani sono di proprietà dello Stato. Secondo non sono sottoposti a obblighi predeterminati in termini di flussi di pagamento,diversamente da quanto avviene ad esempio nel caso dei fondi pensione. Terzo, i fondi sovrani sono gestiti separatamente dalle riserve valutarie ufficiali” 83 Si utilizza la felice espressione di Ballarino-Bellodi, op. cit., p. 37, ormai entrata a far parte del linguaggio tecnico in tema di “poteri speciali” (per tutti v. Sacco Ginevri, La nuova golden share: l’amministratore senza diritto di voto e gli altri poteri speciali, in Giur. comm., 2005, II, p. 708).

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del complessivo orientamento del giudice comunitario sulle condizioni che legittimano l’esercizio dei “poteri speciali”. Si tratta di vedere se sia possibile identificare,in funzione della caratterizzazione “governativa” dei fondi sovrani,un criterio interpretativo che permetta di armonizzare, anche in via transitoria, i diversi regimi nazionali 84 in attesa che le istituzioni europee verifichino “le possibili opzioni per un’azione coordinata a livello EU” e predispongano “un elenco di settori che potrebbero rientrare nel campo di applicazione dell’art. 65 in materia di ordine pubblico” 85. L’opportunità di una visione complessiva della giurisprudenza comunitaria è fra l’altro stimolata da una osservazione della Corte nella controversia che opponeva la Commissione all’Italia (causa C-326/07 del 26 marzo 2009), quando ha sottolineato la necessità di integrare il d.p.c.m. del 10 giugno 2004 con più precise modalità d’esercizio dei poteri speciali. Dopo aver ricordato la necessità, fatta presente dalla difesa dello Stato italiano, di evitare “che un operatore straniero legato ad un’organizzazione terroristica tenti di acquisire rilevanti partecipazioni in società nazionali in un’area strategica” e “che una società straniera che controlli reti internazionali di trasmissione di energia e che in passato si sia avvalsa di detta posizione per creare gravi difficoltà di approvvigionamento a paesi limitrofi acquisisca azioni in una società nazionale” (p.to 49) – ipotesi questa attuale come dimostra il ripetersi di un vivace contenzioso tra stati dell’est europeo – la Corte si è richiamata alla propria giurisprudenza (causa C483/99, Commissione c. Francia del 4 giugno 2002 p.ti 50 e 51) sull’esistenza di un pregiudizio alla libertà di circolazione dei capitali quando eventuali poteri di opposizione della componente pub-

84 V. ad esempio nella nostra esperienza anche il disegno di legge Lannutti ed altri, Senato XVI Legislatura, n. 1214 (comunicato alla Presidenza il 18 novembre 2008) che tende a disciplinare il problema aggiungendo un secondo comma all’art. 25 l. 10 ottobre 1990, n. 287,norma peraltro già di per sé problematica sotto l’aspetto comunitario, rimasta inattuata fino alla disciplina speciale dettata per l’amministrazione straordinaria dell’Alitalia s.p.a., che delinea un riparto di competenze fra il potere esecutivo e l’AGCM (sul punto Olivieri-Pezzoli, L’antitrust e le sirene della crisi, in AGE, 2009, p. 124 ss). Nel disegno di legge si prevede in particolare il divieto per enti ed imprese di Stati non comunitari o aderenti all’associazione europea di libero scambio “di assumere partecipazioni rilevanti o di controllo, che eccedano comunque il 20 per cento del capitale sociale, nelle imprese operanti in settori strategici dell’economia nazionale” 85 È quanto auspicato dalla risoluzione (p.to 6) del Parlamento europeo del 9 luglio 2009 sui fondi sovrani.

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blica, introdotti per tutelare un interesse generale, non siano subordinati ad alcuna condizione. Analogamente a quanto avvenuto in questa controversia, dove la validità del richiamo alla tutela di interessi nazionali o generali (la Corte fa riferimento, come nella causa con l’Italia (p.to 70), ad “interessi fondamentali della collettività”) era stata contestata per la formulazione generica e per la mancata specificazione delle circostanze obiettive atte a giustificare il regime dell’action spécifique, anche nella decisione del 26 marzo 2009 la Corte ha concluso l’esame della disciplina nazionale 86, sottolineando che il d.p.c.m del 10 giugno 2004 “non menziona alcuna circostanza specifica ed obiettiva” e che sebbene vi siano contemplati “diversi tipi di interessi generali, essi sono formulati in modo generico ed impreciso”, sì che “l’assenza di un nesso tra tali criteri e i poteri speciali… accentua l’incertezza” sul loro esercizio conferendo alla componente pubblica un potere discrezionale “sproporzionato rispetto agli obiettivi perseguiti” (causa C-326/07, p. ti 50-51).

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Si trascrivono, per comodità di consultazione, il primo e il secondo comma del d.p.c.m. del 10 giugno 2004, portante i criteri di esercizio dei poteri speciali previsti dall’art. 2 l. 30 luglio 1994, n. 474, di conversione del d.l. 31 maggio 1994, n. 332. “1. I poteri speciali di cui all’art. 2. … sono esercitati esclusivamente ove ricorrano rilevanti e imprescindibili motivi di interesse generale, in particolare con riferimento all’ordine pubblico, alla sicurezza pubblica, alla sanità pubblica e alla difesa, in forma e misure idonee e proporzionali alla tutela di detti interessi, anche mediante l’eventuale previsione di opportuni limiti temporali, fermo restando il rispetto dei principi dell’ordinamento interno e comunitario, e tra questi in primo luogo del principio di non discriminazione. 2. I poteri speciali di cui alle lettere a), b) e c) dell’art. 2, comma 1, fermo restando le finalità indicate allo stesso comma 1, sono esercitati in relazione al verificarsi delle seguenti circostanze: a) grave ed effettivo pericolo di una carenza di approvvigionamento nazionale minimo di prodotti petroliferi ed energetici, nonché di erogazione dei servizi connessi e conseguenti e, in generale, di materie prime e di beni essenziali alla collettività, nonché di un livello minimo di servizi di telecomunicazione e di trasporto; b) grave ed effettivo pericolo in merito alla continuità di svolgimento degli obblighi verso la collettività nell’ambito dell’esercizio di un servizio pubblico, nonché al perseguimento della missione affidata alla società nel campo delle finalità di interesse pubblico; c) grave ed effettivo pericolo per la sicurezza degli impianti e delle reti nei pubblici servizi essenziali; d) grave ed effettivo pericolo per la difesa nazionale la sicurezza militare, l’ordine pubblico e la sicurezza pubblica; e) emergenze sanitarie”.

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In realtà, anche se non è semplice, individuare “puntualmente ed oggettivamente a priori” le situazioni nelle quali le clausole generali dell’ordine pubblico, della pubblica sicurezza, della sanità pubblica o imperative ragioni di interesse generale, possono giustificare una limitazione delle libertà garantite dal Trattato, appare opportuno riesaminare la decisione della Corte in presenza di una normativa nazionale che, riproducendo quasi letteralmente le formule utilizzate dalla giurisprudenza comunitaria, tende ad agevolare nella sua applicazione un’interpretazione rispettosa del precedente giudiziario 87.

7. I “poteri speciali” nella tutela dell’ordine pubblico e della pubblica sicurezza. Per ricostruire l’iter seguito dalla Corte, occorre partire dai limiti alla legittimità dei poteri speciali introdotti a tutela dell’ordine pubblico e della pubblica sicurezza che “possono essere invocati solamente in caso di minaccia effettiva e sufficientemente grave ad uno degli interessi fondamentali della collettività”(causa C-326, p.to 70). Nel riconfermare il principio la decisione, oltre a richiamare il precedente nei confronti della Spagna (C-207/07 del 17 luglio 2008), rinvia “in particolare” alla sentenze del 9 marzo 2000 (causa C-355/98) e 4 giugno 2002, (causa C-503/99), rese entrambe in controversie che opponevano la Commissione al Belgio. Ma è solo quest’ultima decisione, ricordata costantemente anche quando sono state escluse forme di “golden share” particolarmente anomale 88, ad aver assunto nel settore dei “poteri speciali” il significato di un “leading case” 89. Il collegamento ad un filone interpretativo risalente ad un precedente, remoto nel tempo (causa C 72/83, Campus Oil Limited, in Raccolta, 1984, 2727) ma richiamato ancor oggi nell’individuazione fra i “motivi di pubblica sicurezza” di un “legittimo interesse pubblico” alla sicurezza

87

Demuro, op. cit., p. 647. Ancora di recente v. le decisioni del 28 settembre 2006, (cause riunite C-282/04e C-283/04) nei confronti dei Paesi Bassi (in Giorn dir. amm., 2007, p. 145 ss. con nota di Freni, Golden share, ordinamento comunitario e liberalizzazioni asimmetriche: un conflitto irrisolto) e quanto osserva Ajello, op. cit., p. 811. 89 Su questa decisione v. Ballarino-Bellodi, op. cit., p. 31 ss,; Spattini, op. cit., p. 197 ss. 88

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degli approvvigionamenti di energia (causa C-503/99, p.to 46), non solo non ha perduto di significato ma sembra aver anzi acquistato maggior attualità per l’aggravamento dei problemi nel settore delle fonti di energia e del suo approvvigionamento 90. Nella giurisprudenza della Corte la necessità di tutelare l’interesse generale, comunitario e dei singoli stati, si collega, come è stato ricordato, “spesso a turbamenti all’ordine sociale, a problemi di sicurezza pubblica, che rendono necessaria l’applicazione della riserva di ordine pubblico” 91. Prima di analizzare le condizioni richieste nella decisione resa nei confronti del Belgio sulla legittima preoccupazione degli Stati a conservare anche dopo il processo di privatizzazione “una certa influenza” sulle imprese che operano “nei settori dei servizi di interesse generale o strategico” (p.to 43) e sulla legittimità di una normativa nazionale intesa a “garantire la sicurezza dell’approvvigionamento di energia in caso di crisi” (p.to 55) 92, è opportuno ricordare, sia pure in breve, la situazione all’origine della prima controversia.

8. La decisione della Corte di giustizia nel caso Campus Oil limited del 10 luglio 1984 (causa C-72/83). A seguito dell’obbligo imposto dal governo irlandese agli importatori di acquistare da una raffineria nazionale una percentuale del prodotto ad un prezzo fissato dall’autorità amministrativa e del contrasto fra le ricostruzioni dell’Irlanda e del Regno Unito della nozione di “pubblica sicurezza” (allora art. 36 Tratt.) la Corte ha tracciato una linea di demar-

90

Moschetta, op. cit., specie p. 116 ss. per la previsione di misure restrittive comunitarie sulle imprese di distribuzione del gas naturale e del ruolo della Commissione di garante dell’interesse comunitario in materia. 91 Angelini, Ordine pubblico e integrazione costituzionale europea (I principi fondamentali nelle relazioni interordinamentali), Padova, 2007, p. 218. 92 In una valutazione complessiva dell’orientamento della Corte Ballarino-Bellodi, op. cit., p. 37, avevano concluso come “direttamente dal caso del Belgio e indirettamente dagli altri sembra che si possano desumere delle scriminanti al generale divieto delle actions spécifiques come discende dal principio della libera circolazione dei capitali” nella conferma che l’accesso al mercato è l’elemento fondamentale per mediare il conflitto tra le libertà comunitarie e il diritto di ogni stato membro di disciplinare il regime della proprietà.

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cazione, dotata di coerenza e di sufficiente elasticità,per individuare nel caso concreto l’esistenza di un “interesse generale” 93. Rispetto alle diverse interpretazioni prospettate sulla libertà per gli stati membri di determinare gli “interessi da proteggere e i provvedimenti da adottare” (p.to 22 nella tesi irlandese) o di riferirli ai soli “interessi fondamentali dello Stato, come la prosecuzione dei servizi pubblici essenziali e il funzionamento sicuro ed efficace della vita dello Stato” con l’esclusione dei “provvedimenti (che) perseguano essenzialmente scopi economici” (p.to 23 nella tesi britannica), la Corte, ha prima riconfermato che la norma “mira a salvaguardare interessi di carattere non economico” per poi concludere (p.to 35), per la gravità delle conseguenze dell’interruzione delle forniture di prodotti petroliferi sulla stessa “ esistenza di uno stato… ” e sul “funzionamento non solo dell’economia, ma soprattutto delle istituzioni e dei servizi pubblici essenziali”, che la garanzia di una fornitura minima costante di prodotti petroliferi “trascenda le considerazioni di carattere puramente economico e possa quindi rientrare nella nozione di pubblica sicurezza”. La decisione si colloca nell’ambito dell’interpretazione della Corte di una nozione di ordine pubblico che, pur se intesa in senso restrittivo, presuppone sempre “… l’esistenza di una minaccia effettiva ed abbastanza grave per uno degli interessi della collettività” 94 e dove profili di politica economica e di pubblica sicurezza qualificano la ricostruzione di un interesse generale in collegamento ad un dato oggettivo suscettibile di un controllo giurisdizionale. Nel riconfermare il necessario rispetto del principio di proporzionalità (purché “i provvedimenti adottati….siano idonei a soddisfare l’interesse tutelato… e non compromettano gli scambi comunitari più di quanto sia indispensabile”) (punti 35-38) che, come per l’ordine pubblico, “diventa..la lente attraverso la quale la Corte valuta l’applicazione dell’eccezione” 95, il giudice comunitario ha anche fornito alcuni chiari-

93

Per una ricostruzione sistematica, in termini attuali, delle interpretazioni che si contrappongono, anche dopo l’introduzione dell’art. 16 TCE che “reconnait ainsi sur le plan des objectifs la primauté de la politique”, v. da ultimo. Nettesheim, Le services d’intérêt général en droit communautaire entre libre concurrence et État social”, in Rev. int. droit commun., 2008, p. 613 ss. che ricorda anche l’indirizzo espresso dalla Commissione che “ne veut se limiter qu’à un contrôle discrétionnaire afin de s’assurer qu’il ne soit fait “aucun usage abusif du concept d’intérêt général” (628). 94 Sul punto v. la giurisprudenza richiamata da Angelini, op. cit., p. 177. 95 Angelini, op. cit., p. 179.

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menti sul come debba essere inteso, in termini obiettivi, un criterio di “giustificatezza”. In un’interpretazione volta a giustificare l’adozione di una misura d’effetto equivalente risponde a questo requisito 96, se nessun altro provvedimento meno restrittivo sia idoneo a conseguire lo scopo (p.to 44),il comportamento dello stato membro che, dipendendo per l’approvvigionamento di prodotti petroliferi “interamente o quasi interamente dalle importazioni”, introduca determinati condizionamenti purché i quantitativi dei prodotti assoggettati alla normativa speciale non superino “i limiti dell’approvvigionamento minimo… in mancanza del quale la pubblica sicurezza dello stato… e in particolare il funzionamento dei servizi pubblici essenziali e la sopravvivenza della popolazione sarebbero compromessi”(p. to 47). In relazione alle condizioni che legittimano il vincolo all’acquisto, la Corte ha quindi richiamato l’esigenza funzionale che i quantitativi di prodotti petroliferi “non devono superare la misura necessaria, sotto il profilo della produzione, allo scopo di consentire, per ragioni tecniche, il corretto utilizzo della capacità produttiva della raffineria ad un livello che assicuri la disponibilità degli impianti in caso di crisi, sia di permettere costantemente la raffinazione del petrolio greggio ottenuto in base a contratti a lunga scadenza che lo stato interessato ha stipulato per garantirsi forniture regolari” (p.ti 48-49). La situazione di fatto considerata dalla decisione induce ad alcune osservazioni sulla effettiva portata del richiamo a questo precedente presente nelle più recenti pronunzie della Corte di giustizia. Quando nella decisione del 23 ottobre 2007 (causa C-112/05, caso Volkswagen) si è ricordata (p.to 72) la vertenza fra Commissione e Belgio lo si è fatto accomunando, in un generico rinvio, una serie di altre decisioni, che,negative sulla legittimità della golden share, si limitavano alla generica riconferma della tutela di un interesse generale. Si tratta in particolare delle decisioni rese in data 4 giugno 2002 (cause C-367/98 c. il Portogallo, pt.o 49; C-483/99 c. la Francia, p.to 45), 13

96

Carbone, op. cit., p. 515 sottolinea come “Il principio di effettività ed il criterio interpretativo del c.d. ‘effetto utile’ hanno… operato a favore di un’integrazione tra diritto comunitario e diritto statale relativo all’esercizio dei c.d. poteri speciali… secondo equilibri rivolti a rimuovere, piuttosto che a giustificare, i vincoli posti dagli ordinamenti statali alla libera circolazione dei capitali ed al diritto di stabilimento”.

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maggio 2003 (causa C-463/00 contro la Spagna, p.to 68), 2 giugno 2005 (causa C-174/04 c. l’Italia p.to 28) nonché infine del 28 settembre 2006 (cause riunite contro i Paesi Bassi, p.to 32) dove viene ricordato, quasi con un significativo obiter dictum, che “la libera circolazione dei capitali può essere limitata da provvedimenti nazionali che si giustifichino per le ragioni di cui all’art. 58 CE o per motivi imperativi di interesse generale, purché non esistano misure comunitarie di armonizzazione che indichino i provvedimenti necessari a garantire la tutela di tali interessi… ” (così da ultimo p.to 72 cit. nella causa Volkswagen). Maggior significato assumono invece i richiami effettuati dalle più recenti decisioni del 14 febbraio 2008 (causa C-274/06) e del 17 luglio 2008 (causa C-207/07), rese entrambe nei confronti della Spagna. Nel primo caso, in presenza di una normativa che limitava il diritto di voto degli azionisti di imprese del settore energetico (p.to 38) la Corte ha ricordato, in un’analisi informata al rispetto degli artt. 43 CE: “Il ne saurait être nié que l’objectif de garantir la sécurité de l’approvisionnement en energie en cas de crise, sur le territoire de l’État membre…, peut constituer une raison de sécurité publique et jùstifier, éventuellement, une entrave à la libre circulation des capitaux”. Nel secondo, con riguardo anche all’art. 56 CE, la Corte in presenza della richiesta di un’autorizzazione preventiva all’acquisto di partecipazioni di imprese operanti nel settore dell’energia, dopo aver ribadito il principio generale, ha precisato (p.to 46-47) che “la sécurité publique ne saurait être invoquée qu’en cas de menace réelle et suffisamment grave, affectant un intérêt fondamental de la société” (corsivo aggiunto). Da ultimo, nella causa C-326/07 contro l’Italia, il giudice comunitario, ha, prima ricordato (p.to 69) “per quanto riguarda le imprese operanti nei settori del petrolio, delle telecomunicazioni e dell’elettricità…, che l’obiettivo di garantire la sicurezza dell’approvvigionamento di tali prodotti o la fornitura di tali servizi, in caso di crisi, sul territorio dello Stato membro di cui trattasi può costituire un motivo di pubblica sicurezza e, pertanto, giustificare una restrizione a una libertà fondamentale” per poi concludere, richiamandosi ancora una volta alla decisione 503/99, (p. to 70), “che se gli Stati membri restano sostanzialmente liberi di determinare, conformemente alle loro esigenze nazionali, le esigenze dell’ordine pubblico e della pubblica sicurezza, tali esigenze, in quanto motivi di deroga ad una libertà fondamentale, devono essere intese in senso restrittivo, di guisa che la loro portata non può essere determinata unilateralmente senza il controllo delle istituzioni della Comunità europea. Pertanto, l’ordine pubblico e la pubblica sicurezza possono essere invocati in caso di minaccia effettiva e sufficientemente grave ad uno degli interessi fondamentali della collettività” (corsivi aggiunti).

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Proseguendo nel richiamo, la Corte (p. to 71) ha anche ricordato di aver applicato questa analisi ad “un regime di opposizione… in vigore nel Belgio, nel settore dell’energia, il quale riguardava determinate decisioni relative agli attivi strategici di società nazionali, in particolare le reti dell’energia, nonché decisioni specifiche di gestione relative a tali società, ove gli interventi dello Stato potevano aver luogo solo qualora fossero stati messi in questione gli obiettivi della politica energetica” e di aver “giudicato che tali regimi poggiavano su criteri oggettivi e controllabili dal giudice e che la Commissione non aveva dimostrato che si sarebbero potuti adottare provvedimenti meno restrittivi per raggiungere l’obiettivo perseguito.”(corsivo aggiunto) Di qui l’interesse a ripercorrere l’analisi contenuta nella decisione C503/99 che, anche se operata sul piano dei c.d. “poteri speciali”, propri del processo di privatizzazione di imprese pubbliche, può essere utilmente richiamata per individuare le condizioni di legittimità per l’adozione di comportamenti restrittivi nei confronti di interventi dei fondi sovrani.

9. La decisione della Corte di giustizia del 4 giugno 2002 sui “poteri speciali” del governo belga (causa C-503/99). Prima di accertare il ruolo svolto nella decisione contro l’Italia dalla “mancanza di precisazioni sulle circostanze concrete che consentono di esercitare il potere” nel d.p.c.m del 10 giugno 2004, “potenzialmente numerose, indeterminate e indeterminate” (p.ti 66-67) e non fondate “su condizioni oggettive e controllabili” (p.to 72), appare opportuno ripercorrere l’analisi della Corte nella decisione con il Belgio per vedere se se ne possano trarre argomenti per individuare, come è stato autorevolmente detto sia pur in altra situazione, nel “cimento fra armonia e invenzione” 97, le regole di comportamento che debbono informare le scelte degli stati della comunità in reazione ad un intervento di fondi sovrani ritenuto non corrispondente agli interessi fondamentali della collettività.

97 Usa questa espressione, ricca di significato specie in una prospettiva di ricerca informata alla “natura delle cose”, Merusi, in Pubblico e privato nell’istituto della responsabilità amministrativa ovvero la riforma incompiuta, in Dir. amm., 2006, p. 20 e già in La privatizzazione per fondazioni tra pubblico e privato, ivi, 2004, p. 448 ss.

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A tal fine conferma, ancora una volta, tutto il suo significato la conclusione dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer,formulata nel corso del primo gruppo di cause sulla golden share, quando aveva sottolineato “que la distinction entre entreprises publiques et privées, aux fins du traité, ne peut pas être fondé sur la simple composition de son actionnariat, mas dépend de la possibilità qu’a l’État d’imposer certains objectifs de politique économique, distinct de la recherche du profit maximum qui caractérise l’activité privée” 98. (corsivo aggiunto) Ma la soluzione data dalla Corte alla legittimità dei “poteri speciali”, pur avendo disatteso l’impostazione dell’avvocato generale, ed essendo limitata di necessità al solo profilo della tutela dell’interesse generale rappresentato da una partecipazione pubblica (in quanto non si può “permettere agli Stati membri di far valere i loro regimi di proprietà… per giustificare ostacoli alle libertà previste dal Trattato…”) (p.to 44), offre spunti per una possibile ricostruzione, a livello di sistema, della legittimità delle eccezioni ai principi generali del diritto comunitario. Il riconoscimento che fine del regime nazionale era garantire il “legittimo interesse pubblico” alla sicurezza degli approvvigionamenti di energia nell’eventualità di crisi e che il richiamo alla pubblica sicurezza era corretto in presenza di una “minaccia effettiva ed abbastanza grave” all’interesse fondamentale della collettività rappresentato dalla garanzia della “sicurezza dell’approvvigionamento dell’energia” (p.ti 47 e 55), non solo conferma la validità della formula adottata dal

98 Sono queste le conclusioni dell’avvocato generale quando aveva messo in rilievo (cause C-367/98; C-483/99; C-503/99), al termine di una ricostruzione delle origini dell’art. 295 del Tratt. (nn. 54-56) :”le respect du régime de la proprieté dans les États membres qui est consacré par l’art. 295 Ce doit s’étendre à toute mesure qui, par le biais de l’intervention dans le secteur public, au sens économique du terme, permet à l’État de contribuer à façonner l’activitè économique de la nation”. Sulla diversa impostazione successivamente proposta dall’avvocato generale Maduro nelle cause C-282/04 e C283/04 v. quanto ho osservato in La “saga” della “Golden share” tra libertà di movimento di capitali e libertà di stabilimento, in Giur. comm., 2007, I, p. 312 ss. Mentre Amirante, Dalla forma stato alla forma mercato,Torino, 2008, p. XXXI, riconosce il contributo della tesi di P. Maduro nel “cogliere la filosofia prevalentemente monetaria, finanziaria e market oriented dell’UE” Spattini, “Vere” e “false “golden shares, op. cit., p. 330 ss. sottolinea, raffrontando le diverse impostazioni degli avvocati generali, come la “Corte si sia spinta fin quasi sul limitare delle argomentazioni di P. Maduro “che sembravano porre in discussione lo stesso modello prevalente del capitalismo europeo, quello della Soziale Marktwissenschaft, sulle cui fondamenta culturali e giuridiche l’intero edificio comunitario era stato costruito… ”.

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nostro legislatore per individuare le ragioni di interesse generale che giustificano una limitazione delle libertà comunitarie (art. 2 lett. a) e b) d. p. c. m. del 10 giugno 2004) ma si arricchisce di contenuti, ai fini dell’introduzione di limiti all’intervento dei fondi sovrani, quando si tenga conto,come sostenuto a suo tempo dal governo belga (p.to 27), che la sicurezza dell’approvvigionamento di energia costituisce, di per sé, “una ragione imperativa di interesse generale”. In questa prospettiva, al riconoscimento che i principi in tema di libera circolazione delle merci valgono anche “ per gli ostacoli alla libera circolazione dei capitali, in quanto la pubblica sicurezza compare… tra i motivi giustificativi menzionati all’art. 73 d) n.1, lett.b)” CE (p.to 46) e che all’individuazione delle garanzie per un corretto esercizio dei poteri speciali corrisponde il diritto dello stato nazionale di invocare la “pubblica sicurezza… in caso di minaccia effettiva … ad uno degli interessi fondamentali della collettività” (p.to 47), consegue la legittimità di una normativa che “permetta di garantire… in caso di minaccia effettiva e grave, un approvvigionamento minimo di energia” (p.to 48)”. La delimitazione operata nel regime belga del diritto di opposizione alle sole scelte operative nel settore delle reti dell’energia e a “decisioni di gestione specifiche” (p.to 50), come la “cessione, assegnazione a titolo di sicurezza o cambiamento della destinazione delle canalizzazioni della “Société nazionale de transport par canalisations” (“SNTC”) o della “Societé de distribution du gaz” (“Distrigaz)”, tali da recare “pregiudizio agli interessi nazionali nel settore dell’energia” o da mettere in “questione (de)gli obiettivi della politica energetica” (p.to 51), ha permesso alla Corte di concludere che il regime nazionale garantiva “sulla base di criteri oggettivi e controllabili dal giudice… la disponibilità effettiva delle canalizzazioni che costituiscono le grandi infrastrutture di trasporto interno dei prodotti energetici nonché delle altre infrastrutture per il trasporto interno e lo stoccaggio di gas, compresi i punti di sbarco e transfrontalieri” (p.to 52). Si aggiunge, in una valutazione finale, che il sistema belga consentiva “allo Stato membro di intervenire per assicurare, in una situazione determinata, l’osservanza degli obblighi di servizio pubblico che spettano alla SNTC e alla Distrigaz, pur rispettando le esigenze di certezza del diritto” (p.to 52), secondo un criterio accolto successivamente dal legislatore italiano quando, al termine di una serie di modifiche al regime iniziale dei poteri speciali (caratterizzati nella loro formulazione iniziale dal richiamo a non meglio identificati “obiettivi di politica economica e industriale”), aveva condizionato il loro esercizio ad un

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“grave ed effettivo pericolo in merito alla continuità di svolgimento degli obblighi verso la collettività nell’ambito dell’esercizio di un servizio pubblico, nonché al perseguimento della missione affidata alla società nel campo delle finalità di interesse pubblico” (lett.b) art. 2 d.p.c. m. del 10 giugno 2004).

10. Le riserve della Corte di giustizia (causa C- 326/07 del 26 marzo 2009) sul regime italiano dei “poteri speciali” nella prospettiva di una ricostruzione a sistema dei possibili vincoli ad interventi dei fondi sovrani. Sembra quindi confermata la tesi che ha ravvisato una “contraddizione” nel ragionamento della Corte di giustizia quando “sposta al caso concreto la valutazione di compatibilità” delle limitazioni alle libertà comunitarie sia per la difficoltà di rispettare, sotto il profilo di una corretta tecnica legislativa “i criteri della generalità e dell’astrattezza, sia perché tutte le elencazioni (casistiche e non) inevitabilmente presentano delle lacune che nel caso concreto potrebbero non consentire l’esercizio dei poteri speciali a tutela di un (effettivo ma non previsto) imprescindibile motivo di interesse generale” 99 (e quest’ultimo appare in effetti il motivo di maggior critica all’orientamento della Corte), contraddicendo in definitiva l’assunto alla base della valutazione di compatibilità delle limitazioni alle libertà tutelate dal diritto comunitario. Individuare una carenza della legislazione italiana per non aver individuato le “circostanze concrete in cui può essere esercitato il potere di veto” previsto dai “poteri speciali”, in modo da non permettere agli investitori per la mancanza di “condizioni oggettive e controllabili” di sapere quando il “potere di veto possa trovare applicazione” (p.ti 66 e 72), è una conclusione che non sembra tener conto del risultato cui si può pervenire con un’interpretazione sistematica della normativa nazionale considerata nel suo contesto. Se per la Corte il limite della disciplina nazionale è imputabile alla mancata identificazione del “grave ed effettivo pericolo” che legittima l’esercizio dei poteri speciali, la stessa conclusione non appare condivi-

99

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Demuro, op. cit., p. 649.


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sibile per il nostro ordinamento, dato che il risultato indicato dal giudice comunitario può essere raggiunto utilizzando i diversi indici normativi forniti, per le singole fattispecie, dalla legislazione speciale. L’aver individuato quale condizione necessaria per l’operatività dei poteri speciali a tutela “dell’ordine pubblico, della sicurezza, della sanità pubblica e della difesa” (art.1, comma primo, d. p.c.m del 10 giugno 2004), il rispetto della garanzia dell’“approvvigionamento nazionale minimo di prodotti petroliferi ed energetici nonché di erogazione dei servizi connessi… e in generale di materie prime e di beni essenziali alla collettività” (lett.a), comma secondo) e della “continuità di svolgimento degli obblighi verso la collettività nell’ambito dell’esercizio di un servizio pubblico” nel “perseguimento della missione affidata alla società nel campo delle finalità di interesse pubblico” (lett. b), permette una lettura complessiva del quadro normativo, comprensivo della clausola generale di chiusura rappresentata dalla “sicurezza degli impianti e delle reti nei pubblici servizi essenziali” (lett. c), in grado di fornire sufficienti elementi per un giudizio, in sede giurisdizionale, sull’esistenza delle motivazioni di “ordine pubblico” e di “pubblica sicurezza” che si impongono sul rispetto delle regole di mercato. Sarà quindi interessante vedere, in presenza di un sistema di poteri speciali allo stato già caratterizzati nel loro esercizio dalla richiesta di un’effettiva esigenza di “protezione di interessi generali di fondamentale importanza” 100, quale sarà la risposta del legislatore nazionale, sollecitata ancora da ultimo dalla Commissione con la lettera di messa in mora del 20 novembre 2009, a dare esecuzione ad una decisione che sembra invece basarsi sull’opposto principio “di una presunzione di esercizio abusivo dei poteri speciali”da parte dello stato italiano 101. In ogni caso la giurisprudenza della Corte di giustizia può essere utilmente richiamata, anche in una situazione diversa rispetto all’utilizzo dei “poteri speciali” nel processo di privatizzazione, per accertare le reali motivazioni di “ordine pubblico” o di “pubblica sicurezza” che permettono agli ordinamenti nazionali di derogare, nei confronti di investimenti dei “fondi sovrani.” alle regole dettate in materia di tutela della concorrenza 102.

100 101 102

Sacco Ginevri, op. cit., p. 714 Demuro, op. cit., p. 651. Mezzacapo, op. cit., p., 78.

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Questo profilo, oltre a rispondere all’evoluzione dei criteri di identificazione degli intérêts vitaux legati alla sicurezza dello Stato 103 può far riflettere sulla trasformazione della nozione di ordine pubblico economico che, per la “héterogéneité” di contenuti che lo caratterizza 104, non solo può richiamare il sospetto di conflitto d’interessi nell’ intervento dello Stato 105 ma richiede una valutazione in termini comunitari delle regole che hanno portato, nella garanzia della libertà di concorrenza, alla costruzione del mercato unico 106 e alla promozione della competitività dell’industria europea (art. 157 CE) 107. Il che significa identificare, nei rapporti fra ordinamento nazionale e ordinamento comunitario, la rilevanza di una nozione di ordine pubblico d’ispirazione nazionale alla quale il diritto comunitario riconosca necessità di protezione, tenendo presente in ultima analisi che “è l’ordinamento comunitario a decidere, grazie all’opera interpretativa della Corte di giustizia, come utilizzare il ricco patrimonio di principi e mezzi offerto dagli ordinamenti nazionali” 108. In alternativa ad un’interpretazione delle politiche economiche nazionali rimessa in tal modo solo alla giustizia comunitaria, se trova rinnovato vigore l’indirizzo della Commissione di “un quadro equilibrato e stabile per gli investimenti dei fondi sovrani” definito da una normativa comunitaria, questa non si deve limitare a “favorire un impegno coordinato dei paesi destinatari e dei fondi sovrani e dei paesi che li finanziano per stabilire una serie di principi a garanzia della trasparenza, prevedibilità

103 Per una prima esemplificazione Carreau -.Juillard, Droit international économique, Paris, 2007, p. 272 ss. 104 Frison Roche, Droit èconomique, concentration capitalistique et marché, p. 397 ss, in Philosophie du droit et droit économique. Quel dialogue?, Mélanges en l’honneur de Gérard Farjat, Paris, 1999, p. 397 ss..; per quanto qui rileva, v. anche fra i vari contributi Salah, Les transformations de l’ordre publique économique vers un ordre public règulatoire?, ivi, p. 261 ss.; Sueur, Droit èconomique et méthodologie du droit, ivi. p. 291 ss. Per una critica all’impostazione seguita da Farjat, fin dalla versione iniziale del lavoro Droit èconomique, Paris, 1963, p. 41 ss. di una funzione positiva dell’ordine pubblico economico realizzata attraverso “une grande diversité de techniques d’intervention”, v. G.B. Ferri, L’ordine pubblico economico (a proposito di una recente pubblicazione), in Riv. dir. comm, 1964, I, p. 464 ss. e successivamente nella voce Ordine pubblico (dir. priv.), in Enc. dir., XXX, Milano, 1980, p. 1055 ss. 105 Frison-Roche, op. cit., p. 401 106 Angelini, op. cit., p. 192. 107 Carbone, op. cit., p. 542. 108 Angelini, op. cit., p. 196.

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e responsabilità degli investimenti” 109, ma deve identificare le concrete forme di tutela di un interesse generale 110 in deroga alle regole dettate a tutela del mercato 111. Infine,nella ricerca del limite di compatibilità di una normativa che reagisce sul diritto comune delle società deve essere sottolineata, fin d’ora, per evitare incertezze politiche e giuridiche, la rilevanza assunta nell’ultima decisione della Corte sui “poteri speciali” che incidono sulla “gestione di imprese”, dal principio della libertà di stabilimento (art. 43 Tratt., secondo comma) che si aggiunge, secondo le indicazioni dell’avvocato generale (p.to 62) 112, all’applicazione del principio della libertà di movimento dei capitali (art. 56 Tratt.). La distinzione operata dalla Corte tra il potere di opposizione dello Stato all’acquisto di partecipazioni e la conclusione di patti tra azionisti dal potere di veto in determinate scelte gestionali della società 113 non ripropone solo un esame dei poteri speciali sulla base dell’art. 43 CE, “poiché l’esercizio dei poteri di opposizione riguarda anche partecipazioni che conferiscono ai loro detentori il potere di esercitare una

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Comunicazione 115 del 27 febbraio 2008, IV (Prospettive: principi di una risposta strategica della UE ai problemi posti dai fondi sovrani”, sub 4.1(“Opzioni di un approccio comune della UE “). 110 V. ad esempio le riserve di Moschetta, op. cit., p. 154 sull’idoneità delle misure proposte a tutela della sicurezza economica della Comunità nel settore del gas naturale per la dipendenza dagli approvvigionamenti energetici stranieri. 111 Sull’adozione di misure uniformi nell’ambito comunitario nei confronti degli investimenti esteri nel settore della difesa v. Carbone, op. cit., p. 543 e quanto avevo osservato in Le società di interesse nazionale, op. cit. p. 599 ss. sugli “interessi essenziali della difesa” (art. 296 CE). 112 Sottolinea infatti l’avvocato generale Dàmaso Ruiz-Jarabo Colomer “… quanto alla mia metodologia, ripeto che le modalità di esercizio dei poteri speciali di cui al decreto controverso, in funzione, da un lato, dell’art. 2, primo comma, lett a) e b), del decreto legge n. 332 e, dall’altro, della lett. c) della medesima disposizione, sono dovute al fatto che la validità delle prime due lettere deve essere verificata alla luce dell’art. 56 Ce, mentre la legittimità della terza deve essere analizzata in rapporto all’art. 43 CE”. (n. b. si ricorda, ma solo per facilità di consultazione che mentre alle lett. a) e b) è prevista il diritto del ministro dell’Economia di opporsi all’assunzione di partecipazioni che rappresentino almeno il 5% dei diritti di voto (o eventualmente la diversa quota minore) e ai patti tra azionisti che rappresentino almeno il 5% dei diritti di voto, la lett. c) contempla il “veto all’adozione delle delibere di scioglimento delle società, di trasferimento dell’azienda, di fusione, di scissione, di trasferimento della sede sociale all’estero, di cambiamento dell’oggetto sociale, di modifica dello statuto che sopprimono o modificano i poteri speciali”. 113 Nascimbene, op. cit., p. 1020.

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sicura influenza sulla gestione delle società… nonché di indirizzarne le attività… (e) può dunque limitare la libertà di stabilimento” (p.to 56), ma rinvia l’interprete all’esame della rilevanza delle regole introdotte nel diritto societario dai singoli ordinamenti per bilanciare gli interessi in gioco 114. Sembra questo il problema di fondo nell’attività di controllo sugli investimenti dei fondi sovrani, che va affrontato in coerenza con le modifiche apportate nelle offerte pubbliche d’acquisto all’obbligo di passività dell’organo amministrativo della società target e alle regole di neutralizzazione (art. 104 d.lg. 24 febbraio 1998, n. 58 come modificato prima dall’art. 13, co. 2, lett. a) del d.l. 29 novembre 2008, con. l. 28 gennaio 2009, n. 2 e successivamente dal d.lgs. 25 settembre 2009, n. 146), tenendo sempre presente che un regime di limitazioni all’accesso in settori protetti è “una peculiarità dei diritti nazionali europei, in larga parte connessa alla tradizione di forte intervento pubblico in economia” 115.

Felice Santonastaso

114 115

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Mucciarelli, op. cit., p. 288-281. Guaccero-Pan-Chester, op. cit., p. 1394.


La proposta di riforma della disciplina dei derivati OTC negli USA Sommario: 1. La crisi finanziaria giustifica un radicale intervento normativo. – 2. Il dibattito sulla riforma e gli elementi essenziali della proposta del Department of the Treasury. – 3. La riforma della disciplina dei derivati OTC. – 4. La definizione di derivati e l’impostazione legislativa della proposta. – 5. Tutti gli operatori attivi nel mercato debbono essere regolamentati. – 6. Obblighi di record keeping e di reporting: la creazione degli swap repositories. – 7. L’obbligo di concentrazione. – 8. Introduzione dell’obbligo di stipulare contratti garantiti da una controparte centrale. – 9. Introduzione di requisiti di capitale più stringenti per i derivati non garantiti dalla controparte centrale. – 10. Le esenzioni dalla disciplina. – 11. Una valutazione preliminare di questa proposta. – 12. L’Unione Europea prevede di imitare l’approccio regolamentare USA per quanto possibile.

1. La crisi finanziaria giustifica un radicale intervento normativo*. La recente crisi ha messo a dura prova la solidità e la resistenza del sistema finanziario mondiale scosso alle radici da una seria carenza di liquidità che ha determinato una serie di fallimenti e dissesti di emittenti ed intermediari finanziari, ha paralizzato il mercato immobiliare, depresso i corsi azionari ed innescato una spirale negativa di eventi che ha determinato nella maggior parte dei paesi più avanzati, una situazione di recessione. La crisi, come noto, ha avuto origine negli USA dove la facilità di accesso al credito in un ambiente caratterizzato dall’esistenza di un liquido mercato delle securitizations dei crediti sia ipotecari che non, associata ad un prolungato periodo di bassi tassi di interesse, si sono combinati creando un progressivo accumulo di rischi nel sistema

( )

* I giudizi e le opinioni espresse sono attribuibili solo all’autore e non sono in alcun modo riferibili né alla Borsa Italiana SpA né ad alcuna società del London Stock Exchange Group.

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finanziario. I bassi tassi e la facilità con la quale venivano erogati i mutui ipotecari ha favorito un aumento della domanda di immobili ed un conseguente aumento dei prezzi degli stessi oltre che una fondamentale sovrapproduzione di edifici, commerciali e residenziali. I mutui, sempre più incautamente erogati da banche ed altri soggetti anche non vigilati, gli originators 1, venivano cartolarizzati e trasferiti a soggetti più o meno ignari. Complessi strumenti finanziari venivano creati per soddisfare la domanda di prodotti con differenti profili di rischio, variamente ricombinando i flussi di cassa generati dai pool di mutui cartolarizzati: questi strumenti venivano anche assicurati e venduti in un mercato che sottostimava il rischio, fondamentalmente ottimista sulle prospettive del mercato e sulle opportunità di crescita del valore degli immobili. Questo meccanismo ha funzionato egregiamente fino al momento in cui i tassi, prevedibilmente, hanno invertito il trend consolidatosi nei precedenti sei anni ed hanno iniziato a risalire, le rate dei mutui sono diventate eccessivamente onerose ed i debitori hanno cominciato a ritardare o interrompere i pagamenti dovuti. Gli effetti degli inadempimenti sono stati canalizzati tramite gli strumenti finanziari cartolarizzati ed i derivati stipulati sui mutui e sul credito degli emittenti, i prezzi degli immobili hanno iniziato a scendere anche a causa della sovrapproduzione, facendo diminuire il valore delle garanzie delle banche e la grave situazione ha innescato una vera e propria crisi sistemica. Il Governo USA è stato costretto ed ha scelto di intervenire in maniera molto decisa nel mercato non solo con misure di sostegno della liquidità ma anche con molteplici misure di stimolo della domanda e degli investimenti (stimulus packages) oltreché tramite decine di interventi di salvataggio di banche, intermediari finanziari, assicurazioni in aggiunta alla nazionalizzazione dei due colossi finanziari semi governativi diretta-

1.

V. E. Barcellona, Note sui derivati creditizi: market failure o regulatory failure, in Banca, borsa tit. cred., 2009, I, p. 652; Vitale, Il ruolo dei regolatori: quali prospettive, in Relazione presentata al XXIV Convegno di studio su: La crisi finanziaria: Banche Regolatori, Sanzioni, Courmayeur, 25-26 settembre 2009, p. 2. Sulla gravità della crisi si veda anche Montalenti, Le operazioni con parti correlate tra efficienza gestionale nei gruppi e rischi di conflitti di interessi: quale disciplina?, Relazione presentata al XXIV Convegno di studio su: La crisi finanziaria: Banche Regolatori, Sanzioni, Courmayeur, 25-26 settembre 2009, p. 2. Sulle concause della crisi si veda anche Sandrelli, Uno studio della SEC su contabilizzazione del “mark to market” e crisi finanziaria, in Riv. soc., I, p. 237; Onza e Salamone, Prodotti, strumenti finanziari, valori mobiliari, in Banca, borsa tit. cred., 2009, I, p. 567.

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mente coinvolti nel mercato delle securitizations dei mutui immobiliari americani 2. A seguito di questi interventi e salvataggi, il debito pubblico americano è passato dal 61% del prodotto interno lordo nel 2007 all’85% nel 2009 e dovrebbe raggiungere nel 2010 il 94% del prodotto interno lordo nazionale 3. La credibilità e la sostenibilità di un simile debito pubblico e la gravità della situazione economica stanno spingendo il sistema americano ad un ripensamento organico della disciplina finanziaria relativa non solo al mercato dell’origination ed alla securitization dei mutui ipotecari che ha rappresentato la causa diretta della crisi finanziaria, ma anche di quella relativa al mercato finanziario in senso ampio ivi inclusi i contratti derivati così detti over the counter (OTC) ossia negoziati privatamente tra le parti e non standardizzati 4.

2.

Si fa riferimento ai due giganti semi-governativi Government Sponsored Enterprises del mercato delle securitizations dei mutui immobiliari, Fannie Mae e Freddie Mac. ������ Il dibattito sulla natura giuridica dei due colossi delle securitizations dei mutui ipotecari negli USA è noto ed assai annoso: si veda per tutti Walker, Government Sponsored Enterprises: A Framework for Strengthening GSE Governance and Oversight, a Testimony Before the Committee on Banking, Housing, and Urban Affaire - U.S. Senate, in GAO Report, 2004, anche disponibile al seguente link: http://www.gao.gov/new.items/d04269t.pdf; v. anche Jaffee e Quigley, The Government Sponsored Enterprises: Recovering from a Failed Experiment, 2009, UC Berkeley Institute of Business and Economic Research Working Paper No. W09-001 anche disponibile presso SSRN: http://ssrn.com/abstract=1480230. 3. Stime dell’IMF, tratte dal World Economic Report, 2009, p. 15, anche disponibile al seguente link http://www.imf.org/external/pubs/ft/weo/2009/02/index.htm. Dati storici relativi all’indebitamento governativo sono anche disponibili nel sito http://www.treasurydirect.gov/govt/reports/pd/histdebt/histdebt_histo5.htm In quest’ultimo sito riconducibile al Department of the Treasury, si evidenzia che il debito pubblico USA è passato da 5,6 migliaia di miliardi di dollari (trillions) nel 2000 ad oltre 10 migliaia di miliardi di dollari (trillions) al 30 settembre 2008. 4. V. De Biasi, Strumenti ben temperati. Alcuni profili giuridici e regolamentari dell’operatività in derivati OTC, Siena, 2000 (Università di Siena, Dipartimento di diritto dell’economia. Interventi, N. S., 5): Capitolo 1: Cosa vuol dire OTC. Anche ������������������������� disponibile al seguente link: http://www.econ-pol.unisi.it/scdbanc/pubbl/deb.pdf; Tarolli, Trasferimento del rischio di credito e trasparenza del mercato: i credit derivatives, in Giur. comm., 2008, p. 1169; Ferrero, Profili Civilistici dei nuovi stumenti fianziari, in Riv. dir. comm., 1992, I, p. 632; E.M. Mastropaolo, Strumenti finanziari derivati, in Digesto Comm., IV agg., Torino, 2008, p. 913; Zurack, Application of OTC options and other structured product, in FrancisToy-Wittaker, The Handbook of Equity Derivatives, New York, 2000, p. 294; Barry, Taylor, Brill, OTC derivatives: the contractual architecture of private regulation, in Swaps & other derivatives in 2000, Practicing Law Institute, New York, 2000, p. 98; Waldman, OTC Derivatives and Systemic Risk: Innovative Finance or Dance into the Abyss?, in 43 Am U. L. Rev. 1994, p. 1027; Partnoy, Adding Derivatives to the corporate law Mix, in 34 Georgia L. Rev., 2000, p. 599; Partnoy, A Revisionist View of Enron and the Sudden Death of May, in 48 Vil-

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È ormai di tutta evidenza che i derivati non sono stati la causa scatenante dello shock sistemico che ha colpito il sistema finanziario globale. Essi hanno pur tuttavia contribuito in maniera rilevante all’aggravarsi della situazione trasferendo nel sistema finanziario gli effetti dell’evento sistemico originatosi negli USA. I derivati di credito (credit derivatives) sono stati poi alla base del dissesto dell’assicuratore americano AIG le cui difficoltà finanziarie hanno contribuito significativamente all’aggravarsi della crisi. La scarsa o inesistente regolamentazione dei derivati OTC negli USA e l’assenza di un’idonea vigilanza che fosse in grado di identificare e disinnescare pericolose concentrazioni di rischio sistemico sono stati quindi elementi determinanti nell’innesco e nell’aggravarsi di una situazione già assai critica. La serietà della contingenza è tale che l’opinione pubblica americana, tradizionalmente avversa ad interventi regolamentari di riforma in particolar modo della disciplina finanziaria, ha iniziato a smuoversi e pare adesso sostenere i propositi riformisti del neoeletto presidente democratico Barack Obama. Persino i due potentissimi comitati parlamentari, quello dell’agricoltura in Senato (Senate Agriculture Committee) e quello bancario presso la camera (House Committee on Financial Services) 5 anch’essi tradizionalmente ostili a radicali interventi legislativi federali hanno iniziato a favorire un radicale intervento di riforma della disciplina finanziaria 6: in sostanza, la gravità della crisi giustifica ora un radicale ripensamento normativo.

lanova L. Rev., 2003, p. 1245; Cohen, Financial Services Regulation: a Mid-decade Review: Colloquium: The challenge of Derivatives, in 63 Fordham, L. rev., 1997, p. 747. 5. Il sistema dei comitati, ha un fondamentale ruolo nel processo legislativo USA. Infatti un progetto di legge prima di poter andare alla discussione parlamentare viene assegnato e sottoposto ad un comitato competente per materia. Il comitato modifica, discute e decide poi se il progetto possa procedere il suo iter legislativo verso il parlamento per la discussione e l’eventuale approvazione o se invece debba essere accantonato. Con riferimento ai derivati si veda: Romano, A Thumbnail Sketch of Derivative Securities and their Regulation, in 55 Ma. L. Rev., 1996, p. 46. 6. È assai recente la notizia che il potente House Financial Services Banking Committee, ha approvato il testo della riforma dei derivati OTC qui in esame, che procede dunque verso la discussione parlamentare. Si veda il comunicato stampa diffuso il 15 Ottobre 2009, disponibile al seguente link: http://www.house.gov/apps/list/press/financialsvcs_dem/pressder_101509.shtml

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2. Il dibattito sulla riforma e gli elementi essenziali della proposta del Department of the Treasury 7. Nel dibattito sulla riforma e razionalizzazione della regolamentazione finanziaria, il Department of the Treasury ha assunto un fondamentale ruolo propositivo 8. Nel marzo 2008 il Department of the Treasury ha pubblicato un primo essenziale documento dal titolo Blueprint for a modernized Financial Regulatory Structure con il quale si è dato inizio al dibattito sulla riforma finanziaria. Il paper ha infatti analizzato ed evidenziato i principali elementi di criticità della struttura della regolamentazione dell’attività bancaria e finanziaria negli USA, analizzando la sua evoluzione ed identificando le maggiori problematiche emerse e rese evidenti durante la crisi finanziaria tuttora in corso. Il documento ha quindi formulato una serie di ambiziose proposte per una radicale riforma del sistema finanziario 9, che tuttavia non sono state accolte con estremo favore a Washington anche considerando l’impopolarità di talune delle riforme proposte 10, come ad esempio quella di unificare le

7.

Si intende fare riferimento all’US Department of the Treasury, che negli USA è costituito come un Executive Department del governo. Il Department of the Treasury è quindi un’agenzia governativa con varie responsabilità tra le quali quella di promuovere un’adeguata governance delle istituzioni finanziarie e di migliorare la sicurezza del sistema finanziario. Si veda la descrizione del Treasury disponibile al seguente link: http://www.treas.gov/education/duties/. ��������������������������������������������� Nel sito dello stesso Department of the Treasury si legge che: “The Treasury Department is the executive agency responsible for promoting economic prosperity and ensuring the financial security of the United States. The Department is responsible for a wide range of activities such as advising the President on economic and financial issues, encouraging sustainable economic growth, and fostering improved governance in financial institutions… The Treasury Department also performs a critical and far-reaching role in enhancing national security… and improving the safeguards of our financial systems”. 8. Per una disamina delle iniziative preparatorie e degli interventi che hanno immediatamente preceduto le proposte che si descrivono in questo lavoro si veda: E. Barcellona, Note sui derivati creditizi: market failure o regulatory failure, cit., p. 653 e ss. 9. Il documento del Department of the Treasury dal titolo The Department of the Treasury, Blueprint for a modernized Financial Regulatory Structure, Marzo 2008, è disponibile al seguente link http://www.treas.gov/press/releases/reports/Blueprint.pdf 10. Come ad esempio quella di assegnare alla Federal Reserve il ruolo di autorità responsabile della stabilità del mercato, di affidarle il ruolo di autorità competente alla disciplina e vigilanza dei sistemi di pagamento, di compensazione e liquidazione oltreché il ruolo di autorità competente per la vigilanza del rischio sistemico (sistemic risk regulator). Né può essere dimenticato che il documento, in materia di autorità responsabili per la disciplina e vigilanza dei derivati, propone la fusione della SEC e della CFTC, riforma

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due autorità indipendenti proposte alla vigilanza dei futures, la Commodity Futures Trading Commission (CFTC), con la Securities and Exchange Commission (SEC). Al seguito delle elezioni presidenziali che hanno comportato un importante cambiamento al vertice del Department of the Treasury stesso 11 e in considerazione dell’ulteriore aggravarsi e protrarsi della crisi finanziaria, il dibattito sulla riforma del sistema finanziario ha assunto nuovo impeto. Così, il 13 maggio 2009, il Department of the Treasury ha annunciato la prossima pubblicazione di un’ambiziosa proposta di riforma della regolamentazione finanziaria USA e nel corso del mese di luglio 2009 è stato pubblicato un discussion paper dal titolo Financial Regulatory Reform, a new foundation, anche noto come il piano Geithner 12. In agosto è stato poi pubblicato il testo legislativo della proposta di riforma della disciplina finanziaria, sul quale si è aperta una fase di consultazione del mercato assai dibattuta. L’opinione pubblica e la Casa Bianca stanno ora esercitando una rilevante pressione sul parlamento USA affinché la proposta di riforma sia adottata al più presto possibile.

avversata da entrambe le autorità così come dai comitati parlamentari citati sopra che hanno competenze separate sulle due autorità. Si veda, The Department of the Treasury, Blueprint for a modernized Financial Regulatory Structure, cit., p. 15. Il documento propone che: “the market stability regulator should be responsible for overall issues of financial market stability. The Federal Reserve should assume this role in the optimal framework given its traditional central bank role of promoting overall macroeconomic stability… Finally, the Federal Reserve should oversee the payment and settlement system… In terms of its recast regulatory role focusing on systemic risk, the Federal Reserve should have the responsibility and authority to gather appropriate information, disclose information, collaborate with the other regulators on rule writing, and take corrective actions when necessary in the interest of overall financial market stability. This new role would replace its traditional role as a supervisor of certain banks and all bank holding companies”. 11. Il neoeletto presidente democratico Barack Obama ha sostituito alla presidenza del Department of the Treasury Henry Merritt Paulson, con Tim Geithner, ex presidente della Federal Reserve Bank di New York, esperto di derivati che si era contraddistinto per la lotta e riduzione dei rischi sistemici causati dai derivati OTC e dai così detti backlogs, ossia ritardi o code nello scambio delle conferme scritte relative ai contratti conclusi telefonicamente tra i negoziatori. Questi ritardi nelle conferme causavano enormi problemi alle banche ed intermediari finanziari che rischiavano di negoziare contratti relativi a posizioni che non avevano più ma che risultavano ancora ‘aperti’ a causa dei ritardi nell’invio delle conferme. Non a caso la proposta di riforma qui in esame è anche nota come piano Geithner. V. Vitale, Il ruolo dei regolatori: quali prospettive, cit., p. 3. 12 V. Vitale, Il ruolo dei regolatori: quali prospettive, cit., p. 4.

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La proposta di riforma è focalizzata sulla disciplina degli intermediari e degli strumenti finanziari e contiene diverse novità, alcune delle quali sono qui di seguito riassunte. Per prima cosa si è cercato di dare risposta al problema della mancanza di un regulator in grado di raccogliere informazioni in tempo reale sul possibile accumulo di rischi sistemici. La proposta prevede, infatti, la creazione del Financial Services Oversight Council, presieduto dal Department of the Treasury e costituito dalle massime cariche dei vari e diversi regulators coinvolti nella disciplina e vigilanza del sistema finanziario USA 13. Il Council non è pertanto un’autorità indipendente ma funge da alto organo di vigilanza che si riunisce periodicamente con il compito di facilitare lo scambio di informazioni tra i regulators federali. Negli auspici del legislatore della riforma il Council dovrebbe rappresentare un forum privilegiato per la discussione di problemi e questioni trasversali che interessino più regulators federali e che abbiano a che fare con l’accumulo di rischi sistemici; il Council dovrà poi identificare possibili incongruenze e discontinuità nella regolamentazione che possano essere anch’esse fonti indirette di rischio sistemico e riferire annualmente al Congresso 14. Come detto, rispetto all’ambiziosa proposta del primo documento di discussione prodotto dal Department of the Treasury, si rinuncia a portare avanti la proposta di fusione delle due autorità competenti a disciplinare e vigilare i soggetti attivi in derivati, tra le quali, com’è noto, è ripartita la disciplina dei derivati negli USA: la SEC e la CFTC. Ad ogni modo, per dare unità di vedute al Council, i presidenti delle due autorità sono chiamati a partecipare alle riunioni del Council insieme ai presidenti di tutte le altre autorità coinvolte nella vigilanza del sistema finanziario USA 15. La riforma propone poi che tutte quelle società che a causa delle relative dimensioni, leva o interconnessione possano rappresentare una minaccia della stabilità finanziaria sistemica in caso di fallimento

13. Ne faranno parte i seguenti componenti: “I) the Secretary of the Treasury, who shall serve as the Chairman; (II) the Chairman of the Board of Governors of the Federal Reserve System; (III) the Director of the National Bank Supervisor; (IV) the Director of the Consumer Financial Protection Agency; (V) the Chairman of the SEC; (VI) the Chairman of the CFTC; (VII) the Chairman of the FDIC; and (VIII) the Director of the Federal Housing Finance Agency (FHFA)”. 14. Per poter adempiere alle sue funzioni, il Council sarà supportato da personale del Department of the Treasury ed avrà tutti i poteri necessari per raccogliere informazioni da qualsiasi intermediario finanziario. 15. Per i partecipanti al Financial Services Oversight Council, si veda sub nota 12.

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o dissesto delle stesse (c.d. Tier 1 Financial Holding Companies) 16, dovranno essere soggette ad una “robusta supervisione e regolamentazione su base consolidata” a prescindere dal fatto che tali entità ricevano depositi 17. La Federal Reserve è individuata come l’autorità competente a svolgere la vigilanza sulle tali società ad alto impatto e la proposta di riforma prevede che questa dovrà adottare standard di vigilanza prudenziale ivi inclusi requisiti di capitalizzazione, liquidità e gestione del rischio, più stringenti rispetto a quelli applicabili agli altri intermediari finanziari in considerazione del maggiore rischio a cui sarebbe esposto il sistema finanziario in caso di un loro fallimento. La vigilanza su base consolidata dovrebbe poi comprendere la capogruppo e tutte le società del gruppo, ovunque stabilite, siano queste regolamentate o meno. La riforma prevede poi anche una parziale razionalizzazione delle autorità di vigilanza competenti riguardo alla disciplina bancaria: così la proposta prevede la creazione di una nuova autorità di vigilanza governativa federale, il National Bank Supervisor per la vigilanza e regolamentazione di tutte le banche che ricevano depositi che siano autorizzate su base federale 18, l’eliminazione del c.d. Federal Drift Charter, il ripristino delle limitazioni rispetto alle attività non bancarie e le regole in materia di separazione delle attività non bancarie dalle attività commerciali di cui al Bank Holding Company Act del 1956 (che erano state in larga parte rimosse al seguito del Gramm-Leach-Bliley Act del 1999). La SEC ha già eliminato il programma di vigilanza opzionale su base consolidata in base al quale era diventata l’autorità di vigilanza di riferimento per

��

Definite Tier 1 Financial Holding Companies. Siano cioè le c.d. depositary institutions. 18. Si parla di federally chartered depositary institutions per distinguere quelle banche che siano state autorizzate a livello federale da quelle autorizzate dai singoli stati. Molto importante è poi la distinzione tra le depositary institutions, ossia le istituzioni che ricevono depositi poiché il fatto di ricevere depositi bancari era il presupposto all’applicazione di una più severa disciplina in materia di requisiti di capitalizzazione e vigilanza rispetto alle istituzioni che non fanno ricorso alla raccolta del risparmio in forma di depositi bancari per finanziarsi. Tali depositi sono coperti da una garanzia a favore dei risparmiatori prestata dalla Federal Insurance Deposit Corporation che garantisce il rimborso di depositi in contante fino a $ 250.000 per ciascuna banca. Per maggiori dettagli si veda il sommario sulle garanzie erogate redatto dalla stessa FDIC e disponibile al seguente link: http://www.fdic.gov/deposit/deposits/dis/index.html. 17

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diversi colossi finanziari quali Lehman Brothers and Bear Stearns 19 che non fossero soggetti a vigilanza prudenziale da parte di altri regulators: la proposta chiede anche l’eliminazione dell’altro programma volontario di vigilanza consolidata delle capogruppo bancarie gestito dalla SEC, il c.d. SEC’s supervised Investment Bank Holding Company Program 20. Questi sistemi di vigilanza su base volontaria si sono dimostrati inefficaci anche perché, appunto, mancavano di cogenza dato che i soggetti sottoposti potevano sempre optare per abbandonare il regime di vigilanza volontario per ritornare ad essere soggetti non regolamentati. La proposta di riforma prevede inoltre la creazione di un’autorità specificamente dedicata alla protezione dei consumatori contro gli abusi finanziari, una nuova agenzia deputata alla protezione dei consumatori di servizi finanziari, di credito al consumo, prodotti di risparmio, servizi di pagamento e altri servizi prestati nei confronti dei consumatori. La Consumer Financial Protection Authority sarà un’agenzia indipendente,

19. Si fa riferimento alla decisione di eliminare il programma sulla base del quale colossi bancari non sottoposti a vigilanza prudenziale possono “volontariamente” sottoporsi alla vigilanza della SEC. Il programma è stato eliminato il 26 settembre 2008. Si veda al riguardo il comunicato stampa del Presidente della SEC nel quale si prende atto del fondamentale fallimento delle policy basate sulla compliance imposta su base volontaria. Nel comunicato si legge che la: “Securities and Exchange Commission Chairman Christopher Cox today announced a decision by the Division of Trading and Markets to end the Consolidated Supervised Entities (CSE) program, created in 2004 as a way for global investment bank conglomerates that lack a supervisor under law to voluntarily submit to regulation. … The ������������������������������������������������������������� last six months have made it abundantly clear that voluntary regulation does not work. When Congress passed the Gramm-Leach-Bliley Act, it created a significant regulatory gap by failing to give to the SEC or any agency the authority to regulate large investment bank holding companies, like Goldman Sachs, Morgan Stanley, Merrill Lynch, Lehman Brothers, and Bear Stearns. Because of the lack of explicit statutory authority for the Commission to require these investment bank holding companies to report their capital, maintain liquidity, or submit to leverage requirements, the Commission in 2004 created a voluntary program, the Consolidated Supervised Entities program, in an effort to fill this regulatory gap. As I have reported to the Congress multiple times in recent months, the CSE program was fundamentally flawed from the beginning, because investment banks could opt in or out of supervision voluntarily. The fact that investment bank holding companies could withdraw from this voluntary supervision at their discretion diminished the perceived mandate of the CSE program, and weakened its effectiveness”. Il comunicato è disponibile al seguente link: http://www.sec.gov/news/ press/2008/2008-230.htm. 20. Si tratta del c.d. SEC’s supervised Investment Bank Holding Company Program (IBHC). �������������������������������������������������������������������������������������� Per il dettaglio delle disposizioni si veda il testo ufficiale della disciplina disponibile al seguente link: http://www.sec.gov/rules/final/34-49831.pdf.

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dotata di autonomia finanziaria, con poteri regolamentari e di vigilanza oltre a poteri di enforcement 21. Anche la disciplina della vigilanza sulle assicurazioni viene rivista in maniera sostanziale e si propone al riguardo la creazione di un “ufficio” deputato alla vigilanza federale di settore, al momento assente. La proposta chiama infatti per l’istituzione all’interno del Department of the Treasury dell’Office of National Insurrance deputato a raccogliere informazioni, sviluppare expertise, negoziare politiche di vigilanza del settore a livello internazionale e a coordinare l’adozione di politiche di vigilanza internamente. Il Department of the Treasury provvederà a dare il necessario supporto a proposte di riforma tese a modernizzare e migliorare il sistema di regolamentazione e la disciplina applicabile nei diversi Stati degli USA (la disciplina delle assicurazioni è tuttora regolata solo a livello statale). Non poteva essere trascurata poi la disciplina delle securitizations; la proposta prevede infatti che le agenzie federali deputate alla regolamentazione delle banche provvedano ad emanare regole che impongano agli originators, ossia ai soggetti che “generano” gli strumenti finanziari prodotti dalla securitization, di mantenere un’esposizione economica significativa rispetto ad una frazione rilevante delle esposizioni creditizie cartoralizzate. Inoltre si dovranno modificare le pratiche di remunerazione dei soggetti che partecipano e strutturano le operazioni di cartolarizzazione facendo in modo che la loro remunerazione resti ancorata alla performance di lungo periodo dei mutui sottostanti 22. La SEC infine è chiamata a proseguire gli sforzi finalizzati a migliorare la trasparenza e standardizzazione del mercato delle securitizations con ulteriori iniziative che devono essere ancora precisate. Si propone altresì di inserire una disciplina per l’obbligatoria registra-

21. L’House Committee for financial services ha approvato il 22 Ottobre 2009, la proposta per la creazione della Cosumer Financial Protection Authority e la proposta di legge procede nell’iter parlamentare. Si veda il comunicato stampa disponibile al seguente link: http://www.house.gov/apps/list/press/financialsvcs_dem/pressCFPA_102209.shtml. 22. La proposta prevede che: “Federal banking agencies should promulgate regulations that require originators or sponsors to retain an economic interest in a material portion of the credit risk of securitized credit exposures. … Regulators should promulgate additional regulations to align compensation of market participants with longer term performance of the underlying loans”. Si veda al riguardo il documento Financial regulatory reform, a new foundation, Rebuilding financial supervision and regulation, Agosto 2009, p. 13, disponibile al seguente link: http://www.financialstability.gov/docs/ regs/FinalReport_web.pdf.

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tion dei gestori dei c.d. hedge funds e degli altri gestori di private pools of capital. Tutti i gestori di fondi hedge o di fondi di private equity o venture capital, che gestiscano assets per un importo superiore ad un certo livello, che dovrà essere identificato, dovranno secondo la proposta, essere registrati presso la SEC e verranno a ricadere entro le previsioni dell’Investment Advisers Act del 1940 23. L’obbligo di registration è poi il presupposto dell’applicazione di una disciplina regolamentare e di vigilanza in fase di definizione. Tra gli altri sono stati poi previsti specifici ulteriori obblighi di informativa tali da consentire alle autorità di identificare con maggiore facilità se un fondo possa o meno rappresentare una minaccia per la stabilità finanziaria.

3. La riforma della disciplina dei derivati OTC. Al cuore dell’intervento di riforma proposta dal Department of the Treasury, c’è poi il fondamentale intervento legislativo mirato a dettare una disciplina armonica e coerente relativa al settore dei derivati OTC ossia quei contratti derivati stipulati bilateralmente, al di fuori dei mercati organizzati, sulla quale si deve soffermare ora la nostra attenzione. Il Department of the Treasury correttamente parte dalla constatazione del fatto che una delle più significative novità nell’ambito della finanza negli ultimi decenni è stata proprio l’esplosiva diffusione dei derivati finanziari. Questo sviluppo tumultuoso non è stato però accompagnato da una parallela evoluzione della normativa e della regolamentazione, a dispetto del fatto che proprio i derivati OTC hanno canalizzato gran parte dell’innovazione finanziaria. Anzi proprio per garantire uno spazio il più possibile esente da interventi regolamentari non desiderati e per risolvere una volta per tutte le annose dispute che sorgevano tra la SEC e la CFTC, precisamente mirate ad attrarre la vigilanza dei prodotti OTC nel proprio ambito di attribuzione per espandere la rispettiva area di influenza, veniva adottato nel 2000 il Commodity Futures Moderniza���������� tion Act (CFMA) che aveva esentato espressamente la maggior parte dei

23.

Si ricorda in questa sede come la SEC avesse già in via regolamentare di fatto obbligato i gestori di fondi hedge a sottoporsi a volontaria registrazione. La disciplina della SEC era stata tuttavia annullata da un provvedimento giurisdizionale. Si veda il caso: US Court of Appeals, Phillip Goldstein et al. v. SEC (2006), disponibile al seguente link: http://online.wsj.com/public/resources/documents/hedgefund20060623.pdf.

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derivati OTC da ogni regolamentazione 24. I risultati di questa de-regulation sono poi diventati abbastanza chiari quando, durante la recente crisi finanziaria, note istituzioni finanziarie e importanti e pur sofisticati investitori, si sono resi conto di avere complesse e rilevanti posizioni in strumenti finanziari la cui rischiosità era stata forse sottovalutata. Allo stesso tempo, eccessi nell’assunzione di rischi da parte di AIG ed altri assicuratori, rischi assunti specificamente tramite la conclusione di credit derivatives, prodotti come detto non regolamentati in quanto coperti dalle previsioni del CFMA 25, ha condotto alle note difficoltà di AIG che, lo ricordiamo, era una delle più grandi assicurazioni negli USA ed al downgrading o al fallimento di diversi c.d. monoline insurers ossia assicurazioni specializzate nella copertura del rischio di default di bonds 26. Per rimediare a questa situazione il Department of the Treasury propone adesso l’adozione di un provvedimento legislativo denominato Over-the-Counter Derivatives Markets Act of 2009 che si inserisce al titolo

24. V. Vanoni, Azioni proprie e contratti derivati, Torino, 2008, p. 7 e 65; E. Barcellona, Note sui derivati creditizi: market failure o regulatory failure, cit., p. 671. Inoltre con il CFMA il Congresso ha eliminato il divieto di negoziare futures su singole azioni o su indici non sufficientemente diversificati (narrow based indexes). In merito si veda anche: Partnoy, Comments on Joint Proposed Rule: Customer Margin Rules relating to securities futures, SEC release n. 34-44853, 2001; Miller, Introducing the Commodity Futures Modernization Act of 2000, in 9 Futures & Derivatives L. Rep., Dec. 2000, p. 2.; Risoleo, Commodity Futures Modernization Act of 2000, in Nuts and Bolts of financial products 2001: Understanding the Evolving World of Capital Market and Investment Management Products, in Practicing Law Institute, New York, 2001, p. 305; Recent legislative development affecting the work of the Securities and Exchange Commission, in The SEC speaks in 2001, in Practicing Law Institute, New York, p. 15. 25. Il CFMA contiene infatti una ampia definizione delle commodities esentate dalla disciplina del CEA. Le excluded commodities vengono chiaramente identificate alla sezione 2(d) e comprendono derivati su tassi, strumenti di debito, variabili macroeconomiche come tassi di inflazione etc sui quali i derivati sono strutturati più di frequente. V.E. Barcellona, Note sui derivati creditizi: market failure o regulatory failure, cit., p. 672; Vanoni, Azioni proprie e contratti derivati, Torino, 2008, p. 65. 26. Durante la crisi moltissime assicurazioni specializzate nella copertura del rischio di inadempimento di bonds c.d. monolines (a causa del fatto che si specializzano nella copertura di una sola tipologia di emittenti), hanno sofferto perdite catastrofiche e nella maggior parte sono state oggetto di downgrading. Si fa qui riferimento al fallimento della ACA Capital, il downgrading dell’Ambac Financial Group (capitalizzazione di mercato pari a 414 milioni di dollari), Ambac (capitalizzazione di mercato pari a 416 milioni di dollari) e MBIA (capitalizzazione di mercato pari a 1,6 miliardi di dollari), verificati al 12 ottobre 2009.

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VII della proposta di riforma della regolamentazione finanziaria USA 27. Da un punto di vista strettamente normativo, la proposta si concretizza e si esaurisce in una serie di modifiche sia al Commodity Exchange Act  �� che al Securities and Exchange Act del 1934 29, ponendosi nell’alveo delle norme esistenti. Pertanto da questo punto di vista si può affermare che la proposta si muove in sostanziale continuità con l’approccio legislativo esistente, anche se si introducono, nei contenuti, cambiamenti importanti e in una certa maniera radicali.

4. La definizione di derivati e l’impostazione legislativa della proposta. La proposta intende rappresentare una regolamentazione organica e coerente di tutti gli strumenti derivati, per cui questa non può evitare di iniziare offrendo una fondamentale, assai ampia, definizione di “derivati”. Non esiste infatti al momento nel diritto USA una definizione legislativa del termine ‘derivati’ e non esiste neanche una definizione di futures 30. Il diritto USA assai frequentemente rinuncia a dare definizioni

27. Il dettaglio completo di tutta la riforma della regolamentazione finanziaria USA, di cui la proposta di revisione della disciplina dei derivati OTC è solo un titolo, è stato messo a disposizione dal Department of the Treasury e può essere reperito al seguente link: http://www.treas.gov/initiatives/regulatoryreform/. 28. Il Commodity Exchange Act (CEA) fu adottato nel 1936 per sostituire il Grain Futures Act del 1922. Esso contiene la fondamentale disciplina dei futures su materie prime e dispone che tutte i futures e le opzioni aventi come sottostante materie prime siano necessariamente negoziate in organized exchanges. Mediante una successiva modifica ed integrazione del CEA fu istituita nel 1974 la Commodity Futures Trading Commission (CFTC) la commissione deputata a disciplinare e vigilare sulla la quotazione di futures nelle borse. Il CEA si trova al 7 U.S.C. § 1. e seguenti. 29. Il Securities and Exchange Act del 1934 rappresenta l’altro fondamentale intervento normativo nel quale è contenuta la disciplina dei contratti derivati che hanno per sottostante delle securities. Il Securities and Exchange Act contiene la struttura fondamentale della normativa USA applicabile ai mercati ed ai rispettivi partecipanti. Il Securities and Exchange Act del 1934 si trova al 15 U.S.C. § 78. e seguenti. 30. Al riguardo il CEA che non definisce i futures ma parla molto semplicemente di “contratti per la vendita di una merce con consegna nel futuro” come: “(A) a contract of sale of a commodity for future delivery” che abbiano poi certe caratteristiche. Rileva al riguardo la distinzione tra forward e futures, laddove il forward è un semplice contratto di compravendita a termine col quale le parti si impegnano a scambiare una data operazione ad una data futura per un prezzo predeterminato. Con i futures invece si crea uno strumento quotato in mercato regolamentato, secondo modalità che prevedono il pagamento di margini infragiornalieri, l’uso della controparte centrale etc.: v. Villa, Le opera-

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troppo vincolanti per lasciare la porta aperta ad elaborazioni di fonte giurisprudenziale che possano completare il testo delle (spesso) scarne previsioni legislative. In ogni caso il Department of the Treasury parte da una definizione di derivati che comprende, per esplicita previsione, sia futures che swaps 31. Per swaps si intendono tra gli altri: le opzioni 32 put e call, cap e floor, i collar etc; gli swaps propriamente detti, definiti come contratti che prevedono acquisti vendite pagamento o consegne che dipendano dal verificarsi o meno di eventi associati a potenziali conseguenze commerciali o finanziarie, o che prevedano uno scambio di uno o più pagamenti che dipendano dal valore o livello di tassi di interesse, cambi, prezzi di materie prime, ecc. e che trasferisca tra le parti il rischio finanziario associato con il cambiamento nel valore o livello degli stessi, senza che si determini un cambiamento della proprietà del sottostante 33; come pure, con formula di chiusura, tutto ciò che viene denominato o considerato nella pratica commerciale come swap così come ogni combinazione dei contratti descritti. Come evidente, la definizione proposta è assai apprezzabile nella parte in cui si sforza di descrivere la funzione economica fondamentale che sta alla base di tutti i contratti derivati, ossia la capacità di isolare frammentare e trasferire il rischio inerente a contratti, posizioni ed interessi

zioni “fuori bilancio”, Milano, 1993, p. 52; Vanoni, Azioni proprie e contratti derivati, cit, p. 6; Harris, The CFTC and derivative products: purposeful ambiguity and jurisdictional reach, in 71 Chi. Kent, L Rev., 1996, p. 1117. 31. V. Agostinelli, Le operazioni di Swap e la struttura contrattuale sottostante, in Banca, borsa tit. cred., 1997, I, p. 113; Vanoni, Azioni proprie e contratti derivati, cit, p. 4; Panzarini, Il contratto di opzione, Struttura e funzioni, Milano, 2007, p. 373; Caputo Nassetti, Profili civilistici dei contratti derivati finanziari, Milano, 1997, p. 53; Caputo Nassetti, I contratti derivati finanziari, Milano, 2007, p. 12; Perrone, La riduzione del rischio di credito negli strumenti derivati finanziari, Milano, 1999 p. 16. V. anche Schwartz, Swaps and other derivatives instruments, in Swaps and other derivatives, Practicing Law Institute, New York, 1995, p. 67. 32 V. Panzarini, Il contratto di opzione, Struttura e finzioni, cit., p. 373. 33. In via esemplificativa la proposta cita diversi tipi di swaps che debbono essere ritenuti rientrare nella nozione di derivati: “interest rate swap, a rate floor, rate cap, rate collar, cross-currency rate swap, basis swap, currency swap, total return swap, equity index swap, equity swap, debt index swap, debt swap, credit spread, credit default swap, credit swap, weather swap, energy swap, metal swap, agricultural swap, emissions swap, or commodity swap”. Si veda p. 2 del testo della proposta del Titolo VII, relativa all’Overthe-Counter Derivatives Markets Act of 2009, disponibile al seguente link: http://www.financialstability.gov/docs/regulatoryreform/titleVII.pdf.

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di vario tipo per riallocarli (in maniera presumibilmente più efficiente) senza che si determini un cambiamento della proprietà del sottostante. Con i contratti derivati infatti, il rischio inerente ad una posizione, contratto o attività sottostante si separa dall’attività stessa, viene frazionato e può essere scambiato liberamente sul mercato 34. Così, il mercato dei derivati crea un vero e proprio mercato secondario del rischio che viene isolato, quantificato e prezzato in maniera presumibilmente più efficiente e da esperti del settore: il mercato del rischio affianca e complementa il mercato secondario dell’asset sottostante contribuendo all’efficienza allocativa del sistema finanziario. La definizione di “derivati” contenuta nella proposta si presta tuttavia anche a generare infinite questioni terminologiche e definitorie in quanto la definizione legislativa prende le distanze dalla pratica di mercato. Infatti, nel mercato dei derivati le opzioni non sono certo considerate swaps: solo ai fini della disciplina in esame le opzioni saranno considerate swaps e quindi derivati. Inoltre non sono swaps per espressa previsione normativa: i futures; una vendita di merci con consegna nel futuro che venga liquidata tramite la consegna fisica del bene sottostante; qualsivoglia put call o altro tipo di opzione che abbia come sottostante securities inclusi certificati di deposito, indici di Securities, disciplinati dal Securities Exchange Act del 1934. Questi ultimi non sono swaps perché sono securities based swaps ossia appunto swaps il cui sottostante è rappresentato da securities. A questo punto la struttura del provvedimento legislativo diventa cervellotica a causa dell’impianto fondamentale della norma che come si diceva inserisce la disciplina dei derivati nell’alveo delle due normative esistenti: il Commodity Exchange Act del 1936 ed il Secutiries Exchange Act del 1934. La mancata fusione delle due autorità, la SEC e la CFTC, ed il permanere dei due fondamentali separati provvedimenti legislativi citati, costringono il legislatore della proposta a dettare la fondamentale struttura di questa nuova disciplina dei derivati, inserendola in parte nel corpo sia del Commodity Exchange Act sotto la supervisione della CFTC, provvedendo ad esentare dal Commodity Exchange Act stesso quei derivati che per sottostante hanno securities. Per questi ultimi la proposta detta un’identica disciplina che viene inserita nell’ambito del Secutiries Exchange Act del 1934, sotto la supervisione della SEC. Come

34. V.E. Barcellona, Note sui derivati creditizi: market failure o regulatory failure, cit., p. 653. Nello scritto l’autore precisa che: “Possiamo insomma definire il derivato come quel contratto con il quale si dà un prezzo al rischio”.

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già sottolineato, infatti, considerate le fortissime resistenze riscontrate nel Congresso rispetto alla prima proposta di fondere le due autorità indipendenti portata avanti in occasione della pubblicazione del primo documento di consultazione del marzo 2008 35, ora il Department of the Treasury propone di mantenere le due autorità indipendenti formalmente separate, armonizzando tuttavia la normativa federale sulla quale si basa il loro mandato e costringendole anche ad adottare provvedimenti e regole identici e coerenti. Al riguardo la proposta esplicitamente dispone che le due autorità dovranno dettare disposizioni ‘uniformi’ in attuazione dei poteri conferiti dalla legge stessa, altrimenti, in caso di mancato accordo, il Department of the Treasury stesso provvederà dopo aver consultato entrambe le autorità 36. La proposta ha già prodotto al riguardo un primo tangibile risultato e la SEC e la CFTC hanno già adottato un primo documento congiunto nel quale vengono analizzati in dettaglio i diversi approcci regolamentari seguiti dalle due authorities: un primo passo verso quell’unificazione e coerenza delle discipline che fanno capo alle due autorità 37. Tornando alle definizioni di derivati si deve osservare come effettivamente il sistema individuato nella proposta sia suscettibile di comprendere tutti i derivati in senso ampio entro il perimetro dei prodotti vigilati. La proposta disciplina infatti i futures, i derivati (composti da opzioni e swaps di svariati tipi) ed i security based swaps basati su securities (che non sono né swaps ne derivati). Difatti, sia pure non potendo essere definiti swaps, i security based swaps che non sono derivati (perché la nozione di derivati è contenuta solo nel Commodity Exchange Act), sono disciplinati dalla SEC in modo analogo ai loro fratelli gemelli sotto la vigilanza della CFTC. I futures poi sono disciplinati in modo simile agli swaps. Si intuiscono già in questa fase le questioni definitorie che

35.

The Department of the Treasury, Blueprint for a modernized Financial Regulatory Structure, cit., p. 5. 36. La proposta prevede infatti che: “(2) TREASURY DEPARTMENT.– In the event that the Commodity Futures Trading Commission and the Securities and Exchange Commission fail to jointly prescribe uniform rules and regulations under any provision of this Act in a timely manner, the Secretary of the Treasury, in consultation with the Commodity Futures Trading Commission and the Securities and Exchange Commission, shall prescribe rules and regulations under such provision”. 37. V. A Joint Report of the SEC and the CFTC on Harmonization of Regulation, Washington, 2009, disponibile����������������������������������������������������������� al seguente link: http://www.sec.gov/news/press/2009/cftcjointreport101609.pdf.

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sorgeranno nel tempo intorno a queste nozioni che pur salvaguardando l’integrità delle normative nelle quali erano destinate ad essere calate le nuove disposizioni, hanno di certo sacrificato la semplicità e coerenza dell’intervento di riforma che sarebbe stata invece auspicabile considerato anche il rilievo dei contenuti della riforma che si vanno ad esporre.

5. Necessità di sottoporre a regolamentazione e vigilanza tutti gli operatori attivi nel mercato. Una volta definito il significato dei termini fondamentali di derivati, swaps e security based swaps, si passa a dettare il contenuto della disciplina di riforma. Il Department of the Treasury propone quindi di assoggettare a disciplina ed a vigilanza tutti gli intermediari attivi nel mercato dei derivati, abbandonando il regime previgente nel quale i soggetti che esercitavano l’attività in conto proprio relativa a derivati non erano soggetti ad alcuna forma di vigilanza. Si procede quindi con l’inserire diverse nozioni di swap dealer e major swap participant nel CEA e parallelamente le nozioni di security based swap dealer e major security based swap dealer nel Securities Exchange Act del 1934. Uno swap dealer è definito come qualsiasi soggetto che esercita l’attività di comprare e vendere swaps in conto proprio, tramite un broker o altrimenti 38 mentre un major swap participant è un soggetto che mantiene una sostanziale posizione netta in swaps che non sia stata aperta ai soli fini di copertura. La proposta prevede quindi che sia illecito operare quale swap dealer a meno che un soggetto non sia ‘registrato’ quale swap dealer presso la CFTC 39. Questo obbligo di registrazione è poi lo strumento che consente al legislatore di imporre condizioni e regole a cui tale registrazione resta subordinata tra cui requisiti prudenziali di capitalizzazione, record keeping, comunicazione dei contratti eseguiti oltreché regole di trasparenza e correttezza dei comportamenti. Un soggetto è poi obbligato a registrarsi

38.

Si veda il testo della proposta relativa all’Over-the-Counter Derivatives Markets Act of 2009, cit., p. 8. Il testo della proposta prevede che: “The term ‘swap dealer’ means any person engaged in the business of buying and selling swaps for such person’s own account, through a broker or otherwise”. 39. Si veda il testo della proposta relativa all’Over-the-Counter Derivatives Markets Act of 2009, cit., p. 35. Il testo della proposta prevede che: “It shall be unlawful for any person to act as a swap dealer unless such person is registered as a swap dealer with the Commission”.

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quale swap dealer con la CFTC a prescindere dalla contemporanea registrazione presso la SEC quale security based swap dealer anche se esso sia una banca già regolamentata e soggetta a disciplina prudenziale. La registrazione, si diceva, è il presupposto dell’applicazione della disciplina prudenziale ma la SEC e la CFTC non possono prescrivere discipline prudenziali a carico di soggetti che già abbiano un’altra autorità di vigilanza prudenziale (un prudential regulator). Nella frammentaria struttura della vigilanza prudenziale USA, esistono infatti diverse autorità deputate all’esercizio della vigilanza prudenziale competenti a seconda della tipologia di soggetto 40. Per esempio secondo la proposta, che pure razionalizza e riforma il settore, la FED è il prudential regulator per le banche autorizzate da uno stato che siano membri del sistema della Federal Reserve o una agenzia o filiale di una banca estera autorizzata da uno stato. L’Office for the Comptroller of the Currency (OCC) è invece l’autorità competente all’esercizio della vigilanza prudenziale nel caso di banche autorizzate a livello federale dallo stesso OCC, mentre la Federal Deposit Insurrance Corporation è l’autorità di vigilanza prudenziale competente a disciplinare una banca autorizzata da uno stato che non sia membro del sistema della Federal Reserve. In ogni caso qualora lo swap dealer non sia già coperto da una disciplina prudenziale dettata, come spiegato, da un altro dei prudential regulator, saranno la SEC e la CFTC a dettare la disciplina ad hoc per la vigilanza prudenziale. Per dare finalmente coerenza a tutte queste discipline prudenziali, si prevede poi esplicitamente che i vari prudential regulators insieme alla SEC ed alla CFTC dovranno concordemente adottare identiche regole in materia di capitale di vigilanza e di margini richiesti.

6. Obblighi di record keeping e di reporting: la creazione degli swap repositories. Il citato obbligo di registrazione è poi funzionale ad imporre, come spiegato, anche il rispetto di fondamentali obblighi di comunicazione e di record keeping cui debbono sottostare i soggetti attivi nel mercato. Si prevede che si dovranno mantenere registrazioni contabili di tutti i derivati conclusi in maniera da agevolare la ricerca

40.

Per ulteriori dettagli si veda il testo della proposta relativa all’Over-the-Counter Derivatives Markets Act of 2009, cit., p. 9.

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per controparte e per contratti ed un tracciato tale da consentire la ricostruzione completa e dettagliata di tutti i contratti stipulati. Ma la proposta si spinge ancora oltre. Per consentire un’efficace vigilanza prudenziale sugli swap dealers non basta infatti che tali soggetti tengano delle registrazioni contabili aggiornate e dettagliate di tutti i contratti derivati conclusi; serve invece imporre che i singoli trades, ossia la conclusione di tutti i contratti venga censita e messa a disposizione dei molteplici regulators. Anzi proprio in considerazione del fatto che i regulators sono diversi e molteplici, si è dovuta cercare una soluzione alternativa rispetto all’invio di flussi informativi esclusivamente rivolti all’autorità di vigilanza di riferimento. Pertanto la proposta prevede espressamente che entrambe le parti di un contratto derivato che non sia accettato da una controparte centrale (e pertanto non standardizzato) debbano trasmettere gli estremi di tale contratto ad un c.d. swap repository ovvero, se non ci dovesse essere uno swap repository che accetti la notifica degli elementi essenziali del contratto, direttamente alla SEC o CFTC 41. Gli swap repositories sono dei soggetti autorizzati che mantengono i dati di dettaglio dei termini e delle condizioni degli swaps stipulati da terzi 42. Tali soggetti dovrebbero gestire degli accurati database che saranno a disposizione delle autorità di vigilanza per facilitare la supervisione delle attività concluse nel mercato ed il loro eventuale intervento. Le norme transitorie prevedono poi che tutti i contratti derivati stipulati prima dell’entrata in vigore della proposta dovranno essere censiti presso uno swap repository entro 180 giorni in maniera tale che questi

41.

Cfr. il testo della proposta relativa all’Over-the-Counter Derivatives Markets Act of 2009, cit., p. 34. La disposizione letteralmente prevede che: “Any person who enters into a swap and (1) did not clear the swap in accordance with section 2(j)(1); and (2) did not have data regarding the swap accepted by a swap repository… shall meet the requirements… shall… make such reports in such form and manner and for such period as the Commission shall prescribe”. Cfr. anche il testo della proposta relativa all’Over-the-Counter Derivatives Markets Act of 2009, cit., p. 77: “Required Reporting. – Both counterparties to a security-based swap that is not accepted for clearing by any clearing agency shall report such a security-based swap either to a security-based swap repository… or, if there is no repository that would accept the security-based swap, to the Commission...”. 42. La proposta offre una definizione dettagliata di swap repository che sono soggetti: “that collects and maintains the records of the terms and conditions of swaps or securitybased swaps entered into by third parties”. Si veda il testo della proposta relativa all’Overthe-Counter Derivatives Markets Act of 2009, cit., p. 11.

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soggetti verranno a detenere un dettagliato e complesso database di tutti i contratti in essere nel mercato 43.

7. L’obbligo di concentrazione. La proposta di riforma prevede poi di estendere l’obbligo di concentrazione vigente nei mercati futures anche agli swaps 44. La disposizione, o meglio le disposizioni che impongo la concentrazione degli scambi nei mercati è di fondamentale importanza nell’ambito della proposta di riforma avente ad oggetto i derivati OTC e rappresenta con ogni probabilità la chiave di volta di tutta la nuova disciplina. In sostanza essa prevede che sia “illegale”, e quindi nulla, ogni negoziazione fatta fuori da un mercato borsistico da parte di soggetti che non siano operatori istituzionali, ossia elgible contract participants. In generale, la norma prevede che: … it shall be unlawful for any person, other than an eligible contract participant, to enter into a swap unless the swap is entered into on or subject to the rules of a board of trade designated as a contract market … 45.

È bene chiarire fin d’ora che questa norma si applica solo ai contratti non standardizzati, ossia non accettati per il clearing da nessuna controparte centrale. Difatti vi è un’altra norma altrettanto significativa che si applica specificamente a tutti quei contratti che invece sono accettati da una controparte centrale, ossia la seguente: … a swap that is standardized shall be traded on a board of trade designated as a contract market under section 5 or on an alternative swap execution facility registered … 46.

Per cui se i derivati sono standardizzati si debbono negoziare per forza in un mercato dotato di certe caratteristiche anche se il derivato è in ipotesi stipulato tra operatori istituzionali, mentre se i derivati non sono standardizzati questi possono praticamente essere stipulati solo tra

43.

Si veda la disposizione transitoria di cui alla proposta relativa all’Over-the-Counter Derivatives Markets Act of 2009, cit., p. 17. 44. Si è visto come la somma di futures più swaps esaurisca la definizione stessa di derivati. 45. Si veda il testo della proposta relativa all’Over-the-Counter Derivatives Markets Act of 2009, cit., p. 16. 46. Si veda il testo della proposta relativa all’Over-the-Counter Derivatives Markets Act of 2009, cit., p. 18.

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soggetti operatori istituzionali  �� dato che è illecito per chiunque, salvo che per gli operatori istituzionali, stipulare derivati a meno che tali derivati non siano stipulati in un mercato. Il combinato disposto di queste due norme è quindi di natura rivoluzionaria e di essenziale importanza nell’ambito di questo progetto di riforma: la combinazione di questi due principi comporta rilevanti conseguenze per il mercato dei derivati OTC che praticamente verrà in buona misura a cessare di essere, per l’appunto, over the counter. Di fatto con l’eccezione delle operazioni tra investitori istituzionali, si ripropone l’obbligo di concentrazione nei mercati, sia pure secondo la nozione allargata esistente negli USA di contract market che ricomprende, come detto, sia le borse sia gli altri sistemi di scambio che abbiano le caratteristiche delineate dalla legge. La proposta infatti parla di board of trade laddove, per board of trade si intende una borsa o altra execution facility che abbia ottenuto la qualifica di contract market. Tale qualifica può essere ottenuta da quelle borse che rispettino una serie di requisiti delineati al titolo 7 del CEA 48, tra cui la fondamentale caratteristica di poter prevenire manipolazioni di mercato tramite l’attività di vigilanza, compliance con pratiche e procedure, dotarsi e rispettare un regolamento che garantisca l’integrità delle operazioni, incluso clearing e settlement con una clearing house, abbia la possibilità di perseguire gli aderenti che violino le regole del mercato, che quoti solo derivati che non possano essere facilmente manipolati ecc. Al riguardo la proposta identifica un’ulteriore specifica tipologia di market venue alternativa rispetto alle borse, le c.d. Alternative Swap Execution Facilities che sono dei sistemi di negoziazione “registrati” con la Commissione che debbono avere certe caratteristiche. Difatti per poter ottenere la registration un’Alternative Swap Execution Facility deve dimostrare di avere, tra gli altri, specifici requisiti. Questa tipologia di market venue, infatti, per ottenere la registration, deve allineare il proprio regolamento rispetto ad una serie di principi fondamentali, i c.d. core principles, individuati

47.

La proposta utilizza quindi una nozione, quella di elgible contract participants che secondo le definizioni del CEA comprende soggetti operatori qualificabili come istituzionali, tra cui banche e broker dealers, assicurazioni, società di gestione di fondi con assets che eccedano 5 milioni di dollari, società con un patrimonio netto maggiore di 1 milione di dollari o persino un individuo con un patrimonio personale superiore a 10 milioni di dollari tra gli altri. Si veda U.S.C. Title 7, Chapter 1, § 1a, sub (12). 48 Quest’ultimo è facilmente reperibile al seguente link: http://www.law.cornell.edu/uscode/7/usc_sec_07_00000007----000-.html.

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dal legislatore in dettaglio. Tra gli altri, questi core principles prevedono che un’Alternative Swap Execution Facility deve: monitorare e far rispettare il proprio regolamento, ivi inclusi i termini dei contratti ammessi alle negoziazioni; può ammettere alle negoziazioni solo swaps che non possono essere facilmente manipolati; deve monitorare l’attività di negoziazione per impedire e prevenire manipolazioni anche dei prezzi, o interferenze nel processo di liquidazione o la consegna del sottostante; deve individuare limiti di posizione per ridurre il rischio di manipolazioni e l’eccessiva speculazione; deve prevedere le regole in base alle quali questa ha autorità per procedere liquidare, trasferire posizioni aperte in swaps o di sospendere o limitare il trading di uno swap. La Alternative Swap Execution Facility deve altresì pubblicare tutti i dati riguardanti i prezzi, volumi e le altre informazioni rilevanti aventi ad oggetto i contratti ivi negoziati ecc. L’utilizzo dello strumento dell’obbligo di concentrazione non deve poi stupire l’interprete europeo; difatti negli USA un identico regime è stato previsto sin dall’adozione del CEA, relativamente ai futures quotati. Similmente quindi dispone il § 6 del CEA del 1936 laddove stabilisce che è illecito negoziare un contratto future 49 per la compravendita a termine di materie prime a meno che questo contratto non venga concluso in una borsa o un altro sistema di scambi dotato di specifiche caratteristiche, una derivative transaction execution facility. La regola prevista per i futures su materie prime, conosce diverse eccezioni naturalmente, così come avviene anche nella proposta in esame. Così ad esempio, non sono soggette al divieto le operazioni tra banche, assicurazioni, società

49.

Il § 6 del CEA recita: “§ 6. Regulation of futures trading and foreign transactions: (a) Restriction on futures trading. Unless exempted … it shall be unlawful for any person to offer to enter into, to enter into, to execute… any transaction in, or in connection with, a contract for the purchase or sale of a commodity for future delivery (other than a contract which is made on or subject to the rules of a board of trade, exchange, or market located outside the United States, its territories or possessions) unless; (1) such transaction is conducted on or subject to the rules of a board of trade which has been designated or registered by the Commission as a contract market or derivatives transaction execution facility for such commodity; (2) such contract is executed or consummated by or through a contract market; and; (3) such contract is evidenced by a record in writing which shows the date…”. Il testo del § 6 del CEA è disponibile al seguente link: http://www.law.cornell.edu/uscode/7/ usc_sec_07_00000006----000-.html.

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di una certa dimensione ecc., che ricadono nella definizione di appropriate person 50. Tuttavia essa rappresenta un cardine della disciplina dei futures ed è percepita come una fondamentale norma di protezione della qualità del mercato dei futures. Durante la crisi, infatti, mentre il mercato dei derivati OTC ha subito forti scossoni e ha certamente sofferto degli effetti della crisi di liquidità, dovuti principalmente all’impennata del rischio di credito delle controparti di contratti non garantiti dalla controparte centrale, è stata riconosciuta l’importanza delle regole di protezione e di garanzia applicabili nei mercati borsistici, in particolare quelli futures che sono rimasti liquidi anche nei momenti più difficili della crisi. Pertanto non può sorprendere che, uscendo dalla crisi, il governo USA stia valutando sostanzialmente di estendere il rodato e ben testato modello di regolamentazione e disciplina applicabile ai futures quotati un po’ a tutti i derivati OTC.

8. Introduzione dell’obbligo di stipulare contratti garantiti da una controparte centrale. La proposta di riforma però si spinge anche oltre, in particolare in materia di clearing. Animato dall’intento di porre in essere misure tali da ridurre l’esposizione del sistema finanziario verso i rischi sistemici, il legislatore USA propone adesso di rendere obbligatorio l’uso di derivati garantiti dalla controparte centrale, sempre, sia nelle operazioni concluse nei mercati sia per l’OTC. Questa seconda proposta, anch’essa rivoluzionaria nei contenuti, rappresenta con ogni probabilità la seconda fondamentale novità della proposta di riforma finanziaria e mira a ridurre il potenziale rischio sistemico assicurando che tutti i contratti vengano vagliati, per la gestione dei rischi da soggetti specializzati e vigilati. Come noto, la controparte centrale si interpone tra le parti del contratto derivato, standardizzando e neutralizzando il rischio di credito insito in ogni contratto derivato. Difatti l’utilizzo della controparte centrale è elemento essenziale che contraddistingue i mercati dei derivati, indispensabile per assicurare che il mercato sia dotato di adeguata liquidità. L’interposizione della controparte centrale rende poi i contratti fungibili

50.

Si veda il § 6 CEA, Regulation of futures trading and foreign transactions, sub 3, lettere da a) a k).

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tra loro in quanto, oltre ad avere caratteristiche standardizzate, essi sono stipulati con lo stesso soggetto, con il medesimo rischio di credito. La fungibilità dei contratti è funzionale alla creazione di un mercato finanziario dove i contratti possono essere liberamente conclusi sul mercato, ceduti e compensati l’uno con l’altro qualora abbiano posizioni simmetriche. L’utilizzo della controparte centrale quindi è già obbligatorio per i mercati su cui sono negoziati i futures. Nei mercati, il meccanismo per rendere obbligatorio l’uso della controparte centrale è quello di prevedere l’utilizzo della stessa, tra gli elementi necessari per ottenere la qualifica di board of trade o di contract market: si ricorda che è illecito stipulare un future se non in uno di questi mercati dotati delle caratteristiche elencate nella legge. Così si prevede che: “The board of trade shall establish and enforce rules and procedures for ensuring the financial integrity of transactions entered into by or through the facilities of the contract market, including the clearance and settlement of the transactions with a derivatives clearing organization”. Ora il testo della proposta del Department of the Treasury si spinge anche oltre il richiedere che i mercati utilizzino la controparte centrale e si stabilisce che è illecito per chiunque 51 concludere uno swap che sia standardizzato a meno che questo non sia garantito da una clearing organization le cui regole prevedano che tutti gli swaps con gli stessi termini e condizioni siano considerati fungibili e che possono essere compensati l’uno con l’altro. Così la proposta dispone che: “In general… it shall be unlawful to enter into a swap that is standardized unless (A) the swap is cleared by a derivatives clearing organization registered under this Act; and (B) the rules of the derivatives clearing organization described in subparagraph (A) prescribe that all swaps with the same terms and conditions are fungible and may be offset with each other” 52. Infine, per dare coerenza al sistema si aggiunge che si presumono standardizzati quei contratti che sono accettati per il clearing da una controparte centrale 53. Per cui se una controparte centrale accetta una

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La proposta parla di un eligible contract participant. Si veda il testo della proposta relativa all’Over-the-Counter Derivatives Markets Act of 2009, cit., p. 15. 53. Letteralmente la proposta prevede che: “Standardization if cleared. A swap that 52.

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tipologia di derivato OTC per farne il clearing, è semplicemente illecito stipulare quel derivato, ormai definibile standardizzato, senza utilizzare la controparte centrale. Pertanto due swap dealers che negoziassero tra di loro, dovranno far uso di una clearing organization: tutto ciò a meno di non rientrare in una delle esenzioni specificamente previste 54. Difatti la proposta prevede che venga meno il divieto solo se una delle controparti non sia uno swap dealer e se questa non abbia i requisiti richiesti dalla controparte centrale per aderire ai relativi servizi. In questi casi difatti non avrebbe senso richiedere che le parti facciano uso della controparte centrale dato che proprio la controparte centrale non accetta di lavorare con una delle controparti per cui non è possibile che questa si interponga tra le parti originarie. Come visto sopra, a completamento del sistema la proposta prevede infine che uno swap che sia standardizzato, debba essere necessariamente anche negoziato in un mercato designato come contract market o in una alternative swaps execution facility. Per cui non ci sono scappatoie: se un contratto è accettato da una controparte centrale è standardizzato e non può essere più negoziato altro che in una borsa o altro mercato con certe caratteristiche che preveda l’uso della controparte centrale. In sintesi quindi si può dire che la proposta prende a prestito dal modello dei mercati trasparenti, liquidi e dotati di controparte centrale ed estende questo modello, su base obbligatoria, a tutto il mercato dei derivati OTC che siano standardizzati. Restano fuori quindi solo i derivati che non sono standardizzati ossia che non vengono accettati da nessuna clearing house che potranno essere stipulati soltanto da controparti istituzionali. Le clearing organizations debbono poi essere soggetti autorizzati e vigilati. La proposta prevede al riguardo un preciso obbligo di registrazione 55 per le clearing organizations e detta una disciplina det-

is accepted for clearing by any registered derivatives clearing organization shall be presumed to be standardized”. Si veda la proposta relativa al Over-the-Counter Derivatives Markets Act of 2009, cit., p. 16. 54. Tra le esenzioni previste rileva notare come questa regola non si applichi se nessuna clearing house accetti lo swap per il clearing, oppure se una delle controparti dello swap non sia uno swap dealer o un major swap participant, e non abbia le caratteristiche richieste da una delle clearing house che accetta lo swap. Si veda la proposta relativa al Over-the-Counter Derivatives Markets Act of 2009, cit., p. 18. 55. Si veda il testo della proposta relativa all’Over-the-Counter Derivatives Markets Act

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tagliata cui le clearing house debbono sottostare nell’esecuzione dei loro compiti. In quella sede si prevedono tra gli altri obblighi di record keeping, informativi ed elevati standard operativi per le clearing house sottoposte a registration in base alla nuova disciplina per cui si cerca anche di rafforzare e rendere più stringente la vigilanza sulle clearing organizations anche, aggiungerei, in considerazione dei volumi di derivati che si intende spostare sulle clearing house e del rilevante ruolo sistemico svolto da questi soggetti chiave del sistema finanziario.

9. Introduzione di requisiti di capitale più stringenti per i derivati non garantiti dalla controparte centrale. Si è visto come la SEC e la CFTC siano obbligate ad identificare per gli swap dealer e major swap participant una disciplina prudenziale in materia di capitale di vigilanza e margini, identica e coerente a quella prevista attualmente dalle diverse autorità di vigilanza prudenziale attive negli USA. La proposta tuttavia individua anche dei principi di base nell’identificazione di questi requisiti di capitale. In particolare si prevede che (I) il capitale di vigilanza per gli swap garantiti dalla controparte centrale sia comunque maggiore di zero; (II) siano previsti requisiti di capitale più severi per quei derivati che non siano garantiti dalla controparte centrale – per ridurre i maggiori rischi a cui è esposto lo swap dealer ma anche il sistema finanziario e che derivano dall’uso di derivati che non siano garantiti dalla controparte centrale. I requisiti di capitalizzazione poi dovranno essere altrettanto severi o più severi per soggetti di dimensioni maggiori 56 per tener conto dei maggiori danni a cui è esposto il sistema finanziario in caso di default di tali soggetti. In materia di margini, la proposta prevede inoltre che i soggetti che esercitano la vigilanza prudenziale devono imporre la raccolta di margini sia iniziali che di variazione su tutti gli swaps che non siano garantiti dalla controparte centrale a meno che una delle parti allo swap non sia

of 2009, cit., p. 18, che espressamente prevede che: “It shall be unlawful for a derivatives clearing organization, unless registered with the Commission… to perform the functions of a derivatives clearing organization… with respect to – a contract of sale of a commodity for future delivery (or option on such a contract) or option on a commodity… or a security futures product… or… a swap”. 56. La proposta parla di Tier 1 financial holding companies e di Bank Holding Companies già citate supra sub nota 15. Per ulteriori dettagli si veda il testo della proposta relativa all’Over-the-Counter Derivatives Markets Act of 2009, cit., p. 39 e 92.

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uno swap dealer che usi lo swap solo in funzione di una strategia di copertura e che sia un soggetto attivo in attività non di natura finanziaria 57. La preoccupazione evidente qui è quella di costringere gli swap dealers a richiedere ulteriori margini di garanzia come collateral alle aziende non finanziarie che al mercato dei derivati si rivolgono per la gestione dei rischi di impresa e quindi di non far aumentare i costi a carico degli emittenti che si rivolgano agli intermediari per stipulare derivati ai soli fini di copertura di rischi esistenti che abbiano caratteristiche tali da rientrare tra i contratti derivati stipulati per gestire un rischio esistente, ossia di hedging ai fini contabili 58. In entrambi i casi comunque, requisiti di capitalizzazione e requisiti di marginazione e collateralizzazione dei derivati stipulati senza la garanzia della controparte centrale servono a incentivare ulteriormente ed in maniera diretta l’uso della controparte centrale per il clearing dei derivati OTC.

10. Le esenzioni dalla disciplina. Inoltre, come più volte sottolineato, la maggior parte delle disposizioni citate fa riferimento a delle eccezioni che vengono distribuite nel testo legislativo in base a criteri non sempre del tutto chiari. Si sono quindi trascurate in questa prima necessariamente sommaria esposizione le moltissime eccezioni poste alle regole così tranchant dettate nella proposta. Tra le altre spicca e non può essere trascurata, l’eccezione più frequentemente citata, quella relativa agli elgible contract participant. Per loro, lo ricordiamo, non vale il divieto di stipulare contratti derivati

57. Si veda il testo della proposta relativa all’Over-the-Counter Derivatives Markets Act of 2009, cit., p. 40 e 92. 58. Per una disamina delle maniere di utilizzo dei derivati v.: Caputo Nassetti, Profili civilistici dei contratti derivati finanziari, cit., p. 53; Perrone, La riduzione del rischio di credito negli strumenti derivati finanziari, Milano, cit., p. 16; v. anche Hazen, Public Policy: Rational Investments, Speculation or Gambling? Derivatives Securities and Financial Futures and their Effect on the Underlying Capital markets, in 86 Nw. U. L. Rev. 1992, 987. Stout, Why the law hates speculators: regulation and private ordering in the market for OTC derivatives, in 48 Duke L. J., 1999, p. 728. Inoltre in merito ad un presumibile obbligo di utilizzare i derivati si veda: Crawford, A fiduciary Duty to use Derivatives, in Stan. J. L. Bus. Fin., 1995, p. 329; Romano, A thumbnail Sketch of Derivative Securities and their Regulation, cit., p. 46.; Caputo Nassetti, I contratti derivati finanziari, cit., p. 12; Panzarini, Il contratto di opzione, Struttura e finzioni, cit., p. 373.

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fuori dai mercati, mentre si applica comunque la regola sull’obbligo di utilizzare la controparte centrale per il clearing dei contratti standardizzati, esentato solo laddove una delle parti non sia uno swap participant e non abbia le caratteristiche richieste da una delle clearing house che accettano lo swap. L’eccezione relativa all’obbligo di concentrazione quindi è particolarmente rilevante considerata la relativa ampiezza della nozione di elgible contract participant che comprende banche, imprese di investimento autorizzate tra cui broker dealers, investment companies, futures commission merchants, floor brokers, commodity pool opearators, assicurazioni etc, ma anche entità governative o internazionali oltre che tutte le società in generale che abbiano certe dimensioni. L’eccezione consente quindi ai soggetti istituzionali di continuare a stipulare contratti derivati non standardizzati liberamente tra loro fuori dei mercati organizzati, mentre per i derivati standardizzati vige l’obbligo generalizzato di stipularli un mercato organizzato e dotato delle previste caratteristiche oltre al divieto di stipulare derivati standardizzati senza utilizzare la controparte centrale per il clearing. Al riguardo saranno i requisiti di capitalizzazione e marginazione/collateralizzazione ad arginare e forse ridurre i volumi dei derivati che continueranno ad essere stipulati OTC.

11. Una valutazione preliminare di questa proposta. È molto difficile valutare nel suo complesso una proposta tanto articolata e soprattutto ancora in fase di definizione. In ogni caso, lavorando anche solo sul testo normativo messo a disposizione dal Department of the Treasury, nei suoi termini essenziali questa proposta di riforma deve essere di sicuro apprezzata perché rappresenta un primo coordinato sforzo organico del Governo federale teso a riorganizzare e rendere coerente un quadro giuridico e regolamentare, quello deputato a disciplinare le negoziazioni di derivati OTC, che aveva evidenziato gravissime lacune. Di fronte alla serietà della crisi finanziaria, anche in parte aggravata dalla scarsa o in certi casi inesistente vigilanza prudenziale sugli operatori attivi nel mercato dei derivati, è veramente opportuno che negli Stati Uniti si proceda ad una revisione organica di tutta la disciplina che regola la conclusione ed il trading di derivati OTC. L’attuale disciplina, infatti, ha evidenziato la presenza di gravissime lacune che hanno consentito a diversi soggetti di assumere rischi finanziari enormi ed in certi casi insostenibili, il cui accumulo ha portato l’intero sistema finanziario sull’orlo del tracollo. Più nel merito, si è visto che la proposta raccoglie diversi interventi mirati a rispondere alle evidenti carenze dell’attuale contesto normativo

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evidenziatesi nel corso della crisi. Certo lodevole è l’intento di sottoporre a regolamentazione tutti gli operatori attivi nel settore chiudendo ogni opportunità di arbitraggio regolamentare: in tale prospettiva deve essere ben accolta la proposta di creare una nuova tipologia di soggetti vigilati, rappresentata dagli swap participants. Il problema è forse che questa tipologia d’intermediari sottoposti a vigilanza si va ad aggiungere ad una molteplicità d’altri soggetti attivi nel mercato dei derivati ciascuno dei quali rimane dotato di uno statuto speciale 59. Inoltre la registration come swap participant o major swap participant si va ad aggiungere all’eventuale registration come broker dealer, banca ecc. per cui si sommano ed intersecano diversi regimi di vigilanza e statuti speciali con ovvie duplicazioni e complessità 60. Inoltre la proposta non affronta, anzi rinuncia ad affrontare il problema della razionalizzazione delle autorità di vigilanza esistenti. Si è detto della rinuncia a fondere le due autorità competenti a disciplinare specificamente i derivati OTC e nei paragrafi che precedono si sono nominate le diverse autorità di vigilanza competenti a dettare le varie discipline prudenziali co-esistenti. Il Department of the Treasury quindi tenta solo modesti interventi di razionalizzazione delle autorità e si concentra invece sui contenuti delle discipline per armonizzarli. Se quindi da una parte sarebbe lecito concludere che si è perso di vista l’obiettivo fondamentale di razionalizzare e semplificare il quadro delle autorità competenti, dall’altra il Department of the Treasury sta concentrando gli sforzi sull’armonizzazione dei contenuti delle regole, un obiettivo più semplice da raggiungere e forse l’unico raggiungibile in questa sede. Una volta armonizzati i contenuti delle regole, sarà forse più semplice portare avanti un opera di snellimento e razionalizzazione delle autorità che al momento risulta improponibile. Per cui anche sotto questo punto di vista la proposta deve essere difesa in quanto ambiziosa opera di compromesso. Quanto alla fondamentale proposta di concentrare il trading dei derivati standardizzati sui mercati, considerata anche l’ampia nozione di mercati adottata dal legislatore USA, essa sembra sicuramente idonea a promuovere la liquidità del mercato dei derivati standardizzati, la traspa-

59.

Si pensi ai Future Commission Merchants, Floor Brokers, Commodity pool operators, Commodity trading advisors, Broker Dealers, Banks, Bank Holding Companies ecc. 60. Anche se la proposta prevede che laddove lo swap dealer è anche banca o broker dealer, già sottoposto a vigilanza prudenziale da parte di altra autorità, la SEC e CFTC non potranno dettare disposizioni di vigilanza prudenziale.

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renza dei prezzi e delle commissioni e la tutela degli investitori. Tuttavia lo strumento giuridico usato, l’obbligo di concentrazione, è forse eccessivo rispetto al fine e va forse in una direzione non del tutto compatibile per lo meno rispetto alle recenti scelte operate nel mercato europeo con la MiFID che ha imposto agli stati membri UE di eliminare gli obblighi di concentrazione eventualmente esistenti. Avrebbe potuto forse essere utilizzato con profitto, il solo strumento del capitale di vigilanza per incentivare piuttosto che imporre ex lege, lo spostamento dei derivati OTC sulle market venues di sicuro più trasparenti e regolamentate del mercato OTC. Si è detto poi delle incoerenze definitorie generate dalla nozione di swaps inserita nella normativa che forza nella categoria degli swaps diversi strumenti che non sono considerati swaps dalla prassi di mercato e che non potrà non innescare complesse vicende anche giudiziarie, considerata pure la portata delle conseguenze comminate dalla normativa rispetto alla circolazione degli swaps, sopra descritte. Sull’obbligatorio uso delle clearing house si deve osservare come nei fatti una clearing house, nel frapporsi tra il compratore e venditore diventando controparte di tutti i partecipanti al mercato, sostanzialmente operi come un underwriter di tutti i contratti derivati stipulati. Concentrare tutto il trading dei derivati OTC sulle controparti centrali (anche dette CCP), in pratica, concentra ogni rischio presente sul mercato su questa tipologia di operatori che verranno chiamati a gestire ed assorbire tutti i rischi generati da questo enorme mercato. Ora è altresì ovvio che le controparti centrali sono i soggetti più idonei ad accentrare la funzione di gestione del rischio, essendo specializzati in quest’unica attività. È poi ovvio anche che occorre lasciare che le controparti centrali possano sviluppare tutti quegli adeguamenti tecnici, tecnologici e di gestione dei rischi necessari per effettuare questa enorme espansione di prodotti e servizi offerti. Inoltre pare evidente che alle controparti centrali dovrà essere lasciato il tempo necessario per effettuare gli investimenti indispensabili per espandere le loro attività senza che un “obbligo” legislativo di concentrazione debba affrettare indebitamente questo complesso processo. A mio modo di vedere, la concorrenza tra le clearing house rimane lo stimolo principe, necessario e sufficiente a spingere le controparti centrali ad espandere i propri servizi verso nuovi prodotti e clienti. Anche rispetto a questo profilo, sarebbe forse opportuno che si fosse evitato di utilizzare l’obbligo di concentrazione come strumento legislativo e che si fosse utilizzato il meccanismo dell’incentivazione ad usare strumenti

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garantiti da controparte centrale spostando in tal modo la “pressione” regolamentare sugli intermediari anziché sulle controparti centrali che sono, lo ricordiamo, fondamentali infrastrutture di mercato. Infine mi preme sottolineare come sia di essenziale importanza assicurarsi che, nello spingere l’intero mondo dei derivati OTC sulle controparti centrali, la stabilità delle clearing house sia assicurata e garantita in ogni momento considerato il fondamentale rilievo sistemico delle controparti centrali che sono, nel mondo dei derivati, gli underwriters per l’appunto di tutti i derivati conclusi rispetto ai quali la controparte si interpone.

12. L’Unione Europea prevede di imitare l’approccio regolamentare USA per quanto possibile. Sotto un diverso profilo, la crisi finanziaria ha reso evidente come nel sistema finanziario globalizzato sia necessario che i governi dei paesi maggiormente coinvolti coordino il più possibile le eventuali misure legislative e regolamentari adottate per reagire alla crisi, ciò soprattutto per limitare e ridurre gli spazi per gli arbitraggi regolamentari, tipicamente sfruttati dall’industria dei derivati. Al riguardo il Governo americano ha ben compreso che sarebbe stato insensato procedere ad una revisione così radicale della disciplina dei derivati OTC come quella illustrata sopra, in assenza del supporto internazionale e soprattutto del supporto dell’UE, anche considerato come larga parte dei volumi relativi a questo mercato sia conclusa in realtà proprio nell’UE. Sono iniziati al riguardo colloqui e pressioni a tutti i livelli sia politici che tecnici 61 per far sì che anche l’UE adotti una disciplina simile e coerente con quella americana. La strategia di lobbying internazionale degli USA ha avuto successo e recentemente infatti, in occasione del recente incontro del G20 a Pittsburgh svoltosi alla fine di settembre 2009, i leaders dei paesi rappresentati hanno preso precisi impegni proprio con riferimento alla regolamentazione dei derivati OTC, diretti a garantire che entro la fine del 2012, tutti

61. Si pensi alle dichiarazioni del G20 del 25 settembre 2009, svoltosi a Pittsburgh in Pennsylvania (USA), in cui si legge come sia diventata priorità internazionale la revisione della disciplina dei derivati OTC nel mondo. I leader mondiali hanno riconosciuto ed hanno inoltre preso espliciti accordi affinché tutti i contratti derivati standardizzati siano negoziati nelle borse o in altre trading venues e ove appropriato anche tramite il clearing della controparte centrale.

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i contratti standardizzati vengano negoziati nelle borse o in altre trading venues elettroniche e che siano inviati obbligatoriamente per il clearing presso una clearing house che li accetti. Inoltre gli impegni del G20 prevedono che gli estremi di tutti i derivati comunque conclusi dovranno essere trasmessi ai c.d. trade repositories. Dovranno essere poi previsti requisiti di capitale di vigilanza più severi degli attuali per i derivati OTC che non siano stati centraly cleared ossia inviati ad una clearing house che li accetti per effettuare il clearing dei contratti stipulati 62. Nell’UE, conformemente agli impegni presi nel corso del G20 citato, al seguito di un processo di consultazione per così dire accelerato, iniziato soltanto nel luglio 2009, la Commissione in una serie di documenti resi pubblici lo scorso 20 ottobre u.s. (63) ha di fatto individuato diverse proposte normative e regolamentari che dovranno essere sviluppate nel corso del 2010 e che si dovrebbero tradurre nell’adozione di regole assai simili a quelle discusse ed illustrate nelle pagine che precedono 64. La riforma della disciplina dei derivati OTC in Europa comunque è fondamentalmente caratterizzata da una sostanziale emulazione della proposta USA che verrebbe trapiantata nel diverso quadro normativo e regolamentare esistente nell’UE. Difatti, in estrema sintesi, la Commissione si ripropone tra gli altri di: (I) disciplinare e regolamentare le controparti centrali individuando requisiti e standard operativi e regolamentari per la loro operatività; (II) migliorare ed incrementare le garanzie fornite a fronte di derivati conclusi senza uso di controparte centrale; (III) aumentare sostanzialmente il capitale di vigilanza richiesto a fronte di derivati stipulati senza il clearing della controparte centrale; (IV) ren-

62.

Si legge infatti nella dichiarazione dei leader del G20 come “Improving over-thecounter derivatives markets: All standardized OTC derivative contracts should be traded on exchanges or electronic trading platforms, where appropriate, and cleared through central counterparties by end-2012 at the latest. OTC derivative contracts should be reported to trade repositories. Non-centrally cleared contracts should be subject to higher capital requirements. We ask the FSB and its relevant members to assess regularly implementation and whether it is sufficient to improve transparency in the derivatives markets, mitigate systemic risk, and protect against market abuse”. La dichiarazione è disponibile nel sito ufficiale del G20 summit di Pittsburgh al seguente link: http://www.pittsburghsummit.gov/mediacenter/129639.htm. 63. Si veda la comunicazione della Commissione UE, Ensuring efficient, safe and sound derivatives markets: Future policy actions, Brussels, 20.10.2009, COM(2009) 563 final, disponibile al seguente link: http://ec.europa.eu/internal_market/financial-markets/derivatives/index_en.htm. 64 V. Vitale, Il ruolo dei regolatori: quali prospettive, cit., p. 6.

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dere obbligatorio clearing della controparte centrale per tutti i derivati standardizzati. La Commissione si ripropone altresì di: (I) promuovere la standardizzazione dei contratti e della gestione dei contratti; (II) rendere obbligatorio l’invio degli estremi dei singoli contratti stipulati ai c.d. trade repositories regolamentati e vigilati; (III) rendere obbligatoria la negoziazione dei derivati standardizzati nelle borse e altre trading venues organizzate; (IV) migliorare l’informativa pre e post trade per tutti i derivati ivi inclusi quelli su materie prime; (V) estendere l’applicazione della direttiva sugli abusi di mercato ai derivati anche dando ai regulators la possibilità di individuare limiti di posizione. Resta ancora tutta da valutare la compatibilità delle proposte normative USA con il diverso quadro normativo e regolamentare vigente nell’UE e la Commissione dovrà procedere ad individuare e formulare le regole richiamate solo dopo un adeguato e consueto impact assesment. A. Central clearing. La Commissione parte dall’assunto che il clearing della controparte centrale è lo strumento chiave che consente di migliorare la gestione del rischio di controparte da parte dei soggetti attivi nel mercato dei derivati che troppe volte hanno dato prova di non valutare correttamente questa forma di rischio finanziario. Il clearing centralizzato reso possibile dall’utilizzo della controparte centrale è, secondo la Commissione, lo strumento principale (e più efficiente) per la gestione del rischio di controparte. Pertanto, in linea con gli impegni assunti nel corso del G20 citato, la Commissione, anche al fine di promuovere la creazione di controparti centrali (CCP) paneuropee, considerato come l’attuale mancanza di una coerente disciplina regolamentare e di vigilanza per le controparti centrali nell’UE sia ragione di ostacolo allo sviluppo di queste essenziali infrastrutture di mercato, ha deciso di adottare una compiuta disciplina regolamentare e di vigilanza per le controparti centrali. Detta disciplina dovrà contenere disposizioni che, analogamente a quanto previsto anche nella MIFID, regolino: (I) il passaporto europeo; (II) la protezione legale dei depositi e dei margini e delle garanzie dei partecipanti, la segregazione e la portabilità delle risorse dei clienti; (III) la condotta e la governance delle CCP per assicurare la corretta gestione dei conflitti di interesse, la business continuity, adeguati standard di esperienza degli addetti ecc. (IV) gli standard di gestione del rischio, onde assicurare che le CCP non adottino metodologie e standard inadeguati e la capitalizzazione minima delle CCP. Inoltre la Commissione, sempre nell’ambito della comunicazione in esame, propone l’adozione di regole coerenti in materia di vigilanza delle CCP e (in analogia con la proposta americana)

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l’obbligatorio utilizzo delle controparti centrali per il clearing dei contratti standardizzati. B. Collateralizzazione dei derivati OTC. La crisi ha evidenziato troppo bassi livelli di collateralizzazione delle posizioni in derivati OTC nel sistema bancario. Gli inadeguati livelli di collateralizzazione sono il sintomo di una sistematica sottovalutazione del rischio di credito che non tiene neanche conto degli elevati livelli di rischio sistemico a cui queste concentrazioni di rischio espongono il sistema finanziario in senso ampio. Pertanto la Commissione, tramite modifiche alla Capital Requirements Directive (CRD), propone di obbligare gli intermediari che stipulano derivati OTC a prestare margini iniziali e di variazione su tali contratti (con un meccanismo di collateralizzazione non ancora del tutto definito) e di prevedere requisiti di capitale sostanzialmente assai diversi per i derivati cleared tramite l’interposizione della controparte centrale (più bassi) e quelli conclusi OTC non inviati per il clearing alla controparte centrale (assai più alti). Questi requisiti di capitalizzazione e di collateralizzazione più alti per i derivati non oggetto di central clearing dovrebbero direttamente incentivare un utilizzo crescente dei derivati standardizzati rispetto ai quali sia possibile il clearing da parte delle CCP, indiretta garanzia di adeguata collateralizzazione e riduzione del rischio sistemico anche grazie alla possibilità di effettuare il multilateral netting che solo le controparti centrali possono garantire. C. Trade repositories, pre e post trade transparency. Infine, allo scopo di consentire alle autorità di vigilanza l’accesso diretto ed immediato ad un database completo di tutti i contratti conclusi sul mercato e OTC, la Commissione propone che i partecipanti al mercato siano obbligati ad utilizzare i c.d. trade repositories a cui inviare i dettagli dei contratti derivati OTC stipulati bilateralmente ovvero anche in borsa o comunque garantiti da una controparte centrale. La Commissione intende disciplinare in dettaglio questa tipologia di soggetti che saranno autorizzati e vigilati, per garantire che essi operino in maniera coerente con l’importante ruolo agli stessi assegnato ed intende disciplinare in dettaglio anche tutti gli obblighi di reporting gravanti sui partecipanti al mercato dei derivati verso questa nuova tipologia di soggetti. Nell’ambito della revisione della MiFID, la Commissione propone di prendere in esame per i derivati quotati nelle varie trading venues, possibili obblighi di trasparenza pre e post negoziazione. Anche con riferimento ai derivati sulle materie prime la Commissione si riserva di

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individuare iniziative che consentano di garantire che i derivati su materie prime mantengano la loro ragione d’esistere, ossia per gestire la volatilità dei prezzi delle materie prime 65. Inoltre, in materia di elettricità e gas, la Commissione intende portare avanti una proposta che consenta di assicurare un’adeguata trasparenza anche dei prezzi che si formano nei mercati spot sui quali si basano anche i contratti derivati 66. D. Trading nei mercati organizzati. Dulcis in fundo, non poteva poi mancare l’obbligo di concentrazione, sul modello americano anche se questo è formulato al momento solo a livello di principio generale. Al riguardo la Commissione precisa in modo indiretto, che nell’Unione Europea, l’impegno del G20 in base al quale tutti i contratti standardizzati dovranno essere negoziati nelle borse o in electronic trading platforms, significa che tutti i contratti che siano suscettibili di exchage trading ovvero siano standardizzati, si dovranno obbligatoriamente concludere su trading venues organizzate. Nel quadro normativo europeo questo riferimento alle trading venues organizzate, spiega la Commissione, deve essere poi inteso far riferimento alle trading venues di cui alla MiFID ossia i mercati regolamentati, gli MTF ed gli internalizzatori sistematici. Dato che pressoché tutte le borse di derivati utilizzano le controparti centrali, spiega poi la Commissione, aggiungere l’obbligo di trading su market venues all’obbligo di usare il clearing centralizzato della controparte centrale eliminerebbe in pratica la natura bilaterale dei contratti da cui deriverebbero prezzi altamente visibili, volumi e open interest, e un accesso facilitato al mercato 67. In

65.

La Commissione spiega che “In addition, in Pittsburgh the G20 leaders have agreed ‘to improve the regulation, functioning, and transparency of financial and commodity markets to address excessive commodity price volatility’. Financial regulation will be amended, as part of efforts to ensure that EU agriculture derivatives markets keep their initial purpose of price discovery and hedging as tools to cope with price volatility. These measures will be introduced in parallel with transparency requirements for all derivative (and possibly also other non-equity) markets, namely as part of the MiFID review”. Si veda la comunicazione della Commissione UE, Ensuring efficient, safe and sound derivatives markets: Future policy actions, cit., p. 8. 66. La Commissione spiega che: “In EU electricity and gas markets, in 2010 the Commission will, as a component of a comprehensive market integrity package, bring forth proposals to ensure the publication of wholesale trades also in spot markets, in order to improve price discovery, market access and overall public confidence”. Si veda la comunicazione della Commissione UE, Ensuring efficient, safe and sound derivatives markets: Future policy actions, cit., p. 9. 67. v. la Comunicazione della Commissione UE, Ensuring efficient, safe and sound de-

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sostanza i derivati OTC cessano di essere OTC, ossia over the counter per diventare standardizzati e quotati nelle trading venues organizzate. E. Conclusioni. In conclusione pare quindi allo scrivente che si stia cercando di emulare, su base internazionale, una proposta di riforma che, sia pure ancora in fase di elaborazione, presenta serie limitazioni già nel sistema giuridico in cui è stata concepita. Pur essendo condivisibili in astratto i principi generali sui quali si fonda la riforma USA che mira ad incentivare un maggiore uso delle infrastrutture di mercato per i derivati, quali le controparti centrali i mercati organizzati etc, come medium per assicurare una maggiore trasparenza e liquidità al mercato stesso e la garanzia della significatività dei prezzi, resta aperta la questione se utilizzare obblighi di concentrazione o prevedere l’obbligo di utilizzo della CCP sia l’unico nonché il migliore o il più efficiente strumento regolamentare a disposizione del legislatore. Inoltre, forse sarebbe stato preferibile utilizzare strumenti di incentivazione come i requisiti di capitalizzazione richiesti agli intermediari che operano in questo mercato, tali da spingere delicatamente e progressivamente il mercato a ricercare soluzioni automatizzate per il trading e garantite dall’interposizione delle controparti centrali. Ma forse è davvero troppo tardi per soluzioni progressive ed indirette al problema dell’assenza di una coerente e compiuta disciplina per i derivati OTC. Non resta che seguire da vicino e analizzare la produzione di queste nuove normative da parte dei legislatori dei paesi del G20.

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rivatives markets: Future policy actions, cit., p. 8, che esplicitamente dispone che: “The G20 agreed that ‘all standardized OTC derivative contracts should be traded on exchanges or electronic trading platforms, where appropriate’. In the EU, this implies ensuring that eligible trades for exchange-trading take place on organised trading venues, as defined by MiFID (Regulated Market, Multilateral Trading Facility, or Systematic Internaliser). Almost all derivatives exchanges use a central counterparty. Adding exchange-trading to central clearing would eliminate the bilateral nature of concluding trades, resulting in highly visible prices, volumes and open interest, and facilitate market access”.

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CoMMENTI

Segnalazione di operazioni sospette CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, Sez. Tributaria, sentenza 30 ottobre 2009, n. 23.017; Pres. Altieri, Est. Magno, P.M. Apice (concl. conf.); Ministero dell’economia e delle finanze (Avv. Stato) c. M.M. (Avv. Satta Flores) (Cassa Trib. Napoli, 7 giugno 2004 e decide nel merito) Riciclaggio – Segnalazione di operazioni sospette – Responsabile della dipendenza dell’intermediario – Valutazione – Ambito (L. 5 luglio 1991, n. 197, normativa antiriciclaggio, art. 3)

Gli elementi che il responsabile della dipendenza dell’intermediario deve considerare ai fini della segnalazione di operazioni sospette al titolare dell’attività sono elementi essenzialmente oggettivi stabiliti dalla legge e riferiti alle operazioni (caratteristiche, entità, natura) o al cliente (capacità economica, attività svolta), restando irrilevanti elementi come la conoscenza dei soggetti coinvolti e della provenienza del denaro, che possono invece essere apprezzati dal titolare dell’attività. (1) (Omissis) Svolgimento del pro– Dati del processo 1.1. – Il signor… titolare della dipendenza… fece opposizione, con ricorso al tribunale di Napoli, ai sensi dell’art. 22, legge 24 novembre 1981, n. 689, contro il decreto emesso il 6.12.2001 (notificato il 22.3.2002) dal ministero dell’economia e delle finanze, dipartimento del tesoro, con cui gli era ingiunto il pagamento, in solido cesso

con la suddetta banca, della somma di Lire 79.000.000, a titolo di sanzione per omessa segnalazione ‑ in violazione dell’articolo 3, d.l. 3 maggio 1991, n. 143, convertito nella legge 5 luglio l991, n. 197, recante «Provvedimenti urgenti per limitare l’uso del contante e dei titoli al portatore nelle transazioni e prevenire l’utilizzazione del sistema finanziario a scopo di riciclaggio» – di operazioni asseritamente

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sospette, consistite nel versamento, anche da parte di soggetti non titolari di conto corrente presso la stessa dipendenza bancaria, di rilevanti somme di denaro (lire 395.000.000) in modo frazionato e parzialmente in contanti. 1.2. – Con la sentenza citata in epigrafe, pronunziata in contraddittorio delle parti, il Tribunale giudicò che nessun obbligo di comunicazione incombeva all’opponente, partendo dalla considerazione che anche operazioni «connotate da anomalie oggettive potrebbero… risultare giustificate e non sospette se guardate alla luce delle notizie sul cliente conosciute dall’intermediario»; quindi annullò l’ingiunzione avendo rilevato che il caso in esame, obbiettivamente anomalo alla stregua dei parametri indicativi di operazioni sospette elaborati dalla Banca d’Italia (emissione reiterata di assegni al di sotto del limite di venti milioni di Lire), non dava tuttavia adito a dubbi tali da imporre la segnalazione giacché «la conoscenza dei soggetti coinvolti e della provenienza del denaro utilizzato rend[evano] perfettamente spiegabili le operazioni oggetto di contestazione». Infatti… tutti i soggetti coinvolti intrattenevano consolidati rapporti con il… ed il denaro utilizzato proveniva dalla vendita di un complesso immobiliare di proprietà della società”, di cui era amministratore uno dei depositanti. 1.3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre il ministero del-

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l’economia e delle finanze, con unico motivo; l’intimato… resiste mediante contro-ricorso, illustrato anche da memoria. 2. – Motivo del ricorso e replica del resistente 2.1. – La sentenza del Tribunale è censurata, ai sensi dell’articolo 360, co. 1, nn. 3 e 5, c.p.c., per violazione e falsa applicazione dell’articolo 3, co. 1, d.l. 3 maggio 1991, n. 143, convertito nella legge 5 luglio 1991, n. 197, e successive modifiche ed integrazioni; e per insufficienza e contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo. 2.1.1. – La difesa erariale sostiene che il giudice a quo, pur riconoscendo che la norma citata è inequivocabile nel prevedere, in determinati casi, uno specifico obbligo di segnalazione, tuttavia «ne relativizza la portata al punto da sminuire tale obbligo in un’opzione meramente discrezionale»; dovendosi invece ritenere, secondo una corretta interpretazione del citato articolo 3 (come sostituito dall’articolo 1, d.lgs. 26 maggio 1997, n. 153), che il personale bancario è tenuto a collaborare attivamente nella lotta al riciclaggio, segnalando qualunque operazione sospetta, «nel senso che solo l’assoluta certezza circa la regolarità delle operazioni effettuate potrebbe essere al limite suscettibile di escludere l’obbligo di segnalazione»; pertanto, «anche un solo sospetto o la presenza di una mi-


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nima anomalia fa[rebbe] scattare l’obbligo di segnalazione»; con la conseguenza che, nella fattispecie in esame, la norma sarebbe stata violata o falsamente interpretata dal tribunale, mancando «l’assoluta certezza della regolarità delle operazioni quando uno dei soggetti coinvolti non solo aveva posto in essere un comportamento contrastante con gli indici di anomalia di operazioni sospette messi a punto dalla Banca d’Italia ‑ e cioè richieste frequenti e per importi significativi di assegni circolari contro versamento di denaro contante ‑ ma non risultava nemmeno persona intestataria di conto corrente presso la dipendenza cui era stata rivolta siffatta richiesta», consistente nell’emissione di quindici assegni circolari per un importo complessivo di Lire 200.000.000, a fronte del versamento di contanti. 2.1.2. – In conclusione, secondo l’amministrazione ricorrente, il citato articolo 3 dovrebbe essere interpretato «nel senso che, per far scattare l’obbligo di denuncia è sufficiente l’esistenza di un minimo sospetto circa la trasparenza dell’operazione»; altrimenti si rischierebbe di vanificarne sostanzialmente la portata, quando si desse «prevalente credito a giustificazioni rese a posteriori e per di più basate su valutazioni di carattere prevalentemente soggettivo». 2.2. – Il resistente prospetta, in primis, l’inammissibilità della censura, sotto il duplice profilo della

genericità, non essendo asseritamente indicati gli elementi probatori che avrebbero potuto indurre il giudice a quo a diversa conclusione, e della violazione del principio d’insindacabilità in cassazione delle valutazioni di merito; secondariamente, contesta che a determinare l’obbligo di segnalazione sia sufficiente, secondo la norma in esame, il “minimo sospetto”. 3. – Decisione 3.1. – Il ricorso merita accoglimento, nei termini di ragione di seguito espressi; per conseguenza, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito, mediante rigetto dell’opposizione proposta col ricorso introduttivo. Le spese (liquidate in dispositivo per la sola fase di legittimità, posto che il ministero non risulta costituito in tribunale) debbono far carico al resistente, per la soccombenza. Motivi della decisione 4.1. – La censura è fondata, sotto il profilo della falsa applicazione di legge; non hanno pertanto rilevanza le eccezioni del resistente (v, par. 2.2), attinenti alla pretesa inammissibilità del motivo in relazione al vaglio del materiale probatorio. 4.2. – Lo scopo cui tende la normativa interessante la presente causa è quello, annunziato già nel titolo del più volte citato d.l.

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n. 143/1991, di contrastare i fenomeni criminali, limitando l’uso del denaro contante e dei titoli al portatore nelle transazioni e prevenendo “l’utilizzazione del sistema finanziario a scopo di riciclaggio”; a tal fine, il legislatore – recependo anche direttive europee (cfr. d.lgs. n. 153/1997) – intende reprimere alcune condotte di pericolo (Cass. n. 6647/2007) fra le quali, per quanto ora interessa, quelle operazioni che «per caratteristiche, entità, natura, o per qualsivoglia altra circostanza… induca[no] a ritenere la possibile provenienza di denaro, beni o utilità, oggetto di dette operazioni, da taluno dei reati contemplati dall’articolo 648-bis e 648-ter, c.p.» (articolo 3, co. 1, d.l. n. 143/1991, sostituito dall’articolo 1, d.lgs. n. 1153/1997, entrato in vigore il 1.9.1997, per segnalazioni effettuate dopo tale data, come prescrive il successivo articolo 2, quindi applicabile alla controversia in esame). 4.2.1. – è necessario sottolineare, in proposito, che tenuto a segnalare simili operazioni è “il responsabile della dipendenza”, il quale ne riferisce al “titolare dell’attività”; quest’ultimo «esamina le segnalazioni pervenutegli e qualora le ritenga fondate tenendo conto dell’insieme degli elementi a sua disposizione… le trasmette senza ritardo al questore del luogo dell’operazione, il quale ne informa l’Alto commissario e il nucleo speciale di polizia valutaria della

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Guardia di finanza» (articolo 3 cit., co. 2). Altrimenti le archivia. 4.2.2. – Nelle ipotesi contemplate dall’articolo 3, ossia nel caso di operazioni sospettabili di riciclaggio, la legge prevede dunque un duplice obbligo di segnalazione (cfr., Cass. n. 25134/2008), ugualmente sanzionato dall’articolo 5, co. 5, d.l. n. 143/1991: da parte del responsabile della dipendenza al titolare dell’attività, ossia all’organo direttivo della banca (articolo 3, co. 1), e da parte di quest’ultimo al questore (co. 2). È del tutto evidente che il potere di valutare le segnalazioni e di trasmetterle al questore solo se le ritenga fondate, in base all’insieme degli elementi a disposizione, spetta solo al titolare dell’attività; mentre il responsabile della dipendenza, come l’odierno resistente, ha un margine di discrezionalità più ridotto, dovendo segnalare al suo superiore “ogni” operazione che lo “induca a ritenere” che l’oggetto di essa “possa provenire” da reati attinenti al riciclaggio. 4.2.3. – Anche nell’ambito di questo più ristretto margine di giudizio, il responsabile della dipendenza deve controllare, per vero, che sussistano elementi tali da far ritenere sospetta l’operazione; ma si tratta di elementi essenzialmente oggettivi stabiliti dalla stessa legge – caratteristiche, entità, natura o “qualsivoglia altra circostanza” oggettivamente significativa – o ulteriormente specificati dalla Banca


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d’Italia; laddove gli elementi (pur sempre di carattere oggettivo) riferibili al cliente, che il responsabile della dipendenza è pure tenuto a considerare, sono la capacità economica e l ’attività svolta: ciò significa, evidentemente, che l’entità (ad es.) dell’operazione non può essere elevata a sospetto se risulta che il soggetto operante é dotato di alta capacità economica. 4.2.4. – Una di tali caratteristiche oggettive, menzionata espressamente dalla norma e ricorrente nel caso di specie, consiste nella «effettuazione di una pluralità dì operazioni non giustificata dall’attività svolta da parte della stessa persona»; ciò significa che anche una pluralità di operazioni, ciascuna delle quali eventualmente inferiore al limite tollerato dalla legge, può non indurre alcun sospetto, e quindi non richiedere di essere segnalata, se il soggetto operante svolge notoriamente un’attività economica che, per sua natura, comporta la necessità di ricorrere ad una “pluralità di operazioni”; altrimenti, la segnalazione è obbligatoria. 4.3. – Nel caso dì specie, il Tribunale annota che gli “indici di anomalia”, predisposti dalla Banca d’Italia in quanto significativi di operazioni sospette, «segnalano

la necessità di ulteriori approfondimenti da parte dell’intermediario sulla base della totalità delle informazioni di cui dispone», e conclude nel senso che «la conoscenza dei soggetti coinvolti e della provenienza del denaro utilizzato» valgono ad esentare da sospetti la reiterata emissione di assegni (ciascuno inferiore a venti milioni di Lire), che pertanto non meritava di essere segnalata. 4.3.1. – Questo ragionamento costituisce falsa applicazione della normativa in esame, sia perché la debita valutazione da parte dell’intermediario (organo direttivo della banca) dell’operazione segnalata, alla luce di tutti gli altri elementi a sua disposizione (articolo 3, co. 2), non compete al responsabile della dipendenza bancaria (articolo 3, co. 1) come si è spiegato al par. 4.2.2; sia perché i dati relativi al cliente, che il responsabile di agenzia può legittimamente apprezzare, non sono quelli menzionati dal Tribunale (conoscenza personale del soggetto e provenienza del denaro), bensì la capacità economica ed il tipo di attività svolta da costui: elementi diversi da quelli presenti e considerati nella fattispecie in esame. 4.4. – Le ragioni svolte giustificano la decisione (par. 3.1). (Omissis).

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(1) La responsabilità dei soggetti coinvolti nella segnalazione delle operazioni sospette di riciclaggio di denaro “sporco” Sommario: 1. Premessa. – 2. Individuazione del tema affrontato dalla Suprema Corte. – 3. L’iter di segnalazione di operazioni sospette previsto dalla normativa antiriciclaggio. – 4. L’ambito di valutazione del responsabile della dipendenza, dell’ufficio o di altro punto operativo e quello del titolare dell’attività, del legale rappresentante dell’intermediario e/o del delegato antiriciclaggio. – 5. Una distinzione concettuale fondamentale: l’operazione anomala e l’operazione sospetta.

1. Premessa. La sentenza della Suprema Corte, che qui si annota, trae origine da un ricorso in opposizione promosso presso il tribunale di Napoli avverso un’ordinanza-ingiunzione ex art. 18 della l. 689/1981. Con tale provvedimento, il ministero dell’Economia e delle Finanze, dipartimento del Tesoro (di seguito, per brevità, MEF), ingiungeva al titolare della dipendenza di una banca il pagamento, in solido con quest’ultima, della somma di lire 79.000.000, a titolo di sanzione per omessa segnalazione, in violazione dell’articolo 3, d.l. 143/1991, convertito con modifiche dalla l. 197/1991, di operazioni c.d. sospette «consistite nel versamento anche da parte di soggetti non titolari di conto corrente presso la stessa dipendenza bancaria, di rilevanti somme di denaro (lire 395.000.000) in modo frazionato e parzialmente in contanti». Da quanto è dato rilevare dalla sentenza in commento, parte delle somme di denaro versate (lire 200.000.000) furono utilizzate per richiedere l’emissione di quindici assegni circolari. Il tribunale annullava l’ordinanza-ingiunzione del MEF, sulla base della considerazione che la fattispecie verificatasi, pur risultando obiettivamente anomala alla stregua dei parametri indicativi di operazioni sospette elaborati dalla Banca d’Italia 1 (emissione reiterata

Il riferimento è alle «Indicazioni operative per la segnalazione di operazioni sospette» (c.d. “Decalogo”) emanate dalla Banca d’Italia, nel gennaio del 1993, in collaborazione con l’Associazione Bancaria Italiana, successivamente riviste nel novembre 1994 e sostituite, da ultimo, dalle «Istruzioni operative per l’individuazione di operazioni sospette» (di seguito, denominato anche Decalogo ter) emanate in data 12 gennaio 2001. Per un 1

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di assegni al di sotto del limite di venti milioni di lire), non dava adito a dubbi tali da imporre la segnalazione, giacché la conoscenza dei soggetti coinvolti e della provenienza del denaro utilizzato nell’ambito delle operazioni effettuate rendeva perfettamente spiegabili le operazioni stesse oggetto di contestazione. Con la sentenza in epigrafe, la Cassazione, in accoglimento del ricorso presentato dal MEF, ha cassato la sentenza del tribunale di Napoli, rigettando l’opposizione proposta dal titolare della dipendenza bancaria a cui era stata irrogata la sanzione per omessa segnalazione, e ciò sulla base di due considerazioni: in primo luogo, perché la debita valutazione dell’operazione da segnalare da parte dell’intermediario, alla luce del complesso degli elementi a sua disposizione (art. 3, co. 2, d.l. 143/1991), non compete al responsabile della dipendenza bancaria (art. 3, co. 1); in secondo luogo, perché le informazioni relative al cliente, che il responsabile di succursale può legittimamente apprezzare, non sono quelle menzionate dal tribunale (conoscenza personale del soggetto e provenienza del denaro), bensì la capacità economica ed il tipo di attività svolta da costui, elementi quest’ultimi diversi da quelli considerati nella fattispecie in esame. 2. Individuazione del tema affrontato dalla Suprema Corte. La sentenza sopra riportata affronta il tema della segnalazione di operazioni c.d. sospette 2 ai sensi del previgente art. 3 del d.l. 143/1991, convertito con modifiche dalla l. 197/1991, ora abrogato dall’art. 64 del d.lgs. 231/2007 e sostituito dagli artt. 41 e seguenti dello stesso 3. In parti-

approfondimento dell’attività di vigilanza in materia antiriciclaggio si rimanda a Urbani, Disciplina antiriciclaggio e ordinamento del credito, Padova, 2005, p. 89 ss. 2 Invero, come è stato rilevato in dottrina, il termine “sospetto”, divenuto di uso comune nel linguaggio degli operatori sin dall’emanazione del d.l. 143/1991, è stato fatto proprio dal legislatore soltanto con il d.lgs. 231/2007 (art. 41), in sede di recepimento della direttiva comunitaria 2005/60/CE (la c.d. III Direttiva antiriciclaggio) che già lo contemplava all’art. 22 (cfr. Cappa, Le criticità nell’adempimento dell’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette di riciclaggio, in Normativa antiriciclaggio e segnalazione di operazioni sospette, a cura di Cappa e Morera, Bologna, 2008, p. 131). Sul punto si veda anche Morera, Sull’obbligo di segnalazione delle operazioni bancarie ex art. 3 legge antiriciclaggio n. 197/1991, in Scritti in memoria di Pietro De Vecchis, a cura della Banca d’Italia, Roma, 1999, p. 626. 3 Va osservato che il d.lgs. 231/2007 è stato recentemente modificato ad opera del d.lgs. 151/2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 3 novembre 2009, Serie Generale

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colare, essa fornisce un utile spunto per affrontare il richiamato tema, sul quale peraltro i precedenti giurisprudenziali, a differenza dei contributi della dottrina, non sono numerosi 4, da un particolare angolo prospettico: quello della responsabilità dei soggetti, che operano all’interno della struttura organizzativa di un intermediario bancario, che sono obbligati, per espressa previsione di legge, a segnalare al responsabile antiriciclaggio aziendale eventuali operazioni ritenute sospette. 3. L’iter di segnalazione di operazioni sospette previsto dalla normativa antiriciclaggio. Prima di approfondire il tema sopra evidenziato, appare utile richiamare, seppure succintamente, i profili soggettivi e oggettivi che caratterizzano l’iter di segnalazione delle operazioni sospette, così come delineato dalla normativa antiriciclaggio nella sua evoluzione storica. Come noto, l’obbligo di segnalazione di operazioni sospette si fonda, sin dall’emanazione della originaria normativa antiriciclaggio in Italia di cui al d.l. 143/1991, su di un doppio livello di valutazione delle operazioni stesse, individuando due distinte categorie di soggetti coinvolti. In particolare, l’art. 3, co. 1, del richiamato d.l. 143/1991, prevedeva: a) l’obbligo, in capo al «responsabile della dipendenza, dell’ufficio o di altro punto operativo» di uno dei soggetti destinatari della normativa

n. 256. Peraltro, tale ultimo intervento correttivo non modifica in senso sostanziale l’impianto degli adempimenti connessi alla segnalazione di operazioni sospette e le conseguenti considerazioni che si espongono nella presente nota. 4 Cfr. Cass., 10 aprile 2007, n. 8699, che ha riformato la sentenza del Tribunale di Mondovì del 19 febbraio 2003 (quest’ultima reperibile in Banca, borsa, tit. cred., 2004, II, 481 ss., con nota di Tondelli, Considerazioni su obbligo di segnalazione di operazioni sospette e reato di riciclaggio, e in Dir. Banc., 2003, I, 571, con nota di Razzante, L’insostenibile “soggettività” della valutazione di operazioni sospette di riciclaggio). In dottrina, con riferimento all’obbligo di segnalazione di operazioni sospette, ex multis, si vedano Potznanski, La segnalazione delle operazioni “sospette” ai sensi del decreto legge n. 197/1991, in Banc., 1991, n. 4, p. 59 ss.; Bonzanini, L’art. 3 della legge sull’antiriciclaggio, in Banche e banc., 1993, p. 463 ss.; Santacroce, La segnalazione di operazioni sospette dopo la legge 9 agosto 1993, n. 328: novità e prospettive di riforma, in Banca, borsa, tit. cred., 1995, I, p. 165 ss.; Morera, Sull’obbligo di segnalazione, cit., p. 625 ss.; Urbani, Disciplina antiriciclaggio, cit., p. 79 ss.; Morera Sul sospetto di riciclaggio e sull’obbligo di segnalazione, in Normativa antiriciclaggio e segnalazione di operazioni sospette, cit., p. 111 ss.; Urbani, La disciplina di contrasto del riciclaggio e dell’usura, in L’attività delle banche, a cura di Urbani, Padova, in corso di pubblicazione.

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antiriciclaggio, di segnalare, senza ritardo, al titolare dell’attività, al legale rappresentante dell’intermediario o a un suo delegato, ogni operazione che «per caratteristiche, entità, natura, o per qualsivoglia altra circostanza conosciuta a ragione delle funzioni esercitate, tenuto conto anche della capacità economica e dell’attività svolta dal soggetto cui è riferita, induca a ritenere, in base agli elementi a sua disposizione, che il danaro, i beni o le utilità oggetto delle operazioni medesime possano provenire dai delitti previsti dagli articoli 648-bis e 648-ter del codice penale. Tra le caratteristiche di cui al periodo precedente è compresa, in particolare, l’effettuazione di una pluralità di operazioni non giustificata dall’attività svolta da parte della medesima persona, ovvero, ove se ne abbia conoscenza, da parte di persone appartenenti allo stesso nucleo familiare o dipendenti o collaboratori di una stessa impresa o comunque da parte di interposta persona»; b) l’obbligo, gravante sul titolare dell’attività, sul legale rappresentante dell’intermediario o sul suo delegato, di esaminare le segnalazioni pervenute dagli operatori di cui alla precedente lettera a) e, qualora ritenute fondate «tenendo conto dell’insieme degli elementi a sua disposizioni», anche desumibili dall’archivio unico informatico, di trasmetterle, senza ritardo, ove possibile prima di eseguire l’operazione, anche in via informatica e telematica, all’Ufficio italiano dei cambi senza alcuna indicazione dei nominativi dei segnalanti. Si può, dunque, osservare come l’iter di segnalazione di operazioni sospette sia scandito, sotto il profilo organizzativo, da due distinte fasi: una “interna” all’intermediario [quella riportata sub precedente lett. a)] e una “esterna” allo stesso [quella riportata sub precedente lett. b)]. Se poi si esamina la vigente normativa, di cui agli articoli 41 e 42 del d.lgs. 231/2007, ai fini del tema che qui interessa, si può osservare come l’iter di segnalazione, nelle due distinte fasi sopra descritte (interna/esterna), risulti confermato, seppure con alcune modifiche degne di rilievo, alcune di tipo soggettivo e altre di tipo oggettivo. Sotto il profilo soggettivo, rileva, innanzi tutto, la sostituzione del riferimento contenuto nell’art. 3, co. 1, d.l. 143/1991, al «responsabile della dipendenza, dell’ufficio o di altro punto operativo di uno dei soggetti di cui all’articolo 4» con quello al «responsabile della dipendenza, dell’ufficio, di altro punto operativo, unità organizzativa o struttura dell’intermediario cui compete l’amministrazione e la gestione concreta dei rapporti con la clientela» (art. 42, co. 2, d.lgs. 231/2007). La ratio di tale modifica risiede nella necessità di puntualizzare, a fronte delle evoluzioni tecniche e organizzative dell’attività finanziaria e dell’introduzione di nuove figure professionali che s’inseriscono nella relazione con il clien-

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te, che il destinatario dell’obbligo di segnalazione (e della conseguente responsabilità in caso di omissione) è da individuarsi nell’effettivo gestore/amministratore del rapporto con il cliente, che potrebbe essere diverso rispetto, ad esempio, al preposto della succursale dove materialmente risulta essere stato attivato il rapporto 5. Sotto il profilo oggettivo, oltre alle rilevanti differenze riguardanti l’oggetto della segnalazione 6 che tengono conto della diversa definizione di “riciclaggio” contenuta nell’art. 2 del d.lgs. 231/2007, e alla sostituzione, quale presupposto logico per la segnalazione, della «induzione a ritenere» con quella della «conoscenza, del sospetto o del possesso di motivi ragionevoli per sospettare», appare utile osservare come la vigente normativa, pur mantenendo l’impianto della procedura di segnalazione che risultava delineato dalla previgente legge antiriciclaggio, ne capovolge, anche letteralmente, lo schema, prevedendo: a) all’art. 41, in capo all’intermediario e al professionista, l’obbligo di segnalazione all’Unità di Informazione finanziaria 7 quando essi sanno,

5 Si vedano, in merito, il Parere n. 97 del 15 marzo 2005 del Comitato Antiriciclaggio, disponibile all’interno del sito internet del MEF (http://www.dt.tesoro.it/it) e le Istruzioni operative per l’individuazione di operazioni sospette emanate dalla Banca d’Italia in data 12 gennaio 2001, parte I, par. 4.1, p. 13. 6 Sul punto si rimanda alle considerazioni esposte da Morera, Sul sospetto di riciclaggio, cit., p. 118 ss., dove l’Autore osserva che, alla luce del mutato contesto normativo, ai fini del dovere di segnalare non è più necessario che esista in concreto un bene oggetto dell’operazione (richiesta di compimento), in relazione alla quale si possa avere il sospetto che il bene stesso sia il frutto di uno dei delitti di cui si agli articoli 648 bis e 648 ter c.p., essendo sufficiente che «sussista il fondato sospetto che sia in corso, che sia stata compiuta, ovvero che sia stata tentata un’operazione di riciclaggio, così come definita dall’art. 2, d.lgs. n. 231/2007; indipendentemente – ed è questo il profilo di novità sostanzialmente più rilevante – dalla circostanza che oggetto dell’operazione di riciclaggio sia o meno anche l’oggetto stesso dell’operazione che il soggetto tenuto in principio alla segnalazione è richiesto di compiere». 7 L’Unità di Informazione finanziaria è stata istituita con l’emanazione del d.lgs. 231/2007 (art. 6) presso la Banca d’Italia. Essa svolge le seguenti attività: a) analizza i flussi finanziari al fine di individuare e prevenire fenomeni di riciclaggio di denaro o di finanziamento del terrorismo; b) riceve le segnalazioni di operazioni sospette di cui all’art. 41 e ne effettua l’analisi finanziaria; c) acquisisce ulteriori dati e informazioni, finalizzati allo svolgimento delle proprie funzioni istituzionali, presso i soggetti tenuti alle segnalazioni di operazioni sospette di cui all’art. 41; d) riceve le comunicazioni dei dati aggregati di cui all’articolo 40; e) si avvale dei dati contenuti nell’anagrafe dei conti e dei depositi di cui all’art. 20, co. 4, della l. 30 dicembre 1991, n. 413, e nell’anagrafe tributaria di cui all’art. 37 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla l. 4 agosto 2006, n. 248; f) svolge analisi e studi su singole anomalie, riferibili a ipotesi di riciclaggio o di

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sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, precisando che «il sospetto è desunto dalle caratteristiche, entità, natura dell’operazione o da qualsivoglia altra circostanza conosciuta in ragione delle funzioni esercitate, tenuto conto anche della capacità economica e dell’attività svolta dal soggetto cui è riferita, in base agli elementi a disposizione dei segnalanti, acquisiti nell’ambito dell’attività svolta… »; b) all’art. 42, co. 2, l’obbligo, in capo alla persona fisica che riveste la qualifica di «responsabile della dipendenza, dell’ufficio, di altro punto operativo, unità organizzativa o struttura dell’intermediario cui compete l’amministrazione e la gestione concreta dei rapporti con la clientela», di trasmettere «le operazioni di cui all’art. 41» all’intermediario stesso. In proposito, la modifica introdotta sembra doversi leggere nel senso che l’obbligo di segnalazione in capo al titolare dell’attività, al legale rappresentante dell’intermediario o a un suo delegato è da considerarsi, seppure in limitati casi, autonomo rispetto alla [eventuale] segnalazione che deve pervenire allo stesso da parte del titolare della dipendenza, dell’ufficio, di altro punto operativo, unità organizzativa o struttura dell’intermediario cui compete l’amministrazione e la gestione concreta dei rapporti con la clientela (per brevità, di seguito, denominato responsabile della dipendenza), fermo restando il principio di cui all’art. 3, co. 1, della l. 689/1981, in base al quale ciascuno è responsabile della propria azione od omissione, cosciente o volontaria, sia essa dolosa o colposa 8: in altre parole, se, di norma, la segnalazione all’Unità d’Informazione

finanziamento del terrorismo, su specifici settori dell’economia ritenuti a rischio, su categorie di strumenti di pagamento e su specifiche realtà economiche territoriali; g) elabora e diffonde modelli e schemi rappresentativi di comportamenti anomali sul piano economico e finanziario riferibili a possibili attività di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo; h) può sospendere, anche su richiesta del Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza, della Direzione Investigativa Antimafia e dell’autorità giudiziaria, per un massimo di cinque giorni lavorativi, sempre che ciò non pregiudichi il corso delle indagini, operazioni sospette di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, dandone immediata notizia a tali organi. Contestualmente, in forza dell’art. 62 del d.lgs. 231/2007, è stato soppresso l’Ufficio italiano dei cambi, con il trasferimento alla Banca d’Italia delle competenze e poteri, con le relative risorse strumentali, umane e finanziarie. 8 Va, peraltro, detto che a tale conclusione si perveniva anche con la previgente normativa, come precisato nel citato parere n. 97 del Comitato Antiriciclaggio. In tal senso, si vedano anche le Istruzioni operative per l’individuazione di operazioni sospette, cit., parte I, par. 4.1, p. 14.

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finanziaria dell’intermediario avverrà prendendo avvio dalla segnalazione del responsabile della dipendenza, l’eventuale omissione da parte di quest’ultimo non varrebbe comunque ad esimere l’intermediario stesso dal segnalare eventuali operazioni rientranti nel perimetro dell’art. 41 d.lgs. 231/2007, laddove, ad esempio, la segnalazione gli fosse comunque pervenuta da un livello aziendale diverso (ad esempio dalla funzione di conformità o di revisione interna). 4. L’ambito di valutazione del responsabile della dipendenza, dell’ufficio o di altro punto operativo e quello del titolare dell’attività, del legale rappresentante dell’intermediario e/o del delegato antiriciclaggio. Fatti questi brevi cenni sulle disposizioni normative di riferimento, si tratta di esaminare se la circostanza che il dovere di segnalazione riguardi più destinatari, in funzione del doppio livello di valutazione prescritto, si ricolleghi ad obblighi segnaletici dai contenuti differenti o, al contrario, sostanzialmente tra di loro analoghi. In proposito, la sentenza della Suprema Corte sopra riportata, facendo leva sul presupposto che spetta solo al titolare dell’attività, al legale rappresentante dell’intermediario, o a un suo delegato, il potere di valutare le segnalazioni interne, «tenendo conto dell’insieme degli elementi a sua disposizione», e di trasmetterle all’Autorità destinataria delle stesse solo se le ritenga fondate, perviene alla conclusione che sussista una distinzione sostanziale tra gli obblighi segnaletici di cui alla fase interna e quelli della fase esterna, dovendosi riconoscere al responsabile della dipendenza un margine di discrezionalità più ridotto rispetto a quello del titolare dell’attività, del legale rappresentante dell’intermediario o del suo delegato. Sulla scorta di tale presupposto, il responsabile della dipendenza sarebbe tenuto, dunque, a segnalare al titolare dell’attività, al legale rappresentante dell’intermediario, ovvero al suo delegato, ogni operazione che lo induca a ritenere che l’oggetto di essa possa provenire da reati attinenti al riciclaggio, sulla base di un più ristretto ambito di giudizio. In particolare, i dati relativi al cliente, riguardanti la conoscenza personale del soggetto e la provenienza del denaro, la cui conoscenza e valutazione erano state considerate determinanti dal tribunale di Napoli ai fini dell’annullamento della sanzione per omessa segnalazione, non potrebbero essere oggetto di apprezzamento da parte del responsabile della dipendenza, in quanto gli stessi non sono ricompresi tra quelli espressamente previsti dal primo comma dell’art. 3 del d.l. 143/1991. Al riguardo, le conclusioni cui perviene la Corte di legittimità non

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appaiono del tutto convincenti, potendosi ipotizzare una lettura diversa sia della previgente norma di cui all’art. 3 del d.l. 143/1991, sia di quella di cui agli artt. 41 e ss. del d.lgs. 231/2007, in forza della quale attribuire ai partecipanti all’iter di segnalazione un obbligo di analisi dei dati oggettivi e soggettivi da compiersi sulla base di domande che non differiscono tra loro, e, al contempo, riconoscere agli stessi una funzione diversa, peculiare, in ragione dei differenti elementi conoscitivi che sono concretamente in possesso di ciascuno di essi. A tal fine rileva, in prima battuta, uno dei principali scopi sottesi alla serie di passaggi valutativi prevista dalla normativa antiriciclaggio, che, come è stato osservato in dottrina 9, è quello di assicurare quanto più possibile un approfondimento e un arricchimento della segnalazione, consentendo di associare alla valutazione, condotta dal personale a contatto con la clientela, un’analisi effettuata da altre persone, gerarchicamente sovraordinate, meno coinvolte nel rapporto diretto con il soggetto autore delle operazioni da segnalare, ma che potrebbero avere accesso a informazioni che si suppone più ampie e complete 10. In tale ottica, i dati informativi che, a giudizio della Suprema Corte, non sarebbero da considerarsi oggetto di valutazione da parte del responsabile della dipendenza, quali la conoscenza personale del soggetto e la provenienza del denaro, costituiscono, al contrario, elementi imprescindibili del giudizio di valutazione richiesto sia nella fase c.d. interna, sia nella fase c.d. esterna dell’iter di segnalazione di operazioni sospette. Quanto alla conoscenza personale del soggetto, è evidente che è soprattutto il responsabile della dipendenza a essere in possesso dei dati informativi sul cliente che rilevano dal diretto contatto con quest’ultimo, dovendo utilizzarli per aggiornare, nel continuo, il quadro conoscitivo del cliente, registrato negli archivi dell’intermediario e, dunque, il profilo di rischio di esposizione al riciclaggio che esprime il cliente medesimo,

In tal senso Criscuolo, La normativa antiriciclaggio in Italia a seguito del recepimento della III Direttiva comunitaria, in Normativa antiriciclaggio e segnalazione di operazioni sospette, cit., p. 41. 10 Si veda Urbani, Commento sub art. 3 d.l. 3 maggio 1991, n. 143, in Commentario breve al diritto delle cambiali, degli assegni e di altri strumenti di credito e mezzi di pagamento4, a cura di Salamone e Spada (già Pellizzi e Partesotti), Padova, 2008, p. 692, dove si definisce tale doppio livello come un «percorso guidato e, per così dire, gerarchico dell’informazione». 9

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come previsto dal c.d. decalogo ter della Banca d’Italia 11, dalla normativa di attuazione del d.lgs. 56/2004 12 e – a maggior ragione – dagli obblighi di “adeguata verifica” di cui al d.lgs. 231/2007 (artt. 15 e ss.). È, dunque, in tale contesto che va letto l’art. 3, d.l. 143/1991, laddove nel richiamare alcuni degli indici di anomalia (caratteristiche, entità, natura dell’operazione) lascia spazio all’operatore nella valutazione di altri elementi informativi che potrebbero risultare rilevanti nella fattispecie concreta («qualsivoglia altra circostanza concosciuta a ragione delle funzioni esercitate»). A tale proposito, non sembra inconferente richiamare proprio le Istruzioni operative per l’individuazione di operazioni sospette emanate dalla Banca d’Italia (c.d. Decalogo ter), ad esempio, laddove si precisa che ai fini dell’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette, che vige per l’intera durata del rapporto, la valutazione sulla qualità dei clienti deve tenere conto di tutte le informazioni, anche se acquisibili aliunde, tra le quali rilevano, oltre alle notizie di stampa, anche “tutte le altre informazioni desumibili sulla piazza”13. Al riguardo, può osservarsi come tali informazioni, specie quelle non “codificate”, sono acquisite, utilizzate e valutate in prima battuta proprio dagli operatori di filiale, che sono a diretto contatto con il cliente e con il territorio in cui lo stesso è insediato (si pensi soprattutto al caso di istituti di credito di rilevante dimensione), e ciò non solo per le finalità connesse alla normativa antiriciclaggio, ma anche per apprezzare il merito creditizio del cliente ovvero i prodotti e servizi bancari più adeguati da offrire a quest’ultimo. Quanto alle informazioni inerenti la provenienza del denaro, può osservarsi come esse costituiscano, sotto il profilo ontologico, elemento costitutivo del giudizio di “sospetto” a cui tutti i destinatari dell’obbligo di segnalazione di operazioni sospette sono tenuti. Infatti, se è vero che, da un lato, non appare agevole esprimere astrattamente in cosa consista

Si veda in particolare Decalogo ter, Parte I, par. 2.1. Ci si riferisce, in particolare, all’art. 6 del d.m. 142/2006 emanato in attuazione del d.lgs. 56/2004 recante: «Attuazione della Direttiva 2001/97/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 4 dicembre 2001 in materia di prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi da attività illecite». 13 Si vedano in proposito le Istruzioni operative per l’individuazione di operazioni sospette,cit., parte I, par. 2.2, p. 9. Peraltro, le medesime Istruzioni operative per l’individuazione di operazioni sospette precisano che gli intermediari non devono farsi carico di ulteriori attività di accertamento, che restano di competenza delle Autorità di ciò istituzionalmente incaricate (parte I, par. 2.1, p. 7). 11 12

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la valutazione del “sospetto” di un’operazione bancaria, dall’altro, sotto un profilo strettamente empirico, non sembra contestabile la circostanza che il giudizio debba fondarsi su alcune domande che i destinatari dell’obbligo di segnalazione sono tenuti a porsi, le principali delle quali dovrebbero essere le seguenti: “da dove proviene il denaro oggetto dell’operazione?”; “che finalità ha l’operazione? 14”. Tali domande ricorrono sia nella fase a) 15, sia nella fase b) del processo di valutazione – così come descritte al precedente par. 3 – e, in entrambi i casi, le risposte che sono richieste all’operatore, per poter esaminare il collegamento di un’operazione con un’ipotetica attività criminosa, devono tenere conto di tutti gli elementi a disposizione dello stesso che consentano di effettuare la valutazione richiesta. In tale ottica, dunque, l’esame della provenienza del denaro, nella valutazione di tipo soggettivo che è richiesta dalla norma, costituisce uno degli elementi caratterizzanti l’operazione da segnalare. Solo dalla risposta a tale domanda, infatti, può emergere il sospetto circa la possibile origine delittuosa (oggi diremmo “criminosa”, tenendo conto della definizione di riciclaggio di cui al richiamato art. 2 d.lgs. 231/2007) della somma utilizzata. Le predette argomentazioni portano a ritenere che il responsabile della dipendenza sia il primo soggetto chiamato dalla legge antiriciclaggio ad attribuire un significato all’insieme delle informazioni raccolte, al fine di valutare la coerenza dell’operazione o delle operazioni – oggetto di valutazione – con la complessiva operatività del cliente stesso, e ciò al fine di dare seguito tempestivamente agli obblighi di segnalazione allo stesso imposti, la quale, già in vigenza dell’art. 3 del d.l. 143/1991, doveva essere inoltrata all’Ufficio italiano dei cambi «senza ritardo, ove possibile prima di eseguire l’operazione» 16, onde consentire all’autorità che riceve la segnalazione di esercitare il potere, conferitole dalla legge, di sospensione dell’operazione segnalata.

14 Tale ultima domanda, già rilevante in vigenza del d.l. 143/1991, in relazione alle operazioni di prelievo di denaro contante (v. Morera, Sull’obbligo di segnalazione, cit., p. 631), assume oggi ancor più significato in relazione al contrasto al finanziamento al terrorismo, e, dunque, alla destinazione del denaro oggetto dell’operazione da segnalare. Si rammenta, infatti, che il d.lgs. 231/2007 ha il duplice scopo di contrastare il riciclaggio di denaro proveniente da attività criminose, sia la raccolta di beni o di denaro pulito a scopo di finanziamento del terrorismo. 15 Si veda, in proposito, Razzante, op. cit., p. 585. 16 Si vedano le Istruzioni operative per l’individuazione di operazioni sospette, cit., parte I, par. 4.3, p. 15.

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Del resto, a tali conclusioni si perviene, a maggior ragione, considerando le disposizioni di cui al d.lgs. 231/2007, tra le quali rilevano: – l’art. 23 del d.lgs. 231/2007, dove è previsto l’obbligo di astensione dall’eseguire operazioni per le quali sussista il sospetto di una relazione con il riciclaggio o il finanziamento del terrorismo, e, l’art. 41, co. 4, a norma del quale la segnalazione non solo deve avvenire senza ritardo, ma ove possibile «prima di eseguire l’operazione». Le tempistiche e le modalità con cui adempiere a detti obblighi non avrebbero ragion d’essere, se non a fronte di una valutazione complessiva dell’operazione da effettuarsi sin dalla richiesta del cliente presso la dipendenza, che conduca, nell’eventualità, a qualificare la stessa come sospetta; – l’art. 42, co. 2, ove si stabilisce l’obbligo in capo al responsabile della dipendenza di trasmettere all’intermediario «le operazioni di cui all’art. 41», vale a dire le operazioni per le quali si sa, si sospetta o si hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo: il connotato del sospetto è, dunque, univoco e non può che basarsi sulla risposta alle domande che si sono sopra riportate; – l’art. 57, co. 4, che prevede la nuova fattispecie sanzionatoria in caso di violazione dell’obbligo di segnalazione. Essa fa riferimento tout court alla «omessa segnalazione di operazioni sospette», con una determinazione che accomuna la violazione dell’obbligo di segnalazione di operazioni sospette di cui al richiamato art. 41 e di quello di cui all’art. 42. 5. Una distinzione concettuale fondamentale: l’operazione anomala e l’operazione sospetta. Le considerazioni sin qui esposte richiedono necessariamente di esaminare un ulteriore tema che emerge dalla lettura interpretativa dell’art. 3 del d.l. 143/1991, offerta dalla Cassazione, che si ricollega ai diversi connotati dell’obbligo di segnalazione e che consiste nel delineare la differenza concettuale tra un’operazione anomala e un’operazione sospetta. In via generale, si osserva che un’operazione bancaria può definirsi anomala allorquando la stessa risulti ingiustificatamente incoerente e/o incompatibile con il profilo economico e finanziario del cliente e la sua normale operatività, sia sotto il profilo quantitativo sia sotto quello degli schemi contrattuali utilizzati. La rilevazione dell’anomalia, che può trarre impulso dagli operatori di sportello, i quali sovente rappresentano il punto di contatto dell’intermediario con il cliente, ovvero dalle risultanze

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di controlli manuali 17 o di carattere informatico 18, costituisce il punto di avvio del processo di valutazione interna, finalizzato all’eventuale segnalazione dell’operazione come sospetta, attraverso le due fasi descritte precedentemente al par. 3 (segnalazione interna/esterna)19. In tal senso, infatti, un’operazione bancaria anomala diviene anche sospetta allorquando tale incoerenza e/o incompatibilità non trova una giustificazione “lecita”, ma “induca a ritenere” (ai sensi del previgente art. 3 d.l. 143/1991) o ingeneri nel valutatore un c.d. sospetto “fondato” 20 che il denaro provenga da un’operazione di riciclaggio di denaro sporco o sia destinata a finanziare atti di terrorismo (ai sensi degli artt. 41 e 42 d.lgs. 231/2007). Da ciò consegue che le due domande che si sono richiamate al precedente par. 4, riguardanti la provenienza del denaro e la sua destinazione, costituiscono il presupposto logico per giungere a considerare come sospetta un’operazione anomala. In tale ottica, privare il responsabile della dipendenza delle due citate domande significherebbe concludere che egli debba segnalare al titolare dell’attività, al legale rappresentante dell’intermediario o al suo delegato non le operazioni sospette, bensì tutte le operazioni anomale che sono state rilevate, lasciando poi a quest’ultimo ogni giudizio sul sospetto.

In particolare i controlli di linea e quelli svolti dalle funzioni di controllo interno (cfr. Decalogo ter, parte I, par. 3.1, p. 10). 18 Ci si riferisce, nello specifico, alla procedura informatica GIANOS, acronimo di Generatore Indici di Anomalia per Operazioni Sospette che individua, attraverso regole prefissate, operazioni inattese considerabili come possibili anomalie e perciò destinatarie di maggiori approfondimenti e valutazioni ai fini della loro sospettabilità di connessione con operazioni di riciclaggio. Esso è un programma di ausilio alla valutazione che non sostituisce e non deresponsabilizza gli operatori (si veda Bonfatti, Le iniziative della Banca d’Italia e delle associazioni di categoria delle banche in materia di segnalazione di operazioni sospette: il “Decalogo” e il “Generatore Indici di Anomalia per operazioni sospetteGIANOS”, in Dir. Banc. 1995, II, p. 40 ss.; Berghella, Il sistema “GIANOS” e le procedure di supporto informatico, in Normativa antiriciclaggio e segnalazione di operazioni sospette, cit., p. 155). 19 Si vedano le Istruzioni operative per l’individuazione di operazioni sospette, cit., parte I, par. 2.1, p. 7, laddove si specifica che «ingiustificate incongruenze rispetto alle caratteristiche soggettive del cliente e alla sua normale operatività – sia sotto il profilo quantitativo, sia sotto quello degli schemi contrattuali utilizzati – richiedono l’attivazione della procedura di segnalazione». 20 Così è stato definito dalla dottrina che ha svolto una prima analisi dell’obbligo di segnalazione di operazione sospetta a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 231/2007: si veda Morera, Sul sospetto di riciclaggio e sull’obbligo di segnalazione, cit., p. 117. 17

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Tale interpretazione, però, avrebbe alcune conseguenze non coerenti con il complesso della normativa antiriciclaggio. Innanzitutto, si rischierebbe di pervenire alla conclusione che qualora, in una determinata fattispecie concreta, dovessero ricorrere alcuni degli indici di anomalia della Banca d’Italia si debba provvedere tout court, senz’altra valutazione critica da parte degli operatori, alla segnalazione di operazione sospetta, e ciò sebbene sia il medesimo Decalogo ter a precisare che, a fronte del ricorrere dei predetti indici, l’intermediario, sulla base di tutte le altre informazioni di cui dispone, deve procedere a ulteriori approfondimenti al fine di formulare una valutazione sulla natura dell’operazione 21. Inoltre, si potrebbe essere portati a considerare escluse dal perimetro della segnalazione, da parte del responsabile della dipendenza, eventuali operazioni, che, pur non presentando elementi di anomalia, potrebbero risultare comunque sospette ad un giudizio approfondito da parte del dipendente dell’intermediario, proprio con riferimento alla conoscenza del cliente o alle informazioni acquisite sulla provenienza del denaro, elementi di giudizio che, a detta della Cassazione, non competerebbero al responsabile della dipendenza. Tale ultima conseguenza appare ancor più rilevante in quanto uno dei principi cardine della normativa antiriciclaggio, talvolta considerato punto di forza, talaltra di debolezza, è quello della c.d. “collaborazione attiva” 22, richiesta agli intermediari e agli operatori dello stesso, principio che implica necessariamente un giudizio critico di carattere soggettivo, tenendo conto del complesso delle informazioni in possesso del valutatore dell’operazione. Ora, se l’operatore fosse chiamato a segnalare l’operazione anomala tout court, l’efficacia della collaborazione attiva risulterebbe di gran lunga ridimensionata, con una applicazione limitata al solo titolare dell’attività, al legale rappresentante dell’intermediario o al suo delegato e non generalizzata a tutta la struttura aziendale di quest’ultimo e, in particolare, al responsabile della dipendenza e agli operatori che gestiscono di fatto il rapporto con il cliente. Ma ciò non rientra nello spirito del complesso della legislazione antiriciclaggio, la quale, avendo tra i suoi primari obiettivi, quello di «impedire che gli intermediari bancari, finanziari e assicurativi siano coinvolti in operazioni che originano da attività criminose», in coerenza «con la tutela della

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Cfr., sul punto, Decalogo ter, Parte II, p. 17. Si veda, in proposito, Urbani, Disciplina antiriciclaggio, cit., p. 80.


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sana e prudente gestione degli operatori, della trasparenza e correttezza dei comportamenti e della stabilità complessiva, del buon funzionamento e della competitività del sistema» 23 può essere definita come una normativa dagli effetti, per così dire, totalizzanti, nel senso di richiedere la “collaborazione attiva” di tutta la struttura organizzativa di cui si avvale l’intermediario. Al riguardo, la Banca d’Italia richiede che l’intermediario provveda a divulgare e opportunamente illustrare il Decalogo ter a tutto il personale, a prescindere dal titolo giuridico in base al quale viene prestata l’attività lavorativa o la collaborazione 24 e a responsabilizzare tutta la propria struttura organizzativa 25, anche mediante specifici piani di formazione 26, al fine di far percepire a dipendenti e collaboratori l’importanza della normativa antiriciclaggio e i rischi connessi a comportamenti lassisti o non corretti 27, agevolando l’adozione di criteri che garantiscano omogeneità nell’iter di segnalazione di operazioni sospette e nei giudizi connessi 28. Ed è proprio per ovviare ai limiti che caratterizzano un sistema di segnalazione fondato sul richiamato principio generale della “collaborazione attiva” – e il grado di soggettività che esso comporta – che la norma primaria richiede una prima valutazione di sospetto, nella c.d. fase interna, che deve essere necessariamente sottoposta al vaglio di un secondo giudizio (c.d. fase esterna) chiamato a confermare il sospetto, segnalando in tal caso l’operazione all’autorità competente senza indicare il nominativo del segnalante, ovvero, in caso contrario, ad archiviare la segnalazione pervenuta. In tal modo, infatti, si ottiene l’effetto di “oggettivizzare” la segnalazione, sottraendo il titolare della dipendenza ad eventuali condizionamenti “ambientali” o al rischio di ritorsioni e vendette 29.

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Si veda, in proposito, Decalogo ter, Introduzione, par. 1, p. 2. Cfr. Decalogo ter, parte I, par. 3.2, p. 11. 25 In tal senso si veda il “Provvedimento recante disposizioni attuative in materia di organizzazione procedure e controlli interni volti a prevenire l’utilizzo degli intermediari e degli altri soggetti che svolgono attività finanziarie a fini di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, ai sensi dell’art. 7 comma 2 Decreto Legislativo n. 231” diffuso in consultazione dalla Banca d’Italia il 25 gennaio 2010, p. 8. 26 L’obbligo di formazione, previsto dal Decalogo ter (parte I, par. 3.2, p. 11), trova ora collocazione anche all’interno della normativa primaria (art. 54 d.lgs. 231/2007). 27 Si veda, in proposito, Capriglione, L’antiriciclaggio tra prevenzione sociale e disinquinamento del settore finanziario, in Banca, borsa, tit. cred., 1998, I, p. 427. 28 Cfr. in proposito l’art. 42 d.lgs. 231/2007 e il Decalogo ter (parte I, par. 4.1, p. 13). 29 Si veda Santacroce, op. cit., p. 177. 23 24

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Amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi e vendita di complessi produttivi CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, Sezioni Unite Civili, sentenza 27 maggio 2009, n. 12247; Pres. Carbone, Rel. Fioretti, P.M. Nardi (concl. diff.); Soc. Fischer s.p.a. in amm. straord. (Avv. Bavetta, Montanino), ministero dello Sviluppo economico (avv. Stato), soc. I.C.O. s.r.l. (avv. Milia) c. Banca Intesa Mediocredito s.p.a (avv. Lener, Mucciarelli) (Cassa App. L’Aquila 14 marzo 2007 e decide nel merito) Amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi – Indirizzo di cessione – Liquidazione dei beni – Vendita di complesso produttivo – Violazione delle disposizioni in tema di modalità di vendita – Nullità dell’atto di vendita – Illegittimità dei provvedimenti amministrativi prodromici – Disapplicazione – Fattispecie (Cod. civ., art. 1418; l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, abolizione del contenzioso amministrativo, art. 5; d.lgs. 8 luglio 1999, n. 270, nuova disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, artt. 62, 63, 65)

Nel caso di vendita di un complesso produttivo nell’ambito della procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi con indirizzo di cessione il mancato rispetto delle modalità fissate negli art. 62 e 63 d.lgs. n. 270 del 1999 comporta la nullità dell’atto di vendita per violazione di norme imperative e la illegittimità delle prodromiche autorizzazioni ministeriali, che il tribunale adito da un creditore con il procedimento di cui all’art. 65 di tale decreto può disapplicare ai sensi dell’art. 5 l. n. 2248 del 1865, all. E (nella specie erano state seguite dal commissario straordinario e dal Ministero le particolari modalità previste dall’art. 63 per la vendita di aziende in esercizio, mentre si trattava di un complesso aziendale non più in esercizio in relazione al quale avrebbero dovuto adottarsi soltanto le modalità previste dall’art. 62) (1)

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(Omissis) Svolgimento del pro– Con contratto del 20 dicembre 2001, stipulato nell’ambito di un più ampio finanziamento per Euro 56.810.000,00, concesso da diversi istituti di credito, Banca Intesa Medio Credito s.p.a. erogava alla Fischer s.p.a., Euro 23.640.000,00; a garanzia del predetto finanziamento in pool veniva concessa una ipoteca volontaria su immobili di proprietà della Fischer s.p.a. per l’importo complessivo di Euro 74.563.125,00. Con sentenza del 18/19 settembre 2003, il Tribunale di Pescara dichiarava lo stato di insolvenza della Fischer s.p.a., in applicazione del d.lgs. n. 270 del 1999. Con decreto in data 19 novembre 2003 il Tribunale dichiarava aperta la procedura di amministrazione straordinaria; conseguentemente il ministero delle Attività produttive provvedeva alla nomina del commissario straordinario. In data 4 marzo 2004 il ministero autorizzava l’esecuzione del programma predisposto dal commissario, basato sulla cessione del complesso aziendale di (OMISSIS). In data 17 marzo 2004 il commissario straordinario chiedeva al ministero delle Attività produttive di autorizzare la procedura di vendita del complesso aziendale, di approvare il relativo regolamento e di autorizzare la pubblicazione del bando di vendita; detta autorizzazione veniva concessa in data 5 aprile 2004. cesso

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Nel termine stabilito perveniva una unica offerta di acquisto della ICO s.r.l. – Industria Cartone Ondulato – recante la indicazione di un prezzo di Euro 3.000.000,00. Con istanza del 27 luglio 2004 il commissario straordinario, non essendo pervenute altre offerte, chiedeva al Ministero l’autorizzazione a procedere a trattativa esclusiva con detta società al fine di ottenere miglioramenti della offerta che, seppure inferiore al prezzo posto a base d’asta, veniva nel complesso valutata positivamente. Il Ministero, con nota del 7 settembre 2004, autorizzava la trattativa esclusiva con la ICO, che migliorava la propria offerta, portandola ad Euro 3.600.000,00. In data 29 ottobre 2004, acquisito il parere favorevole del Comitato di sorveglianza, il Ministero autorizzava la vendita del complesso aziendale alla ICO e con successivo Decreto 26 novembre 2004 ordinava la cancellazione dei gravami. Con la materiale cancellazione dei gravami esistenti e la stipula dell’atto di cessione del complesso aziendale in data 3 dicembre 2004 per notar Andrea Pastore di Pescara si definiva la fase liquidatoria della procedura di Fischer s.p.a. in amministrazione straordinaria. Con successivo ricorso del d.lgs. n. 270 del 1999, ex art. 65, Banca Intesa Mediocredito s.p.a., al fine di tutelare i propri interessi quale creditore di rango ipote-


Corte Suprema di Cassazione

cario, si rivolgeva al Tribunale di Pescara, chiedendo l’accoglimento delle seguenti conclusioni: accertata l’inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto perché si potesse procedere alla vendita alla ICO s.r.l. del complesso aziendale Fischer e comunque dei beni oggetto della cessione; accertata in particolare la erroneità ed incongruità delle valutazioni compiute sul complesso aziendale e sui beni in questione, dichiararsi la illegittimità della vendita medesima e degli atti preordinati, con conseguente pronuncia di nullità o di annullamento e, comunque, di inefficacia della conclusa vendita nei confronti della ricorrente Banca Intesa Mediocredito s.p.a., disponendo conseguentemente la revoca di ogni effetto pregiudizievole, con particolare riguardo alla cancellazione dell’ipoteca a favore della ricorrente, e ordinando al conservatore dei registri immobiliari le rettifiche e le integrazioni conseguenti all’emananda decisione. A sostegno dell’impugnazione sia dell’atto di cessione che del decreto ministeriale, emesso il 26 novembre 2004 per ordinare la cancellazione delle iscrizioni e trascrizioni, la ricorrente deduceva la erroneità ed incongruità dei valori, attribuiti dall’esperto nominato dagli organi della procedura, al complesso Fischer poi ceduto alla ICO s.p.a., nonché della decurtazione, dallo stesso operata

sul valore di stima, tenendo conto della redditività negativa, secondo quanto previsto dall’art. 63 del citato d.lgs., così riproponendo anche dinanzi al giudice ordinario le doglianze già espresse in forma di motivi del ricorso nel giudizio, introdotto, prima della liquidazione del complesso aziendale Fischer s.p.a., dinanzi alla locale sezione del Tribunale Regionale Amministrativo dell’Abruzzo per l’annullamento degli atti provvedimentali prodromici e preparatori della cessione, conclusosi con una pronuncia declinatoria della giurisdizione in favore di quella dell’autorità giudiziaria ordinaria; conseguentemente assumeva che i fatti denunciati integravano la violazione del d.lgs. n. 270 del 1999, art. 62, da ritenersi norma cogente, e che, quindi, comportavano l’invalidità e l’assoluta inefficacia del rogito Pastore 3 dicembre 2004 e del decreto ministeriale di cancellazione dei gravami. Con provvedimento in data 21-24 marzo 2005 il Tribunale di Pescara, “esclusa la nullità virtuale dell’atto di cessione del complesso aziendale della s.p.a. Fischer, escluso che possano ammissibilmente venire in questa sede in rilievo i vizi degli atti e provvedimenti che hanno preceduto la stipulazione dell’atto stesso (in quanto suscettibili di ledere solo interessi legittimi, che tali restano anche se proiettati nell’ottica dell’atto negoziale di vendita) ed escluso che la

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sola entità del prezzo di cessione possa determinare la lesione dei diritti soggettivi della creditrice ricorrente, in mancanza di elementi concreti che consentano di ipotizzare come effettivamente realizzare un prezzo maggiore”, rigettava il ricorso compensando le spese. Tale decisione veniva impugnata da Banca Intesa Medio Credito s.p.a. con reclamo alla Corte d’Appello di L’Aquila che con decreto 13/14 marzo 2007 così statuiva: “accoglie il reclamo così come sopra proposto e, per l’effetto ed in totale riforma della impugnato decreto del Tribunale di Pescara sopra identificato: dichiara non opponibile ed inefficace nei soli confronti della creditrice ipotecaria Banca Intesa Mediocredito s.p.a. reclamante l’atto pubblico Notar Pastore di Pescara in data 3.12.2004 di cessione e vendita del complesso aziendale della soc. Fischer s.p.a. in amministrazione straordinaria alla soc. acquirente ICO s.r.l.; revoca, ai sensi del d.lgs. n. 270 del 1999, art. 65, u.c., la cancellazione della ipoteca a favore della reclamante Banca Intesa Mediocredito s.p.a. ed ordina, per l’effetto, al Conservatore dei registri immobiliari di Pescara di procedere alle rettifiche ed alle integrazioni conseguenti alla decisione assunta; condanna i resistenti Fischer s.p.a. in amministrazione straordinaria e la ICO s.r.l. ed il Ministero delle Attività Produttive, in solido passivamente tra loro, alle spese del

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procedimento del doppio grado nella complessiva somma di Euro cinquemila per il primo grado ivi compresi Euro trecento per spese e di Euro cinquemila per il secondo grado ivi compresi Euro trecento per spese, oltre IVA e CAP come per legge”. Avverso tale decisione la Fischer s.p.a. in amministrazione straordinaria ha proposto ricorso per cassazione, notificato alle controparti in data 17 ottobre 2007, basato su sette motivi illustrati con memoria. Il ministero per lo Sviluppo economico ha resistito con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale basato su tre motivi. Banca Intesa Mediocredito s.p.a. ha resistito con controricorso, proponendo ricorso incidentale condizionato fondato su un unico motivo. ICO s.r.l. ha impugnato autonomamente detto provvedimento con successivo ricorso, notificato alle controparti in data 12 novembre 2007, basato su tre motivi: Banca Intesa Mediocredito s.p.a. ha resistito con controricorso proponendo a sua volta ricorso incidentale condizionato basato su un unico motivo, cui Fischer s.p.a. in amministrazione straordinaria ha resistito con controricorso. Motivi della decisione – Con il primo motivo del ricorso (da ritenersi principale data la priorità della notifica) la Fischer s.p.a. in amministrazione straordinaria denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., in


Corte Suprema di Cassazione

relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Deduce la ricorrente che la Corte d’Appello de L’Aquila, con la decisione impugnata, avrebbe omesso di pronunciare sulla richiesta di declaratoria di inammissibilità del reclamo per avere Banca Intesa Medio Credito chiesto la declaratoria di nullità del decreto impugnato senza indicarne i motivi, non potendo la critica libera di tale decreto, contenuta nel reclamo, essere assimilata alla deduzione di specifici motivi di gravame. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 99 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; violazione dell’art. 2901 c.c., sempre in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Il decreto della Corte Territoriale sarebbe radicalmente nullo poiché, in aperta violazione del principio dispositivo di cui all’art. 99 c.p.c., e del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, di cui all’art. 112 c.p.c., avrebbe pronunciato su una domanda intesa ad ottenere, ai sensi dell’art. 2901 c.c., la revocatoria del contratto di cessione del compendio Fischer, mai formulata da Banca Intesa Mediocredito s.p.a. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 24 e 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Deduce la ricorrente che la Corte territoriale avrebbe dichiarato non opponibile ed inefficace nei soli confronti della creditrice ipotecaria Banca Intesa Mediocredito s.p.a. l’atto pubblico per Notar Pastore di Pescara del 3 dicembre 2004 di cessione e vendita alla ICO s.r.l. del complesso aziendale della Fischer s.p.a. in amministrazione straordinaria sulla base di questioni mai prospettate da detta Banca né segnalate alle parti dal giudice quali questioni che riteneva di sollevare d’ufficio, violando il diritto di difesa delle parti, così private dell’esercizio del contraddittorio, con le connesse facoltà di modificare le domande ed eccezioni, allegare fatti nuovi e formulare richieste istruttorie, sulle questioni che avevano condotto alla decisione adottata dal giudice. Questo, infatti, dopo avere affermato che, trattandosi di azienda non in esercizio, andava applicato l’art. 62 e non l’art. 63 d.lgs. cit., il che aveva influito sulla stima dei beni ed aveva impedito ai vari imprenditori di partecipare alla gara, favorendo la ICO s.r.l., che aveva eluso, con il consenso degli organi della P.A. gli obblighi imposti all’acquirente ai sensi dell’art. 63 – argomenti questi sui quali le parti avevano potuto interloquire diffusamente - era pervenuto alla conclusione della inefficacia relativa dell’atto sulla base di una duplice argomentazione: la prima fondata sulla esistenza dei presupposti di

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cui all’art. 15, comma 2, del regolamento del 15.4.04 e la seconda sulla esistenza dei presupposti previsti dall’art. 2901 c.c., questioni queste mai proposte dalla parte o indicate dal giudice alle parti al fine di consentire loro di interloquire sulle stesse. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 2901 c.c., in relazione all’art. 360 art. 65 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5. Deduce la ricorrente che, nel caso di specie, la revocatoria ex art. 2901 c.c., non poteva essere pronunciata non ricorrendone le condizioni di legge. Il decreto impugnato, infatti, non indicherebbe alcun elemento di prova della esistenza del necessario requisito del consilium fraudis, vale a dire dell’intento fraudolento perseguito dai contraenti di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del d.lgs. 8 luglio 1999, n. 270, art. 49, e del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 66, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; violazione e falsa applicazione del D.lgs. 8 luglio 1999, n. 270, artt. 18 e 48, nonché del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 52, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Deduce la ricorrente che Banca Intesa Mediocredito s.p.a. non era legittimata a proporre l’azione

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revocatoria ordinaria, spettando esclusivamente al Commissario Straordinario, nella ipotesi in cui sia stata già autorizzata l’esecuzione di un programma di cessione dei complessi aziendali, la legittimazione a proporre le azioni per la dichiarazione di inefficacia e la revoca degli atti pregiudizievoli ai creditori e che, comunque, l’accoglimento di tale azione integra la violazione della regola del concorso sui beni dei soggetti ammessi alla procedura di amministrazione straordinaria di grandi imprese in stato di insolvenza. Con il sesto motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del d.lgs. 8 luglio 1999, n. 270, art. 65, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; violazione e falsa applicazione della l. 20 marzo 1865, n. 2248, artt. 4 e 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La ricorrente deduce che la Corte di Appello, come fatto precedentemente dal Tribunale, avrebbe dovuto rilevare il difetto di impugnazione degli atti di autorizzazione alla vendita del complesso aziendale, emessi dal Ministero delle Attività Produttive. Anzi che fare ciò, traendone le dovute conseguenze, detta Corte aveva, invece, senza che peraltro vi fosse stata una qualche istanza di parte, provveduto a disapplicare, ai sensi della l. n. 2248 del 1865, art. 5, allegato E, detti atti, violando così il d.lgs. n. 270 del 1999, art. 65, che


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testualmente imporrebbe, in simili situazioni, di investire direttamente con l’impugnativa pure gli atti provvedimentali di liquidazione prodromici e, comunque, preparatori della cessione, se ritenuti viziati. La Corte di merito avrebbe proceduto alla disapplicazione di detti atti in un giudizio in cui è parte anche la Pubblica Amministrazione, senza considerare che la disapplicazione degli atti illegittimi è consentita soltanto nei giudizi tra privati e nei soli casi in cui l’atto illegittimo venga in rilievo non già come fondamento del diritto dedotto in giudizio, bensì come mero antecedente logico sicché la questione venga a prospettarsi come pregiudiziale in senso tecnico. Con il settimo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 270 del 1999, art. 40; artt. 1418 e 2929 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. La ricorrente deduce che i vizi degli atti relativi al procedimento di alienazione dei beni (che precedono la stipulazione del relativo atto negoziale di disposizione e che ledono interessi legittimi del soggetto coinvolto) non potrebbero trasformarsi in altrettanti vizi del negozio di cessione; che i motivi dedotti dal creditore al fine di ottenere la dichiarazione di nullità o la annullabilità del contratto di vendita, non potrebbero riguardare le scelte operate dagli organi

della procedura in ordine alla individuazione del contraente ed alla determinazione del prezzo, dato che l’attività liquidatoria del commissario straordinario non sarebbe sindacabile nel merito; che, in ogni caso, la nullità del contratto di vendita in questione non potrebbe essere pronunciata in ragione del divieto di cui all’art. 2929 c.c., in virtù del quale la nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita non ha effetto nei confronti dell’acquirente. Con il primo motivo del ricorso incidentale il ministero per lo Sviluppo economico denuncia violazione di legge in relazione agli artt. 99 e 112 c.p.c., sui limiti del petitum, nonché all’art. 118 disp. att. c.p.c., per omessa o insufficiente motivazione (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4). Deduce il ricorrente che la Corte di merito avrebbe violato i principi della domanda e della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, per avere dichiarato inefficace, ai sensi dell’art. 2901 c.c., senza esserne stata richiesta, la cessione del compendio Fischer alla ICO. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge in relazione agli artt. 24 e 111 Cost., e all’art. 101 c.p.c. Deduce il ricorrente che la Corte di merito avrebbe violato il diritto di difesa ed il principio del contraddittorio per avere posto imprevedibilmente a base della decisione argomenti (attinenti

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alle ragioni di inefficacia del negozio di cessione del compendio immobiliare), che non sarebbero stati mai trattati nel corso del processo. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge in relazione del d.lgs. n. 270 del 1999, art. 49, e della l. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 66, 65 e 67, (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). La Corte d’Appello avrebbe violato l’art. 49 del cit. d.lgs. e gli artt. 65, 66 e 67 della legge fallimentare perché tali norme prevedono la legittimazione del solo commissario straordinario curatore per l’esperimento – nell’interesse della massa e non del singolo creditore – sia dell’azione revocatoria ordinaria che di quella fallimentare; avrebbe violato l’art. 65 del citato d.lgs. perché la parte ricorrente avrebbe dovuto investire direttamente anche gli atti provvedimentali prodromici e, comunque, preparatori della cessione, ritenuti viziati; avrebbe violato la l. n. 2248 del 1865, artt. 4 e 5, all. E, per aver disapplicato detti atti d’ufficio, quando sarebbe stata necessaria una specifica domanda dell’interessato. Con l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato Banca Intesa Mediocredito s.p.a. denuncia violazione dell’art. 1418 c.c. e d.lgs. n. 270 del 1999, artt. 62 e 63, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

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Deduce la ricorrente che la Corte di merito avrebbe violato la citata normativa, per avere ritenuto che il regolamento per le offerte, la offerta della ICO e la successiva vendita violavano il d.lgs. n. 279 del 1999, artt. 62 e 63, norme da ritenersi imperative e dichiarato poi la inefficacia relativa della compravendita quando, invece, ne avrebbe dovuto dichiarare la nullità in forza dell’art. 1418 c.c.. Con il primo motivo del ricorso, notificato alle controparti in data 12 novembre 2007, proposto in via autonoma dalla ICO s.r.l., ma da ritenersi incidentale in considerazione della data di notifica, successiva a quella del ricorso proposto dalla Fischer s.p.a. in amministrazione straordinaria, da ritenersi principale, denuncia violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 279 del 1999, artt. 1, 55, 56, 62, 63 e 65, art. 1362 c.c. e segg., l. n. 2248 del 1865, artt. 4 e 5, all. E, art. 739 c.p.c., art. 360 c.p.c., nn. 1, 3, 4 e 5. Le considerazioni motive che riguardano la sequenza degli atti amministrativi propedeutici al perfezionamento del negozio impugnato né la conseguente dichiarazione di inefficacia dello stesso meriterebbero di essere condivise. Ciò perché la scelta del metodo di esitazione dell’impresa assoggettata alla procedura di amministrazione straordinaria sarebbe rimessa a valutazione discrezionale dell’autorità ministeriale preposta alla gestione e liquidazione dell’impre-


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sa, sicché il giudice ordinario non potrebbe sostituirsi al Ministro per individuare ed imporre strategie di liquidazione più acconce rispetto a quelle di volta in volta prescelte; conseguentemente, se potrebbe scrutinare incidenter tantum l’atto amministrativo e, riscontrandone vizi di illegittimità, disapplicarlo, non potrebbe comunque sostituirsi al titolare del potere di gestione della liquidazione per censurare il merito delle scelte da queste compiute. Poiché, peraltro, nel presente giudizio è parte costituita anche la P.A. non si sarebbe potuta neppure disporre la disapplicazione dell’atto amministrativo. Deduce ancora la ricorrente che il programma di cessione ed il decreto ministeriale di approvazione dello stesso si sottrarrebbero alle censure mosse dalla Corte d’Appello, costituendo applicazione sia dell’art. 62 che dell’art. 63 del cit. d.lgs., atteso che entrambe le norme si riferirebbero a complessi aziendali e la stima del c.t.u., incaricato della valutazione dell’immobile oggetto di compravendita, sarebbe stata effettuata con riferimento ad entrambe dette disposizioni e comunque l’iter procedimentale seguito dal Ministero, imperniato sulla valutazione del complesso aziendale secondo lo schema dell’art. 63, sarebbe del tutto coerente con il disposto del d.lgs. n. 270 del 1999, art. 1, anche se l’attività di impresa venga

poi proseguita in settore diverso da quello in cui operava la società insolvente, atteso che secondo tale disposizione la conservazione dell’attività di impresa si avrebbe indifferentemente “mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione delle attività industriali”. Sarebbe errato, poi, ritenere che l’offerta sul mercato dell’azienda ad un prezzo più elevato avrebbe consentito di sollecitare un più vasto numero di offerenti e perciò di conseguire un miglior risultato in termini di prezzo a vantaggio dei creditori. Inoltre lungi dall’essere di rigida applicazione, le disposizioni di cui al combinato disposto degli artt. 62 e 63 sarebbero, al pari di quelle di cui agli artt. 56 e 57 modificabili ed integrabili dal Ministero in corso d’opera. Il programma di cessione, proprio prevedendo il sopraggiungere di una tale esigenza, consentirebbe di valutare offerte inferiori al prezzo base e di procedere a trattativa esclusiva nella ipotesi in cui vi sia un solo offerente. Avrebbe altresì errato la Corte di merito nel dichiarare inefficace la vendita per avere la ICO allegato alla sua offerta un piano industriale che prevedeva l’utilizzazione del complesso aziendale non già per la produzione di rimorchi bensì per la fabbricazione di cartone ondulato e di scatole di cartone. L’errore starebbe nell’avere ritenuto che il programma di ces-

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sione imponesse la prosecuzione della stessa attività di impresa svolta dalla Fischer piuttosto che la prosecuzione di una attività di impresa anche se in diversa area produttiva. La ICO, infatti, avrebbe accettato incondizionatamente le prescrizioni del regolamento, che non prevedrebbe affatto l’assunzione dell’obbligo di proseguire la stessa attività di impresa della società insolvente. Con il secondo motivo la società ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 270 del 1999, art. 65, e art. 739 c.p.c., – Contraddittoria motivazione su un punto decisivo in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5. Deduce la ricorrente che il ricorso previsto dall’art. 65 del citato d.lgs. può avere ad oggetto “atti e provvedimenti lesivi dei diritti soggettivi” posti in essere dagli organi della liquidazione, ma non contratti autorizzati dal Ministero e quindi conclusi, sul terreno privatistico, tra il commissario e terzi. L’invalidità del contratto di compravendita avrebbe potuto essere dichiarata solo ad epilogo di un giudizio di cognizione ordinario, esulando, sul piano dei contenuti della domanda e della portata e degli effetti della decisione finale, dall’ambito della volontaria giurisdizione. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 270 del 1999, art. 65, degli artt. 2901, 1445 c.c.

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e art. 1458 c.c., comma 2, art. 112 c.p.c.. Omessa motivazione su un punto decisivo in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5. Assume la ricorrente che la Corte d’Appello non avrebbe potuto dichiarare la inefficacia del contratto di compravendita neppure nei soli confronti della banca e meno che mai secondo lo schema di cui all’art. 2901 c.c., sia perché tale domanda non sarebbe stata mai proposta dalla reclamante, sia perché la conoscenza della ICO, partecipante ad una gara di vendita indetta e gestita dagli organi della procedura, non sarebbe sussumibile nella fattispecie delineata dall’art. 2901 c.c. Considerato, poi, che, quando è stato proposto in data 29.12.2004 il ricorso da parte della banca, era stato stipulato il contratto di compravendita ed era stato emesso il decreto di cancellazione delle trascrizioni pregiudizievoli e delle iscrizioni ipotecarie, limitare la pronuncia di inefficacia alla banca creditrice finirebbe per addossare al terzo acquirente di buona fede (la ICO) l’effetto di vanificazione di un atto amministrativo reso intangibile dalla avvenuta conclusione e piena esecuzione del contratto di compravendita, che non potrebbe di certo essere vulnerato da vizi – tipizzati dall’ordinamento e nella specie non ricorrenti – afferenti vicende esterne ancorché propedeutiche al negozio di cessione.


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Per pervenire a siffatta decisione si sarebbe dovuto dedurre e provare che la ICO fosse consapevole d’essere stato il duplice provvedimento ministeriale di autorizzazione alla vendita adottato – come ritenuto erroneamente dalla Corte d’Appello – sulla base di presupposti falsi, non essendo sufficiente assumere che quella fase fosse inquinata da vizi di legittimità per travolgere il diritto di proprietà del terzo acquirente in buona fede e porre nel nulla un atto formalizzato e trascritto ben prima della proposizione della domanda giudiziale della banca. Con l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato Banca Intesa Mediocredito s.p.a. denuncia violazione dell’art. 1418 c.c. e d.lgs. n. 270 del 1999, artt. 62 e 63, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Deduce in sintesi la ricorrente che la Corte d’Appello, dopo avere ritenuto correttamente che “trattandosi di azienda non in esercizio andava applicato l’art. 62 e non l’art. 63 d.lgs. n. 270 del 1999, il che ha influito sulla stima dei beni ed ha impedito ai vari imprenditori di partecipare alla gara ed ha favorito la sola ICO s.r.l. che ha eluso, con il consenso degli organi della P.A. gli obblighi imposti all’acquirente ai sensi dello art. 63, tanto più che non esisteva alcun dipendente Fischer a cui dover mantenere l’occupazione”, e dopo avere affermato che la violazione degli

articoli in discorso comportava la illegittimità/illiceità della vendita – così affermando implicitamente la natura imperativa di dette norme, avrebbe poi erroneamente dichiarato, anziché la nullità, come sarebbe stato giuridicamente corretto, la inefficacia della vendita conclusa con la ICO dal commissario straordinario. Preliminarmente il ricorso principale e quelli incidentali, perché proposti avverso il medesimo provvedimento, vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c. Prima di procedere all’esame delle numerose questioni prospettate con i vari motivi di censura con il ricorso principale e quelli incidentali appare opportuno svolgere alcune considerazioni di carattere generale. Una impresa dichiarata insolvente può essere dal Tribunale ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria qualora: a) tramite la cessione del complesso aziendale, sulla base di un programma di prosecuzione dell’esercizio dell’impresa di durata non superiore ad un anno (programma di cessione del complesso o dei complessi aziendali); b) tramite la ristrutturazione economica e finanziaria dell’impresa, sulla base di un programma di risanamento di durata non superiore a due anni (programma di ristrutturazione), sia possibile realizzare il risultato del recupero dell’equilibrio economico della attività imprendito-

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riale (del d.lgs. n. 270 del 1999, art. 2, relativo alla amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza). La procedura di amministrazione straordinaria si svolge, sotto la vigilanza del Ministero dell’industria, ad opera di uno o tre commissari giudiziari straordinari, nominati da detto Ministero subito dopo la dichiarazione, da parte del Tribunale, di apertura della procedura (del d.lgs. n. 270 del 1999, artt. 37 e 38). Il commissario straordinario, che per quanto attiene all’esercizio delle sue funzioni è un pubblico ufficiale, ha la gestione della impresa e l’amministrazione dei beni dell’imprenditore (d.lgs. n. 270 del 1999, art. 40). Entro i sessanta giorni successivi al decreto del Tribunale di apertura della procedura il commissario è tenuto a presentare al Ministero della industria un programma redatto secondo uno degli indirizzi alternativi indicati nell’art. 27, comma 2, cioè o un programma di cessione del complesso o dei complessi aziendali o un programma di ristrutturazione (art. 40). Tale programma è redatto sotto la vigilanza del ministero della Industria e deve essere redatto in conformità degli indirizzi di politica industriale dallo stesso adottati “in modo da salvaguardare l’unità operativa dei complessi aziendali, tenuto conto degli interessi dei creditori” (art. 55).

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Se è adottato l’indirizzo della cessione del complesso o dei complessi aziendali, il programma, oltre alle indicazioni previste dell’art. 56, comma 1, lett. a), b), c), d), deve anche indicare “le modalità della cessione, segnalando le offerte pervenute o acquisite, nonché le previsioni in ordine alla soddisfazione dei creditori” (art. 56, comma 2). L’esecuzione del programma deve essere previamente autorizzata con decreto del ministero dell’Industria, che è tenuto a provvedere, sentito il comitato di sorveglianza (nominato dal ministro dell’Industria ai sensi dell’art. 45), entro trenta giorni (art. 57). Il compimento di tutte le attività dirette all’esecuzione del programma autorizzato è compito del commissario straordinario (art. 61, comma 1), che nella ipotesi di alienazione di aziende (come avvenuto nel caso di specie) è tenuto a chiedere l’autorizzazione del ministero della Industria, che provvede ad emanare il relativo provvedimento dopo avere sentito il comitato di sorveglianza (art. 42). L’alienazione è disciplinata dagli artt. 62 e 63 del più volte citato d.lgs. n. 270 del 1999. Il valore del bene da alienare deve essere preventivamente determinato da uno o più esperti nominati dal commissario straordinario; l’alienazione deve essere effettuata in conformità delle previsioni del programma autorizzato, con for-


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me adeguate alla natura dei beni e finalizzate al migliore realizzo, in conformità dei criteri generali stabiliti dal ministro dell’Industria. Se l’azienda è in esercizio la predetta valutazione deve tenere conto della redditività, anche se negativa, all’epoca della stima e nel biennio successivo; l’acquirente deve obbligarsi a proseguire per almeno un biennio le attività imprenditoriali e a mantenere per il medesimo periodo i livelli occupazionali stabiliti all’atto della vendita; la scelta dell’acquirente deve essere effettuata tenendo conto, oltre che dell’ammontare del prezzo offerto, dell’affidabilità dell’offerente e del piano di prosecuzione delle attività imprenditoriali da questi presentato, anche con riguardo alla garanzia di mantenimento dei livelli occupazionali. Nei quindici giorni successivi al trasferimento dei beni il ministero dell’Industria deve ordinare la cancellazione delle iscrizioni relative a diritti di prelazione e delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi sui beni trasferiti (art. 64). Ogni quattro mesi a partire dal programma di cessione dei complessi aziendali, ovvero dalla data di deposito del decreto, che dichiara esecutivo lo stato passivo a norma dell’art. 97 della l.fall., se successiva, il commissario straordinario è tenuto a presentare al giudice delegato un progetto delle somme disponibili ed un proget-

to di ripartizione delle medesime, che vanno poi ripartite tra i creditori secondo della l.fall., art. 110, commi 2 e 2, artt. 111, 112, 113, 114, 115 e 117, commi 2 e 3. Dopo l’approvazione del conto della gestione e la liquidazione del compenso al commissario straordinario deve aver luogo la ripartizione finale dell’attivo (art. 67). Dalla riferita normativa vanno enucleati alcuni fondamentali principi, la cui formulazione si palesa necessaria per pervenire ad una corretta soluzione della presente controversia. Innanzi tutto va evidenziato che nelle procedure concorsuali, aventi quale finalità la liquidazione del patrimonio del debitore ed il soddisfacimento dei creditori sul ricavato, rilevano due fondamentali interessi dei creditori, che sono propri di ciascun creditore anche singolarmente considerato: 1) l’interesse a che dalla vendita dei beni del debitore insolvente venga ricavato un prezzo quanto più possibile vicino a quello di mercato; 2) l’interesse a che l’attivo ricavato venga ripartito nel rispetto del principio della par condicio creditorum. Il primo interesse attiene alla fase liquidatoria ed il secondo alla fase di ripartizione dell’attivo; in particolare il primo interesse fonda la pretesa di ogni singolo creditore a che la vendita avvenga nella forma più vantaggiosa e, quindi, nel rispetto di tutta la normativa

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diretta a garantire tale fondamentale interesse. Detti interessi vengono in considerazione anche nell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, che è anch’essa una procedura concorsuale (del d.lgs. n. 270 del 1999, art. 1, recita: “l’amministrazione straordinaria è la procedura concorsuale della grande impresa commerciale insolvente”), e soprattutto nella ipotesi in cui la finalità del riequilibrio economico delle attività imprenditoriali venga perseguita tramite la procedura di predisposizione ed attuazione di un programma di cessione di beni aziendali. Come suddetto, il programma deve essere redatto dal commissario straordinario tenendo conto degli interessi dei creditori (art. 55) e se è adottato, tra i due indirizzi previsti dall’art. 27, quello della cessione dei complessi aziendali, al fine di salvaguardare tale interesse, il programma deve indicare le offerte pervenute od acquisite, nonché le previsioni in ordine alla soddisfazione dei creditori (dati questi che il Ministero è tenuto a valutare dandone atto nella motivazione del decreto che autorizza la esecuzione del programma). L’alienazione dei beni da parte del commissario straordinario, deve essere effettuata come previsto dal succitato art. 62, non solo in conformità delle previsioni del programma e con forme adeguate alla natura dei beni, ma anche con

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forme finalizzate al migliore realizzo e, se si tratta, come nel caso di specie, di vendita di un complesso aziendale, previo espletamento di idonee forme di pubblicità. Il valore dei beni deve essere preventivamente determinato da un esperto al fine di stabilire qual è il prezzo che deve essere richiesto e portato a conoscenza di potenziali acquirenti che intendano partecipare alla gara per l’acquisto del bene. Il commissario giudiziale è tenuto a rispettare le modalità summenzionate sia che venga posta in vendita una azienda non più in esercizio, sia che venga posta in vendita un’azienda in esercizio. Se viene posta in vendita una azienda in esercizio, il commissario straordinario, in ossequio a quanto disposto dall’art. 63, è tenuto a rispettare, oltre gli obblighi di cui sopra, anche i seguenti obblighi ulteriori: 1) nell’affidare all’esperto l’incarico di determinare il valore del bene, dovrà richiedere allo stesso di tenere conto, nella determinazione del valore del bene, della redditività dell’azienda, anche se negativa, all’epoca della stima e nel biennio successivo; 2) dovrà informare i potenziali acquirenti dell’obbligo, che sono tenuti ad assumersi, di proseguire le attività imprenditoriali per almeno un biennio e di mantenere per il medesimo periodo i livelli occupazionali stabiliti all’atto della vendita. Com’è agevole constatare con gli artt. 62 e 63 il legislatore ha po-


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sto una serie di vincoli (osservanza dei criteri generali dettati dal ministero dell’Industria, accertamento preventivo del valore dei beni da liquidare, adozione di sistemi di pubblicità idonei per i beni immobili, le aziende ed i rami di azienda di valore superiore a cento milioni ecc.) diretti a salvaguardare una pluralità di interessi: quello dei creditori; quello dei lavoratori, nonché l’interesse generale alla conservazione del patrimonio produttivo salvaguardando l’unità operativa dei complessi aziendali. Dette disposizioni, essendo poste a tutela di interessi generali, dell’economia e di categorie di persone, che vengono in considerazione, intrecciandosi tra loro, in una medesima vicenda, non ammettono una difforme regolamentazione e, pertanto, costituiscono sicuramente un limite inderogabile al potere discrezionale sia del commissario straordinario che del ministero dell’Industria nello espletamento delle attività richieste per pervenire all’alienazione dei beni dell’imprenditore insolvente. Si può, pertanto, fondatamente ritenere che tali disposizioni, in quanto inderogabili per i su esposti motivi, hanno il carattere di norme imperative, alla cui violazione deve essere ricollegata la nullità dell’attività negoziale conclusiva della procedura di vendita (nel caso di specie il finale contratto di compravendita del complesso aziendale), ai sensi dell’art. 1418

c.c., e la illegittimità degli atti prodromici (programma di cessione del complesso aziendale e autorizzazioni ministeriali alla esecuzione del programma ed alla vendita di detto complesso). La violazione delle disposizioni in parola, infatti, non consente di realizzare l’assetto degli interessi in gioco voluto dal legislatore, e la lesione di detti superiori interessi, frustrando le finalità della procedura di amministrazione straordinaria, non può non ritenersi sanzionata, traducendosi come detto nella violazione di norme imperative, se non con la sanzione di nullità (trattasi di una ipotesi di nullità virtuale). Fatte queste necessarie premesse, devesi esaminare per primo il ricorso incidentale (condizionato) di Banca Intesa Mediocredito s.p.a., atteso che con la censura, formulata con tale ricorso, si propone una soluzione decisiva della vicenda in esame (dichiarazione ex art. 1418 c.c., della nullità del contratto di compravendita per cui è causa), che, se accolta, rende privo di interesse l’esame delle censure di altri ricorrenti, che potrebbero anch’esse ritenersi fondate. La Corte d’Appello di L’Aquila afferma nel decreto impugnato che “al momento del commissariamento dell’impresa Fischer s.p.a. la stessa era ferma perché era ancora incompleta dal punto di vista produttivo e perché lo stabilimento era ancora in costruzione tanto

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che le attrezzature robotizzate sono state oggetto di separata cessione, non essendo, peraltro, funzionali alla attività, di genere completamente e totalmente diverso, della ICO s.r.l.; l’azienda ceduta non è stata mai in esercizio e la stessa, al momento della cessione, non aveva alcun dipendente, essendo stati gli stessi (circa 13 come dedotto dal resistente Ministero) posti in mobilità a seguito di procedura di mobilità conclusasi con la sottoscrizione di apposito verbale (cfr. verbale di riunione con le organizzazioni sindacali in data 18.11.04 in atti); l’azienda, per iniziare l’attività, doveva ancora portare a termine e completare alcuni fabbricati e doveva ancora acquisire le attrezzature necessarie per la produzione divisata…; secondo lo stesso C.T.U. Iannetti e secondo l’atto di vendita in data 3.12.04 la realtà aziendale era strutturata per la produzione di componenti per veicoli industriali e, in particolare, per la produzione di componenti in acciaio ed alluminio e plastica per rimorchi e semirimorchi (in specie telai di acciaio), che, secondo il perito, aveva un mercato già saturo; non essendo mai stata iniziata l’attività prevista dalla Fischer s.p.a. ed, addirittura, non essendo mai stato completato lo stabilimento nè essendo stato mai completato l’acquisto delle attrezzature necessarie, l’alienazione dei beni avrebbe dovuto essere effettuata ai sensi del d.lgs. n. 270 del 1999, art.

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62, in conformità di un programma autorizzato dal ministero delle Attività produttive che avrebbe dovuto consentire lo svolgimento, nel complesso aziendale de quo, di attività imprenditoriali di qualsiasi genere anche diverso da quello previsto dalla Fischer s.p.a., senza limitazioni né obblighi di sorta per gli offerenti; in tal modo avrebbero potuto partecipare alla gara un numero elevato di offerenti, i quali avrebbero certamente offerto un prezzo di acquisto non certamente inferiore al prezzo di mercato stimato dal C.T.U. nella somma di Euro 8.617.722,13 e comunque un prezzo di acquisto ben superiore al prezzo irrisorio e derisorio di Euro 3.600.000,00, offerto e pagato dalla ICO s.r.l.; sotto tale profilo, l’avvio della procedura di vendita dei beni de quibus e l’allegato regolamento per le offerte di acquisto in data 15.4.04 sono palesemente illegittimi e lesivi degli interessi dei creditori della Fischer s.p.a., perché tali atti hanno disposto la vendita del complesso aziendale de quo ai sensi dell’art. 63 d. lgs. citato, che disciplina la vendita di aziende in esercizio ed impone allo acquirente l’obbligo di proseguire la attività per almeno un biennio ed a proseguire per il medesimo periodo i livelli occupazionali stabiliti all’atto di vendita, mentre la stima dei beni va fatta tenendo conto non del valore di mercato dei beni da vendere, ma della redditività anche negativa al-


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l’epoca della stima e nel biennio succesivo; secondo il C.T.U, infatti, il valore dei beni de quibus, ai sensi dell’art. 63 cit., si aggira sulla somma, peraltro arrotondata per eccesso, di Euro cinque milioni di gran lunga inferiore al valore corrente di mercato, sulla assorbente considerazione che la attività propria della Fischer avrebbe avuto una redditività scadente perché avrebbe operato in un mercato già saturo; ma vi è di più e di peggio; il regolamento 15.4.04, per le offerte di acquisto dei beni de quibus, imponeva agli offerenti gli obblighi di cui all’art. 63 d.lgs. citato sopra elencati nonché imponeva di corredare l’offerta con un piano di prosecuzione delle attività, sottoscritto dall’offerente, contenente l’illustrazione dei programmi operativi alla ripresa e prosecuzione per almeno un biennio delle attività imprenditoriali della Fischer s.p.a. e cioè delle attività relative alla componentistica per rimorchi e semirimorchi; il predetto regolamento, all’art. 15, comma 2 disponeva, a pena di inefficacia, che l’offerta dovesse contenere la espressa ed incondizionata accettazione delle condizioni di cui al regolamento; al contrario, la ICO s.r.l. ha violato platealmente le condizioni imposte dal predetto regolamento, perché essa ha allegato alla sua offerta di appena Euro tre milioni (poi aumentata ad Euro 3.600.000, in sede di trattativa esclusiva) un pia-

no industriale datato 21.6.04 ove la stessa dichiara di impegnarsi alla produzione di cartone ondulato ed alla realizzazione di scatole di cartone; malgrado la plateale violazione delle condizioni di cui al regolamento 15.4.04 di cui sopra, il Ministero, invece di dichiarare la inefficacia della offerta della ICO s.p.a. e di rinnovare la procedura di vendita dei beni de quibus ai sensi degli artt. 55 e 56 e segg. d. lgs. citato mediante un nuovo regolamento per le offerte emanato ai sensi dell’art. 62 d.lgs, citato, che consentisse la partecipazione alla gara del maggior numero di offerenti nonché la presentazione di offerte non inferiori al valore di mercato dei beni alienandi, ha emanato il Decreto 29 ottobre 2004 che ha ritenuto legittima la unica offerta della ICO ed ha, con travisamento dei fatti ed in presenza di carenza e di falsità di presupposti (il che potrebbe integrare anche il reato di cui all’art. 479 c.p.), ritenuto il piano industriale della ICO conforme alle previsioni di regolamento (sic), autorizzando, addirittura, il commissario straordinario a procedere a trattativa esclusiva con la ICO alfine di ottenere miglioramenti della offerta già formulata, tanto che, in sede di trattativa esclusiva, la ICO offriva definitivamente la somma di Euro 3.600.000,00; in tal modo, è stata favorita, in palese violazione di legge (forse anche di quella penale), solo la ICO s.p.a., che ha potu-

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to acquistare un bene stimato dal perito in Euro 8.617.722,13, (il perito diparte della Banca reclamante addirittura precisa che i beni varrebbero la somma di Euro 17.563.860,10) al prezzo irrisorio di appena Euro 3.600.000,00, mediante la eliminazione di tutti gli altri eventuali concorrenti, i quali ben potevano fare offerte per attività imprenditoriale diverse da quelle non redditizie della Fischer s.p.a., mentre si sono astenuti al riguardo avendo il regolamento ministeriale imposto, a pena di inefficacia delle offerte stesse, la ripresa e la prosecuzione delle attività della Fischer s.p.a. ai sensi dell’art. 63 d.lgs. cit.,; la illiceità degli atti amministrativi presupposti e della vendita dei beni aziendali de quibus è evidentissima, come del pari è evidente il danno subito dalla Banca reclamante che, in tal modo, non potrà mai vedersi soddisfatto il suo credito ipotecario; conclusivamente, trattandosi di azienda non in esercizio, andava applicato l’art. 62 e non l’art. 63 d.lgs. citato, il che ha influito sulla stima dei beni ed ha impedito ai vari imprenditori di partecipare alla gara ed ha favorito la sola ICO s.r.l, che ha eluso, con il consenso degli organi della P.A., gli obblighi imposti all’acquirente ai sensi dell’art. 63, tanto più che non esisteva alcun dipendente Fischer a cui dover mantenere la occupazione, avendo la Fischer messo in mobilità i propri dipendenti. Sulla base

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delle su riferite incontestate ed incontestabili, in questa sede di legittimità, circostanze di fatto e dopo avere correttamente ritenuto che tanto il Commissario Straordinario che Ministero e la Ico s.r.l., ponendo in essere gli atti prodromici della procedura di vendita ed il contratto finale di vendita del complesso aziendale della Fischer, avevano violato i vincoli loro imposti dagli artt. 62 e 63 d.lgs., da ritenersi per quanto in precedenza argomentato norme di carattere imperativo, la Corte di merito è pervenuta alla errata decisione di dichiarare non opponibile ed inefficace, nei soli confronti della creditrice ipotecaria Banca Intesa Mediocredito s.p.a., l’atto pubblico del 3.12.2004 di cessione e vendita alla ICO s.r.l. del complesso aziendale della Fischer s.p.a. in amministrazione straordinaria. Coerenza avrebbe, invece, imposto al giudice a quo di dichiarare la nullità di detto contratto, ai sensi dell’art. 1418 c.c., atteso che i vincoli ed i divieti imposti dalle disposizioni di legge in questione riguardano direttamente anche l’accordo negoziale delle parti, non potendo costituire oggetto del contratto di compravendita, indicandolo come complesso caratterizzato dall’essere in esercizio, un complesso aziendale che in realtà non lo è e viceversa, traducendosi tale accordo nella vendita di un oggetto da ritenersi illecito, perché la vendita così realizzata determi-


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na, come sopra dimostrato, la lesione della pluralità degli interessi (di carattere generale) coinvolti nell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza e tutelati attraverso la imposizione dei menzionati vincoli e divieti. La declaratoria di nullità dell’atto di cessione impone, poi, ai sensi del d.lgs. n. 270 del 1999, art. 65, comma 4, di ordinare al Conservatore dei Registri Immobiliari competente di effettuare le rettifiche e le integrazioni conseguenti a tale soluzione della controversia. Passando all’esame degli altri ricorsi (quello principale della Fischer s.p.a. in amministrazione straordinaria e quelli incidentali del ministero per lo Sviluppo economico e della ICO s.r.l.) il collegio osserva. I quesiti relativi al primo ed al secondo motivo del ricorso Fischer s.p.a. in amministrazione straordinaria ed ai tre motivi del ricorso del ministero per lo Sviluppo economico sono inidonei, perché generici, in quanto sono formulati senza contenere la specifica indicazione della fattispecie concreta, oggetto della censura, in relazione alla quale si chiede una determinata soluzione giuridica. Tale carenza rende detti motivi di ricorso inammissibili, non rispondendo la loro formulazione alla finalità, sottesa all’art. 366 bis c.p.c., di consentire al giudice di legittimità di cogliere il contenuto

della censura attraverso la formulazione del quesito e decidere se la censura sia fondata o meno sulla base di una sintesi della fattispecie concreta effettuata dallo stesso ricorrente. Il terzo, il quarto, il quinto motivo del ricorso Fischer s.p.a. in amministrazione straordinaria ed il terzo motivo del ricorso ICO s.r.l., con il quali si lamenta in sintesi che la Corte di merito è pervenuta alla dichiarazione di inefficacia dell’atto di compravendita per cui è causa sia sulla base di questioni mai prospettate dalla Banca né segnalate dal giudice alle parti (la violazione del regolamento di compravendita), sia ritenendo fondata la azione revocatoria ordinaria proposta dalla Banca, senza che peraltro sussistesse il consilium fraudis, sarebbero fondati. La Corte effettivamente ha posto a base della declaratoria di inefficacia anche questioni non prospettate e ha ritenuto ammissibile un’azione, la revocatoria ex art. 2901 c.c., che la Banca non avrebbe potuto proporre. Tale azione, infatti, – avendo una funzione cautelare e conservativa del diritto di credito, di per sé strumentale alla fase, successiva ed eventuale, dell’esecuzione forzata sui beni del debitore (artt. 2902 c.c.) – non è più esperibile dal singolo creditore riguardo a beni assoggettati ad una procedura concorsuale, dato che tali beni, data la finalità di garantire il soddisfaci-

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mento di tutti i creditori nel rispetto della par condicio creditorum, debbono essere liquidati nell’ambito di detta procedura e secondo le modalità previste dal legislatore (il d.lgs. n. 270 del 1999, art. 48, dispone, infatti, che sui beni dei soggetti ammessi alla procedura di amministrazione straordinaria non possono essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali, anche speciali). Il ritenuto fondamento del ricorso incidentale della Banca Intesa Mediocredito s.p.a. priva tali censure di interesse, per cui le stesse debbono ritenersi assorbite, non potendo portare all’esito del giudizio (rigetto della domanda di detta Banca) perseguito dai ricorrenti. Il sesto motivo del ricorso della Fischer è, invece, infondato. Con tale motivo si lamenta che il giudice a quo non abbia rilevato il difetto di impugnazione da parte della Banca degli atti di autorizzazione alla vendita del complesso aziendale, emessi dal ministero delle Attività produttive; che nonostante tale difetto di impugnazione abbia proceduto, quindi senza istanza di parte, a disapplicare detti atti, così violando sia il d.lgs. n. 270 del 1999, art. 65, sia la l. n. 2248 del 1865, art. 5, all. E; che abbia proceduto alla disapplicazione in un giudizio in cui è parte la P.A., cosa che non sarebbe consentita. Tali censure non possono essere condivise.

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Il d.lgs. n. 270 del 1999, art. 65, dispone che contro gli atti ed i provvedimenti lesivi di diritti soggettivi, relativi alla liquidazione dei beni di imprese in amministrazione straordinaria è ammesso ricorso al tribunale in confronto del commissario straordinario e degli altri eventuali interessati. Una prima osservazione s’impone. Il ricorso contro gli atti e provvedimenti lesivi di diritti soggettivi è proposto dal soggetto, che lamenta la lesione di un proprio diritto (nel caso di specie Banca Intesa Mediocredito s.p.a.), nei confronti del commissario straordinario e degli altri eventuali interessati, vale a dire, nella ipotesi di cessione di un complesso aziendale, nei confronti dell’amministrazione straordinaria dell’impresa insolvente (quale venditrice) – di cui il commissario straordinario ha la rappresentanza in giudizio, in conseguenza del fatto che allo stesso competono la gestione dell’impresa e l’amministrazione dei beni dell’imprenditore insolvente – e nei confronti dell’acquirente del complesso, essendo identificabile in questo uno degli altri soggetti “eventuali interessati”. Nella presente controversia diretta a far dichiarare la nullità dell’atto di compravendita del complesso aziendale della Fischer, perché ritenuto lesivo del diritto soggettivo di credito, le parti direttamente coinvolte nella controver-


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sia sono, pertanto, quale attrice, Banca intesa Mediocredito s.p.a., in quanto titolare di un diritto di ipoteca sul bene, di cui assume la avvenuta lesione, e, quali convenuti, Fischer s.p.a. in amministrazione straordinaria, quale venditrice, e ICO s.r.l., quale acquirente del bene; la P.A., invece, è stata evocata in giudizio, non come soggetto, cui ascrivere direttamente detta lesione, ma soltanto come soggetto, che ha emanato gli atti di autorizzazione alla esecuzione del programma di vendita ed alla conclusione del contratto di compravendita, dei quali il giudice, nell’ambito di un giudizio incidentale, è tenuto ad indagare gli effetti in relazione all’oggetto dedotto in giudizio (la lesione del diritto soggettivo di Banca Intesa Mediocredito e la nullità dell’atto di compravendita, che si assume lesivo di tale diritto). In tale situazione esistono tutti i presupposti perché il giudice possa e debba procedere alla disapplicazione dell’atto amministrativo ai sensi della l. del 1865, art. 5, essendo tenuto, nel caso di specie, in relazione al contenuto della domanda formulata dalla Banca e delle difese spiegate dalle altre parti del giudizio, ad indagare, con sindacato da effettuare in via incidentale, se il comportamento lesivo del diritto soggettivo, vantato dalla Banca summenzionata, trovi una qualche valida giustificazione nelle autorizzazioni rilasciate dal

Ministero, come preteso sia dalla Fischer che dalla ICO. Va rilevato, altresì, che non è affatto vero che Banca Intesa Mediocredito non abbia impugnato anche gli atti prodromici alla vendita del complesso aziendale, atteso che, come risulta dal provvedimento impugnato, detta Banca formulò la propria domanda chiedendo di accertare “la inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto per procedersi alla vendita alla ICO s.r.l. del complesso aziendale… della Fischer s.p.a.” e, accertata tale inesistenza, di pronunciare “la nullità o l’annullamento o la inefficacia della conclusa vendita nei confronti della Banca istante”. Ciò posto, gli atti autorizzativi in questione devono essere ritenuti illegittimi, per le seguenti ragioni, e come tali vanno disapplicati. Nel caso di specie l’oggetto della vendita non è un complesso aziendale, che deve essere identificato esclusivamente in base alla sua consistenza materiale, vale a dire in base alla sua struttura, ma un complesso aziendale, che deve essere identificato, come bene oggetto di diritti, anche dall’essere o dal non essere in funzione; lo stesso complesso, considerato dal punto di vista giuridico non può considerarsi il medesimo bene tanto se sia in esercizio, quanto se non lo sia. Tanto ciò è vero che la legge (del d.lgs. n. 270 del 1999, artt. 62 e 63) prevede per la vendita mo-

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dalità parzialmente diverse e a tutela di interessi che solo in parte coincidono, dovendo essere salvaguardato, nella ipotesi di vendita di uno stabilimento in esercizio, come suddetto, anche l’interesse dei lavoratori alla conservazione del posto di lavoro. Si è dimostrato in precedenza che le norme che disciplinano le modalità di vendita e che danno rilievo agli interessi che devono essere salvaguardati sono norme di carattere inderogabile di fronte alle quali si arresta il potere discrezionale della P.A,; in particolare, per quanto si è detto, la pubblica amministrazione non può autorizzare la vendita di uno stabilimento non più in esercizio come se fosse in esercizio; se lo fa travalica i limiti del proprio potere discrezionale e l’atto che pone in essere deve ritenersi viziato per violazione di legge. Ciò è quello che è accaduto nel caso di specie, per cui le autorizzazioni summenzionate debbono essere disapplicate, restando cosi escluso che il diritto di credito di Banca Intesa Mediocredito s.p.a. possa ritenersi degradato a interesse legittimo in considerazione delle suddette autorizzazioni (alla esecuzione del programma di cessione del complesso aziendale, predisposto dal commissario straordinario, e della successiva autorizzazione alla vendita). Anche il settimo motivo del ricorso Fischer è infondato.

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Con tale motivo la ricorrente assume che i vizi relativi agli atti prodromici non potrebbero trasformarsi in altrettanti vizi del negozio di cessione; che non potrebbero essere censurate scelte discrezionali operate dagli organi della procedura, non essendo l’attività liquidatoria del commissario straordinario sindacabile nel merito; che comunque la nullità del contratto di compravendita in questione non potrebbe essere pronunciata stante il divieto di cui all’art. 2929 c.c., in virtù del quale la nullità degli atti esecutivi, che hanno preceduto la vendita, non ha effetto nei confronti dell’acquirente. Alle predette censure, che non sono condivisibili, si è già in parte risposto. Nel caso di specie non vengono in considerazione soltanto vizi di atti che hanno preceduto la stipula del contratto, ma la illiceità dell’oggetto del contratto, atteso che si è venduto come se fosse in esercizio, uno stabilimento che in realtà non lo era (quindi per quanto suddetto un bene diverso), circostanza questa ben nota anche all’acquirente del bene, incorrendo così nella violazione di norme imperative; non si è censurato il potere discrezionale e, quindi, insindacabile del commissario straordinario, essendo stato, invece, censurato l’uso di un potere esercitato in violazione di norme imperative di legge; l’art. 2929 c.c., non può trovare appli-


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cazione nel caso in esame, atteso che detta norma stabilisce che non ha effetto riguardo all’acquirente la nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita, limitando la regola ai vizi anteriori, ma non esclude che possano essere fatte valere le nullità, che, come avvenuto nel caso in questione, inficiano direttamente la vendita. Il primo motivo del ricorso ICO s.r.l. è infondato. Con tale motivo si deduce, in sintesi, che non potrebbe essere sindacata l’attività discrezionale circa la scelta del metodo di liquidazione dei beni della impresa assoggettata ad amministrazione straordinaria; con un secondo profilo di censura che, essendo presente in giudizio la P.A., il giudice non avrebbe il potere di procedere a disapplicazione dell’atto amministrativo. A tali censure si è data in precedenza esauriente risposta: quanto alla prima, dimostrando che non esiste alcun potere discrezionale degli organi dell’amministrazione straordinaria, né del Ministero di adottare indifferentemente la procedura di vendita di cui agli artt. 62 e 63 d.lgs., essendo la scelta della procedura imposta, in virtù di una normativa inderogabile, dalla condizione obbiettiva del bene; quanto alla seconda, dimostrando che nel presente giudizio vengono in considerazione gli effetti dell’atto amministrativo sul diritto di cui si lamenta la lesione, che in virtù

della l. del 1865, art. 5, possono e debbono essere sindacati dal giudice incidenter tantum, al fine di risolvere una controversia tra privati. Infine anche il secondo motivo di ricorso ICO s.r.l. è infondato. Con tale motivo la ricorrente sostiene che, trattandosi di un procedimento di volontaria giurisdizione, il d.lgs n. 270 del 1999, art. 65, non potrebbe essere utilizzato per ottenere la declaratoria di nullità di un contratto, vale a dire di un negozio di carattere privatistico, potendo il ricorso, previsto da detta norma, avere ad oggetto soltanto “atti e provvedimenti lesivi di diritti soggettivi” posti in essere dagli organi della liquidazione. La censura non è condivisibile. L’art. 65 summenzionato ammette la possibilità di ricorrere “contro gli atti e i provvedimenti lesivi di diritti soggettivi, relativi alla liquidazione dei beni di imprese in amministrazione straordinaria” e tra gli atti relativi alla liquidazione dei beni non possono non essere ricompresi, essendo destinati ad assolvere tale funzione, gli atti di cessione dei complessi aziendali. Per quanto precede devono essere dichiarati inammissibili il primo ed il secondo motivo del ricorso Fischer s.p.a. in amministrazione straordinaria, nonché i tre motivi del ricorso incidentale del ministero per lo Sviluppo economico; devono essere rigettati il sesto ed il settimo motivo

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del ricorso Fischer, nonché il primo ed il secondo motivo del ricorso ICO s.r.l.; deve essere accolto il ricorso incidentale di Banca intesa Mediocredito s.p.a. e conseguentemente devono essere dichiarati assorbiti il terzo, il quarto, il quinto motivo del ricorso Fischer, nonché il terzo motivo del ricorso ICO s.r.l.; deve essere cassato il provvedimento impugnato in relazione al ricorso accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, dichiarando, in accoglimento della domanda di Banca Intesa

Mediocredito, la nullità del negozio di cessione del complesso aziendale alla ICO s.r.l., rogato per atto notar Andrea Pastore di Pescara in data 3 dicembre 2004, e ordinando al Conservatore dei Registri Immobiliari di Pescara di procedere alle rettifiche ed integrazioni conseguenti alla presente decisione, esonerandolo da ogni responsabilità al riguardo. La novità e la complessità delle questioni dibattute nel presente giudizio costituiscono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità. (Omissis)

(1) Con la sentenza in rassegna le Sezioni Unite intervengono – per la prima volta, a quanto consta – sulla delicata materia della liquidazione dei beni nella procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi, disciplinata com’è noto dal d.lgs. n. 270 del 1999. E vi intervengono fissando una serie di principi meritevoli di attenta considerazione. A. Innanzi tutto. La Corte rileva come, nelle procedure concorsuali, sia interesse dei creditori che dalla vendita dei beni del debitore insolvente venga ricavato un prezzo quanto più possibile vicino a quello di mercato e come tale interesse fondi la pretesa di ogni singolo creditore a che la vendita avvenga nella forma più vantaggiosa e, quindi, nel rispetto di tutta la normativa volta a garantire appunto quel fondamentale interesse (punto sostanzialmente pacifico in tutti gli ordinamenti occidentali, a prescindere dall’idea che si abbia intorno alla funzione giuridicamente rilevante delle procedure concorsuali: esemplificativa, al riguardo, è la posizione assunta, nell’ordinamento nordamericano, da T. Jackson, The Logic and Limits of Bankruptcy Law, Cambridge, 1986, pp. 10 ss. ed E. Warren, Bankruptcy Policymaking in an Imperfect World, in 92 Mich. L. Rev., 1993, pp. 344 ss., fautori, rispettivamente, del Creditor’s Bargain Model e del Loss Allocation Model, modelli molto distanti tra loro, ma che coincidono, appunto, sulla necessità di assicurare la massimizzazione della massa attiva concorsuale); e sottolinea come tale interesse

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venga in considerazione anche nell’amministrazione straordinaria, che è anch’essa una procedura concorsuale, soprattutto nell’ipotesi in cui la finalità del riequilibrio economico delle attività imprenditoriali venga perseguita attraverso la predisposizione ed attuazione di un programma di cessione. Si tratta di affermazioni molto importanti: esse aiutano a convincere che – diversamente da quanto talvolta si legge – la funzione preminente dell’amministrazione straordinaria è da ravvisare nel soddisfacimento dei creditori (sul punto v. A. Nigro e Vattermoli, Diritto della crisi delle imprese, Le procedure concorsuali, Bologna, 2009, pp. 46 ss.) La Corte non qualifica espressamente l’interesse del singolo creditore: ma sembra implicita nello svolgimento della motivazione la considerazione di esso come vero e proprio diritto soggettivo (in tal senso v., in giurisprudenza, Trib. Milano, 12 febbraio 2004, in Dir. fall., 2004, II, 759, con nota di Bertacchini), con tutto quello che allora può derivarne in particolare con riguardo al procedimento previsto dall’art. 65 d.lgs. n. 270. B. In secondo luogo. Gli artt. 62 e 63 d.lgs. n. 270 stabiliscono le modalità da seguire nelle vendite dei beni dell’impresa insolvente, il primo con riferimento alle alienazioni in generale e il secondo con riferimento alle vendite di aziende in esercizio. Per quest’ultima ipotesi sono previsti criteri e modalità ulteriori rispetto a quelli dettati per le alienazioni in generale: nella valutazione si deve tener conto della redditività anche se negativa; l’acquirente deve obbligarsi a proseguire per almeno un biennio le attività imprenditoriali e a mantenere per il medesimo periodo i livelli occupazionali stabiliti all’atto della vendita; la scelta dell’acquirente è effettuata tenendo conto anche dell’affidabilità dell’offerente e del piano di prosecuzione delle attività imprenditoriali da questo presentate (per una critica all’opzione legislativa – correttamente abbandonata nel nuovo art. 105 l.fall. – di inserire nel prezzo di cessione dell’azienda dell’impresa in crisi anche il presumibile badwill v., per tutti, Vattermoli, Commento sub art. 105, in A. Nigro, M. Sandulli e V. Santoro, a cura di, La nuova legge fallimentare, Commentario2, di prossima pubblicazione). In argomento è forse opportuno “ricordare” la storia dell’attuale art. 63 d.lgs. n. 270. L’originario art. 6-bis l. n. 95/1979 – che rappresenta l’antecedente specifico della disposizione de qua – stabiliva, al co. 2, che «il valore dei beni da trasferire è determinato da uno o più esperti nominati dal commissario straordinario i quali si atterranno ai criteri di valutazione propri a ciascuno dei beni da trasferire e, quando trattasi di aziende o complessi aziendali, ad un criterio di valutazione che tenga conto, tra l’altro, della redditività all’atto della stima e nel biennio succes-

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sivo». Della norma – non certo chiarissima nella sua formulazione letterale – erano state offerte due interpretazioni: a) la prima, che collocava l’art. 6-bis in una prospettiva più aderente alla funzione liquidatorio-satisfattiva dell’a.s., considerava la redditività dell’azienda come un elemento dal quale avrebbe potuto derivare un surplus per l’acquirente, come tale, quindi, inseribile nel prezzo di cessione (se e quando tale surplus fosse stato in concreto individuato) a tutto vantaggio del ceto creditorio; b) la seconda, che si riconnetteva ad una visione conservativo-risanatoria della procedura, poneva invece l’accento sul mantenimento dell’unità dell’organismo produttivo, ammettendo così la possibilità di considerare nella valutazione anche l’avviamento “negativo”, così da provocare un corrispondente abbattimento del prezzo di cessione. La questione interpretativa di cui sopra fu al centro della controversia – per alcuni aspetti simile a quella che ha dato luogo alla sentenza qui annotata – decisa da TAR Veneto, 9 marzo 1984 (in Giur. it., 1985, III, 1, 66) che, su ricorso di un creditore, annullò il provvedimento di autorizzazione alla vendita disposto dall’Autorità di vigilanza (ministro dell’Industria), per via dei vizi del procedimento valutativo del complesso aziendale da trasferire, nel quale gli esperti avevano fatto rientrare anche le presumibili minusvalenze dovute all’accertata redditività negativa del complesso. Decisione, quest’ultima, che provocò l’emanazione del d.l. 9 aprile 1984, n. 62 (convertito in l. n. 212/1984), il cui art. 2, co. 1 stabiliva che l’art. 6-bis, co. 2 dovesse essere interpretato nel senso che ai fini della valutazione della redditività dell’azienda o del complesso aziendale, doveva considerarsi il presumibile risultato di gestione, anche se negativo (per una critica alla norma “interpretativa” cfr., tra gli altri, M. Rescigno, Norme urgenti ed amministrazione straordinaria: la legge 9 giugno 1984, n. 212, in Giur. comm., 1987, I, pp. 554 ss.; Cavalaglio, Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, in S. Satta, Diritto fallimentare2, Padova, 1991, p. 658). Tornando alla sentenza delle Sezioni Unite. La Corte rileva che le disposizioni ex artt. 62 e 63 d.lgs. n. 270, in quanto volte a salvaguardare tutti gli interessi coinvolti nella procedura (fra cui, appunto, quello dei creditori), pongono vincoli inderogabili ai poteri discrezionali del commissario straordinario e del Ministero e le qualifica espressamente come norme imperative, alla cui violazione consegue, da un lato, la nullità dell’attività negoziale finale ai sensi dell’art. 1418 c.c. e, dall’altro, la illegittimità degli atti prodromici, specificamente dell’autorizzazione del Ministero all’esecuzione del programma (ovviamente per la parte concernente la singola vendita) e di quella alla stipula del negozio. Anche queste – al di là di qualche incertezza nella qualificazione

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esatta della nullità, parlandosi dapprima di “nullità virtuale” e poi di nullità per illiceità dell’oggetto – sono affermazioni di principio molto importanti, che aiutano a delimitare i poteri degli organi della procedura ed il ruolo delle autorizzazioni ministeriali in materia. C. L’art. 65 d.lgs. n. 270 stabilisce che “Contro gli atti e i provvedimenti lesivi di diritti soggettivi, relativi alla liquidazione dei beni di imprese in amministrazione straordinaria, è ammesso ricorso al tribunale in confronto del commissario straordinario e degli altri eventuali interessati”. Fra i vari problemi che questa disposizione pone vi è, da un lato, quello se, ai fini della sua applicazione, si debba fare riferimento ai criteri generali in materia di riparto della giurisdizione fra giudice ordinario e giudice amministrativo, distinguendo allora la tutela azionabile a seconda della situazione giuridica asseritamente lesa (così TAR Lombardia, 16 giugno 2004, n. 2420, in Il fallimento, 2005, 447, con nota di Marelli) o se, invece, la tutela assicurata dalla disposizione debba ritenersi sottratta alla tradizionale dicotomia diritto soggettivo/interesse legittimo, per effetto dell’“esplicita attribuzione del carattere di pariteticità agli atti ed ai provvedimenti adottati” nella fase della liquidazione (così Cons. St., sez. VI, 12 aprile 2005, n. 1674, in Cons. Stato, 2005, I, 660, resa nella stessa vicenda in cui si era pronunziato il TAR Lombardia); e, dall’altro, quello della connessione fra l’impugnazione dell’atto del commissario e l’impugnazione dei provvedimenti ministeriali. Del primo problema la sentenza non si occupa espressamente (anche se sembra implicitamente accogliere la seconda delle due tesi ricordate prima). In ordine al secondo, invece, la Corte sembra aderire alla linea prospettata dalla dottrina (v. ancora A. Nigro e Vattermoli, Diritto della crisi, cit., p. 453), secondo la quale l’impugnazione disciplinata dall’art. 65 è da ritenere propriamente quella rivolta contro atti del commissario; questa impugnazione possa comprendere anche quella avverso gli eventuali provvedimenti amministrativi che tali atti abbiano preceduto o accompagnato; della legittimità di tali provvedimenti il tribunale possa sì conoscere, ma solo in via incidentale, potendo allora non annullarli bensì soltanto disapplicarli. [V.C.]

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Sintesi di giurisprudenza *1 (I trimestre 2009) Indice delle materie: I. Assicurazioni: A) Contratto di assicurazione in genere; B) Assicurazione contro i danni; C) Assicurazione obbligatoria R.C. Auto; D) Assicurazioni sociali. II. Banca: A) L’impresa bancaria: profili generali; B) La crisi dell’impresa bancaria; C) Depositi bancari; D) Titoli di credito bancari; E) Crediti speciali

I. ASSICURAZIONI Sommario: A) Contratto di assicurazione in genere. – 1. Contratto di assicurazione in genere. – 2. Premio. Mancato pagamento. Clausola di regolazione del premio. Obbligo dell’assicurato di pagare il maggior premio. Risoluzione di diritto ex art. 1901, co. 3, c.c. Termine semestrale di decadenza di cui alla citata norma. – 3. Contratto di assicurazione. Massimali. – 4. Contratto di assicurazione. Surrogazione. – 5. Contratto di

Settantesima puntata (le precedenti sono pubblicate in Dir. banc., 1990, I, pp. 350 e 551; 1991, I, pp. 160, 459 e 597; 1992, I, pp. 111, 253, 397 e 581; 1993, I, pp. 112, 264, 471 e 594; 1994, I, pp. 125, 255, 383 e 506; 1995, I, pp. 157, 286, 443 e 601; 1996, I, pp. 109, 265, 403 e 554; 1997, I, pp. 129, 318, 478 e 645; 1998, I, pp. 91, 277 e 637; 1999, I, pp. 171, 290, 411 e 545; 2000, I, pp. 143, 331 516 e 671; 2001, I, pp. 89, 229 e 383; 2002, I, pp. 145, 327 e 629; 2003, I, pp. 141, 315 e 471; 2004, I, pp. 321, 447 e 657; 2005, I, pp. 109 e 301; 2006, I, pp. 169 e 533; 2007, I, pp. 163, 343 e 583; 2008, I, pp. 153; 363; 549 e 745; 2009, I, pp. 111; 333; 481, 667) Questa sintesi intende offrire una prima informazione sulle sentenze relative alle materia di interesse della rivista, depositate o edite nel periodo di riferimento. Hanno collaborato: Ranieri Razzante (§§ 1-29); Alessandro Benocci (§§ 30-32); Cristina Campagna (§§ 33-34); Gennaro Rotondo (§ 35); Dario Martorano (§§ 36-39); Stefano Boatto (§§ 40-41). *

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assicurazione. Concorrenza sleale. – 6. Contratto di assicurazione. Condominio di edifici – B) Assicurazione contro i danni. – 7. Assicurazione contro i danni in genere. – 8. Assicurazione della responsabilità civile in genere. Azione del danneggiato in genere. – 9. Assicurazione della responsabilità civile in genere. Responsabilità professionale. – 10. Assicurazione contro i danni in genere. Surrogazione. – 11. Assicurazione contro i danni in genere. Incendi. – C) Assicurazione obbligatoria R.C. Auto. – 12. Circolazione stradale. Assicurazione obbligatoria. – 13. Circolazione stradale in genere. – 14. Assicurazione obbligatoria autoveicoli. Responsabilità civile. Azione contro il proprietario e il conducente. Azione di responsabilità aquiliana ai sensi dell’art. 2054 c.c. nei confronti del proprietario del veicolo danneggiante e dell’assicuratore di questo. – 15. Circolazione stradale. Autoveicoli, ciclomotori, cicli e veicoli in genere. Responsabilità civile in genere. – 16. Circolazione stradale in genere. Impugnazioni civili. Cause scindibili e inscindibili. Assicurazione obbligatoria della R.C.A. di cui alla legge 990 del 1969. – 17. Circolazione. Assicurazione obbligatoria. Risarcimento del danno. Azione per il risarcimento del danno. Obbligazione dell’assicuratore ex art. 1917 c.c. Debito di valuta. Imputabilità all’assicuratore del ritardo nella liquidazione del danno al danneggiato. Pagamento del risarcimento da parte dell’assicurato. Obbligo dell’assicuratore di indennizzare l’assicurato della svalutazione monetaria. – 18. Circolazione. Assicurazione obbligatoria. Obbligo dell’assicuratore. Soggetti. Legge 990 del 1969. Modifiche apportate all’art. 1, co. 2, del d.l. n. 857 del 1976 conv. in legge n. 39 del 1977. Estensione dell’assicurazione ai terzi trasportati su veicoli destinati al trasporto di cose. – 19. Assicurazione della responsabilità civile. Alienazione, cessione o locazione del mezzo assicurato. – D) Assicurazioni sociali. – 20. Previdenza. Obbligo e diritto alle assicurazioni. Contributi indebitamente versati. Accreditamento ex art. 8 d.P.R. n. 818 del 1957. Condizioni. Esistenza dei presupposti per la costituzione di un valido rapporto assicurativo. – 21. Infortuni sul lavoro. Assicurazione infortuni. Soggetti obbligati. – 22. Infortuni sul lavoro. Responsabilità civile del datore di lavoro per fatto del dipendente. Colpa. Concorso di colpa del danneggiato. – 23. Lavoro e previdenza. – 24. Previdenza sociale. Contributi in genere. – 25. Previdenza sociale. Lavoratori all’estero. Assicurazione per l’invalidità, vecchiaia e superstiti. Contributi. Ricongiunzione dei periodi assicurativi. – 26. Previdenza sociale. INPS. – 27. Infortuni sul lavoro. Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. – 28. Previdenza. Impresa e imprenditore. – 29. Infortuni sul lavoro. Indennità o rendita ai superstiti. Questioni di legittimità costituzionale.

A) CONTRATTO DI ASSICURAZIONE IN GENERE 1. Contratto di assicurazione in genere. a) La seconda sezione civile del Tribunale di Monza, con sentenza del 2 gennaio 2009 (in Leggi d’Italia banca dati, 2010), in tema di contratto di assicurazione relativo ad un impianto di allarme, ha stabilito che le clausole che prescrivono all’assicurato di effettuare una completa revisione dell’impianto dopo un determinato numero di anni e di stipulare un contratto di manutenzione con specifiche caratteristiche, in difetto dei quali le cose assicurate vengono considerate a tutti gli effetti “non protette”, sono vessatorie, in quanto escludono il rischio garantito (vedasi anche: Cass. n. 9284 del 9/3/2005; Cass. n. 12804 del 29/5/2006). b) La nona sezione civile del Tribunale di Roma, con sentenza del 20 febbraio 2009 (in Leggi d’Italia banca dati, 2010), ha stabilito quanto

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segue. Nella clausola di un contratto di assicurazione che preveda una perizia contrattuale, con il deferimento ad un collegio di esperti di accertamenti da farsi in base a regole tecniche e con l’impegno ad accettarne le conclusioni come diretta espressione della volontà dei contraenti, è insita la temporanea rinunzia alla tutela giurisdizionale dei diritti nascenti dal rapporto contrattuale, nel senso che, prima e durante il corso della procedura contrattualmente prevista, le parti stesse non possono proporre davanti al giudice le azioni derivanti dal suddetto rapporto, pur non avendo la clausola carattere compromissorio o, comunque, derogativo della competenza del giudice ordinario. 2. Premio. Mancato pagamento. Clausola di regolazione del premio. Obbligo dell’assicurato di pagare il maggior premio. Risoluzione di diritto ex art. 1901, co. 3, c.c. Termine semestrale di decadenza di cui alla citata norma. La terza sezione civile della Suprema Corte, con una sentenza del 30 gennaio 2009 (in CED Cassazione, 2009), in materia di contratto di assicurazione con clausola di regolazione del premio, ha affermato che l’obbligo dell’assicurato di pagare il maggior premio, determinato in base ai dati successivamente comunicati, sorge nel momento in cui interviene l’indicazione degli elementi di variabilità, ed è, perciò, da tale momento che l’assicuratore può chiederne il pagamento, salvo l’effetto risolutivo del contratto dipendente dalla sua inerzia. (Nella specie la S.C., nel confermare la sentenza impugnata, ha affermato che il termine semestrale di decadenza di cui all’art. 1901, co. 3, c.c., decorreva dalla data di emissione dell’appendice di regolazione del premio, trattandosi di obbligazione non soggetta al termine di scadenza delle rate di premio fisso stabilite al momento della conclusione del contratto). (Rigetta, Trib. Cremona, 21 maggio 2003). 3. Contratto di assicurazione. Massimali. La prima sezione della Corte di Appello di Catania, con sentenza del 14 gennaio 2009 (in Leggi d’Italia banca dati, 2010), ha stabilito: ove deduca che la propria obbligazione indennitaria deve essere contenuta nei limiti del massimale, l’assicuratore della responsabilità civile automobilistica ha l’onere di fornire la prova del massimale; essendo il contratto di assicurazione soggetto alla forma scritta ad probationem, uniche prove ammesse sono quelle documentali, il giuramento e la confessione; non sono, invece, ammesse la prova testimoniale e quella presuntiva, tranne per la prova testimoniale in caso di perdita incolpevole del documento; pur in difetto di contestazione l’assicuratore non è dispensato dall’onere di provare il massimale, essendo tale onere pertinente a contratto, per il quale è

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richiesta la prova scritta ad probationem. Le dichiarazioni del difensore contenute in scritti non firmati dalla parte assistita valgono come semplici indizi e sono inidonee a provare il massimale. 4. Contratto di assicurazione. Surrogazione. Con sentenza del 20 gennaio 2009, n. 28834 (in Danno e Resp., 2009, 4, 458), la prima sezione della Corte di Cassazione ha affermato che la surrogazione dell’assicuratore nei diritti dell’assicurato (ex art. 1916 c.c.) realizza una successione a titolo particolare nel credito, trasferendo al primo tutti i diritti nascenti dal negozio concluso dal secondo con il responsabile del danno; nel caso di assicurazione di beni viaggianti l’assicuratore subentra in tutti i diritti riconosciuti alla sua controparte dal contratto di trasporto, compresi quelli non ancora esercitati dall’assicurato all’atto della surrogazione. 5. Contratto di assicurazione. Concorrenza sleale. La terza sezione della Corte d’Appello di Napoli, con sentenza del 23 marzo 2009 (in Leggi d’Italia banca dati, 2010), ha disposto: in materia di violazioni delle norme sulla tutela della concorrenza e del mercato di cui alla legge n. 287 del 1990 nell’ambito dei contratti di assicurazione, l’accertamento della violazione del principio di correttezza e buona fede da parte dell’assicuratore, ai fini della prescrizione, va riferito al momento della conclusione del contratto, ovvero al momento in cui il contraente (danneggiato) sia stato adeguatamente edotto delle circostanze relative all’illecito succitato. 6. Contratto di assicurazione. Condominio di edifici. La terza sezione civile della Corte di Cassazione, con sentenza n. 4245 del 20 febbraio 2009 (in Nuova Giur. Civ., 2009, 7-8, I, 661), ha disposto che nel caso di contratto di assicurazione stipulato dal condominio, in persona dell’amministratore, la circostanza che il condominio sia ente di gestione, privo di personalità giuridica, non comporta che ciascun condomino possa agire, nel proprio interesse, nei confronti dell’assicuratore, spettando all’amministratore la rappresentanza del condominio contraente della polizza nell’interesse di tutti i condomini (Rigetta, App. Ancona, 31/05/2004).

B) ASSICURAZIONE CONTRO I DANNI 7. Assicurazione contro i danni in genere. a) La seconda sezione civile della Corte d’Appello di Firenze, con sentenza del 19 gennaio 2009

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(in Leggi d’Italia banca dati, 2010) ha stabilito che nell’assicurazione della responsabilità civile, l’obbligazione dell’assicuratore al pagamento dell’indennizzo all’assicurato, è autonoma e distinta dall’obbligazione risarcitoria dell’assicurato verso il danneggiato e ciò anche nell’eventualità in cui l’indennità venga pagata – materialmente – direttamente al terzo ai sensi dell’art. 1917, co. 2, c.c. b) La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza del 23 marzo 2009 (in Leggi d’Italia banca dati, 2010), ha stabilito che, in tema di assicurazione danni, nessun particolare rilievo riveste la perizia assicurativa, poiché l’efficacia della stessa non si estende alla veridicità del relativo contenuto. La perizia attesta unicamente la rispondenza formale tra quanto dichiarato dall’assicurato e quanto da quest’ultimo unilateralmente documentato. Nel caso di specie, la Corte ha confermato la statuizione del primo giudice in quanto, in concreto, nulla è stato provato dall’appellante a fondamento della domanda risarcitoria in oggetto, sia sotto il profilo strettamente di fatto ovvero tra la reale verificazione del sinistro e la quantificazione del danno, sia sotto il profilo giuridico della sussistenza delle condizioni previste dalla polizza. 8. Assicurazione della responsabilità civile in genere. Azione del danneggiato in genere. La terza sezione civile della Corte di Cassazione, con sentenza del 17 marzo 2009, n. 6429 (in Resp. Civ. on line, 2009), ha stabilito quanto segue. In tema di assicurazione della responsabilità civile, nell’ipotesi di azione proposta dal danneggiato contro l’assicurato e di azione di garanzia proposta da questo nei confronti dell’assicuratore, quest’ultimo non è parte nel rapporto processuale relativo alla prima causa, che rimane del tutto distinta dalla prima. Ne consegue che, se a seguito delle ammissioni rese dal danneggiante, il giudice di merito – con congrua motivazione non censurabile in cassazione – reputa sussistenti i presupposti della responsabilità, la compagnia assicuratrice condannata a tenerlo indenne non può denunciare la violazione della normativa in tema di confessione giudiziale, poiché tra assicuratore e assicurato valgono le regole convenzionali del contratto. (Nella specie, relativa a responsabilità professionale di un avvocato, la S.C. nel confermare la condanna dell’assicuratore, ha precisato che questi era obbligato, in forza della denuncia del sinistro e della garanzia del rischio assunta verso il proprio assicurato). 9. Assicurazione della responsabilità civile in genere. Responsabilità professionale. a) In tema di responsabilità professionale, la terza sezione civile della Corte di Cassazione, con sentenza n. 6429 del 17 marzo 2009

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(in Nuova Giur. Civ., 2009, 10, I, 974), ha affermato che sussiste l’obbligo di manleva in capo alla compagnia assicuratrice, anche se esiste una dichiarazione confessoria in cui il legale ammette il suo errore nei confronti del cliente. L’assicurazione, infatti, non è litisconsorte nell’azione promossa dal cliente contro il proprio avvocato, ma parte di un diverso rapporto di garanzia assicurativa, nascente dal contratto di assicurazione. Pertanto nei rapporti tra assicuratore e assicurato valgono le regole convenzionali del contratto, che prevedono la denuncia del sinistro e, in base all’art. 1917 c.c., la garanzia del rischio da responsabilità professionale. b) La terza sezione civile della Cassazione, con sentenza n. 2460 del 30 gennaio 2009 (in Danno e Resp., 2009, 4, 459), ha stabilito che, salva espressa esclusione, l’assicurazione per responsabilità professionale del dottore commercialista copre anche il rischio derivante dall’esercizio colposo delle funzioni di curatore fallimentare. L’assunzione della carica di curatore fallimentare, particolare ausiliario di giustizia, e l’espletamento delle relative attività rientra tra quelle specificamente previste dalla legge per i commercialisti, in quanto il professionista intellettuale non esaurisce necessariamente la propria attività professionale nell’ambito tratteggiato dalle disposizioni codicistiche (artt. 2227, 2228, 2229, 2230 c.c.) relative al contratto di prestazione d’opera, ma continua a restare un professionista privato anche quando, nell’ambito di tale attività, espleta un incarico giudiziario (curatore fallimentare, notaio delegato allo scioglimento delle divisioni, consulente tecnico d’ufficio) in relazione al quale svolge pubblici poteri. 10. Assicurazione contro i danni in genere. Surrogazione. La terza sezione civile della Corte di Cassazione, con sentenza n. 1336 del 20 gennaio 2009 (in Giur. it., 2009, 8-9, 1906), ha stabilito che, con riguardo all’assicurazione contro i danni, all’assicuratore che si sia surrogato nei diritti dell’assicurato spetta anche la svalutazione monetaria, integrando la surrogazione una successione a titolo particolare nel credito dell’assicurato che è debito di valore. 11. Assicurazione contro i danni. Incendi. La terza sezione civile della Cassazione, con sentenza n. 4245 del 20 febbraio 2009 (in Resp. Civ. on line 2009), ha affermato che nel caso in cui un condominio stipuli un contratto di assicurazione per i danni da incendio, il condomino che abbia sofferto danni al proprio immobile e abbia provveduto a riparare le parti condominiali danneggiate non è legittimato ad agire in proprio nei confronti della compagnia assicuratrice, poiché la rappresentanza spetta comunque all’amministratore.

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C) ASSICURAZIONE OBBLIGATORIA R.C. AUTO 12. Circolazione stradale. Assicurazione obbligatoria. La quarta sezione della Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 7 gennaio 2009 (in Leggi d’Italia banca dati, 2010), ha stabilito che le aree private nell’ambito delle quali è applicabile la normativa della assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, sono quelle in cui la circolazione è consentita ad una cerchia indeterminata di persone diverse dai titolari dei diritti sulle aree medesime. 13. Circolazione stradale in genere. La dodicesima sezione del Tribunale di Roma, con sentenza del 14 gennaio 2009 (in Leggi d’Italia banca dati, 2010), ha stabilito che nei confronti dell’assicurazione il modulo di Constatazione Amichevole di Incidente, il c.d. “C.I.D.”, completo e sottoscritto da entrambe le parti nella immediatezza del fatto genera una presunzione iuris tantum di svolgimento della modalità del sinistro così come indicate nel modulo, la quale può essere superata dall’assicuratore con qualsiasi altro mezzo di prova, atto a convincere il giudice che il sinistro non si sia mai verificato, o che si sia verificato secondo modalità diverse. 14. Assicurazione obbligatoria autoveicoli. Responsabilità civile. Azione contro il proprietario e il conducente. Azione di responsabilità aquiliana ai sensi dell’art. 2054 c.c. nei confronti del proprietario del veicolo danneggiante e dell’assicuratore di questo. La terza sezione civile della Corte di Cassazione, con sentenza del 13 febbraio 2009, n. 3547 (in CED Cassazione, 2009), ha stabilito quanto segue. In tema di assicurazione obbligatoria per i sinistri stradali, nel caso in cui il danneggiato abbia promosso azione di responsabilità aquiliana ai sensi dell’articolo 2054 c.c. nei confronti del proprietario del veicolo danneggiante e dell’assicuratore di questo, entrambi stranieri, senza esercitare l’azione diretta nei confronti dell’Ufficio Centrale Italiano (U.C.I.) prevista dall’articolo 6 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, come modificato dall’articolo 1 della legge 7 agosto 1990, n. 242 – “ratione temporis” vigente –, sussiste nullità radicale del procedimento e della sentenza qualora l’atto di citazione sia stato notificato ai suddetti convenuti nel domicilio legale dell’U.C.I., invece che a norma dell’art. 142 c.p.c. La notificazione in tal modo eseguita, poiché indirizzata in altro luogo, che nessuna relazione ha con i destinatari dell’atto, deve, infatti, ritenersi inesistente e come tale inidonea ad instaurare un valido rapporto processuale tra le parti (Cassa senza rinvio, Giud. pace Perugia, 31 marzo 2004).

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15. Circolazione stradale. Autoveicoli, ciclomotori, cicli e veicoli in genere. Responsabilità civile in genere. Il Tribunale di Palermo, sezione terza, con sentenza del 2 marzo 2009 (in Leggi d’Italia banca dati, 2010), ha ritenuto che l’azione proposta per il risarcimento dei danni derivanti dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, per i quali vi è obbligo di assicurazione, può essere proposta solo dopo che siano decorsi sessanta giorni, ovvero novanta in caso di danno alla persona, decorrenti da quello in cui il danneggiato abbia chiesto all’impresa assicuratrice il risarcimento del danno a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, anche se inviata per conoscenza. 16. Circolazione stradale in genere. Impugnazioni civili. Cause scindibili e inscindibili. Assicurazione obbligatoria della R.C.A. di cui alla legge 990 del 1969. La terza sezione civile della Suprema Corte, con sentenza n. 5737 del 10 marzo 2009 (in CED Cassazione, 2009), ha affermato che, in tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore o dei natanti, qualora il danneggiato evochi in giudizio l’assicuratore ed il responsabile assicurato proponendo domande risarcitorie nei confronti di entrambi, le domande medesime si trovano in rapporto di connessione e dipendenza reciproche, trovando entrambe presupposti comuni nell’accertamento della responsabilità dell’assicurato, con la conseguenza che l’impugnazione della sentenza per un capo attinente a detti presupposti comuni, da qualunque parte ed in confronto di qualsiasi parte proposta, impedisce il passaggio in giudicato dell’intera pronuncia con riguardo a tutti i litisconsorti (Cassa con rinvio, App. Milano, 21/01/2003). 17. Circolazione. Assicurazione obbligatoria. Risarcimento del danno. Azione per il risarcimento del danno. Obbligazione dell’assicuratore ex art. 1917 c.c. Debito di valuta. Imputabilità all’assicuratore del ritardo nella liquidazione del danno al danneggiato. Pagamento del risarcimento da parte dell’assicurato. Obbligo dell’assicuratore di indennizzare l’assicurato della svalutazione monetaria. La terza sezione civile della Corte di Cassazione, con sentenza n. 6155 del 13 marzo 2009 (in CED Casazione, 2009), ha stabilito quanto segue. Nell’assicurazione della responsabilità civile, l’obbligazione dell’assicuratore ex art. 1917 c.c. dà luogo ad un credito di valuta e non di valore, il quale sorge quando sia divenuto liquido ed esigibile il debito dell’assicurato nei confronti del danneggiato; tuttavia l’assicurato, che a causa del ritardo nella liquidazione del danno debba pagare al terzo danneggiato una somma maggiore di quella che avrebbe corrisposto all’epoca del sinistro, va indennizzato del danno derivante dalla svalutazione moneta-

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ria causata dal ritardo nella liquidazione, anche oltre i limiti del massimale. È però necessario, al fine di far valere la responsabilità dell’assicuratore oltre il massimale, che l’assicurato ne faccia esplicita tempestiva richiesta, non potendo la relativa domanda ritenersi implicita nella chiamata in causa dell’assicuratore da parte dell’assicurato nel corso del giudizio instaurato dal terzo danneggiato, né potendo tale domanda essere proposta per la prima volta in appello (Rigetta, App. Catania, 11/09/2004). 18. Circolazione. Assicurazione obbligatoria. Obbligo dell’assicuratore. Soggetti. Legge 990 del 1969. Modifiche apportate all’art. 1, co. 2, del d.l. n. 857 del 1976 conv. in legge n. 39 del 1977. Estensione dell’assicurazione ai terzi trasportati su veicoli destinati al trasporto di cose. Le Sezioni Unite della Suprema Corte, con sentenza del 16 marzo 2009, n. 6316 (in Mass. Giur. it., 2009), hanno stabilito che, in tema di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, la modifica apportata dal d.l. 23 dicembre 1976, n. 857 (convertito nella legge 26 febbraio 1977, n. 39) al secondo comma dell’art. 1 della legge 24 dicembre 1969, n. 990 ha introdotto – in base ad un’interpretazione compatibile con le direttive comunitarie in materia e che tenga conto dell’evoluzione giurisprudenziale relativa all’art. 2054 c.c. – la regola generale dell’estensione dell’assicurazione stessa ai danni prodotti alle persone dei trasportati, già prima dell’entrata in vigore dell’ulteriore modifica introdotta dalla legge 19 febbraio 1992, n. 142. Ne consegue che, nel menzionato periodo, risultano coperti dall’assicurazione obbligatoria anche i danni sofferti dai soggetti trasportati su veicoli destinati al trasporto di cose, che viaggino nella parte progettata e costruita con posti a sedere per passeggeri (Cassa con rinvio, App. Milano, 19/11/2002). 19. Assicurazione della responsabilità civile. Alienazione, cessione o locazione del mezzo assicurato. La seconda sezione civile della Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 29 gennaio 2009 (in Leggi d’Italia banca dati, 2010), ha ritenuto, in tema di contratto di assicurazione, che, ai sensi dell’art. 1918 c.c., l’alienazione delle cose assicurate comporta il passaggio al compratore dei diritti derivanti dal contratto di assicurazione stipulato dal venditore a copertura dei rischi (Cass. n. 2746/1998).

D) ASSICURAZIONI SOCIALI 20. Previdenza. Obbligo e diritto alle assicurazioni. Contributi indebitamente versati. Accreditamento ex art. 8 d.P.R. n. 818 del 1957.

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Condizioni. Esistenza dei presupposti per la costituzione di un valido rapporto assicurativo. La Cassazione civile, sezione lavoro, con sentenza n. 64 del 7 gennaio 2009 (in CED Cassazione, 2009), ha stabilito che la disposizione contenuta nell’art. 8 d.P.R. 26 aprile 1957 n. 818 (secondo la quale debbono essere accreditati agli effetti del diritto alle prestazioni assicurative i contributi indebitamente versati allorché l’accertamento dell’indebito versamento intervenga dopo oltre cinque anni) ha carattere eccezionale e presuppone, per la sua applicabilità, l’esistenza di un valido rapporto di assicurazione generale obbligatoria con l’Inps, nonché di un rapporto di lavoro assicurabile. Ne consegue che tale accreditamento va escluso ove l’INPS abbia annullato i contributi della gestione commercianti a seguito della cancellazione dell’interessato dalla Camera di Commercio per il periodo in cui aveva svolto attività subordinata, con conseguente mera duplicazione della contribuzione (ed obbligo di restituzione di quelli indebitamente versati), dovendosi ritenere l’inesistenza, in detto periodo, di un valido rapporto di lavoro autonomo. (Rigetta, App. Perugia, 8 giugno 2004). 21. Infortuni sul lavoro. Assicurazione infortuni. Soggetti obbligati. Il Tribunale di Roma, con sentenza del 8 gennaio 2009 (in Leggi d’Italia banca dati, 2010), ha stabilito: in tema di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, l’esonero del datore di lavoro dalla responsabilità civile per i danni occorsi al lavoratore infortunato e la limitazione dell’azione risarcitoria di questi al cosiddetto danno differenziale nell’ipotesi di esclusione di questo esonero per la presenza di responsabilità di rilievo penale riguarda solo le componenti del danno coperte dall’assicurazione obbligatoria. 22. Infortuni sul lavoro. Responsabilità civile del datore di lavoro per fatto del dipendente. Colpa. Concorso di colpa del danneggiato. La terza sezione civile della Corte d’Appello di Bologna, con sentenza del 26 gennaio 2009 (in Leggi d’Italia banca dati, 2010), ha disposto quanto segue. In ipotesi di infortunio sul lavoro, il caso del c.d. “rischio elettivo” idoneo ad interrompere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento, ricorre solo quando, la condotta del dipendente presenti i caratteri della abnormità, inopinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute, come pure della atipicità ed eccezionalità, così da porsi come causa esclusiva dell’evento. (Nel caso di specie, tenute presenti le concrete risultanze istruttorie, la Corte ha respinto l’eccezione in tal senso avanzata dalla datrice di lavoro e della sua assicurazione per la responsabilità civile, in quanto è risultato che

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l’infortunato, nonostante si fosse ingerito in un’attività, di manutenzione, estranea alle sue mansioni di impiegato di primo livello, era solito, con la piena conoscenza del datore di lavoro, effettuare operazioni manuali di manutenzione in conseguenza del frequente inceppamento di un certo macchinario, e tenuto conto altresì dell’esiguo numero di dipendenti; l’infortunato è stato pertanto ammesso al passivo del Fallimento della datrice di lavoro – nel frattempo fallita – in via privilegiata ex art. 2767 c.c.). 23. Lavoro e previdenza. Il Tribunale di Genova, con sentenza del 28 gennaio 2009 (in Leggi d’Italia banca dati, 2010), ha stabilito che l’applicazione del disposto di cui all’art. 1304, co. 1, c.c. è limitata all’obiettiva sussistenza di diverse obbligazioni tra loro legate dal vincolo della solidarietà, vincolo che non ricorre, in tema di contenzioso di lavoro, tra il debito risarcitorio datoriale per danno biologico e quello che discende dal sistema di assicurazione obbligatoria infortuni e malattie professionali. 24. Previdenza sociale. Contributi in genere. La quarta sezione del Consiglio di Stato, con sentenza del 12 febbraio 2009, n. 762 (in Leggi d’Italia banca dati, 2010), ha affermato che va riconosciuto agli ex dipendenti di enti mutualistici soppressi, transitati al Servizio Sanitario Nazionale, il diritto alla restituzione della quota di contributi dagli stessi versati ai fondi previdenziali integrativi dell’assicurazione generale obbligatoria previsti dai rispettivi regolamenti per il trattamento di previdenza e quiescenza. 25. Previdenza sociale. Lavoratori all’estero. Assicurazione per l’invalidità, vecchiaia e superstiti. Contributi. Ricongiunzione dei periodi assicurativi. La sezione lavoro della Suprema Corte, con una sentenza del 13 febbraio 2009, n. 3676 (in CED Cassazione, 2009), ha stabilito questo: in base all’art. 5, co. 2, del d.P.R. n. 488 del 1968, come interpretato autenticamente dall’art. 1, co. 777, della legge n. 296 del 2006 – che ha superato il vaglio di legittimità costituzionale a seguito della sentenza n. 172 del 2008 della Corte costituzionale – in ipotesi di trasferimento presso l’assicurazione generale obbligatoria italiana dei contributi versati ad enti previdenziali di Paesi esteri in conseguenza di convenzioni ed accordi internazionali di sicurezza sociale, la retribuzione pensionabile relativa ai periodi di lavoro svolto nei Paesi esteri è determinata in conformità dei criteri stabiliti dalla anzidetta disposizione, anche se più sfavorevoli di quelli del Paese nel quale la retribuzione è stata effettivamente per-

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cepita dal lavoratore (nella specie, Svizzera), e ciò al fine di rendere omogeneo al sistema italiano il rapporto tra retribuzione pensionabile e contributi versati (Rigetta, App. Lecce, 30/10/2003). 26. Previdenza sociale. INPS. Il Tribunale di Milano, con sentenza del 24 febbraio 2009 (in Leggi d’Italia banca dati, 2010), ha stabilito che, con riferimento all’attività di colui che nell’ambito di una società di capitali svolga attività di socio e di amministratore, è onere dell’Inps individuare l’iscrizione all’assicurazione corrispondente all’attività prevalente attesa l’incompatibilità della coesistenza delle due corrispondenti iscrizioni. 27. Infortuni sul lavoro. Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. La sezione civile della Suprema Corte, con sentenza n. 5212 del 4 marzo 2009 (in Mass. Giur. it., 2009), ha stabilito quanto segue. Con riferimento ai rapporti di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali relativi a dipendenti dell’Ente Poste Italiane, ove il lavoratore denunci una malattia conseguente ad un evento dannoso (nella specie, una rapina) verificatosi anteriormente al 31 dicembre 1998, legittimato passivo in ordine alla domanda giudiziale di rendita proposta successivamente a tale data (ed eventualmente onerato alla relativa prestazione) è l’INAIL e non l’Ente (o la società) Poste Italiane, trattandosi di evento morboso non ancora definito all’atto della trasformazione dell’Ente Poste Italiane in società per azioni e, quindi, posto a carico dell’INAIL ai sensi dell’art. 53, co. 7, della legge n. 449 del 1997 (Cassa con rinvio, App. Lecce, 14/03/2005). 28. Previdenza. Impresa e imprenditore. La terza sezione della Corte di Giustizia Europea, con sentenza n. 350/07 del 5 marzo 2009 (in Foro it., 2009, 10, 4, 445), ha disposto che gli artt. 81 CE e 82 CE devono essere interpretati nel senso che un ente come la cassa previdenziale di categoria, cui le imprese operanti in un ramo di attività e in un ambito geografico determinati sono obbligate ad iscriversi a titolo di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, non costituisce un’impresa ai sensi di tali disposizioni, bensì adempie ad una funzione di carattere esclusivamente sociale, in quanto un siffatto organismo opera nell’ambito di un regime attuativo del principio di solidarietà ed è soggetto al controllo dello Stato, circostanze che spetta al giudice del rinvio verificare. 29. Infortuni sul lavoro. Indennità o rendita ai superstiti. Questioni di legittimità costituzionale. Con sentenza n. 86 del 27 marzo 2009 (in

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Dir. e Pratica Lav., 2009, 17, 1024), la Corte Costituzionale ha sancito che è costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 30 Cost., l’art. 85, co. 1, numero 2, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), nella parte in cui, nel disporre che, nel caso di infortunio mortale dell’assicurato, agli orfani di entrambi i genitori spetta il quaranta per cento della rendita, esclude che essa spetti nella stessa misura anche all’orfano di un solo genitore naturale (in favore del quale è previsto soltanto il venti per cento della rendita stessa).

II. BANCA Sommario: A) L’impresa bancaria: profili generali. – 30. Attività bancaria e finanziaria. – 30.1. Abusiva prestazione di servizi di pagamento. – 31. Fondazioni bancarie. – 31.1. Natura di impresa della fondazione bancaria partecipante una società bancaria. – 31.2. Assenza della sottoscrizione del presidente della fondazione bancaria nei verbali del consiglio di amministrazione. – 32. Vigilanza. – 32.1. Nozione di credito oggetto di obbligatoria segnalazione alla Centrale dei rischi. – B) La crisi dell’impresa bancaria. – 33. Liquidazione coatta amministrativa. Accertamento dello stato di insolvenza. – 34. Liquidazione coatta amministrativa. Trasferimenti «aggregati» e successione a titolo particolare. – C) Depositi bancari. – 35. Deposito bancario. Ammissibilità della revocatoria fallimentare. – D) Titoli di credito bancari. – 36. Risarcimento del danno da illegittimo protesto di assegno bancario. Criteri per la liquidazione: gravità della lesione e non futilità del danno: sussistenza. – 37. Assegno bancario privo di data: nullità. Equivalenza con la promessa di pagamento ex art. 1988 c.c.: sussistenza. – 38. Assegno bancario; falsificazione; onere della prova della falsificazione a carico del traente: sussistenza. Onere della prova a carico della banca della non rilevabilità della falsificazione nonostante la dovuta diligenza: sussistenza. – 39. Pagamento con assegno circolare “trasferibile” in luogo dei contanti. Momento di estinzione dell’obbligazione: disponibilità giuridica della somma: sussistenza. – E) I crediti speciali. – 40. Credito fondiario e mutuo di scopo. – 41. Concessione di mutui decennali per danni alle colture: requisiti in relazione ai danni subiti.

A) L’impresa bancaria: profili generali 30. Attività bancaria e finanziaria. 30.1. Abusiva prestazione di servizi di pagamento. Cass., 4 febbraio 2009, n. 23996 (in CED Cass. pen., 2009) si pronuncia in materia di esercizio abusivo di attività finanziaria ai sensi delle precedenti versioni degli artt. 106 e 132 t.u.b.. In precedenza, l’art. 106, co. 1, prevedeva che «l’esercizio nei confronti del pubblico delle attività di (…) prestazione di servizi di pagamento» fosse «riservato a interme-

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diari finanziari iscritti in un apposito elenco tenuto dall’UIC», mentre l’art. 132 prevedeva alcune sanzioni penali a carico di chiunque svolgesse, «nei confronti del pubblico, una o più delle attività finanziarie previste dall’art. 106, comma 1, senza essere iscritto nell’elenco previsto dal medesimo articolo». A seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 11/2010 di attuazione della direttiva 2007/64/CE (c.d. Payment Services Directive o PSD), l’esercizio nei confronti del pubblico dei servizi di pagamento non è più riservato ad intermediari finanziari iscritti nell’elenco ex art. 106 (oggi tenuto dall’ufficio informazione finanziaria della Banca d’Italia a seguito della soppressione dell’UIC), ma è riservato a banche, istituti di moneta elettronica ed istituti di pagamento iscritti nei relativi albi di cui agli artt. 13, 114-bis e 114-septies, ed è previsto che chi presta servizi di pagamento senza autorizzazione è punito ai sensi dell’art. 131-ter e non più ai sensi dell’art. 132. Detto questo per dovere di completezza, la sostanza della pronuncia in commento rimane comunque attuale. Il giudice di legittimità si occupa infatti di una persona fisica iscritta all’ISVAP che esercitava nei confronti del pubblico un’attività di rilascio di fideiussioni a garanzia dell’adempimento di obbligazioni contrattuali dei propri clienti. Secondo la Suprema Corte, l’attività di rilascio di fideiussioni – in quanto attività di assunzione di obblighi di pagamento da parte di un terzo a garanzia di debiti dei debitori principali – è configurabile come mediazione finanziaria e, quindi, come manifestazione dell’attività di prestazione di servizi di pagamento, espressamente contemplata dall’art. 106 nella sua vecchia versione, vigente ratione temporis. La Suprema Corte argomenta infatti che la circostanza che il pagamento fosse eventuale (in quanto sarebbe ordinariamente avvenuto solo in caso di mancato pagamento dell’obbligazione da parte del debitore principale) non assumeva rilevanza. E aggiunge inoltre che, ai fini della destinazione al pubblico dell’offerta del servizio, non rilevava nemmeno il limitato profilo quantitativo, in quanto si è ritenuto sufficiente che l’offerta fosse qualitativamente rivolta ad un numero di soggetti non determinato (la circostanza risultava infatti dal caso di specie e la Corte ne ha tenuto conto per aderire a consolidati orientamenti giurisprudenziali recati, ex multis, da Cass, 3 giugno 2002, n. 36051). La condotta del soggetto imputato era quindi nel senso di integrare il fatto tipico previsto dalla norma penale, non rilevando – secondo quanto eccepito dall’imputato – l’iscrizione all’ISVAP, la quale abilita l’iscritto all’esercizio delle attività proprie delle imprese di assicurazione e non anche all’esercizio nei confronti del pubblico delle attività di prestazione di servizi di pagamento.

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31. Fondazioni bancarie. 31.1. Natura di impresa della fondazione bancaria partecipante una società bancaria. Cass. SS.UU., 22 gennaio 2009, n. 1576 (in Foro it., 2009, III, 656), Cass. SS.UU., 22 gennaio 2009, n. 1577 (in Foro it., 2009, III, 656) e Cass. SS.UU., 22 gennaio 2009, n. 1579 (in Giur. comm., 2009, V, 893) – nel riprendere quanto già statuito da Cass., 31 luglio 2007, n. 16927 (in Rep. Foro it., 2007, voce Banca, credito e risparmio, n. 120 e in Fisco, 2007, I, 5228) – affermano che le fondazioni di origine bancaria che detengono una partecipazione anche non qualificata in una società bancaria devono necessariamente ritenersi degli enti aventi natura di impresa, ed aggiungono che la natura di impresa delle fondazioni bancarie deve essere esclusa nella sola ipotesi in cui le partecipazioni bancarie siano state interamente dismesse e i proventi della dismissione siano stati destinati a fini di utilità sociale. La nozione di impresa utilizzata dalla Suprema Corte deriva dal diritto comunitario in materia di concorrenza. La giurisprudenza comunitaria di riferimento (Corte Giust. CEE, 21 novembre 1991, C-354/90 e 10 gennaio 2006, C-222/4) afferma che qualunque influenza su una società bancaria partecipata comporta per l’ente partecipante la necessaria qualifica di impresa ai fini del diritto comunitario della concorrenza: ne segue la necessaria illegittimità degli aiuti di Stato concessi in favore di tali enti. Nei casi di specie, il problema della natura imprenditoriale o meno della fondazione bancaria è affrontato dal giudice di legittimità in relazione all’art. 6, d.P.R. n. 601/1973, che, nell’ambito della generale disciplina sulle agevolazioni tributarie, dispone la riduzione alla metà dell’imposta sul reddito di alcune persone giuridiche: tra le persone giuridiche beneficiarie, vengono incluse le fondazioni. Il giudice di legittimità argomenta che la ratio della disposizione è quella di concedere un beneficio fiscale eccezionale a tutti quegli enti che perseguano finalità di utilità sociale. Sulla scorta del principio del primato del diritto comunitario sul diritto nazionale, la Suprema Corte qualifica l’agevolazione tributaria prevista dall’art. 6 come un aiuto di Stato e le fondazioni bancarie partecipanti al capitale di un banca come enti aventi natura di impresa. Sulla scorta di ciò, l’accesso al beneficio fiscale da parte di tali fondazioni deve essere escluso. Solo in caso di totale dismissione delle partecipazioni nelle banche, può essere effettivamente escluso un concorso nell’esercizio dell’impresa bancaria; solo in questo caso, allora, potrà essere accertata la natura non imprenditoriale della fondazione bancaria e, dunque, la possibilità di beneficiare dell’agevolazione tributaria. D’altra parte, i giudici di legittimità argomentano che gli enti conferenti le aziende bancarie risultanti dalla c.d.

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riforma Amato hanno svolto essenzialmente o prevalentemente una vera e propria attività di gestione pubblica dell’impresa bancaria privatizzata. Nella volontà del legislatore, le caratteristiche di tali enti non si conciliano con quelle di enti di beneficenza in senso proprio o esclusivo. Sul piano processuale, questa inconciliabilità si risolve in una presunzione legale di svolgimento di attività bancaria, superabile soltanto se si dimostra che un ente conferente privilegia, rispetto al governo dell’azienda bancaria, la realizzazione di scopi sociali. Secondo l’impostazione della Suprema Corte, questo avviene solo in caso di totale dismissione delle partecipazioni nella banca. 31.2. Assenza della sottoscrizione del presidente della fondazione bancaria nei verbali del consiglio di amministrazione. Cass., 17 marzo 2009, n. 6444 (in Giust. civ. Mass., 2009, III, 465) si pronuncia in ordine alla rilevanza della sottoscrizione del presidente di una fondazione bancaria nei verbali del consiglio di amministrazione. Nella vicenda sottostante, una banca cita in giudizio una fondazione bancaria per domandare l’accertamento della risoluzione per inadempimento di un contratto di compravendita avente per oggetto il trasferimento dalla fondazione alla banca della proprietà di azioni di una ulteriore banca. A seguito dell’accoglimento dell’azione da parte del Tribunale di Savona, la Corte d’Appello di Genova ha affermato che il contratto di compravendita era da considerarsi non tanto risolto per inadempimento della fondazione venditrice, quanto più propriamente nullo in quanto concluso materialmente dal presidente (e dunque legale rappresentante pro tempore) della fondazione sulla base di una precedente delibera del consiglio di amministrazione, da considerarsi giuridicamente inesistente in quanto il relativo verbale recava la sottoscrizione del segretario, ma era privo della sottoscrizione del presidente, seguendone la nullità del successivo contratto di compravendita. Chiamata a decidere sul ricorso per cassazione, la Suprema Corte ha stabilito che è vero che le delibere del consiglio di amministrazione delle fondazioni bancarie devono essere verbalizzate e sottoscritte tanto dal segretario quanto dal presidente; tuttavia, mentre la sottoscrizione del segretario è essenziale (secondo un principio generale valevole per gli organi collegiali di enti pubblici e privati), la sottoscrizione del presidente non incide sulla esistenza giuridica del verbale. Il motivo è da ravvisarsi nella circostanza che la sottoscrizione del verbale da parte del presidente dell’organo collegiale non implica l’assunzione della paternità dell’atto, ma attiene al solo controllo della fedeltà e della completezza della verbalizzazione. Ne segue che, in mancanza di una specifica indicazione di segno contrario contenuta nello statuto, la man-

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cata sottoscrizione del verbale del consiglio di amministrazione da parte del presidente può incidere sulla validità dell’atto solo se la carenza di sottoscrizione è la manifestazione del dissenso del presidente in ordine all’effettiva corrispondenza tra quanto verbalizzato e quanto accaduto nella sede collegiale, gravando ovviamente su chi eccepisce tale difformità l’onere di allegare le ragioni dell’omessa sottoscrizione. 32. Vigilanza. 32.1. Nozione di credito oggetto di obbligatoria segnalazione alla Centrale dei rischi. L’art. 51 t.u.b. impone alle banche di inviare alla Banca d’Italia le segnalazioni periodiche secondo le modalità e nei termini da essa stabiliti. La circolare della Banca d’Italia n. 139/1991 contiene le istruzioni per gli intermediari creditizi in materia di segnalazioni alla Centrale dei rischi. La circolare obbliga le banche ad effettuare in favore della Banca d’Italia una segnalazione mensile avente per oggetto le posizioni di rischio di ciascun cliente e, in sostanziale contropartita, impone alla Banca d’Italia di comunicare alle banche, per ogni nominativo ricevuto, la posizione globale di rischio nei confronti dell’intero sistema creditizio: le posizioni di rischio oggetto di segnalazione si identificano sostanzialmente con quei crediti vantati dalla banca verso il cliente che superino i cc.dd. limiti di censimento indicati dalle stesse istruzioni della Banca d’Italia: tra di essi, vanno sinteticamente annoverati i crediti di ammontare superiore alle soglie monetarie stabilite dalla Banca d’Italia e i cc.dd. «crediti in sofferenza». In materia di segnalazione alla Centrale dei rischi, si pone tradizionalmente il problema di stabilire non tanto cosa si intenda per crediti di ammontare superiore alle soglie monetarie, quanto cosa si intenda per «crediti in sofferenza». Le pronunce giurisprudenziali si occupano solitamente del problema da due angoli visuali contrapposti. Alcune stabiliscono quando un credito è oggetto di obbligatoria segnalazione e quindi si occupano di fissare “in positivo” il perimetro dello spazio valutativo della banca. Altre stabiliscono quando un credito è stato oggetto di illegittima segnalazione e quindi si occupano di stabilire “in negativo” i limiti di quello spazio di valutazione. Nel periodo in rassegna, merita rammentare la riconducibilità al secondo tipo di pronunce di Trib. Trapani, 20 gennaio 2009 (in Redazione Giuffrè, 2009), che – nel riprendere quanto già affermato da Trib. Bologna, 11 luglio 2007 (in Guida al diritto, 2007, XXXVII, 67) – conferma che la segnalazione alla Centrale dei rischi non è oggetto di una facoltà, ma di un espresso obbligo giuridico e che, se la segnalazione è effettuata in assenza dei previsti presupposti, diviene illegittima e costituisce fonte di

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responsabilità civile verso il cliente irregolarmente segnalato. Nel caso di specie, il giudice di merito richiama il dato testuale delle istruzioni della Banca d’Italia in materia di segnalazione alla Centrale dei rischi e, con riferimento all’indicazione dei criteri di garanzia a tutela della clientela debitrice, afferma che l’appostazione a sofferenza di un credito implica una valutazione da parte dell’intermediario della complessiva situazione finanziaria del cliente, che non può scaturire automaticamente né da un mero ritardo di quest’ultimo nel pagamento del debito né dall’inadempimento di una singola rata. Sulla medesima scia, Cass., 1 aprile 2009, n. 7958 (in Diritto & Giustizia, 2009, in Guida al diritto, 2009, XVI, 58, n. Sacchettini, e in Giust. civ. Mass., 2009, IV, 561) conferma che la segnalazione non può scaturire da un mero ritardo del cliente nel pagamento del debito e che, ai fini della legittima segnalazione, nessun rilevo assume la manifestazione da parte del cliente dell’intenzione di non adempiere, se giustificata da una seria contestazione del titolo del credito vantato dalla banca.

B) La crisi dell’impresa bancaria 33. Liquidazione coatta amministrativa. Accertamento dello stato di insolvenza. Cass., 21 aprile 2006, n. 9408 (in Banca, borsa, tit. cred., 2008, II,) ha affrontato il problema dell’accertamento dello stato di insolvenza di un impresa bancaria sottoposta alla procedura di liquidazione coatta amministrativa. In particolare, il giudice di secondo grado aveva accertato lo stato di insolvenza della banca, già in amministrazione straordinaria, sulla base della situazione patrimoniale redatta dai commissari straordinari alla data del 31 dicembre 1996, su situazioni previsionali che chiudevano in perdita, con conseguente relazione finale della Banca d’Italia del 21 giugno 1996. La parte ricorrente lamentava la mancata presa in esame della situazione patrimoniale alla data della messa in l.c.a. (6 marzo 1997), e denunciava la violazione dell’art. 82 d.lgs. n. 385/93, dell’art. 5 l.fall., in materia di accertamento dello stato di insolvenza e delle disposizioni contenute nell’art. 2697 c.c. e negli artt. 112, 115, 116, 61 c.p.c. Nello specifico, il ricorrente rilevava che nel periodo di amministrazione straordinaria la banca era stata in grado di mantenere in equilibrio i flussi di cassa in entrata ed in uscita ed era di conseguenza necessario stimare se le perdite si erano effettivamente verificate, attraverso l’ausilio di un c.t.u. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso poiché, in primo

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luogo, la valutazione dello stato di insolvenza si era basata non soltanto sulle relazioni redatte dai commissari straordinari in data anteriore rispetto all’emanazione del provvedimento di effettiva apertura della procedura di l.c.a., ma anche su accertamenti effettuati a tale data; inoltre, la Suprema Corte pone l’accento sul fatto che lo stato di insolvenza deve essere identificato, in mancanza di una specifica definizione contenuta nel t.u.b., nelle disposizioni nell’art. 5 l.fall. La Corte ha infine ritenuto infondato il motivo del ricorso legato alla necessità di nominare un c.t.u., ritenendo la consulenza tecnica un mezzo istruttorio e non una prova in senso stretto. 34. Liquidazione coatta amministrativa. Trasferimenti «aggregati» e successione a titolo particolare. Cass., 26 febbraio-17 aprile 2008, n. 10093 (in Altalex Massimario 36/2008) ha affermato – nell’ambito di una controversia avente ad oggetto l’estinzione di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo – che la cessione ad altra banca di attività e passività, aziende, rami d’azienda, beni e rapporti giuridici individuali in blocco, ai sensi e nel vigore dell’art. 90, co. 2 t.u.b., comporta, ove si determini liberazione dell’originario obbligato, un mutamento soggettivo del rapporto, qualificabile come successione a titolo particolare, come tale ricadente nella disciplina dell’art. 111 c.p.c., e non a titolo universale, atteso che detta cessione, per quanto possa segnare il passaggio della titolarità di un complesso di posizioni attive o passive, o anche dell’intera azienda, non determina il venir meno della banca cedente, né si correla ad alcun fatto estintivo, rimanendo la banca medesima in vita, pur se sottoposta alla procedura liquidatoria (in giurisprudenza cfr., tra le altre, Cass., SS.UU., n. 17586/2005; in dottrina, D. Vattermoli, Le cessioni «aggregate» nella liquidazione coatta amministrativa delle banche, Milano, 2001, p. 168, nt. 44). Di talché, conclude la Corte, l’atto di riassunzione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, interrotto per effetto dell’assoggettamento della banca “opposta” alla procedura di l.c.a., deve essere notificato, a cura dell’opponente, a quest’ultima, anche qualora sia intervenuta la cessione di attività e passività a favore di altro istituto di credito.

C) DEPOSITI BANCARI 35. Deposito bancario. Ammissibilità della revocatoria fallimentare. Trib. Ariano Irpino, 8 gennaio 2009 (in Rass. Foro arianese, 2009, 2, 90) ha stabilito che il prelievo di somme, depositate su libretto bancario e per

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questo divenute di proprietà della banca che ai sensi dell’art. 1834 c.c. è obbligata a restituirle alla scadenza del termine o a richiesta del depositante, è equiparabile alla riscossione di un credito ed è un atto dalla indubbia natura solutoria. Tale prelievo è, perciò, revocabile ex art. 67, co. 2, l.fall. Tuttavia, ai fini della revocabilità dell’atto è necessario l’ulteriore presupposto della “conoscenza dello stato di insolvenza” da parte del convenuto depositante che deve essere concreta ed effettiva, al momento e alla data dei singoli prelievi e che è onere della curatela provare.

D) Titoli di credito bancari 36. Risarcimento del danno da illegittimo protesto di assegno bancario. Criteri per la liquidazione: gravità della lesione e non futilità del danno: sussistenza. Con sentenza resa in data 25 marzo 2009 n. 7211 (in Rep. Foro it., 2009, 408) la corte di cassazione ha affermato che la semplice illegittimità del protesto (ove accertata), pur costituendo un indizio in ordine alla esistenza di un danno alla reputazione, da valutare nelle sue diverse articolazioni, non è di per sé sufficiente ai fini della liquidazione del danno, essendo necessarie la gravità della lesione e la non futilità del danno. Ai fini della prova sul danneggiato grava esclusivamente l’onere di allegare gli elementi di fatto dai quali si possa desumere l’esistenza e l’entità del pregiudizio, mentre la gravità della lesione e la non futilità del danno possono provarsi anche mediante presunzioni semplici (in applicazione del suddetto principio la suprema corte ha confermato la sentenza di merito che aveva rigettato la generica domanda di risarcimento in cui si accennava a spese in sede penale e per azioni tendenti a limitare il danno, senza provarle, e senza provare altri pregiudizi patrimoniali riconducibili all’attività professionale svolta). 37. Assegno bancario privo di data: nullità. Equivalenza con la promessa di pagamento ex art. 1988 c.c.: sussistenza. Nel periodo in rassegna si segnala la sentenza del Tribunale di Roma del 5 gennaio 2009 (inedita) che, seguendo un consolidato orientamento giurisprudenziale (Cass., 6 marzo 2006, n. 4804; Cass., 19 aprile 1995, n. 4368; Cass., 5 novembre 1990, n. 10617) ha affermato che l’assegno bancario privo di data è un titolo nullo e, nei rapporti diretti tra traente e prenditore, deve essere considerato una promessa di pagamento, a norma dell’art. 1988 c.c., implicando di conseguenza, solo una presunzione iuris tantum dell’esistenza del rapporto sottostante, fino a che l’emittente non fornisca la prova dell’inesistenza, dell’invalidità o dell’estinzione di tale rapporto.

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38. Assegno bancario; falsificazione; onere della prova della falsificazione a carico del traente: sussistenza. Onere della prova a carico della banca della non rilevabilità della falsificazione nonostante la dovuta diligenza: sussistenza. In tema di falsificazione della firma di traenza il Tribunale di Bologna (con sentenza resa in data 14 gennaio 2009, inedita) ha sostenuto che l’onere di provare la falsificazione del titolo o di uno dei suoi elementi grava sull’attore, mentre incombe sulla banca la prova liberatoria circa la non rilevabilità della falsificazione con la dovuta diligenza (nel caso di specie il tribunale ha rigettato la domanda del traente contro la banca trattaria volta ad ottenere l’accredito sul conto corrente del traente stesso, del maggior importo risultato falsificato. In motivazione il Tribunale ha chiarito che l’attore non aveva provato né la circostanza relativa all’asserito minore importo originario di un assegno bancario rubato durante la spedizione dello stesso al beneficiario mediante servizio postale, né che nel plico postale rubato fosse stato introdotto l’assegno di minore importo voluto effettivamente inviare dal traente ad un proprio creditore). 39. Pagamento con assegno circolare “trasferibile” in luogo dei contanti. Momento di estinzione dell’obbligazione: disponibilità giuridica della somma: sussistenza. Nel periodo in rassegna si segnala la sentenza resa in data 24 febbraio 2009 dal Tribunale di Roma (inedita) la quale, facendo proprio l’orientamento già espresso dalle sezioni unite della Suprema Corte con sentenza n. 26617 del 18 dicembre 2007 (in questa Rassegna, 4/2007; Corriere giur., 2008, 500, con nota di Di Majo; Nuova giur. civ., 2008, I, 751, con nota di Morcavalli; Obbligazioni e contratti, 2008, 685, con nota di Giovannelli) ha affermato che l’estinzione dell’obbligazione con l’effetto liberatorio del debitore si verifica, per l’uso del contante, con la consegna della moneta e per l’uso dell’assegno circolare quando il creditore acquista concretamente la disponibilità giuridica della somma di denaro, ricadendo sul debitore il rischio dell’inconvertibilità dell’assegno.

E) I crediti speciali 40. Credito fondiario e mutuo di scopo. Con sentenza resa in data 24 febbraio 2009, il Tribunale di Nola (in Foro it., 2009, I, cc. 2243 e ss.; si veda anche Trib. Latina, 11 agosto 2008, Contratti, 2008, 1085, con nota di Toschi Vespasiani – Fantechi, Mutuo fondiario: contratto a «a scopo di garanzia» tra novazione e nullità per difetto di causa concreta) si è

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Rassegne

pronunciato in merito alla qualificazione da attribuire ad un finanziamento fondiario erogato al fine di consentire l’acquisto di un immobile industriale (si trattava in particolare di immobile oggetto di concordato fallimentare con cessione di beni). A seguito del fallimento della società sovvenuta, la banca propone istanza di ammissione allo stato passivo, domanda che, tuttavia, viene rigettata integralmente dal giudice delegato. Per quest’ultimo, infatti, il contratto di finanziamento, da qualificarsi come mutuo di scopo, perseguiva ben altro fine, rispetto a quello proprio del finanziamento fondiario: esso mirava a consentire l’estinzione di passività pregresse verso la banca mutuante. Per ciò stesso, il contratto doveva qualificarsi come nullo ai sensi e per gli effetti dell’art. 1344 c.c. A seguito del ricorso della banca finanziatrice, il Tribunale adito si pronuncia accogliendo la qualificazione del mutuo fondiario quale mutuo di scopo (facendo proprio l’orientamento consolidato presso la giurisprudenza di legittimità quanto alla natura e struttura di tale fattispecie contrattuale, ovvero contratto atipico e consensuale, distinto dal mutuo disciplinato dagli artt. 1813 e ss. del c.c.). Inoltre, il Tribunale, al termine di una attenta istruttoria sull’effettivo impiego delle somme derivanti dal contratto di finanziamento, accerta che effettivamente le somme erogate dalla banca erano state impiegate non già all’acquisto dell’immobile ma al diverso fine coincidente con estinzione di passività pregresse, anche verso altri istituti di credito. Il Tribunale conclude per la nullità del contratto di finanziamento (non già in quanto contratto in frode alla legge, come pure inizialmente ipotizzato dalla difesa della curatela) in quanto privo ab origine di causa. In tale distinzione, il giudice di prime cure coglie senz’altro la distinzione operata in proposito dai giudici di legittimità. Se le argomentazioni fornite dal Tribunale campano possono essere condivise quanto alla individuazione delle nozione di mutuo di scopo, non altrettanto si può dire ove concludono per la qualificazione del contratto di mutuo fondiario come mutuo di scopo, conclusione del resto in frontale contrasto con un orientamento piuttosto consolidato, oltre che in dottrina, anche presso la giurisprudenza di legittimità (cfr., almeno, Cass. 11 gennaio 2001, n. 317, Fall., 2001, 1214 con nota di Plenteda, Mutuo di scopo e mutuo fondiario, in Giur. it., 2002, p. 782, con nota di Gruccione, La fattispecie del mutuo di scopo nella giurisprudenza, e in Contratti, 2001, 466, con nota di Santa Maria; App. Napoli 12 marzo 2004, Giur. nap., 2004, p. 214, come citata da Giust. civ., 2008, I, 1244; in dottrina si vedano, ex multis, Bonfatti, La disciplina dei crediti speciali nel «testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia», in Giur. comm., 1994, I, p. 1015; Abete, Mutuo fondiario e mutuo di scopo: brevi

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riflessioni, Dir. fall., 2003, I, p. 1463; e più di recente, anche alla luce delle modifiche introdotte dal c.d. Decreto Bersani bis, Falcone, Le operazioni di credito fondiario alla luce delle disposizioni del decreto legge n. 7 del 2007, convertito nella legge n. 40 del 2007 (c.d. «Decreto Bersani Bis»), in Dir. fall., 2007, I, p. 721. 41. Concessione di mutui decennali per danni alle colture: requisiti in relazione ai danni subiti. Con sentenza 3 febbraio 2009, n. 573, il Consiglio di Stato (Danno e resp., 2009, p. 450) ha stabilito che per la erogazione dei mutui decennali a tasso di favore, così come dei contributi alternativi a fondo perduto, a fronte di danni alle colture, l’art. 3, della l. 14 febbraio 1992, n. 185 recante la “Nuova disciplina del fondo di solidarietà nazionale”, richiede il solo requisito dei danni subiti alle colture. La legge precisa che i danni al colture siano di importo non inferiore al trentacinque per cento della produzione lorda vendibile, restando invece indifferente che il costo necessario al ripristino delle strutture danneggiate si ponga nello stesso rapporto percentuale rispetto al valore del prodotto aziendale.

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PARTE seconda Legislazione, documenti e informazioni



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Banca d’Italia – Provvedimento 29 luglio 2009, sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari e sulla correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti SEZIONE I disposizioni di carattere generale

1. Premessa. 1.1 Finalità e ambito di applicazione oggettivo. La disciplina sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari persegue l’obiettivo, nel rispetto dell’autonomia negoziale, di rendere noti ai clienti gli elementi essenziali del rapporto contrattuale e le loro variazioni, favorendo in tal modo anche la concorrenza nei mercati bancario e finanziario. Il rispetto delle regole e dei principi di trasparenza e correttezza nei rapporti con la clientela attenua i rischi legali e di reputazione e concorre alla sana e prudente gestione dell’intermediario. Le disposizioni in materia di trasparenza (titolo VI, capo I, del T.U.; delibere del CICR citate nel par. 2 e il presente provvedimento) si applicano – salva diversa previsione – a tutte le operazioni e a tutti i servizi disciplinati ai sensi del titolo VI del T.U. (incluso il credito al consumo ai sensi dell’art. 115, comma 3, del T.U.) aventi natura bancaria e finanziaria offerti dagli intermediari, anche al di fuori delle dipendenze (“fuori sede”) o mediante “tecniche di comunicazione a distanza”. Secondo quanto previsto dall’articolo 23, comma 4, del T.U.F., le disposizioni non si applicano ai servizi e alle attività di investimento né al

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collocamento di prodotti finanziari 1 e alle operazioni e servizi che siano componenti di prodotti finanziari, sottoposti alla disciplina della trasparenza prevista dal medesimo T.U.F., salvo che si tratti di operazioni di credito al consumo disciplinate ai sensi del titolo VI, capo II, del T.U. Conseguentemente, le presenti disposizioni: a) non si applicano ai servizi e alle attività di investimento come definiti dal T.U.F. e al collocamento di prodotti finanziari aventi finalità di investimento, quali, ad esempio, obbligazioni e altri titoli di debito, certificati di deposito, contratti derivati, pronti contro termine; b) in caso di prodotti composti la cui finalità esclusiva o preponderante non sia di investimento si applicano: - .all’intero prodotto se questo ha finalità, esclusive o preponderanti, riconducibili a quelle di servizi o operazioni disciplinati ai sensi del titolo VI del T.U. (ad esempio, finalità di finanziamento, di gestione della liquidità ecc.); - .alle sole componenti riconducibili a servizi o operazioni disciplinati ai sensi del titolo VI del T.U. negli altri casi. In caso di prodotti composti la cui finalità esclusiva o preponderante sia di investimento, si applicano le disposizioni del T.U.F. sia al prodotto nel suo complesso sia alle sue singole componenti, a meno che queste non costituiscano un’operazione di credito al consumo (alle quali si applica quanto previsto dalle presenti disposizioni). La sezione XI dà attuazione alle deliberazioni del CICR del 2 agosto 1996 e del 25 luglio 2000 in materia di organizzazione amministrativa e contabile e controlli interni, rispettivamente, delle banche e dei gruppi bancari e degli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale previsto dall’articolo 107 del T.U., nella parte in cui prevedono che la Banca d’Italia stabilisca requisiti organizzativi minimi volti a salvaguardare la correttezza e la trasparenza dei rapporti con la clientela. Anche le disposizioni della sezione XI riguardano i soli servizi che ricadono nell’ambito di applicazione del titolo VI del T.U.; ai rimanenti servizi si applicano le disposizioni previste ai sensi del T.U.F.

1 L’articolo 1, comma 1, lettera u), del T.U.F. definisce “prodotti finanziari” gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria; non costituiscono prodotti finanziari i depositi bancari o postali non rappresentati da strumenti finanziari. La disciplina di cui al presente provvedimento si applica, quindi, oltre che ai depositi, anche ai buoni fruttiferi e ai certificati di deposito consistenti in titoli individuali non negoziati nel mercato monetario (cfr. art. 1, comma 1 ter, T.U.F.).

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1.2 Strumenti di trasparenza. I principali strumenti di trasparenza sono i seguenti: – .forme di pubblicità su tassi, prezzi e altre condizioni contrattuali praticate per le operazioni e per i servizi e sui principali strumenti di tutela previsti in favore dei clienti (sez. II); – . requisiti di forma e contenuto minimo dei contratti (sez. III); – .forme di tutela nei casi di variazione delle condizioni contrattuali e comunicazioni periodiche idonee a informare il cliente sull'andamento del rapporto contrattuale (sez. IV); – .regole specifiche per il caso di impiego di tecniche di comunicazione a distanza (sez. V); – .requisiti organizzativi volti a presidiare i rischi legali e di reputazione degli intermediari attraverso il mantenimento di rapporti trasparenti e corretti con i clienti (sez. XI). Alcune previsioni delle presenti disposizioni si applicano esclusivamente nei rapporti con i consumatori o con i clienti al dettaglio. La qualifica di “consumatore” o di “cliente al dettaglio” dei singoli clienti viene rilevata dagli intermediari prima della conclusione del contratto. Successivamente alla conclusione del contratto gli intermediari sono tenuti a cambiare la qualifica del cliente, qualora ne ricorrano i presupposti, solo se questi fa richiesta. Gli intermediari sono tenuti ad aderire all’Arbitro Bancario Finanziario (art. 128-bis del T.U.; deliberazione del CICR del 29 luglio 2008, n. 275; disposizioni della Banca d’Italia del 18 giugno 2009). 1.3 Principi generali. Le informazioni previste ai sensi delle presenti disposizioni sono rese alla clientela in modo corretto, chiaro ed esauriente nonché adeguato alla forma di comunicazione utilizzata e alle caratteristiche dei servizi e della clientela. In applicazione del principio di proporzionalità, la disciplina si articola secondo modalità differenziate in relazione alle esigenze delle diverse fasce di clientela e alle caratteristiche dei servizi. La disciplina sulla trasparenza presuppone che le relazioni d’affari siano improntate a criteri di buona fede e correttezza. Essa, inoltre, si affianca alle disposizioni previste da altri comparti dell’ordinamento in materia di trasparenza e correttezza dei comportamenti nei confronti della clientela. Nello svolgimento delle proprie attività gli intermediari considerano l’insieme di queste discipline come un complesso regolamentare integrato e curano il rispetto della regola-

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mentazione nella sua globalità, adottando le misure necessarie. Vengono in rilievo, ad esempio, le norme concernenti la distribuzione di prodotti di altri settori (mobiliare, assicurativo ecc.), le clausole vessatorie nei contratti dei consumatori, la pubblicità ingannevole e le pratiche commerciali scorrette nonché la commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori, il commercio elettronico, il recesso dai rapporti di durata, l’estinzione anticipata dei mutui immobiliari e la portabilità dei finanziamenti. 1.4 Redazione dei documenti. I documenti informativi disciplinati dal presente provvedimento sono redatti secondo criteri e presentati con modalità che garantiscano la correttezza, la completezza e la comprensibilità delle informazioni, così da consentire al cliente di capire le caratteristiche e i costi del servizio, confrontare con facilità i prodotti, adottare decisioni ponderate e consapevoli. A tal fine, gli intermediari prestano attenzione ai seguenti profili: – .criteri di impaginazione che assicurano elevati livelli di leggibilità; – .struttura dei documenti idonea a presentare le informazioni in un ordine logico e di priorità che assecondi le necessità informative del cliente e faciliti la comprensione e il confronto delle caratteristiche dei prodotti; – .semplicità sintattica e chiarezza lessicale calibrate sul livello di alfabetizzazione finanziaria della clientela cui il prodotto è destinato, anche in relazione alle caratteristiche di quest’ultimo. I termini tecnici più importanti e ricorrenti, le sigle e le abbreviazioni sono spiegati, con un linguaggio preciso e semplice, in un glossario o in una legenda; – .coerenza tra presentazione delle informazioni e canale comunicativo, che tenga conto di criticita` e vantaggi dei diversi canali. L’allegato 1 riporta una guida con le principali indicazioni redazionali che gli intermediari possono applicare per assicurare il rispetto dei criteri previsti dal presente paragrafo. 1.5. Autoregolamentazione. Le iniziative di autoregolamentazione degli operatori (codici di condotta, sistemi di composizione stragiudiziale delle controversie ecc.), soprattutto se intraprese a livello di categoria o concordate con le associazioni rappresentative dell’utenza, possono costituire un utile strumento per accrescere l’efficacia della disciplina, contribuire a definire e

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a diffondere modelli di comportamento funzionali al miglioramento dei rapporti con la clientela, innalzare il grado di condivisione e di effettività della normativa in materia di trasparenza. La Banca d’Italia è disponibile a esaminare le iniziative di autoregolamentazione al fine di valutare, assieme ai promotori, che le medesime siano in linea con le disposizioni del presente provvedimento; le iniziative possono costituire oggetto di esame congiunto anche nella prospettiva di integrare o sostituire alcuni specifici profili delle presenti disposizioni. L’esame è volto ad approfondire, anche sulla base di una valutazione di impatto presentata dai promotori, se l’iniziativa: – .rispetta quanto previsto dal titolo VI del T.U. e dalle altre disposizioni di legge, nonché dalle delibere del CICR, in materia; – .realizza in maniera efficace le medesime finalità perseguite dalla presente disciplina; – ha un numero adeguato di aderenti.

2. Fonti normative La materia è regolata dalle seguenti disposizioni: – .titolo VI del T.U., concernente la trasparenza delle condizioni contrattuali delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari; – .articoli 53, comma 1, lettera d), 67, comma 1, lettera d), 107, comma 2, del T.U., i quali prevedono che la Banca d’Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, emani disposizioni di carattere generale aventi a oggetto l’organizzazione amministrativa e contabile e i controlli interni delle banche, dei gruppi bancari, degli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale di cui all’articolo 107 del medesimo T.U.; – .articolo 114-quater del T.U., il quale richiama, in quanto compatibile, ai fini della vigilanza regolamentare sugli Imel, l’articolo 53 del medesimo T.U.; – .deliberazione del CICR del 2 agosto 1996, recante attuazione dell’articolo 53, comma 1, lett. d) del T.U. in materia di organizzazione amministrativa e contabile e controlli interni delle banche, come modificata dalla deliberazione del 23 marzo 2004; – .deliberazione del CICR del 9 febbraio 2000, recante “Modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi scaduti nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria e finanziaria”; – .deliberazione del CICR del 9 febbraio 2000, recante “Credito fondiario. Disciplina dell’estinzione anticipata dei mutui”;

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– .deliberazione del CICR del 25 luglio 2000, in materia di organizzazione amministrativa e contabile e controlli interni degli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale di cui all’articolo 107 del T.U.; – .deliberazione del CICR del 4 marzo 2003, recante “Disciplina della trasparenza delle condizioni contrattuali delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari”; – .deliberazione del CICR del 4 marzo 2003, recante “Attuazione del Titolo V-bis del decreto legislativo n. 385/93 concernente gli istituti di moneta elettronica (Imel): disciplina in materia di partecipazioni al capitale degli Imel, vigilanza regolamentare, controlli sulle succursali in Italia di Imel comunitari”; – provvedimento UIC del 29 aprile 2005, recante “Istruzioni per i mediatori creditizi”. Si richiamano, inoltre: – .articolo 144, comma 3, del T.U., che prevede l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria per l’inosservanza delle norme contenute nell’art. 116 o delle relative disposizioni generali o particolari impartite dalle autorità creditizie; – .articolo 16, della legge 7 marzo 1996, n. 108, in materia di attività di mediazione o di consulenza nella concessione di finanziamenti da parte di banche o di intermediari finanziari; – .articolo 23, comma 4, del T.U.F., secondo cui le disposizioni del titolo VI, Capo I, del T.U. non si applicano ai servizi e attività di investimento, al collocamento di prodotti finanziari nonché alle operazioni e ai servizi che siano componenti di prodotti finanziari assoggettati alla disciplina dell’articolo 25-bis ovvero della parte IV, titolo II, capo I, del T.U.F.; in ogni caso, alle operazioni di credito al consumo si applicano le pertinenti disposizioni del titolo VI del T.U.; – .decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, in materia di commercio elettronico; – .decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni, recante il Codice del Consumo; – .articolo 10 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 (convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2006, n. 248), che ha introdotto il divieto per gli intermediari di richiedere ai clienti penali o altre spese in occasione dell’estinzione di rapporti di durata; – .articoli 7, 8 e 13, commi da 8-sexies a 8-quaterdecies del decreto legge 31 gennaio 2007, n. 7 (convertito, con modificazioni, nella legge 2 aprile 2007, n. 40), e successive modifiche, concernenti l’estinzione anticipata dei mutui immobiliari, la “portabilità” dei finanziamenti e la cancellazione dell’ipoteca per i mutui immobiliari;

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– .art. 62, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, che prevede il trasferimento alla Banca d’Italia delle competenze e dei poteri dell’Ufficio italiano dei cambi (UIC); – .decreto legge 29 novembre 2008, n. 185 (convertito, con modificazioni, nella legge 28 gennaio 2009, n. 2), e in particolare, l’articolo 2, comma 5, in materia di mutui garantiti da ipoteca per l’acquisto dell’abitazione principale, e l’articolo 2-bis, in materia di commissione di massimo scoperto e remunerazione dell’affidamento; – .decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, e in particolare l’art. 2, in materia di contenimento del costo delle condizioni bancarie; – .decreto del Presidente della Repubblica 14 marzo 2001, n. 144, “Regolamento recante norme sui servizi di bancoposta”; – .deliberazione del CICR del 29 luglio 2008, n. 275, recante “Disciplina dei sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie con la clientela ai sensi dell’articolo 128-bis del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni”; – .decreto del ministro del Tesoro 8 luglio 1992, recante “Disciplina e criteri di definizione del tasso annuo effettivo globale per la concessione di credito al consumo”; – .decreto del ministro dell’Economia e delle Finanze 12 febbraio 2004, recante Aggiornamento delle norme per la trasparenza nelle operazioni di collocamento dei titoli di Stato; – .provvedimento della Banca d’Italia del 3 settembre 2003, in materia di procedura per l’applicazione delle sanzioni amministrative agli intermediari non bancari; – .provvedimento della Banca d’Italia del 27 aprile 2006, concernente modalità organizzative per l’attuazione del principio della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie nell’ambito della procedura sanzionatoria; – .provvedimento della Banca d’Italia del 21 dicembre 2007, recante “Disposizioni relative al trasferimento alla Banca d’Italia delle competenze e dei poteri dell’Ufficio italiano dei cambi”; – .provvedimento della Banca d’Italia del 18 giugno 2009, recante “Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari”.

3. Definizioni. Ai fini del presente provvedimento si definiscono: – .“annuncio pubblicitario”, messaggio, in qualsiasi modo diffuso, avente lo scopo di promuovere la vendita di prodotti e la prestazione di servizi;

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– .“cliente”, qualsiasi soggetto, persona fisica o giuridica, che ha in essere un rapporto contrattuale o che intenda entrare in relazione con l’intermediario 2; – .“clientela (o clienti) al dettaglio”, i consumatori; le persone fisiche che svolgono attività professionale o artigianale; gli enti senza finalità di lucro; le imprese che occupano meno di 10 addetti e realizzano un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di EUR; – .“consumatore”, la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta; – .“intermediari”, i destinatari della disciplina secondo quanto previsto dal paragrafo 4 della presente sezione, esclusi i mediatori creditizi e i cambiavalute; – .“intermediario committente”, l’intermediario per conto del quale è svolta un'offerta fuori sede; – .“locale aperto al pubblico” o “dipendenza”, la succursale dell’intermediario (come definita per le banche al titolo III, capitolo 2, delle Istruzioni di vigilanza per le banche) e qualunque locale dell’intermediario adibito al ricevimento del pubblico per le trattative e la conclusione di contratti, anche se l’accesso è sottoposto a forme di controllo; – .“offerta fuori sede”, l’offerta (ossia la promozione e il collocamento di operazioni e servizi bancari e finanziari) svolta in luogo diverso dalla sede o dalle dipendenze dell’intermediario; –.“prodotti composti”, schemi negoziali composti da due o più contratti tra loro collegati che realizzano un’unica operazione economica; – .“reclamo”, ogni atto con cui un cliente chiaramente identificabile contesta in forma scritta (ad esempio lettera, fax, e-mail) all’intermediario un suo comportamento o un’omissione; – .“servizi accessori”, i servizi offerti, anche gratuitamente, insieme a un servizio principale, su base obbligatoria o facoltativa, anche se non stret-

Non rientrano nella definizione di cliente i seguenti soggetti: banche; societa` finanziarie; istituti di moneta elettronica (IMEL); imprese di assicurazione; imprese di investimento; organismi di investimento collettivo del risparmio (fondi comuni di investimento e SICAV); società di gestione del risparmio (SGR); società di gestione accentrata di strumenti finanziari; fondi pensione; Poste Italiane s.p.a.; Cassa Depositi e Prestiti e ogni altro soggetto che svolge attività di intermediazione finanziaria; società appartenenti al medesimo gruppo bancario dell’intermediario; società che controllano l’intermediario, che sono da questo controllate ovvero che sono sottoposte a comune controllo. 2

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tamente connessi con esso (ad esempio, contratti di assicurazione, convenzioni con soggetti esterni ecc.); – .“supporto durevole”, qualsiasi strumento che permetta al cliente di memorizzare informazioni a lui personalmente dirette in modo che possano essere agevolmente recuperate durante un periodo di tempo adeguato ai fini cui sono destinate le informazioni stesse e che consenta la riproduzione immutata delle informazioni memorizzate; – .“tecniche di comunicazione a distanza”, tecniche di contatto con la clientela, diverse dagli annunci pubblicitari, che non comportano la presenza fisica e simultanea del cliente e dell’intermediario o di un suo incaricato; – .“T.U.”, il decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni; – .“T.U.F.”, il decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni.

4. Destinatari della disciplina. Le sezioni da I a VII e X si applicano a: – le banche autorizzate in Italia e le banche comunitarie; – .gli intermediari finanziari iscritti nell’elenco generale previsto dall’articolo 106 T.U. 3 e gli intermediari finanziari iscritti nell’elenco previsto dall’articolo 107 del T.U.; – .i confidi iscritti nell’elenco previsto dall’articolo 107 del T.U. o nell’apposita sezione dell’elenco previsto dall’articolo 106 del T.U.; – gli Imel autorizzati in Italia e gli Imel comunitari; – .Poste Italiane S.p.A., per le attività di bancoposta di cui al D.P.R. 14 marzo 2001, n. 144. Ai servizi di mediazione creditizia si applicano esclusivamente le sezioni VIII e X. Ai cambiavalute disciplinati dall’articolo 155, comma 5, del T.U. si applicano esclusivamente le disposizioni contenute nelle sezioni I, IX e X. La sezione XI si applica ai soggetti indicati nel paragrafo 1 della stessa sezione.

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Sono esclusi i soggetti previsti dall’articolo 155, comma 6, del T.U.

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5. Disposizioni transitorie e finali. Le presenti disposizioni entrano in vigore quindici giorni dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. I destinatari vi si adeguano entro il 31 dicembre 2009, ad eccezione di quanto segue: a) .l’obbligo di stampare e mettere a disposizione della clientela la Guida concernente l’accesso all’Arbitro Bancario Finanziario (sez. II, par. 2) si applica decorso un mese dal giorno in cui l’Arbitro ne renderà disponibile il testo; b) .l’obbligo di indicare l’ISC del conto corrente (sez. II, par. 3 e 8, e sez. IV, par. 3) si applica decorsi tre mesi dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del provvedimento con il quale la Banca d’Italia individua i profili di operatività. A questi fini potranno essere sentiti l’ABI e il Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti (CNCU). Entro il 30 novembre 2009 la Banca d’Italia renderà disponibili i testi delle altre Guide pratiche che gli intermediari dovranno stampare e mettere a disposizione della clientela (sez. II, par. 2). In sede di prima applicazione, l’accordo tra l’Associazione Bancaria Italiana e la maggioranza delle Associazioni facenti parte del Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti (CNCU) previsto dalla sezione III, paragrafo 4, è comunicato alla Banca d’Italia entro il 31 ottobre 2009; in mancanza, la Banca d’Italia provvede direttamente d’intesa con la Consob. Fatto salvo quanto previsto dalle sezioni VI e VII, a partire dal 1° gennaio 2010 sono abrogate le seguenti disposizioni: – .Circolare della Banca d’Italia 21 aprile 1999, n. 229, e successivi aggiornamenti (Istruzioni di Vigilanza per le banche), limitatamente al titolo X, capitolo 1, e al titolo V, capitolo 3, sezione VI. Il titolo V, capitolo 3, non si applica alle banche comunitarie in relazione all’emissione e al collocamento di strumenti finanziari; – .Provvedimento dell’Ufficio Italiano Cambi del 21 dicembre 2001 (Istruzione per l’iscrizione dei cambiavalute nell’apposita sezione dell’elenco generale ex art. 155, comma 5, del TUB, per la variazione dei dati e la cancellazione), limitatamente alla parte V, paragrafi 1, 2, 3 e 6; – .Provvedimento della Banca d’Italia del 25 luglio 2003, relativo alle disposizioni di Vigilanza per gli intermediari finanziari, Disposizioni in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi finanziari; – .Provvedimento della Banca d’Italia del 16 settembre 2003, (Bancoposta – Trasparenza operazioni e servizi bancari);

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– .Circolare della Banca d'Italia 26 aprile 2004, n. 253, (Istruzioni di vigilanza per gli istituti di moneta elettronica), limitatamente al capitolo XIII; – .Provvedimento della Banca d’Italia del 30 dicembre 2008 (Mutui ipotecari per l’acquisto dell’abitazione principale. Disposizioni di trasparenza ai sensi del d.l. n. 185/2008). Si intendono inoltre abrogate le note interpretative relative alle predette disposizioni.

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SEZIONE II pubblicità e informazione precontrattuale

1. Premessa. Gli strumenti di pubblicità delle operazioni e dei servizi offerti e delle relative condizioni contrattuali sono: – i documenti contenenti i principali diritti del cliente; – il “foglio informativo”, contenente informazioni sull’intermediario, sulle condizioni e sulle principali caratteristiche dell’operazione o del servizio offerto, nonché il “foglio comparativo dei mutui offerti”; – la copia completa dello schema di contratto che può essere richiesta dal cliente prima della conclusione del contratto; – il “documento di sintesi" delle principali condizioni. Le disposizioni della presente sezione si applicano ai seguenti servizi e operazioni: depositi; certificati di deposito (secondo quanto previsto dalla sezione I); mutui; aperture di credito; anticipazioni bancarie; crediti di firma; sconti di portafoglio; leasing finanziario; factoring; altri finanziamenti; garanzie ricevute; conti correnti di corrispondenza; incassi e pagamenti; emissione di moneta elettronica; versamento e prelievo di contante presso sportelli automatici; acquisto e vendita di valuta estera; intermediazione in cambi; custodia e amministrazione di strumenti finanziari; locazione di cassette di sicurezza 4. Per i servizi di pagamento e le operazioni di credito ai consumatori cfr. anche le sezioni VI e VII. Le disposizioni della presente sezione: – .non si applicano all’attività degli intermediari volta alla conclusione di contratti unilateralmente predisposti dal cliente o che costituiscono oggetto di trattativa individuale. Non si considerano trattativa individuale i casi in cui l’intermediario abbia predisposto schemi contrattuali predefiniti e la trattativa riguardi specifiche condizioni o clausole contrattuali 5;

4 L’elencazione coordina quanto previsto dalla delibera del CICR del 4 marzo 2003 (art. 3 e relativo allegato) con le innovazioni legislative intervenute successivamente. Si rammenta che lo stesso articolo 3 della delibera permette alla Banca d’Italia di stabilire che, in relazione all'evoluzione dell’operatività degli intermediari e dei mercati, altre operazioni e servizi siano riconducibili alle tipologie indicate nell'allegato alla delibera medesima. 5 La natura individuale della trattativa può essere evinta dalla documentazione a disposizione dell’intermediario ovvero dal testo del contratto.

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– .si applicano alla commercializzazione attraverso tecniche di comunicazione a distanza secondo quanto previsto dalla sezione V. Gli obblighi di pubblicità relativi alle informazioni indicate nella presente sezione non possono essere assolti mediante rinvio agli usi. Le informazioni pubblicizzate non costituiscono offerta al pubblico a norma dell’articolo 1336 del codice civile. Salvo che non sia diversamente specificato, ai fini della presente sezione i documenti si intendono “messi a disposizione” del cliente quando questi può portarne gratuitamente con sé una copia dopo averla richiesta o prelevata direttamente 6.

2. Documenti contenenti i principali diritti del cliente. Gli intermediari espongono nei locali aperti al pubblico e mettono a disposizione dei clienti un documento generale denominato “Principali diritti del cliente”; a tal fine, gli intermediari possono avvalersi di apparecchiature tecnologiche. Il documento è conforme, per ciascuna modalità di commercializzazione impiegata (offerta presso lo sportello, offerta fuori sede, internet), ai modelli riportati nell’Allegato 2. I diritti che riguardano esclusivamente servizi che non sono offerti dall’intermediario sono omessi. Gli intermediari mettono, inoltre, a disposizione della clientela appositi documenti (“Guide”) concernenti: – .i contratti di conto corrente offerti ai consumatori e i servizi più comunemente associati, quali carte di debito (ad esempio Bancomat, Postamat), assegni, carte di credito, scoperti, ecc.; – i mutui ipotecari offerti ai consumatori; – l’accesso ai meccanismi di soluzione stragiudiziale delle controversie previsti ai sensi dell’articolo 128-bis del T.U. (Arbitro Bancario Finanziario). Le Guide sono stampate in conformità dei modelli previsti nell’Allegato 3 del presente provvedimento.

Per le modalità con cui gli intermediari devono far uso della documentazione cfr. sezione XI. 6

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3. Fogli informativi e Foglio comparativo dei mutui. Gli intermediari mettono a disposizione dei clienti “fogli informativi” contenenti informazioni sull’intermediario, sulle condizioni e sulle principali caratteristiche dell’operazione o del servizio offerto. È assicurata piena coerenza tra le informazioni riportate nei fogli informativi e i contenuti del contratto. I fogli informativi sono datati e tempestivamente aggiornati. Salvo l’utilizzo di tecniche di comunicazione a distanza (cfr. sez. V), essi sono messi a disposizione dei clienti nei locali aperti al pubblico; a tal fine, gli intermediari possono avvalersi di apparecchiature tecnologiche. I fogli informativi contengono almeno: – .informazioni sull’intermediario (denominazione; iscrizione in albi e/o registri; indirizzo della sede legale; numero di telefono degli uffici ai quali il cliente si può rivolgere per ulteriori informazioni e/o per la conclusione del contratto; numero di fax; ove esistenti, sito internet e indirizzo di posta elettronica); – .le caratteristiche e i rischi tipici dell'operazione o del servizio; – .un elenco completo delle condizioni economiche offerte (che comprendono ogni onere economico, comunque denominato, a carico del cliente, incluse le spese connesse con le comunicazioni periodiche, di scritturazione contabile, di istruttoria, le penali, l’indicatore sintetico di costo se richiesto, ecc.) 7 8; – .le clausole contrattuali che riguardano: il diritto di recesso spettante al cliente e all’intermediario 9 e i tempi massimi per la chiusura del rapporto; i mezzi di tutela stragiudiziale di cui la clientela può avvalersi. Gli intermediari possono redigere un unico foglio informativo per pubblicizzare, in relazione a un determinato prodotto, le condizioni re-

Le condizioni economiche sono indicate nella misura massima (se favorevoli all’intermediario) o minima (se favorevoli al cliente). Per ciascuna condizione può essere riportato anche un valore fisso ovvero un valore indicato sia nella misura massima che in quella minima. Il foglio informativo, anche se standardizzato ai sensi delle presenti disposizioni, può contenere note esplicative sulle condizioni al ricorrere delle quali trova applicazione la misura massima o quella minima. 8 Tali voci sono riportate anche se relative a servizi o prodotti offerti unitamente al servizio o all’operazione cui si riferisce il foglio informativo, ancorché su base opzionale. 9 Per i contratti di credito fondiario diversi da quelli previsti dall’articolo 7 del d.l. 31 gennaio 2007, n. 7 convertito in l. 2 aprile 2007, n. 40, il foglio informativo riporta il compenso onnicomprensivo per l’estinzione anticipata secondo quanto previsto dalla delibera del CICR del 9 febbraio 2000. 7

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lative alle diverse linee del servizio offerte (ad esempio, conti correnti aventi diverse caratteristiche). Il foglio informativo include anche le informazioni sui servizi accessori (ad esempio, carta di debito accessoria rispetto a un conto corrente) 10. I tassi di interesse sono riportati su base annuale e almeno con riferimento all’anno civile. Qualora un contratto relativo a un’operazione di raccolta del risparmio o di finanziamento preveda la capitalizzazione infrannuale degli interessi, il valore del tasso, rapportato su base annua, viene indicato tenendo conto degli effetti della capitalizzazione. Qualora un’operazione comporti più voci di costo a carico del cliente, le condizioni economiche sono presentate in maniera tale che risulti facilmente comprensibile il costo complessivo. L’intermediario conserva copia dei fogli informativi per cinque anni, anche avvalendosi di tecniche che consentono la riproduzione immutata delle informazioni memorizzate. Per i contratti di conto corrente, vengono altresì riportati eventuali requisiti minimi per l’apertura del conto (ad esempio, il versamento iniziale di una somma di denaro, l’accredito dello stipendio, ecc.), le valute sui versamenti e sui prelievi, i termini di disponibilità delle somme accreditate sul conto e degli assegni versati, tutte le causali che danno origine a una scritturazione per la quale vengono addebitati al cliente oneri economici, specificandone l’importo. Per le operazioni di finanziamento comunque denominate, inoltre, i fogli informativi riportano l’indicazione che il cliente potrà consultare lo specifico Tasso Effettivo Globale Medio (TEGM) previsto dall’articolo 2 della legge n. 108/96 (c.d. “legge antiusura”) sul cartello affisso ai sensi del comma 3 del medesimo articolo, nonché sul sito internet, qualora l’intermediario se ne avvalga secondo quanto stabilito dalla sezione V. Se l’intermediario inserisce nelle offerte relative a contratti destinati ai clienti al dettaglio forme complesse di remunerazione degli affidamenti o degli sconfinamenti, quali la commissione di massimo scoperto o altre che prevedono una pluralità di voci di costo, le relative condizioni sono spiegate nel foglio informativo in modo da chiarire al cliente il significato delle varie voci di costo 11. Per le forme di remunerazione degli af-

10 Se il servizio accessorio è commercializzato anche individualmente, viene altresì predisposto un foglio informativo concernente il solo servizio accessorio. 11 Su tali condizioni, cfr. anche la sezione III, paragrafo 3 (Contratti) e la sezione XI, paragrafo 2 (Requisiti organizzativi).

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fidamenti offerti ai clienti al dettaglio, l’intermediario fornisce nel foglio informativo anche alcuni esempi formulati con riferimento a ipotetici casi di utilizzo del fido secondo quanto previsto dal par. 8. Per i contratti di leasing finanziario, in luogo del tasso di interesse è indicato il tasso interno di attualizzazione per il quale si verifica l’uguaglianza fra costo di acquisto del bene locato (al netto di imposte) e valore attuale dei canoni e del prezzo dell’opzione di acquisto finale (al netto di imposte) contrattualmente previsti. Per i canoni comprensivi dei corrispettivi per servizi accessori di natura non finanziaria o assicurativa, andrà considerata solo la parte di canone riferita alla restituzione del capitale investito per l’acquisto del bene e i relativi interessi. Per quanto riguarda l’acquisto e la vendita di valuta estera, i fogli informativi possono rinviare, per il tasso di cambio praticato, a un apposito cartello esposto nei locali aperti al pubblico, in forma di tabella (cartacea, elettronica, a caratteri mobili). Il cartello riporta, altresì, i differenziali (in forma fissa o percentuale) rispetto a un tasso di cambio di riferimento ufficiale e un avvertimento al cliente circa la necessità di consultare i fogli informativi per conoscere tutte le altre condizioni economiche dell'operazione. Su richiesta del cliente le informazioni riportate sul cartello sono rese disponibili anche su supporto cartaceo. Nel caso di prodotti composti, gli intermediari predispongono un unico foglio informativo, relativo a tutte le componenti del prodotto offerto. Per i prodotti composti che includono componenti non disciplinate dalle presenti disposizioni (ad esempio, perché aventi natura assicurativa), il foglio informativo rinvia agli eventuali strumenti di trasparenza per esse stabiliti dalle normative di settore. In ogni caso, il foglio informativo riporta tutti i costi che il cliente deve sostenere, a qualsiasi titolo, in relazione al prodotto composto. I fogli informativi relativi ai contratti di conto corrente (e ai contratti più comunemente commercializzati unitamente a esso) e mutuo ipotecario per i consumatori sono redatti in conformità dei modelli previsti nell’Allegato 4 del presente provvedimento. La Banca d’Italia si riserva di standardizzare il contenuto dei fogli informativi relativi ad altri servizi. Per i contratti di mutuo garantito da ipoteca per l’acquisto dell’abitazione principale 12, oltre ai fogli informativi, gli intermediari mettono

Tra i mutui della specie si richiamano, in particolare, quelli a tasso variabile indicizzato al tasso sulle operazioni di rifinanziamento principale della Banca centrale europea, che gli intermediari sono tenuti a offrire alla clientela ai sensi del d.l. n. 185/2008 convertito, con modificazioni, con l. n. 2/2009. 12

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a disposizione, mediante copia asportabile, un “foglio comparativo” 13 contenente informazioni generali sulle diverse tipologie di mutui offerti, il quale: a) .elenca tutti i prodotti della specie offerti dall’intermediario, rinviando ai fogli informativi per la pubblicizzazione delle rispettive condizioni; b) .indica in modo chiaro le caratteristiche e i rischi tipici dei mutui, secondo modalità che agevolano alla clientela la comprensione delle principali differenze tra i diversi prodotti offerti. Il documento riporta altresì, per ciascuno dei mutui in questione, almeno: il tasso di interesse 14; la durata minima e massima del mutuo; le modalità di ammortamento; la periodicità delle rate; il TAEG 15; l’esempio di importo della rata di ciascun mutuo, in conformità di quanto riportato nei relativi fogli informativi.

4. Offerta fuori sede. Nel caso di offerta fuori sede, anche se realizzata attraverso soggetti terzi, i fogli informativi riportano, oltre alle informazioni sull’intermediario committente, i dati e la qualifica 16 del soggetto che entra in rapporto con il cliente (ad esempio, dipendente, promotore finanziario, agente in attività finanziaria) ed eventuali costi ed oneri aggiuntivi derivanti da tali modalità di offerta. Il soggetto che procede all'offerta deve consegnare al cliente, in tempo utile prima che il contratto sia concluso o che il cliente sia vincolato da un’offerta, il documento generale denominato “Principali diritti del cliente” e il foglio informativo; se per il servizio offerto è prevista una Guida ai sensi del paragrafo 2, questa deve essere consegnata in luogo del documento generale denominato Principali diritti del cliente. In caso di contratto di finanziamento, viene consegnato al cliente anche un documento contenente i Tassi Effettivi Globali Medi (TEGM) previsti dalla legge n. 108/1996 (c.d. “legge antiusura”).

13 Se l’intermediario predispone un foglio informativo unico contenente le informazioni relative a tutte le tipologie di mutui offerti, questo documento può essere omesso. 14 In caso di previsione di un tasso variabile, sono indicati lo spread, il parametro di riferimento e l’ammontare del tasso al momento della pubblicità. I valori possono essere anche riportati nel loro ammontare massimo. 15 In caso di tasso variabile, il documento specifica che il tasso di interesse e il TAEG sono riportati in via meramente esemplificativa, assumendo un valore del tasso immutato rispetto a quello iniziale per tutta la durata del contratto. 16 Per i soggetti iscritti in albi o elenchi, sono riportati anche gli estremi dell’iscrizione.

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L’intermediario committente acquisisce un'attestazione del cliente circa l’avvenuta consegna e la conserva agli atti. Queste previsioni non si applicano se il soggetto incaricato dell’offerta è un intermediario, fermo restando quanto stabilito nel paragrafo 3 17. L’intermediario committente fornisce al soggetto che effettua l’offerta fuori sede (anche se si tratta di un altro intermediario) i dati e la documentazione necessari per l’assolvimento degli obblighi di pubblicità, in conformità delle previsioni della presente sezione. L’intermediario committente verifica che il soggetto incaricato dell’offerta rispetti gli obblighi di trasparenza previsti dalla presente sezione. In particolare, se il foglio informativo e i documenti previsti dal paragrafo 2 sono predisposti dal soggetto incaricato dell’offerta, l’intermediario committente ne accerta la conformità alle disposizioni vigenti e l’idoneità a conseguire pienamente le finalità della disciplina in materia di trasparenza. L’intermediario che offre i prodotti e i servizi di un altro intermediario, prima di procedere all’offerta, controlla se le informazioni ricevute sono complete e idonee a conseguire pienamente le finalità della disciplina in materia di trasparenza. Rimane fermo quanto previsto dagli articoli 45 e seguenti del Codice del Consumo, ove ne ricorrano i presupposti.

5. Annunci pubblicitari. Gli annunci pubblicitari devono essere chiaramente riconoscibili come tali. In particolare, essi specificano: – .la propria natura di messaggio pubblicitario con finalità promozionale; – .la necessità di fare riferimento, per le condizioni contrattuali, ai fogli informativi, indicando le modalità con cui questi ultimi sono messi a disposizione dei clienti. Gli annunci pubblicitari relativi a operazioni di finanziamento, nei quali l’intermediario dichiara il tasso di interesse o altre cifre concernenti il costo del credito, indicano – ove previsto – il TAEG, specificandone il periodo minimo di validità 18.

17 L’esenzione dall’obbligo della consegna al cliente del foglio informativo vale solo per i casi in cui l’offerta avvenga presso le dipendenze del soggetto incaricato. 18 Il periodo di validità indica il periodo nel quale l’intermediario pratica le condizioni pubblicizzate.

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Rimane fermo quanto previsto dal d.lgs. n. 70/2003, dal d.lgs. n. 196/2003 (c.d. Codice della Privacy) e dal Codice del Consumo.

6. Consegna di copia del contratto. Prima della conclusione del contratto, l’intermediario consegna al cliente, su sua richiesta, una copia completa del testo contrattuale idonea per la stipula; a scelta del cliente può essere consegnato il solo documento di sintesi 19. La consegna avviene entro tempi congrui rispetto alla richiesta. Nei contratti di finanziamento, considerato che la determinazione delle condizioni economiche è preceduta da un’istruttoria, il cliente può scegliere tra: i).la consegna di copia del contratto idonea per la stipula, che può essere subordinata al pagamento di una somma non eccedente le spese di istruttoria (il cui ammontare massimo è pubblicizzato nel foglio informativo); ii).la consegna gratuita: dello schema di contratto, privo delle condizioni economiche; di un preventivo contenente le condizioni economiche basate sulle informazioni fornite dal cliente. Per i contratti di mutuo ipotecario offerti ai clienti al dettaglio, la consegna della copia del contratto idonea per la stipula è gratuita a partire dal momento in cui viene concordata la data per la stipula presso il notaio 20. Negli altri casi la consegna è sempre gratuita. La consegna non impegna le parti alla stipula del contratto. Il diritto del cliente di ottenere copia del testo contrattuale o del solo documento di sintesi non può essere sottoposto a termini o condizioni. In caso di modifica delle condizioni contrattuali indicate nella copia consegnata al cliente, l’intermediario, prima della conclusione del contratto, ne informa il cliente stesso e, su richiesta di quest’ultimo, gli consegna una copia completa del nuovo testo contrattuale idonea per la stipula ovvero una nuova copia del documento di sintesi. Il presente paragrafo si applica anche in caso di offerta fuori sede.

19 Possono essere omessi eventuali dati il cui inserimento nel testo è a carico del notaio. 20 Possono essere omessi eventuali dati il cui inserimento nel testo è a carico del notaio.

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7. Documento di sintesi. Ai contratti è unito un “documento di sintesi”, che riporta in maniera personalizzata, secondo quanto previsto dal contratto, le condizioni economiche pubblicizzate nel foglio informativo relativo allo specifico tipo di operazione o servizio. Il documento di sintesi dei servizi il cui foglio informativo è redatto secondo i modelli allegati alle presenti disposizioni riporta le condizioni economiche secondo lo stesso ordine seguito nel foglio informativo. Il documento di sintesi relativo ai contratti di conto corrente offerti ai consumatori non riporta l’ISC. Il documento di sintesi costituisce il frontespizio del contratto 21; ne è parte integrante in presenza di un accordo delle parti in tal senso. Se l’offerta di un’operazione o di un servizio non è in alcun modo personalizzabile, il foglio informativo e il documento di sintesi possono coincidere. In questo caso il frontespizio del contratto è costituito dal foglio informativo. Per i contratti di mutuo che sono o potrebbero rimanere a tasso fisso per tutta la durata del contratto, il documento di sintesi riporta in calce il piano di ammortamento.

8. Indicatore sintetico di costo. Il foglio informativo e il documento di sintesi 22 riportano un “Indicatore Sintetico di Costo” (ISC) quando riguardano le seguenti categorie di operazioni indicate nell'allegato alla delibera del CICR del 4 marzo 2003 23: – mutui; – anticipazioni bancarie;

21 Se il contratto ha la forma dell’atto pubblico, il documento di sintesi può non costituire il frontespizio, purché sia comunque accluso. 22 Resta fermo quanto previsto dal paragrafo 7 della presente sezione e dal paragrafo 3.2 della sezione IV, secondo cui l’ISC nel documento di sintesi relativo ai contratti di conto corrente va riportato soltanto nell’ambito delle comunicazioni periodiche. 23 Il novero delle operazioni e dei servizi soggetti all'obbligo di rendere noto l’ISC è suscettibile di variazione per tenere conto dell'evoluzione della prassi operativa.

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– altri finanziamenti 24; – conti correnti destinati ai consumatori; – aperture di credito offerte a clienti al dettaglio. Per i mutui, le anticipazioni bancarie, le aperture di credito e i contratti riconducibili alla categoria “altri finanziamenti”, l’ISC è denominato “Tasso Annuo Effettivo Globale” (TAEG) ed è calcolato come il TAEG previsto dalla disciplina in materia di credito al consumo. Per i contratti di conto corrente, l’ISC è calcolato secondo le modalità previste dall’Allegato 5A. L’ISC è valorizzato per ciascun profilo previsto dalle presenti disposizioni (Allegato 5A); se il contratto è destinato unicamente a uno o più profili determinati di clientela, il campo relativo ai profili ai quali esso non è destinato può essere riempito con la dicitura “non adatto”. In questo caso, il foglio informativo riporta chiaramente nell’intestazione, sotto la denominazione del conto corrente, l’indicazione dei profili ai quali esso è destinato. Per le aperture di credito in conto corrente offerte a clienti al dettaglio l’ISC è calcolato secondo le modalità previste dall’Allegato 5B.

SEZIONE III contratti

1. Premessa. La presente sezione contiene disposizioni in materia di forma e contenuto minimo dei contratti. Le questioni relative all’interpretazione e alla validità dei contratti o di singole clausole sono rimesse ai rapporti tra banca e cliente e, in ultima analisi, alle valutazioni dell’autorità giudiziaria.

Nella categoria “altri finanziamenti” rientrano, ad esempio, i prestiti personali e i prestiti finalizzati. 24

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2. Forma e conclusione dei contratti. I contratti sono redatti in forma scritta. Il documento informatico soddisfa i requisiti della forma scritta nei casi previsti dalla legge 25. La forma scritta non è obbligatoria per: a) .le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di contratti redatti per iscritto 26; b).le operazioni e i servizi prestati in via occasionale – quali, ad esempio, acquisto e vendita di valuta estera contante, emissione di assegni circolari – purché il valore complessivo della transazione non ecceda 5.000 euro e a condizione che l’intermediario: – mantenga evidenza dell'operazione compiuta; – .consegni o invii tempestivamente al cliente conferma dell’operazione in forma scritta o su altro supporto durevole, indicando il prezzo praticato, le commissioni e le spese addebitate 27; c) .l’emissione di prodotti di moneta elettronica anonimi non ricaricabili, ovvero nei casi previsti dall’articolo 25, comma 6, lett. d), del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231. Nel caso di inosservanza della forma prescritta il contratto è nullo; la nullità può essere fatta valere solo dal cliente. Un esemplare del contratto, comprensivo delle condizioni generali, è consegnato al cliente. La consegna è attestata mediante apposita sottoscrizione del cliente, ulteriore rispetto alla firma del contratto, apposta sull’esemplare del contratto conservato dall’intermediario. Nella conclusione dei contratti mediante strumenti informatici o telematici, gli intermediari osservano, oltre alla disciplina prevista dalle

25 In particolare, ai sensi dei commi 1-bis e 2 dell’articolo 20 del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta è liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità. Il documento informatico sottoscritto con firma elettronica qualificata o con firma digitale, formato nel rispetto delle regole tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 71 del medesimo decreto legislativo, che garantiscano l’identificabilità dell’autore, l’integrità e l’immodificabilità del documento, soddisfa comunque il requisito della forma scritta. 26 L’esenzione dalla forma scritta si ha, ad esempio, per le operazioni regolate in conto corrente. Restano comunque soggette all'obbligo di forma scritta le integrazioni di un contratto precedentemente concluso. 27 Restano fermi gli obblighi di pubblicità e l’applicazione dell’articolo 117, commi 6 e 7, del T.U.

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presenti disposizioni, anche le norme legislative o regolamentari specificamente stabilite per l’utilizzo di tali tecniche.

3. Contenuto dei contratti. I contratti indicano il tasso d'interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali oneri di mora. Sono indicate, oltre alle commissioni spettanti all’intermediario, le voci di spesa a carico del cliente, ivi comprese le spese relative alle comunicazioni di cui alla sezione IV del presente provvedimento (Comunicazioni alla clientela). Il contratto riporta tutte le condizioni applicate, incluse le condizioni generali di contratto. Sono nulle e si considerano non apposte le clausole contrattuali di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse e di ogni altro prezzo e condizione praticati, nonché quelle che prevedono tassi, prezzi e condizioni sfavorevoli per i clienti rispetto a quelli pubblicizzati nei fogli informativi e nei documenti di sintesi 28. La nullità può essere fatta valere solo dal cliente. Nel caso in cui il contratto contenga clausole di indicizzazione, vengono riportati il valore del parametro al momento della conclusione del contratto e le modalità di rilevazione dell’andamento di tale valore nel corso del rapporto. La possibilità di variare in senso sfavorevole al cliente il tasso d’interesse e ogni altro prezzo e condizione deve essere espressamente indicata nel contratto con clausola approvata specificamente dal cliente (art. 117, comma 5, del T.U.). Nei contratti di durata, può essere convenuta la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni qualora sussista un giustificato motivo nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 1341,

28 Nella suddetta ipotesi e nel caso in cui il contratto non indichi il tasso di interesse ovvero ogni altro prezzo e condizione praticati (inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora), si applicano: a) il tasso nominale minimo e quello massimo dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal ministro dell’Economia e delle Finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto, rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive; b) gli altri prezzi e condizioni pubblicizzati nel corso della durata del rapporto per le corrispondenti categorie di operazioni e servizi; in mancanza di pubblicità nulla è dovuto.

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secondo comma, del codice civile (art. 118, comma 1, del T.U.). Se alcuni degli elementi che concorrono a determinare il costo complessivo dell'operazione dipendono dalla quotazione di titoli o dall'andamento di valute ad una data futura ovvero non sono comunque individuati al momento della redazione del contratto, il contratto stesso deve indicare in ogni caso gli elementi per determinare le suddette componenti di costo. Se il contratto e` stipulato in forma diversa da quella scritta, secondo quanto previsto dal paragrafo 2 della presente sezione, gli elementi di calcolo devono essere indicati, oltre che nei fogli informativi, anche nella comunicazione di conferma dell'operazione, ove prevista. Nei rapporti con i clienti al dettaglio è opportuno che gli intermediari evitino forme complesse di remunerazione degli affidamenti o degli sconfinamenti, quali la commissione di massimo scoperto. In caso di utilizzo si richiama l’attenzione su quanto previsto nella sezione II, paragrafo 3, e nella sezione XI, paragrafo 2. Con particolare riferimento ai tassi di interesse, ai sensi della delibera CICR del 9 febbraio 2000, i contratti indicano la periodicità di capitalizzazione e, nei casi in cui sia prevista una capitalizzazione infrannuale, il valore del tasso, rapportato su base annua, tenendo conto degli effetti della capitalizzazione. Per i contratti di finanziamento, nell’indicazione del tasso rapportato su base annua non si tiene conto degli eventuali interessi di mora applicati sulle rate di rimborso non pagate alla scadenza. Le clausole relative alla capitalizzazione degli interessi non hanno effetto se non sono specificamente approvate per iscritto. In ogni caso, nelle operazioni in conto corrente è assicurata al cliente la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori. Per la decorrenza delle valute e le modalità di calcolo degli interessi sui versamenti presso una banca, si applicano l’articolo 120 del T.U. e l’articolo 2, comma 1, del d.l. n. 78/2009. I contratti relativi a operazioni di credito fondiario diverse da quelle disciplinate dall’articolo 7 del d.l. n. 7/2007 riportano, anche in allegato, uno o più esempi di applicazione della formula di calcolo del compenso onnicomprensivo da corrispondere in caso di estinzione anticipata, secondo le disposizioni dettate dal CICR con delibera del 9 febbraio 2000. I contratti prevedono, inoltre, che nessun altro onere può essere addebitato. L’articolo 2, comma 5, del d.l. n. 185/2008 prevede che le banche e gli altri intermediari che offrono mutui a tasso variabile garantiti da ipoteca per l’acquisto dell’abitazione principale debbano anche offrire mutui della specie indicizzati al tasso sulle operazioni di rifinanziamento

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principale della BCE, il cui tasso complessivo deve essere in linea con quello praticato per le altre forme di indicizzazione offerte 29.

4. Conto corrente semplice 30. Le banche possono offrire ai consumatori un “Conto corrente semplice”, il cui contenuto tipico è determinato ai sensi del presente paragrafo, in applicazione dell’articolo 117, comma 8, del T.U. I contratti denominati “Conto corrente semplice” non conformi alle condizioni previste dal presente paragrafo sono nulli secondo quanto previsto dagli articoli 117, comma 8, e 127, comma 2, del T.U. Il “Conto corrente semplice” è un contratto disegnato sulle esigenze di base dei consumatori e consente di usufruire, verso il pagamento di un canone annuo fisso, di un rapporto di conto corrente che prevede un numero determinato di operazioni di scritturazione contabile e di servizi. Il numero viene stabilito dalla Banca d’Italia sulla base di un accordo tra l’Associazione Bancaria Italiana e la maggioranza delle Associazioni facenti parte del Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti (CNCU) ed è allegato alle presenti disposizioni. Il canone annuo onnicomprensivo dovuto dal consumatore e il tasso di interesse creditore sono fissati liberamente dalla banca. Nessuna spesa, onere o commissione può essere addebitata dalla banca al cliente in relazione al conto, all’infuori del predetto canone e degli oneri fiscali previsti dalla legge. L’Indicatore Sintetico di Costo (ISC) del “Conto corrente semplice” è sempre pari al canone annuo di base. L’informativa periodica avviene su base almeno trimestrale e i relativi costi sono inclusi nel canone annuo. Nell’offrire il “Conto corrente semplice” le banche possono prevede-

29 La Banca d’Italia, nell’esercizio delle proprie funzioni, ritiene che nei casi in cui il tasso di politica monetaria non rappresenti in modo significativo il costo della provvista bancaria, lo spread praticato possa tenere conto del costo della copertura del rischio di tasso. Pertanto, i tassi offerti sui mutui indicizzati ai tassi di rifinanziamento principale della BCE non debbono necessariamente coincidere con quelli relativi ai mutui indicizzati a tassi di mercato (es. Euribor); gli spread non devono discostarsi in maniera rilevante e non giustificata dal differente costo della copertura del rischio di tasso. 30 Sulla presente sezione è stata acquisita l’intesa della Consob ai sensi dell’art. 117, comma 8 del T.U.

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re due distinte offerte a seconda che le operazioni siano eseguite allo sportello ovvero online. Resta ferma l’applicazione anche al “Conto corrente semplice” di tutte le disposizioni di legge rilevanti in materia di operazioni e servizi bancari, nonché della disciplina di trasparenza di cui al presente provvedimento.

SEZIONE IV Comunicazioni alla clientela

1. Premessa. La presente sezione riguarda le comunicazioni che gli intermediari sono tenuti a fornire durante i rapporti intrattenuti con i clienti. Il responsabile per il corretto adempimento delle previsioni di questa sezione è la controparte contrattuale del cliente. Ne consegue che: – .in caso di cessione del contratto, il responsabile è il soggetto cessionario; – .in caso di cessione del credito, il responsabile continua a essere il cedente, titolare del contratto, salvo diversa pattuizione tra il cedente e il cessionario. In caso di operazioni di cartolarizzazione dei crediti disciplinate ai sensi della legge 30 aprile 1999, n. 130, il responsabile può essere in alternativa il soggetto individuato contrattualmente nell’ambito dell’operazione di cartolarizzazione. Al cliente va comunque comunicato il responsabile.

2. Variazioni contrattuali. Ai sensi dell’articolo 118 del T.U. l’intermediario comunica espressamente al cliente le variazioni unilaterali apportate alle condizioni contrattuali secondo modalità contenenti in modo evidenziato la formula: “Proposta di modifica unilaterale del contratto”, con preavviso minimo di trenta giorni, in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente 31.

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Non rilevano ai fini dell’articolo 118 del T.U. le modifiche conseguenti a variazioni


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Secondo il ministero dello Sviluppo economico le “modifiche” disciplinate dall’articolo 118 del T.U., riguardando soltanto le fattispecie di variazioni previste dal contratto, non possono comportare l’introduzione di nuove clausole 32. La modifica si intende approvata se il cliente non recede dal contratto entro sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione. Il cliente ha diritto di recedere senza spese e di ottenere l’applicazione, in sede di liquidazione del rapporto, delle condizioni precedentemente praticate. Le variazioni contrattuali per le quali non siano state osservate le suddette prescrizioni sono inefficaci, se sfavorevoli per il cliente (art. 118, comma 3, del T.U.).

3. Comunicazioni periodiche alla clientela. 3.1 Disposizioni di carattere generale. Nei contratti di durata gli intermediari forniscono ai clienti, alla scadenza del contratto e, comunque, almeno una volta all'anno, una comunicazione analitica che dia una completa e chiara informazione sullo svolgimento del rapporto e un quadro aggiornato delle condizioni economiche applicate 33. In mancanza di opposizione scritta da parte del cliente, le comunicazioni si intendono approvate trascorsi sessanta giorni dal ricevimento. La comunicazione periodica è effettuata mediante invio o consegna di un rendiconto e del documento di sintesi delle principali condizioni economiche. Le parti possono convenire una diversa periodicità per l’invio o la consegna del rendiconto e del documento di sintesi 34.

di specifici parametri prescelti dalle parti e la cui determinazione è sottratta alla volontà delle medesime. 32 Cfr. la nota del 21 febbraio 2007del ministero dello Sviluppo economico (consultabile in http://www.sviluppoeconomico.gov.it/pdf_upload/documenti/php9gUU4d.pdf). 33 In relazione alle garanzie prestate e a quelle ricevute dall’intermediario, le comunicazioni periodiche contengono le informazioni rilevanti per lo svolgimento del rapporto di garanzia (ad esempio, l’ammontare dell’esposizione del debitore principale). 34 Salvo quanto previsto dal paragrafo 3.2 per i conti correnti di clienti al dettaglio, se le parti hanno concordato l’invio o la consegna, su base inferiore all’anno, di documentazione idonea a soddisfare le esigenze informative proprie sia del rendiconto (estratto conto per i rapporti regolati in conto corrente) sia del documento di sintesi, non è necessario l’invio o la consegna di una comunicazione relativa all’intero anno.

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Documenti e informazioni

Il rendiconto (estratto conto per i rapporti regolati in conto corrente) indica, anche mediante voci sintetiche di costo, tutte le movimentazioni, le somme a qualsiasi titolo addebitate o accreditate, il saldo debitore o creditore e ogni altra informazione rilevante per la comprensione dell'andamento del rapporto. Il documento di sintesi, datato e progressivamente numerato, aggiorna quello unito al contratto (cfr. sez. II, par. 7) e riporta le condizioni economiche in vigore, anche se non sono variate rispetto alla comunicazione precedente 35. In caso di variazione, le condizioni oggetto di modifica sono riportate con una specifica evidenza grafica (ad esempio, attraverso l’uso del grassetto). Il documento di sintesi inviato con il rendiconto relativo al periodo che si conclude il 31 dicembre riporta inoltre il numero complessivo delle variazioni intervenute nel corso dell’anno. Le parti possono convenire che le comunicazioni periodiche siano omesse nei casi di rapporti che non registrano movimenti da oltre un anno e presentano un saldo creditore non superiore a euro 2.500. Il contratto stabilisce le modalità di invio delle comunicazioni periodiche alla clientela e indica i costi connessi alle diverse tecniche utilizzate. I costi addebitati alla clientela quale corrispettivo delle comunicazioni periodiche non sono superiori alle spese sostenute per il loro invio. Le modalità a disposizione della clientela includono sempre la forma cartacea e quella elettronica; esse consistono, in ogni caso, in supporti durevoli. Se il contratto prevede l’impiego dello strumento informatico, i termini per l’esercizio del diritto di recesso o per la contestazione dell'estratto conto decorrono dalla ricezione della comunicazione 36. In ogni momento del rapporto il cliente ha il diritto di cambiare la tecnica di comunicazione utilizzata, salvo che ciò sia incompatibile con la natura dell’operazione o del servizio. Le comunicazioni periodiche informano altresì il cliente dell’esistenza di procedure – richieste dalla legge o introdotte in via di autoregolamentazione – che favoriscono la “portabilità” dei rapporti presso altro intermediario e fanno rinvio alle Guide previste dalla sezione II, paragrafo 2, ove previste per lo specifico rapporto cui la comunicazione si riferisce.

Qualora al contratto sia stato allegato il foglio informativo (cfr. sez. II, par. 7), la numerazione del documento di sintesi comincia a partire dalla prima comunicazione successiva alla stipula del contratto. 36 Per ricezione si intende la possibilità per il cliente di accedere al contenuto della comunicazione. 35

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3.2 Comunicazioni periodiche inerenti a particolari tipologie di rapporti. Per i rapporti regolati in conto corrente, l’estratto conto e il documento di sintesi sono inviati al cliente con periodicità annuale o, a sua scelta, con periodicità semestrale, trimestrale o mensile. Negli estratti conto sono indicate le modalità di calcolo degli interessi. Il documento di sintesi relativo ai contratti di conto corrente conclusi con consumatori riporta inoltre l’ISC pubblicizzato sul foglio informativo dello stesso conto messo a disposizione della clientela alla data dell’invio del documento di sintesi 37, secondo lo schema indicato nell’Allegato 6. Se il titolare di un conto corrente è un cliente al dettaglio, l’estratto conto relativo al periodo che si conclude il 31 dicembre riporta il riepilogo delle spese complessivamente sostenute nell’anno solare per la tenuta del conto corrente e per i servizi di gestione della liquidità e di pagamento 38; con separata evidenza sono riportati i costi sostenuti in relazione a eventuali affidamenti e sconfinamenti. In particolare, il riepilogo: riporta il numero delle operazioni effettuate, suddistinte per categoria; comprende l’ammontare complessivo delle spese addebitate e quello parziale relativo a ciascun servizio; richiama l’attenzione del consumatore sulla possibilità di confrontare il totale delle spese sostenute con l’ISC riportato nel documento di sintesi e invita il consumatore a verificare se vi sono servizi più adatti alle sue esigenze. A questi fini, le banche riportano in modo chiaro, alla fine del riepilogo, la frase seguente: «Può confrontare il totale delle spese sostenute nell’anno con i costi orientativi per i clienti tipo riportati nel riquadro “Quanto costa il conto corrente” del documento di sintesi allegato. Una differenza significativa può voler dire che questo conto forse oggi non è il più adatto alle sue esigenze; i motivi possono essere molti. In ogni caso, può andare in banca

37 Se il prodotto non è più commercializzato, il documento di sintesi riporta l’ISC calcolato tenendo conto delle modifiche alle condizioni economiche intervenute nei confronti della generalità dei clienti (senza considerare quelle relative alle condizioni oggetto di negoziazione individuale o praticate in base a convenzioni). 38 Sono riportate, in particolare, le spese relative ai seguenti servizi: conto corrente (versamenti, incassi, prelevamenti, scritture, comunicazioni, ecc.), carta di debito, carta di credito, bonifico, affidamento, assegno, domiciliazione utenze, e ogni altro servizio che è stato commercializzato unitamente al conto corrente, nonché le spese addebitate al cliente per l’invio della documentazione.

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Documenti e informazioni

o su internet per verificare se ci sono offerte più convenienti per lei». Per i libretti di risparmio al portatore, le banche mettono a disposizione dei clienti l’estratto conto annuale e il documento di sintesi per trenta giorni a decorrere dal 1° gennaio di ciascun anno presso la succursale in cui è intrattenuto il rapporto. Per i contratti di credito fondiario, le comunicazioni periodiche includono le modalità per l’estinzione anticipata e gli eventuali oneri connessi, riportati attraverso il compenso onnicomprensivo. Per i contratti di deposito titoli a custodia e amministrazione, le parti possono convenire che la comunicazione sia omessa quando il valore nominale dei titoli non supera 10.000 euro e non si registrano movimenti da oltre un anno. Entro il medesimo limite di 10.000 euro, le parti possono convenire di omettere le comunicazioni periodiche, anche in presenza di movimenti, quando le informazioni richieste sono già contenute nelle comunicazioni riepilogative concernenti altri rapporti di durata (ad esempio, nell’estratto conto per l’accredito degli interessi).

4. Richiesta di documentazione su singole operazioni. Il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell’amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni dalla richiesta, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni. Gli intermediari indicano al cliente, al momento della richiesta, il presumibile importo delle relative spese 39.

39 Resta fermo per il cliente il diritto di accesso ai dati personali previsto dall’articolo 7 del Codice in materia di protezione dei dati personali di cui al d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, secondo le modalità stabilite dal Garante (cfr. le “Linee guida per trattamenti dati relativi al rapporto banca-clientela” del 25 ottobre 2007).

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SEZIONE V tecniche di comunicazione a distanza

1. Premessa. La presente sezione contiene disposizioni relative all’impiego di tecniche di comunicazione a distanza da parte degli intermediari o di altri soggetti da questi incaricati nei rapporti con la clientela. In particolare, le disposizioni riguardano: – l’informativa precontrattuale; – le comunicazioni non richieste; – la stipula del contratto. Gli obblighi previsti dalla presente sezione si aggiungono – ove non diversamente previsto – a quelli stabiliti dalle altre sezioni del presente provvedimento. A fini di coordinamento, si richiamano altresì le disposizioni della sezione IV-bis del capo I del titolo III della parte III del Codice del Consumo in materia di commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori. Alle fattispecie previste dall’articolo 67-bis del Codice del Consumo si applicano, oltre alle disposizioni previste nel medesimo Codice, anche quelle contenute nella presente sezione, ove non sia diversamente disposto (cfr. artt. 67-bis, comma 3, e 67-decies, comma 1, del Codice del Consumo).

2. Informativa precontrattuale e comunicazioni non richieste. 2.1 Ambito di applicazione. Si forniscono di seguito indicazioni sul campo di applicazione della disciplina sull’informativa precontrattuale e sulle comunicazioni non richieste contenute nei paragrafi 2.2 e 2.3, con riferimento specifico ai seguenti profili: 1. .quando l’offerta tramite tecniche di comunicazione a distanza di servizi bancari e finanziari configura una attività svolta in Italia ai sensi dell’articolo 115 del T.U. (par. 2.1.1); 2. .quando, accertato che l’attività è svolta in Italia, alla commercializzazione di servizi bancari e finanziari attraverso tecniche di comunicazione a distanza nei confronti dei consumatori si applica la disciplina italiana (par. 2.1.2);

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3. .quando, accertato che l’attività è svolta in Italia, alla commercializzazione di servizi bancari e finanziari attraverso tecniche di comunicazione a distanza nei confronti di soggetti diversi dai consumatori si applica la disciplina italiana (par. 2.1.3). 2.1.1 Attività svolta in Italia. Fermo restando quanto previsto ai sensi degli articoli 13 e seguenti del T.U. in materia di operatività in Italia di intermediari esteri, ai fini delle presenti disposizioni l’offerta tramite internet di servizi bancari e finanziari configura una attività svolta in Italia ai sensi dell’articolo 115 del T.U. quando ricorre una delle seguenti condizioni: a).l’intermediario esercita effettivamente la propria attività sul territorio italiano, anche se la tecnologia di supporto del sito o il luogo dal quale il sito stesso è accessibile si trova in altro Stato; b) .l’offerta è rivolta a soggetti residenti o aventi sede in Italia, anche se l’intermediario esercita concretamente la propria attività in tutto o in parte al di fuori del territorio italiano. Per verificare se l’offerta è rivolta a soggetti residenti o aventi sede in Italia, la Banca d’Italia prende in considerazione i seguenti criteri: – .il contenuto dell’offerta ovvero le circostanze ad essa connesse fanno presumere che l’attività abbia come destinatari anche non esclusivi soggetti residenti o aventi sede in Italia; – .ricorre una delle seguenti circostanze: utilizzo della lingua italiana; riferimenti all’andamento di indicatori economici e finanziari o ad altre situazioni relative all’Italia; operatività in Italia degli intermediari attraverso i quali è possibile dare seguito all’offerta; diffusione di informazioni pubblicitarie in Italia; reperibilità del sito tramite motori di ricerca italiani o specializzati sull’Italia o che comunque consentano di effettuare ricerche mirate su siti che rivestano interesse per i residenti o aventi sede in Italia; – .l’intermediario accetta ordini da parte di soggetti residenti o aventi sede in Italia o presta servizi nei confronti di tali soggetti o invia ai medesimi informazioni mediante posta elettronica o altro mezzo di comunicazione. L’offerta non si considera rivolta a soggetti residenti o aventi sede in Italia alla stregua di uno o più dei seguenti criteri: – .nel sito è posto in evidenza che l’offerta è diretta soltanto a soggetti residenti o aventi sede in Stati diversi dall’Italia; – .l’intermediario utilizza procedure informatiche idonee a rifiutare ogni

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adesione o richiesta proveniente da controparti residenti o aventi sede in Italia; – .l’intermediario rifiuta effettivamente ogni adesione o richiesta proveniente da soggetti residenti o aventi sede in Italia. L’offerta di servizi bancari e finanziari mediante posta, posta elettronica, telefonia vocale o altre tecniche di comunicazione a distanza che consentono comunicazioni individuali configura un’attività svolta in Italia quando i destinatari sono residenti o hanno sede in Italia. 2.1.2 Rapporti tra intermediari e consumatori. Per l’attività svolta in Italia (in base alle previsioni di cui al precedente par. 2.1.1), l’informativa precontrattuale in relazione all’offerta a consumatori di servizi e operazioni bancari e finanziari attraverso tecniche di comunicazione a distanza è disciplinata dal paragrafo 2.2 della presente sezione nei seguenti casi: 1) quando la commercializzazione dell’operazione o del servizio rientra nel campo di applicazione della sezione IV-bis del capo I del titolo III della parte III del Codice del Consumo. Nell’esercizio delle proprie funzioni la Banca d’Italia considera che, ai sensi dell’articolo 67-quater, commi 3 e 4, del Codice del Consumo, tale condizione si verifichi nei seguenti casi: – quando l’intermediario ha sede in Italia o in altro Stato dell’Unione europea, se alternativamente: i) .nell’offerta è prevista l’applicazione della legge italiana al contratto, se concluso, ovvero ii) .ricorre uno dei casi in cui il consumatore residente in Italia non può essere privato, attraverso la scelta della legge applicabile al contratto, della protezione garantita dalle disposizioni imperative della legge italiana, ai sensi delle vigenti disposizioni di diritto internazionale privato 40; – quando l’intermediario ha sede in uno Stato non appartenente all’Unione europea. 2) quando non tutte le fasi della commercializzazione avvengono attraverso tecniche di comunicazione a distanza.

40 Ai sensi dell’articolo 5 della Convenzione di Roma del 19 giugno 1980, ciò avviene se: i) la conclusione del contratto è stata preceduta in Italia da una proposta specifica o da una pubblicità e il consumatore ha compiuto nel territorio italiano gli atti necessari per la conclusione del contratto; ii) l’altra parte ha ricevuto l’ordine del consumatore in Italia.

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2.1.3 Rapporti tra intermediari e soggetti diversi dai consumatori. Il campo di applicazione della normativa italiana sull’informativa precontrattuale (e, quindi, del paragrafo 2.2 della presente sezione) relativa all’offerta di servizi e operazioni bancari e finanziari attraverso tecniche di comunicazione a distanza a soggetti diversi dai consumatori è disciplinato: 1) dall’articolo 115 del T.U. e dall’articolo 3, comma 1, del d.lgs. n. 70/2003 quando: i) .l’intermediario ha sede in Italia o in uno Stato non appartenente all’Unione europea; ii) .l’offerta avviene attraverso tecniche di comunicazione a distanza diverse da quella elettronica, se l’intermediario ha sede in uno Stato estero appartenente all’Unione europea. In tali casi si applica la disciplina prevista ai sensi del titolo VI del T.U. e, quindi, il paragrafo 2.2 della presente sezione. 2) dall’articolo 3, comma 2, del d.lgs. n. 70/2003 quando l’intermediario ha sede in uno Stato estero appartenente all’Unione europea e l’offerta avviene attraverso forme elettroniche (ad esempio internet, email). In tali casi non si applica la disciplina italiana sull’informativa precontrattuale (e, quindi, il par. 2.2 della presente sezione) se l’intermediario rispetta la corrispondente normativa dello Stato membro nel quale ha sede. 2.2 Informativa precontrattuale. Gli intermediari e gli altri soggetti incaricati dell'offerta di operazioni e servizi bancari e finanziari che hanno un sito internet pubblicano sul sito il documento generale denominato “Principali diritti del cliente” (Allegato 2), le Guide (Allegato 3) e i fogli informativi relativi alle operazioni e ai servizi offerti. Gli intermediari e gli altri soggetti incaricati dell’offerta di operazioni e servizi bancari e finanziari che si avvalgono di altre tecniche di comunicazione a distanza per rendere note le caratteristiche dei prodotti offerti mettono a disposizione il documento generale denominato “Principali diritti del cliente” (Allegato 2) e i fogli informativi relativi alle operazioni e ai servizi offerti mediante la medesima tecnica impiegata per la conclusione del contratto, su supporto cartaceo o su altro supporto durevole, disponibile e accessibile per il cliente in tempo utile prima che il medesimo sia vincolato dal contratto o dall’offerta; se per il servizio offerto è prevista una Guida ai sensi della sezione II, paragrafo 2, questa deve essere messa a disposizione

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in luogo del documento generale denominato “Principali diritti del cliente”. I fogli informativi e i documenti di sintesi sono redatti secondo quanto previsto nei paragrafi 3 e 7 della sezione II e sono integrati con l’indicazione dei costi e degli oneri specifici connessi con il mezzo di comunicazione utilizzato, dei recapiti che permettono di contattare rapidamente l’intermediario e di comunicare efficacemente con lo stesso, nonché, se ne ricorrono le condizioni, con le altre informazioni previste dagli articoli da 67-quater a 67-octies del Codice del Consumo 41. In caso di comunicazioni ai consumatori mediante telefonia vocale, ai sensi dell’articolo 67-novies del Codice del Consumo, all’inizio della conversazione l’intermediario o il soggetto incaricato dell’offerta dichiara in maniera inequivoca la propria identità e il fine commerciale della chiamata. Previo consenso del consumatore, gli devono essere fornite solo informazioni relative a: − .identità della persona in contatto telefonico e suo rapporto con l’intermediario; − principali caratteristiche del servizio finanziario; − costo totale del servizio ovvero base di calcolo dello stesso; − .esistenza o mancanza del diritto di recesso ai sensi degli articoli 67duodecies e 67-ter decies del Codice del Consumo. Al consumatore è altresì comunicato che ulteriori informazioni sono disponibili su richiesta e ne viene precisata la natura. Quando si adoperano tecniche di comunicazione a distanza, il testo contrattuale è fornito al cliente in forma cartacea o su altro supporto durevole. Gli obblighi previsti dalla sezione II, paragrafo 6, si intendono assolti con il rispetto di quanto previsto dall’articolo 67 undecies, comma 1, del Codice del Consumo. Se il contratto è concluso su richiesta del cliente mediante una tecnica di comunicazione a distanza che non consente di trasmettere il documento generale denominato “Principali diritti del cliente” ovvero la

41 In particolare, gli intermediari rendono nota l’esistenza o la mancanza del diritto del consumatore di recedere dal contratto nel termine di quattordici giorni, conformemente all’articolo 67-duodecies del Codice del Consumo. Se tale diritto esiste, forniscono istruzioni pratiche e informazioni circa le modalità d’esercizio, le conseguenze derivanti dal mancato esercizio e l’importo che il consumatore può essere tenuto a versare per la parte del servizio eventualmente prestata prima del recesso, ai sensi dell’articolo 67-ter decies del Codice del Consumo.

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Guida relativa allo specifico contratto concluso e il foglio informativo, l’intermediario mette a disposizione del cliente tali strumenti di pubblicità subito dopo la conclusione del contratto 42. 2.3 Comunicazioni non richieste. Secondo quanto previsto dall’articolo 67-sexies decies del Codice del Consumo, nella commercializzazione di servizi finanziari l’intermediario richiede il preventivo consenso del consumatore all’utilizzo di tecniche di comunicazione a distanza quali sistemi automatizzati di chiamata senza l’intervento di un operatore, telefax o strumenti che consentono una comunicazione individuale (es. e-mail, posta, telefono). Tali misure non possono comportare costi per il consumatore. La Banca d’Italia, nell’esercizio delle proprie funzioni, ritiene che: − .il consenso sia validamente prestato se manifestato dal consumatore liberamente, in modo esplicito e in forma differenziata a seconda delle diverse finalità e categorie di servizi offerti 43; − .l’intermediario possa non richiedere il preventivo consenso se il consumatore ha precedentemente fornito nella commercializzazione di un servizio analogo i propri recapiti di posta elettronica o di posta cartacea. In occasione dell’invio di ciascuna comunicazione, il consumatore è comunque informato della possibilità di opporsi in ogni momento alla ricezione di ulteriori annunci, in modo agevole e gratuito; a tal fine, è fornito un indirizzo valido cui inviare la richiesta di cessazione di tali comunicazioni 44. Restano ferme le disposizioni previste dal d.lgs. n. 70/2003, dal d.lgs. n. 196/2003 (c.d. Codice della Privacy) e dal titolo III della parte II del Codice del Consumo in materia di pratiche commerciali scorrette.

42 Tale previsione non si applica alle ipotesi di operazioni e servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti precedentemente stipulati. 43 In analogia a quanto previsto dal Provvedimento del Garante per la Protezione dei dati personali del 29 maggio 2003. 44 Cfr. l’articolo 130 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (c.d. Codice della Privacy) e il Provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali del 12 giugno 2008.

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3. Stipula del contratto. La stipula di contratti mediante tecniche di comunicazione a distanza è ammessa nel rispetto delle condizioni e dei requisiti previsti dal paragrafo 2 della sezione III. Il consumatore ha diritto di richiedere, in qualsiasi momento del rapporto, copia cartacea del contratto nonché di cambiare la tecnica di comunicazione utilizzata, a meno che ciò sia incompatibile con il contratto concluso o con la natura del servizio prestato (cfr. l’art. 67-undecies, comma 3, del Codice del Consumo). Il consumatore non è tenuto ad alcuna prestazione corrispettiva per servizi non richiesti e, in ogni caso, l’assenza di risposta non implica consenso del consumatore, secondo quanto previsto dall’articolo 67quinquies decies del Codice del Consumo. SEZIONE VI SErvizi di pagamento Fino al recepimento della direttiva 2007/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, ai servizi di pagamento disciplinati dalla medesima direttiva offerti dagli intermediari si applicano le sezioni V, X, XI e, inoltre, alternativamente: – le sezioni da I a IV; – .le rilevanti disposizioni contenute nel titolo X, capitolo 1, delle Istruzioni di vigilanza per le banche, introdotto il 25 luglio 2003, nonché, per quanto concerne gli intermediari finanziari iscritti negli elenchi di cui agli articoli 106 e 107 del T.U. e gli Imel, nel provvedimento del Governatore del 25 luglio 2003. Ai servizi di pagamento disciplinati dalla direttiva, se commercializzati unitamente al conto corrente, si applicano le sezioni da I a V, X e XI.

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SEZIONE VII credito ai consumatori Fino al recepimento della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa ai contratti di credito ai consumatori, ai contratti previsti dalla medesima direttiva e a quelli disciplinati dal titolo VI, capo II, del T.U. si applicano: – .le disposizioni contenute nelle sezioni da I a IV ovvero, in alternativa, le rilevanti disposizioni contenute nel titolo X, capitolo 1, delle Istruzioni di vigilanza per le banche, introdotto il 25 luglio 2003, nonché, per quanto concerne gli intermediari iscritti negli elenchi di cui agli articoli 106 e 107 del T.U., nel provvedimento del Governatore del 25 luglio 2003; – le sezioni V, X e XI, in quanto compatibili; – .limitatamente ai contratti che ricadono nel campo di applicazione del titolo VI, capo II, del T.U., il d.m. 8 luglio 1992, e successive modificazioni. Ai contratti di apertura di credito commercializzati unitamente a un conto corrente si applicano in ogni caso il presente provvedimento nonché il d.m. 8 luglio 1992, e successive modificazioni. SEZIONE VIII mediatori creditizi Ai mediatori creditizi continua ad applicarsi il provvedimento UIC del 29 aprile 2005, recante “Istruzioni per i mediatori creditizi”.

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SEZIONE IX cambiavalute

1. Premessa. Le disposizioni contenute nella presente sezione si applicano ai soggetti che esercitano professionalmente l’attività di cambiavalute, consistente nella negoziazione a pronti di mezzi di pagamento in valuta, iscritti, ai sensi dell’articolo 155, comma 5, del T.U., nell’apposita sezione dell’elenco previsto dall’articolo 106, comma 1, del T.U.

2. Strumenti di pubblicità. 2.1 Documento contenente i principali diritti del cliente. I cambiavalute espongono nei locali aperti al pubblico e mettono a disposizione dei clienti, mediante copia asportabile, un documento denominato “Principali diritti del cliente”, redatto in modo da facilitarne la consultazione e la comprensione e contenente l'indicazione dei diritti e degli strumenti di tutela previsti dal titolo VI del T.U. in relazione all’attività esercitata (ad esempio disponibilità dei fogli informativi, consegna della “distinta di negoziazione”, procedure di reclamo e di composizione stragiudiziale delle controversie a disposizione del cliente e modalità per accedervi). È opportuno che il documento sia integrato con l'indicazione di altri strumenti di tutela previsti dall’ordinamento in relazione all’attività esercitata e alle modalità di contatto con la clientela. 2.2 Fogli informativi e cartello dei cambi. I cambiavalute mettono a disposizione dei clienti un foglio informativo, contenente informazioni sul cambiavalute, sulle condizioni economiche e sulle principali caratteristiche delle operazioni di acquisto e vendita di valuta estera nelle sue diverse forme, ivi compreso il rilascio, il pagamento o la negoziazione di assegni turistici in divisa estera (travellers cheques). È assicurata piena coerenza tra le informazioni riportate nei fogli informativi e le condizioni effettivamente praticate alla clientela.

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Documenti e informazioni

I fogli informativi sono asportabili e messi a disposizione dei clienti (anche su loro richiesta) nei locali aperti al pubblico; a tal fine, i cambiavalute possono avvalersi di apparecchiature tecnologiche. I fogli informativi contengono: – .informazioni sul cambiavalute (denominazione; numero di iscrizione all’albo; indirizzo della sede legale; numero di telefono e fax; ove esistenti, sito internet e/o indirizzo di posta elettronica), sulle caratteristiche e sui rischi tipici dell’operazione; – .un elenco completo delle diverse causali di costo (ad esempio tassi di cambio; commissioni e spese; prezzo complessivo; differenziali rispetto ai tassi di riferimento ufficiali); – .le clausole contrattuali concernenti il diritto di recesso e l’indicazione dei mezzi di tutela stragiudiziale di cui può avvalersi la clientela. Se un’operazione comporta più voci di costo a carico del cliente, le condizioni economiche a essa relative sono presentate in maniera tale che il costo complessivo risulti facilmente comprensibile. Il cambiavalute conserva copia dei fogli informativi per cinque anni, anche avvalendosi di tecniche che consentono la riproduzione immutata delle informazioni memorizzate. I fogli informativi sono datati e costantemente aggiornati e rinviano a un “cartello dei cambi” per i tassi di cambio e le condizioni economiche praticate. Su richiesta del cliente, le informazioni riportate sul cartello sono rese disponibili su supporto cartaceo. I cartelli dei cambi, esposti nei locali aperti al pubblico, sono datati e costantemente aggiornati con le modifiche apportate ai tassi di cambio, alle condizioni economiche ed alle spese praticate. Indicano in modo distinto, anchecon caratteri mobili o di tipo elettronico: – i tassi di cambio praticati; – .le eventuali commissioni, spese o altre voci di costo comunque denominate; – il prezzo complessivo pagato dal cliente; – .i differenziali (in forma fissa o percentuale) rispetto a un tasso di cambio di riferimento ufficiale. Il cartello riporta anche la denominazione del cambiavalute, la data dell’ultimo aggiornamento e un avvertimento al cliente circa la necessità di consultare i fogli informativi per conoscere le altre condizioni economiche dell’operazione. Il cartello dei cambi è collocato in modo tale da facilitare la consultazione da parte del pubblico; la veste grafica ed i caratteri utilizzati lo rendono di facile identificazione e lettura.

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Copia dei cartelli è conservata per cinque anni agli atti presso la sede legale e le filiali dei cambiavalute, anche mediante procedure informatiche. Le informazioni pubblicizzate non costituiscono offerta al pubblico a norma dell’articolo 1336 del codice civile. Gli obblighi di pubblicità relativi alle informazioni indicate nel presente paragrafo non possono essere assolti mediante rinvio agli usi.

3. Annunci pubblicitari. Gli annunci pubblicitari devono essere chiaramente riconoscibili come tali. In particolare, essi specificano: – .la propria natura di messaggio pubblicitario con finalità promozionale; – .la necessità di fare riferimento, per le condizioni contrattuali, ai fogli informativi, indicando le modalità in cui questi ultimi sono messi a disposizione dei clienti. Resta fermo quanto previsto dal d.lgs n. 70/2003, dal d.lgs. n. 196/2003 (c.d. Codice della Privacy) e dal Codice del Consumo.

4. Contratti. I contratti sono redatti in forma scritta quando il valore complessivo della transazione eccede 5.000 euro. In tal caso, un esemplare del contratto è consegnato al cliente. Il documento informatico soddisfa i requisiti della forma scritta nei casi previsti dalla legge. Nel caso di inosservanza della forma prescritta il contratto è nullo; la nullità può essere fatta valere solo dal cliente. La forma scritta non è obbligatoria per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto. In ogni caso, i cambiavalute mantengono evidenza dell’operazione compiuta, redigono in forma scritta una “distinta di negoziazione” e ne consegnano un esemplare al cliente. La distinta indica: la quantità di valuta negoziata; il tasso di cambio praticato; le commissioni, le spese e ogni altra voce di costo applicate; il prezzo complessivo pagato.

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Documenti e informazioni

5. Richiesta di documentazione su singole operazioni. Il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell’amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni dalla richiesta, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni per le quali è previsto un obbligo di registrazione con l’indicazione nominativa del cliente 45. I cambiavalute indicano al cliente, al momento della richiesta, il presumibile importo delle relative spese 46.

6. Offerta fuori sede e tecniche di comunicazione a distanza. Ai cambiavalute si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del paragrafo 4 della sezione II, relative all’offerta fuori sede, e le disposizioni della sezione V, relative alle tecniche di comunicazione a distanza.

SEZIONE X controlli Ai sensi dell’articolo 128 del T.U., la Banca d'Italia, al fine di verificare il rispetto delle disposizioni in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali, può acquisire informazioni, atti e documenti ed eseguire ispezioni presso le banche e gli intermediari finanziari iscritti negli elenchi previsti dagli articoli 106 e 107 del T.U. I medesimi controlli sono esercitati nei confronti dei mediatori creditizi (art. 16 della l. n. 108/1996) e Poste Italiane S.p.A. per l’attività di bancoposta (D.P.R. n. 144/2001).

45 Ai sensi del provvedimento dell’Ufficio Italiano Cambi del 21 dicembre 2001, tali sono le operazioni che superano la soglia di euro 1549,37. 46 Resta fermo per il cliente il diritto di accesso ai dati personali previsto dall’articolo 7 del Codice in materia di protezione dei dati personali di cui al d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, secondo le modalità stabilite dal Garante (cfr. le “Linee guida per trattamenti dati relativi al rapporto banca-clientela” del 25 ottobre 2007).

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La Banca d’Italia può chiedere la collaborazione di: – .Corpo della guardia di finanza (art. 22 della l. n. 262/2005, e successive modificazioni); – .altre Autorità, per i controlli sugli intermediari iscritti nel solo elenco generale di cui all’articolo 106 del T.U. e sui cambiavalute (art. 128, comma 2, T.U.). Al fine di consentire il controllo sulle disposizioni relative all’utilizzo di tecniche di comunicazione a distanza, gli intermediari comunicano alla Banca d’Italia l’indirizzo dei siti internet eventualmente utilizzati ai sensi della sezione V. Nel caso di inosservanza degli obblighi di pubblicità, sono applicate sanzioni amministrative pecuniarie ai sensi dell’articolo 144 del T.U.; in tali ipotesi, trovano applicazione le procedure previste ai sensi dell’articolo 145 del T.U., delle disposizioni di cui al titolo VIII, capitolo 1, delle Istruzioni di vigilanza per le banche, del provvedimento della Banca d’Italia del 3 settembre 2003 47 e del provvedimento della Banca d’Italia del 27 aprile 2006 48. In caso di ripetute violazioni delle disposizioni concernenti gli obblighi di pubblicità, può essere disposta, ai sensi dell’articolo 128, comma 5, del T.U., la sospensione dell’attività, anche di singole sedi secondarie, per un periodo non superiore a trenta giorni. Ai sensi dell’art. 67-septies decies del Codice del Consumo, la Banca d’Italia, nell’ambito delle proprie competenze, accerta le violazioni delle disposizioni contenute nella parte III, titolo III, capo I, sezione IV-bis del medesimo Codice in materia di commercializzazione a distanza ai consumatori di servizi finanziari disciplinati dal presente provvedimento e irroga le relative sanzioni, applicando le procedure sopra menzionate. La Banca d’Italia, nell’esercizio dei propri poteri, può ordinare ai soggetti vigilati la cessazione o vietare l’inizio di pratiche non conformi alle disposizioni sulla commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori (art. 67-novies decies del Codice del Consumo). Ai sensi degli articoli 14, 15 e 16 del decreto legislativo n. 70/2003, la Banca d’Italia può esigere, anche in via d’urgenza, che i fornitori di servizi della società dell’informazione (“mere conduit”, “caching” e

Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 22.9.2003 – Serie generale. Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11.5.2006 e n. 140 del 19.6.2006 – Serie generale. 47 48

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“hosting”) impediscano o pongano fine alle violazioni commesse dagli intermediari e dai mediatori creditizi attraverso strumenti telematici.

SEZIONE XI requisiti organizzativi

1. Premessa. Il puntuale rispetto della disciplina sulla trasparenza delle condizioni contrattuali contenuta nel presente provvedimento, così come un efficace presidio dei rischi di natura legale e reputazionale connessi ai rapporti con la clientela, richiedono che gli intermediari pongano in essere accorgimenti di carattere organizzativo idonei ad assicurare che in ogni fase dell’attività di intermediazione sia prestata costante e specifica attenzione a tali profili. La presente sezione disciplina le procedure e le iniziative organizzative che gli intermediari debbono porre in essere in relazione all’attività avente a oggetto le operazioni e i servizi disciplinati ai sensi del titolo VI del T.U.49 il paragrafo 2 si applica solo quando tale attività sia svolta nei confronti della clientela al dettaglio. Le disposizioni sono complementari alle discipline concernenti la funzione di conformità nonché l’organizzazione e i controlli interni 50. Il paragrafo 2 della presente sezione si applica alle banche autorizzate in Italia, alle succursali italiane di banche comunitarie, agli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale previsto dall’articolo 107 del T.U.

49 Cfr. le deliberazioni del CICR del 2 agosto 1996, e successive modificazioni, e del 25 luglio 2000 in materia di organizzazione amministrativa e contabile e controlli interni, rispettivamente, delle banche e dei gruppi bancari e degli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale previsto dall’articolo 107 del T.U., le quali prevedono che la Banca d’Italia può stabilire requisiti organizzativi minimi volti a salvaguardare la correttezza e la trasparenza dei rapporti con la clientela. 50 Cfr. provvedimento della Banca d’Italia del 10 luglio 2007, Istruzioni di vigilanza per le banche e per gli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale e, per quanto riguarda la prestazione dei servizi di investimento, T.U.F. e regolamento congiunto della Banca d’Italia e della Consob del 29 ottobre 2007.

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(ivi inclusi i confidi iscritti in tale elenco), a Poste Italiane S.p.A. per le attività di bancoposta, agli Imel italiani e alle succursali italiane di Imel comunitari; il paragrafo 3 si applica a tutti gli intermediari destinatari della disciplina. Restano fermi gli obblighi relativi alla gestione dei reclami previsti dalla sezione VI, paragrafo 1, del provvedimento della Banca d’Italia del 18 giugno 2009 recante “Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari”. L’inosservanza delle disposizioni della presente sezione comporta l’applicazione delle sanzioni previste dall’articolo 144, comma 1, del T.U., secondo le procedure di cui all’articolo 145 del medesimo T.U. Le funzioni di controllo interno dei gruppi bancari italiani, delle banche autorizzate in Italia, degli intermediari iscritti nell’elenco dell’art. 107 del T.U. e degli Imel italiani considerano il rispetto delle procedure previste dalla presente sezione nell’ambito delle valutazioni sul presidio dei rischi operativi e reputazionali richieste dalla disciplina prudenziale di vigilanza. La Banca d’Italia prende in considerazione il rispetto delle procedure previste ai sensi della presente sezione anche ai fini dei controlli sull’adeguatezza patrimoniale a fronte dei rischi legali e di reputazione.

2. Procedure interne. Gli intermediari adottano procedure interne volte ad assicurare: – .una valutazione – anche con il coinvolgimento delle funzioni di controllo e, nelle realtà più complesse, la costituzione di comitati interfunzionali – della struttura dei prodotti offerti con riferimento a: i) .la comprensibilità, da parte della clientela, della loro struttura, delle loro caratteristiche e dei rischi tipicamente connessi ai medesimi; ii) .la previsione, nei contratti destinati alla clientela al dettaglio, di forme complesse di remunerazione degli affidamenti o degli sconfinamenti, quali la commissione di massimo scoperto o altre che prevedono una pluralità di voci di costo. Se gli intermediari includono comunque queste previsioni nei contratti, essi: – .adottano specifiche procedure volte a prestare assistenza al cliente, al fine di agevolarlo nel comprendere l’effettiva portata della previsione prima della stipula del contratto o in tempo utile per l’esercizio del diritto di recesso; – .pubblicano sul sito internet un algoritmo che consente al cliente un

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agevole calcolo dei costi complessivi dell’utilizzo delle somme secondo le proprie esigenze e ne segnalano l’esistenza al cliente nell’ambito delle procedure di cui al punto precedente; – .offrono al cliente, qualora il contratto preveda l’applicazione della commissione di massimo scoperto, la possibilità di scegliere un altro contratto che – per lo stesso servizio – prevede altre forme di remunerazione, quali la commissione per la messa a disposizione di fondi. iii) la loro conformità a prescrizioni imperative di legge; – .la trasparenza e la correttezza nella commercializzazione dei prodotti. In tale ambito, le procedure includono almeno accorgimenti atti a far sì che: i) .la documentazione informativa sia completa, chiara, accessibile da parte della clientela, utilizzata attivamente da parte degli addetti alla rete di vendita e adeguatamente pubblicizzata sul sito internet; ii).il cliente non sia indirizzato verso prodotti evidentemente inadatti rispetto alle proprie esigenze finanziarie51. Gli intermediari valutano l’introduzione di strumenti, anche informatici, che consentano di verificare la coerenza tra il profilo del cliente e i prodotti allo stesso offerti; iii).gli addetti alla rete di vendita: abbiano un’adeguata e aggiornata conoscenza delle regole previste dal presente provvedimento e delle procedure adottate in base alla presente sezione; siano in grado di fornire chiarimenti sulle caratteristiche dei servizi e sui diritti dei clienti, sulla base della documentazione informativa prevista dalle presenti disposizioni e, se necessario, di ulteriori documenti; accertino che i clienti, prima di essere vincolati da un contratto o da una proposta, abbiano avuto modo di valutare adeguatamente la documentazione informativa; –.che la quantificazione dei corrispettivi richiesti alla clientela ogni qualvolta la normativa vigente richieda che essi non possano superare le spese sostenute sia attestata per iscritto e formalmente approvata; –.il rispetto puntuale delle iniziative di autoregolamentazione cui hanno aderito; –.la possibilità per il cliente di ottenere in qualsiasi momento e in tempi ragionevoli il testo aggiornato del contratto, a sua scelta in formato elettronico o cartaceo, qualora siano state apportate modifiche unilaterali;

51 La previsione non richiede agli intermediari di assicurare assistenza al cliente fino al punto di individuare, in ogni caso, l’offerta più adeguata, bensì di adottare procedure organizzative che evitino modalità di commercializzazione oggettivamente idonee a indurre il cliente a selezionare prodotti manifestamente non adatti.

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– .la tempestiva restituzione delle spese indebitamente addebitate al cliente; – .standard di trasparenza e correttezza adeguati anche quando, in una o più fasi della commercializzazione, intervengono soggetti terzi estranei alla loro organizzazione. Le procedure previste dal presente paragrafo sono: – .informate a principi di proporzionalità, avendo riguardo alla complessità dei prodotti, alle tecniche di commercializzazione impiegate, alle diverse tipologie di clienti; – adeguatamente formalizzate; – .periodicamente valutate per verificarne l’adeguatezza e l’efficacia e per rimediare alle carenze eventualmente riscontrate. A tal fine è previsto un coinvolgimento della funzione di conformità o, in sua assenza, dell’internal audit, che svolgono gli opportuni accertamenti e riferiscono agli organi aziendali con periodicità almeno annuale e, comunque, ogni qual volta siano state accertate gravi carenze 52. Gli intermediari adottano forme di remunerazione e valutazione degli addetti alla propria rete di vendita che non costituiscano un incentivo a commercializzare prodotti non adeguati rispetto alle esigenze finanziarie dei clienti.

3. Reclami. Gli intermediari adottano procedure per la trattazione dei reclami che garantiscano ai clienti risposte sollecite ed esaustive. Le procedure prevedono: – .l’individuazione di un responsabile e/o di un ufficio, indipendenti rispetto alle funzioni aziendali preposte alla commercializzazione dei servizi; – .le forme di inoltro dei reclami da parte della clientela e di risposta da parte degli intermediari, che includono, in ogni caso, la posta ordinaria e la posta elettronica; – .la gratuità per il cliente dell’interazione con il personale preposto alla gestione dei reclami e agli eventuali call center, fatte salve le spese normalmente connesse al mezzo di comunicazione adottato (ad esempio, costo della telefonata a tariffazione non maggiorata);

Nelle succursali italiane di banche comunitarie è individuato un soggetto responsabile che riferisce al legale rappresentante. 52

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– .la formazione del personale preposto alla gestione dei reclami e agli eventuali call center, adeguata in relazione ai rispettivi compiti; – la modalità di trattazione dei reclami; – .i tempi massimi di risposta, comunque non superiori a 30 giorni dalla ricezione del reclamo; – .la registrazione degli elementi essenziali di ogni reclamo pervenuto, nonché delle eventuali misure adottate a favore del cliente per risolvere il problema sollevato; – .la pubblicazione annuale, sul sito internet dell’intermediario, o – in mancanza – in altra forma adeguata, di un rendiconto sull’attività di gestione dei reclami con i relativi dati. Le risposte contengono almeno: – .se il reclamo è ritenuto fondato, le iniziative che l’intermediario si impegna ad assumere e i tempi entro i quali le stesse verranno realizzate; – .se il reclamo è ritenuto infondato, un’illustrazione chiara ed esauriente delle motivazioni del rigetto, nonché le necessarie indicazioni circa la possibilità di adire l’Arbitro Bancario Finanziario o altre forme di soluzione stragiudiziale delle controversie. La funzione di conformità o, in sua assenza, dell’internal audit, riferiscono agli organi aziendali, con periodicità almeno annuale, sulla situazione complessiva dei reclami ricevuti nonché sull’adeguatezza delle procedure e delle soluzioni organizzative adottate 53. Gli intermediari comunicano alla Banca d’Italia (Servizio Rapporti Esterni e Affari generali – Divisione Rapporti tra intermediari e clienti) l’indirizzo della struttura deputata alla gestione dei reclami, indicando un riferimento telefonico, di fax e di posta elettronica, nonché il nominativo del responsabile. Roma, 29 luglio 2009

IL DIRETTORE GENERALE Fabrizio Saccomanni

Nelle succursali italiane di banche comunitarie è individuato un soggetto responsabile che riferisce al legale rappresentante. 53

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Il provvedimento della Banca d’Italia del 29 luglio 2009 in tema di trasparenza bancaria* Sommario: 1. Gli obiettivi e le linee guida della riforma. – 2. I destinatari della disciplina. – 3. I principi generali e i criteri di redazione dei documenti. – 4. La pubblicità e l’informazione precontrattuale. – 5. La disciplina dei contratti e delle comunicazioni periodiche rivolte alla clientela. 6. – Le tecniche di comunicazione a distanza. – 7. I termini per l’adeguamento alle nuove disposizioni e i controlli interni.

1. Gli obiettivi e le linee guida della riforma. Una recente indagine commissionata da Banca Etica 1 ha messo in luce quanto ancora permanga una diffusa e preoccupante mancanza di fiducia dei clienti verso gli istituti di credito e il mondo della finanza in generale. Secondo lo studio poco meno di un terzo del campione degli intervistati dichiara di avere stima della propria banca 2: per questo

* Il presente scritto è una rielaborazione, con aggiunte, della relazione tenuta da Francesco Vella per il convegno Le nuove disposizioni di Banca d’Italia in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, Milano, 5 e 6 novembre 2009. 1 Rapporto Demos&PI e Banca Etica, Voglia di etica, ottobre 2009, reperibile al sito internet http://www.bancaetica.com/Gallery/File/Comunicati%20stampa/ 09%20Rapporto%20DemosBanca%20Etica.pdf, p. 13 s. 2 I dati presentati dall’analisi suggeriscono l’idea che il rapporto fra la banca e il cliente sia tendenzialmente destinato a deteriorarsi soprattutto nel periodo lavorativo della vita di quest’ultimo. La diffidenza aumenta in relazione all’età della clientela: il giudizio positivo verso gli istituti vede un picco iniziale fra i giovani fra i 15 e 17 anni (60,4%), livello destinato a scendere gradatamente con il crescere dell’età sino a giungere a un minimo del 21% rilevabile fra le persone aventi fra i 55 e 64 anni, per poi attestarsi al 30,3% fra gli intervistati ultrasessantacinquenni.

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Saggi

motivo la normativa introdotta dalla Banca d’Italia il 29 luglio 2009 pare quanto mai opportuna 3. Oltre ad avere lo scopo di migliorare la conoscenza della clientela in merito agli elementi essenziali del contratto e alle sue variazioni, anche al fine di favorire la concorrenza fra gli intermediari 4, la nuova discipli-

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Il documento, unitamente alla relazione sull’analisi di impatto e al resoconto sulla consultazione pubblica svolta a seguito della presentazione il 18 marzo 2009 del relativo progetto di regolamentazione, è reperibile all’indirizzo internet http://www.bancaditalia. it/vigilanza/banche/normativa/disposizioni/provv/trasparenza_operazioni. Allo stesso indirizzo è possibile accedere ai sei allegati a cui fa riferimento la normativa in esame, ovvero: la Guida alla redazione dei documenti di trasparenza; i modelli di Documento generale sui diritti del cliente; i prototipi delle Guide al mutuo, al conto corrente e per il ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario; il fac-simile dei fogli informativi; le indicazioni tecniche in merito al calcolo dell’indice sistematico di costo e lo schema per una rappresentazione dello stesso all’interno del documento di sintesi. A questi si è aggiunto di recente il modello contrattuale concordato fra l’A.B.I. e la maggioranza delle associazioni dei consumatori confederate nel C.N.C.U. per il c.d. conto corrente semplice. I documenti predisposti coprono solo una parte dei contratti caratteristici del diritto bancario: ulteriori modelli di fogli informativi e di Guide sono previsti in occasione del prossimo recepimento della direttiva 2008/48/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008; per un’analisi di quest’ultima normativa v. Carriero e Gaggero, I servizi finanziari, in I diritti dei consumatori, a cura di Alpa, in Tratt. dir. priv. dell’Unione euopea, diretto da Ajani e Benacchio, Torino, 2009, III, t. 2, p. 564 ss.; De Poli, Le regole di comportamento dei “creditori” nella direttiva 2008/48/Ce in materia di credito al consumo, in Dir. banc., 2009, I, p. 33 ss.; Mirone, Il diritto dei contratti bancari di fronte alla crisi: affinamento della regolamentazione di trasparenza o indebita ingerenza nelle dinamiche di mercato?, discussion paper presentato in occasione del Convegno di Orizzonti del diritto commerciale 2010, p. 16 ss. 4 Per un’analisi della trasparenza come strumento di incentivazione della concorrenza v. Costi, Informazione e contratto nel mercato finanziario, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1993, I, p. 721; Minervini, La trasparenza delle condizioni contrattuali (contratti bancari e contratti con i consumatori), in Banca, borsa, tit. cred., 1997, I, p. 102; Dolmetta, Normativa di trasparenza e ruolo della Banca d’Italia, in Dir. banc., 1998, I, p. 378 ss. Ubertazzi, Concorrenza e contratti bancari vent’anni dopo, in Dir. banc., 2003, III, p. 374 ss.; Alpa, La Trasparenza nei contratti bancari, Bari, 2003, p. 210 ss.; Gentili, Informazione contrattuale e regole dello scambio, in Riv. dir. priv., 2004, p. 559 ss.; Nigro, La tutela del risparmio e l’efficienza del sistema: il ruolo delle banche, in Le società, 2005, III, p. 321; Carriero, Operazioni e servizi bancari: la nuova disciplina della trasparenza, in Impresa commerciale industriale, 2005, I, p. 80 ss.; Capriglione, Operazioni bancarie e tipologia contrattuale, in Riv. dir. civ., 2006, I, p. 35; Verdi, Funzione della forma prescritta dall’art. 1284, comma 3, c.c. e principio di trasparenza, in Giur. it., 2007, XI, p. 2623. Per una critica all’idea che la trasparenza possa essere un incentivo alla standardizzazione dell’offerta in un’ottica anticoncorrenziale, Mirone, Il diritto dei contratti bancari, p. 2 ss. e 13.

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Marco Palmieri - Francesco Vella

na si prefigge infatti di attenuare il rischio legale sofferto dalle imprese 5 e, conseguentemente, di salvaguardare la loro stessa reputazione 6, garantendone al contempo la sana e prudente gestione 7. Questi obbiettivi generali sono perseguiti a mezzo dell’introduzione di nuovi istituti e dell’unificazione delle norme di attuazione del titolo VI del t.u.b. 8 (in precedenza contenute nei due provvedimenti paralleli del

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Un rischio che sembra essere aumentato a seguito dell’entrata in vigore della c.d. class action prevista dall’art. 140-bis, d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (c.d. Codice del Consumo), come riformulato dall’art. 49, l. 23 luglio 2009, n. 99. Il meccanismo di optin che caratterizza l’azione collettiva italiana sembra infatti contenere solo in parte il pericolo che l’uso – o l’abuso – di un simile rimedio possa tradursi in un danno per la stabilità finanziaria degli istituti, a fronte dell’incertezza legata all’esito della procedura; questo effetto negativo potrebbe tradursi in una propensione degli istituti ad addivenire ad accordi transattivi anche a fronte di richieste risarcitorie non del tutto giustificate, al pari di quanto già sperimentato dal mercato americano. D’altra parte non si può negare l’utilità di simili rimedi nel ridurre il costo della tutela dei singoli clienti e nel forzare gli istituti ad una gestione massimamente attenta e prudente. Per un esame dei problemi presentati dalle procedure risarcitorie collettive nel mercato statunitense si v. per tutti Coffee, Class wars: the dilemma of mass tort class action, in Col. l. Rev., 1995, VI, p. 1343 ss. 6 I costi legati alla violazione di tali obblighi, individuati già da Razzante, Antitrust e trasparenza: il ruolo della banca d’Italia e le sfide per il sistema bancario, in Corr. giur., 2000, VIII, p. 1115, nella insufficiente customer satisfaction e nella pubblicità negativa, sembrano, trascorso meno di un decennio, molto ridimensionati circa la loro effettiva incidenza in merito alle scelte condotte dalla clientela, data la scarsa propensione della maggior parte dei risparmiatori europei a cambiare banca: v. sul punto i recenti risultati pubblicati nella seconda edizione della The Consumer Markets Scoreboard, curata dalla Commissione europea, 22 settembre 2009, p. 55, fig. 53, reperibile al sito internet http:// ec.europa.eu/consumers/strategy/docs/2nd_edition_scoreboard_en.pdf. Per un esame delle linee politiche europee v. Mirone, Le “fonti private” del diritto bancario: concorrenza, trasparenza e autonomia privata nella (nuova regolamentazione dei contratti bancari), in Banca, borsa, tit. cred., 2009, III, p. 298 ss. 7 Sul punto cfr., da ultimo, Carrière e Bascelli, Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari: le nuove regole della Banca d’Italia, in Contratti, 2009, VI, p. 622. 8 Nonché nella delibera C.I.C.R. 4 marzo 2003 e nelle due delibere C.I.C.R. del 9 febbraio 2000 aventi a tema l’anatocismo e l’estinzione anticipata dei mutui fondiari. Si ricorda che l’ambito di applicazione del tit. VI è stato ampliato in forza degli interventi operati dalla l. 28 dicembre 2005, n. 262 (c.d. legge sul risparmio), e dal successivo d.lgs. 29 dicembre 2006, n. 303 (per le modifiche apportate al testo v. in particolare artt. 116, 117, 127 e 128-bis). Per un’analisi della genesi delle disposizioni contenute nel Tit. VI, v. Nigro, La legge sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari: note introduttive, in Dir. Banc., 1992, I, p. 423 ss.; Id., Disciplina di trasparenza delle operazioni bancarie, in Dir. banc., 1998, I, p. 511 ss.; Calandra Buonaura, Perassi e Silvetti, La banca: l’impresa e i contratti, in Tratt. dir. comm., a cura di Cottino, Padova, 2001,

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Saggi

25 luglio 2003, che erano intervenuti sul cap. 1 del Tit. X delle Istruzioni di Vigilanza e sulla Circolare 5 agosto 1996, n. 216) al fine di ridisegnare la regolamentazione della trasparenza richiesta alle banche, agli intermediari iscritti agli elenchi di cui agli artt. 106 e 107 t.u.b. e agli I.M.E.L. Le norme previgenti avevano mostrato in sede di applicazione di dare vita a un pesante onere informativo a carico degli operatori che si traduceva nella consegna alla clientela di numerosi documenti cartacei, talora eccessivamente analitici, che finivano per rendere i prodotti scarsamente comparabili fra loro. Per correggere questi squilibri, nonché per adattare la normativa alla legislazione nel frattempo intervenuta 9, il nuovo provvedimento punta quindi:

VI, p. 357 ss.; Capobianco, I contratti delle banche: trasparenza ed equilibrio nei rapporti con la clientela, in Dir. banc., 2002, II, p. 199 ss., Valentino, Art. 115, in Commentario al t.u.b., a cura di Capriglione, Padova, 2001, p. 887 ss.; Carriero, Trasparenza delle condizioni contrattuali, in Dir. Banc., 2003, I, t. II, p. 3 ss.; Id., Operazioni e servizi bancari, cit., p. 80 ss.; Razzante, La trasparenza bancaria entra nell’ordinamento, in Le società, 2004, I, p. 37 ss.; Carriero e Gaggero, I servizi finanziari, cit., p. 564 ss. 9 La maggior parte delle modifiche sono state apportate su impulso del legislatore europeo: così, ad es., in tema di commercio elettronico e di commercio a distanza di servizi finanziari ai consumatori, disciplinati rispettivamente dalle Direttive 2000/31/CE e 2002/65/CE, attuate, rispettivamente, dal d.lgs. 9 aprile 2003, n. 70, e dal d.lgs. 19 agosto 2005, n. 190, successivamente sostituito dagli artt. 67-bis s., Codice del Consumo; per un esame v. Sangiovanni, L’informazione del consumatore nella commercializzazione a distanza di servizi finanziari, in Diritto dell’Internet, 2008, IV, p. 399 ss.; Bravo, I contratti a distanza nei servizi finanziari, in I diritti dei consumatori, a cura di Alpa, in Tratt. dir. priv. dell’Unione europea, diretto da Ajani e Benacchio, Torino, 2009, III, p. 625 ss. Sul problema della limitata estensione applicativa della direttiva dedicata alla commercializzazione a distanza dei servizi finanziari e sulla necessità di approntare una tutela comune anche a favore della clientela che non rientra nella categoria dei contraenti professionali v. Albano e Maimeri, Contratti di banca e di intermediazione finanziaria, in I contratti informatici, a cura di Clarizia, Torino, 2007, p. 405 ss.; Palmieri, Il mercato unico delle banche, in Banche e mercati finanziari, a cura di Vella, in Tratt. dir. priv. dell’Unione europea, diretto da Ajani e Benacchio, Torino, 2009, VIII, p. 70. Ulteriori interventi sono frutto di un approccio normativo volto a rafforzare la concorrenza, oppure nascono come risposta all’attuale crisi finanziaria. Nel primo senso si vedano il divieto di richiedere penali in caso di estinzione del rapporto di durata in caso di esercizio dello ius variandi apportato dall’art. 10 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, come convertito dalla l. 4 agosto 2006, n. 248 (v. sul punto Santoni, Lo jus variandi delle banche nella disciplina della l. n. 248 del 2006, in Banca, borsa, tit. cred., 2007, II, p. 249 ss.; Mirone, Le “fonti private”, cit., p. 300 s.) e le nuove norme in tema di estinzione anticipata e portabilità del mutuo introdotte dal d.l. 31 gennaio 2007, n. 7, come convertito dalla l. 2 aprile 2007, n. 40, e successive modificazioni (per un’analisi v. Corso, I contratti bancari, tra trasparenza, tutela del consumatore e nuove disposizioni contenute nella l. 40/2007, in

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1) a imporre una più intensa standardizzazione dei documenti e un maggiore uso degli indicatori sintetici di costo (I.S.C.) 10, anche al fine di focalizzare l’attenzione dei clienti sugli aspetti più significativi del contratto e di rendere possibile una rapida comparazione dei prodotti 11; 2) ad attuare il principio di proporzionalità nell’imporre gli obblighi di trasparenza, allo scopo di razionalizzare i costi sostenuti dagli intermediari: a questo risultato si giunge articolando la disciplina sulla base di una differenziazione della clientela e delle caratteristiche dei servizi; 3) a formulare una più compiuta definizione dei canali di comunicazione a distanza con il cliente, con una particolare attenzione al remote banking operato via internet; 4) a recepire e costruire una relazione sinergica con le prassi create dall’autoregolamentazione: per espressa previsione del par. 1.5 della sez. I, le iniziative intraprese dagli operatori potranno essere oggetto di valutazione da parte della Banca d’Italia, nella prospettiva di una loro integrazione con la disciplina in esame o, persino, nell’ottica di una sostituzione di quest’ultima 12; 5) a rivedere e migliorare i sistemi di controllo interno degli intermediari.

Immobili e proprietà, 2007, VI, p. 347 ss.; Dolmetta, La facoltà di estinzione anticipata nei contratti bancari, con segnato riguardo alla disposizione dell’art. 7 legge n. 40/2007, in Riv. dir. civ., 2008, V, p. 523 ss.; Id., Questioni sulla surrogazione per volontà del debitore ex art. 8 legge n. 4/2007 (c.d. “portabilità del mutuo”), in Banca, borsa, tit. cred., 2008, IV, p. 395 ss.); rispondono all’esigenza di tutelare i clienti la stabilizzazione delle rate dei mutui attuata a mezzo del d.l. 27 maggio 2008, n. 93, come convertito dalla l. 26 luglio 2008, n. 126, nonché le misure assunte in merito ai mutui ipotecari concessi per l’acquisto della abitazione principale e la (apparente) eliminazione della commissione di massimo scoperto previste dagli artt. 2 e 2-bis del d.l. 29 novembre 2008, n. 185, come convertito dalla l. 28 gennaio 2009, n. 2. 10 Gli indicatori vengono utilizzati nei contratti di mutuo e di credito al consumo, nonché per le aperture di credito e i conti correnti destinati alla clientela al dettaglio. 11 V. sul punto Mirone, Il diritto dei contratti bancari, cit., p. 9 ss., che analizza la critica della dottrina economica circa il rischio che un’eccessiva uniformità degli obblighi informativi non possa soddisfare adeguatamente le esigenze cognitive del contraente debole che differiscono in base alla variabile complessità dei singoli contratti. 12 Oltre ad accertare il rispetto delle disposizioni legali e delle delibere del C.I.C.R., questa verifica dovrà appurare che la self-regulation raggiunga gli scopi perseguiti dalla legislazione pubblica e che essa venga adottata da un numero significativo di intermediari. L’indirizzo del legislatore di demandare alla normazione secondaria la disciplina della trasparenza si ritrova nella l. 17 febbraio 1992, n. 154. Per una lettura critica di tale policy, v. Nigro, La legge sulla trasparenza, cit., p. 429 ss.

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2. I destinatari della disciplina. Fatte salve talune eccezioni di seguito indicate, le norme in tema di trasparenza raccolte nel provvedimento si applicano nello svolgimento delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari prestati – anche fuori sede o mediante tecniche di comunicazione a distanza – dalle banche e dagli istituti di moneta elettronica italiani e comunitari (IMEL), da Poste Italiane S.p.a. per l’attività di bancoposta 13, nonché dagli intermediari e dei confidi iscritti negli elenchi previsti dagli artt. 106 e 107 t.u.b., ex par. 4, sez. I 14. Per espressa previsione del par. 1.1 della sez. I la normativa non trova applicazione quando gli intermediari indicati presteranno i servizi e le attività di investimento 15, oppure procederanno al collocamento di prodotti finanziari o compiranno operazioni o servizi che siano componenti di prodotti finanziari complessi sottoposti agli obblighi di trasparenza imposti dal t.u.f. 16, a meno che questi non configurino delle operazioni di credito al consumo 17. Accanto ai principi generali (sez. I), il nucleo centrale della regolamentazione è costituito dalle norme dedicate alla pubblicità e all’informazione precontrattuale (sez. II) 18, alla disciplina dei contratti (sez. III)

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Per l’estensione della disciplina sulla trasparenza contenuta nel t.u.b. all’attività di bancoposta v. il richiamo operato dall’art. 2, co. 3 e 5, d.P.R. 14 marzo 2001, n. 144. 14 Come ricorda il co. 2 dell’art. 115 t.u.b., i soggetti coinvolti dagli obblighi della trasparenza non compongono un insieme chiuso, potendo l’elencazione essere aggiornata con un decreto del Ministero dell’Economia a fronte delle necessità nascenti dagli sviluppi del mercato. 15 Per un esame della relativa normativa v. Calandra Buonaura, La trasparenza nei servizi bancari di investimento, in Giur. comm., 2008, II, p. 220 ss. 16 V. l’art. 23, co. 4, t.u.f., come da ultimo modificato dall’art. 3, co. 3, d.lgs. 29 dicembre 2006, n. 303. 17 Lo stesso paragrafo chiarisce che, nel caso in cui il servizio abbia a oggetto prodotti compositi il cui scopo, preponderante o esclusivo, non sia quello di effettuare un investimento finanziario, le disposizioni del provvedimento in esame si applicano all’intero prodotto se esso ha finalità esclusivamente o principalmente riconducibili a quelle dei servizi o delle operazioni disciplinati dal tit. VI del t.u.b. (quali, ad es., finalità di finanziamento o di gestione della liquidità), oppure alle sole componenti del prodotto riconducibili a questo ambito, dovendo altrimenti applicarsi le norme del t.u.f. L’unica eccezione è prevista per i prodotti che realizzano un’operazione di credito al consumo, per i quali continua ad applicarsi la normativa predisposta dalla Banca d’Italia. 18 Le norme contenute nella sezione non troveranno applicazione in caso di trattativa individuale, ovvero quando non si adottino schemi contrattuali predefiniti dall’intermediario e l’oggetto della negoziazione sia l’intero contratto e non delle singole clausole.

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e delle comunicazioni rivolte alla clientela (sez. IV), alle tecniche di comunicazione a distanza (sez. V). A esse si aggiungono le disposizioni in tema di servizi di pagamento (sez. VI) e di credito ai consumatori (sez. VII), che indicano quali fra le norme vigenti dovranno transitoriamente essere applicate agli intermediari che operano in questi settori in attesa del recepimento delle nuove direttive comunitarie 19. Il quadro normativo si compone, inoltre, di una disciplina dei controlli, contenuta nella sez. X, che impegna anche i cambiavalute e i mediatori creditizi, per i quali, per il resto, si applicano le regole specifiche contenute, rispettivamente, nella sez. IX e nel provvedimento U.I.C. del 29 aprile 2005. L’ultima sezione contiene, infine, un’indicazione dei requisiti organizzativi necessari per assicurare il rispetto da parte degli intermediari della legislazione in merito alla trasparenza nello svolgimento delle operazioni e dei servizi regolati dal tit. VI del t.u.b. e, di conseguenza, il contenimento dei rischi di natura legale e reputazionale 20. In particolare il par. 2 della sez. XI si rivolge alle banche e agli I.M.E.L. italiani o alle filiali delle corrispettive imprese comunitarie, agli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale ex art. 107 t.u.b. compresi i confidi e Poste Italiane S.p.A. per l’attività di Bancoposta, che svolgono attività a favore della clientela al dettaglio, imponendo che gli stessi soggetti si dotino di apposite procedure interne volte a valutare l’effettivo adeguamento alla normativa attraverso l’esame della struttura dei

19 Gli incipit di entrambe le sezioni di occupano di limitare il periodo di vigenza delle norme richiamate alla data di entrata in vigore delle norme che recepiranno, rispettivamente, le direttive 2007/64/CE e 2008/48/CE. Ai servizi di pagamento, oltre che alle tecniche di comunicazione a distanza, ai requisiti organizzativi e ai controlli dovranno essere applicate le prime quattro sezioni del documento in commento, oppure, in alternativa, le disposizioni rilevanti racchiuse nel tit. X, cap. 1, delle Istruzioni di Vigilanza, oltre a quelle contenute nel provvedimento del 25 luglio 2003 per i soli IMEL e per gli intermediari iscritti negli elenchi previsti dagli artt. 106 e 107 t.u.b. Questo assetto trova conferma anche in merito alla regolamentazione del credito concesso ai consumatori, che dovrà tuttavia essere completata dalla disciplina contenuta nel d.m. 8 luglio 1992. 20 Gli obblighi si innestano e danno attuazione alle previsioni in materia di organizzazione amministrativa e contabile e controlli interni della delibera del C.I.C.R. del 2 agosto 1996, e successive modifiche, e della delibera del C.I.C.R. del 25 luglio 2000 che impegnano, rispettivamente le banche e i gruppi bancari nonché gli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale previsto dall’art. 107 t.u.b., in merito alla previsione che sia affidata alla Banca d’Italia la definizione dei requisiti organizzativi minimi volti a salvaguardare la correttezza e la trasparenza dei rapporti con la clientela.

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prodotti offerti, la verifica della trasparenza e della correttezza della loro commercializzazione, l’accertamento della possibilità per il cliente di ottenere in qualsiasi momento e in tempi ragionevoli il testo aggiornato del contratto, il rispetto puntuale delle iniziative di autoregolamentazione ecc. Fatte salve le norme specifiche in tema di Arbitro Bancario Finanziario 21, la limitazione dell’ambito di applicazione non opera, invece, per la disciplina dei reclami di cui al par. 3, che vige nei confronti di tutti gli intermediari 22. In ottemperanza al criterio di proporzionalità, il provvedimento contiene una regolamentazione fortemente differenziata in forza della natura dei soggetti che vengono dalla stessa tutelati: una scelta che discosta l’attuale regolamentazione da quella contenuta nei provvedimenti del 2003, che non conteneva una tale segmentazione della clientela 23. La distinzione, rinvenibile nelle definizioni rese dal par. 3 della sez. I, può essere raffigurata idealmente da tre cerchi concentrici, il più esterno dei quali rappresenta l’insieme dei clienti degli intermediari in generale 24. In esso è contenuto l’insieme intermedio dei clienti al dettaglio 25,

21 La figura, introdotta dall’art. 128-bis t.u.b. è regolata nel suo funzionamento dalla delibera C.I.C.R. del 29 luglio 2008, a cui ha fatto seguito il provvedimento del 18 giugno 2009. 22 Per un esame della disciplina v. Soldati, L’arbitrato bancario finanziario della Banca d’Italia (A.B.F.), in Contratti, 2009, VIII-IX, p. 854. 23 Per una critica sul punto v. Carriero, Trasparenza delle condizioni contrattuali, in Dir. banc., 2003, I, p. 7; Alpa, Note sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, in Contratti, 2003, XI, p. 1047; Basso, La trasparenza delle condizioni contrattuali nel t u.b., in Dir. banc., a cura di Galanti, Padova, 2008, p. 861; in merito al t.u.b. v. Dolmetta, Normativa di trasparenza, cit., p. 37. 24 Non sono ricomprese nella definizione le banche, le società finanziarie, gli I.M.E.L., le imprese di assicurazione, le imprese di investimento, gli o.i.c.r., le s.g.r., le società di gestione accentrata di strumenti finanziari, i fondi pensione, Poste Italiane s.p.a., Cassa Depositi e Prestiti s.p.a e ogni altro soggetto nello svolgimento dell’attività di intermediazione finanziaria; inoltre non rientrano nel novero le società appartenenti al medesimo gruppo bancario dell’intermediario, le società che controllano l’intermediario, che sono da questo controllate o che sono sottoposte a un comune controllo. 25 A essi sono rivolte delle specifiche disposizioni come la previsione che impone all’intermediario di fornire una spiegazione nel foglio informativo del significato delle varie voci di costo per le offerte contenenti forme complesse di remunerazione degli affidamenti o degli sconfinamenti (sez. II, par. 3), o di consegnare gratuitamente una copia del contratto di mutuo ipotecario nel momento in cui viene concordata la data per la stipula notarile (sez. II, par. 6). Ulteriori doveri attengono all’indicazione dell’I.S.C. per le aperture di credito (sez. II, par. 8), all’obbligo di rendere conto delle spese sostenute

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formato dai singoli professionisti e dagli artigiani, dalle imprese che occupano meno di dieci dipendenti o che hanno un fatturato o un bilancio non superiore ai due milioni di euro annui 26, nonché dalle persone fisiche che agiscono per scopi estranei alla propria attività professionale, ovvero i consumatori. Questi ultimi rappresentano i clienti maggiormente difesi, dato che la nuova regolamentazione, oltre a dettare norme specifiche a loro favore 27, si innesta sulla già ampia disciplina apprestata in loro difesa in tema di clausole vessatorie, di pubblicità ingannevole e di pratiche commerciali scorrette, di commercio elettronico e di commercializzazione a distanza di servizi finanziari 28, di recesso dai rapporti di durata, di estinzione anticipata dei mutui immobiliari e di portabilità dei finanziamenti, come ricorda lo stesso par. 1.3. della sez. I. Verso questi soggetti gli obblighi di trasparenza assumono il ruolo non solo di rendere l’informazione sulle condizioni del contratto, ma anche di fornire elementi di giudizio (ad es. le guide o l’Indice Sintetico di Costo, o I.S.C.) che puntano a riequilibrare le posizioni contrattuali, in un’ottica di più specifica tutela del contraente debole 29.

durante l’anno per la tenuta del conto corrente e per i servizi di gestione della liquidità e di pagamento (sez. III, par. 3.2). Per una critica circa la decisione di estendere solo parzialmente agli appartenenti a questa categoria l’uso degli I.S.C. v. Mirone, Il diritto dei contratti bancari, p. 11. 26 Si noti che la soglia inizialmente stabilita in cinque milioni di euro, a seguito delle osservazioni rese dall’A.B.I., è stata diminuita all’attuale, corrispondente a quella indicata nella definizione di micro-impresa resa nell’art. 2, co. 3, dell’All. I della raccomandazione della Commissione Europea 2003/361/CE del 6 maggio 2003: sul punto v. l’intuizione in merito a un riesame della definizione in sede di consultazione di Carrière e Bascelli, Trasparenza delle operazioni, cit., p. 623. 27 A questa categoria, ad es., sono destinati l’I.S.C. per i contratti di conto corrente (sez. II, par. 8), compreso quello “semplice” al loro riservato (sez. III, par. 4), nonché la standardizzazione delle guide e dei fogli informativi per il contratto di conto corrente offerto ai consumatori e per i servizi associati e del contratto di mutuo ipotecario (par. 2 e 3 della sez. II). 28 V. il richiamo espresso contenuto nel par. 1 della sez. V. 29 Sul punto v. Costi, L’ordinamento bancario4, Bologna, 2007, p. 665, che sottolinea come la materia della trasparenza, in particolare in merito di credito al consumo, contenga delle norme che non attengono propriamente al concetto di comunicazione delle condizioni contrattuali. I requisiti di trasparenza finiscono infatti per imporre una “forma informativa”, ovvero impongono un «precetto formale che trascende le funzioni classiche (requisito di validità; requisito per la prova) diventando il veicolo della più completa conoscenza»: così Capriglione, Operazioni bancarie, cit., p. 35.

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3. I principi generali e i criteri di redazione dei documenti. L’obbligo di trasparenza implica che le informazioni siano rese alla clientela in modo corretto, chiaro ed esauriente. Questi principi dovranno trovare applicazione nei confronti di ogni forma di comunicazione, nel rispetto del criterio di proporzionalità, che impone all’impresa destinataria della disciplina di assumere un maggiore impegno a favore dei clienti appartenenti alle categorie della clientela al dettaglio e dei consumatori, al fine di rendere loro non solo un’informazione completa, ma anche pienamente comprensibile. La differente modulazione del contenuto dei documenti in base alla preparazione dei destinatari degli stessi dovrà, comunque, sempre rispettare un livello di informazione minima, rappresentato dalla possibilità per il cliente di comprendere le caratteristiche e i costi del servizio, di confrontare con facilità i prodotti, nonché di adottare decisioni ponderate e consapevoli 30. A questi principi il par. 1.4 della sez. I fa seguire una specifica elencazione degli elementi concreti a cui dovrà essere rivolta l’attenzione degli intermediari nella preparazione della documentazione, elencazione che, a sua volta, dovrà essere integrata dalle indicazioni ricavabili dalla Guida alla redazione dei documenti di trasparenza, redatta da Banca d’Italia con l’ausilio di esperti in materia di comunicazione. Dal quadro che ne risulta si può evincere che: 1) in merito all’impaginazione dei documenti, essa dovrà essere tale da garantire elevati livelli di leggibilità: dovranno, pertanto, essere evitati caratteri dalle dimensioni troppo piccole, finora diffusamente impiegati 31. Gli intermediari dovranno inoltre prestare particolare attenzione nell’uso degli stili di carattere e della sottolineatura di singole parole, nonché a esporre le informazioni privilegiando ove possibile le tabelle, le preposizioni con poche subordinate e un uso frequente del capoverso;

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Per un esame dei simili obblighi di trasparenza a cui è tenuto l’intermediario, sia esso bancario, finanziario o assicurativo v. Sangiovanni, Informativa precontrattuale e norme di comportamento degli intermediari assicurativi, in Contratti, 2009, V, p. 515: 31 È questo uno degli elementi su cui da sempre è stata rilevata la maggiore insoddisfazione della clientela. A riguardo il Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti (C.N.C.U.) aveva richiesto, in sede di consultazione, di introdurre l’obbligo di una dimensione minima dei caratteri; la domanda non è stata accolta perché ritenuta, correttamente, troppo rigida, considerate le diverse forme di comunicazione.

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2) la struttura dei documenti dovrà essere idonea a presentare le informazioni seguendo un criterio logico e un ordine di priorità, al fine di assolvere alle necessità informative del cliente, facilitando la comprensione dei prodotti e la loro confrontabilità. Per giungere a un simile risultato, l’allegato tecnico al provvedimento suggerisce che il testo sia strutturato su più livelli di lettura, resi evidenti da titoli e relativi sottotitoli; 3) una particolare attenzione dovrà essere prestata alla semplicità sintattica e alla chiarezza lessicale, che dovranno essere calibrate sul livello di alfabetizzazione finanziaria dei destinatari del prodotto, anche in relazione alle caratteristiche di quest’ultimo: in merito l’allegato succitato introduce numerosi e precisi canoni che dovranno essere soddisfatti nelle comunicazioni rivolte alla clientela 32. Prendendo atto della diffusa impreparazione finanziaria che investe non solo i soggetti che rientrano nella categoria dei consumatori, la normativa prevede inoltre che i termini tecnici più importanti e ricorrenti, nonché le sigle e le abbreviazioni, trovino spiegazione in un glossario o in una legenda 33. 4) la presentazione delle informazioni dovrà essere coerente con il canale comunicativo adottato: per soddisfare questo criterio l’intermediario dovrà tenere conto delle criticità e dei vantaggi connessi ai diversi strumenti di informazione 34. L’insieme di queste prescrizioni – è facile prevedere – aumenterà i costi per gli intermediari che hanno finora privilegiato i canali informa-

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In particolare si dovranno costruire le singole preposizioni ponendo in primis il soggetto della frase, si dovranno privilegiare espressioni semplici e di uso comune, si dovrà evitare l’uso di forme verbali passive, del congiuntivo, del gerundio o l’impiego di aggettivi sostantivati a cui dovrà essere preferita la ripetizione della parola già utilizzata. 33 Tali accorgimenti risolvono «il problema della intelligibilità e della chiarezza in ordine alla terminologia usata» denunciato già da Alpa, Note sulla trasparenza, cit., p. 1046, a commento del precedente provvedimento del 2003. 34 Anche in questo ambito l’All. I indica taluni accorgimenti concreti che possono rendere maggiormente fruibili le informazioni rese a mezzo dei fogli informativi e dei siti internet. Rispetto a questi ultimi viene dettato un vero e proprio vademecum in merito alla loro strutturazione: così, ad es., si impone che le informazioni più importanti siano sempre poste in primo piano e che siano contornate da apposite glosse contenenti approfondimenti, spiegazioni di termini di difficile comprensione, collegamenti alle guide o ai fogli informativi. Inoltre, benché obbligatorie per i soli siti internet della pubblica amministrazione, l’allegato invita a prendere in considerazione le raccomandazioni per l’accessibilità dei siti per le categorie deboli e svantaggiate; anche se molti intermediari si sono già adeguati autonomamente, sul punto pare comunque opportuno un intervento legislativo che garantisca l’estenzione di tale obbligo all’intero settore.

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tivi tradizionali basati sulla consegna o sulla spedizione di documenti cartacei e, quindi, in ultima analisi, i prezzi degli stessi servizi. Questa inflazione potrebbe, dunque, costituire uno sprone affinché i clienti che non si avvalgono dei servizi innovativi, quali il phone banking 35 e l’internet banking, acconsentano quantomeno a ricevere tali comunicazioni in forma digitale.

4. La pubblicità e l’informazione precontrattuale. L’importanza di dematerializzare le informazioni rese normalmente su supporto cartaceo si comprende appieno esaminando in dettaglio i nuovi obblighi informativi a cui sono tenuti gli intermediari già solo nell’attuazione del messaggio pubblicitario e durante la fase precontrattuale 36. La sez. II del provvedimento elenca infatti quattro distinte fonti: il documento contenente i principali diritti del cliente 37, il foglio informativo, eventualmente integrato dal foglio comparativo dei mutui offerti; lo schema di contratto che può essere richiesto dal cliente prima della conclusione dello stesso; il documento di sintesi delle principali con-

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Si noti che nel caso il servizio a distanza sia rivolto ai consumatori a mezzo della telefonia vocale, gli oneri informativi sono già ridotti dall’art. 67-novies del Codice del Consumo: per un’analisi v. Bravo, I contratti a distanza, cit., p. 630, nota 95. 36 Obbligati alla diffusione dei suddetti documenti sono le imprese che effettuano i seguenti servizi: deposito e rilascio di certificati di deposito; concessione di mutui; apertura di credito; anticipazioni bancarie; crediti di firma; sconti di portafoglio; leasing finanziario; factoring; concessione di altro genere di finanziamento; gestione di conti correnti di corrispondenza, di incassi e pagamenti, di versamenti e prelievi di contante presso sportelli automatici; emissione di moneta elettronica; acquisto e vendita di valuta estera; intermediazione in cambi; custodia e amministrazione di strumenti finanziari; locazione di cassette di sicurezza. Nel caso della offerta dei contratti fuori sede ex par. 4, la documentazione, corredata da un documento generale che descriva i principali diritti dei clienti, dovrà essere fornita al cliente avendo cura di ottenere un’attestazione dell’adempimento della consegna. Sulla natura dell’obbligo v. Capriglione, Operazioni bancarie, cit., p. 37. A favore di un obbligo allargato ad ogni forma di contratto, anche oltre il dettato dell’art. 118 t.u.b., in forza del principio di buona fede imposto dall’art. 1375 c.c. De Divitiis, Nullità e contratti bancari, in Impresa commerciale industriale, 2007, V, p. 720. 37 Il documento dovrà essere redatto sulla base del prototipo messo a disposizione da Banca d’Italia nel secondo allegato al provvedimento in commento. Una particolare disciplina è prevista per i cambiavalute, che debbono predisporre un documento denominato “Principali diritti del cliente”, che contiene l’indicazione dei diritti riconosciuto specificamente dal titolo VI del t.u.b. ex sez. IX, par. 2.

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dizioni del servizio, che potrà essere omesso a favore del foglio informativo qualora le previsioni di quest’ultimo documento non siano state modificate sulla base di una negoziazione individuale o il rapporto contrattuale non si svolga a mezzo di forme di comunicazione a distanza. L’informazione sarà resa normalmente con la semplice messa a disposizione di una copia della documentazione, non essendo necessario, se non previsto specificatamente, che l’intermediario debba assicurare una regolare consegna. L’obbligo corre, in particolare, in procinto della stipula ex par. 6, qualora lo richieda il cliente, che potrà optare per ottenere l’intero modulo contrattuale o il semplice documento di sintesi del servizio, in entrambi i casi debitamente aggiornati 38. L’esigenza di contenere i costi di pubblicazione dei quattro tipi di documenti emerge nella possibilità che gli stessi possano essere messi a disposizione facendo ricorso ad apparecchiature tecnologiche (ad es. a mezzo della consegna di un compact disk o la pubblicazione sul sito internet). In questa forma potranno essere diffusi i documenti contenenti i principali diritti del cliente, le Guide concernenti i contratti di conto corrente o di mutuo ipotecario riservati ai consumatori 39, oltre a quelle che descrivono i modi d’accesso ai meccanismi di composizione stragiudiziale delle controversie ex art. 128-bis t.u.b., nonché, infine, i fogli informativi dei singoli servizi (sez. II, par. 2 e 3). Questi ultimi rappresentano per il cliente – o almeno dovrebbero rappresentare – la prima sorgente da cui attingere le informazioni in me-

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Delle particolari disposizioni sono previste nel caso sia richiesta la copia del contratto di mutuo ipotecario il cui costo, anteriormente alla fissazione della data della stipula notarile, sarà a carico del cliente così come per gli altri finanziamenti che richiedano un’istruttoria. In tutti gli altri casi i documenti dovranno essere forniti gratuitamente, come era già previsto dall’art. 8 della delibera C.I.C.R. 4 marzo 2003. Sottolineano come la decisione di non avvalersi del diritto alla consegna del contratto fosse divenuta una pura clausola di stile alla luce della previgente regolamentazione Carrière e Bascelli, Trasparenza delle operazioni, cit., p. 625. Per una critica alla disposizione che permetteva di effettuare la consegna del contratto solo dietro il pagamento di un rimborso spese Razzante, La trasparenza bancaria, cit., p. 39. 39 Le guide, pubblicate il 30 novembre 2009, costituiscono dei validi strumenti di supporto per la comprensione e per la conclusione dei contratti, focalizzando l’attenzione sugli aspetti salienti degli stessi e sulle principali problematiche che possono sorgere nel corso del rapporto negoziale: il documento dedicato al mutuo è apprezzabile anche per il memorandum finale che instrada il cliente a compiere gli adempimenti necessari alla conclusione del contratto. L’introduzione di simili strumenti informativi sembra andare nella direzione di realizzare una più ampia «democratizzazione della finanza» come auspicato da Shiller, Finanza Shock, Milano, 2008, quale soluzione all’attuale crisi finanziaria: sul punto v. Vella, Se Mr. Cutter perde la casa, in Il Mulino, 2009, I, 69.

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rito al servizio verso cui nutre interesse ai sensi dell’art. 116, co. 1, t.u.b. Molti dei dati contenuti nei fogli informativi paiono, tuttavia, continuare ad essere poco utili allo scopo e, anzi, rischiano di indurre il cliente a non prestare la dovuta attenzione ai punti salienti del negozio a causa della messe di informazioni a cui è messo di fronte 40. Per ������������������ arginare ques41 to pericolo  il par. 3 impone che i contratti di conto corrente e di mutuo riservati ai consumatori debbano essere redatti secondo gli schemi contenuti nel quarto allegato, che scandiscono con la massima chiarezza visiva i passaggi rilevanti del contratto; se il finanziamento è erogato per l’acquisto dell’abitazione principale, il foglio informativo dovrà essere accompagnato anche da uno schema comparativo che illustri le differenti dinamiche delle operazioni a tasso fisso o variabile 42.

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Benché il paragrafo in esame si preoccupi di imporre che, a fronte di più voci di costo, le condizioni economiche siano descritte in maniera tale che il cliente possa comprendere l’onere economico complessivo a cui si espone (una particolare attenzione è rivolta ai contratti di conto corrente e di mutuo, che debbono indicare i termini di valuta e di disponibilità, i costi del servizio di cassa, nonché il Tasso Effettivo Globale Medio previsto dalla normativa anti-usura ex art. 2, l. 7 marzo 1996, n. 108), altri dati sembrano destinati ad apparire meno importanti agli occhi della maggior parte della clientela, soprattutto se i fogli informativi sono messi a disposizione negli stessi uffici in cui l’intermediario esercita la propria attività (ad. es. l’indicazione circa l’iscrizione dell’intermediario in albi e/o registri; oppure l’indirizzo della sede legale, il numero di telefono o di fax degli uffici ai quali il cliente si può rivolgere per ulteriori informazioni o per la conclusione del contratto, oppure il sito internet e indirizzo di posta elettronica). Questi elementi possono quindi aumentare il pericolo che l’attenzione del lettore possa essere sviata dalle clausole che hanno un’importanza primaria quali quelle che descrivono le caratteristiche e i rischi tipici dell’operazione o del servizio, le condizioni economiche offerte, le modalità per l’esercizio del diritto di recesso spettante al cliente e all’intermediario, i tempi massimi per la chiusura del rapporto, nonché i mezzi di tutela stragiudiziale di cui la clientela può avvalersi. Sul punto cfr. Mirone, Il diritto dei contratti, p. 6. 41 Un rischio che risulta acuito se il cliente appartiene alla categoria della clientela al dettaglio e se aderisce ai contratti contenenti forme complesse di remunerazione degli affidamenti o degli sconfinamenti, dato che le relative condizioni dovranno essere illustrate nel foglio informativo in modo da chiarire il significato delle varie voci di costo. Particolarmente curata risulta la descrizione dei fogli informativi dei cambiavalute: ai sensi della sez. IX, par. 2.2 gli intermediari dovranno informare circa le forme che potrà assumere l’acquisto o la vendita di valuta, anche a mezzo di negoziazione di assegni turistici, un elenco completo delle causali di costo, gli strumenti di tutela stragiudiziale, ecc. L’elemento fondamentale per la trasparenza operativa a cui sono chiamate queste imprese risiede nell’obbligo di esporre quotidianamente il cartello dei cambi, in cui deve essere resa evidente la differenza dei prezzi offerti rispetto al tasso ufficiale. 42 Come ricorda espressamente il capoverso del par. 4, l’art. 2, co. 5, d.l. 29 novem-

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La capacità di comparare i contratti è notevolmente aumentata dalla necessaria indicazione dell’I.S.C., che dovrà essere indicato nei contratti e nei documenti di sintesi 43 dei mutui, delle anticipazioni bancarie, delle altre forme di finanziamento, dei conti correnti destinati ai consumatori e delle aperture di credito offerte alla clientela al dettaglio ex par. 8.

5. La disciplina dei contratti e delle comunicazioni periodiche rivolte alla clientela. La scelta di dematerializzare i supporti informativi deve coniugarsi con la nullità di protezione prevista a favore del cliente a fronte della mancanza della forma scritta in forza del combinato degli artt. 117, co. 3, e 127, co. 2, t.u.b., così come richiamata dal par. 2 della sez. III del provvedimento; nullità che potrà essere facilmente evitata adempiendo alle disposizioni tecniche previste dall’art. 71, d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, in merito ai documenti informatici sottoscritti con firma elettronica certificata 44. Tale requisito di forma dovrà essere rispettato unicamente nella stesura del contratto quadro 45, mentre non si renderà necessario nello

bre 2008, n. 185, convertito dalla l. 28 gennaio 2009, n. 2, prevede che gli intermediari che offrono mutui a tasso variabile garantiti da ipoteca per l’acquisto dell’abitazione principale debbano offrire anche i mutui indicizzati al tasso sulle operazioni di rifinanziamento principale della B.C.E., tasso normalmente più stabile rispetto alle altre forme di indicizzazione. 43 Questi ultimi assolvono allo scopo di fornire un’informazione facilmente fruibile in sede di stipula e, soprattutto, nella fase successiva, fornendo un rapido riepilogo delle condizioni contrattuali, che debbono essere identiche a quelle pubblicate nei fogli illustrativi: tale funzione è del tutto evidente nell’ipotesi in cui il documento di sintesi vada a comporre il frontespizio del contratto, così come previsto dal terzo capoverso del par. 7. 44 Sulla natura relativa della nullità de quo v. D’Ambrosio, Commento art. 127, in Commentario al t.u.b., a cura di Capriglione, Padova, 2001, p. 968; Basso, La trasparenza, cit., p. 871. Mancando la firma elettronica il soddisfacimento del requisito della forma scritta in caso di contestazione dovrà essere verificato sulla base della sicurezza, immodificabilità, integrità e qualità del supporto: si v. sul punto le disposizioni contenute negli artt. 20, e 21, d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, rese applicabili anche ai privati ai sensi dell’art. 2, co. 3, dello stesso decreto. 45 La mancanza di una definizione precisa di contratto quadro può comportare notevoli difficoltà interpretative: ha ritenuto, ad es., non necessaria la forma scritta per un contratto di apertura di credito in quanto lo stesso era «disciplinato dal contratto scritto di conto corrente in essere tra le parti» Cass., 9 luglio 2005, n. 14470, con nota critica di

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svolgimento delle singole operazioni 46. Queste disposizioni valgono anche per la prestazione a distanza del servizio; tuttavia, nel caso il beneficiario sia un consumatore, quest’ultimo avrà diritto ad ottenere una copia cartacea se questa forma di documentazione risulta compatibile con la natura del servizio richiesto ex sez. V, par. 3. All’interno di quest’ultimo paragrafo trova conferma anche la protezione offerta dalla nullità eccepibile dal solo cliente in tema di rinvio agli usi e nel caso della discrepanza fra le condizioni, i prezzi e i tassi contenuti nel contratto e quelli dichiarati nei fogli informativi e nei documenti di sintesi qualora ciò dia luogo ad un trattamento sfavorevole al destinatario del servizio in forza del disposto dell’art. 117, co. 6, t.u.b. Un’eguale forma di tutela si ritrova anche in caso di difformità del contratto di conto corrente semplice 47, ossia del modello contrattuale strutturato per rispondere all’esigenza di fornire una basilare operatività al cliente dietro il pagamento di un unico canone annuo fisso 48 sulla

Dardes, Il principio della forma scritta nella stipulazione dei contratti bancari e le ipotesi di deroga, in Contratti, 2006, VI, p. 555 ss. 46 L’obbligo non dovrà essere assolto per la redazione della documentazione delle operazioni occasionali – quali, ad es., il cambio di valuta – purché le stesse non eccedano l’importo di 5.000 euro (cfr. sez. IX, par. 4), siano registrate dall’intermediario e siano confermate per iscritto al cliente, oppure consistano nell’emissione di moneta elettronica a mezzo di supporti non ricaricabili od anche ricaricabili. Sul punto il provvedimento si limita a richiamare l’art. 25, co. 6, d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, che attua la direttiva 2005/60/CE, in tema di contrasto al riciclaggio di proventi finanziari illeciti, imponendo che, se il dispositivo non è ricaricabile, l’importo massimo memorizzato non possa eccedere la somma di 150 euro; qualora il dispositivo sia ricaricabile, la soglia è elevata a 2.500 euro prendendo come base di calcolo il totale caricato in un anno civile. La differente disciplina in tema di trasparenza fra carte ricaricabili e non ricaricabili era presente anche nella previgente normativa: v. Capaldo, Moneta elettronica e trasparenza, in La moneta elettronica: profili giuridici e problematiche applicative, a cura di Sica, Stanzione e Zeno Zencovich, Milano, 2006, p. 163 ss. 47 Essa discende dalla nullità prevista dall’art. 117, co. 8, t.u.b. in tema di non conformità dei contratti o titoli a contenuto tipico predeterminato. Per un esame delle possibili letture della norma v. Costi, L’ordinamento, cit., p. 481; Dolmetta, Normativa di trasparenza, cit., p. 41 ss.; Nigro, Disciplina di trasparenza delle operazioni bancarie e contenuto delle condizioni contrattuali: note esegetiche, in Dir. banc., 1998, II, p. 520 ss. 48 Il canone onnicomprensivo richiesto dalla banca esclude che quest’ultima possa addebitare ulteriori spese in merito all’operatività del conto: tale limite permette di indicare come I.S.C. direttamente il canone annuo. L’unica facoltà ammessa a favore delle banche risiede nella possibilità di offrire, oltre al conto corrente semplice intrattenuto direttamente allo sportello, una versione da prestare online, che, dematerializzando il rapporto fra l’istituto e il cliente, può rappresentare un ottimo strumento per il contenimento dei costi operativi.

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base dell’intesa intercorsa fra l’A.B.I. e il Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti (C.N.C.U) 49. La difesa della parte contraente debole si estende anche allo jus variandi che può essere riconosciuto alla banca in ordine ai tassi di interesse o alle singole condizioni contrattuali ex art. 117, co. 5, t.u.b., e, in generale per i contratti di durata 50 ex art. 118, co. 1, t.u.b.: in entrambi i casi il provvedimento in esame si limita replicare i meccanismi di approvazione ex ante o ex post previsti a favore del cliente dalle norme del t.u.b. citate 51. La violazione di queste disposizioni comporterà l’inefficacia delle variazioni apportate al contratto ai sensi del par. 1, sez. IV, che richiama la disposizione contenuta nell’art. 118, co. 3, t.u.b. Allo stesso

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Contra Mirone, Il diritto dei contratti bancari, p. 15 ss., che individua nel potere della Banca d’Italia solo la capacità di connotare e non già di conformare il contenuto dei contratti. Come ricordano alcuni istituti bancari che hanno risposto alla consultazione precedente l’emanazione del provvedimento esaminato, l’idea di proporre un conto corrente di base era già stata sperimentata con scarsi risultati dall’iniziativa Patti chiari patrocinata dall’A.B.I. L’esigenza di introdurre comunque un prodotto semplice è testimoniata dalla difficoltà di stabilire gli effettivi costi sostenuti da parte dei clienti, come viene dimostrato da Bonifazi e Troise, Il controllo del conto corrente bancario, in Amministrazione e finanza, 2008, X, p. 47 ss. Sul problema dell’inquadramento del potere regolamentare della Banca d’Italia quale «potere di tipizzazione degli schemi contrattuali» o, più semplicemente, quale «potere di mera connotazione dei contratti», v., anche per i riferimenti dottrinali, Carriero e Gaggero, I servizi finanziari, cit., p. 584. 50 Sulla difficoltà di individuare con certezza la categoria contrattuale v. Bussoletti, La normativa sulla trasparenza: il ius variandi, in Dir. banc., 1994, III, p. 477 ss.; Porzio, I contratti di durata nel testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, in Banca, borsa, tit. cred., 1998, II, 294 ss.; Nigro, Disciplina di trasparenza, cit., p. 528. Per un riepilogo delle posizioni dottrinali sorte sul punto v. Sirena, Il ius variandi della banca dopo il c.d. decreto-legge sulla competitività (n. 223 del 2006), in Banca, borsa tit. cred., 2007, II, p. 268 ss. 51 Nel caso dei contratti di durata, le modificazioni unilaterali dovranno essere comunicate in forma scritta o comunque a mezzo di un supporto durevole, almeno trenta giorni prima dalla loro entrata in vigore: dalla ricezione della comunicazione scatterà l’ulteriore termine di sessanta giorni per il recesso dal contratto. Sul problema dell’esistenza di una giusta causa che sorregga la modifica unilaterale v. Bussoletti, La normativa sulla trasparenza, cit., p. 468 ss.; Sirena, Il ius variandi, cit., p. 266; Nigro, Disciplina di trasparenza, cit., p. 530; Santoni, Lo jus variandi, cit., p. 253 ss.; Mirone, Le “fonti private”, cit., p. 305. Nei restanti casi il diritto di modificare i tassi di interesse e ogni altro prezzo o condizione del servizio in senso sfavorevole al cliente deve essere espressamente indicato nel contratto tramite l’approvazione specifica della clausola da parte del cliente ex art. 1341, co. 2, c.c.: v. Bussoletti, La disciplina del ius variandi nei contratti finanziari secondo la novella codicistica sulle clausole vessatorie, in Dir. banc., 2005, p. 32 ss.; Santoni, loc. ult. cit., p. 256 ss.

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rimedio è esposta la mancata accettazione esplicita della clausola che permette la capitalizzazione degli interessi maturati 52. Ridotta nel suo significato può apparire, invece, la raccomandazione di evitare delle forme complesse di remunerazione degli affidamenti e degli sconfinamenti, dato che l’ambito applicativo della commissione di massimo scoperto (espressamente richiamata quale esemplificazione dal provvedimento) è stato apparentemente ridotto dall’art. 2-bis, co. 1, della l. 28 gennaio 2009, n. 2, che ha provveduto a convertire, modificandolo, il d.l. 29 novembre 2008, n. 185 53. In realtà l’intervento corret-

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L’indicazione del tasso dovrà inoltre tenere necessariamente conto dell’eventuale capitalizzazione degli interessi condotta a scadenze infrannuali. Per garantire una sostanziale parità dei diritti fra la banca e il cliente, le operazioni in conto corrente dovranno assicurare la stessa periodicità per il conteggio degli interessi sia debitori che creditori e che questi ultimi, quando legati ai versamenti di denaro, di assegni circolari emessi dallo stesso istituto o di assegni bancari tratti sulla stessa succursale, siano conteggiati con la valuta del giorno in cui è effettuato il versamento o il prelevamento ex art. 120, co. 1, t.u.b. A ciò si aggiunga che il provvedimento richiama espressamente l’art. 2, co. 1, d.l. 1 luglio 2009, n. 78, convertito dalla l. 3 agosto 2009, n. 102, che impone che, dal primo novembre 2009, dei termini massimi di valuta e disponibilità per i beneficiari di bonifici, di assegni circolari e bancari. 53 La norma permette, sulla base di un patto scritto non rinnovabile tacitamente, di mantenere a favore della banca una commissione predeterminata nel suo ammontare per le somme effettivamente utilizzate, calcolata in misura onnicomprensiva e proporzionale all’importo e alla durata dell’affidamento richiesto; essa dovrà essere specificatamente evidenziata e rendicontata a cadenza massima annuale, fatta salva comunque la facoltà di recesso del cliente ad nutum. L’ammontare, a seguito della novella contenuta nel successivo art. 2, co. 2, d.l. 1 luglio 2009, n. 78, convertito in l. 3 agosto 2009, n. 102, non potrà superare la soglia fissata di mezzo punto percentuale per trimestre. Sul problema della riconducibilità di tale commissione alla natura di un interesse – duplice – che il cliente dovrà versare per le somme concesse in fido effettivamente impiegate, v. Dolmetta, Alcuni temi recenti sulla «commissione di massimo scoperto», in Banca, borsa, tit. cred., 2010, in corso di pubblicazione; per un’analisi approfondita degli interventi operati dal legislatore e degli effetti da essi prodotti v. Mirone, Il diritto dei contratti bancari, p. 30 ss. L’indicazione del tasso dovrà inoltre tenere necessariamente conto dell’eventuale capitalizzazione degli interessi condotta a scadenze infrannuali. Per garantire una sostanziale parità dei diritti fra la banca e il cliente, le operazioni in conto corrente dovranno assicurare la stessa periodicità per il conteggio degli interessi sia debitori che creditori e che questi ultimi, quando legati ai versamenti di denaro, di assegni circolari emessi dallo stesso istituto o di assegni bancari tratti sulla stessa succursale, siano conteggiati con la valuta del giorno in cui è effettuato il versamento o il prelevamento ex art. 120, co. 1, t.u.b. A ciò si aggiunga che il provvedimento richiama espressamente l’art. 2, co. 1, d.l. 1 luglio 2009, n. 78, convertito dalla l. 3 agosto 2009, n. 102, che impone che, dal primo novembre 2009, dei termini massimi di valuta e disponibilità per i beneficiari di bonifici, di assegni

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tivo si è rivelato essere poco utile a fronte delle vistose falle che esso contiene e che sembra abbiano permesso agli istituti bancari un suo facile aggiramento tramite l’imposizione di nuove commissioni, come ha recentemente rilevato lo stesso Garante della concorrenza 54. La complessità di queste nuove forme di remunerazione degli affidamenti e degli sconfinamenti rende quindi ancora attuale – se non rafforza – la necessità di contenere la diffusione di meccanismi retributivi di difficile comprensibilità per la maggior parte delle clientela e di così alta incidenza nell’economia del sinallagma contrattuale. L’esigenza di fornire un’informazione quanto più completa nel corso dello svolgimento del contratto sino alla sua conclusione giustifica la previsione contenuta nel par. 3.1, sez. IV, che, ricalcando quanto già disposto dall’art. 119 t.u.b., impone all’intermediario di inviare con cadenza annuale una comunicazione analitica che dia una informazione chiara e completa circa lo svolgimento del rapporto e fornisca un quadro aggiornato delle condizioni economiche applicate, unitamente ad un documento di sintesi che evidenzi le eventuali modifiche nel frattempo intervenute 55.

circolari e bancari. La norma permette, sulla base di un patto scritto non rinnovabile tacitamente, di mantenere a favore della banca una commissione predeterminata nel suo ammontare per le somme effettivamente utilizzate, calcolata in misura onnicomprensiva e proporzionale all’importo e alla durata dell’affidamento richiesto; essa dovrà essere specificatamente evidenziata e rendicontata a cadenza massima annuale, fatta salva comunque la facoltà di recesso del cliente ad nutum. 54 V. la segnalazione della A.G.C.M. rivolta al Parlamento e al Governo del 29 dicembre 2009, in cui si rileva come le banche esaminate, a mezzo dello jus variandi, abbiano imposto delle nuove commissioni in merito agli affidamenti volte a remunerare la disponibilità di una determinata somma per un dato periodo di tempo, proporzionate all’impegno economico sostenuto. Gli istituti hanno inoltre sostituito le commissioni previste nel caso di un impiego di somme di denaro oltre il limite di disponibilità concesso dal contratto di conto corrente con delle forme di addebito forfetario, che, pur variando da istituto a istituto (sono state rilevate cinque tipologie di calcolo), sono risultate per la maggior parte peggiorative rispetto alla condizioni economiche che i clienti godevano prima della novella governativa. 55 Il principio è ripreso dall’art. 11 della delibera C.I.C.R. 4 marzo 2003. Come specifica sez. IV, par. 1, nell’ipotesi della cessione del contratto, il soggetto obbligato alla comunicazione sarà il cessionario a meno che oggetto della traslazione sia un credito, nel qual caso tenuto all’adempimento sarà il cedente, a patto che le parti non convengano diversamente; la regola si applicherà anche alle operazioni di cartolarizzazione dei crediti disciplinate dalla l. 30 aprile 1999, n. 130). Il diritto di acquisire le informazioni circa l’esito di singole operazioni compiute negli ultimi dieci anni spetta, peraltro, al cliente e al suo successore ex par. 4.

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Una particolare attenzione è prestata in tema di conto corrente, segnatamente ai contratti destinati ai consumatori e, più genericamente, alla clientela al dettaglio (sez. IV, par. 3.2.): a favore dei primi è previsto che gli estratti riportino nuovamente l’I.S.C. pubblicizzato nel foglio informativo; a favore degli utenti inclusi nella più ampia categoria è imposto che l’estratto conto di fine anno debba riepilogare le spese sostenute nell’arco dell’anno solare, evidenziando a parte i costi degli eventuali affidamenti e sconfinamenti 56. Per spronare i consumatori ad assumere una gestione attiva del rapporto contrattuale è disposto che i documenti loro destinati debbano contenere un richiamo circa la possibilità di confrontare il totale delle spese sostenute con l’I.S.C. indicato nel documento di sintesi e di considerare se vi sono servizi più adatti alle loro esigenze sulla base del raffronto fra le spese sostenute e i costi orientativamente previsti per la tipologia di clienti affine indicati nel documento di sintesi. Quasi a voler riequilibrare gli impegni richiesti agli intermediari al fine di non indugiare in un atteggiamento eccessivamente “filo-consumeristico”, il provvedimento dispone che le parti contraenti possano comunque convenire che le informazioni non siano rese a fronte di rapporti “dormienti” da oltre un anno e che presentino un attivo inferiore ai 2.500 euro ai sensi del par. 3.1 57.

6. Le tecniche di comunicazione a distanza. Il provvedimento dedica un’intera Sezione, la quinta, alla disciplina delle tecniche di comunicazione utilizzate alla prestazione da parte degli intermediari dei servizi a distanza, coprendo tutte le fasi del rapporto, ovvero l’informativa precontrattuale, la stipula del contratto e l’invio del-

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Per espressa previsione del par. 3.2., il documento dovrà indicare il numero delle operazioni effettuate, distinte per categoria, nonché l’ammontare complessivo delle spese addebitate e di quelle sostenute per ciascun servizio. 57 Esse inoltre potranno essere rese anche in forma elettronica, purché fornite su supporti durevoli. La natura di questi supporti è descritta dallo stesso legislatore europeo nella direttiva 2002/65/CE: sul punto v. A lbano e M aimeri, Contratti di banca, cit., p. 408. Una previsione simile è contenuta anche nel par. 3.2. per i contratti di deposito titoli a custodia e amministrazione: in tal caso l’obbligo di comunicazione potrà essere sospeso qualora le parti vi convengano, il valore nominale dei titoli non ecceda 10.000 euro e il portafoglio non sia modificato da più di un anno, oppure, nel caso di movimentazioni, a patto che le informazioni richieste siano già contenute nelle comunicazioni riepilogative concernenti altri servizi prestati dall’intermediario al cliente.

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le informazioni non richieste, riprendendo lo schema già adottato dal legislatore europeo nella stesura della direttiva 2002/65/CE. Il quadro regolamentare rimane tuttavia parziale dato che, in merito alla prestazione dei servizi a favore dei consumatori, esso deve essere completato dalla normativa contenuta negli artt. 67-bis ss. del Codice del Consumo 58. Tralasciando le brevi disposizioni dedicate alla fase della stipula a cui si è già fatto cenno nel paragrafo precedente, nell’attuale si esamineranno gli adempimenti richiesti per lo svolgimento dell’informativa precontrattuale e per l’attuazione delle comunicazioni non richieste 59. In merito agli obblighi di trasparenza propedeutici della conclusione del contratto il par. 2.1 introduce una preliminare distinzione circa l’ambito di applicazione della stessa disciplina, individuando le caratteristiche del servizio svolto a distanza dagli intermediari operanti in Italia (par. 2.1.1) 60, nonché, più specificatamente, le peculiarità che lo stesso servizio deve avere per poter essere inquadrato come rivolto ai consumatori (par. 2.1.2) 61 o a favore dei soggetti che non rientrano in tale categoria (par. 2.1.3) 62.

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La deroga a favore della normativa di settore è contenuta negli artt. 67-bis, co. 3, e 67-decies, co. 1, del Codice del Consumo: sul punto v. Bravo, I contratti a distanza, cit., p. 631. 59 Le stesse norme trovano applicazione anche nei confronti dei cambiavalute in forza del richiamo operato dalla sez. IX, par. 6. 60 Il legislatore precisa che l’attività è svolta nell’ambito nazionale se l’intermediario svolge i propri servizi nell’ambito del territorio italiano ai sensi dell’art. 115 t.u.b., a prescindere se la tecnologia di supporto (ad es. il c.d. server per i servizi di home banking) è situato all’estero; se l’offerta è rivolta a clienti residenti o aventi sede in Italia o se l’intermediario accetta ordini da questi soggetti (per stabilire se l’offerta soddisfa le condizioni, Banca d’Italia è chiamata ad esaminare criteri piuttosto ovvi quali l’adozione della lingua italiana o l’uso di indicatori economici e finanziari relativi all’economia nazionale). Per converso non potrà essere considerata rivolta alla clientela italiana l’offerta che sia dichiarata tale dall’intermediario e che non sia possibile realizzare operativamente al di fuori dei confini nazionali (cfr. par. 2.1.1, lett. b). 61 Si applicherà la disciplina in esame qualora la commercializzazione possa rientrare nel campo di applicazione dei servizi prestati a distanza a favore dei consumatori come previsto dall’art. 67-quater, co. 3 e 4, del Codice del Consumo. La Banca d’Italia considererà il servizio reso da un intermediario italiano o comunitario quando sia prevista l’applicazione delle legge italiana sulla base del testo contrattuale o dell’art. 5 della Convenzione di Roma del 1980, ora superato in ambito europeo dall’art. 6 del Reg. C.E.N. 593/2008 del Parlamento e del Consiglio Europeo del 17 giugno 2008, entrato in vigore il 17 dicembre 2009. 62 La disciplina sull’informazione precontrattuale contenuta nel provvedimento non trova applicazione nei confronti degli intermediari comunitari se il servizio è rivolto a

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Sulla base di questa precisazione il par. 2.2 passa a disciplinare gli aspetti concreti dell’informativa precontrattuale, imponendo agli intermediari che conducono l’offerta di pubblicare sui propri siti internet un documento generale denominato “Principali diritti del cliente”, redatto secondo lo schema contenuto nell’All. 2 del provvedimento 63, nonché le guide e i fogli informativi relativi ai servizi offerti, qualora gli stessi siano forniti solamente a mezzo della rete telematica. In caso contrario i medesimi documenti dovranno essere messi a disposizione su un supporto cartaceo o su un altro strumento durevole in tempo utile prima della conclusione del contratto 64. Una particolare attenzione è dedicata alla disciplina del phone banking rivolto ai consumatori che, in ottemperanza a quanto stabilito dal Codice del Consumo, obbliga l’intermediario a fornire delle specifiche informazioni circa la natura del servizio proposto e i diritti del cliente 65. A ciò si aggiunga che, ai sensi dell’art. 67-sexiesdecies del medesimo Codice, l’uso delle reti telematiche o del servizio postale quale veicolo di trasmissione di informazioni gratuite non richieste rese con sistemi

soggetti diversi dai consumatori a mezzo di tecniche di comunicazione a distanza che usano le reti informatiche ex art. 3, co 2, d.lgs. 9 aprile 2003, n. 70, in forza dei principi di libera prestazione dei servizi e dell’Home Country Control: sul punto v. Manna, La disciplina del commercio elettronico, Padova, 2005, p. 20 ss. In tutti gli altri casi, ovvero quando il servizio a distanza viene svolto da un intermediario italiano o extracomunitario, oppure se il servizio è offerto da un intermediario comunitario in forma diversa da quella elettronica, troverà applicazione la disciplina in esame ex artt. 115 t.u.b. e 3, co. 1, d.lgs. 9 aprile 2003, n. 70. 63 Il contenuto del documento si differenzia a seconda che i servizi siano resi a distanza o vis à vis, all’interno della sede dell’intermediario o all’esterno di essa. Sulla differente natura dei servizi prestati a distanza rispetto a quelli prestati al di fuori della sede e sulle problematiche connesse sorte prima dell’adozione del provvedimento del 2003, v. Albano e Maimeri, Contratti di banca, cit., p. 369 ss. 64 Tali adempimenti dovranno coniugarsi con «l’utilizzazione combinata di più tecniche di comunicazioni a distanza» come sottolinea Roncarati, La direttiva 2002/65/CE concernente la commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori, in Banca, impresa., soc., 2004, I, p. 87. 65 In particolare dovranno essere fornite inizialmente al consumatore le indicazioni circa la natura commerciale della telefonata e contenuti minimi del servizio offerto; solamente dopo aver acquisito l’assenso del cliente potranno essere fornite più specifiche informazioni (identità della persona incaricata, prezzo del servizio, diritto di recesso, ecc.): per un’analisi v. Sangiovanni, L’informazione del consumatore, cit., p. 403 ss. La disciplina ricalca le disposizioni contenute nell’art. 3 della direttiva 2002/65/CE: cfr. Albano e Maimeri, Contratti di banca, cit., p. 414.

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automatizzati necessita comunque di una specifica autorizzazione da parte del cliente-consumatore ex par. 2.3 66.

7. I termini per l’adeguamento alle nuove disposizioni e i controlli interni. Pur essendo entrate in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione, il termine per l’effettivo recepimento delle disposizioni esaminate è stato fissato al 31 dicembre 2009 67. Dall’inizio di quest’anno gli intermediari sono dunque chiamati a verificare l’adozione degli obblighi imposti loro dal provvedimento da parte dei propri uffici e delle succursali attraverso l’istituzione di appositi apparati di controllo sulla base di quanto già disposto in tema di organizzazione di controlli interni dalle Istruzioni di Vigilanza 68 e dal Regolamento congiunto Banca d’Italia-Consob del 29 ottobre 2007 69.

66 In applicazione del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (c.d. Codice della Privacy) e del Codice del Consumo – in particolare in materia di pratiche commerciali scorrette – la Banca d’Italia è chiamata a verificare che il consenso del cliente sia effettivamente rilasciato, anche in via preventiva ex par. 2.3, nonché a irrogare, se necessario, le sanzioni previste dall’art. 67-septiesdecies ex sez. XI. Fra quest’ultime particolare rilievo assume la nullità prevista dal co. 4 nel caso in cui non vengano assolti gli obblighi informativi precontrattuali: sul punto v. Bravo, I contratti a distanza, cit., p. 635. 67 Conseguentemente al primo gennaio 2010 hanno cessato di avere vigore: il cap. 1 del tit. X e la sez. VI del cap. 3 del tit. V delle Istruzioni di Vigilanza; il provvedimento 25 luglio 2003 dedicato alla disciplina della trasparenza richiesta agli intermediari; i par. 1, 2, 3 e 6 della parte V del provvedimento U.I.C. del 21 dicembre 2001 in merito all’iscrizione dei cambiavalute nell’elenco previsto dall’art. 155, co. 5, t.u.b.; il provvedimento della Banca d’Italia del 16 settembre 2003 in tema di Bancoposta; il cap. XIII delle Istruzioni di vigilanza per gli I.M.E.L. contenute nella Circolare della Banca d’Italia 26 aprile 2004, n. 253; nonché, infine, il provvedimento della Banca d’Italia del 30 dicembre 2008 in tema di mutui ipotecari concessi per l’acquisto dell’abitazione principale. Oltre a favorire gli intermediari nell’approntare i meccanismi di controllo interno, lo slittamento dell’efficacia è stato imposto dall’esigenza di permettere alla stessa Banca d’Italia di rendere disponibili entro il 30 novembre 2009 i modelli delle guide che gli intermediari devono stampare e mettere a disposizione della clientela. 68 V. Istruzioni di Vigilanza, Tit. IV, cap. 11, Sez. II, per i quali l’attività sul rispetto delle norme in tema di trasparenza, in quanto rientranti nell’esame circa la correttezza delle operazioni rientrano fra i c.d. controlli di linea, oppure in forza dell’attività di revisione interna. 69 Quest’ultimo documento rileva per la prestazione dei servizi di investimento disciplinati dal t.u.f. e dai regolamenti Consob collegati.

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Accanto a questo primo corpo di norme si pongono le disposizioni contenute nella sez. XI, par. 2, destinate a disciplinare gli specifici controlli inerenti la prestazione dei servizi a favore della clientela al dettaglio da parte delle banche autorizzate in Italia e delle succursali di banche comunitarie operanti sul territorio nazionale, degli intermediari ex art. 107 t.u.b., di Poste Italiane S.p.a. per l’attività di Bancoposta, nonché agli I.M.E.L. italiani e alle succursali delle corrispettive imprese aventi sede nell’Unione Europea. A presidio del regolare adempimento di tali obblighi il provvedimento richiama espressamente la possibilità di comminare agli istituti le pene pecuniarie previste dal co. 1 dell’art. 144 t.u.b. secondo le procedure stabilite dal successivo art. 145 t.u.b. La necessità di offrire un servizio adeguato alla scarsa preparazione media dei soggetti che rientrano nella categoria della clientela al dettaglio giustifica la scelta di imporre agli intermediari un’auto-valutazione della comprensibilità dei prodotti offerti e dei rischi connessi, nonché della conformità degli stessi alle prescrizioni di legge. Gli intermediari sono inoltre chiamati a vigilare sulla trasparenza e correttezza dei comportamenti dei propri dipendenti nella fase di commercializzazione, verificando che l’informativa fornita sia completa, facilmente comprensibile e accessibile e che il cliente non sia indirizzato a prodotti chiaramente inadatti alle sue esigenze 70. Il rispetto di quest’ultimo obbligo potrà essere verificato anche a mezzo di procedure informatiche. Il rischio che una simile previsione, rivolgendosi a una categoria di soggetti eterogenei, possa generare dei problemi in sede di applicazione a causa di un’eccessiva generalizzazione sembra essere limitato dal richiamo al principio di proporzionalità contenuto alla fine del par. 2, che permette un’applicazione graduale delle norme avendo riguardo alla natura dei prodotti, della clientela e dei canali di commercializzazione. Non pare tuttavia poter essere del tutto fugato il pericolo che, a scopo prudenziale, gli intermediari possano finire per interpretare rigidamente questa regola, obbligando i clienti a mantenere tendenzialmente inalterato il proprio livello di operatività: un simile atteggiamento potrebbe essere controproducente soprattutto per lo sviluppo delle attività economiche perseguite dalla clientela al dettaglio che non appartiene al sot-

70 Per evitare il diffondersi di conflitti di interesse sistemici, il provvedimento fa espresso divieto di incentivare, anche indirettamente, la vendita di prodotti inadatti rispetto alle esigenze finanziarie dei clienti, impedendo che i dipendenti degli intermediari ricevano dei benefici economici o una migliore valutazione della carriera lavorativa.

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to insieme dei consumatori, ovvero i professionisti e le numerosissime aziende di piccola dimensione che caratterizzano il tessuto economico nazionale. Accanto a queste disposizioni di carattere generale, il par. 2 detta una serie di previsioni più specifiche non derogabili – in parte frutto dell’opera di consultazione antecedente l’emanazione del provvedimento – in merito alla quantificazione e all’approvazione scritta dei corrispettivi, all’impegno a rispettare le norme di autoregolamentazione, alla possibilità per il cliente di ottenere una copia aggiornata del contratto modificato unilateralmente dall’intermediario. A favore di tutti i clienti, anche se professionali, è invece previsto l’obbligo che l’intermediario appronti un ufficio per la gestione dei reclami in grado di fornire gratuitamente delle risposte entro trenta giorni dalla denuncia del disservizio e che si occupi di indicare la possibilità di adire l’Arbitro Bancario Finanziario per la soluzione delle controversie che non dovessero trovare composizione in tale sede 71. Ai sensi del par. 3 l’attività svolta da questa struttura nel corso dell’anno dovrà essere adeguatamente pubblicizzata sul sito dell’intermediario la fine di permettere alla clientela di verificare non solo la correttezza nella prestazione dei servizi, ma anche l’effettività dei controlli 72.

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Poiché il termine per la definizione del ricorso presentato all’Arbitro Bancario Finanziario è di soli sessanta giorni, sembra evidente che la Banca d’Italia abbia voluto dare un deciso impulso verso una rapida risoluzione delle controversie fra cliente e istituti bancari al fine di contrastare gli effetti negativi che possono generarsi dall’incertezza circa l’esito della procedura. Per un esame della norme dedicate al nuovo organismo v. Soldati, L’arbitrato bancario Finanziario, cit., p. 855. 72 L’assenza di «disposizioni realmente “pungolanti”» in tema di controlli, già denunciata da Razzante, La trasparenza bancaria, cit., 40, è stata ripresa nel parere rilasciato dal C.N.C.U. in occasione della preventiva consultazione: la critica non è stata condivisa da Banca d’Italia, che ha ritenuto, al contrario, che le sanzioni pecuniarie previste dall’art. 144 t.u.b. e la sospensione dell’attività ex art. 128 t.u.b. possano rappresentare delle valide risposte alla violazione delle norme.

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Norme redazionali

I. Note 1. Le note debbono essere collocate a pie’ di pagina con numerazione continua e progressiva. 2. La numerazione delle note non deve mai iniziare dal titolo (se necessario, può apporsi un asterisco al titolo, per qualche specificazione particolare; per esempio: “testo della relazione presentata…”)

II. Criteri di citazione 1. Gli articoli di legge vanno citati come segue: - art. 2221 c.c. - art. 2332, co. 1, c.c. 2. I libri vanno citati nel seguente modo: Belli, Legislazione bancaria italiana (1861-2003), Torino, 2004, p. … - Nel caso di più autori, vanno adottati i seguenti modelli: Maimeri, A. Nigro e Santoro, Contratti bancari. 1. Le operazioni bancarie in conto corrente, Milano, 1991, p. …; Allegri ed altri, Diritto commerciale4 , Bologna, 2004, p. … - Nel caso di opere con uno o più curatori, va adottato il seguente modello: Belli e Santoro, a cura di, La banca centrale europea, Milano, 2003, p. … - L’iniziale del nome di battesimo va inserita solo in caso di omonimia. Per esempio: M. Sandulli, Le attività di investimento delle Fondazioni bancarie, in Dir. banc., 2004, I, p. … - Nel caso di pluralità di edizioni, il numero dell’edizione va sempre indicato come segue: Costi, L’ordinamento bancario3, Bologna, 2001. 3. Le voci di enciclopedie vanno citate nel seguente modo: Angelici, Società per azioni e in accomandita per azioni, in Enc. dir., XLII, Milano, 1990, p. …

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Norme redazionali

4. Gli articoli vanno citati nel seguente modo: Santoro, Garanzia della solvenza della società a responsabilità limitata in caso di circolazione dei titoli di debito, in Dir. banc., 2004, I, p. … 5. I saggi o commenti inseriti in opere collettanee vanno citati nel seguente modo: A. Nigro, Imprese commerciali e imprese soggette a registrazione2, in Tratt. dir. priv., diretto da Rescigno, 15**, Torino, 2001, p. … 6. Le citazioni successive alla prima vanno fatte nel seguente modo: Belli, Legislazione, cit., p. …; Costi, L’ordinamento, cit., p. … 7. Le sentenze vanno citate nel seguente modo: - Cass., 8 aprile 2004, n. 6943, in Foro it., 2004, I, 1713 - App. Milano, 6 aprile 2004, in Il fallimento, 2005, 768 - Trib. Mantova, 24 marzo 2004, in Il fallimento, 2004, 1161. N.B.: occorre attenersi scrupolosamente alle abbreviazioni di cui all’elenco che segue e va omessa l’indicazione p. (pagina) o c. (colonna).

III. Abbreviazioni 1. Fonti normative codice civile codice di commercio Costituzione codice di procedura civile codice penale codice di procedura penale decreto decreto legislativo decreto legge decreto legge luogotenenziale decreto ministeriale decreto del Presidente della Repubblica disposizioni sulla legge in generale disposizioni di attuazione disposizioni transitorie legge fallimentare

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c.c. c.comm. Cost. c.p.c. c.p. c.p.p. d. d.lgs. d.l. d.l. luog. d.m. d.P.R. d.prel. disp.att. disp.trans. l.fall.


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legge cambiaria testo unico testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (d.lgs. 1-9-1993, n. 583) testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (d.lgs. 24-2-1998. n. 58)

l.camb. t.u. t.u.b. t.u.f.

2. Autorità giudiziarie Corte Costituzionale Corte di Cassazione Sezioni unite Consiglio di Stato Corte d’Appello Tribunale Tribunale amministrativo regionale

C. Cost. Cass. S. U. Cons. St. App. Trib. TAR

3. Riviste; enciclopedie. Archivio civile Arch. civ. Banca, borsa e titoli di credito Banca, borsa, tit. cred. Banca, impresa e società Banca, impresa, soc. Bancaria Banc. Banche e banchieri Banche e banc. Contratto e impresa Contr. e impr. Contratti Contr. Corriere giuridico Corr. giur. Digesto IV ed. Dig. disc. priv., sez. comm. Dig. disc. priv., sez. civ. Dig. disc. pen. Dig. disc. pubbl. Diritto amministrativo Dir. amm. Diritto della banca e dei mercati finanziari Dir. banc. Diritto del commercio internazionale Dir. comm. int. Diritto dell’economia Dir. econ. Diritto e pratica nell’assicurazione Dir. e prat. assic. Diritto fallimentare (e delle società commerciali) Dir. fall. Diritto e giurisprudenza Dir. e giur.

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Dir. ind. Dir. inform. Econ. e cred. Enc. dir. Enc. giur. Europa e dir. priv. Foro it. Foro nap. Foro pad. Giur. comm. Giur. cost. Giur. it. Giur. merito Giust. civ. Il fallimento Jus Le società Notariato Noviss. Dig. it. Nuova giur. civ. comm. Nuove leggi civ. Quadr. Rass. dir. civ. Rass. dir. pubbl. Riv. banc. Riv. crit. dir. priv. Riv. dott. comm. Riv. not. Riv. coop. Riv. dir. civ. Riv. dir. comm. Riv. dir. internaz. Riv. dir. priv. Riv. dir. proc. Riv. dir. pubbl. Riv. it. leasing Riv. soc. Riv. giur. sarda Riv. trim. dir. proc. civ. Vita not.


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4. Commentari, trattati Il codice civile. Comm., diretto da Schlesin­ger, e diretto da Busnelli, Milano, Comm. cod. civ., a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, Comm. Scialoja-Branca. Legge fall. a cu­ra di Bricola, Galgano, Santini, Bologna-Roma, Tratt. dir. civ., diretto da Sacco, Torino, Tratt. dir. civ., fondato da Vassalli, Torino, Tratt. dir. civ. comm., già diretto da Cicu, Messineo, Mengoni e continuato da Schlesinger, Milano, Tratt. dir. comm., diretto da Buonocore, To­rino, Tratt. dir. comm., diretto da Cottino, Padova, Tratt. dir. comm. dir. pubbl. econ., diretto da Galgano, Padova, Tratt. dir. priv., diretto da M. Bessone, Torino, Tratt. dir. priv., a cura di ludica e Zatti, Milano, Tratt. dir. priv., diretto da Rescigno, Tori­no, Tratt. soc. per az., diretto da Co­lombo e Portale, Torino, Va sempre indicato l’anno di pubblicazione del volume

IV. Gli scritti, su dischetto e su carta, vanno inviati alla Direzione della rivista (prof. Alessandro Nigro, viale Regina Margherita 290, 00198 Roma). È indispensabile l’indicazione nella prima pagina dello scritto (in alto a destra, prima del titolo) dell’indirizzo al quale andranno inviate le bozze e, successivamente, gli estratti.

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