Periodico Trimestrale - POSTE ITALIANE SPA - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 Conv. il L. 27/02/2004 - n. 46 art.1, comma 1, DCB PISA - Aut. Trib. di Pisa n. 9/2009 del 8/5/2009
Diritto della banca e del mercato finanziario
3/2013
Saggi
ISSN 1722-8360
di particolare interesse in questo fascicolo
• Le agenzie di rating
• Fondi di Garanzia dei depositanti
• Le sanzioni della Banca d’Italia
• Verso l’Unione bancaria europea
luglio-settembre
3/2013 anno xxvii
1
luglio-settembre
3/2013 anno XXVII
Avvertenza A partire dal gennaio 2011, la pubblicazione di scritti sulla Rivista è subordinata alla valutazione di blind referees. Il sistema dei referees è coordinato dal prof. Vittorio Santoro. Nell’anno 2012, hanno fornito le loro valutazioni ai fini della pubblicazione i prof. Emilio Beltrán, Concetta Brescia Morra, Emanuele Lucchini Guastalla, Stefania Pacchi, Adoracion Pères Troya, Antonio Piras, Andrea Pisaneschi, Gaetano Presti, Marilena Rispoli Farina, Michele Sandulli, Antonella Sciarrone Alibrandi, Maurizio Sciuto, Giuseppe Terranova, Francesco Vella.
Diritto della banca e del mercato finanziario Rivista trimestrale del Ce.Di.B. Centro studi di diritto e legislazione bancaria
Comitato di direzione Carlo Angelici, Sido Bonfatti, Mario Bussoletti, Gino Cavalli, Salvatore Maccarone, Fabrizio Maimeri, Alessandro Nigro, Mario Porzio, Ángel Rojo, Vittorio Santoro, Luigi Carlo Ubertazzi. Comitato di redazione Antonella Brozzetti, Vincenzo Caridi, Ciro G. Corvese, Giovanni Falcone, Elisabetta Massone, Francesco Mazzini, Donato Ivano Pace, Filippo Parrella, Gennaro Rotondo. Segreteria di redazione Daniele Vattermoli Direttore responsabile Alessandro Nigro La sede della rivista è presso la Segreteria del Ce.Di.B. Corso Vittorio Emanuele II, 173 - 00186 Roma L’amministrazione è presso: Pacini Editore SpA Via Gherardesca - 56121 Ospedaletto - Pisa Tel. 050 313011 - Fax 050 3130300 www.pacinieditore.it - info@pacinieditore.it
I dattiloscritti, i libri per recensione, bozze, ecc. dovranno essere inviati al Prof. Alessandro Nigro, viale Regina Margherita 290 - 00198 Roma
Š Copyright 2013 Ce.Di.B. - Centro di studi di diritto e legislazione bancaria. Registrazione presso il Tribunale di Pisa n. 9/2009 del 8/5/2009 Direttore responsabile: Alessandro Nigro
Realizzazione editoriale e progetto grafico
Via A. Gherardesca 56121 Ospedaletto (Pisa) Fotolito e Stampa Industrie Grafiche Pacini Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, Corso di Porta Romana n. 108, Milano 20122, e-mail segreteria@aidro.org e sito web www.aidro.org
Sommario 3/2013
PARTE PRIMA Saggi Le agenzie di rating, di Mario Porzio Rilevanze pubblicistiche dell’attività di rating finanziario, di Sandro Amorosino I Fondi di Garanzia dei depositanti come strumento di vigilanza, di Salvatore Maccarone Recenti modifiche della disciplina dei fondi comuni di investimento. La legislazione d’urgenza è una buona consigliera?, di Francesco Gentiloni Silveri
Commenti Estinzione delle società e Costituzione – Corte Costituzionale, 17 luglio 2013, n. 198, con nota redazionale Sanzioni della Banca d’Italia e giurisdizione – Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, 27 luglio 2012, n. 6991, con nota redazionale
pag. 405 » 415 » 429 » 441 » 485 » 495
Fatti e problemi della pratica La conversione al formato elettronico dell’informativa periodica e delle operazioni dispositive effettuate a distanza nell’ambito dei contratti assicurativi di risparmio e di investimento, di Michele Siri
» 503
PARTE seconda Legislazione Disposizioni attuative del Regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio concernente gli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni - L. 6 agosto 2013, n. 97, recante disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2013, art. 33, con osservazioni di Francesco Mazzini Il primo passo verso l’Unione bancaria europea: il Regolamento UE n. 1024/2013 – Regolamento 15 ottobre 2013, n. 1024, del Consiglio, che attribuisce alla BCE compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale sugli enti creditizi, con osservazioni di Daniele Vattermoli Norme
redazionali
pag. 79
» 93 » 147
PARTE PRIMA Saggi, commenti, fatti e problemi della pratica, dibattiti, rassegne, miti e realtĂ
saggi
Le agenzie di rating * Sommario: 1. I Gatekeeper. – 2. Ma cosa è il rating? – 3. Le basi della valutazione. – 4. Il rating nella regolamentazione. – 5. La disciplina delle società di rating nell’Unione europea. – 6. La risposta del Regolamento ai punti critici. – 7. Le discipline particolari. – 8. La responsabilità civile delle agenzie di rating.– Qualche riflessione conclusiva.
1. I Gatekeeper. Nella letteratura di lingua inglese le agenzie di rating sono generalmente considerate dei gatekeeper e questa qualifica viene loro attribuita addirittura dal Dodd Frank act. Non c’è bisogno di conoscere bene l’inglese per capire che la parola è da tradurre in “guardiano dei cancelli”; ma di quali cancelli si tratta e qual è la funzione del guardiano? Se le informazioni da me raccolte sono esatte, la parola è stata usata per la prima volta con riferimento ai giornalisti per sottolineare la loro funzione di “filtro”: il giornalista raccoglie tutti i dati possibili sull’evento da raccontare e fa filtrare solo quelli che ritiene opportuno trasmettere al lettore. In questa accezione ampia siamo tutti gatekeeper; anche io, che ho raccolto sul tema una mole ingente di scritti e documenti, ho selezionato e …farò passare il cancello a quelli di cui parlarvi, sono un gatekeeper. Nel mercato finanziario la serie dei filtri tra l’emittente titoli e l’investitore è particolarmente ricca: il servizio interno di audit, i sindaci, gli amministratori, le società di revisione… e, infine, le agenzie di rating.
*
Testo della relazione letta nel Convegno senese del 9 e 10 maggio 2013 in memoria di Franco Belli, aggiornato tenendo conto del Regolamento (UE) n. 462/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, che modifica il Regolamento (CE) n. 1060/2009 relativo alle agenzie di rating del credito.
405
Saggi
In effetti, oggi, come è stato sottolineato, il mercato finanziario più che essere ispirato ai principi della trasparenza appare fondato su una catena di fiducie: ognuno dei gatekeeper della catena deve aver fiducia nella esattezza delle indicazioni che riceve dall’altro. Certo, stiamo ora semplificando, perché le posizioni dei vari soggetti cui pensiamo non sono tutte uguali e forse più che con l’immagine della catena si descrive meglio la complessità della situazione con l’immagine della rete: è vero che ognuno dei gatekeeper deve avere fiducia in un altro, ma, in genere, ognuno di essi ha qualche potere per controllare se le informazioni che riceve sono adeguate e corrette. In questo senso i gatekeeper sono insieme “filtro e controllo”.
2. Ma cosa è il rating? Sintetizzando le definizioni del Regolamento CE n. 1060/2009, (3.1, a ed h) possiamo dire che il rating di credito è la valutazione del rischio di credito di uno strumento finanziario o del suo emittente, espressa in un simbolo alfanumerico. È proprio la sua espressione simbolica che ha assicurato il successo del rating: è un dato semplice, che favorisce un rapido confronto senza una particolare applicazione intellettuale, supera ogni gap linguistico e si immette facilmente in un sistema informatico. Il fascino dei simboli è tale che (rilevava la Hill nelle relazione al Convegno di Salerno sul tema), se i gravi errori delle valutazioni fatti dalle agenzie di rating (ENRON, Parmalat, Finanza strutturata…) inducono a qualche ripensamento dei regolatori (v. infra), non hanno intaccato la fiducia dei risparmiatori. In realtà, l’affermazione non è pienamente condivisibile ed anche la fiducia dei risparmiatori tende ad attenuarsi, se si considera che, secondo le indagini di finanza comportamentale, il piccolo risparmiatore per scegliere gli investimenti da effettuare, generalmente, chiede consiglio alla banca di sua fiducia, che, a sua volta, sarà influenzata dai regolatori.
3. Le basi della valutazione. Su quali dati il giudizio viene elaborato? Bisogna operare una tripartizione: (1) il rating richiesto dall’investitore, (2) il rating non sollecitato. In queste due ipotesi la funzione della società di rating si limita a sintetizzare nell’appropriata categoria di cre-
406
Mario Porzio
dito lo strumento finanziario o l’ente valutato sulla base di informazioni pubbliche. Diversa la posizione della società di rating nel terzo caso, che è del resto l’ipotesi più diffusa: (3) il rating richiesto dall’emittente. In questo caso, infatti, l’ente che sollecita il giudizio fornirà i dati che riterrà opportuni, integrando, eventualmente, quelli pubblici. In questo caso si pone il problema dei poteri di controllo della società di rating sui dati forniti. Questo problema è stato affrontato dalla sentenza del Tribunale di Milano 1 luglio 2011 nel caso PARMALAT: avendo accertato che la società di rating aveva chiesto alla PARMALAT informazioni supplementari e che, nonostante la mancata risposta della società, l’agenzia di rating aveva emesso un giudizio positivo sul titolo valutato, il Tribunale ha affermato che “l’elaborazione dell’opinione sul merito creditizio (è consentita) solo in presenza di informazioni sufficienti”. Viene così estesa alle società di rating una regola prevista dal d.lgs. 39 del 2010 per le società di revisione, che, in mancanza di sufficienti informazioni devono dichiarare di essere nell’“impossibilità di esprimere un giudizio” sul bilancio sottoposto al loro esame. Mi sembra una soluzione corretta, data l’evidente affinità tra questi due gatekeeper.
4. Il rating nella regolamentazione. La prassi del rating di credito rimonta ai primi del ‘900, quando negli Stati Uniti si costituiscono le grandi agenzie americane che tuttora hanno quasi il monopolio di questa attività (e Moody’s Investors service: 1909, Standard & Poors: 1916; e Fitch: 1924). Si tratta di un’attività di diritto privato, spesso sollecitata dagli investitori. È del 1975 l’intervento della SEC che, da un lato, prevede la registrazione pubblica delle agenzie e, dall’altro, incoraggia gli investitori istituzionali ad acquistare i titoli che ricevono un giudizio positivo dalle agenzie registrate. Scelta, quest’ultima, che è stata interpretata come una esternalizzazione di una funzione pubblica. Il susseguirsi di una serie di scandali (a cominciare da ENRON del 2001) che coinvolgono le agenzie di rating induce la dottrina americana a denunciare la negligenza e la scarsa competenza delle agenzie di rating e ad invocare una più precisa e stringente regolamentazione È così che nel 2006 il Credit Rating Agency Reform act impone alla SEC di autorizzare soltanto le agenzie che presentino requisiti fissati dalla legge (metodologie, organizzazione ecc.) concedendole poteri di controllo e di sanzione.
407
Saggi
Nello stesso anno il comitato di Basilea (BASILEA 2) valorizza i giudizi delle agenzie di rating e nella determinazione del rischio di credito per la determinazione dei requisiti patrimoniali minimi (primo pilastro) delle banche ad operatività internazionale prevede, come metodo standardizzato, il riferimento alla valutazione esterna dei crediti; il “metodo basato sui rating interni” deve essere autorizzato dall’autorità nazionale. Le Dir. 2006/48 e 49 (CE) estendono questa (e tutte le regole di Basilea) a tutte le banche e gli investitori istituzionali dell’Unione. Ma la storia non finisce qui. L’aggravarsi della crisi finanziaria viene imputato, tra l’altro, alle erronee valutazioni dei CDO (collateral debt obligation: “strumenti di debito emessi a valere su un portafoglio di attività eterogenee fra loro: obbligazioni, strumenti di debito, titoli in generale”): strumenti finanziari particolarmente oscuri. A questo punto la dottrina americana (seguo le periodizzazioni della citata relazione della Hill) mette in evidenza gli stretti legami tra valutatori ed entità valutate che determinano evidenti conflitti di interessi e, d’altra parte, si sottolinea che il sistema di pagamento delle valutazioni da parte degli emittenti (issuer pays) favorisce, in ogni caso, le collusioni. La reazione dell’amministrazione Obama non si fa attendere e il 5 gennaio del 2010 il Congresso degli Stati Unti approva il lungo Dodd Frank act, che elimina ogni riferimento al rating nelle disposizioni di legge (sec. 939) ed invita le autorità di settore ad adottare propri standard di valutazione, in sostituzione di quelli della agenzie (sec. 939A). Inoltre l’Amministrazione degli Stati uniti ha convenuto in giudizio la Standard and Poors ed altre minori agenzie per le valutazioni, ritenute fraudolente, tra l’altro, proprio con riferimento ai CDO. Si può dire che in quell’ordinamento la parabola iniziata nel 1975 si è oggi conclusa. Anche il Comitato di Basilea si preoccupa dell’eccessivo peso che il rating ha assunto nella regolamentazione ed in sede di redazione del nuovo testo (2010) “ ha valutato una serie di misure volte a ridurre il ricorso ai rating esterni previsto dallo schema Basilea 2” (così un considerando di Basilea 3); tuttavia, si è mosso con molta timidezza, limitandosi a prevedere che “Le banche dovrebbero valutare le esposizioni… e determinare se le ponderazioni applicate a tali esposizioni, in base al metodo standardizzato, sono adeguate in relazione al loro rischio intrinseco. Ove una banca determini che il rischio intrinseco di un’esposizione, in particolare se sprovvista di rating, sia significativamente più elevato rispetto a quello implicito nella ponderazione di rischio assegnata, la banca dovrebbe considerare il maggior livello di rischio di credito nella valutazione della propria adeguatezza patrimoniale complessiva”.
408
Mario Porzio
Si ipotizza, così, che il rating delle agenzie di credito sia eccessivamente elevato. In questo caso la banca, sulla base del suo rating interno dovrebbe procedere ad una rettifica: si può dubitare dell’efficacia di questa prescrizione. In questa prospettiva si muove, infine, l’Unione europea che per evitare un “Eccessivo affidamento ai rating del credito da parte delle istituzioni finanziarie”, nell’ultima modifica al regolamento sulle società di rating stabilisce che le banche e in genere le istituzioni finanziarie: (elencate nel art. 4.1, primo comma), “effettuano la loro valutazione del rischio di credito e non si affidano esclusivamente o meccanicamente ai rating del credito per la valutazione del merito di credito di un’entità o di uno strumento finanziario.” (articolo 5 bis) e una norma analoga impone cautela alle autorità comunitarie nell’utilizzo dei rating (art. 5 ter e quater).
5. La disciplina delle società di rating nell’Unione europea. a) La registrazione. Con il citato regolamento n. 1060 del 2009 l’Unione ha creato un Registro europeo per le società di rating e dettata una loro disciplina. Il regolamento è stato modificato già con il regolamento 513/2011 che ha attribuito la gestione del registro ed i poteri di controllo alla nuova Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati e, infine, con il citato Reg. 462/ 2013, che ha tenuto conto ampiamente del dibattito che l’attività delle agenzie aveva suscitato. Possono ottenere la registrazione le “persone giuridiche” che hanno la “sede legale” in uno Stato dell’Unione (artt. 3.1, d e 14.1). Come noto, nella terminologia comunitaria l’espressione “persona giuridica” ha un significato molto ampio, ma scorrendo l’elenco delle circa trecento persone giuridiche oggi iscritte si rileva che si tratta sempre di società, di tutti i tipi noti nei singoli ordinamenti; in particolare per l’Italia la Moody’s Italia è società a responsabilità limitata unipersonale. Il riferimento alla sola “sede legale” può destare qualche perplessità; è noto, infatti, che nella legislazione comunitaria è andata maturando la necessità di richiedere, come condizione per ottenere la “cittadinanza” nell’Unione la presenza in uno degli Stati membri oltre che della sede statutaria anche dell’“amministrazione centrale” del soggetto. La diversa soluzione per le agenzie di rating può forse spiegarsi, perché il dibattito in merito e gli interventi del legislatore comunitario su questo punto sono stati determinati dalla necessità di evitare il c.d. shopping tra gli
409
Saggi
ordinamenti, alla ricerca dell’ordinamento più favorevole; tuttavia, non può omettersi di segnalare, da un lato, che le autorità degli Stati membri, anche in questo caso, conservano una certa funzione (artt. 30 e 31) e, quindi, il problema della scelta dell’ordinamento conserva una pur limitata importanza, e, dall’altro e soprattutto, la norma consente che l’amministrazione centrale rimanga fuori dell’Unione e questo privilegio potrebbe porre qualche problema all’organismo di controllo nell’esercizio dei suoi poteri (artt. 23-ter, 23-quater e 23-quinquies). Ulteriore requisito per ottenere la registrazione è l’esclusività dell’oggetto; tuttavia, secondo del resto molti precedenti, ciò non esclude la prestazione di «servizi ausiliari»: tra questi, una particolare attenzione è dedicata dal Regolamento, alle “prospettiva di rating” (rating outlook): un parere relativo alla probabile evoluzione del rating del credito nel breve, nel medio termine o in entrambi;” (art. 3.1;v. art. 8-bis e Allegato I, D, n. 2 f)): Gli outlook, infatti, sono profezie autoavverantesi particolarmente pericolose, che, quando usate con riferimento ai rating sovrani assumono un significato esplicitamente politico. b) Gli effetti della registrazione. Effetto della registrazione è l’utilizzabilità a “fini regolamentari” dei rating emessi dai soggetti registrati (art. 4.1) Questa previsione, coerente con il precedente degli Stati Uniti, appare in qualche modo obsoleta; se si considera – come ora detto – che la tendenza più recente della regolamentazione è quella di evitare o ridurre l’uso dei giudizi delle società di rating ai fini regolamentari: così, il valore giuridico ed economico della registrazione si va riducendo. Ma va anche sottolineato che l’iscrizione nel Registro non attribuisce un diritto di esclusiva; perciò, anche soggetti non iscritti nel registro possono emettere rating di credito. Si pone allora il problema se, in questo caso, si applicano le regole e le cautele imposte dal Regolamento nell’emissione dei rating e quale è la disciplina applicabile a questi eventuali agenti. Per abbozzare un tentativo di risposta a queste domande, partirei dalla constatazione che l’emissione di rating sollecitati dall’emittente o dall’investitore costituisca, comunque, attività di “raccomandazione in tema di investimenti” ai sensi dell’art. 5-bis del t.u.f., per cui, almeno nell’ordinamento italiano, è nel testo unico della finanza che va trovata la disciplina appropriata. L’attività di rating non sollecitati sarebbe, invece, sottoposta all’incerta disciplina degli analisti finanziari.
410
Mario Porzio
6. La risposta del Regolamento ai punti critici. a) Incompetenza e negligenza. Come abbiamo detto, i primi gravi errori di valutazione delle agenzie di rating furono attribuite dai commentatori americani ad incompetenza dei valutatori, o a loro negligenza. La risposta del Regolamento a questa problematica appare molto debole. Infatti, tutto è affidato alla stessa agenzia con la formula “garantisce che” (così l’art. 7 1. “Un’agenzia di rating del credito garantisce che gli analisti di rating… dispongano di conoscenze ed esperienze adeguate ai compiti svolti.”). L’incongruità di questa soluzione appare evidente, se si confronta con la disciplina comunitaria della revisione legale (Direttiva 2006/43/CE), dove i requisiti richiesti per i valutatori sono fin troppo specificamente individuati (laurea e tirocinio: art. 6 a 12)) e controllati con una specifica abilitazione pubblica. Una certa attenzione, peraltro, è dedicata alla composizione del consiglio di amministrazione delle agenzie ed ai requisiti di onorabilità e professionalità dei suoi membri (Allegato I, sez. A, 2). b) Conflitto di interessi. Maggiore attenzione dedica il Regolamento nella sua più recente stesura alle problematiche relative al conflitto di interessi. Anche in questo caso, l’agenzia deve garantire che “un rating non sia influenzato da alcun conflitto di interesse esistente o potenziale” (art. 6.1, ma v. anche l’Allegato I, sez. B, 1); tuttavia, seguono poi alcune norme più specifiche dirette a prevenire i conflitti di interesse sotto tre profili: (a) la durata del rapporto tra agenzia e soggetto valutato, (b) le partecipazioni e (c) il “modello di remunerazione” (c.d. isser pays). Quanto al primo punto, uno dei considerando del Regolamento (il 12) rileva che spesso le “agenzie di rating del credito e le entità valutate intrattengono rapporti d’affari duraturi. Ciò comporta un rischio di eccessiva familiarità, posto che l’agenzia di rating del credito può diventare troppo accondiscendente verso gli interessi dell’entità valutata”; tuttavia, questa preoccupazione non si traduce in una norma di carattere generale, ma in una regola limitata alla sola ipotesi di rating sulle cartolarizzazioni (art. 6-ter). Lo scarto tra il considerando e la norma si spiega perché nella Proposta di regolamento vi era, invece, una (complicata) norma di carattere generale (art. 5-ter). Per il secondo punto, il regolamento vieta una partecipazione rilevante (5%) in più di una agenzia (art. 6-bis). e vieta alle agenzie di emettere rating, se possiede (o i valutatori possiedono) strumenti finanziari
411
Saggi
dell’entità valutata. (All. I, sez. B, 3, a): il confronto con la disciplina delle banche e degli intermediari finanziari induce a rilevare la mancanza di ogni obbligo di comunicare le partecipazioni rilevanti all’Autorità europea, obbligo che viene sostituito da un obbligo di trasparenza verso il mercato (Allegato I sez. E, parte II, 1). Quanto alla problematica connessa al modello di remunerazione, le preoccupazioni espresse nei considerando che “il modello isser pays implica un potenziale conflitto di interessi” nel testo definitivo del Regolamento trovano risposta ancora in un obbligo di trasparenza verso il mercato (Allegato I, sez. E, parte II, 8).
7. Le discipline particolari. Oltre alla disciplina generale, il regolamento detta discipline specifiche per i rating sui prodotti strutturati e sui “rating sovrani”. Per i primi, oltre la regola già citata dell’art. 6-ter, il regolamento impone regole di pubblicità molto stringenti per ridurre la loro oscurità (art. 8-ter) e impone la regola del doppio rating (art. 8 quater); in proposito è interessante notare che in caso di doppio rating una delle agenzie incaricate deve avere una quota di mercato inferiore al 10%. È questa l’unica regola che, sia pure per implicito, cerca di combattere l’oligopolio di fatto delle Tre grandi. Molto più ampia l’attenzione del regolamento ai rating sovrani. Come è noto negli ultimi due anni, la degradazione dei rating riferiti agli Stati ha provocato gravi effetti sia sull’economia e la finanza degli Stati stessi, sia su tutte le entità in essi stabilite. Il Regolamento è, sul punto, piuttosto minuzioso (art. 8-bis e Allegato I, sez. D, 2) regolando le cadenze ed i contenuti di questi rating.
8. La responsabilità civile delle agenzie di rating. Nel testo originario del Regolamento mancava ogni riferimento al tema della responsabilità civile, per cui si riteneva che, in caso di rating erronei produttivi di danni, le regole da applicare fossero quelle dei singoli ordinamenti comunitari competenti. Il regolamento del 2013 detta una puntuale disciplina con profili sia sostanziali che processuali. Se si confronta la normativa contenuta nel lungo art. 35-bis con quella che sarebbe applicabile nell’ordinamento italiano, si ha l’impressione di una disciplina più favorevole alle agenzie:
412
Mario Porzio
questo vale in particolare per i pesanti oneri probatori posti a carico del danneggiato. Anche su questo punto, del resto, si può notare uno slittamento rispetto alla Proposta.
9. Qualche riflessione conclusiva. Un esame del Regolamento mette in luce alcune sue debolezze ed in particolare fa intuire la forza della lobby delle agenzie, che si è manifestata in particolare nel passaggio dall’iniziale proposta di modifica del regolamento del 2009 al testo definitivo; tuttavia, il trend verso una minore rilevanza delle agenzie dovrebbe comportare anche una riduzione di questa forza. Ma, fin dove si spingerà questa tendenza: potremo mai fare a meno delle agenzie di rating, con che cosa le sostituiremo? A me pare che la storia di questi anni porta a pensare che se le agenzie di rating scomparissero non vi sarebbe nessun bisogno di sostituirle: ci sono già tanti cancelli nel mercato finanziario che… uno in più, uno in meno…
Mario Porzio
413
Rilevanze pubblicistiche dell’attività di rating finanziario* “Bisognerebbe imparare a vivere senza le agenzie di rating o quanto meno imparare a fare meno affidamento sui loro giudizi” (Mario Draghi)
1. Com’è noto il rating è un’opinione tecnicamente qualificata, diffusa nei circuiti informativi, sulla solvibilità di un debitore, privato o pubblico; vale a dire sulla capacità di pagare alle scadenze stabilite gli interessi e restituire il capitale. Il rating può essere riferito alla solvibilità complessiva del debitore, ma più di frequente è riferito a strumenti finanziari da esso emessi 1; può essere richiesto (e pagato) o non richiesto dal soggetto valutato. Negli studi di law & economics 2 il rating è considerato uno degli strumenti per ridurre le asimmetrie informative che caratterizzano gli attuali mercati finanziari “sconfinati”; le società di rating sono qualificate intermediari informativi (più specificamente: reputational intermediaries) e – con riguardo ai mercati finanziari – propagatori di fiducia sistemica 3 soprattutto in relazione al fatto che i loro giudizi, ripetuti nel tempo, svolgono – nel linguaggio degli economisti – una funzione “regolamentare”.
*
Testo aggiornato di una relazione tenuta al Convegno “Le agenzie di rating”, organizzato dall’Università di Salerno, dalla Fondazione Buonocore e dalla rivista Giurisprudenza Commerciale l’8-9 novembre 2012. Il lavoro è dedicato al ricordo di Franco Belli, interprete critico del diritto dell’economia. 1. Ferri e Lacitignola, Concorrenza e agenzie di rating relazione al Convegno Il Rating: mito, realtà, narrazioni, Venezia 10 ottobre 2012; Le agenzie di rating, Bologna 2009. 2. v. da ultimo Ammannati, Mercati finanziari, società di rating autorità e organismi di certificazione in Amministrazione in cammino, 2012, p. 1 ss. (www.amministrazione. incammino.luiss.it) e in Riv. dir. al. (www.rivistadirittoalimentare.it) 2012, p. 1, e Troisi, Le agenzie di rating. Regime disciplinare e profili evolutivi, Padova, 2013. 3 v. per tutti Akerlof, Shiller, Spiriti animali, Milano, 2009, p. 25 ss.
415
Saggi
Si è fatto ricorso alle virgolette perché in economia finanziaria la locuzione ha un significato molto diverso da quello giuridico: oltre a quella informativa il rating ha anche un’altra essenziale funzione, quella di monitorare nel tempo il rispetto, da parte del debitore o emittente valutato, delle regole tecniche di corretta gestione economico-finanziaria; tale “regolarità” è infatti indispensabile ai fini del pagamento degli interessi e della restituzione del capitale. La buona qualità della valutazione iniziale e del monitoraggio nel tempo, è essenziale per più motivi: perché il costo dei capitali, che un emittente vuole attrarre, è correlato al livello del suo rating; perché le valutazioni diffuse nei circuiti informativi condizionano le decisioni di investimento dei risparmiatori ed, infine, perché al rating assegnato ad un emittente può essere attribuita anche una valenza regolatoria – questa volta in senso propriamente giuridico – quando una disposizione di fonte pubblica gli attribuisce una qualche efficacia ai fini del trattamento cui sono sottoposti gli strumenti finanziari emessi dal soggetto valutato. La funzione “regolatrice” – in senso economico – svolta dalla valutazione iniziale e dal monitoraggio diacronico della permanenza, o diminuzione, dei requisiti indispensabili a conseguire un rating positivo ed a conservarlo successivamente, può essere descritta come una sorta di attestazione di qualità finanziaria (e, a seconda dei casi, dell’aumento o decremento della qualità stessa). Tale potestà di “attestazione” attribuisce alle maggiori società di rating un notevole potere di mercato 4, che assume rilevanza nei rapporti contrattuali interprivati, perché costituisce una sorta di “a priori”, che viene assunto dalle parti nella modulazione delle clausole dei vari tipi di contratti finanziari. Il valore reputazionale (reputation value) che gli emittenti ottengono per essersi sottoposti a rating 5, e con esito positivo, è dunque un bene economico che le società vendono ai loro clienti “certificandone” la qualità finanziaria e che questi fanno valere sul mercato finanziario. È di immediata evidenza che la correttezza e completezza dei processi di formazione dei giudizi e, quindi, l’affidabilità delle società
4.
Olivieri, I servizi di rating tra concorrenza e regolazione, Relazione al Convegno di Venezia, cit. 5. Pianesi, Le agenzie di rating tra privatizzazione di funzioni pubbliche e opinioni private geneticamente modificate in Riv. trim. dir. pubbl., 2011, 1, p. 179 ss.
416
Sandro Amorosino
di rating ineriscono direttamente ad interessi generali a protezione necessaria 6: l’efficienza e trasparenza dei mercati finanziari e la tutela degli investitori. Ancor maggiore è la rilevanza dell’attività delle società di rating e dei giudizi prodotti quando a tali giudizi un ordinamento generale – internazionale, europeo o nazionale – attribuisce anche una forma di efficacia di tipo “pubblicistico”, nell’ambito – cioè – della regolazione in senso proprio dei mercati. 2. I rapidissimi riferimenti che precedono al rating come istituto dell’economia finanziaria 7 consentono di individuare i principali profili di interesse del tema nell’ottica giuspubblicistica: I) la qualificazione, in termini di diritto dell’economia, dei rating espressi; II) la disciplina delle società (o agenzie) di valutazione e la vigilanza su di esse in quanto produttrici di giudizi che condizionano i mercati finanziari e finanche la stabilità degli Stati 8 che emettono titoli del debito pubblico (ed il correlato problema della carenza di un mercato concorrenziale del rating); III) i meccanismi mediante i quali alle valutazioni espresse dalle agenzie viene attribuita rilevanza nell’ordinamento generale e le forti criticità di tale uso dei rating a fini regolamentari. Iniziamo dal profilo sub I). I giudizi privati che attestano il grado di affidabilità finanziaria di soggetti economici, specie di emittenti strumenti finanziari, rientrano – in termini sistematici – nel vastissimo campo che va dalle informazioni qualificate, alle attestazioni ed alle “certificazioni” di fonte privata, sino alle “certezze” di fonte pubblica 9.
6. Rossi, Principi di diritto amministrativo, Torino, 2010, p. 13. Sugli interessi v. da ultimo Clarich, Manuale di diritto amministrativo, Bologna, 2013. 7. V. da ultimo Szego e Gobbo, Rating, mercato e regolatori «reliance» e «over-reliance» sulle agenzie di rating in Analisi giur. econ. 2012, p. 335 ss. e Presti, Take the «AAA» train: note introduttive sul rating, ibidem, p. 258 ss. 8. Porzio, Le agenzie di rating, relazione al Convegno Sistema creditizio e finanziario: problemi e prospettive organizzato dall’Università di Siena, il 9-10 maggio 2013, in ricordo di Franco Belli. 9. Benedetti, Certezze pubbliche e “certezze” private. Poteri pubblici e certificazioni di mercato, Milano, 2010, che costituisce la più completa ricognizione sistematica in tema.
417
Saggi
In termini generali è condivisibile l’analisi di Libertini 10, il quale sottolinea la peculiarità del rating in quanto è un servizio privato pagato dagli emittenti, ma in questa sede interessa delimitare una macrocategoria molto variegata, quella delle valutazioni tecniche a rilevanza di mercato. L’attività di cui ci occupiamo diviene rilevante per gli ordinamenti pubblicistici, ai vari livelli, mediante il concorso di tre tipi di meccanismi: – il primo è un meccanismo generale, tipico degli ordinamenti contemporanei, messo a fuoco in sede teorica da Giannini 11: a fronte dell’emersione, nella realtà economica, di un’attività imprenditoriale privata (nel nostro caso: il rating finanziario), alla quale inerisce un interesse pubblico (nella specie: l’ordinato funzionamento dei mercati e la tutela degli investitori), un ordinamento giuridico generale la connota giuridicamente e la assoggetta ad una specifica disciplina, che prevede varie e graduate forme d’intervento dei pubblici poteri per controllarla, cioè per verificarne la conformità di svolgimento rispetto alla disciplina regolatrice. La novità, rispetto a quando scriveva Giannini, è che possono essere al contempo più ordinamenti generali a disciplinare l’attività ed a controllarla; nel caso del rating l’ordinamento internazionale, quello europeo e quelli nazionali; – il secondo meccanismo è più specifico ed accomuna tutti i casi – sempre più diffusi nella realtà contemporanea – nei quali organismi pubblici, ma anche privati, al fine di favorire, con la diffusione di informazioni qualificate, il buon funzionamento, la fluidità di singoli mercati, misurano ed attestano la qualità di prodotti [nel nostro caso: finanziari], ma anche di organizzazioni e servizi. Gli organismi di attestazione sono sempre più diffusamente di tipo privato, ma in questi casi gli ordinamenti generali, a cominciare da quello europeo, prevedono – a garanzia della serietà/attendibilità delle valutazioni – organismi e procedure che – a loro volta – accreditano, prima, e controllano, poi, l’attività dei soggetti che rilasciano le valutazioni di qualità. Gli accreditatori/controllori possono essere pubblici o privati, ma in questo secondo caso, sono a loro volta, controllati da pubblici poteri.
10. Libertini, Concorrenza e rating, relazione al Convegno Le agenzie di rating, organizzato dall’Università di Salerno l’8-9 novembre 2012. 11 Diritto Amministrativo, Milano, 1993, vol. II.
418
Sandro Amorosino
Sintetizzando questi primi due profili, si possono fissare due coordinate: a) l’attività delle agenzie di rating è una delle tante attività private, specie imprenditoriali, assoggettate a regolazione, in relazione alla inerenza ad esse di interessi generali; b) essa è, in particolare, disciplinata in quanto produce valutazioni suscettibili di influenzare pesantemente i mercati finanziari; di conseguenza – l’“accreditamento” delle agenzie ed i loro comportamenti sono assoggettati a vigilanze, lato sensu amministrative, da parte di autorità pubbliche, le quali consentono lo svolgimento dell’attività, vigilano sull’attività stessa e – in alcuni ordinamenti – possono sanzionare le agenzie in caso di disfunzioni. Con riguardo al rating finanziario la vigilanza sulle agenzie è generalmente attribuita ad autorità indipendenti. Una notazione non marginale: il tratto che accomuna le agenzie di rating a tutti gli altri organismi – pubblici e privati – di valutazione/attestazione è che operano, costruiscono cioè i loro giudizi, sulla base di regole tecniche o esperienziali prevalentemente di fonte privatistica 12. Sulle due basi costituite dall’essere attività non solo regolamentate, ma anche assoggettate a controllo in quanto produttrici di valutazioni che incidono su valori ed equilibri di mercato, si può innestare un terzo tipo di meccanismo – anch’esso tutt’altro che esclusivo delle agenzie di rating – quello dell’eventuale riconoscimento alle valutazioni degli organismi di attestazione di una valenza nell’ordinamento generale, quali presupposti o parametri ai fini del regime giuridico cui sottoporre gli operatori finanziari. È da sottolineare – anche qui – che si tratta di un fenomeno molto diffuso nel diritto amministrativo contemporaneo. Due soli esempi: l’attestazione dell’effettuata revisione e, quindi, sicurezza degli autoveicoli, affidata alle autofficine autorizzate, alla quale è riconosciuto valore di certezza pubblica dal Codice della strada; l’attestazione della provenienza territoriale, e del rispetto dei disciplinari di produzione, rilasciata ai produttori dai consorzi privati di tutela dei vini DOC, la quale legittima l’applicazione del “regime DOC”. Siamo, dunque, nella “galassia” dell’esternalizzazione, totale o parziale, della produzione di “certificazioni” di qualità cui è riconosciuta valenza generale.
12. Sia consentito il rinvio ad Amorosino, Il sistema di accreditamento degli organismi privati di certificazione in Diritto dell’economia pubblico e privato, Roma, 2012.
419
Saggi
Come sintetizza Pianesi 13 – uno dei primi ad occuparsi in un’ottica pubblicistica del tema – “È quanto avviene nel caso del rating del credito, in cui s’incontrano un’attività privata svolta da soggetti privati con finalità lucrativa e una regolazione pubblica che attribuisce agli esiti di questa una valenza pubblicistica idonea a incidere in misura rilevante sui mercati, sulle operazioni che vi vengono effettuate e sui soggetti che vi operano”. Quali effetti determina l’ammissione sul mercato ed il conseguente “accreditamento” come valutatori qualificati delle società di rating? Ci si è chiesti se tale accreditamento non comporti la creazione di una sorta di autorità spurie, di fatto, perché i loro giudizi sono “riconosciuti” come tecnicamente affidabili. È un effetto pericoloso perché sul piano sostanziale è notorio 14 il rapporto simbiotico, il vistoso conflitto di interessi tra le banche d’investimento che organizzano le emissioni di titoli, spesso tossici, e le agenzie di rating, che formulano i giudizi su di essi; connubio ch’è all’origine di gravissime disfunzioni. Un breve corollario, per delimitare la fattispecie: taluno 15 accomuna nella definizione di “valutazioni private (in materia finanziaria) ad impatto pubblico” l’audit, il rating e l’advisory. In realtà l’attività delle società di revisione (audit) è ad impatto di mercato mediato; la consulenza finanziaria (advisory) è ad impatto privato, in quanto resa riservatamente ad un cliente; viceversa i giudizi espressi nel rating hanno un impatto diretto sul mercato. 3. I tre tipi di meccanismi generali del diritto amministrativo contemporaneo sopra rapidamente richiamati possono essere messi a fuoco con specifico riferimento alle agenzie di rating. Non ci si sofferma sul primo, diffusissimo nel diritto dell’economia 16, che appare scarsamente caratterizzante perché si applica alle più diverse sfere di attività economiche – dai mercati finanziari, alle produzioni industriali, alle trasformazioni urbanistiche ed edilizie – tutte accomunate dall’inerenza ad esse di interessi generali primari ciò che ne legittima
13
Pianesi, Le agenzie, cit. Onado, I nodi al pettine. La crisi finanziaria e le regole non scritte, Roma-Bari 2009; e, da ultimo, Gila e Miscali, I signori del rating. Conflitti di interesse e relazioni pericolose delle tre agenzie più temute della finanza globale, Torino, 2012. 15. Molle, Revisione, rating, analisi finanziaria: valutazioni private “ad impatto pubblico” in Complementi di diritto dell’economia a cura di Giusti e Bani, Padova, 2008, p. 83 ss. 16 Giannini, Diritto pubblico dell’economia, Bologna, 1995, Parte I. 14.
420
Sandro Amorosino
la sottoposizione a controlli o, in alcuni casi, a più intensive vigilanze pubbliche 17. A venire in rilievo è invece il secondo: la peculiare regolazione dello svolgimento di un’attività di informazione qualificata sulla affidabilità di prodotti finanziari, e mediatamente dei loro emittenti, che si concreta in un giudizio di merito formalizzato, reso da un ente privato (autorizzato a farlo sulla base di una previa verifica dei suoi requisiti da parte di un’Autorità pubblica, che per l’Europa è l’ESMA: v. oltre). È il caso di sottolineare che nella prospettiva indicata – contrariamente a quanto si sostiene ancora da molti – quelle delle agenzie di rating non sono mere opinioni, libere ed insindacabili, ma sono giudizi, tecnicamente motivati, a forte incidenza sui mercati, il che comporta responsabilità civilistiche 18, pubblicistiche, anche penali, in caso di comportamenti non “conformi alle regole” nell’elaborazione dei giudizi stessi 19. È noto – sotto questo profilo – che la creazione di sistemi di regole e di vigilanza in materia ha avuto un’accelerazione dopo la crisi finanziaria, ma in maniera diseguale ai vari livelli, internazionale e sub continentale (USA ed Europa). Come ha ricordato De Bellis 20 la crisi finanziaria ha mostrato l’inadeguatezza dell’approccio tradizionale “che riteneva l’incentivo al mantenimento della reputazione sufficiente a bilanciare i rischi dei conflitti d’interesse”…, inoltre “gli stessi metodi utilizzati dalle agenzie per valutare i prodotti finanziari strutturati sono stati considerati inadeguati”. A tentare di ridurre le disfunzioni strutturali21 sono intervenute varie forme di regulation delle agenzie di rating.
17.
Sia consentito il rinvio ad Amorosino, Tipologie e funzioni delle vigilanze pubbliche sulle attività economiche in id. Regolazioni pubbliche, mercati, imprese, Torino, 2008, p. 21 ss. 18. V., ad esempio, Giudici, Commento alla sentenza del Tribunale di Milano 1 giugno 2011 (Parmalat Finanziaria s.p.a. e altro c/o The Mac Graw Hill Companies srl) in Le società, 2011, 12, p. 1444 ss. 19. Picardi, Obblighi di comportamento e responsabilità: profili civilistici, relazione al Convegno di Salerno Le agenzie di rating, e Ruggiero, Profili penalistici, relazione al medesimo Convegno. 20. De Bellis, La riforma della regolamentazione e della vigilanza finanziaria in Uscire dalla crisi. Politiche pubbliche e istituzioni internazionali, a cura di Napolitano, Bologna, 2012. 21. In un recente studio (2012) della BCE, Bank rating, what determines their quality, si rileva che “le agenzie di rating assegnano giudizi più positivi alle banche grandi e a quelle istituzioni che offrono più occasioni di alimentare il businnes delle agenzie stesse”.
421
Saggi
In materia è da registrare un’asimmetria 22 tra le regolazioni (in senso ampio) a livello globale e quelle europee (ma anche statunitensi). Le prime sono tuttora essenzialmente costituite da principi o indirizzi dettati da organismi internazionali: - lo IOSCO – che raggruppa le autorità di regolazione dei mercati mobiliari – il quale ha adottato sin dal 2004 un codice di condotta per le agenzie, poi aggiornato nel 2008; codice che dovrebbe essere “riversato” nelle regolamentazioni tecniche nazionali dalle singole autorità di vigilanza del settore; - e il Financial Stability Board, che ha adottato specifici indirizzi nel 2010. Le notorie difficoltà di coagulo di un ordinamento finanziario internazionale “compatto”, fondato anche su regole a valenza precettiva diretta, ha fatto parlare di assetto debole e di razionalizzazione incompiuta 23 delle architetture istituzionali della vigilanza finanziaria a livello globale. Siamo ancora di fronte a forme di soft law (gli indirizzi del F.S.B.) o, al massimo, di substitutive law (le determinazioni tecniche dello IOSCO, che vincolano i regulators nazionali ad adeguarsi). Il radicamento dell’ordinamento finanziario internazionale, la posizione delle fondamenta dell’architettura istituzionale della supervisione globale passano per il rafforzamento della cooperazione 24 tra gli Stati, tra le Autorità (l’europeo ESMA e la statunitense SEC) e con il F.S.B. e gli altri organismi internazionali. Viceversa le regolazioni adottate dall’Unione europea e dagli Stati Uniti consistono in vere e proprie regolamentazioni precettive, variamente articolate, che riguardano sia l’attività sia le società che la svolgono [e con ciò veniamo al profilo sub II) dello schema di queste note]. In estrema schematizzazione l’Ue, con il Regolamento Ce n. 1060/2009 – modificato dal Regolamento n. 513/2011, dal Regolamento delegato della Commissione n. 946/2012 e dal Regolamento n.
22.
Rinvio, per brevità, a Amorosino, L’incidenza delle regolazioni internazionali ed europee sui rapporti civilistici relativi ai mercati finanziari in L’incidenza del diritto internazionale sul diritto civile, Napoli, 2011. 23. Chiti, Le architetture istituzionali della vigilanza finanziaria, in Uscire dalla crisi, cit., p. 157 ss. 24. Cavalieri, paragrafo “La crescente cooperazione e il ruolo del FSB” del capitolo “Le istituzioni della globalizzazione”, nel volume Uscire dalla crisi, cit., p. 449; De Bellis, La regolazione dei mercati finanziari, Milano 2012, pp. 170 ss.
422
Sandro Amorosino
462/2013 del Parlamento e del Consiglio – ha dettato una disciplina sulle procedure di rilascio dei rating, sui conflitti d’interesse, sulla governance delle agenzie e – profilo tipicamente pubblicistico – sull’obbligo di registrazione, come condizione dell’operatività nel territorio dell’Unione. Le funzioni in materia sono affidate all’Autorità europea di vigilanza sugli strumenti e sui mercati finanziari (ESMA), cui spetta, oltre alla registrazione delle agenzie, la supervisione sul rispetto del regolamento e l’irrogazione delle sanzioni (che possono giungere sino all’esclusione dal mercato) 25. È stato rilevato 26 che l’ESMA non rilascia un’autorizzazione all’esercizio dell’attività di rating, ma si limita a registrare le società che intendono operare in Europa. Il rilievo è fondato; nondimeno, in sede di registrazione, l’Autorità europea deve procedere ad una sorta di verifica del possesso dei requisiti di ammissibilità, alla stregua del Regolamento. È interessante notare la compresenza, la consustanzialità, nella disciplina europea, di profili conformativi dell’attività di impresa delle agenzie di rating (in funzione di tutela di interessi generali) e dell’attribuzione di funzioni di vigilanza ad una agenzia europea 27 indipendente, anziché alle singole autorità nazionali. Il modello normativo, peraltro, è analogo a quello adottato, a livello nazionale, negli ordinamenti di molti paesi europei, in materia di imprese che operano nei mercati finanziari. A sua volta la disciplina statunitense, contenuta nel Dodd Frank Act, presenta taluni tratti analoghi a quella europea, ma si caratterizza per la necessità di una complessa integrazione, a valle, da parte di robuste discipline attuative, ancora in corso. Con il Regolamento n. 513/2011 l’ESMA è venuta ad essere l’unica istituzione 28 di supervisione delle agenzie di rating, in certo senso anticipando, in questo settore particolare, il processo, contrastato ma inarrestabile, di concentrazione della vigilanza sulle banche maggiori in capo alla BCE.
25
De Bellis, La riforma, cit., p. 113. Susi, Osservazioni sui profili pubblici del rating nel Convegno di Salerno, cit. 27. Chiti, Le trasformazioni delle agenzie europee, in Riv. trim. dir pubbl., 2010, 1, p. 57 ss. 28. Su cui v. diffusamente Perassi, La sorveglianza sulle agenzie di rating: l’ESMA quale controllore diretto, relazione al Convegno di Venezia, cit. 26.
423
Saggi
Ciò è accaduto perché la tecnofinanza – nella specie la caratterizzazione ultranazionale del mercato dei rating – ha imposto, dopo la crisi finanziaria, la creazione di un organismo di vigilanza (almeno) a livello europeo, con la conseguente cessione di un lembo di sovranità economica da parte degli Stati membri 29. Nell’ottica del giurista dell’economia sono di grande interesse due aspetti che attengono ai limiti del potere dell’Autorità europea: – il primo attiene ai limiti interni, per così dire, della vigilanza dell’ESMA sulle agenzie: nell’esercizio dei poteri di vigilanza l’Autorità europea non può – per disposto dello stesso Regolamento – entrare nel merito delle metodologie utilizzate e dei risultati dell’attività d’impresa (i giudizi), che costituiscono una sfera riservata dell’autonomia organizzativa ed operativa dell’agenzia 30. Un’analisi più attenta mostra, tuttavia, che questo tipo di preclusione, a tutela della libertà d’impresa, è meno assoluta di quanto si possa credere, in quanto nello stesso Regolamento si prescrive, alle società di rating, che il processo di valutazione, la metodologia tecnica seguita, deve essere sistematico e lineare, a fini di trasparenza della motivazione del giudizio espresso. Conseguentemente l’ESMA deve poter, quanto meno, delibare la logicità, completezza e ragionevolezza del processo elaborativo del giudizio e del suo esito (analogamente, in certo senso, a quanto accade nel giudizio amministrativo di legittimità, sulle valutazioni di merito delle amministrazioni). È, inoltre, pacifico che in sede di supervisione dell’organizzazione e dell’operatività delle agenzie l’Autorità europea può sindacare l’effettiva idoneità della struttura operativa ad operare correttamente. È, infine, evidente che tanto più è autorevole il regulator ed è articolata e complessa la griglia dei precetti regolatori, tanto maggiore può essere, nella prassi, l’incisività della funzione di vigilanza sull’operatività dei soggetti regolati (Banca d’Italia docet). E lungo entrambi i percorsi accennati si può giungere facilmente a valutazioni di vigilanza che, per così dire, guardano oltre la soglia del merito; – il secondo limite – esterno – è dato dal rapporto tra la disciplina regolamentare e di vigilanza dell’attività (delle agenzie) di rating e le
29.
Adinolfi, La sovranità economica tra meccanismi istituzionali di controllo e agenzie private, intervento al Convegno, L’Unione Europea a vent’anni da Maastricht: verso nuove regole, Genova, 2012. 30 De Bellis, La riforma, cit., p. 113.
424
Sandro Amorosino
altre discipline “finanziarie” che fanno rinvio al rating per basare su di esso i parametri (ad esempio: i ratios) che gli emittenti sono tenuti a rispettare. In astratto una forte regolamentazione/vigilanza sull’attività delle agenzie ne consegue è funzionale ad assicurare una maggiore affidabilità del loro operato. In concreto, tuttavia, poiché l’esistenza di una dettagliata regolazione e di una specifica supervisione rafforzano la credibilità delle agenzie; che un rating elevato comporta incrementi di valore degli strumenti di debito valutati positivamente, o produce addirittura agevolazioni di tipo regolatorio. Si determina quindi la rincorsa a tale risultato, e ciò propizia poco casti connubi e conflitti di interesse tra le agenzie ed i loro clienti. 4. Siamo così arrivati al nodo problematico sub III), costituito dall’attribuzione, da parte di norme pubblicistiche, di varie forme di rilevanza nell’ordinamento finanziario ai rating privati. Sul piano logico-giuridico il peculiare regime “pubblicistico” delle agenzie, in quanto svolgono un’attività di valutazione che incide sugli equilibri dei mercati finanziari, è il presupposto della possibile attribuzione di una rilevanza pubblicistica ai rating, che è successiva ed eventuale pur se molto diffusa. Il riconoscimento di una valenza generale, a determinati fini, nell’ordinamento finanziario, ai rating assegnati è inquadrabile – come s’è detto – nella tendenza ad esternalizzare a privati funzioni di certezza storicamente riservate a pubblici poteri 31. I meccanismi di quella che é stata definita rating-based regulation, fondata sulla certification function delle agenzie, consistono – a beneficio di chi può vantare un rating elevato: nell’alleggerimento degli obblighi di disclosure, o degli obblighi nei confronti delle autorità di vigilanza; nella legittimazione ad emettere determinati tipi di strumenti finanziari o – simmetricamente – nella limitazione – per taluni tipi di attori di mercato – delle possibilità di investimento nei soli prodotti che abbiano valutazioni positive e – ancora – nell’imposizione di requisiti di capitale per le emissioni.
31. Appare perciò “riduttiva”, se si può dire, la tesi di Pianesi, Le agenzie, cit., p. 207, il quale riconnette l’affidamento a privati del potere di dare giudizi aventi efficacia giuridica “pubblicistica”, alla mera inerenza di interessi pubblici all’attività di rating.
425
Saggi
Quanto alle fonti – di vario livello – è da rilevare una singolarità per quanto attiene a quelle internazionali: a fronte della rilevata carenza di regolamentazione, in senso proprio, dell’attività di rating complessivamente intesa è invece da registrare che l’Accordo “Basilea III”, e prima “Basilea II”, del Comitato di Basilea sulla vigilanza bancaria, ha confermato l’utilizzo dei rinvii ai rating sui rischi bancari (rating investiment grade) a fini regolamentari. Nella sfera europea il Regolamento Ce n. 1060/2009 consente l’utilizzo – da parte degli intermediari finanziari – del rating emessi da agenzie registrate nell’Unione “al fine di conformarsi all’ordinamento finanziario comunitario”. Il parametro di riferimento è dunque costituito dall’ordinamento finanziario europeo nel suo insieme. Anche sotto questo profilo particolare si conferma – quindi – quella che Predieri 32 chiamava la primazia e la primarietà delle regole comunitarie, questa volta riferita all’intero ordinamento finanziario europeo. Rispetto ad esso il diritto interno si conforma, anche mediante rinvii elastici ed aperti a tutto ciò che potrà venire dalla sfera europea. In sintesi: nella materia in esame la determinante europea si presenta “a doppio corpo”: la regolazione e l’Autorità di supervisione. Sul versante del diritto interno, per fare solo due esempi, l’art. 100 bis del t.u.f. (in tema di rivendita di titoli di debito di Stati dell’OCSE) e l’art. 2 della legge n. 130/1999 (che disciplina le operazioni di cartolarizzazione) fanno riferimento alle valutazioni positive delle agenzie come condizione per l’operatività con determinati strumenti. I rapidi accenni che precedono confermano il tratto comune di queste forme di “dispense regolamentari” (regulatory license): l’ordinamento generale “prende per buoni”, assume una serie di rating come parametri condizionali positivi ai fini dell’applicazione di un regime regolatorio più favorevole a singoli prodotti e/o soggetti finanziari. Quasi tutti gli studiosi italiani che si sono di recente occupati dell’impiego dei rating a fini regolamentari 33 concordano, anche sulla scorta di
32. Predieri (con aggiornamento di Amorosino), Commento all’art. 6 in Commentario al t.u. delle leggi in materia bancaria e creditizia, diretto da Capriglione, Padova, 2012, tomo I, p. 75 ss. 33. v., per tutti, Parmeggiani, La regolazione delle agenzie di rating tra tentativi incompiuti e prospettive future in Giur. comm., 2010, 1, p. 1 ss. e Enriques e Gargantini, Regolamentazione dei mercati finanziari, rating e regolamentazione del rating, in Analisi giur. econ., 2010, 2, p. 476 ss.
426
Sandro Amorosino
studi e documenti di organismi internazionali, sul fatto che l’attribuzione ai rating di efficacia nell’ambito di procedure e disposizioni regolatorie ha moltiplicato il potere di mercato delle agenzie. Al valore informativo dei giudizi (information value) si somma non solo il valore reputazionale (reputational value) dei soggetti valutati positivamente, ma anche la “dispensa” da alcuni precetti della regolamentazione (regulatory license), la quale costituisce un valore aggiuntivo, un bene immateriale che viene venduto dalle agenzie, cui spetta di decidere quali soggetti del mercato finanziario possono beneficiarne 34. Una sorta di “vendita delle indulgenze finanziarie” che non solo ha generato un eccesso di dipendenza (over-reliance) dai rating, ma ha dato luogo – per rimanere alla metafora ecclesiastica – ad un vero e proprio mercato di tipo simoniaco da parte dei sacerdoti delle valutazioni. In sintesi: è ormai conclamato che i vari meccanismi di rinvio regolatorio ai rating non garantiscono l’effettiva tutela degli investitori (e, dunque, l’efficienza del mercato finanziario) ed anzi possono favorire comportamenti opportunistici e risolversi in un sostegno indiretto all’oligopolio delle grandi agenzie di rating. Si è quindi posto il problema di una loro progressiva riduzione. A fronte della diffusa percezione del problema si sono avuti ritardi nei processi “riduttivi”, su entrambe le sponde dell’Atlantico, in quanto la regolamentazione europea sulle agenzie di rating, più volte modificata puntava, sino al 2013, essenzialmente sul rafforzamento della vigilanza, mentre il Dodd Frank Act ne rinvia la soluzione ad alcune delle innumerevoli regulations attuative, da adottarsi a cascata in primis dalla SEC. Per limitarci allo scenario europeo alcuni studiosi ritengono che puntare, come si è fatto, sul rafforzamento regolatorio della vigilanza sulle agenzie di rating non sia il modo più efficiente per ridurre l’attribuzione, da parte di varie normative, di un valore regolatorio ai rating stessi. Qualche autore 35 ha sintetizzato la vicenda in termini di lascia o raddoppia: anziché “lasciare”, cioè rivedere funditus la filosofia (e le singole disposizioni) del riconoscimento ai rating di efficacia regolatoria si è “raddoppiato”, intensificando i vincoli sulle agenzie di rating.
34.
Ammannati, Mercati finanziari, cit.; Caratozzolo, Alcune questioni sul ruolo del rating nei mercati finanziari, in Mercati e banche nella crisi: regole di concorrenza e aiuti di stato, a cura di Colombini e Passalacqua, Napoli, 2012 e Lamandini, Proprietà e conflitto di interessi, relazione al Convegno di Salerno, cit. 35 Enriques e Gargantini, Regolamentazione, cit.
427
Saggi
Una strada che, provocando un aumento dei costi per le agenzie, favorisce di fatto quelle che sono già oligopoliste nel settore e non giova ad una maggiore concorrenzialità del mercato del rating 36. Tuttavia non è tornando ad una regolazione leggera che si favorisce una maggiore concorrenza: anche la levità delle regole tende a premiare chi già ha un radicato potere di mercato ed al contempo favorisce comportamenti “opportunistici”, come li chiamano gli economisti 37. Un approccio realistico sembra essere un mix di riduzione ragionata e sistematica delle disposizioni – spesso contenute in normative secondarie o tecniche – che attribuiscono valore regolatorio ai rating e – parallelamente – di sviluppo di altri indicatori di mercato 38. Su questa via sembra essersi posta l’Unione europea con il Regolamento n. 426/2013, che ha ulteriormente modificato il Regolamento n. 1060/2009. Uno dei principali obiettivi di esso è – nel medio periodo – limitare l’eccessiva fiducia (over reliance) riposta nel rating del credito; gli altri obiettivi sono: migliorare la qualità dei rating dei debiti degli Stati membri; responsabilizzare le agenzie di rating sul proprio operato; ridurre il conflitto di interessi; migliorare la visibilità e comparabilità delle valutazioni, mediante l’obbligo di pubblicazione su una piattaforma europea. Nel medio termine sono previsti ulteriori provvedimenti per eliminare dalla regolamentazione finanziaria i riferimenti ai ratings. L’Unione europea ha avviato la revisione di tutti i riferimenti ai rating del credito per scopi regolamentari, con l’obiettivo di eliminarli entro il 2020, previa identificazione e attuazione di alternative adeguate per la valutazione del rischio del credito. In ambito nazionale, il 22 luglio 2013, la Banca d’Italia, la Consob, l’Ivass e la Covip, previo accordo di coordinamento tra di loro, hanno emanato – per i profili di rispettiva competenza – delle comunicazioni circa l’utilizzo dei rating nelle scelte d’investimento dei gestori collettivi del risparmio, delle imprese di assicurazione e dei fondi pensione.
Sandro Amorosino
36
Libertini, Concorrenza, cit. Olivieri, I servizi, cit. 38. v., Szego, Il valore regolamentare del rating e possibili alternative e Vella, Il rating alla ricerca della terza via, entrambe relazioni al Convegno di Venezia, cit. 37
428
I Fondi di Garanzia dei depositanti come strumento di Vigilanza* Una relazione con questo titolo ed il contenuto che esso richiama, fino a qualche anno fa, sarebbe stata improponibile. La funzione dei fondi di garanzia dei depositanti – quanto meno in linea di principio – è infatti (esclusivamente) quella del rimborso dei depositanti nel caso di liquidazione della banca che vi aderisce e questo è, per la verità, anche quanto afferma l’art. 96 – bis, co. 1, del t.u.b., anche se l’ultimo suo periodo stabilisce che i “sistemi di garanzia possono prevedere ulteriori casi e forme di intervento”. Anche nella logica comunitaria (Raccomandazione 87/63/CEE del 22 dicembre 1986 e Direttiva (94/19/CE del 30 maggio 1994, che rese obbligatoria partecipazione delle banche ad un sistema di garanzia dei depositanti), la presenza e l’omogeneità dei sistemi di garanzia dei depositanti veniva considerata necessaria per assicurare un level playing field per le banche comunitarie e dunque un effettivo ed efficace complemento del diritto di stabilimento, eliminando condizioni di concorrenza disuguali tra gli enti creditizi (così allora si chiamavano le banche) le banche e le succursali di enti di altri stati membri. Un livello di armonizzazione minimo, che eliminasse le disparità esistenti e le possibili perturbazioni che queste potevano indurre nel mercato, era allora necessario e la stabilità del sistema bancario pur essendo un obiettivo importante, rappresentava piuttosto un effetto collaterale, per quanto importante, ma non l’obiettivo primario della disciplina. Quanto la Sezione IV del Titolo IV del t.u.b. venne introdotta, operava già da anni il Fondo di Tutela dei Depositanti (FITD) costituito nel
* Relazione presentata al Convegno in ricordo di Franco Belli, tenutosi a Siena, il 9 e 10 maggio 2013, su “Sistema creditizio e finanziario: problemi e prospettive”.
429
Saggi
1987, in connessione con la crisi della Cassa di Risparmio di Prato, che comportò il primo intervento del Fondo appena nato e che non consistette nel rimborso dei depositanti. Nel 1997, dieci anni dopo, fu costituito l’altro Fondo di garanzia, il Fondo di Garanzia dei Depositanti del Credito Cooperativo (FGD), destinato all’adesione delle banche di credito cooperativo, escluse dalla partecipazione al FITD da una specifica disposizione statutaria. Gli interventi dei due Fondi sono stati alcune decine – soprattutto del FGD – ma complessivamente solo quattro sono consistiti nel rimborso dei depositanti, tre da parte del FITD e uno soltanto da parte del FGD, pur essendo stati gli interventi di questo Fondo molto più numerosi (59) di quelli dell’altro (10) 1. Questo è stato possibile facendo applicazione della possibilità concessa dall’art. 96 – bis, co. 1 del t.u.b., di cui gli statuti di entrambi i Fondi, e con maggiore ampiezza quello del FGD, hanno fatto applicazione. Questo modo di operare dei due Fondi suscitò critiche in sedi diverse e in particolare da parte della stessa Commissione europea e del Fondo Monetario Internazionale, sotto il profilo dell’alterazione del contesto del mercato, quando i Fondi con i propri interventi, anziché rimborsare i depositanti, hanno erogato mezzi che hanno consentito la sopravvivenza della banca. Il nostro Paese, per la verità, tra concorrenza e stabilità del mercato bancario, almeno inizialmente, ha preferito la tutela della stabilità, dato che nella prima versione della l. n. 287 del 1990 e fino al 1997, il ruolo di Autorità Garante della concorrenza venne attribuito alla Banca d’Italia. Questo rese possibili operazioni di salvataggio che oggi sarebbero improponibili sul piano della concorrenza, quale ad esempio quella della Banca Popolare di Sassari, “salvata”, nei primi anni ’90, attraverso l’acquisizione da parte del Banco di Sardegna. Va comunque detto che la possibilità per i fondi di risolvere situazioni di crisi attraverso il rimborso dei depositanti è in concreto non praticabile, se si considera la relazione tra la massa protetta delle banche aderenti – vale a dire l’ammontare complessivo dei depositi, che, nel
1.
La ragione di questo va cercata nella previsione, presente nel solo statuto del FGD, che, come vedremo più avanti, consente interventi di sostegno anche in assenza di procedure e che nella maggior parte dei casi hanno consentito il risanamento della banca, senza la necessità del ricorso a procedure amministrate.
430
Salvatore Maccarone
caso di liquidazione concorsuale di tutte, dovrebbero essere rimborsati – e le somme (ancora) disponibili per gli interventi. Nel FITD, la massa protetta (vale a dire di depositanti di somme entro € 100.000) è di circa 470 mld di euro e l’impegno massimo delle banche è intorno a 1,7 miliardi; nel FGD, la massa protetta è di 66 miliardi e l’impegno massimo delle banche è di 818 milioni. Questo significa che neppure un intervento di rimborso a favore dei depositanti di una banca molto piccola sarebbe ipotizzabile con le risorse di cui entrambi i Fondi dispongono. Se poi si considerano banche di media dimensione, il discorso appare ancor più evidente. E tuttavia finora i nostri Fondi sono riusciti a svolgere efficacemente il loro ruolo, affiancati peraltro da interventi pubblici quando il dissesto ha superato la loro capacità di intervento: così nei casi di Sicilcassa, del Banco di Sicilia e del Banco di Napoli, i primi due assistiti (anche) con il ricorso al cd. “Decreto Sindona”, mentre per il terzo si fece ricorso ad una legge apposita e, all’estero, il caso Banesto in Spagna e quello del Credit Lyonnaise in Francia. In tutti questi casi, l’intervento pubblico conseguì l’approvazione della Commissione europea 2. Nei casi appena ricordati, peraltro, il dissesto della banca avrebbe avuto, per la sua dimensione, effetti sull’intero sistema finanziario del Paese, ledendo quindi un interesse prevalente rispetto a quello della tutela della concorrenza e del mercato, che non è in grado di sostenere il fallimento di grandi banche (il ben noto principio del too big to fail). L’operare dei Fondi, in tutto il tempo della loro storia, è stato fortemente connotato dalla concertazione con la Banca d’Italia, che non solo riconosce i sistemi di garanzia, ma ne approva gli statuti, ne autorizza gli interventi e partecipa alle sedute degli organi che deliberano gli interventi, ma soprattutto partecipa attivamente (e di fatto la gestisce) alla fase di configurazione e strutturazione degli interventi. In sostanza, fin dalla loro nascita – e per il FITD dal suo concepimento – i Fondi hanno integrato l’attività di vigilanza di cui sono stati
2.
I casi di banche salvate con danaro pubblico si sono poi moltiplicati negli anni della crisi, come uno strumento necessario, per evitare che il dissesto di una banca trascinasse con sé anche il Paese di appartenenza, come è stato nel caso della Anglo – Irish Bank e delle banche finlandesi. La lezione che questi casi hanno fornito ha indotto il sistema pubblico ad intervenire nel salvataggio di altre grandi banche il cui dissesto avrebbe avuto effetti micidiali (es. Fortis, Dexia, Lloyds, Société Général, Cajasur ed altre), senza alcuna perdita per gli azionisti e i creditori, cosa questa generalmente apparsa criticabile.
431
Saggi
utile strumento, nell’interesse dei depositanti e della stabilità del sistema bancario nel suo complesso, anche se un po’ meno nell’interesse della concorrenzialità del mercato e nella creazione di condizioni armonizzate di concorrenza, come primariamente la Direttiva si prefiggeva. Questo atteggiamento ha generato critiche da parte degli organismi internazionali, quanto meno fino al prodursi della crisi che ancora investe il mondo occidentale; da allora l’atteggiamento si è radicalmente modificato e oggi gli interessi che la nostra Autorità di Vigilanza ha tutelato tenacemente nel corso di questi anni, vengono predicati anche da chi aveva criticato i modelli di intervento dei nostri Fondi. Il fallimento di Lehman Brothers nel 2008 ha rappresentato l’elemento di svolta sia in sede comunitaria che a livello internazionale più ampio, dimostrando l’incapacità degli stessi Stati di gestire dissesti bancari di grandi dimensioni. Le vicende degli anni successivi, che hanno coinvolto alcuni paesi europei (Islanda, Irlanda e più di recente Cipro) hanno ulteriormente confermato le difficoltà, pressoché insormontabili, di gestire all’interno dei singoli paesi crisi di grandi dimensioni, anche per la crescita dimensionale e spesso incontrollata dei sistemi bancari nazionali, facendo emergere un altro principio, quello del too big to save. Nei paesi in cui il sistema bancario è più grande dell’economia nazionale (per vero tutti quelli dell’Unione, Italia compresa) la crisi del sistema bancario potrebbe tramutarsi in crisi dello stesso Paese. I numeri sono significativi: a Cipro il rapporto è di 7,8 volte, in Irlanda, di 5,3, in Spagna di 4,3, mentre l’Italia si colloca, questa volta, in questa gerarchia “virtuosa”, all’ultimo posto, con un rapporto di 1,9. Ma vi sono casi ancora più eclatanti, come quello del Lussemburgo, in cui il sistema bancario realizza volumi 20 volte maggiori di quello del PIL nazionale, o di Malta, in cui il rapporto è di 8 volte. In Lussemburgo, peraltro, nonostante la dimensione dei numeri, il rischio che la crisi del sistema bancario trascini il Paese appare del tutto trascurabile, in quanto, a parte la florida situazione del Paese, che ha un rapporto debito – PIL del 21,3% 3, i volumi sviluppati dal sistema ban-
3.
Ricordo che, nel 2012, il nostro Paese, nell’ambito dell’Unione, con un rapporto debito/PIL del 126,5%, è secondo solo alla Grecia (176,7%) e seguito a breve distanza dal Portogallo (119,1%) e dall’Irlanda (117,6%). Il dato comunque di maggior rilievo è probabilmente legato al fatto che l’Italia, tra i paesi comunitari, è quello che presenta la media più elevata a partire dai primi anni ’90, con una percentuale normalizzata del 110,4%.
432
Salvatore Maccarone
cario sono prevalentemente legati alla gestione di patrimonio e all’asset management in generale e quindi ad attività a basso rischio. La limitazione al territorio comunitario è tuttavia riduttiva e ormai scarsamente significativa in un’ottica di globalizzazione, dato che l’economia continua a crescere in altre parti del mondo, con un divario rispetto all’economia, in senso lato, occidentale, alla quale questi paesi sono stati tradizionalmente legati, creando una dicotomia destinata sempre più ad accentuarsi. Le economie emergenti, ormai consapevoli della loro forza, cominciano così (quanto meno potenzialmente) ad allontanarsi dagli istituti creati dalle economie occidentali, come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, creano le loro agenzie di rating (India e Cina), dispongono delle loro valute negli scambi fra di loro, “scoprono” l’Africa come territorio per investimenti e commercio, su basi paritarie. In questo quadro di riferimento, i timori che affiorano a livello internazionale e le iniziative che si rendono necessarie per la salvaguardia del sistema bancario europeo, in particolare attraverso una nuova disciplina dei fondi di garanzia dei depositanti, sono ben sintetizzate nel Deposit Insurance Technical Note del marzo 2013 del Fondo Monetario Internazionale, nel quadro del Financial Sector Assessment Program – European Union. Le linee di armonizzazione sono ormai condivise e riguardano il tipo di depositi garantiti; l’introduzione di strumenti standardizzati di finanziamento dei fondi, ora divisi fra fondi finanziati ex post, come nel caso dell’Italia e di pochi altri paesi (Austria, Lussemburgo e Regno Unito), ed ex ante, come in tutti gli altri paesi dell’Unione; un ammontare della dimensione dei fondi pari all’1% della raccolta protetta; l’introduzione di una contribuzione basata sul rischio dell’aderente; termini di pagamento più ridotti (7 giorni, rispetto ai 20 di oggi). L’armonizzazione della disciplina dei fondi procede tuttavia faticosamente ed è tuttora, nonostante le intenzioni e i proclami sulla necessità di una sua rapida realizzazione, in situazione di stallo, in attesa della adozione da parte dell’Unione della nuova Direttiva in materia di soluzione delle crisi bancarie, che in passato si era, a sua volta, arenata proprio a causa del disaccordo dei paesi membri in ordine al ruolo dei fondi di garanzia dei depositanti nella soluzione delle crisi bancarie. Il disaccordo iniziale sembra si stia ora attenuando, grazie alle lezioni della crisi, anche se esso ancora permane in ordine alla dimensione delle risorse di cui dotare i fondi – sembrando il limite dell’1% della raccolta, anche in arco di 10 anni, un impegno troppo gravoso per un sistema bancario, indebolito e spesso incapace di produrre utili – e alla sede normativa in cui collocare il possibile ruolo dei fondi nella soluzione delle crisi bancarie.
433
Saggi
Allo stato, sembra prevalere l’idea di una disciplina armonizzata dei fondi nel loro ruolo di protezione dei piccoli risparmiatori, con un livello di garanzia e di tempi di pagamento armonizzati e (forse 4) l’attribuzione ai depositanti protetti del rango di creditori privilegiati rispetto agli altri creditori della banca, lasciando alla futura Direttiva sulla disciplina e la riorganizzazione delle banche la disciplina dell’altro possibile ruolo dei fondi. Sembra, in conclusione, ormai consolidata la linea politico-normativa che assegna ai fondi di garanzia un ruolo ulteriore rispetto a quello del mero pagatore, nel quadro più generale della vigilanza e della tutela della stabilità del sistema bancario. I nostri due Fondi, come ho accennato all’inizio, hanno sempre svolto, e in modo prevalente, questo ruolo, mirando alla salvaguardia di tutto il ceto dei creditori e non solo dei depositanti, attraverso la conservazione dell’azienda bancaria, anche quando la banca come istituzione veniva posta in liquidazione. Questa possibilità è prevista dalle disposizioni statutarie di entrambi i Fondi, che consentono, in alternativa al rimborso dei depositanti – che resta comunque la finalità “naturale” dei Fondi – interventi in operazioni di cessione di attività e passività, e dunque nell’ambito di procedure di liquidazione coatta amministrativa, “ove sia prevedibile un minor onere” (art. 28 dello statuto del FITD) e “sempre che vi sia un presumibile minor onere” (art. 33 statuto del FGD). In sostanza, se rimborsare i depositanti comporta un onere prevedibilmente maggiore di quello derivante da una diversa forma di intervento, che consenta comunque la salvaguardia dei depositanti protetti, allora il Fondo è abilitato a forme di intervento diverse, il cui effetto ulteriore è anche quello della protezione di tutti i creditori della banca di cui si tratta, bancari e non, garantiti o meno. La determinazione del “minor onere” non è peraltro cosa facile, non solo perché si tratta di un apprezzamento che comporta la valutazione di variabili numerose ed incerte, esterne all’operare ed al controllo del Fondo, ma anche per l’esatta determinazione del criterio da porre alla base in questa valutazione.
4.
I dubbi riguardano i possibili inconvenienti di una misura di questo tipo, che accrescerebbe il rischio di perdite dei creditori non protetti e comporterebbe una riduzione dei flussi interbancari e, quale ulteriore conseguenza, un incremento del costo di provvista da parte delle banche.
434
Salvatore Maccarone
In tutti questi casi, emergono le implicazioni di “vigilanza”, o per meglio dire, valutazioni ulteriori rispetto a quello di puro contenuto economico 5, che potrebbero portare alla considerazione e valorizzazione di interessi prevalenti rispetto a quello della banche consorziate di “pagare il meno possibile” e, se si vuole, anche di eliminare un concorrente. Ed è qui ancora che si collocano le ragioni della tutela della concorrenza e del mercato, che hanno indotto, come prima dicevo, sia le istituzioni comunitarie 6 che il FMI, ad interrogarsi se il nostro sistema dei fondi fosse in armonia con la disciplina comunitaria. In concreto, entrambi i Fondi sono intervenuti a favore di banche in amministrazione straordinaria, nei modi più diversi, sottoscrivendo aumenti di capitale, come nel caso del primo intervento del FITD nella crisi della Cassa di Risparmio di Prato, prestando garanzie a fronte di prestiti subordinati (utili, quindi, sia pure per il 50%, ai fini del patrimonio di vigilanza), erogando direttamente prestiti e finanziamenti, rendendosi cessionari di crediti e di altri cespiti dell’attivo. Questi interventi, prevalentemente, anche se non sempre, hanno avuto l’effetto di risanare la banca o comunque di evitarne la liquidazione e l’alternativa, stimata maggiormente onerosa, del rimborso dei depositanti. In realtà, anche quando si arrivasse alla liquidazione, come ho già detto, il rimborso dei depositanti è evento raro, in quanto altri interventi, anche in questa sede, sono possibili e sono normalmente praticati, sia pure con effetti diversi rispetto a quelli a favore di banche in amministrazione straordinaria, in quanto, mentre questi ultimi salvaguardano la banca, come azienda e come istituzione, i primi consentono solo il salvataggio dell’azienda bancaria, sia pure nelle mani di altri. Questi avvengono, infatti, nella forma dell’intervento nella cessione delle attività e passività della banca in liquidazione coatta a favore di un’altra banca o anche di altre banche, quando la cessione ad una soltanto non risulta praticabile. L’intervento può assumere, anche in questa sede, forme diverse ed è soggetto alla stessa verifica degli altri interventi, in qualunque condizio-
5. Quali la salvaguardia dell’occupazione, la conservazione dei servizi bancari nel territorio e così via. 6 Il principio è stato reiterato dalla Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 16 febbraio 2012 sulla proposta di direttiva relativa ai sistemi di garanzia dei depositi procedura A/-0225/2011, considerando 3, nella quale si sottolinea l’esigenza che “le misure di sostegno tramite i sistemi di garanzia dei depositi siano sempre subordinate a condizioni e che le loro azioni siano sempre conformi al diritto in materia di concorrenza”.
435
Saggi
ne siano disposti e quando assumano forma diversa dal rimborso dei depositanti, vale a dire la presumibile minore onerosità rispetto a questo. Il Fondo può semplicemente corrispondere alla banca cessionaria un importo corrispondente allo sbilancio tra attività e passività 7, oppure intervenire (anche) in altra forma, quale l’acquisto di attivi dalla liquidazione, la prestazione di garanzia a fronte di cespiti trasferiti alla cessionaria, finanziamenti agevolati a quest’ultima e così via, senza vincolo alcuno, salvo quello della prevedibile minore onerosità rispetto al rimborso dei depositanti. Non sempre tuttavia la cessione di attività e passività è possibile in favore di un’unica banca e allora, nel caso del FGD, si è assistito ad operazioni di cessione ripartite tra due diverse banche, frazionando l’azienda e ponendo in essere interventi distinti, ragguagliati al valore dei rami aziendali trasferiti. Si cerca, in sostanza, di far di tutto per evitare la liquidazione concorsuale ed il rimborso dei depositanti. Il risultato, quando si consegue, è sicuramente utile anche sul piano sociale, attenuando al massimo il trauma del dissesto di una banca ed i suoi effetti, in termini più ampi rispetto alla sola tutela dei depositanti. Ancora più evidenti sono le implicazioni di vigilanza nel caso in cui il Fondo intervenga a favore di banche in difficoltà, ma non ancora in crisi conclamata e quindi senza che sia in corso una procedura amministrata. Questo è possibile nel caso del FGD, sulla base di una espressa previsione dello statuto, che è espressione del più generale principio di solidarietà che caratterizza il sistema del Credito Cooperativo e che porta spesso ad affiancare gli interventi del Fondo ad accordi di tutoraggio con altre banche di credito cooperativo. L’art. 35 dello statuto del FGD prevede, in particolare, la possibilità di interventi di sostegno, in assenza di procedura, a favore di banche in difficoltà, ma che siano in grado di risanarsi, come deve essere mostrato al Fondo attraverso uno specifico piano, che indichi le iniziative che si intendono assumere e la cui adeguatezza sia attestata dalla Federazione regionale di appartenenza. Gli interventi di questo tipo sono stati numerosi ed hanno avuto importanza notevole, in quanto essi si pongono al di fuori della funzione
7 Per ragioni che non mi è mai riuscito di capire, l’intervento è fatto a favore della banca cessionaria e non della banca in liquidazione, con la conseguenza che la prima, nonostante sia stata pagata dal Fondo, risulta ancora formalmente creditrice della liquidazione, mentre il Fondo non ha alcun credito verso questa, credito che nascerà esclusivamente con la successiva dichiarazione di surroga da parte della cessionaria, in occasione dell’atto definitivo di cessione.
436
Salvatore Maccarone
propria dei fondi di garanzia: essi non sono infatti condizionati al test della “minore onerosità” rispetto al rimborso dei depositi – come è ragionevole che sia non essendo in corso alcuna procedura amministrata – sono deliberati dal Consiglio del Fondo e non dal Comitato, cui spetta di deliberare tutti gli altri interventi, e sono normalmente accompagnati da una serie di condizioni e prescrizioni, al cui rispetto l’intervento – anch’esso, come tutti gli altri, preventivamente approvato dalla Banca d’Italia – è subordinato. Ed è questa la parte più interessante. Quasi sempre infatti le “condizioni e prescrizioni” riguardano il ricambio del consiglio di amministrazione, in particolare del suo presidente, e del collegio sindacale, nominando al loro posto soggetti non coinvolti nella precedente gestione, e sempre più spesso negli ultimi tempi, comprendono anche l’avvio dell’azione di responsabilità. Si tratta chiaramente di misure che, per quanto finalizzate al buon esito del Fondo, sono strumenti di vigilanza; sappiamo bene, infatti, che da tempo la Banca d’Italia invoca l’attribuzione del potere di rimuovere gli esponenti di banche inadeguati al loro ruolo, cosa oggi possibile soltanto con il ricorso, che però può rivelarsi eccessivo o non possibile, all’amministrazione straordinaria. La persuasione morale si è rivelata in molti casi inefficace, mentre attraverso il Fondo e i suoi interventi di sostegno questo effetto è quasi sempre realizzato, anche perché il ricambio nella composizione degli organi è posto come condizione pregiudiziale per l’intervento del Fondo. Questi interventi sono una mistificazione del ruolo dei fondi di garanzia dei depositanti o ne sono invece una applicazione diversa e anticipata? Sono sempre stato convinto, al di la delle riserve e delle critiche, che la tutela dei depositanti si realizzi in modo migliore attraverso interventi preventivi e che il rimborso dei depositi sia una sconfitta del sistema e del suo apparato regolamentare. Il rimborso dei depositi, tra l’altro, anche in relazione ai tempi estremamente ristretti e che sono destinati ad accorciarsi ulteriormente, in cui deve essere effettuato, può avere effetti destabilizzanti a carico delle banche aderenti – soprattutto delle componenti più gracili del sistema – che debbono provvedere alla provvista dei mezzi. La crisi senza fine del sistema economico e finanziario del mondo occidentale e le dolorose lezioni che sta impartendo 8 hanno ulteriormente
8. Secondo le stime di Eurostat, le perdite sofferte dalla banche europee tra il 2007 e il 2010 ammontano a circa 1 trilione di euro, pari a circa l’8% del GDP (Gross Domestic
437
Saggi
rafforzato questa convinzione e indotto le istituzioni europee a muoversi, mi pare, proprio in questa direzione, sia pure non nell’ambito della direttiva sui DGS (Deposit Guarantee Systems), che armonizzerà soltanto la funzione di garanzia dei depositanti, ma in quella in progetto su BRR (Bank Recovery and Resolution), che ipotizza, tra l’altro, espressamente l’impiego dei fondi di garanzia dei depositanti nelle operazioni di salvataggio, nei casi in cui questo intervento realizzi una migliore protezione dei depositanti. Esiste tuttavia ancora dissenso sulla utilizzazione dei fondi per finalità di risanamento delle banche, ritenendosi da parte di molti che esista, e debba essere conservata, una distinzione netta tra la funzione di protezione dei piccoli risparmiatori e l’intervento in operazioni di salvataggio. Entrambe queste funzioni negli USA sono unificate in capo alla FIDC 9, ma sono presenti anche in molti fondi nazionali dell’Unione, tra i quali, appunto, quelli italiani, e in particolare nel FGD e nel prossimo futuro, nel quadro che sembra emergere in sede comunitaria, la funzione di salvataggio di appresta a diventare funzione normale dei sistemi di garanzia dei depositanti, sulla base degli stessi criteri che sono alla base oggi degli interventi di sostegno del FGD. Il finanziamento da parte dei fondi di misure di risanamento comporta normalmente un onere inferiore a quello connesso all’eventuale rimborso dei depositanti, senza contare l’ulteriore ed importante effetto della salvaguardia, implicita nel risanamento, di tutti i creditori della banca. La strada sembra dunque tracciata; la struttura ed il funzionamento dei fondi saranno armonizzati nell’ambito delle Direttiva sui DGS ed il ruolo dei sistemi di garanzia dei depositanti nel salvataggio e nella ristrutturazione delle banche in difficoltà disciplinato nell’ambito della
Porduct) europeo, contrattosi a sua volta per effetto della recessione indotta dalla crisi finanziaria del 6%, mentre gli aiuti di stato disposti tra ottobre 2008 e l’ottobre 2011, comprese le garanzie prestate, sono stati pari a 4,5 trilioni di euro o al 37% del GDP. Si tratta di cifre impressionanti (cfr. Press release – Bank recovery and resolution: frequently asked questions del 6 giugno 2012. 9. Il Dodd-Frank Act del 21 luglio 2010 “an Act to promote the financial stability of the United States by improving accountability and transparency in the financial system, to end ‘too big to fail’, to protect the American taxpayer by ending bailouts, to protect consumers from abusive financial services practices, and for other purposes”, come recita il suo intero titolo, ha introdotto – dopo il disastro incontrollato di Lehman Brothers – un sistema di intervento nel caso di crisi di istituzioni finanziarie a rilevanza sistemica, mediante affidamento alla FIDC, in funzione del trasferimento poi ad una istituzione appositamente creata o della sua liquidazione. L’approccio della Commissione europea, come vedremo, se pur con diverse modalità, si muove secondo una linea non dissimile.
438
Salvatore Maccarone
Direttiva BRR, il cui progetto è stato presentato ai ministri delle finanze nella sessione del Consiglio Ecofin del 10 luglio 2012 10. Le cose cambieranno sensibilmente, in coerenza con il principio alla base della costruzione che i costi della protezione dei depositanti e del risanamento delle banche in crisi dovranno essere sopportati dalle banche e non dai contribuenti. I sistemi di garanzia dovranno essere finanziati dalle banche che vi aderiscono sulla base di contribuzioni ragguagliate alla dimensione del passivo ed al profilo di rischio e, soprattutto, i fondi necessari ai sistemi per i loro interventi dovranno essere forniti ex ante e integrati ex post, qualora le dotazioni di mezzi dei fondi si rivelassero insufficienti. Per il nostro Paese si tratterà di una sostanziale cambiamento di rotta; entrambi i fondi sono ora infatti finanziati ex post, vale a dire in relazione alle esigenze dei singoli interventi, attraverso meccanismi di addebito diretto da parte del tesoriere del Fondo 11. L’entità dei mezzi di cui i fondi dovranno dotarsi, nell’arco di 10 anni dovrà essere, a quanto sembra, non inferiore all’1% dei depositi garantiti. Per il sistema bancario italiano sarà uno sforzo notevole, sia per la dimensione in sé dei mezzi 12, ma anche per la carenza di liquidità – solo in
10 È interessante notare che gli obiettivi perseguiti attraverso la Direttiva, così come enunciati dalla stessa Commissione, sono, nell’ordine: 1. la salvaguardia della continuità dei servizi bancari essenziali; 2. la protezione dei depositanti, dei patrimoni dei clienti e dei fondi pubblici; 3. la riduzione al minimo dei rischi alla stabilità finanziaria e 4. delle perdite di valore non strettamente necessarie. La gerarchia dei valori è significativa e dà ragione del ruolo essenziale che le banche hanno assunto per l’ordinato assetto e funzionamento della società, soprattutto nel settore dei pagamenti in cui il loro ruolo è divenuto insostituibile e destinato a consolidarsi ulteriormente. Questo naturalmente non vuol dire un ridimensionamento dell’interesse alla protezione dei depositanti – che ha tra l’altro radici costituzionali nel nostro ordinamento – ma piuttosto la necessità di conciliare interessi non sempre coincidenti e rispetto ai quali è indispensabile una valutazione comparativa. Non è privo di significato, sotto questo aspetto, il fatto che il principio della tutela della concorrenza e del mercato non sia neppure menzionato. 11 La stessa situazione esiste in Austria, nel Regno Unito e in Lussemburgo ed esisteva in Olanda, che tuttavia a partire dal 1° luglio di quest’anno adotterà il sistema del finanziamento ex ante; tutti gli altri paesi prevedono sistemi di finanziamento ex ante ed in alcuni è previsto anche l’intervento integrativo pubblico nel caso di insufficienza dei fondi (Austria, Cipro, Estonia, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Bulgaria, Danimarca, Ungheria, Lituania e Romania) (fonte, IMF, Deposit insurance: technical note, march 2013). 12 A valori attuali, l’1% della massa protetta ammonterebbe a oltre 5 miliardi di euro. Secondo la Commissione europea, un patrimonio – comprensivo dei prestiti subordinati – pari al 10% del passivo, con esclusione del capitale regolamentare, accompagnato da misure di bail-in (a carico degli azionisti e di alcune classi di creditori) avrebbe con-
439
Saggi
parte attenuata dagli interventi della BCE – che da qualche anno caratterizza il nostro sistema finanziario. Si costituirà così una sorta di riserva obbligatoria, di ormai lontana memoria, recuperandone probabilmente le finalità. Ai sistemi di garanzia esistenti, si affiancherà un’altra entità, il Resolution Fund 13 che avrà il compito di intervenire per il risanamento delle banche, operante in stretto collegamento con i sistemi di garanzia esistenti, i quali potranno essere chiamati a contribuire agli interventi di sostegno con un apporto corrispondente a quanto essi pagherebbero ai depositanti protetti, in caso di dissesto della banca. A questo intervento si affiancherebbero misure di sacrificio (bail-in), se occorre anche totale, nell’ordine, degli azionisti, dei creditori subordinati e dei titolari di crediti senior, dei creditori diversi dai depositanti protetti, con esclusione dei crediti garantiti, dei crediti per stipendi, dei crediti fiscali e di alcuni altri e la sostituzione del management responsabile del dissesto. I crediti dei sistemi di garanzia derivanti dagli interventi effettuati concorrerebbero con quelli degli altri creditori non garantiti, con la prospettiva di una perdita anche totale del credito. L’efficacia delle azioni preventive e di sostegno – in questo assetto, articolato ed invero anche non facile da impiantare – ridurrebbe sensibilmente i casi di dissesto, o comunque gli effetti di propagazione all’economia, con un notevole risparmio di danaro pubblico e beneficio, alla fine, per lo stesso sistema bancario 14.
Salvatore Maccarone
sentito di risolvere la maggior parte delle crisi delle banche che si sono manifestate dal 2007 in poi. 13 I singoli stati membri avranno peraltro la facoltà di cumulare le due funzioni in unico Fondo, con la previsione, in caso di concorso di più interventi, della prelazione dei depositanti, fino al limite della protezione (i.e. € 100.000), rispetto agli altri creditori della banca. 14. La Commissione (Bank Recovery cit., par. 32), a conferma dell’efficacia delle azioni preventive, ricorda il caso della Bradford & Bingley che fu “confiscata” temporaneamente dallo Stato e nell’arco di un solo fine settimana messa all’asta e venduta nelle sue diverse component, sicché il lunedì successivo la banca, sotto le sue nuove spoglie, riaprì i battenti, senza alcuna interruzione nei suoi servizi. Un po’ come accadeva nel nostro Paese, con la liquidazione coatta disposta il venerdì e la cessione di attività e passività ad altra banca nel corso del week end.
440
Recenti modifiche della disciplina dei fondi comuni di investimento. La legislazione di urgenza è una buona consigliera? Sommario: 1. Le modifiche della disciplina dei fondi comuni ad opera del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78. – 2. La nuova definizione di fondo comune di investimento. – 3. Precisazioni in merito alla responsabilità patrimoniale dei fondi comuni di investimento. – 4. Le modifiche dell’articolo 37, del Testo Unico della Finanza. – 4.1. Motivazioni ed obiettivi. – 4.2. La revoca dei controlli preventivi sui fondi riservati e speculativi. – 4.3 Effetti della revoca. – 5. I regime dei controlli sui fondi comuni di investimento. – 6. La tutela dei risparmiatori. – 7. La graduazione della tutela. – 8. La crisi dei mercati ed i limiti del modello basato sulla trasparenza. – 9. Responsabilità del gestore e della banca depositaria. – 10. Valutazioni di insieme.
1. Le modifiche della disciplina dei fondi comuni ad opera del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78. In occasione di uno dei primi provvedimenti per superare la crisi economica, il d.l. 31 maggio 2010, n. 78 1, tra le molteplici e variegate misure adottate 2, ha apportato rilevanti modifiche alle norme sui fondi
1. Decreto recante Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, convertito con modificazioni dalla l. 30 luglio 2010, n. 122. Con il medesimo fine di stabilizzazione finanziaria e competitività economica, seguiranno a d.l. 13 agosto 2011, n. 138 recante Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, il d.l. 6 luglio 2011, n. 98 , avente il più limitato fine della sola stabilizzazione finanziaria e molteplici altri decreti legge che hanno avuto l’indubbio merito di arginare la crisi economica nel nostro paese ma che spesso sono risultati poco attenti alla coerenza e al coordinamento con la grande mole di modifiche e correzioni delle modifiche. 2. Nel decreto legge si contano, tra le misure più importanti, 21 interventi che spaziano da misure di contenimento del costo del lavoro, ad aumenti tariffari, alla riduzione degli stipendi elevati nella P.A. e a norme di inasprimento fiscale.
441
Saggi
immobiliari e, soprattutto, alla disciplina generale dei fondi comuni di investimento. Con l’articolo 32 del d.l., dedicato, secondo quanto indicato nella rubrica, alla Riorganizzazione della disciplina fiscale dei fondi immobiliari chiusi, si è intervenuti modificando radicalmente l’imposizione diretta dei fondi immobiliari 3 e si è proceduto ad apportare alla disciplina generale dei fondi comuni di investimento variazioni solo in parte conseguenti, o necessarie, alla riorganizzazione fiscale dei fondi immobiliari. A seguito delle intervenute modifiche della disciplina fiscale, le società di gestione del risparmio che alla data di entrata in vigore del decreto avevano istituito (e gestivano) fondi immobiliari che non rispettavano il nuovo requisito della pluralità dei partecipanti, avrebbero dovuto adottare le conseguenti delibere di adeguamento 4 e prelevare, a titolo di imposta sostitutiva dell’imposte sui redditi, un ammontare pari al 5 per cento del valore netto del fondo. Le società che non avessero adottato le delibere di adeguamento, avrebbero dovuto procedere alla liquidazione il fondo ed in questo caso l’aliquota dell’imposta sostitutiva sarebbe stata elevata al 7 per cento 5. La drastica modificazione del regime di imposizione diretta dei fondi immobiliari, con il passaggio dalla esenzione 6 all’applicazione di un’imposta sostitutiva di tipo patrimoniale, sarebbe scaturita dall’eventuale mancato adeguamento alla modifica della definizione di “fondo comune di investimento”, di cui alla lettera j), del co. 1, dell’art. 1, del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (t.u.f.). Il co. 1 dell’articolo 32 d.l., peraltro, oltre a modificare tale definizione, interveniva anche sulla disciplina generale della separazione patrimoniale dei fondi comuni e sul regime dei controlli di vigilanza dei fondi c.d. riservati e speculativi 7.
3. Salvo procedere nuovamente, come si vedrà, ad ulteriori interventi l’anno successivo, con il d.l. 23 maggio 2011, n. 70. 4 Co. 3 dell’art. 32, del d.l. 78/2010. 5 Co. 4 del medesimo art. 32. 6. Tassazione in capo ai partecipanti dei proventi distribuiti, o realizzati a seguito del riscatto delle quote, come disciplinato dagli artt. 6 e 7 del d.l. 25 settembre 2001, n. 351, convertito con modificazioni dalla l. 23 novembre 2001, n. 410. 7. L’articolo, dall’innovativo incipit con il quale si dava notizia di non meglio precisati “controlli effettuati dall’Autorità di vigilanza”, apportava al t.u.f. le seguenti modificazioni: - La lettera j), del co. 1, dell’art. 1, veniva così sostituita: “j) fondo comune di investimenti: il patrimonio autonomo raccolto, mediante una o più emissione di quote, tra una pluralità di investitori con la finalità di investire lo stesso sulla base di una pre-
442
Francesco Gentiloni Silveri
Sebbene la rubrica dell’articolo 32 facesse riferimento alla sola riorganizzazione della disciplina fiscale dei fondi immobiliari chiusi 8 e l’obiettivo dichiarato dell’intervento fosse quello di “arginare il fenomeno dei fondi immobiliari cosiddetti «veicolo», contrastando l’utilizzo strumentale dei fondi comuni immobiliari a ristretta base partecipativa finalizzato al godimento dei benefici fiscali previsti dall’attuale normativa” 9, l’incidenza delle modifiche alla disciplina generale dei fondi comuni (aperti, chiusi, mobiliari ed immobiliari) è profonda e di rilievo sistematico.
2. La nuova definizione di fondo comune di investimento. Confrontando la nuova definizione di fondo comune di investimento con quella precedentemente in vigore 10, si fa fatica a coglierne gli elementi di reale novità.
determinata politica di investimento; suddiviso in quote di pertinenza di una pluralità di partecipanti; gestito in monte, nell’interesse dei partecipanti e in autonomia dai medesimi”; - Al co. 6, dell’art. 36, dopo le parole: «nonché da ogni altro patrimonio gestito dalla medesima società», erano aggiunte le seguenti parole: “delle obbligazioni contratte per suo conto, il fondo comune di investimento risponde esclusivamente con il proprio patrimonio”; - Alla lett. b-bis del co. 2 dell’art. 37, dopo le parole “all’esperienza professionale degli investitori” erano aggiunte le seguenti parole “a tali fondi non si applicano gli articoli 36, co. 3, ultimo periodo, e co. 7, e l’art. 39, co. 3”. 8. La discrepanza tra la rubrica dell’articolo e nuova disciplina è evidenziata anche da Paolo Ferro-Luzzi, il quale evidenzia anche di non aver incontrato nella sua esperienza esempi di analoga “motivazione” di una norma primaria. Ferro-Luzzi, Un problema di metodo: la “natura giuridica” dei fondi comuni di investimento”, in Riv. soc., 2012 , p. 754, nt. 3. La precisazione che si tratta di fondi chiusi inoltre, è superflua dal momento che non sono consentiti fondi immobiliari di tipo “aperto”, anche se il co. 6-bis dell’art. 14 del “Regolamento recante norme per la determinazione dei criteri generali cui devono essere uniformati i fondi comuni di investimento” (decreto del Ministro del Tesoro n. 228 del 1999. Sub nt. 21) consente di procedere a rimborsi anticipati della quota. 9. Relazione del Governo al disegno di legge presentato al Senato. Atto Senato n. 2228-XVI Legislatura, in http://www.senato.it/leg/16/BGT/Schede_V3/ddliter/35500.htm. 10. Prima delle modifiche apportate dall’art. 32 del d.l. 78/2010, la definizione era la seguente: “j) ‘fondo comune di investimento’: il patrimonio autonomo, suddiviso in quote, di pertinenza di una pluralità di partecipanti, gestito in monte; il patrimonio del fondo, sia aperto che chiuso, può essere raccolto mediante una o più emissioni di quote”. Il testo era stato modificato, da ultimo, dal co. 1 dell’art. 5 del d.l. 25 settembre 2001, n. 351, convertito dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, per consentire la pluralità di emissioni di quote anche per i fondi comuni di tipo chiuso.
443
Saggi
Rispetto al testo precedente, viene infatti ulteriormente precisato che il fondo è raccolto “tra una pluralità di investitori con la finalità di investire lo stesso sulla base di una predeterminata politica di investimento” e che è gestito “nell’interesse dei partecipanti e in autonomia dai medesimi”. I nuovi criteri di identificazione di un fondo comune di investimento non sembrano, in realtà, aggiungere nulla al modello a cui tutti i fondi comuni dovrebbero essere già conformati. In tutti i fondi, infatti, si dovrebbe rinvenire la presenza di una pluralità di partecipanti, essendo questa una caratteristica ontologica di tali organismi i quali sono comuni, in quanto realizzano investimenti nell’interesse non di un solo, ma di più partecipanti 11. Quanto alla politica di investimento, essa è parte essenziale e imprescindibile del regolamento del fondo ed è, quindi, necessariamente predeterminata alla esecuzione degli investimenti stessi. Coerentemente con la definizione di fondo comune, il t.u.f. distingue inoltre l’attività di gestione di portafogli 12, dalla gestione collettiva del risparmio di cui al Titolo III, Parte II, del t.u.f. 13. L’istituzione di fondi comuni di investimento e la gestione del loro patrimonio sono quindi attività di gestione collettiva (svolta nell’interesse di una pluralità di soggetti), nettamente separata, anche dal punto di vista sistematico, da quel-
11. Secondo l’art. 1, par. 2, lett. a), della direttiva 2009/65/CE del 13 luglio 2009 concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) (coordination of laws, regulations and administrative provisions relating to undertakings for collective investment in transferable securities (UCITS)), sono Organismi di Investimento Collettivo in Valori mobiliari gli organismi “il cui oggetto esclusivo è l’investimento collettivo dei capitali raccolti presso il pubblico in valori mobiliari o in altre attività finanziarie liquide di cui all’articolo 50, paragrafo 1, e il cui funzionamento è soggetto al principio della ripartizione dei rischi”. 12. Intendendosi con tale termine “la gestione, su base discrezionale e individualizzata, di portafogli di investimento che includono uno o più strumenti finanziari e nell’ambito di un mandato conferito dai clienti” , come indicato all’art. 1, co. 5-quinquies, del t.u.f.; definizione integralmente tratta dall’art. 4, co. 1, n. 9) della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, c.d. “Direttiva MiFid”. 13. Intendendosi con tale termine “il servizio che si realizza attraverso: 1) la promozione, istituzione e organizzazione di fondi comuni d’investimento e l’amministrazione dei rapporti con i partecipanti;2) la gestione del patrimonio di Oicr, di propria o altrui istituzione, mediante l’investimento avente ad oggetto strumenti finanziari, crediti, o altri beni mobili o immobili” di cui all’art. 1, co. 1, lett. n), del t.u.f.
444
Francesco Gentiloni Silveri
la della gestione individualizzata e discrezionale 14 e non sembra che le ulteriori specificazioni introdotte possano aggiungere altro al quadro normativo ormai da tempo consolidato. Per comprendere le ragioni dell’intervento operato dal decreto legge, può soccorrere allora quanto riportato sul punto dalla relazione del governo, la quale evidenzia come venga “innanzitutto modificata la nozione civilistica dei fondi comuni di investimento immobiliari prevista dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (t.u.f.), di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, specificandone la funzione economica (raccolta del risparmio tra una pluralità di investitori); investimento del patrimonio raccolto secondo una predeterminata politica di gestione; autonomia delle scelte di investimento della società di gestione del risparmio (SGR). In tal modo viene circoscritta l’applicazione dell’attuale regime fiscale ai soli fondi che gestiscono risparmio diffuso nonché a quelli diretti a realizzare attività di interesse pubblico” 15. Se da un lato la relazione governativa sembra non cogliere la reale portata del provvedimento, in quanto fa riferimento ai soli fondi immobiliari mentre la modificazione riguarda tutti i fondi comuni di investimento, dall’altro ha il merito di evidenziare con chiarezza che l’obiettivo del provvedimento è di natura tributaria e che, coerentemente con quanto indicato nella rubrica dell’articolo, esso si propone di circoscrivere l’applicazione dell’attuale regime fiscale di favore ai soli fondi che gestiscono il risparmio diffuso nonché a quelli diretti a realizzare attività di interesse pubblico. Quindi la modifica della definizione di fondo comune di investimento ha lo scopo di limitare i vantaggi fiscali solo ad alcune tipologie di fondi. Consegue che saranno ammessi ad usufruire dell’attuale regime fiscale di favore solo quei fondi comuni, qualunque sia la categoria di appartenenza, che gestiscono risparmio diffuso, ovvero che siano diretti a realizzare attività di interesse pubblico. Che questa sia la finalità della modifica e che la stessa investa tutti i fondi comuni di investimento e non solamente i fondi immobiliari, è confermato anche dalla Circolare 33/E, dell’Agenzia delle Entrate, del 15 luglio 2011 la quale evidenzia come “il Legislatore con tale disposizione
14. Separazione sistematica che si ritrova in primo luogo nella normativa comunitaria che disciplina le due attività con Direttive differenti (nt. 11 e 12). 15 Relazione del Governo al d.l. (nt. 9).
445
Saggi
ha inteso negare lo status di fondo comune d’investimento e, quindi, il correlato regime fiscale, a quei fondi che si discostano dal modello tipizzato dalle disposizioni civilistiche e che non attuano forme di gestione collettiva del risparmio. Al riguardo, si ricorda che la risoluzione n. 137/E del 4 ottobre 2005 ha precisato che un fondo, per essere tale, necessita dunque di una pluralità di sottoscrittori, a meno che l’unico detentore non rappresenti una pluralità di interessi così da raffigurare una gestione collettiva, quale è il caso, ad esempio, dei fondi pensione o dei fondi comuni 16. Pertanto, qualora un organismo di investimento non possieda i requisiti previsti dalle sopra menzionate disposizioni, allo stesso non si applicherà la disciplina fiscale prevista per gli organismi di investimento collettivo del risparmio di cui all’articolo 73, comma 5-quinquies, del TUIR e a tali organismi si applicheranno le disposizioni in materia di IRES” 17. Ai fini dell’applicazione del regime fiscale proprio dei fondi comuni di investimento quindi, non sarà più sufficiente l’approvazione del fondo e del suo regolamento da parte della Banca d’Italia, come previsto dall’articolo 39, del t.u.f., ma la società che lo gestisce (e quella che eventualmente lo ha promosso, se diversa) dovrà assicurare il rispetto del requisito della pluralità dei sottoscrittori (rectius: di investitori e di partecipanti, come si vedrà), pena l’esclusione dal regime di favore dell’imposta sostitutiva e l’applicazione delle disposizioni in materia di IRES 18. Quanto alla configurazione del requisito della pluralità dei soggetti, il tenore letterale della norma sembrerebbe però non autorizzare la lettura proposta dalla relazione governativa al decreto legge. Essa attribuisce alla “realizzazione di attività di interesse pubblico” una sorta di capacità sostitutiva del requisito, evidentemente soggettivo, che non sembra possa essere soddisfatto dalla oggettivizzazione dell’interesse che il fondo dovrebbe perseguire. Questo, tenendo anche conto della mancata indicazione di criteri indicativi della natura ed estensione di tale interesse e che in ogni caso
16. La risoluzione ha per oggetto l’istanza di interpello proposta ai sensi dell’articolo 11 della Legge 27.07.2000, n. 212, con riferimento ad un fondo comune di diritto italiano le cui quote “sono state interamente sottoscritte da un investitore istituzionale”. 17 Circolare dell’Agenzia delle Entrate, n. 33/E del 15 luglio 2011, p. 7. 18. Soluzione successivamente parzialmente modificata dalle nuove disposizioni sui fondi immobiliari che prevedono invece la tassazione “per trasparenza” direttamente in capo ai partecipanti.
446
Francesco Gentiloni Silveri
l’interesse pubblico non può considerarsi equivalente alla somma degli interessi della pluralità dei soggetti amministrati. Anche la sostituzione operata dall’Agenzia delle Entrate nella risoluzione 137/E, che trasferisce la pluralità dei soggetti alla pluralità di interessi rappresentati, non appare compatibile con il dato normativo, dal momento che, in via generale, rappresentare degli interessi non può equivalere alla rappresentanza dei soggetti che di tali interessi sono portatori e che, nello specifico degli esempi citati dalla risoluzione, i fondi pensione ed i fondi comuni di investimento, non sono “portatori” degli interessi dei sottoscrittori, come la dottrina più autorevole ha escluso fin dalla emanazione della legge istitutiva dei fondi comuni di investimento 19. Appare inoltre estranea alla norma, la locuzione risparmio diffuso che la relazione governativa indica quale altro elemento di merito (unitamente alla realizzazione dell’interesse pubblico) che giustificherebbe l’applicazione ai fondi comuni di investimento del regime fiscale di favore. Se il termine appare riecheggiare la categoria delle azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante di cui agli articoli 2325-bis ss. c.c., non sembra che ciò possa giustificare la sostituzione di categorie di soggetti chiaramente individuate (gli investitori e i partecipanti ad un fondo comune di investimento), con un non meglio specificato risparmio diffuso. L’aggiunta della nuova categoria degli investitori nella definizione di fondo comune di investimento disposta dal decreto legge, richiede inoltre un’ulteriore riflessione, dato che il termine non può essere considerato sinonimo di “partecipante”, o di “sottoscrittore” del fondo. Sembra infatti trattarsi non di una nuova categoria che entra in relazione con il fondo comune, quanto della platea dei soggetti a cui la società di gestione del risparmio si rivolge per raccogliere il patrimonio di un (nuovo) fondo. Con la nuova definizione di fondo comune sembra allora volersi disciplinare la fase prodromica alla nascita del fondo,
19.
Lener, Commento all’art. 3, l. 23 marzo 1983, n. 77, in Nuove leggi civ., 1984, p. 400 e ss. Per i fondi pensione, occorre distinguere tra quelli c.d. “aperti”, la cui struttura replica quella dei fondi comuni di investimento e quelli c.d. “contrattuali” che sono dotati di propria soggettività ben distinta da quella degli iscritti e di organi propri che esprimono l’interesse del fondo pensione e non quello della pluralità degli iscritti. Si potrebbe ragionevolmente ritenere che l’Agenzia delle Entrate intendesse riferirsi all’interesse economico (ad una proficua gestione) collettivo, ma ciò non sembra possa sostituire il requisito soggettivo indicato dalla norma di legge.
447
Saggi
ovverosia la raccolta del patrimonio tra gli investitori (potenziali), richiedendo che anche per questa attività sia assicurata la pluralità dei soggetti oblati. Per poter usufruire del regime fiscale proprio dei fondi comuni di investimento, si aggiunge quindi un ulteriore requisito rappresentato dall’esistenza di una pluralità di soggetti (gli investitori, potenziali futuri partecipanti al fondo) fin dalla iniziale raccolta del patrimonio. Se questa distinzione potrebbe apparire di non grande rilevanza per i fondi di tipo aperto, ove in ogni momento è possibile sottoscrivere e riscattare le quote (la distinzione tra investitore oblato e partecipante, nel corso della vita del fondo, diviene quindi sfumata), lo è meno per i fondi di tipo chiuso la cui sottoscrizione è limitata al periodo iniziale di raccolta del patrimonio 20. Per tale categoria di fondi ed in particolare per i fondi immobiliari, dovrà quindi essere rispettato, oltre al requisito della pluralità dei partecipanti durante la vita del fondo, anche il requisito della raccolta del patrimonio presso una pluralità di investitori. Questo precluderebbe la passibilità di dotare il fondo di un patrimonio iniziale conferito da un singolo investitore e successivamente creare una pluralità di soggetti partecipanti mediante vendita delle quote da parte del partecipante iniziale 21. La valenza fiscale e le complessità applicative delle novità introdotte, avevano comunque suggerito di demandare al Ministero dell’Economia e delle Finanze l’emanazione di opportune disposizioni attuative (co. 2, dell’art. 32, del d.l.), mediante aggiornamento del decreto previsto dall’articolo 37, del t.u.f. 22, stabilendo il termine di trenta giorni dalla data di conversione del decreto, per la sua emanazione. Il 6 aprile 2011 (ben otto mesi dopo, in realtà, dall’avvenuta conversione del d.l.), il Ministero rendeva disponibile, per la pubblica consulta-
20.
Anche nel caso in cui il regolamento del fondo chiuso preveda la facoltà di emissione di quote successive alla prima, il periodo di sottoscrizione è sempre limitato. 21. Come è noto, nei fondi chiusi non è previsto il riscatto delle quote, salvo il caso in cui il regolamento preveda la facoltà di sottoscrizioni successive alla prima, quale previste dal comma 6-bis dell’art. 14 del d.m. del Tesoro n. 228 del 1999. Normalmente i regolamenti dei fondi comuni prevedono comunque la facoltà per i partecipanti di vendere le proprie quote, disciplinando le formalità richieste per la cessione. 22. D.m. del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica (ora Ministero dell’Economia e delle Finanze), n. 228 del 24 maggio 1999, “Regolamento recante norme per la determinazione dei criteri generali cui devono essere uniformati i fondi comuni di investimento”.
448
Francesco Gentiloni Silveri
zione, la bozza dell’aggiornamento 23 a cui, per altro, non faceva seguito la promulgazione per l’intervenuta abrogazione, come si vedrà, della disposizione che ne prevedeva l’obbligo di emanazione. Pur se rimasto in forma di bozza, l’aggiornamento del decreto ministeriale 228 del 1999, appare di sicuro interesse perché consente di comprendere appieno i principi ispiratori delle modifiche disposte dal d.l. 78/2012 e la complessità della loro attuazione. La relazione illustrativa alla bozza di aggiornamento del decreto ministeriale confermava in primo luogo quanto indicato nella relazione del governo al decreto legge, chiarendo che l’intervento sulla disciplina dei fondi comuni di investimento era volto “principalmente al fine di arginare il fenomeno dei cc.dd. “fondi veicolo”, ossia quei fondi a ristretta base partecipativa costituiti con il fine elusivo di usufruire dei benefici fiscali previsti dall’attuale normativa” e che le nuove disposizioni “mirano a contrastare tale abuso consentendo l’applicazione del pertinente regime fiscale esclusivamente ai fondi che consistano effettivamente in forme di gestione collettiva del risparmio”. Il provvedimento definiva in primo luogo “un indice di concentrazione massima delle partecipazioni, diretto a prevenire il rischio di un rispetto solo formale del suddetto requisito 24”, prevedendo al co. 1, dell’art. 3-bis, che “Il fondo è raccolto tra una pluralità di partecipanti quando i primi tre partecipanti, per dimensione della partecipazione, non detengono più di due terzi delle quote del fondo” 25. Seguendo le linee interpretative indicate dalla relazione governativa al decreto legge e confermando l’attribuzione di un peso marginale al tenore letterale della norma (che enfatizza come si è visto, il requisito soggettivo della pluralità degli investitori e aderenti), per la verifica dell’indice di concentrazione del comma 1, veniva però consentito di prendere in considerazione i beneficiari effettivi del risultato di gestione (quindi non più la pluralità di interessi di cui alla Risoluzione 137/E dell’Agenzia delle Entrate) imputando ad essi la partecipazione al fondo in misura proporzionale all’entità patrimoniale della loro partecipazione.
23. Bozza resa disponibile sul sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento del tesoro, il 6 aprile 2011, in http:/ /www. dt.tesoro.it/it/ regolamentazione_settore_finanziario /consultazoini_pubbliche_online_ storico/consult_pub_art37_ dlgs240898_n58_tuf.html. 24. Relazione illustrativa alla bozza del Decreto MEF del 6 aprile 2011, (nt. 23). 25�� Art. 3-bis, co. 1, della bozza del decreto MEF del 6 aprile 2011, (nt. 23).
449
Saggi
I co. 3 e 4, consideravano inoltre rispettato il requisito, rispettivamente, quando almeno il cinquanta per cento del fondo fosse appartenuto ad alcune categorie di soggetti qualificati 26, ovvero nel caso in cui il fondo fosse destinato esclusivamente alla realizzazione di un interesse di carattere pubblico individuato da una legge statale o regionale e quando almeno il venti per cento del fondo fosse appartenuto ad alcune categorie di soggetti qualificati, in parte analoghe a quelle contemplate al co. 3 27. Al co. 5, veniva precisato inoltre che il rispetto delle disposizioni previste dovesse essere assicurato in via continuativa e che per i fondi chiusi il requisito doveva essere verificato per la prima volta alla data di chiusura del periodo di sottoscrizione. A pochi giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni alla bozza del decreto ministeriale 28, l’art. 8, co. 9, del d.l. 13 maggio 2011, n. 7029, interveniva nuovamente sulla materia, abrogando il co. 2, dell’art. 32 del d.l. 78/2010 e riformulando integralmente la disciplina fiscale dei fondi comuni di investimento immobiliare, con la creazione, anche, della nuova categoria dei fondi immobiliari c.d. istituzionali 30. Come anticipato, l’abrogazione del co. 2, dell’art. 32, del d.l. 78/2010 sollevava il Ministero dell’Economia e delle Finanze dall’obbligo di dettare le norme dispositive del comma 1, non solamente con riferimento alla modifica della definizione di fondi comuni di investimento ma anche, come si vedrà, per l’avvio delle modifiche dell’articolo 37, del t.u.f., disposte dalla lettera c), del co. 1, del d.l.
26. Lo Stato Italiano, enti pubblici territoriali italiani, Stati esteri, enti o organismi internazionali, forme di previdenza complementare italiane o estere, enti previdenziali di previdenza obbligatoria italiani ed esteri, imprese di assicurazione italiane , o estere limitatamente all’investimento delle riserve tecniche, organismi di investimento collettivo italiani ed esteri con almeno 100 partecipanti, veicoli di investimento costituiti in forma societaria integralmente posseduti da uno o più soggetti quali in precedenza indicati. 27. Lo Stato Italiano, enti pubblici territoriali italiani, stati esteri, enti o organismi internazionali, veicoli di investimento costituiti in forma societaria, controllati da uno o più soggetti in precedenza indicati ed infine da un organismo di investimento collettivo del risparmio italiano od estero in cui uno dei soggetti in precedenza indicati detenga almeno il 40% delle quote. 28. La relazione illustrativa alla bozza indicava come termine ultimo il 23 aprile 2011. 29 Convertito con modificazioni dalla l. 12 luglio 2011, n. 106. 30. Denominazione attribuita dalla Circolare dell’Agenzia delle Entrate, n. 2/E del 15 febbraio 2012, che al par. 3 identifica altresì come “Investitori Istituzionali” i soggetti che possono partecipare a tali fondi.
450
Francesco Gentiloni Silveri
L’esenzione dall’obbligo non avrebbe comunque impedito al Ministero di emanare l’aggiornamento del proprio decreto del 199931, ma ad oggi non si è proceduto in tal senso pur essendo stati stabiliti, dal d.l. 70/2011, nuovi requisiti per poter usufruire del regime fiscale di favore limitatamente ai fondi comuni di investimento immobiliari. Quanto ai fondi immobiliari ed esclusivamente per essi, abbandonata l’imposizione di tipo patrimoniale nelle ipotesi di carenza del requisito della pluralità di investitori ed aderenti al fondo, la nuova disciplina 32 prevede che il regime fiscale di favore previsto dagli art. 6, 8 e 9 del d.l. 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla l. 23 novembre 2001, n. 410, possa essere applicato integralmente solo alla nuova categoria dei fondi immobiliari istituzionali mentre per gli altri fondi immobiliari esso sarà applicabile solamente ai soggetti che possiedono quote di partecipazione in misura non superiore al 5 per cento del patrimonio. Per i soggetti che possiedono quote in misura superiore a tale soglia, i redditi conseguiti dalla partecipazione vengono imputati per trasparenza a ciascun partecipante, fatta eccezione per i partecipanti che appartengono alle categorie previste per i fondi immobiliari istituzionali. La nuova categoria di fondi comuni di investimento immobiliare è, per altro, individuata esclusivamente per le caratteristiche dei partecipanti al fondo33 e senza tener conto del requisito della pluralità richiesto
31. Che, salvo per le modifiche apportate alla disciplina dei fondi comuni immobiliari (l’ultima in ordine di tempo, l’estensione del termine previsto dall’ultimo paragrafo del co. 2 dell’art. 12-bis, per il raggiungimento della prescritta composizione del patrimonio del fondo, disposta dal d.m. 5 ottobre 2010), è rimasto sostanzialmente immutato dalla sua emanazione. 32. Nuovi co. 3 e ss. dell’art. 32 del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla l. 30 luglio 2010, n. 122, come sostituito dal co. 9 dell’art. 8 del d.l. 13 maggio 2011, n. 70. 33. Il co. 3 dell’art. 32 del d.l. 78/2010 prevede infatti che il regime fiscale di favore “trovi applicazione, in ogni caso, per i fondi partecipati esclusivamente da uno o più dei seguenti partecipanti: a) Stato o ente pubblico; b) Organismi d’investimento collettivo del risparmio; c) Forme di previdenza complementare nonché enti di previdenza obbligatoria; d) Imprese di assicurazione, limitatamente agli investimenti destinati alla copertura delle riserve tecniche; e) Intermediari bancari e finanziari assoggettati a forme di vigilanza prudenziale; f) Soggetti e patrimoni indicati nelle precedenti lettere costituiti all’estero in paesi o territori che consentano uno scambio d’informazioni finalizzato ad individuare i beneficiari effettivi del reddito o del risultato della gestione e sempreché siano indicati nel decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze di cui all’articolo 168-bis, comma 1, del Testo unico delle imposte sui redditi di cui al de-
451
Saggi
dalla definizione di fondo comune di investimento, di cui alla lettera j), del comma 1, dell’articolo 1, del t.u.f. Con le modifiche apportate dal d.l. 13 maggio 2011, n. 70, quindi, il requisito della pluralità degli investitori e dei partecipanti, come modificato dal d.l. 78 del 2010, viene frammentato tra le diverse normative e categorie di fondi. Per i fondi non immobiliari, in assenza di aggiornamento del d.m. n. 228 del 1999, il requisito mantiene la sua natura soggettiva, secondo la definizione generale fornita dalla lettera j), del co. 1, dell’art. 1, del t.u.f. ed il suo rispetto è rimesso alla valutazione della società di gestione la quale, stante la complessità di applicazione della norma, assume la responsabilità nei confronti dei partecipanti al fondo per l’eventuale disapplicazione della normativa fiscale di favore. Per i fondi immobiliari, per i quali si deve distinguere la nuova categoria dei fondi istituzionali, viene meno invece, l’applicabilità della definizione generale di fondo comune di investimento essendo possibile la partecipazione al fondo anche di un solo soggetto tra quelli indicati dalla norma di legge, fermo restando che l’eventuale disapplicazione della normativa fiscale di favore produce una tassazione per trasparenza in capo ai partecipanti, con l’applicazione quindi del regime fiscale ad essi proprio, e non l’applicazione dell’IRES come indicato nella circolare 33/E dell’Agenzia delle Entrate emanata successivamente alla data di conversione del d.l. 70/2011 per tutti (gli altri) fondi comuni di investimento. L’evidente confusione determinatasi con il susseguirsi degli interventi legislativi di urgenza è resa ancor più critica se si considerano le ulteriori modifiche del t.u.f. disposte dal d.l. 78/2010.
creto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;g) Enti privati residenti in Italia che perseguano esclusivamente le finalità indicate nell’articolo 1, comma 1, lett. c-bis) del d.lgs. 17 maggio 1999, n. 153 nonché società residenti in Italia che perseguano esclusivamente finalità mutualistiche; h) Veicoli costituiti in forma societaria o contrattuale partecipati in misura superiore al 50 per cento dai soggetti indicati nelle precedenti lettere”.
452
Francesco Gentiloni Silveri
3. Precisazioni in merito alla responsabilità patrimoniale dei fondi comuni di investimento. L’aggiunta al co. 6, dell’art. 36, della precisazione secondo la quale “delle obbligazioni contratte per suo conto, il fondo comune di investimento risponde esclusivamente con il proprio patrimonio”, appare estranea agli obiettivi di riorganizzazione della disciplina fiscale indicati dal governo 34, rispondendo con maggiore probabilità alle preoccupazioni sorte a seguito della sentenza Cass., 17 luglio 2010 n. 16605 che, in un obiter dictum, afferma “che i creditori per obbligazioni contratte nell’interesse del fondo [potrebbero essere, n.d.r] ammessi a rivalersi nei confronti della società di gestione, qualora i beni del fondo non risultassero sufficienti a soddisfare le loro ragioni.”. La Suprema Corte sembra infatti riconoscere, sia pure nell’ambito di una valutazione estranea al thema decidendum, la categoria di creditori del fondo, non espressamente contemplata dalla normativa, ponendo così in evidenzia la necessità di individuare con maggiore previsione i limiti della responsabilità patrimoniale nella gestione dei fondi comuni di investimento. Ad essi non si è prestata molta attenzione e questo ha già fatto parlare, per i fondi comuni di investimento, di inconsistenza della loro configurazione come patrimonio separato nel significato tradizionale del termine 35. Procedere mediante decretazione di urgenza in una materia di riconosciuta complessità, quale il regime di responsabilità patrimoniale e la sua limitazione nell’ambito dei patrimoni separati e farlo a seguito di un articolato e ponderato intervento del giudice nomofilattico, desta le perplessità a suo tempo segnalate 36. In particolar modo per quanto attiene all’effettiva efficacia della modifica apportata al co. 6 dell’art. 26 del t.u.f. che, secondo il governo, dovrebbe chiarire “il regime della responsabilità dei fondi comuni di investimento, precisando che per le obbligazioni contratte dalla SGR per conto del fondo risponde esclusivamente il patrimonio di quest’ultimi” 37.
34.
La relazione del Governo al d.l. si limita a ripetere pleonasticamente il dettato normativo (nt. 9). 35. Ferri jr. Patrimonio e gestione. Spunti per una ricostruzione sistematica dei fondi comuni di investimento, in Riv. dir. comm., 1992, I, p. 25 ss. 36. Per un approfondimento del tema, mi sia permesso di rinviare anche al mio Limiti di responsabilità patrimoniale nella gestione dei fondi comuni di investimento. Novità recenti: tra giurisprudenza e legislazione, in Banca, borsa, tit. cred., II, 2011, p. 423 ss. 37 Relazione del Governo al d.l. (nt. 9).
453
Saggi
La disciplina delle azioni dei creditori dettata dal co. 6, dell’art. 36, del t.u.f. infatti, non può considerarsi derogatoria dei principi generali del nostro ordinamento, quanto semmai costituire un argomento a favore della qualificazione del rapporto di gestione in termini di mandato 38 e appare quindi molto difficile interpretare la modifica disposta dal decreto legge come un’efficace limitazione dell’azione dei creditori, nei casi in cui i beni del fondo non fossero sufficienti a soddisfare le loro ragioni. La nuova disposizione si limita in realtà a stabilire che il fondo risponde esclusivamente con il proprio patrimonio per le obbligazioni contratte per suo conto, ma questo non vuol dire che in tal modo possano venir precluse le azioni dei creditori insoddisfatti nei confronti del soggetto cui si riferisce il patrimonio separato e che ha agito nel interesse del medesimo e dei partecipanti “i quali sono proprietari sostanziali dei beni di pertinenza del fondo” 39. Non solamente perché la società, gestore del patrimonio, è il soggetto che a proprio nome ha contratto le obbligazioni 40, ma perché in questo caso non si avrebbe alcuna garanzia circa il rispetto della par condicio creditorum e delle regole del concorso, dal momento che in assenza di insolvenza della società di gestione, il fondo non potrebbe essere assoggettato a procedura concursuale, non rinvenendosi nel t.u.f. alcuna disciplina per i casi di incapienza del fondo comune di investimento né disposizioni di tale natura nella l. fall. Quest’ultima anzi, in ipotesi similare, quale l’incapienza del patrimonio destinato ad uno specifico affare, agli art.155 e 156, regola la liquidazione (e non il fallimento) del patrimonio, solo a seguito del fallimento della società. La modifica al co. 6 dell’articolo 36 del t.u.f. così come formulata appare quindi inefficace rispetto alle finalità dichiarate 41, non aggiungendo elementi di novità sostanziale alle regole di azione dei creditori le quali restano disciplinate secondo i principi generali della responsabilità patrimoniale (e del mandato). Si consideri inoltre che in tal modo si è introdotto un elemento di cesura con la normativa antecedente alla
38. Il primo comma dell’articolo 1707 c.c. stabilisce infatti che “I creditori del mandatario non possono far valere le loro ragioni sui beni che, in esecuzione del mandato, il mandatario ha acquistati in nome proprio”, ferma la data certa del mandato. 39 Cass., 17 luglio 2010, 16605. 40 Né potrebbe essere altrimenti essendo il fondo privo di soggettività. 41. Perplessità sono state espresse anche da Ferro Luzzi, il quale suggerisce una formulazione differente; v. Ferro-Luzzi, Un problema, cit., p. 757.
454
Francesco Gentiloni Silveri
modifica, che potrebbe accreditare interpretazioni incompatibili con il sistema dei fondi comuni di investimento, tali per cui, per eventi antecedenti all’entrata in vigore del decreto legge, si confermerebbe quanto affermato dalla Suprema Corte circa la possibile azione dei creditori del fondo nei confronti della società di gestione 42. D’altra parte se si è ritenuto necessario agire con decretazione d’urgenza in una materia di tale complessità è perché probabilmente la sentenza della Suprema Corte ha messo in evidenza, sia pure incidentalmente, la debolezza strutturale di una delle norme portanti della struttura giuridica dei fondi comuni di investimento, peraltro da tempo segnalata 43. Obiettivo della norma, anche se forse non adeguatamente espresso, appare quello di salvaguardare la coerenza di un sistema che si fonda sulla separazione patrimoniale da un lato e sui controlli di vigilanza dall’altro. Cosicché, mentre sembra evidente la ragione della modifica apportata dal co. 6, dell’art. 36, del t.u.f., meno comprensibile appare l’intervento sull’art. 37, in materia di controlli di vigilanza, secondo elemento strutturale dell’intero sistema dei fondi comuni di investimento.
4. Le modifiche dell’articolo 37, del Testo Unico della Finanza. Le modifiche alla lettera b-bis) del co. 2 dell’art. 37, pur riferendosi esclusivamente ai fondi comuni di investimento riservati e speculativi 44, hanno portata generale sul piano sistematico, in ragione del loro impatto sulla configurazione e, soprattutto, estensione dei controlli di vigilanza. Per tali categorie di fondi sono ampliate le preesistenti esenzioni alla regolamentazione generale, con la soppressione dell’obbligo di sottoporre all’approvazione della Banca d’Italia i regolamenti del fondo, nonché di adottare i criteri generali stabiliti dalla medesima Autorità di Vigilanza 45 per la loro redazione.
42
Dando così il via a contenziosi di lunga e complessa definizione. Lener, Commento, cit. Per approfondimenti, Gentiloni Silveri, Gestioni collettive e individuali: responsabilità del conferente, Roma, 2006. 44. I quali “possono derogare alle norme prudenziali di contenimento e di frazionamento del rischio stabilite dalla Banca d’Italia”, secondo quanto consentito dagli artt. 15 e 16 d.m. 228 del 1999. 45. Le modifiche del d.l. 78/2010, rendendo non applicabili a tali categorie di fondi gli art. 36, co. 3, ultimo periodo e co. 7, nonché l’art. 39, co. 3, t.u.f. La norma in esame 43.
455
Saggi
4.1. Motivazioni ed obiettivi. Le motivazioni e gli obiettivi delle modifiche non appaiono di immediata comprensione. Nella relazione del Governo al d.l. nulla si legge in proposito 46, mentre nel presentare il provvedimento in Senato, il relatore con riferimento all’art. 32 del d.l. si limita a riferire che “In materia fiscale sono state introdotte modifiche in tema di fondi immobiliari. È prevista, inoltre, una stretta sui fondi immobiliari «veicolo», circoscrivendo la vigilanza della Banca d’Italia e il regime fiscale solo ai fondi che gestiscono risparmio diffuso” 47. Anche nella relazione illustrativa alla bozza di aggiornamento del d.m. 228 del 1999 48, nulla si dice in merito alla modifica in esame, salvo un accenno al fatto che “Il regolamento di detti fondi, ai sensi di legge non [è, n.d.r.] più soggetto ad approvazione da parte della Banca d’Italia” 49. In assenza di altre indicazioni, si dovrebbe quindi ritenere che le modifiche all’art. 37 t.u.f., trovano giustificazione nella volontà del Governo di imprimere una stretta all’uso improprio dei fondi immobiliari mediante limitazione ai soli fondi che gestiscono risparmio diffuso dei controlli della Banca d’Italia e del regime fiscale di favore.
è stata nuovamente modificata in occasione dell’attuazione della direttiva 2009/65/CE del 13 luglio 2009 c.d. “UCITS IV”. L’art. 1 del d.lgs. n. 47/2012 ha sostituito le parole: “comma 7, e l’articolo 39, comma 3” con le parole: “39, comma 3, nonché, nel caso di strutture master feeder o di operazioni di fusioni, il capo III-bis e il capo III-ter”. L’ulteriore intervento non modifica quanto introdotto dal decreto legge 78/2010, ma ne conferma e rafforza il dispositivo, estendendone la portata ai fondi comuni organizzati in strutture per le quali una pluralità di fondi (fondi feeders) investe in un unico fondo (master) per almeno l’ottantacinque per cento del patrimonio raccolto. In precedenza, tale struttura non veniva consentita in Italia. 46. La relazione si limita ad indicare che “la modifica all’articolo 37, comma 2, lettera b-bis), del t.u.f. prevede l’esclusione dalla vigilanza della Banca d’Italia dei fondi destinati ad investitori qualificati” (nt. 9). 47. Relazione della maggioranza al disegno di legge n. 2228, in Atto Senato n. 2228 XVI Legislatura, in http://www.senato.it/leg/16/BGT/Schede_V3/ddliter/35500.htm. 48. Documento per la consultazione pubblica messo a disposizione il 6 aprile 2011, (nt. 23). 49. 6 aprile_DM_fondi_illustrazione_novità, documento in formato .pdf messo a disposizione del Ministero dell’Economia e della Finanza, Dipartimento del Tesoro. Commento all’articolo 15, p. 3. Ci si riferisce all’art. 15, fondi alternativi, che nel testo proposto sostituivano i fondi riservati e speculativi, accorpandoli in un’unica categoria, (nt. 23).
456
Francesco Gentiloni Silveri
Se così fosse, le modifiche introdotte risulterebbero sicuramente esorbitanti rispetto all’obiettivo perseguito, essendo non limitate ai fondi immobiliari, come indicato nella relazione al decreto legge, ma estese a tutte le categorie di fondi riservati e speculativi e, soprattutto, statuirebbero un regime di favore per i fondi comuni che gestiscono risparmio diffuso 50, non solamente con riferimento al trattamento fiscale di vantaggio, ma anche rispetto ai controlli della Banca d’Italia, di cui i fondi riservati e speculativi vengono privati. È ragionevole quindi supporre che le motivazioni indicate nella relazione al provvedimento siano in realtà riferite alle sole norme che riguardano direttamente il regime fiscale e non anche alla esclusioni segnalate. Esclusioni le cui motivazioni debbono conseguentemente ricercarsi altrove. La lett. b-bis) co. 2 dell’articolo 37 t.u.f., fin dalla sua versione originaria prevede un regime in deroga alle norme “prudenziali di contenimento e di frazionamento del rischio stabilite dalla Banca d’Italia”, giustificata dalla “qualità” e dalla “esperienza professionale degli investitori”. Il d.m. 228 del 1999, in attuazione della delega prevista dal medesimo art. 37, identifica all’articolo 1, comma 1, lett. h) gli investitori qualificati, quali soggetti cui sono riconosciute tale caratteristiche, includendo in tale categoria; gli intermediari autorizzati, italiani ed esteri, (quali le banche, le società di gestione del risparmio ed i fondi pensione), le fondazioni bancarie (in virtù dello speciale regime previsto dal d.lgs. 17 maggio 1999, n. 153) e in via residuale “le persone fisiche e giuridiche e gli altri enti in possesso di specifica competenza ed esperienza in operazioni in strumenti finanziari espressamente dichiarata per iscritto dalla persona fisica o dal legale rappresentante della persona giuridica o dell’ente”. In base a ciò, l’art. 15 del medesimo decreto ministeriale 228 del 1999, consente alle società di gestione del risparmio di istituire “fondi aperti e chiusi la cui partecipazione è riservata a investitori qualificati”, per i quali “possono essere fissati limiti agli investimenti diversi da quelli stabiliti in via generale dalle norme prudenziali di contenimento e frazionamento del rischio emanate dalla Banca d’Italia”. All’art. 16, è poi prevista la possibilità di istituire fondi speculativi, per i quali è possibile anche in questo caso derogare alle norme prudenziali emanate dalla Banca d’Italia, non destinati a specifiche categorie di
50
Classificazione, come si è visto, di dubbia consistenza. (p. 5).
457
Saggi
investitori ma aperti a qualunque soggetto purché sottoscrittore di un importo iniziale almeno superiore a 500.000,00 Euro 51. A completare la disciplina, il Regolamento della Banca d’Italia approvato il 14 aprile 2005 52, in sede di Premessa al capitolo I, del Titolo V, avente ad oggetto la definizione dei criteri generali del regolamento dei fondi comuni di investimento, precisa che per i fondi riservati e speculativi si tengono presenti “le minori esigenze di eterotutela dei partecipanti a tali organismi e la circostanza che spesso i regolamenti di tali fondi sono modellati su specifiche esigenze rappresentate dai potenziali partecipanti”. Il t.u.f., la normativa secondaria ed i provvedimenti di attuazione dell’Autorità di Vigilanza, pongono quindi alla base dello speciale regime previsto per i fondi riservati e speculativi, la specifica competenza ed esperienza in operazioni in strumenti finanziari dei partecipanti, indispensabile per valutare le loro politiche di investimento più complesse e, soprattutto, più rischiose di quelle consentite alle altre tipologie di fondi comuni di investimento. Competenza ed esperienza attribuita a determinate categorie di soggetti (gli investitori qualificati), ovvero implicita alla dimensione dell’investimento non inferiore ad una soglia quantitativa ritenuta adeguata 53. Tali partecipanti sono ritenuti capaci di valutare caratteristiche e rischi degli investimenti proposti e non hanno quindi necessità della eterotutela dell’Autorità di Vigilanza. È ragionevole affermare dunque, che l’ampliamento dell’area di norme primarie e secondarie non applicate ai fondi riservati e speculativi ha come finalità quella di estendere la sfera di responsabilizzazione dei soggetti che vi investono e, specularmente, di limitare l’intervento dell’autorità di Vigilanza sollevandola dagli oneri e dalle responsabilità della valutazione preventiva delle proposte di investimento.
51. Limite inizialmente previsto in €. 1.000.000,00 a cui si affiancava un numero massimo di sottoscrittori pari a 200 unità e l’obbligo di costituire una s.g.r. specializzata nella gestione esclusiva di tali categorie di Fondi. 52. Regolamento non più in vigore essendo stato integralmente sostituito dal nuovo regolamento, con provvedimento dell’8 maggio 2012. Il Regolamento è stato in parte modificato con provvedimento dell’8 maggio 2013. Entrambi in, http: //www.bancaditalia.it/ vigilanza/ normativa/norm_bi /circ-reg. 53. Ritenuta sufficiente per selezionare investitori con specifica competenza ed esperienza in materia finanziaria, come per altro successivamente previsto dalla direttiva 2004/39/CE del 24 aprile 2004 per i servizi di investimento (nt. 12).
458
Francesco Gentiloni Silveri
L’Autorità di Vigilanza nel dar conto delle modifiche legislative, comunica alle Società di Gestione del Risparmio che le è stato sottratto 54, per i fondi in esame, il potere di approvarne i regolamenti e di rilasciare il nulla osta per le fusioni con altri organismi della stessa categoria. Il termine utilizzato, che sembra voler configurare una qualche riserva rispetto alla scelta compiuta dal governo, appare in contraddizione con la costante collaborazione della Banca d’Italia nel processo di produzione della normativa primaria e secondaria 55 e, soprattutto, con l’assistenza prestata dall’Autorità di Vigilanza al Ministero dell’Economia e delle Finanze, tra l’altro, in materia di individuazione delle categorie di clienti con minor grado di tutela, come espressamente indicato nella Relazione al Parlamento e al Governo del 2011 56. È difficile pensare quindi che una modifica di tale portata sia stata introdotta senza l’accordo della Banca d’Italia. Rileva, a tal proposito, il lungo e singolare iter applicativo della norma di legge. L’Autorità di Vigilanza infatti, pur in assenza di poteri formalmente attribuitegli, in un primo momento non dà esecuzione alle modifiche dell’art. 32 e successivamente, senza attendere l’aggiornamento del d.m. 228 del 1999 che, si è visto, poteva essere disposto nonostante l’abrogazione dell’obbligo previsto dal co. 2 del medesimo articolo 57, dispone l’avvio effettivo delle modifiche inviando la citata lettera circolare a tutte le società di gestione del risparmio, con la quale si comunica l’intervenuta efficacia delle modifiche anche in assenza dell’aggiornamento del decreto ministeriale che “avrebbe dovuto chiarire, più in generale, il quadro normativo di riferimento anche per detti fondi” 58.
54. Lettera circolare alle s.g.r. della Banca d’Italia del 10 giugno 2011, avente ad oggetto: Decreto legge 70 del 13.5.2011 (cd. “decreto sviluppo”). Evoluzione della disciplina in materia di approvazione dei regolamenti dei fondi riservati e speculativi” (par. 1, p. 1). 55. Come dettagliatamente descritta nelle relazioni della Banca d’Italia al Parlamento e al Governo per gli anni 2011 e 2012. 56. Relazione della Banca d’Italia al Parlamento e al Governo per l’anno 2011, p. 78: “nel corso dell’anno l’impegno dell’Istituto si è dispiegato su numerosi fronti. Sono stati forniti pareri, commenti ed elementi di valutazione: sul decreto ministeriale che individua i “clienti professionali pubblici”, una categoria che sostanzialmente coincide con gli enti pubblici per i quali il t.u.f. prevede un minor grado di tutela nella prestazione di servizi d’investimento rispetto alla generalità della clientela”. 57 V. nt. 8. 58 Lettera circolare alle s.g.r. della Banca d’Italia (nt. 54).
459
Saggi
4.2. La revoca dei controlli preventivi sui fondi riservati e speculativi. Come in precedenza segnalato, nella relazione illustrativa alla bozza dell’aggiornamento del d.m. 228 del 1999 59 si rimarcava, senza approfondire motivazione e finalità del provvedimento, che il regolamento dei fondi alternativi (nuova denominazione che sostituiva quella di fondi riservati e speculativi) non più soggetti all’approvazione della Banca d’Italia costituivano “il perno su cui si fonda l’investimento consapevole e informato”, a conferma della dicotomia, creata dalla modifica legislativa, tra fondi i cui regolamenti vengono approvati dalla Banca d’Italia e fondi per i quali tale approvazione viene meno, restando confinati nell’esclusivo ambito dei rapporti tra società di gestione e partecipanti al fondo. L’esclusione dell’approvazione preventiva dei regolamenti da parte della Banca d’Italia, che ad una prima lettura potrebbe apparire l’elemento più significativo delle modifiche apportate dal d.l. 78/2010 deve, peraltro, essere valutata tenendo conto dell’abbandono dei criteri generali di redazione del regolamento 60, derivante dalla disapplicazione del co. 3 dell’art. 36 del t.u.f., che costituisce probabilmente l’innovazione più radicale. Sebbene più sintetiche rispetto a quelle emanate per le altre categorie di fondi infatti, le istruzioni dettate dalla Banca d’Italia per la redazione dei regolamenti dei fondi riservati e speculativi 61 prevedevano un contenuto minimo dettagliato suddiviso in una parte generale per entrambe le tipologie di fondi 62 ed una parte specifica per i fondi
59
Commento art. 15, cit., p. 3 (anche nt. 23). Abbandono sancito nel nuovo Regolamento della Banca d’Italia dell’8 maggio 2012, che riscrive il regolamento 14 aprile 2005, ove è stato soppresso la Sezione relativa ai criteri generali di tali fondi (nt. 52). 61 Regolamento 14 aprile 2005, Titolo V, Cap. I, Sezione III (nt. 52). 62. Doveva essere indicato almeno: la denominazione e la durata del fondo; la s.g.r. promotrice, la s.g.r. gestore, se diversa dalla promotrice, e la banca depositaria nonché la ripartizione dei compiti tra tali soggetti; lo scopo, l’oggetto e la politica di investimento; l’individuazione degli organi competenti per la scelta degli investimenti e degli eventuali soggetti esterni di cui la s.g.r. si avvale per le scelte di investimento; i criteri di determinazione dei proventi e del risultato della gestione nonché le eventuali modalità di ripartizione e di distribuzione dei medesimi; le spese a carico dei partecipanti, del fondo e della s.g.r.; i termini e le modalità di sottoscrizione e rimborso delle quote; la procedura per le modifiche regolamentari; le modalità di liquidazione del fondo; le modalità di pubblicità del valore delle quote; le forme di pubblicità dei prospetti contabili; l’obbligo di consegna del regolamento di gestione del fondo nell’ambito delle operazioni di sottoscrizione. 60.
460
Francesco Gentiloni Silveri
riservati 63 e per quelli speculativi 64. Resta pur vero immutata la disciplina dettata dalla Banca d’Italia in materia di divieti e norme prudenziali di contenimento e frazionamento del rischio, contenuta nel Regolamento emanato con provvedimento dell’8 maggio 2012 65, ma ai fondi riservati e speculativi vengono consentite ampie deroghe agli obblighi imposti alle altre categorie di fondi. Ai fondi riservati infatti è consentito di derogare ai limiti di concentrazione dei rischi ed ai limiti di investimento in parti di OICR ed in strumenti derivati, fermi restando i criteri generali di composizione del portafoglio (differenziati a secondo che si tratti di fondi riservati aperti, ovvero chiusi, mobiliari ed immobiliari) ed i divieti di carattere generale, quali il divieto di concedere prestiti (oltre quanto consentito per esigenze temporanee di riscatto delle quote), di investire in strumenti finanziari emessi dal gestore (ovvero dal promotore), di acquistare metalli preziosi, o di investire in beni, o titoli non quotati emessi dal gruppo. Ai fondi speculativi sono consentite deroghe ancora maggiori, anche con riferimento alla composizione del portafoglio ed ai divieti di carattere generale, cosicché appare evidente che l’assenza dell’approvazione del regolamento del fondo da parte della Banca d’Italia, fa sì che il rispetto di criteri di investimento e della corretta utilizzazione delle deroghe venga rimesso alla esclusiva valutazione del gestore (e dell’eventuale promotore) del fondo e, come si vedrà, della banca depositaria. La conferma che si è di fronte ad una revoca dei controlli di vigilanza è fornita dalla normativa europea sui fondi comuni che non può essere più applicata per i fondi riservati e speculativi a causa della mancata approvazione da parte della Banca d’Italia dei regolamenti.
63.
Per tali fondi il regolamento doveva inoltre prevedere: i limiti agli investimenti che la s.g.r. adotta nella gestione del fondo, in deroga a quelli previsti in via generale; le categorie di investitori cui il fondo è rivolto; che le quote non possono essere collocate, rimborsate o rivendute da parte di chi le possiede, direttamente o nell’ambito della prestazione del servizio di gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi di cui all’art. 1, co. 5, lett. d), del t.u.f., a soggetti diversi da quelli indicati nel regolamento del fondo. 64. Per i fondi speculativi era previsto che nella denominazione del fondo fosse incluso il termine “speculativo” e che nel regolamento fosse evidenziata la rischiosità dell’investimento, la deroga ai divieti ed alle norme prudenziali di contenimento del rischio ed ulteriori elementi informativi volti ad evidenziare l’assunzione di particolari ed elevati rischi. 65. La disciplina è contenuta del Titolo V, Capitolo III, sezioni VI e VII, dedicate rispettivamente ai fondi riservati ed ai fondi speculativi (nt. 54).
461
Saggi
L’art. 5, par. 2, della Direttiva 65/2009/CE c.d. “UCITS IV”, considera infatti autorizzato un fondo comune solo se il regolamento del fondo e la scelta del depositario sono autorizzati dalle autorità competente del suo stato membro di origine. Il regolamento del fondo non è più approvato e quanto alla scelta del depositario (in Italia possono essere solo le banche autorizzate in via generale ad assumere l’incarico di banca depositaria dei fondi comuni di investimento) è dubbio che l’autorizzazione concessa dalla Banca d’Italia in via generale ai sensi del cap. 6, del titolo V, della Circolare n. 263, del 27 dicembre 2006 (in vigore dal 13 maggio 2012, ma che conferma l’analoga disciplina da tempo stabilita in materia di patrimonio minimo obbligatorio e requisiti di struttura e organizzazione), possa considerarsi quale approvazione della scelta da parte del singolo OICR, come richiesto dalla Direttiva. In proposito infatti, il par. 2 della Comunicazione della Banca d’Italia del 10 giugno 2011 66 richiede alle s.g.r. la sola conferma, in sede di delibera del consiglio di amministrazione, di approvazione del regolamento del fondo riservato/speculativo, che la società abbia “accertato che la banca depositaria è abilitata dalla Banca d’Italia ad assumere l’incarico”. Si tratta di un accertamento relativo alla sola abilitazione generale ad assumere incarichi di banca depositaria, dal momento che contrariamente alle altre categorie di fondi comuni di investimento, non è richiesto l’invio della lettera di conferma e accettazione dell’incarico relativo al fondo oggetto di istituzione. Esclusi dalla c.d. “armonizzazione”, questi fondi non potranno più usufruire del c.d. “passaporto europeo” e quindi essere commercializzati al di fuori dell’Italia. Va tenuto presente, peraltro, che i fondi speculativi, ancor prima della modifica in esame non potevano essere ritenuti conformi alle Direttive UCITS e la loro commercializzazione al di fuori dell’Italia non usufruiva degli automatismi del passaporto europeo 67. Diverso era il regime dei fondi riservati, in quanto la conformità alle direttive doveva essere valutata caso per caso, tenendo conto della politica di gestione e delle deroghe effettivamente adottate nel regolamento.
66
Lettera circolare alle s.g.r., cit., par. 2 (nt. 59). Con l’attuazione in Italia della Direttiva 2011/61/UE sui gestori di fondi alternativi, la normativa subirà radicali mutamenti. Cfr. par. 5. 67.
462
Francesco Gentiloni Silveri
Ben poteva quindi un fondo riservato agli investitori qualificati essere classificato come armonizzato ed essere commercializzato al di fuori dell’Italia, come vari sono i casi di fondi riservati ad investitori istituzionali di diritto comunitario, commercializzati in Italia. Esclusa l’approvazione del regolamento, i controlli che residuano sono effettuati solo a posteriori, sulla base di segnalazioni statistiche periodiche inviate dalle società di gestione 68 e che per essere concretamente effettuati e non essere limitati ad aspetti esclusivamente formali, dovrebbero trovare riscontro con il regolamento del fondo, il cui invio alla Banca d’Italia, pur se richiesto entro 10 giorni dalla sua approvazione, “non determina l’avvio di un procedimento amministrativo” 69, non essendo da questa approvato. Se quanto indicato nelle segnalazioni statistiche periodiche non risulta in contraddizione con le clausole del regolamento, non preventivamente verificate, non vi potrà essere alcuna eccezione da parte della Autorità di Vigilanza, anche tenuto conto “che spesso i regolamenti di tali fondi sono modellati su specifiche esigenze rappresentate dai potenziali partecipanti” 70. Nasce così una nuova categoria di fondi comuni di investimento “non autorizzati” e non soggetti a controlli di Vigilanza preventivi, per i quali la tutela dei partecipanti è interamente affidata alla loro capacità di valutare gli investimenti proposti e di tutelare i propri interessi nella regolazione dei rapporti con il gestore del fondo, il quale redige il regolamento nella più ampia autonomia. A questo si aggiunge, la capacità di verificare il rispetto del requisito della pluralità dei partecipanti, pena la perdita del tassazione favorevole, propria dei fondi comuni 71.
68. Manuale delle segnalazioni statistiche e di vigilanza per gli Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio di cui alla circolare n. 189 del 21 ottobre 1993 della Banca d’Italia, che prevede l’invio periodico per ciascun fondo di dati patrimoniali, della composizione del portafoglio nonché altre informazioni sulle quali i controlli sono esercitati solo a posteriori. In http://www.bancaditalia.it/vigilanza/normativa/norm_bi/circ-reg/ stat_oicr/ Circolare_189_ testo_ integrale.pdf. 69. Lettera circolare s.g.r., cit.. Le SGR dovranno inviare entro il mese di dicembre di ciascun anno “un piano recante le tipologie di fondi che intendono istituire per l’anno successivo”. Cfr. titolo V, capitolo IV, sez.II , par. 15 del Regolamento 8 maggio 2012 (nt. 52). 70. Premessa al capitolo I, del Titolo V, del Regolamento della Banca d’Italia approvato il 14 aprile 2005. 71 Cfr. circolare 137/E del 4.10.2005 dell’Agenzia delle Entrate, p. 5.
463
Saggi
4.3. Effetti della revoca. I controlli di vigilanza però, perseguono obiettivi di tutela generale del mercato, tra i quali la salvaguardia della fiducia nel sistema finanziario, la tutela degli investitori e l’osservanza delle disposizioni in materia finanziaria 72 e lascia perplessi, nonostante l’evidente favore della Banca d’Italia, che da essi possano venir esclusi dei soggetti di mercato sulla base di una presunta capacità di autotutela. Per un effetto traslativo affatto peculiare, i controlli preventivi sui fondi riservati e speculativi vengono meno, non per le caratteristiche degli strumenti finanziari 73 che all’opposto, considerati gli investimenti ad elevato rischio tipici di tali fondi, richiederebbe un loro rafforzamento, bensì per la natura dei destinatari costituiti dalla categoria degli investitori qualificati e istituzionali in grado di fare a meno dell’Autorità di Vigilanza. Si impone quindi una riflessione circa la scelta compiuta con i d.l. del 2010 e del 2011 che riguarda, da un lato l’applicazione della norma in assenza di aggiornamenti del d.m. 228 del 1999 e dall’altro, in un’ottica più generale, la scelta stessa di graduare il regime dei controlli in funzione del tradizionale bisogno di protezione. Soluzione che appare messa in discussione dalle nuove teorie sulle scelte dei risparmiatori e, soprattutto, dalla crisi dei mercati finanziari originata da strumenti finanziari specificatamente destinati agli impieghi degli investitori sofisticati. Con riferimento all’attuale applicazione della norma, si è anticipato che l’articolo 1, comma 1, lettera h), del d.m. 228 del 1999, prevede una categoria residuale di soggetti costituita da “persone fisiche e giuridiche e gli altri enti in possesso di specifica competenza ed esperienza in operazioni in strumenti finanziari”, la quale ampia di molto la platea dei potenziali sottoscrittori, affidando ad una mera dichiarazione rilasciata dall’interessato, l’attestazione della propria competenza in materia finanziaria, sollevando da ogni ulteriore accertamento e soprattutto da ogni responsabilità, l’intermediario ricevente 74.
72
Art. 5, co. 1, t.u.f. Tali sono definite le quote dei fondi comuni di investimento dall’art. 1, co. 2, lett. c), t.u.f. 74. Come confermato dalla Suprema Corte di Cassazione (Cass., 26 maggio 2009, n. 12138) con riferimento all’art. 13 del Regolamento Consob 1991/5387, il quale classificava quali operatori qualificati, tra gli altri, “ogni società o persona giuridica in possesso di specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in valori mobiliari 73.
464
Francesco Gentiloni Silveri
Come l’applicazione pratica della norma ha dimostrato nel corso degli anni, la dichiarazione rilasciata dall’interessato si è prestata a dubbie utilizzazioni a causa delle forme di marketing aggressivo nel settore dei servizi finanziari e di investimento ed è ragionevole supporre che il chiarimento del quadro normativo di riferimento demandato all’aggiornamento d.m. 228 del 1999, avesse dovuto avere per oggetto una revisione, in particolare, della categoria residuale degli investitori qualificati, oltre che probabilmente una maggiore articolazione della soglia quantitativa di sottoscrizione dei fondi speculativi. La bozza di decreto messa in pubblica consultazione 75 fornisce una chiara indicazione di quale sarebbe dovuto essere il completamento della normativa per quanto riguarda i soggetti destinatari dei fondi riservati e speculativi complessivamente nuovamente denominati “fondi alternativi”, in ossequio alla Direttiva 2011/61/UE76. La nuova lett. h), co. 1, art. 1, della bozza del decreto, mutuando la terminologia e la normativa comunitaria adottata dalla Direttiva 2004/39/CE, individuava la nuova categoria degli investitori professionali; costituita dai clienti professionali privati, i clienti professionali pubblici nonché da coloro che su richiesta possono essere trattati come clienti professionali, secondo quanto previsto dal regolamento Consob sugli Intermediari 77, emanato ai sensi dall’art. 6, co. 2-quinquies e 2-sexies, del t.u.f. La categoria residuale dei clienti che, su richiesta, possono essere trattati come professionali, secondo quanto previsto dal regolamento della Consob (che, per altro, si limita a riprodurre quanto indicato all’allegato II della Direttiva 2004/39/CE), è definita secondo criteri oggettivi 78 e le
espressamente dichiarata per iscritto nel contratto”, formula ripresa quasi integralmente nel successivo decreto del Ministro del tesoro del 1999 con riferimento agli investitori qualificati. 75 Nt. 23. 76 Nt. 28. 77. Adottato con delibera n. 16190 del 29 ottobre 2007 e successive modifiche. 78. Secondo quanto previsto all’all. 3, sez. II. 1, del Regolamento Consob, in http:// www.consob.it/main/documenti/ Regolamentazione/normativa/reg16190.htm debbono infatti essere soddisfatti almeno due dei seguenti criteri: - il cliente deve aver effettuato “operazioni di dimensioni significative sul mercato in questione con una frequenza media di 10 operazioni al trimestre nei quattro trimestri precedenti”; - “il valore del portafoglio di strumenti finanziari del cliente, inclusi i depositi in contante e gli strumenti finanziari, deve superare 500.000 EUR”; - il cliente deve lavorare o aver lavorato “nel settore finanziario per almeno un anno in una posizione professionale che presupponga la conoscenza delle operazioni o dei servizi previsti”.
465
Saggi
procedure di accertamento attribuiscono precise responsabilità all’intermediario 79. Secondo il nuovo art. 15, della bozza del decreto, la partecipazione ai nuovi Fondi alternativi veniva quindi riservata agli investitori professionali, ovvero agli investitori non professionali a condizione che la quota iniziale di partecipazione di questi ultimi fosse di importo non inferiore a 250.000,00 Euro. Il mancato aggiornamento della normativa secondaria alle modifiche di legge, ha come immediato e tutt’altro che trascurabile effetto, di mantenere l’ampiezza dell’area dei potenziali sottoscrittori di tali fondi. Ad essi oggi possono aderire anche soggetti per i quali forse l’etero tutela può essere ancora necessaria. L’adeguamento della normativa, che sarà prima o poi realizzato, non dissipa, per altro, i dubbi sulla scelta stessa di revocare i controlli di vigilanza sui fondi riservati e speculativi, data la loro rilevanza non solamente per la tutela dei partecipanti, ma anche e soprattutto per il settore dei fondi comuni di investimento ed in ultima analisi del mercato finanziario.
5. I regime dei controlli sui fondi comuni di investimento. Fin dalla loro istituzione con la l. 23 marzo 1983, n. 77, la Banca d’Italia ha approvato il regolamento dei fondi comuni e le sue modificazioni, valutandone anche la compatibilità rispetto ai criteri generali da essa stessa predeterminati 80. Alla Banca d’Italia sono stati affidati compiti che nel tempo sono rimasti immutati; la determinazione dei criteri generali di redazione del regolamento del fondo e la sua approvazione unitamente alle sue successive modifiche proposte dalla società di gestione. I primi commentatori hanno posto in evidenza come l’art. 7, (Vigilanza) avesse come scopo quello di definire il quadro normativo in cui si collocava, ed ancora oggi si colloca, il “controllo pubblicistico sulle
79.
È previsto all’all. 3, sez. II. P. 2, del Regolamento Consob, infatti che le imprese di investimento prima di accettare le richieste del cliente sono “tenute a prendere tutte le misure ragionevoli possibili per accertarsi che il cliente che chiede di essere considerato cliente professionale soddisfi i requisiti” richiesti. 80 L. 23 marzo 1983, n. 77, art. 7, co. 3, lett. b).
466
Francesco Gentiloni Silveri
società di gestione e sui fondi comuni di investimento” 81. Si evidenziava anche che “sul piano più strettamente giuridico, l’opzione operata dalla legge sembra dimostrare l’esistenza di una sostanziale analogia fra l’interesse pubblico tutelato dal legislatore del 1983 e quello tutelato dal legislatore del 1936-1947: l’interesse, cioè, ad assicurare un’efficace protezione del risparmio raccolto fra il pubblico” 82. Come è noto, l’approvazione del regolamento da parte della Banca d’Italia costituisce l’atto finale del procedimento per l’istituzione ed autorizzazione del fondo, avviato con la sua iniziale approvazione da parte del consiglio di amministrazione della società di gestione (originariamente l’Assemblea dei soci 83). “Se quindi da un lato le norme del regolamento costituiscono indubbiamente l’espressione dell’autonomia decisionale riconosciuta alla società di gestione, è altrettanto indubbio che sono tutta l’organizzazione del fondo comune e tutte le modalità di esplicazione dell’attività del medesimo ad essere soggetto all’intervento facoltizzante della Banca d’Italia” 84. Quanto alla natura del provvedimento della Banca d’Italia, per il commentatore dell’epoca, non si ponevano particolari questioni interpretative essendo pacifico l’inquadramento dell’intervento dell’Autorità di Vigilanza nell’ambito dell’ordinamento sezionale del credito in ossequio alla teoria degli ordinamenti sezionali. Attività quindi destinata a produrre effetti rilevanti solo nei rapporti fra autorità di controllo e soggetti controllati. I controlli venivano quindi configurati quali atti amministrativi aventi valore prescrittivo solo per i direttivi interessati essendo analogamente attribuito il carattere di norme interne ai criteri generali di redazione dei regolamenti, come normalmente in uso nel settore bancario, essendo esclusiva degli intermediari la responsabilità del corretto esplicarsi dell’attività nei confronti dei sottoscrittori. In caso di violazioni l’intermediario avrebbe dovuto rispondere all’Autorità di Vigilanza per il mancato adempimento delle disposizioni
81.
Traversa, Commento all’articolo 7 della legge 77/83 in Nuove leggi civ., 1984, p. 447. Traversa, Commento, cit., p. 448. 83. L’art. 2 della l. 77/83, prevedeva che fosse l’assemblea ordinaria della società di gestione ad approvare l’istituzione del fondo ed il suo regolamento. L’art. 214, co. 2, lett. d) t.u.f. abroga larga parte della legge, ivi compreso l’art. 2, e la competenza viene trasferita al consiglio di amministrazione a seguito delle istruzioni della Banca d’Italia, dal momento che il decreto legislativo non indica l’organo competente, ma solo che il fondo è gestito dalla società di gestione. 84 Traversa, Commento, cit., p. 460. 82
467
Saggi
e ai sottoscrittori in caso di danni a loro arrecati (sia per responsabilità diretta, che indiretta per danni derivanti ad esempio dalla inadeguatezza della propria struttura). Come è noto la teoria dell’ordinamento sezionale è stata formulata dal Giannini con riferimento al settore creditizio 85 derivandola dalla teoria della pluralità degli ordinamenti giuridici di Santi Romano 86. Degli elementi tipici ricorrenti negli ordinamenti giuridici individuati al Santi Romano, quello della normazione scaturisce da un insieme di atti dello Stato e delle autorità pubbliche di settore, avendo quest’ultimi valore normativo all’interno dell’ordinamento sezionale e valore amministrativo nell’ordinamento generale. Il Giannini individuava, nella prima formulazione della teoria, la funzionalizzazione giuridica (l’ottimizzazione della distribuzione del credito veniva assunto tra i fini statali) dell’attività creditizie quale uno dei tratti salienti dell’ordinamento creditizio delineato dalla legge bancaria del 1936. Alle critiche avanzate successivamente, in particolare con l’avvento della Costituzione repubblicana, che escludevano che ancora si potesse attribuire alla banca un carattere di impresa-funzione, si opponeva che funzionalizzazione dell’impresa e ordinamento sezionale non necessariamente coincidevano e che si potevano avere ordinamenti sezionali anche quando i soggetti dell’ordinamento fossero accomunati solo dallo svolgimento della stessa attività economica. Altre critiche degli oppositori e conferme dei sostenitori della teoria dell’ordinamento sezionale del settore del credito sono state formulate nel corso degli anni, ma occorre rilevare che anche se si volesse ammettere il perdurare di un ordinamento sezionale nel settore del credito esso è divenuto morfologicamente molto diverso da quello inizialmente ipotizzato, basato esclusivamente su di una categoria di soggetti agevolmente identificabili mediante iscrizione all’albo atto di ingresso nell’ordinamento medesimo.
85.
Giannini, Osservazioni sulla disciplina della funzione creditizia, in Scritti giuridici in onore di S. Romano, vol. III, Padova, 1939, e ancora , Id, Istituti di credito e servizi di interesse pubblico, in Moneta e credito, 1949, p. 105. 86. Santi Romano, L’ordinamento giuridico, Firenze, 1946; Id, Corso di diritto costituzionale, Padova 1943. Per una ricostruzione sistematica e più recente, vedi anche Amorosino, Le amministrazioni di regolazione dei mercati finanziari e della concorrenza: gli elementi strutturali per un modello comune, in Banca, borsa, tit. cred., I, p. 67 ss.
468
Francesco Gentiloni Silveri
Volgendo poi l’attenzione all’ampliamento dei compiti attribuiti alle autorità di settore, in particolar modo alla Banca d’Italia, sia in termini di estensione delle deleghe normative che di soggetti vigilati, è opportuno osservare come molte delle disposizioni dell’autorità, anche se hanno per destinatari diretti le banche e gli intermediari finanziari, indirettamente incidono sulla generalità degli utenti dei servizi. D’altra parte, “l’oggetto della regolamentazione è sempre più vicino agli interessi della generalità dei soggetti che usufruiscono dei servizi. Una cosa è dettare norme sulla stabilità patrimoniale, il contenimento dei rischi, o gli assetti organizzativi, la cui incidenza sugli interessi dell’utente è del tutto indiretta ed eventuale […], un’altra è emanare norme che condizionano lo svolgimento dei rapporti contrattuali con la clientela” 87, come i criteri generali per la redazione dei regolamenti dei fondi comuni di investimento. Quindi, anche se il destinatario del provvedimento è l’intermediario, il condizionamento dei rapporti con i sottoscrittori che ne deriva è tale da annullare la separazione tra questo e la generalità dei soggetti. Stabilire che la Banca d’Italia possa prescrivere che i regolamenti dei fondi abbiano un contenuto tipico determinato ed attribuirgli il potere di verificare la rispondenza ad esso dei regolamenti approvati dall’intermediario, vuol dire che si è oltre l’ordinamento sezionale, qualunque sia la configurazione che gli si voglia attribuire, dal momento che i destinatari sono la generalità dei partecipanti, o dei potenziali partecipanti, ai fondi. “In simili ipotesi siamo quindi fuori, o comunque oltre, l’ordinamento sezionale: la norma secondaria non è più diretta soltanto ai soggetti dell’ordinamento particolare ma anche ad una generalità, più o meno ampia, di individui ed acquista quindi un carattere sostanzialmente regolamentare” 88. Se, inoltre, potrebbe risultare complesso distinguere tra atti amministrativi generali e atti regolamentari dell’autorità di vigilanza in mancanza di una forma a loro riservata (come per il caso dei regolamenti governativi dopo la l. 400/88), il dato formale della pubblicazione, ritenuto essenziale dalla dottrina, è ormai sistematicamente accolto dal legislato-
87. Galanti, Norme delle autorità indipendenti e regolamento del mercato: alcune riflessioni, in Quaderni di ricerca giuridica della Banca d’Italia, 1996, 41, p. 16. 88 Galanti, Norme, cit., p. 16.
469
Saggi
re che all’art. 8, co. 2 del t.u.b. 89 e all’art. 3, co. 3, del t.u.f. 90, prescrive che i regolamenti ed i provvedimenti di carattere generale della Banca d’Italia sono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale. Gli atti della Banca d’Italia possono quindi dispiegare i loro effetti nei confronti di una pluralità indeterminata di soggetti che usufruiscono dei servizi prestati dai soggetti vigilati e nel caso in esame, attraverso l’imposizione di criteri cui debbono conformarsi i regolamenti, nei confronti dei partecipanti ai fondi comuni di investimento regolandone il rapporto contrattuale con il gestore, che risponde secondo le regole della responsabilità del mandatario 91 e la banca depositaria che risponde di ogni pregiudizio in conseguenza dell’inadempimento dei propri obblighi 92.
6. La tutela dei risparmiatori. Approvando il regolamento dei fondi comuni di investimento, avendone verificato la loro conformità ai criteri generali di redazione, la Banca d’Italia agisce con lo specifico obiettivo di assicurare la tutela dei risparmiatori (partecipanti al fondo) come previsto per i servizi finanziari e la gestione collettiva del risparmio, dall’art. 5, co. 1, lett. b), del t.u.f. e originariamente dall’art. 47, della Costituzione che tutela ed incoraggia il risparmio “anche se ha natura partecipativa, come ad es. nelle intermediazioni di gestione mobiliare del tipo fondo comune” 93. Conseguente all’azione del controllore pubblico è l’affidamento del risparmiatore sul suo operato. L’esistenza dei controlli costituisce anche un incentivo per lo sviluppo dei mercati. Nel caso dei fondi comuni, è stato (ed è) un rilevante incentivo allo sviluppo della gestione collettiva del risparmio.
89.
Art. 8, co. 2, ult. per., t.u.b.: “I provvedimenti di carattere generale della Banca d’Italia sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana quando le disposizioni in essi contenute sono destinate anche a soggetti diversi da quelli sottoposti a vigilanza”. 90. Ar. 3, co. 3, t.u.f. “I regolamenti e i provvedimenti di carattere generale della Banca d’Italia e della Consob sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale. Gli altri provvedimenti rilevanti relativi ai soggetti sottoposti a vigilanza sono pubblicati dalla Banca d’Italia e dalla Consob nei rispettivi Bollettini”. 91 Art. 36, co. 5, t.u.f. 92. Art. 38, co. 2, t.u.f. e art. 24 Direttiva 2009/65/CE, c.d. “UCITS IV”. Cfr supra nt. 11. 93 Visentini, Credito e risparmio, in Enc. giur., X, Roma 1988, p. 3.
470
Francesco Gentiloni Silveri
Il risparmiatore è infatti portato a ritenere che il regolamento del fondo comune nel quale investirà i propri risparmi, avendo ricevuto il nulla osta (autorizzazione) della Banca d’Italia, è corretto e che quindi la sua decisione di investire si fonda su un contratto adeguato ed esaustivo e che tutela i suoi diritti 94. Si può quindi ben affermare che il ruolo dell’Autorità di Vigilanza nel sistema dei fondi comuni è centrale, in quanto organo dotato di adeguate competenze tecniche e giuridiche, a cui i risparmiatori si affidano per la tutela dei loro risparmi. La sua rilevanza inoltre, appare ancora più consistente di quella delle Autorità di Vigilanza degli altri settori finanziari, fatto salvo il settore bancario da cui, non a caso, i fondi comuni di investimento promanano, sia sul piano nazionale, che comunitario. Tutela del risparmiatore dovuta, come si è visto, dall’Autorità di Vigilanza e nei confronti della quale il risparmiatore, non soggetto ai poteri di tale Autorità, ha una posizione diversa rispetto ai soggetti sottoposti alla vigilanza, come specificato dalla Suprema Corte di Cassazione (da ultimo, Cass., 29 luglio 2005, n. 15916). Le Sezioni Unite, concludendo un lungo e complesso percorso interpretativo iniziato con l’emanazione del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 8095, nel pronunciarsi in merito all’istanza di regolamento preventivo di giurisdizione presentato dalla Consob, con ordinanza 15916 del 29 luglio 200596
94. In un recente studio su risparmio e responsabilità dell’Autorità di Vigilanza, si attribuisce all’intervento della Consob nel procedimento di deposito del prospetto, il tipo di aspettativa che si è evidenziato con riferimento all’intervento della Banca d’Italia nel procedimento di istituzione del fondo e approvazione del regolamento: Pecchioli, Incoraggiamento del risparmio e responsabilità delle autorità di vigilanza, Torino, 2007. A ben vedere, il controllo della Banca d’Italia sui regolamenti dei fondi comuni è ben più incisivo di quello della Consob sui prospetti. Quest’ultimo infatti ha come obiettivo la verifica della veridicità ed esaustività delle informazioni fornite dall’emittente, ma non entra nella valutazione dell’investimento proposto, se non per evidenziarne i rischi espliciti ed impliciti. Il controllo della Banca d’Italia invece, oltre ad accertare che siano indicate tutte le informazioni necessarie al risparmiatore, compie anche una valutazione dell’investimento proposto, attraverso la verifica della rispondenza del singolo regolamento alle linee guida fornite dalla Banca d’Italia stessa. 95. Che all’art. 33, co. 1, stabiliva la devoluzione al giudice amministrativo di “tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli afferenti al credito, alla vigilanza sulle assicurazioni, al mercato mobiliare”. 96. Per una descrizione dettagliata del caso e dell’evoluzione legislativa e giurisprudenziale in materia di ripartizione della giurisdizione tra giudice ordinario e amministrativo e conseguente responsabilità delle autorità di vigilanza si rinvia a Pecchioli, Incoraggiamento, cit., p. 114 ss.
471
Saggi
specificano come la posizione dei risparmiatori nei confronti dell’autorità di vigilanza si conforma quale diritto soggettivo e non interesse legittimo. Rileva la Suprema Corte: “la vigilanza sul mercato mobiliare si esplica mediante l’esercizio di una serie di ‘poteri’ nei confronti dei ‘soggetti abilitati’, diretti ad assicurare che i loro comportamenti siano ‘ trasparenti e corretti’ e che la loro gestione sia ‘ sana e prudente (art. 5 e 91, d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58). La posizione di tali soggetti, rispetto all’autorità di vigilanza, si puntualizza in situazioni soggettive correlate all’esercizio dei poteri di vigilanza che si configurano in linea di massima come ‘interessi legittimi’ (Cass. SS. UU. 2 maggio 2003, n. 6719). Diversa è la posizione dei risparmiatori. Su di essi l’Autorità di vigilanza non esercita, infatti, alcun ‘potere’ poiché si tratta di soggetti che tale Autorità è invece tenuta a tutelare (artt. 5 e 91, d.lgs. n. 58/1998). La posizione dei risparmiatori nei confronti dell’Autorità di vigilanza assume conseguentemente la consistenza di un diritto soggettivo (Cass. 6719, cit.); diritto che, non essendo collegato ad alcuna relazione di potere con la pubblica amministrazione, in caso di violazione deve essere tutelato innanzi al giudice ordinario”. Quindi, la tutela che il risparmiatore deve ricevere dall’Autorità di Vigilanza costituisce un diritto soggettivo del risparmiatore e la sua carenza, o mancanza può essere risarcita in quanto strumento di tutela che l’ordinamento offre ai soggetti che pur non essendo formalmente destinatari dell’attività dell’Autorità, risultano tuttavia da essa danneggiati. Considerato che i controlli di vigilanza sui fondi comuni di investimento hanno ad oggetto il rapporto contrattuale che si instaura tra i partecipanti al fondo, il gestore e la banca depositaria, è evidente che la loro incidenza supera la semplice verifica della trasparenza dell’informazione, come nel caso dei controlli esercitati dalla Consob ed in generale per i controlli previsti per i servizi finanziari, per costituire il perno dell’affidamento dei risparmiatori nei confronti dei fondi comuni di investimento. Non si tratta solamente di verificare che le informazioni fornite dall’intermediario al sottoscrittore siano veritiere ed esaustive, ma che il contratto che il risparmiatore sottoscriverà con l’intermediario sia rispondente alle norme di legge e di regolamento (dettate dalla stessa Banca d’Italia nell’interesse del partecipante) e che quindi salvaguardi in prima luogo gli aderenti al fondo. La posizione della Banca d’Italia nei confronti dei risparmiatori, assume quindi un rilevo anche maggiore di quello attribuito alla Consob
472
Francesco Gentiloni Silveri
dalla Suprema Corte di Cassazione ed il diritto e le relative tutele che ne derivano costituiscono l’architrave del sistema dei fondi comuni di investimento, riconosciuto come tale, si è visto, anche dalla legislazione europea.
7. La graduazione della tutela. Con le modifiche apportate dal d.l. 78 del 2010, per i partecipanti ai fondi riservati e speculativi viene ridotta la tutela dell’Autorità di Vigilanza, in ragione del minor bisogno di protezione della speciale categoria di risparmiatori destinatari oggi investitori qualificati e, domani, investitori professionali. Si è visto che i controlli esercitati dalla Banca d’Italia sui fondi comuni di investimento non sono limitati alla verifica della trasparenza ma investono i rapporti contrattuali tra partecipanti, gestore e banca depositaria, quindi la revoca dei controlli preventivi comporta l’affidamento della tutela dei partecipanti alle sole regole del mercato ed al diritto comune dei contratti. Specularmente, l’Autorità di Vigilanza viene sollevata dall’obbligo e dalla responsabilità di esercitare una funzione che, si è visto, costituisce un diritto soggettivo dei destinatari e come tale risarcibile. La scelta compiuta dal legislatore e, come si è visto, dalla stessa Autorità di Vigilanza, si inquadra nel solco della tradizionale teoria economica che individua nell’asimmetria informativa una delle ragioni del c.d. fallimento del mercato, individuando negli obblighi di trasparenza imposti agli intermediari la via per un suo riequilibrio. La legislazione nazionale e comunitaria hanno da tempo introdotto molteplici meccanismi per ridurre lo sbilanciamento delle posizioni, tutelando la parte debole del rapporto (il cliente). Una serie di regole di condotta in grado di condizionare l’azione del contraente forte (l’intermediario) sono state introdotte nella legislazione dei mercati e dei servizi finanziari 97, regolandone intensità ed ampiezza in ragione di una gradazione della clientela fondata sull’effettivo bisogno di protezione 98.
97.
A partire dagli anni ’70 del Novecento, fino al t.u.f. attualmente in vigore. Il need of protection della normativa statunitense da cui la legislazione nazionale ed europea ha preso le mosse. 98.
473
Saggi
Non tutti i clienti sono uguali ed a fronte di adeguate competenze in materia di mercati e prodotti finanziari è possibile ridurre il carico di obblighi e di regole di condotta posti a carico degli intermediari riducendo costi e snellendo operatività a tutto vantaggio dei medesimi clienti competenti 99. Nei rapporti tra intermediari e clienti in grado di selezionare un investimento consapevole e informato 100 ci si affida quindi alle regole di mercato “secondo una scelta normativa che tradizionalmente considera non efficiente estendere le disposizioni a situazioni connotate dalla esclusiva presenza di investitori professionali come tali capaci di “cavarsela da soli” all’interno delle dinamiche negoziali destinate a esaurirsi tra le parti del contratto” 101. La revoca dei controlli preventivi sui fondi riservati e speculativi porta alle estreme conseguenze la tradizione normativa propria dei mercati e dei servizi finanziari. Non si procede più ad una riduzione degli obblighi di trasparenza ed compliance, ma si elimina alla radice un meccanismo di incidenza diretta della vigilanza sul contratto (il regolamento del fondo) lascando alle parti contraenti il compito di regolare i loro rapporti come reputano reciprocamente conveniente, affidando “al solo interesse egoistico degli intermediari il buon funzionamento del mercato” ed alla “vigilanza della controparte” la valutazione dell’accordo 102. Si solleva così l’Autorità di Vigilanza dall’esercizio della propria funzione per prodotti che, come si è visto, si ritengono presentare minori esigenze di tutela dei partecipanti i cui regolamenti sono spesso “modellati su specifiche esigenze rappresentate dai potenziali partecipanti” 103. Se i regolamenti di tali fondi sono modellati per venire incontro alla volontà di potenziali clienti in grado di valutare l’investimento e condizionare l’offerta dell’intermediario, allora non vi è ragione di intervento da parte dell’Autorità di Vigilanza. Le parti sono in grado di assumere decisioni senza necessità di tutela.
99. Per un approfondimento si rinvia a Minneci, Servizi di investimento in favore del cliente professionale: dal regime del rapporto alla disciplina dell’attività, in Banca, borsa, tit. cred., 2012, I, p. 568. 100. Così si esprimeva il documento del Ministero dell’Economia e delle Finanze. V. sopra, nt. 15. 101. Perrone, Mercato all’ingrosso e regole di comportamento, in Riv. soc., 2010, p. 522. 102 Perrone, Mercato, cit., p. 526. 103. Regolamento della Banca d’Italia approvato il 14 aprile 2005, Premessa al capitolo I, del Titolo V. supra, nt. 12.
474
Francesco Gentiloni Silveri
8. La crisi dei mercati ed i limiti del modello basato sulla trasparenza. La crisi che a partire dalla metà del 2007 ha investito dapprima il settore finanziario e poi l’intera economia mondiale e che non sembra ancora essere superata, ha messo però in discussione il sistema dei controlli prevalentemente affidato all’interesse degli intermediari per il buon funzionamento del mercato visto che “Pur nella diversità di opinioni sulla cause remote, per diffuso consenso la recente crisi finanziaria costituisce l’esito di una eccessiva assunzione di rischio da parte degli intermediari” 104. Per quanto riguarda le cause prossime invece, la crisi finanziaria ha dimostrato un ulteriore fattore. Infatti, “i prodotti finanziari identificati come fonte del rischio assunto in maniera eccessiva […] (in particolare, i CDO collaterized debt obligations ed i creidit derivatives) sono stati collocati e negoziati al di fuori della disciplina speciale di protezione approntata dal diritto speciale dei mercati finanziari, secondo la scelta normativa che tradizionalmente considera non efficiente estenderne le disposizioni a situazioni connotate dalla esclusiva presenza di investitori professionali, come tali capaci di cavarsela da soli all’interno di dinamiche negoziali destinate ad esaurirsi tra le parti del contratto” 105. Cosicché la capacità degli investitori professionali di far valere i propri interessi nei confronti degli intermediari (e del mercato) si è rivelata irrealistica 106, a conferma di quanto sostenuto dai noti studi di economia del comportamento 107, che anche questi sono esposti ai limiti cognitivi nelle scelte finanziarie ed ai “pervasivi conflitti di interesse che hanno caratterizzato le politiche gestionali degli intermediari” 108, tra le quali spiccano quelle perseguite dai fondi con caratteristiche speculative. Si è quindi pervenuti alle prime riflessioni dell’organismo internazionale di coordinamento tra le autorità di controllo (lo IOSCO) che
104
Perrone, Mercato, cit., p. 523. Perrone, Mercato, cit., p. 524. 106. “La vigilanza della controparte contrattuale è un pilastro centrale dell’equilibrio dei nostri mercati finanziari. Se viene meno, come è accaduto quest’anno, è minata la stabilità del mercato”: Greenspan, Testimony, in Committee of Gouvernment Oversight and Reform, The financial Crisis and the Role of Federal Regulators, Washington, October 23, 2008 (citata in Perrone, Mercato, cit., p. 526). 107. Kahneman, Slovic, Tvesky, Judgment Under Uncertainty: Heuristics and Biases, Cambridge, 1982 , cit. in Perrone, Mercato, cit., p. 529. 108 Perrone, Mercato, cit., p. 529. 105
475
Saggi
suggeriscono di ripensare “i criteri per la valutazione di adeguatezza e la definizione di investitore sofisticato”, o di adottare un comportamento trasparente che arrivi a “discutere i termini fondamentali di una operazione complessa prima della sua esecuzione” segnando infatti, il superamento della meccanica equiparazione tra operatori professionali e assenza di regole per la protezione dell’investitore, con la conseguente riduzione degli spazi per eventuali comportamenti opportunistici degli intermediari” 109. L’interconnessione dei mercati, che ha propagato la crisi nata nel mercato dei sub prime a tutto il mercato finanziario colpendo tra i primi i fondi hedge ad elevato rischio e leva finanziaria destinati agli investitori sofisticati, ha anche evidenziato che la protezione dell’investitore non è solo interesse di una categoria più o meno estesa di soggetti, ma è interesse in primo luogo del mercato finanziario, perché ne salvaguarda l’integrità e per questo è interesse di sicuro rilievo pubblico, cosicché appare condivisibile l’opinione che considera la tutela dell’investitore come indisponibile 110, potendo pervenire a tale esito per una duplice via. Ricondurre la disciplina a quelle normative c.d. di “protezione” di per sé inderogabili anche con il consenso del contraente debole 111, ovvero considerare le regole di condotta poste a carico dell’intermediario quale modello cui l’intermediario deve conformarsi, come evidente nel caso dei criteri generali di redazione dei regolamenti dei fondi comuni di investimento, “in funzione del perseguimento di un interesse, quello dell’integrità dei mercati finanziari, di sicuro rilievo pubblico e pertanto da collocare al di fuori della sfera di disponibilità delle parti” con il fine di salvaguardare “prima ancora che l’esito del singolo investimento, l’equilibrio e l’efficienza del sistema nel suo complesso” 112. La scelta compiuta dal legislatore per i fondi riservati e speculativi suscita quindi perplessità perché, oltre ad essere stata assunta con
109. Perrone, Mercato, cit., p. 531. Le recenti esperienze di investimento in prodotti finanziari complessi di molti enti locali italiani , classificati dalle attuali norme come clienti professionali e investitore professionali, possono costituire un esempio di tali comportamenti. 110 Minneci, Servizi, cit., p. 576. 111. Minneci, Servizi, cit., p. 577. Ci si riferisce a quanto disposto dall’art. 2113 c.c. per i lavoratori, all’art. 79, l. 27 luglio 1978, n. 392 per i conduttori di immobili urbani e ad altre norme ancora. 112 Minneci, Servizi, cit., p. 577.
476
Francesco Gentiloni Silveri
provvedimento d’urgenza, essa si pone in contrasto con le risultanze degli studi e degli approfondimenti compiuti in questi anni dalle organizzazioni internazionali e dalle autorità di vigilanza dei paesi più avanzati ed è contraddetta dalla recente esperienza della crisi finanziaria che, come si è visto, ha dimostrato che anche gli investitori sofisticati compiono scelte sulla base di comportamenti euristici e che la segmentazione dei mercati non impedisce una rapida trasmissione delle crisi, cosicché privare di controlli fondi comuni di investimento che per loro stessa natura assumono elevati livelli di rischio, quali i fondi speculativi e riservati, espone tutto il mercato dei fondi comuni ad una potenziale crisi da contagio. Occorre infine considerare, l’evoluzione della normativa europea in materia di fondi alternativi. Al momento non è possibile ipotizzare le scelte che verranno compiute in sede di attuazione della Direttiva 2011/61/UE dell’8 giugno 2011 sui gestori di fondi di investimento alternativi che dovrà essere adottata entro il 22 luglio 2013 113. La direttiva, per altro, non disciplina i fondi (fondi di investimento alternativi – FIA, ovvero AIFs – alternative investment funds), “i quali dovrebbero pertanto poter continuare ad essere disciplinati e sottoposti a vigilanza a livello nazionale” 114, bensì i gestori di tali fondi, identificati come quei gestori che “gestiscono tutti i tipi di fondi che non rientrano nell’ambito di applicazione della Direttiva 2009/65/CE del 13 luglio 2009” 115. Fermo restando che i nuovi fondi alternativi potranno continuare ad essere disciplinati dalle norme nazionali non armonizzate, l’autorizzazione al gestore (gestori di fondi di investimenti alternativi-GEFIA, ovvero Managers of alternative investment funds-AIFMs) a norma della direttiva, coprirà “la gestione di FIA UE stabiliti nello Stato membro d’origine del gestore. Fatti salvi ulteriori obblighi di notifica, ciò comprende anche la commercializzazione presso investitori professionali dell’Unione” 116, cosicché “Un GEFIA UE non dovrebbe poter gestire e/o commercializzare
113.
Secondo quanto stabilito dall’articolo 66, par.1 della Direttiva. Come è noto, non sempre l’Italia ha provveduto nei termini anche se negli ultimi anni si è potuto constatare una maggiore tempestività. 114. Considerando (10) della Direttiva 2011/61/UE, dell’8 giugno 2011, nel quale è anche precisato che la direttiva non osta a che “gli stati membri adottino o continuino ad applicare disposizioni nazionali in relazione ai FIA stabiliti nel loro territorio”. 115 Considerando (3) della Direttiva 2011/61/UE, dell’8 giugno 2011. 116 Considerando (15) della Direttiva 2011/61/UE, dell’8 giugno 2011.
477
Saggi
FIA UE presso investitori professionali nell’Unione senza essere stato autorizzato ai sensi della presente direttiva” 117. La separazione tra autorizzazione del gestore, disciplinata da norme nazionali armonizzate UE, e quella del fondo disciplinata da norme nazionali non armonizzate non sembra però consentire, almeno ad una prima lettura della disciplina comunitaria, la gestione di fondi privi dell’approvazione da parte dell’Autorità di Vigilanza e quindi la loro revoca come disposta dall’art. 32, del d.l. 78/2010, dovrà probabilmente essere riconsiderata anche alla luce dei non trascurabili effetti che essa comporta sul sistema dei fondi comuni di investimento e sul mercato. Potrebbe questa essere anche l’occasione per ricondurre ad unità sistematica una legislazione che ha prodotto categorie di fondi comini di investimento dalle più svariate connotazioni. Fondi mobiliari autorizzati e non autorizzati, soggetti alla verifica costante del requisito della pluralità dei partecipanti. Le conseguenza per l’eventuale insussistenza del requisito sono disciplinate esclusivamente ai fini tributari, con la tassazione in capo al fondo secondo le disposizioni IRES. Fondi immobiliari istituzionali non autorizzati, non soggetti al requisito della pluralità dei partecipanti. Fondi immobiliari non istituzionali, autorizzati e non autorizzati soggetti al requisito della pluralità dei partecipanti. Le conseguenza per l’eventuale insussistenza del requisito non sono specificatamente disciplinate. La disciplina fiscale dipende dall’entità della singola partecipazione, con tassazione per trasparenza in capo al partecipante secondo le norme tributarie proprie, in caso di superamento di una soglia percentuale, salvo per i partecipanti istituzionali.
9. Responsabilità del gestore e della banca depositaria. Con il venir meno del vaglio della Banca d’Italia, la fase di istituzione del fondo e di redazione e approvazione del suo regolamento si conclude con la sola delibera del consiglio di amministrazione della società di gestione. La società nel redigere il regolamento del fondo non è più tenuta seguire i criteri generali indicati dalla Banca d’Italia ed è quindi libera di
117
478
Considerando (18) della Direttiva 2011/61/UE, dell’8 giugno 2011.
Francesco Gentiloni Silveri
regolare in piena autonomia i rapporti con i partecipanti, pur nell’ambito del quadro generale delineato dall’art. 39, co. 1 e 2, t.u.f. e dagli articoli 15 e 16, d.m. 228 del 1999, che indicano alcuni elementi cui devono essere uniformati i regolamenti del fondi riservati e speculativi. Si tratta, per altro, di norme di carattere generale che stabiliscono un contenuto minimo di riferimento, quale la previsione che il regolamento debba indicare almeno la denominazione e durata del fondo, le modalità di partecipazione, la suddivisione delle spese e la misura delle provvigioni spettanti al gestore ed altri contenuti minimi, ma che non contengono norme prescrittive in materia di rapporti con i partecipanti. Tenuto conto che il co. 5, dell’art. 36, t.u.f., rimanda alla disciplina del mandato, si deve concludere che mentre per la generalità dei fondi comuni di investimento la disciplina speciale dettata dalle Autorità di Vigilanza integra ampiamente le norme codicistiche e ad essa prevalentemente ci si riferisce per l’individuazione degli obblighi e delle responsabilità del gestore e dell’eventuale promotore del fondo, nei fondi riservati e speculativi i rapporti tra le parti rimangono regolati dalle sole norme di diritto comune. Il gestore dovrà operare attenendosi alle regole indicate all’articolo 40, t.u.f. 118, indipendentemente dalle categorie dei fondi gestiti, ma in tema di responsabilità la posizione della società di gestione nei confronti dei partecipanti ai fondi riservati e speculativi assume ora dimensioni ben più marcate, data l’assenza dell’approvazione del regolamento da parte della Banca d’Italia e l’ampia discrezionalità attribuitagli nella redazione del regolamento del fondo. A questa responsabilità, per così dire aggravata, sembra riferirsi la più volte richiamata comunicazione della Banca d’Italia del 10 giugno 2011 119, nella quale l’Autorità di Vigilanza, pur nella consapevolezza
118.
Ai sensi dell’articolo 40, co. 1, t.u.f. le s.g.r. debbono “- a) operare con diligenza, correttezza e trasparenza nell’interesse dei partecipanti ai fondi e dell’integrità del mercato;- b) organizzarsi in modo tale da ridurre al minimo il rischio di conflitti di interesse anche tra i patrimoni gestiti e, in situazioni di conflitto, agire in modo da assicurare comunque un equo trattamento degli Oicr;- c) adottare misure idonee a salvaguardare i diritti dei partecipanti ai fondi; disporre di adeguate risorse e procedure idonee ad assicurare l’efficiente svolgimento dei servizi.”. Ai sensi del co. 2 del medesimo art. 40, inoltre, alle s.g.r. compete l’esercizio del diritto di voto inerente agli strumenti finanziari di pertinenza del fondo. Si tratta regole di comportamento generali, indipendenti dalle tipologie e caratteristiche dei fondi gestiti. 119 Lettera circolare alle s.g.r. della Banca d’Italia del 10/06/2011, (nt. 54).
479
Saggi
“che spesso i regolamenti di tali fondi [riservati e speculativi, n.d.r.] sono modellati su specifiche esigenze rappresentate dai potenziali partecipanti” 120, raccomanda che le società di gestione agiscano in modo autonomo ed indipendente nell’interesse dei partecipanti, “senza che questi possano influenzare la gestione operativa del fondo in conformità con le previsioni di legge e regolamentari” 121. Non è questa la sede per valutare la fondatezza del timore espresso dalla Banca d’Italia, che i partecipanti dei fondi riservati e speculativi possano influenzare la gestione operativa 122 del fondo, ma appare evidente che l’Autorità di Vigilanza, spogliatasi dei controlli su tali fondi, richiama l’attenzione delle società che li gestiscono sulla loro esclusiva responsabilità nei confronti dei partecipanti. Alle società di gestione è attribuita quindi un’ampia discrezionalità nel fissare le regole di funzionamento e di gestione del fondo, oltre che di regolare rapporti con i partecipanti, ma venuto meno il filtro dei controlli della Banca d’Italia, è di loro esclusiva responsabilità il rispetto delle norme di legge, regolamentari e di comportamento e la tutela degli interessi dei partecipanti. In proposito è interessante osservare che tra le regole dettate dalle norme di legge e di attuazione, oltre alle specifiche disposizioni indicate per i fondi immobiliari all’ultimo capoverso della lettera b-bis), del co. 2, dell’art. 37 123, del t.u.f. ed ai limiti inderogabili di investimento previsti per i fondi riservati, si rinviene, anche per i fondi riservati e speculativi, il co. 2-bis, dell’art. 37, t.u.f., che disciplina il funzionamento dell’assem-
120.
Banca d’Italia, Regolamento sulla gestione collettiva del risparmio, approvato con provvedimento del Governatore del 14 aprile 2005, Titolo V, Capitolo I, Sezione I, Paragrafo 1. 121. Lettera circolare alle s.g.r. della Banca d’Italia del 10 giugno 2011, p. 2 (nt. 54). 122. Terminologia non del tutto chiara, che sembra ipotizzare una distinzione tra la gestione del fondo, la cui disciplina è indicata nel regolamento e che può essere modellata sulle specifiche esigenza dei potenziali partecipanti e la gestione operativa, ovverosia quotidiana, che non dovrebbe essere influenzata dai partecipanti al fondo. La distinzione non di immediata individuazione, soprattutto nei fondi riservati immobiliari per i quali è consentita la partecipazione anche di un solo soggetto, potenzialmente in grado di condizionare l’operato del gestore in quanto unico beneficiario della gestione del fondo. Occorre anche considerare che la modifica alla definizione di fondo comune di investimento prevede espressamente che il fondo venga gestito in autonomia dai partecipanti. 123. Limiti di indebitamento proporzionali al valore dei beni posseduti e facoltà di procedere alla valorizzazione dei beni immobiliari.
480
Francesco Gentiloni Silveri
blea dei partecipanti ai fondi chiusi 124. La norma prevede che le delibere dell’assemblea, in prevalenza modificative del regolamento di gestione, siano inviate alla Banca d’Italia, per la loro approvazione. Coerentemente con l’esclusione dei controlli di vigilanza, per i fondi chiusi riservati e speculativi verrebbe meno l’approvazione dell’Autorità di Vigilanza, ma le modifiche introdotte dal decreto legge non escludono l’applicabilità di tale norma, confermando che, forse, la scelta di procedere con decretazione di urgenza, mal si adatta alla complessità della materia. Al Consiglio di amministrazione della società di gestione compete inoltre l’accertamento formale dell’abilitazione della banca depositaria ad assumere l’incarico 125. La banca depositaria per altro, assume la responsabilità nei confronti dei partecipanti al fondo “di ogni pregiudizio da essi subito in conseguenza dell’inadempimento dei propri obblighi”, secondo quanto stabilito dal co. 2, dell’art. 38, t.u.f. Con le modifiche apportate all’art. 37, l’individuazione degli obblighi posti a carico della banca depositaria, indicati al comma 1, del medesimo articolo, diviene meno agevole di quanto il tenore della norma può far ritenere. In particolare la lettera c), del co. 1, dell’art. 38, t.u.f. prevede che la banca depositaria possa eseguire le istruzioni della società di gestione che, si ricorda, non ha la disponibilità dei beni del fondo, se queste non risultino contrarie alla legge, alle prescrizioni degli organi di vigilanza e al regolamento. La pratica esecuzione dei compiti affidata dalla legge alla banca depositaria è condizionata da quanto indicato nel regolamento del fondo che, quando sottoposto alla preventiva approvazione dell’Autorità di Vigilanza, costituisce il punto di riferimento tanto della banca che del gestore. L’assenza del controllo preventivo del regolamento dei fondi riservati e speculativi determina un’assunzione diretta di responsabilità anche della banca depositaria che dovrà quindi procedere alla verifica preventiva del regolamento dal momento che le istruzioni della società di gestione potrebbero essere compatibili con il regolamento, ma risultare contrarie alle norme di legge ed alle disposizioni dell’Autorità di Vigilanza.
124.
Nonché le norme di attuazione, dettate dall’art. 18-bis e seguenti, del d.m. 228 del
1999. 125
Lettera circolare alle SGR della Banca d’Italia, cit. (nt. 54).
481
Saggi
A questo si aggiunga che la scelta della banca depositaria è di competenza del gestore, il quale stipula con essa un contratto nell’interesse del fondo, addebitando ad esso i relativi oneri, mentre la responsabilità per l’operato della banca depositaria nei confronti dei partecipanti, non ha natura contrattuale ma è disposta per legge, cosicché l’individuazione della linea di confine tra la responsabilità del gestore e quella della banca depositaria in caso di pregiudizio ai partecipanti non appare di facile individuazione.
10. Valutazioni di insieme. Valutando la legislazione di urgenza degli anni 2010 e 2011 nel suo insieme, ci si può rendere conto di come le modifiche apportate alla disciplina dei fondi comuni di investimento hanno innescato processi potenzialmente disgreganti dal punto di vista sistematico, che vanno ben oltre gli effetti immediati, imputabili alle singole disposizioni quali fin qui descritti. La riformulazione dell’art. 1, co. 1, lett. j) t.u.f., incidendo direttamente sulla morfologia del modello di fondo comune di investimento, dà vita ad una frammentazione normativa che viene inevitabilmente amplificata dai diversi requisiti previsti per i fondi immobiliari e dall’avvento dei fondi non autorizzati, quali i fondi riservati e speculativi. I dubbi che la sola autorizzazione della Banca d’Italia, quando presente, possa non essere sufficiente ad assicurare la legittimità della disciplina fiscale propria dei fondi comuni di investimento, prefigurano ulteriori possibili divergenze tra categorie di fondi 126 e rendono la Società di Gestione e la banca depositaria, sostituti di imposta, responsabili nei confronti dell’erario, oltre che degli aderenti, della scelta non certo agevole del regime applicabile. Si grava il gestore ed il custode del fondo del controllo continuativo della composizione e numerosità degli aderenti, là dove la peculiare disciplina dettata dal co. 3, dell’art. 32, del decreto legge 78/2010, suc-
126.
Ci si riferisce ai fondi riservati e speculativi, non autorizzati dalla Banca d’Italia e di conseguenza maggiormente esposti a possibili contestazioni dell’autorità fiscale e tra questi, in particolare, ai fondi riservati immobiliari la cui disciplina fiscale ed i relativi controlli sono particolarmente complessi. La Circolare 33/E dell’Agenzia delle Entrate è esplicita in proposito. V. sopra, par. 5.
482
Francesco Gentiloni Silveri
cessiva alla correzione operata dal decreto l. 70/2011, sancisce per i soli fondi immobiliari l’insolito affiancamento di un requisito quantitativo commisurato alla percentuale di partecipazione, alla qualificazione privilegiata di alcune categorie di soggetti. Per le altre categorie di fondi, i requisiti della pluralità di investitori e di partecipanti rimangono, indefiniti, sullo sfondo della disciplina della gestione collettiva del risparmio, del tutto inadeguata alla individuazione di profili tributari, per altro evocati per impedire l’uso abusivo dei fondi immobiliari, nel frattempo assoggettati ad altri requisiti e ora possibili indici per ipotesi di abuso del diritto, dalle conseguenza imprevedibili nel caso di patrimoni separati. Le modifiche alla disciplina dei fondi riservati, ormai sempre più utilizzati per attività che difficilmente si conciliano con uno strumento destinato alla collettività dei risparmiatori e, per trascinamento, la modifica dei fondi speculativi, alterano profondamente la natura e il limite della responsabilità del gestore e della banca depositaria. L’Autorità di Vigilanza viene esonerata dai controlli preventivi, ora limitati alla sola fase successiva alla realizzazione degli investimenti e, soprattutto, dalla verifica delle politiche di gestione (sulla base delle quali sono effettuati gli investimenti) e della regolazione dei rapporti con i partecipanti. Il gestore, l’eventuale promotore e la banca depositaria assumo, specularmente, la piena responsabilità per gli eventuali pregiudizi nei confronti dei partecipanti che potrebbero derivare non solamente dalla non corretta esecuzione degli obblighi indicati nel regolamento, ma anche, a monte, per la non conformità del regolamento alle norme di legge, anche tributarie, alle norme regolamentari ed alle disposizioni delle Autorità di Vigilanza. Si registra così la progressiva evanescenza della disciplina (unitaria) dei fondi comuni di investimento 127, a cui corrisponde il ritrarsi dell’Autorità di Vigilanza ed il progressivo aggravarsi della responsabilità degli intermediari il cui risultato ultimo appare essere la complessiva riduzione della tutela dei partecipanti.
127. Per altro da tempo avviata con l’innesto sulla disciplina preesistente, dei fondi immobiliari pubblici realizzato dal d.l. 25 settembre 2001, n. 351 convertito con modificazioni dalla l. 23 novembre 2001, n. 410.
483
Saggi
Si tratta di una metamorfosi che porta a domandarsi, parafrasando recenti riflessioni sulle società per azioni a larga diffusione di capitale 128, se non si rischia di trasformare il modello fondo comune di investimento in altra cosa, dove ogni fondo è un ordinamento a sé e le regole per i partecipanti diverse tra loro, se non per accidentale e parziale coincidenza 129.
Francesco Gentiloni Silveri
128.
Rossi, La metamorfosi della società per azioni, in Riv. soc. I, 2012, pp. 1 e 4. D’Alessandro La provincia del diritto societario inderogabile (ri)determinata. Ovvero: esiste ancora il diritto societario?, in Riv. soc., 2003, p. 37. 129.
484
CoMMENTI
Estinzione delle società e Costituzione CORTE COSTITUZIONALE, ordinanza 17 luglio 2013, n. 198; Pres. Gallo, Rel. Grossi; Soc. Bluvacanze s.p.a. c. Tabitta Daniele & C. s.a.s.; interv. Presidenza del Consiglio dei Ministri Ordinanza App. Milano 18 aprile 2012 Procedimento civile – Interruzione – Estinzione della società parte di un giudizio per effetto di cancellazione volontaria dal registro delle imprese – Art. 2495 c.c. e 328 c.p.c. – Mancata previsione della possibilità che il processo sia proseguito da o nei confronti della società cancellata – Questione di illegittimità costituzionale – Asserita violazione degli art. 3, 24. 111 Cost. – Manifesta inammissibilità (Cost., art. 3, 24, 111; cod. civ., art. 2495: cod. proc. civ., art. 328)
è manifestamente inammissibile, per insufficiente motivazione in ordine alla rilevanza della questione e per l’improprio tentativo di ripristinare il sistema normativo anteriore, la questione della illegittimità costituzionale dell’art. 2495 c.c. (come modificato dalla riforma del diritto societario) e dell’art. 328 c.p.c., nella parte in cui non prevedono, nel caso di estinzione, durante un processo, della società attrice per effetto di volontaria cancellazione dal registro delle imprese, che il processo medesimo prosegua o sia proseguito nei gradi di impugnazione da o nei confronti della società cancellata sino alla formazione del giudicato, per asserito contrasto con gli art. 3, 24 e 111 Cost. (1)
(Omissis) Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 3 luglio 2013 il Giudice relatore Paolo Grossi.
Ritenuto che, nel corso di un giudizio civile, la Corte di appello di Milano – essendo stata eccepita l’intervenuta estinzione della società in accomandita semplice, attrice in primo grado ed appellata, per effetto
485
Commenti
della cancellazione dal registro delle imprese intervenuta in data 8 aprile 2008, antecedente alla proposizione dell’appello – con ordinanza emessa il 18 aprile 2012, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 2495 del codice civile e 328 del codice di procedura civile, «nella parte in cui non prevedono, in caso di estinzione della società per effetto di volontaria cancellazione dal registro delle imprese, che il processo prosegua o sia proseguito nei gradi di impugnazione da o nei confronti della società cancellata, sino alla formazione del giudicato»; che la rimettente – analizzata l’evoluzione giurisprudenziale in ordine al problema delle conseguenze, sul piano processuale, dell’estinzione di società per effetto della cancellazione dal registro delle imprese – rileva che le sezioni unite civili della Corte di Cassazione (nelle sentenze 22 febbraio 2010, n. 4060, n. 4061 e n. 4062) hanno sancito il principio per cui la nuova formulazione dell’art. 2495, secondo comma, cod. civ., ancorché’ dettata per le sole società di capitali nel contesto della riforma di cui al decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6 (Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366), è applicabile anche alle società commerciali di persone; sicché’ la cancellazione della società ne determina l’estinzione, con effetto immediato, indipendentemente dall’esistenza di crediti insoddisfatti o di rapporti ancora non definiti; che la Corte rimettente – ritenuto che, da un lato, l’avvenuta notifica dell’appello alla società dovrebbe
486
considerarsi inesistente «per inesistenza del soggetto notificando», in quanto estinto; e che, dall’altro lato, la notifica dell’appello alla liquidatrice della società dovrebbe ritenersi inammissibile, in quanto la responsabilità di questa sarebbe basata su diversi presupposti (colpevole condotta del liquidatore), che implicherebbe una domanda nuova in appello – deduce che, nel giudizio a quo, resterebbe dunque da «stabilire se la notifica dell’atto di appello effettuata alla socia accomandataria valga a consentire la prosecuzione del giudizio di primo grado in sede di gravame, impedendo il formarsi di un giudicato; ovvero, più correttamente, se il socio accomandatario possa ritenersi “successore” della estinta società, con la conseguenza di assicurare una valida pronuncia in sede di appello sostitutiva, a tutti gli effetti, di quella pronunciata in primo grado nei confronti della società estintasi nelle more fra la sentenza di primo grado e la notificazione dell’atto di appello»; che, in merito a ciò, la rimettente esclude che rispetto al socio illimitatamente responsabile (di una s.a.s.) si possa configurare tanto una ipotesi di successione a titolo universale, difettando i presupposti di cui all’art. 110 cod. proc. civ., quanto un caso di successione a titolo particolare nel diritto controverso ai sensi dell’art. 111 cod. proc. civ.; che, a causa di ciò (contrariamente a quanto accadeva prima della novella dell’art. 2495 cod. civ.), deriverebbe l’impossibilità di identificare un successore nel processo e nella res litigiosa nel caso di avvenuta cancellazione della società; cosa tanto più grave quando il processo debba pro-
Corte Costituzionale
seguire nei gradi di impugnazione e quando la società estintasi sia destinataria dell’atto d’impugnazione, in quanto vittoriosa nel precedente grado di giudizio, giacché, sol per effetto della volontaria cancellazione, la società estinta potrebbe agevolmente sottrarsi alle obbligazioni e finanche impedire la valida interposizione di un gravame, provocando in tal modo la formazione del giudicato per inammissibilità dell’impugnazione rivolta ad un soggetto non più esistente; che tale impossibilità determina, secondo la rimettente, la violazione: a) dell’art. 3 Cost., per disparità di trattamento ed irragionevolezza, per la «evidente […] sperequazione nella gestione delle cause fra persone fisiche e persone giuridiche, potendo il rapporto processuale instauratosi con le persone fisiche trasferirsi in capo agli eredi, al contrario di quanto accade, in virtù del novellato art. 2495 c.c., in riferimento alle persone giuridiche, rispetto alle quali il rapporto processuale si estingue senza la possibilità dell’esame dei crediti in discussione»; b) dell’art. 24 Cost., in quanto viene «concessa la facoltà a una parte di sottrarsi ai propri obblighi con un semplice atto formale di cancellazione dal Registro delle imprese, impedendosi alla parte soccombente, alla stregua dei ricordati principi delle Sezioni Unite, di instaurare un valido rapporto processuale d’impugnazione, adeguando il processo alle modificazioni intervenute nel campo sostanziale»; c) dell’art. 111 Cost., poiché «viene costretta una parte processuale ad instaurare un nuovo giudizio, ripercorrendo gradi già esauriti, così determinandosi un indubbio dispendio di energie nella rivalutazione di fatti già
in precedenza vagliati e con l’ulteriore conseguenza dell’inevitabile protrarsi della durata del processo»; che infine, secondo la rimettente, «in base al diritto vivente non pare possibile fornire un’interpretazione costituzionalmente orientata del plesso di norme sin qui esaminate, stante l’intervento nomofilattico delle Sezioni Unite sia sull’estinzione della società per intervenuta cancellazione ex art. 2495 c.c., sia sugli effetti interruttivi dell’estinzione tra un grado e l’altro del processo, allorché (come nella specie) noti alla parte impugnante»; che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l’inammissibilità della sollevata questione, poiché il giudice a quo non si è dato carico di tentare una interpretazione costituzionalmente orientata delle norme denunciate, pur possibile nell’attuale quadro normativo e giurisprudenziale, ed in particolare alla stregua delle argomentazioni contenute nella stessa richiamata sentenza delle sezioni unite della Cassazione 22 febbraio 2010, n. 4060, la quale, nell’estendere anche alle società di persone la regola della cancellazione prevista dall’art. 2495 cod. civ., ha però avuto cura di precisare come in questo caso la cancellazione viene ad avere natura solo dichiarativa (e non costitutiva come per le società di capitali), da cui discende la possibilità di far constatare (anche nel giudizio a quo) che nella sostanza la società non poteva ritenersi estinta, nonostante la formale cancellazione dal registro delle imprese; che, inoltre, secondo la difesa erariale, la Corte rimettente non ha considerato che sempre la medesi-
487
Commenti
ma sentenza distingue nettamente la posizione dei creditori sociali di una società di persone rispetto a quelle di capitali e che pertanto, alla luce di tali affermazioni, non si vede come possa pervenirsi alla conclusione secondo cui il socio accomandatario di una s.a.s. non debba considerarsi successore a titolo universale della società. Considerato che la Corte d’appello di Milano censura – per violazione degli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione – gli artt. 2495 del codice civile e 328 del codice di procedura civile, «nella parte in cui non prevedono, in caso di estinzione della società per effetto di volontaria cancellazione dal registro delle imprese, che il processo prosegua o sia proseguito nei gradi di impugnazione da o nei confronti della società cancellata, sino alla formazione del giudicato»; che l’art. 2495 cod. civ., come sostituito dal decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6 (Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366), sotto la rubrica «Cancellazione delle società» (materia precedentemente regolata dall’art. 2456 cod. civ.), prevede che: «Approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese» (primo comma); e che, «Ferma restando l’estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. La domanda, se proposta entro un
488
anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l’ultima sede della società» (secondo comma); che, a sua volta, l’art. 328 cod. proc. civ. (Decorrenza dei termini contro gli eredi della parte defunta) stabilisce che: «Se, durante la decorrenza del termine di cui all’articolo 325 [che regola i termini per le impugnazioni], sopravviene alcuno degli eventi previsti nell’art. 299 [morte o perdita della capacità delle parti o dei rispettivi rappresentanti legali], il termine stesso è interrotto e il nuovo decorre dal giorno in cui la notificazione della sentenza è rinnovata» (primo comma); che «Tale rinnovazione può essere fatta agli eredi collettivamente e impersonalmente, nell’ultimo domicilio del defunto»; e che, «Se dopo sei mesi dalla pubblicazione della sentenza si verifica alcuno degli eventi previsti nell’art. 299, il termine di cui all’articolo precedente è prorogato per tutte le parti di sei mesi dal giorno dell’evento»; che la Corte rimettente – sul rilievo che le richiamate sentenze 22 febbraio 2010, n. 4060, n. 4061 e n. 4062 delle sezioni unite civili della Corte di Cassazione hanno sancito il principio per cui la nuova formulazione dell’art. 2495, secondo comma, cod. civ., ancorché dettata per le sole società di capitali, è applicabile anche alle società commerciali di persone: sicché la cancellazione dal registro delle imprese determina, con effetto immediato, l’estinzione delle società medesime, indipendentemente dall’esistenza di crediti insoddisfatti o di rapporti ancora non definiti – afferma la rilevanza della questione, in quanto nel giudizio a quo si pone il problema delle conseguenze, sul piano proces-
Corte Costituzionale
suale, della «estinzione della s.a.s. appellata per effetto della cancellazione dal registro delle imprese intervenuta in tempo precedente alla proposizione dell’appello»; che, realizzatosi un evento interruttivo, la rimettente ritiene che resti da «stabilire se la notifica dell’atto di appello effettuata alla socia accomandataria valga a consentire la prosecuzione del giudizio di primo grado in sede di gravame, impedendo il formarsi di un giudicato; ovvero, più correttamente, se il socio accomandatario possa ritenersi “successore” della estinta società, con la conseguenza di assicurare una valida pronuncia in sede di appello sostitutiva, a tutti gli effetti, di quella pronunciata in primo grado nei confronti della società estintasi nelle more fra la sentenza di primo grado e la notificazione dell’atto di appello»; che, peraltro, per il giudice a quo - atteso che l’art. 2495 cod. civ. nulla dispone con riguardo alle liti pendenti e che «la legittimazione passiva del socio illimitatamente responsabile (di una s.a.s.) non pare riconducibile a un fenomeno di successione universale in locum et ius della società estinta […] e neppure sembra ipotizzabile un fenomeno successorio di tipo “necessario” – «difetterebbero […] i presupposti di cui all’art. 110 c.p.c.», nonché quelli di una successione a titolo particolare nel diritto controverso ex art. 111 cod. proc. civ.; che, da ciò, deriverebbe la lesione degli evocati parametri, per l’impossibilità di identificare un successore nel processo e nella res litigiosa, giacché per effetto della volontaria cancellazione la società estinta potrebbe agevolmente sottrarsi alle obbligazioni e
finanche impedire la valida interposizione di un gravame, provocando in tal modo la formazione del giudicato per inammissibilità dell’impugnazione rivolta ad un soggetto non più esistente; che dalla prospettazione della questione (con specifico riferimento alla interpretazione posta a premessa dei sollevati dubbi di incostituzionalità) e dalla formulazione del petitum, si appalesano gravi profili di inammissibilità della questione; che la Corte d’appello fonda i sollevati dubbi di costituzionalità sull’assunto che – quanto alle conseguenze sul piano processuale della cancellazione dal registro delle imprese delle società (anche di persone), dopo la riforma organica del diritto societario attuata dal decreto legislativo n. 6 del 2003 – «la legittimazione passiva del socio illimitatamente responsabile (di una s.a.s.) non pare riconducibile a un fenomeno di successione universale in locum et ius della società estinta […] e neppure sembra ipotizzabile un fenomeno successorio di tipo “necessario”»; che, tuttavia, la non altrimenti motivata esclusione della configurabilità, nella specie, di una successione nel processo ai sensi dell’art. 110 cod. proc. civ., ovvero dell’art. 111 cod. proc. civ. (che il giudice a quo fa derivare dalla «inaccettabilità di una concezione antropomorfica della soggettività giuridica, e delle società in particolare»), appare affermazione in sé indimostrata e, pertanto, inidonea a sottrarre il rimettente dal dovere di sperimentare la possibilità di dare alle norme impugnate un significato se possibile diverso, tale da renderle compatibili con gli evocati parametri costituzionali (ordinanza n. 102 del
489
Commenti
2012), in ossequio al principio secondo cui una disposizione di legge può essere dichiarata costituzionalmente illegittima solo quando non sia possibile attribuirle un significato che la renda conforme a Costituzione (sentenza n. 356 del 1996; ordinanza n. 194 del 2012); che, d’altronde, le stesse sezioni unite civili della Corte di Cassazione, nelle ricordate sentenze del 2010, sottolineano la «necessità, attraverso una lettura costituzionalmente orientata delle norme, di una “soluzione unitaria” del problema degli effetti [evidentemente anche processuali] della iscrizione della cancellazione di tutti i tipi di società o imprese collettive, a garanzia della parità di trattamento dei terzi creditori di entrambi i tipi di società»; che, peraltro, non solo l’ipotizzabilità, bensì la concreta praticabilità di una diversa interpretazione (nello stesso senso auspicato dalla rimettente) risulta essere operazione ermeneutica possibile, come confermato dalle sopravvenute pronunce con cui le sezioni unite civili della Corte di Cassazione (12 marzo 2013, n. 6070 e n. 6071), hanno affrontato lo stesso thema decidendum oggetto del presente scrutinio, riguardante gli effetti della cancellazione della società di persone nei processi in corso nei quali essa è costituita, e la legittimazione degli ex soci di una società commerciale nel caso di attribuzione di beni riferiti a rapporto giuridico non esaurito nel momento della estinzione per cancellazione; che, infatti, le medesime sezioni unite, da un lato, osservano come «ipotizzare […] che la volontaria estinzione dell’ente collettivo comporti,
490
perciò, la cessazione della materia del contendere nei giudizi contro di esso pendenti per l’accertamento di debiti sociali tuttora insoddisfatti significherebbe imporre un ingiustificato sacrificio del diritto dei creditori»; e, dall’altro lato, sottolineano come, «anche per non vulnerare il diritto di difesa tutelato dall’art. 24 Cost.», «la previsione di chiamata in responsabilità dei soci operata dal citato art. 2495 implichi, per l’appunto, un meccanismo di tipo successorio, che tale è anche se si vogliano rifiutare improprie suggestioni antropomorfiche derivanti dal possibile accostamento tra l’estinzione della società e la morte di una persona fisica»; che ancora, secondo il giudice di legittimità, «l’aver ricondotto la fattispecie ad un fenomeno successorio – sia pure connotato da caratteristiche sui generis, connesse al regime di responsabilità dei soci per i debiti sociali nelle differenti tipologie di società – consente abbastanza agevolmente di ritenere applicabile, quando la cancellazione e la conseguente estinzione della società abbiano avuto luogo in pendenza di una causa di cui la società stessa era parte, la disposizione dell’art. 110 c.p.c. (come già affermato anche da Cass. 6 giugno 2012, n. 9110)», poiché «tale disposizione contempla, infatti, non solo la “morte” (come tale riferibile unicamente alle persone fisiche), ma altresì qualsiasi “altra causa” per la quale la parte venga meno, e dunque risulta idonea a ricomprendere anche l’ipotesi dell’estinzione dell’ente collettivo»; e che, «se l’estinzione della società cancellata dal registro intervenga in pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento
Corte Costituzionale
interruttivo del processo, disciplinato dall’art. 299 c.p.c. e segg., con possibile successiva eventuale prosecuzione o riassunzione del medesimo giudizio da parte o nei confronti dei soci»; che la non adeguata utilizzazione dei poteri interpretativi che la legge riconosce al giudice rimettente e la mancata esplorazione di diverse, pur praticabili, soluzioni ermeneutiche, al fine di far fronte al proposto dubbio di costituzionalità integrano omissioni tali da rendere manifestamente inammissibile la sollevata questione di legittimità costituzionale (ordinanze n. 304 e n. 102 del 2012), ridondando anche in termini di insufficiente motivazione in ordine alla rilevanza della questione (ordinanze n. 240 e n. 126 del 2012), e configurandosi, di fatto, quale improprio tentativo di ottenere un avallo interpretativo da parte della Corte (sentenza n. 21 del 2013); che ulteriore profilo di inammissibilità è rappresentato dalla specifica formulazione del petitum, diretto ad ottenere la declaratoria di illegittimità costituzionale delle norme de quibus, «nella parte in cui non prevedono, in caso di estinzione della società per effetto di volontaria cancellazione dal registro delle imprese, che il processo prosegua o sia proseguito nei gradi di impugnazione da o nei confronti della società cancellata, sino alla formazione del giudicato»; che un tale intervento – che neppure si configurerebbe come soluzione costituzionalmente imposta, in considerazione della variegata configurabilità delle possibili ricadute della pronuncia sulla disciplina de qua – appare all’evidenza diretto a steriliz-
zare, sul piano processuale, gli effetti immediatamente estintivi della società derivanti dalla cancellazione ai sensi del nuovo testo dell’art. 2495 cod. civ., mediante un sostanziale ripristino del sistema anteriore alla riforma del 2003, per il quale (secondo la «unanime scelta ermeneutica dei giudici di legittimità» di allora) «la cancellazione dal registro delle imprese della iscrizione di una società commerciale, di persone o di capitali […] non produceva l’estinzione della società stessa, in difetto dell’esaurimento di tutti i rapporti giuridici pendenti facenti capo ad essa, per cui permaneva la legittimazione processuale di essa e il processo già iniziato proseguiva nei confronti o su iniziativa delle persone che già la rappresentavano in giudizio o dei soci, anche con riferimento alle fasi di impugnazione» (Corte di Cassazione, sezioni unite civili, sentenza n. 4060 del 2010); che, di conseguenza, la sollevata questione è manifestamente inammissibile. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 2495 del codice civile e 328 del codice di procedura civile, sollevata – in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione – dalla Corte d’appello di Milano, con l’ordinanza indicata in epigrafe. (Omissis)
491
Commenti
(1) A. Con l’ordinanza 18 aprile 2012 (in Foro it., 2012, 3060), la Corte d’appello di Milano – collocandosi nel solco di quelle tendenze giurisprudenziali e dottrinali che, nonostante la perentorietà del testo dell’art. 2495 c.c. quale risultante dopo la riforma del 2003, hanno perseverato nel ritenere non definitiva l’estinzione delle società a seguito della cancellazione delle stesse dal registro delle imprese, in base anche al convincimento che la definitività dell’estinzione determinerebbe rilevanti inconvenienti e problemi – aveva sollevato, in relazione ad un giudizio che aveva visto la società attrice, poi appellata, estinguersi appunto per cancellazione volontaria dal registro delle imprese, l’eccezione di illegittimità costituzionale sia dell’art. 2495 c.c. sia dell’art. 328 c.p.c. nella parte in cui non prevedono che il giudizio prosegua o sia proseguito nei confronti della società cancellata fino alla formazione del giudicato, per supposto contrasto con gli art. 3, 24 e 111 della Costituzione. Con l’ordinanza qui pubblicata, la Corte costituzionale ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di costituzionalità, “rimproverando” al giudice remittente – con toni di particolare durezza – da un lato, di non aver “sperimentato” la possibilità di dare alle disposizioni impugnate un significato ed una portata tale da renderle conformi al dettato costituzionale secondo la linea indicata dalle Sezioni Unite della Cassazione fin nel 2010 e poi concretamente percorsa dalle stesse Sezioni Unite nel 2013. E, dall’altro, di avere tentato di ottenere un intervento del giudice delle leggi che si sarebbe tradotto nel sostanziale ripristino del sistema anteriore alla riforma del 2003, per come ricostruito dalla giurisprudenza allora prevalente. B. è il caso di ricordare che già prima della riforma del diritto societario del 2003 la Corte costituzionale aveva avuto occasione di pronunziarsi sulla tormentata questione se la cancellazione della società dal registro delle imprese determinasse o meno l’estinzione definitiva della medesima. Con la sentenza 21 luglio 2000, n. 319 (in Foro it., 2000, I, 2723) essa aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 10 l.fall. (ovviamente, nel testo anteriore alla riforma del 2006) nella parte in cui – alla stregua dell’allora “diritto vivente” costituito dall’interpretazione fornita dalla Cassazione – prevedeva che il termine annuale per la dichiarazione di fallimento di un’impresa collettiva decorresse dalla liquidazione effettiva dei rapporti facenti capo alla società invece che dalla cancellazione della società stessa dal registro delle imprese; e quindi aveva, in sintonia con la dottrina di gran lunga prevalente, sancito – sub specie della disciplina fallimentare – l’effetto definitivamente estintivo della cancellazione. E di ricordare anche che tale pronunzia ha certamente influenzato il legislatore della riforma del diritto societario, il quale, come si è già accennato, ha riformulato la disposizione in materia di cancellazione, l’attuale art. 2495 c.c., inserendovi un inciso iniziale Ferma restando l’estinzione della società, che aveva l’evidente intento di porre drasticamente fine ad ogni residua possibilità o tentazione di mantenere aperta la questione. In realtà, la questione è rimasta aperta in virtù delle tendenze a cui si accennava all’inizio. Tanto che le Sezioni Unite della Cassazione sono dovute
492
Corte Costituzionale
ripetutamente intervenire. In particolare, sono intervenute con due gruppi di pronunzie: - le sentenze 22 febbraio 2010, n. 4060, 4061 e 4062 (in Foro it., 2011, I, 1498 ss.), che hanno perentoriamente sancito appunto l’effetto definitivamente estintivo della cancellazione dal registro delle imprese sia per le società di capitali, sia per le società di persone; - le sentenze 12 marzo 2013, n. 6070, 6071, 6072 (in Foro it., 2013, I, 2189, con nota di Nigro), che hanno completato l’itinerario avviato dalle sentenze del 2010, chiarendo come il problema dell’eventuale sopravvivenza, alla liquidazione ed alla cancellazione, di situazioni giuridiche o di rapporti facenti capo alla società debba essere risolto sulla base della corretta individuazione del rapporto soci-società al momento della fine di quest’ultima (rapporto che è stato da quelle sentenze avvicinato ad un fenomeno di tipo successorio), senza alcuna possibilità di riverberarsi sulla definitività o meno dell’estinzione della società. Proprio muovendo dagli orientamenti espressi da questi due gruppi di sentenze – che ha mostrato di accogliere e condividere in tutti i loro passaggi, anche quello relativo al problema affrontato dalla Corte di Milano (in ordine al quale nella sentenza n. 6070/2013 si è affermato il seguente principio di diritto: “La cancellazione volontaria dal registro delle imprese di una società, a partire dal momento in cui si verifica l’estinzione della società medesima, impedisce che essa possa ammissibilmente agire o essere convenuta in giudizio. Se l’estinzione della società cancellata dal registro intervenga in pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo del processo disciplinato dagli art. 299 ss. c.p.c., con possibile successiva eventuale prosecuzione o riassunzione del medesimo giudizio da parte o nei confronti dei soci. Ove invece l’evento estintivo non sia stato fatto constare nei modi previsti dagli articoli appena citati o si sia verificato quando il farlo constare in quei modi non sarebbe più stato possibile, l’impugnazione della sentenza pronunciata nei riguardi della società deve provenire o essere indirizzata, a pena di inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci succeduti alla società estinta”) – la Corte ha concluso per la manifesta inammissibilità della questione di costituzionalità sottoposta al suo esame. Con questi ultimi interventi delle Supreme Magistrature dovrebbe ritenersi conclusa la tormentata vicenda della cancellazione/estinzione delle società (anche se non manca di emergere tuttora qualche epigono delle linee interpretative “spazzate” via da tali interventi: v., per esempio, La Porta, in Le società, 2013, 1030, in sede di commento critico a Trib. Milano, 20 maggio 2013, che aveva respinto un ricorso per la cancellazione dell’iscrizione della cancellazione di una società, fondato sulla sopravvenienza di un rimborso fiscale). C. Per un quadro completo della tematica e dei diversi orientamenti si vedano da ultimo, oltre alla nota di Longo, in Foro it., 2013, I, c. 2204 ss., Angiolini, La cancellazione e l’estinzione delle società nel diritto vivente, in Riv. dir. soc., 2013, p. 409 ss. [Nota redazionale]
493
Sanzioni della Banca d’Italia e giurisdizione TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO, Sezione terza, ordinanza 27 luglio 2012, n. 6991; Pres. Bianchi, Rel. Correale; Bombana (avv. Teti) c. Banca d’Italia (avv. Ceci, Coppotelli, Di Pietropaolo) e Mantovabanca 1896 Sanzioni amministrative irrogate dalla Banca d’Italia – Opposizione – Art. 133, co. 1, lett. l), art. 134, co. 1, lett. c), art. 135, co. 1, lett. c), art. 4, co. 1, lett. 17), all. 4 d.lgs. n. 104/2010 – Eccezione di illegittimità costituzionale per eccesso di delega – Rilevanza e non manifesta infondatezza (Cost., art. 76; d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, codice del processo amministrativo, art. 133, 134, 135, 4 All. 4)
è rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per violazione dell’art. 76 Cost., sollevata con riferimento agli art. 133, co. 1, lett. l), 134, co. 1, lett. c), 135, co. 1, lett. c) e 4, co. 1, lett. 17 All. 4, che attribuiscono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo i giudizi di opposizione alle sanzioni amministrative irrogate dalla Banca d’Italia (1)
(Omissis) Rilevato che, con ricorso a questo Tribunale, notificato il 24.5.2011 e depositato il successivo 7.6.2011, il ricorrente indicato in epigrafe chiedeva l’annullamento dei provvedimenti, pure in epigrafe evidenziati, che avevano portato all’irrogazione nei suoi confronti da parte della Banca d’Italia di una sanzione pecuniaria amministrativa ex art. 144-145 t.u.b. per euro 45.000,00 complessivi, in conse-
guenza di rilevate violazioni nella sua qualità di componente il consiglio di amministrazione della Mantovabanca 1896 Credito Cooperativo soc. coop.; Rilevato che si costituiva in giudizio la Banca d’Italia chiedendo la reiezione del ricorso; Rilevato che con l’ordinanza sopra indicata questa Sezione disponeva incombenti istruttori consistenti nell’acquisizione di ulteriore documentazione;
495
Commenti
Rilevato che le parti depositavano memorie (anche di replica) ad illustrazione delle rispettive tesi difensive; Rilevato che nella memoria di replica nonché nella pubblica udienza del 13.7.2012 la Banca d’Italia dichiarava di eccepire l’illegittimità costituzionale degli art. 133, co. 1, lett. 1), e 134, co. 1, lett. c), del d.lgs. n. 104/10 e 135, co. 1, lett. c) nonché dell’art. 4, co. 1, n. 17) dell’Allegato n. 4 del d.lgs. n. 104/10 (Codice del processo amministrativo - c.p.a.) che radicano la giurisdizione, esclusiva ed estesa al merito, di questo Tribunale sulle controversie relative a sanzioni inflitte dalla medesima Banca d’Italia ai sensi dell’art. 145 d.lgs. n. 385/93, in relazione all’art. 76 Cost, secondo le argomentazioni di cui alla recente sentenza della Corte Costituzionale n. 162/2012; Rilevato che a tale udienza pubblica la causa era trattenuta in decisione; Considerato che il Collegio, alla luce delle argomentazioni di parte resistente e del contenuto della suddetta sentenza della Sovrana Corte ora richiamata, ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale come prospettata; Considerato, infatti, in punto di rilevanza, che la giurisdizione di questo Tribunale, nella configurazione ivi prevista, in ordine alle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dalla Banca d’Italia ex art. 144-145 t.u.b., si fonda esclusivamente su quanto disposto dalle norme su richiamate che si applicano alla presente fattispecie; Considerato che, in particolare, l’art. 133, co. 1, lett. 1), del d.lgs. n. 104/10 prevede la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, tra
496
altre, per le controversie aventi ad oggetto tutti i provvedimenti, compresi quelli sanzionatori ed esclusi quelli inerenti ai rapporti di impiego privatizzati, adottati dalla Banca d’Italia; Considerato che l’art. 134, co. 1, lett. c), del medesimo testo legislativo prevede tra le materie di giurisdizione estesa al merito “…c) le sanzioni pecuniarie la cui contestazione è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo, comprese quelle applicate dalle Autorità amministrative indipendenti e quelle previste dall’articolo 123”; Considerato che l’art. 135, co. 1, lett. c), d.lgs. cit. prevede la competenza funzionale inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, per “…c) le controversie di cui all’articolo 133, co. 1, lett. l), fatta eccezione per quelle di cui all’articolo 14, comma 2, nonché le controversie di cui all’articolo 104, comma 2, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385; Considerato, infine, che l’art. 4, co. 1, n. 17), dell’Allegato 4 al suddetto d.lgs. n. 104/10 prevede l’abrogazione del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, articolo 145, commi da 4 a 8, (nonché art. 145 bis, co. 3) che regolavano il procedimento sanzionatorio della Banca d’Italia – per quel che qui rileva – radicando la giurisdizione sulle opposizioni avverso i relativi provvedimenti avanti alla corte d’appello di Roma; Considerato, quindi, che la giurisdizione di questo Tribunale, come conformata ai sensi degli artt. 133, 134 e 135 citt. dell’art. 4, Allegato 4 d.lgs. cit. discende dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 104/10 che
TAR Lazio
ha anche provveduto ad abrogare la norma che radicava presso la corte d’appello la giurisdizione sulle sanzioni specifiche pecuniarie irrogate dalla Banca d’Italia; Considerato, però, come esplicitamente rilevato dalla Banca d’Italia, che la Corte Costituzionale, con la sentenza 27.6.2012, n. 162, ha dichiarato che sono costituzionalmente illegittimi, per violazione dell’art. 76 Cost., gli articoli 133, comma 1, lettera 1), 135, comma 1, lettera c), e 134, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), nella parte in cui attribuiscono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo con cognizione estesa al merito e alla competenza funzionale del TAR Lazio – sede di Roma, le controversie in materia di sanzioni irrogate dalla Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob), e dell’art. 4, co. 1, n. 19), dell’Allegato numero 4, del medesimo d.lgs. n. 104 del 2010; Considerato che le argomentazioni della Corte Sovrana sono legate alla questione rimessa alla sua attenzione e relativa a sanzioni irrogate dalla Consob, per cui il Collegio ritiene che il relativo dispositivo non possa direttamente applicarsi alla presente fattispecie, relativa a sanzioni pecuniarie amministrative irrogate dalla Banca d’Italia; Considerato, però, che le argomentazioni di cui alla su ricordata sentenza, fondate sulla violazione dell’art. 76 Cost. delle medesime norme, possono ben conformarsi alla presente fattispecie tanto da evidenziare la non manifesta infondatezza
della relativa questione di costituzionalità come prospettata dalla Banca d’Italia; Considerato, infatti, che la Corte Costituzionale ha affermato, in relazioni alle medesime norme del d.lgs. n. 104/10 sopra indicate, sia pure in riferimento alle sanzioni irrogate dalla Consob, quanto segue: “Nel merito, la questione è fondata con riferimento al parametro di cui all’art. 76 Cost. In riferimento alle deleghe per il riordino o il riassetto di settori normativi – tra le quali, come si è detto poco sopra, deve essere annoverata la delega contenuta nell’art. 44 della legge n. 69 del 2009 – questa Corte ha sempre inquadrato in limiti rigorosi l’esercizio, da parte del legislatore delegato, di poteri innovativi della normazione vigente, non strettamente necessari in rapporto alla finalità di ricomposizione sistematica perseguita con l’operazione di riordino o riassetto. La Corte ha sempre rimarcato che, a proposito di deleghe che abbiano ad oggetto la revisione, il riordino ed il riassetto di norme preesistenti, “l’introduzione di soluzioni sostanzialmente innovative rispetto al sistema legislativo previgente è (…) ammissibile soltanto nel caso in cui siano stabiliti principi e criteri direttivi idonei a circoscrivere la discrezionalità del legislatore delegato”, giacché quest’ultimo non può innovare “al di fuori di ogni vincolo alla propria discrezionalità esplicitamente individuato dalla legge-delega” (sentenza n. 293 del 2010), specificando che “per valutare se il legislatore abbia ecceduto [i] – più o meno ampi – margini di discrezionalità, occorre individuare la ratio della delega” (sentenza n. 230 del 2010).
497
Commenti
Questi principi, costantemente affermati dalla giurisprudenza di questa Corte e ribaditi da ultimo nella sentenza n. 80 del 2012, impongono, nel caso di deleghe per il riordino o il riassetto normativo, un’interpretazione restrittiva dei poteri innovativi del legislatore delegato, da intendersi in ogni caso strettamente orientati e funzionali alle finalità esplicitate dalla legge di delega. Alla luce di tali principi, in merito alla questione oggi all’esame della Corte, occorre ricordare che la delega – che deve essere qualificata come una delega per il riordino e il riassetto normativo – abilitava il legislatore delegato a intervenire, oltre che sul processo amministrativo, sulle azioni e le funzioni del giudice amministrativo anche rispetto alle altre giurisdizioni e in riferimento alla giurisdizione estesa al merito, ma sempre entro i limiti del riordino della normativa vigente; il che comporta di certo una capacità innovativa dell’ordinamento da parte del Governo delegato all’esercizio della funzione legislativa, da interpretarsi però in senso restrittivo e comunque rigorosamente funzionale al perseguimento delle finalità espresse dal legislatore delegante. In base alla delega conferitagli, il legislatore delegato, nel momento in cui interveniva in modo innovativo sul riparto di giurisdizione tra giudici ordinari e giudici amministrativi, doveva tenere conto della “giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori” nell’assicurare la concentrazione delle tutele, secondo quanto prescritto dalla legge di delega (art. 44, co. 1 e 2, della legge n. 69 del 2009). Attribuendo le controversie relative alle sanzioni in-
498
flitte dalla Consob, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (con la competenza funzionale del TAR Lazio – sede di Roma, e con cognizione estesa al merito), il legislatore delegato non ha invece tenuto conto della giurisprudenza delle sezioni unite civili della Corte di cassazione, formatasi specificamente sul punto. La Corte di cassazione ha, infatti, sempre precisato che la competenza giurisdizionale a conoscere delle opposizioni (art. 196 del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58) avverso le sanzioni inflitte dalla Consob ai promotori finanziari, anche di tipo interdittivo, spetta all’autorità giudiziaria ordinaria, posto che anche tali sanzioni, non diversamente da quelle pecuniarie, debbono essere applicate sulla base della gravità della violazione e tenuto conto dell’eventuale recidiva e quindi sulla base di criteri che non possono ritenersi espressione di discrezionalità amministrativa (Corte di cassazione, sezioni unite civili, 22 luglio 2004, n. 13703; nello stesso senso 11 febbraio 2003, n. 1992; 11 luglio 2001, n. 9383). Anche il Consiglio di Stato ha riconosciuto che, in punto di giurisdizione sulle controversie aventi per oggetto sanzioni inflitte dalla Consob, sussistessero precedenti giurisprudenziali nel senso della giurisdizione ordinaria, affermando da ultimo la giurisdizione del giudice amministrativo solo sulla base dell’insuperabile dato legislativo espressamente consolidato nell’art. 133 (materie di giurisdizione esclusiva), co. 1, lett. 1), del d.lgs. n. 104 del 2010, che prevede testualmente che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “le controversie aventi ad oggetto tutti i provvedimenti, com-
TAR Lazio
presi quelli sanzionatori ed esclusi quelli inerenti ai rapporti di impiego privatizzati, adottati (…) dalla Commissione nazionale per la società e la borsa” (Consiglio di Stato, sezione VI, 19 luglio 2011, n. 10287), vale a dire sulla base proprio delle disposizioni impugnate in questa sede. Precedentemente all’intervento legislativo qui in esame, invece, lo stesso Consiglio di Stato aveva aderito all’impostazione della Cassazione, secondo cui doveva attribuirsi al giudice ordinario la giurisdizione sulle sanzioni inflitte dalla CONSOB (Consiglio di Stato, sezione VI, 6 novembre 2007, n. 6474; cfr. in precedenza, sezione VI, 19 marzo 2002, n. 4148). La citata giurisprudenza della Corte di Cassazione, la quale esclude che l’irrogazione delle sanzioni da parte della Consob sia espressione di mera discrezionalità amministrativa, unitamente alla considerazione che tali sanzioni possono essere sia di natura pecuniaria, sia di tenore interdittivo (giungendo persino ad incidere sulla possibilità che il soggetto sanzionato continui ad esercitare Fattività intrapresa), impedisce di giustificare sul piano della legittimità costituzionale l’intervento del legislatore delegato, il quale, incidendo profondamente sul precedente assetto, ha trasferito alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative alle sanzioni inflitte dalla Consob, discostandosi dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, che invece avrebbe dovuto orientare l’intervento del legislatore delegato, secondo quanto prescritto dalla delega. Di conseguenza, deve ritenersi che, limitatamente a simile attribuzione di giurisdizione, siano stati ecceduti i limiti della dele-
ga conferita, con conseguente violazione dell’art. 76 Cost. Per le medesime ragioni sopra illustrate deve ritenersi affetto da illegittimità costituzionale anche l’intero articolo 4, comma 1, numero 19), dell’Allegato numero 4, del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, nella parte in cui abroga le disposizioni del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, che attribuiscono alla Corte d’appello la competenza funzionale in materia di sanzioni inflitte dalla Consob, con la conseguenza che queste ultime disposizioni, illegittimamente abrogate, tornano ad avere applicazione. Considerato che le medesime statuizioni della Corte Costituzionale possono trovare ingresso anche in relazione alle sanzioni pecuniarie inflitte dalla Banca d’Italia, fondate sulle medesime norme dichiarate incostituzionali sopra richiamate (salvo il n. 17) dell’art. 4, co. 1, Allegato 4), sì che la questione, come detto, si presenta non manifestamente infondata nella presente sede perché relativa al rispetto dell’art. 76 Cost. in relazione al contenuto dell’art. 44 della 1. n. 69/09; Considerato, infatti, che anche in relazione alle sanzioni amministrative inflitte dalla Banca d’Italia la Corte di Cassazione (a Sezioni Unite) aveva statuito, prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 104/10, che rientravano nella giurisdizione del giudice ordinario le controversie relative all’opposizione contro i provvedimenti con i quali il Ministero dell’economia e delle finanze, su richiesta della Consob o della Banca d’Italia, applica sanzioni amministrative di carattere pecuniario, sia pure per la violazione delle norme in tema di intermediazione finanziaria (Cass. SSUU, 15.2.05, n. 2980);
499
Commenti
Considerato, quindi, che la questione di costituzionalità prospettata è rilevante, trattandosi nella fattispecie di sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dalla Banca d’Italia, delibate avanti a questo Giudice in virtù delle su richiamate norme del c.p.a.; Considerato che non appare manifestamente infondata la questione di costituzionalità sollevata in relazione al rispetto dell’art. 76 Cost. da parte degli artt. 133, co. 1, lett. 1), 134, co. 1, lett. c), e 135, co. 1, lett. c), d.lgs. 2.7.2010, n. 104 nonché dell’art. 4, co. 1, n. 17) dell’Allegato 4 al medesimo decreto legislativo, nella parte in cui, in relazione alle sanzione inflitte dalla Banca d’Italia, hanno trasferito alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative; Considerato, quindi, che il presente procedimento deve essere sospeso, con contestuale rimessione della questione di costituzionalità dedotta alla Corte Costituzionale; Considerato che non può accogliersi l’istanza cautelare presentata oralmente alla pubblica udienza da parte del difensore del ricorrente, in quanto non risulta illustrato alcun pregiudizio sopravvenuto, non potendosi identificare il medesimo con la mera pendenza della questione di costituzionalità, oltretutto inerente attribuzione di giurisdizione a questo Tribunale;
P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), disponendo la sospensione del giudizio e visti gli artt. 134 Cost; 1 1. Cost. 9 febbraio 1948, n. 1, 23 1. 11 marzo 1953, n. 87: * dichiara rilevante e non manifestamente infondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 133, co. 1, lett. 1), 134, co. 1, lett. c), e 135, co. 1, lett. c), d.lgs. 2.7.2010, n. 104 nonché dell’art. 4, co. 1, n. 17), dell’Allegato 4 al medesimo decreto legislativo, nella parte in cui, in relazione alle sanzioni inflitte dalla Banca d’Italia, hanno trasferito alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative; * ordina l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; * ordina che a cura della Segreteria della Sezione la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa, al Presidente del Consiglio dei Ministri nonché comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. (Omissis)
(1) A. Il codice del processo amministrativo, nel tentativo di riordinare, secondo un disegno omogeneo, la competenza giurisdizionale in materia di sanzioni amministrative: - all’art. 133, lett. l) ha incluso fra le materie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le “controversie aventi ad oggetto tutti i provvedimenti, compresi quelli sanzionatori, ed esclusi quelli inerenti ai rapporti di lavoro privatizzati”, adottati dalle c.d. Autorità indipendenti, nominativamente indicate nella stessa disposizione, fra le quali la Consob e la Banca d’Italia;
500
TAR Lazio
- all’art. 134, lett. c) ha incluso fra le materie di giurisdizione estesa al merito “le sanzioni pecuniarie la cui contestazione è devoluta al giudice amministrativo, comprese quelle applicate dalle Autorità indipendenti”; - all’art. 135, lett. c) ha devoluto alla competenza funzionale inderogabile del TAR del Lazio, fra le altre, “le controversie di cui all’art. 133, co. 1, lett. l)”, comprendenti appunto le controversie concernenti i provvedimenti sanzionatori adottati dalle Autorità indipendenti; - all’art. 4, co. 1, dell’Allegato 4, ha proceduto alla conseguente abrogazione delle norme previgenti che prevedevano competenze giurisdizionali diverse e specificamente, per quel che qui interessa, all’abrogazione (lett. 17) dell’art. 145, co. da 4 a 8, del t.u. bancario (d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385), che attribuivano alla Corte d’appello di Roma la cognizione sulle opposizioni alle sanzioni amministrative irrogate dalla Banca d’Italia e (lett. 19) degli art. 187-septies, co. da 4 a 8, e 195, co. da 4 a 8, del t.u. finanza (d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58), che attribuivano alle Corti d’appello territoriali la cognizione sulle opposizioni alle sanzioni amministrative irrogate dalla Consob, per abuso di informazioni privilegiate, per manipolazione del mercato, ecc. e, rispettivamente, sulle opposizioni alle sanzioni amministrative irrogate dalla Consob o dalla Banca d’Italia in materia di intermediazione finanziaria. Questa normativa – nella parte relativa appunto alle sanzioni Consob e Banca d’Italia – ha da subito sollevato dubbi di incostituzionalità sotto il profilo, da un lato, dell’eccesso di delega e, dall’altro, del contrasto con gli art. 3, 103, 111, 113 Cost. Tali dubbi sono stati condivisi dalla Corte d’Appello di Torino, che nell’ordinanza 25 marzo 2011 (in Dir. banc., 2012, I, 113), pronunciandosi su di un’eccezione sollevata dalla stessa Consob, ha appunto ritenuto non manifestamente infondata la questione di costituzionalità delle disposizioni in oggetto sotto i profili prima indicati. B. Con la sentenza 27 giugno 2012, n. 162 (in Dir. banc., 2012, I, 729), la Corte costituzionale ha ritenuto fondata la censura di eccesso di delega (le altre censure non sono state affrontate perché assorbite). Ha quindi dichiarato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni in questione nella parte concernente le sanzioni Consob. A seguito di tale sentenza, il d.lgs. 14 settembre 2012, n. 160: - ha soppresso il riferimento alla Consob, contenuto nell’art. 133, co. 1, lett. l) del codice del processo amministrativo; - ha soppresso la lett. 19 dell’art. 4 dell’Allegato 4. C. Era facile preconizzare che sorte analoga sarebbe toccata alle disposizioni concernenti le sanzioni irrogate dalla Banca d’Italia. Puntualmente, la Banca d’Italia ha iniziato ad eccepire, nei giudizi di opposizione proposti avanti il TAR del Lazio, l’illegittimità costituzionale di tali disposizioni in relazione all’art. 76 Cost., richiamandosi espressamente alle argomentazioni di cui alla ricordata sentenza della Corte costituzionale. Altrettanto puntualmente il TAR del Lazio – che peraltro si era in precedenza espresso in senso contrario (v. sentenza 9 maggio 2011, n. 3934, in Dir. banc., 2012, I, 113) – ha ritenuto non manifestamente infondata la questione sia con riferimento alle
501
Commenti
sanzioni della Banca d’Italia previste dal t.u.b. (così con la pronunzia qui pubblicata), sia con riferimento alle sanzioni della Banca d’Italia previste dal t.u.f. (così con la parallela ordinanza 27 luglio 2012, n. 6989): questione che è stata dunque rimessa alla Corte costituzionale. D. Sul tema delle sanzioni amministrative delle Autorità indipendenti v. i lavori di Costi, Chieppa, Clarich e Zanettini, Bruzzoni e Boccaccio, Saiia, in Giur. comm., 2013, I, p. 329 ss. Su quello delle sanzioni pecuniarie nelle attività finanziarie v. gli atti dell’incontro di studio del 10 maggio 2012, con interventi di Carriero, Clarich, Frattini, Galanti, Morera, Nigro, M.A. Sandulli, Santoro, in Dir. banc., 2012, I, p. 509 ss. [Nota redazionale].
502
fatti e problemi della pratica
La conversione al formato elettronico dell’informativa periodica e delle operazioni dispositive effettuate a distanza nell’ambito dei contratti assicurativi di risparmio e di investimento Sommario: 1. Il tema. – 2. La cornice regolatoria sulle modalità di trasmissione dell’informativa al contraente. – 3. La forma della comunicazione nelle clausole contrattuali dei prodotti assicurativi. – 4. La cornice normativa relativa ai contratti assicurativi a contenuto finanziario. – 5. Gli obblighi informativi disciplinati dal Regolamento Emittenti. – 6. Gli obblighi informativi disciplinati dal Nuovo Regolamento Intermediari. – 7. Le funzioni dispositive e la valutazione di adeguatezza nelle operazioni realizzate a distanza. – 8. Operazioni eseguite a distanza su prodotti finanziari assicurativi ed uniforme applicazione delle regole di condotta. – 9. La transizione al digitale delineata dal decreto Crescita 2: il sito internet per i contraenti ed il portale telematico per gli intermediari assicurativi. – 10. Le caratteristiche del servizio informativo per i contraenti previste nel regolamento di attuazione. – 11. Prospettive.
1. Il tema. La conversione del flusso informativo, precedente ed immediatamente successivo alla conclusione del contratto, è parte di un più ampio ambito di indagine, che solitamente è oggetto di attenzione nella fase della presentazione e dell’offerta al pubblico di prodotti assicurativi mediante tecniche di comunicazione a distanza. La sua rilevanza va tuttavia oltre il pur ampio campo di indagine sulle regole che presidiano la formazione del rapporto negoziale in una trattativa fra soggetti che interagiscono solo a distanza. L’adozione di strumenti di comunicazione che lasciano il formato cartaceo per quello elettronico riguarda potenzialmente l’intero portafoglio di contratti assicurativi, che sono interessati per l’insieme di comunicazioni periodiche – o ad evento – che caratterizzano la fase
503
Fatti e problemi della pratica
di esecuzione dei contratti, fra cui, specialmente, quelli dei rami vita di risparmio e di investimento 1. La promozione di forme di comunicazione elettronica, che il Decreto Crescita 2 2 vuole rendere disponibile per tutti gli assicurati, sollecita una specifica riflessione su un tema che per vero non risulta particolarmente frequentato, forse anche per l’incrocio fra regolazione pubblica e disciplina contrattuale. Infatti, per quanto riguarda la conversione al formato elettronico delle comunicazioni agli assicurati, occorre svolgere una ricognizione del composito quadro giuridico di riferimento sulle regole di prestazione a distanza dei servizi finanziari, nel cui ambito incide la classificazione, da un lato, fra contratti assicurativi vita e danni e, dall’altro, contratti assicurativi dei rami vita a contenuto finanziario 3. Inoltre, nel caso di polizze già commercializzate, occorre tenere in considerazione anche quanto previsto dalle condizioni contrattuali che disciplinano l’esecuzione dei rapporti in corso e che usualmente non prevedono forme di adeguamento all’evoluzione tecnologica delle comunicazioni periodiche. Per una più agevole comprensione delle specifiche problematiche è opportuno scomporre in tre distinti ambiti il perimetro da analizzare. Nel primo trova collocazione l’insieme dei
1. Sulle caratteristiche dei contratti assicurativi sulla vita con finalità di previdenza e di investimento, per una sintesi efficace, si veda ora Corrias, L’assicurato-investitore: prodotti, offerta e responsabilità, in Assicurazioni, 2011, parte I, p. 387. Sulle caratteristiche dei contratti unit e index linked si veda da ult. Piras, Le polizze variabili nell’ordinamento italiano, Milano, 2011 ed ivi per ulteriori riferimenti bibliografici. 2. Si tratta dell’art. 22, co. 8, del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 recante “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese” convertito, con modificazioni, dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221, su cui si veda infra il par. 9. 3. In generale sulla prestazione a distanza di servizi finanziari si veda Vignudelli, Contrattazione telematica e intermediazione finanziaria, Torino, 2009. Sulla contrattazione via internet per i contratti assicurativi si veda l’efficace sintesi di Giampaolino, Le assicurazioni. L’impresa – I contratti, in Tratt. dir. comm. fondato da Buonocore e diretto da Costi, sez. III, vol. 3, Torino, 2013, p. 229 ed ivi per ulteriori riferimenti bibliografici. In argomento, specialmente per la fase di conclusione del contratto, si vedano: Monti e Borgo, I contratti assicurativi telematici, in La tutela dei consumatori in Internet e nel commercio elettronico, a cura di Tosi, Milano, 2012, p. 541; Piras, Collocamento dei prodotti assicurativi tramite internet e tutela del contraente, in Resp. civ. prev., 2007, p. 1505; Bravo, La distribuzione tramite internet, La conclusione del contratto per via telematica, in Le assicurazioni private, a cura di Alpa, Torino, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, fondata da Bigiavi, 2006, t. 1, p. 899; Longhini, Servizi finanziari telematici, Milano, 2006; Colombo, Il contratto di assicurazione on line, in Dir. giur., 2005, p. 204.
504
Michele Siri
contratti dove è prevista la forma delle comunicazioni che la compagnia invia alla clientela, per i quali – in assenza di apposite clausole negoziali – si applica soltanto la disciplina di legge. Nel secondo ambito s’inseriscono invece i contratti nei quali le comunicazioni alla clientela sono invece regolate, con la conseguenza che la specifica disciplina integra quella di fonte normativa. Infine, nel terzo insieme si situano quei contratti nei quali le condizioni dispongono che la compagnia invii per iscritto le comunicazioni alla clientela, dove occorre valutare se siano presenti clausole dedicate alla modifica delle condizioni contrattuali – sia unilaterali sia per mutuo consenso – e che cosa esse prevedano. Pertanto, nel caso di contratti già sottoscritti, possono verificarsi tre scenari: nel primo, il contratto non disciplina la forma delle comunicazioni che la compagnia invia alla clientela; nel secondo, il contratto prevede la forma scritta per l’invio delle comunicazioni alla clientela, ma non sono presenti clausole dedicate alla modifica delle condizioni contrattuali; nel terzo, infine, il contratto prevede la forma scritta per l’invio delle comunicazioni alla clientela e individua le modalità con cui far luogo a modifica del testo dell’accordo.
2. La cornice regolatoria sulle modalità di trasmissione dell’informativa al contraente. L’art. 191, co. 1, lett. b) del codice delle assicurazioni private stabilisce che “per l’esercizio delle funzioni di vigilanza … sulla trasparenza e sulla correttezza dei comportamenti delle imprese” di assicurazione 4, l’Isvap – ora Ivass – “adotta … disposizioni di carattere generale aventi ad oggetto”, tra l’altro, “b) gli obblighi informativi prima della conclusione e durante l’esecuzione del contratto, ivi compresi quelli relativi alla promozione e al collocamento, mediante tecniche di comunicazione a distanza, dei prodotti assicurativi” 5. A sua volta, l’art. 21 del Regolamen-
4.
In argomento si vedano Bin, La trasparenza dei prodotti emessi dalle imprese di assicurazione tra principi generali e nuovo Regolamento ISVAP, in Assicurazioni, 2010, p. I, p. 611; De Poli, Trasparenza assicurativa e nota informativa nel nuovo codice delle assicurazioni, in Riv. dir. civ., 2008, i.c.s., II, p. 17. 5. Sul regolamento di attuazione del codice delle assicurazioni private in materia di trasparenza si vedano Gili, Regolamento ISVAP n. 35 del 26 maggio 2010 sulla «trasparenza » dei prodotti assicurativi vita e danni, in Dir. econ. ass., 2011, p. 1375, ed anche Riva, La trasparenza in materia assicurativa: un primo sguardo al Regolamento ISVAP n.
505
Fatti e problemi della pratica
to Isvap n. 35 dispone che “le imprese adempiono agli obblighi relativi alla trasmissione al contraente di comunicazioni in corso di contratto anche utilizzando tecniche di comunicazione a distanza, a condizione che le comunicazioni siano acquisibili su supporto durevole e che il contraente abbia reso preventiva ed espressa accettazione di tali modalità” 6. Infine, l’analisi combinata degli articoli 8 e 10 del Regolamento Isvap n. 34, in materia di promozione e collocamento a distanza di contratti di assicurazione, fa emergere che, ai fini dell’utilizzo del “supporto durevole”, come alternativa al documento “cartaceo”, debbono verificarsi alcune condizioni 7. In primo luogo il contraente, prima di essere vincolato da una proposta o da un contratto di assicurazione, deve essere informato del diritto di: (a) scegliere di ricevere (e di trasmettere) la documentazione informativa precontrattuale e contrattuale, nonché le informazioni in corso di contratto, su supporto cartaceo o su altro supporto durevole; (b) richiedere in ogni caso e senza oneri di ricevere tale documentazione anche su supporto cartaceo; (c) modificare in ogni momento la propria scelta 8. Inoltre, la scelta del cliente – in ogni momento revocabile previa comunicazione all’impresa – all’uso del “supporto durevole” deve essere espresso in forma “esplicita” 9. Al riguardo, la norma in commento precisa che le imprese di assicurazione, dal canto loro, sono tenute a (i) predisporre gli strumenti per consentire al contraente di effettuare la
35/2010, in Assicurazioni, 2010, I, p. 647; Gili, Regolamento ISVAP n. 35 del 26 maggio 2010 sulla trasparenza (obblighi di informazione e pubblicità) dei prodotti assicurativi vita e danni, ivi, 2010, I, p. 633; Sangiovanni, Le norme di comportamento di imprese e intermediari assicurativi, in Danno respons., 2010, 1, p. 93. 6. L’art. 2, co. 1, lett. x), del medesimo Regolamento n. 35 precisa poi che per “supporto durevole” s’intende: “qualsiasi strumento che permetta al contraente di memorizzare informazioni a lui personalmente dirette in modo che possano essere agevolmente recuperate durante un periodo di tempo adeguato ai fini cui sono destinate le informazioni stesse, e che consenta la riproduzione immutata delle informazioni memorizzate”. Per un’analisi sistematica sui requisiti formali previsti per i contratti assicurativi conclusi a distanza si veda Gaggero, La forma dei contratti aventi ad oggetto servizi assicurativi commercializzati a distanza, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2013, p. 25. 7. In argomento si veda Bonaccorsi Di Patti, Il Regolamento ISVAP n. 34/2010 recante disposizioni in materia di promozione e collocamento a distanza di contratti di assicurazione, in Dir. econ. ass., 2010, p. 1089. 8. Si veda l’art. 8, co. 2, del Regolamento ISVAP n. 34 dedicato alla disciplina dell’informativa precontrattuale. 9. Si veda l’articolo 10 del Regolamento ISVAP n. 34 sulle norme relative alla trasmissione della documentazione.
506
Michele Siri
scelta circa le modalità con cui desidera comunicare con la compagnia per ricevere e trasmettere la documentazione in questione nonché (ii) ad adottare procedure per conservare la prova della scelta effettuata dal cliente 10.
3. La forma della comunicazione nelle clausole contrattuali dei prodotti assicurativi. Alla luce del quadro giuridico esposto nel paragrafo precedente, è evidente che si può certamente prevedere, nei nuovi contratti, che le comunicazioni con la clientela possano avvenire (anche) tramite tecniche di comunicazione a distanza (fermo il diritto del cliente di richiedere, in ogni caso e senza oneri la documentazione anche su supporto cartaceo). A tale fine risulta necessario predisporre un’apposita pattuizione nella quale il contraente possa prestare il proprio esplicito e preventivo consenso a ricevere e trasmettere la documentazione informativa precontrattuale e contrattuale, nonché le informazioni in corso di contratto, su “supporto durevole”. Le condizioni contrattuali devono inoltre prevedere che il contraente possa modificare in ogni momento la propria scelta, dandone comunicazione alla compagnia. La normativa individua per la forma tecnica del flusso informativo il ben noto “supporto durevole”. È pertanto possibile che la compagnia invii le relative comunicazioni all’indirizzo e-mail indicato dal cliente in sede di apertura del rapporto – ovvero a quello successivamente modificato dal cliente. È ugualmente rispondente al predetto requisito la messa a disposizione nella parte riservata del proprio sito internet, al quale il contraente può accedere attraverso il dispositivo di sicurezza che gli sia stato precedentemente messo a disposizione. In entrambe le ipotesi, è
10. In precedenza l’art. 20 (rubricato “Comunicazioni mediante tecniche a distanza”) della Circolare 551/D del 2005 – norma abrogata a far data dal 1° dicembre 2010 ex art. 52 del Regolamento n. 35 – disponeva che: “Gli obblighi relativi alla trasmissione al contraente di comunicazioni in corso di contratto possono essere assolti anche utilizzando tecniche di comunicazione a distanza, a condizione che le comunicazioni siano acquisibili su supporto duraturo e che il contraente abbia reso per iscritto preventiva ed espressa accettazione di tali modalità”. La predetta norma originava un adempimento più oneroso rispetto al Regolamento n. 34 e al Regolamento n. 35, dato che per questi ultimi è sufficiente un consenso del cliente “esplicito” ovvero “preventivo[o] ed espress[o]”, senza richiedere che lo stesso sia anche fornito “per iscritto”.
507
Fatti e problemi della pratica
necessario che il contraente abbia la possibilità di acquisire, scaricare e conservare la documentazione trasmessa. Differente è lo scenario nel quale si può svolgere la transizione al digitale del flusso informativo per il portafoglio dei contratti in essere, dove occorre distinguere l’ambito delle polizze nelle quali (i) il contratto non disciplina la forma delle comunicazioni che la compagnia invia alla clientela, da quelle in cui (ii) il contratto prevede la forma scritta per l’invio delle comunicazioni alla clientela ma non include clausole dedicate alla modifica delle condizioni contrattuali ed, infine, (iii) da quello in cui il contratto prevede la forma scritta per l’invio delle comunicazioni alla clientela e disciplina le modalità con cui far luogo a modifica del testo dell’accordo. Per i contratti che non disciplinano la forma delle comunicazioni, che la compagnia invia alla clientela, trova applicazione diretta la normativa regolamentare che rende possibile, come si è visto, inviare l’informativa alla clientela mediante tecniche di comunicazione a distanza. Tale possibilità è, tuttavia, subordinata all’esplicito e preventivo consenso del cliente. Al riguardo, il consenso dei clienti – a condizione che siano già registrati nella parte riservata del sito internet della compagnia – a ricevere le comunicazioni in formato elettronico può essere raccolto direttamente on line mediante il cd. click agreement 11. In particolare, sembra sufficiente informare i clienti – anche per e-mail o mediante una schermata cd. pop-up o altra modalità nella parte riservata del sito della compagnia – in relazione alla possibilità di ricevere le comunicazioni in corso di contratto anche in formato elettronico, invitandoli a prestare a tale fine il proprio libero ed espresso consenso mediante il cennato click agreement 12.
11.
Nel caso di medesimo cliente intestatario di più contratti, il consenso dell’interessato – sempre mediante il “click agreement” – può essere raccolto non solo su ogni singolo contratto ma anche e preferibilmente in relazione a più polizze sottoscritte dal medesimo cliente. 12. Il contraente va, inoltre, avvertito del diritto di richiedere in ogni caso e senza oneri di ricevere la documentazione anche su supporto cartaceo e di modificare in ogni momento la propria scelta, dandone comunicazione alla compagnia. È opportuno – ancorché non previsto dalla normativa – procedere con una lettera di conferma sull’intervenuta disattivazione dell’invio dei documenti su supporto cartaceo, con idonea avvertenza, se del caso, circa modalità, condizioni e termini ai quali l’informativa in formato elettronico risulta disponibile sul sito internet. In tale sede risulta altresì opportuno rammentare nuovamente ai clienti che è sempre possibile riattivare l’invio su supporto cartaceo, anche dall’area riservata del sito o contattando il servizio clienti o secondo altre specificate modalità.
508
Michele Siri
Per i contratti che prevedono la forma scritta per l’invio delle comunicazioni alla clientela, ma non sono presenti clausole dedicate alla modifica delle condizioni contrattuali, la forma scritta è richiesta dalla legge solo ai fini della prova del contratto e non già della sua validità. È quindi possibile richiedere il consenso dei clienti – già registrati nella parte riservata del sito internet della compagnia – alla modifica contrattuale attraverso una clausola che consenta alla compagnia di inviare l’informativa anche mediante tecniche di comunicazione a distanza. Il consenso, che può essere raccolto anche direttamente on line come nel caso precedente, dovrebbe essere duplice, manifestandosi per un distinto ambito, dovendo il contraente acconsentire sia (i) alla modifica contrattuale che permetta alla compagnia di inviare le comunicazioni anche in formato elettronico sia (ii) a voler ricevere le comunicazioni mediante tale modalità. Il contraente va, inoltre, avvertito del diritto di richiedere, in ogni caso e senza oneri, la documentazione anche su supporto cartaceo e di modificare in ogni momento la propria scelta, dandone comunicazione alla compagnia 13. Nel terzo ed ultimo insieme, relativo alle polizze in portafoglio, rientrano i contratti che prevedono la forma scritta per l’invio delle comunicazioni alla clientela e che disciplinano le modalità con cui far luogo a modifica delle condizioni contrattuali. In una tale circostanza, la possibilità di passare a modalità alternative di comunicazione (quali la posta elettronica o la messa a disposizione di documentazione sul sito internet) presuppone una variazione della clausola che norma le comunicazioni alla clientela, da effettuarsi nel rispetto del procedimento di modifica contrattuale dell’accordo contrattuale e quindi tipicamente attraverso un’appendice sottoscritta con firma autografa o mediante firma elettronica ad essa equipollente.
4. La cornice normativa relativa ai contratti assicurativi a contenuto finanziario. La legge 28 dicembre 2005, n. 262, c.d. legge sul risparmio, ha abrogato l’art. 100, co. 1, lett. f), del t.u.f., con la conseguenza che le offerte
13. Come nel caso precedente, è opportuno l’invio di una lettera di conferma scritta sull’intervenuta disattivazione dell’invio dei documenti su supporto cartaceo e sulla possibilità di riattivare l’invio su supporto cartaceo.
509
Fatti e problemi della pratica
al pubblico aventi ad oggetto i prodotti finanziari assicurativi sono state sottoposte all’obbligo di prospetto, come declinato agli artt. 29 ss. del Regolamento Emittenti. Tali regole trovano applicazione all’impresa di assicurazione in quanto soggetto emittente una polizza assicurativa finanziaria, indipendentemente dal fatto che la stessa sia commercializzata direttamente dalla stessa compagnia ovvero per il tramite di soggetti abilitati all’intermediazione assicurativa (in primis, banche e sim), agenti o broker 14. La legge sul risparmio ha, inoltre, esteso l’ambito di applicazione degli articoli 21 e 23 del t.u.f. anche “alla sottoscrizione e al collocamento di prodotti finanziari emessi … da imprese di assicurazione”, derivandone quindi che la vendita diretta, da parte delle compagnie, delle proprie polizze a contenuto finanziario (così come la commercializzazione delle stesse da parte dei soggetti abilitati all’intermediazione assicurativa) è stata assoggettata alle regole di comportamento previste dal t.u.f., come declinate nel Nuovo Regolamento Intermediari (“NRI”) 15. Al riguardo, occorre considerare che l’entrata in vigore delle norme della legge sul risparmio (e del decreto legislativo correttivo n. 303 del 2006) che hanno modificato il t.u.f. in ordine ai profili dianzi richiamati è stata più volte differita da successivi provvedimenti legislativi stabilendosi, tra l’altro, che le stesse dovevano considerarsi cogenti a far data dall’emanazione, ove prevista, delle relative disposizioni di attuazione da parte della Consob (e dell’Isvap – ora Ivass) 16.
14.
Sul tema si veda ancora Corrias, L’assicurato-investitore: prodotti, offerta e responsabilità, in Assicurazioni, 2011, I, p. 387. In arg. si veda anche Siri, I prodotti finanziari assicurativi nella prospettiva del testo unico della finanza, in I prodotti finanziari bancari ed assicurativi, Quaderno di Giurisprudenza Commerciale in ricordo di Gaetano Castellano, Milano, 2008, p. 175; Corrias, In tema di prodotti finanziari delle imprese di assicurazione e di trasparenza nel settore assicurativo alla luce dei regolamenti di attuazione dell’Isvap, in Resp. civ. prev., 2008, p. 997. Romagnoli, Controllo e regole di collocamento dei «prodotti» assicurativi a carattere finanziario, in Nuova giur. civ. comm., 2007, II, p. 90. 15. Sulla disciplina regolamentare che caratterizza i prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazione nella cornice dei regolamenti di attuazione della direttiva MiFid si veda Siri, I prodotti finanziari assicurativi, Roma, 2013; Carlevale, Il giudizio di adeguatezza nel collocamento di prodotti finanziari assicurativi, in Assicurazioni, 2011, I, p. 89; Siri, La commercializzazione di prodotti finanziari emessi da banche e da imprese di assicurazione, in L’attuazione della MiFID in Italia, a cura di D’Apice, Bologna, 2010, p. 575. Sui profili generali si veda Carriero, MiFID, attività assicurativa, autorità di vigilanza, in questa Rivista, 2008, I, p. 425. 16. Alla luce di tale criterio, si rileva quindi che la prima regolamentazione Consob di attuazione del t.u.f., come modificato dalla Legge sul Risparmio (e dal decreto cor-
510
Michele Siri
Sempre in via preliminare può essere utile evidenziare che le disposizioni del NRI (come già quelle del previgente regolamento Consob n. 11522/1998) e del Regolamento Emittenti (“RE”) operano su piani distinti e non coincidenti. Le prime attengono, infatti, alla prestazione di un servizio, che postula l’esistenza di un rapporto bilaterale tra l’impresa e il cliente, sostanziandosi in norme di comportamento in capo alla compagnia che presta il servizio. Le seconde si caratterizzano per disciplinare l’offerta al pubblico – per sua natura rivolta ad incertam personam – e si sostanziano in regole volte ad assicurare la correttezza del soggetto che effettua la sollecitazione e la trasparenza del prodotto commercializzato 17. In ordine al primo profilo – relativo alla disciplina dell’offerta al pubblico – l’art. 34 del Regolamento Emittenti – dopo aver disposto che le compagnie possono avvalersi del proprio sito internet ai fini della pubblicazione di informazioni relative alle polizze assicurative finanziarie offerte (cfr. art. 34, co. 1, 2 e 3, RE) – dispone che le imprese di assicurazione offerenti comunicano tempestivamente ai contraenti le variazioni delle informazioni contenute nel prospetto concernenti le caratteristiche essenziali del prodotto e con periodicità annuale quelle, diverse dalle precedenti, che espongono i dati periodici aggiornati contenuti nella Parte II del prospetto e le variazioni delle informazioni contenute nel prospetto 18. Il Regolamento Emittenti precisa altresì che
rettivo), è entrata in vigore secondo la tempistica di seguito riassunta. In relazione al Regolamento Emittenti, ex art. 28-nonies del medesimo Regolamento (come modificato con delibera n. 15915 del 3 maggio 2007), la Consob ha individuato: (i) il 1° luglio 2007, come data di entrata in vigore delle disposizioni previste nel nuovo Capo II-bis (e degli schemi di prospetto inseriti in Allegato 1B) per i prodotti finanziari assicurativi emessi a partire da tale data; (ii) il 1° novembre 2007 come termine per l’adeguamento ai nuovi schemi di prospetto dei prodotti finanziari assicurativi ancora in corso di sollecitazione a tale data (co. 2). In relazione alle disposizioni del vecchio Regolamento Intermediari n. 11522 del 1998 (come modificato con delibera n. 15961 del 30 maggio 2007), relative alla distribuzione di prodotti finanziari assicurativi, sono entrate in vigore il 1° luglio 2007 e trovano quindi applicazione a tutti i prodotti/contratti commercializzati successivamente a tale data. 17. Consob, Documento del 30 ottobre 2007 recante gli Esiti della consultazione condotta sul NRI, disponibile sul sito www.consob.it, p. 157. 18. Inoltre, relativamente ai prodotti finanziari di capitalizzazione, il cui rendimento è correlato all’andamento di una gestione separata ovvero di altra provvista di attivi, la comunicazione di cui al comma 5 dell’art. 34 del Regolamento Emittenti è effettuata con riferimento ai dati relativi all’ultimo periodo di rilevazione previsto nelle condizioni di contratto. Infine, relativamente ai prodotti finanziario-assicurativi di tipo unit
511
Fatti e problemi della pratica
“ai fini dell’assolvimento degli obblighi previsti dai commi 4, 5, 6 e 7 possono essere utilizzate anche tecniche di comunicazione a distanza, qualora il contraente vi abbia espressamente e preventivamente acconsentito” (cfr. art. 34, co. 8 RE). Sullo stesso perimetro – con conseguente sostanziale duplicazione del set informativo – insiste anche la speculare normativa adottata dall’ISVAP – ora Ivass – sul presupposto che gli obblighi informativi nell’esecuzione del contratto attengano anche alle attribuzioni di vigilanza dell’Autorità assicurativa 19. Dal momento che tra le norme che disciplinano gli obblighi informativi figura anche l’art. 21, risulta possibile adempiere al dettato regolamentare – previsto sul versante assicurativo della disciplina sulle informazioni in corso di contratto – anche mediante le tecniche di comunicazione a distanza prese in esame nel caso dei prodotti assicurativi non finanziari. In ordine al secondo profilo – relativo alla disciplina della correttezza dei comportamenti – il Nuovo Regolamento Intermediari stabilisce che le compagnie che commercializzano direttamente i propri prodotti assicurativi finanziari sono sottoposte a tre distinti obblighi verso la clientela. Al riguardo, le compagnie comunicano ai contraenti “le informazioni di cui ai commi 2, 3 e 4” 20 del medesimo art. 34 “… su un supporto duraturo o tramite il sito Internet” dell’impresa “purché le condizioni di cui all’articolo 36, comma 2, siano soddisfatte.” (cfr. art.
linked o ai prodotti finanziari di capitalizzazione, in forza del co. 7 dell’art. 34 del Regolamento Emittenti sono comunicate tempestivamente ai contraenti le informazioni relative ai fondi o comparti di nuova istituzione ovvero gestioni interne separate ovvero altre provviste di attivi di nuova istituzione non contenute nel prospetto inizialmente pubblicato. 19. Infatti, l’art. 25 del Regolamento Isvap n. 35, riferisce le disposizioni attinenti a obblighi informativi in corso di contratto riguardano anche ai contratti unit linked, index linked ed alle operazioni di capitalizzazione. Il medesimo Regolamento, in coerenza con l’abrogazione dell’art. 100, co. 1, lett. f), del t.u.f., ha rideterminato l’ambito di applicazione delle norme – adottate da Isvap in attuazione del Codice delle assicurazioni private – ai soli prodotti assicurativi diversi da quelli di investimento, così evitando duplicazioni con il regime di informativa precontrattuale attraverso il prospetto informativo disciplinato dal Regolamento Emittenti. 20. Si tratta, in estrema sintesi, delle informazioni, da fornire per lo più in sede precontrattuale, concernenti (i) l’impresa e i suoi servizi; (ii) le polizze proposte, inclusi opportuni orientamenti e avvertenze sui rischi associati agli investimenti relativi a tali polizze; (iii) le sedi di esecuzione; (iv) i costi e gli oneri connessi alla sottoscrizione del prodotto.
512
Michele Siri
34, co. 5, NRI) 21. Inoltre, notificano al cliente in tempo utile qualsiasi modifica rilevante delle informazioni fornite ai sensi del precedente alinea, precisandosi che “la notifica viene fatta su supporto duraturo, se le informazioni alle quali si riferisce erano state fornite su supporto duraturo” (cfr. art. 34, co. 6, NRI). Infine, le compagnie comunicano “su supporto duraturo” ai clienti la loro nuova classificazione in qualità di cliente al dettaglio, cliente professionale o controparte qualificata (cfr. art. 35 NRI) 22. In tale contesto, l’art. 36, co. 1, NRI ha cura di precisare che “quando, ai fini del presente regolamento è prescritto che le informazioni siano fornite su un supporto duraturo”, le compagnie: (a) utilizzano un supporto cartaceo; oppure (b) “utilizzano un supporto duraturo non cartaceo a condizione che: (i) tale modalità risulti appropriata per il contesto in cui si svolge o si svolgerà il rapporto tra l’intermediario e il cliente; e (ii) il cliente o potenziale cliente sia stato avvertito della possibilità di scegliere tra supporto duraturo cartaceo o non cartaceo, ed abbia scelto espressamente quest’ultimo” 23. La norma stabilisce, infine, che la fornitura di informazioni tramite comunicazioni elettroniche “viene considerata come appropriata per il contesto in cui il rapporto tra l’intermediario e il cliente si svolge o si svolgerà se vi è la prova che il cliente può avere accesso regolare a internet. La fornitura da parte del cliente di un indirizzo e-mail ai fini di tale rapporto può essere considerata come un elemento di prova” 24.
21. L’art. 34 NRI è applicabile alle imprese di assicurazione in forza del rinvio ad esso operato dall’art. 87, co. 1, del medesimo Regolamento. 22. L’art. 35 NRI è applicabile alle imprese di assicurazione in forza del rinvio ad esso operato dall’art. 87, co. 1, del medesimo Regolamento. Per l’improprio riferimento, operato dall’art. 35 NRI, alle controparti qualificate si rinvia a Siri, I prodotti, cit., p. 215. 23. Il medesimo art. 36 dispone che – ai sensi degli articoli 29, 30, 31, 32, 34 e 46, comma 3 del NRI – quando le Compagnie forniscono informazioni ad un cliente “tramite un sito Internet” e tali informazioni non sono indirizzate personalmente al cliente, devono ricorrere alcune specifiche condizioni: a) l’utilizzo del sito Internet risulta appropriato per il contesto in cui si svolge o si svolgerà il rapporto tra l’impresa e il cliente; b) il cliente acconsente espressamente alla fornitura delle informazioni in tale forma; c) al cliente è comunicato elettronicamente l’indirizzo del sito Internet e il punto del sito in cui si può avere accesso all’informazione; d) le informazioni sono aggiornate; e) le informazioni sono continuamente accessibili tramite tale sito per tutto il periodo di tempo in cui, ragionevolmente, il cliente può avere necessità di acquisirle. 24 Cfr. art. 36, co. 3, NRI.
513
Fatti e problemi della pratica
5. Gli obblighi informativi disciplinati dal Regolamento Emittenti. Nei confronti dei nuovi clienti, alla luce del quadro giuridico esposto nel precedente paragrafo, l’impresa di assicurazione può assolvere gli obblighi di informativa di cui al Regolamento Emittenti (id est, gli obblighi attinenti al prodotto assicurativo commercializzato) “anche mediante tecniche di comunicazione a distanza” (e-mail, sito internet) a condizione che gli stessi “vi abbia[no] espressamente e preventivamente acconsentito”. A tale fine risulterà necessario che le condizioni contrattuali di polizza contemplino l’utilizzo di tecniche di comunicazione a distanza tra le forme previste per l’interlocuzione con la clientela e prevedano, opportunamente, un apposito spazio nel testo del contratto nel quale il contraente possa prestare il proprio espresso consenso a ricevere le informazioni secondo tale modalità. Nel caso in cui la compagnia intenda adempiere agli obblighi informativi recati dal Regolamento Emittenti pubblicando le informazioni sul proprio sito internet (anziché comunicandole per e-mail all’interessato) è opportuno che venga comunicato – per iscritto o elettronicamente – al contraente l’indirizzo del sito internet e il punto del sito in cui questi può avere accesso all’informazione e che tali informazioni – sempre debitamente aggiornate – siano continuamente accessibili tramite tale sito per tutto il periodo di tempo in cui, ragionevolmente, il cliente può avere necessità di acquisirle. Resta fermo che è necessario che il contraente abbia la possibilità di prendere visione, scaricare e conservare la documentazione trasmessa. Nei confronti dei clienti in portafoglio occorre considerare separatamente i prodotti assicurativi finanziari a seconda che la commercializzazione sia avvenuta prima o dopo l’entrata in vigore della Legge sul Risparmio. In un primo ambito rientrano quelli collocati prima dell’entrata in vigore della Legge sul Risparmio, redatti sulla base degli schemi di nota informativa Isvap – ora Ivass – e nella cornice normativa recata, in particolare, dall’art. 1888 del codice civile che richiede, per le polizze, la forma scritta solo ai fini della prova del contratto e non già della sua validità. Nel secondo ambito vi sono quelli commercializzati successivamente all’entrata in vigore della Legge sul Risparmio, redatti sulla base degli schemi di prospetto Consob e nella cornice recata, in particolare, dall’art. 23 del t.u.f. che richiede la forma scritta dei contratti a pena di nullità. I prodotti assicurativi finanziari collocati anteriormente alla Legge sul Risparmio continuano, infatti, ad essere disciplinati dalla normativa in vigore all’epoca in cui sono stati emessi; ne segue che, per tali contratti, possono qui
514
Michele Siri
riproporsi le considerazioni e le soluzioni evidenziate nel paragrafo 3 a proposito dei contratti assicurativi non finanziari. Per quanto concerne le polizze assicurative finanziarie commercializzate successivamente all’entrata in vigore della Legge sul Risparmio, la circostanza che la forma scritta venga ora prevista a pena di nullità dei relativi contratti induce a concludere che la possibilità di inviare comunicazioni alla clientela mediante tecniche a distanza (e-mail, parte riservata del sito internet della compagnia) risulta circoscritta al caso in cui il contratto non disciplini la forma delle comunicazioni in questione ovvero, s’intende, all’ipotesi in cui il contratto contempli espressamente la possibilità di interloquire anche mediante tecniche di comunicazione a distanza25. In una tale evenienza trova, infatti, diretta applicazione la disciplina di cui al Regolamento Emittenti, che rende possibile effettuare comunicazioni alla clientela mediante tecniche a distanza, raccogliendone il preventivo ed espresso consenso. Al riguardo, si fa rinvio alle considerazioni evidenziate nel paragrafo 3 a proposito dei casi nei quali il contratto non disciplina la forma delle comunicazioni che la compagnia invia alla clientela. In tale ipotesi trova applicazione diretta la normativa regolamentare che rende possibile, come si è visto, inviare le comunicazioni alla clientela mediante tecniche di comunicazione a distanza. Tale possibilità è, tuttavia, subordinata all’esplicito e preventivo consenso del cliente che può essere raccolto anche direttamente on line mediante il cd. click agreement. Viceversa, nel caso in cui il contratto preveda la forma scritta per l’invio delle comunicazioni alla clientela, la possibilità di utilizzare anche tecniche di comunicazione a distanza (e-mail, sito della compagnia) passa necessariamente attraverso una modifica delle condizioni contrattuali. Stante la circostanza che, come detto, la forma scritta dei contratti finanziari assicurativi è ora prevista a pena di nullità ex art. 23 t.u.f., ogni modifica dovrà conseguentemente avvenire in forma scritta 26. In caso contrario, il contraente potrebbe far valere la nullità della modifica contrattuale non apportata in forma scritta (per es., mediante il cennato click agreement), ciò che potrebbe travolgere tutti le attività effettuate in dipendenza della disposizione che risulti tamquam non esset.
25. In generale sulla prestazione a distanza di servizi finanziari si veda da ult. Maggiolo, Servizi ed attività d’investimento, in Tratt. dir. civ. comm., Milano, 2012, p. 332 ss. Per una rassegna sugli orientamenti giurisprudenziali si veda invece Durante, Intermediari finanziari e tutela dei risparmiatori, Mlano, 2009, p. 271 ss. 26. In arg. da ultimo si veda Lener e Lucantoni, Sub art. 23, in Il Testo unico della finanza, a cura di Fratini e Gasparri, Torino, 2012, I, p. 401.
515
Fatti e problemi della pratica
6. Gli obblighi informativi disciplinati dal Nuovo Regolamento Intermediari. Nei confronti dei nuovi clienti, nella misura in cui la compagnia proceda anche alla vendita diretta dei prodotti finanziari assicurativi di cui è emittente, troveranno applicazione (anche) le disposizioni del Nuovo Regolamento Intermediari, alle quali si fa ora specifico riferimento. In forza di tale Regolamento risulta certamente possibile mettere a disposizione del cliente, mediante tecniche di comunicazione a distanza, tutta la documentazione la cui consegna è obbligatoria in sede precontrattuale ai sensi del medesimo Regolamento, così come aggiornare in corso di contratto il set informativo trasmesso 27. Il NRI introduce a carico della compagnia un ulteriore dovere che comporta la necessità di valutare che la fornitura di informazioni tramite comunicazioni elettroniche risulti “appropriata” per il contesto in cui si svolge o si svolgerà il rapporto con il cliente. Va, tuttavia, evidenziato che la portata di tale onere risulta attenuata dallo stesso NRI che consente di considerare “come appropriat[o] … il contesto in cui il rapporto tra l’intermediario e il cliente si svolge o si svolgerà se vi è la prova che il cliente può avere accesso regolare a Internet”, precisandosi che “la fornitura da parte del cliente di un indirizzo e-mail ai fini di tale rapporto può essere considerata come un elemento di prova” 28. Nei confronti dei clienti in portafoglio, la normativa rende possibile, come si è visto, inviare le informazioni alla clientela di cui al NRI mediante tecniche di comunicazione a distanza. Tale possibilità è subordinata al previo ed espresso consenso del cliente ed alla circostanza che la fornitura di informazioni tramite comunicazioni elettroniche risulti “appropriata” per il contesto in cui si svolge o si svolgerà il rapporto con il cliente. Come osservato nel precedente paragrafo per il Regolamento Emittenti, i prodotti assicurativi finanziari sono sottoposti alla disciplina
27. Similmente a quanto già si è detto sopra, ferma la necessità di: (a) prevedere tale forma di interlocuzione con la clientela in sede contrattuale; (b) comunicare al cliente la possibilità di scelta tra supporto duraturo cartaceo e non cartaceo, raccogliendo, se del caso, il “preventivo” ed “espresso” consenso del cliente alla fornitura delle informazioni mediante tecniche di comunicazione a distanza; (c) utilizzare strumenti che permettano al cliente di acquisire, scaricare e conservare la documentazione trasmessa. 28 Cfr. art. 36, co. 3, NRI. Per un’accurata panoramica sugli obblighi informativi e di assistenza dell’investitore in corso di contratto si veda ora De Mari, Informativa “post contrattuale” e servizi di investimento, in Giur. comm., 2012, I, p. 408.
516
Michele Siri
del t.u.f. e del Nuovo Regolamento Intermediari solo se collocati successivamente all’entrata in vigore della Legge sul Risparmio. Quindi, i prodotti assicurativi finanziari commercializzati anteriormente continuano, infatti, ad essere disciplinati dalla normativa in vigore all’epoca in cui sono stati emessi. Ne consegue che, per tali contratti, possono riproporsi le considerazioni evidenziate nel precedente paragrafo cui, pertanto, si fa rinvio. Per quanto concerne le polizze assicurative finanziarie collocate successivamente all’entrata in vigore della Legge sul Risparmio, la circostanza che la forma scritta venga ora prevista a pena di nullità dei relativi contratti induce a concludere che la possibilità di inviare comunicazioni alla clientela mediante tecniche a distanza (e-mail, parte riservata del sito internet della compagnia) risulta circoscritta al caso in cui il contratto non disciplini la forma delle comunicazioni in questione ovvero all’ipotesi in cui il contratto contempli espressamente la possibilità di interloquire anche mediante tecniche di comunicazione a distanza. Valgono anche per tali situazioni le considerazioni esposte sui prodotti assicurativi non finanziari. In tali circostanze trova diretta applicazione la disciplina di cui al Nuovo Regolamento Intermediari, che rende possibile interloquire con la clientela mediante tecniche di comunicazione a distanza, raccogliendone il preventivo ed espresso consenso. Al riguardo si rappresenta che tale consenso può essere raccolto – oltreché, naturalmente, secondo modalità tradizionali – anche mediante click agreement nella parte riservata del sito della compagnia 29. La compagnia deve, peraltro, valutare che la fornitura di informazioni tramite comunicazioni elettroniche risulti “appropriata” per il contesto in cui si svolge o si svolgerà il rapporto con il cliente. La portata di tale onere risulta attenuata dallo stesso NRI che consente di considerare “come appropriat[o] … il contesto in cui il rapporto tra l’intermediario e il cliente si svolge o si svolgerà se vi è la
29. Cfr. Consob, Commento sub art. 36, Documento del 30 ottobre 2007 recante gli Esiti della consultazione condotta sul NRI, la Consob, a fronte della richiesta di un osservatore di “avallare l’interpretazione per cui per i clienti che già si avvalgono di queste tecniche, ed in primo luogo per quelli che fanno trading on line, tale manifestazione di volontà possa darsi per acquisita”. Consob ha chiarito che “non si ritiene vi siano elementi per presupporre una manifestazione di volontà in tal senso da parte dei clienti, tenuto conto che appare necessario comunicare al cliente la possibilità di scelta tra supporto duraturo cartaceo e non cartaceo” e ha evidenziato che “tale manifestazione di volontà” può “essere raccolta anche tramite internet”.
517
Fatti e problemi della pratica
prova che il cliente può avere accesso regolare a Internet” precisandosi che “la fornitura da parte del cliente di un indirizzo e-mail ai fini di tale rapporto può essere considerata come un elemento di prova” secondo quanto previsto dall’art. 36, co. 3, NRI. Viceversa, nel caso in cui il contratto preveda la forma scritta per l’invio delle comunicazioni alla clientela, la possibilità di utilizzare anche tecniche di comunicazione a distanza passa necessariamente attraverso una modifica delle condizioni contrattuali. Valgono le considerazioni esposte nel precedente paragrafo a proposito della necessità di conformarsi, a pena di nullità, al requisito formale nel caso di modifiche ai contratti con gli investitori.
7. Le funzioni dispositive e la valutazione di adeguatezza nelle operazioni realizzate a distanza. Se si passa dalla mera funzione informativa a quella di natura dispositiva l’esecuzione a distanza incontra un ulteriore limite, se si ritiene che l’impresa debba effettuare la valutazione di adeguatezza 30, qualora al contraente sia consentito effettuare anche versamenti aggiuntivi e disporre operazioni di disinvestimento e reinvestimento fra fondi collegati alla polizza. Per vero, una simile conclusione è obbligata secondo l’attuale quadro normativo. Infatti, l’operatività a distanza via internet o telefono non può essere considerata come “mera esecuzione di ordine”, con conseguente possibilità di manlevare la compagnia dall’effettuazione delle verifiche di adeguatezza e/o appropriatezza. Infatti, per quanto concerne i prodotti assicurativi rivalutabili, il Codice delle Assicurazioni Private e le connesse disposizioni Isvap – ora Ivass - non consentono mai agli intermediari e alle imprese di prescindere dall’effettuazione del test di adeguatezza 31, indipendentemente dal canale utilizzato.
30. Sul tema si veda da ult. Carlevale, Il giudizio di adeguatezza nel collocamento di prodotti finanziari assicurativi, p. 89. In argomento si veda anche Siri, I prodotti, cit., p. 208 e in prospettiva più ampia Lener, Collocamento telematico di prodotti finanziari e servizi di investimento, in La tutela dei consumatori in internet e nel commercio elettronico, cit., p. 439. 31. Salva, s’intende, l’ipotesi in cui l’investitore rifiuti di fornire le informazioni sul proprio profilo. In una tale evenienza tuttavia “il rifiuto di fornire una o più delle informazioni richieste deve risultare da apposita dichiarazione, da allegare alla proposta, sottoscritta dal contraente, nella quale è inserita specifica avvertenza riguardo la circostanza che il rifiuto del contraente di fornire una o più delle informazioni pregiudica la capacità di
518
Michele Siri
Altrettanto può dirsi nella prospettiva della disciplina del t.u.f. In particolare, l’art. 43 del Nuovo Regolamento Intermediari – che contempla la possibilità per gli intermediari di prestare i servizi di esecuzione di ordini per conto dei clienti e di ricezione e trasmissione di ordini prescindendo, a specifiche e determinate condizioni, e nei limiti delle stesse, dalla conoscenza del cliente e dalla conseguente valutazione di appropriatezza (e, a maggior ragione, di adeguatezza) – non figura tra le norme richiamate dagli art. 85 e 87 del medesimo NRI come applicabili alla commercializzazione di polizze linked e di capitalizzazione realizzata, rispettivamente, dai soggetti abilitati all’intermediazione assicurativa ovvero, direttamente, dalle imprese di assicurazione. Ciò è coerente con il fatto che i prodotti assicurativi sono commercializzati nell’ambito della prestazione del servizio di collocamento (cioè di un accordo tra emittente e distributore), ovvero di consulenza, laddove l’execution only costituisce una modalità di prestazione dei (soli) servizi di (i) esecuzione di ordini per conto dei clienti e di (ii) ricezione e trasmissione di ordini. Il quadro normativo impone, al minimo, che la compagnia effettui la valutazione di appropriatezza – anziché quella di adeguatezza – per le operazioni disposte direttamente dal cliente tramite il proprio sito internet. Al riguardo, va considerato con riguardo ai prodotti assicurativi di ramo primo, che il Codice delle Assicurazioni Private e le connesse disposizioni Isvap – ora Ivass – di attuazione non consentono mai agli intermediari e alle imprese di prescindere dall’effettuazione del test di adeguatezza, indipendentemente dal canale utilizzato. Pertanto, l’attuale dispositivo regolamentare formato dalle disposizioni del settore assicurativo e da quelle del settore finanziario permette di effettuare la valutazione di appropriatezza, anziché quella di adeguatezza, limitatamente alle operazioni aventi ad oggetto prodotti finanziari assicurativi disposte dal cliente tramite il sito internet della compagnia 32. La stessa impostazione potrebbe essere mantenuta anche per i clienti che abbiano sottoscritto la polizza (di natura finanziaria) tramite una banca (o altro soggetto abilitato all’intermediazione assicurativa) per le
individuare il contratto adeguato alle sue esigenze” come previsto dall’art. 52, co. 4, del Regolamento Isvap n. 5. 32. Il test di appropriatezza risulta sufficiente solo se il sito internet è configurato in maniera tale da evitare che una determinata polizza venga presentata come adatta alle caratteristiche personali di quel contraente. In una simile evenienza la funzionalità del sito integrerebbe la prestazione del servizio di consulenza, con conseguente applicazione del più severo test di adeguatezza. Sul punto si veda ancora Lener, Collocamento, cit., p. 457.
519
Fatti e problemi della pratica
operazioni di post vendita disposte direttamente dal contraente sul sito della compagnia e sempreché il cliente abbia sottoscritto le norme contrattuali ad hoc per l’operatività a distanza in modalità dispositiva. È evidente che solo integrando le funzionalità dispositive all’interno del sito della compagnia che presta il servizio si può rendere efficace non solo la transizione al formato elettronico dei processi di informazione, ma anche di quelli gestionali del rapporto assicurativo, senza che sia indispensabile far transitare l’operazione dall’intermediario che ha collocato il prodotto.
8. Operazioni eseguite a distanza su prodotti finanziari assicurativi ed uniforme applicazione delle regole di condotta. Va infine chiarito se, ai fini della presente indagine, rilevi anche l’art. 88 del NRI, laddove dispone che gli intermediari che svolgono sia il servizio di distribuzione di prodotti finanziari emessi da banche e/o da imprese di assicurazione, sia il collocamento di strumenti finanziari e/o la consulenza in materia di investimenti, considerano unitariamente il rapporto con i clienti al fine di adempiere in modo uniforme e coordinato alle regole di condotta applicabili. In particolare, il dubbio sorge per la ragione che la norma, pur essendo dedicata agli intermediari polifunzionali, è inserita all’interno del Libro VI del NRI, che è invece rubricato “Distribuzione di prodotti finanziari emessi da banche e da imprese di assicurazione”. Al riguardo va ricordato che, mediante l’inserimento dell’art. 25-bis nel t.u.f., la legge sul risparmio ha inteso, come noto, estendere alla distribuzione, da parte dell’emittente, di prodotti finanziari (bancari o) assicurativi, ovvero di prodotti finanziari assicurativi da parte di intermediari, le regole di condotta già disciplinanti la prestazione dei servizi di investimento. Ciò al fine di contribuire alla creazione di un level playing field per attività e prodotti ritenuti (dallo stesso legislatore) fra loro “fungibili” nella prospettiva dell’investitore. In tale contesto, l’art. 88 NRI intende far sì che nel caso di intermediari polifunzionali (ovvero per le ipotesi in cui l’attività di distribuzione di prodotti finanziari emessi da banche ex art. 84 e da imprese di assicurazione ex art. 85 sia associata alla prestazione del collocamento in strumenti finanziari e/o alla consulenza in materia di investimenti) le regole di condotta debbano essere applicate in maniera uniforme, al fine di garantire ai clienti il medesimo trattamento, quale che sia il prodotto commercializzato (fatte salve, s’intende, le specificità delle rispettive
520
Michele Siri
discipline) 33. Ciò significa che la valutazione di appropriatezza deve essere effettuata secondo i medesimi canoni, criteri e strumenti sia nel caso di collocamento di quote di fondi comuni di investimento sia nella commercializzazione di prodotti assicurativi finanziari. D’altro canto, come rilevato dalla Consob, “posto che l’investitore potrà perseguire i propri obiettivi di investimento attraverso diversi prodotti/servizi finanziari, l’intermediario polifunzionale (tipicamente collocatore di strumenti finanziari da un lato e distributore di prodotti bancari e assicurativi dall’altro, ed anche eventualmente consulente su tali prodotti) dovrà assumere una considerazione unitaria di tutta la gamma di prodotti/servizi offerti al momento di definire i comportamenti da porre in essere nel rapporto con i clienti, anche al fine di applicare le regole di condotta in modo coordinato”. Ad esempio, nel valutare la “storia” finanziaria del cliente devono essere valorizzati, indifferentemente, sia gli investimenti in prodotti assicurativi a contenuto finanziario, sia le operazioni in strumenti finanziari. In tale contesto, e al fine di conformarsi agli obiettivi sopra tratteggiati, gli intermediari polifunzionali dovranno tenere in considerazione tutti i prodotti/servizi commercializzati. Così chiarita la ratio dell’art. 88 NRI, ne discende che lo stesso non risulta applicabile alle imprese di assicurazione in quanto le compagnie non possono mai configurarsi come “intermediari polifunzionali”, non potendo essere autorizzate alla distribuzione di quote di fondi comuni di investimento o di altri strumenti finanziari (ciò che costituisce attività riservata, in primis, alle Sim e alle banche). La norma in questione, del resto, non figura tra le disposizioni richiamate come applicabili dall’art. 87 NRI alle imprese di assicurazione che commercializzano direttamente i propri prodotti.
9. La transizione al digitale delineata dal decreto Crescita 2: il sito internet per i contraenti ed il portale telematico per gli intermediari assicurativi. Fin qui il quadro delle norme legislative e regolamentari che disciplinano la formazione e l’esecuzione dei contratti assicurativi attraverso
33
Cfr. Consob, Documento di Consultazione sul NRI. In argomento si veda specialmente Perrone, Distribuzione di prodotti finanziari emessi da banche ed imprese assicurative, in Disciplina dei mercati finanziari e tutela del risparmio, a cura di Martorano e De Luca, Milano, 2008, p. 269.
521
Fatti e problemi della pratica
le regole di condotta che le imprese devono osservare nella relazione con la clientela. Va ora considerato il recente intervento legislativo con il quale – nell’ambito di un eterogeneo insieme di misure volte favorire la ripresa economica – si obbligano le imprese assicurative ad introdurre appositi sistemi di comunicazione attraverso siti internet per favorire la trasparenza e la semplificazione dei rapporti con gli assicurati 34. Simili dispositivi sono parte di un più ampio ambito di misure che lo stesso Decreto Crescita 2 ha cercato di introdurre per arrivare ad una sorta di mercato elettronico dei contratti attraverso una piattaforma telematica destinata a facilitare la comparabilità delle polizze assicurative. Così, in una prima fase, il dispositivo che ciascuna impresa è tenuta ad organizzare per rendere informazioni in via telematica alla propria clientela è inizialmente concepito come parte di un più ampio disegno di istituzione di un mercato elettronico per la conclusione e la gestione dei contratti assicurativi in formato completamente elettronico. Infatti, al punto di accesso informativo per gli assicurati nell’ambito del sito internet delle imprese è associata – con un’altra norma di dirompente impatto sulla struttura del mercato – l’istituzione di una piattaforma elettronica per facilitare la gestione e conclusione dei contratti assicurativi originati nell’ambito del nuovo contesto competitivo aperto dalla piena libertà di collaborazione fra intermediari assicurativi di primo livello prevista dal medesimo Decreto Crescita 2 35. Poiché la piattaforma comune è attiva
34. L’art. 22, co. 8, del decreto l. 18 ottobre 2012, n. 179 recante “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese” convertito, con modificazioni, dalla l. 17 dicembre 2012, n. 22, così dispone: “Al fine di favorire una più efficace gestione dei rapporti contrattuali assicurativi anche in via telematica, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, l’IVASS, sentite l’Associazione nazionale tra le imprese assicuratrici-ANIA e le principali associazioni rappresentative degli intermediari assicurativi, stabilisce con apposito regolamento le modalità secondo cui, entro i successivi 60 giorni, nell’ambito dei requisiti organizzativi di cui all’articolo 30 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, le imprese autorizzate all’esercizio dei rami vita e danni prevedono nei propri siti internet apposite aree riservate a ciascun contraente, accedibili mediante sistemi di accesso controllato, tramite le quali sia possibile consultare le coperture in essere, le condizioni contrattuali sottoscritte, lo stato dei pagamenti e le relative scadenze, e, limitatamente alle polizze vita, i valori di riscatto e le valorizzazioni aggiornate”. 35. L’art. 22, co. 10, del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 cit., così dispone: “Al fine di favorire il superamento dell’attuale segmentazione del mercato assicurativo ed accrescere il grado di libertà dei diversi operatori, gli intermediari assicurativi di cui al co. 2, lett. a), b), d), dell’art. 109 del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, nonché quelli inseriti nell’elenco annesso al registro degli intermediari medesimi ex art. 33, co. 2 del regolamento ISVAP n. 5/06, possono adottare forme di collaborazione reciproca nello svolgimento della
522
Michele Siri
attraverso uno standard tecnologico uniforme, gli intermediari riescono ad operare collaborando reciprocamente, senza la necessità di assumere un incarico diretto di intermediazione. L’idea di un facilitatore telematico per aumentare la comparabilità dei contratti assicurativi si affaccia nel Decreto Crescita 2 con una norma che esplicitamente attribuisce all’Ivass una potestà regolamentare, orientata all’eliminazione di ostacoli di carattere tecnologico, per definire standard tecnici uniformi non solo per consentire agli intermediari di svolgere agevolmente l’attività di preventivazione, monitoraggio e valutazione dei contratti consigliati alla clientela ma, soprattutto, anche per la gestione e conclusione dei contratti assicurativi, per eseguire semplicemente le ulteriori fasi sino alla conclusione del contratto. In tal modo, la piattaforma assumerebbe le caratteristiche di un vero e proprio mercato telematico dei contratti assicurativi standardizzati 36. Successivamente alla conversione in legge del Decreto Crescita 2 accade, tuttavia, che il testo subisce una rivisitazione di apparente perfezionamento formale, ma che nella sostanza è preordinata a ridefinirne il campo di applicazione. Cambia, in profondità, la stessa funzione del di-
propria attività anche mediante l’utilizzo dei rispettivi mandati. Detta collaborazione è consentita sia tra intermediari iscritti nella medesima sezione del registro o nell’elenco a questo annesso, sia tra di loro reciprocamente, a condizione che al cliente sia fornita, con le modalità e forme previste nel Codice delle assicurazioni private e sui regolamenti attuativi, una corretta e completa informativa in relazione al fatto che l’attività di intermediazione viene svolta in collaborazione tra più intermediari, nonché l’indicazione dell’esatta identità, della sezione di appartenenza e del ruolo svolto dai medesimi nell’ambito della forma di collaborazione adottata. L’IVASS vigila sulla corretta applicazione del presente articolo e può adottare disposizioni attuative anche al fine di garantire adeguata informativa ai consumatori”. Sull’opportunità di collaborazione fra intermediari iscritti a sezioni diverse del Registro ed anche sulla coerenza della correlata operatività congiunta nei confronti della clientela in relazione alla direttiva comunitaria sull’intermediazione assicurativa si era già espresso con efficaci argomentazioni Marano, La concorrenza tra intermediari assicurativi: prospettive di regolazione europea e interventi di liberalizzazione nazionali, in La regolazione assicurativa. Dal codice ai primi regolamenti di attuazione, a cura di Marano e Siri, Torino, 2009, p. 231. 36. L’art. 22, co. 13, del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, cit., nella sua origianria versione disponeva quanto segue: “13. Anche al fine di incentivare lo sviluppo delle forme di collaborazione di cui ai commi precedenti e di fornire impulso alla concorrenza attraverso l’eliminazione di ostacoli di carattere tecnologico, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, l’IVASS, sentite l’ANIA e le principali associazioni rappresentative degli intermediari assicurativi, dovrà definire standard tecnici uniformi ai fini di una piattaforma di interfaccia comune per la gestione e conclusione dei contratti assicurativi, anche con riferimento alle attività di preventivazione, monitoraggio e valutazione”.
523
Fatti e problemi della pratica
spositivo tecnologico a supporto di un mercato elettronico aperto a tutti gli intermediari e scompare l’obiettivo di consentire anche le collaborazioni reciproche sino alla fase di conclusione dei contratti. È evidente che una simile infrastruttura avrebbe depotenziato – e finanche neutralizzato – i residui legami operativi che inducono gli intermediari assicurativi a preferire rapporti di sostanziale esclusiva o comunque a ricercare un portafoglio di mandati limitato ad un ristretto numero di compagnie proprio per le complessità amministrative e gestionali originate da prassi amministrative e sistemi informatici non intercomunicanti. La disposizione è stata infatti sostituita da una nuova formulazione veicolata attraverso la Legge cd. di Stabilità 2013 37. Innanzitutto, il campo di applicazione della collaborazione fra intermediari esclude le polizze sulla vita, dato che nel testo vigente è ristretto ai soli contratti di assicurazione dei rami danni. La potestà regolamentare rimane orientata all’eliminazione degli ostacoli di carattere tecnologico, ma viene limitata alla definizione di regole uniformi che devono essere impiegate per l’accesso e il funzionamento della piattaforma telematica. È incerta inoltre la sua collocazione, dato che non viene indicato il soggetto incaricato della costituzione e dell’esercizio. La stessa piattaforma viene precipuamente destinata alla raccolta ed elaborazione dei preventivi che gli intermediari devono consegnare nel caso di stipulazione di polizze per l’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile automobilistica 38. Resta la
37. Il testo vigente dell’art. 22, co. 13, del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, coordinato con le modifiche introdotte dalla legge di conversione 17 dicembre 2012, n. 221 “legge di stabilità 2013”, risulta il seguente: “13. Anche al fine di incentivare lo sviluppo delle forme di collaborazione di cui ai commi precedenti nei rami assicurativi danni e di fornire impulso alla concorrenza attraverso l’eliminazione di ostacoli di carattere tecnologico, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, l’IVASS, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico e sentite l’ANIA e le principali associazioni rappresentative degli intermediari assicurativi, dovrà definire specifiche e standard tecnici uniformi ai fini della costituzione e regolazione dell’accesso ad una piattaforma di interfaccia comune per le attività di consultazione di cui all’articolo 34, comma 1 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, nonché di preventivazione, monitoraggio e valutazione dei contratti di assicurazione contro i danni”. 38. Il d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla l. 24 marzo 2012, n. 27, all’art. 34, rubricato “Obbligo di confronto delle tariffe r.c. auto”, prevede quanto segue: “1. Gli intermediari che distribuiscono servizi e prodotti assicurativi del ramo assicurativo di danni derivanti dalla circolazione di veicoli e natanti sono tenuti, prima della sottoscrizione del contratto, a informare il cliente, in modo corretto, trasparente ed esaustivo, sulla tariffa e sulle altre condizioni contrattuali proposte da almeno tre diverse
524
Michele Siri
possibilità di utilizzo della piattaforma per la preventivazione, monitoraggio e la valutazione dei contratti di assicurazione contro i danni, ma non vi più alcuna funzione dispositiva, che consenta la conclusione in formato elettronico dei contratti dei rami danni, nonché la successiva gestione, secondo forme tecniche che fanno impiego di comunicazioni elettroniche. Il risultato ottenuto con la riformulazione della disposizione ne riduce considerevolemente la funzione ed il campo di applicazione. Infatti, basti considerare che: (a) eliminando le attività di gestione e conclusione, si riduce la piattaforma a un semplice dispositivo a funzione informativa 39; (b) la piattaforma è ora limitata ai rami assicurativi danni, escludendo qualsiasi funzione per i contratti di assicurazione sulla vita, per i quali la sola considerazione della funzione di accumulo di risparmio a lungo termine avrebbe giustificato l’inclusione nella piattaforma; (c) le residue attività informative – individuate sul versante precontrattuale nella consultazione e nella preventivazione potrebbero essere limitate ai soli intermediari, non essendo chiaro se l’accesso sia consentito anche alla generalità del pubblico; (d) le attività di monitoraggio e valutazione risultano caratterizzare la fase di esecuzione e gestione dei contratti, senza che sia esplicitamente previsto il coordinamento con le norme che prevedono obblighi di comunicazione secondo le forme tradizionali su supporto documentale cartaceo. L’intento perseguito e ottenuto con le modifiche disposte attraverso la Legge di Stabilità 2013 è sicuramente quello di depotenziare la prima versione della piattaforma telematica introdotta con il Decreto Sviluppo 2. Infatti, la sua realizzazione avrebbe ridisegnato la struttura competitiva non solo dal lato della distribuzione, ma probabilmente anche sul mercato del prodotto, se si considera l’effetto di concen-
compagnie assicurative non appartenenti a medesimi gruppi, anche avvalendosi delle informazioni obbligatoriamente pubblicate dalle imprese di assicurazione sui propri siti internet. 2. Il contratto stipulato senza la dichiarazione del cliente di aver ricevuto le informazioni di cui al comma 1 è affetto da nullità rilevabile solo a favore dell’assicurato. 3. Il mancato adempimento dell’obbligo di cui al comma 1 comporta l’irrogazione da parte dell’ISVAP a carico della compagnia che ha conferito il mandato all’agente, che risponde in solido con questo, in una misura non inferiore a euro 50.000 e non superiore a euro 100.000”. 39. Certamente la piattaforma non sembra più prevedere obbligatoriamente una compatibilità di tipo universale, per permettere agli intermediari eventualmente interessati alle nuove forme di collaborazione appena introdotte una interazione amministrativa e assuntiva facilitata.
525
Fatti e problemi della pratica
trazione della domanda e dell’offerta che normalmente un mercato telematico determina proprio per la riduzione dei costi informativi ed operativi nel processo di selezione e di negoziazione dei contratti 40. È evidente che un mercato interamente telematico interferisce con un modello distributivo ancora prevalentemente orientato su una relazione di esclusiva – sebbene solo fattuale nei rami danni 41 – tra compagnie ed intermediari 42. Simili implicazioni sulla struttura competitiva del mercato della distribuzione hanno influenzato anche la messa a punto del sito internet per gli assicurati. Non è senza significato la circostanza che lo stesso Decreto Crescita 2 avesse già subito una deviazione significativa rispetto alla sua iniziale configurazione. Infatti, la versione iniziale prevedeva possibilità di contatto diretto degli assicurati con la propria compagnia anche per perfezionare le operazioni di rinnovo e di pagamento 43. In tal modo, il
40. Sui rapporti fra regolazione assicurativa e struttura del mercato rimane essenziale la panoramica tracciata da Ricolfi, Attività assicurativa e competizione regolatoria, in Assicurazioni, 2006, p. I, p. 395. 41. In argomento si veda Frignani e Gambuto, Il divieto di monomandato nel contratto di agenzia assicurativa: contrarietà o conformità al diritto europeo della concorrenza?, in Dir. econ. assic., 2006, p. 751. 42. La stessa possibilità di libera collaborazione tra gli intermediari, sia tra gli iscritti alla medesima sezione del RUI che tra quelli rispettivamente iscritti alle sezioni A, B, D, non potrà realizzarsi esclusivamente attraverso la piattaforma elettronica, così come inizialmente prevista, riportando per la fase di stipulazione dei contratti alle ordinarie procedure amministrative ed ai connessi limiti di compatibilità gestionale nei rapporti tra gli intermediari eventualmente coinvolti. Essi potranno ostacolare, ma non del tutto impedire, fenomeni di migrazione del portafoglio da una compagna ad un’altra, su cui permane tuttavia il rischio di incorrere in prassi commerciali non orientate al rispetto della regola di adeguatezza nell’offerta al singolo cliente. Sull’apertura concorrenziale del mercato assicurativo si veda ampiamente Marano, L’intermediazione assicurativa, Milano, 2013. 43. Il testo dell’art. 22, co. 8, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, prevedeva quanto di seguito riportato: “8. Al fine di favorire una più efficace gestione dei rapporti contrattuali assicurativi anche in via telematica, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, l’IVASS, sentite l’Associazione nazionale tra le imprese assicuratrici-ANIA e le principali associazioni rappresentative degli intermediari assicurativi, stabilisce con apposito regolamento le modalità secondo cui, entro i successivi 60 giorni, nell’ambito dei requisiti organizzativi di cui all’articolo 30 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, le imprese autorizzate all’esercizio dei rami vita e danni prevedono nei propri siti internet apposite aree riservate a ciascun contraente, accedibili mediante sistemi di accesso controllato, tramite le quali sia possibile consultare le coperture in essere, le condizioni contrattuali sottoscritte, lo stato dei pagamenti e le relative scadenze, e, limitatamente alle polizze vita, i valori di riscatto e le valorizzazioni aggiornate, nonché effettuare rinnovi e pagamenti”.
526
Michele Siri
passaggio alla negoziazione telematica avrebbe portato ad una relazione esclusiva e diretta del cliente verso la compagnia con una possibile riduzione di costi derivanti dal venir meno del ruolo dell’intermediario in ogni successiva fase di rinnovo del contratto.
10. Le caratteristiche del servizio informativo per i contraenti previste nel regolamento di attuazione. La versione definitiva, alla quale è vincolato il regolamento di attuazione dell’Ivass, prevede soltanto funzioni informative, senza che sia disciplinata la funzione di conclusione e di rinnovo dei contratti. E’ evidente che tali operazioni rimangono possibili per libera scelta organizzativa della singola compagnia, ma ciò nel quadro di norme che – come il presente lavoro cerca di evidenziare – necessiterebbero un cospicuo adeguamento per consentire una negoziazione e conclusione interamente telematica dei contratti, specialmente nel caso delle assicurazioni sulla vita. Ad ogni buon conto, considerata la sola funzione orientata al supporto informativo, non sembrano ancora ben definiti gli effetti derivanti dalla disponibilità delle informazioni – relative allo stato dei contratti in corso sul sito internet della compagnia – per quanto concerne le regole di comportamento che declinano i doveri di assistenza alla clientela che caratterizzano i rapporti con gli intermediari – specie se tradizionali – ed alle correlate differenze di ruolo e di responsabilità 44. Nella stessa dimensione, in riferimento agli intermediari bancari e finanziari – tenuto conto che i destinatari della norma del Decreto Crescita 2 sono solo le imprese di assicurazione - non è chiaro se e come sia possibile coordinare l’informativa sul sito della compagnia con quello della banca o della Sim, che sulla spinta dell’incentivo a valorizzare il ruolo di punto di accesso ai servizi finanziari in senso ampio 45, sosterrebbero investimenti duplicativi di
44.
Sul tema si veda da ultimo Calvo, Gli obblighi informativi dell’intermediario di assicurazione, in Nuove leggi civ. comm., 2012, p. 819 ed anche Sangiovanni, L’informazione precontrattuale degli intermediari assicurativi, in Contr. e impr., 2010, p. 123. Sui profili relativi alla posizione del contraente-investitore si veda in particolare A. Gambino, La responsabilità e le azioni privatistiche nella distribuzione dei prodotti finanziari di matrice assicurativa e bancaria, in Assicurazioni, 2007, I, p. 191. 45. In argomento si veda Galletti, La cross selling di prodotti bancari ed assicurativi dopo le recenti riforme dei mercati finanziari, in Banca, impresa, soc., 2007, p. 365 e
527
Fatti e problemi della pratica
quelli effettuati dalle imprese per inserire anche i contratti assicurativi nel portafoglio dei prodotti amministrati o gestiti per la clientela. Il sito internet rivolto ai clienti – e per tale ragione denominato nel lessico dei lavori di elaborazione del regolamento con il termine per vero non del tutto appropriato di home insurance – deve essere attivato dalle compagnie sia per i propri clienti nei rami danni sia per quelli che hanno stipulato contratti di assicurazione sulla vita. Ciascuna compagnia è tenuta ad introdurre nel proprio sito internet un’area riservata a ciascun contraente, tramite la quale sia possibile consultare le coperture assicurative in essere, le condizioni contrattuali sottoscritte, lo stato dei pagamenti e le relative scadenze e, limitatamente alle polizze vita, i valori di riscatto e le valorizzazioni aggiornate. La finalità dell’intervento legislativo è quella di favorire un più efficace flusso di comunicazione sullo stato dei rapporti assicurativi, valorizzando il canale di comunicazione telematico quale strumento per accrescere la trasparenza e semplificare il rapporto impresa-assicurato. Nel regolamento dell’Ivass 46 sono perciò stabiliti criteri di carattere generale per la costituzione delle aree dedicate ai contraenti, lasciando all’autonomia delle imprese la scelta delle relative modalità attuative. L’accesso e il funzionamento delle aree riservate devono essere assi-
Lener, L’offerta al pubblico di fondi pensione, polizze assicurative e strumenti finanziari in prospettiva italiana comparata, in Contr. e impr. Europa, 2006, p. 495. 46. Provvedimento n. 7 del 16 luglio 2013 recante disposizioni in materia di gestione dei rapporti assicurativi via web, attuativo dell’articolo 22, comma 8, del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179 convertito con legge 17 dicembre 2012, n. 221 – modifiche al Regolamento Isvap n. 35 del 26 maggio 2010. Le nuove disposizioni sono inserite nell’ambito del Regolamento ISVAP n. 35, che disciplina gli obblighi di informazione e la pubblicità dei prodotti assicurativi, attraverso un apposito titolo dedicato all’informativa al contraente. In tal modo tutte le disposizioni in materia di informativa agli assicurati risultano raccolte in un unico atto regolamentare. Per qualunque tipologia di polizza il contenuto minimo delle informazioni da rendere disponibili nelle aree riservate ai contraenti, riguarda le coperture assicurative in essere, le condizioni contrattuali sottoscritte, lo stato dei pagamenti dei premi e le relative scadenze. Limitatamente ai contratti dei rami vita, incluse le polizze unit e index linked, è riportato anche il valore di riscatto, mentre per le sole polizze unit linked e index linked, anche il valore della posizione sulla base della valorizzazione corrente delle quote o del valore di riferimento a cui sono agganciate le prestazioni. In linea con la norma primaria, il Regolamento individua i soggetti destinatari del servizio telematico nei “contraenti”, incluse quindi le persone giuridiche, e vi include con talune eccezioni individuate nell’art. 38-ter anche le polizze individuali standardizzate già in corso e quindi non solo i contratti stipulati successivamente all’entrata in vigore del nuovo servizio.
528
Michele Siri
stiti da adeguati sistemi di protezione e sicurezza delle informazioni fornite attraverso il sito internet, proporzionati al tipo di servizio offerto. Qualora, ad esempio, un’impresa intenda rendere disponibili on line anche funzioni di pagamento dei premi, i sistemi di sicurezza dovranno essere opportunamente calibrati. L’adesione al servizio rimane essenzialmente su base facoltativa. Infatti, le credenziali identificative di accesso andranno rilasciate direttamente dall’impresa, su richiesta degli interessati 47. Restano invece irrisolti i profili analizzati nel presente lavoro ed in particolare i limiti ad una diffusione generalizzata di flussi di comunicazione elettronica. Infatti, non vi è alcuna norma che consenta di fare a meno di inserire nei nuovi contratti una clausola per prevedere che le comunicazioni con la clientela possano avvenire (anche) mediante tecniche di comunicazione a distanza. Soprattutto, rimane l’ostacolo di ordine pratico di non poter estendere agevolmente le forme di comunicazione elettronica anche ai contratti in essere senza una appendice sottoscritta dal singolo cliente. È appena il caso di ricordare che per i prodotti assicurativi “tradizionali” (id est, diversi dai “finanziari”) già commercializzati e per quelli collocati prima dell’applicazione del t.u.f., rimane comunque necessario raccogliere sul medesimo sito internet nella parte ad accesso riservato il consenso del cliente a ricevere le comunicazioni in formato elettronico. Il regolamento 35, come modificato dal provvedimento dell’Ivass per l’attuazione del Decreto crescita 2, disciplina tale adempimento e lo riconosce come prassi legittima, limitatamente ad alcune comunicazioni periodiche, conservando invece la forma scritta per l’informativa ad evento sulla perdita di valore significativa nel caso delle polizze finanziarie e, più in generale, per gli avvisi di scadenze ed i connessi adempimenti per la liquidazione delle somme dovute ai beneficiari. Non è trascurabile, infine, la condizione sfavorevole che deriva dalla disciplina applicabile ai prodotti assicurativi finanziari commercializzati dopo la sottoposizione alle regole del t.u.f. stabilita dalla Legge sul Risparmio. Infatti, la possibilità di inviare comunicazioni alla clientela
47. Il Regolamento disciplina le modalità con cui le imprese devono dare notizia ai contraenti della possibilità di accedere al nuovo servizio via internet. È prevista, accanto all’informativa sul sito internet aziendale, l’invio di una comunicazione scritta al cliente alla prima occasione utile, sfruttando i momenti nei quali l’impresa è tenuta a contattare il cliente in adempimento di obblighi informativi già previsti dalla normativa o dallo stesso contratto.
529
Fatti e problemi della pratica
mediante tecniche a distanza risulta circoscritta al caso in cui il contratto non disciplini la forma delle comunicazioni in questione, ovvero la disciplini contemplando espressamente tali modalità di comunicazione, ovvero utilizzando formule sufficientemente generiche. Negli altri casi, per i rapporti in corso, è sempre necessaria un’espressa e preventiva modifica contrattuale per conformarsi alla regola di forma scritta applicabile anche ai contratti assicurativi a contenuto finanziario.
11. Prospettive. Le considerazioni raccolte nel presente lavoro mostrano come vi sia ancora un lungo percorso per facilitare la transizione verso una gestione su formato elettronico dei contratti assicurativi. Vi è anche l’esigenza di un quadro regolamentare che sia maggiormente favorevole alla semplificazione degli adempimenti, specie quando si possono tradurre in una riduzione dei costi dei processi amministrativi ed in una facilitazione della relazione con gli assicurati. Di una simile prospettiva, avvertita per lo più nel settore delle polizze di assicurazione contro i danni 48, non vi è condivisa consapevolezza per i prodotti assicurativi di risparmio, siano essi quelli rivalutabili oppure quelli di investimento, per i quali invece è proprio l’orizzonte di lunga durata a rendere efficaci forme di comunicazione e di interazione diretta su sistemi telematici. Nella stessa logica, anche le attività propedeutiche alla conclusione del contratto e quelle dispositive per la gestione delle opzioni di modifica del contratto si gioverebbero di una sistematica diffusione della documentazione attraverso supporti digitali 49.
48. Si veda l’art. 22, co. 15-bis, del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, n. 221 quale norma programmatica che promuove misure di semplificazione per tutti i rami danni inclusa l’assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile automobilistica. Essa prevede quanto segue: “15-bis. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, l’IVASS provvede, limitatamente al ramo assicurativo danni, alla definizione di misure di semplificazione delle procedure e degli adempimenti burocratici, con particolare riferimento alla riduzione degli adempimenti cartacei e della modulistica, nei rapporti contrattuali fra le imprese di assicurazione, gli intermediari e la clientela, anche favorendo le relazioni digitali, l’utilizzo della posta elettronica certificata, la firma digitale e i pagamenti elettronici e i pagamenti on-line”. 49. Basti pensare al rilascio della documentazione precontrattuale in formato non più cartaceo ed alla sostituzione con l’accesso al sito internet che ne preveda la consegna telematica. La stessa fase di conclusione del contratto potrebbe realizzarsi mediante una
530
Michele Siri
Per guidare un simile processo occorre tuttavia partire dall’adattamento del quadro normativo, che disciplina le attività di informativa pre e postcontrattuali con un approccio ancora basato sulla preferenza per la modalità convenzionale. In particolare, sarebbe opportuno considerare, per tutte le funzioni informative e per la generalità dei contratti in essere, una preferenza verso i sistemi di comunicazione elettronica, ferma restando la libertà del cliente di ritornare, con un meccanismo di opting out, al sistema tradizionale. Con le parole del saggio, e non solo letteralmente, il rischio è quello di “guardare l’albero e non vedere la foresta”, perché concentrandosi solo sui particolari non si vede la foresta che si potrebbe risparmiare con un approccio più sistematico alla gestione interamente su formato elettronico dei flussi informativi e dispostivi da e verso gli assicurati.
Michele Siri
sottoscrizione effettuata attraverso il nuovo sistema di firma elettronica avanzata, che il Decreto Crescita 2 ha introdotto nel Codice dell’amministrazione digitale all’art. 21 co. 2-bis e che ha espressamente dichiarato equivalente alla sottoscrizione richiesta dall’art. 1350 c.c.
531
PARTE seconda Legislazione, documenti e informazioni
legislazione
Disposizioni attuative del Regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, concernente gli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni Il 4 luglio 2012 è stato adottato dal Parlamento europeo e dal Consiglio il regolamento (UE) n. 648/2012 relativo agli strumenti derivati OTC, alle controparti centrali e ai repertori di dati sulle negoziazioni (c.d. EMIR – European Market Infrastructure Regulation). Il regolamento EMIR introduce un obbligo di comunicazione dei contratti derivati conclusi a repertori di dati sulle negoziazioni (trade repositories), cioè centrali di dati soggette a registrazione e vigilanza da parte dell’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (AESFEM o ESMA - European Securities and Markets Authority), che sono tenute a pubblicare le posizioni aggregate per classi di derivati. L’obbligo di comunicazione riguarda tutti i contratti derivati, sia quelli negoziati sui mercati regolamentati, che hanno caratteristiche standardizzate e definite dal gestore del mercato su cui vengono negoziati, concernenti l’attività sottostante, la durata, il taglio minimo di negoziazione, le modalità di liquidazione, ecc., sia i cosiddetti derivati over-the-counter (OTC), che sono invece negoziati bilateralmente, direttamente tra le due parti, fuori dai mercati regolamentati; in cui i contraenti possono liberamente stabilire tutte le caratteristiche dello strumento. Tale obbligo è finalizzato ad accrescere la trasparenza del mercato dei derivati, la cui opacità ha impedito alle autorità di conoscere l’esposizione degli intermediari e, conseguentemente, di avere un quadro completo sulla distribuzione dei rischi all’interno del sistema finanziario. Allo scopo di arginare le conseguenze sistemiche di un possibile contagio dovuto all’insolvenza di operatori in derivati OTC che non attenuino sufficientemente il rischio di credito di controparte, il regolamento EMIR introduce, inoltre, un obbligo di compensazione e garanzia (clearing) per tutti i contratti derivati OTC che presentino determinate caratteristiche in termini di standardizzazione e liquidità. L’obbligo di clearing prevede il ricorso a una controparte centrale, europea o estera, autorizzata o riconosciuta ai sensi della disciplina dettata da EMIR con riferimento anche a requisiti prudenziali, misure organizzative e di governance.
79
Legislazione
Sono soggette all’obbligo di clearing imprese finanziarie e non finanziarie. Con riferimento a queste ultime, tuttavia, l’obbligo si applica solo ove l’attività speculativa posta in essere (con esclusione quindi delle operazioni relative alla copertura di rischi commerciali o all’attività di tesoreria) superi una determinata soglia. È prevista un’esenzione per le operazioni qualificate come infragruppo. Sono dettate, inoltre, misure alternative di mitigazione del rischio per i contratti OTC non soggetti a clearing. Inoltre, il regolamento, tra le altre cose, richiede agli Stati membri di designare l’autorità o le autorità competenti per l’autorizzazione e la vigilanza sulle controparti centrali stabilite sul proprio territorio, informandone la Commissione europea e l’AESFEM (articolo 22), nonché di stabilire le norme in materia di sanzioni, che devono essere efficaci, proporzionate, dissuasive (articolo 12), secondo le linee guida adottate dall’AESFEM per promuovere la convergenza dei regimi sanzionatori nel settore finanziario. Il regolamento EMIR è entrato in vigore il 16 agosto del 2012, ma, per poter essere effettivamente applicato, era necessario che fossero approvati e divenissero vigenti taluni standard tecnici di regolazione e di implementazione. Questi ultimi (ovvero i Regulatory Technical Standards), predisposti dall’AESFEM, sono stati adottati dalla Commissione europea con il regolamento delegato (UE) n. 148 del 2013, che è entrato in vigore il 15 marzo 2013. L’articolo 33, comma 1, della legge europea 2013, al fine di dare attuazione alle disposizioni del regolamento EMIR, reca una serie di modifiche e integrazioni al d.lgs. n. 58/1998 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di seguito t.u.f.) che si giustificano, soprattutto, in ragione dell’esigenza di individuare le autorità nazionali competenti e prevedere le sanzioni da applicare per le violazioni del regolamento. Il primo intervento ha, però, carattere definitorio: all’art. 1, co. 1, del t.u.f. è aggiunta la lettera w-quinquies che definisce, appunto, le “controparti centrali” come i soggetti indicati nell’articolo 2, punto 1), del regolamento EMIR, secondo cui una controparte centrale (CCP) è una persona giuridica che si interpone tra le controparti di contratti negoziati su uno o più mercati finanziari agendo come acquirente nei confronti di ciascun venditore e come venditore nei confronti di ciascun acquirente. Il secondo intervento (comma 1, lettera b) novella l’art. 4, co. 5, lettera c), del t.u.f., in tema di collaborazione tra autorità e segreto d’ufficio. Secondo il testo originario della disposizione, la Banca d’Italia e la Consob possono scambiare informazioni con gli organismi preposti alla compensazione o al regolamento delle negoziazioni dei mercati; ora, alle parole «al regolamento» sono sostituite le parole «alla liquidazione». Modifica di contenuto analogo è, poi, quella della lettera e), che interviene sull’art. 62, co. 3, lettera e), del t.u.f., concernente il regolamento del mercato, laddove, fra gli obblighi imposti agli operatori, che detto regolamento deve disciplinare, ci sono anche quelli derivanti dalle regole e procedure per la compensazione e il regolamento delle operazioni concluse nel mercato regolamentato, ora, invece, si parla soltanto di regole e procedure per la liquidazione di tali operazioni. D’altra parte, in questo caso il termine “rego-
80
Disposizioni attuative del regolamento (UE) n. 648/2012
lamento” stava ad indicare uno step del “processo di lavorazione” del servizio di liquidazione e regolamento (appunto), che sono fasi del post-trading, ossia di ciò che avviene dopo che una transazione è stata eseguita sul mercato. La liquidazione avviene dopo le fasi di conferma e riscontro ed è finalizzata a definire gli obblighi di acquirente e venditore circa le transazioni concluse andando a ridurre il rischio di mercato. Il processo di regolamento riguarda tempi e modalità con le quali acquirente e venditore si scambiano rispettivamente il contante e i titoli. In Italia l’istituzione che si occupa di organizzare e gestire tutte le fasi del post-trading (e quindi anche liquidazione e regolamento) delle operazioni aventi ad oggetto strumenti finanziari non derivati è Monte Titoli S.p.a. La liquidazione delle operazioni aventi ad oggetto strumenti derivati è invece gestita dalla Cassa di Compensazione e Garanzia. Autorità nazionali competenti. L’art. 22 di EMIR, che apre il Capo 2, dedicato alla vigilanza e sorveglianza delle CCP, richiede che ogni Stato membro designi l’autorità competente incaricata di svolgere le funzioni previste dal regolamento in materia di autorizzazione e vigilanza delle CCP stabilite sul proprio territorio e ne informi la Commissione e l’AESFEM (così il paragrafo 1). L’art. 33, co. 1, lettera c), della legge europea 2013 in attuazione di detta disposizione, inserisce nel t.u.f. l’art. 4-quater secondo cui, al comma 1, la Banca d’Italia e la Consob sono le autorità competenti per l’autorizzazione e la vigilanza delle controparti centrali secondo quanto disposto dai commi seguenti e dall’articolo 69-bis del t.u.f., introdotto, come si vedrà, dalla novella in commento. Quanto al riparto di competenze fra le due Autorità, il co. 2 dell’art. 4-quater dispone che la Consob sia l’autorità competente, ai sensi dell’art. 22, paragrafo 1, di EMIR, per il coordinamento della cooperazione e dello scambio di informazioni con la Commissione europea, l’AESFEM, le autorità competenti degli altri Stati membri, l’Autorità bancaria europea (ABE) e i membri interessati del Sistema europeo delle Banche centrali. L’art. 10 di EMIR, concernente gli obblighi delle controparti non finanziarie – cioè le imprese stabilite in Europa diverse dalle controparti centrali e dalle controparti finanziarie (imprese di investimento, banche, imprese di assicurazione e riassicurazione, organismi di investimento collettivo in valori mobiliari,e loro società di gestione, ecc.) –, prevede, al paragrafo 1, che,. quando una controparte non finanziaria assume posizioni in contratti derivati OTC e tali posizioni superano una determinata soglia di compensazione, a) lo debba notificare immediatamente all’AESFEM e all’autorità competente di cui al paragrafo 5; b) sia soggetta all’obbligo di compensazione per i contratti futuri se la media mobile a trenta giorni lavorativi delle sue posizioni supera la soglia; e c) debba compensare tutti i contratti futuri interessati entro quattro mesi dalla data alla quale diviene soggetta all’obbligo di compensazione. Il paragrafo 5 dello stesso articolo 10 di EMIR richiede, quindi, che ciascuno Stato membro designi l’autorità responsabile dell’osservanza dell’obbligo di cui
81
Legislazione
sopra. Orbene, il co. 3 dell’art. 4-quater del t.u.f. designa la Consob quale autorità competente per il rispetto degli obblighi previsti in capo alle controparti non finanziarie. A tal fine la Consob esercita i poteri previsti dall’art. 187-octies del t.u.f., secondo le modalità ivi stabilite, e può dettare disposizioni inerenti alle modalità di esercizio dei poteri di vigilanza. I poteri della Consob a cui la norma si riferisce con il rinvio all’art. 187-octies sono quelli, molto penetranti, che alla Commissione sono stati attribuiti in qualità di autorità di vigilanza sulla osservanza di tutte le disposizioni in materia di abusi di mercato (insider trading e manipolazione del mercato) emanate in attuazione della direttiva 2003/6/CE. Alla Banca d’Italia, invece, il comma 4 assegna il compito di istituire, gestire e presiedere il collegio di autorità previsto dall’articolo 18 di EMIR, a cui è attribuito il compito di facilitare l’esercizio delle funzioni di vigilanza in materia di: estensione delle attività e dei servizi delle CCP; procedure di concessione e di rifiuto dell’autorizzazione; esame dei modelli, prove di stress e prove a posteriori che le CCP sono tenute a effettuare sui modelli e sui parametri adottati per calcolare i margini, i contributi al fondo di garanzia in caso di inadempimento e i requisiti in materia di garanzie, nonché altri meccanismi di controllo dei rischi; accordi di interoperabilità con altre CCP. In base al comma 5 dell’art. 4-quater del t.u.f., la Banca d’Italia è altresì l’autorità competente (ai sensi dell’art. 25, paragrafo 3, lettera a), di EMIR, nell’ambito della procedura per il riconoscimento delle controparti centrali dei Paesi terzi. La norma del regolamento EMIR richiede, infatti, che, nel valutare il rispetto delle condizioni previste per il riconoscimento, l’AESFEM debba consultare, tra gli altri, l’autorità competente dello Stato membro in cui la CCP fornisce o intende fornire servizi di compensazione; il parere, tuttavia, è reso all’AESFEM dalla Banca d’Italia, d’intesa con la Consob. La lettera d) interviene sulla definizione di “controparti qualificate” di cui all’art. 6, co. 2-quater, lettera d), del t.u.f., laddove, al numero 3), il testo previgente ricomprendeva fra tali soggetti «le imprese la cui attività esclusiva consista nel negoziare per conto proprio nei mercati di strumenti finanziari derivati e, per meri fini di copertura, nei mercati a pronti, purché esse siano garantite da membri che aderiscono all’organismo di compensazione di tali mercati, quando la responsabilità del buon fine dei contratti stipulati da dette imprese spetta a membri che aderiscono all’organismo di compensazione di tali mercati». Ora,questa definizione viene integralmente sostituita da una nuova, che differisce dalla prima solo per il riferimento, anziché ad un generico “organismo di compensazione”, alle controparti centrali cui aderiscono i membri che prestano garanzie del buon fine dei contratti stipulati da dette imprese. La lettera f) interviene sull’art. 69 del t.u.f., modificandone, anzitutto, la rubrica – che ora non si riferisce più alla compensazione ma soltanto alla liquidazione delle operazioni su strumenti finanziari non derivati – e prevedendo che la Banca d’Italia disciplini il funzionamento dei servizi di liquidazione (in luogo del servizio di compensazione e di liquidazione, nonché del servizio di liquidazione su base lorda) di tali operazioni.
82
Disposizioni attuative del regolamento (UE) n. 648/2012
Autorizzazione e vigilanza delle controparti centrali. La lettera g) introduce l’articolo di nuovo conio 69-bis nel t.u.f., dedicato all’autorizzazione e alla vigilanza delle controparti centrali. In sintesi, la nuova norma prevede che: –– la Banca d’Italia è l’autorità competente ad autorizzare lo svolgimento dei servizi di compensazione in qualità di controparte centrale da parte di persone giuridiche stabilite nel territorio nazionale e a revocare tale autorizzazione nel rispetto delle specifiche disposizioni di riferimento contenute nel regolamento EMIR; –– la vigilanza sulle controparti centrali è esercitata dalla Banca d’Italia, avendo riguardo alla stabilità e al contenimento del rischio sistemico, e dalla Consob, avendo riguardo alla trasparenza e alla tutela degli investitori. A tale fine la Banca d’Italia e la Consob possono chiedere alle controparti centrali e agli operatori la comunicazione anche periodica di dati, notizie, atti e documenti e possono effettuare ispezioni. Le modalità di esercizio dei poteri di vigilanza informativa sono disciplinate con regolamento adottato dalla Banca d’Italia, d’intesa con la Consob; con il medesimo regolamento possono essere stabiliti requisiti supplementari per lo svolgimento dei servizi di controparte centrale, in conformità al regolamento EMIR; –– sempre la Banca d’Italia, in caso di necessità e urgenza, è l’autorità cui spetta adottare, per finalità di tutela della stabilità e di contenimento del rischio sistemico, i provvedimenti necessari anche sostituendosi alle controparti centrali; - alla Banca d’Italia spetta anche: a) la convalida dei modelli e parametri adottati dalle CCP per la determinazione dei margini che impongono, richiedono o riscuotono dai propri partecipanti; b) di essere informata sull’esito delle periodiche prove di stress di detti modelli e parametri; c) l’approvazione degli accordi di interoperabilità fra CCP; d) adottare, d’intesa con la Consob, i provvedimenti in materia di accesso alla CCP; e) ricevere le informazioni concernenti ogni cambiamento a livello dirigenziale nelle CCP e nel loro assetto proprietario e assumere i relativi provvedimenti; f) ricevere dalla CCP tutte le informazioni necessarie per valutare la conformità dell’esecuzione delle attività da esse esternalizzate al regolamento EMIR. La Consob, d’intesa con la Banca d’Italia, adotta i provvedimenti in tema di accesso delle CCP alle sedi di negoziazione. Ove non diversamente specificato dallo steso articolo 69-bis – precisa il comma 7 –, le competenze previste dal regolamento EMIR in materia di vigilanza delle controparti centrali sono esercitate dalla Banca d’Italia e dalla Consob, ciascuna nell’ambito delle rispettive attribuzioni. Visto che, comunque, anche con la precisazione di cui sopra, l’assetto dualistico della vigilanza potrebbe creare qualche problema di coordinamento fra le due autorità, il co. 8 dell’art. 69-bis prevede che la Banca d’Italia e la Consob stabiliscono, mediante un protocollo di intesa, le modalità della cooperazione
83
Legislazione
nello svolgimento delle rispettive competenze, con particolare riferimento alle posizioni rappresentate nell’ambito dei collegi e alla gestione delle situazioni di emergenza, nonché le modalità del reciproco scambio di informazioni rilevanti, anche con riferimento alle irregolarità rilevate e ai provvedimenti assunti nell’esercizio delle rispettive funzioni, tenuto conto dell’esigenza di ridurre al minimo gli oneri gravanti sugli operatori e dell’economicità dell’azione delle autorità di vigilanza. Il protocollo d’intesa dovrà essere reso pubblico dalla Banca d’Italia e dalla Consob con le modalità da esse stabilite. Garanzie acquisite nell’esercizio dell’attività di controparte centrale. L’art. 70 del t.u.f., precedentemente rubricato “Compensazione e garanzia delle operazioni su strumenti finanziari”, viene integralmente sostituito sotto la nuova rubrica “Garanzie acquisite nell’esercizio dell’attività di controparte centrale”. La norma esclude che i margini (cioè i versamenti effettuati alla controparte centrale dai singoli partecipanti a garanzia dell’esecuzione delle posizioni contrattuali registrate nei propri conti) e le altre prestazioni acquisite da una controparte centrale a titolo di garanzia dell’adempimento degli obblighi derivanti dall’attività di compensazione svolta in favore dei propri partecipanti possano essere soggetti ad azioni esecutive o cautelari da parte dei creditori del singolo partecipante o del soggetto che gestisce la controparte centrale, anche in caso di apertura di procedure concorsuali. In positivo, la norma dispone, poi, che le garanzie acquisite dalla CCP possono essere utilizzate esclusivamente secondo quanto previsto dal regolamento EMIR. Accesso
alle controparti centrali e ai sistemi di liquidazione delle operazioni su
strumenti finanziari e accordi fra società di gestione dei mercati regolamentati e controparti centrali o società che gestiscono servizi di liquidazione. La lettera i) modifica l’art. 70-bis del t.u.f., che ora è dedicato all’accesso alle controparti centrali e ai sistemi di liquidazione delle operazioni su strumenti finanziari, prevedendo – in conformità con quanto previsto da EMIR – la possibilità per le imprese di investimento e le banche comunitarie autorizzate di accedere alle controparti centrali e ai sistemi di garanzia dei contratti e ai sistemi di liquidazione di cui, rispettivamente, agli articoli 68 e 69 del t.u.f., per finalizzare o per disporre la finalizzazione delle operazioni su strumenti finanziari. Sempre nella logica della libertà di accesso, la lettera l) modifica l’art. 70ter del t.u.f., per consentire che le società di gestione dei mercati regolamentati possano concludere accordi con le controparti centrali o con le società che gestiscono servizi di liquidazione di un altro Stato membro al fine di disporre la compensazione o la liquidazione di alcune o tutte le operazioni concluse dai partecipanti al mercato regolamentato.
Insolvenze di mercato. Anche l’art. 72 del t.u.f., relativo alla disciplina delle insolvenze di mercato, subisce ritocchi: laddove, precedentemente, si faceva riferimento ai sistemi di compensazione e garanzia delle operazioni, ora il riferimento è fatto alle controparti centrali.
84
Disposizioni attuative del regolamento (UE) n. 648/2012
La vigilanza sui sistemi di garanzia dei contratti e di liquidazione. L’art. 77 del t.u.f. – che, prima dell’intervento normativo in esame, era dedicato alla vigilanza sui sistemi di compensazione, di liquidazione e di garanzia – è novellato affinché disciplini soltanto la vigilanza sui sistemi di garanzia dei contratti e sui sistemi di liquidazione. I sistemi multilaterali di negoziazione. La lettera o) sostituisce il comma 4 dell’art. 77-bis del t.u.f., dedicato ai sistemi multilaterali di negoziazione, prevedendo che agli accordi conclusi dai soggetti che gestiscono un sistema multilaterale di negoziazione con le controparti centrali o con le società che gestiscono servizi di liquidazione si applichino i co. 1 e 2 dell’art. 70-ter sugli accordi fra sistemi di garanzia. Le sanzioni. Le successive modifiche ed integrazioni riguardano la disciplina sanzionatoria del t.u.f. La lettera p), intervenendo sull’articolo 166 in materia di abusivismo, estende la sanzione penale prevista in tale norma (reclusione da sei mesi a quattro anni e multa da 4.130 euro a 10.329 euro) a chiunque eserciti l’attività di controparte centrale prevista dal regolamento EMIR, senza aver ottenuto la relativa autorizzazione. La lettera q) modifica l’art. 190, co. 2, lettera d), del t.u.f., relativo ad altre sanzioni amministrative pecuniarie in tema di disciplina degli intermediari, dei mercati e della gestione accentrata di strumenti finanziari, sopprimendo il riferimento ivi contenuto all’art. 70 (come riformulato dal testo in esame). È riformulato anche il comma 2 dello stesso art. 166, per cui, se vi è fondato sospetto che una società svolga servizi o attività di investimento o il servizio di gestione collettiva del risparmio o l’attività di controparte centrale senza esservi abilitata, la Banca d’Italia o la Consob devono denunziare i fatti al pubblico ministero ai fini dell’adozione dei provvedimenti previsti dall’articolo 2409 del codice civile ovvero possono richiedere al tribunale l’adozione dei medesimi provvedimenti. È inserito nel t.u.f., dalla lettera r), infine, il nuovo art. 193-quater, specificamente dedicato alle sanzioni amministrative pecuniarie relative alla violazione delle disposizioni previste dal regolamento EMIR. In base al co. 1 dell’art. 193-quater, i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione o di direzione delle controparti centrali, delle sedi di negoziazione, delle controparti finanziarie e delle controparti non finanziarie i quali non osservano le disposizioni previste dai titoli II, III, IV e V del regolamento EMIR e dalle relative disposizioni attuative, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duemilacinquecento a euro duecentocinquantamila. Le medesime sanzioni si applicano anche ai soggetti che svolgono funzioni di controllo nelle controparti centrali, nelle sedi di negoziazione, nelle controparti finanziarie e nelle controparti non finanziarie i quali abbiano violato le disposizioni previste dai titoli II, III, IV e V del regolamento EMIR o non abbiano vigilato, in conformità ai doveri inerenti al loro ufficio, affinché le disposizioni stesse non siano da altri violate. Le sanzioni amministrative in capo ai soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, di direzione o di controllo nelle sedi
85
Legislazione
di negoziazione definite dall’art. 2, punto 4), del regolamento EMIR (in pratica, si tratta dei mercati regolamentati e dei sistemi multilaterali di negoziazione) sono applicate dalla Consob. Per i mercati all’ingrosso di titoli di Stato tale competenza è attribuita alla Banca d’Italia. A tutte queste sanzioni amministrative non si applica l’art. 16 della legge n. 689/1981, che consente il pagamento in misura ridotta della sanzione pecuniaria pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo oltre alle spese del procedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione. [Francesco Mazzini] Legge 6 agosto 2013, n. 97 – Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2013 (Omissis) Art. 33 Disposizioni attuative del regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, concernente gli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni. 1. Al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 1, comma 1, è aggiunta, in fine, la seguente lettera: «w-quinquies) “controparti centrali”: i soggetti indicati nell’articolo 2, punto 1), del regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, concernente gli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni»; b) all’articolo 4, comma 5, lettera c), le parole: «al regolamento» sono sostituite dalle seguenti: «alla liquidazione»; c) nella parte I, dopo l’articolo 4-ter è aggiunto il seguente: «Art. 4-quater (Individuazione delle autorità nazionali competenti ai sensi del regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012). - 1. La Banca d’Italia e la Consob sono le autorità competenti per l’autorizzazione e la vigilanza delle controparti centrali, ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 648/2012, secondo quanto disposto dai commi seguenti e dall’articolo 69-bis. 2. La Consob è l’autorità competente, ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento di cui al comma 1, per il coordinamento della cooperazione e dello scambio di informazioni con la Commissione europea, l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (AESFEM), le autorità competenti degli altri Stati membri, l’Autorità bancaria europea (ABE) e i membri interessati del Sistema europeo delle Banche centrali, conformemente agli articoli 23, 24, 83 e 84 del regolamento di cui al comma 1.
86
Disposizioni attuative del regolamento (UE) n. 648/2012
3. Ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 5, del regolamento di cui al comma 1, la Consob è l’autorità competente per il rispetto degli obblighi previsti in capo alle controparti non finanziarie dagli articoli 9, 10 e 11 del citato regolamento. A tal fine la Consob esercita i poteri previsti dall’articolo 187-octies del presente decreto legislativo, secondo le modalità ivi stabilite, e può dettare disposizioni inerenti alle modalità di esercizio dei poteri di vigilanza. 4. La Banca d’Italia istituisce, gestisce e presiede il collegio di autorità previsto dall’articolo 18 del regolamento di cui al comma 1. 5. La Banca d’Italia è l’autorità competente ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 3, lettera a), del regolamento di cui al comma 1, nell’ambito della procedura per il riconoscimento delle controparti centrali dei Paesi terzi; il parere è reso all’AESFEM dalla Banca d’Italia, d’intesa con la Consob»; d) all’articolo 6, comma 2-quater, lettera d), il numero 3) è sostituito dal seguente: «3) le imprese la cui attività esclusiva consista nel negoziare per conto proprio nei mercati di strumenti finanziari derivati e, per meri fini di copertura, nei mercati a pronti, purché esse siano garantite da membri che aderiscono alle controparti centrali di tali mercati, quando la responsabilità del buon fine dei contratti stipulati da dette imprese spetta a membri che aderiscono alle controparti centrali di tali mercati»; e) all’articolo 62, comma 3, lettera e), le parole: «il regolamento» sono sostituite dalle seguenti: «la liquidazione»; f) all’articolo 69: 1) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Liquidazione delle operazioni su strumenti finanziari non derivati»; 2) al comma 1, primo periodo, le parole: «del servizio di compensazione e di liquidazione, nonché del servizio di liquidazione su base lorda,» sono sostituite dalle seguenti: «dei servizi di liquidazione»; 3) al comma 1, secondo periodo, le parole: «il servizio di compensazione e di liquidazione e il servizio di liquidazione su base lorda» sono sostituite dalle seguenti: «i servizi di liquidazione»; 4) al comma 1-bis, lettere b) ed e), le parole: «compensazione e» sono soppresse; 5) al comma 1-ter, le parole: «al servizio di compensazione e liquidazione, nonché al servizio di liquidazione su base lorda», sono sostituite dalle seguenti: «ai servizi di liquidazione»; 6) al comma 2, le parole: «della compensazione e» sono soppresse; g) dopo l’articolo 69 è inserito il seguente: «Art. 69-bis (Autorizzazione e vigilanza delle controparti centrali). - 1. La Banca d’Italia autorizza lo svolgimento dei servizi di compensazione in qualità di controparte centrale da parte di persone giuridiche stabilite nel territorio nazionale, ai sensi degli articoli 14 e 15 e secondo la procedura prevista dall’articolo 17 del regolamento (UE) n. 648/2012. La medesima autorità revoca l’autorizzazione allo svolgimento di servizi da parte di una controparte centrale quando ricorrono i presupposti di cui all’articolo 20 del medesimo regolamento.
87
Legislazione
Si applicano l’articolo 80, commi 4, 5 e 10, e l’articolo 83 del presente decreto legislativo. 2. La Banca d’Italia, in qualità di presidente del collegio di autorità previsto dall’articolo 18 del regolamento di cui al comma 1, può rinviare la questione dell’adozione di un parere comune negativo sull’autorizzazione di una controparte centrale all’AESFEM, come previsto dall’articolo 17, paragrafo 4, del medesimo regolamento, interrompendo i termini del procedimento di autorizzazione. 3. La vigilanza sulle controparti centrali è esercitata dalla Banca d’Italia, avendo riguardo alla stabilità e al contenimento del rischio sistemico, e dalla Consob, avendo riguardo alla trasparenza e alla tutela degli investitori. A tale fine la Banca d’Italia e la Consob possono chiedere alle controparti centrali e agli operatori la comunicazione anche periodica di dati, notizie, atti e documenti e possono effettuare ispezioni. Le modalità di esercizio dei poteri di vigilanza informativa sono disciplinate con regolamento adottato dalla Banca d’Italia, d’intesa con la Consob; con il medesimo regolamento possono essere stabiliti requisiti supplementari per lo svolgimento dei servizi di controparte centrale, in conformità al regolamento di cui al comma 1. 4. In caso di necessità e urgenza, la Banca d’Italia adotta, per le finalità attribuite ai sensi del comma 3, i provvedimenti necessari anche sostituendosi alle controparti centrali. Dei provvedimenti adottati la Banca d’Italia dà tempestiva comunicazione alla Consob, all’AESFEM, al collegio di autorità richiamato al comma 2, alle rilevanti autorità del Sistema europeo delle Banche centrali e alle altre autorità interessate, ai sensi dell’articolo 24 del regolamento di cui al comma 1. 5. La Banca d’Italia esercita le competenze specificamente indicate dagli articoli 41, paragrafo 2, 49, paragrafo 1, e 54, paragrafo 1, del regolamento di cui al comma 1 e adotta, d’intesa con la Consob, i provvedimenti richiesti ai sensi degli articoli 7, paragrafo 4, 31, paragrafi 1 e 2, e 35, paragrafo 1, del medesimo regolamento. Si applica l’articolo 80, commi 6, 7 e 8, del presente decreto legislativo. 6. La Consob, d’intesa con la Banca d’Italia, adotta i provvedimenti di cui all’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento di cui al comma 1. 7. Ove non diversamente specificato dal presente articolo, le competenze previste dal regolamento di cui al comma 1 in materia di vigilanza delle controparti centrali sono esercitate dalla Banca d’Italia e dalla Consob, ciascuna nell’ambito delle rispettive attribuzioni. 8. La Banca d’Italia e la Consob stabiliscono, mediante un protocollo di intesa, le modalità della cooperazione nello svolgimento delle rispettive competenze, con particolare riferimento alle posizioni rappresentate nell’ambito dei collegi e alla gestione delle situazioni di emergenza, nonché le modalità del reciproco scambio di informazioni rilevanti, anche con riferimento alle irregolarità rilevate e ai provvedimenti assunti nell’esercizio delle rispettive funzioni, tenuto conto dell’esigenza di ridurre al minimo gli oneri gravanti sugli operatori e dell’economicità dell’azione delle autorità di vigilanza. Il protocollo d’intesa
88
Disposizioni attuative del regolamento (UE) n. 648/2012
è reso pubblico dalla Banca d’Italia e dalla Consob con le modalità da esse stabilite»; h) l’articolo 70 è sostituito dal seguente: «Art. 70 (Garanzie acquisite nell’esercizio dell’attività di controparte centrale). - 1. I margini e le altre prestazioni acquisite da una controparte centrale a titolo di garanzia dell’adempimento degli obblighi derivanti dall’attività di compensazione svolta in favore dei propri partecipanti non possono essere soggetti ad azioni esecutive o cautelari da parte dei creditori del singolo partecipante o del soggetto che gestisce la controparte centrale, anche in caso di apertura di procedure concorsuali. Le garanzie acquisite possono essere utilizzate esclusivamente secondo quanto previsto dal regolamento (UE) n. 648/2012»; i) all’articolo 70-bis: 1) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Accesso alle controparti centrali e ai sistemi di liquidazione delle operazioni su strumenti finanziari»; 2) il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. Le imprese di investimento e le banche comunitarie autorizzate all’esercizio dei servizi o delle attività di investimento possono accedere alle controparti centrali e ai sistemi di cui agli articoli 68 e 69, per finalizzare o per disporre la finalizzazione delle operazioni su strumenti finanziari»; l) all’articolo 70-ter: 1) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Accordi conclusi dalle società di gestione dei mercati regolamentati con controparti centrali o con società che gestiscono servizi di liquidazione»; 2) il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. Le società di gestione dei mercati regolamentati possono concludere accordi con le controparti centrali o con le società che gestiscono servizi di liquidazione di un altro Stato membro al fine di disporre la compensazione o la liquidazione di alcune o tutte le operazioni concluse dai partecipanti al mercato regolamentato»; m) all’articolo 72: 1) ai commi 1, 2 e 3, le parole: «ai sistemi previsti dall’articolo 70» sono sostituite dalle seguenti: «alle controparti centrali»; 2) al comma 4, primo periodo, le parole: «e dai gestori dei sistemi previsti dagli articoli 70 e 77-bis» sono sostituite dalle seguenti: «dalle controparti centrali e dai gestori dei sistemi previsti dall’articolo 77-bis»; 3) al comma 5, primo periodo, le parole: «i gestori dei sistemi previsti dall’articolo 70 e 77-bis» sono sostituite dalle seguenti: «le controparti centrali, i gestori previsti dall’articolo 77-bis»; n) all’articolo 77: 1) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Vigilanza sui sistemi di garanzia dei contratti e di liquidazione»; 2) al comma 1, primo periodo, le parole: «68, 69 e 70» sono sostituite dalle seguenti: «68 e 69»; 3) al comma 1, secondo periodo, la parola: «compensazione» è soppressa;
89
Legislazione
4) al comma 2, le parole: «dei sistemi e dei servizi indicati negli articoli 69 e 70» sono sostituite dalle seguenti: «dei servizi indicati nell’articolo 69»; 5) al comma 3, le parole: «68, 69 e 70» sono sostituite dalle seguenti: «68 e 69»; o) all’articolo 77-bis, il comma 4 è sostituito dal seguente: «4. Agli accordi conclusi dai soggetti che gestiscono un sistema multilaterale di negoziazione con le controparti centrali o con le società che gestiscono servizi di liquidazione si applica l’articolo 70-ter, commi 1 e 2»; p) all’articolo 166: 1) dopo il comma 2 è inserito il seguente: «2-bis. Con la stessa pena è punito chiunque esercita l’attività di controparte centrale di cui al regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, senza aver ottenuto la preventiva autorizzazione ivi prevista»; 2) al comma 3, dopo le parole: «gestione collettiva del risparmio» sono inserite le seguenti: «ovvero l’attività di cui al comma 2-bis»; q) all’articolo 190, comma 2, lettera d), le parole: «68, 69, comma 2, e 70» sono sostituite dalle seguenti: «68 e 69, comma 2,» e le parole: «68, 69, 70, 70-bis e 77, comma 1» sono sostituite dalle seguenti: «68, 69, 70-bis e 77, comma 1»; r) dopo l’articolo 193-ter è inserito il seguente: «Art. 193-quater (Sanzioni amministrative pecuniarie relative alla violazione delle disposizioni previste dal regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012). - 1. I soggetti che svolgono funzioni di amministrazione o di direzione delle controparti centrali, delle sedi di negoziazione, delle controparti finanziarie e delle controparti non finanziarie, come definite dall’articolo 2, punti 1), 4), 8) e 9), del regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, i quali non osservano le disposizioni previste dai titoli II, III, IV e V del medesimo regolamento e dalle relative disposizioni attuative, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duemilacinquecento a euro duecentocinquantamila. 2. Le sanzioni previste dal comma 1 si applicano anche ai soggetti che svolgono funzioni di controllo nelle controparti centrali, nelle sedi di negoziazione, nelle controparti finanziarie e nelle controparti non finanziarie, come definite al comma 1, i quali abbiano violato le disposizioni previste dai titoli II, III, IV e V del regolamento di cui al comma 1 o non abbiano vigilato, in conformità ai doveri inerenti al loro ufficio, affinché le disposizioni stesse non siano da altri violate. 3. Le sanzioni amministrative previste dai commi 1 e 2 in capo ai soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, di direzione o di controllo nelle sedi di negoziazione definite dall’articolo 2, punto 4), del regolamento di cui al comma 1, sono applicate dalla Consob. Per i mercati all’ingrosso di titoli di Stato tale competenza è attribuita alla Banca d’Italia.
90
Disposizioni attuative del regolamento (UE) n. 648/2012
4. Alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente articolo non si applica l’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689». 2. Le disposizioni sui sistemi di garanzia a controparte centrale contenute nel provvedimento adottato dalla Banca d’Italia e dalla Consob il 22 febbraio 2008, recante «Disciplina dei servizi di gestione accentrata, di liquidazione, dei sistemi di garanzia e delle relative società di gestione», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 54 del 4 marzo 2008, continuano ad applicarsi in conformità alle disposizioni transitorie previste dall’articolo 89, paragrafi 3 e 4, del regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, concernente gli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni. L’inosservanza delle disposizioni sui sistemi di garanzia a controparte centrale continua ad essere punita ai sensi dell’articolo 190 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. 3. Dall’attuazione delle disposizioni contenute nel presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica; le autorità interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. (Omissis)
91
Il primo passo verso l’Unione bancaria europea: il Regolamento UE n. 1024/2013. Con il Regolamento che appresso si pubblica – Regolamento UE n. 1024/2013 del Consiglio del 15 ottobre 2013 (in GU L 287, 29 ottobre 2013, pag. 63) – gli organi comunitari hanno finalmente rotto gli indugi e dopo una nutrita serie di proposte (alcune delle quali, come si vedrà, tuttora pendenti), raccomandazioni, auspici ed inviti susseguitisi in questi anni di profonda crisi economica, pongono le basi per giungere alla tanto agognata unione bancaria, attribuendo alla Banca centrale europea (BCE) compiti specifici in merito alle politiche relative alla vigilanza prudenziale degli enti creditizi. Il che poi si traduce – non può non tradursi – nella simmetrica contrazione dei poteri che, sino ad oggi, in tale materia venivano riconosciuti, dalla normativa sia comunitaria sia domestica, alle autorità di vigilanza nazionali. Si tratta, dunque, della prima manifestazione della svolta “centripeta” – voluta, essenzialmente, dalla Germania – nella disciplina “europea” dell’attività bancaria che, presto, sarà seguita da altri provvedimenti (attualmente, come anticipato, allo stadio di proposte di direttiva) in tema, per un verso, di risanamento e risoluzione delle crisi degli enti creditizi e delle imprese di investimento (cfr. Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 6 giugno 2012) e, per altro verso, di sistemi di garanzia dei depositanti (cfr. Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 luglio 2010). È pur vero, infatti, che il Regolamento n. 1024/2013 è stato preceduto, com’è noto, da quello che ha istituito l’Autorità Bancaria Europea (ABE) – cfr. Regolamento UE n. 1093/2010, da ultimo modificato, proprio in virtù dell’attribuzione dei compiti di vigilanza prudenziale alla BCE, dal Regolamento UE n. 1022/2013 –, avente lo scopo precipuo di sviluppare e contribuire all’applicazione coerente di un corpus unico di norme sui servizi finanziari valido per tutti gli Stati membri e, conseguentemente, di rafforzare la convergenza delle prassi di vigilanza in tutta l’Unione; pur tuttavia, mancava uno strumento che consentisse ad una autorità – non importa, in concreto, quale – di matrice europea (e, dunque, svincolata dal perseguimento di interessi prettamente domestici) di esercitare poteri diretti di controllo nei confronti degli enti creditizi operanti nel mercato comune, in ossequio al principio, sin qui ritenuto inviolabile, dell’home country control.
93
Legislazione
*** La necessità di intensificare l’integrazione della vigilanza bancaria per evitare la frammentazione del settore finanziario e scongiurare, così, la minaccia all’integrità della moneta unica; la constatata insufficienza (inefficienza?) del coordinamento tra autorità di vigilanza nazionali, in caso di crisi di banche o gruppi bancari transfrontalieri; l’opportunità che gli enti creditizi internalizzino tutti i costi generati dalla loro attività, in modo da evitare l’azzardo morale e l’assunzione di rischi eccessivi che ne deriva; l’obiettivo di assicurare la sicurezza e la solidità degli enti creditizi e la stabilità del sistema finanziario dell’unione e dei singoli Stati membri, rappresentano altrettante ragioni che, secondo quanto evidenziato nei Considerando, hanno spinto gli organi comunitari ad emanare il Regolamento n. 1024/2013. Con l’attribuzione dei compiti e dei poteri di vigilanza prudenziale in capo alla BCE prende così corpo il Meccanismo di Vigilanza Unico (MVU) – composto dalle autorità nazionali competenti e dalla stessa BCE, che è responsabile del suo funzionamento efficace e coerente (art. 6.1) –, la cui esistenza rappresenta, a sua volta, il presupposto per consentire al Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), in funzione dal luglio 2012, di ricapitalizzare direttamente (senza, cioè, passare per il finanziamento dello Stato d’origine) e mediante decisione ordinaria, gli istituti bancari in difficoltà. *** Tra i compiti attribuiti alla BCE (art. 4) spiccano quelli relativi al rilascio e alla revoca dell’autorizzazione all’accesso all’attività bancaria; alla valutazione delle operazioni di acquisizione e di cessione di partecipazione qualificate in enti creditizi; alla vigilanza su base consolidata sulle imprese madri degli enti creditizi stabilite in uno degli Stati membri partecipanti; alle valutazioni prudenziali, che la stessa BCE – eventualmente in coordinamento con l’ABE – può effettuare anche mediante le c.d. prove di stress, al fine di accertare se l’assetto organizzativo/decisionale dell’ente creditizio, nonché i fondi propri dallo stesso detenuti siano in grado di assicurare una gestione solida dell’ente e la copertura dei rischi tipici dell’attività bancaria. *** Per l’assolvimento di tali compiti, il Regolamento attribuisce alla BCE una serie di poteri, di tipo sia normativo/regolamentare, sia ispettivo/informativo e sia, soprattutto, di vigilanza in senso stretto. a) Per quel che concerne i primi, la BCE, nell’applicare il diritto dell’Unione e – se questo è rappresentato da direttive – la legislazione nazionale di recepimento, adotta orientamenti e raccomandazioni, prende decisioni e, qualora ciò sia necessario per organizzare o precisare le modalità di assolvimento dei compiti attribuitile dal Regolamento n. 1024, può, a sua volta, emanare regolamenti (art. 4.3).
94
Il primo passo verso l’unione bancaria europea: il Regolamento UE n. 1024/2013
b) Per quel che concerne i secondi, la BCE può, in ogni momento, richiedere le informazioni di cui necessita per assolvere i compiti attribuitile, senza che i destinatari della richiesta (tra i quali possono figurare non solo gli esponenti aziendali o i dipendenti degli enti creditizi, ma anche i terzi cui questi ultimi hanno esternalizzato funzioni o attività) possano eccepire il segreto professionale (art. 10). Inoltre, la BCE può svolgere le indagini che ritiene necessarie, chiedendo, ad esempio, la presentazione di documenti, oppure esaminando i libri e le scritture contabili, oppure, ancora, ascoltando gli esponenti aziendali o i dipendenti degli enti vigilati (art. 11); indagini che la BCE può anche svolgere in loco, previa notifica all’autorità nazionale competente, anche, eventualmente ed ove ritenuto opportuno, senza preavviso (art. 12). c) Decisamente più interessanti sono però i poteri in precedenza definiti di vigilanza in senso stretto (art. 16). In linea generale, la BCE può imporre agli enti creditizi di adottare per tempo le misure necessarie – senza ulteriore specificazione – per affrontare i problemi che dovessero presentarsi qualora l’ente non soddisfi, o rischi di violare nei successivi dodici mesi, i requisiti stabiliti dalla disciplina comunitaria in tema di esercizio dell’attività bancaria; oppure qualora la BCE ritenga, anche sulla base di uno “stress test”, che l’ente non abbia un assetto organizzativo/decisionale o fondi propri sufficienti per assicurare una gestione solida e la copertura dei rischi assunti. Più in particolare, la BCE gode di poteri che consentono alla stessa di imporre agli enti vigilati una serie di misure che riguardano: - il capitale di rischio, imponendo agli enti, ad esempio, di detenere fondi propri superiori ai requisiti patrimoniali richiesti dalla disciplina comunitaria, onde tener conto di rischi che sfuggono dal campo di applicazione di quest’ultima, oppure di utilizzare gli utili di esercizio per aumentare i fondi propri (una sorta di autofinanziamento coatto); - la governance, imponendo agli enti, ad esempio, di rafforzare la struttura organizzativo/decisionale o di presentare piani di “ripristino” delle condizioni di corretta gestione, oppure di effettuare segnalazioni ulteriori o più frequenti, anche sul capitale, oppure, ancora, di limitare la componente variabile della remunerazione in percentuale dei ricavi netti, quando questa è incompatibile con il mantenimento di una solida base patrimoniale, la BCE potendo financo rimuovere in qualsiasi momento i membri dell’organo di amministrazione, qualora essi non soddisfino i requisiti stabiliti dalla disciplina comunitaria in materia; - la politica di bilancio, esigendo che gli enti vigilati applichino una politica di accantonamenti specifica o che riservino alle voci dell’attivo un trattamento specifico con riferimento ai requisiti in materia di fondi propri; - l’attività, esigendo la riduzione del rischio connesso alle attività o ai prodotti o restringendo o limitando le attività, le operazioni o la rete degli enti, oppure ancora, operando sul patrimonio, esigendo la cessione di attività che presentano rischi eccessivi per la solidità dell’ente.
95
Legislazione
*** Ma nei confronti di chi, e secondo quali modalità, la BCE assume i compiti ed esercita i poteri di vigilanza attribuitile dal Regolamento? Sul punto, il Regolamento introduce una distinzione tra enti meno rilevanti e non meno rilevanti. Più in particolare, per stabilire se un ente è rilevante (o meno) si deve tener conto delle dimensioni; dell’importanza per l’economia dell’Unione o di qualsiasi Stato membro partecipante; della significatività delle attività transfrontaliere dell’ente stesso. È la stessa BCE, in consultazione con le autorità nazionali competenti, che elabora e rende pubblica la metodologia utilizzata per valutare la rilevanza, a detti fini, degli enti creditizi (art. 6.7, lett. a). In ogni caso – qualunque sia, cioè, la metodologia utilizzata –, non sono considerati meno rilevanti gli enti che rispettano almeno una delle seguenti condizioni: il totale delle attività è superiore a 30 miliardi di euro; il rapporto tra le attività totali ed il PIL dello Stato di stabilimento è superiore al 20%, salvo che il totale delle attività sia inferiore a 5 miliardi di euro; l’autorità nazionale competente ritiene che l’ente riveste un’importanza significativa per l’economia nazionale e la BCE decide di confermare, sulla base di una sua valutazione, tale significatività. Inoltre, non sono considerati meno significativi gli enti che hanno ricevuto assistenza finanziaria pubblica dal MES. Infine, la BCE può considerare un ente come significativo, quando vi sono filiazioni dello stesso in più di uno Stato partecipante e le sue attività o passività transfrontaliere rappresentano una parte significativa delle attività o passività totali considerate nella metodologia. Per quanto riguarda gli enti non meno rilevanti o significativi, nulla quaestio: è direttamente la BCE che assolve i compiti ed esercita i poteri attribuitile dal Regolamento. Per quel che concerne gli enti meno rilevanti o significativi, invece, il sistema di vigilanza si presenta alquanto complesso. La BCE emana regolamenti, orientamenti e istruzioni generali rivolti però, non direttamente agli enti creditizi, bensì alle autorità nazionali competenti, le quali assumono le decisioni di vigilanza nei confronti delle banche e ne sono responsabili. Le autorità nazionali debbono comunque notificare alla BCE qualsiasi procedura rilevante di vigilanza e trasmettere alla stessa progetti di decisioni rilevanti di vigilanza, su cui la BCE può esprimere le proprie opinioni (art. 7, lett. c). Alla BCE rimangono, comunque, i compiti che attengono al rilascio/revoca dell’autorizzazione e alla valutazione delle operazioni di acquisto/cessione di partecipazioni qualificate in enti creditizi. Inoltre, la BCE può in ogni momento decidere di esercitare direttamente tutti i poteri di cui dispone nei confronti anche degli enti meno rilevanti, qualora ciò sia necessario per garantire l’applicazione coerente di standard di vigilanza elevati; così come può, in ogni momento, esercitare i poteri di tipo ispettivo/informativo, ciò che, peraltro, non impedisce alle autorità nazionali l’esercizio della vigilanza informativa ed ispettiva, secondo quanto previsto dalla disciplina domestica. Va infine segnalato che, in ogni caso, la BCE esercita direttamente i poteri di vigilanza nei confronti dei tre
96
Il primo passo verso l’unione bancaria europea: il Regolamento UE n. 1024/2013
enti creditizi più significativi in ciascuno Stato membro, anche se, è da ritenere, “meno rilevanti” secondo la metodologia utilizzata ai fini dell’applicazione del Regolamento. [Daniele Vattermoli] Regolamento UE N. 1024/2013 del Consiglio del 15 ottobre 2013 che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi. IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 127, paragrafo 6, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Parlamento europeo, visto il parere della Banca centrale europea, deliberando secondo una procedura legislativa speciale, considerando quanto segue: (1) Negli ultimi decenni l’Unione ha compiuto progressi considerevoli nella creazione di un mercato interno dei servizi bancari. Di conseguenza, in molti Stati membri una quota significativa del mercato è detenuta da gruppi bancari aventi sede in un altro Stato membro e gli enti creditizi hanno diversificato l’attività sul piano geografico, sia all’interno che all’esterno della zona euro. (2) L’attuale crisi finanziaria ed economica ha mostrato che l’integrità della moneta unica e del mercato interno potrebbe essere minacciata dalla frammentazione del settore finanziario. È quindi essenziale intensificare l’integrazione della vigilanza bancaria al fine di rafforzare l’Unione, ripristinare la stabilità finanziaria e gettare le basi per la ripresa economica. (3) Per rilanciare la crescita economica nell’Unione e per un adeguato finanziamento dell’economia reale è essenziale mantenere e approfondire il mercato interno dei servizi bancari, sfida che tuttavia si dimostra sempre più impegnativa. La realtà dei fatti indica che l’integrazione dei mercati bancari nell’Unione sta subendo una battuta di arresto. (4) Nel contempo, l’esperienza maturata con la crisi finanziaria degli ultimi anni insegna che, oltre all’adozione di un quadro regolamentare rafforzato dell’Unione, le autorità di vigilanza devono intensificare l’attività di controllo ed essere in grado di vigilare su mercati ed enti estremamente complessi e interconnessi. (5) Nell’Unione la competenza a vigilare sui singoli enti creditizi resta principalmente a livello nazionale. Il coordinamento tra autorità di vigilanza è essenziale, ma la crisi ha dimostrato che il solo coordinamento non è sufficiente, in particolare nel contesto della moneta unica. Per preservare la stabilità finanziaria nell’Unione e aumentare gli effetti positivi sulla crescita e il benessere dell’integrazione dei mercati, è opportuno aumentare l’integrazione delle com-
97
Legislazione
petenze di vigilanza. Ciò è particolarmente importante per garantire un controllo efficace e solido di un intero gruppo bancario e della sua salute complessiva e ridurrebbe il rischio di diverse interpretazioni e decisioni contraddittorie a livello del singolo ente. (6) In molti casi la stabilità di un ente creditizio è ancora strettamente legata allo Stato membro in cui è stabilito. I dubbi sulla sostenibilità del debito pubblico, sulle prospettive di crescita economica e sulla solidità degli enti creditizi hanno alimentato tendenze di mercato che si rinforzano a vicenda, con possibili conseguenze in termini sia di rischi per la solidità di alcuni enti creditizi e la stabilità del sistema finanziario nella zona euro e nell’Unione nel suo complesso sia di imposizione di pesanti oneri a carico delle finanze pubbliche già in difficoltà degli Stati membri interessati. (7) L’Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea) (ABE), istituita nel 2011 dal regolamento (UE) n. 1093/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, che istituisce l’Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea) 1, e il Sistema europeo di vigilanza finanziaria (SEVIF), istituito dall’articolo 2 dello stesso regolamento, e dall’articolo 2 del regolamento (UE) n. 1094/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, che istituisce l’Autorità europea di vigilanza (Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali) 2 (AEAP), e dall’articolo 2 del regolamento (UE) n. 1095/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, che istituisce l’Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) 3 (AESFEM), hanno consentito di migliorare notevolmente la cooperazione tra le autorità di vigilanza bancaria nell’Unione. L’ABE contribuisce in modo rilevante alla definizione di un corpus unico di norme sui servizi finanziari nell’Unione e ha svolto un ruolo determinante nell’attuazione coerente della ricapitalizzazione di grandi enti creditizi dell’Unione decisa nell’ottobre 2011 dal vertice euro, conformemente agli orientamenti e alle condizioni in materia di aiuti di Stato adottati dalla Commissione. (8) Il Parlamento europeo ha invitato a più riprese ad affidare ad un organo europeo la competenza diretta di alcuni compiti di vigilanza sugli istituti finanziari, a cominciare dalle risoluzioni sulla comunicazione della Commissione «Messa in atto del quadro di azione per i servizi finanziari: piano d’azione», del 13 aprile 2000 4, e sulle norme di vigilanza prudenziale nell’Unione europea, del 21 novembre 2002 5. (9) Nelle conclusioni del 29 giugno 2012 il Consiglio europeo ha invitato il presidente del Consiglio europeo a sviluppare una tabella di marcia per la
1
GU GU 3 GU 4 GU 5 GU 2
98
L. 331 del 15.12.2010, p. 12. L. 331 del 15.12.2010, p. 48. L. 331 del 15.12.2010, p. 84. C 40 del 7.2.2001, p. 453. C 25 E del 29.1.2004, p. 394.
Il primo passo verso l’unione bancaria europea: il Regolamento UE n. 1024/2013
creazione di un’autentica unione economica e monetaria. Lo stesso giorno il vertice euro ha sottolineato che, una volta istituito, per le banche della zona euro, un efficace meccanismo di vigilanza unico con la partecipazione della Banca centrale europea (BCE), il meccanismo europeo di stabilità (MES) potrà, mediante decisione ordinaria, avere facoltà di ricapitalizzare direttamente gli istituti bancari, nel rispetto di adeguate condizioni, tra cui l’osservanza delle norme sugli aiuti di Stato. (10) Il Consiglio europeo del 19 ottobre 2012 ha concluso che il processo di approfondimento dell’unione economica e monetaria dovrebbe essere basato sul quadro istituzionale e giuridico dell’Unione e improntato all’apertura e alla trasparenza nei confronti degli Stati membri la cui moneta non è l’euro, nonché dal rispetto dell’integrità del mercato interno. Il quadro finanziario integrato disporrà di un meccanismo di vigilanza unico che sarà aperto per quanto possibile a tutti gli Stati membri che desiderino aderirvi. (11) È pertanto opportuno creare nell’Unione un’unione bancaria basata su un corpus unico di norme completo e dettagliato sui servizi finanziari per il mercato interno nel suo complesso e comprendente un meccanismo di vigilanza unico e nuovi quadri di garanzia dei depositi e di risoluzione delle crisi bancarie. Dati gli stretti legami e interconnessioni fra gli Stati membri la cui moneta è l’euro, è opportuno che l’unione bancaria si applichi almeno a tutti gli Stati membri della zona l’euro. Nella prospettiva di mantenere e approfondire il mercato interno, l’unione bancaria dovrebbe essere anche aperta, per quanto possibile sul piano istituzionale, alla partecipazione di altri Stati membri. (12) Come primo passo verso un’unione bancaria, si dovrebbe assicurare, tramite un meccanismo di vigilanza unico, che la politica dell’Unione in materia di vigilanza prudenziale sugli enti creditizi sia attuata in maniera coerente ed efficace, che il corpus unico di norme sui servizi finanziari sia applicato nella stessa maniera agli enti creditizi in tutti gli Stati membri interessati e che tali enti creditizi siano sottoposti a una vigilanza ottimale sotto il profilo qualitativo e libera da considerazioni estranee all’ottica prudenziale. In particolare, il meccanismo di vigilanza unico (MVU) dovrebbe essere coerente con il funzionamento del mercato interno dei servizi finanziari e con la libera circolazione dei capitali. Un meccanismo di vigilanza unico costituisce il punto di partenza per le tappesuccessive dell’unione bancaria, a concretamento del principio secondo cui il MES potrà, mediante decisione ordinaria, avere facoltà di ricapitalizzare direttamente gli istituti bancari una volta istituito un efficace meccanismo di vigilanza unico. Il Consiglio europeo ha preso atto, nelle conclusioni del 13/14 dicembre 2012, che «In un contesto in cui la vigilanza bancaria è trasferita effettivamente ad un meccanismo di vigilanza unico sarà necessario un meccanismo di risoluzione unico, dotato dei poteri atti ad assicurare che qualsiasi banca in uno Stato membro partecipante possa essere assoggettata a risoluzione mediante gli strumenti opportuni» e che «il meccanismo di risoluzione unico dovrebbe basarsi sui contributi dello stesso settore finanziario e comprendere adeguate ed efficaci misure di sostegno».
99
Legislazione
(13) In quanto banca centrale della zona euro dotata di ampie competenze in materia macroeconomica e di stabilità finanziaria, la la BCE è l’istituzione adatta ad assolvere compiti di vigilanza chiaramente definiti nell’ottica di tutelare la stabilità del sistema finanziario dell’Unione. Molte banche centrali, infatti, sono già responsabili per vigilanza bancaria. È quindi opportuno attribuire alla BCE compiti specifici in merito alle politiche che riguardano la vigilanza prudenziale degli enti creditizi negli Stati membri partecipanti. (14) La BCE e le autorità competenti degli Stati membri che non sono Stati membri partecipanti («Stati membri non partecipanti») dovrebbero concludere un memorandum d’intesa che descriva in termini generali come intendono cooperare nell’esecuzione dei loro compiti di vigilanza ai sensi del diritto dell’Unione in relazione agli enti finanziari di cui al presente regolamento. Il memorandum d’intesa potrebbe tra l’altro chiarire la consultazione relativa alle decisioni della BCE che si ripercuotono su filiazioni o succursali stabilite in uno Stato membro non partecipante la cui impresa madre èstabilita in uno Stato membro partecipante, come pure la cooperazione in situazioni di emergenza, meccanismi di allerta rapida compresi in conformità delle procedure previste dal pertinente diritto dell’Unione. Il memorandum dovrebbe essere riesaminato periodicamente. (15) È opportuno attribuire alla BCE compiti specifici che sono determinanti ai fini di un’attuazione coerente ed efficace della politica dell’Unione in materia di vigilanza prudenziale sugli enti creditizi, lasciando altri compiti alle autorità nazionali. La BCE dovrebbe avere, tra l’altro, poteri di adozione di misure intese a garantire la stabilità macroprudenziale, fatte salve disposizioni specifiche che riflettano il ruolo delle autorità nazionali. (16) La sicurezza e la solidità dei grandi enti creditizi sono essenziali per assicurare la stabilità del sistema finanziario, ma l’esperienza recente insegna che anche enti creditizi più piccoli possono minacciare la stabilità finanziaria. È pertanto opportuno che la BCE possa esercitare i compiti di vigilanza su tutti gli enti creditizi autorizzati negli Stati membri partecipanti e le succursali ivi stabilite. (17) Nell’assolvimento dei compiti attribuitele e fatto salvo l’obiettivo di assicurare la sicurezza e la solidità degli enti creditizi, la BCE dovrebbe tenere pienamente conto della diversità degli enti creditizi stessi, delle loro dimensioni e del loro modello societario, nonché dei vantaggi sistemici della diversità nel settore bancario dell’Unione. (18) L’assolvimento dei compiti della BCE dovrebbe contribuire in particolare ad assicurare che gli enti creditizi internalizzino appieno tutti i costi generati dalle loro attività in modo da evitare l’azzardo morale e l’assunzione di rischi eccessivi che ne deriva. Dovrebbe tenere pienamente conto delle pertinenti condizioni macroeconomiche degli Stati membri, segnatamente la stabilità dell’offerta di credito e l’agevolazione delle attività produttive per l’economia nel suo complesso. (19) Nessuna disposizione del presente regolamento dovrebbe essere interpretata in modo da modificare il quadro di regolamentazione contabile applicabile conformemente ad altri atti del diritto dell’Unione e nazionale.
100
Il primo passo verso l’unione bancaria europea: il Regolamento UE n. 1024/2013
(20) L’autorizzazione preliminare all’accesso all’attività di ente creditizio è un presidio prudenziale fondamentale per assicurare che tale attività sia svolta soltanto da operatori dotati di una base economica solida, di un’organizzazione atta a gestire i rischi specifici insiti nella raccolta di depositi e nell’erogazione di crediti e di idonei amministratori. È opportuno pertanto attribuire alla BCE il compito di autorizzare gli enti creditizi che devono stabilirsi in uno Stato membro partecipante nonché la competenza a revocare le autorizzazioni, fatte salve disposizioni specifiche che riflettano il ruolo delle autorità nazionali. (21) Attualmente, gli Stati membri possono prevedere, per l’autorizzazione degli enti creditizi e per i casi di relativa revoca, condizioni supplementari rispetto a quelle stabilite nel diritto dell’Unione. La BCE dovrebbe quindi assolvere i suoi compiti in materia di autorizzazione degli enti creditizi e di revoca dell’autorizzazione in caso di non conformità al diritto nazionale su proposta della pertinente autorità nazionale competente, la quale valuta il soddisfacimento delle condizioni applicabili stabilite dal diritto nazionale. (22) Per assicurare che la proprietà di un ente creditizio rimanga sempre idonea e solida sotto il profilo finanziario, è indispensabile valutare l’idoneità di qualsiasi nuovo proprietario prima che esso acquisti una quota rilevante nell’ente creditizio. La BCE in quanto istituzione dell’Unione è in una posizione favorevole per effettuare la necessaria valutazione senza imporre restrizioni indebite sul mercato interno. È opportuno attribuire alla BCE il compito di valutare l’acquisizione e la cessione di partecipazioni significative negli enti creditizi, tranne nel contesto della risoluzione delle crisi bancarie. (23) La solidità prudenziale di un ente creditizio presuppone il rispetto delle norme dell’Unione che gli impongono di detenere un dato livello di capitale a copertura dei rischi insiti nella sua attività, di limitare le esposizioni nei confronti di singole controparti, di pubblicare le informazioni relative alla sua situazione finanziaria, di disporre di attività liquide sufficienti a superare le situazioni di stress sui mercati e di limitare la leva finanziaria. La BCE dovrebbe avere il compito di assicurare il rispetto di tali norme, inclusa in particolare la concessione delle approvazioni, autorizzazioni, deroghe o esenzioni previste ai fini delle norme stesse. (24) Le riserve supplementari di capitale, comprese una riserva di conservazione del capitale, una riserva di capitale anticiclica per assicurare che nei periodi di crescita economica l’ente creditizio accumuli una base di capitale sufficiente a coprire le perdite nei periodi di stress, le riserve degli enti di importanza sistemica a livello globale e di altri enti sistemici e altre misure miranti ad affrontare i rischi sistemici o macroprudenziali, costituiscono strumenti prudenziali fondamentali. Per assicurare il pieno coordinamento, se le autorità nazionali competenti o le autorità nazionali designate impongono tali misure ciò dovrebbe essere debitamente notificato alla BCE. Inoltre, se necessario, la BCE dovrebbe poter applicare requisiti più elevati e misure più rigorose, fatto salvo uno stretto coordinamento con le autorità nazionali. Le disposizioni del presente regolamento relative alle misure intese ad affrontare i rischi sistemici o macroprudenziali lasciano impregiudicate eventuali procedure di coordinamen-
101
Legislazione
to previste in altri atti del diritto dell’Unione. Le autorità nazionali competenti o le autorità nazionali designate e la BCE si conformano ad eventuali procedure di coordinamento previste in tali atti dopo aver seguito le procedure di cui al presente regolamento. (25) La sicurezza e la solidità di un ente creditizio dipendono anche dall’allocazione di adeguato capitale interno, in considerazione dei rischi cui potrebbe trovarsi esposto, e dalla disponibilità di strutture organizzative interne e di dispositivi di governo societario appropriati. È quindi opportuno attribuire alla BCE il compito di applicare requisiti che assicurino la presenza, negli enti creditizi degli Stati membri partecipanti, di solidi dispositivi, processi e meccanismi di governo societario, compresi processi e strategie per valutare e mantenere l’adeguatezza del capitale interno. È opportuno che la BCE sia altresì competente a imporre, qualora si riscontrino carenze, le misure del caso, compresi obblighi specifici in materia di fondi propri supplementari, trasparenza e liquidità. (26) I rischi per la sicurezza e la solidità di un ente creditizio possono porsi sia a livello di singolo ente sia a livello di gruppo bancario o di conglomerato finanziario. Meccanismi specifici di vigilanza per attenuare questi rischi sono importanti per assicurare la sicurezza e la solidità degli enti creditizi. È opportuno incaricare la BCE, oltre che della vigilanza sui singoli enti creditizi, anche della vigilanza su base consolidata, della vigilanza supplementare, della vigilanza sulle società di partecipazione finanziaria e della vigilanza sulle società di partecipazione finanziaria mista, esclusa la vigilanza sulle imprese di assicurazione. (27) Per preservare la stabilità finanziaria si dovrebbe porre rimedio al deterioramento della situazione finanziaria ed economica di un ente in una fase precoce. È opportuno attribuire alla BCE il compito di attuare le misure di intervento precoce stabilite dal diritto dell’Unione in materia, che dovrebbe tuttavia coordinare con le pertinenti autorità di risoluzione delle crisi. Fino a quando le autorità nazionali rimarranno competenti per risolvere le crisi degli enti creditizi, la BCE dovrebbe inoltre coordinarsi adeguatamente con le autorità nazionali in questione per giungere ad un’intesa circa le competenze rispettive in caso di crisi, in particolare nel contesto della gestione delle crisi dei gruppi transfrontalieri e dei collegi di risoluzione delle crisi che saranno istituiti a tal fine. (28) È opportuno lasciare alle autorità nazionali i compiti di vigilanza non attribuiti alla BCE, in particolare i seguenti compiti: ricevere dagli enti creditizi le notifiche in relazione al diritto di stabilimento e alla libera prestazione di servizi, esercitare la vigilanza sui soggetti che, benché non rientranti nella definizione di «ente creditizio» ai sensi del diritto dell’Unione, il diritto nazionale sottopone alla stessa vigilanza degli enti creditizi, esercitare la vigilanza sugli enti creditizi dei paesi terzi che aprono una succursale o che prestano servizi transfrontalieri nell’Unione, esercitare la vigilanza sui servizi di pagamento, effettuare le verifiche quotidiane sugli enti creditizi, assolvere nei confronti degli enti creditizi la funzione di autorità competenti in relazione ai mercati degli strumenti finanziari, prevenire l’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio di denaro e di finanziamento del terrorismo e proteggere i consumatori.
102
Il primo passo verso l’unione bancaria europea: il Regolamento UE n. 1024/2013
(29) È opportuno che la BCE cooperi, se del caso, pienamente con le autorità nazionali responsabili di garantire un’elevata tutela dei consumatori e la lotta contro il riciclaggio di denaro. (30) È opportuno che la BCE assolva i compiti attribuitile mirando ad assicurare la sicurezza e la solidità degli enti creditizi, la stabilità del sistema finanziario dell’Unione e dei singoli Stati membri partecipanti e l’unità e l’integrità del mercato interno, garantendo anche la tutela dei depositanti e migliorando il funzionamento del mercato interno, in linea con il corpus unico di norme sui servizi finanziari dell’Unione. In particolare, la BCE dovrebbe tenere debitamente conto dei principi di uguaglianza e non discriminazione. (31) L’attribuzione di compiti di vigilanza alla BCE dovrebbe iscriversi coerentemente nel quadro del SEVIF ed essere in linea con il relativo obiettivo di fondo di definire un corpus unico di norme e di migliorare la convergenza delle prassi di vigilanza in tutta l’Unione. È importante che le autorità di vigilanza bancaria cooperino tra loro e con le autorità di vigilanza delle assicurazioni e mercati finanziari per trattare le questioni di interesse comune e per assicurare una vigilanza adeguata sugli enti creditizi attivi anche nei settori assicurativo e mobiliare. La BCE dovrebbe pertanto cooperare strettamente con l’ABE, l’AESFEM e l’AEAP, il Comitato europeo per il rischio sistemico (CERS) e le altre autorità che formano parte del SEVIF. È necessario che la BCE assolva i suoi compiti nel rispetto delle disposizioni del presente regolamento lasciando impregiudicate le competenze e le funzioni degli altri partecipanti nell’ambito del SEVIF. Dovrebbe essere inoltre tenuta a cooperare con le pertinenti autorità di risoluzione delle crisi e con i meccanismi che finanziano assistenza finanziaria pubblica diretta o indiretta. (32) La BCE dovrebbe assolvere i suoi compiti conformemente al pertinente diritto dell’Unione, compresi tutto il diritto primario e derivato dell’Unione, le decisioni della Commissione in materia di aiuti di Stato, le regole di concorrenza e sul controllo delle concentrazioni e il corpus unico di norme applicabile a tutti gli Stati membri. L’ABE è incaricata di elaborare progetti di norme tecniche nonché orientamenti e raccomandazioni finalizzati alla convergenza nella vigilanza e alla coerenza dei relativi risultati nell’ambito dell’Unione. Poiché non è opportuno che subentri all’ABE nell’assolvimento di tali compiti, la BCE dovrebbe esercitare il potere di adottare regolamenti a norma dell’articolo 132 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) e in conformità degli atti dell’Unione adottati dalla Commissione sulla base di progetti elaborati dall’ABE e fatto salvo l’articolo 16 del regolamento (UE) n. 1039/2010. (33) Laddove necessario, è opportuno che la BCE stipuli memorandum d’intesa con le autorità competenti aventi responsabilità per i mercati degli strumenti finanziari, che descrivano in termini generali come intendono cooperare reciprocamente nell’esecuzione dei loro compiti di vigilanza ai sensi del diritto dell’Unione in relazione agli enti finanziari di cui al presente regolamento. Tali memorandum dovrebbero essere a disposizione del Parlamento europeo, del Consiglio e delle autorità competenti di tutti gli Stati membri.
103
Legislazione
(34) Nell’assolvimento dei suoi compiti e nell’esercizio dei suoi poteri di vigilanza, la BCE dovrebbe applicare le norme sostanziali concernenti la vigilanza prudenziale degli enti creditizi. Queste norme sono costituite dal pertinente diritto dell’Unione, in particolare i regolamenti direttamente applicabili o le direttive, ad esempio quelle sui requisiti patrimoniali degli enti creditizi e sui conglomerati finanziari. Laddove le norme sostanziali concernenti la vigilanza prudenziale degli enti creditizi siano stabilite in direttive, la BCE dovrebbe applicare la legislazione nazionale di recepimento. Laddove il pertinente diritto dell’Unione sia costituito da regolamenti e in settori in cui, alla data di entrata in vigore del presente regolamento, i suddetti regolamenti concedono esplicitamente opzioni per gli Stati membri, la BCE dovrebbe applicare anche la legislazione nazionale di esercizio di tali opzioni. Tali opzioni dovrebbero essere intese nel senso di escludere le opzioni a disposizione esclusivamente delle autorità competenti o designate. Ciò non osta al principio del primato del diritto dell’Unione. Ne consegue che la BCE, allorché adotta orientamenti o raccomandazioni o prende decisioni, dovrebbe basarsi sul pertinente diritto vincolante dell’Unione e agire in conformità di quest’ultimo. (35) Nell’ambito dei compiti conferiti alla BCE, il diritto nazionale conferisce alle autorità nazionali competenti taluni poteri attualmente non richiesti dal diritto dell’Unione, compresi taluni poteri cautelari e di intervento precoce. La BCE dovrebbe poter chiedere alle autorità nazionali degli Stati membri partecipanti di utilizzare tali poteri al fine di garantire l’attuazione di una vigilanza piena ed efficace nell’ambito dell’MVU. (36) Per assicurare che gli enti creditizi, le società di partecipazione finanziaria e le società di partecipazione finanziaria mista applichino le norme e le decisioni in materia di vigilanza, dovrebbero imporre sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive in caso di violazione. A norma dell’articolo 132, paragrafo 3, TFUE e del regolamento (CE) n. 2532/98 del Consiglio, del 23 novembre 1998, sul potere della Banca centrale europea di irrogare sanzioni 6, la BCE ha il potere di imporre alle imprese ammende o penalità di mora in caso di inosservanza degli obblighi imposti dai regolamenti e dalle decisioni da essa adottati. Inoltre, al fine di consentire alla BCE di assolvere efficacemente i suoi compiti relativi al controllo del rispetto delle disposizioni di vigilanza previste dal diritto dell’Unione direttamente applicabile, è necessario attribuire alla BCE il potere di imporre sanzioni pecuniarie agli enti creditizi, alle società di partecipazione finanziaria e alle società di partecipazione finanziaria mista in caso di violazione di tali norme. È opportuno che le autorità nazionali possano continuare a infliggere sanzioni in caso di mancato rispetto degli obblighi imposti dal diritto nazionale di recepimento delle direttive dell’Unione. È opportuno che la BCE possa, quando reputa che l’assolvimento dei suoi compiti richieda una sanzione per le violazioni, rimettere a tal fine la questione alle autorità nazionali competenti.
6
104
G.U. L 318 del 27.11.1998, p. 4.
Il primo passo verso l’unione bancaria europea: il Regolamento UE n. 1024/2013
(37) Le autorità di vigilanza nazionali vantano competenze importanti e consolidate nella vigilanza sugli enti creditizi sul rispettivo territorio e nelle relative peculiarità economiche, organizzative e culturali. Hanno assegnato a tali scopi un corpo ingente di personale apposito e altamente qualificato. Ai fini di una vigilanza di elevata qualità a livello dell’Unione, è opportuno che le autorità nazionali competenti siano responsabili dell’assistenza della BCE nella preparazione e nell’attuazione degli atti inerenti all’assolvimento dei suoi compiti di vigilanza, tra cui in particolare la valutazione giornaliera della situazione di un ente creditizio e le relative verifiche in loco. (38) I criteri stabiliti nel presente regolamento per la definizione dell’ambito di attività degli enti meno significativi dovrebbero essere applicati al massimo livello di consolidamento all’interno degli Stati membri partecipanti sulla base di dati consolidati. Nell’assolvere i compiti attribuitile dal presente regolamento in relazione a un gruppo di enti creditizi che non è meno significativo su base consolidata, la BCE dovrebbe procedervi su base consolidata in relazione al gruppo di enti creditizi e su base individuale in relazione alle filiazioni e succursali di tale gruppo stabilite negli Stati membri partecipanti. (39) I criteri stabiliti nel presente regolamento per la definizione dell’ambito di attività degli enti meno significativi dovrebbero essere specificati in un quadro adottato e pubblicato dalla BCE in consultazione con le autorità nazionali competenti. Su tale base, la BCE dovrebbe avere la responsabilità di applicare i suddetti criteri e di verificarne, attraverso propri calcoli, il rispetto. La richiesta della BCE di informazioni per effettuare i suoi calcoli non dovrebbe costringere gli enti ad applicare quadri contabili diversi da quelli ad essi applicabili ai sensi di altri atti del diritto dell’Unione e nazionale. (40) Qualora un ente creditizio sia stato considerato significativo o meno significativo, la valutazione non dovrebbe generalmente essere modificata più di una volta ogni dodici mesi, tranne in caso di cambiamenti strutturali nei gruppi bancari, quali fusioni o dismissioni. (41) Nel decidere, in seguito alla notifica di un’autorità nazionale competente, se un ente riveste importanza significativa con riguardo all’economia nazionale e deve quindi essere soggetto alla vigilanza della BCE, quest’ultima dovrebbe tenere conto di tutte le circostanze pertinenti, incluse le considerazioni legate alla parità di condizioni. (42) Per quanto riguarda la vigilanza di enti creditizi transfrontalieri operanti sia all’interno che all’esterno della zona euro, la BCE dovrebbe cooperare strettamente con le autorità competenti degli Stati membri non partecipanti. In qualità di autorità competente è necessario che la BCE sia soggetta ai relativi obblighi di cooperazione e di scambio di informazioni imposti dal diritto dell’Unione e partecipi pienamente nei collegi delle autorità di vigilanza. Inoltre, poiché l’esercizio di compiti di vigilanza da parte di un’istituzione dell’Unione apporta chiari benefici in termini di stabilità finanziaria e integrazione sostenibile dei mercati, anche gli Stati membri la cui moneta non è l’euro dovrebbero avere la possibilità di partecipare all’MVU. Tuttavia, l’assolvimento efficace dei compiti di vigilanza presuppone necessariamente l’attuazione piena e immediata delle
105
Legislazione
decisioni in materia di vigilanza. Gli Stati membri che intendono partecipare all’MVU dovrebbero quindi impegnarsi ad assicurare che le autorità nazionali competenti si conformino alle misure richieste dalla BCE in relazione agli enti creditizi e vi diano attuazione. È opportuno che la BCE possa instaurare una cooperazione stretta con le autorità competenti di uno Stato membro la cui moneta non è l’euro. È necessario che sia tenuta a instaurare la cooperazione quando sono soddisfatte le condizioni previste nel presente regolamento. (43) Poiché gli Stati membri partecipanti la cui moneta non è l’euro non sono presenti nel consiglio direttivo finché non hanno adottato l’euro conformemente al TFUE e non possono fruire appieno di altri meccanismi previsti per gli Stati membri la cui moneta è l’euro, il presente regolamento prevede ulteriori garanzie da applicare nel processo decisionale. Tali graranzie, tuttavia, in particolare la possibilità per gli Stati membri partecipanti la cui moneta non è l’euro di chiedere che si ponga fine immediatamente alla stretta cooperazione previa informazione del consiglio direttivo in merito al proprio disaccordo motivato su un progetto di decisione del consiglio di vigilanza, dovrebbero essere usate in casi eccezionali debitamente giustificati e solo fintantoché si applicano le suddette circostanze specifiche. Le garanzie sono dovute alle circostanze specifiche in cui si trovano gli Stati membri partecipanti la cui moneta non è l’euro nel quadro del presente regolamento, in quanto non sono presenti nel consiglio direttivo e non possono fruire appieno di altri meccanismi previsti per gli Stati membri la cui moneta è l’euro. Pertanto, le garanzie non possono e non dovrebbero essere intese come un precedente per altri settori della politica dell’Unione. (44) Nessuna disposizione del presente regolamento dovrebbe alterare in alcun modo l’attuale quadro che disciplina la modifica della forma giuridica delle filiazioni o succursali e l’applicazione di tale quadro, né essere interpretata o applicata nel senso che incentiva tale modifica. A tale riguardo, si dovrebbe rispettare pienamente la responsabilità delle autorità competenti degli Stati membri non partecipanti, di modo che dette autorità continuino a disporre di sufficienti poteri e strumenti di vigilanza sugli enti creditizi operanti nel loro territorio per poter esercitare tale responsabilità e salvaguardare in modo effettivo la stabilità finanziaria e l’interesse pubblico. Inoltre, al fine di assistere le autorità competenti nell’esercizio delle loro responsabilità dovrebbero essere fornite tempestivamente alle autorità competenti stesse e ai depositanti informazioni su eventuali modifiche della forma giuridica delle filiazioni o succursali. (45) Per assolvere i suoi compiti la BCE dovrebbe disporre di adeguati poteri di vigilanza. Il diritto dell’Unione in materia di vigilanza degli enti creditizi attribuisce determinati poteri alle autorità di vigilanza designate a tal fine dagli Stati membri. Nella misura in cui tali poteri rientrano nell’ambito dei compiti di vigilanza attribuitile, si dovrebbe considerare la BCE l’autorità competente per gli Stati membri partecipanti, ed è necessario dotarla dei poteri conferiti alle autorità competenti dal diritto dell’Unione, ossia i poteri conferiti da tali atti alle autorità competenti dello Stato membro di origine e dello Stato membro ospitante e alle autorità designate.
106
Il primo passo verso l’unione bancaria europea: il Regolamento UE n. 1024/2013
(46) La BCE dovrebbe disporre del potere di vigilanza di rimuovere un membro dell’organo di amministrazione conformemente al presente regolamento. (47) Per assolvere efficacemente i suoi compiti di vigilanza, è necessario che la BCE possa richiedere tutte le informazioni necessarie e svolgere indagini e ispezioni in loco, ove appropriato in collaborazione con le autorità nazionali competenti. La BCE e le autorità nazionali competenti dovrebbero avere accesso alle stesse informazioni senza che gli enti creditizi siano soggetti al requisito della doppia relazione. (48) Il segreto professionale dell’avvocato è un principio fondamentale del diritto dell’Unione che protegge la riservatezza delle comunicazioni tra le persone fisiche o giuridiche e i loro consulenti, conformemente alle condizioni stabilite nella giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE). (49) Se ha la necessità di richiedere informazioni ad una persona stabilita in uno Stato membro non partecipante ma appartenente ad un ente creditizio, una società di partecipazione finanziaria o una società di partecipazione finanziaria mista stabiliti in uno Stato membro partecipante, ovvero alla quale tale ente creditizio, società di partecipazione finanziaria o società di partecipazione finanziaria mista abbia esternalizzato funzioni o attività operative, e se tale richiesta non può essere fatta valere né può essere eseguita nello Stato membro non partecipante, la BCE dovrebbe coordinarsi con l’autorità competente dello Stato membro non partecipante interessato. (50) Il presente regolamento non pregiudica l’applicazione delle norme stabilite dagli articoli 34 e 42 del protocollo n. 4 sullo statuto del sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, allegato al trattato sull’Unione europea (TUE) e al TFUE («statuto del SEBC e della BCE»). Gli atti adottati dalla BCE ai sensi del presente regolamento non dovrebbero conferire diritti o imporre obblighi agli Stati membri non partecipanti, salvo quando tali atti siano conformi al pertinente diritto dell’Unione, in conformità di tale protocollo e del protocollo n. 15 su talune disposizioni relative al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, allegato al TUE e al TFUE. (51) Quando gli enti creditizi esercitano il loro diritto di stabilimento o di libera prestazione di servizi in un altro Stato membro o nel caso in cui diversi soggetti in un gruppo siano stabiliti in Stati membri diversi, il diritto dell’Unione prevede procedure specifiche nonché la ripartizione delle competenze tra gli Stati membri interessati. Nella misura in cui la BCE assume taluni compiti di vigilanza per tutti gli Stati membri partecipanti, le predette procedure e la predetta ripartizione non si dovrebbero applicare all’esercizio del diritto di stabilimento o di libera prestazione di servizi in un altro Stato membro partecipante. (52) Quando assolve i compiti che le sono attribuiti dal presente regolamento e quando chiede assistenza alle autorità nazionali competenti, la BCE dovrebbe tenere debitamente conto di un giusto equilibrio tra il coinvolgimento di tutte le autorità nazionali competenti interessate, in linea con le responsabilità stabilite nel diritto applicabile dell’Unione in materia di vigilanza su base individuale e di vigilanza su base subconsolidata e consolidata.
107
Legislazione
(53) Nessuna disposizione del presente regolamento dovrebbe essere intesa nel senso di conferire alla BCE il potere di imporre sanzioni a persone fisiche o giuridiche diverse da enti creditizi, società di partecipazione finanziaria o società di partecipazione finanziaria mista, fatto salvo il potere della BCE di chiedere alle autorità nazionali competenti di intervenire per assicurare che siano imposte sanzioni appropriate. (54) In quanto stabilita dai trattati, la BCE è un’istituzione dell’Unione nel suo complesso. Nelle sue procedure decisionali, dovrebbe essere soggetta alle norme e ai principi generali dell’Unione in materia di garanzie procedurali e di trasparenza. Occorre rispettare pienamente il diritto dei destinatari delle decisioni della BCE ad essere ascoltati nonché il loro diritto a chiedere un riesame delle decisioni della BCE ai sensi delle norme stabilite nel presente regolamento. (55) L’attribuzione di compiti di vigilanza implica per la BCE una responsabilità considerevole in termini di salvaguardia della stabilità finanziaria nell’Unione e di esercizio il più possibile efficace e proporzionato dei poteri di vigilanza. È opportuno che il passaggio di poteri di vigilanza dal livello nazionale a quello dell’Unione sia bilanciato da adeguati obblighi in materia di trasparenza e responsabilità. La BCE dovrebbe pertanto rispondere dell’esecuzione di tali compiti al Parlamento europeo e al Consiglio quali istituzioni democraticamente legittimate a rappresentare i cittadini dell’Unione e gli Stati membri. Ciò dovrebbe includere relazioni periodiche e risposte a interrogazioni e quesiti del Parlamento europeo, in conformità del suo regolamento interno, e dell’Eurogruppo, in conformità delle relative procedure. Gli obblighi di relazione dovrebbero essere vincolati al pertinente segreto professionale. (56) La BCE dovrebbe trasmettere anche ai parlamenti nazionali degli Stati membri partecipanti le relazioni che indirizza al Parlamento europeo e al Consiglio. I parlamenti nazionali degli Stati membri partecipanti dovrebbero poter indirizzare osservazioni o quesiti alla BCE in merito all’assolvimento dei compiti di vigilanza attribuitile, cui la BCE può rispondere. I regolamenti interni dei suddetti parlamenti nazionali dovrebbero tenere conto delle modalità delle procedure e dei meccanismi pertinenti per indirizzare osservazioni e quesiti alla BCE. In tale contesto si dovrebbe prestare particolare attenzione a osservazioni o quesiti concernenti la revoca delle autorizzazioni degli enti creditizi in relazione alla quale le autorità nazionali, conformemente alla procedura di cui al presente regolamento, hanno intrapreso azioni necessarie per la risoluzione o per il mantenimento della stabilità finanziaria. Il parlamento nazionale di uno Stato membro partecipante dovrebbe inoltre poter invitare il presidente o un rappresentante del consiglio di vigilanza a partecipare a uno scambio di opinioni in relazione alla vigilanza degli enti creditizi in detto Stato membro, insieme con un rappresentante dell’autorità nazionale competente. Tale ruolo dei parlamenti nazionali risulta opportune alla luce del potenziale impatto delle misure di vigilanza sulle finanze pubbliche, sugli enti creditizi e i rispettivi clienti e dipendenti, nonché sui mercati degli Stati membri partecipanti. Nei casi in cui le autorità nazionali competenti intervengono a norma del presente
108
Il primo passo verso l’unione bancaria europea: il Regolamento UE n. 1024/2013
regolamento, è opportuno che resti d’applicazione il regime di responsabilità previsto dal diritto nazionale. (57) Il presente regolamento non pregiudica il diritto del Parlamento europeo di istituire una commissione temporanea d’inchiesta incaricata di esaminare le denunce di infrazione o di cattiva amministrazione nell’applicazione del diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 226 TFUE, né l’esercizio delle sue funzioni di controllo politico quali previste nei trattati, incluso il diritto del Parlamento europeo di prendere posizione o adottare una risoluzione su questioni che ritenga appropriate. (58) Nella sua azione la BCE dovrebbe rispettare i principi in materia di garanzie procedurali e di trasparenza. (59) I regolamenti di cui all’articolo 15, paragrafo 3, TFUE dovrebbero determinare le modalità di accesso ai documenti in possesso della BCE risultanti dall’assolvimento dei suoi compiti di vigilanza, conformemente al TFUE. (60) Ai sensi dell’articolo 263 TFUE, la CGUE esercita un controllo di legittimità anche sugli atti della BCE, diversi da raccomandazioni e pareri, destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi. (61) A norma dell’articolo 340 TFUE, la BCE dovrebbe risarcire, conformemente ai principi generali comuni al diritto degli Stati membri, i danni cagionati da essa stessa o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni. Dovrebbe restare impregiudicata la responsabilità delle autorità nazionali competenti di risarcire i danni cagionati da esse stesse o dai loro agenti nell’esercizio delle loro funzioni conformemente alla legislazione nazionale. (62) In virtù dell’articolo 342 TFUE, alla BCE si applica il regolamento n. 1 del Consiglio, che stabilisce il regime linguistico della Comunità economica europea 7. (63) Nel determinare se il diritto di accesso al fascicolo da parte di persone interessate debba essere limitato, la BCE dovrebbe rispettare i diritti fondamentali e osservi i principi riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale. (64) La BCE dovrebbe riconoscere alle persone fisiche e alle persone giuridiche la possibilità di chiedere un riesame delle decisioni adottate in virtù dei poteri conferitile dal presente regolamento e di cui dette persone sono destinatarie o che le riguardano direttamente e individualmente. La portata del riesame dovrebbe riguardare la conformità procedurale e sostanziale di tali decisioni con il presente regolamento, nel rispetto, nel contempo, del margine di discrezionalità lasciato alla BCE nel decidere sull’opportunità di adottare le decisioni stesse. A tal fine e per ragioni di semplificazione delle procedure, la BCE dovrebbe istituire una commissione amministrativa del riesame incaricata di effettuare tale
7
GU 17 del 6.10.1958, p. 385.
109
Legislazione
riesame interno. Per costituire la commissione, il consiglio direttivo della BCE dovrebbe nominare persone di indubbio prestigio. Nella sua decisione il consiglio direttivo dovrebbe, per quanto possibile, garantire un equilibrio geografico e di genere adeguato fra tutti gli Stati membri. La procedura stabilita per il riesame dovrebbe consentire al consiglio di vigilanza di riconsiderare il precedente progetto di decisione in funzione delle esigenze. (65) La BCE è competente a esercitare funzioni di politica monetaria ai fini del mantenimento della stabilità dei prezzi ai sensi dell’articolo 127, paragrafo 1, TFUE. L’assolvimento di compiti di vigilanza mira a tutelare la sicurezza e la solidità degli enti creditizi e la stabilità del sistema finanziario. I compiti dovrebbero pertanto essere assolti in maniera nettamente separata per evitare conflitti di interesse e per assicurare che ciascuna funzione sia esercitata conformemente agli obiettivi applicabili. La BCE dovrebbe poter garantire che il consiglio direttivo operi in modo completamente differenziato per quanto riguarda le funzioni di politica monetaria e di vigilanza. Tale differenziazione dovrebbe almeno prevedere riunioni e ordini del giorno rigorosamente separati. (66) La separazione organizzativa del personale dovrebbe riguardare tutti i servizi necessari per i fini di politica monetaria indipendente e dovrebbe garantire che l’esecuzione dei compiti attribuiti dal presente regolamento sia pienamente soggetta alla responsabilità democratica e alla supervisione previste dal presente regolamento. Il personale coinvolto nell’assolvimento dei compiti attribuiti alla BCE dal presente regolamento dovrebbe riferire al presidente del consiglio di vigilanza. (67) È opportuno, in particolare, istituire in seno alla la BCE un consiglio di vigilanza incaricato di preparare le decisioni in materia di vigilanza, che ricomprenda le competenze specifiche delle autorità di vigilanza nazionali. È opportuno pertanto che il consiglio sia presieduto da un presidente, abbia un vicepresidente e sia composto di rappresentanti della BCE e delle autorità nazionali competenti. Le nomine del consiglio di vigilanza a norma del presente regolamento dovrebbero rispettare i principi di equilibrio di genere, esperienza e qualifica. Tutti i membri del consiglio di vigilanza dovrebbero essere informati in modo tempestivo e completo dei punti all’ordine del giorno delle sue riunioni, in modo da agevolare l’efficacia delle discussioni e il processo di elaborazione del progetto di decisione. (68) Nell’assolvimento dei propri compiti, il consiglio di vigilanza dovrebbe tener conto di tutti i fatti e di tutte le circostanze pertinenti negli Stati membri partecipanti ed esercitare le proprie funzioni nell’interesse dell’Unione nel suo complesso. (69) Nel pieno rispetto delle disposizioni istituzionali e in materia di voto stabilite dai trattati, il consiglio di vigilanza dovrebbe essere un organo essenziale nell’esecuzione dei compiti di vigilanza da parte della BCE, compiti di cui, sino ad ora, sono rimaste depositarie le autorità nazionali competenti. Per tale motivo, si dovrebbe conferire al Consiglio il potere di adottare una decisione di esecuzione al fine di nominare il presidente e il vicepresidente del consiglio di vigilanza. Dopo aver sentito il consiglio di vigilanza, la BCE dovrebbe presenta-
110
Il primo passo verso l’unione bancaria europea: il Regolamento UE n. 1024/2013
re al Parlamento europeo, per approvazione, una proposta di nomina del presidente e del vicepresidente. Dopo l’approvazione di tale proposta, il Consiglio dovrebbe adottare la suddetta decisione di esecuzione. Il presidente dovrebbe essere scelto in base ad una procedura di selezione aperta, di cui il Parlamento europeo e il Consiglio dovrebbero essere tenuti debitamente al corrente. (70) Ai fini di una rotazione adeguata e, nel contempo, a tutela della sua piena indipendenza, il presidente dovrebbe essere eletto per un mandato, non rinnovabile, non superiore a cinque anni. Per assicurare il pieno coordinamento con le attività dell’ABE e con le politiche prudenziali dell’Unione, è opportuno che il consiglio di vigilanza possa invitare l’ABE e la Commissione in veste di osservatori. Il presidente dell’autorità europea di risoluzione delle crisi, una volta istituita, dovrebbe partecipare in veste di osservatore alle riunioni del consiglio di vigilanza. (71) È opportuno che il consiglio di vigilanza sia assistito da un comitato direttivo, a composizione più ristretta. il comitato direttivo dovrebbe preparare le riunioni del consiglio di vigilanza, esercitare le sue funzioni unicamente nell’interesse dell’Unione nel suo complesso e cooperare con il consiglio di vigilanza in piena trasparenza. (72) Il consiglio direttivo della BCE dovrebbe invitare i rappresentanti degli Stati membri partecipanti la cui moneta non è l’euro quando considera di sollevare obiezioni riguardo ad un progetto di decisione preparato dal consiglio di vigilanza o quando le autorità nazionali competenti interessate comunicano al consiglio direttivo il proprio disaccordo motivato su un progetto di decisione del consiglio di vigilanza, qualora tale decisione sia indirizzata alle autorità nazionali in relazione ad enti creditizi di Stati membri partecipanti la cui moneta non è l’euro. (73) Per assicurare la separazione tra la politica monetaria e i compiti di vigilanza, è opportuno esigere dalla BCE la creazione di un gruppo di esperti di mediazione. L’istituzione del gruppo di esperti, e in particolare la sua composizione, dovrebbe garantire la risoluzione delle divergenze in modo equilibrato, nell’interesse dell’Unione nel suo complesso. (74) Il consiglio di vigilanza, il comitato direttivo e il personale della BCE con incarichi di vigilanza dovrebbero essere vincolati a un segreto professionale appropriato. Un obbligo analogo dovrebbe applicarsi allo scambio di informazioni con il personale della BCE estraneo alle attività di vigilanza. Ciò non dovrebbe impedire alla BCE di scambiare informazioni, nei limiti e alle condizioni fissati dalla pertinente legislazione dell’Unione in materia, anche con la Commissione ai fini dei compiti di cui agli articoli 107 e 108 TFUE e ai sensi del diritto dell’Unione sul miglioramento della sorveglianza economica e di bilancio. (75) Per assolvere efficacemente i suoi compiti di vigilanza, la BCE dovrebbe esercitare i compiti di vigilanza attribuitile in piena indipendenza, in particolare libera da indebite influenze politiche e da qualsiasi ingerenza degli operatori del settore, che potrebbero comprometterne l’indipendenza operativa. (76) L’uso di periodi di incompatibilità nelle autorità di vigilanza è importante per garantire l’efficienza e l’indipendenza della vigilanza esercitata da tali
111
Legislazione
autorità. A tal fine e fatta salva l’applicazione di norme nazionali più rigorose, la BCE dovrebbe istituire e mantenere procedure generali e formali, inclusi periodi di riesame proporzionati, per valutare in anticipo e prevenire potenziali conflitti con l’interesse legittimo dell’MVU/della BCE nel caso in cui un ex membro del consiglio di vigilanza inizi a svolgere un’attività nel settore bancario un tempo soggetto alla sua vigilanza. (77) Per assolvere efficacemente i suoi compiti di vigilanza, la BCE dovrebbe disporre di risorse consone, ottenute con modalità che salvaguardino l’indipendenza della BCE da indebite influenze delle autorità nazionali competenti e dei partecipanti ai mercati e che assicurino la separazione fra politica monetaria e compiti di vigilanza. È opportuno che i costi della vigilanza siano sostenuti dai soggetti che vi sono sottoposti. L’esercizio dei compiti di vigilanza da parte della BCE dovrebbe quindi essere finanziato imponendo agli enti creditizi stabiliti negli Stati membri partecipanti il pagamento di un contributo annuale. Per coprire le spese sostenute nell’assolvimento dei suoi compiti in qualità di autorità di vigilanza dello Stato membro ospitante nei confronti di succursali, la BCE dovrebbe poter imporre il pagamento di contributi alle succursali stabilite in uno Stato membro partecipante di un ente creditizio stabilito in uno Stato membro non partecipante. Qualora un ente creditizio o una succursale siano sottoposti a vigilanza su base consolidata, i contributi dovrebbero essere imposti al massimo livello di un ente creditizio all’interno del gruppo interessato stabilito negli Stati membri partecipanti. Dal calcolo dei contributi dovrebbero essere escluse le filiazioni stabilite in Stati membri non partecipanti. (78) Se un ente creditizio è incluso nella vigilanza su base consolidata, il contributo dovrebbe essere calcolato al massimo livello di consolidamento negli Stati membri partecipanti e assegnato agli enti creditizi stabiliti in uno Stato membro partecipante e inclusi nella vigilanza su base consolidata sulla base di criteri obiettivi relativi alla loro rilevanza e al loro profilo di rischio, comprese le attività ponderate per il rischio. (79) Una vigilanza efficace presuppone personale estremamente motivato, adeguatamente formato e imparziale. Al fine di creare un meccanismo di vigilanza realmente integrato si dovrebbe procedere ad uno scambio e un distacco adeguati di personale tra tutte le autorità nazionali competenti e tra di esse e la BCE. Per assicurare un controllo inter pares su base continuativa, in particolare nella vigilanza sui grandi enti creditizi, la BCE dovrebbe poter chiedere che i gruppi di vigilanza nazionali coinvolgano anche personale proveniente dalle autorità competenti di altri Stati membri partecipanti, consentendo l’istituzione di gruppi di vigilanza diversificati geograficamente con profili e competenze specifici. Lo scambio e il distacco di personale dovrebbero instaurare una cultura comune di vigilanza. La BCE dovrebbe fornire periodicamente informazioni in merito a quanti membri del personale proveniente dalle autorità nazionali competenti sono distaccati presso la BCE ai fini dell’MVU. (80) Date la globalizzazione dei servizi bancari e l’accresciuta importanza degli standard internazionali, la BCE dovrebbe assolvere i suoi compiti nel rispetto di tali standard e attraverso il dialogo e una cooperazione stretta con
112
Il primo passo verso l’unione bancaria europea: il Regolamento UE n. 1024/2013
le autorità di vigilanza al di fuori dell’Unione, senza sovrapporsi alla funzione internazionale dell’ABE. È opportuno che sia abilitata a stabilire contatti e concludere accordi amministrativi con le autorità di vigilanza e le amministrazioni di paesi terzi, nonché con organizzazioni internazionali, in coordinamento con l’ABE e nel pieno rispetto delle funzioni esistenti e delle rispettive competenze degli Stati membri e delle istituzioni dell’Unione. (81) La direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati 8, e il regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati 9, si applicano pienamente al trattamento dei dati personali da parte della BCE ai fini del presente regolamento. (82) Alla BCE si applica il regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio per la lotta antifrode (OLAF) 10. La BCE ha adottato la decisioneBCE/2004/11 11, riguardante le condizioni e le modalità delle indagini dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode in seno alla Banca centrale europea. (83) Affinché gli enti creditizi siano sottoposti ad una vigilanza ottimale sotto il profilo qualitativo e libera da considerazioni estranee all’ottica prudenziale e per affrontare in modo tempestivo ed efficace le conseguenze negative e che si rafforzano a vicenda degli sviluppi di mercato che riguardano gli enti creditizi e gli Stati membri, la BCE dovrebbe iniziare a esercitare i compiti di vigilanza specifici il più presto possibile. Il trasferimento di tali compiti dalle autorità di vigilanza nazionali alla BCE richiede tuttavia una certa preparazione. È pertanto opportuno prevedere un periodo adeguato di introduzione graduale. (84) Nell’adottare le modalità operative dettagliate per l’esecuzione dei compiti attribuiti alla BCE dal presente regolamento, la BCE dovrebbe prevedere modalità transitorie che garantiscano la conclusione delle procedure di vigilanza in corso, incluse eventuali decisioni e/o misure adottate o indagini avviate prima dell’entrata in vigore del presente regolamento. (85) La Commissione ha affermato, nella comunicazione del 28 novembre 2012 intitolata «Un piano per un’Unione economica e monetaria autentica e
8
GU L. 281 del 23.11.1995, p. 31. GU L. 8 del 12.1.2001, p. 1. 10 GU L. 136 del 31.5.1999, pag. 1. 11. Decisione BCE/2004/11 della Banca centrale europea, del 3 giugno 2004, riguardante le condizioni e le modalità delle indagini dellUfficio europeo per la lotta antifrode in seno alla Banca centrale europea in material di lotta contro le frodi, la corruzione e ogni altra attività illecità lesiva degli interessi finanziari delle Comunità europee (GU L 230 del 30.6.2004, p. 56). 9
113
Legislazione
approfondita», che si potrebbe modificare l’articolo 127, paragrafo 6, TFUE per rendere applicabile la procedura legislativa ordinaria e per eliminare alcune delle restrizioni giuridiche che esso impone attualmente sulla configurazione dell’MVU (ad esempio, sancire la possibilità di partecipazione diretta e irrevocabile all’MVU da parte degli Stati membri la cui moneta non è l’euro, al di là del modello della «stretta cooperazione»; concedere agli Stati membri la cui moneta non è l’euro che partecipano all’MVU pieni e uguali poteri nelle decisioni della BCE e andare oltre nella separazione interna della struttura decisionale in materia di politica monetaria e di vigilanza). Ha inoltre affermato che un punto specifico da affrontare sarebbe il rafforzamento della responsabilità democratica della BCE nella sua veste di autorità di vigilanza delle banche. Si ricorda che il TUE prevede che il governo di qualsiasi Stato membro, il Parlamento europeo o la Commissione possono sottoporre progetti intesi a modificare i trattati, che possono riguardare ogni aspetto dei trattati. (86) Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare il diritto alla protezione dei dati personali, la libertà di impresa, il diritto ad un ricorso effettivo e ad un giudice imparziale, e deve essere attuato conformemente a detti diritti e principi. (87).Poiché gli obiettivi del presente regolamento, vale a dire istituire un quadro efficiente ed efficace per l’esercizio di compiti specifici di vigilanza sugli enti creditizi da parte di un’istituzione dell’Unione e garantire l’applicazione uniforme del corpus unico di norme agli enti creditizi, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a motivo della struttura paneuropea del mercato bancario e dell’impatto dei fallimenti degli enti creditizi sugli altri Stati membri, essere conseguiti meglio a livello dell’Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 TUE. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: CAPO I Oggetto e definizioni Articolo 1 Oggetto e ambito di applicazione Il presente regolamento attribuisce alla BCE compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi, al fine di contribuire alla sicurezza e alla solidità degli enti creditizi e alla stabilità del sistema finanziario all’interno dell’Unione e di ciascuno Stato membro, con pieno riguardo e dovere di diligenza riguardo all’unità e all’integrità del mercato interno, in base alla parità di trattamento degli enti creditizi al fine di impedire l’arbitraggio regolamentare.
114
Il primo passo verso l’unione bancaria europea: il Regolamento UE n. 1024/2013
Gli enti di cui all’articolo 2, paragrafo 5, della direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento 12, sono esclusi dai compiti di vigilanza attribuiti alla BCE nel conformemente all’articolo 4 del presente regolamento. La portata dei compiti di vigilanza della BCE si limita alla vigilanza prudenziale degli enti creditizi ai sensi del presente regolamento. Il presente regolamento non attribuisce alla BCE compiti di vigilanza di altro tipo, ad esempio compiti relativi alla vigilanza prudenziale delle controparti centrali. Nell’assolvere i compiti attribuitile dal presente regolamento e fatto salvo l’obiettivo di garantire la sicurezza e la solidità degli enti creditizi, la BCE tiene in debita considerazione le diverse tipologie, i modelli societari e le dimensioni degli enti creditizi. Nessuna azione, proposta o politica della BCE discrimina, direttamente o indirettamente, uno Stato membro o un gruppo di Stati membri quale luogo di prestazione di servizi bancari o finanziari in qualsiasi valuta. Il presente regolamento fa salve le competenze delle autorità competenti degli Stati membri partecipanti a assolvere i compiti di vigilanza non attribuiti dal presente regolamento alla BCE, e i relativi poteri. Il presente regolamento fa altresì salve le competenze delle autorità competenti o delle autorità designate degli Stati membri partecipanti ad applicare strumenti macroprudenziali non previsti da pertinenti atti del diritto dell’Unione, e i relativi poteri.
1. 2.
3. 4.
Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento s’intende per: «Stato membro partecipante»: uno Stato membro la cui moneta è l’euro oppure uno Stato membro la cui moneta non è l’euro che ha instaurato una collaborazione stretta ai sensi dell’articolo 7; «autorità nazionale competente»: un’autorità nazionale competente designata da uno Stato membro partecipante a norma del regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento 13, e della direttiva 2013/36/UE; «ente creditizio»: un ente creditizio come definito all’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, del regolamento (UE) n. 575/2013; «società di partecipazione finanziaria»: una società di partecipazione finanziaria come definita all’articolo 4, paragrafo 1, punto 20, del regolamento (UE) n. 575/2013;
12 13
GU L 176 del 27.6.2013, p. 338. GU L 176 del 27.6.2013, p. 1.
115
Legislazione
5. «società di partecipazione finanziaria mista»: una società di partecipazione finanziaria mista come definita all’articolo 2, punto 15, della direttiva 2002/87/ CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2002, relativa alla vigilanza supplementare sugli enti creditizi, sulle imprese di assicurazione e sulle imprese di investimento appartenenti ad un conglomerato finanziario 14; 6. «conglomerato finanziario»: un conglomerato finanziario come definito all’articolo 2, punto 14, della direttiva 2002/87/CE; 7. «autorità nazionale designata»: un’autorità designata di uno Stato membro partecipante ai sensi del pertinente diritto dell’Unione; 8. «partecipazione qualificata»: una partecipazione qualificata come definita all’articolo 4, paragrafo 1, punto 36, del regolamento (UE) n. 575/2013; 9. «meccanismo di vigilanza unico» (MVU): il sistema di vigilanza finanziaria composto dalla BCE e dalle autorità nazionali competenti degli Stati membri partecipanti come descritto all’articolo 6 del presente regolamento. CAPO II Cooperazione e compiti Articolo 3 Cooperazione 1. La BCE coopera strettamente con l’ABE, con l’AESFEM, con l’AEAP e con il Comitato europeo per il rischio sistemico (CERS) nonché con le altre autorità che fanno parte del SEVIF che garantiscono un livello adeguato di regolamentazione e di vigilanza nell’Unione. Laddove necessario, la BCE stipula memorandum d’intesa con le autorità competenti degli Stati membri aventi responsabilità per i mercati degli strumenti finanziari. Tali memorandum sono a disposizione del Parlamento europeo, del Consiglio e delle autorità competenti di tutti gli Stati membri. 2. Ai fini del presente regolamento la BCE partecipa al consiglio delle autorità di vigilanza dell’ABE alle condizioni di cui all’articolo 40 del regolamento (UE) n. 1093/2010. 3. La BCE assolve i suoi compiti nel rispetto del presente regolamento facendo salvi le competenze e i compiti dell’ABE, dell’AESFEM, dell’AEAP e del CERS. 4. La BCE coopera strettamente con le autorità abilitate a risolvere le crisi degli enti creditizi, anche nella preparazione dei piani di risoluzione. 5. Fatti salvi gli articoli 1, 4 e 6, la BCE coopera strettamente con qualsiasi meccanismo di assistenza finanziaria pubblica, inclusi il Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF) e il MES, in particolare se tale meccanismo ha
14
116
GU L 35 dell 11.2.2003, p. 1.
Il primo passo verso l’unione bancaria europea: il Regolamento UE n. 1024/2013
concesso o probabilmente concederà assistenza finanziaria diretta o indiretta a un ente creditizio soggetto all’articolo 4. 6. La BCE e le autorità competenti degli Stati membri non partecipanti concludono un memorandum d’intesa che descrive in termini generali come intendono cooperare nell’assolvimento dei loro compiti di vigilanza ai sensi del diritto dell’Unione in relazione agli enti finanziari di cui all’articolo 2. Il memorandum è riesaminato periodicamente. Fatto salvo il primo comma, la BCE conclude un memorandum d’intesa con l’autorità competente dei singoli Stati membri non partecipanti che siano Stati membri d’origine di almeno un ente di importanza sistemica a livello mondiale, come definito dal diritto dell’Unione. Ciascun memorandum è riesaminato periodicamente e pubblicato, fatto salvo l’adeguato trattamento delle informazioni riservate. Articolo 4 Compiti attribuiti alla BCE 1. Nel quadro dell’articolo 6, conformemente al paragrafo 3 del presente articolo la BCE ha competenza esclusiva nell’assolvimento dei compiti seguenti, a fini di vigilanza prudenziale, nei confronti di tutti gli enti creditizi stabiliti negli Stati membri partecipanti: a. rilasciare e revocare l’autorizzazione agli enti creditizi fatto salvo l’articolo 14; b. nei confronti degli enti creditizi stabiliti in uno Stato membro partecipante che desiderano aprire una succursale o prestare servizi transfrontalieri in uno Stato membro non partecipante, assolvere i compiti che incombono all’autorità competente dello Stato membro di origine in virtù del pertinente diritto dell’Unione; c. valutare le notifiche di acquisizione e di cessione di partecipazioni qualificate in enti creditizi, tranne nel caso della risoluzione di una crisi bancaria, e fatto salvo l’articolo 15; d. assicurare il rispetto degli atti di cui all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, che impongono agli enti creditizi requisiti prudenziali relativamente a requisiti in materia di fondi propri, cartolarizzazione, limiti ai grandi rischi, liquidità, leva finanziaria, segnalazione e informativa al pubblico delle informazioni su tali aspetti; e. assicurare il rispetto degli atti di cui all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, che impongono agli enti creditizi requisiti che assicurino la presenza di solidi dispositivi di governo societario, compresi i requisiti di professionalità e onorabilità per le persone responsabili dell’amministrazione degli enti creditizi, di processi di gestione del rischio, di meccanismi di controllo interno, di politiche e prassi di remunerazione e di processi efficaci di valutazione dell’adeguatezza del capitale interno, compresi i modelli basati sui rating interni; f. effettuare le valutazioni prudenziali comprese, se del caso in coordinamento con l’ABE, le prove di stress e la loro eventuale pubblicazione, per
117
Legislazione
accertare se i dispositivi, le strategie, i processi e meccanismi instaurati dagli enti creditizi e i fondi propri da essi detenuti permettano una gestione solida e la copertura dei rischi e, alla luce di tale valutazione prudenziale, imporre agli enti creditizi obblighi specifici in materia di fondi propri aggiuntivi, specifici requisiti di informativa e di liquidità, nonché altre misure, ove specificamente contemplati dal pertinente diritto dell’Unione; g. esercitare la vigilanza su base consolidata sulle imprese madri degli enti creditizi stabilite in uno degli Stati membri partecipanti, comprese le società di partecipazione finanziaria e le società di partecipazione finanziaria mista, e partecipare alla vigilanza su base consolidata, anche in collegi delle autorità di vigilanza, fatta salva la partecipazione delle autorità nazionali competenti a tali collegi in qualità di osservatori, sulle imprese madri non stabilite in uno degli Stati membri partecipanti; h. partecipare alla vigilanza supplementare dei conglomerati finanziari in relazione agli enti creditizi che ne fanno parte e assumere i compiti di coordinatore quando la BCE è nominata coordinatore per un conglomerato finanziario conformemente ai criteri fissati nel pertinente diritto dell’Unione; i. assolvere i compiti di vigilanza collegati ai piani di risanamento e alle misure di intervento precoce qualora un ente creditizio o gruppo nei cui confronti la BCE sia l’autorità di vigilanza su base consolidata non soddisfi o rischi di violare i requisiti prudenziali applicabili, nonché, solo nei casi previsti espressamente dal pertinente diritto dell’Unione per le autorità competenti, a cambiamenti strutturali richiesti agli enti creditizi per prevenire lo stress finanziario o il fallimento, ad esclusione dei poteri di risoluzione. 2. Nei confronti degli enti creditizi stabiliti in uno Stato membro non partecipante che aprono una succursale o che prestano servizi transfrontalieri in uno Stato membro partecipante, la BCE assolve, nell’ambito del paragrafo 1, i compiti spettanti alle autorità competenti in conformità del pertinente diritto dell’Unione. 3. Ai fini dell’assolvimento dei compiti attribuitile dal presente regolamento e allo scopo di assicurare standard elevati di vigilanza, la BCE applica tutto il pertinente diritto dell’Unione e, se tale diritto dell’Unione è composto da direttive, la legislazione nazionale di recepimento di tali direttive. Laddove il pertinente diritto dell’Unione sia costituito da regolamenti e al momento tali regolamenti concedano esplicitamente opzioni per gli Stati membri, la BCE applica anche la legislazione nazionale di esercizio di tali opzioni. A tal fine, la BCE adotta orientamenti e raccomandazioni e prende decisioni fatti salvi il pertinente diritto dell’Unione e, in particolare, qualsiasi atto legislativo e non legislativo, compresi quelli di cui agli articoli 290 e 291 TFUE, e conformemente agli stessi. In particolare, è soggetta alle norme tecniche di regolamentazione e di attuazione vincolanti elaborate dall’ABE e adottate dalla Commissione a norma degli articoli da 10 a 15 del regolamento (UE) n.
118
Il primo passo verso l’unione bancaria europea: il Regolamento UE n. 1024/2013
1093/2010, all’articolo 16 di tale regolamento e alle disposizioni di tale regolamento sul manuale di vigilanza europeo predisposto dall’ABE conformemente a tale regolamento. La BCE può inoltre adottare regolamenti solo nella misura in cui ciò sia necessario per organizzare o precisare le modalità di assolvimento dei compiti attribuitile dal presente regolamento. Prima di adottare un regolamento la BCE effettua consultazioni pubbliche e analizza potenziali costi e benefici, a meno che tali consultazioni e analisi siano sproporzionate in relazione alla portata e all’impatto del regolamento in questione, ovvero in relazione alla particolare urgenza della questione, nel qual caso la BCE dà conto dell’urgenza. Se necessario, la BCE contribuisce, svolgendo qualsiasi ruolo partecipativo, all’elaborazione di progetti di norme tecniche di regolamentazione o di attuazione dell’ABE a norma del regolamento (UE) n. 1093/2010 o richiama l’attenzione di quest’ultima sulla potenziale necessità di presentare alla Commissione progetti di norme che modificano le attuali norme tecniche di regolamentazione o di attuazione. Articolo 5 Compiti e strumenti macroprudenziali 1. Ove opportuno o ritenuto necessario, e fatto salvo il paragrafo 2 del presente articolo, le autorità nazionali competenti o le autorità nazionali designate degli Stati membri partecipanti applicano i requisiti in materia di riserve di capitale che gli enti creditizi devono detenere al livello pertinente in conformità del pertinente diritto dell’Unione in aggiunta ai requisiti in materia di fondi propri di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera d), del presente regolamento, tra cui la fissazione di quote della riserva di capitale anticiclica, e ogni altra misura mirante ad affrontare i rischi sistemici o macroprudenziali prevista dalle procedure di cui al regolamento (UE) n. 575/2013 e alla direttiva 2013/36/UE, e fatte salve le procedure ivi stabilite, nei casi specificati nel pertinente diritto dell’Unione. Dieci giorni lavorativi prima di adottare tale decisione, l’autorità interessata notifica debitamente la propria intenzione alla BCE. Qualora sollevi un’obiezione, la BCE dichiara le sue ragioni per iscritto entro cinque giorni lavorativi. L’autorità interessata tiene debitamente in considerazione le ragioni della BCE prima di procedere con la decisione, se del caso. 2. La BCE può applicare, qualora lo si ritenga necessario, invece delle autorità nazionali competenti o delle autorità nazionali designate dello Stato membro partecipante, requisiti più elevati in materia di riserve di capitale rispetto a quelli applicati dalle autorità nazionali competenti o dalle autorità nazionali designate degli Stati membri partecipanti che gli enti creditizi devono detenere al livello pertinente in conformità del pertinente diritto dell’Unione in aggiunta ai requisiti in materia di fondi propri di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera d), del presente regolamento tra cui la fissazione di quote della riserva di capitale anticiclica, alle condizioni di cui ai paragrafi 4 e 5 del presente articolo, e applicare misure più rigorose miranti ad affrontare i rischi sistemici o macroprudenziali al livello degli enti creditizi fatte salve
119
Legislazione
le procedure stabilite nel regolamento (UE) n. 575/2013 e nella direttiva 2013/36/UE nei casi specificati nel pertinente diritto dell’Unione. 3. Un’autorità nazionale competente o un’autorità nazionale designata può proporre alla BCE di agire ai sensi del paragrafo 2 per far fronte alla situazione specifica del sistema finanziario e dell’economia del suo Stato membro. 4. Se intende agire conformemente al paragrafo 2, la BCE coopera strettamente con le autorità nazionali designate negli Stati membri interessati. In particolare, notifica la propria intenzione alle autorità nazionali competenti o alle autorità nazionali designate interessate dieci giorni lavorativi prima di adottare tale decisione. Qualora una delle autorità interessate sollevi un’obiezione, dichiara le sue ragioni per iscritto entro cinque giorni lavorativi. La BCE tiene debitamente in considerazione tali ragioni prima di procedere con la decisione, se del caso. 5. Nell’assolvimento dei compiti di cui al paragrafo 2, la BCE tiene conto della situazione specifica del sistema finanziario, della situazione economica e del ciclo economico nei singoli Stati membri o in parti di essi. Articolo 6 Cooperazione con l’MVU 1. La BCE assolve i suoi compiti nel quadro di un meccanismo di vigilanza unico composto dalla BCE e dalle autorità nazionali competenti. La BCE è responsabile del funzionamento efficace e coerente dell’MVU. 2. Sia la BCE che le autorità nazionali competenti sono soggette al dovere di cooperazione in buona fede e all’obbligo di scambio di informazioni. Fatto salvo il potere della BCE di ricevere direttamente le informazioni comunicate su base continuativa dagli enti creditizi, o di accedervi direttamente, le autorità nazionali competenti forniscono in particolare alla BCE tutte le informazioni necessarie per l’assolvimento dei compiti attribuiti alla BCE stessa dal presente regolamento. 3. Ove opportuno e fatte salve la competenza e la responsabilità della BCE in ordine ai compiti attribuitile dal presente regolamento, spetta alle autorità nazionali competenti assistere la BCE, alle condizioni stabilite nel quadro indicato nel paragrafo 7 del presente articolo, nella preparazione e nell’attuazione degli atti inerenti ai compiti di cui all’articolo 4 concernenti tutti gli enti creditizi, compresa l’assistenza nelle attività di verifica. Esse seguono le istruzioni fornite dalla BCE nell’assolvimento dei compiti di cui all’articolo 4. 4. In relazione ai compiti definiti nell’articolo 4, eccetto il paragrafo 1, lettere a) e c), la BCE ha le responsabilità di cui al paragrafo 5 del presente articolo e le autorità nazionali competenti hanno le responsabilità di cui al paragrafo 6 del presente articolo, nel quadro di cui al paragrafo 7 del presente articolo e fatte salve le procedure ivi indicate, per la vigilanza dei seguenti enti creditizi, società di partecipazione finanziaria o società di partecipazione finanziaria mista, o succursali, stabilite in Stati membri partecipanti, di enti creditizi stabiliti in Stati membri non partecipanti:
120
Il primo passo verso l’unione bancaria europea: il Regolamento UE n. 1024/2013
— quelli meno rilevanti su base consolidata, al massimo livello di consolidamento all’interno degli Stati membri partecipanti, ovvero singolarmente, nel caso specifico di succursali, stabilite in Stati membri partecipanti, di enti creditizi stabiliti in Stati membri non partecipanti. La significatività è valutata sulla base dei seguenti criteri: –– dimensioni; –– importanza per l’economia dell’Unione o di qualsiasi Stato membro partecipante; –– significatività delle attività transfrontaliere. Per quanto attiene al primo comma, un ente creditizio o società di partecipazione finanziaria o società di partecipazione finanziaria mista non sono considerati meno significativi, tranne se giustificato da particolari circostanze da specificare nella metodologia, qualora soddisfino una qualsiasi delle seguenti condizioni: –– il valore totale delle attività supera i 30 miliardi di EUR; –– il rapporto tra le attività totali e il PIL dello Stato membro partecipante in cui sono stabiliti supera il 20%, a meno che il valore totale delle attività sia inferiore a 5 miliardi di EUR; –– in seguito alla notifica dell’autorità nazionale competente secondo cui tale ente riveste un’importanza significativa con riguardo all’economia nazionale, la BCE decide di confermare tale significatività sulla scorta di una sua valutazione approfondita, compreso lo stato patrimoniale, dell’ente creditizio in questione. Inoltre la BCE può, di propria iniziativa, considerare un ente di importanza significativa quando questo ha stabilito filiazioni in più di uno Stato membro partecipante e le sue attività o passività transfrontaliere rappresentano una parte significativa delle attività o passività totali soggette alle condizioni di cui alla metodologia. Quelli per i quali è stata richiesta o ricevuta direttamente assistenza finanziaria pubblica dal FESF o dal MES non sono considerati meno significativi. Nonostante i commi precedenti, la BCE assolve i compiti attribuitile dal presente regolamento nei confronti dei tre enti creditizi più significativi in ciascuno Stato membro partecipante, salvo circostanze particolari. 5. Riguardo agli enti creditizi di cui al paragrafo 4, e nel quadro definito nel paragrafo 7: a. la BCE emana regolamenti, orientamenti o istruzioni generali rivolti alle autorità nazionali competenti in base ai quali sono eseguiti i compiti definiti nell’articolo 4, ad esclusione del paragrafo 1, lettere a) e c), e le decisioni di vigilanza sono adottate dalle autorità nazionali competenti. .Tali istruzioni possono riferirsi ai poteri specifici di cui all’articolo 16, paragrafo 2, per gruppi o categorie di enti creditizi al fine di assicurare la coerenza dei risultati della vigilanza nell’ambito dell’MVU; b. allorché necessario per garantire l’applicazione coerente di standard di vigilanza elevati, la BCE può decidere in qualsiasi momento, di propria iniziativa dopo essersi consultata con le autorità nazionali competenti o su richiesta di un’autorità nazionale competente, di esercitare direttamen-
121
Legislazione
te tutti i pertinenti poteri per uno o più enti creditizi di cui al paragrafo 4, ivi compreso il caso in cui è stata richiesta o ricevuta indirettamente l’assistenza finanziaria dal FESF o dal MES; c. la BCE esercita una sorveglianza sul funzionamento del sistema, sulla base delle responsabilità e delle procedure di cui al presente articolo, in particolare al paragrafo 7, lettera c); d. la BCE può avvalersi in qualsiasi momento dei poteri di cui agli articoli da 10 a 13; e. la BCE può inoltre richiedere, in casi specifici o in via permanente, informazioni alle autorità nazionali competenti in merito all’assolvimento dei compiti da esse assolti in virtù del presente articolo. 6. Fatto salvo il paragrafo 5 del presente articolo, le autorità nazionali competenti assolvono i compiti, e ne sono responsabili, di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettere b), da d) a g) e i), e adottano tutte le pertinenti decisioni di vigilanza in relazione agli enti creditizi menzionati al paragrafo 4, primo comma, del presente articolo nel quadro di cui al paragrafo 7 del presente articolo e fatte salve le procedure ivi stabilite. Fatti salvi gli articoli da 10 a 13, le autorità nazionali competenti e le autorità nazionali designate mantengono il potere, conformemente al diritto nazionale, di ottenere informazioni dagli enti creditizi, dalle società di partecipazione finanziaria, dalle società di partecipazione finanziaria mista e dalle imprese incluse nella situazione finanziaria consolidata di un ente creditizio e di svolgere ispezioni in loco presso tali enti creditizi, società di partecipazione finanziaria, società di partecipazione finanziaria mista e imprese. Le autorità nazionali competenti informano la BCE, conformemente al quadro di cui al paragrafo 7 del presente articolo, delle misure adottate in virtù del presente paragrafo e coordinano strettamente tali misure con la BCE. Le autorità nazionali competenti riferiscono periodicamente alla BCE in merito al risultato delle attività svolte in virtù del presente articolo. 7. La BCE adotta e pubblica, in consultazione con le autorità nazionali competenti e sulla base di una proposta del consiglio di vigilanza, un quadro per l’organizzazione delle modalità pratiche di attuazione del presente articolo. Tale quadro comprende almeno quanto segue: a. la metodologia specifica di valutazione dei criteri di cui al paragrafo 4, primo, secondo e terzo comma, e i criteri in base ai quali il paragrafo 4, quarto comma, cessa di applicarsi a uno specifico ente creditizio e le disposizioni risultanti ai fini dell’applicazione dei paragrafi 5 e 6. Tali disposizioni e la metodologia di valutazione dei criteri di cui al paragrafo 4, primo, secondo e terzo comma, sono riesaminate per tener conto di eventuali modifiche pertinenti e garantiscono che, qualora un ente creditizio sia stato considerato significativo o meno significativo, la valutazione sia modificata solo in caso di cambiamenti sostanziali e non transitori delle circostanze, in particolare di quelle inerenti alla situazione dell’ente creditizio che sono pertinenti per tale valutazione;
122
Il primo passo verso l’unione bancaria europea: il Regolamento UE n. 1024/2013
b. la definizione delle procedure, compresi i termini, e la possibilità di preparare progetti di decisione da trasmettere per esame alla BCE, per la relazione tra la BCE e le autorità nazionali competenti in merito alla vigilanza degli enti creditizi non considerati meno significativi conformemente al paragrafo 4; c. la definizione delle procedure, compresi i termini, per la relazione tra la BCE e le autorità nazionali competenti in merito alla vigilanza degli enti creditizi considerati meno significativi conformemente al paragrafo 4. Tali procedure richiedono in particolare alle autorità nazionali competenti, a seconda dei casi definiti nel quadro, di: –– notificare alla BCE qualsiasi procedura rilevante di vigilanza; –– valutare ulteriormente, su richiesta della BCE, aspetti specifici della procedura; –– trasmettere alla BCE progetti di decisioni rilevanti di vigilanza, su cui la BCE può esprimere le proprie opinioni. 8. Ove la BCE sia assistita dalle autorità nazionali competenti o dalle autorità nazionali designate allo scopo di assolvere i compiti attribuitile dal presente regolamento, la BCE e le autorità nazionali competenti ottemperano alle disposizioni stabilite nei pertinenti atti dell’Unione in relazione all’attribuzione di responsabilità e alla cooperazione tra autorità competenti di diversi Stati membri. Articolo 7 Cooperazione stretta con le autorità competenti degli Stati membri partecipanti la cui moneta non è l’euro 1. Nei limiti stabiliti dal presente articolo, la BCE assolve i compiti di cui agli articoli 4, paragrafo 1, 4, paragrafo 2, e 5 in relazione agli enti creditizi stabiliti in uno Stato membro la cui moneta non è l’euro, laddove essa e l’autorità nazionale competente dello Stato membro in questione abbiano instaurato una cooperazione stretta a norma del presente articolo. A tal fine, la BCE può formulare istruzioni per l’autorità nazionale competente o l’autorità nazionale designata dello Stato membro partecipante la cui moneta non è l’euro. 2. La cooperazione stretta tra la BCE e l’autorità nazionale competente di uno Stato membro partecipante la cui moneta non è l’euro è stabilita da una decisione adottata dalla BCE, purché siano rispettate le seguenti condizioni: a. lo Stato membro interessato comunica agli altri Stati membri, alla Commissione, alla BCE e all’ABE la richiesta di instaurare una cooperazione stretta con la BCE relativamente all’esercizio dei compiti di cui agli articoli 4 e 5 per tutti gli enti creditizi in esso stabiliti, conformemente all’articolo 6; b. nella comunicazione lo Stato membro interessato si impegna: –– ad assicurare che la propria autorità nazionale competente o autorità nazionale designata rispetti gli orientamenti o le richieste della Banca centrale europea, e
123
Legislazione
–– a comunicare tutte le informazioni sugli enti creditizi stabiliti in tale Stato membro di cui la BCE può aver bisogno per sottoporli ad una valutazione approfondita; c. lo Stato membro interessato ha adottato una pertinente normativa nazionale per assicurare che l’autorità nazionale competente sia tenuta a adottare, nei confronti degli enti creditizi, le misure chieste dalla BCE a norma del paragrafo 4. 3. La decisione di cui al paragrafo 2 è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Essa si applica quattordici giorni dopo la pubblicazione. 4. La BCE, se reputa opportuna l’adozione da parte dell’autorità nazionale competente dello Stato membro interessato di una misura inerente ai compiti di cui al paragrafo 1 nei confronti di un ente creditizio, di una società di partecipazione finanziaria o di una società di partecipazione finanziaria mista, formula istruzioni all’indirizzo di quest’autorità indicando i termini pertinenti. I termini non possono essere inferiori a 48 ore, a meno che un’adozione più rapida sia indispensabile per scongiurare danni irreparabili. L’autorità nazionale competente dello Stato membro interessato prende tutte le misure necessarie nel rispetto dell’obbligo di cui al paragrafo 2, lettera c). 5. La BCE può decidere di avvertire lo Stato membro interessato che, in assenza di azioni correttive decisive, sospenderà o porrà fine alla cooperazione stretta nei seguenti casi: a. se, secondo la BCE, lo Stato membro interessato non soddisfa più le condizioni previste al paragrafo 2, lettere a), b) e c); oppure b. se, secondo la BCE, l’autorità nazionale competente dello Stato membro interessato non agisce nel rispetto dell’obbligo di cui al paragrafo 2, lettera c). Qualora le citate azioni non siano intraprese entro quindici giorni dalla notifica dell’avvertimento, la BCE può sospendere o porre fine alla cooperazione stretta con lo Stato membro in questione. La decisione di sospendere o porre fine alla cooperazione stretta è notificata allo Stato membro in questione ed è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. La decisione indica la data a decorrere dalla quale si applica, tenendo nella debita considerazione l’efficacia della vigilanza e gli interessi legittimi degli enti creditizi. 6. Lo Stato membro può chiedere alla BCE di porre fine alla cooperazione stretta in qualsiasi momento passati tre anni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea della decisione adottata dalla BCE che stabilisce tale cooperazione. La richiesta illustra i motivi della cessazione della cooperazione, comprese, se del caso, le potenziali conseguenze negative significative riguardo alle responsabilità di bilancio dello Stato membro. In tal caso la BCE provvede immediatamente ad adottare una decisione che pone fine alla cooperazione stretta e indica la data a decorrere dalla quale si applica entro un periodo massimo di tre mesi, tenendo nella debita considerazione l’efficacia della vigilanza e gli interessi legittimi degli enti creditizi.
124
Il primo passo verso l’unione bancaria europea: il Regolamento UE n. 1024/2013
La decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. 7. Se uno Stato membro partecipante la cui moneta non è l’euro notifica alla BCE, conformemente all’articolo 26, paragrafo 8, il suo disaccordo motivato rispetto a un’obiezione del consiglio direttivo a un progetto di decisione del consiglio di vigilanza, il consiglio direttivo esprime, entro un termine di trenta giorni, il proprio parere sul disaccordo motivato espresso dallo Stato membro e, indicandone le ragioni, conferma o ritira la sua obiezione. Qualora il consiglio direttivo confermi la sua obiezione, lo Stato membro partecipante la cui moneta non è l’euro può notificare alla BCE che non sarà vincolato dalla potenziale decisione relativa all’eventuale progetto modificato di decisione del consiglio di vigilanza. La BCE prende allora in considerazione l’eventuale sospensione o cessazione della cooperazione stretta con tale Stato membro, tenendo nella debita considerazione l’efficacia della vigilanza, e adotta una decisione in merito. La BCE tiene conto, in particolare, delle seguenti considerazioni: a. se la mancanza di tale sospensione o cessazione possa compromettere l’integrità dell’MVU o avere conseguenze negative significative per le responsabilità di bilancio degli Stati membri; b. se tale sospensione o cessazione possa avere conseguenze negative significative per le responsabilità di bilancio nello Stato membro che ha notificato il disaccordo motivato ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 8; c. se sia stato accertato o meno che l’autorità nazionale competente interessata ha adottato misure che, a parere della BCE, –– assicurano che gli enti creditizi nello Stato membro che ha notificato il proprio disaccordo motivato ai sensi del precedente comma non sono soggetti a un trattamento più favorevole degli enti creditizi negli altri Stati membri partecipanti; –– e hanno pari efficacia, rispetto alla decisione del consiglio direttivo ai sensi del secondo comma del presente paragrafo, nel conseguire gli obiettivi di cui all’articolo 1 e nel garantire la conformità con il pertinente diritto dell’Unione. La BCE include tali considerazioni nella sua decisione e le comunica allo Stato membro in questione. 8. Se uno Stato membro partecipante la cui moneta non è l’euro non concorda con un progetto di decisione del consiglio di vigilanza, comunica al consiglio direttivo il suo disaccordo motivato entro cinque giorni lavorativi dal ricevimento del progetto di decisione. Il consiglio direttivo decide quindi nel merito entro cinque giorni lavorativi, tenendo pienamente conto delle motivazioni, e spiega per iscritto la sua decisione allo Stato membro interessato. Quest’ultimo può chiedere alla BCE di porre fine alla cooperazione stretta con effetto immediato e non sarà vincolato dalla successiva decisione. 9. Se ha posto fine alla cooperazione stretta con la BCE, uno Stato membro non può instaurare una nuova cooperazione stretta prima che siano trascorsi tre anni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea della decisione della BCE che poneva fine a tale cooperazione.
125
Legislazione
Articolo 8 Relazioni internazionali Fatte salve le rispettive competenze degli Stati membri e delle altre istituzioni e degli altri organismi dell’Unione, diversi dalla BCE, inclusa l’ABE, la BCE può, relativamente ai compiti attribuitile dal presente regolamento, stabilire contatti e concludere accordi amministrativi con le autorità di vigilanza, le organizzazioni internazionali e le amministrazioni di paesi terzi, fermo restando un coordinamento appropriato con l’ABE. Tali accordi non creano obblighi giuridici per l’Unione e gli Stati membri. CAPO III Poteri della BCE Articolo 9 Poteri di vigilanza e di indagine 1. Al fine esclusivo di assolvere i compiti attribuitile dall’articolo 4, paragrafo 1, dall’articolo 4, paragrafo 2, e dell’articolo 5, paragrafo 2, la BCE è considerata, ove opportuno, autorità competente o autorità designata negli Stati membri partecipanti come stabilito dal pertinente diritto dell’Unione. Al medesimo fine esclusivo, la BCE ha tutti i poteri e obblighi di cui al presente regolamento. Ha inoltre tutti i poteri e gli obblighi che il pertinente diritto dell’Unione conferisce alle autorità competenti e designate, salvo diversamente disposto dal presente regolamento. In particolare, la BCE gode dei poteri elencati nelle sezioni 1 e 2 del presente capo. Nella misura necessaria ad assolvere i compiti attribuitile dal presente regolamento, la BCE può chiedere, mediante istruzioni, alle autorità nazionali in questione di utilizzare i propri poteri, in virtù e in conformità delle condizioni stabilite dal diritto nazionale, qualora il presente regolamento non attribuisca tali poteri alla BCE. Le autorità nazionali in questione informano la BCE in modo esaustivo in merito all’esercizio di detti poteri. 2. La BCE esercita i poteri di cui al paragrafo 1 del presente articolo conformemente agli atti di cui all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma. Nell’esercizio dei rispettivi poteri di vigilanza e di indagine, la BCE e le autorità nazionali competenti cooperano strettamente. 3. In deroga al paragrafo 1 del presente articolo, riguardo agli enti creditizi stabiliti in Stati membri partecipanti la cui moneta non è l’euro la BCE esercita i suoi poteri conformemente all’articolo 7. Sezione1 Poteri di indagine Articolo 10 Richiesta di informazioni 1. Fatti salvi i poteri di cui all’articolo 9, paragrafo 1, e ferme restando le condizioni stabilite dal pertinente diritto dell’Unione, la BCE può esigere
126
Il primo passo verso l’unione bancaria europea: il Regolamento UE n. 1024/2013
dalle seguenti persone fisiche o giuridiche, fatto salvo l’articolo 4, la comunicazione di tutte le informazioni di cui necessita per assolvere i compiti attribuitile dal presente regolamento, comprese informazioni da fornire con frequenza periodica e in formati specifici a fini di vigilanza e a relativi fini statistici: a. enti creditizi stabiliti negli Stati membri partecipanti; b. società di partecipazione finanziaria stabilite negli Stati membri partecipanti; c. società di partecipazione finanziaria mista stabilite negli Stati membri partecipanti; d. società di partecipazione mista stabilite negli Stati membri partecipanti; e. persone appartenenti ai soggetti di cui alle lettere da a) a d); f. terzi cui i soggetti di cui alle lettere da a) a d) hanno esternalizzato funzioni o attività. 2. I soggetti di cui al paragrafo 1 comunicano le informazioni richieste. Le disposizioni relative al segreto professionale non dispensano queste persone dall’obbligo di comunicare le informazioni. La comunicazione di tali informazioni non è considerata violazione del segreto professionale. 3. Qualora ottenga informazioni direttamente dalle persone fisiche o giuridiche di cui al paragrafo 1, la BCE mette tali informazioni a disposizione delle autorità nazionali competenti interessate. Articolo 11 Indagini generali 1. Ai fini dell’assolvimento dei compiti attribuitile dal presente regolamento e fatte salve altre condizioni stabilite dal pertinente diritto dell’Unione, la BCE può svolgere tutte le indagini necessarie riguardo ai soggetti di cui all’articolo 10, paragrafo 1, stabiliti o ubicati in uno Stato membro partecipante. A tal fine la BCE ha il diritto di: a. chiedere la presentazione di documenti: b. esaminare i libri e i registri contabili dei soggetti di cui all’articolo 10, paragrafo 1, e fare copie o estratti dei suddetti libri e documenti; c. ottenere spiegazioni scritte o orali dai soggetti di cui all’articolo 10, paragrafo 1, o dai loro rappresentanti o dal loro personale; d. organizzare audizioni per ascoltare altre persone che acconsentano ad essere interpellate allo scopo di raccogliere informazioni pertinenti all’oggetto dell’indagine. 2. I soggetti di cui all’articolo 10, paragrafo 1, sono tenuti a sottoporsi alle indagini avviate a seguito di una decisione della BCE. Quando un soggetto ostacola lo svolgimento dell’indagine, l’autorità nazionale competente dello Stato membro partecipante in cui sono ubicati i locali pertinenti presta, conformemente al diritto nazionale, l’assistenza necessaria, anche facilitando alla Banca centrale europea, nei casi di cui agli articoli 12 e 13, l’accesso ai locali commerciali delle persone giuridiche di cui all’articolo 10, paragrafo 1, in modo che i predetti diritti possano essere esercitati.
127
Legislazione
Articolo 12 Ispezioni in loco 1. Ai fini dell’assolvimento dei compiti attribuitile dal presente regolamento e fatte salve altre condizioni stabilite dal pertinente diritto dell’Unione, la BCE può svolgere, a norma dell’articolo 13 e previa notifica all’autorità nazionale competente interessata, tutte le necessarie ispezioni in loco presso i locali commerciali delle persone giuridiche di cui all’articolo 10, paragrafo 1, e di qualsiasi altra impresa inclusa nella vigilanza su base consolidata esercitata dalla BCE in qualità di autorità di vigilanza su base consolidata a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera g). Se necessario ai fini di un’ispezione corretta ed efficace, la BCE può svolgere l’ispezione in loco senza preavviso alle suddette persone giuridiche. 2. I funzionari della BCE e le altre persone da essa autorizzate a svolgere ispezioni in loco possono accedere a tutti i locali commerciali e ai terreni delle persone giuridiche soggette alla decisione di indagine adottata dalla BCE e possono esercitare tutti i poteri loro conferiti conformemente all’articolo 11, paragrafo 1. 3. Le persone giuridiche di cui all’articolo 10, paragrafo 1, sono tenute a sottoporsi alle ispezioni in loco sulla base di una decisione della BCE. 4. I funzionari e le altre persone che li accompagnano autorizzate o incaricate dall’autorità nazionale competente dello Stato membro nel cui territorio deve essere effettuata l’ispezione prestano, sotto la vigilanza e il coordinamento della BCE, attivamente assistenza ai funzionari della BCE e alle altre persone autorizzate da quest’ultima. Essi dispongono a tal fine dei poteri di cui al paragrafo 2. Anche i funzionari dell’autorità nazionale competente dello Stato membro partecipante in questione hanno diritto di partecipare alle ispezioni in loco. 5. Qualora i funzionari della BCE e le altre persone da essa autorizzate o incaricate che li accompagnano constatino che un soggetto si oppone ad un’ispezione ordinata a norma del presente articolo, l’autorità nazionale competente dello Stato membro partecipante interessato presta loro l’assistenza necessaria conformemente al diritto nazionale. Nella misura necessaria all’espletamento dell’ispezione, tale assistenza include l’apposizione di sigilli su tutti i locali commerciali e ai libri e ai registri contabili. Qualora non disponga di tale potere, l’autorità nazionale competente interessata utilizza le proprie competenze per chiedere l’assistenza necessaria delle altre autorità nazionali. Articolo 13 Autorizzazione giudiziaria 1. Se l’ispezione in loco di cui all’articolo 12, paragrafi 1 e 2, o l’assistenza di cui all’articolo 12, paragrafo 5, richiede l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria secondo le regole nazionali, tale autorizzazione è richiesta. 2. Qualora sia richiesta l’autorizzazione di cui al paragrafo 1 del presente articolo, l’autorità giudiziaria nazionale controlla l’autenticità della decisione della BCE e verifica che le misure coercitive previste non siano né arbitrarie né sproporzionate rispetto all’oggetto dell’ispezione. Nel verificare la
128
Il primo passo verso l’unione bancaria europea: il Regolamento UE n. 1024/2013
proporzionalità delle misure coercitive, l’autorità giudiziaria nazionale può chiedere alla BCE di fornire spiegazioni dettagliate, in particolare sui motivi per i quali questa sospetta una violazione degli atti di cui all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, sulla gravità della sospetta violazione e sulla natura del coinvolgimento della persona oggetto delle misure coercitive. Tuttavia, l’autorità giudiziaria nazionale non può mettere in discussione la necessità dell’ispezione né esigere che le siano fornite le informazioni contenute nel fascicolo della BCE. Solo la CGUE esercita il controllo di legittimità sulla decisione della BCE. Sezione2 Poteri di vigilanza specifici Articolo 14 Autorizzazione 1. La domanda di autorizzazione all’accesso all’attività dell’ente creditizio che avrà sede in uno Stato membro partecipante è presentata alle autorità nazionali competenti di tale Stato nel rispetto dei requisiti previsti dal pertinente diritto nazionale. 2. Se il richiedente soddisfa tutte le condizioni di autorizzazione previste dal pertinente diritto nazionale di detto Stato membro, l’autorità nazionale competente adotta, entro il termine previsto dal pertinente diritto nazionale, un progetto di decisione con cui propone alla BCE il rilascio dell’autorizzazione. Il progetto di decisione è notificato alla BCE e al richiedente l’autorizzazione. Negli altri casi, l’autorità nazionale competente respinge la domanda di autorizzazione. 3. Il progetto di decisione si ritiene adottato dalla BCE a meno che quest’ultima non sollevi obiezioni entro un termine massimo di dieci giorni lavorativi, prorogabile una sola volta per lo stesso periodo in casi debitamente giustificati. La BCE solleva obiezioni al progetto di decisione solo se le condizioni di autorizzazione stabilite nel pertinente diritto dell’Unione non sono soddisfatte. La BCE espone i motivi del rigetto per iscritto. 4. La decisione adottata a norma dei paragrafi 2 e 3 è notificata al richiedente l’autorizzazione dall’autorità nazionale competente. 5. Fatto salvo il paragrafo 6, la BCE può revocare l’autorizzazione nei casi previsti dal pertinente diritto dell’Unione, di propria iniziativa previa consultazione dell’autorità nazionale competente dello Stato membro partecipante in cui l’ente creditizio è stabilito oppure su proposta di tale autorità nazionale competente. Tale consultazione assicura in particolare che, prima di prendere decisioni relative alla revoca, la BCE conceda un periodo di tempo sufficiente affinché le autorità nazionali decidano in merito alle necessarie azioni correttive, comprese eventuali misure di risoluzione, e ne tenga conto. L’autorità nazionale competente che considera che l’autorizzazione da essa proposta a norma del paragrafo 1 debba essere revocata in virtù del pertinente diritto nazionale trasmette alla BCE una proposta in tal senso. In tal
129
Legislazione
caso, la BCE prende una decisione sulla proposta di revoca tenendo pienamente conto della giustificazione della revoca avanzata dall’autorità nazionale competente. 6. Fino a quando le autorità nazionali rimarranno competenti per la risoluzione delle crisi degli enti creditizi, nei casi in cui ritengano che la revoca dell’autorizzazione pregiudicherebbe l’adeguata attuazione della risoluzione o le azioni necessarie per la stessa ovvero al fine di mantenere la stabilità finanziaria, esse notificano debitamente alla BCE la propria obiezione, illustrando nel dettaglio il danno che la revoca provocherebbe. In questi casi, la BCE si astiene dal procedere alla revoca per un periodo concordato con le autorità nazionali. La BCE può prorogare tale periodo se ritiene che siano stati compiuti sufficienti progressi. Se, tuttavia, la BCE stabilisce in una decisione motivata che le autorità nazionali non hanno attuato le opportune azioni necessarie per mantenere la stabilità finanziaria, si procede immediatamente alla revoca delle autorizzazioni. Articolo 15 Valutazione delle acquisizioni di partecipazioni qualificate 1. Fatte salve le deroghe di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), la notifica di acquisizione di una partecipazione qualificata in un ente creditizio stabilito in uno Stato membro partecipante ovvero ogni informazione connessa è presentata alle autorità nazionali competenti dello Stato membro nel quale è stabilito l’ente creditizio conformemente ai requisiti di cui al pertinente diritto nazionale basato sugli atti di cui all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma. 2. L’autorità nazionale competente valuta l’acquisizione proposta e trasmette alla BCE la notifica e una proposta di decisione di vietare o di non vietare l’acquisizione, sulla base dei criteri stabiliti dagli atti di cui all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, almeno dieci giorni lavorativi prima della scadenza del termine per la valutazione stabilito dal pertinente diritto dell’Unione e assiste la BCE conformemente all’articolo 6. 3. La BCE decide se vietare l’acquisizione sulla base dei criteri di valutazione stabiliti dal pertinente diritto dell’Unione e conformemente alla procedura ed entro i termini per la valutazione ivi stabiliti. Articolo 16 Poteri di vigilanza 1. Ai fini dell’assolvimento dei suoi compiti di cui all’articolo 4, paragrafo 1, e fatti salvi gli altri poteri ad essa conferiti, la BCE dispone dei poteri di cui al paragrafo 2 del presente articolo di imporre a qualsiasi ente creditizio, società di partecipazione finanziaria o società di partecipazione finanziaria mista negli Stati membri partecipanti di adottare per tempo le misure necessarie per affrontare problemi pertinenti in qualsiasi delle seguenti circostanze: a. l’ente creditizio non soddisfa i requisiti degli atti di cui all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma;
130
Il primo passo verso l’unione bancaria europea: il Regolamento UE n. 1024/2013
b. la BCE dispone di prove del fatto che l’ente creditizio rischia di violare i requisiti degli atti di cui all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, entro i successivi dodici mesi; c. in base alla constatazione, nel quadro di una valutazione prudenziale conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, lettera f), che i dispositivi, le strategie, i processi e i meccanismi attuati dall’ente creditizio e i fondi propri e la liquidità da esso detenuti non permettono una gestione solida e la copertura dei suoi rischi. 2. Ai fini dell’articolo 9, paragrafo 1, la BCE ha, in particolare, i seguenti poteri: a. esigere che gli enti detengano fondi propri superiori ai requisiti patrimoniali stabiliti negli atti di cui all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, riguardo a elementi di rischio e a rischi che non rientrano nell’ambito di applicazione dei pertinenti atti dell’Unione; b. chiedere il rafforzamento dei dispositivi, dei processi, dei meccanismi e delle strategie; c. esigere che gli enti presentino un piano mirante a ripristinare la conformità ai requisiti in materia di vigilanza a norma degli atti di cui all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, e fissino un termine per la sua attuazione, compresi i miglioramenti di tale piano per quanto riguarda l’ambito di applicazione e il termine; d. esigere che gli enti applichino una politica di accantonamenti specifica o che riservino alle voci dell’attivo un trattamento specifico con riferimento ai requisiti in materia di fondi propri; e. restringere o limitare le attività, le operazioni o la rete degli enti o esigere la cessione di attività che presentano rischi eccessivi per la solidità dell’ente; f. esigere la riduzione del rischio connesso alle attività, ai prodotti e ai sistemi degli enti; g. esigere che gli enti limitino la componente variabile della remunerazione in percentuale dei ricavi netti quando è incompatibile con il mantenimento di una solida base patrimoniale; h. esigere che gli enti utilizzino l’utile netto per rafforzare i fondi propri; i. limitare o vietare le distribuzioni da parte dell’ente agli azionisti, ai soci o ai detentori di strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 se il divieto non costituisce un caso di default da parte dell’ente; j. imporre obblighi di segnalazione supplementari o più frequenti, anche sul capitale e sulle posizioni di liquidità; k. imporre requisiti specifici in materia di liquidità, comprese restrizioni ai disallineamenti di durata tra le attività e le passività; l. richiedere informazioni aggiuntive; m. rimuovere in qualsiasi momento membri dell’organo di amministrazione degli enti creditizi che non soddisfano i requisiti previsti dagli atti di cui all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma.
131
Legislazione
Articolo 17 Poteri delle autorità dello Stato membro ospitante e cooperazione in materia di vigilanza su base consolidata 1. Tra gli Stati membri partecipanti, le procedure previste dal pertinente diritto dell’Unione per gli enti creditizi che intendono aprire una succursale o esercitare la libera prestazione di servizi svolgendo attività nel territorio di un altro Stato membro, e le relative competenze dello Stato membro di origine e dello Stato membro ospitante, si applicano soltanto ai fini dei compiti che non sono attribuiti alla BCE dall’articolo 4. 2. Le disposizioni previste dal pertinente diritto dell’Unione circa la cooperazione fra autorità competenti di Stati membri diversi nell’esercizio della vigilanza su base consolidata non si applicano quando la BCE è l’unita autorità competente coinvolta. 3. Nell’assolvere i suoi compiti quali definiti agli articoli 4 e 5, la BCE rispetta un giusto equilibrio tra tutti gli Stati membri partecipanti a norma dell’articolo 6, paragrafo 8, e, nelle sue relazioni con gli Stati membri non partecipanti, l’equilibrio tra Stato membro di origine e Stato membro ospitante stabilito nel pertinente diritto dell’Unione. Articolo 18 Sanzioni amministrative 1. Ai fini dell’assolvimento dei compiti attribuitile dal presente regolamento, in caso di violazione dolosa o colposa, da parte degli enti creditizi, delle società di partecipazione finanziaria o delle società di partecipazione finanziaria mista, degli obblighi previsti dai pertinenti atti del diritto dell’Unione direttamente applicabili in relazione alle quali vengono messe a disposizione delle autorità competenti sanzioni amministrative pecuniarie conformemente al pertinente diritto dell’Unione, la BCE può imporre sanzioni amministrative pecuniarie fino al doppio dell’importo dei profitti ricavati o delle perdite evitate grazie alla violazione, quando questi possono essere determinati, o fino al 10% del fatturato complessivo annuo, come definito dal pertinente diritto dell’Unione, della persona giuridica nell’esercizio finanziario precedente o altre sanzioni pecuniarie eventualmente previste dal pertinente diritto dell’Unione. 2. Se la persona giuridica è una filiazione di un’impresa madre, il fatturato complessivo annuo di cui al paragrafo 1 è il fatturato complessivo annuo risultante nel conto consolidato dell’impresa madre capogruppo nell’esercizio finanziario precedente. 3. Le sanzioni applicate sono efficaci, proporzionate e dissuasive. Nel decidere se irrogare una sanzione e nello stabilire la sanzione appropriata, la BCE agisce conformemente all’articolo 9, paragrafo 2. 4. La BCE applica il presente articolo in combinato disposto con gli atti di cui all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del presente regolamento, comprese le procedure previste nel regolamento (CE) n. 2532/98, se del caso. 5. Nei casi non contemplati dal paragrafo 1 del presente articolo, laddove ne-
132
Il primo passo verso l’unione bancaria europea: il Regolamento UE n. 1024/2013
cessario all’assolvimento dei compiti attribuitile dal presente regolamento, la BCE può chiedere alle autorità nazionali competenti di avviare procedimenti volti a intervenire per assicurare che siano imposte sanzioni appropriate in virtù degli atti di cui all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, e di qualsiasi pertinente disposizione legislativa nazionale che conferisca specifici poteri attualmente non previsti dal diritto dell’Unione. Le sanzioni applicate dalle autorità nazionali competenti sono efficaci, proporzionate e dissuasive. Il primo comma del presente paragrafo si applica in particolare alle sanzioni pecuniarie nei confronti degli enti creditizi, delle società di partecipazione finanziaria o delle società di partecipazione finanziaria mista in caso di violazione del diritto nazionale di recepimento delle pertinenti direttive e alle misure e sanzioni amministrative nei confronti dei membri dell’organo di amministrazione di un ente creditizio, una società di partecipazione finanziaria o una società di partecipazione finanziaria mista, o ad ogni altro soggetto responsabile, ai sensi del diritto nazionale, di una violazione da parte di un ente creditizio, di una società di partecipazione finanziaria o di una società di partecipazione finanziaria mista. 6. La BCE pubblica le sanzioni di cui al paragrafo 1, impugnate o meno, nei casi e alle condizioni di cui al pertinente diritto dell’Unione. 7. Fatti salvi i paragrafi da 1 a 6, ai fini dell’assolvimento dei compiti attribuitile dal presente regolamento, in caso di violazione di propri regolamenti o decisioni la BCE può imporre sanzioni a norma del regolamento (CE) n. 2532/98. CAPO IV Principi organizzativi Articolo 19 Indipendenza 1. Nell’assolvimento dei compiti ad esse attribuiti dal presente regolamento, la BCE e le autorità nazionali competenti che operano nel quadro dell’MVU agiscono in modo indipendente. I membri del consiglio di vigilanza e il comitato direttivo agiscono in piena indipendenza e obiettività nell’interesse dell’Unione nel suo complesso, senza chiedere né ricevere istruzioni da parte di istituzioni od organismi dell’Unione, dai governi degli Stati membri o da altri soggetti pubblici o privati. 2. Le istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione, i governi degli Stati membri e qualsiasi altro organo rispettano detta indipendenza. 3. A seguito di un esame della necessità di un codice di condotta da parte del consiglio di vigilanza, il consiglio direttivo elabora e pubblica un codice di condotta per il personale e i dirigenti della BCE coinvolti nella vigilanza bancaria riguardante in particolare i conflitti di interesse. Articolo 20 Responsabilità e relazioni 1. La BCE risponde al Parlamento europeo e al Consiglio dell’attuazione del presente regolamento in conformità del presente capo.
133
Legislazione
2. La BCE trasmette annualmente al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Commissione e all’Eurogruppo una relazione sull’esecuzione dei compiti attribuitile dal presente regolamento, incluse informazioni sullo sviluppo previsto della struttura e l’importo del contributo per le attività di vigilanza di cui all’articolo 30. 3. Il presidente del consiglio di vigilanza della BCE presenta detta relazione pubblicamente al Parlamento europeo, e all’Eurogruppo in presenza di rappresentanti degli Stati membri partecipanti la cui moneta non è l’euro. 4. Su sua richiesta, l’Eurogruppo può procedere ad audizioni del presidente del consiglio di vigilanza della BCE riguardo all’esecuzione dei compiti di vigilanza, in presenza di rappresentanti degli Stati membri partecipanti la cui moneta non è l’euro. 5. Su richiesta del Parlamento europeo, il presidente del consiglio di vigilanza della BCE partecipa ad audizioni riguardo all’esecuzione dei compiti di vigilanza dinanzi alle commissioni competenti del Parlamento europeo. 6. La BCE risponde oralmente o per iscritto alle interrogazioni o ai quesiti ad essa rivolti dal Parlamento europeo, o dall’Eurogruppo conformemente alle proprie procedure e in presenza di rappresentanti degli Stati membri partecipanti la cui moneta non è l’euro. 7. Allorché esamina l’efficienza operativa della gestione della BCE ai sensi dell’articolo 27.2 dello statuto del SEBC e della BCE, la Corte dei conti europea tiene altresì conto dei compiti di vigilanza attribuiti alla BCE dal presente regolamento. 8. Su richiesta, il presidente del consiglio di vigilanza della BCE procede a discussioni orali riservate a porte chiuse con il presidente e i vicepresidenti delle competenti commissioni del Parlamento europeo riguardo ai suoi compiti di vigilanza qualora tali discussioni siano richieste per l’esercizio dei poteri del Parlamento europeo ai sensi del TFUE. Il Parlamento europeo e la BCE concludono un accordo sulle modalità specifiche di organizzazione di tali discussioni al fine di garantire piena riservatezza conformemente agli obblighi di riservatezza imposti alla BCE in qualità di autorità competente ai sensi del pertinente diritto dell’Unione. 9. La BCE coopera lealmente alle indagini svolte dal Parlamento europeo, nel rispetto del TFUE. La BCE e il Parlamento europeo concludono opportuni accordi sulle modalità pratiche dell’esercizio della responsabilità democratica e della supervisione sull’esecuzione dei compiti attribuiti alla BCE dal presente regolamento. Tali accordi riguardano, tra l’altro, l’accesso alle informazioni, la cooperazione alle indagini e le informazioni sulla procedura di selezione del presidente del consiglio di vigilanza. Articolo 21 Parlamenti nazionali 1. Allorché presenta la relazione di cui all’articolo 20, paragrafo 2, la BCE trasmette simultaneamente questa relazione direttamente ai parlamenti nazionali degli Stati membri partecipanti.
134
Il primo passo verso l’unione bancaria europea: il Regolamento UE n. 1024/2013
I parlamenti nazionali possono inviare alla BCE le loro osservazioni motivate su tale relazione. 2. I parlamenti nazionali degli Stati membri partecipanti, tramite le proprie procedure, possono chiedere alla BCE di rispondere per iscritto a eventuali osservazioni o quesiti da essi sottoposti alla BCE con riferimento ai compiti che le sono attribuiti ai sensi del presente regolamento. 3. Il parlamento nazionale di uno Stato membro partecipante può invitare il presidente o un membro del consiglio di vigilanza a partecipare a uno scambio di opinioni in relazione alla vigilanza degli enti creditizi in detto Stato membro, insieme con un rappresentante dell’autorità nazionale competente. 4. Il presente regolamento fa salva la responsabilità delle autorità nazionali competenti nei confronti dei parlamenti nazionali conformemente al diritto nazionale per l’assolvimento di compiti che non sono attribuiti alla BCE dal presente regolamento e per lo svolgimento di attività da esse eseguite conformemente all’articolo 6. Articolo 22 Garanzie procedurali per l’adozione di decisioni di vigilanza 1. Prima di prendere decisioni in materia di vigilanza ai sensi dell’articolo 4 e del capo III, sezione 2, la BCE concede alle persone interessate dal procedimento la possibilità di essere sentite. La BCE basa le sue decisioni solo sugli addebiti in merito ai quali le parti interessate sono state poste in condizione di essere sentite. Il primo comma non si applica qualora sia necessario intraprendere un’azione urgente al fine di impedire danni significativi al sistema finanziario. In tal caso, la BCE può adottare una decisione provvisoria e quanto prima possibile dopo averla adottata dà alle persone interessate la possibilità di essere sentite. 2. Nel corso del procedimento sono pienamente garantiti i diritti della difesa delle persone interessate. Esse hanno diritto d’accesso al fascicolo della BCE, fermo restando il legittimo interesse di altre persone alla tutela dei propri segreti aziendali. Il diritto di accesso al fascicolo non si estende alle informazioni riservate. Le decisioni della BCE sono motivate. Articolo 23 Segnalazione di violazioni La BCE garantisce che siano instaurati meccanismi efficaci per segnalare le violazioni, da parte di enti creditizi, società di partecipazione finanziaria o società di partecipazione finanziaria mista o autorità competenti negli Stati membri partecipanti, degli atti giuridici di cui all’articolo 4, paragrafo 3, incluse procedure specifiche per il ricevimento delle segnalazioni di violazioni e la loro verifica. Tali procedure sono coerenti con la pertinente legislazione dell’Unione e garantiscono che siano rispettati i seguenti principi: un’adeguata protezione di quanti segnalano le violazioni, la protezione dei dati personali, un’adeguata protezione del presunto responsabile.
135
Legislazione
1.
2.
3. 4.
5.
6.
7.
Articolo 24 Commissione amministrativa del riesame La BCE istituisce una commissione amministrativa del riesame incaricata di procedere al riesame amministrativo interno delle decisioni adottate dalla BCE nell’esercizio dei poteri attribuitile dal presente regolamento dopo che è stata presentata una richiesta di riesame conformemente al paragrafo 5. La portata del riesame amministrativo interno riguarda la conformità procedurale e sostanziale di siffatte decisioni con il presente regolamento. La commissione amministrativa del riesame è composta da cinque persone di indubbio prestigio, provenienti dagli Stati membri e in possesso di comprovate conoscenze pertinenti e di esperienza professionale, anche nell’ambito della vigilanza, di livello sufficientemente elevato nel settore dei servizi bancari o di altri servizi finanziari, escluso il personale in servizio della BCE nonché quello delle autorità competenti o di altre istituzioni, altri organi e organismi nazionali o dell’Unione coinvolti nell’assolvimento dei compiti attribuiti alla BCE dal presente regolamento. La commissione amministrativa del riesame dispone di risorse e competenze sufficienti per valutare l’esercizio dei poteri della BCE a norma del presente regolamento. I membri della commissione amministrativa del riesame e due membri supplenti sono nominati dalla BCE per un mandato di cinque anni, che può essere rinnovato una volta, a seguito di un invito pubblico a manifestare interesse pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Essi non sono vincolati da alcuna istruzione. La commissione amministrativa del riesame decide a maggioranza di almeno tre dei suoi cinque membri. I membri della commissione amministrativa del riesame agiscono in modo indipendente e nel pubblico interesse. A tal fine, essi rendono una dichiarazione pubblica d’impegni e una dichiarazione pubblica di interessi con la quale indicano eventuali interessi diretti o indiretti che possano essere ritenuti in contrasto con la loro indipendenza o l’assenza di tali interessi. Qualsiasi persona fisica o giuridica può, nei casi di cui al paragrafo 1, chiedere il riesame di una decisione della BCE ai sensi del presente regolamento, presa nei suoi confronti o che la riguardi direttamente ed individualmente. La richiesta di riesame contro una decisione del consiglio direttivo di cui al paragrafo 7 non è ammissibile. La richiesta di riesame è presentata per iscritto, insieme a una memoria contenente i relativi motivi, alla BCE entro un mese a decorrere dal giorno della notificazione della decisione alla persona che ne chiede il riesame o, in assenza di notificazione, dal giorno in cui tale persona ne ha avuto conoscenza. Dopo essersi pronunciata sull’ammissibilità del riesame, la commissione amministrativa del riesame esprime un parere entro un termine adeguato all’urgenza della questione e non oltre due mesi dalla ricezione della richiesta, e rinvia il caso al consiglio di vigilanza affinché prepari un nuovo progetto di decisione. Il consiglio di vigilanza tiene conto del parere della commissione amministrativa del riesame e presenta senza indugio al consiglio direttivo un
136
Il primo passo verso l’unione bancaria europea: il Regolamento UE n. 1024/2013
nuovo progetto di decisione. Il nuovo progetto di decisione abroga la decisione iniziale, la sostituisce con una decisione di contenuto identico oppure la sostituisce con una decisione modificata. Il nuovo progetto di decisione si ritiene adottato a meno che il consiglio direttivo non sollevi obiezioni entro un termine massimo di dieci giorni lavorativi. 8. Una richiesta di riesame conformemente al paragrafo 5 non ha effetto sospensivo. Tuttavia il consiglio direttivo può, su proposta della commissione amministrativa del riesame, sospendere l’esecuzione della decisione impugnata, se ritiene che le circostanze lo richiedano. 9. Il parere espresso dalla commissione amministrativa del riesame, il nuovo progetto di decisione presentato dal consiglio di vigilanza e la decisione adottata dal consiglio direttivo ai sensi del presente articolo sono motivati e notificati alle parti. 10. La BCE adotta una decisione che stabilisce le norme di funzionamento della commissione amministrativa del riesame. 11. Il presente articolo fa salvo il diritto di proporre un ricorso dinanzi alla CGUE a norma dei trattati. Articolo 25 Separazione dalla funzione di politica monetaria 1. Nell’assolvimento dei compiti attribuitile dal presente regolamento la BCE persegue soltanto gli obiettivi in esso previsti. 2. La BCE assolve i compiti attribuitile dal presente regolamento senza recare pregiudizio ai compiti di politica monetaria e a qualsiasi altro compito e separandoli da questi ultimi. I compiti attribuiti alla BCE dal presente regolamento non interferiscono con i compiti della BCE relativi alla politica monetaria, né sono da essi determinati. Inoltre, i compiti attribuiti alla BCE dal presente regolamento non interferiscono con i compiti relativi al CERS né con qualsiasi altro compito. La BCE informa il Parlamento europeo e il Consiglio di come si è conformata alla presente disposizione. I compiti attribuiti alla BCE dal presente regolamento non incidono sul monitoraggio continuo della solvibilità delle sue controparti di politica monetaria. Il personale coinvolto nell’assolvimento dei compiti attribuiti alla BCE dal presente regolamento è separato dal punto di vista organizzativo, anche per quanto concerne la struttura gerarchica, dal personale impegnato nell’assolvimento degli altri compiti assegnati alla BCE. 3. La BCE adotta e pubblica le necessarie norme interne ai fini dei paragrafi 1 e 2, comprese le norme sul segreto professionale e sullo scambio di informazioni tra i due settori funzionali. 4. La BCE garantisce che il consiglio direttivo operi in modo completamente differenziato per quanto riguarda le funzioni di politica monetaria e di vigilanza. Tale differenziazione prevede riunioni e ordini del giorno rigorosamente separati. 5. Al fine di garantire la separazione tra compiti di politica monetaria e compiti di vigilanza la BCE istituisce un gruppo di esperti di mediazione. Questo
137
Legislazione
gruppo di esperti risolve le divergenze dei pareri espressi dalle autorità competenti degli Stati membri partecipanti interessati in ordine a un’obiezione del consiglio direttivo a un progetto di decisione del consiglio di vigilanza. Comprende un membro per Stato membro partecipante, scelto da ciascuno Stato membro tra i membri del consiglio direttivo e del consiglio di vigilanza e decide a maggioranza semplice; ciascun membro dispone di un solo voto. La BCE adotta e rende pubblico il regolamento istitutivo di tale gruppo di esperti di mediazione e il relativo regolamento interno. Articolo 26 Consiglio di vigilanza 1. È incaricato della pianificazione e dell’esecuzione dei compiti attribuiti alla BCE un organo interno composto di un presidente e un vicepresidente, nominati conformemente al paragrafo 3, e quattro rappresentanti della BCE, nominati conformemente al paragrafo 5, e un rappresentante dell’autorità nazionale competente di ciascuno Stato membro partecipante («consiglio di vigilanza»). Tutti i membri del consiglio di vigilanza agiscono nell’interesse dell’Unione nel suo complesso. Qualora l’autorità competente non sia una banca centrale, il membro del consiglio di vigilanza di cui al presente paragrafo può decidere di farsi accompagnare da un rappresentante della banca centrale dello Stato membro. Ai fini della procedura di voto di cui al paragrafo 6, i rappresentanti delle autorità di uno Stato membro sono considerati come un solo membro. 2. Le nomine del consiglio di vigilanza a norma del presente regolamento rispettano i principi di equilibrio di genere, esperienza e qualifica. 3. Dopo aver sentito il consiglio di vigilanza, la BCE presenta al Parlamento europeo, per approvazione, una proposta di nomina del presidente e del vicepresidente. Dopo l’approvazione di tale proposta, il Consiglio adotta una decisione di esecuzione al fine di nominare il presidente e il vicepresidente del consiglio di vigilanza. Il presidente è scelto in base ad una procedura di selezione aperta, di cui il Parlamento europeo e il Consiglio sono tenuti debitamente al corrente, tra persone di riconosciuto prestigio e grande esperienza professionale in campo bancario e questioni finanziarie e che non sono membri del consiglio direttivo. Il vicepresidente del consiglio di vigilanza è scelto tra i membri del comitato esecutivo della BCE. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata senza tener conto del voto dei membri del Consiglio che non sono Stati membri partecipanti. Una volta nominato, il presidente è un professionista impiegato a tempo pieno senza alcun incarico presso le autorità nazionali competenti. Il suo mandato ha una durata di cinque anni e non è rinnovabile. 4. Qualora il presidente del consiglio di vigilanza non sia più in possesso dei requisiti necessari all’esercizio delle sue funzioni o abbia commesso una colpa grave, il Consiglio può, a seguito di una proposta della BCE, approvata dal Parlamento europeo, adottare una decisione di esecuzione per destituire il presidente dal suo incarico. Il Consiglio delibera a maggioranza qualifica-
138
Il primo passo verso l’unione bancaria europea: il Regolamento UE n. 1024/2013
ta senza tener conto del voto dei membri del Consiglio che non sono Stati membri partecipanti. A seguito delle dimissioni d’ufficio del vicepresidente del consiglio di vigilanza in qualità di membro del comitato esecutivo, pronunciate conformemente allo statuto del SEBC e della BCE, il Consiglio può, su proposta della BCE, approvata dal Parlamento europeo, adottare una decisione di esecuzione al fine di destituire il vicepresidente dal suo incarico. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata senza tener conto del voto dei membri del Consiglio che non sono Stati membri partecipanti. A tali fini, il Parlamento europeo o il Consiglio possono comunicare alla BCE di ritenere riunite le condizioni per la destituzione del presidente o del vicepresidente del consiglio di vigilanza dal suo incarico; la BCE risponde a tale comunicazione. 5. I quattro rappresentanti della BCE nominati dal consiglio direttivo non assolvono compiti direttamente connessi alla funzione monetaria della BCE. Tutti i rappresentanti della BCE hanno diritto di voto. 6. Le decisioni del consiglio di vigilanza sono adottate a maggioranza semplice dei suoi membri. Ogni membro dispone di un solo voto. In caso di parità, il voto del presidente è determinante. 7. In deroga al paragrafo 6 del presente articolo, il consiglio di vigilanza adotta decisioni relative all’adozione dei regolamenti di cui all’articolo 4, paragrafo 3, a maggioranza qualificata dei suoi membri, quale definita all’articolo 16, paragrafo 4, TUE e all’articolo 3 del protocollo n. 36 sulle disposizioni transitorie, allegato al TUE e al TFUE, per i membri che rappresentano le autorità degli Stati membri partecipanti. Ciascuno dei quattro rappresentanti della BCE nominati dal consiglio direttivo dispone di un voto uguale al voto mediano degli altri membri. 8. Fatto salvo l’articolo 6, il consiglio di vigilanza svolge le attività preparatorie relative ai compiti di vigilanza assegnati alla BCE e propone al consiglio direttivo della BCE progetti di decisione completi che sono adottati da quest’ultimo, seguendo una procedura che sarà stabilita dalla BCE. I progetti di decisione sono trasmessi contemporaneamente alle autorità nazionali competenti degli Stati membri interessati. Un progetto di decisione è considerato adottato qualora il consiglio direttivo non muova obiezioni entro un termine stabilito nella procedura suddetta ma non superiore a un massimo di dieci giorni lavorativi. Tuttavia, se uno Stato membro partecipante la cui moneta non è l’euro non concorda con un progetto di decisione del consiglio di vigilanza, si applica la procedura di cui all’articolo 7, paragrafo 8. In situazioni di emergenza il suddetto periodo non supera le 48 ore. Se solleva obiezioni riguardo ad un progetto di decisione, il consiglio direttivo ne dà motivazione scritta, in particolare facendo riferimento alle questioni di politica monetaria. Se una decisione è modificata sulla scorta di un’obiezione del consiglio direttivo, uno Stato membro partecipante la cui moneta non è l’euro può notificare alla BCE il suo disaccordo motivato con l’obiezione e si applica la procedura di cui all’articolo 7, paragrafo 7.
139
Legislazione
9. Un segretariato sostiene a tempo pieno le attività del consiglio di vigilanza, inclusa la preparazione delle riunioni. 10. Il consiglio di vigilanza istituisce, votando in base alle regole di cui al paragrafo 6, un comitato direttivo, a composizione più ristretta, costituito di suoi membri e incaricato di assisterlo nelle sue attività, inclusa la preparazione delle riunioni. Il comitato direttivo del consiglio di vigilanza non dispone di poteri decisionali. Il comitato direttivo è presieduto dal presidente o, in caso di assenza eccezionale di quest’ultimo, dal vicepresidente del consiglio di vigilanza. La composizione del comitato direttivo garantisce un giusto equilibrio e una rotazione tra le autorità nazionali competenti. Il comitato consta di non più di dieci membri inclusi il presidente, il vicepresidente e un rappresentante aggiuntivo della BCE. Il comitato direttivo assolve i suoi compiti preparatori nell’interesse dell’Unione nel suo complesso e coopera con il consiglio di vigilanza in piena trasparenza. 11. Un rappresentante della Commissione può, su invito, partecipare alle riunioni del consiglio di vigilanza in veste di osservatore. Gli osservatori non hanno accesso alle informazioni riservate riguardanti singoli istituti. 12. Il consiglio direttivo adotta norme interne che disciplinano in dettaglio il suo rapporto con il consiglio di vigilanza. Anche il consiglio di vigilanza adotta il proprio regolamento interno, votando secondo le regole di cui al paragrafo 6. Entrambi gli insiemi di norme sono resi pubblici. Il regolamento interno del consiglio di vigilanza garantisce parità di trattamento di tutti gli Stati membri partecipanti. Articolo 27 Segreto professionale e scambio di informazioni 1. I membri del consiglio di vigilanza, il personale della BCE e il personale distaccato dagli Stati membri partecipanti con incarichi di vigilanza sono vincolati, anche dopo la cessazione dalle funzioni, al segreto professionale previsto all’articolo 37 dello statuto del SEBC e della BCE e nei pertinenti atti del diritto dell’Unione. La BCE garantisce che le persone che forniscono direttamente o indirettamente, su base permanente o occasionale, servizi relativi all’assolvimento di incarichi di vigilanza siano vincolati a obblighi equivalenti in materia di segreto professionale 2. Ai fini dell’assolvimento dei compiti attribuitile dal presente regolamento, la BCE è autorizzata, nei limiti e alle condizioni fissati dal pertinente diritto dell’Unione, a scambiare informazioni con le autorità e gli organi nazionali o dell’Unione nei casi in cui il pertinente diritto dell’Unione consente alle autorità nazionali competenti di divulgare informazioni a detti soggetti o nei casi in cui gli Stati membri possono prevedere la divulgazione ai sensi del pertinente diritto dell’Unione.
140
Il primo passo verso l’unione bancaria europea: il Regolamento UE n. 1024/2013
Articolo 28 Risorse La BCE ha la responsabilità di assegnare le risorse finanziarie e umane necessarie all’assolvimento dei compiti attribuitile dal presente regolamento. Articolo 29 Bilancio e conti annuali 1. Le spese sostenute dalla BCE per l’assolvimento dei compiti attribuitile dal presente regolamento figurano separate all’interno del bilancio della BCE. 2. Nell’ambito della relazione di cui all’articolo 20, la BCE riferisce in dettaglio sul bilancio in ordine ai suoi compiti di vigilanza. I conti annuali della BCE, redatti e pubblicati in conformità dell’articolo 26.2 dello statuto del SEBC e della BCE, riportano le entrate e le uscite connesse ai compiti di vigilanza. 3. In linea con l’articolo 27.1 dello statuto del SEBC e della BCE, la sezione dei conti annuali dedicata alla vigilanza è soggetta a revisione contabile. Articolo 30 Contributi per le attività di vigilanza 1. La BCE impone il pagamento di un contributo annuale per le attività di vigilanza agli enti creditizi stabiliti negli Stati membri partecipanti e alle succursali stabilite in uno Stato membro partecipante da un ente creditizio stabilito in uno Stato membro non partecipante. I contributi coprono le spese sostenute dalla BCE in relazione ai compiti attribuitile dagli articoli da 4 a 6 del presente regolamento. L’importo di tali contributi non supera le spese relative ai compiti in questione. 2. L’importo del contributo imposto all’ente creditizio o alla succursale è calcolato, conformemente alle modalità stabilite, e pubblicato preventivamente dalla BCE. Prima di stabilire tali modalità, la BCE effettua consultazioni pubbliche aperte e analizza i relativi costi e benefici potenziali, pubblicando i risultati di entrambi. 3. I contributi sono calcolati al massimo livello di consolidamento nell’ambito degli Stati membri partecipanti e sono basati su criteri oggettivi in relazione alla rilevanza e al profilo di rischio dell’ente creditizio interessato, comprese le attività ponderate per il rischio. La base di calcolo del contributo annuale per le attività di vigilanza per un dato anno civile è la spesa relativa alla vigilanza degli enti creditizi e delle succursali nell’anno in questione. La BCE può chiedere pagamenti anticipati del contributo annuale per le attività di vigilanza, basati su stime ragionevoli. La BCE comunica con l’autorità nazionale competente prima di decidere in merito al livello definitivo del contributo così da assicurare che i costi della vigilanza restino sostenibili e ragionevoli per tutti gli enti creditizi e le succursali in questione. La BCE comunica agli enti creditizi e alle succursali la base di calcolo del contributo annuale per le attività di vigilanza. 4. La BCE riferisce conformemente all’articolo 20.
141
Legislazione
5. Il presente articolo non pregiudica il diritto delle autorità nazionali competenti di imporre il pagamento di contributi conformemente al diritto nazionale e nella misura in cui non siano stati attribuiti compiti di vigilanza alla BCE, o relativamente ai costi di cooperazione con la BCE e di assistenza a questa fornita e allorché agiscono su istruzioni della stessa, conformemente al pertinente diritto dell’Unione e fatte salve le modalità adottate per l’attuazione del presente regolamento, in particolare degli articoli 6 e 12. Articolo 31 Personale e scambio di personale 1. La BCE stabilisce, insieme con tutte le autorità nazionali competenti, le modalità necessarie per assicurare un appropriato scambio e distacco di personale tra le autorità nazionali competenti e tra di esse e la BCE. 2. La BCE può in caso disporre che i gruppi di vigilanza delle autorità nazionali competenti che, a norma del presente regolamento, intervengono nella vigilanza di un ente creditizio, una società di partecipazione finanziaria o una società di partecipazione finanziaria mista ubicati in uno Stato membro partecipante, coinvolgano anche personale proveniente dalle autorità nazionali competenti di altri Stati membri partecipanti. 3. La BCE istituisce e mantiene procedure generali e formali, tra cui procedure deontologiche e periodi proporzionati per valutare in anticipo e prevenire eventuali conflitti di interessi derivanti dalla successiva assunzione, entro due anni, di membri del consiglio di vigilanza e di membri del personale della BCE coinvolti in attività di vigilanza, e provvede ad opportune informative, fatte salve le norme in materia di protezione dei dati applicabili. Tali procedure fanno salva l’applicazione di norme nazionali più rigorose. Per i membri del consiglio di vigilanza che sono rappresentanti delle autorità nazionali competenti, dette procedure sono istituite ed attuate in cooperazione con tali autorità, fatto salvo il diritto nazionale applicabile. Per i membri del personale della BCE coinvolti in attività di vigilanza, dette procedure determinano le categorie di posti a cui la valutazione in questione si applica, nonché i periodi che sono proporzionati alle funzioni di tali membri del personale nelle attività di vigilanza durante il loro impiego presso la BCE. Le procedure di cui al paragrafo 3 prevedono che la BCE valuti se sussistono obiezioni a che i membri del consiglio di vigilanza accettino un’occupazione remunerata presso enti del settore privato per i quali la BCE ha responsabilità in materia di vigilanza, dopo la cessazione dal servizio. Le procedure di cui al paragrafo 3 si applicano di norma nei due anni successivi alla cessazione dal servizio dei membri del consiglio di vigilanza e possono essere adeguate, in base ad una debita motivazione, in proporzione alle funzioni svolte durante il mandato e alla durata dello stesso. 4. La relazione annuale della BCE a norma dell’articolo 20 comprende informazioni particolareggiate, tra cui dati statistici sull’applicazione delle procedure di cui ai paragrafi 3 e 4 del presente articolo.
142
Il primo passo verso l’unione bancaria europea: il Regolamento UE n. 1024/2013
CAPO V Disposizioni generali e finali Articolo 32 Riesame Entro il 31 dicembre 2015 e, in seguito, ogni tre anni la Commissione pubblica una relazione sull’applicazione del presente regolamento, ponendo un accento particolare sul monitoraggio dell’impatto potenziale sul corretto funzionamento del mercato interno. La relazione valuta tra l’altro: a. il funzionamento dell’MVU nell’ambito del SEVIF e l’impatto delle attività di vigilanza della BCE sugli interessi dell’Unione nel suo complesso e sulla coerenza e l’integrità del mercato interno dei servizi finanziari, incluso l’eventuale impatto sulle strutture dei sistemi bancari nazionali nell’Unione, e in ordine all’efficacia delle disposizioni in materia di cooperazione e scambio d’informazioni tra l’MVU e le autorità competenti degli Stati membri non partecipanti; b. la suddivisione dei compiti tra la BCE e le autorità nazionali competenti nell’ambito dell’MVU, l’efficacia delle modalità organizzative pratiche adottate dalla BCE e l’impatto dell’MVU sul funzionamento dei restanti collegi di vigilanza; c. l’efficacia dei poteri di vigilanza e sanzionatori della BCE e l’adeguatezza dell’attribuzione alla BCE di ulteriori poteri sanzionatori, anche in relazione a soggetti diversi da enti creditizi, società di partecipazione finanziaria o società di partecipazione finanziaria mista; d. l’adeguatezza delle disposizioni stabilite rispettivamente per i compiti e gli strumenti macroprudenziali di cui all’articolo 5 e per la concessione e la revoca delle autorizzazioni di cui all’articolo 14; l’efficacia delle disposizioni sull’indipendenza e sulla responsabilità; e. l’interazione tra la BCE e l’ABE; f. l’adeguatezza delle modalità di governo societario, comprese la composizione e le modalità di voto del consiglio di vigilanza e le relazioni di questo con il consiglio direttivo, nonché la collaborazione nell’ambito del consiglio di vigilanza tra gli Stati membri la cui moneta è l’euro e gli altri Stati membri partecipanti all’MVU; g. l’interazione tra la BCE e le autorità competenti degli Stati membri non partecipanti e gli effetti dell’MVU su tali Stati membri; h. l’efficacia dei meccanismi di ricorso avverso le decisioni della BCE; i. l’efficacia in termini di costi dell’MVU; j. il possibile impatto dell’applicazione dell’articolo 7, paragrafo 6, dell’articolo 7, paragrafo 7, e dell’articolo 7, paragrafo 8, sul funzionamento e l’integrità dell’MVU; k. l’efficacia della separazione tra le funzioni di vigilanza e di politica monetaria in seno alla BCE e della separazione delle risorse finanziarie assegnate ai compiti di vigilanza dal bilancio della BCE, tenendo conto
143
Legislazione
di eventuali modifiche delle pertinenti disposizioni giuridiche anche a livello di diritto primario; l. gli effetti di bilancio che le decisioni di vigilanza prese dall’MVU hanno sugli Stati membri partecipanti e l’impatto degli eventuali sviluppi in relazione ai meccanismi di finanziamento della risoluzione delle crisi; m. le possibilità di ulteriore sviluppo dell’MVU, tenendo conto di eventuali modifiche delle pertinenti disposizioni, anche a livello di diritto primario, e considerando se non sia venuta meno nel presente regolamento la logica sottesa alle disposizioni istituzionali, inclusa la possibilità di allineare completamente i diritti e gli obblighi degli Stati membri la cui moneta è l’euro e degli altri Stati membri partecipanti. La relazione è trasmessa al Parlamento europeo e al Consiglio. Se del caso, la Commissione formula proposte di accompagnamento. Articolo 33 Disposizioni transitorie 1. La BCE pubblica il quadro di cui all’articolo 6, paragrafo 7, entro il 4 maggio 2014. 2. La BCE assume i compiti attribuitile dal presente regolamento il 4 novembre 2014, fatte salve le disposizioni e le misure di attuazione di cui al presente paragrafo. Dopo il 3 novembre 2013, la BCE pubblica, mediante regolamenti e decisioni, le modalità operative dettagliate per l’esecuzione dei compiti attribuitile dal presente regolamento. A decorrere dal 3 novembre 2013, la BCE trasmette relazioni trimestrali al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione sui progressi compiuti nell’attuazione operativa del presente regolamento. Se, sulla base delle relazioni di cui al terzo comma del presente paragrafo e in seguito all’esame delle stesse in sede di Parlamento europeo e di Consiglio, risulta che la BCE non sarà pronta ad esercitare pienamente i suoi compiti il 4 novembre 2014, la BCE può adottare una decisione volta a fissare una data successiva a quella del primo comma del presente paragrafo per assicurare la continuità durante la transizione dalla vigilanza nazionale all’MVU e, in funzione della disponibilità di personale, l’istituzione di adeguate procedure di segnalazione e modalità di cooperazione con le autorità nazionali competenti ai sensi dell’articolo 6. 3. Nonostante il paragrafo 2 e fatto salvo l’esercizio dei poteri di indagine attribuitile in forza del presente regolamento, a decorrere dal 3 novembre 2013 la BCE può iniziare a assolvere i compiti attribuitile dal presente regolamento, diversi dall’adozione di decisioni in materia di vigilanza, nei riguardi di enti creditizi, società di partecipazione finanziaria o società di partecipazione finanziaria mista e a seguito di una decisione indirizzata ai soggetti interessati e alle autorità nazionali competenti in questione. Nonostante il paragrafo 2, se il MES chiede all’unanimità alla BCE di assumere la vigilanza diretta di un ente creditizio, di una società di partecipazione finanziaria o di una società di partecipazione finanziaria mista quale condizione
144
Il primo passo verso l’unione bancaria europea: il Regolamento UE n. 1024/2013
preliminare per la ricapitalizzazione diretta, la BCE può iniziare immediatamente ad assolvere i compiti attribuitile dal presente regolamento nei riguardi di tale ente creditizio, società di partecipazione finanziaria o società di partecipazione finanziaria mista e a seguito di una decisione indirizzata ai soggetti interessati e alle autorità nazionali competenti in questione. 4. A decorrere dal 3 novembre 2013, in vista dell’assunzione dei suoi compiti, la BCE può chiedere alle autorità nazionali competenti e ai soggetti di cui all’articolo 10, paragrafo 1, di fornire tutte le informazioni utili alla BCE per effettuare una valutazione approfondita, compreso lo stato patrimoniale, degli enti creditizi dello Stato membro partecipante. La BCE effettua tale valutazione con riguardo almeno agli enti creditizi non contemplati dall’articolo 6, paragrafo 4. L’ente creditizio e l’autorità competente comunicano le informazioni richieste. 5. Gli enti creditizi autorizzati dagli Stati membri partecipanti al 3 novembre 2013 o, laddove pertinente, alle date indicate ai paragrafi 2 e 3 del presente articolo, sono considerati autorizzati a norma dell’articolo 14 e possono continuare a svolgere la loro attività. Le autorità nazionali competenti comunicano alla BCE, anteriormente alla data di applicazione del presente regolamento o, laddove pertinente, anteriormente alle date indicate ai paragrafi 2 e 3 del presente articolo, l’identità di detti enti creditizi, specificandone in una relazione i trascorsi prudenziali e il profilo di rischio, e forniscono tutte le altre informazioni chieste dalla BCE. Le informazioni sono comunicate nel formato richiesto dalla BCE. 6. Nonostante l’articolo 26, paragrafo 7, fino al 31 dicembre 2015, per l’adozione dei regolamenti di cui all’articolo 4, paragrafo 3, si applica il voto a maggioranza qualificata e il voto a maggioranza semplice. Articolo 34 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il quinto giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Lussemburgo, il 15 ottobre 2013. R. ŠADŽIUS
145
Norme redazionali
I. Note 1. Le note debbono essere collocate a pie’ di pagina con numerazione continua e progressiva. 2. La numerazione delle note non deve mai iniziare dal titolo (se necessario, può apporsi un asterisco al titolo, per qualche specificazione particolare; per esempio: “testo della relazione presentata…”)
II. Criteri di citazione 1. Gli articoli di legge vanno citati come segue: - art. 2221 c.c. - art. 2332, co. 1, c.c. 2. I libri vanno citati nel seguente modo: Belli, Legislazione bancaria italiana (1861-2003), Torino, 2004, p. … - Nel caso di più autori, vanno adottati i seguenti modelli: Maimeri, A. Nigro e Santoro, Contratti bancari. 1. Le operazioni bancarie in conto corrente, Milano, 1991, p. …; Allegri ed altri, Diritto commerciale4 , Bologna, 2004, p. … - Nel caso di opere con uno o più curatori, va adottato il seguente modello: Belli e Santoro, a cura di, La banca centrale europea, Milano, 2003, p. … - L’iniziale del nome di battesimo va inserita solo in caso di omonimia. Per esempio: M. Sandulli, Le attività di investimento delle Fondazioni bancarie, in Dir. banc., 2004, I, p. … - Nel caso di pluralità di edizioni, il numero dell’edizione va sempre indicato come segue: Costi, L’ordinamento bancario3, Bologna, 2001. 3. Le voci di enciclopedie vanno citate nel seguente modo: Angelici, Società per azioni e in accomandita per azioni, in Enc. dir., XLII, Milano, 1990, p. …
147
Norme redazionali
4. Gli articoli vanno citati nel seguente modo: Santoro, Garanzia della solvenza della società a responsabilità limitata in caso di circolazione dei titoli di debito, in Dir. banc., 2004, I, p. … 5. I saggi o commenti inseriti in opere collettanee vanno citati nel seguente modo: A. Nigro, Imprese commerciali e imprese soggette a registrazione2, in Tratt. dir. priv., diretto da Rescigno, 15**, Torino, 2001, p. … 6. Le citazioni successive alla prima vanno fatte nel seguente modo: Belli, Legislazione, cit., p. …; Costi, L’ordinamento, cit., p. … 7. Le sentenze vanno citate nel seguente modo: - Cass., 8 aprile 2004, n. 6943, in Foro it., 2004, I, 1713 - App. Milano, 6 aprile 2004, in Il fallimento, 2005, 768 - Trib. Mantova, 24 marzo 2004, in Il fallimento, 2004, 1161. N.B.: occorre attenersi scrupolosamente alle abbreviazioni di cui all’elenco che segue e va omessa l’indicazione p. (pagina) o c. (colonna).
III. Abbreviazioni 1. Fonti normative codice civile c.c. codice di commercio c.comm. Costituzione Cost. codice di procedura civile c.p.c. codice penale c.p. codice di procedura penale c.p.p. decreto d. decreto legislativo d.lgs. decreto legge d.l. decreto legge luogotenenziale d.l. luog. decreto ministeriale d.m. decreto del Presidente della Repubblica d.P.R. disposizioni sulla legge in generale d.prel. disposizioni di attuazione disp.att. disposizioni transitorie disp.trans. legge fallimentare l.fall.
148
Norme redazionali
legge cambiaria testo unico testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (d.lgs. 1-9-1993, n. 583) testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (d.lgs. 24-2-1998. n. 58)
l.camb. t.u. t.u.b. t.u.f.
2. Autorità giudiziarie Corte Costituzionale C. Cost. Corte di Cassazione Cass. Sezioni unite S. U. Consiglio di Stato Cons. St. Corte d’Appello App. Tribunale Trib. Tribunale amministrativo regionale TAR 3. Riviste; enciclopedie. Archivio civile Arch. civ. Banca, borsa e titoli di credito Banca, borsa, tit. cred. Banca, impresa e società Banca, impresa, soc. Bancaria Banc. Banche e banchieri Banche e banc. Contratto e impresa Contr. e impr. Contratti Contr. Corriere giuridico Corr. giur. Digesto IV ed. Dig. disc. priv., sez. comm. Dig. disc. priv., sez. civ. Dig. disc. pen. Dig. disc. pubbl. Diritto amministrativo Dir. amm. Diritto della banca e dei mercati finanziari Dir. banc. Diritto del commercio internazionale Dir. comm. int. Diritto dell’economia Dir. econ. Diritto e pratica nell’assicurazione Dir. e prat. assic. Diritto fallimentare (e delle società commerciali) Dir. fall. Diritto e giurisprudenza Dir. e giur.
149
Norme redazionali
Diritto industriale Dir. ind. Diritto dell’informazione e dell’informatica Dir. inform. Economia e credito Econ. e cred. Enciclopedia del diritto Enc. dir. Enciclopedia giuridica Treccani Enc. giur. Europa e diritto privato Europa e dir. priv. Foro italiano (il) Foro it. Foro napoletano (il) Foro nap. Foro padano (il) Foro pad. Giurisprudenza commerciale Giur. comm. Giurisprudenza costituzionale Giur. cost. Giurisprudenza italiana Giur. it. Giurisprudenza di merito Giur. merito Giustizia civile Giust. civ. Il fallimento Il fallimento Jus Jus Le società Le società Notariato (11) Notariato Novissimo Digesto italiano Noviss. Dig. it. Nuova giurisprudenza civile commentata Nuova giur. civ. comm. Nuove leggi civili commentate (le) Nuove leggi civ. Quadrimestre Quadr. Rassegna di diritto civile Rass. dir. civ. Rassegna di diritto pubblico Rass. dir. pubbl. Rivista bancaria Riv. banc. Rivista critica di diritto privato Riv. crit. dir. priv. Rivista dei dottori commercialisti Riv. dott. comm. Rivista della cooperazione Riv. coop. Rivista delle società Riv. soc. Rivista del diritto commerciale Riv. dir. comm. Rivista del notariato Riv. not. Rivista di diritto civile Riv. dir. civ. Rivista di diritto internazionale Riv. dir. internaz. Rivista di diritto privato Riv. dir. priv. Rivista di diritto processuale Riv. dir. proc. Rivista di diritto pubblico Riv. dir. pubbl. Rivista di diritto societario RDS Rivista giuridica sarda Riv. giur. sarda Rivista italiana del leasing Riv. it. leasing Rivista trimestrale di diritto e procedura civile Riv. trim. dir. proc. civ. Vita notarile Vita not.
148
Norme redazionali
4. Commentari, trattati Il codice civile. Comm., diretto da Schlesinger, e diretto da Busnelli, Milano, Comm. cod. civ., a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, Comm. Scialoja-Branca. Legge fall. a cura di Bricola, Galgano, Santini, Bologna-Roma, Tratt. dir. civ., diretto da Sacco, Torino, Tratt. dir. civ., fondato da Vassalli, Torino, Tratt. dir. civ. comm., già diretto da Cicu, Messineo, Mengoni e continuato da Schlesinger, Milano, Tratt. dir. comm., diretto da Buonocore, Torino, Tratt. dir. comm., diretto da Cottino, Padova, Tratt. dir. comm. dir. pubbl. econ., diretto da Galgano, Padova, Tratt. dir. priv., diretto da M. Bessone, Torino, Tratt. dir. priv., a cura di ludica e Zatti, Milano, Tratt. dir. priv., diretto da Rescigno, Torino, Tratt. soc. per az., diretto da Colombo e Portale, Torino, Va sempre indicato l’anno di pubblicazione del volume
IV. Gli scritti, su dischetto e su carta, vanno inviati alla Direzione della rivista (prof. Alessandro Nigro, viale Regina Margherita 290, 00198 Roma). È indispensabile l’indicazione nella prima pagina dello scritto (in alto a destra, prima del titolo) dell’indirizzo al quale andranno inviate le bozze.
149
Rivista trimestrale del Ce.Di.B. - Centro studi di Diritto e legislazione Bancaria Cedola di sottoscrizione - Abbonamento 2014 (4 fascicoli): € 110,00 Il prezzo dei singoli fascicoli è di € 35,00 Modalità di Pagamento ☐ assegno bancario (non trasferibile) intestato a PACINI EDITORE Spa - PISA ☐ versamento su conto corrente postale n. 10370567 intestato a PACINI EDITORE Spa - PISA (per accelerare le pratiche si prega di inviare via fax la ricevuta dell’avvenuto pagamento al numero 050 3130301) ☐ bonifico bancario sul c.c. n. IBAN IT 67 G 01030 14010 000000561171 Banca Monte dei Paschi di Siena (per accelerare le pratiche si prega di inviare via fax la ricevuta dell’avvenuto pagamento al numero 050 3130301) ☐ a ricevimento fattura (secondo modalità indicate in fattura) (opzione valida solo per librerie, commissionarie librarie, case editrici e istituti/enti) ☐ carta di credito ☐ MasterCard ☐ VISA Carta n. ...................... Data di scadenza ....................... Nome, Cognome o Ragione Sociale: ........................................................................................................................................................................... ........................................................................................................................................................................... P. Iva (se in possesso) e C. Fiscale (obbligatorio per tutti): ........................................................................................................................................................................... ........................................................................................................................................................................... Indirizzo ........................................................................................................................................................................... ........................................................................................................................................................................... Firma.................................................................
Inviare il presente modulo all’Editore: Pacini Editore SpA via Gherardesca - 56121 Ospedaletto-Pisa Tel. 050 313011 - Fax 050 3130300 www.pacinieditore.it • info@pacinieditore.it è possibile acquistare la rivista direttamente sul sito dell’Editore