Familia 3/2018

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2018 3 Familia

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ISSN 1592-9930

amilia

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Il diritto della famiglia e delle successioni in Europa

Rivista bimestrale

maggio - giugno 2018

D iretta da Salvatore Patti Tommaso Auletta, Mirzia Bianca, Maria Giovanna Cubeddu, Lucilla Gatt (vicedirettore), Fabio Padovini, Massimo Paradiso, Enrico Quadri, Carlo Rimini, Giovanni Maria Uda

www.rivistafamilia.it

IN EVIDENZA ¢ Famiglie, pluralismo e laicità. Processi di secolarizzazione nel diritto di famiglia Maurizio Di Masi

¢ La legalizzazione della poligamia è davvero così lontana? Susanna Sandulli

¢ Il coordinatore genitoriale: un nuovo istituto nel panorama giuridico italiano? Federica Novello

Pacini


Indice Dottrina Maurizio Di Masi, Famiglie, pluralismo e laicità. Processi di secolarizzazione nel diritto di famiglia... p. 243 SlaÐana Aras Kramar, The transformation of divorce procedure in Europe............................................» 277 Leonardo B. Pérez Gallardo - Vitulia Ivone, Attuali profili di diritto cubano della famiglia: gli orientamenti evolutivi della giurisprudenza...........................................................................................» 299 Giurisprudenza Tribunal Supremo di Madrid, Sala de lo Contencioso, sez. IV, 24 gennaio 2018, n. 84 (con nota di Susanna Sandulli, La legalizzazione della poligamia è davvero così lontana?)......................................» 325 Trib. Mantova, sez. I, 5 maggio 2017, (con nota di Federica Novello, Il coordinatore genitoriale: un nuovo istituto nel panorama giuridico italiano?)...................................................................................» 355

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Maurizio Di Masi

Famiglie, pluralismo e laicità. Processi di secolarizzazione nel diritto di famiglia* Sommario : 1. Premessa: due recenti processi di secolarizzazione nel diritto di famiglia. – 2. Prima secolarizzazione del diritto di famiglia (1975 - 2004 circa). – 2.1. Teoria e prassi della soluzione di conflitti valoriali: l’art. 9 della legge 194/1978. – 2.2. L’ordine pubblico “occidentale” e il multiculturalismo. Il problema della poligamia in Europa. – 3. La seconda fase di secolarizzazione (dal 2010 a oggi): verso un pieno riconoscimento del pluralismo valoriale. – 3.1. Alcune resistenze alla famiglia omosessuale: l’(illegittima) obiezione di coscienza dei pubblici ufficiali. – 3.2. La fedeltà e l’accesso alla filiazione delle coppie samesex. – 3.3. Aperture al modello di famiglia non occidentale: il caso della kafalah. – 4. Scenari futuri (ma non troppo): dalla poligamia… – 4.1. … al polyamory. – 5. Alcune conclusioni.

The essay analyzes the role of secularism and the pluralism of values in Italian family law since the Twentieth century. The author identifies two recent processes, or phases, of secularization: a first phase – corresponding to the constitutionalization of family law – began with the law on divorce (Law No. 898 of 1970) and with the reform of family law of 1975 (Law No. 151). This phase ended with the Law No. 40 of 2004 on medically assisted procreation, which represents a clear break with the secular legislative policies of the family, carried out since the ’70s. The second phase of secularization of family law, still in progress, is instead characterized by the pervasive function of the rhetoric of human rights, which is leading to the recognition of different family models and a greater propensity and openness towards multicultural experiences.

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Il presente contributo è stato sottoposto a valutazione in forma anonima.

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1. Premessa: due recenti processi di secolarizzazione nel diritto di famiglia.

La laicità dello Stato e il pluralismo religioso e valoriale rivestono un ruolo centrale anche per la scienza giuridica privatistica, che dall’entrata in vigore della Costituzione italiana (1948) si interroga sulla rilettura delle proprie categorie – volte perlopiù a disciplinare situazioni giuridiche patrimoniali – alla luce dei principi costituzionali e sovranazionali1. Nell’ottica del diritto privato, quindi, il principio di laicità si è imposto con particolare rilievo nel diritto delle persone2 e, in modo peculiare e significativo, nel biodiritto3, come emerge chiaramente volgendo l’attenzione a tematiche eticamente sensibili che coinvolgono e ridefiniscono i rapporti familiari, quali l’interruzione volontaria di gravidanza4, la procreazione medicalmente assistita e la tutela dell’embrione5, la gestazione per altri6, gli atti di disposizione del corpo e la sessualità7, l’obiezione di coscienza8 e le nuove proble-

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C. Castronovo, Eclissi del diritto civile, Milano, 2015; C. Salvi, Capitalismo e diritto civile. Itinerari giuridici dal Code civil ai Trattati europei, Bologna, 2015; N. Lipari, Le categorie del diritto civile, Milano, 2013; P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo-comunitario delle fonti, Napoli, 2006; P. Rescigno, Convenzione europea dei diritti dell’uomo e diritti privato (famiglia, proprietà, lavoro), in Riv. dir. civ., 2002, I, 325 ss. 2 G. Alpa, I principi generali, in Trattato di diritto privato Iudica - Zatti, Milano, 2006, con particolare riferimento al principio di laicità 325 ss.; A. Barba, La libertà di coscienza come diritto all’autodeterminazione, in La laicità del diritto, a cura di Id., Roma, 2010. Sui problemi posti al principio di unicità dell’ordinamento dalla coesistenza di diverse culture cfr. P. Rescigno, Pluralità di culture e unicità di ordinamento giuridico: i problemi di una società multirazziale, in Realtà e prospettive dell’obiezione di coscienza. I conflitti degli ordinamenti, a cura di B. Perrone, Milano, 1992, 223 ss.; L. Balestra, Laicità e diritto civile, in Riv. dir. civ., n.1/2008, 13 ss. Circa lo spessore giuridico del principio di laicità, non nettamente definito neanche dalla Corte costituzionale, cfr. P. Consorti, Diritto e religione, Roma-Bari, IX ed., 2017, in particolare 37 ss.; L. Elia, I problemi costituzionali della laicità, in Astrid on-line, 2007. Sulla connessione fra sovrannaturale e diritto allorché il sovrannaturale caldeggi al legislatore laico soluzioni in tema di aborto, bioetica, divorzio, monogamia, etc. cfr. R. Sacco, Il debito del giurista, in Riv. crit. dir. priv., n. 4/1999, 545 ss. 3 S. Rodotà, Perché laico, Roma-Bari, 2009; Id., Alla ricerca della libertà, Bologna, 1978; M. R. Marella, I diritti civile fra laicità e giustizia sociale, in Diritto e Democrazia nel pensiero di Luigi Ferrajoli, a cura di S. Anastasia, Torino, 2011, 45 ss.; Ead., Identità culturale e ‘differenze’. A proposito del saggio di Paolo Morozzo della Rocca, in Riv. crit. dir. priv., n. 3/1992, 431 ss. ove ben si sottolinea il rischio di adottare, nelle questioni multiculturali, un’ottica di “pluralismo paternalistico”, vale a dire un pluralismo che in realtà maschera una riaffermazione del primato della nostra civiltà giuridica piuttosto che un effettivo riconoscimento dell’identità culturale dei gruppi minoritari. 4 M. R. Marella, Le donne, in Gli anni settanta del diritto privato, a cura di L. Nivarra, Milano, 2008, 341 ss.; M. Bessone, Eguaglianza giuridica e morale dei coniugi e condizione giuridica della donna, in Pol. dir., 1976, 216 ss. 5 Cfr. P. Rescigno, Danno da procreazione, Milano, 2006, in particolare Sezione II; S. Patti, Inseminazione eterologa e venire contra factum proprium, in Nuova giur. civ. comm., 2000, II, 13 ss.; M. R. Marella, Esercizi di biopolitica, in Riv. crit. dir. priv., n. 1/2004, 1 ss. 6 Cfr. M. Gattuso, Gestazione per altri: modelli teorici e protezione dei nati in forza dell’articolo 8, legge 40, in Giudicedonna.it, n.1/2017, p. 1 ss, contributo reperibile on-line al link http://www.giudicedonna.it/articoli/forum/maternit%C3%A0/Gestazione%20 per%20altri%20-%20Gattuso.pdf; V. Scalisi, Maternità surrogata: come «far cose con regole», in Riv. dir. civ., n. 5/2017, 1097 ss.; M. Virgilio, M. Di Masi, La gestazione per altri e il turismo riproduttivo. Tra proibizionismo e desiderio di responsabilità genitoriale, in Minorigiustizia, n. 1/2017, 41 ss.; in posizione nettamente critica, conformemente a parte del femminismo italiano, cfr. D. Danna, Contract Children. Questioning Surrogacy, ibidem-Verlag, Stuttgart, 2015; da ultimo si vedano i contributi in Maternità filiazione genitorialità. I nodi della maternità surrogata in una prospettiva costituzionale, a cura di S. Niccolai, E. Olivito, Napoli, 2017. 7 Cfr. F. Caggia, Tradizione e laicità nella costruzione dei modelli giuridici: il caso delle mutilazioni genitali femminili, in Forum di Quaderni costituzionali, on-line al link http://www.forumcostituzionale.it/wordpress/images/stories/pdf/documenti_forum/paper/0146_caggia.pdf; L. Favali, Fra legge e modelli ancestrali: prime osservazioni sulle mutilazioni genitali in Eritrea, Torino, 2002. Per una analisi queer delle categorie giuridiche familiari si veda M. R. Marella, «Queer Eye for Straight Guy». Sulle possibilità di un’analisi giuridica queer, in Pol. dir., n. 3/2017, 383 ss. 8 S. Rodotà, Obiezione di coscienza e diritti fondamentali, in Politeia, n. 1/2011, 29 ss.; G. Marini, E se anche i farmacisti diventassero obiettori?, in Quotidiano giuridico, on-line, al link http://www.quotidianogiuridico.it/documents/2017/01/31/e-se-anche-i-farmacistidiventassero-obiettori.

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matiche che si pongono in tema di fine vita9. Il ruolo sempre più preponderante dei diritti umani e l’evoluzione delle biotecnologie, peraltro, trovano una interessante prospettiva di analisi proprio nel diritto di famiglia10. Per questa ragione risulta di particolare interesse approfondire il modo in cui la laicità e il pluralismo confessionale e valoriale incidono nei rapporti fra individuo e Stato, e in quelli fra Stato e Chiesa11, nella definizione della sfera pubblica e della sfera privata, nell’eguaglianza dei diritti e nella lotta contro le discriminazioni e il riconoscimento delle differenze con specifico riferimento al diritto di famiglia. La famiglia, come si è autorevolmente sostenuto, rappresenta uno straordinario strumento di governo della società, dal momento che al suo interno si disciplinano i rapporti interpersonali, sessuali e intergenerazionali. In tal modo si articolano precise relazioni di potere fra i generi e si costruiscono identità e ruoli sociali che coinvolgono gli individui e i gruppi fino ad incidere sulla fisionomia delle comunità nazionali12. Non a caso, infatti, quando il diritto di famiglia viene per la prima volta sistematizzato nell’ambito del diritto civile da Friedrich Karl von Savigny nel primo volume del System des heutigen römischen Rechts, pubblicato nel 1840, esso viene subito indicato come diritto speciale13. Specialità del diritto di famiglia che finisce per disegnare un regime giuridico della famiglia quale settore del diritto differente e singolare, che partecipa della natura dello jus publicum, dal momento che è deputato a disciplinare una categoria di rapporti umani che si differenziano dagli altri perché radicati in primis nella natura e nella morale (e il diritto non fa che riconoscerli)14. Tale radicamento nella morale, poi, da una parte giustifica la differenza e la legittimità dei diritti di famiglia dei vari popoli, dall’altra ne fa emergere la superiorità del diritto di famiglia che si ispira ai valori del Cristianesimo, improntati al principio monogamico e all’indissolubilità del matrimonio15.

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Nelle questioni di fine vita, invero, molto spesso emerge un pluralismo valoriale all’interno dello stesso nucleo familiare, che finisce per contrapporre i vari membri della famiglia: amplius sia consentito il rinvio a M. Di Masi, Il fine vita, Roma, 2015. Per ridimensionare i confitti familiari nell’ambito della relazione di cura il legislatore, con la legge 219/2017 recante Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, ha inteso riconoscere al solo paziente la facoltà di coinvolgere o meno nella stessa relazione col personale sanitario anche il proprio entourage e le diverse figure che a vario titolo possono rappresentarlo (siano esse appartenenti alla famiglia matrimoniale, a quella derivante dall’unione civile, a quella di fatto o alla sola cerchia amicale del paziente). 10 Cfr. G. Ferrando, I diritti delle persone nella famiglia, in Il diritto privato nella società moderna. Seminario in onore di Stefano Rodotà, a cura di G. Alpa, V. Roppo, Napoli, 2005, 309 ss., specialmente 316 ss. 11 «Per laicità intendiamo, grosso modo, una situazione in cui lo Stato si atteggia come “neutrale” e imparziale rispetto alle Chiese, dalle quali prende, per così dire, le stesse distanze, con una separazione che può presentarsi come indifferente, ostile o cooperativa, ma che tutela comunque la libertà religiosa» così L. Elia, I problemi costituzionali della laicità, cit. 2, osi si osserva anche come in Italia si sia realizzata «una condizione di base favorevole ad una laicità pacifica o pacificata: in quel lungo periodo l’Italia ha evitato le stragi del clero verificatesi in Francia durante la grande rivoluzione di fine settecento ed in Spagna durante la guerra civile del 1936-1938. Tuttavia il personale politico risorgimentale, dopo il fallimento delle idee giobertiane nel 1848, assunse atteggiamenti liberali nella legislazione e nella amministrazione, in senso ostile alla confessione cattolica, dall’istituzione del matrimonio civile alla espropriazione dei beni ecclesiastici e, successivamente, alla laicizzazione della scuola». 12 Così M. R. Marella, G. Marini, Di cosa parliamo quando parliamo di famiglia, Roma-Bari, 2014. 13 Ivi, 19 ss. 14 La morale è, difatti, parte integrande del Volksgeist, ma diffusamente cfr. Du. Kennedy, Savigny’s Family/Patrimony Distinction and its Place in the Global Genealogy of Classical Legal Thought, 58 Am. J. Comp. L. 811 (2010). 15 Ivi, 817 ss. Kennedy osserva come lo stesso Savigny considerasse, ad esempio, la scelta della poligamia come frutto di un diritto che rispecchia uno stadio inferiore nello sviluppo morale delle nazioni.

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Rispetto al ruolo che il principio di laicità e il pluralismo valoriale giocano nel diritto di famiglia a partire dal XX sec. ad oggi, mi pare – con qualche approssimazione – potersi individuare due recenti “processi”, fasi, di secolarizzazione16. Una prima fase, corrispondente alla costituzionalizzazione del diritto di famiglia, è iniziata con la legge sul divorzio (legge n. 898 del 1970) e la riforma del diritto di famiglia del 1975, legge n. 15117, (fase che può considerarsi conclusa, simbolicamente, con la legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita, che ha costituito a mio parere una forte rottura rispetto alle politiche legislative della famiglia, laiche, portate avanti dagli anni ’70) ed è stata caratterizzata da un andamento oscillante dell’osservanza del principio di laicità. La seconda fase di secolarizzazione del diritto di famiglia, in corso, è invece caratterizzata dal ruolo pervasivo della retorica dei diritti umani, che sta portando al riconoscimento di modelli familiari diversi e ad una maggiore propensione ed apertura al dato multiculturale18. Alla luce di ciò la famiglia finisce per essere l’istituto giusprivatistico che maggiormente oggi viene messo in discussione nello Stato democratico pluralista, tanto a seguito dei flussi migratori (si pensi ad esempio a istituti quali la poligamia, il ripudio e la kafalah islamica che interrogano la giurisprudenza – italiana ed europea – ormai da qualche decennio), quanto a seguito del riconoscimento di nuovi modelli familiari (famiglie monoparentali, famiglie ricomposte, famiglie miste, coppie di fatto, unioni civili same-sex, comunità poliamorose, etc.).

2. Prima secolarizzazione del diritto di famiglia (1975-2004 circa).

Della prima, più recente, fase di secolarizzazione del diritto di famiglia, caratterizzata dal lento recepimento dei principi costituzionali all’interno dei rapporti familiari, fu osservatore lo storico del diritto Edoardo Ruffini. Proprio Ruffini, invero, nell’appendice

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Sulla secolarizzazione cfr. G. Marramao, Potere e secolarizzazione. Le categorie del tempo, Torino, 2005. L’Autore osserva che la secolarizzazione è una delle chiavi privilegiate per afferrare la dinamica del potere specificamente occidentale. Per secolarizzazione, peraltro, si intendono ormai tutte quelle forme di vita che si producono attraverso un distacco rispetto ai valori della tradizione e che oggi tendono all’affermazione del diritto di autodeterminazione della persona. Diffusamente cfr. G. Furgiuele, Cristianesimo e secolarizzazione nell’odierna vicenda del diritto di famiglia in Italia, in Cristianesimo, secolarizzazione e diritto moderno, a cura di L. Lombardi Vallauri, G. Dilcher, Milano, 1981, 1141 ss.; L. Mengoni, C. Castronovo, Ivi, 1171 ss. Rispetto, invece, alla suddivisioni in fasi del diritto di famiglia tout court cfr. F. Caggia, Capire il diritto di famiglia attraverso le sue fasi, in Riv. dir. civ., n. 6/2017, 1572 ss. 17 S. e C. Rodotà, Il diritto di famiglia, in Ritratto di famiglia degli anni ’80, a cura di S. Acquaviva, Roma-Bari, 1981, 161 ss., i quali rilevano che i motivi del ritardo nella costituzionalizzazione del diritto di famiglia sono stati tutti politici, dovuti all’ostinazione della Democrazia cristiana di preservare i principi di autorità, gerarchia e indissolubilità della famiglia tradizionale. 18 Per la distinzione fra pluralismo e multiculturalismo si rinvia a G. Zagrebelsky, La legge e la sua giustizia, Bologna, 2009, 200. In generale cfr. P. Rescigno, Diritto privato futuro, in Rass. dir. civ., 1992, 740 ss.; A. Facchi, I diritti nell’Europa multiculturale. Pluralismo normativo e immigrazione, Roma-Bari, 2001; F. Viola, Diritti fondamentali e multiculturalismo, in Multiculturalismo, diritti umani, pena, a cura di A. Bernardi, Milano, 2006, 37 ss; e, da ultimo, indaga il nesso fra multiculturalismo e universalismo dei diritti fondamentali, libertà, laicità e uguaglianza L. Ferrajoli, Manifesto per l’uguaglianza, Roma-Bari, 2018, specialmente 36 ss.

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all’edizione de “Il principio maggioritario” del 197619 (la prima edizione fu edita durante il Regime fascista, nel 1927) considerava come – a differenza che nel diritto internazionale pubblico, ove il principio maggioritario è stato adombrato dal principio dell’unanimità delle decisioni collettive – nel diritto di famiglia, a seguito della riforma del 1975, il principio maggioritario avesse trovato fortuna, sostituendosi al principio di autorità del pater familias che aveva sino a quel momento caratterizzato le relazioni familiari. Ruffini, in particolare, concludeva rilevando come il principio maggioritario, sul piano sostanziale, fosse agli antipodi del principio di autorità, cogliendo questo dato tanto nell’art. 230 bis c.c. sull’impresa familiare, quanto nel riformato art. 144 c.c. che aboliva la patria potestà (decapitando – nelle sue parole – la famiglia) e la sostituiva con una specie di diarchia coniugale (per usare sempre le sue parole)20. Le dotte riflessioni dello storico del diritto, quindi, coglievano uno degli aspetti essenziali di un vero e proprio mutamento di paradigma della famiglia occidentale, imposto con non poca difficoltà nel diritto di famiglia moderno dall’avvento della Costituzione e dalla lenta applicazione dei principi in essa contenuti21. D’altra parte il diritto di famiglia è, senza dubbio, fra le branche del diritto privato quella che pone maggiori resistenze ai mutamenti socio-culturali, come corollario della sua specialità22. Rispetto al resto del diritto privato, difatti, la famiglia si è storicamente connotata per il suo carattere gerarchico (la donna23 e i figli sottostavano gerarchicamente alla potestà del marito/padre, a fronte del diritto privato comune che prevede l’interazione di soggetti formalmente eguali), caratterizzata da situazioni giuridiche soggettive – gli status24 – indisponibili (a fronte della disponibilità delle situazioni giuridiche patrimoniali

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E. Ruffini, Il principio maggioritario, III ed., Bologna, 1976. Ma cfr. S. Rodotà, Diritto d’amore, Roma-Bari, 2015, specialmente 69 ss.; M. Bessone, G. Alpa, A. D’Angelo, G. Ferrando, La famiglia nel nuovo diritto, Bologna, 2a ed., 1980; P. Perlingieri, Famiglia e diritti fondamentali della persona, in Legal. e giust., 1986, 484 ss. e ora in Id., La persona e i suoi diritti, Napoli, 2005, 367 ss., ove l’Autore ritiene che con la riforma del diritto di famiglia del 1975 è definitivamente crollata l’organizzazione codicistica della famiglia, di natura gerarchica, a vantaggio di una concezione democratica, dove il ruolo del singolo trova spazi operativi e di tutela più intensi rispetto al passato. 21 Sul disgelo costituzionale cfr. S. Rodotà, Diritti e libertà nella storia d’Italia. Conquiste e conflitti 1861-2011, Roma, 2011; e, con particolare riferimento al diritto di famiglia, S. e C. Rodotà, Il diritto di famiglia, cit.; ma già S. Rodotà, La riforma del diritto di famiglia alla prova, in Pol dir., 1975, 668 ss., esaltava il principio paritario, espresso dalla riforma, quale «principio destinato ad operare complessivamente nell’organizzazione familiare, costituendo l’indispensabile supporto formale del privilegio accordato al momento affettivo». 22 Cfr. M.R. Marella, Il diritto delle relazioni familiari fra stratificazioni e ‘resistenze’. Il lavoro domestico e la specialità del diritto di famiglia, in Riv. crit. dir. priv., n. 2/2010, 233 ss.; J. Halley, K. Rittich, Critical Directions in Comparative Family Law: Genealogies and Contemporary Studies of Family Law Exceptionalism, 58 Am. J. Comp. L. 753 (2010): qui le giuriste osservano che «family and family law are often treated as occupying a unique and autonomous domain – as exceptional – and for a wide variety of reasons: they are unique because (unlike the market) they house intimate, private, emotional, and vulnerable relationships; they are unique because they preserve (against modernity and/or the global or foreign) the traditional, the national, the indigenous; they are unique because (as against the secular) they derive from sacred command» p. 754. 23 Sul ruolo subalterno della donna nella tradizione religiosa dell’Antico Testamento, alla base della cultura occidentale, cfr. L. Nonne, Modelli femminili nel diritto dell’Antico Testamento: spunti per una contro-narrazione, in Riv. crit. dir. priv., n. 2/2016, 187 ss.: l’Autore evidenzia il ruolo primario che la cultura religiosa svolge nella costruzione delle tradizioni giuridiche. 24 Cfr. A. Cicu, Il concetto di «status», in Studi per V. Simoncelli, Napoli, 1917, contributo poi raccolto in A. Cicu, Scritti minori, I, 1, Milano, 1965, 194. Sullo status e la linea di tendenza che, nella società contemporanea, dal contratto torna ad esso cfr. ampiamente G. Alpa, Status e capacità. La costruzione giuridica delle differenze individuali, Roma-Bari, Roma-Bari, 1993; in generale cfr. L. Lenti, voce Status, in Dig. disc. priv., Sez. civ., XIX, Torino, 1999, 30 ss.; P. Rescigno, Situazione e status nell’esperienza del diritto, in Riv. dir. civ., 1973, I, 209 ss. e Id., voce Status, I) Teoria generale, in Enc. giur. Treccani, XXX, Roma, 1993; R. Nicoló, Istituzioni di diritto 20

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del diritto privato comune) e – questo il dato che qui mi interessa sottolineare – la famiglia risulta fortemente connotata culturalmente e politicamente, come mostra in prospettiva storica l’esperienza coloniale (ove i colonizzatori, pur imponendo regole privatistiche per i rapporti patrimoniali, hanno perlopiù rispettato le tradizioni del diritto familiare delle colonie)25, e in prospettiva attuale la difficoltà di elaborare un diritto di famiglia uniforme per il diritto dell’Unione europea26. Ciò spiega la resistenza che il diritto di famiglia ha posto al processo di secolarizzazione in un Paese come l’Italia, grandemente influenzato dalla cultura giudaico-cristiana27. D’altra parte prima delle codificazioni ottocentesche gran parte del diritto matrimoniale era competenza del diritto canonico, dunque una forte matrice religiosa ha finito per connotare fin dalle (recenti) origini il diritto di famiglia nazionale28. Dunque, proprio la costituzionalizzazione del diritto di famiglia ha portato ad una lenta ridefinizione del modello familiare consolidatosi nell’Ottocento, gerarchico e patriarcale, monogamico, nucleare, bigenitoriale, eterosessuale. Modello di famiglia perlopiù condiviso dai sistemi della

privato, I, Milano, 1962, 65 ss.; F. Prosperi, Rilevanza della persona e nozione di status, in Rass. dir. civ., 1997, 810 ss. Con particolare riferimento allo status del minore cfr. R. Senigaglia, Status filiationis e dimensione relazionale dei rapporti di famiglia, Napoli, 2013; evidenzia l’evoluzione giuridica ed ideologica dell’utilizzo dello status, che ne mostrano la sua attitudine ad essere uno strumento tecnico-giuridico neutrale, F. Caggia, Il linguaggio del «nuovo» diritto di filiazione, in Riv. crit. dir. priv., n. 2/2015, in particolare 243 ss. 25 Diffusamente cfr. M. R. Marella, G. Marini, Famille, in M. Troper, D. Chagnollaud, Traité International de droit constitutionnel, tome 3, Dalloz, 2012, 480 ss.; G. Marini, Diritto e politica. La costruzione delle tradizioni giuridiche nell’epoca della globalizzazione, in Pòlemos, n. 1/2010, 31 ss.: ove si osserva che la «massiccia importazione di diritto occidentale, realizzata nel contesto coloniale e postcoloniale, è rimasta confinata al diritto del mercato e non ha riguardato mai, se non incidentalmente, il diritto di famiglia che, alla periferia, è potuto rimanere nazionale, organizzato cioè secondo le particolarità locali (culturali, religiose, popolari)» p. 49. Ciò peraltro ha comportato effetti positivi e negativi, difatti se «su di un piatto della bilancia c’è da mettere il ritardo con il quale si è avviato il processo di emancipazione della donna e della famiglia, sull’altro invece si può mettere il rispetto per lo “specifico” locale che ha evitato l’occidentalizzazione e, in alcuni casi, rallentato l’ingresso di possibili forme di commodification dei rapporti familiari» p. 50. 26 M. R. Marella, The Non-Subversive Function of European Private Law: The Case of Harmonisation of Family Law, in European Law Journal, n. 12/2006, 78 ss.; N. Lipari, Riflessioni su famiglia e sistema comunitario, in Familia, 2006, 1 ss.; S. Patti, Il «principio famiglia» e la formazione del diritto europeo della famiglia, in Familia, 2006, 529 ss.; A. Pera, Il diritto di famiglia in Europa. Plurimi e simili o plurimi e diversi, Torino, 2012. 27 Cultura che ha influenzato, d’altra parte, il formalismo moderato della nostra tradizione giuridica, che nella categorie sistematiche assiologicamente neutre ha cristallizzato i valori morali del giusnaturalismo moderno, ossia «i valori della società borghese conformi ai valori dell’Europa cristiana» (così L. Mengoni, Diritto e tecnica, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2001, 5). Ma la questione è ampiamente dibattuta anche nel family law nordamericano: cfr. F. Olsen, The Myth of State Intervention in the Family, in University of Michigan Journal of Law Reform, 18, 1985, 835, e Ead., The Family and The Market: A Study of Ideology and Legal Reform, 96 Harv. L. Rev. 1497 (1983); cfr. J. Halley, What is Family Law?: A Genealogy: Part 1, 23 Yale J.L. & Human. (2011) 1; Ead., What is Family Law?: A Genealogy: Part I1, 23 Yale J.L. & Human. (2011) 189; in generale cfr. C. Costantini, Diritto di famiglia: teorie e prospettive. Una indagine oltre le tradizioni, in Tra famiglie, matrimonio e unioni di fatto. Un itinerario di ricerca plurale, a cura di B. Pezzini, Napoli, 2008, 69 ss. 28 Cfr. P. Ungari, Storia del diritto di famiglia in Italia (1796-1975), Bologna, 2002, il quale rilevava, rispetto alla situazione giuridica italiana alla fine del 1700, che assai raramente «il potere pubblico osa spingersi anche solo a lambire il territorio del diritto di famiglia lasciato alla Chiesa, agli statuti comunali, al secolare costume» p. 54; oltretutto quando lo Stato inizierà ad occuparsi della famiglia lo farà per irrigidire la struttura di classe della società e l’autorità del gruppo familiare sui suoi membri, di modo che contro il laicismo «di varia ascendenza, giurisdizionalista, giansenista, giuseppina, era […] quella del diritto canonico la posizione socialmente più aperta» p. 59.

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Tradizione giuridica occidentale29, dal momento che ha costituito il modello di famiglia funzionale al cittadino borghese30. In questa prima fase, allora, assistiamo ad una laicità ondivaga rispetto alle relazioni familiari, dal momento che essa si presenterà forte rispetto alla messa in discussione del modello di famiglia gerarchico e indissolubile31, in conformità al principio occidentale di eguaglianza, ma debole rispetto a modelli di famiglia culturali “non occidentali”. La secolarizzazione del diritto di famiglia, quindi, passerà per il progressivo riconoscimento dell’eguaglianza della moglie rispetto al marito (art. 29, comma secondo, Cost.), per la legislazione sui consultori familiari (legge 405/1975) e sull’interruzione volontaria di gravidanza (Corte cost. n. 27/1975; legge 194/1978), per la norma che sancisce il divorzio (legge 898/1970), per norme volte ad affermare la parità fra uomo e donna nei rapporti di lavoro (legge 903/1977) ed anche per la legge che riconosce la facoltà per il transessuale operato chirurgicamente di sposarsi (legge 164/1982)32. D’altra parte, nonostante tali aperture, forti resistenze al mutamento del modello di famiglia tradizionale (i.e. occidentale) rimarranno quasi fino ai giorni nostri: penso alla persistente differenza fra figli naturali e legittimi, alla negazione di una legge che tutelasse le coppie di fatto (non a caso definite sino a quasi tutti gli anni ’90 coppie more uxorio), alla volontà politica di non riconoscere diritti alle coppie omosessuali, alla legge sulle adozioni (legge 184/1983) fortemente improntata ai canoni della famiglia tradizionale33, alla difficoltà di emanare una disciplina della procreazione medicalmente assistita (pma). I progressi della scienza biomedica, le scoperte in campo genetico e le nuove tecnologie della riproduzione, difatti, da un lato hanno aperto nuovi problemi di tutela dei diritti della persona, dall’altro hanno sostanzialmente contribuito al mutamento del paradigma tradizionale di famiglia, dal momento che

29

F. Caggia, Modelli e fonti del diritto di famiglia, in Diritto Civile diretto da N. Lipari, P. Rescigno, I, 2. La famiglia, Milano, 2009, 17 ss.; Id., Famiglia e diritti fondamentali nel sistema dell’Unione Europea, Roma, 2005; S. Patti, M. G. Cubeddu, Introduzione al diritto della famiglia in Europa, Milano, 2008; G. Di Rosa, Forme familiari e modello matrimoniale tra discipline interne e normativa comunitaria, in Europa e dir. priv., 2009, 755 ss. Sull’utilizzo di modelli comparatisti e la problematicità della nozione di Tradizione giuridica occidentale cfr. F. Caggia, Tradizione e laicità nella costruzione dei modelli giuridici: il caso delle mutilazioni genitali femminili, cit. 30 Cfr. G. Furgiuele, Cristianesimo e secolarizzazione nell’odierna vicenda del diritto di famiglia in Italia, op. cit., il quale rileva che il modello di famiglia borghese ha trovato una sostanziale legittimazione ufficiale nel Cristianesimo (in particolare p. 1149). 31 Unità e indissolubilità, invece, continuano ad essere elementi essenziali del matrimonio canonico: vedi can. 1056 del Corpus Iuris Canonici. 32 Come osserva Rodotà (Diritto d’amore, cit., 71) tali norme allargano il perimetro costituzionale ove collocare l’amore, con una serie di punti che convergono verso il diritto d’autodeterminazione della persona. Sull’interpretazione dell’art. 29 Cost. cfr. C. Salvi, Natura e storia nell’evoluzione del diritto di famiglia in Italia 1942-2008, in Riv. crit. dir. priv., 2008, 4, 559 ss. In generale sui mutamenti del diritto di famiglia al domani della riforma del 1975 si veda C. Cardia, Il diritto di famiglia in Italia, Roma, 1975. Ruolo decisivo per questa svolta paritaria del diritto di famiglia è senza ombra di dubbio da attribuire ai pensieri femministi, su cui cfr. ampiamente M. R. Marella, Le donne, cit. Circa la legge n. 164/1982 che permette al /la transessuale di sposarsi cfr. diffusamente S. Patti, Aspetti oggettivi e soggettivi dell’identità sessuale, in Riv. crit. dir. priv., 1984, 335 ss.; S. Patti, M.R. Will, Mutamento di sesso e tutela della persona, Padova, 1986. Appare significativo che il riconoscimento dell’accesso al matrimonio passasse per la “normalizzazione” attraverso l’operazione chirurgica del soggetto in transizione, normalizzazione che riafferma(va) il canone dell’eterosessualità. Oggi, invece, dopo la sentenza n. 15138 del 20 luglio 2015 della Cassazione e la successiva sentenza n. 221 del 2015 della Corte costituzionale, si converge sulla considerazione che il trattamento chirurgico costituisce solo uno dei mezzi tramite i quali è possibile porre in essere il percorso di ridefinizione del proprio corpo e di allineamento rispetto alla propria identità di genere; da ultimo cfr. A. Schuster, La rettificazione di sesso: criticità persistenti, in Forum di Quaderni costituzionali, 13 luglio 2017. 33 Per tutti cfr. M. R. Marella, voce Adozione, in Digesto IV, Disc. priv., Aggiornamento, 2000, Torino, 1 ss.

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consentono esperienze parentali nuove rispetto a quelle che si configurano in seno alla famiglia nucleare tradizionale, eterosessuale, bigenitoriale e nucleare34. La legge 40/2004 sulla pma mostra bene la difficoltà del Parlamento italiano di legiferare laicamente, tanto che a proposito di questa legge si è a ragione parlato di legge ideologica, di esercizio di biopolitica, poiché – nel disciplinare la pma – ha inteso riaffermare la legittimità di un solo modello familiare (quello tradizionale), impedendo la tecnica di procreazione eterologa, la fecondazione della single, l’accesso alle tecniche di pma alle coppie omosessuali, la fecondazione post-mortem e prevedendo una discutibile obiezione di coscienza in capo ai sanitari35. 2.1. Teoria e prassi della soluzione di conflitti valoriali: l’art. 9 della legge 194/1978.

L’eguaglianza fra marito e moglie, destinata a ridefinire la famiglia patriarcale nella prima fase di secolarizzazione del diritto di famiglia, passa per la rivendicazione del corpo femminile da parte delle donne stesse, corpo femminile che si è connotato come vero e proprio luogo pubblico36, agone politico fra più soggetti morali, primo tra tutti la Chiesa cattolica. In prospettiva storica, allora, la questione dell’obiezione di coscienza rispetto all’aborto appare un istituto interessante per testare la laicità dello Stato italiano, dal momento che essa mira a regolare la situazione di “Clash of Absolutes”, sia fra diritto alla salute della donna e diritto del nascituro, sia fra diritto della donna di accedere all’interruzione volontaria di gravidanza e libertà di coscienza del personale sanitario, con il rischio di prediligere una regolamentazione giuridica «finalizzata ad operare una scelta definitiva di interessi e valori in conflitto e, perciò, strutturata come regola di prevalenza»37.

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Cfr. M. R. Marella, Riproduzione assistita e modelli familiari, in Scienza, etica e legislazione della procreazione assistita, Atti del Convegno di Perugia, 4 ottobre 2002, a cura di F. Di Pilla, Napoli, 2003; A. Campbell, Conceiving parents through law, in Law, Policy and the Family, vol. 21, n. 2, 2007; V. Menesini, Riflessioni giuridiche di fronte all’innovazione e alla (sfida della) modernità alla vigilia del terzo millennio, in Interfaccia tra bioetica e diritto, a cura di V. Menesini, Perugia, 1998; Ivi, S. Rodotà, Relazione introduttiva. 35 Una critica completa alla legge 40/2004 è contenuta in M.R. Marella, M. Virgilio, Una cattiva legge cattiva, in AA. VV., Un’appropriazione indebita. L’uso del corpo della donna nella nuova legge sulla procreazione assistita, Milano, 2004, 171 ss. 36 Per usare la celebre definizione di B. Duden, Il corpo della donna come luogo pubblico. Sull’abuso del concetto di vita, Torino, 1994. L’Autrice osserva che l’attenzione che la vita prenatale riveste oggi è un’acquisizione storica assai recente, infatti fino a non molto tempo fa né la medicina, né il diritto, né la teologia si erano mai occupati di un “feto”, un “embrione” o una “vita” che dovesse essere portata a termine oppure no, ed addirittura lo stesso sostantivo “vita” ha fatto la sua comparsa nella biologia soltanto nel secondo e nel terzo decennio del XIX secolo. È solo nell’ultimo secolo, poi, che prima le mani dell’ostetrico, poi lo stetoscopio, poi i raggi X e oggi l’apparecchio ecografico hanno occupato l’interno del corpo della donna, esponendolo ad uno sguardo pubblico: per mezzo della tecnica «la donna non si limita ad ascoltare il medico, ma può contemplare l’emblema con i propri occhi e conferirgli lo status di realtà. La percezione della donna viene oggettivata biologicamente. Attraverso la macchina, il proprio interno svelato getta ora un’ombra sul futuro. In pratica la donna viene scorticata, le viene tolta la pelle» (p. 87) e mentre nell’ultimo trentennio le donne si sono emancipate su diversi fronti il loro utero e il feto che crescono sono divenuti luoghi pubblici. In questa prospettiva è cambiata anche la percezione che la donna ha della maternità stessa, che diventa adesso esecuzione responsabile di una riproduzione qualificata. Il corpo si trova così nuovamente al centro delle questioni giuridiche, ed ancora una volta diversi poteri hanno cominciato a gareggiare per dominarlo. 37 Così M. R. Marella, Identità culturale e ‘differenze’, cit., 440.

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Per il giurista, dunque, l’obiezione di coscienza costituisce un problema di limiti, di ricerca di equilibri fra interessi contrapposti, fra doveri professionali e diritti fondamentali. L’obiezione, infatti, permette il primato del foro interno sebbene in senso divergente dalla regola che pone un obbligo o un divieto, sicché bisogna che sia la decisione pubblica a dover, da un lato, «promuovere e proteggere la scelta cognitiva; dall’altro, selezionare le ipotesi in cui riconoscere il privilegio della coscienza, ossia la possibilità giuridica dell’azione divergente»38. Occorre allora effettuare un duplice bilanciamento. Da un lato, sotto il profilo strutturale, la sfera delle libertà personali di pensiero e di religione va bilanciata con i principi di obbedienza alle leggi e di uguaglianza, di solidarietà e di ordine pubblico. Con il limite rigoroso che nel nostro ordinamento giuridico l’obiezione di coscienza trova riconoscimento solo in ipotesi legislative eccezionali e, come tali, non suscettibili di interpretazione analogica ai sensi dell’art. 14 delle disposizioni preliminari al codice civile. In mancanza di una apposita previsione di legge, dunque, l’esercizio dell’obiezione risulta senza’altro illegittimo e si esprime in forme illegali39. Dall’altro lato, sotto il profilo funzionale, il diritto dell’obiettore va bilanciato con i diritti fondamenti dei soggetti che vengono lesi dall’esercizio dell’obiezione stessa. Quanto al primo bilanciamento, è Stefano Rodotà a evidenziare che l’obiezione di coscienza «si presenta come una eccezione al principio generale ed esige uno specifico riconoscimento legislativo»40. Sotto questo punto di vista, quindi, il diritto di obiezione nasce già intrinsecamente limitato, conformato ad una tavola di valori definiti nella Carta costituzionale e cristallizzato dal legislatore, e il suo esercizio non può essere esteso ad ipotesi atipiche. Sicché, si è acutamente osservato, l’obiezione di coscienza costituisce una particolare ipotesi di conflitto irriducibile, ove l’ordinamento giuridico stabilisce una regola ma ne ammette l’eccezione «rinunciando a far valere l’assolutezza e la generalità dei suoi precetti»41. La stessa Corte costituzionale (sentenza n. 467 del 1991) riconosce sì che la sfera intima della coscienza individuale esprime la garanzia di un nucleo essenziale di diritti inviolabili dell’uomo (tra cui la libertà di manifestazione del proprio pensiero morale, filosofico o religioso ex artt. 2, 3, 19 e 21 Cost.), ma rileva che questo riconoscimento esige una tutela proporzionata all’interno della scala dei molteplici valori espressi nella Costituzione. A ben vedere, allora, quello che nel recente passato appariva il tallone d’Achille della normativa italiana sull’interruzione volontaria di gravidanza, e più in generale sulle scelte procreative e sul corpo delle donne (sino alla legge 40/2004), è stato l’aver costruito (e di continuare a costruire) le “situazioni giuridiche” dei soggetti coinvolti – donna gestante e feto – partendo dai diritti fondamentali alla salute ex art. 32 Cost. ed alla vita ex art. 2 Cost.; tendenza che acuisce gli elementi di conflitto non solo fra feto e donna, ma pure –

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A. Barba, La libertà di coscienza come diritto all’autodeterminazione, cit., 5. G. Azzariti, Diritto e conflitti. Lezioni di diritto costituzionale, Roma-Bari, 2010. 40 S. Rodotà, Obiezione di coscienza e diritti fondamentali, cit., 31. 41 G. Azzariti, cit., p. 281. 39

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con il riconoscimento dell’obiezione di coscienza – fra personale sanitario e donna. In tal modo, infatti, questi soggetti sono giuridicamente concepiti come portatori di situazioni giuridiche soggettive contrapposte e in conflitto, anziché in maniera relazionale come richiederebbe la stessa Costituzione (art. 31, comma secondo) che tutela la maternità come rapporto di interdipendenza, unicum inscindibile42. Per risolvere il conflitto fra donne e libertà di coscienza del personale sanitario, il legislatore del 1978, nell’art. 9 della legge 194 ha optato, a livello declamatorio, per una tecnica di regolamentazione giuridica diversa, costituendo una regola di “compatibilità” che avrebbe dovuto consentire la coesistenza di valori differenti senza delegittimarne alcuno, regola maggiormente conforme ad una società pluralista e laica43. La regola di compatibilità, d’altronde, risulta maggiormente consona alla costruzione di una società pluralista poiché, essendo il frutto di una prospettiva relazionale, esclude l’opportunità di rifarsi ad una gerarchia prefissata di valori e interviene in «una situazione di conflitto senza far ricorso a valutazioni basate su criteri di carattere assoluto»44. È noto, d’altro canto, che a livello operazionale, sin dall’emanazione della legge 194, vi sono stati forti manovre di delegittimazione del diritto ad accedere all’interruzione volontaria della gravidanza, tentativi che sono passati per un ampliamento oltre la portata normativa dell’obiezione di coscienza, che l’art. 9 limita sia in senso oggettivo che soggettivo. In senso oggettivo l’obiezione è stata limitata sia perché può essere opposta solo per il compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non anche all’assistenza antecedente e conseguente all’intervento (art. 9, comma 3); sia perché, in ogni caso, è destinata a recedere nel caso in cui l’intervento dei sanitari è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo (art. 9, comma 5)45. In senso soggettivo, invece, l’obiezione di coscienza è stata esclusivamente prevista per il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie. Formulazione, quest’ultima, aspramente criticata da pur autorevole dottrina, secondo cui questa «limitazione sembra veramente offensiva della libertà di coscienza. A noi pare che debba essere riconosciuto anche al portantino di rifiutarsi di spingere il carrello su cui è la paziente verso la sala di operazioni in cui verrà praticato l’aborto»46.

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Cfr. M. R. Marella, Esercizi di biopolitica, cit. Sulle regole di compatibilità cfr. S. Rodotà, Repertorio di fine secolo, Roma-Bari, 1999; Id. La vita e le regole, Milano, 2006, ove si ammonisce il legislatore, che «deve adoperare per ciò tecniche diverse, ricorrendo sempre più spesso a un diritto flessibile e leggero, che incontra la società, promuove l’autonomia e il rispetto reciproco, e avvia così la creazione di principi comuni. Deve divenire consapevole dei limiti del diritto, dell’esistenza di aree dove la norma giuridica non deve entrare, o deve farlo con sobrietà e mitezza» p. 56. 44 Così, ancora, M. R. Marella, Identità culturale e ‘differenze’, cit., 440. 45 Tali limiti oggettivi all’obiezione di coscienza, tuttavia, sono oggi sottoposti ad un pericoloso attacco che mira ad un “debordamento” dall’ambito dell’IVG, per investire anche la contraccezione d’emergenza (c.d. pillola del giorno dopo): si veda G. Brunelli, L’interruzione volontaria della gravidanza: come si ostacola l’applicazione di una legge (a contenuto costituzionalmente vincolato), in Il diritto costituzionale come regola e limite al potere. Scritti in onore di Lorenza Carlassare, Vol III, a cura di G. Brunelli, A. Pugiotto, P. Veronesi, Napoli, 2009, 815 ss. 46 A.C. Jemolo, Lezioni di diritto ecclesiastico, Milano, 1979, 28, n. 1. 43

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D’altra parte è proprio l’abuso dell’obiezione di coscienza che ha condotto oggi – ma siamo già nella seconda fase di secolarizzazione del diritto di famiglia, ove un ruolo cardine giocheranno i bilanciamenti fra diritti fondamentali effettuati dai giudici più che dai legislatori – al sostanziale svuotamento del diritto delle donne di accedere all’interruzione volontaria di gravidanza in diverse Regioni italiane, come constatato dal Comitato Europeo dei Diritti Sociali in due recenti casi47: la prassi propria di moltissimi ospedali pubblici di non garantire un adeguato numero di personale sanitario non obiettore vanifica il bilanciamento di interessi astrattamente cristallizzato nella legge 194/7848. Così l’abuso del diritto all’obiezione di coscienza ha finito per trasformare, di fatto, la regola giuridica di compatibilità, contenuta nell’art. 9 della legge 194, in regola di prevalenza del diritto di obiezione, che fa propria la concezione morale e religiosa dominante a scapito di una minoranza (le donne, ma per diversi profili anche il personale sanitario non obiettore) e del principio di laicità dello Stato. Come è stato rilevato, «[i]n realtà, la pretesa di estendere l’obiezione di coscienza nelle più varie direzioni corrisponde ad un progetto politico ben chiaro. Non tanto la liberazione della coscienza individuale, quanto piuttosto l’uso di questo strumento per sostituire la tavola dei valori costituzionali con una diversa, strettamente dipendente dall’adesione ad un credo. In questo modo non si avrebbe soltanto una pesante incrinatura della legalità costituzionale, ma si determinerebbe una pericolosa rottura del patto tra i cittadini, di cui la Repubblica deve rimanere garante. A ben guardare, dietro questo uso del riferimento all’obiezione di coscienza si manifesta una richiesta di disobbedienza civile, che risponde a ben altre finalità e che, comunque, è retta da principi e regole che la rendono diversamente impegnativa e onerosa per chi la pratica»49. Di qui, in definitiva, la necessità di ripensare il meccanismo dell’obiezione di coscienza, che come vedremo a breve (§ 3.1) può arrivare a snaturale la propria ratio, a scapito del pluralismo dello Stato democratico e dei diritti fondamentali delle minoranze50.

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Si veda Caso IPPF EN v. Italy (n. 87/2012), deciso nel marzo 2014, su cui cfr. M. Di Masi, Obiezione di coscienza e interruzione volontaria di gravidanza: il Consiglio d’Europa ammonisce l’Italia, in Questione Giustizia, 2014, on-line, e Caso CGIL v. Italy (n. 91/2013), deciso l’11 aprile 2016, su cui cfr. L. Busatta, Nuove dimensioni del dibattito sull’interruzione volontaria di gravidanza, tra divieto di discriminazioni e diritto al lavoro, in DPCE online, 2, 2016. Echi del tentativo di ridimensionare il diritto delle donne di accedere all’interruzione volontaria di gravidanza, d’altra parte, possono essere rintracciati in provvedimenti isolati della giurisprudenza amministrativa (cfr. A. Pioggia, L’obiezione di coscienza nei consultori pubblici, in Istituzioni del Federalismo, n. 1/2015, 121 ss.), e in proposte di legge regionali. Quanto a queste ultime è paradigmatico il caso della Regione Lazio ove, nel recente passato, non sono mancati sforzi politici per stravolgere persino il ruolo dei consultori familiari, disciplinati dalla legge nazionale 405/1975, come testimoniava una proposta di legge regionale del 2010, Riforma e riqualificazione dei consultori familiari, c.d. Tarzia, sulla quale cfr. M. R. Marella, Lazio, la Regione Etica, in Su la Testa, n. 6-7/2010, on-line al link http://udimonteverde.org/tarzia/ LAZIO%20la%20regione%20etica2.pdf?id=140 (visualizzato l’ultima volta il 15.12.2017). 48 Tali estensioni dell’ambito di applicazione del diritto di obiettare sono, oggi, certamente da escludersi ai sensi dell’art. 10 della Carta di Nizza, che al secondo comma riconosce il diritto all’obiezione di coscienza “secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio”, imponendo agli esegeti un’interpretazione restrittiva dell’istituto. 49 S. Rodotà, Perché laico, cit., 36. 50 Diffusamente, sul punto, F. Grandi, Doveri costituzionali e obiezione di coscienza, Napoli, 2014; D. Paris, L’obiezione di coscienza. Studio sull’ammissibilità di un’eccezione dal servizio militare alla bioetica, Firenze, 2011; A. Pioggia, L’obiezione di coscienza nei consultori pubblici, cit.; S. Rodotà, Obiezione di coscienza e diritti fondamentali, cit.

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2.2. L’ordine pubblico “occidentale” e il multiculturalismo. Il problema della poligamia in Europa.

In tale prima fase di secolarizzazione, sotto altra prospettiva, la laicità si è dimostrata principio del tutto recessivo nel diritto di famiglia rispetto ai casi in cui il modello di famiglia occidentale è stato messo in discussione dall’esterno, ossia da modelli culturali o religiosi differenti51. Paradigmatico, a tale proposito, il confronto col modello familiare islamico, che si è perlopiù sempre risolto (si pensi alla poligamia o al ripudio52) nell’applicazione dell’ordine pubblico onde precludere una qualsiasi forma di riconoscimento di effetti giuridici nel nostro ordinamento. Si testa, in detta ipotesi, la forza escludente della laicità, che si presenta sempre meno come garanzia di libertà e uguaglianza e sempre più come strumento volto a preservare, in seno alle comunità nazionali in crisi, valori occidentali pretesi “universali”53. È stato osservato come, nel corso del XIX secolo, accanto all’unificazione del diritto privato su base territoriale attraverso le codificazioni ed alla rigorosa disciplina dell’acquisto e della perdita della cittadinanza, si sia proceduto altresì all’adozione della cittadinanza medesima quale criterio per individuare lo statuto personale cui gli individui sono soggetti, ossia l’insieme delle norme giuridiche applicabili alla capacità (giuridica e d’agire) delle persone ed alle relazioni interpersonali non patrimoniali54. Ciò ha condotto ad una nazionalizzazione della famiglia che oggi difficilmente riesce a reggere le sfide di società pluraliste e multiculturali, come ben dimostra il problema del riconoscimento della poligamia in Europa. La famiglia poligamica è in contrasto con il modello occidentale di famiglia sotto vari profili: la prima ricalca il modello del contratto, il secondo quello dello status; la prima è gerarchica, il secondo si presenta egualitario; la prima è confessionale, il secondo laico55. In Europa, in particolare, l’approccio alla poligamia sembra risentire di una consolidata tradizione culturale tesa a difendere quale nucleo essenziale del matrimonio il principio monogamico, come si è già anticipato parlando della specialità del diritto di famiglia in Savigny (si veda §1). Rispetto alla difesa del principio monogamico, infatti, si è sottolineato

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Si interroga sulle tecniche di composizione dei conflitti multiculturali e sulle critiche mosse al multiculturalismo M. R. Marella, Identità culturale e ‘differenze’. A proposito del saggio di Paolo Morozzo della Rocca, cit.; P. Rescigno, Pluralità di culture e unicità di ordinamento giuridico: i problemi di una società multirazziale, cit.; diffusamente I. Ruggiu, Il giudice antropologo, Roma, 2012. 52 Cfr. M. R. Marella, Poligamia. Un problema per il diritto occidentale, in Femministe a parole. Grovigli da districare, a cura di S. Marchetti, J. M.H. Mascat, V. Perilli, Roma, 2012, 215 ss.; M. Grondona, Il matrimonio poligamico, in Il nuovo diritto di famiglia, Trattato diretto da G. Ferrando, vol. 1, Bologna, 2007, 495 ss.; P. Rescigno, Islam e diritto privato, in Il libro e la bilancia. Studi in onore di Francesco Castro, tomo II, Napoli, 2011, 1039 ss.; da ultimo cfr. l’approfondita monografia di M. Rizzuti, Il problema dei rapporti familiari poligamici. Precedenti storici e attualità della questione, Napoli, 2017. 53 In tal senso la speculazione di E. Balibar, Des Universels, Galilée, 2016, il quale peraltro sottolinea come ad essere escludente non sia tanto l’universalismo in sé, ma la sua combinazione con la comunità nazionale. 54 Così F. Pastore, Famiglie immigrate e diritti occidentali: il diritto di famiglia musulmano in Francia e Italia, in Riv. dir. int., n.1/1993, 73 ss. F. Cerrone (La cittadinanza e i diritti, in I diritti costituzionali, vol. 1, a cura di R. Nania, P. Ridola, Torino, 2006, 277 ss.) osserva che l’eredità «lasciata dalla elaborazione del concetto di nazione pesa ancora, evidentemente, al punto che il concetto di minoranza sembra addirittura clonato da quello di nazione» p. 350. 55 In tal senso M. R. Marella, Poligamia, cit.

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sia come tale principio abbia radici ben salde nel mondo greco-romano56, sia che persino le unioni poligamiche non escludono necessariamente la famiglia coniugale57, trattandosi molto spesso di famiglie monogamiche giustapposte, sia che una giustificazione economica della monogamia può essere rinvenuta nell’ideale borghese della conservazione e del trasferimento del patrimonio familiare58. Il giurista, d’altra parte, osserva che proprio nel diritto di famiglia l’uniformità delle soluzioni nella Western Legal Tradition appare maggiormente estesa, anche a causa delle comuni basi canonistiche59, che agiscono sul diritto occidentale come marcatori culturali60. Sicché a livello declamatorio in Europa, ad oggi, le unioni poligamiche sono considerate estranee rispetto al sistema di valori sociali e giuridici largamente condivisi, tanto che la bigamia è reato in tutti gli Stati occidentali61. Rebus sic stantibus la poligamia, in questa prima fase di secolarizzazione del diritto di famiglia, non può che essere riconosciuta solo incidentalmente, attraverso le norme di diritto internazionale privato, che in materia di famiglia rinviano per alcuni effetti alla legge nazionale dell’immigrato di religione islamica. Dal momento che la poligamia è ammessa dal Corano che riconosce all’uomo la facoltà di sposare fino a quattro donne, non è da stupirsi, infatti, che la casistica giurisprudenziale dei vari Stati europei appaia simile62. Come non stupisce la generale diffidenza degli Stati nazionali europei verso il matrimonio poligamico del diritto islamico classico – contro cui si ergono con differente intensità i limiti

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Cfr. M. Foucault, La cura di sé. Storia della sessualità 3, Milano, 2009. Così N. Rouland, Antropologia giuridica, ed. ita., Milano, 1992, in particolare p. 236 ss. D’altra parte Lévi-Strauss (Historie du droit de la famille, A. Colin, 1986, Préface) ha messo bene in luce i motivi che legittimano la poligamia nello spazio e nel tempo: da un lato la “coppia multipla” nella società islamica è considerata un rimedio all’infertilità della donna o un modo per prevenire l’adulterio maschile; dall’altro la poligamia era legittimata per motivi dinastici (si pensi all’antica società cinese) o come forma di assistenza economica o materiale a un vedovo o una vedova (levirato e sororato delle società africane). 58 F. Engels, L’origine de la famille, de la propriété privée et de l’Etat, Paris, Alfred Costes, 1948. 59 Così R. Sacco, Antropologia giuridica, Bologna, 2009, 48. L’idea cristiana di matrimonio monogamico è alla base anche del common law marriage cfr. Hyde v. Hyde, 1866, L.R. I P & D. 130: le Corti inglesi, difatti, si sono sempre rifiutate di pronunciarsi in tema di matrimonio poligamico – in quanto estraneo al matrimonial law of England – fino al Matrimonial Proceedings (Polygamous Marriages) Act del 1972, successivamente ripreso dal Matrimonial Causes Act del 1973. In generale, sulla Tradizione giuridica occidentale cfr. A. Gambaro, R. Sacco, Sistemi giuridici comparati, Torino, 2002, 63 ss.; per una decostruzione P.G. Monateri, Gaio negro. Una ricerca sulle origini multiculturali della “Tradizione Giuridica Occidentale”, in Hast. Law J. 50, 1999, 1 ss.; pone l’accento sulla bontà di un metodo genealogico alla costruzione delle tradizioni G. Marini, Diritto e politica. La costruzione delle tradizioni giuridiche nell’epoca della globalizzazione, cit. 60 Cfr. R. Sacco, Libertà religiosa e diritto di famiglia, in Diritto Privato 2. Studi in onore di A. Palazzo, Torino, 2009, 779 ss. 61 Diffusamente si veda M.R. Marella, G. Marini, Di cosa parliamo quando parliamo di famiglia, cit., in particolare 90 ss. In Italia, l’art. 556 del codice penale sancisce che «[c]hiunque essendo legato da un matrimonio avente effetti civili, ne contrae un altro, pur avente effetti civili, è punito con la reclusione da uno a cinque anni. Alla stessa pena soggiace chi, non essendo coniugato, contrae matrimonio con persona legata da matrimonio avente effetti civili». Sanzione penale che si aggiunge alla norma prevista dall’art. 86 del codice civile, secondo cui «non può contrarre matrimonio chi è vincolato da un matrimonio precedente», pena la nullità dello stesso ex art. 117 c.c. 62 Eccezion fatta per il Regno Unito, dove il leading case Hyde v. Hyde, che ha fatto giurisprudenza da metà Ottocento agli anni ’70 del Novecento, riguardava un cittadino inglese convertito alla fede mormonica: in Inghilterra, difatti, la poligamia si è storicamente rivolta innanzitutto a soggetti di fede animistica. Per un completo quadro comparatistico europeo cfr. C. Campiglio, Matrimonio poligamico e ripudio nell’esperienza giuridica dell’Occidente europeo, in Riv. it. dir. priv. e proc., n. 4/1990, 853 ss.; S. Aldeeb, A. Bonomi, Le droit musulman de la famille et des successions à l’épreuve des ordres juridiques occidentaux, Schulthess Polygraphischer Verlag Zürich, 1999. Sulla poliginia presso i mormoni si veda M.C. Nussbaum, Liberty of conscience. In Defence of America’s Tradition of Religious Equality, New York, 2008, specialmente, 184 ss. 57

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derivanti dall’ordine pubblico internazionale e interno (clausole generali che finiscono per fare da scudo ai valori occidentali)63 – poiché esso porta con sé il germe della diseguaglianza e della confessionalità, scontrandosi con il moderno concetto di democrazia e col principio di laicità64.

3. La seconda fase di secolarizzazione (dal 2010 a oggi): verso un pieno riconoscimento del pluralismo valoriale.

In tempi più recenti, mi pare si stia assistendo ad una nuova fase di secolarizzazione della famiglia, che passa attraverso il diffondersi della cultura dei diritti umani65. Diffusione che comporta anche una vera e propria svolta in senso individualistico dei rapporti familiari, ove le ragioni dei singoli tendono a prevalere sulle ragioni dell’unità familiare, superando pure il dettato costituzionale dell’art. 29, che ordina sì il matrimonio sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, ma pur sempre «con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare»66. Se la prima fase di secolarizzazione del diritto di famiglia è passata per il consolidarsi dell’identità femminile e, in definitiva, per la liberazione dello

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L’ordine pubblico interno indica quelle norme dell’ordinamento richiamate dal diritto internazionale privato per regolare una fattispecie che, per il loro carattere imperativo, non sono derogabili dalla volontà dei privati cfr. G. Barile, voce Ordine pubblico (dir. intern. priv.), in Enc. Dir., XXX, Milano 1980, in particolare 1115-1116. La giurisprudenza considera l’ordine pubblico internazionale quale «formato da quell’insieme di principi, desumibili dalla Carta Costituzionale o, comunque, pur non trovando in essa collocazione, fondanti l’intero assetto ordinamentale siccome immanenti ai più importanti istituti giuridici quali risultano dal complesso delle norme inderogabili provviste del carattere di fondamentalità che le distingue dal più ampio genere delle norme imperative, tali da caratterizzare l’atteggiamento dell’ordinamento stesso in un determinato momento storico e da formare il cardine della struttura etica, sociale ed economica della comunità nazionale conferendole una ben individuata ed inconfondibile fisionomia» così Cass. civ. Sez. I, 28.12.2006, n. 27592, in Foro it., 2007, 6, 1, 1789. 64 Tradizionalmente il diritto islamico delle persone e della famiglia si basa sulla triplice contrapposizione musulmano-non musulmano, libero-schiavo, uomo-donna: la poligamia e il talaq (ripudio unilaterale della moglie da parte del marito) sono massima espressione della diseguaglianza tra uomo e donna, poiché la donna è considerata un personaggio bisognoso di protezione subordinata all’uomo; il matrimonio poligamico, poi, si configura come matrimonio monoandrico e poliginico. Si rinvia a A. Gambaro, R. Sacco, Sistemi giuridici comparati, II ed., Torino, 2002, 479 ss.; F. Castro, voce Diritto musulmano, in Dig. Disc. Priv., Sez. Civ., Torino, VI, 1990, 305 ss. D’altra parte non si manca di notare che forme di poliginia sono proprie anche della cultura ebraica e persino di quella cristiana: cfr. P. Consorti, Diritto e religione, cit., 132 s. 65 Su cui cfr. M. R. Marella, Critical family law, in American University Journal of Gender, Social Policy & the Law, Vol. 19, n. 2/2011, 721 ss.; l’apertura alla pari dignità sociale di una pluralità dei modelli familiari trova la sua fonte normative nell’art. 9 della Carta di Nizza, come sostiene S. Rodotà, Presentazione, in Stare insieme. I regimi giuridici della convivenza tra status e contratto, a cura di M.R. Marella, F. Grillini, Napoli, 2001, XIII. In generale cfr. G. Vettori, Carta europea e diritti dei privati (diritti e doveri nel nuovo sistema delle fonti), in Riv. dir. civ., 2002, 669 ss.; G. M. Flick, I diritti umani nell’esperienza europea e locale: una risposta ai problemi della globalizzazione?, in Pol. dir., 2003, 143 ss.; G. Azzariti, Il futuro dei diritti fondamentali nell’era della globalizzazione, in Pol. dir., 2003, 327 ss.; G. Ferrando, I diritti delle persone nella famiglia, cit., in particolare 319 ss. 66 Quella che definisco prima fase di secolarizzazione del diritto di famiglia può pure essere letta come passaggio da una “concezione istituzionale” ad una “concezione costituzionale” della famiglia; tale passaggio «segna l’emersione, anche ai fini giuridici, del fondamentalmente rapporto di necessaria alterità e intrinseca relazionalità che vi è sotteso, che prescinde in quanto tale da ogni datità naturalistica, biologica o anche soltanto formale, esprimendo invece una condizione affettiva e solidaristica di vita dei suoi membri» S. Rossi, Lungo il percorso di costituzionalizzazione della persona. Riflessioni sull’opera di Stefano Rodotà, in BioLaw Journal, n. 1/2018, cit. p. 166.

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stesso corpo femminile, questa seconda fase di secolarizzazione del diritto di famiglia, mediante il riconoscimento dei diritti umani, pone al centro della famiglia il soggetto debole per definizione, il minore, e la sua identità, nonché tutti le altre identità “deboli”, quali quelle LGBTIAQ, cui si schiude infine l’accesso alla famiglia stessa. Trasportato sul piano dei diritti fondamentali, il principio di uguaglianza che nella prima fase di secolarizzazione del diritto di famiglia aveva determinato un riassetto dei rapporti fra marito e moglie, comporta in questa seconda fase un eguale diritto «di tutti all’affermazione e alla tutela della propria identità, in forza del pari valore associato a tutte le differenze che fanno di ciascuna persona un individuo diverso da tutti gli altri e di ciascun individuo una persona come tutte le altre»67. Ed allora, si è a buon ragione osservato che la centralità dei diritti umani nella disciplina recente del diritto di famiglia non è «un processo che appartiene solo alla ridefinizione dell’ordinamento positivo delle relazioni familiari ma inevitabilmente incide nell’orizzonte ricostruttivo dell’interprete. Questi, pur sollecitato a percorrere la logica consueta del bilanciamento, è chiamato a muoversi non solo nella prospettiva orizzontale dettata dalla contestuale rilevanza di più diritti fondamentali, di cui sono titolari i soggetti uniti in una relazione familiare, ma anche nella dimensione verticale tracciata dalla presenza di garanzie riconducibili ora a questi stessi soggetti ora allo Stato impegnato nell’esercizio delle sue prerogative»68. Come linea di tendenza, quindi, pare potersi affermare che in questa seconda fase di secolarizzazione il principio di laicità pervade tanto il modello di famiglia occidentale, che si apre – non senza resistenze – a modelli alternativi emersi comunque nel sistema dei valori occidentali, quanto quello “non occidentale”, se e quando conforme ai diritti umani e, in primis, a quelli dei minori di età. Nel primo senso (vale a dire rispetto al pluralismo di modelli esterno alla famiglia occidentale), si pone già la sentenza della Corte costituzionale n. 138/2010, che attraverso l’art. 2 Cost., riconosce che per formazione sociale deve intendersi ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico, per cui va riconosciuta rilevanza giuridica anche all’unione omosessuale, «intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri»69. Ma nell’ottica della maggior tutela dei singoli membri della famiglia, ormai non più solo matrimoniale, si collocano pure la riforma del diritto di filiazione (legge 219/2012 e d. lgs. 154/2013)70 e

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L. Ferrajoli, La differenza sessuale e le garanzie dell’eguaglianza, in Dem. dir., 2, 1993, cit. 53; Id., Principia iuris, vol. II, Roma-Bari, 2007, 58-59. 68 F. Caggia, Capire il diritto di famiglia attraverso le sue fasi, cit., 1590. 69 Corte cost., 15.04.2010, n. 138, in Giur. it., 2011, 537 ss. 70 Sulla riforma della filiazione “Bianca”, senza pretesa di esaustività, cfr. La Riforma della Filiazione, a cura di C. M. Bianca, Padova, 2015; E. Al Mureden, La responsabilità genitoriale tra condizione unica del figlio e pluralità di modelli familiari, in Fam. dir., 2014,

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legge 76/2016 sulle unioni civili omosessuali e sulla disciplina delle coppie di fatto71. Ed anzi, nell’ottica del pluralismo familiare, la legge 76/2016 finisce per istituzionalizzare la famiglia di fatto, che per anni è stata rivendicata come forma di “dissenso” delle formazioni sociali minoritarie partendo proprio dal dato costituzionale72. Non solo, giacché può essere dato atto di altri fattori che decostruiscono la famiglia tradizionale. Si pensi alla recente riforma in tema di separazione e divorzio c.d. breve (legge n. 55/2015), che incide grandemente anche sulla dissolubilità dei legami affettivi matrimoniali consegnatoci dalla tradizione73, rendendo sempre più un ricordo lontano l’indissolubilità del matrimonio e sancendo un duro colpo al principio monogamico, che viene facilmente superato quantomeno in senso diacronico. Ma in maniera ancora più emblematica si pensi al ruolo che la giurisprudenza ha avuto nello smantellare la legge 40/2004, sino a giungere alla sentenza della Corte costituzionale n. 162/201474 che – nel dichiarare l’illegittimità costituzionale degli articoli 4, comma 3, 9, commi 1 e 3 e 12, comma 1, della legge 19 febbraio 2004, n. 40 – ha prodotto l’effetto di re-introdurre la pratica della fecondazione eterologa, tecnica che il legislatore del 2004 aveva vietato attraverso un discutibile bilanciamento di interessi tra tutela del concepito e promozione della genitorialità. Con la conseguenza che se, come visto, a fronte della rivoluzione sessuale degli anni ’70 si è affermato il diritto a una sessualità senza riproduzione e al di fuori del legame coniugale, che ha portato al diffondersi di tecniche contraccettive e alla disciplina sull’interruzione volontaria della gravidanza, l’evolversi delle tecnologie biomediche ha permesso di dissociare in senso opposto il binomio: è diventato possibile, in altre parole, parlare di riproduzione senza sessualità75.

466 ss.; F. Caggia, Il linguaggio del “nuovo” diritto di filiazione, cit.; M. Costanza, A margine della riforma della filiazione (legge n. 219/2012), in Iustitia, 2013, 121 ss,; G. Ferrando, La legge sulla filiazione. Profili sostanziali, in www.juscivile.it, 2013, 3, 132 ss.; M. Sesta, L’unicità dello stato di filiazione e i nuovi assetti delle relazioni familiari, in Fam. dir., n. 3/2013, 231 ss.; A. Palazzo, La filiazione, in Trattato Cicu-Messineo, Milano, 2013; A. Sassi, F. Scaglione, S. Stefanelli, La filiazione e i minori, in Trattato di diritto civile, diretto da R. Sacco, Le persone e la famiglia, 4, Torino, II ed., 2017. 71 Cfr. L. Lenti, La nuova disciplina della convivenza di fatto: osservazioni a prima lettura, in www. juscivile. it, 2016, 92 ss.; M. R. Marella, Qualche notazione sui possibili effetti simbolici e redistributivi della legge Cirinnà, in Riv. crit. dir. priv., n. 2/2016, 231 ss. 72 Così P. Rescigno, La comunità familiare come formazione sociale, in Rapporti personali nella famiglia, Quaderni del C.S.M., Roma, 1980, 348 ss. 73 Cfr. F. Danovi, Separazione e divorzio dopo la l. n. 55/2015, in Libro dell’anno del Diritto 2016, Roma. 74 Corte cost., 10.06.2014, n. 164, in Fam. dir., n. 8/9-2014, p. 753 ss., con nota di V. Carbone, 761 ss.; cfr. M. D’Amico, L’incostituzionalità del divieto assoluto della c.d. fecondazione eterologa, in BioLaw Journal – Rivista di BioDiritto, n. 2/2014, 13 ss.; A. Pioggia, La disciplina in materia di procreazione e la riconquistata legittimità della fecondazione eterologa: un altro passo avanti per una legge che resta indietro, in GenIus, n. 2/2014, 85 ss. Sugli interventi demolitivi della giurisprudenza cfr. A. Ciervo, Legislatori irragionevoli e giudici senza cuore. L’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita tra giurisprudenza e valori costituzionali, in Giur. cost., n. 4/2008, 3669 ss.; G. Nicastro, La normativa sulla procreazione medicalmente assistita “riscritta” dai giudici, in Questione giustizia, n. 1/2013, 189 ss.; in seguito alla pronuncia Corte EDU, Grande Camera, 3 novembre 2011, S.H. e altri c. Austria, cfr. le riflessioni di U. Salanitro, Il dialogo tra Corte di Strasburgo e Corte costituzionale in materia di fecondazione eterologa, in Nuova giur. civ. comm., 2012, II, 637 ss.; G. Repetto, «Non di sola Cedu…». La fecondazione assistita e il diritto alla salute in Italia e in Europa, in Dir. pubb., n. 1/2013, 131 ss.; G. Berti de Marinis, Il ruolo della giurisprudenza nell’evoluzione della disciplina in tema di procreazione medicalmente assistita, in Resp. civ. e prev., n. 5/2014, 1716 ss. 75 Cfr. S. Rodotà, Repertorio di fine secolo, Roma-Bari, 1999. L’Autore osserva come, sul piano giuridico, «i dati culturali mettono in discussione la rilevanza esclusiva di quelli biologici, creando un quadro di riferimento del tutto inedito anche prima dell’irrompere delle tecnologie della riproduzione. La separazione tra concepimento e riproduzione, operata da queste tecnologie, è stata preparata dalla separazione tra sessualità e riproduzione, legata al diffondersi delle tecniche contraccettive […]» p. 224.

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Riproduzione che, quindi, si presta a diventare oggetto della volontà, dell’autodeterminazione delle persone, al di là del canone dell’eterosessualità e persino della bigenitorialità76, assurgendo a diritto fondamentale77. Il risultato operazionale cui si perviene è che la famiglia che la giurisprudenza di merito e delle Corti superiori oggi tutela, sempre più, prescinde dalla coppia e dai suoi singoli membri – siano essi sposati o meno, eterosessuali oppure omosessuali (per il caso specifico si veda infra § 3.2) – per dar preminente rilievo allo status e alla tutela del figlio, come i recenti approdi giurisprudenziali in tema di maternità surrogata ben evidenziano78. La rilevanza del matrimonio diventa allora marginale, a causa della messa in discussione dei canoni della monogamia, dell’eterosessualità79, della bigenitorialità, che storicamente hanno definito cosa è famiglia e cosa non lo è, con ciò discriminando fra soggetti e formazioni sociali. La progressiva flessibilità di questi parametri diventa, quindi, una delle chiavi per garantire uguaglianza, autodeterminazione e pluralismo nei rapporti sociali e di cittadinanza all’interno delle moderne democrazie pluraliste e, sempre più, multiculturali. Tendenza, d’altro canto, rafforzata dall’evoluzione giurisprudenziale dell’art. 8 CEDU e della relativa nozione di rispetto della vita familiare, concetto autonomo dal diritto di sposarsi e di fondare una famiglia di cui all’art. 12 della stessa Convenzione, che ha finito

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Cfr. M. G. Stanzione, Filiazione e «genitorialità». Il problema del terzo genitore, Torino, 2010. La stessa Corte costituzionale, nella decisione n. 164/2014, individua il contrasto assoluto tra il divieto della fecondazione eterologa e l’art. 32 della Costituzione, non solo perché il concetto di salute meritevole di tutela nell’ambito delle tecniche di procreazione medicalmente assistita è quello di ‘salute psichica’ e l’impossibilità di formare una famiglia con figli insieme al proprio partner, mediante il ricorso alla procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, può incidere negativamente, «in misura anche rilevante, sulla salute della coppia» (§7); ma anche perché la scelta «di diventare genitori e di formare una famiglia che abbia anche dei figli costituisce espressione della fondamentale e generale libertà di autodeterminarsi» ex artt. 2, 3 e 31 Cost. (§6). 78 Si vedano le sentenze della Corte EDU del 26 giugno 2014 (casi Mennesson e Labasee contro Francia – ricorsi n. 65192/11 e n. 65941/11). In questo quadro, quindi, l’autodeterminazione procreativa, e il suo esplicarsi negli accordi di maternità surrogata, trova ambiti d’applicazione difficilmente arginabili da divieti statali, né ciò appare necessario e auspicabile in considerazione degli interessi coinvolti. In presenza di un legame biologico minimo, difatti, la contrapposizione tra interessi e diritti da bilanciare, vale a dire salute ed autodeterminazione procreativa dei genitori, da una parte, e best interest del minore, dall’altra, è solo apparente. Nel caso di figli nati da surroga materna e/o da donazione di gameti, invero, il miglior interesse del minore non confligge – ma casomai coincide sempre – con la scelta autodeterminativa dei genitori di intenti, tanto più quando uno dei due è anche genitore biologico. Ciò è espresso chiaramente dalla stessa Corte costituzionale nella sentenza 162/2014, ove i giudici affermano esplicitamente che altresì la procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo «mira a favorire la vita» che, in mancanza di tale tecnica, non verrebbe in esistenza, 79 Cfr. B. De Filippis, F. Bilotta, Amore civile. Dal diritto della tradizione al diritto della ragione, Milano, 2009; C. Costantini, Le unioni same-sex fra diritto e politica, in Unioni e matrimoni same-sex dopo la sentenza 138 del 2010: quali prospettive?, a cura di B. Pezzini, A. Lorenzetti, Napoli, 2011, 173 ss.; G. Ferrando, La “via legislativa” al matrimonio same-sex, ivi, 31 ss. Non va taciuto, poi, che vi sono anche analisi, quali quella della prospettiva queer, che guardano con occhi critico l’estensione del matrimonio agli omosessuali, dal momento che l’istituto matrimoniale valorizza la proprietà privata, l’ambiente domestico e la monogamia. Non a caso negli USA, già a partire dagli anni ’70, una forte critica verso il matrimonio egalitario è stata mossa – all’interno dello stesso movimento omosessuale – da quanti notavano come, volenti o nolenti, avere come obiettivo l’accesso al matrimonio delle persone omosessuali non facesse altro che rafforzare l’istituto stesso del matrimonio e stigmatizzare i soggetti queer che praticano altre forme dello stare insieme: così M. Warner, Beyond Gay Marriage, in Left Legalism/Left Critique, edited by W. Brown & J. Halley, Durham, NC & London, Duke University Press, 2002, 259 ss. Peraltro, coloro i quali reclamano il riconoscimento del matrimonio same-sex non sono interessati a rimuovere la struttura non egalitaria della famiglia fondata sul matrimonio, ovvero a favorire una sua trasformazione in senso progressivo, ma semplicemente vogliono accedervi quale che sia il prezzo simbolico di questo; e reclamano il matrimonio in quanto fonte di status, così interrompendo il cammino dallo status al contratto intrapreso faticosamente dal diritto di famiglia, ma amplius cfr. M. R. Marella, Il diritto di famiglia fra status e contratto: il caso delle convivenze non fondate sul matrimonio, in Stare insieme, a cura di M.R. Marella, F. Grillini, cit., 3 ss. 77

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per tutelare i vincoli de facto esistenti fra i membri di comunità familiari “altre” rispetto a quelle fondate sul matrimonio fra uomo e donna80. 3.1. Alcune resistenze alla famiglia omosessuale: l’obiezione di coscienza dei pubblici ufficiali.

A fronte delle aperture legislative registratesi nei sistemi giuridici occidentali, spesso peraltro “caldeggiate” da norme sovranazionali e dalla giurisprudenza delle Corti superiori81, la laicità appare osteggiata non poco nella prassi applicativa rispetto al riconoscimento dei diritti civili degli e delle omosessuali82. Il motivo del pregiudizio verso le identità di genere non eterosessuali non può che essere rinvenuto nel ruolo predominante che ricopre la permanenza etica e religiosa dell’eterosessualità (c.d. eterocentrismo) nella concezione tradizionale di famiglia, e nella disapprovazione socio-culturale verso l’omosessualità83. È

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Cfr. l’analisi di N. Colaianni, Diritto alla vita familiare e unioni civili: la laicità incompiuta, in Federalismi.it, n. 19/2016, 2 ss. L’Autore, infatti, rileva come sia l’esistenza dei legami di fatto ad aver spinto la Corte di Strasburgo, fin dalle prime pronunce, ad includere nella nozione di vita familiare non solo i rapporti tra i coniugi e i figli legittimi, a prescindere dalla coabitazione, ma anche quelli tra partner di sesso diverso, deducibili da indici fattuali quali la coabitazione e la sua durata, nonché la presenza di figli. Diffusamente cfr. G. Ferrando, Il contributo della Corte europea dei diritti dell’uomo all’evoluzione del diritto di famiglia, in Nuova giur. civ. comm., 2005, II, 263 ss.; Ead., Diritti delle persone e comunità familiare nei recenti orientamenti della Corte Europea dei diritti dell’uomo, in Fam., pers. succ., 2012, 282 ss. 81 Significativa la condanna dell’Italia da parte della Corte EDU nel caso Oliari e altri c. Italia (21 giugno 2015), su cui cfr. L. Lenti, Prime note a margine del caso Oliari c. Italia, in Nuova giur. civ. comm., n. 10/2015, II, 575 ss. A livello di Unione europea, invece, è la Carta di Nizza che afferma solennemente il divieto di discriminazione – oltre che sul sesso, sulla razza, sulla religione, sulla lingua, sulle opinioni, sul patrimonio, sull’handicap, sulle caratteristiche genetiche – appunto sulle tendenze sessuali, e che all’art. 9 distingue tra diritto di sposarsi e diritto di costituire una famiglia, proprio per consentire la costituzione legale di unioni distinte da quelle tra persone di sesso diverso. 82 Cfr. S. Rodotà, Perché laico, cit., dove l’Autore osserva come sul riconoscimento giuridico dell’omosessualità la Chiesa romana abbia eretto un muro invalicabile e senza crepe, si sia completamente chiusa ad ogni forma di dialogo e confronto democratico: «[n]el legittimo esercizio del suo magistero la Chiesa decide di chiudersi al mondo, e perciò finisce con lo schiacciare gli omosessuali con una condanna senza appello, rischiando così di travolgere pure l’esile rispetto per la condizione omosessuale legato all’invito a viverla in castità» (p. 164). Conseguentemente, mentre in Occidente negli ultimi 40 anni si è assistito ad una crescente accettazione di gay e lesbiche e ad una parallela estensione a loro dei diritti civili, la Chiesa romana – identificando peccato e reato – si è opposta con violenza alla proposta di depenalizzazione universale dell’omosessualità, in parecchi Stati punita addirittura con la pena di morte, moratoria avanzata nel dicembre 2008 dal presidente francese Nicolas Sarkozy. In Italia lo strisciante disvalore verso le identità di genere non eterosessuali emerge anche in importanti e recenti sentenze della stessa Corte costituzionale: si pensi a come essa abbia ribadito anche nella sentenza 170 del 2014 (in Foro it., 2014, 10, 1, c. 2674 ss.) un doppio binario: quello del matrimonio per la coppia eterosessuale (ex art. 29 Cost.) e quello della tutela della persona per le altre forme di convivenza (ex art. 2 Cost.). Difatti la sentenza della Corte costituzionale del 2014, sul c.d. “divorzio imposto” al/la transessuale, è stata letta anche in prospettiva della difesa dell’eterosessualità del matrimonio: cfr. M. R. Marella, Qualche notazione sui possibili effetti simbolici e redistributivi della legge Cirinnà, cit.; commenta la sentenza F. Saitto, L’incostituzionalità del “divorzio imposto” tra rettificazione di sesso e tutela del “pregresso vissuto” della coppia, in Giur. cost., n. 3/2014, 2706 ss.; S. Patti, Divorzio della persona transessuale e protezione dell’unione “ancorché non più matrimoniale”, in Corr. giur., 2015, 1048 ss.; Id., Il divorzio della persona transessuale: una sentenza di accoglimento che non risolve il problema, in Foro it., 10, 2014 c. 2685 ss.; in generale sulle specifiche problematiche giuridiche della transizione di genere si veda S. Patti, voce Transessualismo, in Digesto IV, Disc. priv., Agg. VIII, Torino, 1999, 416 ss.; F. Bilotta, voce Transessualismo, in Digesto IV, Disc. priv., Agg. VIII, Torino, 2013, 732 ss.; A. Lorenzetti, Diritti in transito, Roma, 2013; S. Patti, Il divorzio della persona transessuale in Europa, in Riv. crit. dir. priv., n. 2/2012, 163 ss. 83 Ruolo chiave nella rivalutazione sociale dell’omosessualità hanno svolto la rivoluzione sessuale degli anni ’60 e lo sviluppo degli studi antropologici e sociologici di genere, volti a moltiplicare il discorso sulle differenze ed a decostruire il sex-gender system (nel sistema sesso/genere il dato biologico viene trasformato in un sistema binario asimmetrico in cui il maschile occupa una posizione privilegiata rispetto al femminile, al quale è legato da strette connessioni da cui entrambi ne derivano una reciproca definizione.

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paradigmatico del difficile passaggio dalle politiche del disgusto al riconoscimento dell’umanità84 l’uso strumentale che può esser fatto dell’obiezione di coscienza rispetto alle unioni same-sex, in Italia così come in altri Paesi occidentali. Mi riferisco, in particolare, alla recente vicenda parlamentare intorno alla legge Cirinnà (n. 76/2016) sulle unioni civili. Nell’aspro dibattito parlamentare e pubblico ci sono state anche voci favorevoli all’introduzione di una apposita norma sull’obiezione di coscienza per sindaci e altri funzionari pubblici, onde permetter loro di non prestare la propria disponibilità a celebrare le unioni fra omosessuali85. Tali unioni, nelle intenzioni dei proponenti, sarebbero dovute essere ostacolate in tutti i modi, poiché non conformi all’idea tradizionale di famiglia (eterosessuale e finalizzata alla procreazione naturale) e di conseguenza intrinsecamente ritenute immorali: da qui la pretesa possibilità di esercitare una obiezione in senso generalizzato, se nel caso anche in mancanza di una apposita previsione legislativa. Alla fine, la clausola di coscienza non è stata inserita nella legge 76/2016, per cui il rifiuto dell’ufficiale di stato civile di “celebrare” una unione civile integra il reato di rifiuto/omissione di atti di ufficio ai sensi dell’art. 328 del codice penale86. Tale uso dell’obiezione di coscienza non costi-

Amplius cfr. G. Rubin, The Traffic in Women: Notes on the Political Economy of Sex, in R. Reiter, Toward an Anthropology of Women, New York, 1976, 157 ss.), sistema gerarchico di potere tra individui basato sul sesso, spesso mascherato dalla pretesa neutralità del diritto. Le c.d. gender theory, in particolare, si sono sviluppate a partire dalla critica alla sessuologia positiva da parte di M. Foucault (La volontà di sapere. Storia della sessualità, Milano, 2001), secondo il quale la produzione di soggetti sessuali è frutto dell’impulso disciplinante della società borghese, ed è finalizzata a una relazione di potere. Di qui gli studi femministi, gli studi gay e lesbici e, da ultimo, gli studi queer, hanno cominciato a decostruire i generi “maschio” e “femmina” come ci sono stati consegnati dalla tradizione patriarcale, e che erroneamente si ritengono “naturali”, per considerarli, invece, come complesse formazioni psico-socio-culturali. E’ stato evidenziato come la rappresentazione naturalistica del sesso abbia comportato l’eteronormatività, che all’interno della dicotomia uomo/donna postula la subordinazione della seconda, con conseguente discriminazione di tutte le figure “esterne” al modello dominante. La sessualità, di conseguenza, è stata ed è terreno di scontro per l’affermazione dei diritti tanto per le donne che per omosessuali, bisessuali e transessuali accomunati dal dato che tutte queste categorie di individui sono oggetti di pregiudizi “collettivi” (nel senso fatto proprio da N. Bobbio, La natura del pregiudizio, in Elogio della mitezza e altri scritti morali, ristampa, Milano, 2006), ovvero atteggiamenti che un gruppo, che si considera superiore, assume nei confronti di un altro gruppo considerato inferiore in termini di moralità, di doti intellettuali e/o, come nel caso di specie, di sessualità. E’ proprio quando i pregiudizi incontrano giudizi di valore siffatti, accanto alla pretesa di omologazione, che nascono le discriminazioni. 84 Secondo l’indicazione di M. Nussbaum, From Disgust to Humanity: Sexual Orientation and Constitutional Law, New York, 2010. Nussbaum definisce la politica del disgusto come una prospettiva retorica o politica che associa l’omosessualità alle funzioni corporee, e così, con disgusto, influisce potentemente nel dibattito pubblico. Viceversa le politics of humanity conducono al rispetto delle scelte personali altrui, anche se contrarie alle proprie convinzioni personali, purché non calpestino diritti di terzi. Dall’analisi emerge che, sebbene si stia tendendo alle politiche dell’umanità, le politiche del disgusto contro gli omosessuali rimangono vive e vegete nel background sociopolitico. 85 La proposta di emendamento, respinta, nasce dall’iniziativa dell’associazione ProVita, che ha avanzato la richiesta durante le audizioni in commissione Giustizia alla Camera dei Deputati il 9 marzo 2016. 86 Sul punto, peraltro, lo stesso Consiglio di Stato ha precisato che «il rilievo giuridico di una “questione di coscienza” – affinché soggetti pubblici o privati si sottraggano legittimamente ad adempimenti cui per legge sono tenuti – può derivare soltanto dal riconoscimento che di tale questione faccia una norma, sicché detto rilievo, che esime dall’adempimento di un dovere, non può derivare da una “auto-qualificazione” effettuata da chi sia tenuto, in forza di una legge, a un determinato comportamento» così il Consiglio di Stato, Sezione Consultiva per gli Atti Normativi, Adunanza di Sezione del 15 luglio 2016, numero affare 01352/2016, on-line al link https:// www.giustizia:amministrativa.it/cdsintra/cdsintra/AmministrazionePortale/DocumentViewer/index.html?ddocname=ECBXHXH6Y3Z RAS3O5YJ3EUHSF4&q=. Oltretutto si precisa che la legge e il decreto attuativo pongono gli adempimenti a carico dell’“ufficiale di stato civile”, e cioè di un pubblico ufficiale, in tal modo stabilendo che detti adempimenti, «trattandosi di disciplina dello stato civile, costituiscono un dovere civico e, al tempo stesso, ha posto tale dovere a carico di una ampia categoria di soggetti – quella degli ufficiali di stato civile – proprio per tener conto che, tra questi, vi possa essere chi affermi un “impedimento di coscienza”, in modo che altro ufficiale di stato civile possa compiere gli atti stabiliti nell’interesse della coppia richiedente.

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tuisce, come potrebbe pensarsi di primo acchito, una presa di posizione dal sapore tutto italico, visto che l’esperienza giuridica di diversi Paesi occidentali ci mostra il contrario: in Francia, ad esempio, hanno fatto ricorso all’obiezione di coscienza alcuni ufficiali dello stato civile per rifiutarsi di celebrare le nozze di persone omosessuali, a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 2013-404 che ha esteso il matrimonio alle coppie same-sex (c.d. mariage pour tous); o, similmente, in Inghilterra il rifiuto dei pubblici ufficiali di trascrivere una unione registrata fra persone omosessuali (dal 2004 nel Regno Unito il Civil Partnership Act riconosce alle coppie dello stesso sesso la possibilità di vincolarsi in un’unione registrata) ha preteso l’intervento della Corte europea dei diritti dell’uomo per presunta violazione dell’art. 9 Convenzione EDU (Diritto alla liberta di coscienza, di pensiero e religiosa)87. Questione analoga è stata portata alla ribalta delle cronache nel caso statunitense di Kim Davis, cancelliera eletta nella contea rurale di Rowan, in Kentucky, contraria alla disposizione data dal governatore democratico Steve Beshear di concedere la licenza matrimoniale alle coppie omosessuali88. In tutti i casi, però, questi (ab)usi dell’obiezione per finalità che non le si confanno, e che ne stravolgono la ratio connotandola di venature discriminatorie, sono stati costantemente respinti dalla giurisprudenza delle Corti superiori. La Corte costituzionale francese ha infatti affermato che, in assenza di una clausola di coscienza nella legge 404 del 2013, non può essere individuato alcun danno alla libertà di coscienza dell’ufficiale dello stato civile, tanto più che come pubblici ufficiali, i sindaci e i loro vice agiscono in nome dello Stato, in funzione dell’espletamento di un servizio pubblico e che il principio di neutralità del pubblico servizio non è conciliabile con il rifiuto del sindaco di adempiere ai propri doveri previsti dalla legge, per motivi filosofici o religiosi89. La decisione della Corte francese, d’altra parte, va nel senso di un’analoga pronuncia del Tribunale Supremo spagnolo del 2009 (n. 3059/2009 dell’11.05.2009), ove la Corte non ha riconosciuto il diritto di obiezione di coscienza da parte di un giudice alla registrazione del matrimonio same-sex, poiché il giudice deve essere garante degli interessi e dei diritti di tutti, pena la lesione dell’indipendenza stessa del potere giudiziario e della «función de garantía del ordenamiento jurídico y de los derechos e intereses legítimos de los ciudadanos que el constituyente le ha confiado». La Corte EDU, dal suo canto, ha ritenuto che pur essendo la libertà di religione una parte essenziale dell’identità dei credenti e uno dei fondamenti delle società democratiche

Del resto, è prassi ampiamente consolidata già per i matrimoni che le funzioni dell’ufficiale di stato civile possano essere svolte da persona a ciò delegata dal sindaco, ad esempio tra i componenti del consiglio comunale, sicché il problema della “coscienza individuale” del singolo ufficiale di stato civile, ai fini degli adempimenti richiesti dalla legge n. 76/2016, può agevolmente risolversi senza porre in discussione – il che la legge non consentirebbe in alcun caso – il diritto fondamentale e assoluto della coppia omosessuale a costituirsi in unione civile». 87 Si veda Corte EDU, Eweida e altri c. Regno Unito, IV sez., sentenza del 15.01.2013, ric. n. 48420/10 e altri.: in particolare rilevano qui le doglianze di Ms. Ladele e Mr. McFarlane. 88 Miller v. Davis, 2015 U.S. Dist. LEXIS 105822 - E.D. KY, Aug. 12, 2015. 89 Si veda Conseil constitutionnel, decisione n. 2013-353 QPC del 18.10.2013, su cui cfr. M. Saporiti, J’objecte! Obiezione di coscienza e matrimonio egualitario: il caso francese, in GenIus, n. 1/2015, 211 ss., on-line al link http://www.articolo29.it/genius/.

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e pluraliste, tuttavia, qualora una convinzione religiosa di un individuo influisca sui diritti degli altri, gli Stati godono di un ampio margine di apprezzamento nel trovare un giusto equilibrio fra diritti confliggenti e nel predisporre limitazioni alla libertà di coscienza. Dall’altro lato dell’Oceano, infine, anche la giurisprudenza della Corte Suprema degli Stati Uniti – che nel caso Obergefell v. Hodges90 ha statuito che il matrimonio tra persone dello stesso sesso è un diritto garantito dalla Costituzione statunitense – non pare riconoscere argomenti favorevoli all’obiezione di coscienza, volta a negare le licenze matrimoniali alle coppie omosessuali, in nome della libertà religiosa tutelata dal Primo emendamento del Bill of Rights. La china cui porterebbe il riconoscere un’obiezione di coscienza in tali casi è evidentemente pericolosa, potendo giungere a legittimare la pretesa di privati cittadini di discriminare altri soggetti e di rifiutare prestazioni91 nei confronti di coppie omosessuali per ragioni di coscienza, come è già avvenuto in casi affrontati da alcune corti di Common Law92. Rispetto alla laicità dello Stato, per di più, il pericolo che un ricorso massiccio della maggioranza si ripercuota su minoranze è avallato anche da recenti dichiarazioni di Papa Francesco rispetto alle unioni omosessuali. Il Pontefice, infatti, ha avuto modo di dichiarare al quotidiano cattolico francese La Croix che «una volta che una legge è stata approvata, lo Stato deve anche rispettare le coscienze. Il diritto all’obiezione di coscienza deve essere riconosciuto all’interno di ogni struttura giuridica, perché è un diritto umano. Anche per un funzionario pubblico, che è una persona umana»93. Dichiarazioni dalle quali si ricava un esplicito rifiuto dell’ordine civile, rappresentato dalla democratica legislazione dello Stato, ritenuta non adeguata ai valori cattolici, col risultato ulteriore di violare la laicità stessa nel porre – uso le parole di Stefano Rodotà che risultano in questo specifico caso ancora più attuali – «un limite esplicito al potere del Parlamento di decidere liberamente sul contenuto delle leggi, con l’ulteriore ammonimento che, qualora quel limite non fosse rispettato, si troverebbe di fronte alla rivolta dell’intera società cattolica»94. Giuridicamente, allora, l’obiezione di coscienza continua a costituire un problema di limiti e di rapporto regola/eccezione. In presenza di un conflitto fra diritti fondamentali della persona, quindi, l’obiezione di coscienza non può essere configurata come diritto privo di limiti, ma deve

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135 S. Ct. 2584 (2015), in GenIUS, n. 2/2015, p. 343 ss.; in dottrina cfr. C. Salvi, Coppia same-sex e Costituzione. La Corte costituzionale italiana e la Corte Suprema USA, in Rileggendo Pasolini. Il diritto dopo la scomparsa delle lucciole Atti di convegno, a cura di E. Contu, A. Guerrieri, G. Romano, Perugia 15–18 luglio 2015, Volume II, Roma, 2016, 285 ss. 91 Quale la realizzazione di una torta nuziale: vedi il caso giunto all’attenzione del Bureau of Labor and Industries of the State of Oregon, decisione del 02.07.2015 in Articolo29, www.articolo29.it; A. Sperti, Il caso della “torta nuziale” arriva alla Corte Suprema. Il punto sul same-sex marriage negli Stati Uniti a due anni dalla sentenza Obergefell, in Articolo29. Il caso è stato infine deciso a favore del pasticcere obiettore: vedi Masterpiece Cakeshop, Ltd. v. Colorado Civil Rights Commission, 584 U.S. ___ (2018), con commento di A. Sperti in Articolo29. 92 Si veda anche il caso Bull v. Hall, Supreme Court of the United Kingdom, [2013] UKSC 73, in Articolo29, www.articolo29.it, ove i giudici inglese hanno affrontato il profilo della legittimità del ricorso all’obiezione di coscienza da parte di privati cittadini titolari di pubblici esercizi, negando che nel caso di specie i titolari di un B&B avessero diritto di rifiutare una camera ad una coppia omosessuale, comportamento che invece configura una ingiustificata e illegittima discriminazione in base all’orientamento sessuale. 93 Si veda Avvenire.it, 16.05.2016, al link http://www.avvenire.it/Chiesa/Pagine/papa-francesco-la-croix-migranti-.aspx. 94 S. Rodotà, Perché laico, cit., 127-128.

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essere esercitata nelle strette maglie della legge. Il pericolo – che le obiezioni sollevate da pubblici dipendenti ben esemplificano – è che con la moltiplicazione delle obiezioni di coscienza si prospetti «un facile scivolamento dal piano dei valori a quello delle opinioni, delle esigenze soggettive, degli interessi individuali»95. Con conseguenze sull’effettivo esercizio di altri diritti fondamentali da non trascurare, anche per l’impatto discriminatorio e anti-pluralistico. Del resto, un ricorso inopinato all’obiezione di coscienza rischia di farne sbiadire e sfumare il significato originario: come mette in guardia Carlo Cardia, «l’obiezione di coscienza si è venuta parcellizzando fino a chiedere dignità di resistenza per opinioni e orientamenti di carattere secondario o chiaramente politico ma prive di quella alterità netta nei confronti della legge positiva che costituisce il nucleo più intimo della sua identità»96. 3.2. La fedeltà e l’accesso alla filiazione delle coppie same-sex.

La discussione parlamentare che ha condotto all’emanazione della legge 76/2016 ha altresì portato al centro della scena il dovere di fedeltà coniugale, disciplinato dall’art. 143 c.c., ritenuto infine non idoneo a qualificare l’istituto dell’unione civile97. Nell’ambito del legame matrimoniale, quantomeno a partire dalla costituzionalizzazione del diritto di famiglia98, l’obbligo della fedeltà è stato inteso non tanto come astensione da relazioni extraconiugali (quale corollario del principio monogamico), quanto invece come impegno vicendevole di non tradire la reciproca fiducia ovvero di non tradire il rapporto di dedizione fisica e spirituale fra i coniugi, che dura quanto dura il matrimonio99. La nozione di fedeltà, in tal senso, è stata epurata del significato tipicamente religioso per essere affiancata al concetto più “mondano” di lealtà100. Lealtà che dovrebbe imporre di

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C. Cardia, Tra il diritto e la morale. Obiezione di coscienza e legge, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, on-line al link http:// www.statoechiese.it/, 2009, 11. 96 Ivi, 3. 97 E sembrerebbe sempre meno anche quello matrimoniale, almeno rispetto al disegno di legge n. 2253, mai discusso nella terminata XVII Legislazione, recante “Modifiche all’articolo 143 del codice civile, in materia di soppressione dell’obbligo reciproco di fedeltà tra i coniugi”, secondo cui la fedeltà sarebbe stata «retaggio culturale di una visione superata e vetusta del matrimonio», giacché tale obbligo troverebbe la propria ratio nel voler disciplinare la sessualità della sola donna: «fino a non molto tempo fa, solo la fedeltà della medesima era un modo per «garantire» la legittimità dei figli». Vedi il sito web del Senato della Repubblica, al link http://www. senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DDLPRES/972496/index.html?stampa=si&spart=si&toc=no. In dottrina cfr. A. Ruggeri, Unioni civili e convivenze di fatto: “famiglie” mascherate? (Nota minima su una questione controversa e sulla sua discutibile risoluzione da parte della legge n. 76 del 2016), in www.consultaonline.it, 2016, n. 2, il quale osserva criticamente che la mancanza della fedeltà rispetto alle unioni civili è in realtà irragionevole, «tanto più che dell’assistenza morale (e materiale) risultano gravati – come si è rammentato – tanto gli “uniti” quanto gli stessi conviventi. E francamente non si vede su quali fondamenta sostanziali (o, meglio, etico-sostanziali) possa poggiare l’assistenza stessa laddove faccia (o possa fare) difetto l’obbligo di mutua fedeltà di coloro che compongono tutte tali formazioni sociali» p. 259. 98 È appena il caso di ricordare che sino alla sentenza della Corte costituzionale n. 126 del 1968 che ha dichiarato illegittimo per violazione dell’art. 29 Cost. l’art. 559 c. p., l’adulterio della moglie era considerato reato e punito più gravemente del concubinato del marito (art. 560 c.p., articolo dichiarato illegittimo dalla stessa corto con sentenza n. 147 del 1969). 99 In giurisprudenza vedi Cass. civ. Sez. I, 23.05.2008, n. 13431, in Banche Dati Leggi d’Italia. 100 Cfr. E. Falletti, Quando l’assenza è più forte di una presenza: lo stralcio del dovere di fedeltà tra matrimonio e unione civile, in GenIus, n. 2/2016, 131 ss.; V. Parlato, Note su matrimonio e unioni civili nella concezione cattolica e nel diritto canonico, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, n. 6/2014; M.A. Glendon, The Transformation of Family Law, Chicago-London, 1989, 17 ss.; S. Sanders, The Cyclical Nature of Divorce in the Western Legal Tradition, in 50 Loy. L. Rev. 407, 2004, 409.

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sacrificare gli interessi e le scelte individuali di ciascun coniuge che si rivelino in conflitto con gli impegni e le prospettive della vita comune101. In questo quadro, l’infedeltà affettiva diventa componente di una fedeltà più ampia che si traduce nella capacità di sacrificare le proprie scelte personali a quelle imposte dal legame di coppia e dal rapporto che su di esso si fonda102. L’assenza di tale dovere nell’art. 1, comma 11, della legge 76/2016 produce notevoli effetti a livello simbolico più che tecnico-giuridico103, vuoi anche perché la fedeltà non è stata mai qualificata come obbligazione in senso tecnico, difettando del requisito della patrimonialità104, né, per giurisprudenza ormai pacifica, è requisito sufficiente per l’addebito della separazione dei coniugi105. Eppure, al di là dell’aspetto prettamente patrimoniale, gli effetti simbolici prodotti da tale omissione non sono da trascurare, vuoi per l’effetto stigmatizzante, antipluralista e discriminatorio, vuoi per la sua astratta ricaduta sull’attitudine genitoriale delle coppie same-sex106. La vera posta in gioco della legge 76/2016, difatti, pare essere stata il voler escludere rilevanza alla genitorialità omosessuale: in Parlamento – è stato osservato in dottrina – «sembra non ammettersi che si possa cambiare orientamento sessuale, essere eterosessuali in una fase della vita, procreare ‘naturalmente’ e poi cambiare orientamento sessuale, semplicemente perché le relazioni affettive e la sessualità stessa sono fluide e si può essere omosessuali, ma anche eterosessuali, in tanti modi. E l’esito è che per queste bambine e

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Vedi Cass. civ., Sez. I, Sent., 09.04.2015, n. 7132, in Foro it., 2015, I, c. 1520 ss. Cfr. F. Gazzoni, Amore e Diritto, ovverosia i diritti dell’amore, ESI, 1994, secondo il quale lo “stare insieme” supera la mera logica dell’abitudine al rapporto coniugale e «finisce per divenire un valore ed in tal senso la fedeltà, o meglio la lealtà, è un valore, perché essa vuol dire, appunto, continuità di vita affettiva, al di là delle riduttive opinioni in chiave di esclusività sessuale» p. 198. Diffusamente cfr. F. Santoro Passarelli, Dei diritti e dei doveri che nascono dal matrimonio, in Commentario dir. it. fam., II, Padova, 1992, 507 ss.; P. Zatti, Diritti e doveri del matrimonio e la separazione, in Trattato Rescigno, Persone e famiglia, 2, III, Torino, 1996, 39 ss.; R. Tommasini, I rapporti personali tra coniugi, in Trattato di diritti privato Bessone, vol. IV, cit., 434 ss.; V. Vadalà, Obbligo di fedeltà, in AA.VV. Il nuovo diritto di famiglia, vol. II, Milano, 2015, 473 ss. 103 Cfr. E. Quadri, “Unioni civili tra persone dello stesso sesso” e “convivenze”: il non facile ruolo che la nuova legge affida all’interprete, in Corr. giur., 2016, 897 ss., ove si osserva che il silenzio sul dovere di fedeltà nella disciplina delle unioni civili finisce con l’essere privo di reale portata applicativa. 104 Cfr. P. Rescigno, Obbligazioni (Diritto privato. Nozioni generali), in Enc. dir., XXIX, Milano, 1979, 133 ss., specialmente 138 «la fedeltà e l’assistenza morale non possono costituire materia di pretese coercibili e nemmeno può collegarsi alla violazione di un obbligo di risarcimento, ma il ‘comportamento contrario’ a quei doveri (così si esprime l’art. 143 comma 2) determina conseguenze a carico del soggetto, dalla separazione giudiziale in sé considerata (quando la condotta contrastante rende intollerabile la convivenza) al più specifico profilo dell’ ‘addebito’ della separazione (art. 151 comma 2)». La dottrina è sul punto divisa. Altri autori ritengono infatti che, relativamente agli obblighi di cui all’art. 143 c.c., è necessario distinguere tra il fatto illecito commesso dal coniuge quale causa di separazione personale o di divorzio, dal fatto illecito considerato come presupposto per l’azione diretta ad ottenere il risarcimento del danno ex art. 2043 c.c.: in tal senso cfr. S. Patti, Famiglia e responsabilità civile, Milano, 1984. 105 Poiché la dichiarazione di addebito della separazione richiede la prova che l’irreversibilità della crisi coniugale sia collegabile al comportamento contrario ai doveri nascenti dal matrimonio di uno o di entrambi i coniugi sussistendo un nesso di causalità fra di esso e il determinarsi dell’intollerabilità della convivenza. Vedi fra le ultime Cass. civ., Sez. I, Sent., 15.07.2014, n. 16172, in Banche Dati Leggi d’Italia; Cass. civ., Sez. I, 25.05.2016, n. 10823, in Nuova giur. civ. comm., n. 11/2016, 1494 ss., con nota di Scia. 106 su cui cfr. già M. R. Marella, Qualche notazione sui possibili effetti simbolici e redistributivi del d.d.l. Cirinnà, in AboutGender. Rivista internazionale di studi di genere, Vol. 5, n. 9, 2016, 151 ss.; F. Caggia, Capire il diritto di famiglia attraverso le sue fasi, cit., 1577 ss.; M. D’Amico, L’approvazione del ddl Cirinnà fra riconoscimento dei diritti e scontro ideologico, in www.federalismi.it, 2016, n. 5. 102

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questi bambini non valgono i diritti di cui godono le bambine e i bambini che crescono nelle famiglie etero. Neanche il diritto alla bigenitorialità, si capisce!»107. Sicché la tutela del best interest dei minori delle c.d. famiglie arcobaleno è affidata ancora una volta (a conferma di una tendenza della fase attuale di globalizzazione del diritto)108 all’opera dei giudici109, che – anche in virtù della norma contenuta nel capoverso finale all’art. 1, comma 20, della legge 76/2016110 – continuano laicamente a riconoscere la responsabilità genitoriale dei partner dei genitori biologici dei minori stessi, prescindendo dalla circostanza che i minori siano stati concepiti da un precedente rapporto eterosessuale o attraverso tecniche di procreazione medicalmente assistita111. E le più coraggiose e

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M. R. Marella, Dal diritto alla bigenitorialità al ddl Cirinnà: un’incursione nelle strutture profonde del diritto di famiglia, in Euronomade, http://www.euronomade.info/?p=6982. 108 Cfr. Du. Kennedy, Three Globalizations of Law and Legal Thoughts, in D. Trubek & A. Santos (eds.), The New Law and Economic Development. A Critical Appraisal, Cambridge, 2006, 19 ss.; F. Caggia, Capire il diritto di famiglia attraverso le sue fasi, cit., passim; sul ruolo della giurisprudenza si interrogano sempre più i civilisti, cfr. da ultimo: P. Rescigno, S. Patti, La genesi della sentenza, Bologna, 2016; C. Camardi, Certezza e incertezza nel diritto privato contemporaneo, Torino, 2017; N. Lipari, Il diritto civile tra legge e giudizio, Milano, 2017. 109 Lo sottolinea molto bene G. Ferrando, Unioni civili. La situazione in Italia alla vigilia della riforma, in Juscivile, 2016, al link http:// www.juscivile.it/contributi/2016/05_Ferrando.pdf, in particolare p. 48 ss. Come osserva l’Autrice, infatti, in assenza di una legge ad hoc «il diritto dei figli alla certezza e stabilità del rapporto con coloro che effettivamente esercitano la funzione genitoriale è affidata all’intervento giudiziale, necessariamente episodico, frammentario e incerto nei suoi esiti. […]La richiesta di formalizzazione del rapporto mira ad ottenere le garanzie giuridiche che lo mettano al riparo dai rischi (ad esempio, per il caso di morte del genitore biologico, o di rottura della vita comune) e dalle incertezze che lo caratterizzano nei confronti dei terzi (si pensi alle istituzioni scolastiche o sanitarie)» p. 49. 110 «Resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti». 111 Da ultimo vedi Cass. civ., sez. I, 15 giugno 2017, n. 14878, in Foro it., 2017, 7-8, 1, c. 2280 ss., secondo cui, non contrastando con l’ordine pubblico ed essendo nell’interesse del minore nato all’estero da una coppia omosessuale coniugata in uno Stato straniero, va accolta la domanda di rettificazione dell’atto di nascita, già trascritto nei registri dello stato civile del Comune italiano, come modificato rispetto a quello originario dall’ufficio dello stato civile britannico laddove quest’ultimo ha successivamente chiarito che la registrazione del minore, come figlio della sola madre biologica, era da considerarsi invalida, dovendo il nato essere registrato anche come figlio dell’altra partner, la c.d. madre sociale, di cui assumeva il cognome pur non avendone alcun legame biologico. Ancora si veda ordinanza della Corte d’Appello di Trento del 23 febbraio 2017 (on-line al link http://www.articolo29.it/ ), ove si dispone il riconoscimento di efficacia giuridica al provvedimento straniero che stabiliva la sussistenza di un legame genitoriale tra due minori nati grazie alla gestazione per altri – nel quadro di un progetto di genitorialità in coppia omosessuale – ed il loro padre non genetico. L’ordinanza si rifà a principi enunciati già in Cass. civ. Sez. I, Sent., 30.09.2016, n. 19599 in Foro it., 2016, 11, 1, 3329 ss., secondo cui è riconoscibile in Italia un atto di nascita straniero, validamente formato, dal quale risulti che il nato è figlio di due donne (una che l’ha partorito e l’altra che ha donato l’ovulo), poiché non esiste, a livello di principi costituzionali primari, come tali di ordine pubblico ed immodificabili dal legislatore ordinario, alcun divieto, per le coppie omosessuali, di accogliere e generare figli; Corte. App. Milano, dec., 28.12.2016 (on-line al link http://www.articolo29.it/2017/passo-dopo-passo-il-diritto-si-avvicina-alla-vita-la-corte-dappello-dimilano-ordina-la-trascrizione-dellatto-di-nascita-di-due-gemelli-nati-grazie-alla-gestazione-per-altri/), che ha ordinato la trascrizione di un atto di nascita, formato in California, relativo a due minori, nati da parto gemellare a seguito di ricorso alla gestazione per altri, e legati geneticamente ad una donatrice di ovocita – diversa dalla portatrice – e, rispettivamente, ai due padri committenti. In argomento cfr. G. Bisogni, Procreazione e globalizzazione. Cittadini o solo consumatori globali?, in QuestioneGiustizia, n. 2/2016, online al link http://www.questionegiustizia.it/rivista/2016/2/procreazione-e-globalizzazione_cittadini-o-solo-consumatori-globali__364. php. Da ultimo, rispetto alla giurisprudenza di merito, si veda Trib. Perugia, dec., 26.03.2018, ove si ordina la trascrizione integrale dell’atto di nascita, formato in Spagna, recante l’indicazione di due madri, genetica e di parto. La vicenda trae origine dal diniego di trascrizione opposto dal Comune di Perugia, nella persona del Sindaco Andrea Romizi, e successivamente impugnato ex art. 95 del D.P.R. n. 396/2000; diniego in conseguenza del quale, oltretutto, il minore - a dispetto di qualsiasi best interest - si era visto precluso il riconoscimento della cittadinanza italiana jure sanguinis, con un’odiosa ripercussione sul piano della libertà di circolazione: cfr. S. Stefanelli, Atto di nascita formato all’estero e bigenitorialità omosessuale: da Perugia un passo avanti verso il riconoscimento della filiazione intenzionale, in Articolo29. Quanto al dibattito intorno alla gestazioni per altri, pratica cui ricorrono perlopiù coppie eterosessuali, non va sottaciuto che esso è stato “sollevato” durante i lavori parlamentari del d.d.l. Cirinnà non solo per motivazioni bioetiche (che rimangono immutate da decenni), ma soprattutto per una questione politiche di accessibilità alla genitorialità: all’alba delle unioni civili e delle possibili “conquiste” che queste avrebbero fatto conseguire alle persone LGBTIAQ, si è prospettato con

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laiche decisioni, infine, giungono sino a riconoscere e ad ordinare la trascrizione di provvedimenti stranieri di adozione congiunta di minori esterni alla coppia same-sex112. Quel che vien sempre più in rilievo nel formante giurisprudenziale, quindi, è la fondamentale e generale libertà delle persone di autodeterminarsi e di formare una famiglia a condizioni non discriminanti rispetto a quelle accordate dalla legge alle coppie eterosessuali. D’altra parte, si è ben detto, generalmente l’egual rispetto degli individui «requires the protection of extensive spheres of liberty, so that they may engage in conduct that is meaningful and significant, forming a key part, for them, of the pursuit of happiness (speech, religious belief and practice, etc). This liberty is not given only to nice people, just as it is not given only to rich people. It is given equally to all»113. 3.3. Aperture al modello di famiglia non occidentale: il caso della kafalah.

Il diffondersi dei diritti umani e la speciale attenzione riconosciuta alla tutela dei minori, da un altro punto di vista, pare invece costituire un importante esempio di apertura al dato multiculturale, almeno per una recente giurisprudenza di legittimità. Il caso della kafalah islamica appare emblematico, dal momento che tale istituto dall’Oriente viene trapiantato nel cuore della Tradizione giuridica occidentale per mezzo del diritto internazionale privato114. In quest’ottica, infatti, la recente giurisprudenza di Cassazione ha constatato le differenze strutturali tra kafalah e gli altri istituti di protezione dell’infanzia propri dell’or-

crescente timore un’estensione dello status genitoriale anche alle coppie same-sex. Cfr. M. R. Marella, Qualche notazione sui possibili effetti simbolici e redistributivi della legge Cirinnà, cit.; in generale sulla gestazione per altri sia consentito il rinvio a M. Di Masi, Maternità surrogata: dal contratto allo status, in Riv. crit. dir. priv., n. 4/2014, 615 ss. Sull’omogenitorialità assai critica S. Niccolai, Maternità omosessuale e diritto delle persone omosessuali alla procreazione. Sono la stessa cosa? Una proposta di riflessione, in www. costituzionalismo.it. 112 Vedi Trib. Min. Firenze, decreti, con commento di A. Schillaci in Articolo29, al link http://www.articolo29.it/2017/una-vera-epropria-famiglia-da-firenze-un-nuovo-passo-avanti-per-il-riconoscimento-dellomogenitorialita/#more-11858. Il Tribunale fiorentino, in particolare, ha dichiarato applicabile – nella fattispecie sottoposta al suo esame – la previsione di cui all’art. 36, comma 4 della legge n. 184/1983, secondo il quale «l‘adozione pronunciata dalla competente autorità di un Paese straniero a istanza di cittadini italiani, che dimostrino al momento della pronuncia di aver soggiornato continuativamente nello stesso e di avervi avuto la residenza da almeno due anni, viene riconosciuta ad ogni effetto in Italia con provvedimento del tribunale per i minorenni, purché conforme ai princìpi della Convenzione» (per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, firmata all’Aja il 29 maggio 1993 e ratificata dall’Italia). Similmente si veda l’ordinanza n. 1319 del 1 Settembre 2017 della Corte d’Appello di Genova (in www.articolo29.it con nota di G. N. La Diega, Corte d’appello di Genova: riconoscimento automatico di adozione omogenitoriale nazionale straniera) che dichiara l’efficacia della sentenza straniera concedente l’adozione a una coppia di coniugi del medesimo sesso e ordina la trascrizione della stessa e del certificato di nascita nei registri dell’Ufficio di stato civile. In tal caso i giudici ritengono però che la vicenda sia regolata dalla legge n. 218/1995 e non dalla legge n. 184/1983. con la conseguenza che la regola è il riconoscimento automatico dell’adozione da parte dell’ufficiale dello stato civile, mentre il vaglio del Tribunale dei Minorenni previsto dalla legge sulle adozioni è eccezionale e limitato alla c.d. adozione internazionale; oltretutto si statuisce che la limitazione dell’adozione alle coppie unite in matrimonio non è una norma fondamentale di ordine pubblico, per cui la sua violazione non attiva il limite dell’ordine pubblico internazionale:. il nucleo di questo limite è nel rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo, che, in subiecta materia, ha come bussola il prevalente interesse del minore. Diffusamente cfr. S. Stefanelli, Status, discendenza ed affettività nella filiazione omogenitoriale, in Fam. dir., n. 1/2017, 83 ss. 113 M. Nussbaum, From Disgust to Humanity, cit., 35. 114 In generale sulla kafalah: M. Orlandi, La kafala islamica e la sua riconoscibilità quale adozione, in Dir. fam. pers., 2005, 635 ss.; J. Long, Kafala e ricongiungimento familiare, in Dir. immigraz. e cittad., 2008, 73 ss.; P. Morozzo della Rocca, Rassegna critica della giurisprudenza in materia di coesione familiare con il minore affidato mediante kafalah, in Gli stranieri, 2011, 15 ss.

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dinamento italiano, ma ne ha valorizzato gli aspetti funzionali analoghi – in ogni caso meritevoli di tutela – per garantirne piena efficacia anche in Italia115. Suddetto risultato, va detto, risulta possibile in quanto il principio del preminente interesse del fanciullo116 diventa la chiave di volta dell’impianto argomentativo dei giudici, i quali finiscono per “orientalizzare” la prospettiva di analisi per valorizzare le differenze strutturali tra adozione legittimante e kafalah117. Tale escamotage, che valorizza il dato multiculturale, pare peraltro utilizzato dalla stessa Corte europea dei diritti dell’uomo nelle pronunce in cui si è occupata del rifiuto posto, rispettivamente, da Francia e Belgio di consentire l’adozione di minori affidati mediante kafalah. Qui i giudici di Strasburgo hanno ritenuto non solo che tale rifiuto non si pone in contrasto con il rispetto della vita privata e familiare (art. 8 CEDU) del minore, ma che anzi è pienamente rispettoso del preminente interesse dello stesso, poiché ne preserva l’origine etnica, religiosa, culturale e linguistica118. In questo modo si riconosce all’istituto di diritto islamico a tutela dei minori una sua propria specificità. In altre parole, rigettando l’istanza di adozione nei casi di kafalah, lo Stato francese e quello belga utilizzano il proprio margine di apprezzamento in maniera funzionale al preminente interesse dei minori di religione islamica affidati mediante kafalah, favorendone l’integrazione senza troncare immediatamente le regole dei loro Paesi d’origine (in un caso l’Algeria, nell’altro il Marocco), che vietano l’adozione e i conseguenti effetti rescindenti con la famiglia biologica, rispettando così il pluralismo culturale e trovando un giusto equilibrio tra l’interesse pubblico e quello dei ricorrenti119. D’altra parte, come sostengono i giudici di Cassazione, tutelando la specificità degli effetti giuridici della kafalah – e, si badi, il vaglio di conformità all’ordine pubblico italiano riguarda i soli effetti dell’istituto islamico, e non già le prescrizioni normative sulla kafalah vigenti in Marocco – si garantisce a chiunque professi la fede islamica, sia esso cittadino italiano o meno, «di esercitare una forma di protezione nei confronti di un minore, rispetto al quale è disposto ed è idoneo a esercitare un ruolo di protezione, assistenza e cura affettiva, in armonia con i precetti della propria religione»120.

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Si veda Cass. Civ., I sez., 02.02.2015, n. 1843, in Nuova giur. civ. comm., I, n. 8/2015, 707 ss., con nota di M. Di Masi. Desumibile dagli artt. 2 e 30 della Costituzione, il preminente interesse del minore è consacrato nell’art. 3 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 24 novembre 1989, ratificata con la l. 27 maggio 1991, n. 176 e viene ribadito oggi dall’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea del 7 dicembre 2000, che al secondo comma sancisce che «[i]n tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente». 117 Procedimento che si pone in tendenza contrastante con la classica visione eurocentrica del diritto, che ha storicamente portato ad un “esoticizzazione dell’altro”: si veda T. Ruskola, Legal orientalism, in 101 Mich. L. Rew., 2002, 179; l’argomento è ripreso da G. Marini, La costruzione delle tradizioni giuridiche e il diritto latino-americano, in Riv. crit. dir. priv., n. 2/2011, 163 ss., il quale osserva come il diritto comparato produca visioni del mondo in base alle quali cataloga i suoi prodotti: «[c]iò riporta l’attenzione sul ruolo dell’interprete e sulla capacità di definire e fondare (in modo consapevole o inconsapevole) l’identità e la differenza, attraverso processi selettivi che tendono all’isolamento (esoticizzazione) o all’omologazione (normalizzazione) a seconda degli elementi che considera rilevanti o meno per il modello» pp. 187-188. 118 Vedi Corte EDU, 4.10.2012, ric. 43631/09, in Giornale dir. amm., n. 1/2013, 67 ss.; Corte EDU, 16.12.2014, ric. 52265/10, in http:// www.cortecostituzionale.it/documenti/bollettini/BollettiniCSE/Bollettino_Cse_20141012.pdf. 119 Nel senso auspicato da tempo da P. Rescigno, Pluralità di culture e unicità di ordinamento giuridico, cit., 156. 120 Cass. Civ., I sez., 2.2.2015, n. 1843, cit., 715. 116

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Con queste argomentazioni tanto i giudici europei che quelli di Cassazione, nel riconoscere efficacia alla kafalah, superano l’intrinseca ambiguità del best interest del minore, che a causa della sua genericità rischia di essere apprezzato in astratto, diventando in tal modo proiezione delle categorie culturali, sociali e giuridiche dell’interprete occidentale121. La valutazione del preminente interesse del minore, invece, viene svolta qui dalla giurisprudenza in concreto, con specifico riguardo alla situazione dei singoli minori, tenendo presente il loro quadro culturale e familiare di riferimento122. Una siffatta valutazione in concreto del preminente interesse del minore conduce i giudici ad attenuare il rilievo di ordine pubblico ed è indotta e corroborata dalle norme sovranazionali volte a riconoscere specificamente la kafalah: l’art. 20, par.3, della Convenzione delle nazioni Unite del 1989 sui diritti del fanciullo, resa esecutiva in Italia con l. 27 maggio 1991 n. 176, che annovera la kafalah tra le misure di protezione del minore quando manchi la famiglia biologica oppure quando nel suo interesse non è opportuno che egli vi rimanga; poi, la stessa disposizione indica agli Stati firmatari la necessità di preferire in concreto, tra le misure potenzialmente adottabili, quella che consenta una «certa continuità nell’educazione del fanciullo, nonché della sua origine etnica, religiosa, culturale e linguistica». Ancora l’art. 3, lett. e) della Convenzione dell’Aja del 19 ottobre 1996 sulla competenza giurisdizionale, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità parentale e di misure di protezione dei minori, comprende tra queste ultime l’accoglienza legale mediante kafalah o istituti analoghi. In tal modo si riconosce alla kafalah negoziale un proprio specifico spazio applicativo nel diritto italiano, in controtendenza rispetto al principio che tende a escludere l’autonomia privata nei rapporti di filiazione o comunque a protezione dei minori, presidiati dallo status e da norme pubblicistiche inderogabili. Innesto giuridico che, lungi dall’essere dovuto a mera tolleranza da parte del nostro sistema giuridico, dovrebbe comportare una riconsiderazione in chiave maggiormente flessibile e diversificata degli strumenti giuridici occidentali a tutela dei minori abbandonati o in difficoltà.

4. Scenari futuri (ma non troppo): dalla poligamia… In seno alla fase attuale di secolarizzazione del diritto di famiglia, che come visto si caratterizza per l’apertura a modelli familiari non occidentali tramite la retorica dei diritti umani, infine, occorre che lo studioso si fermi a riconsiderare anche la poligamia, istituto

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In generale, sul pregiudizio orientalistico degli europei cfr. il classico E. Said, Orientalism, London, Routledge and Kegan Paul, 1978. Cfr. L. Lenti, J. Long, Rapporti familiari e interculturalità, in Minorigiustizia, n. 2/2012, 7 ss., ove per altro si nota come il diritto alla differenza culturale viene perlopiù sacrificato quando il suo esercizio determini o rischi di determinare la lesione di diritti fondamentali garantiti secondo il sistema costituzionale e internazionale di protezione dei diritti inviolabili dell’uomo, come ad esempio, nell’ipotesi dei genitori rom che coinvolgono i minori nell’accattonaggio o di famiglie di etnia cinese che coinvolgono i minori in attività lavorative.

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del diritto islamico che costituisce per le società europee del Terzo millennio un dilemma di non poco momento123. E non solo perché, come è emerso, a livello operazionale il crescente flusso migratorio di islamici ha spinto sempre più spesso i giuristi europei ad interrogarsi sulla poligamia e le sue implicazioni nel diritto internazionale privato, fenomeno che ha contribuito alla lenta erosione che il principio monogamico ha subito a partire degli anni ’70 in tutta Europa, anche a seguito della costituzionalizzazione del diritto di famiglia; costituzionalizzazione che tendenzialmente ha comportato una tutela della funzione familiare in sé, piuttosto che di un solo modello familiare (quello matrimonialemonogamico)124. Ma soprattutto perché la poligamia riguarda sempre meno gli immigrati e sempre più i cittadini europei, giacché a fronte dei primi flussi migratori, oggi un gran numero di cittadini europei è di religione islamica: tale mutamento non può che incidere sul concetto di ordine pubblico internazionale di ogni Stato, che deve quindi far i conti con la mutata sensibilità socio-culturale e con l’emergere delle nuove identità tutelate dalle Carte dei diritti, prima fra tutte quella del minore. E proprio attraverso la tutela dello status di protezione del minore, che la poligamia si presta ad essere ripensata. In particolare, un’indagine che voglia indagare gli effetti del matrimonio poligamico rispetto al modello occidentale di famiglia non può non confrontarsi con la casistica giurisprudenziale avente ad oggetto il ricongiungimento familiare della seconda o terza moglie dell’islamico immigrato in un Paese europeo. Rispetto a questa ipotesi, invero, in passato si è mostrato un generale atteggiamento di apertura (eccezion fatta per l’Italia e la Spagna) da parte dei vari giudici europei verso l’ingresso e il soggiorno delle mogli “ulteriori” dell’immigrato islamico, atteggiamento che viene però oggi apertamente osteggiato dalla Direttiva 2003/86/ CE sul diritto al ricongiungimento familiare125: l’art. 4 comma 4 sancisce, difatti, il divieto per gli Stati membri di autorizzare il ricongiungimento di un altro coniuge nei confronti di un “soggiornante” che già convive con un coniuge nei rispettivi territori126. Sicché alla

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Cfr. M.R. Marella, Poligamia, cit.; M. Rizzuti, Il problema dei rapporti familiari poligamici. Precedenti storici e attualità della questione, cit. Cfr. V. Scalisi, Le stagioni della famiglia nel diritto dall’unità d’Italia a oggi - Parte seconda: “Pluralizzazione” e “riconoscimento” anche in prospettiva europea, in Riv. dir. civ., n. 6/2013, 1287 ss. 125 Vedi amplius G. Sirianni, Il diritto degli stranieri alla unità familiare, Milano, 2006. L’Autore osserva come la Direttiva 2003/86/CE abbia avuto un iter molto contrastato (in particolare dalla Germania) che si è concluso con un testo che finisce per sacrificare il diritto al ricongiungimento familiare quale diritto fondamentale, come desumibile tanto dalla CEDU quanto dalla Carta di Nizza. Cfr. anche la Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo sull’applicazione della Direttiva 2003/86/CE relativa al diritto al ricongiungimento familiare, del 08/10/2008, on-line su http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:52008DC0 610:IT:NOT. In dottrina è stato, poi, osservato come tale direttiva sancisca un regime di aperta diseguaglianza rispetto ai cittadini dell’Unione Europea (Dir. 2004/38 CE): sul punto cfr. R. Aveta, La tutela dei migranti e la circolazione di modelli di “diritto diseguale”, in Rass. dir. civ., n. 3/2010, 832 ss.; in generale R. Senigaglia, Il significato del diritto al ricongiungimento familiare nel rapporto tra ordinamenti di diversa “tradizione”. I casi della poligamia e della kafala di diritto islamico, in Europa e dir. priv., n. 2/2014, 533 ss. 126 Già nel considerando 9 della Direttiva possiamo leggere che il ricongiungimento familiare «dovrebbe riguardare in ogni caso i membri della famiglia nucleare, cioè il coniuge e i figli minorenni»; al considerando 10 è affermato che «dipende dagli Stati membri decidere se autorizzare la riunificazione familiare per parenti in linea diretta ascendente, figli maggiorenni non coniugati, partners non coniugati o la cui relazione sia registrata, nonché, in caso di matrimoni poligami, i figli minori di un altro coniuge» e al considerando 11 è espressamente detto che il diritto al ricongiungimento familiare dovrebbe essere esercitato nel necessario rispetto dei valori e dei principi riconosciuti dagli Stati membri, soprattutto quando entrino in gioco diritti delle donne e dei minorenni: tale «rispetto giustifica che alle richieste di ricongiungimento familiare relative a famiglia poligama possono essere contrapposte misure restrittive». 124

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tendenziale apertura dei giudici nazionali a partire dagli anni ’70, è corrisposta un successiva chiusura da parte dei legislatori nazionali, che hanno utilizzato le numerose clausole c.d. di standstill contenute nella Direttiva 2003/86/CE per precludere il ricongiungimento familiare poligamico. Dal punto di vista diacronico, in Francia il Conseil d’État ha negato che un Prefetto potesse rifiutare il permesso di soggiorno alla seconda moglie di un cittadino del Benin, immigrato regolarmente con la prima moglie e quattro figli, ritenendo che tale ricongiungimento sarebbe contrario all’ordine pubblico per il solo fatto della poligamia. La motivazione poggia sulla circostanza l’ordine pubblico richiamato dall’art. 1, comma quinto, del decreto 29 aprile 1976, relativo alle condizioni di ingresso e soggiorno in Francia dei familiari degli stranieri autorizzati a risiedere nel territorio francese, vada inteso nel senso di ordine pubblico di polizia127. Meno di venti anni dopo, con la legge 93-1027 del 24 agosto 1993 la Francia ha bloccato l’immigrazione di stranieri a statuto poligamico ed ha regolarizzato la posizione delle mogli “ulteriori” già presenti nel territorio francese imponendo di de-coabitare rispetto al marito128. In Germania un caso simile è deciso dal Verwaltungsgericht di Gelsenkirchen nel 1974 rispetto alla richiesta di permesso di soggiorno avanzata dalla seconda moglie di un cittadino giordano residente nel territorio tedesco con la prima moglie129. Anche qui il giudice pone la questione dell’ordine pubblico di polizia, ritenendo che il permanere in Germania di un’unione poligamica contratta all’estero non sia da considerarsi pregiudizievole per la comunità sociale tedesca, escludendo anche che tale convivenza si ponga in contrasto con la nozione di ordine pubblico di diritto internazionale privato come previsto dall’art. 30 EGBGB, il cui ambito di applicazione è efficace solo rispetto ad un secondo matrimonio celebrato in territorio tedesco. Nel 1985, poi, in un altro caso il Bundesverwaltungsgericht afferma non solo che la convivenza poligamica in Germania di tre cittadini giordani non fosse contraria al buon costume ed all’ordine pubblico internazionalprivatistico, ma addirittura che tale modello familiare trovasse copertura costituzionale nell’art. 6 GG che tutela, se non il matrimonio poligamico in sé, la famiglia in ogni sua forma130.

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Conseil d’État 11 luglio 1980, in Rev. crit. dr. int. privé, 1981, 658 ss. Il caso è richiamato da A. Galoppini, Ricongiungimento familiare e poligamia, in Dir. Fam., 2000, II, 739 ss. D’altra parte va ricordato che in Francia la poligamia precludeva l’acquisto della cittadinanza francese per naturalizzazione o per reintegrazione in quanto segno lapalissiano di un défout d’assimilation. 128 In seguito lo stesso atteggiamento di chiusura si riscontra nella legge 2006-911 del 24 luglio 2006 relativa all’immigrazione ed all’integrazione. Cfr. V. Federico, La Francia si interroga sulla poligamia, in Quad. cost., n. 2/2010, 371 ss., la quale osserva come la questione sia delicata poiché da un lato vi è la volontà di scoraggiare i ménage poligamici, dall’altro l’esigenza di rispettare la vita familiare di persone presenti sul territorio francese da tempo, spesso genitori di figli nati in Francia. La stessa politica restrittiva è stata seguita dalla Spagna con la Ley orgánica n. 14/2003 del 20 novembre 2003, che prevede il diritto al ricongiungimento familiare di una sola moglie a scelta del marito (quindi non necessariamente la prima). In argomento cfr. C. Campiglio, Il diritto di famiglia islamico nella prassi italiana, in Riv. it. dir. priv. e proc., n.1/2008, 43 ss. 129 VerwG Gelsenkirchen, 18 luglio 1974, in FamRz, 1976, 338 ss. con nota di E. Jayme. 130 BverwG, 30 aprile 1985, in FamRZ, 1985, 923 ss. Il caso è riportato da C. Campiglio, Matrimonio poligamico, cit. 883.

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In Italia, invece, un caso analogo si è presentato al giudice amministrativo nei primi anni ’90131: l’Autorità di Pubblica sicurezza negava la richiesta del permesso di soggiorno delle due mogli (e dei 5 dei loro 11 figli) di un operaio marocchino residente in Emilia. Il Provvedimento veniva impugnato dinanzi al TAR, il quale si pronuncia per l’inammissibilità della richiesta in quanto contraria al buon costume ed all’ordine pubblico. Fedele a tale indirizzo giurisprudenziale, il legislatore non ha faticato nel recepire restrittivamente la Direttiva europea del 2003, con il d. lgs. 8 gennaio 2007, n. 5, contenente modifiche e integrazioni al d. lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero)132. Sicché anche la giurisprudenza di legittimità recente non ha mancato di sottolineare che il divieto di poligamia va interpretato in senso restrittivo e oggettivo, indipendentemente dalla circostanza che la richiesta di ricongiungimento sia effettuata dal figlio133. Nel Regno Unito, a seguito dell’Immigration Act del 1988 un uomo non può stabilirsi nel territorio inglese con più di una moglie134; ugualmente il ricongiungimento dei figli sarà respinto se è stato respinta l’ammissione della loro madre. Non si sono dimostrate più sensibili le Corti europee, che in materia di ricongiungimento familiare riconoscono agli Stati un ampio margine di discrezionalità. Da una parte la Corte EDU ha elaborato una giurisprudenza consolidata in materia di immigrazione, ricongiungimento familiare e applicazione dell’art. 8 (rispetto della vita privata e familiare), i cui cardini sono: «a) L’étendue de l’obligation pour un Etat d’admettre sur son territoire des parents d’immigrés dépend de la situation des intéressés et de l’intérêt général. b) D’après un principe de droit international bien établi, les Etats ont le droit, sans préjudice des engagements découlant pour eux de traités, de contrôler l’entrée des nonnationaux sur leur sol. c) En matière d’immigration, l’article 8 ne saurait s’interpréter comme comportant pour un Etat l’obligation générale de respecter le choix, par des couples mariés, de leur résidence commune et de permettre le regroupement familial sur son territoire»135.

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TAR Emilia Romagna, 14 dicembre 1994 (in Gli stranieri, 1995, II, 58 ss., con nota di I. Fusiello, Poligamia e ricongiungimento familiare). La giurisprudenza italiana ha consentito ricongiungimenti familiari ove di mezzo ci fossero minori in tenera età, in Conformità alla Convenzione ONU sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989: vedi Cass., 9 giugno 2005, n. 12169 in Fam. dir., 2005, 354 ss. 132 Circa la giurisprudenza italiana si rinvia a V. Calderai, «All Families Are Equals, But Some Families Are More Equal Than Others». Note critiche sulla giurisprudenza delle corti superiori in materia di diritto all’unità familiare dei migranti, in Riv. crit. dir. priv., n. 3/2010, 505 ss. Per ulteriori considerazioni critiche in tema di ricongiungimento familiare e poligamia in Europa si rinvia a M.R. Marella, Critical Family Law, cit. 133 Cass., 28 febbraio 2013, n. 4984, in Foro it., 2013, 9, I, c. 2519. 134 Vedi Immigration Act 1988, section 2 on-line al link: http://www.legislation.gov.uk/ukpga/1988/14/section/2. 135 Vedi Corte EDU, 19 febbraio 1996, Gül v. Svizzera, par. 38; 28 novembre 1998, Ahmut v. Paesi Bassi, par. 67; 21 dicembre 2001, Sen v. Paesi Bassi, par. 36; 31 gennaio 2006, Rodrigues da Silva e Hoogkamer v. Paesi Bassi. Tutte le decisioni sono consultabili on-line al link: http://www.echr.coe.int/echr/en/hudoc/.

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Dall’altra parte tali principi sono stati ripresi anche dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea nel 2006136, per affermare la legittimità dell’art. 4 della Direttiva 2003/86/CE, che consente il ricongiungimento di un solo coniuge, oltre che la possibilità di rifiutare ai figli di altri coniugi l’ingresso per ricongiungersi al soggiornante con evidente sacrificio del best interest of the child. Ancora una volta, allora, come nel caso dei figli delle famiglie arcobaleno, non tutti i bambini e le bambine sono degni di egual tutela! Con buona pace dei diritti dell’uomo ad essi riconosciuti… Sacrificio davvero controtendenza, che nei prossimi anni non si potrà che ripensare in favore di una concreta tutela del minore e del riconoscimento di un pluralismo effettivo, in grado di integrare appieno il dato multiculturale. In tal senso, d’altra parte, milita già un orientamento della Commissione Edu, che ha ricordato come, sebbene ogni Stato possa rifiutare di riconoscere i matrimoni poligamici, in quanto contrari al proprio ordine pubblico, sia necessario salvaguardare gli effetti nei confronti dei figli, in nome dell’interesse preminente dei medesimi cui si ispira, tra gli altri, la Convenzione dell’ONU sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989137. 4.1. ... al polyamory.

Ma il principio monogamico è oggi messo in crisi anche dal riconoscimento di diversi stili di vita, tanto che il giurista deve confrontarsi con le nuove problematiche poste dalle convivenze poliamorose (e potenzialmente dalla nascita di minori in tali contesti)138, convivenze plurime in aumento nel mondo Occidentale139, e che in Italia possono trovare una sponda giuridica anche al di là dell’istituzionalizzazione dei rapporti familiari di fatto prodotta dalle legge n. 76/2016, e in particolare dal comma 36 dell’art. 1 che fa espresso riferimento alla coppia140. Col termine polyamory, in particolare, si indicano una vasta

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Corte di giustizia, 27 giugno 2006, causa C.540/03, Parlamento europeo v. Consiglio dell’Unione europea, on-line http://www. dirittiuomo.it/CorteCee/corteCEE2006cartanizza.pdf. 137 Vedi Corte edu, sentenze del 21 giugno 1988, Berrehab c. Paesi Bassi, parr. 20 ss.; del 6 gennaio 1992, Alilouch El Abasse c. Paesi Bassi; del 21 dicembre 2001, Sen c. Paesi Bassi, par. A/1). 138 Sul poliamore cfr. M.R. Marella, G. Marini, Di cosa parliamo quando parliamo di famiglia, cit., 119 ss. 139 Cfr. J. Attali, Crepuscolo della monogamia. Siamo l’ultima generazione, in Corriere della Sera, 13.09.2005; Michael Cook, Will Polyamory Follow Same-sex Marriage?, al link https://www.lifesitenews.com/opinion/will-polyamory-follow-same-sex-marriage; C. Salvi, Coppia same-sex e Costituzione. La Corte costituzionale italiana e la Corte Suprema USA, cit., 291. Nella dottrina nordamericana, che per prima ha iniziato ad interrogarsi sul fenomeno, cfr. E. F. Emens, Manogamy’s Law: Compulsory Monogamy and Polyamorous Existence, 29 N.Y.U. Rev. L. & Soc. Change 277 (2004); J. Boone Dryden, This Is the Family I Chose: Broadening Domestic Partnership Law to Include Polyamory, 36 Hamline J. Pub. L. & Pol’y 162 (2015). A difesa del principio monogamico si veda J. A. Porter, Amour for Four: Polygyny, Polyamory, and the State’s Compelling Economic Interest in Normative Monogamy, 64 Emory L.J. 2093 (2015). 140 Ma ciò non impedisce di ricostruire sotto diversi profili giuridici una tutela per le unioni poliamorose, come sostiene A. Vercellone, Più di due. Verso uno statuto giuridico della famiglia poliamore, in Riv, crit. dir. priv., n. 4/2017, 607 ss. Inoltre, ai sensi dell’art. 1, comma 57, lett. a) e b), il contratto di convivenza è nullo e insanabile «in presenza di un vincolo matrimoniale, di un’unione civile o di un altro contratto di convivenza», nonché più ampiamente in difetto dei presupposti di cui al comma 36, così impedendo il principio monogamico se non a tutte le convivenze di fatto astrattamente possibili, di certo a quelle che vogliano utilizzare l’autonomia privata per sanzionare il proprio menage tramite lo specifico strumento giuridico del contratto di convivenza. Sul punto cfr. anche M. Rizzuti, cit., in particolare 178 ss.

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gamma di accordi tra partner che variano rispetto al numero di persone coinvolte, al genere ed ai rapporti sessuali tra le persone coinvolte, nonché in base al tipo di rapporto perseguito. In ogni caso, il poliamore si presenta come una poligamia post-moderna poiché non è inquadrata nel rigido schema monoandrico-poliginico e gerarchico della poligamia islamica141, ma corrisponde a diversi e flessibili modelli, che partono dal presupposto dell’autonomia e dell’eguaglianza delle parti coinvolte142. Ciò determina una inevitabile erosione, anche sul piano sincronico, del principio monogamico143. Principio che, sino a ieri, ha rappresentato il canone giuridico di derivazione giudaico-cristiano della famiglia tradizionale maggiormente resistente ai mutamenti sociali, ad oggi più resistente persino del canone dell’eterosessualtità.

5. Alcune conclusioni. Nel presente contributo si è cercato di ripercorre gli itinerari del processo di secolarizzazione nel diritto di famiglia, individuando due fasi di tale fenomeno, corrispondenti alla costituzionalizzazione del diritto di famiglia e al successivo, ed in parte conseguente, ruolo preminente assunto dai diritti umani nelle relazioni familiari e nei rapporti fra Stato e famiglia. Oggi assistiamo, con sfumature diverse in tutta la Western Legal Tradition, all’esito del processo iniziato negli anni ’70, dal momento che le leggi che hanno disciplinato la famiglia e la sessualità hanno tessuto la trama di un sistema che, progressivamente, ha abbandonato la «visione istituzionale della famiglia» perseguendo la «protezione della persona, che prevale sulle ragioni dell’unità del nucleo»144. Così, più che un presunto de-

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Così M.I. Strassberg, The challenge of post-modern polygamy: considering polyamory, 31 Cap. U. L. Rev. 439 (2003). In Italia c’è già un movimento per il Poliamore: si veda http://www.poliamore.org/, ove si legge che «[l]a caratteristica principale delle relazioni poliamorose è il consenso informato di tutti i partner coinvolti. Perché ci sia consenso, deve necessariamente esserci informazione su ciò a cui si sta dicendo di sì. È importante quindi che all’interno dei rapporti ci sia una comunicazione aperta ed onesta e un’attenzione particolare al rispetto dei sentimenti e dei bisogni di ognuno. Questo elemento mette il poliamore in aperto contrasto con il tradimento classico, nel quale è presente una relazione principale ufficiale in apparenza monogama (come ad esempio un matrimonio) ed una o più relazioni segrete (il cosiddetto o la cosiddetta “amante”)». In dottrina, da ultimo, si veda. E. Grande, Il poliamore, i diritti e il diritto, in The Cardozo Electronic Law Bulletin, 2018, on-line al link https://sites.google.com/site/ cardozoelectroniclawbulletin/global-frontiers-of-comparative-law. 143 D’altro canto, già Francia (D. Grillet-Ponton, Quasi-conjugalité, pluri et post-conjugalité: libres propos sur quelques situations atypiques, in JCP, 2002, I, 108 ss.) e di recente anche da noi, la giurisprudenza ha cominciato a confrontarsi con forme di convivenze plurime, ossia con casi in cui una persona sposata viva contemporaneamente e stabilmente una relazione di fatto con un’altra persona estranea al ménage matrimoniale, ovvero casi di ménage a trois, ove un uomo non sposato abbia due relazioni stabili con due diverse donne anch’esse non sposate. Invero, ciò che è giuridicamente rilevante, a seguito della depenalizzazione del reato di adulterio in tutta Europa, è la bigamia di diritto: non vi sono sanzioni penali per uno dei coniugi che, durante il matrimonio, trattenga relazioni più o meno stabili con altri partner senza sposarli. Ciò ha dirette ricadute in tema di responsabilità civile (danno esofamiliare), come mostra Cass., III sez., n. 12278 del 7 giugno 2011, in Resp. civ., 2011, 8-9, 629 ss., ove i giudici della Cassazione italiana hanno parificato – ai fini del risarcimento del danno morale in seguito alla morte del congiunto – la famiglia legale e la simultanea famiglia di fatto del defunto, quando anche per quest’ultima è provata la stabilità e la continuità nel tempo del rapporto e delle relazioni affettive. 144 M. Sesta, Diritto di famiglia, Padova, 2005, 27 ss. 142

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Famiglie, pluralismo e laicità.Processi di secolarizzazione nel diritto di famiglia

cesso – pur paventato – della famiglia145, emergono altri segnali: una progressiva contrattualizzazione dei rapporti di coppia e il diffondersi di nuove esperienze familiari (famiglie monoparentali, famiglie omosessuali, famiglie ricomposte, famiglie unipersonali, famiglie di fatto, famiglie poligamiche, famiglie poliamorose…)146. Questo trend ha comportato che i sistemi giuridici riconoscono sempre maggior spazio all’autonomia privata nell’area di regolamentazione della formazione e della cessazione dei rapporti di coppia147, mentre il potere pubblico interviene sempre più incisivamente in nuove aree del diritto di famiglia, attinenti all’esercizio delle relazioni genitoriali148. In questa prospettiva, allora, il diritto della filiazione mostra dei caratteri di specialità all’interno del diritto di famiglia stesso, o meglio si dimostra un’area all’interno del diritto di famiglia che rimane stabilmente resistente alle interferenze del diritto privato del mercato e sempre più esposta alle istanze pubblicistiche149. L’ampliarsi delle famiglie non tradizionali e la contrattualizzazione delle scelte procreative, infatti, pare trovare i giudici (ma oggi anche sempre più legislatori) concordi nello spostare l’attenzione dal ménage coniugale ai figli, privilegiando il best interest of the child150. Ciò conferma che «i vincoli familiari sono migrati all’interno del diritto della filiazione»151, costituendone un nucleo duro apparentemente inespugnabile152. Eppure il favor per l’identità dei minori, tipico dell’attuale fase della secolarizzazione del diritto di

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Il riferimento è al libro di D. Cooper, The Death of Family, London, 1971; cfr. F. D. Busnelli, La famiglia e l’arcipelago familiare, in Riv. dir. civ., n. 4/2004, 510 ss. Che la crisi della coppia sposata equivalga alla morte della famiglia è contestato da N. Rouland, Antropologia giuridica, cit., il quale osserva che si «tratta di un errore evidente, che deriva sempre dall’identificazione che operiamo tra famiglia e «ménage» nucleare, come se la parentela si riducesse alla coppia monogama indissolubile» p. 413. 146 Cfr. M.R. Marella - G. Marini, Di cosa parliamo quando parliamo di famiglia, cit. 147 Cfr. M.A. Glendon, Family Law in a Time of Turbulence, in IV International Encyclopedia of Comparative Law, J.C.B. Mohr, Tubingen, 2006. Rispetto all’esperienza italiana della contrattualizzazione del diritto di famiglia si veda P. Rescigno, Appunti sull’autonomia negoziale, in Persona e comunità. Saggi di diritto privato, vol. II., Padova 1988, 462 ss., specialmente 472 ss.; A. Zoppini, L’autonomia privata nel diritto di famiglia, sessant’anni dopo, in Riv. dir. civ., 2002, I, 213 ss.; S. Patti, La rilevanza del contratto nel diritto di famiglia, in Fam. Pers. Succ., n. 3-4/2005, 197 ss.; S. Catanossi, Libertà del volere e contrattualizzazione delle relazioni familiari, Napoli, 2013; M. R. Marella, The contractualisation of family law in Italy, in S.I.R.D. Società italiana per la Ricerca nel Diritto Comparato. Rapports Nationaux Italiens /Italian National Report, a cura di A. Gambaro, Milano, 2014, 193 ss.; da ultimo Ead., The privatization of Family Law: limits, gaps, backlashes, in Familia, n. 6/2017, 611 ss. 148 Da noi in tal senso, come si è detto, si è mosso il legislatore della Riforma della filiazione (legge n. 219/2012 e d.lgs. n. 154/2013). Cfr. l’analisi di V. Crescenzi, Per una semantica della famiglia (ovvero: di cosa si parla, quando si parla di famiglia?), in Il giurista e il diritto. Studi per Federico Spantigati, a cura di A. Bixio, G. Crifò, Milano, 2010, 3 ss., il quale già constata – in una prospettiva storica – una stratificazione semantica del termine famiglia nel codice civile vigente, tale per cui è possibile utilizzare giuridicamente il termine famiglia in tre accezioni differenti: per indicare la famiglia matrimoniale ovvero per indicare i rapporti di filiazione, ovvero per comprendervi le persone conviventi per servizio. Che il nucleo duro della famiglia sia nel rapporto di filiazione è provato, tra l’altro, dalla disciplina del matrimonio putativo che, anche prima delle recenti modifiche in tema di filiazione, faceva salvo in ogni caso i rapporti di filiazione anche in caso di nullità del vincolo matrimoniale (vedi in particolare 19 ss.). 149 M.R. Marella, Il diritto delle relazioni familiari fra stratificazioni e «resistenze», cit.; F. Parente, L’evoluzione dei modelli familiari: dal principio di autorità alla tutela delle libertà personali, in Rass. dir. civ., n. 2/2014, 389 e ss. 150 Cfr. le osservazioni di L. Lenti, Note critiche in tema di interesse del minore, in Riv. dir. civ., n.1/2016, 86 ss.; I. Thèry, ‘The Interest of the Child’ and the Regulation of the Post-Divorce Family (1986) 14 Int’l J. Soc. L 341 at 345. Esemplificativo di come l’ingerenza statale si fa più penetrante nelle scelte familiari che riguardano i minori è il caso dell’emotrasfusione per minori di età appartenenti a famiglie Testimoni di Geova: i genitori non possono rifiutare la trasfusione di sangue in favore del minore di età, pena la decadenza dalla responsabilità genitoriale ex artt. 330 e 333 c.c. 151 Così M. Iacub, L’impero del ventre. Per un’altra storia della maternità, trad. it. di S. De Pretis e C. Bonfiglioli, Verona, 2005, 17. 152 Cfr. J. Carbone, From partners to parents. The second revolution in family law, New York, 2000.

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famiglia, incontra alcune battute di arresto – soprattutto da parte dei legislatori – assai odiose, causate da marcatori culturali di matrice religiosa (cattolica) e dalle politiche del disgusto che agiscono sulle regole operazionali in maniera tale da discriminare formazioni familiari, nonché bambini e bambine nati e accolti in contesti familiari di minoranze LGBTIAQ (§ 3.2) oppure religiose (§ 4). A tal proposito è possibile individuare diverse ragioni che militano, nel nostro Paese, a favore di un’apertura a modelli di famiglia non tradizionali rispetto alla cultura occidentale: non solo perché tra le libertà fondamentali proprie della Tradizione giuridica occidentale vi è anche la libertà religiosa, che dovrebbe imporre il rispetto per l’altrui credo; non solo perché la religione fa parte dell’identità culturale della persona, la cui protezione è garantita dai diritti dell’uomo e ancor prima dalla Costituzione (artt. 2 e 3); non solo perché, usando le parole della Corte costituzionale, il «principio di laicità, quale emerge dagli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione, implica non indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale»153; ma anche perché è il diritto di famiglia contemporaneo a favorire, in misura crescente e in conformità al diritto fondamentale dell’uomo al rispetto della vita privata e familiare, la pluralità degli “stili di vita”154. Ragioni, queste ultime, che, implicando la libertà di scelta e la pari dignità sociale degli individui, non possono che integrarsi vicendevolmente e richiedere, quindi, allo Stato un atteggiamento rispettoso del pluralismo valoriale e, in definitiva, della laicità intesa quale fattore genetico della democrazia155.

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Corte cost., n. 203/1989, in Giur. cost., 1989, I, 890 ss. Cfr. N. Fiorita, L’insostenibile leggerezza della laicità italiana, in www. statoechiese.it, giugno 2011; L. Ferrajoli, Manifesto per l’uguaglianza, cit. 154 In tal senso già E. Jayme, Diritto di famiglia: società multiculturale e nuovi sviluppi del diritto internazionale privato, in Riv. dir. int. priv. e proc., 1993, 295 ss.; M.R. Marella, G. Marini, Di cosa parliamo quando parliamo di famiglia, cit., ove si osserva che, rispetto alle scelte familiari, alle istituzioni non si chiede di ritirarsi da uno spazio «neutro», ma di «garantire agli individui la libertà di fare scelte esistenziali fondamentali nel quadro delle relazioni familiari; anzi, di più, [di] assicurare loro le condizioni per poterle compiere nella maggiore autonomia possibile» p. 75. Come sottolinea M. Nussbaum (From Disgust to Humanity, cit.), e il discorso ha valenza giuridica anche in Europa in considerazione della Convenzione EDU e della Carta di Nizza, «marriage is a fundamental liberty right of individuals, and because of that, it also involves an equality dimension: groups of people cannot be forced out of that fundamental right without some overwhelming reason» p. 154. 155 S. Rodotà, Perché laico, cit. passim; A. Barba, La libertà di coscienza come diritto all’autodeterminazione, cit., sostiene che la laicità «caratterizza la forma di stato, caratterizza la democrazia nel senso della “pari dignità sociale” delle identità, ossia dell’eguale rispetto delle identità come principio fondamentale e come limite fondamentale della centralità della persona» p. 10, di modo che la «laicità come metodo si traduce nella pari dignità sociale delle biografie individuali» p. 11.

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The transformation of divorce procedure in Europe Summary:

1. Introduction. – 2. Outline of the research. – 3. Notarial divorce. – 3.1. Baltic countries. – 3.1.1. Estonia. – 3.1.2. Latvia. – 3.2. Romania. – 3.3. Spain. – 3.4. France. – 4. Administrative divorce. – 4.1. Scandinavian countries. – 4.1.1. Norway. – 4.1.2. Denmark. – 4.1.3. Iceland. – 4.2. Eastern Europe. – 4.2.1. Russia. – 4.2.2. Ukraine. – 4.2.3. Moldova. – 4.2.4. Estonia. – 4.2.5. Romania. – 4.3. Portugal. – 5. Conclusions. – 5.1. Summary of the research. – 5.2. Divorce procedure pro futuro in Europe.

In present-day Europe, there is a growing interest in question of dejudicialization of divorce procedure. First, it can be underlined the growing use of family mediation as a method of solving the disputes that come together with divorce. Secondly, there is a new tendency of arbitration in disputes connected with divorce, first of all property and economic disputes, in some European countries. Thirdly, there is a growing tendency of dejudicialization of the sole divorce by introducing the civil law notaries and the administrative bodies as a forum for solving the divorce (and the matters connected with divorce). Last but not least, the electronic divorce and the use of the new technologies are taking floor in Europe. The divorce of a marriage before the civil law notary or an administrative body (usually civil registry body) is in the focus of the paper.

1. Introduction. Civil marriage and the right to divorce were the results of the French Revolution. As marriage came under the jurisdiction of the state, the civil divorce emerged and secular courts were established to authenticate the grounds for divorce claimed by the parties1.

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See A. Uzelac, Od liberalizma do katolicizma: neki aspekti pravnih odnosa između crkve i države u Republici Hrvatskoj – novo pravno uređenje braka (From Liberalism to Catholicism: Some Aspects of the Legal Regulation of Church and State Relations in Croatia – The New Marital Law), in Zbornik Pravnog fakulteta u Zagrebu (Collected papers of the Zagreb Faculty of Law), vol 49, no 3-4, 1999, 346 et seq; M. Alinčič, Rastava i razvod braka u 20. stoljeću (Judicial Separation and Divorce in the 20th Century), in Zbornik radova Pravnog fakulteta u

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The history of divorce shows inequality of woman and man and the marital offence as a sole just cause for divorce. By time, the simplification of divorce procedure and recognition of non-fault divorce, as well as divorce based of joint application of spouses, label the development and transformation of the family laws of European countries2. Ever since 1770, there are some administrative forms of divorce in North Europe (Sweden, Denmark and Norway)3. In Russia, the administrative form of divorce was introduced after the Revolution of 1917. Here, the administrative divorce aimed to achieve different goals than in Scandinavian countries. During the Soviet period, this type of administrative divorce was exporter to all the now-former Soviet Republics4. The growing numbers of divorce procedures5, the recognition of non-fault divorce, especially the consensual divorce, and the need to take the best interest of a child in primary consideration have made significant changes into the law of divorce in present-day Europe. First, it can be underlined the growing use of family mediation6 as a method of solving the disputes that come together with divorce7. Secondly, there is a new tendency of arbitration in disputes connected with divorce, first of all property and economic dispu-

Zagrebu (Collected papers of the Zagreb Faculty of Law), vol 52, no 6, 2002, 1162 et seq; F. Ferrand, Grounds for divorce and maintenance between former spouses, France, 2002, in http://ceflonline.net/wp-content/uploads/France-Divorce.pdf, accessed 6 of June 2017, 1-2; D.N. Dascalu, M.C. Modra, Divorce in Romanian Law and Comparative Law, in Law Annals from Titu Maiorescu University, 2010, 140. 2 For development of the family laws of some European Countries, see M. Alinčič, op. cit., 1162 et seq. See also reports on the law of divorce of the Commission on European Family Law at: http://ceflonline.net/divorce-maintenance-reports-by-jurisdiction/, accessed 15 of May 2017. 3 See T. Sverdrup, Grounds for divorce and maintenance between former spouses, Norway, 2002, in http://ceflonline.net/wp-content/ uploads/Norway-Divorce.pdf, accessed 16 of May 2017, 1; M. Antokolskaia, Divorce law in a European perspective, in European Family Law, Volume III, Family Law in a European Perspective, edited by J. M. Scherpe, Cheltenham, 2016, 73. 4 See M. Antokolskaia, Grounds for divorce and maintenance between former spouses, Russia, 2002, in http://ceflonline.net/wp-content/ uploads/Russia-Divorce.pdf, accessed 16 of May 2017, 2-3; M. Antokolskaia, op. cit. in footnote 3, 73-75; K. Kullerkupp, Family law in Estonia, in International Survey of Family Law, 2001, 103. 5 Recent data also show that the number of divorces increased within the European Union. In 2011, 986,000 divorces took place in the EU. This figure means 2.0 divorces for every 1,000 persons. Since 1965, the crude divorce rate increased from 0.8 per 1,000 persons in 1965 to 2.0 in 2011. Part of this increase is due to the fact that in several EU Member States divorce was legalised during the period. In 2014 (for some Member States data are available for earlier years), Ireland (0.6 per 1,000 inhabitants, 2012 data) and several southern or eastern Member States (Malta (0.8), Italy (0.9), Slovenia (1.2), Croatia (1.4, 2013 data), Greece (1.5, 2013 data) and Bulgaria (1.5)) had the lowest crude divorce rates. By contrast, divorce rates were higher in several northern Member States: Denmark (3.4 divorces per 1,000 inhabitants), Lithuania (3.3) and Latvia (3.1). Eurostat, Marriage and divorce statistics, 2016, in http://ec.europa.eu/eurostat/ statistics-explained/index.php/Marriage_and_divorce_statistics, accessed 15 of May 2017. 6 In accordance with the European e-justice Portal some forms of family mediation (voluntary mediation and court-annexed mediation) have Belgium, Bulgaria, Czech Republic, Germany, Ireland, Spain, France, Italy, Luxemburg, the Netherlands, Austria, Poland, Portugal, Romania, Hungary, Slovenia, Slovakia, Finland, Sweden, and the United Kingdom. See the European e-justice Portal at: https://e-justice. europa.eu/content_divorce-45-en.do, accessed 15 of May 2017. For development of family mediation in Europe, see M. M. Casals, Divorce Mediation in Europe: An Introductory Outline, in Electronic Journal of Comparative Law, vol 9.2, 2005, in http://www.ejcl.org/92/ art92-2.pdf, accessed 15 of May 2017. In most of North America and Canada, mediation is well developed. K. Carmichael, New Directions: Divorce and Administrative Law, 1999, in http://www.cfcj-fcjc.org/sites/default/files/docs/hosted/17456-new_directions.pdf, accessed 15 of May 2017; 5 et seq; J. De witt gregory, P.N. Swisher, S.L. Wolf, Understanding Family Law, 3rd ed., LexisNexis, 2005, 297 et seq. 7 This is true for disputes on parental responsibilities and the maintenance of a child, as well as for disputes on the joint property of spouses and the maintenance of ex-spouse.

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The transformation of divorce procedure in Europe

tes8, in some European countries9. Thirdly, there is a growing tendency of dejudicialization of the sole divorce by introducing the civil law notaries and the administrative bodies as a forum for solving the divorce (and the matters connected with divorce)10. Last but not least, the electronic divorce and the use of the new technologies are taking floor in Europe11. In the focus of the paper are these last tendencies that are transforming the divorce procedure in Europe – the divorce of a marriage before the civil law notary or an administrative body (usually, the civil registry body) as forms of genuine “dejudicialization of divorce”.

2. Outline of the research. The beginning of this century was an explosive time regarding the question of dejudicialization of divorce. As Pérez Gallardo pointed out, a fantasma12 has started to spread through Latin America13. This is true also for Eastern Europe. Here, the process of dejudicialization of (consensual) divorce took place in 2009 and 2010. The new Notaries Act and the Family Act of Estonia14 granted notaries, inter alia, the competencies to issue a divorce in non-contentious cases. In Latvia15 and Romania16 the notaries were given the competencies to issue the divorce in non-contentious cases, even where the spouses have children. In Western Europe, the notarial divorce was proposed in France in 200717 but not passed. Since 1 January 2017, in France is available the notarial form of divorce, however18.

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Also it is noticeable the tendency of extending the arbitrability to disputes on parental responsibilities and the maintenance of a child. W. Kennett, It’s Arbitration, But Not As We Know It: Reflections on Family Law Dispute Resolution, in International Journal of Law, Policy and The Family, vol 30, 2016, in https://orca.cf.ac.uk/83254/8/kennett%202016.pdf, accessed 15 of May 2017, 7. 9 See for England and Wales, the Institute of Family Law Arbitration (IFLA), in http://ifla.org.uk/; see for Scotland, the Family Law Arbitration Group Scotland (FLAGS), in http://www.flagsarb.com/; see for Germany, the Süddeutsches Familienschiedsgericht in Munich, in http://www.familienschiedsgericht.de/, and the Schlichtungs- und Schiedsgerichtshof Deutscher Notare, in http://www.dnotv. de/services/schiedsgerichtshof/. W. Kennett, op. cit., 13 et seq. In most US states arbitration of disputes relating to property and the economic issues of spouses has been well established. In addition, in some US states are disputes relating to child agreements and the maintenance also arbitrable, although this issue in some states remains controversial. See J. De witt gregory, P. N. Swisher, S. L. Wolf, op. cit., 302 et seq; W. Kennett, op. cit., 7. 10 See W. Kennett, op. cit., 5-6; for dejudicialisation of divorce in Latin America, see D. L. B. Pérez Gallardo, Un “fantasma” recorre Latinoamérica en los albores de este siglo: el divorcio por mutuo acuerdo en sede notarial, in Anuario de la Facultad de Derecho, vol XXVII, 2009, in https://dialnet.unirioja.es/descarga/articulo/3233237.pdf, accessed 16 of May 2017; M. M. Culaciati, Razones y sinrazones que demoran la desjudicialización del divorcio en Argentina, in Revista del Instituto de Ciencias Jurídicas de Puebla, México, vol IX, no 36, 2015, in https://revistas-colaboracion.juridicas.unam.mx/index.php/rev-inst-ciencias-juri-puebla/article/ view/29390/26513, accessed 16 of May 2017. 11 For Norway and Portugal, see Sects. 4.1.1. and 4.3. below. 12 In English: “ghost”. 13 D. L. B. Pérez gallardo, op. cit. For example, notaries can issue a divorce in Ecuador, Peru, Brazil, Colombia and Cuba. 14 See Art. 29 of the Notaries Act (OG, I 2000, 104, 684), as amended by the Act to Amend the Notaries Act and the Acts Related to it (OG, I 2009, 27, 164). See Art. 641 of the Family Act (OG, I 2009, 60, 395) in connection with the Art. 3, para. 8 of the Vital Statistics Registration Act (OG, I 2009, 30, 177). 15 See Arts. 325 – 339 of the Notaries Act of 17 June 1996, as amended on 28 October 2010. 16 See Arts. 375 – 378 of the Law No. 287/2009 on the Civil Code (hereinafter: RCC). 17 For the reform projects in France on the dejudicialization of divorce, see F. Ferrand, op. cit., 2-4. 18 See Art. 50 and Art. 114, para. V of the Law No. 824 of 12 October 2016 on Modernization of Justice in 21st century, in http://www.

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In 2015, the notarial form of divorce was introduced in Spain but only in cases where there are no minor children19. Alongside the notarial form of divorce, in Europe coexists the administrative one. In addition, this type of divorce has been exported in Southwest Europe. In present-day Europe, the administrative forms of divorces are available in Russia, Ukraine, Moldova, Estonia, Romania, as well as in Norway, Denmark, Iceland, and Portugal. From about 1770, there are some administrative forms of divorce in Sweden, Denmark and Norway20. After the long tradition of the administrative divorce (alongside with the judicial one), Sweden opted for the unitary system of judicial divorce, however21. In Russia, the administrative form of divorce was introduced in 191722. During the Soviet period, as it is presented in the fourth part of the paper, the administrative divorce was exporter to all the now-former Soviet Republics, and some of them have retained this form of divorce after regaining their independence (Ukraine, Moldova, and Estonia)23. By passing the new RCC, in Romania the administrative divorce has been introduced alongside the notarial one. Since 1995, the divorce by mutual consent of the spouses can be grant at the Civil Registry in Portugal24 25. In the third part of the paper the notarial form of divorce will be discussed. Then follows the discussion on the administrative divorce. In the fifth part of the paper, the summary of the research and the evaluation of the new tendencies of the law of divorce will be given.

3. Notarial divorce. 3.1. Baltic countries. 3.1.1. Estonia.

In the period of the First Estonian Republic (from 1918 to 1940), the private law for the Baltic Provinces of the Russian Empire was in force26. After the annexation to the Union of

assemblee-nationale.fr/14/ta/ta0824.asp, accessed 6 of June 2017 (hereinafter: Law from 2016). The Art. 229 of the Civil Code (hereinafter: FCC) was amended by the Art. 50 of the Law from 2016. 19 The new Voluntary Jurisdiction Act, published on 2 July 2015, entered into force on 23 July 2015, in http://iuscomparatum.info/wpcontent/uploads/2015/07/Boletin-Oficial-del-Estado-Viernes-3-de-julio-de-2015.pdf, accessed 18 of May 2017 (hereinafter: SVJA). 20 See T. Sverdrup, op. cit., 1; M. Antokolskaia, op. cit. in footnote 3, 73. 21 See M. Antokolskaia, op. cit. in footnote 3, 75. 22 The Family Act from 1918, OG 1918, No. 76, item 818 (hereinafter: FA from 1918). See M. Antokolskaia, op. cit. in footnote 4, 2-3. 23 See M. Antokolskaia, op. cit. in footnote 3, 74-75; K. Kullerkupp, op. cit., 103. 24 The Law No. 131/95 of 6 June 1995, which enacted the new Civil Registry Act; G. De oliveira, Grounds for divorce and maintenance between former spouses, Portugal, 2002, in http://ceflonline.net/wp-content/uploads/Portugal-Divorce.pdf, Accessed 16 of May 2017, 2. 25 There have been some projects and discussions on introducing the administrative form of divorce also in Germany, England and Wales, and the Netherlands. See M. Antokolskaia, op. cit. in footnote 3, 75. 26 K. Kullerkupp, op. cit., 95.

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The transformation of divorce procedure in Europe

Soviet Socialist Republics (the Soviet Union), Soviet law was brought into force27. In 1969 the Marriage and Family Act of the Estonian Soviet Socialist Republic28 was adopted, which was in force until 1995. On 1 January 1995 the Family Act29 entered into force, which followed the basic principles and concepts of the Law from 196930. The current source of family law and the law on divorce is the Family Act from 200931. With this new Act, which entered into force on 1 July 2010, the notaries were given a fully new competence: to authenticate the contraction of a marriage and the divorce, and to make relevant entries in the register. The spouses can get a divorce through a judicial, administrative or a notarial procedure32. If both spouses agree to get the divorce, the registry office or the notary may grant the divorce on the basis of a joint written petition33. If the registry office or the notary is not competent to grant the divorce, or if there is no an agreement of the spouses on divorce or the divorce conditions, the court procedure is prescribed34. Pursuant to the Vital Statistics Registration Act35, the notary shall perform the powers of the registry office (vital statistics office) which are related to the divorce with the specifications provided for in the Notaries Act36. The characteristics of the non-judicial divorce procedures are mainly regulated in the EVSRA, however. To get the divorce before the notary37, the spouses must file the joint personal written petition and confirm that they have no disputes on ancillary matters38. If the spouse is unable for good reasons to come in person at the notary’s office in order to submit the joint application, he/she may submit a separate petition that has been authenticated by a notary39. Upon receipt of the divorce petition, the notary shall explain the spouses the legal consequences relating to and arising from divorce respectively40. The division of marital property may also be set out in an agreement between the spouses.

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Ibid. The Marriage and Family Act of the Estonian Soviet Socialist Republic, in ESSR OG, 1969, 31, Appendix; with the last amendments: OG, 1992, 11, 168. 29 The Estonian Family Act, in OG, I 1994, 75, 1326, with the last amendments: OG, I 2005, 20, 125. 30 K. Kullerkupp, op. cit., 95-96. 31 The Estonian Family Act, passed on 18 November 2009, in OG, I 2009, 60, 395, with the last amendments: OG, I, 21 December 2016, 2, in https://www.riigiteataja.ee/en/eli/527122016004/consolide, accessed 22 of May 2017 (hereinafter: EFA). 32 See Arts. 64, 641 and 65 of the EFA. 33 Art. 64 and Art. 641, para. 1 of the EFA. 34 Art. 65, para. 2 of the EFA. A marriage may be divorced by a court judgement on the basis of an action of one spouse against the other spouse (Art. 65, para. 1 of the EFA). 35 The Estonian Vital Statistics Registration Act, passed on 20 May 2009, in OG, I 2009, 30, 177, with the last amendments: OG, I, 31 December 2015, 31, in https://www.riigiteataja.ee/en/eli/501022016003/consolide, accessed 22 of May 2017 (hereinafter: EVSRA). 36 The Estonian Notaries Act, passed on 6 December 2000, in OG, I 2000, 104, 684, with the last amendments: OG, I, 9 October 2013, 1, in https://www.riigiteataja.ee/en/eli/511112013002/consolide, accessed 22 of May 2017 (hereinafter: ENA). 37 In order to acquire the competence to certify (contraction of marriage or) divorce, notaries are required to pass an evaluation of their knowledge of family law, name and civil status law, and information technology systems used for the performance of vital statistics procedures (Art. 4, para. 5 of the EVSRA). 38 Art. 641, para. 1 of the EFA; Art. 44, para. 2 of the EVSRA. 39 See Art. 44, para. 4 of the EVSRA. 40 Art. 30, para. 1 of the ENA. 28

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The divorce shall be grant no earlier than one month and no more than three month of filing the divorce petition41. Upon accepting the petition, the notary shall determine the date of the divorce which shall be communicated to both spouses42 43. If the spouse cannot appear with good reason at the notary for submission of the joint petition for divorce and submits the separate notarially authenticated petition, the date of the divorce shall be communicated to the spouse who submitted the petition at the notary in person and the date of the divorce shall be thereby deemed to be communicated to both spouses44. The notary shall grant the divorce in the presence of both spouses45. However, the divorce may be granted without the presence of one spouse if the spouse cannot appear at the notary with good reason, and the consent of the spouse to the divorce without the presence of the spouse which is authenticated by the notary or consular officer is submitted46. 3.1.2. Latvia.

In 1918, the independent Republic of Latvia was established. In this period, the development of Latvian law was significantly influenced by German (and consequently, Roman) law, especially in areas of civil law47. After the Second World War and the subsequent occupation by the Soviet Union, Soviet law was brought into force48. On 4 May 1990, Latvia re-established the name of the Republic of Latvia. During the transition period, Latvia reestablished the Constitution from 1922 and the Civil Act from 1937, gradually replaced the Soviet laws with new acts49. From 1 February 2011, marriage may be dissolved by a notary50. However, the notary may grant the divorce in case where the spouses have reached an agreement on divorce and if there is no joint minor child or joint property, or, where the spouses have the joint minor child or joint property, if they have reached the written agreement regarding children (care, the access rights, the child’s maintenance), and the division of the joint property51. Hence, one of the statutory presumptions for the notarial divorce is the agree-

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Art. 45, para. 1 of the EVSRA. Art. 45, para. 2 of the EVSRA. 43 The notary fee for certification of divorce is 63.90 EUR. The fee also includes the receipt of the divorce petition, respectively, the counselling provided for in the law and the preparation of an entry (Art. 332, para. 1 of the Notary Fees Act, passed on 20 March 1996, in OG, I 1996, 23, 456, with the last amendments: OG, I, 29 June 2014, 1, in https://www.riigiteataja.ee/en/eli/524102014002/ consolide, accessed 22 of May 2017). 44 Art. 45, para. 21 of the EVSRA. 45 Art. 46, para. 1 of the EVSRA. 46 Art. 47 of the EVSRA. 47 B. BEBRE, L. GJORTLERE, Guide to Latvian Legal System and Legal Research, 2016, in http://www.nyulawglobal.org/globalex/Latvia1. html#intro, accessed 22 of May 2017. 48 Ibid. 49 Ibid. 50 See Art. 65 of the Latvian Notaries Act, with the last amendment: 30 October 2014, in http://www.vvc.gov.lv/export/sites/default/ docs/LRTA/Likumi/Notariate_Law.doc, accessed 22 of May 2017 (hereinafter: LNA). See Art. 69 of the Latvian Civil Act, with the last amendment: 8 of May 2014, in http://www.vvc.gov.lv/export/sites/default/docs/LRTA/Citi/The_Civil_Law.doc, accessed 22 of May 2017 (hereinafter: LCA). 51 See Art. 325 of the LNA; Art. 77 of the LCA. 42

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ment between the spouses on the questions on parental responsibilities, and the division of joint property52. The notary shall commence the divorce procedure when the joint divorce petition of both spouses is received, prior to it making sure whether the divorce procedure has not been commenced by another notary53. The spouses may be represented before the notary by a lawyer with the power of attorney54. The notary, who has received the divorce petition, shall register the divorce matter in the register of divorce matters55. The notary shall grant the divorce no earlier than 30 days, counting form the day of commencement of the divorce procedure56. Within this time period (so called, reconciliation period) each spouse has the right to withdraw the divorce petition57. If the notary has not received the withdrawal of the divorce petition within the time period of 30 days, he/she shall divorce the marriage by making a notarial deed regarding divorce (a divorce certificate)58. 3.2. Romania.

The Romanian Civil Code from 1864, following the French model (1804), regulated divorce for specified reasons, but also the divorce by mutual consent59. During the socialist period the right to divorce was abolished. However, after the Revolution, this right was reintroduced together with the possibility to get a divorce by mutual consent60. In the current Romanian law, there are two models of divorce. Divorce can be obtained by mutual consent, and in the absence of mutual consent, divorce can be granted in a court procedure61. Furthermore, the consensual divorce can be obtained through the judicial, administrative and the notarial procedure. The Law No. 202/2010 on measures to accelerate the settlement of court trials, and the new Civil Code have, namely, introduced the notarial form of divorce and the administrative one62. The spouses are free to

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The other way is a judicial divorce. However, if a marriage is to be dissolved by the court, the court must find that the marriage has broken down. The marriage is considered to have broken down if the spouses are not cohabiting and it cannot be expected that they will resume cohabitation. See Arts. 69 – 71 of the LCA. 53 Art. 327 of the LNA. 54 K. Katz, Divorce from a foreigner in Latvia – it has become easier, 2014, in http://www.baltic-course.com/eng/legal_ counsel/?doc=99287&ins_print, accessed 22 of May 2017. 55 The register of divorce matters is conducted by the Chamber of Sworn Notaries of Latvia (Art. 330 of the LNA). 56 Art. 333 of the LNA. 57 See Art. 334 of the LNA. 58 Art. 336 of the LNA. 59 The specified reasons were adultery, excesses and cruelties, insult, and attempt on the life of a spouse. D.N. Dascalu, M.C. Modra, op. cit., 140. 60 N. Crăciun, The Divorce by the Public Notary. Proceedings, in Bulletin of the Transilvania University of Braşov, Series VII: Social Sciences, Law, vol 7(56), no 2, 2014, in http://webbut.unitbv.ro/BU2014/Series%20VII/BULETIN%20VII/25_Craciun%202-2014.pdf, accessed 19 of May 2017, 189. 61 In case of judicial procedure, the grounds for divorce are as follows: the relationship between the spouses has seriously deteriorated and continuation of the marriage is no longer possible; in case of a request of one of the spouses, following a de facto separation that has lasted for at least two years; in a case of a request of the spouse whose health state makes the continuation of the marriage impossible (Art. 373 of the RCC). 62 See N. Crăciun, op. cit., 189.

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choose one of the three authorities mentioned above, normally, if the presumptions of the law are met63. Unlike the administrative divorce, from 1 October 2011 the notarial divorce is possible in two forms: the divorce without minor children and the divorce in case when the spouses have minor children64. So if the spouses agree to divorce and have no minor children, born in wedlock, out of wedlock or adopted, the registrar (officers of civil status) or the notary from the place where the marriage took place or the last family residence can ascertain the dissolution of the marriage by agreement between the spouses, issuing a certificate of divorce according to law65. In case when the spouses have the minor children, born in wedlock, out of wedlock or adopted, the divorce can be granted by the notary if the spouses have agreed on all aspects of divorce and children. They must reach an agreement regarding the surname that they will use after the divorce, the exercise of joint parental care, the question on child’s domicile after divorce, the right to access between the separated parent and children, as well as on question of parents’ contribution to the maintenance, education, school and professional development of children66. If the spouses agree on the other effects of divorce, such as the maintenance of the ex-spouse and the division of property, the notary may also certify this agreement. Nevertheless, these agreements regarding the maintenance obligation between spouses and the property are not obligatory presumptions for dissolution of the marriage67. The divorce procedure before the notary is as follows. The notary will verify that the law applicable to divorce is the Romanian law, and its territorial jurisdiction68. The spouses have to appear in person before the notary in order to file for divorce. This is the case also with subsequent procedure that will follow after the divorce petition. As an exception, the lawyer with the power of attorney can filed the divorce petition, but in subsequent procedure for getting a divorce the spouse must appear in person69. The divorce petition must be in written, and it must be signed by the spouses before the notary70. The law contains

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See V.M. Frîntu, E.R. Gherghe, Divorce through the Spouses’ Agreement by Administrative Method or Notarial Procedure, in Advances in Fiscal, Political and Law Science, 2013, in http://www.wseas.us/e-library/conferences/2013/Brasov/EPLS/EPLS-30.pdf, accessed 19 of May 2017, 185. 64 See N. Crăciun, op. cit., 189. 65 Art. 375, para. 1 of the RCC; N. Crăciun, op. cit., 189. 66 Art. 375, para. 2 of the RCC; N. Crăciun, op. cit., 190. 67 For different opinions on these questions, see in: A. D. Papa, I. F. Ţăpuş, Notary Procedure and Judicial Procedure for the Divorce with Spouses’ Agreement, in Challenges of the Knowledge Society. Private Law, 2013, in http://cks.univnt.ro/uploads/cks_2013_articles/ index.php?dir=1_Juridical_Sciences%2F&download=cks_2013_law_art_041.pdf, accessed 19 of May 2017, 345-346. 68 See N. Crăciun, op. cit., 190-191; G. Lupşan, Guide on international private law in family matters: Dissolution of marriage – Parental responsibility – Maintenance obligation – Civil order of protection – Matrimonial property regime, Magic Print, Oneşti, 2014, in http:// old.just.ro/LinkClick.aspx?fileticket=RVfnL2FD%2FzU%3D&tabid=2980, accessed 15 of May 2017, 32-34. 69 See N. Crăciun, op. cit., 191, 193; V.M. Frîntu, E.R. Gherghe, op. cit., 186-187; A.D. Papa, I.F. Ţăpuş, op. cit., 347. 70 See N. Crăciun, op. cit., 191; V.M. Frîntu, E.R. Gherghe, op. cit., 186-187.

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The transformation of divorce procedure in Europe

also special provisions for cases where the spouses or one of them cannot read or sign the petition71. The notary will enter the divorce petition in the divorce record book72 after verifying if the notary fee is paid73. After the registration of the divorce petition, the notary grants the spouses a reflection period of 30 days and informs them regarding the time when they must appear again before the notary in person74. In case of divorce with minor children, during the reflection period the notary will require the competent guardianship authority for a psychosocial investigation report75. When the reflection period is passed, the notary has to verify if the both spouses have come in person. If the spouses continue to demand for divorce and there are minor children aged at least ten, the notary has the obligation to hear the children. The child views must be taken into account in relation to the age and the maturity of the child76. 3.3. Spain.

The right to divorce was reintroduced in Spain by the Act 30/1981 of 7 July 198177. Divorce, namely, had already been introduced during the Second Spanish Republic in 1932. The main characteristics of the Law on Divorce from 1932 was the equality of both sex, the divorce by mutual consent and on legal grounds by petition of one of the spouses, and the legal separation as an alternative way out of a marriage breakdown78. However, after the Spanish Civil War, the Franco’s Act of 23 September 1939 abolished the Republican Divorce Act from 1932 and divorce was abandoned. Alongside the canon nullity procedure, the only way was the separation of the spouses during the period of over 40 years79.

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In these cases the Law prescribes the presence of an interpreter (for the deaf, dumb or deaf-mute persons who are unable to write, and persons who do not speak or understand the Romanian language) or two witnesses (for blind persons or persons who cannot sign because of their infirmity, illness or any other reasons). See N. Crăciun, op. cit., 191-192; A.D. Papa, I.F. Ţăpuş, op. cit., 345. 72 RNECD - The National Notarial Register for registering divorce petition. In this register are keeping the records of divorce petition in order to avoid parallel procedures for divorce, as well as the records of divorce certificates. See N. Crăciun, op. cit., 192. 73 It must be mentioned that the notary fees in Romania are some of the highest in Europe. See S. SPINEI, The Romanian Legal Profession, in A. Uzelac, C.H. Van rhee (edited by), The Landscape of the Legal Professions in Europe and the USA: Continuity and Change, Intersentia, 2011, 45-46. For get a divorce, the notary fee is 500 LEI (~ 109.73 EUR) (Annex 1, pt. 28 of the Regulation of 6 January 2011 on Notary Fees for Providing Services, in http://www.uniuneanotarilor.ro/files/omj46c.pdf, accessed 26 of May 2017). Opposite to that, the court fee is 200 LEI (~ 43.89 EUR) (Art. 15 of the Emergency Ordinance No. 80 of 26 June 2013 on Court Fees, in http://legislatie.just.ro/Public/DetaliiDocument/149314, accessed 26 of May 2017). 74 See N. Crăciun, op. cit., 192-193. This reflection period aims to give the spouses the time and the possibility of reconciliation and – finally – to withdraw the divorce petition. V.M. Frîntu, E.R. Gherghe, op. cit., 187. 75 One of the reasons for rejection of the divorce petition is the case when the agreement of the spouses is not in the best interest of the child. In these cases the notary will inform the spouses to address the court. See N. Crăciun, op. cit., 193; V.M. Frîntu, E.R. Gherghe, op. cit., 186; A.D. Papa, I.F. Ţăpuş, op. cit., 346. 76 See N. Crăciun, op. cit., 193; A.D. Papa, I.F. Ţăpuş, op. cit., 347-348. 77 This Act from 1981 amended the Spanish Civil Code on marriage and prescribed the procedure for nullity, separation and divorce. M. Martín-Casals, J. Ribot, J. Solé, Grounds for divorce and maintenance between former spouses, Spain, 2002, in http://ceflonline.net/ wp-content/uploads/Spain-Divorce.pdf, accessed 18 of May 2017, 4-5. 78 See The Divorce Act of 2 March 1932. M. Martín-Casals, J. Ribot, J. Solé, op. cit., 5. 79 The grounds for separation were based upon the guilty of one of the spouses, and only the “innocent” party could claim a separation. M. Martín-Casals, J. Ribot, J. Solé, op. cit., 5.

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From 1981 to 2005, the main characteristic of the law on divorce was a double procedure in which the spouses had to claim for judicial separation and only when this separation had been granted, the spouse could claim for divorce. In addition, the spouses had to wait a year since they married to institute the separation procedure, and another year after they got the judicial separation, to institute the divorce procedure80. Two important reforms of the Spanish law on divorce happen in 2005 and 2015. Since the reform introduced by the Act 15/2005 of 8 July 2005, in order to get a divorce in Spain there have been no requirements related to the prior separation or the statutory grounds81. This is based on idea that marriage bond is a manifestation of the free will of the spouses82. Only requirement is a minimum length of time after a celebration of the marriage before getting a divorce, except in certain cases83. The Voluntary Jurisdiction Act (SVJA), passed on 19 June 2015 by Spanish Parliament, has also introduced some novelties in the Spanish law on divorce. Pursuant to this Act, namely, it is possible to marry before a notary, and also to get a divorce. For a divorce to be granted by the notary it is necessary that the spouses have achieved an agreement about all the divorce conditions. Where there is a controversy about any of the terms, or if there are minor children, or a family member (older child) is a person who is deprived of legal capacity, it is still necessary to claim a divorce before a court84. The spouses must give their consent before the notary in the area of the last common residence or habitual residence of one of the spouses. The spouses must be assisted before the notary by a practicing lawyer85. Before these changes, namely, the Spanish rules on divorce allowed couples to reach an agreement and institute a procedure on divorce by mutual consent. Spouses have often used a single lawyer to represent both of them before a court86. As already mentioned, a practicing lawyer should intervene in the divorce matter, and draft an agreement that meets the provisions of the Civil Code and the law87.

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L. Alascio-carrasco, I. Marín-garcía, With or Without You: Regulation of Divorce and Incentives. Economic Analyses of No-Cause Divorce, in The Family in Law, vol 5, 2009, in http://www.mishpat.ac.il/files/650/3610/3625/3627.pdf, accessed 18 of May 2017, 179. 81 In the same year passed by the Spanish Parliament the Act 13/2005 of 1 July 2005, which allowed for same-sex marriage with full legal effects. Ibid., 180. 82 European e-Justice Portal, Divorce-Spain, 2015, in https://e-justice.europa.eu/content_divorce-45-es-en.do?member=1, accessed 18 of May 2017. See L. Alascio-carrasco, I. Marín-García, op. cit., 180. 83 Art. 81 of the Spanish Civil Code from 1889, in http://www.wipo.int/wipolex/en/text.jsp?file_id=221319, accessed 18 of May 2017. 84 Art. 54 of the Spanish Notaries Act of 28 May 1862, as amended by the Voluntary Jurisdiction Act (hereinafter: SNA). 85 Art. 54 of the SNA. 86 E. Grant, Spanish notaries given power to grant divorce, 2015, in http://www.spanishbarrister.com/spanish-notaries-given-power-togrant-divorce/, accessed 16 of May 2017. See also M. Martín-casals, J. Ribot, j. Solé, op. cit., 12-13. 87 The notary fee for issuing a divorce is 95 EUR. See E. Grant, op. cit. The lawyer’s fees, however, are not included in the 95 EUR fee paid to the notary. See Divorce Proceedings before Notaries permitted by New Spanish Legislation, 2015, in http://advocateabroad.com/ legal-answers-spain/family-law-spain-answers/divorce-proceedings-before-notaries-permitted-by-new-spanish-legislation/, accessed 16 of May 2017.

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3.4. France.

As mentioned in introduction, the divorce was emerged by the Revolution (the Law from 1792). In 1816 the right to divorce was abolished and, however, reintroduced in 188488. Ever since the reintroduction of the right to divorce, there can be noticed two camps: progressive and the conservative one. The Reform Act from 1975 aimed to favour divorces by mutual consent of both spouses89. In addition, from 1 January 2017, in France has been introduced the notarial divorce in cases when the spouses have reached an agreement on divorce and the divorce conditions90. This form of divorce, however, is not allowed if the child requires to exercise his/her right to be heard. In this latter case, only judicial procedure is allowed91. The notarial divorce is as follows. The spouses must agree on divorce and the divorce conditions (the payment of the maintenance and the liquidation of the matrimonial regime)92. The agreement has to be signed by the lawyers of each of the spouses93. There is a reflection period of 15 days before signing the agreement, during which the spouses or one of the spouses may withdraw the consent94. Then, the agreement is deposited in the minutes of the notary, who have to ensure that all formal requirements are met95.

4. Administrative divorce. 4.1. Scandinavian countries. 4.1.1. Norway.

Since 18th century, there are some administrative forms of divorce in Scandinavian countries. This trend went together with the allowing divorce on a wider range of grounds than those provided for a judicial divorce96. Pursuant to these laws, an administrative

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See F. Ferrand, op. cit., 1-2. Ibid., 2. 90 Art. 229, para. 1 of the FCC. 91 Art. 229, para. 2 and 3 of the FCC. The agreement, namely, expressly includes the statement of the spouses that the minor has been informed about his/her right to be heard by a judge, and that he/she does not wish to exercise this right (Art. 229, para 3, pt. 6 of the FCC). 92 See Art. 229, para. 3 of the FCC. 93 Art. 229, para. 1 of the FCC. 94 Art. 229, para. 1 and 4 of the FCC. 95 Art. 229, para. 1 of the FCC. 96 See T. Sverdrup, op. cit., 1-2; I. Lund-Andersen, L. Krabbe, Grounds for divorce and maintenance between former spouses, Denmark, 2002, in http://ceflonline.net/wp-content/uploads/Denmark-Divorce.pdf, accessed 24 of May 2017, 1-3; A.-M. Ardeleanu, Principles of European Family Law Regarding Divorce – Special View over the Romanian Civil Code, in Acta Universitatis Danubius. Juridica, vol 9, no 2, 2013, in http://ceflonline.net/wp-content/uploads/Principles-of-European-Family-Law-Regarding-Divorce-Special-View-over89

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authority was competent to grant the administrative divorce, and it had the quasi-judicial discretionary powers to scrutinise divorce grounds and agreements on the divorce conditions (regarding the spouses and the children)97. Here, the process was the answer of the Swedish, Danish and Norwegian kings to the Protestant grounds for judicial divorce. They, namely, aimed “to mitigate the restrictive Protestant grounds for judicial divorce.”98. In the current Norwegian law, there are two forms of divorce: the administrative divorce and the judicial one. The divorce procedure may be instituted by a petition of one or both of the spouses to the county governor (Fylkesmannen)99. The county governor has even simplified the divorce procedure by introducing the application form for divorce in electronic way100. When the divorce petition is received by the county governor, the parties may be summoned to appear in person if the county governor believes this to be appropriate101. Pursuant to the Art. 27, para. 2 and 3 of the NMA, only a few divorce cases are solved in the judicial proceedings102. The spouses do not need to reach an agreement on the divorce condition prior to filing the divorce petition. However, the spouses who have children of their marriage under 16 years of age must attend mediation before the case is brought before the county governor (or a court)103. The objective of this mediation is to reach an agreement regarding the parental responsibilities, the right of access, or to determine where the child or children shall permanently reside. The spouses do not need a lawyer104. The spouses are, namely, under an obligation to attend this mediation in person unless compelling reasons prevent them from doing so105. When an attempt at mediation has been made, the certification shall be issued to that effect106. If the spouses do not agree on matters concerning the children, the court will decide on these matters107. Therefore, for filing a divorce petition, “an attempt to reach agreement” is all that is required108.

The-Romanian-Civil-Code.pdf, accessed 26 of May 2017, 52-53. See M. Antokolskaia, op. cit. in footnote 3, 73 et seq. 98 Ibid. 99 Art. 27, para. 1 of the Norwegian Marriage Act from 1991, with the last amendments from January 2009, in https://www.regjeringen. no/en/dokumenter/the-marriage-act/id448401/, accessed 24 of May 2017 (hereinafter: NMA). 100 Available at: https://www.fylkesmannen.no/en/People-and-society/Separation-and-divorce/, accessed 26 of May 2017. 101 Art. 29, para. 1 of the NMA. 102 For example, a spouse may demand a divorce if the other spouse has intentionally attempted to kill him or her or their children, or wilfully exposed them to severe maltreatment. The same applies if the spouse has behaved in a manner that is likely to arouse grave fear of such conduct (Art. 23, para. 1 of the NMA). A spouse may demand divorce if he/she has been forced by unlawful conduct to contract the marriage (Art. 23, para. 3 of the NMA). The court procedure is also prescribed for cases when one of the spouses is legal incapable (Art. 27, para. 2 (c), Art. 28 of the NMA). 103 Art. 26, para. 1 of the NMA. For family mediators in Norway, see at: https://www.bufdir.no/en/English_start_page/, accessed 26 of May 2017. 104 See T. Sverdrup, op. cit., 5. 105 Art. 26, para. 3 of the NMA. 106 Art. 26, para. 3 of the NMA. 107 See T. Sverdrup, op. cit., 10. 108 Ibid. 97

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The transformation of divorce procedure in Europe

4.1.2. Denmark.

In the compared European countries with the administrative form of divorce (Norway, Iceland, the Eastern European countries), the administrative divorce exists alongside with the judicial one. Since 2007, however, in Denmark all procedures will be instituted before an administrative authority and will be referred to court in cases when the spouses fail to achieve an agreement on the divorce conditions109 110. The spouses have to reach the agreement on the maintenance obligation, the questions of family home, and if necessary, on how the pensions will be divided111. Since the introduction of the automatic continuation of the joint parental responsibilities after divorce in 2003, the agreement regarding the children do not constitutes the presumption for the administrative divorce112. The spouses wishing to divorce must apply to the state administration (Statsforvaltning) and pay a fee113. Usually the spouses come in person. Nevertheless, it is possible to come with a lawyer114. If the spouses disagree on the terms of divorce, they must attend a meeting to negotiate terms. An additional fee must be paid in such case115. The lawyers of the Statsforvaltning are entitled to determine whether the agreement contains the conditions that are unconscionable for one of the spouses116. The state administration may refer the divorce case to the court if it believes that the divorce and its terms are questionable. The practice shows that this rarely happens, however117. 4.1.3. Iceland.

In the current Icelandic law, there are two forms of divorce procedure: the judicial and the administrative one. The administrative divorce is allowed in cases when both spouses agree to divorce and on divorce conditions (regarding the children custody and the maintenance, as well as the maintenance of the former spouse and the division of property)118.

109

M. Antokolskaia, op. cit. in footnote 3, 76. See also at: http://www.statsforvaltningen.dk/site.aspx?p=6388, accessed 26 of May 2017. See Art. 42, para. 1 of the Danish Consolidated Act No. 147 of 9 March 1999 on the Contraction and Dissolution of Marriage, in http:// host.uniroma3.it/progetti/cedir/cedir/Lex-doc/Dk_marrig.pdf, accessed 26 of May 2017 (hereinafter: DCACDM). 110 In the literature, it is pointed out that about ninety percent of all divorce cases are solved in the administrative procedure. I. LundAndersen, L. Krabbe, op. cit., 4-5. 111 Art. 42, para. 2 of the DCACDM. See also I. Lund-Andersen, L. Krabbe, op. cit., 6-7. 112 See I. Lund-Andersen, C. Gyldenløve Jeppesen De Boer, National Report: Parental Responsibilities – Denmark, 2006, in http:// ceflonline.net/wp-content/uploads/Denmark-Parental-Responsibilities.pdf, accessed 26 of May 2017, 14-15; see also at: http://www. statsforvaltningen.dk/site.aspx?p=6388, accessed 26 of May 2017. However, if the parents live apart, or if one of them intends to leave the other, either parent may demand that the joint parental custody shall cease (Art. 8 of the Act on Parental Authority and Contact of 14 June 1995, with the last amendments from 9 June 2004, in http://ceflonline.net/wp-content/uploads/Denmark-ParentalResponsibilities-Legislation.pdf, accessed 26 of May 2017). 113 The divorce fee is 420 DKK (~ 56.43 EUR). Available at: http://www.statsforvaltningen.dk/site.aspx?p=6388, accessed 24 of May 2017. 114 I. Lund-Andersen, L. Krabbe, op. cit., 5. 115 The fee for negotiation of terms is additional 950 DKK (~ 127.65 EUR). Available at: http://www.statsforvaltningen.dk/site.aspx?p=6388, accessed 24 of May 2017. 116 See I. Lund-Andersen, L. Krabbe, op. cit., 8. 117 See Art. 42, para. 3 of the DCACDM. I. Lund-Andersen, L. Krabbe, op. cit., 8. 118 Art. 41, para. 1 and 2, Art. 43, para. 1 of the Icelandic Act on Respect of Marriage No. 31 of 14 April 1993, in http://www.humanrights. is/en/moya/page/law-in-respect-of-marriage-no-31-of-april-14th-1993, accessed 26 of May 2017.

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The competent authorities to grant a divorce are magistrates (district commissioners (sýslumenn)). They are representatives of the administrative authority119. 4.2. Eastern Europe. 4.2.1. Russia.

In 1917 was introduced the civil divorce. Pursuant to the FA from 1918, the irretrievable breakdown of a marriage was the sole ground for divorce, and the spouses could easily get a divorce by applying to the department of registration of civil acts120. However, if one of the spouses did not agree to divorce, then they had to address the court121. Since 1926, the administrative procedure was extended to all divorce cases122. The department of registration of civil acts grated the divorce without holding a hearing and even irrespective of the presence of the other spouse123. In 1944 was reintroduced the judicial procedure for getting a divorce124. In addition, the administrative procedure was abandoned125. However, the Family Act from 1969 reintroduced the administrative divorce alongside with the judicial one126. Different than in Scandinavian countries127, the aim of introducing the administrative divorce in Russia was to reduce the state control over the divorce. This was a process of “dejuridification” of the family relationships. Hence, the competent authority did not have the powers to control the grounds for divorce and any agreements regarding the divorce conditions128. In the current law, there are two types of the divorce: the administrative and the judicial one129. The administrative procedure is adequate for those divorces when the spouses do not have minor children and when they have agreed to get a divorce130. However, the administrative divorce will also be allowed in cases when the spouses have minor children, if the other spouse is declared by a court to have disappeared, or is declared by a court as legal incapable or the other spouse has been imprison for more than three years131. In these cases, all disputes regarding the divorce condition, including the disputes regarding the

119

See H. Fridriksdóttir, K. Waaldijk, Major legal consequences of marriage, cohabitation and registered partnership for different-sex and same-sex partners in Iceland, in https://openaccess.leidenuniv.nl/bitstream/handle/1887/12585/More-or-less-together11-Iceland. pdf?sequence=13, accessed 26 of May 2017, 134. 120 M. Antokolskaia, op. cit. in footnote 4, 2. 121 Ibid. 122 The Family Act from 1926, in OG 1926, No. 82, item 611. See M. Antokolskaia, op. cit. in footnote 4, 2. 123 M. Antokolskaia, op. cit. in footnote 4, 2. 124 See ibid. 125 Ibid. 126 The Family Act from 1969, in OG 1969, No. 32, item 1086; M. Antokolskaia, op. cit. in footnote 4, 3. 127 For Scandinavian countries, see Sect. 4.1. above. 128 M. Antokolskaia, op. cit. in footnote 3, 74. 129 See Art. 18 of the Russian Family Act from 1995, with the last amendments from 4 November 2014, in http://www.wipo.int/wipolex/ en/text.jsp?file_id=319091, accessed 24 of May 2017. For the English version of the Family Act (up to the amendments from 2008), see at: http://www.jafbase.fr/docEstEurope/RussianFamilyCode1995.pdf, accessed 24 of May 2017 (hereinafter: RFA). 130 Art. 19, para. 1 of the RFA. 131 Art. 19, para. 2 of the RFA.

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The transformation of divorce procedure in Europe

parental responsibilities shall be solved in the judicial procedure132. In other cases, when there are minor children and/or one of the spouses has not consent to divorce, the marriage shall be divorced in the judicial procedure133. This is also the case when the spouses do not have minor children and agree to a divorce, but one of them is unwilling or unable to come at the department of civil acts in person in order to file the joint petition134. The administrative procedure is instituted by a joint petition of the spouses135. The spouses have to come in person at the Department for Registration of Civil Acts. Nevertheless, if one of the spouses is unable to come in person, he/she may file a separate petition in writing, authenticated by a notary136. In exceptional cases, when the administrative divorce is allowed nevertheless the spouses have minor children, the procedure is instituted by a sole petition, accompanied by an authorized copy of a court decision (proving the facts that the other spouse is disappeared, legal incapable or imprisoned more than three years)137. The marriage is terminated one month later in the presence of at least one of the spouses, if neither party withdraws the consent138. 4.2.2. Ukraine.

As in Russia, in Ukraine there are two forms of divorce: the administrative divorce and the judicial one139. The spouses without minor children may file to the civil registry office for a divorce by a joint petition140. The civil registry office issues the divorce decree within one month from the date of the petition. The marriage is divorced irrespective of the existence of property disputes between spouses141. As in the Russian law on divorce, one of the spouses may also file for a divorce to the civil registry office if the other spouse is declared missing, or legal incapable, or convicted for a crime and sentenced to imprisonment for at least three years142. In other cases of the spouses with minor children, or if the other spouse does not give the consent to divorce, the judicial procedure is the only possible way for getting the divorce143.

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See Art. 20 of the RFA. See Art. 21 of the RFA. Regarding the grounds for the judicial divorce, the irretrievable breakdown of the marriage is the sole ground for the divorce (The marriage shall be dissolved in court if it has been established that the further life of the spouses together and the preservation of the family is impossible (Art. 22, para. 1 of the RFA)). See M. Antokolskaia, op. cit. in footnote 4, 3. 134 See Art. 21, para. 2 of the RFA. See M. Antokolskaia, op. cit. in footnote 4, 5. 135 Art. 31, para. 2 and Art. 33, para. 2 of the Russian Law on Acts of Civil Status, adopted on 15 November 1997, in http://www.refworld. org/docid/5492d1c24.html, accessed 24 of May 2017 (hereinafter: RLACS). 136 Art. 33, para. 3 of the RLACS. 137 Art. 31, para. 3 and Art. 34, para. 1 of the RLACS. 138 Art. 33, para. 4 of the RLACS. 139 Art. 105 of the Ukrainian Family Act from 2002, No. 2947-III, in http://www.refworld.org/pdfid/4c4575d92.pdf, accessed 24 of May 2017 (hereinafter: UFA). 140 Art. 105, para. 1 and Art. 106, para. 1 of the UFA. 141 Art. 106, para. 3 of the UFA. 142 Art. 107, para. 1 of the UFA. 143 See Arts. 109-112 of the UFA. The court will divorced a marriage if it is ascertained that the further life of the spouses together and the preservation of the marriage would not be in essential interests of one of the spouses, and the interests of their children (Art. 112, para. 2 of the UFA). 133

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4.2.3. Moldova.

In Moldova, there are two types of divorce procedure: the administrative procedure and the judicial one144. The spouses with no minor children, who both agree to get a divorce, and if there is no disputes on the maintenance obligation of the spouse and the division of the joint property, may file for a divorce with the civil registry office145. One of the spouses may also file for a divorce to the civil registry office if the other spouse has been declared missing, or is mentally incompetent, or has been sentenced to prison for more than three years146. The marriage is terminated one month later after the filing the petition147. In other cases, the spouses must institute the court procedure148. 4.2.4. Estonia.

As in the compared Eastern Europe jurisdictions, Estonian law provides for an administrative divorce149. If both spouses agree to get the divorce, and if Estonian law applies to the divorce according to an agreement150, or if both spouses reside in Estonia and Estonian law applies to the divorce, the registry office may grant the divorce based on a joint written petition151. The competent registry office is the vital statistic office152. To get a divorce by the registry office, the spouses must file a joint personal written petition153. The spouses should confirm in the application that they have no disputes regarding children, the division of marital property or the maintenance obligations154. If a spouse is unable for good reasons to come in person at the registry office in order to file the joint petition, he/she may file a separate petition that has been authenticated by a notary155 156. 4.2.5. Romania.

As it is already mentioned above, the administrative divorce in Romania was introduced after the reform in 2010, and it is allowed only in cases when the spouses do not

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Art. 35 of the Moldovan Family Act from 2000, No. 1316, with the last amendments from 29 July 2016, in http://lex.justice.md/index. php?action=view&view=doc&lang=1&id=286119, accessed 24 of May 2017 (hereinafter: MFA). 145 Art. 36, para. 1 of the MFA. 146 Art. 36, para. 2 of the MFA. 147 Art. 36, para. 3 of the MFA. 148 See Art. 36, para. 4 and 5, Art. 37, and Art. 38 of the MFA. The marriage shall be dissolved in court if it has been established that the further life of the spouses together and the preservation of the family is impossible (Art. 37, para. 3 of the MFA). 149 This was the case also with the Estonian Family Act from 1995. See K. Kullerkupp, op. cit., 103. 150 The spouses have reached an agreement on applicable law on the basis of the Council Regulation (EU) No. 1259/2010 of 20 December 2010 implementing enhanced cooperation in the area of the law applicable to divorce and legal separation, in OJ L 343, 10-16. 151 Art. 64 of the EFA. 152 The vital statistics offices are: (1) rural municipality and city governments; (2) county governments; (3) foreign missions of Estonia; (4) the Ministry of the Interior (Art. 3, para. 2 of the EVSRA). The county governments certify divorces (Art. 3, para. 4 of the EVSRA). 153 Art. 44, para. 1 of the EVSRA. 154 Art. 44, para. 2 of the EVSRA. 155 Art. 44, para. 4 of the EVSRA. 156 The state fee of 26 EUR shall be paid for the making of a divorce entry. Art. 339 of the State Fees Act, passed on 10 December 2014, in https://www.riigiteataja.ee/en/eli/511022015002/consolide, accessed 22 of May 2017. For characteristics of the non-judicial divorce procedure, see Sect. 3.1.1. above.

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The transformation of divorce procedure in Europe

have minor children, born in wedlock, out of wedlock or adopted157. The divorce petition must be made in writing and personally signed by the spouses before the registrar158. The exception that exists in the notarial procedure – that the petition may also be filed by the lawyer having the power of attorney – does not applied in the administrative one159. After the registration of the divorce petition, the registrar grants the spouses a reflection period of 30 days and informs them regarding the time when they must appear again before the registrar in person160. When this term expires, the spouses must come in person and the registrar will verify whether the spouses insist to get the divorce. If the law conditions are met, the registrar declares the marriage dissolution by the spouses’ agreement and issues the divorce certificate161 162. 4.3. Portugal.

After the Third Republic was established, the right to divorce was recognized by the Decree from 1910 (the Divorce Act). This Act regulated two forms of divorce: the divorce by the adjudicative method, based on fault and the divorce by mutual consent of the spouses163. After the Concordat between the Vatican and the Portuguese Republic of 7 May 1940, the Catholic marriages could not be divorced164. The Decree Act No. 131/1995 of 6 June 1995 was significantly relevant regarding the form of divorce. This Act, namely, introduced the possibility to request the divorce (as well as the judicial separation of the spouses) by mutual consent at the civil registry in cases where there were no minor children, or in cases where the spouses had the minor children, when the disputes regarding the children had been solved by the court165. Furthermore, the Decree Act No. 272/2001 of 13 October 2001 explicitly prescribed the competence of the director of the civil registry office for (separation and) divorce by mutual consent, even when the spouses have the minor children and the questions of the parental custody have not yet been solved in the court procedure166. In 2008, Portugal introduced the electronic divorce. The divorce by the Internet, however, is possible only for divorces by mutual consent167.

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V.M. Frîntu, E.R. Gherghe, op. cit., 186. Ibid. 159 Ibid., 187. 160 Ibid. 161 About the settlement of the divorce petition through the administrative procedure, see ibid., 187-188. 162 For a divorce in the administrative procedure fee is 500 LEI (~ 109.73 EUR) (Art. I of the Law No. 127/2013, in http://www.avocatnet. ro/content/articles/id_33137/preview_1#axzz2zbQnB8zS, accessed 29 of May 2017). As mentioned above, the court fee for getting a divorce is 200 LEI (~ 43.89 EUR). See the footnote 73 above. 163 G. De Oliveira, op. cit., 1. 164 Ibid., 2. 165 Ibid. 166 Ibid., 3. 167 The Internet divorce is possible even when there are minor children. For procedure and documents that have to be submitted online, see at: http://www.civilonline.mj.pt/CivilOnline/Divorcio/avisoCertificado.jsp, accessed 23 of May 2017. 158

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In the current law, the divorce can be grant on the bases of mutual consent of the spouses or in a court procedure168. The provisions of the divorce by mutual consent are contained in the Civil Code169. The divorce by mutual consent must be initiated by both spouses, submitting a petition to the civil registry office (conservatória do registo civil). The spouse may be represented by the lawyer170. The spouses have to enclose a specified list of the joint property and the agreements regarding the child custody, the maintenance of the spouse and the family home171. The agreement regarding the custody of the child is not necessary if the judicial decision on these questions has been already issued172. The registrar will summon the spouses to a hearing in order to review the agreements of the spouses, especially taking into account the best interest of the child (and the interests of the spouses), and to verify if the statutory presumptions are met173. For this purpose, the registrar may order the spouses to make certain changes in the agreements174. The decision of the registrar on divorce has the same legal effect as the judicial one175. In cases of the divorce with minor children, the agreement regarding the custody of the children will be send to the General Attorney (Ministério Público) who scrutinizes the agreement and must give an opinion within 30 days176. If the General Attorney finds out that the agreement is not in the interests of the child, the spouses will be invited to make appropriate changes177. If the spouses do not comply with the suggestions indicated by the General Attorney, the application will be forwarded to the competent court178 179.

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Art. 1773 of the Portuguese Civil Code (the Decree Act No. 47344/66 of 25 November 1966, with the last amendments: Act No. 150/2015 from 10/09), in http://www.wipo.int/wipolex/en/text.jsp?file_id=421353, accessed 23 of May 2017 (hereinafter: PCC). The grounds for divorce in litigation are: de facto separation of the spouses for one full year; changes in the mental faculties of the other spouse which have lasted for more than one year and which, because of its seriousness, compromises the possibility of communal life; absence, without any news from the absentee, for a period of not less than one year; and any other facts that, regardless of the fault attached to the spouses, prove the irretrievable breakdown of the marriage (Art. 1781 of the PCC). 169 See Arts. 1775 – 1778 of the PCC. 170 Art. 1775, para. 1 of the PCC. 171 Art. 1775, para. 1 of the PCC. 172 Art. 1775, para. 1 of the PCC. 173 Art. 1776, para. 1 of the PCC. 174 Art. 1776, para. 1 of the PCC. 175 Art. 1776, para. 3 of the PCC. 176 Art. 1776-A, para. 1 of the PCC. 177 Art. 1776-A, para. 2 of the PCC. 178 Art. 1776-A, para. 4, Art. 1778 of the PCC. See G. De Oliveira, op. cit., 3. 179 It is pointed out that the divorce by mutual consent costs 250 EUR if there is no joint property to be divided. In the latter case the divorce can cost up to 550 EUR. See E. S. Jorge, Getting divorced in Portugal, 2011, in http://portugalresident.com/getting-divorcedin-portugal, accessed 23 of May 2017. In case of the divorce in the court procedure, the court fees are more than 500 EUR. Ibid.

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The transformation of divorce procedure in Europe

5. Conclusions. 5.1. Summary of the research.

There is a noticeable trend of expanding the competence of the civil law notaries in Eastern Europe. Mostly, it is about the now-former socialist countries in which during the period of Socialism notaries were transformed in form of the state notaries. After the fall of Socialism, the notaries of Latin type were established180. However, since 2015 Spain is an example of Southwest European country where notaries have the authority to divorce a marriage. This is not a surprise, taking into account that since 2005 the Spanish divorce system belongs to the group of the most liberal divorce systems in Europe. What is surprise is the fact that in France from 1 January 2017 exists the notarial form of divorce. Between the notarial forms of divorce in a European perspective are some differences regarding the preconditions to get a divorce, as well as the notarial power to scrutinise the agreements on ancillary matters. In Estonia, the notarial divorce is allowed even when the spouses have minor children. There is no a request to submit the agreement regarding the children with the divorce petition. The confirmation of the spouses that they have no disputes regarding the divorce conditions will be enough. In Latvia and Romania, by contrast, the notarial divorce is allowed only when the spouses achieve the agreement regarding the divorce conditions. In addition, the Romanian notary has the quasi-judicial discretionary powers to scrutinise the agreement regarding the children, taking into account the voice of the child and the investigation report of the guardianship body. In Spain, the spouses may not get a divorce from the notary if they have minor children. This is not the case in France, but the notarial divorce will not be allowed if the child requires to exercise his/her right to be heard. In this latter case, only judicial procedure for getting a divorce is possible. Alongside with the form of notarial divorce, in countries of Eastern Europe, it is noticeable the tendency of expanding the administrative form of divorce. Historically, in Russia the administrative divorce was introduced after the Bolshevik Revolution of 1917, and this form of divorce has spread to the all now-former Soviet Republics. The administrative forms of divorce are also present in Scandinavian countries (Norway, Denmark, and Iceland), in which this form of divorce aimed to achieve different goals than in Russia, and

See K. Woschnak, Javnobilježnička reforma u Srednjoj Europi od 1989. do 1995. iz austrijske perspektive (The Reform of Notaries in Central Europe from 1989 to 1995 from the Austrian perspective), in Javni bilježnik (Public Notary), no. 39, 2013, 39. There are three notarial systems in Europe: state notaries, civil law (Latin-type) notaries and common law notaries. See S. Zimmermann, A. SchmitzVornmoor, Javnobilježnička služba u Europskoj uniji. Filozofija struke i trendovi razvoja, harmonizacija i ujednačavanje (Notaries Public Service in the EU. Philosophy of the Profession and Development Trends, Harmonization and Standardization), in Zbornik Pravnog fakulteta u Zagrebu (Collected papers of the Zagreb Faculty of Law), vol 59, no 6, 2009, in http://hrcak.srce.hr/45427, accessed 16 of May 2017, 1219-1221 et seq; C. Koller, Future Perspectives on the Notary Profession in Europe, in A. Uzelac, C. H. van Rhee C H (edited by), The Landscape of the Legal Professions in Europe and the USA: Continuity and Change, Intersentia, 2011, 94 et seq.

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where notaries have never played the role that was given to the notary of Latin type181. Portugal is an example of Southwest European country where the administrative form of divorce exists since 1995. However, there are some differences between the administrative models of divorce. In Russia and Ukraine, the administrative divorce is no longer conditional upon the agreements on matters regarding the children (and property of the spouses), while in Estonia and Moldova the spouses only have to confirm that they have no disputes regarding these matters. In Romania, the administrative divorce is allowed only when the spouses do not have minor children. In Norway, it is enough that spouses try to achieve the agreements on ancillary matters. From the compared countries, only Denmark, Iceland and Portugal make the administrative form of divorce conditional upon the agreements on (some) ancillary maters, and the administrative bodies have the quasi-judicial powers to scrutinize the agreements. There are also noticeable differences regarding the requirement of the personal presence of the spouses in the procedure before the notaries or the administrative bodies. From the compared countries, only Romania has (almost without exception) the requirement on the personal presence in the divorce procedure. Other countries allow the representation, even the possibility that only one of the spouses is present during the procedure (Russia, Ukraine, Moldova, and Estonia). By contrary, in some of the compared countries the representation by an attorney-at law for getting a divorce in the notarial procedure is obligatory (Spain, France). In addition, some of the compared countries have also introduced the electronic form of divorce (Portugal, Norway). 5.2. Divorce procedure pro futuro in Europe.

The legislation and the literature of divorce show that divorce is moving in a new direction. Not only the grounds for divorce, but even the procedure has changed. As it is pointed out in the introduction of the paper, there are four noticeable tendencies in Europe. Family mediation has taken floor in most of the European countries. There is a trend of court-annexed family mediation as well as the private family mediation. Until recently, few jurisdictions have accepted arbitration as method of solving family law disputes. This is true for common law jurisdictions, however. In civil law jurisdiction, the dejudicialization of the divorce has a different form. Here, the dejudicialization of the divorce is the second name for the notarial divorce, mixed with the forms of administrative divorce, and in principle conditional upon the agreements on matters regarding the children and the property of the spouses. Here is also present an interest in the electronic form of divorce182.

181 182

S. Zimmermann, A. Schmitz-vornmoor, op. cit., 1220; C. Koller, op. cit., 94. For discussion in Estonia, see K. Joamets, Digital Marriage and Divorce: Legality Versus Digital Solutions, in The Future of Law and eTechnologies, edited by T. Kerikmäe, A. Rull, Springer, 2016, 177-193.

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The transformation of divorce procedure in Europe

Can we talk about the common core of the divorce law in Europe? The introduction of the notaries and the administrative bodies in the divorce procedure has opened the questions of recognition of such divorces, especially in those European countries in which the notaries or the administrative bodies are not vested with similar powers. The main question is thus the forms of notarial or administrative divorce fit into the scope of application of the Council Regulation (EC) No. 2201/2003 of 27 November 2003 concerning jurisdiction and the recognition and enforcement of judgments in matrimonial matters and the matters of parental responsibility, repealing Regulation (EC) No 1347/2000183, and the Regulation term of a “judgment”184. In addition, questionable is may the Member State refuse to recognize the notary’s or the administrative act, considering such act to be contrary to public policy. Attempting to propose an answer to these questions, it is interesting to see the case law of EU Member States. For example, in 2014 the Greek court allowed the recognition of a divorce issued by a Latvian notary under the Brussels II bis Regulation. The Greek court referred to the initial proposal of the European Commission and its dictate to allow circulation of foreign divorces issued by non-judicial authorities185. The same approach is adopted in the literature186. Prior to this decision of the Greek court, the court in Thessaloniki also recognized a Cuban divorce by a notary187. As it seems, the new direction in Europe is “privatisation” of the divorce procedure. The courts should solve conflicts that cannot be solved otherwise. But in the same time, the contrasting opinion underlines the social function of the judiciary: the need to have courts involved in conflict resolution. On the traditional court model of dispute resolution, namely, as Loth and Mak discussed, the legitimacy of the legal system is based.188 In other words, divorce cases and questions of parental responsibilities are legal situations in which the states (and the Church in some countries) have interest. The question is whether the traditional adversary model of dispute resolution is appropriate for the divorce disputes and the disputes on parental responsibilities. The traditional adversary model of dispute resolution only increases hostility between the spouses. At the same time, questionable is do we need courts in situations where the spouses have achieved the agreements regarding divorce and the ancillary matters. Is there anything left to adjudicate?

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The Council Regulation (EC) No. 2201/2003 of 27 November 2003 concerning jurisdiction and the recognition and enforcement of judgments in matrimonial matters and the matters of parental responsibility, repealing Regulation (EC) No 1347/2000, in OJ L 338, 1-29 (hereinafter: Brussels II bis Regulation; Regulation). 184 See Art. 2, para. 4 of the Brussels II bis Regulation. 185 The term “court” means all the authorities in the Member States with jurisdiction in the matters falling within the scope of the Brussels II bis Regulation (Art. 2, para. 1 of the Brussels II bis Regulation). 186 Compare, for example, G. Lupşan, op. cit., 32, 93 et seq; Practice Guide for the application of the Brussels IIa Regulation, European Commission, 2014, in http://ec.europa.eu/justice/civil/files/brussels_ii_practice_guide_en.pdf, accessed 15 of May 2017, 17, 22. 187 A. Anthimos, Recognition of a Latvian divorce in Greece, 2014, in http://icl-in-greece.blogspot.hr/2014/11/recognition-of-latviandivorce-in-greece.html, accessed 15 of May 2017. 188 M. Loth, E. Mak, The judicial domain in view. Figures, trends and perspective, in Utrecht Law Review, vol 3, no 1, 2007, in https://www. utrechtlawreview.org/articles/10.18352/ulr.38/galley/38/download/, accessed 16 of May 2017, 77, 86-87, 88-89 et seq.

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SlaÐana Aras Kramar

To conclude, the dejudicialization of the divorce is a new word for divorce based on the parties’ autonomy, on the principle of the best interest of a child, and the principle of assistance to the spouses/families in solving their conflicts and achieving the (ancillary) agreements that will balance the interests of all family members. Last but not least, the dejudicialization of the divorce means that the divorce procedure has transformed, and has become much faster and – in principle – cheaper189. However, it should not be expected that the forms of notarial or administrative divorce, as well as electronic divorce, will spread fast through the European continent. Each legal system, namely, has its own tradition of family law and culture of dispute resolution, which influences the method of dispute resolution preferred190. Regardless of that, it is obviously that the divorce costs and the time needed to obtain the divorce, in future, shall influence the (further) reforms in a European perspective.

189 190

There are some exceptions. For the Romanian solutions and the notary tariff, see Sect. 3.2. above. Compare W. Kennett, op. cit., 11; M. Loth, E. Mak, op. cit., 77, 86-87, 88-89 et seq.

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Attuali profili di diritto cubano della famiglia: gli orientamenti evolutivi della giurisprudenza* Sommario: 1. L’inadeguatezza dell’attuale assetto del Código de Familia cubano del 1975. – 2. Le dinamiche socio-familiari nell’attuale società cubana. – 3. La famiglia cubana in attesa di regolamentazione. L’impulso dell’interpretazione evolutiva del Tribunal Supremo. – 3.1. Gli aspetti affettivi e valoriali nel diritto di famiglia all’attenzione della giurisprudenza. – 3.2. La “oxigenación” che offre il diritto convenzionale. Sua applicazione al principio del superiore interesse del minore. – 3.2.1. Il carattere eccezionale della privazione della patria potestà. La difesa del diritto alla biparentalità. – 3.2.2. Improcedibilità della sospensione della patria potestà alla madre di un minore, dichiarata giudizialmente incapace. – 3.2.3. Il cambio di passo della figura dei nonni nelle relazioni familiari. – 3.3. La legittimazione del tutore di una persona dichiarata giudizialmente incapace ad esercitare l’azione di divorzio. L’indebita inapplicazione della Convención de los derechos de las personas con discapacidad. – 3.4. La Convención sobre la eliminación de toda forma de discriminación de la mujer come sostegno alla mancanza di riconoscimento giudiziale delle unioni matrimoniali non formalizzate. – 4. Qualche considerazione prospettica.

The paper deals with the structural and functional aspects of Cuban family law through the analysis of recent doctrine and jurisprudence which are re-reading classical institutes, in light of the great transformations of society.

1. L’inadeguatezza dell’attuale assetto del Código de Familia cubano del 1975.

Dalla seconda metà del ventesimo secolo fino al tempo presente, nessun segmento del diritto cubano ha avuto un iter tanto travagliato come quello del diritto di famiglia: dal

*

Il presente contributo è stato sottoposto a valutazione in forma anonima.

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1975 – data di nascita dell’attuale Código de Familia – ad oggi, i tentativi di un suo aggiornamento sono risultati vani. Nonostante gli studi multidisciplinari che hanno rivendicato la necessità di un aggiornamento delle norme in materia di diritto di famiglia – e che hanno sottolineato i cambiamenti nella struttura demografica cubana – la famiglia presente nel vigente Código continua a seguire un modello nucleare, senza alcuna attenzione verso le nuove costruzioni familiari. Il corpo normativo del Código de Familia cubano non tiene conto della Convención de los derechos del niño e dei suoi profili attuativi, non considera i cambiamenti nell’assetto della famiglia e continua ad imporre il matrimonio come unico schema di riferimento, soprattutto in ordine agli effetti patrimoniali e successori della vita in comune della coppia, anche se questa ha optato per l’unione di fatto1. In altri termini, il Código de Familia cubano non ha avuto alcuna considerazione di una possibile applicazione delle regole dell’autonomia privata alla coppia o al loro progetto di vita, imponendo un modello in cui lo Stato governa, come l’ombra per il corpo, gli atti dei singoli, anche quelli che hanno a che fare con la loro vita familiare. Alla luce di questo Código, i coniugi sono obbligati ad accettare come regime economico matrimoniale, quello della comunione costituita (in particolare, quello della comunione parziale di beni, rectius quelli acquisiti a titolo oneroso, in costanza di matrimonio), semplificando al minimo le regole patrimoniali del matrimonio, sulla base di variabili predeterminate che il legislatore non consente possano essere attribuite agli sposi2. Inoltre, il Código, nella sua marcata visione patriarcale e androcentrica, si presenta arcaico anche nel linguaggio e non considera affatto le tematiche gender-based: da qui l’autorizzazione, già di per sé più che controversa, a formalizzare il matrimonio dei minori di cui all’articolo 3, in cui si differenziano le età dal punto di vista del genere. In altri termini, partendo dalla considerazione che le donne sono più mature per il matrimonio3, il Código ha stabilito che l’età di 14 anni le abilita all’atto di matrimonio, previa autorizzazione dei genitori o del tutor a seconda dei casi, mentre l’uomo, più infantile o immaturo e anche più irresponsabile, può sposare a partire dai 16 anni di età. Rientra nel dettato dell’art.89 la regola secondo cui, nel determinare a quale dei genitori sia affidata la cura dei minori, il tribunale preferisca la madre, senza valorizzare l’interesse superiore del minore, intendendo in linea di principio che la madre, in ragione del suo genere, debba essere preferita, perché i bambini, nella filosofia del Código de Familia cubano, sono sempre della madre, a prescindere da valutazioni operate in concreto. Relativamente alle regole della protezione dei soggetti deboli all’interno della famiglia, il Código prevede solo l’istituto della tutela, sia per i maggiori di età, che per gli incapaci e

1

Si vedano gli artt. 2, 18 e 19 del Código de Familia. Si veda la forza imperativa impregnata nel testo dell’articolo 29. 3 Nel Código viene usata la parola «hembra», ovvero «femmina», espressione ormai superata nel linguaggio giuridico. 2

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Attuali profili di diritto cubano della famiglia: gli orientamenti evolutivi della giurisprudenza

gli inabili, come per i minori non dotati di genitori esercenti la potestà genitoriale: risulta assente ogni minima apertura per la persona che, in previsione della propria disabilità, voglia esprimere la sua volontà riguardo al tipo di sostegno che desidera avere, in linea con la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, adottata a New York nel 2006 e riguardo alla quale, al momento della sua promulgazione, il Código de Familia cubano non poteva tener conto. Anche in tema di patria potestà, come si è accennato, il Código ha mantenuto la sua rigidità, non considerando alcuna circostanza eccezionale, con specifico riguardo all’interesse del figlio minore, rendendo magari possibile che tale esercizio fosse esercitato da uno solo dei genitori, cioè colui che fosse responsabile della cura del bambino. In sostanza, il Código de Familia cubano ha finito col confondere tre concetti: la politica, la patria e la paternità, includendo tra le cause di privazione della potestà l’emigrazione, sotto la definizione – non estranea ad un contenuto marcatamente ideologico – di «abbandono del territorio nazionale», e quindi come abbandono dei figli da parte del genitore, come se il secondo fosse una conseguenza inevitabile del primo4. Alla luce di queste considerazioni, non poche sono state e sono le ragioni a fondamento di una revisione del Código de Familia cubano: anzitutto, la necessità di analizzare la convenienza, o meno, di autorizzare il matrimonio tra minori di età. In secondo luogo, viene in evidenza l’inutilità dell’autorizzazione da parte dei funzionari corrispondenti di formalizzare il matrimonio con un cittadino straniero, procedura non in linea con i trattati internazionali sui diritti umani firmati e ratificati da Cuba, «implicando un ostacolo alla libertà coniugale e comportando una discriminazione nei confronti di coloro che non sposano i cubani»5. Inoltre, un nuovo Codice si preoccuperebbe di cercare un corretto modo per riformulare i precetti normativi a fondamento dei requisiti sostanziali della formalizzazione del matrimonio, in considerazione dei presupposti che la legge dovrebbe richiedere al fine

4

Con la sentenza n. 502 del 19 agosto 2015, il Tribunal Supremo ha ratificato i giudizi che avevano risolto un conflitto derivante dall’esercizio della potestà genitoriale da parte del padre e della madre di un adolescente di 15 anni: la madre, residente negli Stati Uniti, ma in costante comunicazione con suo figlio residente a Cuba con suo padre, chiedeva che il figlio potesse visitarla temporaneamente negli Stati Uniti, e riceveva il rifiuto da parte del padre. L’Alto Foro dichiarava sin lugar l’appello presentato dal padre, il quale insisteva sulle ragioni del suo rifiuto. Nella sua motivazione, viene menzionato il diritto del figlio a relazionarsi e comunicare con sua madre: «a visitar al progenitor que radique en país distinto al de su residencia habitual, en tanto es premisa internacional garantizar que mantenga relaciones personales y contacto directo con ambos padres de modo regular, con la excepción de que ello vulnere el interés superior del niño; y el hecho de que así se cumpla respecto a la madre, no cercena en ningún sentido la preeminente tutela que refrendan tanto la norma patria como el apartado segundo de los artículos nueve y diez de la Convención internacional de los derechos del niño (…); sino que salvaguarda el supremo beneficio que para el hijo de las partes representa disfrutar física y directamente el cariño que le profesa su madre, válidamente demostrado en autos, a través de las sistemáticas visitas que desde dos mil once realiza para estar junto a su menor hijo, el que no se encuentra bajo su abrigo por la expresa oposición del impugnante para que lo trasladara consigo, y no porque haya sido el propósito de aquella (…) luego entonces, dada la función tuitiva que de sus intereses al tribunal corresponde, se impone garantizar la proximidad requerida del menor (…) a su progenitora mediante legal autorización para viajar a su país de residencia». 5 R. Gómez Treto, ¿Hacia un nuevo Código de Familia?, en Revista Cubana de Derecho, 34, año XVII, julio-septiembre 1988, 31-74. Le raccomandazioni formulate da questa dottrina, relative ad una eventuale riforma del diritto familiare cubano, si possono consultare nelle pp. 59-70.

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di migliorarne i contenuti: in particolare, si dovrebbe capire se sia il caso di mantenere l’esercizio dell’azione di divorzio vincolata a quella che va a determinare la patria potestà, la tutela e l’assistenza, il diritto alla pensione per i figli e per il coniuge o se tali soggetti debbano essere indipendenti, come avviene oggi con la regola della fine della comunione dei beni sciolta dal divorzio; così come se sia opportuno mantenere separata l’azione di divisione dei beni matrimoniali comuni, o se, come in passato, si possa cumulare all’azione di divorzio e in quali casi. Per quanto riguarda il regime patrimoniale del matrimonio, differentemente dalla precedente procedura6, la medesima dottrina ritiene sia necessario riflettere se mantenere o meno, l’unico regime legale della comunione dei beni7. Relativamente al tema della patria potestà, si dovrebbe considerare se questa funzione non possa essere chiamata in modo più corretto ed esplicito come paterno-materna, attraverso una formula che ne ponga contenutisticamente in evidenza i caratteri salienti8. Di differente avviso vi è stato chi9 ha sottolineato la necessità di non “rattoppare” l’attuale Código de Familia, ma di riscriverlo, affinché possa estendere i mezzi e gli strumenti di tutela e di protezione alle figure più deboli all’interno della famiglia10.

6

Nella legislazione anteriore si ammetteva il «contrato sobre bienes con ocasión del matrimonio» per cui le comunemente definite «capitulaciones matrimoniales» potevano essere formalizzate nel particolare regime imposto: l’attuale legge, basata sul Código de Familia, ha rimosso questa istituzione dal sistema giuridico-normativo cubano. 7 Relativamente alle obbligazioni alimentari, parte della dottrina consiglia di mettere da parte la regola della prelazione legale, con la conseguenza di includere «la posibilidad legal de que el interesado en recibir tales pensiones pueda dirigirse a cualquiera de los parientes obligados, indistintamente, a fin de facilitar la posibilidad de cobrarlos a quien realmente sea ejecutable. Obviamente, se podría abrir también la posibilidad legal de que el condenado a pagarles pudiera repetir contra otro pariente más cercano, de serle posible la ejecución contra su patrimonio o ingresos o, en otro caso, que fuera factible trasladar la deuda siempre que la dejara garantizada como fiador o garante». 8 In tema di adozione, è stata rilevata la necessità di elevare l’età della persona adottabile da 16 a 18 anni per coincidere con quella dell’età avanzata. 9 J. De la Fuente López, Necesidad y posibilidad de un nuevo Código de Familia. Ideas en torno a esta polémica, en Revista Cubana de Derecho, 38, año XVIII, julio-septiembre, 1989, 71-106, passím. L’autore afferma che «Cuando se piense y decida definitivamente sobre un nuevo Código de Familia, resultará imprescindible tener esto presente y deba condicionarse la validez del matrimonio a un período de su vigencia que bien pudiera ser un año, con lo cual, además se salvarían aquellos estados de viudez de un día para otro, tras los cuales se esconde generalmente una intención distinta a la que verdaderamente debe motivar la unión de una pareja para hacer vida en común. Aquí también habría que valorar si se admite o no el darle carácter retroactivo a la formalización del matrimonio pues sería entonces absurdo condicionar su validez a la vigencia en el tiempo, o exigir determinados requisitos para tal efecto retroactivo». 10 J. De la Fuente López, Necesidad y posibilidad de un nuevo Código de Familia. Ideas en torno a esta polémica, en Revista Cubana de Derecho, 38, año XVIII, julio-septiembre, 1989, 90: «proyección futura sobre esta materia deberá estudiarse la posibilidad de ampliarlo a otros miembros del contorno familiar en el que se ha desenvuelto el menor hasta el momento de la ruptura del vínculo matrimonial entre sus padres, distinguiendo por supuesto entre la ruptura de hecho y de derecho y considerando para la determinación final entre este aspecto con quién vivía el menor al momento de la ruptura de hecho, pues en muchos casos no son precisamente los padres quienes se han ocupado del mantenimiento y educación de sus hijos durante largos años y puede resultar que al momento de la ruptura la madre (o a la inversa el padre) que prácticamente tenía a su hijo abandonado al cuidado de la abuela paterna durante varios años (con la consiguiente identificación del menor a ese contorno familiar) arranque a su hijo menor de ese otro hogar para que le sea conferida la guarda y cuidado, acción que muchas veces se efectúa sin tener condiciones mínimas materiales ni espirituales para el sostenimiento y educación del menor y se hace responsable de su hijo no porque haya surgido el cariño con la ruptura del vínculo matrimonial sino para causar el lógico malestar en la familia del otro miembro de la pareja que nada puede hacer ante esta acción».

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Attuali profili di diritto cubano della famiglia: gli orientamenti evolutivi della giurisprudenza

Autorevole dottrina11 ha sottolineato che il Código de Familia cubano, nel decennio degli anni settanta ha avuto il privilegio di essere il primo codice che rispondeva ad una società socialista e ad una vera rivoluzione sociale. Le sue istituzioni, le istituzioni universali del diritto di famiglia, erano regolate con una concezione veramente progressista ed hanno rappresentato un avanzato punto di riferimento giuridico per il contesto iberoamericano. Il Código, benché nato nel 1975 – epoca in cui ha guadagnato la qualifica di fonte giuridica illuminata e all’avanguardia – non rappresenta più la risposta alle mutate esigenze della società e al nuovo assetto di interessi dei singoli, alla informatizzazione, alle nuove tecnologie (seppur presenti nel Paese non in maniera omogenea): come è stato correttamente sottolineato, «el Código nació para un país que ya no es»12. Le nuove generazioni, portatrici di istanze e di progetti innovatori, non possono non trovare nell’ordinamento le risposte e il corretto riconoscimento giuridico; ugualmente, le nuove dinamiche socio-familiari non incontrano nell’architettura normativa il superamento delle rigidità del modello di famiglia presente nel Código. La società cubana è pronta per accogliere un nuovo strumento normativo più inclusivo ed elastico, capace di potenziare non soltanto l’intervento dello Stato nella protezione delle persone più vulnerabili e deboli, ma anche aperto nel permettere alla coppia di decidere del proprio destino, determinando al proprio interno le componenti etiche, morali e patrimoniali della vita nella famiglia, conferendo il giusto peso all’autonomia privata, senza pregiudizi sugli interessi superiori di quei settori vulnerabili presenti nelle relazioni affettive. In altri termini, la società cubana auspica un nuovo Código che voglia riflettere nella propria sistematica i postulati delle convenzioni internazionali firmate da Cuba, in linea con i principi che oggi informano le nuove leggi universali della famiglia13.

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O. Mesa Castillo, Palabras pronunciadas al terminar la sesión abierta dedicada a conmemorar el XXX Aniversario de la promulgación y puesta en vigor del Código de Familia de Cuba (14 de febrero - 8 de marzo de 1975), acto convocado por la Sociedad Cubana de Derecho Civil y Familia de la Unión Nacional de Juristas de Cuba y la Federación de Mujeres Cubanas el 7 de marzo de 2005, en Revista Cubana de Derecho, 119-121. In particolare, l’autrice ha sottolineato che «Pero bien, ha pasado demasiado tiempo desde supuesta en vigor; en treinta años la humanidad ha tenido avances tecnológicos, como la implementación de las técnicas de reproducción humana asistida, que influye en la filiación, se ha aprobado una Convención Internacional de los Derechos del Niño, con una nueva doctrina de la protección integral del niño y de la niña, a los que ahora se valoran como sujetos de Derecho, se han introducido nuevas figuras jurídicas para la institución de la patria potestad, como la patria potesta prorrogada(…) y nuevas o renovadas intituciones de guarda y protección para menores, personas de la tercera edad, incapacitados y discapacitados, entre otras novedades. A todo este avance que ha acontecido entres décadas en el Derecho de Familia a nivel internacional, está ahora ajena Cuba, por no haberse actualizado su Código de Familia». 12 O. Mesa Castillo, Las salas de justicia familiar en cuba: una mirada histórica desde el derecho sustantivo de familia, in Revista Cubana de Derecho, 49, Enero – Junio, 2017, 6. 13 Sul tema dei principi del diritto di famiglia, nell’ottica offerta dal nuovo Código Civil y Comercial dell’Argentina, si veda G. Medina, Principios del Derecho de familia, en Revista de Derecho de Familia y de las personas, Buenos Aires, año VIII, 4, marzo 2016, 3-15.

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2. Le dinamiche socio-familiari nell’attuale società cubana. Per dare un fondamento scientifico alla necessità di una ricodificazione del diritto di famiglia cubano, appare imprescindibile offrire una breve lettura delle dinamiche sociofamiliari evinte dalle ricerche realizzate negli ultimi anni. E ciò perché certamente la famiglia rappresenta una istituzione che trascende i contorni del diritto e può essere studiata da varie angolazioni. In un serio e approfondito studio, si legge che sono caratteristiche dell’attuale famiglia cubana, la riduzione delle dimensioni medie e l’ampiezza della sua lunghezza generazionale, un cambiamento nelle condizioni delle donne e una maggiore equiparazione con gli uomini, l’aumento del tasso di divorzi e dei successivi matrimoni, l’aumento del numero di famiglie in cui vivono le persone single, l’aumento di coloro che riconoscono una donna come capo, l’espansione di altre in cui è presente solo uno dei genitori, di solito la madre, fino all’aumento registrato nella proporzione di coppie, specialmente giovani, che convivono senza sposarsi e non formalizzano la loro unione quando arrivano i figli14. Il progressivo invecchiamento della popolazione ha stravolto il quadro demografico: differentemente da molti Paesi europei – nei quali questi cambiamenti si sono diluiti in un tempo molto più lungo – in Cuba questo processo è stato molto accelerato ed omogeneo. Gli studiosi hanno considerato che il vincolo tra le dinamiche demografiche di un Paese e la contestuale modifica dei contorni delle relazioni familiari sia molto stretto e lo specchio di tale relazione è dato dall’elemento della fecondità: dal 1978 in poi, le coppie cubane si sono assestate su una media inferiore alle 2,1 nascite per donna, necessarie per garantire una sostituzione generazionale. Ciò ha avuto un impatto diretto sulla dimensione e sulla composizione della famiglia che attualmente si disgrega in maniera più rapida che nel passato o si assesta su una tipologia di famiglia monoparentale15. Un altro punto di interesse è l’aumento dell’aspettativa di vita, che si riflette in un numero crescente di coppie anziane che vivono senza i loro figli, perché si trovano nella fase del ciclo di vita che viene solitamente identificata come un nido vuoto. Un altro effetto

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P. Arés Muzio, M. E. Benítez Pérez, Elementos a considerar para el diseño de una política familiar en Cuba, en http://www. rediberoamericanadetrabajoconfamilias.org/ponentes/pdf/cub_aresmuziopatricia.pdf, consultado el 17 de marzo de 2017, 30. Le autrici affermano che «La familia es, también, una unidad de análisis compleja. No es posible hablar de familia como un organismo aislado del entorno económico, social y de su escenario histórico. Existen muchos organizadores sociales de la vida familiar. Entre ellos, la cultura, la política, la religión, las ideologías de género, de clase, de raza, el medio ambiente, con interdependencias recíprocas con lo económico, lo social, lo ideológico, lo psicológico, lo biológico, lo antropológico, lo demográfico y lo jurídico, entre otras muchas. Dicho de otra manera, aunque la familia constituye una institución universal, su desarrollo no se da por sí solo, sino que guarda una estrecha relación con la organización de la sociedad a la que representan como unidad funcional básica. Esto las hace ser distintas, incluso en una misma sociedad, para diferentes momentos históricos». 15 C. A. Amador Rodríguez, Una mirada al cumplimiento de las funciones sociales de la familia en Cuba de hoy, en Bioética, enero-abril, 2016, 9. Secondo questa dottrina, queste nuove realtà monoparentali si presentano «con jefatura de hogar femenina, presentándose lo que pudiera derivar en un matriarcado práctico debido al elevado número de divorcios (y muchos cubanos con varios matrimonios o uniones con divorcios y separaciones sucesivos) y la coexistencia de hijos de distintos padres, así como separaciones prolongadas por trabajo, emigración o estudios».

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Attuali profili di diritto cubano della famiglia: gli orientamenti evolutivi della giurisprudenza

dell’invecchiamento della popolazione è quello riferito alla progressiva crescita registrata nei tassi di vedovanza, che porta all’aumento delle abitazioni con una sola persona. Queste tendenze segnano i cambiamenti di interesse nella composizione dell’attuale famiglia cubana. L’aumento del tasso dei divorzi continua ad essere significativo nel Paese: ciò costituisce «un’altra sfida per la famiglia e per la società cubana, dove dobbiamo imparare a trovare un equilibrio tra la giusta autonomia della coppia, che può modificarsi attraverso il divorzio, la separazione, la vedovanza o lo stare da soli, le strutture familiari e le responsabilità e gli obblighi che si contraggono dopo l’arrivo dei figli e, in particolare, la privazione affettiva ed economica in cui tendono a vivere, abbastanza spesso, i bambini minori rispetto al padre»16. Negli studi più recenti in tema di divorzio, si argomenta che l’aumento del tasso di dissoluzione delle unioni matrimoniali, sia diretta conseguenza del contestuale aumento di nuovi tipi di unioni consensuali nelle quali si ricostituiscono le famiglie, con nuovi membri «que deben enfrentarse a los límites de sus roles de poder»17: ciò costituisce una nuova sfida per il diritto di famiglia cubano. Accanto a questi aspetti socio-giuridici, convivono altre ragioni non eliminabili: le famiglie cubane si caratterizzano per una forte eterogeneità delle condizioni economiche e ciò ha prodotto situazioni di gravi diseguaglianze sia all’interno della stessa famiglia che tra nuclei familiari18. Queste condizioni sono spesso alla base di dinamiche di episodi di violenza domestica, quali manifestazioni «de falta de urbanidad, de indisciplina social y rechazo a la autoridad que llega a niveles preocupantes»19. Al fine di progettare un nuovo contesto legale nel quale orientarsi, la famiglia cubana deve necessariamente guardare ripetutamente le dinamiche sociali e demografiche e sperare nell’attenzione di un legislatore avveduto20.

16

Idem, p. 14. AA.VV., ¿Cuánto ha cambiado la familia?, en Juventud Rebelde, edición digital del 19 de febrero de 2017. Secondo L. Ibarra Mustelier, «el rol de ambivalencia de los nuevos convivientes luego de que una familia se reconstituye. El miembro desconocido del matrimonio debe enfrentarse a conflictos frente a la crianza de los menores, papel en el que puede ser excluido o demasiado empoderado. Estas familias requieren crear nuevos proyectos para que los vínculos sean efectivos». L’autrice sottolinea, altresì, che tra i grandi cambiamenti nelle dinamiche dell’attuale famiglia cubana, «el surgimiento de familias integradas por personas del mismo sexo, quienes se convierten en padres o madres de menores de edad que deben insertarse en una sociedad todavía homofóbica». Secondo C. A. Amador Rodríguez, «ante la falta generalizada de viviendas y la esperanza de conseguirlas por algún medio, se observa la convivencia de varias generaciones en la misma casa y la falta de motivación para un proyecto de familia basado en el matrimonio (…)». Si osserva, altresì, che «existe un número importante de hogares de tipo extenso y trigeneracionales con un ciclo vital tardío». 18 R. García Quiñones, M. Alfonso de Armas, Envejecimiento, políticas sociales y sectoriales en Cuba, 19. Secondo altra dottrina (Álvarez Suárez), «hay que mirar a la familia en la Mayor de las Antillas sabiendo que existen diferentes tipos (…). Ese modelo exclusivo de mamá, papá y nené ya se da poco, porque las familias se han vuelto más complejas en su composición y funcionamiento. La formación de valores se ha deteriorado en la familia y la sociedad (…) Por ello, es necesario potenciar el reforzamiento del vínculo hogar-escuela, que en los últimos años se ha visto deteriorado». 19 C. A. Amador Rodríguez, Una mirada, cit., 9. 20 L. E. Fernández Rius, La familia: retos de hoy, en Revista Dilemas Contemporáneos: Educación, Política y Valores, año 1, número 1, abril-mayo 2013, 4. L’autrice afferma che «la familia protagoniza procesos de desarrollo, de reproducción social y física de la 17

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3. La famiglia cubana in attesa di regolamentazione. L’impulso dell’interpretazione evolutiva del Tribunal Supremo.

La riflessione conseguente al panorama appena descritto, è il fermento – nella società cubana – in attesa di una regolamentazione normativa che tenga conto di tutto il movimento sociologico e giuridico presente nelle riflessioni della dottrina cubana. Dunque, la famiglia cubana «va tras las pistas del legislador21» e attende che gli organi preposti diano soluzioni concrete ai casi che il tempo presente pone quotidianamente. Di conseguenza, il giurista ha davanti a sé il peso di dover rispondere alle dinamiche in cui la famiglia si sviluppa nella Cuba di oggi, con norme giuridiche create più di quarant’anni fa, davanti a un tessuto familiare molto diverso da quello affrontato dal legislatore del 1975. In attesa di un intervento legislativo ad hoc, spetta alla giurisprudenza cubana offrire risposte a ciascun caso sottoposto alla sua attenzione, con l’ingegnosità, la creatività, la competenza, l’acutezza e la lungimiranza che secoli fa i Romani affrontarono quando Roma divenne un impero. Come i pretori romani, i giudici cubani devono attenuare, rendere più flessibili le norme giuridiche della famiglia per dare rifugio alle nuove costruzioni familiari che hanno occupato un posto significativo tra le famiglie cubane o, in ogni caso, rinvigorire le classiche istituzioni familiari con adeguata protezione legale, plasmata sullo stile del passato, ma in sintonia coi principi che informano i trattati e le convenzioni internazionali firmate da Cuba. E in questo, l’interpretazione evolutiva della legge svolge un ruolo significativo, che ha avuto un’importanza particolare nelle questioni relative al diritto di famiglia di cui si sono fatte carico le Corti costituzionali, nella loro opera di adeguamento e di cesellatura giuridica22. Con l’interpretazione evolutiva, si attribuisce al testo normativo un significato diverso rispetto a quello letterale, ma soprattutto un significato nuovo, distinto dai significati già stabiliti, che tiene conto delle istanze sociali per poi passare attraverso una valutazione politica dell’interprete23.

población, de la fuerza de trabajo, de la ideología y de la cultura. Es el ámbito social donde tiene lugar la toma de importantes decisiones sociodemográficas: la formación y disolución familiar, la libre elección del número y espaciamiento entre los hijos, la educación y socialización de la niñez, el acceso a la vivienda, el reparto de la actividad económica entre hombres y mujeres, la decisión de migrar, entre muchas otras». Dal punto di vista delle prospettive giuridiche, una ricodificazione del diritto di famiglia cubano deve avvenire «a nivel estructural, funziona así como en su diversidad y heterogeneidad. Analizar estos cambios, sus causas y los desafíos que ello implica para las políticas sociales es un imperativo actual». 21 In merito alle nuove sfide del diritto familiare cubano, si veda A. M. Álvarez-Tabío Albo, Retos del Derecho de familia. Autonomía y unidad, in Revista Cubana de Derecho, UNJC, No. 47, enero-junio 2016, 5-31. 22 Sul tema in ambito costituzionale, si vedano J. M. Goig Martínez, La interpretación constitucional y las sentencias del Tribunal Constitucional. De la interpretación evolutiva a la mutación constitucional, en Revista de Derecho, UNED, 12, 2013, 257-292; F. J. Matia Portilla, Interpretación evolutiva de la Constitución y legitimidad del matrimonio formado por personas del mismo sexo, in Teoría y realidad constitucional, UNED, 31, 2013, 535-554. 23 R. Guastini, Interpretación y construcción jurídica, en Isonomía, 43, 2015, 28. L’autore ha poi chiarito che «nella cultura giuridica

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Pertanto, l’interpretazione giuridica cambia a seconda delle esigenze sociali sottese: questo ambito – denominato anche giurisprudenza «progressiva» – qualifica un modo di intendere l’attività del giudice considerata fondamentale per l’evoluzione, ma anche per la stabilità dello Stato moderno e per la sopravvivenza delle leggi perché se ciò non fosse, esse dovrebbero costantemente cambiare. Il giudice, per eseguire questo tipo di interpretazione legale, ha bisogno di sensibilità per cogliere le esigenze sociali del suo tempo24. Questo criterio ermeneutico – che deve essere usato nell’interpretazione del Código de Familia cubano se si vogliono adattare le norme alla realtà sociale del momento in cui esse sono applicate – così lontano dal momento storico della sua nascita, cerca di adeguare i precetti legali alle nuove circostanze, in un lento, ma inesorabile cammino di adattamento dei suoi precetti a nuove istanze di carattere politico, economico, ideologico, morale. L’interpretazione delle leggi deve cambiare in base alle richieste sociali e, proprio in accordo con queste istanze, i giudici devono applicare le norme esistenti, in un costante tentativo di «ringiovanire la legge», in ossequio a quella regola secondo cui la funzione ultima della legge è «essere un fattore decisivo e contribuire al cambiamento e alla trasformazione della società»25. 3.1. Gli aspetti affettivi e valoriali nel diritto di famiglia all’attenzione della giurisprudenza.

Il diritto di famiglia può essere definito il segmento del diritto più sensibile di tutti, il più “apprensivo”: e il principio dell’affettività sta diventando il principio cardine del diritto di famiglia, la base di diverse decisioni giudiziarie.

occidentale moderna, è abituale per i giuristi e obbligatorio per i giudici “motivare” le loro decisioni interpretative, ossia addurre (non propriamente “motivi”, malgrado sia questa la parola comunemente usata, ma) ragioni»: R. Guastini, Interpretare, costruire, argomentare, in Osservatoriosullefonti.it, fasc. 2, 2015, 11. 24 M.I. Lorca Martin de Villodres, Interpretación jurídica e interpretación constitucional: la interpretación evolutiva o progresiva de la norma jurídica (el Derecho como instrumento del cambio social), in https://archivos.juridicas.unam, 261. L’autrice argomenta in tema di “diritto come strumento di cambiamento sociale”. Secondo altra dottrina (G. Cerdeira Bravo de Mansilla, Matrimonio y Constitución. Su interpretación evolutiva en España, in Derecho Familiar Constitucional, Leonardo B. Pérez Gallardo, Carlos Villabella Armengol y Germán Molina Carrillo (coordinadores), Grupo editorial Mariel, México, 2016, 151), «la finalidad de la interpretación sociológica es una, en principio, bien sencilla y evidente: evitar el anacronismo, impedir la petrificación del Derecho; hacer de la norma un ente vivo que por sí sólo, sin necesidad de estricta e incesante reforma, sea capaz de adecuarse a los nuevos tiempos, a las nuevas realidades (sociales, económicas, políticas, culturales…)». L’autore cita una pionieristica sentenza del Tribunal Supremo spagnolo del 21 novembre 1934 nella quale Supremo «se trataba de adecuar el Código Civil español (…) a la nueva realidad social que entendía el TS contemplaba la Constitución por entonces vigente, la Republicana de 1931. El caso también era de familia, aunque referido estrictamente a la filiación: se trataba de una reclamación de paternidad extramatrimonial (interpuesta por la madre contra la viuda del padre ilegítimo), cuando, al menos programáticamente, ya imponía el art. 43 de la Constitución republicana de 1931 la investigación de la paternidad, al imponer la propia igualdad en toda filiación (matrimonial o no), al modo en que hoy lo hace el art. 39 CE; pero no encontraba aquel principio reflejo normativo en el CC (de 1889), cuya regulación aún se mantenía en los viejos valores de discriminación entre hijos legítimos e ilegítimos y de prohibición en la investigación de paternidad». 25 M. I. Lorca Martin de Villodres, op. ult. cit., 211.

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Il diritto di famiglia sta gradualmente diventando un ambito in cui la socio-affettività si radica, in modo da essere il perno di diverse figure giuridiche, un’enclave di nuove costruzioni familiari e della rilettura delle classiche istituzioni familiari, tra cui i rapporti di filiazione26. La migliore dottrina ha enunciato da anni il principio dell’affettività come uno dei fondamenti del nuovo diritto di famiglia: vi è stato chi ha affermato che «el primer obligado a asegurar el afecto por sus ciudadanos es el proprio Estado»27, sostenendo così quel percorso ermenutico che vede come necessaria «la constitucionalización de un modelo de familia eudemonista e igualitario, con mayor espacio para el afecto y la realización individual»28. La sensibilità sui temi familiari conduce all’assunto che i giudici quando risolvono il contenzioso, oltrepassano il dettato di una norma legale e cercano risposte nella solidarietà umana, espressione del principio della dignità umana. Non si tratta di offrire risultati che conducono a complesse equazioni sociali, ma di dare risposte a partire dalla natura umana, cercando nell’affetto e nella solidarietà non solo tra i coniugi, ma anche tra genitori e figli, tra fratelli o tra gli altri parenti il percorso ideale29.

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M. Chaves, E. Varsi Rospigliosi, Paternidad socioafectiva: del imperio del biologismo a la consagración del afecto, in Revista Jus Navigandi, Teresina, año 16, 2846, 17 abril 2011. Questa dottrina ha studiato il fenomeno della paternità socio-affettiva versus la paternità biologica, e la necessaria imposizione della prima sulla seconda. Gli autori sostengono che «Una prueba de ADN negativa no puede albergar el poder para desmantelar la filiación cuando está probada la existencia de vínculo socioafectivo (…) por lo que se dice que la imputación de una paternidad biológica no sustituye el estado de filiación (…), este se generado y como tal debe prevalecer». In questo senso argomentano che «(l)a filiación socioafectiva no se basa en el nacimiento (hecho biológico) sino en el acto de la voluntad cimentado a diario por el tratamiento y la publicidad encauzando, al mismo tiempo, la verdad biológica y las presunciones legales. La filiación socioafectiva se construye desde el respeto mutuo, de un tratamiento recíproco – de ida y vuelta – como padre e hijo, firmes y conscientes ambos en el conocimiento que realmente son parientes en primer grado entre sí. Se muestra, pues, el criterio socioafectivo para la determinación del status del hijo como un excepción a la regla de la genética lo que representa una verdadera ‘desbiologización’ de la filiación haciendo que la relación paterno – filial no sea atrapada sólo en la transmisión de genes (…) cuando existe una vida de relación y un afecto entre las partes». Sul tema si veda, altresì, lo studio condotto da autorevole dottrina (A. Kemelmajer de Carlucci, Identidad biológica versus paternidad socio-afectiva en las acciones de impugnación de la filiación llamada ‘por naturaleza’, in Revista Jurídica de la Asociación de Defensores públicos de Paraguay, No. 1, 2017, 19 ss.) sulla filiazione cd. naturale. 27 M.B. Dias, Manual de Direito das famílias, 9ª ediçāo revista, atualizada e ampliada, Thomson Reuter Revista dos Tribunais, Sāo Paulo, 2013, 72. 28 Secondo questa dottrina (M. B. Dias, Manual de Direito das famílias, 9ª ediçāo revista, atualizada e ampliada, Thomson Reuter Revista dos Tribunais, Sāo Paulo, 2013, p. 72) tale principio «hace despuntar la igualdad entre hermanos biológicos y adoptivos y el respeto de sus derechos fundamentales. El sentimiento de solidaridad recíproca no puede ser perturbado por la preponderancia de los intereses patrimoniales». Inoltre, «(e)l afecto no es fruto de la biología. Los lazos de afecto y de solidaridad derivan de la convivencia familiar, no de la sangre. Así, se posee el estado de hijo nada más con el reconocimiento jurídico del afecto, con el claro objetivo de garantizar la felicidad, como un derecho a ser alcanzado. El afecto no es solamente un lazo que atañe a los integrantes de una familia. Igualmente tiene una vis externa, entre las familias, poniendo humanidad en cada familia, componiendo (…) la familia humana universal, cuyo lazo es la aldea global, cuya base es el globo terrestre, mas cuyo origen siempre será, como siempre fue la familia». 29 L. B.Pérez Gallardo, La negativa de atención o alimentos al causante como causal de incapacidad para suceder (rectius inhabilitación o exclusión sucesoria), in Anuario Uruguayo crítico de Derecho de familia y sucesiones, 2, 2013, 31-58. Secondo questo autore, «La desafección de uno de los progenitores sobre su prole puede ser motivo suficiente para dar solución a un litigio sobre guarda y cuidado, o sobre régimen de comunicación e incluso sustento suficiente para que en materia sucesoria sea causa de exclusión, dada la clara formulación del artículo 469.1 c) del Código Civil cubano que eleva la falta de atención al causante, y con ello de afecto y esmero como motivo de apartamiento o exclusión de la sucesión».

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D’altra parte, l’affetto è oggi la base emotiva delle coppie stabili, sia etero che omoaffettive. La parentela socio-affettiva è la ratio alla base delle adozioni – inclusa l’adozione per integrazione o l’adozione dei figli del coniuge o del convivente – è la ragione che può giustificare lo status di genitori, il risultato del mosaico o dell’unione a cui conducono le famiglie ricostituite quando tale incontro affettivo intende basarsi su un assetto diverso dal matrimonio, o anche in caso di obbligo alimentare30. Il diritto passa così, da una visione moderna ad una postmoderna, passando dalla tutela dei rapporti materiali e patrimoniali tra le persone a raccogliere la protezione dei beni e degli interessi di natura immateriale legati ai diritti della personalità, giungendo a conferire cittadinanza all’affetto come valore da proteggere per il diritto31. Secondo altra dottrina, la rilevanza giuridica delle relazioni affettive è dato variabile nel tempo: dopo una prima stagione, nella quale l’affetto nei rapporti familiari era considera-

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Nel recente Código Civil y Comercial argentino, nel regolare lo status giuridico del genitore affine, si prescinde dalla determinazione del fatto fondante che ci si trovi di fronte ad una famiglia assemblata o ricostituita, cioè se derivi da matrimonio o convivenza, perchè sia nell’uno che nell’altro caso, avrà lo status di genitore affine, con gli stessi doveri e diritti; in tal senso, si veda l’art.672 e seguenti. In altre parole, viene in evidenza la relazione socio-affettiva. In tal senso, si vedano N. Lloveras, M. Salomόn, Constitución nacional, proyecto de vida autorreferencial y el derecho de las familias, in Rev. Derecho de Familia, 51, 2011, 3 ss.; M. Salomοn, Legítima hereditaria y constitución nacional, Córdoba, ed. Alveroni, 2011, 421; A. Kemelmajer de carlucci, El nuevo derecho de familia, Bogotá, ed. Pontificia Universidad Javeriana, 2010, 101; M.O. Sanchez Martínez, Igualdad sexual y diversidad familiar. ¿La familia en crisis?, Alcalá de Henares, Universidad de Alcalá, 2010, 53; T. Brunel, Familias ensambladas: ¿un fenómeno social que anhela ser reconocido por el derecho argentino?, in Rev. Derecho de Familia, 59, 2013, 183; M. Herrera, Sobre familias, en plural. Reformar para transformar, in Rev. Jurídica de UCES, 17, 2013, 105; A. Kemelmajer De Carlucci, Las nuevas realidades familiares en el Código civil argentino de 2014, in Revista Jurídica La Ley, 2014. Si riporta, qui, la decisione della Sala III de la Cámara de Apelación en lo Civil y Comercial, “S., V. M. s. Materia a categorizar, 29/11/2016, publicado por Rubinzal Online Cita: RC J 6831/16”. In questa sentenza, il Giudice di prima istanza aveva risolto il blocco della custodia a fini di adozione e aveva stabilito una quota alimentare a favore della ragazza, che avrebbe dovuto essere anche a carico della nuova famiglia che ne avrebbe assunto la cura materiale. Alla fine, la Corte ordinava «el mantenimiento de la cobertura de una obra social de similares características a la que contaba». A questa sentenza, veniva proposto appello: la Cámara respingeva le rimostranze espresse dalla ricorrente con la motivazione che la tutela preadottiva era stata interrotta dalla ricorrente e, d’altra parte, modificava la risoluzione impugnata perché non stabiliva un termine per tale obbligo, fissandolo in un anno dalla fine della custodia. Tra gli argomenti espressi nella sentenza, si segnalano: «si bien la recurrente no llegó a ser madre adoptiva de la niña sí ha existido, durante el lapso de un año, un vínculo socio afectivo que se fue formando a partir del día en que la apelante asumió voluntariamente la obligación de ser la guardadora de la niña, y que a partir de la decisión asumida por la guardadora se ha visto interrumpido, ocasionando un daño en la vida dela menor, por lo que se debe considerar a la guardadora como “madre solidaria” o “progenitora afín” (art. 676, Código Civil y Comercial). En este sentido, si bien el trato del progenitor afín es asimilable al de un padre, el de la guardadora que asumió el cuidado de la niña con la específica finalidad de emplazarse en el estado de familia de progenitora es superior, pues se crea – en estos casos de guarda – un vínculo inclusive más cercano que el del progenitor afín, porque la guardadora le ha dado a la niña un trato de hija propia. Por otro lado, cabe tener presente que se encuentra acreditado que el cese de la guarda resultó intempestivo, es decir, la apelante decidió la ruptura intempestiva de la relación de familia o de ‘progenitora afín’ que mantenía con la niña, con la cual convivió un año, causando a la menor un perjuicio, situación que se califica como un auténtico ‘daño’ en tanto lesión a un derecho o un interés no reprobado por el ordenamiento jurídico (art. 1737, Código Civil y Comercial). Por último, cabe aplicar al caso el inc. f, art. 3, Ley 26061, por cuanto más allá de los derechos que crea lesionados la recurrente, que merecen su consideración en sede judicial con el fin de que se protejan sus intereses particulares o privados, también es cierto que frente a la pugna de aquélla con los intereses superiores de la niña, es esta última el eje en el cual debe girar la aplicación de normas legales con el fin de lograr su adecuada protección». Molto interessante appare la ricognizione effettuata da V. Gutiérrez Goyochea, M. Neri, Alimentos y relaciones socio-afectivas que no configuran parentesco. Experiencia jurisprudencial, in Revista de Derecho de Familia, Buenos Aires, 78, 2017. 31 A. de Sousa Pinto, O valor jurídico do afeto e suademonstração como fundamento para constituição de vínculos familiares e novas familias, in Revista Aporia Jurídica (on-line), Revista Jurídica do Curso de Direito da FaculdadeCescage, 5ª edição, Vol. 1 (jan/jul2016), 270.

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to «inherente al organismo familiar», in un secondo momento, tale elemento è diventato essenziale per dare visibilità legale alle relazioni familiari32. In altri termini, si tratta della circostanza che l’affetto sia diventato l’elemento di sostentamento delle nuove relazioni familiari, oltre la già conosciuta componente biologica: con ciò significa che il diritto deve farsene carico, comprendendo le dinamiche di cambiamento presenti all’interno della società33. Ciò è il portato del superamento del dogmatismo, in un percorso che tenga conto delle necessità sociali che chiedono al diritto una visione – e un’applicazione – più ampia e più efficace: in una, più positiva. Categorie come la convivenza affettiva si sono imposte nelle nuove strutture familiari che oggi hanno un posto nel diritto di famiglia europeo, più pluralista e inclusivo, sempre più trasversale, che ha spezzato schemi dogmatici, tracciati more geométrico34. Le relazioni affettive sono una costruzione culturale, un principio caratterizzato da alta densità semantica che disegna un ambiente di solidarietà e responsabilità. Nel diritto cubano, le relazioni affettive sono entrate con vigore nelle aule giudiziarie. In un importante caso del 200835, il Tribunal Supremo cubano è intervenuto sul regime di comunicazione tra padre e figlio, sottolineando «su importancia y función en cuanto a la formación de valores en el menor». Più di recente, il Tribunal Supremo36 non ha accolto il ricorso di Cassazione presentato da una madre contro la sentenza del tribunale di secondo grado, disponendo l’affidamento del figlio al padre e della figlia alla madre, con il rispettivo regime di comunicazione di entrambi i genitori. Nel 2015, si sono poi susseguite alcune significative sentenze che hanno confermato il valore della comunicazione – e della presenza affettiva – tra i genitori e i figli anche in caso di disgregazione della famiglia37.

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C. Rosa Mariano, S.TibiriçáAmaral, O afecto no Direito de familia, in Revista Eletronica da Toledo, 13, 2017, 6. A. L. Mattos Silva, A. C. Tonon da Cunha, Teoria do afeto: la nova moldura familiar, in https://jus.com.br/artigos/45262/ 34 R. Pacia, I principi di diritto europeo della famiglia, in Europa e dir. Priv., 2009, 227; F.R. Fantetti, Il regime patrimoniale europeo della famiglia, in Fam. pers. E succ., 2, 2011; E. Silvestri, La proposta di regolamento europeo in materia di riconoscimento reciproco delle misure di protezione in materia civile, in Fam. e dir., 11, 2012; V. Scalisi, Famiglia e “famiglie” in Europa, in Riv.dir.civ., 1, 2013; C. Rimini, La rifrazione del conflitto familiare attraverso il prisma del diritto internazionale privato europeo, in Riv.dir.int.priv. e proc., 4, 2015; F.D. Busnelli, Il diritto della famiglia di fronte al problema della difficile integrazione delle fonti, in Riv. dir. civ., 6, 2016. 35 Sentenza 20 giugno 2008, n.189 (ponente Acosta Ricart). 36 Sentenza 26 dicembre 2014, n.941 (ponente Acosta Ricart). L’Alto Foro, in appoggio alla sentenza del Tribunal provincial, ha riconosciuto le ragioni del padre e del figlio, che non erano state considerate in prima istanza: il padre «no los hubiere cuidado con esmero, sinónimo de diligencia, desvelo, especial afecto». 37 Con la Sentenza 19 agosto de 2015, n.502 (ponente Valdés Rosabal) è stato dichiarato nullo il ricorso di Cassazione, con conferma delle sentenze di primo e secondo grado che avevano consentito l’esercizio del diritto della madre – a fronte della potestà data al padre – di visita temporanea alla medesima, residente negli Stati Uniti. La madre, nel tempo della sua residenza all’estero, non aveva fatto mancare al figlio la sua presenza e il suo affetto, viaggiando spesso a Cuba dove il ragazzo risiedeva col padre. L’Alto Foro infatti afferma che «la necesaria comunicación entre estos de forma alternativa (…) no puede quedar sometida únicamente a las visitas de aquella al territorio nacional, por frecuentes que resulten, sino también a la viable realidad de que al menor le sea factible relacionarse afectivamente con ella en el país en que se encuentra domiciliada». Questa decisione contribuisce a guadagnare «el supremo beneficio que para el hijo de las partes representa disfrutar física y directamente el cariño que le profesa su madre». 33

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Di grande interesse è stato anche un intervento in tema di relazione affettiva tra nonni e nipoti, in cui i giudici affermano il ruolo della Convenzione sui diritti del fanciullo e l’importanza del superiore interesse del minore che deve essere raggiunto anche preservando e tutelando il rapporto di affetto con i nonni che attiene all’identità del minore e alla sua storia familiare38. Di recente, con la sentenza del 31 marzo 2017, n. 214, il Tribunal Supremo cubano ha accolto il ricorso presentato dalla nonna che reclamava l’affidamento delle sue due nipoti minori di età, a causa della residenza all’estero di entrambi i genitori: la particolarità del caso sta nella circostanza che i giudici hanno ritenuto l’affidamento al solo padre – benché la lontananza non gli permettesse di prendersi davvero cura delle esigenze delle figlie – un «predominio en el enfoque patrimonialista del fenómeno». Pertanto, l’Alto Foro reitera, come vero giudizio di valore, la necessità di una stabilità emotiva delle minori fin dai primi anni di età, come «conformación de valores y esencia del individuo». 3.2. La “oxigenación” che offre il diritto convenzionale. Sua applicazione al principio del superiore interesse del minore.

Nel nuovo assetto del diritto di famiglia cubano che si evolve grazie all’attività ermeneutica della giurisprudenza, un ruolo fondamentale è svolto dall’implementazione dei trattati internazionali. Tale processo – nel tempo - non è stato immune da difficoltà: per quanto riguarda la forma della sua incorporazione nel diritto nazionale, il trattato può essere autoeseguibile o non applicabile. Come sostenuto da autorevole dottrina, sulla base del principio della sovranità degli Stati, essi devono conformarsi ad alcuni aspetti formali per entrare nell’ordinamento giuridico interno degli Stati, a seconda del sistema di accoglienza scelto39. Tuttavia, questa regola non si applica a tutti i trattati. Ci sono trattati su alcune questioni che non richiedono che un atto formale sia vincolante per gli organi interni degli Stati. In altri termini, si afferma che, a fronte dell’esistenza di istanze – come quelle relative ai diritti umani – che certamente sono state applicate direttamente dai singoli tribunali nazionali, nel diritto cubano appare difficile identificare una norma che proibisca l’applicazione diretta di certi trattati internazionali che abbiano le caratteristiche su menzionate. Nonostante ciò, la dottrina afferma che «a la práctica sudicia dejamos la última palabra».

Con la sentenza del 30 dicembre 2015, n.852 (ponente León Rivas) si argomenta di «necesidades afectivas» y «de grave desatención»verso una minore: le necessità affettive si riferiscono alla circostanza che il padre, risiedendo all’estero, non sarebbe stato certamente in grado di essere presente e di prendersi cura della minore e delle sue esigenze affettive. Da tale situazione deriverebbe una grave disattenzione per la crescita armonica della bambina. 38 Nella sentenza del Tribunal Supremo del 16 aprile 2016, n.321 (ponente Arredondo Suárez), i giudici affermano quanto sia «favorable que reciba el afecto, atenciones y enseñanzas de la abuela materna con sistematicidad y amplitud». Questo assunto è stato confermato anche nella sentenza del 25 novembre 2016, n.891. 39 Y. Romero Puentes, Derecho internacional público. Parte general, 175 (in corso di pubblicazione).

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In verità l’esperienza e le prassi recenti confermano che la giurisprudenza cubana è stata depositaria del compito di provvedere a colmare le lacune presenti nell’attuale diritto di famiglia, per consentire che talune azioni familiari fossero esercitate con successo, attraverso la protezione dei trattati internazionali come la Convenzione sui diritti dei minori o, in altri casi, snaturate in base all’applicazione della Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro la donna. Essendo entrambi i trattati di diritti umani e di conseguenza auto-applicabili, dopo la loro ratifica da parte della Repubblica di Cuba, si può a ben ragione affermare che facciano parte della legge applicabile dai tribunali cubani. Da questo angolo visuale, dovrebbe intendersi il valore attribuito al principio dell’interesse superiore del minore, regolato nell’articolo 3.1 della Convenzione sui diritti del minore, che è stata la chiave di molte decisioni giudiziarie, atteggiandosi quale «elemento determinante en toda la satisfacción de situaciones en las que se vean involucrados»40. Il suddetto principio è diventato il piano di riflessione che plasma le azioni dei giudici e adatta la decisione giudiziaria a ciò che in ogni momento risulti essere più vantaggioso per il bambino, cioè l’attenzione al suo interesse come una bussola di orientamento che cattura la decisione dei giudici e individua gli interessi delle parti in contenzioso, soltanto dopo aver determinato cosa possa essere di maggiore utilità per il bambino. In coerenza con quanto affermato in alcuni ordinamenti europei41, l’interesse del minore è principio garantista che impone il rispetto delle prerogative dei minori di età: in altri termini, il giudice che deve prendere una misura che li riguarda, ha il dovere di scegliere prioritariamente quelle che promuovono e proteggono i loro diritti rispetto a quelle che li violano42. In tal modo, la Convención de los derechos del niño è stata applicata dal Tribunal Supremo come «muro de contención» dell’esercizio dei diritti che la patria potestà attribuisce ai genitori, a partire dall’applicazione del principio del superiore interesse del minore43.

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Sentenza 31 marzo 2017, n.214, relatore Alfaro Guillén. Come affermato da autorevole dottrina spagnola ( J.M. De Torres Perea,Tratamiento del interés del menor en el Derecho alemán, en Anuario de Derecho Civil, Madrid, volumen 59, número 2, 2006, 676, nel diritto tedesco, «(s)e trata éste de un concepto que no puede acotarse debido a su propia naturaleza. Es decir, la ciencia jurídica alemana no aporta una definición de este concepto sino que lo contempla como un instrumento adecuado para dar solución a los distintos conflictos de intereses que pueden afectar al menor. Si no media conflicto, no ha lugar a aplicarlo. Por tanto, los autores alemanes se ciñen a recoger los distintos supuestos en los que pueda existir un conflicto entre el menor y su entorno para ofrecer una simple pauta: Por muy legítimos que sean otros intereses ha de prevalecer el interés del menor, el bien del niño. Y ello teniendo en cuenta que cada niño, en cada conflicto, merecerá una solución específica y distinta, por ello no es posible buscar conceptos abstractos, sino concretar, centrarse en cada supuesto planteable». 42 M. Cillero Bruñol, V. Panatti, S. Pennise Iantorno de Machado, Determinación del interés superior del niño, tras su incorporación en el Código Civil y Comercial, Año VIII, No. 1, febrero 2016, 11. 43 È opportuno notare che il Comité de los Derechos del Niño, in seguito alla Observación General Nº 14 sul diritto del bambino al rispetto del suo interesse superiore, ha stabilito che suo obiettivo è garantire la tutela di tutti i diritti riconosciuti nella Convención, in una con lo sviluppo «holístico» del minore. In tal senso, lo scopo è «garantizar la integridad física, psicológica, moral y espiritual holísticas del niño y promover su dignidad humana». Tale idea di superiore interesse del minore, nel suo contenuto dinamico, va inteso in tre dimensioni: a) come derecho sustantivo: implica il diritto del minore ad avere il suo miglior interesse come una opzione primaria, da valutare e prendere in considerazione quando si presentano interessi diversi, e stabilisce una garanzia che tale diritto sarà sempre reso effettivo 41

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Attuali profili di diritto cubano della famiglia: gli orientamenti evolutivi della giurisprudenza

Nel 2014, il Tribunal Supremo cubano44 ha risolto un conflitto relativo all’affidamento e al regime di comunicazione dei minori, applicando la Convención e il principio del superiore interesse del minore in essa contenuto, definendolo come «todo lo que contribuye a mejorar o evitar un perjuicio en su esfera psicológica y biopsicosocial, tomando como base su edad, y su estado de desarrollo físico e intelectual». L’Alto Foro ha dichiarato che tale principio rappresenta «el límite más importante al ejercicio de la patria potestad», in modo che «los padres como depositarios genuinos de todos y cada y uno de esos derechos que la integran, solo encontraran limitaciones a su ejercicio en el interés superior de los hijos menores». Dello stesso orientamento è altra sentenza del 2017 in cui il Tribunal Supremo cubano ha confermato il verdetto di prima istanza che non aveva privato della patria potestà una madre, rea di aver attentato alla vita della figlia minore, a causa di una schizofrenia paranoide conclamata, causa per la stessa di inimputabilità45. Il ragionamento dell’Alto Foro è stato quello di privilegiare quella decisione che aveva scelto di non privare la madre, in circostanze di disabilità mentale, dell’autorità genitoriale, basata sull’interesse superiore del minore, come disciplinato nell’art.3.1 della Convención. La giurisprudenza cubana ha dato prova – nel tempo – della sensibilità nell’interpretare e giudicare spinosi casi concreti alla luce della Convención, ogni qual volta questa scelta fosse più rispettosa dell’interesse superiore del minore. In un caso paradigmatico del 2015, i giudici cubani hanno fatto esplicito riferimento alla delicatezza del mondo degli affetti dei figli minori: «en el sensible mundo de los menores de edad, antes de recurrir a la aplicación mediante la interpretación literal de una norma jurídica, no puede distanciarse el juzgador del contexto en que la aplica, que en el específico caso que se dilucida, no cabe dudar la interpretación evolutiva que corresponde de su contenido, en correspondencia con la situación fáctica incorporada como cierta a la sentencia, de modo que posibilite adoptar loablemente la decisión más justa, sin extravasar los límites de la norma o moldearlos a fin de ofrecer una tutela excepcional, que defina la línea a seguir de cara a una impartición de justicia particularizada (…)»46.

quando si prende una decisione che coinvolge un bambino o un gruppo di bambini in particolare o in generale; come principio jurídico interpretativo fundamental: può essere indicato come una linea guida ermeneutica nel caso in cui una norma ammetta più di una interpretazione, optando per quella che soddisfa più efficacemente tale interesse; c) come norma de procedimiento: ogni volta che si deve prendere una decisione che riguarda un bambino, un particolare gruppo di bambini o in generale, il processo decisionale deve includere una stima delle possibili ripercussioni (positive o negative) della decisione sul minore o sui bambini interessati. 44 Sentenza 26 dicembre 2014, n. 941 (ponente Acosta Ricart). 45 Sentenza 31 gennaio 2017, n. 21. 46 Il riferimento è alla sentenza del 17 luglio 2015, n. 434 (ponente Valdés Rosabal) in cui è stato accolto il ricorso di Cassazione secondo il quale una madre, dichiarata incapace giudizialmente, non aveva perso l’esercizio della potestà, secondo il disposto dell’art. 94 del Código de Familia. L’elemento straordinario di questo giudizio è nell’atteggiamento del giudice che, lasciando da parte il dogmatismo e la pura esegesi della norma, aveva preferito una interpretazione evolutiva del diritto, dando prevalenza agli artt. 3, 9 y 18, primer párrafo, della Convención de los derechos del niño e gli artt. 35 y 38, primer párrafo, della Constitución de la República di Cuba. b)

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Nello stesso senso, si è espresso il Tribunal Supremo cubano allorquando ha consentito l’affidamento da parte della nonna paterna di un minore di età il cui padre affidatario era recluso in un centro penitenziario e la cui madre viveva in condizioni inadatte alla cura della minore47: anche qui viene in evidenza il potere “orientante” dell’interesse superiore del minore che diventa il fondamento per integrare il diritto e colmare quella formula – solo abbozzata, presente nell’art. 89 del Código de Familia, che non completa la tutela del minore di età, dando apertamente luogo all’opzione che il minore possa – in presenza di specifiche circostanze – essere affidato a persona diversa dai genitori. In tal senso, si sottolinea il ragionamento portato avanti dai giudici, secondo i quali «ante la posición estática de la norma, la dialéctica de las situaciones de la vida se imponen, y obliga a que se adopten decisiones racionales en correspondencia con aquellas; es por ello, que sólo circunstancias muy excepcionales, justificarían la concesión de la custodia de un menor a persona distinta a sus padres, en este caso a la abuela (…)». Questa funzione integrativa nel sistema del diritto di famiglia ad opera della Convención de los derechos del niño – in ragione di un’ampia lacuna nel Código – viene più volte ribadita48 come una piattaforma legale per far valere i diritti del minore, dando la precedenza alla giustizia del caso concreto, contro le regole del formalismo legale. Si è di recente espressa nello stesso senso altra giurisprudenza49, confermando la prevalenza dell’orientamento teso a privilegiare un regime di comunicazione tra i nonni e i nipoti: l’importanza di questa posizione rileva tanto più che avviene in costanza di un Código de Familia del tutto sprovvisto di regolamentazione sul punto. Anche le Convenzioni internazionali hanno svolto e svolgono un ruolo di chiarimento e di evoluzione del diritto esercitato dalle parti di un processo civile: ne rappresenta un

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Sentenza 30 settembre 2016, n. 751 (ponente AcostaRicart). In questa sentenza (30 ottobre 2015, n. 683 - ponente León Rivas), si sostiene che «se atempera la incursión de la abuela materna del menor no recurrente, como legitimada para el ejercicio de la acción de privación de patria potestad por el aludido cauce reconvencional, en la posición de tercero interviniente, pero no como una facultad que le corresponda en virtud de lo establecido en el artículo noventa y cinco del Código de Familia, sino como posibilidad de proceder racionalmente en defensa de los intereses del menor, en armonía con las especiales reglas de protección que estipula la Convención Internacional sobre los Derechos del Niño de mil novecientos ochenta y nueve, de la que Cuba es signataria; que resultarían inoperantes si no fuera viable el acto procesal de parte que se cuestiona para la protección de sus derechos, porque debe atenderse en principio, aunque resulte de modo excepcional ante casos de tanta connotación familiar con trascendencia al ámbito social de superior rango, que no debe prevalecer en su enjuiciamiento el formulismo sobre lo justo». 49 Il riferimento è alla Sentencia 29 de abril de 2016, n. 321 (ponente Arredondo Suárez), che ha confermato quanto decretato dal Tribunale di prima istanza, orientato nel senso di ritenere opportuno che nonna e nipote abbiano relazioni affettive costanti e durature. In questa sentenza, oltre ad applicare il comma 6º della Instrucción 216, del 17 maggio del 2012, del Consejo de Gobierno del Tribunal Supremo, l’Alto Foro applica, in funzione integrativa del diritto, la Convención de los derechos del niño e in base a tale posizione afferma che «lejos de existir el vacío que acusa el casacionista, por no regularse el accionar por los abuelos en los preceptos cuya infracción acusa, devienen aplicables las enunciadas normas, por demás de obligada observancia, en el caso del instrumento internacional, por resultar Cuba signataria, y las novedosas indicaciones aplicables por los jueces, tratándose en definitiva de pretensión derivada del derecho legítimo de la propia menor, aun cuando lo ejercite la abuela, en correspondencia con la especial protección, de rango constitucional, que el Estado dispensa a la familia como eje básico de la sociedad y, en particular, a la niñez y la juventud, todo lo cual determina que la actuación de los órganos judiciales en tales asuntos requiera una proyección amplia y esencialmente humanista, teniendo como premisa el considerar al niño como sujeto de derechos, atender su interés superior, su derecho a la biparentalidad y a relacionarse con sus abuelos y demás familiares (…)». 48

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caso paradigmatico quella sentenza che ha accolto il ricorso in Cassazione proposto dalla donna che, all’interno di una coppia, aveva mantenuto «con singularidad, estabilidad y aptitud legal» una unione matrimoniale non formalizzata, durante un lungo periodo di tempo nel quale la parte aveva dovuto sopportare umiliazioni e aggressioni verbali, in una evidente situazione di perdita dei valori e delle regole che devono essere alla base di una unione affettiva. In particolare, l’applicazione della Convención sobre la eliminación de todas las formas de discriminación contra la mujer è stata la base di molte sentenze nelle quali si è ribadito che, essendo il matrimonio una istituzione di ordine pubblico, le parti devono comportarsi con reciproco rispetto: «se avalara la violencia por razón de género, conducta rechazada por la comunidad internacional y proscrita por la Convención sobre la eliminación de toda forma de discriminación contra la mujer, instrumento de corte internacional del cual nuestro país es signatario, de manera que no resiste distinto análisis el desacierto que se advierte en la decisión de la sala de instancia». 3.2.1. Il carattere eccezionale della privazione della patria potestà. La difesa del diritto alla biparentalità.

Il ruolo svolto dall’autorità parentale nel normale sviluppo dei minori è stato una costante nei giudizi del Tribunal Supremo di Cuba negli ultimi anni: in particolare, la colpa attribuita ai genitori deve essere straordinariamente grave per autorizzare il giudice a privarli della potestà genitoriale perché l’obiettivo prioritario deve essere il superiore interesse del minore. Concepita «como el conjunto de deberes y derechos entre padres e hijos, recogidos en el artículo ochenta y cinco del Código de Familia (…) en el lenguaje del derecho comporta por sí un poder con especiales limitaciones funcionales; que se ejerce siempre en beneficio de los hijos (…)50», «su fundamento descansa en la función tuitiva de su ejercicio en interés del menor, lo que implica indefectiblemente el acomodar la potestad de padre y madre a las concretas circunstancias y necesidades del mismo a fin de que éste pueda cumplir con el pleno desarrollo de su personalidad, para lo cual requiere, salvo en situaciones excepcionales, tanto de la figura del padre como de la madre, de ahí que la evolución social ha conducido a la transformación de la patria potestad de un poder absoluto de carácter privado,- en beneficio de los progenitores-, en una función tuitiva de carácter social y de orden público,- en beneficio de los menores-,con el control del ejercicio, por lo que dicha transformación ha condicionado la modificación de su naturaleza jurídica, a configurarse como un conjunto de poderes, destinados a cumplir determinados deberes y obligaciones que por ley les vienen impuestos a los padres; por otra parte entre los principios fundamentales que informan la institución están el de igualdad de los progenitores,-

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Sentencia 31 de enero de 2017, n. 21, ponente Acosta Ricart.

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función dual y la intervención del juez para salvaguardar el interés de los hijos sujetos a la patria potestad»51. Non c’è dubbio che, alla luce della Convención de los Derechos del Niño, la guida di ogni decisione deve essere l’interesse superiore del bambino: in tal senso, la giurisprudenza cubana ha sottolineato che è opportuno superare qualsiasi posizione negativa a vantaggio dei minori e mantenere – fintanto che sia possibile – la presenza di entrambi i genitori, tenendo in conto che «se encuentran en juego vínculos de permanencia que se relacionan con la propia identidad como persona de los infantes, lo que se traduce en la exigencia de preservar para el futuro, como parte de su desarrollo integral, afectos, intereses y sentimientos, ello debe dar lugar a que se estrechen las relaciones entre todos los familiares involucrados para coadyuvar a que no se afecte la estabilidad emocional de los menores»52. Questo carattere di eccezionalità della opzione relativa alla privazione dell’esercizio della potestà genitoriale va di pari passo con uno dei diritti considerati prioritari dagli strumenti giuridici internazionali e dalla legislazione cubana di diritto di famiglia: il riferimento è al diritto dei minori di vivere in armonia con entrambi i genitori e con le relative famiglie, materna e paterna. Il bambino, nel perseguimento di un adeguato sviluppo della sua personalità, dovrebbe stabilire legami familiari con entrambe le famiglie, essere in condizione di dialogare e confrontarsi con entrambi i ruoli, materno e paterno e non essere condannato ad una “orfandad en vida”, quella situazione che trae origine dalla decisione dei genitori di procedere alla separazione e che si traduce in una separazione affettiva anche coi figli. In altri termini, la prassi ha mostrato il tentativo – fin troppo comune in caso di crisi coniugale – di rendere il genitore con cui non si vive invisibile: questa strategia “condanna” anche la famiglia del genitore non affidatario che ne subisce uguale destino, tendendo all’unilateralità nella formazione delle componenti genitoriali. Come affermato nel recente passato dal Tribunal Supremo cubano53, la famiglia è un sistema in cui ciascuno dei genitori ha la sua importanza e funzione in termini di formazione dei valori del minore. La privazione, in via eccezionale, dell’esercizio dell’autorità parentale e il rafforzamento del diritto di interazione affettiva con i bambini, sono due espressioni concrete di difesa del diritto alla biparentalità: come segnalato, il regime di interazione affettiva ha la funzione di promuovere un collegamento stretto di fiducia e di amicizia tra padre e figlio, perché l’interferenza o l’opposizione alle visite di un genitore può avere effetti patologici nei bambini. In ultima analisi, «la comunicación es un derecho supeditado en todo caso al interés del menor, por ser el más meritorio de protección, lo cual debe ser prioridad por encima

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Sentencia 24 de febrero de 2011, n. 70, ponente Díaz Tenreiro. Sentencia 25 de noviembre de 2016, n. 891, ponente Arredondo Suárez. 53 Sentencia 28 de diciembre de 2007, n. 653 (ponente Acosta Ricart): «la madre o padre que no ostenta la guarda y custodia necesita y tiene derecho a la comunicación con su hijo, sin obstáculos, pero más aún lo necesita el menor, no basta solo con el cariño y dedicación de quien los tenga a su abrigo, incluso del resto de los miembros de la familia; se trata de un sistema en el que cada uno de los padres tiene su importancia y función en cuanto a la formación de valores en el menor». 52

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de cualquier valoración, incluida la causa de la ruptura de la pareja, la culpabilidad de cada miembro, de sus enfrentamientos o resentimientos personales, todo ello debe ser cuestión que debe estar ajena a las relaciones del menor con su padre; (…) no basta sólo con el cariño y dedicación de la madre incluso del resto de los miembros de la familia; se trata de un sistema en el que cada uno tiene su importancia y función en cuanto a la formación de valores en el menor, por eso cuando la madre, innecesariamente decide asumir sola la crianza de su hijo, extirpando al padre de la vida de este, y con él a la familia paterna, está cometiendo, además de una injusticia, un error irreparable (…)54». Ciò perché, la guida che deve orientare il giudice nelle sue decisioni è certamente il diritto alla biparentalità e il diritto a relazioni affettive equilibrate. 3.2.2. Improcedibilità della sospensione della patria potestà alla madre di un minore, dichiarata giudizialmente incapace.

Tra le sentenze più significative degli ultimi anni vi è quella pronuncia in cui – con coraggio – si esprime la tesi di non sospendere l’esercizio dell’autorità genitoriale ad una madre che, nel momento in cui la sentenza veniva pronunciata, era priva dell’esercizio della capacità giuridica ed era soggetta ad un regime di tutela. I giudici contestano il significato letterale dell’art.94 del Código de Familia cubano e applicano direttamente la Convención de los derechos del niño55. Tuttavia, in questa sentenza si avverte l’assenza del fondamento legale dell’art.12 della Convención, cui Cuba ha aderito. Si sottolinea l’interpretazione evolutiva o sociologica della legge, nel senso che l’art.94 del Código de Familia cubano – che prevede obbligatoriamente la sospensione dell’esercizio della potestà genitoriale – debba essere interpretato secondo i dettami della communis opinio nel momento in cui viene applicato e non in accordo con il momento in cui esso è entrato in vigore, ovvero quaranta anni prima. I giudici prendono in considerazione il principio di affettività, evidenziando il modo in cui il minore si relaziona affettivamente sia col genitore affidatario che con il genitore non affidatario: nel caso della madre giudicata incapace, i giudici hanno tenuto presente le modalità di gestione della relazione col figlio, evidenziando il suo ruolo di madre anche nelle peggiori circostanze. Come assioma di base, derivato dall’applicazione della Convenzione sui diritti dell’infanzia, il Tribunal Supremo cubano ha chiarito in questo giudizio che per lo sviluppo pieno ed armonioso della sua personalità, il bambino deve crescere all’interno della famiglia, «en un ambiente de felicidad, amor y comprensión, en un ambiente familiar de estabilidad y bienestar». Di conseguenza, la sentenza afferma la necessità di applicare non soltanto il Código de Familia con una prospettiva sociologica, ma anche la Convenzione dei diritti del bambino, in modo che «en el sensible mundo de los menores de edad, antes de recurrir a la aplicación

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Sentencia 20 de junio de 2008, n. 189, ponente Acosta Ricart. Sentencia 17 de julio de 2015, n. 434, ponente Valdés Rosabal.

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mediante la interpretación literal de una norma jurídica, no puede distanciarse el juzgador del contexto en que la aplica», senza snaturare il suo significato, senza rompere il suo nucleo duro, la sua essenza, ma in ogni caso, scavalcando i rigidi formalismi, per giungere all’interesse superiore rappresentato dalla protezione degli interessi di un minore di età. La sentenza chiarisce un particolare: la necessità di rivedere in futuro l’imperatività dell’art.94 del Codigo de familia e l’assenza di alternative offerte dal suo assetto, oltre al carattere restrittivo e discriminatorio che questo precetto giuridico rappresenta per le persone con disabilità mentali, fisiche o intellettuali. Questo giudizio dà una nuova lettura dell’esercizio dell’autorità genitoriale da parte di persone diversamente abili. Da qui la possibilità di applicare garanzie e supporti che consentano a queste persone di esercitare in maniera diretta l’art. 12 della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, che prevede i diritti e i doveri che l’esercizio della patria potestà implica, nella misura in cui se l’incapacità non sopraggiunga, o se sopraggiunga solo in circostanze eccezionali, nella stessa proporzione e intensità, la sospensione dell’esercizio della potestà genitoriale sarà di natura eccezionale e non obbligatorio, come stabilito nell’art. 94 del Codigo de familia cubano. 3.2.3. Il cambio di passo della figura dei nonni nelle relazioni familiari.

Non meno interessante è lo studio di quella giurisprudenza del Tribunal Supremo che ha enfatizzato il ruolo attribuito ai nonni, soprattutto dopo il provvedimento n. 216 del 17 Maggio 2012, emesso dal Consejo de Gobierno del Tribunal Supremo e in ragione degli strumenti giuridici internazionali come la Convenzione sui diritti del bambino. Da una lettura del Código de Familia cubano del 1975 si evince la invisibilità della figura dei nonni, che non risulta menzionata in alcun precetto. La figura dei nonni nella società cubana è di tutt’altra caratura: essi sono sempre stati l’asse e il sostegno delle famiglie, il grembo nel quale piangere, le braccia che hanno dato il respiro nei momenti di maggior disperazione, soprattutto durante l’adolescenza, a volte a causa della mancanza di comprensione dei genitori. Tuttavia, a dispetto del silenzio del Código, nelle recenti decisioni giudiziarie, il Tribunal Supremo ha dato il via libera al valore della presenza dei nonni nell’educazione, nella formazione dei valori e nella trasmissione intergenerazionale delle proprie esperienze ai nipoti, da cui la determinazione di un regime di relazione affettiva con i nipoti56. A tal fine, il Tribunal Supremo si impegna da anni in un’interpretazione evolutiva e sociologica, nell’ottica della prevalenza dell’applicazione diretta della Convenzione sui diritti del bambino e, quindi, dell’applicazione del principio dell’interesse superiore del bambino, favorita dal lavoro di gruppi di sostegno e di terapia familiare che siano in grado di

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Sentencia 29 de abril de 2016, n. 321, relatore Arredondo Suárez. Altra giurisprudenza ha sottolineato la possibilità, benché eccezionale, di essere titolari della cura dei nipoti (Sentencia 30 de septiembre de 2016, n. 751 - ponente AcostaRicart - e Sentencia 31 de marzo de 2017, n. 214 - ponente Alfaro Guillén). Altresì, il Tribunal Supremo ha sancito la possibilità che anche la figura della nonna, in via riconvenzionale, possa intervenire nella procedura di privazione della potestà genitoriale sui figli (sentencia 30 octubre de 2015, n. 683 - relatore León Rivas).

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orientare la coppia in crisi in senso favorevole al raggiungimento di un equilibrio affettivo, che può essere raggiunto anche attraverso la presenza e l’appoggio dei nonni. 3.3. La legittimazione del tutore di una persona dichiarata giudizialmente incapace, ad esercitare l’azione di divorzio. L’indebita inapplicazione della Convención de los derechos de las personas con discapacidad nell’ordinamento spagnolo.

In questo contesto di riflessioni sulle pieghe del diritto di famiglia cubano, appare plausibile domandarsi se le azioni di stato possano essere esercitate intuitu personae. Tradizionalmente, la risposta è stata prevalentemente positiva: tuttavia, si può sostenere che, negli ultimi tempi, nei casi di persone con disabilità, al fine di proteggere adeguatamente i loro diritti e nel perseguire il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, la risposta sembra essere diversa. Come risolvere i casi di persone giudizialmente incapaci, separati di fatto, che abbandonano il membro più fragile della coppia, proprio a causa della loro incapacità? È possibile che la persona che rappresenta l’incapace promuova un’azione di divorzio? Risposte interessanti – e di ausilio nel percorso evolutivo della dottrina cubana sui temi familiari - sono fornite dalla dottrina e dalla giurisprudenza spagnola. In tema di incapacità e di crisi della famiglia, parte della dottrina spagnola ha promosso un interessante studio giurisprudenziale teso alla ricostruzione della fattispecie57. In particolare, il Tribunal Supremo spagnolo è intervenuto in un caso in cui i tutori esercenti la potestà genitoriale di una donna incapace avevano presentato a suo nome una domanda di divorzio: il giudizio di prima istanza aveva ritenuto legittimo l’intervento dei tutori, seguendo il criterio già sostenuto dal Tribunal Constitucional spagnolo del 18 dicembre 2000 che aveva negato il divorzio, sostenendo che «a) no estáclara la aplicación de la doctrina de la STC 311/2000 al divorcio, porque éste significa la ruptura y disolución del vínculo matrimonial; b) la prestación del consentimiento para contraer matrimonio es un acto personalísimo y no se permite que sea prestado por otra persona; en consecuencia esta misma limitación afecta al consentimiento para el divorcio; c) el ejercicio de tales acciones solo puede ser consecuencia de un acto de la voluntad del proprio cónyuge». I tutori presentavano appello e l’Audiencia Provincial rispondeva che l’argomento a sostegno della legittimazione attiva dei medesimi non significa negare il divorzio, perché questa sarebbe una soluzione vuota di contenuto, in quanto «los tutores están legitimados para ejercitar la acción de divorcio y para obtener una resolución acorde a sus pretensiones, siempre que concurran los requisitos exigidos por el legislador».

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Per una analitica ricostruzione degli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali spagnoli sul punto, si veda I. Vivas Tesón, Discapacidad y rupturafamiliar en Derechoespañol, in Personas con discapacidad: Miradasjurídicas en clave convencional, Leonardo B. Pérez Gallardo (coordinador), Santiago del Chile, 2018, 154.

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In caso contrario, sarebbero stati violati i diritti ad una tutela giurisdizionale effettiva e al principio di uguaglianza: in altri termini, non sarebbe logico che la moglie non possa richiedere il divorzio tramite i suoi rappresentanti legali. Infine, il Tribunale argomenta che non esiste una base giuridica inequivocabile che dia sostegno alla distinzione tra atti personalissimi e non personalissimi, «en cuanto complemento interpretativo o matización del alcance del art. 267 CC, para desembocar con esa distinción en una restricción del ámbito representativo del tutor, que ha sido en este caso la base de la negativa de acceso a la justicia en nombre del incapacitado». Dopo l’intervento della Casación, sollecitato dal coniuge della donna incapace, il Tribunal Supremo spagnolo ha ritenuto che quando si tratta dell’azione di separazione o divorzio esercitata dai tutori nel nome e nell’interesse di una persona incapace, sono presenti due diritti: il diritto fondamentale alla libertà di continuare – o meno – ad essere sposato, e il diritto alla tutela giudiziale effettiva che consente l’esercizio delle azioni la cui titolarità corrisponde agli interessi dell’incapace per mezzo del suo legale rappresentante – così come stabilito dall’art. 271.6 CC che attribuisce ai tutori la legittimazione di presentare istanza a nome della persona che necessita della misura. Questa norma non impone una distinzione in merito alla natura giuridica dell’azione esercitata in nome dell’incapace: in essa sono altresì incluse le azioni tese alla richiesta della separazione e del divorzio. La tradizionale teoria dei diritti personalissimi non può essere applicata a questo segmento. La possibilità che il tutore di una persona sposata incapace possa o meno esercitare l’azione di divorzio ha pochi precedenti in molti ordinamenti. Due fattori contribuiscono a questo: anzitutto, la tutela ha fisionomie molto diverse in questi sistemi, nonostante sia costruita come un sistema per la protezione dei disabili e degli incapace, e anche la regolamentazione sul divorzio non appare uniforme. Il Tribunale Supremo, dopo aver citato e riprodotto gli artt. 12.3 e 13.1 della Convención internacional sobre derechos de las personas con discapacidad, afferma che i principi contenuti in entrambi i precetti devono essere presi in considerazione, poiché la ratifica della Convenzione di New York – e la sua successiva incorporazione nella legge spagnola – richiede che i tribunali applichino i principi in essa contenuti e facilitino l’azione delle persone incapaci attraverso i loro rappresentanti legali. Se questa azione non fosse ammessa, nel caso dell’azione di divorzio, limiterebbe il suo esercizio e violerebbe il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, con il risultato che il matrimonio sarebbe effettivamente indissolubile nei casi in cui l’altra parte, la persona capace, non voglia affrontare la causa58. Appare pertanto condivisibile quella dottrina secondo la quale i tutori hanno il diritto di esercitare l’azione di divorzio per conto di una persona incapace, a condizione che essi

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I. Vivas Tesón, Discapacidad y ruptura familiar en Derecho español, in Personas con discapacidad: Miradas jurídicas en clave convencional, Leonardo B. Pérez Gallardo (coordinador), Santiago del Chile, 2018, 155.

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non possano agire da soli59. In ogni caso, se la tutela comporta un dovere di esercizio per i tutori, questo dovere sarà sempre esercitato a beneficio della persona tutelata, sotto precipua tutela giudiziaria, e nell’interesse della persona incapace. Secondo il Supremo Tribunal spagnolo «constituiría una falacia negar el ejercicio de la acción de divorcio a los tutores sobre la base de que a partir de la reforma de 2005, no se exige la alegación de causas. Lo único que efectuó la reforma fue eliminar la necesidad de expresar la concurrencia de causa, para proteger el derecho a la intimidad del cónyuge que pide el divorcio; esta configuración no puede impedir el ejercicio de la acción cuando exista interés del incapaz, pero de ello no se deduce que los tutores puedan ejercitar arbitrariamente dicha acción, porque deben justificar que existe un interés del incapaz en obtener la disolución de su matrimonio, lo que van a permitir la actuación del tutor»60. Nel diritto cubano, la giurisprudenza ha sancito il non luogo a procedere di una domanda presentata dal tutore di una persona dichiarata incapace di procedere al divorzio61. Tante possono essere le cause di dissoluzione del vincolo matrimoniale, anche lo stato civile di incapacità di uno dei membri della coppia. In particolare, chi chiede di intervenire nelle dinamiche del processo e sebbene nel diritto cubano il ragionamento usato non sia stato seguito dall’ordinamento spagnolo, il risultato processuale appare lo stesso: ammettere la possibilità dell’esercizio di una domanda di divorzio per il rappresentante legale del coniuge giudizialmente incapace. Nella sentenza del Tribunal Supremo cubano del 2016 viene in evidenza un discorso teorico condivisibile: «sentada la situación que justifica que el matrimonio ha perdido su sentido para los cónyuges, la familia y la sociedad, no es posible aceptar que ante el estado de incapacidad que presenta la no recurrente, su tutora y por consiguiente representante de sus derechos, esté impedida de ejercitar la acción de divorcio por su carácter de personalísima, pues en correspondencia con lo dispuesto en el apartado segundo del artículo ciento treinta y siete del Código de Familia, la tutela constituida judicialmente, tiene como objetivo la defensa de los derechos, la protección de la persona e intereses patrimoniales y el cumplimiento de las obligaciones civiles de los mayores de edad que hayan sido declarados judicialmente incapaces, y no es justo entonces denegar el ejercicio de la referida acción, porque de así aceptarse, quedaría desprotegida la incapaz en la esfera de sus derechos patrimoniales que pudieran derivarse de la comunidad matrimonial de bienes que se pudo

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L.H. Claveria Gosalbez, La transformación del concepto de matrimonio en Derecho Civil español tras las reformas de julio de 2005 (Breve estudio legislativo), in Anuario de Derecho Civil, Enero-marzo 2007, 5 ss.; L. Arnau raventos, Legitimación del tutor para interponer una acción de divorcio en representación del incapacitado, in Cuadernos Civitas de Jurisprudencia Civil, Nº 89, MayoAgosto 2012, 413 ss.; Martinez de Aguirre Aldaz, C.Y. Otros, Curso de Derecho Civil IV. Derecho de Familia, Edit. Colex, 3ª Edic., 2011; J.A. Messia de la Cerda Ballesteros, La implantación del divorcio por mutuo acuerdo ante Notario en España, in Revista Crítica de Derecho Inmobiliario, Nº 734, 2012, 3351 ss. 60 Tribunal Supremo español, sentencia 21 de septiembre 2011, n. 625. 61 Sentencia 31 de octubre de 2016, n. 839 (ponente León Rivas).

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crear en la etapa matrimonial, lo que en cierta medida acepta el impugnante en el desarrollo del concepto de la infracción que ofrece». In altri termini, l’Alto Foro si sofferma sui corollari patrimoniali sottesi alle conseguenze del divorzio, allorquando vi partecipino persone dichiarate incapaci: i giudizi si soffermano soprattutto sulla liquidazione dei beni presenti nella comunione, possibile soltanto dopo la fine giuridica del matrimonio. La sentenza richiama il principio di uguaglianza delle parti nel processo62, così come avviene anche in altro dettato giurisprudenziale avente ad oggetto un’azione di riconoscimento giudiziale di una unione affettiva non formalizzata63: dall’analisi di questa sentenza è possibile dedurre la possibilità di esercitare l’azione di riconoscimento giudiziario dell’unione matrimoniale non formalizzata, da parte del tutore di uno dei membri della coppia. Infatti, nel caso in cui l’unione matrimoniale sia stata riconosciuta, e il motivo per cui sia stato accolto il ricorso per cassazione non abbia nulla a che fare con la possibilità o meno di legittimare il tutore all’esercizio di questa azione, se ne desume che la parte convenuta considerava valida tale rappresentanza legale o almeno non riusciva ad opporsi alla perentoria eccezione di mancanza di legittimazione. Se nel diritto cubano il riconoscimento giudiziale del matrimonio non formalizzato è una conditio sine qua non per la successiva liquidazione della comunione dei beni e se nel frattempo uno dei coniugi sia deceduto, l’unico modo per essere chiamato alla successione è l’accettazione della stessa in qualità di erede – scegliendo cioè di essere parte della comunione ereditaria – aggiudicandosi quella parte di eredità ripartibile tra gli eredi. Ciò, a maggior ragione quando uno dei partners sia impossibilitato a perseguire in modo diretto i propri interessi. 3.4. La Convención sobre la eliminación de toda forma de discriminación de la mujer come sostegno alla mancanza di riconoscimento giudiziale delle unioni matrimoniali non formalizzate.

In merito al tema del riconoscimento giudiziale di una unione affettiva non formalizzata e al suo essere orientata ai valori che sono alla base del diritto di famiglia cubano, il Tribunal Supremo ha argomentato che per attribuire ad una unione affettiva non formalizzata il crisma dell’istituto del matrimonio non appare sufficiente la presenza dei classici requisiti «de la aptitud legal, la singularidad y la estabilidad de los miembros de la pareja»64.

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Nella Sentenza in commento non è presente alcun riferimento alla Convención de los derechos de las personas con discapacidad, approvata a New York, nel 2006, e ratificata a Cuba, tantomeno agli interessi personali e familiari coinvolti: come è ampiamente comprensibile, sarebbe da ritenersi contrario al rispetto dei più elementari diritti umani – e dell’ordine familiare – mantenere un vincolo matrimoniale estinto per la sola ragione della incapacità psichica o mentale di uno dei coniugi e ciò in osservanza della suddetta Convención e di quanto affermato negli artt. 1 e 12. 63 Sentencia 25 de noviembre de 2016, n. 892 (ponente Arredondo Suárez). 64 Sentencia 25 de noviembre de 2016, n. 892 (ponente Arredondo Suárez).

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Attuali profili di diritto cubano della famiglia: gli orientamenti evolutivi della giurisprudenza

Questi requisiti legali possono essere soddisfatti, ma non raggiungerebbero le condizioni dettate per il matrimonio, qualora l’unione sia basata sulla violenza di genere, sulla discriminazione delle donne o sulla sopraffazione morale e fisica. Non importa che la coppia abbia vissuto un’unione di fatto e non un matrimonio, motivo per cui il contenuto personale del matrimonio non è esigibile con effetti retroattivi. Il Tribunal Supremo cubano è stato chiaro sul punto: se una unione affettiva – nel periodo in cui è durata – ha comportato la violazione dei doveri più elementari della coppia more uxorio, ed è stata segnalata violenza di genere durante il tempo di convivenza, essendo il matrimonio un’istituzione di ordine pubblico, basata su principi non solo legali, ma anche morali, etici, come l’affetto e la solidarietà65, questa unione non può essere riconosciuta dal tribunale competente, perché agire in questo modo renderebbe la giustizia complice della violenza di genere e, a sua volta, violerebbe i principi posti alla base della Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne66. Da questo ragionamento è possibile dedurre il cammino compiuto dall’interpretazione del diritto di famiglia oggi ad opera del Tribunal Supremo cubano, in cui un ruolo fondamentale è stato svolto dall’applicazione diretta dei trattati internazionali sui diritti umani sui principi informatori del diritto di famiglia: come è stato affermato67, i nuovi tempi esigono dai giudici la creazione di una dottrina giurisprudenziale in «acorde con un Derecho de familia, elactual, más flexible, y que trata de adecuarse a la realidad».

4. Qualche considerazione prospettica. Sebbene lo statalismo e il conservatorismo siano stati il riferimento costante nella evoluzione degli ultimi anni nel diritto di famiglia a Cuba, i nuovi modelli affettivi inducono

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Relativamente al valore della solidarietà familiare, attenta dottrina lo ha qualificato come uno dei principi informatori del Derecho familiar moderno. Secondo G. Medina (Principios…,cit., p. 13) «el principio que aparece como unitivo y que da cohesión a la familia es el de la solidaridad de los miembros que la integran. En este sentido la tutela constitucional que se otorga a la familia debe ser interpretada en función del principio de solidaridad que se configura como una cláusula fundamental en aras del desarrollo de la personalidad”. En tal sentido la profesora argentina apunta que su finalidad “es compensar las carencias espirituales o materiales de los demás miembros de un mismo grupo, su justificación deriva del principio de igualdad; ya que para que los seres humanos sean iguales deben contar con igualdad de recursos materiales o espirituales para desarrollarse”, “(e)l dinamismo de la solidaridad gira en torno al reconocimiento de las diferencias de hecho entre los humanos, pero brota de la afirmación de la igualdad, de una identidad en dignidad de todo ser humano que inspira al sistemas jurídico occidental». 66 Il Tribunal Supremo ha affermato che, essendo «el matrimonio institución que sobrepasa el interés individual, e incluso el de la pareja, por trascender a la sociedad, como asiento de la familia (…) el exitoso ejercicio de la acción dirigida al reconocimiento con tal alcance debe pasar por el cabal escrutinio que permita discernir si se trata de una relación conyugal donde se constata el cabal cumplimiento de los deberes y derechos que fija la norma familista por sus miembros, y entender lo contrario daría lugar a que se avalara la violencia por razón de género, conducta rechazada por la comunidad internacional y proscrita por la Convención sobre la eliminación de toda forma de discriminación contra la mujer (…)». 67 Sentencia de 30 septiembre de 2016, n. 751, (relatore Acosta Ricart).

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Leonardo B. Pérez Gallardo - Vitulia Ivone

al rovesciamento dello sguardo del legislatore verso caleidoscopi giuridici che sappiano meglio cogliere il mutamento dello spirito della società che si evolve e cambia pelle. La giurisprudenza ha saputo – negli anni – cogliere con la sapienza propria di una sentinella vigile il polso del tempo, nella sua vivacità e nel suo dinamismo. È in corso di elaborazione un borrador del diritto di famiglia più laborioso, più duttile, più inclusivo, pluralistico, basato sulle relazioni affettive e solidali, rafforzando l’istituto della famiglia come luogo nel quale si forma la personalità dei singoli. La famiglia oggi è il luogo nel quale trovare l’amore e la solidarietà, la formazione morale dei bambini, la protezione contro le aggressioni esterne di tutti i tipi, dell’accoglienza e della rivalutazione delle speranze e dei sogni. Questa funzione non è banale; al contrario, essa riguarda la persona nella sua vera umanità68. Perché se la persona cresce e si evolve nell’equilibrio degli affetti, ne risente positivamente l’intera società.

68

A. Kemelmajer de Carlucci, Palabras pronunciadas en el acto de apertura al X Congreso internacional de Derecho de Familia (Mendoza, Argentina, 20 de septiembre de 1998), in El Derecho de familia y los nuevos paradigmas, tomo I, bajo su coordinación, RubinzalCulzoni editores, Buenos Aires, 1999, 13.

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Giurisprudenza Tribunal Supremo di Madrid, Sala de lo Contencioso, sez. IV, 24 gennaio 2018, n. 84; Jorge Rodríguez Zapata Pérez Presidente - Antonio Jesús Fonseca Herrero Raimundo Relatore Poligamia – Contrarietà all’ordine pubblico – Diritto alla pensione di reversibilità – Multiculturalismo – Libertà religiosa – Parità tra coniugi. La sussistenza di una situazione di poligamia, nonostante contrasti con l’ordine pubblico spagnolo, non impedisce il riconoscimento del diritto alla pensione di reversibilità a favore di tutte le mogli che erano contemporaneamente sposate con il beneficiario di una pensione a carico dello Stato spagnolo, sulla base dell’art. 23 della Convenzione sulla sicurezza sociale stipulat tra la Spagna e il Marocco l’8 novembre 1979, il quale consente di estendere la condizione dei beneficiari della pensione di reversibilità in ragione della posizione gerarchica della norma nell’ordinamento giuridico e in virtù della necessità di tutelare il principio di eguaglianza di cui all’art. 14 della Costituzione spagnola.

(Omissis) ANTECEDENTES DE HECHO PRIMERO. Ante la Sala de lo Contencioso-administrativo del Tribunal Superior de Justicia de la Comunidad Autónoma de Madrid, sección octava, se ha seguido el recurso contencioso administrativo interpuesto por la representación procesal de doña … contra la Resolución del Ministerio de Defensa de fecha 9 de febrero de 2015, por la que se desestima el recurso de Alzada que había sido interpuesto contra resolución que con fecha 25 de noviembre de 2013 fue dictada por la Dirección General de Personal, de la Subdirección General de Recursos de la Secretaría General Técnica del Ministerio, y que acordó denegarle la solicitud de pensión de viudedad. En dicho recurso, tal como consta en el expediente administrativo remitido fue debidamente emplazada doña …, en su condición de primera esposa del súbdito marroquí causante de la pensión don …, sin que compareciera en forma. SEGUNDO. La sentencia recaída en ese proceso con fecha 18 de octubre de 2016 contiene el siguiente Fallo: «Que debemos desestimar y desestimamos el Recurso Contencioso Administrativo, Procedi-

miento Ordinario número 467/2015, interpuesto por Dª …, representada por el Procurador D. Argimiro Vázquez Guillén asistida de la Letrada Dª Beatriz García-Tuñón Mederos, siendo parte demandada el Ministerio de Defensa representado y asistido por el Abogado del Estado contra la Resolución del Ministerio de Defensa, de fecha 9/2/2015, por la que se desestima el recurso de Alzada formulado por la recurrente, contra resolución de fecha 25/11/2013, denegatoria de la pensión de viudedad instada, expediente NUM000. Sedesestima la pretensión instada al no encontrarse el supuesto de hecho contemplado en la normativa vigente aplicable al caso RD Legislativo 670/87 en su artículo 38 y no acreditarse vulneración del artículo 14 de la CE, por concurrir un supuesto de “bigamia”. Declaramos la conformidad a derecho de las resoluciones recurridas que se confirman, con todas las consecuencias legales inherentes a dicho pronunciamiento. Procede la imposición de costas a la parte recurrente al haberse desestimado la pretensión, en vigor la Ley 37/2011.». TERCERO. Contra la mentada Sentencia se preparó recurso de casación ante la Sala de instancia, que ésta tuvo por preparado, por lo

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que se elevaron los autos y expediente administrativo a este Tribunal, ante el que la parte ahora recurrente interpuso el citado recurso de casación. CUARTO. Mediante auto dictado por la Sección Primera de esta Sala de 21 de marzo de 2017, se acordó lo siguiente: «Primero. Admitir a trámite el recurso de casación preparado por la representación procesal de doña … contra la sentencia 474/2016, de 18 de octubre de la Sala de lo Contencioso-Administrativo (Sección Octava) del Tribunal Superior de Justicia de la Comunidad de Madrid dictada en el procedimiento ordinario núm. 467/2015. Segundo. Precisar que las cuestiones en las que entendemos que existe interés casacional objetivo para la formación de jurisprudencia son las siguientes: 1. Si la constatación de una situación de poligamia impide, por razones de orden público, el reconocimiento del derecho a una pensión de viudedad en el régimen de clases pasivas del Estado, regulado por Real Decreto Legislativo 670/1987, de 30 de abril, a favor de todas las esposas que, de acuerdo con su ley personal, estuvieran simultáneamente casadas con el causante perceptor de una pensión con cargo al Estado español. 2. Si el artículo 23 del Convenio sobre Seguridad Social entre España y Marruecos, de 8 de noviembre de 1979, resulta aplicable a efectos de ampliar o extender la condición de beneficiarias de pensión de viudedad en el régimen de clases pasivas del Estado a todas las esposas que, de acuerdo con su ley personal, estuvieran simultáneamente casadas, en una situación de poligamia, con el causante perceptor de una pensión con cargo al Estado español. 3. En caso afirmativo, cuál ha de ser el criterio para el cálculo del importe de la pensión de viudedad correspondiente a las viudas que ha-

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yan estado simultáneamente casadas con el mismo causante. Tercero. Identificar como normas jurídicas que, en principio, serán objeto de interpretación los artículos 38 y 39 del Real Decreto Legislativo 670/1987, de 30 de abril, por el que se aprueba el texto refundido de Ley de Clases Pasivas del Estado en relación con elartículo 23 del Convenio sobre Seguridad Social entre España y Marruecos, de 8 de noviembre de 1979.». QUINTO. En el escrito de interposición del recurso, presentado el día 19 de abril de 2017, la representación procesal de doña … solicita se case y anule la sentencia recurrida y se estime el recurso de casación en los términos interesados. SEXTO. Mediante Providencia de 30 de mayo de 2017, se da traslado del escrito de interposición a la parte recurrida que presenta escrito de oposición el 1 de junio de 2017, en el que solicita se dicte sentenciatotalmente desestimatoria del recurso de casación interpuesto de contrario. SÉPTIMO. Por providencia de 13 de septiembre de 2017 se acuerda, de conformidad con el artículo 92.6 de la Ley de esta Jurisdicción, que ha lugar a la celebración de vista pública y por providencia de 30 de noviembre de 2017 se señala para el día 16 de enero de 2018, fecha en que tuvo lugar dicho acto. Con fecha del siguiente 18 de enero de 2017 la sentencia fue entregada para su firma. FUNDAMENTOS DE DERECHO PRIMERO. La sentencia recurrida El presente recurso de casación se interpone contra la sentencia dictada el día 18 de octubre de 2016 por lasección octava de la Sala de lo contencioso administrativo del Tribunal Superior de Justicia de la Comunidad Autónoma de Madrid, que desestimó el recurso contencioso administrativo interpuesto por doña … contra la Resolución del Ministerio de Defensa de fecha 9 de febrero de 2015, por la que se desestimó el recurso de Alzada que había sido interpuesto contra resolución de fecha 25 de noviembre de


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2013 de la Dirección General de Personal, de la Subdirección General de Recursos de la Secretaría General Técnica del Ministerio, y que acordó denegarle la pensión de viudedad que había solicitado. La razón por la que fue denegada la pensión de viudedad por la Administración fue considerar que el régimenjurídico aplicable estaba integrado por la Orden de Presidencia de Gobierno de 1 de marzo de 1977 (BoletínOficial del estado de 7 del mismo mes y año), por la que se dictan normas para el retiro del personalsaharaui de la Policía Territorial de Sahara. Disponiendo su punto octavo que “las repetidas pensiones no serántransmisibles, y extinguido el derecho de un pensionista, no podrá recuperarse por ningún motivo”. Consideróque tal norma era de aplicación por la previsión contenida en la Disposición adicional cuarta del Decreto de22 de octubre de 1926 que reguló el Estatuto de Clases Pasivas, vigente al no haber sido derogado por el Real Decreto Legislativo 680/1987, de 30 de abril, por el que se aprueba el texto refundido de Ley de Clases Pasivas del Estado. La sentencia impugnada, tras señalar la actuación administrativa que se recurre y resumir la posición procesalde las partes – sintetizando las alegaciones de la actora diciendo que “alegando en cuanto al fondo del asunto: infracción del derecho de la recurrente con vulneración del principio de igualdad en aplicación de la Ley aldenegarle la pensión de viudedad pese a haberse reconocido a otras solicitantes, existiendo cambios de criterios en relación a la pensión de viudedad. Alega que el fallecido disponía de documento nacional de identidad bilingüe y había percibido prestación de retiro con arreglo a la legislación de Clases Pasivas” –, llega a la desestimación del recurso con los argumentos que desarrolla en los fundamentos de derecho cuarto a séptimo y que, en síntesis, son los siguientes:

(1) declara probado que la actora solicitó la pensión de viudedad tras el fallecimiento de su esposo … en fecha 24/1/2013, quien era beneficiario de una pensión con cargo al erario público del Reino de España – y siendo su segunda esposa, teniendo reconocida la primera de ellas – … – esa pensión por sentencia de la misma Sala y sección de 21 de julio de 2016 dictada en el procedimiento ordinario 463/2015; (2) afirma que esa situación de bigamia acreditada está prohibida y penalizada por el artículo 217 y siguientes del código penal y, además, afirma que resulta incompatible con las normas aplicables y supone una situación de desigualdad entre mujeres y hombres, así como la sumisión de aquéllas a éstos, y como viene acogiendode forma reiterada por la doctrina del Tribunal Supremo, citando las sentencias de 14 de julio de 2004, 10 y19 de junio de 2008, 14 de julio de 2009 y de 4 de julio 2011; 3) mantiene que el tenor literal del artículo 38 del RD Legislativo 670/87, de 30 de abril, de Clases Pasivas del Estado, cuando determina las condiciones del derecho a la pensión lo hace expresando con toda claridad los diferentes supuestos que pueden concurrir y, así, configura de forma detallada para todos ellos los requisitos necesarios referenciados a una situación monógama pues alude “al cónyuge”, no a los cónyuges, de manera que no se contempla en dicha normativa una situación de bigamia; (4) rechaza la vulneración del principio de igualdad consagrado en el artículo 14 de la Constitución Española pues es pacífica y reiterada la doctrina jurisprudencial y del Tribunal Constitucional en el sentido que dicho principio puede invocarse en términos de la legalidad y, en este caso, no concurre esa legalidad normativa al quedar acreditada la situación proscrita de “bigamia” y no contemplar el Real Decreto Legislativo 670/1987 la pensión de viudedad para casos como el presente, haciendo referencia el tenor

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literal del artículo 38 a “cónyuge” en singular. SEGUNDO. La identificación del interés casacional El interés casacional del recurso ha quedado delimitado, a tenor de lo declarado mediante Auto de esta SalaTercera (Sección Primera) de 21 de marzo de 2017, a la determinación de si puede ser reconocida, o no, lacondición de beneficiaria de una pensión de viudedad del régimen de clases pasivas del Estado, regulado por Real Decreto Legislativo 670/1987, de 30 de abril, a todas las esposas que, de acuerdo con su ley personal, estuvieran simultáneamente casadas con el causante perceptor de una pensión con cargo al Estado español, debiendo pronunciarnos sobre (1) si la situación de poligamia lo impide por ser contraria al orden público nacional, (2) si el artículo 23 del Convenio sobre Seguridad Social entre España y Marruecos de 8 de noviembre de 1979 resulta aplicable a efectos de extender la condición de beneficiarias a todas las esposas y, (3) en caso afirmativo, cuál sería el criterio para el cálculo del importe de la pensión de viudedad que correspondería a todas ellas. La resolución de la cuestión suscitada precisa de la aplicación e interpretación, al menos, del artículo 23 del Convenio sobre Seguridad Social entre España y Marruecos de 8 de noviembre de 1979, y de los artículos 38 y 39 del Real Decreto Legislativo 670/1987, de 30 de abril, por el que se regula el Texto Refundido de la Ley de Clases Pasivas del Estado. TERCERO. Delimitación del supuesto de hecho en el que se enmarcan las cuestiones de interés casacional. Siendo estas las cuestiones a analizar y antes de resumir las posiciones de las partes conviene dejar delimitado que nuestra respuesta viene referida a un concreto y particular supuesto de hecho: el de un súbdito marroquí que sirvió como soldado de segunda en la Compañía Mixta de Ingenieros de la Policía Territorial de Sahara desde el 1

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de diciembre de 1949 hasta el 31 de diciembre de 1959, fecha en la que pasó a la situación de retirado de conformidad con dispuesto por la Orden de Presidencia de 14 de junio de 1098 (Boletín Oficial del Estado de 12 de julio de 1980), generó derecho a pensión de retiro con cargo al erario público español, pensión que percibió hasta su fallecimiento el 23 de enero de 2013. La sección octava de la Sala de lo contencioso administrativo del Tribunal Superior de Justicia de la Comunidad Autónoma de Madrid – mismo órgano que dicta la sentencia ahora impugnada – dictó sentencia el 21 de juliode 2016 en el procedimiento ordinario 463/2015 reconociendo la misma pensión de viudedad a quien era la primera esposa viuda del citado súbdito marroquí – doña … – y, por tanto, ha reconocido que el fallecimiento del causante genera derecho a pensión de viudedad. El examen de esa sentencia, ya publicada, pone de relieve que la razón de decidir fue el criterio fijado por esta Sala Tercera al resolver numerosos recursos, haciendo cita de diversas sentencias del años 2013, entre ellas la invocada por la hoy recurrente en la demanda presentada en el recurso contencioso administrativo que dio lugar a la sentencia impugnada, que era la dictada el 17 de mayo de 2013 – recurso de casación 821/2011 –, sentencia que consideraba acreditada la vulneración del principio de igualdad por no considerar justificado el cambio de criterio administrativo al resolver sobre el derecho a la pensión de viudedad. Es decir, la cuestión planteada en los recursos interpuestos por las dos esposas era la misma. No consta que esa sentencia haya sido impugnada. CUARTO. Las alegaciones de las partes sobre el citado interés casacional. En el escrito de interposición, partiendo de afirmar que la sentencia impugnada vulnera el artículo 96 de la Constitución Española por no aplicar el Convenio sobre Seguridad Social entre


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España y Marruecos de8 de noviembre de 1979 – su artículo 23, cuando dispone que “La pensión de viudedad causada por untrabajador marroquí será distribuida, en su caso, por partes iguales y definitivamente entre quienes resulten ser, conforme a la legislación marroquí, beneficiarias de dicha prestación.” –, hace una exposición de las “líneas jurisprudenciales” existentes, concretando las siguientes: 1ª) aquella que no admite los efectos del segundo o posteriores matrimonios por considerarlos nulos con arreglo a la normativa española y, por tanto, rechazan el reconocimiento del derecho a la pensión de viudedad de las segundas y posteriores esposas – sentencias de Salas de lo Social de los Tribunales Superiores de Justicia de las Comunidades Autónomas de Cataluña – de 30 de julio de 2003 – y de Valencia – de 6 de juniode 2005. 2ª) la que admite efectos al segundo y posteriores matrimonios y distribuye la pensión de viudedad en función del tiempo de duración de los matrimonios – sentencias de la Sala de lo Social del Tribunal Superior de Justiciade la Comunidad Autónoma de Madrid de 29 de julio de 2002, de 26 de diciembre de 2004 y de 31 de mayo de 2005. La primera hace aplicación del artículo 23 del Convenio de Seguridad Social entre España y Marruecos. 3ª) y, finalmente, la que admitiendo esos efectos, considera que la pensión de viudedad debe distribuirse en parte iguales entre todas las posibles esposas – sentencias de la Sala de lo Social del Tribunal Superior de Justicia de la Comunidad Autónoma de Galicia – de 2 de abril de 2002 – y de Andalucía – de 30 de enero de 2003 y de 18 de junio de 2015, ambas de la Sala de Málaga. Las dos últimas hacen aplicación del artículo 23 del Convenio de Seguridad Social entre España y Marruecos. La parte se muestra partidaria de esta última “línea jurisprudencial” y, a continuación, efectúa alegaciones sobre las cuestiones a las que el Au-

to de la sección primera de esta Sala de 21 de marzo de 2007 reconoció interés casacional objetivo. En síntesis, expone (1) que las razones de orden público que permitirían negar validez al matrimonio polígamo y que subyacen en las sentencias de la Sala Tercera del Tribunal Supremo que cita la sentencia impugnada y en la dictada por el Tribunal Constitucional 194/2014, de 1 de diciembre, no pueden excluir todos sus efectos, afirmando la existencia de un orden público atenuado que permitiría, modulando el artículo 12.3 del código civil, reconocerle determinados efectos que denomina “periféricos” que beneficiarían a las partes más débiles del vínculo matrimonial y, entre ellos, la pensión de viudedad; (2) que de acuerdo con el sistema de fuentes, con el principio de jerarquía normativa y con las previsiones del artículo 96 de la Constitución Española los tratados internacionales válidamente celebrados, una vez publicados oficialmente en España, formarán parte del ordenamiento interno y, por ello, la previsión del artículo 23 del Convenio sobre Seguridad Social entre España y Marruecos de 8 de noviembre de 1979, cuyo Instrumento de ratificación está publicado en el Boletín Oficial del Estado de 13 de octubre de 1982 (en vigor desde el 1 de octubre de 1982 y modificado por el Protocolo Adicional de 27 de enero de 1998, publicado éste en elBoletín de 24 de noviembre de 2001) resulta procedente ampliar o extender la condición de beneficiarias de pensión de viudedad en el régimen de clases pasivas del Estado a todas las esposas que, de acuerdo con su ley personal, estuvieran simultáneamente casadas, en una situación de poligamia, con el causante perceptor de una pensión con cargo al Estado español, razón por la que debe reconocerse esa condición a la recurrente como segunda esposa de un súbdito marroquí perceptor de una pensión de retiro con cargo al Estado español; (3) que la aplicación del artículo 23 del citado Convenio impone la distribución por iguales partes

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de la pensión de viudedad entre todas las esposas que reúnan y acrediten esa condición. Con base en todo ello termina suplicando la estimación del recurso, con anulación de la sentencia impugnada, y que se efectúa pronunciamiento por el que 1º) se efectúe reconocimiento del derecho a la pensión de viudedad no solo a la primera esposa del varón polígamo, sino también a la segunda o ulteriores esposas. 2º) que se reconozca la condición de beneficiarias de la pensión de viudedad a la segunda o ulteriores esposas como efecto de matrimonio que contrajo el causante conforme a su legislación personal nacional. 3º) que el criterio del cálculo del importe de la pensión de las segundas o ulteriores esposas beneficiarias de la pensión será el de reparto por iguales partes entre todas ellas. Por su parte, el Abogado del Estado solicita la desestimación del recurso afirmando que la situación de poligamia, según sentencia de esta Sala de 4 de julio de 2011 – recurso de casación 5031/2008 – es contraria al orden público y, por ello, opuesta a la posibilidad de concesión de una pensión de viudedad, apreciación que no se ve alterada por el artículo 23 del Convenio de Seguridad Social entre España y Marruecos pues dicho precepto solo reconoce que la pensión, en caso de reconocimiento, debe repartirse por parte iguales entre las beneficiarias y, evidentemente, en referencia a la existencia de esposas legales, esto es, sin incurrir en la situación de bigamia. Por ello, añade, no existe vulneración alguna de los artículos 38 y 39 del Real Decreto Legislativo 670/1987 en tanto que en ellos se regulan las condiciones para ser beneficiario de la pensión con la expresión “cónyuge”, es decir, en referencia a la esposa monógama y no a las polígamas. QUINTO. Examen de las cuestiones jurídicas que tienen interés casacional.

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A) Las dos primeras cuestiones, por la evidente relación que presentan, tal y como tendremos ocasión de ver con nuestra exposición, serán analizadas conjuntamente. Comenzaremos por decir que partimos de que los artículos 38 y 39 del Real Decreto Legislativo 670/1987 serían la fuente generadora del derecho a la pensión de viudedad de la recurrente (y de todas las esposas que de acuerdo con la ley personal del causante estuvieran simultáneamente con el causante perceptor de una pensión con cargo al estado español) y de que su denegación por la sentencia impugnada en casación es consecuencia de concurrir una situación de poligamia del súbdito marroquí causante de ella, debiendo analizar si tal situación de poligamia integra una razón de orden público que justifica tal denegación. Ocurre, además, que la sentencia impugnada niega la pensión de viudedad por no estar contemplada más que para los supuestos de matrimonio monógamo en el artículo 38 del Real Decreto Legislativo 680/1987. Son múltiples las definiciones que pueden darse del orden público. De entre ellas podemos tomar aquella que lo conceptúa como el conjunto de principios e instituciones que se consideran fundamentales en la organización social de un país y que inspiran su ordenamiento jurídico. Ahora bien, para llevar a cabo una aplicación de la cláusula de orden público del artículo 12.3 del código civil (“en ningún caso tendrá aplicación la ley extranjera cuando resulte contraria al orden público”) el examen de tales principios debe atender al sistema de valores reconocidos en la Constitución Española (STC 43/1986, de 15 de abril), a las previsiones de Tratados Internacionales que formen parte de nuestro ordenamiento jurídico por la dispuesto en el artículo 96 de nuestra Norma Fundamental y, además, por remisión de su artículo 10.2 de la Constitución Española, pudiendo estar en juego el sistema de derechos fundamentales y las libertades que la Constitu-


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ción reconoce, éstos deberán ser interpretados de conformidad con la Declaración Universal de Derechos Humanos y los tratados y acuerdos internacionales sobre las mismas materias ratificados por España. Para determinar si la situación de poligamia es o no contraria al orden público a los efectos que aquí nos ocupan, la Sala territorial parte del criterio establecido por reiteradas sentencias de la sección sexta de la Sala Tercera del Tribunal Supremo sobre los efectos que tal situación – de poligamia – tiene a la hora de reconocer o no a un súbdito extranjero la nacionalidad española, criterio que es claramente contrario a tal posibilidad por valorar que la situación de poligamia constituye un dato o factor de especial y determinante relevancia que acredita la inexistencia de un grado suficiente de integración en la sociedad española. La sentencia que revisamos lo expone claramente en su fundamento de derecho sexto con cita de las sentencias de esta Sala de 14 de julio de 2004, de 10 y de 18 de junio de 2008, y de 14 de julio de 2009, y con transcripción de la dictada el 4 de julio de 2011 en lo siguiente: “la poligamia no es simplemente algo contrario a la legislación española, sino algo que repugna al orden público español, que constituye siempre un límite infranqueable a la eficacia del Derecho extranjero(art. 12.3 CC). Entendido el orden público como el conjunto de aquellos valores fundamentales e irrenunciables sobre los que se apoya nuestro entero ordenamiento jurídico, resulta incuestionable la incompatibilidad con el mismo de la poligamia; y ello sencillamente porque la poligamia presupone la desigualdad entre mujeres y hombres, así como la sumisión de aquéllas a éstos. Tan opuesta al orden público español es la poligamia, que el acto de contraer matrimonio mientras subsiste otro matrimonio anterior es delito en España (art. 217 CP).”. En esencia, la falta de reconocimiento de efectos al matrimonio polígamo destaca en la idea de que

atentaría contra la concepción española del matrimonio y contra la dignidad constitucional de la mujer. Nosotros no discutimos ahora esa conclusión general. Ahora bien, sí consideramos que este criterio no puede ser aplicado a nuestro caso puesto que, además de las notables diferencias de las situaciones de hecho subyacentes entre los casos analizados en esas sentencias y la que ahora nos ocupa, ocurre que aquí es el propio Estado Español quien, como sujeto de derecho internacional y a pesar de la proscripción del matrimonio polígamo en nuestro ordenamiento jurídico – cuestión no discutida incluso por la parte recurrente –, admite un determinado efecto a dicho matrimonio en el artículo 23 del Convenio de Seguridad Social entre España y Marruecos de 8 de noviembre de 1979: que las sucesivas esposas del trabajador marroquí causante de la pensión puedan ser en España beneficiarias de esa pensión generada por el esposo polígamo y siempre que fuesen beneficiarias de dicha prestación según la propia legislación marroquí. Destacamos aquí cómo en el preámbulo del Convenio se dice: “El Gobierno de España y el Gobierno del Reino de Marruecos. Resueltos a cooperar en el ámbito social. Afirmando el principio de igualdad de trato entre los nacionales de los dos países en orden a las legislaciones de Seguridad Social de cada uno de ellos. Deseosos de asegurar a los trabajadores de cada uno de los dos países que ejerzan o hayan ejercido una actividad profesional en el otro país una mejor garantía de los derechos que ellos hayan adquirido. Han decidido concluir un Convenio tendente a coordinar la aplicación, a los nacionales de los dos países, de las legislaciones de España y del Reino de Marruecos”. A juicio de esta Sala, dada la situación que dicho Convenio tiene en nuestro ordenamiento

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jurídico tras ser publicado en el Boletín Oficial del Estado de 13 de octubre de 1982 y por el reconocimiento que le otorga elartículo 96 de la Constitución Española, la existencia del citado Convenio Internacional de carácter bilateral pone de relieve que en nuestro propio ordenamiento jurídico existe un concreto efecto reconocible para los matrimonios polígamos de súbditos marroquíes y, por tanto, respondiendo a laprimera de las cuestiones de interés casaciona l, si el Estado Español reconoce esos efectos “atenuados” a las situaciones de poligamia de súbditos marroquíes, no es acertado oponer la cláusula general de orden público al reconocimiento de la condición de beneficiarias de la pensión de viudedad, ello aunque nos encontremos en un supuesto de clases pasivas del Estado. Efectivamente, la interpretación del artículo 38 del Real Decreto Legislativo 670/1987, cuando anuda el reconocimiento del derecho a la pensión de viudedad al hecho de ser “cónyuge supérstite” del causante de los derechos pasivos, ha de ser interpretado atemperándolo necesariamente a esos parámetros de igualdad, consagrados en el artículo 14 de la Constitución Española, en los casos en que nos encontremos con situaciones de poligamia de súbditos marroquíes, ello con el efecto de considerar cónyuge supérstite del súbdito marroquí polígamo a las sucesivas esposas que soliciten el abono de la pensión y que sean acreedoras de ese derecho en la legislación marroquí. El citado artículo 23 del Convenio dispone que “La pensión de viudedad causada por un trabajador marroquí será distribuida, en su caso, por partes iguales y definitivamente entre quienes resulten ser, conforme a la legislación marroquí, beneficiarias de dicha prestación”. Dicho precepto legal establece, en los casos de existir poligamia, la forma de distribución de la pensión de viudedad causada en España por un trabajador marroquí entre quienes tengan la

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condición de beneficiarias según la legislación marroquí. De esta manera, lo que hace es admitir en España la condición de beneficiarias del causante que reconozca la legislación marroquí y, por tanto, la posibilidad de que las diversas y simultáneas esposas del causante puedan obtener una determinada cuantía de la pensión generada con cargo al erario público español por el esposo polígamo. Es decir, otorga la condición de beneficiaria a las sucesivas esposas por el reconocimiento de esa condición de beneficiaria en el país – Marruecos – donde se contrajo el matrimonio polígamo válidamente. De esta forma queda cohesionado el sistema pues ante la situación de matrimonios polígamos válidos conforme a la ley personal del causante – Marruecos – se admite la condición de beneficiarias múltiples con base a la normativa del mismo país para, partir de ello, fijar la forma de distribución. La razón de ser de tal remisión – “conforme a la legislación marroquí” – no puede ser otra que la de dar cobertura limitada, ampliando o extendiendo la condición de beneficiarias, a las distintas mujeres que, de acuerdo con el ordenamiento marroquí, estuvieran simultáneamente casadas con el causante, en una institución o realidad social – la poligamia – que, siendo legal en Marruecos, en España sólo es contemplada por el derecho penal. Es decir, el sentido del artículo 23 del Convenio, haciendo una interpretación integradora e igualitaria del párrafo primero del artículo 38 Real Decreto Legislativo 680/1987, nos llevará necesariamente a entender referida la expresión “cónyuge supérstite” a quienes, en número superior a la unidad – y siempre mujeres –, hubieren permanecido simultáneamente casadas con el causante. Obsérvese que no hacemos aplicación directa del artículo 23 del Convenio al régimen de clases pasivas del Estado, que por previsión normativa integra un régimen especial de la Seguridad So-


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cial para el personal sujeto a su ámbito de aplicación – artículo 1 del Real Decreto Legislativo 670/1987, de 30 de abril, por el que se aprueba el texto refundido de Ley de Clases Pasivas del Estado – no previsto en el ámbito de aplicación delimitado por el artículo 2 del Convenio, sino que lo empleamos como criterio de interpretación válido por ser una previsión contenida en una norma de rango superior de nuestro ordenamiento jurídico y por estar en juego el principio de igualdad consagrado en nuestra Constitución y en las Normas Internacionales sobre derechos humanos suscritas por España. En conclusión, en respuesta a la segunda de las cuestiones, el artículo 23 del Convenio sobre Seguridad Social entre España y Marruecos de 8 de noviembre de 1979 permite que, en el ámbito de clases pasivas del Estado y por vía interpretativa, pueda ampliarse la condición de beneficiarias de la pensión de viudedad del súbdito marroquí causante de la pensión de viudedad a la segunda y sucesivas esposas que, de acuerdo con su ley personal, estuvieran simultáneamente casadas con el causante perceptor de una pensión con cargo al Estado Español. Y en la tercera de las cuestiones de interés casacional, que se refiere a la forma en que debería repartirse entre esas múltiples beneficiarias la pensión de viudedad, la respuesta es ya obvia y ha sido admitida incluso por la defensa de la Administración del Estado sobre la base de que el artículo 23 del Convenio estipula que la distribución de la pensión será “por partes iguales”. Por ello, el cálculo del importe de la pensión, partiendo de que estamos en un supuesto en que no consta ruptura del vínculo matrimonial antes del fallecimiento, se efectuará partiendo de que la pensión se distribuye por partes iguales entre las viudas que hayan estado simultáneamente casadas con el súbdito marroquí causante de la pensión. SEXTO. La conclusión

La presente sentencia, a los efectos del artículo 93.1 de la LJCA, ha establecido en los precedentes fundamentos la interpretación de aquellas normas sobre las que el auto de admisión consideró necesario el enjuiciamiento del presente recurso de casación por esta Salsa Tercera del Tribunal Supremo y, conforme a ello, declarará: 1º) que la constatación de una situación de poligamia de un súbdito marroquí no impide, por razones de ordenpúblico, el reconocimiento del derecho a una pensión de viudedad en el régimen de clases pasivas del Estado, regulado por Real Decreto Legislativo 670/1987, de 30 de abril, a favor de todas las esposas que, de acuerdocon su ley personal, estuvieran simultáneamente casadas con el causante perceptor de una pensión con cargoal Estado español. 2º) que el artículo 23 del Convenio sobre Seguridad Social entre España y Marruecos, de 8 de noviembre de 1979, por la posición jerárquica que tiene en nuestro ordenamiento jurídico tras ser publicado en el Boletín Oficial del Estado de 13 de octubre de 1982 y por el reconocimiento que le otorga el artículo 96 de la Constitución Española, permite que por vía interpretativa se pueda ampliar o extender la condición de beneficiarias de pensión de viudedad en el régimen de clases pasivas del Estado a todas las esposas que, de acuerdo con su ley personal, estuvieran simultáneamente casadas, en una situación de poligamia, con el causante perceptor de una pensión con cargo al Estado español que tenga origen marroquí, y que fuesen beneficiarias de la pensión según la legislación marroquí. 3º) que el cálculo del importe de la pensión se efectuará partiendo de que la pensión se distribuye por partes iguales entre las viudas que hayan estado simultáneamente casadas con el mismo causante. 4º) que el recurso de casación debe ser estimado y, con anulación de la sentencia, apre-

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ciando la vulneración del principio de igualdad denunciada en la instancia y por no haber sido cuestionada en ningún momento por la Administración la condición de beneficiaria de la esposa reclamante según la legislación marroquí, se reconocerá a doña … el derecho a la percepción de la pensión de viudedad generada por su fallecido esposo de origen marroquí, don …, con efectos económicos desde el primer día del mes siguiente a su fallecimiento, acaecido el 24 de enero de 2013, y calculándose su importe partiendo de que la pensión se distribuye por partes iguales entre las viudas que hayan estado simultáneamente casadas con el mismo causante. Así mismo, se reconocerá su derecho al cobro de los haberes dejados de percibir desde esa fecha y hasta la efectiva percepción de la pensión que se le reconoce, más los intereses legales que procedan desde la presentación de la solicitud y hasta su efectivo pago. SÉPTIMO. Las costas procesales. De conformidad con el dispuesto en el artículo 93.4 de la LJCA tras la reforma por Ley Orgánica 7/2015, de 21 de julio, la sentencia que se dicte resolverá sobre las costas de la instancia conforme a lo establecido en el artículo 139.1 de esta ley y dispondrá, en cuanto a las del recurso de casación, que cada parte abone las causadas a su instancia y las comunes por mitad. Por ello, se acuerda: a) no hacer imposición de las costas de la instancia por considerar evidente que el caso presentaba serias dudas de derecho por la dificultad que, por su singularidad, entraña la cuestión debatida. b) cada parte abonará, en cuanto a las del recurso de casación, las costas causadas a su instancia y las comunes por mitad.

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*** Por todo lo expuesto, en nombre del Rey y por la autoridad que le confiere la Constitución, esta Sala ha decidido, con base en la respuesta dada en el fundamento jurídico quinto a las cuestiones de interés casacional planteadas: 1º) HABER LUGAR al recurso de casación interpuesto por la representación procesal de doña … contra la Sentencia dictada el 18 de octubre de 2016 por la Sala de lo Contencioso Administrativo del Tribunal Superior de Justicia de la Comunidad Autónoma de Madrid en el recurso contencioso administrativo nº 467/2015 2º) ANULAR la citada sentencia, DECLARANDO el derecho doña … a la percepción de la pensión deviudedad generada por su fallecido esposo de origen marroquí, don …, con efectos económicos desde el primer día del mes siguiente a su fallecimiento, acaecido el 24 de enero de 2013, y calculándose su importe partiendo de que la pensión se distribuye por parte iguales entre las viudas que hayan estado simultáneamente casadas con el mismo causante. Así mismo, se declara su derecho al cobro de los haberes dejados de percibir desde esa fecha y hasta la efectiva percepción de la pensión que se le reconoce, más los intereses legales que procedan desde la presentación de la solicitud y hasta su efectivo pago. 3º) NO HACER IMPOSICIÓN de costas en los términos previsto en el fundamento último. Notifíquese esta resolución a las partes e insértese en la colección legislativa. Así se acuerda y firma. (Omissis)


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La legalizzazione della poligamia è davvero così lontana?* Sommario : 1. Riflessioni storico-comparatistiche a margine della poligamia. – 2. Multiculturalismo e libertà religiosa come limiti al principio di ordine pubblico? – 3. Rispetto della vita privata e familiare nella tutela della dignità (anche economica) della donna.

Through its decision no. 84/2018, the Supreme Court of Madrid, based on art. 23 of the Agreement on social pension concluded with Morocco in 1979, ascribed the right to receive the survivor’s pension to the second widow of a soldier of Moroccan origin. This is an extremely innovative decision that highlights debated and complex topics, such the inclusion of the Islamic culture in the western world, the correct interpretation of the concept of public order and the protection of women’s dignity.

1. Riflessioni storico-comparatistiche a margine della poligamia.

“E se temete di essere ingiusti nei confronti degli orfani, sposate allora due o tre o quattro tra le donne che vi piacciono; ma se temete di essere ingiusti, allora sia una sola o le ancelle che le vostre destre possiedono, ciò è più atto ad evitare di essere ingiusti”. Così recita il versetto IV, 3 del Corano, ma per meglio comprendere una tematica così complessa quale è la poligamia occorre partire dal caso in esame. Con la sentenza del 24 gennaio 2018, n. 84, la Corte Suprema di Madrid ha riformato la decisione del 18 ottobre 2016 della Camera per le controversie amministrative del Tribunale superiore di giustizia della comunità autonoma di Madrid1 attribuendo alla seconda vedova di un soldato di origini marocchine il diritto a percepire la pensione di reversibilità2.

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Il presente contributo è stato sottoposto a valutazione in forma anonima. L’ottava sezione del Tribunale superiore era stata chiamata a decidere in merito alla risoluzione del Ministero della Difesa del 9 febbraio 2015 che aveva respinto l’appello. 2 In realtà, nel panorama giurisprudenziale spagnolo il suddetto criterio era già stato applicato in precedenza dalla Corte superiore di giustizia della comunità autonoma di Madrid, la quale aveva emesso una sentenza in data 21 luglio 2016 con cui aveva riconosciuto il diritto della prima moglie ad ottenere la pensione di reversibilità; anche altri tribunali di grado inferiore si erano pronunciati nel 1

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Il giudizio della Corte suprema si è basato sull’art. 233 della Convenzione sulla sicurezza sociale fra Spagna e Marocco stipulata l’8 novembre 19794 in base al quale fra i beneficiari della pensione di reversibilità sono ricomprese tutte le mogli del defunto; pertanto, nonostante il Procuratore dello Stato si sia opposto in ragione della contrarietà della poligamia all’ordine pubblico spagnolo5, ritenendo necessario leggere il citato art. 23 esclusivamente con riferimento alle “mogli legali”, anche alla seconda vedova è stato attribuito il diritto alla pensione di reversibilità. Dunque, il tema principale su cui la Corte è stata chiamata a decidere riguarda la poligamia come integrativa di un motivo di ordine pubblico che potrebbe giustificare il rifiuto a riconoscere un diritto successorio, tenendo conto che sussistono una pluralità di definizioni di ordine pubblico. Come avremo modo di approfondire, fra queste si richiama l’orientamento che lo individua in un insieme di principi fondamentali relativi all’organizzazione sociale del paese e che ispirano il sistema legale, tenendo presente che l’art. 12, n. 3, del Codice civile spagnolo6 vieta l’applicazione della legge straniera qualora essa sia contraria all’ordine pubblico. Ciò nonostante, la Corte ha concluso che, ai sensi dell’art. 23 del citato accordo con il Marocco, riconosciuto all’art. 96 della Costituzione spagnola7, la sentenza oggetto di appello che aveva negato il diritto alla pensione alla seconda vedova violava il principio di uguaglianza di cui all’art. 14 della Costituzione8; in altre parole, la Corte non ha in alcun modo messo in dubbio la contrarietà della poligamia all’ordine pubblico spagnolo, ma ha affermato che tale concetto non potesse essere utilizzato nel caso in questione. Pertanto, la signora Tizia, seconda moglie del defunto signor Caio, avrà diritto a percepire la pensione in qualità di vedova a partire dal primo giorno del mese successivo alla morte del marito, avvenuta il 24 gennaio 2013. Tuttavia, la sentenza non riporta alcuna indicazione in merito alle modalità con cui la signora Tizia potrà ottenere le quote pregresse; invero, non è specificato se esse debbano essere restituite dalla prima moglie, la signora Sempronia, ovvero se sia lo Stato a dover provvedere in tal senso, ma in entrambi i casi si pongono diverse problematiche.

merito, come il Tribunale supremo dell’Andalusia con la decisione del 18 giugno 2015 mediante la quale è stata concessa la pensione alle due mogli di un poligamo. 3 Artículo 23 “La pensión de viudedad causada por un trabajador marroquí será distribuida, en su caso, por partes iguales y definitivamente entre quienes resulten ser, conforme a la legislación marroquí, beneficiarias de dicha prestación”. 4 Pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 13 ottobre 1982, entrata in vigore dal 1° ottobre 1982 e modificata dal Protocollo addizionale del 27 gennaio 1998, pubblicato nel Bollettino del 24 novembre 2001. 5 Artículo 217 “El que contrajere segundo o ulterior matrimonio, a sabiendas de que subsiste legalmente el anterior, será castigado con la pena de prisión de seis meses a un año”. 6 Artículo 12. 3 “En ningún caso tendrá aplicación la ley extranjera cuando resulte contraria aI orden público”. 7 Artículo 96 “1. Los tratados internacionales válidamente celebrados, una vez publicados oficialmente en España, formarán parte del ordenamiento interno. Sus disposiciones sólo podrán ser derogadas, modificadas o suspendidas en la forma prevista en los propios tratados o de acuerdo con las normas generales del Derecho internacional. 2. Para la denuncia de los tratados y convenios internacionales se utilizará el mismo procedimiento previsto para su aprobación en el artículo 94”. 8 Artículo 14 “Los españoles son iguales ante la ley, sin que pueda prevalecer discriminación alguna por razón de nacimiento, raza, sexo, religión, opinión o cualquier otra condición o circunstancia personal o social”.

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Se, infatti, la somma dovesse essere restituita dall’altra moglie, quest’ultima potrebbe essere impossibilita in tal senso; qualora, invece, fosse lo Stato spagnolo a dover intervenire, ciò comporterebbe una spesa governativa. Trattasi, senza dubbio, di una decisione che suscita attenzione e, in un certo senso, anche scalpore poiché diametralmente opposta alla giurisprudenza consolidata, ma per comprendere il vero significato di una tradizione antica come la poligamia occorre partire dalle origini del fenomeno, analizzando in che modo esso abbia avuto inizio. La poligamia9 è una pratica molto antica che trova i suoi fondamenti anche nell’Antico testamento, nel quale l’unico divieto presente riguarda la presa in moglie della sorella della prima sposa10; nella Genesi, (4:19), ad esempio, si legge: “Lamec prese due mogli”, in Samuele (12:8), invece, Dio parla attraverso il profeta Natan affermando che, qualora Davide non avesse avuto moglie e concubine sufficienti, gliene avrebbe date altre; o, ancora, in Re (11:3), si narra di come Salomone avesse “settecento principesse per mogli e trecento concubine”. Per quanto riguarda, invece, il Nuovo testamento, questo non vieta espressamente la poligamia, tanto che alcuni studiosi hanno ritenuto che il divieto introdotto dalla Chiesa di Roma fosse ispirato dalla necessità di conformarsi alla cultura Greco-Romana11; fra questi, Sant’Agostino si è espresso nel senso che “ora effettivamente nel nostro tempo ed in armonia con l’abitudine romana, non è più permesso prendere un’altra moglie”. Il fenomeno della poligamia, dunque, non riguarda solamente la cultura musulmana, ma interessa, ad esempio, anche le Comunità mormone12 presenti in taluni Stati americani; in questo caso, tuttavia, non vi è un riconoscimento giuridico come nell’Islam, ma solamente un fondamento di natura religiosa. Con riferimento alla religione musulmana13, dobbiamo evidenziare che essa è stata la prima a regolamentare la poligamia, stabilendo il divieto di prendere in moglie una quinta donna, introducendo, così, un’importante innovazione rispetto alla tradizione. Ma quali sono le ragioni che hanno portato alla nascita della poligamia nel mondo islamico?

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Un vescovo della chiesa anglicana nel Kenya ha dichiarato che “anche se la monogamia può essere ideale come espressione d’amore fra il marito e la moglie, la chiesa dovrebbe considerare che in determinate culture è socialmente accettabile e che la credenza che la poligamia è contraria al cristianesimo non è più accettabile”. Così S. A. Azeem, Le Donne nell’Islam e le Donne nella Tradizione GiudeoCristiana, Mito & Realtà, trad. di A. Kawi, M. Dello Russo, consultabile su http://www.huda.it/books/libri_donne_islam_03.htm. 10 Levitico 18:18 “Non prenderai la sorella di tua moglie per farne una rivale, scoprendo la sua nudità insieme con quella di tua moglie, mentre questa è in vita”. 11 La quale, peraltro, prevedeva concubine e prostitute. 12 La religione mormonica è stata ideata da Joseph Smith intorno al 1830 negli Stati Uniti; nel 1890 la pratica della poligamia venne abolita dal Presidente Wilford Woodruff e bandita dalla Chiesa, portando alla separazione di alcuni gruppi, fra cui il The Fundamentalist Church of Jesus Christ of Latter Day Saints. 13 L’Islam è la seconda religione più diffusa al mondo dopo il Cristianesimo, vantando quasi due miliardi di fedeli; in Italia, i musulmani sono circa un milione, ossia meno del 2% della popolazione complessiva, anche se non è facile procedere ad una corretta quantificazione sia in ragione del fenomeno dell’immigrazione clandestina sia per l’elevata mobilità di tali soggetti. In generale, non è facile dare una definizione quantitativa e strutturale dell’Islam, in quanto esso risulta diviso in più gruppi (Sunniti, Sciiti, Kharigiti e Ibaditi) e privo di una gerarchia e di una struttura come avviene, invece, per le grandi chiese.

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In tempi antichi, ma d’altronde come oggi, le guerre mietevano numerose vittime soprattutto fra gli uomini e, dunque, moltissime donne rimanevano vedove e i bambini orfani; pertanto, nel momento in cui un uomo sposava una vedova, diveniva responsabile non solo per lei, ma altresì per i suoi beni e per i suoi figli: in altri termini, si trattava di una forma di tutela per le vedove e la loro prole14. Da una lettura attenta dei versetti coranici prima citati, possiamo notare che il concetto di poligamia per la religione islamica è ben più ristretto di quello che si potrebbe prima facie pensare; invero, come è stato correttamente osservato, il Corano ci insegna a cercare i suoi “significati migliori”15. Il tenore della norma, difatti, pare essere quello di una concessione e non di un diritto; inoltre, si fa esclusivamente riferimento alle vedove, facendo ipotizzare l’introduzione di una regola volta a soddisfare necessità morali e sociali e non, invece, un mero desiderio individuale; la poligamia, dunque, è tollerata, ma solamente qualora da essa non derivi un comportamento ingiusto nei confronti delle donne e degli orfani16. Molti Stati islamici hanno modernizzato il proprio sistema di diritto, come la Tunisia, il Marocco e l’Iran e, dunque, anche i singoli ordinamenti possono risultare molto diversi fra loro. Il sovrano del Marocco Mohammed VI, ad esempio, dopo l’approvazione della nuova legge del Regno sullo statuto personale, la Mudauana, si è espresso affermando che “Io non posso, nella mia qualità di Principe dei Credenti, autorizzare ciò che Dio ha proibito, né vietare ciò che Dio ha autorizzato”. Da ciò si desume un rigoroso rispetto della legge divina che non può essere in alcun modo modificata dal mero volere umano ma, dato che la poligamia è autorizzata solo qualora le mogli siano trattate nel rispetto del principio di uguaglianza, tale unione pare di pressoché impossibile realizzazione. Il marito, invero, non solo deve trattare spose e figli in modo equo, ma anche assicurare loro le medesime condizioni di vita; infatti, l’art. 40 della Mudauana dispone che “La poligamia è vietata quando si deve temere una ingiustizia verso le spose (…)” mentre l’art. 41 ne riconosce il carattere eccezionale. Sebbene, dunque, la poligamia sia regolamentata e consentita dal Corano, in molti Paesi musulmani è vietata17 e la ragione di siffatto divieto va rinvenuta “nell’impossibilità di

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Si è rilevato che nella cultura islamica “il matrimonio ha una grande rilevanza sociale e religiosa; il rito, la corale partecipazione delle famiglie dei parenti, degli amici, di tutto il villaggio, nei piccoli centri abitati, lo rendono solenne e sotto ogni aspetto massimamente rilevante. Dal matrimonio sorgono diritti e obblighi che esigono di essere soddisfatti per dovere di giustizia. Ma, quel che più conta, il matrimonio è un contratto che, essendo diretto alla costituzione di una famiglia, è concepito come duraturo possibilmente per tutta la vita, salvi i casi previsti di divorzio”. Così S. Villeggiante, Matrimonio cattolico e matrimonio musulmano: due mondi a confronto nel matrimonio dispari, in Monitor ecclesiasticus, CXI (1986), 468. 15 A. Barlas, Vi spiego perché il Corano non è sessista, trad. di V. Mazza, consultabile su http://27esimaora.corriere.it/articolo/vi-spiegoperche-il-corano-non-e-sessista/ 16 Dal matrimonio poligamico sorgono, poi, una serie di diritti e di doveri, fra cui l’obbligo di coabitazione che presuppone la giustizia e l’uguaglianza di trattamento tra le mogli. 17 La Tunisia, ad esempio, ha vietato il matrimonio poligamico nel 1956 con il Codice degli status della persona, il Majallah al-Ahwal al-Shakhsiyyah, il cui art. 18 punisce prevede che “Il cumulo di mogli è vietato. Chiunque si sposi trovandosi nello stato di coniuge,

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conciliare l’assoluto precetto religioso dell’eguaglianza fra tutte le mogli con le condizioni economiche del marito”18. La questione delicata e complessa del matrimonio poligamico deve essere affrontata tenendo conto non soltanto degli aspetti giuridici, in quanto è necessario prendere coscienza dei profondi mutamenti derivanti dai flussi migratori che stanno caratterizzando oramai da anni il panorama europeo; ciò, invero, comporta una trasformazione dei tradizionali assiomi giuridici e sociali che hanno da sempre caratterizzato il mondo occidentale e chese finora parevano immutabili sembrano essere messi in discussione19. Il problema dello “scontro di mondi” si pone soprattutto con riferimento a quelle confessioni religiose che distano profondamente dalla nostra cultura laica di valori e, senza dubbio, l’Islam rientra fra quelle oggetto di maggiore discussione, in quanto caratterizzato da una concezione religiosa che abbraccia tanto l’aspetto politico e sociale quanto quello giuridico; si tratta, in altri termini, di un insieme di fattori connessi in modo indissolubile che regolano ogni aspetto della vita del credente musulmano20. Un siffatto legame, in verità, si configura come un fenomeno che ha precedenti storici importanti21, contraddistinto dall’origine religiosa del diritto le cui norme non discendono da un legislatore “umano” ma sono frutto di un testo sacro, come il Corano, rivelato dal divino22. La legge religiosa, la shari’ah, pertanto, si caratterizza poiché disciplina ogni sfera individuale e collettiva, predisponendo una serie di regole di natura morale ed etica relative non solo ai rapporti fra gli uomini, ma anche con Dio. L’origine del mondo islamico appare, dunque, molto simile a quella cristiana, in quanto entrambi sono sorti in un’epoca in cui la religione era alla base di tutto, tanto da portare a combattere i miscredenti23, ma la cui differenza fondamentale risiede nella fase di evoluzione successiva; difatti, il mondo occidentale è stato caratterizzato dall’incontro-scontro di due poteri, quello dell’Imperatore e quello papale, che ha portato ad una prevalenza del primo e ad una riduzione dell’influenza della Chiesa romana. La religione islamica, invece, si è sempre riconosciuta in un’unica autorità, religiosa e

prima della risoluzione del precedente vincolo coniugale, è punito con la pena di un anno di reclusione e con quella della multa di 240.000 franchi, o, alternativamente, l’una o l’altra, anche se il nuovo matrimonio non venga convalidato a norma di legge. [..]”. Si tratta di una disposizione di notevole rilevanza, in quanto rappresenta una rottura con la tradizione islamica; sul tema, si rinvia a. S. Krichen, L’interdiction de la polygamie, in Mémoire de sciences criminelles, Tunisi, 1979. 18 A. G. Cianci, Matrimonio, elementi di internazionalità ed ordine pubblico, in Dir. fam., 2003, n. 2, 461 ss. 19 L. Musselli, Libertà religiosa ed islam nell’ordinamento italiano, in Dir. eccl., 1995, n. 2, 444 ss. 20 Sul tema si rinvia a B. Badie, I due Stati. Società e potere in Islam e Occidente, Genova, 1990. 21 Si pensi alla “respublica christiana” del Medioevo, per un approfondimento della quale si rinvia a G. Vismara, Impium foedus: le origini della Respublica christiana, Milano, 1974. 22 Inoltre, la sacra provenienza della legge ha condotto i musulmani ad una tendenziale idea di superiorità della religione islamica sulle altre. Così, C. Campiglio, Identità culturale, diritti umani e diritto internazionale privato, in Riv. dir. internaz., 2011, n. 4, 1029 ss. 23 Ci riferiamo, ad esempio, al terribile periodo dell’inquisizione caratterizzato dai roghi, dalla tortura e dalla morte di tantissimi individui che non erano liberi di esprimere la propria opinione in materia di religione e di fede, in quanto venivano incarcerati, sottoposti a pene disumane e poi uccisi. Tale pagina così nera della storia del cristianesimo è stata definitivamente voltata con la Rivoluzione francese e la stessa Chiesa cristiana ha riconosciuto con la Costituzione conciliare “Dignitatis Humanae” la libertà religiosa come patrimonio inalienabile ed insopprimibile dell’uomo, a prescindere dal credo religioso.

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politica, ossia quella del Califfo, considerato il successore di Maometto, tanto che con la fine dell’impero ottomano nessuna altra autorità può parlare a nome della umma, ossia dalla comunità islamica. Ciò, ovviamente, ha avuto, ed ha tutt’oggi, forti ripercussioni sulla stessa concezione della realtà religiosa e sociale dei musulmani, il cui mondo è interamente disciplinato dalle norme coraniche, anche gli aspetti matrimoniali e familiari. E proprio con riferimento ad essi si pone il nocciolo della questione. Nel momento in cui un individuo islamico educato secondo la legge sharaitica che, come detto, è al contempo legge religiosa e civile, si deve confrontare con la realtà occidentale, così laica e diversa, i problemi non sono pochi24. Ma cosa accade quando una pluralità di soggetti, legati da un’unione poligamica, richiedono il riconoscimento di tale status25? O, ancora, lo straniero che si insedia in un nuovo Stato ha diritto a portare con sé il proprio bagaglio culturale e giuridico, anche qualora esso confligga con il sistema di valori fondamentali del paese ospitante? Sebbene, come sottolineato dalla dottrina26, il diritto internazionale si caratterizzi per un “atteggiamento di tolleranza ed apertura dell’ordinamento statale verso la normativa e gli istituti giuridici di altri ordinamenti e, dunque, in definitiva, verso le differenti culture (...) [pertanto apparirebbe] come la branca del diritto che più delle altre si presterebbe a garantire il rispetto dell’identità culturale dell’individuo”, può notarsi la difficoltà ad accettare e comprendere una cultura così radicalmente differente dalla propria. Nonostante, dunque, bisogna evitare di ritenere che l’Islam sia solamente una religione fondamentalista e violenta, in quanto è sempre maggiore il numero di fedeli con cui è possibile instaurare un dialogo costruttivo27, è evidente che l’interazione culturale ed ideologica con tale confessione religiosa non sia particolarmente semplice. *** Il fenomeno migratorio, come è ovvio, incide anche sulla realtà italiana, soprattutto per quanto riguarda i modelli familiari; sebbene alla c.d. famiglia tradizionale si siano accostati numerosi modelli alternativi28, come la convivenza more uxorio e le unioni civili, il matrimonio poligamico rimane ancora un ospite indesiderato, da guardare con sospetto,

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L’intero sistema giuridico-religioso dell’Islam risulta profondamente distante dalla nostra concezione laica; la pena, ad esempio, è spesso cruenta e volta esclusivamente alla punizione del soggetto. Tuttavia, forse, l’aspetto maggiormente significativo di questa concezione globale riguarda il modo di intendere i diritti fondamentali dell’uomo, poiché possono essere tutelati solamente qualora non contrastino con i principi e le norme coraniche. 25 Sul tema si rinvia a V. Petralia, Ricongiungimento familiare e matrimonio poligamico. Il riconoscimento di valori giuridici stranieri e la tutela delle posizioni deboli, in Quad. eur., Online Working Paper, 2013, n. 49. 26 P. Pirrone, I diritti umani e il diritto internazionale privato e processuale tra scontro e armonizzazione, in Circolazione dei valori giuridici e tutela dei diritti e delle libertà fondamentali, a cura di P. Pirrone, Torino, 2011, 3 ss. 27 Occorre, poi, sottolineare che taluni valori culturali della tradizione cristiana sono pressoché identici a quella musulmana come la cura dei figli e la ricerca della salvezza. Per un approfondimento del tema si rinvia a F. D’Agostino, Questioni di famiglia tra Islam e occidente, in Nuntium, 2001, 14-18. 28 Sull’evoluzione del concetto di famiglia, si rinvia a C. M. Bianca, Diritto civile, 2.1. La famiglia, Miano, 2017, 1 ss.

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in quanto in contrasto con l’ordine pubblico internazional-privatistico e con un insieme di valori. L’immigrazione islamica, dunque, apre nuovi e complessi scenari mediante la riproposizione di un modello familiare caratterizzato da una posizione di inferiorità della donna come moglie, madre e figlia che stride con l’attuale concezione della famiglia29, rintroducendo schemi desueti antecedenti alla Riforma del diritto di famiglia del 197530. Invero, le comunità musulmane in Italia31 applicano i precetti coranici in materia di matrimonio, filiazione e successione, dando vita ad una sorta di sistema di diritto parallelo a quello statale32, in quanto esse non riescono ad accostarsi completamente al mondo occidentale, ritenuto troppo diverso dalla loro tradizione culturale; ma gli istituti islamici appaiono, a loro volta, estremamente distanti dal nostro sistema di valori, rendendone complesso, se non impossibile, il riconoscimento. In Italia33, se si proponesse la legalizzazione della poligamia, il diniego sarebbe pressoché unanime, poiché tale pratica si scontra con la nostra tradizione giuridica e culturale. Ma si tratta di una realtà davvero così lontana? Assolutamente no. Secondo le stime del Centro Averroè, confermate da Acmid-Donna (Associazione donne marocchine in Italia), in Italia i casi di poligamia sarebbero oltre ventimila e tale dato pare destinato ad aumentare in ragione del fatto che le moschee favoriscono la poligamia e che la

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P. Palermo, Parità coniugale e famiglia multiculturale in Italia, in Dir. fam., 2012, n. 4, 1866 ss. La previgente disciplina italiana non era improntata sul concetto della parità fra uomo e donna. Ad esempio, l’art. 213 c.c. sanciva che “il marito deve protezione alla moglie; la moglie obbedienza a marito”; il successivo art. 214 c.c. prevedeva che “la moglie è obbligata ad abitare con il marito, e a seguirlo ovunque egli ritenga opportuno fissare la sua residenza; il marito è obbligato a tenerla con sé ed a fornirle tutto quanto è necessario per i bisogni della vita”. Per quanto riguarda la normativa penale, l’art. 559 c.p. disciplinava il delitto di adulterio prevedendo, al primo comma, che “La moglie adultera è punita con la reclusione fino a un anno”, mentre la fattispecie di cui al successivo art. 560 c.p. sanzionava il reato di concubinato in base al quale “Il marito che tiene una concubina nella casa coniugale, o notoriamente altrove, è punito con la reclusione fino a due anni”. Il Codice penale del 1930, dunque, distingueva il tradimento coniugale prevedendo che la donna venisse punita anche solo per avere un rapporto adulterino, mentre per la punibilità del marito si richiedeva la presenza della concubina nella casa coniugale o altrove; in sostanza, era necessario che il marito avesse istaurato un rapporto stabile e duraturo, mentre il semplice adulterio era irrilevante. Solamente con la decisione n. 126 nel 1968 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del primo comma dell’art. 559 c.p., mentre con la sentenza n. 147 del 1969 la Consulta ha stabilito l’illegittimità del reato di relazione adulterina di cui al terzo comma dell’art. 559 c.p. e del reato di concubinato di cui all’art. 560 c.p. per violazione dell’art. 29 della Costituzione. Per ragioni di completezza, occorre sottolineare che è stato abrogato anche l’istituto del c.d. matrimonio riparatore disciplinato dall’art. 544 c.p., che prevedeva l’estinzione del reato di violenza carnale nel caso in cui lo stupratore di una minorenne acconsentisse a sposarla, salvando, così, l’onore della famiglia. 31 Per quanto riguarda i rapporti fra l’Italia e la religione musulmana, va menzionato il decreto del 10 marzo 2005 del Ministro dell’Interno mediante il quale è stata istituita la “Consulta per l’Islam italiano”, ossia un organo consultivo per favorire il dialogo istituzionale con le comunità musulmane italiane, nel rispetto della Costituzione e delle altre leggi dell’ordinamento. A novembre 2015 è stato, poi, predisposto un Protocollo d’intesa per l’accesso dei mediatori culturali e dei ministri di culto negli istituti penitenziari, stipulato tra il Ministero della giustizia e l’Unione della Comunità Islamiche in Italia. Ulteriore passo in avanti al fine di regolamentare suddetti rapporti è rappresentato dalla firma, avvenuta il 1° febbraio 2017, del “Patto nazionale per un Islam italiano, espressione di una comunità aperta, integrata e aderente ai valori e principi dell’ordinamento statale”, redatto con la collaborazione del Consiglio per i rapporti con l’Islam italiano e recepito dal Ministero dell’Interno. 32 R. Guolo, La Sharia in Italia. Il diritto parallelo nelle comunità islamiche, in Dir. imm. citt., 2009, n. 1, 15. 33 Il problema dei matrimoni poligamici interessa molti paesi europei; ad esempio, il quotidiano Times ha pubblicato un articolo risalente al 3 luglio 2015 in cui si riporta un’indagine statistica in base alla quale circa 100.000 coppie immigrate nel Regno Unito vivono in regime di poligamia. 30

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maggior parte delle volte i bigami non sono punibili poiché il reato è stato compiuto all’estero34. Pertanto, coloro che vogliono contrarre un secondo matrimonio35 non si rivolgono al Comune, bensì agli imam, per cui le unioni, seppur non aventi valori legale per lo Stato italiano, sono senza dubbio riconosciute dall’Islam36. In merito alla tendenziale ostilità del mondo occidentale si è espresso anche Hamza Piccardo, uno dei fondatori dell’Unione delle comunità islamiche italiane (Ucoii), la cui affermazione lascia piuttosto perplessi: “Io e milioni di persone non condividiamo la relazione omosex e tuttavia essa è lecita e ne rispettiamo gli attori. I soggetti interessati sono comunque una minoranza, come lo sarebbero i poligami. L’intera società può accettarli tutti. Se è solo una questione di diritti civili, ebbene la poligamia è un diritto civile”37. Su questa frase occorre riflettere e farlo attentamente, perché il rischio di cadere in grossolane banalità è davvero elevato. La motivazione che sorregge il divieto di praticare la poligamia con una sua conseguente esclusione dal novero dei diritti civili è molto semplice anziché ovvia: dall’unione poligamica sorge un diritto asimmetrico38 in palese contrasto con taluni diritti fondamentali dell’uomo. Il matrimonio poligamico presenta, poi, un’ulteriore problematica che, come visto, costituisce oggetto della sentenza in esame, ossia la contrarietà di tale istituto di origine religiosa all’ordine pubblico. Facendo, ad esempio, riferimento all’ordinamento italiano, è evidente il problema del conflitto con la disciplina degli impedimenti39. Per quanto riguarda i matrimoni celebrati all’estero, gli artt. 26 e ss. della legge n. 218 del 31 maggio 1995 fanno riferimento al diritto nazionale degli interessati e, in via sussidiaria, al diritto dello Stato nel quale la vita familiare è prevalentemente localizzata; pertanto, i giudici debbono aver riguardo alla legge religiosa, ma previa verifica del rispetto del principio dell’ordine pubblico di cui all’art. 16 della citata legge, il quale prevede che “La legge straniera non è applicata se i suoi effetti sono contrari all’ordine pubblico. In tal caso si applica la legge richiamata mediante altri criteri di collegamento eventualmente previsti per la medesima ipotesi normativa. In mancanza si applica la legge italiana”.

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S. Rame, Oltre 20mila islamici poligami. Ma la legge italiana non li punisce, 14/08/2016, consultabile su http://www.ilgiornale.it/ news/cronache/oltre-20mila-islamici-poligami-legge-italiana-non-li-punisce-1296714.html. 35 Preme sottolineare che si fa esclusivamente riferimento alla pratica di prendere in moglie una seconda donna, mentre la poliandria non è prevista in alcun modo. 36 La tematica dei matrimoni poligamici in Italia è stata approfondita da G. De Lorenzo, Ecco come la poligamia è già realtà in casa nostra, 30/07/2016, consultabile su http://www.ilgiornale.it/news/politica/ecco-poligamia-gi-realt-casa-nostra-1291177.html il quale intervista un cittadino egiziano musulmano che racconta la vicenda della sua ex moglie sposata con un cittadino italiano convertito all’Islam, separato ma non divorziato. 37 L. Romano, Unioni civili, Piccardo provoca: “Diritto civile anche poligamia”, 06/08/2016, consultabile su http://www.ilgiornale.it/ news/cronache/unioni-civili-piccardo-provoca-diritto-civile-anche-1294550.html. 38 V. Palumbo, Dalla poligamia al poliamore. Geometrie variabili del matrimonio, 8 agosto 2016, consultabile su http://27esimaora. corriere.it/16_agosto_08/dalla-poligamia-poliamore-geometrie-variabili-matrimonio-dd8fa9f0-5d7b-11e6-bfed-33aa6b5e1635.shtml. 39 Facciamo riferimento, anzitutto, all’art. 86 c.c. il quale prescrive la libertà di stato come condizione necessaria per accedere all’istituto matrimoniale; in secundis, all’art. 68 c.c. relativo al particolare tipo di nullità del matrimonio contratto dal coniuge della persona di cui sia stata dichiarata erroneamente la morte presunta; infine, all’art. 584 c.c. in tema di successione del coniuge putativo.

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Il matrimonio poligamico, invero, si pone in contrasto con siffatto principio, costituendo violazione di norme primarie come il principio di parità coniugale di cui all’art. 29, 1º comma della Costituzione40; inoltre, l’art. 16, comma 2, della citata legge n. 218 del 1995, come visto, prevede che anche i cittadini stranieri siano soggetti agli artt. 85, 86, 87, nn. 1, 2 e 4, 88 e 89 c.c., ossia alle norme concernenti i cc.dd. impedimenti alla capacità di contrarre matrimonio. In particolare, l’art. 86 c.c.41 stabilisce il divieto di nuovo matrimonio per coloro che sono già legati da un vincolo coniugale precedente e, pertanto, l’eventuale nulla osta rilasciato dalle autorità competenti ex art. 116 c.c.42 risulta insufficiente; essendo valido esclusivamente il primo matrimonio, la sussistenza dell’impedimentum ligaminis e la contrazione di un secondo vincolo coniugale comporterebbero una perseguibilità ex artt. 643 e 556 c.p.44 per reato di bigamia, ma solo se la condotta sia posta in essere nel territorio italiano. Su tale questione è intervenuta anche la Suprema Corte45, la quale, nel decidere in merito alla validità di un matrimonio contratto all’estero, si è dovuta interrogare sul tema della compatibilità dell’unione poligamica con i principi fondamentali dell’ordinamento; la Corte di Cassazione ha concluso che la lex loci non può, di per sé, costituire causa ostativa al riconoscimento del matrimonio contratto all’estero determinando l’inefficacia del negozio giuridico46. Nel suo iter decisionale, la Corte ha sostenuto che la presenza della poligamia nell’ordinamento musulmano non osta al riconoscimento del matrimonio poiché trattasi di fattispecie rimasta estranea al thema decidendum; i giudici, dunque, pur ammettendo incidentalmente che la divergenza rispetto alla legge italiana possa costituire motivo di annullamento del matrimonio, hanno evidenziato come suddetta possibilità non rilievi

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Art. 29 Cost. “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare.”. 41 Art. 86 Libertà di stato. “Non può contrarre matrimonio chi è vincolato da un matrimonio precedente.”. 42 Art. 116 Matrimonio dello straniero nello Stato. “1. Lo straniero che vuole contrarre matrimonio nello Stato deve presentare all’ufficiale dello stato civile una dichiarazione dell’autorità competente del proprio paese, dalla quale risulti che giusta le leggi a cui è sottoposto nulla osta al matrimonio nonché un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano. 2. Anche lo straniero è tuttavia soggetto alle disposizioni contenute negli articoli 86, 86, 87 n. 1, 2 e 4, 88 e 89. 3. Lo straniero che ha domicilio o residenza nello Stato deve inoltre far fare la pubblicazione secondo le disposizioni di questo codice.”. 43 Art. 6 Reati commessi nel territorio dello Stato “Chiunque commette un reato nel territorio dello Stato è punito secondo la legge italiana. Il reato si considera commesso nel territorio dello Stato, quando l’azione o l’omissione, che lo costituisce, è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero si è verificato l’evento che è la conseguenza dell’azione od omissione.”. 44 Il reato di bigamia è punito all’art. 556 c.p. il quale prevede che “1. Chiunque, essendo legato da matrimonio avente effetti civili, ne contrae un altro, pur avente effetti civili, è punito con la reclusione da uno a cinque anni. Alla stessa pena soggiace chi, non essendo coniugato, contrae matrimonio con persona legata da matrimonio avente effetti civili. 2. La pena è aumentata se il colpevole ha indotto in errore la persona, con la quale ha contratto matrimonio, sulla libertà dello stato proprio o di lei. 3. Se il matrimonio, contratto precedentemente dal bigamo, è dichiarato nullo, ovvero è annullato il secondo matrimonio per causa diversa dalla bigamia il reato è estinto, anche rispetto a coloro che sono concorsi nel reato, e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali.”. 45 Cass. 2 marzo 1999 n. 1739, in Fam. dir., 1999, n. 4, 327. Il caso in esame riguardava la richiesta avanzata da parte delle figlie, dopo la morte del padre, di dichiarare l’inefficacia del matrimonio da questi contratto in Somalia, in ragione della contrarietà della poligamia all’ordine pubblico e al buon costume, poiché caratterizzata dall’insussistenza dell’obbligo reciproco di fedeltà, contrariamente a quanto disposto dalla legge somala. 46 Nella citata sentenza della Cassazione n. 1739 del 1999 si evince come le ricorrenti non avessero addotto la sussistenza della poligamia, ma si erano limitate ad una mera segnalazione della sua inammissibilità nell’ordinamento somalo.

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nello specifico caso in ragione del fatto che l’art. 115 c.c.47 prevede espressamente che la nullità debba essere dedotta in una domanda autonoma e il cui accertamento non può, dunque, essere compiuto in via incidentale. Da una breve analisi della suddetta pronuncia giurisprudenziale sembrerebbe che l’ordinamento italiano abbia accolto l’orientamento secondo il quale i singoli elementi del matrimonio non ne precludono il riconoscimento, ma si tratta una decisione rimasta isolata48. Alla luce delle brevi considerazioni ora svolte, può notarsi come il nodo principale da sciogliere con riferimento al matrimonio poligamico concerne le modalità con cui debba essere inteso ed applicato l’ordine pubblico, verificando se sia possibile dare un’interpretazione più flessibile di tale concetto e tenendo conto dell’insieme di valori e di diritti che possono emergere nella risoluzione della singola vicenda.

2. Multiculturalismo e libertà religiosa come limiti al principio di ordine pubblico?

Come visto, la caratteristica principale che contraddistingue la religione musulmana va rinvenuta nella circostanza per cui la legge sharaitica presenta forti ed indissolubili connotati di religiosità; pertanto, l’approfondimento del caso in esame non può prescindere da una breve analisi del concetto di libertà religiosa, avendo particolare riguardo alle modalità con cui esso influisce sul sistema giuridico. Infatti, il mondo occidentale si trova a fronteggiare situazioni confliggenti con il proprio ordinamento, caratterizzate dal fatto che i soggetti che pongono in essere determinate condotte per cultura e tradizione religiosa non attribuiscono ad esse alcun disvalore o connotati di illiceità49.

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Art. 115 Matrimonio del cittadino all’estero “1. Il cittadino è soggetto alle disposizioni contenute nella sezione prima di questo capo, anche quando contrae matrimonio in paese straniero secondo le forme ivi stabilite (84 e seguenti). 2. La pubblicazione deve anche farsi nello Stato a norma degli artt. 93, 94 e 95. Se il cittadino non risiede nello Stato, la pubblicazione si fa nel comune dell’ultimo domicilio.”. 48 Ricordiamo, poi, anche l’ordinanza del 12 marzo 2003 del Tribunale di Bologna con la quale è stata sancita l’illegittimità del diniego di visto opposto dall’Ambasciata italiana a Riad per il ricongiungimento familiare; o, ancora, la sentenza del 18 aprile 2001 della Corte di appello di Torino mediante la quale i giudici hanno concesso il ricongiungimento familiare per tutelare l’interesse del minore alla vicinanza del genitore, prescindendo dalla circostanza per cui questi fosse sposato in regime monogamico o poligamico. Nella sentenza della Corte di appello, infatti, si legge: “Ai sensi e per gli effetti degli art. 29 l. n. 40 del 1998 e 31 d.lgs. n. 286 del 1998, va consentita al coniuge extracomunitario di un cittadino anch’esso extracomunitario (di sesso maschile), munito di regolare permesso di soggiorno, svolgente in Italia un’attività lavorativa ed in condizioni familiari, abitative, economiche e sociali positive, di permanere in Italia allo scopo di consentire alla madre la prosecuzione delle cure parentali prodigate al figlio minore comune e rivelatesi d’esito felice, non rilevando in contrario che il marito, contratto legittimo matrimonio poligamico (bigamo) nella propria terra d’origine, viva in Italia anche con l’altra moglie: la permanenza in Italia della madre va, infatti, consentita non allo scopo di omologare un’unione matrimoniale poligamica, ma allo scopo di tutelare il primario e poziore diritto del minore a non essere separato, senza adeguato motivo, da uno dei genitori”. 49 Si pensi, ad esempio, a tutte quelle attività di menomazione dell’integrità del fedele, come la pratica delle mutilazioni sessuali

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Invero, sebbene suddetti comportamenti vengano realizzati al fine salvifico di impartire una corretta educazione religiosa, spesso sfociano nella lesione di un diritto fondamentale dell’individuo, come l’integrità fisica50. Il diritto alla diversità religiosa trova il proprio limite, dunque, nel rispetto dei diritti inviolabili dell’uomo e, proprio sotto tale aspetto, la poligamia pare contrastare con il valore della parità fra sessi, dando vita ad un rapporto asimmetrico e gerarchico tra i coniugi e violando il principio di uguaglianza degli individui51. Il Corano, infatti, manifesta inequivocabilmente il concetto della superiorità dell’uomo rispetto la donna al versetto 38 della Sura IV il quale prevede che “gli uomini sono superiori alle donne in ragione di qualità per le quali Allah li ha elevati ad un livello superiore”; tale precetto religioso si scontra, quindi, con quel complesso di diritti e di libertà che rappresentano il bagaglio culturale e tradizionale dell’Occidente. In altre parole, l’esercizio della libertà religiosa che incide sul complesso di valori che costituiscono il patrimonio tradizionale del mondo occidentale farebbe rinunciare alla stessa identità nazionale e, quindi, è necessario valutare in che modo tale diritto possa trovare concreta applicazione senza ledere il sistema di valori. Nel nostro ordinamento, pertanto, si è posta la questione dell’eventuale scriminabilità di tali comportamenti ai sensi dell’art. 51 c.p.52 e dell’art. 19 Cost.53; tuttavia, anche la Corte costituzionale è intervenuta sulla questione con la sentenza n. 203 del 198954, affermando non solo che l’ordinamento penale italiano è incentrato sul principio di laicità, ma stabilendo altresì che la religione non può avere alcuna efficacia scriminante. In conseguenza di ciò, la libertà religiosa può essere esercitata nei limiti ricavabili dal

dell’infibulazione e dell’escissione eseguite sulle donne, anche minori. Siffatte pratiche integrano una violazione dell’art. 5 c.c. e, soprattutto, il delitto di lesioni personali gravi o gravissime di cui all’art. 583, commi 2º e 3º, c.p. 50 Facciamo riferimento a quelle condotte poste in essere dal coniuge ovvero dai genitori nell’esercizio dell’educazione religiosa e che si sostanziano in comportamenti violenti o prevaricatori che possono configurare il reato di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina di cui all’art. 571 c.p. ovvero di maltrattamenti contro familiari o conviventi ex art. 572 c.p. 51 A. Gargani, Libertà religiosa e precetto penale nei rapporti familiari, in Dir. eccl., 2003, n. 3, 1011 ss. 52 Art. 51. Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere. “1. L’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità, esclude la punibilità. 2. Se un fatto costituente reato è commesso per ordine dell’autorità, del reato risponde sempre il pubblico ufficiale che ha dato l’ordine. 3. Risponde del reato altresì chi ha eseguito l’ordine, salvo che, per errore di fatto abbia ritenuto di obbedire a un ordine legittimo. 4. Non è punibile chi esegue l’ordine illegittimo, quando la legge non gli consente alcun sindacato sulla legittimità dell’ordine.”. 53 Art. 19 Cost. “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.”. 54 Nella quale si legge “gli artt. 3 e 19 vengono in evidenza come valori di libertà religiosa nella duplice specificazione di divieto: a) che i cittadini siano discriminati per motivi di religione; b) che il pluralismo religioso limiti la libertà negativa di non professare alcuna religione. I valori richiamati concorrono, con altri (artt. 7, 8 e 20 della Costituzione), a strutturare il principio supremo della laicità dello Stato, che è uno dei profili della forma di Stato delineata nella Carta costituzionale della Repubblica. Il principio di laicità, quale emerge dagli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione, implica non indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale.” E ancora “Il genus (“valore della cultura religiosa”) e la species (“principi del cattolicesimo nel patrimonio storico del popolo italiano”) concorrono a descrivere l’attitudine laica dello Stato-comunità, che risponde non a postulati ideologizzati ed astratti di estraneità, ostilità o confessione dello Stato-persona o dei suoi gruppi dirigenti, rispetto alla religione o ad un particolare credo, ma si pone a servizio di concrete istanze della coscienza civile e religiosa dei cittadini”.

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dettato costituzionale che costituiscono, quindi, la ratio essendi della norma; fra questi, indubbiamente, deve essere richiamato il limite generale dell’ordine pubblico inteso quale complesso di principi derivanti dalla coscienza sociale posti a presidio dei diritti personalissimi di cui all’art. 2 Cost. Un secondo limite, stavolta di natura esterna, all’esercizio della libertà religiosa deriva dal bilanciamento55 con ulteriori interessi di rango costituzionale i quali, meritevoli di protezione, possono comportare l’incriminazione della condotta posta in essere al fine di adattare il comportamento alle regole religiose. Nonostante, dunque, il diritto di libertà religiosa debba essere garantito ad ogni individuo, esso non può divenire strumento lesivo di altri diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione, come il diritto di uguaglianza fra uomo e donna. La questione, quindi, riguarda la compatibilità degli istituti religiosi comprensivi di un’organizzazione giuridico-sociale come quelli musulmani che si basano sulle norme coraniche caratterizzate da una visione generalmente subordinata della donna, la quale viene perlopiù guardata in un’ottica procreativa; ci si chiede, dunque, come il matrimonio poligamico, incentrato sul concetto di supremazia dell’uomo e sulla giustizia punitiva, applicativa anche di pene corporali, possa trovar spazio nel sistema democratico europeo. La poligamia “viene spesso richiamata come cifra che segna la «incompatibile» diversità della cultura islamica da quella occidentale, ritenuta, addirittura, in grado di minarne l’identità culturale e politica56”; invero, sebbene non possa misurarsi la correttezza giuridica di una cultura raffrontandola con un’altra57, non può, tuttavia, negarsi l’intero sistema di valori per tutelare l’identità culturale di un singolo individuo. Nel nostro ordinamento, ad esempio, ai sensi del citato art. 19 della Costituzione, il diritto di libertà religiosa viene protetto sotto ogni aspetto, ma con riferimento alla religione islamica si pone il problema del rispetto dei diritti sociali e politici, in quanto è necessario contemperare una serie di opposte esigenze; invero, se la libertà religiosa deve essere, senza dubbio, garantita, essa non può sfociare in un’illibertà per gli altri individui. In altre parole, l’esercizio di una libertà riconosciuta e garantita dall’ordinamento non può sostanziarsi in un espediente per violare altri diritti di pari rilevanza, come quello della laicità dello stato. Come avremo modo di approfondire, siffatta questione si complica ulteriormente nel momento in cui l’autorità italiana (o qualsivoglia autorità nazionale) sia chiamata a riconoscere gli effetti di un matrimonio poligamico celebrato all’estero; infatti, in questo caso, la situazione illegale si è già realizzata e un eventuale mancato riconoscimento potrebbe

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Un classico esempio in tal senso è dato dal rifiuto opposto dai genitori a che i figli minori siano sottoposti a determinate terapie mediche indispensabili per garantirne la sopravvivenza e il cui rifiuto deriva dalla necessità di osservare determinati precetti religiosi. Com’è ovvio, il giudizio di bilanciamento si risolve a favore della tutela del bene vita rispetto al diritto alla libertà religiosa, in quanto sulla libertà di coscienza dei genitori prevale il diritto dei figli alla salute e alla vita. 56 Così, F. Belvisi, Il matrimonio islamico e l’inclusione sociale, in Elementi di etica pratica, a cura di G. Zanetti, Roma, 2011, 47 ss. 57 V. Petralia, La dimensione culturale e religiosa dei modelli familiari. Il caso dei matrimoni poligamici, in Dir. fam. e pers., 2016, n. 2, 607 ss.

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rappresentare una violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare. Tuttavia, sebbene anche la CEDU tuteli, ai sensi dell’art. 958, la libertà religiosa, essa può essere soggetta a restrizioni qualora ciò sia necessario per tutelare esigenze di ordine pubblico 59. Le decisioni60 della Corte europea relative alla professione della religione islamica sono state numerose a partire dal 1995, ma in realtà, esse paiono focalizzate quasi esclusivamente su aspetti spirituali; non essendo, dunque, garantita una copertura “totale” all’esercizio della libertà religiosa, occorre verificare in che modo tale questione sia stata affrontata dai singoli Stati. In Francia, ad esempio, con la legge n. 93-1027 del 24 agosto 1993, la c.d. legge Pasqua, sono state bloccate le immigrazioni di nuclei poligami, mediante una preventiva regolarizzazione di quelli già insidiatisi e “imponendo alle mogli diverse dalla prima di «de-coabitare»61”. La Germania, invece, ha ritenuto di dover evitare qualsivoglia stipulazione di patti con l’Islam, il cui sistema di valori risulta eccessivamente distante da quello tedesco62; completamente differente, invece, la posizione del Belgio il quale, dopo aver riconosciuto come ente esponenziale della comunità musulmana un’analoga struttura, risulta pesantemente condizionato. *** Fra i diritti fondamentali della persona universalmente condivisi rientra, si pensa e si spera, quello della parità di genere e sotto tale aspetto l’istituto della poligamia confligge profondamente con la cultura occidentale; il matrimonio poligamico, infatti, contravviene al principio di parità tra sessi e, in particolare, fra i coniugi, ledendo anche il principio di non discriminazione per ragioni di sesso e il principio di uguaglianza ai sensi degli artt. 563

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Art. 9 Libertà di pensiero, di coscienza e di religione “1. Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, così come la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei riti. 2. La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e costituiscono misure necessarie, in una società democratica, per la pubblica sicurezza, la protezione dell’ordine, della salute o della morale pubblica, o per la protezione dei diritti e della libertà altrui.”. 59 Ad esempio, l’art. 4, par. 4, della direttiva 2003/86/CE relativa al diritto al ricongiungimento familiare, prevede perentoriamente il divieto di autorizzare il ricongiungimento familiare con un altro coniuge se il soggiornante ha già un coniuge convivente sul territorio dello Stato membro. 60 Fra queste si ricordano, ad esempio, quelle relative all’abbigliamento religioso (Dahlab c. Svizzera, 15 febbraio 2001; Leyla Sahin c. Turchia, 10 novembre 2005) e la libertà di espressione (Zaoui c. Svizzera, 18 gennaio 2001; Müslüm Gündüz c. Turchia, 4 dicembre 2003). 61 C. Campiglio, Identità culturale, diritti umani e diritto internazionale privato, in Riv. dir. internaz., 2011, n. 4, 1029 ss. 62 Tuttavia, in Germania sono stati garantiti diritti patrimoniali nell’ambito di rapporti esistenti in una famiglia poligamica e riconosciute agevolazioni fiscali nel secondo matrimonio di residenti stranieri. 63 Art. 5 Diritto alla libertà ed alla sicurezza “1. Ogni persona ha diritto alla libertà e alla sicurezza. Nessuno può essere privato della libertà, salvo che nei casi seguenti e nei modi prescritti dalla legge: 1) se è detenuto regolarmente in seguito a condanna da parte di un tribunale competente; 2) se è in regolare stato di arresto o di detenzione per violazione di un provvedimento emesso, conformemente alla legge, da un tribunale o per garantire l’esecuzione di un obbligo prescritto dalla legge; 3) se è stato arrestato o detenuto per essere tradotto dinanzi all’autorità giudiziaria competente, quando vi sono ragioni plausibili per sospettare che egli abbia commesso un reato o vi sono

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e 1464 della CEDU. In tale frangente, si pone il problema del contrasto con l’ordine pubblico, rispetto alla cui definizione, come detto, non sussiste un’unanimità di vedute. La tesi relativista, invero, ravvisa la sussistenza di un ordine pubblico internazionale “tollerante” che consente il riconoscimento di ogni istituto straniero, anche della poligamia, sebbene esso si ponga in contrasto con il principio della parità fra uomo e donna; tale orientamento costituisce la base della c.d. teoria dell’ordine pubblico attenuato la quale permette il riconoscimento di istituti giuridici stranieri qualora la persona abbia uno stretto collegamento con l’ordinamento dal quale trae origine l’istituto giuridico65. In ragione, però, dell’eccessiva apertura agli istituti stranieri derivante dall’applicazione di siffatta teoria, la Corte di Cassazione francese ha fatto ricorso al concetto di ordine pubblico di prossimità, affermando che il limite dell’ordine pubblico internazionale operi allorché la fattispecie presenti un significativo collegamento con il foro; ciò starebbe a significare che i principi fondamentali dell’ordinamento potrebbero essere messi da parte solamente nel caso in cui la vicenda non presenti alcun legame con lo stato ospitante66. Entrambe le teorie ora citate sono state oggetto di apre critiche67, essendo ritenute inadeguate e prive di una concreta giustificazione all’accantonamento di taluni diritti fondamentali, come quello della non discriminazione, posto che il semplice legame con il foro rappresenterebbe un elemento fondamentale di eccessiva rilevanza dirimente. Ulteriore censura è stata di aver fatto riferimento solamente ad un ordine pubblico nazionale, ossia costituito da un insieme di principi relativi esclusivamente ad un ordinamento

motivi fondati per ritenere che sia necessario impedirgli di commettere un reato o di fuggire dopo averlo commesso; 4) se si tratta della detenzione regolare di un minore decisa per sorvegliare la sua educazione o della sua detenzione regolare al fine di tradurlo dinanzi all’autorità competente; 5) se si tratta della detenzione regolare di una persona suscettibile di propagare una malattia contagiosa, di un alienato, di un alcolizzato, di un tossicomane o di un vagabondo; 6) se si tratta dell’arresto o della detenzione regolari di una persona per impedirle di entrare irregolarmente nel territorio, o di una persona contro la quale è in corso un procedimento d’espulsione o d’estradizione. 2. Ogni persona arrestata deve essere informata, al più presto e in una lingua a lei comprensibile, dei motivi dell’arresto e di ogni accusa elevata a suo carico. 3. Ogni persona arrestata o detenuta, conformemente alle condizioni previste dal paragrafo 1 (c) del presente articolo, deve essere tradotta al più presto dinanzi ad un giudice o ad un altro magistrato autorizzato dalla legge ad esercitare funzioni giudiziarie e ha diritto di essere giudicata entro un termine ragionevole o di essere messa in libertà durante la procedura. La scarcerazione può essere subordinata ad una garanzia che assicuri la comparizione della persona all’udienza. 4. Ogni persona privata della libertà mediante arresto o detenzione ha il diritto di presentare un ricorso ad un tribunale, affinché decida entro breve termine sulla legittimità della sua detenzione e ne ordini la scarcerazione se la detenzione è illegittima. 5. Ogni persona vittima di arresto o di detenzione in violazione ad une delle disposizioni di questo articolo ha diritto ad una riparazione.”. 64 Art. 14 Divieto di discriminazione “Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita o ogni altra condizione.”. 65 V. Petralia, La dimensione culturale e religiosa dei modelli familiari. Il caso dei matrimoni poligamici, in Dir. fam. pers., 2016, n. 2, 607 ss. 66 Sul tema si veda ampiamente L. Gannagé, Le droit international privé de la famille entre les exigences des droits de l’homme et le respect des identité culturelles (l’exemple du droit français), in Circolazione dei valori giuridici e tutela dei diritti e delle libertà fondamentali, a cura di P. Pirrone, Torino, 2011, 53 ss. 67 Esse sono state tacciate di aver creato “deux catégories de justiciables”.

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giuridico, lasciando così completamente irrisolta la questione relativa all’ordine pubblico internazionale che prescinde da qualsiasi legame con il foro. Avendo riguardo all’Europa, come detto, è necessario far riferimento alla CEDU, la quale, a sua volta, non sembra risolvere in modo definitivo la questione; invero, sebbene essa preveda l’applicabilità delle norme della Convenzione a tutti i soggetti sottoposti alla giurisdizione di uno degli Stati, al contempo difende il relativismo dei diritti68. In questo frangente si pongono questioni molto delicate come la tutela del diritto all’identità culturale, il quale è espressione del più generale principio dell’autodeterminazione e, dunque, occorre chiedersi se quest’ultimo possa essere limitato per proteggere altri valori fondamentali. In alti termini, il relativismo culturale si pone in contrasto con i diritti fondamentali della persona o può essere inserito, seppur non incondizionatamente, nel loro sistema di protezione69? Il diritto, senza dubbio, è un fenomeno universale perché non è mai esistita una società senza diritto, ma ciascuna società ha un proprio sistema di valori e, pertanto, non bisogna cadere nell’errore di trasformare il relativismo in assolutismo culturale70. Quindi, anche quando si parla di diritti universali dell’uomo, è necessario verificare se essi abbiano portata puramente occidentale, ovvero se possano essere considerati oggetto di una visione globale da parte di tutte le tradizioni culturali. Sebbene non sia certo questa la sede per affrontare una tematica così complessa quale è quella dei diritti fondamentali dell’uomo, riteniamo possa giungersi alla conclusione che esiste un nucleo essenziale di valori fondamentali universalmente condivisi71 i quali, tuttavia, possono essere condizionati dalla propria concezione culturale72. Tornando alla vicenda in esame, bisogna, dunque, verificare se nell’ordinamento giuridico europeo, regolato anche dalla CEDU, possa trovare spazio il matrimonio poligamico e se il contrasto con taluni principi fondamentali non rappresenti un ostacolo alla sua legittimazione. In diverse pronunce la Corte europea ha suggerito di utilizzare il principio dell’ordine pubblico come clausola di interferenza, mediante una valutazione dei diritti emergenti nel singolo caso concreto; in altri termini, alla luce di principi come quello della sicurezza pubblica e del benessere economico del paese, vi sarebbe un margine di apprezzamento dello Stato membro nel risolvere la situazione controversa. Nel caso de quo, gli effetti indiretti del matrimonio poligamico debbono essere valutati

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L. Gannagé, Le droit international privé de la famille entre les exigences des droits de l’homme et le respect des identité culturelles (l’exemple du droit français), cit., 53 ss. 69 V. Petralia, La dimensione culturale e religiosa dei modelli familiari. Il caso dei matrimoni poligamici, cit., 607 ss. 70 N. Colaianni, Eguaglianza e diversità culturali e religiose: un percorso costituzionale, Bologna, 2006, 40. 71 Sebbene, dunque, le Carte dei diritti fondamentali siano spesso soggette a revisioni e presentino natura eterogenea, il catalogo dei diritti rimane stabile nel tempo; ovviamente, ciò non indica una completa immutabilità, ma semplicemente che quel sistema di valori condivisi a livello europeo rimane ben saldo. 72 Un esempio lampante di ciò è costituito dal bene “vita” ritenuto un valore universalmente condiviso e tutelato; è, invero, possibile notare come la pena di morte, lesiva di suddetto bene, sia considerata ingiusta in taluni ordinamenti e praticata normalmente in altri.

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avendo riguardo ai diritti successori; come visto, la Corte suprema di Madrid ha riconosciuto alla seconda vedova il diritto ad ottenere la pensione di reversibilità del marito, ma occorre fare una precisazione in merito a tale scelta giurisprudenziale. Possiamo dire che, in questo caso, il concetto di ordine pubblico è stato applicato in maniera più attenuata, ma non in virtù di una legittimazione della poligamia, bensì in ragione della presenza della Convenzione con il Marocco del 1979 e, soprattutto, della necessità di tutelare quello considerato come un soggetto debole; in tal modo, dunque, si è voluto dare attuazione al principio di uguaglianza sostanziale. Il matrimonio contratto all’estero e disciplinato dalla legislazione straniera potrebbe essere, quindi, ritenuto compatibile con i principi dell’ordinamento giuridico venendo così espunti tutti gli elementi contrari all’ordine pubblico; in tal caso dunque, sarebbe tutelata al meglio l’effettiva volontà delle parti che hanno contratto matrimonio secondo un determinato regime. Tuttavia, si potrebbe propendere per una diversa soluzione, ritenendo che, posto il carattere indissolubile dell’ordine pubblico quale principio fondamentale dell’ordinamento, il riconoscimento del matrimonio sarebbe precluso. Dottrina e giurisprudenza73 non sono ancora concordi su tale questione, in quanto a chi sostiene l’impossibilità di riconoscere il matrimonio poligamico si contrappone l’orientamento che ritiene che talune situazioni connesse, come i diritti successori, possano essere riconosciute; la citata pronuncia della Corte Suprema di Madrid, invero, non ha legittimato il matrimonio poligamico, ma ha consentito alla seconda vedova il diritto alla pensione di reversibilità, ponendosi in linea con l’ultimo orientamento e prevedendo esclusivamente l’attribuibilità di un diritto secondario.

3. Rispetto della vita privata e familiare nella tutela della dignità (anche economica) della donna.

Il mancato riconoscimento dell’unione poligamica pone anche il problema del rispetto del diritto alla vita privata e familiare, in quanto questo, come sottolineato dalla dottrina, “è più di altri esposto al relativismo”74. Invero, sebbene la poligamia comporti una violazione del principio di uguaglianza, ci si è chiesti se l’esclusione di qualsivoglia diritto per la seconda moglie costituisca una violazione dell’art. 8 della CEDU75, in quanto è necessario tutelare i legami familiari a pre-

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Ex multis, si rinvia a G. Anello, Libertà di religione, matrimonio islamico e “diritto alla famiglia”, in Rass. dir. civ., 2000, 243 ss.; C. Campiglio, La famiglia islamica nel diritto internazionale privato italiano, in Riv. dir. int. priv. proc., 1999, 21 ss. 74 C. Campiglio, Corsi e ricorsi nel diritto internazionale privato: dagli strumenti ai giorni nostri, in Diritto internazionale e pluralità delle culture, a cura di G. Cataldi, V. Grado, Napoli, 2014, 97. 75 Art. 8 Diritto al rispetto della vita privata e familiare “1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo

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scindere dalla giuridicità del rapporto76. Trattasi, dunque, di un’attività di bilanciamento di diritti confliggenti che viene rimessa all’attività giurisdizionale e sarà, quindi, il giudice nazionale a decidere se applicare o meno la norma straniera, verificando che l’esercizio della sua autorità non contrasti con un diritto fondamentale. La prospettiva europea di diritto di famiglia si caratterizza per una serie di elementi costitutivi che rispecchiano l’identità statale, tenendo conto delle potenziali diversità delle normative nazionali in materia, tanto che la CEDU si è espressa stabilendo che gli Stati sono “best placed to assess and respond to needs of society77”. Ciò che deve essere valutato non è, dunque, il concetto di tutela della famiglia ma il diritto dell’individuo a formarne una che non corrisponda ai modelli desumibili dalla disciplina78. Nonostante, quindi, l’Unione europea non abbia dato una propria definizione del concetto di famiglia, agevolando così la diffusione di una pluralità di modelli familiari, sussistono una serie di elementi minimi per identificare i soggetti considerabili come membri della stessa79. La Corte ha dichiarato che una limitazione della sfera privata e familiare, tutelata all’art. 8 della Convenzione, non può essere giustificata solamente dal fatto che larga parte dell’opinione pubblica esprime giudizi negativi verso certe pratiche80; invero, nella nozione di

domicilio e della sua corrispondenza. 2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, per la pubblica sicurezza, per il benessere economico del paese, per la difesa dell’ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui.”. 76 Per un approfondimento, ex multis, cfr. V. Zeno Zencovich, Art. 8. Diritto al rispetto della vita privata e familiare, in Commentario alla Convenzione europea per la tutela dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, a cura di S. Bartole, B. Conforti, G. Raimondi, Padova, 2001, 307 ss. 77 Sent. 15 marzo 2012, Gas e Dubois c. Francia, application n. 25951/2007. 78 Cfr. L. Lipari, Riflessioni su famiglia e sistema comunitario, in Aa. Vv., Studi in onore di Cesare Massimo Bianca, Milano, 2006, 329 ss. 79 Il problema della corretta individuazione dei familiari si è posta soprattutto nell’ambito del ricongiungimento familiare per un approfondimento del quale si rinvia a A. L. Sciacovelli, Il ricongiungimento familiare dei minori stranieri e il requisito della potenziale integrazione “riuscita” imposto dagli Stati membri al vaglio della Corte di giustizia, in Studi sull’integrazione europea, 2017, 117-134; L. Valentino, Il diritto al ricongiungimento familiare tra esigenze degli Stati membri e principi dell’UE, in I cittadini e l’Europa, 2015, 87103; N. Sabetti, La tutela del rispetto della vita familiare nei casi di ricongiungimento familiare e la responsabilità delle autorità statali: nota a Corte ED, sez. II, 28 ottobre 2014, in Resp. civ. prev., 2015, 1868-1878; M. Balboni, Il diritto al ricongiungimento familiare tra tutela del loro superiore interesse e dell’interesse generale in materia di politica migratoria, in Le garanzie fondamentali dell’immigrato in Europa, a cura di S. Amodeo, F. Spitaleri, Torino, 2015, 165-206; R. Senigaglia, Il significato del diritto al ricongiungimento familiare nel rapporto tra ordinamenti di diversa “tradizione”: i casi della poligamia e della kafala di diritto islamico, in Europa dir. priv., 2014, n. 2, 533-575; L. Racheli, Le Sezioni unite dettano le condizioni affinché la Kafalah di diritto islamico sia presupposto per il ricongiungimento familiare, in Nuova giur. civ. comm., 2014, 271-278. 80 La Corte ha, invero affermato, che “pluralism, tolerance and broadmindedness are hallmarks of a “democratic society” (...). Although individual interests must on occasion be subordinated to those of a group, democracy does not simply mean that the views of a majority must always prevail: a balance must be achieved which ensures the fair and proper treatment of minorities and avoids any abuse of a dominant position” (CEDU, 13 agosto 1998, applications nn. 7601/76, 7806/77, Young, James and Webster v. The United Kingdom 131, par. 63). Sul tema si rinvia a V. Zeno Zencovich, Art. 8. Diritto al rispetto della vita privata e familiare, in Commentario alla Convenzione europea per la tutela dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, cit., 307 ss.

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vita privata rientra anche il diritto della persona all’autodeterminazione, la quale deve essere garantita anche con riferimento agli status personali e familiari. Da ciò deriva che i limiti ai diritti fondamentali della persona, qualora discendano da un’autolimitazione, debbano essere valutati avendo riguardo alla libera scelta della persona; pertanto, la risoluzione del conflitto deve avvenire bilanciando il principio di uguaglianza dei coniugi con il rispetto alla vita privata e familiare e l’autodeterminazione della donna. Se, come visto, il limite principale al riconoscimento del matrimonio poligamico è rappresentato dalla violazione del principio di parità fra uomo e donna, bisogna verificare se possa ipotizzarsi un concetto di dignità culturalmente orientata derivante da una libera scelta e da tutelare come rispetto della vita privata e familiare. La religione musulmana, come ribadito, si caratterizza per una posizione di supremazia dell’uomo rispetto alla donna81 e occorre, quindi, chiedersi se questa possa volontariamente effettuare una scelta confliggente con il principio della parità dei sessi. In altri termini, il mancato riconoscimento dello status coniugale costituisce un’ingerenza nella vita privata e familiare qualora l’unione poligama sia frutto di una libera decisione82? La risposta a tale quesito potrebbe non essere univoca, ma ciò che è certo è che alla base della legislazione di divieto sussiste l’obiettivo di tutelare il diritto della donna all’autodeterminazione, in quanto solamente attraverso una serie di condizioni che le consentano di costruire consapevolmente e liberamente le proprie relazioni familiare può esservi una tutela concreta ed effettiva. La necessità ulteriore è di proteggere anche i minori che potrebbero subire diverse ripercussioni vivendo in una comunità poligamica83; queste, invero, sono caratterizzate da una forte chiusura che non solo acuirebbe il rischio di diminuire ulteriormente il potere dell’autorità statale, ma aumenterebbe altresì la pressione psicologica nei confronti delle donne che avrebbero difficoltà ad allontanarsi dalla comunità84.

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Per un approfondimento, cfr. E. Camassa, Uguali e diverse: donne islamiche e diritto di famiglia, in Archiv. giur., 2013, 267 ss. Tale questione si è posta anche nell’ordinamento americano con riferimento ai cittadini cinesi poligami; in tal caso la posizione assunta dall’ordinamento è stata di una forte chiusura in ragione del timore di un radicamento di tale pratica nel territorio. 83 R. Zakaria, Contro la poligamia le donne possono usare la legge, trad. di G. Muzzopappa, consultabile su ttps://www.internazionale.it/ opinione/rafia-zakaria/2017/12/18/poligamia-donne-legge il quale afferma “Le prove raccolte dal gruppo rivelano come sia le donne sia i bambini che vivono in famiglie poligame sperimentino forti livelli di stress emotivo e di conflitto che provocano depressione o altre malattie. La maggior parte dei bambini racconta che il padre li ha trascurati con l’arrivo della seconda moglie. In base a una ricerca più recente pubblicata nel 2015 dal Journal of Family Studies, i bambini delle famiglie poligame hanno maggiori disturbi mentali rispetto a quelli che vivono in famiglie monogame. Nello specifico, i bambini e gli adolescenti delle famiglie non monogame mostrerebbero scarso spirito di adattamento, comportamento aggressivo e antisociale, disordini della comunicazione e una scarsa autostima. Alcuni possono essere maggiormente inclini all’abuso di droghe e all’alcolismo. Non c’è da stupirsi se i bambini di queste famiglie hanno un rendimento scolastico inferiore rispetto a quello di bambini cresciuti in famiglie con un padre e una madre. In contesti domestici poligami è più probabile che si verifichino episodi di violenza domestica, liti tra marito e moglie e divorzio, situazioni che provocano in chi vi è coinvolto alti livelli di stress e di insicurezza”. 84 Si pensi, inoltre, agli altri problemi connessi alla salute delle donne, derivanti, ad esempio, da gravidanze ripetute in un breve lasso di tempo ovvero alla precoce attività sessuale che, spesso, sfocia, in violenza sessuale e abusi domestici. 82

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Dunque, a prescindere dal contrasto con l’ordine pubblico, sono diverse le ragioni che hanno indotto il mondo occidentale a vietare quasi all’unanimità la poligamia. *** Talvolta i diritti delle donne appartenenti alle famiglie musulmane rischiano di non essere pienamente tutelati in ragione di una pluralità di ostacoli derivanti dal sistema giuridico non ancora completamente improntato sulla società multiculturale; conseguentemente, in tutti quegli Stati, come l’Italia, in cui mancano strumenti legislativi ad hoc, la tutela delle donne nel contesto familiare islamico è rimessa esclusivamente all’operato dei giudici, dimostrando, ancora una volta, come l’immigrazione sia una vera e propria sfida per il diritto. Alla luce delle considerazioni sinora svolte, può notarsi come la decisione della Corte Suprema di Madrid, sebbene prima facie possa sembrare discutibile, in realtà è sorretta da una forte motivazione che si sostanzia nella necessità di apprestare ogni strumento possibile per tutelare un soggetto debole; in altre parole, non si è voluto limitare la portata del concetto di ordine pubblico, ma si voluto darne un’interpretazione meno rigorosa per superare un “monolitismo culturale”, bilanciando i valori nazionali con quelli appartenenti ad una differente cultura. Quindi, la decisione in esame e le relative motivazioni appaiono comprensibili, ma altrettanto dicasi con riferimento alle perplessità espresse dai giudici dissenzienti concernenti la necessità di tutelare l’identità nazionale, tenendo conto che il Concordato con il Marocco era stato stipulato in un’epoca in cui i flussi migratori non erano così imponenti. Agli occhi di chi scrive, tuttavia, due problematiche non paiono essere esplicitamente affrontate dalla Corte di Madrid. La prima riguarda, come suesposto, le effettive modalità di erogazione della pensione di reversibilità a favore della seconda vedova che potrebbero dar vita a una lesione del principio dell’affidamento ovvero a una spesa a carico del sistema previdenziale nazionale; dunque, un intervento chiarificatore in tal senso pare assolutamente necessario85. La seconda questione attiene, invece, ad una possibile lesione della dignità della donna in una prospettiva economica; infatti, si presume che la pensione del defunto marito potrebbe non essere sufficiente al fine di soddisfare le necessità vitali delle due mogli e dei rispettivi figli. Invero, nel momento in cui la Corte Suprema ha deciso di tutelare la signora Tizia, riconoscendole il diritto a percepire metà della pensione di reversibilità del marito defunto, potrebbe aver, inconsapevolmente, causato un vulnus alla signora Sempronia, togliendole parte della somma su cui aveva fatto affidamento per anni.

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Tale decisione potrebbe, inoltre, costituire un “precedente pericoloso” che apre la strada ad ipotesi di assegni familiari a favore di un numero estremamente elevato di soggetti, ovvero ad altri aiuti di Stato o, ancora, al rischio di frodi a danno dello Stato.

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In conclusione, la poligamia, nata come forma di altruismo nei confronti delle vedove e degli orfani in difficoltà, darebbe vita a una “distorsione sociale”, creando maggiori problemi di quelli che andrebbe a risolvere e non si può pensare che in una società evoluta come la nostra questa possa essere considerata la soluzione ottimale per una donna. Forse, l’unico sistema sarebbe quello di considerare le seconde mogli come conviventi more uxorio, ma si tratta di un’ipotesi di applicazione tutt’altro che semplice; l’unica certezza è che, sebbene alle basi vi sia un fatto illecito, occorre tutelare tutti i soggetti più deboli senza, però, perdere di vista quel sistema di diritti e di valori che contraddistinguono la nostra identità nazionale. Susanna Sandulli

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Giurisprudenza Trib. Mantova, sez. I, 5 maggio 2017; Bernardi Presidente Relatore Separazione dei coniugi – Figli (provvedimenti relativi ai) – Affidamento Nell’ambito di un giudizio di separazione personale dei coniugi, nell’assumere i provvedimenti relativi alla prole ex art. 337-ter c.c., può essere disposta, a fronte della elevata conflittualità tra i genitori e per un periodo limitato di tempo, la nomina di un coordinatore genitoriale. A tale soggetto, figura professionale privata esterna, terza, imparziale e dotata di specifiche competenze, sono affidati i seguenti compiti: i) monitorare l’andamento dei rapporti genitori/figli, fornendo le opportune indicazioni eventualmente correttive dei comportamenti disfunzionali dei genitori, intervenendo a sostegno di essi in funzione di mediazione; ii) coadiuvare i genitori nelle scelte formative dei figli, vigilando in particolare sulla osservanza del calendario delle visite previsto per il padre ed assumendo al riguardo le opportune decisioni (nell’interesse dei figli) in caso di disaccordo; iii) redigere relazione informativa sull’attività svolta, da trasmettere al Giudice Tutelare.

(Omissis) FATTO E DIRITTO Con ricorso ex art. 706 c.p.c. depositato in data 5-8-2014 D. M. T. (nato a P. il (Omissis)) assumeva 1) di avere contratto in data *-2004 in P. matrimonio con G. C. (nata a N. il (omissis)), matrimonio trascritto nell’anno 2004, atto n. (Omissis), parte II, serie A e che i coniugi avevano optato per il regime della comunione dei beni; 2) che dall’unione erano nati, a N., i figli S. (il (Omissis)) e F. (il (Omissis)); 3) che la convivenza nel corso del tempo era divenuta intollerabile a causa dell’atteggiamento della moglie che, nel corso del rapporto, aveva assunto atteggiamenti sempre più offensivi anche nei confronti della cerchia parentale, di distacco affettivo ed anche aggressivi tanto che egli si era indotto a lasciare la casa coniugale; 4) che la madre aveva iniziato a ostacolare il rapporto di esso con i figli. Alla stregua di tali circostanze il ricorrente evidenziava che sussistevano i presupposti, previsti dall’articolo 151 c.c., affinché venisse pronunciata la separazione personale con addebito alla moglie alle condizioni riportate alle pagine 6, 7, 8 e 9 del ricorso e riguardanti, l’affidamento dei figli a entrambi i coniugi in via condivisa con collocazione preferenziale presso la madre pre-

via regolazione del diritto di visita di esso istante, l’assegnazione alla moglie della casa coniugale, la determinazione a proprio carico di un assegno di mantenimento in favore sia dei figli che della moglie oltre al concorso nelle spese straordinarie, il trattenimento degli assegni familiari ed infine l’autorizzazione ai coniugi a conseguire il rinnovo o il rilascio dei documenti validi per l’espatrio sia per sé che per i figli. Si costituiva G. C. la quale aderiva alla domanda di separazione rilevando che il fallimento dell’unione era dipeso dal comportamento del marito sempre più distaccato nei suoi confronti e che aveva scoperto avere da tempo allacciato una relazione extraconiugale. La resistente, rimarcato il fatto di essere disoccupata e che il marito ancor prima della separazione contribuiva al mantenimento suo e dei figli versando circa euro 1.150,00 al mese, chiedeva che la separazione venisse addebitata al marito, l’affido congiunto dei figli con collocamento presso di sé, l’assegnazione della casa coniugale, un più restrittivo regime di visita del padre nonché un più elevato contributo economico del marito per il mantenimento proprio e dei figli. All’esito dell’udienza del 26-11-2014, tenutasi per la comparizione personale delle parti ed il

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tentativo di conciliazione, stante l’esito negativo dello stesso, il Presidente autorizzava i coniugi a vivere separati, impartiva i provvedimenti provvisori di cui all’art. 708 c.p.c. e disponeva per la prosecuzione del processo. Assunte le prove orali, disposte indagini tramite i Servizi Sociali ed espletata c.t.u., affidata alla dott. M., la causa veniva quindi rimessa al Collegio per la decisione. In primo luogo va ribadito il giudizio negativo già espresso nel corso dell’istruttoria in ordine all’ammissione delle prove orali dedotte dalle parti e per il cui ingresso la difesa del ricorrente ha insistito in sede di precisazione delle conclusioni atteso che i capitoli formulati sono superflui ovvero di contenuto generico o valutativo ed essendo comunque stati acquisiti sufficienti elementi per la decisione. La verificazione delle condizioni di intollerabilità della convivenza, che legittimano la separazione, può dirsi incontestata tra le parti e provata dal fallimento del tentativo di conciliazione, dalle conclusioni formulate dalle parti nonché dal consolidamento della situazione obiettiva e giuridica conseguente ai provvedimenti adottati dal Presidente in sede di comparizione personale delle parti per il tentativo di conciliazione sicché sussistono i presupposti di cui all’art. 151, comma 1, c.c. per la richiesta pronuncia di separazione personale tra i coniugi. Per quanto concerne la domanda di addebito proposta dal ricorrente e fondata sull’assunto secondo cui la moglie avrebbe assunto atteggiamenti sempre più offensivi anche nei confronti della cerchia parentale nonché di distacco affettivo, va rilevato che tali assunti hanno carattere generico, non sono risultati provati e, comunque, paiono essere la conseguenza di una progressiva incompatibilità di caratteri; quanto alle aggressioni verbali le stesse trovano spiegazione nella scoperta da parte della moglie della relazione extramatrimoniale intrattenuta dal marito. Nessun

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rilievo può inoltre attribuirsi al certificato medico prodotto sub 10 dalla difesa del ricorrente, non sussistendo elementi che possano far ritenere che i problemi sessuali manifestati dall’istante fossero derivati da comportamenti posti in essere dalla moglie. Merita invece accoglimento la domanda di addebito proposta dalla moglie atteso che il ricorrente ha ammesso in sede di comparizione avanti al Presidente di aver intrattenuto una relazione con un’altra donna e che siffatta circostanza risulta inequivocabilmente documentata dalla relazione investigativa allegata, comportamento questo che costituisce grave violazione dei doveri nascenti dal matrimonio; le aggressioni verbali e il distacco affettivo lamentati dal ricorrente costituiscono la conseguenza della scoperta della relazione extraconiugale da parte della moglie sicché appare evidente la sussistenza del nesso di causalità tra il predetto comportamento del marito e la insanabile frattura dell’unione matrimoniale. In ordine alla regolamentazione dell’affidamento dei figli, va osservato che sia il Servizio Sociale incaricato dell’indagine sia il consulente tecnico hanno potuto verificare che entrambi i genitori sono in grado di gestire singolarmente i figli e che le difficoltà nelle relazioni (in particolare del padre) dipendono esclusivamente dalla mai sopita conflittualità (presente anche durante la convivenza) fra gli adulti sicché non può disporsi l’affido esclusivo, non risultando positivamente dimostrata l’inidoneità educativa ovvero la manifesta carenza del ricorrente (cfr. Cass. 15-9-2014 n. 19386; Cass. 29-3-2012 n. 5108; Cass. 19-5-2011 n. 11068; Cass. ord. 2-12-2010 n. 24526; Cass. 17-12-2009 n. 26587; Cass. 18-6-2008 n. 16593); non può inoltre andare sottaciuto che le stesse parti hanno chiesto che venga disposto l’affido condiviso (misura questa suggerita anche dal c.t.u.); occorre precisare che, per le questioni di ordinaria amministrazione, le parti esercite-


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ranno separatamente la responsabilità genitoriale quando i figli rimangono presso di esse. Quanto al collocamento non vi è dubbio che i minori debbano vivere con prevalenza presso la madre avendo i figli instaurato un più solido legame affettivo con essa ed essendo costei in grado di offrire maggiore stabilità e sicurezza psicologica, come chiaramente emerge dalla consulenza tecnica. Da ciò consegue che la casa coniugale (condotta in locazione), sita in C., Via (omissis) con i beni che la arredano, deve essere assegnata alla madre. In ordine alle modalità di visita, il padre potrà vedere e tenere con sé i figli secondo le seguenti modalità: a) due fine settimana al mese (dalle ore 9.00 del sabato alle ore 21.00 della domenica), alternati, avendo cura di riaccompagnarli dalla madre; b) due pomeriggi alla settimana (orientativamente nei giorni di martedì e giovedì), dalla uscita di scuola sino alle ore 21.00 quando avrà cura di riaccompagnarli dalla madre; c) per metà delle vacanze natalizie alternando di anno in anno con la madre il periodo dalle ore 9,00 del 23 dicembre alle ore 21,00 del 30 dicembre e dalle ore 9.00 del 30 dicembre sino alle ore 21.00 della sera precedente la ripresa della scuola; d) per tre giorni durante le festività pasquali, alternando di anno in anno il giorno di Pasqua e il Lunedì dell’Angelo; e) per tre settimane, anche non consecutive, nel periodo delle vacanze estive, da concordarsi tra le parti di volta in volta entro il mese di giugno di ogni anno, con impegno reciproco di comunicare la località della vacanza ed il luogo del pernottamento; - ogni variazione delle modalità di visita e di intrattenimento con il figlio minore da parte del padre, oltre che previamente concordato con la madre, dovrà necessariamente tenere conto degli impegni dei minori in attività scolastiche ed extrascolastiche. In conformità con quanto prospettato dal c.t.u., va disposto che l’andamento dei rapporti familiari

venga monitorato da una figura esterna (c.d. coordinatore genitoriale o educatore professionale: v. Trib. Milano 7-7-2016 in www.il.caso.it; Trib. Pavia 21-7-2016, inedita) la quale, una volta al mese (e sino al 31-1-2018) dovrà essere presente per osservare le relazioni genitori/figli operando una mediazione costante e svolgendo i compiti meglio specificati in dispositivo, tenendo conto delle indicazioni fornite dalla dott. M., professionista che si individua nella persona della dott. C. M., indicata dalla c.t.u. ed il costo delle cui prestazioni dovrà essere sopportato dalle parti nella misura come sopra prevista per le spese straordinarie. Va aggiunto che entrambi i genitori vanno ammoniti a non porre in essere comportamenti che ostacolino il corretto svolgimento delle modalità di affidamento ed a collaborare con la dott. M. In ordine ai rapporti patrimoniali, premesso che sono stati acquisiti sufficienti elementi per la valutazione e che non occorre disporre ulteriori indagini (cfr. Cass. 12-1-2017 n. 605; Cass. 5-112007 n. 23051), va osservato che il ricorrente percepisce uno stipendio mediamente pari a euro 1.650,00 mensili, che vive in una casa condotta in locazione per la quale corrisponde un canone di euro 400,00 e che è proprietario di un modesto immobile (classificato C 1) da cui non risulta trarre un reddito. Quanto alla moglie va osservato che essa è disoccupata, che non è proprietaria di immobili, che vive nella casa coniugale (condotta in locazione) e che dispone di modesti risparmi come risulta dalla documentazione dimessa in corso di giudizio. Alla stregua della situazione patrimoniale come sopra ricostruita, il collegio ritiene di porre a carico di D. M. T. l’obbligo di concorrere al mantenimento dei figli versando alla madre l’assegno mensile di euro 500,00 (euro 250,00 per ciascun figlio) rivalutabile annualmente secondo gli indici ISTAT e ciò a far data da maggio 2018. In conseguenza delle sopra accertate condizioni patrimoniali, vanno poste a carico di en-

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trambi i genitori, nella misura del 70% a carico del ricorrente e del 30% a carico della resistente, senza necessità di previo accordo e con obbligo di rimborso entro 20 giorni a fronte della semplice esibizione del documento attestante la spesa da parte del genitore che l’ha anticipata per intero, le seguenti spese straordinarie: a) spese mediche: tutte quelle per visite mediche, esami, trattamenti e cure, anche odontoiatriche, debitamente prescritte da un medico ed erogate in ambito pubblico con pagamento di ticket (e quindi non interamente coperte dal SSN); quelle (sempre su prescrizione medica) per accertamenti, trattamenti e cure non erogabili dal Servizio Sanitario Nazionale, ma solo in ambito privato; quelle per esami, accertamenti e cure in ambito privato urgenti ed indifferibili, non erogabili in ambito pubblico in tempi rapidi (sempre su prescrizione medica); b) spese scolastiche: tasse di iscrizione (ivi comprese eventuali assicurazioni obbligatorie richieste dall’istituto) alla scuola elementare, media e superiore pubblica e, dopo la maturità, ad università pubblica (qualora i figli proseguano negli studi); acquisto dei libri di testo scolastici ed universitari; corredo scolastico di inizio anno; spese per la partecipazione alla gita scolastica senza pernottamento organizzata dalla scuola; spese per il trasporto da e per la sede di studi (anche universitaria) con mezzo pubblico; spese per tempo prolungato, prescuola, per centro ricreativo estivo e gruppo estivo (solo se entrambi i genitori lavorano); spese per il conseguimento della patente (pratica e teoria); c) altre spese straordinarie: tutte le altre spese di natura straordinaria (a titolo meramente esemplificativo: spese per tempo prolungato, prescuola, per centro ricreativo estivo e gruppo estivo, se uno dei genitori non lavora; per cure – anche dentistiche, ortodontiche e oculistiche – erogate in ambito privato e non indifferibili ed urgenti; per cure termali e fisioterapiche; per cure e far-

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maci non convenzionali; per tasse scolastiche ed universitarie imposte da istituti privati; per corsi di specializzazione; per gite scolastiche con pernottamento; per corsi di recupero e lezioni private; per alloggio presso la sede universitaria; per la baby sitter; per l’acquisto di computer o telefono cellulare; per l’acquisto di motorino od autovettura; per viaggi e vacanze; per corsi di istruzione, attività sportive, ricreative e ludiche e pertinenti attrezzature, etc) saranno parimenti suddivise tra i genitori, secondo le percentuali, modalità e tempistiche sopra precisate, ma solamente se previamente concordate tra i medesimi. A tal fine il genitore che propone la spesa dovrà inviare all’altro genitore richiesta scritta di adesione in cui sia specificata la tipologia della spesa ed il suo esatto ammontare. L’altro genitore dovrà fornire risposta, sempre per iscritto, entro 20 giorni dalla ricezione della richiesta. In mancanza di risposta entro il suddetto termine la spesa si intenderà autorizzata e dovrà quindi essere divisa tra i genitori nella misura e secondo le modalità sopra specificate. In caso di diniego di consenso alla spesa, invece, la stessa rimarrà totalmente a carico del genitore che l’abbia comunque sostenuta. Merita precisare che, nel determinare la misura dell’assegno di mantenimento, si è tenuto conto della percezione da parte del D. degli assegni familiari. Sussistono inoltre i presupposti di legge per porre a carico del marito un assegno di mantenimento in favore della moglie che viene determinato in euro 200,00 rivalutabile annualmente secondo gli indici ISTAT a far data da maggio 2018, rilevandosi che la resistente per età e per capacità acquisite (si rileva che G. C., nel 2015, aveva avuto la possibilità di svolgere attività lavorativa, quale ATA, presso un istituto scolastico e che la stessa lo rifiutò per asserita difficoltà di conciliare l’impegno lavorativo con la possibilità


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di gestire i figli) possiede comunque una piena capacità di dedicarsi ad attività lavorativa. Merita accoglimento la domanda proposta ex art. 709 ter c.p.c. dal ricorrente atteso che dagli atti emerge come, in più occasioni, la resistente abbia ingiustificatamente frapposto ostacoli alla regolare frequentazione fra il padre e i figli (si veda ciò che viene riportato nella relazione predisposta dal Servizio Tutela Minori del 30-32015, quanto emerge dalla dettagliata denunciaquerela del 1-1-2017 nonché quanto verbalizzato all’udienza del 6-12-2016), rilevandosi che, in relazione a tutti gli episodi riferiti dalla difesa del ricorrente circa il mancato rispetto delle visite, non è stata fornita dalla resistente specifica e convincente smentita, il tutto in un contesto caratterizzato da notevole conflittualità fra i genitori (si noti che il c.t.u. ha dato atto che i minori non frequentano la famiglia di origine del padre) e dalla difficoltà, più volte lamentata da parte del padre, di avere anche solo regolari contatti telefonici con i figli: in considerazione della frequenza con cui ciò è avvenuto e delle condizioni patrimoniali delle parti, reputa il collegio di condannare G. C. a risarcire il danno patito dal ricorrente liquidato, complessivamente, in euro 1.000,00. Infine va dichiarata inammissibile la domanda volta a ottenere l’autorizzazione al rinnovo e/o al rilascio dei passaporti o dei documenti validi per l’espatrio delle parti e dei minori, posto che, in caso di contrasto, tale domanda deve essere proposta al Giudice Tutelare nelle forme previste per i procedimenti camerali. In considerazione della natura del giudizio e della parziale reciproca soccombenza le spese di lite vengono integralmente compensate, provvedendosi con separato decreto alla liquidazione delle spese del difensore della resistente ammessa al patrocinio a spese dello stato. P.Q.M. Il Tribunale di Mantova, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando, ogni di-

versa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: 1) dichiara la separazione personale di D. M. T. (nato a P. il *-1969) e di G. C. (nata a N. il (omissis)),matrimonio celebrato il *-2004 in P.; 2) dichiara che la separazione è addebitabile a D.M. T.; 3) rigetta la domanda di addebito proposta contro la resistente; 4) affida i figli minori S. e F. congiuntamente a entrambi i genitori con collocamento prevalente presso la madre, disponendosi che, per le questioni di ordinaria amministrazione, le parti eserciteranno separatamente la responsabilità genitoriale quando i figli rimangono presso di esse; 5) dispone che D. M. T. possa vedere e tenere con sé i figli secondo le seguenti modalità: a) due fine settimana al mese (dalle ore 9.00 del sabato alle ore 21.00 della domenica), alternati, avendo cura di riaccompagnarli dalla madre; b) due pomeriggi alla settimana (orientativamente nei giorni di martedì e giovedì), dalla uscita di scuola sino alle ore 21.00 quando avrà cura di riaccompagnarli dalla madre; c) per metà delle vacanze natalizie alternando di anno in anno con la madre il periodo dalle ore 9,00 del 23 dicembre alle ore 21,00 del 30 dicembre e dalle ore 9.00 del 30 dicembre sino alle ore 21.00 della sera precedente la ripresa della scuola; d) per tre giorni durante le festività pasquali, alternando di anno in anno il giorno di Pasqua e il Lunedì dell’Angelo; e) per tre settimane, anche non consecutive, nel periodo delle vacanze estive, da concordarsi tra le parti di volta in volta entro il mese di giugno di ogni anno, con impegno reciproco di comunicare la località della vacanza ed il luogo del pernottamento; - ogni variazione delle modalità di visita e di intrattenimento con i figli minori da parte del padre, oltre che previamente concordato con la madre, dovrà necessariamente tenere conto dei

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loro impegni in attività scolastiche ed extrascolastiche; 6) nomina quale coordinatore genitoriale la dott. C. M., con compenso a carico dei genitori (nella misura del 70% a carico del padre e del 30% a carico della madre) e attribuisce alla stessa il compito (avente scadenza al 31-1-2018): i) di monitorare l’andamento dei rapporti genitori/figli, fornendo le opportune indicazioni eventualmente correttive dei comportamenti disfunzionali dei genitori, intervenendo a sostegno di essi in funzione di mediazione; ii) di coadiuvare i genitori nelle scelte formative dei figli, vigilando in particolare sulla osservanza del calendario delle visite previsto per il padre ed assumendo al riguardo le opportune decisioni (nell’interesse dei figli) in caso di disaccordo; iii) di redigere relazione informativa sull’attività svolta, da trasmettere al Giudice Tutelare entro il 28-2-2018; 7) assegna la casa familiare sita in C. in via (omissis), con gli arredi che la compongono, a G. C.; 8) pone a carico di D. M. T. l’obbligo di concorrere al mantenimento dei figli versando a G. C. (entro il giorno 10 di ogni mese) un assegno mensile di euro 500,00 (euro 250 per ciascun figlio) da rivalutarsi annualmente secondo gli indici ISTAT a far data da maggio 2018 oltre al 70% delle spese straordinarie secondo le modalità e

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il dettaglio riportati in motivazione e che qui si intendono espressamente richiamate; 9) pone a carico di D.M. T. l’obbligo di concorrere al mantenimento della moglie versandole (entro il giorno 10 di ogni mese) un assegno mensile di euro 150,00 da rivalutarsi annualmente secondo gli indici ISTAT a far data da maggio 2018; 10) condanna G. C. a risarcire il danno patito da D. M. T. liquidato nella somma di euro 1.000,00; 11) ammonisce entrambi i genitori a non porre in essere comportamenti che ostacolino il corretto svolgimento delle modalità di affidamento ed a collaborare con la dott. M.; 12) dichiara inammissibile la domanda avente ad oggetto il rilascio e/o il rinnovo di documenti validi per l’espatrio in favore delle parti e dei figli minori; 13) compensa integralmente fra le parti le spese di lite, provvedendosi con separato decreto alla liquidazione dei compensi in favore del difensore della resistente, ammessa al patrocinio a spese dello stato. Dispone la trasmissione della sentenza all’Ufficiale di Stato Civile di P. per le annotazioni di legge. Mantova, 5 maggio 2017.


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Il coordinatore genitoriale: un nuovo istituto nel panorama giuridico italiano?* Sommario : 1. Il caso. – 2. Origine della coordinazione genitoriale. – 3. La figura del coordinatore genitoriale. – 4. I compiti del coordinatore genitoriale e il problema del fondamento normativo della figura. – 5. Conclusioni.

Parenting coordination is a child-focused ADR practice utilized by Courts to assist separated and divorced parents in resolving high conflict cases. This case note analyses a decision of the Court of Mantova, that concerns a children custody case, in which the judge nominates a “parenting coordinator”. The decision explores the tasks, the role and the essential function of this professional figure. In this case note there is a reconstruction of the details of parenting coordinator’s figure, that is adopted in Italy thanks to the work of the Courts although it isn’t considered by the Italian law. Therefore the case note concludes with a question about the opportunity or need of the Italian Legislator’s action.

1. Il caso. La decisione in epigrafe pone all’attenzione del lettore un tema che suscita interesse e dibattito nell’attuale diritto della crisi della famiglia: la figura, ovvero l’istituto (o aspirante tale), del c.d. coordinatore genitoriale. Nell’ottica della tutela del minore, il Tribunale di Mantova è ricorso a tale figura professionale per un periodo di tempo limitato e al fine di un tempestivo intervento volto a stemperare gli effetti di una crisi coniugale. Nella specie, era stata promossa una causa di separazione personale da parte di uno dei coniugi, il quale lamentava che, a causa dell’atteggiamento dell’altro coniuge, ostile (in termini di progressivo distacco affettivo ed aggressività) sia nei suoi confronti sia nei confronti della sua cerchia parentale, la convivenza nel corso del tempo era divenuta sempre più intollerabile; in qualità di genitore, deduceva, inoltre, che l’altro coniuge aveva iniziato ad ostacolare il proprio rapporto con la prole.

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Il presente contributo è stato sottoposto a valutazione in forma anonima.

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Dal canto suo, il coniuge resistente rilevava che il fallimento del matrimonio era dovuto non al proprio comportamento, bensì al comportamento tenuto dal ricorrente, che si mostrava sempre più distaccato ed anzi aveva intrapreso una relazione extraconiugale. La sussistenza di tale relazione veniva poi confermata, in sede di udienza presidenziale di comparizione delle parti, dal ricorrente, con conseguente accoglimento della domanda di addebito proposta dal coniuge resistente. Il Tribunale, chiamato a pronunciarsi sul regime di affidamento dei figli e sul diritto di visita del genitore non collocatario, «non risultando positivamente dimostrata l’inidoneità educativa ovvero la manifesta carenza» di uno dei genitori, all’esito delle risultanze processuali (da cui emergeva che sia il Servizio Sociale incaricato dell’indagine sia il consulente tecnico nominato d’ufficio avevano accertato l’idoneità di entrambi i genitori di gestire singolarmente la relazione con i figli), dispone sul punto l’affidamento condiviso, ritenendo che le difficoltà relazionali dipendano dalla «mai sopita (…) conflittualità fra gli adulti». Si consideri che la decisione, sotto questo profilo, può dirsi in linea con la l. n. 54/2006 – incentrata sulla tutela del diritto del minore alla c.d. bigenitorialità, principio già enunciato dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989 (e ratificata in Italia con l. n. 176/1991) –, che ha introdotto come regola generale l’affidamento condiviso, portando, così, a un’inversione del regime previgente, il quale, invece, prevedeva la regola dell’affidamento monogenitoriale. È bene sottolineare anche che, secondo gli interpreti teorici e pratici, l’elevata conflittualità fra coniugi non è, di per sé, ostativa al regime di affidamento condiviso, salvo che tale regime sia pregiudizievole per l’interesse del minore; in tal caso, la pronuncia di affidamento esclusivo dovrà essere fondata anche sull’inidoneità o sulla carenza dell’altro genitore1. Nel caso di specie, le stesse parti avevano chiesto che venisse disposto l’affidamento condiviso e che il giudice si pronunciasse in tal senso, scelta da questi adottata in quanto non erano emersi motivi ostativi.

1

In questo senso, da ultimo, v. Cass. 3 gennaio 2017, n. 27, in Guida dir., 2017, n. 18, 76: «L’affidamento condiviso dei figli minori ad entrambi i genitori costituisce il regime ordinario di affidamento che non è impedito dall’esistenza di una conflittualità tra i coniugi, tranne quando tale regime sia pregiudizievole per l’interesse dei figli, alterando o ponendo in serio pericolo il loro equilibrio e sviluppo psico-fisico. In tal caso la pronuncia di affidamento esclusivo deve essere sorretta da una puntuale motivazione in ordine non solo al pregiudizio potenzialmente arrecato ai figli da un affidamento condiviso ma anche all’idoneità del genitore affidatario e all’inidoneità educativa o alla manifesta carenza dell’altro genitore». In senso conforme, v. Cass. 31 marzo 2014, n. 7477, in Dir. e giust., 2014, 321; Cass. 8 febbraio 2012, n. 1777, in Fam. e dir., 2012, 705 ss., con nota di A. Arceri; Cass. 2 dicembre 2010, n. 24526, in Nuova giur. civ. comm., 2011, I, 412 ss., con nota di M.N. Bugetti; Cass. 18 giugno 2008, n. 16593, in Nuova giur. civ. comm., 2009, I, 68 ss. In tema di affidamento dei minori, dopo la l. n. 54/2006, in dottrina cfr., ex multis, M. Sesta, A. Arceri, La responsabilità genitoriale e l’affidamento dei figli, in Tratt. dir. civ. e comm. Cicu-Messineo-Mengoni-Shlesinger, Milano, 2016, 33 ss. e 184 ss.; M. Sesta, Manuale di diritto di famiglia, Padova, 2016, 302 ss.; C.M. Bianca, Diritto civile, II, 1, Milano, 2014, 236 ss.; G. Contiero, L’affidamento dei minori, Milano, 2009, 9 ss.; B. De Filippis, Affidamento condiviso dei figli nella separazione e nel divorzio, Padova, 2007, 119 ss.; A. Arceri, L’affidamento condiviso: nuovi diritti e nuove responsabilità nella famiglia in crisi, Milano, 2007; M. Dogliotti, Affidamento condiviso e diritti dei minori: Legge 8 febbraio 2006, n. 54, Torino, 2008, 13 e 47 ss.; S. Patti, L’affidamento condiviso, a cura di S. Patti, L. Rossi Carleo, Milano, 2006, 1 ss.; C. Irti, Affidamento condiviso e casa familiare, Napoli, 2010, 15 ss.; B. De Filippis, R. Maurano, L’affidamento dei figli nella separazione e nel divorzio, Padova, 2013, 14 ss. e 71 ss. In ambito europeo si veda: S. Patti, Separazione dei genitori e affidamento condiviso, in S. Patti, M. G. Cubeddu, Introduzione al diritto della famiglia in Europa, Milano, 2008, 335 ss.; S. Patti, Se l’Aufenthaltsbestimmungsrecht sia equivalente all’affidamento esclusivo, in Fam. pers. e succ., 2011, 41 ss.

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Ma lo spunto più interessante e innovativo della pronunzia in epigrafe riguarda la nomina del coordinatore genitoriale2, soggetto terzo rispetto alla coppia genitoriale, al quale è attribuito il compito di monitorare i rapporti familiari.

2. Origine della coordinazione genitoriale. La coordinazione genitoriale trae origine, a partire dagli anni ’90 del secolo scorso, dalla realtà socio-culturale e dall’esperienza giuridica americana, dove è conosciuta con il nome di Parenting Coordination, come risposta al sovraccarico delle richieste di separazioni altamente conflittuali, aventi ad oggetto questioni relative alla gestione quotidiana dei figli3. Centrale è stato il ruolo della AFCC (Association of Family and Conciliation Courts), la quale ha approvato le Linee Guida sulla Coordinazione Genitoriale, definendola come «processo di risoluzione alternativa delle controversie centrato sul bambino attraverso il quale un professionista della salute mentale o di ambito giuridico, con formazione ed esperienza nella mediazione familiare, aiuta i genitori altamente conflittuali ad attuare il loro piano genitoriale, facilitando la risoluzione delle controversie in maniera tempestiva, educandoli sui bisogni dei loro figli e, previo consenso delle parti e/o del giudice, prendendo decisioni all’interno dell’ambito dell’ordine del tribunale o del contratto di incarico»4. Tale figura è, dunque, riconducibile al genus delle ADR (Alternative Dispute Resolution). Attraverso tale strumento, la cui peculiarità è quella di spostare la controversia all’esterno dell’arena del contenzioso legale, il giudice può incaricare un coordinatore genitoriale in qualsiasi momento, durante o dopo il processo di separazione o altra azione legale relativa all’affidamento o alla genitorialità5. Pertanto, la coordinazione genitoriale ha lo scopo di aiutare le parti a mettere in pratica un programma di genitorialità, costruire relazioni di co-genitorialità funzionali e stabili nel tempo, e risolvere le persistenti dispute tra di esse6, al fine di evitare di adire continuamente il giudice.

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Nel disporre che «l’andamento dei rapporti familiari venga monitorato da una figura esterna (c.d. coordinatore genitoriale o educatore professionale)», il Tribunale di Mantova fa espresso riferimento ai precedenti di Trib. Milano, 29 luglio 2016 in www.ilcaso.it e di Trib. Pavia, 21 luglio 2016, inedita. 3 Cfr. C.A. Coates, R. Deutsch, H. Starnes, M.J. Sullivan, B. Sydlik, Models of collaboration in family law: Parenting coordination for highconflict families, in 42 Family Court Review, 2004, 246 ss.; L. Fieldstone, M.C. Lee, J.K. Baker, J.P. McHale, Perspectives on Parenting Coordination: Views of Parenting Coordinators, Attorneys, and Judiciary Members, in 50 Family Court Review, 2012, 441 ss.; M.J. Sullivan, Parenting Coordination: Coming of Age?, in 51 Family Court Review, 2013, 56 ss.; A.E. Barsky, Parenting Coordination: The Risks of a Hybrid Conflict Resolution Process, in 27 Negotiation Journal, 2011, 7 ss.; C. Piccinelli, S. Mazzoni, D.K. Carter, La coordinazione genitoriale, dagli USA un nuovo intervento di supporto per le coppie in separazione/divorzio ad elevata conflittualità cronica, in www.ilcaso.it. 4 Per la traduzione, v. C. Piccinelli, Le linee guida sulla coordinazione genitoriale. Contestualizzazione e traduzione in italiano, in www.ilcaso.it. 5 Cfr. D.K. Carter, Coordinazione genitoriale. Una guida pratica per i professionisti del diritto di famiglia, Milano, 2014, 28. 6 Coates, Deutsch, Starnes, Sullivan, Sydlik, Models of collaboration in family law: Parenting coordination for high-conflict families, cit., 256; Sullivan, Parenting Coordination: Coming of Age?, cit., 56 ss.

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A ciò si aggiunga, quale obiettivo primario della coordinazione genitoriale, la protezione del minore, il quale potrebbe essere esposto al rischio di un danno psico-fisico a causa del conflitto genitoriale all’interno del quale si trova coinvolto. L’interesse del minore viene realizzato da un soggetto terzo e imparziale, il c.d. coordinatore genitoriale, ossia un professionista competente e qualificato nel settore della salute mentale, dell’educazione, della psicologia, della gestione dei conflitti, della mediazione o del diritto di famiglia7. Perciò, tale soggetto è chiamato a porre al centro del suo intervento l’interesse del minore, nel caso in cui i genitori non riescano a trovare un accordo a causa del loro alto grado di conflittualità. L’incarico di coordinatore genitoriale può derivare da un provvedimento che deve definire chiaramente e specificamente il suo ambito di intervento e di responsabilità, oppure da un accordo delle parti, qualora queste ne ravvisino la necessità o la opportunità8. Mentre è pacifico che il coordinatore possa formulare raccomandazioni non vincolanti, affinché le parti risolvano le controversie senza richiedere nuovamente l’intervento del giudice (anche se vi sono casi in cui le parti concordano che le sue raccomandazioni diventino vincolanti se non modificate dalle stesse per iscritto entro un tempo determinato9), quello dei poteri decisori sostanziali risulta forse il profilo di maggior criticità. Come precisato, tali poteri decisori sono delineati nel contesto dell’incarico disposto dal giudice (o conferiti dalle parti stesse), ma non mancano casi in cui tali limiti siano stati oltrepassati. È quanto accaduto in Pennsylvania, dove, inizialmente, il coordinatore si atteneva strettamente a quanto stabilito nell’incarico, ma, successivamente, è divenuto sempre più autonomo, tanto da indurre la giurisprudenza a mutare orientamento e ridimensionare il ruolo e la figura del “Parenting Coordinator” (introdotta nello Stato solo cinque anni prima), affermando che solo i giudici possono prendere decisioni riguardanti la custodia dei figli10. Come avvenuto in passato per altri istituti, anche la figura del coordinatore genitoriale è figlia di quel fenomeno conosciuto meglio (dai comparatisti) come “circolazione di modelli”11.

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Carter, Coordinazione genitoriale. Una guida pratica per i professionisti del diritto di famiglia, cit., 39 ss. Sullivan, Parenting Coordination: Coming of Age?, cit., 59; A. M. Ordway, Parenting Coordination: A New Frontier for Professional Counselors, in Vistas Online, 2015, 2; Barsky, Parenting Coordination: The Risks of a Hybrid Conflict Resolution Process, cit., 8. 9 Ordway, Parenting Coordination: A New Frontier for Professional Counselors, cit., 2 ss. 10 Riferisce S.B. Mashburn, “Throwing the Baby Out With the Bathwater”: Parenting Coordination and Pennsylvania’s Decisions to Eliminate its Use, in 1 Journal of Dispute Resolution, 2015, 190 ss.: «In the 2008 case of Yates v. Yates, the Pennsylvania Superior Court established the practice by determining parenting coordination was a method to “shield children from the effects of parenting conflicts and help parents in contentious cases comply with custody orders and implement parenting plans”. In 2012, the Superior Court of Pennsylvania upheld a parent’s right to review a parenting coordinator’s decisions in A.H. v. C.M. Then in 2013, the Pennsylvania Supreme Court abrogated Yates and A.H. v. C.M. by enacting Rule 1915.11-1. The rule states “only judges may make decisions in child custody case. Masters and hearing officers may make recommendations to the court (…). Any order appointing a parenting coordinator shall be deemed vacated on the date this rule becomes effective”». 11 R. Sacco, voce Circolazione e mutazione dei modelli giuridici, in Dig. disc. priv., Sez. civ., Torino, II, 1988, 365 ss.; U. Mattei, voce 8

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Sebbene anche il nostro Paese soffra del sovraccarico di ricorsi ai tribunali e si sia pensato alla coordinazione genitoriale quale strumento utile a un alleggerimento12, ricondurla a una funzione puramente deflattiva significherebbe, però, sminuirne le potenzialità. Infatti, nonostante la realtà socio-giuridica italiana sia differente rispetto a quella statunitense, è possibile individuare un’ulteriore rilevante analogia, ossia quella riguardante i bisogni delle famiglie caratterizzate da forte conflittualità13, il cui effetto potrebbe essere negativo per la salute psico-fisica dei minori. Infine, le Linee Guida realizzate dall’AFCC rappresentano un modello non solo per i giuristi americani, ma anche per gli operatori giuridici del nostro sistema.

3. La figura del coordinatore genitoriale. Come già evidenziato, il coordinatore genitoriale è un professionista che deve essere dotato delle necessarie competenze per gestire i conflitti familiari. Si tratta di un soggetto privato, che si distingue da altri soggetti il cui intervento è previsto dal nostro ordinamento nell’ambito dei procedimenti di separazione, divorzio e nei procedimenti che riguardano la responsabilità genitoriale. Seppur definito spesso come facilitatore, il coordinatore si differenzia, per funzioni e poteri, dalla figura del mediatore familiare14. In particolare, il mediatore non ha poteri decisori, ma ha l’importante ruolo di accompagnare le parti nelle scelte, aiutandole a negoziare gli accordi più rispondenti ai loro interessi. Il coordinatore si distingue, anche, dai Servizi Sociali, i quali hanno un compito di sostegno e di controllo del rispetto dei provvedimenti adottati dal giudice o, in casi eccezionali, diventano affidatari della prole.

Circolazione dei modelli giuridici, in Enc. dir. - Annali, Milano, I, 2007, 173 ss.; A. Watson, Legal Transplants. An Approach to Comparative Law, Edinburgh, 1974, 21 ss.; M. Graziadei, Comparative law as the study of transplants and receptions, in The Oxford Handbook of Comparative Law, a cura di M. Reimann, R. Zimmermann, New York, 2006, 441 ss. 12 Piccinelli, Le linee guida sulla coordinazione genitoriale. Contestualizzazione e traduzione in italiano, cit., 5 ss. 13 C. Piccinelli, G. Iacobino, La coordinazione genitoriale, il coordinatore e l’avvocato, in www.osservatoriofamiglia.it. 14 Il mediatore familiare è definito in www.simef.net/associazione/cosa-e-la-mediazione-familiare.it come «un professionista qualificato che si adopera, quale figura terza, affinché i genitori, nella fase di riorganizzazione delle relazioni familiari a seguito della cessazione del rapporto di coppia, raggiungano in prima persona accordi direttamente negoziati, rispetto a bisogni e interessi da loro stessi definiti, con particolare attenzione ai propri figli e al fine del mantenimento della comune responsabilità genitoriale». In tema di mediazione in ambito familiare, ex multis, cfr. ad es.: M. G. Cubeddu, La crisi coniugale e i conflitti familiari, in S. PAtti, M. G. Cubeddu, Diritto della famiglia, Milano, 2011, 428 ss.; M.N. Bugetti, La risoluzione extragiudiziale del conflitto coniugale, Milano, 2015, 139 ss.; C. Menichino, M. Sala, La Pratica Collaborativa. Dialogo fra teoria e prassi, Torino, 2017, 264 ss.; C. Cesana, L. Porri, M. Sala, Gli accordi di mediazione familiare, in Fam. pers. e succ., 2008, 628 ss.; C. Marzotto, La mediazione familiare, in Il diritto di famiglia, Trattato diretto da G. Bonilini e G. Cattaneo, Torino, I, 2, 2007, 1112 ss.; J.M. Haynes, I. Buzzi, Introduzione alla mediazione familiare. Principi fondamentali e sua applicazione, Milano, 2012, 61 ss.; M. Corsi, C. Sirignano, La mediazione familiare. Problemi, prospettive, esperienze, Milano, 1999, 70 ss.

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Se, da un lato, si ritiene che il coordinatore sia in grado di fornire maggiore attenzione a ogni singolo caso, dall’altro non si esclude l’inserimento della sua figura all’interno dei Servizi Sociali stessi15, i quali potranno così fornire ai genitori maggiore assistenza e un valido supporto, in quanto coadiuvati da figure professionalmente formate e preparate ad affrontare situazioni di alta conflittualità. È possibile, poi, sottolineare la differenza tra la figura del coordinatore e quella del consulente tecnico d’ufficio, non solo in relazione alle funzioni16 che sono chiamati a svolgere. Entrambi i soggetti sono nominati dal giudice, ma con una sostanziale differenza: ai sensi dell’art. 193 c.p.c., il consulente tecnico è chiamato a prestare giuramento dinanzi al giudice «di bene e fedelmente adempiere le funzioni affidategli», venendo, quindi, investito di una pubblica funzione ed essendo assoggettato alla normativa prevista in tema di responsabilità disciplinare, civile e penale; al contrario, non è previsto alcun giuramento da parte del coordinatore, il quale resta, quindi, un soggetto privato cui non può applicarsi la suddetta responsabilità, aspetto che viene definito all’interno del provvedimento del giudice. Infine, il coordinatore si differenzia dalla figura del curatore speciale del minore17. Sebbene entrambi intervengano in un contesto conflittuale, le due figure hanno funzioni differenti: il curatore speciale viene nominato ove vi sia un conflitto d’interessi tra genitori e minore, mentre il coordinatore viene nominato qualora il conflitto riguardi i genitori; a ciò si aggiunga che il curatore speciale ha la rappresentanza processuale del minore, potere di cui il coordinatore è, invece, privo, anche in ragione del fatto che scopo di quest’ultimo è quello di risolvere il conflitto al di fuori del processo. Il carattere privato della figura del coordinatore genitoriale è, poi, rilevante sotto il delicato profilo della nomina. Nella sentenza in commento, il giudice non ha previsto che le parti provvedessero alla formalizzazione dell’incarico del coordinatore, a differenza di quanto è avvenuto, ad esempio, in un altro precedente in materia18. Come osservato da autorevole dottrina19, il giudice, anche nell’ottica di non perdere il valore della terzietà, non può imporre la nomina di un determinato soggetto, ma even-

15

Carter, Coordinazione genitoriale. Una guida pratica per i professionisti del diritto di famiglia, cit., 20. Si veda ad es.: M. Giorgetti, Artt. 61 e 62 c.p.c., in Commentario del Codice di procedura civile, diretto da L. P. Comoglio, C. Consolo, B. Sassani, R. Vaccarella, Torino, 2012, 917 ss.; S. Satta, Commentario al codice di procedura civile, Milano, 1959, 219 ss.; E. Picozza, Artt. 61 e 62 c.p.c., in Codice di procedura civile, diretto da C. Consolo, Milano, 2013, 755 ss. 17 Cfr. ad es. F. Ruscello, La potestà dei genitori - Rapporti patrimoniali - Art. 320-323, in Il Codice Civile. Commentario, fondato da P. Schlesinger e diretto da F. D. Busnelli, Milano, 2007, 138 ss.; E. La Rosa, Sub art. 320 c.c., in Commentario del Codice Civile, diretto da E. Gabrielli, Torino, 2010, 928 ss.; A. Stesuri, Art. 78 c.p.c., in Commentario del Codice di procedura civile, diretto da L. P. Comoglio, C. Consolo, B. Sassani, R. Vaccarella, cit., 1040 ss.; Satta, Commentario al codice di procedura civile, cit., 270; C. Mandrioli, Art. 78 c.p.c., in Commentario del Codice di procedura civile, diretto da E. Allorio, Torino, 1973, 918 ss.; P. Nappi, Art. 78 c.p.c., in Codice di procedura civile, diretto da C. Consolo, cit., 870 ss. 18 Trib. Milano, decr. 29 luglio 2016, Est. Cosmai, in Fam. e dir., 2017, 793 ss.: «Le parti dovranno (…) provvedere alla formalizzazione dell’incarico al coordinatore genitoriale individuato concordemente con il loro consenso entro 45 giorni dalla comunicazione del presente provvedimento». 19 F. Danovi, Il coordinatore genitoriale: una nuova risorsa nella crisi della famiglia, in Fam. e dir., 2017, 801. 16

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tualmente fornire un elenco di nominativi tra cui scegliere, essendo, poi, necessaria una successiva formalizzazione dell’incarico da parte dei genitori come espressione del loro accordo. Se così non fosse, si configurerebbe l’impossibilità per le parti di rifiutare il professionista indicato e sceglierne concordemente un altro al quale affidarsi. Dunque, in generale, è legittimo l’interrogativo se sia corretto imporre la presenza di una figura esterna senza il consenso delle parti20. Inoltre, il carattere privato della figura pone il problema degli oneri: nel caso di specie, il giudice ha imposto il compenso a carico dei genitori nella misura del 70% a carico del padre e del 30% a carico della madre (peraltro, ricollegandolo immotivatamente alla ripartizione delle spese straordinarie)21.

4. I compiti del coordinatore genitoriale e il problema del fondamento normativo della figura.

Come risulta dalle Linee Guida, la figura racchiude in sé compiti che possono essere qualificati come gestori, organizzativi e lato sensu decisionali nell’ambito della crisi della famiglia con prole22. Nel provvedimento di nomina, il giudice delinea in modo chiaro l’ambito del suo intervento e gli attribuisce incarichi precisi e specifici. Nella sentenza in commento, il Tribunale ha attribuito al coordinatore genitoriale il compito «di monitorare l’andamento dei rapporti genitori/figli fornendo le opportune indicazioni eventualmente correttive dei comportamenti disfunzionali dei genitori, intervenendo a sostegno di essi in funzione di mediazione». Ciò che questa figura sembra essere chiamata a “salvaguardare e preservare”23 è la relazione dei genitori con i minori, sia attraverso l’osservazione dei comportamenti propri del rapporto genitori-figli, sia attraverso la possibilità di intervenire direttamente nella relazione, fornendo le necessarie od opportune indicazioni. Il provvedimento in epigrafe prevede, inoltre, che il coordinatore genitoriale dovrà essere periodicamente presente per osservare le relazioni genitori-figli, operando una mediazione costante.

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La decisione del Tribunale milanese supra richiamata (nota 18) aveva così disposto: posto che le parti hanno aderito alla proposta di ricorrere alla figura del coordinatore genitoriale, il «Collegio prende (…) atto della disponibilità delle parti di affidarsi all’indicato professionista che, quindi, viene qui nominato come coordinatore genitoriale». 21 Nelle Linee Guida si legge che «in genere le spese sono divise in parti uguali tra le parti, anche se i loro beni e il reddito differiscono sostanzialmente; gli oneri possono essere ripartiti di conseguenza». Tale indicazione è seguita anche dalla giurisprudenza milanese che, nel decreto citato, dispone che «i costi del coordinatore genitoriale dovranno essere ripartiti al 50% tra i genitori». 22 Cfr. Piccinelli, Le linee guida sulla coordinazione genitoriale. Contestualizzazione e traduzione in italiano, cit. 23 Danovi, Il coordinatore genitoriale: una nuova risorsa nella crisi della famiglia, cit., 802.

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Se si guarda all’esperienza americana, le parti stipulano con il coordinatore un vero e proprio “contratto di coordinazione genitoriale o accordo di servizio professionale”, all’interno del quale vengono esposte dettagliatamente le modalità e i tempi con i quali dovranno svolgersi gli incontri tra di essi24. Inoltre, il contratto ha la funzione di stabilire fin dall’inizio le regole della relazione genitori-coordinatore: si tratta, infatti, di un accordo professionale che definisce il servizio che verrà fornito, nonché il ruolo, le responsabilità e le funzioni del coordinatore affinché sia garantita alle parti chiarezza circa aspettative e responsabilità25. Ci si domanda, dunque, se sia opportuno che il profilo relativo alle modalità e ai tempi sia stabilito dal giudice26, ovvero, seguendo i modelli recepiti nei sistemi dove la figura è collaudata da tempo, sia concordato dalle parti con il professionista27 al fine di garantire, da un lato, l’autonomia nella gestione degli aspetti prettamente più organizzativi e, dall’altro lato, la possibilità di intraprendere la costruzione di un rapporto fiduciario tra di essi. In secondo luogo, la decisione in epigrafe ha chiarito che il coordinatore è incaricato «di coadiuvare i genitori nelle scelte formative dei figli, vigilando in particolare sulla osservanza del calendario delle visite previsto per il padre ed assumendo al riguardo le opportune decisioni (nell’interesse dei figli) in caso di disaccordo». Pertanto, il coordinatore, da un lato, è colui che aiuta i genitori nelle scelte e, dall’altro lato, è un soggetto cui il giudice attribuisce un potere decisionale in sua sostituzione. Anche se, in generale, è possibile che il giudice deleghi altri e più ampi poteri decisionali al coordinatore28, nel caso deciso dal Tribunale di Mantova tale potere è limitato all’ipotesi in cui vi sia disaccordo sul diritto di visita del genitore non collocatario. A parere di chi scrive, appare opportuno, relativamente al diritto di visita, che venga attribuito al coordinatore il compito di guidare ed indirizzare i genitori verso un accordo circa il tempo da trascorrere e condividere con i figli, aiutando e suggerendo loro le opportune riflessioni in punto di eventuali modifiche o deroghe al calendario delle visite29, segnalando, però, le modifiche necessarie al giudice.

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Carter, Coordinazione genitoriale. Una guida pratica per i professionisti del diritto di famiglia, cit., 72 ss. Carter, Coordinazione genitoriale. Una guida pratica per i professionisti del diritto di famiglia, cit., 72 ss. 26 V. anche Trib. Civitavecchia, 20 maggio 2015, in Foro it., 2016, I, 1661 ss.: «il coordinatore genitoriale può incontrare le parti e la minore insieme o separatamente». 27 Con riferimento al profilo temporale e alla programmazione, Trib. Civitavecchia cit. ha così disposto: «manda ad ambo le parti di contattare il coordinatore genitoriale entro 15 giorni dalla comunicazione del presente decreto per programmare il primo appuntamento e al coordinatore genitoriale di programmare i successivi appuntamenti (…)». 28 A titolo esemplificativo: scelta della scuola; osservanze religiose; salute e gestione delle cure comprese quelle mediche, dentali, ortodontiche e oculistiche; abbigliamento e oggetti personali dei bambini; comunicazioni tra genitori e figli; modifica dell’aspetto dei bambini (tra cui taglio di capelli, tatuaggi, orecchini, piercing). Cfr. la Linea Guida XI in Piccinelli, Le linee guida sulla coordinazione genitoriale. Contestualizzazione e traduzione in italiano, cit. 29 Cfr. Trib. Milano, 29 luglio 2016, cit.: «Coadiuvare i genitori nelle scelte in tema di (…) osservanza del rispetto del calendario relativo alla modalità di esercizio del diritto di visita in favore del genitore non collocatario in particolare aiutando e suggerendo ai genitori le opportune riflessioni in punto di opportunità/inopportunità di apportare modifiche e deroghe al calendario di frequentazione della minore». 25

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Ma, prima ancora di verificare o stabilire quali siano i poteri che possono essere attribuiti al coordinatore genitoriale, occorre individuare il fondamento normativo della figura. Non si può non rilevare che sia nel provvedimento in epigrafe, sia in quelli precedenti, i Tribunali30, disponendone la nomina, non hanno individuato alcuna disposizione a fondamento della propria decisione. Ci si interroga, dunque, sulla possibilità di individuare come norma di riferimento l’art. 68 c.p.c., che contempla la possibilità per il giudice di farsi «assistere da esperti in una determinata arte o professione e, in generale, da persona idonea al compimento di atti che non è in grado di compiere da sé solo». La disposizione parla genericamente di “esperti” e di “persona idonea”, sicché occorre capire se nel novero degli ausiliari possa essere inclusa anche la figura del coordinatore genitoriale, in quanto soggetto altamente qualificato, scelto dal giudice per occuparsi di questioni non legali. La norma attribuisce genericamente al giudice il potere di ricorrere all’opera di terzi, diversi dal consulente tecnico e dal custode31. Lo scopo, infatti, è quello di permettere al giudice di farsi assistere temporaneamente, nell’esercizio della propria funzione, da soggetti dotati di specifiche competenze, qualora esso non sia in grado di compiere atti da sé solo32. La categoria degli ausiliari del giudice risulta molto ampia e di difficile individuazione. Tradizionalmente, si fa riferimento non solo ai soggetti che svolgono attività materiale33, ma anche agli ausiliari che svolgono attività di carattere intellettuale34. La dottrina35, peraltro, ha individuato un elenco esemplificativo di ausiliari da cui il giudice può farsi assistere in caso di necessità. Dalla lettura dell’art. 68 c.p.c. si può trarre soltanto la regola secondo cui il giuramento non è dovuto, a meno che l’ausiliario rientri in una delle categorie per cui il giuramento è previsto36. Dunque, se l’ausiliario può svolgere un’attività intellettuale e se non è prevista la obbligatorietà del giuramento, la figura del coordinatore genitoriale potrebbe rientrare nel novero della categoria degli ausiliari del giudice. Non bisogna dimenticare, però, che l’art. 337 ter, co. 2, c.c., prevede espressamente che sia il giudice ad adottare i provvedimenti relativi ai figli e, in particolare, a stabilire i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore.

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Cfr. Trib. Civitavecchia, 20 maggio 2015, cit.; Trib. Milano, 29 luglio 2016, cit. Satta, Commentario al codice di procedura civile, cit., 229. 32 Giorgetti, Art. 68 c.p.c., in Commentario del Codice di procedura civile, diretto da L. P. Comoglio, C. Consolo, B. Sassani, R. Vaccarella, cit., 958; V. Andrioli, Commento al codice di procedura civile, I, Napoli, 1943, 181. 33 Satta, Commentario al codice di procedura civile, cit., 229; Andrioli, Art. 68 c.p.c., in Commento al Codice di procedura civile, cit., 181; M. Vellani, voce Ausiliari del giudice, in Nss. D. I., Torino, I, 1957, 1543. 34 Giorgetti, Art. 68 c.p.c., in Commentario del Codice di procedura civile, diretto da L. P. Comoglio, C. Consolo, B. Sassani, R. Vaccarella, cit., 959. 35 Vellani, voce Ausiliari del giudice, in Nss. D. I., cit., 1544 ss.; G. Franchi, Art. 68 c.p.c., in Commentario del Codice di procedura civile, diretto da E. Allorio, cit., 737 ss.; A. Frassinetti, Art. 68 c.p.c., in Codice di procedura civile, diretto da C. Consolo, cit., 798 ss. 36 Franchi, Art. 68 c.p.c., in Commentario del Codice di procedura civile, diretto da E. Allorio, cit., 738; Frassinetti, Art. 68 c.p.c., in Codice di procedura civile, diretto da C. Consolo, cit., 799. 31

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Soggiungiamo, poi, che il terzo comma di tale disposizione prevede non solo che la responsabilità genitoriale sia esercitata da entrambi i genitori, ma anche che le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore siano da loro assunte di comune accordo, e che «in caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice». Il giudice, nel caso di specie, attribuendo tali poteri a un professionista privato, che non dispone di poteri processuali autonomi37, sembra addirittura arrivare a delegare le funzioni sue proprie (nella specie, «assumendo al riguardo le opportune decisioni»). Pertanto, se si ammette la possibilità nel nostro ordinamento di conferire dei poteri decisionali al coordinatore, occorre tracciarne limiti ben definiti, delineando quelli che possono essergli attribuiti rispetto a quelli che devono permanere al giudice. Risolta tale questione, resta un altro aspetto da affrontare. Considerato che gli atti posti in essere dal coordinatore non possono essere qualificati come provvedimenti, in quanto, da un lato, sono emessi da un soggetto diverso dal giudice e, dall’altro lato, sono emessi fuori dal Tribunale, si ritiene importante un intervento volto a definire quale sia la natura degli atti emessi dal coordinatore, in quanto ciò ha dei riflessi sotto il profilo della vincolatività, impugnazione o modifica degli stessi. È, quindi, auspicabile la rivalutazione del potere decisionale che il giudice attribuisce, con il suo provvedimento, al coordinatore genitoriale, limitandone le funzioni a quelle di educazione e gestione del conflitto, fornendo gli elementi necessari ai genitori e stimolando una riflessione più attenta ai bisogni dei figli e nell’esclusivo interesse di questi ultimi, al fine di giungere a un accordo. Si potrebbe, dunque, pensare alla figura del coordinatore come a un ausiliario del giudice privo di poteri decisori, con la possibilità di emanare raccomandazioni non vincolanti, che dovranno essere vagliate dal giudice. L’art. 337 c.c. prevede che «il giudice tutelare deve vigilare sull’osservanza delle condizioni che il tribunale abbia stabilito per l’esercizio della responsabilità genitoriale». Pertanto, il potere di vigilanza configurato dal Codice Civile è un potere limitato, che non si estende fino all’attribuzione di poteri decisori. Secondo la giurisprudenza più recente38, l’esclusione della statuizione modificativa, nei procedimenti di separazione e divorzio, riguarda solo le questioni di primaria importanza, quali l’affidamento, il collocamento dei minori e il quantum del mantenimento. Infatti, è previsto un potere di modifica del Giudice Tutelare nelle questioni riguardanti i tempi di frequentazione tra prole e genitori. Inoltre, il Giudice Tutelare, al fine di esercitare una vigilanza attiva, può avvalersi di

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Trib. Milano, 29 luglio 2016, cit.: «Il coordinatore genitoriale non ha poteri processuali poiché suo scopo è quello di risolvere il conflitto al di fuori del processo: in altri termini ridurre al massimo il conflitto stesso». 38 Trib. Milano, 22 giugno 2015, in De Jure.

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ausiliari, che non operino solo al fine di conoscere la situazione ma che possano agire concretamente per realizzare il superamento degli ostacoli posti dalle parti. Sembrerebbe che l’intento del Giudice, nel caso di specie, fosse proprio quello di inserire la figura del coordinatore all’interno di tale cornice: un soggetto, suo ausiliario, che operi una continua attività di vigilanza in casi di alta conflittualità e che rediga una relazione mediante la quale informa il Giudice Tutelare, ma che al contempo svolga un’attività – di facilitatore, di mediatore, di monitoraggio39, di gestione, educativa – il cui risultato venga comunicato al Giudice in capo al quale permangono i poteri decisori.

5. Conclusioni. Considerato che la figura del coordinatore genitoriale, importata dal panorama giuridico statunitense, ha fatto ingresso nel nostro ordinamento per opera della giurisprudenza, occorre interrogarsi sulla opportunità di un intervento del Legislatore, volto sia a riconoscere la figura, sia a delinearne compiti, poteri, limiti e responsabilità. Al riguardo, osserviamo che, se è vero che, come risulta dalle Linee Guida, il coordinatore ha solo l’autorità attribuita dall’ordine del Tribunale (o dalle stesse parti)40, in via generale, un soggetto privato ed estraneo alla coppia è chiamato ad assumere decisioni importanti riguardanti i figli della stessa, con un’evidente sottrazione del potere di scelta e libertà ai genitori, deresponsabilizzandoli dal loro ruolo riconosciuto nell’affidamento condiviso. È, infatti, compito precipuo del coordinatore aiutare i genitori a riappropriarsi della loro genitorialità, senza, quindi, sottrarre loro il predetto ruolo. Dunque, facendo tesoro di quella che oggi viene definita (ricorrendo a un apparente ossimoro) “giurisdizione forense”, che allude alla attitudine dell’Avvocatura a intervenire con i mezzi offerti dalla normativa vigente per la definizione delle liti41, ci si domanda se sia davvero necessaria l’introduzione di figure nuove nel nostro ordinamento qualora vi siano soggetti in possesso di adeguate competenze per la risoluzione dei conflitti. Si ritiene importante, infatti, valorizzare il ruolo di quegli avvocati che abbiano le capacità di gestire il conflitto tra le parti e siano in grado di condurle all’accordo, permettendo alle stesse di riacquistare la loro libertà di scelta e le loro prerogative. Federica Novello

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V. anche Trib. Roma, ord. 18 aprile 2018, allo stato salvo errore inedita. Piccinelli, Le linee guida sulla coordinazione genitoriale. Contestualizzazione e traduzione in italiano, cit. 41 L’espressione è stata coniata da R. Danovi, La giurisdizione civile e la nuova cultura della professione di avvocato, in Corr. giur., 2018, 337. 40

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