Saggi
ISSN 1722-8360
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DI PARTICOLARE INTERESSE IN QUESTO FASCICOLO
Periodico Trimestrale - POSTE ITALIANE SPA - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 Conv. il L. 27/02/2004 - n. 46 art.1, comma 1, DCB PISA - Aut. Trib. di Pisa n. 9/2009 del 8/5/2009
Diritto della banca e del mercato finanziario
1/2020
Diritto della banca e del mercato finanziario
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La nuova riforma organica delle procedure concorsuali
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Quote di s.r.l. e mercato secondario
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Le criptovalute
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Responsabilità per concessione irresponsabile del credito
gennaio-marzo
1/2020 anno XXXIV
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Pacini
gennaio-marzo
1/2020 anno XXXIV
Avvertenza A partire dal gennaio 2011, la pubblicazione di scritti sulla Rivista è subordinata alla valutazione di blind referees. Il sistema dei referees è attualmente coordinato dal prof. Daniele Vattermoli. Nell’anno 2019, hanno fornito le loro valutazioni ai fini della pubblicazione i prof. Niccolò Abriani, Lucia Calvosa, Concetto Costa, Giacomo D’Attorre, Giuseppe Ferri jr., Carlo Felice Giampaolino, Gianluca Guerrieri, Marco Maugeri, Massimo Miola, Umberto Morera, Stefania Pacchi, Michele Perrino, Marco Speranzin, Mario Stella Richter jr.
Diritto della banca e del mercato finanziario Rivista trimestrale del Ce.Di.B. Centro studi di diritto e legislazione bancaria
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SOMMARIO 1/2020
PARTE PRIMA Saggi I principi generali della nuova riforma “organica” delle procedure concorsuali, di Alessandro Nigro Tentativi di sviluppo di un mercato secondario delle quote di società a responsabilità limitata, di Vittorio Santoro La nuova “crypto-attività” e infrastruttura finanziaria globale “Libra”: analisi della fattispecie e profili regolamentari nel mercato interno dell’UE, di Simone Mezzacapo La responsabilità del finanziatore per concessione irresponsabile del credito nell’ordinamento spagnolo, di Lourdes V. Melero Bosch Regla de la prioridad absoluta, di Luis Manuel C. Méjan
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Commenti Criptovalute e conferimento a capitale di società – App. Brescia, 24 ottobre 2018, n. 207 La conferibilità delle criptovalute alla luce dell’attuale dibattito circa il loro inquadramento giuridico, di Ilaria Franci
PARTE SECONDA Legislazione
La revisione del secondo pilastro dell’Unione bancaria da parte del Reg. UE 2019/877, c.d. SRMR2 – Regolamento (UE) 2019/877 del 20 maggio 2019 che modifica il Regolamento (UE) n. 806/2014 per quanto riguarda la capacità di assorbimento delle perdite e di ricapitalizzazione per gli enti creditizi e le imprese di investimento » 3 Il pacchetto bancario sul rafforzamento del quadro prudenziale e di gestione delle crisi: la revisione del Meccanismo unico di risoluzione, secondo pilastro dell’Unione bancaria, tramite il regolamento (UE) » 43 2019/877, di Antonella Brozzetti Norme redazionali » 65 Codice etico » 71
PARTE PRIMA Saggi, commenti, fatti e problemi della pratica, dibattiti, rassegne, miti e realtĂ
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I principi generali della nuova riforma “organica” delle procedure concorsuali* 1. Una notazione preliminare. La riforma di cui ci stiamo occupando, arrivata nel gennaio 2019, con l’emanazione, ad opera del d.lgs. n. 14/2019, del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, dopo un lungo itinerario, assurdamente caratterizzato da vari “incidenti” di percorso e dall’alternarsi di fasi di inerzia e fasi di improvvisa accelerazione, “rischia” – tra virgolette – di dover essere considerata ancora provvisoria e precaria. Si parla già, infatti, di interventi legislativi “correttivi”, che dovrebbero addirittura arrivare prima dell’estate. Il che, dico subito, costituirebbe una ulteriore manifestazione della propensione all’improvvisazione che ha connotato anch’essa la gestazione e della legge delega e del decreto delegato. Tornerò comunque sul punto. 2. Mi è stato affidato il tema “I principi generali della riforma”. Il Codice contiene, all’inizio, un capo intitolato “Principi generali”, che sono sia principi di ordine sostanziale e sia principi di ordine processuale. Ovviamente, non è di questi che intendo parlare; bensì dei principi che sono alla base dell’intera costruzione normativa. Comincio con l’osservare che non è difficile delineare un quadro di tali principi generali. Essi emergono nitidamente da quelle che risultano essere le linee ispiratrici di fondo della nuova disciplina. I principi generali più rilevanti sembrerebbero essere i seguenti: – il principio della completezza della regolamentazione, intesa nel senso della ricomprensione in un unico testo normativo di tutte le discipline regolatrici della crisi e dell’insolvenza (questo principio fonda, ovviamente, l’inserimento in uno stesso testo della disciplina sia delle
* Lo scritto riproduce, con le opportune integrazioni, l’intervento al Seminario su “Il nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza” organizzato dall’Ordine degli Avvocati e dall’Ordine dei Dottori Commercialisti di Tivoli (incontro del 7 maggio 2019). Esso è destinato agli Studi in onore di Massimo Panebianco.
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procedure c.d. tradizionali sia delle procedure di sovraindebitamento; e fondava anche la ricomprensione in tale testo della disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi, che però è stata, come sappiamo, oggetto, all’inizio del percorso parlamentare, di uno stralcio); – i principi della semplificazione, razionalizzazione e modernizzazione della disciplina delle procedure concorsuali (in questo quadro si iscrive una nutrita serie di importanti innovazioni: non solo e non tanto quelle meramente formali, come la sostituzione del termine “fallimento” con l’espressione “liquidazione giudiziale”; bensì quelle sostanziali, come, per esempio, la previsione di una fase unica di apertura delle procedure); – i principi della celerità e della economicità; – i principi dell’emersione anticipata delle crisi e della conseguente tempestività delle soluzioni delle medesime (in questo quadro si iscrive, in particolare, l’introduzione delle misure di allerta e prevenzione e del procedimento di composizione assistita della crisi); – il principio della prevalenza delle soluzioni negoziate (di qui, la regola della priorità della loro trattazione in sede processuale e gli incisivi ritocchi alla disciplina degli accordi di ristrutturazione, resi ancor più competitivi rispetto al concordato preventivo); – il principio del favor per meccanismi e tecniche di conservazione delle strutture produttive (di qui, in particolare, il nuovo assetto dato al concordato preventivo, con la sostanziale soppressione del concordato liquidatorio e la drastica riduzione delle opzioni lasciate al debitore, tendenzialmente ristrette ormai al solo concordato con continuità); – il principio del rafforzamento del ruolo e dei poteri degli organi delle procedure (così quelli del tribunale nelle procedure compositive; così quelli del curatore nella liquidazione giudiziale); – il principio del coordinamento fra regole concorsuali e regole societarie (di qui, l’introduzione di una apposita disciplina della crisi dei gruppi; la previsione di talune modifiche di norme del codice civile in materia societaria, ecc.); – il principio del favor per l’esdebitazione. 3. Non mi parrebbe né utile né in fondo interessante soffermarsi sui principi appena esposti in sé considerati: essi, da un lato, riecheggiano, almeno in parte, i principi che furono alla base della riforma del 2005/2007; dall’altro si collegano ad esigenze da tempo avvertite; dall’altro ancora sono largamente condivisibili. Ritengo che sia più utile e più interessante riflettere sul modo in cui tali principi siano stati tradotti nella
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disciplina positiva: e qui immediatamente si prospettano molte “note dolenti”. Perché la traduzione nelle norme di quei principi non sempre è risultata felice, per usare un eufemismo. E non è risultata felice – debbo ulteriormente aggiungere – anche per alcune tendenze di fondo che, al di là dei principi, hanno contraddistinto le scelte operate dal legislatore, sia quello della legge delega sia quello del decreto delegato. Mi riferisco, per esempio, alla tendenza a considerare certe regole particolari esistenti come espressione di principi generali e, quindi, ad estenderle ben al di là dei limiti originari e talvolta ad estremizzarle. Le manifestazioni di questa tendenza sono numerosissime: si va dalla estremizzazione del connotato della prededucibilità, che viene conformato, dall’art. 6, co. 2, del Codice come una sorta di privilegio destinato ad assistere il credito in tutte le sedi esecutive all’allargamento a tutti i creditori dell’area di applicazione del meccanismo dell’estensione dell’efficacia degli accordi di ristrutturazione originariamente riguardante solo i creditori banche e intermediari finanziari (art. 5, co. 1, lett. a) della legge delega); dall’ampliamento della regola dell’estensione del fallimento (ora liquidazione giudiziale) dai soci illimitatamente responsabili di certi tipi di società ai “componenti” di enti o imprenditori collettivi non societari, che siano «illimitatamente e personalmente responsabili per le obbligazioni dell’ente» (art. 259 Codice) alla generalizzazione, con riferimento a tutti i debitori che possono accedere alle procedure di sovraindebitamento, dell’obbligo del finanziatore di non concedere il finanziamento ove la valutazione del merito creditizio sia negativa, che era finora rimasto circoscritto all’ambito del credito al consumo. Mi riferisco, poi, alla tendenza ad adottare in partenza, con riferimento a certi istituti o profili, un approccio o una logica totalizzante, che poi però, nello sviluppo, si è frantumato o parcellizzato. Anche qui molte sono le manifestazioni di tale tendenza. Mi basterà menzionare l’art. 1 del Codice: il perentorio incipit del primo comma («Il presente Codice disciplina le situazioni di crisi o insolvenza del debitore») è espressione di una idea unificatrice, la quale però immediatamente dopo si scompone nell’elencazione di diverse categorie di debitori. O menzionare la già ricordata fase di apertura delle procedure, che – e sul punto tornerò più avanti – parte come unica, ma poi si frantuma in percorsi differenziati. Mi riferisco, ancora, alla tendenza ad abbondare in innovazioni puramente terminologiche, come se il cambiamento di una denominazione sia in sé fattore di modernizzazione: ho già ricordato la soppressione del termine “fallimento” e la sua sostituzione con l’espressione “liquidazione giudiziale” (che crea, peraltro, non pochi problemi); posso aggiungere la nuova denominazione delle procedure di sovraindebitamento; la cre-
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azione della nuova categoria delle procedure di ”regolazione della crisi o dell’insolvenza”; e così via. Mi riferisco, infine, alla tendenza del legislatore delegato a valutare in modo assai “disinvolto” i vincoli derivanti dalla legge delega. Macroscopico è, a mio avviso, quanto accaduto in ordine alla delimitazione dell’area, rispettivamente, dei soggetti destinatari delle procedure di sovraindebitamento e dei soggetti destinatari delle procedure diciamo tradizionali. La legge delega, sia pure con una formulazione un po’ contorta, aveva (ha) previsto l’inserimento dell’impresa agricola non nel primo ambito, bensì nel secondo; il legislatore delegato ha invece ricondotto l’impresa agricola nel primo ambito. Il che ha concretato una palese illegittimità costituzionale. Contrariamente, infatti, a quanto hanno mostrato di ritenere i redattori della versione ultima dell’art. 2 lett. c) e dell’art. 121 del Codice, il legislatore delegato non è affatto libero di scegliere quali principi e criteri direttivi di una legge delega attuare e quali no. Non lo è in generale, e non lo è, in particolare, quando - come nella specie – la “mancata attuazione” di un principio di delega si traduca nella emanazione di una norma in patente contrasto con norme contenute nella legge delega (questa legge ha, nel nostro caso, delineato un certo perimetro dell’area dei soggetti destinatari delle procedure di sovraindebitamento; il decreto delegato ne ha delineato un altro decisamente diverso). 4. Naturalmente, non posso pensare di ripercorrere qui, nella chiave che ho scelto, l’intero Codice: debbo limitarmi ad alcune sintetiche notazioni di carattere generale riferite a taluni dei principi che ho prima indicato. A. Iniziamo dal tema della semplificazione, razionalizzazione e modernizzazione della disciplina vigente. A mio modo di vedere, una simile linea avrebbe dovuto indurre, prima di tutto, ad una riconsiderazione dalle fondamenta dell’intero sistema delle procedure (o procedimenti o strumenti) di composizione o soluzione delle crisi e di una conseguente riprogettazione, di nuovo: dalle fondamenta, di tale sistema. Nulla di tutto questo c’é stato. La nuova disciplina appare invece il frutto – come attestato dalla stessa scelta di formulare principi e criteri di delega che hanno riguardato non già la totalità della materia ma solo singole porzioni della medesima – di un approccio diverso e più limitato. Si è partiti dal sistema vigente per intervenire in modo puntuale solo su singole componenti o frammenti di esso. Si è seguita quindi – ed è difficile capirne il perché: la fretta? la mancanza di idee? - una logica di
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semplice novellazione. E la si è seguita, c’è da aggiungere, con notevole timidezza, quasi che si fosse ritenuto preciso compito quello di conciliare le esigenze di innovazione con una supposta necessità di conservare il più possibile del sistema esistente. a. Pensiamo, per fare un solo ma credo significativo esempio, alla novità, certo rilevante, data dalla previsione, che ho ricordato prima, di una fase iniziale unica, pensata come un momento decisivo di semplificazione e armonizzazione fra le diverse procedure. A me sembra – e l’avevo a suo tempo sottolineato – che, una volta entrati nell’ordine di idee di “compattare” in un unico contenitore processuale la fase di inizio di tutte le procedure, si sarebbe dovuto verificare se questa semplificazione non potesse essere portata oltre e condurre alla creazione di un sistema effettivamente unitario di disciplina delle crisi, con la franca adozione di un modello monistico. Così non è stato. Con il risultato che il nostro è rimasto un sistema dualistico misto, connotato dalla compresenza di due sottosistemi, quello delle c.d. procedure “tradizionali” (liquidazione giudiziale; concordato preventivo; liquidazione coatta amministrativa) e quello delle procedure di sovraindebitamento (piano del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata), ai quali due sottosistemi si aggiungono, per un verso, figure oggi non pienamente riconducibili ad alcuno di essi (il piano attestato, gli accordi di ristrutturazione, la convenzione di moratoria) e, dall’altro, il procedimento di composizione assistita della crisi, nuova figura dai connotati incerti e dalla collocazione ancora più incerta. Tutto questo ha come ovvio risultato una abnorme varietà di procedure e di strumenti, che spesso hanno fra di loro forti analogie strutturali (si pensi alla stretta contiguità, segnalata dalla stessa denominazione, fra concordato preventivo e concordato minore) che ciò nonostante sono stati mantenuti differenziati, ciascuno con un proprio referente soggettivo, con un effetto (impressionante) di frammentazione di un sistema che, almeno nelle intenzioni, avrebbe dovuto essere unitario. b. Debbo, sempre nella stessa chiave, osservare che, oltretutto, l’idea di “compattare” in un unico contenitore processuale la fase di inizio di tutte le procedure ha trovato, nella disciplina introdotta dal Codice, una realizzazione solo parziale. Infatti, da un lato, nel “contenitore processuale” unico sono in effetti confluite solo (le fasi dell’accesso relative a) alcune delle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza, vale a dire il concordato preventivo, l’omologazione degli accordi di ristrutturazione e la liquidazione giudiziale, e su queste la disciplina è stata modellata; mentre sono rimaste fuori le procedure di sovraindebitamento, alle quali le regole “uniformi” sono state estese, con l’art. 65, co. 2, soltanto nei limiti di quanto non
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diversamente disposto dalle relative discipline e nei limiti della compatibilità. E, dall’altro e soprattutto, il modello “uniforme” – per usare espressioni della relazione illustrativa al Codice – «si declina diversamente in relazione alle diverse procedure, in rapporto non tanto o non soltanto ai loro presupposti, ma anche in relazione ai soggetti legittimati ed il loro esito». Ciò significa che, all’interno del “contenitore processuale” unico i “percorsi” molto spesso, anzi quasi sempre, si differenziano in ragione delle peculiarità proprie di ciascuna procedura: talché la disciplina “trasversale” veramente uniforme, cioè riguardante allo stesso modo tutte le procedure, si riduce veramente a poco. 5. B. Passo al tema del favor per le soluzioni negoziali e per i meccanismi di conservazione delle strutture produttive. Entrano qui in gioco, ovviamente, soprattutto le discipline, da un lato, degli accordi di ristrutturazione e, dall’altro, del concordato preventivo. a. Quanto ai primi. Proseguendo nella linea che ha caratterizzato tutti gli interventi normativi dell’ultimo periodo, il Codice ha previsto un’ulteriore accentuazione della “vicinanza” fra gli accordi di ristrutturazione ed il concordato preventivo. Il che ha rafforzato ovviamente le tendenze ad attribuire all’istituto in questione la natura di procedura concorsuale, con tutte le conseguenze che allora ne derivano. Personalmente, sono sempre stato e sono tuttora convinto che il procedimento in questione non possa essere qualificato come procedura concorsuale. Pur se sono presenti, nella disciplina, caratteri “paraconcorsuali”, mancano nella struttura portante dell’istituto gli elementi essenziali di questo tipo di procedura; specificamente mancano, da un lato, la regolamentazione coattiva dei rapporti creditori/debitore e, dall’altro, la costituzione di un centro di imputazione distinto che si sostituisca o si affianchi al debitore nella gestione del patrimonio del medesimo. A prescindere da ciò, comunque, ritengo che l’“avvicinamento” degli accordi al concordato preventivo si traduca non solo in uno snaturamento dei primi ma anche in un potente disincentivo – ulteriore rispetto a ciò che dirò fra poco – all’utilizzazione del secondo. b. Quanto al concordato preventivo. α. Comincio con l’osservare che, pur se il nuovo legislatore tende a distinguere, in principio, fra procedure di regolazione della crisi e procedure di regolazione dell’insolvenza, la crisi in senso stretto (come probabilità o pericolo di insolvenza) finisce con il non avere un rilievo autonomo.
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Ora, alla luce proprio del principio di razionalizzazione del sistema, la crisi in senso stretto avrebbe potuto e forse dovuto avere un rilievo autonomo proprio con riferimento al concordato preventivo, soprattutto in considerazione della nuova configurazione di esso essenzialmente come concordato in continuità aziendale, dal momento che la continuità ha, direi, una reale plausibilità solo in una situazione di crisi meno grave dell’insolvenza. Mantenere la duplicità del presupposto oggettivo che ha caratterizzato finora il concordato preventivo significa continuare a condannare quest’ultimo ad una condizione di ambiguità, tanto meno giustificabile in un sistema che conserva anche il concordato fallimentare, ridenominato “concordato nella liquidazione giudiziale”, cioè uno strumento apposito di composizione negoziale nelle situazioni di insolvenza, che la legge delega oltretutto prescrive di incentivare. β. Detto questo, é mia impressione che la configurazione data dalla riforma al concordato preventivo – che ha costituito, e dovrebbe continuare a costituire, una procedura-cardine nel sistema – non sia particolarmente felice, per usare, ancora una volta, un eufemismo. Non lo è per quanto riguarda la figura del concordato con continuità aziendale. Senza arrivare alla drastica valutazione che ne ha dato tempo fa Floriano d’Alessandro, che la ha definita «per metà illusione e per metà imbroglio», a me sembra che si tratti di uno strumento forse apprezzabile in principio ma la cui disciplina è troppo ricca di illogicità, ambiguità, zone grigie o francamente nere, perché da un lato, la si possa assumere come la forma privilegiata di concordato preventivo e, dall’altro, se ne possa prevedere una tranquilla fruizione da parte dei destinatari. Mi limito a qualche esemplificazione. L’art. 84 del Codice, recante la rubrica «Finalità del concordato preventivo», al co. 1, testualmente stabilisce: «Con il concordato preventivo il debitore realizza il soddisfacimento dei creditori mediante la continuità aziendale o la liquidazione del patrimonio».: dal che inequivocabilmente deriva che la funzione (finalità) esclusiva, o quanto meno preminente, del concordato preventivo è costituita dal soddisfacimento dei creditori, mentre la continuità aziendale e la liquidazione del patrimonio costituiscono solo mezzi per assolvere a quella funzione. Premesso tutto questo, ciò che caratterizza il concordato in continuità aziendale non è la semplice prosecuzione dell’impresa: occorre (lo stabilisce perentoriamente il co. 3 dell’art. 84) che i creditori vengano soddisfatti in misura prevalente dal ricavato prodotto dalla continuità aziendale, sia essa diretta o indiretta, ivi compresa la cessione del magazzino. Il principio sembra molto chiaro. Mi pare però che esso sia messo, per così dire, in crisi da altre norme. Mi riferisco, da un lato, all’art. 87,
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co. 1, che, nell’individuare il contenuto del piano, mentre stabilisce che, nel caso di continuità diretta, occorre una analitica descrizione dei costi e dei ricavi attesi, ecc. (lett. g), nulla dice per l’ipotesi della continuità indiretta, che pure dovrebbe prospettare una analoga esigenza (ricordo che per l’art. 186-bis l. fall. tale analitica indicazione è richiesta per qualsiasi piano di concordato in continuità aziendale). E mi riferisco, dall’altro, alla precisazione contenuta nello stesso co. 3, per la quale la prevalenza si presume esistente quando i ricavi attesi dalla continuità per i primi due anni di attuazione del piano – e destinati, andrebbe aggiunto, ai creditori – derivano da un’attività di impresa alla quale sono addetti almeno la metà della media di quelli in forza nei due esercizi antecedenti: la stranezza, anzi l’illogicità di questa disposizione è – mi pare – evidente, non sussistendo alcun nesso fra l’entità della forza lavoro e l’idoneità del ricavato dell’attività a cui tale forza è addetta a soddisfare i creditori in misura prevalente rispetto ad altre fonti di soddisfacimento. Mi sembra, insomma, che l’intera costruzione sia, a dir poco, confusa e traballante. E ancora. Nel co. 2, ultima parte, si stabilisce che nel caso di continuità diretta «il piano deve prevedere che l’attività di impresa è funzionale ad assicurare il ripristino dell’equilibrio economico finanziario nell’interesse prioritario dei creditori, oltre che dell’imprenditore e dei soci»; e che, nel caso di continuità indiretta tale prescrizione, «in quanto compatibile, si applica anche con riferimento all’attività aziendale proseguita dal soggetto diverso dal debitore». Queste previsioni sono un autentico capolavoro di “equilibrismo verbale”. Di esse, oltretutto, non è neppure facile intendere il preciso significato e la esatta portata. Non ho la possibilità di approfondire, qui, tali profili. Mi limito a rilevare due cose: la prima è che il legislatore delegato – ispirandosi, chiaramente quanto incongruamente, alla normativa sull’amministrazione straordinaria – ha introdotto nella disciplina de qua una prospettiva (o, se si vuole, una finalità), quella del ripristino dell’equilibrio economico finanziario dell’impresa, di cui non c’è la benché minima traccia nella legge delega: il che ovviamente concreta un vistosissimo e gravissimo eccesso di delega. La seconda cosa è che le previsioni di cui ci stiamo occupando vanno in ogni caso interpretate alla luce della disposizione cardine di cui all’art. 84, co. 1: con la conseguenza che - contrariamente a quanto potrebbe ipotizzarsi ed a quanto enfaticamente prospettato nella relazione
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illustrativa al decreto1 - il ripristino dell’equilibrio economico finanziario dell’impresa non può comunque configurarsi come obiettivo “autonomo” della procedura e men che meno come obiettivo primario, ma solo, al massimo, come obiettivo “intermedio” da perseguire nei limiti e per il tempo necessari ad assolvere alla funzione preminente della procedura, cioè il soddisfacimento dei creditori. γ. La configurazione data dal nuovo legislatore non è stata felice neppure per quanto riguarda il concordato liquidatorio. La scelta di condizionare l’ammissibilità di un tale concordato ad un apporto di risorse esterne che aumenti apprezzabilmente il soddisfacimento dei creditori chirografari è stata scelta ampiamente discutibile, sotto diversi profili: essa, infatti, sembra il frutto di opzioni ideologiche, appare del tutto fuori posto in un contesto che dovrebbe assumere come punto di riferimento solo la mera e “bruta” convenienza dei creditori e, infine, tradisce, a ben considerare, una profonda sfiducia, non solo nella capacità dei creditori di autotutelarsi ma anche nella capacità degli organi della procedura, a cominciare dai tribunali, di prevenire e/o reprimere eventuali abusi dello strumento del concordato con cessione dei beni. 6. C. Arrivo ad un ultimo tema, quello del coordinamento fra regole concorsuali e regole societarie. a. Su questo tema si registrano molte innovazioni, alcune delle quali decisamente meritevoli di apprezzamento. Mi riferisco, in particolare, da un lato, alla specificazione dei doveri degli organi sociali in chiave di prevenzione e soluzione delle crisi: una specificazione senz’altro più che opportuna, in relazione all’esigenza di fare definitivamente chiarezza su di una tematica tanto delicata quanto resa complessa dalla varietà degli orientamenti che sono nel tempo maturati fra gli interpreti. E mi riferisco, dall’altro, alla regolamentazione della crisi dei gruppi, con la quale si colma una lacuna gravissima, da tutti e da tempo lamentata, e la si colma in modo complessivamente accettabile, almeno a livello di impostazione della disciplina.
1 Vi si legge, infatti, che il concordato in continuità sarebbe «l’opzione che la nuova disciplina della crisi valorizza maggiormente in quanto finalizzata al recupero della capacità dell’impresa di rientrare, ristrutturata e risanata, nel mercato»; e che «l’attività deve essere funzionale ad assicurare il ripristino dell’equilibrio economico-finanziario dell’impresa in modo da assicurare che, una volta soddisfatti i creditori, la stessa sia in grado di riposizionarsi adeguatamente nel mercato».
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Detto questo, è mia impressione che molte altre parti della nuova normativa dedicata al coordinamento fra regole societarie e regole concorsuali siano, per usare il solito eufemismo, assai poco felici. b. In alcuni casi, il legislatore della riforma è incorso in patenti contraddizioni. Basta un solo esempio. Da un lato, si prevede (art. 380, che modifica l’art. 2484 c.c.) il ritorno alla regola secondo cui l’apertura della liquidazione giudiziale (un tempo: fallimento) costituisce causa di scioglimento anche delle società di capitali – ritorno, va notato per inciso, assolutamente ingiustificato e del quale non si avvertiva alcuna necessità, essendo quella regola fonte soltanto di rilevanti incertezze e problemi – recependo quindi la vecchia idea della valenza ex se dissolutiva delle procedure concorsuali liquidative. Dall’altro, si stabilisce (art. 233, co. 2) che, chiusa la procedura di liquidazione per effetto della mancanza di domande di ammissione al passivo o per soddisfacimento integrale dei creditori, il curatore debba convocare i soci perché deliberino in ordine alla prosecuzione o alla liquidazione ordinaria della società; e si prevede poi (art. 278) che anche le società possano fruire della esdebitazione. Per l’uno e per l’altro profilo, allora, secondo un’idea che parrebbe esattamente opposta. c. In altri casi, il legislatore della riforma ha seguito linee assai poco condivisibili. Premetto che, a mio modo di vedere, il coordinamento di cui stiamo parlando dovrebbe, in linea generale, essere realizzato all’insegna di un equilibrato contemperamento delle esigenze di cui le regole concorsuali sono espressione e delle esigenze di cui le regole societarie sono espressione, alla luce della considerazione che gli interessi alla base dei due complessi di regole hanno in principio pari dignità. Un equilibrato contemperamento di cui molte delle norme tuttora esistenti e molte delle norme introdotte dalla riforma sono nitida manifestazione: penso per le prime all’art. 2499 c.c. e, per le seconde, alla appena ricordata normativa sulla crisi dei gruppi. Orbene, a me pare che alcune delle altre nuove norme nella materia che qui interessa non siano state ispirate ad una analoga logica di equilibrato contemperamento. Procedendo anche qui per esemplificazioni, mi riferisco in particolare all’art. 264, ai sensi del quale «Il curatore può compiere gli atti e le operazioni riguardanti l’organizzazione e la struttura finanziaria della società previsti nel programma di liquidazione…» (co. 1) e «Il programma di liquidazione può prevedere l’attribuzione al curatore, per determinati atti od operazioni, dei poteri dell’assemblea dei soci» (co. 2). Questa disposizione – e prima l’art. 7, co. 2, lett. e) della legge delega di cui essa costituisce attuazione – appare chiaramente ispirata all’art. 63 della Direttiva UE n. 59/2014, che ha istituito un nuovo quadro di
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risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento (la c. d. BRRD, attuata in Italia con il d. lgs. n. 180(2015)2. Ora, da un lato, la disposizione della Direttiva comunitaria si inserisce in un contesto assai particolare, che vede le banche assoggettate ad un regime di controlli pubblicistici talmente stretto ed incisivo da privare le medesime, in effetti, di qualsiasi spazio di autonomia: il che ovviamente non si riscontra per le imprese diciamo comuni, con ciò restando preclusa in radice ogni possibilità di “comunicazione” di regole o di principi dall’uno all’altro comparto. Dall’altro, la disposizione della Direttiva solleva non pochi dubbi in punto di conformità alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea per quella che si configura come una sorta di espropriazione delle prerogative e dei diritti non solo patrimoniali della società e dei soci. Dubbi ancora maggiori di contrasto con i principi della nostra Costituzione evidentemente sono suscettibili di porsi con riguardo alla disposizione di legge di cui stiamo parlando, anche in considerazione del fatto che – a differenza di quanto previsto dall’art. 91, co 4 delle disposizioni di attuazione del codice civile, che affida al tribunale la decisione di attribuire all’amministratore giudiziario poteri dell’assemblea – nel nostro caso la scelta in ordine al se e a quali poteri dell’assemblea attribuire al curatore è rimessa fondamentalmente alla codeterminazione del medesimo curatore e del comitato dei creditori, senza spazi per interventi decisionali degli organi giudiziari della procedura, che dovrebbero assicurare proprio il contemperamento equilibrato fra le esigenze della procedura e le esigenze della società e dei soci. E’ vero che, ai sensi dell’art. 213, co. 7, del Codice, «Il programma [predisposto dal curatore] è trasmesso al giudice delegato che ne autorizza la sottoposizione al comitato dei creditori per l’approvazione»: ma è, credo, da escludere che a questa “autorizzazione” possa attribuirsi il valore sostanziale di una approvazione. E, ancora, è vero che, ai sensi dello stesso co. 2 dell’art. 264, le deliberazioni che non sono prese (dal curatore) in conformità della legge e dell’atto costitutivo possono essere impugnate con reclamo al tribunale, dovendo trovare applicazione, nei limiti della
2 Il quale, sotto la rubrica Poteri generali, menziona il «potere di assumere il controllo dell’ente soggetto a risoluzione ed esercitare tutti i diritti e poteri conferiti ai suoi azionisti, ai suoi altri proprietari e al suo organo di amministrazione» (lett. b); «il potere di trasferire azioni o altri titoli di proprietà emessi dall’ente soggetto a risoluzione» (lett. c); il «potere d’imporre all’ente soggetto a risoluzione o a un ente impresa madre pertinente di emettere nuove azioni o altri titoli di proprietà ovvero altri strumenti di capitale, compresi azioni privilegiate e strumenti convertibili contingenti» (lett. i) e così via.
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compatibilità, le regole poste dagli art. 2377 ss. c.c.; ma non è meno vero che il reclamo può investire solo la legittimità delle deliberazioni non anche, almeno direttamente il merito delle medesime. 7. Da tutto quanto ho fin qui detto emerge che la nuova (dopo quella del 2005-2007) riforma “organica” delle procedure concorsuali presenta molte luci, ma anche molte e forse prevalenti, ombre. Quel che mi sembra di poter dire, in conclusione, è che, seguendo percorsi più ordinati e procedendo sulla base di idee più chiare, sicuramente sarebbe stato possibile ottenere risultati migliori: sotto questo aspetto sarei portato a ritenere quella che ora ne occupa una ulteriore occasione mancata di realizzare una riforma veramente organica e soddisfacente. Certo, si potrebbe confidare nell’intervento correttivo a cui accennavo all’inizio. Però, per un verso, non è detto che questo intervento apporti modifiche o integrazioni sicuramente migliorative; per altro verso, non mi parrebbe accettabile un “metodo” di produzione di norme che proceda per “approssimazioni successive”.
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Abstract Il lavoro mira ad illustrare, in una considerazione complessiva, la architettura del nuovo sistema di regolazione e soluzione delle crisi e dell’insolvenza disegnato dalla l. n. 155/2017 e dal d. lgs. n. 14/2019. In esso si cerca di individuare i principi generali che ispirano la nuova disciplina e, soprattutto, di analizzare il modo in cui – anche per effetto di talune particolari tendenze che hanno caratterizzato le scelte del legislatore – tali principi (o almeno i più importanti fra gli stessi) siano stati tradotti in disposizioni positive.
*** The paper aims to illustrate, in a general view, the architecture of the new system of regulation and solution of crises and insolvency designed by the laws n. 155/2017 and n. 14/2019. It tries to identify the general principles that inspire the new discipline and, above all, to analyze how – also for certain particular trends that have characterized the choices of the legislator – those principles (or, at least, the most important of them) have been translated in positive provisions.
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Tentativi di sviluppo di un mercato secondario delle quote di società a responsabilità limitata* Sommario: 1. Premessa. – 2. Destinazione al mercato delle quote di società a responsabilità limitata. – 3. Finanziamento della società a responsabilità limitata mediante emissione di token.
1. Premessa. L’irruzione di novità, contenute in alcune leggi speciali, sembra destrutturare il modello della società a responsabilità limitata1 che, dopo la riforma del 2003, già stentava a stabilizzarsi secondo linee interpretative ampiamente condivise. Infatti, nuove bordate alla stabilizzazione sono arrivate a partire dal 2012 con la legislazione in tema di start-up innovative e più recentemente con due provvedimenti del 2017 (d.l. n. 50/2017, conv. in legge n. 96/2017, recante “Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo” e d.lgs. n. 129/2017 di Attuazione della direttiva 2014/65/UE)2. In Italia la stragrande maggioranza delle Piccole e Medie Imprese (pmi) è costituita in forma di società a responsabilità limitata; tuttavia, i
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Lo scritto è destinato agli Studi in onore di Oreste Cagnasso. Si usa qui l’espressione modello, anziché tipo, seguendo le considerazioni di Montalenti, Il diritto societario dai “tipi” ai “modelli”, in Giur. comm., 2016, I, pp. 420 ss.: proprio con riguardo alla società a responsabilità limitata è particolarmente evidente che il legislatore concede sempre più spazi alla libertà dei privati di adoperare la struttura associativa adattandola ai propri interessi. Adde Benazzo, Categorie di quote, diritti di voto e governance della “nuovissima” s.r.l.: quale ruolo e quale spazio per la disciplina azionaria nella s.r.l – PMI aperta?, in Riv. soc., 2018, pp. 1441 ss. 2 Cfr. Occhilupo, SRL ordinaria, SRL semplificata e start-up innovative costituite sotto forma di SRL: quali vantaggi da una destrutturazione del diritto societario?, in Banca, impresa, soc., 2013, pp. 389 ss.; Benazzo, Start up e PMI innovativa, in Dig. disc. priv., sez.comm., Agg., Torino, 2017, p. 485. 1
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dati economici dimostrano che proprio le PMI hanno maggiori difficoltà a ottenere finanziamenti bancari, ma allo stesso tempo non trovano facilmente canali di finanziamento alternativi3. Il discorso si fa ancora più complesso per la pmi/s.r.l. poiché qui alcuni canali alternativi, vale a dire la possibilità di rivolgersi direttamente al mercato retail4, per la sottoscrizione del capitale di rischio, era impedita dalle caratteristiche tipologiche della società a responsabilità limitata, in sintesi dal connotato accentuatamente personalistico della partecipazione del socio a confronto della disciplina delle società per azioni5 . I canali alternativi, ai quali mi riferisco, sono essenzialmente il crowfunding e le ICOs o token offerings6. A) L’equity crowfunding è stato introdotto nel nostro ordinamento dal c.d. “Decreto sviluppo bis” n. 179/2012 (conv. in legge n. 221/2012) quale modalità di finanziamento delle imprese start-up innovative che accedono al mercato attraverso “portali internet” gestiti da imprese di investimento, banche e altri soggetti specificamente autorizzati dalla Consob ed iscritti in apposito elenco tenuto dalla stessa. Questo fenomeno è ormai abbastanza noto e studiato da una copiosa dottrina giuridica, mi limiterò pertanto a qualche sintetico riferimento7. B) A loro volta le ICOs o token offerings sono più recenti8 e ancora non disciplinate nella legge italiana, proprio la supposta libertà di ope-
3 Dati significativi sono riportati in Osservatori Entrepreneurs & Finance, La finanza alternativa per le PMI in Italia, Quaderno di ricerca, Politecnico di Milano, School of Management, Novembre 2018. V. anche Robinson, The New Digital Wild West: Regulating the Explotion of Initial Coin Offerings, in ssrn.com/abstract=3087541. La preoccupazione per il finanziamento della PMI è, in verità, ampiamente condivisa da tutti i paesi europei, v. infatti la Relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica i regolamenti (UE) n. 596/2014 e (UE) 2017/1129 per quanto riguarda la promozione dell’uso dei mercati di crescita per le PMI [COM(2018))0331 – C80212/2018- 2018/0165(COD)], documento di seduta, 6 dicembre 2018, A8-0437/2018. 4 Si prescinde dalle modalità di finanziamento alternative ove l’investitore tipico è un professionista, per un’utile classificazione economica (ma con riferimenti anche alle fonti legali) si rinvia ancora a Osservatori Entrepreneurs & Finance, La finanza, cit., pp. 5 ss. 5 Basti qui fare riferimento, in luogo di molti, alla monografia di Fortunato, La società a responsabilità limitata, Torino, 2017, in particolare pp. 83 ss. 6 Cfr. Hacker e Thomale, Crypto-Securities Regulation: ICOs, Token Sales and Cryptocurrencies under EU Financial Law, in European Company and Financial L.R., 2018, pp. 645 ss. 7 V. par. successivo. 8 V. ESMA, Own Initiative Report on Initial Coin Offerings and Crypto-Assets, Advice
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rare senza vincoli ne ha determinato un certo successo iniziale, tuttavia già tra il 2018 e il 2019 si è manifestata una diminuzione delle offerte di token digitali, parrebbe per effetto dell’attenzione che la Consob ha cominciato a dedicare a tale fenomeno; ciò è accaduto nonostante che l’Autorità abbia proposto un approccio di regolazione soft, limitandosi a prevedere «un regime che in virtù dell’opt-in consenta al promotore dell’iniziativa (emittente/offerente/proponente) di scegliere una piattaforma dedicata [c.d. exchange] (...) al fine di rivolgersi alla platea degli investitori in un contesto regolamentato»9 . Cosicché le offerte di token fuori dalle piattaforme regolamentate continuerebbero ad essere legittime. In breve si può dire che le ICOs sono offerte al pubblico per la raccolta di capitali in funzione del finanziamento di un progetto imprenditoriale. Il soggetto emittente può essere oltre che una società (senza delimitazione di tipo), una persona fisica o un network di sviluppatori di prodotti10.
2. Destinazione al mercato delle quote di società a responsabilità limitata. In relazione alla destinazione al mercato è importante rilevare che, in deroga ai commi 2 e 3 dell’art. 2468 c.c., le pmi, costituite in forma di società a responsabilità limitata, possono creare particolari categorie di quote. Tanto dispone il comma 2 dell’art. 26 del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221; si noti che dopo le modificazioni introdotte dal d.l. 24 aprile 2017, n. 50, sopra citato, il riferimento non è più limitato alla srl/start-up innovativa (come in precedenza) ma riguarda tutte le srl/pmi11.
22-106-1338, 19 October 2018, 9 ss.; ESMA, Crypto-assets need common EU-wide approach to ensure investor protection, Advice 71-99-1084, 9 January 2019, 3. 9 Così Consob, Le offerte iniziali e gli scambi di cripto-attività, Documento per la discussione, 19 marzo 2019, 9. Per un primo commento cfr. Sciarrone Alibrandi, Offerte iniziali e scambi di cripto-attività il nuovo approccio regolatorio della Consob, 2019, in DB, 4 aprile 2019; più ampiamente, e in senso critico rispetto alle scelte della Consob, Carrière, The Italian Regulatory Approach to Crypto-Assets and Utility Tokens’ ICOs, in Bocconi Working Paper n. 113, July 2019. 10 Cfr. Consob, Le offerte iniziali, cit., p. 3. 11 Il co. 2 citato nel testo, precisamente, recita: «l’atto costitutivo della P.M.I. costituita
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In seguito a tali innovazioni legislative è venuta meno una delle differenze rispetto al tipo della società per azioni, infatti, anche le quote possono essere tutte di uguale valore, esprimendo una stessa frazione del capitale sociale. La standardizzazione delle quote è funzionale alla loro negoziazione sui mercati dei capitali 12 e risponde all’esigenza sottesa alla legislazione citata, vale a dire facilitare il finanziamento della PMI, anche in forma di società a responsabilità limitata, attraverso nuovi canali di accesso diretto al capitale privato. Sia il tema del crowdfunding sia il tema della rottura dell’unità tipologica della società a responsabilità limitata sono stati ampiamente trattati dalla dottrina recente, basti qui osservare che in un primo tempo per salvare l’unità tipologica si è detto che le start-up innovative non erano un tipo a sé poiché erano caratterizzate da applicazione di una disciplina temporanea e poi destinate a rientrare nella tipologia ordinaria13; di fronte all’estensione della regola a tutte le pmi/srl, taluni ora affermano che sia stato creato un nuovo modello di società la cui disciplina, ampiamente carente, dovrebbe essere colmata attraverso l’applicazione analogica delle norme della società per azioni14. Al di là della schematiche indicazioni relative alle regole di diritto societario, qui ci si propone solo di svolgere qualche considerazione relativamente alle regole del mercato finanziario. Occorre ricordare che già da tempo il legislatore si è posto l’obiettivo di creare un mercato
in forma di s.r.l. può creare categorie di quote fornite di diritti diversi e, nei limiti imposti dalla legge, può liberamente determinare il contenuto delle varie categorie anche in deroga a quanto previsto dall’art. 2468, commi secondo e terzo, del codice civile». Su Tale disposizione, cfr. Cossu, Le start-up innovative in forma di società a responsabilità illimitata, in Società, banche e crisi d’impresa, Liber amicorum Pietro Abbadessa, 2, diretto da Campobasso, Cariello, Di Cataldo, Guerrera, Sciarrone Alibrandi, Torino, 2014, pp. 1717 ss.; Cian, Società start-up innovative e PMI innovative, in I modelli di impresa societaria, cit., pp. 93 ss.; Marasà, Start-up innovative e normativa di agevolazione per le imprese, in La Folla e l’impresa, cit., pp. 19 ss. 12 Secondo Maltoni e Spada, L’impresa start-up innovativa costituita in società a responsabilità limitata, in Riv. not., 2013, p. 1118, la categorizzazione delle quote implica «l’assimilazione delle quote a prodotti finanziari». 13 Cfr. Maltoni e Spada, L’impresa start-up, cit., pp. 1117 ss.; Cossu, Le start-up innovative, cit., pp. 1715 ss. 14 Cfr. Cian, Società start-up, cit., p. 103 ss. Benazzo, Categorie di quote, cit., pp. 1460 ss. ritiene, in termini condivisibili, che il tema dell’applicazione analogica, della disciplina della società per azioni a quella a responsabilità limitata, deve essere circoscritto alla società a responsabilità limitata che abbia effettivamente fatto ricorso al mercato di capitali o almeno abbia predisposto le idonee clausole statutarie (a p. 1462).
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secondario per lo scambio delle partecipazioni sociali nelle società PMI innovative15, si veda in particolare l’art. 4 del d.l. 24 gennaio 2015, n. 3, che reca, fra l’altro, modifiche al testo unico della finanza16. Con un approccio empirico vorrei partire da un caso concreto: una società gestore di portali17 ha presentato richiesta di autorizzazione alla Consob per un progetto di mercato secondario inteso a facilitare gli scambi di “prodotti finanziari”18, già offerti sul mercato primario, su un portale di equity crowdfunding. Il progetto sopra citato prevedeva, fra l’altro, la contrattazione di quote di emittenti costituiti in forma di s.r.l. su un mercato alternativo organizzato secondo il seguente schema, in modo che: 1) gli ordini (di acquisto/vendita) fossero esposti in forma anonima nel portale in una sezione apposita c.d. book e ordinati per prezzo, periodo di efficacia ecc.; 2) gli ordini di segno opposto venissero associati secondo criteri prestabiliti (per gli ordini presentati nello stesso periodo secondo il criterio del miglior prezzo, altrimenti secondo un criterio temporale); 3) infine, che gli ordini di vendita o di acquisto venissero eseguiti. In definitiva, poiché oggi, l’art. 100-ter, co. 1-bis, t.u.f., quale inserito dall’art. 4 del d.lgs. n. 129/2017, recita: «In deroga a quanto previsto dall’articolo 2468, primo comma, del codice civile, le quote di partecipazione in piccole e medie imprese costituite in forma di società a responsabilità limitata possono costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari, anche attraverso i portali per la raccolta di capitali, nei limiti previsti dal presente decreto» [enfasi aggiunta], si deve concludere che le società che gestiscono i mercati possono attivare portali per la contrattazione di quote di società a responsabilità limitata che siano pmi19 che, appunto, intendano aprire il loro capitale a tali mercati. Il
15 V. Consob, Mappatura delle sedi di negoziazione in Italia dopo l’entrata in vigore di MiFID II/MiFIR, Roma, 7 ottobre 2018, pp. 15 ss. 16 Cfr. Annunziata, PMI, quotazione, crowfunding, in I modelli di impresa societaria fra tradizione e innovazione nel contesto europeo, a cura di Montalenti, Milano, 2016, pp. 131 ss.; Mosco, Start-up e p.m.i. innovative: equity crowfunding e deroghe al diritto societario, in La Folla e l’impresa, a cura di Colurcio e Laudonio, Bari, 2016, pp. 23 ss. 17 Se ne tace la denominazione per evidenti motivi di riservatezza. 18 Benazzo, Categorie, cit., p. 1454 rammenta che anche la rubrica del Titolo II, integrata da quella del Capo I, t.u.f. giustifica la creazione di un mercato secondario, poiché l’appello al pubblico risparmio si ha non solo con l’offerta di sottoscrizione (mercato primario) ma anche con quella di vendita (mercato secondario). 19 L’art. 2, co. 1, lett. h), qualifica quali strumenti finanziari non solo le azioni ma anche «le quote rappresentative del capitale sociale (...) oggetto delle offerte al pubblico
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limite è dato da quanto stabilito nel Regolamento Consob n. 18592 del 26 giugno 2013, aggiornato con delibera n. 19520 del 24 febbraio 2016 “sulla raccolta di capitali di rischio tramite portali on-line”, il cui art. 24 stabilisce le “Condizioni relative alle offerte sul portale”20. Ma si può sviluppare un mercato secondario delle quote di società a responsabilità limitata? Per rispondere occorre preliminarmente stabilire come qualificare tali quote (quelle che siano state già categorizzate ai sensi dell’art. 26, co. 2, d.l. n. 179/2012) in relazione alla disciplina del mercato. L’art. 100-ter, co. 1, t.u.f., dispone che «le offerte al pubblico condotte attraverso uno o più portali per la raccolta di capitali possano avere ad oggetto soltanto la sottoscrizione di strumenti finanziari emessi dalle piccole e medie imprese»; poi, che tali portali non siano solo il tramite della sottoscrizione ma anche della successiva circolazione è chiarito nei successivi commi 2-bis e 2-quater del medesimo articolo. Dunque, le quote di società a responsabilità limitata possono essere, strumenti finanziari? Sicuramente sì se si considera: 1) da un lato, che questi ultimi sono caratterizzati dalla negoziazione sul mercato secondario e/o dall’essere prodotti derivati21; 2) dall’altro, che le quote della società a responsabilità possono, appunto, essere standardizzate e destinate alla circolazione in un mercato secondario. In tale ultimo senso si possono leggere l’art. 2470 c.c. e l’art. 100-ter, co. 2-bis, t.u.f., che prevedono un regime di circolazione alternativo al trasferimento tradizionale delle quote di società a responsabilità limitata, regime molto simile a quello della Monte Titoli degli anno ’80 del secolo scorso22. Ma vi è di più, le quote standardizzate di società a responsabilità limitata, al pari delle azioni e delle obbligazioni, fanno parte di quella più ristretta categoria di strumenti finanziari che sono i “valori mobiliari”23 per l’equivalenza alle azioni cui fa riferimento la lett. a) dell’art. 1, co. 1-bis, t.u.f., secondo il quale sono valori mobiliari «le azioni di società e altri titoli equivalenti ad azioni di società»24, si intende e si ripete alla condizione che siano negoziati sul mercato.
condotte attraverso portali”. Cfr. Benazzo, Categorie, cit., p. 1447. 20 V. anche la delibera Consob n. 20204 del 29 novembre 2017. 21 Vedine l’elenco dettagliato nella Sezione C allegata al Testo unico della finanza. 22 Cfr. De Luca, Crowfunding e quote “dematerializzate” di S.R.L. ? Prime considerazioni, in Nuove leggi civ., 2016, pp. 1 ss. 23 Conforme Benazzo, Categorie, cit., pp. 1446 e 1454. 24 L’art. 93-bis, ascrive le azioni e gli strumenti finanziari equivalenti alle azioni ad altra sotto-categoria degli strumenti finanziari quelli dei “titoli di capitali”, ciò ai fini della
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3. Finanziamento della società a responsabilità limitata mediante emissione di token. L’impegno del legislatore per ampliare il mercato del finanziamento delle pmi non è ancora stabilizzato e, soprattutto, il lavoro di sistematizzazione della dottrina (con particolare riferimento alla pmi/srl) non è ancora portato a compimento, che recenti innovazioni della tecnologia digitale aprono nuove sfide regolamentari e interpretative. Mi riferisco all’emissione e alla circolazione dei c.d. token che adottano la tecnologia blockchain25, la quale ultima consente il vantaggio di scambiare agevolmente i token su un mercato secondario26 che, a parità di altre condizioni, è molto più liquido del mercato dell’equity crowdfunding. Occorre chiedersi se i token possano rappresentare quote categorizzate di srl/pmi o, almeno, una compartecipazione agli utili della società o il diritto alla restituzione del capitale investito accompagnato dalla sua remunerazione. Nei dizionari di lingua inglese economico-commerciale, la parola token, a parte il significato corrente di gettone, sta a significare contro-
disciplina dell’offerta al pubblico di sottoscrizione e di vendita. Ma si tratta di incertezze terminologiche prive di effetti distintivi ai fini di differenza di disciplina. 25 Per tale si intende (in modo sostanzialmente conforme con la definizione che ne dà anche il legislatore italiano nel c.d. decreto Semplificazioni: d.l. 14 dicembre 2018, n. 135) “un registro aperto e distribuito che può memorizzare le transazioni tra due parti in modo sicuro, verificabile e permanente. Una volta scritti, i dati in un blocco non possono essere retroattivamente alterati senza che siano modificati tutti i blocchi successivi ad esso, il che, per la natura del protocollo e dello schema di validazione, necessiterebbe il consenso della maggioranza della rete” così Osservatori Entrepreneurs & Finance, La finanza, cit., p. 43; Capizzi, Catene di intermediazione transfrontaliere nella gestione accentrata di strumenti finanziari e legittimazione all’esercizio dei diritti sociali: quale ruolo per la tecnologia DLT/blockchain?, in Orizzonti del diritto commerciale, L’evoluzione tecnologica e il diritto commerciale, Roma, 22-23 febbraio 2019, dattiloscritto, pp. 3 ss. Per l’esperienza francese, v. Le Moign, French ICOS – A New Method of Financing?, in amf-france-org, November 2018, pp. 1-25; per l’esperienza anche in altri paesi, v. Contaldo, Campara, Blockchain, criptovalute, smart contract, industria 4.0, Pisa, 2019, pp. 78 ss. Si vedano, infine, le osservazioni di Rohr e Wright, Blockchain-Based Token Sales, Initial Coin Offerings, and the Democratization of Public Capital Markets, in ssrn. com/abstract=3048104. 26 Si noti che la Consob vorrebbe sdoganare tali mercati (cfr. Consob, Le offerte iniziali, cit., pp. 8 ss.), in primo luogo, definendo «piattaforma per le offerte di cripto attività» quella on line che abbia il fine esclusivo di promuovere e realizzare «offerte di cripto attività di nuova emissione», allo stesso tempo abilitando a gestire le dette piattaforme, in primo luogo, proprio i gestori di portali di crowdfunding ex art. 50-quinquies t.u.f.
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marca o buono d’acquisto, pertanto in termini giuridici indica un documento che legittima il possessore a ricevere un servizio (ad es. biglietto di ingresso in un parcheggio) o un bene (ad es. buono mensa). I token di cui qui si discute, tuttavia, sono digitali e si sono diffusi secondo tre categorie diverse potendo essere currency, utility o investment token; benché tutte queste fattispecie richiedano l’attenzione del giurista, limiterò le seguenti considerazioni solo agli investment token27. Possono questi ultimi incorporare valori mobiliari? azioni, obbligazioni, strumenti finanziari di cui all’art. 2346 c.c. e, per quanto qui ci riguarda, quote standardizzate di società a responsabilità limitata? Si è già detto che l’ordinamento italiano consente la standardizzazione, trasferibilità e negoziabilità sui mercati secondari delle quote di società a responsabilità limitata, pertanto nulla impedisce che l’investment token, in quanto contenitore (recte documento) digitale, rappresenti appunto tali quote. Di là della forma digitale, questa linea di indagine poco aggiungerebbe alla conoscenza giuridica, poiché è già acquisito che le quote standardizzate di società a responsabilità limitata possano circolare in modalità dematerializzata. Più interessante è notare che, nella prassi internazionale, i token per lo più attribuiscono ai possessori diritti economici, ma talvolta anche amministrativi, relativi al progetto al quale il finanziamento è funzionalizzato. Tuttavia, benché i token possano essere rappresentativi di un diritto patrimoniale e/o amministrativo, l’affermazione può portarci fuori strada se la rapportiamo ai diritti contenuti in un’azione, uno strumento finanziario o alle quote categorizzate di una società a responsabilità limitata. Essi, infatti, nella prassi non sono rappresentativi di una posizione sociale, ancorché fossero emessi da una società: i titolari non sono soci, come non sono obbligazionisti né detentori di titoli di debito (ex art. 2483 c.c.). I token danno, piuttosto, diritti patrimoniali in virtù della partecipazione a una quota parte di un investimento e, nel gruppo di partecipanti, consentono di votare pro quota per approvare o respingere progetti di finanziamento. Il possessore del token, pertanto, non diven-
27 Per un quadro d’insieme efficace è sufficiente fare riferimento a Hacker e Thomale, Crypto-Securities, cit., in particolare pp. 650 ss. Nella dottrina italiana, cfr. Annunziata, Speak, If You Can: What Are You? An Alternative Approach to the Qualification of Tokens and Initial Coin Offerings, in Bocconi Legal Studies Research, n. 2636561, February, 2019, pp. 8 ss.; Rulli, Incorporazione senza res e dematerializzazione senza accentratore: appunti sui token, in Orizzonti del diritto Commerciale, cit., pp. 1-27; Pirani, Gli strumenti della finanza disintermediata: Initial Coin Offering e blockchain, ibidem, pp. 1-30.
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ta socio della società ancorché tale sia la veste giuridica del soggetto emittente, la sua posizione giuridica può piuttosto essere equiparata a quella di un associato in un contratto di associazione in partecipazione o anche essere configurata quale socio di una società di secondo grado tra la società emittente e i sottoscrittori dei token stessi28. In conseguenza, sotto il profilo del diritto applicabile alla società a responsabilità limitata, il finanziamento attraverso l’emissione dei token non ha effetti dirompenti sul tipo, così come abbiamo visto nei paragrafi precedenti per l’emissione di quote categorizzate. Infatti, la struttura e la funzionalità della società a responsabilità limitata resta inalterata pur associando, tale società, i sottoscrittori di token a questo o quel progetto di investimento. Per altro, sotto il profilo della disciplina dei mercati finanziari, il token d’investimento è un prodotto finanziario, come per prima ha stabilito la SEC negli Stati Uniti nel caso the DAO29, infatti si tratta di una forma di investimento di natura finanziaria dal quale l’investitore si ripromette un ritorno economico, partecipando ad un’iniziativa economica comune con il soggetto finanziato che, dal canto suo, promette di impegnare, nel portare avanti il progetto, un adeguato sforzo imprenditoriale. Di più, i token possono essere ascritti alla categoria degli strumenti finanziari quando siano strutturati in modo da corrispondere a una
28 Hacker e Thomale (Crypto-Securities, cit., pp. 651 e 671 ss.) notano, al riguardo, che offrire sul mercato token consente all’emittente di raccogliere capitale senza diluire la composizione del capitale sociale. Si tratta comunque di uno strumento duttile: ad es. la società Palladium, con sede a Malta, ha lanciato la prima Initial Convertible Coin Offering che consente agli investitori il diritto di convertire i token in azioni di Palladium tre anni dopo la data di emissione, si tratta dunque dell’emissione di un warrant convertibile “tokenizzato”. Il prospetto è stato approvato dalla Financial Services Authority della Repubblica di Malta. 29 La vicenda si può leggere nel Report della SEC n. 81207 del 25 luglio 2017: DAO era “un’organizzazione” creata su blockchain Ethereum (una criptovaluta) non formalmente definita (cioè senza sede, senza personalità giuridica, senza amministratori formalmente individuati). DAO offriva, via internet, token in cambio di moneta virtuale Ethereum. I DAO token davano diritto ad approvare i progetti di investimento da finanziare, a tal fine era stato creato un sito internet, erano state date le informazioni identificative del progetto smart contract. Tuttavia, il 18 giugno 2016 veniva violato il sito in cui erano collocati gli Ethereum ricevuti dall’organizzazione e in poche ore furono persi 70 milioni di dollari. In seguito a ciò, da un lato, fu biforcata la blockchain Ethereum per sterilizzare le successive conseguenze dell’intrusione, dall’altro, la SEC a tutela degli investitori provvide a qualificare i token quali securities. Cfr. Rulli, Incorporazione, cit., pp. 18 ss.; Pirani, Gli strumenti, cit., pp. 17 ss.
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delle descrizioni di cui all’Allegato 1, Sezione C, del Tuf. In particolare per le modalità di emissione descritte sopra e per il fatto che essi sono negoziati su piattaforme dette Exchange, mi sembra che essi possano rientrare in quegli “altri contratti su strumenti derivati connessi a beni, diritti, obblighi, indici e misure, non altrimenti indicati nella presente sezione, aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, considerando, tra l’altro, se sono negoziati su un mercato regolamentato, un sistema multilaterale di negoziazione o un sistema organizzato di negoziazione” (Allegato 1, Sezione C, n. 10, t.u.f.). La Consob esclude tale qualificazione ritenendo che sia troppo oneroso condurre un’analisi caso per caso per verificare se la qualificazione sia corretta30, concludendo che sarebbe più opportuna la “codificazione di una categoria ad hoc”. Come si diceva supra nel paragrafo 2, la Consob si propone di assumere un atteggiamento tollerante nei confronti di tale tecnologie, da un lato, predisponendo una regolamentazione minima solo per gli emittenti e per le piattaforme che volontariamente decidano di sottoporsi a vigilanza acquisendo un label (un bollino blu per intendersi) che possa essere speso sul mercato in termini di immagine; d’altro lato, consentendo che gli altri operatori restino liberi di svolgere la propria attività alla sola condizione di avvertire il pubblico che nessuna protezione viene loro offerta. Si trascorre così dalla destrutturazione delle regole societarie alla destrutturazione delle regole del mercato. Certo le ragioni possono essere lodevoli poiché (come dichiara Consob) non si vuole impedire uno sviluppo del mercato di capitali di cui, al fondo, potrebbero giovarsi proprio e soprattutto le pmi/srl, ma il prezzo potrebbe essere caro in termini di distruzione della fiducia degli investitori al manifestarsi delle prime truffe e dei primi scandali 31. La verità potrebbe essere un’altra, tuttavia, poiché la blockchain in cripto-valute è allo stato impenetrabile dalla sorveglianza pubblica, e in definitiva dagli stessi organizzatori del sistema posto che tutti conoscono la c.d. chiave pubblica al fine di attestare la definitività del trasferimento (in questo caso dei token), ma nessuno ha accesso alla chiave privata di ciascun aderente al sistema, l’abdicazione dell’autorità di controllo potrebbe piuttosto derivare da tale impossibilità. Tuttavia, le Autorità
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Cfr. Consob, Le offerte iniziali, cit., p. 7. In senso severamente critico cfr. Carrière, The Italian Regulatory, cit.
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finanziarie avrebbero potuto controllare le piattaforme c.d. Exchange dove gli investitori svolgono la maggior parte delle transazioni in token trasferendo questi ultimi da un wallet (portafoglio digitale del cliente) all’altro senza correre il rischio che una volta persa la chiave (segreta) di accesso privata al sistema, si perda tutto il proprio investimento perché la chiave privata come noto è insostituibile32. La strada per sviluppare un’adeguata supervisione sui fornitori di servizi finanziari “tokenizzati” sembra aperta da piccoli paesi: è di questi giorni la notizia che il Parlamento del Principato del Liechtstein ha approvato il 3 ottobre 2019 il “Tokens and TT Service Provider Act (TVTG)”, n. 54/2019, che comprende ben 51 articoli più alcune appendici. Nel sito del Governo del Principato si legge che il «Liechtenstein is the first country to have a comprehensive regulation of the token economy». Merita sottolineare che tale legge, molto complessa, fra l’altro stabilisce quali siano i requisiti minimi per potere esercitare le attività finanziarie su sistemi blockchain e richiede che i soggetti che svolgono tali attività siano registrati presso la Financial Market Authority (FMA)33.
Vittorio Santoro Abstract Lo scritto esamina il rapporto tra il modello pmi/srl e destinazione al mercato delle relative quote societarie. L’a. si chiede se si possa sviluppare un mercato secondario delle quote delle srl/pmi. La risposta è affermativa in relazione alle
32 Dal punto di vista tecnico è utile riportare quanto è descritto in Caponera e Gola, Aspetti economici e regolamentari delle «cripto-attività», in Banca d’Italia, Questioni di economia e finanza (Occasional Papers), n. 484, Marzo 2019, p. 16: «Poiché una “valuta virtuale” consiste materialmente in una stringa di informazioni elettroniche (bits), per “detenere” una “valuta virtuale” (o più propriamente per salvare sul proprio dispositivo elettronico (private wallet) la chiave crittografica privata, simile a un PIN, che ne permetta l’uso) è necessario avere una applicazione informatica, detta “virtual currency wallet application”. I wallet possono essere salvati online (“hot storage”) oppure offline (“cold storage”). Nel primo caso i borsellini elettronici sono gestiti e conservati per conto del cliente da società specializzate (wallet providers o exchanges); nel secondo, sono salvati in remoto, ad esempio sul PC o sullo smart phone dell’utente». 33 Si veda anche il provvedimento della Repubblica di San Marino Decreto delegato del 27 febbraio 2019, n. 37 “Norme sulla tecnologia blockchain per le imprese” e il commento di Contaldo, Campara, Blockchain, cit., pp. 80 ss.
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quote “categorizzate” e standardizzate delle quali si può dire non solo che siano strumenti finanziari, ma più in particolare valori mobiliari. Successivamente l’a. si chiede se strumenti innovativi quali i token, che adottano la tecnologia blockchain, possano incorporare quote di srl/pmi e circolare più facilmente sul mercato. Pur non escludendo la possibilità, egli nota che nella prassi il possessore del token non diventa socio della società, ma piuttosto un associato in partecipazione.
*** This paper examines the relationship between the pmi/srl model and the srl financial instruments market. The a. carries out some considerations about the development of a secondary market for srl/pmi quotas. The answer is that the “categorized” and standardized quotas not only are financial instruments, but more particularly securities. Subsequently, the a. wonders if innovative tools such as tokens, which adopt blockchain technology, can incorporate srl/pmi quotas and, therefore, move more easily on the market. While not excluding the possibility, he notes the token holder does not become a partner of the company, but rather an associate in participation.
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La nuova “crypto-attività” e infrastruttura finanziaria globale “Libra”: analisi della fattispecie e profili regolamentari nel diritto dell’UE Sommario: 1. La Libra quale “moneta” digitale e infrastruttura finanziaria globale, accessibile e inclusiva. – 2. La natura di bene “digitally native” nell’ambito della Libra blockchain, ruolo dei “validator nodes”, privacy e pseudonomizzazione dei dati. – 3. La governance del sistema e il peculiare ruolo della Libra Association. – 4. Presidii di liquidità e di stabilizzazione del valore: la gestione della Libra Reserve. – 5. I meccanismi tecnico giuridici di governo dell’emissione, della circolazione e della “negoziazione” della Libra. – 6. L’offerta di servizi di “digital wallets” per la detenzione e l’utilizzo della Libra da parte degli utenti, ruolo di Calibra Inc. e implicazioni regolamentari. – 7. Prime conclusioni sulla qualificazione giuridica della Libra ai sensi del diritto dell’UE: moneta elettronica, strumento finanziario o tertium genus?
1. La Libra quale “moneta” digitale e infrastruttura finanziaria globale, accessibile e inclusiva. Fin dalla diffusione (a metà del 2019) delle prime sommarie informazioni al riguardo1, il c.d. progetto Libra ha suscitato un immediato interesse e reazioni contrastanti da parte dell’opinione pubblica, degli studiosi, degli operatori, delle associazioni dei consumatori2 e, non
1 Tra i vari cfr. Seward e De, Facebook Unveils Libra Cryptocurrency, Targeting 1.7 Billion Unbanked, Coindesk, updated Jun 18, 2019, (www.coindesk.com); Noonan e Murphy, Facebook in talks with US regulator over digital currency, FT, June 2 2019; Bilotta e Passacantando, Libra or Zuck-Coin? Risks and Opportunities of Facebook’s Cryptocurrency, in IAI Commentaries 19, 43 – July 2019. 2 Ad esempio l’associazione Finance Watch sulla base del proprio «initial assessment […] concludes that Libra is a bad idea – for its users, for the stability of our financial system, and last but not least for our democracy”, essenzialmente in quanto: 1) “Libra is not a currency: it is a payment token controlled by a handful of global corporations”; 2) “Libra is not a real “crypto-currency”: it is closed and centralized”; 3) “Libra is a privately issued financial asset: its users could lose their money”; 4) “Libra as a collective investment vehicle could escape global regulation”; 5) “The value of Libra may not be stable at all”; 6) “Libra could increase systemic risk in financial markets”; 7) “Libra may be-
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ultime, delle Autorità pubbliche, in primis di quelle di vigilanza finanziaria3. In estrema sintesi il progetto in questione prevede lo sviluppo di una nuova “moneta” digitale, denominata appunto Libra, utilizzabile dal pubblico a livello globale, di un’associata infrastruttura finanziaria (anch’essa pubblicamente accessibile a livello globale) e di uno specifico sistema di governance di natura privatistica. Un ulteriore elemento caratterizzante il progetto è il diretto coinvolgimento nello stesso anche di imprese multinazionali non finanziarie cc.dd. “Over-The-Top” o “Big Techs”, tra cui in primis Facebook Inc., ad ulteriore conferma della sempre più consolidata e pervasiva operatività dei cc.dd. “giganti tecnologici” anche nel settore finanziario in senso ampio attraverso lo sfruttamento del loro business
come a private “fiat” currency”; 8) “Libra is not designed “to empower billions””; 9) “Libra further concentrates power in the hands of digital oligopolists”; 10) “Libra could become yet another channel for “dirty money”», Stiefmüller, Libra: Heads I win – tails you lose. Ten reasons why Facebook’s Libra is a bad idea, Finance Watch paper, July 2019, pp. 3 e ss. Di converso il Governatore della Bank of England avrebbe espresso apprezzamento per alcune caratteristiche della Libra sottolineando che «“slow and expensive” payments system is “not good enough in this day and age”», Rees, Carney defends Facebook’s Libra in call for digital payments revolution, The Telegraph, 15 ottobre 2019. 3 Cfr. United States House of Representatives, Committee on Financial Services, hearing entitled “Examining Facebook’s Proposed Cryptocurrency and Its Impact on Consumers, Investors, and the American Financial System”, July 17, 2019; Binham, Giles, Keohane, Facebook’s Libra currency draws instant response from regulators - G7 countries establish group to examine risk to financial system from ‘stable coins’, Financial Times, June 18, 2019; Kihara, Lawder, G7 urges tough Libra regulation, agrees to tax digital giants, Reuters, July 18, 2019; Ping Chan, Facebook’s digital currency dealt another blow, BBC News, 14 October 2019; Conti, La “moneta” Facebook spinge sulle barricate le banche centrali, Il Giornale, 20 giugno 2019; Bertolino, Chi governerà la Facebank ?, Milano Finanza, 20 giugno 2019; Marroni, La moneta di Facebook cambia le regole del gioco, Il Sole 24 Ore, 20 giugno 2019; Colombo, La Libra di Facebook al vaglio del G7. Bankitalia: tanti i rischi da valutare, Il Sole 24 Ore, 15 luglio 2019; Pitozzi, Per il G7 gli stablecoin come Libra di Facebook sono un rischio per la finanza internazionale, Wired, 14 ottobre 2019; Zetzsche, Buckley, Arner, Regulating LIBRA: The Transformative Potential of Facebook’s Cryptocurrency and Possible Regulatory Responses (July 11, 2019), in European Banking Institute Working Paper Series 2019/44, University of New South Wales Law Research Series UNSWLRS 19-47, University of Hong Kong Faculty of Law Research Paper No. 2019/042, University of Luxembourg Faculty of Law Research Paper; Oxford Journal of Legal Studies (Forthcoming), https://ssrn.com/abstract=3414401, pp. 17 e ss.; Financial Stabilty Board, The Chair, To G20 Finance Ministers and Central Bank Governors, 13 October 2019, p. 3; Carney, Enable, Empower, Ensure: A New Finance for the New Economy, Governor of the Bank of England, Speech at the Lord Mayor’s Banquet for Bankers and Merchants of the City of London at the Mansion House, London, 20 June 2019, p. 5.
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model basato sull’abilitazione d’interazioni dirette tra un ampio numero di utenti e dei vantaggi «of the reinforcing nature of the data-networkactivities loop» 4. In particolare, è stato rilevato che l’avvio del progetto Libra segnalerebbe «the beginning of data giants entering into finance in such a fundamental way as to have the potential, in poorer nations at least, to usurp many of the functions of the central bank, among others»5. Una tendenza questa che secondo alcuni dovrebbe essere impedita tanto che, ad esempio, è all’esame del Parlamento degli Stati Uniti d’America una proposta di legge formalmente denominata «Keep Big Tech Out of Finance Act” ed esplicitamente diretta a proibire “large platform utilities from being a financial institution or being affiliated with a person that is a financial institution, and for other purposes»6.
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Bank for International Settlements, Big tech in finance: opportunities and risks, in Annual Economic Report, June 2019, p. 55. In particolare si stima che «Big techs’ core businesses are in information technology and consulting (eg cloud computing and data analysis), which account for around 46% of their revenues […]. Financial services represent about 11%.”. While big techs serve users globally, their operations are mainly located in Asia and the Pacific and North America […]. Their move into financial services has been most extensive in China, but they have also been expanding rapidly in other emerging market economies (EMEs), notably in Southeast Asia, East Africa and Latin America. In offering financial services, big techs both compete and cooperate with banks […]. Thus far, they have focused on providing basic financial services to their large network of customers and have acted as a distribution channel for third party providers, eg by offering wealth management or insurance products» (p. 56). In generale sul tema dell’ingresso dei cosiddetti “giganti tecnologici” nel settore bancario e finanziario, tra i tanti, cfr. Bilotta e Romano, The Rise of Tech Giants. A Game Changer in Global Finance and Politics, Bern, Peter Lang, 2019; Scopsi, The Expansion of Big Data Companies in the Financial Services Industry, and EU Regulation, in IAI Papers 19, 06 - March 2019. Antonucci, Mercati dei pagamenti: le dimensioni del digitale, in Riv. Dir. Banc., 2018, Fasc. III, Sez. I, p. 557. 5 Zetzsche, Buckley, Arner, Regulating LIBRA: The Transformative Potential of Facebook’s Cryptocurrency and Possible Regulatory Responses (July 11, 2019), in European Banking Institute Working Paper Series 2019/44, cit., p. 4. 6 In particolare «The discussion draft will prohibit large platform utilities, like Facebook, from becoming chartered, licensed or registered as a U.S. financial institution (e.g. like taxpayer-backed banks, investment funds, and stock exchanges) or otherwise becoming affiliated with such financial institutions. The bill will also prohibit large platform utilities from establishing, maintaining, or operating a digital asset that is intended to be widely used as medium of exchange, unit of account, store of value, or any other similar function as defined by the Federal Reserve. The draft bill is intended to maintain a firewall between commerce and banking. It is also intended to prevent the establishment of an alternative financial currency controlled by large, private, for-profit companies with little government oversight, which might rival the U.S. dollar», Waters e Mchenry, Memorandum del 12 luglio
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Ciò posto, al di là del forte interesse verso il progetto Libra, la mancanza d’informazioni di dettaglio al riguardo ha determinato anche una diffusa incertezza circa il suo corretto inquadramento giuridico-regolamentare e un conseguente clima di resistenza e sospetto verso il progetto stesso7, considerato anche che (visti i suoi obiettivi, la sua porta globale e la natura dei soggetti promotori) il progetto Libra non appena operativo avrebbe fin da subito “rilevanza sistemica”, dovendo quindi fra l’altro rispettare i più stringenti standards previsti in questo caso in punto di regolamentazione prudenziale, di tutela dei consumatori, antiriciclaggio, fiscali, di tutela dei dati personali, di sicurezza e continuità operativa, di tutela della concorrenza e della stabilità finanziaria8. Uno dei motivi dell’immediato ed elevato livello di attenzione dei regolatori vero la Libra è individuarsi infatti anche nel fatto che questa grazie al ruolo svolto da Facebook Inc. potrebbe avere potenzialmente immediata diffusione presso i più di 2,3 miliardi di relativi utenti attivi a livello globale, sicché come osservato «[t]his scale and reach means that the question for regulators will be how, not whether, to regulate Libra»9. La diffidenza verso la Libra dovuta alla mancanza d’informazioni ufficiali e di dettaglio al riguardo è stata da ultimo solo parzialmente mitigata dalla pubblicazione di alcune prime informazioni ufficiali da parte
2019 al Committee on Financial Services della United States House of Representatives dal titolo “July 17, 2019 hearing entitled “Examining Facebook’s Proposed Cryptocurrency and Its Impact on Consumers, Investors, and the American Financial System”, p. 5. 7 Come infatti da ultimo ribadito «[t]here is a need to ensure legal clarity about the status of “stablecoin” arrangements. Some recent projects of global dimension have provided insufficient information on how precisely they intend to manage risks and operate their business. This lack of adequate information makes it very difficult to reach definitive conclusions on whether and how the existing EU regulatory framework applies. Entities that intend to issue “stablecoins”, or carry out other activities involving “stablecoins” in the EU should provide full and adequate information urgently to allow for a proper assessment against the applicable existing rules». Joint statement by the Council and the Commission on “stablecoins”, Council of the EU, press release, 5.12.2019. par. 4. 8 Carney, Enable, Empower, Ensure: A New Finance for the New Economy, Governor of the Bank of England, Speech at the Lord Mayor’s Banquet for Bankers and Merchants of the City of London at the Mansion House, London, 20 June 2019, p. 6; Joint statement by the Council and the Commission on “stablecoins”, in Council of the EU, press release, 5.12.2019, par. 2. 9 Zetzsche, Buckley, Arner, Regulating LIBRA: The Transformative Potential of Facebook’s Cryptocurrency and Possible Regulatory Responses (July 11, 2019), in European Banking Institute Working Paper Series 2019/44, cit., p. 3.
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dei membri dell’associazione privata che supporta il progetto (c.d. Libra Association)10. Si è potuto così innanzitutto apprendere che l’obiettivo dichiarato della nuova “moneta” Libra sarebbe quello di rendere liberamente accessibile ad utenti retail l’utilizzo di una vera e propria “global currency” e della relativa “financial infrastructure” abilitante, così da promuovere un’innovazione finanziaria “responsabile” e maggiormente “inclusiva”, soprattutto a beneficio dei milioni di persone nel mondo che, nonostante gli sviluppi economici, sociali e tecnologi degli ultimi decenni, risulta tuttora privo di accesso a tradizionali sevizi bancari (si stima ad esempio che a livello globale circa 1,7 miliardi di adulti sarebbero tuttora “unbanked”, nonostante circa 1,1 miliardi di essi abbia un telefono cellulare e circa 500 milioni di essi l’accesso a Internet)11. In particolare, la Libra sarebbe esplicitamente progettata per diventare una «stable currency built on a secure and stable open-source blockchain, backed by a reserve of real assets, and governed by an independent association»12. Oggetto del presente lavoro è l’analisi – pur sulla base delle limitate e sommarie informazioni fin ora disponibili al riguardo – degli elementi del progetto Libra maggiormente rilevanti in termini di relative implicazioni giuridiche ai sensi dell’acquis dell’UE in materia di regolamentazione e vigilanza finanziaria esistente e/o prossima ventura. Ciò anche avuto presente il fatto che la Libra, a differenza di simili recenti innovazioni, sarebbe asseritamente progettata non per rimanere al di fuori delle regole, dei meccanismi e dei controlli propri del sistema finanziario, quanto piuttosto per rendere il sistema stesso maggiormente aperto, interconnesso, accessibile e inclusivo, anche in termini di costi13.
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Cfr. Libra Association Members, An Introduction to Libra, White Paper, 2019. Cfr. Libra Association Members, An Introduction to Libra, White Paper, 2019, ove al riguardo si rinvia a A. Demirgüç-Kunt, Klapper, Singer, Ansar, and Hess, The Global Findex database 2017: Measuring financial inclusion and the fintech revolution. World Bank Group, 2018 (Accessed: May 15 2019, https://globalfindex.worldbank.org). 12 Cfr. Libra Association Members, An Introduction to Libra, in White Paper, 2019, p. 12. 13 Come indicato infatti «Some projects have also aimed to disrupt the existing system and bypass regulation as opposed to innovating on compliance and regulatory fronts to improve the effectiveness of anti-money laundering. We believe that collaborating and innovating with the financial sector, including regulators and experts across a variety of industries, is the only way to ensure that a sustainable, secure, and trusted framework underpins this new system. And this approach can deliver a giant leap forward toward a lower-cost, more accessible, and more connected global financial system», Libra Associa11
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Al riguardo, vale preliminarmente evidenziare che tra i vari principii ispiratori del progetto vi sarebbe quello secondo cui una “valuta globale” (quale la Libra appunto si candiderebbe a diventare) e la relativa infrastruttura finanziaria dovrebbero essere strutturate e gestite come un bene “bene pubblico”14. Un aspetto questo rispetto al quale non può mancarsi di rilevare una certa incoerenza rispetto alla struttura di governance privatistica della Libra, atteso che la presenza di “beni pubblici” è una delle tipiche cause di “fallimento del mercato” che rendono preferibile un intervento pubblico. Per altro verso, le modalità di “circolazione” della Libra sarebbero ispirate – non a caso – ad obiettivi di semplicità, libertà, sicurezza, economicità, rapidità e diffusione globale del tutto analoghi, mutatis mutandis, a quelli alla base della “circolazione” globale dei dati e delle informazioni su Internet, tanto che la Libra e la relativa infrastruttura finanziaria aspirerebbero a realizzare una sorta di “internet of money”15. Sul punto, risulta tuttavia che, almeno allo stato, il progetto Libra sembra esse lungi dall’avere una portata veramente globale, la Cina ad esempio risulta essere “out of scope”, sia per i limiti all’accesso al suo mercato domestico da parte delle Big Techs statunitensi, sia perché il paese è diventato esso stesso base d’imprese leader a livello mondiale nel settore dei pagamenti digitali (come ad esempio Alipay e WeChat). Risulta inoltre che, anche in risposta al progetto Libra, la Cina abbia accelerato lo sviluppo del proprio progetto di emettere una moneta digitale governativa (i.e. government-backed digital currency) con l’obiettivo di assicurarsi una posizione di primazia nell’attuale corsa allo sviluppo
tion Members, An Introduction to Libra, in White Paper, 2019, p. 2. 14 In particolare come affermato «we think it is important to share our beliefs to align the community and ecosystem we intend to spark around this initiative: • We believe that many more people should have access to financial services and to cheap capital; • We believe that people have an inherent right to control the fruit of their legal labor; • We believe that global, open, instant, and low-cost movement of money will create immense economic opportunity and more commerce across the world; • We believe that people will increasingly trust decentralized forms of governance; • We believe that a global currency and financial infrastructure should be designed and governed as a public good; • We believe that we all have a responsibility to help advance financial inclusion, support ethical actors, and continuously uphold the integrity of the ecosystem», Libra Association Members, An Introduction to Libra, White Paper, 2019, p. 2 15 Cfr. Libra Association Members, An Introduction to Libra, White Paper, 2019, p. 1; Galbraith, Libra And The Internet Of Money, Jun 19, 2019, https://medium.com.
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di una “global cryptocurrency”16, ovvero di una “Synthetic Hegemonic Currency”17 da utilizzarsi ufficialmente nell’ambito del sistema monetario e finanziario internazionale, o quanto meno di una valuta digitale di riferimento nell’ambito di determinate “aree monetarie digitali” (c.d. “Digital Currency Areas”)18. Anche a livello UE, l’implementazione del progetto Libra ha incontrato un ferma resistenza sia da parte di singoli Stati Membri (soprattutto Francia e Germania)19 sia delle stesse istituzioni UE a causa dei vari rischi e incertezze da questi ritenuti associati ad iniziative della specie20. In particolare il Consiglio e la Commissione europea hanno da ultimo osservato che in attesa della definizione di un’adeguata risposta regolamentare nessuna stablecoin globale possa essere regolarmente utilizzata nell’UE, peraltro è stato di converso al contempo promosso il possibile sviluppo di valute ufficiali digitali21. Risulta ad esempio che la Banca
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Mai, Libra – a global challenger in payments and for central banks?, in Deutsche Bank Research, EU Monitor Digital economy and structural change, July 22, 2019, p. 4; Del Castillo, Alibaba, Tencent, Five Others To Receive First Chinese Government Cryptocurrency, Forbes, 27 August 2019; Yang and Lockett, What is China’s digital currency plan?, Financial Times, 25 November 2019. 17 Carney, The Growing Challenges for Monetary Policy in the current International Monetary and Financial System, Speech given by Governor of the Bank of England, in Jackson Hole Symposium 2019, 23 August 2019, p. 15. 18 Brunnermeier, James, Landau, Digital currency areas, VoxEU, 3 July 2019. 19 In particolare come ufficalmente dichiarato in materia «France and Germany reaffirm their willingness to tackle the challenges raised by cryptocurrency and so-called stable coin projects: financial security, investor protection, prevention of money laundering and terrorism financing, data protection and financial and monetary sovereignty. A working group has been tasked by the G7 to analyse these challenges. its final report will be presented in October. as already expressed during the meeting of G7 Finance Ministers and Central Bank’s Governors in Chantilly in July, France and Germany consider that the Libra project, as set out in Facebook’s blueprint, fails to convince that those risks will be properly addressed. We believe that no private entity can claim monetary power, which is inherent to the sovereignty of Nations. We acknowledge that there is a need to improve the effectiveness of international payments. At European level, we call today on banks to work on improving European payment systems. We encourage European central banks to accelerate work on issues around possible public digital currency solutions. France and Germany are committed to enabling appropriate solutions to protect citizens and financial stability», Ministère de l’Économie et des Finances – Bundesministerium der Finanzen, Join Statement on Libra, Helsinki, 13th September 2019 20 Cfr. Joint statement by the Council and the Commission on “stablecoins”, in Council of the EU, press release, 5.12.2019. 21 In particolare è stato affermato che alla luce dei vari rischi esistenti e questioni aperte «“no global “stablecoin” arrangement should begin operation in the European
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Centrale Europea, oltre ad aver istituito una Internal Crypto-Assets Task Force (ICA-TF), starebbe anche valutando l’emissione da parte della stessa di valuta in forma digitale, ovvero di una c.d. “Central Bank Digital Currency” (CBDC’)22, anche quale strumento pubblico alternativo alla Libra.
2. La natura di bene “digitally native” nell’ambito della Libra blockchain, ruolo dei “validator nodes”, privacy e pseudonomizzazione dei dati. Ciò posto, un primo elemento costitutivo della fattispecie Libra sembra da individuarsi nel fatto che anch’essa, così come altre cryptocurrencies23, è qualificabile come un bene (digitale) ex art 810 c.c. (ovvero per alcuni aspetti quale c.d. “contenuto digitale” ai sensi Direttiva UE sui diritti dei consumatori24) ulteriormente caratterizzato dall’essere basato
Union until the legal, regulatory and oversight challenges and risks have been adequately identified and addressed”, inoltre il Consigli e la Commissione “welcome that central banks in cooperation with other relevant authorities continue to assess the costs and benefits of central bank digital currencies as well as engage with European payment actors regarding the role of the private sector in meeting expectations for efficient, fast and inexpensive cross-border payments», Joint statement by the Council and the Commission on “stablecoins”, in Council of the EU, press release, 5.12.2019, parr. 6 e 7. 22 ECB Crypto-Assets Task Force, Crypto-Assets: Implications for financial stability, monetary policy, and payments and market infrastructures, in Occasional Paper Series No 223 / May 2019, pp. 32 e ss. 23 Sicignano, Bitcoin e riciclaggio, Torino, 2019, pp. 87 e ss. 24 Ai sensi del relativo art. 2, n. 11, ai fini della medesima direttiva per «contenuto digitale» s’intendono «i dati prodotti e forniti in formato digitale». Nel relativo considerando 19 è specificato che per «contenuto digitale s’intendono i dati prodotti e forniti in formato digitale, quali programmi informatici, applicazioni, giochi, musica, video o testi, indipendentemente dal fatto che l’accesso a tali dati avvenga tramite download, streaming, supporto materiale o tramite qualsiasi altro mezzo. […] Se fornito su un supporto materiale, quale un CD o un DVD, il contenuto digitale dovrebbe essere considerato un bene ai sensi della presente direttiva. Analogamente ai contratti per la fornitura di acqua, gas, elettricità, quando non sono messi in vendita in un volume limitato o in quantità determinata, o di teleriscaldamento, i contratti per la fornitura di contenuto digitale non fornito su un supporto materiale non dovrebbero essere considerati ai sensi della presente direttiva né un contratto di vendita né un contratto di servizi. Per tali contratti il consumatore dovrebbe godere del diritto di recesso, salvo che egli abbia acconsentito che l’esecuzione del contratto avesse inizio durante il periodo di recesso e abbia riconosciuto che, così facendo, avrebbe perso il diritto di recesso dal contrat-
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su una specifica blockchain (ovvero una «tecnologia basata su registri distribuiti» di cui all’art. 8-ter, co. 1, del c.d. decreto semplificazioni25) decentralizzata e con protocollo open source pienamente accessibile (c.d. Libra Blockchain), sull’utilizzo della crittografia per proteggere l’integrità dei “fondi”, delle transazioni e dei dati finanziari, nonché su una piattaforma di c.d. “smart contracts”, per la regolamentazione contrattuale delle relative transazioni, che a regime potranno essere autonomamente “redatti” dagli utenti in un apposito linguaggio di programmazione denominato “Move”26 . Se da un lato, l’utilizzo della crittografia e della tecnologia blockchain – che tra l’altro «permette di disintermediare le infrastrutture tipiche dei mercati dei capitali (es. banca depositaria, consorzio di collocamento, mercati secondari)»27 – accomuna in parte qua la Libra, ferme le altre numerose specificità e differenze, con talune “monete” digitali diffusesi di recente, quali Bitcoin et similia28, tuttavia in questo caso il progetto
to. Oltre agli obblighi generali di informazione, il professionista dovrebbe informare il consumatore in merito alla funzionalità e alla interoperabilità pertinente del contenuto digitale. Il concetto di funzionalità dovrebbe riferirsi ai modi in cui il contenuto digitale può essere utilizzato, ad esempio per lo studio del comportamento dei consumatori; esso dovrebbe inoltre fare riferimento all’assenza o alla presenza di restrizioni tecniche quali la protezione tramite la gestione dei diritti digitali e la codifica regionale. Il concetto di interoperabilità pertinente intende descrivere le informazioni relative all’ambiente tipo di hardware e software compatibile con il contenuto digitale, ad esempio il sistema operativo, la versione necessaria e talune caratteristiche dell’hardware». 25 D.l. 14 dicembre 2018, n. 135, recante “Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione”, convertito con modificazioni dalla Legge 11 febbraio 2019, n. 12. In particolare ai sensi dell’art. 8-ter, co. 1, del decreto «si definiscono “tecnologie basate su registri distribuiti” le tecnologie e i protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche, tali da consentire la registrazione, la convalida, l’aggiornamento e l’archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili». 26 In sintesi la Libra Blockchain è costituita da «a cryptographically authenticated database maintained using the Libra protocol». Per ulteriori dettagli al riguardo si rinvia a Amsden et al., The Libra Blockchain (https://developers.libra.org); Blackshear, et al., Move: A Language With Programmable Resources (https://developers.libra.org). 27 Consob, Le offerte iniziali e gli scambi di cripto-attività, Rapporto finale, 2 gennaio 2020, pp. 6 e 7, nonché Consob, Le offerte iniziali e gli scambi di cripto-attività, Documento per la Discussione, 19 marzo 2019, p. 3. 28 Cfr. Borroni, Seghesio, Bitcoin e Blockchain: un’analisi comparatistica dalla nascita alla potenziale regolamentazione, in Ianus, Diritto e Finanza, Rivista di studi giuridici, n. 19, giugno 2019, pp. 277 e ss.
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prevedrebbe lo sviluppo di una blockchain dedicata con caratteristiche del tutto innovative e strumentali al funzionamento di un vero e proprio sistema aperto e interoperabile di vari servizi finanziari per l’ordinaria “detenzione” e “circolazione” della Libra, al fine dell’utilizzo della stessa da parte del pubblico come strumento di pagamento al dettaglio29. In particolare, per quanto riguarda il centrale aspetto – anche in punto di implicazioni giuridiche – della capacità di operare nell’ambito di tale blockchain come “validator node”30, il progetto prevede, quale importante elemento distintivo rispetto ad altre cryptocurrencies, che in fase iniziale la Libra blockchain sia di tipo permissioned – quindi ogni soggetto che svolge la funzione di “validation node” deve essere espressamente ammesso ad operare nella blockchain – per evolvere però poi, a regime, verso un sistema di tipo permissionless, in cui quindi chiunque ha i requisiti tecnici necessari può automaticamente operare quale “validation node”, senza necessità di preventiva approvazione e ammissione31.
29
Cfr. Libra Association Members, An Introduction to Libra, White Paper, 2019, p. 3. Garavaglia, Finalità, funzionamento e tipologia di utilizzi delle Blockchain, in Banca d’Italia, Quaderni di Ricerca Giuridica della Consulenza Legale, Le nuove frontiere dei servizi bancari e di pagamento fra PSD 2, criptovalute e rivoluzione digitale, a cura di Maimeri e Mancini, n. 87 – Settembre 2019, pp. 165 e ss.; The World Bank Group, Distributed Ledger Technology (DLT) and Blockchain, FinTech Note, No. 1, 2017, in particolare p. 13; Pinna e Ruttenberg, Distributed ledger technologies in securities post-trading. Revolution or evolution ?, in European Central Bank, Occasional Paper Series, No 172/ April 2016, pp. 12 e ss. 31 In particolare, come evidenziato al riguardo una «key distinction in the blockchain space is the one between permissioned systems, in which only a defined set of entities can shape consensus and governance, and permissionless systems, where anyone that follows the rules of the protocol and contributes the right types of resources (e.g., computing power in the case of a proof-of-work system) can do so. This distinction is important not only from a technical perspective but also from an economic one: permissionless systems have low barriers to entry and innovation, are resistant to censorship attacks, and encourage healthy competition among infrastructure providers (e.g., who can participate in consensus) as well as the developers of applications on top of the network. Since nobody can exclude others from the market or censor their transactions, permissionless systems provide stronger guarantees to participants that no single party will be able to unilaterally change the rules of the network to their advantage at a future date. At their core, permissionless systems make irreversible commitments to operating as open networks where changes can only be implemented if they are democratically supported by a majority of constituents. For all these reasons, and to ensure that Libra is truly open and always operates in the best interest of its users, our ambition is for the Libra network to become permissionless. The challenge is that as of today we do not believe that there is a proven 30
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A prescindere poi dalla struttura permissioned o permissionless della Libra Blockchain, quest’ultima sarebbe comunque progettata per essere un sistema aperto alla partecipazione e all’utilizzo da parte del pubblico (e.g. consumatori, sviluppatori e imprese) per la fruizione e l’offerta di prodotti e servizi finanziari di vario tipo, non limitati quindi a quelli relativi alla Libra in senso stretto. In altre parole la Libra Blockchain è intesa come «a unique system that balances the stability of traditional financial networks with the openness offered by systems governed by cryptoeconomic means»32. Ciò posto, per quanto riguarda le funzionalità “core” della Libra Blockchain relative alla “circolazione” della Libra, il relativo progetto prevede che le unità di Libra siano “coniate” quali “risorse ordinarie” del linguaggio di programmazione Move. In particolare, considerato che un’unità di Libra costituirebbe – in punto di diritto e sotto il profilo economico – una rappresentazione digitale di altri beni/attività detenute e gestite nell’ambito della c.d. “Libra reserve”, la Libra Blockchain e il relativo linguaggio di programmazione Move sono strutturati in modo da consentire di creare nuova Libra (e.g. quando dei nuovi beni/attività entrano nella Libra reserve), modificare i diritti sulla Libra esistente (e.g. quando le unità di Libra cambiano proprietario) e distruggere la Libra stessa (e.g. quando beni/attività sottostanti la Libra sono venduti ed escono dalla Libra reserve), con elevati presidii di trasparenza e sicurezza in ordine al centrale aspetto della “non duplicabilità” di tali beni o “risorse”. In questo senso, il progetto si basa sul fondamentale principio giuridico-economico che per i beni/attività digitali creati nell’ambito della Libra Blockchain (le c.d. “risorse” ovvero unità di Libra) deve essere costantemente assicurato che: a) ogni “risorsa” può avere un solo proprietario; b) ogni “risorsa” può essere spesa una sola volta; c) la creazione di nuove risorse è limitata33. Per quanto riguarda specificamente l’esecuzione di operazioni di pagamento, il linguaggio Move consente ad esempio di semplificare e automatizzare i relativi controlli delle transazioni, come ad esempio quelli
solution that can deliver the scale, stability, and security needed to support billions of people and transactions across the globe through a permissionless network», Bano, et al., Moving Toward Permissionless Consensus, https://libra.org, 2019 p. 1. 32 Amsden et al., The Libra Blockchain (https://developers.libra.org); Blackshear et al., Move: A Language With Programmable Resources (https://developers.libra.org), p. 23. 33 Cfr. Libra Association Members, An Introduction to Libra, White Paper, 2019, p. 5.
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relativi al fatto che un’operazione di pagamento comporti esclusivamente una modifica dei saldi dei conti del pagatore e del beneficiario, ossia che non vi siano appunto duplicazioni contabili34. I moduli del linguaggio di programmazione Move che regolano e gestiscono l’esecuzione di queste operazioni critiche sono asseritamente analoghi agli “smart contracts” utilizzati in altri tipi di blockchain35, espressione con cui, ai sensi della relativa definizione da ultimo introdotta nell’ordinamento italiano ai sensi dell’art. 8-ter, co. 2, del citato Decreto Semplificazioni, si indica in punto di diritto “un programma per elaboratore che opera su tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse. Gli smart contract soddisfano il requisito della forma scritta previa identificazione informatica delle parti interessate, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’Agenzia per l’Italia digitale con linee guida da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”36. Altre caratteristiche fondamentali della Libra Blockchain in punto di relative implicazioni regolamentari sono che questa, anche a tutela della privacy degli utenti, consente agli utenti stessi di utilizzare più indirizzi non connessi alla loro identità nel mondo reale e applica in linea di principio la “pseudonimizzazione” dei dati, ossia una tecnica di trattamento dei dati che consente d’identificare il “soggetto interessato” di certi dati solo attraverso il possesso di informazioni e dati aggiuntivi (al riguardo cfr. art. 4, punto 5 del GDPR37).
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Cfr. Libra Association Members, An Introduction to Libra, White Paper, 2019, p. 5. Blackshear et al., Move: A Language With Programmable Resources (https://developers.libra.org), Revised September 25, 2019, p. 6. 36 Garavaglia, Finalità, funzionamento e tipologia di utilizzi delle Blockchain, in Banca d’Italia, Quaderni di Ricerca Giuridica della Consulenza Legale, Le nuove frontiere dei servizi bancari e di pagamento fra PSD 2, criptovalute e rivoluzione digitale, a cura di Maimeri e Mancini, n. 87 – Settembre 2019, pp. 174 e ss. 37 Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/ CE (regolamento generale sulla protezione dei dati), ai sensi del quale per “pseudonimizzazione” dei dati s’intende «il trattamento dei dati personali in modo tale che i dati personali non possano più essere attribuiti a un interessato specifico senza l’utilizzo di informazioni aggiuntive, a condizione che tali informazioni aggiuntive siano conservate separatamente e soggette a misure tecniche e organizzative intese a garantire che tali dati personali non siano attribuiti a una persona fisica identificata o identificabile». 35
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La tutela della privacy e dei dati personali degli utenti è infatti uno dei principali compiti e delle priorità dichiarate della Libra Association. Così come per altre blockchain, i dati delle transazioni relative agli scambi di Libra dovrebbero includere come dati visibili solamente gli indirizzi pubblici del mittente e del destinatario, l’ammontare di Libra trasferita e la marca temporale dell’operazione. La Libra Association non conserverà inoltre alcun dato personale degli utenti della Libra blockchain. Per quanto riguarda la protezione dei dati personali, giusta la localizzazione della Libra Association, l’Autorità pubblica di riferimento competente con “giurisdizione” diretta in materia dovrebbe essere il Federal Data Protection and Information Commissioner (FDPIC) Svizzero38. Ciò posto, come meglio specificato di seguito, stante il peculiare ruolo svolto da Facebook Inc. nell’ambito della Libra Association, e le contrastanti opinioni al riguardo, è stato ufficialmente dichiarato che le informazioni e i dati degli utenti relativi ai c.d. “borsellini digitali” (digital wallets) in cui è custodita e detenuta la Libra di loro “pertinenza” in linea di principio non saranno condivise con Facebook Inc. (salvo consenso espresso in tal senso da parte degli utenti stessi), né utilizzati per la profilazione degli utenti al fine della promozione mirata agli stessi di prodotti e servizi di Facebook Inc.39.
3. La governance del sistema e il peculiare ruolo della Libra Association. Un secondo elemento essenziale della Libra (di tipo per cosi dire “normativo”), anch’esso comune, almeno in parte, con alcune cryptocurrencies già “in circolazione” e che, come per quest’ultime, distingue la Libra dalle “valute” più tradizionali, è costituto dal fatto che questa è asseritamente intesa come una “moneta” governata in base ad un sistema di natura privatistica e tendenzialmente decentralizzata, in cui non è prevista quindi l’operatività di un’Autorità (monetaria) pubblica centrale. A differenza, invece, di altre cryptocurrencies e/o payment tokens già “in circolazione”, al riguardo è stato in particolare stabilito che l’amministrazione e il controllo del relativo “ecosistema” siano affidati ad un’as-
38 Cfr. Testimony of David Marcus, Head of Calibra, Facebook, Hearing Before the United States Senate Committee On Banking, Housing, And Urban Affairs, July 16, 2019, p. 5. 39 Cfr. Testimony of David Marcus, Head of Calibra, Facebook, Hearing Before the United States Senate Committee On Banking, Housing, And Urban Affairs, July 16, 2019, p. 6.
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sociazione privata senza scopo di lucro (la c.d. Libra Association), la cui sede è stata posta in Svizzera40. Gli obiettivi dichiarati dell’associazione sono quelli di: promuovere la menzionata transizione ad una struttura permissionless della Libra Blockchain, eliminando le barriere all’entrata di nuovo membri; automatizzare integralmente la gestione della Libra Reserve, minimizzando quindi a tendere il ruolo dell’associazione stessa al riguardo; limitarsi nel lungo termine ad un mero ruolo di coordinamento nell’ulteriore sviluppo del Libra network41. Non sono mancate sul punto forti critiche relative al fatto che, a differenza di altri cryptocurrencies e payment tokens già esistenti, la Libra e le relative infrastrutture sarebbero appunto controllate e gestite, almeno inizialmente, da un’associazione privata composta da grandi imprese multinazionali, col rischio secondo alcuni che quest’ultime possano così rimpiazzare l’attuale situazione di monopolio delle banche centrali e delle banche commerciali nel settore dei servizi di pagamenti con un proprio monopolio, sicché da tale punto di vista la diffusione della Libra altro non sarebbe che un mero tentativo di spostare il flusso globale dei pagamenti verso una singola unità di conto (la Libra appunto) controllata da tali grandi imprese multinazionali42. Un rischio questo che in effetti è tutt’altro che remoto e che determina quindi un esigenza di costante monitoraggio della compatibilità del progetto con l’ordine monetario internazionale e, non ultimi, anche con i principi e le norme antitrust. Considerati poi i vari compiti e funzioni della Libra Association, il progetto già prevede in ogni caso che questa sia assoggetta a regolamentazione e supervisione innanzitutto da parte delle competenti Autorità di vigilanza finanziaria, tra cui in primis la Swiss Financial Markets
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Cfr. The Libra Association, versione US-Rev0814, 2019, p. 1. Cfr. The Libra Association, versione US-Rev0814, 2019, p. 2. 42 Stiefmüller, Libra: Heads I win – tails you lose. Ten reasons why Facebook’s Libra is a bad idea, Finance Watch paper, July 2019, p. 3. 41
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Supervisory Authority (FINMA)43, stante l’ubicazione a Ginevra della sede dell’associazione e della Libra Networks s.a.r.l.44. Tra i compiti fondamentali della Libra Association vi saranno segnatamente quelli di garantire il funzionamento della Libra Blockchain, assicurare la corretta “gestione” della Libra Reserve (in particolare secondo un obiettivo di conservazione del valore), governare l’emissione e la “circolazione” della Libra, nonché di provvedere all’ulteriore sviluppo dell’ecosistema stesso, in primis espandendo sempre di più la rete dei validator nodes45. Innanzitutto, attraverso l’implementazione di un meccanismo basato sulla costante negoziabilità (recitus compravendita) della Libra in contropartita diretta con la stessa Libra Association, quest’ultima dovrebbe svolgere il ruolo di unico soggetto in grado di creare (ovvero “coniare”)
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Come specificato «the Libra Association expects that it will be licensed, regulated, and subject to supervisory oversight. Because the Association is headquartered in Geneva, it will be supervised by the Swiss Financial Markets Supervisory Authority (FINMA). We have had preliminary discussions with FINMA and expect to engage with them on an appropriate regulatory framework for the Libra Association. The Association also intends to register with FinCEN as a money services business», Testimony of David Marcus, Head of Calibra, Facebook, Hearing Before the United States Senate Committee On Banking, Housing, And Urban Affairs, July 16, 2019, p. 4. 44 Risulta in particolare che la Libra Networks s.a.r.l. è una «limited liability company headquartered in, and registered in the commercial register of, Geneva on 2 May 2019, with statutes dated 12 April 2019. Unfortunately, all Libra documentation is silent on the Libra Networks GmbH. However, an association cannot be licensed for financial services under Swiss law and association members cannot receive dividends, while the Libra White Paper reserves the right to pay dividends to members – hence we speculate that (at least) the Libra founding members will hold shares in Libra Networks», Zetzsche, Buckley, Arner, Regulating LIBRA: The Transformative Potential of Facebook’s Cryptocurrency and Possible Regulatory Responses (July 11, 2019), in European Banking Institute Working Paper Series 2019/44, cit., p. 7. 45 Ad esempio «In these early years of the network, there are additional roles that need to be performed on behalf of the association: the recruitment of Founding Members to serve as validator nodes; the fundraising to jumpstart the ecosystem; the design and implementation of incentive programs to propel the adoption of Libra, including the distribution of such incentives to Founding Members; and the establishment of the association’s social impact grant-making program», Libra Association Members, An Introduction to Libra, White Paper, 2019, p. 8.
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nuova Libra e/o distruggere (ovvero “ritirare dalla circolazione”) la Libra esistente46, operando quindi come “acquirente di ultima istanza”47. In quest’ottica è stato però dichiarato che la Libra Association non stabilirebbe né attuerebbe alcuna propria “politica monetaria” nella gestione della Libra; le diverse “valute” fiat costituenti la Libra Reserve rimarrebbero quindi fra l’altro del tutto soggette alle politiche monetarie delle relative Autorità monetarie. In questo senso la Libra non sarebbe quindi, almeno in linea di principio, né in concorrenza con le “valute” fiat, né interferirebbe con la conduzione delle relative politiche monetarie48. Quanto ai compiti di governo della “circolazione” della Libra, detta associazione si “limiterebbe” infatti a “coniare” nuova Libra e ad annullare quella “in circolazione” solo e direttamente in funzione dell’aumento o diminuzione della relativa domanda da parte dei relativi “rivenditori autorizzati” e utenti finali, sicché l’associazione si asterrebbe dal generare – quanto meno motu proprio – fenomeni d’inflazione e/o di svalutazione della Libra49. In altre parole, il sistema sarebbe strutturato nel senso che la quantità di Libra globalmente “in circolazione” sarebbe determinata esclusivamente dall’aumento e diminuzione della domanda di Libra da parte dei relativi utenti50. Ciò posto, la presenza della Libra Association e le pertinenti regole di governance decentralizzata dovrebbero altresì contribuire, almeno secondo le intenzioni dei suoi promotori, a mantenere un’utilizzabilità
46 Più specificamente «Coins are only minted when authorized resellers have purchased those coins from the association with fiat assets to fully back the new coins. Coins are only burned when the authorized resellers sell Libra coin to the association in exchange for the underlying assets», Libra Association Members, An Introduction to Libra, White Paper, 2019, p. 8. 47 Cfr. The Libra Association, versione US-Rev0814, 2019, p. 3. 48 Come ufficialmente specificato sul punto «The currencies represented in the Libra Reserve will be subject to their respective government’s monetary policies-policies those governments will continue to control. The Libra Association, which will manage the Reserve, has no intention of competing with any sovereign currencies or entering the monetary policy arena. It will work with the Federal Reserve and other central banks to make sure Libra does not compete with sovereign currencies or interfere with monetary policy. Monetary policy is properly the province of central banks», Testimony of David Marcus, Head of Calibra, Facebook, Hearing Before the United States Senate Committee On Banking, Housing, And Urban Affairs, July 16, 2019, p. 3. 49 Catalini et al., The Libra Reserve, (https://libra.org), Revised August 14th, 2019, p. 2. 50 Catalini et al., The Libra Reserve, (https://libra.org), Revised August 14th, 2019, p. 3.
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aperta della Libra e della relativa infrastruttura di supporto da parte di chiunque abbia accesso ad Internet, contribuendo così a mitigare i menzionati problemi di accesso ai servizi finanziari tutt’ora riscontrati a livello globale e ad aumentare, in definita, l’inclusione finanziaria. In quest’ottica, il progetto prevede che la Libra Association sia destinata ad essere costituita da un sempre più ampio ed eterogeneo insieme di soggetti, l’obiettivo è fissato ad almeno 100 membri alla data di avvio dell’operatività, pianificata per la prima metà del 202051. Attualmente i “membri fondatori” svolgono anche il ruolo di primi “validator nodes” nell’ambito della Libra Blockchain. A tal fine ogni membro deve assumere un impegno al finanziamento del progetto per un importo minimo di 10 milioni di dollari statunitensi. Ogni quota da 10 milioni di dollari di impegno attribuisce un diritto di voto nel Consiglio della Libra Association, fermo il limite che ciascun “membro fondatore” non può però esercitare più dell’1 per cento del totale dei diritti di voto nel Consiglio stesso52. Gli altri organi dell’associazione sono il Libra Association Board (con funzioni tipicamente di supervisione), il Social Impact Advisory Board e l’Executive Team (responsabile della gestione corrente del Libra network). Tra questi “membri fondatori”, un centrale ruolo guida nell’istituzione della Libra Association, nel funzionamento della Libra Blockchain e
51 I soggetti che avrebbero dovuto fare parte dei “membri fondatori” dell’Associazione, ripartiti per settore merceologico, erano: Mastercard, PayPal, PayU, Stripe, Visa (settore dei pagamenti); Booking Holdings, eBay, Facebook/Calibra, Farfetch, Lyft, Mercado Pago, Spotify AB, Uber Technologies Inc. (settore tecnologico e marketplaces); Iliad, Vodafone Group (settore delle telecomunicazioni); Anchorage, Bison Trails, Coinbase, Inc., Xapo Holdings Limited (settore delle Blockchain); Andreessen Horowitz, Breakthrough Initiatives, Ribbit Capital, Thrive Capital, Union Square Ventures (settore del Venture Capital); Creative Destruction Lab, Kiva, Mercy Corps, Women’s World Banking (settore non-profit, organizzazioni multilaterali e Università). Tuttavia secondo recenti notizie di stampa PayPal, eBay, Visa, Mastercard, Stripe e Mercado Pago avrebbero manifestato l’intenzione di abbandonare il progetto e di non aderire quindi alla Libra Association (cfr. Simonetta, La grande fuga da Libra: tutti scappano dalla criptovaluta di Facebook, in Ilsole24ore del 12.10.2019; Pennisi, Libra perde Mastercard, Visa ed eBay (e il Congresso Usa convoca Zuckerberg il 23 ottobre), in Corriere della Sera, L’Economia, del 12.10. 2019; K. Webb, Facebook’s cryptocurrency project suffers massive blow as MasterCard, Visa, eBay, and others withdraw from Libra, in Business Insider del 11.10.2019; Wagner, Verhage, Surane, Facebook’s Libra Loses Mastercard, Visa in Cascade of Exits, Bloomberg del 11.10.2019; Murphy, Stacey, Mastercard, Visa, eBay and Stripe quit Facebook’s Libra, in FT del 11.10.2019). 52 Cfr. The Libra Association, versione US-Rev0814, 2019, p. 4.
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nell’implementazione del progetto Libra nel suo complesso è destinato, come detto, ad essere svolto da Facebook Inc. Quest’ultima società pertanto, anche al fine di assicurare la separazione tra le proprie attività tipiche e quelle relative alla Libra, nonché tra le tipologie di dati, anche personali, trattati nello svolgimento di tali attività, ha tra l’altro provveduto a costituire nel 2019, quale entità giuridica separata e distinta, la società controllata Calibra Inc. deputata all’offerta al pubblico di servizi bancari, finanziari e tecnici relativi alla Libra, tra cui in primis quelli di gestione dei c.d. “digital wallets” per la detenzione e circolazione della Libra, come di seguito meglio specificato. Ciò posto, per quanto riguarda specificamente la governance della Libra Association, in punto di diritto, è stato evidenziato che Facebook Inc. avrà in ogni caso lo stesso status e la stessa posizione, ovvero lo stesso “rango”, degli altri membri fondatori della Libra Association53. In particolare, l’organo di gestione dell’associazione è costituto dal Libra Association Council (composto da un rappresentante per ciascun validation node della blockchain) che per l’approvazione delle decisioni di maggiore importanza dal punto di vista delle politiche di gestione e tecnico dovrà deliberare con un quorum dei due terzi dei voti. Altro elemento essenziale del progetto Libra è costituto dal fatto che il relativo sistema è destinato ad evolvere verso una governance sempre più decentralizzata e caratterizzata dalla progressiva riduzione dell’importanza dei suoi “membri fondatori” e della stessa Libra Association nella gestione della Libra blockchain e della Libra Reserve54. Anche per quanto riguarda il ruolo di Calibra Inc., in linea con detto approccio aperto e decentralizzato nella governance del sistema, non
53 In particolare infatti «Once the Libra network launches, Facebook, and its affiliates, will have the same commitments, privileges, and financial obligations as any other Founding Member. As one member among many, Facebook’s role in governance of the association will be equal to that of its peers», Libra Association Members, An Introduction to Libra, in White Paper, 2019, p. 4. 54 Come indicato infatti sul punto «An important objective of the Libra Association is to move toward increasing decentralization over time. This decentralization ensures that there are low barriers to entry for both building on and using the network and improves the Libra ecosystem’s resilience over the long term. As discussed above, the association will develop a path toward permissionless governance and consensus on the Libra network. The association’s objective will be to start this transition within five years, and in so doing will gradually reduce the reliance on the Founding Members. In the same spirit, the association aspires to minimize the reliance on itself as the administrator of the Libra Reserve», Libra Association Members, An Introduction to Libra, in White Paper, 2019, p. 9.
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sarebbe prevista alcuna esclusiva o diritto speciale nella prestazione dei relativi servizi. La possibilità di offrire agli utenti servizi di “digital wallets” per la detenzione e scambio di Libra rimarrebbe infatti, ad esempio, libera per qualunque idoneo prestatore di servizi concorrente. Ciò posto, non può tuttavia mancarsi di rilevare che, come osservato, è altamente probabile che le caratteristiche di funzionamento del sistema nel suo complesso, e segnatamente i rilevanti c.d. “data-network effects”55, possano consolidare di fatto il vantaggio competitivo ed il potere di mercato di Calibra Inc. a svantaggio di potenziali concorrenti new comers56.
4. Presidii di liquidità e di stabilizzazione del valore: la gestione della Libra Reserve. Un terzo elemento strutturale della Libra è costituto dal fatto che la quantità di Libra “in circolazione”, ovvero il suo valore complessivo, sarebbe costantemente “fully backed” da uno specifico patrimonio composto da determinate attività finanziarie (la c.d. Libra Reserve)57, a differenza quindi, ad esempio, della moneta scritturale registrata nei depositi bancari cui generalmente si applica invece un “mero” regime di “riserva frazionaria”58.
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Si fa con questa espressione riferimento ad una tipologia di “effetto di rete” che si verifica quando «the project that is powerd by machine learning becomes successful when more data is obtained from the controbutors. The data network effect is very relevant to the crypto-currencies in that their entire network depends on the contribution of not just the miners and the exchanges that offer the crypto-currency but also the general public that use the currency. The [… more …] people that use the currency, the more data will be generated. And the more data is generated the greater will be the need to incorporate core performance improvements. In short, it’s similar to the economies of scale in the manufacturing sector where the more products are manufactured and the greater will be the cost efficiencies. And as such the data network effect can also be termed as data network economies», Peterson, Digital Currencies: Unlocking the Secrets of Crypto-Currencies, Partridge, 2017. 56 Bilotta e Passacantando, Libra or Zuck-Coin? Risks and Opportunities of Facebook’s Cryptocurrency, in IAI Commentaries 19, 43 – July 2019, p. 3. 57 In pratica, secondo quanto specificato, tale riserva sarebbe costituita da una specie di “partimonio segregato”, ovvero un «basket of bank deposits and short-term government securities will be held in the Libra Reserve for every Libra that is created, building trust in its intrinsic value. The Libra Reserve will be administered with the objective of preserving the value of Libra over time», Libra Association Members, An Introduction to Libra, White Paper, 2019, p. 3. 58 Cfr. Mottura, La gestione della raccolta bancaria, in AA.VV., Banca: Economia e Gestione, a cura di Mottura e Paci, Milano, 2009, p. 97; Gray, Central Bank Balances and
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In particolare le attività finanziarie costituenti la Libra Reserve sono individuate in funzione delle loro caratteristiche di elevata liquidità e stabilità di valore nel tempo, secondo un meccanismo strumentale a consentire di attribuire a ciascuna unità di Libra una sorta di valore “intrinseco”, rectius un valore più obiettivamente valutabile in termini economici e soprattutto relativamente poco volatile. Tali attività sarebbero inoltre detenute presso una diversificata rete di “depositari” selezionati sulla base di appositi criteri d’idoneità, così da minimizzare anche il “rischio di controparte”59. In quest’ottica, le caratteristiche della Libra reserve e le relative modalità di gestione assolverebbero quindi innanzitutto alla funzione di limitare la quantità di Libra complessivamente in “circolazione”, rendendo per questo specifico aspetto il ruolo della Libra Association analogo, mutatis mutandis, a quello dei c.d. “currency boards” o altri similari meccanismi giuridico - istituzionali utilizzati per regolare l’emissione di una certa “valuta” e assicurare, segnatamente, che il relativo valore sia sempre “integralmente coperto” da un sufficiente ammontare di determinate attività, di norma denominate in valuta estera60. Come espressamente indicato, infatti, la funzione principale della Libra Reserve è proprio quella di assicurare un’adeguata stabilità del valore della Libra in circolazione, in quanto le attività sottostanti sono
Reserve Requirements, in IMF Working Paper WP/11/36, February 2011, pp. 7 e ss. 59 In particolare, la Libra Reserve «will be held by a geographically distributed network of custodians with investment-grade credit rating to limit counterparty risk. Safeguarding the reserve’s assets, providing high auditability and transparency, avoiding the risks of a centralized reserve, and achieving operational efficiency are the key parameters in custody selection and design», Catalini et al., The Libra Reserve, (https://libra.org), Revised August 14th, 2019, p. 2. 60 Cfr. Bennett, Currency boards: issues and experiences, International Monetary Fund, PPAA94/18, 1994; T. J. Baliño, Enoch, Currency Board Arrangements: Issues and Experiences, International Monetary Fund, Occasional Papers, n. 151, August 1997; Ghosh, Gulde, Wolf, Currency Boards: The Ultimate Fix?, International Monetary Fund, WP/98/8, 1998; Rivera-Batiz e Sy, Currency Boards, Credibility, and Macroeconomic Behavior, International Monetary Fund, WP/00/97, 2000; Honohan, Currency Board or Central Bank? Lessons from the Irish Pound’s Link with Sterling, 1928-79, in CEPR Discussion Papers, DP1040 October 1994; Williamson, What Role for Currency Boards ?, Peterson Institute for International Economics, Policy Analyses in International Economics n. 40, September 1995; Fabris, Rodić, The Efficiency of the Currency Board Arrangement, in Journal of Central Banking Theory and Practice, 2013, 1, pp. 157-176; Garofalo, Exchange Rate Regimes and Economic Performance: The Italian Experience, in Banca d’Italia, Quaderni dell’Ufficio Ricerche Storiche, n. 10 – September 2005, pp. 5 e 7.
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selezionate proprio per la loro bassa volatilità, e protezione da possibili abusi, quali l’emissione di unità addizionali di Libra in assenza di un corrispondente valore di attività finanziarie detenute nella Libra Reserve61. Tale specifico aspetto, unitamente alla presenza di un “organo di governo” centralizzato quale la menzionata Libra Association, appare essere quello che più caratterizza la Libra rispetto ad altre più note cryptocurrencies, tradizionalmente prive, infatti, di una governance così centralizzata e di un esplicito collegamento del relativo valore a quello di un determinato paniere di attività sottostanti. Unitamente alle altre caratteristiche della Libra e delle infrastrutture di emissione e “circolazione” della stessa, la presenza della Libra Reserve costituisce un elemento che consentirebbe tra l’altro, almeno negli intenti dei suoi promotori, di superare quello che è stato fin ora, appunto, uno dei principali punti deboli, e motivi di preoccupazione per i regolatori e per gli utenti, delle più “tradizionali” tipologie di cryptocurrencies, ossia l’elevatissima volatilità del loro valore nel tempo, nonché a volte vera e propria indeterminatezza dello stesso, tanto da renderle eventualmente adatte per lo più per finalità di speculazione e investimento finanziario62. È un aspetto quest’ultimo che mal si acconcia infatti ad un concreto e diffuso utilizzo di tali “beni” digitali (anche) quali “valute”, strumenti di pagamento o di “riserva di valore”, ovvero quali attività suscettibili di sufficientemente certa e obiettiva valutazione in termini economici, con tutte le innumerevoli questioni e conseguenze giuridico regolamentari del caso. Risulta, ad esempio, che le cryptocurrencies di norma non avrebbero tutte le caratteristiche per poter essere conferite nel capitale sociale di una società di capitali, in quanto di solito queste costituirebbero beni o elementi dell’attivo non adeguatamente “suscettibili di valutazione economica” ai sensi dell’art. 2464 c.c., come infatti espressamente stabilito anche dal giudice italiano in un recente caso. In particolare, a seguito del rifiuto da parte del Notaio incaricato d’iscrivere una delibera di aumento del capitale sociale con liberazione in determinate cryptocurrencies, motivato dal fatto che quest’ultime per la loro volatilità non consentono di valutare il quantum destinato ad aumento di capitale, né l’effettività (quomodo) del conferimento, il Tribunale adito, pur riconoscendo l’astratta conferibilità di cryptocurrencies, nel caso concreto ha ritenuto che mancasse un mercato di riferimento con prezzi affidabili
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Catalini et al., The Libra Reserve, (https://libra.org), Revised August 14th, 2019, p. 3. Catalini et al., The Libra Reserve, cit., p. 1.
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per le specifiche cryptocurrencies che si intendeva conferire e che non fossero chiare le modalità di eventuale loro pignoramento63, sicché le specifiche cryptocurrencies esaminate non potevano esser considerate un bene suscettibile di “valutazione economica attendibile”64. Proprio le limitazioni derivanti da tale ampia volatilità e forte indeterminatezza del valore attribuibile alle tradizionali cryptocurrencies è da annoverare tra le principali ragioni del relativamente recente sviluppo del fenomeno delle c.d. stable coins65, di cui la Libra mira a diventare il
63 Con riguardo a tale specifico aspetto si segnala tuttavia l’orientamento anche giurisprudenziale prevalente è invece nel senso che nelle operazioni di sottoscrizione e/o di un aumento del capitale sociale di società di capitali «l’oggetto del conferimento, da parte del socio, non deve, necessariamente, identificarsi in un bene suscettibile di espropriazione forzata, bensì in una res dotata di consistenza economica», cfr. Cass., 19 febbraio 2018, n. 3946; e Cass., 24 aprile 1998, n. 4236. 64 Cfr. Trib. Brescia, 18 luglio 2018, n. 7556, e App. Brescia, 24 ottobre 2018, n. 207, Campagna, Limiti all’utilizzabilità delle criptovalute in sede di aumento di capitale. Commento a Tribunale di Brescia, 25 luglio 2018, n. 7556, in www.dirittobancario.it, agosto 2018; Belardi, Blockchain e società: il Tribunale di Brescia nega la possibilità di conferire le criptovalute nel capitale sociale, 22 Agosto 2018, in www.blockchain4innovation.it; Fazzini, Criptovalute e conferimento in società di capitali, 30 Aprile, 2019, www. cyberlaws.it; Marciano, Liberazione del capitale mediante criptovalute: l’evolversi della vicenda, in Iusletter del 13.12.2018; Id., La liberazione del capitale sociale mediante cripto valute, in Iusletter dell’11.10.2018. 65 In materia risulta in particolare che «The term stablecoin identifies a phenomenon that is still under development and lacks an agreed definition. The analysis in this paper focuses on aspects of interest to central banks and is therefore based on a working definition of stablecoins as “digital units of value that are not a form of any specific currency (or basket thereof) but rely on a set of stabilisation tools which are supposed to minimise fluctuations of their price in such currency(ies). While this definition is very broad, it is largely in line with public discussions and is instrumental to the approach of this paper as it differentiates between genuinely new asset types, the features and implications of which are yet to be fully understood, and traditional forms of a currency that are recorded through infrastructure that use new technologies. […] Classifying stablecoins on the basis of what is backing their value allows us to highlight that some stabilisation mechanisms require the intervention of accountable institutions (i.e. issuers and/or third-parties) that can be held responsible by regulators and users, whereas other stablecoins cannot be associated with any liable party. Specifically, stablecoins can be described as being: • supported by funds, which implies the issuer’s commitment to their redeemability and the need for someone (possibly a custodian) to take responsibility for their safekeeping (hereinafter referred to as “tokenised funds”); • supported by other traditional asset classes, which require a custodian for their safekeeping and are in the possession of the issuer only as long as the user does not claim them back (“off-chain collateralised stablecoins”); • supported by assets, typically crypto assets, which can be held for safekeeping in a decentralised manner and do not need an issuer to be identified (“on chain collateralised
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primo e più diffuso esempio a livello globale66. Come ad esempio osservato sul punto, «Bitcoin’s extreme pricevolatility means it can only serve as a medium of exchange in instantaneous transactions, so it is currency, but not money. Libra will be money»67. Tra gli obiettivi espliciti del progetto Libra vi sarebbe infatti proprio quello di rendere così disponibile al pubblico una valuta “digitally native” utilizzabile a livello globale68 e che assommi in sé le principali caratteristiche delle migliori valute fiat, ossia: i) stabilità del valore nel tempo; ii) bassa inflazione; iii) accettazione generalizzata e fungibilità69. In quest’ottica, la presenza della Libra Reserve sarebbe funzionale a far divenire la Libra una “valuta” per la quale «any user will know that the value of a Libra today will be close to its value tomorrow and in the future. Just as consumers in Europe know the number of Euros it takes them to buy a coffee today will be similar to the number of Euros it will take them tomorrow, holders of Libra, too, can be confident the value of their coins today will be relatively stable across time»70. Tale elemento è inoltre quello che, anche in punto di diritto, sembra essere maggiormente rilevante al fine della qualificazione giuridica della Libra, come ad esempio al fine di poter ricondurre la stessa ad una mera nuova “unità di conto”, oppure di verificare l’esistenza di analogie e differenze, specificamente a fini regolamentari, tra la Libra e talune fattispecie giuridiche già note e utilizzate nell’ordinamento del mercato
stablecoins”); and • supported solely by users’ expectations about the future purchasing power of their holdings, which does not require the accountability of any party, nor the custody of any underlying asset (“algorithmic stablecoins”)», Bullmann, Klemm, Pinna, In search for stability in crypto-assets: are stablecoins the solution?, European Central Bank, Occasional Paper Series, No 230 / August 2019, pp. 9 e 10. 66 Cfr. Dell’Erba, Stablecoins in Cryptoeconomics. From Initial Coin Offerings (ICOs) to Central Bank Digital Currencies (CBDCs), February 23, 2019, New York University Journal of Legislation and Public Policy, Forthcoming. Available at SSRN: https://ssrn. com/abstract=3385840, p. 19; Zetzsche, Buckley, Arner, Regulating LIBRA: The Transformative Potential of Facebook’s Cryptocurrency and Possible Regulatory Responses (July 11, 2019), in European Banking Institute Working Paper Series 2019/44, cit., pp. 4 e 14; Cfr. Borroni, Seghesio, Bitcoin e Blockchain: un’analisi comparatistica dalla nascita alla potenziale regolamentazione, in Ianus, diritto e finanza, Rivista di studi giuridici, n. 19 - giugno 2019, p. 294. 67 Zetzsche, Buckley, Arner, Regulating LIBRA, cit., p. 4. 68 Cfr. Testimony of David Marcus, Head of Calibra, Facebook, Hearing Before the United States Senate Committee On Banking, Housing, And Urban Affairs, July 16, 2019, p. 1. 69 Libra Association Members, An Introduction to Libra, in White Paper, 2019, p. 7. 70 Catalini et al., The Libra Reserve, cit., p.1.
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interno dell’UE, quali ad esempio la “moneta elettronica”, oppure gli “strumenti derivati”, oppure, in ipotesi, gli “Organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari” (OICVM) o i “Fondi di investimento alternativi” (FIA), di cui rispettivamente alla Direttiva 2009/110/CE – c.d. EMD2 (art. 2, par. 1, punto 2)71, alla Direttiva 2014/65/UE – c.d. MiFID 2 (art. 4, par. 1, punto 44), lettera c), e Allegato I, Sez. C, punti da 4 a 10)72, alla Direttiva 2009/65/CE73 e alla Direttiva 2011/61/UE74. Prendendo a riferimento, ad esempio, le due categorie degli OICVM e dei FIA, la Libra sembra segnatamente presentare alcuni significativi punti in comune con la fattispecie dei “Fondi Comuni Monetari” (FCM) pure oggetto da ultimo di apposita regolamentazione UE75, ciò nella misura in cui anche questi ultimi tipicamente «costituiscono strumenti di gestione del contante a breve termine caratterizzati da elevata liquidità, diversificazione e stabilità del valore del capitale investito combinata a un rendimento basato sul mercato. Gli FCM sono utilizzati principalmente dalle società desiderose d’investire le eccedenze di disponibilità liquide per un periodo breve: rappresentano quindi un raccordo fondamentale fra domanda e offerta di contante a breve termine»76. Per altro verso, avute presenti le specifiche modalità di negoziazione, scambio e determinazione del valore della Libra, rilevanti analogie sembrano potersi individuare anche tra la Libra e le quote dei c.d. “Fondi Indicizzati Quotati” (meglio noti come “Exchange Traded Funds” o ETFs), essendo questi ultimi definiti come degli “OICVM di cui almeno una categoria di quote o di azioni viene negoziata per tutto il giorno su almeno un
71 Direttiva 2009/110/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 settembre 2009 concernente l’avvio, l’esercizio e la vigilanza prudenziale dell’attività degli istituti di moneta elettronica, che modifica le direttive 2005/60/CE e 2006/48/CE e che abroga la direttiva 2000/46/CE. 72 Direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2011/61/UE. 73 Direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM). 74 Direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2011, sui gestori di fondi di investimento alternativi, che modifica le direttive 2003/41/CE e 2009/65/CE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009 e (UE) n. 1095/2010. 75 Cfr. Regolamento (UE) 2017/1131 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sui fondi comuni monetari. 76 Cfr. Considerando n. 2 del Regolamento (UE) 2017/1131.
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mercato regolamentato oppure un sistema multilaterale di negoziazione con almeno un market maker che si adoperi per garantire che il valore di borsa delle sue quote o azioni non vari significativamente rispetto al suo valore complessivo netto (NAV) e, eventualmente, rispetto al suo NAV indicativo” (cfr. ESMA, “Orientamenti su questioni relative agli ETF e ad altri OICVM” del 18.12.2012, ESMA/2012/832IT, come aggiornate l’1.08.2014, ESMA/2014/937IT, nonché art. 61, co. 1, lett. b), del Testo Unico della Finanza).
5. I meccanismi tecnico giuridici di governo dell’emissione, della circolazione e della “negoziazione” della Libra. Sulla base delle informazioni ad oggi disponibili, risulta che il progetto Libra comprenda anche l’implementazione di una rete di “sedi” di scambio della Libra (ma verrebbe da dire di vera e propria “negoziazione”) liberamente accessibili da parte del pubblico e l’operatività di un adeguato numero di c.d. liquidity providers, in modo da garantire così la costante possibilità per gli utenti di vendere e/o acquistare la Libra su base continuativa e soprattutto ad uno spread il più ristretto possibile rispetto al valore della sottostante Libra Reserve77. Una caratteristica questa che in punto di diritto contribuisce, tra l’altro, alla sopra richiamata affinità tra le unità di Libra e le quote di ETFs, essendo anche gli ETFs caratterizzati dall’impiego di presidii diretti ad evitare scostamenti significativi del valore delle proprie quote rispetto a quello delle pertinenti attività sottostanti. Inoltre, almeno secondo quanto reso noto fin ora, la “emissione” di unità di Libra avverrebbe – di fatto e di diritto – attraverso un meccanismo di “vendita” della stessa da parte della Libra Association esclusivamente in contropartita con appositi “rivenditori autorizzati” (c.d. “authorized resellers”) e non quindi direttamente con gli utenti o “portatori” finali della Libra. Tale vendita (all’ingrosso) di Libra nell’ambito di un mercato “primario” riservato ai rivenditori autorizzati avverrebbe inoltre esclusivamente a fronte del pagamento da parte degli stessi di un corrispondente valore in monete fiat o altri assets idonei, i quali verrebbero così poi accanto-
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Catalini et al., The Libra Reserve, cit., p.3.
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nati nella Libra Reserve. Il valore e l’ammontare della Reserve aumenterebbe pertanto di pari passo con l’incremento della domanda di acquisto di nuova Libra. In pratica, l’unico modo per “creare”, ovvero “emettere”, più Libra sarebbe quello di “acquistare” più Libra dalla Libra Association mediante pagamento della stessa in valute fiat e/o altri assets idonei, accrescendo quindi in ultima istanza la Libra Reserve di un pari valore78. Di converso, il “ritiro dalla circolazione” o l’“annullamento” delle unità di Libra esistenti consisterebbe nel riacquisto da parte della Libra Association delle stesse, sempre e solo in contropartita con i “rivenditori autorizzati”, utilizzando per il pagamento del corrispettivo le monete fiat o gli altri assets presenti della Libra Reserve. Ne risulta un sistema in cui ai “portatori” finali della Libra non sarebbe consentito quindi di negoziare la Libra sul mercato “primario” direttamene in contropartita con la Libra Reserve, potendo questi interagire con la Reserve solo per il tramite della suddetta rete dei “rivenditori autorizzati”. Questi ultimi infatti sarebbero gli unici soggetti cui sarebbe riservata la facoltà di effettuare operazioni all’ingrosso (di acquisto o rimborso di Libra), ovvero di effettuare transazioni nel mercato “primario” aventi ad oggetto grandi quantità di Libra “in and out of the reserve”. Gli stessi “rivenditori autorizzati” opererebbero quindi poi in modo coordinato con le “sedi di negoziazione” al dettaglio (c.d. exchages) e gli altri intermediari abilitati a negoziare al dettaglio cryptocurrencies con gli utenti finali, in modo da fornire così sul mercato “secondario” la disponibilità di Libra necessaria a favore degli utenti che desiderano convertire valute fiat in Libra e viceversa79. Inoltre siccome secondo tale meccanismo ai soli “rivenditori autorizzati” sarebbe attribuito il diritto di «sell Libra coins to the reserve at a price equal to the value of the basket, the Libra Reserve acts as a “buyer of last resort.” These activities of the association are governed and constrained by a Reserve Management Policy that can only be changed by a supermajority of the association members»80. In altri termini, da questo punto di vista, secondo la tassonomia tipica del diritto UE in materia di servizi d’investimento, la Libra Association sembrerebbe tra l’altro svolgere una funzione analoga a quella dei
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Catalini et al., The Libra Reserve, cit., p. 2. Catalini et al., The Libra Reserve, cit., p. 2. Libra Association Members, An Introduction, cit., p. 8.
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“negoziatori per conto proprio” che attuano una strategia di “market making” nell’accezione di cui alla MiFID 2 (art. 4, par. 1, punto 7) e al relativo Regolamento Delegato (UE) 2017/57881, con specifico riferimento appunto ad una “strumento” (finanziario) quali le unità di Libra. In questo modo, da un lato l’esistenza della Libra Reserve e le relative modalità di gestione assolverebbero allo scopo di cercare di mantenere stabile nel tempo il valore della Libra¸ mentre la operatività di una rete di sedi per la sua “negoziazione” al dettaglio da parte del pubblico è diretta ad assicurare la continua e agevole convertibilità della “valuta” digitale Libra in valute aventi corso legale (i.e. monete fiat) e viceversa. Una conversione quest’ultima che – ed è questo un aspetto fondamentale per la qualificazione giuridica e il trattamento regolamentare della Libra – avverrebbe però per effetto solo della libera “negoziazione” tra le parti e sulla base dei tassi di cambio ovvero prezzi di volta in volta applicati nella “sede di negoziazione” utilizzata. Con riguardo all’inquadramento giuridico ai sensi del diritto dell’UE di tale attività di scambio tra la Libra e le valute fiat, utili riferimenti ermeneutico possono essere tratti – mutatis mutandis – anche da quanto a suo tempo stabilito dalla Corte di Giustizia con riferimento ai Bitcoin (cfr. sentenza del 22.10.2015, causa C-264/2014)82 secondo cui operazioni «che consistono nel cambio di valuta tradizionale contro unità della valuta virtuale «bitcoin» e viceversa, effettuate a fronte del pagamento di una somma corrispondente al margine costituito dalla differenza tra, da una parte, il prezzo al quale l’operatore interessato acquista le valute e, dall’altra, il prezzo al quale le vende ai suoi clienti» costituiscono «prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso» ai sensi dell’art. 2, par. 1, lett. c), della c.d. “Direttiva IVA”83 del 2006 (cfr. puto 31). Per altro verso le medesime operazioni sono state considerate «esenti dall’imposta sul valore aggiunto» ai sensi dell’art. 135, par. 1, lett. e), della medesima Di-
81 Regolamento Delegato (UE) 2017/578 della Commissione del 13 giugno 2016 che integra la Direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai mercati degli strumenti finanziari per quanto riguarda le norme tecniche di regolamentazione che specificano gli obblighi in materia di accordi e sistemi di market making. 82 Sentenza della Corte (Quinta Sezione), del 22 ottobre 2015, nella causa C-264/14, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dallo Högsta förvaltningsdomstolen (Corte suprema amministrativa, Svezia), nel procedimento Skatteverket contro David Hedqvist. 83 Direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto.
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rettiva IVA, che riguarda le operazioni relative, segnatamente, a «divise, banconote e monete con valore liberatorio». Ciò in quanto ad avviso della Corte quest’ultima disposizione ben può doversi infatti applicare non «alle sole operazioni vertenti sulle valute tradizionali», bensì anche ad «operazioni relative ad altre valute» (cfr. punti 46, 51 e 53), ossia relative a valute «diverse dalle monete con valore liberatorio in uno o più paesi, […] in quanto tali valute siano state accettate dalle parti di una transazione quale mezzo di pagamento alternativo ai mezzi di pagamento legali e non abbiano altre finalità oltre a quella di un mezzo di pagamento» (cfr. punto 49)84. Vale inoltre sottolineare che, nel sistema di emissione allo stato delineato, i portatori delle unità di Libra non avrebbero alcun diritto a percepire direttamente e pro-quota i rendimenti generati dal patrimonio costituente la Libra Reserve, secondo un meccanismo che richiama quindi – anche qui mutatis mutandis – il regime giuridico del “reddito da signoraggio” o “reddito monetario” di cui all’art. 32 del Protocollo sullo Statuto del Sistema Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea85.
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Come altresì utilmente statuito nell’occasione dalla Corte, alle operazioni della specie non sarebbero invece applicabili le altre esenzioni previste all’art.135, par. 1, lett. d) e f), della medesima Direttiva IVA , rispettivamente perché la «valuta virtuale «bitcoin», essendo un mezzo di pagamento contrattuale, non può essere considerata, da una parte, né come un conto corrente né come un deposito di fondi, un pagamento o un versamento. D’altra parte, a differenza dai crediti, dagli assegni e dagli altri effetti commerciali, di cui all’articolo 135, paragrafo 1, lettera d), della direttiva IVA, essa costituisce un mezzo di pagamento diretto tra gli operatori che l’accettano” (cfr. punto 42), per altro verso sarebbe altresì “pacifico che la valuta virtuale «bitcoin» non costituisce né un titolo che conferisce un diritto di proprietà su persone giuridiche né un titolo di natura comparabile» (punto 55). 85 Protocollo allegato al trattato che istituisce la Comunità europea, così come modificato dal Trattato di Amsterdam, dal trattato di Nizza, dalla Decisione del Consiglio 2003/223/CE e dall’atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea: Sul punto si veda anche quanto stabilito dalla Suprema Corte di Cassazione, SS.UU., con sentenza del 22 giugno 2006, depositata il 21 luglio 2006, n. 16751. (per il cui commento si rinvia a Tiscione, Il reddito monetario quale moderno signoraggio dell’Eurosistema, in Giur. comm., 2007, II, p. 1017).
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Come indicato infatti, il reddito generato dalla Libra Reserve – ovvero dalle attività ivi detenute in contropartita della Libra “in circolazione” – non è destinato alla ripartizione e/o distribuzione ai portatori della Libra, ma sarebbe vincolato alla copertura delle spese di gestione della Libra Association, al finanziamento degli investimenti strumentali alla crescita e allo sviluppo del sistema Libra e a progetti connessi86. Tutte tali caratteristiche sarebbero a loro volta specificamente funzionali ad accrescere la fiducia del pubblico nell’acquisto, detenzione e utilizzo della Libra, nonché a promuovere la sua diffusa “accettazione”, anche, come strumento di pagamento a livello globale. Per altro verso, tali aspetti unitamente considerati richiamano alla mente e inducono ad accomunare la Libra, mutatis mutandis, ad alcuni esperimenti relativamente recenti – pure diretti all’instaurazione di un “ordine” monetario internazionale, quali sono stati quelli relativi al c.d. “gold-exchange standard” (i.e. una versione modificata del “gold standard”87 nell’ambito del quale le “riserve ufficiali” potevano essere però costituite non solo da oro, ma anche da un paniere di valute “forti”88), che durò però all’incirca “solo” dal 1925 alla prima metà degli anni ‘3089, e in seguito al sistema giuridico istituzionale di cui ai c.d. accordi di “Bretton Woods” del 22.7.1944 (entrati “in vigore” il 27.12.1945). Anche quest’ultimo però poi dissoltosi, pur avendo assicurato una certa “prosperità” per circa un quarto di secolo90, a causa della sua sempre
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Catalini et al., The Libra Reserve, cit., p. 3. Come osservato, il primo atto cui può essere ricollegata l’istituzione del “gold standard” può essere fatto formalmente risalire al 1819 «quando il parlamento britannico revocò le storiche restrizioni all’esportazione di monete e lingotti d’oro dal paese. [... Tuttavia, fu solo nel corso del diciannovesimo secolo che i principali paesi (tra cui la Germania e il Giappone ...] adottarono a loro volta il gold standard [... nella speranza di replicare i successi economici del Regno Unito. In particolare, ...] gli Stati Uniti adottarono formalmente in gold standard nel 1879, quando fissarono il valore in oro del “biglietti verdi” emessi durante la Guerra Civile», Krugman, Obstfeld, Economia Internazionale 2. Economia monetaria internazionale, Milano, 2007, p. 293. 88 Cfr. Isard, Globalization and the International Financial System. What’s Wrong and What Can Be Done, Cambridge, 2005, pp. 22 e ss.; Pedalino, L’Euro nel sistema monetario internazionale, Napoli, 2005, pp. 12 e ss. 89 In particolare, l’abbandono di tale sistema fu innescato dalla decisione di porre fine alla convertibilità metallica delle proprie valute assunta dalla Gran Bretagna prima, nel settembre del 1931, e poi anche da parte degli Stati Uniti, nel 1933, e della Francia, nel 1936. Cfr. Bordo, Eichengreen, A Retrospective on the Bretton Woods System: Lessons for International Monetary Reform, in University of Chicago Press, 2007, pp. 28 e ss. 90 Durante tale periodo il sistema di “Bretton Woods” assicurò infatti una relativa 87
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maggiore insostenibilità e della conseguente decisione degli Stati Uniti di uscire dagli accordi stessi comunicata nel celebre discorso del Presidente Richard Nixon del 15.8.197191. In particolare entrambi questi precedenti storici costituiscono indicativi esempi dell’estrema difficoltà, nel passaggio dalla teoria alla pratica, nel mantenere nel tempo il grado di fiducia, stabilità e coordinamento tra le norme e le politiche economiche, fiscali e monetarie dei diversi Stati necessario al funzionamento di “regimi monetari internazionali legati ad un’àncora oggettiva”92, quale appunto costituita in questi casi dai previsti rapporti di convertibilità, quantomeno formale, tra i dollari statunitensi e l’asset di riferimento scelto (i.e. l’oro e/o un paniere di valute ufficiali). In quest’ottica lo sviluppo della Libra costituisce per certi aspetti anche uno dei principali tentativi d’innovazione nell’assetto del sistema monetario internazionale avviato dopo la fine degli accordi di Bretton Wood basato, fra l’altro, su strumenti e una governance puramente privatistici, laddove sembrerebbe invece che un sistema di accordi internazionali basato su trattati (conformemente all’Article IV, sec. 2, dell’Articles of Agreement del Fondo Monetario Internazionale in materia di istituzione di nuovi general exchange arrangements) e su un’apposita stablecoin globale “could offer the advantages of Libra without many of the potentially negative aspects”93. Nello stesso senso, anche il sistema di emissione monetaria nell’Italia post unitaria e il c.d. “scandalo della Banca Romana”, verificatosi in Italia a fine ‘800, costituiscono un conferente esempio delle difficoltà e dei rischi insiti nel concreto funzionamento di meccanismi e sistemi di governance privatistici, decentralizzati e concorrenziali per la gestione
stabilità monetaria, l’espansione del commercio internazionale, un’elevata produttività e quasi piena occupazione, soprattutto durante i cc.dd. golden sixties, Cfr. Bis, The Bank for International Settlements. Organisation and history, in BIS Archive guide, 2007, p. 3; Banca D’italia, Storia della legislazione bancaria, finanziaria e assicurativa. Dall’unità d’Italia al 2010, a cura di E. Galanti, R. D’Ambrosio, A. Guccione, Banca d’Italia, Roma, 2010, p. 89. 91 Cfr. Garritsen De Vries, The International Monetary Fund 1967-1971. The System Under Stress, Volume I: Narrative, International Monetary Fund, Washington D.C., 1976, p. 530. 92 Pittalunga, Cama, Banche Centrali e democrazia. Istituzioni, moneta e competizione politica, Milano, 2004, p. 49. 93 D. Zetzsche,. Buckley, Arner, Regulating LIBRA: The Transformative Potential of Facebook’s Cryptocurrency and Possible Regulatory Responses ( July 11, 2019), in European Banking Institute Working Paper Series 2019/44, cit., p. 28.
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dell’emissione e della circolazione di una certa “moneta”, segnatamente per quanto riguarda l’aspetto del mantenimento nel tempo della stabilità del valore della moneta stessa e della fiducia dei suoi portatori. Nel caso della Banca Romana una serie di errori, irregolarità e violazione delle norme determinarono infatti, tra l’altro, un’emissione incontrollata di “moneta” (anche mediante banconote “duplicate”), ossia ben oltre i limiti massimi di emissione consentiti anche in rapporto alle corrispondenti attività della banca stessa94, da cui l’avvio anche in Italia, a partire idealmente dal 1893 in poi, di un processo di nazionalizzazione degli istituti di emissione e di adozione un sistema di emissione di natura pubblicistica basato sul central banking95. Ciò premesso, per quanto riguarda specificamente la Libra, il relativo progetto prevede, come detto, che il suo valore sia idealmente “derivato” da quello di un insieme di assets “sottostanti” – altamente liquidi e a bassa volatilità – costituenti il patrimonio di cui alla suddetta Libra Reserve, segnatamente: depositi bancari e titoli governativi a breve termine denominati in valute emesse da selezionate banche centrali. Il valore (economico) rappresentato della Libra, ovvero il suo prezzo di “negoziazione”, non sarebbe quindi di per sé fisso né garantito nel tempo, bensì già per tale motivo sottoposto a fluttuazioni in funzione appunto del valore degli asset sottostanti costituenti la Libra Reserve e dei tassi di cambio tra le varie valute fiat96. In ogni caso, le specifiche regole sulla costituzione e gestione della Reserve da parte della Libra Association avrebbero per obiettivi quelli di mitigare la probabilità e l’ampiezza di tali fluttuazioni, essendo ispirate ad espliciti obiettivi di “capital preservation” e “liquidity”97.
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Pani, Crisis and Reform: The 1893 Demise of Banca Romana, in IMF Workin Papaper (WP/17/274), December 14, 2017; Banca D’italia, Storia della legislazione bancaria, finanziaria e assicurativa. Dall’unità d’Italia al 2010, a cura di E. Galanti, R. D’Ambrosio, A. Guccione, Banca d’Italia, Roma, 2010, pp. 34-36. 95 Banca D’italia, La Banca d’Italia e i problemi del governo della moneta, a cura di Finocchiaro e Contessa, Roma, 2002, pp. 23-27; Banca D’italia, Storia della legislazione bancaria, finanziaria e assicurativa. Dall’unità d’Italia al 2010, a cura di Galanti, D’Ambrosio, Guccione, Banca d’Italia, Roma, 2010, pp. 36-39. 96 Risulta in particolare che «The actual assets will be a collection of low-volatility assets, including bank deposits and government securities in currencies from stable and reputable central banks. As the value of Libra will be effectively linked to a basket of fiat currencies, from the point of view of any specific currency, there will be fluctuations in the value of Libra», Catalini et al., The Libra Reserve, cit., p. 2. 97 Per quanto riguarda infatti l’aspetto della preservazione del capitale «the association will only invest in debt from stable governments with low default probability that are
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Ad ulteriore garanzia della stabilità del valore della Reserve, dal punto di vista della relativa governance è altresì stabilito che eventuali modifiche nella composizione della riserva stessa debbano essere giustificate dal ricorrere di circostanze eccezionali ed essere in ogni caso approvate a maggioranza qualificata dei voti del Consiglio della Libra Association98. Anche per quanto riguarda le operazioni di “conversione” della Libra in una determinata valuta avente corso legale (fiat money), ossia in termini contrattualistici il suo “prezzo” di acquisto/vendita, queste verrebbero eseguite sulla base di un sistema di tassi di cambio flessibili (o fluttuanti), senza quindi alcun “vincolo di parità” tra la Libra e le diverse valute fiat utilizzate per il pagamento del corrispettivo. Almeno dal punto di vista giuridico-contrattuale, il tasso di cambio tra le unità di Libra e una certa valuta fiat (ovvero il “prezzo” della Libra espresso in termini di un’altra valuta) sarebbe infatti solo quello liberamente determinato, in funzione dei rispettivi valori, sulla sede di scambio (rectius: di negoziazione) di volta in volta utilizzata per la conversione. Al riguardo è stato in particolare chiarito che la Libra Reserve non sarebbe gestita in modo “attivo”, ma che ogni apprezzamento o deprezzamento del valore della Libra deriverebbe tipicamente solo dai movimenti del mercato valutario99. Ciò posto, vale evidenziare che le suddette caratteristiche di bassa volatilità del valore ed elevata liquidità, almeno in linea di principio, degli asset idonei a costituire la Libra Reserve, il fatto che gli stessi sarebbero detenuti presso un diversificato insieme di “depositari” di elevato standing e le modalità di “circolazione” e “negoziazione” della Libra rappresentano caratteristiche tecnico-giuridiche tutte funzionali a preservare l’elevata stabilità e liquidità della Reserve e quindi anche una sufficiente oggettività e stabilità nel tempo del valore della stessa Libra100, ponendo
unlikely to experience high inflation. In addition, the reserve has been diversified by selecting multiple governments, rather than just one, to further reduce the potential impact of such events”; per quanto riguarda invece il profilo della liquidità “the association plans to rely on shortated securities issued by these governments, that are all traded in liquid markets that regularly accommodate daily trading volume in the tens or even hundreds of billions. This allows the size of the reserve to be easily adjusted as the number of Libra in circulation expands or contracts», Catalini et al., The Libra Reserve, cit., p. 2. 98 Catalini et al., The Libra Reserve, cit., p. 3. 99 Catalini et al., The Libra Reserve, cit., p. 2. 100 Come specificato infatti «the reserve assets are being chosen to minimize volatility,
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così le condizioni necessarie affinché la stessa possa essere eventualmente utilizzata anche per assolvere alle funzioni di “riserva di valore” e/o “mezzo di pagamento”, tradizionalmente tipiche della “moneta” vera e propria.
6. L’offerta di servizi di “digital wallets” per la detenzione e l’utilizzo della Libra da parte degli utenti, ruolo di Calibra Inc. e implicazioni regolamentari. Per quanto riguarda la detenzione, il trasferimento e la disposizione da parte degli utenti delle unità di Libra di loro “pertinenza”, stante anche la relativa natura di bene “digitally native” e loro esistenza quindi esclusivamente in “forma dematerializzata”, questi richiedono il necessario utilizzo di appositi “digital wallets”101 gestiti da idonei prestatori di servizi, ovvero la necessaria intermediazione degli stessi, secondo un sistema che presenta invero numerose analogie – mutandis mutandis – con quello della gestione accentrata di strumenti finanziari in regime di dematerializzazione di cui agli artt. 83 e ss. del Testo Unico della Finanza (TUF)102 e al Re-
so holders of Libra can trust the currency’s ability to preserve value over time. The assets in the Libra Reserve will be held by a geographically distributed network of custodians with investment-grade credit rating to provide both security and decentralization of the assets», Libra Association Members, An Introduction to Libra, cit., p. 7. 101 Tipicamente i “digital wallets” relativi a crypto-asset sono utilizzati per custodire «public and private keys and to interact with DLTs with a view to allowing users to send and receive crypto-assets and monitor their balances. Crypto-asset wallets come in different forms. Some support multiple crypto-assets/DLTs while others are cryptoasset/DLT specific. There are software/hardware wallets and so-called cold/hot wallets […] A software wallet is an application which may be installed locally, e.g., on a computer or mobile phone, in which case it is only accessible from that specific computer or mobile phone. Other software wallets are run in the cloud, meaning that they are accessible from any computing device or location. A hardware wallet is a physical device, such as a USB key. Hot wallets are connected to the internet while cold wallets are not. Software wallets are usually hot wallets, while hardware wallets tend to be cold wallets, although there may be some variations. Hot wallets are generally seen as less secure because of their propensity to be hacked from the internet. Yet, while crypto-assets in hot wallets may be spent at any time, a cold wallet has to be ‘connected’ to the internet first. Some hardware wallets provide enhanced security features, e.g., by requiring the user to physically press or touch the wallet in order to sign a transaction», European Securities and Market Authority, Advice. Initial Coin Offerings and Crypto-Assets, 9 January 2019, ESMA50-157-1391, p. 9. 102 Cfr. t.u.f.
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golamento (UE) n. 909/2014 del 23 luglio 2014103. In ottica regolamentare, i “digital wallets” potrebbero essere, ad esempio, specificamente assimilati ai conti di cui all’articolo 83-quater, comma 3, del T.u.f., distinti e separati sia tra loro sia rispetto agli eventuali conti di pertinenza dell’intermediario che li gestisce, in cui sono registrati per ogni titolare dei conti stessi “gli strumenti finanziari di sua pertinenza nonché il trasferimento, gli atti di esercizio ed i vincoli [… sugli strumenti medesimi …], disposti dal titolare o a carico del medesimo”. I gestori dei “digital wallets” (ovvero “digital wallet provider”) potrebbero essere invece assimilati, per ruolo e funzioni, agli intermediari di cui all’art. 79-decies, co. 1, lett. b), del t.u.f., abilitati alla tenuta appunto dei conti sui quali sono registrati gli strumenti finanziari e i relativi trasferimenti (nonché i vincoli sugli stessi strumenti), a detenere conti titoli presso il depositario centrale e a svolgere le altre attività pure indicate nel t.u.f. per l’esercizio, ad esempio, dei diritti sugli strumenti finanziari medesimi da parte dei relativi titolari. Con riguardo alla gestione dei conti per la custodia e detenzione della Libra, risulta che Facebook Inc. abbia provveduto, come sopra accennato, a costituire una nuova società specializzata sua controllata, denominata Calibra Inc., che si occuperà in modo del tutto separato e distinto rispetto all’attività e servizi di Facebook Inc. dell’offerta al pubblico (esclusivamente in modalità on-line) di vari prodotti e servizi bancari, finanziari e tecnici relativi alla Libra, tra cui specificamente quello, essenziale, della gestione dei conti “digital wallets” su cui potranno essere “registrate”, e quindi “detenute”, “trasferite” e “utilizzate” dagli utenti le unità di Libra104. In particolare, secondo quanto specificato, Calibra opererebbe in quest’ambito quale digital custodial wallet provider, con ciò a suggerire quindi, almeno secondo le categorie al momento comunemente utilizzate, che questa non solo si occuperebbe di «provide wallets to their clients but also hold their crypto-assets (i.e., their private keys) on their behalf»105.
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Regolamento (EU) n. 909/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 luglio 2014 relativo al miglioramento del regolamento titoli nell’Unione europea e ai depositari centrali di titoli e recante modifica delle direttive 98/26/CE e 2014/65/UE e del regolamento (UE) n. 236/2012. 104 In particolare, «Calibra will be a digital custodial wallet that enables storage and usage of the Libra digital currency. It will be available on Facebook platforms – initially WhatsApp and Messenger – and as a standalone app on iOS and Android», Calibra, Calibra: Customer Commitment, 2019, p. 1. 105 European Banking Authority, Report with advice for the European Commission on
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In ogni caso, ed è un questo un elemento particolarmente innovativo e proconcorrenziale, il progetto prevede che gli utenti non siano vincolati all’utilizzo esclusivo dei servizi offerti da Calibra Inc.; in linea con la natura e struttura aperta del sistema sarà infatti assicurata la possibilità anche per altri soggetti di fornire analoghi e sostituibili digital wallets e altri servizi relativi alla Libra in concorrenza con quelli di Calibra Inc.106. Ciò posto, in virtù della specifica natura dei servizi offerti da Calibra Inc., e della loro destinazione ad un pubblico di clienti tipicamente retail, questa è destinata ad assumere nei diversi ordinamenti in cui opererà lo status di impresa sottoposta alla regolamentazione e vigilanza delle diverse Autorità di supervisione “bancaria” e finanziaria, nonché a quelle competenti, tra l’altro, in materia di contrasto del riciclaggio e, non ultimo, di tutela dei consumatori e dalla privacy. Tra i motivi principali della costituzione di Calibra Inc. come società separata, benché controllata, da Facebook Inc. vi è infatti specificamente anche quello della riconosciuta importanza di mantenere i financial data in possesso di Calibra separati e distinti dai social data di Facebook107, fatte salve le eccezioni e condizioni comunque previste per l’utilizzo da parte di Calibra Inc. dei dati di Facebook Inc. e, in alcuni casi, anche viceversa108.
crypto-assets, EBA Report 9 January 2019, p. 9. 106 Come specificato al riguardo «The first product Calibra intends to introduce is a digital wallet for Libra that will be available in Messenger, WhatsApp, and as a standalone app. The Calibra wallet will let users send Libra to almost anyone with a smartphone, similar to how they might send a text message, and at low-to-no cost. We expect that the Calibra wallet will ultimately be one of many services, and one of many digital wallets, available to consumers on the Libra network», Testimony of David Marcus, Head of Calibra, Facebook, Hearing Before the United States Senate Committee On Banking, Housing, And Urban Affairs, July 16, 2019, p. 5. 107 Calibra, Calibra, cit., p. 1. 108 Come specificato sul punto «Calibra is also being designed with a strong commitment to protecting customer privacy […]. Calibra will not share individual customer data with the Libra Association, no matter how it might be collected, nor will Calibra receive other personally identifiable user data from the Libra Association. And, except in limited circumstances, such as preventing fraud or criminal activity and complying with the law, Calibra will not share customers’ account information or financial data with Facebook unless people agree to permit such sharing. Calibra customer account information and financial data will not be used to improve ad targeting on the Facebook, Inc. family of products», Testimony of David Marcus, Head of Calibra, Facebook, Hearing Before the United States Senate Committee On Banking, Housing, And Urban Affairs, July 16, 2019, p. 6. Al riguardo si veda anche Calibra, Calibra, cit., pp. 1-2.
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Stante in particolare l’obiettivo secondo cui Calibra Inc. e più in generale il sistema Libra saranno resi disponibili e operativi nei vari ordinamenti solo previa verifica del rispetto delle norme e controlli di volta in volta applicabili, i prodotti e i servizi di Calibra Inc., e segnatamente i relativi digital wallets, non saranno offerti nei paesi che vietano l’offerta e/o l’utilizzo di cryptocurrencies109. Risulta ad esempio che negli Stati Uniti d’America Calibra Inc. si sia già registrata (nell’agosto 2019) presso il Financial Crimes Enforcement Network (FinCEN) del Dipartimento del Tesoro quale “money services business”110 e che abbia altresì richiesto il rilascio delle licenze statali per operare come “money transmitter” in alcuni Stati della federazione111, ciò
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Calibra, Calibra, cit., p. 2. Ai sensi della regolamentazione finanziaria statutinense con l’espressione «money services business» si fa riferimento a «any person doing business, whether or not on a regular basis or as an organized business concern, in one or more of the following capacities: (1) Currency dealer or exchanger. (2) Check casher. (3) Issuer of traveler’s checks, money orders or stored value. (4) Seller or redeemer of traveler’s checks, money orders or stored value. (5) Money transmitter. (6) U.S. Postal Service. An activity threshold of greater than $1,000 per person per day in one or more transactions applies to the definitions of: currency dealer or exchanger; check casher; issuer of traveler’s checks, money orders or stored value; and seller or redeemer of travelers’ checks, money orders or stored value. The threshold applies separately to each activity – if the threshold is not met for the specific activity, the person engaged in that activity is not an MSB on the basis of that activity. No activity threshold applies to the definition of money transmitter. Thus, a person who engages as a business in the transfer of funds is an MSB as a money transmitter, regardless of the amount of money transmission activity. Notwithstanding the previous discussion, the term “money services business” does not include: A bank, as that term is defined in 31 CFR 1010.100(d) (formerly 31 CFR 103.11(c)), or A person registered with, and regulated or examined by, the Securities and Exchange Commission or the Commodity Futures Trading Commission. For the complete regulatory definition of “money services business”, see 31 CFR 1010.100 (ff) (formerly 31 CFR 103.11 (uu)). Note: Each money services business (MSB) is a financial institution. For the regulatory definition of “financial institution”, see 31 CFR 1010.100 (t) (formerly 31 CFR 103.11 (n))», https://www.fincen.gov/ money-services-business-definition. 111 Per quanto riguarda il quadro regolamentare e di vigilanza degli Stati Uniti d’America «The Calibra wallet will comply with FinCEN’s rules for its AML/CFT program and the rules set by the Office of Foreign Assets Control (OFAC) with respect to financial sanctions. State financial regulators will regulate Calibra as a money transmitter, and the Federal Trade Commission and the Consumer Financial Protection Bureau will monitor for consumer protection and data privacy and security issues. Calibra has filed for state money transmitter licenses in the U.S. and it is also registered with FinCEN as a money services business […]. Similarly, Calibra will comply with the Bank Secrecy Act and will incorporate KYC and AML/CFT methodologies used around the world, including those focused 110
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in quanto ai sensi della relativa regolamentazione è stato stabilito che ai fini della disciplina del servizio di “money transmission” le cryptocurrencies siano da assimilare alle valute fiat112. Secondo le attuali categorie giuridiche dell’ordinamento finanziario dell’UE, a secondo della prevalente qualificazione attribuita alla Libra (e.g. come strumento finanziario ovvero di pagamento), la gestione dei relativi digital wallets potrebbe rientrare nell’ambito dei servizi riservati alle “imprese d’investimento” (di cui all’art. 4, par. 1, n. 1, della Direttiva 2014/65/UE – c.d. MiFID 2) oppure ai “prestatori di servizi di pagamento” (di cui all’art. 1, par. 1, della Direttiva (UE) 2015/2366113 – c.d. PSD 2). Tuttavia, sebbene prima facie l’attività e i servizi di Calibra Inc. appaiono per numerosi aspetti potenzialmente idonei ricadere nell’ambito di applicazione – o quantomeno di “intervento” – delle citate norme UE relative alla prestazione dei servizi pagamento, bancari e/o d’investimento, le relative condizioni e modalità non sono però determinabili ex ante in astratto, ma solo in seguito all’analisi della concreta configurazione dei relativi prodotti e servizi, su cui però non sono ancora disponibili dettagliate informazioni ufficiali e sulla cui valutazione anche le posizioni delle Autorità pubbliche non sempre risultano concordi. Ad esempio, secondo l’Autorità Bancaria Europea, risulterebbe che i crypto-assets o crypto-attività solo in alcuni limitati e molto specifici casi potrebbero essere qualificabili come moneta elettronica, mentre nella generalità dei casi i tipici crypto-assets ricadrebbero al di fuori dell’ambito di applicazione della «EU financial services regulation […] and specific services relating to crypto-asset custodian wallet provision and crypto-
on customer identification and verification, and risk-based customer due diligence», Testimony of David Marcus, Head of Calibra, Facebook, Hearing Before the United States Senate Committee On Banking, Housing, And Urban Affairs, July 16, 2019, p. 6. 112 Al riguardo cfr. Sykes and Vanatko, Virtual Currencies and Money Laundering: Legal Background, Enforcement Actions, and Legislative Proposals, April 3, 2019, Congressional Research Service R45664 (https://crsreports.congress.gov); Middlebrook and Hughes, Regulating Cryptocurrencies in the United States: Current Issues and Future Directions (2014), in William Mitchell Law Review: Vol. 40: Iss. 2, Article 11 (http://open. mitchellhamline.edu/wmlr/vol40/iss2/11); FinCEN, FinCEN guidance, Application of FinCEN’s Regulations to Certain Business Models Involving Convertible Virtual Currencies, FIN-2019-G001, May 9, 2019. 113 Cfr. Direttiva (UE) 2015/2366 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2015 relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, che modifica le direttive 2002/65/CE, 2009/110/CE e 2013/36/UE e il regolamento (UE) n. 1093/2010, e abroga la direttiva 2007/64/CE.
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asset trading platforms do not constitute regulated activities under EU financial services law»114. La mancanza di un chiaro e univoco approccio UE in materia è stata recentemente confermata anche dalla Consob che in «attesa della definizione in ambito europeo di un condiviso orientamento circa la qualificazione giuridica dei crypto-asset e, in particolare, in merito alla loro riconduzione al novero dei valori mobiliari» ha avviato un’apposita consultazione pubblica. In esito a quest’ultima la Consob ha ribadito, tra l’altro, che l’approccio normativo-regolamentare che la stessa intenderebbe promuovere in materia «non è inteso a catturare cripto-attività che siano strumenti di pagamento, né cripto-attività che, per le loro caratteristiche, ricadano in categorie disciplinate da normativa di derivazione UE […; quanto piuttosto a …] identificare le “cripto-attività” nelle attività diverse dagli strumenti finanziari di cui all’art. 1 comma 2 t.u.f. e da prodotti di investimento di cui al comma 1, lettere w-bis.1, w-bis.2 e w-bis.3, consistenti nella rappresentazione digitale di diritti connessi a investimenti in progetti imprenditoriali, emesse, conservate e trasferite mediante tecnologie basate su registri distribuiti, nonché negoziate o destinate a essere negoziate in uno o più sistemi di scambi»115. Nel risulta che ai sensi del diritto UE vigente i crypto-assets e le relative attività e servizi nell’ambito del mercato interno sono, in quanto tali, allo stato tendenzialmente e in larga parte “unregulated”116, con la significativa eccezione di alcune recenti modifiche apportate al framework normativo UE in materia di antiriciclaggio. Anche la risalente “Settlement Finality Directive” (SFD)117, benché avente genericamente ad oggetto la disciplina armonizzata dei c.d. “ordini di trasferimento” (ossia di ogni istruzione di mettere a disposizione “somme di denaro”, che determini “l’assunzione o l’adempimento di un
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European Banking Authority, Report with advice for the European Commission on crypto-assets, EBA Report 9 January 2019, p. 4. 115 Consob, Le offerte iniziali e gli scambi di cripto-attività, Rapporto finale, 2 gennaio 2020, pp. 6 e 7, nonché Consob, Le offerte iniziali e gli scambi di cripto-attività, Documento per la Discussione, 19 marzo 2019. 116 European Central Bank – Crypto-Assets Task Force, Crypto-Assets: Implications for financial stability, monetary policy, and payments and market infrastructures, Occasional Paper Series, No 223 / May 2019, p. 28. 117 Direttiva 98/26/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 1998 concernente il carattere definitivo del regolamento nei sistemi di pagamento e nei sistemi di regolamento titoli
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obbligo di pagamento”, ovvero di “trasferire la titolarità o i diritti su uno o più titoli”)118 appare infatti non del tutto applicabile “to crypto-asset networks or intermediaries”119. Ciò posto, diretto ed esplicito rilievo in materia risultano avere invece da ultimo assunto, come detto, le disposizioni UE in materia di prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, quali modificate e integrate con l’adozione della Direttiva (UE) n. 2018/843 del 30 maggio 2018 (c.d. “V direttiva antiriciclaggio”)120 che modifica la precedente Direttiva (UE) 2015/849 del 20 maggio 2015 (c.d. “IV direttiva antiriciclaggio)121, rispettivamente attuate in Italia con il D. lgs. 125/2019122 e il D. lgs. n. 90/2017123.
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In particolare ai fini della Direttiva 98/26/CE, ai sensi del relativo art. 2, lett. i), per “ordine di trasferimento” si intende «– ogni istruzione da parte di un partecipante di mettere a disposizione di un beneficiario una somma di denaro attraverso una scrittura sui conti di un ente creditizio, di una banca centrale o di un agente di regolamento ovvero ogni istruzione che determini l’assunzione o l’adempimento di un obbligo di pagamento, in base alle regole di tale sistema, ovvero – ogni istruzione da parte di un partecipante di trasferire la titolarità o i diritti su uno o più titoli attraverso una scrittura in un libro contabile o altro». 119 European Central Bank – Crypto-Assets Task Force, Crypto-Assets: Implications for financial stability, monetary policy, and payments and market infrastructures, Occasional Paper Series, No 223 / May 2019, p. 28. 120 Direttiva (UE) 2018/843 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, che modifica la Direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo e che modifica le direttive 2009/138/CE e 2013/36/UE. 121 Direttiva (UE) 2015/849 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la direttiva 2006/70/CE della Commissione. 122 Decreto legislativo 4 ottobre 2019, n. 125, recante modifiche ed integrazioni ai decreti legislativi 25 maggio 2017, n. 90 e n. 92, recanti attuazione della direttiva (UE) 2015/849, nonché attuazione della direttiva (UE) 2018/843 che modifica la direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario ai fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo e che modifica le direttive 2009/138/CE e 2013/36/UE. 123 Decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 90, recante attuazione della direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo e recante modifica delle direttive 2005/60/CE e 2006/70/CE e attuazione del regolamento (UE) n. 2015/847 riguardante i dati informativi che accompagnano i trasferimenti di fondi e che abroga il regolamento (CE) n. 1781/2006.
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Le innovazioni apportate dalla Direttiva (UE) n. 2018/843 all’acquis unionale sono basate infatti specificamente anche sulla considerazione che l’evoluzione tecnologica e finanziaria rende possibile «trasferire denaro verso il sistema finanziario dell’Unione o all’interno delle reti delle valute virtuali dissimulando i trasferimenti o beneficiando di un certo livello di anonimato su queste piattaforme […; sicché è stato ritenuto di fondamentale importanza per finalità antiriciclaggio e di contrasto del finanziamento del terrorismo (AML/CFT) …] ampliare l’ambito di applicazione della direttiva (UE) 2015/849 in modo da includere i prestatori di servizi la cui attività consiste nella fornitura di servizi di cambio tra valute virtuali e valute legali e i prestatori di servizi di portafoglio digitale»124. Tale inclusione nella categoria dei c.d. “soggetti obbligati” di cui all’art. 2 della Direttiva (UE) 2015/849 anche di tali (nuovi) prestatori di servizi di exchange tra valute virtuali e valute fiat (c.d. VCEP) e di servizi di portafoglio digitale (c.d. CWPs) è in particolare funzionale proprio a consentire alle autorità competenti di monitorare maggiormente l’uso delle “valute virtuali”125; fermo restando che anche tale inclusione comunque «non risolve completamente il problema dell’anonimato delle operazioni in valuta virtuale», perché in ogni caso «gli utenti possono effettuare operazioni anche senza ricorrere a tali prestatori»126. Per quanto riguarda specificamente i servizi di Calibra Inc., vale sul punto osservare che, da un lato, è stato già chiarito che Calibra, pur operando in modo integrato con sedi e prestatori di servizi di scambio (exchange) di cryptocurrencies, tuttavia essa stessa non opererà come sede di scambio né presterà servizi di exchange127; per altro verso, la
124 Cfr. Considerando n. 8 della Direttiva (UE) n. 2018/843 del 30 maggio 2018. Sul punto anche cfr. European Banking Authority, “Opinion of the European Banking Authority on the EU Commission’s proposal to bring Virtual Currencies into the scope of Directive (EU) 2015/849 (4AMLD)”, EBA-Op-2016-07, 11 August 2016; A. Caponera e C. Gola, Aspetti economici e regolamentari delle «cripto-attività», in Banca d’Italia, Questioni di Economia e Finanza (Occasional Papers), n. 484, Marzo 2019, pp. 16-18 e 20-22. 125 Cfr. Considerando n. 8 della Direttiva (UE) n. 2018/843 del 30 maggio 2018. 126 È stato quindi ad esempio considerato che per «contrastare i rischi legati all’anonimato, le unità nazionali di informazione finanziaria (FIU) dovrebbero poter ottenere informazioni che consentano loro di associare gli indirizzi della valuta virtuale all’identità del proprietario di tale valuta. Occorre inoltre esaminare ulteriormente la possibilità di consentire agli utenti di presentare, su base volontaria, un’autodichiarazione alle autorità designate», Considerando n. 9 della Direttiva (UE) n. 2018/843 del 30 maggio 2018. 127 Calibra, Calibra, cit., p. 2.
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suddetta fornitura di servizi di “digital wallets” per la Libra ben sembra far rientrare la stessa Calibra Inc. nella (nuova) categoria regolatoria UE dei “prestatori di servizi di portafoglio digitale” di cui all’art. 3, punto 19) della Direttiva (UE) 2015/849 (come modificata dalla Direttiva (UE) n. 2018/843), ai sensi del quale sono infatti da qualificarsi tali i soggetti che forniscono «servizi di salvaguardia di chiavi crittografiche private per conto dei propri clienti, al fine di detenere, memorizzare e trasferire valute virtual». A loro volta, a prescindere dalla individuazione di una loro univoca qualificazione giuridica quale strumento di pagamento e/o d’investimento128, le “valute virtuali” sono a tali fini definite come “una rappresentazione di valore digitale che non è emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico, non è necessariamente legata a una valuta legalmente istituita, non possiede lo status giuridico di valuta o moneta, ma è accettata da persone fisiche e giuridiche come mezzo di scambio e può essere trasferita, memorizzata e scambiata elettronicamente” (art. 3, punto 18) della Direttiva (UE) 2015/849 come modificata dalla Direttiva (UE) n. 2018/843). Ciò fermo restando però in ogni caso che, in tale ambito e a tali specifici fini, le c.d. “valute locali”, ovvero le c.d. “monete complementari”, laddove tipicamente «utilizzate in ambiti molto ristretti, quali una città o una regione, e tra un numero limitato di utenti, non dovrebbero essere considerate valute virtuali»129. Con riguardo ai profili della vera e propria regolamentazione e supervisione prudenziale dei servizi di digital wallet, la Consob ha da ultimo osservato che sarebbe opportuno stabilire (principalmente in sede di regolamentazione secondaria) degli appositi e separati requisiti prudenziali per l’attività di gestione dei sistemi di scambi di cripto-attività, da un lato, e per la prestazione di servizi (di post-trading) di custodia e regolamento delle contrattazioni relativi alle cripto-attività svolti in qualità di custodial wallet provider, considerati anche i diversi elementi di rischio130. A tal fine è stato proposto, innanzitutto, d’introdurre un’apposita definizione regolamentare di “servizi di portafoglio digitale” ispirata a quel-
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Cfr. Considerando n. 10 della Direttiva (UE) n. 2018/843 del 30 maggio 2018. Cfr. Considerando n. 11 della Direttiva (UE) n. 2018/843 del 30 maggio 2018. 130 Consob, Le offerte iniziali e gli scambi di cripto-attività, Rapporto finale, 2 gennaio 2020, pp. 6 e 7, nonché Consob, Le offerte iniziali e gli scambi di cripto-attività, Documento per la Discussione, 19 marzo 2019, pp. 12 e 15. 129
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la già introdotta a fini antiriciclaggio nella Direttiva (UE) n. 2018/843, nonché a quella di cui all’art. L. 54-10-2 del “Code monétaire et financier” francese, ai sensi del quale è disposto che i “services sur actifs numériques” (ivi ora appositamente disciplinati ai sensi dell’art. 86 della Loi n° 2019-486 del 22 maggio 2019 “relative à la croissance et la transformation des entreprises” – c.d. Loi PACTE)131, comprendono anche: «1° Le service de conservation pour le compte de tiers d’actifs numériques ou d’accès à des actifs numériques, le cas échéant sous la forme de clés cryptographiques privées, en vue de détenir, stocker et transférer des actifs numériques». Quanto poi all’iscrizione a domanda, secondo un meccanismo di opt-in, in un istituendo registro tenuto dalla Consob dei “fornitori di servizi di portafoglio digitale” (distinto da quello, pure da istituirsi presso la Consob, dei “sistemi di scambi di cripto-attività”), è stato proposto di stabilire come condizione il possesso da parte dei fornitori di tali servizi di una serie di requisiti organizzativi, di governance, finanziari e patrimoniali132.
7. Prime conclusioni sulla qualificazione giuridica della Libra ai sensi del diritto dell’UE: moneta elettronica, strumento finanziario o tertium genus? Posto quanto sopra, con riferimento alla dibattuta questione della più corretta qualificazione e del trattamento giuridico da doversi riservare alla Libra e a “beni” analoghi ai sensi e per gli effetti dell’acquis dell’UE in materia di regolamentazione bancaria e finanziaria133 – e segnatamen-
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Cfr. www.economie.gouv.fr/files/files/2019/DP_PACTE_janvier_2019.pdf. In particolare ad avviso della Consob, per poter ottenere l’iscrizione nel relativo registro, i “fornitori di servizi di portafoglio digitale” dovrebbero dare prova di essere dotati di: «a) regole e procedure relative all’identificazione dei clienti; b) misure volte a proteggere adeguatamente le cripto-attività ed a garantirne la segregazione e conservazione, nonché regole e procedure idonee con riguardo all’investimento delle risorse finanziarie; c) misure per consentire il regolamento efficiente delle operazioni di negoziazione relative alle cripto-attività da esso custodite; d) procedure per identificare e gestire i rischi connessi con lo svolgimento dei servizi; e) idonei presidi di organizzazione e funzionamento, incluso in materia di continuità operativa e sicurezza informatica; f) adeguate procedure per la gestione dei conflitti di interesse; g) risorse finanziarie sufficienti per la sana e prudente gestione», Consob, Le offerte iniziali e gli scambi di criptoattività, Rapporto finale, 2 gennaio 2020, p. 16. 133 Ad esempio come da ultimo formalmente comunicato dalla Commmissione Euro132
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te della sua eventuale qualificazione, in ipotesi, quale “moneta” ovvero “strumento di pagamento” – dall’analisi degli elementi e delle caratteristiche sopra riferite appare allo stato potersi preliminarmente concludere per l’esistenza di una serie di differenze tra la Libra e le principali fattispecie giuridiche già note e regolamentate nell’ordinamento finanziario UE e italiano, tra cui in primis rispetto alla c.d. “moneta elettronica” di cui alla Direttiva 2009/110/CE (EMD2). Innanzitutto non può mancarsi di rilevare che, come pure considerato in occasione della menzionata disposta estensione della disciplina UE antiriciclaggio anche a taluni servizi relativi alle “valute virtuali”, in linea di principio queste ultime non dovrebbero essere automaticamente associate e/o confuse con la “moneta elettronica” di cui alla EMD2, né con le nozioni giuridiche di “fondi” o di “valore monetario” utilizzabili per la esecuzione di “operazioni di pagamento” cui fa riferimento la Direttiva (UE) 2015/2366 relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno (c.d. PSD 2)134, né fra l’altro “con le valute di gioco che possono essere utilizzate esclusivamente all’interno di un determinato ambiente di gioco”135. Come infatti correttamente osservato, anche se «le valute virtuali possano essere spesso utilizzate come mezzo di pagamento […, tuttavia queste ben …] potrebbero essere usate anche per altri scopi e avere impiego più ampio, ad esempio come mezzo di scambio, di investimento, come prodotti di riserva di valore o essere utilizzate in casinò online»136.
pea in risposta ad una interrogazione parlamentare «Despite the limited information available about the nature of Libra, the Commission is carrying out a preliminary assessment in cooperation with ESMA and EBA, of the legal nature of Libra and the authorisation(s) it subsequently may have to seek under EU law, in order to ensure the protection of EU citizens. The Commission is also working with international partners with the aim of ensuring a coordinated approach globally to manage any risks posed by this new project», E-002268/2019, Answer given by Vice-President Dombrovskis on behalf of the European Commission (28.8.2019). 134 Cfr. Direttiva (UE) 2015/2366 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2015 relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, che modifica le direttive 2002/65/CE, 2009/110/CE e 2013/36/UE e il regolamento (UE) n. 1093/2010, e abroga la direttiva 2007/64/CE. 135 Cfr. Considerando n. 10 della Direttiva (UE) n. 2018/843 del 30 maggio 2018. Al riguardo anche cfr. Caponera e Gola, Aspetti economici e regolamentari delle «criptoattività», in Banca d’Italia, Questioni di Economia e Finanza (Occasional Papers), n. 484, Marzo 2019, pp. 22 e ss. 136 Cfr. Considerando n. 10 della Direttiva (UE) n. 2018/843 del 30 maggio 2018.
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In mancanza di definizioni formali, univoche e condivise, sembra che i “beni” digitali (ovvero crypto-asset)137 come la Libra basati su – e soprattutto caratterizzati da – l’utilizzo della crittografia e della distributed ledger technology (DLT)138 possano essere utilmente classificati, almeno in prima approssimazione, in funzione del loro utilizzo principale essenzialmente in una, o anche più, delle seguenti macro categorie139:
137 Cfr. Financial Stabilty Board, Crypto-assets. Report to the G20 on work by the FSB and standard-setting bodies, 16 July 2018; European Securities and Market Authority, Advice. Initial Coin Offerings and Crypto-Assets, 9 January 2019, ESMA50-157-1391, pp. 18 e ss.; HM Treasury, Financial Conduct Authority, Bank of England, Cryptoassets Taskforce: final report, October 2018, pp. 11 e ss. 138 Sull’utilizzo delle distributed ledger technologies nel settore dei finanziario cfr. Annunziata, Distributed Ledger Technology e mercato finanziario: le prime posizioni dell’ESMA, in AA.VV., Fintech. Introduzione ai profili giuridici di un mercato unico tecnologico dei servizi finanziari, a cura di Paracampo, Torino, 2017, pp. 229-238; European Securities and Market Authority, The Distributed Ledger Technology Applied to Securities Markets, Report ESMA50-1121423017-285, 7 February 2017; European Union Agency For Network And Information Security, Distributed Ledger Technology & Cybersecurity. Improving information security in the financial sector, December 2016; Pinna, Ruttenberg, Distributed ledger technologies in securities post-trading. Revolution or evolution?, in European Central Bank, Occasional Paper Series, No 172 / April 2016; Bank for International Settlements, Cryptocurrencies: looking beyond the hype, Annual Economic Report, June 2018, pp. 95-98; Ali, Barrdear, Clews and Southgate, Innovations in payment technologies and the emergence of digital currencies, in Bank of England, Quarterly Bulletin 2014 Q3, 16 September 2014, pp. 267 e ss. 139 Come osservato infatti «The use of crypto-assets, which depend primarily on cryptography and distributed ledger technology (DLT), has evolved rapidly in the last couple of years. Today their use extends well beyond tokens for payment-type purposes (the VCs, sometimes also referred to as crypto-currencies or ‘payment/exchange’ tokens) to include ‘investment’ or ‘security’ tokens representing debt or equity claims on the issuer and ‘utility’ tokens used to provide access to applications or services (commonly involving DLT). Sometimes crypto-assets can have characteristics that enable their use for more than one purpose (means of exchange, investment, and access) at any single point in the lifecycle of the asset, and some have characteristics that change during the course of the lifecycle», European Banking Authority, Report with advice for the European Commission on cryptoassets, EBA Report 9 January 2019, p. 6.
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i) “Payment/exchange/currency tokens”140; ii) “Investment tokens”141; iii) “Utility tokens”142. Ogni analisi al riguardo non può che essere condotta “caso per caso” – in ossequio al principio “da mihi factum, dabo tibi ius” – in funzione delle concrete caratteristiche di ciascun “bene” o “token” della specie, dando prevalenza agli aspetti sostanziali rispetto a quelli meramente formali o nominalistici. In quest’ottica, secondo quando osservato in un’analisi invero molto critica verso il progetto Libra, per alcuni aspetti questa non sarebbe altro che «a private payment token (also known as an “exchange token”) and hence no different from more than 2,000 other “cybercoins” that are already on the market […; sicché, come sopra riferito, …] Libra differs from existing payment tokens only in that it is controlled by a consortium of very large global corporations, the so-called Libra Association»143. Ciò chiarito, avuto riguardo alla nozione giuridica di “moneta elettronica” ai sensi del diritto UE rileva, ad esempio, che tra gli elementi costitutivi della relativa fattispecie via sia, in primis, il fatto che questa è essenzialmente un “valore monetario […] rappresentato da un credito” direttamente nei confronti del relativo soggetto emittente, che può esse-
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Tali token spesso chiamati anche virtual currencies o cryptocurrencies «Typically do not provide rights (as is the case for investment or utility tokens) but are used as a means of exchange (e.g. to enable the buying or selling of a good provided by someone other than the issuer of the token) or for investment purposes or for the storage of value. Examples include Bitcoin and Litecoin. ‘Stablecoins’ are a relatively new form of payment/ exchange token that is typically asset-backed (by physical collateral or crypto-assets) or is in the form of an algorithmic stablecoin (with algorithms being used as a way to stabilise volatility in the value of the token)», European Banking Authority, Report with advice for the European Commission on crypto-assets, EBA Report 9 January 2019, p. 7. 141 Questi tipi di beni digitali «Typically provide rights (e.g. in the form of ownership rights and/or entitlements similar to dividends). For example, in the context of capital raising, asset tokens may be issued in the context of an ICO which allows businesses to raise capital for their projects by issuing digital tokens in exchange for fiat money or other crypto-assets. Examples include Bankera», European Banking Authority, Report with advice for the European Commission on crypto-assets, EBA Report 9 January 2019, p. 7. 142 I token classificati in tale categoria «Typically enable access to a specific product or service often provided using a DLT platform but are not accepted as a means of payment for other products or services. For example, in the context of cloud services, a token may be issued to facilitate access», European Banking Authority, Report with advice for the European Commission on crypto-assets, EBA Report 9 January 2019, p. 7. 143 Stiefmüller, Libra: Heads I win – tails you lose. Ten reasons why Facebook’s Libra is a bad idea, Finance Watch paper, July 2019, p. 3.
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re inoltre emesso solo dietro preventivo ricevimento di “fondi” e per un importo corrispondente – almeno – al relativo “valore nominale”, ossia è vietata la c.d. “emissione sotto la pari” rispetto ai “fondi” ricevuti (cfr. rispettivamente art. 2, punto 2) e art. 11(1) della EMD2). Altro elemento strutturale di detta nozione giuridica di “moneta elettronica” è altresì il fatto che, ai sensi dell’art. 11(2) della EMD2, è necessario che sia assicurato il rimborso «in qualsiasi momento e al valore nominale», da parte degli emittenti della “moneta elettronica” stessa, del «valore monetario della moneta elettronica detenuta» da un determinato soggetto. Ossia la “moneta elettronica” ai sensi e per gli effetti della EMD2 è in punto di diritto un credito verso il relativo soggetto emittente caratterizzato da rimborsabilità obbligatoria e permanente da parte dell’emittente stesso in “valuta legale” e/o “valuta scritturale”, da cui la previsione delle ulteriori prescrizioni dettate dalla medesima EMD2 in materia di “fondi propri” obbligatori degli emittenti di “moneta elettronica” e, soprattutto, di rigidi “requisiti di tutela” dei “fondi ricevuti in cambio della moneta elettronica emessa” dagli emittenti stessi (cfr. art. 5 e 7 della EMD2). Dal combinato disposto di tali prescrizioni se ne ricava tra l’altro la, fondamentale, conseguenza giuridico istituzionale che l’emissione di moneta elettronica nell’accezione di cui sopra non determina, in realtà, l’emissione di “nuova” moneta, ovvero di ulteriori mezzi di pagamento, ma “solo” la mera “sostituzione” della moneta già “circolante”, tramite la relativa consegna preventiva all’emittente, con uno strumento succedaneo di pari valore monetario da quest’ultimo emesso e viceversa144. In altre parole, come osservato, è estranea alla disciplina comunitaria della moneta elettronica «ogni questione afferente alla possibile equiparazione della moneta elettronica alla moneta legale: nei considerando della direttiva [… 2000/46/CE …] la nostra moneta è indicata come un surrogato elettronico delle monete metalliche o delle banconote»145. Un aspetto quest’ultimo che pare marcare – invero – una profonda differenza con quanto risulta si vorrebbe fare con la Libra, la cui emissione vorrebbe essere infatti idonea a poter determinare invece la “creazione” di una “nuova” moneta circolante a livello globale.
144 In generale per l’analisi della nozione giuridica di “moneta elettronica” nell’ordinamento UE sia consentito il rinvio a Mezzacapo, Commento sub art. 114-bis – Emissione di moneta elettronica, in AA.VV., Commentario al Testo Unico delle Leggi in Materia Bancaria e Creditizia, a cura di Capriglione, Padova, 2012, pp. 152-1540. 145 Troiano, Gli istituti di moneta elettronica, in Banca d’Italia, Quaderni di Ricerca Giuridica della Consulenza Legale, numero 53 – Luglio 2001, p. 13.
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Anche per quanto riguarda il centrale aspetto del rimborso, mentre per la “moneta elettronica” il principio giuridico fondamentale e inderogabile posto nell’ordinamento UE è quello della sua rimborsabilità obbligatoria e permanente, ossia che il relativo “valore monetario” debba essere rimborsato dall’emittente della moneta stessa al relativo al detentore «in qualsiasi momento e al valore nominale» (cfr. art. 11, par. 2, della EMD2), tale principio non risulta invece tra quelli essenziali e caratterizzanti la Libra. Nel caso della Libra infatti la relativa conversione in “valute” fiat è affidata al descritto meccanismo della (compra)vendita della stessa su una delle “sedi di negoziazione” previste, non quindi all’esercizio di un vero e proprio diritto di “rimborso” al valore nominale, ed inoltre ad un “prezzo” che, a secondo delle “condizioni di mercato” del momento, oscilla più o meno ampiamente, per eccesso o per difetto, intorno al valore corrente della Libra Reserve al momento della conversione, non quindi al suo “valore nominale”. In quest’ottica, avuto riguardo alle categorie giuridiche del diritto UE, considerate le informazioni allo stato disponibili e la fase ancora embrionale del progetto, la Libra appare quindi avere – quantomeno prima facie – forse più elementi in comune con la fattispecie regolamentare degli “strumenti finanziari” di cui alla Direttiva 2014/65/UE del 15 maggio 2014 (MiFID2)146, piuttosto che con quella della “moneta elettronica” di
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Cfr. in particolare la Sezione C, del relativo Allegato I. Al riguardo in esito ad un’indagine condotta dall’ESMA a livello UE (nel cui campione non erano però volutamente inclusi i c.d. “payment-type crypto-assets, like the Bitcoin which accounts for around half of the total market value of crypto-assets”) è emerso che la maggior parte delle Autorità di vigilanza degli Stati Membri «assessed that crypto-asset case 1, 2, 4 and 6 could be deemed as transferable securities and/or other types of financial instruments as defined under MiFID II, although there were some variations across NCAs on the number of cases that would qualify, depending on the Member State’s national definition of financial instruments. This effectively suggests that a number of crypto-assets (our estimates suggest that crypto-assets that bear resemblance with cases 1, 2, 4 and 6 might represent 10 to 30% of the total in number, although these figures need to be considered with caution, as data on crypto-assets are patchy and the market constantly evolving), provided they meet the relevant conditions, may qualify as transferable securities and/or other types of financial instruments. These crypto-assets should therefore comply with the existing EU financial regulation (whose application depends on the qualification as financial instrument under MiFID II), which in turn raises the issue of the potential gaps and issues that may exist in the current rules when it comes to supervising those instruments. […] At the same time, a number of NCAs suggested that changes to existing legislation or additional provisions may be needed to respond to the unique characteristics of the sector, e.g. the decentralized
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cui alla Direttiva 2009/110/CE (EMD2), con cui pure condivide tuttavia alcune caratteristiche, quale ad esempio il fatto che ai sensi del diritto UE anche la “moneta elettronica” è da considerarsi fully backed (per di più da uno specifico patrimonio di “attività sicure e a basso rischio” – cfr. art. 7 della EMD2), è “memorizzata elettronicamente” ed è accettata come pagamento “da persone fisiche o giuridiche diverse dall’emittente” (cfr. art. 2, punto 2), della EMD2). Anche le attività di “emissione” e di gestione della “circolazione” della Libra sembrano invero – sempre allo stato – più assimilabili ad attività e servizi di trading e post-trading aventi ad oggetto “strumenti finanziari”, ovvero di gestione e commercializzazione di OICVM o FIA (es. di “Fondi Comuni Monetari”), piuttosto che quelle aventi ad oggetto la “moneta elettronica” in senso stretto, ferma tuttavia la possibilità che le relative caratteristiche possano evolvere, portando in ipotesi anche la Libra ad essere qualificata come una nuova tipologia di “fondi” o di “strumento di pagamento”, ovvero più enfaticamente “a new petal in the money flower”147, oppure invece come un autonomo tertium genus. Indicativo in tal senso, anche per quanto riguarda la questione del rischio di divergenza e non armonizzazione degli approcci regolamentari in materia, non solo a livello globale ma anche nazionale, è quanto accaduto in Germania in merito alla qualificazione giuridica dei Bitcoin. La relativa Federal Financial Supervisory Authority (BaFin) era stata infatti da sempre dell’avviso che i Bitcoin avessero le caratteristiche degli “strumenti finanziari” e come tali dovessero essere trattati ai sensi della Legge Bancaria tedesca (KWG). Ad un certo punto invece, con sentenza del 25.9.2018, la Corte d’Appello di Berlino nel giudicare sulla questione
nature of underlying technology, risk of forks, and the custody of the underlying assets. NCAs also highlighted that a review of existing provisions related to clearing, settlement, safekeeping and record of ownership may be necessary. […] The fact that no NCA labelled case 5 as a transferable security and/or financial instrument suggests that pure utility-type crypto-assets may fall outside of the existing financial regulation across Member States. The rights that they convey seem to be too far away from the financial and monetary structure of a transferable security and/or a financial instrument. […] Noteworthy, the vast majority of respondents considered that the qualification of all crypto-assets as financial instruments has unwanted collateral effects, meaning that there may be a need to distinguish between the different types of crypto-assets», European Securities and Market Authority, Advice. Initial Coin Offerings and Crypto-Assets, 9 January 2019, ESMA50-157-1391, pp. 19-21. 147 Bank for International Settlements, Cryptocurrencies: looking beyond the hype, Annual Economic Report, June 2018, p. 95.
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ha rigettato tale qualificazione, statuendo al contrario che i Bitcoin non fossero da considerare “strumenti finanziari” ai sensi del KWG148. Giusta tale premessa, e ribadita l’ampia divergenza di approcci e opinioni allo stato riscontrabile livello internazionale e UE in ordine alla corretta qualificazione giuridica e più opportuna regolamentazione delle crypto-attività in genere e della Libra in particolare, vale in conclusione osservare che, come da ultimo rilevato pure dalla Consob, benché ci siano tipologie di crypto-attività che presentano tutte le caratteristiche degli “strumenti finanziari” o dei “prodotti finanziari” ai sensi del t.u.f., altri tipologie hanno invece natura ibrida e sono quindi di più difficile o non adeguata qualificazione ai sensi delle norme vigenti149. In particolare, risulta che «any crypto asset could potentially be understood as money, currency, a payment instrument or system, a security, a commodity and/ or financial derivative, or several, or even none, of the former»150. Ad esempio, nell’ordinamento italiano la nozione giuridica di “prodotti finanziari” è recata dall’art. 1, co. 1, lett. u), t.u.f., ai sensi del quale si intendono per tali «gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria; non costituiscono prodotti finanziari i depositi bancari o postali non rappresentati da strumenti finanziari». La nozione di “investimenti di natura finanziaria” a tal fine rilevante è stata a sua volta progressivamente circoscritta, e meglio determinata, anche dall’attività ermeneutica svolta dalla Consob, alle “sole” proposte di investimento che presentino innanzitutto tutti i seguenti tre elementi: «(i) impiego di capitale, (ii) promessa/aspettativa di rendimento di natura finanziaria e, (iii) assunzione di un rischio direttamente connesso e correlato all’impiego di capitale»151. A fronte del progressivo sviluppo di
148 Wöckener, Freudenberger, Lösing, Gillenkirch, Berlin Court of Appeal rules: Bitcoin are not financial instruments within the meaning of the German Banking Act (KWG), White & Case LLP, 22 Ottobre 2018; Müller, Bitcoin decision“: trading Bitcoin is not a crime – the end of crypto regulation?, https://paytechlaw.com, 16 Ottobre 2018. 149 Consob, Le offerte iniziali e gli scambi di cripto-attività, Documento per la Discussione, 19 marzo 2019, p. 3. 150 Zetzsche, Buckley, Arner, Regulating LIBRA: The Transformative Potential of Facebook’s Cryptocurrency and Possible Regulatory Responses (July 11, 2019), in European Banking Institute Working Paper Series 2019/44, University of New South Wales Law Research Series UNSWLRS 19-47, University of Hong Kong Faculty of Law Research Paper No. 2019/042, University of Luxembourg Faculty of Law Research Paper; Oxford Journal of Legal Studies (Forthcoming), https://ssrn.com/abstract=3414401, p. 19. 151 Consob, Le offerte iniziali e gli scambi di cripto-attività, Documento per la Discussione, 19 marzo 2019, p. 5.
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fattispecie ibride, ulteriori elementi di valutazione individuati dalla Consob come utili a «stabilire se un’operazione presenti gli elementi distintivi di un investimento di natura finanziaria [… sono …]: a) prevalenza del connotato finanziario rispetto a quello di godere e disporre del bene acquisito con l’operazione; b) “effettiva e predeterminata promessa, all’atto dell’instaurazione del rapporto contrattuale, di un rendimento collegato alla res” tale da far ritenere che “l’atteso incremento di valore del capitale impiegato (ed il rischio ad esso correlato) sia elemento intrinseco all’operazione stessa” diverso dal mero apprezzamento del bene nel tempo, accedendo quindi alla causa stessa del contratto sottostante»152. Al contempo, secondo quanto statuito dalla Corte di Cassazione (cfr. Cass, 5 febbraio 2013, n. 2736)153, in linea di principio, sebbene non tipizzato dal t.u.f. «il contratto di investimento si presta ad assurgere a forma giuridica di ogni investimento di natura finanziaria [… ai sensi dell’art. 1, co. 1, lett. u), t.u.f. …]. L’atipicità del contratto riflette la natura aperta ed atecnica di prodotto finanziario (come già evidenziato da questa Corte con riferimento alla disciplina recata dalla l. 2 gennaio 1991, n. 1, previgente art. 1: Cass., Sez. I, 19 maggio 2005, n. 10598), la quale, se da un lato costituisce la risposta del legislatore alla creatività del mercato ed alla molteplicità di prodotti offerti al pubblico dai suoi attori, dall’altro risponde all’esigenza di tutela degli investitori, consentendo di ricondurre nell’ambito della disciplina di protezione dettata dal testo unico anche forme innominate di prodotti finanziari» (punto 4.1.1.). In particolare, secondo la Corte, la causa negoziale è da qualificarsi finanziaria laddove «la ragione giustificativa del contratto, e non il suo semplice motivo interno privo di rilevanza qualificante, consiste proprio nell’investimento del capitale (il “blocco” dei risparmi) con la prospettiva dell’accrescimento delle disponibilità investite, senza l’apporto di prestazioni da parte dell’investitore diverse da quella di dare una somma di denaro» (punto 4.1.2.). Anche alle luce di tali elementi costitutivi della fattispecie “prodotto finanziario” e della sua natura atipica e aperta, caratterizzata prevalentemente, come indicato dalla Cassazione, dall’essere funzionale all’esigenza di tutela del pubblico degli investitori, la Libra potrebbe essere pertanto considerata come rientrante in larga parte, o comunque per determinati fini, nella fattispecie in questione, anche se invero gli eventuali
152
Consob, Le offerte, cit., pp. 5 e 6. Cfr. Savasta, Natura finanziaria dei diamanti e ruolo della Consob, in Contr., n. 12/2013, pp. 1105-1118. 153
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“rendimenti” associati alla detenzione di Libra da parte degli utenti finali potrebbero non essere pienamente qualificabili come “rendimenti di natura finanziaria”, derivando piuttosto principalmente dalle variazioni del prezzo di “negoziazione” della Libra sulle relative “sedi di negoziazione” o exchanges. Risulta allora in quest’ottica che per certi aspetti potrebbe essere utile seguire il menzionato approccio implementato in Francia con l’inserimento nel relativo “Code monétaire et financier” (ai sensi dell’art. 86 della Loi n° 2019-486 del 22 maggio 2019) di una nuova e apposita disciplina dei “services sur actifs numériques” in ambito bancario e finanziario, ferma la necessità di operare in materia nell’ambito di uno stretto coordinamento e massima armonizzazione a livello UE. La codificazione a livello UE di una categoria ad hoc di crypto attività e di una relativa disciplina speciale consentirebbe infatti, anche secondo l’ultimo orientamento della Consob, di meglio tenere conto delle diffuse e profonde specificità della materia154, evitando l’eventuale mera applicazione – sia direttamente sia nel caso anche solo in via analogica – a tale speciale categoria di beni delle più tradizionali disposizioni UE e nazionali in materia di “prodotti finanziari”, “strumenti finanziari”, gestione e commercializzazione di OICVM o FIA, ovvero di “strumenti e servizi di pagamento”, le quali non risultano pienamente adeguate rispetto alle questioni, per alcuni aspetti del tutto peculiari e innovative, poste dall’emissione, negoziazione, circolazione, utilizzo e detenzione di crypto attività, come nel caso delle unità di Libra. In Italia, lo strumento normativo a tal fine utilmente e prontamente utilizzabile potrebbe essere, ad esempio, quello di cui all’art. 18, co. 5, del TUF, ai sensi del quale, proprio per consentire l’opportuna flessibilità e agevole aggiornamento del quadro regolamentare dei servizi e attività di investimento, è stabilito che il Ministro dell’economia e delle finanze con
154 In particolare, «l’approccio normativo-regolamentare proposto dalla Consob non è inteso a catturare cripto-attività che siano strumenti di pagamento, né cripto-attività che, per le loro caratteristiche, ricadano in categorie disciplinate da normativa di derivazione UE (strumenti finanziari, IBIP, […]). L’approccio Consob proposto intende quindi identificare le “cripto-attività” nelle attività diverse dagli strumenti finanziari di cui all’art. 1 comma 2 t.u.f. e da prodotti di investimento di cui al comma 1, lettere w-bis.1, w-bis.2 e w-bis.3 [… del t.uf. …], consistenti nella rappresentazione digitale di diritti connessi a investimenti in progetti imprenditoriali, emesse, conservate e trasferite mediante tecnologie basate su registri distribuiti, nonché negoziate o destinate a essere negoziate in uno o più sistemi di scambi», Consob, Le offerte, cit., pp. 6 e 7.
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proprio regolamento (da adottarsi sentite la Banca d’Italia e la Consob) può: a) individuare, “al fine di tener conto dell’evoluzione dei mercati finanziari e delle norme di adattamento stabilite dalle autorità comunitarie, nuove categorie di strumenti finanziari, nuovi servizi e attività di investimento e nuovi servizi accessori, indicando quali soggetti sottoposti a forme di vigilanza prudenziale possono esercitare i nuovi servizi e attività”; b) adottare “le norme di attuazione e di integrazione delle riserve di attività previste [… dall’art. 18 t.u.f. …], nel rispetto delle disposizioni europee”.
Simone Mezzacapo Abstract L’articolo analizza, principalmente dal punto di vista del diritto UE, il progetto di sviluppo di una nuova “moneta” globale digitally native, di tipo stablecoin, denominata “Libra” promosso da parte di alcune delle più importanti “Big Techs” multinazionali. Allo stato la Libra sembra avere natura giuridica ibrida, non risulta in tutto assimilabile alla moneta elettronica di cui alla Direttiva 2009/110/CE (EMD2) e ha diversi punti in comune con le fattispecie giuridiche degli strumenti finanziari di cui alla MiFID 2, degli organismi d’investimento collettivo (OICVM o FIA), in particolare in forma di Fondi Comuni Monetari di cui al Regolamento (UE) 2017/1131 o di “Fondi Indicizzati Quotati” (meglio noti come ETF), nonché degli strumenti e servizi di pagamento di cui alla PSD2. Tale natura ibrida suggerisce che potrebbe essere più opportuno regolamentare la Libra nell’ambito di un’emananda normativa speciale UE in materia di crypto-attività idonea a meglio disciplinare, rispetto alle norme UE esistenti, le peculiari caratteristiche e specifiche questioni poste dalla diffusione di queste ultime.
*** This article analyses, mainly from an EU law perspective, the project supported by some of the most important multinational “Big Techs” of developing a new digitally native global “currency”, of the “stablecoin” type, called “Libra”. At present it seems that the Libra has hybrid legal nature, it is not fully comparable the “electronic money” referred to in Directive 2009/110/EC (EMD2) and has numerous features in common with the financial instruments referred to in MiFID 2, the collective investment schemes (UCITS or AIF), in particular in the form of Money Money Market Funds referred to in Regulation (EU) 2017/1131or Exchange-Traded Funds (ETF), and the payment instruments and services referred to in PSD2. Such hybrid nature suggests that it may be more appropriate to regulate Libra within the context of a special EU legislation on crypto-assets to be adopted in due course, so as to better regulating, compared to existing EU rules, the peculiar features and specific issues raised by the increasing use of crypto-assets.
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La responsabilità del finanziatore per concessione irresponsabile del credito nell’ordinamento spagnolo* Sommario: 1. Premessa – 2. Antecedenti – 3. L’obbligo di valutare la solvibilità del debitore. – 3.1. Soggetto attivo dell’obbligo – 3.2. Soggetto passivo dell’obbligo – 3.3. Contenuto dell’obbligo di valutazione – 3.3.1 Delimitazione temporale – 3.3.2 Fonti di informazione alle quali deve accedere il finanziatore - 3.4. Test di solvibilità negativo e libertà negoziale – 4. L’inadempimento del finanziatore – 4.1. Ambito - 4.2. Effetti sulla validità del contratto di credito: la nullità o l’annullabilità come rimedi – 4.3. Sanzioni amministrative – 4.4. La risoluzione per inadempimento – 4.5. La responsabilità per danni – 4.6. Perdita dei diritti del finanziatore – 4.6.1. La perdita del corrispettivo del finanziamento – 4.6.2. La perdita del diritto a invocare la decadenza dal beneficio del termine – 4.7. Effetti in sede concorsuale – 4.7.1. La postergazione del credito concesso in modo irresponsabile – 4.7.2. Esdebitazione – 4.8. La prova dell’inadempimento.
1. Premessa L’obbligo di valutare la solvibilità del debitore è stato introdotto nell’ordinamento giuridico spagnolo per effetto del diritto della Unione Europea ed essenzialmente nell’ambito della protezione dei diritti dei consumatori (contratti di credito al consumo e contratti di credito immobiliare). Tuttavia, nonostante la previsione di legge, per l’inadempimento da parte dei finanziatori di tale obbligo non è prevista una sanzione legale espressa di tipo contrattuale, anche se ne è prevista una amministrativa. L’obiettivo del presente contributo è quello di individuare alcuni possibili rimedi contrattuali all’inadempimento da parte del finanziatore del “test di solvibilità”, che si configura come obbligazione precontrattuale rispetto alla concessione del credito.
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La traduzione in italiano del presente saggio è opera di Giovanni Falcone
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2. Antecedenti. La preoccupazione per la concessione responsabile del credito si è posta con evidenza in occasione della grande crisi economica che ha scosso non soltanto la Spagna ma tutti i paesi del suo intorno a partire dagli anni 2007-2008. La prassi bancaria che avrebbe dovuto essere corrente nella concessione del credito ai clienti o ai futuri clienti – vale a dire, una istruttoria previa alla concessione del credito o del prestito svolta avendo presente la capacità di rimborso – non veniva realizzata correttamente. La crisi economica ha fatto affiorare comportamenti poco desiderabili nella concessione dei crediti. La fiducia nella prosperità economica, nell’aumento continuo del valore degli immobili concessi in garanzia così come nello stesso mercato del lavoro, ha determinato un accesso indiscriminato al credito, senza che fosse valutata adeguatamente la capacità di pagamento del futuro debitore1. Questo comportamento si registrava tanto nell’accesso al credito al consumo (carte di credito bancarie, carte emesse da grandi centri commerciali, credito concesso da intermediari finanziari per spese personali: viaggi, acquisti di vetture, elettrodomestici) così come nel prestito per l’acquisto dell’abitazione. È proprio nell’ambito del credito ipotecario che il fenomeno assume una rilevanza economica, se possibile, ancora più importante, non soltanto per lo stesso debitore (per essere, con quasi totale certezza, il più rilevante tra i suoi debiti), ma anche dal punto di vista delle ripercussioni su grande scala nell’economia generale2. Il valore del bene concesso in garanzia era quasi l’unico elemento considerato, eventualmente insieme con l’intervento di garanti o fideiussori personali – nella maggioranza dei casi familiari del debitore. Il valore del bene era stimato da soggetti vincolati al finanziatore, che valutavano al rialzo il bene al fine di agevolare la concessione del prestito. Inoltre, prima della crisi economica (ed anche durante i suoi primi anni) veniva concesso dal finanziatore un importo fino al cento per cento del prezzo di acquisto della abitazione e, in alcuni casi, anche l’importo totale delle spese e commissioni che il fi-
1 A questa realtà si è riferita la dottrina spagnola unanimemente. Per tutti Arroyo Amayuelas, La directiva 2014/17/UE sobre los contratos de crédito con consumidores para bienes immuebles de uso residencial, in InDret, 2017 (2), p. 25, e Pastor Zunzunegui, Evaluación de la solvencia en la concesión de créditos hipotecarios, in Teoria y Derecho. Revista de pensamiento Juridico, 2014, (16), p. 2. 2 Sono note le conseguenze che i prestiti ipotecari subprime hanno avuto nella economia mondiale, derivanti dalla cartolarizzazione dei crediti ipotecari.
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nanziato doveva affrontare per il suo acquisto (tasse, imposta di registro, spese notarili, commissioni bancarie). Non si richiedeva l’esistenza di precedenti depositi del finanziato, che fossero in grado di far presumere una sua capacità di risparmio o la sua futura solvibilità. Gli effetti di tale comportamento nel mercato del credito hanno riguardato, seppure in differente maniera, tanto i finanziatori che i finanziati. Se i debitori si sono trovati in una situazione di sovraindebitamento che ha impedito loro di fare fronte ai debiti contratti, anche gli intermediari creditizi e finanziari hanno constatato come somme molto importanti venivano restituite a condizioni diverse da quelle contrattualmente stabilite, o non restituite affatto, a causa dell’insolvenza dei propri debitori. In un contesto siffatto, sebbene il comportamento degli attori economici (segnatamente i finanziatori) sia stato in qualche misura oggetto di correzione, ragioni di prudenza hanno consigliato l’intervento dei poteri pubblici, a causa delle grandi ripercussioni che questa operatività ha generato sulla economia in generale. Così, il comportamento irresponsabile nell’accesso al credito ha portato i poteri pubblici a intervenire, da un lato, imponendo doveri di diligenza, di comportamento, ai finanziatori; e, dall’altro, predicando una adeguata educazione finanziaria del consumatore. Quest’ultimo aspetto è restato, a nostro modo di vedere, una pura affermazione di principi3. Al contrario, dal punto di vista del finanziatore sono state avviate misure concrete, con l’imposizione di determinati obblighi che disciplinano il suo comportamento in un momento anteriore a quello della concessione del credito4. I nuovi obblighi di legge sono stati imposti non soltanto a causa del reiterarsi di ciò che abbiamo descritto anteriormente in merito al comportamento poco diligente nella valutazione della solvibilità dei propri futuri debitori – ad esempio dando priorità al valore del bene concesso in garanzia piuttosto che alla capacità di rimborso – ma anche perché nel negozio giuridico è il finanziatore che rappresenta il profes-
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Così, per esempio, sebbene la Direttiva 2014/17/UE, sui contratti di credito conclusi con i consumatori per beni immobili di uso residenziale, contenga un precetto dedicato alla Educazione finanziaria dei consumatori (art. 6), si tratta pur sempre di orientamenti di politica legislativa che, per lo meno in Spagna, non hanno dato luogo a concrete iniziative. Si veda il Considerando 29 della citata Direttiva. 4 Per Zunzunegui Pastor, Evaluación,, cit., p. 2, si tratta di una «rivoluzione copernicana», spostandosi il punto di attenzione al «soggetto creditore responsabile di rendere effettiva la concessione responsabile del credito».
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sionista5. Per questo motivo, gli obblighi derivanti dalla concessione responsabile di crediti si iscrivono fondamentalmente – anche se non solo – nell’ambito della protezione dei consumatori. È in questo ambito che si manifesta, in misura maggiore, uno squilibrio contrattuale che impone ai finanziatori uno speciale dovere di diligenza nella concessione del credito, avendo cura non soltanto del proprio interesse a che il debitore restituisca ciò che gli è stato prestato – e alle condizioni pattuite – ma anche a che il consumatore non si indebiti oltre le sue possibilità6. Nella imposizione di tali doveri gioca un ruolo essenziale l’obbligo, ricadente sui finanziatori, di valutare la solvibilità del debitore. Sebbene la concessione responsabile di prestiti riguardi anche la necessità di offrire una informazione precontrattuale adeguata al finanziato sul prodotto che va ad acquistare e sul contenuto del contratto, così come la valutazione del prodotto più adeguato alle sue necessità7, il concetto di
5 In termini simili Cuena Casas, El sovreendeudamiento privado como causa de la crisis financiera y su necesario enfoque multidisciplinar, in Préstamo responsabile y ficheros de solvencia, coordinato da Prats Albentosa – Cuenas Casas, Navarra, 2014, p. 65; Serrano Fernandez, Efectos del incumplimiento de la obligación de evaluar la solvencia del deudor. Una oportunidad perdida en el proyecto de ley regulatora de los contratos de crédito inmobiliario?, in Los contratos de crédito inmobiliario. Novedades legislativas y problemas practicos, diretto da Albiez Dohrmann – Moreno-Torres Herrera, Navarra, 2017, p. 385, e Diaz Alabart, Evaluación de la solvencia del consumidor, tasación de inmuebles y consultas de ficheros de solvencia, in La protección del consumidor en los créditos hipotecarios (Directiva 2014/17/UE), diretto da Diaz Alabart, Reus, Zaragoza, 2015, p. 224. 6 Avverte Zunzunegui Pastor, Evaluación, cit., p. 20, che «le norme di condotta bancarie proteggono il cliente perfino contro le stesse decisioni di quest’ultimo». Per Garcia Rubio, La obligación a cargo del profesional de evaluar la sovencia del consumidor prestatario (nota a STJ, Sala cuarta, 27 marzo 2014, Asunto c-565-12, LCL Le Crédit Lyonnais SA v Fesih Kalan, in La Ley Union Euopea, 2014, (14), consultato in versione elettronica, p. 4, «si tratta di un obiettivo di stampo paternalista che in qualche modo cerca di proteggere il consumatore da se stesso e pone a carico della banca giudicare la capacità di tale consumatore di attendere all’ammortamento del prestito». 7 Alla attività di consulenza, distinta dall’obbligo di informazione, fa riferimento il Libro bianco sulla integrazione dei mercati ipotecari presentato dalla Commissione Europea il 18 dicembre 2007 (Apartado 3.3) avvertendo che «una buona consulenza, che comprenda la consulenza in materia giuridica, è importante per aumentare la fiducia del consumatore. E’ necessario distinguerla dalla informazione, che è invece soltanto una mera descrizione del prodotto. La Commissione intende promuovere criteri rigorosi in tema di consulenza sui crediti ipotecari, ammettendo che non tutti i consumatori abbisognano dello stesso livello di consulenza».
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prestito responsabile8 risposa fondamentalmente sull’obbligo di valutare la solvibilità del debitore9. A tale obbligo la Direttiva 2008/48/CE, sui contratti di credito ai consumatori, dedica il suo articolo 8, il cui contenuto è stato trasposto nell’ordinamento spagnolo dall’art. 14 della Ley 16/2011, sul credito al consumo (d’ora in avanti LCCC). Anche la Direttiva 2014/17/UE contiene l’obbligo di valutare la solvibilità del debitore ipotecario, anche se in questo caso con un maggiore dettaglio (articoli 18-20). Tale ultima direttiva è stata recentemente trasposta nel nostro ordinamento per mezzo della Ley 5/2019, sui contratti di credito immobiliare (d’ora in avanti LRCCI). Sul perimetro di tale obbligo ci si soffermerà nel seguente paragrafo: per ora basti segnalare che l’obbligo su cui si fonda la concessione responsabile del credito ha uno sviluppo normativo nelle Direttive della Unione e non si arresta, come invece accade con la necessità di promuovere una adeguata educazione finanziaria per il consumatore, nell’ambito dei principi.
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Non esiste una definizione legale di “prestito responsabile”, né nelle norme delle Unione Europea, né nell’ordinamento giuridico spagnolo. Si riscontrano, però, definizioni elaborate dalla dottrina: così De la Peña – Lopez-Frias, Crédito responsable: un nuevo concepto en nuestro ordenamiento, in RDBB, 2013, (130), p. 55, definiscono il prestito responsabile come «quel prestito o credito concesso da un finanziatore (sia quest’ultimo una banca o no), in adempimento delle obbligazioni relative alla concessione del credito raccolte in tale normativa, e avendo valutato il finanziatore, in modo diligente, la capacità del cliente di far fronte alle obbligazioni pecuniarie assunte». Dal punto di vista inverso, Alvarez Olalla, La obligación de evaluar la solvencia en el Proyecto de Ley de Contratos de Crédito Inmobiliario, in Revista Doctrinal Aranzadi Civil-Mercantil, 2018, (1), consultato in versione elettronica, p. 2, «il prestito irresponsabile è pertanto quello che viene concesso a un soggetto finanziato quando quest’ultimo non abbia la capacità economica di restitituirlo. Ciò a causa del fatto che il finanziatore non ha effettuato una valutazione corretta della capacità di rimborso, o concede il prestito nonostante il fatto che il risultato della valutazione sia negativo; essendo stato accettato tale prestito dal finanziato non essendo stato correttamente informato degli impegni assunti o, pur essendo stato informato, non prestando attenzione al rischio di sovraindebitamento o insolvenza che corre con la sua accettazione». 9 Così in Spagna, dove la Orden EHA/2899/2011, sulla trasparenza e protezione del cliente di servizi bancari, contiene, sotto la rubrica “prestito responsabile”, un unico articolo che ha per titolo “valutazione della solvibilità”. Per Zunzunegui Pastor, Evaluación, cit., p. 8, «la valutazione della solvibilità costituisce la principale misura adottata per far fronte al comportamento opportunista delle banche che, incentivate da una smisurata finalità di lucro, hanno offerto crediti ipotecari anteponendo il proprio interesse a quello del cliente».
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3. L’obbligo di valutare la solvibilità del debitore. Come si è già accennato, la concessione responsabile di crediti si fonda sulla necessità di valutare correttamente la capacità di rimborso del debitore, cioè di valutare la solvibilità di quest’ultimo. Ovviamente, non è possibile predire cosa possa accadere al finanziato nel futuro, ma è possibile, con l’esame del suo comportamento pregresso e della sua situazione patrimoniale e finanziaria attuale, intuire ragionevolmente un certo suo comportamento riguardo ai pagamenti. Perciò si deve innanzi tutto evidenziare come non sia possibile esigere che il finanziatore abbia una certezza assoluta sul comportamento futuro del debitore in merito all’adempimento delle obbligazioni contratte con il contratto di credito, ma soltanto una previsione sul suo comportamento futuro alla luce dei dati disponibili (che, come vedremo, devono essere sufficienti alla valutazione della sua capacità di pagamento). Il legislatore spagnolo ha per la prima volta fatto riferimento ad un obbligo di valutare la solvibilità del debitore nella Ley 2/2011, sulla “economia sostenibile”, sotto il titolo Responsabilità nel credito e protezione degli utenti di servizi finanziari (art. 29). Si trattava del primo obbligo di legge a carico delle banche affinché, prima del perfezionamento di un contratto di credito o di prestito, valutassero la solvibilità del potenziale finanziato sulla base di una informazione sufficiente. Tale principio fu sviluppato da norme di natura regolamentare: la Orden EHA/2899/2011, sulla trasparenza e sulla protezione del cliente di servizi bancari, che dedica il Capitolo I del Titolo III al Prestito responsabile, e la Circular 5/2012, del Banco de España, in materia di trasparenza dei servizi bancari e responsabilità nella concessione di prestiti, il cui Capitolo V è dedicato al Prestito responsabile e nella quale è contenuta inoltre la norma dodicesima con il titolo Politiche e procedimenti di prestito responsabile10. Successivamente, e con la trasposizione delle direttive europee, l’obbligo è stato inserito nella LCCC e nella LRCCI. Da tale complesso
10 La Circolare inoltre è accompagnata dall’allegato 6 che contiene fino a tredici punti distinti in merito a quanto viene definito «principi generali applicabili alla concessione di prestiti responsabili». Anche la Ley 10/2014, sull’ordinamento la vigilanza e la solvibilità delle banche (d’ora in avanti LOSSEC) contiene indicazioni relative alla imposizione alle banche di un comportamento previo alla concessione del credito, abilitando il Ministro della Economia e della Concorrenza ad emanare norme che favoriscano la concessione responsabile di prestiti (art. 5.2).
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normativo definiremo l’ambito dell’obbligo di valutare la solvibilità del debitore così come configurato nell’ordinamento spagnolo. 3.1. Soggetto attivo dell’obbligo. In generale, l’obbligo di valutare la capacità economica del debitore fa capo a qualsiasi finanziatore, a prescindere dal fatto di essere quest’ultimo una banca. Di tanto si trova conferma sia nella LCCC che nella LRCCI. Per “ente finanziatore” si deve intendere qualsiasi persona fisica o giuridica che concede o si obbliga a concedere un credito nell’esercizio della sua attività commerciale o professionale11. Tuttavia, dal momento che le banche sono sottoposte a un controllo dei rischi più esteso di quello di altri finanziatori privati, la disciplina dell’obbligo di valutazione è più dettagliata nelle norme di natura regolamentare relative alla protezione del cliente bancario (Orden EHA/2899/2011 e Circular 5/2012). 3.2. Soggetto passivo dell’obbligo. Come accade nell’ambito della Direttiva alla quale dà attuazione, l’ambito di applicazione della LCCC e, conseguentemente, dell’obbligo di valutare la solvibilità nei contratti di credito al consumo, è costituito dai contratti conclusi tra qualsiasi finanziatore e un consumatore, per quest’ultimo intendendosi qualsiasi persona fisica che opera indipendentemente dalla sua attività commerciale o professionale (art. 2.1 LCCC). Nell’ambito dei contratti di credito al consumo, conseguentemente, l’obbligo di valutazione sorge soltanto quando il futuro debitore sia un consumatore. Tuttavia, nell’ambito dei contratti di credito immobiliare si verifica un ampliamento dell’ambito soggettivo di applicazione dell’obbligo, non soltanto per effetto della previsione espressa che l’obbligo di valutazione deve riferirsi anche al garante o al fideiussore - oltre che al potenziale debitore (art. 11.1 LRCCI) - ma anche perché tale obbligo, secondo la dottrina, trova applicazione con riferimento a qualsiasi persona fisica, anche se non consumatore12.
11 E’ la definizione di finanziato fornita dall’art. 3 della Direttiva 2008/48/CE, e che coincide col tenore dell’art. 2.2 LCCC. Nella LRCCI si definisce il finanziatore come «qualsiasi persona fisica o giuridica che, in modo professionale, svolga attività di concessione di prestiti» (art. 4.2). 12 In questo senso Rodriguez Achutegui, Algunas consideraciones sobre el anteproyecto de ley regulatora de contratos de crédito inmobiliario, in Revista Aranzadi Doctri-
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Anche nei contratti conclusi con banche l’obbligo sorge nei contratti con persone fisiche in generale e non esclusivamente nei contratti conclusi con consumatori. Si determina in questo caso una limitazione rispetto alla portata dell’art. 29 della Ley de Economia Sostenible, norma che è oggetto di esecuzione tramite la Orden e la Circular già citate. La Ley de Economia Sostenible impone l’obbligo di valutare la solvibilità con riguardo a qualsiasi futuro debitore, e, quindi, anche quando questo sia una persona giuridica. Le norme di esecuzione, tuttavia, limitano la sua applicazione ai contratti con persone fisiche. Sebbene ciò sia stato oggetto di critiche in dottrina13, riteniamo che la limitazione risponda alla finalità perseguita dalla istituzione del prestito responsabile, vale a dire alla prevenzione del sovraindebitamento delle persone fisiche. L’equiparazione tra protezione del consumatore e protezione dell’imprenditore individuale risponde, inoltre, alla tendenza ad assicurare una protezione a quest’ultimo in quanto più vicino alla posizione del consumatore che a quella di professionista. Le norme di protezione della posizione del consumatore nel contratto con banche sono state giustificate tradizionalmente con lo squilibrio contrattuale, dal momento che la banca, in ragione del suo profilo professionale, si trova in una posizione di prevalenza rispetto al consumatore. La esclusione di tale protezione per gli imprenditori, di coloro che operano nell’esercizio della loro professione, è stata giustificata con il fatto che si troverebbero in una posizione di uguaglianza con la banca: entrambi operano nell’esercizio di una attività di impresa e si può presumere che operino in una posizione di uguaglianza. Tali affermazioni sono state revocate in dubbio, tuttavia, recentemente, relativamente agli imprenditori persone fisiche e perfino alle società di capitali unipersonali, affermandosi che, almeno con maggiore chiarezza nel caso di imprenditore persona fisica, la loro posizione risulta più vicina a quella del consumatore che a quella del finanziatore. Dobbiamo ritenere che sia questo il motivo per cui le norme di trasparenza e di protezione del cliente bancario si applicano solo alla contrattazione con persone fisiche, includendo anche l’imprendito-
nal, 2017, (10), consultato in versione elettronica, p. 2. 13 Sul punto Alvarez Olalla, La obligación de evaluar la solvencia y su incumplimiento, in La obligación del sobreendeudamiento privado. Hacia un préstamo y consumo responsables, diretto da Cuena Casas, Navarra, 2017, p. 737, e Gallego Sanchez, La obligación de evaluar la solvencia del deudor. Consecuencias derivadas de su incumplimiento, in Préstamo responsable y ficheros de solvencia, coordinato da Prats Albentosa e Cuena Casas, Navarra, 2014, p. 213.
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re o il professionista, ma escludendo le persone giuridiche14. Tuttavia, relativamente ai contratti con imprenditori o professionisti, le norme di trasparenza hanno carattere dispositivo, potendo le parti convenire la loro disapplicazione, mentre nei contratti con consumatori le norme sono inderogabili.
3. Contenuto dell’obbligo di valutazione. 3.1. Delimitazione temporale. L’obbligo di valutare la solvibilità del debitore si colloca all’interno delle obbligazioni precontrattuali del finanziatore, e, dunque, si tratta di attività che deve svolgersi prima del perfezionamento del contratto di credito. Conseguentemente, il momento nel quale tale obbligazione deve essere eseguita è anteriore alla conclusione del contratto, ciò che risulta logico se quello che si intende perseguire è garantire o per lo meno prevedere le possibilità di restituzione delle somme finanziate nei termini che vengano pattuiti. Soltanto con una valutazione della capacità di pagamento del debitore prima della concessione del credito si adempirà adeguatamente alla finalità perseguita con il prestito responsabile: evitare il sovraindebitamento del debitore e assicurare la solvibilità patrimoniale del creditore. Tuttavia, sia la LCCC che la LRCCI – così come le rispettive Direttive alle quali danno esecuzione – impongono l’obbligo di rivalutare la solvibilità se, durante l’esecuzione del contratto, le parti convengono di modificare l’importo totale del credito, imponendo al finanziatore l’obbligo di aggiornare le informazioni finanziarie di cui disponga sul finanziato e valutare la sua solvibilità prima di aumentare significativamente l’importo totale del credito, a meno che tale prestito addizionale fosse già stato considerato e incluso nella valutazione iniziale di solvibilità. La possibilità di tornare a istruire la capacità di
14 Sebbene la norma non lo preveda, sarà ragionevole – ed è ciò che avviene nella prassi bancaria – che il finanziatore, allo stesso modo, valuti la capacità di pagamento del suo futuro debitore persona giuridica. Diversa questione è che, non estendendosi l’ambito di applicazione delle norme in esame ai contratti conclusi con persone giuridiche, l’inadempimento da parte del finanziatore della previa valutazione della solvibilità del debitore rispetto alla concessione del prestito non consentirebbe di imputare alla banca le responsabilità derivanti da tale inadempimento.
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pagamento del debitore sorge soltanto nel caso di aumento significativo dell’importo del credito durante la vita del contratto. Al di fuori di tale circostanza (cioè del caso di richiesta da parte del debitore di un aumento significativo del credito) sembra doversi escludere qualsiasi possibilità, per il finanziatore, di realizzare una valutazione a posteriori15, una volta concesso il prestito. 3.2. Fonti di informazione alle quali deve accedere il finanziatore. Le informazioni alle quali deve accedere il finanziatore per valutare correttamente la capacità di rimborso del debitore devono essere sufficienti e ottenute tramite mezzi adeguati a tale finalità. Esse potranno essere fornite dal consumatore, a richiesta del finanziatore o dell’intermediario nella concessione del credito, o ottenersi consultando una centrale rischi patrimoniale e creditizia16. In ogni caso, il finanziatore deve avere un atteggiamento attivo nella ricerca delle informazioni e non meramente passivo, da semplice recettore delle informazioni fornite dal consumatore. Le banche devono essere dotate di procedure interne specificamente sviluppate per effettuare la valutazione di solvibilità. Allo scopo di realizzare una adeguata valutazione della capacità di rimborso del debitore occorrerà fare riferimento alla sua situazione di impiego, ai suoi redditi, alla sua situazione patrimoniale e finanziaria, richiedendo a tal fine documentazione adeguata e consultando la Centrale dei Rischi del Banco di Spagna (CIRBE); tenere in considerazione il livello prevedibile di entrate dopo il pensionamento, gli attivi di proprietà, i risparmi, le obbligazioni derivanti da altri debiti o spese fisse. In caso di crediti o prestiti con garanzia reale, i criteri per determinare la concessione o meno del credito o del prestito, l’importo massimo dello stesso e le caratteristiche del suo tasso di interesse e del suo ammortamento devono
15 Ad esempio allo scopo di risolvere in contratto sottoscritto adducendo la mancanza di solvibilità. 16 Per Alvarez Lata, Notas a la STJUE de 18 de diciembre 2014 (Asunto C-449/13, CA Consumer Finance SA vs I. Bakkaus; Mr.&Mrs. Bonato). Obligaciones derivadas del principio de crédito responsable: primeras interpretaciones del TJUE, in Revista CESCO de Derecho de Consumo, 2015, (13), p. 252, «è preferibile che la solvibilità non venga valutata in modo automatico, accedendo soltanto ad una fonte, ma che la valutazione multifattoriale o multicausale della stessa giochi un ruolo fondamentale (…). Non c’è dubbio che la pluralità delle fonti rindonderà a vantaggio del consumatore, e dello stesso finanziatore».
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fondarsi preferibilmente sulla capacità stimata del cliente a fare fronte alle sue obbligazioni di pagamento previste durante la vita del credito o del prestito, e non esclusivamente nel valore atteso della garanzia (art. 18.3 Orden EHA/2899/2011 e art. 11.3 LCCI). Nella delimitazione della valutazione adeguata di solvibilità del debitore e allo scopo di una corretta valutazione, si avverte anche che nel caso di sottoscrizione di assicurazione di ammortamento di crediti o prestiti, tale sottoscrizione non potrà sostituire in nessun caso la necessaria e completa valutazione della solvibilità del cliente e della sua capacità di adempiere le sue obbligazioni pecuniarie con propri mezzi (art. 18.4 Orden EHA/2899/2011). Per quanto riguarda la consultazione di banche dati, nell’ambito dei contratti di credito al consumo tale consultazione si presenta come volontaria (art. 15 LCCC), essendo però obbligatoria nei contratti con banche (art. 18 Orden EHA/2899/2011). In questo senso, risulta conveniente, per la valutazione della capacità di pagamento e di rimborso del consumatore, sapere se, al momento della concessione del credito, il futuro debitore risulti in qualche banca dati negativa17. Se il rifiuto di una richiesta di credito si fonda sulla consultazione di una banca dati, il finanziatore dovrà informare il richiedente immediatamente e gratuitamente dei risultati di tale consultazione e dei dettagli della base di dati consultata. Tale previsione ha lo scopo di favorire l’accesso del debitore alla banca dati consultata per eventualmente richiedere una opportuna rettifica dei propri dati personali riferiti, in questo caso, alla sua solvibilità patrimoniale. Per il resto, con la recente trasposizione della Direttiva 2014/17/UE, è stato inserito nel nostro ordinamento un precetto specifico sull’obbligo di richiedere informazioni al potenziale finanziato (art. 12 LRCCI). La norma dispone che i finanziatori specificheranno in maniera chiara e diretta nella fase precontrattuale le informazioni necessarie e i dati, verificabili indipendentemente, che il potenziale finanziato dovrà fornire, così come il termine entro il quale dovrà fornire tali informazioni. Le informa-
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Le informazioni fornite dalle banche dati consultabili nel mercato creditizio spagnolo sono essenzialmente di tipo negativo, vale a dire relative a passati inadempimenti del debitore. Sulla necessità di maggiore scambio di informazioni positive come meccanismo di prevenzione del sovraindebitamento privato, v. Cuena Casas, Intercambio de información positiva de solvencia y funcionamento del mercato de crédito, in InDret, 2017, (3), pp. 1-67, avvertendo che «senza informazioni finanziarie affidabili non sembra possibile costruire un regime giuridico efficiente in materia di prestito responsabile» (p. 7).
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zioni richieste dal finanziatore saranno proporzionate e limitate a quanto necessario per realizzare una valutazione adeguata di solvibilità. Viene qui introdotto il criterio di proporzionalità della informazione richiesta, che sembra da doversi relazionare all’importo del credito richiesto. Come conclusione, è da sottolineare che l’obbligo di valutare la solvibilità ricade sul finanziatore ma richiede la collaborazione del richiedente, affinché quest’ultimo fornisca informazioni sufficienti e rilevanti che permettano di valorizzare adeguatamente la sua capacità di pagamento, e di dimostrare che merita – in termini di capacità economica – il credito che ha richiesto. Ci sembra evidente che il dovere di collaborazione, da un lato, ha lo scopo di permettere che il finanziatore adempia al dovere di valutare la capacità di rimborso del futuro debitore, ma, dall’altro, non pregiudica il risultato di tale valutazione, vale a dire che il richiedente non potrà vantare, avendo adempiuto ai requisiti di informazione o di verifica, un diritto alla concessione del credito indipendentemente dal risultato al quale pervenga l’istruttoria. 3.4. Test di solvibilità negativo e libertà negoziale. Una volta effettuata la valutazione di solvibilità, il finanziatore dovrà decidere se concedere il credito. Logica vorrebbe che, se la valutazione ha un esito negativo – cioè evidenzia che il debitore non ha capacità di rimborso – il finanziatore esprima un diniego alla concessione del credito. Eppure, alla luce della disciplina spagnola sul prestito responsabile, il finanziatore non ha un divieto di concedere il credito in questo caso: al contrario, il nostro ordinamento si schiera apertamente a favore della libertà negoziale (art. 18 Orden EHA/2899/2011): «la valutazione di solvibilità prevista in questo articolo sarà effettuata ferma restando la libertà di contrarre che, nei suoi aspetti sostanziali e con i limiti derivanti da altre disposizioni di legge, deve presiedere alle relazioni tra banche e clienti e, in nessun caso inficierà la validità e l’efficacia, né comporterà il trasferimento alla banca della responsabilità per l’inadempimento delle obbligazioni da parte dei clienti»18.
18 In termini similari si esprime la norma dodicesima della Circular 5/2012 del Banco di Spagna laddove nell’ultimo paragrafo dispone che «Quanto indicato nel paragrafo anteriore non pregiudica la libertà di contrattazione a cui si riferisce l’apartado 6 dell’art. 18 della Orden, in tema di piena validità ed efficacia dei contratti, e di piena responsabilità dei clienti per l’inadempimento delle obbligazioni che abbiano assunto per mezzo del contratto».
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A nostro avviso, la previsione normativa è rilevante in primo luogo perché proclama la libertà negoziale a prescindere dal risultato della valutazione; in secondo luogo perché – in logica conseguenza con quanto precede, riconoscendo la piena validità ed efficacia dei contratti conclusi – la responsabilità derivante da qualsiasi inadempimento da parte del finanziato delle obbligazioni derivanti dal contratto fa capo esclusivamente al finanziato stesso. Pertanto, né la banca sarà tenuta a concedere credito in presenza di un test di solvibilità positivo, né sarà impossibilitata a concederlo laddove il risultato della valutazione della capacità di rimborso fosse negativo. Tuttavia, nei contratti di credito immobiliare e come novità importante nel nostro ordinamento, la LRCCI stabilisce che il finanziatore porrà il credito a disposizione del finanziato soltanto se il risultato della valutazione di solvibilità indica che è probabile che le obbligazioni derivanti dal contratto di prestito saranno adempiute secondo quanto stabilito nel contratto stesso19. Nella dottrina spagnola qualcuno ha voluto vedere in questa previsione un divieto di contrarre, in modo tale che se il risultato del test di solvibilità fosse negativo - cioè dalla valutazione della solvibilità del richiedente si evinca con evidenza che egli non ha a priori capacità di rimborso – il finanziatore non potrebbe concedere il credito20. Questa posizione, tuttavia, non è unanime21. A nostro avviso, la previsione contenuta nella Direttiva e la LRCCI (art. 11.5) non presuppone un limite alla libertà negoziale. Diverso è dire che l’inadempimento di tale
19 La previsione proviene dall’art. 18.5 a) della Direttiva 2014/17/UE. La Direttiva 2008/48/CE non contiene una previsione analoga, almeno espressamente. La Proposta di Direttiva del 2011, da cui origina la Direttiva 2014/17/UE, tuttavia, era più efficace nel momento in cui stabiliva il divieto di concludere il contratto: «gli Stati membri assicureranno che: a) sempreché la valutazione di solvibilità del consumatore pervenga ad un risultato negativo relativamente alla capacità di quest’ultimo di rimborsare il credito durante il periodo di vigenza del contratto, il finanziatore rifiuti la concessione». 20 In questa prospettiva, Zunzunegui Pastor, Evaluación, cit., p. 9; Arroyo Amayuelas, La directiva, cit., p. 25; Diaz Alabart, Evaluación, cit., p. 254. 21 A favore della libertà di concludere il contratto nonostante il risultato negativo del test di solvibilità: Gallego Sanchez, La obligación, cit., p. 222; De La Peña – Lopez Frias, Crédito, cit., p. 77; Cuena Casas, Evaluación, cit., p. 2897. Anche nella dottrina italiana è stata sostenuta la libertà di concludere il contratto indipendentemente dal risultato della valutazione: v. Modica, Profili giuridici del sovraindebitamento, Napoli, 2012, pp. 251252; Pagliantini, Statuto dell’informazione e prestito responsabile nella direttiva 17/2014/ UE (sui contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali), in Contr. e impr. Europa, 2014, (2), pp. 538-539.
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obbligo non debba meritare una sanzione dal punto di vista contrattuale per il finanziatore22. D’altro canto, sebbene dalla lettura della LRCCI non si evinca una affermazione della libertà negoziale tanto forte come quella rinvenibile nella disciplina di trasparenza, si ottiene però l’indicazione che la scorretta valutazione della solvibilità non darà al finanziatore la facoltà di risolvere, rescindere o modificare ulteriormente il contratto di credito, a meno che si dimostri che il finanziato ha occultato o falsificato consapevolmente le informazioni. I finanziatori non potranno risolvere, rescindere o modificare il contratto di credito ai danni del finanziato neppure per il fatto che le informazioni fornite dal finanziato prima del perfezionamento del contratto fossero incomplete (art. 11.4 LRCCI). La disposizione propende per la validità del contratto di credito anche quando la valutazione della solvibilità non fosse stata corretta, anche se lo fa per proteggere il finanziato da una eventuale facoltà di risoluzione da parte del finanziatore che, durante l’esecuzione del contratto, si renda conto di avere valutato la capacità di rimborso del debitore in modo scorretto23. Questa previsione impedisce, conseguentemente, non soltanto che il finanziatore risolva il contratto, ma anche che lo modifichi ai danni del debitore. Si comprende, inoltre, che la norma impedisce la risoluzione durante l’esecuzione del contratto quando non si sia prodotto ancora un inadempimento da parte del finanziato24. La norma lo rende immune di fronte alla non corretta esecuzione, da parte del finanziatore, del suo obbligo di previa valutazione. Tutto ciò a meno che si dimostri che il finanziato abbia occultato o falsificato consapevolmente le informazioni richieste per la sua valutazione, dal momento che in questo modo egli ha tenuto una condotta dolosa volta ad ingannare il finanziatore occultando la sua vera situazione economica25. Tale ultimo caso, tuttavia, non
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Per Alvarez Olalla, La obligación, cit., p. 6, «il genuino interesse che deve perseguire una corretta regolazione di questo problema non è proclamare l’esistenza o meno di un divieto, ma stabilire un sistema sanzionatorio sufficientemente dissuasivo, che faccia corrispondere delle conseguenze giuridiche alla concessione irresponsabile di prestiti, in maniera tale che siano dotate di un reale effetto preventivo». 23 Pertanto, evidenzia Serra Rodriguez, op. cit., p. 326, «il rischio di una erronea valutazione della solvibilità del debitore a causa di informazioni incomplete o inesatte fornite da quest’ultimo sarà assunto completamente dal finanziatore». 24 Se si fosse verificato l’inadempimento, evidenzia Alvarez Olalla, La obligación, cit., p. 776, «è di norma che si produca la scadenza anticipata per mancato pagamento di rate». 25 Avverte Saénz De Jubera Higuero, Consecuencias de la evaluación de solvencia
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è equivalente ai casi in cui le informazioni fornite dal finanziato fossero state incomplete, e questo, a nostro avviso, perché si sta richiedendo al finanziatore un atteggiamento attivo, consistente nel raccogliere le informazioni necessarie, sufficienti e adeguate per valutare la capacità di adempimento del suo futuro debitore: se le informazioni non erano sufficienti, il finanziatore avrebbe dovuto richiederne di ulteriori o consultare le banche dati necessarie. Se non lo ha fatto prima della concessione del credito, e poi lo ha concesso, e successivamente sono emersi dubbi sulla capacità di adempimento, non è possibile risolvere il contratto o modificarlo ai danni del debitore. A nostro avviso, il finanziatore non potrà allegare in questi casi l’errore nel consenso prestato come conseguenza della mancanza di informazioni, cosa che invece potrà fare negli altri casi, nei quali la decisione di concedere il credito si sia fondata su dati che il finanziato aveva falsificato o occultato consapevolmente e che rendevano evidente – sebbene erroneamente – la sua capacità di pagare. Riteniamo che le previsioni anteriori abbiano per scopo, come si diceva, quello di “immunizzare il contratto” in maniera tale che non si danneggi il finanziato durante il periodo di adempimento del contratto, se è stato il finanziatore a sbagliare nell’eseguire il suo obbligo di valutazione adeguata; ma questo non laddove si sia già manifestato l’inadempimento da parte del finanziato, con il mancato pagamento delle rate di rimborso. In questo caso opereranno i rimedi contrattuali previsti per il caso di inadempimento e, tra questi, la risoluzione per inadempimento. Per questo, a nostro avviso, la previsione normativa non determina quali conseguenze potrebbero riverberarsi sul finanziatore, una volta che si sia già manifestato l’inadempimento del finanziato, quando il primo abbia concesso il prestito non valutando correttamente la capacità di rimborso mentre invece avrebbe dovuto prevedere il prodursi dell’inadempimento. Per il resto, se il risultato del test di solvibilità è positivo, vale a dire se evidenzia che il richiedente è capace di adempiere le obbligazioni derivanti dal contratto, tutto ciò non fa sorgere a suo favore un diritto al credito. La libertà negoziale di cui gode il finanziatore, alla quale ab-
del prestatario, in Revista Critica de Derecho Inmobiliario, 2017, (764), p. 327, che per giustificare la risoluzione del contratto in questo caso «non sarebbe sufficiente l’occultamento o la falsificazione di qualsiasi dato ma dovrà trattarsi di dati rilevanti in grado di condizionare il risultato della valutazione di solvibilità e la concessione del credito effettuata sulla base di quest’ultima».
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biamo già fatto riferimento, legittima la sua decisione di non concedere credito26.
4. L’inadempimento del finanziatore. 4.1. Ambito. Come si è visto in precedenza, le Direttive UE e l’ordinamento spagnolo stabiliscono specifici doveri di diligenza per i finanziatori in merito alla concessione responsabile del credito e, in particolare, quello di valutare adeguatamente la solvibilità del futuro debitore. Occorre allora interrogarsi sulle conseguenze che potrebbero derivare dall’inadempimento di tale ultimo obbligo da parte del finanziatore. Le Direttive UE che stabiliscono l’obbligo di valutare la solvibilità del consumatore prima della concessione di un credito al consumo o di un credito ipotecario o finalizzato all’acquisto di un bene immobile contengono anche il precetto, rivolto agli Stati membri, di assicurare l’adempimento di tale obbligazione, imponendo le conseguenti sanzioni, che dovranno essere effettive, proporzionate e dissuasive27. In questo senso, in Spagna si prevedono espressamente soltanto sanzioni di natura amministrativa, sia dal punto di vista delle norme di ordinamento e di vigilanza bancarie, sia dal punto di vista del diritto dei consumatori. Tuttavia, non sembra che queste sanzioni consentano di ritenere adempiuto lo “standard” richiesto dalle Direttive. Perciò, l’opportunità di disporre di rimedi contrattuali a fronte dell’inadempimento è considerazione praticamente unanime in dottrina28, anche se vi sono opinioni diverse in
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Si veda il Considerando 57 della Direttiva 2014/17/UE. In questa prospettiva, tra gli altri, Zunzunegui Pastor, Evaluación, cit., p. 11; Alvarez Olalla, La obligación, cit., p. 774; Diaz Alabart, Evaluación, cit., p. 253, e Saénz de Jubera Higuero, Consecuencias, cit., p. 3272. 27 Si vedano l’art. 38 della Direttiva 2014/17/UE e l’art. 23 della Direttiva 2008/48/ CE. Come è risaputo, su tali concetti, analizzando le sanzioni previste nell’ordinamento francese, si è pronunciato la Corte di Giustizia dell’Unione Europea nelle sentenze del 27 marzo 2014 (TJUE 2014, 126) e del 18 dicembre (2014, 401). 28 Cuena Casas, Intercambio, cit., p. 55; Arroyo Amayuelas, La directiva, cit., p. 27; Serrano Fernandez, Efectos, cit., p. 384, o Alvarez Olalla, La obligación, cit., p. 781. Anche la dottrina italiana si interroga sulla necessità di ricorrere a rimedi di natura privatistica: Azadi, Valutazione del merito creditizio, in Giur. it., 2015, (2), pp. 291-292; Piepoli, So-
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merito alla sanzione concreta da adottare. Così, sebbene siano stati individuati alcuni possibili rimedi di natura contrattuale che non richiedono una specifica previsione di legge29 (ad es. facoltà di risolvere il contratto, responsabilità per danni), questi tuttavia non appaiono riconducibili a sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive. Conviene precisare, prima di proseguire, cosa debba intendersi per inadempimento del finanziatore nel senso suggerito in questo lavoro. A nostro avviso, il finanziatore è inadempiente agli obblighi derivanti dalla concessione responsabile del credito in questi tre casi: 1) quando non ponga in essere comportamento alcuno volto a valutare la solvibilità del suo futuro debitore (inadempimento totale della obbligazione di valutazione); ii) quando, ancorché realizzando una attività tendente a valutare la capacità di rimborso, tale attività sia manchevole, inadeguata o insufficiente (adempimento difettoso della obbligazione di valutazione) e, iii) quando, pur avendo compiuto adeguatamente la valutazione, il suo risultato sia negativo – nel senso che emerga l’incapacità di rimborso del richiedente – e, nonostante questo, conceda il credito. Tra tali tre casi riteniamo che il secondo sia quello che si manifesti più frequentemente nella pratica. Ci risulta difficile immaginare casi nei quali il fianziatore non effettui una sia pur minima indagine sulla capacità di pagare del suo futuro debitore, per accertarsi se può restituire ciò che gli presta, o che, avendo svolto diligentemente tale indagine - se il risultato è negativo - gli conceda il prestito sapendo in anticipo che non potrà restituirlo. Non sono, tuttavia, ipotesi da scartare, soprattutto se teniamo in considerazione che le persone concrete sulle quali ricade l’obbligo di valutazione potrebbero trovarsi, talora, in una situazione di conflitto di interessi nella concessione del credito (ad esempio se intrat-
vraindebitamento e credito responsabile, in Banca, borsa, tit. cred., 2013, I, pp. 59-67. Modica, Profili, cit., p. 238, parla di «redistribuire la responsabilità del ricorso al credito (eccessivo o imprudente) tra debitore e creditore». Contro la previsione di sanzioni contrattuali, tuttavia, Gallego Sanchez, La obligación, cit., pp. 239-240, che evidenzia che la sanzione deve essere unicamente amministrativa, dal momento che, diversamente, si produrrebbe un arricchimento ingiustificato del finanziatore che non lo incentiverebbe a intensificare in futuro la sua diligenza. 29 Per Garcia Rubio, La obligación, cit., p. 7, «le possibili conseguenze civili dell’inadempimento dell’obbligo di verificare la solvibilità del consumatore da parte del finanziatore si limitano a quelle generali date dalla facoltà di risoluzione con richiesta dei danni, in questo caso da parte del consumatore».
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tengono relazioni di amicizia o di parentela con il richiedente al quale si voglia favorire la concessione del credito)30. Le sanzioni civili irrogabili al finanziatore dovranno prevedersi in via generale quando si sia manifestato l’inadempimento del contratto da parte del finanziato (ad es. come eccezione in caso di esecuzione ipotecaria o come contestazione giudiziale del debito)31. Non è da scartare, tuttavia, l’ipotesi che possano stabilirsi anche durante la fase di adempimento del contratto, seppure in casi eccezionali: ad esempio, se il finanziato riesce a dimostrare che, nonostante il suo adempimento nei termini, gli risulta insostenibile mantenere tale situazione senza diventare insolvente (ad esempio richiedendo l’abbattimento del tasso o l’allungamento dell’ammortamento allo scopo di ridurre l’importo delle rate di ammortamento, sulla base della concessione irresponsabile del credito). Tuttavia, in questi casi, oltre ad una previsione legale espressa, sarà necessario l’intervento del giudice ed il suo potere di moderazione. Al contrario, l’imposizione di sanzioni amministrative si potrebbe ipotizzare anche quando non si sia manifestato l’inadempimento contrattuale, dal momento che a nostro avviso opera in un altro ambito: in quello, cioè, della correzione del comportamento delle banche o degli intermediari finanziari che siano soggetti a vigilanza. La sanzione amministrativa agirebbe come rimedio preventivo, forzando a compiere correttamente le obbligazioni derivanti dalla concessione responsabile del credito volte a prevenire non soltanto il sovraindebitamento privato, ma anche la stessa solvibilità del sistema finanziario32. Le sanzioni amministrative e le sanzioni civili operano quindi su piani distinti, assolvendo funzioni diverse. Mentre la sanzione amministrativa ha una finalità preventiva (sanziona il pericolo, anche se non si sia cagionato un danno), le sanzioni civili – contrattuali – perseguono una finalità o una tutela risarcitoria e, conseguentemente, richiedono che si sia prodotto un danno nella sfera patrimoniale del finanziato33.
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La Direttiva 2014/17/UE riconosce come caso di conflitto di interessi la dipendenza della retribuzione del personale del finanziatore dal numero o dal tipo di crediti concessi (v. art. 7 e Considerando 31 e 35). 31 Per Cuena Casas, Evaluación, cit., p. 2899, se non c’è insolvenza, non vi sono i presupposti per attivare il meccanismo sanzionatorio. 32 V. Alvarez Olalla, La obligación, cit., pp. 785-786. 33 Questa distinzione, peraltro, suscita dubbi. In questo senso v. Gomez Tomillo, diretto da, Limites entre el derecho sancionador y el derecho privado: danos punitivos, comiso y responsabilidad patrimonial derivada de infracciones administrativas, Valla-
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Occorrerebbe inoltre stabilire se i rimedi contrattuali che sono stati ipotizzati in dottrina (nullità, annullabilità, risoluzione, responsabilità per danni) richiedano l’esercizio della corrispondente azione da parte del debitore – con la conseguenza che quest’ultimo dovrà assumere i costi processuali – o se, al contrario, possano essere permessi in via di eccezione, come difesa a fronte della azione esercitata dal finanziatore nei confronti del debitore inadempiente34. A nostro avviso, dovrebbero consentirsi in entrambi i casi, a seconda della posizione del finanziato nel processo, anche se, attualmente – in mancanza di previsioni espresse, dal momento che non ci sono incentivi all’esercizio dell’azione da parte del finanziato – è più probabile che tali rimedi assumano la forma dell’eccezione a fronte dell’azione giudiziale per il pagamento – o eventualmente stragiudiziale – esercitata dal finanziatore. Da ultimo, e prima di ipotizzare le possibili sanzioni civili da prevedere a fronte dell’inadempimento dell’obbligo, è opportuno ricordare che non ci troviamo in presenza di una obbligazione di risultato, ma di mezzi35. Pertanto, al finanziatore si richiede non una sicurezza assoluta o una certezza in merito alla restituzione del credito, ma che, a seguito di una valutazione diligente e professionale, sufficiente e proporzionata, abbia apprezzato la capacità di rimborso del finanziato. In altre parole, che le ragioni del successivo inadempimento del contratto da parte del finanziato non ricorrevano – o non era possibile rilevarle – prima della concessione del credito, ma sono invece dovute a circostanze sopravvenute (sovraindebitamento passivo), ciò che comporterà, allora, l’impossibilità di invocare una responsabilità del finanziatore36.
dolid, 2012, nella cui introduzione si richiama l’attenzione sul fatto che da un punto di vista civilistico si è sostenuto che il diritto privato, e il diritto della responsabilità per danni in particolare, possiede anche una funzione preventiva (pp. 15-17). 34 A favore di questa opinione Cuena Casas, Intercambio, cit., p. 52. 35 Così, Cuena Casas, Evaluación de la solvencia y crédito hipotecario, in Revista Critica de Derecho Inmobiliario, 2017, (764), p. 2893, e Alvarez Olalla, La obligación, cit., p. 733 con abbondanti riferimenti dottrinali in nota. In senso contrario. Diaz Alabart, Evaluación, cit., p. 230, secondo cui «la norma non richiede al finanziatore il semplice svolgimento di una attività, in questo caso professionale, ma che proprio per mezzo di tale professionalità dell’obbligato si raggiunga un risultato adeguato, vale a dire una valutazione di solvibilità ben condotta». 36 Evidenzia Cuena Casas, Intercambio, cit., p. 46, che in nessun caso è possibile responsabilizzare il finanziato per la sopravvenuta insolvenza se non si prova che la sua incapacità a pagare era anteriore al verificarsi di tale circostanza.
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4.2. Effetti sulla validità del contratto: la nullità o l’annullabilità come rimedi. È opportuno ricordare che l’ordinamento giuridico spagnolo sembra optare per la validità del contratto di credito anche in caso di inadempimento della obbligazione di previa valutazione della solvibilità del finanziato37. Si è già evidenziato in precedenza come, inoltre, neppure un risultato negativo della valutazione della capacità di rimborso impedirebbe al finanziatore di concedere il credito38. Per questo motivo è da accogliere l’opinione della dottrina che rileva come l’inadempimento dell’obbligo di valutare la solvibilità o la concessione in caso di valutazione negativa non riguarda la validità del contratto, ma la sua efficacia39. Parte della dottrina, tuttavia, ha rilevato, in senso contrario, che la valutazione della solvibilità è un requisito di ordine pubblico e che, conseguentemente, la conclusione del contratto in presenza di una valutazione negativa comporterebbe la nullità di pieno diritto per contrasto
37 Anche nella dottrina italiana si sostiene la validità del contratto di credito nonostante la non corretta valutazione della solvibilità del debitore. In questa prospettiva, Falcone, “Prestito responsabile” e valutazione del merito creditizio, in Giur. comm., 2017, I, pp. 164-165 e Piepoli, Sovraindebitamento, cit., p. 59. 38 Così sembra essere stato confermato, inoltre, a seguito della STC 54/2018, del 24 maggio, che ha dichiarato la incostituzionalità dell’apartado quarto dell’art. 263-2 del Codigo de Consumo di Catalogna in merito alla valutazione della solvibilità del consumatore, e che recitava che «il finanziatore non può concedere il credito o il prestito ipotecario se il risultato della valutazione della solvibilità del consumatore è negativo. In questo caso, il finanziatore deve avvertire per iscritto il consumatore della impossibilità di concedergli il credito”. Nel ricorso di allegava che tale previsione risultava contraria alla libertà negoziale affermata nella disciplina di trasparenza, ed il TC concludeva che “la norma catalana introduce effettivamente un divieto di concludere il contratto che oltrepassa l’ambito della competenza autonomica, dal momento che come abbiamo evidenziato nella premessa di diritto 6 c) tale ambito ha come limite, tra gli altri, che non si produca un novum nel contenuto contrattuale, o, detto altrimenti, che non vengano introdotti diritti né obblighi nell’ambito delle relazioni negoziali private». Il TC conferma dunque che il nostro ordinamento afferma tale libertà negoziale e che, in mancanza di una diversa previsione del diritto statale, l’ambito di competenza autonomico non autorizza una eccezione a tale regola. 39 In questa prospettiva Alvarez Olalla, La obligación, cit., pp. 781-782, anche se l’A. avverte che in questo caso è più difficile ricondurre all’ambito dell’inefficacia un vizio che si genera al momento stesso del perfezionamento del contratto, dal momento che tali vizi sono normalmente considerati afferenti alla validità. Sono favorevoli alla validità del contratto, nonostante l’inadempimento del finanziatore, De la Pena - Lopez Frias, Crédito, cit., p. 64.
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con una norma imperativa (art. 6.3 del codice civile spagnolo, d’ora in avanti “c.c.”)40. Dal nostro punto di vista, la nullità del contratto non sarebbe una sanzione contrattuale effettiva dal momento che avrebbe come effetto la necessaria restituzione da parte del debitore delle somme finanziate41 e senza diritto a differimenti, a meno di un intervento moderatore del giudice che adatti alla situazione patrimoniale del debitore la restituzione delle somme. Perché la nullità del contratto abbia una efficacia dissuasiva, inoltre, dovrebbe comportare la restituzione da parte del finanziatore di tutte le commissioni incassate in conseguenza della concessione del credito, oltre che la perdita degli interessi compensativi e la restituzione di quelli percepiti. L’intervento moderatore del giudice dovrebbe riguardare anche gli interessi di mora in caso di declaratoria di nullità, dal momento che la concessione di un termine adeguato alla situazione patrimoniale del debitore per la restituzione non dovrebbe comportare un inasprimento di un credito che non avrebbe dovuto essere concesso. La dichiarazione di nullità comporterà, inoltre, che sarà il debitore a dover allegare tale circostanza nei confronti del finanziatore nel momento in cui si manifesti l’inadempimento del contratto, oppure nel momento in cui questo sia già prevedibile, oppure quando sia stato richiesto, giudizialmente o stragiudizialmente, del pagamento delle somme dovute, o anche in via di esecuzione ipotecaria. Si tratterebbe di permettere al debitore di opporre in via di eccezione la nullità del contratto di credito del quale gli si richiede l’adempimento. Gli stessi argomenti potrebbero essere utilizzati per respingere, come sanzione contrattuale, l’annullabilità42. Si è evidenziato, come vizio che comporta l’annullabilità, l’errore nel consenso del finanziato derivato dalla erronea valutazione della capacità di rimborso del debitore43. Al di
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Zunzunegui Pastor, Evaluación, cit., p. 18. Contra, Gallego Sanchez, La obligación, cit., p. 234. 41 Così Serrano Fernandez, Efectos, cit., p. 397 e Alvarez Olalla, La obligación, cit., p. 781. 42 Alvarez Olalla, La obligación, cit., p. 790. Respinge anche la nullità e l’annullabilità come misure efficace Saenz De Jubera Higuero, Consecuencias, cit., p. 3275. 43 Per Serrano Fernandez, Efectos, cit., p. 398, questa sanzione risulta molto più coerente con il nostro ordinamento rispetto alla nullità di pieno diritto, anche se poi la scarta perché comporta effetti restitutori. Per Azadi, Valutazione, cit., p. 792, «l’omessa verifica della solvibilità del consumatore determina un possibile vizio del consenso prestato dal contraente debole, inducendo lo stesso ad assumere obbligazioni che non avrebbe assunto se avesse conosciuto la propria condizione di “immeritevolezza finanziaria”». Per
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là delle difficoltà nella prova di tale elemento – che cioè sia stata la valutazione del finanziatore a occasionare il consenso del finanziato – e di altre possibili considerazioni intorno alla consapevolezza della propria capacità di pagare in capo al debitore44, neppure la annullabilità sembra una sanzione effettiva e dissuasiva dal momento che il principale effetto che produrrebbe l’annullamento sarebbe la necessaria restituzione delle somme finanziate, similmente a quanto accadrebbe in caso di nullità (decadenza dal termine di restituzione). 4.3. Sanzioni amministrative. Come si è anticipato, l’ordinamento spagnolo prevede espressamente soltanto sanzioni amministrative per l’inadempimento dell’obbligo della valutazione di solvibilità da parte del finanziatore. Ciò è confermato, per esempio, dall’art. 34 LCCC, secondo cui la violazione delle norme in materia di valutazione della solvibilità del debitore nell’ambito dei contratti di credito al consumo potrà essere considerata “grave” o “molto grave”. La stessa tendenza si può riscontrare relativamente al credito immobiliare, dal momento che la LRCCI afferma che le obbligazioni stabilite nella stessa e nelle relative disposizioni di attuazione avranno carattere di norme di ordine e disciplina (art. 44 LRCCI). Nell’ambito della attività delle banche il legislatore spagnolo considera l’obbligo di valutare la solvibilità del debitore come una norma di ordine e disciplina (artt. 5, 92 x) e 93 f) LOSSEC), considerando gli atti o le operazioni compiuti in violazione di tale disciplina come infrazione grave o molto grave, sempre che per il numero di soggetti interessati, la reiterazione della condotta o gli effetti sulla fiducia della clientela e la stabilità del sistema finanziario, tali violazioni possano considerarsi
superare la responsabilità per errore nel consenso, evidenza Piepoli, Sovraindebitamento, cit., p. 65 che in tali casi il finanziatore potrebbe dimostrare che, nonostante la non corretta valutazione, il consumatore era a conoscenza della sua incapacità ad adempiere le obbligazioni derivanti dal contratto, ad esempio perché un altro finanziatore in precedenza aveva rifiutato la concessione di credito sulla base di un test negativo di solvibilità. 44 Affinché un errore possa essere considerato vizio nel consenso questo deve essere scusabile e sarebbe per lo meno discutibile che il finanziato non debba conoscere la propria situazione in merito alla solvibilità e alla capacità di pagare, anche se si può ritenere che il finanziatore abbia contribuito con la propria decisione di concedere il credito ad ingenerare del finanziato una falsa aspettativa sulla propria capacità di rimborso. Per Gallego Sanchez, La obligación, cit., p. 234, «non si può dare annullabilità per errore dal momento che nessuno meglio del cliente conosce la propria situazione finanziaria».
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come specialmente rilevanti, salvo che abbiano carattere occasionale o isolato. Se la violazione ha carattere isolato la infrazione potrà essere considerata lieve (art. 94 LOSSEC). La sanzione amministrativa come unico rimedio a fronte dell’inadempimento ancora una volta non sembra sufficiente, perché non è proporzionata. Innanzi tutto perché la sua applicazione sembra in generale essere riservata ai casi più gravi di violazione – reiterazione di condotta che influisca sulla stabilità del sistema finanziario – e, conseguentemente risulterà difficile da applicare; in secondo luogo perché la eventuale applicazione della sanzione – ad esempio nel caso in cui si possa provare una violazione isolata – non colpirebbe il contratto concluso, dal momento che non dispiegherebbe effetti su quest’ultimo. Si limiterebbe a applicare una sanzione economica, ma non produrrebbe effetti per il debitore, che resterebbe comunque obbligato, nonostante la sanzione per violazione, ad adempiere il contratto sottoscritto nei termini pattuiti e, in caso di impossibilità ad adempiere, a restituire le somme finanziate con gli interessi compensativi e moratori stabiliti nel contratto per scadenza anticipata. Senza negare, quindi, la parziale efficacia che potrebbe ottenere la sanzione amministrativa, per l’importo della sanzione o per eventuali effetti reputazionali sul finanziatore, non sembra che questa sia sufficiente. Al contrario, si mostra necessaria la previsione espressa di sanzioni che producano i loro effetti direttamente sul contratto di credito. 4.4. La risoluzione per inadempimento. Interroghiamoci ora sulla possibilità per il finanziato di esercitare l’azione di risoluzione del contratto per inadempimento, da parte del finanziatore, dell’obbligo di valutare la sua solvibilità45 (ex art. 1124 del codice civile): inadempimento che, nonostante sia anteriore alla conclusione del contratto (inadempimento di un dovere precontrattuale), dispiega i suoi effetti in fase di adempimento. Ammettendo questa possibilità46, ci
45 Si ricordi che il nuovo art. 11.4 LRCCI attribuisce al finanziatore la facoltà di risolvere, rescindere o modificare il contratto di prestito quando il prestatario abbia occultato o falsificato consapevolmente le informazioni. 46 Serrano Fernandez, Efectos, cit., p. 398, avverte che «la giurisprudenza del Tribunale Supremo sull’art. 1124 c.c. si mostra poco incline ad ammettere la risoluzione a fronte di obbligazioni che non costituiscono l’oggetto principale del contratto, richiedendo che si tratti di un inadempimento grave di obbligazioni essenziali». In termini similari, E.
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ritroveremmo, a nostro avviso, con gli stessi problemi posti dalla nullità o dalla annullabilità del contratto di credito: restituzione delle somme da parte del debitore, con decadenza dal termine contrattuale47, salva la previsione, come si diceva, di una facoltà del giudice moderatrice degli effetti di tale risoluzione. Tale opzione, al pari della nullità e della annullabilità, richiede inoltre che il debitore eserciti la relativa azione giudiziale (o eventualmente stragiudiziale)48 e, conseguentemente, assuma le spese processuali. Tali misure sono poco efficaci dal momento che ci poniamo in situazioni nelle quali o si è manifestato l’inadempimento dell’obbligo restitutorio del debitore (e, pertanto, forse, in una situazione di insolvenza) o si sono manifestate, come minimo, serie difficoltà economiche. L’esercizio della azione di risoluzione per inadempimento supporrebbe che il finanziato debba fare fronte a più costi che, quasi sicuramente, non potrà sopportare – o come minimo, aumenterebbero il suo indebitamento – salvo che tale esercizio avvenga per mezzo di una eccezione processuale. 4.5. La responsabilità per danni. La stessa situazione si verifica relativamente alla possibilità che il debitore richieda al finanziatore il risarcimento per i danni e i pregiudizi causati dalla concessione irresponsabile del credito – tanto ai sensi dell’art. 1101 c.c. che ai sensi dell’art. 1902 c.c.49 Con l’esercizio dell’azione di responsabilità per danni si tratterebbe – come è stato evidenziato in dottrina – di riparare l’interesse costituito dalla fiducia, il danno che il
Gallego Sanchez, La obligación, cit., pp. 234-235. De la Peña - Lopez-Frias, Crédito, cit., p. 65, ammettono la risoluzione del contratto soltanto in casi residuali e quando si possa dimostrare che il finanziato si è comportato con dolo o con negligenza grave. Sui requisiti dell’inadempimento che possano giustificare la risoluzione v. De Pablo Contreras, Incumplimiento de las obligaciones y responsabilidad contractual, in AA.VV. Curso de derecho civil, II, T. I, Madrid, 2018, pp. 202-205. 47 Si mostra critica nei confronti di tale opzione, non considerandola efficace, Alvarez Olalla, La obligación, cit., pp. 793-794. 48 E’ unanime la possibilità di richiedere stragiudizialmente la risoluzione del contratto per inadempimento. In questa prospettiva De Pablo Contreras, Incumplimiento, cit., p. 200. 49 Il differente fondamento verrà determinato dalla considerazione dell’inadempimento dell’obbligo di valutazione come contrattuale o extracontrattuale, dal momento che si tratta di una obbligazione imposta al finanziatore prima della conclusione del contratto.
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finanziato avrebbe evitato se non avesse confidato nel comportamento corretto del finanziatore50. Come nel caso dei rimedi già passati in rassegna, anche per questo si richiede l’esercizio della relativa azione giudiziale – o la proposizione di una eccezione, richiedendo la riduzione della somma ingiunta dal finanziatore51 – ciò che implica sopportare le spese che il procedimento può generare. A ciò si aggiunge, in questo particolare caso, la difficoltà di provare e di quantificare i danni determinati in conseguenza della concessione irresponsabile del credito, così come le difficoltà a provare il nesso causale tra la condotta del finanziatore ed il danno cagionato al finanziato. A nostro avviso il ricorso a tale tipologia di rimedio non risulta sufficiente come misura dissuasiva, effettiva e proporzionata, ma dovrebbe essere accompagnato, eventualmente da altri, quali la perdita degli interessi pattuiti a favore del finanziatore o la perdita del diritto a ottenere la decadenza dal beneficio del termine. Queste ultime misure, però, richiederebbero una previsione legale espressa52 che, al momento53, non
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Alvarez Olalla, La obligación, cit., p. 792. Nella dottrina italiana sostiene la possibilità di ricorrere alla responsabilità per danni Piepoli, Sovraindebitamento, pp. 65-67. 51 Alfaro, La obligación de comprobar la solvencia del consumidor antes de conceder un préstamo, in www.derechomercantilespana.blogspot.com. Una posizione analoga è sostenuta da Arroyo Amayuelas, La directiva, cit., p. 27. 52 O, in mancanza di un riconoscimento legale, la previsione contrattuale, ma è evidente che questa non sarà contenuta nel contratto per gli effetti che produrrebbe sul finanziatore che, per giunta, è la parte che predispone il contratto. 53 Sono state formulate, senza successo, alcune proposte. Così nella Proposta di Legge sulla Seconda Opportunità presentata dal gruppo parlamentare Ciudadanos per il suo esame parlamentare all’inizio del 2018 (Proposta 122/000165, BOCG, n. 197-1 del 2 febbraio 2018), si proponevano alcune misure espresse in sede concorsuale, ad esempio inserendo nell’art. 86 della Ley Concursal (in seguito LC), riferito all’ammissione dei crediti al concorso, una previsione secondo la quale se il giudice ritenesse che qualcuno tra i crediti fosse stato concesso in maniera irresponsabile dal creditore a causa dell’inadempimento di obblighi previsti nel diritto vigente, provvederà a mezzo dell’incidente concursal, in modo tale che la sentenza dichiara che il credito è stato concesso in modo irresponsabile il giudice potrebbe dichiarare il suo annullamento, tenendo conto delle circostanze del caso e delle conseguenze di tale azione sul debitore (Articolo secondo. Uno della Proposta di Legge). A ciò si aggiungeva un’altra previsione in sede di esdebitazione, dovendo tenersi in conto per valutare la buona fede del debitore “se il creditore si è comportato responsabilmente nella concessione di tali prestiti o crediti, informando adeguatamente il debitore in merito alle sue condizioni ed effetti, e decidendo sulla concessione degli stessi coerentemente alla valutazione di solvibilità del debitore” (Articolo settimo. Tre della Proposta di Legge).
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esiste. Qui di seguito ci si occuperà di queste e di altre misure che potrebbero avere un riconoscimento per legge come sanzioni che dispiegherebbero i loro effetti direttamente sul contratto54. 4.6. Perdita dei diritti del finanziatore. 4.6.1. La perdita del corrispettivo del finanziamento. La perdita degli interessi pattuiti come corrispettivo della concessione del finanziamento (interessi compensativi) e la stessa perdita del diritto ad esigere gli interessi di mora in caso di inadempimento del debitore nei termini pattuiti, è una soluzione prevista in altri ordinamenti vicini al nostro55 e considerata come misura ragionevole dalla dottrina spagnola56. È la soluzione adottata in Francia per i contratti di credito al consumo57, e, più recentemente, per il credito immobiliare (in occasione della trasposizione della Direttiva 2014/17/UE), con la previsione che quando il finanziatore non abbia rispettato gli obblighi derivanti dalla concessione responsabile del credito si vedrà privato del diritto agli interessi, o totalmente, o nella misura determinata dal giudice58, potendo il finanziato
54 Si riferisce a questi casi Alvarez Olalla, La obligación, cit., p. 794, come casi di penalizzazione “tasada”. 55 È il caso del Belgio e della Svizzera, e anche della disciplina australiana, come evidenziato da Cuena Casas, Intercambio de información, cit., pp. 52-53. 56 In questa prospettiva Cuena Casas, Evaluación de la solvencia y créditos hipotecarios, in El Notario del Siglo XXI, luglio-agosto 2014, p. 32, e in Intercambio de información, cit., p. 55; Jiménez Paris, La ejecución del derecho de crédito: ejecución ordinaria e hipotecaria, in La prevención del sobreendeudamiento privado. Hacia un préstamo y un consumo responsables, diretto da Cuena Casas, Navarra, 2017, p. 676; Diaz Alabart, Evaluación, cit., p. 237. 57 Come è risaputo, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata su questa misura prevista nell’ordinamento francese nelle SSTJUE del 27 marzo 2014 (TJUE 2014, 126) e del 18 dicembre (2014, 401), analizzando la proporzionalità e l’effetto dissuasivo della stessa. 58 Così si prevede, all’interno del paragrafo relativo alle Sanzioni civili, nell’art. L3412 in materia di credito al consumo, e l’art. L341-28, in materia di credito immobiliare, del Code de la Consommation. La perdita di interessi nel credito immobiliare presenta, tuttavia, dei limiti quantitativi, nel senso seguente: «Peut être déchu du droit aux intérets dans la poportion fixée par le juge, jusqu’à un montant ne pouvant excéder, pour chacun des manquements énumérés ci-aprèes, 30% des intérets et plafonné à 30.000 euros, le prêteur qui accord un crédit: 1° Sans avoir fourni à l’emprunteur les explications adéquates permettant à celui-ci de déterminer si le contrat de crédit et les éventuels services accessoires sont adaptés à ses besoins et à sa situacion financière à partir des infor-
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restituire il capitale secondo l’ammortamento previsto e, eventualmente, pagare gli interessi non sottratti al finanziatore, ed avendo diritto alla restituzione degli interessi già corrisposti o a destinarli alla riduzione del capitale dovuto59. Anche nella Proposta di Direttiva sul credito al consumo del 2002 si prevedeva che, in caso di mancato rispetto dal parte del finanziatore delle disposizioni relative al prestito responsabile, le sanzioni avrebbero potuto comportare la perdita del diritto ad incamerare gli interessi e le spese, e che il consumatore avrebbe mantenuto il beneficio del termine60. Da quanto detto si evidenzia che la perdita del diritto agli interessi ed il mantenimento del termine non sono misure alternative, ma cumulative, che aiutano a stabilire un meccanismo sanzionatorio proporzionato, dissuasivo ed effettivo. 4.6.2. La perdita del diritto a invocare la decadenza del termine. Una delle principali obiezioni mosse alla sanzione della nullità o della annullabilità del contratto è il fatto che queste comporterebbero la decadenza dal beneficio del termine per il debitore, con ciò determinando l’inefficacia della sanzione, dal momento che il debitore dovrebbe restituire in un’unica soluzione l’importo del prestito – maggiorato o meno degli interessi, secondo quanto già detto. Aggiungere come penalità, insieme con la perdita degli interessi e delle commissioni generate a favore del finanziatore, la perdita del diritto ad invocare la decadenza del termine61 potrebbe avvicinare la sanzione contrattuale alla proporzionalità ed efficacia della misura, così come renderla dissuasiva: se il finanziatore si arrischia a concedere credito nonostante la mancanza di verifica del merito per concederlo, sa che il rischio comprende anche la possibilità di perdere non soltanto il proprio corrispettivo, ma anche il recupero immediato della somma finanziata. È vero, peraltro, che nei
mations prévues à l’article L. 313-11; ou 2° Sans avoir, en méconnaissance de l’article L. 313-12, mis en garde l’emprunteur, sur le risque spécifique que peut induire pour lui le contrat compte tenu de sa situation financière, lorsq’un tel risque a été identifié; ou 3° Sans avoir respecté les conditions pévues aux articles L. 313-16 à L. 313-18, applicables en matière d’évaluation de la solvabilité de l’emprunteur» (art. L341-27). 59 Art. L341-8 del Code de la Consommation. 60 Art. 31 della Proposta di Direttiva sul Credito al Consumo del 2002, successivamente sostituito dal vigente art. 23 della Direttiva 2008/48/CE. 61 Evidenzia queste due opzioni Alfaro, La obligación de comprobar la solvencia del consumidor antes de conceder un préstamo, cit.
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casi che abbiamo analizzato la irresponsabilità nella concessione del credito emerge una volta che il debitore non abbia adempiuto il suo obbligo di pagamento delle rate e, pertanto, quando già si è manifestata la sua incapacità a pagare. Il mantenimento, a suo favore, del diritto al termine non risolve completamente il problema. Può ridurlo nei casi in cui, essendo esonerato dal pagamento degli interessi, possa affrontare il pagamento delle rate con maggiore facilità dal momento che l’importo delle stesse si ridurrà, però è anche vero che se ci troviamo di fronte a un debitore in stato di insolvenza questa misura non risulta efficace. Per questo motivo riteniamo che, insieme alla possibile perdita del diritto agli interessi ed alla perdita del diritto ad invocare la decadenza dal beneficio del termine, si debbano prevedere altre misure in sede di concorso dei creditori, per quei casi in cui il finanziato versi in uno stato di insolvenza. 4.7. Effetti in sede concorsuale. La prima domanda da porsi è se le misure che si andranno ad illustrare si attivino soltanto quando la causa dell’insolvenza sia la concessione del prestito o se possano essere applicate nell’ambito del concorso dei creditori indipendentemente dalla causa della insolvenza (sempreché se ne possa individuare con chiarezza una sola). A nostro avviso, le misure di cui stiamo per parlare non dovrebbero richiedere che il motivo dell’insolvenza del debitore sia la situazione di indebitamento nella quale sia incorso per effetto del credito concesso irresponsabilmente. In primo luogo, per la difficoltà di accertare la causa dell’insolvenza, ammesso che ne esista una sola; e in secondo luogo perché, se si tratta di sanzionare una condotta poco diligente – quella irresponsabile del finanziatore – sembra indifferente a questi effetti quale sia la causa dell’insolvenza. Conseguentemente, non è necessario che sussista un nesso di causalità tra la concessione irresponsabile del credito e lo stato di insolvenza del finanziato, anche se è vero che con ogni probabilità la concessione avrà contribuito alla situazione di sovraindebitamento sfociata nell’insolvenza. Si deve anche tenere in considerazione il fatto che nell’ordinamento spagnolo il concorso del finanziato potrà essere dichiarato ricorrendo i presupposti previsti nella Ley Concursal (Ley 22/2003, in avanti LC) – oggettivo e soggettivo (artt. 1 e 2 LC) – qualunque sia la causa dell’insolvenza. I motivi dell’insolvenza del debitore sono considerati non al momento della dichiarazione di concorso, ma essenzialmente in sede di qualificazione concorsuale – laddove l’originarsi o l’aggravarsi dell’insolvenza sia stata determinata da dolo o colpa grave del debitore o dei
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suoi amministratori (art. 164.1 LC). Le misure che proponiamo qui di seguito comporterebbero la valutazione del comportamento previo alla situazione di insolvenza, non solo in capo al debitore, ma anche in capo ai suoi creditori, come già accade in altri ordinamenti contigui: in particolare, nella recente riforma del diritto concorsuale italiano62. Sono due le misure che, nell’ambito concorsuale, potrebbero essere ipotizzate: la subordinazione del credito e la esdebitazione in sede di seconda opportunità63. 4.7.1. La postergazione del credito concesso in modo irresponsabile. La postergazione del credito comporterebbe che il finanziatore vada a collocarsi al termine dell’ordine di prelazione dei crediti concorsuali, tra i creditori subordinati. In questo caso, la motivazione della subordinazione sarà la concessione irresponsabile del credito, vale a dire l’inadempimento degli obblighi derivanti dalla sua concessione responsabile, e sarebbe necessaria la sua previsione espressa all’interno dell’art. 92 LC. La misura può aggiungersi alla perdita degli interessi compensativi e moratori64. Per quanto riguarda la perdita della possibilità di invocare la decadenza dal beneficio del termine, si potrebbe aggiungerla alla postergazione del credito soltanto quando non si sia prodotta l’apertura della fase di liquidazione concorsuale, dal momento che questa produce come effetto la scadenza anticipata di tutti i crediti concorsuali (art. 146 LC). In ogni caso, come già si è avuto modo di osservare, si dovrebbe attribuire al giudice un potere di moderazione, in modo tale che, considerando il grado di inadempimento da parte del finanziatore, vengano imposte tutto o soltanto alcune delle sanzioni65. Sebbene questo potere
62 Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza approvato recentemente tramite il d.lgs. n. 14 del 2019 contempla espressamente - tanto in sede di “procedura di ristrutturazione dei debiti” quanto in sede di “concordato minore” (entrambi disciplinati nell’ambito delle “procedure di ristrutturazione delle crisi da sovraindebitamento”) - la necessità verificare se il finanziatore abbia effettuato prima della concessione del credito una valutazione del merito creditizio del debitore (artt. 68, co. 3 e 75, co. 3 del citato Codice). 63 Queste misure sono state proposte da Cuena Casas, Evaluación, cit., p. 2899, affermando che «la legislazione concorsuale può stabilire le misure dissuasive che la DCH (Direttiva 2014/17/UE) richiede, senza che questo comporti una limitazione della libertà negoziale e l’adozione di atteggiamenti paternalisti». 64 Cuena Casas, Intercambio, cit., p. 55. 65 A favore della facoltà moderatrice del giudice l’art. 1103 c.c. dispone che «la responsabilità derivante da negligenza è ugualmente esigibile nell’adempimento di qualsi-
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potrebbe determinare qualche incertezza, riteniamo che attribuire al giudice la decisione in ordine alla sanzione concreta da irrogare alla luce delle circostanze concrete consentirebbe di valorizzare anche il comportamento del finanziato nel momento di accesso al credito e modulare l’irrogazione della sanzione a seconda delle circostanze concrete. 4.7.2. Esdebitazione. Quando il debitore persona fisica abbia richiesto il beneficio della esdebitazione (art. 178-bis LC) si potrebbe pensare alla possibilità di includere all’interno dei crediti oggetto di esdebitazione il prestito concesso in maniera irresponsabile66. Questa misura è più importante in presenza di un credito ipotecario che, per regola generale, dovrà essere considerato credito privilegiato e che in Spagna non può essere oggetto di esdebitazione in generale. Piuttosto, al contrario, affinché il debitore possa accedere al beneficio della esdebitazione, gli si richiede in generale, il pagamento dei crediti contro la massa e dei crediti concorsuali privilegiati. La esdebitazione o la meritevolezza del beneficio si fonda, nel diritto concorsuale spagnolo, sulla condizione di debitore di buona fede del soggetto dichiarato in concorso. Il legislatore adotta una nozione oggettiva di buona fede nella quale il comportamento del creditore al momento del sorgere del diritto di credito – o anche in un momento posteriore – non è preso in considerazione nella valutazione di quali crediti possano non essere pagati. Ciò che si propone è che tale comportamento possa essere valutato, anche al di là del caso della qualificazione concorsuale del credito, per condonare il debito residuo. Con la postergazione del credito concesso in modo irresponsabile, come misura proporzionale, effettiva e dissuasiva, la esdebitazione si imporrebbe automaticamente, dal momento che nell’ordinamento spagnolo i crediti subordinati sono condonati in tutte i casi di accesso al beneficio della esdebitazione, di talché adottare la misura alla quale facevamo riferimento –la esdebitazione del credito – non dovrebbe richiedere previsione espressa.
asi tipologia di obbligazioni; ma potrà essere moderata dai Tribunali a seconda dei casi». 66 V. supra n. 54 sulla Proposta di legge 122/000165 presentata dal gruppo parlamentare Ciudadanos.
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4.8. La prova dell’inadempimento. La irrogazione di sanzioni a carico del finanziatore che non ha adempiuto l’obbligo precontrattuale di valutare la solvibilità del debitore richiederà la prova di tale inadempimento. In questa prospettiva, in dottrina si è evidenziato che la corretta previsione o esistenza di un adeguato sistema di informazione creditizia permetterebbe di valutare ex post se il finanziatore ha concesso il credito a chi non lo meritava – in termini di capacità economica67. La configurazione legale dell’obbligo che ricade sul finanziatore pone l’accento sulla comunicazione al debitore del rifiuto della concessione, e non sulla concessione. La norma più definita in questo senso è quella contenuta nell’apartado 6 dell’articolo 11 della LRCCI, che si occupa dei casi di rifiuto di concessione, prevedendo l’obbligo di comunicare per iscritto il rifiuto e la relativa motivazione, con consegna, eventualmente, di copia del risultato della consultazione di una base dati. Non c’è tuttavia riferimento alla registrazione che debba conservare il finanziatore delle consultazioni che abbia effettuato o alla documentazione che abbia richiesto al finanziato allo scopo di valutare la sua solvibilità e che determinò la concessione del credito. È consigliabile, perciò, che nelle procedure o protocolli interni ai quali i finanziatori debbono attenersi per eseguire il loro obbligo68 siano contenute indicazioni al riguardo, in modo che a fronte della eventuale allegazione futura da parte del finanziato di concessione irresponsabile del credito, il finanziatore conservi la documentazione comprovante l’adempimento di tale obbligo. In questa ultima prospettiva, è fondamentale chiedersi a chi debba spettare la prova dell’inadempimento, vale a dire se spetti al debitore provare che il finanziatore non ha adempiuto debitamente al suo obbligo di valutare la sua capacità di pagamento prima della concessione del credito – prova di un fatto negativo – o se, al contrario, spetti al finanziatore, a fronte di una allegazione del finanziato della esistenza di una concessione irresponsabile, provare di avere adempiuto l’obbligo. Dal nostro punto di vista occorrerebbe stabilire qui una inversione dell’onere della prova, fatto comune nella disciplina di protezione dei consumatori – anche nel caso in cui il finanziato non lo sia -, dal momento
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Cuena Casas, Intercambio de información, cit., pp. 7-8. Su tali protocolli v. art. 11.2 LRCCI e art. 18 Orden EHA/2899/2011.
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che sarà il finanziatore quello maggiormente agevolato69 nel provare l’adempimento dell’obbligo, ad esempio producendo le registrazioni della consultazione di base di dati che contengano informazioni finanziarie o patrimoniali sul debitore, o i documenti di cui dispongano sulle informazioni richieste al finanziato70. In questo senso si è espressa già la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in ordine ai contratti di credito al consumo, negando efficacia alle cosiddette “clausole di conformità” in forza delle quali il finanziato riconosce l’adempimento degli obblighi precontrattuali da parte del finanziatore71, tra i quali figura l’obbligo di valutare la solvibilità del debitore.
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Abstract L’articolo affronta lo studio dell’obbligazione imposta ai finanziatori, preventiva rispetto alla concessione di credito ai comnsumatori, di valutare la capacità di rimborso del debitore, prevista dalle Direttive 2008/48/CE e 2014/17/ UE. A fronte della assenza di previsioni legali al riguardo nell’ordinamento spagnolo, vengono proposti alcuni rimedi contrattuali che potrebbero essere presi in considerazione in quei casi nei quali il finanziatore non adempia tale obbligazione e che potrebbero essere riferiti anche ad altri ordinamenti giuridici.
*** This paper aims at analyzing the lender’s obligation to assess debtor´s creditworthiness before granting credit to consumers, arising from the 2008/48/CE and 2014/17/UE Directives. In Spanish law no contractual liability has been regulated in case this obligation is breached. In the present study some contractual remedies are proposed that could be extrapolated to other legal systems.
69 Nello stesso senso Alvarez Lata, Notas a la STJUE de 18 de diciembre, cit., p. 248; e Alvarez Olalla, La obligación, cit., p. 783. 70 Conformemente con l’art. 217, ap. 7, della Ley de Enjuiciamento Civil spagnola, il tribunale dovrà tenere in considerazione la disponibilità e facilità probatoria che spetta a ciascuna delle parti in causa. Così si ritiene in materia di contratti di investimento: v. STS (Sala de lo Civil, Sección 1°), n. 834 del 22 dicembre 2009. 71 V. Corte di Giustizia dell’Unione Europea, 18 dicembre 2014.
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Regla de la prioridad absoluta* Contenido: 1. El concepto de la regla de la prioridad absoluta. – 2. Los principios que rigen el pago a los acreedores. – 3. Uso de la regla. – 4. El conflicto. – 5. Origen de la regla. – 6. Derechos de los accionistas. – 7. El trato a las clases de acreedores en las reestructuras. – 8. La Regla de la Prioridad Relativa. – 9. A modo de conclusión.
1. El concepto de regla de la prioridad absoluta. Cuando una sociedad entra en un proceso de liquidación, sus activos son usados para cubrir lo que se debe a diversos acreedores, cuando los activos líquidos no son suficiente para ello, deben realizarse los demás bienes de la empresa para cubrir las acreencias. La regla de la prioridad absoluta establece el orden en que deben de hacerse los pagos en la eventualidad de una liquidación societaria entre los acreedores y los accionistas. La regla consiste en la definición de qué porción de los pagos debe hacerse a qué acreedores, los accionistas solo tendrán acceso a los pagos con el remanente de los que hayan sido hechos a los acreedores. Los regímenes jurídicos asignan a los créditos una “prelación” («el derecho de toda persona a gozar de prioridad en el cobro, respecto de otra persona, cuando tal derecho haya nacido por efecto de la Ley … El principal objetivo de clasificar a los créditos es dar un trato justo y equitativo a los acreedores , tratando del mismo modo los créditos similares»)1 Esta clasificación de los créditos tiene una trascendental relevancia cuando se trata de preparar una reestructura, ya sea fuera de un proce-
* Absolute priority rule (texto de la ponencia, con las adiciones necesarias, en el XV Congreso Iberoamericano de Derecho Concursal, Viña del Mar, Chile,16 – 18 de octubre de 2019). 1 UNCITRAL, Guía Legislativa sobre el Régimen de la Insolvencia, Organización de las Naciones Unidas, Nueva York, 2006, pp. 8 y 257.
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dimiento concursal, ya sea como preparación de un concurso con convenio pre acordado o como parte del plan de reorganización que nace en el seno del mismo procedimiento. Una definición que describe toda la extensión del concepto es la que da el Glosario de Thompson Reuters Practical Law: «Principio de la ley de quiebras que exige que los créditos de una clase disidente de acreedores se paguen en su totalidad antes de que cualquier clase de acreedores junior a dicha clase disidente pueda recibir o retener cualquier propiedad en satisfacción de sus reclamos (§ 1129 (b) (2), Código de quiebra). Impide que un plan de reorganización se imponga a acreedores comunes a menos que los accionistas, que son menores en prioridad a los acreedores no garantizados, no reciban distribuciones. Un corolario a la regla de prioridad absoluta prohíbe que un plan de reorganización pague más a una clase de lo que se le debe (aunque este principio no se establece expresamente en la Ley de Quiebras)»2.
2. Los principios que rigen el pago a los acreedores. En materia de insolvencia existen varios principios que orientan el tratamiento que debe darse a las diversas partes involucradas. Uno de ellos es el aforismo par condicio creditorum3 que establece que a todos
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Glossary: Absolute Priority Rule. The principle of bankruptcy law requiring the claims of a dissenting class of creditors to be paid in full before any class of creditors junior to such dissenting class may receive or retain any property in satisfaction of their claims (§ 1129(b)(2), Bankruptcy Code). It prevents a plan of reorganization from being crammed down on unsecured creditors unless equity security holders, who are junior in priority to unsecured creditors, receive no distributions. A corollary to the absolute priority rule prohibits a plan of reorganization from paying more to a class than what it is owed (though this principle is not expressly stated in the Bankruptcy Code). https:// uk.practicallaw.thomsonreuters.com/2-382-3206?transitionType=Default&contextData= (sc.Default)&firstPage=true&comp=pluk&bhcp=1. 3 Nótese que lo correcto es usar el término “condicio” que se traduce como condición: y no “conditio” que es un término culinario que refiere a un condimento. Conditio: (1ª) fundación, creación; (2ª) conserva, condimentación, sazonamiento, aliño . Tampoco Condictio: acuerdo entre las partes ante el magistrado sobre el día que comparecerán a juicio.; Diccionario locucions llatines, http://www.llati.net/locucions.asp Segura Munguía, Santiago. Nuevo Diccionario etmológico Latín-español. Universidad de Deusto. Bilbao, 2006, páginas 148 y 149.. Los términos “creditoris” o “creditorum” son ambos genitivos correctos de creditor=acreedor, el primero es singular y el segundo plural (condición igual del acreedor; condición igual de los acreedores).
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los acreedores de una entidad jurídica se les debe tratar con la misma jerarquía ante el derecho. En cambio, si bien los acreedores deben recibir el mismo trato y consideración, no sucede lo mismo con los créditos, pues la consideración de cómo deben ser tratados los que pesan contra un deudor, obedece a la regla de la absoluta prioridad. Podría parafrasearse a George Orwel en Animal Farm cuando los habitantes de la granja definen: «todos los animales son iguales, pero hay unos más iguales que otros»4, así los acreedores son iguales ante el derecho, pero los créditos no lo son, ello porque los créditos se conforman en diversas clases cada una de las cuales recibe un lugar en la escala descendente de la preferencia de pagos. Los regímenes de insolvencia incluyen siempre un orden de prelación asignando un rango de importancia a cada uno de los créditos5. Ahora bien, cuando dentro de una clase de créditos se ve integrada por una pluralidad de ellos y los recursos no son suficientes para cubrirles a todos in integrum, opera otro principio: pari passu que determina que a cada crédito se le dará en pago una proporción de los recursos existentes igual a la proporción que guardan en la suma total del valor nominal de dichos créditos.
3. Uso de la regla. La regla de la prioridad absoluta, también llamada “preferencia en la liquidación” subyace en todo procedimiento de liquidación de un patrimonio estipulando el orden de pago que deben recibir los acreedores y otros interesados (stakeholders) en el patrimonio liquidado conforme dicha escala. En el caso de la liquidación de una empresa persona jurídica se usa la regla para decidir qué porción del pago corresponde a cada participante. El primer paso de aplicación lleva a decidir el orden en que los créditos serán pagados, esta tarea es abordada por las legislaciones de
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Orwell, George, Animal Farm, New York, 1977,p. 80. CNUDMI. Guía Legislativa sobre el Régimen de la Insolvencia. Organización de las Naciones Unidas. Nueva York, 2006, p. 8: «“prelación”: el derecho de toda persona a gozar de prioridad en el cobro, respecto de otra persona, cuando tal derecho haya nacido por efecto de la ley». 5
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insolvencia siguiendo el criterio que establece que los que tienen mayor rango cobran antes que los de menor rango. Los criterios por seguir para tal clasificación son variables. El ejemplo universal es: primero, los que tienen garantía antes que los comunes. Incluso dentro de los créditos garantizados se pueden hacer subclasificaciones según el tipo de garantía (muebles, inmuebles, privilegios, etc.). Otros ejemplos incluyen los créditos que por política económica y social se privilegian: créditos laborales, créditos agrícolas, créditos fiscales y otros. Normalmente al pie de la cascada quedan los acreedores quirografarios y comunes y los créditos subordinados (subordinación que proviene o bien de un pacto del mismo acreedor o por el hecho de tratarse de acreedores que son partes relacionadas con el deudor). Finalmente, los propietarios del capital de la empresa (shareholders) se dividirán entre ellos el remanente, es decir, lo que queda después de dichos pagos, conforme a sus estatutos (que pueden dar preferencia a determinados tipos de participaciones) y a las proporciones que cada uno representa en la estructura del capital. La regla, es menester observar, aplica también en el caso de las sucesiones: los acreedores del de cujus cobran antes de que la masa sucesoria se distribuya entre herederos y legatarios.
4. El conflicto. Cuando la liquidación se hace siguiendo el orden que las leyes indican para repartir los bienes de una empresa quebrada, no existe dificultad más allá que seguir tal orden establecido en la ley para tal propósito. Igual puede decirse cuando un plan de reorganización respeta dicha asignación de prioridades. El problema surge cuando el deudor y sus acreedores, o al menos una mayoría de ellos, convienen en un plan de reorganización reestructurando la composición de activos y pasivos de la empresa, ya sea dentro de un procedimiento de insolvencia o en un acuerdo fuera del procedimiento formal de insolvencia e imponiendo tal esquema a los demás acreedores y stakeholders que no han formado parte del convenio. (figura conocida como cramdown) y que disienten de los acuerdos manufacturados en el plan6.
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Conforme la Ley de Quiebras de los Estados Unidos de América – la oposición
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Tales acuerdos de reestructura que pueden incluir tratamientos distintos consentidos por los participantes deben ser elaborados bajo la norma de justicia, equidad y buena fe, por ello, cuando los jueces conocen tales arreglos deben cuidar los principios que impone la regla de la prioridad absoluta y no permitir que se rompa la secuencia lógica desconociendo derechos de los involucrados. Los acuerdos de subordinación de créditos son comunes y pueden ser válidos, siempre que no involucren a acreedores que no han dado su consentimiento para ello. Los créditos de una clase de acreedores que disienten con el plan de reestructura y de pagos deben ser cubiertos antes que los de los acreedores que tienen un rango menor en la escala de preferencias. «La regla de la prioridad absoluta es uno de los requisitos para confirmar un cramdown. El efecto de la regla es que el deudor no tiene derecho a conservar ningun bien de la masa, a menos que la clase de acreedores comunes que no aceptaron el plan sean pagados íntegramente»7.
5. Origen de la regla. El concepto que se ha dado en llamar la regla de la prioridad absoluta como enfrentamiento de los intereses de los dueños del capital de la empresa con los acreedores, o al menos una porción de estos, nació de un caso (Northern Pacific Railway Co. v. Boyd, 228 U.S. 482 – 1913) en el que se propuso un plan de reorganización en el que los antiguos dueños recompraban las acciones de la empresa pero los acreedores menores de la empresa no recibían ningún pago. La Corte rechazó el plan. Con el tiempo, las reformas a la ley de quiebras y las decisiones judiciales, se fue afianzado el concepto y ha evolucionado conforme los
que las partes que impugnan el plan de reorganización será válida si: a) se da un trato discriminante a las partes o b) no es justo y equitativo con respecto a la clase de acreedores que no acepta el plan y por ello es tratada sin reconocer su derecho: «a creditor’s plan objection will be upheld if the plan: (1) discriminates unfairly; or (2) is not fair and equitable with respect to each non-accepting class of claims or interests that is impaired under the plan» [Bankruptcy Code § 1129(b)(1)]. 7 «The absolute priority rule is one of the requirements for cramdown confirmation. The effect of the rule is that the debtor is not entitled to retain any property from the estate unless classes of unsecured creditors who did not accept the plan are paid in full». Blum, Bankruptcy and Debtor/ Creditor. Fifth Edition, New York, 2010, p. 50.
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mercados han desarrollado un interés por la adquisición de activos en riesgo8. Hay autores que sostienen que lo que es conocido como Absolute Priority Rule nunca ha estado legislado en ninguna parte, ni siquiera en el párrafo del Chapter 11 que se cita como fuente: [§ 1129(b)(2)(B) (ii)] y que no ha sido sino una construcción que litigantes y jueces han desarrollado9. Esa objeción, hecha en el ámbito de los Estados Unidos de América, no quita que siga siendo válido el principio de que los créditos deben clasificarse conforme su importancia y no es posible atender y pagar los de una clase sin que se haya agotado la anterior. En esa escala de graduación, los accionistas, que no son acreedores concursales, tienen tan solo un derecho societario al residuo patrimonial.
6. Derechos de los accionistas. El propósito general de la regla de la prioridad absoluta es que no pueda permitirse a los dueños de una empresa que ha perdido su valor, el continuar y mantener su posición en ella cuando se incumplen con las obligaciones que la empresa tiene para determinados acreedores (usualmente los acreedores comunes) pues ello sería realizar una práctica injusta que agrede los derechos de acreedores. Hay ocasiones, sin embargo, en donde aplicar con todo rigor este criterio puede producir que la empresa no pueda seguir adelante10.
8
Véase: Roe, The Three Ages of Bankruptcy, Harvard Business Law Review, vol. 7, pp. 187 a 2019 (2017). 9 EgLubben (2015): «there is no absolute priority rule of the kind described in the literature under current law. It is not clear there ever has been such a rule» citado por Riz Mokal en conferencia impartida en la 19a Conferencia Annual del Instituto Internacional de la Insolvencia, Barcelona, junio de 2019. 10 «Stated plainly, equity interest holders are not permitted to keep their equity under a plan if all senior claimsare not paid in full. In many cases, a strict application of this rule would be the death knell for an otherwise- confirmable Chapter 11 plan». «Dicho liso y llanamente, a los dueños del capital social no se les permite mantener su tenencia accionaria en un plan si los créditos senior no han sido pagados completamente. En muchos casos una aplicación estricta de esta regla podría ser la muerte de un plan de reorganización que podría ser aceptable en un Capítulo 11» Bicket White, The New Value Exception to the Absolute Priority Rule Is Alive and Well after 203 North LaSalle. Content originally posted on mglaw.net https://www.frostbrowntodd.com/resources-the-new-
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Quizá por lo anterior se ha venido desarrollando una excepción al principio de la regla de prioridad absoluta conocida como la “excepción de nuevo valor”11 en donde el juez ha permitido a los dueños del capital retener un interés económico en la empresa, a pesar de que haya algunos estratos de acreedores aún impagados, cuando aportan capital fresco a la empresa. Esa tesis ha sido cuestionada en un nuevo caso: Bank of America National Trust and Savings Assn. v. 203 North LaSalle Street Partnership, 526 U.S. 434 (1999) en el que la Suprema Corte rechazó un plan de reorganización que les permitía a los dueños de una empresa mantener su participación en el capital de la misma (dueña de un solo bien inmueble) sometiendo a algunos acreedores a no cobrar su crédito12.
7. El trato a las clases de acreedores en las reestructuras. El tema del tratamiento que debe darse al repago de los créditos de una entidad cuando se confecciona una reestructuración financiera de la empresa suscita inquietudes a la aplicación de los tradicionales principios: par condicio creditorum; absolute priority rule y pari passu. Todas las jurisdicciones establecen rangos de prioridad de los créditos y para efectos de aprobación de los planes de reorganización regulan si deben votar por clases y los porcientos de votos que deben obtenerse en cada clase o en su conjunto. Las restructuras deben hacerse con dos ideas en mente: a) el respeto a los derechos adquiridos de todos los stakeholders, entre los que están la prioridad que la ley asigna al crédito, y b) la búsqueda de maximizar el valor de la empresa para lograr su permanencia en la economía.
value-exception-to-the-absolute-priority-rule-is-alive-and-well-after-203-north-lasalle. html. 11 Case v. Los Angeles Lumber Co., 308 U.S. 106 (1939). 12 Since 203 North LaSalle, the majority of bankruptcy courts in the Sixth Circuit have continued to apply the rationale that old equity holders may retain their interests by contributing new money or money’s worth that is substantial and essential to the company’s reorganization efforts. Robin Bicket White. “The New Value Exception to the Absolute Priority Rule Is Alive and Well after 203 North LaSalle”.
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8. La Regla de la Prioridad Relativa. ¿Qué tanto debe obedecerse a la estricta aplicación de los principios tradicionales?, ¿qué caminos nuevos pueden explorarse en la búsqueda de una manera de evitar la quiebra y el fracaso de las empresas? El tema ha resultado candente y de alta relevancia con la aparición y entrada en vigor de la “Directiva (ue) 2019/1023 del Parlamento Europeo y del Consejo de 20 de junio de 2019 sobre marcos de reestructuración preventiva, exoneración de deudas e inhabilitaciones, y sobre medidas para aumentar la eficiencia de los procedimientos de reestructuración, insolvencia y exoneración de deudas” en vigor a partir del 16 de julio de 2019. Esta Directiva de la Unión Europea ha traído un nuevo paradigma en la historia del Derecho de la Insolvencia. En efecto, históricamente, el primer objetivo que tuvo el tratamiento jurídico de la concursalidad fue el de castigar a los deudores que no cumplían; el tiempo desarrolló otro objetivo: el de lograr el repago a los acreedores. Un nuevo objetivo aparece recientemente: la conservación de la empresa y su reinserción al torrente económico. A ese propósito le siguió el descubrimiento del concepto “inminencia” que llevaba a tomar las medidas propias de un proceso concursal cuando las situaciones objetivas que disparan el proceso no habían aparecido aún, pero era indubitable que se darían en el corto plazo. La Directiva pone el énfasis del problema en la detección oportuna (alertas tempranas) de las señales de debilidad financiera de una empresa para construir planes de reestructura que eviten oportunamente la destrucción de valor. Esta evolución se representa en la siguiente gráfica:
EVOLUCIÓN DE LOS OBJETIVOS EN EL PROCESO DE INSOLVENCIA
Reestructura
Regular derechos y deberes de deudor y acreedores
Civil
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Pagar al acreedor
Inminencia
reestructurar antes que sea tarde
Penal
Castigar al deudor insolvente
Reorganización
Reinsertar al deudor en la economía
El más antiguo es el último a la derecha
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Este instrumento, que consiste en una serie de indicaciones que los Estados miembros de la Unión deben incorporar a su régimen jurídico interno ha venido introduciendo un cambio de fondo al concepto de la Regla de Prioridad Absoluta, tanto que ha sido sustituida por lo que los comentadores de ella han llamado la “Regla de la Prioridad Relativa”. «La reestructuración debe permitir a los deudores en dificultades financieras continuar su actividad empresarial, en su totalidad o en parte, modificando la composición, las condiciones o la estructura del activo y del pasivo o de cualquier otra parte de su estructura de capital -en su caso mediante la venta de activos o de parte de la empresa o, cuando así lo prevea el Derecho nacional, de la empresa en su conjunto- así como realizando cambios operativos»13. El primer paso consiste en la obligación de definir una serie de clases de acreedores conforme el talante de cada uno de los Estados miembros14, como mínimo, los acreedores de los créditos garantizados y no garantizados deberán ser tratados como categorías separadas. (Artículo 9 inciso 4) y se da discrecionalidad para categorizar si así se desea a créditos laborales, a pymes, a acreedores vulnerables, etcétera. «Artículo 9. Adopción de los planes de reestructuración (…) 4.Los Estados miembros velarán por que las partes afectadas sean tratadas en categorías separadas que reflejen una comunidad de intereses suficiente basada en criterios comprobables, con arreglo a la normativa nacional. Como mínimo, los acreedores de los créditos garantizados y no garantizados deberán ser tratados como categorías separadas a efectos de adoptar un plan de reestructuración». El plan de reestructuración debe ser aprobado por votación en cada categoría y sumando una mayoría de categorías. El tema de respeto a la prioridad dada a las categorías entra en crisis cuando hay alguna clase de acreedores que disiente de ser tratada en la forma que se aprueba en el plan de reestructura. La Directiva plantea dos soluciones al tradicional problema de cómo debe tratarse a los acreedores en una reestructura para que esta pueda
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Diario Oficial de la Unión Europea. 26.6.2019. L172/18. Directiva (ue) 2019/1023 del Parlamento Europeo y del consejo de 20 de junio de 2019 párrafo (2) 14 Como se ha dicho arriba, los criterios aquí no son solamente jurídicos sino que pueden obedecer a políticas socio económicas, tradiciones o costumbres de cada Estado.
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ser válida y pueda imponerse en forma obligatoria a aquellos acreedores que disienten de ella: 1. En la Directiva para que sea válido un plan de reestructura es clave el concepto de la “prueba del interés superior de los acreedores” (Artículo 2, inciso 6) que define de la siguiente manera: «prueba del interés superior de los acreedores: una prueba que se supera si se demuestra que ningún acreedor disidente se vería perjudicado por un plan de reestructuración en comparación con la situación de dicho acreedor si se aplicase el orden normal de prelación en la liquidación según la normativa nacional, tanto en el caso de liquidación de la empresa, ya sea mediante liquidación por partes o venta de la empresa como empresa en funcionamiento, como en el caso de la mejor solución alternativa si no se hubiese confirmado el plan de reestructuración». Dicho sencillamente: una reestructuración es válida y puede ser impuesta obligatoriamente si los acreedores resultan tratados mejor de como les iría en cualquier otra situación de liquidación. El criterio suena razonable y de justicia, pero tiene una debilidad: ¿cuál es el otro extremo de comparación?, ¿cómo medir el valor que le correspondería a ese acreedor si el supuesto de esa otra liquidación no ha aparecido fácticamente? 2. La otra clave está en el sistema de atención a las clases de acreedores y a la manera como estas votan el plan de reestructura. (Art.11). Se podrá regular como se desee la integración de las clases de acreedores y su rango respecto de las demás, pero en dicha regulación que hagan los Estados miembros de la Unión debe cuidarse que a los integrantes de esa clase se les trate igual que a las otras clases en el mismo rango y mejor que a las clases con un rango menor. Este sistema es lo que ha venido siendo llamado la Regla de la Prioridad Relativa. «(55) …Los Estados miembros deben poder proteger a una categoría disidente de acreedores afectados garantizándole un trato al menos igual de favorable que el de cualquier otra categoría del mismo rango y más favorable que el de cualquier categoría con menor prelación.” (Párrafo 55 de los Considerandos)». «Artículo 11 Reestructuración forzosa de la deuda aplicable a todas las categorías 1. (…) convertirse en vinculante para las categorías de voto disidentes cuando el plan de reestructuración cumpla, como mínimo, las condiciones siguientes: (…) c) garantice que las categorías de voto disidentes de los acreedores afectados reciban un trato al menos igual de favorable que el de cual-
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quier otra categoría del mismo rango y más favorable que el de cualquier categoría de rango inferior, y (…); 2. Como excepción a lo dispuesto en c) del apartado 1, los Estados miembros podrán establecer que los créditos de los acreedores afectados en una categoría de voto disidente sean plenamente satisfechos por medios idénticos o medios equivalentes cuando una categoría de rango inferior haya de recibir cualquier pago o conservar cualquier interés en el marco del plan de reestructuración». Respecto de los accionistas dueños del capital, la Directiva deja en libertad a los Estados para incluirles o excluirles de la reestructuración y solamente pide que no se les permita impedir u obstaculizar injustificadamente la adopción, la confirmación o la ejecución de un plan de reestructuración (Artículo 12). La directiva establece la necesaria confirmación del plan de reestructuración por la autoridad judicial o administrativa, tanto en aquellos casos en que afecten a los intereses de partes afectadas disconformes, como en aquellos otros planes que prevean nuevos financiamientos. El concepto de la Regla de la Prioridad Relativa ha despertado una gran cantidad de objeciones y de discusiones que no serán tratadas aquí por exceder del mero propósito de este papel consistente en establecer los conceptos tradicionales y los novedosos.
9. A modo de conclusión. Lo que es importante remarcar es que al introducir el cambio en el principio de las prioridades se abre una gama de renegociaciones financieras que antes estaba vedada. El tema de una valuación de la empresa se ha puesto de relevancia considerando, no la valuación fría del valor objetivo de los activos, sino el valor que el mercado puede darle a esos activos. ¿Será el camino para lograr mantener las empresas en operación?, ¿será el camino para que muchos emprendedores e inversionistas se mantengan con el interés de seguirlo siendo? «Los cambios dramáticos en el panorama de la reorganización en las últimas dos décadas han hecho más evidentes los peligros de un compromiso inquebrantable con la prioridad absoluta».15
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Baird, in University of Pennsylvania Law Review, Founded 1852, Formerly American Law Register, 2017 University of Pennsylvania Law Review, vol. 165, march 2017, no.
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Bob Wessels lo explica citando el reporte de la comisión de la ley de quiebras de los Estados Unidos de América, que dice: «la rigidez de la regla [de prioridad absoluta] con frecuencia ha resultado en la destucción en lugar de la protección de los intereses de lo inversores públicos. [Estos inversores] son frecuentemente eliminados de la participación en una reorganizción debido a la estricta aplicación de un estatuto diseñado principalmente para su protección»16.
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Abstract Los principios que han regido la distribución de activos en un proceso de insolvencia han sido: Par Condicio Creditoris, Absolute Priority Rule y Pari Passu. El trabajo presenta el concepto de la Regla de la Prioridad Absoluta y cómo se han venido introduciendo variantes como la Excepción de Nuevo Valor y la Regla de la Prioridad Relativa.
*** The principles that have governed the distribution of assets in an insolvency process have been: Par Condicio Creditoris, Absolute Priority Rule and Pari Passu. The work presents the concept of the Rule of Absolute Priority and how variants such as the Exception of New Value and the Rule of Relative Priority have been introduced.
4, article Priority matters: absolute priority, relative priority, and the costs of bankruptcy. 16 Wessels, The full version of my reply to professor De Weijs et al. «…the rigidity of the [absolute priority] rule has frequently resulted in the destruction rather than the protection of interests of public investors. [These investors] are frequently eliminated from participation in a reorganization by reason of the strict application of a statute designed primarily for their protection», Bankruptcy Commission of the United States, Report of the Commission on the Bankruptcy Laws of the United States, H.R. Doc. 137, 93d Cong., 1st Sess. (1973) at. 256. Discussed in Markell, Owners, Auctions, and Absolute Priority in Bankruptcy Reorganizations, Articles by Maurer Faculty, Paper 2061, p. 87, http://bobwessels.nl/ blog/2019-03-doc10-the-full-version-of-my-reply- to-professor-de-weijs-et-al/.
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COMMENTI
Criptovalute e conferimento a capitale di società Corte d’Appello di Brescia, sezione prima civile, 24 ottobre 2018, n. 207; Pres. Pianta, Rel. Magnoli. Società a responsabilità limitata – Aumento di capitale – Conferimento di moneta virtuale – Ammissibilità – Esclusione (Cod. Civ. artt. 2464, 1277 e 2436) La criptovaluta non può costituire elemento attivo idoneo al conferimento nel capitale di una s.r.l. in assenza di un sistema di scambio idoneo a determinarne l’effettivo valore in euro ad una data certa. (1)
(Omissis) Fatto e Diritto. In data 20/04/2018 innanzi al Notaio Dottor Fa. Sa. (atto a repertorio n. 64612 raccolta n. 36216) si è riunita l’assemblea totalitaria della società XY s.r.l., con sede in Brescia con ordine del giorno: 1) esecuzione integrale dei conferimenti precedentemente dovuti (art. 1481 cc, comma secondo); 2) aumento proporzionale del capitale sociale da 10.000,00 ad 1.410.000,00; 3) varie ed eventuali. Nel corso di detta assemblea è stato deliberato, tra l’altro, il predetto aumento di capitale, sottoscritto per complessivi € 686.000,00, pari al 49%, dalla socia Va. Ra. Pe., mediante conferimento di n. 23 opere d’arte, costituite da dipinti su tela, di vari autori, del valore complessivo di € 701.000,00, come
da perizia di stima allegata, redatta ai sensi dell’art. 2485 cc, e per i residui € 714.000,00, pari al 51%, dal socio Bi. Fr., «mediante conferimento di criptovaluta costituita da numero 35.109,56 (trentacinquemilacentonove virgola cinquantasei) “ONE COIN” del valore complessivo attuale di € 728.523,13 (settecentoventottomilacinquecentoventitre virgola tredici), come da perizia di stima allegata». In tale frangente il Presidente, signora Va. Ra. Pe., amministratore unico e legale rappresentante della società, ha precisato «che il “ONE COIN” è una tipologia di moneta “virtuale”, meglio conosciuta come “criptovaluta”, utilizzata come “moneta” alternativa a quella tradizionale avente corso legale emessa da una Autorità monetaria e pertanto atta a costituire mezzo
Commenti
idoneo di conferimento societario»; nel contempo, «ai fini dell’effettività del conferimento, il socio conferente signor Bi. Fr.» ha confermato «di aver già trasmesso all’amministratore della società Seven Business srl, che» ha attestato e confermato «di aver ricevuto, tutte le credenziali di accesso, necessarie e utili, per l’utilizzo elettronico e commerciale della predetta valuta». Con nota del 30 aprile 2018 (doc. 2) il Notaio dott. Fa. Sa. ha, tuttavia, comunicato all’Amministratore della Società il diniego all’iscrizione nel Registro delle Imprese della suddetta delibera, ritenendola “non essere sufficientemente dotata dei requisiti di legittimità per ordinarne una immediata e incondizionata iscrizione”; ha, in particolare, sollevato censure riguardo alla parte della delibera relativa all’attuazione del conferimento mediante moneta virtuale “ONE COIN”, con riferimento alla quale ha affermato che le “criptovalute”, stante la loro volatilità, “non consentono una valutazione concreta del quantum destinato alla liberazione dell’aumento di capitale sottoscritto”, né di valutare “l’effettività (quomodo) del conferimento”. L’Amministratrice della predetta società ha presentato ricorso al tribunale di Brescia ex art. 2436 cc chiedendo ordinarsi l’iscrizione nel Registro delle Imprese della menzionata delibera di aumento di capitale, ciò perché: - la perizia (doc. 7) prodotta in sede di conferimento conferma il valore del bene e il trasferimento della sua disponibilità in capo alla Società, a seguito della messa a disposizione delle credenziali (“transaction password”) da parte del socio conferente; - l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il possesso di moneta virtuale va inseri-
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to nella dichiarazione dei redditi e da ciò deriva la possibilità di attribuire un valore economico a tale tipologia di beni; - se possono costituire oggetto di conferimento sia i crediti sia taluni beni immateriali (quali per esempio i diritti di proprietà industriale), non vi è ragione per escludere la liceità del conferimento delle criptovalute; - nel caso di specie, ONE COIN è moneta virtuale scambiata su mercati non regolamentati (piattaforma raggiungibile all’indirizzo internet “www.dealshaker.com”) e soggetta alla valutazione da parte di operatori specializzati; - la valuta virtuale ONE COIN è di elevata diffusione presso gli utenti della citata piattaforma on line, e pertanto costituisce mezzo di pagamento sufficientemente riconosciuto e accettato anche dagli esercenti. Il tribunale, in composizione collegiale, ha respinto il ricorso, con la seguente motivazione: «Le motivazioni alla base del ricorso non risultano convincenti. Il Collegio ritiene opportuno evidenziare preliminarmente che in questa sede non è in discussione l’idoneità della categoria di beni rappresentata dalle c.d. “criptovalute” a costituire elemento di attivo idoneo al conferimento nel capitale di una s.r.l., bensì se il bene concretamente conferito nel caso di specie (la valuta virtuale denominata ONE COIN) soddisfi il requisito di cui all’art. 2464, comma secondo, c.c. La suddetta considerazione svuota di rilevanza le argomentazioni formulate dalla ricorrente con riferimento alla categoria delle “monete virtuali” in generale, dovendosi piuttosto indagare la natura e le caratteristiche in concreto della singola criptovaluta oggetto di conferimento, come descritte nella perizia ed emerse nel corso del
Ilaria Franci
procedimento. Al riguardo osserva in primo luogo il Collegio che, in via preliminare rispetto a quanto rilevato dal Notaio sotto il profilo della volatilità, va affrontata la questione relativa alla possibilità stessa di attribuire ab origine un valore economico attendibile al bene in esame. In tal senso, avuto riguardo alla funzione “storica” primaria del capitale sociale, in chiave di garanzia nei confronti dei creditori, costituiscono requisiti fondamentali di qualunque bene adatto al conferimento: - l’idoneità a essere oggetto di valutazione, in un dato momento storico, prescindendosi per il momento dall’ulteriore problematica connessa alle potenziali oscillazioni del valore; - quale corollario del suddetto requisito, l’esistenza di un mercato del bene in questione, presupposto di qualsivoglia attività valutativa, che impatta poi sul grado di liquidità del bene stesso e, quindi, sulla velocità di conversione in denaro contante; - l’idoneità del bene a essere “bersaglio” dell’aggressione da parte dei creditori sociali, ossia l’idoneità a essere oggetto di forme di esecuzione forzata (a tale riguardo si ha presente quella parte della dottrina convinta che tale requisito sia irrilevante, sul presupposto teorico secondo il quale la funzione di garanzia del capitale andrebbe letta in senso giuridicocontabile e non già materiale; tuttavia non può trascurarsi come in ogni caso la dimensione materiale del bene recuperi valenza quanto meno sotto il profilo della quantificazione del valore economico, dovendo per ciò stesso essere oggetto di analisi). Il Collegio ritiene che l’esame di tali profili debba costituire il nucleo centrale della re-
lazione giurata richiesta dall’art. 2465 c.c., per un verso escludendosi che il giudice possa sostituire integralmente la propria valutazione di merito a quella dell’esperto, ma dovendosi peraltro ammettere la facoltà per il giudice di sindacare la completezza, logicità, coerenza e ragionevolezza delle conclusioni raggiunte dall’esperto. Nel caso di specie, pur tenuto conto della novità della questione, la perizia di stima prodotta non presenta un livello di completezza e affidabilità sufficiente per consentire un esauriente vaglio di legittimità della delibera in esame. Infatti, soltanto a seguito della discussione in udienza è emerso che ONE COIN non è ad oggi presente in alcuna piattaforma di scambio tra criptovalute ovvero tra criprovalute e monete aventi corso legale, con la conseguente impossibilità di fare affidamento su prezzi attendibili in quanto discendenti da dinamiche di mercato. Di converso, risulta agli atti che l’unico “mercato” nel quale ONE COIN concretamente opera è costituito da una piattaforma dedicata alla fornitura di beni e servizi (www.dealshaker. com) riconducibile - secondo quanto dichiarato dalla ricorrente - ai medesimi soggetti ideatori della criptovaluta, nel cui ambito (invero assai ristretto) ONE COIN funge da mezzo di pagamento accettato: ne deriva, dunque, un carattere prima facie autoreferenziale dell’elemento attivo conferito, incompatibile con il livello di diffusione e pubblicità di cui deve essere dotata una moneta virtuale che aspira a detenere una presenza effettiva sul mercato. La perizia di stima si limita sul punto a riportare il “valore normale” dei beni tratto dalle quotazioni del sito “www.onelife.eu”, senza fornire
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Commenti
alcuna indicazione sulle caratteristiche di tale sito, la cui denominazione - peraltro - evoca (ancora una volta) una probabile prossimità con gli stessi soggetti ideatori di ONE COIN. Inoltre, non sono agevolmente ricostruibili ex post i criteri utilizzati dall’esperto per la determinazione del valore, potendosi dedurre allo stato che lo stesso si sia limitato a prestare una incondizionata adesione all’ultimo valore disponibile sul citato sito internet “www.onelife.eu”(quello al febbraio 2018), che incidentalmente è anche il più alto fatto registrare dall’inizio della pretesa “quotazione”, in assenza di correttivi (ad esempio l’utilizzo di una media) utili a ottenere un effetto stabilizzatore del prezzo. Infine, il terzo dei requisiti sopra menzionati, ossia l’idoneità del bene a essere oggetto di aggressione da parte dei creditori, risulta parimenti trascurato all’interno della perizia di stima, laddove manca qualunque riferimento alle modalità di esecuzione di un ipotetico pignoramento della criptovaluta oggetto di conferimento, profilo da ritenere decisamente rilevante nella fattispecie, alla luce della notoria esistenza di dispositivi di sicurezza ad elevato contenuto tecnologico che potrebbero, di fatto, renderne impossibile l’espropriazione senza il consenso e la collaborazione spontanea del debitore. Alla stregua di quanto sopra osservato, emerge una moneta virtuale ancora in fase sostanzialmente embrionale (la stessa ricorrente ha evidenziato che, secondo le informazioni in suo possesso, la “quotazione” di ONE COIN sulle principali piattaforme di conversione sarebbe un progetto in cantiere), che allo stato - non presenta i requisiti minimi per poter essere assimilata a un
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bene suscettibile in concreto di una valutazione economica attendibile. Pertanto non sussistono i presupposti per la concessione del provvedimento ordinatorio richiesto». La signora Va. Ra., in proprio e quale legale rappresentante della società Seven Business srl, ha proposto reclamo alla corte d’appello, ai sensi dell’art. 2436 cc, sottoponendo a specifica censura le ragioni del provvedimento di rigetto, e ribadendo, con ampia ed articolata motivazione, la tesi già in prima fase sostenuta circa l’effettività del valore, nell’importo indicato, dei predetti One Coins. Prima di procedere alla valutazione nel merito delle ragioni di dissenso espresse avverso la decisione del tribunale, secondo cui il bene concretamente conferito nel caso di specie (la valuta virtuale denominata ONE COIN) non risulterebbe idoneo a soddisfare i requisiti di cui all’art. 2464, comma secondo, c.c., il collegio deve prendere in esame, per riconsiderarla, la stessa premessa giuridica posta a base di tale conclusione, costituita dall’affermata idoneità, in astratto, della c.d. “criptovaluta” a costituire elemento di attivo idoneo al conferimento nel capitale di una s.r.l. Si rileva in proposito quanto segue. L’art. 2464 cc prevede come normale il conferimento in denaro, consentendo tuttavia anche quello in natura, e cioè di beni, crediti o altri elementi dell’attivo suscettibili di valutazione economica, sulla base della perizia di stima disciplinata dal successivo art. 2465 cc, ovviamente non richiesta per il denaro, la cui identificazione è nel codice fornita dall’art. 1277, col richiamo da esso effettuato alla moneta avente corso legale nello Stato al tempo del
Ilaria Franci
pagamento. Indiscussa la sua funzione di pagamento - tanto che in sede di assemblea si è appunto affermato che «il ONE COIN è una tipologia di moneta “virtuale”, meglio conosciuta come “criptovaluta”, utilizzata come “moneta” alternativa a quella tradizionale avente corso legale emessa da una Autorità monetaria» -, è chiaro che la “criptovaluta” deve essere assimilata, sul piano funzionale, al denaro, anche se, strutturalmente, presenta caratteristiche proprie dei beni mobili (dato, questo, che emerge dal richiamo, sempre fatto in assemblea, alle relative «credenziali di accesso, necessarie e utili, per l’utilizzo elettronico e commerciale»). Essa serve, infatti, come l’euro, per fare acquisti, sia pure non universalmente ma in un mercato limitato, ed in tale ambito opera quale marcatore (cioè quale contropartita), in termini di valore di scambio, dei beni, servizi, o altre utilità ivi oggetto di contrattazione. La “criptovaluta” è quindi da considerarsi, a tutti gli effetti, come moneta, e cioè quale mezzo di scambio nella contrattazione in un dato mercato, atto ad attribuire valore, quale contropartita di scambio, ai beni e servizi, o altre utilità, ivi negoziati. Non può pertanto essere considerata alla stregua di questi ultimi, che sono, come tali, suscettibili di acquisto con impiego del denaro, e perciò idonei ad essere economicamente oggetto di valutazione tecnica mediante perizia di stima. L’effettivo valore economico della “criptovaluta” non può in conseguenza determinarsi con la proce-
dura di cui al combinato disposto dei due articoli 2264 e 2265 cc - riservata a beni, servizi ed altre utilità, diversi dal denaro - non essendo possibile, per le ragioni sopra esposte, attribuire valore di scambio ad un’entità essa stessa costituente elemento di scambio (contropartita) nella negoziazione. Non è, d’altro canto, dato conoscere, allo stato, un sistema di cambio per la “criptovaluta”, che sia stabile ed agevolmente verificabile, come per le monete aventi corso legale in altri Stati (dollaro, yen, sterlina etc). Non è pertanto possibile assegnare alla criptovaluta - in assenza di un sistema di scambio idoneo a determinarne l’effettivo valore ad una certa data - un controvalore certo in euro, essendo a tal fine precluso, per le ragioni sopra esposte, il ricorso alla mediazione della perizia di stima. Conclusivamente, non è possibile attribuire alla criptovaluta una determinazione in valore (e cioè in euro) effettiva e certa. Va pertanto confermata e condivisa la valutazione espressa al punto 3 della comunicazione del Notaio Dr. Fa. Sa., secondo il quale «le criptovalute, attesa la loro volatilità, non consentono una valutazione concreta del “quantum” destinato alla liberazione dell’aumento di capitale sottoscritto». Va pertanto confermato il rigetto del ricorso ex art. 2436 cc proposto innanzi al tribunale di Brescia, con conseguente conferma, sia pure con diversa motivazione, del provvedimento reclamato. (Omissis)
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(1) La conferibilità delle criptovalute alla luce dell’attuale dibattito circa il loro inquadramento giuridico Sommario: 1. Introduzione – 2. La natura giuridica delle criptovalute. – 2.1. Elementi caratterizzanti. – 2.2. Lo status di moneta delle criptovalute. – 2.3. Finalità di investimento: criptovalute quali strumenti o prodotti finanziari. – 3. L’ipotesi del conferimento in denaro. – 4. La tesi del conferimento in natura: la decisione del Tribunale. – 5. Conclusioni.
1. Introduzione Il provvedimento in commento affronta il tema delle criptovalute in ambito societario (con particolare riguardo al loro utilizzo in sede di aumento di capitale), generando quindi un inevitabile interesse in un dibattito che da qualche anno si confronta vivacemente con il problema della loro natura giuridica. Più nel dettaglio, la vicenda ha ad oggetto il ricorso dell’amministratore unico di una Società, volto ad ottenere – avverso il diniego del Notaio – l’ordine di iscrizione nel Registro delle imprese della delibera di aumento del capitale sociale tramite conferimento della criptovaluta “OneCoin”1 (e di opere d’arte).
1 La natura di “OneCoin” era, già al tempo della pronuncia di primo grado, sotto indagine (in varie giurisdizioni). Pare ormai certo che dietro la sedicente criptovaluta sia celato, in realtà, un sistema di vendita a carattere piramidale vietato dal Codice del Consumo in quanto ingannevole ope legis. A partire dal 2016, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato è intervenuta con tre provvedimenti a carico dei vari soggetti coinvolti (One Network Limited, One Life Network Limited, Easy Life S.r.l. ed altri) intimando dapprima, in via cautelare (provvedimenti del 21 dicembre 2016 e 7 febbraio 2017), la sospensione di ogni attività diretta alla promozione e diffusione della criptomoneta e le attività ad essa collegate, e poi, accertata la scorrettezza delle pratiche commerciali oggetto di indagine (provvedimento del 10 agosto 2017), ha comminato ai medesimi soggetti le relative sanzioni pecuniarie. Secondo quanto rilevato dall’Autorità in tale ultimo provvedimento (https://www.agcm.it/dotcmsDOC/allegati-news/PS10550_ scorrsanz.pdf), il funzionamento di OneCoin presenta importanti differenze rispetto a Bitcoin e alle altre criptovalute: in quanto valuta digitale controllata da un’entità societaria, Onecoin presenta profili di rilevante centralizzazione per cui l’aderente non partecipa in alcun modo al processo di creazione della moneta che, invece, è rimessa totalmente a One Life. Su questi aspetti si veda anche Murino, Il conferimento di token e criptovalute nelle s.r.l., in Le società, 2019, I, p. 31. Secondo l’A. le Corti bresciane avrebbero potuto, sulla scorta dei rilievi dell’Autorità Antitrust, accertare (seppur incidenter
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Con i rispettivi provvedimenti, il Tribunale (Trib. Brescia, 25 luglio 2018, n. 7556) prima e la Corte di Appello di Brescia poi hanno entrambi respinto il ricorso, seppur con due motivazioni completamente differenti. Il giudice dell’Appello, in particolare, rileva la sostanziale equiparazione tra criptovalute e monete aventi corso legale, e inquadra la fattispecie nell’alveo dei conferimenti in denaro (laddove il Tribunale aveva applicato le norme relative ai conferimenti in natura), relegando nell’irrilevanza i contenuti della relazione di stima. L’assenza di una piattaforma di cambio «stabile e agevolmente verificabile» ha costituito poi, per la Corte d’Appello, elemento determinante nell’escludere l’idoneità delle criptovalute a costituire oggetto di conferimento a capitale (data l’impossibilità di attribuirvi un controvalore certo in Euro). Tutt’altra argomentazione era stata seguita dal giudice di prima istanza che aveva negato la conferibilità in concreto della specifica criptovaluta (ritenendo la perizia non sufficientemente completa e affidabile) in quanto priva di un “mercato”, e inidonea ad essere bersaglio di espropriazione forzata, elementi ritenuti indispensabili per poter ammettere la conferibilità di un bene in natura. Con il presente commento s’intende analizzare la sentenza della Corte di Appello (con alcuni cenni anche alla precedente decisione del Tribunale) alla luce della più recente dottrina in materia di entità conferibili, al fine di verificare la solidità delle determinazioni ivi raggiunte.
2. La natura giuridica delle criptovalute. È opportuno, a questo punto, fornire un sintetico quadro delle principali teorie che sono emerse negli ultimi anni nel tentativo di dare, alle monete virtuali, un inquadramento giuridico appropriato. Lungi da costituire puro esercizio teorico, tale dibattito è stato da sempre finalizzato ad estendere a questo nuovo fenomeno l’applicazione di istituti già esistenti nell’ordinamento giuridico, con il fondamentale obiettivo di governarne e arginarne i molteplici rischi2.
tantum) che l’emissione dello specifico asset fosse avvenuta con modalità contra ius. 2 Per una ricognizione dei rischi si veda Banca d’Italia, Avvertenza sull’utilizzo delle cosiddette “valute virtuali”, 30 gennaio 2015, https://www.bancaditalia.it/compiti/vigilanza/avvisi-pub/avvertenza-valute-virtuali/index.html; e European Banking Authority,
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A tal proposito sono state proposte le tesi più varie3, tuttavia conviene soffermarsi sulle più accreditate. 2.1. Elementi caratterizzanti. Secondo la definizione datane da Banca d’Italia4, le valute virtuali sono rappresentazioni digitali di valore, utilizzate come mezzo di scambio o detenute a scopo di investimento, che possono essere trasferite, archiviate e negoziate elettronicamente. Queste le caratteristiche fondamentali: - sono create da un emittente privato (nel caso delle cc.dd. valute centralizzate) o, in via diffusa, da utenti che utilizzano software altamente sofisticati (nel caso delle cc.dd. valute decentralizzate); - non sono fisicamente detenute dall’utente, ma sono movimentate attraverso un conto personalizzato noto come “portafoglio elettronico” (cd. e-wallet), che si può salvare sul proprio computer o su uno smartphone, o che può essere consultato via internet, al quale si accede grazie ad una password; - possono essere acquistate con moneta tradizionale su una piattaforma di scambio ovvero ricevute online direttamente da qualcuno che le possiede, per poi essere detenute su un portafoglio elettronico; - utilizzando questo portafoglio i titolari possono effettuare acquisti presso esercizi commerciali o persone fisiche che accettano le valute virtuali, effettuare rimesse in favore di altri soggetti titolari di portafogli di valute virtuali, nonché riconvertirle in moneta legale; - i titolari dei portafogli elettronici e i soggetti coinvolti nelle transazioni rimangono anonimi;
EBA opinion on virtual currencies, 4 luglio 2014, https://eba.europa.eu/. 3 Ad esempio è da tempo stata relegata ai margini del dibattito la ricostruzione delle criptovalute come bene mobile immateriale, causa lo stretto principio di tipicità che nel nostro ordinamento governa l’attribuzione di diritti di esclusiva su beni immateriali. Altre ricostruzioni sono quelle che fanno riferimento al documento informatico. Per una esaustiva disamina delle molteplici ricostruzioni si veda Gasparri, Timidi tentativi giuridici di messa a fuoco del bitcoin: miraggio monetario crittoanarchico o soluzione tecnologica in cerca di un problema?, in Dir. inform., 2015, III, p. 415; e Vardi, “Criptovalute” e dintorni: alcune considerazioni sulla natura giuridica del bitcoin, in Dir. inform., 2015, III, p. 443. 4 Banca d’Italia, Avvertenza, cit.
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- le transazioni tramite le quali vengono trasferite sono tecnicamente irreversibili (una volta fatta la transazione non è possibile chiederne l’annullamento). 2.2. Lo status di “moneta” delle criptovalute. Dato il nomen attribuito a questi asset, occorre verificare se effettivamente sia possibile attribuire loro lo status giuridico di moneta. Esistono differenti teorie volte a definire cosa costituisca moneta. Ai sensi della teoria statalista, la moneta è solamente quella creata e garantita dallo Stato sotto la sua autorità, e in quanto tale è caratterizzata dal potere liberatorio di estinguere le obbligazioni pecuniarie (corso legale) e dall’impossibilità di essere rifiutata come mezzo di pagamento (corso forzoso). Aderendo a tale teoria, non potrà essere quindi riconosciuto lo status di moneta alle criptovalute, dal momento che nessuno Stato ha attribuito loro corso legale nel proprio ordinamento giuridico5. Per la teoria economica, invece, la moneta viene definita in chiave essenzialmente funzionale. Secondo questa lettura, è moneta ciò che assolve tre funzioni principali: (i) mezzo di scambio (può essere utilizzata per l’acquisto di beni e servizi); (ii) riserva di valore (ha l’attitudine di assicurare la conservazione nel tempo del proprio potere di acquisto, potendo essere oggetto di risparmio per la spendita futura); e (iii) unità di conto (costituisce lo strumento di misurazione del valore dei beni, dei servizi e di altri attivi patrimoniali)6. Seppur non vi sia unanimità di vedute7, le monete virtuali non sembrano neppure idonee a soddisfare integralmente i tre requisiti individuati dalla teoria funzionale: se l’ancora scarsa diffusione tra il pubblico (rispetto alle monete tradizionali) non consente di considerarle un mezzo di scambio riconosciuto, l’elevata volatilità e le associate repentine oscillazioni di prezzo sono di ostacolo all’assolvimento delle funzioni di riserva di valore e unità di conto8.
Santoro, L’euro quale moneta scritturale, in Banca, borsa, tit. cred., 2011, I, p. 439. Iemma, Cuppini, La qualificazione giuridica delle criptovalute: affermazioni sicure e caute diffidenze, in www.dirittobancario.it. Sullo stesso punto si veda Bocchini, Lo sviluppo della moneta virtuale: primi tentativi di inquadramento e disciplina tra prospettive economiche e giuridiche, in Dir. inform., I, 2017, p. 27. 7 Per esempio, contra si veda Vardi, Criptovalute, cit. 8 «From an economic perspective, the virtual currencies currently known about do 5
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Infine vi è un’ultima teoria, secondo cui la moneta rappresenta una realtà sociale: è moneta (si parla di monete alternative o complementari), ciò che viene emesso o riconosciuto come tale all’interno di una determinata comunità o circuito di soggetti, e il cui utilizzo poggia quindi su basi fiduciarie e consensuali9. In questo senso, le criptovalute costituiscono mezzi scambio/di pagamento10 liberamente scelti dall’autonomia delle parti11, ed è solo con riferimento a tali parti che potrà esserne riconosciuta l’efficacia solutoria12. Il ricorso allo schema contrattuale, tutta-
not fully meet all three functions of money defined in economic literature: […]. Indeed, certainly in the case of Bitcoin, the most popular and most commonly used VCS at the time of writing, virtual currencies have a limited function as a medium of exchange because they have a very low level of acceptance among the general public. In addition, the high volatility of their exchange rates to currencies – and therefore in terms of most goods and services – renders virtual currency useless as a store of value even for short-time purposes, let alone for the purpose of being a longer-term savings instrument. Finally, both the low level of acceptance and the high volatility of their exchange rates and thus purchasing power make them unsuitable as a unit of account». Banca Centrale Europea, Virtual currency schemes – a further analysis, febbraio 2015, p. 23. 9 Passaretta, Bitcoin: il leading case italiano, in Banca, borsa, tit. cred., II, 2017, p. 471. Di natura “alegale” della criptovaluta parla Girino, Criptovalute: un problema di legalità funzionale, in www.dirittobancario.it. Riferendosi alle criptovalute, l’A. sostiene (p.16) che «non è una valuta ma è un mezzo di pagamento per coloro che, a loro pieno rischio, decidano di servirsene; lo Stato non la vieta né la protegge, semplicemente la tollera relegandola in definitiva in quel limbo etico-volontaristico, tracciato dall’art. 2034 c.c., che va sotto il nome di obbligazione naturale». 10 «Nel linguaggio del codice civile italiano il termine “pagamento” è quasi sempre usato come sinonimo di “adempimento” in generale, tanto che si assiste ad una vera e propria equiparazione dei due termini, ma l’opinione di gran lunga prevalente nella dottrina giuridica è che tale espressione debba indicare, invece, più correttamente l’adempimento delle sole obbligazioni pecuniarie (…). Nell’ambito della dottrina economica si sostiene, in realtà, che il concetto di pagamento non presupponga necessariamente l’esistenza di un’economia monetaria, ma possa essere applicato anche in regime di baratto». Mancini, Il sistema dei pagamenti e la Banca Centrale, in Diritto delle Banche e degli Intermediari Finanziari, a cura di Albamonte e Galanti, Padova, 2008, p. 1105 (nt. 1 e 2). 11 Secondo BCE (p. 24 del documento citato in nt. 8), «No virtual currency has so far been declared the official currency of a state, nor do any physical formats, backed by law, have a legal tender capacity. Therefore, no creditor is obliged to accept payment with it to discharge a debtor of its debt. This means that virtual currencies can be used only as contractual money, when there is an agreement between buyer and seller in order to accept a given virtual currency as a means of payment». 12 «Come è stato efficacemente affermato (Onza, 701), si “prescinde da qualunque rappresentazione o movimentazione di moneta avente corso legale essendo, appunto, il “corso”, la qualificazione non “legale” ma solo pattizia, frutto di una convenzione
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via, non sembra oggi sufficiente a riconoscere alle criptovalute lo status giuridico di monete, tale da consentirne una piena equiparazione con il denaro. Tra l’altro, si esclude parimenti che le criptovalute possano essere inquadrate quali sistemi di moneta elettronica disciplinati dalla Direttiva 110/2009/CE (cd. “EMD2”), attuata in Italia con il d.lgs. 16 aprile 2012, n. 45. Infatti i sistemi di moneta elettronica si fondano su un necessario legame con le monete tradizionali, non sussistente nelle criptovalute, ed è previsto che la stessa moneta elettronica debba essere riconvertibile/ rimborsabile in valuta reale a richiesta del detentore13 (quando le transazioni in valuta virtuale sono, generalmente, tecnicamente irreversibili). D’altra parte la Banca Centrale Europea e l’Autorità Bancaria Europea, hanno sempre negato lo status di moneta alle criptovalute14, posizione che oggi ha trovato formale accoglimento nella nuova definizione di valute virtuali contenuta all’interno della V Direttiva Antiriciclaggio15: «una rappresentazione di valore digitale che non è emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico, non è necessariamente legata a una valuta legalmente istituita, non possiede lo status giuridico di valuta o moneta, ma è accettata da persone fisiche e giuridiche come mezzo di scambio e può essere trasferita, memorizzata e scambiata elettronicamente».
(nella forma dell’adesione ad un sistema “aperto” e poi elettronico) tra i partecipanti. In questa prospettiva, manca il riconoscimento della moneta da parte di un terzo, essendo il bitcoin destinatario di un potere di acquisto pattiziamente (ma non arbitrariamente) riconosciuto e, così, opponibile e “consumabile” solo tra chi pattiziamente lo riconosce: l’Autorità della “qualificazione” è pattizia, rendendo evidente la rilevanza della “percezione” dell’affidabilità della funzione solutoria del sistema; e legittimando una ricostruzione del pagamento con bitcoin quale datio in solutum tra aderenti ad un contratto plurilaterale normativo”» Così Romano, Conferimenti societari e criptovalute. Un binomio complicato, in Il Societario – Focus del 10 dicembre 2018, p. 8. 13 «The difference between electronic money and a virtual currency is that the latter is not necessarily attached to a fiat currency, i.e. it does not have a fixed value in a FC and, furthermore, is not necessarily fixed to be reedemed at par value by an issuer»; EBA, Opinion on “virtual currencies”, cit. 14 Banca Centrale Europea, Virtual currency, cit.; e EBA, Opinion on “virtual currencies”, cit. 15 Direttiva (UE) 2018/843 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, che modifica la direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo e che modifica le direttive 2009/138/CE e 2013/36/UE.
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Sempre in materia di antiriciclaggio si colloca il d.lgs. 25 maggio 2017, n. 9016, che ha esteso ai cd. exchangers (prestatori di servizi di conversione di valute virtuali con valute aventi corso forzoso) le norme e gli adempimenti previsti per gli operatori non finanziari17. Tale norma è stata letta18 come ulteriore manifestazione dell’impossibilità – in assenza di un intervento legislativo in tal senso – di attrarre le criptovalute tra i “mezzi di pagamento in valuta”. Per contro, infine, non sembrano essere di ostacolo alla ricostruzione qui proposta, le prese di posizione giudiziarie e amministrative che, nell’individuare il regime fiscale applicabile alle criptovalute, le hanno assoggettate a quello previsto per le valute tradizionali. Il riferimento è alla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, 22 ottobre 2015, causa C-264/14, e alla correlata risoluzione dell’Agenzia delle Entrate del 2 settembre 2016, n. 72/E19. Con al decisione citata la CGUE ha ricondotto le operazioni di cambio tra criptovalute e monete tradizionali (professionalmente svolte) nel regime di esenzione IVA previsto dall’art. 135, par. 1, lett. e) della direttiva 2016/112 (operazioni, compresa la ne-
Attuazione della Direttiva (UE) 2015/849 (IV Direttiva Antiricilaggio). Il decreto estende agli exchangers anche alcuni adempimenti in materia fiscale: gli exchangers che intervengono nei trasferimenti da o verso l’estero di mezzi di pagamento devono trasmettere all’Agenzia delle entrate i dati relativi alle predette operazioni (effettuate anche in valuta virtuale) di importo pari o superiore a 15.000 euro. Il riferimento è agli adempimenti previsti dal d.l. 167/1990, come novellato dal d.lgs. 90/2017. Successivamente, la V Direttiva Antiriciclaggio ha inserito tra i destinatari delle relative norme anche i cd. e-wallet providers (prestatori di servizi di portafoglio digitale) non menzionati nella disciplina nazionale. 18 «È evidente, quindi, che se il legislatore considerasse i bitcoin come “mezzi di pagamento in valuta”, la negoziazione a pronti degli stessi sarebbe di per sé riservata ai cambiavalute e soggetta, tra l’altro, alla normativa antiriciclaggio applicabile a questi ultimi, senza la necessità di inserire alcuna disposizione ad hoc nel quadro normativo in vigore al fine di regolamentare il fenomeno sotto questo profilo». Così Iemma, Cuppini, La qualificazione, cit., p.8. Si veda anche Di Vizio, Lo statuto giuridico delle valute virtuali: le discipline e i controlli tra oro digitale e ircocervo indomito, in http://www.fondazionepesenti.it/wp-content/uploads/2018/03/Lo-statuto-giuridico-delle-valute-virtuali_DiVizio_15_3_2018_Milano.pdf. 19 Per completezza occorre citare anche l’interpello n. 956-39/2018 (non pubblicato), con cui l’Agenzia delle Entrate affronta, nella piena assimilazione delle valute virtuali alle valute estere, il tema dell’imponibilità reddituale in capo alle persone fisiche non esercenti attività d’impresa. Per approfondimento si veda Burlone, Equiparare le valute virtuali alle valute estere: I chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate, 2 maggio 2018, in https://www.mysolution.it/fisco/approfondimenti/commenti/2018/05/equiparare-le-valute-virtuali-alle-valute-estere-i-chiarimenti-dell-agenzia-delle-entrate-burlone. 16 17
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goziazione, relative a divise, banconote e monete con valore liberatorio). Tuttavia si tratta di una decisione comunque ispirata al rispetto delle finalità e ratio proprie delle norme in materia di esenzione IVA20, la cui portata può essere difficilmente estesa oltre l’ambito di applicazione che le è specifico21. 2.3. Finalità di investimento: criptovalute quali strumenti o prodotti finanziari. Si passa quindi alle teorie che, facendo leva sulla funzione di “riserva di valore” insita nelle monete virtuali, o nella volatilità22, ne hanno proposto l’inquadramento quali strumenti o prodotti finanziari23. Con riferimento alla prima categoria, il richiamo è alla definizione contenuta all’art. 1, co. 2, t.u.f. ai sensi del quale costituiscono strumenti
20 «Le esenzioni previste dall’articolo 135, paragrafo 1, lettera e), della direttiva IVA sono intese, segnatamente, a ovviare alle difficoltà collegate alla determinazione della base imponibile nonché dell’importo dell’IVA detraibile che sorgono nel contesto dell’imposizione delle operazioni finanziarie». Così la C.G.U.E. nella sentenza citata, e aggiunge: «secondo la giurisprudenza della Corte, le esenzioni di cui all’articolo 135, paragrafo 1, della direttiva IVA costituiscono nozioni autonome del diritto dell’Unione, che mirano ad evitare divergenze nell’applicazione del sistema dell’IVA da uno Stato membro all’altro». 21 Girino, Criptovalute, cit., p. 29. 22 Fermamente convinto dell’intrinseca natura finanziaria delle criptovalute è Girino, Criptovalute, cit., p. 20. Secondo l’A. «creare una moneta al di fuori di un sistema monetario equivale certamente a creare un valore, ma non già un valore monetario bensì un valore finanziario, come tale soggetto ad un livello di fluttuazione che eccede il limite di variabilità del mezzo di pagamento controllato e governato. L’estrema volatilità della criptovaluta non è un elemento “accidentale” bensì una componente “causale” della pseudo-moneta, in verità dell’investimento finanziario cui essa è geneticamente protesa». 23 Negli Stati Uniti, la US Commodity Futures Trading Commission (CFTC) ha ricondotto le valute virtuali all’interno della categoria delle “Commodity” disciplinate dal Commodity Exchange Act. Ciò è stato possibile alla luce dell’ampia definizione di “Commodity” contenuta nel relativo testo legislativo che, dopo un’elencazione esemplificativa di varie tipologie di merci, include «[…] all services, rights, and interests […] in which contracts for future delivery are presently or in the future dealt in». La CFTC ha quindi potuto classificare le valute virtuali come Commodities sulla base di questa previsione residuale, in quanto le criptovalute (e nello specifico i Bitcoin) sono oggi oggetto di contratti Futures (quotati ad esempio su Chicago Mercantile Exchange). Per approfondimenti si veda https://www.cftc.gov/PressRoom/PressReleases/7820-18. Il ragionamento svolto dalla CFTC non è esportabile nel nostro ordinamento, in quanto la capacità di un asset di essere oggetto (sottostante) di futures o altri strumenti finanziari derivati, non implica la relativa classificazione quale strumento finanziario.
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finanziari i valori mobiliari24, gli strumenti del mercato monetario25, le quote di un organismo di investimento collettivo, gli strumenti derivati (swap, futures, opzioni, forward), le quote di emissioni. La norma specifica altresì che gli strumenti di pagamento non sono strumenti finanziari. Anche a voler trascurare quest’ultima statuizione, è pacifico che l’elenco appena menzionato vada inteso come esaustivo e non meramente esemplificativo, si tratta quindi di un numerus clausus26. Senza qui potersi dilungare in un’analisi di dettaglio, basti ricordare che la dottrina è concorde nel ritenere che allo stato non sia possibile inquadrare le monete virtuali in nessuna delle categoria sopra menzionate, accantonando così definitivamente questa ipotesi27.
Per “valori mobiliari” si intendono categorie di valori che possono essere negoziati nel mercato dei capitali, quali ad esempio: a) azioni di società e altri titoli equivalenti ad azioni di società, di partnership o di altri soggetti e ricevute di deposito azionario; b) obbligazioni e altri titoli di debito, comprese le ricevute di deposito relative a tali titoli; c) qualsiasi altro valore mobiliare che permetta di acquisire o di vendere i valori mobiliari indicati alle lettere a) e b) o che comporti un regolamento a pronti determinato con riferimento a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti, merci o altri indici o misure. Art. 1, co. 1-bis, t.u.f. 25 Si intendono categorie di strumenti normalmente negoziati nel mercato monetario, quali, ad esempio, i buoni del tesoro, i certificati di deposito e le carte commerciali (art. 1, co. 1-ter, t.u.f.). 26 Relativamente all’inquadramento delle criptovalute quali servizi/strumenti finanziari si veda Trib. Verona, 24 gennaio 2017, n. 195, con nota di Passaretta, Bitcoin: il leading case italiano, in Banca, borsa, tit. cred., 2017, p. 471, e Tatozzi, Bitcoin: natura giuridica e disciplina applicabile al contratto di cambio in valuta avente corso legale, in Ridare.it, 9 agosto 2017. 27 «The SMSG comes to the conclusion that payment tokens are not currently covered by MiFID II nor the Prospectus Regulation or the Market Abuse Regulation. Since a number of transferable payment tokens, such as Bitcoin, are, however, increasingly considered as investment objects, risks arise that are very similar to risks on the capital markets (investor protection concerns and market abuse concerns). It should therefore be considered whether it would be useful to include such payment tokens in the MiFID II list of financial instruments, as Germany has recently done. This would also allow to consider secondary markets in such payment tokens as MiFID Multilateral Trading Facilities or Organised Trading Facilities, subject to the Market Abuse Regulation. This is however not in ESMA’s power, since it would require a change in the Level 1 Text of MiFID II, so the SMSG can only urge ESMA to consult with EBA on this matter and take this up with the European Commission». Queste le conclusioni raggiunte – con riferimento ai payment token – nel documento “Advice to Esma - Own Initiative Report on Initial Coin Offerings and Crypto-Assets” del 19 ottobre 2018. Lo studio si pone l’obiettivo di indirizzare l’Europen Securities and Markets Authority sugli interventi da effettuare al fine di contenere i rischi associati ai crypto-asset e alle initial coin offering. 24
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Tuttavia, la finalità di investimento che caratterizza, in via sempre maggiore, la prassi delle operazioni in criptovaluta, potrebbe trovare sponda nella definizione di “prodotto finanziario” contenuta nell’art. 1, co. 1, lett. u) del t.u.f. che, oltre agli strumenti finanziari, include «ogni altra forma di investimento di natura finanziaria». Si tratta, quindi, di una formulazione aperta, idonea ad accogliere le operazioni caratterizzate dalla compresenza dei seguenti tre elementi: (i) impiego di capitale; (ii) aspettativa di rendimento di natura finanziaria; (iii) assunzione di un rischio direttamente connesso e correlato all’impiego di capitale. Secondo l’orientamento espresso da Consob, un’operazione ha carattere finanziario tutte le volte in cui il risparmiatore conferisce il proprio denaro con un’aspettativa di profitto, vale a dire di accrescimento delle disponibilità investite. Viceversa devono essere qualificate come investimenti a fini di consumo quelle finalizzate in via principale al godimento o fruizione del bene acquistato28. Quindi laddove l’acquisto o vendita di criptovaluta fosse effettivamente e principalmente finalizzato/a all’investimento, come ad esempio a lucrare su un futuro innalzamento del suo valore, la causa concreta dell’operazione potrebbe determinare l’attrazione di tale criptovaluta nella nozione di prodotto finanziario, con tutto ciò che ne deriva in punto di disciplina applicabile29. Alla luce di quanto sinteticamente illustrato, si può probabilmente prendere atto del fatto che nessuna delle categorizzazioni prospettate finora è del tutto capace di cogliere appieno la complessa natura di questa categoria di asset. Se da un lato deve riconoscersi alle criptovalute la natura di mezzo di scambio convenzionalmente accettato dalle parti (considerando quindi preponderante la funzione solutoria ad esse connaturata), non si può escludere che in particolari circostanze – date
Ai fini dell’inquadramento come strumenti finanziari non possono poi ritenersi determinanti le posizioni assunte dalle autorità di altri paesi europei in forza delle specificità proprie del sistema normativo di riferimento. Un esempio può esserne la posizione assunta dalla BaFin (autorità di vigilanza tedesca) che ha potuto classificare le criptovalute quali strumenti finanziari, in forza della specifica definizione contenuta nel German Banking Act, inclusiva delle “units of accounts”. Si tratta di una categoria di strumenti finanziari, propria dell’ordinamento tedesco e non basata sulla normativa europea. Si veda, https://www.bafin.de/SharedDocs/Veroeffentlichungen/EN/Fachartikel/2014/ fa_bj_1401_bitcoins_en.html 28 Gasparri, Timidi, cit. In particolare si veda ivi la nota 40 per un’elencazione dei provvedimenti Consob sul tema. 29 In questo senso Iemma, Cuppini, La qualificazione, cit., p. 12.
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le caratteristiche della specifica valuta virtuale e l’impiego che ne viene fatto – queste debbano essere considerate quali veri e proprio prodotti di investimento. Tuttavia, come si dirà nei paragrafi che seguono, la scelta per l’una o per l’altra via non influenza poi molto l’analisi sulla disciplina dei conferimenti a capitale di società.
3. L’ipotesi di conferimento in denaro. Poste tali premesse, e tornando alla decisione in commento, occorre chiedersi quale sia la disciplina applicabile quando le criptovalute siano oggetto di conferimento a capitale di una società30: se quella relativa ai conferimenti in denaro – come in effetti sostiene la Corte d’Appello – o, piuttosto, quella relativa ai conferimenti in natura. A tale proposito, in materia di conferimenti in denaro, la dottrina è concorde nel ritenere che possa essere considerato tale solamente il conferimento assolto nella stessa moneta in cui è denominato il capitale sociale31 (quindi nel nostro caso l’Euro). Il versamento di moneta non avente corso legale nello Stato (incluse le monete estere), non costituendo mezzo normalmente idoneo ad estinguere le obbligazioni pecuniarie, è comunque da ritenersi conferimento in natura. Solo la moneta avente corso legale, essendo idonea a realizzare valore in misura pari al proprio nominale, e quindi dotata di un valore oggettivo e intrinseco32, può costituire conferimento in denaro. Tutto il
Si registra almeno un caso in cui una criptovaluta abbia formato, in sede di costituzione di una s.r.l., oggetto di conferimento (in natura) senza dar luogo al procedimento di omologazione (cita il caso Murino, Il conferimento, cit., nt. 2): si tratta della Oraclize s.r.l., con sede a Verona, atto costitutivo per notaio Giacomo Pieraccini di Arezzo del 24 marzo 2015 (rep. n. 13773; racc. n. 9380) e la perizia di stima redatta dal dott. Stefano Capaccioli si rinvengono in www.capaccioli.net. 31 Spolidoro, I conferimenti in denaro, in Tratt. soc. per az., II, diretto da Colombo e Portale, Torino, 2004, p. 257. Si veda anche Masturzi, Effettività del capitale e valutazione dei conferimenti, Napoli, 2011, p. 59; Murino, Il conferimento, cit., p. 32 e Rubino De Ritis, Apporti di criptomonete in società, in www.giustiziacivile.com, 19 marzo 2019. 32 Le criptovalute non hanno un valore intrinseco, né diretto, né indiretto. Il loro valore non è legato alla ricchezza economica di una comunità, ma è dato dal volume di scambi con altre valute ed è condizionato dalla domanda e dall’offerta all’interno di un mercato virtuale. In proposito si veda Krogh, Bitcoin, blockchain e le transazioni in valute virtuali. Il ruolo del notaio ed i rischi di riciclaggio, in Notariato, 2018, a sua volta 30
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resto (incluse le monete estere), necessitando di valutazione a sua volta (valore di mercato), deve essere ricondotto al conferimento in natura33. Non si può quindi condividere la ricostruzione operata dalla Corte di Appello che, assimilando funzionalmente la criptovaluta alla moneta, vi applica la disciplina dei conferimenti in denaro. Allo stesso modo è poco comprensibile anche il passaggio successivo, secondo cui, poiché non esiste un sistema di cambio «che sia stabile ed agevolmente verificabile, come per le monete aventi corso legale in altri Stati (dollaro, yen, sterlina, etc.)»34, la criptovaluta non sarebbe idonea a costituire oggetto di conferimento (l’assenza di un tale sistema di cambio renderebbe impossibile determinarne un controvalore certo in Euro). Anche ammettendo che alla criptovaluta vada riconosciuto lo status di moneta (analoga ad una moneta estera35), il giudice avrebbe dovuto applicare qui la disciplina dei conferimenti in natura (e lo stesso avrebbe dovuto fare se si fosse trattato di un conferimento in dollari, sterline, yen..). In tale ambito, l’esistenza di un sistema di cambio stabile potrebbe, semmai, assumere rilevanza ai fini del contenuto della perizia, ma non come circostanza determinante - di per sé - la conferibilità dell’asset 36 (si veda sul punto il paragrafo seguente). In questo senso appariva sicuramente più corretta l’impostazione seguita dal Tribunale di primo grado (seppur, anche qui, la motivazione si presti a valutazioni contrastanti), di cui si tratterà nel paragrafo seguente.
citato da Felis, L’uso di criptovaluta in ambito societario può creare apparenza, in Le società, 2019, I, p. 42. 33 Ferri Jr., Investimento e conferimento, Milano, 2001, p. 376. Secondo l’A. la disciplina dei conferimenti in denaro può essere estesa ad ogni strumento pecuniario diverso dall’Euro purché questo sia idoneo a realizzare valore in misura pari al proprio nominale. 34 Secondo Rubino De Ritis, Apporti, cit., tale affermazione non troverebbe conferma empirica: «a dispetto di quanto molti pensano, diverse monete virtuali hanno in concreto una maggiore stabilità nel cambio rispetto ad alcune monete aventi corso legale in alcuni Stati (il Real in Brasile, lo Yuan in Cina, il Bath in Thailandia)». 35 Per l’equiparazione tra monete virtuali e monete estere si veda la decisione arbitrale del 14 aprile 2018, Arbitro unico avv. Rosario Rabuano, sede Marcianise. Nota di Rubino De Ritis, Obbligazioni pecuniarie in criptomoneta, in www.giustiziacivile.com, 11 luglio 2018. 36 «Vi è da chiedersi se l’instabilità in concreto del valore di un determinato bene possa implicare il divieto di conferimento dello stesso in società. Una risposta affermativa al quesito è contraddetta da conferimenti di valori mobiliari e di strumenti quotati nei mercati, per i quali l’art. 2343 c.c. consente di evitare la nomina da parte del Tribunale di un esperto per la valutazione». Rubino De Ritis, Apporti, cit.
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4. La tesi del conferimento in natura: la decisione del Tribunale. Nella stessa vicenda il primo giudice aveva invece applicato la disciplina dei conferimenti in natura. Al fine di determinare la conferibilità in concreto dello specifico asset, il Tribunale di Brescia aveva individuato tre criteri fondamentali (a presidio della conservazione della funzione di garanzia del capitale sociale): idoneità del bene ad essere oggetto di valutazione economica, esistenza di un mercato, idoneità ad essere bersaglio di espropriazione forzata. Criteri che poi il giudice non ha ritenuto soddisfatti con riguardo alla specifica criptovaluta, respingendo il ricorso. Quanto affermato dal Tribunale, deve esser ricondotto all’art. 2464, co. 2, c.c., la cui interpretazione (con particolare riferimento alle espressioni: «elementi dell’attivo» e «suscettibili di valutazione economica») è oggetto di un risalente dibattito dottrinale mai sopito, che ne restringe o amplia la portata in dipendenza della funzione assegnata al capitale sociale37. Nondimeno, la ricostruzione del giudice non era apparsa convincente con riferimento a due aspetti in particolare. Il primo di questi è il riferimento all’esistenza di un “mercato”. È opinione predominante che siano suscettibili di valutazione economica, tutti i beni che hanno un valore di scambio38, vale a dire il valore a cui effettivamente il bene si presta ad essere scambiato sul mercato39. Tale valore può essere a sua volta determinato attraverso una molteplicità
In sostanza, l’esito dell’interpretazione dipende dal grado di autonomia che si assegna alle regole in tema di conferimenti rispetto alle regole sulla formazione e funzione del capitale sociale e al bilanciamento che si ritiene di operare tra gli interessi dei soci e quelli dei creditori. Romano, Le entità conferibili, in SRL Commentario: dedicato a Giuseppe B. Portale, a cura di Dolmetta e Presti, Milano, 2011, p. 154. Per le s.r.l. oggi si parla di un grado di tutela minore del capitale sociale rispetto alle s.p.a. A questo proposito si veda Amatucci, Ancora un capitale per la s.r.l.? Sincerità del legislatore tra tutela dei creditori e “rarefazione” dei conferimenti, in Riv. soc., 2004, VI, p. 1427; Santoro, I conferimenti e le quote nella società a responsabilità limitata, in La nuova disciplina della società a responsabilità limitata, a cura di Santoro, Milano, 2003, p. 74; Olivieri, Quel che resta del capitale nelle s.p.a. chiuse, in Riv. soc., 2016, p. 152; Portale, Le nuove norme sui conferimenti in natura nelle s.p.a.: dal « ravvicinamento » alla «disarmonizzazione» dei diritti nazionali, in Riv. soc., 2012, p. 11. 38 Ferri Jr., La nuova disciplina dei conferimenti in natura in società per azioni: considerazioni generali, in Riv. soc., 2009, p. 253. 39 «Corrispettivo al quale un’attività può essere scambiata in una libera transazione tra le parti consapevoli e disponibili”; così Miola, La stima dei conferimenti in natura e di crediti, in SRL Commentario: dedicato a Giuseppe B. Portale, cit., p. 201. 37
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di criteri: l’esperto potrà quindi basarsi, nei casi più “semplici”, su criteri che si sostanziano nella mera osservazione di un prezzo pre-formato, quale potrebbe essere quello che emerge da listini ufficiali o da un mercato regolamentato, potrà basarsi su valori (quali il fair value o valore equo iscritti in bilancio) che già beneficiano di un riconoscimento normativo, oppure, nei casi più difficili – dovrà ricorrere alla combinazione di diversi tipi di criteri accreditati dalla prassi, in relazione al tipo di asset. In quest’ottica, l’esistenza di un mercato (che il giudice probabilmente qui riferiva ad una piattaforma di scambio tra le criptovalute o tra queste e una moneta avente corso legale), potrebbe certamente costituire una fonte di particolare affidabilità per la valutazione dell’esperto, ma non un requisito per ammettere o escludere la conferibilità del bene. Si pensi ad esempio alla disciplina dei conferimenti in natura senza relazione di stima riferibile alle s.p.a.40: con riferimento agli strumenti del mercato monetario e ai valori mobiliari l’esistenza di un mercato (regolamentato) dal quale trarre i prezzi è uno dei requisiti per accedere alla valutazione semplificata di cui all’art. 2343-ter c.c., e ciò perché il mercato regolamentato viene ritenuto dal legislatore un meccanismo di valutazione in astratto particolarmente affidabile41. Tuttavia, l’assenza di una quotazione di mercato non determinerà, di per sé, l’esclusione dello strumento dal novero delle entità conferibili ma, semplicemente, l’applicazione della procedura di valutazione “normale” di cui all’art. 2343 c.c., con l’intervento dell’esperto che sarà chiamato ad attribuirvi un valore secondo i criteri che ritiene più appropriati. Se «la difficoltà di valutare un bene non può essere argomento per escluderne la conferibilità»42, tantomeno può esserlo – di per sé – l’assenza di un “mercato”43.
40 Istituto che potrebbe essere applicabile alle criptovalute qualora queste – al ricorrere degli altri requisiti – venissero incluse tra i valori mobiliari o gli strumenti finanziari come auspicato nel report del SMSG (si veda nt. 27). Per approfondimenti cfr., ex multis, corsi, Conferimenti in natura senza stima: prime valutazioni, in Giur. comm., 2009, p. 12; Ibba, Osservazioni sulla stima dei così detti conferimenti senza stima, Giur. comm., 2009, p. 929; Salamone, Le verifiche della valutazione semplificata del conferimento «non in contanti», Giur. comm., 2010, p. 47; Notari, Il regime alternativo della valutazione dei conferimenti in natura in società per azioni, in Riv. soc., 2009, p. 54. 41 Ferri jr., La nuova disciplina, cit. 42 Ligozzi, I conferimenti in s.r.l.: i conferimenti in generale, in Scritti in onore di Giancarlo Laurini, a cura di Falconio, Fimmanò e Guida, Napoli, 2015, p. 929. 43 «Orbene, prescindendo dalla specificità del caso concreto, occorre domandarsi se la soluzione del tribunale sarebbe stata diversa nel caso in cui oggetto del conferimento fosse stata una criptovaluta (ed il pensiero non può che rivolgersi nuovamente al bit-
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Il ricorso alla figura del professionista diventa quindi centrale in quest’ambito ad alta complessità (il fenomeno delle criptovalute difficilmente può essere compreso fino in fondo da chi non ha elevate competenze specialistiche: informatiche, tecnologiche, oltre che finanziarie), aprendo un fronte di discussione importante circa i limiti del sindacato di notaio e giudice sul merito delle valutazioni effettuate dall’esperto appositamente nominato44. L’altro aspetto controverso è quello della prospettata necessaria espropriabilità del bene. L’interpretazione che ha sostenuto, la coincidenza tra suscettibilità di valutazione economica ed espropriabilità dei beni conferibili, già da tempo minoritaria, è da ritenersi ormai superata45 nei fatti alla luce
coin), diffusa su larga scala e che risulta scambiabile con moneta avente corso legale secondo un rapporto di cambio. Appare evidente, infatti, che i dubbi indicati ai punti 1) e 2) sarebbero, in questo caso, certamente (e verrebbe da dire, facilmente) superabili». Così Romano, Conferimenti, cit., p.10. 44 Si ritiene che il tribunale (così come il notaio) debba espletare non solo un controllo di regolarità formale, ma anche di regolarità sostanziale. Rilevare l’incompletezza della stima, rientrerebbe nei controlli di legalità sostanziale. Si ritiene invece inammissibile il controllo sulla congruità della valutazione effettuata dall’esperto, in quanto richiederebbe il possesso di specifiche conoscenze tecnico-professionali. Si veda Miola, Il controllo notarile sulla relazione di stima dei conferimenti in natura, in Riv. soc., 2001, p. 1149. Secondo Felis, L’uso, cit., p. 47, «è da ritenere inammissibile un controllo notarile, quindi del tribunale, sulla congruità della valutazione effettuata dall’esperto e quindi sull’adeguatezza, chiarezza e non contraddittorietà della relativa motivazione, anche laddove può esserci una minusvalenza del conferimento in natura. Si richiederebbero al notaio conoscenze tecnico professionali di cui è privo e un’indagine di merito che dovrebbe essere tipica dell’organo gestorio della società. Semmai può essere il Tribunale a prevedere una controperizia. Considerata la soppressione nelle srl del controllo sulla stima affidato agli amministratori al massimo può ammettersi che il notaio possa sindacare la manifesta incongruità della stima, in rapporto ai criteri di valutazione accolti nella relazione nonché esprimere perplessità sulla medesima al fine di sollecitare gli amministratori ad effettuare verifiche e consentire l’accertamento delle loro responsabilità. Il tribunale stante il procedimento di volontaria giurisdizione potrebbe svolgere analoga attività magari prevedendo un’altra perizia. Comunque difficilmente mi sembra possa contestare l’attendibilità di una perizia senza un’opportuna istruttoria». 45 Secondo Rubino De Ritis, Apporti, cit., «la funzione primaria dei conferimento è quella di dotare la società dei mezzi utili per lo svolgimento dell’attività produttiva e non quella di formare un patrimonio aggredibile dai creditori. Del resto, nulla vieta agli amministratori di convertire gli iniziali conferimenti in entità non suscettibili di esporpriazione forzata, per cui gli amministratori possono immediatamente convertire le criptomonete in euro, là dove, per esempio, non siano accettate in pagamento da un fornitore […]. La migliore garanzia dei creditori non è un patrimonio aggredibile, ma un’attività
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dell’ammissibilità del conferimento in s.r.l. di opere e servizi. Tali prestazioni infatti, comportano la permanenza di obbligazioni in capo al soggetto conferente e, consistendo in un facere, per natura non sono coattivamente realizzabili46 (altrettanto potrebbe dirsi per le prestazioni di non fare, quale ad esempio il divieto di non concorrenza, di cui pur si ammette la conferibilità47). La ricostruzione del giudice sullo specifico punto quindi, mal si concilia con l’attuale disciplina dei conferimenti in s.r.l. e, se perseguita, porterebbe probabilmente ad escludere la conferibilità dell’intera categoria di asset “criptovalute”, contrariamente a quanto premesso dal Tribunale48. Non si può invero tacere che alcuni commentatori49 ritengono l’asserita impignorabilità delle criptovalute (insieme con l’anonimato garantito
economica in grado di produrre ricavi utili alla gestione dei costi di produzione. Nel caso di monete virtuali, queste assolvono, senza dubbio, ad una funzione produttiva, perché chi ne dispone (in questo caso la società) può convertirle in denaro (moneta avente corso legale), oppure scambiarle per l’acquisto di beni o servizi». 46 «Rappresentando esclusivamente un dovere, alla cui inosservanza si ricollega soltanto il sorgere della responsabilità per inadempimento», così AMATUCCI, Ancora, cit. 47 Tassinari, I conferimenti e la tutela dell’integrità del capitale sociale, in La riforma della società a responsabilità limitata, a cura di Caccavale ed altri, Milano, 2004, p. 79. 48 «Il collegio ritiene opportuno evidenziare preliminarmente che in questa sede non è in discussione l’idoneità della categoria di beni rappresentata dalle c.d. “criptovalute” a costituire elemento di attivo idoneo al conferimento nel capitale di una s.r.l., bensì se il bene concretamente conferito nel caso di specie (la valuta virtuale denominata One Coin soddisfi il requisito di cui all’art. 2464, comma secondo, c.c.)». Anche in questa asserzione, l’impostazione del Tribunale appare certamente preferibile rispetto a quella della Corte d’Appello: infatti OneCoin, per le caratteristiche di funzionamento e per le pratiche di diffusione fraudolente che le sono state abbinate (nt. 1), non può dirsi rappresentativa della categoria delle criptovalute. 49 Romano, Conferimenti, cit., pp. 10 – 11: «Le criticità che, ad oggi, rendono problematica la possibilità di conferire, come bene, la moneta virtuale, attengono essenzialmente, da un lato, all’anonimato che circonda il proprietario e l’utilizzatore dei bitcoin e, dall’altro ma conseguentemente, alla impossibilità tecnica di aggredire quel bene […]. La combinazione dei due profili accennati – anonimato e impossibilità di pignoramento – rende assai difficoltosa la valutazione della moneta virtuale come posta dell’attivo patrimoniale, in quanto, come pure è stato correttamente osservato (Krogh, ivi), l’incremento patrimoniale che deriverebbe dal conferimento della valuta virtuale stessa non rivestirebbe quei tratti oggettivi idonei a fondare un apprezzabile affidamento da parte dei terzi, ma creerebbe una segregazione assoluta ed impenetrabile del valore a tutto vantaggio del (solo) possessore della chiave privata. In definitiva, appare difficile immaginare la possibilità di conferire criptovalute fin tanto che non sarà trovato un rimedio alle due criticità – anonimato ed impignorabilità – sopra accennate». Si veda anche
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dal sistema blockchain) quale effettivo ostacolo alla loro conferibilità a capitale società; tuttavia delle due l’una: o si ritiene che i beni suscettibili di conferimento debbano coincidere con quelli suscettibili di espropriazione forzata, ma allora tale principio dovrebbe essere applicato a tutte le tipologie di beni (in evidente contrasto con la disciplina positiva sopra citata); oppure si ritiene – in linea con una ormai consolidata dottrina oltre che con il dato normativo – che l’espropriabilità non costituisca un criterio utile all’individuazione dei beni conferibili e quindi non lo si applica neanche alle criptovalute. Accettata questa seconda soluzione interpretativa, si potrà certamente discutere sul se le cautele attualmente previste dal nostro Codice in materia di valutazione dei conferimenti, costituiscano una rete di protezione sufficiente50 e quali strumenti eventualmente adottare per mitigare i rischi specifici insiti in tali asset51.
5. Conclusioni. Prescindendo dalle criticità che connotano la specifica criptovaluta52, la vicenda in commento, che offre due percorsi motivazioni completa-
Murino, Il conferimento, cit., p. 38: «Invero, per quanto non possa ritenersi determinante la circostanza della impignorabilità ai fini dell’affermazione della sua inconferibilità, resta il fatto che la tecnologia Blockchain lascia, in ogni caso, aperto il problema legato al pignoramento degli asset che circolano al suo interno. Poiché le criptovalute si avvalgono della tecnologia Blockchain un-permissioned non è possibile che un’autorità esterna possa intervenire di imperio nella catena dei blocchi; ciò impedisce che le criptovalute possano essere assoggettate a pignoramento. Sul punto, è stato opportunamente rimarcato come nel nostro ordinamento i beni non rappresentano solo una merce di scambio, ma sono (gli immobili in primis) anche espressione della garanzia patrimoniale che, a norma dell’art. 2740 c.c., ciascun soggetto quotidianamente presta per le proprie obbligazioni, presenti e future». 50 Rubino De Ritis, Apporti, cit., sostiene la piena conferibilità delle criptovalute, ritenendo che già l’attuale disciplina normativa in materia di conferimenti contenga tutte le cautele necessarie ad evitare perplessità nell’affidare al valore delle criptomonete, oggetto di conferimento, il compito di coprire in tutto o in parte il valore del capitale sociale, sia nella fase di costituzione, sia in sede di aumento del capitale a pagamento. 51 Ad esempio alcuni prospettano l’estensione dei meccanismi assicurativi di cui all’art. 2464, co. 6, c.c. (polizza di assicurazione o fideiussione bancaria) anche ai conferimenti in natura, ogni qualvolta vi sia la necessità di mitigare i rischi insiti in particolari categorie di beni (quali potrebbero essere le criptovalute), o si sia di fronte ad asset di più difficile valutazione. Si veda ad esempio, Romano, Le entità, cit., p. 157; Murino, Il conferimento, cit., p. 35 e Felis, L’uso, cit. 52 Si veda nota 1.
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mente differenti a fronte dell’unico giudizio di inammissibilità, da una parte sembra manifestazione di una certa diffidenza nei confronti di un nuovo fenomeno che, ancora sconosciuto, presenta degli elementi di incontestabile complessità, dall’altra è il riflesso di un dibattito (in primis quello sulle criptovalute, ma anche quello relativo ai conferimenti) ancora tutto in divenire. D’altra parte quello delle criptovalute è un fenomeno in evoluzione che mal si presta ad essere inquadrato nelle categorie normative attualmente esistenti. La sua crescente diffusione si sta imponendo all’attenzione dei legislatori dei singoli Stati, così come degli ordinamenti sovranazionali che, tuttavia, nella fase attuale stentano ad intervenire per fornire una sistemazione univoca. In assenza di un tale intervento, non pare possibile attribuire alle valute virtuali lo status giuridico di moneta, dovendo piuttosto parlarsi di mezzo di scambio convenzionalmente accettato tra le parti (e probabilmente in alcuni casi di prodotto finanziario). Tuttavia, come si è già detto, il dibattito circa il loro inquadramento giuridico non dovrebbe influire sull’individuazione della disciplina applicabile in tema di conferimenti a capitale di società, che dovrà essere in ogni caso quella dei conferimenti in natura. Né tantomeno le difficoltà tecniche legate all’effettiva eseguibilità di un pignoramento possono portare aprioristicamente ad escludere l’ammissibilità del conferimento, soprattutto nei casi in cui si tratti di criptovalute apprezzabilmente diffuse (come ad esempio i bitcoin) e scambiabili con altre monete (legali o virtuali), beni o servizi, secondo regole pre-determinate, chiare e non fraudolente. Ugualmente, si ritiene, non possano costituire un ostacolo alla conferibilità in astratto, le oscillazioni di valore cui le monete virtuali sono spesso soggette (lo stesso limite dovrebbe altrimenti valere anche per gli strumenti finanziari): è il professionista che – in fase di stima e caso per caso – dovrà, secondo il proprio prudente apprezzamento, determinare l’impatto della volatilità sul valore (applicando ad esempio un adeguato scarto percentuale alle quotazioni rilevate sulle piattaforme di scambio)53. Riconoscere questo, non vuol dire negare o ignorare i potenziali profili problematici e le esigenze di tutela (vecchie e nuove) che monete virtuali e blockchain, date le caratteristiche tecniche che vi sono proprie (es.:
53 Ciò corrisponde a quanto è stato fatto nella relazione di stima prodotta per Oraclize s.r.l. (nt. 30) in cui «a fini prudenziali lo scrivente stima i bitcoin conferiti con una riduzione del 5% in considerazione della volatilità delle quotazioni».
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anonimato54), sono passibili di introdurre nell’ordinamento. È certamente compito dell’interprete misurarvisi e individuare meccanismi di cautela utili a preservare il corretto funzionamento degli istituti che stanno alla base del nostro sistema di diritto, ma questo sarà possibile sono una volta che si sarà disposti a considerare senza pregiudizio (ma con prudenza) quella che ormai è una delle principali realtà del mondo Fintech55. Anche a questi medesimi fini, sarebbe quanto mai auspicabile un intervento del legislatore che chiarisca la disciplina applicabile a questo fenomeno nei rispettivi ambiti di utilizzo e diffusione56.
Ilaria Franci Abstract Attribuire alle criptovalute il corretto inquadramento giuridico è esercizio tutt’altro che facile nel quadro della normativa esistente. In seno al più ampio confronto circa la loro natura giuridica, si colloca il tema della conferibilità a capitale di s.r.l., qui oggetto di specifica trattazione. Ammessane la conferibilità in astratto, attraverso l’esame delle decisioni analizzate, l’alternativa tra conferimento in denaro o in natura si risolve a favore della seconda. Alla perizia del professionista incaricato della stima ex art. 2465 c.c., dovrà dunque essere demandata la prudente valutazione del caso concreto. *** Identifying the legal status of cryptocurrencies is not an easy task in the context of the existing legislative framework. Within the general debate dealing with their legal nature, this piece of work is specifically focused on their eligibility as mean of capital contribution for limited liability company (s.r.l.). Once the theoretical eligibility is admitted, the alternative between cash or in-kind contribution has to be resolved – through the analysis of the relevant Court’s decisions – in favor of this latter. The assessment of the specific case shall then be left to expert appointed for the estimation pursuant to art. 2465 c.c.
Felis, L’uso, cit., pp. 40 e ss. Greco, Valute virtuali e valute complementari, tra sviluppo tecnologico e incertezze regolamentari, in www.dirittobancario.it; Carriere, Le “criptovalute” sotto la luce delle nostrane categorie giuridiche di “strumenti finanziari”, “valori mobiliari” e “prodotti finanziari”; tra tradizione e innovazione, in www.dirittobancario.it; Accinni, Regole antiriciclaggio e risvolti penalistici dell’operatività in valute virtuali, in Riv. soc., 2018, p. 1516. 56 ESMA, Advice on Initial Coin Offering and Crypto-Assets, 9 gennaio 2019, ESMA50-157-1391, https://www.esma.europa.eu/sites/default/files/library/esma50-157-1391_ crypto_advice.pdf. 54 55
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PARTE SECONDA Legislazione, documenti e informazioni
LEGISLAZIONE
La revisione del secondo pilastro dell’Unione bancaria da parte del reg. (UE) 2019/877, c.d. SRMR2 Con il disegno di legge riferito alla legge di delegazione europea 2019 (approvato in via definitiva il 23 gennaio 2020) ha preso avvio l’iter per l’approvazione delle direttive che fanno parte del c.d. pacchetto bancario approvato il 20 maggio 2019, tra di esse rientra anche la c.d. BRRD 2, costituita dalla direttiva (UE) 2019/879 sulla capacità di assorbimento di perdite e di ricapitalizzazione degli enti creditizi e delle imprese di investimento. Nell’attesa di disporre del testo definitivo e capire come avverrà il recepimento della stessa nel nostro ordinamento pubblichiamo il regolamento (UE) 2019/877, del 20 maggio 2019, parte integrante di tale pacchetto (e come tale direttamente applicabile), il quale, si pone in diretto collegamento con essa, in quanto va a modificare nelle stesse materie il pilastro dell’Unione Bancaria dedicato al Meccanismo di risoluzione unico (MRU/SRM nell’acronimo inglese) di cui al regolamento (UE) n. 806/2014. Segue una presentazione di Antonella Brozzetti. Regolamento (UE) 2019/877 del 20 maggio 2019 che modifica il regolamento (UE) n. 806/2014 per quanto riguarda la capacità di assorbimento delle perdite e di ricapitalizzazione per gli enti creditizi e le imprese di investimento. IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 114, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere della Banca centrale europea1, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo2,
1 2
GU C 34 del 31.1.2018, pag. 17. GU C 209 del 30.6.2017, pag. 36.
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Legislazione
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria3, considerando quanto segue: (1) Il 9 novembre 2015 il Consiglio per la stabilità finanziaria ha pubblicato gli standard relativi alla capacità di assorbimento totale delle perdite (TLAC) («disciplina TLAC»), approvati dal G20 nel novembre 2015. La disciplina TLAC ha l’obiettivo di assicurare che le banche a rilevanza sistemica globale, denominate enti a rilevanza sistemica globale (G-SII) nel quadro dell’Unione, dispongano della capacità di assorbimento e di ricapitalizzazione necessaria per aiutare a garantire, durante una risoluzione e nella fase ad essa immediatamente successiva, tali enti possano continuar a svolgere le funzioni essenziali senza mettere a rischio i fondi dei contribuenti, ossia fondi pubblici, o la stabilità finanziaria. Nella sua comunicazione del 24 novembre 2015«Verso il completamento dell’Unione bancaria» la Commissione si è impegnata a presentare entro la fine del 2016 una proposta legislativa che consentisse di attuare la disciplina TLAC nel diritto europeo entro il termine del 2019 concordato a livello internazionale. (2) L’attuazione della disciplina TLAC nel diritto dell’Unione deve tener conto dell’attuale requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili («MREL»), che si applica a tutti gli enti creditizi e alle imprese di investimento (enti) stabiliti nell’Unione, così come a tutti gli enti dell’Unione in conformità della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio4 (entità). Poiché la disciplina TLAC e il MREL perseguono lo stesso obiettivo, ossia assicurare che gli enti ed entità stabiliti nell’Unione dispongano di una capacità sufficiente di assorbimento delle perdite e di ricapitalizzazione, i due requisiti dovrebbero essere elementi complementari di un quadro comune. A livello operativo, il livello minimo armonizzato della disciplina TLAC per i G-SII («requisito minimo TLAC») dovrebbe essere introdotto nella normativa dell’Unione attraverso modifiche al regolamento (UE) n. 575/20135, mentre la maggiorazione specifica per ente per i G-SII e il requisito specifico per ente per gli enti non G-SII, denominato MREL,
Posizione del Parlamento europeo del 16 aprile 2019 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 14 maggio 2019. 4 Direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/ UE e 2013/36/UE, e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 173 del 12.6.2014, p. 190). 5 Regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU L 176 del 27.6.2013, p. 1). 3
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Regolamento UE 2019/877
dovrebbero essere disciplinati mediante modifiche mirate alla direttiva 2014/59/ UE e al regolamento (UE) n. 806/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio6. Le disposizioni del regolamento (UE) n. 806/2014, modificato dal presente regolamento, in materia di capacità di assorbimento delle perdite e di ricapitalizzazione degli enti ed entità dovrebbero essere applicate in maniera coerente a quelle del regolamento (UE) n. 575/2013 e delle direttive 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio7 e della direttiva 2014/59/UE. (3) L’assenza di norme armonizzate negli Stati membri partecipanti al meccanismo unico di risoluzione (SRM) per quanto riguarda l’attuazione della disciplina TLAC crea costi supplementari e incertezza giuridica e rende più difficile l’applicazione dello strumento del bail-in per gli enti e le entità transfrontalieri. L’assenza di norme armonizzate a livello dell’Unione determina anche distorsioni della concorrenza sul mercato interno, perché i costi sostenuti dagli enti e dalle entità per conformarsi ai vigenti requisiti e alla disciplina TLAC potrebbero variare notevolmente tra gli Stati membri partecipanti al SRM. È pertanto necessario eliminare tali ostacoli al funzionamento del mercato interno ed evitare le distorsioni della concorrenza derivanti dall’assenza di norme armonizzate per quanto riguarda l’attuazione della disciplina TLAC. Di conseguenza, la base giuridica appropriata del presente regolamento è l’articolo 114 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. (4) In linea con la disciplina TLAC, il regolamento (UE) n. 806/2014 dovrebbe continuare a riconoscere sia la strategia di risoluzione basata sia su un punto di avvio singolo (Single Point of Entry – SPE), sia la strategia di risoluzione basata su un punto di avvio multiplo (Multiple Point of Entry – MPE). Nell’ambito della strategia SPE è risolta solo un’entità del gruppo, di norma l’impresa madre, mentre le altre entità del gruppo, di norma le filiazioni operative, non sono sottoposte a risoluzione, ma trasferiscono le loro perdite e il loro fabbisogno di ricapitalizzazione all’entità che potrebbe essere risolta. Nell’ambito della strategia di risoluzione MPE potrebbero essere risolte più entità del gruppo. Per un’attuazione efficace della strategia di risoluzione prescelta, è importante individuare con precisione le entità da risolvere («entità soggette a risoluzione»), ossia le entità a cui potrebbero essere applicate le azioni di risoluzione, unitamente alle filiazioni che appartengono ad esse («gruppi soggetti a risoluzione»).
6 Regolamento (UE) n. 806/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2014, che fissa norme e una procedura uniformi per la risoluzione degli enti creditizi e di talune imprese di investimento nel quadro del meccanismo di risoluzione unico e del Fondo di risoluzione unico e che modifica il regolamento (UE) n. 1093/2010 (GU L 225 del 30.7.2014, p. 1). 7 Direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GU L 176 del 27.6.2013, p. 338).
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Quest’individuazione è rilevante anche per determinare il livello di applicazione delle norme sulla capacità di assorbimento delle perdite e di ricapitalizzazione da parte degli enti e delle entità. Occorre quindi introdurre i concetti di «entità soggetta a risoluzione» e «gruppo soggetto a risoluzione» e modificare il regolamento (UE) n. 806/2014 per quanto riguarda la pianificazione delle risoluzioni di gruppo in modo da imporre esplicitamente al Comitato di risoluzione unico («Comitato») di individuare le entità soggette a risoluzione e i gruppi soggetti a risoluzione all’interno di un gruppo e tenere debitamente conto delle implicazioni di tutte le azioni programmate all’interno del gruppo per assicurare una risoluzione efficace dello stesso. (5) Il Comitato dovrebbe garantire che gli enti ed entità dispongano di una sufficiente capacità di assorbimento delle perdite e di ricapitalizzazione per assicurare un assorbimento delle perdite e una ricapitalizzazione agevoli e rapidi nel caso di risoluzione con un impatto minimo sui contribuenti e sulla stabilità finanziaria. Quest’obiettivo dovrebbe essere raggiunto mediante il rispetto, da parte degli enti, di un MREL specifico per ente, come previsto dal regolamento (UE) n. 806/2014. (6) Per allineare i denominatori che misurano la capacità di assorbimento delle perdite e di ricapitalizzazione degli enti e delle entità con quelli previsti dalla disciplina TLAC, il MREL dovrebbe essere espresso in percentuale dell’importo complessivo dell’esposizione al rischio e della misura dell’esposizione complessiva dell’ente o dell’entità in questione, e gli enti o le entità dovrebbero raggiungere allo stesso tempo i livelli che risultano da entrambe le misurazioni. (7) Al fine di garantire condizioni di parità per gli enti e per le entità stabiliti nell’Unione, anche a livello globale, i criteri di ammissibilità per le passività sottoponibili al bail-in ai fini del MREL dovrebbero essere rigorosamente allineati a quelli stabiliti nel regolamento (UE) n. 575/2013 per il requisito minimo TLAC, fatti salvi tuttavia gli aggiustamenti e i requisiti complementari introdotti nel presente regolamento. In particolare, determinati strumenti di debito con una componente derivata incorporata, come talune obbligazioni strutturate, dovrebbero essere ammissibili, a determinate condizioni, ai fini della conformità al MREL nella misura in cui hanno un valore nominale fisso o crescente rimborsabile alla scadenza che sia noto in anticipo, mentre solo un rendimento aggiuntivo è legato a tale componente derivata e dipende dalla performance di un’attività di riferimento. Viste tali condizioni, tali strumenti di debito dovrebbero avere un’elevata capacità di assorbimento delle perdite ed essere facilmente sottoponibili al bail-in nel quadro della risoluzione. Qualora gli enti e le entità detengano fondi propri superiori ai requisiti di fondi propri, ciò non dovrebbe di per sé incidere sulle decisioni relative alla determinazione del MREL. Inoltre, per gli enti e le entità dovrebbe essere possibile soddisfare qualsiasi parte del rispettivo MREL con fondi propri. (8) Le passività utilizzate ai fini della conformità al MREL comprendono, in linea di massima, tutte le passività risultanti da crediti vantati da creditori ordinari non garantiti (passività non subordinate), a meno che non soddisfino i criteri di ammissibilità specifici di cui al presente regolamento. Per rafforzare
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la possibilità di risoluzione degli enti e delle entità mediante un uso efficace dello strumento del bail-in, il Comitato dovrebbe poter esigere che il MREL sia soddisfatto con fondi propri e altre passività subordinate, in particolare quando vi siano chiare indicazioni che i creditori sottoposti al bail-in subirebbero probabilmente, nel quadro della risoluzione, perdite superiori a quelle che potrebbero sostenere nella normale procedura di insolvenza. Il Comitato dovrebbe valutare la necessità di imporre agli enti e alle entità di soddisfare il MREL con fondi propri e altre passività subordinate qualora l’importo delle passività escluse dall’applicazione dello strumento del bail-in raggiunga una certa soglia all’interno di una classe di passività comprendente passività ammissibili al MREL. Enti ed entità dovrebbero soddisfare il MREL con fondi propri e altre passività subordinate nella misura necessaria ad impedire che i creditori subiscano perdite superiori a quelle che tali creditori avrebbero altrimenti subito nella procedura normale di insolvenza. (9) Le subordinazioni degli strumenti di debito richieste dal Comitato ai fini della conformità al MREL dovrebbero lasciare impregiudicata la possibilità di soddisfare parzialmente il requisito minimo TLAC con strumenti di debito non subordinati, conformemente al regolamento (UE) n. 575/2013, come consentito dalla disciplina TLAC. Per le entità soggette a risoluzione dei G-SII, per le entità soggette a risoluzione dei gruppi soggetti a risoluzione con attività superiori a 100 miliardi di EUR (banche di classe superiore), nonché per le entità soggette a risoluzione dei gruppi soggetti a risoluzione con attività inferiori a 100 miliardi di EUR considerati dall’autorità nazionale di risoluzione suscettibili di presentare rischi sistemici in caso di dissesto, tenendo conto della prevalenza dei depositi e dell’assenza di strumenti di debito nel modello di finanziamento, accesso limitato ai mercati di capitali per le passività ammissibili e ricorso al capitale primario di classe 1 per soddisfare il MREL, il Comitato dovrebbe poter imporre che una parte del MREL pari al livello di assorbimento delle perdite e di ricapitalizzazione di cui all’articolo 27, paragrafo 7, del regolamento (UE) n. 806/2014 come modificato dal presente regolamento sia soddisfatto con fondi propri e altre passività subordinate, inclusi i fondi propri utilizzati per rispettare il requisito combinato di riserva di capitale di cui alla direttiva 2013/36/UE. (10) Su richiesta di un’entità soggetta a risoluzione, il Comitato dovrebbe essere in grado di ridurre la parte di MREL richiesta per soddisfare con i fondi propri e le altre passività subordinate fino a un limite che rappresenta la proporzione di una riduzione possibile ai sensi dell’articolo 72 ter, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 575/2013 in relazione al requisito minimo TLAC di cui a detto regolamento. Conformemente al principio di proporzionalità, il Comitato dovrebbe poter esigere che il MREL sia soddisfatto con fondi propri e passività subordinate nella misura in cui il livello globale della subordinazione richiesta sotto forma di elementi di fondi propri e passività ammissibili dovuto all’obbligo degli enti e delle entità di rispettare il requisito minimo del TLAC, del MREL e, ove applicabile, il requisito combinato di riserva di capitale di cui alla direttiva 2013/36/UE, non supera il livello più elevato di assorbimento delle perdite e di ricapitalizzazione di cui all’articolo 27, paragrafo 7, del regolamento (UE)
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n. 806/2014 come modificato dal presente regolamento, o la formula di cui al presente regolamento basata sui requisiti prudenziali del primo pilastro e del secondo pilastro e sul requisito combinato di riserva di capitale. (11) Per specifiche banche di classe superiore, il Comitato dovrebbe, a condizioni sottoposte alla valutazione del Comitato, limitare a una certa soglia il livello del requisito minimo di subordinazione, tenendo altresì conto del possibile rischio di incidere in maniera sproporzionata sul modello di business di tali enti. Detta limitazione non dovrebbe pregiudicare la possibilità di fissare un requisito di subordinazione superiore a tale limite attraverso il requisito per la subordinazione ai sensi del secondo pilastro, fatte salve anche le condizioni applicabili a tale pilastro, sulla base di criteri alternativi, segnatamente gli impedimenti alla possibilità di risoluzione, o la fattibilità e credibilità della strategia di risoluzione, o la rischiosità dell’ente. (12) Il MREL dovrebbe permettere agli enti e alle entità di assorbire le perdite previste nel quadro della risoluzione o nel punto di insostenibilità economica, se del caso, e di essere ricapitalizzate dopo l’attuazione delle azioni previste nel piano di risoluzione o nella risoluzione del gruppo soggetto a risoluzione. In base alla strategia di risoluzione che esse hanno scelto, il Comitato dovrebbe giustificare debitamente il livello del MREL imposto e dovrebbe rivedere tale livello senza indebiti ritardi al fine di riflettere eventuali modifiche nel livello del requisito di cui all’articolo 104 bis della direttiva 2013/36/UE. Il livello di MREL imposto dovrebbe essere la somma dell’importo delle perdite previste nel quadro della risoluzione che corrispondono ai requisiti di fondi propri dell’ente o dell’entità, e dell’importo di ricapitalizzazione che consente all’ente o all’entità dopo la risoluzione, o dopo l’esercizio dei poteri di svalutazione o di conversione, di soddisfare i requisiti di fondi propri necessari per essere autorizzato a proseguire le sue attività in base alla strategia di risoluzione scelta. Il Comitato dovrebbe adeguare al ribasso o al rialzo gli importi di ricapitalizzazione per qualsiasi modifica risultante dalle azioni di cui al piano di risoluzione. (13) Il Comitato dovrebbe poter aumentare l’importo di ricapitalizzazione per garantire una sufficiente fiducia del mercato nell’ente o nell’entità dopo l’attuazione delle azioni previste nel piano di risoluzione. Il livello richiesto della riserva per la fiducia del mercato dovrebbe consentire all’ente o all’entità di continuare a soddisfare le condizioni di autorizzazione per un periodo adeguato, anche permettendo all’ente o all’entità di coprire i costi connessi alla ristrutturazione delle sue attività in seguito alla risoluzione, e a sostenere una sufficiente fiducia del mercato. La riserva per la fiducia del mercato dovrebbe essere fissata con riferimento alla parte del requisito combinato di riserva di capitale di cui alla direttiva 2013/36/UE. Il Comitato dovrebbe adeguare al ribasso il livello della riserva per la fiducia del mercato, qualora sia sufficiente un livello inferiore a garantire una sufficiente fiducia del mercato, o al rialzo, qualora sia necessario un livello più elevato per assicurare che, a seguito delle azioni previste nel piano di risoluzione, l’entità continui a soddisfare le condizioni di autorizzazione per un periodo adeguato, e a sostenere una sufficiente fiducia del mercato.
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(14) In linea con il regolamento delegato (UE) 2016/1075 della Commissione8, il Comitato dovrebbe esaminare la platea degli investitori in strumenti MREL dei singoli enti o entità. Il fatto che una parte significativa degli strumenti MREL di un ente o di un’entità sia detenuta da investitori al dettaglio che potrebbero non avere ricevuto un’indicazione adeguata dei rischi pertinenti potrebbe costituire di per sé un impedimento alla possibilità di risoluzione. Inoltre, se una larga parte degli strumenti MREL di un ente o di un’entità è detenuta da altri enti o entità, anche le conseguenze a livello sistematico di una svalutazione o di una conversione potrebbero costituire un impedimento alla possibilità di risoluzione. Qualora dovesse riscontrare un impedimento alla possibilità di risoluzione conseguente all’entità e alla natura di una certa platea di investitori, il Comitato dovrebbe poter raccomandare all’ente o all’entità di affrontare tale impedimento. (15) Per rafforzarne la possibilità di risoluzione, il Comitato dovrebbe poter imporre ai G-SII un MREL specifico per ente in aggiunta al requisito minimo TLAC previsto dal regolamento (UE) n. 575/2013. Tale MREL specifico per ente dovrebbe essere imposto qualora il requisito minimo TLAC non sia sufficiente per riassorbire le perdite e ricapitalizzare un G-SII in base alla strategia di risoluzione scelta. (16) Al momento di stabilire il livello del MREL, il Comitato dovrebbe tener conto del grado di rilevanza sistemica dell’ente o dell’entità e del potenziale impatto negativo del suo dissesto sulla stabilità finanziaria. Il Comitato dovrebbe anche tener conto della necessità di garantire condizioni di parità tra il G-SII e altri enti o entità paragonabili aventi rilevanza sistemica all’interno degli Stati membri partecipanti. Di conseguenza, il MREL degli enti o delle entità che non sono G-SII, ma la cui rilevanza sistemica all’interno degli Stati membri partecipanti è paragonabile alla rilevanza sistemica dei G-SII, non dovrebbe discostarsi in modo sproporzionato dal livello e dalla composizione del MREL generalmente stabilito per i G-SII. (17) In linea con il regolamento (UE) n. 575/2013, gli enti o le entità identificati come entità soggette a risoluzione dovrebbero essere soggetti al MREL solo a livello del gruppo soggetto a risoluzione su base consolidata. Questo
8 Regolamento delegato (UE) 2016/1075 della Commissione, del 23 marzo 2016, che integra la direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le norme tecniche di regolamentazione che precisano il contenuto dei piani di risanamento, dei piani di risoluzione e dei piani di risoluzione di gruppo, i criteri minimi che l’autorità competente deve valutare per quanto riguarda i piani di risanamento e i piani di risanamento di gruppo, le condizioni per il sostegno finanziario di gruppo, i requisiti per i periti indipendenti, il riconoscimento contrattuale dei poteri di svalutazione e di conversione, le procedure e il contenuto delle disposizioni in materia di notifica e dell’avviso di sospensione e il funzionamento operativo dei collegi di risoluzione GU L 184 dell’8.7.2016, p. 1).
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significa che le entità soggette a risoluzione dovrebbero essere obbligate, ai fini della conformità al MREL, a emettere strumenti ed elementi ammissibili a favore di creditori terzi che sarebbero sottoposti al bail-in qualora venisse avviata la risoluzione dell’entità soggetta a risoluzione. (18) Gli enti o le entità che non sono entità soggette a risoluzione dovrebbero conformarsi al MREL a livello individuale. In linea di massima, all’assorbimento delle perdite e al fabbisogno di ricapitalizzazione di tali enti o entità dovrebbero provvedere le rispettive entità soggette a risoluzione attraverso l’acquisizione diretta o indiretta di strumenti di fondi propri e di strumenti di passività ammissibili emesse dai predetti enti o entità e attraverso la loro svalutazione o conversione in strumenti di proprietà nel momento in cui gli enti o entità in questione non siano più economicamente sostenibili. Il MREL che si applica agli enti ed entità che non sono entità soggette a risoluzione dovrebbe essere applicato insieme e coerentemente con i requisiti che si applicano alle entità soggette a risoluzione. Questo dovrebbe permettere al Comitato di risolvere un gruppo soggetto a risoluzione senza sottoporre a risoluzione talune sue filiazioni, evitando quindi effetti potenzialmente perturbatori del mercato. L’applicazione del MREL a enti o entità che non sono entità soggette a risoluzione dovrebbe conformarsi alla strategia di risoluzione scelta; in particolare, non dovrebbe modificare il rapporto di proprietà tra gli enti o entità e il loro gruppo soggetto a risoluzione dopo la ricapitalizzazione degli enti o entità in questione. (19) Se sia l’entità soggetta a risoluzione sia l’impresa madre e le sue filiazioni sono stabilite nello stesso Stato membro e appartengono allo stesso gruppo soggetto a risoluzione, il Comitato dovrebbe poter prevedere l’esenzione dall’applicazione del MREL che si applica a tali filiazioni che non sono entità soggette a risoluzione o consentire loro di conformarsi al MREL con garanzie assistite da garanzia reale tra l’impresa madre e le sue filiazioni, attivabili quando siano rispettate condizioni temporali equivalenti a quelle che consentono la svalutazione o la conversione delle passività ammissibili. La garanzia reale che assiste la garanzia dovrebbe essere a elevata liquidità e presentare rischi minimi di credito e di mercato. (20) Il regolamento (UE) n. 575/2013 prevede che le autorità competenti possano, in presenza di determinate condizioni, derogare all’applicazione di taluni requisiti di liquidità e solvibilità per gli enti creditizi affiliati permanentemente a un organismo centrale («gruppi cooperativi»). Per tener conto delle specificità di tali reti cooperative, il Comitato dovrebbe altresì poter prevedere l’esenzione dall’applicazione del MREL che si applica per tali enti creditizi e per l’organismo centrale in condizioni analoghe a quelle di cui al regolamento (UE) n. 575/2013 qualora gli enti creditizi e l’organismo centrale siano stabiliti nello stesso Stato membro. Il Comitato dovrebbe inoltre poter considerare gli enti creditizi e l’organismo centrale un unico insieme ai fini della valutazione delle condizioni per la risoluzione, a seconda delle caratteristiche del meccanismo di solidarietà. Il Comitato dovrebbe essere in grado di garantire il rispetto del requisito MREL esterno del gruppo soggetto a risoluzione nel suo insieme, in vari modi, a seconda delle caratteristiche del meccanismo di solidarietà di ciascun
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gruppo, contando le passività ammissibili delle entità a cui, in conformità del piano di risoluzione, il Comitato impone di emettere strumenti ammissibili al MREL al di fuori del gruppo soggetto a risoluzione. (21) Le autorità competenti, le autorità nazionali di risoluzione e il Comitato dovrebbero trattare e porre rimedio a eventuali violazioni del requisito minimo TLAC e del MREL. Dato che la violazione di questi requisiti potrebbe costituire un ostacolo alla possibilità di risoluzione dell’ente o del gruppo, le procedure attuali volte a rimuovere gli impedimenti alla possibilità di risoluzione dovrebbero essere abbreviate, per affrontare tempestivamente le eventuali violazioni. Il Comitato dovrebbe inoltre poter imporre agli enti o entità di modificare il profilo di durata degli strumenti e degli elementi ammissibili e di preparare e attuare piani volti a ripristinare il livello dei suddetti requisiti. Il Comitato dovrebbe inoltre poter vietare talune distribuzioni qualora ritenga che un ente o entità non rispetti i requisiti combinati di riserva di capitale di cui alla direttiva 2013/36/UE se considerati in aggiunta al MREL. (22) Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, specialmente il diritto di proprietà e la libertà d’impresa, e deve essere attuato conformemente a detti diritti e principi. (23) Poiché l’obiettivo del presente regolamento, vale a dire stabilire norme uniformi ai fini del quadro dell’Unione di risanamento e risoluzione per enti ed entità, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a motivo della portata dell’azione, essere conseguito meglio a livello di Unione, l’Unione può adottare il presente regolamento in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (24) Per poter disporre del tempo necessario alla sua applicazione, il presente regolamento dovrebbe essere applicato a decorrere dal 28 dicembre 2020, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Modifica del regolamento (UE) n. 806/2014 Il regolamento (UE) n. 806/2014 è modificato come segue: 1. l’articolo 3, paragrafo 1, è così modificato: a) il punto 21 è sostituito dal seguente: «21) “filiazioni”: una filiazione come definita all’articolo 4, paragrafo 1, punto 16 del regolamento (UE) n. 575/2013, e ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, dell’articolo 10, paragrafo 10, degli articoli da 12 a 12 duodecies, e degli articoli 21 e 53 del presente regolamento, ai gruppi soggetti a risoluzione di cui al punto 24 ter, lettera b) del presente paragrafo incluso, ove opportuno, gli enti creditizi che sono affiliati permanentemente a un organismo centrale, lo stesso
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organismo centrale, e le loro rispettive filiazioni, tenendo conto del modo in cui detti gruppi soggetti a risoluzione rispettano l’articolo 12 septies, paragrafo 3 del presente regolamento; 21 bis) filiazione significativa: una filiazione significativa come definita all’articolo 4, paragrafo 1, punto 135 del regolamento (UE) n. 575/2013;»; b) sono inseriti i punti seguenti: «24 bis) “entità soggetta a risoluzione”: una persona giuridica stabilita in uno Stato membro partecipante individuata dal Comitato, in conformità dell’articolo 8, come entità nei cui confronti il piano di risoluzione prevede un’azione di risoluzione; 24 ter) “gruppo soggetto a risoluzione”: a) un’entità soggetta a risoluzione insieme alle sue filiazioni che non siano: i) entità soggette a risoluzione esse stesse; ii) filiazioni di altre entità soggette a risoluzione; o iii) entità stabilite in un paese terzo che non sono incluse nel gruppo soggetto a risoluzione conformemente al piano di risoluzione, e le loro filiazioni; o b) gli enti creditizi che sono affiliati permanentemente a un organismo centrale, e lo stesso organismo centrale, allorché almeno uno di tali enti creditizi o l’organismo centrale siano un’entità soggetta a risoluzione, e le loro rispettive filiazioni; 24 quater) “ente a rilevanza sistemica a livello globale” oppure “G-SII”: un G-SII secondo la definizione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, punto 133, del regolamento (UE) n. 575/2013;»; c) è inserito il punto seguente: «45 bis) “capitale primario di classe 1”: il capitale primario di classe 1 calcolato in conformità dell’articolo 50 del regolamento (UE) n. 575/2013;» d) al punto 48) il termine «passività ammissibili» è sostituito dal termine «passività sottoponibili al bail-in»; e) il punto 49) è sostituito dal seguente: «49) “passività sottoponibili al bail-in”: le passività e gli strumenti di capitale che non rientrano negli strumenti del capitale primario di classe 1, negli strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 o 2 di un’entità di cui all’articolo 2 e che non sono esclusi dall’ambito di applicazione dello strumento del bail-in in virtù dell’articolo 27, paragrafo 3;»; f) sono inseriti i punti seguenti: «49 bis) “passività ammissibili”: le passività sottoponibili al bail-in che soddisfano, se del caso, le condizioni di cui all’articolo 12 quater o all’articolo 12 octies, paragrafo 2, lettera a) del presente regolamento, e gli strumenti di classe 2 che soddisfano le condizioni di cui all’articolo 72 bis, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) n. 575/2013; 49 ter) “strumenti subordinati ammissibili” strumenti che soddisfano tutte le condizioni di cui all’articolo 72 bis del regolamento (UE) n. 575/2013 a parte i paragrafi da 3 a 5 dell’articolo 72 ter di tale regolamento;»; g) è aggiunto il punto seguente:
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«55) “requisito combinato di riserva di capitale”: requisito combinato di riserva di capitale quale definito all’articolo 128, punto 6, della direttiva 2013/36/ UE.»; 2. all’articolo 7, paragrafo 3, la lettera d) è sostituita dalla seguente: «d) stabilire il livello di requisiti minimi di fondi propri e passività ammissibili, a norma degli articoli da 12 a 12 duodecies;»; 3. l’articolo 8 è così modificato: a) il paragrafo 5 è sostituito dal seguente: «5. I piani di risoluzione prevedono una serie di opzioni per l’applicazione degli strumenti e l’esercizio dei poteri di risoluzione di cui al presente regolamento alle entità di cui al paragrafo 1.»; b) al paragrafo 6, il primo e il secondo comma sono sostituiti dai seguenti: «I piani di risoluzione prevedono le azioni di risoluzione che il Comitato può adottare nel caso in cui un’entità di cui al paragrafo 1 soddisfi le condizioni per la risoluzione. Le informazioni di cui al paragrafo 9, lettera a), sono comunicate all’entità interessata.»; c) al paragrafo 9, le lettere o) e p) sono sostituite dalle seguenti: «o) i requisiti di cui agli articoli 12 septies e 12 octies e un termine per il raggiungimento di tale livello conformemente all’articolo 12 duodecies; p) laddove il Comitato applichi l’articolo 12 quater, paragrafo 4, 5 o 7, la tempistica per l’adempimento da parte dell’entità soggetta a risoluzione conformemente all’articolo 12 duodecies;»; d) il paragrafo 10 è sostituito dal seguente: «10. I piani di risoluzione di gruppo comprendono un piano per la risoluzione del gruppo di cui al paragrafo 1, facente capo all’impresa madre nell’Unione stabilita in uno Stato membro partecipante, e individuano misure da adottare nei riguardi: a) dell’impresa madre nell’Unione; b) delle filiazioni appartenenti al gruppo e stabilite nell’Unione; c) delle entità di cui all’articolo 2, lettera b); e d) delle filiazioni appartenenti al gruppo e stabilite al di fuori dell’Unione, nel rispetto dell’articolo 33. Conformemente alle misure di cui al primo comma, il piano di risoluzione individua per ciascun gruppo le entità soggette a risoluzione e i gruppi soggetti a risoluzione.»; e) al paragrafo 11, le lettere a) e b) sono sostituite dalle seguenti: «a) espone le azioni di risoluzione da avviare riguardo alle entità soggette a risoluzione negli scenari di cui al paragrafo 6, e le implicazioni di tali azioni di risoluzione nei confronti delle altre entità del gruppo, dell’impresa madre e degli enti filiazioni di cui al paragrafo 1; a bis) se un gruppo di cui al paragrafo 1 comprende più di un gruppo soggetto a risoluzione, espone le azioni di risoluzione da adottare in relazione
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alle entità soggette a risoluzione di ciascun gruppo soggetto a risoluzione e le implicazioni di tali azioni per: i) altre entità del gruppo che appartengono allo stesso gruppo soggetto a risoluzione; ii) altri gruppi soggetti a risoluzione; b) esamina in che misura gli strumenti di risoluzione potrebbero essere applicati, e i poteri di risoluzione potrebbero essere esercitati, relativamente alle entità soggette a risoluzione stabilite nell’Unione in maniera coordinata, ivi comprese le misure volte ad agevolare l’acquisto, da parte di un terzo, del gruppo nel suo complesso, o di linee di business separate o di attività svolte da una serie di entità del gruppo, o da determinate entità del gruppo o gruppi soggetti a risoluzione, e individua i potenziali ostacoli a una risoluzione coordinata;»; f) al paragrafo 12 sono aggiunti i commi seguenti: «La revisione di cui al primo comma è effettuato dopo l’attuazione delle azioni di risoluzione o l’esercizio dei poteri di cui all’articolo 21. Nel fissare le scadenze di cui al paragrafo 9, lettere o) e p) del presente articolo, nelle circostanze di cui al terzo comma del presente paragrafo, il Comitato tiene conto del termine per conformarsi al requisito di cui all’articolo 104 ter della direttiva 2013/36/UE.»; 4. l’articolo 10 è così modificato: a) il paragrafo 4 è sostituito dal seguente: «4. La risoluzione di un gruppo s’intende possibile quando al Comitato risulta fattibile e credibile liquidare le entità del gruppo con procedura ordinaria di insolvenza oppure risolverle applicando strumenti di risoluzione ed esercitando poteri di risoluzione in relazione a entità soggette a risoluzione di tale gruppo evitando quanto più possibile conseguenze negative significative per il sistema finanziario degli Stati membri in cui le entità del gruppo sono ubicate, o di altri Stati membri o dell’Unione, inclusi instabilità finanziaria più ampia o eventi a livello sistemico nella prospettiva di assicurare la continuità delle funzioni essenziali svolte da tali entità del gruppo mediante la loro separazione, se praticabile facilmente e tempestivamente, oppure con altro mezzo. Se non ritiene possibile la risoluzione di un gruppo, il Comitato lo notifica con tempestività all’ABE. Se un gruppo è composto da più di un gruppo soggetto a risoluzione, il Comitato valuta la possibilità di risoluzione di ciascun gruppo soggetto a risoluzione in conformità del presente articolo. La valutazione di cui al primo comma è eseguita in aggiunta alla valutazione della possibilità di risoluzione dell’intero gruppo.»; b) al paragrafo 9 sono aggiunti i seguenti commi: «Entro due settimane dalla data di ricevimento di una relazione svolta in conformità del paragrafo 7 del presente articolo, l’entità propone al Comitato possibili misure e una tempistica per la loro attuazione al fine di garantire la conformità dell’entità o dell’impresa madre all’articolo 12 septies o 12 octies e
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al requisito combinato di riserva di capitale, qualora un rilevante impedimento alla possibilità di risoluzione sia imputabile a una delle situazioni seguenti: i) l’entità soddisfa il requisito combinato di riserva di capitale allorché considerato in aggiunta a ciascuno dei requisiti di cui all’articolo 141 bis, paragrafo 1, lettere a), b) e c) della direttiva 2013/36/UE, ma non soddisfa il suddetto requisito combinato di riserva di capitale allorché considerato in aggiunta ai requisiti di cui agli articoli 12 quinquies e 12 sexies del presente regolamento, se calcolati conformemente all’articolo 12 bis, paragrafo 2, lettera a) del presente regolamento; o ii) l’entità non soddisfa i requisiti di cui agli articoli 92 bis e 494 del regolamento (UE) n. 575/2013 o i requisiti di cui agli articoli 12 quinquies e 12 sexies del presente regolamento. Quando propone la tempistica per l’attuazione delle misure proposte di cui al secondo comma, l’entità tiene conto dei motivi del rilevante impedimento. Il Comitato, previa consultazione delle autorità competenti, inclusa la BCE, valuta se tali misure affrontano con efficacia o rimuovono il rilevante impedimento in questione.»; c) il paragrafo 11 è modificato come segue: i) alle lettere i) e j), il termine «Articolo 12» è sostituito dai termini «articoli 12 septies e 12 octies»; ii) sono aggiunte le lettere seguenti: «k) imporre all’entità di presentare un piano per ripristinare la conformità ai requisiti di cui agli articoli 12 septies e 12 octies del presente regolamento, espresso come percentuale dell’importo complessivo dell’esposizione al rischio calcolato a norma dell’articolo 92, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 575/2013 e, ove applicabile, al requisito combinato di riserva di capitale e ai requisiti di cui all’articolo 12 septies o 12 octies del presente regolamento espresso come percentuale della misura dell’esposizione complessiva di cui agli articoli 429 e 429 bis del regolamento (UE) n. 575/2013; l) allo scopo di assicurare la costante uniformità all’articolo 12 septies o 12 octies, imporre all’entità di modificare il profilo di durata degli elementi seguenti: i) degli strumenti di fondi propri, previo accordo delle autorità competenti, inclusa la BCE, e ii) delle passività ammissibili di cui all’articolo 12 quater e all’articolo 12 octies, paragrafo 2, lettera a).»; 5. è inserito l’articolo seguente: «Articolo 10 bis Potere di vietare talune distribuzioni 1. Se un’entità si trova in una situazione in cui soddisfa il requisito combinato di riserva di capitale allorché considerato in aggiunta a ciascuno dei requisiti di cui all’articolo 141 bis, paragrafo 1, lettere a), b) e c) della direttiva 2013/36/ UE, ma risulti inadempiente rispetto al suddetto requisito combinato di riserva
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di capitale allorché considerato in aggiunta ai requisiti di cui agli articoli 12 quinquies e 12 sexies del presente regolamento, se calcolati conformemente all’articolo 12 bis, paragrafo 2, lettera a) del presente regolamento, il Comitato ha il potere, conformemente ai paragrafi 2 e 3 del presente articolo, di vietare a un’entità di distribuire più dell’ammontare massimo distribuibile connesso al requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili (Maximum Distributable Amount related to the minimum requirement –“M-MDA”), calcolato conformemente al paragrafo 4 del presente articolo mediante una delle azioni seguenti: a) effettuare una distribuzione in relazione al capitale di base di classe 1; b) creare un’obbligazione di pagare una remunerazione variabile o benefici pensionistici discrezionali, o di pagare una remunerazione variabile se l’obbligazione di pagamento è stata creata in un momento in cui l’entità non soddisfaceva il requisito combinato di riserva di capitale; o c) effettuare pagamenti su strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1. Se un’entità si trova nella situazione di cui al primo comma, ne dà notifica immediatamente all’autorità nazionale di risoluzione e al suo Comitato. 2. Nella situazione di cui al paragrafo 1, il Comitato, dopo aver consultato le autorità competenti, inclusa la BCE, se del caso valuta senza indebito ritardo se esercitare il potere di cui al paragrafo 1, tenendo conto di tutti gli elementi seguenti: a) il motivo, la durata e l’entità dell’inadempimento e il suo impatto sulla possibilità di risoluzione; b) l’evoluzione della situazione finanziaria dell’entità e la probabilità che essa soddisfi, in un futuro prevedibile, la condizione di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera a); c) la prospettiva che l’entità sarà in grado di garantire il rispetto dei requisiti di cui al paragrafo 1 entro un periodo di tempo ragionevole; d) se l’entità non è in grado di sostituire le passività che non soddisfano più i criteri di ammissibilità o durata di cui agli articoli 72 ter e 72 quater del regolamento (UE) n. 575/2013, all’articolo 12 quater o all’articolo 12 octies, paragrafo 2 del presente regolamento, qualora tale incapacità sia idiosincratica o dovuta a una perturbazione a livello del mercato; e) se l’esercizio del potere di cui al paragrafo 1 costituisce il mezzo più adeguato e proporzionato per affrontare la situazione dell’entità, tenendo in considerazione il suo potenziale impatto sia sulle condizioni di finanziamento sia sulla possibilità di risoluzione dell’entità interessata. Il Comitato ripete la valutazione per decidere se esercitare il potere di cui al paragrafo 1 almeno ogni mese, finché l’entità resta nella situazione di cui al paragrafo 1. 3. Se conclude che l’entità continua a essere nella situazione di cui al paragrafo 1 nove mesi dopo la notifica di tale situazione da parte dell’entità, il Comitato, previa consultazione delle autorità competenti, inclusa la BCE, se del caso esercita il potere di cui al paragrafo 1, eccetto se, a seguito di una valutazione, conclude che siano soddisfatte almeno due delle condizioni seguenti:
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a) l’inadempimento è dovuto a una perturbazione grave del funzionamento dei mercati finanziari, che comporta uno stress generalizzato dei mercati finanziari in vari segmenti dei mercati finanziari; b) la perturbazione di cui al punto a) non solo comporta la maggiore volatilità dei prezzi degli strumenti di fondi propri e passività ammissibili dell’entità o maggiori costi per quest’ultima, ma conduce altresì a una chiusura completa o parziale dei mercati che impedisce all’entità di emettere su tali mercati strumenti di fondi propri e passività ammissibili; c) la chiusura dei mercati di cui al punto b) viene osservata non solo per l’entità interessata, ma anche per varie altre entità; d) la perturbazione di cui al punto a) impedisce all’entità interessata di emettere strumenti di fondi propri e di passività ammissibili sufficienti a porre rimedio all’inadempimento; o e) l’esercizio del potere di cui al paragrafo 1 porta a ricadute negative per una parte del settore bancario, così potenzialmente compromettendo la stabilità finanziaria. Laddove si applichi l’eccezione di cui al primo comma, il Comitato notifica all’autorità competente, inclusa la BCE, se del caso, la sua decisione ed illustra la propria valutazione per iscritto. Il Comitato ripete la valutazione delle condizioni di cui al primo comma ogni mese per valutare se l’eccezione di cui al primo comma possa essere applicata. 4. L’“M-MDA” è calcolato moltiplicando la somma calcolata conformemente al paragrafo 5 per il fattore determinato conformemente al paragrafo 6. L’“MMDA” è ridotto dall’importo derivante da qualsiasi delle azioni di cui al paragrafo 1, lettera a), b) o c). 5. La somma da moltiplicare conformemente al paragrafo 4 è costituita: a) tutti gli utili di periodo non inclusi nel capitale primario di classe 1 ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 575/2013, al netto di qualsiasi distribuzione di utili o di qualsiasi pagamento derivante dalle azioni di cui al paragrafo 1, lettera a), b) o c) del presente articolo; più b) tutti gli utili di fine esercizio non inclusi nel capitale primario di classe 1 ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 575/2013, al netto di qualsiasi distribuzione di utili o di qualsiasi pagamento derivante dalle azioni di cui al paragrafo 1, lettera a), b) o c) del presente articolo; meno c) gli importi da pagare a titolo d’imposta se gli elementi di cui alle lettere a) e b) del presente paragrafo non fossero distribuiti. 6. Il fattore di cui al paragrafo 4 è determinato come segue: a) quando il capitale primario di classe 1 detenuto dall’entità e non utilizzato per rispettare uno qualsiasi dei requisiti di cui all’articolo 92 bis del regolamento (UE) n. 575/2013 e agli articoli 12 quinquies e 12 sexies del presente regolamento, espresso come percentuale dell’importo complessivo dell’esposizione al rischio calcolato conformemente all’articolo 92, paragrafo 3, del regolamento
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(UE) n. 575/2013, rientra nel primo (ossia il più basso) quartile del requisito combinato di riserva di capitale, il fattore è pari a 0; b) quando il capitale primario di classe 1 detenuto dall’entità e non utilizzato per rispettare uno qualsiasi dei requisiti di cui all’articolo 92 bis del regolamento (UE) n. 575/2013 e agli articoli 12 quinquies e 12 sexies del presente regolamento, espresso come percentuale dell’importo complessivo dell’esposizione al rischio calcolato conformemente all’articolo 92, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 575/2013, rientra nel secondo quartile del requisito combinato di riserva di capitale, il fattore è pari a 0,2; c) quando il capitale primario di classe 1 detenuto dall’entità e non utilizzato per rispettare i requisiti di cui all’articolo 92 bis del regolamento (UE) n. 575/2013 e agli articoli 12 quinquies e 12 sexies del presente regolamento, espresso come percentuale dell’importo complessivo dell’esposizione al rischio calcolato conformemente all’articolo 92, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 575/2013, rientra nel terzo quartile del requisito combinato di riserva di capitale, il fattore è pari a 0,4; d) quando il capitale primario di classe 1 detenuto dall’entità e non utilizzato per rispettare i requisiti di cui all’articolo 92 bis del regolamento (UE) n. 575/2013 e agli articoli 12 quinquies e 12 sexies del presente regolamento, espresso come percentuale dell’importo complessivo dell’esposizione al rischio calcolato conformemente all’articolo 92, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 575/2013, rientra nel quarto (ossia il più elevato) quartile del requisito combinato di riserva di capitale, il fattore è pari a 0,6. I limiti inferiore e superiore di ciascun quartile del requisito combinato di riserva di capitale sono calcolati come segue: Limite inferiore del quartile = Requisito combinato di riserva di capitale × (Qa − 1) 4 Limite superiore del quartile = Requisito combinato di riserva di capitale × Qa 4
dove “Qn” = il numero del rispettivo quartile.»; 6. l’articolo 12 del regolamento (UE) n. 806/2014 è sostituito dai seguenti articoli: «Articolo 12 Requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili 1. Il Comitato, previa consultazione delle autorità competenti, inclusa la BCE, determina i requisiti di fondi propri e passività ammissibili di cui agli articoli da 12 bis a 12 decies, soggetti a svalutazione e conversione, che devono essere soddisfatti in ogni momento dalle entità e dai gruppi di cui all’articolo 7, paragrafo 2, lettera b) e all’articolo 7, paragrafo 5, lettera b), o all’articolo 7, paragrafo 5, quando le condizioni per l’applicazione di tali paragrafi sono verificate.
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2. Le entità di cui al paragrafo 1, comprese le entità che fanno parte di gruppi, comunicano le informazioni conformemente all’articolo 45 decies, paragrafi 1, 2, e 4, della direttiva 2014/59/UE all’autorità nazionale di risoluzione dello Stato membro partecipante in cui sono stabilite. L’autorità nazionale di risoluzione trasmette al Comitato senza indebiti ritardi le informazioni di cui al primo comma. 3. Nell’elaborare i piani di risoluzione a norma dell’articolo 9, le autorità nazionali di risoluzione, previa consultazione delle autorità competenti, determinano i requisiti di fondi propri e passività ammissibili, a norma degli articoli da 12 bis a 12 decies, soggetti ai poteri di svalutazione e di conversione, che le entità di cui all’articolo 7, paragrafo 3, sono tenute a rispettare in ogni momento. A tale proposito si applica la procedura di cui all’articolo 31. 4 Il Comitato determina quanto previsto al paragrafo 1 del presente articolo in parallelo con lo sviluppo e il mantenimento dei piani di risoluzione a norma dell’articolo 8. 5. Il Comitato trasmette quanto determinato alle autorità nazionali di risoluzione. Le autorità nazionali di risoluzione eseguono le istruzioni del Comitato conformemente all’articolo 29. Il Comitato impone alle autorità nazionali di risoluzione di verificare e garantire che le entità e i gruppi rispettino i requisiti di fondi propri e passività ammissibili stabiliti al paragrafo 1 del presente articolo. 6. Il Comitato comunica alla BCE e all’ABE i requisiti di fondi propri e passività ammissibili che ha determinato per ciascuna entità e gruppo a norma del paragrafo 1. 7. Al fine di garantire l’applicazione efficace e coerente del presente articolo, il Comitato emana orientamenti, e trasmette istruzioni, alle autorità nazionali di risoluzione in relazione a entità o gruppi specifici. Articolo 12 bis Applicazione e calcolo del requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili 1. Il Comitato e le autorità nazionali di risoluzione garantiscono che le entità di cui all’articolo 12, paragrafi 1 e 3, soddisfino in ogni momento i requisiti di fondi propri e passività ammissibili ove richiesto da e a norma del presente articolo e degli articoli da 12 ter a 12 decies. 2. Il requisito di cui al paragrafo 1 del presente articolo è calcolato a norma dell’articolo 12 quinquies, paragrafo 3, 4 o 6, a seconda dei casi, come l’importo dei fondi propri e delle passività ammissibili, ed espresso in percentuali: a) dell’importo complessivo dell’esposizione al rischio dell’entità pertinente di cui al paragrafo 1 del presente articolo calcolato in conformità dell’articolo 92, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 575/2013; e b) della misura dell’esposizione complessiva dell’entità pertinente di cui al paragrafo del presente articolo calcolata in conformità degli articoli 429 e 429 bis del regolamento (UE) n. 575/2013.
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Articolo 12 ter Esenzione dal requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili 1. In deroga all’articolo 12 bis, il Comitato esenta dal requisito di cui all’articolo 12 bis, paragrafo 1, gli istituti di credito ipotecario che si finanziano con obbligazioni garantite ai quali, in base al diritto nazionale, non è consentito raccogliere depositi se sono soddisfatte tutte le condizioni seguenti: a) tali istituti saranno liquidati attraverso procedure di insolvenza nazionali o attraverso altri tipi di procedure previste per tali istituti attuate conformemente all’articolo 38, 40 o 42 della direttiva 2014/59/UE; e b) le procedure di cui alla lettera a) garantiscono che i creditori di tali istituti, compresi all’occorrenza i titolari di obbligazioni garantite, subiscano perdite secondo modalità conformi agli obiettivi della risoluzione. 2. Gli istituti esentati dal requisito di cui all’articolo 12, paragrafo 1, non fanno parte del consolidamento di cui all’articolo 12 septies, paragrafo 1. Articolo 12 quater Passività ammissibili per le entità soggette a risoluzione 1. Le passività sono computate nell’importo dei fondi propri e delle passività ammissibili delle entità soggette a risoluzione soltanto se soddisfano le condizioni di cui ai seguenti articoli del regolamento (UE) n. 575/2013: a) articolo 72 bis; b) articolo 72 ter, fatta eccezione per il paragrafo 2, lettera d); e c) articolo 72 quater. In deroga al primo comma del presente paragrafo, laddove il presente regolamento fa riferimento ai requisiti di cui all’articolo 92 bis o all’articolo 92 ter del regolamento (UE) n. 575/2013, ai fini di tali articoli le passività ammissibili sono costituite dalle passività ammissibili quali definite all’articolo 72 duodecies di tale regolamento e stabilite in conformità della parte II, titolo I, capo 5 bis dello stesso regolamento. 2. Le passività derivanti da strumenti di debito che incorporano una componente derivata, come le obbligazioni strutturate, che soddisfano le condizioni di cui al paragrafo 1, primo comma, fatta eccezione per l’articolo 72 bis, paragrafo 2, lettera l), del regolamento (UE) n. 575/2013, sono computate nell’importo dei fondi propri e delle passività ammissibili soltanto se è soddisfatta una delle condizioni seguenti: a) il valore nominale della passività derivante dal titolo di debito è noto al momento dell’emissione, è fisso o crescente, e non è influenzato da una componente derivata incorporata, e l’importo totale della passività derivante dal titolo di debito, ivi compresa la componente derivata incorporata, può essere valutato giornalmente con riferimento a un mercato attivo liquido nei due sensi per uno strumento equivalente senza rischio di credito conformemente agli articoli 104 e 105 del regolamento (UE) n. 575/2013; o b) il titolo di debito include una clausola contrattuale che specifica che il valore del credito in caso di insolvenza dell’emittente e di risoluzione dell’e-
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mittente è fisso o crescente e non è superiore all’importo della passività inizialmente versato. Gli strumenti di debito di cui al primo comma, compresa la loro componente derivata, non sono soggetti a un accordo di netting e la valutazione di tali strumenti non è soggetta all’articolo 49, paragrafo 3, della direttiva 2014/59/UE. Le passività di cui al primo comma sono computate nell’importo dei fondi propri e delle passività ammissibili soltanto relativamente alla parte di passività che corrisponde al valore nominale di cui alla lettera a) di tale comma o all’importo fisso o crescente di cui alla lettera b) di detto comma. 3. Qualora le passività siano emesse da una filiazione stabilita nell’Unione a favore di uno dei suoi azionisti esistenti che non fa parte dello stesso gruppo soggetto a risoluzione, e che fa parte dello stesso gruppo soggetto a risoluzione dell’entità soggetta a risoluzione, tali passività sono computate nell’importo dei fondi propri e delle passività ammissibili di tale entità soggetta a risoluzione, se sono soddisfatte tutte le condizioni seguenti: a) sono emesse conformemente all’articolo 12 octies, paragrafo 2, lettera a); b) l’esercizio del potere di svalutazione o di conversione in relazione a tali passività in conformità dell’articolo 21 non incide sul controllo della filiazione da parte dell’entità soggetta a risoluzione; c) tali passività non superano un importo determinato sottraendo: i) la somma delle passività emesse a favore dell’entità soggetta a risoluzione e da essa acquistate direttamente o indirettamente mediante altre entità nello stesso gruppo soggetto a risoluzione e l’importo dei fondi propri emessi conformemente all’articolo 12 octies, paragrafo 2, lettera b); ii) l’importo richiesto conformemente all’articolo 12 octies, paragrafo 1. 4. Fatto salvo il requisito minimo di cui all’articolo 12 quinquies, paragrafo 4, e all’articolo 12 sexies, paragrafo 1, lettera a), il Comitato, di propria iniziativa previa consultazione dell’autorità nazionale di risoluzione o su proposta di un’autorità nazionale di risoluzione, assicura che una parte del requisito di cui all’articolo 12 septies pari all’8% delle passività totali, fondi propri compresi, sia rispettato dalle entità soggette a risoluzione che sono G-SII o dalle entità soggette a risoluzione che sono soggette all’articolo 12 quinquies, paragrafo 4 o 5, utilizzando fondi propri e strumenti subordinati ammissibili o passività di cui al paragrafo 3 del presente articolo. Il Comitato può consentire che un livello inferiore all’8% delle passività totali, fondi propri compresi, ma superiore all’importo risultante dall’applicazione della formula [1(-X1/X2)] × 8% delle passività totali, compresi i fondi propri, sia rispettato dalle entità soggette a risoluzione che sono GSII o dalle entità soggette a risoluzione che sono soggette all’articolo 12 quinquies, paragrafo 4 o 5, utilizzando fondi propri e strumenti subordinati ammissibili o passività di cui al paragrafo 3 del presente articolo, purché tutte le condizioni di cui all’articolo 72 ter, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 575/2013 siano soddisfatte, laddove, considerando la riduzione possibile ai sensi dell’articolo 72 ter, paragrafo 3, di tale regolamento: X1 = 3,5% dell’importo complessivo dell’esposizione al rischio calcolato conformemente all’articolo 92, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 575/2013; e
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X2 = ila somma di: il 18% dell’importo complessivo dell’esposizione al rischio calcolato conformemente all’articolo 92, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 575/2013 e la somma del requisito combinato di riserva di capitale. Qualora, per le entità soggette a risoluzione soggette all’articolo 12 quinquies, paragrafo 4, l’applicazione del primo comma del presente paragrafo porti a un requisito superiore al 27 % dell’importo complessivo dell’esposizione al rischio, per l’entità soggetta a risoluzione in questione, il Comitato limita la parte del requisito di cui all’articolo 12 septies da soddisfare utilizzando fondi propri, strumenti subordinati ammissibili o passività di cui al paragrafo 3 del presente articolo, a un importo pari al 27 % dell’importo complessivo dell’esposizione al rischio, se il Comitato ha valutato che: a) l’accesso al Fondo non è considerato un’opzione per la risoluzione di tale entità soggetta a risoluzione nel piano di risoluzione; e b) ove non si applichi la lettera a), il requisito di cui all’articolo 12 septies consente all’entità soggetta a risoluzione di soddisfare il requisito di cui all’articolo 27, paragrafo 7. Nello svolgimento della valutazione di cui al secondo comma, il Comitato tiene conto del rischio di un impatto sproporzionato sul modello di business dell’entità soggetta a risoluzione interessata. Per le entità soggette a risoluzione che sono soggette all’articolo 12 quinquies, paragrafo 5, il secondo comma del presente paragrafo non si applica. 5. Per le entità soggette a risoluzione che non sono né G-SII né entità soggette a risoluzione che sono soggette all’articolo 12 quinquies, paragrafo 4 o 5, il Comitato, di propria iniziativa previa consultazione dell’autorità nazionale di risoluzione o su proposta di un’autorità nazionale di risoluzione, può decidere che una parte del requisito di cui all’articolo 12 septies, maggiore fino all’8 % delle passività totali dell’entità, fondi propri compresi, e la formula di cui al paragrafo 7 del presente articolo è soddisfatta utilizzando fondi propri e strumenti subordinati ammissibili o passività di cui al paragrafo 3 del presente articolo, se sono soddisfatte le condizioni seguenti: a) le passività non subordinate di cui ai paragrafi 1 e 2 del presente articolo hanno, nella gerarchia della procedura di insolvenza nazionale, lo stesso livello di priorità di certe passività che sono escluse dall’applicazione dei poteri di svalutazione o di conversione in conformità dell’articolo 27, paragrafo 3 o dell’articolo 27, paragrafo 5; b) sussiste il rischio che, a causa dell’applicazione programmata dei poteri di svalutazione o di conversione alle passività non subordinate che non sono escluse dall’applicazione dei poteri di svalutazione o di conversione in conformità dell’articolo 27, paragrafo 3 o dell’articolo 27, paragrafo 5, i creditori i cui crediti derivano da tali passività subiscano perdite superiori a quelle che subirebbero in caso di liquidazione nel quadro della procedura ordinaria di insolvenza; c) l’importo dei fondi propri e delle altre passività subordinate non supera l’importo necessario per evitare che i creditori di cui alla lettera b) subiscano
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perdite superiori a quelle che avrebbero altrimenti subito in caso di liquidazione nel quadro della procedura ordinaria di insolvenza. Qualora il Comitato stabilisca che, all’interno di una classe di passività che include le passività ammissibili, l’importo delle passività che sono escluse o ragionevolmente suscettibili di essere escluse dall’applicazione dei poteri di svalutazione o di conversione a norma dell’articolo 27, paragrafo 3 o 5, ammonta a oltre il 10 % di tale classe, il Comitato valuta il rischio di cui al primo comma, lettera b) del presente paragrafo. 6. Ai fini dei paragrafi 4, 5 e 7, le passività risultanti da un derivato sono incluse nelle passività totali, purché siano pienamente riconosciuti i diritti di netting della controparte. I fondi propri di un’entità soggetta a risoluzione che sono utilizzati per soddisfare il requisito combinato di riserva di capitale possono soddisfare i requisiti di cui ai paragrafi 4, 5 e 7. 7. In deroga al paragrafo 3 del presente articolo, il Comitato può decidere che il requisito di cui all’articolo 12 octies del presente regolamento deve essere rispettato dalle entità soggette a risoluzione che sono G-SII o dalle entità soggette a risoluzione che sono soggette all’articolo 12 quinquies, paragrafo 4 o 5 del presente regolamento, utilizzando fondi propri, strumenti subordinati ammissibili o le passività di cui al paragrafo 3 del presente articolo nella misura in cui a causa dell’obbligo dell’entità soggetta a risoluzione di rispettare il requisito combinato di riserva di capitale e i requisiti di cui all’articolo 92 bis del regolamento (UE) n. 575/2013, all’articolo 12 quinquies, paragrafo 4, e all’articolo 12 septies del presente regolamento, la somma di tali fondi propri, strumenti e passività non superi il più elevato dei due limiti seguenti: a) l’8 % delle passività totali, fondi propri compresi, dell’entità, o b) l’importo risultante dall’applicazione della formula A × 2 + B × 2 + C, dove A, B e C rappresentano gli importi seguenti: A= l’importo risultante dal requisito di cui all’articolo 92, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (UE) n. 575/2013; B= l’importo risultante dal requisito di cui all’articolo 104 bis della direttiva 2013/36/UE; C= l’importo risultante dal requisito. 8. Il Comitato può esercitare il potere di cui al paragrafo 7 del presente articolo per quanto riguarda le entità soggette a risoluzione che sono G-SII o che sono soggette all’articolo 12 quinquies, paragrafo 4 o 5, e che soddisfano una delle condizioni indicate al secondo comma del presente paragrafo, fino al limite del 30 % del numero totale di tutte le entità soggette a risoluzione che sono G-SII o che sono soggette all’articolo 12 quinquies, paragrafo 4 o 5, per le quali il Comitato determina il requisito di cui all’articolo 12 septies. Le condizioni sono considerate dal Comitato come segue: a) sono stati individuati nella precedente valutazione della possibilità di risoluzione impedimenti sostanziali alla possibilità di risoluzione e:
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i) non sono state adottate misure correttive a seguito dell’applicazione delle misure di cui all’articolo 10, paragrafo 11, nella tempistica richiesta dal Comitato, oppure ii) gli impedimenti sostanziali individuati non possono essere affrontati utilizzando alcuna delle misure di cui all’articolo 10, paragrafo 11, e l’esercizio del potere di cui al paragrafo 7 del presente articolo compenserebbe interamente o parzialmente l’impatto negativo degli impedimenti sostanziali alla possibilità di risoluzione, b) il Comitato ritiene che la fattibilità e la credibilità della strategia di risoluzione prescelta dall’entità soggetta a risoluzione siano limitate, tenendo conto delle dimensioni e delle interconnessioni dell’entità, della natura, dell’ambito di applicazione, del rischio e della complessità delle sue attività, del suo status giuridico e della sua struttura azionaria, oppure c) il requisito di cui all’articolo 104 bis della direttiva 2013/36/UE rispecchia il fatto che le entità soggette a risoluzione che sono G-SII o sono soggette all’articolo 12 quinquies, paragrafo 4 o 5 del presente regolamento, sono fra il 20 % degli enti più rischiosi per i quali il Comitato determina il requisito di cui all’articolo 12 bis, paragrafo 1 del presente regolamento. Ai fini delle percentuali di cui al primo e al secondo comma, il Comitato arrotonda per eccesso il numero derivante dal calcolo al numero intero più vicino. 9. Previa consultazione delle autorità competenti, inclusa la BCE, il Comitato adotta la decisione di cui ai paragrafi 5 o 7. Nell’adottare tali decisioni, il Comitato prende altresì in considerazione: a) la profondità del mercato per gli strumenti di fondi propri dell’entità soggetta a risoluzione e gli strumenti subordinati ammissibili, la determinazione del prezzo di tali strumenti, laddove esistenti, e il tempo necessario per eseguire tutte le operazioni necessarie ai fini del rispetto della decisione; b) l’importo degli strumenti di passività ammissibili che soddisfano tutte le condizioni di cui all’articolo 72 bis del regolamento (UE) n. 575/2013 e che hanno una durata residua inferiore a un anno alla data della decisione, al fine di effettuare aggiustamenti quantitativi ai requisiti di cui ai paragrafi 5 e 7 del presente articolo; c) la disponibilità e l’importo degli strumenti che soddisfano tutte le condizioni di cui all’articolo 72 bis del regolamento (UE) n. 575/2013, diverse da quelle di cui all’articolo 72 ter, paragrafo 2, lettera d) di tale regolamento; d) se l’importo delle passività che sono escluse dall’applicazione dei poteri di svalutazione e di conversione in conformità dell’articolo 27, paragrafo 3 o 5 e che, nel quadro della procedura ordinaria di insolvenza, hanno lo stesso rango o un rango inferiore a quello delle passività ammissibili di rango più elevato è significativo rispetto ai fondi propri e alle passività ammissibili dell’entità soggetta a risoluzione. Se l’importo delle passività escluse non supera il 5 % dell’importo dei fondi propri e delle passività ammissibili di un’entità, l’importo escluso è considerato non significativo. Al di sopra di tale limite, la rilevanza delle passività escluse è valutata dal Comitato;
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e) il modello di business, il modello di finanziamento e il profilo di rischio dell’entità soggetta a risoluzione, nonché la sua stabilità e la sua capacità di contribuire all’economia; e f) l’impatto degli eventuali costi di ristrutturazione sulla ricapitalizzazione dell’entità soggetta a risoluzione. Articolo 12 quinquies Determinazione del requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili 1. Il requisito a norma dell’articolo 12 bis, paragrafo 1, è determinato dal Comitato, previa consultazione delle autorità competenti, inclusa la BCE, in base ai criteri seguenti: a) la necessità di assicurare che il gruppo soggetto a risoluzione possa essere risolto mediante applicazione degli strumenti di risoluzione all’entità soggetta a risoluzione, compreso, se del caso, lo strumento del bail-in, in modo da conseguire gli obiettivi della risoluzione; b) la necessità di assicurare, laddove opportuno, che l’entità soggetta a risoluzione e le sue filiazioni che sono enti o entità di cui all’articolo 12, paragrafo 1, ma non entità soggette a risoluzione, abbiano sufficienti fondi propri e passività ammissibili per garantire che rispettivamente, in caso di applicazione dello strumento del bail-in o di esercizio dei poteri di svalutazione e di conversione, le perdite possano essere assorbite e che si possibile ripristinare il coefficiente di capitale totale e, se del caso, il coefficiente di leva finanziaria delle entità interessate ad un livello che permetta loro di continuare a rispettare le condizioni di autorizzazione e di continuare a svolgere le attività per le quali sono autorizzate ai sensi della direttiva 2013/36/UE o della direttiva 2014/65/UE; c) la necessità di assicurare che, se il piano di risoluzione prevede la possibilità che certe classi di passività ammissibili possano essere escluse dal bail-in ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 5 del presente regolamento, o possano essere cedute interamente a un ricevente con una cessione parziale, l’entità soggetta a risoluzione abbia fondi propri e altre passività ammissibili sufficienti per assorbire le perdite e ripristinare il coefficiente di capitale totale e, a seconda dei casi, il coefficiente di leva finanziaria dell’entità soggetta a risoluzione ad un livello che le permetta di continuare a rispettare le condizioni di autorizzazione e di continuare a svolgere le attività per le quali è autorizzata ai sensi della direttiva 2013/36/UE o della direttiva 2014/65/UE; d) le dimensioni, modello di business, modello di finanziamento e profilo di rischio dell’entità; e) la misura in cui il dissesto dell’entità avrebbe un effetto negativo sulla stabilità finanziaria, fra l’altro a causa del contagio di altri enti o entità dovuto alle interconnessioni dell’entità con tali altri enti o entità o con il sistema finanziario in generale. 2. Se il piano di risoluzione prevede che sia avviata l’azione di risoluzione o che siano esercitati i poteri di svalutazione e di conversione degli strumenti di capitale e delle passività ammissibili in conformità dell’articolo 21 a norma dello
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scenario pertinente di cui all’articolo 8, paragrafo 6, il requisito di cui all’articolo 12 bis, paragrafo 1, è pari a un importo sufficiente per garantire che: a) le perdite che sono prevedibilmente sostenute dall’entità siano integralmente assorbite (“assorbimento delle perdite”); b) l’entità soggetta a risoluzione e le sue filiazioni che sono enti o istituzioni di cui all’articolo 12, paragrafo 1 o 3, ma non entità soggette a risoluzione, siano ricapitalizzate al livello necessario per consentire loro di continuare a rispettare le condizioni di autorizzazione e a svolgere le attività per le quali sono autorizzate ai sensi della direttiva 2013/36/UE, della direttiva 2014/65/UE o di un atto legislativo equivalente per un periodo di tempo idoneo non superiore ad un anno (“ricapitalizzazione”). Se il piano di risoluzione prevede che l’entità sia liquidata con procedura ordinaria di insolvenza o altre procedure nazionali equivalenti, il Comitato valuta se sia giustificato limitare il requisito di cui all’articolo 12 bis, paragrafo 1, per l’entità in questione di modo che non superi un importo sufficiente per assorbire le perdite a norma del primo comma, lettera a). La valutazione del Comitato esamina, in particolare, il limite di cui al secondo comma per quanto riguarda i possibili impatti sulla stabilità finanziaria e sul rischio di contagio del sistema finanziario. 3. Per le entità soggette a risoluzione, l’importo di cui al paragrafo 2, primo comma, è composto dai seguenti importi: a) ai fini del calcolo del requisito di cui all’articolo 12 bis, paragrafo 1, in conformità dell’articolo 12 bis, paragrafo 2, lettera a), la somma: i) dell’importo delle perdite da assorbire nel quadro della risoluzione, che corrisponde ai requisiti di cui all’articolo 92, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (UE) n. 575/2013 e all’articolo 104 bis della direttiva 2013/36/UE, dell’entità soggetta a risoluzione a livello del gruppo soggetto a risoluzione su base consolidata; e ii) di un importo di ricapitalizzazione che permette al gruppo soggetto a risoluzione risultante dalla risoluzione di ripristinare la conformità con il requisito relativo al coefficiente di capitale totale di cui all’articolo 92, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (UE) n. 575/2013 e il requisito di cui all’articolo 104 bis della direttiva 2013/36/UE a livello del gruppo soggetto a risoluzione su base consolidata dopo l’attuazione della strategia di risoluzione prescelta; e b) ai fini del calcolo del requisito di cui all’articolo 12 bis, paragrafo 1, in conformità dell’articolo 12 bis, paragrafo 2, lettera b), la somma: i) dell’importo delle perdite da assorbire nel quadro della risoluzione, che corrisponde al requisito di coefficiente di leva finanziaria dell’entità soggetta a risoluzione di cui all’articolo 92, paragrafo 1, lettera d), del regolamento (UE) n. 575/2013 a livello del gruppo soggetto a risoluzione su base consolidata; e ii) di un importo di ricapitalizzazione che permette al gruppo soggetto a risoluzione risultante dalla risoluzione di ripristinare la conformità con il requisito di coefficiente di leva finanziaria di cui all’articolo 92, paragrafo 1, lettera d), del regolamento (UE) n. 575/2013 a livello del gruppo soggetto a risoluzione su base consolidata, dopo l’attuazione della strategia di risoluzione prescelta.
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Ai fini dell’articolo 12 bis, paragrafo 2, lettera a), il requisito di cui all’articolo 12 bis, paragrafo 1, è espresso in percentuale come importo calcolato in conformità del primo comma del presente paragrafo, lettera a), diviso per l’importo complessivo dell’esposizione al rischio. Ai fini dell’articolo 12 bis, paragrafo 2, lettera b), il requisito di cui all’articolo 12 bis, paragrafo 1, è espresso in percentuale come importo calcolato in conformità del primo comma del presente paragrafo, lettera b), diviso per la misura dell’esposizione complessiva. Nello stabilire il requisito individuale di cui al primo comma, lettera b) del presente paragrafo, il Comitato tiene conto dei requisiti di cui all’articolo 27, paragrafo 7. Nello stabilire gli importi di ricapitalizzazione di cui ai precedenti commi, il Comitato: a) utilizza i valori comunicati più recentemente relativi al pertinente importo complessivo dell’esposizione al rischio o alla misura dell’esposizione complessiva, adeguati alle eventuali modifiche derivanti da azioni di risoluzione previste dal piano di risoluzione; e b) previa consultazione delle autorità competenti, inclusa la BCE, adegua al ribasso o al rialzo l’importo corrispondente al vigente requisito di cui all’articolo 104 bis della direttiva 2013/36/UE per determinare il requisito da applicare all’entità soggetta a risoluzione dopo l’attuazione della strategia di risoluzione prescelta. Il Comitato ha la facoltà di aumentare il requisito di cui al primo comma, lettera a), punto ii), di un importo adeguato per garantire che, a seguito della risoluzione, l’entità possa sostenere una sufficiente fiducia del mercato per un periodo di tempo adeguato non superiore a un anno. Ove si applichi il sesto comma del presente paragrafo, l’importo di cui a tale comma è pari al requisito combinato di riserva di capitale che si applica dopo l’applicazione degli strumenti di risoluzione meno l’importo di cui all’articolo 128, punto 6, lettera a) della direttiva 2013/36/UE. L’importo di cui al sesto comma del presente paragrafo è adeguato al ribasso se, dopo aver consultato le autorità competenti, inclusa la BCE, il Comitato ritiene fattibile e credibile che sia sufficiente un importo inferiore per sostenere la fiducia del mercato e assicurare sia la continuità nella fornitura delle funzioni economiche essenziali da parte dell’ente o dell’entità di cui all’articolo 12, paragrafo 1, sia l’accesso ai finanziamenti senza ricorso a un sostegno finanziario pubblico straordinario diverso dai contributi a titolo del Fondo, conformemente con l’articolo 27, paragrafo 7, e con l’articolo 76, paragrafo 3, e dopo l’attuazione della strategia di risoluzione. Tale importo è adeguato al rialzo se, dopo aver consultato le autorità competenti, inclusa la BCE, il Comitato stabilisce che è necessario un importo più elevato per sostenere una sufficiente fiducia del mercato e assicurare sia la continuità nella fornitura delle funzioni economiche essenziali da parte dell’ente o dell’entità di cui all’articolo 12, paragrafo 1, sia il suo accesso ai finanziamenti senza ricorso a un sostegno finanziario pubblico straordinario diverso dai contributi a titolo del Fondo conformemente con l’ar-
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ticolo 27, paragrafo 7 e con l’articolo 76, paragrafo 3, per un periodo di tempo adeguato non superiore a un anno. 4. Per le entità soggette a risoluzione che non sono soggette all’articolo 92 bis del regolamento (UE) n. 575/2013 e che sono parte di un gruppo soggetto a risoluzione le cui attività totali superano i 100 miliardi di EUR, il livello del requisito di cui al paragrafo 3 del presente articolo è pari almeno a: a) 13,5 % se calcolato in conformità dell’articolo 12 bis, paragrafo 2, lettera a); e b) 5 % se calcolato in conformità dell’articolo 12 bis, paragrafo 2, lettera b). In deroga all’articolo 12 quater, le entità soggette a risoluzione di cui al primo comma del presente paragrafo soddisfano un livello del requisito di cui al primo comma del presente paragrafo, che è pari al 13,5 % se calcolato in conformità dell’articolo 12 bis, paragrafo 2, lettera a), e al 5 % se calcolato in conformità dell’articolo 12 bis, paragrafo 2, lettera b), usando fondi propri, strumenti subordinati ammissibili o passività di cui all’articolo 12 quater, paragrafo 3, del presente regolamento. 5. Su richiesta dell’autorità nazionale di risoluzione di un’entità soggetta a risoluzione, il Comitato applica i requisiti di cui al paragrafo 4 del presente articolo a un’entità soggetta a risoluzione che non è soggetta all’articolo 92 bis del regolamento (UE) n. 575/2013 e che fa parte di un gruppo soggetto a risoluzione le cui attività totali sono inferiori a 100 miliardi di EUR e che è stata valutata dall’autorità nazionale di risoluzione come ragionevolmente suscettibile di presentare rischi sistemici in caso di dissesto. Nell’adottare la decisione di presentare una richiesta di cui al primo comma del presente paragrafo, l’autorità nazionale di risoluzione prende in considerazione: a) la prevalenza dei depositi, e l’assenza di strumenti di debito, nel modello di finanziamento; b) la misura in cui l’accesso ai mercati dei capitali per le passività ammissibili sia limitato; c) la misura in cui l’entità soggetta a risoluzione ricorra al capitale primario di classe 1 per soddisfare il requisito di cui all’articolo 12 septies. L’assenza di una richiesta da parte dell’autorità nazionale di risoluzione ai sensi del primo comma del presente paragrafo non pregiudica eventuali decisioni del Comitato ai sensi dell’articolo 12 quater, paragrafo 5. 6. Per le entità che non sono entità soggette a risoluzione, l’importo di cui al paragrafo 2 è composto dai seguenti importi: a) ai fini del calcolo del requisito di cui all’articolo 12 bis, paragrafo 1, in conformità dell’articolo 12 bis, paragrafo 2, lettera a), la somma: i) dell’importo delle perdite da assorbire che corrisponde ai requisiti di cui all’articolo 92, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (UE) n. 575/2013 e all’articolo 104 bis della direttiva 2013/36/UE, dell’entità; e ii) di un importo di ricapitalizzazione che permette all’entità di ripristinare la conformità con il requisito relativo al coefficiente di capitale totale di cui all’articolo 92, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (UE) n. 575/2013 e il requisito
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di cui all’articolo 104 bis della direttiva 2013/36/UE, a seguito dell’esercizio del potere di svalutare o convertire i pertinenti strumenti di capitale e passività ammissibili a norma dell’articolo 21 del presente regolamento o dopo la risoluzione del gruppo soggetto a risoluzione; e b) ai fini del calcolo del requisito di cui all’articolo 12 bis, paragrafo 1, in conformità dell’articolo 12 bis, paragrafo 2, lettera b), la somma: i) dell’importo delle perdite da assorbire, che corrisponde al requisito di coefficiente di leva finanziaria di cui all’articolo 92, paragrafo 1, lettera d), del regolamento (UE) n. 575/2013; e ii) di un importo di ricapitalizzazione che permette all’entità di ripristinare la conformità con il requisito relativo al coefficiente di leva finanziaria di cui all’articolo 92, paragrafo 1, lettera d), del regolamento (UE) n. 575/2013 a seguito dell’esercizio del potere di svalutare o convertire i pertinenti strumenti di capitale e passività ammissibili a norma dell’articolo 21 del presente regolamento o dopo la risoluzione del gruppo soggetto a risoluzione. Ai fini dell’articolo 12 bis, paragrafo 2, lettera a), il requisito di cui all’articolo 12 bis, paragrafo 1, è espresso in percentuale come importo calcolato in conformità del primo comma del presente paragrafo, lettera a), diviso per l’importo complessivo dell’esposizione al rischio. Ai fini dell’articolo 12 bis, paragrafo 2, lettera b), il requisito di cui all’articolo 12 bis, paragrafo 1, è espresso in percentuale come importo calcolato in conformità del primo comma del presente paragrafo, lettera b), diviso per la misura dell’esposizione complessiva. Nello stabilire il requisito individuale di cui al primo comma, lettera b), del presente paragrafo, il Comitato tiene conto dei requisiti di cui all’articolo 27, paragrafo 7. Nello stabilire gli importi di ricapitalizzazione di cui ai precedenti commi, il Comitato: a) utilizza i valori comunicati più recentemente relativi al pertinente importo complessivo dell’esposizione al rischio o alla misura del coefficiente di leva finanziaria adeguati alle eventuali modifiche derivanti da azioni previste dal piano di risoluzione; e b) previa consultazione delle autorità competenti, inclusa la BCE, adegua al ribasso o al rialzo l’importo corrispondente al vigente requisito di cui all’articolo 104 bis della direttiva 2013/36/UE per determinare il requisito che applica all’entità interessata a seguito dell’esercizio del potere di svalutare o convertire i pertinenti strumenti di capitale e passività ammissibili a norma dell’articolo 21 del presente regolamento oppure dopo la risoluzione del gruppo soggetto a risoluzione. Il Comitato può aumentare il requisito di cui al primo comma, lettera a), punto ii) del presente paragrafo, di un importo adeguato necessario per garantire che, a seguito dell’esercizio del potere di svalutare o convertire i pertinenti strumenti di capitale e passività ammissibili a norma dell’articolo 21, l’entità sia in grado di sostenere una sufficiente fiducia del mercato per un periodo di tempo adeguato non superiore a un anno.
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Ove si applichi il sesto comma del presente paragrafo, l’importo di cui a tale paragrafo è pari al requisito combinato di riserva di capitale che si applica dopo l’esercizio del potere di cui all’articolo 21 del presente regolamento o dopo la risoluzione del gruppo soggetto a risoluzione, meno l’importo di cui di cui all’articolo 128, punto 6, lettera a) della direttiva 2013/36/UE. L’importo di cui al sesto comma del presente paragrafo è adeguato al ribasso se, dopo aver consultato le autorità competenti, inclusa la BCE, il Comitato ritiene fattibile e credibile che sia sufficiente un importo inferiore per garantire la fiducia del mercato e per assicurare sia la continuità nella fornitura delle funzioni economiche essenziali da parte dell’ente o dell’entità di cui all’articolo 12, paragrafo 1, che l’accesso ai finanziamenti senza ricorso a un sostegno finanziario pubblico straordinario diverso dai contributi a titolo del Fondo, conformemente all’articolo 27, paragrafo 7, e all’articolo 76, paragrafo 3, dopo l’esercizio del potere di cui all’articolo 21 o dopo la risoluzione del gruppo soggetto a risoluzione. Tale importo è adeguato al rialzo se, dopo aver consultato le autorità competenti, inclusa la BCE, il Comitato stabilisce che è necessario un importo più elevato per sostenere una sufficiente fiducia del mercato e per assicurare sia la continuità nella fornitura delle funzioni economiche essenziali da parte dell’ente o dell’entità di cui all’articolo 12, paragrafo 1, che l’accesso ai finanziamenti senza ricorso a un sostegno finanziario pubblico straordinario diverso dai contributi a titolo del Fondo, conformemente all’articolo 27, paragrafo 7 e all’articolo 76, paragrafo 3, per un periodo adeguato non superiore a un anno. 7. Se il Comitato si aspetta che certe classi di passività ammissibili siano ragionevolmente suscettibili di essere escluse totalmente o parzialmente dal bailin a norma dell’articolo 27, paragrafo 5, o possano essere cedute interamente a un ricevente con una cessione parziale, il requisito di cui all’articolo 12 bis, paragrafo 1, è soddisfatto utilizzando fondi propri o altre passività ammissibili che sono sufficienti per: a) coprire l’importo delle passività escluse identificate in conformità dell’articolo 27, paragrafo 5; b) assicurare che le condizioni di cui al paragrafo 2 siano soddisfatte. 8. Qualsiasi decisione del Comitato […] di imporre un requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili a norma del presente articolo contiene la motivazione della decisione stessa, compresa una valutazione completa degli elementi di cui ai paragrafi da 2 a 7 del presente articolo, ed è riesaminata dal Comitato senza indebito ritardo per riflettere ogni variazione del livello del requisito di cui all’articolo 104 bis della direttiva 2013/36/UE. 9. Ai fini dei paragrafi 3 e 6 del presente articolo, i requisiti patrimoniali sono interpretati conformemente all’applicazione, da parte dell’autorità competente, delle disposizioni transitorie di cui alla parte dieci, titolo I, capi 1, 2 e 4, del regolamento (UE) n. 575/2013 e alle disposizioni della legislazione nazionale adottate esercitando le opzioni concesse dallo stesso regolamento alle autorità competenti.
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Articolo 12 sexies Determinazione del requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili per le entità soggette a risoluzione dei G-SII e le filiazioni significative nell’Unione di G-SII non UE 1. Il requisito di cui all’articolo 12 bis, paragrafo 1, di un’entità soggetta a risoluzione che è un G-SII o parte di un G-SII è costituito da quanto segue: a) i requisiti di cui agli articoli 92 bis e 494 del regolamento (UE) n. 575/2013; e b) qualsiasi requisito aggiuntivo di fondi propri e passività ammissibili che è stato stabilito dal Comitato specificatamente in relazione a tale entità a norma del paragrafo 3 del presente articolo. 2. Il requisito di cui all’articolo 12 bis, paragrafo 1, di una filiazione significativa nell’Unione di una G-SII non UE è costituito da quanto segue: a) i requisiti di cui agli articoli 92 ter e 494 del regolamento (UE) n. 575/2013; e b) qualsiasi requisito aggiuntivo di fondi propri e passività ammissibili che è stato stabilito dal Comitato specificatamente in relazione a tale filiazione significativa a norma del paragrafo 3 del presente articolo, da soddisfare utilizzando fondi propri e passività che rispettino le condizioni di cui all’articolo 12 octies e all’articolo 92 ter, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 575/2013. 3. Il Comitato impone un requisito aggiuntivo per i fondi propri e passività ammissibili ai sensi del paragrafo 1, lettera b) e del paragrafo 2, lettera b), soltanto: a) se il requisito di cui al paragrafo 1, lettera a), o al paragrafo 2 lettera a), del presente articolo non è sufficiente per soddisfare le condizioni di cui all’articolo 12 quinquies; e b) in misura tale da garantire il rispetto delle condizioni di cui all’articolo 12 quinquies. 4. Qualsiasi decisione del Comitato di imporre un requisito aggiuntivo di fondi propri e passività ammissibili ai sensi del presente articolo paragrafo 1, lettera b), o del presente articolo, paragrafo 2, lettera b), contiene i motivi della decisione stessa, compresa una valutazione completa degli elementi di cui al paragrafo 3, ed è riesaminata dal Comitato senza indebito ritardo per riflettere ogni variazione del livello del requisito di cui all’articolo 104 bis della direttiva 2013/36/UE che applica al gruppo soggetto a risoluzione o alla filiazione significativa nell’Unione di un G-SII non UE. Articolo 12 septies Applicazione del requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili alle entità soggette a risoluzione 1. Le entità soggette a risoluzione rispettano i requisiti di cui agli articoli da 12 quater a 12 sexies su base consolidata a livello del gruppo soggetto a risoluzione. 2. Il Comitato, previa consultazione dell’autorità di risoluzione a livello di gruppo, se tale autorità è diversa dal Comitato, e dell’autorità di vigilanza su
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base consolidata, determina il requisito di cui all’articolo 12 bis, paragrafo 1, per un’entità soggetta a risoluzione stabilita in uno Stato membro partecipante a livello del gruppo soggetto a risoluzione su base consolidata sulla base dei requisiti di cui agli articoli da 12 quater a 12 sexies e sulla base dell’eventualità o meno che le filiazioni di paesi terzi del gruppo debbano essere risolte separatamente ai sensi del piano di risoluzione. 3. Per i gruppi soggetti a risoluzione identificati conformemente all’articolo 3, paragrafo 1, punto 24 ter, lettera b), il Comitato stabilisce, a seconda delle caratteristiche del meccanismo di solidarietà e della strategia di risoluzione prescelta, quali entità del gruppo soggetto a risoluzione sono tenute a rispettare l’articolo 12 quinquies, paragrafi 3 e 4, e l’articolo 12 sexies, paragrafo 1, al fine di garantire la conformità del gruppo soggetto a risoluzione nel suo insieme ai paragrafi 1 e 2 del presente articolo, e come tali entità devono provvedervi conformemente al piano di risoluzione. Articolo 12 octies Applicazione del requisito minimo di fondi propri e di passività ammissibili alle entità che non sono entità soggette a risoluzione 1. Gli enti che sono filiazioni di un’entità soggetta a risoluzione o di un’entità di un paese terzo, ma che non sono entità soggette a risoluzione, rispettano i requisiti di cui all’articolo 12 quinquies su base individuale. Il Comitato, previa consultazione delle autorità competenti, inclusa la BCE, può decidere di applicare il requisito stabilito dal presente articolo a un’entità di cui all’articolo 2, lettera b), che è una filiazione di un’entità soggetta a risoluzione ma che non è un’entità soggetta a risoluzione. In deroga al primo comma del presente paragrafo, le imprese madri dell’Unione che non sono entità soggette a risoluzione, ma sono filiazioni di entità di paesi terzi, rispettano i requisiti di cui agli articoli 12 quinquies e 12 sexies su base consolidata. Per i gruppi soggetti a risoluzione identificati ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, punto 24 ter, lettera b), gli enti creditizi che sono affiliati permanentemente a un organismo centrale, ma che non sono entità soggette a risoluzione, un organismo centrale che non è un’entità soggetta a risoluzione, così come le entità soggette a risoluzione non soggette ai requisiti di cui all’articolo 12 septies, paragrafo 3, si conformano all’articolo 12 quinquies, paragrafo 6, su base individuale. Il requisito di cui all’articolo 12 bis, paragrafo 1, per le entità di cui al presente paragrafo è determinato sulla base dei requisiti di cui all’articolo 12 quinquies. 2. Il requisito di cui all’articolo 12 bis, paragrafo 1, per le entità di cui al paragrafo 1 del presente articolo è soddisfatto utilizzando uno o più dei seguenti mezzi: a) passività: i) che sono emesse a favore dell’entità soggetta a risoluzione e da essa acquistate direttamente o indirettamente mediante altre entità nello stesso grup-
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po soggetto a risoluzione che ha acquistato le passività dall’entità soggetta al presente articolo, o che sono emesse a favore di un azionista esistente che non fa parte dello stesso gruppo soggetto a risoluzione e da esso acquistate, a condizione che l’esercizio dei poteri di svalutazione o di conversione a norma dell’articolo 21 non incida sul controllo della filiazione da parte dell’entità soggetta a risoluzione; ii) che rispettano i criteri di ammissibilità di cui all’articolo 72 bis del regolamento (UE) n. 575/2013, fatta eccezione per l’articolo 72 ter, paragrafo 2, lettere b), c), k), l) e m), e per l’articolo 72 ter, paragrafi da 3 a 5, di tale regolamento; iii) che hanno, nella procedura ordinaria di insolvenza un rango inferiore a quello delle passività che non soddisfano la condizione di cui al punto i) e che non sono ammissibili ai requisiti di fondi propri; iv) che sono soggette ai poteri di svalutazione o di conversione a norma dell’articolo 21, in un modo che è coerente con la strategia di risoluzione del gruppo soggetto a risoluzione in quanto evita, in particolare, di incidere sul controllo della filiazione da parte dell’entità soggetta a risoluzione; v) l’acquisto di proprietà delle quali non è finanziato dall’entità soggetta al presente articolo, né direttamente né indirettamente; vi) disciplinate da disposizioni che non indicano, né implicitamente né esplicitamente, che le passività saranno rimborsate, riacquistate o ripagate anticipatamente, a seconda dei casi, dall’entità che è soggetta al presente articolo in casi diversi da quelli di insolvenza o liquidazione dell’entità, e l’entità non fornisce altrimenti tale indicazione; vii) disciplinate da disposizioni che non attribuiscono al detentore il diritto di accelerare i futuri pagamenti programmati degli interessi o del capitale, salvo in caso di insolvenza o liquidazione dell’entità che è soggetta al presente articolo; viii) il livello dei pagamenti di interessi o dividendi, a seconda dei casi, dovuti su di esse, non è modificato sulla base del merito di credito dell’entità che è soggetta al presente articolo o della sua impresa madre; b) fondi propri, come segue: i) il capitale primario di classe 1, e ii) gli altri fondi propri che: – sono emessi a favore di entità incluse nello stesso gruppo soggetto a risoluzione e da esse acquistati; o – sono emessi a favore di entità non incluse nello stesso gruppo soggetto a risoluzione e da esse acquistati, a condizione che l’esercizio dei poteri di svalutazione o di conversione a norma dell’articolo 21 non incida sul controllo della filiazione da parte dell’entità soggetta a risoluzione. 3. Il Comitato può consentire di soddisfare pienamente o in parte il requisito di cui all’articolo 12 bis, paragrafo 1, mediante la concessione di una garanzia fornita dall’entità soggetta a risoluzione, nel rispetto delle seguenti condizioni: a) sia la filiazione che l’entità soggetta a risoluzione sono stabilite nello stesso Stato membro partecipante e fanno parte dello stesso gruppo soggetto a risoluzione;
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b) l’entità soggetta a risoluzione soddisfa il requisito di cui all’articolo 12 septies; c) la garanzia è prestata per un importo perlomeno equivalente all’importo del requisito che sostituisce; d) la garanzia è attivata quando la filiazione non è in grado di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza oppure, se precedente, quando la filiazione è stata oggetto di un accertamento a norma dell’articolo 21, paragrafo 3; e) la garanzia è assistita da garanzia reale mediante un contratto di garanzia finanziaria ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2002/47/ CE del Parlamento europeo e del Consiglio (*) per almeno il 50 % del proprio importo; f) la garanzia reale a sostegno della garanzia soddisfa i requisiti dell’articolo 197 del regolamento (UE) n. 575/2013 il che, previa applicazione di coefficienti di scarto (haircut) adeguatamente prudenti, è sufficiente per coprire l’importo assistito da garanzia di cui alla lettera e); g) la garanzia reale a sostegno della garanzia non è soggetta a gravami e, in particolare, non è utilizzata per sostenere altre garanzie; h) la garanzia reale ha una durata effettiva che soddisfa la stessa condizione di durata di cui all’articolo 72 quater, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 575/2013; e i) non vi sono ostacoli giuridici, normativi od operativi al trasferimento delle garanzie reali dall’entità soggetta a risoluzione alla filiazione in questione, anche quando l’azione di risoluzione è avviata nei confronti dell’entità soggetta a risoluzione. Ai fini di cui alla lettera i) del primo comma, su richiesta del Comitato, l’entità soggetta a risoluzione fornisce un parere legale indipendente, scritto e motivato o dimostra comunque, in modo soddisfacente che non vi sono ostacoli giuridici, normativi od operativi al trasferimento delle garanzie reali dall’entità soggetta a risoluzione alla filiazione in questione. Articolo 12 nonies Deroga al requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili applicato alle entità che non sono entità soggette a risoluzione 1. Il Comitato può derogare all’applicazione dell’articolo 12 octies a una filiazione di un’entità soggetta a risoluzione stabilita in uno Stato membro partecipante nel caso in cui: a) sia la filiazione che l’entità soggetta a risoluzione sono stabilite nello stesso Stato membro partecipante e fanno parte dello stesso gruppo soggetto a risoluzione; b) l’entità soggetta a risoluzione soddisfa il requisito di cui all’articolo 12 septies; c) non ci sono impedimenti sostanziali di diritto o di fatto, attuali o previsti, che ostacolino il rapido trasferimento dei fondi propri o il rimborso di passività da parte dell’entità soggetta a risoluzione alla filiazione che è stata oggetto
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di una determinazione a norma dell’articolo 21, paragrafo 3, in particolare quando l’azione di risoluzione è avviata nei confronti dell’entità soggetta a risoluzione. 2. Il Comitato può rinunciare all’applicazione dell’articolo 12 octies a una filiazione di un’entità soggetta a risoluzione stabilita in uno Stato membro partecipante nel caso in cui: a) sia la filiazione che la sua impresa madre sono stabilite nello stesso Stato membro partecipante e fanno parte dello stesso gruppo soggetto a risoluzione; b) l’impresa madre soddisfa su base consolidata il requisito di cui all’articolo 12 bis, paragrafo 1 in tale Stato membro partecipante; c) non ci sono impedimenti sostanziali di diritto o di fatto, attuali o previsti, che ostacolino il rapido trasferimento dei fondi propri o il rimborso di passività da parte dell’impresa madre alla filiazione che è stata oggetto di un accertamento a norma dell’articolo 21, paragrafo 3, in particolare quando l’azione di risoluzione è avviata nei confronti dell’impresa madre. Articolo 12 decies Deroga per un organismo centrale e per gli enti creditizi affiliati permanentemente a un organismo centrale Il Comitato può rinunciare parzialmente o completamente all’applicazione dell’articolo 12 octies all’organismo centrale o a un ente creditizio che è affiliato permanentemente a un organismo centrale, se sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: a) l’ente creditizio e l’organismo centrale sono soggetti alla vigilanza della stessa autorità competente, sono stabiliti nello stesso Stato membro partecipante e fanno parte dello stesso gruppo soggetto a risoluzione; b) gli obblighi assunti dall’organismo centrale e dagli enti creditizi ad esso affiliati permanentemente sono garantiti in solido, oppure gli impegni degli enti creditizi affiliati permanentemente sono pienamente garantiti dall’organismo centrale; c) il requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili, per la solvibilità e la liquidità dell’organismo centrale e di tutti gli enti creditizi ad esso affiliati permanentemente, sono controllati, nel loro insieme, sulla base dei conti consolidati di tali enti; d) in caso di deroga per un ente creditizio che è affiliato permanentemente a un organismo centrale, la dirigenza dell’organismo centrale ha il potere di dare istruzioni alla dirigenza degli enti ad esso affiliati permanentemente; e) il gruppo soggetto a risoluzione pertinente soddisfa il requisito di cui all’articolo 12 septies, paragrafo 3; nonché f) non ci sono impedimenti sostanziali di diritto o di fatto, attuali o previsti, che ostacolino il rapido trasferimento dei fondi propri o il rimborso di passività tra l’organismo centrale e gli enti creditizi affiliati permanentemente in caso di risoluzione.
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Articolo 12 undecies Violazioni del requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili 1. Qualsiasi violazione del requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili di cui all’articolo 12 septies o 12 octies è trattata facendo ricorso ad almeno uno dei seguenti strumenti: a) potere di affrontare o rimuovere gli impedimenti alla possibilità di risoluzione a norma dell’articolo 10; b) poteri di cui all’articolo 10 bis; c) misure di cui all’articolo 104 della direttiva 2013/36/UE; d) misure di intervento precoce in conformità dell’articolo 13; e) sanzioni amministrative e altre misure amministrative in conformità degli articoli 110 e 111 della direttiva 2014/59/UE. Inoltre, il Comitato o la BCE può effettuare una valutazione volta a determinare se l’ente sia in dissesto o a rischio di dissesto, conformemente all’articolo 18. 2. Il Comitato, le autorità di risoluzione e le autorità competenti degli Stati membri partecipanti si consultano quando esercitano i rispettivi poteri di cui al paragrafo 1. Articolo 12 duodecies Disposizioni transitorie e per la fase successiva alla risoluzione 1. In deroga all’articolo 12 bis, paragrafo 1, il Comitato e le autorità nazionali di risoluzione fissa un adeguato periodo transitorio affinché le entità di cui all’articolo 12, paragrafo 1 e 3, possano soddisfare i requisiti di cui all’articolo 12 septies o 12 octies, o con i requisiti che derivano dall’applicazione dell’articolo 12 quater, paragrafo 4, 5 o 7, a seconda dei casi. Il termine per le entità per conformarsi ai requisiti di cui all’articolo 12 septies o 12 octies, o ai requisiti che derivano dall’applicazione dell’articolo 12 quater, paragrafo 4, 5 o 7, è il 1o gennaio 2024. Il Comitato stabilisce livelli-obiettivo intermedi per i requisiti di cui all’articolo 12 septies o 12 octies o per i requisiti che derivano dall’applicazione dell’articolo 12 quater, paragrafo 4, 5 o 7, a seconda dei casi, a cui le di cui all’articolo 12, paragrafi 1 e 3, devono conformarsi a decorrere dal 1° gennaio 2022. L’obiettivo intermedio assicura di norma un aumento lineare delle passività ammissibili e dei fondi propri verso il raggiungimento del requisito. Il Comitato può fissare un periodo transitorio che termina dopo il 31 gennaio 2024, se debitamente giustificato e appropriato, sulla base dei criteri di cui al paragrafo 7 tenendo in considerazione: a) l’evoluzione della situazione finanziaria dell’entità; b) la prospettiva che l’entità sarà in grado, in un lasso di tempo ragionevole, di garantire il rispetto dei requisiti di cui all’articolo 12 septies o 12 octies, o di un requisito che deriva dall’applicazione dell’articolo 12 quater, paragrafo 4, 5 o 7; e
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c) se l’entità è in grado di sostituire le passività che non soddisfano più i criteri di ammissibilità o durata di cui agli articoli 72 ter e 72 quater del regolamento (UE) n. 575/2013 e all’articolo 12 quater o all’articolo 12 octies, paragrafo 2, del presente regolamento e, in caso contrario, se tale incapacità è di natura idiosincratica o è dovuta a una perturbazione a livello del mercato. 2. Il termine per le entità soggette a risoluzione per soddisfare il livello minimo dei requisiti di cui all’articolo 12 quinquies, paragrafi 4 o 5 è il 1o gennaio 2022. 3. Il livello minimo del requisito di cui all’articolo 12 quinquies, paragrafi 4 e 5, non si applica entro i due anni successivi dalla data: a) in cui il Comitato o l’autorità nazionale di risoluzione ha applicato lo strumento del bail-in; b) in cui l’entità soggetta a risoluzione ha messo in atto una misura alternativa sotto forma di intervento del settore privato di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), con la quale gli strumenti di capitale e altre passività sono stati svalutati o convertiti in strumenti del capitale primario di classe 1, o in cui i poteri di svalutazione e conversione sono stati esercitati in conformità dell’articolo 21 in relazione a tale entità soggetta a risoluzione, al fine di ricapitalizzare l’entità soggetta a risoluzione senza l’applicazione degli strumenti di risoluzione. 4. I requisiti di cui all’articolo 12 quater, paragrafi 4 e 7, nonché all’articolo 12 quinquies, paragrafi 4 e 5, a seconda dei casi, non si applicano entro i tre anni successivi alla data in cui l’entità soggetta a risoluzione o il gruppo di cui essa fa parte sono stati identificati come G-SII, o in cui l’entità soggetta a risoluzione comincia a trovarsi nella situazione di cui all’articolo 12 quinquies, paragrafo 4 o 5. 5. In deroga all’articolo 12 bis, paragrafo 1, il Comitato e le autorità nazionali di risoluzione fissano un adeguato periodo transitorio entro il quale conformarsi ai requisiti di cui all’articolo 12 septies o 12 octies, o a un requisito che deriva dall’applicazione dell’articolo 12 quater, paragrafo 4, 5 o 7, a seconda dei casi, nei confronti di entità cui sono stati applicati strumenti di risoluzione o il potere di svalutare o convertire di cui all’articolo 21. 6. Ai fini dei paragrafi da 1 a 5, il Comitato e le autorità nazionali di risoluzione comunicano all’entità il requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili programmato per ciascun lasso di tempo di 12 mesi del periodo transitorio, al fine di facilitare il graduale aumento della sua capacità di assorbimento delle perdite e di ricapitalizzazione. Al termine del periodo transitorio, il requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili è pari all’importo stabilito a norma dell’articolo 12 quater, paragrafo 4, 5 o 7, 12 quinquies, paragrafo 4 o 5, dell’articolo 12 septies o dell’articolo 12 octies, a seconda dei casi. 7. Il Comitato fissa i periodi transitori prendendo in considerazione: a) la prevalenza dei depositi e l’assenza di strumenti di debito nel modello di finanziamento; b) l’accesso ai mercati dei capitali per le passività ammissibili; c) la misura nella quale l’entità soggette a risoluzione ricorre al capitale primario di classe 1 per soddisfare il requisito di cui all’articolo 12 septies.
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8. Fatto salvo il paragrafo 1, nulla osta a che in un secondo tempo il Comitato riveda la durata del periodo transitorio o i requisiti minimi di fondi propri e passività ammissibili programmati comunicati a norma del paragrafo 6 (*).
Direttiva 2002/47/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 giugno 2002, relativa ai contratti di garanzia finanziaria (GU L 168 del 27.6.2002, p. 43)»; (*)
7. l’articolo 16 è così modificato: a) il paragrafo 2 è sostituito dal seguente: «2. Il Comitato avvia un’azione di risoluzione nei confronti di un’impresa madre di cui all’articolo 2, lettera b), quando sono soddisfatte le condizioni stabilite all’articolo 18, paragrafo 1.»; b) il paragrafo 3 è sostituito dal seguente: «3. Nonostante il fatto che un’impresa madre non soddisfi le condizioni stabilite all’articolo 18, paragrafo 1, il Comitato può decidere in merito a un’azione di risoluzione in relazione a tale impresa madre se essa è un’entità soggette a risoluzione e se una o più delle sue filiazioni che sono enti ma non sono entità soggette a risoluzione soddisfano le condizioni stabilite all’articolo 18, paragrafo 1, e a condizione che le loro attività e passività sono tali che il loro dissesto minaccia un ente o il gruppo nel suo complesso, e l’azione di risoluzione nei confronti di tale impresa madre è necessaria per la risoluzione di tali filiazioni che sono enti o per la risoluzione del gruppo soggetto a risoluzione nel suo insieme.»;qa 8. l’articolo 18 è modificato come segue: a) al paragrafo 1, la lettera b) è sostituita dalla seguente: «b) tenuto conto della tempistica e di altre circostanze pertinenti, non si può ragionevolmente prospettare che qualsiasi misura alternativa per l’ente in questione, incluse misure da parte di un IPS, sotto forma di intervento del settore privato o di azione di vigilanza, tra cui misure di intervento precoce o di svalutazione o di conversione degli strumenti di capitale o delle passività ammissibili pertinenti conformemente all’articolo 21, paragrafo 1 permetta di evitare il dissesto dell’ente in tempi ragionevoli;» b) è inserito il paragrafo seguente: «1 bis. Il Comitato può adottare un programma di risoluzione a norma del paragrafo 1, in relazione a un organismo centrale e a tutti gli enti creditizi ad esso affiliati permanentemente che fanno parte dello stesso gruppo soggetto a risoluzione, se tale gruppo soggetto a risoluzione soddisfa nel suo insieme le condizioni di cui al paragrafo 1, primo comma.»; 9. l’articolo 20 è così modificato: a) al paragrafo 1, il termine «strumenti di capitale» è sostituito dai termini «strumenti di capitale e passività ammissibili a norma dell’articolo 21»; b) il paragrafo 5 è così modificato:
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i) alla lettera a), il termine «strumenti di capitale» è sostituito dai termini «strumenti di capitale e passività ammissibili a norma dell’articolo 21»; ii) le lettere c) e d) sono sostituite dalle seguenti: «c) laddove sia applicato il potere di svalutare o convertire i pertinenti strumenti di capitale e passività ammissibili a norma dell’articolo 21, paragrafo 7, a orientare la decisione sull’estensione della cancellazione o diluizione di titoli di proprietà e sull’estensione della svalutazione o conversione dei pertinenti strumenti di capitale e passività ammissibili; d) laddove sia applicato lo strumento del bail-in, a orientare la decisione sull’estensione della svalutazione o conversione della passività sottoponibili a bail-in»; iii) alla lettera g), il termine «strumenti di capitale» è sostituito dai termini «strumenti di capitale e passività ammissibili a norma dell’articolo 21»; c) ai paragrafi 6, 13 e 15, il termine «strumenti di capitale» è sostituito dai termini «strumenti di capitale e passività ammissibili a norma dell’articolo 21»; 10. l’articolo 21 è così modificato: a) il titolo è sostituito dal seguente: «Svalutazione o conversione degli strumenti di capitale e delle passività ammissibili» b) al paragrafo 1, nella frase introduttiva e nella lettera b), il termine «strumenti di capitale» è sostituito dai termini «strumenti di capitale e passività ammissibili di cui al paragrafo 7 bis»; c) al paragrafo 3, lettera b), il termine «strumenti di capitale» è sostituito dai termini «strumenti di capitale e passività ammissibili di cui al paragrafo 7 bis»; d) il paragrafo 7 è sostituito dal seguente: «7. Se sono soddisfatte una o più delle condizioni di cui al paragrafo 1, il Comitato, deliberando secondo la procedura stabilita all’articolo 18, stabilisce se i poteri di svalutare o convertire i pertinenti strumenti di capitale e passività ammissibili vadano esercitati indipendentemente o in combinazione con un’azione di risoluzione conformemente alla procedura di cui all’articolo 18. Se i pertinenti strumenti di capitale e passività ammissibili sono stati acquistati dall’entità soggette a risoluzione indirettamente mediante altre entità nello stesso gruppo soggetto a risoluzione, il potere di svalutare o di convertire tali strumenti di capitale pertinenti e passività ammissibili è esercitato unitamente all’esercizio dello stesso potere a livello dell’impresa madre dell’entità interessata o a livello delle altre imprese madri che non sono entità soggette a risoluzione, di modo che le perdite siano effettivamente trasferite e l’entità interessata sia ricapitalizzata dall’entità soggette a risoluzione. A seguito dell’esercizio del potere di svalutare o convertire strumenti di capitale o passività ammissibili indipendentemente dall’azione di risoluzione, viene effettuata la valutazione di cui all’articolo 20, paragrafo 16, e si applica l’articolo 76, paragrafo 1, lettera e).»; e) Sono inseriti i seguenti paragrafi:
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«7 bis. Il potere di svalutare o convertire le passività ammissibili indipendentemente dall’azione di risoluzione può essere esercitato solo in relazione a passività ammissibili che rispettino le condizioni di cui all’articolo 12 octies, paragrafo 2, lettera a) del presente regolamento, fatta eccezione per la condizione relativa alla durata residua delle passività a norma dell’articolo 72 quater, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 575/2013. Quando è esercitato tale potere, la svalutazione o la conversione è effettuata conformemente al principio di cui all’articolo 15, paragrafo 1, lettera g). 7 ter. Se è avviata un’azione di risoluzione in relazione a un’entità soggette a risoluzione, o in circostanze eccezionali deviando dal piano di risoluzione, in relazione a un’entità che non è un’entità soggette a risoluzione, l’importo ridotto, svalutato o convertito conformemente all’articolo 21, paragrafo 10, a livello di tale entità è calcolato ai fini delle soglie di cui all’articolo 27, paragrafo 7, lettera a), applicabile all’entità interessata.»; f) al secondo comma del paragrafo 8, il termine «strumenti di capitale» è sostituito dai termini «strumenti di capitale e passività ammissibili di cui al paragrafo 7 bis»; g) al paragrafo 10 è aggiunta la seguente lettera: «d) il valore nominale delle passività ammissibili di cui al paragrafo 7 bis è svalutato o convertito in strumenti del capitale primario di classe 1 o entrambi, nella misura necessaria a raggiungere gli obiettivi della risoluzione di cui all’articolo 14 o, se rappresenta un importo inferiore, nella misura della capacità delle passività ammissibili pertinenti. »; 11. l’articolo 27 è modificato come segue: a) al paragrafo 1, i termini «passività ammissibili» sono sostituiti dai termini «passività sottoponibili al bail-in» b) il paragrafo 3 è modificato come segue: i) la lettera f) è sostituita dalla seguente: «f) passività con durata residua inferiore a sette giorni, nei confronti dei sistemi o degli operatori dei sistemi designati conformemente alla direttiva 98/26/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (*) o dei relativi partecipanti, e derivanti dalla partecipazione a tale sistema, o di CCP autorizzate nell’Unione a norma dell’articolo 14 del regolamento (UE) n. 648/2012 e di CCP di paesi terzi riconosciute dall’ESMA in conformità dell’articolo 25 di detto regolamento;
Direttiva 98/26/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 1998 concernente il carattere definitivo del regolamento nei sistemi di pagamento e nei sistemi di regolamento titoli (GU L 166 dell’11.6.1998, pag. 45).»; (*)
ii) è inserita la lettera seguente: «h) passività nei confronti di entità di cui all’articolo 1, paragrafo i, lettere a), b), c), o d), della direttiva 2014/59/UE che fanno parte dello stesso gruppo soggetto a risoluzione senza essere entità soggette a risoluzione, a prescindere dalle loro scadenze, tranne se dette passività hanno un rango inferiore alle
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passività non garantite ordinarie a norma del pertinente diritto nazionale dello Stato membro partecipante che disciplina la procedura ordinaria di insolvenza applicabile il 28 dicembre 2020, nei casi in cui trovi applicazione tale deroga, il Comitato valuta se l’importo degli elementi conformi all’articolo 12 octies, paragrafo 2, sia sufficiente a sostenere l’attuazione della strategia di risoluzione prescelta.»; c) al paragrafo 4, il termine «passività ammissibili ai fini dello strumento del bail-in» è sostituita con il termine «passività sottoponibili al bail in»; d) al paragrafo 5, il secondo comma è sostituito dal seguente: «Il Comitato valuta attentamente se le passività nei confronti di enti o entità che fanno parte dello stesso gruppo soggetto a risoluzione senza essere entità soggette a risoluzione e che non sono escluse dall’applicazione dei poteri di svalutazione o di conversione in conformità del paragrafo 3, lettera h, del presente articolo debbano essere escluse, integralmente o parzialmente, a norma delle lettere da a) a d) del primo comma, al fine di garantire un’efficace attuazione della strategia di risoluzione. Se una passività sottoponibile al bail-in o una classe di passività sottoponibili al bail-in è esclusa o parzialmente esclusa ai sensi del presente paragrafo, il livello di svalutazione o conversione applicato ad altre passività sottoponibile al bail-in può essere aumentato per tenere conto di tali esclusioni, a condizione che il livello della svalutazione e conversione applicato alle altre passività sottoponibili al bail-in sia conforma al principio di cui all’articolo 15, paragrafo 1, lettera g).»; e) il paragrafo 6 è sostituito dal seguente: «6. Se una passività sottoponibile al bail-in o una classe di passività sottoponibili al bail in è esclusa, integralmente o parzialmente, ai sensi del paragrafo 5, e le perdite che tali passività avrebbero subito non sono state integralmente trasferite ad altri creditori, il Fondo può fornire un contributo all’ente soggetto a risoluzione per uno dei seguenti fini o entrambi: a) coprire le perdite non assorbite da passività sottoponibili al bail-in e riportare a zero il valore patrimoniale netto dell’ente soggetto a risoluzione in conformità al paragrafo 13, lettera a); b) acquisire titoli di proprietà o strumenti di capitale dell’ente soggetto a risoluzione, allo scopo di ricapitalizzare l’ente in conformità al paragrafo 13, lettera b)»; f) al paragrafo 7, lettera a) il termine «passività ammissibili» è sostituita dal termine «passività sottoponibili al bail-in»; g) al paragrafo 13 il termine «passività ammissibili» è sostituita dal termine «passività sottoponibili al bail-in»; 12. all’articolo 31, paragrafo 2, i termini «dell’articolo 45, paragrafi da 9 a 13» sono sostituiti dai termini «dell’articolo 45 nonies». 13. all’articolo 32, paragrafo 1, il termine «12» è sostituito dal termine «da 12 a 12 duodecies».
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Articolo 2 Entrata in vigore 1. Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. 2. Il presente regolamento si applica dal 28 dicembre 2020. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. (omissis)
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Antonella Brozzetti
Il pacchetto bancario sul rafforzamento del quadro prudenziale e di gestione delle crisi: la revisione del Meccanismo unico di risoluzione, secondo pilastro dell’Unione bancaria, tramite il regolamento (UE) 2019/877 Sommario: 1. Il contesto: un ampio processo di “manutenzione” delle riforme bancarie scaturite dalla crisi. – 2. Portata e finalità del riordino effettuato con il reg. (UE) 2019/877, c.d. SRMR2. – 2.1. Una premessa sul percorso difficile per la costruzione del secondo pilastro e sul ruolo della soft law.– 2.2. La necessità di un quadro comune armonizzato tra SRM e single rulebook.– 3. Struttura e contenuto del SRMR2: una sintetica visione d’assieme. – 4. Qualche riflessione (non conclusiva) sul nuovo impianto normativo.
1. Il contesto: un ampio processo di “manutenzione” delle riforme bancarie scaturite dalla crisi. Nel primavera del 2019 si è concluso un rilevante processo di manutenzione della legislazione europea: (i) promosso dalla Commissione con la Comunicazione del novembre 2015, ove una serie di misure per ridurre i rischi nel settore bancario1; (ii) accolto dal Consiglio nella “tabella di marcia per il completamento dell’unione bancaria” del giugno 20162, avente come fulcro soprattutto il problema della gestione delle crisi; (iii) avviato poi dalla Commissione stessa il 23 novembre del 2016 tramite la presentazione del c.d. pacchetto per il settore bancario. Nel loro insieme le proposte allora presentate tendevano quindi al compimento dell’opera del riordino normativo scaturito dalla tempesta
Si veda Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni. Verso il completamento dell’Unione bancaria, COM(2015) 587 final, COM(2015) 587 final, Strasburgo, 24 novembre 2015, reperibile al link https://eur-lex.europa.eu/legalcontent/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52015DC0587&from=EN). 2 Si vedano le Conclusioni del Consiglio relative a una tabella di marcia per il completamento dell’unione bancaria, comunicato stampa n. 353/16 del 17 giugno 2016 (reperibili al link https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2016/06/17/ conclusions-on-banking-union/pdf) ove risultavano definite le priorità e le tappe fondamentali riferite alle misure sia di condivisione e riduzione dei rischi nel settore bancario sia di risposta alle nuove sfide da affrontare, tra queste veniva data importanza alla regolamentazione finalizzata alla riduzione dei rischi. 1
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finanziaria del 2008 – ancorandosi al consueto obiettivo di aumentare la resilienza degli intermediari e garantire la stabilità nel mercato finanziario –, mediante regolamenti e direttive centrati: a) sui requisiti prudenziali delle banche e delle imprese di investimento; con modifiche destinate ad incidere sia sul codice bancario europeo costituito dalla direttiva 2013/36/UE, c.d. CRD4 (capital requirements directive), e dal regolamento (UE) n. 575/2013, c.d. CRR (capital requirements regulation); b) sul risanamento e sulla risoluzione delle medesime, tramite modifiche sia della direttiva n. 2014/59/UE, c.d. BRRD (bank recovery and resolution directive), sia del reg. UE n. 806/2014 sul Meccanismo di risoluzione unico (meglio noto con l’acronimo inglese SRM-single resolution mechanism) istitutivo del secondo pilastro dell’Unione bancaria3. Dopo i passaggi di rito con gli altri co-legislatori4, l’ottenimento dei relativi pareri favorevoli – tra i quali si segnalano quelli della Banca centrale europea5 –, il processo normativo si è chiuso nel maggio del 2019. L’approvazione del “new banking package” ha prodotto due regolamenti e due direttive: – reg. (UE) 2019/876 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2019, c.d. CRR2, che modifica il regolamento (UE) n. 575/2013 per quanto riguarda il coefficiente di leva finanziaria, il coefficiente netto di finanziamento stabile, i requisiti di fondi propri e passività ammissibili, il rischio di controparte, il rischio di mercato, le esposizioni verso controparti centrali, le esposizioni verso organismi di investimento collettivo, le grandi esposizioni, gli obblighi di segnalazione e informativa e
3 Per una ricognizione dei profili, anche problematici, riguardanti il profilo della gestione delle crisi bancarie sia permesso il rinvio a Brozzetti, Il punto della Commissione europea sul quadro giuridico applicabile in caso di crisi bancarie: qualche annotazione per la prossima legislatura, in Dir. banc., 2019, II, pp. 91 ss. (ove diffusi riferimenti bibliografici, cui si rinvia); a p. 73 ss. si può leggere la Relazione della Commissione europea al Parlamento europeo e al Consiglio del 30 aprile 2019, sull’applicazione e sulla revisione della direttiva 2014/59/UE (direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche) e del regolamento (UE) n° 806/2014 (regolamento sul meccanismo di risoluzione unico). 4 Per una ricostruzione del percorso si veda Consiglio dell’Unione Europea, Relazione sullo stato di avanzamento dei lavori relativi all’unione bancaria, Bruxelles, 4 giugno 2019, pp. 2 ss., reperibile al link https://data.consilium.europa.eu/doc/document/ ST-9729-2019-ADD-1/it/pdf. 5 Si vedano della BCE i due pareri dell’8 novembre 2017: 1) sulle modifiche al quadro dell’Unione per i requisiti patrimoniali degli enti creditizi e delle imprese di investimento (BCE/2017/46) (2018/C 34/05); 2) relativo alle revisioni del quadro dell’Unione per la gestione delle crisi (CON/2017/47) (2018/C 34/06), entrambi reperibili sul sito https://eur-lex.europa.eu/.
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il regolamento (UE) n. 648/2012 (si prova ad arginare i rischi mediante la riduzione degli incentivi all’eccesiva assunzione dei medesimi e il miglioramento dei poteri e degli strumenti di vigilanza); – reg. (UE) 2019/877 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2019, c.d. SRMR2, che modifica il regolamento (UE) n. 806/2014 per quanto riguarda la capacità di assorbimento delle perdite e di ricapitalizzazione per gli enti creditizi e le imprese di investimento (l’obiettivo è di realizzare una più elevata convergenza della vigilanza in merito agli elementi della struttura patrimoniale così come delineati nel secondo pilastro riferito al c.d. framework di Basilea 3)6; – dir. (UE) 2019/878 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2019, c.d. CRD5, che modifica la direttiva 2013/36/UE per quanto riguarda le entità esentate, le società di partecipazione finanziaria, le società di partecipazione finanziaria mista, la remunerazione, le misure e i poteri di vigilanza e le misure di conservazione del capitale (si potenzia in particolare la vigilanza su base consolidata nel complesso, sul piano oggettivo e soggettivo); – dir. (UE) 2019/879 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2019, c.d. BBRD2, che modifica la direttiva 2014/59/UE per quanto riguarda la capacità di assorbimento di perdite e di ricapitalizzazione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e la direttiva 98/26/CE 2967 (si agisce su uno dei punti critici del processo di riforma: evitare il c.d. bail-out). Il percorso non è stato breve, in ragione sia dei diversi passaggi necessari per giungere a testi normativi definitivi, sia della complessità della materia affrontata, in larga parte pensata in un’ottica di one size fit all da parte degli organismi internazionali attivi sul piano della formazione
6 L’accordo A global regulatory framework for more resilient banks and banking systems, del dicembre 2010 ha infatti registrato ripetute integrazioni completandosi con la “finalizzazione” (Finalising post-crisis reforms) del dicembre 2017; il c.d. Basel framework è reperibile sul sito della BIS al link https://www.bis.org/basel_framework/; sul tema di recente in dottrina si vedano Gualandri e Venturelli, Regole sul capitale e prassi di vigilanza: impatti sulle scelte strategiche delle banche, in Banca, impr. soc., 2019, pp. 2011 ss. 7 Si segnala che l’intero pacchetto bancario è pubblicato sul n. L150 della Gazzetta ufficiale dell’UE del 7 giugno 2019, reperibile al link https://eur-lex.europa.eu/legalcontent/IT/TXT/PDF/?uri=OJ:L:2019:150:FULL&from=IT; si veda per un primo inquadramento generale Enria Audizione del Presidente della European Banking Authority (EBA), svoltasi al Senato il 5 luglio 2017, il resoconto è disponibile al link http://www.senato.it/ japp/bgt/showdoc/17/SommComm/0/1029557/index.html?part=doc_dc-sedetit_pi.
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delle regole, da calare poi nell’articolato contesto dell’Unione europea8. Per inciso, va notato che il pacchetto bancario rientra a sua volta in un’opera riformatrice intrapresa dal legislatore europeo che abbraccia l’intero sistema finanziario, dato che a tale processo di manutenzione della cornice normativa in materia bancaria – anche propedeutico per dare spessore alla base su cui costruire il terzo pilastro dell’Unione bancaria riguardante la condivisione dei rischi mediante un sistema di assicurazione dei depositi su scala europea – si sono altresì affiancate: – da un lato, la revisione del disposto normativo riferito alle imprese di assicurazione e alle imprese d’investimento realizzata con la dir. (UE) 2019/2177 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2019 che modifica la direttiva 2009/138/CE, in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione (solvibilità II), la direttiva 2014/65/UE, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, e la direttiva (UE) 2015/849, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo; – dall’altro lato, una ristrutturazione dell’architettura istituzionale riferita al SEVIF-Sistema europeo di vigilanza finanziaria (operativo dal 2011 con un ruolo sempre più attivo nell’armonizzazione delle regole e nella convergenza delle prassi) la quale ha raggiunto il suo approdo nell’autunno del 2019 con due regolamenti (UE), (i) il primo, dedicato alle AEV-Autorità europee di vigilanza a livello microprudenziale9, n. 2019/2175 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2019 che modifica il regolamento (UE) n. 1093/2010, che istituisce l’Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea), il regolamento (UE) n. 1094/2010, che istituisce l’Autorità europea di vigilanza (Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali), il regolamento (UE) n. 1095/2010, che istituisce l’Autorità europea di
I lavori nei fatti si sono conclusi nei mesi di gennaio e febbraio 2019, allorquando hanno trovato soluzione tecnica le questioni in sospeso: lo segnala il Consiglio dell’Unione europea, nella Relazione sullo stato di avanzamento dei lavori relativi all’unione bancaria, Bruxelles, 4 giugno 2019, cfr. p. 3 (reperibile al link https://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-9729-2019-ADD-1/it/pdf). 9 Si vedano, tra i primi commenti Onado, La supervisione finanziaria europea dopo il Rapporto de Larosière: siamo sulla strada giusta?, in Bancaria, 2010, n. 3, pp. 16 ss. e Pellegrini, L’architettura di vertice dell’ordinamento finanziario europeo: funzioni e limiti della supervisione, in Riv. trim. dir. econ., 2012, I, 52 ss. , nonché, fra i più recenti, Salmoni, Stabilità finanziaria, unione bancaria europea e costituzione, Milano, 2019, pp. 175 ss. e Santoro, Una nuova architettura europea di vigilanza finanziaria?, in Banca, impresa, soc., 2018, pp. 193 ss. 8
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vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati), il regolamento (UE) n. 600/2014, sui mercati degli strumenti finanziari, il regolamento (UE) 2016/1011, sugli indici usati come indici di riferimento negli strumenti finanziari e nei contratti finanziari o per misurare la performance di fondi di investimento, e il regolamento (UE) 2015/847, riguardante i dati informativi che accompagnano i trasferimenti di fondi, e (ii) il secondo, dedicato ai profili macroprudenziali della vigilanza, n. 2019/2176 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2019 che modifica il regolamento (UE) n. 1092/2010, relativo alla vigilanza macroprudenziale del sistema finanziario nell’Unione europea e che istituisce il Comitato europeo per il rischio sistemico10. Questo filone di riforme va incontro soprattutto all’esigenza di ridisegnare la governance e rafforzare le funzioni e il coordinamento nell’azione di vigilanza europea, alla luce dell’evoluzione registrata sia nel contesto regolatorio (l’attenzione va anche alla soft law)11 sia in quello operativo (esplosione dell’innovazione e dei progressi tecnologici). Emerge altresì la più marcata attenzione verso i rischi derivanti da attività di riciclaggio all’interno del sistema finanziario ed il conseguente rafforzamento dei poteri dell’ABE. Con il disegno di legge riferito alla Legge di delegazione europea 2019 (approvato in via definitiva dal Governo il 23 gennaio 2020) ha preso avvio l’iter per l’approvazione delle due direttive facenti parte del pacchetto bancario del maggio 2019. Tra i temi al centro dell’attenzione vi sarà anche quello della capacità di assorbimento delle perdite e di ricapitalizzazione degli enti creditizi e delle imprese di investimento
Anche questi testi normativi sono pubblicati nel loro insieme sul n. L334 della Gazzetta ufficiale dell’UE del 27 dicembre 2019, reperibile al link https://eur-lex.europa. eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=OJ:L:2019:334:FULL&from=EN. 11 Enria, nell’Audizione cit. afferma: “L’EBA è pienamente consapevole dell’importanza che gli standard internazionali rivestono per il buon funzionamento dei mercati europei e globali e lavora costantemente affinché l’Unione europea possa rimanere allineata a tali standard, pur nel rispetto di alcune specificità dei nostri mercati”; fra i molti, si vedano amplius Di Gaspare, Teoria e critica della globalizzazione finanziaria. Dinamiche del potere finanziario e crisi sistemiche, Padova, 2011, e Capriglione, Globalizzazione, crisi finanziaria e mercati: una realtà su cui riflettere, in Mercato e banche nella crisi: regole di concorrenza e aiuti di stato, a cura di Colombini e Passalacqua, Napoli, 2012, pp. 14 ss.; di recente, per un quadro generale sulla riforma scaturita dalla crisi, sia permesso anche il rinvio a Brozzetti, “Ending of too big to fail” tra soft law e ordinamento bancario europeo. Dieci anni di riforme, Bari, 2018, pp. 23 ss. (ove ampi riferimenti ai lavori dei “global standard-setters”). 10
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affrontato dalla BRRD2, che si rapporta in modo diretto al reg. SRM; le disposizioni novellate con il pacchetto bancario della BRRD e del SRM daranno in effetti spessore agli strumenti sul risanamento e sulla risoluzione degli enti in stato di dissesto potenziale o conclamato. Il reg. (UE) 2019/877, che precede queste note, si muove in sintonia con la direttiva e ne trasla l’applicazione nei paesi aderenti all’Unione bancaria, al contrario di essa è già in vigore, anche se sarà “obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri” a partire dal 28 dicembre 2020 (art. 2, co. 2), sulla base di fasi temporali che portano il periodo transitorio fino al 2023. Nelle pagine che seguono ne proponiamo un inquadramento generale, tracciando i contenuti principali e le novità di rilievo.
2. Portata e finalità del riordino effettuato con il reg. (UE) 2019/877, c.d. SRMR2. 2.1. Una premessa sul percorso difficile per la costruzione del secondo pilastro e sul ruolo della soft law. La gestione di situazioni di instabilità all’interno del mercato finanziario costituisce uno dei cardini di una “buona” regolamentazione. La crisi finanziaria del 2008 ha messo in moto una revisione a livello globale che gradualmente ha cominciato a produrre concrete realizzazioni. Dalla ricerca dei punti di contatto tra riforma del diritto europeo e quella degli organismi “standard-setter” internazionali emerge come l’epocale riequilibrio realizzatosi nella supervisione bancaria e nell’attività di risoluzione delle crisi sia stato portato avanti a livello istituzionale soprattutto grazie agli sviluppi e agli input del processo regolamentare sulle istituzioni di rilevanza sistemica a livello globale (c.d. “G-SIFIs”). Alla base della direttiva sulla gestione dei dissesti bancari ci sono in effetti i Key attributes of effective resolution regimes for financial institutions, c.d. «KAs-key attributes», emanati nell’ottobre 2011 dal Consiglio per la stabilità finanziaria (meglio noto con l’acronimo FSB-Financial stability board); nel maggio 2014 la BRRD predispone un poderoso insieme di procedure e strumenti, finalizzati alla gestione di una crisi di intermediari e gruppi di importanza anche sistemica, che nella sostanza “affina” la portata delle anzidette raccomandazioni. Il fatto che in Europa la coabitazione tra diritto bancario dell’area coperta dall’Ue e quello del sottoinsieme costituito dai paesi aderenti all’eurozona richieda al secondo di dispiegarsi
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entro un quadro di indispensabile sintonia con il primo ha fatto sì che la messa a punto del secondo pilastro dell’Unione bancaria abbia condiviso lo stesso percorso di quella direttiva. La BRRD a sua volta ha visto il suo cammino intrecciarsi con la revisione della direttiva (emanata poco prima) n. 2014/49/UE sui sistemi di garanzia dei depositi e l’accordo sull’accentramento dei fondi nazionali tramite il Single resolution fund. In definitiva, la presenza di una linea di azione condivisa a livello internazionale giocherà un ruolo propulsore nel raggiungimento per il diritto europeo di significativi e dirompenti punti di approdo12. L’Unione bancaria è stata uno di questi13. Muove infatti i suoi passi – in parallelo con il rinnovamento normativo che porterà alla realizzazione del pacchetto CRD4/CRR – con la costruzione del Meccanismo di vigilanza unico-MVU di cui al reg. (UE) n. 1024/2013 (anche conosciuto con l’acronimo SSM-single supervisory mechanism) e la conseguente centralizzazione della vigilanza per i paesi dell’eurozona in capo alla BCE. La messa in opera, a completamento dell’operatività dell’SSM (si riferisce anch’esso alle banche più significative), del secondo pilastro sulla gestione delle crisi e l’istituzione del Comitato di risoluzione unico (meglio noto con la sigla SRB-Single resolution board), seguirà invece un percorso ad ostacoli per le forti resistenze politiche nazionali. Presentato nel luglio del 2013 da parte della Commissione, si realizzerà il compromesso su una “posizione comune” tra Consiglio e Parlamento solo nella primavera del 2014. L’accordo verrà infatti formalizzato in una risoluzione del Parlamento europeo del 15 aprile 2014, cui seguirà un Trattato intergovernativo siglato il 21 maggio 2014 (poco meno di una settimana dall’emanazione della BRRD) con il quale vengono poste le basi per la costituzione del Fondo unico per le risoluzioni bancarie, parte integrante del meccanismo di risoluzione unico-MRU (più noto con l’acronimo SRM-single resolution mechanism). La definitiva adozione del reg. Ue n. 806/2014 avverrà soltanto il 15 luglio 2014, con
12 Sugli aspetti richiamati rinvio per approfondimenti, e riferimenti bibliografici, al mio , “Ending, cit, ove ho già sottolineato sia il fatto che degli sviluppi realizzati nella soft law la stessa Europa sia stata importante coprotagonista (viene infatti riconosciuto al francese Michel Barnier e all’inglese Sharon Bowles un forte peso nell’aver posto il “contestato” bail-in al centro della risoluzione per intermediari complessi (cfr. p. 114), sia la forte sinergia tra il processo di riforma europeo e quello internazionale (cfr. pp. 124 ss.). 13 La bibliografia sul tema è sterminata, da ultimo per approfondimenti e riferimenti si veda Salmoni, Stabilità, cit., pp. 2010 ss.
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entrata in vigore fissata al 1° gennaio 2015, ma con piena operatività dei meccanismi ivi previsti posticipata al 1° gennaio 2016 (la mente si posa sul “famigerato” bail-in). Dal 4 novembre 2014, con l’effettivo esercizio da parte della BCE dei poteri e della supervisione sulle banche “more significant” dei singoli paesi aderenti all’Unione bancaria inizierà per questi ultimi una nuova era. Una delle caratteristiche del nuovo approccio di vigilanza in sede europea sarà quello della marcata attenzione verso il rafforzamento della solidità patrimoniale delle banche, mostrando solida fiducia nei lavori del Comitato di Basilea, improntati sul mito dell’economia di mercato, e del FSB che dopo le KA del 2011 ha affinato portata e strumenti delle raccomandazioni elaborate (un cenno nel prossimo paragrafo). L’evoluzione del contesto operativo e della regolazione, ma anche la presenza di possibili “asimmetrie regolamentari”14, imporrà dunque indispensabili rimaneggiamenti del disposto normativo, avviati appunto nel 2016. 2.2. La necessità di un quadro comune armonizzato tra SRM e single rulebook. Il richiamo ai luoghi ed ai tempi delle riforme risulta importante al fine di comprendere anche la lunga gestazione del pacchetto bancario. Per questo vale peraltro la stessa osservazione sul rilievo della soft law che trova diretta testimonianza nel considerando iniziale, quasi fotocopia, che apre sia il SRMR2 sia la BRRD2. Si richiamano infatti i lavori dell’autunno 2015 portati avanti dal FSB e avallati poi dal G20. Trattasi dei Principles on Loss-absorbing and Recapitalisation Capacity of G-SIBs in Resolution. Total Loss-absorbing Capacity (TLAC). Term Sheet, resi noti dal FSB il 9 novembre15, documento ritenuto fondamentale per arginare il moral hazard insito nelle G-SIFI, “settato” in quel momento sulle banche di rilevanza sistemica globale (le “Global systemically important banks, G-SIBs”). Il prefigurato nuovo standard riferito alla sufficiente
14 I dati mostrano come lo stato di salute delle banche rientranti nella vigilanza della BCE sia decisamente migliorato: v. Centro Europa Ricerche-CER, Asimmetrie regolamentari derivanti dall’Unione bancaria europea, novembre 2018, pp. 8 ss., reperibile al link http://www.efddgroup.eu/images/publications/CER_AsimmetrieEBU.pdf. 15 Reperibili al link https://www.fsb.org/wp-content/uploads/TLAC-Principles-andTerm-Sheet-for-publication-final.pdf. Il documento rientra tra quelli predisposti dal FSB in vista del vertice turco del G20 tenutosi ad Antalya il 15-16 novembre 2015.
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presenza di passività con elevata capacità di assorbimento perdite e assoggettabili al bail-in nella fase di risoluzione di una G-SIB è il risultato del lavoro congiunto fatto con Comitato di Basilea (fortemente impegnato dal 2010, fra l’altro, nella c.d. “finalizzazione” di Basilea 3)16, viene calcolato sulle attività ponderate per il rischio (RWA-risk weighted assets) in un’ottica anche di gruppo (in tal caso il requisito viene calibrato sulla base del bilancio consolidato di ogni “gruppo di risoluzione”) e volto a precostituire una sufficiente capacità di assorbire perdite e di ricapitalizzazione, la quale possa consentire alle autorità di risoluzione dei paesi home e host (la data di avvio veniva fissata al gennaio 2019) di assoggettare a bail-in passività già precostituite a tal fine ed individuate sulla base dei principi guida forniti dal FSB medesimo. Si incide ad esempio sull’adeguatezza patrimoniale delle G-SIB, rafforzandola, stabilendo che gli strumenti di capitale – CET1 – destinati alla TLAC non possono essere utilizzati per soddisfare le riserve di capitale ordinarie. L’obiettivo chiave del nuovo standard era di assoggettare ad una risoluzione ordinata le G-SIB, assicurando la continuità operativa e riducendo gli incentivi a recintare (ringfence) le attività sul piano nazionale. In tale contesto si inserisce il reg. SRM2 che, tra gli scopi primari, ha proprio quello di attuare nel diritto dell’UE la disciplina internazionale della TLAC applicabile alle “G-SIBs” – denominate “G-SII-Global systemically important institutions” nel diritto dell’Unione17 – affrontando il
16 Si vedano FSB, BCBS, BIS, Summary of Findings from the TLAC Impact Assessment Studies Overview Report, 9 November 2015, FSB, Overview of the post-consultation revisions to the TLAC Principles and Term Sheet, 9 November 2015; FSB, Historical Losses and Recapitalisation Needs Findings Report, 9 November 2015; BCBS, TLAC Quantitative Impact Study Report, November 2015; BIS, Assessing the economic costs and benefits of TLAC implementation Report submitted to the Financial Stability Board by an Experts Group chaired by Kostas Tsatsaronis (Bank for International Settlements), November 2015 (tutti documenti reperibili sui rispettivi siti istituzionali). Si ricorda che loo Schema di regolamentazione internazionale per il rafforzamento delle banche e dei sistemi bancari, noto come “Basilea 3”, viene pubblicato nel dicembre 2010 con attuazione a partire dal 1° gennaio 2013 e sulla base di una tabella di marcia graduale con scadenza al 1° gennaio 2019, ed è diventato l’asse portante del processo di riforma, assumendo veste di “pacchetto regolamentare” attraverso successive integrazioni e “finalizzazioni”. Una delle novità dello stesso sarà costituita proprio dalla sua attenzione, crescente negli anni, verso il fenomeno G-SIFI nella specie sia di G-SIB che di Domestic/Sib. Sulle ragioni della “lunga strada” verso Basilea 3 si veda in particolare Dombret, Addressing proportionality in Europe, 24 January 2018 (https://www.bis.org/review/r180126b.htm). 17 Segnalo che le G-SIB, censite a novembre 2019 dal FSB in numero di 30, di cui 12 europee (per l’Italia vi rientra il gruppo Unicredit), non corrispondono alle G-SII,
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problema del coordinamento con lo strumento gemello di matrice UE del requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili (MREL-minimum requirement of eligible liabilities), già previsto dall’art. 45 della BRRD (e dal regolamento delegato n. 2016/1450), applicabile a tutte le banche e imprese d’investimento appartenenti all’UE. Posto che i due requisiti scorrono su binari che si intersecano (il MREL si sovrappone ai requisiti previsti da Basilea 3) e perseguono lo stesso fine di assicurare la presenza di una sufficiente capacità di assorbimento delle perdite e di ricapitalizzazione evitando il ricorso a fondi pubblici, diventava necessario eliminare duplicazioni, con i relativi costi, e fissarne la complementarità all’interno di una cornice unitaria18. I due requisiti presentavano taluni profili di differenziazione rispetto sia all’ambito di applicazione (la TLAC interessa solo le G-SIB e le G-SII, mentre il MREL abbraccia l’intero sistema bancario dell’UE) sia alla struttura (la TLAC poggia su requisiti minimi armonizzati, mentre il MREL viene fissato dalle autorità di risoluzione sulla base delle valutazioni da queste periodicamente fatte per il singolo ente); diversi sono anche gli strumenti di debito da prendere in considerazione (in linea di massima per la TLAC di natura subordinata) e le modalità di calcolo. La sfida di inserire la TLAC nel quadro del MREL non si presentava quindi del tutto agevole. Il problema di fondo riguardava anche l’uniformità delle regole tra intermediari appartenenti o meno all’Unione bancaria: la scelta di intervenire con lo strumento del regolamento ha in parte circoscritto i rischi limitando per i primi la possibilità di attuazioni divergenti. La scelta del legislatore europeo è stata quella di intervenire sia sul reg. n. 575/2013, CRR, e la dir. n. 2013/36, CDR4 (al fine di fissare un requisito TLAC ad un livello minimo armonizzato) sia sulla dir. n. 2014/59, BRRD, e sul reg. n. 806/2014, SRM, con lo scopo di introdurre la maggiorazione specifica di origine internazionale per le G-SII nonché il requisito specifico per le “non G-SII” costituito dal MREL. L’introduzione di un requisito minimo di fondi propri e passibilità ammissibili particolarmente adatte al bail-in, con lo spirito di favorirne la concreta applicazione, raggiunge così la meta finale con la realizza-
indicate in numero di 36 nel novembre 2019 dall’EBA (per l’Italia vi rientrano i gruppi Unicredit e Intesa): per uno sguardo sul fenomeno dei colossi finanziari globali sia consentito il rinvio a Brozzetti, Ending, cit., pp. 163 ss. 18 Per capire le differenze e le analogie tra i due strumenti, un immediato confronto in Szego, MREL e TLAC. I profili normativi, Roma, 19 ottobre 2016, reperibile al link https:// www.bancaditalia.it/media/agenda/convegni-2016/BSZEGO_Seminario_TLAC_MREL.ppt.
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zione, attraverso il c.d. new banking package, di una coerenza di fondo tra il SRMR e il single rulebook, quel corpo unico di norme in campo bancario comprensivo di BRRD e pacchetto CRR/CRD IV, con relative disposizioni attuative. Va infine evidenziato che la revisione normativa non è calibrata solo sulle banche, i G-SII possono infatti abbracciare anche le imprese d’investimento che, per complessità e dimensioni, sono assimilabili alle banche e diventare un rischio nel caso di loro compresenza in gruppo bancario.
3. Struttura e contenuto del SRM2: una sintetica visione d’assieme. Il reg. SRM2, al pari degli altri testi normativi, componenti il pacchetto bancario del maggio 2019 non appare di agevole comprensione in quanto, avendo come obiettivo quello di modificare/integrare un testo normativo preesistente, contiene disposizioni frammentarie e/o di difficile intelligibilità a causa dei diffusi rinvii e delle connessioni con il codice bancario europeo e la BRRD, in larga parte anch’essi novellati. Il regolamento consta di due soli articoli, il primo dedicato alla modifica del reg. (UE) n. 806/2014, istitutivo del Meccanismo unico di risoluzione, e il secondo relativo all’entrata in vigore. L’attenzione va quindi sul primo articolo, a sua volta articolato in 13 paragrafi occupanti 21 pagine del testo pubblicato sulla GUUE. In questa sede non si può che scorrerne velocemente il contenuto cercando di evidenziare gli aspetti salienti, e rinviare alla lettura del medesimo. A. Nel par. 1, suddiviso in 7 lettere, si agisce sulle definizioni inserite nell’art. 3, par. 1, SRMR, ampiamente rimaneggiate ed integrate al fine di meglio circoscrivere il campo di applicazione del regolamento sul piano sia soggettivo che oggettivo. – Rispetto al primo, si segnala in particolare una nozione di filiazione vista sotto diverse angolazioni. Nel punto 21 novellato, dell’art. 3, par. 1, SRMR, permane il rinvio consueto all’art. 4, par. 1, n. 1, CRR, ancorato al rapporto tra impresa figlia ed impresa madre (definite tramite il richiamo alla normativa contabile), e quindi in diretto collegamento con la realtà del gruppo, su cui poggia anche la strategia di risoluzione che può scegliere o un punto di avvio singolo, single point of entry-SPE (in genere l’impresa madre, senza che vengano toccate le altre componenti, filiazioni operative, le perdite delle quali devono però trovare una soluzione a monte) ovvero multiplo, multiple point of entry-MPE, nell’ambito del quale possono essere risolte più entità del medesimo. Il punto 21 prosegue, anzitutto, con una ricognizione delle possibi-
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li “entità” da assoggettare a risoluzione; si segnala che con il termine “entità” l’art. 2 del SRMR abbraccia le banche, le imprese madri – comprese le società di partecipazione finanziaria e quelle di partecipazione finanziaria mista – significative, rientranti quindi nel controllo della BCE, nonché le imprese d’investimento e gli enti finanziari componenti del gruppo e ricomprese nell’ambito della vigilanza consolidata; il campo di applicazione è esteso quindi sia al gruppo bancario sia al conglomerato finanziario (con settore prevalente bancario). Nell’ottica di circoscrivere con esattezza tali entità, il punto 21 elenca un insieme di disposizioni in cui le filiazioni sono espressamente coinvolte rispetto: (i) all’applicazione dei piani di risoluzione elaborati dal Comitato unico di risoluzione ai sensi dell’art. 8 (ora integrato e modificato al par. 3, SRMR2), (ii) alla valutazione, da parte del Comitato previa consultazione con le autorità competenti (BCE inclusa), della possibilità di risoluzione ex art. 10, par. 10, SRMR riguardo agli adempimenti circa i rimedi ovvero le rimozioni degli impedimenti rilevati; (iii) alla determinazione del livello dei requisiti minimi di fondi propri e passività ammissibili (e relativo utilizzo) così come disciplinato dal par. 6 SRMR2, che sostituisce l’art. 12 SRMR e vi inserisce gli artt. da 12-bis a 12-duodecies; (iv) all’art. 21, su cui è intervenuto il par. 10 del SRMR2, che ne ha cambiato il titolo in Svalutazione o conversione degli strumenti di capitale e delle passività ammissibili, modificando ed integrando il relativo contenuto; (v) all’art. 53 SRMR che disciplina la partecipazione alle sessioni esecutive del Comitato. Inoltre, il punto 21 fa riferimento alla definizione di gruppi soggetti a risoluzione prevista alla lett. b) del punto 24-ter (introdotto dal SRMR2), integrandola con l’indicazione che “ove opportuno” vi siano ricompresi “gli enti creditizi affiliati permanentemente a un organismo centrale”, quest’ultimo, e le loro rispettive filiazioni, tenendo però conto del modo in cui detti gruppi soggetti a risoluzione rispettano il par. 3, dell’art. 12-septies, e quindi dell’applicazione da parte del Comitato del MREL sulla base delle caratteristiche del meccanismo di solidarietà e della strategia della risoluzione (l’attenzione va quindi anche sulle specificità dei gruppi cooperativi di banche). Nell’ottica anzidetta rientra anche il punto 21-bis dedicato alla individuazione della filiazione significativa, tramite il rinvio alla definizione contenuta all’art. 4, par. 1, punto 135, CRR (così come novellato dal CRR2), che indica il soddisfacimento di una più delle condizioni previste, su base individuale o consolidata. Nell’art. 3, par. 1, SRMR, si aggiungono altresì i punti dal 24-bis al 24-quater che rispettivamente qualificano: 1) l’entità soggetta a risoluzione, come una persona giuridica che il Comitato unico di risoluzione
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abbia individuato come tale sulla base dell’art. 8 (già richiamato); 2) il gruppo soggetto a risoluzione, che comprende sia tale entità insieme alle sue filiazioni – che rispettino alcune condizioni indicate alle lett. i)-iii) –, sia gli enti creditizi affiliati ad un organismo centrale; 3) l’ente a rilevanza sistemica a livello globale oppure “G-SII”, di cui all’art. 4, par. 1, punto 133, CRR, che però a sua volta rinvia all’art. 131, parr. 1 e 2, della CRD4 (novellato dalla CRD5). Va sottolineato che la precisa identificazione delle “entità” da sottoporre a risoluzione risulta funzionale alla determinazione del livello di applicazione delle disposizioni sulla capacità di assorbimento delle perdite e di ricapitalizzazione (TLAC/MREL) che dette entità devono rispettare; le nuove definizioni (e in via generale tutti i rinvii normativi presenti nel SRMR2, che via via vedremo), perseguono l’obiettivo di integrare tra loro i diversi regimi che ogni testo che compone il single rulebook affronta, favorendo anche la cooperazione tra le diverse autorità coinvolte, su scala europea e nazionale. – Rispetto al piano oggettivo si entra nel merito degli aspetti tecnico giuridici che precostituiscono gli elementi base per determinare i requisiti minimi di assorbimento delle perdite e di ricapitalizzazione. Premesso che le passività ammissibili si affiancano ai fondi propri (il CRR novellato ha un capo 5 bis, che segue quello ad essi dedicato, ove trova spazio la disciplina delle passività ammissibili contenuta negli articoli da 72-bis a 72-terdecies), si segnala che anche nel SRMR trovano ora spazio definizioni, che si rapportano alle novellate disposizioni del CRR o della CRD4, costituite dai punti: a) 45-bis sul capitale primario di classe 1; b) 48, con la nuova terminologia di passività sottoponibili al bail-in, la cui definizione è data nel successivo punto 49; c) 49-bis e 49-ter, riguardanti le passività ammissibili e gli strumenti subordinati ammissibili; d) 55, sul requisito combinato di riserva di capitale19. B. La sostituzione effettuata dal par. 2, SRMR2, dell’art. 7, par. 3, lett. d), SRMR, interviene sulla ripartizione di compiti nell’ambito del secondo pilastro dell’Unione bancaria ribadendo per le autorità nazionali di risoluzione il potere di stabilire per gli enti meno significativi il livello di
Un inquadramento degli aspetti tecnici si rinviene nella Relazione alla proposta di direttiva CRD5 (reperibile al link https://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_ com_2016_850_final.pdf), si veda in part. pp. 13 ss. Per una sintetica presentazione si veda Mastroianni, Il Capitale Regolamentare delle Banche: i nuovi standard Basilea IV post pubblicazione CRR II e CRD V, in dirittobancario.it, 28/06/2019. 19
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requisiti minimi di fondi propri e passività ammissibili, sulla base però delle novità introdotte “a norma degli articoli da 12 a 12 duodecies” che costituiscono il profilo di maggior impatto della novella normativa. Infatti, con il par. 6, SRMR2: a) viene sostituito nel SRMR il contenuto del previgente art. 12, con gli aggiornamenti sul quadro istituzionale riferito al requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili; la norma definisce l’applicazione del MREL specifico per ente (attualmente calcolato come percentuale delle passività totali del medesimo), riconoscendo un ruolo importante al Comitato, e alle autorità nazionali competenti; interviene poi sul piano tecnico al fine di allineare i denominatori misuranti la capacità di assorbimento delle perdite e di ricapitalizzazione20; b) viene inserito l’art. 12-bis con alcuni dettagli in merito all’applicazione e al calcolo di tale requisito; sono indicate le metriche di misurazione del MREL in rapporto con il requisito minimo armonizzato per i G-SII previsto dalla TLAC; nella sostanza il requisito specifico per ente viene ora espresso come percentuale dell’importo complessivo dell’esposizione al rischio e della misura dell’esposizione del coefficiente di leva finanziaria dell’ente considerato21; c) sono previste alcune esenzioni (art. 12-ter), le condizioni e i criteri per definire le passività ammissibili per le entità soggette a risoluzione strettamente allineati a quelli del requisito minimo TLAC con qualche eccezione (art. 12-quater), la modalità per determinare, da parte del Comitato di risoluzione unico, detto requisito per tutte le entità (art. 12-quinquies) anche rispetto alla maggiorazione specifica per i G-SII e le filiazioni significative nell’Unione di G-SII non Ue (art. 12 sexies); d) si passa poi all’applicazione (tramite anche orientamenti del Comitato) del requisito alle entità soggette o meno a risoluzione (rispettivamente artt. 12-septies e 12-octies), ovvero alla deroga sia per le entità che non siano a questa soggette (art. 12-nonies) sia per un organismo centrale e per gli enti creditizi ad esso permanentemente affiliati – si incide di nuovo sulla realtà del gruppo bancario cooperativo – (art. 12-decies); e) si chiude con gli strumenti da utilizzare in caso di violazioni del requisito (art. 12-undecies) e con le disposizioni transitorie e per la fase successiva alla risoluzione (art. 12-duodecies)22.
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Cfr. il considerando n. 6 del SRMR2. Cfr. la Relazione al SRMR2 del 23 novembre 2016, p. 8. Per ulteriori approfondimenti si può vedere la Relazione al SRMR2, cit.
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L’insieme di queste disposizioni vanno al centro del problema, instaurando le necessarie connessioni e gli opportuni distinguo su una materia di per sé molto complessa, trattata dai diversi testi normativi che compongono il pacchetto bancario con differenti finalità. La necessità di fissare un livello minimo armonizzato della TLAC, al fine di evitare arbitraggi regolamentari, ha trovato infatti attuazione mediante modifiche al CRR, nel quadro già previsto dalla BRRD: l’art. 92-bis introdotto dal CRR2 ha previsto un nuovo requisito di fondi propri e passività ammissibili, composto da un coefficiente basato sul rischio ed uno che prescinde da questo, per i G-SII, considerati sia come gruppo di enti o come enti autonomi; l’art. 92-ter stabilisce anche un requisito di TLAC interna a livello di filiazione, per i G-SII non UE, al pari di quanto la BRRD fa per i G-SII. La maggiorazione specifica richiesta per i G-SII e il requisito specifico per i non G-SII sono invece stati calati nell’ambito della risoluzione ed hanno trovato sistemazione nella BRRD2 e nelle anzidette disposizioni del SRMR223; i requisiti TLAC e MREL interagiscono anche con quelli di riserva di capitale. Rispetto al ruolo del Comitato nella determinazione del MREL (art. 12-quinquies) e delle maggiorazioni per i G-SII (art. 12-sexies). Va evidenziato che le disposizioni richiedono giustificazioni e motivazioni specifiche, fissano anche dei limiti per gli orientamenti che il SRB può emanare (art. 12-septies), affrontano anche il profilo della trasparenza nei confronti degli investitori dei rischi inerenti agli strumenti che li supportano nel quadro delle strategie di risoluzione. C. Una serie di paragrafi dell’art. 1 del SRMR2 considerano poi ulteriori disposizioni del SRMR apportandovi integrazioni/modifiche/sostituzioni. In particolare, sul reg. SRMR, parte II, Disposizioni specifiche, titolo I, Funzioni specifiche dell’SRM e norme procedurali, capo 1, Pianificazione della risoluzione (artt. 8-12), interviene la novella disposta dal SRMR2 con: i) il par. 3, che agisce sull’art. 8, dedicato ai Piani di risoluzione elaborati dal Comitato; ii) il par. 4, che modifica l’art. 10, riguardante la Valutazione della possibilità di risoluzione; il par. 5 che introduce l’art. 10-bis, sul Potere di vietare talune distribuzioni; iii) il par. 6, di cui si è poc’anzi detto. Il SRMR2 tocca anche il successivo capo 3, Risoluzione (artt. 14-29) con: i) il par 7, che modifica l’art. 16 sulla Risoluzione degli enti finanziari e delle imprese madri: ii) il par. 8, che interviene sull’art. 18 riguardante la Procedura di risoluzione; iii) il par. 9, che modifica l’art.
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Cfr. il considerando n. 16 del CRR2.
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20 sulla Valutazione ai fini della risoluzione; iv) il par. 10, che agisce sull’art. 21 (se ne è già accennato sub A); v) il par. 11, che modifica l’art. 27 dedicato allo Strumento del bail-in. Infine, modifiche modeste interessano il capo 4 sulla Cooperazione, che registra alcune sostituzioni da parte del par. 12, nei confronti dell’art. 31 (destinato a regolare la Cooperazione nell’ambito dell’SRM), nonché del par. 13, che ritocca l’art. 32 (in tema di Consultazione e cooperazione con Stati membri non partecipanti e paesi terzi) e chiude il primo articolo del SRM2.
4. Qualche riflessione (non conclusiva) sul nuovo impianto normativo. In linea di principio, con il reg. UE n. 806/2014 sul meccanismo di risoluzione unico così come novellato nel maggio 2019, i paesi partecipanti all’Unione Bancaria rafforzeranno la solidità dell’impianto normativo che la sorregge. Il SRMR2 recepisce le proposte sulla riduzione dei rischi, concordate a livello internazionale al fine di rafforzare il sistema bancario e salvaguardare la stabilità finanziaria, incidendo in modo particolare sul moral hazard. Ci sono alcuni elementi di fondo: il primo è quello della “elasticità” delle disposizioni, con la previsione di aree che lasciano margini di interpretazione alle autorità nazionali, di trattamenti meno stringenti e/o di esenzioni (ad esempio per i gruppi di natura cooperativa ex art. 12-decies); il secondo si rapporta direttamente al precedente ed è costituito da una più attenta considerazione del principio di proporzionalità, declinato in un’applicazione semplificata delle regole “settandola” anche sui modelli di business o su ingiustificati costi operativi ed amministrativi (con attenzione quindi a banche medio-piccole, a ridotta complessità strutturale, o specializzate: v. il caso degli istituti di credito ipotecario ex art. 12-ter). In qualche modo sembrerebbe tornare in auge un principio (non necessariamente negativo) della sufficiente armonizzazione giustificata dal riconoscimento della, diciamo, biodiversità nel sistema bancario europeo, patrimonio storico di singoli paesi, che non merita di essere disperso; e penso anche a paradigmi bancari “tradizionali”, meno esposti nei portafogli di negoziazione. La stessa va anche incontro al rapporto instaurabile tra soft e hard law: segnalo che nel giugno 2016 il Consiglio dell’Ue, nelle conclusioni sulla “tabella di marcia per il completamento dell’Unione bancaria” sottolineava e metteva tra i passi fondamentali “l’importanza di tenere conto delle specificità europee nell’attuare
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nell’UE le norme regolamentari mondiali, comprese quelle di Basilea”24. Il quadro sulla risoluzione bancaria viene rivisto mettendo in primo piano il problema dell’adeguatezza patrimoniale (punto focale dei lavori del Comitato di Basilea) strumentale alla soluzione delle crisi: con la novella del 2019 si attua la norma sulla capacità di assorbimento delle perdite (TLAC) e si riguardano i requisiti minimi sui fondi propri e le passività ammissibili (MREL), agendo sia sul livello sia sulla qualità della subordinazione. Il legislatore europeo si è mosso in stretta sinergia con il rinnovamento apportato dal pacchetto CRD4/CRR e alla BRRD – volto a realizzare l’agognato common level playing field (costruito sull’argine ai rischi mediante riduzione degli incentivi all’eccesiva assunzione dei medesimi, tramite l’introduzione di un coefficiente di leva e un coefficiente netto di finanziamento stabile, vincolanti, nonché la fissazione di norme sensibili al rischio per la negoziazione di titoli e strumenti derivati) –, ed ha precostituito la possibilità per i G-SII (gli enti a rilevanza sistemica a livello globale costituiti da banche e imprese di investimento) di disporre di una maggiore capacità di assorbimento delle perdite e di ricapitalizzazione (requisito TLAC), e altresì di un MREL specifico per ente imposto dal Comitato. Il SRMR2 nell’ottica di garantire parità di condizioni all’interno dell’Unione si allinea al CRR per il requisito TLAC, introducendo aggiustamenti e requisiti complementari. Nel complesso le disposizioni potenziano il ruolo del Comitato, seppure nel quadro della collaborazione e coordinamento con le autorità nazionali di risoluzione e quelle competenti, riconoscendo margini di discrezionalità dato che il MREL si basa su valutazioni specifiche eseguite da parte delle autorità di risoluzione di volta in volta; il ruolo uniformante dell’EBA assumerà quindi particolare importanza25.
24 Si vedano le Conclusioni del Consiglio relative a una tabella di marcia per il completamento dell’unione bancaria, cit., al punto 8, sub a). La necessità di salvaguardare “i valori e gli interessi europei” e la “specificità dell’UE” anche nel quadro della riforma globale del settore finanziario verrà evidenziata, nel giugno 2017, nel Parere 2017/C 209/06 rilasciato dal Comitato economico e sociale europeo sul nuovo pacchetto bancario: “il Comitato reputa essenziale che l’Europa rivesta un ruolo di primo piano sulla scena internazionale nelle attività in corso e future. In questo quadro vanno messe al primo posto le norme minime internazionali e occorre salvaguardare i valori e gli interessi europei. In ogni caso è essenziale rifiutare qualsiasi distorsione lesiva per gli enti europei.”, cit. il punto 1.9, cfr. anche il punto 1.8 e (reperibile al link https://eur-lex.europa.eu/legalcontent/IT/TXT/?uri=uriserv:OJ.C_.2017.209.01.0036.01.ITA&toc=OJ:C:2017:209:TOC). 25 Si segnala che di recente l’EBA ha avviato la consultazione relativa a un progetto di norme tecniche di attuazione (ITS-implementing technical standard) su tali temi: v.
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Molte delle modifiche apportate vanno incontro all’esigenza di regolare in modo più incisivo la vigilanza, anche in sede di crisi, sulla realtà di gruppo nel mercato bancario; con il SRMR2 il legislatore ha inteso assicurarne una risoluzione più efficace nell’ambito dell’Unione Bancaria. Le disposizioni riguardanti la pianificazione della risoluzione attribuiscono al Comitato il potere di identificare entità e gruppi di risoluzione all’interno del gruppo di appartenenza, con l’onere di tenere in debito conto le implicazioni derivanti dalle azioni di risoluzione a questo applicate. Il SRMR2 potenzia la via della cooperazione e dello scambio di informazioni tra le autorità coinvolte nella risoluzione di gruppi bancari transfrontalieri, alla luce delle innovazioni apportate con il pacchetto CRD5/CRR2 che vanno verso il riconoscimento del ruolo per la capogruppo di “referente/interlocutore diretto” (per usare il linguaggio tipico e risalente della Banca d’Italia) delle autorità di vigilanza26. Con il recepimento del rinnovato framework normativo sulla risoluzione, il rafforzamento dell’adeguatezza patrimoniale degli intermediari, di per sé orientata all’assorbimento delle perdite con conseguente ricapitalizzazione, supporterà il principio secondo cui il costo dei salvataggi bancari deve andare a carico non dei contribuenti ma dei creditori della banca diversi dai depositanti protetti, dando in definitiva sfogo allo strumento del bail-in (avente una portata più ampia del principio del burden sharing), che si vorrebbe efficace ed ordinato. Si segnala per inciso che nel pacchetto bancario si realizza il riconoscimento contrattuale del bail-in – approccio da sempre sostenuto (senza però essere ascoltate)
EBA, Consultation Paper. Draft Implementing Technical Standards on disclosure and reporting of MREL and TLAC, EBA-CP-2019-14, 22 November 2019 (i relativi documenti sono reperibili al link https://eba.europa.eu/calendar/consultation-paper-its-disclosureand-reporting-mrel-and-tlac). 26 Nel Parere della Banca Centrale Europea dell’8 novembre 2017, sulle modifiche al quadro dell’Unione per i requisiti patrimoniali degli enti creditizi e delle imprese di investimento, cit., nel punto 1.10.1. si legge: “È importante che le azioni per la vigilanza su base consolidata possano essere indirizzate direttamente verso l’impresa madre di un gruppo bancario, indipendentemente dal fatto che si tratti di un ente creditizio o di una società di partecipazione. Al riguardo, l’obiettivo fondamentale di vigilanza è di assicurare che l’impresa madre eserciti la propria direzione e il proprio coordinamento nei confronti delle filiazioni in modo da far effettivamente progredire la vigilanza su base consolidata”: il modello di disciplina italiano gradualmente trova affermazione anche in sede europea: sia consentito il rinvio a Brozzetti, Concentrazione bancaria: da mito a incubo? Il ruolo della regolamentazione rispetto alla forma del gruppo, Pisa, 2011, pp. 66 ss. e 117 ss.
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dalle nostre autorità di vigilanza27 – ed anche l’istituto della moratoria, previsti, rispettivamente, dagli artt. 55 e 33 bis della BRRD, cosi come novellati dall’art. 1, par. 21 e par. 12, della dir. 2019/879/UE. Nel 2014, con la direttiva BRRD era stata già prevista la presenza del MREL, un requisito minimo di passività da utilizzare a tale scopo, il quale, considerate le analogie, anticipava nella sostanza la TLAC poi ipotizzata dal FSB. Il SRMR2 non ha quindi trovato il vuoto alle spalle; tanto che dal 2017 il Comitato di risoluzione unico ha fissato dei requisiti vincolanti per le G-SII, con adeguamenti specifici riferiti ai profili qualitativi e quantitativi del MREL, e negli ultimi anni sono stati altresì pubblicati gli orientamenti del medesimo in vista anche della preparazione del terreno per i futuri cambiamenti prefigurati dal “banking package”28. Si è visto che i due requisiti sono accomunati della stessa finalità (assicurare l’assorbimento delle perdite di una banca prossima alla soglia dell’insolvenza) e con il pacchetto bancario è stata data soluzione al problema del loro raccordo all’interno di un nuovo quadro comune. Gli stessi vengono presentati come strumenti indispensabili a garantire durante la risoluzione che banche/componenti dei gruppi bancari possano continuare a svolgere le funzioni essenziali senza ricorso ai fondi pubblici e senza rischio per la stabilità finanziaria. Ebbene, ferme restando le certezze sulla pericolosità del bail-in (non ci si deve stancare di ripetere che le banche sono sì imprese, ma con una dose massiccia di “specialità”), può dirsi che in linea di principio l’obiettivo risulti apprezzabile, se non fosse che altrettanto considerevoli appaiono le perplessità che solleva29. Nella sostanza, il requisito MREL
Lo riferisce Visco, fra l’altro, in Banche e finanza dopo la crisi: lezioni e sfide. Lectio magistralis del Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, Roma, 16 aprile 2018, cfr. in part. p. 11 s., il testo è reperibile al link https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/ interventi-governatore/integov2018/Visco_16042018_trentennale_economia_tor_vergata.pdf. 28 Si vedano del Single Resolution Board; 1) Minimum Requirement for Own Funds and Eligible Liabilities (MREL). 2018 SRB Policy for the first wave of resolution plans, 20 November 2018 (al link https://srb.europa.eu/sites/srbsite/files/srb_2018_mrel_policy_-_first_wave_of_resolution_plans.pdf); 2) Minimum Requirement for Own Funds and Eligible Liabilities (MREL). 2018 SRB Policy for the second wave of resolution plans, 16 January 2019, cfr. p. 4 (al link https://srb.europa.eu/sites/srbsite/files/public_mrel_policy_2018_-_second_wave_of_plans.pdf). 29 Sottolinea l’analogia tra il MREL europeo e la TLAC del FSB, dando risalto al bilanciamento “sulla carta” del bail-in con il MREL, Barbagallo, Crisi e regolamentazione finanziaria: cambiamenti e prospettive, Modena, 1 marzo 2019, p. 7, reperibile 27
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applicabile alle banche e alle imprese d’investimento europee ora coniugato con l’introduzione della analoga disciplina della TLAC, riferita alle G-SII (le corrispondenti europee delle banche a rilevanza sistemica a livello globale, alias G-SIB), mette il sistema del credito europeo di fronte all’ardua sfida di reperire, nel periodo transitorio che il SRMR concede, ingenti fondi necessari agli scopi anzidetti30. Il mercato potrà quindi essere “stressato” da una richiesta di raccolta di capitali che metterà allo scoperto la rischiosità e la correlata capacità di accesso al medesimo da parte dei singoli intermediari, ma altresì la stessa propensione al rischio degli operatori professionali (soggetta comunque a salvaguardie regolamentari) e degli investitori. Sono facilmente prefigurabili effetti al rialzo dei costi della provvista che nel quadro di asfissia in cui versano il sistema banche31 e il “rubinetto” del credito, e nel clima di sfiducia generalizzata verso il settore bancario (rispetto alla quale anche la regolamentazione diviene parte in causa) fa temere un circolo a dir poco inefficiente di manovre, dal sapore “déjà-vu”. In definitiva, la sfida ultima appare allora quella della equilibrata ponderazione degli interessi in gioco con le rispettive salvaguardie32; per inciso, però, non si può non aggiungere come nei fatti la capacità di lungimiranza del nuovo assetto istituzionale a livello europeo spesso non abbia dato buona prova di sé, e questo onestamente inquieta33.
al link https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/interventi-vari/int-var-2019/Barbagallo-01.03.2019.pdf. Per qualche rilievo critico rinvio anche al mio lavoro, Ending, ecc., cit., pp. 62 s. e 128 ss. 30 Sugli effetti e sull’impatto del MREL si veda Centro Europa Ricerche-CER, Asimmetrie, ecc., cit. , 25 ss.; Banca d’Italia, Rapporto sulla stabilità finanziaria, 2/2016, pp. 39 ss., cui adde di recente, Salvio, L’impatto del MERL sulle banche italiane, in FinRisKAlert, 14 aprile 2019, ove la segnalazione degli effetti distorsivi che si possono presentare, reperibile al link https://www.finriskalert.it/?p=7186. 31 Evidenzia diversi “gridi d’allarme” Onado, L’autunno delle banche europee, 3 dicembre 2019, in https://www.lavoce.info/archives/62447/lautunno-delle-banche-europee/; dello stesso autore si vedano anche La regolamentazione finanziaria dopo la crisi, in Banca, impr., soc., 2019, pp. 195 ss., in part. p. 204 ss.; Commento a Montanaro e Tonveronachi, in Moneta e Credito, n. 282, giugno 2018, pp. 199 ss. 32 Parlano di “sfide scoraggianti”, della distribuzione degli strumenti ammissibili al bail-in, Alvaro, Lamandini, Ramos Muñoz, Ghibellini, Pellegrini, La distribuzione di titoli MREL dopo la BRRD L’interazione tra regole prudenziali e di trasparenza, in Quaderni giuridici della CONSOB, n. 15, dicembre 2017, pp. 60 ss., reperibile al link http://www.consob.it/ documents/46180/46181/qg15_it.pdf/bf92567e-85c2-4555-bbf2-353a961fe7a4. 33 Penso ovviamente al ruolo di laboratorio sperimentale assunto dall’Italia riguardo all’applicazione del nuovo contesto normativo europeo sulla gestione delle crisi scaturito
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Il nuovo pacchetto bancario richiede uno studio approfondito sull’impatto che le misure di recepimento della BRRD2 e della CRD5 avranno nel nostro ordinamento, da considerare anche nel quadro dei meccanismi di funzionamento dei poteri di vigilanza e di risoluzione propri dell’Unione bancaria34, per capire meglio per un verso le sovrapposizioni tra plessi normativi e, per altro verso, se le modifiche apportate con il SRMR2, che arginano il rischio della presenza di attuazioni nazionali divergenti, riusciranno a determinare effettive condizioni concorrenziali tra banche nell’UE. Al momento la situazione (poco confortante) resta comunque quella di un’Unione bancaria sempre “zoppicante”, con le banche alle prese con una fase di continua transizione35 e l’ordinamento bancario europeo incessantemente alla ricerca di un assetto stabile.
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dall’interazione tra soft e hard law (rilievi critici in Brozzetti, Ending, cit., pp. 196 ss.; Id., Il decreto legge n. 99/2017: un’altra pietra miliare per la “questione bancaria” italiana, in Riv. trim. dir. econ., 2018, I, pp. 24 ss.) ed altresì alla vicenda a dir poco incresciosa della equiparazione agli aiuti di stato degli interventi del Fondo interbancario di garanzia dei depositi: si vedano, fra gli altri, Amorosino, La Commissione europea e la concezione strumentale di “mandato pubblico” (a proposito del “caso FITD/Tercas” – Sentenza del Tribunale UE 19 marzo 2019), in Dir. banc., 2019, I, pp. 364 ss.; Maccarone, La gestione delle crisi bancarie tra diritto europeo e norme interne, id., 2018, I, pp. 11 ss.; Id., La sentenza del Tribunale europeo sul caso Tercas, in Banc., 2019, n. 3, pp. 20 ss. 34 Sono sottolineate le possibili sovrapposizioni con riferimento agli interventi precoci nel Parere della Banca Centrale Europea dell’8 novembre 2017 relativo alle revisioni del quadro dell’Unione per la gestione delle crisi (CON/2017/47) (2018/C 34/06), cfr. il punto 4.1. Si sofferma su uno dei nodi chiave del nuovo assetto bancario europeo anche Sepe, Supervisione bancaria e risoluzione delle crisi: separatezza e contiguità, in Riv. trim. dir. econ., 2018, I, p. 302 ss.; per una lettura attenta e critica dell’assetto normativo si veda in particolare A. Nigro, Il nuovo ordinamento bancario e finanziario europeo: aspetti generali, in Giur. comm., 2018, I, pp. 181 ss. 35 Sottolineata anche nella Relazione della Commissione europea al Parlamento europeo e al Consiglio sull’applicazione e sulla revisione della direttiva 2014/59/UE (direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche) e del regolamento (UE) n. 806/2014 (regolamento sul meccanismo di risoluzione unico), Bruxelles, 30.4.2019, COM(2019), in Dir. banc., 2019, II, pp. 73 ss., cfr. p. 76. Si sottolinea che a p. 90 la Commissione segnala l’avvio di una fase di studio sull’armonizzazione dei diritti fallimentari nazionali nonché sulle questioni che la Relazione stessa solleva in merito alla BRRD e al SRMR, da porre anche in diretto collegamento con la realizzazione del terzo pilastro dell’Unione bancaria e della revisione della direttiva 2014/49/UE sulla garanzia dei depositi.
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a. I contributi proposti per la pubblicazione (saggi, note a sentenza, ecc.) debbono essere inviati, in formato elettronico (word), al Direttore responsabile prof. avv. Alessandro Nigro al seguente indirizzo email alessandro.nigro@tiscali.it È indispensabile l’indicazione nella prima pagina (in alto a destra) dell’indirizzo email, per l’invio delle bozze. b. I contributi proposti per la pubblicazione sono preventivamente vagliati dalla Direzione. Quelli che superano tale vaglio vengono trasmessi, in forma anonima, ad uno dei componenti della apposita struttura di revisione, coordinata dal prof. Daniele Vattermoli. Il revisore rimette al coordinatore la sua relazione che, in forma anonima, è trasmessa al Direttore il quale, se la relazione è positiva, autorizza la pubblicazione del contributo.
I. Note 1. Le note debbono essere collocate a pie’ di pagina con numerazione continua e progressiva. 2. La numerazione delle note non deve mai iniziare dal titolo (se necessario, può apporsi un asterisco al titolo, per qualche specificazione particolare; per esempio: “testo della relazione presentata…”)
II. Criteri di citazione 1. Gli articoli di legge vanno citati come segue: - art. 2221 c.c. - art. 2332, co. 1, c.c. 2. I libri vanno citati nel seguente modo: Belli, Legislazione bancaria italiana (1861-2003), Torino, 2004, p. … - Nel caso di più autori, vanno adottati i seguenti modelli: Maimeri, A. Nigro e Santoro, Contratti bancari. 1. Le operazioni bancarie in conto
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Norme redazionali
corrente, Milano, 1991, p. …; Allegri ed altri, Diritto commerciale4 , Bologna, 2004, p. … - Nel caso di opere con uno o più curatori, va adottato il seguente modello: Belli e Santoro, a cura di, La banca centrale europea, Milano, 2003, p. … - L’iniziale del nome di battesimo va inserita solo in caso di omonimia. Per esempio: M. Sandulli, Le attività di investimento delle Fondazioni bancarie, in Dir. banc., 2004, I, p. … - Nel caso di pluralità di edizioni, il numero dell’edizione va sempre indicato come segue: Costi, L’ordinamento bancario3, Bologna, 2001. 3. Le voci di enciclopedie vanno citate nel seguente modo: Angelici, Società per azioni e in accomandita per azioni, in Enc. dir., XLII, Milano, 1990, p. … 4. Gli articoli vanno citati nel seguente modo: Santoro, Garanzia della solvenza della società a responsabilità limitata in caso di circolazione dei titoli di debito, in Dir. banc., 2004, I, p. … 5. I saggi o commenti inseriti in opere collettanee vanno citati nel seguente modo: A. Nigro, Imprese commerciali e imprese soggette a registrazione2, in Tratt. dir. priv., diretto da Rescigno, 15**, Torino, 2001, p. … 6. Le citazioni successive alla prima vanno fatte nel seguente modo: Belli, Legislazione, cit., p. …; Costi, L’ordinamento, cit., p. … 7. Le sentenze vanno citate nel seguente modo: - Cass., 8 aprile 2004, n. 6943, in Foro it., 2004, I, 1713 - App. Milano, 6 aprile 2004, in Il fallimento, 2005, 768 - Trib. Mantova, 24 marzo 2004, in Il fallimento, 2004, 1161. N.B.: occorre attenersi scrupolosamente alle abbreviazioni di cui all’elenco che segue e va omessa l’indicazione p. (pagina) o c. (colonna).
III. Abbreviazioni 1. Fonti normative codice civile codice di commercio
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c.c. c.comm.
Norme redazionali
Costituzione Cost. codice di procedura civile c.p.c. codice penale c.p. codice di procedura penale c.p.p. decreto d. decreto legislativo d.lgs. decreto legge d.l. decreto legge luogotenenziale d.l. luog. decreto ministeriale d.m. decreto del Presidente della Repubblica d.P.R. disposizioni sulla legge in generale d.prel. disposizioni di attuazione disp.att. disposizioni transitorie disp.trans. legge fallimentare l.fall. legge cambiaria l.camb. testo unico t.u. testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (d.lgs. 1-9-1993, n. 583) t.u.b. testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (d.lgs. 24-2-1998. n. 58) t.u.f. 2. Autorità giudiziarie Corte Costituzionale C. Cost. Corte di Cassazione Cass. Sezioni unite S. U. Consiglio di Stato Cons. St. Corte d’Appello App. Tribunale Trib. Tribunale amministrativo regionale TAR 3. Riviste; enciclopedie. Archivio civile Arch. civ. Banca, borsa e titoli di credito Banca, borsa, tit. cred. Banca, impresa e società Banca, impresa, soc. Bancaria Banc. Banche e banchieri Banche e banc.
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Contratto e impresa Contr. e impr. Contratti Contr. Corriere giuridico Corr. giur. Digesto IV ed. Dig. disc. priv., sez. comm. Dig. disc. priv., sez. civ. Dig. disc. pen. Dig. disc. pubbl. Diritto amministrativo Dir. amm. Diritto della banca e dei mercati finanziari Dir. banc. Diritto del commercio internazionale Dir. comm. int. Diritto dell’economia Dir. econ. Diritto e pratica nell’assicurazione Dir. e prat. assic. Diritto fallimentare (e delle società commerciali) Dir. fall. Diritto e giurisprudenza Dir. e giur. Diritto industriale Dir. ind. Diritto dell’informazione e dell’informatica Dir. inform. Economia e credito Econ. e cred. Enciclopedia del diritto Enc. dir. Enciclopedia giuridica Treccani Enc. giur. Europa e diritto privato Europa e dir. priv. Foro italiano (il) Foro it. Foro napoletano (il) Foro nap. Foro padano (il) Foro pad. Giurisprudenza commerciale Giur. comm. Giurisprudenza costituzionale Giur. cost. Giurisprudenza italiana Giur. it. Giurisprudenza di merito Giur. merito Giustizia civile Giust. civ. Il fallimento Il fallimento Jus Jus Le società Le società Notariato (11) Notariato Novissimo Digesto italiano Noviss. Dig. it. Nuova giurisprudenza civile commentata Nuova giur. civ. comm. Nuove leggi civili commentate (le) Nuove leggi civ. Quadrimestre Quadr. Rassegna di diritto civile Rass. dir. civ. Rassegna di diritto pubblico Rass. dir. pubbl. Rivista bancaria Riv. banc. Rivista critica di diritto privato Riv. crit. dir. priv. Rivista dei dottori commercialisti Riv. dott. comm.
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Norme redazionali
Rivista della cooperazione Rivista delle società Rivista del diritto commerciale Rivista del notariato Rivista di diritto civile Rivista di diritto internazionale Rivista di diritto privato Rivista di diritto processuale Rivista di diritto pubblico Rivista di diritto societario Rivista giuridica sarda Rivista italiana del leasing Rivista trimestrale di diritto e procedura civile Vita notarile
Riv. coop. Riv. soc. Riv. dir. comm. Riv. not. Riv. dir. civ. Riv. dir. internaz. Riv. dir. priv. Riv. dir. proc. Riv. dir. pubbl. RDS Riv. giur. sarda Riv. it. leasing Riv. trim. dir. proc. civ. Vita not.
4. Commentari, trattati Il codice civile. Comm., diretto da Schlesinger, e diretto da Busnelli, Milano, Comm. cod. civ., a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, Comm. Scialoja-Branca. Legge fall. a cura di Bricola, Galgano, Santini, Bologna-Roma, Tratt. dir. civ., diretto da Sacco, Torino, Tratt. dir. civ., fondato da Vassalli, Torino, Tratt. dir. civ. comm., già diretto da Cicu, Messineo, Mengoni e continuato da Schlesinger, Milano, Tratt. dir. comm., diretto da Buonocore, Torino, Tratt. dir. comm., diretto da Cottino, Padova, Tratt. dir. comm. dir. pubbl. econ., diretto da Galgano, Padova, Tratt. dir. priv., diretto da M. Bessone, Torino, Tratt. dir. priv., a cura di ludica e Zatti, Milano, Tratt. dir. priv., diretto da Rescigno, Torino, Tratt. soc. per az., diretto da Colombo e Portale, Torino, Va sempre indicato l’anno di pubblicazione del volume
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CODICE ETICO
La rivista Diritto della banca e del mercato finanziario è una rivista scientifica peer-reviewed che si ispira al codice etico delle pubblicazioni elaborato da COPE, Committee on Publication Ethics, Best Practice Guidelines for Journal Editors. (http://publicationethics.org/resources/guidelines)
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Fornisce alla rivista risorse adeguate nonché la guida di esperti (p. e. per la consulenza grafica, legale ecc.), così da svolgere il proprio ruolo in modo professionale e accrescere la qualità del periodico. L’Editore si preoccupa di perfezionare un contratto che definisca il suo rapporto con il proprietario della rivista e/o con la Direzione. I termini di detto contratto devono essere in linea con il Codice di condotta per editori di riviste scientifiche messo a punto da COPE. Il rapporto tra Direzione, Comitato di Redazione ed Editore deve basarsi saldamente sul principio di indipendenza editoriale.
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Il Direttore e il Comitato di Redazione della rivista Diritto della banca e del mercato finanziario sono i soli responsabili della decisione di pubblicare gli articoli sottoposti alla rivista stessa. Nelle loro decisioni, essi sono tenuti a rispettare le linee di indirizzo della rivista. Gli articoli scelti verranno sottoposti alla valutazione di uno o più revisori e la loro accettazione è subordinata all’esecuzione di eventuali modifiche richieste e al parere conclusivo del Comitato di Redazione. La Direzione e il Comitato di Redazione sono tenuti a valutare i manoscritti per il loro contenuto scientifico, senza distinzione di razza, sesso, orientamento sessuale, credo religioso, origine etnica, cittadinanza, di orientamento scientifico, accademico o politico degli autori. Se il Comitato di Redazione rileva o riceve segnalazioni in merito a errori o imprecisioni, conflitto di interessi o plagio in un articolo pubblicato, ne darà tempestiva comunicazione all’Autore e all’Editore e intraprenderà le azioni necessarie per chiarire la questione e, in caso di necessità, ritirerà l’articolo o pubblicherà una ritrattazione.
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Codice etico
Va correttamente attribuita la paternità dell’opera e vanno indicati come coautori tutti coloro che abbiano dato un contributo significativo all’ideazione, all’organizzazione, alla realizzazione e alla rielaborazione della ricerca che è alla base dell’articolo. Tutti gli Autori sono tenuti a dichiarare esplicitamente che non sussistono conflitti di interessi che potrebbero aver condizionato i risultati conseguiti o le interpretazioni proposte. Gli Autori devono inoltre indicare gli eventuali enti finanziatori della ricerca e/o del progetto dal quale scaturisce l’articolo. I manoscritti in fase di valutazione non devono essere sottoposti ad altre riviste ai fini di pubblicazione. Quando un Autore individua in un suo articolo un errore o un’inesattezza rilevante, è tenuto a informare tempestivamente la Redazione e a fornirle tutte le informazioni necessarie per indicare le doverose correzioni del caso. I protocolli di studio dei lavori originali devono essere preventivamente autorizzati dai comitati etici di riferimento degli Autori e le ricerche devono essere condotte secondo norme etiche con specifico richiamo alla dichiarazione di Helsinki.
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Attraverso la procedura del peer-review i Revisori assistono il Comitato di Redazione nell’assumere decisioni sugli articoli proposti, e inoltre possono suggerire all’Autore correzioni e accorgimenti tesi a migliorare il proprio contributo. Qualora non si sentano adeguati al compito proposto o sappiano di non potere procedere alla lettura dei lavori nei tempi richiesti sono tenuti a comunicarlo tempestivamente al Comitato di Redazione. Ogni testo assegnato in lettura deve essere considerato riservato; pertanto tali testi non devono essere discussi con altre persone senza l’esplicita autorizzazione della Direzione. La revisione deve essere effettuata in modo oggettivo. I Revisori sono tenuti a motivare adeguatamente i giudizi espressi. I Revisori s’impegnano a segnalare al Comitato di Redazione eventuali somiglianze o sovrapposizioni del testo ricevuto con altre opere a loro note. Tutte le informazioni riservate o le indicazioni ottenute durante il processo di peer-review devono essere considerate confidenziali e non possono essere usate per altre finalità. I Revisori sono tenuti a non accettare in lettura articoli per i quali sussiste un conflitto di interessi dovuto a precedenti rapporti di collaborazione o di concorrenza con l’autore e/o con la sua istituzione di appartenenza.
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Rivista trimestrale del Ce.Di.B. - Centro studi di Diritto e legislazione Bancaria
L’abbonamento alla rivista decorre dal 1° gennaio di ogni anno e dà diritto a tutti i numeri relativi all’annata, compresi quelli già pubblicati. L’abbonamento si intende rinnovato in assenza di disdetta da comunicarsi almeno 60 giorni prima della data di scadenza a mezzo lettera raccomandata a.r. da inviare a Pacini Editore S.r.l. Cedola di sottoscrizione - Abbonamento Italia 2020 (4 fascicoli): € 135,00 - Abbonamento Estero 2020 (4 fascicoli): € 190,00 - Il prezzo dei singoli fascicoli è di € 40,00 Modalità di Pagamento ☐ assegno bancario (non trasferibile) intestato a PACINI EDITORE Srl - PISA ☐ versamento su conto corrente postale n. 10370567 intestato a PACINI EDITORE Srl - PISA (per accelerare le pratiche si prega di inviare via fax la ricevuta dell’avvenuto pagamento al numero 050 3130301) ☐ bonifico bancario sul c.c. n. IBAN IT 67 G 01030 14010 000000561171 Banca Monte dei Paschi di Siena (per accelerare le pratiche si prega di inviare via fax la ricevuta dell’avvenuto pagamento al numero 050 3130301) ☐ a ricevimento fattura (secondo modalità indicate in fattura) (opzione valida solo per librerie, commissionarie librarie, case editrici e istituti/enti) ☐ carta di credito ☐ MasterCard ☐ VISA Carta n. ...................... Data di scadenza ....................... Nome, Cognome o Ragione Sociale: ........................................................................................................................................................................... ........................................................................................................................................................................... P. Iva (se in possesso) e C. Fiscale (obbligatorio per tutti): ........................................................................................................................................................................... ........................................................................................................................................................................... Indirizzo ........................................................................................................................................................................... ........................................................................................................................................................................... Firma.................................................................
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