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“Il castello del cuore” Migrazione sentimentale verso la terra di Calabria di DIVINA LAPPANO
A Mario e Maria
vicende avvolte nel silenzio dell’anoniigrare è scelta mato, ma la loro voche segna la ce interiore arriva a propria vita, è camchi sa ascoltarle. Acbiamento, è passagcade anche che a gio riflesso nel solco queste si intreccino inferto nel cuore. migrazioni “insolite” Tutto assume cone particolari, che torni sfumati, divienon necessitano di Mario e Maria di Raffaele Crovara ne incertezza e attesa lunghe distanze e carica di costante tensione, destinata a che, in pari modo, conquistano e comsfociare, poi, in nostalgia venata di malin- muovono per le loro ragioni. Sono quelle conia. Il migrante si traduce nell’immagi- che il filo del sentimento consente, a volne della condizione umana: la fragilità te, di rendere note: è il “miracolo” custodell’essere sottoposta alla precarietà. Il dito nelle pagine di un libro, che al pari suo cammino è storia individuale, che di uno scrigno rivela il suo contenuto inevitabilmente indossa la veste universa- prezioso e fa rivivere quel che è narrato. le e racconta dell’uomo di ogni tempo. È un freddo e piovoso pomeriggio di La drammatica attualità di tale feno- Marzo, il tepore e l’atmosfera tranquilla meno sociale, vissuto, in alcuni casi, co- di casa mi avvolgono, mentre sono comome dimensione esistenziale induce a ri- damente seduta davanti al camino, che flessioni: il pensiero vaga e consente di ri- mi tiene compagnia con il suoi ceppi tornare alla nostra amata terra calabra, at- scoppiettanti. Sono assorta nella lettura e traversata nel suo grembo accogliente, co- non riesco a distogliere l’attenzione dal me quello di tanti paesi e regioni, da emi- contenuto di quella che può definirsi una grazioni e immigrazioni. Tanti suoi figli cronaca familiare, una sorta di album di sono sparsi nel mondo: di molti resta il famiglia, le cui foto sono rappresentate ricordo e la testimonianza dei discenden- dalle immagini prodotte dal dettato del ti, altri, avanti negli anni, si vestono dei cuore. In realtà conosco bene la trama di panni di “aedi”, per raccontare le loro sto- questo libro, di cui io stessa ho scritto, rie avvincenti e toccanti. Australia, Ar- anni or sono, la Postfazione per espressa e gentina, Brasile, Canada, Stati Uniti, “perentoria” richiesta dell’autore, ma riGermania custodiscono trame di vite e di leggerla, a distanza di tempo, per il desi-
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derio di ritrovare persone e luoghi amati, si è rivelata un’esperienza inaspettata. Il castello del cuore di Flavio Nimpo si tramuta, in queste ore pomeridiane, nel classico sasso capace di provocare “magici” cerchi concentrici nell’acqua. L’onda dei ricordi mi lambisce, invitandomi a intraprendere il viaggio ideale della memoria: con emozione riascolto la voce di mia madre, custodita dalla forza dell’amore, e ritornano vividi i suoi racconti legati a nonni e cugini migranti; lo sguardo smarrito nella fiamma crepitante del focolare immagina i flussi migratori di questa nostra terra martoriata da secoli di drammi e piaghe, eppure bella nella sua indomita fierezza e nella sua essenza “primitiva”, intrisa di selvatichezza, segno di incontaminata purezza. Dopo questo viaggio ideale ritorno alle pagine del libro: l’autore narra, seguendo il filo dei ricordi, per mantenere fede a una promessa morale. Al nonno materno dedica il suo scritto destinato a lasciare traccia della sua storia legata a quella dei suoi cari, a partire dal padre, barone di Monte San Biagio, il quale, per amore, rinuncia al suo mondo e “migra” in Calabria: egli qui ha conosciuto la sua amata e vi fa ritorno, perché la sua sposa soffre di nostalgia e non riesce ad adattarsi alla nuova vita di aristocratica presso il feudo baronale del suo consorte. Si legge nel secondo capitolo intitolato, per l’appunto, In Calabria: «Durante le interminabili ore di viaggio in treno, furono tanti i pensieri che attraversarono la mente di Paolo. Per il barone iniziava una nuova vita con la responsabilità di scelte che avrebbero coinvolto sua moglie ed il figlio, dopo la sua nascita. Una volta in Calabria, avrebbe dovuto occuparsi dell’investimento dei suoi beni e dell’acquisto di una casa per la sua famiglia. Molto sarebbe dipeso da lui, intenzionato a
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chiedere consiglio al suocero il cui senso pratico avrebbe provveduto alla propria inesperienza. Alla stazione di Cosenza Paolo fu accolto affettuosamente dal suocero che gli espresse il suo rammarico per l’irrevocabile decisione di Teresa, e spiegò che aveva provato in tutti i modi a convincerla a riflettere lungamente. Nello stesso tempo il suo affetto paterno e la giovanissima età della sua diletta figlia lo avevano indotto a desistere dal suo intento. Non poteva compromettere la felicità di Teresa per un titolo nobiliare. Paolo ascoltò in silenzio e non pronunciò parola per tutto il tragitto, dalla stazione fino a casa dei suoceri, dove era atteso con sollievo e gioia dalla moglie. Nel breve percorso, che lo separava da lei, il barone, seduto comodamente in carrozza, si guardava intorno: avrebbe dovuto abituarsi alla nuova vita cosentina, in un contesto sociale ed in luoghi molto diversi da quelli di Monte San Biagio. Egli, però, aveva fatto la sua scelta e non sarebbe tornato indietro: aveva seguito la strada del cuore, rinunciando a radici e affetti, per accogliere quelli suscitati dalla forza del sentimento che aveva riempito la sua vita». Paolo e Teresa vivono il resto dei loro giorni a Cosenza e qui nascono i loro figli fra cui Mario, nonno materno dell’autore. Egli, con sua moglie Maria, rende la sua famiglia quello che Flavio Nimpo definisce un “castello del cuore” e sceglie quale titolo della breve cronaca familiare. Ho avuto il privilegio di conoscere i protagonisti di questo diario degli affetti. Tra le memorie del passato che lo scrittore, “compagno di viaggio” e complice di tante mie vicissitudini, ha rievocato in modo semplice e suggestivo, attraverso la presentazione della testimonianza lasciata in custodia anni or sono all’eco della sua penna sensibile, ho ritrovato volti e sentimenti di persone a me care, sfumature della loro esistenza che
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non conoscevo. Grazie a lui e al suo scrit- nei miei occhi il sorriso di Nonna Maria, to ho potuto ripercorrere, mediante una la sua dolcezza, lo sguardo eloquente, ausorta di “migrazione” interregionale, le stero e, allo stesso tempo, indulgente di tappe e le mete di flussi migratori, che Nonno Mario, ben schermato dalla prohanno coinvolto la nostra terra e oggi, ac- fondità dei suoi occhi cerulei, che si concanto ad essa, altri fondono e si sovrappaesi e regioni travolti pongono all’iride azda crisi politiche, sozurra di mio Nonno ciali ed economiche. Luigi, mentre il sorriNon nascondo una so radioso di mia macerta commozione nel dre illumina il mio ricostruire immagini e cuore, che ne avverte situazioni, che, in sempre la sua invisibiqualche modo, apparle ma pregnante pretengono parzialmente senza. Essi hanno visanche al mio vissusuto l’esperienza di to… I bagliori della un’altra migrazione, fiamma del camino una migrazione di rimi ridestano dai pentorno nella terra calasieri e mi accingo a bra, in assoluta conravvivare il fuoco, non trotendenza con la diprima di ringraziare rettrice che portava fra me e me l’autore, verso il Nord e oltreoper avermi regalato, ceano: la “migrazione Il matrimonio di Massimo Nimpo ancora una volta, l’edel cuore”, quella che mozione di un viaggio ideale. Custodirò ci rende pellegrini su questa terra, destisempre nel cuore il ricordo di Nonno nati alla conoscenza di quel mistero coMario e Nonna Maria e l’atmosfera di ac- smico, manto avvolgente per noi esseri coglienza cordiale e generosa ospitalità, umani assetati di immortalità. che pervadeva la loro dimora e attraversaLungo la scia dei ricordi continuo a va i confini delle mura familiari, per sfogliare le pagine de Il castello del cuore, giungere dritta al cuore dei visitatori e mentre il flusso dei pensieri migra verso inondarlo di calore e dolcezza. Questa è luoghi remoti e persone care, rendendostata la mia esperienza: entrare nella loro mi conto, ancora una volta, che noi tutti casa ha avuto per me il sapore magico di siamo migranti, in un modo o nell’altro, un’immersione nel tepore confortevole e nello spazio e nel tempo, tutti, traslocanrassicurante del “focolare domestico”. Po- do affetti e memorie in nuove case, nuoco più che ragazzina, sono stata accolta ve storie, nuovi amori, nuove vite… Noi con gentilezza e benevolenza, quasi fossi tutti siamo, indifferentemente, “migranti anch’io parte della famiglia. Oggi posso del cuore”. dire, senza il timore di essere eccessiva- ——————— mente enfatica, d’averne fatto parte e di DIVINA LAPPANO Filosofico e Counselor Esistenziale ISUE essere stata beneamata al pari di una loro Consulente Vice Presidente IRSEM nipote, cui mai sono mancate le attenzio- Direzione Scientifica ISUE Calabria ni e le dimostrazioni d’affetto. Conservo e-mail: drdivinalappano@libero.it Anno IV - n. 1 – Gennaio/Aprile 2016