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RIVISTA CULTURALE QUADRIMESTRALE
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DIVINA LAPPANO*
Il Palpito dell’Esistenza Una lettura antropologico-esistenziale della pittura di Assunta Mollo
I
l messaggio dell’arte di Assunta Mollo sublima la vita e arriva in modo distinto e chiaro. Non c’è bisogno di un’ermeneutica dell’esegesi. La vera arte è quella che riesce a trasmettere emozioni, emozioni che turbano, emozioni empatiche senza mediazione, letture complicate e, spesso, fuorvianti, conducendo per quei sentieri che portano l’uomo a indagare se stesso, il senso della vita, della malattia e dei rapporti umani. Lungo questo cammino è facile perdersi, così come è facile ritrovarsi, ed individuare dei compagni di viaggio a cui il “verbo” non serve, basta uno sguardo o un dipinto che tocca l’animo, senza bisogno di “parole-rebus” che diventano pesanti, come macigni, ed incomprensibili, come punti di domanda senza risposta. Assunta Mollo, che insegna matematica presso il locale Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri “S. Quasimodo”, è il Presidente dell’Associazione Parkinsoniani Italiani che ha sede legale, unica per la Calabria, a Cosenza. Al suo attivo ha numerose mostre ed il suo contributo si è espresso con impegno ed originalità anche in convegni di carattere medico-scientifico, che, attraverso l’espressione dei suoi quadri e della sua testimonianza oggettiva, hanno reso visibile l’importanza dell’arte nella cura e nel processo di integrazione e recupero dalla malattia. È stata proprio la Malattia di Parkinson che ci ha fatto incontrare, in occasione della presentazione del libro dell’attore argentino Javier LomLe amazzoni, bardo1 – anch’etecnica mista su tela, cm 100x100 gli affetto dal Morbo di Parkinson – di cui mi sono occupata lo scorso anno. Dunque, per quanto il fardello della malattia possa pesare nella vita di Assunta, sicuramente ha portato a lei nuovi amici, nuove prospettive, nuove acquisizioni… Ha portato, prima fra tutte, la pittura ed un universo che si è disvelato nella sua prepotente urgenza di prendere forma e colore: di esistere al di sopra di ogni dato esteriore. La Malattia di Parkinson ha condotto Assunta, ormai 1
da più di dieci anni, verso la pittura, una pittura che è si è trasformata nel linguaggio elettivo in cui far convergere il suo nuovo mondo di emozioni, le sue nuove scoperte, le sue paure e la bellezza del suo animo. Grazie a questo nuovo “sentire” la sua arte espressiva ha trovato un canale per comunicare sensazioni, emozioni, pensieri che da tempo giacevano nella profondità del suo animo e non trovavano il sentiero della giusta condivisione. La pittura è diventata specchio, uno specchio che riflette la sua anima e fa luce sulle sue emozioni segrete. Uno specchio che ha infranto il muro dell’isolamento ed ha portato fuori l’universo inespresso del suo sentire e vivere tra la gente che non sa, non conosce e non comprende il mondo dietro cui la malattia l’aveva costretta e ci costringe, anche da “sani”. La pittura è diventata tela, tela le cui trame incontrano i colori, si fondono e si sublimano in figure, prendendo forma e dimensione in un’apoteosi di vita, unendosi nell’incarnarsi sotto le dita ed i pennelli di un individuo che ora sa e ora vede… Vede la realtà senza i veli dell’ignoranza di spirito, che ci rende gretti affabulatori di sterili finzioni. I miracoli avvengono ed è l’uomo che, spesso, è in grado di compierli. Assunta non si è fermata davanti al disagio della malattia, ripiegando su di sé e offendendo la sua natura d’individuo. Anzi, ha saputo cogliere il messaggio più alto che dava senso e rilievo a questa sua sofferenza ed alla vita stessa. I suoi occhi hanno visto un panorama nuovo ed inedito, mai colto prima, nella condizione di benessere fisico. “La paralisi agitante” – un bell’ossimoro – l’ha indotta a rallentare il passo e qui, per la prima volta nella sua vita, si è fermata a godere dell’orizzonte sconfinato che si apriva ai suoi sensi increduli, sbigottiti… come quelli puri di un bimbo, che per la prima volta osserva la volta celeste e ne comprende il prodigio ed il mistero. E così, con la stessa enfasi che nel suo cuore trionfa, vuole condividere questa bellezza infinita con il resto del mondo che tace, invece, e si ritira spesso verso le maglie dell’incomprensione; di quel distacco che ferisce, chiudendosi dietro il sipario
Javier Lombardo, POèMI, Comet Editor Press, Marzi (Cs), 2012. Pagina 3 3
Sodales, tecnica mista su tela, cm 70x120
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Donne, tecnica mista su legno, cm 90x80
lugubre della commiserazione, priva di ogni tipo di comunicazione efficace e reale, privo del significato dell’essere e dell’esistere. Come non pensare a Leopardi? Sempre caro mi fu quest’ermo colle, e questa siepe, che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mi-
rando, interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quiete io nel pensier mi fingo, ove per poco il cor non si spaura. E come il vento odo stormir tra queste piante, io quello infinito silenzio a questa voce vo comparando: e mi sovvien l’eterno, e le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei. Così tra questa i immensità s’annega il pensier mio: e il naufragar m’è dolce in questo mare2. Come non rievocare Quasimodo? Ognuno sta solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera3. E come non sentire il fremito di Dante? Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura ché la diritta via era smarrita. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura!4 E ancora: tanto ch’i’ vidi de le cose belle che porta ‘l ciel, per un pertugio tondo. E quindi uscimmo a riveder le stelle5. Zarathustra aggiunge: bisogna avere ancora un caos dentro di sé per partorire una stella danzante6.
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Ma in una notte fredda e senza stelle, in cui il silenzio trionfa ed incute timore, mentre lo spirito annichilisce in un piccolo essere che si sente impotente e indifeso, torniamo indietro nel tempo… Trentaduemila anni fa. Una notte buia, una grotta in cui ripararsi ed il bisogno indifferibile di portare fuori di sé l’urlo dello spirito. Le Grotte di Chauvet, la più antica testimonianza che l’uomo abbia lasciato della voluttà di celebrare le proprie emozioni, sensazioni incontenibili che non potevano trovare espressione in nessun’altra forma di linguaggio. I pittogrammi che l’uomo del paleolitico superiore ha impresso sulle pareti di una caverna nella Francia sud-orientale, quale messaggio nella bottiglia per salvarsi dal naufragio della sua anima, e che miracolosamente sono giunte fino a noi, ci confermano l’archetipo della pittura, che è la prima forma di scrittura mai esistita. Una testimonianza che ci accompagna verso i percorsi perscrutabili delle emozioni umane e, nello specifico, verso il bisogno di comunicare e condividere il mondo interiore di immagini e suggestive rivelazioni che popolano, dal paleolitico fino a noi, l’universo di Assunta Mollo. Ebbene, in questa lunga e oscura notte dell’anima7, come il mistico Juan de la Cruz la definirebbe, nella notte oscura che narra il viaggio dell’anima verso il divino, nella notte, che diviene appuntamento ineludibile con quella voce interiore, che trasfigura le avversità e gli ostacoli nei mostri sovrumani del mondo sensibile, Assunta è lì con i suoi limiti, le sue paure, il suo mondo… E, come l’uomo di trentaduemila anni fa, suo parente prossimo, nel silenzio combatte la sua battaglia di conoscenza, di sopravvivenza e raccoglie la grande Chance di Giovanni della Croce8, per fare di quel momento, unico ed esclusivo, creazione artistica. Creazione che, attraverso la pittura, raggiunge l’essenza di sé, si ricongiunge alla sfera interiore per trascendere e toccare il sacro, il divino, e, come ispirato da Nietzsche, partorisce una stella danzante. Proprio attraverso i pennelli, che a volte sono le sue stesse mani, impotenti al fremito che la pervade e la scuote, l’artista ritrova se stessa e colloca nello spazio della tela il suo tempo e traduce in colori quelle parole, che non trovano forma nella lingua di tutti i giorni. Il Chaos, di cui ci parla Esiodo nella Teogonia9, diventa Cosmos, che in greco significa appunto “ordine”. La pittrice, come il demiurgo platonico10, vivifica la materia e la rende anima del cosmo. L’universo, che la pittura è diventata, ordina l’esi-
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Giacomo Leopardi, L’infinito, (1819). Salvatore Quasimodo, Ed è subito sera, (1930). Dante Alighieri, Inferno, Canto I, vv. 1-6, (1304-1321). Dante Alighieri, Inferno, Canto XXXIV, vv. 137-140. Friedrich Wilhelm Nietzsche, Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno, (188385). 7 Juan de la Cruz, La notte oscura dell’anima, (1584). 8 Ibidem. 9 Esiodo, Teogonia, (700 a.C.). 10 Platone, Timeo, (360 a.C.). Pagina 3 4
Amicizia, acrilico su cartoncino, cm 70x100
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stenza e rappresenta il suo diario visivo, un diario di viaggio in cui non esistono limiti, che siano del pensiero o del corpo, e comunica tanto e meglio di quanto molti di noi, al sicuro oltre la frontiera della malattia, sono in grado di fare, perché Assunta, sebbene costretta nei confini fisici del malessere, NON È la sua malattia. Assunta NON È il Parkinson. Assunta È Assunta, straordinariamente e potentemente se stessa. La sua nuova consapevolezza risolve il problema ontologico su cui Dis-cinesie, l’uomo indaga dagli alacrilico su cartoncino, cm 70x100 bori della storia e si eleva al di sopra delle comuni categorie concettuali poiché, come afferma Schopenhauer, mentre per l’uomo comune il proprio patrimonio conoscitivo è la lanterna che illumina la strada, per l’uomo geniale è il sole che rivela il mondo11. Così avviene il miracolo: attraverso pennelli, colori e forme Assunta ritrova se stessa e la luce dell’universo, che non è più oscura tenebra, si divincola dalle pesanti catene che imprigionano l’individuo, così come Platone ben descrive nel Mito della caverna12, liberando se stessa ed il suo mondo da una schiavitù di pensiero e di azione. Qui il piacere della pittura diventa gioia e catarsi: libertà… Assunta è finalmente “libera” e “governa” se stessa ed il mondo circostante. L’arte pittorica è diventata arte maieutica e Assunta dà alla luce se stessa, secondo l’insegnamento socratico. In tal modo l’emotività prende forma e si concretizza, conquistando la tela in un susseguirsi di cromie dai toni caleidoscopici, corporei e materiali quanto eterei e delicati. L’impatto esteriore è spesso forte, la comunicazione diretta ed immediata. I tratti del suo pennello consacrano la visione di un mondo interiore che brama, esulta, urla… “Palpita”. Vive prepotente il bisogno di esistere e affermare la propria identità di individuo. Gli occhi si riempiono di immagini, le immagini evocano sensazioni ed in esse pullulano i sentimenti, i ricordi, le suggestioni. La musica corale del suo animo sensibile assume dimensione e colore nell’inesauribile ispirazione del suo ingegno di artista, che, al pari di un direttore d’orchestra, armonizza e concilia la pittura per farne sinfonia visibile e condivisa su tela vergine. Qui si comprende bene co-
me il cuore esulti e come Beethoven, ormai sordo, poté comporre l’Inno alla Gioia13 e sconfinare nel tripudio di un sentire che oltrepassa orizzonti umani. Come soggetto dei suoi quadri l’artista predilige l’universo femminile, soprattutto quello delle donne che soffrono, mettendo in evidenza la loro femminilità, una femminilità a volte ostentata, a volte mortificata ed in certi casi idealizzata. Un microcosmo di emozioni che animano la scena sociale del mondo contemporaneo, con le sue brutture, le sue effimere certezze, la confusione di valori, ma anche la determinazione ad essere donna, sempre e comunque, con la sua sensualità, a volte persino grottesca. Il femmineo che si modula nella fragilità di uno sguardo assente, nell’intensità di una sofferenza mal camuffata, di una bocca che urla muta, nella forza dell’unione che la complicità e la solidarietà fra donne rende simili a guerriere: moderne amazzoni della storia. La tecnica usata per la realizzazione dei quadri è quella mista, che vede accanto all’uso dei colori acrilici quello di materiali plastici come lo stucco, la carta, la stoffa. Oltre a lavori su tela, su legno e su carta, la pittrice ha realizzato anche dipinti digitali. A questa forma espressiva ricorre quando è impossibilitata fisicamente ad usare il pennello. Insomma, un universo da esplorare, attraverso il quale esplorarsi, conoscersi e oltrepassare il limite – sia esso la malattia, il ruolo familiare, la condizione sociale – per assurgere alle vette più elevate dell’esperienza umana, in cui tutto diventa possibile, in cui tutto è magicamente reale e concreto, in cui la vita si trasforma in meraviglioso mistero: il mondo come volontà e rappresentazione14, così caro a Schopenhauer, per concludere con lui che l’unica origine dell’arte è la conoscenza delle idee e il suo unico fine è la comunione di tale conoscenza15. Lì, sulla cima più alta della propria consapevolezza, si tocca il divino che è in ciascuno di noi e l’esistenza diventa sacra e inviolabile. Lì, in quel preciso punto, il pennello inizia a Creare, lì l’astratto prende forma e colore, lì inizia la creazione della vera opera d’arte: la Creazione dell’Io. Lì inizia il “governo” di sé e del mondo. Lì, per dirla con Nietzsche16, “Assunta diviene ciò che è”! La sua arte è essenza ermeneutica, attività metafisica, arte maieutica che crea, produce e supera il sensibile: volontà di potenza17 che dà rilievo all’autoaffermazione e al-
11 Arthur Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, (1819). 12 Platone, La Repubblica, libro VII, 514b-520°, (390-360 a.C.). 13 Ludwig van Beethoven, Sinfonia n. 9 in Re minore Op. 125, (1824). 14 Arthur Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, (1819). 15 Ibidem. 16 Sul concetto di “divenire ciò che si è” cfr. Friedrich Wilhelm Nietzsche,
(1882). 17 Friedrich Wilhelm Nietzsche, La volontà di potenza, (postuma, 1893). Pagina 3 5
La gaia scienza, Canta che ti passa, acrilico su cartoncino, cm 70x100
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l’autopotenziamento dell’essere, in continua ascesi verso il superamento delle frontiere e la forza espansiva della vita. La malattia, allora, può, secondo il principio di Aristotele di causa-effetto18, trasformarsi in risorsa. Un’elaborazione concettuale di singolare impatto etico e sociale, che porta alla rivalutazione ed al recupero di valori, il cui significato è ben oltre un limite fisico. Concetto apparentemente semplice, ma di difficile comprensione, sia per chi vive la sofferenza in prima persona, sia per Maternità, coloro che sono intorno acrilico su cartoncino, cm 70x100 ed affrontano l’impotenza e l’incapacità di relazionarsi ad una persona nuova e sconosciuta, così come incisivamente sottolineano i versi di Javier Lombardo: È come il bianco e il nero l’acqua e l’olio non ci mescoliamo non ci uniamo non ci capiamo così ci sono loro sani e noi malati un muro ci separa quello del dolore che ci nasconde ci riempie di colpa e di vergogna loro si affacciano discreti ci guardano con diffidenza con compassione, con ribrezzo ci lasciano un buongiorno e ci augurano di guarire si fermano appena ci sorridono, ci coccolano ci sopportano, ci curano con le medicine ma ci vogliono lontano siamo come la peste noi li guardiamo con invidia come fossero bambini all’asilo infantile perché continuano a giocare? non si sono accorti per caso che la vita è oscura 18 Aristotele, La metafisica, (IV sec. a.C.). 19 Javier Lombardo, op. cit., p. 21. 20 Eschilo, Agamennone, vv. 176 ss. (458 a.C.). 21 Arthur Schopenhauer, Parerga e Paralipomena, (1851). 22 Friedrich Wilhelm Nietzsche, Umano, troppo umano. Un 23 Arthur Schopenhauer, Parerga e Paralipomena, (1851). 24 Nikolaj Vasil’evic ˇ Gogol’, Il ritratto, (1833-42). 25 Fëdor Michajlovic ˇ Dostoevskij, L’idiota, (1869).
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che in qualunque angolo ti aspetta l’ascia per caderti addosso imperturbabile per tagliarti in due per lasciarti cieco19. È evidente che la collettività ha molto da imparare da coloro che sono a contatto con il travaglio della malattia, con la morte e con la vita, nel senso pieno del termine. Già duemilacinquecento anni fa Eschilo scriveva che la saggezza si conquista attraverso la sofferenza20. Bisognerebbe, dunque, riportare un certo ordine nella visione, nota a pochi, del grande privilegio di potersi abbeverare alla fonte di coloro che sono andati al di là della mediocre percezione del vivere un’esistenza “piccola” e “banale” e far sì che il Chaos diventi Cosmos. Proprio perché, come asserisce Schopenhauer, solo la luce che uno accende a se stesso, risplende in seguito anche per gli altri21 è opportuno, attraverso il linguaggio di Assunta Mollo, i suoi quadri, i suoi volti, le espressioni ed i suoi colori, riuscire a trasferire l’idea che l’individuo nello stato di malattia, avendo superato la soglia della comune dimensione quotidiana, sia portatore di un messaggio etico di grande spiritualità e comprensione dell’essenza delle cose e del mondo, da cui tutti potremmo apprendere per migliorare noi stessi e la società in cui viviamo. L’arte, come traspare mirabilmente attraverso le opere di Assunta Mollo, è un grande veicolo di comunicazione matetica, che elargisce una preziosa lezione di vita, dignità, eccellenza sul piano etico ed estetico. Pertanto, alla luce di una lettura antropologico-esistenziale sarebbe lusinghiero, auspicare che, come suggerito da Nietzsche22, qualcosa possa nascere dal suo contrario e, quindi, la verità dall’errore e la salute dalla malattia. Se una vita felice è impossibile e il massimo che l’uomo può raggiungere è la vita eroica23, come esorta Schopenhauer… Se l’arte, come sostiene Gogol24, può elevarsi al concetto di divino, che è bellezza suprema... E se, come afferma Dostoevskij, la Bellezza salverà il mondo25: Assunta Mollo è “Eroica”, è “Bella” ed è “Salva”. * Presidente Associazione Ántropôs Servizi per la Cultura e i Beni Culturali - Cosenza
e.mail: drdivinalappano@libero.it
libro per spiriti liberi (1878-79). Stand-by, tecnica mista su legno, cm 70x100 Pagina 3 6