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CANONE INVERSO Viaggio metaclinico nella sofferenza alla ricerca di valori, significati e scopi di DIVINA LAPPANO
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ome una partitura musicale può essere eseguita per “moto contrario” e generare nuove armonie dalle stesse note, anche la realtà, quando ci spostiamo dalle rigide angolazioni di una consuetudine culturale divenuta habitus, può essere rivalutata, indicare nuove prospettive ed offrire nuove visioni dello stesso mondo. Nell’ottica di un discernimento, che diventa strumento di comprensione del reale, e, invertendo i canoni, offre una rilettura degli eventi, si propone di focalizzare l’attenzione su una particolare condizione dell’individuo, che traghetta la coscienza verso una concezione inedita dell’esistenza: la sofferenza e il disagio di vivere – con particolare riferimento alla malattia – attraverso una visione, che rifugge dalla considerazione del malessere esistenziale come forma patologica del vivere, per condurre dalla “ermeneutica del limite”, con Jaspers1, alla “ulteriorità di significazione” e approdare a una progressiva “riappropriazione di significato” di matrice frankliana2. L’individuo nello stato di malattia, proprio perché dinanzi a un dilemma on1
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tologico non più differibile, né mistificabile, si trova a esperire una condizione di apertura, che gli consente di attribuire significato a ciò che sembrava spesso non averne e, sulla base di questo “risveglio”, riesce ad acquisire un livello di consapevolezza superiore a chi vive da “sano” la propria esistenza. L’uomo, che è capace di soffrire, come afferma Frankl3, è libero “da” ogni condizionamento e da ogni influsso ambientale, libero “per” dominare interiormente il destino, nonostante gli impedimenti esteriori. Il “risveglio” della coscienza e la consapevolezza, che ne conseguono, orientano il vero sapere, scevro da false illusioni, ombre riflesse su pareti, mistificazioni e strumentalizzazioni del reale, nel cammino di verità e conoscenza, che porta l’individuo a trascendere se stesso e a rivelare l’Uomo. La persona sofferente si trova ad affrontare il disagio generato dal limite fisico, il senso concreto della sua esistenza – passata, presente e futura – l’angoscia di morte e un’avvilente “doppia solitudine”, così come potrebbe essere definita da
K. Jaspers, Il medico nell’età della tecnica, Cortina Editore, Milano, 1991; Cfr. U. Galimberti, Jaspers, dalla filosofia come sapere al filosofare come ricerca e pratica di vita in La casa di psiche, Dalla psicoanalisi alla consulenza filosofica, Feltrinelli, Milano, 2008. V. E. Frankl, La sfida del significato. Analisi esistenziale e ricerca di senso, Erickson, Trento, 2005. V. E. Frankl, Homo patiens. Interpretazione umanistica della sofferenza, O.A.R.I. Varese, 1972. Anno II - n. 2 – Maggio/Agosto 2014
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Marc Augé4, frutto dell’impossibilità di condividere il suo dolore e la sua scoperta, la conseguente acquisizione di un nuovo significato dell’esistere con coloro che gli sono intorno. Icasticamente tale condizione può essere ravvisata nell’esperienza dell’uomo che, liberatosi dal giogo delle catene, riesce a discernere l’oggettiva visione della realtà, non più frutto di proiezioni – come descrive Platone nel Mito della Caverna 5– e, rientrato a liberare i suoi compagni, sperimenta il rifiuto e la resistenza ad accogliere il tentativo di affrancamento dalla prigionia. La distanza tra il mondo dei “sani” e quello dei “malati” è segnata, purtroppo, da barriere culturali che allontanano dalla considerazione dell’eccezionale messaggio etico che coloro che soffrono, proprio in virtù del loro “risveglio”, possono introdurre nella comprensione del grande mistero che la vita rappresenta, della sua unicità e bellezza, delle infinite possibilità, che sono date all’uomo che inforca le lenti del patire e vede il mondo con occhi nuovi. Spesso la visione della sofferenza, come processo di maturazione e crescita verso la verità universale, necessita di essere acquisita anche da coloro che vivono lo stato di disagio o di malattia, i quali, condizionati e costretti in un habitus culturale consolidato nel tempo, sono lontani dalla percezione di essere custodi di una saggezza celata. Il processo, che si innesca in seguito a 4 5 6 7 8 9
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una condizione di sofferenza, le risorse, che essa è in grado di generare, il disvelamento dello stesso significato della vita, che ne conseguono, sono tali da imporre una rivalutazione del patire e di coloro che ne sono afflitti, per orientare il vivere civile verso una nuova etica della sofferenza e riportare l’ordine dei valori nella giusta dimensionalità. Allora, accanto all’Homo Sapiens sarà opportuno collocare e custodire l’Homo Patiens, accanto all’esortazione di Orazio, Sapere aude!6, bisognerà collocare il Pati aude!,7 per proseguire in un lavoro costante di consapevolezza, che risponde alle domande: “Chi”, se non io? “Dove”, se non qui? “Quando”, se non adesso? “Per chi”, se non per altro8? Domande che pongono in rilievo l’unicità della persona, l’unicità del momento presente, oltre a indicare l’orientamento verso il mondo dei valori e dei compiti, che ciascuno individuo è chiamato a scoprire e a realizzare. Sulla base delle considerazioni, fin qui espresse, nasce e si propone l’idea della creazione di laboratori esperienziali di espressione emozionale antropologicoesistenziale con l’obiettivo di promuovere il concetto di “Uomo come Opera d’Arte”, che si eleva oltre il limite della sofferenza e della malattia, oltre il dato esteriore ed estetico, per affermare la dignità dell’individuo, affermando la sua unicità ed irripetibilità9 e, dunque, la preziosità della sua esistenza nel recupero di quei
M. Augé - C. Herzlich, Il senso del male. Antropologia, storia e sociologia della malattia, Il Saggiatore, Milano, 1986. Platone, La Repubblica, Libro VII, in Tutte le opere, Sansoni, Milano, 1993. Orazio, Epistole I, 2, 40: Abbi il coraggio di conoscere! Abbi il coraggio di soffrire! Cfr. V. E. Frankl, Homo patiens. Soffrire con dignità, Queridiana, Brescia, 1988 e dello stesso autore: Logoterapia. Medicina dell’anima. Gribaudi, Milano, 2001. V. E. Frankl, Homo patiens. Soffrire con dignità, op. cit. Secondo la visione cara a Kierkegaard. Anno II - n. 2 – Maggio/Agosto 2014
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valori che sono insiti nell’umano consorzio e spesso da esso mortificati. Partendo da quella che, traslando Binswanger10, si potrebbe definire “esistenza mancata”, a sostituire le categorie di “normalità” e “malattia” con la manifestazione di un disagio di vivere, cui manca il senso dell’essere, essa dovrebbe essere filtrata attraverso la lente di un umanesimo integrale, di un’esistenza autentica11, come possibile progetto di “essere nel mondo”12, oscurando l’alienità dell’altro da sé ed in sé, al fine di rileggere il concetto di sofferenza, così come il padre dell’Antropoanalisi, verso un’analisi dell’esserci o, meglio, un’analisi della presenza (Daseinsanalyse), e non solo della psiche e del corpo, per superare la kierkegaardiana “malattia mortale”13 fino ad erigere un ponte, come continuum di valori Le opere raffigurate sono dell’artista Assunta Mollo umani ed etici, che ridona senso e pienezza al vivere: dall’alienità all’alterità, una “ermeneutica del li- to mondo di possibilità, attraverso un rimite” che, per dirla con Jaspers14, dal torno al logos, che Viktor E. Frankl15 tranaufragio della “metafisica delle cifre” ap- duce, non a caso, con “senso”. La sofferenza è un varco, se vogliamo proda alla “ulteriorità di senso”, al significato dell’esistere, per lasciare che la perso- una possibilità, grazie alla quale perde sina si esprima liberamente nel suo infini- gnificato il superfluo e acquista valore
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L. Binswanger, Tre forme di esistenza mancata. Esaltazione fissata, stramberia, manierismo, Bompiani, Milano, 2001. M. Heidegger, Essere e tempo, Mondadori, Milano, 2011. L. Binswanger, Essere nel Mondo, Astrolabio, Roma, 1973. S. Kierkegaard, La malattia mortale, Mondadori, 2011. Cfr. K. Jaspers, la metafisica delle cifre e la ricerca dell’ulteriorità di senso, in U. Galimberti, La casa di psiche, Dalla psicoanalisi alla consulenza filosofica, Feltrinelli, Milano, 2008. V. E. Frankl, Logoterapia e analisi esistenziale, Morcelliana, Brescia, 2001. Anno II - n. 2 – Maggio/Agosto 2014
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l’essenza. Allora, è appropriato compiere quel cammino di esplorazione cui allude Proust, quando afferma che il vero viaggio di scoperta consiste nell’avere nuovi occhi, rimanendo nella stessa terra. Le potenzialità intellettuali, che sfociano in produzioni culturali, immergendosi nella realtà profondamente spirituale che è connessa all’uomo, vengono rivalutate e potenziate attraverso un contatto tanto più concreto quanto più affonda nell’umanità sofferente, verso ciò che Frankl definisce “monoantropismo”16, a cui dare il senso di unità dell’umanità, che ha superato le differenze e le molteplicità della separazione, del taglio lacerante generato dal solipsismo in cui è rinchiuso il pathos. L’ipotesi progettuale “Canone Inverso”, che nel mese di Maggio è stata presentata presso l’Università Europea di Roma nel corso del I Congresso Italiano di Psicoterapia Esistenziale: Orientamenti Clinici e Rapporti con Psicologia, Psichiatria, Counseling e Consulenza Filosofica, vuole avvicinarsi al mondo della malattia e del disagio esistenziale, esplorando quell’afflizione che sfonda le porte del vissuto e sbatte davanti agli occhi un’abbagliante “consapevolezza”, davanti alla quale non ci sono difese, né rifugi, ma il coraggio di chi combatte ogni giorno da una parte e dall’altra della barricata per compiere il “Viaggio”, che tutti ci accomuna, verso il capolinea: la morte. L’immagine antropologica, nella complessità multiforme delle espressioni umane, deve imparare a distinguere per poi, se necessario, integrare e ricucire, co-
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sì come Jaspers17, tra ciò che necessita di cure mediche e ciò che, come afferma Epicuro18, necessita di cure dell’anima. Nel dolore la collisione emotiva diviene fonte di creatività. L’espediente e l’arte sono da considerarsi le modalità attive attraverso cui l’umanità ha provveduto a tirarsi fuori dalle difficoltà: esse significano la capacità di rinvenire e produrre rimedi nelle “situazioni bloccate” dell’esistenza. Lo strumento conoscitivo immediato consiste in una capacità di “afferramento spirituale”, che non è solo degli artisti o dei poeti e della loro conoscenza intuitiva, direi “sensitiva”, oltre il comune sentire, che non è metafisica né mistica, ma appartiene anche a coloro che soffrono e disvelano il mondo nella loro essenza, riconducendo, finalmente, l’uomo alla sua dimensione esistenziale, riproponendo la lettura della soggettività suggerita da Husserl19, nella pluralità dei piani, nell’autenticità e nel costituirsi temporale della storia individuale. L’obiettivo del progetto “Canone Inverso” è quello di riportare le persone sofferenti al centro della scena sociale, in virtù del grande contributo che esse possono offrire alla comunità, proprio laddove ne ha più bisogno: l’“Arte della Vita” ed il “Senso della Vita”. In tale direzione si orienta il modello antropoietico proposto come strumento attraverso il quale tentare un recupero della dignità dell’Homo Patiens contemporaneo: allargare gli orizzonti per squarciare le nubi dell’incomprensione e della dissimulazione in cui sono costretti la malattia e il disagio esistenziale, concedendo, finalmente, parola
V. E. Frankl, Senso e valori per l’esistenza, Città Nuova, Roma, 1994. K. Jaspers, Il medico nell’età della tecnica, op. cit. Epicuro, Arr. 247. E. Husserl, La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale,Il Saggiatore, Milano, 2008. Anno II - n. 2 – Maggio/Agosto 2014
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e spazio a coloro che dalla sofferenza hanno imparato a conoscersi e a riconoscere. Nell’attuale visione del mondo e delle cose la sofferenza, i malati, particolarmente quelli affetti da malattie croniche e terminali, così come gli anziani e i soggetti disagiati, vengono emarginati in modo che nel significato e nella realtà, seppure nell’apparenza di una velata accettazione e comprensione, essi sono confinati ai margini del sociale, cui va la commiserazione e l’impegno dei familiari e dei professionisti della salute nell’ottica assistenziale dell’emergenza-urgenza, che argina e contiene la sofferenza nei limiti del visibile destinato alla sopravvivenza e alla complessa gestione del dolore, sia esso fisico e/o morale, garantendo l’aiuto e favorendone la delega, ma non il suo superamento, tantomeno la positiva ricaduta matetica ed etica del valore intrinseco al patire20. Il progetto “Canone Inverso” concretamente prende le distanze da quelle che sono le iniziative esistenti in tali ambiti, che manifestano, seppure implicitamente, una visione del sofferente come portatore di un limite fisico o mentale cui offrire uno spazio, che continua a relegarlo nel recinto marginale della malattia e della diversità. Esso è strutturato con assoluta tenacia nell’intento di collocare l’individuo al di sopra dell’evento malattia-disagio, per considerarlo nella sua unicità, quale “fonte inesauribile di senso”21, di 20
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conoscenza, sensibilità artistica e creativa, rivalutando la persona (pares inter pares) la cui preziosa “presenza” non può essere sostituita in alcun modo. Il tentativo di un’interpretazione metaclinica della sofferenza si esprime qui nel cercare di ampliare le mappe cognitive interne e stimolare l’acquisizione di significati individuali, sollecitando ciascuno a “diventare ciò che È”, come suggerirebbe Nietzsche22, senza generare forme di dipendenza e passività, che servono a perpetuare la conservazione di quel modello “medico-scientifico” che disumanizza l’umano, per tendere verso la “patologizzazione” della condizione esistenziale23, e, in particolare, sostenerne i suoi copiosi profitti. Il sistema di riferimento della sfida etica, la conquista di una “difficile libertà”24 ha come punto di riferimento proprio la riscoperta e l’incontro con l’altro da sé, auspicando che, come suggerito da Nietzsche25, qualcosa possa nascere dal suo contrario e, quindi, la verità dall’errore e la salute dalla malattia. Homo Sapiens ed Homo Patiens, ricongiunti, possono e devono riconoscere il valore del patire, attribuendo nuovo assetto alla dimensione dell’essere, che può avvantaggiarsi della tecnica senza offendere la dignità dell’individuo ed il suo giusto diritto alla sofferenza, alle ragioni del suo dolore, per rendere l’uomo non solo capace di soffrire, ma per restituirgli
Cfr. S. Natoli, L’esperienza del dolore. Le forme del patire nella cultura occidentale. Feltrinelli, Milano, 2010; F. Di Lernia, Ho perso le parole. Potere e dominio nelle pratiche di cura, La Meridiana, Bari, 2008. U. Galimberti, Psiche e techné. L’uomo nell’età della tecnica, Feltrinelli, Milano, 2002 e, dello stesso autore, Il tramonto dell’Occidente nella lettura di Heidegger e Jaspers, Feltrinelli, Milano, 2005. V. E. Frankl, Homo patiens. Soffrire con dignità, op. cit. F. Nietzsche, Hecce homo. Come si diventa ciò che si è, Adelphi, Milano, 1969. Cfr. U. Galimberti, La casa di psiche. Dalla psicoanalisi alla consulenza filosofica, op. cit. E. Lévinas, Difficile libertà, La scuola, Brescia, 1986. F. Nietzsche, Umano, troppo umano, Newton Compton, Roma, 2010. Anno II - n. 2 – Maggio/Agosto 2014
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e riconoscergli il suo immenso giacimento di spiritualità e portare alla luce l’eccellenza della sua natura, l’opera d’arte, che egli rappresenta e di cui si rende promotore ed artefice, generando quella ricchezza di senso, che sola è capace di “inondare di significato”26 l’esistenza. L’uomo perennemente in cammino necessita dell’acquisizione di significati e non può che confrontarsi con la dolorosa inquietudine che avvolge l’esistenza, l’inquietas cordis agostiniana, con la propria umanità e con l’umanità che è altro da sé, in una direzione che cambia la visione di se stessi e del mondo e cambia, mutatis mutandis, l’approccio alla sofferenza, latu sensu, ed alla malattia, strictu sensu. L’universale messaggio etico ed estetico originato dall’esperienza del patire arricchisce la collettività e la crescita interiore di ciascuno, consentendo il trasferimento di elevati magisteri, preziosi valori universali che insegnano il senso autentico della vita e la grande risorsa che la malattia può diventare, quale catarsi e superamento di uno stigma di isolamento ed incomprensione dell’essenza delle cose e dell’essere, nella direzione delle Medical Humanities, verso una “umanizzazione
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della medicina”27, un recupero collettivo della dignità umana e del valore intrinseco alla vita stessa. In questo sistema di valori il modello antropoietico “Canone Inverso” propone di fare cultura, prendendosi cura dell’umanità e in esso il filosofo ritorna al telos originario di “funzionario dell’umanità”28. In particolare, il counselor filosofico a orientamento neo-esistenziale29, per le caratteristiche che contraddistinguono la disciplina e per la priorità che essa riserva nello specifico ai tre capisaldi di derivazione frankliana – il senso della sofferenza, la dignità umana, la consapevolezza di essere responsabile – può mediare il transito verso il riscatto dei Valori fondamentali dell’esistenza, nell’ottica nietzscheana della “Grande Salute”30, cui devono tendere gli “Uomini Nuovi”31, per riuscire a godere della vita “fino all’ultimo respiro”32. ——————— DIVINA LAPPANO
Consulente Filosofico e Counselor Esistenziale Presidente ÁNTHRÔPOS - Servizi per la Cultura e i Beni Culturali - COSENZA e-mail: drdivinalappano@libero.it
Ibidem. Cfr. B.J. Good, Narrare la malattia. Lo sguardo antropologico sul rapporto medico-paziente, Einaudi, Torino, 2006. E. Husserl, La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, op. cit. F. Brancaleone, Logos. Significatività esistenziale e comunicazione terapeutica, Gli Archi, Torino, 1989 e, dello stesso autore: Counseling Esistenziale, OFB Editing, Napoli, 2003; Dia-Logos. Principi e tecniche di Logoterapia, Logoanalisi e Logodinamica, OFB Editing, Napoli, 2000; Existentia. Rassegna storico-critica di Antropologia Clinica ad indirizzo Esistenziale, OFB Editing, Napoli, 2004; Logodinamica Generativo-Trasformazionale. Lineamenti per una propedeutica alla comunicazione terapeutica, OFB Editing, Napoli, 2001. Vedi anche: F. Brancaleone, G. Buffardi, G. Traversa, Helping. Le professioni d’aiuto: dall’antropologia esistenziale alla consulenza filosofica, Melagrana, Roma, 2008; F Brancaleone - G. Buffardi, Manuale di Counseling Esistenziale, Seam, Roma, 1999. F. Nietzsche, La Gaia Scienza, Newton Compton, Roma, 2008. Ibidem. V. E. Frankl, Homo patiens. Soffrire con dignità, op. cit. Anno II - n. 2 – Maggio/Agosto 2014