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High Times

LA CHIESA CATTOLICA RIBADISCE: NO ASSOLUTO ALLA LEGALIZZAZIONE

«La droga cosiddetta leggera non è leggera, perché danneggia il cervello. Essa è il cavallo di Troia per le droghe più pesanti, quindi ribadiamo: no alla droga leggera». Questa la posizione della Chiesa Cattolica in merito alla cannabis espressa a Radio Vaticana da mons. Marcelo Sanchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze.

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Una posizione che di certo non stupisce e ribadisce ancora una volta come la Chiesa di Roma sarà un baluardo contro ogni ipotesi di regolamentazione delle droghe leggere. D’altronde è dall’inizio del pontificato di Papa Francesco che essa scende in campo in ogni ambito nazionale ed internazionale per ribadire la propria contrarietà. Negli Usa è intervenuta anche finanziando con cospicui fondi economici le campagne elettorali per il No alla legalizzazione negli stati interessati dal referendum sulla cannabis. È successo in Massachusetts, dove l’arcidiocesi di Boston ha donato 850mila dollari, al fronte del No per la campagna elettorale.

Mentre durante il vertice internazionale sulle droghe, svoltosi lo scorso aprile alle Nazioni Unite, il Vaticano si è schierato con paesi come Cina e Pakistan esprimendo la propria ferma contrarietà ad ogni ipotesi di legalizzazione. Lo stesso papa Francesco in merito alla cannabis dichiarò: «No ad ogni tipo di droga, la droga è il male e non ci possono essere legalizzazioni né compromessi». Dimostrando di allinearsi alla dottrina più retriva dell’istituzione cattolica nella lotta alla droga. Ora questo nuovo intervento, reso ancor più inappropriato in quanto giustificato, dalla Chiesa stessa, come “posizione scientifica” e non religiosa, in quanto espresso a conclusione di un convegno tenutosi in Vaticano, al termine del quale con certezza assoluta monsignor Sorondo si è lanciato in affermazioni sulla cannabis in realtà non supportate da alcuna ricerca indipendente: «la droga blocca le difese del cervello, blocca la comunicazione stessa del cervello e le blocca in modo tale che non è poi facile da recuperare», ha dichiarato.

A noi non resta che annotare ancora una volta come, specie sulle questioni che attengono ai diritti individuali e civili, la chiesa stia dimostrando di non volere accettare il principio della laicità dello stato.

DDL CANNABIS LEGALE: ECCO COSA CAMBIA CON LA CADUTA DEL GOVERNO RENZI

Le dimissioni del premier Matteo Renzi dopo la sconfitta subita nel referendum costituzionale hanno provocato la caduta del governo e la nascita del nuovo governo presieduto da Paolo Gentiloni che potrebbe avere il compito di approvare una nuova legge elettorale e dare il via libera alla legge di stabilità. Uno scenario che avrà probabili ripercussioni su molte delle leggi attualmente in discussione, che dovranno fare i conti con i nuovi equilibri politici e con un governo che sarà verosimilmente meno forte perché maggiormente sottoposto ai veti incrociati dei partiti. A fare i conti con il nuovo equilibrio sarà anche il progetto di legge per la legalizzazione della cannabis, attualmente all’esame delle commissioni parlamentari Giustizia e Affari sociali. Tecnicamente parlando non molto dovrebbe cambiare: la caduta del governo non implica infatti conseguenze per le proposte di legge che, come quella sulla cannabis, sono di iniziativa parlamentare. Il Parlamento rimane infatti in carica e costituzionalmente legittimato a discutere ed approvare le leggi. L’unica conseguenza da questo punto di vista sarebbe un rallentamento dei lavori di qualche settimana. Tuttavia le conseguenze politiche saranno abbastanza rilevanti da poter bloccare definitivamente ogni speranza di approvazione della legge nel corso della legislatura. Già con il governo Renzi le possibilità erano ridotte al lumicino (ci eravamo più volte spinti a definirle nulle). Ora, con un parlamento ugualmente privo di una maggioranza antiproibizionista, specie al Senato, ed un governo meno forte è veramente arduo pensare che i parlamentari del Partito Democratico (necessari per raggiungere una maggioranza) possano avere il coraggio di votare una legge che dividerebbe il nuovo governo, che ovviamente si reggerà ancora sui voti di Alfano e del Nuovo Centro Destra. Con ogni probabilità, quindi, di legalizzazione della cannabis si tornerà a parlare non prima delle prossime elezioni politiche.

PER LA DEA TUTTI I COMPONENTI DELLA CANNABIS (CDB INCLUSO) DEVONO RIMANERE IN TABELLA I

Per la Drug Enforcement Administration (Dea) anche il CBD, ovvero il principio attivo della cannabis che non causa alcun effetto psicotropo e viene utilizzato in molteplici composti medici, deve rimanere all’interno della Schedule I, la lista delle droghe vietate e senza alcuna virtù terapeutica, assieme all’eroina. È stato ribadito a metà dicembre in un nuovo documento pubblicato dall’agenzia federale antidroga statunitense. Il documento, intitolato “Establishment of a New Drug Code for Marihuana Extract” per la prima volta riconosce una distinzione tra i vari principi attivi della cannabis, separando THC (ovvero il principio attivo responsabile dell’effetto psicoattivo della canapa) e CBD. Ma non varia la loro collocazione. Per la legge federale anche il CBD deve quindi continuare ad essere vietato.

«Ancora una volta, il governo federale ha dimostrato di non essere in linea con la scienza moderna – ha affermato Nate Bradley, direttore esecutivo della California Cannabis Industry Association – è risaputo che il CBD ha numerosi usi medici, tra cui arginare gli effetti di epilessia e ridurre l’infiammazione dei muscoli a seguito di infortuni. Negare ciò mostra un completo disprezzo verso i fatti». La decisione della Dea si pone all’opposto di quanto stabilito appena due mesi fa dal ministero della Salute inglese, che ha riconosciuto il valore terapeutico del CBD includendolo nell’elenco dei farmaci. Attualmente sono 30 gli stati Usa dove il CBD è legale a fini terapeutici. La nuova decisione della Dea non cambierà nulla da questo punto di vista in quanto le leggi in materia dei singoli stati rimarranno in vigore, anche se in conflitto con la normativa federale.

LA CITTÀ DI COPENAGHEN HA CHIESTO UFFICIALMENTE DI LEGALIZZARE LA CANNABIS

Copenaghen ci prova: la giunta della città guidata dal sindaco Frank Jensen, ha inoltrato richiesta formale al governo danese per chiedere che la capitale possa avviare un programma sperimentale di legalizzazione delle droghe leggere e l’apertura di coffee shop gestiti dal Comune. Il sindaco ha dichiarato che la misura è necessaria per riportare sicurezza nelle strade della capitale, dopo alcuni recenti fatti di sangue, l’ultimo dei quali nel celebre quartiere di Christiania dove uno spacciatore ha avuto uno scontro a fuoco con la polizia.

La città di Copenaghen da tempo cerca di legalizzare la cannabis. Questa è infatti la quarta richiesta formale presentata dalla città per poter avviare la legalizzazione. Le tre precedenti sono state respinte dal governo centrale. L’ultima volta nel 2014. Ma secondo i media danesi questa volta potrebbe andare diversamente. Lo scorso mese il governo ha accettato di avviare la sperimentazione sulla cannabis terapeutica, mentre un sondaggio ha mostrato come l’88% dei cittadini del paese sia favorevole alla legalizzazione. Secondo i dati forniti dalla città di Copenaghen ogni anno nella sola Christiania viene venduta cannabis per circa un miliardo di corone danesi (oltre 130milioni di euro), denaro che secondo i sostenitori della legalizzazione dovrebbe andare nelle casse dello Stato e servire per finanziare programmi sociali e di prevenzione.

L’ULTIMA BUFALA: È ARRIVATA LA DEVASTANTE CANNABIS OGM

«Nuovo incubo per i giovani, lo sballo con marijuana ogm: effetti devastanti». Questo il titolo di un articolo pubblicato da Il Gazzettino, quotidiano della provincia di Treviso. Nel testo si calca ancor più la mano, parlando di una «supermarijuana» che causa «rischi elevatissimi» in chi la assume. «Sono cannabinoidi geneticamente modificati che negli ultimi tempi hanno invaso il mercato. I rischi per chi assume questo tipo di droga sono elevatissimi quella che sembra marijuana comune contiene un principio attivo fino a 21 volte più potente di quello naturale. E gli effetti sul cervello di chi la assume possono essere devastanti».

In tutto l’articolo non uno straccio di fonte scientifica a supporto delle informazioni fornite in un trionfo di allarmismo. E non è certo la prima volta. Il fatto più deprimente per l’informazione è che la cannabis geneticamente modificata semplicemente non esiste. Con il termine Organismo Geneticamente Modificato (OGM) a livello scientifico si intendono gli organismi in cui parte del genoma sia stato modificato tramite le tecniche di ingegneria genetica.

Nel mondo, ad oggi, nessuna pianta di cannabis Ogm è stata prodotta. Quello che fanno le cosiddette banche del seme, è incrociare genetiche differenti. Quanto alla concentrazione di THC «21 volte più potente della cannabis naturale», siamo alla farneticazione. Le tipologie di cannabis terapeutica in commercio, tipo il Bediol o la FM2 prodotta in Italia, hanno concentrazioni di THC al 22%. L’olio di hashish, che viene fatto da sempre come estrazione naturale, può arrivare al 60% ed oltre. Quindi le possibilità sono due: o a Treviso hanno trovato un prodigio della scienza a livello mondiale, ovvero cannabis con concentrazioni di THC verso il 500%, o stanno prendendo in giro i lettori. Indovinate qual è la risposta esatta…

È MORTO A 42 ANNI FRANCO LOJA, TRA I PIÙ CELEBRI CACCIATORI DI STRAIN DI CANNABIS

È morto lo scorso 2 gennaio a soli 42 anni Franco Loja, l’italiano che aveva contribuito a far conoscere nel mondo il mestiere dello Strain hunter, una vera celebrità del mondo cannabico mondiale. Franco sarebbe deceduto a causa di una malaria fulminante contratta mentre si trovava in Congo per una spedizione, ma su questo mancano ancora conferme che permettano di affermarlo con certezza.

È stato cofondatore della Green House Seed Co (una delle seedbank più note a livello internazionale), anche grazie alla sua instancabile attività di cacciatore di strain, ovvero di ricercatore di specie autoctone di cannabis in tutto il mondo, con la missione di cercare e preservare specie di cannabis sconosciute.

Franco aveva girato quasi tutto il mondo seguendo la propria passione, e su Dolce Vita aveva scritto, nel 2011, un appassionante racconto sulla propria spedizione alla ricerca di varietà di cannabis rare in Marocco, sapendo mescolare con competenza e bellissime qualità di scrittura annotazioni tecniche, storiche e sociologiche sulla produzione dell’hashish nei monti del Rif. Lo troverete ripubblicato sul prossimo numero di Dolce Vita (ed è già disponibile online sul nostro sito col titolo “Spedizione Marocco”).

Negli ultimi anni era diventato sempre più conosciuto a livello internazionale, diventando anche protagonista di un documentario intitolato “Kings of cannabis” pubblicato da Vice.

Sul sito listato a lutto della Green House Seed Co capeggia una sua frase, con la quale crediamo sia giusto ricordarlo:

«La cannabis è la mia passione, il mio pane, la mia casa. Sento che è mio dovere fare in modo che questa pianta incredibile sia preservata e goduta da tutti. Io sarò un fumatore, un coltivatore, un allevatore e uno strain hunter per la vita»

«La cannabis è la mia passione, il mio pane, la mia casa. Sento che è mio dovere fare in modo che questa pianta incredibile sia preservata e goduta da tutti. Io sarò un fumatore, un coltivatore, un allevatore e uno strain hunter per la vita». Franco Loja, Strain Hunter (20/05/1974 – 02/01/2017)

DONALD TRUMP: QUALI SONO LE SUE POSIZIONI SULLA LEGALIZZAZIONE?

Cosa pensa Donald Trump della legalizzazione della cannabis, e più in generale, della guerra alla droga? Gli Usa sono stati per decenni la guida del proibizionismo, imposto per loro volere in tutto il mondo, ed ora sono anche il paese a partire dal quale sta nascendo una svolta, resa ancor più impetuosa dagli ultimi referendum, con i quali otto nuovi stati hanno avviato la legalizzazione.

Un percorso che fino ad ora è nato dagli stati locali, a partire da Colorado e Washington, e che Obama si era limitato a non ostacolare, con qualche vaga dichiarazione di appoggio. Trump ha affermato di sostenere la legalizzazione a fini medici e che i singoli stati devono essere liberi di fare le proprie politiche sulla cannabis, tuttavia si è anche espresso con scetticismo sulla esperienza del Colorado.

Ad oggi, la non ingerenza del governo federale nelle legislazioni locali sulla cannabis si basa sul “Mamorandum Cole”, rilasciato nell’agosto 2013 dal Dipartimento della Giustizia, che permette in sostanza agli stati membri di adottare la propria politica in questo settore, rispettando alcune linee guida. Ma la legge federale continua a classificare la cannabis come una droga illegale da perseguire al pari dell’eroina. Per questo se il nuovo presidente volesse riportare indietro le lancette dell’orologio e vietare le legalizzazioni potrebbe teoricamente farlo.

IL COLORADO VUOLE USARE I SOLDI DELLA CANNABIS LEGALE PER DARE UNA CASA A TUTTI I CITTADINI

Il governatore del Colorado, John Hickenlooper, ha proposto di cambiare la legge sulla cannabis in Colorado, per permettere di utilizzare parte dei proventi delle tasse per garantire un’abitazione ai senzatetto.

La proposta prevede di utilizzare 12,3 milioni di dollari per costruire 1.500 nuove unità abitative per i senzatetto, 4 milioni di dollari per acquistare o costruire 354 unità abitative da destinare ai servizi sociali e psichiatrici ed altri 2 milioni di dollari in incentivi per aggiungere 250 unità abitative a prezzi accessibili per gli anziani e coloro che devono affrontare l’aumento dei prezzi provocato dal processo di gentrificazione che sta colpendo diversi quartieri delle grandi città.

Per portare a termine il suo progetto di governare uno Stato dove tutti abbiano una casa il governatore punta sui proventi della cannabis, che nei primi nove mesi del 2016 hanno generato entrate pari a 134 milioni di dollari. Per farlo però dovrà riuscire a far votare una modifica alla legge sulla legalizzazione che attualmente prevede che gli introiti debbano essere utilizzati esclusivamente per l’applicazione della legge, l’assistenza sanitaria, la prevenzione dell’abuso di sostanze ed i programmi di trattamento e recupero.

RAGAZZA TROVATA CON DUE SEMI DI CANAPA: I CARABINIERI LA SEGNALANO PER ASSUNZIONE DI DROGHE

Una notizia assurda: a Benevento una ragazza di 18 anni è stata trovata in possesso di due semi di canapa da parte dei carabinieri, i quali glieli hanno sequestrati e l’hanno segnalata come assuntrice di droghe. A riportare la notizia il giornale locale Ottopagine.

Non molti i particolari aggiunti, se non il fatto – non molto credibile – che la ragazza avrebbe nascosto i semi dentro al casco che indossava al momento del fermo, avvenuto mentre era a bordo dello scooter. Una circostanza difficile da credere, visto che i semi di canapa sono perfettamente legali e non vi sarebbe alcun motivo di nasconderli.

A stupire maggiormente è il fatto che la ragazza sia stata segnalata per consumo di droghe, una misura assolutamente insensata, visto che i semi di cannabis ovviamente non hanno alcuna capacità psicoattiva, ed il loro commercio nonché la detenzione sono del tutto legali.

VI PORTIAMO DENTRO UN DISPENSARIO DELL’OREGON AD UN ANNO DALLA LEGALIZZAZIONE

Per comprare cannabis in Oregon basta mostrare la propria patente ed essere registrati nel sistema. Dopo questa semplice operazione qualunque maggiorenne può acquistare infiorescenze di cannabis coltivata in outdoor (la maggior parte delle coltivazioni dello Stato è in esterni) o indoor, ma anche estratti di vario tipo e concentrazione, prodotti da mangiare che spaziano dalle space cake ai pop corn, tinture, creme, prodotti topici. Insomma, praticamente qualsiasi derivato della pianta per uso umano, compresi tutti i prodotti ad alto livello di CBD. Abbiamo avuto l’occasione di passare qualche giorno nel Paese e siamo andati a trovare i ragazzi del Talent Health Club, il dispensario della città di Talent nella contea di Jackson. Guarda il video:

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